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Anno 113 - N. 31-32
5 agosto 1977 - L. 200
Soedizione m abbonamento postale
I Gruppo /7C
biblioteca VaLds'<?i?
»0066
deUe valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Ci'
Ascoltare la Parola
L’ascolto della Parola significa prima di tutto non voler aver ragione
noi, ma che Dio abbia ragione su di noi
Che cosa vuol dire « confrontarci con la Parola »? Vuol dire
semplicemente ascoltarla per
averne la direttiva di marcia e
la ragion d’essere di ogni nostra
azione. Questo ascolto richiede
innanzitutto non ascoltare le sollecitazioni dei nostri pensieri che
son diversi da quelli del Signore
(Is. 55: 8). Se di fronte alla Bibbia, o in un dibattito, o nei fatti
della giornata, si rimane nei nostri pensieri ed in essi ci si àncora_ dove va l’ascolto della Parola? Anzi se guardiamo da vicino le cose, possiamo constatare
che, ben spesso, nello stesso confronto con gli altri ciascuno conserva la sua posizione iniziale,
senza che le argomentazioni altrui scalfiscano i propri pensieri. Mentre, nelle stesse relazioni umane, la ricerca è vera solo quando non si sa « a priori »
dove si andrà a finire potendo
cambiare, nel corso della discussione, più volte di vedute. Ma
tanto più questo deve accadere
quando il confronto non è con
le parole umane, ma con la Parola. Del resto la stessa preghiera « la Tua volontà sia fatta » è
l’opposto dell’affermazione della
mia volontà e di quel che io penso esser la volontà di Oio. È proprio caratteristica degli increduli affermare « se Dio ci fosse,
certe cose non dovrebbero accadere ». L’ascolto della Parola significa prima di tutto non voler
aver ragione noi, ma che Dio abbia ragione su di noi. Questo può
avvenire solo nella fiducia profonda che Egli, il Vivente e Signore, agisce nella storia e che
può far di noi strumenti per la
sua opera di redenzione del mondo. Gli strateghi non siamo noi
ma Lui ed a noi non sono affidate neppure le decisioni tattiche
perche anche queste dipendono
dalla Sua strategia. L’ascolto della Parola, poi, non può essere il
trasferimento atemporale nella
vita di quel che noi leggiamo nella Bibbia, né la fedeltà ad una
dottrina che altri fratelli prima
di noi hanno formulata. Questa
dottrina è necessario conoscerla,
ma non è essa determinante
per l'ascolto. Anzi paradossalmente potremmo dire che quel
che ieri era per noi il « nuovo di
Cristo » oggi non lo è più. Non
possiamo vivere di rendita, ma
di tensione continua come chi
non vuol perdere quel che oggi
il Signore, passandogli accanto,
gli dice. La Sua Parola è sempre
nuova e risuona sempre nuova
nel nostro tempo, giorno per
giorno. È come la manna del deserto che non poteva esser conservata per l’indomani, ma doveva esser colta ogni mattina. Tutto ciò, umanamente, non è facile
perché siamo cosi facilmente
portati alla distrazione, alla introspezione, alla sicurezza delle
nostre riflessioni. L’ascolto rimane comunque sempre, anche se
non ce lo spieghiamo, un dono
dello Spirito, che soffia dove e
quando vuole senza che noi possiamo aver la virtù di possederlo. Infatti la Parola scritta diviene vivente ed operante solo per
l’azione dello Spirito. È questo
che deve esser cercato ed invocato. Se ci è dato ecco che le cose
vecchie divengono nuove, senza
che noi abbiamo preoccupazione
di metodi o di strutture.
La chiesa, infatti, vive sempre
nella costante dialettica fra istituzione ed evento. L’evento, cioè
la spinta dello Spirito, si incarna
nella istituzione per renderla
sempre nuova. Senza questo
evento l’istituzione è morta ed è
inevitabilmente tesa a conser
varsi, cioè, ad un certo momento divenire fine a se stessa. D’altra parte l’evento senza istituzione ci porta al rischio opposto,
quello di una mistica astratta, sia
pur essa mimetizzata con le idee
d’oggi, che è altrettanto introversa quanto la peggiore delle istituzioni. È un andare qua e là come chi non ha radice ed è piuttosto simile alla foglia distaccata dall’albero che non ha più la
funzione vitale di assorbire l’ossigeno che dà vita alla pianta.
Andiamo oltre. La Parola quando è ricevuta incide nei fatti
concreti, mi pare almeno, poiché
essa diviene carne, cioè vita. Non
rimane mai dottrina né astrazione. La sua funzione è di incidere
nella vita. Qocorre, dunque, nell’ascolto tener conto dei fatti,
della storia che viviamo e cogliere ciò che Essa, la Parola, ci dice in queste precise circostanze.
La Parola, però, non è determinata dai fatti. Incide in essi e li
muta, non si assuefà, né si mimetizza. È Teterno imprevisto:
« Le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite
e che non son salite in cuor d’uomo, son quelle che Dio ha prepaparate per coloro che l’amano »
(1 Cor. 2: 9). L’imprevisto (ciò
che non è più frutto della nostra
riflessione ma frutto di obbedienza alla Parola ascoltata) è il
nuovo! È inutile rompersi il capo
a cercare il « nuovo » — questo
può esser solo un intrinseco e
non sempre onesto desiderio di
« épater les bourgeois » (far colpo sul grosso pubblico) con le
nostre trovate — esso può esserci dato nell’obbediente e serena
fiducia nelle sollecitazioni di Colui che vuol fare di noi strumenti della Sua azione. Tuttavia siccome la nostra « umanità » sfugge all’ascolto, nella distrazione o
nella introversione, siamo sempre esposti al pericolo di essere
condizionati dalla « mentalità del
secolo » supponendo che l’adattarsi ad essa renda più facile e
possibile l’incisione della Parola
nella storia. Personalmente mi
pare — anche se non ne son sicuro — che se Cristo è stato il
vero Contestatore, in duemila anni di storia della Chiesa, i suoi
discepoli lo sono stati nella misura in cui hanno vissuto questa contestazione critica nei confronti delle varie, e spesso opposte, correnti di pensiero e di
lotta, non per senso di superio rità — sarebbe proprio l’opposto
dell’ascolto — ma per la impossibilità di mettere il vino nuovo
in otri vecchi; e vecchi poason
essere anche quelli verniciati“ a
nuovo. Sì, il nuovo non è dato
dalle sollecitazioni storico-ambientali ma dalla incisione della
Parola ndla storia. ® ^ifèsta Parola non è inseribile o racchiudibile in alcuna ideologia o schema fatto da noi. Ascoltare la Parola è esser aperti al nuovo di
TuUio Vinay
(continua a pag. 2)
Sometan.
L'assemblea
riunita
nel culto.
C. Ev. A. A.
appello alle chiese
Servizio di F. Davite a pag. 3
I delegati delle chiese della
CEvAA, riuniti per la sessione annuale del loro Consiglio a Sornetan (Svizzera) hanno preso conoscenza dell’evoluzione drammatica della situazione in Sud Africa.
Esprimono la loro angoscia nel
constatare che l’ingiustizia, la discriminazione ed il disprezzo si
impongono sentpre di più in seno ad un popolo che si professa
cristiano.
Invitano le chiese membro alla
intercessione in favore di coloro
che testimoniano la loro fede nel' la sofferenza e si sentono solidali
con quanti sono umiliati e fru
strati nei loro diritti più elementari.
Propongono alle chiese membro della CEvAA di invitare, presentandosene l’occasione, cristiani
che conoscono direttamente la situazione della discriminazione
razziale per essere informati in
modo diretto della situazione.
Chiedono alle chiese membro di
fare il possibile per intervenire
presso quanti detengono il potere
politico ed economico nei rispettivi Paesi in vista di uno sforzo di
giustizia e di pace fra le diverse
razze.
Sornetan, 9 luglio 1977
A due anni da un’unica assemblea sinodale
Perchè un Sinodo possa lavorare
Un problema che non ha sinora trovato alternative
Fra 15 giorni si aprirà l’annuale sessione sinodale della
chiesa valdese in Italia, contemporaneamente ai lavori della
Conferenza metodista. Come
negli anni passati vi saranno
delle sedute congiunte, le penultime, secondo i tempi stabiliti dal patto di integrazione valdo-metodista che prevede una
unica assemblea sinodale nel
1979.
Al centro delle sedute comuni il problema dei rapporti chiesa-stato in seguito al processo
di revisione del Concordato promosso dal governo Andreotti e
l’attuazione delle intese con lo
stato (art. 8 della Costituzione).
Una situazione politica in forte
evoluzione (tra l’altro gli annunciati decentramenti previsti
dalla 382 col passaggio di alcuni poteri alle regioni), comunque la si valuti, impone alle
chiese una capacità di aggiornamento rispetto ai problemi
che si pongono al paese; non
solo per combattere la marginalizzazione della presenza protestante nella società italiana
ma per attuare nel concreto della vita e dell’organizzazione della chiesa l’impegno di riforma
che è qualcosa di più e di diverso di un semplice risveglio.
Un primo problema di ordine strutturale, organizzativo,
sul quale sinodo e conferenza
dovrebbero fermare, a mio avviso, la loro attenzione, è il significato e l’incidenza di un’assemblea sinodale a scadenza annuale.
L’esperienza dimostra che un
solo anno ecclesiastico (ottobre
maggio) non è sufficiente per
provare concretamente le indicazioni votate da un’assemblea
sinodale annuale. Ci si ritrova
così, puntualmente ad un confronto di posizioni e di problemi che non hanno a'vuto un
tempo ragionevole di decantazione o di sperimentazione per
essere rivisti, modificati, sostenuti.
Se l’appuntamento sinodale è
da considerarsi innanzitutto come momento di verifica del
cammino della chiesa, quindi
essenzialmente decisionale, certo in cui resti aperto il confronto-scontro delle diverse posizioni (ma su problemi concreti e individuati), occorrerà
stabilire un rapporto nuovo tra
le Conferenze distrettuali ed il
Sinodo. Non è sicuramente la
voglia di copiare ciò che sta per
accadere nel paese tra governo
centrale e regioni che mi ispira; vi sono, nell’ambito dell’ecumene cristiana, dei modelli di
gran lunga più democratici e di
lunga sperimentazione di fronte ai quali queste giuste ma ritardatarie misure governative
sono veramente poca cosa. Basti pensare alla chiesa riformata di Francia di cui più volte si
è scritto su queste colonne.
Non si tratta dunque di « andare al passo » con quanto avviene nel paese, ma di chiederci se l’attuale struttura sinodale permette la ricerca ed il confronto delle decisioni operative
che devono essere indicate alle
comunità.
Se il Sinodo ha più volte « saltato », e non per cattiva volon
tà ma per una congiimtura
strutturale che non permette alternativa, grossi problemi che
meritavano discussione aperta,
non è produttivo continuare su
questa strada. Ma quale alternativa per superare questa paralisi in aumento?
Nel resoconto della Conferenza del primo distretto Giorgio
Tourn scriveva (Eco-Luce, 10
giugno): «questa non è più una
Conferenza distrettuale, è un
Sinodo regionale». Il che è vero, e non solo per il primo distretto. Ma è sufficiente preparare meglio le Conferenze per
superare Tempasse in cui ci troviamo ormai da alcuni anni? Il
disorientamento che riscontriamo in molti fratelli delegati a
Conferenze e Sinodi è veramente superabile senza modificare
il rapporto di competenze attualmente in vigore tra Conferenze e Sinodo? Se è vero che
le Conferenze sono, di fatto, dei
Sinodi regionali, perché non riconoscerle come tali? Non si
tratta semplicemente di alleggerire il Sinodo da problemi che
trovano il loro giusto posto decisionale nelle conferenze regionali: si tratta di corresponsabilizzare le comunità locali del
distretto in un momento in cui
le comunità valdesi stanno superando il rodaggio dei circuiti
e quelle metodiste si sono inserite nelle Conferenze distrettuali.
In questa prospettiva si può
anche sostenere che un Sinodo
annuale è un « lusso » a cui si
può rinunciare. E non mi pare
che ciò significhi autoprivazione
di uno strumento di servizio ma
rendere più razionale (e meno
costoso) con beneficio di tutta
la chiesa, uno strumento che dà
segni di soffocamento.
Se è così, e la sessione che
si aprirà tra breve sarà un altro banco di prova, non si potrà più raccogliere questa proposta di modifica strutturale
come una possibilità fra le tante, che la commissione-proposte del Sinodo inserisce nel suo
elenco, destinata a cadere nella
indifferenza generale.
E. Gente
SOMMARIO
Conferenza Metodista e Sinodo
Valdese
Programmi p. 2
Sul disarmo,
di Paolo Ricca p. 2
I Valdesi e il potere,
di Giorgio Peyrot p. 4
Intervista
al Moderatore p. 5
Cronaca delle valli p. 6-7
Il prossimo numero uscirà con la data del 26
agosto.
2
5 agosto 1977
FORANO
Come è noto le Comunità di
Forano e di Terni sono condotte dal pastore D. Cappella, per
cui domenica 26 giugno si è pensato in pieno accordo di tenere un unico Bazar a Forano, dei
lavori preparati dalle rispettive
signore del cucito durante l’inverno. Con l’occasione un buon
numero di fratelli di Terni sono convenuti fin dal mattino a
Forano. Dopo il culto i convenuti hanno consumato la colazione al sacco e dopo un breve
riposo, nel pomeriggio c’è stata
1 esposizione dei vari lavori, nel
salone delle attività. La vendita
è stata ottima e largamente remimerativa con piena soddisfazione delle signore interessate
che hanno visto apprezzati i loro lavori specie quelli all’uncinetto. Sono stati offerti dolci
casarecci, bibite e bevande varie. Fino al tardo pomeriggio i
convenuti hanno fraternamente
simpatizzato e, poiché la giorriata è stata favorevole per tutti, anche i bambini hanno goduto giocando sull’erba del prato
che circonda la chiesa.
Speriamo anche in avvenire
di poter continuare questo simpatico esperimento.
BORDIGHERA
Domenica 24 luglio u. s. un
bel colpo d’occhio, veramente
insolito, offriva l’interno del
tempio di Bordighera all’ora
■ del culto. Vi erano convenuti
oltre a membri di chiesa, i bambini della Colonia estiva e i giovanetti del Campo Cadetti ospiti della Casa valdese di Vallecrosia, accompagnati dai loro
monitori e monitrici. Insolito
anche perché il culto è stato tenuto dai più grandicelli fra di
loro in ordinata successione di
canti d’insieme o di gruppo accompagnati da strumenti musi
PROTESTANTESIMO
Domenica 7 - ore 22.45
Presentazione filmata di
tre centri di studio e vacanza del Lazio: Il «Villaggio
della Gioventù » di S. Severa,
Il « Centro Evangelico Battista» di Rocca di Papa ed
«Ecumene» - Velletri.
Fondo
di solidarietà
Come preannunciato in occasione del precedente elenco, abbiamo nel frattempo potuto inviare le seguenti somme: due
milioni alla Federazione Chiese
evangeliche a favore dei terremotati in Romania ed un milione e mezzo alla ¡Commissione
distrettuaie delle Valli valdesi
per gli alluvionati.
Ci stanno pervenendo ulteriori offerte per le suddette due
iniziative e di conseguenza continuiamo la raccolta di fondi.
Ricordiamo inoltre che sono
pure sempre aperte le sottoscrizioni per il Friuli (dato che anche a questo riguardo pervengono ancora offerte) nonché quella
per sostenere il Programma di
lotta al razzismo a cura del Consiglio ecumenico delle Chiese.
Diamo qui appresso la situazione aggiornata mentre ricordiamo che le offerte possono
essere inviate a Roberto Peyrot,
corso Moncalieri, 70 Torino, sul
conto corr. postale n. 2/39878.
I Pons 30.000; N.N., Torre P. 10
mila; Chiesa valdese Palermo (due
vers.) 51.000; A. e F. Comba 30.000;
Chiesa valdese Genova 681.000; Scuola dom. Angrogna cap. 2150; J.A. Bounous 21.900; N.N. con simpatia 15
mila; G. Conti 10.000; D. Di Toro
50.000; N.N. 7.000; C.I. e C. Frache
10.000; Comunità valdo metodista di
« La Noce » 66.000; Attività femminili Chiesa metodista Udine 700.000G. Grillo 5.000.
