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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
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Anno IX - numero 15-13 aprile 2001
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■ BIBBIA E ATTUALITÀ ■
RISURREZIONE
DELLA FELICITÀ
«£ Gesù fu trasfigurato... e le sue
vesti divennero sfolgoranti, candidissime, di un tal candore che nessun lavandaio sulla terra può dare»
Marco 9, 2-3
Al piacer m’affido, ed io soglio
col tal farmaco i mali sopir»,
così canta Violetta, ne «La Traviata»
di Giuseppe Verdi. Violetta è una
donna di facili costumi. Ma questa è
solo l’apparenza. Violetta, malata di
tubercolosi, ha sete d’amore; di qualcuno che l’ami e che lei possa amare;
«Ha forse alcuno cura di me?». Violetta cerca l’amore disperatamente, e
non lo trova; si affida quindi al piacere per sopire i suoi mali. Poi giunge l’incontro con Alfredo che sconvolge la sua vita dichiarandole il suo
amore: «Un dì, felice, eterea, mi balenaste innante, e da quel dì tremante vissi d’ignoto amor. Di quell’amor
ch’è palpito dell’universo intero, misterioso, altero, croce e delizia al
cor». Violetta è sconvolta da queste
parole, e sola le risente cantare: «È
strano!...è strano!... in core scolpiti
ho quegli accenti!».
Giunge, finalmente, l’amore!
Violetta incontra ii potere trasfigurante deil’amore che trasfigura la
realtà; che inietta il palpito deil’universo intero. Ma come tutti gli amori
romantici, anche questo è contrastato. Il padre di Alfredo, prima ordina,
poi implora Violetta di lasciare suo figlio; è già promesso sposo a una giovane. Vioietta, dapprima si rifiuta,
poi... pian piano cede. Compie il suo
sacrificio: finge di non amare Alfredo.
L’ukimo atto è un exploit di emozioni, di sentimenti: Violetta è moribonda. Il padre di Alfredo, afflitto dal
senso di colpa, svela al figlio ogni cosa. Il figlio corre da Violetta. Violetta
ha solo poche ore di vita. Le sue ultime parole sono il grande testamento
dell’amore trasfigurante; «Cessarono
gli spasmi del dolore. In me rinasce...
m’agita insolito vigore! Ah! io ritorno
a vivere... Oh gioia!», e muore.
CHE bell’opera, eppure manca
qualcosa: la Pasqua, la resurre
zinne, il riscatto. La vittoria sulla
morte. Manca la vera e grande trasfi
gurazione dell’amore, che trasfigura
anche la morte. La Pasqua è la festa
della trasfigurazione! La trasfigura
zione della realtà, sottoposta al potere della morte, attraverso il potere
dell’amore. L’amore trasfigurato non
teme più la morte, perché ha ormai
sentito il palpito dell’universo intero.
La Pasqua è la festa della felicità:
questa parola nelle chiese non è usa
ta molto spesso; sembra che essere
felici sia un peccato; si preferiscono
parole come sacrifìcio, obbedienza,
santificazione e non c’è spazio per la
felicità. Io invece desidero immagi
narmi delle chiese fucine di felicità
dove gli uomini e le donne che han
no incontrato il potere trasfigurante
dell’amore sanno essere felici. Oggi
la vera evangelizzazione sarà la con
tagiosa e traboccante felicità che
fluirà dalla nostra anima toccata dalla Pasqua trasfigurante. Dall’amore
cieco di Dio, dalla sua passione per il
niondo. Ecco cos’è la Pasqua; la re
surrezione della nostra felicità. È tut
to questo è possibile, non attraverso
un nostro atto di buona volontà. È
possibile perché Cristo è risorto.
Raffaele Volpe
ISPIRITUALIT/
Una liturgia per l'alba di Pasqua
dlANNAMAFFEI
APAGINA
IDIACONIAI
Il Muro della diaconia evangelica
di EUGENIO BERNARDINI
APACtNA Si
■■BECO DELLE VALLI
Impegno e testimoninza
di CARMELINA MAURIZIO
L'esperienza di un pastore valdese che tiene un culto nel carcere di Biella
L'Evangelo ai carcerati
Due volte la settimana, in una piccola stanza molto sobria, due gruppi di detenuti
partecipano al culto. La confessione di peccato, l'annuncio del perdono, la Cena
JONATHAN TERINO
Lungo ì1 corridoio laterale del
piano terra del carcere di Biella,
di fronte alle aule e accanto alla
stanza dell’assistente sociale, una
delle tante porte in ferro laccato blu
differisce dalle altre per il suo modesto cartellino di origine più recente;
«Culto valdese». La finestrella che fa
da spia lascia scorgere agli agenti, i
detenuti e gli assistenti, un microcosmo riformato silenziosamente disposto aU’interno: il lungo tavolo coperto da una tovaglia rossa, di lino
orientale ricamato, su cui poggiano
la grossa Bibbia interconfessionale
aperta, il calice e il pane spezzato
della Cena consumata durante il culto precedente, e il vecchio innario.
Lo sguardo scorre poi lungo le pa
reti fredde e celesti, luccicanti per la
luce che, malgrado le mura di fronte,
penetra tra le sbarre della finestra,
talvolta imbrattata dai piccioni bagnati alla ricerca di una nicchia. Lungo le pareti, secondo una buona tradizione luterana non sempre condivisa dai valdesi, risaltano le immagini: a parte lo spazio in alto a sinistra,
ancora vuoto dove un detenuto ha
promesso dì appendervi una croce
da lui fatta con il legno delle cassette
della frutta, ci sono i poster. Uno, vivido, che parla di comunione tra
uguali attorno a una cena pasquale,
dove il volto del Cristo risorto si riflette nel vino della coppa e le cui
mani forate spezzano il pane agli affamati di giustizia. Un’altra immagine, un affresco paleocristiano, ricorda la moltiplicazione dei pani in
tempi di persecuzione romana. Poi,
la dossologia trinitaria: molto più di
una formula che dimostri a potenziali inquisitori la nostra ortodossia, le
parole sulla parete destra ci ricordano la nostra comune tradizione e fede cristiana, dove la dottrina dell’incarnazione è teologia di liberazione.
Seguendo la parete, dopo i poster
con i salmi di fiducia, risalta quello
più vicino alla porta, che rimanda alla settimana di libertà dell’emancipazione valdese; «Gesù il Liberatore
che rimette in libertà gli oppressi».
A semicerchio, e decisamente pigiate, sono disposte la dozzina o più
di sedie. Durante il culto ci si sorride,
si interviene, si aiuta il vicino a trovare la pagina del cantico. La stanza.
Segue a pag. 7
Fcei per alluvionati
Sottoscrizione
a 81 milioni
La sottoscrizione promossa dalla
Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) a favore delle del
Piemonte e della Liguria, colpite
dalle alluvioni dell’autunno scorso,
ha raggiunto l’importo di 81 milioni.
Il Consiglio Fcei, intanto, ha già destinato le somme seguenti: 30 milioni di lire alla Casa valdese per la gioventù di Vallecrosia (Imperia), 20
milioni per il cantiere del Centro di
accoglienza per immigrati della
Chiesa metodista di Intra-Verhania
(10 milioni sono stati donati con
questa destinazione dalla Chiesa cristiana protestante di Milano), 10 milioni alla Chiesa valdese di Sanremo,
2 alla Chiesa valdese di Ivrea e 2 alla
Chiesa battista di Bussoleno; e infine 6 milioni a «Radio Beckwith Evangelica» di Torre Pellice. (nev)
Protocollo di Kyoto
Il Cec critica il
presidente Usa
«Il rifiuto del protocollo di Kyoto
da parte dell’amministrazione degli
Stati Uniti guidata da Bush è un tradimento delle proprie responsabilità
come cittadini globali»: dure critiche
dal Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec) alle recenti prese di posizione
del presidente George W. Bush sul
protocollo di Kyoto per la riduzione
dei gas che producono cambiamenti
climatici. Nel suo ultimo incontro
(Potsdam, 29 gennaio-6 febbraio
2001) il Comitato centrale del Cec ha
riaffermato la propria posizione su
questo argomento: i paesi industrializzati, che «hanno la maggiore responsabilità morale nella partecipazione ai cambiamenti climatici», devono assumere iniziative drastiche
per giungere a una riduzione sostanziale del iFenomeno. (nev)
Valli valdesi
Il tempo delle
confermazioni
Domenica delle Palme, alle Valli è
tempo di confermazioni. Nelle chiese
valdesi del I distretto ragazzi e ragazze sono stati battezzati o hanno con
fermato il battesimo ricevuto da piccoli. Ma, al di là della solennità della
cerimonia e anche del carattere festoso con amici e parenti, quali saranno
le idee di questi giovani credenti?
