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Anne 118 - n. 11
12 marzo 1982
L. 400
Sped, abbonamento postale
I gruppo bis/70
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UN APPELLO DAL SUD AFRICA
11 nostro giornale ha già dato
comunicazione tempo addietro
delle proteste suscitate in America alla notizia che nel Connecticut era stato varato un sottomarino atomico battezzato « Corpus Christi ». I fatti hanno avuto un seguito sui quali vale la
pena di riflettere.
Un comunicato stampa diffuso dal M.I.R. (Movimento Internazionale della Riconciliazione)
ci informa che a partire dal 24
febbraio scorso, alcuni membri
della Comunità della Nonviolenza Creativa di Washington hanno iniziato un digiuno illimitato
bevendo solo acqua come atto
di penitenza e di invito alla riflessione su questo tema. In una
dichiarazione essi affermano che
il problema non riguarda solo
gli USA, poiché « l’escalation » al
riarmo nucleare minaccia tutti,
dato che i destini delle nazioni
sono ormai inesorabilmente intrecciati. « Se il nostro Ministro
della Marina può chiamare un
sottomarino DIO, nulla potrà impedire l’uso di quest’arma ». Essi concludono, chiedendo ampio
appoggio alla loro iniziativa.
« Digiuniamo per un futuro di
speranza... diciamo come Gesù
2000 anni fa: convertitevi, il Regno dei Cieli è vicino ».
Nello stesso comunicato, abbiamo un lungo elenco delle iniziative di protesta sorte ovunque
in America ed in particolare
quella di 259 tra vescovi e cardinali cattolici che all’unanimità
hanno votato una risoluzione in
cui chiedevano al Ministro della Marina, John Lehman, lui pure
cattolico, di cambiare il nome
del sottomarino. A tutte queste
interpellanze il ministro rispondeva il 2 dicembre con una
lettera in cui, oltre a difendere la
scelta del nome, sosteneva che
era impossibile cambiarlo. In seguito a questo nasceva l’idea di
iniziare il digiuno.
Di fronte a questo fatto ci si
può chiedere se vale la pena di
mettere a repentaglio la propria
salute per prendere posizione
contro un nome, dal momento
che, volenti o nolenti, di sottomarini atomici continueranno a
costruirne. D’altra parte, dietro
ai nomi vi sono sempre delle
idee. Il « Gott mit uns » scritto
sui cinturoni delle SS tedesche,
non è poi così lontano da noi.
A me sorge un dubbio, e forse
non sarò il solo ad averlo, che
la impossibilità di cambiare il
nome, possa derivare dalla convinzione che la bontà della propria causa possa solo essere difesa con le armi più sofisticate e,
sì finisce per convincersi che proprio queste armi possono essere
lo strumento di cui Dio si serve
per operare la Sua giustizia. Già
in un passato molto recente, abbiamo sentito preghiere propiziatorie su investiture di presidenti, definendoli come i facitori
della giustizia di Dio; caduti in
seguito miseramente a causa dei
loro intrallazzi. La storia dell’uomo rischia di ripetersi? Anche
alle comunità dei credenti spetta in ogni tempo, nella preghiera
e neH’azione, di essere una sentinella vigilante!
Adriano Longo
Prima che sia troppo tardi
Presto i neri saranno talmente (disillusi e disperati che avremo un bagno di sangue che potrebbe
provocare la III guerra mondiale - Non abbiamo paura. ”Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”
Pubblichiamo questo appello del vescovo anglicano Desmond Tutu, segretario generale del Consiglio delle chiese del
Sud Africa dandogli la massima evidenza, convinti che è sul
popolo nero del Sud Africa che grava oggi il peso più grave e
più odioso della violenza umana: quello del razzismo.
Ricordiamo che la Comunità Evangelica di Azione Apostolica ha invitato le chiese-membro a premere sui rispettivi
governi affinché questo dramma non si consumi nel silenzio
c nella complicità.
Il Primo Ministro del Sud Africa, per ottenere l’appoggio dell’elettorato bianco, afferma che
il Sud Africa è vittima di una
gLierra totale da parte del comunismo. Tutti coloro che rifiutano di appoggiare la sua strategia globale contro questa guerra
globale sono accusati di mancare totalmente di patriottismo
e di meritare l’ostilità del governo e della popolazione (bianca).
La maggioranza dei bianchi e
sicuramente il governo considerano il Consiglio delle Chiese del
Sud Africa come una spina nella
carne: il Consiglio parla continuamente delle esigenze di Dio
quanto alla giustizia, alla pace
ed alla riconciliazione. Si è messo al servizio dei minimi fra i
fratelli del Signore dando un
aiuto alle famiglie dei prigionieri politici e procurando un avvocato a coloro che sono processati per questi motivi.
Recentemente abbiamo sottolineato il carattere diabolico di
una politica che strappa alle lo
ro case milioni di neri e li esilia
in località (bantoustans — zone
bantù) abbandonate, aride e misere, risultato di una balcanizzazione del Sud Africa a causa
di motivi razziali.
La popolazione (nera) è trattata come immondizie che si
ammucchiano in una discarica.
La politica del governo condanna così popolazioni intere alla
fame ed alla sofferenza in un
paese di abbondanza.
La politica del governo, razionalmente programmata, obbliga
gli uomini a espatriare per undici mesi C0iiSeeUi.i\ i loiitano
dalle loro famiglie e a vivere
come emigranti in quartieri di
scapoli. La vita familiare dei neri
è in via di distruzione.
Il mondo ha constatato quello
che l’apartheid ha fatto dei figli
di Dio, come gli abitanti di
Nyanga sono stati cacciati dalle
loro capanne ed esposti al freddo ed alla pioggia.
Abbiamo condannato e contiULiiamo a condannare Tapar
« La politica
del governo condanna
popolazioni intere
alla fame
e alla sofferenza
in un paese di
abbondanza »
theid, altrettanto diabolico ed
estraneo alla fede cristiana quanto il nazismo e il comunismo e
continuiamo a fare appello alla
comunità internazionale perché
ci aiuti esercitando pressioni politiche, diplomatiche ed economiche sul governo del Sud Africa affinché apra negoziati prima
che sia troppo tardi.
Non c’è alcun cambiamento
serio in Sud Africa. Gli alberghi
internazionali, lo sport interraz
MATTEO 5: 1
Il clima delle beatitudini
.Mesi fa, nella Germania Occidentale, appena il cancelliere
Schmidt finì di ricordare ai giovani convenuti ad Amburgo per
il Kirchentag che « non si possono risolvere i problemi politici
con il Sermone sul Monte » vi fu
un’immediata riscoperta di questa pagina evangelica. E non a
caso piovvero sui tavoli della televisione federale tedesca numerosissime richieste di organizzare studi biblici .sul Sermone della montagna che, penso, insieme
al Padre Nostro sia. il discorso
più famoso di Gesù.
Anche nel nostro ambiente,
dopo il grido -di allarme che il
Sinodo di Torre Pellice lanciò lo
scorso anno sui temi della pace
e del disarmo siamo volentieri
ritornati al messaggio delle beatitudini. In particolare a quella
che afferma: « Beati quelli che
s’adoperano alla pace, perché essi saranno chiamati figliuoli di
Dio » e che rappresenta tutte le
altre. Perché questa beatitudine
racchiude in sé: la povertà come
scelta di vita, la sofferenza della
testimonianza, la nonviolenza
attiva, la sete di giustizia, la solidarietà con il dolore dell’uomo,
il desiderio di franchezza e semplicità che possono scatenare calunnia e odio laceranti come la
vita stessa di Cristo sta a dimo
strare.
I frammenti dei discorsi di
Gesù raccolti nelle beatitudini ci
appaiono slegati. Anche perché
siamo abituati a prendere una
beatitudine, un versetto alla volta e costruirci sopra un gran discorso: una base piccolissima
per un edifìcio enorme. Che rischia di crollare se non si ha
presente la situazione in cui Gesù promulga questa ’magna charta’ del Regno. Certo Gesù parla
non solo ai suoi connazionali ma
ha di fronte a sé un pubblico accorso da regioni lontane, oltre i
confini galilei: la Siro-Fenicia, la
Decapoli... un pubblico internazionale che vive in un clima di
violenza diffusa.
Non poche croci erano state
alzate in Galilea in quegli anni.
Paradigma delle angherie as.sassine in mezzo a cui si viveva era
stata, anni prima, la strage degli innocenti. Sono anni in cui
gli esattori battono contrade e
campagne succhiando il sangue
alle masse contadine. E alle rapaci colonne legionarie che spesso requisiscono gente e cavalcature per le strade per farsi trasportare le masserizie si contrappongono piccole azioni di
guerriglia. Dopo le prime rappresaglie molti si sono dati alla
macchia, e chi ha perso tutto è
più disposto a vendicarsi. Gesù
parla su questa polveriera. Sa
che basterebbero poche sue parole per trasformare il pubblico
internazionale che lo circonda —
stanco della dominazione straniera — in una nuova schiera di
guerriglieri.
Un clima forse meno incandescente, ma comunque teso caratterizza anche la Galilea di oggi:
due terzi degli abitanti sono arabi che si sono visti progressivamente requisire, negli ultimi dodici anni, le terre coltivabili per
ragioni di pubblica necessità. E'
la nuova politica rurale di Israele. E questo crea, raccontano
persone che hanno passato serate nei kibbntz a discutere il caso Israele, un clima di tensione
continua, di piccoli attentati, di
pregiudizi, di chiusure. Un clima
forse non dissimile da quello che
viviamo oggi, in diverse situazioni, nella grassa Europa occidentale: le divisioni delle famiglie,
l'odio tra le classi, la mancanza
di amore e dialogo nelle chiese.
Bisognerebbe imparare a leggere le beatitudini, e forse tutto il
Sermone sulla montagna, alla
luce del contesto di quotidiana
violenza e durezza diffu ;o in cui,
anche noi, cristiani o non criGiuseppe Pla.Cne
(continua a pag.
ziale sono solo una mimetizzazione. Il vero cambiamento sarebbe costituito dalla spartizione del
potere. Se il governo iniziasse
col prendere le quattro decisioni seguenti, noi diremmo al nostro popolo: « siate pazienti, si
comincia a parlare di un vero
cambiamento ».
Le misure da prendere sono le
seguenti:
1) Una sola cittadinanza per
tutti i Sudafricani in un paese
indiviso.
2) Soppressione delle principali leggi sull’apartheid (accettiamo che questo si compia per
gradi per evitare il caos).
3) Cessazione immediata della politica di trapianto forzato
della popolazione.
4) Uno stesso sistema scolastico per tutti.
Parliamo di cambiamento di
politica e siamo denigrati. Presto i neri saranno talmente disillusi e disperati che avremo un
bagno di sangue che potrebbe
provocare la terza guerra mondiale.
Parliamo di giustizia e di riconciliazione e il governo ci insulta ed una parte della stampa
orchestra una campagna per gettare il dubbio sulla nostra onestà nella gestione di fondi di solidarietà. Una inchiesta fatta da
esperti contabili ci ha compietamente assolti da queste accuse.
Ora ci si accusa di altri misfatti. Abbiamo nominato una
commissione di inchiesta. Il governo ne ha nominata un’altra.
Non abbiamo nulla da nascondere. Non abbiamo paura. « Se
Dio è per noi, chi sarà contro di
noi? ».
Nel vostro paese molti possono essere soddisfatti del discredito che si getta su di noi perché non vogliono essere implicati nei problemi del Sud Africa.
Contiamo sui fratelli ed amici
per mettere in chiaro queste
cose.
Che Dio vi benedica e grazie
per il vostro appoggio.
Vescovo Desmond Tutu
Segretario generale del Consiglio delle Chiese del Sud
Africa
2
2 vita delle chiese
12 marzo 1982
LE INIZIATIVE DELLE COMUNITÀ’ NELLA SECONDA «SETTIMANA DELLA LIBERTA’»
E nostra la questione morale
VERONA — « La morale è una
cosa talmente storica e quindi
soggetta alle leggi della storia
che non c’è nessuna morale che
possa pretendere di essere assoluta; si tratta di una serie di
regole che permettono la convivenza tra gli uomini », perciò
« quando si parla di questione
morale c’è da chiedersi se non
sia una questione di conflitto
tra morali diverse piuttosto che
una questione di presenza di morali o di assenza di morali ».
È quanto ha detto il prof. Giovanni Mottura, docente universitario a Modena, durante la
manifestazione pubblica organizzata per domenica 21 febbraio
a Verona nell’ambito della seconda « settimana della libertà »
dalle chiese valdesi e metodiste
del Veneto sul tema « La questione morale: una nuova coscienza,
una nuova responsabilità nella
crisi italiana ». Egli ha affermato che lo sviluppo economico
italiano è inadeguato a far star
bene ragionevolmente la popolazione italiana senza troppe sperequazioni. Bisogna quindi cominciare, come primo obiettivo
da perseguire, a mettere in piedi una programmazioné economica corretta. Ma è possibile
giungere a tale scopo con dei funzionari corrotti?
Gesù e Pilato
Alla manifestazione è intervenuto anche il prof. Paolo Ricca
della Facoltà Valdese di Roma
il quale ha dato alcune indicazioni su cui fermare la nostra attenzione. « Porre oggi la questione morale al potere » ha detto il
prof. Ricca, « è patetico ». A
questo riguardo è paradigmatico
l’episodio narrato nell’evangelo
sul confronto di Gesù con Pilato
cioè con il potere imperiale. Gesù non ha posto a Pilato la questione morale ma la questione
della verità. « Chi è per la verità
ascolta la mia voce » non la tua.
Gesù è l’unico che ha il coraggio
di porre la questione vera, la
verità; ed è l’unica questione
che il potere teme. Infatti le
questioni morali non sono temute dal potere perché dinanzi
agli spettacoli indecorosi degli
scandali il potere politico ha
sempre avuto la faccia pulita e
onesta da sbandierare davanti al
popolo. Che senso ha quindi porre la questione morale? Noi siamo talmente integrati in questo
potere ed è questa la differenza
tra noi e Gesù: noi non siamo
di fronte al potere ma vi sediamo accanto, magari all’opposizione, e mangiamo il suo pane.
Quale tipo di Cristiano può oggi porre con un minimo di credibilità la questione morale in
una situazione di totale allineamento cristiano sui valori dominanti della nostra società? Dovremmo piuttosto porre la questione morale, alla chiesa prima
di andare a ricercare tanti destinatari lontani. E forse, come
domanda posta alla chiesa, essa
può avere oggi una certa validità.
Il terzo relatore, l’onorevole
Carlo Ramella della Sinistra Indipendente, ha affermato che mangiare il pane di Filato ci fa tendere a considerare non così gravi certe cose che rappresentano
gli elementi di questa immoralità diffusa. Abbiamo dimenticato la giungla retributiva, la giungla delle pensioni, i problemi
dell’assenteismo. Tutto questo ha
però il significato della crisi del
sistema, infatti se verifichiamo
le cose che avvengono adesso alla, luce di quelle che sono successe nella storia vediamo che
sono cose ricorrenti in ogni periodo della storia (vedi ad es.:
rillumìnismo e la rivoluzione
francese).
Bisogna allora verificare se esistono oggi le forze del rifiuto,
delTalternativa per canalizzarle
in modo da farne l’ipotetica forza dirigente di domani.
Alla manifestazione erano presenti anche rappresentanti delle
comunità di Padova, Venezia e
Vicenza. La giornata si è poi conclusa con un culto pomeridiano
presieduto dal pastore Gian Maria Grimaldi che ha tenuto la
sua meditazione sul capitolo 9°
del libro dell’Ecclesiaste
P. G.
Una campagna
per la verità
S.'VVONA — Preparato con
’’affissione di 150 manifesti, con
il volantinaggio nelle vie della
città di un testo preparato dalla
FGEI ligure, e contatti personali con rappresentanti sindacali
e di partito, con associazioni cittadine, venerdì 19, si è svolto un
incontro nei locali della comunità di Savona sul tema: « Nuovi
rapporti fra gli uomini per costruire la Pace ».
Non sempre — ha affermato
Franco Becchino nella sua introduzione — la Chiesa Cristiana
è stata promotrice di azioni di
giustizia o si è battuta per la
Pace, anzi la storia è testimone
di « guerre giuste » e di sostegni
a governi non proprio pacifisti;
ma esistono del pari testimonianze di uomini e Chie.se che si sono adoperati, pagando anche di
persona e con la vita, a favore
della Pace.
Per rilanciare il movimento per
la Pace occorre fare chiarezza
attraverso l’analisi dei fatti, la
proposta concreta di svolte e
di impegni.
Becchino ha indicato nella concontrazione dell’alta tecnologia
nei due blocchi contrapposti
USA-URSS uno dei più gravi
motivi di ingiustizia che impediscono di fatto il libero sviluppo degli altri paesi, e nel duro
rifiuto di ogni trasformazione
ferventi di rappresentanti di
partiti politici (PCI-PSI-PR), di
sindacalisti, di altri presenti in
sala. Ancora una volta si è ribadito l’impegno per un movimento
popolare a favore della Pace, per
la elaborazione di modelli di disarmo, per l’impegno personale
con l’obiezione di coscienza e
la costituzione di un fondo nazionale a favore della Pace.
Un dibattito lungo e qualifica
lo che ha espresso la simpatia
e l’attenzione della città all’opera della Chiesa Evangelica, è
che ci conforta e ci sospinge
lungo questa strada che riteniamo valida per una presenza non
solo di parole ma anche di contributi attivi che ci distinguano
nella fede e che testimonino della
nostra appartenenza al Cristo.
G. C.
Una densa relazione
da pubblicare
che queste potenze oppongono
ad ogni sollecitazione di m^oita
e indipendenza la causa della vanità degli sforzi. Se questo tentativo di analisi è sufficientemente esatto, cosa possiamo proporre, si è chiesto il relatore, come
cristiani che vivono in Italia?
Anzitutto una campagna per
la verità. Possiamo e dobbiamo
cioè chiedere di farci sapere con
chiarezza e fino in fondo quale
sia la vera situazione degli armamenti e degli eserciti, a che
punto siano gli accordi e le iniziative di disarmo, quale lo sviluppo del mercato delle armi. In
questo senso si deve, anche come
strategia sindacale, iniziare un
vero ed efficace discorso per la
trasformazione dell’industria di
guerra in Italia in industria di
Pace. Come Evangelici chiamiamo a raccolta per una ferma
opposizione alla installazione dei
missili a Comiso che costituirebbe la via per successive basi
in Europa. Iniziamo invece, proprio da Comiso, una vigorosa
azione per il disarmo. Costruiamo perciò una « cultura di Pace »; questa ci servirà anche per
battere il terrorismo, per avere
il coraggio di compiere i primi
passi, n:-T iniziare ad osare la
Pace, a rischiare per essa.
questa relazione è seguito
. dibattito che ha registrato in
TORINO — Nella sala valdese
di Corso Vittorio Emanuéle 23,
giovedì 18 febbraio Sergio Aquilante ha parlato su « Crisi, trasformazione e speranza ». La relazione è stata molto densa, con
una documentazione notevolissima; lo sforzo di presentare i
vari aspetti del dibattito contemporaneo nel modo più accurato
(il tutto in poco più di un’ora)
ha costretto tutti i presenti a una
concentrazione non di ogni giorno. Certamente l’oratore va ringraziato perché non si è trattato
di un banale momento di celebrazione in occasione del 17 febbraio, ma di un tentativo di riflessione sulla situazione attuale
nel campo della politica intemazionale, sulle prospettive di lavoro delle chiese, sul dibattito teologico attuale, alla ricerca di una
« teologia della pace » e, in particolare, sui compiti dei credenti
in Italia, oggi.
C’è anzi da augurarsi che il testo dell’intervento di Aquilante
venga pubblicato, perché a parere di più d’uno dei presenti
alla conferenza la discussione
potrebbe utilmente continuare
sulla base del testo scritto. Troppi erano infatti gli elementi e
troppo denso il materiale esposto perché la discussione in sala
potesse essere vivace ; certo qualche intervento c’è stato, qualche
domanda di informazione supplementare, qualche comunicazione su un lavoro locale che
dovrebbe veder coinvolta anche
la comunità (o le comunità) di
Torino, una breve informazione
di prima mano sul dibattito e
le preoccupazioni a proposito
della pace negli Stati Uniti, un
tentativo di riflettere su quella
che sembra ad alcuni l’allergia
ai temi del disarmo e della pace
(dopo il boom dell’anno scorso);
ma più che di una vera e propria
discussione si è trattato solo di
qualche abbozzo di interventi.
I giovani
nelle nostre chiese, di una « teologia della pace»), d’altra parte
essa è stata un po’ una cartina
di tornasole della nostra incapacità di discutere al di fuori da
schemi tradizionali, facendo uno
sforzo per prendere in considerazione il dibattito politico dei
nostri giorni.
E. R.
Con molto
entusiasmo
CATANZARO — Sabato 20 febbraio il prof. Sergio Rostagno
nei locali della Chiesa valdese ha
tenuto una conferenza pubblica
sul tema della Pace. Tra le persone presenti, circa 70, molti erano estranei al nostro ambiente.
La conferenza era stata reclamizzata ampiamente con grandi
manifesti stampati a due colori e
fatti affìggere in tutta la città.
300 di questi manifesti riportavano integralmente il testo dal
titolo: Trasformazione Disarmo
e Pace, altri 300 manifesti invitavano a grandi caratteri alla
conferenza di Rostagno. Tutti i
600 manifesti erano firmati dalla
Chiesa di Catanzaro. Si sono
adoperati molto all’organizzazione Dario Scorza e Rosario Olivo
membri di chiesa militanti socialisti e ricoprenti cariche pubbliche negli organismi provinciali
e regionali. La conferenza di Rostagno, la partecipazione di gente estèrna e gli interventi del
dibattito hanno incoraggiato e
entusiasmato la locale Chiesa
valdese.