Totale L. 1.689.050; prec. 3.447.354
= L. 5.136.404 — L. 3.500.000 per Romania e Valli; in cassa L. 1.636.404.
cali, di preghiere e di letture bibliche appropriate all’argomento^ scelto per la meditazione:
« l’amore ». L’amore di Dio per
noi, l’amore nostro per Dio manifestato concretamente nell’amore per il nostro prossimo.
Quando alla fine del culto ci
si è scambiati i saluti, la gioia
era visibile su tutti i volti perché tutti avevano sperimentato
quanto ripetutamente la Sacra
Scrittura afferma : « che anche
dalla bocca dei fanciulli Dio
trae la sua lode » !
• Con la fine di luglio la Colonia balneare e il Campo cadetti tenuti alla Casa valdese di
Vallecrosia hanno avuto felicemente termine. Il tempo, la salute dei bambini, le ore di svago sulla spiaggia o nell’ampio
giardino, i momenti di culto e
di meditazione, la preparazione
del giornale murale illustrato, i
canti hanno ben riempito questo periodo di vacanza e, come
già in passato, immaginiamo
con profitto per tutti, grazie anche all’impegno dei Dirigenti
della Colonia e del Campo cadetti, prof. Franco Taglierò di
Torre Pellice e sig.na Liliana
Sappè di San Germano Chisone, ed a quello della Direzione
della Casa Valdese con il suo
personale.
Dire loro grazie è poco, ma
sentiamo di doverlo dire ugualmente.
• A quanti può interessare diciamo che il nuovo numero di
telefono della Casa Valdese di
Vallecrosia è il seguente: (0184)
26.12.83; quello del pastore Mathieu: (0184) 26.42.95.
3 candidati al ministero
Diamo qui di seguito una breve presentazione dei candidati al ministero pastorale che sosterranno il loro esame
di fede sabato 20 agosto nell’aula sinodale. Purtroppo non
ci è pervenuto il curriculum vitae della Sig.ra Sitta Campi,
che ha svolto il suo anno di prova a Ginevra presso la comunità di lingua italiana. Daremo maggiori notizie nel resoconto dell’esame di fede dei tre candidati.
Sono nata a Trieste, il 1/6/
1930, terzogenita di una numerosa famiglia (10 figli).
Ho frequentato il liceo classico a Udine e ho iniziato gli studi di Lettere all’Università di
Trieste.
Nel 1950, anno in cui anche in
Italia le donne venivano ammesse allo studio della teologia, mi
sono iscritta alla Facoltà Valdese di Roma, ed ivi ho compiuto regolarmente gli studi
conseguendo la Licenza teologica nel 1954.
Ho fatto il mio anno di prova
a Roma, lavorando con il pastore M. Moreschini nella comunità di via IV Novembre.
Il pastorato non era ancora
concesso alle donne, perciò dal
1955 al 1957 ho lavorato come
« assistente di Chiesa » nella comunità di Torino, Corso Vittorio.
Nel 1957 ho sposato il dott.
Enrico Pascal, e ho dovuto abbandonare il lavoro di «assistente di Chiesa » perché allora non
erano ammesse le donne sposate.
Ho due figli, Giovanni di 18
anni, Elisabetta di 14.
Ho ripreso quest’anno il lavoro nella Chiesa, come candidata
al ministero, nella comunità di
Torino, Corso Vittorio, e per
« La Luce ».
Thomas Noffke, nato a Appleton, Wisconsin (U.S.A.) il 29
marzo 1943.
Sono laureato in matematica
(Università di Wisconsin, 1970)
e insegnai matematica nella
scuola media dal 1970 al 1971 nel
Wisconsin.
Ho fatto il militare nell’esercito degli Stati Uniti dal 1966
al 1969 con tre anni di servizio a
Campo Darby (fra Pisa e Livorno) dove ho conosciuto mia
moglie Lidia Ribet, che sposai
nel 1968. Abbiamo quattro figli,
Eric, Daniele, Marco e Matteo.
Dopo il servizio militare siamo andati negli Stati Uniti e
siamo ritornati in Italia nel ’71.
Nell’autunno del 1971 mi sono
iscritto alla Facoltà Valdese di
Teologia, che ho frequentato
per quattro anni. Durante i miei
studi teologici ho lavorato anche nella segreteria della Tavola Valdese.
Dall’ottobre 1975 sono a Livorno come coadiutore del past.
Alberto Ribet e come vice direttore della Casa Valdese per ferie di Rio Marina.
Spero come pastore di servire
la Chiesa Valdese che in questi
anni ho potuto conoscere ed
amare, e poter partecipare in
modo sempre più profondo ai
suoi problemi e alle sue speranze.
L'importanza della poesia
Leggendo il libro di Ernesto
Naso, « Il Grido degli oppressi »,
di cui la Luce ha pubblicato una
mia recensione dell’S luglio u.s.
m’è venuto di pensare quale importanza e funzione possa avere,
in questa nostra società, la poesia d’ispirazione cristiana, considerata la sordità e la repulsione
degli uomini del nostro tempo
verso la religione. E, facendo un
passo molto indietro nei secoli,
ho pensato ai profeti e ai lirici
dell’antico Israele, i quali — pur
vivendo in mezzo ad un popolo
che spesso rinnegava Dio, dandosi alle varie idolatrie del mondo — seppero con i loro testi
poetici esprimere la propria fedeltà a Dio, fame conoscere la
volontà e la sapienza, nonché l’amore verso gli uomini.
Oggi, invece, sembra che la
« poesia » non abbia più niente
da dire nell’ambito delle nostre
Comunità, se tutta la stampa che
le esprime sembra tesa, sempre
più, allo sforzo di « ragionare »,
di discettare su vari problemi
sociali o teologici, che si rivelano spesso più dottrine di uomini che parola e sapienza di Dio.
Il ritorno alla « poesia » —
così com’è stato avvertito, in
questi ultimi tempi, da uomini
di cultura italiani, ma anche da
filosofi e scienziati di ogni parte — è una esigenza non certamente letteraria, ma di cambiamento di tutto un ordine d’interessi che hanno ridotto l’uomo
a macchina.
Il fatto, dunque, che l’editrice
Claudiana — dopo che per tanto tempo ha tenuto fuori dai
suoi interessi i poeti — abbia
aperto le porte alla poesia, pubblicando questo « Grido » di E.
Naso, è un segno abbastanza
sintomatico.
Ernesto Puzzanghera
PROTESTANTESIMO IN TV
Attraverso un incalzante ed efficace alternarsi di letture e di commenti, la rubrica cc Protestantesimo » del 24 luglio, ha cercato di
penetrare e comprendere la complessa figura dello scrittore Piero
Jahier.
Partendo dalle pagine di « Ragazzo », fino a quelle di « Con me
e con gli alpini », il pastore Giorgio Bouchard ha analizzato la parabola spirituale deH’uomo e dello
scrittore, vissuto negli anni diificili dei due conflitti mondiali.
Educato in un ambiente protestante di matrice pietista che risente forteménte del rigorismo morale portato all’estremo, proprio di
della sua compagnia, con « i poveri contadini » che egli sente d’amare, perché « buoni ».
Non si tratta di un’esaltazione
retoricamente nazionalistica e militaristica della guerra, bensì della
speranza che questo conflitto sia il
risveglio di una coscienza democratica che porterà alla liberazione
dei popoli. Siamo nella linea democratica per una giustizia europea
che, partendo da Mazzini e attraverso Salvemini, porta al piano
Wilson che vuole umiliato il militarismo nella Conferenza della
Pace.
Quanto di « protestante » è rimasto in questo Jahier? Parados
Piero Jahier
un certo modo di vivere la fede
nell’angusto ambito della propria
individualità e nella certezza di dover essere nel novero dei « giusti »,
sicuri che il rapporto con Dio va
vissuto a livello etico, Jahier rappresenta in certo qual modo la crisi di questo protestantesimo forte
e trionfante dì fine secolo, di una
fede che voleva essere sicura del
« bene » a tutti i costi e che vacillava di fronte alla minima infrazione morale anche solo pensata
(cc il peccato che non potrà essere
perdonato » di cui parlava con angoscia il padre dello scrittore). Ed
è lo Jahier formatosi in quest’ambiente che, a soli tredici anni, si
vede crollare intorno ogni cosa con
il suicidio del padre, predicatore
della Chiesa Apostolica e che si
sente di colpo e prematuramente
lanciato verso la vita, derivando da
questo tragico avvenimento una ribellione acre e disperata verso quella religiosità che ha distrutto la
sua famiglia.
È forse proprio per questo che
Jahier lascia, dopo soli due anni la
Facoltà di Teologia valdese alla
quale si era iscritto, scegliendo una
vita che egli definisce di « impegno », di lavoro e di sacrificio concreti. Si impiega alle Ferrovie,
scrive e collabora al giornale « La
Voce », ma il suo e un impegno
individuale. Solo con la guerra, come egli stesso riconosce, Jahier socializza con gli altri, quasi rinascendo in questa esperienza collettiva che lo mette drammaticamente a contatto con gli alpini
salmente, proprio quel rigore etico
che aveva schiacciato suo padre,
quel tormentato interrogarsi nella
propria interiorità, nella coscienza
sempre presente di a dover rendere
conto ».
Sarà questa k maledizione prò
testante » come la chiama Claudel
a fargli dire « no » all’invito dell’amico francese che lo incita a rifugiarsi nella sicurezza, nella « certezza » del cattolicesimo. E sarà
sempre seguendo questo filone morale che Jahier si avvicinerà alla
storia dei Valdesi, visti come i puri, i miti che hanno resistito alla
sopraffazione, quasi appartenenti
ad una sorta di « nobiltà etica ».
E quanto di attuale c’è in questo scrittore? Secondo il pastore
Bouchard, forse due cose lo allontanano oggi da noi o meglio ci mettono in imbarazzo : la sua diffidenza verso il mondo operaio, per
un’esaltazione del « mito contadino », nel limite di un’ottica che
vedeva nella guerra il punto di
partenza per la fine dello sfruttamento dei popoli e la sua risposta
alla secolarizzazione, risposta che
non conduce all’idea di una chiesa
confessante che operi nella soeietà
Ma al di là dei suoi possibili limiti e delle critiche che dal punto
di vista ideologico possono venirgli
mosse, Jahier rimane un testimone
fedele e prezioso della realtà storica del suo tempo, realtà che egli
ha sempre vissuto con un impegno
costante e profondo.
Lucilla Pellenco
Ascoltare la Parola
(segue da pag. 1)
Cristo quando questo si manifesta, anche se contraria le aspirazioni della nostra natura o l’analisi socio-politica che noi facciamo deH’ambiente.
Infine mi pare necessaria un’altra osservazione. Nella nostra
complicata umanità, anche senza
volerlo, proprio quasi inconsciamente, cerchiamo la verifica della nostra fedeltà alla Parola nel
successo delle nostre azioni. È
la verifica più falsa, anche se per
contro non possiamo dire che
l’insuccesso ci garantisca la fedeltà. Successo ed insuccesso
posson esser dati da ragioni soggettive, cioè da quanto dipende
da noi, o da ragioni oggettive,
cioè da quanto dipende dall’ambiente; ma posson esser
dati anche da nessuna delle due.
Da che era dato il grande insuccesso, il più grande della storia,
quale quello della crocefissione
di Gesù? Non certo dalla colpa
di Gesù, ma dall’ambiente sociopolitico del tempo. Da che era
dato il successo della Pentecoste
quando in un giorno tremila persone mutano di mentalità? L’ambiente era lo stesso di cinquanta
giorni prima! Eppure in quel
giorno l’insuccesso divenne vittoria determinante per tutti!
Chissà che cosa vuole il Signore da noi? Dobbiamo ascoltarlo
nella piena fiducia della Sua azione senza esser troppo preoccupati di successi o insuccessi,
(senza rimettere le colpe su un
ambiente poco ricettivo quasi
che noi avessimo fatto tutto bene, ma anche senza autolesioni
smo quasi che avessimo sempre
sbagliato; soprattutto senza sicurezza nel sì o nel no) ma col
desiderio grandissimo della Parola e di esser da essa guidati.
Noi non possiamo anticipare il
giudizio di Dio né nella soddisfazione né nella insoddisfazione.
Lui solo sa quel che, nella storia,
accade e sta per accadere. Ad
Elia disperato, perché respinto
ed abbandonato da tutti, Dio disse di « aver lasciato un resto di
settemila uomini» (1 Re 19: 18)
fedeli in Israele. Possiamo noi
dire che in Riesi Dio non si sia
riservato quei trenta o quaranta
uomini che muoveranno l’ambiente e rappresenteranno il germoglio di una società nuova?
Facendo queste riflessioni ho
pesato molto anche al prossimo
Sinodo ,al quale purtroppo non
potrò partecipare. Esso rischia
ancora una volta di esser diviso,
mentre « Cristo non è diviso » e
la Sua chiesa non può esserlo se
essa veramente si riferisce a Lui.
A me pare che durante le nostre
discussioni (e non solo prima di
esse per poi non tenerne conto)
occorra mettersi al confronto
con la Parola per lasciare che
Essa parli, ci parli, ci parli chiaramente, e che noi la finiamo di
mettere al primo posto i nostri
pensieri perché sennò non capiremo niente dei pensieri di Dio.
Ed ancora che non ci lasciamo
riempire la testa dalle mille voci che ci vengono dal « presente
secolo », ma che ascoltando la
voce di ognuno, di ogni uomo nostro fratello, la sottoponiamo,
per lui e per noi, alla critica vera
che può venire solo dalla Parola.
Se prima la abbiamo ascoltata.
3
r
5 agosto 1977
- 5
DALLA RELAZIO NE DELLA TAVOLA AL SINODO
Sinodo alle porte
I temi di discussione generali affrontati dalie singole comunità rimbalzano nell’assemblea
sinodale che si aprirà a Torre Pellice il 22 agosto
La Tavola nel presentare al
Sinodo la relazione del proprio
operato, propone alla Chiesa
due temi di riflessione. Essi sono stati, durante l’anno ecclesiastico, di particolare rilevanza nel
lavoro della Tavola come pure
nelle discussioni avvenute nelle
nostre comunità. Il primo argomento è quello della Chiesa di
fronte al potere politico, ed il
secondo quello del «pluralismo».
1. La Chiesa di fronte
al potere costituito
« La Chiesa, fondata sui principi deirEvangelo, si regge da
sé in modo indipendente nell’osservanza della sua confessione
di fede e dei suo ordinamento
senza pretendere alcuna condizione di privilegio nell’ordine
temporale, né consentire nel
proprio ordine ad ingerenze o
restrizioni da parte della società
civile » ( Art. 5 della Disciplina
generale delle chiese evangeliche valdesi).
Durante l’anno ecclesiastico,
due avvenimenti hanno posto in
luce la portata e il significato
più profondo della « confessione
di fede » contenuta nell’Art. 5
della Disciplina generale delle
chiese evangeliche valdesi; 1) la
chiara e coraggiosa presa di posizione della 13“ sessione sinodale Rioplatense, dello scorso febbraio di fronte alle intimidazioni del potere politico per condizionare le nomine dei responsabili della Chiesa Evangelica Valdese; 2) l’annuncio dato in Parlamento dal presidente Andreotti della volontà del governo di
dare sollecito inizio alla procedura per l’attuazione del comma
3' dell’art. Vili della Costituzione, riguardante le « intese ».
Riteniamo importante riprodurre il testo del documento sinodale rioplatense, in quanto
esso è venuto ad assumere una
presa di posizione di fronte al
potere costituito che è « confessione di fede ».
