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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 28 LUGLIO 1995
ANNO 3 - NUMERO 30
A 50 ANNI DA HIROSHIMA
LA BOMBA
E GLI ARSENALI
GIANCARLO TENAGLIA*
L9 arma nucleare fu usata,
cinquant’anni fa, per
distruggere, con i loro abitanti, le città giapponesi di Hiroshima (6 agosto) e Nagasaki
(9 agosto): immediatamente
centinaia di migliaia di morti,
e negli anni a seguire altre
centinaia di migliaia di morti.
Da allora quest’arma non
venne più usata, neppure
quando gli stati che la possedevano si trovarono in serie
difficoltà militari in conflitti
contro avversari che non la
possedevano: gli Usa in Corea e in Vietnam, l’Urss in
Afghanistan. L’arma nucleare, almeno in questi casi, ha
mostrato la sua inutilità sia
militare che politica.
L’utilità che, forse, ha avuto e potrebbe avere è quella
di scoraggiare dall’usarla un
avversario che la possedesse.
Ma quando, nel 1962, in relazione al tentativo sovietico di
schierare armi nucleari a Cuba, ci fu il rischio che l’armamento nucleare potesse in
realtà essere coinvolto nel
confronto Usa-Urss, apparve
chiaro che la nostra civiltà
fosse sull’orlo del suicidio.
Di fronte alle armi nucleari
la gestione delle crisi è intrinsecamente pericolosa, difficile, incerta. E inoltre gli esseri
umani sono fallibili, e le infinite possibili combinazioni
tra fallibilità umana e armi
nucleari comporta un rischio
elevato di catastrofe mondiale. C’è una giustificazione per
continuare ad accettare questo rischio? La risposta, che
finalmente si sta guadagnando spazio, è no. Non bisogna
inoltre dimenticare che contro
la minaccia portata da gruppi
terroristici o criminali o folli,
che abbiano potuto acquisire
o costruire congegni esplosivi
nucleari, il possesso dell’arma nucleare non fornisce alcuna protezione.
Eppure, nel contesto della
guerra fredda, la corsa agli armamenti portò gli arsenali
nucleari a dimensioni folli:
decine di migliaia di armi nucleari, con una capacità complessiva di distruggere più
volte la Terra intera.
La fine della guerra fredda
ha permesso di riconoscere
l’assurdità e il pericolo di
questa situazione, e si è cominciato a ridurre gli arsenali
nucleari, ma non ancora a eliminarli. Oggi però ogni persona ragionevole comincia a
riconoscere che nel prossimo
futuro, da misurarsi in decenni e non in secoli, o la nostra
civiltà sarà riuscita a eliminare le armi nucleari o la nostra
società sarà stata eliminata
dalle armi nucleari. La desiderabilità di un mondo libero
da armi nucleari sta raccogliendo sempre più ampi consensi come pure la necessità
di un adeguato controllo dei
materiali fissili che potrebbe
ro venir usati per costruire ordigni nucleari ma il raggiungimento di questi obiettivi richiede un impegno crescente
da parte delle Nazioni Unite,
di tutti i Parlamenti, i governi, e di tutte le Ong e di tutte
le persone di buona volontà.
Comunque il nostro impegno non può limitarsi a eliminare gli arsenali nucleari. E
sotto i nostri occhi (Bosnia,
Ruanda) che i genocidi e le
uccisioni di centinaia di migliaia di persone si possono
compiere e si stanno compiendo anche senza armi «di
distruzione di massa», anche
senza armi «illegali», anche
senza armi «inumane». La
messa al bando di alcuni tipi
di armi, mentre se ne progettano di sempre più raffinate
in termini di inumanità (il riferimento è alle armi laser
che arrecano cecità permanente), non preserva l’umanità dalla guerra e dagli orrori
che essa porta dietro. Ciò che
và messo al bando, eliminato,
è la nozione di guerra come
strumento per risolvere i conflitti, e ciò non solo negli Statuti, nelle Costituzioni, nelle
leggi, ma soprattutto nella
mentalità è nella cultura, per
diventare uomini nuovi, per
costmire un mondo nuovo, libero da guerre.
* dirigente Enea, segretario
della Conferenza di Pugwash su
«scienza e questioni mondiali»
Su uno dei ponti di Hiroshima c'è un uomo che canta e pizzica le corde
di uno strumento. Guardatelo. Dove vi aspettate di trovare il volto, non
troverete il volto, ma una cortina: perché non ha più volto. Dove vi aspettate di trovare la mano, non troverete una mano, ma un artiglio d'acciaio; perché non ha più mano.
Finché non avremo esorcizzato il pericolo che alla sua prima manifestazione ha portato via duecentomila uomini e donne, quell'automa sarà sul
ponte 'é canterà la sua canzone. E finché sarà su quel ponte, sarà su tutti
i ponti che conducono al nostro futuro comune. Come atto d'accusa e come messaggero.
Riscattiamo quell'uomo dal suo ufficio. Facciamo quanto occorre perché
sia possibile dirgli: «Non sei più necessario; puoi lasciare il tuo posto».
Günther Anders
Tokio, 20 agosto 1958
L'elezione di Israele ha un significato universale e riguarda tutti
L'incommensurabile grandezza dell'amore
FRANCO GIAMPICCOLi
«Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome, tu sei mio!»
(Isaia 43, 1)
Il breve oracolo di Isaia 40, 1-7 è uno
dei testi biblici in cui con maggior
forza è espresso l’annuncio dell’elezione, stella polare che può orientare la via
dei credenti secondo una rotta di incrollabile certezza e di serena fiducia. Dopo
questa triplice affermazione di appartenenza a Dio, questo annuncio si presenta
con una straordinaria promessa: «Quando dovrai attraversare le acque, io sarò
con te; quando attraverserai i fiumi, essi
non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la
fiamma non ti consumerà». Si tratta di
una fiducia ingenua e infantile, contraddetta dalle amarezze e dagli orrori della
vita? Israele stesso non ha conosciuto un
tragico rovescio di questa promessa, non
è stato sommerso dall’acque e bruciato
dal fuoco della Shoà? E in ogni tempo,
credenti che pure avevano sperimentato
la loro appartenenza a Dio, nonTianno
conosciuto disastri, guerre e devastazioni che contraddicevano e cancellavano
ogni promessa?
Non è così. La promessa dell’elezione
non assicura che siano tolti i pericoli
della natura e della storia, ma che in
ogni più tragica situazione dell’esistenza
il vincolo sacro dell’elezione si dimostrerà indistruttibile, che non ci saranno
fiumi in piena o fuoco divorante che potranno annullare questo vincolo. Come
dice Paolo: «Né morte, né vita... né cose
presenti, né cose future... potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo
Gesù nostro Signore» (Rom. 8, 38-39).
Questo hanno sperimentato gli eletti in
ogni tempo. Ma chi sono gli eletti? Chi
riceve con gioia e riconoscenza l’annuncio dell’appartenenza a Dio (popolo,
chiesa, individuo) si sente rivolgere
un’altra parola sconcertante che può essere facilmente fraintesa: «Io ho dato
l’Egitto come tuo riscatto, l’Etiopia e
Seba al tuo posto. Perché tu sei prezioso
agli occhi miei, sei stimato e io ti amo,
io do degli uomini al tuo posto e dei popoli in cambio della tua vita». Cosa dovremmo pensare se, prendendo queste
parole alla lettera, la salvezza di Israele
dovesse avere il prezzo della perdizione
dell’Egitto e dell’Etiopia? O se la salvezza dei cristiani dovesse avere il prezzo della perdizione dei musulmani e dei
buddisti? O quella dei bianchi la reiezione dei neri e dei gialli? Diremmo Che si
tratta di promesse inaccettabili da parte
di un Dio odioso.
Invece queste parole sono l’espressio
ne più intensa e corposa deH’amore di
Dio. Soltanto, sono espresse nel linguaggio comprensibile a noi umani che conosciamo soprattutto l’amore possessivo
che vuole fare proprio l’oggetto del proprio desiderio a qualunque costo. E in
questo senso che Dio dice: Sei prezioso
ai miei occhi, ti amo, pur di averti sono
pronto a rinunciare a quanto ho di più
prezioso, uomini e popoli, pur di averti,
perché ti amo. Allora la reazione giusta
di fronte a questa dichiarazione d’amore
così intensa sarà di immenso stupore:
Ma come! proprio io, Israele, un piccolo
popolo insignificante, sono oggetto di
tanto amore da parte di Dio? Come lo
stupore dei Corinzi nel sentirsi dire da
Paolo: Dio ha scelto proprio voi, un’accozzaglia di gente senza particolare valore, perché sceglie le cose che non sono
per ridurre a niente le cose che sono (I
Cor. 1, 28). Come lo stupore di ogni credente che incontra la sua elezione e si
meraviglia che proprio per lui Dio abbia
sacrificato il suo Figlio.
Perché, ecco, alla luce dell’Evangelo
possiamo leggere il compimento di questo testo: Dio ha tanto amato ogni essere
umano che ha dato non l’Egitto, Seba,
l’Etiopia, popoli e nazioni che gli sono
ugualmente care, ma quanto ancora di
più prezioso egli ha, il Figlio, prezzo di
riscatto per l’umanità.
Commercio estero
Armi italiane
+20%
Mentre l’opinione pubblica italiana e del mondo occidentale si stanno mobilitando per far cessare l’orribile
guerra in Bosnia, suscita
qualche interrogativo la pubblicazione della «Relazione»
per il 1994 sull’esportazione
di armi prodotte in Italia presentata al Parlamento dal
presidente del Consiglio.
Dalla relazione infatti emerge il dato che il nostro governo ha autorizzato l’esportazione in Croazia (per 3,5
miliardi) e in Slovenia (per 1
miliardo) di sostanze indispensabili per la fabbricazione di armi chimiche.
L’anno scorso il fatturato
autorizzato dèli’export di armi è stato di 2.926 miliardi,
con un incremento dell’85%
rispetto al 1983. Nel documento si sottolinea però che
«una parte delle autorizzazione rilasciate si riferisce a domande presentate nel 1993,
ma autorizzate nel 1994 dopo
gli accertamenti»; tenendo
conto di questo l’esportazione
passa da 2.056 miliardi del
1993 a 2.446 miliardi del 94,
con un incremento del 20%.
Cambia inoltre il quadro
dei paesi destinatari della produzione bellica italiana: nel
’93 l’81% della produzione
era diretto verso paesi Nato,
nel ’94 il 58% delle esportazioni vanno invece a paesi in
via di sviluppo e anche in
aree a rischio: il primo acquirente delle armi italiane è
l’Arabia Saudita con 791 miliardi, ma abbiamo venduto
anche alla Turchia per 76 miliardi nonostante le solenni
dichiarazioni a favore dei diritti dei curdi. L’Indonesia,
nella cui area si sta sviluppando il conflitto di Timor Est,
ha acquistato 54 miliardi di
armamenti dal nostro paese.
Ci sono poi veri e propri
enigmi: abbiamo venduto per
32 miliardi di materiale strategico in «Antartide» e altri
93 nel «mare aperto».
Avventisti a Utrecht
pagina 2
All'Ascolto
Della Parola
Gesù,
un santo anarchico
pagina 6
Andche lettrici e amici lettoli,
per co^ntire le vacanze del tipografi e dei
redattori fi vostro settimanale non uscirà per
le prossime tre settimané. Tornerà nelle vostre
buche da lettere e nelle
edicole dèlie valli vaidesi venerdì 25 agosto.
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PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 28 LUGLIO 1995
Si è svolta nella città neerlandese la 56^ sessione della Conferenza generale avventista
50.000 avventisti di tutto il mondo a Utrecht
Dal 29 giugno all’8 luglio
scorso si è svolta a Utrecht
(Olanda) la 56“ sessione della
Conferenza generale della
Chiesa avventista del settimo
giorno. 50.000 persone provenienti dal mondo intero, di cui
2.600 delegati in rappresentanza degli 8,5 milioni di avventisti-presenti in 208 paesi,
sono giunti nella città neerlandese. Il tema di questa sessione era «Uniti in Cristo».
Tra le molte questioni importanti all’ordine del giorno
vi erano anche le modifiche
alla costituzione e agli statuti
della Chiesa avventista. Questi cambiamenti determineranno il modo di gestione della chiesa nonché la composizione delle delegazioni internazionali. Attualmente, la
Chiesa avventista del settimo
giorno è una delle chiese cristiane che registrano una delle più forti crescite.
Il presidente della Chiesa
avventista del settimo giorno
(la cui prima organizzazione ufficiale risale al 1863) è
sempre stato un americano. Il
presidente uscente, il pastore
Robert S. Folkenberg, è stato
riconfermato. Oltre ai delegati, migliaia di membri di chiesa e di visitatori hanno invaso
Utrecht per incontrarsi, pregare, celebrare e ascoltare reazioni dal mondo intero. Durante la Conferenza, la Chiesa
è stata invitata a giocare un
ruolo preponderante all’interno di un gnippo di organizzazioni religiose e laiche, messo
in piedi per lanciare una campagna contro la commerciaiizzazione del tabacco.
Congresso avventista di Utrecht. Visione parziaie
Parlando di questa Conferenza Ralph Thompson, segretario della Conferenza generale della Chiesa, ha precisato che gli avventisti del settimo giorno stanno per lanciare una campagna mondiale
di predicazione delTEvangelo
di Gesù Cristo. «In quanto
avventisti del settimo giorno
crediamo con fervore al ritorno prossimo di Gesù Cristo.
Pensiamo che i segni dei tempi ci annunciano che questo è
imminente» ha affermato.
Nel corso di questa Conferenza, la Chiesa avventista del
settimo giorno ha preso una
posizione decisa sulle questioni del razzismo e del nazionalismo. Ogni discriminazione dovuta a razza, nazionalità, religione, colore della
pelle, sesso, è contraria all’
essenza stessa dell’Evangelo,
ha dichiarato la Conferenza
di Utrecht. La ricomparsa
sempre più estesa del razzismo e del nazionalismo in
molte società deve essere
combattuta «con amore e attenzione nei confronti di tutti
gli esseri umani».
La Conferenza si è espressa
in maniera chiara anche nei
confronti di coloro che, all’
interno della Chiesa avventista, vogliono fissare date circa il ritorno di Cristo: «La fine imminente del secondo
millennio, secondo la cronologia cristiana, induce alcune
persone mal consigliate a fare
delle previsióni con cui si fissano per l’anno 2000 la fine
del mondo e il ritorno di Cristo. Gli avventisti respingono
queste speculazioni perché
sono/contrarie alle dichiarazioni stesse di Cristo, il quale
dice che l’umanità può riconoscere i segni del suo ritorno, ma non può sapere quando questo avverrà».
La campagna a favore di Samuel Ruiz è appoggiata da tutti i cristiani sudamericani
Il vescovo del Chiapas candidato al Nobel
In queste ultime settimane i
cristiani del Centro America
hanno lanciato una campagna
a favore della candidatura del
vescovo messicano Samuel
Ruiz al Premio Nobel della
pace 1995. Documenti e articoli sono apparsi ultimamente
su vari organi di stampa della
zona per appoggiare questo
riconoscimento a favore del
noto vescovo del Chiapas, in
quanto «difensore dei diritti
dei popoli autoctoni».
Il vescovo Ruiz è a capo
della diocesi di San Cristobai
de Las Casas dal 1960. Molto
impegnato nel campo dell’accompagnamento pastorale e
della coscientizzazione, ha
imparato quattro delle lingue
maya e sta portando avanti
una pastorale popolare basata
sulla rivalorizzazione delle
culture autoctone, la dignità
della persona, una nuova evangelizzazione integrale e la
precedenza data all’azione
sociale, all’educazione e alla
coscientizzazione.
«Questa campagna a favore
della candidatura del vescovo
Ruiz costituisce un’azione
simbolica di grandissima importanza per tutti i cristiani
del continente» ha fatto notare il prete gesuita Centeno,
coordinatore della campagna
in Nicaragua. In questo paese, all’origine dell’iniziativa
vi è il gruppo «Cristiani nicaraguesi per i poveri», che riunisce comunità ecclesiali di
base, centri progressisti e organismi legati alle chiese. Il
gruppo propone che tutte le
persone e le istituzioni coinvolte, di tutti i continenti, facciano giungere al Comitato
Nobel le loro testimonianze
di appoggio alla campagna.
«La partecipazione a questa
iniziativa di cattolici romani
e di protestanti di varie denominazioni è un obiettivo primario. C’è già stata di recente un’esperienza di collaborazione in questo senso in occasione del 15° anniversario
dell’assassinio del vescovo
Oscar Romero in Salvador»,
spiega Centeno.
Il vescovo Ruiz è noto soprattutto per gli sforzi di mediazione messi in atto dopo la
rivolta autoctona e contadina diretta dall’esercito zapatista di liberazione nazionale
(Ezln) nello stato del Chiapas
nel gennaio 1994. Da allora,
il ruolo di mediatore del vescovo Ruiz è stato decisivo
per tentare -di fermare il conflitto e di giungere a una soluzione negoziata: alcuni mesi fa, su sua iniziativa, è stata
creata la Commissione nazionale di mediazione (Conai),
istanza riconosciuta dalla
guerriglia e dal gdverno, che
ha consentito di riaprire i negoziati rimasti congelati per
un anno.
Samuel Ruiz è una personalità di primo piano in
America Latina, non solo per
la sua azione a favore degli
autoctoni, che rappresentano
T80% della popolazione del
Chiapas, ma anche per le sue
responsabilità nell’ambito di
vari organismi cattolici del
continente. Nel 1970 è stato
presidente del Dipartimento
delle missioni della Conferenza episcopale latinoamericana (Celam) e, dal 1969 al
1975, presidente episcopale
della Pastorale indigena del
Messico. Nel 1992 ha assun
to la presidenza del Segretariato internazionale cristiano
«Oscar Arnulfo Ramerò».
«Proporremo sicuramente di
appoggiare questa campagna
in occasione fiel quinto incontro dei popoli dell’America Latina che avrà luogo
prossimamente a Managua»,
ha detto il pastore della Chiesa morava, Bent.
Beni, che gode di un grande prestigio fra i protestanti
nicaraguesi, è copresidente
dell’incontro che si svolgerà
nella capitale del Nicaragua
e responsabile della Commissione degli affari religiosi
di questo incontro. Oltre
2.000 delegati provenienti
dall’intero continente, nonché numerosi invitati speciali, sono attesi a Managua.
(eni)
Amnesty International conferma l'inasprimento della repressione
In carcere centinaia di buddisti
Amnesty International riferisce che in Tibet diverse centinaia di monaci, monache e
novizi buddisti sono in carcere per motivi politici. In un
rapporto pubblicato a Londra
il 30 maggio, l’organizzazione che difende i diritti umani
afferma che negli ultimi due
anni la repressione dei dissidenti si ^ fatta più forte.
Alla fine del 1994 il numero dei detenuti politici è salito
a oltre 600, e fra questi vi sono 45 minorenni. Monaci,
monache e novizi, anche dodicenni, vengono incarcerati
secondo Amnesty semplice
mente perché hanno protestato in maniera pacifica per
l’indipendenza del Tibet dalla
Repubblica popolare cinese.
Molti, senza imputazioni specifiche né processo, spesso
dopo un trattamento brutale,
vengono messi in prigione in
veri e propri lager. Molte
«confessioni» vengono estorte con la tortura.
Amnesty aggiunge che anche i bambini vengono maltrattati, torturati e costretti a
lavori forzati. I minorenni che
hanno partecipato a dimostrazioni pacifiste sono messi in
carcere con gli adulti o posti
in isolamento. Due giovani
monache tibetane sarebbero
morte in seguito alla torture e
alle pessime condizione del
carcere. L’organizzazione per
i diritti umani si è appellata
alle autorità cinesi, chiedendo
la liberazione di tutti i prigionieri politici, un’inchiesta sulle accuse di torture e un intervento sui procedimenti illegali operati dai tribunali. Per la
Convenzione delle Nazioni
Unite sui diritti dei bambini,
ratificata anche dalla Cina, la
Repubblica popolare è tenuta
a una particolare attenzione
verso i minorenni. (epd)
Società biblica Usa: americani
«profondamente spirituali»
NEW YORK — Gli americani che leggono regolarmente la
Bibbia sono «più soddisfatti della loro vita» che non quelli che
non lo fanno mai. Lo rivela un’inchiesta realizzata per conto
della Società biblica americana (Abs). Sulla base dei dati ottenuti, l’Abs è giunta alla seguente conclusione: «Questo sondaggio conferma quello che già pensavamo: il popolo americano è profondamente spirituale», ha sottolineato Eugene Habecker, presidente dell’Abs, un organismo che conta 10.000
volontari. L’indagine, realizzata presso 1.202 persone, precisa
che il 55% delle persone interrogate afferma di andare in chiesa almeno una volta alla settimana. Oltre T85% sottolinea
l’importanza della cosiddetta regola d’oro: «Le cose che volete
che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro». Tuttavia,
per il 26%, la migliore regola di vita è «pensare prima di tutto
al proprio interesse». Il 24% dichiara di leggere la Bibbia ogni
giorno, mentre il 59% la legge almeno una volta al mese. Il
92% possiede una Bibbia e il 27% ne ha più di quattro. Gli
afroamericani leggono la Bibbia più spesso degli ispanici e dei
bianchi. Infine, il 57% delle donne (e il 35% degli uomini) legge la Bibbia frequentemente. (eni)
Armenia: il catholicos vuole
rafforzare l'unità della chiesa
. ETCHMIADZIN — Per dare un nuovo slancio alla Chiesa, il nuovo responsabile della Chiesa apostolica armena ha
presentato un programma d’azione in sei punti. In una lettera
indirizzata ai responsabili della chiesa in Armenia e all’estero,
il catholicos Karekin I fa un elenco delle priorità: prima di tutto la formazione di preti armeni e di laici, poi le pubblicazioni, i rapporti con la stampa, e il molo culturale e sociale della
chiesa. Gli sconvolgimenti che sono seguiti alla fine del regime sovietico hanno posto la chiesa di fronte a «una grandissima sfida» e la incoraggiano ad ampliare il campo delle sue attività, sottolinea il catholicos. Da quando l’Armenia è diventata indipendente, nel settembre 1991, la Chiesa ha usufmito di
una libertà completa, ha ricordato Karekin I che afferma che
si sforzerà di rafforzare l’ordine e l’unità nelle 35 diocesi della chiesa che si trovano nell’ex Unione Sovietica, in Europa e
in Nord America. Il catholicos vuole inoltre incoraggiare la
conservazione e il restauro dei luoghi santi nonché la costruzione di nuove chiese. Infine prosegue gli sforzi intrapresi dal
suo predecessore, Vasken I, a favore della pace tra l’Armenia
e l’Azerbaigian, che da diversi anni si disputano l’enclave
deH’Alto Karabakh. (spp/eni)
Finlandia: record di nuove
adesioni nella Chiesa luterana
HELSINKI — La Chiesa evangelica luterana della Finlandia annuncia un numero record di adesioni di nuovi membri
nel corso del 1994. Contemporaneamente registra un netto calo dei disimpegni. L’85,7% della popolazione finlandese appartiene a questa chiesa che conta 4,37 milioni di membri.
L’aumento più sensibile è stato registrato nelle città. Nel 1994,
16.900 persone hanno lasciato la chiesa contro 30.000 nel
1993. Parallelamente, oltre 10.000 persone hanno aderito, fra
cui molti giovani nonché immigranti. (Iwi)
Gran Bretagna: 7,5 miliardi di
indennità per i preti anglicani
LONDRA — In segno di protesta contro l’accesso delle donne al sacerdozio, 232 preti anglicani hanno lasciato la loro chiesa nel 1994 in Gran Bretagna. Altri 46 li seguiranno fra breve.
Queste dimissioni costeranno carissimo alla Chiesa d’Inghilterra: solo per quest’anno, circa 7,5 miliardi di lire dovranno essere pagati a questi preti che hanno fatto valere motivi di coscienza per abbandonare la loro chiesa. I sacerdoti che hanno lasciato
la Chiesa d’Inghilterra a causa dell’ordinazione sacerdotale delle donne hanno diritto di continuare a ricevere per almeno tre
mesi i due terzi del loro trattamento anteriore. Coloro che hanno
più di 50 anni possono richiedere la pensione anticipata, (apic)
Bangladesh: crescono i hattisti
DACCA — Le chiese battiste stanno vivendo una crescita
straordinaria nel Bangladesh, riferisce Jason Das, missionario
presente nel paese dal 1972 e pastore della Chiesa battista
«Emmanuel» di Dacca. Nel 1978, insieme al pastore Simon
Sircar, che attualmente dirige l’Istituto di teologia cristiana a
Dacca, incominciarono a pregare e a progettare la creazione di
nuove chiese nel paese. In quell’anno la Comunione battista del
Bangladesh contava 16 comunità. Dal 1980 al 1990 si costituirono 200 nuove chiese; alla fine del 1994 ce n’erano 301. Si
spera di raggiungere le 500 chiese per il Duemila. (Bwa News)
I battisti dell'India orientale
MIZORAM — Oltre 50.000 battisti hanno celebrato i 100
anni della testimonianza cristiana nel Mizoram, piccolo stato
federale dell’Unione indiana che si trova fra la Birmania e il
Bangladesh. I progenitori degli attuali abitanti (circa mezzo
milione, di cui oltre il 90% cristiani) erano cacciatori di teste.
Nel distretto di Lunglei, nella zona meridionale, la presenza
battista è molto forte, maggioritaria in diverse zone: ì’Unione
battista regionale ha un suo ospedale, scuole e una società missionaria con oltre 420 missionari. (Baptist World)
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VENERDÌ 28 LUGLIO 1995
PAG. 3 RIFORMA
Il dialogo tra riformati e pentecostali fa un passo avanti
Per una recìproca conoscenza
SALVATORE RICCIARDI
Mattersey Hall è la scuola biblica delle Assemblee di Dio che prepara al
ministero i pastori pentecostali dell’area anglosassone.
Si trova a Mattersey, Nottinghamshire, a un’ora e mezzo
di treno da Londra. Si presenta esattamente come ci si aspetta da un college inglese;
funzionale e severo, annegato
nel verde, con un vasto «campus», il tutto su un’area che è,
a occhio e croce, di poco inferiore a quella di Mattersey:
400 abitanti, una sessantina di
case dominate dalla croce
¥■ quadrata della chiesa, piccola
• e bellissima, vecchia di 7 se;.coli, circondata dal suo piccolo cimitero.
Benché nessuno del nostro
gruppo fosse anglicano, siamo andati al culto la domeniV ' ca mattina e, per curiosità, an, che a quello del pomeriggio,
. che era annunciato come un
culto per la benedizione degli
animali. Così è stato, con canti, preghiere, sermone, e con
gli animali presenti benedetti
uno per uno, compreso un cane che non sembrava molto
d’accordo; erano in totale sette cani, un criceto, un cavallo.
Oltre i curiosi, le pecore a
due zampe presenti al culto
erano 19. Ma non è per questo che sono andato a Mattersey. Ci sono stato, sabato 8 e
domenica 9 luglio, come uno
dei quattro rappresentanti
dell’Alleanza riformata mondiale (Arm), incaricati di incontrare altrettanti esponenti
del mondo pentecostale per
verificare la possibilità di imbastire un dialogo teologico
' ' fra le due tradizioni.
L’Arm, come è noto, lavora
da anni a un impegno piuttosto considerevole di «dialoghi
, • bilaterali», che possiamo suddividere in due gruppi: uno
con la Chiesa cattolica e le
chiese ortodosse, uno con il
mondo riformato (anglicani,
luterani, metodisti, Discepoli
di Cristo, battisti, mennoniti).
Questo con i pentecostali è
dunque il terzo fronte che si
apre, in attuazione di un mandato preciso dell’Assemblea
generale di Seoul (1989), che
non era stato possibile adempiere finora.
Forse non é questa la sede
per illustrare in dettaglio i
dialoghi summenzionati. Alcune chiese valdesi e metodiste ricorderanno di aver esa
Manifestazione evangelistica pentecostale
minato alcuni anni fa il documento Verso una comune
comprensione della chiesa,
documento conclusivo della
seconda fase di colloqui con
il cattolicesimo. Dirò semplicemente che la metodologia
secondo la quale i dialoghi si
svolgono è la seguente:
- presentazione delle rispettive identità per quanto possibile definirle;
- valutazione comune e reciproca del passato, esposizione delle differenze, dei
problemi aperti, delle contese;
è la cosiddetta «riconciliazio
ne delle memorie»;^
- esame della situazione
presente, ricerca di una comune comprensione dei rispettivi
«gerghi teologici», valutazione della possibilità di smussare gli angoli dovuti a diversità
terminologiche;
- elenco dei punti di reale
divergenza, da mettere sul
tappeto in ordine di priorità.