G. V.
Educazione alla pace
e allo sviluppo
Il pubblico, tra l’altro, era
piuttosto scarso (un po’ più di
sessanta persone), con una notevole partecipazione di giovani ;
questi ultimi, però, non sono intervenuti nel dibattito; peccato,
perché avevano dato un contributo notevole a livello di preparazione della conferenza sia con
la preparazione del cartellone
variopinto che invitava la popolazione sia con la distribuzione
di moltissimi volantini nei giorni che han preceduto la serata
del 18; e perché la loro preparazione su questi temi è stata certamente grande negli ultimi
mesi.
Se dunque da un lato la visita
di Sergio Aquilante ha permes-.
so ai presenti di rilanciare la riflessione con una serie di stimoli (soprattutto per quel che riguarda l’inizio, ancora timido
• La mancanza di spazio ci
costringe a rinviare la pubblicazione di altri resoconti e
corrispondenze.
TARANTO — Venerdì 19 febbraio presso il Salone degli
Stemmi della Amministrazione
Provinciale, il prof. Emilio Nitti
ha tenuto una conferenza sul tema « Trasformazione, disarmo e
pace », organizzata dalla locale
Chiesa Valdese.
Il primo problema da risolvere p>er noi evangelici — ha affermato l’oratore — è quello di una
educazione alla pace. Educazione alla pace che è strettamente
intrecciata ad' un’educazione allo
sviluppo, prendendo coscienza,
però, che il nostro è uno sviluppo sbagliato, perché fondato sul
consumismo e sull’esaltazione
del profitto.
E’ necessario, quindi, impegnarsi con ogni mezzo ad una
educazione alla pace in senso positivo che abbia come scopo la
« non guerra », adoperandosi per
la giustizia e lo sviluppo dei popoli; anche se oggi, come primo
atto, sarebbe sufficiente un’educazione alla pace in senso negativo, cioè moratorio, finalizzata,
alla distensione e alla pacificazione delle nazioni.
Passando poi all’esame della
crisi economica che investe oggi
tutto il mondo (capitalista, socialista e sottosviluppato), il
prof. Nitti ha fatto notare che
si tratta di una crisi di scelte
produttive indirizzate ad un certo imperialismo economico, i
cui prodotti rappresentano le
« scorie » della fabbricazione delle armi moderne. Vedasi al riguardo la vastissima gamma di
macchinette miniaturizzate di
ogni tipo, derivate dalla ricerca
nel campo dell’elettronica per la
applicazione alla missilistica.
Un altro aspetto della politica
imperialista dei fabbricanti di
armi è quello di continuare a dividere il mondo in Est e Ovest,
al solo scopo di incrementare il
mercato dell’armamento e cercare così, di far dimenticare il
grosso vero problema che è alla
base della divisione tra gli uomini: il problema tra Nord e
Sud, cioè tra paesi ricchi e paesi
poveri, tra sviluppati e sottosviluppati, tra sazi e morti di fame.
Questa logica spinge a tagliare sulla scuola, sull’edilizia popolare, sulla sanità e a stanziare migliaia di miliardi alla cosiddetta « difesa ».
Il nostro impegno come cristiani evangelici deve essere ri
volto a porre fine a questo tipo
di modello di sviluppo (voluto
dalle grandi compagnie internazionali), perché è uno sviluppo
finalizzato al consumo delle risorse degli altri uomini nostri
fratelli. « Noi guardiamo a nuovi
ciel» e a nuova terra dove abiti
la giustizia ».
Sono intervenuti nel dibattito
che è seguito l’avv. Calzolaro
della D.C. che, sia pure a titolo
personale, ha affermato che prova vergogna di appartenere allo
stesso partito di chi è a capo
della giunta militare nel Salvador; ed ha accusato tutti i partiti italiani di complicità con le
multinazionali per la politica
che viene condotta nel nostro
Paese sul nucleare. Pennuzzi,
della direzione provinciale del
P.C.I., approvando senza riserve la relazione del prof. Nitti, ha
manifestato la sua più viva disapprovazione perché una ricerca così importante come quella
scientifica e tecnologica viene
oggi utilizzata per dare maggiore potere ai potenti, invece di
essere finalizzata al progresso e
allo sviluppo dell’umanità. C’è
tuttavia una speranza per l’umanità, che è rappresentata da tutti coloro che vanno assumendo
impegni sempre più consistenti
nei movimenti di protesta per la
pace, per la distensione tra i popoli, per il disarmo. In questo
modo si può dare un grosso contributo per la lotta della libertà
sia nel Salvador che in Polonia.
Questo è il momento della grande utopia, dell’utopia della pace, che superi gli schieramenti
dei partiti e dei blocchi.
La conferenza ha avuto termine con l’ulteriore intervento di
Nitti che ribadiva la necessità
di una forte mobilitazione popolare, atta a correggere l’indirizzo
della logica di morte per una logica di vita. E’ appunto in quest’ultima logica che va indirizzata la massima informazione, anche perché un ruolo importante
in questo settore è giuocato dalla mancata conoscenza -di certi
problemi.
L’idea della guerra è un’idea
che non è mai venuta dai popoli, ma da coloro che li hanno governati. I popoli anelano alla pace ed è questo corfcetto che deve
emergere sempre più fra essi
nella situazione attuale.
P. C.
3
12 marzo 1982
vita delle chiese 3
COLLEGIO VALDESE
E’ ancora
valdese?
CIRCUITO VAL PELLICE
Inchiesta tra i monitori
Riferendomi alla Assemblea di
Chiesa di Torre Pellice deH’8
novembre u.s., vorrei precisare
alcuni punti.
1) Sono per una scuola statale perché è compito dello Stato
dare una istruzione a tutti i suoi
cittadini. I nostri Istituti hanno
ancora una loro validità laddove
manca per molteplici motivi, non
ultimo la non volontà da parte
della gente nel richiedere l’instaurazione statale di scuole a
tutti i livelli che sarebbe un
giusto diritto (non abbiamo soltanto e sempre doveri!).
2) Fatta la premessa del punto
precedente posso anche capire
quella parte della Comunità che
si è espressa per mantenere a
tutti i costi quelle nostre Istituzioni che sono servite a formare
uomini veramente validi che
hanno testimoniato e testimoniano tuttora con validità e capacità, ma dove era la Comunità
quando si è deciso di chiudere
l’Asilo (pardon Scuola Materna)
Valdese?
(Se la memoria non mi tradisce 27 votanti, 25 favorevoli alla
chiusura, 2 astenuti in una Assemblea alle ore 18 non di Chiesa ma quasi quasi Carboneria,
massoneria o per attualizzare
loggia P2)M
C’è della differenza fra le due
Istituzioni? Probabilmente SI
perché allora (6 anni fa) il deffcit dell’Asilo era di pochi milioni; esisteva allora come adesso una scuola Materna statale
ed una scuola Media statale.
3) Come può definirsi Evangelico un Istituto che quando deve
riempire le classi accetta oltre ai
Valdesi anche Cattolici, ecc., e
quando i Valdesi sono in numero
maggiore, ciò non avviene più?
4) Nella esposizione dell’avvocato Gay le fredde cifre hanno
anche indicato in circa L. 100.000
in meno lo stipendio dei Professori del Collegio rispetto ai
loro colleghi statali, ma quanto
è in meno lo stipendio di un Pastore rispetto a qualsiasi categoria di altri lavoratori?? (meno
500.000 o 600.000 lire?). Non sarebbe meglio impiegare gli aiuti
di San Franco Svizzero e San
Marco Tedesco in modo più razionale ed adeguato?
5) Per concludere penso (proprio perché è maturata notevolmente la capacità critica da parte dei giovani) che non si può
chiedere ai nostri ragazzi di frequentare dai 3 ai 10 anni un Istituto statale, dagli 11 ai 13 anni
rientrare in una scuola Evangelica, e lamentarsi poi a Confermazione avvenuta se non li
vediamo più in Chiesa. Li usiamo come una pallina di pingpong, un po’ di qua (se ci interessa) se no di là (quando non
interessa più). Purtroppo, glielo
insegniamo anche con queste co
S6.
Luigi Vighetto
Si è svolta nel Circuito Val
Pellice un’inchiesta — organizzata dal Consiglio di Circuito —
che è servita a puntualizzare la
situazione della scuola domenicale attraverso il contributo in
idee dei monitori della valle.
Ne è uscito un quadro abbastanza interessante; vediarno
per quanto possibile di sintetizzarlo brevemente passando in
rassegna i dati dei monitori della
Val Pellice che hanno voluto collaborare a questa inchiesta.
La Scuola Domenicale del primo Circuito ha un corpo monitori soprattutto femminile (prevalentemente composto da casalinghe, studentesse, pensionate
e insegnanti). L’età media è sui
35 anni. La maggioranza dei monitori ha un’esperienza nella
scuola domenicale al di sotto
dei 5 anni, quasi tutti i monitori collaborano tra di loro per la
preparazione che oltre ai convegni di studio promossi dal Cir
cuito è stimolata, in alcune comunità, dal pastore. Infine si registra un insufficiente rapporto
tra monitori e genitori dei bambini. Qualitativamente e quantitativamente scarsi permangono
anche i rapporti con le singole
comunità.
Un secondo gruppo di quesiti
tendevano ad evidenziare cosa
i monitori pensano del loro lavoro. È emerso che l’aspetto
più importante è quello dell’educazione alla fede delle giovani generazioni, ovvero si ritiene
che il compito della scuola domenicale sia quello di infondere una « mentalità evangelica » e
di preparare i bambini alla vita
della comunità. Quasi tutte le risposte concordano con il fatto
che la scuola domenicale sia una
realtà aperta e ben diversa dalla
scuola pubblica. Infine si ritiene
che il ruolo del monitore dev’essere quello di un amico che pur
stando ”un gradino più in su”
lascia spazio al bambino. La
maggioranza ritiene che il bambino, a grandi linee, afferri il significato dell’Evangelo.
È chiaro che questa immagine è un’immagine complessiva
e non va necessariamente «appiccicata » a monitori particolari; airinterno di questo quadro,
che contiene aspetti spesso discutibili, penso che si possano individuare due punti nodali per un
discorso di fondo sulla scuola domenicale; sottoponiamoceli sotto
forma di interrogativi; « A che
serve la scuola domenicale? » e
ancora; « Pensiamo che il bambino afferri il significato dell’Evangelo? ». Una riflessione sul
primo di questi interrogativi potrebbe permetterci di capire gli
orientamenti presi dalle nostre
scuole domenicali, mentre una
riflessione sul secondo può aiutarci a dirigere meglio i nostri
sforzi didattici, se così si possono chiamare. Paolo Varese
ALLE VALLI VALDESI
Il past. Cadier visita le chiese
PRAMOLLO — Domenica 28
febbraio abbiamo avuto il privilegio di avere in mezzo a noi e
di ascoltare ed apprezzare la
predicazione del pastore francese Gerard Cadier che ci ha rivolto un messaggio incisivo ed
attuale nel corso del culto da
lui presieduto; lo ringraziamo di
cuore e ci auguriamo di poterlo
ascoltare ancora.
Il 17 febbraio è ormai passato, ma non dimenticato. E’ stata una giornata di fraternità, in
cui molti fratelli hanno avuto
modo di stare insieme dal mattino alla sera. L’agape coniunitaria, nella sala delle attività, si
è rivelata un successo e vogliamo ringraziare coloro che in
quella occasione si sono impegnati e hanno lavorato. Un pubblico numeroso ha dimostrato
di gradire il lavoro preparato
dalla filodrammatica e replicato
la sera del 27, con successo ancora maggiore. E’ già di per sé
un ringraziamento ed un incoraggiamento a continuare l’attività.
Monitori
Scuola Domenicale
TORRE PELLICE — Si è avuto
sabato scorso nella Casa Unionista il programmato incontro
delle monitrici della Scuola Domenicale e dei genitori. Dopo una
breve lezione i ragazzi hanno
trascorso il pomeriggio assistendo alla proiezione di una serie
di diapositive sull’Egitto, presentate dal pastore Gérard Cadier,
ed organizzando giochi sotto la
COMITATO DEL COLLEGIO E SCUOLA LATINA
direzione dei cadetti. I genitori presenti, non molto numerosi
come spesso accade per questo
tipo di attività hanno avuto uno
scambio di impressioni e di idee
con i monitori. Un simpatico thè
ha chiuso la giornata.
• Domenica 7 per la Giornata Mondiale di Preghiera la nostra comunità ha osp.ltato rincontro delle sorelle convenute
dalle Valli. Già al culto la mattina era presente un buon gruppo dalle chiese della Val Germanasca accolto poi nella Casa
Unionista per una frugale colazione, nel pomeriggio sono giunte
numerose partecipanti dal Distretto cui si è aggiunta una nutrita comitiva di Fratelli da Bassignana. Il culto pomeridiano
molto ben frequentato ha seguito
la liturgia preparata dalle donne
cristiane d’Irlanda.
Riflessioni sul
battesimo
ANGROGNA — Si conclude
con le riunioni di questa settimana (Capoluogo, Martel, Prassuit-Verné, Odin-Bertot) il ciclo
di riflessione sul battesimo e ci
rallegriamo di poter inviare alla
commissione interdenominazionale che ha sollecitato prese di
posizioni sul problema, una risposta rappresentativa della nostra comunità. A partire da lunedì, 15, a Roccia Maneod, martedì 16 ai Jourdan e mercoledì
17 a Buonanotte le riunioni saranno tenute dall’Unione Femminile che presenta un vasto repertorio di canti (anche in francese) e riflessioni bibliche.
• Domenica 14, ore 20.30, riunione del Comitato Chanforan
al Presbiterio.
Sabato 13 marzo
Unione Femminile e dei Giovani
è anche iniziata la raccolta del
vetro e della carta (presso il
Presbiterio). Se questa iniziativa e le altre che verranno prese
in seguito daranno certamente
un buon contributo alla copertura delle spese, è certo però che
si conta soprattutto sulla generosità dei membri di' chiesa residenti a Bobbio o altrove.
• Domenica 14 marzo alle ore
15 nella sala, i giovani invitano
tutti alla replica del lavoro teatrale presentato in occasione del
17 febbraio. Parteciperà il Coretto dei piccoli di Torre Pellice.
• E’ stato battezzato Roberto
Michelin Salomon di Giovanni
e di Maria Artus (Abses). Al
bambino e alla sua famiglia la
comunità esprime l’augurio di
una vita benedetta dal Signore.
Confermati
gli anziani
SAN SECONDO — L’Assemblea
di Chiesa, riunita il 7 marzo, ha
rieletto con una lusinghiera votazione gli anziani Edmea Grassi (Centro), Elvina Godine (Barbé-Prima). Roberto Vicino (Brusiti) ed il cassiere Giulio Griglio.
Ci rallegriamo con queste Sorelle e Fratelli per la riconfer■ ma con l’augurio di un lavoro
benedetto per la Comunità e per
l’annunzio del Vangelo.
• La riunione pomeridiana della Scuola Domenicale, domenica
28 febbraio, ha avuto un buon
successo di presenze e di interesse. Oltre all’argomento della
Scuola Domenicale ci sono stati
giochi comunitari, nonché la
danza della courenta insegnata
dalla Sig.ra Ribet di Pomaretto
e dal Maestro Enzo Tron di Rodoretto.
Comunicato
Scuola Latina - Pomaretto
Si comunica che le pre-iscrizioni alla classe I Media per 1 anno
scolastico 1982-83 saranno accettate in segreteria nei seguenti giorni: venerdì 19 marzo (ore 9-ll) e sabato 20 marzo (ore 9-11).
Scuola Media Valdese - Torre Pellice
Il Comitato del Collegio Valdese, considerato che l’indagine
svolta presso le famiglie degli allievi che frequentano la 5“ elementare per conoscere il numero dei probabili studen^ti ^ella 1
Pareggiata per l’anno 1982-83 non ha dato risultato definitivo, allo
scopo di evitare ogni esclusione non voluta ha deliberato di prorogare il termine per le preiscrizioni sino al giorno
Le preiscrizioni sono ricevute ogni giorno dalle ore 10 alle 12
presso la segreteria della Scuola Media Pareggiata Valdese in Torre Pellice, via Beckwith n. 1, tei. 91.260.
Cominciano i lavori di
manutenzione del
tempio
BOBBIO PELLICE — Inizie
ranno prossimamente i lavori
per la riparazione del tetto del
Cinema e il rifacimento del pavimento del tempio. Questi re-,
stauri si sono fatti urgenti nel
corso dell’inverno e la comunità
ha dato segni di essere sensibile
a questa esigenza.
E’ dunque aperta la sottoscrizione straordinaria per finanziare l’opera, che prevede una spesa non indifferente. Su iniziativa
della Commissione Stabili, della
Problema Collegio
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Nella riunione di sabato sera
l’Assemblea di chiesa ha lungamente discusso il problema del
Collegio di Torre Pellice, dopo
aver ascoltato la esauriente relazione da parte dell’avv. Marco
Gay, membro del Comitato.
• La stessa Assemblea ha eletto quali deputati al Sinodo; Enrica Malan e Dino Gardiol; supplenti; Erminia Correnti e Augusta Boér. Deputati alla Conferenza Distrettuale; Sergio Gay,
Sergio Benech e Dino Bellion;
supplenti; Enrico Malan, Augusta
Boér e Ferdinando Girardon.
□ TELEPINEROLO
CANALE 56
Alle ore 18.55 va in onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo »
(a cura di Marco Ayassot, Franco Davite e Attilio Fornerone).
Questo numero è dedicato alla « Missione Evangelica contro la lebbra ».
Domenica 14 marzo
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.45: Culto Evangelico a
cura delle Chiese Valdesi del II Circuito.
□ COLLETTIVO
TEOLOGICO SUL TEMA
« FEDE E
PERSEVERANZA OGGI»
Si svolgerà ad Agape, domenica 14
marzo il primo incontro del co-llettìvo
teologico, organizzato dalla FGEI-Valli
e dalle Comunità di base del Pinerolese. Il tema dell’incontro è: Fede e
perseveranza oggi.
Inizio: ore 10, con una relazione introduttiva che illustrerà il lavoro svolto
nei gruppi-Bibbia delle C.d.B. e nei
gruppi FGEI.
Fino all'ora di pranzo si lavorerà inpiccoli gruppi di discussione per poi
riprendere nel dopo-pranzo in assemblea generale.
Alla fine dell'inconfro, previsto per
le ore 17, verrà deciso il terna su cui
lavorare nei prossimi mesi, in vista di
un secondo incontro.
L’incontro è aperto a tutti. Per la
partecipaziorje, rivolgersi alla Segreteria
di Agape (Tel. 0121/85.14).
Domenica 14 marzo
Lunedi 15 marzo
□ INCONTRO PASTORALE
SUI « MATRIMONI
MISTI »
L'incontro pastorale, aperto alla partecipazione di tutti gli interessati, si
svolgerà ad Agape e sarà dedicato all'esame del problema dei « matrimoni
misti ». L’incontro ha il seguente programma:
Domenica 14: inizio, ore 15, con
due interventi introduttivi che situeranno il problema nelle sue linee generali. Seguirà un dibattito fino all'ora
Hi cena.
Lunedì 15: ore 9.30: Studio biblico;
ore 10: introduzione al tema, con riferimento particolare alla situazione
locale: difficoltà e contraddizioni nella
pratica pastorale dei matrimoni misti.
Chiusura dell'incontro: ore 18.
Parteciperanno come relatori: il canonico Don Mercol e Bernard De Lauversin, uditore della Rota e responsabile ecumenico per il Sud della Francia;
Giorgio Peyrot e Franco GiampiccoH
per parte valdese.
Per le iscrizioni, telefonare ad Agape
(n. 85.14) entro venerdì 12 marzo.
Quota deH'incontro: L. 15.000.
Lunedì 15 marzo
□ LA RELIGIONE NELLA
SCUOLA
PINEROLO — Organizzato dalla Commissione Distrettuale si svolgerà nella Sala Valdese (Via dei Mille 1) un
incontro per dibattere il problema della
« Religione neila scuola elementare ».
All’incontro sono invitati particolarmente genitori e insegnanti. Vi partecipa Giorgio Peyrot. Inizio ore 20.45.
Giovedì 18 marzo
□ COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei collaboratori avrà
luogo a casa Gay via Cittadella 8 Pinerolo, alle ore 20.30.
Comunicato TEV
Domenica 28 corr. un pullman partirà
da Torre Pellice alle ore 7 per partecipare a una domenica TEV nella Chiesa Battista di Varese. Chi desidera
prendervi parte è pregato di prenotarsi
al più presto telefonando alla sig.ra
Ade Gardiol - tei. 91.277.
4
4 vita delle chiese
12 marzo 1982
NOTIZIE DAL RIO DE LA PLATA
La Casa Valdese
Già si profila, sull’ampio terreno di proprietà della Tavola, la
nuova « Casa valdese ». Questa
costruzione provoca reazioni opposte. Come è possibile costruire questo edificio in un’epoca di
crisi economica? Sicuramente
questo edificio segnerà un’epoca
nella vita della chiesa valdese
del Rio de la Piata, con il suo
radicamento in questa società,
punto di riferimento di cui tutti
abbiamo bisogno per la nostra
identità. Dal punto di vista pratico, una biblioteca, un centro di
registrazione e di audiovisivi,
una sala per riunioni, un archivio che conservi i documenti finora dispersi o minacciati dall’umidità, insomma una casa, la
casa di ognuno di noi, la nostra
casa.
