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numero 21
del 30 maggio 1997
Spedizione in a. p. comma 26
art. 2 legge 549/95 nr, 37/97 - Torino
In caso «li mancato recapito
si prega restituire al mittente
presso l'Ufficio PT Torino CMP No
L'Etiitore Si impegna a
corrispondere il diritto di res
l.
evangeliche BATTISTE, METODISIE,
IL «PESO»
DEL SIGNORE
«Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo»
Matteo 11,28
T ri è da riflettere molto su queste
V parole di Gesù, al di là della
profonda spiritualità espressa. Vi è
una strana situazione di fronte a Gesù: persone stanche e caricate di pesi
enormi; persone che vivono un esistenza, potremmo dire, appesantita
dalla continua necessità di assicurarsi il proprio futuro attraverso le proprie fatiche. L’immagine biblica per
riflettere su questa situazione è quella del «giogo». Anche coloro che vivono in ambienti agricoli fanno molta
fatica a vedere questo sfrumento di
lavoro: un grosso asse di legno posto
sul collo degli animali per guidarli
nel lavoro dei campi. Credo, dunque,
che dobbiamo riflettere riguardo a
queste parole di Gesù: possibile che la
situazione di vita dell’umanità sia
proprio così affaticata e oppressa?
Possibile che non vi siano indicatori
di allegrezza e di festa tra la gente incontrata da Gesù? Possibile che l immagine sia sempre posta al negativo
come in un altro brano di questo
vangelo: persone stanche e sfinite come pecore senza pastore?
La visione del credente biblico non
è tanto pessimistica come si potrebbe credere; essa cerca di non avere
illusioni o abbagli. Il credente cerca di
incontrare uomini e donne nella loro
normalità fatta di tante situazioni,
ma sempre segnata da una costante:
stanchi e oppressi, caricati e affannati. Prima di soffermarci su questa immagine della vita della nostra generazione, ritorniamo al «giogo». Esso è
segno di sicurezza e di garanzia! Significa essere guidati con poche responsabilità e maggior certezza di
camminare per un sentiero sicuro.
Essere guidati dona tranquillità.^ Non
vi sono decisioni da prendere, né scelte da fare, né risposte da dare a domande pericolose. Tutto è chiaro, siamo sotto il giogo guida. Questa sicurezza però comporta una totale obbedienza senza alcun margine di autonomia, e questo è inevitabile, cutrimenti il giogo diviene cosfrizione,
giudizio, punizione e non più garanzia di una guida. Con questo giogo
incontriamo una umanità stanca.
’'RA le molte immagini che questa
j. parola suggerisce ne prendo una:
mancanza di speranza. Io credo che
ogni giorno noi registrianio questa
assenza di speranza. Sarà^ per colpa
nostra (troppo egoisti), sarà per colpa
della società (troppo complessa), sara
per colpa delle oramai immense sofferenze sperimentate (troppe delusioni), sarà per tutto ciò e anche per al-,
tro, ma siamo segnati dall assenza ai
speranza. Così ascoltiamo l invito di
Gesù per porre fine alle nostre fatiche.
È un invito reale perché ci viene rivolto da colui che è il nostro Signore.
E questo invito avrà come risultato il
dono del riposo e della pace, come
dono di libertà e di speranza.
Abbiamo così la Ubfrtà di accogliere le responsabilità come manifestazioni di amore per Dio stesso e
per il fratello. E abbiamo anche la
speranza intesa come forza di futuro
per un bene condiviso con tutti coloro
che sono figli di Dio. Liberta e speranza sono considerati «pesi», cer o,
ma pesi dolci e leggeri, sono ^stosi e
possibili per il Signore Gesu^e ^ P '
ne in comunione con noi, affinché
finito il tempo della fatica.
strada è sgombra dalle macerie de
vanità e possiamo avere libero passaggio alla gloria di Dio.
Giovanni Anziani
Il governo Prodi si accinge a compiere la verifica sulla riforma dello stato sociale^
Pensioni, alla ricerca di un'equità difficile
Una politica attiva per l'occupazione, un fisco giusto, l'abolizione dei privile^ un ceto politico
capace di condivisione potrebbero essere le condizioni per accettare ulteriori sacri
MAURiZiO GiBOLAMi
IL governo si accinge a compiere
la sua «verifica» sulla questione
spinosa della riforma dello stato
sociale e ribadisce che l’Italia raggiungerà, nel 1998, quel 2,8% che le
consentirà di entrare subito nel sistema della moneta unica europea.
Sperando che davvero l’Italia «entri
in Europa» da paese civile e non
stravolto da accresciute sperequazioni, proviamo a chiederci a quali
condizioni gli italiani sopporterebbero ulteriori sacrifici. Ne indico
quattro, tutte collegate anche alle
pensioni: una politica attiva per
l’occupazione; un fisco giusto, efficace verso tutti; la capacità di abolire i privilegi; un ceto politico capace di condivisione.
Una politica attiva per l’occupazione, che sblocchi le opere pubbliche e promuova la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico
e ambientale, non solo crea reddito
spendibile sul mercato ma aumenta la popolazione che contribuisce
alla spesa previdenziale. Per una
tale politica occorrerebbe liberarsi
del dogma, attualmente in voga rtia
storicamente infondato, per cui i
posti di lavoro nascono solo per
iniziativa dell’imprenditore privato. Va bene il privato {quando noti
si limita a intascare le sovvenzioni
dello stato per ristrutturare e ridurre la manodopera), va bene la cooperativa, va bene il servizio erogato
direttamente dallo stato.
La torta della spesa previdenziale
può essere ceduta alle compagnie
assicurative private, e in tal caso si
andrebbe verso una società secondo la quale il fondamentale diritto
dell’uomo a una vecchiaia dignitosa vale quanto la sua tasca e la sua
condizione sociale. Oppure può essere riorganizzata in modo più razionale e ci va benissimo. Ma può
anche essere accresciuta con il recupero dell’evasione contributiva,
che viene stimata decitie di migliaia di miliardi. Se poi si andasse
verso una pensione-base finanziata
dal fisco, a cui sommare altre pensioni pagate privatamente, tanto
più sarebbe fondamentale un fisco
efficiente, capace di recuperare
all’erario ben più dell’attuale, misero, 2-3% dell’evasione accertata.
In due recenti decreti il governo
ha stabilito la normativa per armonizzare i diversi sistemi pensionistici. Ecco alcuni esempi; l’aliquota
previdenziale degli agricoltori sarà
pari a quella degli altri lavoratori...
fra 35 anni. Artigiani e commercianti seguitano a pagare il 15%...
ma la pensione sarà calcolata come
se pagassero il 20%. L’età pensionabile va da 45 anni per il personale di volo, a 47 (donne) e 52 (uomini) per gli sportivi professionisti, a
56 per alcune armi dell’esercito, a
60 (donne) e 65 (uomini) per i manager industriali, a 70 per i magistrati. I militari (polizia, finanzieri,
vigili del fuoco, agenti di custodia),
vanno in pensione a 50-55 anni
con 30 anni di contributi che si ri
ducono a 20, col meccanismo di
abbuono di 1 anno ogni 2 o 3, per
servizi particolari (riconosciuti
però a tutti). I dipendenti della
Banca d’Italia vanno in pensione
con soli 20 anni di contributi, oggi
a 50 anni, nel 2010 a 57 anni. Sorvoliamo sulla pensione di Dini dopo 14 anni in Banca d’Italia. I telefonici ancora per 5 anni irianterranno uno «scivolo» di 4 anni per la
pensione anticipata; elettrici e au- '
toferrotranvieri non più.
Quando ci chiederanno nuovi
sforzi, saranno disposti i ceti dirigenti (politici, vertici dello stato e
delle professioni) a fare la loro parte per primi, condividendo i sacrifici di tutti? Ad esempio: stabilire come tetto massimo delle pensioni
d’oro non più di 10 volte la pensione più modesta (in Svezia il rapporto è di 1 a 7,5); abolire il diritto
dei parlamentari alla pensione do
po pochi anni di legislatura; o
quello dei «baroni» universitari a
restare in servizio 3 anni dopo l’età
pensionabile senza obblighi di prestazioni e a pieno stipendio; o fare
un prelievo di solidarietà sulle pensioni dei ceti professionali. Perché
la sola idea di un’imposta sui grandi patrimoni suscità scandalo
mentre sta diventando normale
aizzare i giovani disoccupati contro i pensionati?
Ai nostri governanti, prima che
sia troppo tardi, consiglierei di leggere la storia di due premier
dell’antichità: Davide e Achab. Sono 3 pagine della Bibbia contenute
in II Samuele, capitoli 11 e 12 e in I
Re, capitolo 21. In entrambi i casi
c’è il potere, i suoi decreti, i suoi
inganni, le sue vittime. Ci sono anche il castigo di Dio e il suo perdono (dopo il pentimento dei premier, naturalmente).
Maria e il Risorto
Non si possono
travisare i dati biblici
Le affermazioni del
papa Giovanni Paolo II
secondo cui «è legittinio
pensare che verosimilmente la Madre sia stata
la prima persona a cui
Gesù (risorto) è apparso» e che l’assenza di
Maria dal gruppo delle
donne che all’alba di Pasqua si reca al sepolcro
«potrebbe forse costituire un indizio del fatto
che Ella aveva già incontrato Gesù», secondo il
pastore Domenico Tomasetto, presidente della Federazione delle
chiese evangeliche in
Italia, «lasciano molto
perplessi» non fondandosi sul alcun dato bibli
co 0 storico. «La Chiesa
cattolica - ha affermato
Tomasetto - deve chiarire se intende percorrere
il cammino ecumenico
fondandosi sulla certezza del dato biblico, oppure su affermazioni para-bibliche del magistero. Su questa strada noi
evangelici non potremo
seguirla in nessun caso».
Il direttore del dipartimento degli Affari pubblici degli avventisti italiani, pastore Daniele
Benini, ha espresso la
preoccupazione che «volendo approfondire al di
là di quello che è rivelato, si rischia di travisare
il messaggio». (nev)
Consultazione evangelica
Una nuova legge
sulla libertà religiosa
Si è svolta il 19 maggio
una consultazione della
Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo stato (Ccers)
sul progetto di legge in
discussione al Consiglio
dei ministri sulla libertà
religiosa e di coscienza,
che dovrebbe sostituire
definitivamente la normativa fascista (1929-30)
sui «culti ammessi», già
abrogata per le confessioni che hanno stipulato una Intesa e ritoccata
da varie sentenze della
Corte Costituzionale.
All’incontro hanno
partecipato circa 50 rappresentanti delle chiese
evangeliche italiane, sia
di quelle aderenti alla
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia che
delle altre chiese (pentecostali, fratelli, avventisti ecc.). Presenti anche,
come osservatori, alcuni
rappresentanti dei Testimoni di Geova
«Le osservazioni emerse nel corso della
consultazione - ha dichiarato il presidente
della Ccers, pastore Domenico Tomasetto - saranno raccolte in un documento che verrà inviato al presidente del
Consiglio, per esprirnere le nostre perplessità
su alcuni punti specifici
del progetto».
USCIRE DALLA TOSSICODIPENDENZA.
Dal racconto dell'esperienza di un
operatore di un Centro di recupero di
tossicodipendenti e di alcuni di questi
un messaggio di speranza. (pag. 6)
NEL NOME DEL LEONE. Che cosa succede in Veneto? Nel nome del simbolo della Serenissima si invocano indipendenza e sovranità, anche se non
è chiaro quanti siano a farlo, né
quanto siano effettivamente convinti,e consapevoli, di quello che stanno
facendo. (P^d- IP)
UN OTTO PER MILLE SEMPRE PIÙ
«CATTOLICO»? Il meccanismo, che ha
ormai 12 anni, è un successo: aderiscono sempre più enti religiosi, vengono
elargiti sempre più miliardi. Ma l'impostazione, diversa da quella cattolica, che anni fa avevano dato gli evangelici (uso della sola quota derivante
dalle scelte espresse e nessun uso per
il culto) oggi è mantenuta solo dai valdese e metodisti e dai pentecostali
delle assemblee di Dio. (pag. W)
NOTIZIARIO FGEI. Cronache e commenti della Federazione giovanile evangelica italiana. (fascicolo interno)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 30 MAGGIO 1997
VENE!
«Il giorno
seguente, quando
furono usciti da
Betania, egli ebbe
fame. Veduto di
lontano un fico,
che aveva delle
foglie, andò
a vedere se vi
trovasse qualche
cosa; ma,
avvicinatosi al
fico, non vi trovò
niente altro che
foglie; perché non
era la stagione
dei fichi. Gesù,
rivolgendosi al
fico, gli disse:
“Nessuno mangi
mai più frutto
da te!”. E i suoi
discepoli udirono.
Vennero a
Gerusalemme e
Gesù, entrato nel
tempio, si mise
a scacciare coloro
che vendevano
e compravano nel
tempio; rovesciò
le tavole dei
cambiavalute e le
sedie dei venditori
di colombi; e non
permetteva
a nessuno
di portare oggetti
attraverso
il tempio»
(Marco 11,12-16)
«La mattina,
passando, videro
il fico seccato fin
dalle radici.
Pietro,
ricordatosi, gli
disse: “Maestro,
vedi, il fico che
tu maledicesti
è seccato”. Gesù
rispose e disse
loro: “Abbiate fede
in Dio! In verità
io vi dico che chi
dirà a questo
monte: Togliti
di là e gettati nel
mare, se non
dubita in cuor
suo, ma crede
che quel che dice
avverrà, gli sarà
fatto. Perciò vi
dico: tutte
le cose che voi
domanderete
pregando, credete
che le avete
ricevute, e voi
le otterrete”»
(Marco 11,20-24)
«VEDUTO DI LONTANO UN FICO...»
Un fico prospero, il Tempio di Gerusalemme: due visioni che si sovrappongono
Dio aspetta dal suo popolo i frutti della fede e trova solo le foglie della religione
MICHEL BERTRAND
ECCO una storia a prima vista banale, ma conforme in
ogni caso alla logica umana. Si
distrugge im albero perché non
porta frutti. Ma stupisce che
quel comportamento sia quello
di Gesù che ci ha abituati ad altro: il suo Evangelo è così diverso dai criteri di questo mondo!
che ci stupisce incomincia anche a darci un po’ fastidio quando intuiamo che prefigura anche tutte le fami degli umani.
Tutti coloro che oggi si rivolgono a noi come Gesù al fico. Fame di pane, fame di parola. Fame di ascolto.
«Gesù ebbe fame»
Tutto inizia con la fame di
Gesù. Lui che immaginiamo
volentieri mentre nutre gli altri,
non lo vediamo mangiare quello stesso pane. Lui che aveva respinto un giorno la tentazione
diabolica dicendo che l’uomo
non vivrà di solo pane... né di fichi! Come i discepoli riuniti dopo la sua morte, noi vediamo
più facilmente il Risorto come
un puro spirito e non come una
«presenza reale» che chiede da
mangiare «pesce alla griglia». In
vari modi siamo sempre tentati
di attenuare il viso umano di
Dio, di evitare l’incarnazione e
le sue implicazioni concrete.
È lo stesso nella chiesa quando
trattiamo le questioni materiali a
parte, non insieme alle altre che
riteniamo essenziali. Quando sogniamo una chiesa che sia puro
evangelo, pura dottrina, luogo di
contemplazione fuori del tempo,
sorgente rigenerante lontana
dalle costrizioni terrene. Sogniamo una chiesa che non avrebbe
più fame. Fame del nostro tempo, della nostra energia, del nostro denaro. Fame di organizzazione e di strutture per realizzare
i suoi progetti e assumere la sua
testimonianza.
Eppure quel giorno Gesù ebbe fame. E quella fame di Gesù
Eccoci dunque davanti alla fame di Dio e degli esseri umani,
la fame di una chiesa che ha bisogno delle forze di ognuno. (...)
giamo nel portare progetti che
sono al di sopra delle nostre forze. Succede infine che i nostri
organismi ecclesiastici diventino così lussureggianti che assorbono tutte le nostre energie
per farle funzionare e che la Parola venga soffocata. E così Gesù non trova frutti, segni e sorgente di vita nuova.
«Abbiate fede in Dio»
«Veduto di lontano un fico
«Non era la stagione
dei fichi»
che aveva delle foglie...»
Preghiamo
Il mondo soffre e aspetta / Ha sete di misericordia
Dal cuore della nostra storia/ invasa dalla paura,
sommersa dalla violenza / annegata dall'indifferenza
dà a ciascuno, o Signore, un segno del tuo perdono
dà a ciascuno, o Signore, solo un ramoscello di ulivo.
Il mondo soffre e aspetta / Ha sete di speranza
Dal profondo delle nostre distrette
dal vuoto delle nostre speranze sprofondate o tradite
fa’ germogliare e crescere un segno della tua promessa
fa’ germogliare sulle nostre vite le foglie di ulivo.
Il mondo soffre e aspetta / Ha sete di bontà
Nei combattimenti della vita dove si producono
tante ferite / dove l’odio lacera i corpi,
dove l’egoismo indurisce i cuori
fa’ di ognuno di noi un segno del tuo amore
fa’ di ognuno di noi un ramo di ulivo.
M. Bertrand
L>AEBER0 ha bella apparenza, ha foglie in abbondanza,
«promette» molto, tanto che
Gesù lo scorge da lontano. Ma
quello che si vede anche da lontano quando si arriva da Betania a Gerusalemme è il Tempio,
il Tempio con la sua religione
lussureggiante, la sua obbedienza alla Legge, i suoi numerosi sacrifici, i suoi sapienti studi teologici. Il Tempio con il suo
commercio fiorente collegato
con la religione delle opere.
Così, Gesù vede un fico prospero e vede nello stesso tempo
il Tempio che non lo è di meno.
Un fico, il Tempio: le due visioni si sovrappongono. Non è per
caso che l’episodio dei mercanti
cacciati dal Tempio viene a mescolarsi alla storia del fico seccato. Non potrebbe essere più
chiaro: Dio aspetta dal suo popolo i frutti della fede e trova
soltanto le foglie della religione.
Gesù allora scuote questa bella organizzazione e chiede a
ognuno di accogliere e offrire
l’essenziale: la sua Parola di grazia che nutre e fa vivere. E lo
stesso oggi per le nostre chiese,
dove troppo spesso ci affanniamo a promuovere le nostre realizzazioni tangibili, a coltivare
ciò che ci dà un ruolo nella società. Ci piace, a noi piccoli protestanti, essere oggetto dell’attenzione dei media e dei loro
sondaggi a ripetizione che contano le nostre foglie, spesso invitanti. E perdiamo di vista la
grazia che ci fa vivere.
Talvolta ci affanniamo anche
nei nostri attivismi e ci scorag
Predicazione tenuta dal pastore
Michel Bertrand, presidente del
Consiglio nazionale della Chiesa
riformata di Francia (Erf), in occasione del Sinodo regionale Provenza-Costa Azzurra-Corsica, svoltosi
nel novembre 1996. (Traduzione di
Marie-France Maurin Coisson)
Tutto a un tratto è rovesciato, non c’è più niente di logico, e quel testo ci disturba, non
ci fa stare a nostro agio, ci riempie perfino di indignazione
quando scopriamo quel particolare che solo l’Evangelo di Marco
ci segnala: «Non era la stagione
dei fichi». Ma allora, pensiamo, il
fico aveva tante buone ragioni di
non portare frutti. Eppure Gesù
lo maledice e lo fa seccare. Ci
appare scandalosamente ingiusto. Infatti, non è colpa del fico
se Gesù non trova fichi: perché
punirlo e in più farci la morale?
Non è colpa nostra se ci vengono
sempre richieste cose impossibili, come produrre fichi fuori stagione. Non è colpa nostra se non
possiamo più dare denaro, tempo, disponibilità. Non è la stagione dei fichi.
Anche gli esperti si sono dati
da fare per mostrare che questo
particolare illogico era lì per
sbaglio e che era meglio toglierlo dai nostri commentari. Esprimono a modo loro la nostra incapacità ad uscire dalle logiche
di questo mondo, a rompere le
fatalità che ci forniscono tante
buone scuse e argomenti legittimi per giustificarci davanti agli
altri e davanti a Dio.
Avere ragione, essere nel proprio diritto: niente di più riposante, di più comodo per non
sentire e non lasciarci disturbare dalla follia della grazia di Dio.
(...) Per tante buone ragioni,
non è mai il momento giusto.
Il momento giusto per parlare, per stare in silenzio, per pregare, per agire. Il momento giusto è nel testo greco il «kairos».
Questa parola è importante nella Bibbia, segnala il tempo favorevole, il tempo privilegiato, il
tempo della salvezza. Allora oggi ancora «Gesù ha fame», trascinando al suo seguito tutti gli
affamati di pane e di parola, che
si avvicinano a noi, fichi dalle
foglie ancora belle, per trovare
frutti, segni della salvezza che il
mondo cerca e spera.
DOPO l’episodio dei mercanti cacciati dal Tempio, Gesù
dà ai suoi discepoli la chiave di
questa parabola con il suo agire.
Ce la dà anche a noi come un invito a cambiare logica, a cambiare stagione. Non è forse una
sfida permanente rivolta ad una
Chiesa riformata chiamata a
riformarsi sempre? Non sarebbe
questo cambiamento di stagione a guidare tutta la nostra riflessione sulla vita distrettuale e
sui rinnovamenti sperati? Implica senz’altro un cambiamento
di sguardo, una trasformazione
delle nostre mentalità, una conversione delle nostre vite. E se
troviamo tante scuse al fico e a
noi stessi, significa probabilmente che siamo ancora increduli. Ci impastoiamo ancora nel
possibile o l’impossibile, il ragionevole e l’assurdo, quello cbe
possiamo fare e quello che non
possiamo fare. Questo testo invece ci ripete, ci annuncia, quello che Dio vuole fare per noi e
per mezzo di noi. Perché la «fede in Dio», di cui parla Gesù, è
prima di tutto «la fede di Dio»,
questa fiducia che ci dà, chiamandoci al suo servizio, malgrado i nostri limiti e le nostre debolezze, anche quando è difficile, impossibile o rischioso.
Se guardiamo a lui e a lui solo,
crediamo che può fare germogliare l’impossibile nelle nostre
vite personali e comunitarie, e
fare che portiamo fichi anche
quando non è la stagione. Quando capiremo che Dio non vuole
accusarci, cesseremo di scusarci.
Difatti non siamo più obbligati
ormai ad esibire le nostre debolezze, e le nostre manchevolezze
come altrettante scuse confessate o inconfessabili. Anziché colpevolizzarci, questo testo ci consola e ci incoraggia chiamandoci
a guardare a Cristo e alla sua
grazia. Ci invita a lasciare entrare la pazzia di Dio nelle nostre
vite. Pazzia dell’Evangelo che
sorpassa i nostri meriti, le nostre
opere, le nostre istituzioni. Pazzia di Dio per questo mondo
«che ha tanto amato».
E la forma concreta di questo
impossibile di Dio nelle nostre
vite è la preghiera di Gesù. È la
lode, l’intercessione, il grido talvolta quando la vita è troppo
dura e la disgrazia troppo grande. E se possiamo pregare Dio è
solo perché, per lui, è sempre «la
stagione dei fichi».
(seconda di tre meditazioni)
Note
omiletiche
Notiamo innanzitutto
che l'unico parallelo di
questo testo, organizzato
un po' diversamente, si
trova in Matteo (21, 1022). Luca (13, 6-9) narra
una parabola di un fico
sterile ma il suo Intento
appare opposto al testo di
Matteo e di Marco. Il proprietario infatti vuole tagliare il fico, ma il vignaiuolo ottiene un rinvio
promettendo di fare tutto
perché l'albero dia finalmente frutto.
Nell'Antico Testamento,
vivere sotto la vite e il fico
è un segno di benessere,
l'espressione di una vita
tranquilla e felice (1 Re 5,
5; Michea 4, 4). Il fogliame
verde e abbondante è un
segno di benedizione, addirittura il simbolo del giusto (Salmo 1, 3; Geremia
17, 7-8). Non è quindi inutile che un albero porti foglie ma esse sono lì essenzialmente per il frutto.
Quando non ospitano alcun frutto, sono soltanto
illusione e menzogna. E
per un coltivatore, un albero da frutto che non
produce frutto ma soltanto foglie va tagliato (Matteo 3, 10; Giovanni 15, 2).
Tutto il contesto indica
che Gesù ha visto in questo
fico l'immagine del Tempio con le sue cerimonie, le
sue liturgie, le sue offerte,
il suo sacerdozio: foglie
stupende, ma sotto niente
frutti, «nulla» dice il testo
greco. Il legame tra il fico
e il Tempio è del resto meglio sottolineato in Marco
che non in Matteo, con
l'episodio dei mercanti
scacciati dal Tempio che
viene inserito in mezzo alla storia del fico. Un po'
più avanti, Gesù racconterà ia parabola dei vignaiuoli (12, 1-12), dal significato del tutto parallelo alla storia del fico, ma
più trasparente, e il cui v.9
annuncia, con tremenda
chiarezza, la fine delle istituzioni tradizionalil.
Ma la punta originale
del testo di Marco sta nell'osservazione insolita, sorprendente, assente in Matteo: «Non era la stagione
dei fichi». Gli esegeti hanno moltiplicato le ipotesi
per rendere comprensibile
ciò che è incomprensibile.
A viste umane l'atteggiamento di Gesù appare meno ingiusto se non lo si
mette in relazione con l'insegnamento successivo sulla fede e la preghiera. Secondo logiche ragionevoli,
è infatti impossibile che un
fico porti frutto fuori stagione. Ma nella fede tutto
diventa possibile, tutte le
fatalità, anche le più impellenti, possono essere
spezzate.
Entrare nella fede richiede a ognuno di cambiare logica o di cambiare stagione. Questa fede
non è solo il procedimento umano di colui che crede in Dio, è anche l'iniziativa d'amore di Dio che si
avvicina a ciascuno così
com'è. La formula grammaticale per parlare della
«fede in Dio» (genitivo)
permette di designare Dio
sia come oggetto della fede sia come colui che ne è
la fonte. Non possiamo dimenticare che il termine
greco che designa la fede
in Dio significa anche la
fedeltà dì Dio, fedeltà che
rende possibile la fede e
che permette di compiere
l'impossibile per il servizio
di Dio e di questo mondo
che egli ama.
Per
approfondire
- J. Valette, L'Évangile
de Marc. Parole de puissance, message de vie. Les
Bergers et les Mages, Paris, 1986.
- P. Bonnard, L'Évangile selon Matthieu, Delachaux et Niestlé, Neuchâtel, 1963.
- H. Roux, L'Évangile du
Royaume, Labor et Fides,
Genève, 1956.
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Fides,
f La Conferenza si è svolta a Kansas City (Usa) dall 0 al 13 aprile scorso
Il terzo «Raduno globale metodista»
Il tema della Conferenza era dedicato alle sofferenze dei bambini nel mondo
«Le chiese devono essere i fari che illuminano e indicano il cammino»
PAUL PERRY
Valdo Benecchl, presidente del Comitato permanente dell’Opcemi, ha
partecipato a un incontro
svoltosi a Kansas City in occasione del «III Methodist
Global Gathering», che si è
tenuto dal 10 al 13 aprile nella città americana. In vari
momenti Benecchi ha illustrato la storia della testimonianza metodista in Italia, cominciata negli anni Sessanta
del secolo scorso, ha ricordato gli anni difficili del fascismo e ha sottolineato l’attuale cooperazione in campo
ecumenico attraverso l’integrazione tra valdesi e metodisti e la Fcei. Durante questa
importante manifestazione, il
pastore Benecchi ha avuto
molte occasioni per illustrare
i bisogni e la difficile situazione economica dell’Opcemi,
presentando soprattutto l’«Advance Special Project», approvato di recente, e che prevede un sostegno per gli stipendi di pastori e diaconi.
Valdo Benecchi, Paul F.
Perry, pastore missionario
per la comunità anglofona
della chiesa metodista di Milano, e la moglie di quest’ultimo, Callie, sono stati invitati
dal «General Board of Global
Ministries» di New York, insieme ad altre 5.000 persone
come ospiti di questo importante evento missionario che
si svolge ogni quattro anni. Il
tema del «Methodist Global
Gathering» di quest’anno era
molto attuale: «Di chi è questo bambino?».
Bambini e povertà
I partecipanti hanno discusso sul problema delle
sofferenze che milioni di
bambini e adolescenti, sparsi
in tutto il mondo, devono
sopportare. «Noi siamo qui
per la nostra devozione a Gesù, il figlio favorito di Betlemme. Gli altri figli di Betlemme
continuano a soffrire! - ha dichiarato Kenneth Cardèr, vescovo metodista di Nashville,
Tennessee -. In guerra ora
muoiono più bambini che
soldati!». Qualche cifra: nel
mondo, a causa di un conflitto, circa 12 milioni di bambini non hanno una casa e oltre
un miliardo sono orfani o comunque separati delle loro
famiglie. «Che cosa ci vuole
affinché noi riconosciamo
che i bambini del nostro tempo sono figli di Dio?», ha chiesto Minerva Carano, di Dallas, durante il culto di apertura. Dietro di lei c’era uno
sfondo con il sole e un arcobaleno e dei fiori, disegnati
da un bambino di 9 anni.
Come possiamo riconoscere il valore della vita dei bambini? In che modo possiamo
noi nutrire, sostenere e salvare i piccoli che si trovano tra
noi? Questi sono stati i temi
dei discorsi, degli studi biblici, delle testimonianze e dei
canti. Un pastore di Kinshasa
ha raccontato di come il nipote era morto nella capitale
zairese il giorno prima di venire a Kansas City. Forse la vita del bambino sarebbe stata
salvata se lo sciopero generale e il coprifuoco non avessero impedito ai genitori di portarlo in ospedale. Il pastore
ha continuato dicendo come
il popolo zairese sta affrontando la dittatura di Mobutu
che da più di 30 anni opprime
il paese: «Invece di dirgli “Lascia andare il mio popolo”,
come disse Mosè al faraone,
gli diremo: “Vattene e lascia il
mio popolo vivere”!».
Due giovani bosniaci hanno parlato di come una casa,
sponsorizzata dal Comitato
I nuovi missionari metodisti durante il culto finale della Conferenza
per l’Assistenza della United
Methodist Church, la principale agenzia umanitaria in
questa terra di sofferenza, sta
portando riconciliazione e ricostruzione. Jonathan Kozol,
scrittore premiato e avvocato
dei bambini, ha posto l’attenzione sui bisogni dei bambini
in tutto il mondo. Ricordando la propria esperienza con i
bambini poveri nei ghetti
delle grandi città, Kozol ha
detto che la sensibilità, la generosità e la natura affettuosa di quei bambini li rendevano dei piccoli miracoli:
«Ma una buona società - ha
continuato - può essere costruita solo sulla giustizia sistematica, non sui miracoli».
Il tema della Conferenza
era stato suggerito da una lettera scritta nel 1996 dai vescovi metodisti degli Stati
Uniti, intitolata «Bambini e
povertà». Il documento sottolinea la crisi che c’è nel
mondo dell’infanzia; il nostro
mandato teologico, storico e
missionario; le sfide e le responsabilità del movimento
metodista. Recita il documento: «Il primo obiettivo è
l’evangelizzazione, la proclamazione in opere e parole
della Buona Novella del Dio
che riscatta e che riconcilia, e
l’annuncio della Grazia in
Gesù Cristo ai bambini oppressi dalla povertà. Siamo
chiamati per essere mezzi di
Grazia per i deboli e gli indifesi. La chiesa deve inoltre
essere aperta e deve ospitare
la Grazia di Dio attraverso gli
indifesi. Ricevere come doni i
bambini e i poveri sarà un
mezzo tramite il quale Dio
evangelizzerà la chiesa attuale. L’evangelizzazione implica l’accoglienza nella comunità della Grazia di coloro
che sono emarginati. Perciò,
la chiesa deve andare oltre il
servizio sociale. Deve nutrire
e costruire comunità giuste e
ospitali nelle quali il più povero possa avere accesso alla
tavola abbondante di Dio».
Eredità della speranza
Durante il culto conclusivo,
il pastore Emmanuel Cleaver,
sindaco di Kansas City, ha dichiarato che «una fede della
domenica mattina non è una
grande fede». Per quanto riguarda l’azione sociale, «le
chiese non devono essere il
fanalino di coda, ma i fari che
in America e nel mondo illuminano e indicano il cammino», ha detto Cleaver.
Speranza: questo era il tema del programma del sabato sera, «Global Praise», con
musicisti provenienti dai cinque continenti e la presentazione di 19 coperte che ricordano i 19 bambini morti
nell’attentato di Oklahoma
City del 1995. Queste coperte,
chiamate «Eredità della speranza», saranno distribuite a
diverse istituzioni metodiste,
che lavorano per i bambini.
«Quando le nostre lacrime si
trasformano in atti di misericordia, diventano un segno
della speranza», ha detto Susan Lucky, una metodista di
Oklahoma City. Un altro segno della speranza era la
consacrazione di 10 nuovi
missionari metodisti, che serviranno nelle Filippine, in
Russia, in Bosnia, in Nicaragua e in Nuova Guinea.
I partecipanti al Global
Gathering hanno dimostrato
il carattere universale della
famiglia metodista: africani,
asiatici, sudamericani, molti
con vestiti tradizionali, europei e nordamericani. Tutti insieme abbiamo cantato, applaudito, pianto e ascoltato.
L’entusiasmo e la commozione hanno segnato rincontro.
II past. Benecchi e i Perry
hanno gestito uno stand dove
i partecipanti potevano informarsi sul lavoro delle chiese
metodiste in Italia. Un altro
stand era gestito dcd comitato
americano per «Casa materna», l’opera diaconale di Portici. Complessivamente gli
stand erano oltre cento. Valdo Benecchi ha commentato:
«La maggior parte della gente
ignorava l’esistenza di una
presenza evangelica in Italia,
in particolare metodista. È
stata una grande gioia condividere la nostra storia cori
tantissime persone, che ci
hanno ascoltato con grande
attenzione. Li abbiamo invitati a venirci a trovare, quando verranno in Italia. Sono
certo che la nostra partecipazione al Global Gathering
produrrà frutti di solidarietà
per la nostra testimonianza in
Italia. Stiamo approfondendo
i nostri legami con la famiglia
metodista mondiale, in vista
anche di offrire il nostro contributo al lavoro comune con
le altre chiese evangeliche del
nostro paese».
Valdo Benecchi e Paul Perry durante i lavori della Conferenza
Sud Africa: l'ultimo appello del l'arcivescovo anglicano
Tutu: «Mettete il passato alle vostre spalle»
Il 4 maggio scorso l’arcivescovo anglicano sudafricano
Desmond Tutu ha lanciato
un ultimo appello ai suoi
connazionali implicati in
azioni criminali commesse
durante il regime dell’apartheid e li ha esortati a chiedere l’amnistia entro la data
limite del 10 maggio. Desmond Tutu, ex arcivescovo
di Città del Capo, è oggi presidente della Commissione
«Verità e riconciliazione»
che, dal maggio 1996, cerca
di fare luce sulle violazioni
dei diritti della persoria perpetrate durante il regime di
apartheid. «È un grido del
cuore - ha dichiarato Tutu
nel suo appello -. Mi rivolgo
a tutti voi, di ogni tendenza
politica, e vi esorto a cogliere
quest’occasione unica e a
chiedere l’amnistia alle condizioni più generose.
È un’occasione di mettere
il passato alle vostre spalle, di
partecipare al processo della
vostra guarigione e di quella
di questa terra meravigliosa.
Fatelo, vi prego».
L’arcivescovo si è rivolto a
varie categorie di persone, in
particolare ai membri delle
forze di sicurezza, soprattutto a quelli coinvolti in operazioni compiute al di là dei
confini, ai militanti delle località nere che hanno fatto ricorso alla violenza per lottare
contro l’apartheid e ai capi
dei partiti politici. Prima
dell’istituzione di questa
commissione, in alcuni ambienti si temeva che essa potesse degenerare e trasformarsi in una caccia alle streghe, ma questo esercizio si è
rivelato soprattutto come un
mezzo di guarigione, in particolare perché le vittime han
Note sull'ecumene
La Bibbia
modello di ecumenismo
Paolo Ricca
L’aimo prossimo, come i iettori di Riforma già sanno, cadrà ii 50“ aimiversario della nascita del Consiglio ecumenico delle chiese. L’anno scorso, invece, un altro importante organismo ecumenico mondiale ha compiuto 50 anni: l’Alleanza biblica universale, di cui fa parte anche la Società biblica in Italia, insieme ad altre 135 società bibliche
nazionali o regionali, oggi all’opera in più di 200 paesi del
mondo. Perché parlare del lavoro biblico in una rubrica
dedicata all’ecumenismo? Perché Bibbia ed ecumenismo
si danno la mano, procedono di pari passo, formano una
coppia affiatata. La Bibbia è in sé un modello insuperato di
ec^enismo, di unità neUa diversità, di diversità riconciliata; una Bibbia, due Testamenti, un Israele, dodici tribù;
un Evangelo, quattro evangelisti; una chiesa apostolica,
tre (almeno) tipi di chiesa nel Nuovo Testamento, e cosi
via. La Bibbia è molto più ecumenica di quanto non lo siano le chiese, anche considerate nel loro insieme.
L’ecumenismo farebbe grandi progressi se le chiese imparassero a essere ecumeniche quanto lo è la Bibbia. Non
solo: ma tutto quello che oggi si fa per favorire lo studio, la
conoscenza e la diffusione della Bibbia costituisce il terreno di maggior collaborazione tra cristiani. La Bibbia produce ecumenismo, lo suscita, lo alimenta, lo ispira. Anche
in Italia nel Comitato deUa Società biblica coUaborano avventisti, battisti, cattolici, la Chiesa dei Fratelli, l’Esercito
della Salvezza, metodisti e valdesi. La Bibbia e il lavoro biblico costituiscono oggi un polo di sempre magpore aggregazione ecumenica. Non è sempre stato così: Pio IX,
non dimentichiamolo, nel suo «Sillabo» del 1864 annoverava le Società bibliche tra le «pestilenze» del secolo.
Le prime Società bibliche sono nate in seno al prote
stantesimo per iniziativa di singoli credenti o di piccoli
gruppi, non delle chiese in quanto tali. Per lo più sono un
frutto del «Risveglio» deU’Ottocento e fin dall’inizio hanno
avuto spiccate finalità evangelistiche. La primissima società biblica sorse già nel 1710 a Halle (Germania) sull onda di un pietismo fervido e operoso, come opera personale del barone K.H. von Canstein (1667-1719). Egli fissò due
criteri di fondo che hanno orientato tutto il lavoro biblico
fino ad oggi: assicurare traduzioni assolutamente fedeli ai
testi originali e offrire la Bibbia a prezzi di costo, rinunciando a ogni possibile profitto sulle vendite. Un terzo criterio, affermatosi con la creazione nel 1804 della società
biblica inglese che fin dall’inizio si chiamò, programmaticamente, «Britannica e forestiera», è che la Bibbia dev’essere tradotta nel maggior numero possibile di lingue e
dialetti umani; oggi sono già 2.167.
L’obbiettivo che l’Alleanza Biblica universale si è data
nella sua ultima assemblea mondiale (avvenuta in Canada nell’autunno scorso) è di riuscire entro il 2010 a tradurre l’intera Bibbia in tutte le lingue del mondo parlate
da più di 500.000 persone, il Nuovo Testamento in tutte le
lingue (o dialetti) parlate da più di 250.000 persone, e
porzioni bibliche in tutte le lingue (o dialetti) parlate da
più di 100.000 persone. Dunque, l’opera di traduzione
della Bibbia in tutte le lingue del mondo è ancora incompiuta: «Il lavoro da fare è ancora enorme» si legge nel rapporto dell’assemblea. Ma vi sono due sfide particolari che
le società bibliche si accingono ad affrontare nei prossimi
anni. La prima è costituita dai giovani. Il mondo invecchia ma l’umanità ringiovanisce. I giovani sono oggi più
di due miliardi e costituiscono, per molti versi, un mondo
a parte. Come diffondere la Bibbia tra i giovani, figli della
cultura audiovisiva più di ogni precedente generazione?