Chi voglia saperne di più
può consultare fra l’altro il
volumetto Bilateral Dialogues, edito dall’Arm nel 1993.
È appena il caso di ricordare che i dialoghi procedono
su tèmpi lunghi, a livello di
addetti ai lavori: superfluo
chiedersi quanto tempo ci
vorrà perché i risultati arrivino alle chiese locali e perché
queste ultime si rendano conto che non è cosa disdicevole
dedicarvi del tempo. Ma sperare si può. I dialoganti, fra i
quali si stabilisce anche una
corrente di reciproca conoscenza e di amicizia (perché
no?), si impegnano ovviamente alla massima franchezza, nel riconoscimento rispettivo di appartenere alla chiesa
del Signore e nella consapevolezza che i discorsi ovattati
non servono alla causa.
Così ci siamo rispettivamente chiesti quàli aspetti
delle rispettive culture e prassi piacessero di più o di meno
alla «controparte». Dei riformati i pentecostali hanno dichiarato di apprezzare la forza e la coerenza della predicazione. Molto meno la scarsa partecipazione numerica e
la pressoché nulla vivacità
dei culti, una stasi evangelistica vicina alla stasi, poca fiducia nella trasformazione
dell’individuo ad opera dello
Spirito. La moneta con cui i
riformati hanno contraccambiato è, in positivo, il riconoscimento dell’afflato evangelistico; in negativo, una forse
eccessiva sottolineatura dell’
esperienza personale, che può
finire col condizionare e incapsulare la Parola e le sue esigenze sul piano sociale.
Esaurite le «critiche» siamo passati alla fase costruttiva e abbiaino ravvisato una
serie di punti che andrebbero
esaminati: dalla chiesa come
figlia della Parola e dello
Spirito alla chiesa locale in
rapporto a quella universale,
dalla santificazione al battesimo di acqua e di Spirito... ma
non contiamo di cominciare
da qui: in calendario per il
prossimo incontro, previsto
per il maggio 1996, abbiamo
messo: a) la presentazione di
un documento per parte (come biglietto da visita), e b)
uno scambio di vedute sulla
spiritualità in rapporto ad alcune sfide, come l’interpretazione biblica, la giustizia,
l’ecumenismo.
Forse il programma è un
po’ ambizioso, ma in qualche
modo si deve pur cominciare.
Lo Spirito del Signore, nel
quale tutti confidiamo, ci aiuti nel cammino intrapreso.
Preghiere e raccolta firme nelle chiese italiane
Le chiese contro la Bomba
Le chiese evangeliche italiane hanno risposto all’appello dei fratelli e delle sorelle delle chiese del Pacifico
che avevano indetto per domenica 16 luglio una giornata di preghiera per la pace e
la salvaguardia del creato e
perché venissero fermati gli
esperimenti nucleari nell’
atollo di Mururoa. In molte
chiese sono state ripetute le
parole della preghiera preparata da quelle chiese.
«O Dio nostro Signore,
creatore di tutta la Terra, che
ci hai fatto a tua immagine e
somiglianza perché fossimo
come te, che prendi cura degli uni e degli altri, della terra e del mare che abbiamo in
comune.
Noi siamo differenti gli uni
dagli altri per la lingua, la
cultura e la realtà quotidiana,
per i nostri talenti e per i
contesti di vita... ma ciascu
no di noi ha conosciuto nel
suo cuore la gioia, la pena, il
piacere e il dolore.
Dacci il coraggio di resistere insieme, malgrado la nostra dispersione (sulle acque
dell’Oceano Pacifico), per:
- condannare le potenze
che aggrediscono la creazio
ne;
- resistere alla tentazióne
di essere complici dei piani
di distruzione della nostra
comune eredità come popoli
del pacifico;
- resistere al consumismo
che uccide la vita semplice in
armonia con la natura, e che
taglia la solidarietà delle famiglie che hanno sofferto e
ancora soffrono per gli esperimenti nucleari nelle nostre
isole;
- sostenere i nostri governi
e coloro (e le organizzazioni)
che nel mondo lottano per il
rispetto della tua creazione e
Riflessione sull'attualità del metodismo nel mondo di oggi
Una comunione dì servizio
La Chiesa evangelica metodista si autocomprende come
una parte della Chiesa universale di Cristo. Non si può dunque parlare del suo messaggio
e della sua missione nel mondo
di oggi prescindendo dalle altre
chiese. Una struttura conciliare
e la guida dei vescovi assicurano fra i metodisti episcopali,
che costituiscono la maggioranza dei metodisti, un legame
a livello mondiale, garantendo
l’identità denominazionale. Per
i metodisti assumono importanza vitale la ricerca della comunione nella chiesa e il servizio
di diaconia sociale.
HEINRICH BOLLETER*
della terra della nostra vita.
Dio di grazia, che sempre ci
ascolti, esaudisci le nostre
preghiere e quelle della tua
chiesa, che ti presentiamo nel
nome di tuo figlio, Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, e il cui sangue è preziosa
fonte di riconciliazione».
A Trieste e alle Valli alcune chiese, al termine del culto, hanno raccolto le firme in
calce a una lettera di protesta
per i nuovi test nucleari. Le
lettere, elaborate sul modello
di quella della Chiesa valdese di Trieste, sono state poi
inviate all’Ambasciatore di
Francia in Italia.
La lettera chiede la cancellazione della decisione di effettuare nuovi test nucleari ed
esprime poi la preoccupazione degli evengelici per la grave situazione di violenza che
già travaglia il mondo e che la
decisione francese aggrava.
Nel collegamento a livello
mondiale e nella struttura conciliare la Chiesa evangelica metodista (Cem) si differenzia sia dalle chiese di
stato sia dalla concezione
congregazionalista delle chiese libere. Siamo dunque una
comunità solidale a livello
mondiale, il che ci permette
di aiutarci reciprocamente a
vivere la nostra vocazione nei
più svariati contesti. Alla nostra identità appartiene anche
la forte convinzione che la testimonianza e il servizio siano strettamente collegati. Noi
insistiamo sul fatto che la salvezza personale implica Tessere per gli altri, il servizio
per il mondo intero.
La nostra società si trova ad
una svolta. Il postmoderno
lancia una grossa sfida anche
alle chiese con il suo appello
a non costruire la propria vita
su mete illusorie ma a realizzarsi là dove ci si trova. Per
l’uomo del postmoderno la vita non ha un fine: egli vive in
una molteplicità di ambiti tra i
quali non è disposto a costruire una relazione artificiale. Il
pensiero, per esempio, di rinunciare a qualcosa per mantenere una comunione, viene
considerato negativo; le parole d’ordine apertura, pluralismo, autonomia acquistano un
significato desolidarizzante.
Perfino nelle comunità si trovano influenze di questa concezione della vita: talvolta
viene meno la volontà di assumersi una responsabilità per
la collettività. Come possono
essere considerati la missione
e il messaggio della Chiesa
evangelica metodista, in quest’epoca?
La nostra vocazione ha come scopo il servire Cristo in
John Wesley parla al «Cenacolo» di Oxford
questo mondo. In Giovanni
3,16 leggiamo: «Iddio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito figlio». Il .
punto centrale quindi non è la
chiesa o la crescita della comunità, ma la salvezza e il
cambiamento del mondo. Anche il nostro scopo principale,
quindi, non deve essere la cura e il mantenimento della nostra istituzione, ma servire
Cristo tra gli uomini e le donne delle città e delle campagne. Di fronte alle sfide presenti e future noi vogliamo
invitare alla fiducia comune
nella forza rinnovatrice dell’
Evangelo e riconsacrarci ad
una missione che ci unisce e
impegna. Si tratta di un compito contrassegnato da tre
aspetti essenziali; l’annuncio,
il servizio, la comunione.
Centro e Contenuto dell’annuncio metodista è e resta
l’Evangelo della grazia di
Dio che salva e santifica.
Non possiamo tuttavia nascondere che c’è incertezza
sulle forme che questo messaggio deve assumere per
raggiungere l’umanità del
nostro tempo, secolarizzata e
lontana dalla chiesa. Ogni
comunità è perciò sollecitata,
secondo le sue possibilità, a
cercare di portare TEvangelo
nel campo d’azione nel quale
si muove e ad osare nuovi
passi in esso. La motivazione
e il fine della nostra azione
diaconale li troviamo nell’
esempio di Gesù. Come chiesa che sa di vivere per grazia
vogliamo essere animati dal
desiderio di partecipazione e
di sollecitudine verso i deboli
In commissione al Senato
Passo avanti
delPIntesa luterana
La prima Commissione
(Affari costituzionali) del Senato ha approvato il 19 luglio
il disegno di legge che recepisce l’Intesa sottoscritta il 20
aprile 1993 fra il governo italiano e la Chiesa evangelica
luterana in Italia (Celi). Il
provvedimento, che era stato
approvato dalla Camera dei
deputati TU maggio scorso,
è stato illustrato in Commissione dal relatore senatore
Pierpaolo Casadei Monti, e
dovrà ora passare in aula per
l’approvazione definitiva.
La Celi conta circa 7.000
membri e una ventina di comunità e gruppi, di lingua italiana e tedesca. I luterani sono presenti nel nostro paese
sin dal tempo della Riforma:
a Venezia il culto luterano è
:V'-'
Hartmut Diekmann
stato celebrato ininterrottamente fino ad oggi, anche se
per molto tempo in forma
clandestina, nel Fondaco dei
Tedeschi sul Canal Grande.
Le altre comunità luterane si
sono formate a partire dalla
seconda metà del ’700.
e i sofferenti della nostra società. Infine TEvangelo deve
essere anche vissuto dalla
chiesa come comunione. Noi
diamo un senso alla nostra
presenza nella società quando
viviamo una comunione aperta, che si fonda sulle promesse di Dio. Questa comunione
non ci è assicurata dalle nostre capacità o dal nostro impegno, ma solo dal fatto che
Dio ci ama. La comunione
dei metodisti è sempre un segno della grazia di Dio nel
mezzo di un mondo senza
grazia. Essa rappresenta una
alternativa carica di testimonianza nella situazione della
società odierna.
Non vogliamo tuttavia trascurare ciò che sta attorno a
questi aspetti fondamentali.
Chi conosce bene il suo mestiere sa quanto sia importante
avere strumenti buoni e ben
tenuti. La chiesa stessa, che
non è lo scopo della missione
ma il suo strumentario, ha
ugualmente bisogno della nostra attenzione. Una chiesa viva è coinvolta in un continuo
processo di cambiamento. Lo
strumento, per poter servire al
suo scopo, deve essere adattato alle sempre nuove sfide.
Abbiamo molte necessità di
ristmtturazione, sul piano delle finanze come su quello delle persone. Si sa, e la cosa andrebbe riportata alla luce, che
il metodismo alle origini è costituito da una comunione di
laici pieni di entusiasmo che,
in servizio volontario, hanno
ripensato e realizzato la missione della chiesa nel mondo.
Lo slogan di John Wesley era:
«Tutti al lavoro, sempre al lavoro». Dobbiamo accettare
che ci si indichi dove pensiamo solo a noi stessi e al nostro mantenimento, dove i nostri programmi e le nostre organizzazioni non sanno andare oltre i propri confini, dove
siamo troppo impegnati a difenderci e non osiamo prendere posizione per gli altri.
Nel campo delle tensioni in
cui ci muoviamo, fra Tobbligo al successo e le angosce,
fra la libertà e le ingerenze
esterne nella vita, tra chi vuol
conservare e chi distruggere,
non abbiamo trovato per la
nostra chiesa delle ricette miracolose per affrontare il présente e il futuro. Rimaniamo
però fermi nella missione che
ci è peculiare: l’annuncio della signoria di Dio in questo
mondo e la partecipazione
all’opera di liberazione di
Dio per questo mondo. I singoli passi concreti che questo
impegno richiede sono riconosciuti e vissuti come comunione di servizio in un contesto vario e mutevole e in ubbidienza a colui che ci ha
mandato, Gesù Cristo.
* Vescovo della Conferenza
centrale metodista dell ’
Europa centromeridionale
4
PAG. 4 RIFORMA
«HnwMim
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 28 LUGLIO 1995
Verso l'assise delle chiese battiste, metodiste e valdesi a Torre Pellice - 6
DalPAssemblea unita: una speranza
e un passo in avanti di grande concretezza
_________PAOLO SPANU__________
Se il Signore ci chiama
all’unità in vista del mandato a questo mondo, con le
sue tremende urgenze e il suo
bisogno profondo di salvezza,
allora rincontro dell’Assemblea battista con il Sinodo
delle chiese valdesi e metodiste non deve paventare né le
forzature né le troppe cautele.
È vero, il sesto Documento
Bmv meriterebbe approfondimenti assai più numerosi e
assai più scrupolosi di quanto
si sia riusciti a fare nelle poche settimane trascorse dal
suo arrivo effettivo sui nostri
tavoli e nelle assemblee ecclesiastiche.
Alcuni esempi: non mi pare
sia ben chiarito il senso del
cammino che abbiamo fatto
finora e perché siamo chiamati a riflettere sul riconoscimento reciproco degli ordinamenti. Manca, per la parte
battista, un purché minimo
tentativo di motivare biblicamente e teologicamente l’ordinamento congregazionalista,- cosa che invece vien fatta
a proposito dell’ordinamento
sinodale. Non si riesce a capire perché l’incontro dei deputati delle chiese nel Sinodo
esprima l’unità della chiesa,
mentre sembra che ciò non
accada quando si riuniscono i
delegati nell’Assemblea battista. La nozione di cattolicità
viene riferita soltanto alla dimensione storico-geografica,
ma, per quel che mi risulta,
attiene anche all’integrità del
«deposito della fede».
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v5 ï' ÍV .
I bambini in un momento dei cuito in una chiesa battista
Detto tutto questo, però,
non mi pare che la cautela
che il Documento evidenzia e
il poco tempo che abbiamo
avuto debbano farci temere ò
colpi di mano o rinunzie fondamentali. Che cosa possiamo aspettarci dalle assise di
Torre Pelhce, allora? Per parte mia mi aspetto alcuni pochi risultati, ma così significativi da far fare alla nostra
speranza ecumenica un passo
ulteriore e di grande concretezza. Mi aspetto quel sano
realismo che confermi le
idealità di unità e di fede che
SESSIONE STRAORDINARIA
DEL SINODO DELLE CHIESE VALDESI
E METODISTE
E DELL'ASSEMBLEA GENERALE
DELL'UNIONE CRISTIANA
EVANGELICA BATTISTA
Il moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan, e il
presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia,
Renato Maiocchi, hanno convocato rispettivamente il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, in sessione straordinaria, e l’Assemblea generale dell’Ucebi, in sessione straordinaria, per il giorno
Venerdì 1” settembre 1995
a Torre Pellice
Il Sinodo e l’Assemblea generale si riuniranno, nel tempio valdese di Torre Pellice, in seduta congiunta fino a domenica 3 settembre col seguente ordine del giorno:
1) culto di apertura, liturgico, alle ore 17 nel tempio valdese
di Tórre Pellice;
2) costituzione dell’Assemblea, verifica dei mandati ed elezione del Seggio definitivo;
3) approvazione del regolamento per i lavori della sessione
congiunta e dell’ordine dei lavori;
4) esame dei documenti preparatori della sessione congiunta;
5) discussione per gruppi. I temi della discussione nei gruppi saranno:
- riconoscimento reciproco
- evangelizzazione
- Claudiana
- «Riforma»
- Facoltà valdese di teologia e formazione pastorale;
6) di.scussione plenaria;
7) mozioni e deliberazioni finali;
8) culto finale con Santa Cena, presieduto da Maddalena
Giovenale Costabel e con predicazione del pastore Paolo
Spanu.
I membri del Sinodo sono invitati a trovarsi nell’aula sinodale della Casa valdese di Torre Pellice alle ore 15,30.
I membri deH’Assemblea dell’Ucebi sono invitati a ritrovarsi nel tempio valdese di Torre Pellice alle ore 11 per
l’inizio dell’Assemblea dell’Ucebi.
ci hanno sempre animato. E
questo non è un programma
da poco.
Dobbiamo lavorare, innanzitutto, per fare bene quanto
ci eravamo proposti di fare
nell’Assemblea-Sinodo del
1990. Le chiese battiste dovrebbero provvedere ad assumere il principio del reciproco riconoscimento delle persone e dei ministri. Occorrerebbe prendere delle decisioni operative percorribili in tema di collaborazione territoriale, tenendo conto delle
esperienze fatte, sia quelle insoddisfacienti sia quelle gratificanti. Occorre dare a
Riforma un nuovo impulso,
perché questa esperienza così
unica, così importante e così
promettente, non naufraghi
nel pelago dell’indifferenza o
peggio delle miriadi dei piccoli colpi di spillo che uccidono i giganti.
E necessario prendere decisioni di linea sulla questione
dei ministri e della loro preparazione teologica e vocazionale. Occorre definire una
comune strategia di evangelizzazione tenendo conto
dell’intreccio esistente tra le
realtà seguenti: la presenza
delle chiese sul territorio, la
distribuzione delle risorse
umane, la definizione di una
linea comune di rapporti con
altre chiese evangeliche e con
il cattolicesimo nelle sue varie istanze e diverse realtà,
l’elaborazione di materiale
idoneo da fornire alle persone, la definizione a questo
proposito del ruolo culturale
e di sostegno della Claudiana
e delle librerie evangeliche,
l’incremento, l’uso e la diffusione degli audiovisivi.
11 dibattito teologico ap
profondito, puntuale e complessivo sul riconoscimento
degli ordinamenti, che poi
non è altro se non la ricerca
di una forma di unità della
chiesa, può procedere anche
più lentamente, ma certo più
consapevolmente, sapendo
con grande lucidità che,
quando si parla di unità della
Chiesa di Cristo non possiamo immaginare semplicemente il coordinamento o
l’unione di due o più denominazioni ecclesiastiche, ma
stiamo, lavorando per realizzare dei modelli di unità che
possano essere offerti anche
ad altre realtà ecclesiastiche e
che comunque non le ignori.
In altre parole, non possiamo scambiarci il reciproco
riconoscimento degli ordinamenti senza tener conto della
realtà pentecostale, delle
chiese evangeliche fondamentaliste, delle formazioni
regionali e mondiali a cui
siamo legati più o meno vitalmente.
In alternativa a questa linea, che chiamerei della cautela realistica, c’è soltanto
un’altra possibilità e cioè
quella che qualcuno ci forzi
la mano e lo faccia in modo
perentorio, affinché possiamo dire insieme «Quanto a
me e alla mia casa serviremo
l’Eterno» (Giosuè 24, 15) e
da qui si parta tutti insieme
nella Terra promessa, che
non è un paradiso, ma la terra
di Canaan, che è sì un «paese
buono e spazioso, (...) nel
luogo dove sono i Cananei,
gli Hittei, gli Amorei, i Ferezei, gli Hivvei, e i Gebusei».
(Esodo 3, 8). Allora, e solo
allora, volesse Iddio che
qualcuno ci forzasse la mano: a tutti !
TAVOLA VALDESE
Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste
Il Sinodo, secondo quanto disposto dall’atto n. 133 della
sessione sinodale europea 1994, è convocato per
DOMENICA 27 AGOSTO 1995
I membri del Sinodo sono invitati a recarsi nell’Aula sinodale della Casa valdese di Torre Pellice alle ore 15.
II culto di apertura avrà inizio alle ore 15,30 nel tempio di
Torre Pellice e sarà presieduto dal pastore Bruno Rostagno.
Il moderatore della Tavola valdese
Gianni Rostan
Il fascino del canto nelle chiese
I «Gospel Singers»
in Lombardia
CARMELO lIlGUANTI
In questi ultimi tempi ci è
dato di assistere a una fioritura di corali di chiesa e laiche che svolgono una intensa
attività. La gente ama molto
la musica e il canto e i cori si
spostano da una città all’altra,
anche a grandi distanze.
Il fascino del canto e della
musica è antico. Non, per
nulla i greci, il cui genio, oltre quello filosofico, era vedere le cose sotto la specie
del «bello», nei programmi
di studio del cosiddetto Trivo
e Quadrivio, davano alla musica un posto d’onore nell’
educazione e formazione della gioventù. Anche in Israele,
il cui genio fu essenzialmente religioso, Davide e altri
credenti salmeggiavano al
nome del Signore e ne proclamavano la benignità sul
decacordo e sul sàltèro, con
l’accordo solenne dell’arpa
(Salmo 92). La Riforma protestante ha poi fatto rifiorire
il canto corale.
A Milano e Lombardia è
sorto da circa tre anni un coro
chiamato «Gospel Singers»,
in quanto i canti, nei suoi programmi, sono ispirati a pensieri del Vangelo, cioè esprimono l’amore, la speranza, la
pace, la fraternità, la gioia e il
dolore, la fede e la lode; hanno insomma la visione di una
dimensione spirituale nella
quale i credenti di lingue, razze e culture diverse si ricono
scono. Inoltre questi canti ben
si adattano ad esprimere i valori comuni delle due diverse
confessioni di fede: la protestante e la cattolica.
Nulla meglio del canto riesce a corroborare l’unione e la
vita delle comunità, infondendo in esse un’onda di freschezza, di fiducia, di allegrezza e di alta spiritualità,
come avviene con i «gospel
songs» e gli «spirituals».
Queste sono le finalità del
gruppo «Gosple Singers».
Questa è stata l’esperienza
fatta nella comunità di Casorate Primo (Pv), dove il gruppo ha cantato nel tempio battista e successivamente nel
grande tempio cattolico. La
chiesa battista di Milano, in
via Pinamonte, è la sede ove
il gruppo fa le sue prove: animatrice e direttrice dei «Gospel Singers» è Ornella Pisano. 11 gruppo ha svolto e svolge un’attività intensa in numerose chiese cattoliche a
Milano e in Lombardia: ha
dato anche un concerto in un
teatro tenda da 400 posti per
il Comune di Milano. Certo il
canto è uno dei modi più belli
di pregare e lodare il Signore:
eleva l’anima in alto e raggiunge i cuori.
Noi confidiamo che questa
corale ecumenica (sono 15
qualificati elementi) porti ancora di più nelle chiese evangeliche e cattoliche della
Lombardia, con i bei canti, un
soffio di freschezza spirituale.
I gruppo corale dei «Gospel Singers»
SINODO 1995
AVVISO
ALLE CORALI
La prova dei coristi che
parteciperanno al culto di inizio del Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste avrà
luogo alle ore 15 di domenica 27 agosto alla Casa
unionista di Torre Pellice. 1
due inni che verranno cantati sono il n. 135 dell’Innario cristiano e «A chi la
vita ti donò».
COMMISSIONE
PERMANENTE STUDI
della Chiesa valdese
(Unione delle chiese valdesi e metodiste)
Sessione d’esame
domenica 27 agosto ’95
a Torre Pellice presso
la Casa valdese - ore 9
Per l’iscrizione e ulteriori informazioni telefonare
o scrivere al pastore Antonio Adamo, via della Signora 6, 20122 Milano, tei.
02-76021069, oppure al
pastore Bruno Costabel,
viale Trento 61, 47037 Rimini, tei. 0541-51055.
SINODO 1995
PER
L'ACCOGLIENZA
La Foresteria di Torre
Pellice, che quest’anno dovrà svolgere un doppio lavoro nell’epoca sinodale
dovendosi occupare dei
membri sia del Sinodo sia
dell’Assemblea generale
battista, ha bisogno di conoscere con una precisione
maggiore che negli anni
scorsi il numero dei pasti
da preparare, specie durante il periodo della sessione
congiunta del Sinodo e
dell’Assemblea battista.
Si pregano quindi i deputati e i pastori delle Valii di volersi presentare alla
segreteria della Foresteria
al più tardi lunedì mattina,
non appena a conoscenza
del calendario dei lavori
del Sinodo, per prenotare i
pasti per l’intera settimana.
Deputati e pastori provenienti da altre chiese riceveranno le opportune istruzioni al momento del loro
arrivo in segreteria della
Foresteria.
Foresteria e Tavola sono
riconoscenti per l’aiuto che
sarà loro dato attenendosi a
queste raccomandazioni.
5
VENERDÌ 28 LUGLIO 1995
iViTA Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
L'accreditamento degli istituti non è soltanto «burocrazia» controproducente
Le opere della chiesa e il mercato dei servizi
ANDREA RIBET
onfrontarsi per conoscere se stessi»: questa potrebbe essere, in estrema sintesi, la mia personale
conclusione a un seminario di
studio promosso recentemen>te dalla Fondazione Zancan
di Padova sul tema «Servizi
alle persone e il mercato».
La Fondazione Zancan è un
Centro di studi e. ricerche nel
settore dei servizi alle persone, servizi sociali, socio-sanitari, assistenziali, dei servizi
comunque resi alle persone
nella loro globalità e dignità
di esseri umani. La Fondazione, fin dal suo inizio, ha prestato molta attenzione ai mutamenti legislativi in questa
vasta materia dei servizi sociali e ha studiato le varie forme di solidarietà che si sono
manifestate attraverso il volontariato, l’associazionismo,
il cooperativismo e le altre
iniziative di solidarietà privata. Si tratta di un’istituzione
apprezzata e autorevole, attiva
nel proporre proposte di legge
e nell’avanzare modelli organizzativi innovativi, in sintonia con l’evoluzione in atto.
Il seminario a cui ho partecipato si proponeva lo studio
dell’evoluzione dei servizi alle persone (non solo di quelli
socio-assistenziali e socio-sanitari, anche se questi aspetti
sono stati dominanti rispetto
ad altri) in vista della presenza di operatori privati sempre
più forte e agguerrita anche
in questo particolare settore
di attività.
Il mercato
Già ora è possibile parlare
di mercato, anche se si tratta
di un mercato atipico; infatti
la presenza massiccia dei servizi gestiti dalle pubbliche
amministrazioni sono di gran
lunga più numerosi e diversificati rispetto a quelli proposti dalle istituzioni private;
ma questo non è l’elemento
più significativo: quattro sono
i fattori principali che caratte
L’ospedale evangelico «Villa Befania» di Ponticelli (Napoli)
il ruolo dei « privati >:
rizzano il mercato dei servizi
alle persone:
a) la componente della
«prevenzione», come bene
comune, che non può essere
perseguita se non con una visione di insieme e di rispetto
per le future generazioni e
che il settore privato non è in
grado di garantire;
b) la necessità di dar risposta a bisogni sociali che il privato non ha interesse a prendere in considerazione, dei
quali può farsi carico solamente la collettività organizzata (come le patologie particolarmente gravi);
c) il sistema di finanziamento dei servizi attraverso il
prelievo fiscale o le assicurazioni private che non permettono di avere una percezione
diretta e precisa tra il pagamento del servizio e il suo
reale costo;
d) la condizione di relativa
subordinazione della persona
che necessita di un determinato servizio e della sua limitata conoscenza del problema
(ad esempio la richiesta di
esami o di prestazioni specialistiche da parte del medico
per un paziente).
Questi elementi inducono a
considerare il mercato dei servizi come un mercato caratterizzato da particolari vincoli e
peculiarità; esso viene definito perciò «mercato amministrato», con forme di «concorrenza regolamentata».
La corale di Torre Pellice a Piedicavallo
Valdesi in musica
MARCO FRASCHIA
Un folto pubblico ha seguito con vivo interesse
il concerto della corale valdese di Torre Pellice, tenuto sabato 15 luglio presso il tempio valdese di Piedicavallo.
La serata rientrava nel progranuna di manifestazioni organizzate dalla comunità di
Biella per il centenario della
costruzione della chiesa del
piccolo paese al fondo della
valle Cervo.
Accolti fin dalla mattinata
con fraterna simpatia da
Franco Taglierò, pastore a
Biella, e da alcuni membri
della comunità, che si sono
anche prodigati nel preparare
la cena, coristi e relativi accompagnatori hanno approfittato della splendida giornata
per fare picnic lungo le limpide acque del torrente e passeggiare nelle strette vie del
paese, indicate rigorosamente
in piemontese, prima degli
impegni più ufficiali.
Questi sono cominciati alle
17, con l’inaugurazione di
una mostra sui valdesi sulla
presenza protestante nel Bieliese e, in particolare, sul tempio di Piedicavallo; alla presenza delle autorità locali e
intervallati da due brani della
corale. Franco Taglierò e Ta
vo Burat hanno sottolineato
come i rapporti interconfessionali un tempo freddi e distaccati, per non dire ostili, si
siano gradualmente distesi fino a permettere la realizzazione di iniziative molto importanti e significative come
un incontro ecumenico di
preghiera.