Art. 32 degli Atti del Sinodo ; « Il Sinodo, a) presa conoscenza dei mezzi usati dalla Mesa Valdese per ottenere
l’autorizzazione ufficiale da
parte delle autorità pubbliche
uruguaiane per l’attuazione
della propria Sessione, secondo le norme vigenti al momento; b) disponendo della
corrispondente autorizzazione
scritta delle menzionate autorità, in cui non figura limitazione alcuna; c) avendo
ricevute informazioni verbali apparentemente contraddittorie con tale autorizzazione
che implicherebbe determinati limiti al suo sviluppo;
d) visto l’art. 5 della propria
disciplina che si esprime in
tali termini : « La Chiesa, fondata sui principi dell’Evangelo, si regge da sé in modo
indipendente nell’osservanza
della sua confessione di fede
e del suo ordinamento senza
pretendere alcuna condizione
di privilegio nell’ordine temporale, né consentire nel proprio ordine ad ingerenze o restrizioni da parte della società civile », stabilisce di continuare lo svolgimento dei lavori e delle decisioni secondo
le proprie norme ecclesiastiche, ed in accordo con il testo
ufficiale delle autorità del dipartimento di Colonia autorizzante la presente Sessione.
Riconosce dontemporanea)mente l’opportunità dell’azione iniziata dalla Mesa uscente nei riguardi delle autorità
nazionali di Uruguay, circa
la relazione della chiesa con i
pubblici poteri e invita la
prossima Mesa a continuare
la via intrapresa, ricercando
su tale tema un totale chiarimento e una valida intesa con
le autorità pubbliche per la
vita futura della Chiesa ».
Una linea di coerenza nei secoli
Quando il Sinodo — nella
sessione italiana del 1973 e nella sessione rioplatense del ’74
— approvò il testo definitivo
della Disciplina Generale, era
ben consapevole di inserirsi in
una linea di « confessione di
fede » coerente con una secolare tradizione valdese.
Fra i vari documenti che potrebbero essere ricordati crediamo utile porre in risalto innanzitutto il « Patto d’unione »
del gennaio 1561;
« Furono tutti al fine di
parere che;
1. - il popolo Valdese et
di quà et di là dei monti farebbono tra loro perpetua et
inviolabile confederazione ;
2. - promettendo tutti di
mantenere con la gratta di
Dio, la pura predicazione dell’Evangelo e l’amministratione
de i Santi Sacramenti;
3. - di aiutarsi et soccorrersi scambievolmente gli uni
gli altri;
4. - et di rendere ubidienza
a i Superiori loro, come la
Parola di Dio comanda.
5. - Item, qu’il ne seroit loisible à aucune de toutes les
Vallées de rien promettre,
transigir, ni accordar sur le
faict de la Religion, sans le
consentement des autres Vallées ».
Ai nostri tempi è stata così,
commentata la portata di questo Patto d’unione;
«... Nel testo del Patto, di poi
confermato da tutte le chiese
nel sinodo del 2 febbraio 1561
tenutosi alla Combe di Villar è
infatti anzitutto affermata l’urgenza di fondare un’unione stàbile tra le diverse comunità delle valli del Pinerolese, del Delflnato e del Saluzzese, e ciò allo
scopo di mantenere la loro fede
religiosa cosi come essi la senti
2. - La Chiesa Cristiana non
deve pretendere alcuna condizione di privilegio;
3. - La Chiesa Cristiana rivendica la più ampia libertà
di coscienza, di culto, di testimonianza per tutti;
4. - La Chiesa Cristiana
riafferma che qualsiasi ingerenza o restrizione esercitata
dallo Stato sulle sue attività
e sullo sviluppo della vita interiore, al pari di qualsiasi
privilegio, lederebbe il suo
diritto e la sua autonomia e
ne falserebbe la natura compromettendo la purezza e l’integrità del suo Ministero;
5. - La Chiesa Valdese con
2. Pluralismo
Il corteo sinodale
del 1967
sidera questa completa libertà civile e indipendenza dallo
Stato come condizioni indispensabili al pieno adempimento del suo mandato divino ».
il ’’pluralismo” nel dibattito ’’Fede e politica”
È stato recentemente affermato da autori di diverso orientamento che « occorre spazio anche per le ricerche di avanguardia, per le anticipazioni minoritarie, per le eresie ». « Sollecitazioni diverse e contrastanti, provenienti da ambienti, informazioni diversi, mettono l’individuo in grado di operare le sue
scelte in modo responsabile ».
« Pluralismo è la continua, faticosa dialettica di elementi distinti che si confrontano e contrastano fino a formare come risultato finale delle loro divergen
ze un equilibrio destinato a rinnovarsi continuamente ».
Queste alcune citazioni colte
dal dibattito che avviene nel nostro paese sul «pluralismo». Chi
le ha dette si riferiva in gran
parte al piano generale della vita politica. Ci sembra però che
abbiano un senso anche nella
vita interna delle nostre chiese,
quando si tenga però ben presente che aH’interno della chiesa il «pluralismo» può anche
comportare o sintesi equivoche
o una cristallizzazione delle diverse posizioni, il che non sareb
tae certamente un bene.
Fatta questa precisazione alcune indicazioni per la nostra
situazione particolare, nel dibattito in corso nelle chiese, possiamo anche coglierle.
— « Il pluralismo va bene s<»
è legato al dialogo. E dialogo
significa in primo luogo ’’ascolto” e l’ascolto include l’accoglieza dei contributi positivi che
provengono dall’altra parte. Siamo tutti in cammino di ricerca».
— «Essere pluralisti significa
sentire ’’l’altro” come uguale e
come diverso nello stesso tempo,
rinunciando ad ogni emarginazione... è una ricerca collettiva
della verità ».
Nell’ambito della Chiesa, ove
rifiutiamo sia i compromessi sia
il formarsi di gruppi chiusi e
cerchiamo una dialettica aperta,
noi anziché parlare di pluralismo preferiamo insistere sulla
koinonia, la comunione fraterna, in 'quanto è caratteristica
propria di questa l’elemento così
necessario della libertà dei figli
di Dio, in una perseverante posizione di critica creativa...
Intervista al Moderatore
vano nella predicazione e nei sacramenti fondati solo sulla Scrittura; è stabilita poi la necessità
di difendere l’esercizio della loro
religione con un aiuto reciproco,
e, pur riaffermando la loro sudditanza ai legittimi sovrani, i
valdesi stabilirono con il detto
Patto di non venire ad accordi
per le questioni di religione se
non con il consenso di tutta l’Unione. Non si tratta dunque di
un accordo di natura meramente politica, ma di un patto di
carattere ecclesiastico col quale i valdesi affermarono ad un
IS' priorità dell’ordine
spirituale e l’indipendenza del loro ordinamento ecelesiastlco da
ogni inframettenza esteriore...
essi assunsero il carattere di una
società religiosa che si opponeva alle imposizioni che, in tema di religione, venivano loro
fatte ».
Riteniamo inoltre di particolare utilità per la nostra chiesa
ricordare quanto il Sinodo del
1943 (art. 13) ha affermato in
quanto precisa le linee che stiamo ora seguendo in questa fase
di trattative con lo Stato per le
« intese ».
« Il Sinodo, ricordando i
principi contenuti nella dichiarazione della Tavola Valdese al Governo sardo del
1849, dichiara ; La Chiesa Valdese, mater reformationis,
fondata sui principi dell’Evangelo, fedele alla sua confessione di fede ed alla sua
costituzione, con la certezza
di interpretare la coscienza
cristiana nella situazione attuale, riafferma i principi seguenti ;
1. - La Chiesa Cristiana deve reggersi da sé, in modo
assolutamente indipendente,
secondo i suoi principi nei
limiti del diritto comune;
— NeUa relazione della Tavola al Sinodo si sottolìnea in modo particolare una parola: pluralismo, sia nel contesto dei
rapporti chiesa-stato, sia nel
rapporti interni alla chiesa.
Vuole precisare ancora questo
concetto al lettori?
— Le precisazioni non sono
mai fuori luogo, data l’equivocità della parola. Innanzitutto occorre chiarire che noi parliamo
di pluralismo non ¡soltanto su un
piano giuridico ma al tempo stesso come libera partecipazione e
contributo della chiesa ai problemi del paese. E sin qui non
facciamo altro che rispondere all’invito della Costituzione. Vorremmo però anche poter vedere
questo principio della Costituzione applicato nei nostri rapporti
con lo Stato.
In breve si può dire che noi
intendiamo il concetto di pluralismo;
a) come volontà esplicita di
partecipare attivamente a! dibattito culturale presente nel paese
perché riteniamo di avere una
parola da dire agli uomini del
nostro tempo, in quanto protestanti.
b) Sempre nell’ottica dei nostri rapporti con lo Stato noi ci
-sentiamo impegnati nel servizio
dei nostri istituti di assistenza
che svolgono un’opera sociale di
rilievo. Evidentemente ci troviamo oggi di fronte ad un necessario e non procrastinabile momento di riqualificazione. Ed è
chiaro che parlare di riqualificazione non significa « svendere »
le nostre opere come si sente erl'oneamente dire.
Sono profondamente convinto che le nostre opere hanno
dei contributi umani e spirituali,
siano esse convitti, asili per anziani, ospedali, che noi dobbiamo saper valutare con estrema
responsabilità perché siano efficienti e rispondenti alle necessità umane nel nostro tempo.
Per questo oggi non è più sufficiente la buona volontà, occorre
una seria preparazione professionale. E a questo proposito non
mi stancherò di ricordare che in
questo momento non è il denaro
il problema principale, ma gli
uomini; uomini e donne disposti
ad un servizio. La crisi più grave in questo momento è precisamente la mancanza di persone
■preparate e disponibili a questo
servizio.
— E sul piano ecclesiastico interno che cosa significa pluralismo se noi rifiutiamo, come
evangelici, certa prassi cattolica
che ne deduce una spartizione
di potere fra le diverse posizioni?
— È chiaro che noi rifiutiamo
la cristallizzazione delle posizioni presenti nella chiesa perché
crediamo nel dialogo. Il dibattito
è necessario, perché così le chie
se maturano; è indispensabile,
perché nessuno possiede la verità. Siamo tutti in ricerca. Dobbiamo imparare sempre ad ascoltare l’altro, rispettandolo, nel
dialogo. Per questo preferiamo
usare la parola « koinonia » (comunione fraterna), -perché nella
« koinonia » l’elemento fondamentale è la libertà. Noi non ricerchiamo l’uniformità, l’unità
della chiesa in un’ottica cattolica. E per questo, come Tavola
Valdese, noi rifiutiamo di assumere delle posizioni autoritarie
come qualcuno sollecita. Non
siamo un magistero ecclesiastico, ma dei fratelli che svolgono
un servizio per la chiesa.
P
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I Giustificazione
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Nella lunga marcia della liberazione occorre tener
presente tutte le scaturigini del peccato, tutte le sue facce. Proprio nel cammino del deserto Israele imparò a conoscere che portava il peccato anche nel proprio cuore.
In questa ricerca aperta, in questo avvio di un discorso nella consapevolezza che « è raro e difficile diventare
un peccatore » come diceva Lutero, noi stiamo appena
muovendo i primi passi. « È cosa molto rara che qualcuno si riconosca e si creda un peccatore...; solo per fede
possiamo credere che noi siamo peccatori ». Questa affermazione vigorosa di Lutero è per noi fondamentale perché mentre la scienza, la filosofia e la politica ci parlano
di errori, di limiti o di sbagli, la fede ci parla di peccato
davanti a Dio. Soltanto una profonda coscienza biblica
del peccato e della giustificazione permettono ai credenti
che vivono la loro fede all’interno delle lotte di liberazione, di non cadere nel secolarismo. ,
Dove la coscienza del peccato viene meno la giustificazione cessa di essere vera e reale e il posto della giustizia di Cristo è nuovamente preso dalla legge, dalle opere, da noi stessi...
Torniamo dunque a predicare il Dio che perdona, ad
annunciare che i nostri peccati sono rimessi...
Ogni pratica ecclesiale che non annunci questa « bella notizia » liberatrice può essere contaminata dallo spirito di schiavitù, dalla paura, da soggezioni indebite a
poteri umani ed ecclesiali. Liberati dal peccato si diventa cantori della riconciliazione e profeti di liberazione.
Franco Barbero
4
5 agosto 1977
cronaca delle valli
delibere della giunta regionale
TRIBUNA LIBERA
Proposta d'intesa con le Sul Rifugio Carlo Alberto
confessioni reiigiose dei Piemonte
Sul numero scorso abbiamo dato notizia della
delibera della Giunta Regionale piemontese (N. 55 9232) « Proposte d’intesa con le confessioni religiose del Piemonte » in materia di servizi socio-assistenziali. Poiché il desiderio della Giunta Regionale è che
sul documento politico approvato « si apra un ampio
confronto » con le Confessioni religiose, riteniamo
utile riportare integralmente il documento politico
della Giunta Regionale, perché sia a portata di tutti
ed il confronto auspicato avvenga veramente a livello di base. È un confronto che ci coinvolge. Le perplessità che si possono nutrire per talune affermazioni poco chiare e generali devono essere precisate
e formulate criticamente, sia per evitare dei possibili « mini-concordati » regionali, sia per non cadere
nella superficialità o in un rigetto non motivato.
La Giunta regionale del Piemonte, neH’atto in cui è avviato
un processo di profonda modificazione del sistema tradizionale
dei servizi socio-assistenziali, sia
per quanto attiene alla qualità
delle prestazioni, che all’impegno degli operatori e della loro
qualificazione, riafferma la concezione pluralistica della società.
Garantire nel concreto, senza
riserve mentali o tatticismi strumentali la concezione del pluralismo vuol dire porre l’accento
più sulla concezione pluralistica
di intervrati territoriali, che su
istituzioni assistenziali, così come vuol dire negare o comprimere ogni tendenza che miri a
separare componenti essenziali
della società. Occorre quindi
confermare che la finalità perseguita è quella di realizzare un
sistema di base misto atto a soddisfare i bisogni emergenti dal1 analisi della realtà e intepretati dalle linee della programmazione e di indirizzo che, definite
dalla Regione con il metodo della partecipazione delle componenti operanti sul territorio e nei
servizi, siano accolte ed in quanto tali ritenute di sollecitazione
e di vincolo per l'intera comunità.
. L’inserimento delle diverse attività nel quadro di programmazione e di indirizzo definito dalla
Regione può rappresentare così
strumento e condizione perché
ciascuna componente esprima la
propria originalità raccordandola con gli interessi di carattere
generale e collettivo. In questo
contesto l’elemento unificante
della concezione pluralistica è
rappresentato dalla capacità, che
occorre dispiegare, sollecitare,
sprigionare, mai comprimere od
ignorare, indipendentemente dal
livello delle difficoltà che taleprocesso di costruzione potrà
incontrare, di coinvolgere nella
gestione sociale le componenti
tutte presenti nel territorio.
necessario compiere, secondo le
forme e le procedure che verranno concordate, un’azione atta
a riconoscere l’utilità sociale delle esperienze presenti sul territorio al fine di confrontare e collegare queste esperienze, gli stessi operatori che tali esperienze
hanno compiuto, a quelle in atto
o programmate dagli enti locali
nell’ambito delle unità locali dei
servizi. Ciò sarà opportimo anche al fine di concordare im progr^ronia che, facendo salvi i principi esposti, vada a chiarire i termini del passaggio delle IPAB
alla comunità civile e che articoli le fasi graduali del necessario iter.
Sarà nel quadro di una programmazione participata che
andranno stabiliti i criteri di validità e di utilità che renderanno possibile alla comunità regionale procedere al riconoscimento dei servizi ponendo particolare attenzione alla destinazione delle risorse per l’avvio
della realizzazione delle xmità locali dei servizi.
_ 1 criteri saranno enucleati nell’ambito dell’apporto della collettività prescindendo da differenze di ordine ideologico e che.
pertanto, andranno superate.
Qualora, infine, determinati
servizi non si adeguino per particolari ragioni agli orientamenti
di unitarietà e globalità espressi
nella programmazione e politica
sociale della Regione, si opererà
attraverso l’istituto del « non riconoscimento » fermo restando
l’obiettivo generale della collaborazione e partecipazione sul
piano generale.
La Giunta regionale del Piemonte, nell’atto in cui intende
avviare con il Consiglio regionale, un piano articolato nel campo dei servizi sociali, manifesta
la propria disponibilità politica
affinché sugli atti stessi dell’esecutivo si realizzi un confronto
preventivo al fine di consentire
un arricchimento complessivo di
merito sulla base delle linee
di programmazione e di indirizzo perseguite.
