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venerdì 11 SETTEMBRE 1992
ANNO 128 - N. 35
URE 1200
Intervista al nuovo direttore della sede RAI di Torino, Giovanni Ayassot
Le tecniche più moderne permetteranno
una migliore ricezione televisiva in Piemonte
Porosa: autunno amaro per le lavoratrici
130 licenziamenti
alla Manifattura
STELIO ARMAND-HUGON
In tempi brevi saranno risolti i
problemi della ricezione televisiva del terzo canale in Piemonte, da anni estremamente carente in tutta la regione. Come è
noto infatti, e come in particolare
si è notato spesso con disappunto
soprattutto dopo l’istituzione, anni fa, del Telegiornale regionale.
In quasi tutto il Piemonte si è
«costretti», qualora si veda, a seguire il TG regionale della Lombardia.
In una riunione svoltasi lunedì
scorso a Torino, alla presenza del
ministro delle Poste e Telecomunicazioni, Pagani, dei presidenti
della giunta regionale, Brizio e
del Consiglio, Carla Spagnuolo
con la dirigenza piemontese della
RAI, sono stati siglati accordi
che danno il via immediato ai lavori di rivalutazione tecnica degli
impianti.
«Un progetto già pronto da
tempo - dicono in RAI - che non
aspettava altro che il via per
mettersi in moto». Attualmente
solo il 33% del territorio regionale è «coperto» dalla terza rete
piemontese: le zone più penalizzate, contrariamente a quanto si
potrebbe pensare, non sono le zone alpine bensì le province di
Alessandria e Vercelli (coperte al
15%) e Novara (5%). Per quanto
riguarda la provincia di Torino
solo un 10% della popolazione
non vede Rete 3 Piemonte. A lume di naso si potrebbe ipotizzare
che quel 10% sia tutto, o quasi,
racchiuso nelle vallate del Pinerolese.
«Andremo immediatamente a
controllare a tappeto tutte quelle
zone da cui abbiamo ricevuto
proteste - promette il direttore
della RAI Piemonte, Giovanni
Ayassot -; anche se già esiste un
progetto di massima vogliamo
esaminare nei dettagli i problemi
tecnici di ogni zona».
Il progetto intanto prevede la
costruzione di un ripetitore sul
Monte Penice, con un investimento di due miliardi, che irradierà il segnale su tutto il territorio. Altri ripetitori locali, sistemati in punti strategici, faranno
rimbalzare il programma sull’apparecchio dell’utente.
«Sianw rimasti fermi troppo a
lungo - afferma Ayassot - in
quanto non era legalmente possibile mettere le mani sugli impianti fino a che non fosse varata
la legge sull’assegnazione delle
frequenze. Ora le assegnazioni ci
sono (dal 23 agosto ‘92, ndr), e
possiamo muoverci. Nei prossimi
giorni rinnoveremo le convenzioni con le Comunità montane vai
Pellice e valli Chisone e Germanasca relative ai vecchi ripetitori
che sono da tempo in funzione.
Fra i poli su cui si muove la Rai
del Piemonte c’è quello dell’alta
tecnologia e quello del potenziamento del TG, che pure è già uno
fra i più validi in Italia. Sarebbe
mortificante anche per noi se i
nostri sforzi di rilancio dei programmi continuassero a dissolversi fra le nuvole».
Si tratta quindi di un intervento
primario sui ripetitori delle valli,
da dotare di maggior potenza e
orientare in modo capillare verso
le molte zone «cieche».
Non solo ma, in un secondo
tempo, alcune zone compietamente chiuse e refrattarie alla ri
cezione potranno fruire di un ripetitore in posizione strategica,
con gli apparecchi collegati via
cavo. Un’eperienza già attuata in
altri paesi europei.
«Dal momento in cui i ripetitori saranno funzionali toccherà
agli installatori sfruttarli al meglio - continua Ayassot -¡organizzeremo incontri con i tecnici
del settore, commercianti e installatori, ai quali spiegheremo
le caratteristiche dell’ impianto
della zona in cui operano in mo
do che il loro lavoro sia ottimale».
Questa la parte principale del
programma ma si metterà mano
anche alle altre reti della RAI,
che hanno problemi di ricezione,
0 di imperfezione del segnale.
Problemi anche questi legati
all’assegnazione delle frequenze
che sono ora meglio definite e
che non concederanno a TV locali di trasmettere con materiale
spesso imperfetto e che, a volte,
arrivano a «coprire» il segnale
RAI o comunque a interferire
con esso. Quando vedremo i risultati dell’operazione?
«In tempi brevissimi. Come ho
già detto - afferma Ayassot - siamo pronti da tempo. La decisione
presa l’altro giorno, con l’impegno della Regione e direttamente
del ministro, ci rende immediatamente operativi. Già con settembre si cominceranno a vedere i
primi risultati e con gennaio-febbraio avremo coperto tutto il territorio regionale».
PIERVALDO ROSTAN
Non si vedono grosse prospettive per la situazione
occupazionale alla Manifattura di
Perosa Argentina, che ha annunciato nelle scorse settimane l’intenzione di licenziare 130 dei 430
dipendenti (in gran parte manodopera femminile) a causa della
crisi che il mercato del tessile in
generale e le fabbriche del Gruppo in particolare attraversano.
Le difficoltà che anche la “Marini” di Lusema S. Giovanni (un
centinaio di operai) ha evidenziato nel corso dell’anno, non sono
affatto concluse.
I motivi della crisi sono ormai
noti; forte concorrenza dall’estero, mancati investimenti, prodotti
che oggi costano in giro molto
meno di quanto sarebbe necessario per un minimo di redditività.
Le richieste avanzate dal sindacato hanno trovato risposte negative da parte della proprietà; non
si vuole la cassa integrazione, e
diventano impossibili piani di ristrutturazione aziendale.
Tra l’altro alla Manifattura,
con il lavoro al sabato e alla domenica introdotto negli ultimi anni, è entrata molta manodopera
giovane, oggi difficilmente ricollocabile.
Sulla vicenda è intervenuta la
segretaria provinciale di Rifondazione comunista che, oltre a chiedere alle amministrazioni locali
di intervenire, sollecita un forte
impegno per evitare che «imprenditori senza scrupoli vengano nel
le nostre valli, spremano come limoni le lavoratrici e poi, quando
non servono più, le mettano in
mezzo alla strada».
«Il problema - ci dice però
Franco Agliodo della CISL - è
più ampio e riguarda le prospettive occupazionali di una valle che
un tempo contava su 10.000 posti
di lavoro su una popolazione di
18.000 abitanti e oggi, con la
stessa popolazione, si trova con
3.500 posti di lavoro e col rischio
di perderne ancora, vista la situazione generale del tessile e della
SKF. Sul caso specifico dobbiamo constatare la limitata credibilità di un sindacato considerato
che pochi anni fa aveva chiesto
agli operai di accettare le proposte della proprietà per affrontare
insieme la crisi”.
Le maestranze hanno reagito
con scioperi e le tensioni sono
aumentate quando la direzione
aziendale, con una mossa assolutamente impopolare, è arrivata a
chiedere ad alcune lavoratrici di
effettuare ulteriori ore di straordinario; c’è dunque volontà di lotta,
ma il rischio è che, anche in caso
di successi parziali, ci si ritrovi
fra pochi anni davanti agli stessi
problemi.
La questione di fondo è dunque quella della ricerca delle alternative, se ancora ci sono, perché, come conclude amaramente
Agliodo, «siamo rimasti troppo a
lungo fermi, senza saper cogliere
i sintomi di una crisi che ha radici lontane e che al più abbiamo
cercato in qualche modo di tamponare di volta in volta.»
Iniziativa per rautofinanziamento del Parco Orsiera-Rocciavrè
La marmotta simbolo delPOrsiera
su zaini, magliette e altri prodotti
Ai visitatori della rassegna di
artigianato a Pinerolo non
sarà sfuggito uno stand del parco
Orsiera Rocciavrè dove, accanto
alle tradizionali immagini delle
bellezze naturalistiche della zona, sono posti in vendita alcuni
prodotti recanti il simbolo del
parco, una marmotta.
«Già alcuni parchi - dice il
presidente. Mauro Deidier - hanno in passato avviato una vendita
di pubblicazioni o cartoline, ma
l’attività che stiamo lanciando in
questi giorni è più globale: si
tratta di una vera e propria "linea" che comprende k-way, magliette, t-shirt, zainetti, poster,
cartoline. Inoltre questa linea di
prodotti è stata proposta all’ingrosso a negozi situati nei Comuni dell’area protetta o comunque
interessati, ai centri agrituristici,
alle associazione ambientaliste
ed al Centro di Fra Catinai dove
ogni anno passano migliaia di
scolari per soggiorni di educazione ambientali»
Alla base di queste iniziative
stanno anzitutto le sempre maggiori difficoltà a reperire fondi
non solo per ulteriori attività ma
anche per la normale gestione;
oggi il parco Orsiera Rocciavrè
(che comprende anche la Riserva
di Chianocco) si avvale, per la
gestione di una superficie di circa
12.(X)0 ettari, di 19 guardaparco,
quattro impiegati ed un direttore.L’iniziativa è dunque un vero
e proprio tentativo di autofinanziamento autorizzato dalla stessa
Regione Piemonte per tamponare, almeno in parte, la nota crisi
finanziaria.
«La nostra intenzione -conclude Deidier - è quella di reinvesti
re gli utili derivanti da tale attività in iniziative ed interventi sul
territorio; a tempi brevi la linea
di prodotti si completerà con
pubblicazioni naturalistiche, altri poster a colori, cartine geografiche, serie di diapositive,
una videocassetta, calendari ed
una linea di prodotti per la scuola».
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Rinasca: limitazioni all'accesso ai boschi
Cercatori dì funghì:
attenzione alla sosta!
In vista dell’autunno, e con esso della stagione dei funghi, il
Comune di Pinasca ha predisposto una serie di strumenti per regolare e contenere la circolazione
ed il parcheggio sulle strade di
maggior affollamento, nella zona
del Serre Marchetto - Gran Dubbione.
In primo luogo sono state cen
30 lire al litro per la benzina e 40 lire al me per il metano
Altre tasse per lo sviluppo
Tra i provvedimenti che la
Regione Piemonte si appresta a varare con la ripresa
dei lavori legislativi vi sono
nuove tasse per tutti i cittadini
piemontesi. Si tratta della addizionale di 30 lire per ogni litro di benzina e 40 lire per
ogni metro cubo di metano
per uso domestico.
I fondi ricavati dalle nuove
tasse regionali serviranno soprattutto per creare un nuovo
strumento per lo sviluppo
piemontese. Il Consiglio regionale è infatti chiamato ad
approvare il «fondo per gli in
vestimenti» che servirà a finanziare nuove attività in
campo economico.
Ma proprio sulle modalità
per accedere al fondo si sono
manifestati dissensi in giunta.
I repubblicani non sono favorevoli all’approvazione di
una legge in materia e preferirebbero che il fondo fosse gestito da un organismo tecnico
dotato di ampie capacità operative. L’assessore al Bilancio
Gallarini, per cercare di accontentare i repubblicani, presenterà alcuni emendamenti
alla sua proposta.
Il Consiglio regionale, che
si riunirà per la prima volta
dopo le ferie martedì 22 settembre, dovrà anche approvare un piano di investimenti
per 497 miliardi da spendere
nel biennio ’92-’93 che sarà
così ripartito: 353 per lo sviluppo della piccola e media
impresa piemontese compreso
l’artigianato, 35 miliardi per il
parco tecnologico dell’alto
Novarese, 33 miliardi per il
ripristino di impianti industriali degradati, 38 miliardi
per r«agenzia per l’innovazione» in provincia di Torino.
site e chiaramente evidenziate le
piste agro-silvo-pastorali a traffico limitato che non potranno essere percorse dai cercatori salvo
che questi ultimi rientrino nelle
ristrette categorie autorizzate dalla disciplina specifica (soltanto
proprietari dei fondi ecc.).
Per quanto riguarda invece le
strade carrozzabili, una opportuna
segnaletica illustrerà i divieti di
sosta disposti su ambo i lati delle
vie interessate.
Il parcheggio sarà pertanto possibile soltanto sulle apposite piazzole, già esistenti. Tutto ciò, secondo l’amministrazione comunale, dovrebbe portare ad un deciso ridimensionamento del numero di veicoli presenti nell area
nei “periodi caldi’, anche perché
l’applicazione dei divieti viene
annunciata come puntuale e precisa.
Pinerolo:
70 sfratti lacp
Il vicesindaco Pietro Rivò ha
annunciato che 70 famiglie assegnatane dello lacp saranno sfrattate se non pagheranno il canone
d’affitto. Alcune di queste famiglie hanno accumulato un debito
di 45 milioni.
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VENERDÌ 11 SETTEMBRE 1992
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GRAVI DANNI CAUSATI DAL VENTO - Tutto il Pinerolese è stato flagellato da due giornate di vento nel corso
dell ultima settimana. I danni subiti dall’agricoltura sono ingenti ed in particolare i frutteti di melo, pero ed actinidia sono stati quelli maggiormente colpiti.
In alcune aree del Cavourese si calcola che circa la metà
della produzione sia andata perduta anche perché, oltre alla
frutta caduta direttamente a terra, molta risulta “ammaccata”
e dunque nell impossibilità di giungere a maturazione o comunque di essere conservata.
Danni sono anche stati registrati da capannoni e tettoie e su
varie colture arboree; nelle valli si sono registrate anche alcune interruzioni di corrente a causa di rami caduti sulle linee elettriche.
RACCOLTA DEL CARTONE - E’ iniziata a Torre Pellice, ai
primi di agosto, la raccolta del cartone da imballaggio prodotta dai commercianti.
«A questa iniziativa - dice l’ass. Granerò- si affiancherà,
per i cittadini, da metà settembre ,anche la disponibilità di
15 cassonetti per la carta che si aggiungeranno alle due attuali campane ,insufficienti al fabbisogno della popolazione.» Per i commercianti la raccolta, gratuita, avverrà nel pomeriggio del primo e del terzo giovedì do ogni mese; il cartone dovrà essere opportunamente impacchettato.
MULATTIERA DEL BARANT - Nel 1929, per scopi militari
veniva costmito, a Bobbio Pellice, un sentiero, lastricato in
pietra, con muri di sostegno in pietra, che dalla località Autagne, di fronte alla borgata Eissart (quota 1100) sale fino
alla Vista del Barant (quota 2200).
Nel corso di quest’ anno, per finalità escursionistiche, un
gmppo di volontari, concretizzando un’ipotesi di intervento
avanzata dagli enti locali (Comunità montana vai Pellice,
Comune di Bobbio Pellice, Commissione tutela ambiente
montano del CAI locale) hanno lavorato alla pulizia del
tracciato, liberandolo dagli ontani che lo avevano invaso, ripristinando così la percorribilità del sentiero, consentendone
1 utilizzazione per un interessantissimo percorso a piedi
aH’intemo dell’oasi faunistica del Barant.
Le rnotivazioni alla base del lavoro veramente bello ed utile
che Ermanno Agli, Sergio Avondetto, Lillo Gisletti, Pasquale Regni, Paolo Agli, Angelo Cappai, Paolo Gisletti, Renato
Cairus, e Renzo Ribotta hanno compiuto senza indugiare in
troppe riunioni sono esclusivamente dovute al loro desiderio
di fare concretamente qualcosa per far conscere la valle e
farlo con risultati subito visibili.
SEGGIOVIE 13 LAGHI - Un’assemblea straordinaria degli
azionisti della Società «13 Laghi» è stata convocata per il 12
settembre in prima convocazione e per il giorno successivo
in seconda; in discussione una proposta di modifica dell’atto
costitutivo in vista di un successivo aumento di capitale per
una cifra di oltre un miliardo.
L’aumento a pagamento del capitale sociale della S.p.a.viene previsto come fonte di finanziamento per una serie di
consistenti investimenti, da effettuarsi nei prossimi due-tre
anni, sulle infrastrutture e sui servizi degli impianti di risalita di Prali; investimenti finalizzati al recupero di competitività della stazione sciistica ed al miglioramento del rapporto
costi/incassi.
Intervista al sindaco: agriturismo nella conca del Pra
Bobbio Pellice: alcune idee per
uno sviluppo turistico in alta valle
PIERVALDO ROSTAN______
L’alta vai Pellice e Bobbio
in particolare sono state
quest’estate alla ribalta della
cronaca nera; tuttavia restano,
al di là di tutto, le prospettive,
i progetti, le iniziative, non
sempre condivise da tutti, che
anche un Comune piccolo può
avviare.
Qualcosa di nuovo sta accadendo a Bobbio; ne parliamo
col sindaco, Aldo Charbonnier, il quale ha fra l’altro dato
vita ad coordinamento di amministratori locali pinerolesi;
«Abbiamo cominciato a trovarci insieme come sindaci di
alcuni Comuni (Perosa, Pomaretto, Bricherasio, Osasco,
Bobbio) per affrontare alcuni
problemi comuni che hanno
una dimensione sovracomunale.
Spesse volte ai Comuni piccoli vengono chieste delle riunioni e delle documentazioni
che potrebbero essere eseguite con metodi molto più snelli;
ci troviamo a dover produrre
molta carta sostanzialmente
quasi inutile e nel contempo ci
troviamo tutti con gravi carenze di personale.
Ma a parte questi problemi
molto particolari sarebbe opportuno arrivare ad un coordirlamento fra Comuni su argomenti di più vasta portata ■
( trasporti, servizi, gestione di
determinate leggi che non
sembrano mai fatte a misura
delle nostre piccole realtà
montane). In questa linea ci
siamo anche mossi sulle prospettive di gestione dell’
ACE A: se da un lato siamo
tutti d’accordo su un consorzio per determinati servizi,
dall’altro dobbiamo stare ben
attenti ad evitare una ripartizione fra partiti che non tenga
conto delle reali capacità delle persone.»
Nuovo direttore del Circolo didattico di Perosa Argentina
Benvenuto al prof. Franco Calvetti
PAOLA REVEL
Dopo 13 anni di servizio
presso la direzione didattica di Perosa Argentina il
dott. Giorgio Montesanto si è
congedato dal mondo della
scuola. A sostituirlo in questo
incarico è giunto, per trasferimento dalla scuola «Collodi»
di Torino, il dott.. Franco Calvetti. Caratteristica comune ai
due direttori l’appartenenza
alla Chiesa valdese; certamente i due primi nella storia di
questa direzione didattica.
Mentre auguriamo al dott..
Montesanto un sereno congedo e lo ringraziamo per la disponibilità e l’infmita pazienza dimostrate verso i suoi insegnanti, diamo un caloroso
benvenuto al dott.. Calvetti.
Una stretta di mano, un sorriso cordiale di benvenuto ad
ogni insegnante; in questo
modo si è presentato al Colle
gio docenti di Perosa Argentina, la mattina del 4 settembre.
Dal suo discorso introduttivo è emersa subito la volontà
di conoscere bene ogni insegnante, diventare amico, più
che superiore, creare rapporti
di fiducia reciproca.
Calvetti è convinto che in
una società come quella odierna, in un’Italia sballottata e
corrotta, l’insegnante sia una
forza sana, autentica e onesta.
In questi momenti così difficili per la nazione ogni insegnante dovrà saper trovare il
coraggio per adempiere alla
sua funzione.
La scuola è al servizio della
società e al centro della scuola
ci sono i bambini che godono
di un posto particolarmente
privilegiato nell’attenzione del
direttore Cai etti. Ai suoi insegnanti egli chiede di essere
molto vigili e attenti alle necessità di ogni alunno, in
quanto ognuno di loro rappresenta la futura società. Se il
domani si presenta incerto e
pieno di incognite, l’insegnante deve saper condurre con
mano ferma l’alunno, aiutarlo
a crescere e a formarsi come
individuo responsabile.
La scuola, ha ancora sottolineato il direttore, non deve
presentarsi come ambiente di
informazione, ma essenzialmente di formazione. Amaramente Calvetti ha osservato
che la società di oggi non ha
certamente un occhio di riguardo verso la scuola e verso
chi opera in essa, e certamente
si renderà conto troppo tardi
deH’importanza della funzione
docente.
Ma nonostante tutto il 18
settembre, quando i bambini e
i loro insegnanti riprenderanno le loro attività, per il circolo di Perosa Argentina sarà
una giornata di festa.
di gobello e jalla
via repubblica, 2 - torre pellice S32023 |
Ma intanto, con scopi sostanzialmente analoghi, non
esistono già le Comunità montane, oppure è stato il cattivo
rapporto con la C.M.val Pellice a portarla su questa strada?
«E’ vero che ci sono le Comunità montane, ma certi problemi vanno oltre un territorio
così limitato; ad esempio io
sono favorevole alla Provincia di Pinerolo e vorrei che,
dopo i pronunciamenti dei
mesi scorsi, si rilanciasse il
dibattito. Per quanto riguarda
la vai Pellice io non ho condiviso il programma della giunta attuale che ritengo riduttivo; del resto, secondo me, ci
sono nella maggioranza persone che faticano a condividere l’attuale programma. Faccio un esempio: sono a conoscenza di una lettera del presidente della Comunità montana che spezza una lancia a
favore dell’ autostrada di Pinerolo mentre non credo che
tutti i componenti della maggioranza condividano tale
progetto.»
A proposito di progetti si
sente parlare di possibili interventi sulle baite e sugli alpeggi, al Pra ma non solo; cosa
c’è di vero?
«Per gli alpeggi del Pra e
del Barbara stiamo realizzando i nostri programmi; al Pra
abbiamo cominciato con l’acquedotto, poi c’è stata la pista, le centraline idroelettriche. E’ evidente che questa
zona ha una vocazione al turismo legato all’agricoltura e
all’ ambiente (penso anche al
giardino botanico del Barant); i nostri sforzi vanno in
questa direzione e per migliorare la presenza turistica sul
piano qualitativo e non quantitativo. Stiamo perciò lavorando per il recupero degli alpeggi in modo da dare adeguato ricovero ai pastori che
li utilizzano, creare dei locali
adatti per la lavorazione del
latte ed offrire anche dei posti
letto e ristorazione presso le
aziende agricole. Vogliamo
inoltre riprendere il discorso
di un campeggio controllato
per tende nella conca, la cui
utilità si è dimostrata anche
con gli episodi di quest’ estate,
iniziative analoghe contiamo
di avviarle anche alla conca
del Barbara».
Migliorare la qualità del turismo in montagna vuol dire
accessi in auto, con fuoristrada, a cavallo a piedi; quale
VISUS
di Luca Regoli I C.
L'OTTICO n LUSCRNA
di F«d«rloo Regoli t C. u.
Strada intendete proporre?
«Da un lato stiamo muovendoci per far uscire una pubblicazione con le indicazioni
di tutti i percorsi possibili a
piedi, a cavallo o in mountain
bike, nonché le possibilità di
pernottamento e le offerte turistiche in genere, dall’altro
vogliamo vedere con la Regione l’istituzione di linee pubbliche a navetta; per il Pra credo che la cosa sia molto facile, mentre per il Barbara la
cosa va valutata attentamente.
Si potrebbe anche pensare ad
un transito consentito solo ad
un numero di veicoli contenuto e a pagamento.»
Alla luce di questi progetti,
come vedrebbe una proposta
di istituzione di un parco
nell’alta valle?
«Ho rilevato nell’ ultima
legge sui parchi degli elementi molto positivi ed altri che
vanno chiariti; non siamo
contrari all’ idea del parco.
Siamo contrari ad una proposta che contenga solo vincoli:
se il parco è compatibile con
lo sviluppo della zona, consentendo interventi, a titolo di
esempio sulle baite o sui boschi, noi siamo favorevoli. Anche sulla fauna ritengo sia necessario poter intervenire in
modo selettivo, a meno di pensare all’introduzione di lupi
od orsi. L’esempio francese,
pur coi suoi limiti, ci piace.»
L’ incontro con Charbonnier volge al termine; il tema
del turismo ambientale andrà
senz’altro ripreso, i progetti
confrontati per verificare ad
esempio fino a che punto siano compatibili le idee che nascono a Bobbio con quelle
della Comunità montana o
quelle degli ambientalisti.
Scelte andranno fatte, la cosa peggiore è non parlarne e
non decidere: qualcun altro
potrebbe essere pronto a farlo
senza preoccuparsi di valutare
le ricadute sulla valle.
Bobbio Pellice sovente sede di manifestazioni che richiamano turisti
e visitatori; in progetto molte nuove iniziative per il prossimo anno.
Lo stile Alinari
______ALBERTO CORSAMI_____
Esiste uno «stile Alinari»?
Indubbiamente sì, se si
considerano le migliaia e migliaia di foto che la famiglia
Alinari scattò per tutta Italia
diventando celebre a partire
dal 1852, illustrando, per
esempio, le guide e i libri del
Touring Club, oppure documentando monumenti e opere
d’arte del nostro paese.
Toscani d’origine e particolarmente legati a Firenze, pur
operando in molte sedi dislocate nelle città italiane, i fratelli Alinari si videro dedicare
un’inimitabile mostra riepilogativa nell’estate del 1977 al
fiorentino Forte di Belvedere:
un’occasione unica per vedere
riunite insieme le loro opere
più importanti.
E immancabilmente a Pinerolo, di fronte alla piccola raccolta di foto dedicate al Mugello e alla Val di Sieve (la relativa Comunità montana era
ospite alla rassegna dell’artigianato) a Palazzo Vittone si è
potuto riconoscere un’aria familiare: la chiarezza, la precisione del dettaglio, la successione dei vari «piani» all’interno dell’inquadratura (ad
esempio, neH’immagine di un
ponte sul Sieve, le ragazzine
in primo piano, il letto del fiume, le arcate del ponte, la strada di lato e la collina di sfondo) secondo i canoni della più
tipica prospettiva quattrocentesca, rappresentano infatti
uno stile che dà poca mostra
di sé, ma che risponde a scelte
ben precise.
Erano, queste, scelte di documentazione, animate da una
volontà enciclopedica, didattica e di memoria: tutto ciò traspare tanto dalle foto d’arte,
quanto dai paesaggi, quanto
ancora dalle immagini dei lavori (i ciabattini, la miniera,
gli allevatori con le bestie...) o
da quelle della vita vissuta: gli
avventori di un caffè in bella
posa, sguardo fisso nella macchina, come oggi non si farebbe (c’era invece, un tempo e
in tutte le classi sociali, un rituale della «messa in posa» simile a quello dei nobili che si
facevano ritrarre dai pittori di
corte), la corriera della SITA
(ancora oggi a Firenze, si dice
SITA per dire corriera, come
se noi identificassimo il pullman con la SAPAV!) inerpicata su per il passo della Raticosa.
E il bello è che da queste foto manca lo sguardo nostalgico del «com’era bello il tempo
antico!»: la testimonianza è
lucida ma non fredda, amichevole, solidale ma non mitizzante. Per questo guardiamo
con rinnovato interesse le loro
foto.