Quale interesse avranno dunque per
la loro chiesa, una volta lasciato alle
spalle questo momento comunque
importane e di svolta? Su questo prò
blema pastori e teologi si interrogano
da molto tempo, e forse la domanda
da porsi è se il problema non stia nei
giovani confermati ma piuttosto nella
chiesa che li accoglie e con la quale
devono iniziare il loro cammino.
Apag. Il
L'OPINIONE I
DI TUTTO PER
IL DENARO
Ci sono cose che ci fanno trasecolare,
e danno idea di un ben preciso punto di
non ritorno. Così la notizia apparsa sui
giornali di quei 7 ultrasettantenni incensurati, ex operai ed ex contadini,
che facevano i corrieri della droga tra
la Calabria e Roma, trasportandola in
normali zaini su normali autobus. I
«nonni della coca», così hanno titolato
i quotidiani con la solita frase ad effetto. Titolo fastidioso e sbagliato, perché
il termine «nonno» evoca nell’immaginario collettivo vecchi capitribù saggi e
dolci, forti e gravi, protettivi e amorevoli. Le società arcaiche affidavano a
questi vecchi il ruolo di guida, e ad essi
si andava per consiglio e indirizzo, per
trattative e decisioni. Erano società che
sapevano onorare la saggezza dell’esperienza e trarne vantaggio per tutti. Ma erano società che avevano precise regole al loro interno, idee guida,
senso del limite, e che osservavano, anche verso lo straniero e il diverso, codici di responsabilità e di onore, di rispetto per la parola data, di ospitalità e
di condivisione. Solo la guerra spezzava queste regole, ma nelle società più
evolute anche nelle situazioni di guerra
se ne sono previste altre: i trattati internazionali, il rispetto dei prigionieri,
no alla schiavitù, e così via. Ma oggi?
La politica che non rispetta regole
condivise non è più «arte del governo
della città», è semplice e brutale guerra,
bellum omnium cantra omnes, bestia^
lità scatenata. E sappiamo cos’è la bestia, è la «golpe [volpe, ndr] e il lione»
(Machiavelli), l’astuzia, la frode e la
violenza. Se non c’è il correttivo critico
della coscienza, la bussola che deve guidarci nella nostra scelta quotidiana, gli
individui e le società si smarriscono.
Oggi assistiamo a un sempre più dilagante ottenebramento delle coscienze,
come se la gente avesse perso i valori,
la stella polare del vivere. Il dio denaro
sembra l’unico punto di riferimento, e
davanti agli idoli del successo, della perenne gioventù e delle ricchezze si genuflettono intere popolazioni. Ancora
una volta nella storia si coagulano le
forze perverse di Mammona, e intprno
al vitello d’oro accecati danzano anche
tanti del popolo di Dio.
Che fare? Chi predicherà a Ninive, la
«grande città»? Dove si leverà la voce
profetica che proclama l’unica via di
uscita nel dilagare del male? Certe cose
non si fanno, e basta. C’è il limite, e sul
limite dell’etica ci deve essere «tolleranza zero». Questo è il compito del
credente e delle chiese. Via via nel corso della storia il Signore ha levato la
sua voce con i profeti, e anche nel nostro tempo. TuUio Vinay è stato uno di
questi, che ha saputo prodigarsi contro la guerra, la violenza del fascismo e
del nazismo, contro la persecuzione
degli ebrei, contro il massacro del popolo vietnamita, per la riconciliazione
profonda dei cuori, per la pace. Perché
i profeti vedono più in là degli altri,
hanno la vista lunga. Ricordo un bel
manifesto di anni fa con cui la Federazione delle chiese evangeliche italiane
proclamava, per la «Settimana della libertà», la necessità della conversione.
Oggi più che mai questo sembra essere
il compito di noi credenti. E se Dio
non ci vorrà suscitare dei grandi profeti, delle forti e autorevoli voci che ci
indichino la via della sua giustizia,
tanti piccoli e oscuri Giona si metteranno a trottare per le città, perché
Dio è in grado di far parlare anche le
pietre, se i suoi tacciono.
Piera Egidi
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Pai
VENERDh 3 APRILE 20ni
«Infatti, se
crediamo che Gesù
morì e risuscitò,
crediamo pure che
Dio, per mezzo di
Gesù, ricondurrà
con quelli che sono
addormentati»
(ITessalonicesi 4,14)
«' Vi ricordo,
fratelli, il Vangelo
che vi ho
annunziato, che
voi avete anche
ricevuto, nel quale
state anche saldi,
^mediante il quale
siete salvati,
purché lo riteniate
quale ve l’ho
annunziato;
a meno che non
abbiate creduto
invano. ^Poiché vi
ho prima di tutto
trasmesso, come
l’ho ricevuto
anch’io, che Cristo
morì per i nostri
peccati, secondo le
Scritture; *che fu
seppellito; che è
stato risuscitato il
terzo giorno,
secorido le
Scritture; ^che
apparve a Cefa,
poi ai dodici.
^Poi apparve a più
di cinquecento
fratelli in una
volta, dei quali la
maggior parte
rimane ancora
in vita e alcuni
sono morti.
^Poi apparve a
Giacomo, poi a
tutti gli apostoli;
ultimo di tutti,
apparve anche
a me, come
all’aborto; ^perché
io sono il minimo
degli apostoli, e
non sono degno di
essere chiamato
apostolo, perché
ho perseguitato la
chiesa di Dio.
^°Ma per la grazia
di Dio io sono
quello che sono; e
la grazia sua verso
di me non è stata
vana; anzi, ho
faticato più di
tutti loro; non io
però, ma la grazia
di Dio che è con
me. Sia dunque
io o siano loro,
così noi
predichiamo,
e così voi avete
creduto»
TRASMETTERE LA FEDE NEL RISORTO
La grazia genera in noi l'attitudine a trasmettere non tanto una spiegazione razionale
dell'azione di Dio ma piuttosto la certezza di essere oggetto di tale azione
PAWEL CAIEWSKI
A risurrezione di Gesù
I non può essere dimostra
«Li
ta storicamente. Il modo con
cui essa è attestata nei Vangeli
non permette di parlarne come
di un fatto storico. Non sappiamo dunque nulla di ciò che successe dopo la morte di Gesù;
sappiamo tuttavia che egli è
continuamente risorto nell’anima di uomini che Io hanno incontrato. Veniamo allora a toccare il mistero dell’anima cristiana, di cui non si può partecipare standone al di fuori».
Queste parole sono state scritte dall’ebreo Schalom Ben-Chorin (1913-1999), nato in Germania, che ha speso tutta la sua
lunga vita per sostenere il dialogo tra ebrei e cristiani. Nonostante il grande rispetto per la
fede cristiana dimostrato in
questa breve affermazione di un
ebreo profondamente credente,
si coglie abbastanza facilmente
il fatto che la risurrezione di Cristo Gesù resti e probabilmente
resterà per sempre un punto di
divergenza tra la fede cristiana e
tutti gli altri pensieri religiosi e
filosofici.
Il nucleo centrale
della fede cristiana
(1 Corinzi 15,1-11)
L> AFFERMAZIONE della riI surrezione di Cristo è in
realtà il vero nucleo centrale
della fede cristiana. La fede in
un unico Dio, il rapporto con il
creato, l’amore del prossimo,
possono mettere la fede cristiana in sintonia con altre fedi; la
risurrezione di Cristo, intesa come promessa e garanzia della ri
Preghiamo
Venite, nel giorno insigne della risurrezione partecipiamo al frutto della nuova vite, alla gioia divina, al regno di Cristo, cantandolo come Dio nei secoli.
Solleva in giro i tuoi occhi, o Sion; e guarda: ecco, sono
venuti a te, divinamente splendenti come luminari, da
Occidente e Settentrione, dal mare e da Oriente, i tuoi figli, che in te benedicono Cristo nei secoli.
Padre onnipotente. Verbo e Spirito, unica natura in tre
persone che sei al di sopra dell’essenza e della divinità,
in te siamo stati battezzati e, fedeli, te benediciamo nei
secoli.
Ottava ode del Canone di Giovanni Damasceno
per la domenica di Pasqua
(S. Pricoco, M. Simonetti, La preghiera dei cristiani,
Fondazione Lorenzo Valla - Arnoldo Mondatori Editore,
Milano, 2000, p. 317)
surrezione per tutto il genere
umano, è un messaggio talmente diverso da lasciare poco spazio per un confronto razionale.
Nell’esordio della sua prima
lettera alla chiesa di Corinto è
proprio Paolo ad avvertire i destinatari dello scritto sulla scarsa
utilità della sapienza umana per
la comprensione del messaggio
che sta per essere annunciato. I
giudei, infatti, chiedono miracoli e i greci cercano sapienza ma
noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i giudei è scandalo, e
per gli stranieri pazzia (1 Corinzi
1, 22-23). La croce di Cristo però
non indica la morte bensì la vita
eterna. Il brano 1 Corinzi 15, 111 contiene infatti, la più antica
testimonianza della fede nella
risurrezione (vv. 3b-7) che è
probabilmente anche una delle
prime confessioni di fede redatte dalla comunità delle origini.