Per dare corpo a tale finalità,
la Giunta regionale ritiene indispensabile r istituzione di un
gruppo o di gruppi di lavoro che,
in aderenza alle linee in tale documento enunciate, formulino
proposte, pareri e rappresentino
gli strumenti operativi del processo di piano.
Caro Direttore,
Quando richiesi tempo fa qualche
informazione sul lascito del Prof. Bellion al Rifugio speravo che si potesse
aprire un dialogo ed una serena discussione su questo Istituto che sta a
cuore a tutti; sapevo bene che la CIOV
rende conto del suo operato solo alla
Conferenza Distrettuale e poi al Sinodo, e cosi dev’essere stato anche
quest’anno, ma di quanto si sia detto
in Conferenza poco o nulla è comparso sull’Eco-Luce; eppure il nostro giornale è ancora quello che più ci tiene
uniti nella nostra dispersione, credfO
ogni notizia sulle nostre comunità e sui nostri Istituti sia sempre seguita con molto interesse. Veramente
una risposta forse l’ho avuta dalla
CIO’V quando circa un mese fa ho ricevuto la « Relazione dal 1“ giugno
1971 al 30 maggio 1973 con acclusa
una lettera-circolare del PresidentePastore datata ottobre ’76; ho saputo
però che quella relazione è stata inviata anche ad altre persone e così chi
ha fatto un’offerta agli Istituti gestiti
dalla CIOV ne ha avuto pubblica ricevuta, dopo in media, cinque anni.
Non mi sembra questo un segno d’efficienza e tanto meno di un qualche
interesse per le relazioni con le comunità. Combinazione in questi giorni ho
ricevuto anche la Relazione dell’Asilo
di S. Giovanni; tanto più semplice e
modesta ma quanto più simpatica e
tempestiva e ben si comprende perché
COLLEGIO VALDESE
DI TORRE PELLICE
Anche quest’anno gli alunni
della scuola media espongono i
lavori esoditi nel corso dell’anno scolastico 1976-77.
Detta esposizione avrà luogo
nei locali del Collegio Valdese
dal 21 al 28 agosto p. v. col seguente orario: tutti i giorni dalle 17 alle 19.
Eventuali offerte saranno devolute a favore dell’Istituto. Tutti sono cordialmente invitati.
VALLI CHISONE, GERMANASCA
Ratifiche del Consiglio Provinciale
concernenti l'alluvione
Si sostanzia, così, e si rende
operante sia aH’interno delle istituzioni, quell’apporto di partecipazione costruttiva, di proposta
e di confronto che deve esaltare,
senza confusioni ed ideologizzazioni sterili, il miglioramento dei
servizi nell’interesse dell’uomo.
Si concorda infine, nel ritenere
che l’istanza di partecipazione
esprima la tendenza al superamento della concezione privatistica dei servizi e della concezione burocratica da parte degli enti locali al fine di far partecipare
la comunità e le sue diverse articolazioni ed organizzazioni alla
gestione dei servizi di interesse
sociale.
In questo quadro occorre che
la comunità regionale si orienti
verso il superamento di una concezione meramente privatistica
delle confessioni religiose che
comporta una visione di netto
separatismo istituzionale alla
quale può conseguire una divisione tra la popolazione, divisione e separazione non voluta dalla popolazione del Piemonte. Ed
occorre altresì che le confessioni religiose superino esse stesse
concezioni « separate » e « privilegiarie » della propria attività
(socio - assistenziale) accettando
un rapporto di corretta collaborazione con i pubblici poteri sia
per ciò che attiene l’intervento
delle autonomie locali in settori
a lunga tradizione privatistica,
ma sempre più importanti per la
collettività, sia per ciò che riguarda gli indirizzi ed i controlli
pubblici necessari per la formazione di un nuovo rapporto tra
istituzioni private ed istituzioni
pubbliche.
Su queste premesse si ritiene
Ratificate dal Consiglio Provinciale nella seduta del 12 luglio con procedura d’urgenza le
delibere riguardanti i lavori di
ripristino delle opere viarie nelle zone della Bassa Val Chisone, Val Germanasca, Massello
Salza, Ferrerò e Frali:
— S. P. 166 della Val Chisone
2“ tronco S. Germano Pomaretto località (Bruassa) Inverso
Pinasca. Ricostruzione corpo
stradale completamente asportato dalla furia delle acque dell’alluvione del 19 maggio u. s.
Spesa prevista L. 99.000.000 di
cui 16.000.000 per lavori ad economia.
— S. P. 166 della Val Chisone
(Bruassa) Inv. Pinasca muro di
sostegno corpo stradale. L. 90
milioni di cui 17.500.000 per lavori in economia.
— S. P. 166 della Val Chisone
località Ponte per Pinasca (Inv.
Pinasca) muro di sostegno corpo stradale L. 84.000.000 di cui
16 milioni per lavori complementari imprevisti.
— S. P. 166 della Val Chisone : opere di sistemazione dell’alveo, demolizione e asportazione detriti in località Ponte per Pinasca e Bruassa (Inv.
Pinasca) e sul territorio del
Comune di Porte. L. 64 milioni di cui 11.500.000 per lavori
in economia imprevisti.
— S. P. della Val Chisone 166:
sistemazione corpo stradale e
muro di sostegno e dell’alveo in
località S. Rocco, Comune di
Porte, per una spesa totale di
L. 60.500.000.
— S. P. della Val Chisone 166 :
ripristino sede viabile e muro
di sostegno in Regione S. Rocco, Com. di Porte, per una spesa totale di L. 83.200.000.
— S. P. n. 170 di Massello: ricostruzione corpo stradale e
muro di controriva tra il Km.
4,280 e 4,350 e consolidamento
muro di sostegno al Km. 4,350
per un totale di spesa di L. 65
milioni.
— S. P. di Massello n. 170: ricostruzione corpo stradale e
muro di sostegno tra il Km.
4,280 e 4,345. Spesa totale L. 53
milioni.
— S. P. n. 170 di Massello: ricostruzione opere d’arte e corpo stradale consolidamento faglie rocciose al Km. 4,350. Spesa complessiva L. 75 milioni.
— S. P. n. 170 di Massello : costruzione opere d’arte corpo
stradale e rifacimento ponte tra
il Km. 2,665 e 2,675. Spesa complessiva L. 40.000.000.
— S. P. n. 170 di Massello : ricostruzione corpo stradale e muri di sostegno tra il Km. 2,360,
4,075, 4,110 e Corpo str. al Km.
1,000 e 1,370.
Spesa compless. L. 99.500.000.
— S. P. 169 della Val Germanasca: Ricostruzione corpo stradale e opere d’arte: Ponticello
alla progr. Km. 11,400, Muro di
sostegno al Km. 13,950. Muro di
controriva al Km. 18,850. Spesa
complessiva L. 54.000.000.
— S. P. 169 della Val Germanasca (Perosa-Perrero-Prali-Ghigo ) : Ricostruzione opere d’arte
e corpo stradale e muro di sostegno al Km. 13,700. Spesa complessiva L. 99.500.000.
— S. P. 169 della Val Germanasca: Ricostruzione opere d’arte e corpo stradale e lavori
complementari tra il Km. 12,600
e 14,550. Spesa complessiva 75
milioni.
— S. P. n. 169 della Val Germanasca: Opere di ricostruzione muro, drenaggi, contenimento frana in Regione Sagne; spesa totale L. 95.000.000.
Come si può facilmente dedurre da un conteggio addizionale, la cifra stanziata dalla
Amministrazione Provinciale per
ovviare in parte al disastro
dell’alluvione, supera il miliardo
di lire , una cifra ingente per
le condizioni finanziarie della
Provincia anche esse disastrate
da parecchi anni. Proprio in virtù della succitata situazione finanziaria mi pare doveroso riconoscere lo sforzo unito alla
tempestività con la quale la
Provincia di Torino con l’appor
to significativo di tutte le componenti politiche che ne fanno
parte, ha saputo e voluto far
fronte ai propri impegni in una
così, grave calamità naturale,
cercando di ovviare nel limite
del possibile ai gravi disagi sopportati dalle nostre popolazioni
valligiano.
Ilario Coucourde
Cons. Provinciale
lì vadano tanti doni. Fra l’altro ho notato che è stata data notizia di un lascito di una nostra sorella in fede, ricevuto in questi ultimi mesi, ed è stata
espressa la riconoscenza più viva alia
memoria di questa sorella. Eppure anche la Direzione dell’Asilo non sa aneora quando potrà entrare in possesso
di questo lascito né che valore potrà
avere allora.
C è un ricordo che mi spinge a chiedere che l’impiego di un lascito di
molte centinaia di milioni quale quello
del Prof. Bellion debba essere meditato e sentito da tutte le nostre comunità ; sono stato in diverse Commissioni d’Esame e ricordo sempre con
tanta amarezza le discussioni avute
con la CIOV circa un lascito fatto al
Rifugio ed impiegato per comprare
due alloggi, capitalizzazione vantaggiosa sotto molti aspetti, ma che ritenevo inaccettabile perché fatta invece di dotare il padiglione grande del
Rifugio di un ascensore che permettesse agli incurabili di poter scender
qualche volta in giardino o invece di
risolvere l’annoso problema del personale che attraversa il cortile allo scoperto in ogni stagione magari con in
mano una pentola e nell’altra il paracqua.
Per quanto riguarda eventuali ingrandimenti o modifiche del Rifugio
ritengo che i desiderata delle nostre
comunità debbano avere la precedenza assoluta su qualsiasi interesse od interferenza di qualche autorità politica;
ricordiamoci di cosa hanno guadagnato i nostri nonni quando hanno chiesto che fossero eretti in Enti Morali il
Rifugio e gli Artigianelli sperando n
un aiuto delle Autorità; sono stati
degli ingenui.
Credo giusto che si parli del problema dei Presidenti-Pastori anche sui
nostro giornale. Premetto a chiare lettere che non mi interessano le persone
che sono state Presidenti-Pastori o
che aspirino ad esserlo, è una questione di principio assolutamente indipendente dalle persone. Un presidentelaico la CIOV non può pagarlo, per
legge, ma per un presidente-pastore
la cosa si risolve con un arrangiamento all’italiana; a meno che la Tavola paghi lo stipendio ad un pastore
che pastore più non è, senza che gli
venga in qualche modo rimborsato.
In secondo luogo sono convinto che di
presidenti laici se ne possono trovare
e non uno solo sia in Val Pellice che
in Val Chisone.
Ora poi abbiamo anche un pastore
presidente dell’ospedale di Torino. In
questo caso devo riconoscere che il pastore si è accollato un servizio che altri non vogliono fare. Certo dobbiamo
rilevare che dal 1900, e forse anche
da prima, è la prima volta che nel
Concistoro di Torino non si trova più
un laico, fra più di venti anziani e
diaconi, che possa o voglia fare il presidente dei nostro Ospedale. È grave
e triste ed è una cosa che pesa sulla
coscienza di tutti i laici.
Carlo Pons
Colle della Croce
Circa duecento ì partecipanti
al culto del mattino, in una
splendida giornata di sole e calma di vento, come è raro incontrare al Colle della Croce.
Buona l’atmosfera, non disturbata da alcun gruppo estraneo.
Finalmente assenti i motocrossisti !
La liturgia è stata presieduta
dal pastore di Bobbio, la predicazione è stata inyece data dal
pastore di Metz (Mosella) che
si trova in vacanza con la famiglia nel Queyras.
Avevamo sperato di avere all’incontro il pastore di Briançon Francis Willm che lascia la
sua sede per trasferirsi a Marsiglia già nel corso dell’estate,
per salutarlo e fargli i nostri
auguri per il suo nuovo lavoro.
E naturalmente per dirgli di venire ancora qualche volta all’incontro del Colle della Croce.
Egli non ha potuto essere con
noi, proprio perché impegnato
nel suo giro di commiato dalla
sua vasta diaspora.
Abbiamo notato ancora, con
dispiacere, l’assenza della signorina Niell di FYeissinière (les
Pallons), affezionatissima da
sempre all’incontro, una delle
figure caratteristiche perché ricorda perfettamente la prima
volta che ci si è trovati, francesi e italiani, per il culto lassù.
Che sa raccontare con vivacità
e plasticità gli incontri dell’era
fascista, quando i militi della
Guardia alla Frontiera contavano diligentemente tutti gli italiani che passavano il confine in
uscita per assicurarsi, ricontandoli al ritorno, che nesuno fosse espatriato approfittando dell’occasione. Uno dei pastori italiani, grande animatore di questi incontri di allora, aveva dato la sua personale garanzia che
nessuno sarebbe scappato ! La
sig.na Niell è stata colpita da
un leggero attacco influenzale e
ha mandato i suoi saluti.
Nel pomeriggio, dopo una breve presentazione reciproca, anche in considerazione del fatto
che gli italiani erano rimasti in
assoluta minoranza, abbiamo
fornito alcune indicazioni sull’alluvione che ha colpito le nostre zone alla fine di maggio. Il
Vice Presidente della Comunità
Montana Val Pellice, prof. Franca Coisson, con chiarezza e competenza, ha espresso una valutazione obiettiva della realtà sociale e politica e dell’incidenza
che fattori come quello del 19
maggio possono avere ad esempio sullo spopolamento ulteriore delle nostre valli.
Il tradizionale « chant des
adieux » ha chiuso l’incontro.
Appuntamento al prossimo anno, penultima domenica di luglio.
br.
5
r
5 agosto 1977
RELIGIONI A CONFRONTO
%
La corsa agli armamenti
una macchina impazzita
Concludiamo con questo articolo di Paolo Ricca le impressioni
simposio delle religioni tenutosi a Mosca all’inizio di giugno
e valutazione del
Il secondo tema, il disarmo,
è stato trattato dal cattolico belga can. R. Goor, che ha anzitutto ricordato una serie di dati già noti ma che è giocoforza
ripetere : il mondo, sia quello
industrializzato che quello in
via di sviluppo, si arma sempre
di più, « secondo una spirale in
continua ascesa, sempre più
vorticosa, sempre più costosa e
sempre più pericolosa»; l’«equilibrio del terrore » è ancora
quello che regola i rapporti tra
i popoli; la corsa agli armamenti è « una macchina impazzita » ( anche se il calcolo dei
profitti che l’industria bellica
ne trae è molto lucido!); la
tecnologia militare continua a
fare progressi e per il 1985 ci si
promette una « nuova generazione » di armi più perfezionate
e più micidiali di quelle attuali ; il commercio internazionale
delle armi si è sviluppato a ritmo vertiginoso, alimentato dai
paesi tecnologicamente più avanzati (USA, URSS, Gran Bretagna, Cecoslovacchia, Germania
Occ., Francia, Italia, etc.). Di
fronte a questo fenomeno ci si
sente impotenti. Anche le risoluzioni deirONU restano in larga misura inoperanti. Il potere
militare mondiale sarebbe inattaccabile?
Disarmo generale
Il problema si complica se si
pensa alla situazione di oppressione in cui vivono ancora molti popoli della terra: è realistico supporre che la loro liberazione possa avvenire per via pacifica? Le armi non servono forse anche alle guerre di liberazione? D’altra parte, un potere
che sta « sulla punta dei fucili »
è veramente un potere che libera? Può la guerra mettere fine
alla guerra?
Va inoltre ricordata l’enorme
sproporzione oggi esistente tra
gli arsenali dei vari paesi del
mondo ; questa sproporzione,
finché esiste, non può che generare o perpetuare forme di egemonia e, al limite, di sopraffazione da parte dei paesi militarmente più forti. In realtà, solo
un disarmo generale e completo, accettato da tutti e soggetto
a un controllo indipendente ed
efficace, creerebbe le premesse
di una coesistenza pacifica che
non sia un puro mantenimento
dell’attuale equilibrio intemazionale, caratterizzato dal predominio delle due superpotenze. Ma sarà mai possibile indurre gli Stati ad accettare un
disarmo generale e completo?
Sarebbe un fatto talmente nuovo nella storia umana che si dovrebbe gridare al miracolo: sarebbe una vera conversione morale e civile dell’umanità. Il disarmo infatti, come ha sottolineato l’oratore, « non è anzitutto una questione tecnica ma etica». È però difficile che siano
i governi, di loro iniziativa, a
disarmarsi. Solo l’opinione pubblica mondiaie può imporre loro una scelta di questo genere.