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 11 SETTEMBRE 1992
CONFERENZA DELLE CHIESE EUROPEE
LA FEDE
E L'IDENTITÀ
ALBERTO BRAGAGLIA
«Dio unisce - In Cristo una
nuova creazione»: quando, nel
1989, venne scelto questo titolo per la X Assemblea generale della Conferenza delle chiese europee (KEK), ad esso
sembrava potersi attribuire
non soltanto un valore profetico o di testimonianza. La caduta del muro di Berlino, infatti, e gli avvenimenti che si
succedevano in modo incalzante nell’Europa orientale
avevano suscitato in molti
grandi speranze di unità e riconciliazione, non solo spirituale ma anche nazionale e sociale, da realizzarsi entro pochi anni.
Oggi i tempi sono piuttosto
cambiati. Certo, è vero che
l’Assemblea generale della
KEK, che si tiene in questi
giorni, è la prima a riunirsi in
un paese un tempo al di là della «cortina di ferro». Ed è altrettanto significativo che per
la prima volta nell’Assemblea
di Praga siano rappresentate, a
vario titolo, chiese cristiane di
tutte le nazioni europee, anche
quelle di formazione più recente. Ma non va dimenticato
che lo scoppio di numerosi
conflitti regionali, di odi etnici
0 razziali, il disastro economico di stati già in difficoltà
hanno spento gran parte dell’
ottimismo.
La caduta dei regimi totalitari dell’Est europeo ha avuto
un carattere troppo repentino.
1 vari problemi, soprattutto
quelli legati alla convivenza di
etnie differenti nei singoli stati, sono esplosi con una violenza e un’estensione quasi
impensabili. Ma non vi sono
solo i conflitti sanguinosi: vi è
anche la prospettiva di un destino di povertà e subordinazione economica per una porzione consistente del continente europeo, utilizzato come
riserva di manodopera a basso
costo e come serbatoio di materie prime da parte delle nazioni più ricche.
Le chiese non hanno saputo
reagire con forza a questa situazione. L’hanno anzi subita,
poiché le nuove identità rivendicate non sono solo nazionali, ma anche religiose. Ormai
sembra conclusa l’epoca in
cui le chiese rispondevano alle
persecuzioni di governi ostili
serrando le file e ricercando
mutua collaborazione, o in cui
l’impegno ecumenico veniva
ricercato con maggior energia
proprio per contrapporsi alle
divisioni politiche e nazionali
degli stati.
Per descrivere la situazione
attuale il segretario generale
della KEK parla apertamente
di «libero mercato della fede»:
le chiese abbandonano i propositi di unità ed entrano in
competizione tra loro, suonano la tromba dell’identità etnica o nazionale e in qualche caso saltano sul carro proprio di
quelle forze politiche impegnate nella frantumazione sistematica e ad ogni costo degli stati ex comunisti.
Le chiese che si stanno riunendo ora a Praga, circa 120
tra ortodosse, protestanti e
vecchio-cattoliche, con la presenza anche di una delegazione della Chiesa cattolica romana (invitata come osservatrice, non facendo parte della
KEK) sono allora chiamate a
rendere testimonianza della
loro presenza all’Assemblea.
Sono chiamate a riprendere un
cammino comune che possa
contribuire a riportare tra i popoli la solidarietà, il rispetto
per la diversità, la volontà di
riconciliazione e di superamento dei conflitti, perché sia
più concreta e veramente al
servizio di coloro che ne hanno più bisogno la comune fede professata in Dio che unisce e in suo figlio «che fa ogni
cosa nuova».
Un caso che mette drammaticamente alla prova questo
impegno è quello della ex Jugoslavia: Jean Fischer ha annunciato che la KEK e il Consiglio ecumenico delle chiese
hanno invitato i leader cattolici e ortodossi a pcutecipare a
un incontro presso il Centro
ecumenico di Ginevra. L’invito è stato rivolto al cardinale
Kuharic (chiesa cattolica croata), al patriarca Pavle (chiesa
ortodossa serba) e all’ulema
Jakub Selimovski, leader dei
musulmani di Bosnia.
La parola della fede di fronte alle tragedie personali e della storia
Abbiamo paura di intentare causa a Dio
FULVIO FERRARIO_____
«Calma l’ardore della
tua ira, e pentiti del male
di cui minacci il tuo popolo!» (Es. 32,12b)
Il grido che Mosè rivolge
al suo Dio, al termine di
una vera e propria arringa
in difesa di Israele (impegnato, dal canto suo, a danzare intorno al vitello
d’oro) ci suona, con tutta
probabilità, lontano, estraneo.
La dimensione della contestazione nei confronti di
Dio, della lotta con lui, così centrale nella Bibbia, è
normalmente poco familiare all’esperienza delle donne e degli uomini “di chiesa”.
Da un lato troviamo l’atteggiamento di solito definito “pietista” (a torto,
perché il Pietismo vero è
ben altra cosa): Dio ha ragione in partenza, quello
che mi sembra male è in
realtà bene, solo che non
riesco a vedere come; se
poi è l’altro a soffrire, si
tratta di convincerlo dell’
opportunità di tale soffe
renza* come segno del castigo divino (nello stile degli amici di Giobbe), oppure di una particolare elezione {“per i diletti del Signor/la prova è segno del
suo amor", inno 100 dell’
Innario Cristiano). Qui si
ha fretta di giustificare
Dio, di solidarizzare con
lui. Diverso l’atteggiamento di Mosè: egli è fedele a
Dio e al popolo, non vuole
scegliere, ma se Dio lo costringe, sceglie la solidarietà, nella colpa, col popolo idolatra (Es. 32,32:
“perdona ora il loro peccato! Se no, cancellami dal
tuo libro" ).
Dall’altra parte, oggi si
riscontra sempre più frequentemente la tendenza a
separare Dio dall’esperienza del dramma e della tragedia: Dio non c’entra con
la strage in Bosnia, né col
cancro del mio amico; la
prima è responsabilità
dell’uomo, il secondo, forse, anche, benché in modo
meno diretto; oppure dipende da dinamiche biologiche, alle quali Dio è
estraneo, ed è quindi fuori
luogo polemizzare con lui.
Per quanto comprensibile
possa essere questo tipo di
ragionamento, almeno come reazione a identificazioni troppo irhmediate e
sbrigative, anch’esso si rivela come un tentativo di
scusare Dio. Così facendo,
tuttavia, lo rende evanescente, sganciato da ciò
che, nella nostra vita, conta
davvero.
La verità è che la nostra
fede, sia che si esprima
nelle parole e negli schemi
cari alla tradizione, sia che
si presenti in forma più
“aggiornata”, ha paura di
intentare causa a Dio. Il
Dio della nostra fede è
troppo astratto e irreale per
essere un Tu con cui lottare.
Ci teniamo a “immunizzarlo” dal nostro scandalo
e da quello degli altri perché temiamo che egli esca
a pezzi da questo confronto, rivelandosi ai nostri occhi non il Creatore onnipotente, ma un fantasma. La
volontà di difendere Dio
intende in realtà tutelare
una fede riluttante a incam
minarsi verso un confronto
rischioso con il Dio vivente. Un confronto di cui non
è possibile conoscere, a
priori, l’esito.
Secondo la Bibbia, tuttavia, chi non vuole lottare
con Dio, non per modo di
dire, ma in senso stretto,
non può nemmeno arrendersi autenticamente a lui;
non si può dire “sia fatta
la tua volontà", nel senso
inteso da Gesù nel Padre
nostro e nel Getsemani,
senza aver condiviso, in un
modo o nell’altro, la protesta di Mosè e di Geremia,
dei Salmi e di Giobbe.
«Pentiti del male di cui
minacci il tuo popolo, o a
cui assisti, o che non fai
cessare. Pèntiti, e presto!»
E se fosse questa, così rozza e inarticolata, la parola
della fede di fronte alla tragedia della storia e alle
mille tragedie personali a
cui ogni giorno assistiamo?
La promessa biblica è che
a chi rischia la propria fede
in questo scontro tremendo
sarà dato di cogliere, in
Gesù Cristo, il volto del
Dio pentito.
ANNO 0 - NUMERO 0
Dodici
nuove chiese
aderiscono
alla KEK
«Fino a quest’ anno» ha ricordato John Arnold, arcivescovo di Durham (Inghilterra)
e vicepresidente della KEK,
«eravamo soliti parlare di
chiese aderenti da ogni parte
d’Europa, tranne che dall’Albania. Oggi possiamo con
gioia eliminare questa frase
ricorrente». Con queste parole
è stata salutata l’adesione della Chiesa ortodossa autocefala
d’Albania, nel corso della X
Assemblea generale della
KEK a Praga.
Insieme con la chiesa albanese, quest’anno sono state
accettate anche la Chiesa
riformata subcarpatica, la
Chiesa evangelica metodista
di Jugoslavia, la Chiesa evangelica luterana di Slovenia e
la Federazione congregazionalista del Regno Unito.
A queste chiese si aggiungono le altre chiese che sono
diventate membro della KEK
dopo la precedente Assemblea
generale di Stirling. Si tratta
dell’Unione congregazionale
di Scozia, della Chiesa episcopale di Scozia, del Consiglio
delle Chiese africane e afrocaraibiche del Regno Unito, della Chiesa cristiano-cattolica di
Svizzera, della Chiesa evangelica luterana tedesca delle Repubbliche dell’Est (già
deirURSS), della Chiesa protestante malgascia in Francia,
dell’Unione delle chiese indipendenti del Galles.
Le nuove chiese sono state
accolte nel corso di una breve
cerimonia alla fine della quale
ai rappresentanti intervenuti è
stato donato un piatto in ceramica con il simbolo della
KEK, realizzato in un laboratorio della Chiesa riformata
episcopale di Spagna.
2E
Ecumene
Dal nostro
inviato a Praga
pagina 2
Delle Chiese
Assemblea delle
Chiese hattiste
pagina 3
Villaggio
Globale
Rinasce
Il razzismo
in Germania?
pagina 12
4
PAG. 2 RIFORMA
venerdì 11 settembre 1992
A Praga dal 1 ° all 0 settembre l'Assemblea della Conferenza delle chiese europee
Un impegno concreto per la solidarietà
e la riconciliazione etnica e confessionale
Le chiese cristiane in Europa
Il movimento
ecumenico al bivio
ALBERTO BRAGAGLIA
La X Assemblea generale
della Conferenza delle
chiese europee (KEK) che si
sta svolgendo in questi giorni
a Praga, presenta alcune caratteristiche che la rendono peculiare e diversa da quelle che
l’hanno preceduta.
Per la prima volta una riunione così importante di chiese europee ha luogo in una
città dell’ex «blocco comunista». Inoltre il numero di chiese aderenti alla KEK ha superato il centinaio e, con le ultime chiese accolte ufficialmente e definitivamente il primo
giorno, tutti i paesi europei sono rappresentati, sia attraverso
piccole confessioni di minoranza, sia attraverso grandi
chiese nazionali.
Ma l’Assemblea di Praga
non sarà ricordata soltanto per
questo. I tempi in cui viviamo
pongono le varie chiese cristiane europee di fronte a problemi urgenti e a scelte importanti. In particolare il cambio
istituzionale e la parallela disastrosa situazione economica
dei paesi dell’Est ha riaperto
odi etnici e confessionali, ha
fornito nuovi desideri di vendetta e di rivalsa, ha alimentato nuovi focolai di intolleranza.
Ne è esempio l’ex Jugoslavia con i conflitti sanguinosi
che la stanno dilaniando. Molti hanno richiesto che il tema
fosse affrontato in modo approfondito malgrado il programma dei lavori, già preparato prima dell’inizio, non
avesse previsto molto spazio
per questo argomento specifico. Sono stati quindi organizzati vari incontri, durante i
quali esponenti e rappresentanti dei gruppi e delle confessioni che fanno parte della
complessa società jugoslava
hanno potuto esprimere le loro
idee e le loro posizioni.
Ne è risultato un quadro variegato e non privo di sorprese. Testimonianze dirette
sull’atrocità e sulle incongruenze del conflitto in corso
si sono alternate a riflessioni
ed inviti per un impegno più
concreto per la solidarietà e la
riconciliazione confessionale
ed etnica. Bisogna guarire
«dall’ intossicazione nazionalistica» ha detto il vescovo
serbo-ortodosso Irenej, «smettere di addossare tutte le colpe ad una parte sola, avere il
coraggio di rompere con le
pratiche della benedizione di
armi e combattenti operate
dalle varie chiese, cessare di
appoggiare governi e governanti che non ricercano il bene della gente».
Verso il superamento e la riconciliazione delle barriere etniche e confessionali, la KEK
ed il Consiglio mondiale delle
chiese hanno invitato i capi
delle maggiori comunità della
Bosnia-Erzegovina ad incontrarsi a Ginevra. L’invito viene appoggiato anche dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee il cui segretario, Ivo Fiirer, sottolinea che
anche i cattolici romani vogliono partecipare ad ogni iniziativa che ricerchi la pace e
la riconciliazione tra i contendenti. La speranza è che questi
organismi internazionali riescano ad esercitare sulle varie
parti un’influenza tale che
l’invito non sia disatteso.
Solidarietà, riconciliazione,
ecumenismo sono stati i fili
conduttori di molti altri momenti dell’Assemblea. Il segretario generale della KEK,
Jean Fischer, si è esplicita
DALL’INVIATO
mente richiamato alla necessità, da parte delle chiese cristiane, di contribuire alla costruzione della «comune casa
europea». Le singole chiese,
soprattutto le grandi chiese
nazionali, devono considerare
con maggiore attenzione i loro
rapporti con lo stato, con la
comunità civile, con le altre
confessioni di minoranza presenti nello stesso territorio.
Soprattutto la fine dei regimi
totalitari e la creazione di
nuovi stati nazionali ha evidenziato la tendenza a recuperare antichi privilegi o ad interpretare in modo spregiudicato e «competitivo» la libertà
religiosa ottenuta.
Di fatto, le chiese aderenti
alla KEK devono cercare un
impegno nella società il più
possibile unitario affinchè la
loro predicazione sia testimonianza effettiva e credibile
deH’unico Dio a cui, sia pure
in forme diverse, ci si rivolge.
L’invito alla solidarietà e alla
riconciliazione potrà quindi
concretizzarsi anche a livello
sovraconfessionale e sovranazionale attraverso organismi
appositamente costituiti per
essere interlocutori forti nei
confronti dei centri di potere
intemazionale, come la CEE,
il Consiglio d’Europa o la
CSCE.
Le chiese sono anche chiamate all’impegno perché ogni
persona sia in grado di vivere
una vita dignitosa, nel rispetto
degli altri e dell’ambiente. Su
questi temi le sensibilità sono
diverse. In particolare, l’impatto dell’incontro ecumenico
di Basilea del 1989 «Giustizia, pace e integrità della creazione», sembra essersi un po’
esaurito.
Ma la causa di questo può
essere soprattutto il sostanziale raffreddarsi dei rapporti
ecumenici tra la Chiesa cattolica romana e la KEK. Come
ha ricordato il cardinale Martini, intervenendo all’Assemblea, ci sono difficoltà evidenti per quel che riguarda i rapporti ecumenici tra le varie
confessioni ma, più che come
ostacoli, bisogna cercare di
vederli come ulteriori inviti
all’approfondimento delle singole posizioni.
Nella tumultuosa Europa
di oggi», ha detto il segretario della KEK durante la
X Assemblea, «il movimento
ecumenico, di cui la KEK è
parte, risente delle affermazioni di identità fortemente
denotate dall’ affiliazione religiosa».
In effetti si possono notare
dei progressi, come la costituzione di Consigli di Chiese
cristiane in molte nazioni, o il
fatto che in molte occasioni
esponenti delle chiese protestanti, ortodosse o cattoliche
hanno unito le loro voci per
affermazioni e testimonianze
comuni.
Tuttavia è innegabile che
negli ultimi tre anni il movimento ecumenico ha rallentato molto il suo cammino.
L’opinione del cardinale
Carlo Maria Martini, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, è
quella che comunque gli ostacoli nelle relazioni ecumeniche dovrebbero essere visti
come opportunità di approfondimento e non barriere.
Nel discorso pronunciato di
fronte all’Assemblea, il cardinale ha ricordato come non
siano emersi fatti nuovi da un
punto di vista ecumenico, ma
si siano piuttosto resi espliciti
e più articolati ostacoli già
esistenti.
Il proselitismo, l’ordinazione delle donne, il primato del
papa sono punti sui quali, ha
concordato anche Konrad Kaiser appena eletto segretario
Dal Consiglio generale dell'Alleanza mondiale battista che si è tenuto in Giamaica
Jimmy Carter nominato presidente della
commissione speciale contro il razzismo
JEAN-JAQUES PEYRONEL
Jimmy Carter è stato nominato presidente onorario
della Commissione intemazionale contro il razzi.smo. Lo ha
deciso l’Alleanza battista
mondiale (BWA) che ha tenuto il suo Consiglio generale a
Montego Bay (Giamaica) dal
4 al 12 luglio e a cui ha preso
parte, in rappresentanza dei
battisti italiani, il pastore Saverio Guama.
Fondata nel 1905 su iniziativa dei battisti britannici e americani, l’Alleanza battista mondiale raggruppa 37 milioni di
battisti in oltre 200 paesi nel
mondo e rappresenta 156
unioni e convenzioni. Il presidente in carica è Knud Wiimpelmann (Danimarca). Il segretario generale è Denton
Lotz (USA).
Uno dei principali argomenti all’ordine del giorno della
riunione del Consiglio generale era appunto quello della lotta contro il razzismo nel mondo. Profondamente scossa dalle recenti sommosse di Los
Angeles, dalla tragedia dell’ex
Jugoslavia, dai conflitti etnici
in vari paesi dell’Est europeo e
dalla perdurante tensione razziale in Sud Africa e in Medio
Oriente, l’Alleanza ha deciso
di nominare una «Commissione speciale dei battisti contro
il razzismo», sotto la presidenza onoraria dell’ex presidente
americano. «Non c’è nessun
battista al mondo che abbia
più fama e coraggio e che sia
conosciuto per essere contro il
razzismo come Jimmy Carter», ha detto Denton Lotz nella sua lettera d’invito all’ex
presidente. Carter ha risposto
favorevolmente, mandando i
suoi «più caldi e migliori auguri ai battisti che lottano per
eliminare la discriminazione
sociale». La Commissione è
incaricata di studiare le cause
del razzismo, di enunciare
chiaramente la risposta biblica
al razzismo e di definhe come
e cosa possono fare i battisti
per aiutare a sconfiggere il
razzismo. Ricordando la lotta
di Martin Luther King, Denton
Lotz ha affermato: «In quanto
battisti, dobbiamo dichiarare
con forza al mondo intero che
siamo contro il razzismo».
Il Consiglio ha inoltre approvato una ferma risoluzione
sulla situazione a E1 Salvador.
Una speciale delegazione di
quattro persone, guidata dal
presidente Knud Wiimpelmann, si è recata a El Salvador
dal 6 al 15 gennaio ‘92, e ha
visitato una dozzina di congregazioni battiste. «Credevamo
di essere il popolo dimenticato
del mondo», ha detto piangendo il pastore di una di queste
chiese accogliendo la delegazione. Dopo gli accordi di pace del 1° gennaio scorso tra il
governo di El Salvador e il
Fronte di liberazione nazionale
Farabundo Marti, la situazione
rimane estremamente tesa. La
risoluzione approvata dal Con
siglio «esprime la sua profonda preoccupazione di fronte
alle continue violazioni dei diritti umani e alla corruzione
del sistema giudiziario ai più
alti livelli» e «esorta il governo e il EMLN a continuare a
lavorare per la riconciliazione
e la ricostruzione». Chiede
inoltre ai governi dei paesi sviluppati di «contribuire generosamente alla ricostruzione, allo sviluppo e alla democrazia,
e di interrompere ogni aiuto
militare a El Salvador».
Durante i 12 anni di guerra
civile, 70.000 salvadoregni sono morti, circa 8.000 sono
scomparsi e quasi un milione
hanno dovuto emigrare negli
Stati Uniti, in Australia, in Canada, in Svezia e altrove. Nel
paese i battisti godono di buona reputazione: essi vengono
identificati come coloro che
appoggiano la «causa del popolo» e le loro chiese sono
considerate «chiese per la pace».
Altre risoluzioni approvate
dal Consiglio riguardano: a) il
bicentenario della «Baptist
Missionary Society», fondata
il 2 ottobre 1792 a Kettering
(Inghilterra); b) il 5° centenario dell’arrivo di Colombo e
degli europei in America; c) la
salvaguardia del creato; d) la
situazione nell’ex Jugoslavia;
e) la situazione nei Caraibi
(Haiti e Cuba); il Sud Africa. Per ognuna di queste drammatiche situazioni, il Consiglio «fa appello a tutti i battisti, nello spirito di William
Carey che vide così chiaramente la necessità di lavorare
con gli altri, perché continuino ad essere fedeli alla loro
vocazione missionaria».
generale del Consiglio mondiale delle chiese, bisogna
scavare di più, ed aprire nuovi
livelli di dialogo.
Non va però dimenticato, ha
ribadito il patriarca Alessio II,
capo degli ortodossi russi e
presidente uscente della KEK,
nel corso di una serata dedicata al “dopo Basilea’’, che
l’impatto della grande riunione ecumenica del 1989 ha perso di mordente.
«La KEK - secondo il patriarca - deve preparare senza
indugi una seconda assemblea
ecumenica», ricercando una
collaborazione con il Coñsiglio delle Conferenze episcopali europee che sia il più possibile fruttuosa. Di fatto, la
turbolenta situazione del continente ed anche le contradditorie risposte ai vari problemi
che le singole chiese forniscono rendono urgente l’impegho
verso nuove iniziative e nuovi
traguardi ecumenici.
Dello stesso parere si è detto l’arcivescovo di Canterbury, dr. George Carey, che
ha suggerito ai delegati presenti a Praga tre priorità per il
lavoro futuro della KEK: impegno ecumenico e cooperazione interconfessionale;
evangelizzazione; mantenere
le frontiere aperte. «Sono convinto che una delle cose più
importanti da fare per le chiese in Europa sia quella di portare fiducia e collaborazione
tra comunità frammentate e
spesso in opposizione tra loro» ha detto l’arcivescovo,
che ha affermato con forza:
«La pulizia etnica e religiosa
sono completamente contrarie
al messaggio dell’Evangelo».
Le caratteristiche della predicazione nell’Europa di oggi
dovrebbero invece essere
l’apertura, la riconciliazione,
la solidarietà con chi soffre,
l’impegno in favore di chi ha
più bisogno.
In questa prospettiva appare
evidente che non mancano le
difficoltà. Il metropolita Kyrii 1
di Smolensk ha fornito una viva descrizione del conflitto tra
la chiesa ortodossa e la chiesa
uniate in Ucraina. Il movimento nazionale, che aveva
avuto un ruolo decisivo nella
lotta contro il totalitarismo, ha
poi preso una piega molto pericolosa; ora la situazione è
incandescente, e le due chiese
sono venute a trovarsi, sui
fronti opposti, al centro del
conflitto.
Un altro dramma irrisolto è
quello relativo al conflitto
nell’Irlanda del Nord, di cui
ha parlato Walter Lewis, della
chiesa d’Irlanda che aderisce
alla Conferenza europea delle
chiese.
I politici continuano a parlare, ha detto Lewis, ma per il
momento non si intravvedono
soluzioni concrete. Tuttavia
sembrano profilarsi timidi segni di speranza: a Belfast vi
sono celebrazioni comuni, tra
cattolici e presbiteriani, di matrimoni e battesimi, ed anche
in altri settori di attività si registra una partecipazione mista.
Per questi segni, ha proseguito Lewis, il lavoro congiunto per il dialogo e la riconciliazione, svolto dalla
KEK e dal Consiglio delle
Conferenze episcopali in Europa, è stato fin qui importante e deve continuare nel futuro.
La diaconessa Hilary Me
Dowell ha poi ribadito all’Assemblea che, nell’Irlanda del
Nord, i veri cristiani «non si
uccidono fra loro, ma lavorano per la pace ».
5
venerdì 11 SETTEMBRE 1992
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(rt .
L'UNIONE CRISTIANA BATTISTA D'ITALIA
INSIEME DI CHIESE
AUTONOME
L’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI)
non è una chiesa nazionale,
ma un’unione di chiese locali;
ogni chiesa locale è autonoma, ha ordinamenti propri e
trae l’autorità dall’assemblea
dei suoi membri.
L’Unione agisce attraverso
diversi organi; l’Assemblea
generale, il Comitato esecutivo, il presidente, il Collegio
dei revisori, il Collegio degli
anziani. Il Collegio dei revisori ha una funzione di controllo
sull’operato del Comitato esecutivo, che amministra
l’Unione fra un’assemblea e
quella successiva, sulle istituzioni (case di riposo, centri
d’incontro ecc.) e sugli organismi operativi (Dipartimenti
di teologia e di evangelizzazione); i bilanci delle diverse
attività e quelli dello stesso
Comitato esecutivo devono
passare al suo vaglio. Il Collegio degli anziani ha lo scopo
di dirimere le controversie che
sorgano fra membri, organi,
enti e persone dell’Unione.
Il massimo organo dell’
UCEBI è l’Assemblea generale che si raduna ogni due anni.
Essa è composta dai delegati
delle chiese (uno ogni 50
membri di chiesa), dai ministri con cura di chiese, dai responsabili di istituzioni ed organismi operativi con nomina
assembleare, dai membri del
Comitato esecutivo (ivi compreso il presidente) e dai revisori. L’Assemblea generale
non ha autorità per quanto riguarda il governo delle chiese,
che conservano ciascuna la
propria autonomia, né interferisce nella attività delle associazioni di zona, a meno che
esse non travalichino i limiti
della loro competenza.
Il suo compito è principalmente quello di definire le linee che l’Unione deve seguire, di deliberare sui piani comuni di lavoro, di esaminare
l’operato del Comitato esecutivo, che nella sua azione è
vincolato alle direttive stabilite dall’Assemblea stessa. Anche l’operato dell’ente patrimoniale, che gestisce il patrimonio dell’Unione e le attività
delle istituzioni e degli organismi operativi, è sottoposto alla
sua approvazione.
L’Assemblea elegge tutti i
componenti degli altri organi
dell’Unione ed i responsabili
delle istituzioni e degli organismi operativi. Negli ultimi anni essa ha provveduto, fra l’altro, ad approvare il Patto costitutivo dell’Unione ed il relativo regolamento, riformulati con maggiore chiarezza e
completezza dalla Commissione per gli ordinamenti che
sta procedendo anche alla revisione degli statuti di istituzioni e organismi. L’Assemblea inoltre ha varato il piano
di cooperazione fra le chiese
ed ha approvato una confessione di fede che evidenzia le
linee dottrinali fondamentali
dei battisti italiani.
ss Vita Delle Chiese
Si apre il 15 settembre a Santa Severa l'Assemblea (JeH'UCEBI
Battisti in Italia: due sfide
per questo scorcio di secolo
PAG. 3 RIFORMA
EMMANUELE PASCHETTO
Cinque nuove chiese entrano a far parte dell’UCEBI e
ben tre sono costituite da non
italiani. Accanto alla quarta
chiesa battista di Napoli ed alla seconda in Sardegna, nata
dall’evangelizzazione nel Sulcis, troviamo la Aviano Baptist Church, in provincia di Pordenone, in prevalenza statunitense, la Rome Baptist Church, internazionale con molti
elementi filippini e giapponesi, mentre cinese è la Christian
Chinese Fellowship di Milano.
