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Anno VII
numero 42
del 29 ottobre 1999
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LA RIFORMA
<(Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era
nel vento. E, dopo il vento, un terremoto; ma il Signore non era nel terremoto. E, dopo il terremoto, un fuoco; ma
il Signore non era nel fuoco. E, dopo il
fuoco, un suono dolce e sommesso.
Quando Elia lo udì, si coprì la faccia
con il mantello»
IRe 19,11-13
T7LIA, il più grande, il più famoso
dei profeti, sembra non conoscere
il vero volto di Dio, è così sicuro
dell’immagine che si è fatta di Dio, da
poter prima dimostrare, con la prova
del fuoco dal cielo, che Dio stesso è
dalla sua parte; e poi, da saper comandare, come strumento violento dell'ira
di Dio, il massacro dei 450 profeti del
dio Baal. Il profeta Elia si impersona
talmente nel Dio in cui crede, da sentirsi anche strumento del castigo di
Dio. È quello che per secoli ha fatto
anche la chiesa cristiana mediante i
suoi responsabili. E perfino la Riforma
protestante non è stata capace di sottrarsi completamente da questa idea.
Ma il Dio biblico ribalta la conoscenza che si ha di lui. Elia, dopo
i successi precedenti, è precipitato in
una deprimente sconfitta e nello smarrimento del suo Dio, ha perso la voglia
di vivere: «Signore - dice - non ne posso
più. Toglimi la vita». Ma proprio ora il
Signore, incontrandolo, gli rivela tutta
la sua gloria. Una gloria, però, del tutto
opposta alla «teologia» di Elia. Il Dio
biblico non si manifesta nel catastrofico vento dei cicloni; né nello spaventoso
fenomeno dei terremoti; né si identifica
con il fuoco dal cielo. Invece si rivela al
profeta in modo debole e dimesso. Lo
solleva anzitutto dalla sua depressione
mortale, nutrendolo più volte, con un
amore incondizionato, mediante il suo
«pane di vita». Poi rivolgendosi a Elia
mediante la sua parola, che gli risuona
come «a voce d'un silenzio che svanisce». Questa è la Riforma che il Signore
proclama a tutti: Dio non vuole vincere
ma convincere. Non vuole imporre ma
proporre. Non vuole comandare, urlando, ma parlare con un «tono dolce e
sommesso», da ascoltare, pejò, con
grande attenzione!
/L 31 ottobre, festa della Riforma, si
firmerà la dichiarazione cattolicoluterana sulla dottrina della giustificazione per fede. Il noto teologo e psicoterapeuta cattolico, Eugen Drewermann (che le autorità della Chiesa
cattolica hanno sospeso daU’insegnamento), ha dichiarato a questo proposito: «Quattro secoli fa la Riforma ha
cercato di riscoprire il cuore del messaggio di Gesù Cristo: nessun essere
umano può essere buono finché noti
incontra una bontà incondizionata. E
ciò che Lutero ha espresso con il concetto di "grazia": le persone hanno anzitutto bisogno di sapere che sono giustificate, che sono gradite... Questa è
stata la riscoperta di Lutero e per questo, il dialogo fra cattolici e protestanti, tocca un nodo centrale. Tuttavia,
occorre che Roma comprenda bene
quello che sta per firmare: infatti se si
prende sul serio la dottrina della "giustificazione per grazia", tutta la concezione romana dovrebbe cambiare di
conseguenza». Perché Riforma significa: il Signore che incontra il suo popolo. E anche oggi il Signore ripropone a
tutti l’interrogativo di fondo: «Roma,
non devi proprio cambiare nulla perché ritieni di possedere la pienezza
della verità?», «Riformati, non dovete
proprio cambiare nulla perché vi ritenete ormai "Riformati"?». Oppure, volete ricordarvi il messaggio della Riforma: «Ecclesia reformata, semper reformanda», cioè «Chiesa riformata, ti devi sempre riformare»?
Thomas Soggin
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTB:, METODISTE, VALDESI
Il 31 ottobre, anniversario della Riforma protestante, sarà firmato un accordo importante
Cattolici e luterani^ le ragioni dell'Evangelo
Ad Augusta, in Germania, la Chiesa cattolica romana e le chiese raccolte nella Federazione
luterana mondiale sottoscriveranno un «consenso» sulla dottrina della giustificazione per grazia
PAOLO RICCA
DOPO anni di dialogo il prossimo 31 ottobre, nella cittadina
tedesca di Augusta, verrà sottoscritto solennemente dalla Chiesa cattolica romana e dalle chiese raccolte nella Federazione luterana mondiale un accordo storico sulla dottrina della giustificazione del peccatore per grazia mediante la fede*.
Il valore simbolico dell’evento (accordo e firma) trascende di molto lo
stesso contenuto teologico del documento e diventa, neU’immaginario (ma forse anche nelle preghiere)
di molti, cristiani confessanti ma
anche più o meno blandamente secolarizzati, il segno tanto a lungo
atteso che, nei rapporti tra le chiese, accade finalmente qualcosa.
Probabilmente è ancora troppo
presto per dire quali siano la reale
consistenza teologica e la portata
ecumenica dell’accordo. Potrebbe
essere, o diventare, una pietra miliare nella storia della cristianità
occidentale e costituire il passo decisivo sufia strada della ricomposizione dell’unità cristiana. Ma potrebbe anche essere, o diventare, il
monumento di una grande illusione e della relativa delusione, il classico esempio di un’intesa apparente, in grado solo di mascherare le
contraddizioni che contiene, non
però di risolverle. Soltanto il futuro
dei rapporti tra cattolici e luterani
(e la loro inevitabile ricaduta sui
rapporti con gli anglicani, i riformati e le altre confessioni e denominazioni protestanti), potrà rivelare che cosa è veramente accaduto
il 31 ottobre 1999 ad Augusta.
Questa città non è stata scelta a
caso: Augusta è la città nella quale,
nel 1530, fu presentata all’imperatore Carlo V e all’Europa cristiana
dell’epoca la Confessione di fede (in
seguito chiamata «di Augusta» oppure «Augustana»), che divenne
ben presto la carta d’identità dottrinale, ecclesiale e spirituale della
cristianità luterana. Firmare ad Augusta, e non altrove, la Dichiarazione congiunta cattolico-luterana
sulla giustificazione per fede ha ov
Uno scorcio della città di Augusta
viamente un alto significato simbolico che, per i luterani, non può essere altro che questo: la Confessione di fede presentata ad Augusta
nel 1530 e la Dichiarazione congiunta sottoscritta ad Augusta nel
1999 non si contraddicono, non
confliggono, non divergono, né la
seconda comporta una tacita, parziale rettifica della prima. Al contrario, secondo questo punto di vista, la Dichiarazione congiunta è
l’inizio dell’inveramento ecumenico dell’Augustana.
C’è però chi, fra i luterani e in altre aree dell’ecumene cristiana non
condivide affatto questa visione
delle cose e ritiene che la Dichiarazione congiunta non sia quello che
pretende di essere, e cioè «un consenso su verità fondamentali della
dottrina della giustificazione». Se lo
fosse, ci dovrebbero necessariamente essere conseguenze rilevanti
e immediate, che la Dichiarazione
stessa dovrebbe contenere ed esplicitare: ma questo non avviene. Non
solo, ma il consenso effettivamente
raggiunto su alcune verità fondamentali della dottrina della giustificazione appare problematico, per
non dire irrimediabilmente compromesso, dal disaccordo che su altre «verità fondamentali» della dottrina della giustificazione tuttora
permane. La Dichiarazione congiunta è dunque, secondo questi
critici, una specie di Concordia discors (cioè di accordo parziale) che,
nel caso di una dottrina così centrale come quella della giustificazione, non è sufficiente a fondare
L'assoluzione di Andreotti e i problemi della giustizia in Italia
^impegno contro la corruzione non deve diminuire
EUGENIO BERNARDINI
Entro90giorni conosceremo la motivazione dell’assoluzione di
Giulio Andreotti dall’accusa di «associazione mañosa» pronunciata dal
tribunale di Palermo. Il
fatto che il verdetto si sia
riferito non al 1“ comma
dell’articolo 530 del codice di procedura penale
(l’assoluzione con formula piena, tanto per capirci) ma al 2“ («quando
manca, è insufficiente o è
contraddittoria la prova»), consente di supporre che il processo non
fosse proprio campato
per aria, anche se non ha
prodotto quella prova determinante per il libero
convincimento dei giu
dici. Più dell’entusiasmo
(a volte interessato) dei
sostenitori di Andreotti
appare dunque più adeguato il comportamento
misurato con cui l’ex imputato ha affrontato i
lunghi (troppi) anni della
sua vicenda giudiziaria e
il verdetto assolutorio^ E
bisogna anche dargli atto
che, diversamente da altri
imputati del mondo della
politica, ha affrontato il
processo con rispetto e fiducia nella magistratura,
senza cercare di intralciare o rallentare la giustizia,
anzi invitandola a procedere speditamente.
Due brevi considerazioni sulle polemiche di questi giorni. La prima riguarda la necessaria revisione
delle norme sui collabora
tori di giustizia che tutti
richiedono ma su cui non
si riesce a trovare un accordo in Parlamento. Se il
mondo della politica non
supererà la rissa infinita
che da alcuni anni soffoca
una serena riflessione sulla riforma della giustizia
in Italia, continueremo ad
avere provvedimenti parziali e anche contraddittori che non aiuteranno
nessuno, né la maggioranza né l’opposizione,
tantomeno (cosa che è
ancora più importante) gli
imputati (più o meno eccellenti) e le parti lese.
Seconda considerazione: invocare un clima più
sereno non significa proporre l’inciucio politico, e
neppure la rimozione
storica o il superamento
di quella tensione ideale
che ci ha resi consapevoli, in Sicilia e in tutto il
paese, del pericolo mafioso e dei suoi legami
con le istituzioni politiche che hanno prodotto
una scia infinita di morti
ammazzati, sofferenze,
sviluppo distorto e distrazione di una grande
quantità di risorse economiche e umane. Le collusioni fra mafia e politica e
la corruzione nelle istituzioni non sono un’invenzione di alcune procure
troppo politicizzate, ma
costituiscono una drammatica realtà che, nell’
ambito dei diversi ruoli e
delle garanzie costituzionali, dev’essere contrastata da tutti con grande
determinazione.
una comunione. O anche semplicemente a superare una divergenza
secolare e profonda.
Ma anche prescindendo dal ruolo
che potrà svolgere (o non svolgere)
nel futuro delle relazioni cattolicoluterane e, più in generale, del movimento ecumenico, la Dichiarazione congiunta è già ora importante,
principalmente per due ragioni. La
prima è che si tratta di un testo comune, cioè condiviso. In esso la
Chiesa cattolica romana e le chiese
luterane parlano insieme. Pur differenziandosi ancora su diversi punti
anche rilevanti (che non vengono
taciuti), esse uniscono le loro voci
per fare un discorso comune. Insieme hanno deciso di abbandonare,
in questa occasione, lo stile del monologo ancora largamente imperante, secondo il quale ogni chiesa
parla per sé, da sola, come se fosse
sola, ignorando le altre. Qui due
chiese hanno trovato il coraggio di
dire una parola comune su una
questione cruciale nella storia dei
loro rapporti, essendo all’origine
della loro separazione, una questione centrale nel messaggio cristiano
e quindi di importanza decisiva in
ogni tempo, il nostro compreso, anche se indubbiamente essa non occupa oggi un posto così rilevante
come ai tempi di Lutero nel «vissuto» quotidiano della fede.
Dire una parola comune non significa dire la stessa cosa. Unità
non significa uniformità: lo si è
detto e ripetuto fino alla noia, ma
non sembra cbe questo principio
elementare e fondamentale per
l’ecumenismo sia ancora penetrato nell’animo dei cristiani, per i
quali è difficile, oggi non meno di
ieri, accettare che si possa essere
uniti pur essendo diversi. La Dichiarazione congiunta si colloca
nell’orizzonte di una ricerca dell’unità nella diversità, all’interno
della quale si è d’accordo sulle «verità fondamentali» ma non necessariamente su altri aspetti, non
centrali anche se importanti, del
messaggio e del credo cristiano.
SEGUE A PAGINA 4
MEDITAZIONE
Riconoscere Cristo oggi
di FULVIO FERRARIO ^
A PAGINA^
SPIRITUALITÀ
il volto di Dio
di GIOVANNI ANZIANI
La parità scolastica
di BENIAMINO LAMI
Alimenti sicuri per animali
di PIERO ROSTAGNO
BALCANI
Viaggio in Serbia
di PAOLO EMILIO LANDI
2
PAG. 2
RIFORMA
All’As
<^^Non li temete
dunque; perché
non c’è niente
di nascosto che
non debba
essere scoperto,
né di occulto
che non debba
essere
conosciuto.
Quello che io
vi dico nelle
tenebre, ditelo
nella luce; e
quello che udite
dettovi
all’orecchio,
predicatelo sui
tetti. non
temete coloro
che uccidono
il corpo, ma non.
possono
uccidere
l’anima; temete
piuttosto colui
che può far
perire l’anima e
il corpo nella
geenna. ^^Due
passeri non si
vendono per un
soldo? Eppure
non ne cade uno
solo in terra
senza il volere
del Padre
vostro. Quanto
a voi, perfino i
capelli del
vostro capo
sono tutti
contati. ^^Non
temete dunque;
voi valete più di
molti passeri.
^^Chi dunque mi
riconoscerà
davanti agli
uomini, anch’io
riconoscerò lui
davanti al
Padre mio che è
nei cieli. ^^Ma
chiunque mi
rinnegherà
davanti agli
uomini, anch’io
rinnegherò lui
davanti al
Padre mio che
è nei cieli»
(Matteo 10, 26-33)
«RICONOSCERE» CRISTO OGGI
La Riforma si è sentita «prigioniera della parola di Dio»: in questa prigionia, fonte
di ogni libertà, essa ha trovato la forza per «riconoscere» Cristo davanti agli uomini
FULVIO FERRARIO
Domenica 31 ottobre verrà
sottoscritta ad Augusta una
Dichiarazione di consenso tra
la Chiesa cattolico-romana e le
chiese luterane sul tema, centralissimo, della giustificazione.
La Festa della Riforma, che tradizionalmente è anche il giorno
dell’orgogJio protestante, in cui
si cantano Forte Rocca e Gloria
al Signore della chiesa, diviene
così occasione ecumenica. In sé
il fatto è rallegrante: se la parola
della giustificazione, riscoperta
dalla Riforma, annuncia che
«abbiamo pace con Dio mediante Gesù Cristo» (Rom. 5, 1),
è certamente conforme alla volontà del Padre che intorno a
tale parola si celebri anche la
pace e la comunione tra le chiese. 11 confronto ecumenico ha
permesso di mettere da parte
molte reciproche condanne,
grazie a una migliore comprensione della prospettiva altrui;
Lutero è stato largamente rivalutato anche da parte cattolica e
forse, prima o poi, verrà anche
l’ora di Calvino e di Zwingli; il
consenso luterano-cattolico
sulla giustificazione segna per
molti aspetti il culmine di un’
intera stagione'di dialoghi.
La domanda che vorrei porre
in tale festoso contesto di accordi, consensi e riconoscimenti
fraterni e sororali è la seguente:
Preghiamo
Forte rocca è il nostro Dio,
potente difesa ed arma.
Egli ci libera da ogni distretta, che ora ci colpisce.
L’antico, malvagio nemico è ora ben deciso;
grande forza e molta astuzia sono
il suo crudele armamentario,
in terra nessuno gli è pari.
La nostra forza non può nulla,
siamo ben presto perduti;
combatte per noi l’uomo giusto,
che Dio stesso ha scelto.
Chiedi chi egli sia? Si chiama Gesù Cristo,
il Signore Zebaoth, né v’è altro Dio,
il campo sarà suo.
E se anche il mondo fosse pieno di diavoli,
ansiosi di divorarci,
non ci spaventeremmo troppo,
ce la faremo certamente.
Il principe di questo mondo,
per quanto si mostri arcigno,
non ci farà del male,
egli è già giudicato,
una parolina lo può abbattere.
Martin Lutero
la Riforma (non solo e non tanto
le persone dei riformatori, ma la
loro predicazione e le sue conseguenze) è stato un fatto positivo o no? In altri termini: è una
eredità ecumenica da condividere o una dolorosa lacerazione
da superare?
«Predicare sui tetti»
La Riforma ha inteso predicare sui tetti la verità dell’Evangelo. In obbedienza alla
parola di Gesù, essa ha ritenuto
che tale annuncio andasse gridato e non solo sussurrato, comunque non censurato. Naturalmente nessuno, nemmeno
nel XVI secolo, si proponeva di
censurare l’Evangelo: è un fatto,
però, che sono stati i riformatori
e non altri a dire quella parola
in modo tale che essa cambiasse la chiesa e la società. Lo hanno fatto senza temere coloro
che uccidono il corpo, nemmeno quelli che rivendicavano il
potere di uccidere anche l’anima. In un paese come il nostro,
dove Lutero, nonostante tutte le
rivalutazioni, è ancora «quello
che ha ammazzato i contadini»
e Calvino è noto essenzialmente
per il rogo di Serveto, non è fuori luogo ricordare che la Riforma è stata fatta da testimoni,
che in greco si dice martiri.
Tale testimonianza è stata sostenuta dalla convinzione profonda che il Dio che ha contato
perfino i capelli del nostro capo
conosce i suoi figli e le sue figlie,
li chiama al proprio servizio,
non li abbandona nella prova,
ma li sostiene e infonde loro
perseveranza: le famigerate dottrine del «servo arbitrio» e della
«predestinazione» vogliono confessare questo. Lo fanno in termini che a noi oggi appaiono a
tratti paradossali, ma ogni epoca vive le proprie sfide ed esse
ne forgiano il linguaggio: vale
per le teologie latinoamericane,
per quelle nere, per quelle femministe, forse possiamo concederlo anche ai riformatori.
La Riforma si è sentita, con
Lutero, «prigioniera della parola
di Dio»: in questa prigionia, fonte di ogni libertà, essa ha trovato
la forza per riconoscere Cristo
davanti agli uomini e alle donne
e per pagarne il prezzo. La caratteristica di tale riconoscimento è
stata la seguente: se Cristo è colui che la Bibbia dice che sia, la
realtà della chiesa e quella della
società devono cambiare in alcune dimensioni decisive. Quali
siano non è un mistero, ma giova ripeterlo, per sommi capi:
a) La vita si svolge nel segno
del perdono gratuito di Dio in
Cristo, secondo la testimonianza della Scrittura.
b) Liberi dalla paura del peccato, del diavolo e dell’inferno,
le donne e gli uomini possono
dedicarsi con cuore lieto al servizio del prossimo, nella società
e nella chiesa, senza clericalizzare la prima né mondanizzare
impropriamente la seconda.
c) La comunità cristiana non
è una piramide ma un’assemblea di fratelli e sorelle che può
sbagliare, e sbaglia di fatto, ma
che Dio accompagna nonostante l’errore.
Occorre aggiungere che la
Riforma ha visto nel papato una
forza che ha contribuito in modo decisivo a censurare tutti
questi elementi, e si è regolata
di conseguenza. Su questo, se
vedo bene, non c’è ancora un
consenso ecumenico. Per gli
uomini e le donne della Riforma non si trattava di fondare
una società o una cultura diversa, ma semplicemente di riconoscere Cristo Gesù. Facendolo
hanno cambiato anche la società e la cultura. Con ciò ripropongo la domanda formulata in
precedenza: questo riconoscimento di Cristo e le conseguenze che ha generato costituiscono o no una chance ecumenica? E se sì, come coglierla?
«Riconoscere» Cristo oggi
una chance ecumenica?
IN attesa che il movimento
ecumenico elabori una risposta, la celebrazione della Riforma offre alle chiese evangeliche
alcune piste di riflessione su che
cosa significhi oggi riconoscere
Cristo davanti agli uomini e alle
donne. La società postmoderna
non chiede eroismi al cristianesimo del mondo ricco, dalle nostre parti non abbiamo da temere coloro che uccidono il corpo.
L’Evangelo vuole comunque essere predicato sui tetti. Trattandosi appunto di lieto annunzio
non sarà un grido rabbioso,
semmai un canto a piena voce
(la Riforma cantava molto, come
si sa), discreto (perché Dio è discreto) ma non timoroso. Il
«canto» della testimonianza
evangelica, tuttavia, sarà anche
consapevole della possibilità
dannata di rinnegare Cristo: non
sotto la minaccia del carnefice.
ma sotto quella della superficialità, della sciatteria spirituale,
della pigrizia dello spirito e del
corpo. Le risorse per combattere
tale rischio mortale andranno
cercate nei tre elementi della
comprensione protestante delTEvangelo che abbiamo menzionato sopra: il perdono gratuito di Dio in Gesù Cristo, secondo la testimonianza biblica; la libertà evangelica come servizio;
la chiesa come assemblea di sorelle e fratelli.
a) Perdono gratuito, giustificazione per grazia mediante la fede, significa che l’uomo e la
donna valgono non per quello
che fanno, ma per quello che
Dio dice di loro in Cristo Gesù. E
Dio dice: voi non siete servi, ma
figli. Nella società della prestazione deve pur esserci qualcuno
che dice che anche chi non è
produttivo è figlio di Dio grazie
alla croce di Cristo. Qui è la fonte di una parola evangelica sulla
politica e sulla sessualità, sulla
bioetica e sull’economia. Non
semplicemente di una parola ragionevole ma di una parola
evangelica, nel senso di «biblica» e in quello di «protestante».
b) Libertà come servizio vuol
dire lavorare nella società laica
come donne e uomini laici: ma
non laici qualsiasi, di questi ce
ne sono anche troppi e sono in
buona parte laici clericali, che
non credono in Dio ma celebrano l’Anno Santo. Abbiamo bisogno di laici e laiche che riconoscano Gesù, che abbiano una
notizia da predicare dai tetti. 11
culto, la catechesi, la teologia
vogliono nutrire questo tipo di
laici e di laiche.
c) Le nostre chiese senza potere sono chiamate a diventare
ciò che sono per grazia, cioè cori che intonano il canto dell’Evangelo, con creatività polifonica, anche con una dose generosa di improvvisazione «jazzistica», possibilmente senza cacofonie anarcoidi.
Una benedizione di Dio
IN tale prospettiva viviamo il
cammino ecumenico convinti
che la Riforma sia stata una benedizione di Dio di cui la chiesa
evangelica è piccola, indegna,
ma lietissima erede. Come tutte
le benedizioni, anche tale eredità non è un tesoro da nascondere e meno ancora un’arma da
puntare contro il prossimo, ma
una buona, meravigliosa ragione per vivere e con-vivere.
Note
omiletiche
VB'IE
Il testo è quello indb
to da Un giorno, una nj
rola per la Domenica deit
Riforma 1999; le lettu,!
che lo accompagnano J
no Is. 62, 6-7; 10-12 (peri,
verità omessa dalle Losun
gen, come sempre accade
con la pericope veterote
stamentaria, non so bene
perché); Rom. 3, 21-3»
Mt. 5, 1-11. Nel corso del
la meditazione tali pasjj
biblici non sono mai stati
citati direttamente, mj
sempre tenuti presenti.
Il brano è parte del «d|. '
scorso missionario» die
occupa il cap. 10 di Mat.
teo e contiene parecchi '
materiali che, prima della
redazione del Vangelo
venivano verosimilmente '
tramandati tra i predica,
tori carismatici itineranti!
quali, con la loro parola e
il loro stile di vita radicale
diffondevano il messaggio
rivolgendosi originariamente «alle pecore perdute della casa di Israele)
(10, 5)- La lettura integrale del capitolo costituisce
la migliore introduzione
allo studio della pericope
indicata- Ne emerge il
quadro di una predicazione che, come Cristo stesso,
mette la spada (10, 34) é
non la pace: la lacerazione
comincia nella famiglia
(10, 35-37), determina’
l'odio dei messaggeria
motivo del nome di Cristo
(10, 22), la persecuzione
(10, 23) e il giudizio. Appunto il processo davanti
al magistrato è io sfondo
del «riconoscimento»e 1
del «rinnegamento» di cui
si parla ai vv. 32s.; i missionari sono invitati a non te-,
mere il potere repressivo!
delle autorità, ma quello'
di colui che li chiameràa
rendere conto del loro ministero (10, 28); egli tuttavia è già ora al loro fianco
con la sua mano potente e
che provvede (10, 29-31)-s
In generale deve esseri
chiaro che la via della missione è quella della croce,
nella cui consapevole accettazione (o anche: scelta) consiste l'autenticità
della vita (10, 38s )
La meditazione cercai
leggere il passo nel conte
sto liturgico della dome»
ca della Riforma, la cui vicenda e la cui predicazie
ne sono considerate un'interpretazione autentici
delle parole di Gesù. Le
sordio intende situateli
riflessione nel quadro c)el'
le celebrazioni di quest'
anno e più in generale in
quello della tensione, pcf
molti aspetti salutare, tri
identità protestante e sensibilità ecumenica. La domanda sulla valutazioni
ecumenica della Riformi
come tale resta aperta. Li
situazione delle comuni«
a cui ci rivolgiamo non*
quella del testo, né quoH*
del XVI secolo: tre strutture portanti della predici'
zione della Riforma vengono menzionate comi
prospettive per vivere oggi, nello spirito della tradi'
zione protestante, almeno
alcune delle linee di fon
del passo biblico.
Per
approfondii'^
- G. Theissen, fi^cZ/cl
smo itinerante. Aspetti
cioiogico-ietterari del
tradizione delle petaoj>
di Gesù nel cristianesir^^
primitivo e Noi
lasciato tutto (Me. ■
Sequela e sradicarne^
sociale nella società 9
daico-palestinese
colo d.C; in Sociologie
cristianesimo primib
Marietti, 1987, 73-12»Una lettura obbliQ
tia e: ,
- D. Bonhoeffer, Seqn
la, Queriniana, Brest 1997, 185-201.
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La Bibbia ci insegna a parlare di Dio con immagini, metafore e parabole
«Il Signore rivolga verso di te il suo volto»
Il volto di Dio è la manifestazione delia sua grazia, della gioia e della pace che
solo lui può donare, ma può apparire anche come una minaccia e un giudizio
niOVANNI ANZIANI_____
Nella Bibbia incontriamo un’immagine ebe indica il rapporto tra Dio e
l’umanità: quella del «volto di
Pio». Essa rende chiara la relazione con il suo popolo fatta di un dialogo «faccia a faccia», come soggetti alla pari.
Così il patto tra Dio e il popolo sarà come un «guardarsi
negli occhi» per stabilire costati relazioni di amore.
Parlare di questa immagine per un protestante italiano significa percorrere un
campo minato. La cultura religiosa del nostro paese è già
troppo ricca sia di immagini
sia di volti riguardanti il
mondo del religioso e con
difBcoltà riusciamo a cogliere il senso di questa espressione biblica. Il volto di Cristo della sindone, quello dei
vari personaggi dei luoghi
del pellegrinaggio religioso,
questi «volti» sono indicatori
non sempre di un messaggio
di amore e di libertà, piuttosto di forme oppressive per
la paura del sacro e del mistero. Eppure la solenne benedizione dell’Antico Testamento, quella del libro dei
Numeri, indica proprio il
«volto di Dio» come fonte di
pace e di benessere. Anche
alcuni salmi vogliono esprimere questa espressione interiore della presenza del Si
gnore nel culto. Israele è sollecitato e chiamato a cercare
sempre il volto di Dio e ad
accostarsi al suo volto per
rendergli grazie. Se «gli uomini retti contempleranno il
suo volto» (Salmo 11, 7) vi è
allora gioia e letizia perché il
volto di Dio è la manifestazione della sua grazia.
Come cogliere la forza di
questa immagine? Come coglierla nella sua ambiguità
per il nostro tempo? Cosa essa ci comunica? L’espressione «faccia risplendere il suo
volto», tipica del mondo antico della Palestina, forse si potrebbe rendere con «ti sorrida». Un Dio sorridente! È una
immagine che mi ha molto
colpito quando l’ho letta in
un commentario. Il sorriso di
Dio indica la sua paternità
nell’amore e nella gioia, la
sua partecipazione alla nostra vita, il suo accompagnarci con dolcezza, la sua volontà di infondere fiducia e
letizia. Indica gioia come momento forte della fede.
Difficilmente pensiamo a
Dio come colui che «sorride»
considerando tale espressione qualcosa di effimero e di
irriverente. Dio non può essere così semplice nella gioia
perché la sua immagine è per
molti di noi quella del vecchio signore, con il volto burbero e lo sguardo indagatore,
pronto ad alzare il dito per
Il «viso di Dio»: Peniel
Il luogo in cui
Giacobbe fu benedetto
ne:
Wi*'
iel T«'
,ne di'*'
Era notte e Giacobbe aveva
paura. Ne era certo, il giorno
dopo avrebbe incontrato suo
fratello Esaù. Erano ormai
passati tanti anni, ma quella
paura che l’attanagliava adesso era la stessa di tanti anni prima. Esaù ingannato da
lui tante volte aveva allora
giurato di vendicarsi. Ed ecco
quel giorno tanto temuto sta'^a per arrivare e ora lui, Giacobbe, aveva paura. Tornava
a casa ma con quale animo!
Non era più lo stesso. Era
certo ancora forte e -vigoroso
come quando partì giovane
senza nulla, ma oggi possedeva capi di bestiame a cenbnaia e non era solo, aveva
con sé anche le sue mogli e i
suoi 13 figli. Eppure aveva
paura proprio come un ragazzino.
Fu un attimo, qualcuno attaccò Giacobbe nell’oscurità.
11 pericolo temuto l’aveva
anticipato e ora gli veniva
addosso. L’agguato era stato
leso. Era perduto... forse...
lua chi era l’assalitore? suo
catello? Giacobbe era semPre stato un lottatore e non
avrebbe perso tutto senza
adersi fino alTultimo confo 1 assalitore sconosciuto,
dunque avanti, l’avrebbe
venduta cara la pelle: il corPp a corpo senza esclusione
* colpi Timpegnò a lungo,
a notte sembrava intermiabile; colpiva duro ed era
oipito; nessuno dei due
. °uuva. Ma chi era che l’as.^.iva? No, non era suo fraeilo: chi dunque?
rn • Pfldio tenue chiarore
linciava a illuminare il
.0 mentre scomparvero le
P *me stelle. L’assalitore non
oliava. Ma chi era? Sì, ecco,
fa stava abbandonando la
P osa, voleva andarsene. Ma
vnf Giacobbe a non
I .fio lasciare: «No, non ti
CIO andare - disse - se non
' benedici». «Lasciami!».
«No, devi benedirmi: chi sei?
qual è il tuo nome?». «Perché
chiedi il mio nome?».