La seconda sfida è costituita dagli analfabeti. Il loro numero non diminuisce perché il tasso di crescita della popolazione è più alto proprio là dove è più basso il tasso di
scolarizzazione. Come trasmettere la conoscenza della
Bibbia a chi non sa leggere?
La Società biblica in Italia, nella sua assemblea annuale avvenuta a Roma il 5 aprile scorso, ha affrontato questi e altri problemi. Uno dei più inquietanti è il divario
crescente tra la domanda di Bibbie (in aumento) e le risorse disponibili (in calo). A proposito di Bibbia e di ecumenismo, l’assemblea si è anche chiesto: perché non avviare anche in Italia un progetto di traduzione ecumenica della Bibbia, analoga alla Tob francese? La Tilc dimostra che dovrebbe essere possibile.
no potuto descrivere le loro
torture e il loro dolore e pronunciare parole di perdono.
Nella presentazione di un
libro appena uscito, contenente riflessioni teologiche e
psicologiche sulla verità e la
riconciliazione, l’arcivescovo
sottolinea che la religione è ^
centro del processo di guarigione delle vittime dell’apartheid. Per coloro che credono, l’onestà e la misericordia, la confessione e il perdono, la giustizia e la pace aprono la via alla verità e alla riconciliazione: «Quelli di voi
che seguono la tradizione cristiana hanno forse una responsabilità particolare a
questo riguardo perché questa nazione, per anni, ha utilizzato risorse teologiche cristiane per promuovere l’apartheid», ha riconosciuto
Desmond Tutu. (spp/eni)
B Libano: vescovo maronita blocca
la costruzione di una chiesa battista
SABBA — Guy Njeim vescovo maronita (Chiesa cattolica di
rito orientale) di Sarba, in Libano, è intervenuto presso l’amministrazione comunale facendo bloccare i lavori per la costruzione del tempio battista di Sarba. In un incontro con il pastore battista Michael Khoury il vescovo ha detto chiaro e tondo che non permetterà in alcun modo che la chiesa venga costruita. La locale comunità battista si è radunata sinora in una
casa privata di proprietà dei battisti. Non appena si iniziarono i
lavori di demolizione dell’edificio per costruirne uno più grande che potesse ospitare la comunità crescente l’amministrazione locale, sollecitata dal vescovo, ha fatto interrompere i lavori
e ora, nonostante tutto sia in ordine dal punto di vista legale e i
necessari permessi siano stati concessi, le autorità comunali
hanno fatto capire che ritengono necessario il benestare del
vescovo per la costruzione deU’edificio. Sarba si trova a circa
25 km a nord di Beirut e la sua popolazione è quasi totalmente
maronita. 16 anni fa i battisti iniziarono un’opera evangelistica
nella zona che ha portato alla costituzione di una comunità in
crescita costante, affidata al pastore Khoury. (ebps)
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 30 MAGGIO 1997
\/ENERDÌ
Riflessioni a partire dal recente libro di Grado G. Merlo
La vera eresia era nella società
La vicenda degli occitani perseguitati dalla crociata ripropone il carattere
innovativo dal punto di vista politico di un'esperienza repressa nella violenza
TAVO BURAT
Grado G. Merio, nel suo
Contro gli eretici* pone
come scansie temporali della repressione degli Albigesi nella Francia meridionale il III Concilio lateranense
indetto da Alessandro III
(1279), l’uccisione del legato
Pietro di Castelnuovo (1208),
l’estensione della Militia Christi ai Predicatori (12171220) e le bolle di Gregorio Di
con cui vengono canonizzati
san Francesco d’Assisi (1228),
Antonio da Padova (1232) e
Domenico (1234). Merlo individua per la lotta contro gli
eretici non soltanto stmmenti
militari e organizzativi, ma
anche ideologici, politici, giuridici e religiosi.
Sul piano politico la Chiesa
romana esercita l’assoluto
potere sul corpo e sull’anima
degli individui, mentre gli
eretici rispondono con la testimonianza personale e di
gruppo; una lotta impari.
Quando negli anni ’30 del
XIII secolo comprenderanno
la drammaticità e la rilevanza
degli avvenimenti sono ormai travolti, e non resterà loro che la semiclandestinità.
Vari capitoli sono dedicati a
ridimensionare lo stereotipo
di Antonio da Padova quale
«martello degli eretici» e a
documentare l’infondatezza
del vedere in Federico II momenti di ghibellinismo solidale con gli eretici, poiché
l’imperatore svevo usa un
linguaggio antiereticale analogo a quello papale, espressione di pari intolleranza e
intransigenza, anche se le finalità antiereticali sono diverse, volendo Federico isolare i Lombardi «infettati di
eresia» in quanto oppositori
all’Impero e, in via subordinata, rinviare la crociata in
Terra Santa ripetutamente
sollecitatagli dal pontefice.
Dopo gli anni ’30 comunque i
catari «militarmente sconfitti
in Linguadoca, ovunque demonizzati e giuridicamente
criminalizzati, avranno nel
martirio l’unica chance», e
così pure i loro omologhi di
Lombardia (e così i Poveri
Lombardi).
A noi sembra tuttavia che,
proprio per il fatto che la «repubblica degli eretici veniva
a coincidere con la persecuzione di chi era ritenuto avversario politico della Chiesa
romana», e che «il pericolo
ereticale è una delle ragioni
legittimanti la costituzione
della monarchia pontificia e
la volontà del potere democratico», per cui il «vertice
clericale necessita di eretici
per la propria affermazione»,
occorre prestare grande attenzione agli aspetti materiali
di questa crociata, così come
per quella in Terra Santa.
Un conto è l’eresia religiosa, altro è la resistenza militare all’espansionismo dei re
capetingi alleati alla feudalità
cattolica romana: una guerra
che dura dal 1180 al 1255,
quando cadde l’ultimo bastione degli amici dei catari,
il castello di Quéribus nelle
Corbières. Le stragi dei crociati iniziarono prima di Innocenzo III. Dopo il Concilio
lateranense del 1179, Alessandro III prescrive ai principi di perseguire i catari come
banditi; scatena una crociata
affidata al legato Enrico di
Chiaravalle, vescovo cardinale di Albano. Le sue truppe
invadono il Midi, saccheggiando il territorio di Ruggero
Il e nel 1181 incendiano le
città massacrandone gli abitanti. Gli eretici non combattono: i catari, come i Poveri
di Lione, sono pacifisti, non
II vescovo di Milano scaccia gii eretici (see. Xli)
violenti. La lotta armata è fatta dalle popolazioni locali,
amiche dei bonshommes, e
dai loro protettori: Raimondo
Ruggero, visconte di Béziers,
Carcassona e Razès; l’omonimo conte di Foix e Raimondo
rV conte di Tolosa.
Nel 1211, durante la crociata seguita al Concilio di
Montpellier, gli occitani guidati dal conte di Tolosa e dal
re d’Aragona, alleati, sono
battuti dai crociati a Muret.
Nella IV Crociata (1216) torna
a sollevarsi Raimondo VI e il
campione dei crociati Simone
di Montfort muore in battaglia. Le terre d’Oc sono un
corpo estraneo nell’Europa
feudale dei sec. XII e XIII, differenziandosi nelle strutture
sociali; metà della popolazione feudale è libera, gode di
proprietà allodiali (con regime contrapposto a quelle di
proprietà sovrana o feudale):
l’altra metà, servile, è sotto
posta a un regime contrattuale che limita l’arbitrio signorile. Molti contadini arricchiti
si urbanizzano e costituiscono nuclei di borghesia artigianale, mercantile e «capitalista». La nobiltà non prevede il
diritto di primogenitura, per
cui il potere feudale, distribuendosi in capo a diverse
persone, si indebolisce.
L’esistenza di un ceto mrale libero e di una forte borghesia non consente pertanto di trionfare in Occitania al
potere feudale forte instauratosi in tutta Europa, dove anche i comuni hanno poteri
molto limitati, sotto l’ombrosa tutela dei signori laici e ecclesiastici. In Occitania invece i magistrati municipali
(capitoli o consoli) spesso si
arrogano la maggior parte dei
poteri sino a allora riservati
alla nobiltà. A Tolosa nel
1152 il conte delega la propria autorità al capitolo, i cui
membri sono scelti in tute le
classi sociali: amministrano
la giustizia, decidono della
guerra e della pace, fieramente si proclamano «capi
dei nobili»: nei fatti è una repubblica che sarà al centro
dell’eresia religiosa.
C’è una grande tolleranza
per le diversità, etniche e religiose: Raimondo V è cognato di due sultani musulmani,
in molte città la sinagoga si
innalza accanto alla chiesa, e
non è raro trovare ebrei tra i
consoli e nei capitoli. Infine
la società occitana fa eccezione, in questi secoli di misoginia, per il ruolo della
donna, dotata a ogni effetto
di capacità giuridica: amministra i propri beni e quelli
pubblici, è al centro della fioritura culturale. La sola classe sociale che possieda colà
le medesime strutture che in
Europa è la feudalità ecclesiastica: l’alto clero vede
nell’arrivo della crociata l’occasione di una rivincita.
Questa struttura sociale è
la vera «eresia», che sfida i disegni di conquista parigina e
il potere della chiesa romana; e di questa eresia strutturale, «materiale», il catarismo
non è che una delle espressioni, quella religiosa. Ma
non sono gli eretici, come
scrive Merlo, a essere «militarmente sconfitti». Essi non
avevano mai combattuto. La
fragilità del feudalesimo che
aveva consentito lo straordinario progresso civile della
società occitana, ne facilita
1 ’ annientamento.
* Tradotta una scelta di saggi
Le tre stagioni deil'induismo
SERGIO ROHCHI
(*) Grado G. Merlo: Contro gli
eretici. Bologna, 11 Mulino, 1996.
DI ascendenza persiana e
dotta, la parola induismo rimanda alla religione
dell’India nelle sue tre fasi:
vedica (la più antica: 1500
a.C.), brahmanica e induistica vera e propria. Privo di
scheletro dogmatico, esso è
un sistema sociale e religioso
ben strutturato fondato sulla
fede neU’infallibilità dei Veda
(la Parola eterna), prima rivelazione (espressione dell’
Assoluto).
Estremamente articolato e
complesso, l’induismo comprende la vita umana come
finalizzata all’utile, al piacere, alla rettitudine e infine,
scopo supremo dell’uomo,
alla liberazione dalla metempsicosi (ciclo della rinascita).
La virtù consiste nel vivere
rettamente e in piena armonia con se stesso e con la società la quale, sin dai primissimi tempi, è strutturata per
caste: sacerdoti (o brahmani), guerrieri, contadini e artigiani, schiavi. E le regole di
casta (divenute in breve ereditarie) trovano il fondamento loro proprio nel concetto
religioso di separazione (del
puro dall’impuro).
Come ogni religione, Tin• duismo si esprime anche attraverso un universo mitologico. Di tali miti una grande
indoioga, Wendy Doniger
O’Flaherty, succeduta a Mircea Eliade nella cattedra di
Storia delle religioni alla Divinity School di Chicago, ha
curato una ampia scelta antologica di cui Garzanti offre
ora una pregevole edizione
italiana curata da uno studioso di fama internazionale,
Mario Piantelli*.
I miti dell’induismo (di ardua datazione) possono offrire di sé a prima vista un’im
Un convegno internazionale a Rovereto nel bicentenario della nascita
La complessa figura di Antonio Rosmini, profeta scomodo
FLORESTANA PICCOLI SFREDDA
DOPO il Concilio Vaticano
II è rinato l’interesse intorno alla figura del filosofo,
pensatore, sacerdote che era
stato duramente emarginato
dalla sua chiesa e dalla società politica del tempo: il
Centro studi rosminiani di
Stresa e i padri rosminiani di
Rovereto (residenti nel palazzo Rosmini-Serbati, luogo natale di Rosmini) si sono posti
al servizio di docenti universitari e di istituti culturali che,
in Italia come all’estero, a gara ne hanno rinverdito la memoria. Seminari e convegni si
sono moltiplicati. Ben presto
sono state rivisitate «Le cinque piaghe della Chiesa»
(messe all’Indice nel 1849,
oggi definite «libro profetico») e le opposizioni a Rosmini, alla sua ferma critica anche in campo civile e politico,
oggi vengono decisamente
condannate. Nel 1975 aveva
inizio r«Edizione nazionale e
critica delle opere edite e inedite di Antonio Rosmini», di
cui sono stati pubblicati finora 27 volumi: si pensa di arrivare a 100 tomi.
Il recente convegno internazionale organizzato a Rovereto in occasione del bicentenario della sua nascita
(con la cooperazione dell’Accademia degli Agiati, degli
Istituti trentini di cultura e di
Scienze religiose, degli stessi
padri rosminiani) si pone
dunque aH’interno di tutto
un fervore di studi mirati a
«ripensare Rosmini».
Se la prolusione alla memoria storica celebrata nel
primo centenario della nascita, con il benestare di Gregorio XVI, era stata affidata a
Antonio Fogazzaro, lo scrittore vicentino di cui è ben nota
la matrice rigorosamente cattolica (malgrado le sue simpatie per il Modernismo e
quel suo romanzo, «Il Santo»,
posto all’indice e peraltro subito sconfessato dallo stesso
autore), un secolo dopo la
prolusione verrà affidata al
teologo tedesco Walter Kasper, che parlerà di una chiesa «di fronte alla sfida del postmoderno» e attualizzerà
con ampiezza di orizzonti il
messaggio di Rosmini, rileggendolo in chiave europea e
contemporanea.
In tutte le giornate roveretane si è parlato meno di teologia e si è spinto lo sguardo
verso una sorta di «singolare
ecumenismo culturale». Rosmini emerge così anche in
area tedesca e al contempo si
guarda alla sua figura come a
un «costruttore di ponti tra
chiesa e società». Il convegno
ha spaziato dal pensiero teoretico di Rosmini (metafisica,
gnoseologia, dialettica) alla
sua filosofia della morale; dal
pensiero politico e giuridico
al suo pensiero estetico e alla
dimensione letteraria (emerge il nome di Alessandro
Manzoni, ma in una relazione si è fatto cenno anche
all’erede spirituale di Rosmini, il poeta Clemente Rebora): dalla problematica pedagogica nel suo insieme alle
prospettive pedagogiche del
Rosmini. Infine, le ricche relazioni sulla spiritualità rosminiana hanno affrontato i
risvolti ascetici e anche il
«pensare teologico» di Rosmini, l’escatologia rosminiana tra Oriente, Occidente e
Riforma protestante, le peculiarità della sua introduzione
Antonio Rosmini
al Vangelo di Giovanni e costituivano, non ultimo certo,
un ventaglio aperto su una
attenta rilettura delle «Cinque piaghe».
Il cristocentrismo e la radicalità evangelica di Rosmini,
è stato detto, gli avevano
consentito di cogliere le antinomie della Riforma («simul
iustus et peccator»), nonché
la teologia apofatica dell’ortodossia, facendolo successivamente pervenire al problema «sophianico»: la figura
femminile della sapienza in
Dio, «quarta dimensione della Trinità», gli aveva offerto in
chiave escatologica tutte le
potenzialità per l’odierno
dialogo interreligioso e interculturale.
Nella sua spiritualità emergeva talvolta una valenza
francescana, una visione eristica della vita sacramentale,
una spinta mistica al suo percorso di ascesi, una forte teologia della speranza. Rosmini
aveva ripreso dalla Riforma i
concetti di «libertà» e «rigenerazione», la coscienza di
un Cristo «falsificato dal di
dentro» che può identificarsi
nell’Anticristo. Dalle «Cinque
piaghe» sono emersi chiari i
parallelismi con la Riforma,
presenti anche nel contesto
dei movimenti riformatori
germanici dei XIX secolo. Un
relatore ha osservato come
sia per contro mancata al
Concilio Vaticano II una riflessione sull’ermeneutica
rosminiana.
Il convegno di Rovereto
troverà ulteriore sviluppo nel
«Simposio internazionale di
studi rosminiani», che si
svolgerà a Bonn dal 23 al 25
ottobre 1997, con il progetto
di accendere l’interesse del
mondo culturale tedesco sulla figura del pensatore roveretano, il quale aveva riservato viva attenzione al pensiero
filosofico e religioso della
Germania.
Nel centro storico di Rovereto, in contrada della Te'rra,
leggiamo su un’antica pietra:
«Percorrendo pensoso questa
via, Antonio Rosmini concepiva l’idea dell’essere base
dell’alto suo sistema filosofico». La scritta è rimasta, intatta, nel tempo. La Chiesa e
la società hanno peraltro prima rifiutato, poi dimenticato
Rosmini, sacerdote convinto,
fondatore di congregazioni
religiose volte ad opere caritative, ma altresì uomo di lucido e profondo pensiero, di
consapevole spirito critico.
Oggi si propone Rosmini per
la «beatificazione». È sempre
ancora necessario «beatificare», con la mediazione di un
potere terreno, i fedeli servitori che sono entrati nel riposo del loro Signore? Non potrebbe essere questo un modo di volersi «riappropriare»
degli uomini che in passato
hanno fatto problema?
magine non poco incongruente e confusa in quanto
sono, a un tempo, l’uno diverso dall’altro e tutti simili
tra loro. «Ogni mito - precisa
O’Flaherty nell’introduzione
- celebra la fede nella sconfinata varietà dell’universo, nel
simultaneo verificarsi di tutto, nella coesistenza di tutte
le possibilità, senza che esse
si escludano a vicenda».
Le pagine di questa raccolta si imperniano, per la maggior parte, sulla nascita, sulla
morte e in genere su entrambe, aspetto comune a qualsiasi espressione mitologica.
Con una variante, però: l’approccio, il modo presenta
tratti specifici distintivi, che
si sottraggono a un carattere
di appiattente universalità.
Nella concezione induistica,
l’universo è «un uovo del
mondo» rigidamente confinato entro il proprio duro
guscio, per cui viene esclusa
la creazione dal nulla: il
mondo e le sue entità non
sono creazioni ma sprigionamenti, emanazioni. Ogni cosa viene costantemente «ricollocata» al proprio posto, è
suscettibile di continua «risistemazione». «E nel fare ciò precisa Tindologa americana
-, nel puntellare il cielo tenendolo separato dalla terra,
nel distinguere il maschio
dalla femmina, nell’individuare i gruppi sociali dell’umanità sulla terra, la vita
ordinata emerge dal caos
senza vita». Quindi la vita è
appieno realizzabile solo
quando sottostà all’incombente minaccia della morte.
«Le cose si disgregano»,
scriveva William Butler Yeats,
che O’Flaherty cita in un’epigrafe di apertura in contrapposizione alla visione induista
del mondo: ora invece il caos
non rappresenta più una minaccia alla vita, ne è piuttosto
la condizione che la rende
possibile. La disgregazione
dell’Uomo primordiale è premessa e condizione dell’esistenza del genere umano;
quanto in apparenza significa
morte si rivela, al contrario,
«trasformazione vitale».
! Letture
Nuova serie
per la rivista
«Testimonianze»
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(*) W. D. O’Flaherty (a cura
di): Miti deirinduismo. Milano,
Garzanti, 1997, pp. 400, £ 18.000.
Eug
La rivista Testimonianze
esce in una nuova serie. Fondata nel 1958 da Ernesto Balducci, luogo di ricerca, riflessione e dibattito del cattolicesimo democratico fiorentino,
ridefinendosi neil’impostazione, nelle rubriche e nella
veste grafica. Testimonianze
rinnova l’impegno per i terni
della pace, i diritti umani, il
dialogo interculturale, il confronto tra credenti e laici. H
quadro di riferimento rimane
il pensiero di Balducci (scomparso 5 anni fa) intorno alle
questioni delle identità culturali e religiose in rapporto alla
modernizzazione e all’interdipendenza planetaria.
Da segnalare, in questo primo numero della nuova serie, la parte monografica che
intitola l’intero numero, ///«'
scino ambivalente del villaggio globale, con saggi di Serge
Latouche («La perversione
della mondializzazione»), Edgar Morin («La mondializpzione: ultima possibilità o
sventura estrema?»). Mauro
Ceruti e Telmo Pievani («Ij
pluriverso delle culture del
pianeta»).
(*) Testimonianze, n. 392,
marzo-aprile 1997, £ 15.000.
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18.000.
Il semidio raffigurato da Benvenuto Cellini
Perseo «liberatore» pagano
Un capolavoro la cui realizzazione fu avventurosa
e problematica come tutta l'esistenza del suo artefice
Il libro fa riflettere su una complessa simbologia
Il Duemila come metafora del Millennio
ELIO RINALDI
COSIMO I dei Medici, il
granduca di Toscana,
propose a Benvenuto Cellini
(1500-1571) non nella sua eccezionale valentia di orafo
(mostrata nella sede francese
alla corte di Fontainebleau)
ma nell’arte statuaria, di cimentarsi nella raffigurazione
di un mitico Perseo, il semidio che avrebbe preso il posto del bellicoso Marte (come
suggerito in un primo momento, per un fine ideologico
certo di natura simbolica).
Cellini, e per eccellenza di
gusto estetico e per la sua
preziosissima tecnica, era il
maggior esponente, col Giambologna, di quella complessa
corrente passata alla storia
dell’arte come periodo manieristico.
Attraverso la narrazione
della sua avventurosa autobiografia, possiamo partecipare alle vicende della difficoltosa fusione del Perseo visto come vittorioso esito finale dell’ordine ducale su
ogni sovversione politico-sociale del popolo fiorentino in
particolare, e italiano in generale. Dalla descrizione del
grande orafo veniamo a conoscere come il momento
più drammatico si fosse verificato quando la temperatura
dell’ampia fornace si era notevolmente e pericolosamente abbassata: è qui che con
disperato quanto coraggioso
intervento, Cellini decise di
gettare sul fuoco, oltre le tante cataste di legna già accumulate, tutti i numerosi vassoi, le posate, i piatti di stagno e di piombo anche di
notevole valore che aveva a
disposizione, si da poter ef
II «Perseo» di Cellini
fettuare la tanto sospirata colata per la quale intensamente ringraziò la benevolenza
del cielo; nell’intrinseco valore simbolico che l’artista
vide in tale conclusivo successo si volle vedere il trionfo
della potenza divina su quello del male.
Il Perseo è palese espressione, infatti, del dissidio tra
l’uomo intrepido e le forze
della malvagità che, come la
mitologica Medusa, tendono
a soffocare ogni libertà di
trascendenza dello spirito.
Nel campo delle arti visive
abbiamo noti precedenti emblematici, quali vari David
(Donatello, Michelangelo,
Verrocchio, Caravaggio e altri), con le bibliche eroine:
Salomé, Giuditta, ecc. sempre visti come prodromi libertari opposti a ogni mtilvagio dispotismo.
Non si dimentichi che la
nostra umanità, causa il peccato originale, rivela atteggiamenti perversi e, come per la
terrifica Medusa, occorre che
sia reciso alla radice ogni potere diabolico che prende
tutti coloro che avviluppano
concetti basilari di indipendenza; da ciò l’esigenza di un
«liberatore» che nel mondo
della fantasia pagana viene
umanizzato in un Perseo,
mentre per i cristiani nel vero
e unico liberatore e salvatore
Gesù nostro Signore.
Dalla Vita autobiografica
conosciamo Cellini; dopo la
travagliata notte della fusione nella quale espresse tutta
la sua frenetica ansia creativa, subì una crisi mistica tanto da prendere nel 1558 gli
ordini monastici, ma poi per
la sua bizzarra irrequietezza
dovette recedere a causa di
una tormentata spiritualità
che traduceva poi nei nervosi
virtuosismi delle espressioni
plastiche; nella freschezza di
impostazione, specie di due
modelli'(uno in cera l’altro in
bronzo) del Perseo (ora al
Bargello), Cellini rivela a un
tempo idealismo e realismo,
ossia astrazione e naturalismo, valori che estrinsecano
la personale angoscia di
giungere a nuove forme ideali del pensiero creativo, esaltando il divino senza però rinunciare al fascino della bellezza classica nell’uomo visto
«a immagine di Dio».
Il restauro già iniziato a Firenze, dopo 442 anni di questa famosa opera, dopo la rimozione dalla Loggia dei
Lanzi, farà certo ancor più
apprezzare come la «sacralità» popolare acquisita dal
Perseo nei secoli non fosse
volta solo all’edonismo di un
mitico «eroe» ma a un protagonista, allegorico sì ma spiritualmente sempre attuale
verso la sospirata libertà di
emancipazione da ogni servitù dell’essere umano.
V In scena uno spettacolo del romanzo in versi di Puskin
Eugenio Oneghin, la felicità sfiorata
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Nella letteratura dell’800
russo troviamo il massimo delle contraddizioni: una
tensione sociale fortissima e
un individualismo esasperato, un idealismo illimitato e
un egocentrismo senza fine,
un lucido raziocinio nell’autoanalisi e la fantasia più
sfrenata, un amore intenso
per la vita e il più totale disprezzo per lei stessa. È in
questo ambiente che si colloca l’Eugenio Oneghin di Puskin, con il suo personaggio
principale spinto da una
profonda ansia di libertà, ma
poi reinserito nella futile corrente della società zarista, da
cui si lascia trasportare passivamente pur disprezzandone
il perbenismo superficiale;
distaccato dalla vita fino a
sorridere all’amore con uno
sberleffo, per poi prostrarsi di
fronte all’amata in una tardiva e inutile preghiera.
Nel romanzo di Puskin troviamo estremizzati i tipi di
contestazione che, sia pure in
forme diverse, caratterizzano
anche i nostri tempi. Oggi la
problematica esistenziale di
Oneghin può sembrare lontana mille miglia dalle attuali
traslochi
preventivi a richiesta
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generazioni così pragmatiche.
In realtà, scavando nell’essenza del personaggio, ci accorgiamo che ognuno di noi
ha nella sua vita il rimpianto
di scelte mancate, di decisioni
non prese, di vie non tentate,
quindi di vite non vissute, che
però continuano a esistere
come vite virtuali dentro di
noi, a dialogare con noi, spesso a tormentarci con quello
che sarebbe potuto essere ma
non è stato.
La trama è tutta centrata
sull’analisi psicologica di Eugenio e Tatiana, sul loro amore che è reale ma viene vissuto nel ricordo, come qualcosa
di evanescente. Eugenio, figlio di famiglia benestante, di
bell’aspetto e brillante, intelligente, eccellente ballerino,
si lancia nella vita sociale con
grande successo. Tutte le
donne sono per lui, tutti i
piaceri gli sono concessi e lui
ne gode appieno, finendo
però assai presto per comprendere i limiti della vita
che conduce e dell’ambiente
che frequenta. Allora il suo
comportamento tende alla
derisione, allo sfottò di tutto
quanto è serio e in particolare dei sentimenti.
Entra allora nella sua vita
Lenski, più giovane, sognatore, poeta, che crede in quella
vita «banale», a parlar di raccolti e di galline, che Oneghin
deride. Lenski ama Olga, giovanissima e civettuola, che
ha una sorella, Tatiana, un
po’ più vecchia di lei, di intensa e appassionata interiorità. Tatiana si innamora di
Eugenio, che per la prima
volta avverte nascere in sé
_______ROSALBA DAVICO________
IL Millennio, «sinonimo di
proiezione nel futuro» che
scandisce Formai annunziato
Duemila, è nel nuovo libro di
Augusto Placanica una valenza ideologica. Studioso delle
stmtture economiche e sociali di Antico Regime dell’Italia
di Giordano Bruno e Tommaso Gampanella l’autore si cimenta in una densa e insieme
agile ricognizione semantica
delle dimensioni di un mentale proiettato oltre la variabile storica del «quotidiano».
Il «progetto geometrico
dell’Utopia» risedè dalla setta
dei Chiliasti delle prime comunità cristiane d’Occidente sino al nostro presente
storico affollato di parusie a
valenze diverse e di apocalissi fraintese. La radice del
millenarismo è profonda
nello scorrere delle vite passate e nel mentale ereditato
(inconscio? follia?) anche
dall’area istituzionale della
cristianità come tentativo di
razionalizzazione del tempo
individuale e collettivo. «A
parte l’orgia pubblicitaria scrive Placanica - dietro questa follia c’è tanta umanità,
una così infinita serie di desideri, timori, curiosità, irrisioni, una storia così lunga e così salda, che quella follia è diventata saggezza somma,
spesso affidata alla sapienza
dei veggenti: dalle profezie di
Nostradamus allo stupidario
dei mass media e dei suoi sacerdoti, come la paccottiglia
astrologica e pseudofilosofica
sui patinati periodici della
pseudocultura»*.
Questo senso di un’attesa
fraintesa, costruitasi in una
storia anche psicologica, è ripercorso dalla scrittura suggestiva e densamente documentata dell’autore, a cui va il
merito di andare oltre il «mestiere di storico» nella direzione difficile delle ambivalenze
Augusto Placanica
MILLENNIO
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culturali. Il Millennio si definisce come metafora in cui
ironicamente «l’inconoscibile
massa dei dieci secoli venturi
viene a coincidere con l’istante
del passaggio dai precedenti
mille anni ai successivi rnille».
Questa proiezione di una
qualsiasi durata esistenziale,
che diventa per definizione
evento del tempo in un calendario esclusivamente cristiano non è forse, come nota
Placanica, «un equivoco umano, troppo umano?». Non si
saprà quindi neppure bene
datare l’evento stesso: se il 1°
gennaio del 2000, come pretende ogni numerazione decimale che si apre con lo zero,
oppure il 1° gennaio del 2001,
come esige la nostra tradizione che apre la serie decimale
con il numero 1.
I millenarismi, le attese
utopiche, la storia straordinariamente variegata dei messianismi a valenze politiche,
etiche e religiose, il mentale
di generazioni di individui e
popolazioni che non vissero
di solo pane ma del companatico del pensiero, e della
loro stessa infinita speranza,
sono oggi svenduti alle fiere
delle feste patronali come lotterie dell’avvenire e «gratta e
vinci» del futuro. Questa costruzione di sogni a buon
mercato, di «lacrime plutarchee per madonne da supermercato» conclude lo stimo
lante intelligente excursus di
Augusto Placanica: che dalla
fiducia nel Padre amoroso,
«che non poteva essersi dimenticato dei suoi piccoli figli» del Vangelo di Matteo,
perviene alla deriva di ben altri fiumi e travolgenti certezze
gradevoli sulle spiagge gratificanti di un millennio da cui ci
si può attendere tutto: ma anche «il timore che il Millennio
faccia pagare a tutti il benessere conquistato nelle generazioni del millennio precedente». Forse come nel Salmo 90,
4 (preghiera di Mosè) il millennio umano è nulla.
Nella non databile attesa
del Giorno del Signore, nella
coppa che ad ogni tramonto
di sabato attende il non databile arrivo del profeta Elia,
nei nuovi tempi e nuovi cieli
di Isaia, continua l’esodo
dell’umano verso una terra
promessa che non esiste: la
stessa ambivalenza della non
possibile datazione della vita
si traduce in speranza nella
non probabilità della morte.
Oppure si traduce nello tzadik, il giusto che non sa di
esserlo e passa inosservato:
come per Jacob Immanuel
Schochet nel suo Messia, un
saggio anche questo tutto da
leggere. Ma è da una voce
lontana del XVII secolo che
le aporie del nostro Duemila
sembrano già ironicamente
ampiamente commentate:
Baruch Spinoza non scrisse
forse nella sua Etica che «la
speranza è letizia incostante,
sorta dall’idea di una cosa
futura o passata, del cui
evento in una certa misura
dubitiamo»?
(*1 Augusto Placanica; Millennio. Realtà e illusioni dell’anno
epocale. Roma, Donzelli, 1997.
Cfr. anche Jacob Immanuel Schochet: Mashlach. Il concetto di
Mashlach e dell’era messianica
nelle regole e nelle tradizioni
ebraiche, trad. it. in «Chaya», anno V,n. 9,1993 (5753).
A Torino un'importante mostra dell'artista tedesco
AIbrecht Dürer fra allegoria e Bibbia
qualcosa di nuovo, mai provato. Fedele alla sua visione
della vita e al suo stile, il protagonista deride Tatiana e
corteggia Olga, suscitcmdone
l’interesse, per dimostrare la
volubilità delle donne. L’amico, offeso, sfida a duello Eugenio, che lo uccide. Tatiana
viene portata a Mosca dove
sposa, senza amarlo, un ricco
principe. Quell’amore che
Eugenio aveva deriso finisce
però per entrare in lui, che si
piega a implorare Tatiana di
corrisponderlo. Tatiana gli
confessa di amarlo ancora,
ma ormai vive un’altra vita:
sarà fedele a suo marito. La
felicità è stata vicina, distante un soffio, ma un ghigno di
scherno la ha allontanata,
deviando entrambi verso una
vita diversa.
Lo spettacolo è sostenuto
da un’eccellente recitazione
di Massimo Loreto, cui si affianca dignitosamente Annina Padrini e da una valida regia di Flavio Ambrosini. Anche la scenografia rende bene l’ambiente raffinata e decadente che caratterizza l’Oneghin. La drammaturgia e
l’adattamento di Paolo Pacca
danno troppo poco spazio al
dialogo, rendendo talvolta lo
spettacolo un po’ statico, pur
conservando nel complesso
l’atmosfera e la problematica
puskiniana. Va tenuto comunque conto che la riduzione a opera di teatro del romanzo in versi di Puskin è lavoro di enorme impegno, che
è stato risolto in modo apprezzabile.
Milano, Teatro Arsenale
fino al 1° giugno.
RENZO TURINETTO_______
IN una trafficatissima zona
di Torino a un passo dalla
stazione principale c’è una
breve strada mangiata dalle
auto in sosta come dappertutto, ma abbastanza tranquilla nonostante il bus all’angolo e la legge del mercato che l’ha avvilita con un minimarket di qua e un fastfood di là. In mezzo c’è però
qualcosa che per poche settimane riscatta il resto, una
settantina di lavori di Albrecht Dürer, pittore, disegnatore e xilografo di Norimberga,
forse più conosciuto come
incisore.
Le opere esposte in questa
mostra sono certamente un
piacere per gli occhi: ma in
più evocano lontananze storiche e spirituali legate alla
Riforma, di cui Dürer fece in
tempo a vedere gli albori. Fra
le acqueforti, i bulini, le puntesecche si trovano temi e figure della Bibbia, dell’età luterana, del Rinascimento che
anche in Germania influì sulle arti figurative.
Ecco dunque Adamo e Èva,
con il serpente e la mela
(mentre tutti i lavori esposti
in questa galleria sono monogrammati tranne tre, l’Adamo
e Èva è firmata e datata con
un cartiglio appeso a un rametto dell’albero della conoscenza); la Natività; Pietro e
Giovanni che guariscono lo
storpio; il figliol prodigo intento a badare ai porci; la
Grocifissione del 1508 e quella incompiuta del 1523 con
molte figure. Tra i personaggi
vediamo Erasmo, l’intellet
Erasmo da Rotterdam (1526), particolare
tuale laico olandese della
schiera degli umanisti, considerato una specie di precursore di Lutero ma in seguito
polemico con lui; Filippo Melantone, che invece di Lutero
fu collaboratore; Federico il
Saggio, Elettore di Sassonia,
che favorì la Riforma; Alberto di Brandeburgo, detto il
Grande cardinale. La galleria
espone inoltre il trittico delle
tre «incisioni maestre»; Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo
(la «vita attiva»), S. Gerolamo
nello studio (la «vita contemplativa») e il dubbio dell’uomo di scienza in Melancolia I.
«Il complesso simbolismo
delle opere di Dürer - scrive
un critico straniero - esprime
l’interesse dello studioso per
la ricerca e la speculazione
dotta, unite alle ansietà prodotte dalle inquietudini e gli
interrogativi degli inizi della
Riforma». Infatti i fermenti
del movimento luterano si
diffusero anche per l’apporto
dell’arte di Dürer, come di
quello dei due Cranach: Luca
il Vecchio (il padre), amico di
Lutero di cui eseguì molti ritratti; e Luca il Giovane (il figlio), autore delle xilografie
per la Bibbia luterana.
Galleria «L’Arte Antica» Torino, via Volta 7, ore 10-12 e
16-19, escluso festivi e lunedì
mattina; fino al 14 giugno.
Librerie
CLAUDIANA
MILANO
via Francesco Sforza, 12/A
TORINO
via Principe Tommaso, 1
TORRE PELLICE
piazza della Libertà, 7
ROMA
Libreria di cultura religiosa
piazza Cavour, 3
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 30 MAGGIO 1997
Intervista a Franco Brescia, operatore al centro «La tenda»
Uscire dalla tossicodipendenza
Il recupero della persona e le strategie necessarie a promuovere il suo
reinserimento nel tessuto sociale, fra speranze di vita e rischi di ricadute
MARTA ITAURIA
Durante u campo studi
Egei sulla testimonianza
la sala grande del Centro di
Santa Severa accoglieva una
novantina di giovani che, con
gli occhi velati di lacrime,
ascoltavano le storie di giovani vite deformate, dilaniate
dalla droga. Storie che, con
semplicità e partecipazione,
venivano raccontate dalla voce quasi afona di Franco Brescia, ex prete operaio che dal
1987 collabora come operatore presso il Centro di recupero di tossicodipendenti «La
tenda» di Napoli. Abbiamo rivisto Franco nell’immensa
struttura dell’ex ospedale San
Camillo che da 15 anni accoglie la comunità terapeutica.
- Come è nato il suo servizio
presso il Centro «La tenda»?
«Dieci anni fa un amico comune mio e di Antonio Vitiello, il fondatore della comunità, mi telefonò alla falegnameria che avevo a Montesanto, e mi chiese se volevo dare
una mano al Centro come falegname. Mi resi disponibile.
Era una scusa. Infatti dopo alcuni mesi, mi hanno chiesto
di dare una mano come operatore».
- Qual è il suo compito specifico all’interno del programma?
«Mi occupo della terza fase
detta del “reinserimento” che
consiste in un cammino graduale per l’ex tossicodipendente di riacquisizione della
propria autonomia, e della
completa ripresa dei rapporti
con la famiglia e con il mondo esterno. Quando la persona ha riacquistato questa responsabilità, allora è giunto il
momento di tagliare il cordone ombelicale con questa se
conda madre che è la comunità. In linea di massima la
durata media di questo periodo è di circa tre mesi».
- Spesso si sente di ragazzi
che usciti dalle comunità, pur
avendo completato il programma di recupero, ritornano a fare uso di droghe. Qual è
la media di queste ricadute?
«Per ciò che riguarda La
tenda, diciamo che l’80% di
quelli che terminano il programma sono ormai completamente fuori dal giro, mentre un 20% ritorna ad essere
tossicodipendente. In particolare poi di questo 20% alcuni rifanno il programma
qui 0 altrove, venendone definitivamente fuori, altri invece ricadono nuovamente. Esistono poi persone che rimangono totalmente dipendenti
dalle comunità e dai programmi terapeutici».
- Dalle testimonianze dei
tossicodipendenti che ha raccontato al convegno di Santa
Severa, emerge che non esiste
una vera e propria tipologia
del tossicodipendente...
«È vero, non si possono fare
schematizzazioni né dal punto di vista caratteriale né sociale, e tanto meno del contesto familiare. Fondamentalmente l’uomo o la donna che
si buca è una persona che
non ha alcuna stima di sé. Per
supplire a questa mancanza
ha bisogno di qualcosa che gli
dia forza. La droga può essere
il tramite per sentirsi accettato dagli altri del gruppo oppure è la “roba” stessa che direttamente gli fa sentire di valere qualcosa».