Ciò che colpisce in questo brano è l’uso quasi costante del verbo «ricevere» e dell’espressione
«secondo le Scritture». Paolo non
è quindi né autore né garante
della notizia che trasmette. Egli
fa da tramite per un messaggio
che lo precede e si diffonde oltre
la sua predicazione. La garanzia
della veracità dell’annuncio è invece la Parola trasmessa nelle
Scritture ebraiche che ha trovato
il suo compimento nella persona
di Gesù. Si ha l’impressione che
l’autore di questi versetti voglia
uscire dalla dimensione interiore, per dimostrare l’oggettività
dell’evento. La domanda che
sorge è però molto semplice:
quale evento? 11 diffondersi della
fede nella risurrezione è piuttosto fuori discussione. La forte
convinzione di coloro che testimoniano di aver visto Gesù risorto è chiaramente attestata dagli
scritti del Nuovo Testamento.
(w. 10-11) non si ripetesse così
spesso la parola «grazia». L’enfasi
sulla grazia di Dio riporta immediatamente l’evento della risurrezione dalla sfera interiore a
quella esteriore, ma l’oggettività
di tale evento non può essere misurata con criteri della ragione.
La logica della grazia non corrisponde ai canoni e ai paradigmi
della logica formale classica.
L’annuncio della risurrezione di
Cristo «per grazia di Dio» sconvolge anche le regole nelle quali
cerchiamo di racchiudere la nostra anima e il nostro corpo.
Resta però aperto un problema che tormentava profondamente la comunità di Corinto:
«Come risuscitano i morti? E
con quale corpo ritornano?» (1
Corinzi 15, 35). La risurrezione
di Cristo è diventata ormai parte
delle nostre confessioni di fede,
ripetiamo anche senza grandi
emozioni la formula: «Aspettiamo la risurrezione dei morti e la
vita che verrà». Tuttavia una domanda molto simile a quella
menzionata da Paolo tormenta
in maniera più o meno conscia
ogni essere umano: che cosa
succederà dopo la morte?
visione profondamente interiore
ed antropocentrica dell’esistenza. In tale visione la risurrezione
può essere assicurata, o addirittura anticipata, per mezzo di
una serie di azioni ed esercizi
spirituali mirati a sconfiggere il
rischio e l’incertezza di un «dopo» attraverso l’esplorazione del
proprio «io»; tutto si compie ora
e qui e la gratificazione è pressoché immediata.
La conversione di Paolo
IL cambiamento avvenuto nella vita di Paolo (o Saulo) di
Tarso è risaputo al punto tale da
diventare quasi proverbiale.
Questa lista di eventi non equivale però all’affermazione: Cristo
è risorto! Ha dunque ragione chi
asserisce che tale verità non può
essere dimostrata seguendo la
metodologia delle scienze storiche; in fin dei conti la cosa più
giusta da fare sarebbe forse quella di ritornare ad esaminare i misteri dell’anima cristiana. Tale
approccio potrebbe risolvere
molti problemi se nella parte finale della testimonianza di Paolo
Domande sulla risurrezione
Accanto a questa domanda
se ne possono contare molte altre che non sono altro che le
sue logiche conseguenze. Come
prolungare il tempo della vita?
Come assicurarsi un buon ricordo nella memoria degli altri? Come far sopravvivere una parte di
sé nell’esistenza dei figli e dei
nipoti? La ragione di queste domande è da cercare in una visione della risurrezione che verte
molto sull’aspetto simbolico o
spirituale. Tale visione quasi
, inevitabilmente porta ad impegnarsi per preparare già adesso
la propria risurrezione. Negli
antichi riti funebri delle religioni
pagane la tomba veniva riempita con vari oggetti di vita quotidiana, come se si volesse affermare la continuità dell’esistenza
oltre la morte.
Nella nostra società post-cristiana e ultramoderna ciò che
viene messo in dubbio è proprio
la continuità della vita nella sua
integrità che include anche il
corpo. Tutto è dunque finalizzato a trasmettere le proprie risorse intellettuali e/o economiche,
le memorie e i ricordi agli altri.
Accanto a questa tendenza,
piuttosto generale, un'altra tendenza, più di élite, propone una
Note
omiletiche
La tensione tra il Venerdì
Santo e la Pasqua
VARREBBE però la pena riprendere in considerazione
anche la ricchezza dei significati
che sorgono dalla tensione tra il
Venerdì Santo e la Domenica
della Risurrezione. Questa tensione è il vero centro della liturgia cristiana, la quale, pur svolgendosi ora e qui, è proiettata
oltre. La croce di Gesù e la sua
morte sono perfettamente visibili. La risurrezione si manifesta
invece sotto la forma di una
tomba inspiegabilmente vuota
e contornata da testimonianze
di coloro che sostengono di aver
visto il Risorto ma non la risurrezione. Un fatto palese e drammatico è dunque contrapposto
ad una realtà apparentemente
debole che suscita più dubbi
che certezze.
Questa tensione mette però in
luce il vero senso della trasmissione della fede nella risurrezione. Non è una semplice trasmissione di una convinzione interiore o di una dottrina, alla quale si vuole dare parvenze di oggettività. Alla tensione tra la passione di Gesù e la sua risurrezione corrisponde la tensione tra
natura e grazia. Il fatto di ritrovarsi in un nuovo orizzonte di
esistenza non ha nulla a che vedere con la natura umana, l’orizzonte stesso e la nostra capacità di scorgerlo sono opere della grazia. La grazia genera quindi in noi l’attitudine a trasmettere non tanto una spiegazione razionale dell’azione di Dio ma
piuttosto la certezza di essere
oggetto di tale azione, senza
nessun merito né contributo
versato in precedenza. Perché
noi predichiamo Cristo, potenza
di Dio e sapienza di Dio; poiché
la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio
è più forte degli uomini (I Corinzi 1, 24b-25).
(Ultima di una serie
di quattro meditazioni)
Il testo 1 Corinzi 15,l-q
riassume quello che Paolo
stesso definisce il suo e.
vangelo. I primi versetti (i.
3a), che precedono la par.
te centrale (vv. 3 b-8), ge^,
tano un forte fascio di looj
sul significato delle idaj
che introducono. Queste
idee sono denominate «]'
Evangelo» che Paolo ha
annunciato (v. 1). Il contenuto dell'annuncio è stato
già accettato dai fedeli di
Corinto hanno accettato
(v. 2). Per la fede ricevuta,
se permangono in essa, otterranno la salvezza (v. 2),
Paolo confessa di aver dato ai fedeli di Corinto ciò
che lui, a sua volta, aveva
ricevuto (v. 3a). L'esposizione usata nel testo evoca una trasmissione del
messaggio che non era cominciata con Paolo. Egli è
solo depositario di un me^
saggio che gli è stato affidato e che egli ha trasmesso con fedeltà. Le parole
che chiudono la cornice in
cui è racchiuso il messaggio che Paolo ha ricevuto
e trasmesso (v. 11), aiutano a comprendere l'importanza del suo contenuto,
Anche qui, come prima (v,
1), l'oggetto della predicazione è presentato come
qualcosa che i fedeli di Corinto hanno creduto, qualcosa che hanno accettato
nella fede.
Da questo genere di cornice (vv. 1-3a; 11) si possono dedurre varie conclusioni a proposito del nucleo
della predicazione di Paolo
e degli apostoli (vv. 3b-8).
Si tratta di un messaggio
che è oggetto di fede e
non di speculazione; accettando questa fede si ot
terrà la salvezza. La con
fessione di fede presentata
da Paolo, è rivestita inoltre
di una notevole antichità,
Intorno all'anno 56 (probabile data della prima stesura dello scritto) tale sintesi
sembra già abbastanza
consolidata. Le espressioni
della parte centrale (vv.
3b-8) contengono una se
rie di indizi della sua anti
chità. La somma di tutti
questi indizi dimostra che
si tratta di qualcosa che
non parte da Paolo ma che
anche lui ha ricevuto. Vi
sono elementi che mostra
no non tanto la mano propria dell'apostolo, bensì
l'esistenza di una formulazione anteriore. Non
propria di Paolo l'espressione «per i nostri peccati»
(v. 3b), come non lo è '
formulazione «secondo
Scritture» (v. 3b-4).