Dovremo imparare a darle il
suo giusto valore, dovremo imparare ad usarla come uno strumento utile. Si tratta di un’altra
sfida al nostro appiattimento.
alla nostra realtà in un tempo
in cui le realizzazioni sono scarse e nel quale ognuno cerca solo
di conservare, rallegrandosi se
può almeno non perdere...
Però queste pareti che si stan
costruendo sono un segno della
solidarietà dei credenti. Perché
queste pareti si costruiscono con
le offerte di molti, di altri, di fratelli e di sorelle che vivono in
altre situazioni e in altri continenti. Esse sono un segno concreto delle risoluzioni del Sinodo
della zona europea espresse negli Atti che riguardano il settore
delle « relazioni tra le due aree
della nostra chiesa ».
Se la « Casa valdese » riesce ad
essere per noi un simbolo della
unità della nostra chiesa con altre chiese sorelle, uno strumento
perché il servizio che desideriamo compiere indichi anche che
non ci sentiamo soli, ma una
piccola parte di un insieme di
comunità che si sentono animate
dallo Spirito del comune Signore, allora — se questo avviene —
non avremo difficoltà ad usare
questo strumento con un sentimento di gratitudine al Signore
che ci chiama e ci ispira.
Mentre crescono le pareti di
questa costruzione, dobbiamo riflettere sul senso e sul motivo di
quest’opera.
Carlos Delmonte
AGAPE
Campo di
Pasqua
Come ogni anno Agape organizza nel periodo di Pasqua (dal
9 al 13 aprile) un campo per famiglie che desiderano passare
qualche giorno di vacanza e di
riflessione.
Il programma prevede:
Sabato 10 aprile: ore 9,30, introduzione di Bruno Rostagno
sul tema : « II ministero della riconciliazione ». Segue discussione generale.
Domenica 11 aprile - Pasqua:
partecipazione al culto con la comunità di Frali.
Lunedi 12 aprile: relazione introduttiva di Giorgio Gardiol
sul tema : « Sinistra italiana e
ruolo del PCI dopo i fatti di Polonia ». Segue discussione.
• L’arrivo ad Agape è previsto per la cena di venerdì 9 e la
partenza avverrà martedì 13 dopo colazione o, per chi deve rientrare prima per motivi di lavoro,
lunedi sera.
Per informazioni e iscrizioni
rivolgersi alla Segreteria di Agape - 10060 Frali - tei. 0121/8514.
PINEROLO
“I giovani e la comunità
33
« Spero che la mia chiacchierala non vi annoi, ma, ad ogni
modo, quand’anche vi annoiaste,
vorrei che, alla fine, quanto andrò dicendo vi aiuti a capire il
perché di incontri come questo
ed ascoltando discorsi come il
mio spesso ci si annoia »: più o
meno con queste parole Francesca Spano, rivolgendosi ad una
trentina di catecumeni dei vari
corsi, iniziava la sua relazione
che ha dato parecchi spunti di
riflessione — fotografando una
ben precisa realtà — ai partecipanti all’incontro promosso dal
Concistoro di Pinerolo sul tema
« I giovani e la Comunità », il
pomeriggio di sabato 27 febbraio.
Francesca Spano — tra l’attenzione non solo dei catecumeni,
ma pure di una ventina di rappresentanti di varie attività della Comunità (Concistoro, Catechisti, Cadetti, Corale, Monitori,
Gruppo FGEI) — ha individuato
alcune que.stioni che rendono più
difficile il rapporto ed il dialogo
tra giovani c (Comunità.
il fatto che quest’ultima chieda quaico.sa ai giovani, ed i giovani a loro volta alla Comunità,
non sapendo bene né l’una né gli
altri che cosa, il tutto accompagnato da una reciproca sostanziale non-conoscenza dei problemi loro specifici, fa sì che
spesso si parli e si operi con
difficoltà ad intendersi ed a soddisfarsi da entrambe le parti.
Oltre a questo si pongono i
problemi nascenti dai rapporti
interpersonali (anche con i genitori, la cui relazione con i figli
da una parte e con la Comunità
dall’altra può inlluire in modo
positivo o negativo sui ragazzi)
con i genitori appunto, con i
propri compagni di catechismo.
con altri membri della Comunità.
Inoltre la questione del linguaggio, diverso a seconda che
si stia in ambiente ecclesiastico,
o nella vita di tutti i giorni, si
collega con la necessità di trovare il modo di superare le barriere tra i due mondi, quello della chiesa e quello della scuola,
del lavoro, mondi che man mano che si cresce in età tendono
a separarsi sempre più l’uno dall’altro, creando una sorta di incomunicabilità che può portare
o alla secolarizzazione o all’ecclesiasticismo, entrambe posizioni
negative.
Il catechismo
Venendo più direttamente al
Catechismo, ed ai motivi per cui
tanti giovani, dopo la Confermazione, si allonlanano dalla Chiesa, Francesca Spano diceva che
questo avviene sostanzialmente
o perché lo scollamento tra i
due « mondi » di cui sopra è ormai troppo ampio per vedere
una possibilità di comunicabilità
tra di essi, o perché, come già
detto, la Comunità per i giovani
è una entità praticamente sconosciuta, e viceversa.
Questo fa sì che la Confermazione non rappresenti più un
« punto di partenza nella vita del
credente e nella sua ricerca di
fede » (come si sente dire ogni
anno da più di un catecumeno,
certo in buona fede), ma un
punto d’arrivo, di chiusura, oltre il quale non si va.
La Confermazione diventa un
punto di partenza (o meglio —
pensi) — di passaggio, in questo
caso) qualora il ragazzo o la ragazza, durante i quattro anni nei
quali per i motivi più diversi frequenta il corso di Catechismo,
trovi in quelle ore passate davanti alla Bibbia aperta un
« qualcosa di interessante », ben
diverso, per esempio, dal motivo che può portarlo a frequentare una certa scuola, o a cercare una certa compagnia di amici,
o altro.
Questo « qualcosa di interessante » potrà ben essere una fede che sta nascendo, ma dir questo è già dir troppo.
Le cose, a 17 - 18 anni, sono
ancora complicate dal fatto che
a tale età si tende a vivere sentimenti, amicizie, sensazioni,
ideali come valori assoluti, per
cui o è tutto bianco o è tutto
nero, e dal fatto che oggi si avverte il cosiddetto « gap » generazionale già nel giro di pochi
anni (per cui ci sono difficoltà
di comunicazione perfino, per es.,
tra un ventiduenne ed un diciottenne, cosa che un po’ di anni fa
non capitava in modo co.sì evidente).
La divisione in gruppi ha fatto sì che tra i partecipanti all’incontro ci fosse un confronto di
idee che permetterà, se non di
trovare soluzioni al problema
giovanile nella Chiesa, almeno di
lavorare nelle rispettive attività
con un po’ più di elementi e di
conoscenza reciproca.
La speranza è che ai catecumeni rimanga l’impressione che
la Comunità non è un qualcosa
di molto astratto c lontano da
essi, ma che è una cosa vivente
lì accanto a loro, e che può presentare all’interno di essa quel
« qualcosa », pur vissuto in modo contraddittorio, che potrebbe
diventare anche per loro motivo
di interes.se e ricerca.
Paolo Gay
APPELLO DI MEDICI
Nel numero del 15 gennaio scorso
questo settimanale ha pubblicato l’appello che 800 fisici italiani hanno presentato al presidente Pertini contro la
follìa degli armamenti nucleari. Analogo
appello è anche stato lanciato alla pubblica opinione da medici e biologi, in
una prospettiva mondiale, per una lotta
comune per la pace.
Ritengo opportuno segnalare ai lettori anche questa iniziativa, essenzialmente per due motivi:
1) Portare un ulteriore elemento
di conoscenza e di riflessione su questa tematica già ampiamente trattata sul
nostro settimanale,
2) Segnalare, come medico, ai colleghi ed ai biologi la possibilità di aderire a questo appello, che è stato pubblicato sulla rivista « Lotta per la pace »
diretta dal sen. Pasti (sin. indip,), già
generale della NATO, e finora ignorato,
a quanto mi risulta, dalla grande
stampa.
Le adesioni a questo appello, sottoscritto inizialmente da alcune decine
di docenti universitari, possono essere
inviate al seguente indirizzo: Prof. Ettore Biocca, direttore Istituto Parassitologia, Città Universitaria, 00185 Roma.
Claudia Peyrot, Torre Pellice
PERCHE’ SMETTERE?
Anch’io son rimasto rattristato dalla
decisione (non ricordo se della Tavola
0 della Commissione della Claudiana)
dì non proseguire nei futuro la pubblicazione dei testi moravi « Ascoltiamo insieme il Signore ». Il volumetto
sarà sostituito da un altro con una
breve meditazione giornaliera, alla
quale non pensavo giusto, far concorrenza. In questo senso è stata la mia
prima reazione. Ora leggendo l'articolo
« Perché smettere? » di Elsa Rostan
(La Luce del 19 febbraio 1982) penso i
che, comunque, si potrebbe avere
temporaneamente le due pubblicazioni :
perché oltre ai motivi che mi spinsero !
a tale iniziativa, vi sono le argomentazioni del citato artìcolo per cui « Ascoi- ’
tiamo insieme il Signore » ha, oltre al- !
tre ragioni, particolare significato per i
malati, gli anziani (come me) e molte
persone semplici sensibili a quella
lettura. La diffusione sarebbe buona se
il libretto uscisse in tempo per esporlo al Sinodo e raccoglierne le prenotazioni.
Che ne pensa la Tavola Valdese?
Tullio Vinay, Roma
SALE INSIPIDO
DEL CONFORMISMO
Noi siamo nel mondo, ma non siamo del mondo », si diceva prima anche
tra di noi, giustificando il nostro non
far politica e la nostra chiusura.
Oggi, giustamente, interpretiamo diversamente questo concetto biblico e
siamo convinti che il nostro compito
è quello di essere « sale » da sciogliersi nel mondo (Mt. 5: 13).
In effetti, ci siamo sciolti talmente
bene che non si capisce più fino a
che punto si è chiesa e fino a che
punto non lo si è.
Il mondo ci dice di essere consumistici? E la chiesa (noi!) si immedesima talmente che fa a gara per esserlo
completamente!
Il mondo ci dice di essere indifferenti ai problemi sociali e politici di
oggi? E noi ne parliamo dal pulpito
(forse) 0 attraverso i mezzi di comunicazione, • ma in verità ci dimostriamo
nei fatti apatici e/o pessimisti senza
speranza.
Un paio di esempi:
in famiglia: come insegniamo ai nostri figli la semplicità e la sobrietà?
Spesso si contrabbandano per necessari utensili 0 altro che forse sono
utili ma non certo necessari: si fanno discussioni interminabili e persino
incredibili sacrifici per risparmiare in
vista di spese costose tali da sembrare questione di vita o di morte; si
parla poco o niente del Signore e soprattutto di cosa vuol dire nei fatti
essere suoi discepoli.
E i nostri figli e noi stessi cresciamo
con l'idea che al Signore possiamo
dare poco o niente della nostra vita,
che è solo « argomento di chiesa »,
che il consumismo è un "valore" e un
"diritto" di cui non §i può più fare a
meno.
Pace e disarmo: Alle riunioni o alle
manifestazioni sulla pace I nostri si
possono contare sulla punta delle dita.
In una recente riunione a Catania per
un coordinamento dei « cristiani per la
pace » tra le chiese evangeliche e le
comunità di base cattoliche, l’evangelismo siciliano era pressocché assente.
Certo, ci sono eccezioni. Ma queste
non hanno accanto una chiesa che le
conforta, una chiesa che testimonia
e indica con l’esempio comunitario
una via alternativa da seguire.
Certo, siamo diventati una minoranza importannte, grazie ai pochi impegnati, ma — confessiamolo — una
minoranza » culturale » e basta. Forse
siamo veramente diventati sale della
terra, ma un sale insipido che si può
.buttare anche via!
Nino Gullotta, Pachino
GUSTO DELLA
PROTESTA?
Non è mia intenzione parlare con
spirito polemico e prego pertanto chi
mi leggerà dì non voler dare questa
interpretazione a quanto dirò, ma con
profonda tristezza vedo di giorno in
giorno deteriorarsi nel nostro Paese la
testimonianza di cui come Evangelici
(tutti dunque in « diaspora ») dovremmo essere portatori.
Potrei citare infiniti esempi di interventi anche sulle nostre colonne:
dalla emarginazione vera e propria di
cui una parte delle nostre comunità è
fatta oggetto (v. ad esempio gli articoli di Rita Gay, cui peraltro voglio
molto bene!) alle imposizioni ideologiche (v. i titoli di alcuni volumi editi
dalla Claudiana o dì certi articoli suila
nostra stampa, da cui si presume che
i protestanti » in quanto tali si esprimano in un determinato modo: e la
libertà di coscienza che ci rende forse
un po’ troppo individualisti, ma di cui
; andiamo giustamente fieri e di cui soprattutto ci vantiamo tanto con i nostri
‘ amici cattolici.
I L’elenco sarebbe troppo lungo e mi
soffermo pertanto solo su un episodio
apparentemente marginale, ma che
secondo me non lo è affatto: il «flash»
ad un Battesimo.
Vogliamo scherzare? Poniamo davvero nella presenza o meno di un apparecchio fotografico in chiesa il« rinnegamento » 0 I’« affermazione » dei nostri principi?::: ma di quali principi,
di fede??!!
Lasciamo stare, se vogliamo. Il momento tecnologico in cui siamo storicamente inseriti, le testimonianze che
possiamo rendere anche attraverso i
mass-media, le cui negatività d'altronde non ci sfuggono. Vi cito un solo
argomento: quando si vive lo strazio
della perdita di una persona cara, fra i
ricordi più preziosi che rimangono vi
sono senza dubbio le fotografie che
hanno segnato i momenti significativi
della sua esistenza terrena. E ancora,
più semplicemente e serenamente: raggiungere i nostri Cari lontani, forse
impediti da ragioni di età o di/sa iute,
con il ricordo fotografico di un momento benedetto cui non hanno potuto
partecipare, non può certo costituire
un . rinnegamento », bensì soltanto
l’ulteriore testimonianza di un giorno
di allegrezza. Il Signore non ha mai
preteso che diventiamo disumani.
Fratelli Evangelici, quando la smetteremo di « protestare » per il gusto di
« protestare »? Forse nella vita ci vengono chiesti impegni più seri e più
maturi. Soprattutto, ci viene chiesto di
non giudicare e di testimoniare sempre neH'amore.
Florestana Sfredda Piccoli, Rovereto
Dov’è?
Molti rinnovi dell’abbonamento Luce 1982
sono giunti in porto da
tempo; altri arrivano
in questi giorni e altri
ancora sono in un punto imprecisato della rete postale italiana.
Il tuo dov’è?
5
12 marzo 1982
prospettive bibliche 5
ROMA - DUE METODI DI LETTURA A CONFRONTO
Il coraggio di affrontare la Bibbia
Con la partecipazione di credenti di diverse denominazioni evangeliche si è tenuto a Roma presso la Facoltà valdese
di teologia un Convegno sul modo di leggere la Bibbia oggi,
organizzato dal gruppo dei « Giovani evangelici romani ».
I credenti che si richiamano
alla Bibbia per vivere la loro fede, si avvicinano ad essa e la
« leggono » in modo diverso a
seconda delle chiese in cui hanno parte. Da un lato abbiamo
infatti quelle chiese protestanti
che, ritenendosi più ortodosse
di altre, per ragioni teologiche
e storiche, potrebbero piuttosto
essere denominate « riformate ».
E’ nella Riforma che esse affondano le loro radici, pur rimanendo ciascuna chiaramente individuata da proprie connotazioni di identità. E dail’altro
quelle chiese, « protestanti » esse pure, che, pur volendo riassumere in proprio l’attribuzione di « evangeliche », vengono
tuttavia per lo più considerate
« fondamentaliste » avendo riguardo alla lettura della Scrittura.
Elementi comuni
Nonostante le diversità di
orientamento che si riscontrano
tra coloro che seguono metodologie storico-critiche nel « leggere » la Bibbia, e coloro che seguono criteri e metodologie di
lettura globale, ricorrono tuttavia tra essi vari elementi comuni di impostazione, ed il Convegno ne ha messi in risalto più
d’uno.
Anzitutto tutte e due le metodologie precisano che non è pensabile affermare il « sola Scrip
tura » proclamato damila Riforma, senza riproporre anche il
« tota Scriptura », anche se ciascuna tendenza marca con una
sua distinta accentuazione tale
espressione.
Entrambe le metodologie nell’esame dei testi biblici si valgono delle tecniche filologiche, ma
mentre un campo completa l’analisi con un’indagine storicocritica dei singoli testi, l’altra
preferisce tra essi una armonizzazione.
Le due correnti sottolineano
l’indispensabilità della lettura
biblica quale guida personale e
collettiva dei credenti ma vi danno un diverso rilievo in rapporto
alla fede in Cristo Gesù.
Per entrambe le modalità di
lettura, la Bibbia rende manifesta la Rivelazione di Dio agli
umani, ma mentre l’una accentua come elemento saliente e determinante il testo, l’altra pone
in risalto il contenuto di cui ricalca storicamente il significato
nelle diverse epoche.
Entrambe le correnti impostano l’attività spirituale dei credenti sulla lettura della Bibbia,
ma mentre per l’una « leggere »
è mirare alla comprensione del
testo a nostre mani, per l’altra
è tensione per capirne il messaggio che vi è racchiuso.
I fautori di entrambe le metodologie affermano per certo la
contemporanea divinità ed umanità della Bibbia, anche se poi
gli uni leggono la Bibbia parten
do dalla divinità della sua ispirazione globale e gli altri prendono invece l’avvio dalla umanità del libro che contiene la Rivelazione.
Si tratta in sintesi per entrambe le impostazioni di venire a
contatto, mediante una lettura
animata dalla fede, con la Parola
di Dio ; ma se per gli uni questa
è la Bibbia, per gli altri essa vi
è contenuta.
Alcuni rischi
Tutte e due le metodologie
comportano però alcuni rischi;
e nel corso del Convegno si è
avuto modo di rèndersene conto.
I sostenitori delle due metodologie di lettura sottolineano il
valore della Scrittura, ma tale
affermazione comporta il rischio
che gli uni vengano stimati rinvenirvi solo la testimonianza diretta di Dio e gli altri solo quella degli umani su Dio. E’ parimenti certo che se l’un metodo
di lettura nella ricerca critica
sui testi può comportare il rischio di relativizzare la Bibbia,
l’altro tipo di lettura, nell’esaltare l’ispirazione globale del testo rischia di isterilire il messaggio in un letteralismo formale. Se da un lato assegnando un
ruolo eccessivo all’indagine storica si corre il rischio di desacralizzare la Bibbia distanziando il
lettore dal testo; dall’altro v’è il
rischio di pervenire ad una sacramentalizzazione del testo
scritto che può inibire il lettore
di fronte ad ogni indagine chiudendolo in un settarismo anche
fanatico ed intollerante verso
ogni diverso modo , di leggere.
intendere, capire e vivere la
Scrittura.
Penso che giovi valutare attentamente tali rischi poiché stimo necessario che ciascuno, anche sul terreno biblico, mantenga personalmente tra le diverse
tendenze quegli equilibri dialettici che non possono essere infranti senza danno.
Considerando ora il Convegno
nel suo complesso rifiuterei il
tentativo, pur avanzato da taluno, di considerare rincontro come avvenuto tra « federati » e
« non federati »,
La formula federale è istituzionale, quindi per _ nulla indicativa di un ritrovarsi tra singoli
attorno alla Bibbia. Non è del
resto in sede « federata » o « non
federata » che si è avuto mai, diciamo così, il coraggio di affrontare la Bibbia quale tema di divergenze, fonte di possibili contrasti tra quanti appartengono
ai raggruppamenti sopraindicati. Piuttosto, se si vogliono fare
accostamenti direi che — pur
nella immaturità generale ad affrontare di petto temi spinosi
nel clima ecumenico attuale in
parte avariato da erronee valutazioni metodologiche tuttora
imperanti — il Convegno può essere valutato come una anticipazione di quel terzo incontro tra
« fratelli » e « valdesi » sul rispettivo modo di leggere la Bibbia, previsto per il 1980 e poi
rinviato sine die. E’ noto che tale rinvio è avvenuto a causa della risalita di una marea negativa che induce a vedere tra queste due aggregazioni di chiesa e
di credenti o una fittizia presunta unità 0 una distanza incolmabile. Valutazioni queste erronea
mente coltivate sulla base di una
misconoscenza reciproca delle
rispettive connotazioni spirituali pur emerse nei due incontri di
Poggio libertini (1978) e Pravernara (1979).
Necessità di esempi
Inoltre, come è stato rilevato
più volte durante il Convegno,
è sostanzialmente mancata una
esemplificazione concreta delle
due metodologie su cui gli intervenuti non hanno avuto modo
di confrontarsi.
Varie citazioni bibliche, invero
sono state portate a conforto e
sostegno dei diversi assunti; ma
la richiesta su cui, si può dire,
si è concluso il Convegno è stata quella di ritrovarsi ancora per
procedere ad una lettura biblica
confrontando così, in concreto
le distinte metodologie. Si può
quindi ipotizzare un futuro Convegno in cui i relatori vengano
chiamati ciascuno ad operare la
lettura di uno stesso testo. Sarebbe certamente istruttivo ed
edificante.