In questo ambito le chiese (e le
religioni in genere) hanno una
grande responsabilità e notevoli possibilità di azione. Ci vorrebbe una specie di obiezione di
coscienza collettiva, il rifiuto
generalizzato del potere militare. È rallegrante che il CEC abbia recentemente varato un programma contro il militarismo.
Il cammino da compiere è comunque molto lungo e pieno di
ostacoli.
Non c’è pace
senza giustizia
Il terzo rapporto, sulla « giustizia fra i popoli », del metropolita ortodosso indiano P. Gregorios, è stato una critica serrata del progetto di un «nuovo
ordine economico internazionale » proposto dall’ONU nel 19'74
che, secondo l’oratore, non è in
grado di modificare sostanzial
mente l’ordine attuale, dettato
e dominato dal capitalismo internazionale. Questo « ordine »
è in realtà, secondo i popoli del
Terzo Mondo, un « disordine »,
che non crea la pace ma la
guerra. Come è noto, « l’abisso »
(così, l’ha chiamato il relatore)
che divide i ricchi dai poveri si
sta allargando sempre di più:
oggi i paesi capitalisti sviluppati del mondo, col 20% della popolazione, godono del 65% della
produzione. Siccome « non ci
può essere pace se non c’è giustìzia» e siccome l’ordine economico attuale « non è né giusto né onesto » e non può che
essere « condannato », bisogna
cambiarlo se si vogliono porre
le premesse per una pace stabile. Il nuovo ordine economico
internazionale progettato dalrONU non costituisce un vero
superamento di quello attuale
per due motivi fondamentali: il
primo è che la sua realizzazione dipende interamente dalla
buona volontà dei paesi ricchi,
il secondo è che esso resta nei
limiti dell’economia di mercato.
Ora, l’economia di mercato « è
il nemico n. 1 dei poveri » : nel
suo quadro è impossibile creare
rapporti di giustizia economica
internazionale. La proposta delrONU tempera le maggiori ingiustizie create dall’attuale sistema, ma rafforza gli squilibrii
strutturali e lo sviluppo diseguale oggi esistenti tra paesi
ricchi e paesi poveri.
Perciò, secondo l’oratore, l’unica via d’uscita è la creazione
sia nei paesi ricchi che in quelli poveri di un sistema economico socialista, in cui il popolo
si organizzi « per una produzione, una proprietà e una distribuzione socialista ». L’oratore
ha voluto precisare : « Per ’economia socialista’ non intendo
un sistema burocratico cbe prima nazionalizza i mezzi di produzione e poi li amministra in
modo inefficace con corruzione,
nepotismo e una distribuzione
ineguale del potere ». Esempi in
questo senso non mancano. Ma
ci sono anche esempi in senso
inverso, provenienti specialmente da alcuni « piccoli paesi socialisti ». Quella che, secondo
l’oratore, va comunque abbandonata è l’illusione che possa
esistere una terza via, quella di
una « economia mista » con elementi di capitalismo e di socialismo. Un ordine economico internazionale veramente nuovo
può essere soltanto un sistema
socialista e veramente socialista.
Alla base di questo ordine si
devono porre i seguenti quattro valori primari:
1. L’unità di tutta l’umanità
(superamento dei vecchi concetti di sovranità nazionale, sicurezza nazionale, interessi nazionali).
2. La dignità e il valore di
ogni essere umano (non si può
parlare di questo valore finché
si continuano a spendere ogni
giorno, nel mondo, 800' miliardi al giorno per le varie difese
nazionali).
3. La ragione del lavoro deve
essere il desiderio di servire la
società e non il desiderio del
guadagno.
4. Tutta la terra è data a tutta l’umanità.
Tra distensione
e rivoluzione
Ci siamo soffermati su queste
relazioni perché sono state tra
le cose migliori del congresso.
Il dibattito, naturalmente, non è
mancato: dopo un avvio un po’
faticoso (data anche l’eterogeneità dell’assemblea), è stato
vivo e ininterrotto sia nelle sedute plenarie che nelle 4 commissioni di lavoro, ma nell’insieme un po’ scucito: molti interventi si susseguivano senza
rapporto diretto l’uno con l’altro. Si è parlato molto (e spesso bene) ma dialogato poco.
Non sono mancate le sorprese, come quando un monaco
buddista ha chiesto con calore
che l’insegnamento della religione diventi obbligatorio in tutte
le scuole (a un occidentale fa
un certo effetto sentir dire queste cose, e sentirle dire a Moscai). Originale l’intervento di
un indiano, che ha deplorato
l’eccesso di informazione e di
conoscenza — a suo avviso in
larga misura inutile e dannosa
— presente nel nostro mondo ;
ha proposto di bloccare l’odierna «esplosione del sapere» che
non rende affatto l’umanità più
saggia: «nel mondo c’è sempre
più conoscenza e sempre meno
sapienza ».
Particolarmente incisiva è stata la critica di alcuni rappresentanti del Terzo Mondo (in
particolare di un cristiano dello Sri Lanka) alla « coesistenza
pacifica » sanzionata a Helsinki
e di cui i popoli in via di sviluppo farebbero le spese: le potenze del Primo e del Secondo
Mondo « coesistono pacificamente » tra loro ma si affrontano indirettamente nel Terzo
Mondo ponendolo in stato di
permanente belligeranza; gli accordi di Helsinki salvaguardano l’attuale equilibrio mondiale, che però è sfavorevole al
Terzo Mondo che lo vuole modificare.
Un altro appello appassionato è venuto da un cristiano asiatico : « Noi non possiamo rinunciare al socialismo — lo capiscano gli occidentali; e non possiamo rinunciare al cristianesimo (e in generale a una fede
religiosa) — io capiscano i fautori (anche a livelU governativi)
dell’« ateismo scientifico ! ».
Il bruscolo e la trave
Si è discusso anche di libertà
religiosa e di diritti civili, in
URSS e nei paesi dell’Est europeo. Un tedesco occidentale ha
osservato che prima di guardare il bruscolo nell’occhio del
fratello dovremmo, come occidentali, togliere la trave dal nostro occhio; i milioni di disoccupati in Europa Occidentale
non sono forse privati di un diritto civile fondamentale? I rappresentanti dei paesi dell’Est in
generale hanno respinto gli addebiti, negando che in URSS e
nei paesi dell’Europa orientale i
diritti civili e religiosi siano
realmente conculcati. Forse loro intendono per « diritti civili
fondamentali » cose in parte almeno diverse da quelle a cui
qui in Occidente immediatamen
te si pensa quando si sente quella espressione. Sembra comunque ancora diffusa, all’Est, una
certa psicologia dell’assedio, per
cui ogni critica, anche circoscritta, viene avvertita come un
attacco frontale al sistema e suscita una immediata reazione
difensiva, oppure un’azione di
contrattacco in cui la critica
viene ritorta contro chi la formula. Su questo tema non si è
quindi riusciti — almeno in seduta plenaria — ad avere colloquio costruttivo.
I limiti
Impressionante, infine, pur
nella sua pacatezza, è stato l’intervento di un pastore delle
isole dell’Oceano Pacifico (« che
non è affatto pacifico », ha detto) sulle quali o nelle cui vicinanze continuano ad aver luogo dei micidiali test atomici,
con le loro disastrose conseguenze.
Fta i limiti del dibattito (e
del congresso) segnaliamo, oltre al suo carattere disarticolato e poco dialogico, il fatto che
è mancato un confronto approfondito fra ie varie religioni
presenti; pur non essendo questo lo scopo primario del congresso, l’occasione ( dopotutto
abbastanza rara) di un’assemblea interreligiosa cosi vasta poteva essere meglio utilizzata. Invece, una volta acquisita l’universaiità di certi principi morali, non si è andati oltre.
Nell’insieme comunque riteniamo che il valore del congresso sia maggiore dei suoi limiti.
II cammino tra distensione e
rivoluzione non è agevole ma
nell’attuale momento storico appare il migliore per l’umanità
nel suo insieme. Si tratta da un
lato di attuare una distensione
che non congeli i processi rivoluzionari e dall’altro di edificare un nuovo ordine politico ed
economico internazionale senza
provocare una nuova conflagrazione mondiale. Ma è possibile
tutto questo? Il congresso di
Mosca, forse in un eccesso di
ottimismo, sembra aver detto
di si.
Paolo Ricca
SORNETAN - SVIZZERA FRANCESE
A 6 anni dalla costituzione della C.Ev.A.A.
A Sornetan, nel Giura svizzero
di lingua francese, non lontano
da quel Belleley dove molte infermiere valdesi hanno lavorato
negli anni passati, si è riunito il
Consiglio della CEvAA dal 20 al
30 giugno.
I 21 delegati delle 23 chiese
membro, i cinque segretari, i
quattro invitati europei in Lesotho e nel Benin, un numero variabile di osservatori e di invitati hanno dato vita a questo sesto
incontro generale della CEvAA
in cui si sono tirate le somme
del lavoro svolto nel 1976 e fatti
i primi piani per il 1978.
Le chiese
non europee
si responsabilizzano
Non è una novità in ouanto la
CEvAA è nata proprio da questa
presa di coscienza da parte di
tutti, ma è una constatazione
molto positiva e lieta vedere come le cose procedono anno dopo anno.
All’inizio questa consapevolezza era abbastanza teorica da
parte degli uni e degli altri per
dei motivi assai comnrensibili,
ma ad ogni incontro si è potuto
constatare che il ritmo dei progressi si è andato accelerando.
Naturalmente nei confronti intercontinentali non c’è mai stato
preconcetto razzista, ma proprio
la preoccupazione del rispetto re
ciproco, il timore di urtare suscettibilità impreviste hanno, all’inizio, reso difficile un confronto veramente approfondito e certe critiche reciproche rimanevano inespresse. (Quest’anno è stato
notato un grande passo avanti
ed europei e fratelli appartenenti ad altre culture e razze hanno
saputo esprimere reciprocamente il proprio pensiero e le proprie critiche con molta maggior
franchezza ed incisività.
Un altro segno è dato dalla
« politica » finanziaria CEvAA.
AH’inizio una grossa percentuale del denaro raccolto nella cassa comune era usato per mantenere all’opera nel terzo mondo
gli inviati europei che vi lavoravano. Oggi le percentuali sono
molto cambiate. Il personale europeo si riduce man mano a causa dell’aumentata autonomia delle chiese locali: soprattutto per
quel che concerne il lavoro pastorale sono stati fatti grandi
progressi, ma anche nei campi
dell’istruzione e della sanità. Non
solo ma sempre di più le chiese
africane e del Madagascar sono
in condizione di aiutarsi l’una
l’altra, magari con il contributo
finanziario di tutta la CEvAA,
ma senza dover sempre chiedere uomini all’Europa. Per la prima volta quest’anno si è potuto
affrontare il problema dello
« scambio » di persone fra le
varie chiese e non solo più l’invio
di gente dove ci sono vuoti da
colmare. Questo ha significato
che la maggior parte dei fondi
della CEvAA (che intanto sono
raddoppiati) sono ora a disposizione delle varie chiese per le
loro iniziative e non iniziative
europee nel loro seno.
Altri segni di questo progresso sono il passaggio dell’Azione
Apostolica comune di Bohicon
alla chiesa evangelica del Benin
e l’impostazione della nuova AAC
in Zambia.
La CEvAA
si allarga,
ma non troppo
Diverse chiese, nei vari Continenti, sono interessate all’opera
della CEvAA ed hanno fatto
approcci in vista della loro ammissione. Sorge così il problema della estensione di questo
lavoro. Dovrà allargarsi ancora
in modo sostanziale fino a rischiare di costituire una specie
di Consiglio Ecumenico Missionario? Bisogna limitarsi al quadro attuale che comprende essenzialmente le chiese che hanno
orbitato intorno alla Società delle Missioni Evangeliche di Parigi? Ma in questo caso non si rischia una chiusura ed un ghetto?
Il 'iroblema è stato dibattuto
sia nelle sedute di Papeete che
a Sornetan. La discussione non è
ancora terminata, ma la linea
da seguire si è ormai delineata. Molte caratteristiche della
CEvAA inducono a mantenere
dei limiti abbastanza modesti a
questa organizzazione, anche se
non strettamente quelli della
Missione di Parigi (che d’altronde sono già superati). Si scarta
quindi l’idea di uno sviluppo su
piano mondiale. Tuttavia l’idea
che sta alla base di questa comunità di chiese non è limitata a
quelle già organizzate e questo
spiega l’interesse di chiese ed
organizzazioni ecumeniche al nostro lavoro. La strada che ci
sembra dover seguire è quella di
incorapsiare altri grunoi di chiese e di società missionarie a costituire comunità simili alla nostra, in modo da avere grunni
non enormi, omogenei al loro interno, autonomi l’uno rispetto all’altro, ma capaci di collaborare
fra di loro.
Nonostante questo si è deciso di accettare la KEM di Basilea. La Cooperazione delle Chiese e Missioni Evangeliche (KEM)
è da tempo in contatto ed in collaborazione con la CEvAA oltre
che con organizzazioni missionarie di tipo tradizionale. Poiché
non si tratta di una chiesa, ma
di una organizzazione ecclesiale,
la KEM è diventata membro associato e la sua presenza sarà
certamente preziosa per le chiese della CEvAA.
F. Davite
6
VALDESI E POTERE STATALE - 2
La Resistenza dei XVII secolo
Un poriodo storico sognato da violente persecuzioni
a colloquio con i lettori
Con il principio del doppio lealismo, verso Dio e verso il principe, espresso dai documenti e
dalle azioni compiute dai valdesi e dai loro organi ecclesiastici
alla metà del XVI secolo, non
viene individuata una netta distinzione tra l’ordine temporale
e quello spirituale riconducibile
ai termini di una separazione di
poteri tra Stato e Chiesa. Si
tratta di un rifiuto di obbedienza ai poteri di questo mondo,
allorché impartiscono comandi
contro coscienza, quali che essi
siano; sia che tocchino direttamente la sfera delle cose dello
spirito, sia che le concernino
indirettamente attraverso questioni di carattere più propriamente temporale. I valdesi nelraffermare tale principio si rise^ano infatti il giudizio qualicomandi loro riolti dal legittimo principe a
CUI invero intendono obbedire
‘Ì* ^’adesione cosciente all uso legittimo che egli
accia del potere di imperio che
Ja sua funzione gli conferisce.
Una tale impostazione pone in
malto, sul piano deirazione pol’affermazione delle libertà in tema di religione a cui i valdesi aspiravano ed iinplica l’indipendenza
istituzioni ecclesiastiche che intendevano difendere
da ogni ingerenza statale. Il ricorso ad un tale principio comportava però l’opposizione al regime allora imperante sulla scena europea nei rapporti correnti
tra principe e sudditi in tema
di religione, poiché suonava rinuto del « cuius regio eius et
religio » (di chi è il territorio
di Jui e anche la religione), cori
tutte le possibili spiacevoli conseguenze a loro carico.
UN CONFLITTO POLITICO
Da un tale conflitto ideologico, che poneva l’una contro l’altra due mentalità totalmente
opposte, non poteva che scaturire un conflitto politico, tanto
piu perché il principio del doppio leahsmo non ispirava soltanto gh atti degli organi ecclesiastici quasi fosse espressióne di alcuni ostinati, ma improntava di sé anche il comportamento dei singoli (come ^avveime in modo clamorosamente
occasione della co
f * banditi »)
nei confronti dei pubblici poteri
costituiti, così colie erano varii
mente articolati in quel Sriodo di transizione tra il regime
feudale e quello della centrahz
zazione statale dei poteri.
tentativo di verificare il
grado di coerenza vissuto dai
valdesi nelle difficoltà cui andtano incontro nel manifestare
religiosa e sociale nei confronti del potere
pubblico, dobbiamo valuta?ram
prodotto dallo
stato m alleanza con il clero
cattolico, per ricondurre i valdesi alla totale obbedienza. Pressione questa che produsse il suo
erretto, come progressivo condizionamento ambientale e culturale con il passare delle generazioni.
indubbio che, anche
nel periodo successivo alla pace
trnlT ^ valdesi^sep
pero attenersi coerentemente al
principio del doppio lealismo ed
alle sue implicazioni.