Conni programma della serata, suddiviso in quattro sezioni - canti della chiesa,
canti del popolo e della storia, canti spirituali moderni e
canzoni popolari - si voleva
fare, attraverso la musica, una
presentazione della fede, della storia e del folclore del
mondo valdese; l’attenzione e
l’interesse con cui il pubblico, accalcato perfino in strada, ha seguito le esecuzioni e
le presentazioni fatte con
semplicità e chiarezza dal direttore Ferruccio Corsani,
hanno dimostrato che lo scopo è stato senza dubbio raggiunto.
Particolarmente sentita e
commovente, infine, è stata la
richiesta da parte di un fratello della comunità biellese, di
salutare il centenario di un
tempio «costato lotte e fatica» con il canto del Giuro di
Sibaud che, pur non rientrando nel programma, la corale è
stata lieta di poter eseguire.
Una volta stabilito che la
funzione di prevenzione e di
programmazione spetta alle
pubbliche amministrazioni, il
settore privato può essere
presente sotto varie forme,
quale erogatore di servizi alle
persone che possono essere
acquistati dall’ente pubblico
stesso o dai singoli cittadini;
per poter esercitare la propria
offerta, le strutture private devono essere autorizzate, o come si usa dire adesso «accreditate» dall’ente pubblico;
questo termine sta ad indicare
non solo l’autorizzazione a
fare, ma indica anche i parametri in base ai quali l’autorizzazione viene concessa, ad
esempio in base a standard di
servizio predeterminati, e in
taluni casi anche in base alla
quantità di servizi possibili;
ciò per dare garanzia ai cittadini della qualità delle prestazioni e della loro distribuzione sul territorio.
La domanda che a questo
punto viene spontanea è chi
sono i soggetti privati che
possono essere interessati a
partecipare a un simile mercato? Negli ultimi anni, anche
in Italia, si è riscontrato un
incremento significativo di
soggetti impegnati nel volontariato, nella cooperazione,
nell’associazionismo; queste
iniziative si sommano ad altre
forme già presenti da tempo,
quali gli istituti di matrice religiosa e le ex Ipab, e costituiscono l’insieme di attività che
ora vengono definite genericamente con il termine «terzo
settore», il quale accomuna
tutti gli enti «non profit», cioè
che non hanno scopo di lucro.
Possono altresì essere presenti anche altri soggetti che
vedono in questo tipo di attività la possibilità di realizzare
profitti, le società; ecco che
diventa importante la funzione di «accreditamento», affinché la massimizzazione dei
profitti non vada a discapito
della qualità e del tipo di servizi erogati.
I limiti dello stato sociale
Il quadro in cui si determina questo progressivo mutamento di organizzazione sociale è in questo momento assai critico: è di alcune settimane or sono la notizia che la
popolazione con età superiore
a 65 anni supera quella giovane, in età attiva; nel mese di
giugno, il documento di programmazione economica che
precede la legge finanziaria
per l’anno prossimo pone dei
limiti seri all’espansione della
domanda di servizi sociali
con grave impatto su tutta la
popolazione, specie la più debole; il numero di persone
che possono essere definite
«povere» in base al proprio
reddito sta aumentando anziché ridursi; per non parlare
della riforma delle pensioni,
attualmente in discussione.
Resta difficile poter parlare
di conquista dello stato sociale, come è stato sancito dalla
Costituzione; anzi, si incomincia a parlare di «solidarietà possibile». Il futuro per
la società italiana, come del
resto per la maggior parte dei
paesi europei, non è molto roseo e la necessità di rivedere
le nostre scelte collettive e individuali diventa sempre più
urgente.
Dove si collocano le opere
della Chiesa valdese?
L’impegno della chiesa nel
sociale è un fatto noto fin dal
secolo scorso; le prime opere
sono nate anzitutto come
strumento di promozione sociale e civile dei membri di
chiesa e poi si sono aperte a
tutti, senza discriminazioni,
per dar corpo ad un servizio
«per» il pubblico. L’intuizione di maggior portata è forse
stata quella delle «scuole
Beckwith» nelle valli valdesi
e dell’impegno nell’istruzione di base promossa da varie
chiese nel Centro e Sud Italia.
Ancora adesso molto impegno e lavoro vengono spesi
nella diaconia e il riconoscimento di tale sforzo è manifestato da più .parti.
Con la terminologia moderna, si può dire che le opere della chiesa fanno parte
del «terzo settore», che sono
una componente qualificata
degli enti «non profit», che
attraverso vari casi di convenzionamento con gli enti
pubblici sono «accreditati» al
servizio che rendono. Ma tutto questo è spesso vissuto come «burocrazia» da subire e
non come fatto intrinsecò
all’attività stessa, partecipando ai processo evolutivo in
atto. Mentre la società continua la sua riflessione con una
certa organicità, predisponendosi anche gli strumenti istituzionali e gestionali per far
fronte all’evoluzione in corso, la chiesa sembra lontana,
talvolta infastidita, e rischia
di trovarsi esclusa da tale
processo.
Ecco dunque che diventa
importante il confronto con
gli altri per comprendere se
stessi; è forse giunto il momento di dare spazio a una riflessione di fondo sui temi
della diaconia, sugli strumenti da adottare, sugli obiettivi
che si vogliono perseguire,
alla luce delle esperienze in
atto; non per rinnegare quella
passata, anzi, cercando così
di restare fedeli all’impegno
assunto di fronte al Signore,
di vivere della sua Grazia
nell’ecumene cristiana, recandovi il contributo della
nostra testimonianza, come ci
ricordano i primi articoli della Disciplina generale delle
Chiese valdesi, con gli strumenti adeguati al tempo in
cui viviamo.
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TORRE PELLICE — Domenica 9 luglio, ai Coppieri, ha
avuto luogo il primo dei pomeriggi comunitari che durante
il periodo estivo raccolgono un buon numero di membri
della nostra chiesa presso le scuolette: in questa occasione
abbiamo tra l’altro avuto il piacere di incoritrare Italo Pons
appena tornato da Parigi, dove ha trascorso il suo anno di
studio all’estero. Pons ha illustrato le sue esperienze
nell’ambito degli smdi teologici e della collaborazione con
il «Département français d’action apostolique» (Defap),
parlando dei vecchi e nuovi problemi della missione, della
ricchezza dei contatti nell’ambito delle chiese membro della
Cevaa, delle suggestive aperture ecumeniche del protestantesimo francese, e ha sottolineato l’importanza di stabilire o
rinnovare rapporti con le chiese protestanti di un paese geograficamente vicino ma che, soprattutto nelle sue nuove generazioni, ci conosce poco.
• Sono stati celebrati i matrimoni di Ezio Cougn e Isabella
Ghia via e di Fabrizio Priotto e Monica Fornerone. Auguriamo a questi sposi una vita benedetta dal Signore.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali di Rosina Gaydou, Davide Morel, Celestino Tourn, Ettore Charbonnier.
VILLAR PELLICE — Ringraziamo i predicatori di questo
periodo: Bruno Rostagno, Felice Bertinat e Valeria Fusetti.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali di Carolina Gönnet ved. Gönnet. La comunità esprime ai familiari la propria simpatia cristiana.
PALERMO — Domenica 16 luglio la Chiesa valdese di via
Spezio ha firmato un appello indirizzato al presidente francese Jacques Chirac, lapidario quanto graffiarne. Il testo, redatto in francese e spedito al presidente tramite l’Ambasciata di Roma, dice testualmente: «“La voie de l’insensé est
droite à ses yeux, mais celui qui écoute les conseils est sage’’. (Proverbes 12, 15)», e poi aggiunge: «L’Église
réformée de Palermo invite le President Chirac à écouter les
conseils du monde entier». La citazione dei Proverbi suona
così: «La via dello stolto è, diritta agli occhi suoi, ma chi
ascolta i consigli è savio». E l’appello: «La chiesa riformata
di Palermo invita il Presidente Chirac ad ascoltare i consigli
del mondo intero». Ogni commento è effettivamente superfluo: speriamo che faccia effetto.
MOTTOLA — Triste sorpresa per la Chiesa battista: sono stati
rubati tutti gli strumenti musicali; modesti, ma indispensabili per ravvivare i culti, educare al canto, esprimere la gioia
della fede. La Federazione delle chiese battiste di Puglia e
Lucania ha voluto fare una colletta che ha fruttato 502.000
lire: un gradito aiuto per l’acquisto di nuovi strumenti.
• Motivi di gioia e speranza sono venuti dai matrimoni di
Rosa Genco e Francesco Romanelli e, alcune settimane
dopo, di Maria Franchini e Vincenzo Rannido. A queste
due coppie l’augurio di una vita serena e benedetta.
• Il 9 aprile è stata presentata nel corso del culto la piccola
Serena lacobino. Tutta la chiesa ha chiesto in preghiera la
benedizione del Signore e la sua guida perché anche Serena
giunga a riconoscere un giorno la sua grazia.
• Alla fine di maggio è mancato il fratello Vito Lanicci. La
chiesa si è unita al dolore dei familiari e con loro ha ascoltato la parola della resurrezione. Un grazie al pastore Giuseppe Tuccitto che ha presieduto il funerale.
Battisti toscani
Week-end
Protestantesimo tv
teologici
L’Associazione delle Chiese evangeliche battiste della
Toscana (Acebt) ha concluso
il suo primo round (come si
dice in gergo pugilistico) di
week-end teologici: un round
di studio non per valutare la
forza dell’avversario, bensì la
propria. Nel nostro caso, oltre
alla forza, abbiamo messo la
volontà: la volontà di avvicinarsi alla Bibbia in modo non
approssimativo o superficiale,
per poterne cogliere il messaggio più valido per la nostra
società.
Vari sono stati i temi trattati: la storia di Israele e la
formazione dell’Antico Testamento, l’eziologia della violenza, la formazione del Nuovo Testamento, l’autorivelazione di Gesù, l’interpretazione di un testo profetico, la polemicità del racconto sacerdotale della creazione.
Discreto il numero dei partecipanti agli incontri; molto
alti l’interesse e l’attenzione;
ottima la preparazione dei relatori (i pastori Di Passa, Marziale, Tattoli) e la loro funzione di stimolo alla riflessione.
Non molto ampio, purtroppo,
il ventaglio dei nuovi nomi
emersi come predicatori: sul
timore e tremore che il pulpito ispira hanno avuto la meglio solo due sorelle, di cui
una giovanissima. Lisa.
Mezz'ora
prima
In una lettera inviata il 17
luglio all’on. Rosario Olivo,
membro della Commissione
parlamentare per l’indirizzo
generale e la vigilanza dei
servizi radiotelevisivi, la presidente della Rai, Letizia Brichetto Moratti, ha comunicato che i nuovi palinsesti autunnali delTemittente pubblica prevedono «l’anticipo di
circa quindici minuti» delle
rubriche religiose Protestantesimo e Sorgente di vita, curate rispettivamente dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia e dall’Unione
delle comunità ebraiche in
Italia e attualmente in onda a
domeniche alterne alle 23,50
su Rai 2.
Alla decisione ha contribuito, secondo la presidente della Rai, «la crescente consapevolezza, dijfusa a tutti i livelli
aziendali, della necessità di
far valere sempre più le ragioni del servizio pubblico».
La questione dell’orario penalizzante di Protestantesimo
era stata sollevata dall’on.
Olivo, uno dei sei parlamentari evangelici, nella seduta
della Commissione parlamentare del 9 marzo scorso.
Le due rubriche raggiungono un pubblico televisivo largamente superiore alla consistenza delle comunità cui fanno riferimento.
1
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 28 LUGUO 1995
GESÙ
UN «SANTO ANARCHICO»?
SAVERIO MERLO
Un senso importante di
questa parola è sfuggito
agli esegeti fino a quando
non si sono affacciati, attraverso la finestra aperta dal
dialogo ebraico-cristiano,
sulla lettura che Israele fa
della Bibbia. Infatti, qui Gesù
si contrappone alla norma
tradizionale che comanda la
presenza di dieci ebrei affinché una preghiera comunitaria sia valida. In contrapposizione a questa norma, Gesù
afferma che non è necessario
essere in dieci per pregare;
basta essere in due o tre, riuniti nel suo nome.
Questa parola ha dunque
un senso trasgressivo, è una
parola polemica contro una
norma consolidata anche se
probabilmente, ai tempi di
Gesù, non era applicata strettamente da tutti. Occorre
chiedersi: qual è il motivo
della trasgressione di Gesù?
Come sappiamo, esistono vari altri racconti evangelici di
trasgressione da parte di Gesù, nei confronti di varie istituzioni religiose: norme alimentari, precetti di purità, il
riposo del sabato, la santità'
del tempio di Gerusalemme.
La trasgressione
di Gesù
Vi sono alcune considerazioni da fare, che possono servire a correggere l’immagine simpatica ma un po’
forzata del «santo anarchico»,
come lo chiamava il filosofo
Friedrich Nietzsche, vale a
dire l’immagine di un Gesù
che pratica la trasgressione
come contenuto essenziale
del suo messaggio; Intanto è
significativo che questa parola, che non ha paralleli negli
altri Evangeli, si trovi nel più
«giudaizzante» dei quattro,
quello in cui si insiste sul
«portare a compimento» anziché suir«aboÌire la legge»
(Matteo 5, 17 ss). Anche se
qui la norma trasgredita non è
un precetto della Legge, ma
una consuetudine rituale neppure universalmente accettata,
resta il significato fortemente
polemico e trasgressivo della
parola di Gesù.
messaggio del Signore, dato
al popolo perché si ravveda
(rispettivamente in Osea 1,2
e in numerosi passi di Ezechiele, per esempio 4,12).
Dunque proprio con le sue
trasgressioni Gesù si trova
perfettamente in linea con la
migliore tradizione profetica
di Israele e di Giuda. Inoltre,
il fatto che determinate norme ebraiche siano state e siano tuttora oggetto di discussione e di interpretazioni anche contrastanti in quel millenario mondo rabbinico e
talmudico che potremmo
chiamare il mondo del commento, non vuol forse dire
che il contenuto di tali norme
non è sempre univoco né è
sempre scontata la via che il
buoi! credente deve percorrere per il rispetto di esse?
Obbedire
trasgredendo
Infine, il fatto che a volte
l’unico modo per obbedire
alla Legge passi attraverso la
trasgressione della Legge
stessa (come avviene per
esempio nelle guarigioni
operate in giorno di sabato)
non è forse un’ennesima
conferma della natura paradossale della fede ebraica e
di quella cristiana che da essa deriva?
La nostra fede, come quella di Israele, vive di paradossi. E il massimo del paradosso, nell’ambito del cristianesimo, è proprio questo Messia crocifisso che muore,
qualunque sia il significato
da attribuire alla sua morte,
in connessione e a causa delle sue deliberate trasgressioni. Chiediamoci allora: che
cosa significa veramente trasgredire?
Trasgredire
perché?
Difficile parlarne oggi,
perché di trasgressione
autentica ce n’è così poca,
nonostante tutte le apparenze
dicano il contrario, nonostante la finta trasgressività del
linguaggio televisivo, dei
modi di vestire e di atteggiar
WÈmmm
«E in verità vi dico anche: Se due di voi
sulla terra si accordano a domandare
una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel
mio nome, qui sono io in mezzo a loro»
(Matteo 18, 19-20)
I profeti
e la trasgressione
Bisogna aggiungere che il
trasgredire consapevolmente norme della legge o
prescrizioni tradizionali non
è una specificità della figura
di Gesù o dei racconti del
Nuovo Testamento, ma lo si
ritrova già in diversi autori e
passi delle Scritture di Israele; per esempio nell’ampio
episodio di 2 Cronache 30,
13-27. In profeti tra di loro
lontani nel tempo e nello
spazio, come Osea e Ezechiele, la trasgressione di
norme di purità acquista addirittura il significato di
si che vanno per la maggiore.
Oggi sarebbe, anzi è, una
forma santa e benedetta di
vera trasgressione... pensare
con la propria testa nell’ambito dei rapporti economici,
sociali e personali, seguendo
così le orme di un Gesù che
sempre contrappone un «vi è
stato detto...» a un «ma io vi
dico...».
Trasgredire
in nome della legge
Tuttavia la trasgressione di
Gesù va più in là. Egli
trasgredisce la Legge in nome
della Legge stessa. Dove la
Legge, per colpa degli uomi
ni, diventa una barriera di
esclusione, Gesù ricupera
nella Legge, e per amore di
essa, un senso più alto.
E simile a quello che fa il
disertore nonviolento che disubbidisce alla legge del suo
paese, che lo chiama alle armi e lo manda a combattere,
in nome di una Legge più alta, scolpita nel suo cuore (come la legge del «nuovo patto» di Geremia 31, 31-34!),
una legge che gli comanda di
non uccidere. Trasgressione
della legge e amore della legge, dunque: in questa parola
di Gesù ci sono tutt’e due.
Resta un dubbio: perché
Gesù compie questa trasgressione? Non lo sappiamo. Probabilmente Gesù considerava
la norma in questione, quella
che rende obbligatoria la presenza di dieci ebrei maschi,
circoncisi, adulti per la preghiera comunitaria, come una
norma troppo restrittiva e fatta più per escludere che per
includere.
Una testimonianza
rabbinica
Eppure anche in questo
caso Gesù nón è l’unico
rabbino a pensarla in questo
modo. A questo proposito è
interessante la seguente testimonianza letteraria sul dibattito rabbinico in materia: «Il
rabbino Halafta figlio di Dosa
ci insegna: Quando dieci persone si raccolgono per ragionare della Torah, la Presenza
di Dio dimora in mezzo a loro, poiché è scritto: “Iddio sta
nella radunanza della Giustizia”. E come si può dimostrare che lo stesso vale per cinque persone? Perché è scritto:
“Egli ha fondato il suo nucleo
[la parola ebraica, che si potrebbe tradurre con «manipolo», richiama le cinque dita
della mano, ndt] sulla terra”.
E come si può dimostrare che
lo stesso vale per tre persone?
Perché è scritto: “Egli giudica in mezzo ai giudici”. E come si può dimostrare che lo
stesso vale per due persone?
Perché è scritto: “Allora
quelli che temevano il Signore parlarono l’uno con l’altro,
e il Signore prestò loro attenzione e li ascoltò”. E come si
può dimostrare che lo stesso
vale perfino per una persona?
Perché è scritto: “Dovunque
Io faccio sì che il mio nome
sia ricordato, verrò a te e ti
benedirò”»'.
«Nel mio nome»
In Gesù amore della legge e
trasgressione della legge
sono la stessa cosa. Perché
Gesù è venuto per riassumere
l’intera legge e per viverla fino in fondo come risposta alla
chiamata del Padre, in ubbidienza alla legge d’amore e di
inclusione da lui voluta. Questo vuol dire «nel mio nome».
Cosa cambia per noi leggere la parola di Gesù in questo
modo? Intanto, questa lettura
risolve una quantità di problemi che si pongono spesso
nella chiesa. Uno/una dice tra
sé e sé: La mia vera confessione religiosa è diversa da
quella della comunità in cui
mi trovo: Sarò nel giusto?
Dio approva questa casa,
queste parole, questa liturgia? Da noi si farebbe la cena
del Signore in questo modo,
con queste parole, presieduta
da uno che non è abilitato a
presiedere?
Una persona che continua a
La «Santa Cena valdese» (particolare), duomo di Naumburg, Turingia, sec. XIII
frequentare una chiesa evangelica pur senza esserne
membro, magari neppure battezzata, si sentirà proprio a
casa sua fino in fondo, o sentirà che le manca qualcosa
per essere come gli altri? Oppure: le scelte etiche del pastore, o di quel fratello o sorella, rendono le sue parole
dubbie o non credibili quando
egli annuncia l’Evangelo?
Sono casi reali, non inventati. Migliaia di casi simili
esistono, ognuno con la sua
incertezza, con le sue domande a volte angosciose.
Non che siano problemi
senza senso; sono problemi
per la chiesa, in quanto deve
organizzarsi, darsi dei regolamenti, fare le cose in maniera
ordinata; ma non sono problemi per Gesù, il quale
scombina le regole, convoca
a due, a tre, a dieci, chiama
molti a seguirlo e invita molti
alla sua mensa, specialmente
chi è più lontano e meno
«adatto» ad essere invitato.
Anche in questo, Gesù è trasgressivo.
Essere chiesa
ui sono io in mezzo a
loro»: a che scopo?
Con quali effetti e conseguenze sul nostro essere chiesa?
Per prima cosa, vale la pena
riunirsi per pregare, pregare
«ingenuamente», senza paura
di disturbare il Signore, perché quando lo invochiamo
egli è già fra di noi. Nella preghiera Gesù si situa non dalla
pàrte di chi concede, assiso
sul trono di gloria, ma dalla
parte di chiede, dalla nostra
parte. Egli ha allontanato da
sé le tentazioni delTonnipotenza (vedi Matteo 4, 1-11),
conosce invece la potenza
dell’amore solidale che chiede e ottiene (Matteo 7, 7-11).
Poi, Bonhoeffer e la Chiesa
confessante tedesca ci hanno
insegnato che bisogna sempre
conservare quel tanto di tra
sgressività-per-amore che ci
consenta, all’occorrenza, di
discemere dov’è la vera chiesa, e dove la falsa.
Poi, per pregare insieme bisogna «accordarsi»: riunirsi
con mentalità aperta, ecumenica, tendere alTunità senza
occultare i conflitti; accordarsi può significare anche mantenere con gli altri un confronto vivace e serrato, «amarli duramente» senza pretendere o concedere che tutti
si subordinino a uno solo annullando le loro differenze.
«Sulla terra»
Infine, dobbiamo essere
comunità «sulla terra», e
quindi per il mondo: la chie
sa non vive per se stessa, ma
per il servizio al mondo; e la
sua preghiera non è mai solo
preghiera «per noi», ma è
sempre anche intercessione
«per gli altri».
«Dovunque due o tre sono
riuniti nel mio nome, qui sono io in mezzo a loro». Questo basta per essere vera
chiesa, parte della vera comunità dei santi, dei chiamati, degli amici e discepoli di
Gesù. Non serve altro. Basta
riunirsi «nel suo nome» per
avere confidenza, protezione
da lui, familiarità con lui, pace in lui.
(1) Chaim Potok: Danny
l’eletto, Garzanti, Milano 1969,
pag. 167.
Preghiera
Tu ci hai chiamati, Signore.
Lo testimonia
Tinquietudine che ci afferra
quando ascoltiamo la tua Parola.
Tu conosci la nostra debolezza.
Sai quanto presto siamo scoraggiati.
Sai che ci muoviamo ansiosi e incerti.
Eppure ci hai chiamati
e noi fidiamo in te.
Se è tuo volere, agisci in noi.
Fa’ di noi degli strumenti utili.
Non conosciamo l’efficacia
di ciò che facciamo nel tuo nome.
Da strumento non deve aver timori
sullo scopo finale del lavoro.
Siamo tuoi strumenti.
Tu ci hai presi in màno.
Serviti di noi. Signore.
(Jörg Zink, Come pregare, Claudiana 1988, pag. 161)
l
7
Spedizione in abb. postale/50 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
ai mittente presso i'Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere
il diritto di resa.
Fondato nel 1848
1 7 <1
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L.
VENERDÌ 28 LUGLIO 1995 ANNO 131 - N. 30 LIRE 2000
L9 estate valligiana è iniziata anche quest’anno,
da una decina di giorni i consueti ospiti estivi affollano i
luoghi più classici del turismo delle nostre valli; pubblici diversi, dai sempre numerosi anziani che cercano la
quiete e poco altro, lamentano i tempi che furono, l’ordine e la pulizia che oggi lasciano il passo al degrado e
altri analoghi luoghi comuni.
Rispetto a un recente passato
si è notata negli ultimi anni
una maggiore attenzione verso i turisti: non solo si stanno
moltiplicando le iniziative di
accompagnamento escursionistico o di semplice svago
ma anche è iniziata una riflessione concreta sulle possibili
cose da fare. Le stesse Pro
TURISMO E STRUTTURE RICETTIVE
ACCOGLIENZA
CARMELINA MAURIZIO
Loco si stanno attrezzando
per informatizzare i loro uffici in modo da fornire informazioni tempestive e aggiornate alla potenziale clientela.
Certo mancano ancora gli
spazi ricettivi anche perché
un’attività che debba far conto sulla sola stagione estiva
non potrebbe sopravvivere a
lungo; ma intanto stanno partendo ipotesi di soggiorni
presso famiglie, piccole case
in affitto a settimana ecc.
Quando pensiamo a un turismo legato all’ambiente e alla
cultura si finisce inevitabilmente per pensare al Sud Tirolo o al vicino Queyras: le
prenotazioni si fanno con un
semplice colpo di telefono e
l’ufficio turistico è in grado
di fornire immediatamente
l’elenco delle disponibilità e i
relativi costi.
Molte cose si possono re
Nel Pinerolese
Pochi i
non maturi
nelle scuole
Anche quest’anno finalmente è finita: èscono i risultati, si conoscono i nuovi maturi, si può andare in vacanza
tutti (più o meno) contenti.
Nel Pinerolese la percentuale
dei «non maturi» è bassa, e si
bilancia con quella dei candidati promossi con sessanta
sessantesimi. All’Itc di Luserna San Giovanni, dei 77
esaminandi (tra cui due esterni) 5 sono risultati non maturi
(compresi i due esterni) e 2
hanno ottenuto il 60; tra i 27
geometri si contano 4 bocciati e 1 promosso con 60/60. A
Pinerolo, al liceo classico
Porporato, 42 candidati e nessun bocciato: in compenso ci
sono tre 60; al linguistico 60
candidati, tutti e 60 maturi e 3
ragazzi promossi con 60; al
magistrale, 57 candidati, 6
bocciati e nessun 60.
Al liceo scientifico si registra un buon risultato complessivo: 156 candidati, solo
5 respinti e ben 10 ragazzi
usciti con 60. All’alberghiero
nessun bocciato fra i 34 candidati, di cui uno privatista;
anche all’Istituto tecnico Capetti nessun bocciato fra i 39
ragazzi che si sono presentati
all’esame e due 60/60. Al tecnico Porro invece, 3 bocciati
su 55 candidati e nessun 60.
Un discreto risultato generale
anche al Buniva, dove non si
registra nessun bocciato e 6
60/60 tra i 64 programmatori;
tutti maturi anche fra i geometri: 2 dei 60 ragazzi (di cui
5 privatisti) presenti all’esame hanno preso 60; un solo
60 invece per i 142 ragionieri
(1 privatista) e 3 non maturi.
Al Collegio valdese di Torre
Pellice, infine, dei 13 candidati che hanno sostenuto
l’esame nessuno è stato bocciato e una ragazza ha raggiunto il fatidico 60.
Restano, come in ogni parte
d’Italia, le numerose perplessità sul modello di esame che
viene ancora seguito.
Un bilancio deirattività della Guardia di finanza nei primo semestre dell'anno
I molti stratagemmi per evadere il fisco
Quasi quaranta miliardi di
elementi di reddito non dichiarati o non registrati (in altre parole di «evasione pura»)
in poco più di sei mesi,
dall’inizio dell’armo alla metà
di luglio: questo è uno dei dati più clamorosi dell’attività
della Guardia di finanza di
Pinerolo.
Un gruppo di una ventina
di persone ha lavorato attivamente, sotto la guida del
sottotenente Angelo Gemelli,
cercando di portare a galla il
sommerso e il non denunciato
di un mondo economico che
tante volte nasconde grandi
sacche di ricchezza proprio
grazie al mancato pagamento
delle tasse oppure alla denuncia di spese sostenute assolutamente false. Infatti, secondo
la relazione del comando della Guardia di finanza pinerolese, anche il dato degli elementi negativi di reddito non
deducibili accertato è alto:
6.782 milioni, a dimostrare
che si può frodare il fisco non
solo non denunciando ma anche inventandosi spese sostenute in realtà mai avvenute o
comunque non deducibili.
In questi mesi anche a Pi
nerolo, oltre alla consueta attività di verifica fiscale a carattere generale che solitamente viene effettuata sulla
base di indizi di evasione o
sulla base di altri significativi
elementi, si sono attivate
nuove tipologie di intervento.
«Ciò al fine - spiegano al comando - di indirizzare l’attività ispettiva verso una più
ampia platea di contribuenti
nonché nei confronti di soggetti appartenenti a specifiche attività caratterizzate da
elevata pericolosità fiscale».