Concludendo mi è parso infatti sia stato chiarito che i due tipi di lettura sono compatibili,
anche se, ad oggi almeno, non
possano considerarsi complementari. Essi infatti non si escludono a vicenda, purché coloro
che se ne valgono avvertano la
contemporanea presenza degli
elementi divino ed umano costituenti la Bibbia. Su questo fondamento mi pare il dialogo tra
le due tendenze possa svilupparsi e far cadere da una parte come dall’altra quelle valutazioni
facili e riduttive con cui ciascuna delle parti potrebbe rischiare di chiudere un dialogo appena iniziato, liquidando l’altra
parte affermando o che si deve
leggere la Bibbia senza le forbici
o che la Parola si è fatta carne,
non libro. La fede comune dovrebbe poter aver ragione di queste umane meschinità.
Giorgio Peyrot
L’IDDIO PASTORE
Ezechiele 34
Come in tutto il mondo antico, anche
nell’Antico Testamento l’immagine del pastore non fa parte del mondo e del linguaggio religioso, bensi di quello civile e
politico. Pastori — in senso traslato —
non sono i sacerdoti o i predicatori, ma
i sovrani, i capi. Di questi i documenti
dell’epoca dicono che « pascono » i loro
popoli. E quando, nella valle del Nilo, in
Mesopotamia o in Fenicia, un popolo attraversa un periodo di marasma civile
e politico e non c’è' autorità stabile, la
frase d’uso, fino a diventare stereotipa
è: pecore senza pastore.,
Un’immagine diffusa e corrente, dunque, che certo oggi ci piace poco, giustamente riluttanti a vedere i popoh come
greggi condotti da capi « pastori », illuminati o meno... Idillica, comunque, rion lo
era nemmeno allora quest’immagine e
indicava una realtà spesso assai dura
che si riflette nel detto ironico di Gesù:
« I despoti delle nazioni le dominano, e si
fan chiamare benefattori... » (Luca 22: 25).
L’appellativo cortigiano e laudativo è largamente documentato. Tito, con le sue
glorie sanguinose eternate sui bassorilievi
del suo arco trionfale nel Poro romano,
zeppi di gente in catene e di preda, non
era forse definito dalla prosa del regime
« delizia del genere umano »? E il miele
non cola fino ad oggi nelle varie prose
di regime, o dalle autobiografie di certi
Grandi?
Pastore = capo
In ogni caso non si tratta di giustificare,
ma di prendere atto di una situazione,
nei termini reali di allora: presentato e
forse spesso anche effettivamente sentito
e desiderato come « pastore », il capo, il
sovrano c responsabile del benessere del
suo popolo, gli assicura terra, lavoro, sicurezza, lo guida in pace e in guerra, lo
difende proprio come un pastore fa con il
suo gregge.
Si capisce, allora, che in Israele i capi
siano stati a lungo dei « carismatici » senza trasmissione ereditaria del potere (Dio
del resto sceglieva talora Giacobbe piuttosto che il primogenito Esaù, o Samuele
AH'ascoltq della Parola
a cura di Gino Conte
contro i figli di Eli!); e che vi siano state
tante resistenze all’istituzione della monarchia. Ma che bisogno avete di un repastore? — chiede Samuele alle tribù che
vogliono un re che vada alla loro testa
comfe ne hanno tutti i popoli — avete già
il Pastore più grande e fidato, il Dio del
Patto! (1 Sam. 8).
Sicché l’inno d’Israele « Jahvé è il mio
pastore! » (Sai. 23) non era una bella parola pia, ma una confessione di fede e
anche una scelta di campo: il rifiuto di
ogni autorità umana assoluta, sacralizzata.
Pastori dopo Dio
Lo stesso grande Davide, consacrato come pastore d’Israele (2 Sam. 5: 2), non
sarà mai un monarca assoluto come un
faraone o come un despota mesopotamico
o ellenistico o romano (o... « cristiano » alla Filippo II o alla Luigi XIV): inconcepibile, altrove, ciò che è avvenuto in Israele e che è rimasto storiograficamente documentato nei suoi testi ispirati: il profeta Natan denuncia pubblicamente la colpa scandalosamente esemplare del re, poi
gli vieta l’opera che sarebbe stata l’architrave della costruzione politica del nuovo regime unitario, il Tempio ; e nei due
casi il grande re si piega! A differenza
di tanti monarchi assoluti, che sotto il
manto di essere rappresentanti di Dio in
realtà aumentavano il loro potere sacralizzandolo, anziché dare spazio alla sovranità di Dio, Davide, per quanto storicamente corposa sia stata la sua signoria,
. ha avuto come una trasparenza ed è stato
chiaro a lui e agli altri che era re, pastore
« dopo Dio ». Per questo, malgrado le sue
molte colpe, è rimasto indicazione esemplare per l’esercizio di una sovranità « secondo Dio ».
Pastori in proprio
Ma nella storia d’Israele sono abbonda
ti capi di tutt’altro tipo: e non solo i re,
da Roboamo (se non dall’ambiguo Saiomone) a Sedekia, ma a tutti i livelli della
cosiddetta scala sociale, a tutti i livelli delle responsabilità civili, politiche e sociali; e religiose, possiamo aggiungere, purché sia chiaro che in questo caso il « religioso » non è l’ambito del clero, ma il
modo in cui si vive tutto alla presenza di
Dio, in relazione al suo Patto.
Capi, pastori che hanno creduto alle
forze storiche più che a Dio: politica di
potenza, strategia di conquista, tattica di
alleanze, acculturazione, mescolanza con
la visione del mondo propria dell’ambiente circostante, con la sua etica; e Dio sempre più relegato nel « suo » Tempio. Allora, gradatamente, Dio li ha abbandonati
a queste forze storiche, perché ne assaggiassero la consistenza, la natura: prima
in modo parziale, frammentario, poi con
la soluzione quasi-flnale della distruzione
di Samaria prima, di Gerusalemme, del
Tempio stesso, poi. E in testa alla colonna
dei deportati, fin dal 597 a.c., dopo il
primo assedio, c’erano loro, i pastori, i
capi, la classe dirigente.
Stanziati in domicilio coatto sulle rive
del Kebar, un braccio del basso Eufrate,
presso la zona dove oggi fungheggiano i
derricks petroliferi irakeni, ecco la predicazione che pastori e gregge, classe
dirigente e popolo ricevono attraverso il
profeta Ezechiele: « Cosi parla Jahvé, il
Signore: Guai ai pastori d’Israele che non
han fatto che pascere se stessi! Voi non
avete fortificato le pecore deboli...» (34:
1-10). .lahvé è il solo, vero pastoTc: altri
possono esserlo per suo mandato e solo
compiendo la sua volontà per il servizio
del suo popolo e per la testimonianza resa a Lui fra i popoli. A tutti i livelli, anche i più grandi, non sono che modesti
vassalli revocabili, chiamati a rendergli
conto. La resa dei conti è venuta. Hanno
pasciuto se stessi : per interesse, per smania di potere, per cecità, per viltà e pigrizia; hanno trascinato il popolo di cui erano responsabili nella rovina. Hanno fatto
proprio l’opposto di quello che l’antica
confessione di fede cristiana cantava, abbagliata ed esultante, di Cristo, il Signore
che non ha considerato il suo potere divino una preda da sfruttare con gelosa
avidità per il proprio interesse. Per loro
è stata preda e rapina, il potere. Lo hanno
perso. Hanno perso tutto. ’
La resa dei conti
La parola del solo vero Signore prende
di petto i potenti. Oggi diremmo: capi
di nazioni e di blocchi, capi conservatori,
reazionari o rivoluzionari, capi di governo e dell’opposizione, capipartito, capicorrente e capiservizio, capi d’industria e
capi sindacali, grandi del capitale (anche
di quello di stato o di partito) e delle
multinazionali, della cattedra, del bisturi
e del foro, cappe d’ermellino, porporati e
medagliati, all’ovest e all’est, nell’emisfero
ricco e in quello povero (dove talvolta potere e ricchezza di pochi sono particolarmente sfacciati), nelle vecchie e nelle giovani nazioni. Sono tutti capi, ma hanno
un Capo cui devono rispondere e oggi come allora Jàhvé avverte che la prepotenza del potere di turno non avrà mano
libera indefinitamente: « Voi mangiate il
latte...» (V. 34, 19, 21).
A tratti, nella storia, una classe dirigente è chiamata alla resa dei conti. Questa
è quasi sempre sanguinosa, feroce; comunque è sempre umana, carica di impurità e di contraddizioni, gravida di nuove
prepotenze, matrice di una « nuova classe » (Gilas). Eppure — diceva allora e
continua a dirci Ezechiele — dietro (non
dentro) questa resa dei conti si profila
la severa e giusta parola del Pastore del
mondo: « Eccomi, eccomi contro i pastori... » (v. 10). Ogni crisi storica addita
la grande Crisi, il Giudizio.
« Eccomi... »
« Eccomi, io stesso andrò in cerca delle
mie pecore, io cercherò la perduta, fascerò la ferita, ma distruggerò la grassa e
la forte; io le pascerò con giustizia. E
susciterò su loro un solo pastore, il mio
servo Davide... Io, Jahvé, ho parlato »
(v. 11, 16, 22-23). La parola creatrice del
Signore si era già fatta storia; si farà
carne, uomo.
Gino Conte
6
6 fede e cultura
12 marzo 1982
PRESENZA EVANGELICA NEL DIBATTITO CULTURALE DEL PAESE
Scuola pubblica e insegnamenti reiigiosi
CATANIA — Preceduta da comunicati stampa e televisivi, ha
avuto luogo domenica 13 u. s.
in un cinema cittadino una
rnanifestazione interdenominazionale ohe non ha precedenti
e alla quale hanno partecipato
tutte le Chiese Evangeliche della città: oltre alla Chiesa Valdese e Battista, la Chiesa Apostolica e Pentecostale, le Assemblee
di Dio, l’Esercito della Salvezza
nonché la Federazione della Gioventù Evangelica Italiana.
Erano presenti anche rappresentanze dei partiti politici a dirnostrazione della loro solidarietà con gli organizzatori della
manifestazione che aveva lo scopo di mobilitare e sensibilizzare
l’opinione pubblica sull’opportunità e la necessità di portare
avanti e di appoggiare la Proposta di Legge del CIDI (Centro
Iniziative Democratiche Insegnanti) intesa ad abrogare la legislazione fascista che rende obbligatorio l’insegnamento della
religione cattolica nelle scuole
pubbliche e a sottoscrivere altresì la facoltatività di tale insegnamento e sostituendolo — a
richiesta dei genitori degli alunni — con un programma stabilito dalle singole confessioni religiose.
Tre pastori, Rapisarda, battista, Civiletto, apostolico, Berutti, valdese, si sono alternati al
microfono, tutti proclamando
l’Evangelo della grazia e della
liberazione ad un’assemblea di
circa duemila persone con tema
unico la parola di Gesù contenuta nel Vangelo di Giovanni al
Cap. 8: 31: « Se rimanete radicati nella mia parola siete veramente miei discepoli; così conoscerete la Verità e la Verità vi
farà liberi ».
Tra un messaggio e l’altro l’a.ssemblea ha potuto ascoltare con
gioia le lodi del Signore cantate
dalla Corale organizzata dalle
Assemblee Pentecostali e raccogliersi in preghiera.
Infine ha preso la parola Ettore Panasela che dopo aver tracciato un rapido excursus storico
del secolare processo legislativo
dell’obbligo dell’insegnamento
religioso cattolico nella pubblica
scuola elementare e negli altri
ordini di scuola ha messo in ri
lievo la pesante imposizione confessionale attraverso i programmi di studio emanati nel 1955.
E’ stato messo in rilievo il contrasto esistente fra i principi libertari fatti propri dalla pedagogia moderna ed il fine (iniziale
e terminale) imposto dai programmi del 1955 che prescrivono
un insegnamento religioso cattolico che deve permeare con la
sua dottrina tutte le materie di
studio; tale norma che non prevede la presenza in classe di
alunni appartenenti ad altre fedi religiose ha creato una situazione di stallo e di pauroso conformismo che continua ad asfissiare tutta la scuola italiana; basti pensare al disagio morale che
si arreca agli alunni non cattolici e alle ben note difficoltà psi
Protestantesimo
e lotte operaie
VERCELLI — Per la seconda
volta, il 14 febbraio u. s., il professor Gastaldi ha affrontato la
storia del Protestantesimo, rivisitandone in questa occasione i
collegamenti con le lotte operaie deH’800 e del primo ’900, con
lo stesso rigore scientifico e chiarezza espositiva della precedente conferenza « Protestantesimo
e capitalismo ».
Chiariti i termini della questione sociale entro cui si sarebbe svolta la sua relazione, il prof.
Gastaldi ha evidenziato i motivi
d’interesse sociale già presenti
nella Riforma stessa: il concetto di vocazione o impegno a servire Dio nella società; il valore
dell’uguaglianza riscoperto con
la Riforma e l’importanza della
partecipazione vissuta nelle comunità protestanti; la possibilità di associazione spontanea e di
lotta ideale anche se ristretta ad
una minoranza, senza preoccupazioni di consenso.
L’oratore è poi passato ad esaminare l’apporto dei protestanti
alla soluzione della questione sociale, prima in termini generali
e infine nella situazione dei singoli stati: Gran Bretagna, Olanda, Germania, Svizzera, con accenni anche alla Scandinavia,
Usa, Giappone, Italia. E così accanto alla freddezza della Chiesa ufficiale, cointeressata in qualche caso col mondo economico
capitalistico, si sono venuti a
poco a poco ricordando gruppi
o individui, che hanno manife
Il ministero della preghiera
Ad una persona che per l’età
non possa più essere attiva sul
piano della comunità e se ne
rammarichi, può capitare di sentirsi dire: « Puoi sempre pregare! », suggerimento tappabuchi
buttato lì un po’ a caso, e poco
convincente.
E invece è un’ottima proposta
ma da ripensare nella comunità
per riscoprire tutti insieme il
ministerio — chè tale è — della
preghiera.
Esso sembra particolarmente
adatto per una persona anziana
perché non richiede né forza fisica, né straordinarie doti di
mente, ma solo un po’ di tempo
libero e la volontà di dedicarvisi
onde diventare un uomo o una
donna che quietamente e silenziosamente si tiene davanti al
Signore per vegliare sugli altri.
Nelle epistole di Paolo non si
contano gli inviti e i solleciti
alla preghiera. Chi vi si impegna
non sarà mai solo ed avrà molto
da fare. Soprattutto la preghiera
di intercessione lo porterà a condividere maggiormente i problemi di coloro per i quali intercede, sia essa una persona o una
opera, o un gruppo di fratelli fino al più grande cerchio dell’umanità.
Questa condivisione poi stimolerà la sua fantasia, affinché, dopo aver pregato, sappia operare,
secondo le sue possibilità, nei
modi che gli saranno rivelati.
Dobbiamo anche guardarci di
non fare del nostro intercedere,
una preghiera praticata male, nel
senso di pensare che Dio sia lì
al nostro servizio per esaudirci.
« Signore, fai questo, fai quello! ».
L’Evangelo ci insegna invece che
questa è la preghiera « nel suo
nome », cioè come lui stesso domanderebbe. Ed è al tempo stesso una preghiera che ascolta,
ascolta ciò che Dio vuole; certo,
non lo Si capisce sempre, allora
si prega come si può, senza vederci chiaro, ma lo Spirito Santo ispira la nostra preghiera a
domandare « secondo la sua volontà ».
Alcuni potrebbero dire: « Ma
perché pregare se Dio vede tutto
e sa già ciò che ci occorre? ». Ma
la Parola non dice che Dio sia
una specie di mago, ma che Dio
opera nel mondo, con gli uomini e per mezzo loro; egli vuole
uomini liberi e responsabili, capaci di rifiutarlo o di collaborare.
Chi crede e prega è collaboratore di Dio.
C’è ancora un’altra preghiera
riservata agli anziani ed è la benedizione. Tocca a loro benedire
i più giovani. Dice l’apostolo:
« Benedite perché a questo siete
stati chiamati ».
Perciò è della più grande importanza che in una famiglia, il
padre o la madre o il membro
più anziano benedica ogni sera
nel nome di Dio, ciascuno e tutti
e li metta nelle sue mani.
La riflessione sulla preghiera
potrebbe continuare; si potrebbe parlare della preghiera di lode, di adorazione, dell’esaudimento e del non esaudimento, ecc.
Ma abbiamo solo voluto, nel
contesto di questo impegno di
fede, sottolineare quale privilegio
sia, nella terza età, avere del tempo per questo ministerio e, al
tempo stesso invitare tutti i credenti a praticarlo maggiormente,
in obbedienza a quanto dice l’apostolo Paolo; « Pregate sempre;
chiedete a Dio il suo aiuto in ogni occasione e in tutti i modi,
guidati dallo Spirito Santo. Perciò state svegli e non cessate mai
di pregare per tutto il popolo di
Dio» (Efesini 6: 18).
(adattamento da « Enfin du
temps pour l'essentiel », cahiers de Pomeyrol)
cologiche ambientali e sociali nelle quali sono costretti a muoversi durante tutto il corso degli
studi questi ragazzi.
Gli evangelici italiani, convinti che le giovani generazioni
hanno diritto a frequentare una
scuola moderna, aperta a tutti
in quanto non discrimina per
motivi ideologici sociali razziali
o religiosi e con insegnanti disposti al dialogo alla creatività
allo spirito critico, approvano ed
appoggiano la Proposta di Legge
del Centro di Iniziativa Democratica, la sottoscrivono e si adoperano perché i cittadini appartenenti a tutte le fedi religiose la
sottoscrivano. La sua approvazione da parte del Parlamento
rappresenterebbe una conquista
civile, un successo ed un’affermazione delle forze democratiche, particolarmente se si terrà
conto della programmazione di
liberi e facoltativi Corsi di cultura religiosa non dogrhatici.
A conclusione viene lanciato
un appello alle forze cattoliche
perché si adoperino a spazzare
via gli ultimi rigurgiti controriformistici, ad abbandonare i tradizionali ed anacronistici principi che fanno riferimento all’integrismo religioso che è di ostacolo alla fondazione di nuovi e
più concreti rapporti sociali fra
i cittadini che aspirano alla pace, alla giustizia, alla libertà.
E. P.
stato sensibilità al problema
operaio.
« La loro compromissione è
passata per due fasi: la prima
di semplice solidarietà per affermare da cristiani un ideale di
giustizia; la seconda di sindacalizzazione, in cui i protestanti si
sono impegnati nel sociale, nel
sindacale, nel politico. E’ stata
una partecipazione sempre più
profonda e progressiva, che ha
toccato via via tutti gli stati industrializzati e che pur adattandosi alla realtà diversa ha conservato gli stessi caratteri comuni ».
Altro elemento da ricordare:
il mondo protestante non ha dato vita a partiti cristiano-sociali,
come è avvenuto invece nei paesi cattolici. Al contrario i protestanti hanno partecipato alle
lotte operaie, impegnandosi attivamente nei sindacati e nei
partiti non confessionali e in
Germania anche nel partito socialista, in quanto essi non facevano del dottrinarismo, ma intendevano dal punto di vista
pratico il socialismo come soluzione di un problema.
Da ultimo il dibattito, nel ribadire alcuni concetti già emersi, ha spostato in parte il discorso sulle posizioni più nette e discusse dei protestanti nel dopoguerra in Francia, in Italia e negli Usa, accennando all’appoggio
da loro dato a Mitterrand e alla
maggior diversificazione italiana.
L. C.
Valdesio e Francesco
TERZA ETÀ’
AGRIGENTO — Sotto gli auspici del Centro studi « Augusto
Sciascia » e dell’Associazione Italiana Cristiani Socialisti, nel quadro della celebrazione dei numerosi centenari che quest’anno
ricorrono, si è tenuta il 15/2 u.s.,
nei saloni dell’auditorium « Amici », la preannunziata conferenza-dibattito del prof. Giovanni
Gönnet sul tema « Valdesio di
Lione e Francesco d’Assisi ».
L’avvenimento, cui tra gli altri
hanno dato la propria adesione
il Presidente del Consiglio dei
Ministri on. Giovanni Spadolini,
Fon. Lauricella e Fon. Reina, ha
avuto una risonanza inusuale
per la città di Agrigento. Un
pubblico di più di cinquecento
persone, formato dagli esponenti più qualificati della cultura
agrigentina e da folti gruppi di
giovani, ha seguito attentamente
Foratore ed ha partecipato con
passione al dibattito.
Preceduto da una introduzione
del prof. Tito Aronica, il prof.
Gönnet, dopo aver delineato attraverso una acuta analisi delle
fonti (talune scoperte in epoca
assai recente da lui stesso) le esigenze di rinnovamento spirituale e di ritorno alFEvangelo che
caratterizzano i due protagonisti, ha individuato i motivi della differente sorte storica del
Francescanesimo e del Maidismo,
oltre che nella diversa realtà culturale e politica in cui si muovono Valdo e Francesco, nella
loro diversa formazione umana
e psicologica: Francesco poeta e
mistico più che uomo d’azione,
e quindi meno incline a radicalizzare il proprio dissenso; Valdo
uomo di negozi più che contemplativo, e perciò maggiormente
disposto, pur dopo comprensibili esitazioni e reiterati tentativi di restare nell’alveo della
Chiesa, a trarre le estreme conseguenze pratiche della protesta.
Attorno a questo lema centra
le hanno ruotato, anche se talvolta solo accennati per la brevità del tempo a disposizione,
numerosi motivi di straordinario interesse: un sintetico riepilogo del destino storico del Maidismo dal suo fondatore ai nostri giorni; il significato della
scissione del Francescanesimo;
l’interpretazione del termine « eresia » come scelta che, lungi
dallo svilire, valorizza gli aspetti più profondi della dignità umana; il problema del primato dei
romani pontefici; la necessità di
considerare FEvangelo come punto di riferimento costante per
tutti coloro che si riconoscono
nella parola di Cristo; l’interpretazione del dissenso religioso non
come elemento di frattura ma
come stimolo all’approfondimento critico delle reciproche posizioni.