E’ una apertura ecumenica in senso geografico - confermata dalla presenza fra i pastori battisti deirUCEBI di
ministri di nazionalità inglese,
tedesca, spagnola, cinese e
statunitense. Si tratta di una
sfida per i battisti italiani chiamati ad impegnarsi in una società che si chiude sempre più
duramente verso il «forestiero».
Non dimentichiamo che fra
gli stranieri presenti in Italia
oltre centomila sono evangelici e parecchie migliaia battisti.
Come contattarli, offrire loro
solidarietà e assistenza spirituale, aiutarli ad inserirsi ed
organizzarsi è un compito urgente e coinvolgente. E questo
naturalmente non solo per i
battisti ma per la Federazione
delle chiese evangeliche e per
l’intero protestantesimo italiano.
Di fronte a questa pressante
esigenza resta il problema, in
ambito battista, del numero
insufficiente di pastori, delle
molte sedi vacanti, che rischia
di ostacolare il processo di
consolidamento e di crescita
delle chiese avviatosi nel corso degli anni ‘80 con una inversione di tendenza rispetto
al ventennio precedente.
Contemporaneamente pare
aprirsi un altro fronte che richiede impegno di persone e
di energie. Già all’Assemblea
del 1990 si ipotizzava l’Unione battista come un possibile
punto di riferimento per molte
comunità evangeliche indipendenti.
La relazione del Comitato
esecutivo all’Assemblea del
‘92 afferma; «Molti segnali
che ci provengono, o direttamente o tramite le chiese locali, ci autorizzano a pensare
che questo fatto sia andato
crescendo notevolmente. Giocano in esso, da una parte, la
necessità di aggregazione per
tanti gruppi senza appartenenza denominazionale, dall’altra
una nuova strutturazione del
panorama evangelico italiano
e, dall’altra ancora, segni di
stabilità, serietà e ordine che
dà la nostra organizzazione.
Questo fatto ci rende pieni
di gioia e mentre ci richiama
alla nostra responsabilità verso tali gruppi, perché chiedono un servizio che non sempre
abbiamo la forza di dare, ci
rende, d’altra parte, attenti
all’esigenza di fare riferimento alla nostra identità».
Bari: parte la
collaborazione
territoriale
Sulla scorta di una ormai
consolidata tradizione, ma stimolate ancor più dall’Assemblea-Sinodo di due anni fa, le
comunità battista e valdese
hanno dato vita, nei mesi di
luglio e agosto di quest’anno,
a culti in comune con predicazione incrociata di pastori e
laici, e con alterno trasferimento nell’uno o nell’altro
luogo di culto.
Alle spalle, incoraggiante e
fruttuosa, vi era l’esperienza
degli incontri nelle settimane
natalizia e pasquale, oltre alle
conferenze organizzate dai
due Consigli di chiesa, riuniti
periodicamente nell’anno,
nell’ambito delle attività del
costituendo Centro evangelico
di cultura.
TrrfSfw
La funzione del Collegio dei revisori
Una garanzìa per le
chiese e la democrazia
Alcuni componenti dei Comitato esecutivo deli’UCEBI dopo l’eiezione
nel 1990. Presentano il loro rapporto di gestione a questa Assemblea.
EUGENIO DE ROBERTIS
L’Assemblea generale
dell’UCEBI elegge il Collegio
dei revisori composto da 5
membri. Le attribuzioni di
questo organo e la loro attuazione vengono dettate negli
artt. 17 e 18 del Patto costitutivo e negli artt. 141-147 del
conseguente Regolamento.
Nel biennio in carica il Collegio ha il compito di sorvegliare sull’intero svolgimento
della vita dell’UCEBI effettuando ispezioni presso gli uffici dei vari enti, istituzioni e
organismi operativi con controlli amministrativi e finanziari, prendendo visione di re
Rapporti battisti, metodisti e valdesi
Una collaborazione
a misura delle chiese
Dall’Assemblea-Sinodo del
novembre 1990 le relazioni
con i valdesi e i metodisti si
sono intensificate anche se,
forse, ci si aspettava una maggior celerità nel sintonizzare
la collaborazione in alcuni settori specifici. E’ questo probabilmente il caso dell’evangelizzazione in comune. Sono
stati, per ora, avviati contatti
fra il Dipartimento per l’evangelizzazione dell’ UCEBI
(Unione cristiana evangelica
battista d’Italia) e la commissione analoga delle chiese vaidesi e metodiste. Per quanto
riguarda il riconoscimento reciproco dei membri di una denominazione che si trovino inseriti in una chiesa di altra denominazione, la Commissione
ordinamenti dell’UCEBI e la
Commissione discipline delle
chiese valdesi e metodiste
stanno lavorando per dare una
base giuridica a tale riconoscimento. L’impegno maggiore è
stato profuso nella preparazione del settimanale comune
«Riforma»; la copia che state
leggendo è una delle prime
realizzazioni di questa impresa, che partirà con regolarità
dal prossimo dicembre. Non
sono state poche le difficoltà
di carattere giuridico, economico, tecnico, organizzativo
che si sono dovute affrontare.
Le tre denominazioni puntano
molto su «Riforma». Il «Testimonio», dopo oltre un secolo
di vita, resterà come semplice
circolare interna per le chiese
battiste.
Naturalmente il lavoro in
comune che viene fatto attraverso la Federazione delle
chiese evangeliche prosegue e
l’apporto battista, metodista e
valdese aU’intemo della Federazione non può essere sottovalutato; basta ricordare il
«culto evangelico» alla radio e
la rubrica televisiva «Protestantesimo», il Servizio rifugiati e migranti e il lavoro del
Servizio istruzione ed educazione. E’ incoraggiante comunque constatare che a livello locale sono in progresso le
iniziative comuni e si vanno
intensificando i contatti sia là
dove da tempo esistono federazioni regionali di chiese, sia
dove i rapporti sono meno
strutturati. Occorre probabilmente che le chiese locali facciano sentire maggiormente il
loro peso, informando, suggerendo, fornendo indicazioni
precise.
Rapporti con lo Stato
8 per mille delHrpef
anche per ì battisti?
Nel 1985 l’Assemblea
straordinaria dell’UCEBI esaminava a fondo la questione
delle Intese con lo stato italiano - secondo quanto previsto
dall’art. 8 della Costituzione
della Repubblica - ed approvava un articolato di base per
le trattative, indicando i punti
fermi ed irrinunciabili e quelli
su cui coloro che sarebbero
stati delegati a rappresentare
l’Unione potevano muoversi
con una certa elasticità.
Per quasi sette anni, nonostante diversi solleciti, il governo italiano non fece molto
per avviare gli incontri.
Improvvisamente, nell’
aprile scorso, l’Unione veniva
informata che il governo era
disposto a dare inizio alle trattative.
Il Comitato esecutivo provvedeva quindi a nominare il
pastore Paolo Spanu come
rappresentante dell’UCEBI,
affiancandogli in questo incarico un gruppo di sette esperti.
A questo punto ci si è posti
la questione del possibile utilizzo anche da parte delle
chiese battiste dell’otto per
mille del gettito dell’IRPEF e
dell’accettazione della possibilità di defiscalizzare le of
ferte fatte alle chiese.
Il Comitato esecutivo ha
quindi radunato il gruppo di
esperti chiedendogli di riesaminare la questione delle Intese, per vedere se c’era qualcosa da correggere rispetto a
quanto discusso nel 1985 e
preparare un documento da inviare alle chiese nel quale fossero illustrate in modo chiaro
e sintetico le posizioni di chi è
favorevole e di chi è contrario
ad accedere a queste forme di
finanziamento.
Ogni assemblea locale dovrebbe aver esaminato la questione, esprimendo un proprio
orientamento in merito; ogni
delegato disporrà quindi di un
elemento in più per contribuire alla decisione che l’Assemblea generale dovrà prendere
circa l’inserimento o meno
delle due materie nelle trattative sulle Intese.
Anche i battisti accetteranno
l’otto per mille? Le previsioni
sono incerte. Se ne discuterà
in Assemblea
Generalmente si ritiene che
- come già avvenne nel Sinodo valdese del 1991 - la prevalenza di un’opzione sull’altra dovrebbe avvenire con un
minimo scarto di voti.
gistri, documenti, scritture
contabili e bilanci. Se i revisori lo ritengono necessario, per
svolgere efficacemente il non
facile incarico loro affidato,
possono avvalersi della collaborazione di esperti.
Per garantire la necessaria
obiettività i revisori non possono ricoprire altri incarichi
nel Comitato esecutivo e negli
organi direttivi di istituzioni e
organismi operativi dell’Unione, soggetti essi stessi a revisione.
Data la delicatezza del compito affidato ai revisori, per i
fatti e le notizie di cui vengono a conoscenza, è loro richiesta una corretta deontologia
che li obbliga alla massima discrezione e riservatezza. Ogni
riunione del Collegio viene
verbalizzata e alla fine del
biennio di attività esso redige
una relazione all’Assemblea
generale, che riguarda ogni
settore preso in esame.
Questa mole di lavoro richiede persone disposte a dedicare molta parte del tempo
libero dai propri impegni quotidiani, affinchè si possa ottenere un’azione incisiva. Non è
sempre agevole riunire persone residenti a distanza; pertanto sarebbe auspicabile che non
si verificassero situazioni contingenti che richiedano incontri imprevisti, perché già la
gestione ordinaria implica un
costante impegno.
Il periodo appena trascorso
non è stato particolarmente
caratterizzato da simili eventi,
che purtroppo tendono a essere fisiologici nelle organizzazioni costituite da persone,
pur se dotate delle migliori intenzioni.
La Casa valdese di Roma
CERCA
un’impiegata a tempo pieno
con mansioni di
GOVERNANTE
trattamento contrattuale ed
eventuale alloggio.
Si richiede capacità nella gestione del personale, nell’assistenza ai servizi di mensa;
sarà titolo preferenziale la conoscenza delle lingue.
Inviare curriculum entro il 15
settembre alla direzione della
CASA VALDESE
via Alessandro Farnese, 18
00192 ROMA
6
PAG. 4 RIFORMA
-----Vita Delle Chiese
Chiese battiste di Cersosimo e Miglionico in collaborazione con Roma Trastevere
Una importante esperienza
di evangelizzazione in Puglia e Lucania
VENERDÌ 11 SETTEMBRE 1992
MARILÙ' MOORE_________
Dal 13 al 24 agosto un
gruppo di 19 giovani della Chiesa battista di Roma
Trastevere è venuto in Basilicata per collaborare ad una serie di incontri evangelistici
programmati dalla chiesa di
Cersosimo.
Tra i giovani, in età compresa tra i 14 e i 26 anni, erano presenti anche realtà etniche molto diverse, dal Brasile
al Burundi, dall’Irlanda
all’Honduras, al Sud Africa.
Il gruppo ha proposto un
programma di rappresentazioni mimiche, canti e testimonianze tese ad annunciare con
semplicità e immediatezza la
buona notizia di Gesù, Signore e salvatore del mondo. Agli
incontri, avvenuti in varie
piazze, seguivano momenti di
discussione e approfondimento con quanti mostravano interesse.
E’ stata una bella esperienza; utile, crediamo, ai giovani
stessi, che hanno dovuto anche confrontarsi con lo scetticismo e l’indifferenza della
gente o con le serie obiezioni
di chi vedeva nel loro modo di
proporsi troppe «certezze».
Un momento significativo è
stato domenica 16, trascorsa
sulle rive del fiume Sinni, non
solo per il bel culto evangelistico all’aperto, ma anche per
la testimonianza battesimale
resa da due sorelle della comunità di Miglionico e da una
di Cersosimo.
I momenti di predicazione e
di incontro con la popolazione
sono stati intervallati da visite
ai suggestivi paesaggi della
Lucania e della Puglia e da
qualche rinfrescante bagno
nelle acque di Policoro.
Mercoledì 18 il gruppo ha
partecipato allo studio biblico
nella Chiesa battista di Mottola, proponendo alcuni momenti del programma evangelistico. La serata, molto gioiosa, si
è conclusa con un’agape fraterna.
Domenica 23, infine, i giovani stessi hanno preparato e
condotto il culto a Cersosimo.
L’incontro si è svolto, per
l’occasione, nei locali della
scuola media statale; molti
hanno accettato l’invito a partecipare, ed erano presenti circa 70 persone, di cui una ventina che per la prima volta assisteva a un culto evangelico.
Alcuni risultati di questa
esperienza sono già tangibili:
un rinnovato entusiasmo nella
piccola comunità di Cersosimo e diversi nuovi contatti
con simpatizzanti, ma crediamo che anche per i giovani
«romani» l’esperienza abbia
rappresentato un’utile opportunità per conoscere la realtà
dinamica di diverse nostre
chiese apulo-lucane e la complessità delle problematiche
del Mezzogiorno, che richiede
assieme all’entusiasmo dell’
annuncio l’accurata comprensione dei problemi che assillano questa parte d’Italia.
L'obiettivo del piano di cooperazione
Autonomìa finanziaria
Positivo bilancio di una stagione
I campì estivi
dei centri battisti
CAMPO SARDEGNA - Anche quest’estate, al Campo Sardegna, il Centro incontri gestito dalle comunità battiste di Cagliari e Carbonia, si sono svolti alcuni campi per ragazzi.
Particolarmente riusciti i campi per bambini (5-10 anni) e il
campo EGEI (da 16 in su). Nel primo, intitolato «La Bibbia
racconta: storie e leggende dell’Antieo Testamento», partendo da alcuni episodi più noti della storia del popolo di Israele, si sono avviati i bambini ad una serie di attività manuali
(pittura, scultura, realizzazione di pupazzi di stoffa) che
hanno raccolto un’adesione senza riserve da parte dei 20
partecipanti. Oggi, tre quadri (2m x Im) dipinti dai bambini
e raffiguranti l’arca di Noè, Davide e Golia, Sansone che distrugge il tempio, fanno bella mostra nella sala da pranzo
del Centro. E ognuno ha portato a casa il proprio pupazzo di
stoffa e gli oggetti di argilla e farina realizzati. L’alto numero di partecipanti esterni alle due comunità (il 60%) fa ben
sperare per il futuro.
Anche il campo FGEI, dal tema «La Paura», ha visto la partecipazione di un grosso numero di campisti. Una sera si sono contati più di 45 posti a tavola e, se si pensa ai 12-16
membri del gruppo EGEI, di cui 7 figli di evangelici, si può
valutare molto positivamente la partecipazione di “esterni”.
II Centro ha una ricettività non superiore a 35 persone.
L’argomento trattato, negli aspetti più diversi (paura del diverso, dell’ignoto, dell’aldilà e la bellezza della paura), ha
favorito l’interesse generale ed alcuni momenti “caldi” hanno consentito di sperimentare le proprie reazioni in termini
di timore, paura di provare paura, richiesta di aiuto, solidarietà verso l’altro, forza d’animo e di conoscere, grazie
all’intervento di uno psicologo, la paura come difesa inconscia per la sopravvivenza e alcuni aspetti più nascosti del
nostro io.
PROTESTANTESIMO
IN TV
Lunedì 14 settembre ore 9. 30 - Rai Due replica
del programma «Mémoires
- Ricordi della vai Germanasca nel racconto di Carlo
Ferrerò».
Dal 1987 le chiese dell’
UCEBI sono impegnate finanziariamente nel Piano di Cooperazione che prevede l’invio
di una parte delle entrate locali alla cassa centrale dell’
UCEBI, per le spese generali,
gli assegni ai pastori e ai pensionati, il lavoro dei Dipartimenti di Teologia e di Evangelizzazione e per le altre varie attività. Nonostante i contributi delle chiese alla cassa
centrale si aggirino nel 1992
intorno ai 900 milioni, con un
incremento di oltre il 70% in
cinque anni, i costi dell’Unione sono coperti per meno del
60%, mentre gli aiuti dall’
estero sono scesi a circa l’8%.
La speranza è che si possa
giungere - un giorno non troppo lontano - a coprire con le
offerte provenienti dalle chiese l’intero bilancio ordinario
dell’Unione, in modo che ciò
che il patrimonio edilizio frutta possa essere impiegato non
per portare i bilanci a pareggio, ma per la missione inter
na, la creazione di nuove chiese, l’acquisto di locali di culto
e di case pastorali. Già qualcosa è stato fatto in questo
senso negli ultimi anni: lo testimoniano - fra l’altro l’inaugurazione di tre nuovi
templi a Barletta, Matera e
Casorato Primo. Non possediamo dati precisi che possano
far comprendere l’impegno
che queste operazioni hanno
comportato, quanto siano stati
i contributi locali e dall’estero, per cui non è possibile valutare il peso dello sforzo
compiuto, ma esso è stato notevole. Dopo anni ed anni di
trattative con il Foreign Mission Board (l’ente che ha sostenuto l’opera in Italia sin dal
1870) sembra ormai avviato a
soluzione il passaggio all’Ente
Patrimoniale dell’UCEBI delle numerose proprietà ancora
intestate alla Missione americana. Il poter contare su un
patrimonio edilizio permetterà
di razionalizzare l’uso delle
proprietà stesse.
SANTA SEVERA - L’attività destinata ai giovani e meno giovani delle nostre comunità, durante i campi estivi, si è svolta
sviluppando il tema, unico per tutti i campi: “1992: Anno
dell’integrazione europea . Quale responsabilità per i credenti”.
Gli ospiti dei campi cadetti, giovani e famiglie, sorretti e
guidati dai diversi responsabili, hanno potuto confrontare le
proprie posizioni ideologiche e di fede in rapporto al tema
della costruzione dell’Europa, nel quale le componenti religiose sono presenti ed impegnate.
tema aveva anche una ricaduta più modesta ma non meno
significativa di sottolineare come il rispetto reciproco con
etnie e culture differenti non può non passare attraverso la
comprensione ed il rispetto delle diverse istanze che emergono nella nostra realtà nazionale.
In particolare, occorre menzionare i due campi cadetti e giovani. Il primo perché, a fianco al tema proposto, ha saputo
approfondire il significato dell’esperienza comunitaria che
veniva vissuta verificandone l’eticità dei comportamenti. Il
secondo, in quanto fortemente “vivacizzato” e trainato da
alcuni gruppi consolidati nel lavoro all’interno delle proprie
chiese e che ha permesso, per questo, di affrontare con maggiore impegno e senso di responsabilità, l’argomento.
L esperienza vissuta con i due campi ripropone la necessità
di continuare a prefigurare ed organizzare gli incontri giovanili estivi come epilogo del lavoro compiuto all’intemo delle singole comunità dai diversi gruppi.
Tutto quanto è stato fatto sotto il profilo organizzativo e dello studio ha potuto essere portato avanti grazie all’impegno
dei diversi responsabili che, a titolo diverso, hanno profuso
a piene mani la loro vocazione di credenti.
Claudiana editrice
NOVITÀ’
Nella collana “Ritratti storici”
è appena stato ristampato:
James Atkinson
LUTERO
LA PAROLA SCATENATA
L’uomo e il pensiero
pp. 488, 120 ili.ni nel testo, 29 f.t. e 2 cartine
prefazione di Gordon Rupp
traduzione di Mirella Corsani
E' finalmente uscita la ristampa corretta della prima
edizione con aggiornamento bibliografico. Un libro
chiaro, leggibile, appassionante ma rigoroso per “capire” l’uomo che è all’origine del mondo moderno. Un libro che rende semplici le grosse questioni ideologiche
che sono alla radice della Riforma. Lutero attende ancora mia risposta ai suoi interrogativi rivolti alla chiesa e al mondo.
FONDATA NEL 1855
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1
10125 TORINO - TEL. 011/689804
Preassemblea battista di Puglia e Basilicata
Per un'Intesa non privilegiaría
In vista della 32° Assem
blea generale dell’UCEBI si è
svolto sabato 5 settembre ad
Altamura (Ba) la preassemblea con la partecipazione di
una quarantina di persone delle chiese battiste di Puglia e
Basilicata.
E’ questa una prassi battista
italiana, consolidata da lunghi
anni, che vede riuniti, unitamente ai rappresentanti dei
Consigli di chiese, i delegati
delle chiese che parteciperanno poi all’Assemblea generale
deirUCEBI. L’incontro serve
per un consulto o analisi sommaria dei vari problemi, oggetto di particolare interesse,
che saranno poi dibattuti
nell’Assemblea generale.
Problemi vari, e importanti,
ce ne sono anche quest’anno:
da affrontare quello delle Intese, la spinosa questione
dell’otto per mille, la defiscalizzazione, la riorganizzazione
strutturale territoriale e progettuale del Dipartimento di
teologia, la ristrutturazione
delle sedi pastorali.
In merito all’otto per mille è
stata letta e illustrata una «no
ta informativa», a cura del past. Massimo Aprile: numerosi
e vari sono stati gli interventi
da parte dei delegati; al termine della discussione è emerso
fortemente maggioritario il
senso di un «netto rifiuto» alla
partecipazione alla ripartizione dell’otto per mille; tale
orientamento potrebbe nascere
da una consapevolezza della
necessità primaria e irrinunciabile di non voler legittimare una legge privilegiarla a favore della Chiesa cattolica. E
non è questa l’unica ragione
del «no». Ma ci sono anche le
ragioni del «sì», quelle più facili e pratiche, a di là dei moralismi.
Certo la sede per la discussione non è qui e oggi ma abbiamo voluto, come associazione di chiese di Puglia e Basilicata, esprimere e capire gli
umori ricorrenti in questi ultimi mesi nelle nostre comunità. C’è infine da ripercorrere tutto il sentiero delia fedeltà
alla Parola, di una testimonianza,un afflato vitale per
un’evangelizzazione che deve
esprimersi sull’impegno per
sonale del credente. Per tutto
ciò non sono indispensabili
«appoggi esterni» per sentirsi
veramente liberi di «donare»
del proprio e di esercitare
l’amore e l’annuncio dell’Evangelo, scevro da qualsivoglia condizionamento umano.
Coro dì Magonza
in Toscana
Il coro evangelico «Sankt
Johanniskantorei» terrà una
serie di concerti in Toscana.
Giovedì 17, alle ore 21, nella
Pieve di S. Pietro a Cascia in
Reggello (Fi); sabato 19, ore
21, nella chiesa di Ognissanti
di Firenze; martedì 22, ore
20.30, nella chiesa della SS.
Annunziata di Siena. Verranno eseguite musiche di
Schuetz, Hassler, Bralims, Distler, e altri, sotto la direzione
del maestro e organista Volker
Ellenberger. Il coro parteciperà anche, domenica 20 settembre, al culto nella chiesa
valdese di Firenze.
Amico gioco
«Il gioco: diritto negato?»:
su questo tema si sono confrontati nel corso dell’estate,
preso il Centro culturale
«Emilio Nitti», i ragazzi e le
ragazze di Ponticelli, un quartiere tristemente famoso alla
periferia est di Napoli, dove
da tempo le chiese evangeliche della città, e quella metodista in particolare, svolgono
un lavoro sociale.
Il quartiere è oggi coinvolto
in un vasto processo di trasformazione edilizia popolare,
con la costruzione di migliaia
di nuovi vani, ma mancano
spazi verdi e stmtture sociali.
I ragazzi si sono appassionati nella discussione sul gioco, però è risultato che per loro i giochi sono i videogames
e la televisione; si sono poi resi conto che questo rompe la
piccola comunità familiare,
impedisce la socializzazione e
il dialogo, lo sviluppo della
fantasia, la formazione e la
crescita dell’adolescente. Con
quale risultato? I ragazzi hanno deciso di aprire una sorta
di laboratorio per costruire i
propri giochi, nonché di riprendere alcuni giochi tradizionali del quartiere all’epoca
dei loro nonni!
7
VENERDÌ 11 SETTEMBRE 1992
¡Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
L'importanza dello studio della Bibbia. Intervista a Ninfa e Giacomo Quartino
Due nuovi predicatori locali al servizio
delle chiese valdesi e metodiste liguri
________FLORENCE VINTI_______
La domenica dell’apertura
del Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste, Ninfa e
Giacomo Quartino, membri
della Chiesa valdese di Sampierdarena, hanno terminato
gli esami del corso biennale
per predicatori locali, entrando così nel ruolo insieme a
Maurizio Abbà e Alfonso Manocchio, che hanno conseguito il diploma in teologia presso la Facoltà valdese di Roma.
Ai coniugi Quartino abbiamo
rivolto alcune domande.
- Sappiamo che voi predicate già da diversi anni: come
mai avete deciso di affrontare
questi studi e sottoporvi agli
esami?
«Prima pensavamo, come
tanti, che anche noi, ormai
“non più giovanissimi”,
avremmo continuato a tenerci
a disposizione per qualche
predicazione o studio biblico
nella nostra chiesa o in altre
del nostro circuito, senza mai
affrontare la Commissione
permanente studi perché non
ci sembrava necessario dirci
ufficialmente predicatori locali. Ma dopo aver partecipato
ad un’assemblea dell’Unione
predicatori locali ci siamo
convinti dell’importanza di
questa struttura per le nostre
chiese, e della necessità per
noi di una preparazione sistematica. Questa convinzione ci
ha spinti a iscriverci al corso e
negli ultimi due anni siamo
riusciti a dare gli esami richiesti, anche per la maggiore disponibilità di tempo che avevamo come neopensionati».
- Per tanti anni voi avete insegnato: come avete affrontato r esperienza di essere esaminati invece di esaminare gli
altri?
«Forse proprio per la nostra
Un momento del culto di apertura
esperienza di insegnanti, oltre
che per la nostra età, avevamo
un certo ritegno ad affrontare
gli esami: in parole povere la
paura di fare brutta figura. Ma
ci siamo resi conto che questi
esami non avevano un carattere fiscale e che rappresentavano un momento di ricerca e
verifica in comune, in cui gli
esaminatori non assumevano
affatto un ruolo di giudici accademici; altra cosa devono
essere gli esami in Facoltà.
Questo studio ci ha molto
arricchiti, anche se non cominciavamo da zero perché abbiamo avuto il privilegio di far
parte di una chiesa i cui pastori da 20 anni hanno curato particolarmente gli studi biblici e
i corsi di omiletica. Vogliamo
ricordare con particolare gratitudine Gustavo Bouchard,
Paolo Marauda, Gino Conte e
Letizia Tomassone. Inoltre la
Federazione delle chiese evan
della assemblea deH’Unione predicatori locali a S. Severa nell’aprile '92
geliche della Liguria, fin dalla
sua costituzione, ha organizzato dei collettivi teologici, e il
nostro circuito predispone
ogni anno tre seminari biblici.
Siamo convinti che lo studio
comunitario della Bibbia sia
condizione essenziale perché
si manifestino nuove vocazioni al servizio della Parola; nel
confronto fraterno si sviluppano i doni di ognuno».
- Nella vostra comunità vi
sono altri predicatori locali?
«Sì, fra gli iscritti a ruolo e
quelli che ancora non lo sono
siamo una decina».
- Come è considerato e utilizzato il vostro servizio? non
siete molti per una chiesa sola?