•L CIURI8DIZI0NALISM0
SABAUDO
giurisdizionalismo sabaudo si inizia nel 1565
per quanto concerne i valdesi
con 1 avvento alle Valli del governatore Castrocaro. Si hanno
due periodi distinti: uno che si
prolunga sino alPesilio del 1686;
e I altro — su cui ci soffermere’ino un altra volta — inizia con il
rimpatrio e va sino al travolgimento del vecchio Piemonte da
parte delle truppe rivoluzionane francesi alla fine del XVIII
secolo.
Nel primo di questi periodi i
valdesi dovettero subire le vessazioni e le pressioni esercitate
da uno Stato che andava accentrando in sé ogni potere sino a
pervenire all’assolutismo con
Vittorio Amedeo II. Si trattava
di uno stato confessionale che
secondo la concezione politica di
quel tempo, attesi i rapporti con
Roina, non avrebbe dovuto consentire dissidenze in campo religioso. Ma certamente la presenza valdese rientrò nel gioco
ambiguo della politica ecclesiastica che i duchi di Savoia menavano con il Vaticano.
RISPOSTA
ALLE ESIGENZE
del momento
. Non sorprende che i valdesi
m virtù dei principii che li animavano, nell’isolamento in cui
fessS P°btica con
tessionale sabauda provvedessero direttamente ad allestire vari servizi loro occorrenti sul
P^bbhS. Si
trattava di questioni ed istituti
tenuta del
ralhl Pubblica mo
ralità, gh accertamenti e le dispense matrimoniali, la giurisdizione m tema di matrimonio
rhf^ talune liti’
che a quel tempo fuori delle
f ano retaggio degli orga
ni ecclesiastici per cui lo Stato
nrH- ^ punte
degli ordinamenti e dellè stmt
i“'* wf ¿"fi
vallo del principio separatista,
dovuti nell’obbedienza
dovuta al Signore, né un’inge
StnS ’ordine proprio dello
5>tato da parte dei valdesi, ma
pm semplicemente soltanto un
adeguarsi consapevole alle esigenze dei tempi rispondendo ai
bisogni della loro società Nessuno avrebbe provveduto alle
loro necessità in tali materie
organi
della Chiesa romana. Pertanto
stimo che l'atteggiamento assunto dai valdesi debba essere
valutato come un comportamento coerente con il criterio del1 indipendenza delle loro istituzioni ecclesiastiche. La Chiesa
operava in proprio colmando le
carenze che via via si rivelavano nelle strutture sociali di quel
popolo di montanari che andava assumendo, anche sotto il
profilo sociologico, connotati
suoi propri che risentivano la
impronta dei loro postulati di
fede. Direi in più: queste attività che i valdesi lentamente
abbandonarono in periodi storici più recenti, fecero col tempo
maturare nel loro ambiente il
principio dell’azione ecclesiastica condotta in stimolo e surroga delle strutture della società
civile; principio a cui ancor oggi i valdesi si attengono.
COERENZA
Tipico del giurisdizioiialismo
allora dominante era che lo Stato si ponesse come potere decisorio anche in materia ecclesiastica cercando così di controllare la vita ed i fatti della religione tanto più poi nei confronti
dei dissidenti.
Vedo quindi un altro atteggiamento di coerenza con il doppio lealismo nel rifiuto opposto
dai valdesi al governatore Castrocaro che avrebbe voluto
controllare ed assistere al loro
Sinodo del 1556. Risulta che nel
1627 un messo ducale presenziò
al sinodo tenuto in Pramollo,
ma si trattò di un caso isolato.
Per oltre cento anni dopo il tentativo del Castrocaro i valdesi
si rifiutarono di obbedire agli
ordini che venivano loro rivolti
circa il preventivo controllo e la
presenza del potere civile nei
loro sinodi. La conferma di tale posizione coerente con i loro
principii ce la offre il Faverot il
quale, scrivendo contro i valdesi nel 1673, li rimproverava precisando: « vous n’avez jamais
voulu permettre aucun lieutenant de S.A.R. à vos synodes
jusques à l’an 1666 ».
Per opporsi a tale tipico tra i
jura maiestatica dell’ideologia
giurisdizionalista i valdesi convocarono per alcuni anni i loro
sinodi presso le chiese che si
trovavano in territorio soggetto
alla monarchia di Francia, in
modo da sfuggire così all’ingerenza statale sabauda che si era
fatta più pressante sancendo un
proprio diritto al riguardo con
l’editto del 14.2.1664. In seguito
dovettero cedere su questo pun
to di fronte alla forza. Mà di ciò
mi sembra difficile far loro carico.
IL PREZZO
DELL’ASSOLUTISMO
Gli episodi sopra accennati, e
gl altri richiamati da ArmàndHugin nei suoi pregiati articoli, dimostrano soltanto le diffìcolta che i valdesi incontrarono
nell opporsi al giurisdizionalismo sabaudo. Ma da una tale
resistenza non è pensabile deburre che i valdesi vivessero nel
XVII secolo un regime separatista; situazione questa che a
quel tempo néssuno aveva ancora ipotizzata. Accostamenti
tra fatti di un’epoca e principi
ideologici elaborati in epoca
successiva, non sono storicamente accettabili.
Nel corso di quel secolo di
sviluppo dell’assolutismo, non
ancora illuminato, e di giurisdizionalismo confessionale, per lo
più intollerante, anche i valdesi dovettero via via cedere al
predominio e all’ingerenza dei
poteri statali sulle attività religiose ed ecclesiastiche. Il doppio lealismo da loro espresso
trova però anche in quel secolo
le sue espressioni e le sue giustificazioni proprio nel quadro
della mentalità giurisdizionalista in cui a quel tempo si svolgevano i rapporti tra Stato e
chiese.
Ai loro princìpi infatti i vaidesi si richiamarono anche nei
momenti di estremo pericolo.
Né l’azione di Gianavello e la
resistenza dei « banditi », né la
lotta armata che li portò alla
sconfitta ed all’esilio del 1686 sono fatti riconducibili a soli atti
di ribellione, ma esprimono in
sede politica il modo ed i limiti
nei quali i valdesi consentirono
con il giurisdizionalismo confessionista di quel secolo e dimostrarono a quali rischi essi
vennero per ciò stesso ad esporsi, pagando in proprio il prezzo
della loro coerenza.
{segue)
Giorgio Peyrot
Il « Pastore »
Enrico Jahier
Caro Direttore,
Il prof. Franco Giacone, nel suo articolo apparso sul n. 46/28 nov. 1976
del giornale da lei diretto, attribuisce,
con evidente intenzionalità, la qualifica di « Evangelista » a mio padre Pier
Enrico Jahier, anziché quella di « Pastore » (evangelico) attribuitagli da
mio fratello Piero nel suo libro « Ragazzo » e da tutta la critica letteraria
conseguitagli.
Recentemente, infatti, il prof. Giacone mi ha confermato, a voce, che
mio padre non è mai stato Pastore
rante), quahfica notoriamente equivalente, nell’ordinamento delle Chiese
Battiste, a quella di Pastore evangelico.
Naturalmnte qui non è in gioco la
buona fede del prof. Giacone, ma la
fonte della sua informazione. Vorrei
tuttavia, con l’occasione, pregare chi
non può proprio fare a meno di occuparsi della mia famiglia ormai estinta
(ne sono l’unico superstite) di non incorrere in svarioni storico-biografici,
facilmente evitabili, sul genere di
quelli in cui incorsero, ad esempio,
Stefano Jacini nella sua pur pregevole opera sul riformatore italiano Conte
Piero Guicciardini (Sansoni); Giuseppe Prezzolini (su « La Nazione ») attri
, usieo aSNOBE, una fede, un battesimo. ' - '
dtftsiiana
IN ^plAA.
PtmA Dt l4-ClhA N
Foucldta A, U. Rurorara 1870
Si «itìBistai ¿àie
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■ ITOUMS8» aw cóTsmoaic&Rts m ttot», ovwo
ri fi,
Í f-'-fyaJSni jt- Ui-ùe,
Il Pastoie
úái» Ghie», egniáeí'e^
pdtowes^ ctjnsHH»HicMÌtè lo fifiCB, oiwo «0»!^ no partea»»' ¿a d«tu
evangelico’ ma Evangelista e, fino al buendogli un’opera amena mai scritta
^ÌQfl r>/-ST-l miao-fn ______1 I>A
1890, con questa qualifica, al servizio
della cosiddetta «Chiesa dei fratelli» di
Firenze.
Poiché tale aifermazione, oltre a
non corrispondere a verità, nuoce cer
tamente alla serietà e dignità di quanti lo conobbero da oltre un secolo, alle
Valli ed altrove, come Pastore evangelico, le chiedo la pubblicazione di questa lettera e accludo il certificato ufficiale, rilasciato in data 22 marzo 1887
dalPallora Presidente della Missione
Battista in Italia Rev, James Wall,
attestante che Pier Enrico Jahier prestò lodevole servizio dal 1875 in varie
sedi dell’allora Chiesa cristiana apostolica (= Battista) come Ministro
evangelico (sottolineato dal dichia
CONFERENZA METODISTA
SINODO VALDESE
Il Sinodo Valdese^ secondo quanto disposto dall’atto n. 54 della
sessione sinodale europea 1976, è convocato per
DOMENICA 21 AGOSTO
I membri del Sinodo Valdese e della Conferenza Metodista sono
invitah a trovarsi nell’aula sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice alle ore 15.
La Sessione plenaria della Conferenza Metodista è convocata a
Torre Pellice nell aula magna del Collegio Valdese alle ore 21 di
DOMENICA 21 AGOSTO
Poiché anche quest’anno si avrà una sessione congiunta del Sinodo Valdese e della Conferenza Metodista, il culto di apertura, con inizio alle ore 15-30 nel tempio di Torre Pelliee, sarà comune; la prima
parte sarà presieduta dal pastore Giovanni Lento, designato dal Comitato Permanente Metodista, mentre il predicatore, designato dalla
sessione sinodale europea 1976, sarà il pastore Giorgio Tourn (supplente il pastore Salvatore Carco). I pastori Giovanni Lento e Giorgio
Tourn procederanno alla prevista consacrazione al ministero dei candidati Sitta Druecke Campi, Giuliana Gandolfo Pascal e Thomas
Noffke. Tutta l’assemblea è invitata a partecipare all’imposizione delle mani.
a „ P^’esidente j, Moderatore
della Conferenza Metodista della Tavola Valdese
Sergio Aquilante Aldo Sbaffi
CONVOCAZIONE DEL
CORPO PASTORALE
II Corpo Pastorale valdese e melodista è convocato per
SABATO 20 AGOSTO
ore 9 nella sala sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice, con il seguente ordine del giorno :
1) esame di fede dei candidati al ministero Sitta Druecke Campi,
Giuliana Gandolfo Pascal e Thomas Noffke;
2) relazione della Commissisone mista d’indagine sulle forme
liturgiche in atto;
3) relazione della Commissione mista sulla « conciliarità »,
Alle ore 16.30, nel tempio del Ciabas di Luserna S. Giovanni, si
prevedono i sermoni di prova dei candidati al ministero. I membri delle chiese valdesi e metodiste sono invitati a partecipare sia all’esame
di fede sia al culto nel quale saranno pronunciati i sermoni di prova.
Il Presidente U Moderatore
Sergio AguiLANTE Aldo Sbaffi
(mio padre ebbe fama, documentabile,
di oratore, ma non di scrittore) e, più
recentemente, Giorgio Spini (cc L’Evangelo e il berretto frigio » - Claudiana)
che gli attribuì imprese mai compiute
e Teffigie di un ignoto.
Enrico Jahier
Unità
non divisione
Da molto tempo si discute e si
continua a discutere tra i due contendenti (Chiesa Evangelica Valdese e Testimonianza Evangelica Valdese).
Vorrei sapere chi dei due aspira al
primato!
Io sono per l’ordine, non per il confusionismo. Penso che le nostre comunità hanno chiaramente risposto e che
esse non siano per le divisioni, ma per
Vunitù della Chiesa.
Cristo non è Egli diviso, ma Egli
vuole che ogni credente pratichi ed
osservi la sua Parola, non a parole, ma
con cognizione di fatti; perciò sia ben
chiaro a tutti che Cristo non è né di
Paolo, né di Cefa, né di Apollo, ma è
di tutti noi credenti.
Permettetemi, come cristiano, che
tutto ciò è vergognoso e puerile. Cerchiamo, piuttosto, di seguire il cammino che ci è stato additato, senza
vergognarci dell’Evangelo di Cristo,
perché ognuno di noi è responsabile
delle proprie azioni.
Sono un vostro fratello Valdese e
membro del consiglio di Chiesa di Taranto e sento il dovere al richiamo ed
al ripensamento di questa vostra iniziativa di dispersione o divisione che
vorreste voi praticare.
Fraterni saluti nel nostro unico salvatore Cristo Gesù.
Valentín! Gaetano
Non provochiamo
Caro Direttore,
su « La Luce » dell’8 u.s. leggiamo
in 2» pag. la notizia di una « campagna d’evangelizzazione » organizzata a
La Spezia dalla Chiesa dei Fratelli.
Ringrazio anch io per l’informazione,
ma non per la valutazione : esclusivismo, visione angusta, settarismo, non
sono un flagello limitato a quel gruppo di comunità evangeliche.
È importante che noi non provochiamo né esasperiamo atteggiamenti
del genere. Mi pare che il nostro compito, oggi, sia anche di recuperare
quella fraternità, quella forza solidale
che ha contraddistinto levangelisino
prima deirultima guerra. Del resto, la
salvaguardia deirautonomia delle iniziative non sempre è censurabile, specie se in cambio noi — « chiese federate » — non offriamo iniziative analoghe, an::H, ci siamo distinti per atteggiamenti di rigetto. Forse è tempo di rifiutare le provocazioni di chi
sulle divi.sioni e le liti ci vive sopra,
e di ritrovarci fratelli davvero, membri della famiglia di Dio.
L. S.
7
5 agosto 1977
CRONACA DELLE VALLI
PRAROSTINO
Stòria di un
gemellaggio
Se a volte può essere retorico
parlare di gemeliaggio fra due
comuni, per Prarostino e Mont
sur Rolle la cosa è diversa. Certamente Prarostino, un piccolo
comune delle valli Valdesi resta ancora un cugino povero
rispetto a Mont sur Rolle, che si
trova sulle colline del cantone
di Vaud, sulle rive del lago di
Ginevra. La sua attività principale è la coltivazione della vite
fatta in maniera intensiva e meccanizzata ; conducendo una vasta campagna di valorizzazione del prodotto permette un
reddito notevole.
Certamente sulle lavorazioni,
tipo la vendemmia, vengono impiegati dei lavoratori stranieri
soprattutto meridionali ; vengono assunti con contratti mensili con una retribuzione di una
cinquantina di franchi svizzeri
al giorno più vitto e alloggio.
Secondo il tipo di lavoro vengono utilizzati uomini o donne; a
luglio durante il periodo della
nostra visita, la maggioranza
era composta da ragazze; per
questi lavoratori il problema
dell’emigrazione è sentito in
tutti i suoi aspetti; abbandono
del paese, ignoranza della lingua
straniera, lontananza dai propri affetti e spesso la divisione
della famiglia. Nonostante questo si sentono più apprezzati e
stimati che non in genere il meridionale che sale nelle grandi
città industriali, relegato ed emarginato nei centri storici sopraffollati e sprovvisti di servizi e aree verdi.
Non è certo fuori luogo il discorso sopraesposto. Non dimentichiamo che la xenofobia
resta sempre uno dei motivi
che dividono le nazioni.
In questo contesto, per avvicinare due popolazioni con tante cose in comune, la religione,
il lavoro della terra, la volontà
di voler migliorare in tutti i
sensi i rispettivi paesi, va vista
la manifestazione del gemellaggio del 2 e 3 di luglio.
A Mont sur Rolle c’è un cippo che ricorda il luogo in cui i
Valdesi, allontanati dalle valli a
causa delle persecuzioni, si riunivano per il glorioso rimpatrio;
la visita e la conoscenza della
gente di questi luoghi ha voluto essere uno stimolo in più di
questa manifestazione e speriamo uno stimolo alla nostra fede. Non a caso il momento principale delle due giornate è stata la partecipazione comunitaria al culto.