Tra i molti interventi, da ricordare quello del dott. D’Alessandro, che ha manifestato il
sincero bisogno di approfondire
il significato dell’esperienza della conversione nei suoi aspetti
psicologici e trascendenti; quello del sacerdote don Pirrera, che
ha ribadito la necessità di considerare il Vangelo, e non la gerarchia, come fonte prima della
verità (sì da indurre il prof. Gönnet ad esclamare simpaticamente: « Ma lei è più Valdese di
me! »); quello infine, perspicuo
e stimolante, del prof. Arnone
che, riprendendo il tema del significato da attribuire all’appello pauperistico di Valdo e Francesco, ha posto il problema se
il loro atteggiamento debba considerarsi espressione di un antistorico rifiuto dell’incipiente tra-'
passo dalle strutture feudali alla
nuova età mercantile e borghese.
In sintesi, un incontro che ha
segnato una tappa di fondamentale importanza nella vita culturale della città di .^grigento.
G. B. R.
UNA NOVITÀ’ Com-Nuovi Tempi edizioni
ADRIANA ZARRI
I guardiani del sabato
riflessioni sulla chiesa italiana dopo il referendum sull'aborto
passione e indignazione guidano Adriana Zarri nel tentativo
di capire perché "la sua chiesa" si sia schierata con i "guardiani del sabato", coloro che in nome di un principio astratto
si sono accaniti, nelle recenti consultazioni referendarie, contro la scelta drammatica delle donne che decidono di abortire.
il libro può essere richiesto tramite versamento di L. 4.000
su conto corrente postale n. 61288007
intestato a Coop. Com*Nuovi Tempi s.r.l. * Via Firenze, 38 - 00184 ROMA
specificando la causale o direttamente in redazione
7
12 marzo 1982
obiettivo aperto 7
UN
RAPPORTO SULL’IMPONENTE « PROCESSO ALLA GUERRA »> TENUTOSI AD AMSTERDAM
Dopo l'udienza, il verdetto: condanna
Il nostro giornale, sul n. 52 del 25-12-’81,
aveva già dato notizia della clamorosa iniziativa presa dal Consiglio Ecumenico delle
Chiese organizzando ad Amsterdam, dal
23 al 27 novembre, una specie di processo
agli armamenti nucleari. L’iniziativa ha
avuto una larghissima eco nel mondo, sia
per la qualità e la rappresentatività dei
partecipanti, sia per il verdetto emesso al
termine di questa pubblica udienza internazionale. Siamo ora in grado di presentare ai nostri lettori un interessante resoconto di questa conferenza, redatto da
Brace Best, direttore del mensile « One
World », rivista del CEC. Facevano parte
della « giuria » internazionale: un giudice,
un professore di fìsica, un economista, un
ex-ministro, un parlamentare, un ex-generale, due ambasciatori e due arcivescovi.
Essi hanno emesso un verdetto inappellabile: condanna senza riserve degli armamenti nucleari.
Nella foto: il testimone sovietico Paul
Podlesni (di spalle) mentre risponde. A
sinistra, chinato in avanti, il vescovo Habgood, presidente dell’udienza.
La maggior parte delle persone
che hanno partecipato ai cinque
giorni della conferenza a Amsterdam, a fine novembre, sono probabilmente rimaste sbalordite
dal fatto che un tale menu di
distruzione abbia mai potuto essere preparato e per di più offerto.
Questa è la situazione quale si
presenta sul Pianeta Terra alTinizio del 1982:
— Primo: lo scopo di possedere armi nucleari non è di usarle
ma di prevenirne Tuso da parte
di qualcun altro, e questa strategia funzionerà finché non fallirà.
— Secondo: anche se le armi
nucleari non sono da utilizzare,
più ce ne sono — e più sono distruttive — più è probabile che
il mondo rimanga in pace.
— Terzo: aumentare la possibilità di usare armi nucleari in
modo limitato aiuta a prevenire
la guerra, purché la gente creda
che siete seri nell’usare armi che
non possono essere usate.
— Quarto: sembra possibile
sferrare un piccolo attacco nucleare dicendo al vostro nemico
che non si tratta di una guerra
su larga scala; se il nemico vi
crede, il mondo non sarà distrutto sette volte.
— Quinto: l’attuale sicurezza
del mondo dipende dall’idea che
la vittoria, in una guerra nucleare, significherebbe il suicidio e
l’annientamento dell’umanità, finché solo un gruppetto di nazioni
coscienti di ciò hanno armi nucleari.
— Sesto: molte armi nucleari
sono state sviluppate perché risultano più economiche, come
forze militari, che mantenere un
esercito convenzionale.
— Settimo: esiste all’ONU un
comitato per il disarmo ma non
può discutere nessun piano serio
per impedire esperimenti di armi nucleari perché le superpotenze non glielo permettono.
A Amsterdam, il gruppo internazionale di rappresentanti delle
chiese, che costituiva la giuria
(...) ha emesso un verdetto che
condanna senza riserve « qualsiasi strategia che implica o che
suggerisce il ricorso alla guerra
nucleare » e ha proposto che la
produzione, il possesso e l’uso di
armi nucleari sia considerato come « un delitto contro l’umanità ».
successo nell’economia colonialista.
Smantellare il sistema avrebbe
causato un caos finanziario.
Eppure ciò è successo, anche
se l’abolizione avvenne lentamente e faticosamente. (...)
A metà del 20° secolo — due
secoli dopo l’inizio della campagna anti-schiavitù — non c’erano
molte altre pratiche che fossero
altrettanto illegittime (o delegittimate) quanto la schiavitù.
Inseguimento accettabile
Può darsi che questa non sia
una proposta del tutto ingenua.
Infatti, uno degli aspetti più
preoccupanti messi in evidenza
da alcuni testimoni a Amsterdam
è che la corsa agli armamenti
nucleari è un inseguimento del
tutto accettabile, socialmente e
politicamente.
Le armi nucleari possono distruggere i modi di pensare semplicemente distruggendo la gente.
Una delle domande poste all’udienza chiedeva se fosse possibile anche il contrario. Cioè i modi
di pensare possono distruggere
— o almeno aiutare a distruggere — le armi nucleari?
Il gruppo ha preso sul serio
questa possibilità usando un termine che non ha un posto rilevante nel dizionario inglese ma
che può avere un potenziale
creativo nel campo del disarmo.
Il termine è « delegittimare ». Lo
scopo è semplicemente di rendere inaccettabile ciò che oggi è
accettabile, sia nel diritto che
nella società e nella politica.
La relazione introduttiva pensa che questa delegittimazione
sia possibile in quanto le chiese
l’hanno già ottenuta per quanto
riguarda il razzismo e la guerra
biologica. Ma, alla conferenza, è
stato menzionato un altro paragone che potrebbe rivelarsi un
potente argomento da sviluppare. Si tratta del modo in cui è
stata messa fuori legge la schiavitù.
Se mai vi è stato un caso di
ingenui benintenzionati nell’affrontare un problema sul quale
non avevano alcuna probabilità
di successo, questo fu la cam
Chi sono i realisti?
pagna iniziata a metà del 18” secolo per abolire la schiavitù.
I « realisti » avranno sicuramente reagito con stupore quando, per la prima volta, nel 1776,
venne chiesto alla Camera dei
Comuni della Gran Bretagna di
dichiarare che « il commercio
degli schiavi è contrario alle leggi di Dio e ai diritti dell’uomo ».
La mozione fallì miseramente e
i mercanti continuarono, felicemente e vantaggiosamente, a imbarcare il loro carico umano.
Eppure, non più di 40 anni dopo il Parlamento britannico stabilì che il commercio degli schiavi era una malvagità e più tardi
dichiarò che era un reato punibile con la pena di morte.
Fu un sorprendente dietrofront nel quale le chiese giocarono un ruolo-chiave. Per molti
secoli la schiavitù era stata una
istituzione. Nell’antica Grecia, il
filosofo Aristotele aveva scritto
che la schiavitù era necessaria
e naturale, e perfino benefica.
Nell’impero romano essa occupava un posto ben preciso e i
proprietari avevano un potere
assoluto sulla vita dei loro
schiavi. Per centinaia di anni l’economia romana sarebbe naufragata se la schiavitù fosse stata
abolita.
La pratica della schiavitù diventò di nuovo largamente diffusa durante l’era coloniale. All’inizio del 17” secolo c’erano contratti legali e una legislazione
che copriva il commercio degli
schiavi. In paesi come gli USA, il
Brasile e le Indie, le piantagioni
erano costruite sul lavoro degli
schiavi. Era un ingrediente di
È solo da tre decenni che l’umanità subisce la schiavitù della
corsa agli armamenti nucleari
che la minacciano di estinzione. Ma visto che il tempo per
fermarla potrebbe essere breve,
forse è venuto il momento di
chiederci seriamente chi sono i
realisti.
A questo proposito, i suggerimenti fatti a Amsterdam non
sembrano affatto ingenui: per
esempio, congelare la produzione di armi nucleari, prendere iniziative di disarmo unilaterali limitate, oppure fornire agli scienziati e ai tecnici un codice antiarmi nucleari secondo linee simili a quelle del Giuramento medico di Ippocrate.
La corsa agli armamenti nucleari non è certo un problema
semplice per il mondo moderno.
Dalla conferenza è emerso che
un congelamento della produzione di armi nucleari implicherebbe lo smantellamento dal 30 al 40
per cento dell’industria bellica
degli Stati Uniti. A prescindere
dal fatto che si tratterebbe del
primo passo nella storia in questa direzione, ciò costerebbe una
grande quantità di posti di lavoro.
Ma una complicazione ancora
più diffìcile è il modo in cui le
superpotenze hanno sviluppato
un fragile equilibrio di potere
con i loro arsenali nucleari. Esistono alcuni seri timori che intromettersi in questo campo potrebbe « destabilizzare » i rapporti e quindi aumentare i rischi di una guerra nucleare.
A questo proposito sono state
sollevate alcune domande, in seguito ad una dichiarazione non
ambigua fatta dall’ex-consigliere
presidenziale USA Me George
Bundy: « Penso che ridurre del
.50% ¡1 previsto arsenale strategico nucleare americano — con
o senza un’azione corrispondente
da parte sovietica — lascerebbe
comunque agli USA un deterrente adeguato ».
Deterrente? Il teologo Roger
Shinn ne ha dato forse la migliore definizione: quando una
sola nazione possedeva armi nucleari, ne fece uso; quando due
nazioni he sono venute in possesso, non ne hanno fatto uso.
Perciò egli è contrario ai disarmo unilaterale perché « l’unica situazione più pericolosa... dell’equillbrio del terrore è il mono
polio del terrore».
Qui sta l’origine del concetto
di deterrente. Oggi esistono una
prima e una seconda capacità di
colpire. La prima è ovvia: sferrare un attacco. La seconda è la
capacità di replicare qualora il
nemico sprechi una grossa quantità del proprio arsenale nell’attacco.
In realtà, la seconda capacità
di colpire sta nel predisporre
un livello di rappresaglia tale
da convincere l’attaccante che egli subirebbe un « inaccettabile »
livello di distruzione. Il termine
usato è MAD — mutua distruzione assicurata — e sembra essere uno dei motivi-chiave per la
continuazione della corsa agli armamenti nucleari.
I crite'ri per valutare la seconda capacità di colpire non sono
stabili, ha detto il ricercatore
sovietico Alexi Arbatov. « Se noi
diciamo ’’basta”, senza preoccuparci di ciò ebe fanno gli Stati
Uniti, fra cinque o dieci anni scopriremo che non abbiamo più la
capacità di distruzione assicurata ». Per questo lo sviluppo
degli armamenti va avanti.
C’è poi « l’opzione » di una
guerra nucleare limitata. Gli USA
hanno ampiamente sviluppato
questa ipotesi per controbilanciare la superiorità delle forze
convenzionali dell’Unione Sovietica. Essa prevede l’uso su bassa scala di armi nucleari. Ma la
maggior parte degli esperti concordano nei dire che la guerra
nucleare limitata non è possibile perché sfocerebbe inevitabilmente in una guerra totale. (...)
Sistema distruttivo
Tuttavia, a questa serie di cortesi scambi tra esperti beneducati si è accompagnata un’immagine deprimente di persone
prigioniere del proprio sistema
distruttivo.
Alcune domande hanno messo
in evidenza la logica interna di
un sistema dipendente dalle ar
mi nucleari. Una di queste è stata
fatta dal sociologo danese Anders Boserup, il quale ha criticato l’idea tradizionale di difesa
contrapponendole la nozione più
moderna di deterrente e ha concluso che i due termini si escludevano a vicenda.
La difesa dipende dal fatto di
essere capaci di combattere una
guerra ad un livello accettabile,
ha detto. Il deterrente dipende
dal fatto di assicurarsi che la
guerra non può essere limitata
ed è pertanto inaccettabile. Perciò più c’è fiducia nel deterrente, meno le nazioni sono capaci
di difendersi. Poche cose potrebbero essere più destabilizzanti
di questo.
Un’altra domanda riguardava
la preoccupazione a proposito
della proliferazione degli armamenti nucleari al di là del ’club’
esistente. Fra i problemi a questo riguardo c’era da vedere se
il Sud-Africa avrebbe usato la
sua capacità nucleare per sviluppare una « bomba apartheid »
onde mantenere il suo sistema,
agendo contro altri stati africani
o contro il proprio popolo. Una
delle questioni più spinose che
si porranno nel prossimo o nei
prossimi due decenni è proprio
quella di sapere l’uso che potrebbe fare una nuova generazione di stati in possesso di
armi nucleari. È improbabile
che i colloqui sul controllo delle
armi tra USA e URSS aiutino
molto su questo punto.
Come ha detto l’esperto della
difesa indiano K. Subrahmanyan,
la proliferazione degli armamenti nucleari non si fermerà finché
la gente dei paesi industrializzati
subirà il « lavaggio del cervello »
nel credere che la minaccia di
una guerra nucleare abbia preservato la pace.
Il filosofo giapponese Mitsuo
Okamoto ha osservato che la sicurezza del mondo basata sull’equilibrio nucleare tra le due
superpotenze non determina soltanto il destino degli Europei.
Significa che gli Asiatici, gli Africani e chiunque altro stanno nelle mani di chi nrende le decisioni
a Washington e a Mosca. (...)
« Mi sento molto a disagio in
questo ambiente nucleare » ha
ammesso il ricercatore sovietico Alexi Arbatov in una conferenza-stampa a Amsterdam. « La
sicurezza dello stato è basata
sulla capacità di incenerire centinaia di milioni di persone dell’altra parte. Temo mclto che
Tequilibrio del terrore non sia
abbastanza stabile in futuro ».
Tre giorni prima di queste parole, circa 400.000 persone si erano radunate a Amsterdam per
protestare contro gli armamenti nucleari. Più di due milioni di
Europei hanno preso parte a dimostrazioni come questa, nelle
strade delle loro città, l’anno
scorso. È possibile che i nuovi
manifestanti contro le armi nucleari abbiano più alleati di quanto credono nelle strutture di potere del mondo, che abbiano argomenti migliori e più realistici,
e che possano vincere.
Se si prenderà sul serio questa
possibilità, la scelta degli armamenti nucleari apparirà non solo ingenua, ma del tutto non
credibile.
Bruce Best
8
8 ecumenismo
12 marzo 1982
NELLA RECENTE ENCICLICA PAPALE ’’FAMILIARIS CONSORTIO’
Il nodo dei matrimoni misti
Qualche tempo fa, seguendo
una coppia mista che stava
orientandosi in vista del matrimonio, poiché il sacerdote che
avevano consultato insisteva ripetutamente che « ormai non c’è
più niente da firmare », ho telefonato airufficio matrimoni della
curia torinese per poter dimostrare agli sposi l'infondatezza di
quanto veniva loro presentato.
Mi è stato quindi confermato che
non sono state modificate né a
Torino né altrove le disposizioni
del Motu proprio « Matrimonia
mixta » del 1970 e in più mi è
stato dato un significativo commento: le disposizioni concernenti i matrimoni misti non solo non
sono cambiate ma saranno applicate in modo più stretto dopo
quanto Giovanni Paolo II ha
scritto in proposito nella recente enciclica « Familiaris consortio ».
Una frenata
Come è noto uno dei centri dell’intricato nodo dei matrimoni
interconfessionali è costituito
dalla promessa che il coniuge cattolico è tenuto a formulare « che
farà tutto quanto sarà in suo potere perché tutta la prole sia battezzata ed educata nella chiesa
cattolica ». Ora, a quasi 12 anni
da quando questa prescrizione è
stata emanata da Paolo VI — e
dopo che molte Conferenze episcopali (non certo quella italiana) hanno occupato i limitati
spazi, che il Motu proprio aveva
aperto alle loro competenze, con
posizioni tendenzialmente- innovative e al limite dell’osservanza della normativa papale, e dopo
che nel Sinodo dei vescovi del
1980 era stata espressa la necessità di riprendere in considerazione il problema dei matrimoni
misti — papa Wojtyla afferma
che « vanno, anzitutto, tenuti presenti gli obblighi della parte cattoliéa derivanti dalla fede, per
quanto concerne il libero esercizio di essa e il conseguente obbligo di provvedere, secondo le proprie forze, a battezzare e ad educare i figli nella fede cattolica ».
Né più né meno di quanto diceva il Motu proprio di Paolo VI,
quindi. Ma appunto: il fatto che
dopo 12 anni di esperienze, problemi, tentativi e disagi anche in
campo cattolico, ci si iimiti a richiamarsi pesantemente alla normativa vigente, suona sconfessione di tutto quanto ha cercato di
andare al di là della lettera di
tale normativa.
Altri elementi del paragrafo
che il papa dedica ai matrimoni
misti nella sua enciclica sul tema della famiglia confermano
questa impressione. Per esempio, la preoccupazione per la
possibile prevaricazione relativa
alla libertà religiosa che « può
essere violata sia mediante pressioni indebite per ottenere il cambiamento delle convinzioni religiose della controparte » a prima vista sembra riguardare
ugualmente le due parti della
coppia. In realtà i vescovi sono
invitati a prendere misure pastorali adeguate « dirette a garantire la difesa della fede del coniu
ge cattolico e la tutela del libero
esercizio di essa » e tutto il contesto indica che la parte non cattolica è presente come elemento
costitutivo della coppia mista
ma non come portatrice di esigenze, di diritti, di responsabilità
pari a quelle della parte cattolica.
La funzione restrittiva di questo intervento papale in tema di
matrimoni misti che mi è stata
accennata da un cortese funzionario della Curia torinese mi
sembra quindi pienamente reale.
Un confronto
Forse tutto ciò che questo intervento ha escluso può essere
reso più evidente confrontando
la posizione papale con quella di
una delle Conferenze episcopali
più avanzate, quella francese, che
nel 1980 ha dato la propria approvazione ad un « Direttorio di
discernimento » preparato dalla
propria commissione episcopale
per l’unità dei cristiani.
Per ciò che riguarda l’orientamento religioso dei figli questo
documento pone costantemente
sullo stesso piano la responsabilità dei coniugi che « devono compiere insieme questa missione »
e che con l’aiuto delle loro chiese devono « pervenire ad una decisione comune » in cui « l’unità
armoniosa della coppia e il bene
spirituale dei figli non abbia assolutamente a' soffrire per l’incidenza di altre preoccupazioni ».
In questo spirito 1’« obbligo
grave » del Motu proprio relativo
al battesimo e aH’educazione cattolica dei figli diventa il desiderio che ogni fede viva ha in sé
di trasmettere ai figli la propria
preziosa eredità, desiderio che
non è presente in una sola parte
anche se a quella cattolica è chiesto di esplicitarlo « come testimonianza di fedeltà alla sua chiesa ». Ma l’uguale desiderio delle
due parti renderà spesso molto
lungo il cammino della decisione: ben al di là della « dichiarazione di intenzioni » formulata
al tempo delle nozze, sarà solo
dopo una lunga maturazione che
« perverranno a prendere una decisione di coscienza » riguardo all’avvenire confessionale dei figli.
In ogni caso, è proprio in relazione all’impegno del « fare il
possibile » richiesto al coniuge
cattolico che un pericolo di prevaricazione è chiaramente denunciato: questa esigenza non potrà
mai « mettere in pericolo altri valori essenziali o prioritari » presenti nella famiglia che potrebbero essere compromessi dalla
decisione unilaterale di uno dei
coniugi ricevuta con disagio e
sofferenza dall’altro.
Come si vede, si è qui ancora
all’interno delle persistenti pastoie del Motu proprio del 1970,
ma con interpretazioni, sfumature e sviluppi che puntavano verso un superamento delle posizioni essenzialmente giuridiche della normativa cattolica. Ma tutto
questo non è neppure lontanamente adombrato nel recente intervento di papa Wojtyla che richiamandosi alla lettera del Mo
tii proprio senza minimamente
riaprire la questione dei matrimoni misti di fatto sconfessa
questi tentativi di apertura.
E noi?
E’ stato obiettato che anche da
parte valdese vi è stato recentemente un irrigidimento con la
decisione di un paio di chiese
delle Valli di non consentire più,
in occasione di matrimoni interconfessionali, la « visita » del pastore nella chiesa cattolica e del
sacerdote nel tempio valdese, ad
evitare l’impressione erronea che
ormai tutte le difficoltà siano superate.