«Il presidente del Consiglio
di chiesa organizza il piano di
predicazione trimestrale in cui
vengono impegnati, a turno,
tutti i predicatori. Il piano viene poi trasmesso al sovrinten
dente di circuito; il nostro pastore, che non ci considera assolutamente dei “tappabuchi”,
non monopolizza la predicazione e spesso sta ad ascoltarci; questo è per noi molto stimolante.
Collaboriamo perciò con le
chiese del circuito e con alcune chiese battiste della Liguria; inoltre tutti i predicatori, a
turno, presiedono il culto settimanale per i malati dell’Ospedale evangelico intemazionale
di Genova.
Per questi fratelli e sorelle al
servizio della Parola, permetteteci di ricordarne uno che ha
fatto parte dell’UPL fin dal
tempo dell’integrazione fra le
chiese valdesi e metodiste e
che ci è stato di esempio per la
costanza del suo impegno, la
sua grande umanità e per la
sua fede: Dante Mazzarello,
che non è più tra noi, ma che
noi sentiamo sempre vicino».
200 anni della Società missionaria battista
Un anniversario
molto sentito in Italia
DOMENICO D’ELIA
Le chiese battiste britanniche festeggiano quest’anno un
loro anniversario molto sentito. Si tratta del bicentenario
della Baptist Missionary Society. La BMS non è solo la
più antica società missionaria
nell’ambito battista ma anche
una tra le prime strutture organizzate di collegamento a livello nazionale tra le chiese
battiste che si conosca. Sostenuta dalle tre Unioni battiste
britanniche la BMS è a
tutt’oggi impegnata in svariate
parti del mondo.
Il lavoro missionario in questi duecento anni è cambiato
radicalmente, sebbene l’annuncio di Cristo e del suo
Vangelo rimangano i suoi
punti di forza. Ora, infatti, i
missionari lavorano in coordinazione e su esplicito invito
da parte delle chiese cristiane
dei paesi prima elencati; spesso, anzi, la missione consiste
proprio nel rendere indipendenti da qualsiasi aiuto esterno quelle chiese ed unioni battiste nazionali. La costruzione
di scuole, ospedali, aziende
agricole, strutture sociali contribuisce in maniera determinante all’autonomia ecclesiologica, cardine e fondamento
quest’ultima di ogni confessione di fede battista.
La ricorrenza riveste un significato particolare anche per
le comunità battiste italiane.
Furono, infatti, due pastori
battisti britannici, Edward
Clarke e James Wall, ad iniziare il lavoro di testimonianza battista in Italia nel 1863.
Lo stesso Wall, successivamente, venne nominato agente
della BMS la quale, in tal modo, si assunse ufficialmente
l’onere della testimonianza
battista in Italia.
Per oltre cinquant’anni la
BMS sostenne l’opera di testimonianza evangelica in Italia,
in stretta collaborazione con la
missione americana della
Southern Baptist Convention
che lavorava nel nostro paese
tramite il Foreign Mission
Board. Insieme le due missioni diedero vita all’Unione Cristiana Apostolica Battista nel
1884 e al periodico “Il Testimonio”. Il contributo della
BMS fu decisivo per la crescita e il consolidamento delle
chiese battiste italiane. Nel
1923 la missione inglese si ritirò dal campo italiano cedendo comunità, pastori e proprietà alla missione battista
americana.
Alla fine di quest'anno
Chiude Testimonianza
evangelica valdese
Con una decisione molto
sofferta, presa nel corso
dell’assemblea plenaria svoltasi sabato 22 agosto a Luserna S. Giovanni, nel tempio del
Ciabas, il movimento Testimonianza evangelica valdese
ha deciso di dover concludere
la propria attività a far data
dal 31 dicembre prossimo.
Il movimento era nato in
contrasto con l’impegno socio-politico della chiesa nel
corso degli anni ‘70, ma si è
occupato anche di altri argomenti, riproponendo la difesa
dei valori cristiani della famiglia, e ha svolto una gran mole di lavoro, per opera, soprattutto, di alcuni suoi membri; è
stata garantita tra l’altro, per i
16 anni di attività del movimento, l’uscita periodica della
«circolare agli aderenti», che
vedeva nelle proprie pagine,
oltre alle meditazioni bibliche,
le corrispondenze e le testimonianze di molti aderenti e simpatizzanti, dall’Italia ma anche dall’estero.
Tuttavia è mancato un certo
ricambio generazionale, e il
movimento non è riuscito ad
aggregare dei giovani intorno
a sè. Come dice la mozione
approvata nell’assemblea di
cui sopra, «il mancato consenso dei giovani compromette
rebbe la vita del Movimento ».
Da qui la decisione, triste,
ma considerata un «cadere in
piedi», che è stata presa con
una lieve maggioranza: l’assemblea «auspica che comunque, la chiesa proceda su una
linea di sempre fedeltà alla
Parola di Dio; ringrazia
quanti hanno offerto la loro
collaborazione, in particolare
il pastore Nisbet che è stato il
più impegnato con assoluta
dedizione e competenza; è riconoscente al Signore per le
abbondanti benedizioni accordate; dà mandato ai coordinatori delle Valli per le pratiche
di cessazione dell'attività entro il 31 dicembre 1992 ».
Nonostante la sospensione
dell’attività, scrive il coordinatore Aldo Rostain, resterà in
molti fratelli, che magari non
aderirono al movimento, nelle
valli valdesi, il ricordo delle
trasmissioni settimanali autogestite presso Radio Beckwith
evangelica.
La preghiera che ha concluso l’assemblea decisionale di
agosto ha chiesto al Signore di
suscitare «nella nostra chiesa
un forte desiderio di risveglio
e di evangelizzazione, che ridia vigore alle nostre sempre
più deboli forze », secondo la
sua volontà.
IVREA - La comunità ha ricevuto, fra FI 1 e il 17 luglio, la visita di alcuni giovani della comunità di Letohrad, accompagnati dal pastore Pavel Rumml. Ma questo non è stato il primo contatto fra le due comunità; il viaggio che il gruppo
eporediese aveva compiuto in Cecoslovacchia nell’aprile
dello scorso anno aveva già consentito di conoscere fratelli
e sorelle di quelle comunità; inoltre i due pastori avevano
già avuto modo di incontrarsi durante il loro anno all’estero,
a Edimburgo.
Questi giovani hanno trascorso a Ivrea alcuni giorni di vacanza, ospitati da una buona parte della comunità. Hanno
trascorso molto tempo con i giovani di Ivrea facendo passeggiate e bagni al lago, gite in Valle d’Aosta, cene e pranzi
comunitari. Hanno inoltre trascorso un paio di giorni al mare, ospiti della Casa valdese di Vallecrosia, ed hanno approfittato della vacanza per visitare alcuni luoghi storici delle
valli valdesi, per ripartire, il pomeriggio del 17, per Letohrad dove hanno trovato, come purtroppo sappiamo, una situazione politica delle peggiori, in aperto conflitto con i popoli fratelli coinvolti nei gravi fatti della ex Jugoslavia.
Non ci resta che augurare ai fratelli e alle sorelle della Boemia di poter continuare a vivere in unaa chiesa e in un paese
finalmente rappacificati, nella pienezza della comunione e
della fraternità, come è avvenuto in quell’indimenticabile
settimana a Ivrea.
BIELLA - La comunità ha festeggiato, a Pentecoste, il battesimo di Elisa Capostagno, catecumena giunta al termine della formazione biblica, e l’ammissione in chiesa di Giuseppina e Michele Ciaciulli, provenienti dall’evangelismo
pentecostale e ormai inseriti da alcuni anni nella vita comunitaria. E’ stato un momento di gioia per tutti, prolungatosi
durante e dopo il pranzo comunitario organizzato da alcune
sorelle. Il battesimo di Elisa, tuttavia, segna anche la sospensione temporanea dei corsi di catechismo: i futuri membri di chiesa sono ancora... alla scuola domenicale, e ci vorranno alcuni anni per avere altre nuove ammissioni, a meno
che non aderiscano alla nostra chiesa persone provenienti da
altre realtà.
• Con il ben frequentato culto in piemontese, presieduto da
Tavo Burat, il 30 agosto si è conclusa l’estate valdese a Piedicavallo; grazie all’iniziativa di tenere il tempio aperto anche durante i pomeriggi settimanali intorno a ferragosto, un
buon numero di persone ha preso contatto con la realtà
evangelica. Scarso successo di pubblico ha avuto invece una
conversazione sulla presenza valdese a Piedicavallo; per i
pur numerosi villeggianti estivi del piccolo paese della valle
Cervo sarà necessario in futuro organizzare iniziative culturali meno impegnative.
• Il tempio, nel mese di agosto, ha anche ospitato un concerto di musica classica organizzato dalla Pro Loco e la mostra
fotografica sulla storia di fra Dolcino, allestita dalla Cà de
studi dossinian.
1 • La comunità, a metà agosto, ha espresso simpatia cristiana
ai familiari di Redi Rabaglio, deceduto a Biella all’età di 86
anni. L’Evangelo della resurrezione è stato armunciato prima nella chiesa valdese e poi al piccolo cimitero evangelico.
VILLAR PELLICE - Anche quest’anno il gruppo di trombettieri del Baden, ospite presso il Castagneto, ha offerto nel
tempio un concerto il cui incasso è stato devoluto alla casa
Miramonti, e per due domeniche consecutive ha accompagnato gli inni al culto. La giornata «pro Miramonti» si è
svolta con buona affluenza di pubblico, che ha permesso di
realizzare un discreto utile per l’attività della Casa; ancora
una volta dobbiamo ringraziare tutti quelli che in qualche
modo hanno collaborato alla buona riuscita della giornata, e
in particolare la famiglia Gönnet della panetteria, che oltre
ad offrire il proprio tempo ha anche messo a disposizione le
proprie attrezzature. Un ringraziamento va anche ai pastori
Donato Mazzarella, Alfredo Janavel e Bruno Costabel per i
messaggi rivolti nel corso dei culti estivi da loro presieduti.
POMARETTO - Durante il culto di domenica 30 agosto è stata presentata al battesimo Roberta Costabello; possa la piccola crescere sotto la protezione costante dello Spirito del
Signore.
• Si sono uniti in matrimonio, nel tempio, sabato 29 agosto,
Mariella Genre e Piero Grill; la comunità si rallegra con
questa coppia.
• Sono deceduti Liliana Zanin Pavan all’età di 58 anni e
Roberto Pietro Bounous di 68 anni; alle famiglie nel dolore giunga l’espressione della simpatia della comunità.
• La famiglia di Umberto Merlat e Cristina Orsello è stata
allietata dalla nascita di Giuliano; un cordiale benvenuto al
neonato e vivi rallegramenti ai genitori.
TORRE PELLICE - Domenica 13 settembre, durante il culto,
si svolgerà un’assemblea di chiesa con relazione sul Sinodo
da parte dei deputati della nostra chiesa.
• Per domenica 20 la società di cucito organizza una gita a
Piedicavllo con sosta a Biella e partecipazione al culto; gli
interessati si possono rivolgere a Alda Beux (tel.933166) o a
Alma Paschetto (tei. 91497).
• I sinceri auguri della comunità vanno alla piccola Arian
Boaglìo, che è stata battezzata, e ai suoi genitori.
• Con cristiana simpatia la comunità è vicina alla famiglia di
Attilio Merlo, di cui si è svolto il funerale la settimana scorsa.
BOBBIO PELLICE Hanno pronunciato il loro “sì” davanti al
Signore ad alla chiesa Renata Negrin e Marco Poèt; da
parte del concistoro, di cui Renata è segretaria e da parte
della corale, di cui Marco è direttore, nonché da parte della
comunità tutta esprimiamo i nostri più cari auguri.
• Ci rallegriamo vivamente per la nascita di Sally Pontet,
secondogenita di Massimo e Ginevra Charbonnier; l’Evangelo della vita continui ad essere per questa famiglia il riferimento fondamentale nell’educazione dei figli alla fede.
• Nelle ultime settimane la comunità si è riunita per ascoltare la parola consolatoria della resurrezione in Cristo in occasione dei funerali di Elda Fontana, Paolo Charbonnier,
Giosuè Geymonat. Ai familiari nel dolore rinnoviamo
l’espressione della fraterna simpatia della comunità.
8
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
Le comunità dell'epoca neotestamentaria
VENERDÌ 11 SETTEMBRE 1992
Piccolo è bello:
anche per le chiese?
MASSIMO APRILE
L’evangelismo italiano a
cui fanno riferimento le
nostre denominazioni è un
mondo abbastanza piccolo.
Le comunità locali solo
qualche volta contano
mernbri nell’ordine delle
centinaia; più spesso le nostre chiese si configurano
come gruppi di decine, talvolta poche decine di persone, gruppetti spesso consapevoli e animati da un
sincero senso di discepolato.
A volte però, in queste
nostre piccole comunità, a
causa dell’esiguo numero
di membri, un clima di tristezza, o anche di sconfitta,
è palpabile nei culti e durante gli altri incontri comunitari.
Abbiamo così un atteggiamento recriminatorio: ci
manca sempre un soldo per
fare la lira, e rischiamo di
vivere la nostra fede tra la
nostalgia per i «bei tempi
passati» e T inconscia attesa
per una crescita numerica
che non arriva mai.
Qualche volta dietro le
nostre frustrazioni, diciamocelo pure, c’è un problema di fede: la nostra stanchezza è immagine riflessa
della nostra timida fiducia
in Dio, che pur diciamo essere «colui che può ogni
cosa ».
Eppure nella nostra situazione quasi mai riflettiamo
sul fatto che per le prime
comunità cristiane il fatto
di essere piccoli gruppi tanto da potersi agevolmente
riunire nelle case dei credenti era cosa normale e
mai un problema da risolvere. Anzi, in quei contesti
assumeva una pregnanza
particolare quella parola di
Cristo, tramandata dagli
evangelisti, secondo cui il
gruppo intorno a Gesù si
riuniva e si interrogava sulla volontà di Dio e la metteva in pratica, diventava il
gruppo dai legami tanto
profondi e duraturi da essere superiore alla stessa famiglia biologica di Dio
(Marco 3: 31-35 e paralleli).
Che cosa, allora, fra noi
a volte non funziona?
Le riflessioni che seguono,
pur essendo sostanzialmente di carattere per così dire
sociologico, si basano sulla
convinzione che la piccola
chiesa, pur essendo diversa
per molti aspetti da quella
numericamente più consistente (e di questa differenza deve essere consapevole), può nondimeno vivere
la propria condizione come
un carisma e non come una
menomazione della sua vocazione.
Le piccole chiese, come
le comunità domestiche
dell’epoca neotestamentaria, possono costituire nuclei di credenti confessanti,
pietre vive, testimonianze
viventi anche se minoritarie
di una fede comunitaria attiva e militante, teologicamente consapevole e umanamente coinvolgente.
Si è dunque parlato di
differenza: ma la differenza
tra la piccola e la grande
comunità non è solo di
quantità, ma anche di qualità. Non mi riferisco a una
differente dignità ecclesiologica, ovviamente, ma al
concreto modo di essere
della piccola chiesa. Faccio
qualche esempio: una comunità di 15 persone spesso svolge il suo culto
d’adorazione e i suoi incontri nella stessa sala in cui ha
celebrato le lodi del Signore, quando «prima
dell’emigrazione» era formata da 300 membri. Gli
spazi vuoti appaiono così
più incolmabili che mai; e
tutto il culto fatto tra le rigide panche assomiglierà
sempre più a una liturgia
che ricorda «quelli che non
ci sono più», piuttosto che
Colui che c’è ancora!
Similmente una liturgia
fatta per una comunità
di 100 persone non può andare bene allo stesso modo
per una di venti. La scelta
degli inni, o anche l’utilizzo dell’organo che copre
del tutto la voce del piccolo
gruppo, contribuisce a comunicare una sostanziale
inadeguatezza e a trasformare l’intenzione gioiosa
della lode in un’esperienza
di mestizia.
La Santa Cena della Chiesa metodista di Ponticelli. Una piccola chiesa che sperimenta un forte senso comunitario.
il pastore dovrà anche essere capace di costruire significativi e profondi rapporti
personali con i membri della comunità. A luifiei si richiede molto meno di essere «leader», e molto di più
di essere amico, confidente,
persona di famiglia.
Perfino la questione finanziaria richiede un
approccio abbastanza diverso: nella chiesa grande
si ragiona sulla base di bilanci consuntivi e preventi
«Non temere o piccol gregge
poiché al Padre vostro è piaciuto di
darvi il Regno » (Luca 12: 32)
«Aquila e Priscilla, con la chiesa
che è in casa loro, vi salutano molto nel Signore » (I Corinzi 16: 19)
«... e rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme
con letizia e semplicità di cuore »
(Atti 2: 46)
La diversità non riguarda
ovviamente solo le dimensioni del locale di culto, gli
arredi della chiesa o l’ordine della liturgia: concerne
anche l’impostazione stessa
della vita comunitaria, e di
questo anche gli organismi
denominazionali dovrebbero rendersi conto.
Se per esempio una comunità di poche persone
vorrà conservare le strutture burocratiche della comunità più grai de rischierà di
affogare tra le carte della
Tavola o le circolari del
CE, riducendo allo smaltimento degli «obblighi» denominazionali gran parte
della propria vita comunitaria.
Cambia, in una piccola
comunità, anche il ruolo
del pastore: nella chiesa
che raccoglie centinaia di
persone al culto sarà molto
importante che il predicatore sia preparato e consumato oratore. Ma per una piccola chiesa ci vuole di più:
vi, nella piccola chiesa si
discute sulle concrete necessità e possibilità; una
comunità non molto numerosa non potrà mai contribuire finanziariamente in
maniera significativa come
una chiesa numericamente
consistente: ogni suo sforzo, seppure grande, sembrerà una goccia nel mare
dei bisogni. Ma se essa viene sensibilizzata per un piccolo progetto per il quale
può essere apprezzato l’impegno, questa può raggiungere livelli contributivi in
percentuale anche più alti
di quelli delle grandi chiese.
Essere piccola chiesa
può essere vissuto come un’opportunità, come
un carisma, come ho detto
prima; e a questo riguardo
vorrei, in maniera positiva,
indicare alcuni ambiti in
cui una piccola comunità
può contribuire significativamente alla vita di
un’Unione.
a) la leggerezza.
La chiesa piccola è legge
re: vale a dire che essa può
convocarsi, spostarsi, prendere decisioni in tempi
molto più brevi rispetto alle
chiese più grandi. In un
mondo in cui il fattore tempo è molto importante, prese di posizione tempestive,
iniziative su questioni di attualità possono essere realizzate in maniera molto
più agevole che nelle chiese più grandi, in cui i «tempi del consenso» sono inevitabilmente più lunghi.
Una piccola comunità, se
anche «leggera», ha anche
maggiori opportunità missionarie: la chiesa può andare dalla gente più spesso
di quanto non vada la gente
alla chiesa.
b) la democrazia.
La democrazia, vanto
della nostra cultura ecclesiastica, è sempre più spesso vissuta mediante la delega. Questo non sempre è un
male, ma qualche volta nasconde una tendenza al disimpegno. La piccola comunità si offre quale ottima
palestra di democrazia, in
cui tutti possono dare il loro contributo e possono
sentire così la comunità come «propria».
c) il sacerdozio universale.
Nella piccola chiesa il sacerdozio universale dei credenti può essere una realtà
realizzabile più che in una
chiesa molto numerosa, in
cui si fa fatica a scoprire,
valorizzare e a mettere a
frutto i doni che lo Spirito
ci offre.
d) la transgeneraziona
lità.
Organizzare una Scuola
domenicale per 2-3 bambini di una piccola chiesa,
che riscuota l’entusiasmo
dei ragazzi, può essere
compito arduo! Tuttavia
non sempre ci si rende conto che dato il numero esiguo di membri, più efficace
può risultare l’integrazione
di persone di età diversa. E
inoltre una bella lezione di
Scuola domenicale può valere un culto e parlare a
grandi e piccoli.
e) il forte senso comunitario.
Partecipare a un incontro
di una piccola comunità dovrebbe assomigliare a ricevere un invito a cena a casa
di amici, a vivere in un clima di cordialità, partecipazione, ascolto, che aiutano
le persone a sentirsi a proprio agio. E’ obiettivamente più facile creare occasioni di convivialità, di agape
fraterna. Perchè, per esempio, memori di come la Cena veniva celebrata dalla
chiesa primitiva, non vivere
più spesso l’esperienza dello «spezzare il pane» nel
contesto di un pasto comune?
Questi sono solo alcuni
degli aspetti che possono rendere la piccola chiesa
una comunità in cui vivere
non con senso di frustrazione 0 di inadeguatezza, ma
come una benedizione concessaci dal Signore: una
chiesa di 15 persone può e
deve vivere come chiesa
per quello che è e non per
quello che è stata!
La lista dei suggerimenti
anche molto pratici potrebbe allungarsi: potremmo discutere del come disporre
le sedie (le panche sono a
mio avviso inadatte per le
chiese di poche persone,
perchè riproducono a livello di arredo la rigidità propria della chiesa più grande); oppure di come preparare «esteticamente» la sala, perchè si presenti accogliente, luminosa, ben curata (occhio ai manifesti affissi in bacheca, che a volte
risalgono all’anno precedente, o all’opuscolo del
1960 in distribuzione gratuita sul banco dei libri: comunicano un terribile senso
di stantio e trasandatezza);
oppure di come possa essere preferibile cantare con
una buona tastiera piuttosto
che con il glorioso harmonium, che trascina terribilmente le note; oppure di
come costruire una liturgia
a misura della comunità,
che possa consentire a tutti
di sentirsi più pienamente
partecipi della lode e della
preghiera comune all’unico
Signore.
Vorrei però, a questo
punto, consapevole di
aver fornito solo alcuni
spunti per una riflessione
collettiva più articolata.
sottolineare un problema
che può rendere la vita di
una piccola comunità «impenetrabile» dall’estemo: la
piccola comunità è spesso
formata da persone che appartengono a pochi nuclei
familiari. Si può così rischiare di continuare al culto il discorso che si era cominciato a casa propria ,
senza rendersi conto che il
nostro linguaggio risulta incomprensibile agli altri. La
chiesa rischia di diventare
un fatto privato.
Se poi nella comunità si
stabilisce un buon affiatamento tra i vari membri, ci
si può, seppure inconsciamente, chiudere agli altri,
tendendo a perpetuare il
gruppo, difendendolo dagli
estranei percepiti come aggressori.
Piccolo è bello: non è solo uno slogan; esprime
sia la convinzione teologica
che il Signore opera senza
clamore e nel nascondimento, sia la constatazione
concreta che molte piccole
chiese rappresentano spesso l’ambito nel quale
l’Evangelo può essere vissuto con maggiore fraterna
consapevolezza e gioiosa
radicalità.
Un discorso a parte meriterebbero quelle chiese
di dimensioni intermedie
che nella loro vita comunitaria oscillano fra il modello informale della chiesa
«familiare» e q^uello più simile alle grandi chiese protestanti territoriali del nord
Europa.
Per ora ci basti non perdere mai di vista il fatto che
conoscerci un po’ tutti per
nome nell’ambito delle nostre piccole chie.se, saper e
condividere gli uni con gli
altri, con il pane e il vino,
anche pezzi importanti della nostra esistenza alla luce
della presenza per fede del
Cristo vivente è uno dei più
grandi doni che abbiamo ricevuto in una società che al
di qua delle porte blindate
vive l’estraneità e l’isolamento come triste quotidianità.
Facciamo della nostra vita una lode al Signore «che
chiama le proprie pecore
per nome » e mette la sua
vita per esse (Giovanni 10:
3, 15).
9
venerdì 11 SETTEMBRE 1992
PAG. 7 RIFORMA
L'opera e la testimonianza del ciabattino di Hackleton che diventò evangelista
William Carey, riformatore sociale e
fondatore della moderna missione battista
William Carey nacque nel
villaggio di Paulerspury, nel Northamptonshire,
primogenito di cinque figli;
suo padre era un tessitore che
più tardi divenne maestro di
scuola. Fu subito chiaro come
William fosse un giovinetto
dotato di eccezionali capacità.
Da bambino ebbe due grandi
interessi. Il primo, lo studio
della natura; trascorreva molto
tempo osservando la vita naturale della campagna e collezionando insetti di ogni genere.
L’altro amore furono i libri;
romanzi e libri di religione lo
annoiavano ma si dimostrava,
al contrario, un avido lettore
di testi di scienza, storia, viaggi, ecc. Era anche dotato di
uno straordinario dono per le
lingue; all’età di 12 anni cominciò a imparare il latino; in
seguito rivolse la sua attenzione verso il greco e l’ebraico,
apprese da sé anche l’olandese
e il francese; quest’ultimo, si
disse, in tre settimane.
Carey fu collocato come apprendista presso un calzolaio
nel villaggio di Hackleton, a
nove miglia da Paulerspury,
cosa che gli imponeva di stare
fuori di casa. E’ stato detto
che, in quel periodo, egli «fosse dedito alla falsità, alla bestemmia e ad altri peccati» e
che in un’occasione tentò di
frodare il suo datore di lavoro.
Tuttavia il suo collega apprendista, John Warr, era un cristiano (membro dei dissidenti)
e fu proprio attraverso la sua
influenza che all’età di 17 anni Carey divenne cristiano
aderendo alla Chiesa battista.
Successivamente continuò il
suo apprendistato da mr. T.
Old, sempre ad Hackleton, e
quando Old morì Carey gli
succedette nell’attività. Gli fu,
tuttavia, molto arduo sostenere moglie e famiglia. Cominciò ad insegnare di sera per
procurarsi un po’ più di soldi.
Carey iniziò ad assumersi
l’impegno della predicazione
nelle chiese locali, e nel 1786
gli fu richiesto di diventare
pastore della Chiesa battista di
Moulton.
Poiché la comunità era numericamente scarsa e molto
povera, Carey continuò ugualmente la sua attività di calzolaio per mantenere la sua famiglia. Fu in questo periodo
che giunse alla ferma convinzione che Cristo fosse morto
per il mondo intero e che tutti
gli uomini dovessero conoscere questo fatto. Colse ogni occasione per parlare di ciò con i
suoi colleghi pastori ma costoro restavano perlopiù disinteressati verso un’idea così folle
ed impraticabile.
Durante un incontro pastorale, ai giovani predicatori fu chiesto di suggerire un
argomento per la discussione.
Nessuno parlò all’infuori di
Carey, che pose il seguente
quesito: «Chissà se l’ordine
dato agli apostoli di evangelizzare tutte le nazioni non
fosse vincolante per tutti i
succes.sori nel ministerio fino
alla fine dei tempi?».
L’anziano presidente lo
sgridò aspramente per la sua
insolenza nell’aver avuto il
coraggio di porre una tale domanda, e Carey si sedette fortemente offeso.
Rimase convinto, tuttavia,
che il quesito necessitasse di
una risposta. Cercò di ottenere
un aiuto finanziario da un ricco mercante che gli permettesse di pubblicare un libro, al
quale diede un tipico e prolisso titolo da diciottesimo secolo: «Inchiesta sull’obbligo dei
cristiani di usare mezzi per la
conversione dei pagani, nella
quale la religione di stati delle
differenti nazioni del mondo,
il successo delle precedenti
imprese e la fattibilità di nuove imprese, vengono considerati».