- Che tipo di approccio ha
verso questi ragazzi che sono
così diversi gli uni dagli altri?
«Il mio è un lavoro di responsabilizzazione perché il
ragazzo prenda sempre più
decisioni per conto proprio,
non perdendo mai di vista il
confronto con gli altri. Dunque una responsabilizzazione
che tenga conto del fatto che
non siamo “isole” e che abbiamo bisogno anche degli
altri. Naturalmente questo discorso vale anche per i ragazzi della prima fase, anche se
sono più “bambini” e hanno
maggiore bisogno di essere
tenuti per mano».
- Appare così «normale» a
Napoli vedere per le strade ragazzi e ragazze barcollanti
che, con la voce trascinata,
chiedono «una centolire», che
anche il tossicodipendente è
considerato un personaggio
della vita comune, su cui si
può perfino ironizzare...
«È negativo il fatto che
avendo “accettato” il drogato,
non si senta neanche più la
necessità di aiutarlo nella
maniera giusta».
- E qual è la maniera giusta?
«Sicuramente non quella di
rendersi complici. La complicità, all’interno e aH’esterno
della famiglia, va assoluta
mente eliminata. E necessario che i ragazzi tocchino il
“fondo”. Finché il tossicodipendente non è veramente
disperato al punto di dire
“che schifo di vita è la mia,
che cosa sto facendo...”, ma
accanto a sé ci sono persone
che collaborano a ritardare la
crescita e una reale presa di
coscienza, egli andrà a nascondersi sempre nel castello
di menzogne costruito per sé
e per i suoi cari».
- Allora che cosa deve fare
la famiglia?
«Deve fare terra bruciata
intorno a lui, deve fare in modo che non ci sia nessun
commerciante che gli faccia
credito, né alcun parente che,
per falsa compassione, gli dia
dei soldi. Il ragazzo deve arrivare al punto di voler fare
qualsiasi cosa pur di uscire
fuori dal buio tunnel della
droga. È questo il momento
in cui fare la proposta di entrare in una comunità terapeutica».
- La maggior parte delle
storie di questi ragazzi sono
racconti di sconfitta, solitudine, abbandono. Che ruolo gioca la sua fede nelle relazioni
con questi ragazzi?
«La comunità è laica, però
ad esempio i temi del Natale
come nascita, e della Pasqua
come anelito a morire per
poi risorgere, sono temi che i
ragazzi sentono molto. Quindi, anche se non ufficialmente, il vivere la fede in una
realtà che è di morte e che
tende verso la resurrezione è,
nonostante le delusioni, le
sconfitte, nonostante il grido
“Dio mio, Dio mio perché mi
hai abbandonato”, il cammino che ho deciso dì fare insieme a questi ragazzi giorno
dopo giorno».
Racconti di esperienze vissute da alcuni giovani del Napoletano
Il «buio dentro» che porta rabbia e delusione
Nicola
Va dalla nonna con il piccolo tra le braccia. Ha pochi
mesi. Ha bisogno di latte: la
mamma non ne ha. E Nicola,
disoccupato, chiede i soldi.
La nonna è titubante perché
conosce il figlio: è un tossico.
Si è «fatto» e le ha fatto tanto
male. I soldi glieli dà ugualmente. Sono per il piccolo,
tenero nipotino. Ma Nicola ci
compra ancora una dose. Il
figlio è meno importante della roba. Ma è importante per
averla, la roba.
Sergio
«Mia figlia, una bambina di
5 anni, non la capisco. Forse
non sta bene. Parla con il muro. Forse non sta bene. Vorrei
portarla da qualcuno. Anche
mia moglie è preoccupata. Si
chiede: Perché mia figlia parla
con il muro?». Ora Sergio non
ha più come interlocutrice
principale la roba. Ora Sergio
parla con la figlia: e la figlia
non parla più con il muro.
Francesco
Non aveva lavoro; anzi ce
l’aveva. Faceva da guardaspalle a un piccolo boss locale nella 167 di Secondigliano.
«Siamo andati da un uomo
che doveva pagare; dovevamo
mettergli paura perché pagasse. Gli ho puntato una pistola
contro, nei suoi occhi c’era un
terrore incontenibile; tremava
in tutti i suoi muscoli e io ero
un essere odioso che aveva
più paura di lui. Ma avevo
una pistola in mano».
Giorgio
Alto, grosso, un fisico atletico. Ma il braccio destro,
quello è meno sviluppato
dalla nascita. Lui cerca di nasconderlo, di non farci caso.
Nel gruppo di amici, fanatici
di destra, violenti, mandano
lui avanti, quando si tratta di
fare a botte. E lui ci si butta
sempre, per primo, a testa
bassa. Le botte le prende, le
dà. E tutto per quel maledetto
braccio che però è sempre lì a
cercate Riforma?
ecco q\\ esercizi commerciali che lo vendono
Librerie CLAUDIANA
Milano: via Francesco Sforza, 12/A; Torino: via Principe Tommaso, 1;
Torre Pellice: piazza delia Libertà, 7; Roma: Libreria di cuitura reiiaiosa. piazza Cavour, 52;
.„e naturalmente a Riforma:
via San Piò V, 15 -10125 Torino - tei. 011-655276, fax 011-657542
Un laboratorio all’interno dei Centro
farlo star male. Per dimenticarlo ci vuole la roba. E neanche basta. Maledetto braccio.
Fabio
È fuggito dalla comunità terapeutica. Gli era difficile riconoscere le sue emozioni e
parlarne. «Sono andato in
quel cinema dove proiettavano solo film a luci rosse. Ero al
buio; sapevo che avrei trovato
chi aveva interesse per me. Ci
sono stato e ho avuto i soldi
Il programma terapeutico
Progetto uomo
Sulla scia delle comunità americane nate dall’esperienza
di ex tossicodipendenti e alcolisti, si sviluppa in Italia il
programma terapeutico «Progetto uomo». Cominciato a
Roma da Mario Picchi, fondatore del «Centro italiano solidarietà», il programma viene proposto a Napoli da Antonio
Vitiello, un prete di Ponticelli. Questi comincia a lavorare
con i ragazzi tossicodipendenti prima presso una struttura
offerta dai frati comboniani a Napoli, poi in una piccola comunità da lui fondata a Calvi di Benevento. Quando il numero dei ragazzi aumenta, la comunità ottiene in comodato l’ex ospedale San Camillo nel quartiere Sanità a Napoli.
Nasce così il Centro «La tenda» che ormai opera nella
città partenopea da 15 anni. In questa struttura avviene la
prima fase del programma: l’accoglienza «semiresidenziale»
nella quale i ragazzi in serata ritornano alle proprie case. La
seconda fase, quella della comunità vera e propria, in cui i
ragazzi sono residenti notte e giorno, si svolge à Torre Annunziata a «Villa Filangieri», donata al Centro dalla curia di
Pompei. La terza fase, quella del «reinseriménto», che è un
servizio diurno, si svolge anch’essa pressò la struttura «La
tenda» in via Sanità. Attualmente fanno parte del programma complessivo circa 160-170 ragazzi. Il centro di recupero
si avvale del lavoro di 30 operatori e di molti volontari, in
genere familiari dei ragazzi che sono ospiti o lo sono stati in
passato. I giovani sono impegnati in lavori di falegnameria,
giardinaggio, pulizia, manutenzione e corsi di edilizia.
I*
Testimonianze concrete
Spezzare il legame
fra droga e attività criminose
Antonio
per una dose di eroina, dopo
due anni che non mi facevo».
Il buio fuori. 11 buio dentro.
Fabio è ritornato: con i suoi
amici abbiamo chiuso porte e
finestre. Eravamo al buio. «È
questo il buio che vuoi? come
stai?» Fabio ha tirato fuori,
con quanto fiato aveva in gola, la sua paura e la rabbia e la
delusione per quando sceglie
il buio dentro. E così ha spalancato porte e finestre; ed è
entrata la luce.
(Appartenevo a una famiglia della camorra vesuviana.
Alcuni membri di un’altra famiglia mi portarono con la
loro auto sul Vesuvio, fermandosi in una stradina solitaria: mi fecero scendere
dall’auto, volevano uccidermi. Dissi loro che avevo lasciato una lettera presso un
notaio da aprire se fossi morto ammazzato e che in quella
lettera li accusavo di vari crimini, offrendo anche la prova. Mi lasciarono andare, libero». Antonio andò via dalla
comunità terapeutica senza
completare il suo cammino
di liberazione dalla tossicodipendenza, riprendendo i
suoi rapporti con la criminalità organizzata e con l’eroina. Dopo qualche tempo Antonio è stato travolto e ammazzato.
Enzo
Si è avvicinato al padre che
dormiva, di notte, con un
coltello in mano. «Volevo ucciderlo. Mi sarei vendicato
della sua violenza con mamma e con noi. L’ho guardato:
sembrava un bambino innocente e indifeso; non ho avuto il coraggio di ucciderlo.
Un’altra volta ero al porto,
lavoravo con mio padre; trasportavo un carico con una
gru e il carico passava lentamente sulla testa di mio padre. Bastava sganciare il carico premendo il bottone. Lui
era così piccolo, laggiù. Nessuno avrebbe pensato ad altro che ad un incidente sicuramente fortuito. Quel maledetto bottone alla fine non
l’ho premuto».
Giorgio
«Mio padre era morto. Mia
madre invece era viva. La fede
nuziale di mia madre l'avevo
già venduta, quella di mio
padre l’aveva nascosta perché
non rubassi anche quella. Era
l’unico ricordo che le restava
di mio padre. Riuscii a scovarla. Ne ricavai un po’ di
“roba” per stare tranquillo per
qualche giorno. Trovai mia
madre che piangeva in silenzio, seduta in un angolo della
casa, per terra, come un cane
bastonato. Non aveva neanche la forza di maledirmi».
Salvatore
«La sposa, Antonella, era
già in chiesa. Aspettava. Di
solito è lo sposo che aspetta
ma io stavo cercando la “roba”. Dovevo “farmi” prima
del matrimonio. E per tutto il
viaggio. A lei avevo promesso
che non mi sarei fatto più. Ma
gliel’avevo promesso già tante
altre volte. Nessuno si meravigliò del mio ritardo. Qualcuno diceva “col matrimonio
cambierà”. Ritornammo dal
viaggio quando finì la “roba”.
Era lei la mia sposa: con lei
facevo l’amore, più volte al
giorno, mica con mia moglie;
e ci stavo anche lasciando la
pelle in uno di questi amplessi. Overdose la chiamano. Ora
ho divorziato da lei: ho trovato il coraggio per farlo; mi ha
aiutato Antonella spinta da
una sana, benedetta gelosia».
Alessandro
«Eravamo piccoli io e mio
fratello; lui più piccolo di me
e malato, molto malato. I
miei uscirono di casa e mi
raccomandarono “Bada tu a
tuo fratello”. Era a letto, si lamentava e tossiva... quanto
tossiva. Io volevo andare a
giocare. Non è giusto che un
bambino giochi? Gli dissi di
stare buono più volte perche
io dovevo andare a giocare.
Ma lui continuava a latnentarsi e a star male. Gli misi un
cuscino sulla faccia. Lo trovarono morto. Ma che c'entra
tutto questo con l'eroiria? 0
forse centra. È tutto così confuso... e doloroso...».
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Spedizione in a.p. comma 26
art. 2 legge 549/95 - nr. 21/97 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
Inverso Rinasca
L'Unione musicale
compie cinquant'anni
Nata nel 1947, per «dare più austerità e solennità alle celebrazioni centenarie dell’emancipazione valdese» l’Unione
musicale festeggerà dal 30 maggio al 1° giugno i suoi primi
50 anni di attività. Attualmente diretto da Alessandro Coucourde, il gruppo ha saputo conquistarsi simpatia e successo
in tutto il Pinerolese grazie ai suoi concerti, alla partecipazione alle principali manifestazioni ma soprattutto per il suo ricco repertorio, capace di suscitare consensi nel pubblico e gratificazione nei componenti della banda. La costante realizzazione di corsi di musica rivolti ai giovanissimi sono un ulteriore segno di impegno e garanzia di continuità. Questo il
programma: venerdì, alle 21, concerto dell’Unione alla Pro
Loco, sabato sera concerto della Piccola fanfara della Valtellina e della Filarmonica folkloristica pinerolese e domenica,
dopo un pranzo comunitario alla Pro Loco, sfilata di bande
per le vie cittadine; partecipano Pomaretto, San Germano,
Villar Porosa, Ana Pinerolo, Piccola fanfara Valtellina.
VENERDÌ 30 MAGGIO 1997
ANNO 133-N. 21
LIRE 2000
La Conferenza distrettuale
negli altri distretti (soprattutto in Meridione) è vissuta come un appuntamento
fondamentale per le nostre
piccole comunità disseminate
in un vasto territorio e segnate da un forte senso di isolamento. Il Sinodo e Torre Pollice sono realtà lontane e
l’occasione per ri-conoscersi,
per ricompattarsi, per stimolarsi ed esortarsi a vicenda è
proprio la Conferenza distrettuale. Per il distretto delle
Valli il discorso è diverso
perché diverse sono le distanze fra le comunità che registrano un continuo «travaso»
di membri di chiesa da una
comunità all’altra e che vivono occasioni di scambio a tutti i livelli. Sebbene questo
IL POPOLO VALDESE A CONERONTO
IL DISTRETTO
GIANNI GENRE
non significhi ancora che ci si
conosca e che le diverse comunità seguano e condividano le riflessioni e le preoccupazioni le une delle altre, la
Conferenza distrettuale va valorizzata come occasione di
confronto dove il «popolo
valdese» disegna la propria
strategia, riflette sulle priorità
della propria testimonianza,
delinea le prospettive di lavoro per chi ancora crede che la
popolazione di questo lembo
di terra sia chiamata a una responsabilità particolare. Le
chiese e le opere delle Valli
portano la fatica e il peso di
chi funge da «interfaccia» fra
la società italiana e internazionale che guarda al nostro
piccolo mondo protestante e
le realtà infinitesimali ma coraggiose e piene di iniziative
di tutto l’evangelismo italiano. Le Valli non rappresenta
no più le retrovie delle truppe
evangeliche nel nostro paese,
ma costituiscono ancora il
prototipo di quella che nel
nostro paese avrebbe potuto
essere una società dalla cultura un poco più laica e meno
diffidente nei confronti della
modernità, dal respiro più internazionale, un mondo al
tempo stesso più efficiente e
più attento alle necessità e alla cura della persona umana.
Una sfida e un compito certamente troppo grandi per le
nostre forze e per le nostre
chiese. Ma la parola di Cristo
non rappresenta forse un’esigenza assoluta accompagnata
però dalla promessa di un Signore che ci tiene per mano
sul cammino che porta verso
un mondo nuovo?
Regione Piemonte
Contributi
per 2.000
nuovi alloggi
La Regione prevede di ottenere con l’applicazione del
Fondo investimenti Piemonte
per l’Edilizia agevolata relativo al 1997 un fondo di rotazione di 25 miliardi di lire
che, mettendo in moto un investimento complessivo di
250 miliardi, consentirà la costruzione o la ristrutturazione
di circa 2.000 alloggi. I beneficiari saranno i Comuni e loro consorzi, le agenzie territoriali per la casa, le imprese di
costruzione, le cooperative di
produzione lavoro, le cooperative edilizie a proprietà divisa
e indivisa, i consorzi di cooperative e imprese edilizie e, per
la prima volta, i privati cittadini. I parametri di contributo
prevedono 50 milioni per il
recupero degli alloggi da parte
delle imprese; nel caso di nuova costruzione, il 25% dei costi di acquisizione dell’area e
di urbanizzazione primaria; 30
milioni per l’acquisizione e il
recupero dell’abitazione da
parte dei cittadini. I privati
che vogliano concorrere all’ottenimento del contributo
devono individuare l’alloggio
da acquistare e l’operatore
edile al quale affidare i lavori
di recupero. Le fasce di reddito per l’accesso sono state elevate da 80 a 100 milioni per la
proprietà e da 38 a 66 milioni
per la locazione permanente.
Oltre al contributo del fondo,
sarà possibile usufruire di mutui con interesse ridotto (fino
al 7,75% annuo) per un importo mutuabile massimo
dell’80% del valore dell’unità
abitativa. 1 moduli di domanda dei contributi possono già
essere ritirati presso i Comuni,
e le relative domande dovranno essere presentate agli stessi
entro il 25 giugno 1997. Per
chiarimenti rivolgersi al numero verde 167-236527, attivo dal lunedì al venerdì dalle
ore 9 alle 12,30 e dalle 14 alle
16, con servizio di segreteria
per il resto della giornata.
Sta per essere definito il gettito dell'otto per mille: i progetti presentati da istituti e opere delle valli valdesi
Adeguamenti delle strutture, cultura, borse di studio
_______PIERVALDO ROSTAN_______
E tempo di predisporre la
propria dichiarazione dei
redditi e con essa di indicare
(è una possibilità, non un obbligo) se si intende destinare
l’8%o deirirpef a uno dei sette
enti, sei chiese oltre allo stato,
prestampati sul modello per la
dichiarazione dei redditi. Come è noto dal 1993 le chiese
valdesi e metodiste sono fra
quelle a cui è possibile destinare l’8%c; il Sinodo ha indicato la volontà, come i pentecostali delle Adi, di vedersi
affidati solo i fondi derivanti
dalle scelte espresse. Non è
ancora chiaro quale sarà l’entità della somma spettante alle
nostre due chiese; fra poche
settimane il dato dovrebbe essere reso pubblico dal ministero delle Finanze. Intanto
una apposita commissione ha
per ora valutato tutti i progetti
su cui è stata fatta richiesta di
finanziamento mediante r8%o
pervenuti alla Tavola valdese.
Quanti e quali progetti sono
partiti dalle valli valdesi?
Dieci progetti sono stati
presentati; di entità economica e settori diversi. Si va, come previsto dalle scelte sino
L’Asilo dei vecchi a San Germano
dall, dall’assistenza (6) alla
cultura (4). Le proposte di
maggiore impatto economico
sono nel settore diaconale. La
Ciov ha chiesto oltre un miliardo per l’ospedale di Torre
Pellice; molto è stato fin qui
realizzato ma altri interventi
sono ancora necessari: un magazzino per la cucina, spostamento delle centrali onde realizzare al piano terra e seminterrato locali più idonei per la
radiologia, archivi, spogliatoi,
camera mortuaria oltre ai laboratori. L’intervento tramite
8%c dovrebbe affiancarsi a
contributi regionali. Sempre
sulla diaconia il Rifugio Carlo Alberto ha proposto due
ipotesi di intervento: la chiusura dei mutui contratti per la
ristrutturazione precedente e
la ristrutturazione di vari edifici, sostanzialmente il padiglione Arnaud e la vecchia
cascina. «Si tratta di adeguare
i locali alle normative ma soprattutto di riutilizzare il padiglione Arnaud - spiega il presidente della Csd, Paolo Ribet
-; è un progetto impegnativo,
da realizzare su più tranche: il
costo è sui 3 miliardi, alla fi
ne si avranno anche dieci posti letto in più. Non trascurerei, in prospettiva, l’idea dell’accoglienza per malati del
morbo di Alzeimer, indubbiamente complessa ma di grande attualità».
Anche la Casa delle diaconesse è stata proposta per un
possibile finanziamento; la casa necessitava di indifferibili
lavori di ristrutturazione la cui
unica alternativa era la chiusura dell’attività. Le caratteristiche della casa (centralità rispetto al paese, ospiti autosufficenti) hanno portato alla
scelta di intervenire sulla
struttura. Nel settore diaconale
si collocano altri due progetti,
quello dell’Asilo dei vecchi di
San Germano e l’Uliveto; per
quest’ultimo gli interventi
proposti sono di varia natura:
si va infatti dalla cucina e servizi di cui si ragiona da tempo
alla ristrutturazione per adeguamento come Raf per disabili a due nuclei da 10 posti
letto. Si fa poi strada l’idea di
creare un polo di servizi (per
esempio una piscina per acquaterapia) usufruibili anche
dal territorio. Un po’ paradossale la situazione di San Germano dove la casa è stata to
IL FILO DEI GIORNI
ALBERTO TACCIA
Il protervo anticlericalismo valdese
usava dire «fils de pasteur, fils du dia
ble». Non è chiaro se il complimento era
rivolto più ai padri che ai figli. E un fatto P C M FlIADII
che alcuni figli di pastori si distinsero per flLj L^U UlAULL
avventure più o meno rocambolesche,
anche se non propriamente diaboliche!
Fuor d’ogni dubbio credo però che la
palma sia detenuta dal figlio del past.
Matteo Gay, Ippolito Enrico, nato nel
1842 a Rodoretto dove suo padre esercitava il ministero.
Ippolito Enrico Gay, non particolarmente interessato alla teologia, a 20 anni
si iscrive alla scuola di Cavalleria di Pinerolo da cui però, malgrado le prove di
abilità militare, non ottiene il grado di
ufficiale a causa delle sue origini contadine. Partecipa alla III guerra d’indipendenza nel 1866 ma, indignato per quella
che secondo lui era un’incapacità strategica dello stato maggiore, diventa repubblicano. Inviato nel 1867 a Rimini come
istruttore di un reggimento di cavalleria,
diserta per unirsi a Garibaldi che sta mobilitando volontari per la conquista di
Roma. Ma l’operazione fallisce, Garibaldi si ritira a Caprera e il nostro eroe fugge in Francia per il Colle della Croce:
passa clandestinamente a Pinerolo dove
suo padre era pastore, saluta al passaggio
la madre e i fratelli a Torre Pellice, si reca a Villar Pellice dove incontra il suo
maestro Soulier che lo aiuta a espatriare.
Dopo un breve soggiorno presso il pastore di Arvieux si reca a Londra, senza un
soldo. Qui riceve da Garibaldi 10.000
franchi e la missione di organizzare comitati di sostegno per la campagna di
Roma. Da Londra va a Ginevra dove frequenta l’Accademia, passa in Germania,
toma in Inghilterra come «istruttore, professore o... lustrascarpe». Tiene importanti conferenze, si sposa, torna in Francia dove, con il titolo di colonnello, viene incaricato di formare in Algeria il corpo di cavalleria detto «l’étoile». A Parigi
però rischia la fucilazione con l’accusa
di filo-germanesimo, ma è salvato per un
pelo da alcuni garibaldini di passaggio!
Negli anni di calma che seguirono .scrive
libri. Torna a Londra e da qui va nel Canada a fare il professore. Si reca poi in
Messico dove riceve un importante incarico governativo. Va infine a Chicago
dove gli muore la moglie. Chiamato a
Panama ottiene la direzione dei lavori
per i primi 30 km del famoso canale. Nel
1886 muore di febbre gialla, all’età di 44
anni. «Fils de pasteur...!».
talmente rimessa a nuovo nel
1989: «Ci viene chiesto di togliere i bidè dai bagni delle
stanze per far posto alle docce
- commenta Paolo Ribet quasi che gli ospiti spesso non
autosufficienti siano in grado
di farsi la doccia. Ci troviamo
di fi-onte all’applicazione di
norme che rasentano l’assurdo
in 'modo incredibilmente restrittivo; a volte si ha l’impressione si buttare via i soldi
eppure questi interventi sono
le condizioni per la firma delle convenzioni con gli enti locali o la Ausi».
Ma non c’è, come dicevamo, solo la diaconia. Il Collegio valdese ha presentato un
progetto che si snoda su due
fronti: «Da un lato vorremmo
potenziare il fondo già esistente per le borse di studio illustra la presidente del Comitato, Lucetta Geymonat -;
in secondo luogo abbiamo
proposto un aiuto verso quegli
studenti che, sempre più numerosi, trascorrono un periodo dell’anno all’estero (Inghilterra, Germania, Francia
ndr) accolti in licei con i quali
abbiamo dei rapporti di scambio: con specifiche borse di
studio vorremmo abbassare i
costi a carico delle famiglie».
E di borse di studio o viaggio
fa richiesta anche Agape, relativamente ai campi internazionali, al fine di promuovere
rincontro fra persone, culture
e fedi diverse.
Infine i progetti di Radio
Beckwith e del Centro culturale valdese. L’emittente ha
predisposto un piano di totale
rinnovamento delle attrezzature di studio e di trasmissione
oltre alla realizzazione di corsi
di formazione. Il Centro culturale di Torre Pellice intende
invece completare la parte
museale con un’attenzione
particolare al ’900 e nello
stesso tempo realizzare l’informatizzazione della biblioteca che permetterà un collegamento con i circuiti bibliotecari: un lavoro di grande qualità e portata, vista la dimensione del Centro di Torre.
8
PAG. Il
E Eco Delle ^lli ^ldesi
venerdì 30 MAGGIO 1997
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BOBBIO PELLICE: NUOVA CIRCONVALLAZIONE —
Se ne parlava da alcuni anni e il Comune aveva affidato la
progettazione all’ing. Daviero: si tratta della circonvallazione della borgata Perlà, una vera strettoia verso la valle
dei Carbonieri. Un problema in più è rappresentato dall’attraversamento dei mezzi che portano a valle i blocchi di
pietra dalle cave sul territorio di Villar. Ottenuti i necessari
pareri regionali, il sindaco ha firmato la concessione edilizia il 22 maggio e il giorno stesso sono iniziati i lavori (foto). Per ora viene effettuato il lavoro di sbancamento; per
l’asfaltatura bisognerà attendere tempi migliori.
MAGGIO-FORMAGGIO A MORETTA — Al di là della
rima vale la pena di segnalare la fiera dedicata ai formaggi
tipici piemontesi per i giorni 30, 31 maggio e 1" giugno dal
Comune di Moretta. Questo paese della pianura ospita
l’Istituto lattiero caseario che avvia annualmente al lavoro
numerosi giovani specializzati in tecnologia alimentare e
casearia. Nella zona, da circa un secolo, due grosse ditte
(Invernizzi e Locatelli) hanno stabilimenti offrendo occasioni di lavoro direttamente e con l’indotto. Ecco dunque la
fiera, che permetterà di conoscere le tecniche di lavorazione, dalla produzione del latte alla trasformazione in formaggio. Si vedranno le nuove tecnologie e anche gli antichi metodi di lavorazione del latte in un percorso costruito
attraverso la scuola, le cascine, le aziende. Dibattiti e spettacoli faranno da contorno alle giornate.
LAVORI FS: CHIUSA LA PROVINCIALE A LUSERNA
— Per consentire alle Fs l’esecuzione di lavori di rinnovamento dei binari e risanamento della massicciata, la strada
provinciale della vai Pellice potrà essere chiusa fra il 27 e il
30 maggio all’altezza del passaggio a livello di viale De
Amicis. Il percorso alternativo sarà garantito su via dei Tigli.
SCIOPERO CUB DELLA SCUOLA — Per protestare contro
il taglio di classi, scuole e quindi di posti di lavoro (la cosi(
detta razionalizzazione), per difendere la qualità della scuola
e i diritti acquisiti in materia pensionistica, i lavoratori della
scuola aderenti alla Confederazione unitaria di base (Cub)
sciopereranno per l’intera giornata di mercoledì 4 giugno.
arredamenti
(di fronte alla caserma alpini)
esposizione e laboratorio:
via S. Secondo, 38 - 0121/201712
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
FA VIVERE LA TUA CASA
«LA CASA E LA PERSONA» — È questo il tema del terzo
punto di ascolto sulla domiciliarità organizzato a Torre Pellice dall’associazione «La bottega del possibile»; al palazzo
del ghiaccio, venerdì 6 giugno e sabato 7 si alterneranno relazioni di psicologi, medici, architetti e responsabili di servizi territoriali tesi a sviluppare il tema dell’incontro. «La
casa nella politica sociale al servizio dei più deboli», «C’era
una volta il medico di famiglia... e oggi?», «La casa come
spazio da vivere, a misura di persona» sono alcuni degli argomenti di riflessione proposti in assemblea e successivamente in gruppi di lavoro. Sabato le conclusioni.
GUARDIA MEDICA PER BAMBINI IN FUNZIONE
DAL PROSSIMO AUTUNNO — La nostra regione avrà
un servizio di Guardia medica pediatrica, collocata presso
le strutture operative del 118, che garantirà l'assistenza
specialistica ai bambini da a 0 a 14 anni. L’accordo, firmato dall’assessore alla Sanità, Antonio D’Ambrosio, e dai
rappresentanti delle associazioni mediche specialistiche, è
passato ora all’esame della giunta. A partire dal prossimo
autunno, gli specialisti aderenti alla «Continuità assistenziale» assicureranno prestazioni gratuite integrando il normale servizio ambulatoriale del pediatra di libera scelta. In
caso di emergenza sarà possibile chiamare un pediatra dalle ore 20 alle 8 del giorno successivo alla festività.
ANCORA SULLE QUOTE LATTE — L’Italia ha prodotto
davvero il latte in esubero tanto da incorrere nelle famigerate
multe? È la domanda che si pone fon. Giorgio Merlo nell’interrogazione al ministro delle Risorse agricole sulle conclusioni raggiunte della Commissione governativa d’indagine
sulla vicenda delle quote latte, in particolare in merito al quesito di fondo inerente allo «splafonamento» del tetto produttivo assegnato al nostro paese negli ultimi dieci anni.
QUALI PROVVEDIMENTI CONTRO LA SICCITÀ? —
Vista la grave situazione che la siccità ha provocato anche
nella nostra regione, e la recente gelata che ha danneggiato
buona parte della coltura piemontese, senza contare l’aumento dei costi di irrigazione e i rischi per l’ambiente con
la minaccia di incendi nei boschi. Fon. Giorgio Merlo ha
presentato un’interrogazione al ministro delle Risorse agricole, alimentari e forestali per conoscere quali sono i provvedimenti che il governo intende adottare per affrontare
questa emergenza e indennizzare il già precario reddito
agrario delle aziende agricole.
Diverse le soluzioni attuate nei Comuni del Pinerolese
Come sì mangia a scuola?
FEDERICA TOURN
Più di 800 bambini avvelenati dal mais del pranzo,
ospedali invasi dai piccoli e
dalle loro famiglie, molti ricoverati con febbre anche a
40°: è di appena una settimana fa la notizia, purtroppo
l’ennesima per la nostra regione, di un avvelenamento
da cibo avariato servito alla
mensa scolastica. L’allarme,
che questa volta è suonato
particolarmente grave per il
numero di bambini coinvolti,
non può che far riflettere
sull’importanza di un serio
controllo della qualità del cibo servito nelle mense e sulle
garanzie offerte dall’eventuale ditta appaltatrice dei pasti.
Come funziona il servizio
pranzo per gli allievi che usufruiscono della mensa scolastica? Di soluzione non ce n’è
una sola, come dimostra una
veloce indagine che abbiamo
svolto su alcuni Comuni delle
valli, anche per tastare il polso della situazione. Si può dare in appalto il servizio a una
ditta specializzata, come fa il
Comune di Villar Perosa, che
tiene a sottolineare la scelta
in base a caratteristiche di serietà del servizio e di accuratezza nella fornitura dei cibi: i
pasti costano alle famiglie
5.000 lire per gli utenti delle
scuole materne e 6.000 per
quelli delle elementari e medie, mentre il Comune per gli
stessi pasti paga rispettiva
mente 4.611 e 5.877 lire. Anche a Perosa Argentina è una
ditta esterna che si occupa di
fornire il pranzo ai bambini:
anzi, per la precisione si tratta
di due ditte, una di Padova
per la materna e un’altra per
le elementari e le medie; i pasti delle elementari costano
alle famiglie residenti 4.000 e
al comune 5.850 lire (i non
residenti pagano il prezzo intero), i ragazzi delle medie
pagano tutti 4.000 lire e per la
scuola materna i pasti sono a
prezzo intero, a 3.930 lire.
Gli appalti devono essere entrambi rinnovati, e la ditta
viene scelta secondo il criterio del prezzo. Esiste comunque un capitolato e una tabella dietetica vistata dall’Ausl e
una Commissione mensa del
Comune che supervisiona
sulla regolarità e l’accuratezza del servizio. Diversi i criteri di scelta della ditta appaltatrice a Luserna San Giovanni: si preferiscono alimenti
biologici e le forniture provengono in maggioranza da
ditte locali; i pasti (comprensivi delle spese di acqua, luce
e gas dei locali mensa) costano alle famiglie 5.000 lire per
le materne e 8.000 per le elementari e medie, mentre il
Comune spende rispettivamente 4.500 e 5.000 lire.
Ancora diversa è la soluzione adottata dal Comune di
San Secondo: un comitato di
genitori, volontari, si occupa
di tutto il servizio mensa, del
le assunzioni del personale e
delle forniture: il Comune
contribuisce con 54 milioni
l’anno e paga l’integrazione
del pasto, che a prezzo intero
è circa 6.500 lire e costa ai
genitori 4.500, oltre a fornire
i locali e l’attrezzatura. A San
Secondo si mostrano particolarmente soddisfatti della soluzione adottata e del lavoro
del Comitato, che fa funzionare egregiamente il servizio
(fornisce circa 20.000 pasti T
anno) e sceglie accuratamente
le forniture, prediligendo gli
alimenti biologici.
A Torre Pellice la mensa è
invece gestita direttamente
dal Comune, che provvede a
pagare una cuoca per cucinare circa 200 pasti al giorno; i
cibi sono fomiti da ditte locali e c’è una particolarità: è
prevista una riduzione nel
prezzo del pasto per il terzo
figlio di famiglie che abbiano
anche altri due bambini utenti
della mensa. Riduzione del
15% dal secondo figlio iscritto alla mensa anche per il Comune di Pinerolo, che gestisce direttamente la mensa
delle materne e delle elementari e dà invece in appalto
quella delle medie; il Comune prevede anche 4 tariffe diverse per i buoni pasto (da
3.300 a 7.000 lire) a seconda
delle fasce di reddito, la riduzione del 50% per bambini
dati in affidamento e l’esenzione totale per bambini nomadi o portatori di handicap.
intervista a Franca Coì'sson, presidente della Ciov
Nuovi progetti per gli ospedali
Sono passati ormai alcuni
mesi dalla presentazione della
Carta dei servizi degli ospedali valdesi; i cantieri in corso hanno registrato progressi:
il fatto stesso, già annunciato
sullo scorso numero, che a
Torre Pellice i servizi prelievi, gli sportelli e il centralino
vedano la loro attività limitata nel prossimo fine settimana
(30 maggio-2 giugno) a causa
del trasferimento nell’ala
nuova dice di un intenso progredire dei lavori. Mentre è
opportuno ricordare che per
qualunque informazione sul
trasloco e sugli eventuali problemi connessi all’attività bisogna telefonare entro il 30
maggio allo 0121-952611 è
possibile fare, con la presidente della Ciov, Franca
Coì'sson, il punto sui lavori e
su eventuali futuri progetti.
«Stiamo, anche in conseguenza all’incremento di attività, elaborando il piano di
riorganizzazione dei servizi
con relativa pianta organica dice Franca Co'isson -; oggi la
Ciov gestisce come struttura
ospedaliera plurisede, riconosciuta dalla Regione Piemonte
quale parte integrante della
rete pubblica, i due ospedali
di Torre Pellice e Pomaretto:
si tratta nel complesso di 270
dipendenti. I due ospedali offrono in totale 133 posti letto
di degenza continuata oltre a
20 di day hospital».
- Ma questo ospedale pliirisede è una realtà oppure un
obiettivo?
«L’unità si sta concretamente avviando: da febbraiomarzo le attività di radiologia
e laboratorio nei due presidi
hanno un solo primario responsabile che guida le due
équipe e le coordina. Armonizzare le attività, diversificando dove convenga gli interventi (ad esempio mammografia a Torre Pellice e densi
L’Ospedale valdese di Torre Felice
tometria a Pomaretto) sarà
compito dei due primari dott.
Macario e dott. Borasio».
- Intanto si stanno completando gli interventi edilizi--
«A Pomaretto inaugureremo il 22 giugno la nuova palestra di fisioterapia e con essa avremo locali cucina, mensa, ambulatori, radiologia e
pronto soccorso rinnovati
grazie al contributo regionale
(4,5 miliardi) e a quello delle
chiese (1 miliardo). Intanto si
prospetta l’utilissima realizzazione di un parcheggio a
cura di Comunità montana e
Comune di Pomaretto».
- Il trasloco di Torre Pellice è un atto conclusivo?
«A Torre Pellice sono terminati i lavori di ristrutturazione per ospitare al meglio
pronto soccorso, settore prelievi e uffici accettazione: è
un trasferimento definitivo. E
stato anche predisposto un
parcheggio interno per i dipendenti, che dovrebbe decongestionare un po’ la zona
della provinciale. A giugno
entrerà in funzione il nuovo
reparto di riabilitazione da 10
posti letto con assunzione di
17 persone. Si tratta degli
unici letti a disposizione del
la riabilitazione nel Pinerolese. Sempre nelle prossime
settimane, questa volta in entrambi gli ospedali, saranno
in funzione pronto soccorso,
radiologia e laboratorio 24
ore su 24: il servizio è rivolto
alle urgenze internistiche, in
coordinamento con il Dea di
Pinerolo e il servizio di emergenza 118. Da mesi stiamo
esaminando, congiuntamente
all’Ausi 10, un testo di convenzione per regolare gli accessi tramite Croce Rossa e
Croce Verde, ora collegate
col 118 regionale».
Torre Pellice
Estate ragazzi
La presidente della Ciov, prof.
Franca Coì'sson
È nuovamente tempo di
Estate ragazzi a Torre Pellice,
organizzata dal Comune in
collaborazione con la cooperativa «La tarta volante». Il
programma prevede varie attività dai giochi di conoscenza
del territorio, ai laboratori di
attività espressive, alla piscina, all’attività ludico sportiva
per finire con gite ed escursioni a piedi. Quest’anno verranno proposte più attività sportive in collaborazione con la
Comunità montana: equitazione, pattinaggio e arrampicata
al palazzo del ghiaccio, canoa
nel periodo 23 giugno e 1° agosto, con possibilità di servizio mensa. Si potrà scegliere
se usufruire del servizio per
l’intero periodo oppure per un
numero minore di settimane e
le tariffe sono differenziate,
sia in base alla frequenza sia a
seconda della provenienza dei
ragazzi dalla vai Pellice o da
fuori valle. Sei settimane costeranno pertanto 215.000 lire per i residenti in valle e
260.000 per i non residenti,
tre settimane 125.000 per i residenti e 150.000 per i non residenti. La novità di quest’anno è però data dall’organizzazione di una analoga iniziativa anche per i preadolescenti
dai 12 ai 15 anni. La durata di
quella che è stata definita
«Estate avventura» è dal 23
giugno al 25 luglio; verranno
proposte attività come gite in
montagna anche di più giorni,
tornei sportivi, feste, canoa,
arrampicata. Anche in questo
caso è possibile partecipare a
un numero ridotto di settimane e i costi sono differenziati.
Le iscrizioni si ricevono ores
so il Comune /di Tórre Pellice
entro il 13 giugno)
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mondo.
Il progetto borgate è stato
portato all’attenzione del
Consiglio della Comunità
montana vai Pellice la sera
del 22 maggio; nato come
ipotesi di recupero di alcune
borgate finalizzato alla ricettività e ad attività di tipo artigianale, e sostanzialmente come esempio da citare all’interno di un più ampio piano
di recupero delle borgate abbandonate, il progetto ha ottenuto un cospicuo finanziamento dalla Regione (oltre
1.100 milioni). Il dibattito ha
avuto nei mesi scorsi almeno
due livelli, l’uno tecnico, dove si cercava di individuare
criteri e scelte tecniche, l'altro politico. Alla fine si è arrivati a sei progetti: La Sella di
Angrogna (62 milioni). San
Bernardo di Bibiana (300),
Pradeltorno di Rorà (330),
del Mulino di Torre Pellice
(150), Caugis a Villar Pellice
(65), Chiot d’Ia Tajà a Bobbio Pellice (80). La restante
somma sarà utilizzala per
progettazioni e consulenze.