Il passivo passato «eg
gettai» usato qui per indicare la risurrezione di Cn
sto (v. 4) non è una caratteristica paolina. Allo stesso modo la forma del verbo «phth» (apparve), rip^'
tuta quattro volte (w5,6,7,8), è abbastanza rara
nel resto dell'opera paoli;
na. La denominazione
dodici» (v. 5) non è piV
usata da Paolo in rifed'
mento agli apostoli
somma di tutti questi dati,
oltre a dimostrare la possi'
bile esistenza di una confessione di fede abbastan*
za definita, mette in evidenza una formulazioni
anteriore a Paolo e da W
stesso ricevuta. I versetti
centrali (3b-8), mostrane
anche nella loro foriti^
strutturale indizi abbi'
stanza chiari di una tradì'
zione antica che è stat
trasmessa con una form
già consolidata per aiuta
ne la memorizzazione
Per
approfondire
- G. Barbaglio, La teoj
già di Paolo. Abbozzi
forma epistolare, Edb, “
logna, 1999, pp. 57-207
- C. K. Barrett, La pn^
lettera ai Corinti, Edb, “
logna, 1979.- K. Bartb- '
resurrezione dei '
Marietti, Casale Mon
rato, 1984.
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Venerdì 13 APRILE 2001
Fede e Spiritualità
PAG. 3 RIFORMA
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È un'antica tradizione pasquale, ripresa oggi anche da alcune chiese evangeliche
Una liturgia per l'alba di Pasqua
Doi racconto evangelico di Luca e dalle poesie di A. Sinjawskil un dialogo immaginario fra le
due discepole che, in gueiio primo mattina, andarono al sepolcro di Gesù, trovandolo vuoto
Già da qualche anno alcune chiese evangeliche in Italia fra
Iti quella metodista e riformata di Portici e quella battista di
gavoli, hanno ripreso un’antica tradizione pasquale, quella di
irMntrarsi alle prime luci dell'alba, la rnattina di Pasqua, per
ripercorrere liturgicamente le narrazioni evangeliche del ritrodella tomba vuota da parte delle prime discepole di
Gesù. Quello che vi proponiamo in questa pagina è una parte di
una liturgia pasquale dell’alba costruita nell’alternarsi fra brani dello poesia di Andrej Sinjawskij, «Le attese», testi evangelici
lucani e un dialogo immaginario fra due discepole sul sentiero
che conduceva al sepolcro di Gesù. (Anna Maffei)
Non abbiamo mai avuto una luna così alta.
Le ombre si sono raccolte
ai piedi degli ulivi.
Per tutta la notte
i cani hanno ululato nel vento,
seminando d’inquietudine le vie strette.
Quali brividi percorrono
le viscere oscure della terra
se perfino i galli trattengono il canto
ora che il giorno è fermo all’orizzonte?
«Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea, avendo
seguito Giuseppe (d’Arimatea), guardarono la tomba e come vi
era stato deposto il corpo di Gesù. Poi tornarono indietro e prepararono aromi e profumi. Durante il sabato si riposarono secondo il comandamento. Ma il primo giorno della settimana, la
mattina prestissimo, esse si recarono al sepolcro, portando gli
atomi che avevano preparato» (Luca 23, 55-56; 24,1)
Avevano camminato in silenzio al chiarore della luna
ancora alta. Poi Giovanna
aveva chiesto, quasi sussurrando a Maria: «Hai visto Pietro e gli altri?». «Sì», aveva risposto Maria a capo chino,
cercando di non inciampare
sul sentiero pietroso alla luce
flebile della lanterna. «L’ho
visto proprio ieri sera. Abbiamo parlato di lui. Mi ha raccontato deU’ultima volta che
l'ha visto, nel cortile della casa dd sommo sacerdote. “Faceva freddo - mi ha detto anche se c’era un fuoco accestì 11 fuori. 11 mio era un gelo
interiore che nulla riusciva a
riscaldare. C’era gente. E parlavano, parlavano: mai la finivano di dire falsità e cattivèrie su Gesù. Dicevano che
aveva ingannato il popolo
che lo credeva il Messia, e
che se ora era in catene sotto
processo se lo meritava. Dicevano che le chiacchiere del
popolino lo avevano dipinto
come un grand’uomo, ma
che in fondo eccolo, era lì solo, e non aveva trovato nessimo, neanche uno dei suoi,
disposto a difenderlo".
“E io - ha proseguito Pietro fra le lacrime - non dicevo niente. Ascoltavo a testa
china e basta. Ma a un certo
punto il mio viso deve essersi
contratto dal dolore, dalla
rabbia, anche se facevo di
tutto per fingere indifferenza. E uno di loro, una serva,
ti^ ha guardato dritto in faccia, rossa per il fuoco e per la
rabbia, e scrutandomi attentamente mi ha riconosciuto
come uno di quelli che seguiva Gesù”. Ma Pietro l’ha
negato». .
«Come? L’ha negato?».
«Sì, l’ha negato. Per ben tre
volte. Me lo ha detto proprio
lui, ieri, e non riusciva a trattenere un pianto disperato.
Non se lo riesce a perdonare.
Ripete sempre la stessa cosa.
“Ho negato di conoscerlo, capisci Maria. E dopo la terza
volta che giuravo e spergiuravo di non conoscerlo, sai cosa è accaduto?”, mi ha detto.
Cosa? Gli ho chiesto. “11 gallo
ha cantato e io mi sono ricordato che lui me lo aveva predetto: Oggi, prima che il gallo
canti, tu mi rinnegherai tre
volte. Me lo aveva detto solo
poche ore prima. E io l’avevo
dimenticato. Solo poche ore
e io ho fatto proprio quello
che lui mi aveva predetto:
l’ho rinnegato”. Quel pensiero lo fa star male, molto male. Anche se fu a quel punto
che Gesù, ha aggiunto come
trasognato Pietro, lo guardò,
intensamente».
«Fu poi il maestro che lo
guardò?».
«Sì, e quando Pietro me lo
raccontava era come se lo vedesse ancora. Me lo ha detto,
me l’ha poi ripetuto tante volte: “Non c’era rancore nel suo
sguardo, non un rimprovero.
Neppure un’ombra. Solo amore, solo amore”. Così mi
ha detto Pietro: solo amore».
«Ma ecco, siamo arrivate».
«E trovarono la pietra che era stata rotolata dal sepolcro. Ma
quando entrarono non trovarono il corpo di Gesù» (Luca 24,2-3)
D’improvviso fu spezzato il tempo.
Si sciolse la luce dell’astro notturno,
segno del tuo corpo addormentato,
all’erompere violento del tuo sole.
Hai spalancato gli occhi
vestendo di trionfo l’universo
e fino all’alto regno di tuo Padre
è rimbalzato l’annuncio di vittoria.
Ora tu stai vibrante di splendori
al centro di spazi liberati
nell’armonia della risurrezione.
Ma sul pianeta rimane
il buio spalancato della tomba
e il mistero della tua assenza.
Avessero avuto voce
le pareti del sepolcro,
la pietra che sostenne per tre notti
il corpo irrigidito!
Quando dagli altri regni rifluì
la vita nelle tue membra, forte
a vincere le porte dell’eterno,
dicono che un fremito inaudito
contorse in grido la roccia.
Ma si rapprese la chiara mattina,
intorno alle donne con gli intimi alabastri;
solo la pietra violata rivelava
il gesto gentile dei lini accolti.
«Mentre se ne stavano perplesse di questo fatto, ecco che apparvero davanti a loro due uomini con vesti risplendenti; tutte
impaurite chinarono il viso a terra, ma quelli dissero loro; “Perché cercate il vivente fra i morti? Egli non è qui ma è risuscitato;
ricordate come egli vi parlò quand’era ancora in Galilea, dicendo che il Figlio dell’uomo doveva essere dato nelle mani di uomini peccatori ed essere crocifìsso, e il terzo giorno risuscitare”.
Esse si ricordarono delle sue parole» (Luca 24, 4-8)
La voce del celeste messaggero
parlava di ritorni,
ridava le ali all’attesa e alla speranza.
Per tutto il giorno
abbiamo trepidato ai rari segni.
11 vuoto sepolcro ci offuscava
le concitate annunciatrici,
la fiamma certa di Maria di Magdala
intesa al suono della dolce voce,
la custodita tenerezza di tua madre
e il consapevole sorriso.
«Tornate dal sepolcro annunziarono tutte queste cose agli undici e a tutti gli altri. Quelle che dissero queste cose agli apostoli
erano Maria Maddalena, Giovanna, Maria, madre di Giacomo
e le altre donne che erano con loro. Quelle parole sembrarono
loro un vaneggiare e non prestarono fede alle donne»
«Due di loro se ne andavano
in quello stesso giorno a un
villaggio di nome Emmaus,
distante da Gerusalemme sessanta stadi; e parlavano tra di
loro di tutte le cose che erano
accadute. Mentre discorrevano
e discutevano insieme, Gesù
stesso si avvicinò e cominciò a
camminare con loro. Ma i loro
occhi erano impediti a tal
punto che non lo riconoscevano. Egli domandò loro; "Di che
discorrete fra di voi lungo il
cammino?’’. Ed essi si fermarono tutti tristi. Uno dei due,
che si chiamava Cleopa, gli rispose; “Tu solo, tra i forestieri)
stando in Gerusalemme, non
hai saputo le cose che vi sono
accadute in questi giorni?’’.