In questo periodo Carey si
spostò a Leicester, dove i suoi
‘tentativi di convincere i suoi
colleghi pastori sull’importanza dell’evangelizzazione del
mondo sembravano ugualmente fallire. Così, alla fine di
un incontro nel 1792, Carey
esclamò disperato: «E siete,
dopo tutto, ancora disposti a
non-far nulla?».
Si acconsentì di preparare
un piano per la costituzione di una società missionaria
da presentare al successivo incontro pastorale. Quattro mesi
dopo, in una casa di Kettering,
si costituì la «Società particolare battista per la propagazione del Vangelo tra i pagani»;
la colletta inaugurale ammontava a 13 sterline, 2 scellini e
6 penny (circa 27 mila lire).
Carey si convinse che egli
stesso dovesse andare oltreoceano. La sua attenzione fu rivolta in principio a Tahiti o
all’Africa occidentale. Tuttavia, venne a sapere del dottor
John Thomas che era, per così
dire, una «società missionaria
individuale», il quale stava
cercando fondi per ritornare
nel Bengala, in India, dove
aveva già trascorso cinque o
sei anni circa. Carey credette
bene di unire le sue forze a
quelle di Thomas, e il 10 gennaio del 1793 i due furono nominati missionari.
Carey e la sua famiglia, con
John Thomas, arrivarono a
Calcutta rii novembre 1793.
Il primo compito di Carey fu
quello di imparare il bengalese, che Thomas aveva cominciato ad insegnare già a bordo
della nave. I primi giorni arrecarono molte difficoltà e ad
un certo punto parve che le ristrettezze finanziarie avrebbero portato il progetto verso
una fine precoce. A Carey e
Thomas, comunque, verme offerto un lavoro come manager
nelle manifatture del Nord
Bengala.
Carey continuò i suoi studi
linguistici e gradualmente iniziò il lavoro evangelistico.
Cominciò anche a tradurre il
Nuovo Testamento in bengalese e fu incoraggiato dall’arrivo di William Ward, un giovane tipografo, e di Joshua
Marshman, un insegnante. Carey e Marshman lavorarono
insieme per oltre 30 anni. Nel
1800 i tre decisero di andare a
Serampore, che divenne la base di tutto il loro lavoro missionario.
La prima e limitata copia
stampata del Nuovo Testamento in bengalese venne ultimata nel marzo del 1801. Alla fine del 1811 fu installata
una macchina tipografica con
la quale vennero prodotte bozze di prova in arabo, persiano,
nagari, telegu, bengalese, marathi, cinese, greco, ebraico e
inglese. Un grave incendio,
agli inizi dell’anno seguente,
distrusse molti manoscritti di
valore inestimabile e mandò
in rovina gran parte del macchinario, ma con l’aiuto di un
certo numero di doni in danaro il disastro venne superato e
lo stabilimento tipografico riprese l’attività.
Alla fine dei primi 20 anni
della presenza di Carey
in India nel Bengala c’erano
11 chiese con 20 evangelisti
indigeni. Il numero dei membri a Calcutta era superiore a
100. Carey fu anche attivo
nelle riforme sociali; fu scioccato nell’assistere all’usanza
del sati (il rogo delle vedove).
Sostenne una campagna contro questa pratica, a cui fu posto termine con un’ordinanza
governativa nel 1829. Egli si
battè anche contro l’infanticidio e contro il rogo dei lebbrosi, e si adoperò nella costruzione di un lebbrosario a Calcutta.
Carey si impegnò anche
nell’orticoltura, catalogando
tutte le specie animali e vegetali; ampliò i suoi giardini a
Serampore. Lo scopo di Carey
non era meramente il proprio
piacere personale ma, soprattutto, il miglioramento della
terra per il benessere di tutto il
popolo. A coronamento dei
suoi sforzi fu possibile più tardi organizzare una società per
la promozione degli interessi
agricoli in India.
Carey condivise con Marshman anche la fondazione del
Collegio di Serampore. Nel
1801 accettò l’invito di essere
professore di bengalese nel
nuovo Collegio governativo di
Calcutta. Espletando questa
carica si rese sempre più conto della necessità di creare un
Collegio collegato alla missione, per raggiungere i più colti
tra gli indiani e particolarmente per influenzare la casta dei
bramini.
Lo statuto del Collegio si
impegnava per «l’istruzione degli asiatici, cristiani
ed altri giovani nella letteratura orientale e nelle scienze europee» e abbracciava le lingue
classiche degli indù e musulmani, lingua e letteratura inglese, scienze, filosofia e storia. Il Collegio includeva un
dipartimento per preparare insegnanti e professori indiani, e
un istituto teologico per addestrare gli studenti indiani ad
eurasiatici ad essere missionari tra le classi bramine.
Carey può, senza dubbio,
esser visto come un uomo di
svariate e notevoli capacità, il
cui coraggio personale e la cui
determinazione furono incanalati nella sua consacrazione a
Gesù Cristo non venendo mai
meno al suo motto; «Aspettati
grandi cose da Dio, sforzati di
fare grandi cose per Dio». Carey, che morì nel 1834, è stato
additato come «il padre del
moderno movimento missionario».
Se oggi ci sono società missionarie che lavorano in ogni
parte del mondo ciò è dovuto,
senza alcuna pretesa, agli
sforzi del ciabattino del
Northampton che divenne insegnante, evangelista, studioso, orticoltore e riformatore
sociale.
(Tratto da «Scottish Baptist», febbraio 1992, pag. 8-9)
Traduzione di Domenico
D’Elia
Che grigiore la modernità
Vita da bohème è l’ultimo capolavoro del regista finlandese
Aki Kaurismàki, che ha vinto il premio della critica intemazionale al festival di Berlino del 1992.
Tratto dal racconto di Henri Murger, il film è ambientato nella Parigi degli anni ottanta, come sempre città di esiliati ed immigrati. I tre protagonisti sono in effetti stranieri alla cultura dominante e al ritmo della città;.infatti Rodolfo è un pittore fuoruscito dall’Albania che alla prima difficoltà verrà espulso brutalmente dalla solerte polizia francese (ritornerà dopo qualche mese nel portabagagli di una Trabant targata DDR) e Marcello,
scrittore di drammi che non verranno mai pubblicati e poi direttore di un giornale alternativo; di cognome si chiama Marx. Si
conoscono in uno di quei vecchi bistrò francesi che sembrano
ancora resistere alla cementificazione e alla speculazione edilizia, diventano amici comunicandosi la povertà e l’ansia creativa.
Ai due si unirà Schaunard, che suona una musica postmoderna che richiama i rumori allucinanti e metallici della città.
Una storia sapientemente illustrata da Kaurismaki, da un’ottima fotografia, dall’uso del bianco e nero che sospende l’elemento temporale mescolando con un gioco di ombre, scorci e
luci offuscate, il passato il presente e il futuro. Kaurismàki ci
racconta la vita dura ma intrisa di ironica malinconia di tre intellettuali che non si piegano o non possono piegarsi alla cultura
dominante, che non ammiccano verso i potenti.
Una sottocultura forse, che però mostra di resistere e trova la
sua dignità e il suo fondamento nel non conformismo, nella
creatività dei toni caotici, nel senso tragico della vita che trova
il suo equilibrio nell’elemento ludico e in una curiosa forma di
leggerezza. Il monito che forse si può leggere guardando questo
film è che siamo in una società altamente uniformata, dove la
cultura ed il sapere non possono, e soprattutto non devono, essere utilizzate m forma conflittuale.
I problemi economici, l’abbandono delle loro compagne,
strangolano la vita di Marcel, Rodolfo e Schaunard, e rischiano
di travolgere inesorabilmente le differenze, la sensibilità e la
fantasia creatrice che caratterizzano la loro esistenza.
Aki Kaurismàki «Vita da Bohème». Finlandia-Francia, 1992
Sicurezza nemica della fantasia
Il mondo di questi racconti di Claudio Bo, che noi conosciamo nella sua veste «pubblica» e «diurna» di giornalista, è invece - come nota Mario Luzi nella sua densa prefazione a questa
raccolta. La favolante e lo scorpione, - quello del «notturno»:
persone, paesaggi, cose, immagini, simboli intrisi di angosce e
di umori, di sogni che divengono subito incubi, di suoni, spazi,
situazioni e individui che alludono al disfacimento, alla colpa,
al peccato, all’esclusione, alla ribellione impotente e autolesionista, all’illusione subito delusa.
L’ambiente è per lo più quello cupo e sordo della provincia
pedemontana, descritto con efficacia impietosa e amara: «Questo è un paese lungo e disperso, le piazze cieche, gli stradoni
esposti. Le case le hanno costruite sole, coi muri che sudano
sospetto e silenzio, le grate, i rosai, la pioggia fina e nebbiosa
di ottobre sui portoni marci e spessi delle cantine. Le finestre
non si guardano mai; eppure si aggirano cauti e gelosi nel buio
dei loro vespri.e i loro tesori, dietro le cristalliere fiorite di cartoline, restano l’incanto di qualcosa: il militare, il viaggio di
nozze, l’ipocrisia. Mi spiano e mi rispettano attenti, non sbagliano mai un gesto od un discorso e, per non sbagliare, non
cambiano mai (la sicurezza è nemica della fantasia). Aggirarsi
in questo niente è stupendo ». In questo scenario, come gioco di
ombre, si svolgono percorsi individuali fantasmatici e orridi,
squarciati di angoscia e intessuti di ribrezzo, in un continuo
oscillare di suggestioni ora iperrealiste ora simboliste, cesellate
in un linguaggio letterariamente studiato. Materiale di sogni o
dilagare dell’inconscio? Fantasticheria su cui ricamare il gioco
linguistico 0 apertura di un percorso narrativo?
CLAUDIO BO, La favolante e lo scorpione e altri racconti,
Mondovì, Gigò edizioni, 1992, pp. 115, £. 15.000 (in vendita
presso le Librerie Claudiana).
L'altro che sfugge
Nell’anno delle ridondanti celebrazioni colombiane, Einaudi
ha ultimato la pubblicazione della Trilogia di Maqroll il gabbiere, misterioso personaggio uscito dalla penna di Alvaro Mutis. L’autore è nato a Bogotá ma risiede in Messico, dopo aver
soggiornato a lungo in Europa, e si può dire che marginalmente,
ma forse neanche tanto, il primo volume di questa trilogia,
scritto nel 1986 e ambientato nel secolo scorso. La Neve dell’
Ammiraglio, parla anche dell’incontro fra i due mondi, quello
europeo, o americano di derivazione europea, e quello indigeno.
L’approccio a questa tematica è tutt’altro che diretto, non ha
anzi gran rilevanza ai fini dell’intreccio, ma affiora qua e là nelle inquietudini del protagonista, nel suo confronto con personaggi misteriosi dove è mistero tutto il viluppo delle vicende e
delle relazioni; Maqroll si imbarca per risalire la corrente di un
fiume, in compagnia di un capitano alcolizzato e di un meccanico indio; vuole concludere un improbabile accordo con una delie segherie della foresta, sorta di avamposti degni del deserto
dei Tartari.
A tratti, come si diceva, compaiono questi indigeni, depositari di una sapienza antica ma non in grado di esercitare fascino
(come banalmente si ritrae, nella letteratura «esotica» ,un rinnovato buon selvaggio), per niente desiderosi di farsi conoscere o
di rivendicare pubblicamente il loro diritto alla differenza, in
grado invece di imparare con buoni frutti un mestiere moderno
(è il caso proprio del meccanico, unico uomo a rivelarsi indispensabile all’imbarcazione) senza per questo farsi assimilare.
Gli indios non appaiono sfruttati ma estranei, insondabili, segnali viventi di un mistero irrisolto; e forse uno dei pregi del libro sta proprio in questa immagine non convenzionale
10
PAG. 8 RIFORMA
L'ULTIMA GENERAZIONE DI REGISTI ITALIANI
IL NEOREALISMO
ERA UN'ALTRA COSA
Cultura
VENERDÌ 11 SETTEMBRE 1992
ALBERTO CORSAMI
Con l’inizio del Festival di
Venezia si è tornati a parlare
di un oggetto misterioso: il
nuovo cinema italiano.
Lo si era cominciato a fare,
per la verità, da alcuni mesi,
in seguito ai successi di alcuni
film (Nuovo cinema Paradiso,
di Giuseppe Tomatore, oppure Mediterraneo, di Gabriele Salvatores), allo scalpore
suscitato da altri (pensiamo al
caso del Portaborse), fino
all’entusiastica accoglienza, a
Cannes, delle problematiche
sociali del Ladro di bambini
di Gianni Amelio.
E si è cominciato a parlare,
da qualche parte, di una sorta
di «neo-neorealismo », una
definizione che è probabilmente da respingere.
Nel senso che se l’attenzione alle problematiche sociali è
stata una costante del cinema
italiano non solo neorealista,
ma anche degli anni ‘60 e dei
primi ‘70 (guarda caso!) con i
vari Francesco Rosi, Elio Retri, Valentino Orsini, e ora
sembra aver trovato nuovo vigore, è tuttavia innegabile che
il periodo neorealista, e soprattutto la massima espressione che raggiunse con Roberto Rossellini, furono caratterizzati da un’estetica indissolubilmente legata alle circostanze storiche, determinata
da queste ultime, avvinta alle
condizioni di vita materiale
dell’Italia di allora.
Non c’era scenografia nella
Napoli di Paisà, né nella sua
Firenze spaccata in due; dalla
realtà devastata nasceva obbligatoriamente un modo particolare di organizzare i materiali e le riprese; dai personaggi come lo scugnizzo nasceva
quasi spontaneamente un modo tutto particolare di pensare
i dialoghi; la regia stessa non
poteva prescindere dai dati
concreti di una realtà brutalmente violentata.
Quella stagione durò in
realtà pochissimo, tre-quattro
anni, e si identificò essenzialmente nei film di Rossellini
(oltre a Paisà, anche Roma
città aperta e Germania anno
zero)', non la seguirono fino in
fondo né De Sica-Zavattini,
meno rigorosi, né Fellini, Pasolini e Visconti, ma piuttosto
il misconosciuto Giuseppe De
Santis (quello di Riso amaro).
Gli autori italiani di oggi,
prigionieri del dialogo ben costruito, del modello della
commedia, della nomea degli
attori, non hanno più quell’approccio diretto alla realtà,
quella prossimità a ciò che si
filma.
Eseguono lavori di alta professionalità che però non sono
«visionari» (c’è solo Fellini),
né autenticamente veri; spesso
realizzano del teatro filmato,
in cui tutto è già precostituito
in funzione del prodotto:
realtà preesistente, organizzata allo scopo di essere riprodotta passivamente dalla macchina.
Si ha la sensazione che non
esista quella fase che i francesi chiamano con parola intraducibile «le filmage », l’atto
di filmare, l’azione che parte
dalla realtà e la interpreta; lo
scarto creativo che rende poeticamente convincente la Napoli di Paisà : vera, perché
quella era, ma attraverso un
filtro di ansia, di tensione, di
senso dell’attesa (tipico di
Rossellini) che coinvolge lo
spettatore alla partecipazione.
No, siamo lontani da tutto
questo.
Ce ne avviciniamo con altre
opere, tuttavia, che danno veri
segnali di speranza: quelle degli autori... di dopodomani,
giovani indipendenti (uno di
loro, Daniele Segre, ex giovane ma sempre indipendente, è
stato anch’egli a Venezia, con
un film-verità sulla pazzia di
un attore), autori e produttori
di video, che girano tra i festival a loro dedicati.
Fra loro si trova questa ansia ineliminabile, la freschezza di chi i problemi li vive, e
cerca di interpretarli anche per
conviverci meglio.
Occorrerebbe cogliere quel
che di meglio esprimeva proprio la tv militante: agilità dei
mezzi, libertà di movimento,
spontaneità della ripresa. Ultimamente questi canoni sono
progressivamente abbandonati, a vantaggio della ricercatezza e dell’elaborazione elettronica: un loro ricupero,
aH’intemo del cinema italiano
farebbe bene al film e alla tv.
Un’immagine da L’ultima tentazione di Cristo, il film che Martin Scorsese ha tratto dal romanzo del greco Kazantzakis
Il "caso" che fa discutere teologi e non di tutta Europa
Eugen Drewermann: un tentativo di fare
i conti con la dimensione tragica della vita
FULVIO FERRARIO
La notorietà acquisita anche
in Italia dal teologo e psicanalista Eugen Drewermann, dovuta in particolare alle sue disavventure con la Congregazione romana per la dottrina
della fede, ha favorito la traduzione italiana di una selezione dei saggi pubblicati
nell’originale in tre volumi,
nella prima metà degli anni
‘80, sotto il titolo unificante
Psicanalisi e teologia morale*.
I tre volumi tedeschi sono
diventati tre parti dell’edizione italiana: la prima. Angoscia
e colpa, è dedicata a un’analisi della struttura dell’esistenza
umana dal punto di vista di
una teologia che si serve degli
strumenti della psicanalisi (o
anche di una psicanalisi aperta
agli orizzonti della teologia,
cioè alla dimensione della fede); la seconda è dedicata a
Vie e deviazioni dell'amore,
con particolare riguardo alla
vita matrimoniale e ai suoi
conflitti; la terza. Ai confini
della vita, tocca soprattutto la
questione del suicidio e si
conclude con un’interessante
discussione della dialettica tra
menzogna e veracità.
Filo conduttore dell’opera è
l’esegesi di Genesi 2-3 esposta da Drewermann in un’opera precedente. Strutture del
male, citata quasi ad ogni pagina: l’essere umano così come lo conosciamo è la creatura sospinta dall’angoscia lontano da Dio; essa vede in Dio
solo il legislatore e il giudice,
e reagisce alla sua parola, che
può ascoltare solo come leg
ge, in modo nevrotico.
Riallacciandosi a Jung, contro Freud, Drewermann ritiene
che le diverse strutture nevrotiche che caratterizzano resistenza umana abbiano radici
che vanno al di là delle vicende individuali per coinvolgere
la specie stessa, e interpreta
teologicamente questo dato rivalutando con forza la dottrina
del peccato originale. A suo
parere, la psicanalisi deve riconoscere che solo un supplemento di fiducia può guarire
l’essere umano dai suoi comportamenti disturbati, siano
essi di tipo depressivo, nevrotico-ossessivo, schizoide o
isterico; riporre tuttavia la
propria fiducia in un oggetto
finito, in una persona, in un
obiettivo, in un ideale, vuol
proprio dire dar ragione
all’antico serpente, rafforzando l’angoscia e i suoi derivati
nevrotici. Solo la fede, come
fiducia in un Tu infinito, può
redimere dall’angoscia, restaurando in un certo senso
l’immediatezza paradisiaca tra
uomo e Dio.
Diciamo subito che per
Drewermann questa fiducia
deve essere scoperta dall’essere umano dentro se stesso, in
una dinamica sostanzialmente
rivolta verso l’interno: la dimensione di una parola che
viene daH’estemo (il cosiddetto «extra nos» caro alla teologia evangelica), e libera la
donna e l’uomo dalle autoanalisi, dalle illusioni e dalle colpevollzzazioni, rivelando loro
la verità, è estranea a Drewermann, il che è molto problematico: così si rende equivoca
ogni interpretazione del fatto
di Cristo, che appunto non è
un evento della mia interio- 1
rità, conscia o inconscia.
Nel quadro di questo impianto, non nuovissimo ma interessante e spesso assai efficace, Drewermann sviluppa
interessanti analisi particolari,
in cui mette in rilievo la difficoltà del cristianesimo a fare i
conti con la dimensione tragica della vita. L’autore distingue (pp. 38 ss.) tre forme di
tragicità: a) la radicale incapacità-impossibilità del singolo
di obbedire alla propria volontà morale; b) la contraddittorietà delle stesse esigenze
morali (la «guerra giusta» non
è giusta affatto, ma nemmeno
è giusto lasciar fare al prepotente, ecc...); c) il puro e semplice «problema del male» e
del dolore: come spiegarlo, a
partire dal fatto che Dio è
buono e onnipotente? In pagine estremamente dense,
Drewermann dimostra che la
tradizione cristiana è attraversata dalla tendenza a liquidare
l’orizzonte del tragico: sul
piano dogmatico ciò accade
mediante tentativi di razionalizzare l’irrazionale e di giustificare Dio, non molto dissimili da quelli degli amici di
Giobbe; a ciò corrisponde, sul
piano morale, una normativa
del tutto inadeguata ad affrontare la complessità e la drammaticità delle situazioni concrete (Drewermann si occupa
in particolare delle posizioni
romane su divorzio e aborto).
L’approccio puramente normativo al problema etico è per
l’autore assolutamente insostenibile: solo la fede, come
possibilità di ricostituzione
del rapporto con Dio, rende
possibile l’apertura di un orizzonte che, senza cancellare la
tragicità, permette di viverla
in modo costmttivo. L’analisi
del teologo è accompagnata
da una grande quantità di
esempi tratti dalla letteratura
di tutti i tempi, di cui Drewermann si rivela interprete acuto.
Il carattere stimolante di
questo libro colpisce a prima
vista: è .senz’altro una lettura
da consigliare; l’arricchimento
che se ne trae ripaga della fatica richiesta dalle 450 pagine
(forse, anche delle 55.(X)0 li
re...). Non mancano le unilateralità, di cui menziono le più
evidenti. Dal punto di vista biblico, senza entrare nell’esame dei metodi esegetici, segnalo solo che l’analisi della
situazione alienata dell’uomo
condotta da Paolo nell’epistola ai Romani è certo costantemente evocata ma mai sviscerata, o anche semplicemente
analizzata, il che è molto strano. La tradizione protestante,
poi, è pressoché sconosciuta
al teologo di Paderbom; più in
generale, la storia della teologia e dell’esegesi non è sempre debitamente valorizzata.
Dell’incapacità di comprendere il carattere «oggettivo»
ed «esterno» della rivelazione,
e delle sue conseguenze, s’è
detto; Lutero, il cui Servo arbitrio tratta con profondità insuperata alcuni dei problemi
al centro del libro, e la cui sottolineatura della giustificazione per grazia ne esprime in
termini biblici (poco familiari
a Drewermann) la tesi decisiva, non è nemmeno menzionato; il rifiuto evangelico della sacramentalità del matrimonio è criticato (p. 216), ma
non compreso: quanto sta a
cuore a Drewermann, che cioè
il matrimonio testimoni la benevolenza del Creatore, può
essere espresso anche in categorie meno equivoche di quelle sacramentali; il grande dibattito su fede e opere, che tematizza esattamente i nodi
cruciali dell’opera di Drewermann, è liquidato come esempio di teologia astratta e intellettuale (p. 87); il rifiuto della
dottrina dell’immortalità
dell’anima è messo in conto a
Barth (pp. 351 ss., nota 28),
che in realtà lo riprende dal
suo collega di facoltà Cullmann; inoltre è grossolanamente frainteso, e poi respinto, a favore di un atteggiamento «egiziano», derivato dal
mito di Osiride, ritenuto «molto più adeguato »: tesi e omissioni paradossali che, se non
mettono in discussione il valore dell’opera, certo appaiono
singolari.
* E. DREWERMANN, Psicanalisi e teologia morale,
Brescia, Queriniana, 1992, pp.
454, L. 55.000.
La poesia
messa in scena
La parola poetica e la voce
si trovano a confronto per un
teatro «dell’essenziale»* .
Il «teatro della voce», come
lo chiama Giuseppe Di Mauro, fa a meno della scenografia, anzi esibisce senza scrupoli un riflettore, i cavi
dell’impianto acustico, quei
pochissimi congegni tecnici in
un patto di intesa tra l’interprete e il pubblico; è tutto
concentrato sulle potenzialità
dell’attore, il quale tuttavia si
esprime trattenuto: la gestualità è ridotta all’essenziale, un
po’ come nel flamenco le passioni più intense trovano
espressione nei gesti misurati
e nei passi calibratissimi e stilizzati.
L’attore è macchinista e allo
stesso tempo protagonista, ma
è un protagonista al servizio
della parola poetica: la sua
abilità, e diciamo pure la sua
tecnica, stanno nel catturare lo
spettatore alla parola poetica,
nel fargli dimenticare i cavi di
corrente e nel farlo guardare
con indulgenza agli insetti
ineluttabilmente attirati dal fascio di luce come prede della
passione evocata dai testi.
La poesia fa il resto: attanaglia, avvince, cattura, sia che
si tratti dei versi dell’amore
fra Neruda (a Capri in incognito, esiliato per motivi politici) e Matilde Urrutia, sia
dell’intensissimo Lamento di
Garcia Lorca per la scomparsa
dell’amico torero.
Ossessivo nel ripetere la circostanza («Alle cinque della
sera... »), straziante nel rifiuto
dell’evento («Non voglio vederlo! »), fisicamente evocativo della morte insinuatasi nel
corpo del matador e trasfigurante nell’accennare all’insondabilità dell’anima che, sfuggente, ha potuto eludere «le
uova che la morte ha deposto
nella ferita ».
Le musiche spagnole e latinoamericane per chitarra sola
accompagnano, anch’esse discrete, questa lettura poetica
dei poeti.
* P. NERUDA: / versi del
Capitano - F. GARCIA LORCA:,Lamento per Ignacio
Sanchez Mejias., regia di Arnoldo Foà - dicitore Giuseppe
Di Mauro,.produzione II Teatro «La voce dei poeti».
11
venerdì 11 SETTEMBRE 1992
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
àÉsqgi
Nel libro di Pino Arlacchi le rivelazioni di Antonino Calderone
Il pentito della mafia: «Non ci sarà
misericordia per gli uomini del disonore
»
_______RAFFAELE VOLPE_______
«Ascoltate ciò che vi sto dicendo. Fermatevi un momento
a pensare. Cercate di salvarvi. Altrimenti non ci sarà misericordia per voi. Dio non vi
perdonerà per tutti i lutti e le
sventure che portate. Siete gli
uomini del disonore ». Sono
queste le parole di Antonino
Calderone che Pino Arlacchi
ha posto alla fine del suo
libro'; un libro che si conclude
con un appello a tutti gli uomini d’onore (e del disonore!)
.«E ora voglio gridare a tutti
voi, a voce grossa: se avete 10
milioni o 20 o 30 o 100 milioni in tasca - qualsiasi mafioso
oggi ha in tasca questi soldi procuratevi un passaporto.
Prendete le vostre famiglie e
fuggite da laggiù, scomparite
».
Antonino Calderone è un
pentito, rifugiato in qualche
lontano paese del mondo. Le
sue confessioni hanno provocato 160 mandati di cattura
ma, più di ogni altra cosa,
hanno aperto un’altra finestra
dentro quella stanza di cosa
nostra che fino a qualche tempo fa era completamente buia.
Nella sentenza sulla mafia
dei giudici di Palermo^ si legge di lui: «Si apprende pure
che rappresentante della provincia di Catania è Giuseppe
Calderone, mentre quello del
paese (cioè della città di Catania, ndr)è il fratello di Giuseppe Calderone, Antonino ».