Il racconto biblico dice che
Giacobbe fu benedetto in
quel luogo che lui chiamò poi
Peniel, in ebraico «viso di
Dio» perché, disse, ho incontrato Dio faccia a faccia e la
mia vita è stata risparmiata.
Dopo quello scontro Giacobbe non fu davvero più lo stesso: il misterioso assalitore
l’aveva reso un uomo più debole slogandogli l’anca e gli
aveva anche cambiato nome.
«Non più Giacobbe, ti chiamerai, ma Israele, perché hai
lottato con Dio e hai vinto».
Affascinati dal mistero di
questa storia antica contenuta nel capitolo 32 di Genesi,
ci si è sempre chiesti che cosa
volesse dire che Giacobbe
aveva vinto. Era stato lui più
forte di Dio, o del suo angelo?
Cosa aveva vinto Giacobbe,
Israele? Beh, a pensarci bene,
prima di tutto, aveva avuto
salva la vita. L’incontro con
Dio poteva essere di giudizio
e di morte, fu di salvezza. Era
stata un ben strana lotta; era
cominciata come un’aggressione, era proseguita come
un pericoloso corpo a corpo
e si era conclusa con uno
stretto abbraccio e una benedizione.
Può avvenire a volte anche
a noi: in conflitto con noi
stessi lottiamo contro Dio,
ma poi cominciamo a conoscerlo e non vogliamo più lasciarlo andare. Vogliamo la
sua benedizione. Ecco, che
cos’altro aveva vinto Giacobbe: la benedizione. Nonostante i fantasmi del suo discutibile passato, le sue paure, i suoi incubi, i suoi rimorsi, Iddio gli aveva lasciato la
sua benedizione. Sì, Israele
aveva vinto: era oggi il più
debole fisicamente, ma pronto a incontrare suo fratello.
Dio l’aveva preparato.
giudicare e condannare. Eppure Dio è colui che sorride
al nostro fianco per infondere nella nostra vita gioia e pace, quella pace che difficilmente riusciamo ad avere o a
trattenere per lungo tempo.
Dio è colui che si volge verso
noi con amore per infondere
forza e serenità nella nostra
esistenza a volte riempita di
sofferenza e di solitudine. A
questo proposito vorrei ricordare un avvenimento accaduto sere or sono quando ho ricevuto la telefonata di una signora che, con voce tremante
e impaurita, mi chiedeva di
parlarle di Dio.
Chiedeva di conoscere Dio
nella dolcezza e nell’amore,
perché si sentiva sola e oppressa dalla paura del «silenzio di Dio» alle sue preghiere.
Si trattava di una persona che
una sola volta aveva partecipato al nostro culto domenicale riportando a casa una
profonda pace perché la parola di Dio era stata per lei
una parola di gioia. Per quella
donna impaurita da un «volto» di Dio minaccioso o da
una assenza del «volto» di
Dio, ho trovato solo deboli
parole di amore e di compassione per indicarle a guardare
oltre, a guardare al Signore
Gesù affinché possa far risplendere nei nostri cuori «la
luce della conoscenza della
gloria di Dio che rifulge nel
volto di Gesù Cristo» (2 Cor. 4,
6). Con Gesù l'ambiguità
dell’espressione biblica termina; vi è nuovo spazio e
nuovo tempo per una presenza di Dio nell’amore, proprio di un Dio sorridente.
Certo, è vero, Dio si nasconde, a volte. Dio può avere il
volto irritato e le sue parole
possono essere di dura condanna. La sua santità non
può essere accolta dalla nostra debolezza umana e non
possiamo «vedere Dio» e poi
restare in piedi. Egli giudica
la nostra vita e toglie dal nostro cuore ogni falsa certezza
o illuso privilegio per porci
sul banco dei condannati.
Forse questi erano i sentimenti e le angosce di quella
donna al telefono: il «volto»
di Dio era per lei un volto
minaccioso. Infatti continuava a ripetere vecchie litanie e vecchie preghiere imparate da piccola forse per
farsi coraggio e per cacciare
il «volto» di un Dio tanto tremendo. Ripresi forza e a
quella donna che, con voce
impaurita, chiedeva di «vedere» il volto paterno di Dio,
parlai dell’amore di Gesù e
di come solo in lui è possibile trovare la pace ricca di salute e di benessere, trovare
riposo per un animo inquieto, trovare benedizione. «Il
Signore rivolga verso di te il
suo volto e ti dia pace».
Un'idea bizzarra e affascinante
Il volto di Dio nel sonno
di un bambino che sogna
Avete mai guardato un
bambino addormentato?
Avete mai cercato di leggergli sul volto i sogni?
Avete mai scorto in un sorriso appena accennato la sua
espressione gioiosa, come
quando si sente protetto e
appagato?
Avete mai provato una
struggente tenerezza per il
suo musetto per un momento rattristato, dal quale avete
letto il sogno della sua tristezza, magari per un rimprovero inatteso?
Mi è venuta un’idea un po’
bizzarra: guardare, mentre
sogna, il volto di Dio.
Possibile che Dio dorma?
Forse è un pensiero un po’ ir- '
riverente, ma ho pensato che
forse, se Dio opera nella creazione, se costruisce giorno
per giorno un appassionato e
difficile dialogo con tutti noi,
se Dio perdona i nostri tradimenti e ricomincia ogni giorno daccapo, verrà pure il momento in cui stordito dalla
fatica si addormenterà, almeno per qualche attimo.
Dio dorme e sogna. Mi piace pensarlo. Ma cosa sogna?
Vedo sul suo volto scavato
dalle rughe, ciascuna delle
quali racconta una storia, il
sogno della sua speranza.
Lo vedo felice proprio come un bambino, mentre sogna un mondo redento. Tutto è buono, ripete, guardandosi intorno. E nel suo sogno
vede una creazione riconciliata. Il lupo pascola con
l’agnello e ogni essere umano
vive in pace con il suo vicino.
Non più armi, né guerre, né
morti per fame, né torturati,
né donne e bambini violentati. Vede ogni popolo aprire la
porta del suo villaggio e ognuno accogliere l’altro alla
frescura della propria vigna o
del proprio albero di fichi.
Vede, mentre sorride, bambini diversi per razza e colore
uniti insieme in una chiassosa allegria.
Chissà, mi chiedo, se in
questo sogno ci sono anch’io:
finalmente libero, finalmente
giusto, finalmente vivo! Poi
vedo il suo volto addormentato rabbuiarsi. Corruga la
fronte, l’espressione è triste.
La cosa mi sorprende; può
anche Dio avere gli incubi?
Vedo la sua faccia rigata da
una lacrima e... capisco.
Dio sogna e sogna di suo figlio. Il figlio -violentato, torturato, ucciso. Sogna del suo
amore e della sua impotenza.
E nel suo incubo risente
l’atroce grido che attraversa i
secoli: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Dio sogna suo figlio strappato alla vita da quella umanità che egli aveva creato. E
con quel figlio sogna e piange
Dio, tanti figli suoi che ebbero la stessa sorte. Piange Dio
tutta l’umanità innocente
torturata, rifiutata, abbandonata. E in quel sogno sente
una folla senza volto urlare
senza tregua: crocifiggi, crocifiggi!
E solo un attimo. Al culmine della tensione svanisce in
me la capacità di immaginare. Rimango solo con la mia
domanda: dov’ero io nel sogno di Dio? Ero il suo incubo
'■o la sua speranza?
Preghiera
Tu sei la vita
nel volto dell'amato
Padre che sei nel cielo,
credo nella tua vicinanza.
Tu mi parli e mi conosci.
Gredo che volgi verso me
il tuo volto.
Devo rivolgermi a te
quando voglio trovare me stesso.
I tuoi occhi sanno
come sono realmente.
10 non conosco i segreti,
11 mistero dentro a me,
finché tu non lo riveli
nella luce del tuo volto.
Tutto si rispecchia in te.
Su questa terra esiste il vero
perché tu sei la verità.
L’umanità può vivere
perché tu sei la vita,
nel volto dell’amato.
II bello esiste in questo mondo
perché tu sei la bellezza eterna.
Posso essere felice
quando tu mi accogli.
E quando tutto è oscuro e vuoto
e non comprendo il mio destino,
credo che il tuo volto
mi guardi dal cuore dell’oscurità.
Aiutami ad amarti,
dovunque il tuo volto si avvicini a me.
Il volto di chi ama risplende.
Fa’ risplendere il tuo volto su di me
e fa’ che dal mio volto si diffonda
la tua luce.
(da: J. Zink, Come pregare)
La «benedizione di Aaronne»
Il volto del Signore su di te
«Il Signore ti benedica e ti
protegga! Il Signore faccia risplendere il suo volto su di te e
ti sia propizio! Il Signore rivolga verso di te il suo volto e
ti dia la pace!»
(Numeri 6, 24-27)
La cosiddetta benedizione
di Aaronne, nell’Antico Testamento, esprime con queste parole l’augurio che Dio si
volga a noi, si occupi di noi,
ci protegga e risponda alle
nostre richieste...
Dio ha un «volto»; questo
significa che egli non è il fato
senza nome, il caso o una
legge di natura, o forse un incomprensibile spirito del
mondo. Dio ci conosce, ci
parla, ci vede e ci ascolta e
noi possiamo avere fiducia in
lui. Dio è ciò che noi chiamiamo una «persona» e noi
osiamo attribuirgli questa
parola umana perché non
sappiamo esprimere in modo
più adeguato il suo mistero...
I misteri hanno bisogno di
immagini per essere espressi,
noi non abbiamo la capacità
di descriverli e spiegarli altrimenti. Le immagini non sono
«esatte» come un verbale o
una tavola pitagorica, ma
possono essere vere, esprimono una verità, indicano
colui che è la verità.
(da; I. Zink, Come pregare]
SPECIALE PROTESTANTESIMO — 31 OTTOBRE - RAIDUE - ore 10,05
CULTO ECUMENICO
PER LA FESTA DELLA RIFORMA
Il culto avrà luogo nella sala del Centro convegni dei padri Somaschi di Albano. Parteciperanno: la Comunità evangelica ecumenica di Albano, membro dell’Unione battista;
le comunità evangeliche battiste di Ariccia e Fontana di Papa; il Gruppo ecumenico di
Albano; una rappresentanza della Rete ecumenica dei Castelli romani. La predicazione
sarà a cura del past. Luca M. Negro, della Comunità evangeUca ecumenica di Albano;
presiederà la liturgia la pastora Gabriela Lio, delle comunità battiste di Ariccia e di Fontana di Papa. L’animazione musicale sarà guidata dal m.o Carlo Leila.
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 29 OTTQBR^o^
Le celebrazioni si svolgeranno il 31 ottobre ad Augusta (Germania)
Firma della Dichiarazione cattolico-luterana
Il testo della «Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione» sarà
firmato dai leader della Federazione luterana mondiale e dal cardinale Idris Cassidy
La Federazione luterana
mondiale (Firn) ha diffuso F8
ottobre un comunicato che
informa sulle modalità della
firma della «Dichiarazione
congiunta sulla dottrina della
giustificazione» tra cattolici e
luterani, prevista per il 31 ottobre nella città tedesca di
Augusta. Le celebrazioni inizieranno il 30 ottobre, mentre la firma vera e propria avverrà il giorno 31, che per le
chiese protestanti è la «Festa
della Riforma». Storicamente
significativa anche la scelta
della città di Augusta (Augsburg), dove nel 1530 i luterani presentarono alla Dieta la
«Confessione augustana»,
considerata come una mano
tesa del protestantesimo verso il cattolicesimo al momento in cui la frattura non era
ancora irreparabile.
A partire dal dialogo ecumenico intercorso negli ultimi decenni fra cattolici e luterani, la Dichiarazione intende mostrare che cattolici
e luterani «sono ormai in
grado di avere una concezione comune» della giustificazione, almeno nelle grandi linee, per cui «le diverse spiegazioni che ancora rimangono non motivano più le condanne dottrinali» espresse
negli scritti confessionali luterani e nei testi del Concilio
di Trento. La prima bozza
della Dichiarazione ha iniziato a circolare nel 1995, suscitando ampio dibattito sia
in campo luterano che cattolico; in conseguenza di tale
dibattito, al testo è stata aggiunta una «Appendice» che
evidenzia i problemi ancora
aperti e la necessità di proseguire il dialogo.
A firmare la Dichiarazione
congiunta saranno, per la
parte luterana, i dirigenti del
Lettura della Confessione Augustana dinanzi alla Dieta. A sinistra, seduto, l’imperatore Carlo V
la Federazione luterana mondiale, organismo che riunisce
128 chiese di 70 paesi e rappresenta 58 milioni di luterani {su 61,5 milioni di luterani
nel mondo); il presidente, vescovo Christian Krause (Germania), il segretario generale
pastore Ishmael Noko (Zimbabwe) e i vicepresidenti Sigrun Moegedal (Norvegia),
Tarmata Ishaya (Nigeria),
Prasanna Kumari (India), Julius Filo (Slovacchia), Ruberto Kirchheim (Brasile), George Anderson (Usa). Per la
parte cattolica il documento
sarà firmato dal cardinale
Edward Idris Cassidy e dal
vescovo Walter Kasper, rispettivamente presidente e
segretario del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità cristiana.
Le celebrazioni per la firma della Dichiarazione a
vranno inizio sabato 30 ottobre con una cerimonia nella
Sala dorata del municipio di
Augusta, una visita guidata
della città, con particolare
attenzione alla sua storia ecclesiastica, e un incontro per
i giovani, organizzato dal
movimento dei Focolari in
una chiesa che è in qualche
modo un simbolo della frattura della cristianità occidentale: la basilica dei santi
Ulrico e Afra, divisa in una
sezione luterana e una cattolica. Nella parte luterana si
svolgerà rincontro giovanile
mentre alle 18, nella parte
cattolica, si celebreranno i
«vespri ecumenici». Domenica 31 i partecipanti alla cerimonia partiranno in processione dal duomo cattolico
per raggiungere la chiesa luterana di sant’Anna, dove
avrà luogo la firma, nell’am
bito di un culto ecumenico.
Anche a Roma si svolgerà
una celebrazione, promossa
dalla Conferenza episcopale
italiana (Gei) e dalla Chiesa
evangelica luterana in Italia
(Celi). L’incontro inizierà alle
18 nella chiesa luterana di
Roma in via Sicilia, per proseguire nell’adiacente chiesa
cattolica di Sant’Anna. Nella
chiesa luterana predicherà
mons. Giuseppe Chiaretti,
presidente del Segretariato
per l’ecumenismo e il dialogo
della Gei, e i momenti di preghiera saranno guidati da
mons. Giuseppe Petrocchi,
vescovo di Latina e dal pastore Michael Uhi. Nella chiesa
cattoliÉa predicherà il decano
della Celi, Juergen Astfalk, e i
momenti di preghiera saranno guidati dal parroco don
Occhipinti e dal pastore Alberto Saggese. (nev)
Si è tenuta in Ungheria la Conferenza consultiva europea metodista
La missione delle chiese nell'Europa di questo fine secolo
LAURA VEZZOSI
. RISTO davanti a noi»
stato il tema della
Conferenza consultiva europea metodista che si è tenuta
a Dogoboko (Ungheria) daU’8
al 12 settembre e alla quale
sono intervenuti circa 120
metodisti provenienti da quasi tutti i paesi europei. Nei
quattro giorni di incontro i
partecipanti, riflettendo insieme sulla missione delle chiese, si sono chiesti come e in
quali forme essa possa compiersi «qui e ora», ossia in
questa Europa della fine del
)OÌ secolo. L’Europa, infatti,
dopo aver visto due guerre
mondiali e la caduta dei regimi comunisti, per la prima
volta nella sua storia sta cercando l’unità. Ma le guerre, il
divario economico e tecnologico tra paesi ricchi e paesi
poveri, le consistenti sacche
di povertà all’interno di ciascun paese, le difficoltà nei
paesi dell’Est di trovare un
nuovo stile di vita, sono tutti
elementi di tensione, che rendono difficile la costruzione
del nuovo assetto politico.
Questo momento di transizione tra la vecchia Europa e la
nuova è estremamente delicato perché è dal modo in cui
i problemi verranno affrontati
e risolti che dipenderà la vita
delle future generazioni.
Le chiese debbono contribuire alla realizzazione dell’unità, insegnando ai popoli
a vivere insieme e cooperando alla formazione di una società più giusta. Ma le chiese
oggi hanno poco ascolto. Gli
europei vivono una vita frenetica, non hanno più radici
perché il tessuto sociale nel
quale sono cresciuti si è disj
solto e, con esso, sono venuti
meno valori tramandati per
generazioni, sono inseriti in
una società secolarizzata che
valuta l’individuo in base al
denaro e ai beni che possiede, hanno il problema di trovare lavoro o, per contro, sono stressati dal superlavoro,
non hanno più né tempo né
voglia di coltivare la loro sfera
spirituale e si sono allontanati dalle chiese al punto di non
riuscire più a comprenderne
il linguaggio.
La difficoltà sta nel raggiungere queste persone e nel
far capire loro che solo sulla
comprensione reciproca, sulla tolleranza, sull’accettazione delle diversità, sul superamento di ogni discriminazione e ingiustizia, può essere
costruita una pace duratura.
In altre parole, come possono
le chiese far capire che solo
l’amore edifica una società
nella quale l’umanità può vivere la vita per la quale Dio
l’ha creata? Occorrono nuove
forme e nuovi modi di predicare e la chiesa può trovarli
solo tornando a Cristo, alla
croce e seguendo la via che
egli ha tracciato.
Cristo è vissuto nel mondo,
è stato sempre dalla parte dei
deboli e degli emarginati e la
croce rivela che proprio nella
debolezza si manifesta tutta
la potenza di Dio. Quindi solo
con la loro presenza nelle vie.
nelle piazze, sui luoghi di lavoro, rifiutando qualsiasi alleanza con i potenti, essendo
presenti ovunque vi sia chi
lotta contro le ingiustizie, le
discriminazioni e i pregiudizi,
stando a fianco delle minoranze per difendere i diritti,
rivendicando per tutti la libertà di seguire le proprie
credenze, facendo sentire calore e amicizia a chi è solo o
straniero, insomma solo con
le proprie azioni e il proprio
comportamento le chiese
possono testimoniare che
l’uomo, cambiato dall’amore
di Dio, è spinto a vivere in
una società non basata sull’oppressione e l’ingiustizia
ma nella quale vi è rispetto
per la libertà, la dignità e i diritti di cia.scuno.
Perché tutto questo non si
risolva in un vero impegno
sociale è necessario un profondo rinnovamento anche
all’interno delle chiese e nei
credenti. Oggi i cristiani leggono poco la Bibbia, gli studi
biblici sono disertati, andare
al culto per molti è solo un’
abitudine, gli stessi sermoni
spesso sono più uno sfoggio
di retorica che un messaggio.
La Bibbia, e non la logica del
profitto, deve essere la guida
per le scelte di vita del credente, e questo può avvenire
solo se attentamente letta e
meditata in privato e con gli
altri; la cooperazione da parte
dei membri delle comunità
nella preparazione del culto
e una loro maggiore partecipazione nello stesso sono il
modo di renderlo più vivo e
gioioso, i sermoni debbono
rispondere agli effettivi bisogni e problemi della comunità e, soprattutto, il linguaggio usato durante il culto deve essere comprensibile a tutti, anche al passante che entra per caso. Se le chiese sapranno incamminarsi su questa via, troveranno Cristo lì
dove è sempre stato: davanti
a loro, come era davanti ai discepoli, per guidarli, sorreggerli e dar loro la forza necessaria lungo il cammino.
I partecipanti si sono anche
chiesti se il metodismo possa
dare il proprio contributo. La
risposta è stata positiva, e
non solo perché ha sempre
cercato di non disgiungere la
predicazione dall’impegno
per migliorare le condizioni
sociali. I piccoli gruppi che si
riunivano per pregare e meditare insieme la Bibbia, il legame che ha sempre unito i
membri di una comunità e le
comunità tra loro, in modo
che i più forti aiutino i più deboli, portando ciascuno il peso degli altri e ricevendo e
dando ricchezze spirituali,
l’impegno dei laici nella predicazione e nella vita delle
comunità, gli insegnamenti di
Wesley sull’uso del denaro
sono tutti elementi che conservano la loro validità in
questo cammino verso il rinnovamento. Ma soprattutto vi
è una raccomandazione di
Wesley che le chiese dovrebbero sempre tener presente:
«Non andate da chi ha solo
bisogno di voi, ma andate da
chi ha più bisogno di voi».
Francia: si apre a Paray-le-Monial il X
Congresso ortodosso d'Europa occidentale
PARAY-LE-MONIAL — Il X Congresso ortodosso dell’EuroD
occidentale si terrà dal 30 ottobre al 1° novembre 1999 a Pj
ray-le-Monial e avrà per tema «Il cristianesimo non fa che co
minciare», dal titolo del libro di Alessandro Men, prete orto
dosso russo assassinato nel 1990 vicino a Mosca. Il
vescovo
Kallistos della Gran Bretagna terrà una conferenza intitolat
«La Chiesa ortodossa, testimone di questo secolo», nel corsi
della quale farà un bilancio teologico, spirituale e storico
dell’ortodossia nel XX secolo. Elisabeth Behr-Sigel, specialista
dell’ortodossia, e Tarek Mitri, teologo libanese, membro dello
staff del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), uniranno h
loro competenze per un intervento intitolato «Lo Spirito Santo
vi condurrà in tutta la verità». Infine, Olivier Clément, profeg. j
sore all’istituto teologico ortodosso di Parigi, terrà una confo,
renza sul tema; «Oggi, un senso alla vita». (spp/apk)
Lati
Scozia: riunione del gruppo promotore del
progetto «Thenew» a favore delle donne
EDIMBURGO — A Edimburgo dal 24 al 26 settembre,
il St. Colm’s College, si è riunito il gruppo promotore dèi prò.
getto europeo «Thenew» per educare al rispetto della donna e
per fornire assistenza, aiuto, sostegno, anche attraverso le comunità cristiane, alle vittime della violenza. Le partecipanti
(inglesi, scozzesi, tedesche, svedesi e Doriana Giudici della Fe- ’
derazione delle donne evangeliche in Italia) hanno deciso di
pubblicare un libro su informazioni, riflessioni teologiche, sta- >
tistiche, studi biblici, materiale liturgico; il tutto raccolto in (.
capitoli. Si è deciso di pubblicare il lavoro in inglese, italiano,
tedesco e svedese. La conclusione del lavoro sarà a Dundee in
Scozia nel settembre (dal 22 al 26) dell’anno 2000. (neii)
CON
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DALLA PRIMA PAGINA
Le ragioni dell'Evangelo
Può darsi che la Dichiarazione congiunta non sia perfettamente riuscita nel suo intento e che i punti sui quali
cattolici e luterani non si sono
accordati siano anch’essi, a
ben guardare, fondamentali e
non secondari. Ma l’obiettivo
perseguito e il metodo adottato per giungervi sono quelli
giusti. Li aveva già additati alla chiesa del suo tempo il
grande Agostino in questi termini lapidari; «Nelle questioni
fondamentali; unità; in quelle
non chiare, libertà; in tutte,
amore». Ancora una volta; essere uniti non significa essere
uguali. Per essere uniti come
cristiani basta concordare
sulle verità evangeliche fondamentali, come cerca di fare
la Dichiarazione. Certo, bisogna essere d’accordo su quali
sono le verità evangeliche
fondamentali, e quali no. Qui
c’è ancora molto da fare.
La seconda ragione per la
quale la Dichiarazione è comunque importante è che essa impegna direttamente le
chiese, e non soltanto alcuni
teologi ed ecumenisti. Nella
Dichiarazione \e chiese diventano quello che devono essere: soggetti del movimento
ecumenico e non soltanto
spettatrici, più o meno benevole, più o meno coinvolte.
Negli ultimi trent’anni le chiese hanno partecipato ai dialoghi (ce ne sono stati a migliaia), talvolta li hanno promossi e finanziati, ma raramente ne hanno preso sul serio i risultati. Le chiese dialogano volentieri ma sembrano
aver paura dei risultati del
dialogo. Cattolici e luterani, se
non altro, non hanno avuto
paura, almeno in questa occasione, e hanno deciso come
chiese di passare dal dialogo,
che è un parlarsi l’un l’altro, al
discorso comune, che è un
parlare insieme. E anche se il
discorso comune, per alcuni
aspetti, lascia a desiderare oppure promette di più di quello
che mantiene, è però importante che esso sia stato fatto.
È un invito rivolto alle chiese
a prendere loro in mano l’iniziativa ecumenica, a uscire
piano piano dalla loro secolare abitudine al soliloquio, e a
imparare con umiltà, perseveranza e trasparenza, a parlare
insieme, fin dove lo consente
la coscienza.
Che cosa si è raggiunto con
la Dichiarazione congiunta, e
con VAttestazione che l’ac
compagna e ne ribadisce sen- i
za mezzi termini il valore? 11 [
primo risultato, formalmente!
il maggiore, è che le condan-l
ne reciproche che cattolici|
(con il Concilio di Trento) e
luterani (nei loro documenti
confessionali) si sono scambiati nel XVI secolo, non riguardano la dottrina dell)
giustificazione così com’essi
viene esposta nella Dichiarazione. Perciò, nella misura in
cui i cattolici e luterani, oggi
professano la dottrina della
giustificazione per grazia mediante la fede così come la
presenta la Dichiarazione, et
si non si situano più su fronti
contrapposti ma si muovono,
dottrinalmente e spiritualmente, in uno spazio condiviso di sostanziale consenso.
Altri risultati immediati di
rilievo per ora non ci sono. E
questo, indubbiamente, stU;
pisce. Lutero sgranerebbe gE
occhi. Secondo lui un accordo
sulla dottrina della giustificazione è un accordo sull'essenziale e dovrebbe quindi sfociare nella piena comunione
ecclesiale, anche se, a dire»
vero, nel XVI secolo. Luterei
Zwingli erano sostanzialmente d’accordo sulla dottrina
della giustificazione e ciò
nondimeno non trovarono
un’intesa anzi si scontrarono
frontalmente, sulla dottrina
della Cena del Signore, tanto
che anche in quel caso volarono reciproche scomuniche
Detto questo, è chiaro cno
il valore della Dichiaraao0
congiunta, che tante discuS'
sioni ed emozioni ha suscita"
to, deve ancora essere documentato, per non dire prov2"
to. La doppia firma, cattobe
e luterana, che vi verrà apP“^
sta il 31 ottobre 1999 è certo
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di promessa. Se le pi'ut’^^L
non diverranno realtà, il
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minimo. Sarà come una co
chiglia senza perla, o un g“
scio senza frutto.
Paolo
(*) I documenti di ^fc
cordo sono pubblicati in «
Ricca e Fulvio Ferrano (u
di). Il consenso cattolico- ^
rano sulla dottrina della gi
ficazione, Claudiana, To
1999, p. 112, £. 15.000.
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ì 29 OTTOBRE 1999
Cultura
PAG. 5 RIFORMA
gp- Un partecipato convegno per la presentazione di 3 recenti volumi
Da Torino a Parigi nel segno di Gobetti
[3 traduzione francese della «Rivoluzione liberale» è stata occasione per ripensare
la figura del pensatore-editore morto a 25 anni esule in fuga dal fascismo
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CONVEGNI, tavole rotonde e conferenze su Gobetti ve ne sono state molte
negli ultimi anni a Parigi: merito non indifferente da ascrivere al Centro Gobetti (e a chi
ne costituisce da molti anni
r«anima», Carla Gobetti) e ad
Alberto Gabella, che per quasi 15 anni all’Istituto italiano
di cultura ne è sempre stato
l'esperto e qualificato regista.
L’ultimo in ordine di data,
,Da Torino a Parigi: Piero
Gobetti e la Rivoluzione liberale», tenutosi l’8 ottobre, era
all'apparenza più articolato
dei precedenti, in quanto
constava di tre momenti distinti: la presentazione della
nuova biografia di Piero Gobetti, scritta dallo stesso Gabella'; la discussione sulla
traduzione francese (fresca di
stampa) de La Rivoluzione liberale, l’opera maggiore di
Gobetti, e infine la presentazione degli Atti del Convegno
di Parigi del 1996 (vedi recensione qui a fianco).
Il libro di Gabella ha ricevuto l’unanime consenso dei
molti oratori presenti (Robert
Paris, Eric Vial, Marc Lazar,
Fabrice d’Almeida) che hanno sottolineato come non
fosse facile scrivere una biografia di un personaggio
(seppur geniale) morto a soli
25 anni, senza scadere nell’agiografia. Gabella è riuscito
abümente nell’intento, strutturando un percorso antologico che offre la parola al giovane Gobetti e ne fa via via
scaturire l’essenza del suo
pensiero. Eric Vial l’ha definito un Hbro «pedagogico»: diventa oggi facile per tutti, e
soprattutto per i non specialistì, farsi un’idea non generica dell’opera e del personaggio Gobetti. Gabella ha poi risposto a numerose domande,
in particolare quella sulla
mancata Riforma in Italia.
L’autore ha precisato che Gobetti non credeva più a una
Riforma religiosa, in quanto
impossibile; puntava di più a
una riforma di tipo politico
(«Il protestantesimo - scriveva-in Italia deve battersi
contro l’economia parassitala e l’unanimità piccolo borghese e deve cercare negli
operai educati alla libera lotte e alla morale del lavoro i
quadri dell’eresia e della rivoluzione democratica»).
La breve presentazione dei
uue successivi volumi (da
parte di Ersilia Alessandrone,
Eabrice d’Almeida, Marco
ùervasoni. Marilène Raiola)
he dato adito a una discussione estremamente ricca, vivace, sintetizzata nella frase
uel moderatore del convelo storico Pierre Milza;
«hi parla di cose che 20 anni
® uon si sarebbero potute diro, in questo luogo». Milza si
oteriva all’analisi che due
l'fvani storici, d’Almeida e
orvasoni, hanno fatto della
omperie in cui Gobetti o•ontò il suo pensiero. D’Al^oida in particolare ha parm dello spirito degli Anni
, in Italia, pervaso di «giovamsino»: «Tutto ciò che è be0 e giovane, tutto ciò che è
- ^ nuovo». Vi è un certo
j^^lmlistno con il pensiero
sg Pfljno Mussolini, anche
sa P^'^nluzione successiva
m totalmente discordante,
g Gervasoni è tornato su
tema: l’accostamento
h^tti-Mussolini (ma ag^unge anche Gramsci e Genuj può apparire scandaloj, ’ Eppure comune e simile è
jg.^^’Lativo di riscoprire e
g íí*®'‘pretare la tradizione
italiana, al fine di
ure una grande nazione.