Durante lo stesso Consiglio
sono state approvate le variazioni di bilancio («un vero secondo bilancio», ha detto il
sindaco di Bricherasio, Bolla)
forte di nuove entrate derivanti soprattutto dal fondo regionale per la montagna
(-1-752 milioni) e dal possibile
finanziamento per progetti integrati (1.250 milioni da destinarsi alla nuova sede della
Cantina sociale di Bricherasio). Le nuove entrate sono
state divise fra gli assessorati
con un occhio particolare ai
servizi sociali, ai settori agricoltura e ambiente.
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il notiziario igei
bimestrale fgeista
maggio 1997
NOTIZIARIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
¡ampo Studi nazionale della Federazione giovanile
ATTENZIONE:
TESTIMONIANZA IN CORSO!
A S.Severa 5 giorni di incontro e ricerca sul tema della Testimonianza
.. __ ^ __ Qccid
Chi siamo? Quello che il mondo vede di
noi 0 ciò che noi sentiamo di essere? Di chi o
di che cosa siamo la narrazione, il racconto
vivente e attraverso quali modi e strade andiamo srotolando il filo del nostro tessuto che
si trasforma, man mano, nel corso del tempo?
Questo è, a grandi linee, il bagaglio che il campo studi su “ La
testimonianza”, svoltosi a S.Severa nei giorni che andavano dal
30/4 al 4/5, ci ha caricato sulle
spalle. Un bagaglio a volte pesante, ingombrante perché ci costringe a metterci in questione,
tuttavia sicuramente ricco di stimoli eccitanti, arricchenti, che
aspettano solamente di essere
condivisi e seminati qua e là nel
mondo.
pire e predicare l’annuncio di Dio. Sono parole che risuonano sempre nuove alle nostre
orecchie a seconda del periodo o della storia
personale di chi le legge e si scopre in questi
uomini e in queste donne che le pronunciano
un grande desiderio di raccontarsi per raccon
provato quanti avevano assistito a questi fatti
sconvolgenti (i discepoli, la folla, Gesù stesso...). Abbiamo quindi tentato di ri-raccontarlo
a partire da come noi avevamo inteso l’accaduto e anche in che maniera ci sentissimo di
darne testimonianza.
n° 3/4
inaggio1997
Se testimoniare significa raccontare, raccontarsi nelle proprie
comunità di fratelli e sorelle pronti
a recepire le nostre parole, i nostri gesti, oppure in realtà “fuori”
in cui dobbiamo farci conoscere
per ciò che siamo, per ciò che
rappresentiamo, in un continuo
scambio dialettico con chi è altro
da noi e per questo fonte inesauribile di cambiamento e crescita,
allora si può dire che a S.Severa,
abbiamo vissuto una bellissima
STORIA. Una storia ricca di personaggi che si
sono incontrati, raccontati, magari anche trasformati, nel tentativo di comprendere con gli
altri e le altre il difficile compito che ognuno si
trova a svolgere quotidianamente nel mondo.
Ci siamo avventurati attraverso i più diversi
sentieri, alcuni sconosciuti, altri difficili e impervi, altri ancora stimolanti e provocatori.
Ci siamo incamminati, ad esempio, tra le
vecchie e consunte pagine della Bibbia, i cui
protagonisti e protagonista da secoli ci parlano, ci interrogano, ci spronano ad agire, a ca
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Bolla)
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ERRATA CORRIGE
Nella Mappa della Fgei e non solo Fgei
apparsa sul numero 1 di gennaio ci sono alcuni errori.
Puglia: la segreteria regionale è presso Virginia Mariani.
Toscana: l’indirizzo esatto di Elisa Capannoli è
v.Tarantelli 14 - 53010 Querciagrossa
(SI) 0577/327201.
Triveneto: il nuovo indirizzo di Koinonia è
presso Lara Colaianni v.Margotti 19 34170 Gorizia 0481/32876 fax
040/632770 (causale: elvetico valdese
Trieste Koinonia - giovani)
tare Dio, nella consapevolezza di essere le
vocali e le consonanti attraverso cui il Signore
parla agli uomini tutti. Spesso, però, questo
suo parlarci può risultare difficile e incomprensibile, così come lo è stata la predicazione di
Gesù Cristo, tale che il nostro esserne testimoni può subire delle interruzioni, degli sbandamenti, recuperabili però per mezzo del
compimento della Sua volontà.
E’ un difficile confronto quello con le Scritture, ma affascinante soprattutto alla luce dei
traguardi a cui è arrivata la teologia femminista che ha preso lo spunto dall’esigenza di
una rilettura e di una reinterpretazione di quei
testi che permettesse ad ogni individuo, uomo o donna, partendo da un proprio percorso
di autocoscienza, di dialogare attivamente
con coloro che nei tempi passati hanno incontrato Dio lungo il loro cammino, per ricevere
da questi/e nuova forza e libertà.
Anche noi, durante il campo, abbiamo voluto confrontarci con un testo biblico: abbiamo
voluto parlare con la donna dall’abbondante
flusso di sangue (Marco 5:21-43) che ha saputo vincere la paura della folla e della sua finitezza ed è così riuscita a farsi ascoltare da
Gesù. Ma abbiamo anche ascoltato ciò che,
nello stesso brano evangelico, il capo della sinagoga Giairo aveva da dirci su ciò che era
accaduto a sua figlia. Li abbiamo interrogati,
abbiamo cercato di capire che cosa avessero
provato loro, ma anche che cosa avessero
Da questo campo, però, ci siamo resi conto che infiniti sono gli ambiti e i canali per testimoniare il nostro essere credenti o, anche
semplicemente, il nostro essere presenti nella
vita di tutti i giorni, pronti a “ chinarci affinché
un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi
(Pintor).
Ovviamente non tutte le porte sono dispo
^ NUMERO^
DOPPIO
4 pagine di resoconti,
foto, commenti sul
CAMPO STUDI FGEI.
In ultima pagina i programmi dei CAMPI
ESTIVI pel” bambine/i,
ragazzi/e e giovani, organizzati dai centri
^evangelici italiani._____________^
ste a spalancarsi di fronte al nostro cammino.
Ce lo hanno ricordato le esperienze vissute
dal vice-presidente della F.A.O. Howard
Yorth, 0 i difficili incontri che ha dovuto affrontare Franco Brescia, prete operaio, attualmente impegnato in una comunità di recupero
per tossicodipendenti, gestita dalla Comunità
di base di Napoli. Ma, nello stesso tempo, abbiamo notato che molti ambiti che apparentemente sono ostili, difficili da affrontere o da
gestire da questa nostra società (città devastate dalla guerra o da catastrofi
ambientali, carceri, ospedali,
ecc.), ormai saturi di pa- ^
role vuote e disinc a r n a t e ,
aspetta- no or
se, un segnale autentico.
Ivi Ne è stata capace la
► sorella Elena Girolami, anche lei presente per poche ore
al nostro incontro, la quale attraverso semplici gesti di solidarietà, nella Roma
del dopoguerra, ha saputo ridonare a molti/e il
desiderio e la volontà di ricostruire una comunità di credenti.
A mio parere, la bellezza di questo incontro è stata la volontà di parlare di testimonianza e di chi 0 di che cosa testimoniamo, non in
termini astratti o troppo cerebrali, ma avendo
l’opportunità di vivere, attraverso le parole di
fratelli e di sorelle del passato e del presente
la fondamentale scoperta che l’amore di Dio
trova, in ognuno di noi, la Sua voce.
Serena Ribet (Pinerolo)
CANTO SACRO (WINNEBAGO)
A
(Dice lo Spirito,
“Sogna, oh, sogna ancora,
E racconta di me,
Sogna tu!")
Nella solitudine io venni
E la saggezza mi fu rivelata.
(Dice lo Spirito,
“Sogna, oh, sogna ancora,
E racconta di me.
Sogna tu!”)
Fate che il mondo mi ascolti.
Saggio io sono!
(Ora dice lo Spirito,
“Racconta di me.
Sogna tu!”)
Tutto mi fu rivelato!
Dal principio tutto conosco.
Ascoltatemi!
Tutto mi fu rivelato!
(Ora dice lo Spirito,
“Racconta di me,
Sogna tu!”)
V.
J
10
0^
rV^^\VCN Il lavoro in gruppi del primo giorno:
7^^ cosa è per me testimonianza?
IMMAGINI DI
TESTIMONIANZE
Lq foto di un3 donna di spalis con un carico sulia testa - la testimonianza degli oppressi, di quelli che non hanno voce.
La foto di una bambina seguita a pochi
passi dal nonno; sul muro le loro ombre e
l’ombra grande sovrasta e protegge la piccola
figura della bambina - “sotto l’ombra di Dio” è
il titolo che è stato dato: la testimonianza che
non può avvenire senza che ci sia stato prima
I incontro e che avviene sotto la protezione
del Dio che testimoniamo.
Un mosaico, la foto ne ritrae solo un pezzo
così che non riusciamo a scorgerne l'immagine completa - la testimonianza che è partecipazione, che non è mai completa ma sempre
solo parziale e in cui si costruisce un pezzo
deH’immagine completa, ma si lascia anche lo
spazio per la tessera successiva.
Per iniziare una discussione sulla testimonianza abbiamo cominciato con uno strumento ciassico; un foto-linguaggio, per descrivere
con delle immagini che cosa la parola testimonianza evochi in noi, che cosa significhi. E
allora sono apparse immagini diversissime, a
“testimoniare” appunto che la testimonianza
ha mille facce, è formata da tanti fili... come
chi ha scelto per esempio:
Queste sono solo alcune delle tante immagini della testimonianza, patrimonio che ci
portiamo dietro e che condividiamo; storie che
raccontiamo, gesti che compiamo, testimonianze che offriamo e testimonianze che ci
vengono offerte. Testimonianze di vita e testimonianze di Dio e dei nostro essere cristiani,
guardando all’immagine di Cristo, immagine
concreta e incarnata, testimonianza per eccellenza dell’amore di Dio.
Caterina Duprè (Roma)
ALBANIA
Seguiamo con apprensione le preoccupanti vicende delle ultime settimane in Albania; inevitabilmente, il nostro pensiero e le nostre preghiere
vanno a quelle persone albanesi con cui intratteniamo rapporti di amicizia
e solidarietà da diversi anni.
In questo difficile momento, la Fgei intende rinnovare il proprio appoggio
e la propria collaborazione alle iniziative del Servizio Rifugiati e Migranti
della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
Per ora, si segnala con particolare urgenza a singoli e gruppi Fgei la sottoscrizione lanciata dal Servizio Rifugiati e Migranti a favore di progetti di
accoglienza di profughi albanesi in Italia e di interventi di solidarietà e di
educazione alla riconciliazione in Albania:
il conto corrente postale da utilizzare è il numero 38016002, intestato a
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia - Roma (indicare la causale: pro Albania).
Altre iniziative, da realizzarsi in Albania, sono in cantiere e verranno dettagliate nel momento (si spera imminente) in cui la situazione in loco tornerà ad essere relativamente normalizzata e a garantire generali condizioni di sicurezza.
Giorgio Bonnet
La foto di un telaio con un tessuto dalle forme astratte e dai colori brillanti, ma non finito
e dietro i fili si intravede la figura della donna
che vi sta lavorando - la testimonianza che è
un intrecciarsi di fili e storie diverse e la testimonianza che richiede anche lavoro e partecipazione.
La foto di una donna anziana, vecchia
d’anni, con la sua storia scrìtta nelle rughe del
viso e nella posizione dimessa e stanca dei
corpo - la testimonianza che è anche il saper
raccontare la propria vita, che spesso è inconsapevole e di cui ci si fa portatori “semplicemente” con la propria esistenza.
ítmMÜ
tre cose che vale la pena testimoniare
CHI SONO?
Le impressioni di uno igeino novello
Che cosa e perchè il popolo fgeino testimonierebbe in prossimità di un
eventuale giorno del giudizio?
Ecco i risultati dell’indagine che il Notiziario ha effettuato allo scorso campo
studi: ^
l’amore (7)
la fede (6)
ramicizia*il mio rapporto con Dio’^l'amore di Dio (3)
l'amore di Gesù^la gioia*la guida di Dio*la libertà‘una fgei migliore* la
mamma*la propria fede* la solidarietà*la speranza in Cristo*Quelo* (2)
gli amici/che*amare, essere amati*l'amore di Dio che tutto
attrayersa*l’amore per il Creato*l’amore dell'altro-da-te*rarmonia della natura*! colori dello Spirito Santo*i campi*la comunità*!! confronto* la
cultura*crescere in armonia con gli altri*Dio che ci accetta senza condizione*Dio che è in noi*Daniela M.{Na)*Donatella Pons*l’energia*la fede riformata*la festa della liberazione apportata dall’evangelo‘la forza rinnovatrice
della fede*Gesù Cristo*Gesù Cristo morto e risorto*Gesù Cristo che ci salva*^ gioia di Dio*la gioia della relazione dell’uno con l’altro*la gioia nel credere*la giustizia*io*rimpegno per una società solidale, democratica e antirazzista*! incontro con Cristo che sconvolge le nostre prospettive*!! lavoro
per evangelizzare*il mio amore segreto*ia mia fede*le mie idee*il mio incontro con Dio*la mia storia*la mia storia con Dio*la musica di Dio*la musica punk*noi stessi*la nostra identità*per gli occhi di Lula*il piano di giustizia
che Dio ha per l’umanità*!! piano di salvezza di Dio per il mondo’perchè
l’albero non dia solo fiori ma anche frutti*perchè chi ha fede ha un tesoro
da condividere con altri/e*perchè lo dice la Bibbia*il proprio papa* la propria
esperienza e modo di esprimere la fede*la propria fede*ia propria fede in
Dio*la Parola (Bibbia)*il profeta di Quelo*la parola di Quelo*la pluralità e
multiculturità del mondo*il regno di Dio che viene*il regno di Dio che è un
regno di pace e giustizia per il quale vale la pena di impegnarsi*riuscire a
non avere più paura, a non sentire il prossimo come un nemico*''sentire” le
persone, condividere*!! sacrificio di Cristo*la serenità della fede'il
Signore*la speranza in Dio che rimane*la storia valdese*il tramonto*la vicinanza di Dio* (1)
Sono un ragazzo pieno di dubbi, un timoroso di Dio che ancora oggi non trova il suo posto nei confronti della fede e dalla testimonianza.
Chi sono? “L’interrogativo solitario” di D.
Bonhoeffer mi travolge con tutta la sua inquietudine, ma forse oggi so dare una risposta a
tutta questa confusione. No, non sono “illuminato”, ho capito che non sono più solo, che ci
sono tante altre persone che hanno i miei
stessi dubbi. Come trasmettere la gioia che
ho dentro di me? Come testimoniare?
Il campo studi di S. Severa ha saputo sciogliere in qualche modo questo ed altri miei interrogativi, in quattro giorni ho visto tanti pensieri convogliare in un’unica direzione, più di
novanta persone che si raccontavano, si scoprivano a combattere le stesse battaglie, tanti
cuori uniti in un solo amore. Ma non é stato
solo questo, importantissime a mio avviso le
testimonianze esterne di Yann Redalié, Elizabeth Green, Franco Brescia tanto per citarne
alcuni, senza nulla togliere a tutti coloro che
sono intervenuti e che hanno contribuito alla
crescita collettiva. Grazie a tutte queste testimonianze ho capito che “credere” non significa “frequentare” la chiesa assiduamente, ma
fare in modo che essa arrivi a tutti coloro che
in chiesa non possono andarci.
Tanti altri interrogativi sono nati, ma hanno
avuto subito un riscontro in quel “gioco” del
mettersi in discussione per confrontarci con la
persona che avevamo di fianco o davanti a
noi, e scoprire che tutti noi insieme possiamo
essere una sola fede, una sola gioia, e contagiare il mondo intero anche con una semplice
canzone, cosi come ha fatto Elena Girolami
che ha riempito di gioia i nostri cuori. Grazie,
mi ricorderò di te per tutta la vita.
Volontariamente non mi sono soffermato
suila dettagliata descrizione delie spiendide
giornate trascorse da tutti noi a S. Severa, era
tutto “magico”, ho cercato nel mio piccoio di
trasmettere qualcosa di diverso dal semplice
racconto, e spero che il frutto di tutte le elaborazioni narrative dei testi biblici, delle rappresentazioni, deile testimonianze e delle discussioni in plenaria siano potute uscire da queste
righe.
In conclusione anche se questo è stato i
mio primo campo studi Fgei, mi sono sentito e
casa, circondato da un affetto e una voglia di
crescere fuori del comune, sensazioni che oggi, a chilometri di distanza da S. Severa e dalle persone che le davano vita, sento dentro di
me nella magia dei ricordo di un momento
che mi ha cambiato. Ora so che la gioia che
porto dentro è la mia forza, la mia testimonianza, che ii mio compito è quello di trasferire questa gioia a coloro che mi circondano,
cristiani e non, perché questa gioia è l’eredita
che Gesù, in duemila anni di viaggi e testimonianze, ha lasciato a noi.
Christian Emanuele
Gitone (Napoli)
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La relazione della pastora Elizabeth E.Green
testimonianza e teologia femminista
TESTIMONIANZA DI DONNA SGUARDI CHE NARRANO DI ME
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Durante il Campo Studi,
tema della “Testimonianza” è stato
trattato a partire da punti di vista, storie
e percorsi diversi. Ne sono stati tracciati gli
aspetti teorici e ne sono stati visitati gli esiti
pratici, esistenziali, ne abbiamo colto l’essenziale “intersoggettività” (lO/TU come termini
della testimonianza) ma anche l’essenziale
“individualità” (testimoniare è mettersi in gioco, ne va del nostro stesso “stare al mondo” ).
Airinterno di questa molteplicità di sguardi,
si è situato l’intervento di Elizabeth E. Green,
in quanto portavoce della “teologia femminista”. L’intervento della Green è stato molto articolato ed approfondito, non penso di essere,
per questo, in grado di darne un resoconto
completo. Mi piacerebbe però ripercorrerne
brevemente i punti che maggiormente mi hanno colpito.
In primis l’intervento ha messo in luce l’essenziale connessione tra il tema della testimonianza e il discorso portato avanti dalla
teologia femminista.
Così come la realtà del testimoniare è possibile solo a partire dalla situazione narrativa
di un lo che racconta o si racconta ad un altro
io, allo stesso modo la teologia al femminile si
è storicamente originata a partire da quelle situazioni narrative che, negli anni 70, venivano a crearsi aH’interno dei gruppi femminili.
Donne, giovani ed adulte, socialmente diverse, con storie diverse alle loro spalle, hanno
in quegli anni iniziato ad incontrarsi per parlare di se stesse, scambiare le proprie esperienze, e nella pratica dell’autocoscienza hanno cercato se stesse rapportandosi ad altre.
In questa ricerca hanno incontrato un soggetto storico, la Donna, luogo di relazione tra
sé, il mondo maschile e Dio.
Incontrando se stesse, dunque, hanno incontrato il loro rapporto con Dio, hanno incontrato il racconto biblico come la “loro storia”.
Nasce la consapevolezza di essere capaci
ad operare “trasformazioni”. Nasce la “teologia femminista” che si va ad inserire in quel
già ampio ed eterogeneo panorama teologico
del XX secolo, nel quale è visibile una molteplicità di soggetti del far teologia (penso a
quel processo chiamato “democratizzazione
della teologia” che vede protagonisti la teologia proveniente da Asia, America Latina e nel
quale il teologo non è più semplicemente un
“accademico” ma è spesso impegnato direttamente in forme di lotta di liberazione) (1).
E’ così che la donna si riscopre e riassume
su di sé la propria soggettività storica e, in
quanto credente, si riavvicina al testo biblico
conscia della propria specificità. Questa specificità si trova però di fronte ad un ostacolo
molto forte: i testi biblici cui va avvicinandosi
presuppongono l’universalità del maschile,
essi fanno costante riferimento ad una so
cietà androcentrica e patriarcale, nella quale
la donna non appare immediatamente “Soggetto” ma piuttosto “Oggetto”. Si tratta a questo punto di analizzare e reinterpretare il testo
biblico, tenendo costantemente sulio sfondo
la specificità femminile per giungere a ridare
luce a quei luoghi “femminili” presenti nei testo, oscurati dall’ordine simbolico maschile
sedimentatosi.
E’ la necessità anche di figure-guida femminili a richiedere questa operazione. Far riaffiorare quei luoghi e quelle figure (che non sono inventati, ma, esistenti, vengono riscoperti)
è far luce tanto sul testo biblico, quanto
sull’esperienza quotidiana dell’esser-donna (è
quello che viene chiamato circolo ermeneutico per cui partendo dal contesto si giunge al
testo e da esso si ritorna al contesto).
Questa ri-lettura e ri-narrazione dei testi da
parte delle donne, ha tra i suoi risultati maggiori quello di condurre ad un nuovo punto di
vista sulla figura di Cristo, ad una nuova cristologia dunque.
Elizabeth Green ha sottolineato questo
aspetto più volte nel suo intervento.
Il Cristo cui le donne guardano è colui che
ha il potere di “salvare” (nelle varie forme in
cui il “salvare” si dà) nell’incontro con chi in lui
ha fede; il suo potere è energia che scaturisce nella relazione, e nella relazione si dimostra terapeutico ma nella relazione anche’Egli
cambia. La Parola di Gesù è dunque anche
parola femminile che, nell’energia della relazione, permette alle donne di autonominarsi
ed autosignificarsi.
Molti altri sono stati gii aspetti trattati nel
corso della relazione di Elizabeth E. Green.
Sinceramente non credo di essere in grado di
dare un giudizio personale sul discorso della
Green: mi mancano molti elementi che mi
permettono di ricostruire il percorso che ha
condotto a ciò che abbiamo ascoltato, anche
se, parlando superficialmente, reputo l’impegno della “teologi al femminile” molto proficuo
e “profetico” direi, per un credente maschio
ma soprattutto per le Chiese in generale affinché questa voce femminile che si leva dal testo possa far ripensare ai molti momenti deila
storia delle chiese in cui la donna è stato effettivamente vittima dell’ordine maschile, autofondantesi anche nel Testo.
Questo mi ha fatto da ultimo pensare a
quanti racconti, a quante storie, a quanti visi e
voci la Bibbia celi in sé, e a quanto difficile ma
stimolante sia il cammino di scoperta, di
ascolto e di testimonianza di essi.
(1) Questo panorama è richiamato dalla
stessa Green in: Indirizzi della cristologia femminista Cfr. Protestantesimo, 4 (1994), pp.
354-366.
Samuele Pigoni (Codroipo)
Cara Elizabeth,
ti ringrazio per il tuo intervento ai campo
studi, per aver condiviso con noi un percorso
di ricerca profondo — a tratti difficiie - sul rapporto tra testimonianza e teoiogia femminista.
Pariare da donna ad un gruppo misto, parlare
da teologa ad un gruppo di giovani variegati
non è una sfida da poco e i sono riconoscente per averia coita con noi.
il nostro campo si è sviiuppato soprattutto
come ascoito di parole e di narrazioni di storie
personali. La tua parola è stata di “peso" per
me perché mi ha guidato attraverso l’esperienza dei movimento delle donne con uno
sguardo di credente, con lo sguardo della Parabola vivente di Dio.
Il percorso di cui hai narrato, dall’autocoscienza alla rilettura e riscoperta delle donne
della Bibbia, fino al Cristo come la Parabola
vivente, mi ha fatto riflettere sulla potenza della parola: tutto quello che siamo è raccontato
con parole ed è una narrazione davanti ad altri sguardi, una narrazione che ci dà identità;
anzi la nostra storia personale e di fede è narrata da altre donne, le donne che ci sono di
fronte: in fondo è di una donna il primo sguardo che ci viene rivolto. Di queste riflessioni mi
permane addosso, fisicamente, il “peso" e la
potenza delle nostre relazioni, tra donne, tra
donne e uomini, tra donne/uomini e Dio, relazioni in cui si gioca la storia della salvezza.
Spesso però la narrazione non è immediatamente comprensibile, e così non lo è neanche il Cristo di cui tu parli come Parabola e
come Energia - in- relazione. Anche la nostra
autenticità di esseri umani è rimandata dagli
sguardi di altre e del Cristo? La testimonianza
può essere intesa come sguardi di altre
sull’autenticità delle nostre relazioni, in una
circolarità di reciprocità che mi restituisce di
nuovo con forza l’Energia in relazione? Non è
però anche paralizzante il fatto di essere responsabili / testimoni non solo delle relazioni
umane ma anche della presenza di Cristo in
queste?
Mi tornano alla mente le parole di una
campiste durante le valutazioni: diceva che
non si può parlare di Dio senza parlare di se
stesse e che forse la fatica deriva proprio dallo scoprirsi davanti ad altre e altri. Sembra
quasi che pensare la testimonianza mi abbia
portato a ricercare un’etica delle relazioni fondata non soltanto sulla responsabilità personale, ma soprattutto sullo sguardo di altre e
altri che narrano di me.
Con affetto.
Silvia Rostagno (Agape )
CAMPO TEOLOGICO INTERNAZIONALE.DI AGAPE
“PERCORSI DI VITA, PERCORSI DI FEDE ”
Il campo, impostato secondo la migliore tradizione fgeina. sarà centrato da un lato sull'Intreccio tra biografia e fede e dall'altro sull'attenzione al contesto sociopolitìco-cultural-eccetera in cui la fede viene vissuta.
l/le partecipanti saranno prevalentemente giovani provenienti dalle diverse organizzazioni europee affiliate al Movimento Cristiano Studenti.
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi ad Agape:
tei. 0121./807514 fax 0121/807690
Affrettarsi perchè i posti sono limitati!
)ri. Grazie,
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L’ALBERO DELLE STORIE Storie di testimoni
Mollo ooimolgeote è stata la maltloata dal campo lo cui abbiamo ascoltalo tre tastlrpoblaoze: Howard Yorth. vice presídame della Fao, ha raccomalo con etflcacla e semplicità del suo prezioso la
'^uZ^rUTv^ o"“oSa 7^ì‘alSaml*becTb7m"cS^^^^ ÌoTsSlaTlna batllsla nel secondo dopoguerra, ricordando cbe ciascuno a ciascuna di noi sì Insensoe - con la propria
“ a causa dette sua posizioni radicali, oggi impegnato In una comunità di recupero per tossicodipandemt, ba raccontato la propria stona in
modo particolarmente toccante, attraverso le storie disperate, violente, che lui stesso ha ascoltato e co^ivi^.
FEDE E LAVORO
ABITARE L’ANGOSCIA
Vivere la propria fede nel mondo del lavoro
non è semplice: la carriera, il rapporto con gli
altri, il potere, il profitto ci portano spesso a vivere il lavoro in una dimensione extra-fede.
Howard Yorth, vicepresidente della FAO, an-che nel lavoro ha scelto di vivere la fede e di
darne testimonianza. Dunque è possibile coniugare il nostro essere credenti con il mondo
del lavoro, passare così da un modello capitalistico ad uno cristiano. Se riusciamo a fare
questo passo allora tutto assume un altro si-gnificato: le persone con cui lavori e per cui
lavori non sono più numeri da far quadrare
nel bilancio ma fratelli e sorelle; anche I utilità
del proprio lavoro assume un sapore diverso,
non solo più quello del profitto ma anche la
consapevolezza di fare qualcosa per gli altri, il
tuo prossimo. Vivere o cercare di vivere pienamente il nostro essere credente implica
una dimensione personale, soggettiva. E nella quotidianità del nostro agire che diamo testimonianza, Howard ci ha raccontato come i
casi della vita l’hanno posto di fronte a scelte,
lui ha scelto da credente.
Elia Piovano (Torino)
lo vorrei raccontarvi quello che Franco mi
ha raccontato.
Franco mi ha raccontato delle storie. Delle storie di ragazzi e ragazze tossicodipendenti. Delle storie terribili, reali, angoscianti.
Man mano che lui raccontava, la mia angoscia cresceva. Ed è continuata a crescere fino alla fine, fino all’ultima storia.
In quel momento, alla fine, da quell’angoscia che descriveva così bene il mondo ohe!
mi circonda, il mondo nel quale io
quell’angoscia io volevo scap,
uscire dalla stanza dove sta\^!A
vo scappare con la speranza*!^
che avevo sentite sarebbero rim
nella stanza; avevo ascolt
seduto, con altre persone
scia mi sono sentito profondamente solo.
Volevo scappare, ma Franco era lì, seduto davanti a me, a dirmi che lui vive quotidianamente quella stessa angoscia.
Sono rimasto seduto anch’io.
E mentre guardavo Franco mi sono accorto che non era possibile scappare dall’angoscia, che non era possibile scappare dalla
'íaí
realtà. Mentre lo guardavo mi sono accorto
che era possibile vivere l’angoscia insieme
ad altre persone. Perché è questo quello che
Franco fa.
Franco abita l’angoscia insieme ad altre
persone.
Noi abitiamo uno spazio, l’angoscia, che
a^osciamo bene, e lo abitiamo insieme ad
OTfi uomirù e ad altre donne. Certo l’angoipJra np|i''*(^wnico spazio che possiamo abit^A'M^ìhsieme agli altri e alle altre noi
s^^temwno altri spazi da abitare. Cerchiamo
Ki di speranza.
E mentre pensavo questo, mentre guardavo Franco abitare l’angoscia e cercare
nuovi spazi, la mia voglia di scappare è stata
sostituita dalla voglia di cercare uno spazio
di speranza. La forza angosciante delle storie che Franco mi ha raccontato e che cercava di portarmi via dalla realtà, dallo spazio
nel quale abito, si è tramutata in uno slancio
nuovo per cercare insieme ad altri e altre, un
nuovo spazio da abitare, uno spazio di speranza.
Franco mi ha raccontato questo, che è
necessario abitare l’angoscia per poter abitare la speranza.
Daniele Del Priore (Como)
Attenzione!
la redazione del Notiziario si
scusa per la mancata pubblicazione del terzo articolo sulla testimonianza di Elena Girolami,
dovuta a spiacevoli inconvenienti “tecnici”.
Provvederemo alla sua pubblicazione, anche se tardiva, nel
prossimo numero.
La redasiùn
12
r
f
MEMORIA, NARRAZIONE, TESTIMONIANZA
Il laboratorio teatrale realizzato alla fine del campo studi aveva come obiettivo la rivisitazione narrativa di un testo biblico (Marco 5, 21-43). I campisti e ie campiste,
divise in gruppi, hanno letto attentamente il testo, lo hanno analizzato accuratamente, hanno scavato in profondità ii suo significato, fino a narrare nuovamente la stona. Alla
fine del campo si è svolto uno spettacolo collettivo in cui ciascuno era insieme attore e spettatore.
CjC Le due donne protaqoniste dei testo - ia donna dal flusso di sangue e la figlia di Giairo - sono state ribattezzate con i nomi immaginari di Gianna e Veronica. Gii attori del laboratorio,
coordinati dall’efficientissimo gruppo deila regia, hanno immaginato di ritrovarsi insieme molti anni dopo la guarigione di Gianna eia resurrezione di l7a^ccontTdei mtaS
invece è molto anziana e malata. I personaggi che si avvicendavano suila scena, ciascuno a suo modo e dal proprio punto di vista, testimoniavano ancora, con i propri ricordi e racconti, de
li operati da Gesù e del cambiamento generato in tutte ia persone che lo avevano incontrato.
Ai termine della rappresentazione neila casa di Veronica si ritrovano due personaggi: ia figlia della balia di Veronica, che ricostruisce ciò che avvenne tanti anni
conti di sua madre, e un anziano servitore della casa, adolescente ai tempi della resurrezione di Veronica, che racconta io stesso evento dal suo punto di vista e alla fine ricorda una preghie a
roñica stessa usava ripetere spesso, dopo l’incontro con Gesù. Ascottiamo il loro dialogo.
(la balia)
Balia mia madre. Balia la madre di mia
madre. Balia sarebbe stata mia figlia, se ne
avessi avuta una. Sempre così. Quando vivi
a stretto contatto con dei bambini, presente
in tutte le tappe della loro crescita, quando li
vedi nascere e li attacchi al tuo seno e consoli i loro pianti e vegli il loro sonno e i loro incubi, arrivi a sentire quelle creature figlie della tua propria carne. Così era per mia madre
con la piccola Veronica. Raccontava spesso
a me e alle mie sorelle la storia di Veronica. I
suoi occhi si adombravano o si illuminavano
come se ogni volta che la narrava rivivesse
quell’esperienza.
Ci diceva di come quella malattia oscura e
inspiegabile colse la piccola. Era terrorizzata.
Ci raccontava piangendo che le sue nenie
non riuscivano più ad allietare la poverina.
Non le portava più alcun conforto stringendola in grembo o asciugando le sue lacrime. Era
sempre più lontana, sempre più bianca in viso
e così magra che il suo visino giovane pareva
raggrinzirsi prima del tempo. E non le facevano niente le medicine che le presentavano i
numerosissimi medici che il padre, come impazzito, mandava a chiamare in continuazione. Neanche i decotti caldi che mia madre le
preparava con tanto amore sembravano portarle giovamento.
La madre della bimba, povera donna, non
faceva che piangere e il padre si chiudeva
sempre più in un mondo che sembrava diverso da quello degli altri intorno a lui. Veronica
peggiorava di giorno in giorno e il padre, non
potendone più, corse a chiamare un uomo
che chiamavano il Maestro, che si diceva
avesse dei poteri speciali.
La bimba era come morta. La balia le chiuse gli occhi per privare la madre di questo dolore e pianse e urlò perché credeva fosse
morta la sua stessa figlia. Ma finalmente giunse di nuovo il padre, che aveva indugiato a
lungo fuori di casa. E portava con sé quell’uomo e altri suoi compagni. Lui disse che la
bimba non era morta, “dormiva”.
Mia madre sentì come un groppo in gola,
che esplose in un singhiozzo. Non ebbe il coraggio di parlare. Le altre donne continuavano a piangere e qualcuno dei servi rideva.
Ma poi entrarono nella stanza dove giaceva Veronica. Inquieta per quella figura di uomo tanto misterioso, mia madre non voleva
che la vedesse, credeva potesse infliggere
una qualche maledizione alla sua anima innocente.
Poco tempo dopo uscirono dalla stanza e
Veronica camminava davanti a loro. La povera donna sentiva il cuore traboccarle di gioia e
piangeva stringendola forte al seno. Sempre,
nel raccontare questa storia, tremava d’emozione, timida, sentendo di essere stata testimone del miracolo.
(il servitore)
In questo momento di dolore voglio portarti
una buona notizia. Anch’io con tua madre
condivisi il dolore per Veronica e per la sua
morte prematura. A quel tempo già lavoravo
nella casa di Giairo, mi occupavo di piccoli
compiti nella cucina della casa.
Ci sentivamo impotenti di fronte alla orribile
certezza della morte. E anch’io, con tutti, risi
dell’uomo che giunse in casa con il capo della
sinagoga e ci disse, con chissà quale autorità, che Veronica non era morta, bensì dormiva. Un alone di mistero circondava quell’uomo, la sua sicurezza mi colpì e quel suo
sguardo...
Non sapevo ancora che cosa volesse fare.
Solo dopo capii. Sentii parlare di lui nuovamente, alcuni anni dopo. Gesù di Nazaret,
questo il suo nome, è il Cristo, il figlio di Dio.
Egli ha vinto la morte, è risuscitato! Quel giorno, dopo che ebbe resuscitato Veronica, mi
disse di preparare da mangiare per lei. Allora,
nonostante la gioia per Veronica, non capivo.
Solo più tardi ho capito, ho riconosciuto il miracolo quando Gesù stesso, quell’uomo misterioso che un giorno entrò nella casa di Veronica, è risuscitato. Adesso riconosco la potenza di Dio e lodo il Signore. Ora alla mente
mi tornano le parole di ringraziamento al Signore che Veronica ripeteva spesso dopo l’incontro con Gesù. Ora le comprendo appieno
e le condivido.
Durante il culto, dal fondo della sala si avvicina una donna coperta di stracci, sporca, tremante. Attraversata tutta la sala, la donna si accosta ad
uno dei presenti, si toglie ie scarpe e gliele fa calzare; quella persona allora le dice: Va, la tua fede ti ha salvata .
trasforma gli uni le altre, che possiamo rac
Abbiamo raccontato una storia...
Abbiamo vissuto una storia...
Abbiamo raccontato la storia di una “perdente”, di una “spostata”, di una “barbona”...
di una persona sconfitta dalla storia.
Abbiamo raccontato una storia, ma ne siamo anche stati e state testimoni. Abbiamo
raccontato un momento in cui si sono incontrati i fallimenti e le vittorie di uomini e donsentimenti e i dolori.
ne...
Abbiamo anche letto la storia di una donna; una donna impura, che fa un atto sower
titore, rivoluzionario, impensabile ed inaspettato. Un atto sacrilego.
Abbiamo raccontato... e abbiamo letto una
storia. La storia di una donna che ha riconosciuto Gesù, lo ha amato ed è stata salvata
da Dio per il suo amore. La storia di una donna che, allo stesso tempo, è stata salvata da
Dio ed ha per questo amato e ringraziato Gesù con tutta se stessa. La donna riconosce in
Gesù il salvatore del mondo, riconosce in lui
l’amore di Dio per tutto il mondo, per tutta
l’umanità. E per questo, per questa chiamata
liberatrice e salvatrice che ha ricevuto, lo ringrazia e lo ama.
E per dimostrarlo lo tocca... e dona tutta se
stessa anche a costo dello scandalo e dell’allontanamento.
Gesù il salvatore del mondo. Tutto il vangelo di Luca è una grande e continua testimonianza della “buona novella”. Una grande
e continua testimonianza dell’annuncio che
Gesù è il salvatore degli ultimi, degli spostati,
dei crocifissi. E Gesù questo lo spiega, in
continuazione, attraverso lo strumento della
parabola.
Come la teologia femminista usa la parabola per destabilizzare il mondo costruito dal
potere, costruito dagli uomini per gli uomini,
così Gesù stravolge le convenzioni del fariseo
Simone con lo strumento del racconto della
parabola. La parabola consente a Gesù di superare due problemi. Da una parte l’impossibilità di dire Dio in modo diretto, immediato,
dall’altra* la necessità di spingere l’interlocutore ad interrogarsi, a riflettere su se stesso. La
parabola esprime Dio in
' modo indiretto ed inter
pella l’interlocutore.
D’altra parte, e anche
questo lo abbiamo visto
durante il nostro campo,
MI racconto era un elemento fondamentale per
l’identità e la storia del
popolo ebraico. Ma non
fsono solo le parabole di
¡Gesù a parlarci, non so:no solo i suoi gesti e le
’^sue azioni: è la vita delle
persone, la vita di questi
e queste inattesi che irrompono a turbare la
nostra tranquillità e ci destabilizzano, ci costringono ad interrogarci e ci parlano del fatto
che Dio agisce nella loro vita. Sono le testimonianze degli “spostati”, dei “feriti”, dei “crocifissi” che cambiano la nostra vita ed è in loro che incontriamo Cristo. Incontriamo Cristo
perché è crocifisso con i crocifissi, ferito con i
feriti, ultimo con gli ultimi. Perché la sua vita,
come la nostra, è cambiata dalle relazioni che
costituisce con tutti noi. La sua vita è cambiata come nell’incontro con Gianna, la donna
che ha avuto il coraggio di toccarlo e di confessare la sua fede. Lei ultima e impura tra gli
impuri.