Antonino Calderone è stato
rappresentante della famiglia
di Catania di ’’cosa nostra”,
fratello di Pippo, che secondo
lui era pure capo della commissione regionale, prima di
Michele Greco e dopo Gaetano Badalamenti. Dunque Antonino è un uomo che sa molte
cose, e il libro di Arlacchi ne è
una valida conferma.
Ma ciò che più stupisce leggendolo è verificare l’efficacia della sentenza-ordinanza
dei giudici di Palermo: il quadro che fa Antonino di “cosa
nostra” conferma quasi pedissequamente il quadro emerso
nell’ordinanza. E se è vero
che alcuni particolari, in special modo legati alla vita quotidiana dei mafiosi, emergono
solo nelle pagine del libro di
Arlacchi, è anche vero che
l’ordinanza appare più precisa
nel descrivere le attività mafiose, gli intrecci con gli imprenditori e con il mondo politico. Alcuni aspetti del libro
meritano di essere segnalati,
innanzitutto la conferma
dell’esistenza di una mafia ca
tanese che i politici e i giornali di Catania fingono di non
vedere. Nel gennaio 1984 il
sindaco, Angelo Munzone, diceva: «La mafia? E’ ormai
dovunque, nel mondo: ma qui,
a Catania, no ». E ancora:
«Nell’ottobre del 1982, quando tutti i quotidiani dedicheranno i loro titoli (...)
all’emissione dei mandati di
cattura per la strage di via
Carini, l’unico giornale a non
pubblicare il nome degli incriminati sarà "La Sicilia’’ »"
Un altro aspetto che merita
un commento è il ruolo dei
«quattro cavalieri»; gli imprenditori, che già nella sentenza venivano segnalati come
legati a “cosa nostra”, nel testo di Arlacchi si confermano
come imprenditori mafiosi.
Mi chiedo con stupore: come
possono vivere impuniti imprenditori che hanno costruito
con sangue e mattoni?
L’ultimo commento riguarda il terzo livello. Antonino,
nelle sue confessioni, è stato
chiaro sul fatto che non c’è
nessuno più in alto della commissione regionale di “cosa
nostra”. Non c’è una commissione segreta di uomini politici che governa la mafia. Ma
Antonino conferma la tesi dei
giudici di Palermo per quanto
riguarda gli omicidi politici,
omicidi in cui «si è realizzata
una singolare convergenza di
interessi mafiosi ed oscuri interessi attinenti alla gestione
della “cosa" pubblica: fatti
che non possono non presupporre tutto un retroterra di segreti e inquietanti collegamenti, che vanno ben al di là
della mera contiguità e che
debbono essere individuati e
colpiti, se si vuole davvero
voltare pagina »
1 P. ARLACCHI, Gli uomini
del disonore', Milano, Mondadori, 1992, pp. X-310, L.
32.000.
2 C. STAJANO (a c. di): Mafia, l’atto di accusa dei giudici di Palermo, Roma, Editori riuniti, 1986.
3 C. EAVA, La mafia comanda a Catania., Bari, Laterza, 1991.
4 C. STAJANO, cit.
Importante convegno del Centro culturale valdese
Il protestantesimo alle radici
della politica nel mondo moderno
______ALBERTO CORSARI_____
«La religione, che presso
gli americani non si mischia
mai direttamente nel governo
della società, deve comunque
essere considerata come la
prima delle loro istituzioni politiche ». L’affermazione di
Tocqueville, contenuta nella
sua La démocratie en Amérique e citata da Massimo Rubboli nella sua relazione, riassume in qualche modo la natura del convegno organizzato
dal Centro culturale valdese di
Torre Pellice giovedì 20 agosto. L’ampiezza del tema
La Bibbia dell'attivista
FLORENCE VINTI
Dhyanchand Carr, professore al seminario teologico Tamil Nadu di Madurai in India,
legge, studia e insegna la Bibbia a partire dal contesto sociale del proprio paese, e precisa nella prefazione del suo
libro * che il sottotitolo (Una
comprensione della Bibbia da
parte di un attivista ) è stato
scelto dall’editore, e che lui lo
può accettare solo intendendo
per «attivista» un credente che
trovi nella Bibbia stessa le ragioni del proprio impegno per
la giustizia.
Per Carr, la Bibbia testimonia di un Dio che ha una grande passione per la giustizia, e
di un figlio di Dio che ha predicato l’Evangelo ai poveri; la
voce della Bibbia, afferma, è
«una voce che mette a nudo le
ingiustizie profondamente radicate in gran parte della cultura, della religione e delle
strutture socioeconomiche
contemporanee », come già in
quelle del passato. La speranza nella resurrezione non significa salvezza al di là della
storia, ma significa che la forza della resurrezione ha fatto
irruzione nella storia stessa.
Le idee espresse nel volumetto non sono certo nuove, ma
sono scritte in un linguaggio
fresco e agile, che si serve di
parabole prese dalla vita quotidiana della gente dell’India.
* Dhyanchand CARR, Sword
of thè Spirit. An activist’s
understanding of de Bible.
Ginevra, CEC, 1992.
(Protestanti e politica nel
mondo moderno ) ha permesso ai relatori (Mario Miegge e
Giulio Giorello, oltre allo
stesso Rubboli e a Elena Bein
Ricco che ha introdotto i lavori a nome del Centro) di spaziare entro coordinate assai
larghe; i concetti di vocazione
e di patto , inscindibili fra loro, per Miegge; un approccio
al puritanesimo come «laboratorio» per Giorello, che ha
preso in esame l’Inghilterra
del ‘600; il modello della «religione civile», secondo il
quale la separazione tra stato e
chiesa fissato dalla Rivoluzione del 1787 non implica la negazione della dimensione politica, ma è anzi come un filo
rosso che percorre tutta la storia politica degli USA, per
Rubboli.
Le implicazioni, gli approfondimenti, le piste, ognuna delle quali meriterebbe studio a sè, non potevano che essere tantissime: dalla diversità
di vedute, tra tradizione luterana e calvinista, sui «luoghi
di realizzazione della vocazione» (adesione alla struttura
dello stato e obbedienza, per
la prima; attività professionale, per la seconda) al rapporto
tra politica ed attività economica ai nostri giorni; dalla ricerca della libertà di pensiero
(Giorello ha quasi «intrecciato» alla propria relazione
quella che ha tenuto nel pomeriggio, sui rapporti tra
scienza e fede: il ‘600 è anche
il secolo di Galileo) alla corrispondenza, nella Costituzione
americana, tra valori cristiani
e valori politici. Da questi
«input», il dibattito che è se
guito, non lungo, è stato tuttavia denso di interrogativi che
riguardano inevitabilmente
l’oggi e il modo in cui valorizzare un passato (quello della
storia della modernità, così intimamente legata al protestantesimo) abbondantemente
estraneo al paese in cui viviamo. Le risposte, come ha notato nelle conclusioni il direttore del Centro, Giorgio
Toum, non possono che essere provvisorie e parziali. Il
senso del nostro stare nella società, l’esplicazione della nostra vocazione nel mondo, in
questa epoca che troppo affrettatamente viene definita
postmoderna, si trovano di
fronte a strade profondamente
diverse Luna dall’altra.
Per alcuni infatti si tratta di
compiere un’affermazione di
identità, di elaborare un progetto alternativo alla cultura,
anzi alle culture dominanti (da
quella dell’attuale pontefice al
postmodernismo, che per la
verità è cosa più seria quel
che si vede in Italia; il comunismo, invece, si è liquidato
da sè); per altri si tratta essenzialmente di manifestare giorno per giorno, anche solo nella sezione del proprio partito
(non importa quale, ovviamente!), il primato dell’etica
sulla politica e il fatto che si
agisca in maniera disinteressata. In ogni caso, ha concluso
Tourn, un contributo protestante al mondo di oggi potrà
giungere se, sulla scorta degli
esempi tratti dalla storia e dai
personaggi affrontati dalle relazioni, sapremo produrre della teologia. Essi lo fecero, e ne
scaturì anche la politica.
Uno stimolante volume di André Gorz
Il lavoro^ l'identità
e l'economia
André Gorz, filosofo formatosi con Jean-Paul Sartre, analizza ciò che rimane di «vecchio» e ciò che si sta innovando nel mondo della produzione e ne trae la conclusione che
per cambiare qualcosa in questa società occorre uscire dal
cortocircuito tra attività produttiva di tipo nuovo (nuove
tecnologie, informatizzazione,
robotica, nuova qualificazione
delle maestranze, ecc.), nella
quale sono impiegate ormai
delle élites, e servizi dequalificati fomiti da quei lavoratori
tagliati fuori dai nuovi canoni
produttivi.
La vittoria del capitale nella
battaglia per l’innovazione
consiste appunto nell’essere
riuscito a produrre divisione
nelle file di una compagine
operàia un tempo ben più
compatta e solidale.
Se «il lavoro non è più la
principale forza produttiva»,
dice Gorz citando Peter Glotz,
ne conseguirà che «il lavoro
non può più servire da fondamento all’integrazione sociale» (pp 82-83).
Il problema allora, al di là
della sfera economicista, diventa anche quello dell’identità e Gorz, benché affermi
giustamente che «quando (...)
l’identità (...) è invocata ed
esaltata da ogni parte, ciò dimostra che essa “fa problema”, non va più da sé, è già
perduta» , pone l’accento su
un dramma che si rivela non
organicamente, non negli
schemi del conflitto sociale a
cui eravamo abituati; un
dramma che esplode, viceversa, disordinatamente, nella
guerriglia tra bande, nelle tensioni fra gruppi etnici (Los
Angeles ma anche Parigi, i
«naziskin»), o che «implode»
nei suicidi dei cassaintegrati
di dieci anni fa, nella depressione e nell’annichilimento
della droga.
«Nella società moderna
complessa, la differenziazione
delle sfere di attività ha come
corollario quella delle dimensioni dell’esistenza e vieta al
soggetto di cercare la sua
unità in alcuna di esse.
La molteplicità dei suoi
’’ruoli” crea una fessura tra
ciascuno di essi e lui stesso»,
(p. 245).
Il rischio è che qualunque
tentativo di far macchina indietro, verso l’annullamento
di questa differenziazione, abbia un carattere totalitario che
potrebbe essere, per assurdo,
tanto leninista quanto fascista,
quanto integralista: se teniamo
presente che l’edizione francese è del 1988, e che quindi
appare oggi impensabile un
nuovo assolutismo comunista,
i rischi opposti non sono per
niente scongiurati.
ANDRÉ GORZ, Metamorfosi del lavoro. Critica
della ragione economica. Torino, Bollati Boringhieri,1992,
pp. 269, £. 26.000.
Le nuove strategie internazionali
I conflitti nel mondo
del «dopo '
Gli anni che stanno seguendo il «mirabile» ‘89 sono
tutt’altro che pacifici: e non
soltanto per via della guerra
del Golfo e di quelle etniconazionaliste, «ibernate» per
decenni dal potere comunista.
E la mappatura delle zone a rischio non si ferma qui: nulla è
ancora risolto in Palestina, e
molte altre sono le aree calde.
Il libro, con prefazione di
Willy Brandt, raccoglie una
serie di contributi di studiosi
italiani ma anche statunitensi,
tedeschi, serbi, sloveni e britannici, prodotti sulla scorta di
un controvertice organizzato a
Roma nel novembre dell’anno
scorso, in concomitanza con il
summit dei capi di stato della
NATO.
Le domande a cui cerca di
dare risposta sono quanto mai
complesse, e coinvolgono politici, militari, studiosi, istituzioni: «Come spiegare questo
ritorno della guerra come
grande protagonista del sistema internazionale? Quali
cambiamenti degli scenari internazionali, quali nuove situazioni economiche e politiche hanno sconvolto questi ultimi anni? E, infine, quali metodi pacifici e quali alternative per la soluzione nonviolenta dei conflitti si possono proporre? » (p. 17).
Per fornire tali risposte il
volume segue tre questioni di
fondo: le nuove strategie
dell’Occidente (il generale
USA Cari E. Vuono disse
l’anno scorso che con l’invasione del Kuwait da parte
dell’Iraq finisce, per gli USA,
la «strategia del contenimento» e inizia quella di «proie
zione della potenza» (p. 41);
l’evoluzione dello scontro
Nord-Sud (il Nord si avvia a
dipendere sempre meno dal
Sud in quanto a risorse, ormai
più facilmente ottenibili per
sintesi chimica, o comunque
grazie alle tecnologie più
avanzate ma, sostiene Wolfgang Sachs, «prospera grazie
all’esclusione del resto del
mondo» (p. 62); le aree di crisi e il ritorno dei nazionalismi
(si vedano in proposito i capitoli dedicati ai conflitti dell’ex
URSS e dell’ex Jugoslavia).
Le proposte pacifiste sono legate essenzialmente al rilancio
di alcuni organismi come
l’«Assemblea dei cittadini di
Helsinki» e soprattutto ad una
radicale riforma dell’ONU,
che superi l’assurdità anacronistijca del diritto di veto.
Campagna «Venti di pace».
Il vizio della guerra.. Alle radici dei nuovi conflitti. Roma,
Edizioni associate, 1992, pp.
230, £. 16.000.
12
PAG. 10 RIFORMA
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venerdì 11 SETTEMBRE 1992
Un dibattito a Torre Pellice sul futuro della politica
Valdo Spini: è in corso un sano
complotto tra i giudici e la gente
La Regione Campania sta per revocare la declassificazione
Uno spiraglio per Villa Betania
_______LUCIANO DEODATO_______
A giorni dovrebbe essere revocato il provvedimento della
Regione Campania che, per ridurre la spesa della sanità,
aveva unilateralmente decurtato di circa 80.000 lire le rette giornaliere corrisposte alle
case di cura. Anche l’Ospedale evangelico «Villa Betania»
di Ponticelli (Napoli) era stato
colpito da tale provvedimento,
per cui due erano le soluzioni
possibili: o chiudere l’ospedale o dequalificarlo, scendendo
dalla fascia «A» alla fascia
«C», con conseguente licenziamento di circa un centinaio
di addetti, tra infermieri e medici.
Il provvedimento pare debba rientrare a decorrere dal 1°
settembre: se così sarà, l’ospedale avrà subito un danno calcolabile intorno ai 330 milioni, dovuto alla riduzione della
retta per parte del mese di luglio e per tutto agosto.
Il 3 settembre il Consiglio
dell’ospedale ha cercato di fare il punto della situazione. Ha
manifestato moderata soddisfazione per la preannunciata
misura della Regione perché,
come ha detto il presidente,
Sergio Nitti, «la ferita comunque rimane ».
In una situazione in cui
l’esposizione con le banche rimane sempre elevata e i ritardi con i quali l’USL 45 effettua i pagamenti delle fatture
costringono a corrispondere
grosse somme per interessi;
anche una cifra relativamente
modesta (per un osptedale) come è quella di 3(X) milioni costituisce un salasso ingiusto e
pesante.
Il Consiglio ha espresso tutto il proprio apprezzamento
per la solidarietà con la quale
le chiese evangeliche hanno
seguito in questi ultimi tempi
le vicende dell’ospedale. Fondato nel dopoguerra da una
decina di chiese evangeliche
diverse (battisti, metodisti,
valdesi, pentecostali, avventisti, luterani ecc.), l’ospedale
svolge un’opera quanto mai
preziosa nel quartiere di Ponticelli e in genere nella zona
orientale di Napoli, dove manca qualsiasi altra struttura sanitaria.
Di fronte alle prospettive di
chiusura, e constatando che la
Regione Campania non ha ancora dato una risposta alla domanda di classificazione
dell’ospedale, avanzata già da
tempo, il Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste ha approvato un ordine del giorno nel
quale sollecita la giunta regionale campana a fare quanto di
sua competenza.
Anche i sindacati degli
ospedalieri e dei medici si sono dichiarati disposti a sostenere la richiesta di classificazione, comprendendo che è
l’unica strada percorribile per
garantire un futuro all’ospedale.
A favore della classificazione si sono adoperati ultimamente anche alcuni parlamentari evangelici, primo fra tutti
Fon. Valdo Spini, che ha avuto un colloquio con il ministro
della Sanità.
E’ probabile che, qualora
nulla avvenga prima, nel prossimo febbraio gli evangelici
napoletani si mobilitino per
azioni a sostegno della classificazione dell’ospedale.
RUGGERO MARCHETTI
Domenica 6 settembre,
presso la Casa valdese di Torre Pellice, si è tenuto un riuscito dibattito sul libro di Valdo Spini Viaggio dentro le
istituzioni, con la partecipazione dell’autore.
Dopo gli interventi di Piercarlo Longo, Franca Coisson,
don Vittorio Morero e di
Giorgio Tourn che, moderati
da Augusto Comba, hanno
sottolineato come questo libro
(le esperienze di Valdo Spini
nel periodo di sottosegretariato al ministero degli Interni)
presenti una forte tensione etica tanto più apprezzabile e
preziosa visti i tempi di «tangentopoli» che ci troviamo a
vivere, l’autore ha esposto al
folto pubblico una serie di sue
considerazioni sull’attuale situazione della politica nel nostro paese.
In particolare, Valdo Spini
ha spiegato l’«esplosione» di
corruzione che si è verificata
in questi ultimi tempi, con il
venir meno dei grandi partiti
ideologici che, nella storia
della Repubblica, hanno sostituito in passato con i loro valori morali la mancanza di regole scritte per i partiti stessi,
per le campagne elettorali e
per i sindaci, tipica del nostro
paese.
Venuto meno il sistema
spontaneo di regole e di valori
che i partiti rappresentavano,
gli arrampicatori e gli intrallazzatori hanno trovato libero
campo per le loro imprese e,
proprio perché il crollo delle
ideologie ha significato il venir meno di quel «rispetto»
per i partiti che consentiva loro in passato di avere una certa «aureola di immunità», ecco che oggi la società italiana
non sopporta più una classe
politica che pretende di essere
al di sopra della gente.
Per questo i giudici dell’inchiesta «mani pulite» hanno
dietro di sé tanti cittadini che
li appoggiano, li spingono, li
sostengono. Se proprio si vuole parlare di «complotto» per
le indagini di Milano e del resto d’ Italia, ha detto a questo
punto Spini, si tratta di un
«complotto positivo» tra giudici e la gente.
Tutto questo significa forse
che oggi chi vuol restare onesto non deve più fare politica?
Al contrario, ha osservato
Valdo Spini, si può e si deve
più che mai fare politica oggi.
Cercando di creare le condizioni per un rapporto leale e di
fiducia reciproca tra gente e
istituzioni che ad essa debbono essere al servizio. Ed in
questo modo è auspicabile che
nuovi valori si sostituiscano a
quelli tramontati col crollo
delle ideologie.
L’on. Spini ha sostenuto che
ancora esistono una destra ed
una sinistra, e che ancora oggi
è valido e giusto scegliere fra
questi due mondi di valori:
«destra» è quella concezione
per cui la società avanza in
virtù della competizione diret
TîiïFr
TPrr
Di fronte alla criminalità organizzata un uso politico dell'esercito ?
Sardegna: operazione «Forza Paris»
________STEFANO MELONI________
L’attacco allo stato da parte
della criminalità organizzata,
l’impressionante dimostrazione di forza mostrata nel terribile attentato al giudice Falcone ed alla sua scorta, e culminata nel recente eccidio del
giudice Borsellino, ha costretto il governo italiano a dare
una risposta che, da un lato,
mostrasse i muscoli all’antistato mafioso e, dall’altro, rassicurasse i cittadini, garantendo il controllo sul territorio
violato.
In questo senso è spiegabile
lo schieramento dell’esercito
nelle aree più a rischio a sostegno di quelle forze (polizia,
carabinieri, ecc...) che devono
garantire l’ordine pubblico.
Così pure, in Sardegna,
sull’onda emotiva del sequestro del bimbo Farouk Kassam
a cui i sequestratori avevano
reciso l’orecchio, il ministro
Andò ha inviato 4.(XX) soldati
di leva per esercitare un controllo territoriale nel Supramonte (Nuoro) con l’obiettivo
di occupare fisicamente quelle
terre impervie e desolate.
A una settimana dalla conclusione dell’operazione «Forza Paris» («Avanti insieme»,
urlo di battaglia dei battaglioni di sardi che assaltavano
all’arma bianca le trincee del
Carso), si possono trarre alcune valutazioni.
Le reazioni sono state le più
diverse; tra gli intellettuali
sardi c’è chi ha visto il ripetersi di film già noti con la Sardegna di Tacito, «fatta deserto
e chiamata pace» dalle legioni
romane, con le squadriglie
spagnole a cavallo, con i neri
squadristi di Mussolini venuti
a colpire Gramsci e Lussu.
Ma c’è anche chi, pur ritenendo l’operazione inutile dal
punto di vista investigativo e
preventivo, e soprattutto costosa, l’ha valutata positivamente in termini di rottura
dell’isolamento geografico,
come elemento di dinamicità
soprattutto per i giovani, per il
riflesso economico per la disastrata economia agro-pastorale
del luogo.
Di fatto, peraltro, alcuni gesti dettati opportunamente dai
vertici militari, come il contatto fecondo tra i ragazzi di leva
e la gente, le manifestazioni
culturali e musicali proposte
in accordo con le amministrazioni locali, le donazioni di
sangue, i lavori di miglioramento di alcune vie sterrate di
comunicazione nelle campagne, hanno reso più facile e significativa la presenza delle
divise nei comuni deH’intemo.
Gli attentati, poi. Lo scenario è ben diverso da quello
della rivolta contro l’esercito e
contro lo stato.
E lo stereotipo dell’isola paradiso delle vacanze, popolata
da uomini fieri, restii a sentirsi
figli del tricolore, o da banditi
feroci, è vendibile al mercato
delle occasioni.
La realtà più complessa parla di una subalternità economica e culturale (soprattutto
nell’interno), di una frantumazione del mondo agro-pastorale, di una perdita secca di
identità, di una crisi occupazionale vertiginosa, di una
inefficienza grave della classe
politica sarda dal dopoguerra
ad oggi.
Di una reazione, dunque, in
cui l’azione violenta contro
l’esercito o contro l’amministrazione locale è affermazione prepotente del proprio interesse e rifiuto della convivenza civile e democratica, tentativo di creare un clima di tensione e di timore negli onesti.
Nessun terrorismo separatista, perciò, (la Sardegna non è
la Corsica), o rifiuto dell’unità
nazionale.
Nessun respiro ideologico.
La presenza dell’esercito è
una cassa di risonanza per gesti rivolti contro le amministrazioni.
Piuttosto, così come nel re
sto del Mezzogiorno italiano,
lo stato dovrebbe portare con
sé ben altro che i soldatini di
leva (che pure sindaci e provincia di Nuoro vorrebbero
tornassero presto). L’uso politico dell’esercito non può mascherare inefficienze nella lotta alla criminalità organizzata,
crepe sempre più vistose nello
sviluppo economico e culturale del Meridione.
Dal governo è lecito pretendere più che una politica assistenziale dalle risorse mal distribuite e dei gesti eclatanti
che sanno tanto di pubblicitario.
ta degli individui che cercano
di affermarsi, «sinistra» è invece pensare che solo se l’individuo è tutelato e liberato
dall’ansietà per la sua condizione personale (ad esempio il
lavoro) può dare il suo pieno
contributo per l’edificazione
di una società nuova e migliore.
La sinistra ha naturalmente
bisogno di nuovi stimoli per
ricreare determinati valori;
una possibile fonte - ha concluso Spini - si potrebbe trovare nel socialismo liberale di
Rosselli.
Il mercato
dell'«ora»
L’insegnamento della religione nelle scuole materne ed
elementari può essere un espediente contro la disoccupazione giovanile e, di fatto, è già
diventato un mercato, il mercato dell’ora di religione.
Il fenomeno, già abbastanza
diffuso specie nell’Italia meridionale, è segnalato da un sacerdote siciliano, don Antonino Dolce, in una lettera alla rivista “Settimana”, perché ne
vengano a conoscenza vescovi, preti e operatori pastorali.
«Da qualche anno a questa
parte, per quanto riguarda
l’IRC - dice la lettera - si verifica spesso che alcuni laici,
avendo conseguito i titoli necessari e ottenuta ¡’idoneità da
parte dell’ordinario, per avere
spazio di inserimento come
insegnanti di religione contattano i maestri titolari di classe
invitandoli a non dichiararsi
disponibili per l’IRC».
Don Dolce si domanda se
sia «formalmente lecito che
insegnanti che frequentano i
sacramenti e magari sono catechisti di parrocchia dichiarino di non essere disponibili
“per motivi di coscienza” a insegnare religione» e ancora se
sia «moralmente lecito gravare ulteriormente sul bilancio
dello stato».
La lettera prosegue notando
ancora come gli insegnati
compiacenti pensino con questo di fare un atto di carità nei
confronti di giovani senza lavoro, ma conclude: «Che dire
quando in tutto questo c’è
l’avallo dell’Ufficio catechistico diocesano?»
Provvedimento del prefetto motivato dall'inquinamento mafioso
Rìesì: sciolto il Consiglio comunale
Il prefetto di Caltanissetta
ha decretato lo scioglimento
immediato del Consiglio comunale di Riesi.
Il provvedimento è motivato
dal fatto che «a seguito degli
accertamenti effettuati sono
emersi elementi su collegamenti di amministratori del
Comune di Riesi con la criminalità organizzata, e su forme
di condizionamento degli stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi, il buon andamento
dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi e che arrecano altresì
grave pregiudizio per lo stato
della sicurezza pubblica in
quel centro».
Tale diagnosi «è avvalorata
dagli episodi criminosi verifi
catisi in quel centro, anche di
particolare gravità, che evidenziano rintento di realizzare, anche con il ricorso alla
violenza, un pesante clima di
intimidazione in un’area
esposta all’azione della mafia». E’ noto che Riesi è da
tempo uno dei centri nevralgici della mafia nel Nisseno, dominato fino alla fine degli anni ‘70 dal boss Giuseppe Di
Cristina, alleato del boss catanese Giuseppe Calderone.
Come riporta la cronaca di
questi giorni in seguito all’arresto di Giuseppe Madonia,
nuovo boss del Nisseno, fu
Giuseppe Di Cristina a ordinare, neH’aprile ‘78, l’assassinio
del padre, Francesco Madonia, alleato del clan vincente
dei corleonesi.
Un mese dopo lo stesso Di
Cristina veniva assassinato a
Palermo. Successivamente, un
suo fratello subiva un attentato a Riesi e, nel settembre ‘87,
un altro fratello, già sindaco
democristiano di Riesi, veniva
assassinato nella piazza centrale del paese.
Questa “vendetta trasversale”, ordita da Giuseppe Madonia - il quale nel frattempo
aveva esteso il suo dominio
sull’area di Gela - è stata
all’origine della spietata guerra di mafia che, in questi ultimi anni, ha causato oltre cento
omicidi nella zona tra Riesi e
Gela. L’ultima vittima è stata,
all’indomani della strage di
Capaci, l’ex sindaco democristiano di Riesi, Vincenzo Napolitano.
13
venerdì 11 SETTEMBRE 1992
La Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Un questionario
per i lettori
Preghiamo i lettori di rispondere al seguente brevissimo questionario che riguarda
soprattutto le caratteristiche
tecniche di leggibilità del
giornale. Un secondo questionario riguardante il tipo di
informazione che si vuole ricevere verrà allegato al terzo
ed ultimo numero zero che
avrà la data di venerdì 30 ottobre.