Dal mese di ottobre dell’anno
scorso, ad esempio, sono state eseguite 21 verifiche fiscali a carattere generale nei
confronti di particolari categorie di contribuenti e segnatamente quella degli odontoiatri, quella degli odontotecnici e quella degli «amministratori di condomini»: nel
periodo considerato sono state accertati redditi non dichiarati per oltre 736 milioni
e 45 milioni di redditi non
deducibili. In sostanza per
ogni controllo un’evasione di
più di 35 milioni. I 400 controlli effettuati sulle attività
economiche nel primo-semestre hanno inoltre evidenziato
infrazioni sull’Iva dovuta per
oltre 11 miliardi; sono state
altresì denunciate due persone per violazioni tributarie di
natura penale per aver emesso o annotato fatture per operazioni inesistenti per un imponibile di circa 14 miliardi e
284 milioni.
Sono stati anche verificati i
movimenti con l’estero e in
particolare nell’ambito della
Comunità europea, effettuati
specifici controlli circa la regolare applicazione della disciplina in materia di oli minerali con alcuni accertamenti
di tributi evasi, sequestrati
351 Cd in assenza di autorizzazione dell’attività di noleggio. Naturalmente non sono
mancati i controlli ordinari
sull’emissione di scontrini fiscali e delle ricevute: in questo caso le irregolarità registrate sono state 47 mentre 14
irregolarità sono state verificate sulle bolle di accompagnamento dei beni viaggianti.
Nella valle di San Martino c’era una
volta una caverna di cui si parlava
con aria di mistero. Nascosta da ogni
parte da cespugli ed erbe alte, il passante
la intravedeva appena e, generalmente,
non pensava di avventurarvisi. Ma i vecchi contadini raccontavano che era abitata da graziose fatine, dai gonnellini corti
e dalle grosse trecce. Un certo giovanotto, spinto dalla curiosità, si era permesso
di profanare la loro dimora, introducendovisi una sera carponi ma, alla prima
parola, le «gentili damigelle» l’avevano
coperto di botte, con «pugni di ferro», ricacciandolo fuori.
Un giorno che pioveva a dirotto, un
ragazzo di vent’anni, idiota e muto, spaventato dai lampi e dai tuoni entra precipitosamente nella caverna per ripararvisi. Subito, una dozzina di fate lo circondano e gli fanno festa; il povero ragazzo
rimane sconcertato e contempla con un
sorriso ebete le giovani damigelle che si
disputano la loro nuova conquista, cir
IL FILO DEI GIORNI
L'IDIOTA
E L'APIOT
MARIE BONNET
condandolo di moine e di gentilezze. Le
fate, da parte loro, sono contente di vedere che il loro ospite non rivolge mai
loro la parola, sottomettendosi così
spontaneamente ai loro voleri. Per ricompensarlo, gli servono premurosamente un pasto succulento e, verso sera,
quando accenna a congedarsi, gli danno
un’accetta d’oro adorna di brillanti e di
perle di gran prezzo.
Il nostro ragazzo, fuori di sé, corre
d’un fiato dai genitori e mostra loro
trionfalmente il prezioso utensile.
Il padre, povero operaio senza un soldo, vende subito l’accetta e con grande
gioia ne ricava abbastanza denaro da acquistare una vasta distesa di terreno e
farci costruire una modesta casetta.
Però, poiché teme l’invidia e le maldicenze dei compagni, lascia il paese natale e va a stabilirsi nella valle del Pellice.
Chiama la sua casa Apiot in segno di
riconoscenza; questo nome è rimasto fino a oggi, non solo alla casa, ma a tutta
la borgata circostante.
Nota: questa leggenda, raccontata da
Stefano Buffa, del Pont di Angrogna, come molte altre, appartiene a un filone ben
preciso della tradizione folclorica individuato come quello delle fate. Esso comprende a sua volta vari sottogeneri (fate
animali, casalinghe, benefattrici, oziose).
(da Tradizioni orali delle valli valdesi
del Piemonte. Torino, Claudiana, 1994)
alizzare per imitazione; gli
esempi positivi non vanno
mai trascurati e tuttavia sarebbe importante costruire un’accoglienza a misura nostra, sapendo ad esempio che non abbiamo né la precisione altoatesina né il cambio «pesante»
dei francesi. Ma la preparazione di offerte turistiche, il
modo di rapportarsi all’ospite,
la disponibilità a conoscere le
lingue diverse dalla nostra
mantenendo la nostra identità
che è poi uno degli elementi
attrattivi, la capacità di offrire
strutture semplici ma accoglienti non si improvvisano.
Da poco esiste in vai Pellice
un corso scolastico superiore
per il settore turistico: anche
questo è un segnale importante in grado di produrre lavoro.
In Questo
Numero
POMARETTO
Il ivuovo sindaco Giorgio
Bonis, nell’esporre le linee
principali lungo le quali si
articolerà il lavoro amministrativo, parte da un’idea
forte di partecipazione. La
cittadinanza deve essere
messa in grado di valutare
le scelte della giunta.
Pagina n
Non dimenticare
A cinquant’anni dalla
Liberazione e dalla fine
della guerra, nasce a Prarostino un «Gruppo storico» che si propone di approfondire questi stessi temi, nella Consapevolezza
che non si possa prescindere dalla meihoria di avvenimenti tanto tragici.
Prima concreta realizzazione del gruppo è stato
un opuscolo intitolato «Un
faro per la libertà», che riporta su quegli anni il
punto di vista di madri,
bambini, parenti.
Pagina II
Soccorso alpino
Quarant’anni fa nasceva
la stazione di Torre Pellice
del Soccorso alpino. In un
ideale clima di continuità
ne parlano oggi l’attuale
responsabile, Marco Fraschia, e Bruno Pasquet,
che ebbe allora questo
compito. Ripercorriamo
così eventi e nomi che suscitano molti ricordi in numerose peraone. '
' Pagina III
Amiche lettrid e amici lettori, V
per consentire le vacanze dei tipt^prafl e dei
redattori U vostro settìmansJe non uscirà per
te prossime tre settimane. tbmerà nelle viKtre
imche da lettere e nelle
edicole delle valli vaidesi venerdì 25 agosto.
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8
PAG. Il
VENERDÌ 28 LUGLIO 1995
L’ingresso al villaggio dell’Esercito della Salvezza a Bobbio Pellice
E Eco Delle %lli \àldesi
I progetti della neonata associazione nelle parole del presidente, Claudio Rivoira
«Lou cialoun» tra agricoltura e turismo
PENSIONATO MUORE IN MONTAGNA — È stato ritrovato da un gruppo di boy scout, nella zona di Bou dà Col
sui monti di Frali, il corpo di un pensionato che ogni estate
si recava a Ferrerò in vacanza; Ettore Frandi, assai conosciuto in zona. Frobabile causa del decesso un malore che
avrebbe colpito l’uomo mentre era solo in montagna.
FESTA DI RADIO BECKWITH — Torna, col secondo
week-end di agosto, la tradizionale festa di Radio Beckwith
ai giardini di piazza Muston a Torre Pellice: dal 10 al 13
agosto si alterneranno momenti musicali, dibattiti, mostre,
giochi; saranno presenti stand di associazioni e gruppi. Il
programma prevede l’apertura, giovedì 10 in serata, con
musica anni ’60 e ’70 dai «Garas boys»; venerdì 11, torneo
di ping pong organizzato dalla Fidas Valpellice, alle 17,30
un dibattito suU’handicap, cena vegetariana e serata musicale con il cantautore Maurizio Volpe e il gruppo di musica
popolme «Lou Magnaut Big band». Sabato 12 ancora torneo di tennis tavolo e, alle 16,30 informazioni sulla lotta di
difesa del monte Graham sacra per gli indiani Apache; alle
17,30^convegno: «Un protestante nella Resistenza: Jacopo
Lombardini» con interventi di Paolo Favout, Frida Malan
(partigiani) e Ferruccio Maruffi (deportato a Mauthausen).
Dopo la cena musica occitana con «Lou Seriol». Domenica
13 meditazione biblica a cura dello studente in teologia Italo Pons, alle 11; alle 16,30 presentazione del libro di Elena
Ravazzini Corsani «La via degli specchi», musica dei suonatori occitani della vai Pellice e dopo cena serata rock con
«Katia & Joe» e «Loscomobile».
INTERROGAZIONE SULL’ALVEO DEL PELLICE — I
consiglieri provinciali Colomba (Ccd) e Merlo (Popolari)
hanno presentato un’interrogazione sul «problema mai risolto e ormai vecchio, dell’uveo del torrente Pellice lungo
tutto l’asse pinerolese, con rischio di creare ulteriori danni
per le comunità locali, per le coltivazioni e per le stesse abitazioni». L’interrogazione segue la manifestazione di amministratori e cittadini svoltasi a Cavour lunedì 17 luglio rivolta soprattutto al magistrato del Po e alle autorità di bacino.
MOSTRA SULLO STAMBECCO— Nell’ambito dei progetti Interreg fra Val Pellice e il vicino Parco regionale del
Queyras è stata allestita una mostra fotografica «Le meraviglie dello stambecco» di Robi Janavel, composta di 30 fotografie corredate da didascalie e cartografie. Durante il periodo estivo la mostra sarà allestita a Ville Vieille in Queyras e a Bobbio Pellice, nella sala polivalente, dal 24 luglio
al 6 agosto, a Villar Pellice, presso il mimicipio, dall’8 al 20
agosto; a Torre Pellice, presso la sede della galleria d’arte
in via D’Azeglio, dal 23 agosto al 3 settembre, a Lusema S.
G., nella sala mostre di via Ex Deportati e Internati dal 18
settembre al 1° ottobre, a Lusemetta dal 3 al 10 ottobre.
UN PARCO NATURALE IN VAL PELLICE? — È questo
il titolo di un dibattito che si svolgerà domenica 6 agosto,
alle 17, nell’ambito della Festa de l’Unità a Torre Pellice.
«L’ipotesi di creare un parco naturale regionale in vai Pellice - dicono i promotori - ci pare essere una proposta particolarmente interessante per la nostra valle; è un’occasione
per riflettere sul futuro del territorio, su cosa si può fare per
avere cura dell’ambiente e nello stesso tempo aprire possibihtà concrete di sviluppo economico creando nuovi posti
di lavoro. Molti sono contrari alle aree protette ma sappiamo che molti dissensi si basano su informazioni distorte; è
dunque importante discuterne seriamente». È stato raccolto
un dossier che verrà presentato con alcuni dati essenziali;
l’intenzione è di chiedere alla Comunità montana di costituire una commissione che studi l’ipotesi di istituire il parco, dal momento che la Regione deve redigere un nuovo
piano dei parchi che potrebbe accogliere nuove proposte. Al
dibattito di Torre Pellice parteciperanno Luigi Rivalta, assessore alla Pianificazione della Provincia di Torino, Renato Armand Hugon, responsabile di Legambiente Valpellice
e Giovanni Borgarello, coordinatore del periodico «La
quercia», promotore dell’iniziativa. Fra gli altri dibattiti della Festa de TUnità a Torre Pellice segnaliamo anche «Prospettive del centro-sinistra al governo», sabato 5 agosto ore
17; «Bambini, ambiente e democrazia», lunedì 7, ore 17;
«La violenza sessuale», martedì 8 agosto, alle ore 17.
FESTA ALLA CASA DELLE DIACONESSE — La direzione e il Comitato della Casa delle diaconesse, ringraziando
quanti hanno collaborato alle due giornate di festa (Badia
corale vai Chisone, Gruppo danze eccitane, cuochi e tutto il
personale) comunicano gli ultimi numeri vincenti della sottoscrizione a premi: 1.488, 1.882, 2.345, 2.419, 2.429,
2.448, 2.528, 2.634, 2.830, 2.965, 2.966, 3.074, 3.082,
3.094, 3.097, 3.204, 3217, 3.237, 3.238, 3.258. I premi si
possono ritirare presso la direzione in orario d’ufficio.
In vai Pellice è tornato «lou
cialoun» (la lince). L’antico
animale della valle è diventato il simbolo dell’associazione che si è costituita da alcune settimane e che si prefigge
di operare nel settore turistico, ricettivo, culturale, agricolo e artigianale, attraverso
l’apertura di una Casa per ferie che possa essere un punto
di riferimento per il turismo
delle valli vafdesi: un obiettivo turistico ma anche un centro di educazione ambientale
nel periodo invernale e, più
in generale, uno spazio di aggregazione e confronto. A
questo scopo la Tavola valdese ha dato in comodato
all’associazione lo stabile di
Villa Olanda, che dopo le
lunghe discussioni sinodali e
non, si trovava da alcuni anni
in disuso e oggetto di gravi
atti di vandalismo. Da che
cosa è nata l’idea di questo
progetto? Ce lo spiega più
ampiamente il presidente
dell’associazione, Claudio
Rivoira.
«Sono ormai alcuni anni
che si continuano a fare considerazioni sulla potenzialità
turistica delle Valli, mai sfrattata pienamente, e sul tipo di
turismo intelligente compatibile con l’ambiente e l’artigianato, visto Formai accertato
declino del modello industriale. La Comunità montana vai
Pellice ha recentemente approvato il Piano di ecosviluppo che individua proprio in
strutture come questa spazi
per mettere finalmente insieme, in uno sviluppo globale
della Valle, turismo, agricoltura, ambiente e cultura. Inoltre la nostra è una risposta a
quella che ci sembra l’esigenza di molte persone di avere
un punto di aggregazione che
vada oltre il tradizionale bar».
- Più precisamente, che cosa contate di organizzare?
«Le idee che abbiamo in
mente sono diverse: realizzare il recupero di terreni per
scopi agricoli utilizzando tecniche compatibili con l’ambiente, per esempio; naturalmente promuovere manifestazioni, convegni, concerti in
collegamento con analoghe
iniziative in Italia e all’estero,
senza tra l’altro sottovalutare
l’opportunità di creare posti
di lavoro. Mettere a disposizione degli alloggi per studenti stranieri e organizzare
campi di vacanza, studio e lavoro anche a livello intemazionale».
- Come mai avete scelto
Villa Olanda?
«Era un peccato che Villa
Olanda rimanesse in uno stato di degrado: la casa è perfetta per diventare una foresteria o un ostello, soprattutto
nel periodo estivo; per l’in
Lo stabile di Villa Olanda
verno si pensa invece di utihzzarla per un centro di educazione ambientale per le
scuole: a questo proposito abbiamo già raggiunto un’intesa
con un’agenzia del territorio.
Nell’ex cappella ortodossa e
nell’edificio dietro il corpo
principale si potrebbero ospitare dei laboratori per attività
artigianali, musicali, artistiche. Inoltre i terreni di Villa
Olanda possono essere utilizzati a scopi agricoli per l’autoconsumo all’interno della
struttura o per la trasforma
zione dei prodotti per la vendita. Il parco, poi, potrebbe
ospitare un campeggio oltre a
rappresentare esso stesso
grande attrattiva e vera aula
all’aperto per il centro di educazione ambientale».
- L’associazione è stata
fondata a giugno: che cosa è
già stato fatto?
«E stato presentato un progetto di ristrutturazione in
Regione per chiedere l’ammissione a un finanziamento
sulla base del regolamento
Cee 2081/93 sul Turismo, i
cui esiti saranno noti in autunno. Si è poi già utilizzato
l’orto e si è dato il via ai lavori di pulizia del parco e di
sistemazione degli immobili;
dalla Svizzera abbiamo ricevuto in dono dei letti e degli
armadi che ci saranno sicuramente utili.
C’è comunque ancora molto da fare: innanzitutto, fondamentale, la raccolta di fondi e dei materiali necessari e
poi l’intervento di sistemazione della struttura; dalla
Regione potrebbe arrivare il
50% del costo totale (2 miliardi fra ristrutturazione e
acquisto attrezzature) ma
l’altra metà andrà reperita direttamente da noi. In caso di
finanziamento regionale i lavori dovrebbero iniziare immediatamente per concludersi nella primavera del 1998».
Intervista a Giorgio Bonis, nuovo sindaco di Pomaretto
Al primo posto sta il metodo di lavoro
Per una manciata di voti di
differenza il 23 aprile ha sancito a Pomaretto la vittoria
della lista che candidava a
sindaco Giorgio Bonis su
quella, in continuità con la
precedente esperienza amministrativa, che proponeva come primo cittadino Giovanna
Purpura Calvetti. Proseguendo il nostro viaggio fra le
amministrazioni delle Valli
saliamo a Pomaretto per incontrare il neosindaco e sapere da lui che cosa c’è stato alla base di questa vittoria.
«Credo che il nostro successo sia dovuto anzitutto alla
nostra proposta di lavoro che
si differenziava un po’ dalle
abitudini del passato - asserisce il sindaco -; una proposta che evidenziava la nostra
volontà di coinvolgere la popolazione nelle decisioni da
assumere, a partire dalle
commissioni comunali aperte
ai cittadini. Sicuramente non
possiamo ignorare che alcune questioni che la passata
amministrazione non ha risolto hanno creato in paese
una certa diffidenza.
Peraltro non siamo partiti
con l’intenzione di fare una
lista, tanto rneno il sottoscritto che faceva parte della vecchia maggioranza; da 20 anni sono amministratore, prima a Perosa e poi a Pomaretto. Si sono successivamente create le condizioni di formare questa lista per la volontà di alcune persone che
hanno voluto proporre alcuni
elementi di novità, ad esempio staccando quella che è la
vita amministrativa dall’attività della Pro Loco: il Comune è una cosa, la Pro Loco
gestisce un settore estremamente importante ma che non
può essere confuso». Due liste, una maggioranza e una
minoranza che oggi si confrontano con qualche tensione forse dovuta proprio
all’esiguo margine di una
coalizione sull’altra, eppure
entrambe si collocano sulla
linea del centro-sinistra, del
cartello Prodi.
Anche questa è una caratteristica di Pomaretto visto
che altrove il confronto avviene partendo da posizioni
politiche ben differenziate,
oppure si è creato un clima di
totale armonia fin dalla composizione delle Uste; dunque
la divisione è sulle cose. Che
cosa avete in mente di realizzare a Pomaretto per i prossimi quattro anni? «Nella nostra bozza di programma non
avevamo indicato delle vere
e proprie priorità, semmai
dei metodi di lavoro; nello
spirito di partecipazione volevamo verificare con la gente le scelte amministrative da
fare - illustra Giorgio Bonis
-; ci sono questioni che ereditiamo dalla passata ammi
nistrazione: la viabilità di
accesso alla vai Germanasca
da discutere con la Provincia e con il comitato dei
“Mondiali”, il piano regolatore, accessi e parcheggi intorno all’ospedale valdese,
l’acquedotto comunale, la
qualità e la quantità dell’acqua. E poi sorto il problema dell’ area utilizzata
dalla Pro Loco adiacente al
campo sportivo, attualmente
di proprietà privata con una
richiesta dei proprietari di
tornare a disporre del loro
terreno: ci sarà una non
semplice opera di mediazione da compiere».
Pomaretto ha visto in questi
anni il rilancio dell’attività
agricola puntando sulla vitivinicoltura, riscoprendo l’antico vino ramìe; forse ci sono
possibilità di ampliare questo
settore economico: «Purtroppo è andato deserto l’appalto
per la costruzione di un impianto di irrigazione - conclude il sindaco —; i parametri regionali hanno fatto ritenere non remunerativo dalle
aziende l’intervento. In collaborazione con la Comunità
montana stiamo valutando le
soluzioni per non perdere i
contributi Cee sul progetto e
per rilanciare così l’immagine del nostro vino: Pomaretto
non ha di per sé una grande
immagine o vocazione turistica e il prodotto ramìe poteva
essere un elemento interessante. Certo, sul discorso
turismo pesa la difficoltà ad
offrire anche solo case in affìtto per l’estate: molte case
potrebbero prestarsi ma occorrerebbero ancora interventi di ristrutturazione».
«Gruppo storico di Prarostino» a 50 anni dalla Liberazione
Il dovere di ricordare
ERICA BONANSEA
Le nostre valli hanno rappresentato una zona strategica nel periodo della resistenza al nazifascismo ed è
importante conservare le memorie di quel capitolo della
nostra storia. Con l’intento di
raccogliere le testimonianze
dei sopravvissuti agli anni della lotta partigiana nella zona
di Prarostino è nato il «Grappo storico di Prarostino».
«Il nostro gruppo è nato poco più di un anno fa - spiega
Laura Griglio, assessore comunale alla cultura e membro
del grappo storico -; l’amministrazione' comunale doveva
decidere come commemorare
il cinquantesimo eccidio del
Bric del 17 novembre 1944,
quando i fascisti hanno attua
to una rappresaglia facendo
un rastrellamento tra i civili.
Anziché per la solita cerimonia si è optato per la costituzione di un gruppo di persone
che raccogliessero testimonianze su questa tragedia che
ha colpito il nostro paese. Si
sono fatte delle interviste ai
superstiti e si è scritto un
opuscolo sulla Resistenza
nella nostra zona».
Da questo opuscolo è nato
un libro intitolato «Un faro
per la libertà», che riporta in
maniera fedele ed esauriente i
racconti della gente per dare
una visione della storia dell’
ottica dei «non eroi», cioè
delle madri, dei bambini, delle sorelle, delle fidanzate, dei
parenti di coloro che sono
stati trucidati quel giorno al
Bric. Il libro è diviso in due
parti principali: diversi capitoli sulle testimonianze e delle poesie e riflessioni degli
alunni della scuola elementare di Prarostino sulla pace e
sulla Resistenza.
Il grappo storico, che si sta
costituendo ufficialmente in
associazione, è formato da
una decina di persone, quasi
tutti giovani sotto i 30 anni.
Ora che avete terminato il libro quali sono i vostri progetti in cantiere? «Pensiamo conclude Laura Giglio - di
approfondire i temi della
guerra, della Resistenza e del
fascismo sempre basandoci
sul lavoro di intervista ai prarostinesi. Inoltre vorremmo
anche fare una storia di Prarostino, dei suoi avvenimenti
principali, e una ricerca toponomastica».
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PAG,
III
A colloquio con Bruno Pasquet per ricordare i 40 anni della stazione di Torre Pellice del Soccorso alpino
Volontariato e solidarietà tra amanti della montagna
MARCO FBASCHIA
Quarant’anni fa nasceva in
vai Pellice il primo nucleo di quella che sarebbe stata la stazione di Torre Pellice
¿el Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico. Il
primo responsabile del gruppo fu Bruno Pasquet, classe
1928, di Torre Pellice, che
guidò la stazione per 23 anni
finché nel 1978 gli subentrò
(3iorgio Poet, che a sua volta
ha lasciato l’incarico al sottoscritto nel 1991.
' Nell’ambito di una ricerca
piò approfondita sul Soccorso
alpino valligiano ho avuto
un’interessante conversazione
con Bruno Pasquet, che ha
evidenziato come nel Soccorso alpino, fin dalle origini,
reiemerito costitutivo, come
in molte altre istituzioni della
vaile sia stato il volontariato,
inteso non come gesto individuale e eroico, ma come spirito di collaborazione e solidarietà.
- Quarant’anni fa è nata la
prima squadra del Soccorso
alpino. Si ricorda come ?
' «Era la primavera del ’55.
Da Torino venne Bruno Tomolo, uno dei fondatori del
.Soccorso alpino nazionale.
Aveva preso contatti con il
presidente del Cai-Uget vai
, Péllice, Mantelli: il Soccorso
alpino nacque all’interno del
Cai, come istituzione del
club per gli alpinisti in difficoltà, feriti o anche morti.
Inizialmente eravamo in sei;
il dottor Gardiol, Aldo Vola,
Dante Geymonat, Jean-Jacques Geymonat, Andrea Guglielmone e io, che fui nominato responsabile perché il
dottor Gardiol, la persona più
Nelle
Chiese
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TORRE PELLICE —
Domenica 30 luglio, alle
17,30, nel tempio, il pastore Giorgio Tourn parlerà
su «Fede o religione?».
• Sabato 5 agosto, alle
20,45, nel tempio, il pastore Domenico Maselli parlerà sul tema: «Un credente a Montecitorio».
RORÀ — Domenica 6
agosto si svolgerà una
giornata comunitaria all’
aperto fra i faggi del campeggio al Bric; ci sarà il
pulto presieduto dal past.
Gustavo Bouchard, a cui
seguirà il pranzo e il bazar
preparati dal Gruppo donne. Per informazioni teriefonare al past. Bellion
(93108) o alla signora Luciana Morel (93118).
POMARETTO — Domenica 6 agosto, alle 15,
riunione a Clot Boulard.
PERRERO-MANIGLIA — Domenica 6
agosto riunione alle Grange di Forengo.
MASSELLO — Durante il periodo estivo ci saranno le riunioni quartierali il 13 agosto a Porte e il
20 alla Balziglia.
RODORETTO FONTANE — Le riunioni estive al Colle delle Fontane e
a Campo Clot si terranno il
6 e il 13 agosto.
I.Í
SOSALCOUSMÙ4
Ptñimt&ndatorio ”
Villar Perosa: tei. 51045-51379
Ospedale Pomaretto
Tel; 82352-249 -day ospitai ;
indicata, disse di essere “troppo vecchio”. Via via si sono
aggiunte altre persone che
hanno ampliato le nostre file;
molti erano di Torre e Luserna, alcuni di Villar e Bobbio,
tutti forti camminatori e conoscitori delle nostre montagne; molti erano anche cacciatori: il cacciatore, si sa, conosce ogni sentiero o angolo
della valle; anche i bergè sono molto utili: osservano tutto, sanno chi passa, in che direzione va, a che ora è passato, conoscono i sentieri. Qui
da noi non c’era bisogno di
esperti rocciatori: la maggior
parte degli interventi consisteva nell’andare a cercare
persone disperse, infortunate
sui sentieri o corpi senza vita.
Non è mai successo un incidente in parete».
-C’è qualche incidente che
ricorda particolarmente?
«Già prima che ci fosse il
nucleo, come puro volontariato, si era fatto per esempio
un intervento al Palavas per
una caviglia rotta. I mezzi
erano improvvisati: una lamiera ricuperata in una vecchia casermetta a Piatta Bornia, sotto il Palavas, come barella, una sbarra con cui il ferito è stato portato più o meno come si portano i trofei di
caccia e alle Barricate, finalmente, un mulo. Il primo intervento ufficiale come stazione di Soccorso alpino è
stato nell’autunno ’55 per
Robi Grand, travolto da una
valanga alle Barricate, mentre
andava a caccia da solo. Abbiamo cercato per tre giorni,
prima nella zona del Pian di
Mori, Bersaia Uvemaia e Pis
Uvert, poi in Francia, perché
poteva essere sceso a Risto
Bruno Pasquet durante un'esrcitazione presso il rifugio Barbara
(primavera 1974)
las, finché qualcuno disse di
aver visto la traccia di una
valanga alle Barricate con,
forse, tracce di sangue: tagliammo la neve a blocchi
con un’ascia, finché trovammo il corpo ormai senza vita.
Un altro soccorso importante fu nel ’57 quando cadde
l’aereo americano a Pian Sineive. Vola, Guglielmone ed
io eravamo al Pra a lavorare
per il rifugio; l’abbiamo visto
volare iriolto basso finché
toccò i larici del Malcounseilh e cadde. Abbiamo preso
la barella e su di corsa. Mio
nipote Ferruccio scese dal rifugio Granerò e ne pórtò giù
uno con Vola; noi ne abbiamo trovato un altro vivo che
ci disse il nome e di essere
sposato; caricato sulla barella
morì poco prima di Partia
d’Amount. E poi si potrebbero ricordare Mario Jahier detto “Bocia”, morto al Boucle,
Teo Avanzini infortunato al
Festa del XV Agosto
L’appuntamento per la festa del XV Agosto, quest’anno è a Pomaretto, località Gran Prà, accanto alla Pro Loco di Pomaretto.
Per raggiungere il luogo dell’incontro, la strada
più comoda che suggeriamo per quanti vengono da
Pinerolo è la seguente: dopo il bivio per San Germano, e prima di entrare nel centro di Villar Perosa,
all’altezza delle Boge (località Tupin), svoltare dalla
strada SS 23 in direzione Inverso Pinasca e proseguire in direzione Pomaretto; dopo la località Chiabrera saranno ampiamente segnalati la zona, e i
parcheggi disponibili.
Girp •
Pomaretto
• Gilli QpAM PRÀ (Inverso Pinasca)
Crosas ,
• • Enious
, Fort Louis Qiot Boulard
Programma
ore 10: culto presieduto dal prof. Bruno Corsani;
ore 11: messaggi vari a cura dell’Associazione Pace
Valli Chisone e Germanasca;
ore 12: pranzo;
ore 14: l’attualità di Dietrich Bonhoeffer; introduzione del pastore Fulvio Ferrano;
messaggio del pastore Carlos Del Monte della Chiesa valdese del Rio de la Piata;
ore 16,30; concerto d’organo con il maestro Massimo
De Grandis al tempio di Pomaretto.