La biblioteca di Piero Gobetti
Gobetti è contro D’Annunzio
e il dannunzianesimo, ma il
clima di quegli anni gli è congeniale. Fino al 1923 inoltre
Gobetti ospita sulla sua rivista interventi di intellettuali
divenuti poi fascisti o di economisti divenuti liberisti.
Questa interpretazione ha
suscitato vive reazioni, so
prattutto da parte di Gabella
e Michel Cassac: passi l’idea
di «giovanilismo», che impregna gli Anni 20, ma si rifiutano le altre congetture:
altrimenti di lì a dire che Gobetti fu «potenzialmente» fascista, il passo sarebbe breve. Invece il ritratto gobettiano di Mussolini, gli scritti
successivi non possono ammettere nemmeno lontanamente il sospetto di «fascismo». Più sfumato l’intervento di Milza, autore tra
l’altro di una recentissima,
voluminosa biografia di
Mussolini^ è legittimo mestiere di storico studiare questi «va e vieni» nella storia;
essi non sono camaleontici,
ma rappresentano il divenire, l’evoluzione del pensiero
attorno e dentro i personaggi. Equilibrata la conclusione
di Gabella: «Gli Anni 20 sono
pieni di giovanilismo: bisogna però studiare più a fondo quale tipo di giovani viene proposto da socialisti, comunisti, fascisti. Certo è che
Gobetti fu l’intellettuale italiano che capì meglio e prima che il fascismo non era
una breve avventura». E questo, per un giovane di 25 anni, non fu poca cosa.
(1) A. Gabella: Elogio della libertà. Torino, Il Punto, 1998,
recensito da G. Bouchard su
Riforma del 18-12-98.
(2) P. Milza: Mussolini. Parigi, Fayard, 1999 (si veda anche
la lunga intervista a Milza su La
Repubblica del 14 ottobre).
Gli atti del convegno parigino svoltosi nel 1996
Il dramma italiano della «Riforma mancata»
FRANCO CALVETTI
Tutte le volte che sono a
Parigi cerco di passare almeno una volta in me des
Ecoles, nel Quartiere Latino,
nei pressi della Sorbona. Percorrendola mi commuovo
sempre e penso intensamente a Piero Gobetti che in questa via visse 12 giorni e vi
morì il 15 febbraio 1925, in
una pensioncina anonima
ora sparita. Piero Gobetti
«l’insulso oppositore», come
lo titolò Mussolini, giungeva
in quel febbraio 1925 per
sfuggire alla morsa di aggressività che lo stava stringendo
e, pur gravemente ammalato,
prendeva contatti con gli esuli antifascisti e con editori parigini per lanciare una nuova
rivista, visto che la sua Energie nuove del 1918 era stata
pesantemente censurata.
Parigi e Gobetti o meglio
Gobetti e Parigi sono drammaticamente legati fra loro
da una malattia, da una morte, da una tomba al cipiitero
del Pére Lachaise. Non tanto
(ma anche) per ricordare
questi tragici eventi, ma per
fare risuonare ancora una
volta la voce delle idee, dei
progetti, degli insegnamenti
di Piero Gobetti, l’Istituto italiano di cultura di Parigi e il
Centro Gobetti di Torino, nel
settantesimo anno della morte, hanno organizzato un
Convegno (svoltosi poi nel
1996) i cui Atti escono oggi
presso la casa editrice Franco
Angeli* fornendo ai cultori
una documentazione interessantissima su temi poco af
Gobetti
tra Riforma
e rivoluzione
Alberto CabeDa
« Oscar Mazzolenì
{Viitni .Slmli l’ient < «oIh’IIì
FraiKoAngeU
Piero Gobetti
frontati prima di oggi quali
Gobetti e la Riforma mancata
in Italia, Gobetti e la sua perennità ed eternità. Gli otto
eccezionali contributi sono
preceduti da una presentazione del suo pensiero politico di Alberto Gabella, che ancora una volta unisce rigore
storico e capacità divulgativa.
Il tema più affascinante, almeno per noi riformati italiani, è quello della tesi gobettiana della Riforma protestante «mancata» in Italia. E
si può dire che il tutto viene
affrontato in chiave estremamente affascinante da Giorgio Spini, Eric Vial e Robert
Paris. Ricordo ancora l’intensità di attenzione, la commovente partecipazione dei numerosi convenuti quando gli
oratori citavano, leggendo, le
pagine di Gobetti quali «Il
protestantesimo in Italia deve battersi contro l’economia
parassitarla e l’unanimità
piccolo-borghese e deve cercare negli operai educati alla
libera lotta e alla morale del
lavoro i quadri dell’eresia e
della rivoluzione democratica». E di contro «la scienza
propugnata dal cattolicesimo
è assolutamente inadeguata
rispetto alla scienza moderna» così come il Partito popolare italiano (Ppi) è visto
come «il rappresentante del
dogmatismo e della diseducazione nel mondo del pensiero moderno». Tesi trattate
sempre da Gobetti con estrema attenzione all’obiettività,
alle sfumature, al cercare di
ricomporre il dialogo e evitare il dissenso, finché si può.
Librerie
CLAUDIANA
MILANO:
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Un principio rivoluzionario
Sola Scriptura» più facile
a dirsi che ad attuarsi
«
Nella seconda parte degli
Atti Jean Petitot, Rosalba Davico, Michel Cassac, Ersilia
Alessandrone Perona parlano
con magistrale conoscenza e
sapiente approfondimento
della perennità e attualità di
Piero Gobetti. Così come ho
ascoltato tutto orecchi, ho
letto gli Atti tutti d’un fiato; il
contributo di Ersilia Alessandrone Perona («Alle radici
della fortuna di Piero Gobetti») è molto originale, apre
squarci sulla storia di idee di
quel periodo, rivela ancora
una volta la lungimiranza geniale di Gobetti che nei migliori spiriti farà da guida a
tante intuizioni e battaglie
politiche e culturali.
Il convegno del 1996 è già
lontano e quello dell’ottobre
di quest’anno su Piero Gobetti e la Rivoluzione liberale
è appena terminato, ma sentiamo il bisogno di assistere
di nuovo e presto, partecipi e
riconoscenti ad altri momenti di alto impatto ideale come
questi. In fondo awicinandosi empaticamente all’intelligenza, e non solo al personaggio, di Piero Gobetti noi
non facciamo altro che cercare, come ci suggeriva un
tempo Montale, «l’uomo che
in noi ci ostiniamo ancora a
cercare nella parte più profonda di noi stessi».
(*) A. Cabella-0. Mazzolenì (a
cura di): Gobetti tra Riforma e rivoluzione. Torino-Milano, Centro studi Piero Gobetti, Franco
Angeli editore, 1999, pp. 159, sip.
SALVATORE BAPISARDA
SOLA Scriptura dal tempo
della Riforma del XVI secolo ha due connotazioni. Da
un lato serve ad affermare
qual è il fondamento autorevole per la fede e la dottrina;
dall’altro serve a escludere e
rigettare qualsiasi altro fondamento e autorità. Dopo secoli di lettura biblica, nonché
di polemiche ecclesiastiche,
si può dire che il Sola Scriptura è più facile a dirsi che ad
attuarsi.
Che cosa rigettavano i
riformatori, e ancora oggi
si rigetta alla luce del Sola
Scriptura ? Si risponderebbe
facilmente dicendo che si rigettano gli errori. Più difficile
appare dire quali errori. In
gioco sono questioni legate
alla vita della chiesa; alle sue
strutture (ecclesiologia), alla
sua dottrina (teologia, soteriologia, escatologia ecc.), alla sua prassi (etica), alla sua
politica (rapporto chiesa-stato). Ma molte di queste questioni, al tempo della Riforma
e ancora oggi, sono legate alla lettura e alla comprensione
della Scrittura: esegesi ed ermeneutica. Questi passaggi
non avvengono nel vuoto o
in ambiente asettico. Allora
come oggi la lettura e la comprensione della Scrittura è
contestualizzata, tiene cioè
conto dei condizionamenti
(elaborazioni) tradizionali,
storici, culturali, politici, economici, ambientali in cui viene fatta. Se si prova a polemizzare o a contestare una
qualche dottrina, o scelta ecclesiastica, per contro si riceve una messe di spiegazioni
fatte di ricorsi a tutto l’armamentario della conoscenza e
ad elaborate interpretazioni
bibliche. Tutto ciò significa
che è una pia illusione immaginare che Sola Scriptura
possa significare una sola
comprensione della Scrittura, a meno che non ci si ponga in un atteggiamento fondamentalista-letteralista, o
non ci si consideri ispirati in
modo speciale ed esclusivo.
A queste considerazioni
siamo indotti dalla constatazione che la pretesa di verità
esclusiva e di infallibilità non
si addice alle chiese che sappiano guardare ai propri errori storici (in campo politico
e nella definizione delle dottrine) e che sappiano guardare con occhi non preconcetti
alla testimonianza, alla sofferenza e ai risultati ottenuti da
altre chiese. A ciò siamo indotti anche dall’ascolto della
teologia dei popoli fin qui tenuti nel sottosviluppo e perciò stesso erroneamente considerati sottosviluppati. I loro
strumenti ermeneutici sono
nuovi, ma soprattutto sanno
raccontare, cioè vivere la teologia. Lì non ci si limita a
scrivere grossi volumi spesso
buoni soltanto per il mercato
editoriale. Anche la lettura
biblica in prospettiva femminista, nata e sviluppata prevalentemente nel mondo oc
cidentale, ha relativizzato le
letture bibliche univoche,
unilaterali ed esclusiviste della tradizione teologica, adottando strumenti culturali che
non fanno una piega e che
non si prestano ad essere
guardati con indulgenza perché esotici o etnici.
Sin dal tempo della Riforma al concetto di Sola Scriptura si affianca l’espressione
«il canone nel canone». Con
ciò si intende una chiave di
lettura che inquadra il messaggio biblico alla luce dell’annuncio della salvezza per
grazia, ottenuta mediante il
sacrificio espiatorio di Cristo.
Tutto il resto, che non ha valenza soteriologica, spesso
svanisce nello sfondo, viene
lasciato in mano agli esperti,
o viene del tutto trascurato.
Bisogna prendere atto che
con questa riduzione al minimo o, se si preferisce, all’essenziale si paga un forte
prezzo nei confronti della ricchezza e della varietà della
testimonianza biblica. Questa trova la sua validità, se si
fa a meno del Sola, se si prende la Scrittura come un documento ricco di sfaccettature,
ma non normativo in tutte le
sue parti. Prenderemo anche
atto del fatto che non potendosi ancorare l’aspetto normativo a singoli aspetti dèlia
Scrittura, esso viene demandato alle strutture ecclesiastiche. Esse, condizionate come
sono dalla loro collocazione
nella storia, ricreeranno
strutture e atteggiamenti
mentali già condannati, o si
incammineranno in sperimentazioni che all’inizio assumeranno il sapore dell’avventura, e che soltanto il
tempo ne vaglierà la validità,
o, in fine, si rigireranno in
una empasse che ha il gusto
deludente di tutte le aporie
della storia.
Sola Scriptura conserva la
sua validità a condizione che
non la si sovraccarichi di valenze che le sono estranee.
In essa va letto il manifesto
autentico dell’opera salvifica
di Dio in Cristo. Essa ci mette in relazione con Dio stesso. Ci dice che ogni altra fonte, che non sia la Scrittura,
tenta di farci diventare dipendenti da altre autorità, da
altre guide. Con la Scrittura
incontriamo Dio, il suo Figlio, il suo Spirito. Afferrati
così dalla Scrittura non abbiamo bisogno di alcun mediatore, perché Cristo vi parla ancora, il suo Spirito risponde alle nostre domande.
Sola Scriptura è la nostra casa spirituale; in essa non ci
sentiamo estranei, non dobbiamo chiedere il permesso
ad alcuno. In quella casa siamo ospiti di Cristo, cibati
dalla sua presenza, messi in
comunione con quanti sono
lì per ascoltarlo. Sola Scriptura è un messaggio rivoluzionario, perché «trae giù dai
troni i potenti», le autorità
comparsa, e innalza l’unico
degno Signore, «l’agnello che
è stato immolato».
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6
PAG. 6 RIFORMA
Prosegue la discussione sul caso del romanzo storico «Q>
Fra erudizione e pirateria informatica
Le opere precedenti del gruppo Luther Blissett illustrano una strategia che
intende smascherare alcune strutture della contemporanea società della telematica
MAURO PONS
UNA parola su Q se si può
ancora ragionare e non
scomunicare. A molti potrà
sembrare inopportuno, ma
mi sembra cbe aprire al nostro interno un dibattito sulle
reazioni suscitate dalla lettura di Q' non sia del tutto inutile. Non tanto perché siamo
interessati a disquisizioni più
o meno dotte sull’attuale panorama letterario italiano,
aH’interno del quale in ogni
caso il romanzo «blissettiano» si fa notare per intelligenza narrativa, immediatezza, ricchezza di una trama
che cattura continuamente
l’attenzione di chi legge in
una variante continua di colpi di scena, ma piuttosto perché questo testo è una delle
rare occasioni in cui il nostro
patrimonio storico, culturale
e spirituale viene sottoposto
a un’interpretazione «altra»
dalla nostra. Ora è evidente
che la lettura di questo romanzo possa suscitare reazioni contrapposte per cui
alla fine, pur tra una serie di
ma, di però e di distinguo, alcuni concluderanno con Antonio di Grado^ che: «È assai
probabile che alla fede riformata, se non altro sull’onda
di una curiosità storico-culturale o di un sacrosanto impulso esistenziale all’eresia,
possano avvicinare più e meglio queste pagine prive di
fede che la catacombale ortodossia di certe chiese che
di fede sono fin troppo sazie»
mentre altri, come Giorgio
Tourn^ sottolineata la presenza nel testo di «stereotipi
di una cultura del più gretto
pregiudizio clerico-marxista», l’assenza della dimensione della fede, si atterranno alla tesi, secondo la quale,
il messaggio ultimo che lascerà il romanzo sarà che «gli
anabattisti furono in Europa
una banda di fanatici, deliranti, nel miglior dei casi fautori del libero amore, che
l’Inquisizione spazzò a ragione, e mentre l’intellettuale
moderno si riposa a Costantinopoli l’ombra di Carafa si
materializza nel papato di
Paolo IV», per cui questo libro può essere letto «non per
capire gli anabattisti (...) ma
la cultura italiana nell’età
berlusconiana».
In ogni 'caso rimane aperta
una serie di domande: chi sono gli autori di questo romanzo? ma, più importante ancora, a quale «disegno» risponde la stesura di questo testo?
e perché questo interesse per
un periodo così particolare
della storia europea? Gli autori di Q (Federico Guglielmi,
Luca Di Meo, Giovanni Cattabriga e Fabrizio P. Belletati,
come rivela Loredana Lipperini su «Repubblica» dello
scorso 6 marzo) appartengono alla cellula bolognese del
movimento «Luther Blissett
Project», all’origine del quale
ci sarebbe un certo Harry
Kipper, artista punk-situazionista britannico, il quale firmava con il nome di Luther
Blissett le sue azioni di «sabotaggio mediático» (falsi eventi
spacciati come scoop ai media, hactermg telematico, detournement della segnaletica
stradale, ecc.), riprendendo
in questo modo pratiche di
«deriva» inventate dall’internazionale Letterista negli Anni Cinquanta e da quella Situazionista negli Anni Sessanta. In Italia la sigla «Luther
Blissett» appare per la prima
volta negli Anni Novanta a
opera di un gruppo friulano
facente capo a Piermario Ciani, fondatore della casa editrice AAA di Bertiolo, il quale.
già nei primi Anni Ottanta,
aveva sperimentato la pratica del «multiple name» (nome collettivo) di invenzione,
creando falsi gruppi musicali chiamati «Mind Invàderà»
e network di mail-art conosciuti come «Traxi»“. Dal
gruppo friulano il movimento
si diffonde in numerose città
italiane. La particolarità del
gmppo bolognese è di essere
particolarmente politicizzata
e quasi tutti i suoi interventi
sono incentrati sulla critica
radicale alla «società di controllo» contemporanea.
Se questo è il contesto in
cui nasce il romanzo, non lo
si può leggere come una
semplice opera di giocosa
erudizione letteraria, come
ricostruzione, seppur fantasiosa, del passato, come già
avvertiva il professor Di Grado. Il messaggio da ritenere,
ammesso che ce ne sia uno,
deve essere cercato nel nostro presente, deve essere
utilizzato eventualmente per
scardinare il tempo presente,
il tempo dell’era berlusconiana. Infatti, contemporaneamente, all’uscita del romanzo
il gruppo bolognese ha pubblicato un altro testo® la cui
tesi di fondo può essere grossolanamente espressa nel
modo seguente: a partire dagli Anni Settanta in poi, il
«metodo di governo» della
società italiana si è sostanzia
to attraverso un «avvicendarsi di emergenze», ma negli ultimi anni, dal livello «macrosociale» si è passati al livello
«molecolare», per cui attraverso «false» emergenze, devianze del comportamento
soggettivo, artificialmente
«gonfiate» dal sistema dei
media, si vorrebbe criminalizzare ogni forma di dissenso e di comunicazione aperta
e alternativa. Secondo Andrea Cortellessa® questo saggio costituisce «un vademecum per la lettura di Q (peraltro del tutto incomprensibile
senza il suo utilizzo), ma anche una ricchissima raccolta
di fonti a documentare le tesi
degli autori».
Che cosa c’entra con tutto
questo la Riforma, la vicenda
degli anabattisti, la storia religiosa italiana seicentesca?
Apparentemente niente. O, al
contrario, molto. Poiché ritengo che in qualche modo
l’assunzione di una storia che
non appartiene al nostro
paese e alla nostra cultura, se
non in termini di minoranze
significative, peraltro inascoltate, debba essere valorizzata
e non esorcizzata, mi sembra
che l’atteggiamento più proficuo che possiamo assumere
è quello dell’ascolto delle
istanze di cui il romanzo si fa
portatore. Nell’Italia berlusconiana sicuramente queste
istanze sono minoritarie, ma
non tanto quanto si crede 0 si
vuol far credere. In ogni caso,
preso atto del successo editoriale del romanzo e sfruttando il potenziale ascolto che
ha suscitato, toccherebbe a
noi «correggere» le sviste dei
giudizi storici in esso contenuti, ma anche, contemporaneamente, aprire un dialogo
con quelle forze culturali e
politiche che cercano in altri
modelli culturali ed etici gli
strumenti per dare al paese
un contributo alla sua trasformazione in termini di civiltà. La Riforma non ha potuto dare il suo contributo di
idee e di spiritualità al processo politico e culturale del
nostro paese. L’ingresso in
Europa obbliga i nostri concittadini a confrontarsi con la
storia e le culture di paesi che
invece sono state forgiati
proprio dalla Riforma: qualcuno se ne è accorto e tenta
di riferirsi a questo patrimonio? Lo fa mtde? Ebbene non
tocca a noi correggere il tiro?
Ma, per favore, non scomunichiamo: non è nel nostro stile, e poi, anche nel caso che
qualcuno di noi fosse in grado di scomunicare, non sarebbe segno di un certo provincialismo?
(1) Luther Blissett: Q. Torino,
Einaudi, 1999.
(2) Antonio Di Grado: «"Q” o la
complessità della storia». Riforma, n. 32, 20 agosto 1999, p. 4.
(3) Giorgio Tourn: «Un romanzo che ripropone una serie di
stereotipi consunti». Riforma,
n.37, 24 settembre 1999, p. 5.
(4) Luther Blissett: Mind
Invaders. Castelvecchi, 1995;
Luther Blissett: «Strategia del
multiple name», in DeriveApprodi, n. 7/1995. Una simpatica e
avventurosa testimonianza dell’attività di questo gruppo si trova anche nel primo romanzo di
Massimo Carlotto, La verità delTAlligatore. Roma, E/o, 1995.
(5) Luther Blissett: «Nemici
dello stato. Criminali, “mostri” e
leggi speciali nella società di controllo», in DeriveApprodi, n.
17/1999.
(6) cfr. Andrea Cortellessa:
«Ipocalittici o integrati. Romanzo
a chiave di un falsario collettivo
con ambizioni di conflitto sociale»; «Teoria delle false emergenze», in L'Indice dei libri del mese,
n. 7-8, luglio-agosto 1999, pp. 7-8.
Consiglio ecumenico delle chiese
La chiesa nell'epoca
del computer
GREGORIO PLESCAN
IL Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) ha pub
blicato recentemente un breve saggio del professor David
Lochhead (docente di teologia sistematica a Vancouver,
Canada), intitolato «Shifting
Realities» (che potremmo tradurre, grosso modo, con
«Realtà mutevoli»). Questo libro presenta alcune riflessioni sulla relazione che c’è tra
cristianesimo e società in cui
l’informatica ha un peso
sempre più preponderante.
Non è facile parlare di
computer: generalmente o li
si tende a considerare delle
pure e semplici «macchine» calcolatrici, per scrivere, per
archiviare qualcosa ecc. - oppure li si demonizza, come
fossero una sorta di avanguardia di un mondo spaventoso e massificante che forse
verrà un giorno e che farà sì
che tutti non siano altro che
numeri.
Lo sviluppo di Internet,
però, sta cambiando alcune
di queste prospettive: per fare un solo esempio, attraverso la posta elettronica è possibile comunicare praticamente in tempo reale (e al
prezzo di uno scatto telefoni
si
in
al
L'I
co) con tutto il mondo ii
film come il romantico *
posta per te» è molto mj.
finzione di quanto pud **
brare, e la praticità di m
tipo di comunicazione „
anche a un pastore strade^
ramente insperate: alcm
settimane fa ho iniziato*
partecipare a un gruppo a
prepara e discute insiemi
testi di predicazione domej
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al quale partecipano pastoij
pastore di tutto il mondo.
Nel mondo di Internet m
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le che piacciono e quelledi
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nazisti che negano la Shmil
e il centro Simon Wisentj'
che li confuta. Durante|||
guerra in Serbia leggevod
confrontavo tra loro i tafporti ufficiali della Natoi
quelli del ministero ddj
l’Informazione jugoslavo.ljl
conclusione del prof. Loci,
head è stimolante: «In#
mondo di voci multiple,lt;
responsabilità cristianaèi
testimoniare e chiamare pt{
nome i segni dello Spirito,ìj
il compito di discernereli
Spirito, andando alla riceio
delle tracce di Pentecosif
nella cacofonia di Babele». ’
W
La rivista «Dolciniana»
Archeologia militare
È uscito il numero 14/15
della Rivista dolciniana dedicato in particolare a uno
studio di Giovanni Cerino
Badone su «Eserciti e battaglie sul Monte Rubello», con
numerose tavole a complemento di un primo saggio
del medesimo sullo stesso
argomento, apparso sul n.
11. L’autore, studente dell’
Università di Genova, si specializza in Archeologia militare e con questo suo ultimo
lavoro dà un contributo del
tutto originale, quasi uno
scoop, allo studio della vicenda dolciniana fondandosi non sul racconto, molto
deformato, delle fonti, ma
sull’esame dei rilievi e dei re
L'ultimo film di Stanley Kubrick e le riflessioni del teologo André Dumas
La difficoltà di confrontarsi sulle umane passioni
ALBERTO CORSANI
A materia sembra scabroI sa, i toni a forti tinte: un
film che poco si addirebbe
alle nostre pagine. In realtà
l’ultimo film di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut* (una
traduzione forzatamente approssimativa suonerebbe
«Occhi spalancati chiusi», capolavoro d’ambiguità) è interessante per noi alla luce di
alcune riflessioni condotte
lungo tutta una vita da spettatore, e raccolte in un volume del 1983 (L’amour et la
mort au cinéma, Labor et
Fides) dal teologo André
Dumas insieme alla moglie
Francine. Vedremo perché.
Il film, molto aderente al
romanzo breve del viennese
Arthur Schnitzler Doppio sogno (1925), narra di una giovane coppia dotata di successo e di soldi, che da un giorno
all’altro si trova alle prese
con una nuova sconvolgente
immagine di se stessa. Un’
immagine legata al presunto
tradimento di ognuno dei coniugi nei confronti dell’altro.
Dopo il ricevimento nella villa di un riccastro, lui, medico,
è corteggiato da due donne di
facili costumi; la moglie da
un nobile ungherese. Non ne
succede nulla, ma più tardi il
medico raccoglierà la dichiarazione d’amore della figlia
di un paziente, appena deceduto. E in casa sentirà il racconto della moglie, che ha
appena rievocato nel sogno
un incontro con un ufficiale
che la corteggiò con toni pesanti. Ancora: il medico si
sottrae all’ultimo alle offerte
di una prostituta, e soprattutto vivrà una notte sconvolgente in una villa dove si tiene un festino orgiastico con
contorno di ritualità similreligiose. Scampandone in
tempo prima che l’esperienza assuma i peggiori risvolti
criminosi, il dottore confesserà alla moglie.
In effetti né l’uno né l’altra
hanno tradito, se non mentalmente, il coniuge; hanno
tuttavia avuto nell’animo la
tentazione di farlo; di qui le
opposte letture «moralistiche» che del film sono state
proposte. C’è chi lo vede infatti come esaltazione della
devianza e della trasgressione
(al sesso si accompagnano il
censo, cioè i soldi, ma anche
alcol e droghe varie); c’è chi
al contrario vi trova alla fin fine un’esaltazione della fedeltà coniugale. Hanno tutti
una parte di ragione, ma il
centro del film non è qui: è
piuttosto nell’ammissione, di
cui i due protagonisti devono
prendere atto: viviamo uno
accanto all’altro, continuamente esposti a tentazioni diverse, e soprattutto manchiamo degli strumenti per comunicare questi turbamenti,
confrontarci su di essi, razionalizzarli. Come abbiamo potuto non accorgerci che nel
nostro compagno avveniva
una tempesta tanto forte?
Scriveva dunque André
Dumas che l’opposizione
centrale nella vita di ognuno
di noi, che si riflette nel film
come nel secolo scorso si rifletteva nella grande tradizione del romanzo, è quella fra
destino e grazia. Per ognuno
di noi, di fronte ai casi della
vita, si tratta di sapere se
«l’ultima parola (...) appartiene al destino o alla grazia».
Non occorrono film a tematica religiosa per confrontarci
con la Bibbia; occorre interiorizzare e fare nostra un’
antropologia che ci permetta
di vedere gli eventi a noi più
vicini nell’ottica della nostra
vita di fede; che ci permetta
di vedere oltre l’orizzonte del
nostro potere (forte e limitato
allo stesso tempo). Dice ancora Dumas: «L’amore è molto vicino al destino, nella misura in cui né la fedeltà, né la
tenerezza permettono di imbrogliare con la spontaneità
dello slancio». Ci sono delle
passioni, a volte sensate, a
volte no, da cui siamo trascinati e che sembrano avere la
parola definitiva. Poi per il
credente può esserci la grazia, passaggio per niente facile: «...non è l’infermiera del1 amore. Le sue vie sono
spesso dure e sconosciute.
Ma essa sa che il destino non
ha l’ultima parola né sul
mondo né sull’amore». È
quanto sperimentano, alla vigilia di Natale (in una New
York interamente costruita in
studio, popolata in ogni ambiente dall’albero addobbato
e illuminato come si conviene) i protagonisti di questo
film duro, inquietante, ma
non privo di speranza.
(*) Eyes Wide Shut: regia di
Stanley Kubrick, int. Tom Cruise
Nicole Kidman, Sidney Pollack
Usa, 1999.
perti che all’occhio attenl
tuttora testimoniano, crai
campo di battaglia, il reai
svolgimento dell’aspetto di
le sortite, e la posizione dei
macchine da guerra (traba
co e grande balestra) il
piantate dai crociati.
A differenza di molti st
diosi. Cerino Badone hai
quisito una profonda direi
conoscenza dei luoghi e pi
sfatare quindi errori e impi
cisioni pedissequamente!
petuti anche nei testi piùi
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«Parete calva» risulta dii*
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art 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale diTorino
in caso di mancato recapito si prega restituire
ai mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
APRE TUTTOMELE — Sabato 6 novembre è il momento di «Tuttomele» a Cavour; la rassegna sta travalicando addirittura la dimensione regionale per aprirsi al confronto con
le principali realtà italiane nella produzione della mela. Festa, concerti, gastronomia, ma anche convegni sulle problematiche del mondo agricolo, mostre-mercato. Insomma, per
una settimana Cavour diventa il centro dove si discute e si
mette in mostra il meglio della frutticoltura, della gastronomia e del turismo agricolo. Senza dimenticare che la cittadina del basso Pinerolese ha anche una sua storia, monumenti e
una riserva naturale sulla Rocca che vale la pena di visitare.
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VENERDÌ 29 OTTOBRE 1999
Da qualche tempo mi capita sempre più spesso
di sintonizzarmi su Radio
Radicale, che come si sa offre in diretta i vari dibattiti
che infiammano (si fa per dire) l’agone politico. Ebbene,
a pochi giorni di distanza
l’uno dall’altro, ho potuto
ascoltare il presidente Cossiga e il sindaco di Palermo,
Orlando, che citavano il protestantesimo. Il primo affermava, se ricordo bene, che il
Ppi rischia di diventaj’e come
i valdesi o gli ugonotti francesi, i quali sono fortemente
consci della propria identità,
ma restano del tutto inascoltati, mentre il secondo lamentava il fatto che in Italia non
si è mai attuata la Riforma
protestante, per cui manca
ANNO 135 - N. 42
LIRE 2.000 - EURO 1,03
DOMENICA DELLA RIFORMA
NON UNA FESTA
PAOLO RIBET
nel nostro paese una seria coscienza individuale
Checché si pensi della sua
azione politica, va riconosciuto che il presidente Cossiga è uno dei pochi che si sia
accorto della nostra presenza
e che ci abbia presi sul serio.
Ma è anche vero che il palazzo del municipio di Palermo è
da tempo in stato di assedio
da parte delle cooperative sociali, perché il sindaco in
campagna elettorale ha fatto
delle promesse che poi non
ha potuto mantenere.
Tutto ciò dà parecchio da
pensare. Abbiamo qui due
esempi in più di quanto la
cultura (e la visione di fede)
del protestantesimo siano rimaste fuori dall’Italia. E non
perché lo spirito protestante
sia estraneo al nostro carattere, come diceva Sciascia, ma
perché per quattro secoli le
persecuzioni e l’inquisizione
hanno troncato ogni coscienza libera, sostituendola col
conformismo e la furbizia.
Un esempio: in una delle nostre scuole, una madre pentecostale chiede di iscrivere il
proprio figlio, che nella scuola pubblica è stato picchiato
dai suoi compagni perché
non vuole fare il segno della
croce. La maestra avvertita
del fatto che fa, si scandalizza? No, consiglia che il bambino faccia il segno della croce durante la settimana e poi
alla domenica confessi il suo
peccato... Il nostro paese ha
bisogno di una profonda
riforma morale, religiosa e
politica, non di una festa, o di
un giubileo. Sarà bene ricordarsene, il 31 ottobre.