1 Dati anagrafici :
a) età
anni
b) scolarità.
2 Eventuali difficoltà visive
d si d no
se sì quali_____________________
3 Ho letto più facilmente:
Q il precedente numero
zero
Q questo numero
4 Osservazioni
sulla grafica,
SUI caratteri
sulle fotografie
Le risposte vanno fotocopiate o trascritte su un foglio
ed inviate alla redazione di
Riforma ( via Pio V, n. 15,
10125 Torino).
Il valore
del secondo comandamento
«Caro direttore,
in riferimento all’articolo comparso sul n.
0 del nuovo periodico “Riforma”, a firma di
Franco Becchino, le sarei grata se mi fornisse una qualche delucidazione teologica
in merito aWimmagine de “L’uomo di dolore” ivi raffigurata, poiché, sinceramente,
non sono a conoscenza se i valdesi e i meto
Ce la si potrebbe cavare a buon mercato, tranquillizzando la nostra lettrice: sia
per i valdesi cbe per i metodisti il secondo
comandamento è quello che leggiamo in
Esodo 20: 4 e che vieta l’uso di immagini
per rappresentare Dio. Ma la domanda è
in realtà molto più complessa, e perciò richiede una risposta molto più elaborata.
A scanso di equivoci, non Franco Becchino è responsabile della pubblicazione
dell’incisione di A. Dürer che raffigura il
Cristo incoronato di spine, ma il sottoscritto. Purtroppo non avevamo in mano
un’immagine dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, e perciò abbiamo cercato
qualcosa che esprimesse in una certa misura i concetti presenti nella predicazione
di Becchino. Purtroppo i ripieghi sono
sempre dei tentativi maldestri, sebbene il
Dürer ci sembrasse aver colto un elemento essenziale del messaggio evangelico:
Gesù è il Messia, il re d’Israele, ma questa sua regalità non può essere separata
dalla croce.
Non credo che raffigurare questo fatto
storico (la crocifissione) a cui noi diamo
un’interpretazione di fede (la gloria) sia
un trasgredire al secondo comandamento, che vieta di fare delle immagini di Dio
disti si attengono al secondo comandamento
originario, oppure se siano religiosamente
affini in materia ad altre chiese protestanti,
quali, per esempio, i luterani.
Rimanendo in attesa di una risposta le inviofraterni saluti».
Elena Pezzini, Lodi (Mi)
attribuendo ad esse un valore divino
(«Aon ti prostrare dinanzi a tali cose e
non servir loro...»). Si tratta della nostra
predicazione, che non può essere altro
che una descrizione di Gesù. L’apostolo
Paolo, scrivendo ai Galati, dice di avere
nella sua predicazione «ritratto al vivo »
Gesù Cristo (Gal. 3: 1). Dürer era un credente evangelico, e ha messo la propria
arte al servizio della fede.
Noi non potremo mai sostituire l’immagine alla predicazione. Lo dice molto bene un antico catechismo riformato del
1563: «Non dobbiamo essere più savi di
Dio, che vuol far istruire la sua cristianità
non per mezzo di idoli muti, ma mediante
la viva predicazione della sua Parola »
(Catechismo di Heidelberg, domanda ^
98/a).
E infatti in quella pagina, titolata
All’ascolto della Parola, importante era la
predicazione di Becchino; non l’incisione
di Dürer, con tutto il rispetto dovuto alla
sua arte. Anzi, forse più importante di
tutto era il testo biblico. Becchino dal
canto suo e Dürer, trascinato da noi per i
capelli lì dentro, hanno tentato di leggere
con noi e per noi quel testo.
Luciano Deodato
Il numero 0 di «Riforma»
Sono giunte in redazione
numerose lettere di soddisfazione e di suggerimenti perché
« Riforma cresca».
Una lettrice di Zurigo si offre di collaborare alla diffusione del settimanale e prenota
30 copie da diffondere nella
sua comunità in occasione
della «festa» della stessa. Ecco un esempio da seguire. Se
in ogni comunità ci fosse un
incaricato per la diffusione e
per r importantissima raccolta
degli abbonamenti l’obiettivo
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542.
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei, 081/5729572
Via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166.
DIRETTORE: Giorgio Gardiol.
VICE DIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Pa.schetto
REDATTORI: Claudio Bo, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio
Ferrano, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Cannelina Maurizio, Luca Negro, Mario Palazzine, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi,
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Vinti, Raffaele Volpe.
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Mariella Taglierò.
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ABBONAMENTI 1993
ITALIA ESTERO
- ordinario £. 60.000 - ordinario S>. 100.000
- sostenitore &. 150.000 - via aerea S>. 160.000
- semestrale &. 30.000 - sostenitore £. 180.000
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a
Edizioni protestanti s.r.L, via Pio v 15 bis, 10125 TORINO.
Gli abbonati a Riforma ricevono L’eco delle valli valdesi senza alcun supplemento di prezzo e viceversa.
Il presente numero zero è un fascicolo interno a L'eco delle valli valdesi, n. 35 del 11 settembre
1992. Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60. Spedizione in abbonamento postale gr. II A/70.
di 6.000 abbonati per il ’93
sarebbe facilmente raggiunto.
Chi vuol seguire l’esempio
della lettrice svizzera contatti
la nostra amministrazione.
C’è chi ci ha telefonato per
chiedere perché l’Eco delle
valli valdesi «incartava» per
così dire Riforma. La risposta
è semplice: è una questione
tecnica. Fino a dicembre la testata non sarà registrata. Così
tutti i numeri zero saranno
«ospitati» dall’Eco delle valli
valdesi.
La soluzione è però piaciuta
ad un lettore di Luserna San
Giovanni che si augura sia
sempre così. Dobbiamo assicurare i nostri lettori residenti
nelle valli valdesi. Stiamo studiando una formula, anche
grafica, che consenta a tutti
coloro che risiedono nelle valli di ricevere un “Eco” che
contiene Riforma. C’è invece
chi non vuole ricevere «il segmento Eco». Niente paura; basta dirlo al momento di abbonarsi e sarà fatto.
Piccoli Annunci
CONCORSO
La biblioteca dell’Ifed, interessata alla raccolta di materiale sulle origini della presenza evangelica nelle varie
località italiane, indice un
concorso per i tre migliori lavori di carattere storico e teologico.
I lavori dovranno fornire, su
una specifica località, informazioni sulla presenza evangelica in quel luogo dalle origini ai giorni nostri, o soffermarsi su un particolare periodo della sua storia e analizzare il significato teologico che
tale presenza ha avuto.
Le opere dovranno essere
corredate di tutte le indicazioni di carattere documentario
utilizzate per la ricerca (bibliografia, materiale d’archivio, interviste, ecc.). Esse dovranno pervenire all’Ifed entro e non oltre il 1° giugno
1994.
I tre lavori ritenuti più idonei saranno premiati con £.
800.000 ciascuno. La biblioteca deirifed si riserva il diritto di conservare tutti i manoscritti pervenuti.
Per informazioni rivolgersi
a: Ifed - c.p. 756 - 35100 Padova.
NOZZE D’ORO
«Sia il matrimonio tenuto in
onore da tutti» (Ebrei 13: 4).
II 24 agosto del 1942 veniva celebrato dal pastore Enrico Tron, nel tempio di Torre
Pellice, il matrimonio di Roberto Comba e Elena Tron.
Nel cinquantesimo anniversario gli sposi, con i loro figlioli, parenti e amici, ringraziano il Signore per il dono
prezioso del matrimonio cristiano.
ISCRIZIONI ALLA
FACOLTÀ DI TEOLOGIA
Sono aperte fino al 25 settembre le iscrizioni per il corso di laurea alla Facoltà valdese di teologia, relativamente all’anno accademico 1.99293.
Si richiede la maturità classica o altro titolo di secondaria superiore giudicato equipollente con l’obbligo di esami integrativi.
Un anno di studio integrativo viene richiesto a coloro
che non hanno fatto 5 anni di
scuola secondaria superiore.
La frequenza è obbligatoria.
Per informazioni, anche sul
corso di diploma, ci si può rivolgere alla segreteria della
Facoltà, via Pietro Cossa 42,
00193 Roma. Tel.
06/3210789 (segreteria tei.).
Fax 06/ 3201040.
LABORATORIO DI
TEOLOGIA PRATICA
I pastori interessati alla ricerca nell’ambito della «teologia pratica» possono segnalarsi al prof. Ermanno Genre,
via Germanico 24, 00192 Roma entro il 30 ottobre.
Posta
A proposito
di Lega Nord
Spett. redazione,
ringrazio il pastore Giorgio
Bouchard per la sua puntualizzazione in merito all’on. Bossi
e all’area protestante («Non
ho cambiato opinione». La
Luce, 31 luglio ‘92). Ora la
sua posizione mi è più chiara,
ma mi permetto tuttavia un
paio di osservazioni e una premessa.
La premessa è molto semplice, volta al fine di una doverosa chiarezza. Come molte
volte in passato ho votato PCI
senza per questo essere marxista, così quest’anno, dopo parecchie riflessioni e con qualche tentennamento, ho dato il
voto alla Lega Nord senza per
questo essere leghista. Non un
voto di scambio o di appartenenza, quindi, semmai un voto
di opposizione. Ma soprattutto
un voto «in prestito» che, a
seconda dei comportamenti di
quel partito, mi riservo di confermare o meno in occasione
della prossima consultazione
elettorale. Ritengo che questo
sia l’atteggiamento corretto in
una democrazia moderna, e
non mi pento della scelta fatta.
Ecco le due brevi riflessioni.
1) Un conto è l’opinione
personale che ciascuno può
farsi dell’on. Bossi (uomo di
destra secondo Bouchard), altro è l’atteggiamento delle
chiese nei confronti delle nuove formazioni politiche emergenti nel paese. Mi sembra
davvero riduttivo e superficiale etichettare la Lega Nord come fenomeno di destra, animato da un risorto spirito sansepolcrista, specie dopo l’ampio e variegato consenso riscosso il 5 aprile (anche nelle
valli valdesi, fra l’altro), dopo
gli scandali milanesi e il tragico evolversi della situazione
nel sud, ben oltre i limiti della
tollerabilità in un paese che
vorrebbe definirsi civile. Anche la EGEI, per esempio, in
una mozione del suo decimo
congresso, si è espressa sulla
Lega in termini di rigida condanna. Come credente non mi
considero, né mi sentirei di
considerare i milioni di italiani che hanno votato Lega come dei fascistoidi esaltati.
Certo c’è molta confusione,
ma questo è un motivo in più
per essere cauti e attenti alla
realtà politica, evitando giudizi e condanne sommarie.
2) Posso convenire che
l’on.Bossi, con i suoi ammiccamenti, volesse in primo luogo fare un dispetto al papa; ed
è bene non esseer caduti nella
trappola. Del resto gli stessi
cattolici all’interno della Lega
hanno manifestato dissenso.
Ma l’episodio, pur nella sua
ambiguità, rispecchia una volta di più la fine, in Italia, dei
grandi blocchi religioso-ideologici contrapposti (cattolicesimo = DC, marxismo = PCI)
e una certa disponibilità diffusa ad accogliere nuove proposte non solo in campo politico
ma forse anche in campo religioso. Sta ora ai credenti
evangelici, alle chiese, cogliere il momento favorevole e
non sacrificare le occasioni di
confronto con la politica
sull’altare di vecchie e nuove
appartenenze.
Forse il legame tra fede e
politica, che ritengo comunque essenziale, non si gioca
più nel senso classico della
militanza ma nel senso più
squisitamente protestante del
costante richiamo, in quanto
cittadini, alla responsabilità
nei confronti delle leggi e delle istituzioni, rivolto a tutte le
forze politiche in campo, incluse quelle che una volta si
sarebbero liquidate in fretta
come «di destra».
Pierguido Viterbi, Milano
Partegpazioni
«O Eterno non abbandonarmi; mio Dio, non allontarti da me; affrettati in
mio aiuto, o Signore, mia
salvezza.»
(Salmo 38: 22)
Dopo lunga malattia è mancata all’affetto dei suoi cari
Giovanni Davide Coisson
di 87 anni
Nell’ impossibilità di farlo
singolarmente, i familiari ringraziano tutti coloro che con
la presenza, scritti e parole di
conforto si sono uniti a loro
nella triste cicostanza.
Prarostino , 26 agosto 1992
«In quel medesimo giorno, fattosi sera, Gesù disse
loro; passiamo all’altra riva»
(Marco 4: 35-36)
La moglie, i figli e i familiari tutti del caro
Roberto Pietro Bounous
riconoscenti, ringraziano di
cuore tutti coloro che con presenza, fiori, scritti, parole di
conforto e opere di bene, hanno preso parte al loro dolore,
un grazie particolare ai medici
e al personale dell’Ospedale
valdese di Pomaretto e ai pastori Mazzarella e Ribet.
Inverso Rinasca, 27 agosto
1992
I parenti di
Matilde Fabiole
ved. Consol
riconoscenti ringraziano
sentitamente tutte le persone
di Carema che l’hanno seguita
ed assistita per molti anni e
tutti coloro che le sono stati
vicini in questo ultimo periodo di malattia. Un ringraziamento particolare al medico
curante dori. Bertoldo, ai medici e al personale del reparto
medicina 2 dell’ospedale di
Ivrea, alla direttrice e alle assistenti di Villa S. Giacomo di
Caravino, alle assistenti sociali signore Pesando e Gastaldo,
alle volontarie dell’AVULSS,
al pastore sig. Genre e a tutta
la comunità valdese di Ivrea e
Carema.
Carema, 29 agosto 1992.
«Io aspetto VEterno;
ranima mia l’aspetta: io
spero nella sua parola»
(Salmo I30:.5)
I familiari della cara
Elda Fornerone
ved. Rostagno
riconoscenti, ringraziano
tutti coloro che hanno preso
parte al loro dolore con fiori,
presenza, scritti e parole di
conforto.
Prarostino, 1° settembre
1992
La moglie Rolanda Paola,
insieme con i figli Ettore,
Giorgio, Ugo e Milena, ringraziano sentitamente quanti
si sono uniti al loro dolore per
la scomparsa di
Attilio Merlo
Torre Pellice, 1° settembre
1992
«Nulla potrà separarci
dall’amore di Dio che è in
Cristo Gesù, nostro Signore »
(Romani 8: 38)
II 5 settembre scorso è mancata
Luisa Prelato in Tousijn
di anni 41
Lo annunciano addolorati il
marito Willem con Valentina
e Chiara, i genitori ed i parenti
tutti. I funerali si sono svolti
martedì 8 settembre, nel tempio valdese di corso Vittorio.
La famiglia ringrazia quanti le
sono stati vicini nella lunga
prova che ha attraversato.
Tonno, 11 settembre 1992. '
Le necrologie devono essere inviate entro le ore 12 del
lunedì anche tramite telefono
o fax alla redazione di Torre
Pellice (telefono e fax 01211
932166)
14
PAG. 1 2 RIFORMA
Villaggio
venerdì 11 SETTEMBRE 1992
RINASCITA DEL NAZISMO?
NON DEVONO
PAGARE I DEBOLI
Dopo i tragici fatti di Rostock e le aggressioni agli stranieri in Germania
Verso un Sinodo straordinario delie chiese
evangeliche per riproporre la questione sociale
________NOSTRO SERVIZIO_________
Ve lo immaginate il cancelliere Kohl che scruta un’enorme mongolfiera dal nome “allegria” che si staglia all’orizzonte, mentre l’equipaggio rimane a terra? Una metafora
figurata apparsa nell’ultimo
numero di «Der Spiegel» per
spiegare il bilancio di due anni di riunificazione economica
e politica delle due Germanie.
Tutto era iniziato il 25 novembre del 1990, quando nella
città di Eberswalde, nel Brandeburgo, Antonio Kiowa, 28
anni, angolano, veniva brutalmente assalito e ucciso da cinquanta giovani skins. Era la
prima vittima della violenza
giovanile nella Germania unificata
Da quel giorno gli attacchi
agli stranieri, i pestaggi, gli
incendi ai centri di accoglienza sono paurosamente aumentati. Oggi si parla di quasi un
morto ogni tre settimane. A
Rostock ci si attende ormai altre notti di battaglia, ma anche
a Cottbus e a Floea i profughi
vietnamiti e jugoslavi hanno
vissuto una notte d’inferno,
cacciati, assaliti e terrorizzati
da giovani esasperati e da una
popolazione che appoggia tacitamente la reazione contro
gli stranieri. E mentre il cancelliere Kohl discute con Mitterrand sulla caduta del dollaro e l’affermazione del marco,
a Bonn i verdi e i socialdemocratici danno battaglia nel Parlamento tedesco.
Le critiche colpiscono particolarmente l’operato del ministro dell’Interno, Seiters, accusato di aver appositamente
ritardato finora 400 mila domande di asilo politico per dimostrare l’inefficacia del nuovo sistema d’esame accelerato
delle domande, e creare nella
popolazione una tensione che
porti alla revisione della legge
sul diritto d’asilo avanzata insistentemente dalla CDU. Ma
il fascino dell’economia tedesca continua ad esercitare il
suo influsso tra migliaia di
stranieri che spingono alle
porte di un paese che sta vivendo una delle fasi più difficili e ptericolose del dopoguerra.
Chi alimenta il fuoco di Rostock? Chi ha cercato con
ogni mezzo di vendere l’unificazione e il sistema capitalistico come l’unica ricetta per la
nuova Germania? Sarebbe
troppo facile pensare di risolvere il problema con una restrizione della legge sull’asilo
politico.
L’equazione meno stranieri
meno skinheads non convince, afferma il Consiglio della
Chiesa evangelica tedesca,
che rilancia allo stato e ad un
diverso modo di fare politica
la possibilità di isolare la violenza che trova tra i cittadini
inquietanti consensi. Gli scontri di Rostock e gli assalti ai
profughi sono un sintomo di
paura e di disorientamento per
lo stato di abbandono in cui
versa l’ex DDR, ha detto il responsabile della Chiesa evangelica nella regione della Turingia. Troppe promesse disattese, troppe illusioni frustrate.
Pensare di risolvere la situazione con nuove promesse e
soluzioni immediate sarebbe
un errore gravissimo. Siamo
al tempo in cui bugie e false
speranze devono essere bandite dai discorsi dei politici. Sotto accusa, nei documenti delle
chiese evangeliche, è anche
l’inerzia con cui la polizia
spesso interviene, e il cinismo
che i giovani respirano nella
chiesa e nella società. La
Chiesa evangelica del Magdeburgo preparerà un sinodo alla
fine di ottobre per discutere
della situazione dei giovani
dell’Est e della questione sociale.
Ancora una volta le responsabilità pesano su chi ha voluto far credere ai cittadini
dell’Est che si potessero rias
sumere le premesse del capitalismo vincente e il declino del
socialismo reale con un’operazione di unificazione indolore e frettolosa.
Rostock, il porto di Bari,
Villa Literno, l’Alsazia sono
luoghi geografici apparentemente distanti, ma collegati da
un unico filo. In questi luoghi
si dà un appuntamento l’Europa dei potenti, degli accordi di
Maastricht, che rivela una forte debolezza e una frammentazione geografica e culturale,
un’assenza di democrazia e di
idealità a favore di un cinismo
politico ed economico che ancora una volta si affaccia sulla
scacchiera intemazionale, dividendo paesi interi (vedi il
caso jugoslavo) imperando su
interi popoli.
MANFREDO PAVONI
Nel clima di intolleranza
razziale e di antisemitismo
che percorre l’Europa, le maggiori preoccupazioni sembrano provenire dalla Germania.
Ne abbiamo parlato con
Johannes Langhoff, pastore a
Berlino-Pankow, in quello che
era il settore Est della città, e
animatore di Forum 90.
- Come si stanno muovendo la chiesa evangelica e in
particolare le comunità di
Berlino Est in questi giorni?
- Le comunità sono particolarmente scosse da questo clima di violenza e sono anche
negativamente colpite dalle
discussioni pubbliche di questi giorni che non colgono il
nocciolo del problema. Il
cambiamento radicale nel nostro paese è avvenuto in modo
pacifico poiché la nostra parola d’ordine era: nessuna violenza! Dobbiamo ritrovare
questa capacità di affrontare i
problemi politici e sociali in
modo pacifico. Dobbiamo ricordarci le parole della Bibbia, che ci spingono a riconoscere nello straniero, nel diverso, anche la nostra estraneità e ci collocano su un piano paritario. I vietnamiti, come tutti gli altri immigrati che
già abitavano nella DDR non
possono pagare per tutti le recenti, profonde trasformazioni.
- Ma le comunità sono in
grado di avere un rapporto,
di creare una comunicazione
con i giovani dalle tendenze
neonaziste e con una parte
della popolazione che tacitamente appoggia le azioni
contro gli stranieri?
- Alcune persone, che organizzano e provocano gli assalti, fanno parte di organizzazioni terroristiche di destra;
poi c’è un livello più ampio di
giovani che partecipano e enfatizzano la situazione, come
Il premio Nobel per la pace è ancora agli arresti domiciliari in Birmania
La lotta nonviolenta di Aung San Suu Kyi
ERBERTO F. LO BUE
Aung San Suu Kyi, premio
Nobel per la pace, è tuttora
agli arresti domiciliari nella
sua casa di Rangoon, prigioniera del governo «socialista»
che, malgrado la sconfitta
elettorale subita il 27 maggio
1991, continua a detenere il
potere esercitando una feroce
dittatura militare in Birmania.
Per tre anni Suu è stata costretta a vivere in condizioni
di assoluto isolamento senza il
permesso di ricevere o inviare
messaggi, ma la pressione intemazionale seguita al conferimento del premio Nobel nel
novembre dell’anno scorso ha
indotto quest’anno il governo
birmano a concederle di incontrare il marito, Michael
Aris, professore all’università
di Oxford, e i due figli nati dal
loro matrimonio, Alexander e
Kim.
Suu ha così potuto rivedere
i suoi cari per due settimane
nel mese di maggio e per trenta giorni durante i mesi di luglio e agosto di quest’anno.
Ecco in sintesi quanto mi è
stato comunicato dal marito di
Suu nel corso di un incontro
avvenuto in Norvegia la sera
del 27 agosto.
Suu è prigioniera della
giunta militare da quattro anni
in base a una legge per la sicurezza dello stato che prevede un massimo di tre anni di
arresti domiciliari; per evitare
di liberarla il governo birmano
ha deciso di approvare una
modifica di tale legge, estendendo il periodo di domicilio
coatto a una durata massima
di 5 anni con effetto retroattivo.
Suu desidera dialogare con
il regime e non crede nel confronto violento, ma il governo
dei militari è sordo a ogni appello, poiché non intende accettare il risultato elettorale
che ha segnato la vittoria del
partito di Suu, la Lega nazionale per la democrazia.
Il professor Aris sottolinea
che sua moglie possiede un
carattere forte e razionale, e
che è decisa a continuare con
determinazione la sua lotta fino alla caduta del regime che
ha condotto alla rovina la Birmania.
All’interno del suo paese
Suu gode dell’appoggio delle
masse, del gruppo etnico di
minoranza Karen presso il
quale si è rifugiato un gruppo
di parlamentari dell’opposizione che ha formato un governo provvisorio, e di gran
parte del clero buddhista, che
paga un alto prezzo per la sua
opposizione non violenta al
regime: duemila monaci pacifisti sono attualmente incarcerati nelle prigioni birmane, fra
coloro che si sono adoperati
esercitando pressioni sulla
giunta militare affinchè liberasse incondizionatamente
Suu vanno segnalati il governo dell’Unione indiana (dove
peraltro i diritti umani sono
tutt’altro che rispettati), il primo ministro thailandese, e la
presidente delle Filippine, Corazón Aquino.
Le continue violazioni da
parte del governo birmano
hanno inoltre provocato due
interventi deH’ÒNU.
La primavera scorsa la
Commissione dei diritti umani
ha infatti approvato a Ginevra
una risoluzione per indagare
con un procedimento pubblico
sulle atrocità commesse dalla
giunta militare: dello svolgimento delle indagini è stato
incaricato il prof. Yokota,
giapponese, che a novembre
consegnerà alla commissione
un rapporto sulla sua inchiesta
in Birmania.
Inoltre l’assemblea delle
Nazioni unite a New York,
che già aveva accolto favorevolmente il conferimento del
premio Nobel a Suu, sta ora
svolgendo indipendentemente
indagini sul suo caso. Una simile presa di posizione era
stata assunta in precedenza solo una volta per il caso di Nelson Mandela.
Va segnalato infine che,
dacché il Nobel è stato conferito a Suu, la Voce della Birmania democratica trasmette
da Oslo ogni sera un programma radio in lingua birmana,
che viene captato in tutta la
Birmania, salvo la zona della
capitale Rangoon, dove il regime militare riesce a disturbare la ricezione con interferenze.
Coloro che credono nella
giustezza della lotta pacifica
di Suu, adottata come prigioniera d’opinione da Amnesty
International, e che desiderano contribuire alla sua liberazione, possono scrivere a: General Saw Maung (Chairman), State Law and Order
Restoration Council, The State Law and Order Restoration
Committee, do Ministry of
Defense, Jangon (Rangoon),
Myanmar (Birmania). I modelli di lettera sono dùsponibili presso le locali sezioni di
Amnesty International.
nel caso di Rostock, e alcuni
di loro fanno parte delle comunità, o perlomeno frequentano alcune iniziative organizzate per i giovani. Per questo i
pastori e i laici impegnati nel
lavoro giovanile escono dalle
chiese e tentano di incontrare i
giovani nelle strade, nelle birrerie e in altri luoghi aperti.
Cerchiamo di favorire incontri
tra i giovani che hanno tendenze nazionalsocialiste con
altri giovani che hanno scelto
un impegno differente. Cerchiamo di spiegare loro molto
chiaramente le tremende conseguenze, anche personali,
della loro violenza. Ma il problema non è solo giovanile: è
di una fascia più ampia della
popolazione, e Rostock è un
esempio lampante di questo
disagio. I problemi e le esigenze della popolazione non
sono prese sul serio dai politici e per questo c’è una forte
simpatia per chi compie queste azioni. Forse il nostro ruolo è quello di riuscire a interpretare il malessere della gente dell’est e portarlo con determinazione davanti alla classe politica.
- Cosa pensa della proposta, portata avanti dalla
CDU e da altri partiti di destra, di modificare la legge
sull’asilo politico? Può rappresentare una soluzione
per arrestare la violenza xenofoba?
- Modificare la legge
sull’asilo politico sarebbe un
grande errore perché non si
tratta di un problema di rifugiati politici. A Rostock sono
stati presi di mira lavoratori
immigrati, vietnamiti e zingari, che rappresentano quella
popolazione europea che ha
scelto di conservare la propria
identità nomade. Il problema
non è quello dei profughi politici, a cui peraltro sarebbe giusto concedere la cittadinanza
tedesca. I lavoratori immigrati
non devono essere lasciati, per
un tempo indefinito, in ghetti
in attesa di riconoscimento.