In caso di pioggia la manifestazione si terrà al tempio e le varie mostre al Convitto.
Cournour, un gruppo di giovani bloccato al bivacco del
Boucle da una nevicata improvvisa...».
- Come si reperiva il materiale?
«Inizialmente i mezzi erano
improvvisati: quando siamo
andati a recuperare Jahier ci
siamo fatti dare una barella
fissa dall’ospedale di Torre
Pellice, poi da Torino hanno
cominciato a fornirci corde,
barelle, le prime radio, giacche a vento, sonde da valanga, sacchi a pelo; alcune barelle da lasciare nei rifugi sono state costruite da uno di
noi, Sergio Detachetis, che
era fabbro; inoltre utilizzavamo il rimborso previsto per
ogni intervento per l’acquisto
di materiale».
- Erano previste esercitazioni?
«Non per conto nostro. Le
facevamo con la stazione di
Pinerolo o partecipavamo a
quelle di delegazione [raggruppamento di più stazioni;
quella a cui appartiene la stazione di Torre Pellice corrisponde alla provincia di Torino, ndr]. Ne abbiamo fatta
anche una in valle con l’elicottero dei carabinieri nell’
estate del ’75. A fine anno
c’era la cena con quelli di Pinerolo: veniva anche Tomolo,
nel frattempo diventato presidente nazionale».
- C’era collaborazione con
altre istituzioni?
«A Villanova d’estate c’era
la Guardia di finanza, che a
volte ha operato con noi; in
alcuni casi è stato chiesto
l’aiuto dell’elicottero dei carabinieri; per la ricerca di
Grand c’erano anche gli alpini, mentre per cercare un uomo nei boschi sopra Bobbio,
nel ’75, era intervenuta la polizia con i cani. Noi non avevamo cani, nemmeno da valanga; li aveva Pinerolo, da
noi sono arrivati dopo».
La conversazione proseguirebbe: la sede, umida come allora, quelli che ci sono
ancora e quelli che ci hanno
lasciati, i progetti per il futuro e i suggerimenti di un
«vecchio» («chiedi sempre
tutte le informazioni possibili
prima di partire per un soccorso; lascia una barella al
bivacco Boucie per non doverla portare su in caso di
necessità»). Scopriamo così
che sono cambiati i volontari, i materiali e le tecniche
ma in fondo, ora come allora,
alla base della scelta di impegnarsi nel Soccorso alpino
c’è sempre quel sentimento
di solidarietà umana che
spinge gli uomini ad aiutare
chi è in difficoltà.
Massello
Teofilo Pons
e le tradizioni
popolari
LILIANA VIGUELMO
La scuola di Campolasalza,
piccolo villaggio situato
tra i valloni di Salza e di Massello, ha ospitato anche quest’anno una mostra commemorativa, per tradizione dedicata a un personaggio legato
alla vita del paese. Si è scelta
la figura del prof. Teofilo G.
Pons, scomparso da quattro
anni, nel centenario della sua
nascita avvenuta a Massello
rii settembre 1895.1 tabelloni che ricoprono le pareti della
scuoletta riportano lettere, fotografie e documenti significativi per ricostruhe resistenza di una persona tanto semplice quanto operosa, al servizio della comunità religiosa
con vari incarichi, ma anche
attiva nella società civile.
È tuttavia nell’ambito culturale che Teofilo Pons ha lasciato un’impronta duratura,
nei suoi studi storici presso la
Società di studi valdesi, ma
soprattutto nelle ricerche sui
proverbi e detti caratteristici
del dialetto locale, che rispecchiavano le tradizioni ormai
sul punto di scomparire, partendo dalla natia Massello per
occuparsi poi di tutte le altre
zone montane in cui il parlare
locale esprimeva ancora la
realtà del passato.
I tabelloni che documentano questo percorso di vita e
di opere rimarranno esposti a
Campolasalza fino alla fine
di settembre, poi la mostra
potrà essere visitata a Torre
Pellice presso il Centro culturale valdese.
Posta
Dolore
e amarezza
Egregio sig. direttore,
circa sei mesi fa il deputato
Lucio Malan inviava, con il
debito risalto su La Stampa,
dapprima, e poi sui giornali
locali, un esposto alla Procura
della Repubblica di Pinerolo,
chiedendo l’accertamento di
eventuali risvolti penali sui
rapporti tra la Comunità montana vai Pellice e una cooperativa locale ed in particolare
fra me, assessore alla Comunità montana, e mio figlio,
socio della cooperativa: il deputato, riprendendo una polemica suscitata in sede politico-amministrativa da un suo
collega di partito, adombrava
quindi favoritismi e interessi
privati in atti d’ufficio, in
particolare a mio carico.
Da tempo, pur nel più assoluto silenzio della stampa e in
assenza di qualsiasi altro tipo
di informazione, una sentenza
del giudice per le indagini
preliminari, su conforme richiesta del Pubblico Ministero, ha disposto l’archiviazione
del procedimento aperto dalla
Procura a seguito dell’esposto
del deputato Lucio Malan: in
altri termini la Procura, sulla
base degli accertamenti svolti,
dei documenti e delle testimonianze, ha considerato che
nessun illecito penale era
emerso dagli atti e dalle circostanze segnalati dall’esposto
di Lucio Malan.
L’esposto ha quindi conseguito il solo grave risultato di
avviare in vai Pellice un metodo di lotta politica non più
fondato sul confronto delle
opinioni, magari aspro ma
sempre corretto, come era avvenuto in passato, bensì sulla
demolizione della onorabilità
del «nemico».
Debbo ancora aggiungere
che, contemporaneamente
all’esposto di Lucio Malan, si
era svolta anche l’iniziativa
di quattro consiglieri di minoranza della Comunità montana (Emilio Bolla, Silvano
Mensa, Sergio Hertel e Aldo
Charbonnier) i quali, in una
lettera inviata alla segretaria
dell’ente e poi resa pubblica
su un settimanale locale,
chiedevano fra l’altro come
mai era stato scelto mio figlio
come uno dei redattori del'
piano di ecosviluppo, considerato che il sottoscritto nella
sua qualità di assessore sarebbe stato presente a varie riunioni di giunta nelle quali è
stato deliberato l’incarico medesimo.
Sarei grato se l’interrogativo di questi signori potesse
avere un’altrettanto pubblica
risposta, e cioè:
- l’incarico della redazione
del piano di ecosviluppo è
stato affidato su proposta tecnica e non per arbitrario giudizio della giunta a otto
esperti in varie materie, fra i
quali il dott. Giovanni Borgarello, pedagogista, esperto in
educazione ambientale, che
opera presso un ente di rilevanza nazionale nel settore e
che svolge compiti di formazione di insegnanti ed educatori e di progettazione sul territorio regionale e nazionale;
- come è stato affermato
ufficialmente e come ho ripetuto più volte, non ho mai (e
riconfermo: mai) partecipato
a decisioni che coinvolgessero, anche indirettamente, mio
figlio o la Cooperativa di cui
era socio;
- i consiglieri di cui si tratta avevano tutte le opportunità di attingere queste informazioni alla fonte: la lettera e
la sua pubblicazione avevano
evidentemente motivazioni
puramente strumentali, a mio
danno.
Sono ovviamente lieto che
la magistratura si sia pronunciata, facendo emergere la verità su questa vicenda. Ma io,
accusato ingiustamente, pubblicamente additato alla riprovazione dei miei concittadini e dei miei elettori, indagato senza mia colpa e senza
neppure averne notizia, perché mai considerato colpevole, neppure in via presuntiva,
ne ho avuto un danno morale
irreparabile: quindi il risultato
di fare del male al «nemico»
è stato, comunque, conseguito; se non altro perché il dolore e l’amarezza provati non
si possono cancellare.
Perciò mi sono indotto a
scrivere la presente lettera e
mi permetto di chiederle di
volerla pubblicare, a titolo di
informazione, anche sq tardiva, ai cittadini che leggono il
suo giornale.
Ezio Borgarello
Torre Pellice
RADIO
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tei: OÌ 21/91,507.
iMiiii ni inriiiTiiiiiiiM inni-.
18
PAG. IV
Rassegna di tre spettacoli a Torre Pellice
Teatro in piazza
Donne dai piedi grandi della compagnia teatrale «Trepperdue» è il titolo del primo
spettacolo teatrale che venerdì 28 luglio, alle ore
21,15, in piazza Muston a
Torre Pellice aprirà «Teatro
in piazza», un’iniziativa organizzata nell’ambito della XII
rassegna culturale torrese dal
comune, dalla Pro Loco-Iat,
dalla cooperativa culturale
«La tarta volante» e dalla
cooperativa «Il mutamento»
di Torino.
Donne dai piedi grandi è un
omaggio alle donne attraverso
un vero e proprio minestrone
di letteratura italiana e straniera in un percorso narrativo
che tocca ironicamente le tappe fondamentali della vita di
una donna quali patate, carote, scarpe bianche, miagolii
dietro la porta e triclini per la
crescita. Il tutto condito con
musiche «agliate» e «oleosi»
consigli. Le attrici. Laura Righi e Manuela Tamietti, oltre
ad avere alle spalle un ricco
curriculum teatrale in diverse
compagnie con numerose
toumées in Italia e all’estero,
vantano anche esperienze radiofoniche in Rai.
La rassegna proseguirà con
altri due spettacoli, sempre
all’aperto: sabato 19 agosto,
sotto i portici comunali, sarà
la volta di Chiaro scuro della
compagnia «Alterteatro», uno
spettacolo «con figure animate e attore» rivolto in particolare ai bambini ma di sicuro
fascino anche per il pubblico
adulto; domenica 27 agosto,
in piazza Muston, toccherà a
Cantando con il sole della
compagnia «Le ginestre»,
uno spettacolo di danza contemporanea interpretato dalle
ballerine della scuola «Bella
Hutter» con le coreografie di
Silvia Gatti.
MI
Perosa
Stagione
di cinema
all'aperto
E cominciata giovedì 20 la
rassegna di film all’aperto
organizzata a Perosa Argentina dal Comune e dalla Pro
Loco. Per Perosa e le due
valli è un’autentica novità:
dopo la chiusura del cinema
Edelweiss erano anni che in
zona non si riaccendevano i
proiettori.
La «sala» scelta per l’occasione è quella, unica, del parco «Gay». Se il tempo dovesse mostrarsi inclemente, le
serate saranno trasferite nella
Piastra polivalente. Dopo i
primi titoli {Il re leone. Il mostro, Stargate), sarà la volta
di II postino, di e con Massimo Troisi (giovedì 27), The
mask (3 agosto) e True lies il
4. Gli spettacoli iniziano alle
21: biglietto £ 5.000.
Val Pellice
In gita con
«Mountagno
vivo»
«Mountagno vivo» propone
una serie di escursioni ogni fine settimana fino al 3 settembre, secondo il seguente calendario: «Sulle tracce di Gianavello» (27, 29, 30 luglio);
«Il vallone degli Invincibili»
(3, 5, 6 agosto); «Per conoscere l’architettura alpina»
(10, 12, 13 agosto): «Bars
d’ia tajóla e il Castelluzzo»
(17, 19, 20 agosto); «Alla
scoperta delle incisioni rupestri» (24, 26, 27 agosto); «I
bastioni della fortezza valdese» (31 agosto, 2, 3 settembre). Per informazioni rivolgersi alla sede sociale di
Mountagno vivo, fraz. Catalin
1, 10060 Villar Pellice (tei.
0121-930197) o alla Apt del
Pinerolese (tei. 0121-794003
e 795589, fax 794932).
40 anni di lavoro per Pomaretto
Il saluto del sindaco
PAOLA REVEL
Dopo 40 anni, Carlo Alberto Travers lascia il
suo impegno nell’amministrazione. 40 anni in amministrazione comunale, 20 dei quali
trascorsi come primo cittadino: una vita al servizio del
proprio paese. Ed è con rimpianto e tristezza che Carlo
Alberto Travers lascia il suo
incarico iniziato nel 1956
(con le prime elezioni a Pomaretto, ritornato Comune autonomo) e portato avanti con
profonda onestà da un uomo
che ha creduto innanzitutto
nei valori della Resistenza,
della giustizia, della libertà.
Il saluto del sindaco Travers viene fatto attraverso
una lettera, che egli lascia ai
suoi concittadini: una sorta di
messaggio augurale a tutte le
associazioni che lavorano sul
territorio, con impegno e passione. Il suo pensiero va, in
particolar modo, ai ragazzi
del Gruppo sportivo Pomaretto ’80, ai quali Travers ha
sempre dato il suo incoraggiamento e il suo appoggio
(non solo morale) e a cui augura tante vittorie, come premio per l’impegno e i sacrili- I
ci affrontati. Questo scritto è
anche un grande ringraziamento a tutti coloro che con
lui hanno collaborato, dimostrando competenza e dedizione, per il buon funzionamento della cosa pubblica. La
sua riconoscenza va ai segretari comunali, il geometra
Perron Cabus, il dottor Bascetta, il geometra Pittavino e
la dottoressa Coalova, attualmente in servizio.
Il termine del mandato di
Travers coincide con la riforma degli enti locali: la figura di un sindaco-manager
(come viene definito da Travers) diventa oggi incompatibile con le sue condizioni di
salute; le responsabilità sono
sempre maggiori e minori sono le persone con le quali
condividere il fardello. L’augurio che Travers desidera
far^ a tutti i pomarini è che
sappiano mantenere alti gli
ideali di giustizia e libertà,
che sono alla base di una sana democrazia.
Attraverso queste righe vogliamo far giungere a Carlo
Alberto Travers la nostra riconoscenza per r impegno profuso in tutti questi anni al servizio della comunità civile.
E Eco Delle "^àlli Iàldesi
Sport
VENERDÌ 28 LUGLIO 1995
Corsi Estivi
CORSO DI INTERPRETAZIONE — Dal 31 luglio al 5
agosto, nella chiesa parrocchiale di Lusema San Giovanni si
terrà un corso di interpretazione sugli aspetti della musica organistica italiana antica, tenuto dalla docente Letizia Romiti. Sono previsti due concerti: il primo, con in programma musiche
del ’600 e del ’700 italiano, avrà luogo aUe ore 21 di lunedì 31
lugho e vedrà alla tastiera la docente stessa; il secondo sarà sabato 5 agosto e verrà offerto dai partecipanti al corso. L’ingresso è libero e la popolazione è cordialmente invitata.
XIII FESTA DELLA GHIRONDA — L’associazione
«Lou Magnaut» organizza la Festa della ghironda, che si svolgerà a Pragelato dal 4 al 6 agosto e che propone un corso di avviainento e di perfezionamento di ghironda, tenuto da Diego
Abriel, e uno di ballo per far conoscere le principali danze delle
vallate eccitane. I corsi, della durata complessiva di 8 ore ciascuno, sono aperti a tutti e si svolgeranno nelle giornate di venerdì 4 agosto e sabato 5 agosto. Per ulteriori informazioni e
iscrizioni telefonare alla Pro Loco di Pragelato (0122-78844) o
all’associazione «Lou Magnaut» (0122-78959 e 78883).
CORSO DI DISEGNO NATURALISTICO — Il Parco na
turale della Val Troncea organizza dal 17 al 23 agosto il 2° corso di disegno naturalistico, finalizzato alla óonoscenza del parco, delle tecniche del disegno e del colore. Il corso, tenuto da
Cristina Girard, docente all’Istituto europeo di design di Torino, si svolgerà per sette giorni intensivi, dalle 10 alle 13 e dalle
14,30 alle 17,30, presso la Casa alpina Don Barra di Pragelato.
Il numero di partecipanti è compreso fra i 7 e i 10; il costo è di
280.000 lire da versare il primo giorno. Al termine del corso
sarà consegnato un attestato di frequenza. Per iscrizioni rivolgersi al Parco naturale Val Troncea, via San Lorenzo 23, fraz.
Traverses di Pragelato, tei. 0122-78849.
IMPARARE L’USO DELLA VOCE — Dal 21 agosto al
30 settembre, presso il Collegio valdese di Torre Pellice in via
Beckwith 1, Gisella Bein, attrice diplomata al Teatro Stabile di
Torino, terrà un corso sulla corretta impostazione vocale, la
buona pronuncia e l’approfondimento delle parti costituenti
l’espressività del discorso. Il corso prevede 12 incontri bisettimanali di un’ora e mezzo l’uno e propone: tecniche di rilassamento, tecniche di corretta emissione vocale, regole della corretta dizione e uso del mezzo vocale nel discorso. La riunione di
illustrazione del corso si terrà venerdì 18 agosto alle 18,30.
Informazioni alla segreteria del Collegio: tel-fax 0121-91260.
Una mostra a Perosa Argentina
Modelmanìa per
grandi e piccini
La storia dell’auto attraverso 500 modelli in metallo
(scala 1:43), dal «carro di Cugnot» alla Punto; un modellino di Formula uno su pista da
20 metri, ma anche la caravella Santa Maria di Cristoforo
Colombo in scala 1:8 e una
tour Eiffel alta quasi tre metri,
con tanto di ascensori funzionanti aH’interno, interamente
costruita con il meccano.
Questo (e anche molto altro) potranno vedere i visitatori di «Modelmania & meccano», spettacolare rassegna
di modellismo statico e dina
mico organizzata dall’associazione «Giochinpiazza»
nei locali delle scuole elementari e medie. Il pubblico,
in determinati stand, potrà
non solo assistere, ma anche
partecipare mettendo in moto
gli automi e facendo correre
le auto. Si potranno far funzionare oltre 50 modelli di
grandi dimensioni come l’aereo del fratelli Wright, la gru
portuale o il pantografo incisore. La mostra si apre venerdì 28 alle 20 (chiusura alle 23). Sabato e domenica 912; 15-19; 20-23.
AH’arrivo dell’edizione 1994; da sinistra Marco Olmo 2® class., il vincitore Livio Barus, Claudio Garnier 4® class., e il 3® class. Elio Ruffino, vincitore nel 1979,1980,1982,1983 e 1990
È L’ORA DELLA TRE RIFUGI — Il 6 agosto giungerà alla sua 24° edizione il Trofeo «Tre rifugi» di corsa in montagna
individuale di gran fondo; la distanza da coprire è di 21 km su
un tracciato che partendo dal Pra (1.732 m) porterà gli atleti al
Colle del Baracun (2.373 m) per ridiscendere al Barbara (1.785
m) da dove si risale fino al Colle Manzol (2.701 m), si scende
sul Rifugio Granerò (2.377 m) e poi, di nuovo, al Rifugio Jervis
del Pra. L’anno scorso vinse Livio Barus, in 2 ore e 11 minuti,
davanti a Marco Olmo; ci saranno conferme o novità per questa
appassionante corsa in montagna. In programma anche le cateeorie minori e Quella femminile su Percorsi ridotti.
27 luglio, giovedì — BARGE: Alle 20,45, presso il Parco della Vittoria, concerto di
musica folk con il gruppo
«The scavengers» dalla Gran
Bretagna, che eseguirà musica rock e folk coinvolgente e
divertente.
27 luglio, giovedì —. FERRERÒ: Presso la Pro Loco,
alle ore 21, l’associazione
«Nostre reis» promuove un
incontro su «Le piccole autonomie locali»; intervengono
Roberto Rosso, consigliere
regionale, e il sindaco di Perrero, Riccardo Leger.
27, 29, 30 luglio — TORRE PELLICE: A cura
dell’associazione Mountagno
Vivo sono organizzate delle
escursioni di circa 5 ore «Sulle tracce di Gianavello», itinerario alla scoperta delle gesta di uno dei più popolari
eroi della storia valdese; per
informazioni rivolgersi alle
Pro Loco di Torre Pellice e
Lusema S. Giovanni
28 luglio, venerdì — USSEAUX: Si conclude la quarta edizione di «Musica sul lago» con una serata (inizio ore
21,30) dedicata al jazz «La
canzone americana» con il
Nicola Arigliano quartetto;
con il leader suonano Riccardo Biseo, pianoforte. Massimo Moriconi, contrabbasso, e
Giampaolo Ascolese, batteria.
28 luglio, venerdì —
RORÀ: Al parco montano,
alle 21, serata jazz con Emanuele Cisi al sax. Luigi Bonafede alla batteria e Loris Bertot al contrabbasso; £ 5.000.
28 luglio, venerdì — FERRERÒ: Alle 20,30, nel piazzale della chiesa cattolica, i
ragazzi .della parrocchia recitano: «Biancaneve e i 7 nani».
29 luglio, sabato — FERRERÒ: Alle 21, in borgata
Maniglia, presso il centro
d’incontro, verrà presentato,
con diapositive, il libro «I
sentieri dei partigiani», di
Gian Vittorio Avondo.
29 luglio, sabato — FERRERÒ: Alle 20,30, nella
chiesa cattolica, concerto del
gruppo corale «Eiminal».
29 luglio, sabato —
RORÀ: Si svolge il primo
«festival della birra»; in programma una grigliata in piazza Fontana e alle 21 concerto
con danze eccitane animato
dal gmppo La Chastelado.
29 luglio, sabato — PRAGELATO: Presso il ristorante «Week-end» in frazione
Ruà, il parco della Val Troncea organizza un incontro
con Mauro Maria Perrot su
«Pragelato nel Medioevo»;
inizio ore 21. Analoghe iniziative, alla stessa ora e luogo si svolgeranno il 9 agosto
(«I funghi di montagna», dr.
Giovanni Manavella), il 14
agosto («I fiori di alta montagna», dr. Aldo Boccone) e il
18 agosto («Il muflone».
Paolo De Bernardi).
29-31 luglio — POMARETTO: Organizzata dalla
Pro Loco si svolge la tradizionale festa del paese; in
programma mostra di bonsai,
serate danzanti, esposizione
di arti e mestieri della vai
Germanasca, gare alle bocce,
torneo di green volley.
3 agosto, giovedì — FRALI: La compagnia «Assemblea teatro» presenta «In fra
li casi».
L'Eco Delle Valli Valdesi
via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Via Repubblica, 6 -10066
Torre Pellice (TO) tel/fax 0121/932166
Sped, in abb. post./50
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essere venduto separatamente - Rea. Tribunale di Plnerolo n. 175/60 - Resp, Franco
Giampiccoli
Stampa: La Qhislerlana Mondovì
Una copia L 2.000
VALLI
CHtSONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 30 LUGLIO
Perosa Argentina: Farmacia
Forneris - Via Umberto I, tei.
81205
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 30 LUGLIO
Villar Pellice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
TORRE FELLICE — Il
cinema Trento ha in programma giovedì 27 luglio, ore
20,30, «La carica dei 101»;
venerdì 28 luglio, ore 21,15,
«Stargate»; sabato 29 luglio,
ore 20 e 22,10, «D’amore e
ombra» con A Banderas; domenica 30 luglio, oré 20 e
22,10 «Il mostro»; martedì 1”
agosto, ore 20,30, «Nightmare
before Christmas»; mercoledì
2 agosto, «Amarsi»; giovedì 3
agosto, «Belle al bar»; venerdì 4 agosto, «I visitatori»;
sabato 5 agosto, «A proposito
di donne»; domenica 6
agosto, «True lies»; lunedì 7
agosto, «Forrest Gump»; martedì 8 agosto, «Il fiume di
paura»; mercoledì 9 agosto,
«The Flinstones»; giovedì 10
agosto, ore 20,30, «Il re leone»; giovedì IO agosto, ore
22,15, «Intervista col vampiro»; venerdì 11 agosto,
«L’amore molesto»; sabato 12
agosto, «Vento di passioni»;
domenica 13 agosto, «Nell»;
lunedì 14 agosto, «Pronti a
morire»; martedì 15 agosto,
«Wallace & Gromit»; mercoledì 16 agosto, «SPQR»; giovedì 17 agosto, ore 20,30, «La
carica dei 101»; ore 22,10,
«Pulp fiction»; venerdì 18
agosto, «Rivelazioni»; sabato
19 agosto, «Prima dell’alba»;
domenica 20 agosto, «Il mostro»; lunedì 21 agosto, «Genio per amore»; martedì 22
agosto, «La scuola»; mercoledì 23 agosto, «Forrest
Gump»; giovedì 24 agosto, .
ore 20,30, «Asterix conquista
l’America»; alle ore 22,10,
«Leon». Dove non sono indicati orari diversi le proiezioni
saranno alle 20 e 22,10.
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95). Tel. 0122-843068.
19
PAG. 7 RIFORMA'
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Si inasprisce il contrasto tra il Servizio cristiano e l'amministrazione di Riesi
L'uliveto dovrà far posto a nuove costruzioni?
OIUSEPPE PLATONE_____
Nel dibattito del Consiglio
comunale di Riesi del 5
luglio che ha deliberato di assegnare alle cooperative edilizie richiedenti i terreni, parte dei quali sono della Tavola
valdese (vedi Riforma del 14
luglio), un assessore ha notato, con amarezza, che in città
sono comparse scritte contro
i valdesi. Le scritte sono state
subito cancellate ma in molti
rimane l’impressione di un
vento contrario al Servizio
cristiano.
Altro esempio. 11 sindaco di
Riesi Lino Carrubba (4.800
preferenze, sostenuto da Pds
e Rete) in un’intervista al
Giornale di Sicilia (9 luglio
W5), reagendo alle critiche
che sottolineano la sua mancanza di concretezza e chiarezza nel risolvere il problema dell’uliveto del Servizio
cristiano, che pure è stato al
centro della sua campagna
elettorale, dichiara: «Il Servizio cristiano, purtroppo, non
ha il coraggio di denunciare
alcune cose che, adesso, .^pero tanto possano emergere
perché della vicenda si stanno interessando i carabinietì». Il direttore del Servizio
cristiano, sullo stesso Giornale di, Sicilia (16 luglio 1995),
a proposito delle accuse del
' sindaco precisa: «Queste al■ Iasioni tese a gettare discredito su una istituzione che da
30 anni opera a Riesi, garantendo anche occupazione,
vanno chiarite pubblicamente. Agiremo per vie legali per
difendere la nostra proprietà
e per tutelare il buon nome
del Servizio cristiano. Evidentemente il sindaco pensa
di risolvere i problemi suscitando paura, alzando la voce
‘ e invocando la repressione
Bi
Veduta panoramica di Riesi
(...) vorremmo che finisse la
politica di danneggiamento
nei nostri confronti».
Nel frattempo, a seguito di
quella delibera che decreta la
morte di un uliveto di 110
piante, un assessore ha pre:
sentato le proprie dimissioni.
Motivando il proprio gesto
l’assessore ha, tra l’altro, affermato che il sindaco «Si sta
allineando a posizioni politiche di destra». Non è quindi
un caso che il precedente assessore che si era dimesso (un
valdese) sia stato prontamente rimpiazzato da un esponente della vecchia De, oggi simpatizzante di Forza Italia. Il
sindaco continua ad accusare
i valdesi di aver partecipato
alla decisione dell’esproprio
ai danni del Servizio cristiano. Sta di fatto che alla data
(22-5-1991) in cui fu definitivamente approvato il piano di
zona per l’edilizia economica
popolare nessun valdese era
consigliere comunale. Non
solo, ma venne respinto il ricorso contro questo piano
presentato dal direttore del
Servizio cristiano.
Il 16 luglio è stata affissa
all’albo la delibera di asse
gnazione delle aree alle cooperative edilizie. L’esecutivo
del Servizio cristiano, tramite
legali, chiederà ora la sospensiva al Tar in attesa che venga approvato il Piano regolatore generale (Prg) di Riesi,
che potrebbe essere varato
entro settembre. Esso infatti,
nella sua ultima versione, tutela il villaggio del Servizio
cristiano e l’ambiente nàturale che lo circonda e che costituisce l’unico polmone verde
di una Riesi sempre più
soffocata da una caotica cementificazione.
La tensione tra l’amministrazione e il Servizio cristiano nasce dal fatto che dopo le
tante promesse fatte in campagna elettorale, al seguito
della protesta internazionale
tesa a salvaguardare l’uliveto
dalla mannaia edilizia, la decisione del Consiglio comunale è apparsa a molti come
un imperdonabile voltafaccia.
Non per nulla gli stessi redattori del Prg, a cominciare
dall’architetto Fiandaca, ritengono che un insediamento
edilizio nella discesa dell’uliveto che circonda parte del
Servizio cristiano avrebbe un
impatto ambientale disastroso. Spiace quindi che in questo anno di tempo l’amministrazione non sia stata in grado di trovare una soluzione
alternativa.