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Incontro a Pinerolo
Il futuro della
ferrovia di
Torre Pellice
È stato presentato la scorsa
settimana a Pinerolo, nella sede del circondario, il progetto
di trasformazione della tratta
Pinerolo-Torre Pellice della
linea ferroviaria Torino-Torre
Pellice. Presenti gli amministratori della vai Pellice e degli altri centri attraversati dalla linea, il prof. Gaetano Pessina, docente del Politecnico
di Torino incaricato dello studio dalla Provincia ha illustrato le ipotesi possibili. In sostanza viene proposto di utilizzare le motrici della serie
«7.000» sui 18 km di binari
esistenti; sarebbero necessari
alcuni adattamenti sui cer-chioni delle ruote delle vetture e altri interventi di tipo
esterno mentre le parti elettriche risulterebbero utilizzabili.
La gestione sarebbe del tipo
«metropolitana leggera», con
maggiori corse nelle ore di
punta e aumento delle fermate
lungo la linea (San Secondo
da anni chiede il ripristino di
una fermata!). All’incontro
erano presenti gli assessori
Bellion e Campia, mentre non
erano stati invitati i rappresentanti dei pendolari che, a
livello informale, paiono nutrire qualche perplessità sull’ipotesi di trasformazione
della linea. Ma intanto in vai
Pellice restano le perplessità
sull’attenzione che le Ferrovie dedicano al servizio in
valle: pur essendo obbligatorio dal 1° ottobre salire sul
treno con un biglietto, in tutta
Torre Pellice è impossibile
acquistare un biglietto: né la
Posta, né altri rivenditori (in
primis il bar della stazione)
hanno i ricercatissimi «titoli
di viaggio». La stessa stazione di Torre Pellice è abbandonata a se stessa fra rovi,
cartacce e scritte di vario genere né paiono procedere in
modo spedito i lavori di realizzazione del parcheggio da
PMe del Comune: il cantiere
è infatti fermo da mesi.
Un intervento pilota in alta vai Chisone
Una difesa naturale
per i nostri torrenti
PIERVALOO ROSTAN
Non è necessario intervenire spianando i torrenti
per gestire i corsi d’acqua
montani e prevenire le alluvioni; anzi, con progetti di ingegneria naturalistica si riesce a controllare il flusso delle acque con minor impatto
ambientale e interventi duraturi nel tempo. È quanto emerge dall’alta vai Chisone
dove in territorio di Pragelato
la scorsa settimana è stato
realizzato un intervento che si
potrebbe definire «pilota» e
che ha visto coinvolti giovani
tecnici e operatori del settore.
I tecnici, guidati dal dott.
Paolo Clapier, hanno cominciato con l’analizzare la situazione in quota, siamo fra i
1.500 e i 1.800 metri, dove la
roccia, particolarmente friabile essendo costituita in buona
parte da calcescisti friabili,
tende a disgregarsi e scivolare
in basso a ogni pioggia appena violenta o semplicemente
col gelo e disgelo. Questo materiale viene trasportato a val
le e si accumula dietro il bacino di Pourrieres che rappresenta un vero e proprio blocco
perpendicolare al letto del torrente a 1.400 metri. Su una
estensione di circa 10 ettari si
arriva, con una media di 4-5
anni, ad accumulare circa un
milione di metri cubi di limo e
materiale friabile; abitualmente facendo la manutenzione
della diga si aprono le paratie
e la sabbia defluisce a valle.
«Il problema però - spiega
il dott. Clapier - è a monte
dove chilometri e chilometri
di ton-ente sono stati gestiti in
modo sbagliato: l’acqua è stata canalizzata velocizzandone
il corso e poi per poter urbanizzare sempre nuove zone si
sono costruite delle sponde su
cui ben difficilmente attecchisce la vegetazione. Ogni tanto
si trova qualche salice». Ed
ecco l’idea, realizzata nei
giorni scorsi. Il progetto, col
concorso della società che gestisce il bacino di Pourrieres,
ha avuto l’avallo e il sostegno
della Provincia di Torino, con
l’assessore all’Ambiente,
*!
r -, '
L’alveo del Chisone a Pragelato
Gamba, e il prof. Gilberto
Forneris dell’Università di
Torino e consulente della
Provincia per il settore Pesca.
«Siamo andati a intervenire
secondo i criteri indicati dall’ingegneria naturalistica puntualizza Paolo Clapier -;
in sostanza abbiamo posizionato sulle sponde dei salici,
specie che si propaga facilmente anche per talea, ottenendo vari effetti positivi: i
costi dell’intervento sono
molto più contenuti, il salice
emette un forte apparato radicale in grado di trattenere il
materiale sulle sponde, l’aspetto paesistico è decisamente migliore che dopo gli scavi
abitualmente praticati lungo i
torrenti. Mi piace sottolineare
l’aspetto di stabilità che questi
interventi apportano al torrente: il guardia parco della vai
Troncea Walter Peyrot ha
qualche mese fa realizzato in
proprio un intervento di questo tipo a 1.800 metri in sponda destra. Ebbene con la piena
di inizio maggio l’acqua è
passata sopra l’opera realizzata senza asportare materiale,
mentre poco più distante, in
Il cantico numero 18 della Piccola raccolta di inni e cantici compilati e ridotti per uso delle scuole domenicali
d’Italia pubblicata a Firenze dalla Claudiana nel 1870 e confluita in seguito nella più famosa Arpa Evangelica porta come titolo II bambino del Signor, ma è sicuramente più conosciuto per le parole
con cui inizia la sua prima strofa: «Son
bambino, son piccino...». A questa canzoncina, che molti hanno imparato da
bambini alla scuola domenicale, è legato
un divertente episodio della storia valdese di Tenda, nell’alta vai Roya.
Dopo le affollate conferenze all’aperto
che portarono alla petizione per avere un
ministro di culto firmata da un centinaio
di operai addetti alla costruzione del
traforo ferroviario, al pastore di Cuneo,
Filippo Cardon, venne affiancato il colportore Giovanni Besso, con il compito di
occuparsi della nascente comunità valdese di Tenda e Vievola, allora italiane. 01
ILFILO DEI GIORNI
IL CANTICO
DEL BAMBINO
MARCO FRASCHIA
tre a letture bibliche e momenti di preghiera egli curava in particolare l’aspetto
musicale insegnando ad adulti e bambini
gli inni dell’Arpa Evangelica, le cui parole erano state copiate a mano dalle solerti
signorine Symington. Per rendere meno
stonato il canto la signorina Mader accompagnava i cantici con il pianoforte.
Fu proprio il canto a stimolare l’interesse dei ragazzini del paese e a questo
proposito a pagina 41 de «Il Bollettino
della Missione della Chiesa Evangelica
Valdese» del 1894, nella rubrica di cronaca delle chiese per il distretto Piemonte e Liguria si legge il seguente resoconto: «A Tenda il colportore Sig.
Besso è riuscito ad attrarre un buon numero di ragazzi e giovinetti, per mezzo
del canto. Egli insegna loro a cantare gli
inni dell’Arpa Evangelica, ed essi poi
inondano le vie e le case di Tenda con
queste nuove melodie che piacciono a
tutti. Persino nell’Asilo tenuto dalle monache le hanno fatte penetrare, talché
queste, impaurite, sono state costrette a
ricorrere ad uno stratagemma per ovviare al pericolo, parodiando stranamente
quei poveri cantici. Invece di dire: “Son
bambino/ son piccino/ ma il Signore/ mi
vuol ben/ nel suo cuore/ pien d’amore/ i
fanciulli/ Gesù tien’’, esse li fanno cantare così: “Son bambino/ son piccino/
all’asilo/ me ne vo/ il Signore/ la Madonna/ sempre sempre/ pregherò’’».
una zona dove non c’era stato
l’intervento, si è creato un forte fenomeno di erosione».
Si tratta dunque di interventi di grande intelligenza,
che proteggono il fiume e il
territorio circostante, rallentando l’acqua e tutelando nel
complesso l’ecosistema montano, l’ittiofauna presente che
ha bisogno di un torrente vario e non di «autostrade dell’acqua», ma anche le zone
più a valle. «Ci sono studi in
Francia che dimostrano come
un torrente gestito in questo
modo garantisce una massa di
pesci di 10 volte superiore a
un torrente canalizzato con
briglie e argini in cemento»,
aggiunge Clapier.
Tutto questo con costi largamente più bassi di un muraglione in cemento, «nell’ordine di 4-500.000 a metro lineare rispetto ad 1,5-2 milioni di
un argine in cemento con il
vantaggio tecnico che un’argine coperto di vegetazione può
essere tracimabile, un muro
invece viene facilmente scalzato e diventa un ulteriore pericolo in caso di piena», precisano i tecnici. Una scelta economica che diventa un valore
aggiunto; unica nota negativa:
«Al cantiere che abbiamo realizzato hanno partecipato molti studenti di Torino mentre
non si è visto nessuno del posto; hanno tutti perso i contatti
con i problemi delle loro montagne?», conclude Clapier.
8
PAG. Il
i E Eco Delle Yalu moESi
VENERDÌ 29 OTTOBRElqQo
La collina di Prarostino
BERTALOT PRESIDENTE? — Potrebbe essere Claudio
Bertalot, assessore alla cultura di Torre Pellice, il futuro
presidente della Comunità montana vai Pellice. Dojfo che
per settimane si erano confrontati i nomi del sindaco di Lusemetta, Cesano (Ppi), e del vicesindaco di Angrogna, Borgarello (Ds), il gruppo civico di sinistra aveva proposto il
nome di Bertalot. Dalla situazione di stallo che si è venuta a
creare sembra proprio che ora si esca con il classico «passo
indietro» dei due contendenti a vantaggio del rappresentante Ds di Torre Pellice. E la giunta? «Abbiamo proposto un
metodo di lavoro - precisa Roberto Charbonnier, del gruppo civico - individuato il candidato alla presidenza dovrebbe essere lui a scegliere la squadra in una rosa di nomi proposti dai Comuni e dalle forze politiche».
DUE NUOVI PRIMARI ALL’ASL 10 — Il direttore generale delTAsl 10 ha nominato, il 14 ottobre scorso, due nuovi primari: il dott. Silvio Falco, nominato nuovo responsabile dell’Unità operativa igiene alimenti e nutrizione
(Sian), servizio finora retto da un referente, il dott. Giuseppe Chirico, e il dottor Stefano Gatto, nuovo responsabile
del Servizio veterinario area C (Igiene degli allevamenti),
servizio di cui è stato finora referente lo stesso dottor Gatto. Il dottor Falco era direttore sanitario degli Ospedali vaidesi di Torre Pellice e Pomaretto, incarico che lascerà il 31
ottobre per ricoprire la nuova carica alT Asl 10.
VISITA ALLE COOPERATIVE DI LONGO-MAI — Da
sabato 30 ottobre a lunedì 1° novembre il Cia (organizzazione di agricoltori) di Pinerolo organizza una visita in Provenza alle cooperative francesi di Longo-Mai, una comune
agricola nata negli anni della contestazione giovanile e tuttora produttiva. Il costo del viaggio è di 200.000 lire; prenotarsi presso il Cia allo 0121-77303 (per informazioni rivolgersi a Silvia Gardiol, tei. 0121-500621).
TORRE PELLICE: SPOSTATO L’INGRESSO DEL
PRONTO SOCCORSO — L’avvio dei lavori nella zona
antistante l’ospedale valdese di Torre Pellice finalizzati alla
realizzazione di un’ampia area ambulatoriale per l’attività
di diagnostica per immagini (soprattutto radiologia, ecografia, Tac) comporta alcuni spostamenti nei servizi esistenti.
In particolare sarà modificato l’accesso all’ospedale; pertanto, a partire dal 2 novembre e per i prossimi mesi, l’ingresso al pronto soccorso sarà spostato e comunque segnalato da apposita segnaletica. Intanto, a seguito del trasferimento del dott. Falco a Pinerolo, la direzione sanitaria è stata temporaneamente affidata, per il periodo 1° novembre-31
dicembre 1999, al dott. Michele Macario Gioia, dirigente di
secondo livello del servizio di radiologia.
«LIBERA OFFICINA» — L’associazione culturale no profit
«Libera officina», nata a Torre Pellice la scorsa primavera,
propone per bambini, ragazzi e adulti laboratori per esprimere, sviluppare e potenziare al creatività. L’incontro per
presentare il programma si svolgerà venerdì 29 ottobre, alle
18, presso a sede dei laboratori, in via Angrogna 20 a Torre.
BIODIVERSITÀ — Sabato 30 ottobre, dalle 9 alle 12,30, il laboratorio territoriale della Rete Regionale di servizi per
l’educazione ambientale, con la Comunità Montana vai Pellice, organizza una giornata dedicata al tema «Biodiversità in
vai Pellice», con la presentazione di studi e progetti in corso,
grazie a un programma di cooperazione transfrontaliera, che
dura da sei anni, con il Parco regionale del Queyras. 11 seminario si inserisce nella serie di manifestazione promosse dai
ministeri dell’Ambiente e della Pubblica istruzione, per la 3“
settimana nazionale dell’educazione ambientale.
L’Asilo dei vecchi
di San Germano Chisone
ricerca
personale con qualifica Adest da inserire nel proprio
organico a tempo parziale per l’avvio di un progetto
di assistenza domiciliare per anziani non autosufficienti.
Inviare il proprio curriculum vitae entro e non oltre il
31 ottobre 1999 al seguente indirizzo:
Asilo dei Vecchi, via C. A. Tron, 13
10065 San Qermano Chisone (Torino)
tei. 0121-58855
La sanità pinerolese in vista delle Olimpiadi invernali del 2006
Otto nuove sale operatorie
L’Ospedale Agnelli di Pinerolo ha oggi 8 nuove sale operatorie: sei di Chirurgia e due
di Endoscopia urologica. Le
nuove sale, unite a una nuova
centrale di sterilizzazione, che
fornisce ad ogni intervento
pacchi di ferri chirurgici già
pronti, sono state realizzate
con un investimento complessivo di 11 miliardi e mezzo:
10 miliardi e mezzo sono stati
ottenuti grazie al finanziamento statale (fondi ex art. 20 della legge 67/88) e un miliardo è
stato invece messo a disposizione dall’Azienda sanitaria
locale, senza gravare sulle finanze regionali.
Il nuovo blocco operatorio è
stato inaugurato lo scorso 22
ottobre alla presenza delle autorità locali, del presidente
della giunta regionale, Enzo
Ghigo, e dell’assessore alla
Sanità della Regione Piemonte, Antonio D’Ambrosio. In
occasione del taglio del nastro
(compreso di benedizione del
vescovo, mons. Piergiorgio
Debernardi), il direttore generale dell’Asl 10, Ferruccio
Massa, si è detto orgoglioso
del risultato, ottenuto grazie a
una gestione della sanità locale che se è attenta ai costi da
un lato, dall’altro vuole privilegiare le esigenze dei malati.
In quest’ottica il dott. Massa
ha aggiunto di essere «addolorato» per il necessario taglio
deH’1% sul bilancio, richiesto
a tutte le Asl, taglio ribadito
nettamente da Ghigo come indispensabile.
La predisposizione di 8
nuove sale operatorie, che si
aggiungono alle 4 sale preesistenti, va nella direzione di
un ammodernamento dell’Ospedale Agnelli in particolare
e della sanità pinerolese in
generale, tenendo conto che il
territorio comprende 47 comuni, dalla cintura di Torino
fino a Sestriere, con una popolazione di 129.000 abitanti,
Un progetto artistico a Pinerolo
Un modo nuovo per
guardare ai giovani
MASSIMO GNOME
Vent’anni fa Lucio Dalla
scrisse una canzone in
cui si raccontava la storia di
un atto d’amore da cui, se
fosse nata una femmina, le si
sarebbe posto il nome «Futura». Così Guido Castiglia, responsabile artistico del gruppo teatrale «Nonsoloteatro»
di Pinerolo, parla del progetto
e dello spettacolo, anzi della
«comunicazione» portata in
scena il 15 ottobre al teatro
Incontro di Pinerolo, «Futura
nel Duemila avrà vent’anni».
«11 futuro di Futura - spiega Castiglia - prende vita dal
passato. Con “Nonsoloteatro”
ci siamo accorti in questi anni
che molte compagnie in giro
per l’Italia hanno affrontato il
tema “giovani” in modo profondamente sbagliato: persone della mia età hanno scritto
le sensazioni che provano i
ragazzi di vent’anni, adesso.
Noi, al contrario, abbiamo
deciso di dare a loro la parola, fornendo, come esperti di
linguaggio teatrale, semplicemente uno strumento».
Il progetto «Futura ha vent’
croci ugonotte in
oro e argento
tesi
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delmastro
(gioielli)
via trieste 24
tei. 0121/397550
Pinerolo (To)
anni» nasce da un’idea di
Claudia Casella, responsabile
organizzativo, con lo sviluppo da parte di tutta la compagnia: Guido Castiglia, ma anche Simone Morero e Alessia
Colombari che hanno partecipato attivamente a tutta l’iniziativa. A marzo si sono
iscritti 42 ragazzi e la prima
fase autogestita dal gmppo ha
prodotto un centinaio di pagine, testi poi analizzati con
Gabriele Ferrari, esperto di
analisi del linguaggio e della
scrittura. Da queste pagine
sono state tratte alcune immagini, scelti alcuni pezzi. Con
la seconda fase i ragazzi, rimasti in 20, hanno cercato di
concretizzare queste immagini in un lavoro teatrale. «La
seconda fase - continua Castiglia - l’abbiamo chiamata
“Laboratori del fare”, perché
non si discute tanto, ma si fa
realmente: attraverso il corpo,
la respirazione, la dinamica
dell’insieme per arrivare a
una comunicazione teatrale».
A dicembre di quest’anno la
pubblicazione da parte del
Gruppo Alzani di Pinerolo
delle cento pagine scritte dai
ragazzi e così raccolte in un
unico volume.
La «comunicazione» di venerdì 15 è stata soltanto una
tappa: la seconda fase prosegue fino a giugno con incontri settimanali e con la possibilità di conoscere altre realtà
di questo genere in Emilia
Romagna e in Toscana. E poi,
chissà, magari la nascita di
una compagnia autonoma.
Sul palco del teatro Incontro
(da sottolineare una buona risposta di pubblico) ci sono
intanto 20 ragazzi per un
viaggio al centro dell’identità
ricco di contraddizione e suoni spesso stridenti, immagini
e parole gridate e mescolate,
insieme per un rifiuto dell’omologazione, dell’ipocrisia e del sempre facile ritratto
generazionale.
e soprattutto in vista dello
sforzo che dovrà sostenere in
vista delle Olimpiadi invernali del 2006. Dal punto di vista
dell’attrezzatura, diverse le
novità sul piano tecnico: dalla
realizzazione di una zona filtro di ingresso per i pazienti
mediante un «passamalati»
alla separazione dei percorsi
del materiale sporco e di
quello pulito, che dovrebbe
garantire l’asetticità delle
operazioni; dai 15 tavoli operatori carrellati, che permettono l’innesto rapido degli accessori, alle lampade multiple
dotate di un sistema di ripresa
cinematografica.
Comune di Pinerolo
Uno sportello
per il cittadino
Nuov
Sarà gestito da quattro «la.
voratori socialmente utili» lo
«Sportello al consumatore e
cittadino» che la giunta del
Comune di Pinerolo ha deciso
di attivare dall’inizio della
prossima primavera. Il servi,
zio, che sarà promosso in col.
laborazione con la Federcotisumatori, avrà il compito di
raccogliere le lamentele dei
consumatori fornendo a questi
le consulenze necessarie per |
tentare di risolvere le proble- '
maliche che di volta in volta !
emergeranno. Gli operatori :
dello «Sportello», che saranno '
scelti attraverso una chiamata i
pubblica tra circa un mese e
inizieranno subito un periodo
formativo, svolgeranno anche
sondaggi e interviste sul campo che permetteranno, nelle
intenzioni dell’amministrazio- !
ne comunale di Pinerolo, di
raccogliere dati sulle abitudini, le aspettative e le difficoltà
che il cittadino incontra giornalmente nei suoi acquisti.
«Lo “Sportello” - dice l’assessore al Lavoro Antonio
Bruno, promotore dell’inizia- ì
tiva - dovrà assolvere all’importante funzione che gli è
propria, quella di non lasciare
solo il cittadino in veste di
“consumatore”».
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A colloquio con il presidente, Cervetto
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In occasione dell’apertura
della sede di Pinerolo del
Centro di servizio per il volontariato, Univol-Csv, abbiamo intervistato il suo presidente, Beppe Cervetto.
- Molti si chiedono che cosa è un Centro di servizio per
il volontariato...
«Sì, lo chiedono in molti,
associazioni e semplici cittadini, perché, anche se la legge
istitutiva non è recente, è infatti la legge 266 del 1991, si
è dovuto superare l’ostruzionismo delle Fondazioni che li
finanziano e subire forti ritardi burocratici. I Centri di servizio si sono avviati solo da
due 0 tre anni, quando hanno
potuto fruire, come prescritto
dalla legge, di 1/15 degli utili
delle Fondazioni che, prima
della riforma bancaria, gestivano importanti istituti di credito, iniziando così ad adempiere al loro compito di promuovere, sostenere, sviluppare il volontariato».
- Compito non facile, ma
come pensa di adempierlo il
suo Centro?
«Ricordo innanzitutto che
ai “Centri” non è permessa
l’erogazione diretta di risorse
finanziarie alle singole associazioni. Il Centro fornisce
servizi e consulenze, che speriamo passino dal campo fiscale, contabile, amministrativo, giuridico a quello per
l’immagine, perché uno dei
principali problemi del volontariato è la visibilità. Dedichiamo particolare attenzione alla formazione in tutti
i suoi molteplici aspetti, privilegiando quella per la progettazione, sia essa riferita ai
bandi dell’Unione europea,
nazionali o regionali. L’Università per il volontariato di
Asti, che è una struttura di
Univol-Csv, ha poi il compito specifico di fornire nuove
classi dirigenti. Il nostro Centro ritiene che, se il volontariato non vuole essere impie
gato dalle istituzioni secondo
il modello “usa e getta”, debba imparare a elaborare, a
progettare, a lavorare in rete
con le istituzioni locali (Comuni, Consorzi, Asl, ecc.)ei
con la cooperazione sociale;
in questa crescita noi lo assistiamo attraverso le nostre
dieci delegazioni decentrate
sul territorio delle Province
di Torino, Asti, Alessandria,
Cuneo».
- È in questo decentramento che si colloca la nuova sede di Pinerolo ?
«A Pinerolo è nuova la sede, non la delegazione; abbiamo già lavorato, fornendo
consulenza, con progetti soprattutto formativi, ma c’era
bisogno di una sede adeguata
all’importanza della delegazione che sul piano dei contenuti si è autogestita con eleva;
ti standard qualitativi, degni
delle numerose e qualificai
associazioni che hanno dato
vita alla delegazione stessa»
- Perché Pinerolo è cosi
importante?
«Non solo per le qualificai
associazioni di volontariato
pre.senti, ma perché Pinerolo0
ai piedi di vallate che. assieme ai problemi delle aree ;
montane, hanno risorse untane e culturali di grande valoi ;
e nel contempo si affacci
sulla pianura, ricca di
ma anche di squilibri nell
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1 29 OTTOBRE 1999
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prali: un progetto
per il «Bric Rond»
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Nel corso della riunione
deU’assemblea degli aàonisti della Società 13 laghi,
che si è tenuta domenica 24
Lbre a Frali in vai Gerfiiajasca, è stato fatto il punto su
quello che èio stato dei lavori
agli impianti sciistici pralini
¡edè stato presentato il progetto di massima per il futuro rifacimento della sepiovia e
della sciovia del «Bric Rond»,
: ¡due impianti che funzionano,
per gli sciatori, da asse centrale di risalita alle piste. «Per
ora- dice Carlo Raviol, direttore delle Seggiovie 13 laghi ^ si tratta di un progetto di massima in cui vengono affrontati
perle più problemi di tipo
economico e in cui non si
scende ancora troppo nei particolari di tipo tecnico. L’assemblea degli azionisti ha preso atto di questo progetto che
dovrebbe essere un “operazio' uè” sostanzialmente pubblica
in cui sarebbero coinvolti Comuni, Comunità montana vai
Chisone e Cermanasca, Provincia di Torino e Regione
Piemonte».
Il progetto, nella sostanza,
prevede il completo rifaci: mento sia della seggiovia che
' parte da Prali sia dell’impianto del «Bric Rond» posto più
in quota rispetto a questa, e
infine prevedere l’innevamento artificiale delle piste
fino alla località Capannina.
Un intervento che nella sua
totalità comporterebbe una
spesa stimata intorno ai 10
miliardi a cui si farebbe fronte ovviamente anche attraverso dei mutui. «Sicuramente
sarebbe un intervento risolutore - spiega Carlo Raviol che andrebbe oltre gli interventi di manutenzione parziale sugli impianti più volte
preventivati che non risolvono i problemi ma semplicemente li spostano nel tempo».
Una soluzione radicale al
problema quindi che dovrebbe portare a un definitivo rilancio turistico della località
della vai Cermanasca.
Il tempio valdese a Ghigo
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L'ultimo libro della storica Luisa Passerini
L'Europa e l'amore
FRANCESCA SPANO________
Le storiche Craziella Bonansea e Roberta Fossati
hanno presentato nel salone
dei Cavalieri a Pinerolo, lo
scorso 15 ottobre, l’ultimo lavoro di Luisa Passerini, docente di Storia del XX secolo
presso l’Istituto universitario
europeo di Firenze, L'Europa
e l’amore*.
Solo alcuni spunti dalla stiniolante presentazione, suffieienti a far nascere il desideno di leggere il libro. È un testo molto complesso e ric™ssimo di materiali, che afIronta due discorsi apparentemente incongrui: quello sulidentità europea e quello
®nll amore, cercando nella
storia le tracce di una loro
Annessione. Per far questo
autrice intreccia fonti stori. ,tll''^rsissime (interpretazioni del mito, carteggi privapoesie, dibattiti fra gli psi^oanalisti), in un modo nuovo
1 ricostruire la storia che
onda le barriere disciplinari
mette in luce ciò che nel la
CCORSO
TELEVITA pinerolese
^aO. di Piossasco 16
Pinerolo
0121-39.39.30
voro storico tradizionale rischiava di essere perduto.
L’amore (da quello cortese
all’amore romantico), pur non
essendo un’invenzione esclusivamente europea, è stato tematizzato come centrale proprio in Europa, ponendo un
argine di distinzione sia con la
classicità che con l’Oriente e
fondando l’Io occidentale. È
affascinante il pensiero che si
possa rilanciare la nostra appartenenza all’Europa tramite
un discorso basato non sui
rappgrti tra i mercati ma sui
rapporti d’amore: in amore si
è sempre in due e non si diventa mai uno, ricorda la Passerini, e questa è una bella lezione per chi pensa di poter
omologare a sé tutto il diverso. Si può cioè arrivare all’europeismo proprio attraverso
una critica ai modi concreti in
cui si sta costruendo l’Europa
e tramite un lavoro culturale,
che ha però in sé una profonda
valenza politica (la poesia, sostiene ancora la Passerini, ha
una carica eversiva contro la
burocrazia e Fetnocentrismo).
E ancora: l’identità europea
non è solò cristiana ma contiene in sé, secondo la Fossati, un filone sotterraneo esoterico (gnosi, Kabbala, eresie
cristiane, alchimia, magismo,
Jung, sincretismo) che ha al
suo centro la figura femminile e che deve essere ripensato. Come vanno ripensati i
rapporti, dice la Bonansea, tra
Europa mediterranea, in cui
domina la figura della madre,
e quella protestante, che potenzia la coscienza individuale e l’etica ma in cui il coipo,
in particolare quello femminile, non è simbolicamente rappresentabile.
(*) Luisa Passerini: L’Europa e l’amore. Immaginario e
politica fra le due guerre. Il
Saggiatore, Milano, 1999, £
48.000, pp 383.
All'«Autunno in vai d'Angrogna»
Interventi regionali
per il turismo
________FRANCA COÏSSON________
Da 21 anni, nel corso delle
manifestazioni dell’«Autunno in vai d’Angrogna» si
affrontano argomenti di grande attualità e quindi non poteva mancare quest’anno l’appuntamento sulla legge regionale n. 18 deir 8/7/99, «Interventi regionali a sostegno dell’offerta turistica».
Una ventina di persone,
perlopiù giovani, ha seguito
con interesse l’illustrazione
della legge fatta dal funzionario regionale preposto alla sua
gestione, l’ing. Migliore. Come ha ricordato in apertura il
sindaco, Jean-Louis Sappé,
alcune iniziative a valenza turistica si stanno realizzando in
questi tempi a Angrogna, assistite da finanziamenti dell’Unione europea (Docup).
Infatti il complesso del Passel, quasi terminato, ha ottenuto un finanziamento del
15% in quanto iniziativa privata; il nuovo rifugio della
Vaccera, appena iniziato, avrà
un finanziamento del 50% in
quanto realizzato da un’associazione. Al contrario, il progetto del Comune per un rifugio escursionistico al capoluogo è tramontato amaramente
con la crisi del Consiglio, provocata nel 1998, il che ha significato buttare dalla finestra
un finanziamento del 70% del
costo dell’opera prevista.
Non è trascurabile, anche
sotto il profilo turistico, l’intervento del Concistoro valdese per l’adeguamento della
sala unionista, che usufruisce
di un buon contributo regionale, pur essendo stato escluso dal Docup. Non va dimenticato infatti che tutte e tre le
opere in corso (impianto del
Passel, rifugio della Vaccera,
sala della Chiesa valdese) so
no incluse previsióni del piano turistico della vai d’Angrogna elaborato dal Comune: è rimasto escluso da ogni
finanziamento solo l’intervento che il Comune intendeva realizzare nel capoluogo.
Migliore ha ricordato le finalità della legge 18/99, volta a favorire attività imprenditoriali nel settore del turismo e del tempo libero, piccole e nuove imprese, enti no
profit, esercenti la ristorazione, la creazione' di nuove ricettività o la riqualificazione
di impianti e attrezzature esistenti. Entro novembre la Regione dovrebbe preparare il
programma annuale degli interventi da ammettere a contributo, che poi verrà pubblicato sul Bollettino regionale.