La comitiva prarostinese è
arrivata a Mont sur Rolle nelle
prime ore del pomeriggio di sabato 2 luglio a bordo del pullman comunale sopra cui spiccavano chiari i simboli dei due
comuni; dopo i saluti e una
bicchierata con vari « salute e
santé » una passeggiata lungo
il lago, la visita di alcune cantine cooperativistiche, la cena nelle varie famiglie dove la notte
abbiamo pernottato. La serata
del sabato, nel salone del comune c’è stata la vera e propria
manifestazione ufficiale con
suoni della fanfara, esercizi ginnici, cori di bambini, saluti e discorsi ufficiali, scambi di doni
e balli fino a notte avanzata.
Alla domenica la partecipazione al culto in mezzo alla comunità Vaudoise, quindi la visita in un grande parco e rinfresco presso la casa del vicesindaco, infine il pranzo freddo
nel salone del comune.
15 AGOSTO
Il tradizionale incontro delle chiese valdesi per la giornata del 15 agosto avrà luogo quest’anno
ALL’INVERSO DI VILLAR PELLICE
PROGRAMMA
Mattina
ore 10: culto presieduto dal past. Ernesto Ayassot;
predicazione: past. Giulio Vicentini,
ore 11: dibattito sul tema «I rapporti fra Chiesa e Stato,
Concordato o Intese? »
Pomeriggio
ore 15: saluto del moderatore Aldo SbaflB.
ore 15.15: intervista col moderador della Mesa Wilfrido
Artus.
ore 16: Villar Pellice ieri ed oggi.
Messaggi e saluti.
In caso di cattivo tempo i’incontro ha luogo nei locali
della chiesa di Bobbio PelUce.
Indicazioni iogistiche:
Per chi proviene dalla bassa vai Pellice, seguire la provinciale per Bobbio fino all’uscita dell’abitato di Villar, indi svoltare a sinistra verso il ponte sul Pellice. Possibilità
di pareheggio nei pressi del luogo dell’incontro. Funzionerà
un buffet.
L’itinerario sarà indicato da appositi cartelli.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Il Bazar, preparato dalla Società di Cucito « Le Printernps »,
ha avuto domenica scorsa il suo
svolgimento con un esito più
che mai lusinghiero sia per l’affiusso di visitatori, sia per l’incasso che ha superato il milione
e mezzo e che sarà devoluto alle opere della chiesa.
Si ringraziano quanti hanno
collaborato con la Società di
Cucito per la realizzazione del
bazar ed un grazie particolare
ai signori Jean e Matilde Rostagnol ed al Comitato dei ricevimenti.
• Nel tempio del Ciabas si sono sposati sabato scorso Revel
Claudio e Solerà Maria Grazia.
Rinnoviamo ai giovani sposi i
migliori auguri per la loro vita
in comune.
PERRERO
Anche se il tempo nel mese
di luglio non è stato molto favorevole, sono quasi terminate
le indagini geologiche sulla frana che ancora mette in pericolo una parte dell’abitato di Perrero. Al termine delle indagini
si potrà anche sapere che cosa
è necessario fare per rendere
stabile il terreno.
Intanto è stato preparato un
progetto per raccogliere l’acqua
del torrentello che per tante
settimane si è riversato sulla
provinciale, privo del suo sfogo naturale. Raccolta in grosse
tubazioni, l’acqua sarà convogliata lungo la strada di accesso alle villette e attraverserà la
provinciale in prossimità del
cimitero, per scaricarsi più in
basso nella Germanasca. Si eviteranno cosi trivellazioni nell’abitato, molto pericolose quando
l’acqua trasporta anche detriti
solidi.
• A giugno è entrato in servizio il nuovo pullman comunale
per il trasporto di studenti e
della popolazione a Pinerolo.
In questi giorni è entrato in
funzione il nuovo acquedotto
comunale che dovrebbe sopperire alle carenze idriche del
paese.
Nel mese di agosto la Pro loco ha intenzione di riverniciare
la facciata della chiesa valdese.
Tutti sono invitati a collabo
rare.
La Pro loco ricorda che per
tutto luglio e agosto al sabato
e alla domenica organizza : il
festival del liscio, gare a bocce,
tiro al piattello e giochi vari per
bambini.
A settembre l’amm. comunale organizza una gita sociale a
Mont sur Rolle di una giornata.
Tutti sono invitati; basta prenotarsi in comune o presso la
Pro loco.
RORA’
Un concerto di trombe degli amici tedeschi del Baden ha riunito un folto numero di persone
nel tempio, mercoledì 27 luglio.
Che il tempio di Rorà sia, quello
alle valli, con la migliore acustica {così ci hanno detto) apre le
porte ad altri incontri nel futuro...
• Domenica 7 agosto, alle ore
15, avremo un culto aH’aperto in
località Ciot (presso Leopoldo
Rivoira), per la zona Rumer e
Palà.
® Domenica 14 agosto bazar
della chiesa, con vendita dei lavori dell’unioné femminile e dei
prodotti locali. Un invito cordiale è rivolto a tutti.
• Giovedì 28 luglio ha avuto inizio il ciclo di serate dedicate alla
conoscenza della storia di Rorà
nelle vicende storiche legate alla presenza valdese alle valli. Il
prof. Gönnet ha introdotto l’argomento per il periodo medievale.
Il prossimo incontro concerne le
vicende del XVI-XVII secolo mentre giovedì 11 agosto affronteremo le vicende locali di rilievo
fino al dopo Resistenza.
L’iniziativa intende non solo
favorire un approcccio con i turisti ma al tempo stesso offrire
a tutta la comunità (chi può dire di non essere personalmente
interessato?) la possibilità di conoscere e di approfondire alcuni
momenti significativi del passato
e del presente.
• La comunità ringrazia lo studente in teologia Walter Michelin Salomon per la sua predicazione, il 3 e 10 luglio.
TORRE PELLICE
• Una ventina di giovani, iscritti alla FGEI, ha organizzato un campo di lavoro lungo la
strada di S. Martino, una delle
zone più colpite dal cedimento
del terreno. La loro opera consiste nella ripulitura delle cunette della strada, per evitare
che l’acqua piovana provochi
altri crolli, infiltrandosi nel terreno.
SAN GERMANO
• Siamo riconoscenti alla studentessa in teologia Renata Germanet e all’anziano Dino Gardiol che hanno tenuto i culti le
domeniche 10 e 17 luglio e al
pastore T. Pons che ha presieduto i culti alla Casa di riposo
ed il funerale del fratello Mié.
• Sabato 30-^ ha avuto luogo
nel tempio il concerto organizzato dalla Corale in accordo con
la Pro Loco di Torre. Il programma molto ricco e vario ed
eseguito in modo veramente
magistrale dal maestro Pedi,
giovane ma eccellente organista, è stato seguito con attenzione da un numeroso pubblico;
la giornata e la serata sono state purtroppo inclementi quanto
mai dal punto di vista metereologico.
• Sabato 6 agosto alle ore 20.45
il pastore Bruno Tron terrà nei
locali dell’Asilo una conversazione sul tema : « Gli evangelici
in Eritrea nelia situazione attuale»; tutti sono calorosamente invitati a partecipare all’incontro naturalmente aperto a
chiunque si interessi all’opera
della chiesa nel mondo o alla
situazione africana.
• Diciamo la nostra simpatia
cristiana alle famiglie Mié, Beux,
Bounous per questo lutto che le
ha colpite, come siamo vicini in
preghiera alla fam. Travers per
il decesso del padre Stefano avvenuto all’ospedale di Pomaretto all’età di 88 anni e alla famiglia Capello di Porte che ha perso un bambino di 2 anni.
• Un gruppo di trombettieri del
Baden ha visitato la Casa di riposo partecipando al culto e suonando alcuni brani. Abbiamo
rivisto con piacere il past. Geymet. Grazie sin d’ora al pastore
R. Nisbet che presiederà il culto domenica 14 agosto.
RIFUGIO CARLO ALBERTO
ANGROGNA VILLASECCA
A Pradeltorno — di fronte ad
una folla imponente — si sono
svolti, lunedì 1 agosto, i funerali di Alberto Gaydou deceduto presso l’ospedale Civile di
Pinerolo (dopo una normale degenza per im’operazione alla
prostata) all’età di 64 anni.
La statura umana di Bär Gaydou era soprattutto legata alla
sua fama di «medico dei poveri », ovvero alla sua rara capacità di saper mettere a posto
muscoli e tendini distorti. Con
semplicità ha saputo sempre
aiutare tutti quelli che lo hanno cercato. E la comunità valdese (ma non c’erano solo dei
valdesi), raccolta intorno al
messaggio della risurrezione, lo
ha ricordato con riconoscenza
circondando d’affetto e simpatia i familiari.
• Mercoledì) 3 sera, presso il
Tempio del Capoluogo, alle ore
21 si svolgerà im concerto di
trombettieri di Scwaebedorf,
un’antica colonia valdese della
Germania occ. L’invito al gruppo evangelico d’Oltralpe a presentare una rassegna di musiche e cori evangelici è stato rivolto dalla nostra Unione Femminile. L’introito della serata
sarà devoluto per la costruzione di una nuova cucina per la
sala unionista. Partecipate numerosi.
• Domenica 7 agosto, alle ore
14,30, culto all’aperto al Bagnau. Non dimenticate questo
appuntamento !
Foresteria Valdese
di Pra del Tomo
Pra del Torno ha visto una
larga affluenza di giovani tedeschi — circa un centinaio — che
su tre turni di una quindicina
di giorni si sono alternati nella
foresteria La Rocciaglia dal 25
giugno ai primi di agosto. Un
gruppo proveniva da Mausach
Schwarzwald, guidato dal pastore Fescer, mentre gli altri
due provenivano da Konstanz,
guidati dal pastore Drechsler
Ogni domenica ha avuto luogo il culto in comune nel tempio di Pra del Torno con messaggi sullo stesso testo in tedesco e in italiano. Sono stati culti particolarmente vivi con la
partecipazione diretta dei giovani, con numerosi canti e molta musica.
In modo speciale desideriamo
segnalare il culto con S. Cena
del 3 luglio.
I pochi pradeltornesi in sede
in questa stagione hanno cordialniente fraternizzato con gli
ospiti tedeschi, malgrado le difficoltà della lingua.
Ringraziamo questi fratelli tedeschi per la loro presenza e la
équipe della Foresteria che aveva predisposto ogni cosa per la
loro accoglienza.
FRALI
Il 3 luglio è stato battezzato
Richard Erik, di Dario e Tron
Mirella.
• Il 16 luglio si sono sposati
Giulio Peyrot e Claudia Artus. Ci
rallegriamo per questa giovane
cónoia che continuerà a risiedere a Frali.
• Domenica 7 agosto, un gruppo di ospiti dell’Asilo per Vecchi
di San Germano Chisone salirà
a Frali e sarà accolto dalla nostra comunità. Speriamo che questa estate avara di sole offra a
questi fratelli una delle sue migliori giornate. Da parte nostra,
diamo loro il benvenuto e faremo il possibile perché questa
giornata lasci in loro un buon ricordo.
Assemblea TEV
• Il culto di domenica 7 agosto
sarà presieduto dal prof. Bruno
Corsani della Facoltà di Teologia.
8 Domenica 14 agosto avrà luogo ai Chabriol alle ore 15 la riunione pomeridiana all’aperto.
8 II 27 luglio è deceduta al nostro Ospedale la sig.ra Maria
Cougn, madre del past. Aime,
all’età di 87 anni; alla famiglia
rinnoviamo la nostra fraterna
simpatia.
Offerte
Domenica 7 agosto, ore 15,
avrà luogo l’annuale incontro
degli amici del Rifugio Carlo
Alberto. Un cordiale invito alla
popolazione e alle comunità.
Fur nella consapevolezza di una prossima conclusione della
propria esistenza a causa del
male che lentamente lo consumava, Leone Bertocchio è vissuto fino alla fine nella certezza
della presenza del Signore: « Anche se camminassi nella valle
dell’ombra della morte, io non
temerei male alcuno, perché Tu
sei con me ».
Rinnoviamo ai familiari tutti i
sentimenti della solidarietà umana e della speranza cristiana anche a nome di tutta la comunità.
8 Domenica 14 c.m. alle ore
14.30 avrà luogo la riunione estiva a Combagarino.
• Il cielo era coperto, ma non
pioveva. Non faceva freddo, ma
si stava bene. In una stupenda
cornice di monti domenica 24 luglio si è svolta la riunione estiva
alla Stelletta del Linsard che ha
raccolto circa 150 persone.
La corale di Prarostino, giunta
sul posto sin dal mattino, e la
corale di Villasecca hanno 'eseguito, anche in comune, dei pezzi dei propri repertori con ottima risonanza acustica anche se
in luogo aperto.
È stato così trascorso un pomeriggio di gioiosa comunione
fraterna espressa nel canto comunitario, nella meditazione della Parola e nella preghiera.
Una serie di canti popolari ha
concluso la riunione.
Grazie al past. Cipriano Tourn
e signora, grazie a tutti i partecipanti.
AVVISI ECONOMICI
TORINO: cercasi governante con nozioni infermieristiche per due persone anziane periodo invernale. Scrivere : Gallo-Orsi, Strada del Nobile 91/9, 10131 Torino, o telefonare: tei. 682707.
Il Pastore Valdese Edoardo Aime e
famiglia ringraziano tutte le persone
che assistettero la loro cara
Cougn Maria vedova Aime
deceduta all’Ospedale Valdese di Torre Pellice dopo lunga malattìa il 27
luglio 1977 nel suo 87° anno.
In particolare desiderano ringraziare il Dott, Enrico Gardiol, il Direttore
Sanitario Prof. Valerio Gai, i Primari
ProiF. D. Varese ed E. Tortarolo, l’équipe di Assistenti di Medicina Dott.
0. Michelin-Salomon, R. Delleani, Ìj.
Ricchiardi, S. Cabodi, nonché il personale infermieristico ed ausiliario dell’Ospedale.
Ringraziano vivamente tutti coloro
che la visitarono e la incoraggiarono :
in particolare la famiglia Janavel di
S. Margherita e gli altri vicini di casa;
coloro che la accompagnarono al campo del riposo ed espressero a voce o
per scritto ai familiari la loro simpatia
e solidarietà cristiana.
Ringraziano sentitamente i Pastori
Giorgio Tourn e Felice Bertìnat per
l’annuncio dell’Evangelo della resurrezione all’ospedale ed al cimitero.
« Io confido in Dio e non temerò ».
(Salmo 56: 11).
Torre Pellice, 5 agosto 1977.
Martedì 16 agosto, alle ore
15.30, avrà luogo nel tempio
del Ciabas (S. Giovanni), TAssemtalea plenaria del movimento T.E.V.
L’Assemblea inizierà con un
culto, cui farà seguito la relazione sul lavoro svolto e relativa discussione.
Tutti sono cordialmente invitati ad essere presenti.
La T.E.V.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Bounous Maria Cermana
in Long
commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di stima e di affetto
tributata alla loro cara scomparsa,
ringraziano tutti coloro che con scritti o presenza hanno preso parte al loro
grande dolore.
Un ringraziamento particolare ai
Dottori Bertolino e De Clementi, ai
Pastori Genre, Pons e Long, alla Signora Elisa Long e a lutti coloro che
sono stati di aiuto durante la lunga
malattia.
(f Nel mondo avrete tribolazioni^
ma fatevi animo, io ho vinto
il mondo» (Giovanni 16: 33).
Pramollo, 18 luglio 1977
I nonni, nell’anniversario della tragica morte del loro caro Arturo Menusan e ricordando gli altri cari loro
defunti: L, 30.000 per Ospedale Valdese di Pomaretto; L.35.000 per Asilo dei Vecchi di S. Germano Chisone;
L. 35.000 per Asilo dei Vecchi di Luserna San Giovanni.
Ghigo di Frali, luglio 1977.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Paolo Codino
nelTimpossibilità di farlo personalmente, ringraziano sentitamente tutti coloro che, con scritti, parole di conforto, presenza ai funerali, hanno preso parte al loro dolore.