Egli disse loro: “Quali?”. Essi gli risposero: “Il fatto di Gesù Nazareno, che era un profeta potente in opere e in parole davanti a Dio e a tutto il
popolo; come i capi sacerdoti
e i nostri magistrati lo hanno
fatto condannare a morte e lo
hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele; invece, con
tutto ciò, ecco il terzo giorno
da quando sono accadute
queste cose. È vero che certe
donne tra di noi ci hanno fatto stupire; andate la mattina
di buon’ora al sepolcro, non
hanno trovato il suo corpo, e
sono ritornate dicendo di aver
avuto anche una visione di
angeli, i quali dicono che egli
è vivo. Alcuni dei nostti sono
andati al sepolcro e hanno
trovato tutto come avevano
detto le donne; ma lui non lo
hanno visto”.
Allora Gesù disse loro: “O
insensati e lenti di cuore a credere a tutte le cose che i profeti
hanno detto! Non doveva il
Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloría?”. E, cominciando da Mose e da tutti
i profeti, spiegò loro in tutte le
Scritture le cose che lo riguardavano. Quando si furono avvicinati al villaggio dove andavano, egli fece come se volesse proseguire. Essi lo trattennero, dicendo: “Rimani con
noi, perché si fa sera e il giorno
sta perfinire”. Ed egli entrò
per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro prese il
pane, lo benedisse, lo spezzò e
lo diede loro. Allora i loro occhi furono aperti e lo riconobbero» (Luca 24,13-31a).
«È così, così, vi dico.
Perché non ci credete? La
tomba era vuota... Non capite? Era come aveva detto lui.
"Mi maltratteranno - aveva
detto - e mi uccideranno, ma
poi risusciterò. Dopo tre giorni risusciterò”.
Giacomo... Giovanni...,
non siamo pazze, voi ci conoscete... e tu Pietro, neanche
tu ci credi?»
«Ma Pietro, alzatosi, corse al sepolcro; si chinò a guardare e
vide solo le fasce; poi se ne andò meravigliandosi dentro di sé
per quello che era avvenuto» (Luca 24, 9-12)
Ed ora che la sera si raccoglie,
di pudore, attendiamo
il ritorno dei discepoli da Emmaus.
Ti hanno riconosciuto
allo spezzar del pane.
Anche da noi la cena è preparata.
Odora sulla mensa un cibo fraterno da spartire
tra timori e speranze.
E fiduciosi noi stiamo in attesa.
«Il Signore è veramente risorto!» (Luca 24,34)
Eugen Drewermann: con la Pasqua la forza della bontà riesce ad affermarsi
La difficoltà di perdonare di fronte al dolore
Ogni volta che noi uomini
diventiamo capaci di perdonarci fra noi accade nella nostra vita una sorta di miracolo poiché, diversamente da
quel che insegna la morale,
non siamo mai in grado di
perdonare una vera colpa, a
meno che non ci sia concessa una visione come quella di
cui poterono essere testimoni i discepoli nella sera della
Pasqua. Una visione di ferite
che si sono trasfigurate, di
una vita che non può essere
annichilita, di una bontà che
non viene compromessa dalla sofferenza, di una pace
che nessun atto di violenza
potrà mai strappare dai nostri cuori. Senza questa immagine di resurrezione oltre
la morte ogni promessa di
perdono resta, nel migliore
dei casi, un mero tentativo e,
nonostante le buone intenzioni, si riduce a un autoinganno di breve durata e a un
involontario raggiro degli altri. Spesso, infatti, il nostro
tentativo di perdono è troppo prematuro. Diciamo «non
importa», «adesso basta», ma
finché una vera ferita ci fa
soffrire, non dovremmo promettere perdono con tanta
leggerezza, poiché non abbiamo la forza per mantenere la nostra promessa.
Se davvero crediamo che
l’altro sia disposto a mettersi
in discussione, dovremmo
piuttosto cercare di parlargli,
di confidarci a vicenda quel
che ha fatto soffrire, di comprendere perché una parola,
un gesto qualunque oppure
una cattiveria intenzionale ci
ha procurato tanta sofferenza. Finché le ferite non si sono rimarginate non possediamo quell’apertura del
cuore che il perdono presuppone. È facile dire «ti perdono» quando il dolore non ci
opprime veramente.
In questo caso, però, «ti
perdono» significa soltanto
«non mi hai fatto male». Ma
quando ci sentiamo colpiti
nel profondo dell’anima e ne
soffriamo, allora l’onestà è
altrettanto importante dell’amore per il prossimo. La
verità e l’amore non devono
e non possono infatti contraddirsi. E la mancanza di
sincerità nelle questioni più
intime impedisce agli uomini
di accogliersi l’un l’altro,
malgrado qualunque dichiarazione di perdono.
La visione degli apostoli
nella sera di Pasqua mostra
invece, con mirabile simbologia, da dove provenga veramente la forza della bontà e
quale sia la sua scaturigine.
Quando il perdono entra
davvero nella nostra vita, così
ci dice la visione del corpo
trasfigurato del Signore, è come quando le ferite diventano parte di una bellezza umana, è come quando le sofferenze ci rendono particolarmente cara una persona
che amiamo profondamente,
è còme quando il dolore che
ha patito per causa nostra si
trasforma in un vincolo di fedeltà, di unione, di indissolubile appartenenza. Solamente chi abbia conosciuto con il
proprio corpo il miracolo di
poter vivere al di là del dolore, di poter risanare malgrado le ferite apprende la gioiosa magnanimità che permette di perdonare gli altri.
(...) È proprio questo il fulcro della scoperta di tale vi
sione nel giorno della Pasqua: neirindistruttibilità
dell’amore si scopre che le
ferite di cui abbiamo sofferto
e il male di cui ci siamo resi
colpevoli possono aprirci a
un nuovo amore per noi e
per gli altri, che le ferite si
trasfigurano e che, alla fine,
non esiste più nulla da rimproverare, né a se stessi né
agli altri, poiché, in mezzo al
dolore, si incontra la parola
di Dio e si trovano infinite
ragioni per essere riconoscenti sia agli uomini, in
virtù della loro comprensione e bontà, sia a Dio che comincia a rivelarsi sul nostro
tortuoso cammino.
Alla fine di quel che è stato,
di quel lungo cammino sul
quale siamo diventati ciò che
siamo, potremo riscoprirci
quali creature meravigliose,
come Dio senz’altro ci vede
ogni giorno e come desidera
che anche noi un giorno potremo vederci.
(da Eugen Drewermann, Io
discendo nella barca del sole.
Meditazioni su morte e resurrezione, Rizzoli, 1993, pp. 194195; p. 198)
4
PAC. 4 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 13 APRILE 2001 | VENERDÌ 1
La crescita della Chiesa protestante dopo la Rivoluzione culturale degli Anni 70
Cina: stampate 25 milioni di Bibbie
«Amity Printing Press», risultato della collaborazione tra l'Alleanza biblica universale e «Amity
Foundation» pubblica Bibbie in cinese, inglese, braille e in diverse lingue di minoranze etniche
SARA SPEICHER*
Durante la Rivoluzione
culturale tutte le Bibbie
furono distrutte e vietate. Li
En-Lin ricorda che quando la
chiesa di suo padre venne
riaperta nel 1979 egli chiese,
pensando a tutti i suoi libri
briiciati; «Come posso predicare senza Bibbia?». Ma prima che ne ricevesse una da
un amico di Hong-Kong, i
suoi parrocchiani si trasmettevano reciprocamente, a
mente, brani biblici, ricostituendo così la Bibbia per
mezzo della tradizione orale.
Prima che Li venisse mandata in «rieducazione» nel 1973,
suo padre le fece imparare il
salmo 23, che le dette conforto ogni sera per i 3 anni durante i quali lavorò come
«medico dai piedi scalzi». Anche dopo la Rivoluzione culturale, Li si ricorda che i suoi
compagni di scuola dovevano copiare la Bibbia a mano.
«Amity Printing Press»
Attualmente «Amity Printing Press», risultato della collaborazione tra l’Alleanza biblica universale (Abu) e «Amity Foundation», pubblica
Bibbie in cinese, inglese,
braille e in diverse lingue di
minoranze etniche. 25 milioni di copie sono state stampate dalla fine del 1987. «Amity Printing Press» pubblica
inoltre raccolte di inni, di
Bibbie di studio e materiale
pedagogico, nonché altri testi
di ispirazione cristiana. L’unica «restrizione», sottolinea
Peter Dean, collaboratore
dell’Abu presso «Amity Printing Press», è il divieto di vendere Bibbie nelle librerie statali, ma se ne possono trovare
facilmente nelle librerie private, nelle librerie cristiane e
per corrispondenza, nonché
nei centri di distribuzione.