Da quel momento le imprese
avranno 60 giorni di tempo
per presentare le domande
alla Fin Piemonte, ente che
gestirà i contributi previsti
dalla legge di 1,5 miliardi
per il 1999, 40 miliardi per il
2000 e 20 miliardi per il
2001, che potranno essere
concessi in mutui o in conto
capitale e chi avrà fatto domanda avrà la risposta entro
6 mesi al termine della presentazione. Questi contributi
non potranno essere cumulati
con altri già concessi per la
stessa iniziativa; saranno agevolate le imprese turistiche di
nuova costituzione e in particolare i giovani fino a 35 anni che già svolgono attività in
ambito turistico.
L’ingegner Migliore ha infine annunciato una legge che
verrà varata presto per agevolare coloro che metteranno a
disposizione dei turisti, per
brevi periodi, alcune camere
della propria abitazione, assicurando agli ospiti anche la
prima colazione.
Nelle
Chiese Valdesi
DOMIENICA DELLA RIFORMA — Domenica 31 ottobre «Festa della Riforma». Se a livello mondiale la giornata sarà caratterizzata dalla firma ad Augusta della dichiarazione congiunta sulla «giustificazione» tra luterani e cattolici, per le comunità valligiane sarà certamente
un momento importante per interrogarsi sull’attualità e
sul significato della Riforma in una giornata che si
preannuncia in molte comunità di incontro e di scambio
all’interno della chiese.
2" CIRCUITO — L’assemblea del 2° circuito si svolgerà a
Villar Perosa venerdì 29 ottobre, alle ore 20,30.
3“ CIRCUITO — La prossima assemblea del 3° circuito si
svolgerà venerdì 29 ottobre, ore 20,30, a Pomaretto.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali:
martedì 2 novembre, alle 20,30, ai Gonin. Inizio di un
nuovo ciclo di incontri dello studio biblico martedì 2
novembre, alle 20,45, al presbiterio, a cura del pastore
Berutti, sul libro di Fulvio Ferrarlo «Il credo», ed. Claudiana, il primo incontro sarà su «Il credo: perché?».
POMARETTO — Prime riunioni quartierali: lunedì 1“ novembre, alle 20, ai Masselli, mercoledì 3 novembre, alle
20, ai Pons, venerdì 5 novembre, alle 15, a Inverso Clot.
PRAROSTINO — Domenica 31, al tempio del Roc, alle
10 culto della Riforma con partecipazione della corale;
alle 14,30 bazar della festa del raccolto al presbiterio di
San Bartolomeo.
RORÀ — Giovedì 28, alle 20.30, incontro quartierale alle
Fucine. Culto e scelta del tema di quest’anno. Tutti sono
i benvenuti.
SAN GERMANO — Domenica 31, alle 10, al Tempio culto della Riforma.
SAN SECONDO — Domenica 31, alle 10, culto della
Riforma con Santa Cena. Riunioni quartierali sul giubileo: giovedì 28 ottobre, al Barbò, alle 20,30, mercoledì 3
novembre, alle 20,30, a Miradolo.
TORRE PELLICE — Domenica 31 ottobre, al centro, alle
10, culto della Riforma con Santa Cena; colletta per la
Società Biblica. Riunioni quartierali: martedì 2 novembre, alle 20,30, ai Simound, venerdì 5, alla Ravadera.
VILLAR PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 5 novembre, alle 20,30, alla borgata Ciarmis, lunedì 8 novembre, sempre alle 20,30, al Teynaud; queste riunioni
concludono il primo ciclo del nuovo anno, a cura di
Gianni Genre. Il prossimo ciclo riprenderà lunedì 8 novembre, a cura di Dario Tron. Mercoledì 3 novembre,
alle 21, nella saletta del presbiterio, incontro su «L’Apocalisse: che cos’è?».
VILLASECCA — Riunioni quartierali: giovedì 28 ottobre,
alle 14,30, ai Trossieri, alle 20 a Villasecca. Domenica
31 ottobre assemblea di inizio anno ecclesiastico e conferma o sostituzione di un anziano.
Un viaggio per conoscere una realtà che è da tempo unita ai valdesi tramite la Cevaa
Alla scoperta della chiesa polinesiana
PAOLA E LUCIANO RIBET
La strada si arrampica tra
boschi di mango e di papaia, tra alberi del pane e altissimi mapè, dai frutti simili
alle nostre castagne. Abbiamo lasciato la costa, sottolineata da file di cocotier, che
caratterizzano fortemente
l’isola di Moorea, divisa da
Tahiti dal Mare della Luna,
largo appena 17 chilometri,
una delle mete preferite dai
turisti che scelgono per le vacanze le isole dei mari del
Sud. Gli stessi tahitiani abbandonano la caotica Papeete
per rifugiarsi nella quiete di
quest’isola.
Moorea è una delle 118 isole della Polinesia francese,
formata da 5 arcipelaghi: le
isole della Società, le Australi, le Tuamotu, le Gambier e
le Marchesi. Il gruppo più occidentale è quello delle isole
della Società, suddiviso in
isole del Vento, con Moorea
e Tahiti, e le isole del Sottovento, con la famosissima
Bora Bora e le isole gemelle
di Raiatea e Tahaa. La Polinesia francese è solo una piccola parte della regione polinesiana, alla quale appartengono le isole di Cook; ma
possono dirsi polinesiani anche gli abitanti indigeni delle
Hawaii, i maori della Nuova
Zelanda e le genti che popolano l’isola di Pasqua. Tra le
isole della Società, Tahiti è la
più grande e più importante:
nella capitale, Papeete, hanno
sede il governo, l’Assemblea
territoriale, l’Alto commissariato, dove risiede il rappresentante della Repubblica
francese, essendo oggi la Polinesia un «territorio d’oltremare della Francia». La Polinesia è anche la terra da cui
sono partiti i gruppi di navigatori che 1.500 anni fa approdarono nell’isola di Madagascar, dopo un interminabile
viaggio a bordo delle loro piroghe a bilanciere.
La Chiesa evangelica della
Polinesia francese, la Chiesa
di Gesù Cristo in Madagascar
e le Chiese evangeliche vaidesi in Italia e nel Rio della
Piata fanno parte della grande
famiglia della Cevaa. Nell’ottica di conoscenza e di scambio, siamo partiti alla ricerca
dei legami che uniscono queste chiese, ma anche per conoscere le differenze che le
caratterizzano. La Chiesa
evangelica della Polinesia
francese (Erpf) nasce dall’opera dei missionari inviati
dalla Società delle missioni di
Londra. I missionari sbarcarono nell’isola di Tahiti il 4
marzo 1797 a Pointe Venus,
nel punto esatto in cui il navigatore James Cook, nel 1769,
aveva installato il suo primo
osservatorio per registrare il
passaggio di Venere davanti
al Sole, calcolando così la distanza di quest’ultimo dalla
Terra. Giunti in queste terre
convinti di portare P Evangelo
a popolazioni primitive e selvagge, essi proibirono canti e
danze, tatuaggi e ornamenti
floreali, ritenendoli contrari
allo spirito evangelico. Distrussero i grandi templi all’aperto, i marae, con i loro
idoli in pietra o in legno, eliminando si una religione pagana che praticava anche sacrifici umani, ma cancellando
allo stesso tempo testimonianze di secoli di storia.
Oggi in Polinesia i protestanti sono il 55% della popolazione. La Chiesa evangelica
è molto attiva, lavora per la
difesa del patrimonio culturale e terriero, si fa portavoce
dei deboli. L’arrivo del Centro di sperimentazione del Pacifico, nel 1963, ha stravolto
le condizioni di vita della popolazione: un improvviso benessere, ricchezze mal distribuite, afflusso imponente di
gente alla ricerca di lavoro;
tutto questo ha creato disgregazione nel tessuto sociale e
rigetto della propria cultura e
tradizione. A Papeete si manifestano i problemi tipici di
una società che è cambiata
troppo rapidamente: droga,
prostituzione, disoccupazione, alcolismo, fenomeni con
cui la Chiesa evangelica si
confronta quotidianamente.
Una chiesa che si pone, quando è necessario, come interlocutrice dello stato, come è accaduto nel 1995, quando il
Sinodo ha voluto incontrare
l’Alto commissario e poi il
presidente della Repubblica
polinesiana, Gaston Flosse,
per esprimere l’opposizione
alla ripresa degli esperimenti
nucleari. Una chiesa che difende la cultura maóhi nella
quale i canti, le danze e i costumi tradizionali sono di
fondamentale importanza per
un popolo che è alla ricerca
della propria identità.
Durante il nostro soggiorno
abbiamo incontrato molte
persone impegnate nella chiesa, tra cui Arthur, il pastore di
Raiatea, l’isola «sacra» e sua
moglie, Manu. L’impressione
è di una comunità che mette
in pratica il versetto «Il Signore ama il donatore allegro», collaborando generosamente a versare offerte per la
nuova sala comunitaria, fino
a raggiungere la quota prefissata. Con questi fratelli abbiamo scoperto angoli meravigliosi dal punto di vista storico e geografico: non ultimo
Pointe Venus, che ricorda
l’approdo dei primi missionari il 4 marzo 1797, data che
segna la diffusione dell’Evangelo a Tahiti e nella vicina
Moorea. E qui la Chiesa evangelica festeggia ogni anno
l’arrivo dell’Evangelo.
10
PAG. IV
î E Eco DELLE YALLI AALDESI
Sport
HOCHEY GHIACCIO
GRANDE VALPE: SUCCESSO STORICO
SUL BOLZANO — Una Valpe davvero grande,
dal cuore grandissimo, supera ai rigori il Bolzano
vicecampione d’Italia. Nella 6“ giornata la sorpresa è arrivata da Torre Pedice dove i valligiani,
davanti a quasi 2.000 spettatori, privi di cinque
giocatori importanti (gli infortunati Tremolaterra
e Cintoli e gli squalificati Marziale, Stevanoni e
Grannonico) hanno saputo imporsi con una condotta di gara esemplare. Rivoluzionate le linee
(tre soli difensori a ruotare, Tomasello, Scapinello con Dorigatti in prima linea d’attacco) Da Rin
punta molto sulle capacità di Rossi; alla fine il
portiere biancorosso sarà l’eroe della serata, fino
ai 4 rigori parati agli attaccanti bolzanini.
Il primo tempo vede il Bolzano portarsi avanti
ad 8’07”, ma dopo appena 7” giunge la replica
di De Zordo; Scapinello porta avanti la Valpe
con una bella rete all’ 11“ ma dopo 3’ pareggia
per gli ospiti Chelodi. Nella seconda frazione
una sola rete: Tomasello «buca» il guantone di
Hell e riporta in vantaggio la Valpe. Il Bolzano
pareggia al 9’ e a cinque minuti dal termine in
una superiorità numerica di 5 contro 3 molto
contestata da capitan Scapinello trova la rete del
4-3. Sembra finita ma a 8” dal termine, con Rossi in panchina e sei uomini di movimento la Valpe agguanta il meritato pari ancora con Tomasello. Inutile il tempo supplementare; non succede
nulla di importante e si va ai rigori: va subito a
segno Dorigatti, i bolzanini segnano solo al
quarto tiro con Rossi De Mio ma anche la Valpe
sbaglia. È pareggio, fino aH’ultimo rigore che
De Zordo scaglia in fondo alla rete di Guenter
Hell fra il tripudio delle bandiere biancorosse.
«La prima volta che giocai a Torre Pellice contro il Bolzano - ricorda l’attuale allenatore Da
Rin - perdemmo per 18-3; oggi le cose sono
cambiate e possiamo insieme e con umiltà costruire qualcosa di importante».
Sabato 23, sempre a Torre Pellice, quinta vittoria casalinga su altrettanti incontri: rivale di turno
l’Auronzo di Cadore. Forse troppo ben abituati
dopo la partita col Bolzano, l’incontro con i veneti è risultato decisamente meno bello e avvincente; ghiaccio lento a causa della molta umidità
dell’aria, alcuni giocatori stanchi dopo la dura
performance di tre giorni prima, Tomasello col
febbrone: queste alcune delle scusanti additate
dall’allenatore Da Rin al termine dell’incontro.
Buon per il Valpellice che Marziale, al rientro
dopo la squalifica, si sia sobbarcato il peso
dell’attacco, andando a rete ben quattro volte. E
così, dopo un primo tempo chiuso 0-0, dopo appena 40” del secondo tempo ecco la prima rete
dell’italoamericano, doppiata poco oltre il 10’; in
mezzo però c’era stato il pareggio di Larese per
gli ospiti. Terzo tempo più combattuto, con due
reti di Marziale e una di De Luca mà alcune disattenzioni in difesa hanno mantenuto l’Auronzo
in partita per il 5-3 finale.
Il campionato assume per una settimana un
passo vertiginoso: quattro partite in sei giorni,
prima di una pausa per le nazionali. La Valpe affronta due turni proibitivi: dopo il Varese in trasferta martedì, giovedì sul campo del Merano,
sabato in casa col Fassa e lunedì 1° novembre in
casa dell’Appiano. Poi pausa fino al 18 novembre; nel frattempo, fra i biancorossi, potrebbe arrivare qualche rinforzo.
6“ giornata: Brunico-Val Venosta 7-4; Appiano-Vipiteno 2-3; Renon-Asiago 1-6; Varese-Merano 1-2; Auronzo-Zoldo 6-5; Como-Alleghe 3-4
(ot); Valpellice-Bolzano 6-5 (rig).
T giornata: Appiano-Fassa 2-6; Bolzano-Val
Venosta 11-0; Renon-Alleghe 1-8; Vipiteno-Como 6-1; Merano-Brunico 3-1; Varese-Asiago 110; Valpellice-Auronzo 5-3.
Classifica: Merano, Vipiteno 18, Asiago 17,
Fassa 16, Valpe e Alleghe 14, Bolzano 13, Como
10, Renon e Brunice 9, Val Venosta, Appiano,
Auronzo 3, Zoldo e Varese 0.
HOCKEY GHIACCIO SERIE B
Seconda giornata e seconda sconfitta per i Draghi Pinerolo; domenica sera, opposti in casa ai
Falchi Bosco Chiesanuova i pinerolesi sono stati
battuti per 9-3. L’incontro non ha avuto storia,
con gli ospiti sul 4-0 già alla fine del primo tempo. In rete per il Pinerolo due giocatori in «farm
team» dal Valpellice, Orsina (2) e Zancanaro (1).
Assenti perché squalificati rispettivamente per 3
e 2 giornate, Stefano Cervar e Andrea Pons.
1 Luoghi Della MeiìIOrià
a cura di Marco Rostan
Luogo: Rodoretto, tempio
Data: 1845
Gli abitanti di questo vallone, dopo aver
aderito alla Riforma fin dal 1556, avrebbero
usato l’antica chiesa cattolica di San Lorenzo. Il primo tempio, costruito ai primi del
’600, si trovava ai Ciai e fu distrutto nel
1686. Un nuovo locale di culto risulta in
funzione intorno al 1730 nell’abitato di Villa, nel 1830 fu finalmente concesso a Rodoretto di avere un pastore residente (prima veniva da Prali) e nel 1834 si acquistò una casa
per il presbiterio. Il tempio, molto malandato, fu riparato a più riprese ma lo si dovette
infine abbandonare e l’8 marzo 1834 il generale Beckwith presentò alla Tavola un progetto di ricostruzione, assicurando la copertura finanziaria purché gli fosse concesso di
fare tutto lui senza dover rendere conto a
nessuno. Quasi alla fine dei lavori, una valanga distrusse la chiesa cattolica e il presbiterio valdese (15 gennaio 1845) uccidendo il
past. Davide Buffa e la sua famiglia: ma finalmente il 9 marzo 1845 il nuovo tempio
era inaugurato e la generosità di Beckwith
rendeva possibile la ricostruzione del presbiterio, in un luogo più sicuro, annesso al tempio. Negli anni più recenti di questo secolo è
stato rifatto il pavimento, poi il soffitto e la
lunga scalinata esterna. Poiché nel periodo
invernale nessun valdese abita più nel vallone di Rodoretto, il tempio è aperto periodicamente solo d’estate.
sa cattolica che obbligano i valdesi a tenere il
culto di buon mattino, cosa assai scomoda
per quelli che dovevano venire da Rumer. Finalmente il Beckwith prende a cuore il problema; la nuova costruzione, seguita dal past.
E. Rollier, viene inaugurata il 6 gennaio
1846 e risulta essere una rielaborazione del
progetto per Rodoretto, anch’esso sostenuto
dal munifico generale inglese e realizzato un
anno prima. Con il restauro del 1946 è stato
sostituito l’intero arredo.
Luogo: Coppieri
Data: 25 febbraio 1848
La notizia dell’imminente firma delle Lettere Patenti da parte di Carlo Alberto, portata
nella notte del 24 da J. J. Parander, candidato
al ministero che aiutava il pastore Bert, e dal
suo amico Stefano Malan, si sparge rapidamente a Lusema e a Torre. Un corteo festante sale al vecchio tempio dei Coppieri dove il
pastore G. P. Melile parla sul testo di Samuele II, 6-8. Poi durante la giornata squadre di
giovani percorrono le vie dei paesi, risuonano i canti di libertà e la sera si accendono i
fuochi di gioia.
Luogo: Pradeltorno, tempio
Data: 1877
Luogo: Rorà, tempio
Data: 1845
Il primo tempio fu costruito probabilmente
nel 1555-56, a monte del quartiere Salvagiot
e a ridosso del cimitero: fino a cinquant’anni
fa era ancora individuabile un resto di portico, risparmiato dai numerosi saccheggi che il
paese subì nel 1561, 1655, 1665 e 1686. Dopo il rimpatrio, la chiesa e il presbiterio erano occupati da una missione di cappuccini:
parte degli edifici fu incendiata, i cappuccini
poterono ritirarsi a Lusema portando gli arredi sacri e una stanza fu adibita al culto. Dopo
varie traversie, il sindaco Durand-Canton e il
consigliere Bartolomeo Salvagiot firmarono
un contratto di acquisto di tre casali a Rueto
per realizzare «la chiesa del Comune» e nel
1727 fu acquistata la casa dell’attuale presbiterio. Nel 1795 i rorenghi si lamentano per le
condizioni fatiscenti del tempio, in seguito ci
sono polemiche con il prete della vicina chie
Grazie al fervore del past. Stefano Bonnet
e alle collette promosse soprattutto in Inghilterra dal rev. J. N. Worsfol il tempio di Pradeltorno, costruito su un enorme roccione
che sovrasta il borgo principale, poco lontano dalla gloriosa «.scuola dei barba», fu inaugurato il 3 settembre 1877, alla presenza di
molte personalità protestanti, fra cui il dott.
Luigi Appia, che insieme a Henri Dunant era
stato tra i fondatori della Croce. Rossa internazionale, subito dopo la battaglia di Solferino (1859). Il tempio, descritto dal De Amicis
come variopinto e trionfante rispetto alla vicina chiesetta cattolica, riflette nel suo stile,
diverso da tutti gli altri, la particolare situazione psicologica della popolazione valdese
dopo l’emancipazione del 1848: l’originaria
tinteggiatura gialla e rosa venne poi sostituita
nel 1967 da una più sobria in bianco e grigio.
1 lavori furono eseguiti dall’impresario Giovanni Gastaldi, figlio di Eugenio che era stato uomo di fiducia di Beckwith nella costruzione dei templi di Maniglia, Rodoretto,
Rorà e Torre Pellice: ai piani superiori
dell’avancorpo vi era un locale per la scuola
e un piccolo alloggio per il maestro.
Iniziative Wwf
Si cercano
collaboratori
La sezione del Wwf Pinerolese lancia un appello per trovare persone che vogliano collaborare alle sue iniziative. Ecco alcune della attività recentemente svolte dal Wwf locale:
la realizzazione di un percorso
didattico-naturalistico per disabili e non vedenti nel castello
di Macello, corredato da un
volume in braille e in nero con
disegni di alberi in rilievo; una
serie di serate didattiche sugli
aspetti della biologia locale, a
cui si sono affiancate visite
guidate alle scolaresche; interventi di raccolta e cura di animali feriti e morti, e di monitoraggio sul ritorno del lupo e
della lince sulle nostre montagne, senza contare i viaggi e le
escursioni naturalistiche in Italia e all’estero. Il Wwf è inoltre sempre attento a verificare
gli illeciti amministrativi e penali commessi contro l’ambiente; da un anno la sezione
locale collabora alla campagna
internazionale del Wwf contro
i cibi transgenici, in particolare
con la raccolta di firme contro
la manipolazione genetica degli alimenti.
In questo momento il Wwf
pinerolese esorta la popolazione a segnalare (tei. e fax. 0121377007) esemplari interessanti
di alberi presenti nei nostri comuni, con l’intento di valorizzare il patrimonio arboreo.
L’iniziativa arriva in ottemperanza alla legge regionale
50/95, che ha istituito una
«Commissione regionale alberi
e filari monumentali» per valorizzare il patrimonio arboreo
regionale con particolari caratteristiche «monumentali» per
ragioni naturalistiche, paesaggistiche e storiche.
Tutti gli interessati alla tutela
concreta della natura possono
rivolgersi alla sezione pinerolese del Wwf, che si riunisce
ogni secondo e ultimo venerdì
del mese in via Brignone 1, nel
museo di Scienze naturali di
Pinerolo (tei. 0121-377007).
Tacabanda
I Chantelebre
a Lusema
La nona edizione «un po’ a
singhiozzo» del Tacabanda, riprende questa settimana all’insegna della musica tradizionale
del Limousin con i «Chantelebre»; si tratta di 7 musicisti
della Francia centrale con un
ricco strumentario (organetto,
violino, ghironda, flauti, clarinetto, cabrette, percussioni) al
servizio della musica da ballo
occitana della loro regione.
Non senza qualche sconfinamento verso Ovest con l’acquisizione di brani dall’Haut
Agenais e addirittura oltre
oceano con le musiche cajun
apprese durante una tournée in
Louisiana. I Chantelebre sono
dunque portatori di una proposta musicale brillante e originale, ben equilibrata fra brani
vocali e strumentali; il gruppo
ha alle spalle un’attività molto
intensa, testimoniata anche dal
notevole successo della loro
ultima incisione «La balade
d’Eymoutiers» dove vengono
riproposti i balli «limousins»
dei contadini di un tempo. I
Chantelebre si esibiranno domenica 31 ottobre nella palestra comunale di Lusema San
Giovanni; inizio ore 21,15, ingresso lire 10.000.
VENERDÌ 29 OTTOB^qç^
28 ottobre, giovedì
BARGE: Alle ore 20,45,
all’osteria «Società operaia»,
conferenza su «La massoneria
in Italia», con l’ing. Guido
Onorato.
TORRE PELLICE: Alla
«Bottega del possibile» giornata dedicata a «La persona, le
sue cose care, la domiciliarità».
29 ottobre, venerdì
ANGROGNA: Alle 21, nel
tempio del Serre, incontro dibattito sulla nuova legge sui
trapianti e donazione di organi;
introduce il senatore Elvio
Fassone, intervengono medici
e funzionari dell’Asl 10, i
proff. Mauro Salizzoni e Fabrizio Gennari del Centro trapianti delle Molinette, rappresentanti dell’Aido e Aned, il direttore de L’eco del Chisone.
BOBBIO PELLICE: Alle
17 è convocato il Consiglio comunale: unico punto all’ordine
del giorno l’esame del piano di
assetto idrogeologico.
30 ottobre, sabato
TORRE PELLICE: Alle
17, nella biblioteca della Casa
valdese, conferenza di Bruno
Corsani su «La Bibbia in Italia», in occasione della domenica della Riforma.
PINEROLO: Al teatro Caprini va in scena, alle 21,15,
«Cola neuif fatai»; compagnia
«Ij Bragheis» di Bra. Ingresso
lire 15.000, ridotto 10.000.
TORRE PELLICE: Al teatro del Forte, alle 21,15, va in
scena «Fiato alle corde», per la
rassegna «Aspettando l’inverno», delle compagnie «Architorti» e «Nonsoloteatro». Ingresso lire 15.000, ridotto lire
12.000; per prenotazioni telefonare allo 0121-323186.
PINEROLO; Alle 17, al
Museo della diocesi, «L’arte e
il mistero cristiano», con omaggio a Mario Caffaro .Rore.
La mostra continua fino al 21
novembre, solo domenica, ore
10,30-12 e 16-18.
PRAROSTINO: Trial dei
pionieri per moto e piloti
d’epoca, anche domenica 31.
FENESTRELLE: al Centro
Pracatinat, convegno su «Ingegneria naturalistica applicata
alle infrastrutture».
CUMIAN^: Alle 21, in
piazza Martin, spettacolo «Sera dj anime».
TORINO: Nel tempio valdese, alle 21, concerto di arie e
madrigali amorosi, dal Rinascimento a oggi «Cantar e Dir
d’Amor», con Kerstin Harms,
soprano, Riccardo Bertalmio,
basso, Walter Gatti, pianoforte, organo, clavicembalo. Ingresso libero, eventuali offerte
a favore della Comunità alloggio e Uliveto, di Torre Pellice
e Lusema San Giovanni.
31 ottobre, domenica
PINEROLO: Nella sede del
«Veloce club» campionato sociale individuale di bocce; segue castagnata.
PEROSA ARGENTINA:
Al padiglione «Pian de la
tour», festa di Halloween, alle
21,30, per ragazzi con discoteca, a cura della Pro Loco.
2 novembre, martedì
LUSERNA SAN GIOVANNI: Tradizionale fiera di
novembre, per il centro del
paese.
6 novembre, sabato
TORRE PELLICE: Nella
biblioteca della Casa valdese
ore 9-13 e 14-17, giornata dì
studio su «Educazione linguistica e multimedialità», a cura
del Lend. Informazioni e iscrizioni presso il Collegio valdese, tei. 0121-91260.
RADIO BECKWITH EVANGEUCA
FM91.2CXD
rbé@tpellice.it — tei.
96.550
0121-954194
)ERVIZI
VALLI
CHISONE - GERM
Guardia medica:
anasI
notturna, prefestiva, festiva.
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 31 OTTOBRE
Perosa Argentina: Termini ■
Via Umberto I, telef. 81205
LUNEDÌ 1» novembre
Rinasca: Farmacia Bertorello
- V. Nazionale 22, tei. 80070?
Ambulanze: |
Croce Verde, Perosa; tei. 81000 !
Croce Verde, Porte : tei. 201454
I
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva'
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENiCA 31 OTTOBRE
Viilar Peilice: Farmacia Gay
Piazza Jervis, tei. 930705
LUNEDÌ 1^ NOVEMBRE
Lusema San Giovanni: Farmacia Gribaudo - Via Roma
19 (Aitali), tei. 909031
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIE
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVI2TO ELIAMBULAR^i
telefono 118
Cinema
BARGE — 11 cinema Comunale propone, venerdì 29,
alle 21, La voce dell’amore;
sabato 30, alle 21, Tutto si
mia madre; domenica 31, ori
15, 17, I9e21, Wild Wildwest; lunedì 1° novembre, ot(
15, 18, 21, martedì 2, mercoledì 3 e giovedì 4, ore 21, Ey<s
wide shut.
TORRE PELLICE — Ilei
nema Trento ha in programma, giovedì 28, venerdì 29, OS
21,15, Whit or without you;
sabato 30, ore 20,10 e 22,Wi
domenica 31, ore 16, 18, 20,li
e 22,10, Entrapment; lunedi
1° novembre, ore 16, 18, 20,1®
e 22,10 e martedì 2, ore 21,0
Wild wild west.
PINEROLO: La multisali
Italia propone, alla sala «Secato», giovedì, ore 20 e 22,2®
Ballando a Lughnasa; sai»
«2cento» da giovedì, NottmS
Hill: feriali 20, 22,20, sabato
20 e 22,30, festivi 15, 17,30.
20, 22,20; alla sala «5cento».
da venerdì Asterix e
contro Cesare; feriali 20o
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Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA
Viaggio in Argentina e Uruguay, terre di emigrazione anche per i valdesi
Essere chiesa in una diaspora immensa
Si rimane colpiti dalle grandi distanze geografiche che separano le città e le
comunità. L'organizzazione in presbiteri, la diaconia e la formazione teologica
IIST
'esso le
LAN2Ì!
^ ERMANNO GENRE____________
Diaspora e disseminazione sono due concetti
che usiamo spesso nella nostra realtà protestante latina
europea. Pronunciare queste
parole in Argentina e in Urumay significa però confrontarsi con una dimensione
geografica dello spazio, e di
conseguenza del tempo, che
ano! sfugge largamente. Se
ciò è vero ovunque, lo è particolarmente nelle «Pampas»
argentine, inesorabilmente
piatte, monotone. Lo sa bene
il giovane pastore delle due
comunità di Colonia Iris e Iacinto Araus, Marcelo Nicolau, che ogni qualvolta deve
sbrigare questioni di tipo
amministrativo o legale, lo
aspettano 300 km per raggiungere la capitale de «La
Pampa», Santa Rosa. La comunità più vicina è Bahia
Bianca, a circa 120 km, una
comunità giovane, nata in
seguito aH’abbandono della
terra di valdesi di Colonia Iris
in questi ultimi 45 anni.
Quest’anno la chiesa di
Bahia Bianca ha voluto ricordare i 45 anni della sua costituzione e lo ha fatto con alcuni intensi momenti comunitari. La simpatica chiesa scozzese (acquisita dai valdesi)
era gremita all’inverosimile
domenica 8 agosto per festeggiare i 45 anni di vita di questa comunità. Tutto è stato
fatto all’insegna della semplicità e di una creatività liturgica che a noi sembra mancare.
La predicazione del «moderadoi», pastore Delmo Rostan
(«voi siete la luce del mondo..,^), è stata preceduta da
una breve ma efficace «azione simbolica» dei bambini
della scuola domenicale, che
hanno mostrato con la gestualità il significato del testo
biblico; quindi l’intera comunità ha partecipato alla cena
del Signore (succo d’uva per i
bambini) in un’atmosfera di
gioia e di riconoscenza. L’«almuerzo comunitario» (l’agape) ha riunito almeno 125
persone nella sala adiacente
la chiesa in cui hanno trovato
spazio ricordi, memorie ben
vive nella comunità di Bahia
Bianca. Ma perché festeggiare
i 45 anni e non aspettare il
cinquantenario? «Perché oggi
siamo qui e lo possiamo fare
esprimendo a Dio la nostra
riconoscenza; chi ancora ci
sarà lo potrà festeggiare di
nuovo fra cinque anni» dice
con voce ferma Iris Rostan.
Il pastore Dario Michelin
Salomon, che avevo conosciuto ad Agape all’inizio degli Anni 80 (durante il suo anno di studi alla Facoltà valdese di Roma), ha appena iniziato il suo ministero a Bahia
Bianca, una città in espansione, piena di attività, in cui anche la comunità valdese ha
nn proprio spazio culturale e
ni testimonianza (lo si è potuto notare il sabato sera nella
conferenza sulla bioetica a
CUI hanno partecipato circa
BO persone; esiste un comitato di bioetica presso l’ospeda•e italiano, a cui partecipa anftie il pastore).