In particolare : medici e personale
del Reparto Traumatologico dell’Ospedale Civile; il pastore Marco Ayassot;
le organizzazioni ANFI e FIP - CGIL;
la sig.ra Manavella, i coniugi Pugese.
i
8
8
5 agosto 1977
LA «moda» del dissenso
SVIZZERA
Dissidenti itaiiani
e democrazia sovietica
Una storia Quasi incredibile ma vera - Tra il ridicolo e il tragico
Difesa della salute o
dei progetti energetici?
— Bìggì! Chi era costui?
Tale domanda non la ruminava certamente tra sé don Abbondio, sprofondato nel seggiolone dell’VIIl capitolo dei Promessi sposi; ma se la devono essere ben posta i lettori sovietici, quando han letto di lui sulla
« Literaturnaja gazeta» (n. 26/
1977), che gli dedica sei colonne
sotto il titolo Ancora sulla democrazia all’italiana (la volta
precedente che l’autorevole settimanale sovietico aveva dedicato le sue attenzioni alla « democrazia all’italiana » era stato a
proposito della apparizione del
suo direttore, Cakovskij, sui teleschermi della Rai-Tv, n. 15/
1977).
Con un certo stupore, il lettore sovietico ha appreso che il
Biggi è un artista romano, professore al liceo artistico, accanito lettore di « Realtà sovietica » ; ma certo con ben altro
stupore ha scoperto anche che
si tratta di un dissidente italiano.
Come i nostri 25 lettori ben
sanno, nelle ultime settimane è
rimbalzata da un giornale all’altro la polemica sulla ’’repressione” in Italia, scaturita da un
manifesto di J.P. Sartre : a suo
dire, chi si oppone al compromesso storico viene oggi represso qui da noi, e non è affatto esagerato paragonare « Bifo » e
« Radio Alice » ai dissidenti dei
paesi dell’Est (quelli di ’’democrazia impopolare”, come diceva
anni fa ima mia amica, comimista). Sono intervenuti personaggi di rilievo, Giorgio Amendola
e Riccardo Lombardi tra gli altri, per dire che questa volta
Sartre aveva preso lucciole per
lanterne; comimque la diatriba
balneare rimane aperta, chi ha
da dire la sua la dica. Nessimo
però s’è accorto finora che l’autentico dissidente italiano non va
ricercato tra i quadri di Autonomia Operaia e dintorni, bensì,
tra i professori di liceo artistico, e i membri (i più fedeli)
dell’Associazione Italia-URSS.
Ma veniamo ai fatti: il Gastone Biggi, sdegnato per le ignobili iniziative di Ripa di Meana
e C., scrive una lettera al quotidiano romano «Il Messaggero»,
in cui afferma tra l’altro:
«Vorrei sapere dal signor Ripa di Meana, così competente
nei problemi della ’’dissidenza”,
se in Italia si può (...) organizzare una mostra dei lavori degli eterodossi italiani (...). Sospetto che organizzare mostre
sulla dissidenza altrui sia molto
più agevole (...). Insieme ad Argan, pongo questa domanda :
non sarebbe più utile, più umano e istruttivo (...) propaganda
comitato di Redazione: Bruno
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2/39878 intestato a Roberto
Peyrot, corso Moncalieri 70,
10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175
8 luglio 1960
Cooperativa Tipografica Subalpina
Terre Pellice
re da noi l’arte dei nostri artisti migliori, piuttosto che occuparsi di mediocri rappresentanti d’una qualche arte astratta?
(I quali sono anche, secondo le
lucide parole dell’A., nell’intervista di cui sotto, ’’speculatori politici” e nulla più; N.d.R.). Perché il signor di Meana non organizza accanto alla mostra del
dissenso, ima mostra del consenso col sistema sociale esistente nell’URSS? (...) Se non avrò
risposta da Voi, proporrò ai russi di organizzare a Mosca una
mostra dei lavori dei dissidenti
italiani ».
(Non possedendo l’originale
del pregevole documento del sig.
Biggi, ne offriamo la retroversione dal testo russo apparso sulla
«L. G. »; per estratti, a cagione
di spazio, come per estratti il
testo è apparso sull’autorevole
settimanale).
Come previsto, « Il Messaggero » non pubblica la lettera; e il
Biggi, palesemente impossibilitato di far conoscere il suo dissidente pensiero sulla stampa
italica, resa pavida da sì: micidiale sovversivismo, manda copia alla redazione moscovita con
una letterina d’accompagnamento, in cui rivela d’essersi deciso
al gran passo per « mettere a conoscenza d’un caso della dissidenza italiana» la redazione della « Literaturnaja », la quale accompagna il testo e il cappello
redazionale con una intervista
(a cura di l. Bocarov, corrispondente delle No vesti) con il vessato dissidente italiano.
Il quale però, nella foga del
colloquio, si lascia sfuggire una
frase rivelatrice; «Il fine dell’antisovietismo — dice, — è anche
un altro, di coprire le magagne
di casa propria. Per noi, artisti
italiani, è ad esempio sempre
meno possibile esporre i nostri
lavori, comunicare con il pubblico ». Insomma, siamo alla
vecchia e rancida questione delle conventicole artistiche, delle
gallerie, delle mostre, dei critici
e dei mercanti d’arte; di cui -—
ci sia concesso dirlo — non ce
ne importa un fico. E il dissidente italiano, vulgo pittore frustrato, che fa? ricorre a mammaRussia, verniciando di sapore
’’politico” i suoi travasi di bile
pittorici. Ma Giulio Carlo Argan, non tanto come critico d’arte, quanto come eminente esponente romano del PCI, non ha
proprio nulla da dire sui ’’dissidenti italiani”? M. C. Redasse
Non lontano da Berna, a Gosgen> è prevista la costruzione
di una potente centrale elettronucleare. Il luogo degli impianti è stato teatro, nei giorni scorsi, di una imponente manifestazione di oppositori del progetto, i quali lamentano che la sicurezza della popolazione non
sia sufficientemente salvaguardata, sia per il caso di incidenti, sia anche per i vari problemi di modificazione ambientale
che si verranno a creare.
In questo contesto sono stati
pubblicati due documenti interessanti che hanno la loro matrice nella chiesa evangelica del
Cantone di Berna. Il primo è
stilato e firmato da un gruppo
di 55 pastori, due professori di
teologia e due insegnanti.
In esso si esprime la preoccupazione perché la polizia ha
assalito i dimostranti con misure militari quasi che si trattasse di una guerra civile. In
questo senso i firmatari chiedodono che il Consiglio Federale
dichiari chiaramente e pubblicamente « che cosa e come deve difendere la nostra polizia ».
Inoltre la speciale commissione per tutti i problemi dell’energia pare essere, a detta degli scriventi, composta da persone che per varie ragioni sono
più preoccupate della difesa dei
progetti energetici che non della salute pubblica.
Considerando poi i pericoli di
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura dì Tullio Viola
Il profondo Est
■jir C^i sia permesso di chiamare così la Cina, il « pianeta » Cina: come si usa parlare di « profondo Sud » in USA e in Italia.
Che accade in Cina? È molto
difficile dirlo. La seguente notizia ( da « La Repubblica » del
5.7.’77) ci ha colpiti.
« Sta per far posto alla ribellione è al rifiuto, il disorientamento che gli avvenimenti successivi alla morte di Mao avevano provocato negl' intellettuali
che dall’occidente guardavano alla Cina come a un modello rivoluzionario? Per quanto riguarda
uno dei più autorevoli di loro,
Charles Bettelheim, è cosa fatta.
Sessantaquattrenne, docente
della prestigiosa École Pratique
des Hautes Études parigina, autore di studi che, in una certa
cultura della sinistra europea,
fanno autorità ("La costruzione
del socialismo in Cina”, "Rivoluzione culturale e organizzazione
industriale in Cina“), Bettelheim
si è dimesso da presidente della
Associazione per l'Amicizia franco-cinese, con una lettera che è
la più violenta delle requisitorie
contro la svolta condotta da Hua
Kuo-feng. Lo studioso accusa gli
attuali dirigenti cinesi di aver
preso il potere grazie a una sorta
di colpo di Stato, e di utilizzarlo
a fini revisionisti abbandonando
la dottrina di Mao.
"Il modo nel quale viene condotta la CRITICA dei QUATTRO
non ha nulla in comune con l'insegnamento di Mao (scrive Bettelheim}, e in quanto è stato pubblicato non si trova alcuna anali
si marxista: solo calunnie e maldicenze, di un livello la cui bassezza esprime l’incapacità della
direzione attuale del PCC ( — Partito Comunista Cinese) di enunciare una critica seria di quella
che, forse, è stata la linea politica dei quattro”.
Due sono le ipotesi, secondo In
studioso: o le accuse mosse ai
quattro corrispondono alla realtà, e allora "sarebbero giustificati i dubbi più gravi sulla stessa vigilanza di Mao". Oppure si
tratta di calunnie, e allora "è im
possibile aver fiducia in dirigenti
che ingannano il popolo eliminando coloro coi quali si trovano
in disaccordo, senza dichiarare i
motivi del disaccordo e ricorrendo alla calunnia ”. Bettelheim
non nasconde di credere in questa seconda ipotesi ».
Ma gettiamo un’occhiata su ciò
che veramente accade nell’inter
no della Cina. « Ad otto mesi di
distanza dal colpo di Stato contro i radicali, che mise fine ai 30
giorni d’instabile e confusa leadership collettiva seguita alla
scomparsa del grande “ timoniere", la Cina appare ora decisamente guidata da due personaggi: Hua Kuo-feng, presentato
come ¡’“erede" di Mao, e Yeh
Cien-ying, uno degli ultimi marescialli, eroi della lunga marcia,
sempre più identificato con gli
attributi di Ciu En-lai.
Nonostante l’enorme differenza
fra il vecchio tandem Mao-Ciu ed
il nuovo tandem Hua-Yeh, la propaganda cinese tende a proiettare un’immagine di continuità,
spiegando che le qualità degli
uomini al vertice del paese sono
immutate: Hua è “saggio", Yeh
è "beneamato".
Da alcune settimane la stampa
ufficiale di Pechino cita i nomi
dei due leaders, uno dietro l’altro, e pubblica continuamente foto in cui i due sono ritratti insieme. Tipica la copertina di uno
degli ultimi numeri della rivista
"Cina", destinata alla distribuzione all’estero ».
Il potere dei capi militari tende a crescere sempre più. « Con
la rimozione dei radicali, i gene
rali cinesi sono finalmente riusciti a far passare la riforma cui
tenevano più di ogni altra: modernizzare le forze armate. Ora
si tratta di applicare le conclusioni approvate dalla grande conferenza militare di gennaio: mutare lentamente le strutture, l’ad
destramento e la mentalità dell'attuale " Esercito di liberazione ", concepito e cresciuto come
esercito di popolo.
Una campagna per l’epurazione dei sostenitori e simpatizzanti della "banda dei 4” è già ben
avviata. Ora viene lanciata quella per riaffermare i principi di
disciplina e preparazione professionale contro quelli finora vigenti della preparazione ideologica.
I modelli da imitare sono ora
Lei Feng, il giovane soldato che
si sacrificò per salvare i compagni, e la “Sesta compagnia Ossoduro" di Che-kian, che la vedova di Mao aveva a suo tempo
criticato per il suo eccessivo
“professionalismo
Mentre i giornali hanno pubblicato, fianco a fianco, le direttive di Hua e di Yeh per la campagna di emulazione militare, le
varie unità del paese hanno tenuto riunioni per studiare questi
nuovi modelli. Secondo le trasmissioni delle radio provinciali, queste riunioni si sono conclu
se con impegni a “rivoluzionare"
l’esercito e ad “accrescere i preparativi per la guerra e la liberazione di Taiwan ( = Formosa) ’’.
Fra i vari problemi che la nuova leadership deve affrontare, per
riportare ordine e dare impeto
alla produzione nel paese, i problemi dei militari sembrano
mantenere la loro priorità... ».
(Da « La Repubblica » del 10.6.
1977).
COMUNITÀ’ DI BASE
Nuove repressioni
La segreteria nazionale delle
Comunità cristiane di base italiane denuncia, in un suo comunicato, «la nuova ondata repressiva della gerarchia ecclesiastica
contro preti e comunità di base
impegnate all’interno del movimento operaio e delle realtà di
base. Silenziosamente, in questi
giorni, mentre sono ancora aperti i processi contro le comunità di Lavello e di Gioiosa Jonica, sono stati colpiti con sospensione a divinis ed estromessi dalle parrocchie, don Marco
D’Elia della comunità di base di
Busto Arsizio, don Giovanni Fu
rioso della comunità di base di
San Zeno e i padri francescani
di Pigline Valdarno (Arezzo),
don Mauro Del Nevo della parrocchia di Ceteto di Livorno ».
Nel comunicato si esprime solidarietà alle comunità colpite e
si afferma che « gli atti repressivi, antistorici e antievangelici,
non potranno che ritorcersi contro coloro che oggi ne sono gli
istigatori e i promotori, né potranno impedire la crescita di
una realtà di base che è sempre
più presente e viva nella Chiesa
italiana ».
incidenti che verrebbero ad assumere le proporzioni di catastrofe, chiede che almeno per i
prossimi quattro anni non si
impiantino nel territorio svizzero centrali nucleari.
Questa richiesta è fondata
sulla speranza cristiana, perché
Gesù Cristo « ha insegnato che
leggi e autorità sono per l’uomo e non già l’uomo per le leggi. Così anche l’energia dovrebbe esSere per l’uomo e non l’uomo per una economia energetica ».
Sottolineando quindi che la
Svizzera gode oggi di diritti democratici che sembrano essere
diventati una eccezione in buona parte del mondo, i firmatari chiedono quindi che questa
libertà venga ulteriormente conservata e protetta.
Il secondo documento invece,
a nome della « comunione di
azione ecclesiastica » (kirchliche Aktionsgemeinschaft) prende le distanze « in ogni forma »
dalla lettera aperta del cui contenuto abbiamo detto per le seguenti ragioni:
1. Non è vero che i dimostranti siano non violenti. Il fatto stesso di avere occupato la
sede stradale impedendo il traffico è un’azione di forza e chi
la compie si comporta come affossatore della democrazia.
2. La responsabilità degli incidenti non può essere attribuita alle forze di polizia; se si
fosse obbedito all’invito più
volte rivolto ai dimostranti di
abbandonare il terreno occupato, non vi sarebbero state cariche da parte delle forze dell’ordine.
3. Non è opportuno disturbare Gesù Cristo e la Bibbia per
giustificare i dimostranti. « La
nozione biblica che le leggi esistono per l’uomo e non già
l’uomo per le leggi non è una
cambiale in bianco per disattendere alle leggi esistenti e valide
né per il tentativo di affermare
la propria visione delle cose
con azioni di forza ».
Come si vede, il problema
dell’energia sta diventando uno
dei punti particolarmente caldi non solo per quanto riguarda
i pericoli di eventuali incidenti
atomici o per lo smaltimento
rifiuti, ma proprio in quanto tale, per la visione della società
e la comprensione dell’uomo
che esso implica.
(EPD).
Cooperativa
“Dietrich
Bonhoeffer”
È nata a Reggio Emilia la
« Cooperativa culturale-editoriale "Dietrich Bonhoeffer" ». Si
propone di promuovere e favorire iniziative culturali, editoriali
e riformative — soprattutto nell’Emilia Romagna — sui fenomeni del cosiddetto dissenso cristiano, della secolarizzazione e
della questione cattolica, mettendosi nell'ottica della classe operaia e dei movimenti di base
nati dalla contraddizione del sistema capitalistico italiano.
Obiettivo immediato della
Cooperativa è il potenziamento
di due strumenti di stampa: la
rivista bimestrale Cristiani a
confronto (che la proprietà cede
in gestione alla cooperativa) e
il settimanale Com-nuovi tempi,
nel quale la Cooperativa intende
contribuire ad una maggiore informazione della realtà regionale
(dell’Emilia Romagna) per quanto riguarda la situazione religiosa, sociale e politica.
La decisione di intitolare la
Cooperativa a D. Bonhoeffer (il
grande teologo evangelico morto
in un campo di sterminio nazista) significa che essa vuole affrontare con particolare attenzione i fenomeni religiosi e politici,
ed in particolare quello della
secolarizzazione, che ha avuto
in Bonhoeffer la prima e profetica enunciazione. (Adista)