Peter Dean sottolinea che
non solo è meno oneroso
stampare Bibbie in Cina che
cercare di importarne, ma
che questo rinforza l’identità
della chiesa cinese. «Alla gente piace che le loro Bibbie
siano stampate in Cina», senza contare che tali libri, pubblicati legalmente, non possono essere confiscati ai loro
proprietari. Egli ci vede anche una questione di rispetto: «È importante approfitta
Pechino, piazza Tien-an-Men: studenti manifestano a favore della
democrazia (1989)
re di questa porta aperta e di
rafforzare la fiducia reciproca
tra il governo e la chiesa».
Evangelizzazione
e libertà religiosa
La fiducia reciproca e il rispetto del paese e della sua
cultura costituiscono temi
importanti per i membri del
Consiglio cristiano della Cina
(Ccc). Essi sottolineano che la
libertà religiosa significa che
bisogna ubbidire alle leggi.
«Se rispettiamo la costituzione e le leggi - dichiara Sa De
Ci - godiamo della libertà religiosa. Certo, le autorità non si
comportano sempre correttamente, per via delle abitudini
prese sotto il vecchio regime
sinistrorso. Il Ccc segnala
questi casi al governo per cercare di risolvere i problemi».
Verso la metà degli Anni
90, il Cec ha inviato una delegazione ecumenica internazionale in Cina, su invito del
Ccc, per esaminare le conseguenze delle norme ufficiali
riguardanti le attività religiose. Il rapporto, trasmesso agli
Uffici degli affari religiosi,
parlava di ambiti in cui le autorità locali e i responsabili di
chiese collaboravano, ma anche di situazioni in cui sussistevano molti ostacoli. Come
dichiara l’équipe delle relazioni internazionali del Cec,
«le chiese della Cina sono
chiamate a testimoniare l’Evangelo in circostanze difficili, ma si sforzano di fare l’uso
migliore possibile della li
■ A proposito deirintercomunione tra cattolici e anglicani
Il divieto è «un affronto ecumenico»
Il divieto assoluto, recentemente ribadito ai fedeli cattolici, di ricevere la comunione
nella Chiesa anglicana, costituisce «un affronto ecumenico, teologico e pastorale»; lo
affermano, nella prefazione a
un documento sull’eucarestia
dei vescovi anglicani inglesi
(«The Eucharist; Sacrament
of Unity»), i numeri «uno» e
«due» della gerarchia anglicana, ovvero l’arcivescovo di
Canterbury, George Carey, e
quello di York, David Hope. Il
documento chiede ai cattolici
una maggiore flessibilità: la
condivisione dell’eucarestia
fra anglicani e cattolici non
deve essere riservata al «punto finale dell’unità già raggiunta fra chiese separate. Gli
anglicani sono giunti ad accettare che la condivisione
della comunione eucaristica
possa costituire un’appropriata anticipazione della piena unità visibile».
Poiché le due chiese condividono la stessa fede nella
«presenza reale» di Cristo nella santa comunione (anche
se, da parte anglicana, non
nella transustanziazione), gli
anglicani non dovrebbero essere esclusi dall’eucarestia
cattolica. E viceversa, naturalmente: in una conferenza
stampa svoltasi il 21 marzo a
Londra per presentare il documento, il vescovo anglicano
per l’Europa continentale,
John Hind, ha affermato che i
cattolici sono benvenuti alla
comunione celebrata nella
chiesa anglicana, se la loro
coscienza lo permette. «Nella
mia diocesi - ha dichiarato
Hind all’agenzia Eni - noi accogliamo alla comunione tutti
i cristiani battezzati che sono
buoni membri delle loro chiese e la cui coscienza non impedisce loro di partecipare alla comunione».
Riferendosi a recenti dichiarazioni del neocardinale
Desmond Connell, arcivescovo di Dublino, che aveva lamentato il fatto che la Chiesa
anglicana autorizzi i cattolici
a ricevere la comunione durante i suoi culti, ritenendo
che tale autorizzazione costi
bertà che viene loro lasciata».
Si sottolinea inoltre che le restrizioni imposte dalle autorità risultano in parte dalle
attività dei missionari e dai
nuovi movimenti religiosi
giunti dall’Occidente e da altre regioni asiatiche.
A proposito delle attività
dei missionari stranieri in Cina, Li En-Lin dichiara: «Essi
sono pieni di buona volontà
per proclamare il Cristo, ma
dovrebbero conoscere meglio
il contesto cinese e rispettare
le regole del paese». Uno degli aspetti fondamentali di
questo contesto è l’esistenza
di una minoranza religiosa in
uno stato ateo. Il pastore Gao
ricorda i suoi studi di teologia
in Occidente e sottolinea che
le circostanze sono molto diverse. In Occidente «fin dall’infanzia siete familiarizzati
con la dottrina cristiana, tramite la radio, la televisione, la
stampa e tutti i media. Ogni
persona ha sentito parlare
dell’amore di Dio, del peccato
umano e della salvezza in Gesù Cristo, mentre in Cina l’evangelizzazione si fa essenzialmente negli edifici religiosi». In tali condizioni, c’è una
sola spiegazione ai progressi
del cristianesimo in Cina: «È
un miracolo».
Li En-Lin propone anche
altre spiegazioni, più concrete: «I predicatori laici sottolineano spesso che se siete cristiani, dovete portare frutti.
Portare frutti è quello che distingue il buon cristiano». Per
questo i cristiani, e le donne
tuisca una scorrettezza sul
piano ecumenico, il vescovo
anglicano per l’Europa ha
detto: «Noi non istighiamo
nessuno ad andare contro le
regole, ma non spetta a noi
vigilare sulla disciplina interna di un’altra chiesa», (nev)
in particolare, fanno spesso
grossi sforzi per incitare i
membri della propria famiglia e i loro amici a venire in
chiesa. Allo stesso modo, nelle zone rurali in cui le cure
mediche sono spesso rare e
costose, la conversione può
avvenire in seguito alla guarigione di una malattia. Ma
queste spiegazioni non possono nascondere la formidabile energia della comunità
cristiana e i progressi della
sua testimonianza e del suo
servizio nel corso degli ultimi
20 anni. «Per i cristiani di Cina - dichiara Su De Ci - l’importante è cercare di essere il
sale e la luce della società».
Han Wen Zhao sottolinea
che in Cina il protestantesimo non ha più di 150 anni e
che la chiesa, nella sua forma
attuale, non ne ha più di 50.
Anche se, con i suoi 15 milioni di membri, è una delle più
grandi chiese del mondo, essa rappresenta solo poco più
dell’1% dell’insieme della popolazione cinese: «La nostra
chiesa è molto giovane e modesta - dichiara - ma stiamo
progredendo».
Sguardi sul passato
e verso il futuro
Al Ccc spetta raccogliere
sfide notevoli. Si tratta in particolare di formare una nuova
generazione di responsabili e
di pastori. Nel 1949 c’era un
pastore per 100 fedeli; oggi, il
rapporto è di uno per 4.000
persone. Incontri come quelli
dei gruppi regionali dell’Asia
e del Pacifico del Cec, organizzati di recente a Shanghai
e Nanjing, «consentono di
esaminare i nostri problemi
comuni e di trovarvi delle soluzioni e fanno prendere coscienza alle nostre comunità
dell’esistenza della Chiesa
universale», afferma Gao.
Ma la via che seguirà questa giovane chiesa non è interamente definita. A questo riguardo, il pastore Gao cita
Giosuè 3, 4: «Non siete mai
attrezzati per esplorare il
nuovo cammino dell’evangelizzazione, ma Dio non si è rivolto a un’altra chiesa, che
potrebbe sembrare più qualificata della nostra. La chiesa
della Cina è felice di lanciarsi
neH’awentura, in tutta modestia. Testimoniando il Cristo in questa nuova situazione, abbiamo la sensazione di
essere sostenuti nel nostro
compito dalle preghiere e le
benedizioni della comunità
ecumenica... La nostra debolezza e la nostra impotenza
sono trasformate dallo Spirito Santo per diventare segni
della potenza divina».
(Cec info - traduzione dal
francese di Peyronel)
(2 - fine)
* membro dell'équipe
«Informazione» del Cec
Cevaa
Training in Mission
La Cevaa, tramite il «Council for World Mission» (Cwm,
Londra), offre a una'giovane donna italiana, membro delle
chiese valdesi o metodiste, un periodo di dieci mesi di formazione missionaria da trascorrere in parte in Sud Africa in
parte in India, tra il 1” febbraio e il 30 novembre 2002, all’interno di un gruppo internazionale.