. ^ chiese valdesi rioplaten®i hanno naturalmente i loro
Appuntamenti istituzionali:
CIÒ che sono per noi «circuiti»
E «distretti», nel Rio de la Pla8 sono i «presbiteri» (tre incontri annuali). Nonostante
E distanze, per noi europei
nimmaginabili, le chiese si
ncontrano regolarmente e
gni volta la chiesa ospitante
1 ta carico dell’intera orgaizzazione (ospitalità nelle
lamiglie, pasti comunitari,
CE-). Ho avuto l’opportunità
ui partecipare all’incontro del
Per la strada nel centro di Buenos Aires
«presbiterio norte» (e di tenervi la predicazione, la domenica 22 agosto) a La Paz,
nell’Entre-Rios, la cosiddetta
«Mesopotamia argentina».
Un incontro che aveva come
tema la missione della chiesa
oggi, il suo statuto diaconale,
tema introdotto e animato
dalla coordinatrice del lavoro
diaconale, Edith Rochon, di
Buenos Aires.
Questo incontro è stato per
me di grande utilità per capire come si pone nel Rio de la
Piata la relazione sempre problematica tra vita della chiesa
e diaconia; come funziona
qui la «forbice» di cui si è parlato nel Sinodo europeo? Dirò
subito che le questioni di fondo sono esattamente le stesse. Nelle chiese rioplatensi
non si usa la terminologia di
«diaconia pesante» e «diaconia leggera»: a La Paz si è parlato di diaconia «istituzionale» e di diaconia «comunitaria», termini anch’essi assai
ambigui, perché l’uno non
esclude l’altro, anzi, l’uno richiama l’altro. È un fatto però
che la maggior parte della
diaconia «istituzionale» (case
per anziani, per persone portatrici di handicap, per bambini) è concentrata in Uruguay, in buona parte attorno
a Colonia vaidense, concentrazione geografica che implica al tempo stesso una conce-ntrazione di investimenti
finanziari.
Qual è il ruolo della comunità locale in questi servizi
diaconali? L’interrogativo,
pertinente e denso di problematicità, resta aperto. A La
Paz e San Gustavo, le comunità hanno iniziato un interessantissimo lavoro che noi
chiameremmo di «diaconia
leggera», per sensibilizzare e
formare le persone a nuove
ipotesi produttive (come l’apicultura) legate al lavoro nei
campi e ad altre attività manuali; anche qui sono necessari degli investimenti per
proseguire le iniziative intraprese. Sempre a La Paz, è in
fase di allestimento una piccola casa per persone anziane
(con i contributi dell’otto per
mille), in seguito a una donazione. Non tutti sono convinti
della necessità di quest’opera,
ma il lascito è condizionato.
Complessivamente il rapporto chiese-diaconia nel Rio
de la Piata non è diverso dal
nostro In Italia: è assolutamente sproporzionato alle
forze. Ma in Argentina e Uruguay le necessità sono ben
maggiori che in Italia. Ovunque si può scorgere Timportanza dei contributi dell’8 per
mille perché possano sopravvivere delle piccole ma fondamentali iniziative: il lavoro
ecumenico (con bambini e
adolescenti) che si svolge alle
porte di Montevideo, nel Barrio Borro, dove ora lavora a
pieno tempo il pastore valdese Ricardo Collazo, o ancora il
centro Mimmo (anch’esso
ospita bambini e alcuni adolescenti) a Colonia del Sacramento, il servizio diaconale di
E1 Sarandi (Colonia vaidense),
dove sono ospitati in un centro accogliente e ben organizzato, persone portatrici di
handicap (qui ho incontrato
una giovane coppia delle valli
che vi ha svolto lavoro volontario molto apprezzato), E1
Pastoreo (Rosario) un altro
Centro diurno al servizio dei
bambini.
A Colonia vaidense ha sede
anche il «Centro Emmanuel»,
centro di formazione ecumenica, oggi integrata da due
iniziative agricole biologiche.
Le attività del Centro sono
numerose e toccano un’area
molto vasta di formazione
(compresa quella che noi definiremmo l’università della
terza età). Il Centro è ecumenico, nella sua direzione e nei
suoi programmi. Recentemente ha creato anche una
«granja ecologica» con un
«tambo» (stalla con una quindicina di mucche) che produce giornalmente del formaggio biologico, e una piccola
serra per la promozione della
coltivazione di ortaggi (cosa
piuttosto sconosciuta). Qui vi
lavorano un ingegnere agronomo a pieno tempo (e un altro a tempo parziale), un ca
(foto A. Boario)
saro e il responsabile del bestiame. Anche questo progetto, legato strutturalmente al
Centro ecumenico, riceve un
finanziamento tramite l’otto
per mille.
A Buenos Aires (a pochi
passi dall’Isedet) ho incontrato altre due iniziative ecumeniche importanti. La prima è
il «Centro ecumènico de Acciòn Social» (vi partecipano
anglicani, presbiteriani, luterani, riformati, metodisti, vaidesi), attivo sin dal 1969, a favore di ragazze madri (dal
settimo mese di gravidanza
fino a tre mesi d’età del bambino). Come mi spiega il coordinatore del centro «Pablo
Garaial» (vi partecipano anglicani, presbiteriani, luterani, riformati, metodisti, vaidesi), attivo sin dal 1969, di
accompagnamento, di educazione e di iniziazione alle manualità. La seconda è il «Consejo Latinoamericano de Iglesias» (Clai), che ha da poco
(1998) festeggiato il 20° anniversario della sua attività. Il
segretario, Juan A. Schwindt
(che ha lavorato nel passato
alla costituzione del «Centro
Emmanuel») mi mostra l’ultimo numero di Signos de vida,
trimestrale del Clai, una bella
rivista di attualità ecumenica
e di presenza protestante che
mette a fuoco le contraddizioni dell’America Latina. Se
nascono dubbi sul buon utilizzo dell’otto per mille in Italia, l’America Latina aspetta.
Viaggio in Argentina e Uruguay
Uno stesso sentire con
valdesi del Rio de la Piata
MARCO ROSTAN
FREY Bentos è una delle
tappe del viaggio che insieme a mia moglie sto facendo in Argentina e Uroguay. Ci
arriviamo a mezzogiorno dopo essere partiti dodici ore
prima da Reconquista, fra
l’altro città natale del famoso
giocatore di football Batistuta. I figli di Ariel Charbonnier
e di Zoraida Dalmas mi hanno fatto vedere la sua casa
aggiungendo che Batistuta
«tiene mucha piata», molto
denaro: simpaticissima questa famiglia, Ariel è pastore e
Zoraida, nei locali della chiesa, coordina un gruppo il cui
obiettivo è di «rimettere la salute nelle mani della comunità», una forma di medicina
naturale, di cura delle persone che se da noi spesso appare una moda, qui è una possibilità per chi non ha soldi, e
sono in tanti; un’alternativa
alla costosa farmacia.
Tornando a Frey Bentos ci
accoglie il faccione barbuto
del past. Sergio Ribet che con
la sua camioneta ci porta alla
casa pastorale. Qui scopriamo che proprio stasera (14
ottobre) sua moglie, Marianne, presenterà la traduzione
in castigliano del suo libro
sugli anziani, scritto in base
alla sua esperienza nell’Asilo
dei vecchi di San Germano.
La bella serata organizzata
con la Lega femminile si apre
con una serie di canti di una
corale ecumenica: dirige infatti Beatriza Rostan, figlia di
Ariel e di Azucena Cairus, al
piano Silvia Davyt (che mi dà
i saluti per quelli di Villar Pellice) ma i coralisti sono genitori dei ragazzi che frequentano il Collegio di San Francesco. Che emozione sentire
queste belle voci cantare Va’,
dillo sopra i monti!
Poi Marianne spiega il senso del suo libro che in castigliano recita nel titolo Vivir
activamente en la casa del reposo. Perché, quando si parla
degli anziani nella nostra società, si parla sempre del
«problema degli anziani»?
Perché problema? Come si
può lavorare concretamente
per una qualità della vita oggi, che eviti domani il fatto
che l’anziano fa problema? E
che rapporto tra Case di riposo e domiciliarità? Come
dare vita agli anni e non solo
più anni alla vita? Domande
assai attuali anche qui in
Uruguay, il paese dell’America Latina con la più alta percentuale di anziani.
Questa preoccupazione
per le persone, nella loro globalità fisica e psichica, mi ricorda anche quello che abbiamo visto nel Chaco, a J. J.
Castelli dove, nel quadro di
un progetto Cevaa, un gruppo ecumenico è fortemente
impegnato sul piano educativo, sociale, sanitario con gli
aborigeni. A Castelli, insieme
ad Alba Rostan, abbiamo girato per il «campo» (la campagna strappata alla foresta)
partecipando con un gruppo
di indios toba a un laboratorio: tre giorni, con studio biblico e discussione su minacce e opportunità legate alla
terra, all’acqua, ai rapporti
con gli altri. La serata di Frey
Bentos termina fra abbracci,
nomi, ricordi: e mentre
chiacchiero con Ariel Rostan
di varie questioni ecclesiastiche (anche lui è stato un
membro della Tavola) ringrazio il Signore per il dono di
questa comunione nella
Chiesa valdese, lontana nelle
sue due parti, italiana e rioplatense, ma molto vicina nel
sentire e nell’impegno di testimonianza.
Resistencia, capoluogo della regione del Chaco
(foto A. Boario)
Un'iniziativa dell'Archivio di Stato al servizio della cittadinanza
Trieste scopre gli evangelici e le altre comunità religiose
MARIE-FRANCE MAURIW
PER più di un mese l’Archivio di Stato di Trieste
si apre al pubblico anche non
specializzato, cioè all’intera
città, la domenica, con una
mostra sulle «Comunità religiose a Trieste tra 700 e 800»,
che hanno arricchito in passato fino a oggi il tessuto sociale della città, la sua crescita civile e la bellezza architettonica. L’inaugurazione, il 7
ottobre, ha visto la partecipazione attiva di rappresentanti
di queste comunità.
La comunità cattolica presente dal II secolo ha 600 pergamene soprattutto medievali
nel proprio archivio. Gli ebrei
cercavano protezione, e alcuni un pezzo di terra per la sepoltura dei loro parenti. I documenti ricordano l’apertura
del ghetto (1694), anche se il
Consiglio comunale aveva
fatto il possibile per eludere le
pressioni: è stato l’ultimo
ghetto eretto in Italia forse in
Europa, c’erano da 80 a 110
ebrei rinchiusi fra le pura, con
guardie all’ingresso. Quando
le mura sono state definitivamente eliminate, e con la proclamazione del porto franco
di Trieste, il loro numero è salito a 6.000. Molti fuggivano
da persecuzioni in altri paesi,
qui venivano anche accettati
per lavorare. Le quattro sinagoghe dei primi tempi hanno
poi fatto posto al Tempio
maggiore (1903) per il quale i
maggiori architetti progettisti
europei avevano concorso.
Dei 1.000 deportati solo 18
sono sopravvissuti, alcuni sono ancora in vita. Adesso la
comunità comprende circa
600 ebrei. A Trieste si è avuto
il primo caso in Europa di parificazione delle scuole ebraiche con quelle statali.
Gli evangelici augustani
(luterani), prima imprenditori, hanno avuto grosse perdite con le due guerre mondiali. Ora la lingua italiana prende sempre più importanza. I
rapporti sono stretti con tutte
le chiese evangeliche della
città. Gli elvetici, ora insieme
ai valdesi, arrivati dai Grigioni per lavorare nel settore
delle pasticcerie e del caffè,
hanno coagulato intorno a sé
altri gruppi, come gli ungheresi, e la comunità si è presentata multietnica. Inizialmente unità alla comunità
augustana, quella elvetica ha
potuto in seguito acquistare
all’asta la chiesa romanica di
San Silvestro. Con i valdesi gli
elvetici hanno sempre desiderato essere inseriti in città,
pur vivendo la propria identità. Oggi hanno di fronte una
prospettiva ecumenica, che è
stimolo e sfida a un’apertura
sempre maggiore.
L’archimandrita grecoorientale sottolinea che la comunità greco-ortodossa era
inizialmente unita a quella
serba, detta allora illirica, e
che dei motivi linguistici li
portarono a costituirsi in due
comunità. Grazie al porto (i
greci erano essenzialmente
marinai) e per uscire dal giogo ottomano, molti arrivarono a Trieste: qui si trova un
loro prezioso documento,
l’archimandrita non ne ha
trovato traccia nel Patriarcato di Costantinopoli. Anche
la comunità serbo-ortodossa
ha trovato qui garanzie per
professare liberamente la
propria fede; all’inizio c’erano poche famiglie della Erzegovina, di Mostar e Dubrovnik: ora la comunità conta
circa 150 famiglie. Avevano
eretto con la comunità greca
un tempio comune, a cui ne
è seguito uno eretto in stile
serbo-bizantino.
Tutti apprezzano il clima di
reciproco rispetto e convivenza che ha caratterizzato la
città, che potrà così rappresentare un ponte di collegamento per l’Europa: il direttore degli Archivi ha potuto così
concludere l’inaugurazione
della mostra parlando per
Trieste di cultura della pace.
12
PAG. 8 RIFORMA
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Vita Delle Chiese
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VENERDÌ 29 OTTQBR^
Torino, gruppo teatrale di giovani battisti e valdesi
Un filo sottile ma tenace
Per la «prima» si è drammatizzato efficacemente il carteggio
tra il partigiano Willy Jervis e sua moglie Lucilla Rochat
PIETRO ROMEO
CERTO, una lettera non è
solo un pezzo di carta
riempito d’inchiostro. Può,
talvolta essere l’unico legame con una persona o, spesso, lo specchio non sempre
fedele della propria anima,
delle proprie paure e dei
propri sogni. Nella storia
drammatica di Willy Jervis e
di sua moglie Lucilla Rochat
prende la forma di un sottile
ma tenace filo che lega due
anime, acquista una sua identità e diventa l’unica via
di fuga da una realtà tremenda. Paolo Zebelloni e Simona
Piovano hanno riletto così il
carteggio tra i due coniugi,
edito da La Nuova Italia a
cura di Luciano Boccalatte’* e
con un gruppo teatrale neonato, formato da giovani vaidesi e battisti di Torino, hanno pensato di dare forma a
queste lettere, di farle diventare dei personaggi esse stesse, di farle parlare e interagire con i protagonisti, in grado di aiutarli a guardarsi
dentro e trovare che solo
neUa fede in Dio si può uscire vincitori da una realtà di
morte come la guerra.
Nasce così una drammatizzazione, dai tratti essenziali
ma molto efficace, dei sentimenti che traspaiono dal carteggio dei due innamorati,
divisi da una guerra che non
appartiene loro ma con la,
quale, volenti o dolenti, devono fare i conti. Willy, prima
della guerra ingegnere della
Olivetti, si trova a comandare
le brigate partigiane nelle
Valli: viene poi arrestato e
condannato a morte. Riesce
però a scrivere alla moglie e
ai figli dalla sua cella, dove
Gli interpreti al termine dello spettacolo
viene anche torturato per
strappargli i nomi dei compagni, nomi che non farà
mai. Si trova solo, con un
pezzo di carta e tanti sogni
infranti, eroe (anche se non
vuole che lo si chiami tale)
che paga a caro prezzo la
scelta di servire l’ideale della
libertà. Si trova sola anche
Lucilla, con due bambini da
crescere e un marito che, ormai sa, non rivedrà mai più e
deve fare i conti con un futuro buio e incerto.
Quello che lo spettacolo
vuole raccontare è, però, anche ciò che le lettere non dicono. Tutte le parole, i pensieri, le angosce che i protagonisti non hanno voluto
scriversi per resistere, per
fuggire da quella realtà, in un
luogo tutto per loro dove la
guerra non può raggiungerli.
Per fare ciò il gmppo teatrale
ha lavorato molto (non si può
fantasticare) parlando, soprattutto, con i fratelli di Lucilla Rochat (Emma e Daniele) che si sono prestati a rivi
vere con loro quei momenti
dolorosi e far affiorare questa
realtà non visibile. Il risultato
è commovente e insieme un
invito a una riflessione che ci
riguarda tutti.
Il gruppo che ha lavorato
allo spettacolo, la cui prima è
stata a Torino nel teatro della
Chiesa valdese di corso Vittorio, è numeroso e conta, oltre
che i protagonisti (Paolo Zebelloni, Elia e Simona Piovano, Ilaria Fioranti, Elena Savarino) anche una regista
(Katia Quintavalle) gli addetti
alle luci (Andrea Miserere,
Daniele Bechis, Andrea Picheca), il curatore delle musiche (Paolo Schirru), la costumista (Rosabianca Zebelloni) e i collaboratori. Fabiana Marbian e Giorgio Bouchard. Il lavoro è stato seguito dal pastore Mauro Pons,
che ha sostenuto il gruppo
durante tutta la preparazione. Sono previste le repliche
in date ancora da stabilire.
(*) Luciano Boccalatte: Un filo
tenace. La Nuova Italia, 1998.
L'Assemblea del 10° circuito a Livorno
Progetto di evangelizzazione all'Isola d'Elba
LEONARDO CASORIO
La Chiesa valdese di Livorno da questo mese di ottobre è senza pastore, per decisione della Tavola. L’Assemblea del 10“ circuito,
svoltasi domenica 10 a Livorno, ha tra l’altro trattato il
problema, unitamente a
quello della presenza del diacono Massimo Long a Rio
Marina per un’attività di animazione giovanile in collaborazione con le autorità locali,
nel quadro delle iniziative legate al progetto di evangelizzazione nell’isola. Nell’Assemblea di chiesa di domenica 17, presieduta dal presidente del Consiglio di chiesa
nonché predicatore locale
Gabriele Lala, la comunità
non nascondendosi le diffi
coltà ha ribadito, con un partecipato e vivace dibattito,
l’impegno di assicurare le
normali attività di chiesa,
procedendo a un turno dei
culti domenicali, utilizzando
le forze disponibili locali e
dei pastori delle chiese valdesi di Firenze e di Pisa; si adopererà inoltre per onorare
l’impegno finanziario preso
per le contribuzioni alla cassa centrale. In particolare il
pastore Odoardo Lupi, di Pisa, ha assicurato il proprio
impegno per l’istruzione dei
catecumeni, mentre la sorella
Cristina Lala curerà la scuola
domenicale.
Sono stati inoltre puntualizzati alcuni rapporti ecumenici
sia con la Chiesa cattolica,
confermando un netto rifiuto
alle strumentalizzazioni dell’
La FACOLTA VALDESE
DI TEOLOGIA
e la rivista
PROTESTANTESIMO
indicono un convegno di studio per i 200 anni della nascita di
Richard Rothe (1799-1867)
Venerdì 19 novembre 1999 - ore 9
via Pietro Cossa 40 - Roma
Sergio Rostagno:
Hans Michael Uhi:
Denis Müller:
Jürgen Krüger:
Presentazione
Il giovane Rothe a Roma
L’etica pubblica alle soglie del Duemila
Lettere di Rothe da Roma (con proiezione di diapositive dei disegni di Rothe e
della cappella di palazzo Caffarelli)
Informazioni: tei. 06-3210789
intendere l’anno giubilare del
2000 come fondamento dei
rapporti stessi, sia con le altre
realtà evangeliche presenti in
città. In quest’ultimo caso,
pur apprezzando la positività
di intensificare una coliabora
zione reciproca per una testimonianza dell’Evangelo nel
territorio, si è auspicato che
vadano affievolendosi le motivazioni che hanno impedito
finora una fattiva intesa. Recenti incontri, però, di giovani
battisti e valdesi per prove di
canto corale, e il fatto che uomini e donne di confessione
evangelica abbiano deciso di
riunirsi una prima volta nei
locali della Chiesa valdese per
dibattere insieme i problemi
della laicità della scuola e
quelli inerenti l’insegnamento
della religione cattolica nelle
scuole di stato, fanno ben
sperare in tempi diversi nella
reciproca considerazione per
una comune testimonianza.
Festa della Chiesa battista di Torino via Viterbo
I battesimi come segno di svolta e di crescita
Un pomeriggio di festa domenica 10 ottobre nella chiesa battista di Torino Lucento.
Sette catecumeni sono scesi
nelle acque battesimali nel
battistero della chiesa di via
Viterbo. Si è trattato di una
giornata speciale per i sette
neofiti e per coloro che hanno ascoltato con commozione la loro confessione di fede.
Ma accanto ai battesimi, che
rappresentavano l’evento più
significativo, altri fatti, più generali, hanno caratterizzato
positivamente la domenica.
Innanzitutto questi battesimi possono essere U sintomo di una svolta nella Ghiesa battista di Lucento, la
chiusura di un periodo difficile, iniziato alla metà degli
Anni Ottanta. Si può ben
sperare che non rimangano
un episodio isolato, ma preludano a una ripresa della testimonianza della comunità
e alla sua crescita. In secondo luogo è bello sottolineare
che due dei catecumeni facevano parte di una chiesa
evangelica libera, la comunità Kerugma, e sono stati
battezzati dal loro pastore.
Questo fatto testimonia delle
buone relazioni che si possono instaurare anche con
questa parte dell’evangelismo, confermate dalla presenza di membri di diverse
chiese pentecostali di Torino, Venaria, Moncalieri, Beinasco, da membri delle assemblee dei Fratelli oltre
che, ovviamente, da fratelli e
sorelle battisti provenienti
dalla città, dalla cintura torinese e dal cuneese.
Un altro motivo di gioia è
stato il constatare la buona
riuscita dell’opera di restauro, messa a norma e abbellimento del tempio e di tutta
la proprietà. Non si sarebbe
potuto trovare un’occasione
migliore per esprimere ia nostra gratitudine al Signore e a
chi si è impegnato in questi
lunghi lavori. Il nuovo organo, l’illuminazione e gli affreschi nell’abside e sulle gallerie laterali del pittore Walter Grassi hanno accresciuto
il valore anche artistico del
tempio.
Il culto battesimale, che è
durato oltre due ore, ha avuto come ospiti d’eccezione la
pastora Anna Maffei, vicepresidente dell’Ucebi, che ha
dato il messaggio centrale,
predicando con passione sul
testo di Isaia 43, 10-13: «I
miei testimoni siete voi...» e
il duo Carlo Leila e Marta
D’Auria che ha animato con
grande cura e capacità la
parte liturgica: Carlo e Marta
hanno anche insegnato ai
presenti alcuni canti, coinvolgendoli così in modo più
diretto nel culto. Non si può
non riconoscere che la decisione presa dall’Assemblea
generale dell’Ucebi dello
scorso anno di assumere
Carlo Leila per questo servizio di animazione liturgica
nelle nostre chiese è stata
davvero un suggerimento del
Signore. Il pomeriggio si è
concluso con un rinfresn
preparato nella sala delle at”
tività sottostante il tempio
Dopo questa stringata sii,
tesi di una domenica diversa
vogliamo accennare a una
curiosità che ci fa compren,
dere che forse è giunto ¡i
tempo di uscire dai nostri
stereotipi ecclesiastici. Dono
l’invocazione dello SpiriiJ
Santo sui neofiti mediante
l’imposizione delle manie
prima della celebrazione dei
la cena del Signore, l’assen
blea è stata invitata a direij
sieme (o ad ascoltare) il Cre
do niceno-costantinopolita.
no, cosa abbastanza inusuale
nelle chiese evangeliche italiane, tanto più in quelle battiste. La richiesta è venuta
dal pastore della comunità
Kerugma che avrebbe detto
più o meno testualmente;
«Noi troviamo questo simbolo perfettamente adatto aesprimere i punti salienti dela
nostra fede e di solito chiediamo ai nostri catecumeni
di recitarlo quando stanno
per entrare nelle acque battesimali».
Un momento del culto battesimale
Un incontro del Sae a Guardia Piemontese
Memoria storica e riconciliazione
FRANCESCA MELE TRIPEPI
SI è svolta all’insegna della
fraternità, domenica 10
ottobre, a Guardia Piemontese, la giornata ecumenica che
ha dato inizio all’attività annuale dei gruppi locali Sae
(Segretariato attività ecumeniche) di Cosenza e Reggio
Calabria. Significativa, nell’
ottica della convivialità delle
differenze, l’eterogeneità della comitiva, composta da cattolici, battisti e valdesi, di tutte le fasce d’età, con la partecipazione anche di un bel
gruppetto di scout, di una
brasiliana e di due coniugi
congolesi. Significativa anche
la scelta, in un anno importante e problematico dal
punto di vista ecumenico, del
luogo d’incontro, «simbolo»
della persecuzione religiosa
nell’Italia meridionale.
«Profughi» dal Piemonte
per sfuggire all’Inquisizione,
La chiesa valdese di Rio Marina
i seguaci di Pietro Valdo, nel
XIII secolo, si rifugiarono in
piccoli centri della Calabria
arroccati sui monti, dove poterono condurre una vita laboriosa e tranquilla fino a
quando, nel sedicesimo secolo, l’adesione dei valdesi
alla Riforma protestante non
portò, nel mese di giugno del
1561, al totale sterminio dei
valdesi di Calabria, con le
atroci modalità allora in uso,
documentate con descrizioni
raccapriccianti da testimoni
oculari.
La rievocazione storica di
questi tristi eventi ha suscitato in tutti un duplice stato
d’animo: l’orrore per le aberrazioni a cui ha condotto la
divisione tra coloro che si dicevano seguaci di Cristo, anche se avevano tradito il suo
messaggio d’amore, e la gratitudine al Signore per aver suscitato nei cristiani delle diverse confessioni il desiderio
di riconoscersi fratelli, chiamati a testimoniare insieme!
Vangelo della salvezza.
Questo è stato anche il nucleo centrale del commento
del pastore valdese Dino MO’
grì alla parola di Dio (Giovanni 17: 1-11; 18-23) nel
corso dell’incontro di pi®;
ghiera che ha unito i presenti
nella lode e nell’invocazione
al Padre comune.
Due, quindi, i fili conduttori della giornata: la memon*
storica e la riconciliazione tB
i cristiani. Su questa iineaS
sono susseguiti i vari momenti: l’ascolto nella lingoi
occitanica, tramandata®'
padri, delle loro dolorose'’’
cende, la visita del paese,
sosta alla Porta del sang®'
ma anche l’agape fraterna e
coinvolgimento festoso!
canti e giochi, che ha rinS"
dato, nella gioia di starei
sieme, la volontà di prosegt"
re il cammino ecumenico
MEANA DI SUSA — Come è ormai consuetudine da diversi an
ni domenica 17 ottobre si è avuto nella chiesa battista
culto di ringraziamento al Signore per il raccolto. Eran
presenti anche fratelli e sorelle delle comunità della j
Susa e di Torino. La predicazione è stata tenuta dal P®® ..
Emmanuele Paschetto. In seguito i convenuti si sono
vati al Villaggio M. L. King per un rinfresco.
SAN GERMANO — Durante l'estate è venuta ad allietare Ja®
sa di Marcello Cambellotti e di Monica Tron la piccola
a cui porgiamo i più affettuosi e sinceri auguri di ogni be
• Sabato 16 ottobre si sono uniti in matrimonio nel
tempio alla presenza di numerosissimi parenti e o’bic' ^
area Soulier e Mara Richaud. Aeli SDOsi che si stabilii
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fra rioi auguriamo tanta serenità e gioia nel Signoregrazie al pastore Vinti che ha celebrato il matrimonio
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^^1 29 OTTOBRE 1999
Vita
: Due giornate di evangelizzazione alla Chiesa battista di Bollate
Una comunità che si fa conoscere
Il coinvolgimento musicale con la collaborazione del coro «Ipharadisi» e uno
spettacolo su Martin Luther King hanno permesso di aprirsi meglio alla città
PAG. 9 RIFORMA
___ STEfANO FONTANA________
Sabato 25 e domenica 26
settembre la comunità
della Chiesa battista di Bollate (Mi) ha avuto modo di rendere visibile la sua presenza
in città e di essere al centro
dell’attenzione pubblica graae a un fitto fine settimana
di manifestazioni canore e di
carattere religioso. Il primo
appuntamento è stato il concerto del sabato sera, tenuto
dalla corale Iphcifciclisit appositamente arrivata al completo da Napoli: queste sorelle e
onesti fratelli, impeccabilmente guidati dal maestro
Carlo Leila, hanno offerto un
entusiasmante spettacolo
composto dh canti, animaaoni e gesti coreografici, che
èpiaciuto molto ai numerosi
spettatori accorsi per l’occasione nella sala conferenze
della biblioteca della città,
generosamente concessa dalle autorità municipali, primo
fra tutti il sindaco, Giovanni
lazóla, al quale va ancora la
g^i^itudine della comunità
battista di Bollate per la colillazione.
La sala era gremita al punto ,da non consentire a tutti
i^-posto a sedere (erano presenti più di 200 persone) per
uno spettacolo che è durato
due ore durante le quali la
corale e il suo direttore ci
hanno presentato uno spettacolo che aveva al centro la
figura del pastore Martin
Luther King e la sua testimonianza evangelica. A supporto della manifestazione canora era stata allestita anche
un’esposizione di fotografie
sulla vita dello stesso King e
sulla Chiesa battista di Bollate. Il gradimento del partecipanti è stato tale che molti
hanno voluto ripetere l’esperienza del sabato sera venendo anche al culto della mattina seguente, tenuto nei locali
di via Gramsci a Bollate, e
che vedeva ancora una volta
la corale Ipharadisi tra noi e
per il quale abbiamo con
gioia visto la nostra chiesa
riempirsi completamente di
gente che per la prima volta
entrava in una chiesa battista. Il pastore Massimo Aprile, con un’avvincente predicazione, e la corale hanno
contribuito a che rimanesse
fra gli astanti un’impressione
altamente positiva della comunità battista di Bollate:
molti, a conclusione dei due
giorni che hanno visto la
chiesa di Bollate al centro
dell’attenzione, hanno sem
II coro «Ipharadisi»
plicemente commentato che
uno spettacolo come quello
dei Ipharadisi e un’accoglienza come quella offerta
dalla comunità battista di
Bollate possono essere offerti
solo da persone che credono
profondamente in quello che
fanno. Complimento migliore non poteva essere fatto.
A conclusione di questo
impegnativo tour de force la
comunità battista di Bollate
desidera ringraziare tutte
quelle persone che con il loro
lavoro hanno reso possibile
la manifestazione, non ultime le comunità sorelle del
l’Associazione delle Chiese
barriste della Lombardia che
ci hanno sostenuto, aiutato e
incoraggiato e che hanno
partecipato con loro rappresentanti alla serata del concerto; la nostra riconoscenza
va anche ai fratelli valdesi e
metodisti per la loro collaborazione; infine un doveroso
ringraziamento va a Carlo
Leila e alla corale da lui diretta per un lavoro di ottimo livello che sicuramente è rimasto impresso nel cuore della
cittadinanza e che noi ci sentiamo di raccomandare calorosamente a tutte le chiese.