Il racconto dei “feriti” cambia la vita di Gesù, ma soprattutto cambia la mia vita, come ci
ha raccontato Pranco Brescia. Se una storia
mi viene raccontata io divento parte di questa
storia... e la potrò raccontare, perché la testimonianza degli inattesi ci parla e perché Cristo è sulla croce con loro. Quindi è a causa di
questo incontro, di questa relazione che ci
contare come Cristo è presente nella vita di
Gianna, nella vita della donna impura, nella
vita della barbona, nella vita di Veronica e di
suo padre. Di come è presente nella vita delle
famiglie del dopoguerra che vivevano nelle
baracche e che Elena Girolami - ci è stato
raccontato da lei stessa - andava a visitare.
Di cbme è presente nella vita di milioni di donne, uomini e bambini che soffrono la fame e
per i quali Howard Yorth sta lavorando da tanti anni. Nelle vite disperate che ci ha narrato
Franco Brescia.
Ma noi, come ci poniamo in questo cammino, in questo lungo filo della memoria, della testimonianza di testimonianze che ci interpella? Possiamo forse guardare alla candela contenuta in questa scatola (passa di
mano in mano, fra le persone presenti al culto, una piccola scatola di cartone che contiene una candela accesa). Possiamo pensare
che Gesù, la sua vita, gli incontri che hanno
cambiato l’esistenza di altre persone, siano
come questa candela, che noi non vediamo
perché ci è solo “raccontata” attraverso la
scatola che la contiene. La scatola è il codice, la confezione del racconto, la testimonianza del fatto che ci viene narrata. E’ la
nostra “identità narrativa”.
(la preghiera di Veronica)
Adesso mi ritrovo qui, in questo letto dove
ho sentito andar via la vita. Ho sentito nel
profondo del mio animo un sovrapporsi di
emozioni: dolore, sgomento, rassegnazione e
insieme rabbia, perché non riuscivo a trovare
in me la forza per rimanere viva, quella forza
che mi permetteva di vivere spensierata nella
mia fanciullezza.
Quando pensavo fosse finita ti ho sentito
entrare in me dapprima come un leggero
soffio di brezza estiva, poi come un vento
desertico, che ha stravolto tutti i miei sentimenti, fino ad annullarli. Nel nostro incontro
mi é bastato che tu mi sfiorassi, mi toccassi,
per rendermi la vita, la pace. E per tutto questo, mio Signore, ti ringrazio, e non smetterò
mai di raccontare la mia storia e di testimoniare quello che tu hai cambiato in me e in
tutte le persone a cui sei stato vicino anche
solo per un momento. Lode a te, eterna luce
della mia vita.
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51.
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DAL CULTO FINALE DEL CAMPO (Luca 7,36-50)
Ma noi, anche se non abbiamo visto Gesù
direttamente, anche se non siamo i primi testimoni, possiamo sentirlo ugualmente. Gesù
ci parla con il calore che percepiamo toccando questa scatola, ci parla con i bagliori che
emergono da essa. Lo sentiamo perché ci
parla e agisce nella nostra vita. Lo sentiamo
perché ci chiama in prima persona e ci trasforma in testimoni dopo che siamo stati oggetto della sua testimonianza, del suo amore,
dopo che siamo stati da lui salvati e liberate.
Come ha salvato e liberato la barbona e la
donna impura.
Infondo, e questo ci è testimoniato, i discepoli hanno vissuto in prima persona il falli
mento e l’allontanamento di Gesù. Hanno fai
lito anche se erano i prescelti e di volta in voi
ta, come ci ha detto Yann Redaliè, i loro falli
menti erano accompagnati dalla valorizzazio
ne di testimoni “occasionali”, inattesi, “impro'
babili” e “scandalosi”. I discepoli, dopo aver
lasciato solo Gesù, riprendono la loro opera di
testimonianza solo grazie a Gesù e solo dopo
che Gesù li ha preceduti sulla strada (come li
ha preceduti in Galilea); le chiavi della testimonianza passano nelle mani degli ultimi e
delle inattese, che impongono di essere
ascoltate.
Come la donna che irrompe sulla scena di
Simone e testimonia la sua fede e la sua gratitudine riconoscendo Gesù come il Messia,
l’Eletto, il Figlio di Dio... allo stesso modo
noi siamo chiamati e chiamate a testimoniare Gesù, il Cristo, il Figlio di
Dio crocifisso e risorto per
essere nelle nostre vite
e liberarci. ^ f ^
I di ^
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13
daC consigCio
MUSICA IN TOSCANA
È passato anche il campo studi nazionale, occasione che aspettavamo per vederri e parlare di testimonianza. Potete leggere su questo numero tutto quello che e
successo, ma il cammino è appena iniziato, dunque invito i gruppi a continuare il lavoro con i nuovi stimoli acquisiti al campo: c’è sicuramente materia per qua che conico regionale. Purtroppo in questo campo c’è stata l’assenza di Puglia-Lucania e
Calabria In parte hanno contribuito le poste tenendo in ostaggio i Notiziari 97 per circa 2 mesi Vorrei che i gruppi di queste zone sentissero ugualmente I attenzione e
Affetto della Federazione tutta. Spero che il dispiacere per questo mancato incontro
sarà presto superato da altri momenti di condivisione che vivremo insieme.
Da gZno l’indirizzo della segreteria Fgei cambierà a causa di un mio grosso
cambiamento. Questa volta cambio regione: verso febbraio ho iniziato a
sollecitata da alcune amiche, ad un mio trasferimento ad Agape nel Nord Italia, tra le Alpi, in cui si può vivere e condividere un progetto con a/fre p
sone’’ - Ho deciso di “salire” lassù, soprattutto per il privilegio di continuare un la ro simile a quello della Fgei, che amo molto: pensare, confrontarsi, giocare/rsi, prò
aemX gZpo in un posto in cui vita personale, storie di fede e progne lavorativo
SnfilSnto e cLtivamente legate. Per i momento sarò ad Agape a me a
tempo così da poter continuare il lavoro della Fgei. Allora spero di vedervi numerosi e
numerose quest’estate!
Silvia Rostagno, do Agape, 10060 Frali (To), tei. 0121/807514
atti
Torino, 22-23 marzo ‘97^
Firenze, 7-18 maggio ‘97
"so ^Incarica Ghrgio Bonnet di partecipare al Sinodo in qualità di deputato
fi ? oom^Sno Matteo Rivoira, Serena Ribet, Paolo Montesanto, Karen La Fata, Emanue/a Crupi, Daniele Del Priore, Giorgio Bonnet, membri della staff del Seminano i
formazione Nord (29-30/11/97). , ;>n io/in/Q7
52. Si decide di tenere la prossima riunione del Consigio allargato 111-12/10/97.
Una delle caratteristiche di incontri come lo
scorso Campo studi è quello di avere la possibilità di incontrare persone che vengono da
posti diversi e che per alcuni mesi ^
possibilità di incontrare anche se ie distanze
che ci separano effettivamente non sono cosi
proibitive. . ..
Una possibile dimostrazione e data da ciò
che è capitato per quanto riguarda la Toscana: a Santa Severa il neo-costituito gruppo di
Firenze (nella chiesa battista) ha diffuso la
notizia che avevano organizzato, insieme a
gruppo musica della loro comunità, un Seminario di formazione musicaie con la partecipazione di Carlo Leila e Marta D’Auria da Napoli in rappresentanza del Grume.
Al seminario hanno partecipato diverse
persone giovani, meno giovani, delle comunità che ci ospitava e di altre chiese fiorentine, nonché visite da Pistoia, da Siena, da Livorno, da Milano.
Nella prima parte Marta e Cario ci hanno
mostrato ia presenza del canto come forma di
espressione della fede attraverso i secoli a
partire dalla tradizione ebraica (è stata ripresa
anche nel culto del giorno dopo una lettura
del Salmo 121 intervallata da momenti musicali); per passare alla tradizione medievaie
dove spesso veniva tutto demandato ad «addetti ai lavori» per poi passare a una breve
esposizione del ruolo avuto dalla musica di
tradizione popoiare a partire già dalla Riforma
cinquecentesca. In mezzo pomeriggio non e
stato possibile approfondire molto più di questo discorso ripreso nello scorso convegno
del Grume.
Abbiamo poi potuto conoscere meglio gli
ultimi sviluppi del lavoro del GRUppo di Musica Evangelica (della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia) e scambiare impressioni sul modo di utilizzare il canto nella liturgia delle nostre comunità di appartenenza.
Senza dubbio questo incontro che è terminato col culto domenicale dove un irnprovvisato coro è riuscito a coinvolgere nell’introduzione di inni nuovi l’intera comunità grazie alla
direzione di Carlo, ha segnato il primo passo
per un percorso di ricerca innologica daile nostre parti.
A noi ora cercare di continuare sul percorso indicatoci.
Laura Casorio (Castiglioncello)
Convegno del CEGE a Mosca ^
ABBIAMO BISOGNO DI RICONCILIARCI.
Domande sul senso degli incontri internazionali
_ « cii iin nualcosa i
Dal 16 al 23 marzo ho partecipato, in qualità di staffista, ad un incontro dei CEGE
(Consiglio Ecumenico Giovaniie Europeo) in
preparazione ail’assemblea di Graz. L’incontro era ospitato dalla chiesa ortodossa di Mosca e vi hanno preso parte una trentina di
persone, di cui circa venti provenivano dai
paesi deil’est. . ■ ^
Buona parte dei partecipanti provenienti da
questi paesi erano studenti di teologia, a differenza di coloro che come me, occidentali,
avevano una preparazione teologica legata ai
loro anni di catechismo o ad altri incontri dei
genere organizzati daile federazioni nazionali.
L’incontro ha dato a tutte e a tutti I opportunità di conoscere la realtà della chiesa ortodossa a Mosca e più in generale quella di conoscere un pò di più questo paese, inoitre,
come è obiettivo in tutti questi tipi di incontri,
spero sia stata una buona occasione per tessere nuove relazioni, scambiarsi esperienze,
conoscere la realtà di aitri paesi attraverso i
racconti di chi ci vive.
Ma dopo alcune giornate, durante le quali
la discussione stentava a partire perché non
era chiaro quale fosse l’obiettivo che ci si proponeva si è arrivati alla domanda essenzia e.
cosa andiamo a fare a Graz? Anzi, diciamola
tutta, la domanda non è stata affatto posta,
come se si avesse paura di dover prendere
una posizione come CEGE su un qualcosa
da dire. E il problema direi che sta proprio qui.
Voglio dire, qualunque sia l’importanza che
noi diamo a questo tipo di Meeting (io poca)
penso che l’idea do portare in un ambito più
ampio il nostro punto di vista su alcune questioni (per esempio il ruolo della donna, la riflessione sulle immagini di Dio fatta negli ultimi anni o quelia sulia bioetica) sia comunque
positivo. Penso che in questo modo si faccia
del “buon ecumenismo” nel senso che
si mette in piazza
qualcosa della nostra identità e ci si
confronta con aitri
credenti.
Ma... i’idea che ci
sta dietro resta
oscura, vogliamo
fare delie grandi dichiarazioni frutto di
mediazioni di varie
identità per fare una
pressione politica
sul parlamento europeo rispetto ad alcune questioni che
riteniamo cruciaii
per tentare di costruire un’Europa che non sia
soltanto del libero mercato? Oppure vogliamo
soltanto raccontarci le nostre differenze e utilizzare questi meeting internazionali come
momento molto fruttuoso (di solito per chi ci
va e un pò meno per chi si legge i resoconti)
in cui singolarmente ci sentiamo un pò piu
ecumenici perché ci confrontiamo con altre
fedi e culture?
Non dico che in questo modo non si diffonda un pò di sano ecumenismo, ma non corriamo il rischio di creare una specie di religione
a parte dove si parla con quelle duecento parole d’inglese che tutti conoscono e ci si sente
un pò stupidamente “poiitically correct.
Personalmente ho sempre cercato di difendere completamente la mia identità ben sapendo che a voite non coincide con la posizione ufficiale(caso mai ce ne fosse una) della mia federazione, sapendo bene di passare
a volte per uno che ha solo voglia di scandalizzare. Ho constatato che questo sistema viene tanto apprezzato quanto poco seguito da
buona parte degli altri partecipanti soprattutto
quando sono io a chiedere: scusate ma come
CEGE, cosa abbiamo da dire, vogiiamo portare una nostra posizione a Graz o no?
Qual è il motivo per cui sta in piedi questa
immensa e dispendiosa organizzazione inter
nazionale, far incontrare giovani con il pretesto che siamo Cristiani di diverse nazionalità?
Non so davvero quale possa essere la risposta, ma mi piacerebbe aprire un dibattito al
nostro interno non fosse altro che per far si
che un pò più di gente conosca il lavoro di
queste qrganizzazioni, se non altro non sara
più così difficile trovare qualcuna/o che abbia
voglia di partecipare a questi incontri.
La domanda che mi viene in mente potrebbe essere: che tipo di testimonianza andiamo
a fare all’estero? Ci interessa farlo? Pensiamo di avere qualcosa da ricevere/dare in questi incontri?
Una prima occasione per sperimentarlo
potrebbe essere l’incontro su “Chiesa, etica e
sessualità” organizzato sempre dal CEGE ad
Agape a Novembre. Mi rendo conto che forse
il tema è un pò passato di moda, forse non è
la cosa più interessante di cui parlare, ma la
differenza di genere è uno dei pochi argomenti che ha generato discussione all ultimo
General Meeting del CEGE di settembre ed e
per questo che si è pensato di organizzare un
seminario su questo tema. Mi piacerebbe che
il dibattito che c’è stato negii ultimi anni ail interno della Fgei non andasse perso in un’occasione come questa, no tanto per dire la nostra è la posizione giusta, quanto per confrontarci con aitre e altri a partire da un lavoro fatto e chissà che all’interno del CEGE per la
prossima assembiea ecumenica non ci sia un
dibattito rispetto a quale posizione prendere
su questo tema, lilusioni...? D’altra parte, se
no perché partecipare, solo per andare a Mosca?
Davide Rostan (Luserna S.Giovanni)
ECUMENISMO
A PINEROLO
Domenica 13 aprile si è svolta a Pinerolo
(To) una giornata ecumenica dal titolo (molto
originale): “Riconciliazione: dono di Dio e sorgente di vita nuova".
L’incontro si è svolto nel bellissimo giardino dell’oratorio della Parrocchia di S. Domenico ed è stato preparato da alcuni rappresentanti dei gruppi che vi hanno partecipato: cattolici, evangelici, comunità di base.
La giornata ha visto il suo nascere con un
divertente gioco di presentazione ed è proseguita con una discussione in gruppi dove
ognuno si è presentato in rapporto alla propria “chiesa” di appartenenza. Si è parlato
delle proprie attività, delle proprie abitudini e
in alcuni casi del proprio modo di vivere la fede.
Dopo il pranzo e i giochi, rigorosamente
all’aperto e rigorosamente ecumenici (partite
di calcio e di pallavolo interconfessionali) i
gruppi hanno ripreso i lavori con una riflessione sulla riconciliazione, basandosi su alcune
domande: Cos’è per te la riconciliazione?
Pensi che ci sia qualcosa o qualcuno verso
cui senti il bisogno di riconciliarti? Dove c’è
più bisogno di riconciliazione? Pensi di aver
vissuto un’esperienza di riconciliazione?
La discussione è stata molto ricca e ha
toccato vari ambiti: sociale, politico, personale, religioso...
A questo punto i gruppi si sono invitati a vicenda a una serie di appuntamenti che, ovviamente”, cadevano tutti nelle stesse date...
Il momento di chiusura è stato un culto con
canti, letture, preghiere e riflessioni apportate
da ogni gruppo. All'Interno del culto è avvenuto un momento di condivisione del lavoro
svolto durante la giornata ed è emersa l’esigenza sia a livello dei gruppi da un lato, e individuale dall’altra, di portare avanti questo tipo di incontri e intensificare la partecipazione
alle attività delle varie “chiese” per un confronto, uno scambio, un vivere in prima persona le “diversità”.
Carla Necchio
Michelle Rovara (Torre Pellice)
14
SARANNO FAMOSÍ
r^ruppí alla ribaltaJ
Ecumene, 24-25 aprile ‘97
ANÌMAZÌOHE A TUTTI I LIVELLI
Finalmente , dopo una lunga assenza, nella Chiesa battista di Firenze è rinato un gruppo giovanile. È di dimensioni modeste; 5 partecipanti (Lorenzo, Susanna, Katiusha, Chiara e Pasquale) assidui,
con un numero imprecisato di simpatizzanti
(altri 6 o 7 amici e amiche che voi- q ^ C
ta per volta vengono alle nostre |
riunioni).
Il gruppo si è iscritto alla Fgei. Si riunisce
ogni sabato pomeriggio in Borgognissanti,
presso i *
Le nostre^#\là fergiÌÌ3(ljJyimazioni
bibliche, pr^^tl e ^Mi^sSìssi^i sull’attualità. Prevediamo di incontrare gli altri gruppi Fgei della città e siamo in contatto con il
gruppo della Chiesa apostolica di Firenze.
Domenica 2 marzo abbiamo tenuto il no
stro primo culto giovanile per la Domenica
Fgei. La comunità composta in prevalenza da
persone anziane, ci ha accolto molto calorosamente.
Convegno del GRUME (gruppo musica evangelicBì
Per maggio s1te^p™nl^'rT|(lDl|emlnario di Forma^ae i/luAj«rf
comunità e ai giovani musicisti evangelici degli altri gruppi fiorentini, con lo scopo di apprendere i nuovi inni studiati dal
Grume. Consulente d’eccezione:
Carlo Leila!
Per concludere. Chiediamo
che qualcuno spieghi a Lorenzo (che tra l’altro è il nostro cassiere) l’espressione “La Fgei
sei (solo) tu!’’. PerJ momento gli è stato consigliato un bre^^cp[J#nl leverà
tra il 30 aprile tiaayjcl:^. fa'tciper riflettere... Gruppo Fgei
Chiesa battista di Firenze
Chiara, Katiuska, Lorenzo, Pasquale, Susanna
Ecco il gruppo aH’appuntamento del sabato. Si noti il cassiere Lorenzo in palpitante attesa.
Pasquale non compare per problemi alla calzamaglia.
Al convegno dei musicisti evangelici eravamo poco più di 40; 3 sono stati i giorni di lavoro, nei quali abbiamo goduto anche della sublime cucina del Centro ospitante; circa 12 le
ore giornaliere dedicate al canto, all’ascolto,
alla composizione e al confronto; meno di 7
quelie di riposo... e, anche se ii dima era
tutt’altro che apocalittico (possiamo dirci poco
più in la della Genesi!), la sensazione di essere stata con alcuni dei «144mila eietti» non
me ia toglie nessuno.
Infatti, al convegno, privato per spiacevoli
imprevisti di alcuni suoi momenti importanti,
ma meno congelato e più vivace del primo, è
stato frequentato da professori di armonia, da
organisti, da direttori di coro, da professionisti
e studiosi insomma che, pur autodefinendosi
socraticamente ignoranti lo erano certamente
a un livello più alto.
Messa da parte, però, la sensazione di disagio voglio condividere con voi quella più
persistente di preoccupazione ansiosa. Questo è lo stato emozionale. Infatti, di chi lavora
con giovani e bambini/e considerandoli «chiesa di oggi per averne ancora una domani, che
per questo crede in un cristiano e responsabile avvicinamento degli adulti al loro mondo
(che tra l’altro fa bene!), attraverso nuove forme liturgiche che prevedano anche canti comuni e coinvolgenti per testo e melodia, ai
quaii, in genere, inapplicabiie risulta II suono
dell’organo ma, ben accoppiato il battito delle
mani; che crede nella ricchezza della multietnlcltà e nel rispetto delle diverse culture, in
questo caso, musicali, rifuggendo assolutamente dalla tentazione di occidentalizzarle;
che, per farla breve, crede nell’animazione totale e a tutti i livelli, animazione intesa come
passione da esprimere, come gioia che da
Dio ci viene, come voglia di testimoniare e dovere di comunicare, sempre vigili e attenti alle
necessità della comunità e della realtà circostante (non sarebbe male, infatti, guardarsi intorno e vedere in quanti si è rimasti, quale fascia di età è predominante e accorgersi che
Culto Fgei a Cagliari
ESSERE O NON ESSERE... LIBERI?
Siamo uomini/donne o marionette?
La bellissima cornice naturale del campo
Sardegna, questa volta non ha potuto accompagnare Il momento F.G.E.I. dell'anno ma In
compenso, nella nostra favolosa Cagliari, abbiamo trasformato la chiesa in una coloratissima scatola piena di sorprese. Per fortuna
nessuno/a l’ha agitata!
Quest’anno il gruppo locale ha focalizzato
l’attenzione su un tema affascinante ma angosciante: la libertà. Qvvero, siamo liberi o
siamo facenti parte di un progetto già deciso,
0 peggio, giusto per complicarci la vita, siamo liberi/e di agire all’interno di
un progetto già tracciato?
Dubbi, angosce, perplessità... che comunque
non sono state chiarite a
fine culto, abbiamo condiviso insieme queste sensazioni con gli/le altri/e fratelli/sorelle della comunità.
Il sermone è stato suddiviso in tre parti e tre
componenti del gruppo
hanno studiato la libertà
sotto tre differenti aspetti.
LA LIBERTÀ PRIMA DELLA VENUTA DI
CRISTO; LA LIBERTÀ CON CRISTO; LA LIBERTÀ CON IL RITORNO DI CRISTO.
La prima parte è stata introdotta dalla lettura tratta da Esodo 1,8-14 ;3,7-10, e da esso
abbiamo preso spunto per la prima parte del
sermone focalizzato su un concetto assai
semplice: siamo totalmente liberi! Ovvero una
globale ed incondizionata libertà di scelta
all’Interno di un mondo perfetto dove uomo e
donna potevano tutto; conseguentemente anche scegliere tra il bene ed il male.
Da perfetti/e e furbi/e cosa abbiamo fatto:
la SCHIAVITÙ!
Ottima scelta, una libertà quindi compresa
nel suo essere solo quando si conoscono le
conseguenze di una eventuale limitazione.
Ma Dio nella sua bontà ci ha fatto scegliere, e
nonostante la scelta di pessimo gusto, la
schiavitù, ci ha aiutato dandoci sostegno fisico e spirituale. Ma spesso, forse perché diamo per scontata questa condizione, ci sentiamo schiavi o ci rendiamo schiavi. Basti pensare a tutte quelle persone che non possono
fare le cose più comuni, e se volete, banali,
della nostra quotidianità: andare a scuoia,
giocare, lavarsi, nutrirsi.
La seconda parte dei nostro sermone è
stata introdotta con Matteo 28,15-20, e abbiamo scelto di focalizzare l’attenzione sulla libertà, il messaggio evangelico ed il nostro
modo di Interpretarlo. Ovvero abbiamo cercato di dimostrare che un’interpretazione letteraria del testo evangelico può indurre a contraddire l’idea che siamo tutti/e liberi/e di accettare o respingere il messaggio di Dio. Forse
perché Gesù quando parla o insegna agli uomini sembra non tenere conto delle varie differenze che intercorrono fra loro, differenze
sociali, culturali, intellettive, un’unica iinea di
pensiero che accomunerebbe loro a una serie
di prodotti usciti da un unico stampo di una
fabbrica (di plasticai).
A volte le stesse parabole che dovrebbero
semplificarci il messaggio non lo fanno, e
spesso anzi lasciano con una sospensione
che potrebbe impedire l’esatta analisi della
lettura stessa. Non possiamo quindi, nella nostra libertà, scegliere tra Dio e altro. Ma spesso gli uomini hanno ovviamente l’inconsapevolezza di non conoscere tutti il messaggio di
Dio, 0 più umanamente di averio interpretato
in maniera distorta in base a un personale criterio.
Quindi non tutti possono gestire questa libertà di scelta allo stesso modo. Potrebbe
quindi apparire un Gesù intollerante, cinico,
ed a volte severo verso queste nostre debolezze. Se vogliamo credere a un Dio più tollerante nei nostri confronti, credendo che ci abbia resi tutti liberi di scegliere, possiamo credere che in alcuni casi vi sia stata una distorsione nelio scrivere i fatti dove Gesù è protagonista. Distorsione da ricercarsi in quei trenta anni intercorsi tra la morte di Cristo e la trascrizione della sua vita. Allora il messaggio
“chi crede in me, verrà salvato’’ può voler Indicare: “chi crede nel messaggio d’amore che
io porto, chi è benevoio e vive nel pieno rispetto degli altri, verrà salvato". Allora non è
necessario avere una propria religione ben
definita; piena libertà di scegliere tra il bene
ed II male. Per la terza parte, infine, abbiamo
scelto una lettura a mio avviso molto particolare che non si schiera da nessuna delle due
correnti: Romani 8,18-30. Ma questo ritorno di Cristo ci sarà o no? Quando Gesù .
è risorto è il tempo della fine, è sempre
il tempo della fine! Ma questa fine è la
gloria futura, di cui parla Paolo nella
lettera a! Romani, ia nostra vita è l’attesa di questa fine? La nostra vita,
quindi avrebbe senso in funzione di
questo appuntamento con Dio, e dei
ritorno di Cristo? Forse non è cosi.
Sappiamo invece che l’insegnamento di Cristo, la sua parola, sono
linfa vitale per questa esistenza che
non può essere considerata di passaggio, una sorta di viatico per un do
bisogna fare qualcosa).
La mia preoccupazione è che gli «eiem
lavorino per e tra loro e che i giovani, ma nj
soltanto, che non avranno anche volutamen ’
retto alla schizofrenia imposta dal dualism
chiesa-quotidianità, si saranno allontanati
non soltanto dalla comunità.
A fine convegno, certo, quatto che conta
ia mozione finale che lascia ben sperare an
che su un nuovo innario, che, a mio parere,
formerà man mano da sé comunque. Ma, nj
frattempo, è importante sperimentare, no
chiudersi a niente e a nessuno, far circola^
materiale e Idee... e soprattutto a noi dico d
farci sentire, di esserci quando ci sono decisioni da prendere (con i piedi per terra), ì
non arrendersi alle non approvazioni e di ij.
cordare sempre le mozioni-lavoro dell’ultirn
congresso. Per esemplo, durante la Riforma,
cui princìpi è sempre bene tener presenti,
qualcuno ha pensato di portare in chiesa me.
lodie popolari (scandalo!): qual è l’operaziom
equivalente che una chiesa, sempre da rìkmare, deve effettuare oggi?
Virginia Mariani (Mottok
to S
tant
no '
inco
fuor
som
C
L
Boh
son
che
son
sel
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eva
re II
nel
nile
cor
tere
org
noi
So
le :
bai
gri
nic
gri
mi
ne
pe
me
da
po.
Dobbiamo mettere in pratica gli insegnamenti in questa vita, cercando adesso di fare
il bene. Dio ci ha destinati a essere simili al figlio suo e fa tendere ogni cosa al bene, ma
forse, visto che lui/lel ha previsto questo, tanto liberi non siamo...! Ma II suo grande atto
d’amore è una libertà incondizionata all’interno di un universo in cui Dio fa tendere tutto al
bene. Questa interessante trilogia di sermoni
ha avuto una cornice di letture e di canti provati duramente e non poteva chiaramente
mancare FREEDOM, I Pharadisi, ed un bellissimo canone sulla pace a quattro voci... molto emozionante soprattutto la stecca iniziale
con successive scuse e relativa seconda partenza. Un momento toccante...
Non posso tralasciare di scrivere che all’interno della liturgia abbiamo accompagnatole
Cena del Signore con il canto “Quando insieme", facendo diventare questo momento diverso da quello classico. Infine da sardi non
potevano dimenticare chi non può godere di
urla splendida giornata di sole perché vittime
indifesa di un sequestro, ostaggio inerme di
persone che violano uno dei principi fonda_
mentali deU’amor prossimo: IL RISPETTO
DELLA LIBERTÀ.
Gianluca Puggioni (Cagliari)
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c/o Redazione Riforma
via Pio V, 15 10125 Torino
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'Cagliari)
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IO
la fgei che vorrei
.1 nostro gruppo giovani di Trieste è formato sia da iscritti fgei che da non iscritti. Ogni
tanto rispunta fuori la discussione: “fgei si o
no ?”■ Quest’anno abbiamo già dedicato tre
esistono anche loro, per pretendere informazioni sugli incontri internazionali, per rompere
le scatole al consiglio quando le cose non
funzionano, per proporre attività, incontri... inincontri per parlarne. Dalle discussioni saltano fine devono comunicare quel che fanno, quel
fuori questi punti di vista (ma che vorrebbero fare...
sono giusti 0 sbagliati?): UUrIrinlUll 3. Da base a base (gruppo-gruppo)
Chi è la fgei. Ollf f A ^ Qi’cpp' potrebbero comunicare tra
La fgei sono loro. Loro chi? OULLn lOLI di loro per conoscere le rispettive atti
Boh, gli altri...il consiglio...Insamma, chi comanda. Poi ci sono gli iscritti,
che però non hanno quasi alcun ruolo, se non
sono ai vertici. In ogni caso il motto “La fgei
sei tu” sembra solo una pubblicità fasulla. Allora la fgei è un privilegio d’elite?
A cosa serve la fgei?
1. Deve rappresentare la realtà dei giovani
evangelici. Ad es. al sinodo, dove può portare il punto di vista giovanile, o richiedere aiuto
nel risolvere problemi inerenti la realtà giovanile, o richieste finanziarie...
2. Deve coordinare i vari gruppi giovanili.
Facendo da tramite tra‘||tippi^| non*
conoscono, o tra gruppi distanti che hanno
teresse a collaborare assiéìftff^Mi^Wan
organizzare un viaggio o un’attività...
Nella fgei manca la comunicazione.
I “vertici” fgei (consiglio e giunte regio”'
non soddisfano al ruolo di coordinairil
Soprattutto manca la comunicazione,m tutte
le 3 direzioni: vertici-base, base-vertice, base
1. Dal vertice alla base (consigho-grùpW-'
II consiglio deve avere contatti con tutti i
gruppi (forse anche quelli non iscritti), comunicando convegni, incontri, incoraggiando
gruppi vicini a conoscersi e ad incontrarsi, comunicando a tutti le varie tematiche trattate
negli altri gruppi...questo lo si può fare o di
persona, o per lettera, o per telefono, o via email (tentiamo?) e infine col notiziario.
2. Dalla base al vertice (gruppo-consiglio).
I gruppi non devono aspettare che tutto cada loro in bocca, devono farsi vivi per dire che
vità, i temi trattati nelle riunioni...utilizzando l’indirizzario (apparso sul Notiziario)...la
posta elettronica...
Soldi, perchè paghiamo.
*per i viaggi del consiglio in giro per l’Italia?
‘per i viaggi dei soliti privilegiati partecipanti ai convegni internazionali?
‘per organizzare convegni?
‘per avere dei soldi in cassa?
‘per mangiare un gelato tutti assieme?
‘viene pubblicato il bilancio delle finanze?
Chi lo può consultare? ^
Più evangelo, no partitica quando si
di politici.
unto centrale degli incontri fgei deve es'evangOT. Non la politica. Quando si
parla di politica, non bisogna scivolare nella
l'pèrtitica: tutti hanno il diritto di avere le pro* prie idee politiche senza sentirsi umiliati da
frasrfpo “Scemo è chi vota...’’, derisi o emarginati dalla rossa maggioranza fgei. Anzi, è
f^rtiinte ricalcare il dialogo con chi la pen|Mivlrsam^e, accettando le idee diverse,
^^fniriai s|IÌgare con pazienza le proprie
idee. Una cosa non è chiara: c’è un collegamento tra evangelo e politica? E se c’è, qual’
é?
Una proposta per la comunicazione:
Costruiamo un indirizzario basato su email? Comunicateci il vostro indirizzo e-mail
a: i0100231@uts.univ.trieste.it
Aspettiamo vostre notizie!!
Abbiamo fatto molte domande e speriamo
di ricevere molte risposte. Ciao a tutti.
Gruppo giovani elvetico-valdese Trieste.
Come raccontare la Fgei a una persona
che non ne ha mai sentito parlare?
Credo nell’Importanza del mezzo (il linguaggio) per giungere al fine (argomentare
tesi, idee sensazioni e sentimenti), e quindi
parto (e resto) alla mia esperienza, senza la
pretesa di dire agli altri cosa dovrebbe essere
la Fgei per loro.
Il mio primo impatto con la Fgei è stato con
il gruppo locale della mia città (Milano) che
nel 1988/89 contatta i catecumeni della comunità, li invita a incontri e momenti di formazione, alimenta interesse e curiosità: nel 1989
partecipo a un campo studi sul disagio giovanile, questi matti mi responsabilizzano, conduco un gruppetto di lavoro, entusiasmo alle
stelle... un bellissimo
inizio, faccio la confessione di fede e poi, al
SOPRATTUTTO
sarei diverso, probabilmente avrei uno sguardo più localistico, sicuramente metterei meno
entusiasmo nelle cose che faccio nella mia
comunità, nei centri giovanili, nella Fgei stessa.
Sembrerà paradossale o troppo facile, ma
io penso alla Fgei come federazione giovanile, che lavora e coordina i gruppi interessati
prima di tutto a livello regionale, organizza
convegni e momenti di formazione, segue e
interviene attivamente nei nostri centri giovanile, lavora con la Fcel e con Libera, è parte
attiva del movimento ecumenico internazionale nelle sue diverse espressioni, spende parecchie energie e soldini proprio per raccontarsi, per informare gli interessati e le interessate delle opportunità di incontro e confronto
che ci sono non perché crescano sugli alberi ma perché
dunque? Seguono FEDERAZIONE
in CUI, ancora ancora la
(PENSIERI, PROPOSTE, SOGNI, CRITICHE, CIO CHE VI
PIACE, PIACEVA O PIACEREBBE)
“LA FGEI SONO lOI". Il mio psicanalista
farebbe di tutto per convincermi che mi sono
immedesimato con il Re Sole; voi, invece,
avrete la pazienza di ascoltare questa storia e
forse sarete più indulgenti.
Fungolato dagli interventi apparsi sugli ultimi tre numeri del notiziario, ho cercato di pensare a un contributo utile, ed il punto di partenza, ovunque lo cercassi, si trovava sempre
nella “mia" storia all’Interno della Federazione.
Faccio parte della Fgei dal 1983: con quest’anno è stata presente nella metà esatta dai
miei giorni, anche grazie ai 5 congressi, ai 3
campi studi, alle 5 delegazioni internazionali
ed alle innumerevoli attività, a livello più o meno locale, nelle quali sono stato coinvolto.
Questa “lista della spesa” serve solo per chiarire da quale parte dell’ipotetica barricata mi
sono sentito leggendo quei contributi, e devo
dire che non mi ci riconosco molto, se non per
qualche nostalgia giovanile.
Quante volte, infatti, ho manifestato il mio
disagio per una Fgei che vedevo piuttosto
lontana da me, poi ho capito che questo era il
trucco (se volete, di Fulcinella...): esserci e
partecipare, magari contestare ma soprattutio
proporre, non chiamarsi fiSfri, non (^e \^i
sbagliate!” ma piuttosto
una strada comune”. E pian piano la Fgei è
cresciuta con me ed io con lei. A
diate certe mie posizioni troppo rigide, altre
ho avuto la soddisfazione di veden- te sco,te
collettive vicine alle mie.
Soprattutto ho capito che non c era qualcuno che faceva la linea della Fgei ed altn càie
più corretto di esprimere la mia opinione su
cose nelle quali mi sono sentito chiamato in
causa. Ecco, punto per punto, alcune considerazioni:
1) Caro Faolo, a ogni congresso la Fgei
dovrebbe “cambiar pelle”, e a ogni congresso
la cambia. Questo non si avverte durante
quei pochi giorni e non necessariamente nelle
mozioni e nelle cariche elette: si vede nel lavoro e nei contatti dei mesi successivi, nei
nuovi progetti, nei gruppi che nascono, nel
notiziario... La mia personale sensazione è
che nell’ultimo anno la Fgei sia realmente
cambiata, sia una delle tante Fgei che ho conosciuto e spero anche non sia l’ultima...
2) Non credo che la Fgei “non si manifesti
come soggetto^mypQ^pQp
religioso”. P/ufVt\llOL^CtNu ^Ull
tosto penso che
negli ultimi tempi molte cose siano state date
per scontate come conseguenza degli anni di
riflessione sulla ricerca di fede, sulla nostra
identità di cristiani, sull’animazione teologica.
Qui sta forse Terrore, specialmente nei confronti di chi è coinvolto nella Fgei solo da poco, ma, se può essere utile, vorrei ricordare
qual è stato il percorso nei quindici anni che
ho vissuto in pkma persona: nella prima metà
rtngtì anni ‘80 m. rifletteva sulla pace e la giustizia sociale (la Fgei come movimento); ci si
è poi interrogati sulla condizione giovanile
(campo studi ‘89, rinnovata attenzione ai
gruppi locali) ed è cominciato il lungo lavoro
sulla ricerca di fede (all'interno del quale è nato il Grulateo e ha interloquito la ricerca di
Cassiopea), a quel punto si è sentita l’esigen
chiesa, ma della Fgei non me ne può fregar di
meno, pochi intellettuali matti e pure sinistroidi!! Non che mi sia sentito escluso o discriminato, semplicemente non ne avevo più voglia,
avevo altre priorità.
Ferò grazie a GE e al Notiziario, letti entrambi assiduamente, seguo i dibattiti, il percorso di ricerca sulle immagini di Dio, rimango
comunque alla finestra a osservare la corrente nel fiume.
1994: ricambio idea e con qualche perplessità e calvinistici sensi di colpa, busso alla
porta, la medesima non si apre ma si spalanca, e in tre anni ho fatto di tutt^^&mpà studi,
congresso, attività locali, convegni e bollettino
regionale, culti, due campi internazionali di cui
uno da staffista.
Tutto questo discorso per dire che, a
avviso, non bisogna aspettare la Federazione
sulla riva del fiume, ma bisogna andarle incontro, uscire di casa, camminare, magali anche controcorrente, ma mettersi in gioco, partecipare.
Le Fgei è un network, una rete di relazioni
tra diversi, gruppi e singoli iscritti e iscritte: è
una delle possibilità per il nostro impegno e la
nostra testimonianza evangelica, non è un
partito, né un club privé a iscrizioni controllate. La Fgei non è la «chiesa giovane»; non mi
piace questa etichetta, io nella chiesa ci sarei
indipendentemente dalla Fgei, semplicemente
no cne Taceva la linea ueiia I — -— r-- ■ __^
acœmna (0 "
soggetti che si mettevano in discussione gli
uni con gli altri per costruire insieme qualcosa
che tutti potessero sentire come proprio, per
accrescere e meglio definire la propria fede,
per confrontarsi nelTagire politico, per creare
una sponda alle sorelle ed ai fratelli che vivevano realtà dove maggiore era il gap generazionale.
10 credo che tutto questo cl sia ancora, e
forse ora più di qualche anno fa.
11 “merito” non è del Consiglio (non me ne
vogliate...) o di contingenze fortunate; come
ho detto è la Fgei che è cresciuta, che è riuscita a farsi Federazione, a cercare un dialogo con quelle realtà nelle comunità locali da
essa distanti, a superare alcune chiusjjre del^^
passato, a concentrarsi su tutte le “lettere
della propria sigla o almeno a provarci.
Non intendo fare pubblico elogio di questa
Egei dimenticando i problemi che emergono
dai contributi già citati e mi scuso se prendo
spunto diretto da essi, ma ritengo sia il modo
politico (campo studi ‘95) per giungere ai nostri giorni ed alle riflessioni sulla testimonianza come punto di incontro proprio delle anime
di credenti e di soggetti poiitici caratterizzanti la Fgei. Ferché raccontare tutto questo?
Solo per dire che proprio nei continui ricambi
generazionali sta l’esigenza di “ripensare la
Fgei”, partendo ogni volta da un punto di vista
diverso e dalla ricerca fin lì effettuata, con
l’esigenza di riavvicinarla sempre più alle sensibilità ed agli interessi di chi in essa investe
tempo ed energie.