Questo vale anche per i nomadi (Rom e Zigani). Siano
piuttosto impiegati dove sono
necessari e dove possono essere riconosciuti come lavoratori stranieri assunti in regola,
come qualsiasi cittadino. Bisogna proporre soluzioni diverse e più giuste di quelle degli asili per rifugiati politici,
con l’unico risultato di mescolare popoli, identità e situazioni diverse in attesa, indefinita
e pericolosa, di riconoscimenti
di status di rifugiato politico
che non ha nulla a che vedere
con il nomadismo. Sono le
leggi sui lavoratori immigrati,
o sulla capacità di riconoscere
diritti ai popoli nomadi, che
vanno migliorate; non la legge
sui rifugiati politici, che rappresenta un esempio di democrazia e civiltà in questo travagliato paese.
Sciopero
della fame
Il vescovo della Chiesa
riformata di lingua ungherese
in Romania, Laszlo Tòkes ha
iniziato mercoledì 2 settembre
uno sciopero della fame per
chiedere «giustizia in nome
delle vittime del postcomunismo». Il presidente romeno
Iliesku si è detto disposto ad
incontrare il vescovo per discutere della situazione dei
prigionieri politici in Romania.
15
VENERDÌ 11 SETTEMBRE 1992
Lettere
Finanze
e paesaggio
Gent.mo Direttore,
in merito alla «lettera aperta
al Sindaco di Torre Pellice»
pubblicata su codesto settimanale in data 21.8.1992 mi permetta alcune brevi considerazioni.
Le strutture tensostatiche,
costruite nel 1990, coprono un
campo da tennis e quattro
campi da bocce. Furono realizzate per rispondere ad effettive esigenze dell’utenza (per
il tennis l’attività era limitata
al solo periodo estivo) e nello
spirito di incrementare la pratica delle discipline sportive;
a suo tempo l’amministrazione comunale si trovò di
fronte a tre questioni fondamentali strettamente legate fra
di loro: domanda sociale -disponibilità finanziaria per rispondere alla domanda - impatto ambientale dell’ intervento.
La scarsa disponibilità finanziaria obbligava la scelta
dell’amministrazione verso
strutture tensostatiche, pena la
non realizzazione delle opere.
I consiglieri comunali, unanimemente, ritennero giusto
l’intervento anche se, ovviamente, si creava un problema
di impatto ambientale non superabile. Ritengo valevole la
scelta operata allora: le strutture hanno funzionato a pieno
ritmo offrendo ai ragazzi, ai
giovani e ai meno giovani, valido impiego del loro tempo
libero.
Francamente non comprendo come il «villaggio dei Coppieri» sorga «sul tempio». E
non capisco come si possa affermare che l’insediamento
abitativo sia «spregio della
storia, dell’ambiente, della
sensibilità».
Il sindaco di Torre Pellice
Marco Armand Hugon
E Eco Delle Yallì ¥vldesi
Conclusa la sedicesima rassegna delTartigianato pinerolese Numerose iniziative a Pramollo
PAG III
Un marchio per Tartigianato
«doc» delle valli pinerolesi
Anche la sedicesima edizione della Mostra di artigianato di Pinerolo è passata
in archivio; decine di migliaia
di visitatori sono affluiti, negli
otto giorni di apertura, alla ricerca di un prodotto tipico,
tendenzialmente di “utile” visti i tempi, ma anche semplicemente per osservare.
La formula degli spettacoli
serali, gratuiti, rappresenta per
molti pinerolesi anche un’occasione di semplice uscita serale e di socializzazione; per
molti dei visitatori anche solo
la possibilità di vedere da vicino qualche papera sguazzante in uno stagno o due asini
chiusi in un piccolo serraglio.
Ma la questione di fondo rimane; anche se da più parti si
dice che l’artigianato potrebbe
rappresentare un’occasione
vera di lavoro, molta parte
della rassegna ha più che altro
r aspetto del puro commercio.
E’ di questo parere anche Ezio
Giai, da sempre ideatore e curatore della rassegna: «Non
sono certo molti gli artigiani
autentici, anche nella nostra
mostra; del resto noi dobbiamo poter ojfrire al visitatore
un’ampia gamma di scelte e
sarà lo stesso pubblico a saper scegliere. Resta in piedi il
discorso di un marchio di
qualità artigiana: è un discorso che avevo proposto già diversi anni or sono come etichetta di qualità; ora il CNA
l’ha ripreso e sembra interessato a definire almeno, entro
r anno , i metodi di assegnazione del marchio.
Io penso che un’apposita
commissione, composta da veri esperti, potrebbe valutare le
domande presentate dagli ar
Anche le chiese del II circuito sono presenti alla mostra di Pinerolo
tigiani a livello regionale, andando direttamente nelle
aziende per le verifiche prima
e soprattutto dopo V ottenimento del marchio.»
Tornando alla rassegna possiamo parlare di qualche prospettiva di soluzione per l’area
espositiva, oggi non certo
ideale nella collocazione della
caserma Fenulli i cui limiti sono noti ma che sono stati anche «esaltati» da due serate
ventose che hanno costretto
alla chiusura anticipata?
«Sono anni che si parla di
un’ipotesi di nuova area espositiva; ora si sente di progetti
per un megacentro fuori città,
verso la zona della SKF. Credo che per i prossimi dieci anni, ragionevolmente, non si
vedrà comunque nulla. Perciò
insisterei sulla necessità di
una risistemazione della Fenulli: i servizi igienici, le uscite di sicurezza, lo stesso servizio antincendio, le aree espositive dedicate al settore degli
CONSORZIO
PINEROLESE
ENERGIA
AMBIENTE
^VCEA
energia ambiente
map£R u/mieim
Ciao,
sonosob uno
pjccob goccia
d'ocqua. mo ci
sioiiìo già visti un
sacco voile!
io strada che
faccio ogni giorno
oer arrivare fino a
ie è un sen/izio del
CONSORZIO e
dell'ACEA!
Le mie radi
sono foiti, la mia
chiom,Q è bib e
tolta perché gii
operatori ecoloqid
db CONSOLO
e dell'ACEA, col
servizio di
raccolta e
^mmento
rifiuti, bsciano ¡1
mio ambiente
pulito!
Il CONSORZIO e
Iacea hanno
pensato anche o
me!
Con i! ser'vizio di
deourazione
deRe acque
pc)sso tornare a
kritare felice, e
coTitento
qua dei
li metano è
energia, pulito!
[g m!0 fiamma,è
allegra, ti riscalda
e non inquina.
Tanti vantaggi;
pensaci,
anche questo è
un servizio dei
CONSORZIO e
dei'/
alimentari debbono essere rivisti.»
Generalmente, a fianco di
manifestazioni analoghe, in
altre città vengono ospitate
grosse iniziative culturali o
musicali; a Pinerolo ogni sera
si esibisce un gruppo, generalmente non troppo noto, e a palazzo Vittone c’è una rappresentazione teatrale. Perchè
non pensare ad un grande concerto o ad uno spettacolo?
«Probabilmente ci sono difficoltà anche di tipo economico (ricordo che l’ingresso alla
mostra è sempre gratuito), ma
forse una tale ipotesi non è
neppure mai stata pensata. Io
penso che in qualche modo
sia la stessa rassegna, l’artigianato in sé, a fare spettacolo; un concerto o altro farebbero inevitabilmente calare,
in quella sera, il pubblico
all’expo mentre preferiamo
radunare intorno alla mostra
molte iniziative (visita alla
città, musei ecc) che consentano al visitatore un’ampia
scelta e, al limite, di passare
l’intera giornata nella nostra
città.»
E la gente ha risposto, la
folla c’è stata, gli espositori si
sono globalmente dichiarati
soddisfatti anche dal punto di
vista economico; ma intanto,
con l’aggiunta di questa nuova
esjperienza, si sta già progettando l’edizione n° XVII.
SAN SECONDO - Sabato
12 settembre, alle ore 21, in
piazza Tonello, si svolgerà
un’esibizione delle bande niusicali dei Comuni di Carmagnola, None, Piossasco.
CUMIANA - Domenica 13
settembre, alle ore 16, in piazza Martiri del III aprile, avrà
luogo un concerto delle bande
musicali dei Comuni di Pinerolo, Revello, Sangano.
LUSERNA SAN GIOVANNI- Sabato e domenica
si concluderà la seconda edizione di «Tacabanda»; nella
prima serata si esibiranno
i«“Perlinpinpin fole» (musica
di Gasconha) e nella seconda
gli Artesin (musica occitana).
TORRE PELLICE - Giovedì 17 settembre, alle ore 21,
nel tempio valdese, il Coro alpino Val Pellice ospita per un
concerto il Coro polifonico
della «Municipalidad de Rafaela» (Santa Fe, Argentina),
diretto dal prof. Luis Alberto
An.selmi, coadiuvato da Susana Bruno. Il repertorio comprende brani della polifonia
classica, del canto popolare,
della canzone latinoamericana
e del folclore argentino. Il
concerto sarà replicato venerdì 18 al teatro Edelweiss di
Pomaretto, e sabato 19 presso
la chiesa del S. Cuore a Lu.serna S. Giovanni, sempre alle
ore 21.
La lunga estate
della rinata Pro Loco
L’Associazione turistica
Pro Loco di Pramollo si è
ricostituita quest’anno con la
presidenza di Gino Long. E’
divisa in tre sezioni: Ruata,
Pomeano e Rue, ognuna delle
quali dispone di aree attrezzate per ballo, giochi di bocce,
calcio (a Ruata e Pomeano).
Le tre sezioni hanno organizzato in date diverse le tradizionali feste campestri, con
asado, balli e gare, mentre la
sezione di Rue ha proposto alcune gare di trial a livello regionale e nazionale e una gara
di mountain bike, mentre la
sezione di Ruata ha allestito
una serie di manifestazioni
che costituiscono ormai una
tradizione nell’agosto pramollino (fra cui il torneo di calcio
«delle borgate», con 7 squadre
di villeggianti, oriundi pramollini e residenti).
Dal 14 al 16 agosto si è tenuta una mostra-mercato di
prodotti gastronomici locali
con la partecipazione di casalinghe, apicoltori, agricoltori e
margari. Contemporaneamente si è tenuta una mostra fotografica di carattere storico intitolata Pramollo: passato
prossimo e passato remoto,
dedicata alla vita e alle attività
di Pramollo dall’inizio del secolo ai giorni nostri: la mostra
è stata un successo e molti visitatori hanno promesso di
fornire al museo (da cui provenivano molte foto) altro materiale fotografico di valore
storico di cui sono in possesso. Entrambe le mostre erano
patrocinate dalla Regione e
dall’Istituto bancario S. Paolo.
Il 15 agosto si è svolta la
corsa in montagna «Trofeo
comune di Pramollo», una
delle più vecchie alle valli.
Organizzata quest’anno a staffetta, ha visto la partecipazione di 24 squadre, di valore
agonistico sempre buono.
Altre manifestazioni alla
Ruata sono state una serata di
canti con il gruppo «Tre G più
uno», un pomeriggio per bambini con giochi e merenda, gare di bocce. Ha chiuso l’attività un incontro di calcio con
la squadra torinese del Bacigalupo in ritiro al ristorante
Gran Truc.
Tutte queste attività, promosse allo scopo di attirare i
turisti, far conoscere il proprio
paese, divertire residenti e villeggianti, comportano un mese di lavoro intenso da parte
degli organizzatori che per la
verità sono stati affiancati da
molti volontari, anche giovani. Tuttavia si auspica che in
futuro altre persone siano disponibili a svolgere qualche
compito all’interno della Pro
Loco, perché se si è in tanti il
lavoro diventa meno pesante e
può essere fonte di divertimento e incontro.
Un ultimo appello: agli
utenti degli impianti e a tutti
coloro che assistono alle manifestazioni si chiede di dimostrare un minimo di rispetto
per il lavoro svolto gratuitamente dai volontari lasciando
le aree attrezzate libere dai rifiuti e avendo cura delle attrezzature.
TORRE PELLICE - La cooperativa Tarta volante organizza
un corso di base di shiatsu, a partire da mercoledì 30 settembre, presso i locali della Comunità alloggio di via Angrogna;
sono previste in tutto 36 ore di attività. Il corso sarà tenuto
da Miriam Durand, terapista shiatsu docente abilitata Aiki
shiatsu.
Per informazioni ed iscrizioni rivolgersi alla videoteca «Metropolis» a Lusema S. Giovanni (tei. 90.92.53); le iscrizioni
sono aperte fino al 26 settembre. Il costo è di 325.(KK) lire.
RADIO BECKWITH - (fm 91.200 e 102.350), a partire dal 16
settembre proporrà un ciclo di trasmissioni bibliche
sull’Apocalisse, condotto dal past. Marchetti, dal titolo «Rivelazione»; la messa in onda è prevista per le 9.30 del mercoledì e le 18.45 del giovedì.
Da giovedì 10, ore 17.30, riprende anche la rubrica «Protestanti perché», domande su fede, storia e Bibbia con risposte
in diretta di alcuni pastori; il programma viene replicato al
sabato alle ore 11.30.
TORINO - Dal 10 settembre al 4 ottobre, presso la sala esposizioni del palazzo IRV in corso Unione Sovietica 220, sarà
aperta al pubblico una mostra di giovani artisti sassaresi;
orario di apertura 10.30 - 19.30. Lunedì chiuso.
Analogamente, a Sassari, dal 12 settembre al 6 ottobre sarà
allestita una mostra di giovani artisti torinesi.
TORRE PELLICE - Venerdì 11 settembre, alle ore 17, presso
la sede di via Repubblica 3, secondo piano, avrà luogo la
consueta riunione quindicinale del gruppo Itatia 90 vai Pellice di Amnesty International.
TORRE PELLICE - Anche quest’anno la Cooperativa operaia
di consumo organizza la «festa del ritorno a scuola» con distribuzione di materiale didattico ai figli dei soci e proiezione di un film al cinema Trento; l’appuntamento è per mercoledì 16 settembre alle ore 20.30.
PORTE - Dal 12 al 14 settembre si svolgeranno tre giorni di
festa organizzati dal Gruppo sportivo. In programma, sabato, alle ore 14, «kermesse ciclistica» in mountain bike e, alle
ore 21, inaugurazione della mostra mercato «11 raccolto»
che avrà come ospite il distretto francese di Chautagne.
Sempre alle 21 inaugurazione della mostra fotografica «Porte e dintorni».
Domenica, ore 10, esposizione di auto d’epoca; alle 14.30,
dimostrazione di trebbiatura e voli panoramici in elicottero .
In ogni serata si esibiranno gruppi musicali con possibilità
di ballo e nelle giornate funzionerà un servizio ristorante alla festa.
TORRE PELLICE - Giovedì 17 settembre, alle ore 15, nell’
Aula sinodale, si terrà la cerimonia di inaugurazione
dell’anno scolastico 1992-’93 del Collegio valdese, con la
prolusione del prof. Guido Badino, titolare di scienze
dell’ecologia all’Università di Torino, che parlerà sul tema:
«L’uomo e l’ambiente».
16
PAG. IV
TORRE PELLICE - Il cinema Trento ha in programma, sabato 12, ore 20 e 22.10,
«Orchidea selvaggia»; domenica 13, ore 20 e 22.10 e lunedì 14, ore 21.15,
«Lionheart: scommessa vincente».
PINEROLO - Il cinema
Hollywood propone, da venerdì 11 a mercoledì 16,
«Batman, il ritorno»; orario
feriale: 19.45, 22.30; festivi:
15.15, 17.30, 19.45,22.30.
Al cinema Ritz è in programma, da giovedì 10 a mercoledì 16, «Fratelli e
sorelle»; orario feriale: 20.15,
22.15; festivi: 16, 18.15,
20.15.22.15.
E Eco Delle Yalu ¥vldisi
Appello del Comitato di salvaguardia del Parco del Gran Paradiso
Difendiamo il parco nazionale
più importante d^Europa
I
VENERDÌ 11 SETTEMBRE 1992
1 Parco nazionale del Gran
Paradiso, nato all’inizio del
XX secolo su un territorio che
fin dal 1823 vide, grazie alle
Regie Patenti, una specifica
protezione della fauna selvatica ed in particolare dello
stambecco, rischia pesanti
conseguenze in seguito all’attuazione integrale delle norme
introdotte con la legge quadro
sui parchi del dicembre scorso. Il comitato per la salva
Chiuso il palaghiaccio di Torre Pellice
L'hockey ghiaccio
costretto a emigrare
Con r inizio di settembre
sono ripresi i lavori per la copertura del palaghiaccio di
Torre Pellice, iniziati a giugno
e poi sospesi. Sono in corso
lavori di basamento in cemento sui quali la ditta Holzbau di
Bressanone collocherà la copertura in legno lamellare.
I tempi, che si sono di molto dilatati rispetto alle previsioni, renderanno assai difficile una regolare stagione di
pattinaggio; al momento nessuno si illude di avere il
ghiaccio prima dell’ anno
nuovo ma c’è il rischio concreto di saltare tutta la stagione.
In queste condizioni la
squadra di hockey su ghiaccio
di Torre Pellice non ha ancora
potuto iscriversi al campionato di B2 e «sta valutando - ci
ha detto il presidente, avv.
Cotta Morandini - la possibilità di trasferire l’attività a Torino o a Susa dove è stato costruito un palazzetto che non è
ancora stato utilizzato».
BS9
Lo prevede una legge dello stato
Una pianta per ogni
bambino che nasce
Un albero per ogni neonato:
considerato che ogni anno nascono in Italia circa 500.000
bambini, da quest’anno avremo mezzo milione di alberi in
più. Lo stabilisce una legge
varata dal Parlamento nel
gennaio scorso, che alla fine
di luglio la conferenza StatoRegioni ha provveduto ad attuare.
Alle Regioni andranno così
cinque miliardi di lire, stanziate dal governo e ripartite in
base ai dati forniti dall’Istat
sulla media delle nascite nelle
diverse aree geograficbe della
penisola.
L’Eco Dfxlf, Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Re.sp. Franco Giampiccoli
.Stampa:
La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.
Gr2A/70
«La Lombardia - ha spiegato in un comunicato il ministro per gli Affari regionali,
Raffaele Costa, si trova al primo posto per il numero delle
nascite con 75.000 nuovi nati
in media ogni anno, e per questa ragione percepirà 703 milioni da destinarsi all’acquisto
e alla messa a dimora delle
piante».
«La regione italiana in cui
nascono meno bambini - ha
ricordato il ministro Costa - è
invece la Valle d’Aosta che,
contando appena 934 nascite
in media ogni anno, percepirà
10 milioni di lire».
«Le Regioni - prosegue il
comunicato - in base alla legge n. 113 del 29 gennaio scorso forniranno le piante ai Comuni e questi ultimi saranno
tenuti a piantarle sul proprio
territorio entro 12 giorni dalla
registrazione anagrafica di
ogni neonato residente».
Una corretta gestione di
questa legge dovrebbe peraltro prevedere in alternativa
fondi per la gestione del patrimonio boschivo montano.
guardia del parco arriva a paventare la «cancellazione di
fatto di quello che è stato finora il parco nazionale più importante d’Europa».
Che cosa rischia, in concreto, il parco da cui, ad esempio,
sono arrivati anche gli esemplari di stambecco introdotti
in alta vai Pellice o in vai
Troncea? Secondo il comitato
di salvaguardia «lo stravolgimento ipotizzato dalla leggequadro (nomina dei presidente e direttore da parte del ministero vigilante, servizio di
sorveglianza effettuato dalle
guardie forestali, spostamento
delle sedi) annullerebbe di
fatto questo faticoso iter degli
ultimi 45 anni che hanno collocato il parco del Gran Paradiso al vertice in Europa
come modello e organizzazione».
La più seria preoccupazione
riguarda le sorti e lo stato giuridico futuro del personale di
sorveglianza. La guardia infatti deve saper prendere in considerazione tutti i valori ambientali presenti nel parco (da
quelli faunistici a quelli paesaggistici, estetici, naturalistici, geologici).
L’attuale situazione di ricchezza del parco è derivata
certamente dal fatto che tutto
il personale si è sentito in questi anni protagonista di una
grossa avventura ed ha per
messo di mantenere in vita
una cultura di montagna che
sta scomparendo. Il parco sta
mantenendo un tessuto sociale
di montanari che hanno diversificato la propria attività ma
che vivono in montagna con
la propria famiglia e i propri
figli e che, unitamente al servizio, contribuiscono a frenare
lo spopolamento della montagna.
«Non si può accettare - conclude l’appello reso pubblico
dal comitato per la salvaguardia del parco del Gran Paradiso - il danno storico irreparabile causato dalla perdita
dell’esperienza e cultura derivanti da decenni di attività sul
territorio, tramandate di generazione in generazione (oggi se ne contano cinque) legate alla montagna ed alle sue
caratteristiche».
Il comitato intende, oltre ad
evidenziare i rischi concreti
che la vita del parco corre,
muoversi sul piano politico
verso le due Regioni interessate (Piemonte e Valle d’Aosta) nonché presso il ministero
dell’Ambiente affinchè il Parco possa aver voce nell’elaborazione del provvedimento di
adeguamento della disciplina
dell’ente ai principi sanciti
dalla legge quadro e chiedono
a singoli e associazioni lettere
di appoggio e solidarietà nella
loro battaglia.
Lo sta costruendo il Comune di Rinasca
Un centro polivalente
per lo sport di valle
Una nuova e singolare costruzione sta sorgendo a
Pinasca in località Dubbione,
nel prato accanto alla strada
statale.
Si tratta di una struttura in
legno lamellare destinata ad
accogliere una palestra polivalente di circa 400 metri quadri. Altri vani in muratura,
nello stesso complesso, sono
destinati ad accogliere un bar,
una sala di ritrovo per anziani
ed i locali di servizio; fra quesi ultimi è previsto anche un
piccolo alloggio per un custode.
Il costo base preventivato
per le opere murarie è di 955
milioni di cui 805 coperti con
mutuo contratto con il Credito
sportivo, mentre la rimanente
parte e le attrezzature in dota
Centro culturale valdese: presentata la biografia
Mario Rollier: valdese federalista
protagonista della storia italiana
_______DANIELLE JOUVENAL
«Mario Alberto Rollier: un
valdese federalista» è il titolo
del libro di Cinzia Rognoni
Vercelli (ed. Jaca Book) che è
stato presentato a Torre Pellice il 28 agosto.
L’autrice ha raccontato del
suo primo incontro con Rollier, avvenuto nel 1983 in occasione del quarantennale della nascita del movimento federalista; tale incontro suscitò
in lei la curiosità di approfondire la conoscenza del personaggio nelle cui case di Milano e Torre Pellice erano accaduti avvenimenti così rilevanti.
Iniziò dunque una ricerca
nel notevole archivio di Rollier, che non fu interrotta dalla
sua scomparsa, avvenuta pochi mesi dopo, ma proseguì
con la guida e l’aiuto della
moglie, Rita Isenburg.
Alla serata era presente anche il prof. Malocchi, direttore
della collana: il suo intervento
è stato focalizzato sul movimento federalista e sulla sua
attualità.
Gli interventi dei numerosi
presenti, che ben avevano conosciuto Rollier, hanno rilevato come il suo impegno politico non possa dirsi terminato
nel 1945, come sembrerebbe
emergere dal libro di Rognoni
Vercelli (per la verità deliberatamente fermo a quella data), anche se ha assunto forme
diverse dall’ attività precedente: il mutamento fu forse proprio dovuto al veder infrangersi il sogno di creare gli Stati Uniti d’Europa come punto
di partenza della ricostruzione
postbellica.
A giudizio di Alberto Ga
bella, intervenuto nel dibattito, questo sogno di Rollier e
di alcuni altri fu un vero errore di valutazione politica.
Giorgio Rochat ha rilevato
come non sia stato particolarmente evidenziato il ruolo di
Rollier nella lotta partigiana,
non tanto come combattente
quanto proprio come politico:
fu, per esempio, uno dei commissari straordinari della Milano liberata.
Non poteva mancare, ed è
stato fatto nel dibattito, un
cenno all’ attività di Rollier
nella Chiesa valdese: tra l’altro, fu il primo presidente laico di un Sinodo, come ha ricordato Giorgio Bouchard.
Giorgio Peyrot, rispondendo
ad una domanda di Aldo
Comba, ha notato come un
jjersonaggio come Rollier, per
il fatto di avere un nome «poco italiano», fosse facilmente
interrogato sulle sue origini:
questo era lo spunto per iniziare una testimonianza, e
questo faceva spesso Rollier.
L’incontro con l’autrice ha
assunto un po’ l’aspetto di una
commemorazione: ciò era inevitabile, considerato il luogo,
la data «sinodale», i partecipanti alla serata, molti dei
quali .sono intervenuti con ricordi personali.
Era giusto ricordare Mario
Rollier a chi non lo aveva conosciuto, anche se è mancata
una considerazione forse necessaria: Rollier non è stato
solo legato ad un periodo, ad
una linea politica ed ecclesiastica, come oggi ricorda chi si
schierò con lui o contro di lui
in certe battaglie, a volte anche laceranti.
Rollier ha qualcosa da lasciare anche alla generazione
dei suoi nipoti, a chi non ha
condiviso con lui momenti significativi.
Rollier discuteva, con pari
competenza e passione, e
sempre con rispetto per 1’ interlocutore, di un reattore nucleare (la sua professione) come di un problema di ecclesiologia.
E’ stato un significativo
esempio di laico impegnato,
una persona che vive intensamente il proprio lavoro professionale, considerandolo un
luogo in cui si può rendere
una testimonianza e rispondere ad una vocazione.
zione alla palestra saranno invece direttamente a carico del
bilancio comunale.
«Si tratta di un progetto impostato una decina di anni or
sono - dice il sindaco di Pinasca, Riccardo Richiardone ma che, per varie ragioni procedurali, fra cui la lunga pratica di acquisizione del terreno, ha subito dei rallentamenti e solo ora ha potuto arrivare alla fase attuativa.
Nell’ ipotesi iniziale si pensava ad un utilizzo prevalentemente sovracomunale della
struttura, anche in relazione
alla posizione centrale di Pinasca nella geografia della
bassa vai Chisone. Con il passare del tempo è in parte caduta questa opzione e, pur
non escludendo la possibilità
di accordi con altri enti locali
o associazioni per un affitto
dei locali, sono ora i cittadini
di Pinasca, ed in particolar
modo i giovani e gli anziani, i
soggetti a cui soprattutto si
rivolgono le opere in costruzione . Soggetti a cui l amministrazione comunale ritiene
di dover dedicare una particolare attenzione al fine di favorirne r incontro e lo svolgimento di attività formative».
In futuro l’amministrazione
comunale prevede anche di
associare a questo palazzetto
dello sport un campo da calcio
e dei campi da bocce per creare un complesso sportivo e di
ritrovo estremamente interessante. «L’ ideale completamento del tutto - conclude il
sindaco -sarebbe infine un
sottopassaggio di collegamento con l’abitato per ovviare ai
problemi di attraversamento
delle strada statale».
L’ultimazione dei lavori è
programmata per la tarda primavera del 1993, ed entro la
fine dello stesso anno dovrebbero essere in funzione le
strutture essenziali.
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