Le donne interessate, che devono essere nubili, di età tra i
20 e i 30 anni e avere una ottima padronanza della lingua
inglese, devono inviare la loro richiesta motivata al pastore
Franco Taglierò, 10060 Angrogna. Verranno prese in considerazione soltanto le domande che giungeranno entro il 30
aprile 2001 e saranno corredate da un «curriculum vitae» e
da una lettera di presentazione del pastore/a della comu
nità di appartenenza.
La valutazione della domanda verrà fatta dal Comitato
11 papa «portavoce» della cristianità?
Paolo Ricca: «Restano
ostacoli insormontabili»
Sulla questione sollevata
ultimamente in Germania,
circa la possibilità che il pontefice possa assurgere a «portavoce» della cristianità, è intervenuto anche il professor
Paolo Ricca, docente di Storia del cristianesimo alla Facoltà valdese di teologia: «La
proposta avanzata dal vescovo luterano bavarese Erie-,
drich di un papa “portavoce”
della cristianità non è nuova,
essendo già stata ventilata
anni or sono nel corso di dialoghi cattolico-luterani negli
Stati Uniti. È però, nelle condizioni attuali, assolutamente irrealizzabile. Lo stesso vescovo Friedrich pone come
condizioni la rinuncia al prirnato e all’infallibilità: due
condizioni che, in base all’attuale autocomprensione del
papato tuttora dominata dal
dogma del Concilio Vaticano
I, risultano inaccettabili».
«Finché non si scioglie il
nodo del Vaticano I, che pm.
troppo il Vaticano II ha solennemente ribadito - prosegue
Ricca -, nessuna valenza ecumenica dell’istituzione papale appare possibile. Il papa,
secondo il Vaticano I, non
è, appunto, un “portavoce”,
neppure della Chiesa cattoli’
ca e tanto meno dell’intera
cristianità. Se diventasse
“portavoce” non sarebbe più
il papa dogmatizzato dal Vaticano I. Perciò un papato ecumenicamente proponibile
può essere pensato solo sulla
base di una sua completa riconversione, cioè di una sua
fondazione su basi del tutto
nuove e diverse da quelle culminate nel dogma del Vaticano I. Senza il superamento di
questo dogma, l’istituzione
papale non ha futuro ecumenico ma solo confessionale
cattolico romano». (nev)
e - Dalla Nuova Caledonia al Madagascar
L'universalità della fede
DARIO TRON
HO vissuto tre appuntamenti all’insegna della
universalità della fede e dell’incontro dei credenti appartenenti a chiese, culture e popoli diversi: sabato 24 marzo
durante una bellissima serata di diapositive mostrateci
da un’amica che ha trascorso
alcuni mesi in Nuova Caledonia, paese in cui ancora si
vive in un regime di apartheid, in cui le persone sono
tagliate fuori da ogni centro
decisionale, dai servizi di base, e sono oppresse e soppresse senza che nessuno,
fuori dai confini, venga a conoscenza del fatto e alzi un
dito per protestare. Domenica 25 nel corso di un incontro con amici e amiche del
Madagascar, in cui abbiamo
deciso di rilanciare gli scambi con la Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar, scambi di
volontari che lavorano per
un breve periodo (tre mesi)
in Italia e in Madagascar; lunedì 26 durante la riunione
del coijiitato italiano Cevaa a
Vallecrosia. Sono dei segni,
cbe ancora una volta ci ricordano che il mondo è grande,
ma che tuttavia le distanze
sono sempre più piccole; che
nel nome di Gesù queste distanze, non solo chilometriche ma soprattutto culturali,
sono superabili; che la chiesa, quindi anche la nostra, vive e ha un futuro se sa rimanere aperta e accogliente.
I confini sonò sempre meno geografici, ma sempre più
mentali, le barriere non sono
più fisicamente individuabii
ma vivono dentro e in mezzo
a noi. I bambini e i giovani di
oggi forse ci possono insegnare qualcosa, loro che
hanno compagni di scuola
che provengono dalla Cina,
dal Marocco o dall’Albania,
sempre che vi sia da parte
nostra la voglia di apprendere ancora. A noi adulti il saper raccogliere la sfida, soffrire, sperare e pregare, non
solo coi propri familiari o vicini di casa, ma anche con
colui o colei che soffre, lotta
: spera in Nuova Caledonia
come in Madagascar.
italiano per la Cevaa.
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Israi
.} Una serata Cevaa sulla Nuova Caledonia
Dall'altra parte del mondo
si cerca di sopravvivere
MICAELA FENOCLIO
jyETROUVE tes réactions/ D’homme libre/
Car il est encore temps./ Alors
mon frère, ma sœur,/ Réfléchis/ Choisis la vie,/ Décide/
Avant qu’il ne soit trop tard».
L’eco di queste parole di Wanir Welepane, pastore kanak
della Chiesa evangelica della
Nuova Caledonia ci ha accompagnato sabato 24 marzo
a Villar Pellice durante la presentazione di qualche diapositiva frutto di un soggiorno
sull’isola lo scorso anno. Immagini, colori e suoni dell’altra parte del mondo hanno
offerto l’occasione per un
momento di riflessione attorno a temi che da sempre sottendono l’azione della Cevaa.
Osservare le espressioni di
quei volti, ammirare lo splendore di una natura che l’uomo fa a gara per distruggere,
ricordare le tappe di una tormentata storia coloniale (la
Nuova Caledonia è tuttora un
territorio francese d’oltremare) spinge a interrogarci sul
nostro essere nel mondo. Vogliamo allora fare nostre le
parole di Welepane: «Riflri'
ti», sappi che all’alba del tanto celebrato terzo millennio
vi sono realtà ancora dolorosamente immerse in situazioni di dominio economico,
politico e culturale, retaggio
di antiche conquiste e di'
struttive ideologie razziste.
«Scegli la vita», non stancai"
ti mai di testimoniare la W
solidarietà: qui, nel
ricco, allo straniero in cerca
futuro e laggiù, nell’altra poi
te del mondo, a coloro cn
ogni giorno lottano per s
prawivere. «Decidi», if'lP.,
gnati affinché il domani si
diverso. Non c’è differenza
lo sguardo allegro di un ba
bino kanak che
spiaggia e quello di un
valligiano che corre sulla
ve. Entrambi ci chiedono
vivere in una società piu &.
sta. Entrambi ci incitano a
pensare il nostro ruolo di c
denti sulla base delle im*’’ ..
se possibilità d’amore e a
glienza che ci offre la pai
di Dio. Solo così potrenio
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noi che troppo spesso sp
chiamo la nostra libertà.
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Denso di riferimenti biblici l'ultimo libro del giornalista Luigi Pintor
Umanità deiresperienza del dolore
/Ve//e sofferenze della vita, contemplate sotto i rami di un nespolo, il politicoe polemista
non credente, trovo richiami e sollecitazioni spirituali nella parola evangelica
ALBERTO CORSANI
IL film di Nanni Moretti La
smnza del figlio ha portato
superfìcie una delle tematiche più nascoste nell’ambito dell’arte e cultura nostre
contemporanee. L’esperienza del dolore ha squarciato i
fdi di presunta «non rappresentabilità» che la avvolgevano e ha fatto irruzione senza
attraverso la media
aone di altri, sia pure importanti, argomenti. Il dolore
nudo e crudo, allo stato puro.
Così è pure per il piccolo libro che Luigi Pintor, giornalista con un passato da parlamentare, fondatore del Manifesto nel 1971 dopo la cacciata dal Pei, ha pubblicato
nei giorni in cui usciva il film.
La stanza del nespolo' segue 1 precedenti Servato e La
signora Kirchgessnef. Tutti
CQStmiti a partire dalla traccia autobiografica, questi
piccoli capolavori sono un
condensato di sapezza, acume politico, ironia e soprattutto disincanto. Se il primo
parla dell’ultima guerra, della
morte del fratello Giaime^
agli albori della Resistenza, e
si chiude sul pensiero della
malattìa che irrompe in casa;
se il secondo riprende i pe
riodi del precedente e la meditazione sulla famiglia d’origine in chiave più riflessiva,
l’ultimo si concentra su un
periodo ristretto, gli anni
1997-99, segnati dal duplice
lutto, nella sua forma più disperante: la perdita dei due
figli. Anche in questo coincidendo con l’opera di Moretti,
il risultato è una confessione
dell’incapacità di far fronte a
questa esperienza tanto dilacerante.
Eppure il Pintor bizzoso
polemista in politica, forse
per la sensibilità musicale che
10 ha segnato per tutta la vita
(ricorrono riferimenti a Chopin. Scarlatti...), e che ha permeato gli studi e l’attività del
figlio Giaime junior, trova la
forza di guardare «dall’alto»
avvenimenti tanto inesorabili.