3) Se c’è un termine che non associo alla
Fgei che conosco questo è proselitismo.
Forse qualcuno cerca di accalappiare giovani
nelle nostre comunità, forse questo viene
spesso interpretato come una sterile forzatura
ma, per cortesia, cerchiamo di evitare che le
dialettiche “interne” ricalchino gli inutili schemi
delle critiche che ci sono spesso state mosse
da alcuni retrogradi delle nostre chiese (“i nostri nonni”...). Credo invece che la Fgei abbia
non solo il diritto ma soprattutto il dovere di
proporsi all’interno delle nostre comunità, di
mettersi a disposizione come utile strumento
dì collegamento ed occasione di scambio, di
cercare energie ed entusiasmi sempre nuovi.
4) La tessera. Su questo punto voglio
spendere giusto due parole visto che, per la
cronaca, la “tessera Fgei” è stata abolita dal
congresso delT86 (11 anni fa!) per lasciare
posto all’adesione di
f A Uflpl gruppo (0 dei singoli ove
r VÍL-1 questo manchi). Oltretutto, credetemi, personalmente non so chi sìa
ufficialmente iscritto o faccia parte dei cosiddetti “gruppi non-federati”: ne ho avuto la conferma negli ultimi incontri nazionali, nei quali
non mi è neanche passato per la mente di
“verificare” il possesso della famigerata tessera prima di stabilire rapporti interpersonali. E
mi sento ingiustamente accusato dì settarismo se mi si rimprovera di discriminare i secondi a scapito dei primi...
5) Lo stesso discorso vale per lo schieramento a sinistra della Federazione. Ma avete
un’idea di quali sono i presupposti sui quali è
nata la Fgei nel ‘69? In breve: lotta di classe
come strumento di giustizia dell’agire cristiano; riconoscere nel proletariato il soggetto privilegiato dell’azione salvifica di Dio, e tanto
ancora. Sfido chiunque a sostenere che il clima attuale ricalchi quello dei primi anni di vita
della Fgei: allora si era schierati, e forse la situazione sociale e politica di quegli anni (anche, e soprattutto, all’interno delle nostre
chiese) lo richiedeva. Qggi tni sembra che la
situazione sia molto diversa anche se e corretto l’invito a una maggiore attenzione da
parte di tutti a accettare l’altro, a cercate uno
scambio ed una sintonia che la nostra confessione di fede dovrebbe invitare a perseguitai'
sempre e comunque, a prescindere ovviamente dalle “simpatie” politiche
ó) Sul WWF ho poco da dire, ma una domanda viene spontanea: se non siamo p’rtì
grado di proporre cose interessanti e stimolanti, perché non ci entusiasmate voi? Forse è
proprio questo che fa funzionare l’agglomerato di persone, spesso molto diverse, che chiamiamo Fgei. La capacità di trasmettere il proprio entusiasmo, la voglia di mettersi in gioco
non possono piovere dall’alto (dal Consiglio?
Da chi ha più esperienza nella federazio
energie e soldi per sbattersi,
organizzare, tenere i contatti.
Di solo autofinaziamento non si vive proprio, cari fratelli e sorelle, ma senza le nostre
offerte non avremmo ragion d’essere, perderemmo autonomia e dignità in primo luogo di
fronte a noi stessi. È verissimo che si lavora
bene comunque tra giovani evangelici, federati e non: è altrettanto vero che non è lo
stesso livello di responsabilizzazione, e che
senza la Fgei questo incontro non avverrebbe
proprio. Non c’è proprio niente da discutere
questo punto, è qualcosa che sta a monte.
Prima df critìc^ bisognerebbe sporcarsi
mani e séattersi palTinterno dell’organizzazione, sfruttando gli spazi e i momenti che tut
* tutte abbiamo per manifestare le nostre
e opinioni, fungendo da reale stimolo criper cambiare davvero le cose. Certo, la
Fgei è tutto fuorché perfetta: lo si comprende
e accetta come gga cosa naturale nel momento in CUI SI pensa che è composta di giovani {e meno ..) uomini e donne che,
in quanto tali fanno errori e cose belle. Ma è
nel relazionarsi, nell’ascolto, nel mettersi in discussione come individui, come credenti, come persone in ricerca, come amici e amiche
che percorrono assieme un tratto di strada.
Non conosco una strada più semplice, né mi
interessa: non sarebbe la stessa cosa, non
sarebbe altrettanto bello, difficile, intrigante.
Nicola Rochat (Milano)
ne?...) ma devono essere il minimo contributo
che tutti possono e dovrebbero dare, liberamente e senza preclusioni.
7) Fer quanto riguarda gli esteri, invito tutti
a chiedere a Renato Del Friore e Luciano Kovacs la fatica che puntualmente deve fare
una contact-person per formare le delegazioni
che ci vengono richieste. Tutti abbiamo molti
impegni e i “soliti” sono spesso quelli che si
rendono disponibili anche se contattati (come
ultima spiaggia...) dieci giorni prima di un incontro, in barba agli esami o alle ferie “perse”.
Alcuni diranno: “Ma io non sono mai stato
contattato!”. La risposta è tanto semplice
quanto ovvia: il vostro nome risulta in qualche
scheda esteri? Siete, per caso, iscritti alla
Fgei? Non si tratta di discriminazione ma,
semplicemente, di organizzazione: bisogna
essere al corrente della vostra esistenza, della vostra disponibilità a dedicare un po’ di
tempo a queste cose, della vostra minima conoscenza di una lingua straniera (meglio se
quella richiesta dagli organizzatori...). Un
esempio: nell’arco di appena sei mesi ben tre
aderenti al gruppo Fgei di Firenze hanno fatto
parte di delegazioni all’estero, nonostante
non fossero volti noti ed il gruppo si sia formato solo da un anno. Farole-chiave: disponibilità, voglia (e “coraggio”) di proporsi!
Tanto si potrebbe ancora dire su queste
cose, ed altre vorrei condividere con tutti voi,
ma se siete stati attenti avrete certamente capito, nonostante la schematicità, qual è la
Fgei che conosco e, in parte, quella che sogno: mi piace pensare che tutti e tutte possano dire “LA FGEI SQNO IDI”, non come
un’etichettarsi o dichiararsi Igeino “d.o.c.”, ma
proprio per la capacità di vedere un pezzettino di se’ in tutte le cose che cerchiamo di fare
Insieme.
La chiamata che Dio ci rivolge è personate e ncàì lasc^ spazio a dubbi o incertezze: ci
impone il diaktgo ed il confronto, la disponibiììtà aiTascoitò ma anche un obbligo di testimonianza tanto all'esterno quanto alTinterno delle nostre chiese. Questo la Fgei sta faticosamente cercando di fare da quasi trent'anni e
spero che ognuno si senta stimolato a portare
il proprio contributo, la propria sensibilità, le
proprie esperienze. E a mettersi sempre in discussione!
Andrea Sbaffi (Firenze)
16
a
^7^
L’ESTATE
CAMPO PER CAMPO
• ••
Agape
Adelfìa
Centro ecumenici
10060 Proli m
tei. 0121/807514
Centro giovanile eytSngelico
do post. Klauythngeneck
via Mont^^egli Ulivi 6, 93016 RIESl (CL)
tei. 09jm2l820 - fax 928123
Campo (Gi anni)
15-22 giugno
Sara e Abramo
Campo (9-10 anni)
22-29 giugno
Data astrale 2997: rotta verso l’ignoto
Campo cadetti (13-17 anni)
2-12 luglio
Per mancanza di prospettiva
lasciamo perdere il futuro?
Campo (14-17 anni)
6-16 luglio
AAW, senza titolo, Pramollo,
Ed. Sappiatti 1997
Campo precadetti (7-10 anni)
13-23 luglio
Ti voglio raccontare una favola
Campo (14-17 anni)
16-26 luglio
Identi-kit, parte II
Campo giovani (18-30 anni)
26 luglio-5 agosto
Storie di relazioni
Campo giovani (18-22 anni)
3-10 agosto
Identità e appartenenza
Rocca dì Pi
Tramonti
di sopn
Centro evangelici
via Vecchia di^elletri, 26 - fraz.
Campi d*Arinibale
0004ßJ^cca di Papa (RM)
td/iÌ6l94990l4 - 5780412
Centro ecumenico
ccLucioftiyMenegon»
33p4/u Tramonti di Sopra (PN)
tei. 0434127931
1- Campo ragazzi (6-10 anni)
15-26 giugno
Conosci ie storie delia Bibbia?
2^ Campo ragazzi (11-13 anni)
28 gìugno-9 luglio
Che farebbe Gesù?
Campo cadetti autogestito
30 giugno-7 luglio
Campo cadetti (8-12 anni)
7-20 luglio
«Ambarabacciciccocò»
1® Campo ragazzi (14-17 anni)
10-21 luglio
Diffondere il Vangelo
Campo giovanissimi ‘13-17 anni)
20-27 luglio
Non fare l’indiano!
Santa Sevej^
Campo lavoro
5-7 settembre e 12-14 settembre
Centro evangelici
Villaggio dello/^ioventù
LungomapefVirgy, 13
OOOSQ^nta Severa (Roma)
teUÌÌ766/570055
Campo cadetti (14-17 anni)
18-31 luglio
Dio, nei tempo, tra ie cuiture diverse
Campo giovani (18-30 anni)
1-13 agosto
Lavoro? Umano, grazie.
Ecumene
Centro Studie e vipd^comunitaria
Contrada Cid)dÌo - 00049 Velletri (RM)
tel. 06/9633310
Campo cadetti (8-14 anni)
29 giugno-20 luglio
li mosaico Europa
Campo giovani (dai 16 anni in su)
18-25 agosto
Droga: un problema per il nostro tempo
Campo lavoro
25 giugno-30 settembre
(periodo minimo: 15 giorni)
Montefort«
Irpìno
Villaggio eYßngelico
Centro^àffcontri
viirJR/ivarano, 18
f024 Monteforte Irpino (AV)
tei. 0825/682698, fax 0825/683942
Campo ragazzi (8-15 anni)
6-20 luglio
Le città colorate
Bethel
Centro evangelic^
c/o past. Brunfif’üabrielli,
via XX Spiimbre 62
Palaz^&Tailla -88100 Catanzaro
tel/fax 0961/728045
Campo precadetti (8-12 anni)
26 giugno-6 luglio
Mai dire bambino/a
Campo cadetti (13-17 anni)
7-19 luglio
Nirvana
Campo giovani internazionale
20luglio-1 agosto
Potere & alienazione
REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15, 10125 Torino (Fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Foria 93, 80137 Napoli (tei 081/291185, Fax 081/291175).
REDATTORI/TRICI: a Torino Michela Bellino, Cristina Ferrara, Bettina König (coordinatrice - tei 0121/543819), Manuela Molinari, Paolo Montesanto,Elia Piovano, Simona Piovano, Loredana
Pecchia, Pietro Romeo. A Napoli Deborah D'Auria, Marta D'Auria (coordinatrice - tei 081/273194), L^a Nitti.
HANNO COLLABORATO A QUES'raALIMERO: Gioj|te Bonnet, D^^le Del Prior^ Caterina Gruppo fa^Firenze, Grua^ giovani elwtico-valdese Trieste, Virginia Mariani, Christian
Emanuele Ortone, Samuele PigoniJ^Wa Rochat^Ép^le Necchi^Ärena RibalÌWvia RostagM^ndrea Sba
^RRISPONDENTI REGIONAJii^mstina Arggl4Ì5^. Laurg^lSino, luri P^JlH^si, SarahJ^^nelli, Uan^ffizareWo, Gj||(jR;a Puggig^^onatella 9®fagno,Orian^)iullier, Paolo Testa.
Fascicolo interno a RIFORMA n. 21 del 30 maqgio1997. Reg. Trib. Pinerolo n. 175/1951. ResponsàEìle ai sensi di legge: Piera Egidi. Edizioni Protestanti srl, vili
Fotocomposizione: AEC - Mondovì. Stampa: La Gnisleriana - Mondovì.
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¡battito d'attualità a Pinerolo
a giustizia vola
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«enfilo N. TURTULICI
lome è potuto succedere?
L’ho chiesto ai relatori,
focati del foro di Pinerolo
f hanno tenuto un convep sul tema «Giustizia, le
¡¡oni di una sofferenza». La
gtizia era già in sofferenza
11989, allorché furono incotti nell’ordinamento itapo elementi di riforma tratda una tradizione giuridica
tra dalla nostra, quella anLanericana. Quella cioè na|ton la moderna democrazia
Ifcrale e parlamentare, quelIdel Bill of Rights portato
«’ordinamento inglese sulLda della Glorious Revolu: in protestante del 1689 e
e garantiva contro il prepote della Corona i diritti deljomo, del cittadino, dell’acisato mettendo nel processo
I un piano di parità 1 accusa
la difesa.
Quante volte li abbiamo viti nei serial Tv di Perry Mafon, nei film americani quei
serrati contraddittori processuali, accusa e difesa che si
affrontano ad armi pari, nella
fase istruttoria e in quella dibattimentale. Cos’è successo
da noi perché il rimedio ha
peggiorato il male? Certo noi
non siamo inglesi, certo abbiamo dovuto confrontarci
con le emergenze mafia, terrorismo, tangentopoli. Ma in)mma cosa non ha funzionanella tecnica, nei meccaniji giuridici? Com’è che que,te pubbliche accuse, queste
lioimre qualche volta gasate
dìgiustizialismo, di frenesia
lidnnipotenza hanno potuto
'tacimare dagli argini che coi stìtuzionalmente separano i
poteri dello stato, come hanno
potuto schiacciare nell’angolo
idiritti deir imputato, le prerogative delle difese?
, Il quadro che hanno delineato gli avvocati di Pinerolo
Sergio Cenerino, Marco Gay,
Alfredo Merlo, Giancarlo Perassi, Piero Ricchiardi è impressionante. La giustizia italiana è nell’occhio del ciclone
ma forse giornali e Tv non
danno all’opinione pubblica
l’immagine vera, piena della
sua sofferenza. La giustizia
non è fatta solo di cose sublimi, di avvisi di garanzia ai
potenti, di inchieste spettacolo, di processi sotto l’abbaglio
dei media, è fatta soprattutto
di piccole cose, di ordinaria
banale quotidianità perché
Val Peli ice
Diversamente
uguali 2
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 96.500-91.200
tei. 0121-954194
tocca i rapporti sociali, la vita
della gente, ha detto uno dei
relatori. E quando, ha detto
un altro, i processi civili non
sanno risolvere in tempi ragionevoli una banale lite, un
contenzioso tra cittadini, tra
persone giuridiche e si rimandano i contendenti, nell’impotenza di fare un giudicato,
ad arbitrati che non tutti possono permettersi, allora il rischio è che dalla lite del civile si passi alla devianza del
penale, che si inneschi la tendenza a farsi giustizia da sé.
Le nuove procedure civile e
penale sono praticamente fallite, il sistema è quasi al collasso. Perché non si può mettere il vino nuovo nella botte
vecchia. Perché la cultura del
processo accusatorio inglese
si è cercato malamente di innestarla nella cultura del processo inquisitorio italiana.
Perché nel bilancio dello stato solo ri% dì risorse viene
stanziato per la giustizia, perché non si vuole cambiare
niente e tentare di guarire la
giustizia di almeno qualcuno
dei suoi molti mali. Abbiamo
in Italia la follia di 250.000
leggi (la Gran Bretagna non
arriva a 1.000 e per il resto
vale la «common-law», il
buon senso deTprecedente
che fa norma). Si potrebbe fare una decimazione, ha detto
scherzando un po’ ma non
troppo l’avv. Perassi, |Come i
comandanti dell’antica Rorna
facevano ^on i loro eserciti
sconfitti,/ogni 10 soldati ne
facevano* fuori uno. Con le
nostre leggi si potrebbe fare il
contrario, ogni 10 eliminarne
9 e lasciarne in vita una. Non
sarebbe un gran danno per
l’ordine di convivenza.
«Anche noi avvocati dovremmo fare autocritica», ha
detto Gay: forse potremmo
uscire dal chiuso dei nostri
studi, rinnovare la professione, farci nella società, nelle
imprese, nelle istituzioni migliori consulenti di legalità,
per prevenire nei rapporti sociali, nelle controversie la fase giudiziaria, aprendo così
nella professione spazi nuovi
per i giovani. C’è da sperare
nel lavoro della Bicamerale?
Poco. Si vola basso, tra mille
compromessi nella Commissione bicamerale, non la abi
tano aquile del diritto. «Che i
magistrati influenzino i lavori
della Bicamerale è cosa nota
- ha detto ancora Gay
Stante che quando si discute
di giustizia vanno sentiti anche gli avvocati, il 17 aprile
l’organismo unitario dell’Avvocatura italiana ha presentato a D’Alema una nostra proposta, un decalogo per la giurisdizione. Stiamo aspettando
che ili presidente della Bicamerale ci dia una risposta».
Per il secondo anno consecutivo la Comunità montana
vai Pellice propone, dal 31
maggio al 28 giugno, la rassegna di spettacoli, mostre, laboratori «Diversamente uguali
2» sulla tolleranza, l’integrazione e la multiculturalità.
«La vai Pellice, patria di una
minoranza religiosa e in passato terra di forte emigrazione
- dice l’assessore alla Cultura,
Bruna Peyrot - può essere
considerata un territorio ricco
di potenzialità per la compreiisione e l’accettazione della di-versità di ognuno di noi». Si
inizia sabato 31, alle 21 al Palaghiaccio, con la musica con
un concerto rock etnico. Do-menica 1° giugno, alle 15, si
inaugura nell’atrio del palazzo
comunale di Torre Pellice la
mostra sui lavori realizzati dai
bambini delle scuole elementari del Circolo di Torre Pellice; i bambini saranno protagonisti anche nei giorni successivi con i laboratori multietnici;;
tutti, a partire da martedì 3
giugno fino a giovedì 12,
presso il Ciao di via Volta. Cinema e teatro la sera a cominciare da giovedì 5 giugno con
la proiezione, al cinema Trento, di «Dead man» .di J Jarmusch, seguirà venerdì 6 il teatro
con il Teatro del Sole che presenterà al Palaghiaccio alle 21
«Oltremare» e venerdì 13 alla
palestra comunale di Luserna
San Giovanni, alle 21, si esibirà il Gruppo teatro Angrogna con «Se chanto», e non
mancheranno le proposte musicali per tutti i gusti.
T
FESTA DELLO SPORT
A LUSERNA — Assessori,
ragionieri, vigili urbani; è stato un curioso meeting sportivo quello che si è svolto sabato 24 maggio a Luserna
nell’ambito della 16“ Festa
dello sport organizzata dal
3S, che ha visto rappresentanti di enti e ditte confrontarsi
su più discipline. Hanno vinto
i dipendenti del Comune di
Luserna San Giovanni, ma
Mauro Re, ragioniere a Toire
Pellice è stato capace di vincere tre gare (getto del peso,
salto in lungo e 100 metri). In
mattinata a Torre Pellice si
era svolto un importante convegno sul tema della gestione
degli impianti sportivi: circa
12 milioni di italiani svolgono attività sportiva; si può affermare che essi trovino strutture adeguate? Nella sola provincia di Torino 127 Comuni
non hanno una palestra; in altri casi ci sono località dove
l’impiantistica sportiva è addirittura sovradimensionata.
La Festa dello sport vivrà
però nel prossimo fine settimana il momento clou; fin da
giovedì arriveranno le delegazioni di Pola e Prievidza; sabato 31 e domenica 1“ giugno
le gare, le sfilate, i concerti serali. Domenica pomeriggio il
campo sportivo di Luserna vedrà come al solito la gran folla, di atleti in campo e di pubblico sugli spalti. Intanto si è
svolta domenica a Bricherasio
la Giornata dello sport riservata a tutti gli allievi della scuola elementare. I bambini sono
stati coinvolti in semplici prove di atletica lederà, vale a
dire velocità, resistenza, salto
in lungo e getto del peso.
Nelle
Chiese Valdesi
A.SS leu R AZIONI
Gruppo di Assicurazioni
la Basilese
^Basil0set!Mi¿uhyhM
Società collegata con gruppo
Banca Carige
Agente
Maria Luisa POGGIO GÖNNET
Agenzia generale
via Raviolo, lO/A-Pinerob
tei. 0121-79459Ó-7Ó464
TERZA FESTA DEL CANTO CRISTIANO Nel
tempio di Torre Pellice, sabato 31 maggio alle 20,45, si esibiranno 5 cori evangelici con canti e messaggi sul tema
«Fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù».
CONFERENZA DISTRETTUALE — La conferenza
del I distretto si svolgerà sabato 7 e domenica 8 giugno, a
Angrogna, a partire dalle 9.
INCONTRO PASTORI I DISTRETTO - Alle 19,30,
nei locali della chiesa valdese di Villar Perosa, incontro dei
pastori e dei predicatori locali.
MONITORI 1” CIRCUITO — I monitori del T circuito
si troveranno a Rorà domenica 1° giugno a partire dalle 10.
CAMPI ESTIVI AL BAGNOOU — Campo piccoli
(dall’ultimo anno di scuola materna alla seconda elementare! dal 31-7 al 3-8, tema «C’era una volta...»; costo fiie
90 000, prenotazioni presso Sandra Rostan 0121-932935.
Campo medi (dalla terza alla quinta elementare) dal 4-8
all’8-8 tema «Con e senza frontiere»; costo lire IIO.OUU,
prenotazioni presso Franco Taglierò 0121-944182. Campo
grandi (scuole medie), dal 9-8 al 14-8, terna «Ma tu con
me... cosa ci azzecchi?»; costo lire 140.000, prenotazioni
presso Marinella Lausarot 0121-932969.
CAMPO GIOVANI — Le chiese del 1° circuito, insieme alla chiesa riformata di Montrey (Vallese, Ch), organizzano un campo per i giovani dai 14 anni m su. Il campo
avrà luogo in Francia dal 28 giugno all’8 luglio e prevedera
discese in canoa, trekking, arrampicate. Informazioni presso Massimo Long tei. 0121-953107. , , ,
CAMPO BAMBINI AD AGAPE — Si svolgerà dal 15
al 22 giugno il campo «Sara e Abramo» per bambini dai 6
agli 8 anni, per scoprire insieme come vivevano donne e
uomini al tempo di Sara e Abramo, seguendo il loro cammino, incontrando persone e luoghi biblici.
BOBBIO PELLICE — Dal 29 maggio al 1° giugno sara
in visita a Bobbio, ospite presso le famiglie disponibili, una
delegazione del Concistoro di Waldenseberg in vista di un
eventuale gemellaggio.
MASSELLO — Per elevare il coinvolgimento della pastora nella vita del paese e per poter effettuare con più costanza le visite, la pastora risiederà presso casa Micci per alcuni giorni; questo il calendario di giugno; 3, 4, lU, 24, zo.
POMARETTO — Al Centro anziani, alle 16 di venerdì
6 giugno, meditazione della pastora Di Carlo.
PRALI_____I giovani propongono una cena per organizza
re eventuali attività estive il 31 maggio. Domenica 1° giugno si svolgerà una gita della scuola domenicale a Villar
Pellice: tempo permettendo l’appuntamento e alle 8,15 a
Villar Pellice per andare insieme al Pra.
torre pellice — Domenica 1° giugno, alle 18, nel
tempio, avrà luogo il sermone di prova del candidato al ministero pastorale Massimo Marottoli.
30 maggio, venerdì — PINEROLO: Per Maggiolibri 97,
neU’atrio di Palazzo Vittone alle
17,30, presentazione del libro
«Supa barbetta» di Gisella e
Walter Eynard. Alle 21 in piazza
San Donato concerto-lettura su
Charles Mingus.
30 maggio, venerdì — PINEROLO: Per la serie Cinefonim,
nella sede Anpi, alle 21, proiezione di «La historia officiai».
31 maggio, sabato — BIBIANA; Alle 21 nella chiesa parrocchiale il Comune, con la collaborazione della Provincia, assessorato al Turismo, organizza «Concerti popolari nel vecchio Piemonte» con la camerata corale
«La grangia».
31 maggio, sabato — PINEROLO; Alle 16,30 nelPatrio di
Palazzo Vittone, per Maggiolibri
97, presentazione del libro di A.
Rosa «Passeggiate pinerolesi».
31 maggio, sabato — TORRE PELLICE: Al Palaghiaccio,
alle 21, concerto rock etnico con
Loski Boski, Triplo Malto, Yo
Yo Mundi, Persiana Jones.
31 maggio, sabato — PINEROLO; Al Teatro-incontro, alle
21, i ragazzi delle classi 3 A e 3
B della scuola media di San Secondo, coordinati dai loro insegnanti, presentano una riduzione
del «Trovatore» di Verdi.
31 maggio, sabato — POMARETTO; Alle 17 parte, da
piazza r Maggio a Perosa Argentina, la 10“ «Stravalli», camminata podistica non competitiva
libera a tutti organizzata dal GS
Pomaretto ’80. La gara è abbinata alla 12“ «Strapomaretto» che
si svolgerà domenica 28 settembre per l’assegnazione della piastrina d’oro che andrà a tutti coloro che avranno partecipato alle
due manifestazioni.
31 maggio, sabato — PEROSA ARGENTINA: Alle ore
21,15, per Cantavalli, nel salone
deila Croce Verde, il gruppo Calicanto propone «Venexia, concerto da mar».
31 maggio, sabato — PERRERO: Nel salone comunale
Pro Loco, alle 15, presentazione
del libro «In miniera, l’attività
estrattiva nelle valli Chisone e
Germanasca» di Raimondo Genre. Proiezione dell’audiovisivo
«Scopriminiera», inaugurazione
della mostra «La ruota e l’acqua» proposta dagli alunni della
scuola media e del ripristino della ruota del mulino Passi.
31 maggio-l” giugno — RIVOLI: Nella sala consiliare del
vecchio municipio, organizzata
dell’Associazione culturale «La
meridiana», si svolgerà sabato 31
una conferenza dibattito su «Economia e cultura del territorio
montano» dalle 9,15 alle 12,30;
sabato 31 e domenica 1°, nel centro storico, le Comunità montiine
della Provincia di Torino saranno
presenti con stand promozionali.
31 maggio-l” giugno — PINEROLO: Le forze di polizia
del Pinerolese festeggiano il loro
gemellaggio con la gendarmeria
francese di Gap, a partire dalle
16,30 di sabato 31, con un incontro di calcio al campo sportivo
Barbieri.
1° giugno, domenica —
TORRE PELLICE; Dalle ore
14,30, a Villa Elisa, campagna
finanziaria a favore delle opere
sociali dell’Ywca-Ucdg.
r giugno, domenica — PEROSA ARGENTINA; Alle 15,
nel parco Enrico Gay, festa di
chiusura dell'anno accademico
dell’Università della terza età.
1“ giugno, domenica —
TORRE PELLICE; Nell atrio
del municipio, alle 15. inaugurazione della mostra sulla multiculturalità a cura delle scuole elementari del Circolo di Tone Pellice. Alle 16 spettacolo teatrale
di strada «Il marziano», della
compagnia Stratta & Molari.
1“ giugno, domenica —
TORRE PELLICE: Al campo
sportivo del Collegio valdese
l’Associazione commercianti, artigiani ed esercenti organizza una
giornata di giochi per i bambini
delle scuole elementari.
1° giugno, domenica — PINEROLO; «Pinerolo prestige»,
gara di mountain bike a livello
nazionale inserita nel calendario
federale delle gare «point ot
point», percorso di 44 chilometri
sulle colline della vai Lemina;
appuntamento all’Expo Fenulli
per le operazioni preliminari e il
raduno dei partecipanti. Informazioni presso Ferrerò (tei. 01212482519).
1° giugno, domenica — PINEROLO: Alle 9 davanti all’
istituto Ipsia, viale Kennedy, partenza della 17“ edizione di «San
Lazzaro in bicicletta», 15 chilometri, non competitiva.
2 giugno, lunedì — LUSERNA SAN GIOVANNI: Alla
scuola media, alle 20,30, ultimo
incontro del corso «Le frontiere
dell’etica» con Fon. Giorgio
Merlo che parlerà sul tema «E
giusto che si paghi la politica?».
2 giugno, lunedì — LUSERNA SAN GIOVANNI: Alla sala
mostre di via ex Deportati, dibattito pubblico sul tema: «Pensioni
e riforma dello stato sociale». Interverranno l’on. Rocca Larizza
e Sergio Pasetto, della Spi-Cgil
vai Pellice.
2 giugno, lunedì — ANGRO
GNA: Alle 21 è convocato il
Consiglio comunale; si discuterà,
fra l’altro, della razionalizzazione scolastica e della sdemanializzazione di strade comunali. Se
guirà un incontro col prof. Gino
Lusso sul tema dell’utilizzo delle
acque a seguito della proposta di
privati di realizzare una centralina idroelettrica in valle.
3 giugno, martedì — TORRE PELLICE; Dalle 17 alle
18.30, al Ciao, laboratorio multietnico per bambini a cura del
Circolo di Torre Pellice.
4 giugno, mercoledì — PINEROLO: AI centro sociale San
Lazzaro, alle 20,45, lezione teorica su «Nutrizione delle piante»,
relazione di Maggiorino Passet.
5 giugno, giovedì — TORRE
PELLICE; Al Ciao, dalle 17 alle
18.30, laboratorio multietnico per
bambini; alle 19,30 alla Foresteria valdese laboratorio teatrale per
adulti con Nonsoloteatro. Alle 21,
al cinema Trento, proiezione di
«Dead Man» di J. Jarmusch.
6 giugno, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Dalle 9 per tutto il giorno,
all’aperto in zona Bersaglio, ricostruzione di un villaggio della
tribù Dakota.
6 giugno, venerdì — TORRE
PELLICE; Al Palaghiaccio, alle
21, spettacolo teatrale «Oltremare» del Teatro del Sole.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma, giovedì 29, ore 21,15 Shine di Scott
Hicks, Oscar ’97; venerdì 30, ore
21, 45” Filmfestival della montagna Città di Trento (ingresso
gratuito); sabato 31, ore 20 e
22.10, domenica 1° giugno, ore
20 e 22,10, e lunedì 2, ore 21.15
Il senso di Smilla per la neve.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì
30, ore 21,15, Un divano a Nevr
York; sabato 31, ore 21,15, La
seduzione del male; da domenica r giugno (15,15, 17,15, 19,15
e 21,15) a giovedì 5, Un giorno... per caso; feriali spettacoli
ore 21.15, chiuso mercoledì.
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redazione Torre Peliice
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Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
18
PAG. IV
venerdì 30 MAGGIO
L'ipermercato
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19
PAG. 7 RIFORMA.
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Un «laboratorio» di riflessione sui possibili sviluppi del Centro
Casa Cares: «Fattoria toscana»
L'sttBnzions rivolts dll^ccologis 6 bIIb «S3lv3gudrdi3 dsl cr63to» potrcbbsro
divenire /a specÌ3lizz3ZÌone futur3 del Centro nel c3mpo delk form3ZÌone
ANDREA SBAFFI
IL 12 e 13 aprile si è tenuto
a Casa Cares un seminario
jultema «Fattoria Toscana:
Centro ecologico per soggiorno di studio e libere attività?»: organizzato dalla direnone del Centro e dall’Atelier
ambulante di architettura
(Aad’a) aveva come obiettivo
primario quello di stabilire
un «corto circuito» fra soggetti diversi che operano sul
territorio e iniziare una riflessione in vista di una possibile
{¡strutturazione.
: L’Aad’a è costituito da giovani architetti, artigiani, restauratori, paesaggisti e artisti europei che trovano nel
momento della realizzazione
in cantiere il contesto ideale
per trasferire in pratica le riflessioni elaborate in sede
teorica interdisciplinare. Il
tutto, partendo da un approccio ecologico orientato al
rispetto delle risorse e dei cicli naturali, si articola mediante il costante confronto
con i «protagonisti» del luogo
di intervento: la capacità di
ascoltare i futuri abitanti o
fruitori del progetto è uno degli aspetti fondamentali dello
stesso iter progettuale. L’attenzione rivolta da Casa Cares alle questioni dell’ecologia e della «salvaguardia del
creato», la volontà di interrogarsi sui possibili sviluppi
della vita del Centro, tanto a
livello di impostazione gene; raie che di proposte tematiche, hanno permesso l’incontro di queste diverse realtà e
la scelta della forma del «laboratorio» come strumento
di confronto e di analisi.
Il seminario prevedeva infatti una prima fase di sopralluogo delle strutture e del terreno circostante per consentire una migliore collocazione dei contributi esterni da
parte di docenti e ricercatori
universitari, professionisti,
rappresentanti di enti locali e
artigiani del settore edilizio.
Particolarmente rilevanti sono stati gli interventi di Paolo
Morganti, che realizza impianti a basso consumo energetico (sistemi solari, impianti di depurazione, ecc.) e
di Luigi Piscitelli, architetto,
che da anni si interessa delle
problematiche specifiche di
Casa Cares, il primo per il
prezioso contributo di esperienza riguardo le problematiche connesse a un approccio sostenibile di intervento
sul costruito, il secondo per
la conoscenza diretta del luogo di intervento.
Il passo successivo è stato
la costituzione di gruppi di
lavoro che affrontino le tematiche emerse nel corso
della prima giornata: il problema acque (regimentazione acque meteoriche, acque
di scarico, economia di impianto e di esercizio), il terreno (agricoltura e produzione, scuola-natura, creazione
punti di meditazione), l’energia (capire l’edificio, qualità
dell’aria e dell’ambiente, microclima e umidità), come ripensare l’uso della cappella e
del complesso frantoio-cantine; un ultimo gruppo aveva,
infine, l’incarico di predisporre un plastico che è stato
Chiesa valdese di Angrogna
Buona partecipazione
a un momento decisionale
Le conclusioni del seminario a Casa Cares
in seguito utilizzato per illustrare le conclusioni raggiunte dai vari gruppi tematici.
I risultati sono stati rilevanti tanto da fornire, almeno in parte, una risposta positiva ai quesiti di partenza: è
possibile pensare un futuro
ecologico per Casa Cares?
Può questo essere riconoscibile tanto nelle strutture e
nella tutela della natura circostante che nell’organizzazione della vita del Centro? E
possibile dare un seguito a
questa esperienza, tanto a livello di studio-analisi che di
redazione di una proposta
concreta di riuso?
Alcune considerazioni sulle
esigenze «a regime» della
struttura e delle peculiare caratteristica dinamica di utilizzo hanno suggerito di concentrare l’attenzione su quelle soluzioni tecnologiche che
le consentirebbero una discreta autonomia rispetto
all’esterno, per esempio per
l’approvvigionamento idrico,
lo smaltimento di acque reflue e la produzione di energia e calore. L’attenzione
maggiore è stata quindi rivolta all’individuazione delle risorse naturali presenti sul
posto che potrebbero essere
utilizzate, oltre che come
fonti di energia, anche come
elementi caratterizzanti il
nuovo sistema edilizio: irnpianti solari (attivi e/o passivi), fitodepurazione, riutilizzo delle acque meteoriche,
moti d’aria a convezione naturale sono solo alcune delle
soluzioni possibili.
Il processo è appena iniziato ma l’entusiasmo con il
quale i partecipanti e gli organizzatori hanno affrontato
questi due giorni di lavoro
può fare ben sperare nel raggiungimento di obiettivi concreti e in un prossimo incontro seminariale entro l’estate.
Per concludere, è opinione
strettamente personale che,
accertate le disponibilità e le
competenze in gioco, sia ora
necessario iniziare una riflessione sull’idea di Casa Cares
che si vuole concretizzare,
sul progetto di attività che il
Centro dovrà avere nei prossimi anni, su come trasferire
in proposta di testimonianza
evangelica queste esperienze
di «sostenibilità». A mio parere questo processo dovrà
coinvolgere quantomeno tutti quei soggetti che saranno
chiamati a decidere del futuro del Centro: il Comitato, la
Tavola valdese, le chiese fiorentine, oltre naturalmente
tutti coloro che operano e
partecipano alle sue attività.
In questo senso segnalo che
sono in preparazione gli atti
del seminario, che potranno
essere richiesti dagli interessati alla direzione del Centro.
Quando l’estate scorsa i
pastori di Angrogna e Pramollo avevano ideato, con il
consenso dei rispettivi Concistori, uno scambio di visite
tra le loro due comunità, mai
avrebbero pensato che la
partecipazione sarebbe stata
così numerosa. Nel mese di
novembre una trentiiia di
pramollini avevano visitato
Angrogna e la prima domenica di maggio è stata effettuata la visita inversa.
Per l’occasione il Concistoro aveva annunciato che il
culto della chiesa di Angrogna si sarebbe tenuto nel
tempio di Pramollo: l’idea
deve essere piaciuta, perché
gli angrognini presenti al culto erano circa 60. Il tempio di
Pramollo gremito, i canti accompagnati da un gruppo di
trombettieri tedeschi, la cena
del Signore celebrata insieme
a sorelle e fratelli uniti da parentele lontane e da ricordi di
quando si passava la Vaccera
per andare a recitare di qua o
di là. E poi un ottimo pranzo
e la passeggiata alla riscoperta di alcuni luoghi legati alla
memoria e alla storia valdesi.
La visita al museo dei Pellenchi, che per molti versi rassomiglia a quello degli OdinBertot, ha concluso una giornata molto ricca e fraterna.
• Una bella assemblea di
chiesa (67 membri elettori
presenti su 110) ha ascoltato
e discusso la relazione annua
presentata dal Concistoro. Le
valutazioni tutto sommato
positive dell’andamento della vita comunitaria non hanno però nascosto le preoccu
pazioni riguardanti la gestione dei beni immobili. In particolare l’Assemblea, informata dei problemi riguardanti il cimitero, sottoposto a
normative nuove e poco aderenti alla realtà, ha votato un
ordine del giorno in cui chiede che il problema dei cimiteri valdesi venga discusso
nel distretto, in vista di una
uniformità di comportamenti
e di iniziative. Per mancanza
di tempo è stata rinviata ad
altra occasione, ma prima
dell’estate, una discussione
sui progetti e sulle priorità riguardanti gli stabili, in particolare le scuolette Beckwith.
• Durante il culto di Pentecoste sono state battezzate
tre bimbe: Alessia Roux, di
Eros e Patrizia Ivol; Anna Peraldo, di Corrado e Lidia Bertin; Rebecca Bonato, di Wihelm e Daniela Bonnet. Sulle
bambine e loro genitori invochiamo le benedizioni del Signore.
• Le attività si sono concluse con una giornata comunitaria in cui le sorelle dell’
Unione femminile e quelle
della Commissione ricevimenti hanno profuso le loro
energie per la buona riuscita
del pranzo e del bazar.
• La comunità ha inviato i
suoi auguri più sinceri a Elisa
Bertalot, residente a Roma,
che ha compiuto la veneranda età di 105 anni.
• È deceduto all’età di 84
anni Aldo Odin (Serre). A tutti i familiari colpiti dall’improvviso lutto giunga la simpatia cristiana di tutta la comunità. (f.t.)
Chiesa valdese di Verona
Dora Franzini e la
ricerca della memoria
Dora ci ha lasciato e noi la
ricordiamo per quello che è
stata e ci ha dato. La predicazione della nostra pastora Letizia Tomassone ci invitava a
considerare la vita e la morte
come qualcosa che procede
da Dio, a cui guardare con riconoscenza.
Vorremmo qui ricordare
Dora come una donna forte,
eppure dolce, che aveva fatto
in vita un mestiere da uomini: aveva imparato dal padre
a commerciare in frutta e
verdura ed era diventata col
tempo una commerciante
all’ingrosso presso i mercati
generali. Era un mestiere duro che la vedeva al lavoro
ogni mattina, molto presto,
con qualsiasi tempo, alla
scelta personale delle cassette di frutta, nella contrattazione con soli uomini.