A parte il fatto che evidentemente, nella loro proporzione e
ufficialità, le due cose non sono
commensurabili, è tuttavia necessario accogliere il rilievo: riesaminare la prassi a cui questa
decisione si riferisce alla luce
del regolamento sul matrimonio
del 1971 (artt. 51 e 52); chiederci
se questi provvedimenti non si
situino in una linea che il nostro
Sinodo, a proposito di matrimoni interconfessionali, ha inteso
escludere: « non è possibile che
da parte delle nostre chiese si
risponda con altrettante durezze legalistiche » (47/SI/71); ed
esaminare se tali provvedimenti costituiscano il solo modo possibile per evitare l’erronea impressione di cui sopra.
Si tratta comunque dell’espressione di un permanente disagio
nelle nostre chiese che manifesta
quanto sia lungo, particolarmente da noi, il cammino verso
un’accettabile soluzione del problema dei matrimoni interconfessionali. Speriamo che un passo in avanti sia compiuto su questo cammino nell’incontro che
su questo tema si svolgerà ad
Agape il 14-15 marzo.
Franco Giampiccoli
LETTERA APERTA A PAPA WOJTYLA
Elogio della disubbidienza
Echi dal mondo
cristiano
Caro Papa Wojtyla,
ben 26 volte hai ricordato ai
gesuiti, proprio in questi giorni,
che devono obbedienza e fedeltà
a te, alle Regole dell’Ordine, ai
superiori. Quando un papà deve
richiamare ventisei volte i figli
all’obbedienza, è segno evidente
che in casa sua regna la disobbedienza e che la sua credibilità di
padre è seriamente minacciata.
Oppure, più semplicemente, i
bambini sono diventati adulti e
sanno decidere da sé, ma lui
tarda a capirlo.
Eppure, in questa chiesa come
in questa società, ci stiamo accorgendo (meglio tardi che mai!)
che l’obbedienza non è più una
virtù. Non dirò con questo che
ogni disobbedienza sia una virtù
ed ogni obbedienza un vizio, ma
è finita per sempre, nella vita di
molta gente, la convinzione che i
’’buoni sono quelli che obbediscono”. « Durante gran parte della storia umana, l’obbedienza è
stata equiparata a una virtù e la
disobbedienza a peccato, e ciò
per una semplicissima ragione:
cosi facendo, durante gran parte
della storia una minoranza ha
dominato la maggioranza» (Erich
Fromm). La chiesa cattolica, al
cui vertice regni, ha spesso e volentieri sacralizzato l’obbedienza
dicendo che « la moltitudine non
ha altro dovere che quello di lasciarsi guidare e di seguire i suoi
pastori come docile gregge » (San
Pio X) condannando quelle voci
che, nei medesimi anni, dicevano
l’opposto.
Caro papa Wojtyla, gesuiti o
secolari, preti o laici, uomini o
donne, siamo in molti a disobbedirti rispettosamente, senza astio, ma anche senza eccessivi
patèmi d’animo. Sono troppi i
’’delitti” compiuti in nome dell’obbedienza per non sentirci abilitati e spinti ad una motivata
disobbedienza. Per fortuna non
manca chi ha le ragioni e il coraggio di disobbedire al potere
anche se « per disobbedire bisogna avere il coraggio di essere
solo, di errare e di peccare... Soltanto chi si sia sottratto al grembo materno e agli ordini del padre, soltanto chi si sia costituito
come individuo completamente
sviluppato, e abbia così acquisito la capacità di pensare e di
sentire autonomamente, può avere il coraggio di dire ”no” al potere, di disobbedire » (Erich
Fromm).
Se le chiese nei secoli non
avessero dovuto fare i conti con
uomini e donne consapevolmente disobbedienti in nome della
suprema obbedienza all’evangclo,
sarebbero forse diventate greggi
in mano a pochi mercenari e
popoli oppressi da una sacra dinastia di faraoni. È tempo, dunque, di celebrare sobriamente
l’elogio civile ed evangelico della
disobbedienza.
Dal giorno in cui Pietro e Giovanni proclamarono che occorre
obbedire prima a Dio che agli
uomini, i cristiani non hanno
più sacre obbedienze né ad un
Cremlino, né ad ùna Casa Bianca, né ad un Vaticano. La chiesa
o diventa fucina di gente disposta a pagare il prezzo delle proprie disobbedienze o corre il rischio di tradire la sua missione.
Caro papa Wojtyla, perché non
ti rallegri se molti cristiani, decidendo le proprie scelte a confronto con il vangelo insieme a
molti compagni di fede e di lotta, fanno a meno dei tuoi ordini
e dei tuoi indirizzi? Non sono
gente mossa da collera, da delusione, da risentimento, ma dalla
coscienza gioiosa ed umile di dover vivere il rischio dell’età adulta: scegliere in proprio. Essi ti
sollevano dalla fatica di pensare
e decidere per loro. Il vangelo,
la comunità umana ed ecclesiale
e la coscienza sono diventati i
riferimenti essenziali ed imprescindibili di questa strada e di
questa gente.
Tu, caro papa Wojtyla, puoi
dolertene: molte e molti ti hanno disobbedito a proposito della
194; molti la pensano diversamente da te su E1 Salvador,
quando ti limiti a condannare la
violenza da qualunque parte essa
venga. Posso capire questo tuo
dolore, ma può darsi che, nei
prossimi anni, cresca il numero
di quei cristiani che non hanno
più bisogno di una guida romana sempre ossessivamente presente e parlante; addirittura diventa preferibile sbagliare da
soli! Non sarebbe meglio passare dai patetici richiami all’obbedienza ad una pratica adulta del
confronto?
Per queste ragioni anch’io sarò, senza essere contro di te,
con i gesuiti che, al di là dei documenti ufficiali, tornati a casa,
avranno il coraggio, quando l’evangelo e la scelta dei poveri lo
domanderanno, di continuare a
disobbedirti. Certo non basta disobbedire a te per essere sicuri
di obbedire al vangelo, ma a
volte può essere necessario.
Forse che questo significa alimentare il ribellismo selvaggio o
coltivare l’albero della superbia a
tutto scapito ^ella comunione
ecclesiale? Non mi sembra. La
comunione ecclesiale può trarre
grande vantaggio da chi sa anche assumersi la responsabilità di disobbedire perché diversarnente correremo tutti il rischio
di aver paura della libertà e della
coscienza adulta. Un sistema sociale, politico o religioso che bandisca la disobbedienza ed il dissenso è incapace di dire la verità.
Tutto questo ti scrivo con molta amicizia.
Sac. Franco Barbero
a cura di Renato Coisson
Nuovo direttore alla
scuola di teologia
di Porto Novo
(Soepi) — Il past. Simon Dossou, responsabile della gioventù
della chiesa metodista del Benin
e professore alla scuola di teologia di Porto Novo, ha assunto
dal settembre scorso la carica
di direttore di questa scuola.
Succede al past. Samuel Ada,
membro della Chiesa Evangelica
del Togo, che è stato nominato
segretario generale della CEvAA.
Licenziato presso la facoltà di
teologia protestante di Yaoundé,
il past. Dossou è anche responsabile della comunità metodista
di lingua francese di Cotonou
e membro del comitato di redazione del Servizio di comunicazione della sua chiesa.
Oltre alla direzione della scuola il past. Dossou è incaricato
dei corsi di storia della chiesa,
di Antico Testamento e di Etica.
Ha 31 anni, è sposato e padre di
tre figli.
Rifugiati polacchi
in Austria
(Soepi) — Si parla poco o
niente dei 50.000 polacchi che
hanno volontariamente scelto
l’esilio o che si sono trovati forzati a rimanere in Austria dopo
l’assunzione del potere da parte
dei militari. Dal tempo della rivoluzione ungherese, l’Austria è
diventata la via per eccellenza
di accesso all’occidente.
La situazione di questi profughi è deprimente, e le Chiese
hanno deciso di prendersi cura
di loro.
Fra questi profughi, alcuni giovani di' « Solidarnosc » si sono
messi all’opera e pubblicano un
giornale che viene venduto nel
giro di poche ore.
Tutti questi polacchi sono arrivati prima della dichiarazione
’ dello stato d’assedio; in tal modo la loro posizione è ambigua.
Le autorità esitano a considerarli
come profughi politici, considerandoli in Austria per motivi economici. 25.000 di loro hanno
chiesto di beneficiare dello statuto di rifugiato. Fra coloro che
non l’hanno fatto si trovano coloro che sperano ancora di ritornare nella loro patria ed altri
che, con fierezza, rifiutano ogni
forma di assistenza. La Chiesa
polacca di Vienna si sforza di
fornire viveri e vestiario' d’inverno.
In un campo militare abbandonato vivono 2.800 rifugiati, di
cui 1.800 sono polacchi. Per guadagnare qualche dollaro, la maggioranza di loro fa la coda per
dare il proprio sangue.
Il governo austriaco si dibatte
quasi da solo per fare fronte
al problema dei rifugiati. L’anno
scorso soltanto 6.200 polacchi
sono stati accolti da altri paesi.
Se l’attitudine, dei paesi occidentali non cambia, ci vorranno
moltissimi anni prima che questi
polacchi possano trovare una
nuova sistemazione.
Se, in un primo tempo la reazione degli austriaci è stata poco positiva, dopo che la legge
marziale è stata proclamata, le
offerte di alloggi gratuiti o con
un affitto molto basso sono salite a diverse centinaia.
9
w.
12 marzo 1982
cronaca delle Valli 9
Le
finanze
della
chiesa
PEROSA ARGENTINA
Combattere il caro-vita
— Può fare una breve storia
della COOP a Perosa?
All’inizio dell'anno solare, i
cassieri delle nostre Chiese, abbandonate le preoccupazioni e
chiusi i cofiti dell’anno precedente, cominciano a preoccuparsi
per quello che viene: « Ce la faremo a tener fede agli impegni?
Potremo fare i nostri versamenti alla Tavola e pagare le varie
bollette sempre più salate che ci
arrivano da ogni parte? ». E' sempre così, almeno da quando mi
ricordo io (e non è poco). Quando un’assemblea deve decidere
sugli impegni è titubante, non
se la sente di prendere decisioni per gli assenti, e via di seguito. La Tavola trema, quando le
arrivano le risposte delle Chiese, perché sono sempre inferiori alle richieste. Allora il Sinodo
dice che bisogna aumentare e le
Chiese, in uno slancio di generosità inviano alla Tavola un assegno in più e si finisce, come
nel 1981, per superare i preventivi della Tavola. Io francamente devo confessare che non ho
ancora capito se tutta questa
prudenza e questa sorta di balletto annuale Tavola-Chiese-Sinodo sia segno di saggezza o di fede tiepida.
Se è saggezza, ben venga. E’ un
modo abbastanza pressante per
dire alla Tavola ed ai Concistori
che Tarn minisi razione dei soldi
è una cosa seria e che non ci si
può lanciare in avventure (centri sociali, ospizi, ospedali, centri di incontro... non dimentichiamo che abbiamo un'opera ogni
6-700 membri di chiesa) senza
aver fatto bene i calcoli. L’ha
detto anche Gesù: chi, volendo
costruire una torre, non fa prima i suoi conti per essere sicuro di avere i fondi necessari per
portare a termine la costruzione? (Luca 14: 28-30).
Son ben convinto che spesso
i "responsabili” vengono contraddetti dalla “base” delle loro
comunità e che queste rispondono con entusiasmo .superiore al
previsto quando vengono coinvolte in qualche iniziativa, cionondimeno il sospetto (meglio:
il timore) di una tiepidezza di
fede rimane. Se Gesù Cristo è il
centro della nostra vita e se siamo d’accordo che la Chiesa, sia
pure tra mille infedeltà, tenta di
incarnare la presenza di Cristo
nei mondo e di portarne il messaggio a tutte le persone, allora
essa merita di essere sostenuta
e meritano di essere sostenute le
strutture organizzative, le persone e le cose che essa sì dà per
proseguire la sua opera. Direi di
pili: ognuno di noi è rncjnb''o del
corpo della Chiesa. E l'apostolo
Paolo ci insegna che il corpo vive se lutti i suoi membri vivono.
Ognuno di noi è dunque responsabile della vita, anche finanziaria. della Chiesa. La proposta
del Sinodo di dare una percentuale del proprio .salario non
vuole portare alla creazione di
una sezione distaccata dell'ufficio delle tasse, invita piuttosto
i credenti ad essere più attenti
anche alle piccole cose, ad essere'più ferventi non solo nei canti, ma (per restare nell’immagine) anche al momento della colletta.
Paolo Ribet
— La COOP è sorta nel 1973
dopo che la Giitermann in un
contratto aziendale concesse i
locali, dove c’è tuttora il negozio, ad un affìtto simbolico. Subito gli operai con in testa il
compianto Renato Calzi ebbero
contatti con la COOP Piemonte
che è la fornitrice dei prodotti
in vendita. L’accordo si fece in
questi termini; i soci col volontariato facevano funzionare il
negozio, la COOP forniva la merce; al prezzo di costo veniva aggiunto un 5% per alcune spese
di conduzione (telefono, luce,
trasporti merci...). Dopo tre anni circa di volontariato, essendo
sempre le stesse persone a lavorare nel negozio, si decise di passare alla conduzione da parte
della COOP, la quale assunse
quattro persone. I prezzi dovettero pertanto adeguarsi ai costi.
L’impatto fu difficile; i soci non
riuscivano a capacitarsi della
nuova gestione.
— Per stabilire i prezzi l’ufficio commerciale fa i rilevamenti mensili sulla piazza di Torino
e si basa su tre supermercati ; il
PAM, l’UPIM e CONTI. Si possono trovare prodotti più cari,
ma a parità di acquisti, alla
COOP si può risparmiare circa il 5%.
Come si diventa soci?
— Attualmente com’è lo stato
di salute della cooperativa?
— Lo stato di salute della
COOP è ottimo. Basti pensare
che nel 1981 le vendite hanno superato i 400 milioni contro i 260
del 1980. I soci sono più di mille. Per il 1982 è previsto un incasso di 500 milioni. Bisogna far
rilevare che questo incremento
è avvenuto in un momento difficile del paese, segno che la cooperazione è valida.
— Per diventare soci bisogna
versare L. 5.000 alle commesse
che rilasciano la tessera sociale.
Occorre ricordare che la tessera
non ha scadenza annuale; è sempre valida.
Inoltre chi non è socio non
può fare la spesa alla COOP. I
soci nel 1981 hanno avuto due
sconti del 10% sugli acquisti e
un omaggio di una lattina d’olio
e di due etti di caffè. All’inìzio
dell’anno è stato distribuito un
buono sconto di L. 2.000 su un
fustino COOP. Nei giorni 25, 26,
27 febbraio e 1, 2, 3 marzo 1982 è
stato praticato un nuovo sconto
del 10%.
Ogni anno, in occasione della
assemblea generale, viene organizzata una gita a prezzi modici.
Nel 1981 fu fatta sul lago Maggiore.
— Esistono concrete possibilità di potenziamento della COOP
a Perosa? ‘
— Al consumatore conviene
far la spesa alla COOP?
— Che Perosa abbia bisogno
di un centro commerciale è confermato dalle risposte ad un
questionario distribuito alla popolazione in vista delle elezioni
comunali del 1975.
In seguito si sono avuti degli
incontri tra la COOP e l’Ammi
Il costo dei servizi
SAN SECONDO — E’ noto a
tutti che in questo Comune i
servizi sono strappati con la
mobilitazione degli utenti alla
Amministrazione Comuriale e
non perché spettano di diritto.
Venerdì, 5 '3/’^ il Consiglio Comunale ha deÌìberato il prezzo
di questi servizi : il trasporto
alunni 500 lire al giorno, con
l’annuncio che per il prossimo
anno scolastico sarà previsto un
aumento mentre la maggioranza dei Comuni limitrofi ha lo
scuolabus e non fa pagare alcun
onere. Il prezzo della mensa della scuola materna ed elementare di Miradolo è stato oggetto
di dibattito. L’unico consigliere
che pare abbia capito effettivamente cosa significa questo servizio è l’ex assessore all’Istruzione Basoletto che ha ribadito
Teatro
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato
13 marzo alle ore 20.30 si svolgerà
presso la sala Albarin lo spettacolo teatrale ■' Tanta gent 'na storia sola » presentato dal gruppo teatro di Roletto,
con l'organizzazione del gruppo filodrammatico valdese di Luserna S. Giovanni, '
Hanno collaborato a questo
numero: Gabriella Bartolozzi Rosati, Luisa Carrara,
Giorgio Castelli, Pasquale
Consiglio, Ivana Costahel,
Franco Davite, Dino Gardiol,
Pina Garufi, Luciano Martinat, Ettore Panascia, Roberto Peyrot, Ive Pons, Eugenio
Rivoir, Franco Taglierò, Giorgio Tourn, Claudio Tron.
l’alto costo (1400 materna, 1650
elementare), sottolineando pure
la differenza dì prezzo, dato che
al comune la spesa è praticamente uguale. Ora qui bisogna
aggiungere che non è che sia caro il costo del pasto, bensì lo diventa perché nel prezzo è inclusa parte dello stipendio della
cuoca e della persona delle pulizie, oneri che dovrebbero essere
a completo carico del comune.
Alla domanda di un consigliere sul perché l’Amministrazione
comunale si è barcamenata in
questo settore, il Sindaco ha risposto che deve essere ben chiaro che non è il comune il promotore di questa iniziativa, bensì è data dalla precisa richiesta
dei genitori interessati, perché
(così, ha ammesso il Sindaco) ci
sono opere molto più importanti
da fare. A questo punto è opportuno fare alcune considerazioni
sul modo in cui viene trattato
questo argomento, perché sembra che si confonda il valore di
una mensa come attività didattica necessaria per un certo tipo
d’insegnamento con il rancio dato in caserma alle truppe.
Nello stesso tempo si danno
contributi alla Pro Loco : 1 milione e 500.000, airUnione Sportiva 500.000, e per l’orologio del
campanile 1.500.000, senza alcuna contestazione, anzi sottolineando l’estrema necessità di
questi contributi quasi a voler
dire che è più importante la medaglia data al vincitore di una
competizione o sentire i rintocchi del campanile che avere i
servizi primari.
L. M.
SAN SECONDO
Incontro a
Famolasco
Una borgata sulla collina di
Bibiana. Accoglie in casa Briz,
mensilmente, un gruppo di credenti, cattolici ed evangelici, in
ricerca dei valori del Vangelo
per oggi.
Domenica 7 febbraio si sono
ritrovate a Famolasco 25 persone, in maggioranza giovani, provenienti da Luserna S. Giovanni
e pianura. Torre Pellice, S. Secondo, Milano.
Lo studio biblico verte sull’Evangelo di Marco. Questa la riflessione comunitaria che è stata condotta dal past. Bruno Bellion. Gli episodi narrati nei capitoli II e III si possono considerare marginali rispetto alla novità rappresentata da Gesù, il
quale rompe con le vecchie regole; nei dottori della legge si
ritrova l’opposizione a Cristo ed
al suo .messaggio di liberazione.
Vi è in Gesù, che è il Regno annunciato, la libertà sia nei rapporti con la gente che con le
« strutture », le quali devono ruotare intorno a Cristo, punto centrale. I segni del Regno sono i
miracoli riportati, l’associazione
dell’uomo a Lui. Il servizio è reso all’uomo dalle strutture religiose e civili. Né il peccato, né
la morte hanno posto nel Regno.
La riflessione è stata illuminante ed i presenti si sono interrogati. Si è riconosciuto, ancora
una volta, anche in questo gruppo di fratelli, quanto i cristiani
siano lontani, individualmente e
come Chiese organizzate, dal
portare oggi i segni del Regno
che è Cristo.
A. K.
In breve
Da alcuni anni è in corso una interessante iniziativa nel campo della
cooperazione di consumo - Intervista al presidente della Cooperativa
Gli argini dei
torrente Angrogna
nistrazione comunale. La COOP
ha dichiarato la sua disponibilità a pagare l’affitto di nuovi locali che però dovrebbero essere
messi a disposizione dal Comune.
Esiste, elaborato dalla precedente Amministrazione, un progetto di localizzazione di un centro commerciale, di fianco alla
piscina; però, mentre fino ad alcuni anni fa la Regione finanziava la realizzazione di tali iniziative (costruzione di una
Coop), ora, per difficoltà finanziarie, l’impegno è venuto meno
e dovrebbe ricadere sull’Ente
Locale o su chi intende usufruire dei locali. Si sono avuti, nei
primi momenti di vita di questa
nuova Amministrazione Comunale, incontri con Gilloni, presidente Coop-Piemonte, ma il Comune non è stato in grado di
mettere a disposizione un’area
idonea né tanto meno di accollarsi l’onere della costruzione di
una vasta superficie di vendita
da dare in affitto alla Coop.
Se la Coop di Perosa disponesse di 300-400 milioni di depositi sociali (circa 300 mila lire
a socio) avrebbe una forza di
contrattazione maggiore. A questo proposito si sottolinea che i
depositi sociali, a partire dal 1°
gennaio 1982 hanno un tasso di
interesse del 14% e che non essendo vincolati, possono essere
riscossi in qualsiasi momento.
E’ sufficiente rivolgersi alla cassa sia per i depositi, sia per i
prelievi.
Silvana Marchetti
Franco Tron
In seguito al telegramma inviato al Magistrato per il Po di
Parma dal Sindaco del Comune
di Torre Pellice per segnalare
la pericolosa situazione del Torrente Angrogna alla confluenza
con il Torrente Pellice ed al successivo telegramma del Presidente della Comunità Montana
Val Pellice con il quale si chiedeva un incontro per esaminare
la situazione, il Presidente della
Comunità Montana e i Sindaci
dei Comuni di Torre Pellice e
Luserna S. Giovanni sono stati
convocati a Parma per il giorno
11 marzo prossimo.