#• Chiesa metodista di Trieste
Lezione umanitaria per
^popolazioni del Kosovo
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pasto!»
ono tro
re Ja cania Saf«
ni ben»;
1 nosd»
nici^'
io.
IIARIE-FRANCE MAUBIN
LHNCONTRO fraterno del
I martedì alla chiesa metodista di Trieste gode di
un’alternanza settimanale di
varie attività, preghiera, canto, riflessione..., il che ha permesso a Walter Citti, della
comunità valdese, di parlare
della sua recente esperienza
di aiuto in Kosovo, da dove
ora appena tornato. Inviato
dal Servizio rifugiati e migranti della Fcei, in collabortóone con altre organizzazioni, Citti ha partecipato in
settembre alTavvio di un
nuovo progetto con due tipi
di interventi: monitoraggio
®u,quattro villaggi albanesi
per individuarne i bisogni urgenti (in particolare di fronte
all inverno che si avvicina).
. Sono state realizzate 1.500
Wten/iste a circa 350 nuclei
tamilici. La ricerca era necessaria per verificare l’aiuto
alla ricostruzione, che potrà
essere perseguita soltanto se
CI saranno altri contributi
nella missione Arcobaleno. Si
catta di una zona «calda», in
CUI i conflitti fra serbi e albanesi sono quotidiani malgrano le scorte internazionali,
nila frontiera segnata dal fiume; la principale richiesta era
matti: «Costruiteci un pon9» ®cmo stati 5.000 scomparsi durante il conflitto. La
istruzione è stata dovuta
Priiicipalmente ai saccheggi e
mi incendi di case, solo
quelle più vecchie e le stalle
risparmiate. Il tastti rientro è ora del 60%;
vn u ° nulle tende, ma la loro
ricostruire e la loro
Pnnità manuale sono stuP ttde, almeno per ora queste
stanno cercando di
d-i^fce agibile una stanza
j loro casa semldistrutta.
popolazioni serba e
ttt sono rinchiuse in una
f^lave sotto controllo interfg^!®nale (a volte è difficile
„ Passare per portarli in
pedale); la violenza contro
le minoranze può essere
spiegata come vendetta (come risposta aìVescalation
precedente contro i diritti
umani) ma non solo. Esiste
una sessantina di monasteri
medievali ortodossi, molte
chiese sono state minate,
mentre prima erano state
bruciate moschee musulmane. I Rom sono attualmente
perseguitati, la colpa di una
precedente complicità di alcuni verrebbe fatta ricadere
su tutta la popolazione zingara. Il progetto riguarda allora
tutte le comunità etniche,
con attenzione particolare alle minoranze. Il nostro pensiero è: «Fino a quando» le
conseguenze delle violenze
di qualsiasi genere?
Giovani a Cinisello Balsamo
Un convegno per capire
come leggiamo la Bibbia
FRANCESCO CALATI
MIRIAM FACCIN, JABEL SALVO
Alla fine la Bibbia è risultata vincente! Ce l’ha fatta, dopo un processo con tutti i carismi è stata scagionata
dall’accusa infamante di
«frode».
Una giuria di giovani, accorsi da ogni parte della Lombardia, è riuscita ad avvicinarsi quasi misticamente alle,
purtroppo spesso temute. Sacre Scritture, nel corso di un
convegno svoltosi straordinariamente a Cinisello Balsamo
nei giorni di sabato e domenica 9 e 10 ottobre, presso il
Centro culturale evangelico J.
Lombardini, che ha ospitato
un gruppo di 30 giovani evan
gelici che per tutto il fine settimana ha condiviso momenti di gioco, di riflessione, di allegria in un avvolgente clima
di amicizia; il convegno è stato ben equilibrato fra toccanti
momenti di riflessione biblica
e intensi momenti di animazione. Molto apprezzati sono
stati gli spunti biblici proposti
dagli organizzatori del convegno (magistralmente preparati), i quali hanno dovuto fare i conti, purtroppo, con il
poco tempo a disposizione,
per altro ben gestito.
Ci lasciamo stanchi, ma visibilmente soddisfatti per la
riuscita del convegno e per la
possibilità ancora una volta
offertaci di confrontarci e crescere insieme.
L'accoglienza alla comunità francofona di Roma
Insediato il pastore Michel Lobo Neuba
MARIA SBAFFI CIRARPET
Talvolta, nei nostri si
nodi e assemblee, la parola integrazione tra'le chiese può suonare astratta, diffìcile da immaginare nei suoi
contenuti. Non è stato così
domenica 10 ottobre, nella
chiesa metodista di via XX
Settembre a Roma, per l’insediamento del nuovo pastore
della comunità evangelica di
lingua francese.
Un profondo senso di partecipazione ha accompagnato i vari momenti del culto,
con la consueta liturgia domenicale, presieduta dal pastore Valdo Benecchi, in cui
si è inserito l’atto, in certo
modo solenne, col quale il
pastore Michel Lobo Neuba,
proveniente dalla Chiesa inetodista della Costa d’Avorio,
è stato insediato nella comunità di lingua francese; per
ragioni contingenti (il tempio
di via rv Novembre a Roma,
dove si svolgono solitamente
le attività della comunità
francofona, è inagibile per i
lavori di ristrutturazione)
questo evento si è svolto nel
tempio metodista, una felice
occasione di incontro. Ha
proceduto all’insediamento il
pastore Aurelio Sbaffi, presidente deiril° circuito. Ha
portato il messaggio della Tavola valdese Franca Long: è
infatti con la Tavola valdese
che ha preso accordi l’organizzazione missionaria che
invia in Italia il pastore di lingua francese, la Comunità
evangelica di azione apostolica (Cevaa) di cui fa parte anche la Chiesa metodista. Vi è
stato anche un caloroso messaggio del pastore Charles
Klagba, rappresentante della
stessa Cevaa. Hanno partecipato al culto, che si è concluso con la cena del Signore,
anche gli ambasciatori della
Costa d’Avorio presso il Quirinale e presso la Santa Sede.
La comunità di lingua francese di Roma accoglie membri provenienti da diverse denominazioni evangeliche e
da vari paesi, e questo ha
conferito al culto un sapore
di profonda comunione multietnica, espresso anche attraverso le musiche e i tamburi. La Comunità francofona
è attiva in Roma, col sostegno
della Cevaa, sin dal 1980 e ha
sempre rappresentato una
presenza importante e significativa tra le comunità evangeliche della città, aiutandole
a ricordare e a vivere la ricchezza dei doni presenti nella
diversità delle culture e nell’unità della fede.
CLMo J^adiò
abbonamenti
interno
estero
sostenitore
L 10.000
L. 20.000
L. 20.000
Agenda
29 ottobre
BIELLA — Alle ore 21, nella chiesa valdese (via Feda di
Cessato 9c), il pastore Jonathan Torino parla sul tema: «Le
95 tesi di Lutero e i protestanti italiani oggi».
SONDRIO — Alle 21, al Centro evangelico di cultura (via
Malta 16), lo storico Diego Zola parla sul tema: «Presenza e
vicende dei riformati in Valtellina sino al 1797».
30 ottobre
BARI —Alle ore 18, nella chiesa valdese (corso Vittorio
138), il past. Lorenzo Scornaienchi parla sul tema: «Giovanni Diodati, teologo riformato e traduttore della Bibbia».
TORINO — Alle ore 15,30, nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele 23, il past. Mariano Di Cangi (Ontario
Theological Seminary, Toronto), parla sul tema: «Memoria
storica e comunione nella testimonianza: Pietro Martire
Vermigli». Segue comunicazione dell’Alleanza evangelica
italiana su «Le prospettive della libertà religiosa in Italia».
COAZZE (TO) — Alle ore 21 nel tempio valdese (via Matteotti), il Gruppo teatrale bmv di Torino presenta «Un filo
tenace. Fede e amore di un partigiano» basato sul carteggio tra Willy Jervis e Lucilla Rochat.
31 ottobre
BUSSOLENO (To) — Alle ore 15, nella chiesa battista (v.
Torino 11), per il Centro culturale «Piero Jahier», la pastora
Giovanna Pons parla sul tema: «Sui confini della bioetica».
Presiede il pastore Antonio Cammisa. L’incontro sarà preceduto da un’agape fraterna nella sala della chiesa.
MILANO — Alle ore 18, nella chiesa metodista (v. Porro
Lambertenghi 28), per la «Festa della Riforma» si tiene un
concerto dell’organista Jolando Scarpa.
CASORATE PRIMO — Alle ore 17, nella chiesa battista, inizia una serata di risveglio evangelistico con i cantanti Denise Arameda e Cristian Senn, del pianista Massimo La Noce e di Francesco Romeo. Letture bibliche, preghiere, testimonianze e canti comunitari completano la serata.
LENTINI (Sr) — Alle ore 10,30, nel tempio battista (via Regina Margherita 38) si tiene il culto della Riforma con le
chiese evangeliche della Sicilia orientale.
FLORIDLA (Sr) — Alle 18,30, nella chiesa battista di c.so
Vittorio Emanuele 430, il past. Italo Pons parla su; «Chiese
evangeliche storiche oggi: una crisi o una trasformazione?».
r novembre
TRIESTE — Alle ore 20,30, nella basilica di San Silvestro,
concerto delTorganista Anneròse Hulliger.
3 novembre
MILANO —Alle ore 18, all’Ambrosianeum (via Delle Ore
3), per il ciclo Sae sui «Volti del fondamentalismo», il prof.
Enzo Pace parla sul tema: «Il regime della verità: le tentazioni del fondamentalismo religioso».
4 novembre
MODENA — alle ore 17,30, alla Fondazione Collegio S.
Carlo (via S. Carlo 5), per il corso «Altri mondi. Strategie di
immortalità e identità religiosa», il prof. Cesare Segre parla
sul tema: «In fuga dal mondo. Immagini dell’alidilà tra Medioevo ed età moderna».
TRIESTE — Alle ore 17,30, nella basilica di San Silvestro,
per il corso su Trieste nell’800, il prof. Gianfranco Hofer
parla sul tema: «Presenza delle comunità religiose».
FIRENZE — Alle ore 18, nel tempio valdese di via Micheli
26, per la serie «Appuntamenti con l’organo», l’organista
Simone Ori esegue musiche di Johan Sebastian Bach.
TORINO — Alle ore 16 e alle 20,45, nella sala valdese di via
S. Pio V15 (I p.), il pastore Giuseppe Platone, per il corso di
formazione adulti «Insegnaci a pregare», parla su: «Sia fatta
la tua volontà anche in terra come è fatta nel cielo»
5 novembre
MESTRE — Alle 15,30, al liceo «G. Bruno» (v. Buglioni 26),
la dott. Tania Gupta parla sul tema; «La donna induista e la
sua esperienza a contratto con la cultura occidentale».
TORINO — Alle ore 18, nel salone del Centro teologico
(corso Stati Uniti 11/h), per il Centro teologico e il Centro
evangelico di cultura «A. Pascal», il teologo cattolico Walter
Danna parla sul tema: «Ricerca scientifica e problema di
Dio». Presiede la pastora Giovanna Pons.
5-10 novembre
REGGELLO — A Casa Cares si tiene il corso per operatori
della diaconia sul tema: «La componente emotiva nella
Bibbia come proposta alla nostra tradizione riformata»
Radio e televisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 31 ottobre (replica lunedì 25 ottobre) andrà in onda;
«Andate e predicate - tre storie una vocazione: l’impegno
dei predicatori locali come espressione del sacerdozio
universale dei credenti; Un riformatore di 500 anni fa: la
figura di Pier Martire Vermigli; Bibbia e giornale: un commento all’attualità della Riforma protestante».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
14
PAG. 1 O RIFORMA
Riforma
La parità scolastica
Beniamino Lami
Dopo essere passato in Senato, il contrastato disegno di
legge sulla parità scolastica è giunto alia VII Commissione
della Camera che ha iniziato il preliminare giro di audizioni di coloro che già al Senato avevano chiesto di essere
ascoltati. Tra questi anche la Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, che è già stata ricevuta. Il ddl riguarda la parità scolastica, ma in realtà non si limita a disciplinare quanto previsto dalla Costituzione, e cioè i requisiti
che debbono possedere le scuole private per essere ritenute «paritarie» e per ottenere l’equipollenza dei titoli di studio: si presenta piuttosto come un anomalo ddl di riforma
dell’intero sistema scolastico italiano.
Il primo articolo, U più significativo, stabilisce che il sistema scolastico formativo italiano è costituito dalle scuole
statali, da quelle private paritarie e da queile degli enti locali. Ora, la Costituzione è chiara: al privato è data libertà
di istituire scuole che perseguono finalità proprie e comunemente sono chiamate «scuole di tendenza». Le scuole
statali invece perseguono le finalità stabilite dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica: perseguono quindi finalità generali e la loro istituzione e diffusione è un dovere
istituzionale dello stato. Il diritto all’istruzione si configura
quindi come un diritto primario tutelato dalla Costituzione. Non è paragonabile a un qualsiasi servizio sociale e non
è in alcun modo alienabile o appaltabile ad altri. Come può
un unico sistema scolastico contenere scuole che operano
perseguendo finalità diverse, ma ambedue connotate da
una stessa funzione pubblica e nazionale? Oppure, come è
possibile attribuire una funzione pubblica generale a una
scuola che opera per finalità proprie?
È difficile che questo articolo passi indenne al vaglio della Commissione affari costituzionali oppure a quello della
stessa Corte Costituzionale quando verranno presentati i
già programmati ricorsi. Facendo parte di un unico sistema, forse le scuole private paritarie diventeranno un po’
più pubbUche, ma nel contempo le scuole pubbliche sono
destinate a diventare un po’ private. Sono in molti a vedere, credo non a torto, questa legge come il primo decisivo
passo verso la privatizzazione dell’intero sistema formativo, in omaggio aU’idea dominemte del mercato. L’articolo
33 della Costituzione, cosa ormai nota, stabilisce il principio del «senza onero per lo stato». Impedisce quindi il finanziamento statale alle scuole private. Il ddl prevede invece l’aumento delle risorse destinate alle scuole materne
ed elementari paritarie. L’aumento non è molto alto, ma in
questa fase evidentemente conta il principio. Un principio
che è stato immediatamente raccolto ed esteso dalla giunta Formigoni della Regione Lombardia. L’articolo sul diritto edlo studio istituisce invece un contributo da erogare,
tramite il canale delle Regioni, agli studenti, sia quelli delle
scuole private, sia quelli delle scuole pubbliche. Contributo dato in cifra uguale per tutti. Questa parità di trattamento ha sollevato le critiche del Polo, dei popolari e del
mondo cattolico che vorrebbero il contributo differenziato
a seconda dell’entità della spesa sostenuta (insomma, il
pagamento delle rette di iscrizione e frequenza).
Al Senato, dove il governo può contare su una maggioranza solida, il provvedimento è passato anche se con i
mal di pancia di chi aveva lavorato a un testo diverso e più
rispettoso della Costituzione. Subito dopo la votazione il
ministro Berlinguer si è premurato di dire che questo rappresenta il primo passo. Quale sarà il successivo? Cosa
succederà alla Camera, dove le forze del Polo sono più
consistenti? Che effetti avrà la singolare campagna de L’osservatore romano contro la legge di riordino dei cicli che
sta anch’essa per essere votata? Ci sarà il voto dei cattoUci
sul riordino dei cicli in cambio di aggiustamenti della legge di parità? Bisognerebbe avere il coraggio di essere più
chiari. Il segretario dei Ds, Valter Veltroni, lo è stato quando ha detto che anche la Rivoluzione di ottobre è stato un
errore (evidentemente i valori etici e politici dello zarismo
erano stati allora sottovalutati); occorrerebbe allora arrivare ad affermare persino che anche la Costituzione è stata un errore e che i padri costituenti si sono sbagliati: laicità e democrazia non sono principi su cui si può fondare
uno stato moderno. Almeno sarebbe tutto più trasparente.
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1' gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 41 del 22 ottobre 1999 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 20 ottobre 1999.
1998
Associato alla
Unione stampa
periodica itaiiana
Commenti
VENERDÌ 29 OTTQBRF
I provvedimenti della Commissione europea
Alimenti più sicuri per gli animali
Servono divieti ma anche informazione, e soprattutto
comportamenti più coerenti da parte dei consumatori
PIERO ROSTAGNO
IL Commissario Fischler ha
recentemente fornito ai
Parlamento europeo dichiarazioni sui provvedimenti
che la Commissione europea
intende adottare per garantire maggior sicurezza degli
alimenti per animali ed evitare rischi per la salute umana.
La Commissione propone:
informazioni per il pubblico,
interventi legislativi, gestione
delle crisi a livello di Unione
europea (Ue) e stati membri,
adozione di buone pratiche
di fabbricazione. In sintesi:
- estensione dell’elenco
delle materie prime per l’alimentazione animale di cui è
vietato l’impiego, con particolare riferimento ad alcuni
sottoprodotti provenienti
dalla trasformazione delle sostanze grasse:
- fissazione di tenori massimi per la diossina negli oli e
nei grassi e negli alimenti
composti che li contengono;
- modifiche delle definizioni di alcune materie prime
per alimenti per animali in
particolare per quanto riguarda gli oli, i grassi e i prodotti di origine animale;
- la Commissione ha l’intenzione di fissare un programma di controllo specifico
per diossine e Pcb nelle materie prime (oli, grassi, ecc.) e
negli alimenti composti;
- adozione di una clausola
di salvaguardia, che consenta
alla Commissione di adottare
misure d’urgenza in questo
settore nei casi di pericolo legati all’alimentazione zootecnica;
- introduzione di un sistema rapido di allerta per gli
alimenti per gli animali e per
le derrate alimentari:
- obbligo per gli stati membri di mettere in pratica un
programma di controllo per i
contaminanti dei mangimi;
- il Trattato Ue modificato
dal Trattato di Amsterdam
chiarisce che la Commissione dovrà elaborare proposte
molto rigide in materia di
protezione della salute dei
consumatori, basate su dati
scientifici:
- per molti additivi l’autorizzazione sarà legata al responsabile della loro messa
in circolazione. Questo sistema deve essere applicato a
partire dal 1“ ottobre 1999 e
verrà valutata anche la possibilità di estendere questo sistema autorizzativo ad altri
gruppi di additivi;
- un obiettivo a lungo termine consiste anche nel revisionare le autorizzazioni degli additivi auxinici (sostanze
che promuovono la crescita).
SI è svolto a Roma nei giorni scorsi il Sinodo dei vescovi cattolici che ha dedicato alcune sedute al problema
dell’Islam e della sua presenza, sempre maggiore, in Europa. Si sono udite testimonianze e affermazioni allarmate che da anni, forse da
secoli, non si udivano più. 11
cardinale Poupard ha detto:
«L’Islam pone all’Europa e
all’Occidente una terribile
sfida e alla speranza cristiana
un grave problema. L’Islam si
concepisce insieme religione,
cultura e società, modello di
vita, di pensiero e di comportamento». L’arcivescovo di
Belgrado, Frane Perko, ha dichiarato: «Per qualche decennio ancora, forse un secolo,
l’Islam sarà il pericolo più
grave per il cristianesimo
specialmente in Europa». In
Francia i musulmani sono ormai 4 0 5 milioni, tanti quanti
concesse prima del 1988.
Questa revisione inizierà nel
settembre del 2000 e sarà
conclusa nel 2003;
- la Commissione ha già
presentato una proposta di
direttiva del Parlamento europeo e al Consiglio che prevede nuove regole di etichettatura per i mangimi di molte
specie animali. Viene proposta una dichiarazione qualitative e quantitativa obbligatoria di tutte le materie prime
utilizzate negli alimenti composti.
Un rapido commento: tutto ciò che si fa per salvaguardare la salute è benvenuto,
tuttavia si ha l’impressione
che non avendo il coraggio di
affrontare serenamente il
problema dell’informazione
corretta si scelga la scorciatoia dei divieti per scaricarsi
di responsabilità. Se è vero
che il legislatore dovrebbe
comportarsi come il buon
padre di famiglia, così sarà
un pessimo padre e non educherà mai il figlio consumatore; in compenso lascerà
spazio alla cattiva informazione. Ne sono un esempio i
servizi apparsi recentemente
su alcune testate italiane. Il
consumatore, dal canto suo.
ha degli strani comportamenti. Non insorge se il suo
Comune non attiva le centraline di rilevamento dell’inquinamento, oppure, mi si
passi la banalità, utilizza l’automobile per andare ad acquistare le sigarette, ma e’vita
di mangiare 100 grammi di
pollo per paura degli eventuali nanogrammi (zero virgola otto zeri uno) di residuo
della diossina. Siamo stati
tutti contenti del decreto che
ha salvato il formaggio di
malga e il lardo di colonnato.
Su quali informazioni scientifiche? Con quali statistiche
in mano? E quali informazioni abbiamo sulle verdure e
sulla frutta, da tutti i dietologi
raccomandate come salvavita? Ci salverà il biologico?
Quanto biologico sarà un alimento prodotto rigorosamente con sistemi biologici,
ma su un terreno in prossimità di una strada di grande
comunicazione? Quante strade di grande comunicazione
ci sono in Italia, in Europa?
Dobbiamo imprimerci bene nella mente che sono i nostri comportamenti a determinare le nostre condizioni
di vita. Ma questo è un altro
discorso. O no?
I protestanti e il rispetto dei defunti
Le tombe e i cimiteri
non devono essere trascurati
EUGENIO BERNARDINI
IL 30 settembre, nella cronaca di Torino de La Stampa, è comparso un articolo
con questo titolo «Tombe divorate dall’incuria» e con
l’occhiello «Il settore “evangelico” dimenticato dal Comune e dai familiari». Il riferimento è al Cimitero monumentale di Torino dove, effettivamente, c’è una responsabilità del Comune nella mancata cura delle parti comuni e
dei vialetti, ma è anche evidente l’incuria dei familiari
per le erbacce sui e intorno ai
tumuli. È vero che si tratta
quasi sempre di tombe molto
vecchie (anche degli inizi del
secolo!) per cui, forse, i familiari e discendenti non ci sono neanche più, ma dispiace
che si possa confondere l’assenza del culto per i defunti,
che caratterizza la fede evangelica, con l’assenza del rispetto per le tombe e i cimiteri, che esprime solo il disinteresse e la trascuratezza, se
non il disprezzo, per un’area
pubblica a disposizione di
tutti. E forse anche per la memoria: quella dei nostri cari
in particolare e quella del
passato in generale.
Riflettiamo dunque: i cimiteri vanno curati, sempre.
Per il passato che cosa si può
fare? Se non abbiamo voglia
di curare i tumuli, accettiamo 0 chiediamo di trasferire
i resti delle spoglie dei nostri
cari, anche se le concessioni
delle tombe non sono ancora scadute. E per il futuro?
Decidiamo di acquistare un
loculo (che non necessita di
cura) oppure scegliamo la
cremazione, che consente di
depositare le ceneri in una
celletta che non necessita di
cura oppure di «disperderle»
nell’apposito spazio cimiteriale (in Italia non è consentito di disperdere le ceneri
altrove). Ma se preferiamo
che il corpo sia «restituito alla terra», dobbiamo poi curare il tumulo per tutta la
durata della tomba.
Sia
iJj
PIERO bensì
i cattolici praticanti. In Germania poco meno.
Che dobbiamo fare? Un ritorno alle crociate? Ad ascoltare i toni di alcune manifestazioni xenofobe di casa nostra, specialmente nel Nord,
si ha proprio l’impressione di
una rinascita dello spirito
delle crociate o delle guerre
di Carlo Magno contro gli invasori islamici. La chiesa, tutte le chiese, sono sempre assediate in questo mondo; ma
il Signore ci ha lasciato sol
tanto due armi per combattere quanti ci sono nemici:
l’annunzio fermo della Parola
e la pratica dell’amore. Non
abbiamo altre armi.
La chiesa primitiva di Gerusalemme era circondata da
fieri avversari e spesso perseguitata. Così rispondeva, ci
racconta Luca: «La moltitudine di quelli che avevano
creduto era di un sol cuore
(...) non vi era chi dicesse sua
alcuna delle cose che possedeva, ma tutto era in comu
STANTESil;
iTV
vene
IC
legf
iato 1
Dopoguerra in Kosovo
Nella mentalità «consumi,
stica» della notizia, tipica ¡jj
nostri giorni, sembra esse!
passato molto tempo dalli
guerra in Kosovo. Le em«.
genze che hanno risalto sui
quotidiani sono altre, soltaj.
to sporadicamente qualclij
notizia richiama quel con%
to ora per la questione deefaiuti che non hanno mai at
traversato rAdriatico, orape
sottolineare il ruolo che l’Ea,
ropa, in una dimensioae
mondiale, deve ricoprire. Mj
come accade sempre in que
sti casi il dopoguerra non
vuol dire che l’emergenza!
finita. Questo concetto, coi
elementare e scontato, noj
rientra però nelle logiche della comunicazione attualet
così si tende a dimenticati
che al di là dell’Adriatico#
vono due popoli con due culture differenti, che vi sont
due realtà che hanno provato
e stanno provando odio e repressione. Due, o meglio tre,
etnie (quella albanese, quelli
rom e quella serba), che stanno cercando faticosamente
di ritornare alla normalità,
L’ultima puntata di Protestantesimo, andata in ondai
17 ottobre, ci ha mostratoi
Kosovo e la Federazione jngoslava di oggi, due realtà!
verse ma molto simili. Certn
da una parte ci sono i «vindtori» e dall’altra i «vinti»i
questo conflitto folle ma »
prattutto c’è distruzione,
odio, l’ignoranza di chi noi
sa o di chi non vuole sapete
Le immagini a campo stretti
dei veri protagonisti, la genti
del popolo, ci ha mostrati
ovviamente stati d’animo dii
ferenti ma anche la volontì
di ricominciare delle perse
ne, la voglia di aiutare, ei
fare, dei volontari delle vati
associazioni umanitarie,!
«bisogno» dei profughi diof
gi, i serbi kosovari, ma aneli
di quelli di ieri, gli albanes
del Kosovo. Le immagini^
hanno mostrato distruzioni
sconforto, ponti saltati e s®
natori al lavoro, tutte fotop
fie lette più volte sui giorn»
o intraviste alla televisio®
ma anche volti di madri di®
miglia, di politici locali,>
profughi rom e di cittadini!
Belgrado nel dopoguetij
Una realtà fatta anche»
chiese differenti che inviti
al riavvicinamento, alla to»
ranza, all’andare oltre la W
ca della guerra in una regio”*
in cui occorre «disattivate
mina dei nazionalismi» e
tare la gente a ritornare al
«normalità di essere gente»
Davide Ross*
inisot
to: ci;
sulle !
pensa
strano
da, tir
biano
cambi
vescot
prima
afferra
ve fer
che si
mulini
biamo
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cattoli
Con
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sbet, d
Usuo
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Ora
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che si
co, è I
scena
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ne fra loro (...) non c’era n
sun bisognoso fra loro l-''
Gli apostoli con grande
lenza rendevano
nianza della resurrezione
Signore Gesù (...). La folle
correva dalle città vicine "
landò gli ammalati (-) ®
tuli
erano guariti». Espetle^ì
straordinaria, forse irrip'
le, ma l’indicazione è qU'
Disprezzo e violenza no®^,
appartengono. Se le
sapranno mantenere i .
la loro testimonianza
sto e dimostrarla acco”
do con amore
grati, anche se non
amabili, allora non avr
nulla da temere.
(Rubrica «Un fatto,
mento» della trasmissi
Radiouno «Culto
curata dalla P^derazion .
chiese evangeliche in Ito
data in onda domenico
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PAG. 1 1 RIFORMA
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uale dialogo?
^endo «La Stampa» sahat^S settembre, a pag. 12,
li sono fermato e ho pensati ci risiamo, non mollano
uile indulgenze: ho aiiche
ensato alla fine: che c e di
^0, vanno per la loro strada tirano diritto, non cambiano nulla e non vogliono
cambiare nulla, e anche due
^covi al Sinodo non fanno
oriinavera: eppure qualcuno
ferina che il dialogo non deve fermarsi: sono convinto
che sia un «lottare contro i
Budini a vento»: su cosa dobbiamo dialogare noi evangelici (protestanti) con la Chiesa
cattolica che ha un’ecclesiologia opposta alla nostra?
Come mi diceva qualche
anno fa il pastore Roberto Nisbet, da quando aveva scritto
0 suo libretto (Ma il Vangelo
¡endice così) circa 50 anni fa,
la Chiesa romana non ha
cambiato nulla, e io dico che
è da illusi pensare che lo faccia: però eravamo d’accordo
sauna cosa: ha cambiato il
proprio modo di comportarsi
con i protestanti, finge di accettare un dialogo come
specchietto per le allodole,
però andando dritto per la
suà strada (vedi le indulgenze) 0 magari accusandoci di
fare proselitismo, e qualcuno
sièaiffettato a dire su «La Repubblica» che i protestanti
non fanno proseliti: poi leggo
dinuovo su «La Stampa» del 2
ottobre che i vescovi discutono sull’impegno della Chiesa
per rievangelizzare l’Europa:
loro sì, noi è meglio di no.
Comunque a chi vuole a
tutti i costi il dialogo, dico
che De gustibus non est disputandum. A me non piace.
Mario Goletti
Bobbio Pellice
1 Fede e politica
L’articolo del prof. Daniele
Garrone su Riforma n. 39, che
riprende un suo intervento a
Ecumene sulle prospettive
del protestantesimo, oggi mi
pare rivolga un invito ai protestati che praticano la fede
e militano. Garrone scrive:
«Per oltre un trentennio “cultoa” ha voluto dire per la
Maggioranza di noi un sapere
TOito alla trasformazione politica del mondo: “fede e polirica", come si diceva».
Ora, Garrone intende dire,
ri mondo, nell’accelerazione
che si è avuta del tempo storico, è del tutto cambiato. Gli
scenari, le prospettive sono
del tutto diverse. Se è così, ed
0 certamente così, mi chiedo
e lo propongo qui con questa
lettera se non sia il caso, se
abbiamo la forza di avviare
sulle pagine di Riforma, alla
luce di quello che è cambiato
e cambia, un confronto a più
voci, a tutto campo. Libero,
franco, storico-critico, laico,
senza dogmatiche chiuse,
senza schemi e preconcetti,
fraterno, da protestanti. Un
confronto a più voci su questo tema vecchio e sempre
nuovo, sempre attuale e importante per le nostre chiese
riformate. Fede e politica oggi: chi rompe il ghiaccio?