Autonoma, indipendente,
guidava e si metteva a disposizione di pastori e fratelli di
chiesa per accompagnarli in
visita a luoghi della provincia
veronese o per unirsi a loro
in viaggi, vacanze o anche
per la deputazione al Sinodo,
Alla stessa maniera non mancava di invitare fratelli e amici nella sua casetta di montagna in Trentino, da cui era
possibile godere di una
splendida visione panoramica delle montagne.
Con suo grande rammarico
non aveva potuto studiare;
aveva ottenuto la licenza elementare a suo tempo e da
anziana aveva conseguito la
licenza media, ma contemporaneamente aveva scoperto la gioia di scrivere, di ricordare, di considerare passato e
presente, di fare resoconti di
viaggi e di lezioni dell’Università della terza età che frequentava attivamente. Lascia
una serie di scritti tutti ben
ordinati, tutti riscritti al computer perché negli ultimi anni di vita dedicava molto
tempo a questo strumento.
In un suo contributo a una
pubblicazione redatta dalla
scuola dove aveva ottenuto la
licenza media non aveva
mancato, tra i vari argomenti,
di scrivere della sua chiesa,
della sua fede, della prima testimonianza, bimba piccolissima, ricevuta in casa di una
delle famiglie fondatrici della
comunità, la famiglia Cavallina, in occasione del suo primo Natale a Verona. Alla comunità di Verona era rimasta
legata tutta la vita: di momenti significativi, come confermazioni, agapi, feste con i
bambini, lascia un’ampia documentazione fotografica.
Una di noi la ricorda come
ospite, in qualità di conoscitrice della sua città e di anziana in una delle sue classi per
parlare dell’Adige, della vita
di lavoro sulle sue rive nel
passato, dei mulini a acqua,
degli impianti per l’irrigazione dei campi, delle varie botteghe artigiane che si alimentavano dell’acqua del fiume.
Non aveva mancato in quella
circostanza di scattare una
foto e di regalarne una copia
a ogni bambino. Un mese
prima della sua morte, a una
di noi che la visitava il giovedì santo, ricordava le parole delle donne al sepolcro:
«Chi rotolerà la pietra?» e aggiungeva: «Vedi come tutto si
risolve nella vita; quando meno ce lo aspettiamo». Quelle
parole sono il messaggio di
speranza che lei lascia a ogni
sorella e fratello che le ha voluto bene e la ricorda.
Le sorelle della
comunità di Verona
LA TAVOLA VALDESE INFORMA
I temi del prossimo Sinodo
Le sedute della Tavola a maggio sono dedicate, in buona parte, alla preparazione
del rapporto della Tavola al Sinodo. Anche
quest’anno è stato così, e si sono quindi potute stabilire le priorità per la discussione
sinodale da suggerire al Seggio e alla Corrimission© d’0same. Il tema della scuola, dalla proposta di nuova organizzazione del
ministro dell’Istruzione al dilemma «scuola
pubblica-scuola privata» (e relativi finanziamenti) e alla questione dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole dovrebbero essere al centro dell’attenzione sinodale, accanto a quello dei rapporti fra le
chiese cristiane.
Il fatto che il Sinodo segua di poche settimane l’Assemblea di Graz favorirà certamente una discussione puntuale, vivace e
interessante. Da diverse chiese giunge notizia che si sarebbe vicini alla costituzione di
«Consigli delle chiese cristiane» o di strutture analoghe per la reciproca conoscenza e
consultazione ed è giusto che il Sinodo possa recepire e, se nel caso, approvare o correggere l’attuale prospettiva.
Altro argomento che la Tavola propone di
sottoporre all’attenzione del Sinodo è quello
delle finanze. Il deficit di quest anno, molto
maggiore di quello a cui eravamo abituati,
richiede una presa di coscienza da parte delle chiese che possa avviare un recupero o un
cambiamento di rotta. Non si può continuare a volere fare di più contribuendo meno
del necessario. Nel corso del 1996 tuttavia le
chiese hanno fatto uno sforzo notevole, aumentando le contribuzioni di circa il 9% rispetto all’anno precedente. In un anno di
bassa o bassissima inflazione non è poco.
Infine, i recenti sviluppi della bioetica e la
discussione che ne è seguita anche all interno delle nostre comunità dovrebbero dare al
Sinodo la possibilità di prendere una posizione meditata e utile per il proseguimento
del dibattito in corso. La Tavola ha deciso,
su questo tema specifico, di pubblicare i documenti elaborati all interno delle nostre
chiese e di inviarli ai nostri parlamentari.
La Tavola ha anche esaminato la situazione dei candidati al ministero, e ha concluso
che cinque di loro potranno essere consacrati quest’anno, dopo aver superato il sermone di prova (alcuni sermoni sono già stati
fatti con esito positivo) e l’esame di fede, come previsto dalle nostre discipline: sono
Massimo Marottoli, Eric Noffke, Massimiliano Pagliai, Winfrid Pfannkuche e Daniela
Santoro. Presentiamo questa sorella e questi
fratelli alle chiese perché li seguano con l’attenzione dovuta e con la loro preghiera.
Il «campo di lavoro», e quindi la distribuzione delle forze pastorali fra le chiese vaidesi e metodiste sparse sul nostro territorio
ha impegnato una parte rilevante del tempo
della Tavola. Alcune situazioni di crisi, come
nelle chiese metodiste del Veneto orientale,
o la partenza improvvisa di una pastora straniera che ritorna in patria per motivi personali o la difficoltà, non nuova, di spostare le
pastore e i pastori in altre sedi hanno occupato lunghe e sofferte ore di discussione nel
tentativo di «far quadrare il cerchio». Un
aiuto sensibile potrebbe venire dall’estensione di forme di collaborazione territoriale
con le chiese battiste; vedremo fino a che
punto ciò sarà possibile, visto cbe le occasioni non mancano davvero.
Si sta verificando una diminuzione dei
doni dall’estero, in parte dovuto a diverse
priorità che stanno emergendo (vedi le richieste sempre più pressanti che vengono
dai paesi dell’Est europeo e dall Africa) e in
parte all’effetto «otto per mille», a dire il vero un po’ anticipato perché i fondi non sono
ancora disponibili. Questo calo e i cronici
ritardi nell’invio delle contribuzioni alla Tavola stanno creando pesanti difficoltà di
cassa. Una chiesa delle Valli, che ha inviato
a gennaio la contribuzione di tutto l’anno,
costituisce un’eccezione e un esempio che
andrebbe imitato.
Malgrado queste difficoltà, la Tavola ha
deciso di acquistare un nuovo locale di culto per la chiesa di Trapani, il cui attuale locale è troppo piccolo. Stiamo per lanciare
una campagna speciale, all’interno delle
chiese della Sicilia e del IV distretto, ma non
limitata a queste sole chiese, per aiutarci a
far fronte all’impegno preso.
La Tavola ha anche preso la decisione di
sospendere, per quest anno, la pubblicazione anticipata della sua relazione al Sinodo a
causa del carico di lavoro che grava sui suoi
membri. La Tavola sostituirà la pubblicazione con alcuni articoli su Riforma e con «La
Tavola informa». Una prossima circolare
della Tavola dovrebbe poi completare il
quadro generale.
per la Tavola, il moderatore
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RIFORMA
ü«»i Vita
Intervista a Burghard Schloemann musicista evangelico in Germania
Molteplicità del canto evangelico
Il repertorio dell'innologia si deve comporre di sezioni diverse per utilizzo
e per destinazioni, ma in ogni caso tenendo presente la realtà della base
MARTA D-AURIA
Burghard Schloemann,
presente al secondo convegno di musica evangelica
organizzato dal Gruppo di
musica evangelica (Grume)
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, è docente ordinario di contrappunto, armonia, composizione all’Istituto evangelico di
musica sacra a Herford dal
1982. Al prof. Schloemann
abbiamo chiesto di parlarci
delle tendenze della moderna innologia protestante in
Europa.
«Da poco tempo in Germania è stato pubblicato un
nuovo innario evangelico che
è il risultato finale dell’attività e del lavoro, durato più
di dieci anni, di numerose
commissioni costituite dai
rappresentanti delle diverse
correnti presentì nelle chiese
protestanti. Vi erano esponenti della chiesa carismatica, della missione, dell’ecumene, della diaconia e dei
movimenti giovanili. Inoltre
molti dei collaboratori appartenevano a diversi campi:
teologia, storia, filologia,
poesia, innologia, liturgia e
musica sacra. Tutti hanno
dato il loro valido apporto
per la creazione del nuovo
innario».
-Alla luce di tale lavoro come è composta la nuova raccolta di inni?
«Utilizzando la parola tedesca Vielfalt (molteplicità),
posso dire che l’Innario evangelico rappresenta il libro
delle molteplici proposte di
canto che si desidera offrire
alle chiese. In particolare l’innario è diviso in cinque parti.
Un laboratorio di composizione ai Convegno di Ecumene
La prima riguarda la liturgia;
ci sono canoni, brevi frasi
musicate, e inni responsoriali. Nella seconda vi sono raccolti inni di altre nazioni. La
terza sezione è dedicata ai
canti ecumenici, e la quarta è
costituita dagli inni tradizionali. Infine vi è la parte dedicata ai canti per bambini. Mi
piace molto definire questo
innario come “lo specchio del
credere contemporaneo’’».
- In genere esistono delle
raccolte innologiche realizzate esclusivamente per i bambini. Da cosa è dettata la scelta di dedicare un’intera sezione dell’innario ai canti per i
bambini?
«A mio parere lo sviluppo
della musica nelle nostre
chiese dipende dalla gioventù, ogni chiesa dovrebbe
poter avere un coro di giovani. Da anni insegno musica ai
bambini e ragazzi e posso dire che desiderano fortemente
che venga loro proposta mu
M Cattolici e valdesi a Pinerolo
Veglia ecumenica
per la Pentecoste
Il lungo, scrosciante applauso che ha segnato la fine
del brano cantato dal coretto
dà più il senso della festa e
della pura gioia che il senso
di un culto, così come questo
viene inteso tradizionalmente. E di una festa, in effetti, si
è trattato alla veglia di Pentecoste organizzata dalla diocesi cattolica e dalla Chiesa valdese di Pinerolo. Era ormai
una tradizione che la sera prima di Pentecoste la diocesi
organizzasse un incontro di
preghiera, canto e riflessione.
Quest’anno, prendendo lo
spunto dall’Assemblea ecumenica di Graz, il vescovo
mons. Giachetti ha proposto
di invitare all’incontro anche
i valdesi della città, ponendo
al centro della riflessione il
tema della riconciliazione.
L’idea è stata accolta con
gioia e tradotta in un programma che ha consentito a
tutti di prendere parte attiva
alla celebrazione. La serata ha
avuto inizio alla parrocchia
dello Spirito Santo che festeggia i venticinque anni dalla
sua fondazione. Partendo di
qui, un gruppo di circa duecento giovani ha raggiunto a
piedi il duomo, dopo aver fatto sosta in alcuni punti della
città, dove ha cantato e ascoltato delle brevi testimonianze. Al duomo intanto si erano
raccolte circa seicento persone a cui veniva proposta una
riflessione del brano della Genesi in cui si racconta di Giacobbe e della sua riconciliazione col fratello Esaù.
AI sopraggiungere del cor
teo proveniente dalla chiesa
dello Spirito Santo, iniziava
la seconda parte della serata.
Usciti i partecipanti dal duomo si formava un secondo,
più nutrito corteo che, attraversato il centro con canti e
chitarre, dopo una sosta di
preghiera, raggiungeva il
tempio valdese. Credo che
sia la prima volta che setteottocento persone entrano in
questa chiesa: era piena fino
aiirinverosimile, eppure nessuno ha voluto restare fuori.
Anche qui si è avuto un momento di riflessione. Al fondo della chiesa era stato costruito un muro simbolico, a
significare le divisioni tra le
persone, gli stati e le chiese e
l’impossibilità di incontrarsi.
Nel corso della lettura dell’inno all’amore di I Co.rinzi,
questo muro veniva smontato, per diventare, alla lettura
di Efesini 2, una casa: il segno della divisione era diventato il luogo della comunione. Il canto del coretto citato all’inizio e il Padre Nostro guidato dalla pastora
Zeli e dal vescovo hanno
chiuso la serata. Se l’ecumenismo non è fatto dagli accordi di vertice, ma dagli incontri di base, tra le persone,
la veglia di Pentecoste è stata
sicuramente un momento
ecumenico forte, in cui si è
sentito chiaro il profondo desiderio delle persone di incontrarsi e di vivere insieme
la fede in modo nuovo: Alcuni passi in questa direzione si
stanno compiendo, altri verranno in futuro.
sica di qualità. Molto spesso
si sente dire “...tanto i bambini non capiscono”, senza
rendersi conto che invece i
bambini non solo amano la
buona musica, ma si accorgono immediatamente se
una persona adulta si accosta
alla musica con superficialità
e senza passione».
- Rispetto alla produzione
innologica tedesca, inglese e
svedese in cui registriamo un
grande fermento, quella italiana vive in questo momento
una situazione di stallo...
«Mi spiace molto sapere
che in Italia, paese di grande
tradizione musicale, la produzione innologica delle
chiese protestanti si sia, per
così dire, addormentata. Da
due anni conosco il libretto
verde “Cantate all’Eterno un
cantico nuovo” elaborato dal
Grume e il lavoro che esso sta
portando avanti. Infine ho
partecipato a questo convegno che ha riunito coloro che
mettono a disposizione delle
chiese le proprie competenze
e i propri doni musicali. Sento di poter dire che tutto questo rappresenta l’inizio di
una ricerca di un nuovo modo di cantare nelle chiese».
-In che senso?
«Ci sono per adesso tanti
piccoli tasselli di un mosaico
ancora incompleto, non riesco a dare ancora un giudizio
finale. Credo però che gli italiani possano trovare la strada per comporre delle melodie e dei testi secondo la propria musicalità, sensibilità, e
spiritualità».
- Quale consiglio allora dà
ai nostri musicisti e compositori italiani?
«Rispondo con una immagine: una vera madre italiana
non educherà i suoi figli alla
stessa maniera di una madre
americana. È necessario ripartire dalla hase. Bisogna
avere il coraggio di cominciare in piccoli gruppi: questo è
il ministero da compiere per
una crescita musicale. La cultura musicale italiana deve
crescere».
- In vista di una seconda
edizione del «Cantate all’Eterno un cantico nuovo», quale
proposta fa al Grume?
«Il libretto verde è stata una
prima tappa. Ora bisogna poter andare avanti. Viviamo in
momento in cui ci arrivano
dall’esterno mille sollecitazioni e i più ricettivi sono soprattutto i giovani. In qualsiasi lavoro è importante tener
conto della Vielfalt, della
molteplicità. Dobbiamo poter
usare il talento musicale che
Iddio ci ha donato come una
possibilità di cantare il nuovo
canto della salvezza».
M San Marzano 01 ¡veto
Festeggiato il centenario
della chiesa metodista
LUCILLA SANTILLI BO
La chiesa metodista di San
Marzano Olivato con la
sua torre merlata caratterizza
il profilo del piccolo paese
posto su una collina tra i vigneti, in provincia di Asti. La
sua presenza, fortemente voluta più di cento anni fa dagli
abitanti evangelici della zona,
è per noi un esempio di fede e
di impegno; testimonianza
protestante in luoghi tradizionalmente cattolici.
La comunità locale, con il
suo pastore Bruno Giaccone,
ha voluto fare del centenario
dell’inaugurazione della chiesa, avvenuta il 20 settembre
1897, un’ulteriore occasione
di testimonianza e di apertura verso l’esterno. Numerosi
sono stati gli incontri organizzati per ricordare l’avvenimento non solo a San Marzano ma anche ad Asti e Canelli. Le manifestazioni, che
hanno visto una buona partecipazione dei membri delle
comunità evangeliche, delle
autorità locali, degli abitanti
del paese, di laici e simpatizzanti, sono iniziate il 27 aprile
con un concerto di musica
classica del «Petit ensemble
instrumental» di Cuneo, diretto dal maestro Paolo Paglia
e hanno avuto uno dei momenti culminanti nel culto di
domenica 4 maggio, presieduto dal presidente delI’Opcemi, Valdo Benecchi. Erano
presenti, in un’atmosfera di
solidarietà e di ecumenismo,
il vescovo di Acqui Terme, alcuni prelati della zona e di
verse autorità civili. Venerdì 9
maggio, presso la Foresteria
Bosca, a Canelli, si è tenuta
una Tavola rotonda sul tema:
«Riconciliazione; dono di Dio
e sfida per la società», seguita
dall’inaugurazione della mostra «Parola antica, parola vivente: tremila anni di Bibbia»,
con l’esposizione di antiche
edizioni del testo biblico.
Sempre nella stessa sede a
Canelli, giovedì 15 maggio alle ore 21 ha avuto luogo un
applaudito concerto di pianoforte e chitarra del duo
Marina e Alberto Delle Piane.
Queste iniziative sono state
apprezzate anche dai canellesi e hanno richiamato l’attenzione sulla presenza evangelica nella zona.
Sabato 17, alle ore 21 nella
chiesa di San Marzano una
buona parte del paese ha assistito al tradizionale concerto di Pentecoste della Corale
polifonica sanmarzanese, diretta dal maestro Sergio Ivaldi. La corale ha voluto rendere omaggio alla nostra comunità iniziando con il canto
dell’inno di Lutero «Qual forte rocca», preparato per l’occasione. Domenica 18 il pastore Dedi, della Chiesa riformata svizzera di Bumpliz
(Berna), presente a tutte le
manifestazioni con un gruppo di membri della sua comunità, ha tenuto il sermone
conclusivo, esortando tutti alla fedeltà e a considerare questa celebrazione non solo un
punto di arrivo ma soprattutto una base di partenza per
una rinnovata consacrazione.
VENERDÌ 30 MAGGIO
Il campo di Ecumene |pi
Ampliare il repertorio
Circa quaranta fra musicisti e responsabili delle atti- ii
vita musicali nelle chiese, provenienti da diverse regioni II I
italiane, hanno preso parte al secondo convegno di mu-i •
sica organizzato dal Gruppo musica evangelica (Grume) 6 gl
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, te- ^
nutosi dal 25 al 27 aprile presso il Centro evangelico me- «
todista di Ecumene (Velletri). Tenutosi a tre anni di di
staiiza dal primo, il convegno è stato concepito dagli or-
ganizzatori come l’occasione per invogliare sempre pià
la raccolta e la scrittura di nuovi inni. Importante per lo ,, T
svolgimento deU’intero convegno è stata la presenza del •
musicista tedesco Burghard Schloemann, docente di
composizione all'Istituto evangelico di musica sacra di
Herford. I partecipanti, oltre ad ascoltare l’interessante e
briosa relazione del prof. Schloemann sul tema «La mo- *‘f
derna innologia in Europa», si sono avvalsi della sua \m
competenza soprattutto durante i «laboratori musical^ f
neH’ambito dei quali sono stati composti cinque nuovi -nizza
canti, A causa dell’assenza del relatore Paolo Canettieri, L (.¡re
esperto di metrica, i partecipanti sono ritornati a casa ,giie eh
senza un importante approfondimento sull’analisi e la Lpat
composizione di nuovi testi. A conclusione dei lavori, gli »„j-atu
intervenuti al convegno hanno formulato alcune racco- g\ sen
mandazioni, la più sentita delle quali è di promuovere ono pt
seminari annuali che costituiscano momenti di cono- g com
scenza approfondita di coloro che si occupano della mu- ^opria
sica e del canto nelle chiese, e di elaborazione di stru- [o atte
menti didattici, materiali e repertori musicali. ;he, pi
(ONACHE
■ompr
-iella
tesserni
'latori.
grupp
'^nente
da
TORINO — Domenica di Pentecoste: durante il culto sono stal®^ —
battezzati i piccoli Gabriele Tartara e Matteo Domenichiii^'^^^
e i catecumeni: Erica e Federico Riehle, Valentina Tousijn:
Anna Bottari; sono stati confermati Sara Maglio e Gabrielli
Rostan e infine, provenienti da un altra chiesa, sono stai
accolti Maria Grazia Arena, Vittoria Debenedetti, Eleni
Giolito, Victoria James, Andrea Quaggiotto, Patrizii
Raddo, Arnaldo Sanità, Chiara Travers. Nel culto, presie
duto dal pastore Platone, ha predicato la candidata al mini- ^
stero pastorale Daniela Santoro. 11 sermone, valutato
sette pastori presenti al culto, è stato approvato con una votazione unanimente positiva. Ci auguriamo quindi che Da- P™.
niela, alla conclusione del suo periodo di prova nella comunità torinese che ha imparato ad apprezzarla, possa essere
consacrata al ministero pastorale al prossimo Sinodo.
MILANO — Domenica 18 maggio, durante il culto di Pentec„
ste, sono stati ammessi nella chiesa valdese Anna Giulia
netti, Giovanna Pastore, Maurizio Rossi (con battesimo) -,
Pietro Vaccari; inoltre è stato impartito il battesimo alla
piccola Clarissa Costa. La comunità ha vissuto questi mo-'
menti con gioia e riconoscenza al Signore; possa egli benedire questi fratelli e sorelle e guidarli in ogni istante della
loro esistenza. Dio ci renda consapevoli della grandezza del
dono della sua grazia, sia Gesù Cristo l’ancora che impedisce la deriva della nostra vita.
PINEROLO — I culti del 27 aprile e dell’11 maggio sono stati
animati il primo, con Santa Cena, dal gruppo giovani sui
«Percorsi di fede», e il secondo dalla scuola domenicale su
Giosuè. Il 4 maggio Sergio N. Turtulici ha predicato sulla resurrezione di Lazzaro terminando il suo periodo di prova
per essere iscritto nel ruolo dei predicatori locali. Ringraziamo i giovani e i bambini, con i loro monitori, per i messaggi
e ci rallegriamo con il fratello Turtulici per l’esito ottenuto.
• Nel giorno di Pentecoste sono stati battezzati e confermati Giulia Aigotti, Davide Camusso, Davide Casagrande,
Omar Ferrerò, Daniela Galasso, Luca Lagni, Alex La Rosa,
Monica Pentenero, Emerenziana Rostan, Alice Serafino,
Patrizia Tron. È compito di tutta la comunità seguire in
preghiera questi giovani.
• Sono stati eletti delegati alla Conferenza distrettuale Anna Bosio, Loretta Cardon e Vanda Peyronel (supplente
Ada Gardiol) e deputati al Sinodo Franco Siciliano e Graziella Tron (supplente Mariangela AnricoJ.
• Dio consoli le famiglie di Edoardo Besson e Rosina Fort,
tolti all’affetto dei loro cari.
gio
che,
stit
un;
BARI — Otto anni sono passati dall’ultima volta che si era
aperto il registro dei membri della Chiesa valdese per
iscrivervi nomi nuovi. Pentecoste ci ha fatto il dono di due
nuovi iscritti, Carlo Pontrelli e Loredana Brunetti, la cui
confermazione è stata vissuta con gioia intensa da tutta la
comunità, propensa a scorgervi un altro segno della volontà di vita che la pervade e la anima. È un anno pieno di
promesse, con la riapertura della scuola domenicale dopo
anni di sospensione, i battesimi di due bimbi e quello di
un adulto, e ora le confermazioni di due giovani già impegnati nelle attività ecclesiastiche e che intendono continuare a mettere i propri doni al servizio della comunità.
Siamo grati al Signore per questo futuro che egli apre alla
nostra piccola e solida chiesa, (e.v.)
Rinnovate l’abbonamento a
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Ma dove stanno correndo?
...a rinnovare i’abbonamento ail’Amico!
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valdese» - 20159 Milano - via Porro Lambertenghi 28
21
PAG. 9 RIFORMA
0
Incontro di formazione a Reggio Calabria
I giovani^ chiesa già oggi
Il problema della predicazione, attraverso animazione
egiochi, è stato affrontato nel più ampio scambio di idee
:lle attiregioni:
di mu.;
Grume)
alia, teico me- angelo franco
lì di di- BRUNO TARSIA
lagli or- ----------------------
pre piti I gjoyani sono la chiesa
e per loL y domani» è una del.frasi che si sente ripetere
ente di ¿guentemente nelle comuiacra di evangeliche italiane. I
isantee^ .(ecumeni delle chiese valla mo- gjj della Calabria e di Mesdla sua impegnati in una serie
isicali», |j seminari di formazione or3 nuovi ^lizzati dal Consiglio del
lettieri, j„ circuito e svolti a turno
a casa gHe chiese locali, hanno dilisi e la rostrato che i giovani sono
voti, gli jprattutto la chiesa di oggi,
: racco- el senso che si sentono e
luovere ono parte attiva e vitale deli cono- e comunità, che vivono la
Ila mu- iropria appartenenza in modi strm lo attento e responsabile e
fche, per questo, vogliono
-------lomprendere ogni momento
iella vita ecclesiale per non
¡esserne soltanto passivi spettatori. In ogni incontro un
gruppo di giovani apparte''nente a una comunità diverno staisa da quella ospitante ha
■nirhirt avuto occasione di cimentarlusiimsi nella preparazione e nella
ahriPii presentazione del culto do„„ menicale, con uno scambio
pfpn, di pulpiti fatto dai giovani
’ Ìli-j! che le comunità hanno acnrpciP colto con commozione.
La testimonianza di impetatn ria gno offerta dai giovani e l’aciinavn coglienza ricevuta hanno
^ ,^%rodotto effetti davvero posile jjj particolare i catecu
comu- j hanno riportato la seni essere ^
sazione precisa e concreta di
essere accolti con fiducia e
speranza dagli adulti, di essere importanti e utili come
tutti gli altri membri della
chiesa, di non essere fuori
dalla porta, ma dentro la comunità dei credenti. I giovani
calabresi e messinesi hanno
tenuto il loro quarto incontro
di formazione a Reggio Calabria dal 25 al 27 aprile. L’incontro, conclusosi con il culto tenuto dal gruppo dei catecumeni di Messina che
hanno predicato su Matteo 6,
24-34, è stato l’ultimo della
serie ed è stato organizzato e
animato dal pastore Pietro
Santoro e dal fratello Attilio
Scali, animatore scout. «Predicazione: istruzione per
l’uso» è il titolo spiritoso e
provocatorio che si è voluto
dare all’incontro, un titolo
adatto a un tema insolito e
inaspettato come argomento
di formazione catechista: infatti, dopo la chiesa, la Genesi, il Regno, gli argomenti nei
primi tre incontri di catechismo tenutisi a Catanzaro, a
Messina e a Dipignano, l’ultimo incontro si è incentrato
sul tema della predicazione,
un tema spinoso e delicato.
In quest’ultimo incontro si
è avuta l’occasione di tirare le
file di tutte le esperienze di
predicazione fatte dai giovani
del circuito: anche i giovani,
infatti, avevano avuto opportunità di prendere coscienza
ìntecoGiulia
3imo) e
no alla
sti moi bene
zza del a Corato nel 1921
mpedi
W‘ Una pagina di cronaca
Un drammatico 1 “ maggio
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itta la
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dopo
lio di
mpe:ontiinitáe alia
Siamo nel 1921. Il 15 maggio vi sono le elezioni politiche, è tempo di forti contrasti tra i partiti. Il pastore Girolamo Moggia, che risiedeva
a Corato e curava anche la
chiesa di Bari, ne ha lasciato
una vivida testimonianza
nella lettera da lui inviata al
capo distretto, Francesco Rostan, in data 18 maggio 1921.
«Eravamo intieramente dedicati al nostro lavoro, e svolgevasi intensa la vita della
nostra chiesa, allorquando ci
colse la lotta elettorale che è
stata per noi molto funesta,
per il carattere violento che
assunse in questa regione e
particolarmente in questo
paese. Il nostro tempio trovasi nel corso principale, ove
trovasi il palazzo di città, e
dove pure si udirono colpi di
arma da fuoco che gettarono
la costernazione in paese, e
mettevano in fuga i cittadini,
indi uscivano i soldati, le Regie guardie ostruivano i passaggi, facevano arresti e terrorizzavano la popolazione.
Una sera di giovedì che doveva aver luogo il nostro culto
le sorelle si trovarono a presenziare uno di questi incidenti e si rifugiarono nel nostro locale in attesa che ritornasse la calma per poter ritornare alle loro case. Ma la
giornata più tragica fu il primo Maggio, io mi ero recato
a Bari fin dal Sabato per tenervi il culto, i bambini trovavansi in Chiesa per la scuola Domenicale, e d’innanzi al
nostro tempio cominciò un
fuoco infernale che durò
continuo per più di un’ora, i
bambini piangevano e gridavano spaventati, la gente invase la sacrestia il portone la
scala in cerca di scampo, sparavano i socialisti e i carabinieri, si ebbe un morto ed
una settantina di feriti.
Quel giorno io non potei
ritornare da Bari per mancanza di corse, la mia Signora restò sola coi bambini per
tutto il giorno e tutta la notte.
Alle due e trenta del pomeriggio giunsero rinforzi da
Bari, soldati, guardie regie,
mitragliatrici e una autoblindata che da quell’ora spararono per tutte le vie fino allo
spuntare del giorno seguente. In considerazione di ciò i
fratelli mi chiesero di sospendere i culti, io proposi di
tenerli di giorno, ma essi insistettero perché non fossero
tenuti affatto perché nessuno sarebbe venuto. Speriamo
di poterli riprendere Domenica p.v. A Bari sono andato
ogni Domenica, tranne che il
15 corrente, giorno delle elezioni perché temevo che si
ripetessero disordini, e vi furono infatti ma non si fece
uso delle armi».
dei problemi che la predicazione presenta. E ciò non soltanto dal punto di vista di chi
ascolta (i possibili cali di livello di attenzione, l’incomprensibilità, la sensazione
che il modo di interpretare il
testo biblico non sia vicino
alle problematiche vissute),
ma anche e soprattutto dal
punto di vista di chi deve
presentare un sermone alla
comunità (quali stmmenti di
esegesi, quali strumenti espressivi, come rendere attuale e vivo il testo esaminato, quale impostazione dare
al sermone). Animazioni e
giochi di ruolo hanno reso
rincontro più vivace e interessante e hanno permesso
che il confronto fosse più di
namico e arricchente.
Il Consiglio e l’assemblea
del circuito hanno valutato
l’esperienza davvero positiva
sia sotto il profilo quantitativo (il numero di ore di lavoro
è stato di gran lunga superio
re a quanto ciascuna comunità avrebbe potuto ottenere
da un corso annuale di catechismo), ma soprattutto perché il sistema usato ha garantito un miglior scambio di
esperienze e un confronto più vivace e stimolante.
Un’esperienza da ripetere. A
conclusione dell’anno di catechismo dal 29 maggio al 1°
giugno, i giovani si recheranno in visita al Centro diaconale La Noce di Palermo.
ii Napoli
Quando
il Signore
ci chiama
CECE ROCCHI LANOIR
Meana di Susa
La tradizione
dell'annuncio
evangelico
IVO BLANDINO
IN un tempio affollato di
fratelli e sorelle provenienti da diverse comunità evangeliche della regione, donienica 11 maggio la comunità
di Meana di Susa (To) ha celebrato con gioia e riconoscenza al Signore il ricordo
del primo annunzio della
predicazione dell’Evangelo;
da 103 anni si annuncia in
questa splendida località alpestre il messaggio della verità cristiana.
Il culto presieduto dal pastore Dorma è stato intercalato dai messaggi del fratello
Nino Bolley e da altri che con
saluti e preghiere hanno reso
gioioso il piacevole incontro;
durante la riunione si è poi
avuto un piacevole intermezzo musicale con la partecipazione di coristi lirici che hanno reso non solo una testimonianza ma un apprezzato
concerto di brani sacri di
Johann Sebastian Bach.
La giornata si è conclusa
nell’adiacente Villaggio «M. L.
King» con un rinfresco che la
comunità di Meana ha offerto
alla numerosa fratellanza ac
corsa fin qui per gioire della
comunione fraterna. La chiesa di Meana dà fin d’ora appuntamento per il prossimo
anno, a Dio piacendo, la seconda domenica di maggio.
Che la potenza del Signore
continui a benedire questa
vetusta chiesa, esempio di testimonianza in vai Susa.
Agenda
^ Napoletano
In visita
agli studenti
del «Comandi»
SALVATORE CONTINI
ITALIA
abbonamenti 1997
ESTERO
• ordinario
■ ridotto
■ sostenitore
• semestraie
105.000
55.000
200.000
55.000
145.000
190.000
250.000
75.000
■ ordinario
- via aerea
. sostenitore
-semestraie
cumuiativó Riforma +’confronti £ 145.000 {solo Itaiia)
, Per abbo/iars/; versare l’importo sul
intestato a Edizioni Protestanti s.r.l., via S. Pi___________________
Durante gii anni delia
sua mai rinnegata militanza politica. Alfonso Esposito aveva abbandonato le prospettive della fede. Sempre disponibile alla ricerca, ha sentito il richiamo dell’Evangelo
ed è entrato nella nostra chiesa valdese di via dei Cimbri a
Napoli, dove ha iniziato uri
percorso di colloqui e studi
biblici, nonché di lettura di
numerosi testi, non ultimi di e
su Calvino. Dio tornava a essere l’interlocutore, gli rivelava quel mondo di amore predicato da Cristo. Con serietà e
consapevolezza, questo giovane studente di filosofia ha
chiesto di entrare a far parte
della Chiesa valdese, e la domenica dell’Ascensione ha testimoniato la propria fede.
L’emozione non si è limitata a questa testimonianza:
Ivan d’Angelo aveva espresso
il desiderio di essere battezzato. Ivan è un ragazzo down;
l’amore e la dedizione dei genitori, dei fratelli e della sorella (una delle famiglie più
impegnate della nostra chiesa) lo ha guidato a un altissimo grado di socialità e di apprendimento. E così anche
Ivan ha fatto la sua professione di fede, semplice e sentita.
La comunità ha vissuto
questi momenti intensamente e con tanti occhi lucidi, ma
soprattutto con infinita gratitudine a Dio: sono stati un
ennesimo segno della presenza del Signore risorto, che
rivolge a ciascuno le sue promesse e ci invita a scommettere sul suo mondo nuovo. E
questi fratelli sono accomunati da un medesimo spirito,
condotti sul sentiero che per
mezzo di Gesù Cristo conduce al Padre.
NELL’ULTIMO week-end
di aprile gli studenti del
Centro di formazione diaconale «Giuseppe Comandi»
hanno visitato le opere sociali
presenti nell’area napoletana:
il centro «E. Nitti», il centro
sociale «Casa mia», l’ospedale
evangelico «Villa Betania» a
Ponticelli, e «Casa materna» a
Portici. Il gruppo, accompagnato dal coordinatore Massimo Bubboli, ha incontrato
gli operatori dei servizi che
hanno illustrato il lavoro tracciando non solo il quadro storico, ma inquadrando il contesto sociale e culturale in cui
si colloca la testimonianza
evangelica delle opere nella
zona est della città di Napoli.
Sabato pomeriggio, nel giardino della chiesa battista di
via Foria, con i giovani delle
comunità evangeliche locali
si è svolto un incontro con
animazione biblica condotto
dai pastori Aprile, Maffei e
Lio. La serata si è conclusa
con uno dei momenti più intensi del programma di visita
degli studenti: il racconto delle singole esperienze di fede e
la scelta vocazionale. Inoltre
sono state fornite informazio
ni utili sulla scuola «Coman
di» ai circa 50 giovani presenti. Domenica mattina il gruppo si è trovato nella chiesa
valdese metodista del Vomere per la predicazione. Il capitolo 14 dell’Evangelo di
Giovanni è stato il testo del
sermone. Due storie di emarginazione sociale introduco
no la riflessione biblica: «Gesù lascia agli apostoli la possibilità di testimoniare. Noi
oggi crediamo che, in quanto
credenti, siamo eredi di questa possibilità, la possibilità
di testimoniare».
BUSSOLENO — Per gli incontri sul tema
«Riconciliarsi nella casa del Padre», la chiesa
evangelica di Mompantero e Bussoleno organizza alle ore 20,45, in strada Torino 11,
un incontro su «11 Padre misericordioso»,
con letture, predictizione, canti, ammazione
teatrale. Per ulteriori informazioni tei. 0122-49610.
MODENA— Per il ciclo di incontri sul tema «Le minoranze
religiose in Italia e a Modena» organizzato dal Centro culturale protestante «Leroy M. Vemon» e dall’Istituto Gramsci di Modena, alle ore 17,30 presso la libreria Feltrinelli m
via Cesare Battisti 17, Mario Nordio, presidente del Corso
di laurea in Lingua e Letteratura orientali di Università Ca
Foscari di Venezia, parlerà su «L’Islam e il problema della
minoranza». Conduce Giuseppe Ferrari. Per ulteriori informazioni rivolgersi all’Istituto Gramsci, tei. 059-220564.
BUSSOLENO — Per gli incontri sul tema
«Riconciliarsi nella casa del Padre», la chiesa
evangelica di Mompantero e Bussoleno organizza alle ore 20,45, in strada Torino 11,
un incontro su «Il figlio ritrovato», con letture, predicazione, canti, animazione teatrale.
UDINE_____Il Centro culturale «Guido Gandolfo» propone
alle ore 18, nella sala della chiesa evangelica metodista di
niazzale D’Annunzio 9, la conferenza su «Le donne della
Riforma in Germania». Parlerà la prof. ^Jisabetta Wurzto
ger Pagano, di Napoli. Per informazioni tei. 00432-522434.
TORINO — Alle ore 16,30, nella chiesa battista di via Viterbo 119, incontro del Sae sul tema della comunione. Per u teriori informazioni telefonare allo 011-259167.
SORRENTO — Nella cattedrale, alle ore 17,30, il coro
evangelico napoletano «Ipharadisi», diretto dal maestro
Carlo Leila, tiene un concerto liturgico su «Riconciliazione: dono di Dio e sorgente di vita nuova», tema della prossima Assemblea ecumenica europea di Graz.
CHIAVARI — Alle ore 11, all’Auditorium comunale di piazzetta San Francesco, la Chiesa
battista organizza un concerto di musica spiritual del coro evangelico di Civitavecchia,
diretto da Miriam Strisciullo. L’ingresso è libero. Per informazioni tei. 0185-321762.
TERNI — La comunità metodista organizza una giornata
comunitaria, che avrà inizio con il culto con Santa Cena alle ore 11 e proseguirà con il pranzo prep^ato dall Unione
femminile (a offerta libera) alle ore 13 e il bazar alle 15. Per
informazioni tei. 0744-425914.
BUSSOLENO — Per gli incontri sul tema «Riconciliarsi nella casa del Padre», la chiesa evangelica di Mompantero e
Bussoleno organizza alle ore 10,30, in strada Torino 11, un
incontro su «Riconciliàzione mancata?», con letture, premcazione, canti, animazione teatrale.
PADOVA— Per il ciclo dei «Lunedì con il Sud
del mondo», promosso dal Centro missionario diocesano, alle ore 20,45 presso il Cuamm
in via San Francesco 126 si parla di «Salute e
sviluppo nel Sud del mondo. Prospettive future». Relatori mons. Luigi Mazzuccato,
I Francesco Canova, Paolo Chiodini e Marzia Pranzetti.
TRIESTE — Per il ciclo di incontri di attualità teologica, il
Centro culturale elvetico valdese «A. Schweitzer» propone
alle 18, nella basilica di San Silvestro in piazza San Silvestro
1, una conferenza del pastore Salvatore Ricciardi sul terna
«i nodi dell’ecumenismo oggi. Per un reale dialogo tra le
1 chiese e nelle chiese». Per informazioni tei. 040-632770.