Si spera che finalmente in
quell’occasione vengano assicurati i finanziamenti necessari per
un immediato intervento prima
delle piogge primaverili.
Conferenza
sui problemi della
gioventù
PINEROLO — L’Assessorato
allo sport ed ai problemi della
Gioventù dej Comune di Pinerolp,
indice per sabato 13 marzo alle
ore 9 presso l’auditorio del Liceo
Scientifico (Via dei Rochis 12)
un incontro dibattito sui problemi della gioventù al quale
sono invitati i giovani studenti
e lavoratori, i disoccupati, le
Organizzazioni Sindacali, i Comitati di quartiere, i partiti politici e quanti desiderano intervenire.
Marzo musicale
COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
La Comunità Montana Val Pellice in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di Torre Pellice e l’Assessorato alla Cultura
della Provincia di Torino, organizza 4 spettacoli musicali che
si svolgeranno con il seguente
calendario, presso il Salone Opera Gioventù di Torre Pellice con
inizio alle ore 21:
13 marzo: L’Opera del mendicante con R. De Vita;
18 marzo: Concerto di chitarra e
flauto, con G. Mollano e M. Benedetti;
25 marzo: Recital con R. De Vita;
1° aprile: Concerto dell’Acca.demia Italiana di chitarra.
Costo del biglietto singolo L.
2.500; abbonamento ai 4 spettacoli L. 7,000.
Segnalazioni
TORRE PELLICE — Lunedi 15 marzo
alle ore .21 presso il salone comunale 'di Torre Pellice (viale Rimembranza) si terrà una riunione del Comitato
per la pace e per il disarmo Val Pellice.
Sono invitati a partecipare a tale
incontro tutti i rappresentanti dei gruppi, associazioni, movimenti, partiti politici ed enti locali che hanno dato
l’adesione al Comitato stesso.
Concerti
TORRE PELLICE — L'Incontro Musicale con il Coro Polifonico del Civico
Istituto Musicale di Pinerolo, organizzato dalla Pro Loco, si terrà giovedì
11 marzo alle ore 21 anziché nella
Foresteria, nella - Chiesa Parrocchiale
S. Martino. Saranno eseguite musiche
rinascimentali e barocche per solo
coro e per organo e coro. Il programma dettagliato verrà distribuito la sera stessa.
10
10 cronaca delle Valli
12 marzo 1982
UNA PROPOSTA PER LA SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
Il
Per una storia "sociale
delle Valli valdesi
La storia delle Valli non può prescindere dai nnutamenti dell’economia
e della società - Un aspetto finora troppo trascurato dagli studi storici
L’invito, rivolto da Bruna Peyrot (l’Eco-Luce 23.10.’81) alla Società di Studi Valdesi, ad estendere la sua attività ài campo sociale, e la recente iniziativa della
Società di partecipare alla manifestazione di Pomaretto del
5-8 die. u. s. sui Cento Anni di
Cultura Valdese, mi fanno bene
sperare che qualche cosa si
muova.
Diversi anni fa avevo espresso
durante una seduta pubblica della S.S.V. analogo invito che è rimasto finora lettera morta. Ora
la mia speranza nasce anzitutto
dalla limpida ed efficace motivazione espressa dalla Peyrot a sostegno del suo invito che dovrebbe concretamente essere
ascoltato.
C’è poi anche il fatto che ormai salta agli occhi l’influenza
che sulle vicende del « popolochiesa » hanno le variazioni socio-economiche, la loro incredibile accelerazione, la loro incisività sempre maggiore e non è
più possibile, come avvenuto finora, chiudere gli occhi sull’infiuenza che oggi esercitano sulla
vita sociale e sul comportamento le teleferiche e i campi di gioco, la televisione e i dibattiti sociali, la scienza, il consumismo,
ecc. ecc., al contrario di quanto
avvenuto in passato quando tutto ciò che non era in qualche
modo legato alla teologia o alla
cultura classica veniva in certo
modo relegato fra le « cose del
mondo ». Cosi, nessuno studio di
qualche profondità è mai stato
fatto al riguardo dalla S.S.V., se
non erro.
Nel presentare la mostra di
Pomaretto il pastore Tourn ha
giustamente rilevato che sappiamo dagli archivi quanto successe nel 1500 ma rischiamo di non
essere documentati su ciò che
faceva la gente, come viveva, cosa leggeva a distanza di una generazione. Nel mio menzionato
intervento e attraverso contatti
personali con esponenti della nostra cultura cercai più volte di
richiamare l’attenzione dei nostri « accademici » sulla globalità dei problemi da esplorare se
si vuole che la S.S.V. sia in qualche modo imo strumento di fiancheggiamento, di complementarietà alla vita della « Chiesa-Popolo Valdese ».
I cambiamenti
sociali alle Valli
Così, ad esempio, a proposito
della Talco Grafite, avevo suggerito che si facesse uno studio
sulle origini della società. Se la
memoria non m’inganna, la sua
prima sede era a Londra, poi
passò in mani valdesi. Con quali motivazioni e riflessi? Certo
la vita in miniera è importante
conoscerla. Ma come tale rima
ne un fatto folcloristico rispetto
alle conseguenze sociali fra cui
il trasferimento all’osteria di
quelle conversazioni e discussioni che prima avvenivano nella
stalla con relative variazioni di
argomenti, di presenze (scompaiono donne, vecchi, bambini),
di tono.
Oggi sarebbe altrettanto utile
studiare le variazioni dovute allo
sport. A Prali per es. c’è stato
uno spostamento della presenza
ai culti dalla domenica al giovedì sera (almeno per un certo periodo), e che dire dei discorsi
della o sulla coppia passati dalla stalla o dal ballo sulla piazza
all’incontro in discoteca?
Avevo anche menzionato il fatto che mentre gli azionisti della
Cooperativa Elettrica erano quasi tutti da ricercarsi fra gli « abbienti » della popolazione ( compresi alcuni membri della Tavola), la cooperazione non si estendeva ai consumatori più poveri
e accadeva che il medico condotto, visitando un ammalato
servito dalla Cooperativa dovesse ricorrere alla propria pila tascabile per leggere il termometro essendo insufficiente la luce
fornita dalla lampadina della
Cooperativa. Uno dei nostri storici a cui esposi quella situazione, che, secondo me, faceva parte della storia del nostro costume, mi rispose, chiudendo l’argomento, che i suoi pensieri e i
suoi studi erano le mille miglia
lontani da quei problemi.
L’industria
A trasformare i costumi e a
creare classi (cioè fratture) che
prima non esistevano almeno in
quella forma concorsero certo,
oltre a quelle menzionate, diverse altre imprese, quasi tutte, secondo il modello di allora, a carattere personale. Basterà citare
ad esempio le fabbriche Mazzonis, Guterman, Wideman, Gruber ecc. Di questi ultimi ricordo l’impressione di potenza che
essi mi facevano quando mi accadeva di vederli salire in arcione ai loro cavalli e partire
dalla loro villa (oggi Casa delle
Diaconesse) per andare a Lusernetta a dirigere la fabbrica: c’erano il padre, il figlio e la figlia,
tutti immensi, teutonici sui loro
ippogrifl.
Fu intorno a quel tempo, o poco dopo che sentendo parlare di
Matteo Gay e di quello che andava dicendo domandai, a una
persona che veneravo, se nelle
sue idee non c’era qualche cosa
di giusto. La risposta fu che
Matteo Gay non era un « uomo
d’ordine » e il discorso fu chiuso.
Oggi alcune delle industrie esistenti sono spesso diverse da
quelle del passato. Sono avvenuti frazionamenti, penetrazione
dell’indotto della grande industria, proliferazione della piccola e media industria, cicli abbreviati dal consumismo; tutti fatti
che portano con sé altre modifiche sociali e di costume.
La vita quotidiana
C’è chi comprerà la « ciabotta » per trasformarla in seconda
casa riempiendola di aggeggi che
saranno vecchi fra cinque anni,
sostituendo qualche « Iosa » con
plastica ondulata e colorata e
usando simile materiale per sostituire una ringhiera di legno.
Se poi deve fronteggiare il problema della cucina ci sarà
uno studio accurato, una lunga
discussione per decidere con
quale modello riuscirà meglio la
lepre in salmi o la faraona farcita o la minestra di cipolle gratinata o le trote al cartoccio. Su
fatti del genere potrei citare date, luoghi e nomi. Di qùesto una
volta si discuteva certo meno,
quando il fuoco era quello del
caminetto e soltanto quello e il
comportamento attorno a quel
fuoco, al fuoco del focolare, era
diverso: l’antica sacralità del risparmio ieri, la gioiosa imprevidenza del consumismo oggi fanno ognuna il loro gioco e condizionano posizioni diverse e determinanti di fronte al « quotidiano » personale e delle comunità.
La chiesa
Un discorso analogo si potrebbe fare in sede più propriamente
ecclesiale. Ricordo una discussione avuta con uno dei nostri
teologi più noti sui motivi per i
quali in chiesa fossero presenti
in primo luogo gli intellettuali
(o cosiddetti intellettuali), poi,
assai meno numerosi, i contadini, qualche commerciante e praticamente assenti gli operai. Con
riferimento a questi ultimi la
conclusione del mio interlocutore a chiusura del discorso fu:
« perché quello che diciamo non
gl’interessa ».
Eppure era una personalità
che aveva comportamenti e atteggiamenti considerati « di sinistra » anche se a me appariva
che preferisse parlare di Lutero
piuttosto che di Müntzer.
Forse per lui il primo era « le
Sieur », l’appellativo dato ai pastori nei nostri vecchi registri
di chiesa, e il secondo « un tei »
come veniva chiamata la gente
comune. Il fatto è che il suo pensiero sulle motivazioni per cui
gli operai disertavano i culti lasciava intendere che, magari inconsciamente egli trovasse logica quella distinzione accademica
fra « le Sieur » e « un tei » che in
tempi non lontani esprimeva una
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marcata ghettizzazione per le
« gens du peuple » fatto salvo il
riscatto derivante dal censo.
La politica
In questo quadro ciò che possiamo leggere in una recente
pubblicazione della Claudiana
(v. Come vivevano - Val Chisone
e Germanasca) è più che edificante. Da una parte, in occasione delle elezioni politiche quell’arringa-popolo, come era definito, l’avv. Giretti che tentava
d’informare i suoi ascoltatori sul
comportamento del governo, fra
l’altro in materia di protezionismo (ricordo la polemica sugli
zuccherieri in relazione ai cui
privilegi ci piaceva andare in
Francia dal colle della Croce per
comperare lo zucchero a metà
prezzo). Dall’altra l’on. Soulier
che avendo sposato una persona
adeguatamente ricca, poteva pagare da bere a tutti quelli che
votavano per lui, non faceva mai
discorsi (si disse che in cinque
legislature a cui partecipò non
aprì mai bocca), ma si faceva
accompagnare nei suoi giri di
propaganda elettorale da un brigadiere di Pubblica Sicurezza o
da un prete o da... un pastore,
offrendo qualche contributo alle
associazioni esistenti perché i
soci votassero per lui o facendo
ottenere qualche giorno di vacanza ad operai di qualche industria con lo stesso scopo. In
sostanza comperava i voti.
Oggi i contrasti fra le diverse
posizioni socio-politiche ha assunto aspetti non diversi. Ma
come hanno avuto in passato influenze varie e, nella prospettiva del tempo, forse più facilmen
te rilevabili (anche se Ijen pochi
studi approfonditi sono stati fatti al riguardo) così quei contrasti hanno oggi influenze ed effetti anche più accentuati pur
espressi in termini e risultati diversi.
Riflettendo su queste considerazioni a me appare abbastanza
evidente che neH’amtaito della
S.S.V. è stato talvolta dato tempo e spazio per ricerche sul cui
interesse accademico ovviamente
non mi pronuncio, ma che in fatto di rilevanza etico-religiosa sono estremamente opinabili. Per
contro l’impatto esercitato sul
popolo-chiesa dai fenomeni industriali, mercantili, sportivi, sociali, politici, scientifici, tecnici
ecc. e che ne hanno condizionato il comportamento è stato
ignorato o quasi... E quel che è
più grave è che ciò è avvenuto
per quella distanza delle mille
miglia con cui si è guardato a
quei fenomeni volgarmente attribuiti a Marta. Se al riguardo
non si arriva a una fraterna parità di estimazione continuerà a
sussistere una dicotomia di fatto quasi razziale.
Per rispondere ai molti interrogativi espressi in occasione
della tavola rotonda del 15 Agosto ci sarebbero ancora molte
cose da considerare. Ho cercato
di esprimere qualche riflessione scavando nella mia memoria
per ricordare dei fatti e astenermi da giudizi. Credo sia chiaro
che non sono un « laudator temporis acti », anche per il mio dissenso da tendenze agiografiche
spesso affioranti. Per il resto del
mio discorso spero sia almeno
intelleggibile malgrado la nebulosità degli anni.
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11
cronaca delle Valli 11
PEROSA ARGENTINA
Rilancio del Distretto scolastico
Il Consiglio Scolastico Distrettuale del distretto 42 ha avuto
la sua seconda seduta lunedì 22
febbraio. Si era riunito già il 25
gennaio, eleggendo come presidente il Direttore didattico di
Perosa, Giorgio Montesanto. Non
erano stati adottati altri provvedimenti nella speranza che, dando alcune settimane di tempo, i
sindacati e gli enti locali nominassero i loro rappresentanti
nel Consiglio.
L’attesa è stata infruttuosa.
Anche il 22 c’erano solo rappresentanti elettivi. Si era, comunque, preso l’impegno di partire.
Perciò è stata eletta la Giunta,
Indennità
compensativa 1982
VAL PELLICE — Le domande di rinnovo per l’indennità
compensativa anno 1982 dovranno pervenire alla Comunità Montana Val Penice entro e non oltre il 31 marzo 1982.
Si ricorda inoltre che in base
alle disposizioni della Regione
Piemonte con il pagamento dell’anno 1981 scade il primo quinquennio di applicazione di tale
premio e pertanto si accetteranno solamente le domande di rinnovo (con o senza variazione)
di coloro che le hanno presentate per la prima volta negli anni 1978 - 1979 - 1980 - 1981.
Vaccinazione
antitetanica
La Comunità Montana Val
Pellice mette a disposizione la
possibilità di effettuare la vac-»
cinazione antitetanica presso
ognuno dei distretti di base della U.S.L. con i seguenti orari:
« Distretto di Bricherasio (Comuni di Bricherasio e Bibiana): tutti i mercoledì dalle 8.30
alle 9..30 presso l’ambulatorio di
Bricherasio . Via Brignone 3.
• Distretto di Luserna S. Giovanni ( Comuni di Luserna
S. Giovanni, Lusernetta e Rorà): tutti i mercoledì dalle 8.30
alle 9.30 presso l’ambulatorio di
Luserna S. Giovanni - Via Tegas 1.
• Distretto di Torre Pellice
( Comuni di Torre Pellice,
Angrogna, Villar Pellice e Bobbio Pellice): tutti i venerdì dalle
11 alle 12 presso l’ambulatorio
di Torre Pellice - Via Alfferi.
II servizio è totalmente gratuito.
Per avere la vaccinazione sarà
sufficiente dimostrare di appartenere ad una delle categorie per
le quali è prevista la vaccinazione (Tessera Artigiani - Agricoltori (mod. C D A); richiesta dalla ditta per i lavoratori dipendenti ecc.).
composta ora dai seguenti consiglieri: Marisa Calliero, Direttrice didattica di Villar Perosa;
Ettore Micol, professore a Perrero; Sergio Garavello, maestro
a Perosa; Alfredo Benedetto, non
docente a Perosa; Lorenzo Vivalda, genitore, medico condotto di Perrero ; Luciano Ribet,
genitore della Scuola Latina di
Pomaretto. Si tratta di una Giunta di convergenza, con rappresentanti delle due liste principali in lizza per le elezioni, più
due membri estranei a queste.
Si è quindi, avuto una scambio
di idee sul programma del distretto. Ogni consigliere si è assunto il compito di presentare
alla Giunta un promemoria scritto con le proprie proposte al più
presto possibile.
Sono stati approvati il conto
consuntivo 1981 e il bilancio preventivo 1982. Un certo imbarazzo è derivato dallo sproporzionato avanzo delle precedenti amministrazioni, ammontante quasi
a quattordici milioni, in consegueiiza del mancato funzionamento della passata gestione.
Qualcuno ha sottolineato a sua
difesa che grazie al Distretto si
era salvata la Scuola-RIV, mentr^altri hanno osservato che persino da un punto di vista finanziario la gestione era stata disastrosa, poiché una somma così
consistente aveva fruttato poche
centinaia di migliaia di lire di
interessi. Poche, comunque, le
battute polemiche. Il nuovo bilancio privilegia le attività correnti, rinunciando a un’utilizzazione del denaro che qualcuno
ha deffnito troppo comodo, come
sarebbe quella di acquistare materiale d’ufficio (fotocopiatrice,
fotoincisore e simili).
Il Consigliere Vivalda ha presentato le prospettive della medicina scolastica, ancora in gran
parte da definire, nel contesto
dell’USL. Ha ribadito la necessità, condivisa dal Consiglio, che
i medici scolastici lavorino in
collaborazione coi medici di famiglia.
Anche se un po’ smilzo, per il
ritardo nelle nomine di una larga fetta di Consiglieri, il Consiglio sembra voler funzionare. Anche se il suo lavoro è diffìcile è
interesse della Valle che questo
avvenga.
c. t.
CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA STORICA
La parrocchia di Luserna
Tanti anni fa, durante il cosiddetto « infausto ventennio », aveva un certo successo, specialmente fra i giovani, un settimanale umoristico che, velatamente, riusciva a fare un po’ di fronda al fascismo. Fra le sue rubriche, una rpolto divertente era
quella di commentare una notizia illustrandola in due versioni,
una « vista da sinistra » e una
« vista da destra », che così apparivano il contrario l’una dell’altra. L’espressione « visto da
destra » e « visto da sinistra »
permane tuttora nel linguaggio
comune.
Questo ricordo dei tempi lontani, mi è tornato in mente legando un libro recentemente
stampato: « Notizie storiche sulla Parrocchia di Luserna », che
pubblica, a cura del locale Consiglio Parrocchiale, un manoscritto ottocentesco del priore di Luserna, don Giacinto Ghigliani,
che resse quella parrocchia fino
al 1900. ,
Prudentemente il Consiglio
Parrocchiale termina la presentazione di quest’opera con questa frase: « Scorrendo le pagine
di questo testo il lettore incontrerà senza dubbio espressioni
che suonano stonate nell'attuale
clima di rapporti tra cattolici e
valdesi. Ma il lettore non dovrà
dimenticare che quest'opera è
stata scritta oltre un secolo fa,
riportando brani di testi ancora
pili antichi, non si dovrà perciò
meravigliare notando uno stile e
uno spirito diverso dall'attuale,
non dissimile d’altronde dallo
stile e dallo spirito degli scrittori valdesi del tempo ».
Il volume, di oltre 150 pagine,
illustrato da interessanti fotografie, reca un certo contributo alla
storiografia valdese e in particolare alla storia di Luserna, poiché è ricco di notizie inedite.
L'aggiunta di note esplicative
e di riferimenti bibliografici da
parte dei compilatori, nonché di
cenni biografici dei Priori che
sono succeduti a don Ghigliani,
completa l’opera.
Anche se la storia è « vista da
destra » (in contrapposizione agli
antichi storici valdesi che, possiamo dire, la vedono « da sinistra »), si tratta di un documento che è bene sia stato messo a
disposizione degli studiosi. Non
stupisce che Janavel fosse considerato un esecrabile bandito
dal Rorengo o nei « bandi » ducali. Può stupire invece che il
Ghigliani, che scrive nella seconda metà dell’ '800 non sia più
obiettivo nei suoi giudizi, ma egli
si rifa quasi unicamente a testi
di autori cattolici dei .secoli precedenti. D’altra parte, anche il
Botta, autore della nota Storia
'd’Italia, cui Ghigliani si riferisce spesso, ha la stessa mentalità, pur avendola pubblicata nel
1824, cioè poche decine di anni
prima. Unico autore valdese citato è il Bert (1 Valdesi ossia i
cristiani cattolici secondo la chiesa primitiva, Torino 1849), con
pochi e non significativi accenni.
.Sorvolando perciò su quanto
vi è di polemico, possiamo comunque considerare la pubblicazione di questo volume come un
valido contributo alla storia della nostra valle.
Osvaldo Coi'sson
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L.- 460.000; Jeanette e Eleonor Montaldo e Miss Nielsh, N. Y.
L. 70.000: Unione Femminile di Sanremo e Alessio.
L. 50.000; Comunità Valdese di Aosta; Biedermann Mary e fam,, in memoria del marito Riccardo.
L. 30.000: Costantino Evelina, San Secondo, in memoria dei suoi cari,
L. 20,000: Romano Alfredo, Prarostino, in memoria della moglie.
L. 5.000: Giordan Maddalena, Asilo
di San Giovanni.
Doni pervenuti nel mese di dicembre
L. 172.600: Colletta Scuola Domenicale di S. Germano.
L. 100.000: Unione Femminile Valdese di Bordighera-Vallecrosia.
L. 60.000: 'Menusan Luigi, Enrichetta
e Rina, Chiotti Riclaretto.
L. 50.000: Amalia Balmas Peyla, in
ricordo del mio caro marito; Canfori
Bevilacqua.
L. 40.000; I nipoti in memoria della
zia Pontet Comba Lidia; Gottardi Sauro,
Albisola Sup.