Sergio Turtulici - Pinerolo
- I fondi
per la Russia
Mi è giunta notizia che in
questi ultimi giorni la stampa
italiana [La Stampa, e La Repubblica in particolare) ha
pubblicato una serie di articoli volti a sostenere la tesi
dell’uso improprio del denaro erogato lo scorso anno dal
Fondo monetario: uso improprio effettuato dalla Banca centrale russa prima e dopo la crisi del 17 agosto 1998.
In particolare è stato pubblicato un elenco di banche russe e americane, che hanno
beneficiato dei dollari delle
organizzazioni internazionali, ben oltre i limiti loro consentiti dallo stesso organo di
vigilanza russo.
Premesso che gli articoli in
questione non trattano del
problema Fimaco, società ofshore appartenente alla Banca centrale, già oggetto di
chiarimento con il Fondo monetario, né delle questioni legate alla corruzione (casi Mabetex ecc.) penso che siano
necessarie le seguenti considerazioni di tipo tecnico:
- il Fondo monetario fornì
un prestito di 4,5 miliardi di
dollari al fine di sostenere il
rublo: di per sé l’aver venduto dollari da parte della Banca centrale non costituisce
un illecito rispetto alle finalità stabilite dallo stesso organismo internazionale:
- la vendita di valuta da
parte della Banca centrale, al
di fuori della Borsa valutaria,
è cosa prevista dalla legislazione:
- a fronte della vendita di
dollari l’Istituto di emissione
è stato regolarmente pagato
in rubli dalla banche commerciali:
- i limiti imposti a ciascuna banca commerciale per
l’acquisto di valuta vengono
stabiliti dalla Banca centrale
per giornata lavorativa, per
cui è ovvio che possano essere superati se si considerano periodi di tempo pari ad
alcuni mesi, come riportato
negli articoli indicati.
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Nella collana «Cinquantapagine« è uscito il n. 15
Vi
Fulvio Ferrano
Dietrich Bonhoeffer
64 pp.. Lire 5.000, cod. 318
“È la fine, per me è4’inizio della vita»; queste le ultime parale del brillante teologo (uno dei
pochi teologi martiri della storia cristiana) prima d’essere assassinato
Pai nazisti. L’autore illumina la figura straordinaria di Bonhoeffer, uorao di profonda spiritualità, teologo
«ella profanità, radicale pacifista
raa cospiratore contro Hitler, un tedesco che nel 1941 prega «per la
^sfatta della Germania», discepok? semplice, diretta e totale
PPOedienda alla Parola di Dio.
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
htq)://Wwwjupnet.tt/-val(tese/claudlan.tltm
Le prossime generazioni subiranno le conseguenze delle nostre scelte
I «costi» dell'energia termoelettrica e nucleare
MARCO COISSON
Gentile direttore,
Le scrivo in merito all’articolo intitolato «L’incubo nucleare», apparso a firma di Giorgio Nebbia sul numero 39 di
Riforma. Prima di segnalare il mio apprezzamento per il messaggio etico proposto dall’autore, desidero sottolineare
alcuni aspetti presentati a mio giudizio
in maniera non corretta neU’articolo. Si
fa infatti un po’ di confusione sul ruolo
e sulla natura dell’uranio nei processi
nucleari per la produzione di energia ad
uso civile (ed è bene ricordare che si
tratta di processi molto diversi da quelli
necessari per la produzione di bombe).
L’uranio è un elemento naturale piuttosto raro, ma non per questo introvabile:
ce n’è in abbondanza, per esempio, nel
sottosuolo di una grande città come Torino, ed è lì da milioni di anni. Naturalmente è radioattivo, perché una piccola
percentuale del minerale è composta da
isotopi instabili come il 235 e il 239. Sono questi a emettere radiazioni, anche
se spontaneamente (in genere) non fissionano, cioè non si spezzano come invece avviene in una centrale nucleare. Il
combustibile arricchito usato nelle centrali è costituito da uranio naturale in
cui l’isotopo 235, anziché essere presente all’1% come in natura, è presente al
2,5% al massimo, con un incremento
della radioattività per unità di massa
pressoché irrilevante. Questo combustibile viene usato per produrre energia, il
pochissimo uranio 235 presente fissiona
e produce nuclei più leggeri, radioattivi.
Il plutonio non si produce in seguito a
fissione (è persino più pesante dell’uranio), ma in seguito a cattura di neutroni
da parte delTuranio 239. Anche il plutonio è radioattivo.
Il cosiddetto uranio «impoverito», la
cui radioattività è risibile (in un pomeriggio in campagna, seduti sull’erba, si
viene contaminati in maniera maggiore
dalla radioattività naturale che non convivendo per lo stesso periodo di tempo
con un quantitativo di questo uranio),
viene in effetti usato, per la sua durezza
e per il suo peso, nella costruzione di
proiettili: benché lo scopo non sia nobile, va ricordato che questi proiettili non
sono radioattivi (non più del fondo naturale). Alla fine di tutto restano comunque scorie, alcune delle quali così tossiche che, se non schermate, ucciderebbero una persona in pochi secondi se si
trovasse alla distanza di mezzo metro.
Questa è l’eredità che ci lascia il «ciclo
nucleare».
Il problema è che non è l’unico a lasciarci eredità simili. Qui l’autore dell’articolo dimentica di dire che il «ciclo
nucleare» non è l’unico il cui costo sarà
pagato, in un futuro, da intere generazioni che non avranno nessuna colpa;
anzi, il suo costo, a conti fatti, non è
neppure poi così grande. Prendiamo, ad
esempio, una normalissima centrale
termoelettrica da 1.000 mw. Dalle sue
ciminiere escono qualcosa come 1.000
metri cubi al secondo di fumi a temperature di circa 150°C, ovvero la bellezza di
130 mw buttati al vento (il 13% di quanto erogato). Questo vuol dire circa 3 kg
al secondo di biossido di zolfo, circa
100.000 tonnellate all’anno, per citare
solo uno degli inquinanti. In dieci anni,
le sole centrali nucleari francesi non
hanno immesso in atmosfera qualcosa
come un miliardo di tonnellate di anidride carbonica (tra i maggiori respon-sabili dell’effetto serra), 10 milioni di
tonnellate di biossido di zolfo (piogge
acide e deforestazione), 500.000 tonnellate di polveri e particolato (tossico e in
parte anche radioattivo, perché la radioattività è un fenomeno naturale e la
si ritrova anche se si brucia la legna nella stufa...). La produzione nudeoelettrica mondiale è una decina di volte maggiore di quella francese, quindi questi
dati varmo tutti moltiplicati per 10, e otteniamo quanto mancato inquinamento il nucleare ha portato. Certo, ci sono
le scorie; qualche decina di metri cubi
(all’anno). E tante polemiche.
Non è una difesa del nucleare, la mia;
è la constatazione che è facile dare delle
colpe a questi atomi radioattivi e alle
persone che li vogliono usare; ma il
mondo, noi stessi abbiamo bisogno di
energia. È nella consapevolezza di questo, e delle poche considerazioni fatte
sopra, che spero non cada inascoltato
l’appello etico deH’autore dell’articolo:
l’energia ci serve, ma ha un costo (ambientale, più che economico) molto elevato, e circa due terzi della popolazione
mondiale ancora non dispone di energia,
0 quasi. Se veramente teniamo al creato,
riflettiamo, e rendiamoci conto che la
ricchezza di un paese non si può calcolare in mw/h. E nemmeno la nostra.
Di conseguenza la Banca
centrale agì, formalmente, in
modo corretto, tenendo conto sia delle finalità per cui
aveva ricevuto il prestito, sia
delle proprie prerogative. Al
più si può dire che si è trattato di un deprecabile spreco
di dollari che, purtroppo,
però è accaduto anche in altri paesi, allorquando l’istituto di emissione ha tentato,
infruttuosamente, di difendere la valuta nazionale.
Quello che invece ci si può
chiedere è se davvero la Banca centrale non sapeva che di
lì a poco lo stato avrebbe annunciato la sua incapacità a
rimborsare il debito pubblico
e il rublo sarebbe stato svalutato e se, a loro volta, anche
le banche commerciali, acquirenti di valuta pregiata,
erano all’oscuro dell’imminente destino. Peraltro le voci di probabile svalutazione
erano già molto forti a giugno-luglio dello scorso anno
e quindi è assai probabile che
le massime espressioni dello
stato e le principali banche,
russe ed estere, fruissero di
ben più dettagliate informazioni. A questo proposito è
emblematico il fatto che tra
le banche americane citate vi
siano proprio quelle che han
no maggiormente speculato
sul mercato dei titoli del debito pubblico (i cosiddetti
Gko) e che erano le più interessate a convertire in dollari
i proventi in valuta locale derivanti dallo smobilizzo delle
loro posizioni in titoli.
Ferdinando Pelazzo - Mosca
Pericolo
islamico
Sulla nostra stampa è quotidiano leggere di immigrati e
dei problemi che creano. Politici ed economisti vanno
proclamando che essi sono
una ricchezza, come lo furono per altri paesi gli italiani
all’estero. Gli italiani però si
amalgamarono in paesi affini,
mentre la fortissima componente islamica dell’immigrazione è refrattaria a ogni assimilazione. Osserviamo da anni paesi musulmani intolleranti e violenti verso ogni minoranza. Assistiamo anche a
violenze e terrorismo di islamici minoritari, contro pacifiche popolazioni di maggioranza, ma di altra fede. Il verbo che li accomuna è uccidere, eliminare i diversi. La nostra vocazione alla tolleranza
Nella «Piccola biblioteca teologica» è uscito il n. 50
Il Consenso cattolico-luterano
sulla dottrina
della giustificazione"
Introduzione di Jürgen Astfalk
con due saggi introduttivi di Fulvio Ferrano e Paolo Ricca
112 pp., cod. 323, L. 15.000 - Euro 7.75
La dottrina della giustificazione rappresenta uno dei punti di
maggior contrasto fra le chiese natep
dalla Riforma e la Chiesa cattolica.
Questo libro offre i documenti ufficiali e le più significative prese di
posizione delle parti per permettere una migliore comprensione della questione e valutarne la portata
ecumenica, visto che questo consenso, firmato ad Augusta il 31 ottobre 1999, seppur limitato e differenziato, ha fatto cadere le scomuniche vicendevolmente scambiate
nei secoli scorsi.
wswiwoNE i
Ili
a mmeaitnce
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://vyww.arpnet.it/~vatdese/c)audian.htm
verrà ripagata come in Turchia dove, con gli armeni annientati intorno al 1915, il cristianesimo ha chiuso. Come
in Indonesia e Timor, dove i
cristiani sono bruciati insieme alle loro chiese o tmeidati.
Come nel Sudan, dove sono
uccisi o resi schiavi da bambini, e islamizzati. E via dicendo. Viste simili prospettive
non resta che invocare Dio
.perché abbia pietà della nostra Europa, che affronta confusa e imbelle il suo avvenire,
pressata da forze che mirano
alla cancellazione completa
della sua identità.
Giovanni Petitti
Putignano Pisano (Pi)
Siamo consapevoli che molti
condividono le preoccupazioni del
nostro lettore sulla «diversità»
spesso radicale deH’immigrazione
islamica in Italia e in Europa (vedi l'intervento su questo stesso argomento del pastore Piero Sensi
nella pagina a fianco), ma gli
esempi che fa nella sua lettera
sono un po' fuorvianti: infatti tutti
i paesi citati sono di maggioranza
islamica e la repressione di cri
stiani, che è assolutamente reale,
è svolta da governi autoritari più
0 meno legittimi, non da minoranze. Un esempio di minoranza
fanatica che attacca la maggioranza è l'Algeria, ma in quel paese sono stati degli islamici ad
aver massacrato altri islamici.
Non ci sono casi, invece, di gruppi di immigrati islamici violenti e
«anticristiani» in paesi occidentali.
Anzi, l'immigrazione in Europa
potrebbe introdurre nella tradizione e nella società islamica elementi occidentali di tolleranza e
pluralismo ancora troppo carenti
0 a volte quasi inesistenti, e potrebbe facilitare il dialogo tra civiltà diverse che spesso hanno
fatto fatica a comprendersi.
Certamente, il pericolo del terrorismo è reale, ma non è solo di
matrice islamica (basti pensare al
terrorismo italiano di destra e di
sinistra, che in questi mesi è tornato a colpire), così come sono
reali i problemi culturali e religiosi
che l'IsIam pone in Europa (in
materia di matrimonio, norme alimentari, festività, insegnamento
dell'arabo, ruolo della donna...),
ma questi problemi vanno affrontati con attenzione e serenità per
non ricadere in quella Intolleranza
di cui accusiamo gli altri, (e. b.)
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
«Nella casa del Padre mio
ci sono molte dimore: io vado
a prepararvi un luogo»
Giovanni 14,2
I familiari del compianto
Piero Gallo
neH’impossibilità di farlo singolarmente, esprimono un grazie affettuoso a tutti indistintamente dal
profondo del cuore. Un particolare
grato pensiero ai medici e al personale dell'ospedale valdese di
Torino e deH’ospedale di Chivasso per le cure prestate. Grazie
agli amici volontari dei vigili del
fuoco di Almese per l’affettuosa
partecipazione e al pastore Giorgio Bouchard per le parole di
conforto e per la sua presenza
continua nei momenti più dolorosi.
Almese, 18 ottobre 1999
«Riponi la tua sorte nel
Signore, confida in lui»
Salmo 37,5
Gli amministratori, i redattori e i
collaboratori di Riforma partecipano al dolore del grafico Pietro Romeo e deila sua famiglia per la
scomparsa del papà
Giovanni
Torino, 22 ottobre 1999
«Chi entra nel riposo di Dio
si riposa dalle opere proprie»
Ebrei 4, 10
Cinquant’anni della nostra vita
hanno intrecciato le loro alterne
vicende con quelle degli amici di
sempre. Ora che
Eugenia Speranza Gallafrio
è tornata al Padre celeste noi abbracciamo Luciano, i figli Sara e
Marco e le loro famiglie con l’affetto più forte e la partecipazione
più desolata.
Annarosa Balla, Carlo e Giulia
Ciardo, Vanna Damosso, Maria
Lucco, Renzo Turinetto
Torino, 20 ottobre 1999
RINGRAZIAMENTO
«lo ho combattuto il buon
combattimento, ho finito
la corsa, ho serbato la fede»
Il Timoteo 4, 7
I familiari della cara
Elisa Griot ved. Griva
di anni 92
consapevoli che con lei è scomparso tutto un patrimonio di esperienze e di ricordi, ringraziano tutte
le persone che sono state loro vicine in questo triste momento. Un
grazie particolare al caro Fausto.
Pinerolo, 29 ottobre 1999
16
r
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 29 OTTOBREiqqçj
■V
E
® Di ritorno da un viaggio in Serbia per la trasmissione «Protestantesimo»
ancora presto per parlare di riconciliazione
/ mass media e la disinformazione televisiva hanno giocato un ruolo decisivo
nell'indottrinamento antiamericano della popolazione che per il 15% è analfabeta
PAOLO EMILIO LANDI
Eia Serbia? Ce ne siamo
dimenticati. Un centinaio
di giorni da quando abbiamo
appreso, con sollievo, che il
bombardamento era finito e
la Serbia è stata oscurata dai
nostri palinsesti e dai nostri
sensi di colpa. Invece è ora
che si prepara la battaglia più
dura. Oggi Belgrado si prepara all’inverno, la gente Io affronterà senza i) riscaldamento cittadino, senza la benzina.
Ma la strada si prepara a un
nuovo assalto a Milosevic,
pressata daU’ingiustizia della
dittatura e dal fatto che questa è la condizione posta dagli
occidentali per fornire i 30
miliardi di doilari (ma la stima
è ottimistica) per la ricostruzione.
Il bombardamento ha dato
una stangata alla pur debole
economia della Federazione
jugoslava. 10 anni di regime
di Milosevic hanno ridotto la
ricchezza jugoslava del 70%. Il
reddito prò capite era (prima
della guerra) di 1.450 dollari
l’anno mentre in Slovenia è 12
volte tanto. Pane e latte calmierati, i negozi espongono
prezzi «occidentali». La benzina è razionata, 20 litri ai mese
per ogni macchina. C’è però
un gran traffico a Belgrado.
Non c’è da sorprendersi perché al di là delle cifre ufficiali
l’economia jugoslava è per il
50% criminale. Dove sono finiti i soldi sequestrati ai kosovari in fuga? La benzina, come
le armi e la droga, si può facilmente trovare al mercato nero. L’80% del traffico dell’eroina verso i paesi dell’Unione
passa dai Balcani. Questa è
una delle ragioni per cui, in
passato, il regime è riuscito a
sopravvivere durante l’embargo e ha potuto comprare
armi, questa è una delle ragioni «vere» della guerra. Lo
stato è militarizzato; in Serbia
c’è un poliziotto ogni 70 abitanti mentre nell’Unione la
media è uno su 700. Ma non
per combattere la mafia, piuttosto per assicurare un controllo totale sulla popolazione
civile.
Intanto ai 500.000 profughi
serbi arrivati con la guerra di
Bosnia (che non sono formalmente cittadini della Federazione) si aggiungono 220.000
profughi interni (Idp), rom e
serbi, loro si cittadini della Federazione, ma dei veri e propri paria, la cui vita è nel limbo. Il governo li vorrebbe rimandare indietro. I kosovari
non li aspettano certo a braccia aperte. Sono ospitati per la
maggior parte in case private
e in qualche scuola.
Tra il serio e il faceto a Belgrado si dice che la popolazione si divide in due: chi è
partito (circa mezzo milione
l’anno) e chi vuole partire. Gli
intellettuali scampati alla repressione sono emigrati, non
c’è una classe dirigente che
possa sostituire quella del regime.
La piazza riprende la forza
degli anni passati. Non una
piazza indistinta, gli intellettuali, i giovani gridano per il
cambiamento. Ma chi potrà
gestirlo? Forse i «parenti serpenti» Vuk Drascovic e Zoran
Gingie? Hanno le stesse idee
politiche ma non possono
sopportarsi a vicenda. Forse
Nebojsa Covic, il leader di Alternativa democratica? In privato ammette che i serbi in
Kosovo si sono comportati
vergognosamente, ma preme
sul pedale del freno quando si
parla di smantellare tutto il sistema. E poi l’opposizione ha
un serio problema: come convincere la gente semplice di
essere contro Milosevic ma
Belgrado: uno dei ponti distrutti dai bombardamenti deiia Nato
non per gli americani? I distinguo non attecchiscono tra
il popolo spaventato.
I mass media, la disinformazione televisiva hanno giocato un ruolo decisivo nell’indottrinamento della popolazione serba, che per il 15% è
analfabeta. Nelle campagne il
60% dei contadini ha fatto appena le scuole dell’obbligo. I
giornali dell’opposizione hanno scarsa diffusione perché
chi guadagna 50-100 marchi
al mese non li compra. In Serbia nessuno, neanche i leader
dell’opposizione, sa che la
pulizia etnica in Kosovo era
stata preparata con 3 mesi di
anticipo. In televisione da
dieci anni si celebra la favola di una piccola nazione
schiacciata dal mostro americano. Gli Idp intervistati arrivano al paradosso disdire che i
kosovari fuggiti erano 30.000,
moltiplicati ad arte dalla Cnn
e che la loro fuga era concordata con le forze Nato. Non
sono solo bugie, ma di alibi.
Recentemente, il patriarca
Pavle ha consigliato a Milosevic di lasciare il potere, distinguendo nettamente tra nazione serba e chiesa ortodossa.
Un gesto apprezzato all’Occidente ma poco noto in Serbia,
tra la gente comune. La chiesa
è spaccata. Non tutti i vescovi
ortodossi sono con lui. Alcuni
Consiglio ecumenico delle chiese
Omaggio a Julius Nyerere
Il pastore Konrad Kaiser,
segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec), ha reso omaggio al
grande uomo di stato africano ed ex presidente della Repubblica di Tanzania, Julius
Nyerere, deceduto il 14 ottobre scorso.
«Durante tutta la lotta che
l’Africa ha portato avanti
contro il colonialismo e l'apartheid, il Consiglio ecumenico delle chiese, nella sua
azione al servizio di quella
causa, ha ricercato i consigli
di un uomo che, nella sua
qualità di presidente degli
stati "di prima linea”, ha ispirato quella lotta e ha dato
l'esempio. Nell’ora in cui, insieme, piangiamo la perdita
di Julius Nyerere, nostro amico e mentore, e in cui esprimiamo le nostre sincere condoglianze alla sua famiglia e
ai suoi amici, rendiamo grazie a Dio per la sua vita e preghiamo perché l’anima sua
goda del riposo e della pace
eterni. Julius Nyerere ha vissuto una vita semplice, conforme al suo messaggio e ai
valori di verità e di giustizia
che difendeva. Incorruttibile
e dotato di un senso acuto
delle responsabilità, ha mostrato una rettitudine che è
stato un modello per il suo
paese e per il suo popolo,
nonché per il resto dell’Africa
e del mondo. Sotto molti
aspetti, Nyerere è stato la coscienza dell’Africa. Lo ha dimostrato prendendo la decisione di ritirarsi dalle sue
funzioni di presidente. E questo è solo un esempio fra altri
della sua integrità».
Nyerere era un uomo dalle
risorse intellettuali e morali
prodigiose. Durante gli anni
di lotta per la decolonizzazione delle colonie portoghesi e
della Rodesia del Sud, e durante la lotta contro l’apartheid in Namibia e in Sud
Africa, egli ha messo le proprie competenze al servizio
della resistenza e della lotta
di liberazione. Ha inoltre impegnato concretamente il
proprio paese nell’accoglienza in Tanzania di rifugiati
delle colonie portoghesi e del
Sud Africa, mettendo a loro
disposizione terre e risorse in
vista del loro sviluppo e della
loro formazione.
Durante quegli anni il Cec,
nell’ambito del suo programma di lotta contro il razzismo
(Plr), non ha soltanto dato un
aiuto finanziario a quei campi di profughi, ha anche consultato spesso Julius Nyerere,
attingendo alle fonti della sua
saggezza e della sua esperienza. In tutta la sua azione
al servizio della giustizia, della pace, dello sviluppo, dei
diritti della persona e della libertà, il Cec è stato inoltre
guidato dalle sue parole: «Se
la chiesa non condivide la
nostra povertà, né la nostra
lotta contro la povertà e l’ingiustizia, allora essa non fa
parte della nostra famiglia».
Per il pastore Sam Kobia
(Kenia), che dirige il Settore
«studio e azione» del Cec, il
mondo avrebbe tutto da guadagnare nell’imitare il modo
di vita modesta di Nyerere; in
quanto all’Africa, essa gli renderebbe un bell’omaggio nel
portare avanti il suo lavoro a
favore dell’unità e della pace.
(cec info)
che non hanno firmato la dichiarazione del Santo Sinodo,
si sono poi incontrati con Milosevic in privato. Il Patriarcato deve da una parte curare
l’anima dei suoi fedeli, dall’altra dare segnali politici chiari.
È tutt’altro che facile. L’appartenenza religiosa è stata
una delle «Maschere per un
massacro» (come titola Paolo
Rumiz, il suo magnifico libro
sulla guerra di Bosnia). E il
sentimento nazionalistico,
trionfalista e vittimista che ha
animato la propaganda serba
si riscontra anche tra alti prelati di Belgrado (vedi intervista a Attanasio, a fianco). Come in Russia la Chiesa ortodossa soffre essa stessa di una
troppo lunga autoesclusione
dalle riflessioni teologiche
contemporanee.
È presto per parlare di riconciliazione. A Belgrado la
scambiano per un sinonimo
di «pacificazione». È ancora
molto presto per avviare un
processo come quello sudafricano, prestissimo per chiedere perdono. Eppure un
giovane prete ortodosso, incontrandomi e sapendomi
italiano, mi ha cantato «Alla
fiera dell’Est» di Branduardi
(per intero, 5’36”) per dirmi
che loro sanno che questo
isolamento finirà e che tornerà la pace vera.
s Intervista al vescovo Attanasio
«La chiesa deve solo compiere
il suo dovere pastorale»
Il vescovo Attanasio è da tre
mesi ausiliario di Belgrado.
- Qual è il ruolo della Chiesa ortodossa serba nel futuro
della Federazione?
«La chiesa è la chiesa di
Gesù Cristo e questo significa
che la chiesa lavora per la salvezza della gente, di tutte le
genti, inclusa quella serba.
Perché il signore Gesù Cristo
ha tanto amato il mondo da
soffrire per il mondo, egli ha
salvato tutti suila terra. La
Chiesa ortodossa è qui per
compiere la stessa missione
che aveva la chiesa nei primi
secoli: la salvezza della gente.
La chiesa non è implicata
nella politica ma deve portare a compimento il suo dovere pastorale. La chiesa può
intervenire all’interno di ogni
nazione per promuovere la
trasformazione per il regno
di Dio a venire».
- C’è possibilità di una riconciliazione in questo paese?
«Sì, penso di sì, ma devo essere molto critico come sono
stato in passato contro gli altri fattori inclusi nella situazione attuale. Come cristiano,
come persona, devo esserlo.
Non dipende tutto dalla Chiesa ortodossa, da quella cattolica, da quelle protestanti, come dalla comunità islamica o
da una qualsiasi religione.
Principalmente, quello che è
successo in questa regione
dipende dal mostruoso, più
forte fattore sulla terra, dalla
politica americana soprattutto. E, in parte, ripeto solo in
parte dipende dagli altri paesi
della Nato. Il che significa
stortamente che la pace dipende dagli ’americani».
- Non parlavo del processo
di pace in Kosovo, ma la riconciliazione che implica ritornare a vivere insieme, e
guarire le ferite create da questa guerra.
«Grazie molte per aver detto questo. Io ho vissuto in Kosovo per undici anni, come
professore nel seminario teologico ortodosso in Prizren. E
io so e lo dico, e voglio che
voi lo sappiate, che noi eravamo in pace. Io ho molti albanesi per amici. Alcuni erano
cattolici, altri musulmani. Ma
quando il nuovo ordine del
mondo iniziò a fare il suo lavoro sulla terra, allora...».
- Vuole dire...
«Voglio dire i paesi della
Nato hanno trasformato la
faccia della terra. Allora iniziarono i guai... Prima in Slovenia, poi in Croazia, in Bo
snia Herzegovina e ora in Kq.
sovo. Io ringrazierei le fm^I
straniere se evitassero di aiu.
tarci perché sono sicuro che
potremmo creare la pacj
senza di loro. Molto prinjj
che con loro».
- Quali sono le relazioni
con le altre fedi?
«Io sono stato a Kosmetokia durante questi mesi di
tragedia, in luglio e agosto, e
sono stato in rapporti con alcuni preti della popolazione
albanese, dei cattolici. Voglio
dirle che se lasciate farea
noi, ai preti ortodossi, ai cattolici, ci sarebbe la pace. Noi
parliamo la stessa lingua. Noi
siamo fratelli ma non è abbastanza perché ci sono altri
fattori inclusi. Devo ammettere che non siamo stati in
grado di stabilire relazioni
con i reiigiosi della comunità
musulmana».
- Parlando dei protestanti,
lei crede che abbiano fatto abbastanza durante la guerra
per denunciare le uccisioni e
le distruzioni delle chiese ortodosse in Kosovo?
«Vede, c’è una cosa che deve essere spiegata. La chiesa,
la religione in generale non è
in prima persona coinvolta in
quello che è successo. E solo
un fattore secondario o meglio non è proprio un fattore;
la politica, gli scopi deila più
grande forza del mondo sono
i fattori. Io so che molte volte
hanno tentato di far credere
che si trattava di una guerra
di religione, ma non è vero. È
una scusa, è una scusa per
quello che i grandi poteri
hanno fatto nei Balcani».
- Come vede il futuro di
questa nazione?
«Io sono molto ottimista,
credo che il futuro della mia
nazione e delle altre nazioni
nei Balcani sia glorioso. Perché? Perché uno che è con
Gesù Cristo, deve essere vincitore».
- Lei crede che questa nazione sia stata pacifica e abbia agito secondo la legge di
Dio?
«Sì, certo, grazie per avermelo chiesto, perché io credo
e so che l’ortodossia è la via
del messaggio originale di
Gesù Cristo e credo che il
mondo dovrà ringraziare
l’ortodossia per questo. Perché il messaggio di Gesù Cristo è per la salvezza di tutto il
mondo. Questa è la missione
della chiesa ortodossa».
(Intervista a cura di Pao^
Emilio Landiì
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Sud Africa: forte protesta dei vescovi cattolici
Contro l'alto costo del trattamento anti Aids
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L’alto costo delle medicine
e del trattamento di cui necessitano i sieropositivi e i
malati di Aids preoccupa fortemente la Conferenza dei
vescovi cattolici del Sud Africa (Saebe). Secondo Robert
Shell, capo dell’unità di ricerche demografiche presso 1’
East London Campus dell’università Rhodes, circa il
10% dei 43 milioni di sudafricani è colpito dall’Aids. Secondo il ministero della Sanità del Sud Africa, il 65%
delle nuove infezioni riguarda giovani fra i 15 e i 25 anni.
L’antivirale Azt costa 400
rand (80 dollari) al mese,
mentre la triterapia, più efficace perché blocca la diffusione del virus nel corpo, costa 2.000 rand al mese. Secondo Molefe Tsele, direttore
del Servizio ecumenico per la
trasformazione socio-economica, il 60% della popolazione ha un reddito mensile tra i
460 e 12.680 rand.
Il comunicato dei vescovi si
inserisce nel contesto di un
braccio di ferro giuridico tra
il Sud Africa e gli Usa circa il
sistema mondiale dei prezzi
delle medicine usate contro
l’Aids. In base a questo sistemar le ditte farmaceutiche
hanno diviso il mondo in differenti zone tariffarie, basate
su quello che può pagare un
malato tipo del ceto medio.
Si ritiene che solo il 5% dei
bianchi siano colpiti dall’Aids
ma il loro reddito elevato fa sì
che il prezzo praticato in Sud
Africa si situa nella categoria
dei prezzi imposti nei paesi
ricchi, dove le medicine si
vendono più care.
Il segretario generale della
Saebe, Richard Menatsi, ha
detto che per ora non intende accusare le ditte farmaceutiche di arricchirsi a spese
dei malati di Aids. «La posizione dei vescovi - ha detto non è di condannare ma, in
questa fase, di prendersi cura
dei poveri e di cercare i mezzi
per ridurre le infezioni e le
morti provocate dalFAldsNon siamo ancora in posizione offensiva, ma se il setter
farmaceutico si mostra lO"
transigente, lo faremo». ,
Il comunicato dei vescovi |
giunto in risposta a un appo‘‘
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