PISTOIA —Alle ore 21,15 presso i locali della
Chiesa evangelica battista in via Porta S.
Marco 9 si terrà un concerto d’organo: verranno eseguite musiche di Bach, Brahms e
altri compositori dall’organista Mariella Mochi, docente di Organo e composizione organistica al Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze. Per
ulteriori informazioni telefonare allo 055-294902.
AVIGLIANA — All’Abbazia di San Michele
della Chiusa si tiene il VI convegno sacrense
sul tema «Spiritualità culture e ambiente
nelle Alpi occidentali». I lavori si apriranno
alle 15 di venerdì 6 giugno e si chiuderanno
la sera del giorno seguente; per la sera di venerdì, alle ore 20,30 è anche prevista una visita notturna alle «Rovine» e musica antica del Nord Europa con i «Tùatha
I Dé Danann» sullo Scalone dei morti. Per ulteriori informazioni e iscrizioni rivolgersi al più presto al n. 011-939130.
MODENA — Per il ciclo di incontri sul tema
«Le minoranze religiose in Italia e a Modena»
organizzato dal Centro culturale protestante
«Leroy M. Vernon» e dall’Istituto Gramsci di
Modena, alle ore 17,30 presso la libreria Feltrinelli in via Cesare Battisti 17, Cadi Luzzatto Voghera, studioso e pubblicista, parlerà su «La presenza
ebraica in Italia nell’800 e nel ’900». Conduce Brunetto SalI varani. Informazioni all’Istituto Gramsci, tei. 059-220564.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal
mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche
alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì
della settimana seguente alle ore 9 circa. Domenica 1“ giugno (replica 9 giugno) andrà in
onda la trasmissione: «L’anno degli sradicati; 1 organo baI rocco di Torino; Incontri: rubrica biblica».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni
prima del venerdì di uscita del settimanale.
22
PAG. 10 RIFORMA
venerdì 30 MAGGIO ^Q^LjpgPÌ 3
.Ripomma
Nel nome del leone
Alberto Bragagliä
Leone di Venezia, leone di San Marco: l’antico simbolo
sembra sia tornato a far palpitare migliaia di cuori nel Veneto. Nel nome del leone si invocano indipendenza e sovranità, secessione e autodeterminazione, anche se non è
chiaro quanti siano a farlo, né quanti siano effettivamente convinti, e consapevoli, di quello che stanno facendo.
Che cosa succede in Veneto? Ce lo chiediamo in tanti, veneti e non, soprattutto dopo la tragicomica «invasione»
dei campanile della basilica di San Marco. Non riesco a
dare risposte esaurienti e definitive. Credo che nessuno
sia capace. Ma sono nato e vissuto in Veneto per molto
tempo e voglio tentare di abbozzare una spiegazione, almeno nelle sue linee generali.
L’azione dei sedicenti «patrioti» veneti e le contraddittorie reazioni intorno a ioro dimostra quanto sia intricata, socialmente e politicamente, la questione. Nel calderone finisce l’ansia di chi ha faticosamente trovato la ricchezza economica e teme di perderia a causa di uno stato
centrale inefficiente e rapace, ma anche l’egoismo di chi
sopporta malvolentieri ogni forma di condivisione e solidarismo; di chi teme l’effettiva perdita di identità e valori
e di chi invece non vuoie dialogare e confrontarsi con altri
valori e altre identità. Per quel poco che ne capisco, in Veneto le popolazioni della pianura e della montagna nei secoli sono state accomunate da due elementi forti: la miseria (e la fame) e il cattolicesimo. L’amministrazione della
Serenissima, efficiente e occhiuta, non era poi vista così
favorevolmente: troppo diversa e troppo ricca Venezia rispetto all’entroterra, troppo alteri e fedeli solo a se stessi e
alla loro casta i patrizi che reggevano le sorti della Repubblica. Il passaggio ali’Austria non dev’essere stato così
traumatico per contadini e montanari, né la nostalgia per
i vecchi governanti così forte.
Fede e miseria, due costanti per le genti venete fino a
non moltissimi anni fa. Negli ultimi decenni ia miseria è
stata fortunatamente sconfitta, soprattutto per il fiorire
sul posto di numerosissime attività produttive, spesso di
dimensione poco più che familiare, che hanno avuto in
generale notevole successo. E la fede? Qui il discorso si fa
complesso e spinoso. Suggerisco alcuni spunti: sottoposta
alla secolarizzazione, alla crisi delle vocazioni, perduta la
funzione centrale di «fabbrica» del consenso politico e sociale, la Chiesa cattolica veneta ha cercato di ripensarsi e
di rinnovarsi. Prova ne sia la grande vivacità dei movimenti terzomondisti e di solidarietà, il sostegno che parrocchie e organizzazioni cattoliche alle più varie iniziative
di solidarietà. Ma resta in difficoltà proprio nei confronti
di quelle fasce di popolazione ormai benestanti, poco inclini allo studio e alla riflessione, concentrate sulla propria vita e su un benessere diventato sostanzialmente valore in sé. Anzi, ho l’impressione che la Chiesa cattolica
abbia proprio perso la sua autorità spirituale su buona
parte della provincia veneta. Certo, il quadro è molto più
sfaccettato e complesso di così. Ma ho già detto che non
pretendo di spiegare, di mettere tutto in ordine; cerco solo
di capire, di seguire faticosamente qualche traccia.
Non penso che i cosiddetti secessionisti in Veneto abbiano un gran seguito. Ma in ogni caso il fenomeno va ridotto
a ignorante e egoistica rivendicazione antitasse e antiregole che coinvolge soprattutto la provincia e si esprime in
modi tutto sommato folcloristici e innocui (tranne che per
il fisco, si potrebbe aggiungere). La mancanza di una leadership autorevole e con le idee chiare mi sembra il limite,
ma anche l’incognita maggiore del movimento che neppure la Lega, prima riferimento politico privilegiato, sembra riuscire più a controllare. Forse tutto finirà dopo qualche atto dimostrativo, ma contro il ribellismo latente o
esplicito tutta la società civile (e non solo lo stato) dovrà
combattere ripensando a forme di vita comune rinnovate,
meno egoistiche e centrate sull’avere.
Riforma
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Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino
Di Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del l'gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 20 del 23 maggio 1997 è stato consegnato per l’inoltro postale all’Utficio
CMP Nord, via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledì 21 maggio 1997.
Contìnua il dibattito sulla situazione delle chiese evangeliche in Italia
Il «linguaggio» della predicazione
L'unica ragion d'essere della chiesa è l'annuncio del messaggio cristiano che non
può più essere comunicato efficacemente con il tradizionale linguaggio religioso
I cult
all'os
letto
jito riferì
isuln. 1
MARIO CONETTI
SPERO che non risulterà
inopportuno se comincerò con il ribadire due ovvietà, che sono però anche
due assunti fondamentali.
Premetto che parlo da metodista, la mia esperienza e le
mie considerazioni si riferiscono sempre alle chiese
«storiche».
Prima ovvietà. Il futuro
delle chiese evangeliche in
Italia non è in sostanza diverso dal futuro della chiesa
universale e del messaggio
cristiano. Certo, le «nostre»
chiese, come tutte le diverse,
particolari organizzazioni
umane con questo nome, vivono una situazione che è
soltanto loro, del tutto peculiare ma, in questa determinata situazione peculiare,
partecipano alla missione
della chiesa universale: l’annuncio del messaggio cristiano. La chiesa non ha il monopolio del messaggio cristiano, la chiesa invece è stata ed è tuttora, bene o male,
con tutte le sue mancanze e i
suoi problemi, il veicolo principale del messaggio cristiano, e ancora oggi la chiesa è
(o dovrebbe essere) il luogo
dove è naturale parlare, e
sentir parlare, del messaggio
cristiano. Non è il solo luogo
dove questo avviene; il messaggio cristiano è libero, libero dagli uomini e dalle loro
istituzioni, e si fa proclamare
dove meglio crede, spesso
nei luoghi dove la saggezza
umana meno se lo aspetta.
Ma la chiesa dovrebbe essere
uno di questi luoghi.
Seconda ovvietà. Il futuro
della chiesa, come anche il
suo presente, è la predicazione e per predicazione si in
tende, naturalmente, non solo il sermone ma tutte le parole e i fatti che si sforzano di
rendere testimonianza al
messaggio cristiano. L’unica
ragion d’essere della chiesa è
l’annuncio del messaggio
cristiano: quando la chiesa si
fa guidare da altri scopi e altre preoccupazioni, snatura
la propria ragion d’essere. E
annunciare il messaggio cristiano vuol dire fare in modo
che sia comprensibile e pieno di significato per la vita
delle donne e degli uomini,
che possa contenere una risposta ai loro interrogativi
più profondi.
Ma che il futuro delle chiese evangeliche in Italia dovesse essere la predicazione
dell’Evangelo, forse lo si sapeva già. La questione evidentemente ruota attorno al
«come?», e qui non possono
esserci che valutazioni del
tutto personali. È diventato
ormai banale ripetere che ci
si trovi in una situazione di
generale disorientamento
spirituale: eppure sono sicuro che tutti noi ne facciamo
esperienza diretta. Io vedo
tante persone che guardano
dentro di sé e attorno a sé,
cercando dei valori che possano orientare la loro vita.
Sono profondamente convinto che la predicazione, nella
particolare condizione in cui
ci troviamo, debba essere il
tentativo di indicare una risposta alla domanda fondamentale dell’esistenza umana: che senso ha?
Il senso della nostra esistenza, il bisogno di trovare
un significato vero e profondo, per tutte le nostre esperienze diverse e frammentate. Questa è la domanda più
universale, contenuta in ogni
vita umana. La domanda che
ci spaventa di più. La chiesa
deve avere il coraggio di affrontare questa domanda affermando che il messaggio
cristiano è in grado di rispondervi. La nostra predicazione
deve affiancarsi a quelle donne e a quegli uomini che si
sentono angosciare dalla
mancanza di significato, che
dentro di sé vivono male (anche se magari esteriormente
se la passano benissimo) perché sentono l’urgenza di trovare un significato vero per
l’esistenza. La predicazione
deve scendere dal pulpito,
uscire dalla chiesa per incontrare queste donne e questi
uomini nella drammaticità
dei loro interrogativi esistenziali, e non pretendere di guidarli, ma riuscire a condividere in profondità questi interrogativi, e il tentativo di
trovare una risposta nel messaggio cristiano.
Si può cercare di tradurre
queste belle parole in almeno una indicazione. Un problema vitale per la chiesa è
quello del linguaggio, proprio perché il compito della
chiesa è comunicare. Precisamente «linguaggio» non
vuol dire solo quali vocaboli
si utilizzano, ma tutto un
modo di comunicare: è linguaggio anche la toga (o i
jeans) del pastore, è linguaggio la grafica della circolare
di chiesa, è linguaggio tutto
quello che esprime il messaggio. Bisogna rendersi conto deH’impossibilità di comunicare davvero usando il
linguaggio «religioso». Per
linguaggio religioso voglio
dire non solo il linguaggio
tradizionale, il caro vecchio
«patois de Canaan», o il linguaggio religioso in senso
—IO SUI c
piu stretto, quello per inteX memi
derci che parla di miracoli, £e di T
resurrezione, e così via. Osanno,
Per linguaggio religioso in,||dese cl
tendo tutti quei linguaggi co.|Sove l’a:
munque strettamente legatilpersona
all’ambiente della chiesa. Si |coèefl
tratta ormai di una pluralità ¿canto £
di linguaggi, dalle derivazioni ¡di curi
spesso molto diverse, anche dio da u
di forme di linguaggio politi, tatori e
co, ma hanno in comune Ij jigelicc
caratteristica di venir dawe- ¡enica a
ro parlati e pienamente capiti Izzazio
solo all’interno dei muri della ile Chii
chiesa. Ostinarsi a comunica, lartecip
re con questi linguaggi vorrà Esercii
dire non venir compresi al dj eUi e v
fuori, all’esterno dei murai anni h
della chiesa, non riuscire a ITorim
farsi comprendere da chi sta porre i
fuori da quei muri. In questa o sett
modo potremo riuscire a co- [tenuto
municare solo con chi si trO' Iche di:
va già all’interno dei muri, o postam
con chi è disposto a trasferir, formaln
si all’interno fin da subito. Gii ospedi
troveremo comunque in un4 sala c^
situazione per cui «la dome-m degen
nica» parleremo un linguaggi» solta
gio diverso da quello degli aliarti d’oi
tri giorni della settimana: (re la teli
saremo disonesti con noi’unico o
stessi, e con gli altri. adisce i
Temo che le nostre chiesdl’organ
stiano vivendo, almeno ii) del culi
parte, questa situazione, cheeso), pr
ci siano troppi affezionati a
questo linguaggio religioso.
Forse siamo rimasti legati Ila c
delle forme più o meno consolidate in cui esprimerei! UH I
messaggio cristiano, ma bi-^
sogna rendersi conto che|u«Val
queste forme non sono com-fcp d’i
prensibili. I^Pelis«
Questa chiusura va supe-mWato
rata; non riuscire a comuni- ȏ coi
care il messaggio cristiano al no® La t
di fuori dei muri della chiesa Ni!l|Cosi
vuol dire molto semplice-ìottisegi
mente non avere un futuro, lai®ider
o averne uno molto triste, io saiebb
come din
lire due ci
Il successo di un meccanismo che ogni anno elargisce oltre mille miliardi
Anche per i non cattolici un 8%o sempre più «cattolico»?
EUGENIO BERNARDINI
Lf OTTO per mille ha ormai
I compiuto 12 anni; coinvolge come destinatari, oltre
allo stato, sei istituzioni religiose (vedi il numero scorso
di Riforma, pag. 7) e altre ancora bussano alla porta di
questo meccanismo che, senza alcun onere aggiuntivo per
i contribuenti, elargisce ogni
anno centinaia di miliardi.
Nonostante sia un meccanismo ben noto e gratuito, il
40-45% dei contribuenti continua a non esprimere alcuna
scelta. Perché? O perché non
ha l’obbligo di presentare la
dichiarazione dei redditi oppure perché ritiene di doversi
astenere da una tale scelta.
In realtà, il meccanismo
prevede che venga ripartita
anche la quota di chi non
sceglie secondo le percentuali fissate ogni anno da coloro
che scelgono. Così, per esempio, la Chiesa cattolica passa
ogni anno da circa il 50%
all’80% dell’intero ammontare disponibile, e così, naturalmente in proporzione, anche
lo stato e le altre istituzioni
religiose, salvo i pentecostali
delle Assemblee di Dio e i
valdesi e metodisti che destinano i loro «resti» allo stato
in quanto ritengono che, dato che si tratta pur sempre di
una quota delle tasse, gli enti
religiosi dovrebbero utilizzare solo quanto loro esplicitamente destinato dai contribuenti. Scommettiamo che
rimarranno soli anche quando si aggiungeranno altri enti
religiosi?
Come funziona il meccanismo dei pagamenti da parte
dello stato? Il meccanismo
prevede che i beneficiari
dell’otto per mille debbano
ottenere ogni anno entro il
mese di giugno l’importo a
loro destinato dalla dichiarazione dei redditi di tre anni
prima. La Chiesa cattolica,
invece, ha il privilegio di ricevere entro giugno un importo a titolo di anticipo della dichiarazione dell’anno in
corso e a gennaio del terzo
anno successivo a quello per
cui si è avuto l’anticipo il saldo a conguaglio. Naturalmente il conguaglio può avvenire solo quando il ministero delle Finanze ha effettuato i necessari controlli su
tutte le dichiarazioni dei redditi presentate. Peccato che il
fisco a tutt’oggi impieghi in
media cinque anni per verificare le dichiarazioni (ma le
verifica proprio tutte?). Così,
per la Chiesa cattolica soprattutto ma anche per gli altri in misura ridotta, agli acconti seguono i conguagli dei
saldi provvisori e poi i conguagli dei saldi definitivi,
magari per più anni insieme,
magari rateizzati e pagati in
titoli di stato.
Nel 1996, per esempio, la
Chiesa cattolica ha ricevuto
950 miliardi come acconto
per il 1996, 140 miliardi a
conguaglio (rateizzato) per il
triennio 1990-1992 e 364 miliardi a saldo (provvisorio)
per il 1993. In tutto 1.454 miliardi. Come li ha spesi? 617
miliardi per le esigenze di
culto della popolazione, 555
miliardi per il sostentamento
del clero e (solo) 282 miliardi
di interventi caritativi di cui la
metà nel Terzo Mondo, (solo)
il 20% di quanto ricevuto.
Sempre nel 1996 gli avventisti hanno ricevuto, con riferimento al periodo di imposta 1993, 6 miliardi e 147 milioni (meno deU’1% dell’otto
per mille) e ne hanno spesi 5
miliardi e 167 milioni per interventi di solidarietà in Italia
e all’estero. Gli avventisti
usufruiranno anche della
quota di coloro che non hanno effettuato una scelta a
partire dal 1999, cioè dal periodo di imposta 1996.
Sempre l’anno scorso i
pentecostali delle Assemblee
di Dio in Italia (circa lo 0,5%
dell’otto per mille) hanno ricevuto poco più di 3 miliardi,
spesi per interventi di solidarietà in Italia e all’estero.
Anche lo stato ha ricevuto
la sua quota di otto per mille:
150 miliardi (riferiti sempre
al periodo di imposta 1993).
Li ha spesi così: 40 miliardi
per l’intervento contro gli incendi boschivi, 15 al corpo
nazionale dei vigili del fuoco,
15 agli enti lirici e alle istituzioni concertistiche, 30 al
consolidamento della rupe di
Orvieto e del Colle di Todi, 20
per vari beni culturali. I rimanenti 30 miliardi sono stati
polverizzati a favore di grandi
e piccole istituzioni culturali.
E gli altri? Non hanno ricevuto ancora nulla per la necessità di far trascorre i fatidici tre anni da quando si è
entrati nel meccanismo.
Quest’anno la Tavola valde
Cor
porta un
quioso d(
Mussolir
attentate
parole di
del Ghise
?lianni ’
se dovrebbe ricevere il primo la avuto
acconto e lo spenderà per (rare po
interventi sociali, assistei!- ìuelle et
ziali, umanitari e culturali in'ore dovi
Italia e all’estero. I luterani Ì^Wesa v
riceveranno il loro primo ac- tartche
conto nel 1998 (periodo di Matui
imposta 1995) e gli ebrei nehulla, pe
1999 (periodo di imposta iientali
1996). Entrambi utilizzeran-/aldese
no anche la quota a loro non tarchico
esplicitamente destinata, e i dall’alto
luterani destineranno una
parte della quota dell’otto
per mille anche per il sostentamento dei pastori.
Insomma, la «linea difensiva» stabilita inizialmente da
valdesi e metodisti, pentecostali delle Adi e avventisti
(utilizzo delle somme derivanti dalle sòie scelte effettivamente espresse e esclusione delle attività di culto che
andrebbero pagate solo da
coloro che ne usufruiscono)
è franata in più parti e, con
l’arrivo di altri enti religiosi
continuerà probabilmente a
conformarsi sempre pii*
all’utilizzo che ne fa fin
dall’inizio la Chiesa cattolica.
Segno del compromesso? o
di pluralismo religioso? o del
fatto che sta cambiando la
comprensione di ciò che deve fare lo stato e di ciò che
possono fare gli enti religiosi? o preoccupazione di dare
più risorse a coloro che, a costì minori rispetto a queili
dello stato, possono dare un
buon contributo alla protezione sociale dei più biso;
gnosi? Sono domande a cui
dovranno rispondere anche
le chiese che pubblicano
questo giornale.
da doi
La COI
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Pastoi
blema
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Relate
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purch
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per l’i
Sarà
23
▼
o iqq,L^30 maggio 1997
J
PAG. 1 1 RIFORMA
la
?non
^/OSO
,11'ospedale
' letto con interesse
ato riferisce il pastore Bej^sul n. 16 in merito all’inlo sui culti all’ospedale.
«o membro della Chiesa
|se di Torino dove, come
Wino, esiste un ospeda...■-Sse che molti ci invidiaaggi c(¡.|áove l’assistenza è ottima
:e legatljersonale medico e paraliesa. Si |co è efficiente e umano.
Jluralitì gjanto a ciò vi è un altro
ivaziotii idi cura e assistenza ga^ anchi ito da un fedele gruppo di
n politi, latori e ancora il culto
nunela agelico settimanale (la
• dawe. lenica alle 9,15) la cui orto capiti fezazione è a cura della
uri delia Je Chiesa valdese ma a
■nunica. jartecipano a turno battigi vorrà Esercito della Salvezza,
esi ald jUi e valdesi. Nei numei murai anni trascorsi nella chieiscireà i Torino non ho mai sen^ chi sta porre in discussione se il
i questo; 0 settimanale andava
re a co. [tenuto o meno. Si è avuta
li si tro. [che discussione solo sulmuri, ( postamento di orario,
rasferir. formalmente i culti nei noihito. Cip ospedali hanno luogo in
; in un% sala comune, per cui alL dome.ni degenti restano «penalizinguagti» soltanto perché per tre
degli aliarti d’ora non possono venana: àre la televisione, ma questo
;on noi’unico ostacolo per chi non
adisce il culto. Se dipende
; chiesUl’organizzazione il ripristileno il) del culto (là dove esso è some, chioso), provo un certo stupoionati a
ligioso.'
legati a|
no conm ere il
ma hi-.
Ito che|u«Val Pelis», giornale del
10 com-fcp d’assion piemontèisa
llpelis», leggo un articolo
a supe-M®lato «La teoria del galuomuni-d®ll| composto di tre citatiano al ao^La terza è una poesia di
1 chiesa NiW Costa sul galucio, il galnplice-idt|segnavento, come dire
futuro, lateideruola; e la banderuoiste. ia ssebbe la Chiesa valdese,
come dimostrerebbero le al, ■! tre due citazioni. La prima ri
porta un telegramma ossequioso della Tavola valdese a
Mussolini, nel ’26, dopo un
attentato fallito; la seconda,
parole dette da me a «L’Eco
fel Chisone» sul fatto che negli anni ’70 la Chiesa valdese
.rimo la avuto la tendenza «a inte1 per ?tare posizioni marxiste in
sten- luelle ecclesiastiche». 11 letali in we dovrebbe dedurne che la
erani i^hiesa valdese «as vira da la
0 ac- lartche ’1 vent a tira»,
lo di Ma tutto ciò non dimostra
;i nel lulla, per almeno due fondaosta nentali ragioni: a) la Chiesa
;ran- raldese non è un blocco ge
1 nontarchico e autoritario, diretto
a, e i dall’alto e fondato sull’immu
re nel constatare che il decollo
è COSI difficile. La nostra chiesa ha molti organismi decisionali e esecutivi, è vero, ma è
tanto difficiie accordarsi?
Forse mentre scrivo la cosa
è già stata risolta, però voglio
far giungere la mia voce di ex
ricoverata presso l’Ospedale
valdese di Torre Pellice. Nulla
da eccepire per il trattamento
sanitario e quindi dovrei accontentarmi perché è per
questo che si va in ospedale,
per essere curati al meglio e
guarire. Nel 1995, dopo un serio intervento chirurgico
presso un ospedale della
Lombardia, fui ricoverata per
due settimane a Torre Pellice,
e quando mi avventurai in
cerca dell’orario del culto e
trovai un biglietto con scritto
che il culto era sospeso provai
una forte delusione.
Nell’ospedale da cui provenivo avevo subito con insistenza insopportabile le pressioni del cappellano i giorni
precedenti l’intervento e fino
alla sala operatoria, con il ripetuto invito a comunicarmi;
non mi pareva vero quindi di
ritrovarmi in un nostro ospedale dove è ancora osservata
la libertà di coscienza e dove
avrei condiviso con fratelli e
sorelle la lettura e la medita-zione della Parola. Non mi
sono mancate le visite pastorali, ma mi sono mancati i
«due 0 tre radunati nel suo
nome». Penso che il culto in
ospedale sia ancora evangelizzazione e testimonianza e
che non dobbiamo stancarci
di gettare il pane sulle acque.
Laura Gelso - Torino
Il papa e la «verosimile» apparizione del Risorto alla madre
I Vangeli negano la centralità di Maria
SALVATOHE BAWSAiiDA
La chiesa non è
un monolite
tabilità della dottrina, com’è
(o com’era; da qualche tempo
lo è meno) la Chiesa romana;
b) si tratta di due situazioni
inconfrontabili; nel primo caso, di un omaggio al potere, di
carattere ufficiale; nel secondo caso, di un trend dottrinde
avverso ai potere; solo dal ’96
infatti gli eredi del marxismo
sono al potere, ma per lo più
non si dicono marxisti, bensì
liberaldemocratici.
Detto questo nel merito,
vorrei aggiungere un paio di
commenti. Oggi, certo, il telegramma del moderatore
Léger ci fa un pessimo effetto; ma non esprime un paradigma dottrinale. La riflessione storica ci rammenta la tradizione di ossequio verso la
monarchia e i suoi governi,
che per secoli ha condizionato la sopravvivenza della
comunità valdese. Inoltre,
quando scrivevano al duce,
anche i protagonisti dell’antifascismo e le loro famiglie
usavano le stesse formule obbligate usate da Léger.
Infine, l’inclusione di posizioni dottrinali del tempo è
costante nella predicazione
cristiana dall’apostolo Paolo
no una
ell’otto
sosten
difensiente da
lenteco/entisti
le deri; effettisclusiorlto che
solo da
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1 e, con
-eligios!
nente a
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religiodi dare
le, a co1 quelli
dare un
i proteÜ biso;
le a cui
Î anche
dicano
La visita pastorale
ragione d’essere e specificità
Corso di aggiornamento pastorale italo/francese
Vallecrosia - Casa valdese
da domenica 8 giugno (sera) a mercoledì 11 giugno 1997
1-a commissione esecutiva distrettuale del 11 distretto e il
Consiglio regionale (Costa Azzurra - Provenza - Corsica)
della Chiesa riformata di Francia organizzano un incontro
pastorale italo/francese che si propone di affrontare il problema della visita pastorale tra la richiesta di senso e i
desiderio di credere in una società secolarizzata.
Inalatori; Felix Moser
docente di Teologia pratica
Università di Ginevra
Marco Rolando
medico psichiatra (Torino)
Marcella Tron Bodmer
medico psichiatra (Zurigo)
La Tavola valdese considera la pastorale quale corso di aggior
namento e ne copre il costo
a tutti gli iscritti a ruolo
purché si tratti del primo e del secondo del 1997.
" costo è comunque molto basso (lire 70.000 per vitto e alloggio,
per l’intero periodo). .
Sarà a disposizione un servizio di traduzione simultanea
la Ced del II distretto
(per ulteriori informazioni telefonare allo 0i25 617150)
1 telegiornali di mercoledì 21 e i quotidiani
del 22 ma^io hanno dato risalto al contenuto del discorso del papa durante
l’udienza generale del mercoledì. Sì è appreso così che Karol Wojtyla avanza un’ipotesi di questo tipo: «È legittimo pensare che
verosimilmente la Madre sia stata la prima
persona a cui Gesù è apparso...». M di là del
«verosimilmente», che lascia spazio per una
distinzione tra ciò che possiamo pensare, o
credere, e ciò che in realtà è avvenuto, rimane il fatto che il papa si avventura in una
supposizione e nient’altro che una supposizione. Certo, i quattro Vangeli non ci presentano un resoconto univoco delle apparizioni del Risorto.
In Matteo (28, 9) egli appare alle donne
(Maria Maddalena e l’altra Maria), nell appendice di Marco (16, 9) e in Giovanni (20,
15ss) appare a Maria Maddalena; in Luca
appare ai due discepoli sulla via di Emmaus
e a Simone (24, 31-35). Indubbiamente tre
evangelisti su quattro sono concordi nell’affermare che Maria Maddalena è stata la prima a vedere il Signore risorto.
Vero è che non tutto quel che Gesù disse
e fece è scritto nei Vangeli (Giovanni 20,
30), ma è anche vero che ciò che vi è scritto
risponde a una logica, comunica un mes-saggio che diviene del tutto diverso se si
cambia l’ordine della presentazione o se si
inseriscono elementi nuovi. Ogni alterazione non è un semplice gioco di possibilità,
ma una vera e propria manipolazione del
quadro d’insieme e del suo messaggio. Già
un vangelo apocrifo pretende che il Risorto
sia apparso in mezzo al Sinedrio. Qual 6 la
logica di una simile inserzione nel quadro
sobrio che ci presentano i Vangeli? Certo è
quella della vendetta, dello smacco portato
a quel consesso che ha voluto la condanna
di Gesù. ,
Ma a Vangelo non ci autorizza a avvalorare quel clima. La sobrietà, la problematicità
deUa resurrezione, valgono molto di piu di
ciò che si può dedurre da quell aggiunta
polemica. Così, dire che Gesù «verosimilmente» è apparso a sua madre per prima,
vuol dire recuperare a ogni costo un ruolo
centrale per la figura di Maria di Nazaret,
ruolo che i Vangeli negarlo a Maria come a
qualsiasi altro personaggio, sia esso Pietro,
Giacomo, Giovanni o Maria Maddalena.
Tutto questo trova particolare conferma
nel Vangelo di Giovanni. Qui emergono
una serie di confronti tra i discepoli di Giovanni Battista e i discepoli di Gesù (1, 3537; 4, 1-2), tra Pietro e i discepoli che Gesù
amava (13, 23; 20, 2-8; 21, 7), per evidenziare recclesiologia della «vite e i tralci» (Giovanni 15) in cui uno solo viene posto su un
piano diverso. Questi è Gesù, la vite. Tutti
gli altri sono tralci.
Proprio questo Vangelo ci ricorda che
presso la croce stavano Maria, la madre di
Gesù, Maria, la zia di Gesù e Maria Maddalena. A Maria di Nazaret viene assegnato il
ruolo di fare da madre al discepolo che Gesù
amava (19, 26ss). Ma sempre questo Vangelo ricorda che Gesù appare per prima a Maria Maddalena (20, 16). Questa è un personaggio varie volte ricordato nei Vangeli, ma
non assurge ad alcun ruolo centrale né la
sua testimonianza, in quanto donna, poteva
apparire più qualificata di quella di altri.
Ci sembra dunque importante entrare in
sintonia con il messaggio dei Vangeli per
predicarlo, evitando di snaturarlo con aggiunte e supposizioni che sono un esercizio
vecchio, ma sempre rifiutato.
in poi. Quanto alla voga ugualitaria e marxista degli anni ’70, da Mazzini (pur nemico di Marx) ho tratto la convinzione che fondamentale,
nell’Evangelo, è la proclamazione dell’uguaglianza degli
uomini. Forse per questo ho
così largamente condiviso
quanto ho udito predicare da
trent’anni in qua.
Augusto Comba
Torre Pellice
¡1? Intesa battista
e avventista
Leggo sul n. 19 di Riforma
una lettera che intende segnalare ai lettori «alcune inesatte precisazioni» contenute
nel mio articolo comparso nel
n. 16. Basta leggere l’articolo
per capire che nello specifico
non ho fatto alcuna inesatta
precisazione, dal momento
che criticavo Lorenzini, il
quale afferma che le Intese
con gli avventisti e battisti
erano avvenute senza che
«l’ente esponenziale» fosse riconosciuto. Ora l’ente esponenziale per i battisti è 1 ente
patrimoniale, il quale ha avuto il riconoscimento governativo il 20 gennaio 1961 e di
questo l’Intesa dà atto.
Tutto qui; se gli avventisti
hanno altri riconoscimenti,
oltre a quello del loro ente
patrimoniale, ciò è ininfluente rispetto a quanto sostenevo. L’ulteriore precisazione di
Ramirez può essere interessante ma non c’entra niente
con quello che scrivevo. Cre
do peraltro che mi si possa
dare atto del fatto che conosco bene le sfumature dell’Intesa battista e le differenze
con le altre: e non tanto perché l’ho firmata io insieme
all’allora presidente del Consiglio, Amato, quanto perché
alla sua stesura ho lavorato,
insieme con altri, per anni.
Piuttosto, se un’osservazione si voleva proprio avanzare, andava a mio parere fatta
sul titolo che la redazione ha
ritenuto di dover apporre. Irifatti più che «Le realtà religiose di minoranza fra Intese
e principio pattizio» forse andava titolato «Le realtà religiose di minoranza fra principio pattizio e legge generale
sul fatto religioso» o «fra Intese e legge generale».
Franco Scaramuccia
Chiavari
Gabriele Luigi
Pederzolli
Nella grande chiesa di San
Giuseppe, divenuta «casa comune» grazie alla generosa
ospitalità ecumenica dei nostri fratelli cattolici, il pastore
valdese Giulio Vicentini celebrava le esequie del giovanissimo Gabriele Luigi Pederzolli, annunciando la resurrezione del Signore, nostra vita e
nostra speranza, al popolo di
Dio che gremiva la chiesa e il
piazzale antistante.
In totale comunione, il pastore celebrante, il parroco, altri sacerdoti, i giovani
esploratori e le giovani e
L’YWCA-ÜCDG
Unione cristiana delle giovani, per celebrare il centenario della fondazione del
Centro milanese. Intende istituire una-due
borse di studio del valore di lire
1.500.000 ognuna, per una tesina inedita
«la salute fisica e psichica
DELLE DONNE MIGRANTI IN LOMBARDIA»
Intende dedicare detto premio alla memoria di Margherita
Gay Meynier (nipote della fondatrice dell’Associazione) che
ha dedicato la sua lunga esistenza a favore dell’emancipazione delle donne, sempre motivata dalla fede che l’ha portata
naturalmente ail’impegno sociale.
L’YWCA-UCDQ sarà grata a coloro che volessero far pervenire il loro contributo a sostegno dell’iniziativa. Le offerte dovranno essere fatte pervenire a Jolanda De Bernardi, via Volterra 7 - 20146 Milano, telefono 02/435613.
YWCA-UCDG - Milano, 24 marzo 1997
sploratrici del Cngei (di cui
faceva parte Gabriele) e dell’Agesci, fratelli e sorelle della
comunità cattolica e della comunità valdese, le compagne
di scuola domenicale, innumerevoli giovani amici e amiche di Gabriele, si stringevano intorno alla sua bara, per
rendergli l’estremo saluto in
preghiera e in ascolto della
parola del Signore. Tanti fiori
bianchi, canti, picchetto d’
onore con le insegne degli
scout, testimonianze di condivisione e di affetto, tante lacrime: ma il conforto dell’amicizia, dei comuni ideali,
della pienezza di comunione
nella fede nel Signore vivente.
La mamma di Gabriele, lasciandoci 18 anni fa, ci aveva
affidato una consegna di unità e di amore; oggi che Gabriele si è ricongiunto a lei,
noi restiamo fedeli a quella
consegna e ci sentiamo sempre più uniti agli amici e ai
fratelli cattolici della città, a
chi è sempre pronto a tenderci la sua mano fraterna.
L’ecumene dei credenti, ravvivata dalla luce dello Spirito, è la nostra consolante
realtà. Dio benedica la comunità cattolica di Rovereto,
la comunità valdese e luterana del Trentino, benedica
ognuno di noi; poiché, come
dice il profeta Isaia evocato
dall’apostolo Paolo, il Signore, l’Eterno, annienterà per
sempre la morte, asciugherà
le lacrime da ogni viso e, tutti uno nel Cristo, in Cristo
saremo tutti vivificati (I Corinzi 15).
Florestana Piccoli Sfredda
Rovereto
■ Errata
Nell’articolo di Cinzia Carugati Vitali apparso sul n. 19
di venerdì 16 maggio, quando si parla dei quattro principi etici, dove è scritto «la
non maledicenza» leggasi invece «la non maleficenza».
Inoltre sulla clonazione, per
un salto di riga una frase è
stata resa incomprensibile.
Si legga dunque «la clonazione come riproduzione di individui tutti identici che porta con sé non solo il problema della clonazione umana
ma anche quello della clonazione animale». Ce ne scusiamo con l’autrice.
conto corrente postale n.
11234101
intestato a La Luce, via San
Pio 15,10125 Torino
Quando delle persone fuggono una situazione ritenuta
insostenibile non si può fare
altro che aiutarli, ma sappiamo tutti che i problemi vanno
risolti a monte e l’affermazione «aiutiamoli a casa loro»
che sentiamo ripetere quotidianamente può non essere
un alibi per non aiutarli a casa nostra, ma esprimere la
realtà di questi problemi. La
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, quella
delle donne e della gioventù
evangelica in Italia stanno
cercando di percorrere questa strada insieme alle chiese
albanesi, sia quella ortodossa
che quella battista, nella quale è impegnato da qualche
anno il pastore battista italiano Saverio Guarna.
Vi proponiamo oggi uno di
questi programmi. Esso è situato nel campo dell’educazione per ragazzi e per adulti
in zone degradate di Tirana.
Varie organizzazioni, governative e non, sostengono programmi sociali in Albania ma
mentre i politici devono dare
la precedenza ad azioni di cui
si vedono rapidamente i frutti, le chiese possono dedicarsi
a programmi che richiedono
tempi lunghi ma i cui effetti
sono più profondi e duraturi.
Il Fondo di solidarietà presenta questo progetto ai suoi
lettori e a quanti credono che
la condivisione sia modo irrinunciabile di partecipare alla
missione della chiesa e alla
costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli.
L’elenco delle offerte che
segue conclude la raccolta di
fondi per il progetto Vitasoa
in Madagascar, (f.d. - b.t.)
OFFERTE PERVENUTE
IN MARZO E APRILE
£ 100.000: Delia Fontana; Odette Eynard Balmas; Helga Bongardo.
£ 50.000: NN Verbania; Irene
Nina Pina Bounous Proietti; Vittoria Rivoira.
£ 30.000; Lina Cassetti.
£ 25.000: L. P.; Edvige Palmieri.
Totale £ 530.000
Totale precedente £4.754.919
Totale £5.284.919
Trasmesse per Promofem Vitasoa-Madagascar £ 5 milioni
(4.500.000 + 500.000)
Restano in cassa £284.919
Le amiche dell’Ywca-Ucdg condividono in spirito di fraterna solidarietà il dolore della presidente nazionaie Fiorestana Piccoli
Sfredda per la tragica scomparsa
del nipote
Gabriele Luigi Pederzolli
Torino, 30 maggio 1997
9e
gioventù evangelica
SOTTOSCRIZIONE 1997
normale £ 45.000
sostenitore £ 90.000
estero £ 60.000
«3 copie al prezzo di 2»
£ 90.000
cumulativo GE/Confronti
£ 90.000
versamenti da effettuare
sul ccp n. 35917004 intestato a;
gioventù evangelica
via P.Lambertenghi, 28
20159 Milano
24
PAG. 1 2 RIFORMA
VENERDÌ 30 MAGGIO
HPI
E un diritto di tutti, italiani e stranieri. Per questo gli ospedali evangelici
curano chiunque ne abbia bisogno, a Ponticelli nella periferia di Napoli
così come nel quartiere San Salvarlo a Torino.
Sono luoghi di cura, certamente, ma anche spazi di accoglienza e ascolto
in cui si riafferma la dignità della persona e il diritto alla salute.
Per questo le chiese valdesi e metodiste hanno deciso di investire
una quota dell’otto per mille, a loro esplicitamente destinato dai contribuenti,
per sostenere gli ospedali evangelici.
Altri fondi saranno destinati al sostegno di progetti di cooperazione allo sviluppo,
di accoglienza, orientamento e formazione degli immigrati extracomunitari.
Tutti i fondi deii’8 per miiie destinati aiie chiese vaidesi e metodiste saranno investiti
esciusivamente in progetti sociaii, assistenziaii, umanitari e cuituraii in itaiia e aii’estero.
Chiesa evangelica valdese (Unione delle Chiese metodiste e valdesi)
via Firenze 38 - 00184 Roma - tei. 06-4745537; fax 06-4743324
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