L. 30.000; Clot Giovanna e Alberto,
Chiotti Riclaretto; Amalia Balmas Peyla, ricordando il caro fratello; Balmas
Gustavo, ricordando la mia cara Ivonne; Rinaldi Ines e Murialdo Vincenzina,
Vado Ligure; Avondet Lidia, Prarostino.
L. 25.000; Pons Fortunata, Torino;
Massel Laura e Amedeo, Chiotti Riclaretto; Ollearo Maridon Dina, Ivrea.
L. 22.000; 1 condomini del « Belvedere », in memoria di Elma Bouchard.
L. 20.000: Nellina e Ezio, ricordando
i loro genitori: Per il 10“ anniversario della morte di Colette, cugina di
Ugo e Anita Sappè; Monnet Ida e
Alma, ricordando i suoi cari; Peyronel Maria ved, Nerse, Chiotti Riclaretto.
L. 15.000; R. J., ricordando tutti i
miei cari; Davide, Silvia Jahier, ricordando tutti i nostri cari.
L. 10.000; Avondet Irene, ricordando
i miei cari: Bounous Ugo e Lidia, riconoscenti al Signore; Inno 285; Liliana
Emilio Comba, ricordando tutti i nostri cari defunti; A. N. Rostan, ricordando tanta Mentina: Zii Avondet, in
occasione matrimonio Loredana e Elio;
Mirella Avondet, ricordando il caro
papà e il padrino Bianciotto Federico;
Balmas llda, ricordando il caro marito; Griot Ferruccio e famiglia, ricordando Pontet Adele; E. B., in memoria dei miei cari; Bleynat Avondet Ester
in memoria del caro marito e suocera;
llda Beux, ricordando Elena Travers
Roccione; Bianchi Isabella, Bergamo;
Peyronel Levy, Riclaretto: Gay Evelina
ved. Paschetto, Prarostino: Tron Enrico, Chiotti Riclaretto: Menusan Rina e figlia, Chiotti Riclaretto: Famiglia Rostan Bruno, Chiotti Riclaretto;
Menusan Enrichetta, Chiotti Riclaretto;
Poet Emma, Faetto-Perrero; Bertarione
Bice, Ivrea; Franco e Marco Eynard,
In memoria Signora Rostagno.
L. 8.000: Cristoforo Emilio, Ivrea.
L. 5.COO: Fedora e Luigi Lupino, in
memoria dei cari amici; Peyronel Giacomo, Riclaretto; Canale Aldo, Ivrea;
Roncaglione Peretti Carolina, Pont Canavese.
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Doni per fondo solidarietà - 4“ trim. 81
(fondo integrazione rette)
L. 10.000; Besson; Reynaud Lea:
Caffarel Gigi; Giordan Maddalena; Grill
Elsa: Bianco Ligustro; BOër Nini e
Piero: Gay Jeannette e Susy.
L. 15.000: Sensi Giordano, ricono
scente al dr. G. Peyrot; Geymonat
Elena.
L. 17.5D0; Visentin Maria.
L. 20.000: Farolfi Visentin.
L. 21.500: Pons Fina.
L. 25.000: Gottardi Sara e Sauro:
Mollica Febe, riconoscente al dr. G. Peyrot: Mollica Febe, in memoria di Edina Ribet.
L, 30.000: Grill Durand Carla.
L. 40.000; »Danna Tiziano.
L. 50.000; Avondet Marco e Alma:
Vinçon Rostan Albina, in memoria del
marito.
L. 100.000: Barbiani Mariuccia; Balmas
Odette, in memoria del marito,
L. 200.000; Jon Scotta Maria,
L. 500.000: Ribet dr. Guido, dal fondo in memoria di Giovanni Marco Ribet.
RINGRAZIAMENTO
Le sorelle ed i parenti tutti di
NeIJa Vitturi ved. Tourn
ringraziano i Pastori Toum e Zotta e
tutti i cari amici e conoscenti che lì
hanno circondati nel loro lutto, con la
presenza o con scritti.
Torre Pellice, 6 marzo 1982
RINGRAZIAMENTO
« Benedici, anima mia VEtemo e
non dimenticare tutti i suoi benefici ».
(Salmo 103 : v. 2)
Il giorno 4 marzo 1982 si è serenamente addormentata nel Signore
Elena Rostan in Castagno
di anni 86
Fidenti nelle promesse deU’Evangelo,
lo annunciano : la sua famiglia, il fratello, le sorelle, i parenti tutti.
Si ringraziano i Signori Medici ed il
Personale dell’Ospedale Valdese di Pomaretto, il medico curante Dott. Teodoro Peyrot, i Pastori signori Renato
Co’isson e Giovanni Conte e tutte le
persone che hanno preso parte al lutto
della famiglia.
Pomaretto. 4 marzo 1982
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Anna Fornerone
ringraziano sentitamente tutti coloro
che si sono adoperati nella triste circostanza ed in particolare il personale
del Rifugio Carlo Alberto di Luserna
San Giovanni.
Prarostino. 12 marzo 1982.
AVVISI ECONOMICI
CONIUGI referenziatissimi prossimi
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anche in zona collinare torinese. Telefonare ore pasti 011/659950.
FAMIGLIA Valcìese Torre Pellice (a.
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CHISONE-GERM ANASCA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde].
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 14 MARZO 1982
Villar Perosa; FARMACIA DE PAOLI
Via Nazionale, 22 - Tel. 840707
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte; tei. 201454
USL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna; tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 14 MARZO 1982
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud, 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.288.
USL 44 ■ PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
12
12 uomo e società
12. marzo 1982
IL MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA RICONCILIAZIONE
Da una stretta di mano
«Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, un quacchero inglese. Henry Hodgkin e
un pastore luterano tedesco,
Siegmund Schultze, salutandosi
dopo aver partecipato ad un convegno ecumenico, si strinsero la
mano alla stazione di Colonia
promettendosi di non fare mai
la guerra l'uno contro l’altro. Da
questa promessa nacque il MIE.
Schultze fu messo in prigione e
condannato a morte; solo la grazia del Kaiser lo salvò ».
Così comincia un recente numero del Notiziario del Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIE) dedicato appunto alle origini, al lavoro ed alle
diramazioni di questo Movimento nel mondo.
Il nostro settimanale ha già
avuto in passato varie occasioni
di parlare ai lettori di questo
Movimento, ma questo « numero
speciale » ci dà la possibilità di
presentarlo in modo più dettagliato e preciso. La cosa ci pare
tanto più opportuna e significante per noi credenti in quanto le
forze politiche e sociali cui facciamo riferimento come cittadini
paiono (nella loro quasi totalità)
sottovalutare lo spaventoso problema della corsa agli armamenti e delle sue conseguenze.
Cos’è il MIR
Anzitutto, che cos’è il MIE?
Come dice questa sigla, è un Movimento Internazionale a carattere ecumenico che riunisce quali membri « tutti coloro che credono che l’amore, quale Gesù
Cristo ha manifestato, è l’unica
forza che può vincere ogni male.
In forza di questo amore essi
credono che gli uomini sono chiamati
— a seguire questo amore nella vita personale e sociale;
— a portare la riconciliazione
fra gli uomini portando l’amore;
— a rifiutare qualsiasi preparazione e partecipazione di guerra;
— a costruire la pace, frutto
dell’amore, eliminando col metodo della /lonviolenza qualsiasi
causa di guerra o di conflitti,
come le ingiustizie sociali, la fame, le discriminazioni razziali o
ideologiche ».
Il primo convegno ebbe luogo
Comitato di Redazione; Franco
Becchino, Mario F. Berutti, Dino
Ciesch, Niso De Micheiis, Giorgio
GardioI, Marceiia Gay, Aureiio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Giuseppe Piatone, Marco Rostan, Mirelia Scorsoneiii, Giulio
Vicentini, Liliana Viglielmo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Torino.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V. 15 - 10125 Torino - tei. 011/
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« L'Eco delle Valli - La Luce -,
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genn. e r luglio): annuo 14.000 semestrale 7.500 - estero annuo
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intestato a « La Luce; fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino.
• La Luce ■; Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
* L'Eco delle Valli Valdesi •: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio I960
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
nello stesso anno 1914, a Cambridge, sempre per iniziativa di
Hodgkin, dove 130 persone costituirono il Movimento che fu detto « di Riconciliazione » perché
vollero esprimere il concetto che
la pace è assai più che « assenza
di guerra ».
Quando il servizio militare divenne obbligatorio in Gran Bretagna nel 1917, più di 600 membri
del MIE inglese andarono in prigione come obiettori di coscienza: in breve tempo essi divennero
migliaia. Già nel 1915 il Movimento si era espanso negli Stati
Uniti e nel 1919, subito dopo la
fine della guerra, esso fu dichiarato internazionale: in un congresso, in Olanda, erano rappresentati una decina di Paesi, che
nell’anno successivo divennero
16. Tra i fondatori, il sacerdote
austriaco Max Metzger, che fu
poi martirizzato dal nazismo assieme al tedesco Herman Stolt
ed a molti altri.
Una delle caratteristiche del
MIE è il non proclamare un pacifismo astratto, ma trovare soluzioni nonviolente nel vivo dei
confiitti sociali:, così Muriel Tester affrontò i problemi sociali
in Gran Bretagna; il deputato inglese L. Davis impedì un intervento armato in Irlanda; Matilde
Wrede riformò le prigioni e le
procedure penali in Finlandia;
Léonard Ragaz combattè instancabilmente il militarismo svizzero ed abbandonò la cattedra di
teologia per lottare con gli operai.
5 premi Nobel
Nell’intervallo fra le due guerre mondiali il MIE organizzò
varie marce e « missioni di riconciliazione », mentre durante la
seconda guerra migliaia di membri soffrirono il carcere e più di
ottanta vennero uccisi nelle camere! a gas o « giustiziati ». Malgrado le apparenti sconfitte la
lotta è continuata e non sono
mancati dei riconoscimenti internazionali. Ad esempio, il premio Nobel per la pace è stato
conferito a 5 membri del MIE e
cioè a M. L. King, Albert Schweitzer, a Linus Pauling, ad Albert
Luthuli, ad Adolfo Perez Esquivel e ad un organismo nato dal
MIE stesso e cioè Amnesty International.
Indubbiamente, una delle azioni più incisive del MIE è stata
quella svolta contro la guerra
americana in Vietnam: basterà
a questo proposito ricordare Fazione dei fratelli Berrigan, sacerdoti cattolici, che seppero svegliare la coscienza della gente
contro quegli orrori, mediante
azioni dimostrative.
Il MIE è anche presente nelrirlanda del Nord, dove organizza dei campi di lavoro con incontri fra cattolici e protestanti,
che fanno respirare soprattutto
ai bambini delle due comunità
una atmosfera di fraternità.
In America Latina Jean e Hildegard Goss, già segretari internazionali, si sono dedicati alla
rivoluzione nonviolenta con seminari di addestramento; questi
gruppi nonviolenti sono gli oppositori più autorevoli delle dittature, in difesa degli sfruttati. Il
MIE ha fatto anche una « puntata » sulla Piazza Rossa di Mosca dove è stato distribuito un
volantino contro tutti gli armamenti.
In Italia
Il « numero speciale » fa poi
una panoramica dei vari Paesi, in
cui esso opera: tutti i continenti
sono presenti. Per quanto ci riguarda più da vicino, la sezione
italiana del MIE venne fondata
a Bergamo nel 1952. Tra i fondatori, i quaccheri Ruth e Mario
Tassoni, i pastori valdesi Carlo
Lupo e Tullio Vinay. Nel 1963 il
segretariato nazionale si trasferisce a Firenze e due anni più tardi a Roma.
Il primo obiettore di coscienza del dopoguerra è un membro
del MIE, Giuseppe Gozzini, cattolico. In occasione del suo processo, padre Ernesto Balducci dichiarò che « in caso di guerra
totale i cattolici avrebbero il dovere di disertare », anch’egli venne incriminato e condannato per
questa frase.
Oggi il MIE, che si occupa
sempre attivamente dei problemi
della nonviolenza, della difesa
popolare nonviolenta, del disarmo unilaterale, dei diritti dell’uomo, degli obiettori di coscienza,
della ricerca teologica, è presente un po’ in tutto Italia, da Torino a Palermo, da Verona a Pistoia, da Firenze a Mestre, ecc.
Esso pubblica un Notiziario periodico; la quota di affiliazione
è di L. 5.000 annue per i soci ordinari, di L. 10.000 per i sostenitori, mentre il solo abbonamento
al Notiziario è di L. 4.000. A tutti
coloro che sono interessati e vogliono sostenere col loro appoggio materiale e morale questa
benemerita attività precisiamo
che i versamenti vanno effettuati
a mezzo conto corr. postale n.
22540009 a A. Della Bella c/o MIE
via delle Alpi, 20, Roma.
r. p.
MANIFESTAZIONE A CUNEO
“Oggi
più che mai pace
99
Da quando il movimento per
la pace ha ripreso nuovo slancio
nel nostro paese molte cose sono
cambiate a livello interno e internazionale. Indubbiamente la
battaglia non è facile; l’importante è proseguire. Da noi non solo
nel pinerolese ma in numerosi
centri della provincia di Torino
il movimento si è esteso, così
pure nel cuneese in questi giorni
hanno avuto luogo grosse manifestazioni che la grande stampa
ha ignorato. Pertanto così come
a Saluzzo, Manta, Revello, Dronero, Morozzo ecc. masse di gente, soprattutto giovani, hanno
raccolto l’invito del (Comitato
« Cuneo per la pace » affluendo il
sabato 30 gennaio nell’immensa
piazza Europa. La giornata, favorita da un tempo splendido, ha
fatto confluire tanta gente da Torino, Moncalieri, Alba, i centri
del saluzzese; gruppi delle Comunità di base e evangelici di Cuneo, Piossasco, Torre Pellice; una
festosa marea di striscioni, cartelloni, bandiere, manifesti ecc.
inneggianti alla pace.
Concentramento in p.za Europa; poi un lunghissimo corteo
per le vie centrali e quelle della circonvallazione mentre la
popolazione applaude alla manifestazione.
Alle 19 in p.za Galimberti i discorsi; inizia il rappresentante
del Comitato italiano di solidarietà con il popolo polacco e Soli
darnosc, indi un delegato del
fronte democratico del popolo
del Salvador cui segue G. Reburdo Presidente del Comitato Regionale Piemonte per la pace. Accolto da applausi rivolge ai convenuti un vigoroso messaggio il
Sen. della sinistra indipendente
Raniero La Valle sui temi su cui
ogni cittadino responsabile deve
ritenersi impegnato e incidere seriamente: quello che riguarda la
folle corsa agli armamenti che
provoca vertiginosi aumenti in
spese militari mentre vengono
decurtati i fondi per la pubblica
assistenza e tante vitali opere
sociali minando gli interventi alle Regioni; indi l’oratore evidenzia la necessità di lavorare per
costruire una solidarietà attiva,
concreta verso i popoli oppressi,
dalla Polonia alla Palestina, dal
Nicaragua al tormentato Salvador.
Infine nel Salone della Provincia un appassionato applaudito
intervento di Mons. Luigi Bettazzi sul tema; « Oggi più che mai
pace ».
Il Comitato di Saluzzo ha proposto che per dare concretezza
alle numerose Iniziative i vari
Comitati della Regione facciano
il possibile per incontrarsi più
spesso per un confronto costruttivo onde meglio coordinare una
azione permanente.
Domenico Abate
Sottoscrizioni
□ ASSOCIAZIONE AMICI
DELL’OSPEDALE
DI TORRE PELLICE
Pro Ospedale Valdese di
Torre Pellice
Doni pervenuti dal 14.6.80 al 31.12.81
L. 260.000; In memoria di A. Pasclietto
Charbonnier da parenti ed amici.
L. 200.000: Gallo Francesco, Torre
Pellice.
L. 105.000; in memoria di Roberto
Ribotta, da compagni Microtecnica.
L. 100.000: in memoria della Consorte, da Dr. E. Peyrot, Luserna San
Giovanni; in memoria di Enrico Bertin,
la moglie. Torre Pellice; in memoria dei
Prof. G. Malan, N. N., Torre Pellice;
Coniugi Gallo, Torre Pellice; Caterina
e Alberto Charbonnier, Villar Pellice;
Giovanna Conte, Pinerolo,
L. 70.000: Cornelio Silvia, Torre Pellice; Novaresio Giovanna, Cappella
Moreri.
L. 67.000: in memoria di A. Paschetto
Charbonnier, da famiglia C. A. Paschetto, Rorà.
L. 50.000: Agnese e Emilio Pellenc,
Torre Pellice; Righino Rignini (id.); Gaietto Giuseppina, Villar Pellice; Pia
Falchi, Torre Pellice; Giuseppe Bonansea (id.); N.N. (id.); N.N. (id.); Da
vide Bouchard, Luserna S. G.; Dr. Enrico Pasquet, Bagnolo Piemonte; Daniele Geymonat, Luserna S. G.; Ospedale Evangelico, Napoli; Rivoiro Pellegrini Ugo, Torino; Giordan Delfina, Luserna S. Giov,; Silvia e Renata Bounous. Torre Pellice; Laura e Giuseppe
Reinaudo (id.); in memoria di Giovanni
Codino, da coniugi Reinaudo (id.); in
memoria dei propri Cari.da Y.G.C. (id.);
in memoria di Cino Pallavicini, da famiglia Pallavicini (id.); in memoria di
Aldo Pellegrin, da Frida e Roberta Pellegrin (id.).
L. 40.000: Piero Alchera, Torre Pellice.
L. 30.000: Prof. E. Bein, Torre Pellice; in memoria del marito Osvaldo Ricca, da Elisa Paschetto (id.).
L. 25.000: Luciano Decker, Milano:
Maria Rosa Vittone, Torre Pellice; Pons
B., Lus. S. G.;Violetta Voglit (id.).
L. 20.000: Luisa Pellenc, Ge-Nervi;
Ernestina Pellegrin Malanot, Torre Pellice; Odino Alessandrina (id.).
L. 15.000; Emilia Alilo, Roma.
L. 10.000; Clelia Persico, Torre Pellice; Alfieri Vittone (id.); Ernestina Malanot Pellegrin (id.); Domenica Girando,
Luserna S. G.; Buffa Levi, Angrogna;
Domenica Giraudo, Luserna S. G.; Past.
E. Geymet, Torre Pellice; Domenica
Giraudo, Luserna S. G.; in memoria
della Mamma, Famiglia Chauvie, Torre Pellice.
L. 6.000: Ida Martinat, Luserna S. G.
L. 5.000; Albarin Erica, Torre Pellice.
L. 2.000: N. N. (id,).
□ SOTTOSCRIZIONE
DELLE MAESTRANZE
RIV IN OCCASIONE
DEL 17 FEBBRAIO 1982
La sottoscrizione effettuata tra le
maestranze dello Stabilimento RIV di
Villar Perosa a favore degli Istituti
Assistenziali Valdesi ha fruttato la
somma di L. 2.499.500, di cui: Direzione
RIV-SKF L. 250.000; Maestranze Stabilimento 2.157,000; Ditta Merio & Tebaldini 70.000; Ditta Pellegrini 22,500.
Devolute a: Rifugio Carlo Alberto di
Luserna S. G. L. 380.000; Asilo dei
Vecchi, Luserna S. G. 460.000; Asilo
dei Vecchi di S. Germano 900.000; Convitto di Torre Pellice 380.000; Convitto di Pomaretto 380.000.
□ PRO ECO-LUCE
ALTRI DONI
San Secondo: Paschetto Silvio L. 3
mila — Terni: Nicolai Luigi Maria 9
mila — Trieste: Rapisarda Hanni 4
mila, Gant Vittorio 12.000 — Torre
Pellice: Paschetto Bruno 2.500, Malanot Pellegrin Ernestina 3.000, Frache
Eva 4.000, Bosio Emanuele 36.000, Jourdan Enrico 3.500, Bellion-Jallà 3.000,
Mourglia Giovanni 3.000 — Varese: Masino Luigi 14.000 — Villar Perosa: Ferrerò Norberto 3.000, Peyrbnel Adriano
3.000 — Venezia: Cacciar! Bogo Evelina 36.000 — S. Germano: Beux Mario
3.000 — Valperga Canavese: Barbio
Vincenzo 14.000 — U.S.A.: JanaveI
Alfredo 3.000.
Il clima delle beatitudini
(segue da pag. 1)
stiaiii, viviamo. Allora scopriremmo le beatitudini come risposta
concreta ai problemi di « un popolo che giace nelle tenebre » anziché continuare ad avvicinarci
alle beatitudini come ad imperativi disincarnati di una guida alla perferz.ione spirituale. Le beatitudini e tutto il Sermone della
montagna sono il programma
che Gesù Cristo ha attuato circondandosi di attivi collaboratori, uomini pienamente disponibili, coi quali ha insegnato, ha
predicato (anche se il confine tra
queste due attività è molto labile) ed ha guarito le malattie.
Un programma, quello del Sermone sulla montagna, specie se
preso alla lettera, forse impos
sibile da attuarsi nella vita quotidiana (come fecero notare i riformatori ai valdesi medioevali)
ma pur sempre runico programma capace di rinnovare la nostra vita. Perché ci si rinnova
solo accettando, giorno dopo
giorno, la sfida della nonviolenza, del dialogo, dell’essere artigiani della pace nelle diverse situazioni. La sfida del soffrire anziché fare soffrire gli altri. Le
beatitudini non appartengono a
chi ha deciso di ritirarsi spiritualmente nella propria “privacy" ma a chi cerca di rimettere
in circolo, nelle contraddizioni
del nostro tempo, la carta del
Regno. Solo cosi « chi abita il
buio paese della morte » potrà
vedere la luce.
Giuseppe Platone