La questione rimbalzerà
certamente al Sinodo che
l’anno scorso apprezzava «la
volontà espressa dal sindaco
di Riesi di promuovere la revisione delle scelte urbanistiche nel quadro della collocazione degli insediamenti abitativi nei siti anche tecnicamente più idonei e nel rispetto dell’ambiente naturale».
Lo stesso Sinodo ci invitava,
giustamente, alla vigilanza.
Ovviamente l’esecutivo del
Servizio cristiano farà il possibile per evitare un’ulteriore
cementificazione ai danni di
quella realtà che lo stesso
sindaco definiva nel programma elettorale «un gioiello dell’architettura contemporanea».
Spesso l’ammirazione tradisce una distanza, un’estraneità anche culturale: e il
passo verso il disprezzo è
breve, soprattutto se l’interlocutore non fa parte della numerosa schiefa dei sudditi.
Forse la funzione più importapte del Servizio cristiano
non sta tanto nei 50 posti di
lavoro che, oggi, riesce a ga-,
rantire ma nel suo non allineamento. Certo la pugnalata
alle spalle è stata inferta in
piena calura, nel momento
delicato di una transizione da
una direzione all’altra. In un
momento di debolezza: evidentemente non possiamo distrarci neanche un minuto; e
dire che sulla base delle tante
rassicuranti dichiarazioni di
funzionari e amministratori
comunali pensavamo che il
problema fosse risolto. Tutto
invece ricomincia daccapo.
i^Egitto: una limitazione anacronistica
Riservato ai maschi
VALERIA SCHRADER
Gli incontri giovanili internazionali sono una
gran bell’usanza. Si conoscono altri paesi, persone, culture, si fa pratica di lingue straniere, si lavora insieme, ci si
diverte, nascono amicizie e a
volte amori senza frontiere..
Chissà se sarà così anche per
i dieci ragazzi italiani che il
governo egiziano invita a partecipare a un campo di lavoro
intemazionale, a Ismailia, in
agosto? Ma attenzione: con
ragazzi si intende proprio solo maschi.
La notizia arriva con un nutrito documento del «Consiglio supremo per la gioventù
e lo sport» della Repubblica
araba d’Egitto, e l’inizio sembra promettente. I partecipanti devono solo pagare il viaggio dall’Italia al Cairo. Tutte
le altre spese (vitto, alloggio
e attività culturali) sono a carico del governo egiziano.
I volontari dovranno lavorare cinque ore al giorno, al
villaggio sportivo di Ismailia.
Seguono le dichiarazioni di
principio sugli obiettivi dell’iniziativa: «Rafforzare la
solidarietà tra i giovani egiziani e quelli di tutto il mondo, sottolineare i valori del
lavoro, dell’amicizia, della
fraternità, promuovere la pace e lo sviluppo».
La sorpresa, ahinoi, aniva
dopo tre pagine di dettagli su
date, orari, alberghi: «La partecipàzione è riservata ai soli
uomini». Orbene, gli incontri
internazionali si promuovono
proprio per permettere il confronto tra individui diversi
(per provenienza, cultura,
sesso), e da anni tutti i formulari degli enti che organizzano queste attività (dall’
Unione europea in giù) incoraggiano esplicitamente la
partecipazione delle ragazze.
Evidentemente l’Egitto non
se ne è accorto.
Un convegno al Centro evangelico
I nuovi termini della
questione meridionale
Un carro-cisterna a Luxor
In che termini si pone oggi
la «questione meridionale»?
Due sono le coordinate principali entro le quali considerare la problematica. La prima è che bisogna vedere se
sia ancora corretto parlare di
questione meridionale; la seconda è che non possiamo inquadrarla solo a livello nazionale senza tenere conto che,
piaccia o no, se ne abbia o no
coscienza, viviamo ormai in
una dimensione europea.
Per avviare un dibattito
sulla tematica, su iniziativa
del 13“ circuito, il 1“ luglio si
è svolto nel Villaggio evangelico di Monteforte Irpino
un incontro che ha visto da
un lato il pastore Sergio Aquilante e l’europarlamentare
Biagio De Giovanni e dall’altro un gruppo di lavoro
delTEeccs (Comitato ecumenico europeo su chiesa e società) con rappresentanze di
spagnoli, portoghesi, francesi
ecc., e membri delle chiese
evangeliche della Campania.
La questione del Mezzogiorno è cambiata notevolmente nel corso di questo secolo; sono cambiate la lettura
e la morfologia, ma i grossi
problemi di fondo sono rimasti invariati e richiedono anche da noi, chiese, delle risposte. Il pastore Aquilante
ha ripercorso le tappe di questa storia complessa, rintracciando ampi spazi di testimo
Sarajevo
manza e intervento per le nostre chiese nell’ambito culturale e sociale.
Anche per De Giovanni sostanzialmente immutato è il
problema del Mezzogiorno
nel senso che, anche se è andato avanti il processo di
modernizzazione, il divario
Nord-Sud continua a permanere e acquista una dimensione europea. Insomma, la questione meridionale non è soltanto una questione nazionale, ma sta diventando ormai
questione europea, e per la
costruzione dell’Europa comune è necessario risolvere
preliminarmente il problema
del dualismo Nord-Sud, così
come è necessario eliminare
ogni tipo di squilibrio tra aree
«forti» e aree «deboli». Nel
campo dell’economia, per
esempio, si vede come, giocando sullo squilibrio tra le
monete, si sviluppano perversi giuochi speculativi.
Non si può rinunciare alla
sfida di una Europa' comune.
Tornare indietro significherebbe ritornare ai conflitti tra
gli interessi nazionali, e dunque alle guerre, ma per andare avanti è necessario uno
sforzo comune, di tutti, anche
delle chiese. L’incontro di
Monteforte ha avuto il merito
di avviare un dibattito che
sarà ripreso nel prossimo autunno dalle chiese del circuito della Campania.
UN PROGRAMMA ECUMENICO
PER LA
NONVIOLENZA
MARIE-FRANGE MAURIN COÏSSON
Il Consiglio ecumenico
delle chiese sta diffondendo documenti su iniziative che meritano la più
grande attenzione dajtarte
delle nostre chiese. E più
che mai importante per noi
in Europa, di fronte all’annunciata ripresa dei test nucleari da parte della Francia, che porta con sé il rischio che tanti altri seguano
la stessa strada che si pensava definitivamente sbarrata. Anche in mezzo a questa tremenda guerra in Europa, che ci fa fremere tutti
i giorni, o agli orrori in
Ruanda o altrove nel mondo, il Cec osa lanciare la
sua sfida.
Certo sembra difficile
quando c’è già il conflitto,
o la guerra, agire con nonviolenza; basta guardare i
timidi tentativi di poche
forze d’interposizione in ex
Jugoslavia per convincersene. Però più si accanisce la
violenza più l’impegno per
contrastarla con altri mezzi
può moltiplicarsi, e ancora
di più se si è coscienti del
fatto che in ognuno di noi
«dorme un nazista». La violenza non è innata, si impara, deve essere desiderata,
richiede tempo, programmazione, preparazione e organizzazione. Non può improvvisarsi. E prima di tutto
si tratta di capire le cause
della violenza: intolleranza,
sete di potere, paura o ingiustizia?
Il programma del Cec per
rovesciare la violenza propone di «trasformare la cultura globale di violenza in
vista di una cultura per una
pace giusta». Utopia? Sì, se
non ci impegniamo più di
quanto è stato fatto per il
Decennio di solidarietà delle chiese con le donne. No,
se lo vogliamo. I documenti
del Cec precisano: «Siamo
coinvolti nella violenza di
ogni tipo. Le parole di Gesù
“Beati coloro che si adoperano per la pace’’ erano per
tutti coloro che lo seguivano (...). Troppo spesso i cristiani hanno accettato e promosso la violenza e odiato,
anche nel nome di Cristo
(...). Nuove questioni si
stanno ponendo, nuove risposte stanno emergendo».
Fra i temi di riflessione e
di impegno si prevedono
l’educazione alla pace, nuovi approcci teologici alla
pace, per evitare di giustificare l’uso del potere militare, la violenza contro le
donne, la tortura e la violenza politica, la violenza
strutturale ed economica,
gli stili di vita nonviolenti.
il potere dei mass media, la
violenza del potere.
«Che cosa ci ispira nella
nostra vita di fede a seguire
la via di una nonviolenza
creativa?». Il Cec vuole sapere come aiutarci nei nostri sforzi per promuovere
una cultura della pace, chiede che gli descriviamo come ci mobilitiamo, quello
che pensiamo di fare, e se le
nostre chiese sono d’accordo a parteciparvi, sapendo
che ci sono chiese già impegnate a costruire la pace:
nella liturgia, in programmi
di riconciliazione per comunità in confiitto, nella partecipazione a processi politici
di pace, nel sostegno alla
lotta delle donne vittime di
violenze, nell’organizzazione di training di nonviolenza attiva, nella sfida alla
violenza economica strutturale, nella lotta contro il
razzismo e il nazionalismo.
Come intendiamo intensificare le iniziative esistenti? Le due commissioni
nazionali «Giustizia e pace» e «Solidarietà con gli
obiettori di coscienza» parlavano quasi di fondersi alcuni anni fa; ma ci vorrebbe invece una commissione
per ognuno dei temi citati
sopra, e a livello regionale
e locale, come avviene già
in certi posti per gli aiuti
umanitari in ex Jugoslavia.
Un recente documento di
vàrie associazioni, fra cui
la Commissione pace della
Chiesa valdese di Torino,
diceva: «La via della mediazione diplomatica non
viene seriamente percorsa
(...). Riteniamo colpevole e
mistificante la dichiarazione di impotenza delle di
plomazie; i confini vengano controllati non per re
spingere i disertori di una
guerra universalinente con
dannata, ma per bloccare il
traffico di armi; l’opinione
pubblica sostenga la diserzione della guerra in ex Ju
goslavia come atto di gran
de valore civile ed umano
essenziale affinché si spen
ga l’incendio nei Balcani»
Ogni sabato, dalle 18 alle
19 si tiene a Torino un’ora
di silenzio di questi temi
Qualche scuola domenicale
sta pensando di prendere
l’argomento come progetto
Si può ripartire da quello
che sottolineava Paolo Rie
ca 20 anni fa: «Osare la pa
ce per fede» (Bonhoeffer)
Il Cec ricorda che «La pace
come processo deve iniziare
là dov’è il piccolo gruppo,
la comunità locale». Biso
gna resistere alla violenza
diffondendo la nonviolenza
20
PAG. 8 RIFORMA
Cultura
■a--.
VENERDÌ 28 LUGLIO I995
L'edificio inaugurato cento anni fa è stato oggetto di studio al Politecnico di Milano
L'affascinante e complessa nascita
del tempio dei «picapere» di Piedicavallo
_________MIREIU LOIK__________
Chi avrebbe immaginato,
risalendo le montagne
biellesi, che nella valle del
Cervo si poteva incontrare
una chiesa protestante? E chi
penserebbe che, in quello
sperduto paese alpino, l’ultimo della vallata, proprio sotto le montagne e prima di affrontare gli aspri sentieri da
praticarsi soltanto a piedi,
proprio al centro dell’abitato
e sulla sua strada principale,
avrebbe trovato posto una costruzione espressione di fede
valdese? Non sono soltanto
questi i quesiti che rendono
importante il tempio di Piedicavallo, perché la sua esecuzione alla fine dell’Ottocento
coinvolge ben più interessanti condizioni di curiosità e
premesse di contenuto.
Viene innanzitutto la situazione storica che ha consentito, nel pieno dell’Italia liberale in formazione istituzionale, e proprio nel più complesso Inomento della diffusione evangelica in ogni parte della nazione, la costruzione del «tempio evangelico»
(come veniva definito allora)
piedicavaUese; e poi non è di
secondaria consistenza anche
la vicenda stessa dell’esecuzione dell’edificio religioso,
che si presenta come una sorta di «giallo», anziché poliziesco, architettonico.
Perché non un tempio a
Biella, località di maggiore
riferimento per le popolazioni regionali, e invece a Piedicavallo, marginale insediamento alpestre? Il protestantesimo nell’800 segue anche
le vie dell’industrializzazione, e il Biellese è uno dei
luoghi dell’avanguardia produttiva che, si sa, in quel secolo era importata in Italia
prevalentemente da attivi imprenditori stranieri, inglesi e
tedeschi o svizzeri soprattutto, e dunque spesso di matrice non cattolica.
Ma Biella è anche un posto
rinomato di forte tradizione
del cattolicesimo, e il rifiuto
ad accogliere un tempio protestante nel capoluogo è quasi
scontato; come è però altrettanto ovvio concedere l’attestazione dei gruppi riformati
soltanto nei siti decentrati e
lontani, in pratica ininfluenti
per le alterazioni degli equilibri religiosi. Là, a Piedicaval
II modello costruito dagli studenti di Architettura di Milano
lo, si era manifestato un piccolo «scisma» interno alla
Chiesa cattolica, e un folto
gruppo di protestanti aveva
così potuto ottenere l’esecuzione del proprio tempio. Un
cospicuo manipolo di valdesi
si prodiga dal 1887 ad attuare
questa loro opera, non solo
luogo di culto, ma anche segnale evidente della loro presenza. E così che la piccola
comunità valdese riesce a costruire il proprio tempio al
centro del paese, anche se deve assecondarne l’attuazione
ad un certo compromesso urbano: deve renderlo cioè
confondibile con le case, perché la sua immagine non
emerga eccessivamente, com’
è invece per la già esistente
chiesa cattolica con il suo
campanile prominente.
L’architetto che però traccia il disegno capisce in pieno non solo le ragioni di questo cauto mimetismo, ma anche le radici storiche dei templi protestanti, provenuti dai
modelli di casolare agrario
più che da esempi di chiese
convenzionali e allora elabora un progetto che si distingue dagli altri edifici, per stile e grandezza, ma che poi alla fine riesce a rientrare nell’
immagine dei caseggiati circostanti. Anche la planimetria
è concepita secondo il tipico
criterio laico dei templi ottocenteschi valdesi e protestanti, che costituiscono (come
nel caso esemplare di Pinerolo) un’ordinata integrazione
Una planimetria del tempio
di spazio per il culto e di locali per la gente (scuole infantili, luoghi di riunione, sale di
lettura e biblioteca), contenente anche l’abitazione del
pastore. Anche nel tempio di
Piedicavallo si nota questa
laicità esecutiva, organizzata
come per un edificio residenziale o civile, appena però denotato, nel suo dato di riferimento al culto, dal potente
stile pesantemente neogotico
in pietra locale a vista, con
cui è rifinita la muratura.
Non si può evitare di stupirsi di come, diversamente dalla maggioranza delle chiese
protestanti piemontesi e italiane, che di solito non tramandano i nome dei progettisti e dei costruttori, nel caso
di Piedicavallo ci si trovi al
cospetto di un’abbondante
candidatura di attribuzioni, di
cui però nessuna può venire
con certezza accreditata. Dai
documenti analizzati e interpretati, è sicuro che il primo
- progetto del tempio ( 18 marzo 1891), come il rilievo topografico del terreno (tracciato una settimana prima), è del
geometra locale Cesare Jon
Scotta, marito della maestra
Elisa Goss proveniente da
San Secondo di Pinerolo e
prima insegnante valdese nei
cinque Comuni dell’Alta valle Cervo, che il pastore Malan aveva unito in matrimonio nel 1892.
Questo disegno, piuttosto
squadrato e rigido, viene poi
rielaborato leggermente nel
novembre 1891 da un certo
Peraldo, che lo concepisce
nell’aspetto più vicino a come poi è stato realizzato, anche se lo completa con un
campanile posteriore, sistemato contro l’abside secondo
la più consueta prassi formale
dei templi riformati. Tuttavia,
quando nel 1895 viene inaugurato, la stampa ufficiale attribuisce la sua esecuzione al
pastore aostano Gay, dichiarato «architetto del tempio».
Che cosa può essere accaduto delle proposte dei primi
due progettisti nel biennio
passato prima dell’inizio dei
lavori? E probabile che, per
assicurare maggior perfezione
tecnica a un esecutore esperto, la costruzione sia stata affidata al Gay, che ne ha realizzato la forma definitiva come adesso si può ancora osservare (non considerando
l’esigua risistemazione spaziale interna effettuata, dopo
l’atrio di ingresso, in seguito).
L’attuazione viene cominciata nell’estate 1893, e
l’anno seguente l’edificio è
terminato per il solo primo
piano, in modo da contenere
la scuola. Gli ultimi due piani
vengono poi conclusi nell’aumnno 1895 e il 13 ottobre la
chiesa è solennemente inaugurata. Dalle cronache dell’
epoca si apprende che il tempio aveva i muri interni completamente bianchi, secondo
la più osservante concezione
estetica, di marca calvinista,
dei luoghi di culto riformato:
infatti i dipinti decorativi, che
ancora oggi si vedono, sono
stati eseguiti tra gli anni ’30 e
’40 del nostro secolo dal pittore Giovannino Martiner,
piedicavaUese e cattolico. Dai
documenti d’archivio si ricavano inoltre anche i nomi di
alcuni lavoranti e artigiani
che hanno operato la realizzazione della chiesa: Eusebias
Secondo Peraldo, muratore;
Angelo Peraldo, scalpellino
(forse lo stesso esecutore del
secondo progetto); Pier Antonio Janutolo, falegname.
A questi nomi antichi mi
azzarderei infjne di aggiungere anche i nomi di coloro che
con fatica ed entusiasmo si
sono impegnati nel ritrovare
le origini propositive e gli sviluppi di esecuzione del tempio, e a cui dobbiamo l’aiuto
e il contributo per questa ricerca: gli studenti Laura Gárboli e Maurizio Fantucci soprattutto, e quindi Andrea
Ferrari, Roberto Dell’Acqua,
Nicola Galbiati e Christian
Mariani, i quali da me coordinati e sotto la guida tecnica
del prof. Corrado Gavinelli,
direttore del Laboratorio di
modellazione storica della Facoltà di architettura di Milano, hanno riprodotto l’immagine del tempio nel suo aspetto materico e cromatico, e
quindi lo hanno restituito con
un’eccellente ricostruzione
plastica tridimensionale.
La Claudiana pubblica una raccolta di studi
Giorgio Spini e
l'evangelismo italiano
CARLO OTTINO
A Giorgio Spini, in quanto
«storico del protestantesimo italiano e internazionale», la Società di studi valdesi
- nella cui ricca collana edita
dalla Claudiana si colloca, al
numero 14, il volume che qui
segnaliamo* - ha dedicato
nel settembre 1991 la prima
giornata del suo XXXI Convegno (se ne vedano le quattro relazioni e l’intervento
conclusivo dello stesso Spini
nel n. 170 del Bollettino della
Società, giugno ’92, pp 3-55).
E stata certo scelta opportuna e doverosa, data la statura dello studioso fiorentino,
non meno che la continuità
del suo impegno tra fede religiosa e responsabilità politico-culturale e la varietà e
qualità degli interessi storiografici, fra i quali le vicende
e le conseguenze anche attuali delia Riforma hanno occupato posto preminente.
Proprio ad ulteriore e più
larga conferma di tale ben
notà competenza si è ora aggiunta la pubblicazione di
questa fitta e stimolante raccolta: 15 saggi di diversa finalità e lunghezza, apparsi in
circostanze e sedi differenti a
partire dagli anni ’50, che
l’autore ha ordinato secondo
prevalenti criteri di contenuto, con le variazioni minimamente necessarie all’odierna
intelligenza dei testi e con
l’esplicita attestazione dell’
intendimento con il quale
quelle pagine vengono riproposte all’attenzione critica
dei lettori, il trattarsi cioè (p.
5) di «documenti storici, almeno fino ad un certo punto,
riguardo al cammino percorso dagli studi di storia del
protestantesimo italiano nello
scorso quarantennio».
Così ci sembra che l’intera
materia del libro possa essere
efficacemente divisa, senza
alcuno spostamento nell’ordine di presentazione, in tre
parti sostanziali: i richiami
alle radici dei rapporti tra
protestantesimo, formazione
del mondo moderno, clima illuministico (saggi 1 e 2, con
qualche ulteriore indispensabile riferimento); i nodi basilari, e per Spini di alta ricorrente specializzazione, delle
relazioni complesse e liberatorie tra Risorgimento e protestanti (sia permesso citare
il titolo di un’opera fondamentale, che Spini ha rielaborato in seconda edizione,
per il Saggiatore mondadoriano, nel 1989), con le particolari attente sottolineature,^
tra l’altro, dei mutamenti e
L'opera completa entro il 1996
Bibbia ebraica
con testo a fronte
È considerato il fiore all’occhiello della casa editrice
Giuntina per la stagione in
corso. E annunciata entro luglio l’uscita della Bibbia
ebraica* almeno nella sua
prima parte (a novembre sono
previsti i Salmi e gli altri testi
agiografi e nel 1996 due volumi dedicati ai profeti). I cinque libri del Pentateuco e le
Haftaroth (cioè i testi profetici
corrispondenti a determinati
racconti della Torah, da acco
starsi per la lettura liturgica
secondo una divisione articolata in 54 settimane) sono tradotti dai più importanti rabbini italiani e vengono presentati al lettore con il testo originale a fronte. Curatore generale dell’impresa editoriale è
il rabbino Dario Disegni.
(*) Bibbia ebraica. Pentateuco e Haftaroth'. Testo ebraico e traduzione italiàna a fronte.
Firenze, Giuntina, 1995, pp 984,
£ 95.000.
salti generazionali connessi
in vario-modo ai problematici
effetti del «Risveglio» e alla
diffusione anche politica degli orientamenti di libertà e
democrazia nel non facile
diffondersi delle nuove presenze evangeliche attraverso
la penisola (saggi 3-6); infine
i diversificati contributi riguardanti l’Italia contemporanea che, con notevole ricchezza di spunti e di argomenti, costituiscono di fatto
l’ultima sezione del volume
(saggi 7-15).
Su quest’ultima a maggior
ragione, per lo stato delle
questioni oltre che per le implicazioni di prospettiva, ci
sarebbe parecchio da rilevare.
Basti almeno rammentare come, nella stessa varietà di temi e di spessore dei singoli
apporti, vi compaia la sostanza composita e controversa di
tanti problemi e interrogativi
che il recente dibattito storiografico, non solo di parte protestante, ha aperto o riaperto
alla discussione: per esempio,
nel corso di eventi spesso tragici e ormai secolari, le contrastate e tuttavia inarrestabili
modificazioni del panorama
religioso italiano in senso
pluralistico e multidenominazionale neppure sempre riconducibile alle matrici della
Riforma, e soprattutto di forte
impatto popolare tra istanze
di fede e di cultura, di emancipazione civile e di socialismo; o, tra fascismo e antifascismo, le vicende delle chiese e degli evangelici italiani
di fronte alla dittatura, alle
leggi razziali, alla guerra.
E non si può tacere, concludendo, delle pagine vivamente partecipi che il metodista Giorgio Spini ha voluto
riservare a figure di grande
carisma quali Giuseppe Gangale e Giovanni Miegge, alle
profetiche stagioni creative di
riviste come Conscientia e
Gioventù cristiana, all’ardua
e lunga strada sulla scia della
barthiana «teologia della crisi» verso la «riscoperta dei
Riformatori del secolo XVI»,
al coinvolgente apprezzamento, innovatore rispetto allo stesso ripensamento teologico, della laicità e del dialogo con la cultura laica: un
cammino che avrebbe portato
alla Resistenza, alla Costituzione e alle prove mai concluse dell’Italia repubblicana.
(*) Giorgio Spini: Studi sull’evangelismo italiano tra Otto
e Novecento. Torino, Claudiana,
Collana della Società di studi
valdesi, pp 262, £ 33.000.
21
venerdì 28 LUGUO 1995
PAG. 9 RIFORMA
(Jn volume postumo raccoglie i più importanti saggi dello studioso fiorentino
Koening e Tarchìtettura come comunicazione
MABIELLA ZOPPI SPINI*
Che Gianni Koenig sia
stato uno dei più fecondi
scrittori di architettura lo si
deduce sia dalla quantità della sua produzione (oltre 500
titoli in 30 anni) sia, soprattutto, dalla ricchezza di contenuti e da quella facilità
pressoché unica di porgere
anche i più complesso dei temi. n volume ora uscito postumo* è costituito da una selezione di 34 saggi che il curatore Egidio Mucci ha suddiviso in tre grandi capitoli:
gli scritti teorici, quelli di
storia dell’architettura e quelli critici su opere contemporanee, ai quali è premessa
una lunga, illuminata riflessione di François Burkhardt.
Una distinzione di comodo,
quella dei tre capitoli, che per
pii autore come Koenig appare per molti versi artificiosa,
in quanto è pur vero che sotto
ciascun titolo compare un
saggio specifico su questo o
quell’argomento, ma in ogni
scritto la forza culturale dell’
autore, che esplode in intuizioni, citazioni e divagazioni
aneddotiche è tale da rendere
ogni pezzo, se pur unico e
particolare, parte di un diìicorso continuo e unitario. Il
libro dunque si svolge come
un lungo racconto che potrebbe non finire mai se solo
ci si prendesse la briga, di
sommare saggio dopo saggio,
personaggio dopo personaggio, opera dopo opera e teoriatlopo teoria.
E un libro da leggere lentamente, con la voglia di tornare più volte sulle righe di uno
stesso saggio, per gustarne il
linguaggio, per cogliere la
ricchezza dei significati e per
collocare i numerosi riferimenti a fatti e autori apparentemente lontani, che tuttavia si ricompongono quasi
magicamente in rapide se
Giovanni Klaus Koening
quenze descrittive o che
compaiono in incisi gustosi o
in quadri suggestivi di epoche e ambienti.
Nella descrizione di autori
e opere l’approccio è immediato e catturante: ne emergono profili anticonformisti
e spregiudicati dei grandi
mostri sacri dell’architettura odierna. Così Mies van der
Robe ci appare un freddo reazionario, dogmatico maestro
che concepisce l’architettura
come arte dell’Ordine, mentre Walter Gropius è il maestro senza arroganza, avvolto
da un ideale di vita e in un
credo architettonico basato
sul «dubbio sistematico»,
permeato di nonviolenza e segnato dalle rinunce. E il mondo dei grandi si popola di Alfred Loos, raffinato cultore
ante litteram dell’architettura
d’oltre Oceano, di Richard
Neutra e del suo «amore per
la semplificazione e per la
scarnificazione dell ’immagi
ne», di un riscoperto Sehindler, di Bruno Taut e della sua
capacità di non ripetersi, di
Mendelsohn «inconfondibile
ed unico», e naturalmente di
Frank L. Wright, figura centrale, eon quel suo «ineguagliabile potere (...) di rendere
organica l’architettura attraverso il dominio della natura
dei materiali».
Ed è proprio sulle opere di
Wright che Koenig affina la
sua metodologia di valutazione delle architetture e, come
ben evidenzia Burkhardt, basa
la sua analisi sulla disamina
del linguaggio, degli spazi,
dei percorsi e delle funzioni e
anche degli «stili di vita», nella convinzione che il senso di
un’opera si possa desumere
dalla sintonia che essa è in
grado di stabilire con le persone che la abitano e la usano.
Da qui l’espressa diffidenza
verso molta della produzione
di Le Corbusier ma anehe
l’impegno, commosso, a dar
CENTRO CULTURALE VALDESE
lopera di Edoardo Rostan
MARCO ROSTAN
Il 15 gennaio 1895 moriva a San Germano
Chisone Pietro Edoardo Rostan, medico e
botanico, dinamico uomo di cultura e di iniziative promosse a favore della popolazione
delle ValU, ideatore e primo presidente della
Società di studi valdesi. La sua figura e la
sua opera viene giustamente ricordata dalla
Società con una mostra che si inaugurerà il
22 agosto presso il Centro culturale valdese
a Torre Pellice e che resterà aperta fino alla
fine di settembre.
La mostra, curata dai discendenti Renato
Nisbet, Elena Pascal e Marco Rostan con
Gabriella Ballesio e la collaborazione di
Adolfo Rostan e di Marco Gnone, offre una
panoramica completa, anche se sintetica, di
questo «personaggio», figlio del piccolo
mondo in cui si trovò ad operare, quello delle valli valdesi, ma anche uomo intemazionale, che intrecciò corrispondenze con i
maggiori scienziati del suo tempo (basti fare
il nome di Cesare Lombroso) e scambiò
piante con studiosi dal Nord America al Sud
Africa a tutta l’Europa e l’Italia, che fu medico di base a San Germano e Perrero, valente ostetrico, paladino nella battaglia contro la filossera per migliorare le condizioni
igieniche e in generale il livello di vita della
sua gente attraverso decine di progetti culturali ed economici per le Valli, progetti che
* rivestono tuttora interesse e attualità.
In un’epoca in cui molti dei suoi correligionari colti si impegnarono a realizzare gli
ideali culturali di tipo umanistico della tradizione, egli propone una cultura alternativa
che non è fredda e distaccata scienza positi' vista, ma l’ipotesi di una cultura che sa di
passato e di presente, per il popolo ma anche per le élite intellettuali, che si riferisce
all’ambiente e alla creatività, alla natura e
alla storia. In modo simpatico, il filo conduttore della mostra che raccoglie numerosi
scritti, articoli, lettere, è costituito dai fiori:
la flora delle Alpi Cozie, grande passione di
tutta la vita di Rostan, che percorse a piedi
le nostre Valli, quelle del' Cuneese e delle
Alpi Marittime e si spinse fino a Champorcher e a Cogne, raccogliendo, classificando,
scambiando le sue «essiccate» con altri botanici e arricchendo in modo assolutamente
significativo le collezioni dell’Erbario centrale di Firenze che, prima della sua attività,
documentavano assai poco i nostri luoghi.
Famose rimasero le sue partenze da casa
per giorni e giorni, con grande preoccupazione della mamma Susanna Monnet: spariva e si spostava di valle in valle, ovviamente dimenticando tutto il resto. Famosa la sua
scoperta, in una di queste gite, della genziana trovata a S. Anna di Vinadio, che fu poi
classificata dal Reuter con il nome di gentiana Rostani.
Enciclopedica la sua idea di associazione
culturale, che poi nel 1881 prese il nome di
Società di storia valdese; grande la sua passione pedagogica rivolta in particolare agli
studenti del Collegio di Torre Pellice dove
anche lui aveva studiato, prima di andare a
Ginevra e poi all’Università di Torino; come
medico fu amatissimo e apprezzato anche da
numerosi pastori perché assai spesso, con i
malati, sapeva mettere insieme i consigli da
dottore e la visita pastorale.
Insomma una mostra che consente di far
conoscere questa bella figura: dopo la sua
morte gli fu dedicato il giardino alpino della
Róstanla (sul versante sangermanese della
Vaccera); dopo varie traversie, ci sono attualmente delle iniziative per rimettere a posto il giardino e fame così, di nuovo, un validissimo momento da offrire alla visita e dla memoria di tante persone.
corso alla realizzazione
dell’ospedale di Venezia visto
come autentico spazio e autentica forma, «non più dominante, autoritaria, da primadonna abituata a primeggiare; ma per la prima e l’ultima
volta, disegnata nel quasi disperato tentativo di annullarsi
nel tessuto urbanistico della
Venezia minore e più vera».
Sentimenti, ricordi, slanci
intellettuali si susseguono e
incalzano. E le parole di Koenig fluiscono facili e ricche
non solo nella descrizione dei
personaggi, dove il senso e la
curiosità intellettuale ben si
prestano a catturare il lettore,
ma anche nei saggi teorici,
dove nonostante la complessità del temi trattati, roriginalità delle tesi, spesso innovative nel panorama culturale
italiano, coinvolge e seduce il
lettore. Emerge, ricorrente,
fra i concetti proposti quello
del tempo, impropriamente
definito dai più «quarta dimensione» in un sistema di
relazione povero di dimensioni e quello di spazio nel suo
rapporto in negativo con la
forma, fino a quelli più eterodossi e singolari di sensibilità, intuizione e immaginazione che vengono razionalizzati e assurgono a vere categorie di analisi.
Sono concetti profondi, espressi in modo lieve, percorsi intellettuali complessi che
vengono porti con soffusa ironia sul filo dei ricordi letterari
e personali, come quello del
monolite di Mussolini, ehe
anche noi vediamo improvvisamente con gli occhi di un
bambino che attraverso il film
Luce ne segue il viaggio da
Carrara a Roma e associa le
due città con il fascismo e
identifica il marmo con il regime. Ma subito Koenig riflette che questa associazione
ha condizionato non solo il
suo ricordo di bambino, ma
tutta una generazione di architetti, un rifiuto dal sapore
ideologico per un materiale
bellissimo identificato con un
regime da rifiutare.
Allo stesso modo un episodio di cronaca, la battaglia
dei sacchi a pelo sotto il Loggiato degli Uffizi a Firenze, è
occasione di riflessione sull’
uso e l’abuso dei centri storiei, su quella rivitalizzazione
perversa che stravolge i luoghi e le cose. Una riflessione
che culminerà nella provocatoria proposta del «numero
chiuso», del eontingentamento dei turisti nelle città d’arte;
una provocazione voluta che
a distanza di anni sta raccogliendo non pochi seguaci,
disperati cultori della vita e
della quotidianità fra le antiche mura.
Capire l’attualità, prevedere il domani, oggettivizzare i
ricordi, rendere razionali i
sentimenti, organizzare sistematicamente le intuizioni:
tutto questo emerge dagli
scritti, e questo Koenig sapeva fare da maestro, e lo faceva con una facilità tale da far
apparire tutto possibile e naturale e forse, almeno nella
sua mente ricca di cultura, intelligenza e sensibilità, facile
10 era davvero. La sua personalità unica, la sua curiosità,
11 suo modo di fare e di porgere restano irripetibili e per
questo vivi nei suoi scritti
senza tempo e nei ricordi di
quanti, allievi, colleghi e
amici, l’hanno conosciuto.
* ordinario di Urbanistica
nell’Università di Firenze
(*) Giovanni Klaus Koenig:
Architettura del Novecento.
Teoria, storia, pratica critica.
■Venezia, Marsilio, 1995, pp 349,
£ 60.000.
Sarajevo dalla «collina dei cecchini»
IVISTE
Il nodo dei Balcani
Priva di un grosso seguito, in parte anche a causa del disinteresse italiano per la politica estera, la geopolitica sta cominciando ad uscire dalle stanze degli addetti ai lavori. Militari,
storici, giornalisti, diplomatici, giuristi e (pochi) politici trovano nuovi impulsi al dibattito e alla produzione di idee dal momento in cui il crollo del comuniSmo ha portato (e continuerà
a portare) sensibili sconvolgimenti sulla carta geografica.
Quello dei confini non è ovviamente che l’elemento più superficiale della trattazione di una materia ancora sconosciuta
ai più (il primo volume ad essa esplicitamente dedicato, Geopolitica, del generale Carlo Jean, è appena stato mandato in libreria per conto di Laterza), ma tutte le sue possibili implicazioni sono affrontate quattro volte all’anno da una rivista come Limes*. Diretta da Luigi Caracciolo e Michel Korinmann
e presente in forma di volurhi, essa si vale delle collaborazioni
specialistiche degli ambiti di cui sopra. L’ultimo numero in
edicola e in libreria è monograficamente dedicato al «Richiamo dei Balcani. Dalla guerra jugoslava al caso Québec» e annovera contributi, fra gli altri, di Francesco Cossiga, Nicole
Janigro (collaboratrice del «Manifesto» e curatrice di alcuni
volumi sulla produzione culturale nell’ex Jugoslavia), Zlatko
Dizdarevic, giornalista tuttora a Sarajevo, di giornalisti di alcuni quotidiani italiani e dell’Eipresio nonché, nell’ultima sezione, di Alain Peyrefitte, ex ministro francese. Quest’ultima
parte affronta i possibili sviluppi del disagio del Canada francofono e delle sue ambizioni di affrancamento. Il problema
per tutta l’ampia materia jugoslava è che una periodicità trimestrale fa invecchiare di eolpo analisi, studi e possibili scenari. Le capitolazioni delle città-enclave,musulmane in Bosnia
stanno accelerando quei processi di intervento prefigurati in
alcuni articoli, peraltro sempre illuminanti nello spiegare le
ragioni che hanno portato a tanta sofferenza.
(*) Limes. Rivista italiana di geopolitica. Un numero £ 20.000.
Abbonamento annuo (4 numeri) £ 64.000. Ccp n. 60249000 intestato a
Editrice periodici culturali, via Castro Pretorio 116,00185 Roma.
La fucina creativa
«La libertà di creare» è problema che nón solo coinvolge gli
artisti, ma interessa anche gli scienziati. È quanto si desume
da un’affascinante conversazione a tre fra un musicista «colto» contemporaneo come Luciano Berio, un architetto fra i
massimi del momento come Renzo Piano (autore del «Beaubourg» a Parigi, dell’Auditorium all’ex stabilimento Fiat Lingotto di Torino, e attualmente impegnato nientemeno che nel
rifacimento della Alexanderplatz di Berlino) e di un fisico come Tullio Regge. Al centro dei loro discorsi, contenuti nell’ultimo numero di Micromega*, la rivista di dibattito politicoculturale diretta da Paolo Flores d’Arcáis, è il guizzo, lo scarto, l’arbitrio rispetto alla tradizione, che consentono all’opera
d’arte di innestarsi nel solco di una matrice di pensiero senza
vincolare il «creatore» alle ristrettezze degli schemi codificati.
È curioso proprio notare come molti di questi problemi si pongano anche nel caso della ricerca scientifica (Regge cita a questo proposito ipotesi sostenute da Einstein e Bohr considerate
superate in partenza o «eretiche», che seppero però reggere alla prova dei fatti). Per avvalorare ulteriormente il discorso, dopo un altro dialogo tra Luciano Berio e Umberto Eco, vengono
proposti nello stesso fascicolo racconti inediti in Italia (o
quantomeno non più ripubblicati in volume) di una serie di
scrittori che hanno fatto della riflessione sull’«invenzione letteraria» il loro cavallo di battaglia, da Antonio Tabucchi a Julio Cortázar, da Friedrich Diirrenmatt a Jorge Luis Borges.
Chiudono il fascicolo alcuni saggi sui poteri occulti in Italia
(da cui si evince che il Msi, malgrado lo si sia considerato fuori dal consociativismo della Prima Repubblica, non fu poi tanto estraneo alla gestione di «certo potere»).
(*) Micromega n. 3/95. Un numero £ 20.000. Abbonamento annuo
(5 numeri) £ 80.000. Ccp n. 60249000 intestato a Editrice periodici
culturali, via Castro Pretorio 116,00185 Roma.
22
PAG. 10 RIFORMA
Vita Quotidiana
VENERDÌ 28 LUGLIO iQo^
Agenda
PIEDICAVALLO (Biella) — Nel quadro
delle manifestazioni per il centenario del
tempio dei «picapere» il pastore Giorgio
Toum parlerà sul tema «I valdesi e l’Europa»; ore 21, nel tempio valdese. Per informazioni tei 015-590112.
AGAPE (Prali) — «Silenzi e parole. Le
donne e la politica» è il tema del campo
donne che vuole analizzare la dimensione
politica delle relazioni tra donne. Nel corso
del campo inoltre le partecipanti avranno la
possibilità di incontrare donne che vivono la
dimensione politica istituzionale. Il campo inizia il 29 luglio e termina il 5 agosto. Informazioni allo 0121-807514.
PIEDICAVALLO (Biella) — Nel quadro
delle manifestazioni per il centenario del
tempio dei «picapere» padre Accursio del
convento di Betlemme (Ve) parlerà su «La
spiritualità di Francesco d’Assisi»; ore 21,
nel tempio. Informazioni allo 015-590112.
AGAPE (Prali) — «Sud-Nord» è il tema
del campo intemazionale per giovani dai 18
ai 22 anni che si terrà dal 6 all’8 agosto. Il
campo affronterà attraverso la presentazione
di diversi materiali il problema dell’identità
e della cultura del mondo divenuto un villaggio globale. Per informazioni tel.0121-807514.
LONATO (Bs) — Inizia l’incontro ecumenico tra anglicani, evangelici, ortodossi e cattolici che si concluderà il 12
agosto sul tema «Convivenza nella fraternità». Ogni giorno
vi sarà un momento di preghiera e riflessione. Organizza il
Centro ecumenico dell’Abbazia di Maguzzano. Per informazioni tel.030-9130182 (fratei Francesco Guidorizzi).
PIEDICAVALLO (Biella) — Nel quadro
delle manifestazioni per il centenario del
tempio dei «picapere» si tiene un incontro
ecumenico con la partecipazione di don
Lajolo (parrocchia di San Michele) e del past. Franco Taglierò; ore 21, presso la chiesa
di San Michele. Per informazioni tei 015-590112.
ECUMENE (Velletri) — Ha inizio il
«campo di Ferragosto» del Centro metodista
che affronterà il tema biblico «Credi tu nel
figliol di Dio?... Signore, io credo» (Giovanni 9, 33-37). Per informazioni telefonare alla
direzione di Ecumene, tel.06-9633310.
POMARETTO — Si tiene il tradizionale
incontro popolare del XV Agosto. Inizio
alle ore 10 con un culto del prof. Bruno
Corsani; nel pomeriggio conversazioni dei
pastori-Fulvio Ferrario sull’«Attualità di
Dietrich Bonhoeffer» e Carlos Delmonte
su «La Chiesa valdese nel Rio de la Piata». La festa si
svolge al «Gran pra», vicino alla Pro Loco di Pomaretto.
ECUMENE (Velletri) — Ha inizio il campo «giovani» (a partire da 16 anni) che affronta il tenta «Musica; che passione!». Lo
scopo è quello di analizzare il fenomeno
della musica e le sue implicazioni culturali,
sociali e politiche. Per informazioni telefonare alla direzione di Ecumene, tel.06-9633310.
ASSEMBLEA UCEBI; È convocata per venerdì 1° settembre in sessione congiunta con il Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste. Affronterà e delibererà su materie comuni alle chiese quali la collaborazione territoriale, il settimanale Riforma, e soprattutto affronterà il tema dell’ordinamento ecclesiologico delle tre denominazioni. Per informazioni; Ucebi tei. 06-6876127, fax 06-6876187.
SINODO VALDESE; Si aprirà a Torre Pellice con un culto presieduto dal pastore Bruno Rostagno domenica 27
agosto alle ore 15,30 il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste. I lavori proseguiranno fino a venerdì 1° settembre
quando il Sinodo si riunirà in sessione congiunta con l’Assemblea dell’Unione battista. L’assise di battisti metodisti
e valdesi si concluderà domenica 3 settembre.
STORIA ERETICALE E ANTIERETICA DEL MEDIOEVO; È il tema del XXXV convegno di studi organizzato dalla Società di studi valdesi. Il convegno, sotto la direzione scientifica del prof. Grado G. Merlo, si terrà presso
la Casa valdese di Torre Pellice dal 4 al 6 settembre. Per
informazioni rivolgersi alla Società di studi valdesi, via
Beckwith 3, 10066 Torre Pellice, tei. 0121-932179.
ASSEMBLEA DELLA SOCIETÀ DI STUDI VALDESI — L’annuale assemblea della Società di studi vaidesi si terrà a Torre Pellice il 26 agosto alle ore 16,30
nell’Aula sinodale. Per informazioni 0121-932179.
CULTO EVANGELICO; ogni domenica
inattina alle 7,30 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO; rubrica televisiva realizzata dalla Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, trasmessa a
domeniche alterne da Raidue alle 23,30
circa e, in replica, il lunedì della settimana
seguente alle ore 8. Domenica 16 luglio
(replica lunedì 24 luglio ore 8; «Il futuro in valigia (novità
librarie), evangelici e democrazia».
Dibattito tra i lettori suirecumenismo delle chiese evangeliche italiane
Inattualità della «rottura» con Roma
GIORQIO PEYRONEL
-,T1 più è fatto» titolava
■>NXun articolo de L’avvenire di alcuni mesi fa e questo titolo veniva ripreso, ma
con un punto interrogativo,
da Riforma del 24 marzo. Il
titolo verteva su un incontro
tra luterani e cattolici nell’
abbazia di Farfa Sabina che
dava, secondo Riforma, l’impressione «di una alchimia
teologica dove i termini sono
sapientemente dosati col bilancino del farmacista». Secondo La stampa del 31
maggio sono ormai ben 49 le
iniziative di dialogo attualmente in corso tra cattolici e
non. Ma quanti volumi verranno prodotti!
In questo scenario, che per
molti aspetti ricorda la favola
del pifferaio magico, si moltiplicano le «sbracature» di
sedicenti protestanti che per
varie ragioni, teologiche, ecclesiologiche, comunitarie,
misteriologiche, sentimentali,
opportunistiche vedono, in
questo «dogma dell’unità» e
nella sua correlata «idolatria
dell’unità» l’essenza più
profonda del cristianesimo;
ut unum sint. E il papa, che di
questa «unità» presume e
pretende di essere l’unico
«gestore autorizzato» e garante, non vede di meglio che
di portarsi dietro questi patiti
dell’unità, facendosene il tutore. E trova dei sedicenti
«protestanti» disposti ad assecondarlo.
Nessun riesame
Ne è un esempio l’articolo
apparso su Riforma del 21
aprile intitolato «Occorre un
profondo riesame», in cui Alfredo Berlendis sostiene che a
proposito del rapporto tra le
due chiese, protestante e cattolica, è necessario procedere
a «ritrattazioni» (termine un
tempo usato dagli inquisitori),
che «il dogma non ci divide,
con buona pace della mariolo già et reliquia» (per l’autore
vere sciocchezzuole dogmatiche), che «neppure la libertà
ci separa» in quanto «le diverse chiese concepiscono in
modo diverso l’articolazione
del nesso libertà del cristiano-autorità della chiesa» (per
l’autore dunque questione secondaria, opinabile e quindi
trascurabile), che è da rigettare il Catechismo di Heidelberg che definiva la messa
una «idolatria maledetta» (ricordo a questo proposito che
molti anni fa uno psichiatra
francese mio amico, vedendo
un prete che distribuiva
l’ostia ai suoi fedeli durante
la messa, venne a chiamarmi
dicendo; «Vieni a vedere una
scena di cannibalismo intellettua-le», tale essendo per lui
il significato della dottrina
medievale, della transustanziazione), che Bonhoeffer, ospite
di benedettini, ha detto «esco
da una messa veramente meravigliosa» (ma che sublime
godimento); Fautore inoltre
dice; «Faccio mio l’orizzonte
(...) cattolico in senso etimologico, che sospinge alla teologia (...) come autocritica»,
e che «rinuncia per sempre
alla teologia dei veleni» (cioè
alia critica).
In questo caso Berlendis è
in piena sintonia (e ormai si
può dire anche in obbediente
sottomissione) rispetto al cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato vaticano, che,
come riporta L’informazione
del 14 ottobre ’94 ha detto,
citando sant’Ignazio da Loyola, che il «Sentire cum Ecclesia» dovrà sempre significare, per tutti i religiosi, «Cogitare cum Ecclesia», «Judicare cum Ecclesia», «Criteria
habere quae Ecclesia habet»,
che «Amare Ecclesiam» deve
significare per tutti i religiosi
«amare il vescovo della propria diocesi e amare il papa», che «la riforma deve
partire da ognuno di noi, senza pretendere noi di giudicare i pastori della chiesa», che
«colui che ama non critica»].
Secondo la terminologia di
Berlendis non segue «la teologia dei veleni»: non critica
ma fa solo l’autocritica, come
pretendevano dai dissenzienti
anche gli inquisitori sovietici,
emuli di quelli cattolici medievali, nella Russia sovietica
degli anni ’30.
L'ecumenismo
e la stampa protestante
Il Corriere della sera e La
stampa del 14 aprile hanno riportato il caso della «suora
protestante» Minke de Vries,
invitata dal papa a portare
con lui la croce per alcune
stazioni della Via crucis notturna al Colosseo, una tradizione popolare romana inaugurata dalla Chiesa nel ’700,
cioè in piena Controriforma.
Su Riforma del 28 aprile si è
protestato perché è stata chiamata suora una «diaconessa»
(ma che orrore lessicale) e
l’agenzia Nev, su Riforma del
12 maggio, ha protestato perché è stata definita dal papa
«luterana» (ma che orrore
ecumenico) mentre «come
rappresentante dell ’Alleanza
riformata mondiale aveva
partecipato al recente Sinodo
dei vescovi cattolici sulla vita
religiosa», cosa del tutto encomiabile per la Nev. Si vede
che il papa preferisce l’ex
monaco Lutero, con gli eredi
del quale sta trattando, al giurista Calvino, che spesso ha
paragonato il papa all’Anticristo. Ma è deplorevole e
scandaloso che nessuno abbia
trovato sconveniente questa
così «reclamizzata» partecipazione, su richiesta del papa,
di una «suora protestante» a
una manifestazione così esclusivamente e sfacciatamente cattolica.
Su Riforma del 16 giugno
si legge, nell’articolo «Delusioni e speranze» di Maria
Sbaffi, della Commissione
per le relazioni ecumeniche,
che si riconosce la passione
autentica di questo papa
«perché il Duemila veda una
chiesa cristiana unita (...)
una priorità alla quale [egli]
si sente particolarmente chiamato come successore di Pietro» e sottolinea «il nesso tra
unità della chiesa e credibilità dell’annuncio evangelico». Dunque la credibilità
dell’Evangelo non dipende
tanto dal suo contenuto e dal
la vita e dalla predicazione di
Gesù Cristo che vi sono narrate ma dall’«unità della
Chiesa», a realizzare la quale
si sente chiamato il papa come «successore di Pietro»,
un’affermazione questa ormai
assoluta e indiscutibile? E poi
quale speranza? Che il papa
diventi presbiteriano?
Quanto alla metodologia
ecumenica che il papa non
seguirebbe (ma che novità),
secondo Domenico Tomasetto, presidente della Fcei, e al
suo invito al papa di «dare
segni di attenzione al protestantesimo minoritario italiano», naturalmente in nome
del nuovo dogma dell’unità,
sembra bene che qualcuno si
senta orfano perché trascurato da «sua santità il pontefice
romano»; tra poco sentiremo
parlare di «complessi ecumenici» come ad esempio il
«complesso per disattenzione
o disaffezione papale» oppu.
re il «complesso per l’insuffi.
cienza ecumenica unitaria».
Quanto alle ricorrenti e ormai abusate professioni papa]j
di pentimento e di scuse perj
crimini cattolici perpetuati ns]
passato, di questi crimini noj
si analizzano però mai le cau.
se, consistenti appunto nella
presunzione di assolutezza
della Chiesa cattolica e nella
sua dogmatica infallibilità.
Il primato del papa
Quanto poi al famoso «prl.
mato» che l’attuale papa continua a riaffermare come
«successore di Pietro», su Lì
stampa del 1° giugno Giorgio
Calcagno ricorda che «il concetto del primato, anche per
gli studiosi cattolici, noni
nato con le origini della Chiesa, ma è un lungo processo
che approda a conclusione
solo nel 1870 con il Concilio
Vaticano I», che «fino al
quinto secolo non c ’è neppure
da parlarne», che «all’origine si'poteva parlare di ben
cinque papi: ad Alessandria,
ad Antiochia, a Gerusalemme, a Costantinopoli e a Rama», che «sul dogma dela infallibilità pontificia, proclamato dal Concilio Vaticano]
(...) tanti vescovi non erano
d’accordo». Ma è mai possibile che queste notizie debbano provenire solo da un giornale laico come La stampai
Infine, viste certe dichimazioni, c’è da chiedersi se pastóri, facoltà teologiche, organi dirigenti delle dAesC;
protestanti siano sufficiente-f'
mente consapevoli del rischio!
che l’attuale «volemose bene» ecumenico, e oggi guarda caso anche papale, com-1
porta per l’indipendenza e la;
fedeltà evangelica che il prò- ‘
testantesimo ha sempre dife-i
so anche a rischio di sacrifici
e del martirio.
A proposito (Jel «riesame»
Il papa e il dogma
_______GIOVANNI GOWNET
Dalla lettera di membri
della comunità valdese
di Sampierdarena contro il revisionismo del pastore Alfredo Berlendis (Riforma, del 30
giugno) risulta chiaro che il
vero nodo dell’ecumenismo è
sempre lo stesso sia che riguardi la figura del papa, sia
che si estenda al rapporto
«scrittura-tradizione-chiesa».
Alla base del tutto c’è il
dogma, e quando si ripete che
oggi il papa è prigioniero del
dogma non si dice di certo
una banalità! Se il papa dichiara di essere pronto a mettere in discussione il suo primato, anche coi fratelli separati, lo fa certamente in buona
fede, ma dimentica forse che
quel primato fu posto in discussione prima di Lutero dalla stessa Chiesa universale,
all’epoca del conciliarismo.
Si sa come sono andate le
cose; di fronte allo scandalo
della cosiddetta «cattività avignonese» e del «grande scisma d’Occidente» (13051417), che vide due e persino
tre papi disputarsi la tiara
pontificia chi rimise le cose a
posto fu il Concilio, da tutti
invocato come l’unico strumento capace di sanare la
Chiesa «in capite et membris», e così facendo venne
fuori con ogni evidenza che il
Concilio era superiore al papa. Si veda al riguardo il libro
sempre attuale di Aldo Landi,
Il papa deposto (Pisa 1409}:
l’idea conciliare nel grande
scisma (Torino, Claudiana,
1985, p. 221), del quale segnalo le ottime recensioni di
Giorgio Spini su «La Luce»
del 5-7-85 e di Domenico Del
Rio su «La Repubblica» del
23-10-85.
Certo, tanto Spini quanto
Del Rio non si nascondevano gli interrogativi sorti dal
fallimento di quell’idea che,
soffocata brutalmente dal
Concilio di Trento, era sta ri"
presa, ma solo parzialmente,
dal Vaticano II col ricupero
della collegialità dei vescovi
nel governo della Chiesa di
Roma. Rispunta dunque lo
domanda capitate; verrà d
giorno in cui il papa, non pi“
prigioniero del dogma, sapf»
spogliarsi effettivamente dal
suo potere assoluto e riconoscersi almeno «primus int®^
pares» con tutti i vescovi? Mo
anche qui il cammino dello
revisione sarà fatto solo a
metà, perché quel che è m
gioco non è più il ripristino
integrale della collegialità vescovile, ma il fatto che il pfP,^
e i vescovi riescano a legitti'
mare la loro autorità e la loro
funzione sulla base della sola
parola di Dio.
A questo punto rispunta
l’annoso problema del rapporto «scrittura-tradizione
chiesa», su cui ci sarà ancora
molto da esaminare e da mscutere, oltre Barth e Bultmann.
23
venerdì 28 LUGUO 1995
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Guerra giusta
e difesa
nonviolenta
Era evidente che il pensiero
costante del papa Giovanni
Paolo II, come anche di Paolo
VI, non si scostava minimamente dalla teologia tradizione della «guerra giusta». Se
di quando in quando pronunciava espressioni che sembravano condannarla per sempre,
come «la guerra è un’avventura senza ritorno», alla prossima occasione di incontro
con soldati e cappellani militari il discorso cadeva sul
«fondamento morale della
professione militare».
Indubbiamente il papa è per
la pace e sviluppa in tal senso
un incessante ministero di riconciliazione, ma sempre
ail’intemo di una cultura che
giustifica la guerra di difesa
come un male minore. La cultura ideila nonviolenza il papa
non l’ha mai incontrata o non
ne è rimasto convinto. Inoltre,
come succede a molti, confonde il diritto alla «legittima
difesa» con la «difesa militare» ,0 la «guerra giusta» e
dall’altra parte la «nonviolenza» con la «rinuncia a qualsiasi difesa» e non si pensa alla «difesa popolare nonviolenta». Molti nonviolenti, come me, ammettono anche
l’uso «noti omicida» della forza sia non armata che armata.
Nel caso della Bosnia, sia
rOnu che la comunità intemazionale hanno diritto di intervenire entro i limiti e le forme
di un «corpo di polizia internazionale», cioè come un corpo che interviene militarmente
è «difende senza uccidere» almeno intenzionalmente.
p. Angelo Cavagna
Bologna
NUOVO INDIRIZZO
Il pastore Eugenio Stretti
comunica il suo nuovo indirizzo: via Leonardo Da
Vinci 38, 00040 Castel
Gandolfo; tei. 06-9310429.
A PROPOSITO DEL TERMINE «GEOPOLITICA»
La comunità e il suo territorio
orno LUSSO
La dinamica degli eventi
umani tende a rendere
confuse le caratteristiche proprie di alcune discipline che
già brillano per la loro poca
chiarezza. Una di queste discipline è sicuramente la geografia, con tutte le variegate
specificazioni da questa assunte. Non di rado l’esigenza
di precisione nasconde finalità meramente accademiche,
a volte però la precisione è
indispensabile per Timplicita
pericolosità di alcuni termini.
E qui torniamo agli accadimenti che quotidianamente la
televisione porta dentro le
nostre case, accadimenti che
forzatamente ci obbligano a
fare i conti con la nostra
mancanza di conoscenze di
quella realtà terrestre diventata ormai il «villaggio globale» di ognuno di noi.
L’impero sovietico sì disintegra, ed ecco allora emergere nomi che molti credevano
esistessero solo nei fumetti
delle avventure galattiche
(Ceeenia, Inguscezia, Ossezia, Àbhasia ecc.), l’Islam attraversa una fase particolarmente aggressiva della sua
storia religiosa, ed ecco l’Italia assumere la funzione di
prima linea di potenziali situazioni drammatiche e così
via con l’Albania delle migrazioni selvagge, fino
aH’immane dramma della pulizia etnica in Bosnia.
Questi sono alcuni dei problemi che la geografia politica affronta cercando di dame
una spiegatone e, possibilmente, cercando di cogliere
linee di soluzione. È quindi
del tutto fuorviante, o meglio
gravemente errato, utilizzare
il concetto di geografia politica quale emerge dall’articolo
apparso sa Riforma del 14 luglio scorso, che fa riferimento al sistema politico italiano.
Ancora più grave è l’errore di
aver utilizzato, nel titolo, il
termine «geopolitica», disciplina che per la sua «alta pericolosità scientifica e politica» ha bisogno di un uso
molto chiaro e preciso. Ma
questo lo vedremo dopo.
Torniamo agli obiettivi che
si pone la geografia politica;
essa senza cadere nelTeitore
di «spiegare la storia con la
geografia» e, pur nella «complessità e confusione» della
dinamica storica Umana, ci ricorda che«to storia umana ha
le sue radici, se così si può
dire, nella realtà materiale
terrestre» (Bmnhes).
Sulla scorta quindi di queste brevi premesse, vediamo
come la geografia politica
tenti, per esempio, di interpretare la dinamica degli
eventi politici attuali. Questi
sono sicuramente stati influenzati dalla troppo nota
caduta del muro di Berlino,
ma nel contempo registrano
qualcosa di più profondo che
riguarda un paese che, per un
terzo, regredisce nel suo sviluppo economico, per un altro terzo tenta di uscire dal
giganfismo industriale e urbano, mentre il ter^o nordorientale ha tassi di crescita
da Estremo Oriente. È questa
realtà geoterritoride, fatta di
strutture- territorilli, di classi
dirigenti, di progetti di sviluppo, che la geografìa politica studia; gli eventi elettorali
sono la febbre, non la malattia, ed è questa che deve essere identificata e curata.
È a questo pùnto che entra
in gioco la «geopolitica», disciplina che apalizza la dinamica del valore strategico che
assumono differenti porzioni
di territorio, nella loro estrema complessità, nel succedersi delle relazioni fra i
gruppi umani. Vediamone alcune esemplificazioni. La deflagrazione del sistema politico che ha governato il paese
per 50 anni, le nuove aggregazioni politiche, le traumatiche proposte di ristrutturazione territoriale, la deriva della
porzione meridionale del paese, sono anche spiegabili dai
nuovi valori strategici assunti
dalle differenti porzioni del
paese? Come si può coniugare sviluppo di tipo europeo
del Nord del paese, dato un
certo ammontare di risorse
investibili, con una politica di
crescita industriale del Sud?
Quale funzione svolge il Sud
nel nuovo contestò strategico
che vede spostato il baricentro delle relazioni territoriali
verso il Mediterraneo? Quale
valore strategico sta assumendo un territorio ad alta
densità di infrastratture (vedi
la trasmissione delle informazioni) nei confronti di altre
parti del paese che vengono
ad esserne emarginate?
Su questi versanti si sta impegnando (non so con quanti
risultati) la geopolitica: non
neU’analisi delle conseguenze politico-elettorali. Resta
un problema aperto, non analizzato dalla geografia, ma di
fondamentale importanza; il
porre il territorio al centro del
conflitto tra comunità non
può portare alle aberrazioni
bosniache o allo «spazio vitale» del periodo nazista? Se
questo pericolo esiste, va tuttavia detto che, per la paura
dell’abisso, non possiamo far
finta che i problemi «del territorio» non esistano, con il
rischio di ritrovarci poi sul tavolo i problemi bosniaci,
montenegrini, ceceni, ruandesi, ecc. Parallelamente a queste analisi deve procedere la
riflessione su concetti quali la
solidarietà, la collaborazione
e la corresponsabilità, specie
a livello spaziale.
Pacifismo e
scelta militare
Sul numero 29 di Riforma
Lodovico Grassi ed Emanuele Rebuffini, pur riconoscendo ai pacifisti meriti notevoli
(«nei soccorsi umanitari, nei
gemellaggi con i campi profughi»), ne denunciano una
sorta di inerzia politica, dimenticando forse che i decisori politici siedono in consessi a cui i pacifisti non sono
ammessi. Nella sostanza vie
Riforma
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^ima è il nupvo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
“Si 1® gennaio 1951, responsabile Franco Glampiccoli. Le modifiche sono state registrate
W ordinanza In data 5 marzo 1993.
Il numero 29 del 21 luglio 1995 è stato consegnato per l’inoltro postale aH’Utficio CMP Nord,
via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 19 luglio 1995.
ne rimproverato ai pacifisti
due cose: di non ammettere
che i dirigenti politico-militari serbo-bosniaci (Karadzic e
Mladic) siano da condannare
come criminali di guerra e di
non accettare come inevitabile l’uso della forza (militare).
La prima accusa è chiaramente infondata: non conosco
un solo pacifista che non consideri la dirigenza serbo-bosniaca responsabile di gravissimi violazioni dei diritti
umani. Colpa dei pacifisti è
forse quella di denunciare
analoghe violazioni di cui sono responsabili Izetbegovic e
la dirigenza della federazione
croato-musulmana di Bosnia?
Si dovrebbe tacere di Bihac
perché Sarajevo è assediata?
La seconda accusa è solo
apparentemente più ragione
vole. L’invocato intervento
militare della Nato dovrebbe
piegare a più miti consigli la
dirigenza serbo-bosniaca.
Purtroppo nessuno spiega come un intervento militare, anche di grosse proporzioni, potrebbe raggiungere l’obiettivo
senza creare danni più gravi
del male. Gli stessi militari
hanno avvertito in varie occasioni che un loro intervento
potrebbe avere delle conseguenze al di là di ogni previsione. Tuttavia la gran parte
dei commentatori politici volutamente evita di prendere in
considerazione il fallimento
di un’opzione militare perché,
in una tale eventualità, rimarrebbero solo due alternative:
lasciare il campo o raddoppiare la violenza. In Somalia, dòpo aver infilato un pasticcio
FONDO DI SOLIDARIETÀ
Ancora una mucca
Il flusso delle offerte
orientato particolarmente a
favore dell’acquisto delle
mucche di Manzir è stato intenso il mese di maggio, tanto da farci prevedere di poter
spedire i 5 milioni entro la fine del mese seguente. Invece
l’arrivo dei doni si è rarefatto
il mese di giugno e attualmente, anche facendo confluire a favore di questa iniziativa le offerte giunte senza
destinazione specifica, ci
manca ancora il controvalore
di mezza mucca.
D’altra parte il tempo comincia a stringere perché nel
Mozambico, come in tutta
l’Africa a Sud dell’Equatore,
i lavori agricoli cominciano
alla fine dell’inverno che è la
stagione secca; nel nostro
emisfero è la fine dell’estate,
il mese di settembre. Questo
è il momento in cui le mucche sono maggiormente utili,
perché aggiogate all’aratro.
Ricordate che 1’«operazione
mucche» era cominciata con
la domanda di un trattore?
Abbiamo quindi bisogno di
spedire il denaro entro la fine
di agosto per non perdere
l’occasione di essere presenti
quando ce n’è maggiormente
bisogno. Ci volete aiutare?
Per le vostre offerte utilizzate il ccp n. 11234101 intestato a La luce-Fondo di solidarietà, via Pio V 15, 10125
Torino.
OFFERTE PERVENUTE
IN MAGGIO E GIUGNO
£ 250.000: colletta culto ecumenico Trieste.
£ 100.000: Flora Pons; Ernesto Sommani; Chiesa valdese Trieste; Lydia Podio;
Mirella Argentieri Bein;
Giuseppe Di Gesù; Società
missioni Torre Pellice; Delia Fontana.
£ 50.000: Patrizia Long; G.
Ernesto Pini; Titina Devito.
£ 40.000: Liliana Ribet.
Totale £ 1.240.000
Totale precedente:
£ 3.927.999
dopo l’altro, si è scelto di abbandonare il campo.
Un’ultima considerazione.
Grassi e Rebuffini temono
che la guerra in Bosnia possa
allargarsi anche al Kosovo.
Spero che non ignorino che il
Kosovo (o meglio, la Kosova, come viene chiamata dalla parte oppressa, gli albanesi) è sottoposta già da sei anni a una rigida occupazione
militare da parte dell’esercito
dell’ex Jugoslavia. La guerra
non si è scatenata (per ora)
perché la popolazione albanese guidata da Rugova si è
rifiutata di farla, preferendovi
la disobbedienza civile e
l’azione nonviolenta. La
guerra per essere tale deve
essere combattuta da almeno
due parti.
Giuseppe Barbiere
Torre Pellice
In cassa:
£5.167.999
Truffatori
e nient'altro
Il 14 luglio sono rimasto
stupito nel vedere e sentire ripetere l’espressione: «Truffatori sì, ma timorati di Dio»,
con un sorriso sulle labbra,
dagli speaker della Rai, dopo
che era stata diffusa la sensazionale notizia riguardante un
monsignore vescovo della
Chiesa cattolica di Monreale
in Sicilia, accusato di truffa
in combutta con altri ai danni
dello stato e della Regione.
Il mio stupore è dovuto soprattutto al fatto che la suddetta frase è stata ripetuta con
tanta leggerezza, come se si
avesse intenzione di giustificare o almeno diminuire la
gravità della truffa fatta dai
responsabili, i quali alla fin
fine sarebbero persone degne
di rispetto, dato che servono e
frequentano la Chiesa cattolica, officiano ed assistono ai
suoi riti, ecc. Siamo di fronte
a dei truffatori, sì, ma con il
timore di Dio come orpello,
allo scopo di allontanare da
sé ogni sospetto.
La frase suddetta però con
tiene un’antitesi inconciliabile: truffa da un lato, cioè un
reato conseguito con falsificazioni e raggiri; timore di Dio
dall’altro, cioè riverenza e obbedienza a Dio, la cui legge
condanna la falsità. Secondo
la catechesi cattolica il timore
di Dio sarebbe un dono dello
Spttito Santo. In effetti non si
può essere timorati di Dio e
truffatori nello stesso tempo.
A che serve riunirsi in un posto e in segreto operare una
truffa di svariati milioni ai
danni del patrimonio altrui, in
questo caso dei cittadini italiani, e poi suggellare il tutto
celebrando o assistendo al rito
di una messa?
In tal modo si è timorati di
Dio? O non piuttosto farisei
ipocriti, sepolcri imbiancati?
Il timore di Dio fa a pugni
con la falsità: Con il timore di
Dio si favorisce la nostra santificazione, con la falsità invece si viola la legge divina e
si concorre al trionfo di Satana. Non si può essere cristiani
timorati di Dio e nello stesso
tempo cristiani truffatori. Gesù ha parlato chiaro: non ci
può servire due padroni: Dio
e il denaro. Celebrando o assistendo al rito di una messa
in chiesa non si può annullare
la responsabilità del danno
economico, morale e sociale
arrecato con la truffa. Nel caso in questione si tratta dunque di tmffatori senza timore
di Dio e basta.
Bruno Ciccarelli - Catania
Riflettere
il linguaggio
biblico
Su Riforma n. 28 (14 luglio), a'pag. 5, il pastore Deodato giustamente ricorda che,
nonostante il gesto eclatante
dell’attuale capo della Chiesa
cattolica verso i 24 «ribelli»
calvinisti uccisi dagli imperialisti cattolici nel 1687 a Presov, in Slovacchia, l’unità dei
cristiani non può avvenire nel
nome dei martiri e dei santi
ma solo ed unicamente nel
nome di Gesù Cristo (Calati
3, 28). Purtroppo questo semplice concetto biblico non riesce a trovare, almeno sinora,
nessuna possibilità di riuscita
nonostante la recente Ut unum
sint. Basta leggere le prime righe dell’editto del Vicariato
di Roma a firma del card.
Ruini per rendersi conto di
quante miglia di distanza separino ancora gli addetti agli
uffici curiali dalla semplice
conoscenza della Bibbia.
L’editto in causa riguarda
la canonizzazione del frate
minore francescano Alessio
Benigar morto nel 1988 (...)
«carico di anni, ma soprattutto di meriti, la cui intera esistenza si snodò secondo il
motto paolino “a lode e gloria della Sua grazia” (Efes.
1, 6)». Eppure, poche righe
più avanti, al cap. 2 della medesima epistola è scritto chiaramente: «Per questa grazia
infatti siete salvi mediante la
fede; e ciò non viene da voi,
ma è dono di Dio; né viene
dalle opere...» (1, 8-9), e i riferimenti in nota al testo (della Cei, 1974, ediz. Paoline
1989, p. 1164) sono biblicamente esatti e rimandano a
Romani 3, 28; II fimoteo 1,
9; Tito 3, 5.
È troppo chiedere che almeno il linguaggio biblico sia
rispettato e usato nella sua interezza se veramente si vuole
arrivare all’unità dei credenti
in Cristo? O il documento Un
unum sint viene inteso, nelle
curie, solo come un sottomesso ritorno ai voleri del romano pontefice?
Giovanni L. Giudici
Mestre
24
PAG. 1 2 RIFORMA
VENERDÌ 28 LUGLIO 199.»^
Visita a uno dei campi profughi gestiti dalla Federazione luterana mondiale in Africa
Viaggio fra i 50.000 rifugiati di Kakuma
________KLAUS BIETH*_______
Ogni giorno giungono
nuovi rifugiati a Kakuma. Ai 1.400 che sono stati
accolti in questi ultimi tempi
è stato concesso un terreno di
otto metri per nove. Fino a
qualche mese fa, una famiglia
poteva disporre di 300 mq ma
ora lo spazio disponibile si
sta facendo raro.
Il campo profughi è situato
tra due fiumi, il Tarach e il<
Lokodet, nel nord del Kenia,
non lontano dal confine col
Sudan. Esso ospita circa
50.000 persone su, un terreno
di 5 kmq; la maggior q)arte
proviene dal Sudan ma col
tempo sono giunti rifugiati di
altri paesi: Etiopia, Uganda,
Zaire o Ruanda. I rifugiati sudanesi si suddividono in vari
rami: fra questi i Dinka, che
vengono da Bor Bahr-el-Gazal, costituiscono i grappi più
importanti, seguiti dai Didinga, Nuer, Shilluk e Nubien.
Il governo keniota si è mostrato generoso, come spesso
avviene in Africa quando si
tratta del problema dei rifugiati: ha messo a disposizione
il terreno nonché una parte
della mano d’opera. I disordini della guerra in Sudan si riflettono come in uno specchio nel campo di Kakuma. I
tre principali gruppi che si
battono contro l’esercito e il
governo sudanesi nel nord del
paese hanno anche i loro simpatizzanti nel campo di Kakuma. I tre gruppi, guidati rispettivamente da John Garang, Riek Machar e Lam
Akol, sono ora entrati in conflitto tra di loro. L’anno scorso, dopo un incontro di calcio, si era giunti al punto che
alcuni Nuer avevano dovuto
temere per la loro sicurezza.
Hanno lasciato il campo e si
sono sistemati altrove.
Il campo è essenzialmente
abitato da uomini, perché
molti ragazzi e adolescenti
hanno cercato rifugio a Kakuma. Vengono chiamati i «Minor»: sono giovani tra i 10 e i
18 anni, non accompagnati.
Questo gruppo conta circa
12.000 giovani e ha dato una
triste fama al campo. Molti di
loro, si ritiene, hanno imparato a maneggiare armi fin dalla
più tenera età: altri sono arrivati a Kakuma dopo giorni,
settimane, o addirittura mesi
di esodo. Ora generalmente
abitano in gruppi, in cinque,
in una capanna di fango e paglia. Devono badare a se stessi. Spesso ignorano se i membri della loro famiglia sono
ancora vivi o se il loro villaggio natio esiste ancora.
Mark Callagher è incaricato dalla Federazione luterana
mondiale (Firn) di dirigere il
campo: oltre alla distribuzione del cibo, deve assicurare
l’approvvigionamento dell’
acqua. In determinati momenti della giornata, l’acqua
sgorga da quattro grandi pozzi verso 63 stazioni di distribuzione. Nessuna capanna si
trova a più di 300 metri da
una fontana. Alcuni ex agricoltori hanno già cominciato
a piantare bordure vicino alle
fontane per fare crescere
qualche verdura con le preziose gocce che cadono durante la distribuzione d’acqua potabile. Una simile fonte di vitamine è indispensabile nel campo.
Tuttavia i circa 200 impiegati della Firn non sono solo
responsabili del cibo e dell’
acqua: distribuiscono anche
ai rifugiati tutto ciò che occorre loro per rispondere ai
bisogni quotidiani, a cominciare dai materiali per il tetto
che hanno sopra la testa, senza dimenticare le coperte, le
Fra i tanti campi profughi esistenti in Africa, queiio di Kibumba (Zaire) accogiie oitre 250.000 ruandesi
stuoie, gli utensili di cucina, e
perfino la legna piccola, indispensabile per preparare i pasti; legna che deve essere trasportata da una distanza di oltre 300 km.
Jacintha Musundi è assistente sociale al servizio della Firn. Mi porta a fare il giro
del campo, come fa ogni
giorno. Oggi sul suo elenco
figurano parecchie famiglie
che si sono segnalate presso
il servizio sociale. Il più delle
volte si tratta solo di un tetto
danneggiato o di una coperta
mancante ma può capitare
che l’oggetto della richiesta
sollevi problemi molto più
gravi. Mentre Jacintha prende nota dei bisogni di una famiglia sudanese, ho l’occasione di parlare ad alcuni di
questi giovani «non accompagnati». Hanno tra i 12 e i
16 anni. Quattro di loro hanno libri di scuola in mano.
Sono allievi estremamente
diligenti. Sanno che una formazione scolastica rappresenta la loro unica opportunità per il futuro. Al di fuori
della loro formazione, non
avranno nient’altro da fare
valere il giorno in cui tornerà
la pace nel loro paese d’origine. Quando cerco di parlare
del loro passato, tacciono.
Hanno troppo paura e non si
fidano degli stranieri. Spesso
non si fidano neanche dei loro connazionali.
Arriviamo poi alla sezione
51. Andiamo a far visita a
Mayol. Jacintha si rallegra di
questa visita e fa girare nelle
sue mani un’automobilina di
legno inviata da un organismo di aiuto europeo nell’ultimo container di vestiti. Mi
spiega che, nella sua lingua,
Mayol significa scimmia.
Scoprirò un po’ più tardi il
motivo di questo nomignolo.
Mentre arriviamo all’estremità del campo, scorgo una
specie di pollaio stretto tra le
altre capanne. È un piccolo
posto recintato; quattro pali
sorreggono una tettoia; un ragazzino, con la sola pelle sulle ossa, è coricato suì suolo di
questa capanna aperta: dorme. È Mayol; è nudo: avrà
circa sei anni, penso. Più tardi, verrà fuori che nessuno
conosce la sua età esatta. Jacintha si china piano piano
sul piccolo corpo molto dimagrito e sveglia Mayol che
fa fatica a rialzarsi e si regge
appena sulle gambe troppo
gracili. Mayol non ci vede. È
cieco da sei mesi, in seguito a
un’infezione degli occhi.
L’auto in legno che Jacintha
gli mette in mano, non può
tenerla. La respinge.
Mayol non sa parlare. Da
cinque settimane, sua madre è
ricoverata nell’ospedale del
campo per disturbi gastrici
acuti. Uno zio si occupa di
lui; se Mayol non porta né
vestiti né scarpe è perché
strappa tutto e non vuole indossare vestiti e se si comporta come una scimmia e ne ha
gli stessi atteggiamenti, è perché è cresciuto nélla savana,
insieme alle scimmie. Suo padre è stato ucciso durante la
guerra civile in Sudan e sua
madre è rimasta sola con lui.
Durante un attacco al villaggio, la madre e il figlio sono
state divisi. Mayol è scappato
nella savana. Più tardi, sua
madre lo ha ritrovato e lo ha
portato in questo campo di
profughi.
Secondo Jacintha, avrà sui
nove anni. Mi dice anche che
non ha imparato a parlare e
ha adottato il linguaggio delle
scimmie. E diventato cieco
nel campo. Jacintha si ripren
de la macchinina: farà la
gioia di atri bambini. Però,
quando Mayol nota che stiamo andando via, si butta per
terra e il suo piccolo corpo
viene scosso da un insopportabile pianto di disperazione.
Nell’aereo che mi riporta a
Zurigo, i miei vicini parlano
dei pasti serviti a bordo. Hanno conosciuto di meglio, e il
vino bianco non era del tutto
alla temperatura adatta. Mi
rendo conto allora di essere
giunto in un altro mondo, nel
momento stesso in cui sorvolo, a 11.000 metri di altitudine, il pollaio di Mayol.
(da Firn Information,
giugno 1995)
* Klaus Rieth è caporedattore aggiunto del settimanale
svizzero «Reformierte Forum»:
recentemente ha visitato i campi profughi del servizio mondiale della Firn in Kenia.
Firn e Cec decidono di unire i loro sforzi
Aiuti: nasce KAzione
comune delle chiese
Due delle più grandi organizzazioni di chiese hanno
deciso di unire i loro sforzi
nel campo degli aiuti di emergenza e di creare una nuova
rete denominata «Azione comune delle chiese» per far
fronte al numero crescente di
richieste di aiuti. Il 26 giugno
scorso, il Consiglio della Federazione luterana mondiale
(Firn), riunito a Windhoek
(Namibia), ha approvato questa proposta che era già stata
accettata dal Comitato esecutivo del Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec). La proposta mirava ad evitare che gli
organismi internazionali e le
agenzie di aiuti facessero due
volte lo stesso lavoro a livello
dei finanziamenti e della distribuzione degli aiuti.
Secondo un rapporto sottoposto all’attenzione del Consiglio della Firn, la concorrenza che si registra per ottenere
i mezzi finanziari rende il
coordinamento tanto più necessario quando si tratta di
lanciare un appello finanziario. Da dieci anni si registra
un forte aumento dei casi di
urgenza che necessitano di
aiuti umanitari immediati. Tra
il 1978 e il 1985 si è registrata
una media di cinque «situazioni complesse di emergenza» ogni anno. Attualmente,
ve ne sono oltre venti.
La proposta prevede la
creazione di una piccola équipe che renderà conto sia al
Cec sia alla Firn (ambedue
hanno la loro sede presso il
Centro ecumenico di Ginevra),' e di un comitato di emergenza, che prenderà le decisioni riguardanti gli appelli
e il finanziamento.
Aaron Tolen, del Cameran,
uno dei presidenti del Cec, ha
espresso la propria gioia di
vedere che il Consiglio della
Firn aveva «accettato di lanciarsi in questa nuova impresa», perché l’aiuto umanitario
è oggi «una delle più grandi
sfide» lanciate all’umanità.
Christine Grumm, segretaria
generale aggiunta della Flm,
aveva avvertito che la Firn rischiava di essere messa da
parte nel campo degli aiuti
d’urgenza alle vittime se non
si fosse associata al Cec per
creare questa nuova rete di
ghiese e di organismi di aiuti
delle Chiese. Si è dichiarata favorevole all’iniziativa
«Azione comune delle chiese» malgrado le critiche secondo le quali questo significherebbe una perdita dell’
identità luterana nel campo
degli aiuti e una diminuzione
dell’impegno delle chiese
membro della Firn. Ha fatto
inoltre notare che i programmi
di aiuti di emergenza «rischieranno di fallire se, anziché
mettere le nostre risorse e le
nostre esperienze in comune,
passiamo il nostro tempo a
farci concorrenza e a cercare
di averla vinta con abili manovre, col pretesto di aiutare
quelli che sono nel bisogno».
Kunchala Rajaratnam, delegato dell’India, ha criticato le
conseguenze di questa proposta per il suo paese: «Da molto tempo i luterani dispiegano
molti sforzi; hanno ottenuto
tantissimi buoni risultati; e
oggi si vorrebbe fare tabula
rasa della loro azione...», ha
detto. «Sono sicura che le vittime non fanno differenza tra
l’aiuto che ricevono dai luterani e quello che viene dato loro dai partner ecumenici», ha sottolineato Karsten
Nissen, danese, che presiedè
la Commissione della Firn
«Missione e sviluppo», (eni)
Il paese africano punta decisamente sul sole per fornire energia alle campagne
Nello Zimbabwe il sole brilla anche di notte
NDABA NYOHI
Itre quarti della popolazione delTAfrica subsahariana non hanno accesso all’
elettricità. Attingono le loro
fonti di energia direttamente
dall’ambiente circostante,
molto spesso abbattendo alberi in zone già gravemente
danneggiate.
Una serie di ambiziosi programmi di elettrificazione rurale è stata lanciata nel corso
degli ultimi 20 anni, ma la
maggior parte non è andata in
porto. Le zone rurali consumano poca energia per cui si
ritiene troppo costoso allacciarle alla rete elettrica ma la
popolazione delTAfrica subsahariana dovrebbe raddoppiare nei prossimi 35 anni e
questa crescita avverrà soprattutto nelle zone rurali che
ospitano il 70% degli africani.
«La crisi dell’energia è un
fermento di malcontento.
Provoca conflitti con i dirigenti nazionali e con le classi
privilegiate, conflitti che
spesso si regolano col coltello e col fucile», veniva spiegato ai partecipanti a una
conferenza sull’energia solare in Africa, organizzata
dalTUnesco a Harare (Zimbabwe). La riunione si inseriva nel quadro della preparazione del Vertice solare, che
si svolgerà Tanno prossimo,
nella stessa città. «Ogni giorno utilizziamo il sole per ve
Uno degli impianti solari costruiti neiie campagne delio Zimbabwe
dere e per riscaldarci, ma dimentichiamo di sfrattarlo per
soddisfare i nostri bisogni
quotidiani in energia», rilevava un esperto africano. «Pochi centri decisionali approfittano di questa fonte di
energia inesauribile e gratuita
che, a differenza dei combustibili classici come il carbone e il petrolio, è di tutti».
L’energia solare non richiede
né infrastruttura complessa e
costosa, né specialisti altamente qualificati per garantirne lo sfruttamento, e riduce
i problemi ambientali.
Lo Zimbabwe è uno dei rari
paesi africani a puntare sul
sole per fornire energia alle
campagne. Appoggiato dal
Programma delle Nazioni
Unite per lo sviluppo (Pnud),
il governo ha lanciato nel
1993 un progetto pilota del
Fondo mondiale per l’ambiente (Fem), previsto per
cinque anni, in cui investirà
due milioni di dollari. Il Pnud,
che gestisce il progetto, vi dedicherà sette milioni di dollari. A termine, da 10.000 a
20.(X)0 impianti solari, con un
costo unitario medio di 950
dollari, dovrebbero servire case, scuole e ospedali rurali.
Coloro che sono interessati
possono pagare in contanti
oppure sollecitare un prestito
dall’Agricultural Finance
Corporation. Secondo il consigliere estero per l'energia
solare del Fem, Godfrey Marawanyika, circa 1.000 persone hanno già ottenuto prestiti
e 600 impianti sono stati installati presso coloro che hanno pagato in contanti.
Joseph Chiripanyanga, 45
anni, è uno dei beneficiari del
progetto. La sua casa di cinque stanze nel villaggio di
Mount Darwin, ai confini
nordorientali dello Zimbabwe, è oggi fornita di elettricità. Coltivatore di tabacco e
padre di sette figli, dice di risparmiare in questo modo fino a 600 zimdollari (75 dollari Usa) Tanno. «Ora, miglioro il mio tabacco illuminandomi nella frescura della
notte - dice felice -; e non ho
più bisogno di comprare batterie per la mia radio e la mia
televisione».
«È chiaro - riassume un
esperto - che tutti potrebbero
usufruire dell’energia solare.
È pulita, disponibile, relativamente semplice da sfruttare e
inesauribile. Può trasformare
la vita di ognuno. I governi
hanno una sola cosa da fare,
agire».
(da Sources Unesco,
maggio 1995)