Fingendosi centenario, con il
nome evocativo di Giano, riconsidera le prove e i dolori a
cui, al pari di Giobbe, è stato
sottoposto. Da non credente,
quale è, non trova risposte
nella fede, ma trova senz’altro
11 richiamo, il riferimento ad
antiche letture, ripropostegli
dal figlio che studiò alla Facoltà valdese di teologia e che
gli regalò una Bibbia: quel figlio che, dopo la scomparsa
avvenuta nel novembre 1997,
fu ricordato su Riforma dal
past. Fulvio Ferrarlo e da un
compagno di studi, e che è
sepolto, infatti, al cimitero
evangelico di Trieste.
C’è non la fede, ma la Bibbia, in questo libro-confessione. C’è nella considerazione
dell’uomo di lettere, che vede
nei Vangeli una forma di comunicazione efficace come
poche altre: scabri ed essenziali, «che narrano invece di
speculare e ai concetti preferiscono le parabole» (p. 23); e
c’è nel riferimento a Giobbe
stesso, interpretato non come
un sofferente dalla proverbiale pazienza, ma come un
combattente [Giobbe, l'uomo
in rivolta, era il titolo di un testo di R. De Pury, anche in
traduzione curata dalla Claudiana negli Anni 60), che con
lucidità e forse con cinismo
affronta le prove a cui è sottoposto e ne trae sdegnate conclusioni: lineari e strutturate
come un quartetto d’archi,
forma musicale perfetta, perché «sono strumenti omogenei e il loro intreccio dovrebbe risultare povero. Invece
riassume in sé tutta la musica
in tutte le possibili combinazioni» (p. 88).
Quanto al disincanto sull’
uomo e sul suo agire, da par
te di un-uomo che si è nutrito
di politica, è massimo nel
momento in cui afferma che
«nessuno vuol più migliorare
il mondo, tutti vogliono arricchirlo e pensano che sia la
stessa cosa (...). È un’istigazione a delinquere nobilitata
dall’etica protestante, incoraggiata dalla doppia morale
cattolica, tutelata dalla legge...» (p. 89). Potrebbero essere battute lapidarie, ambiziosi aforismi, sentenze apodittiche, saccenti gratuità:
vivono invece dell’autenticità di chi ha vissuto, della
credibilità di chi nella vita ha
investito, ha speso, ha riportato vittorie passeggere e
porta con sé definitive privazioni. Nonostante tutti i rischi di questo genere, per
tutto quello che ci è dato soffrire, e amare; nonostante
che niente lenisca dolori tanto immotivabili, è valsa la pena combattere.
(1) L. Pintor; Il nespolo. Torino, Bollati Boringhieri, 2001, pp.
118, £ 18.000.
(2) L. Pintor: Servabo. Memoria di fine secolo. Bollati Boringhieri, 1991; La signora Kirchgessner, id., 1998.
(3) Giaime Pintor-Filomena
d’Amico: C’era la guerra. Epistolario 1940-1943. Torino, Einaudi,
2000.
Il mondo religioso ebraico in un libro di Alberto Soggin edito dalla Claudiana
Israele visto attraverso la fede del suo popolo
LIBRI
Ebraismo
Tra Est e Ovest
Stella errante è il titolo di un volume collettivo curato da
G. Massimo e G. Schiavoni, che affronta, come dice il sottotitolo, i «percorsi dell’ebraismo fra Est e Ovest» (Il Mulino,
2001, pp. 427, £.50.000). L’approccio alla letteratura di matrice ebraica, e di lingua soprattutto tedesca (con incursioni
fra gli autori, come Thomas Mann, germanofoni ma non ebrei) ma anche inglese e yiddish, è affascinante e i nomi che
ricorrono sono fra i massimi del Novecento: Kafka, Joseph Roth, Singer, Grillparzer e tanti altri. Due veri e propri
mondi, quello delTEuropa orientale e
quello nordamericano dove ripararono
molti ebrei dopo l’awento del nazismo,
legati da una comune origine.
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Fortunatamente oggi
il pubblico «laico», spesso
e volentieri non legato ad alcuna specifica confessione
cristiana, sembra avere scoperto il piacere di leggere e
studiare la Bibbia. A questo
pùbblico la Facoltà valdese
di teologia risponde offrendo il più articolato «Corso di
formazione a distanza» mentre opere introduttive e di
approfondimento vengono
^pubblicate dalla Claudiana.
In questo panorama l'opera
di]. A Soggin, Israele in epota biblica*, costituisce un
itoportante contributo.
: 11 volume, non lungo, di
lettura facile e scorrevole,
dalla bella veste grafica, introduce al mondo religioso
che ha visto nascere e sviluppai in Israele la fede nel Dio
ùnico «Yhwh», analizzandone le testimonianze e le forme di espressione: come ben
^denzia l’autore, questa fede nasce in un contesto politeista, verso il quale ha un
doppio atteggiamento: se da
ùnlato ne mantiene numeroai aspetti esteriori, dall’altro
tdnde a differenziarsi (anche
polemicamente) in una diretìone sempre più puramente
monoteistìca, soprattutto a
Paftre dal tempo dell’esilio a
ùbilonia. I diversi passi di
questo processo, attraverso
inalisi attenta delle fonti a
disposizione (dalTAn0 Testamento all’archeoloS’ studiati ed evi
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I. all’? nulla sacrifica
al Dnn , ® divulgazione,
han ^ storiche che
le, "0 portato a fare di Israeli popolo di fede rnono
bia intera (perché in quel
mondo nasce anche il Nuovo
Testamento), l’opera presenta diversi tratti particolarmente interessanti; ne vorrei
evidenziare due in particolare. Prima di tutto essa costituisce una vera e propria lezione di lettura storico-critica
della Bibbia, aspetto che va al
di là dello scopo primario del
volume e mi sembra particolarmente interessante se letto
nell’ambito del dibattito religioso all’interno del protestantesimo attuale. L’impressione che ho più volte provato nel nostro ambiente è che,
nel dibattito con le chiese
fondamentaliste o letteraliste,
noi protestanti storici abbiamo difficoltà o imbarazzo a
spiegare come leggiamo la
Bibbia; ne siano a esempio alcuni interventi su questo
giornale legati al tema dell’omosessualità. Di fronte a
questa parola di Dio scritta da
persone, sovente si cade o in
un facile letteralismo o in una
lettura che fa fatica a discernere la parola di Dio tra le parole umane. Io penso che il libro di Soggin, in modo molto
semplice e dimostrativo, ci
aiuti a capire come si possa
leggere la Bibbia come un libro di fede, canone e rivelazione di Dio, che allo stesso
tempo ha una sua storia.
Il secondo aspetto che vorrei mettere in evidenza è la
particolare lettura che l’autore dà della fede del popolo di
Israele. Mentre altri approcci
contemporanei tendono a
sottolineare la molteplicità
dei volti dell’ebraismo nei secoli che vanno dall’esilio al
primo secolo dopo Cristo, dei
quali quello attuale sarebbe
solo il frutto nato da una delle molteplici radici, Soggin si
avvicina a quanti cercano di
evidenziare una unità interna alla maggior parte degli
ebrei del tempo, una «ortodossia», dalla quale si distinguono alcune sette più o me
no marginali: in continuità
con questa ortodossia si pone l’ebraismo attuale.
I lettori di questa opera ne
riceveranno non solo un approfondimento storico-teologico, ma anche numerosi stimoli di riflessione sulla propria fede e sul proprio approccio alla Bibbia.
(’) J. A. Soggin: Israele in epoca biblica. Istituzioni, feste, cerimonie, rituali. Torino, Claudiana, 2000, pp. 200, £ 29.000.
Culto radio
Ogni domenica mattina alle 7,30 sul primo canale
radio Rai, predicazione e notizie dal mondo evange-'
fico italiano e estero, appuntamenti e commenti di attualità.
TELEVISIONE
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Fcei,
trasmesse a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente alle ore 24 circa e alle ore 9,30 del
lunedì successivo. Domenica 15 aprile, alle ore 23,50 circa,
andrà in onda: «Fraternità: la comunità dei Bruderhof di Farmington, in Pennsylvania»; «Gommento alla Pasqua con musiche di Heinrich Schütz». La replica sarà trasmessa lunedì 16
aprile alle ore 24 e lunedì 23 aprile alle ore 9,30 circa.
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Un commento al tradizionale opuscolo stampato in occasione del XVII Febbraio
I barba del Quattrocento nell'Italia centrale
MARIO CIGNONI
Gli storici valdesi del
passato ci hanno tramandato appena che, negli
ultimi secoli del Medioevo,
prima dell’adesione alla Riforma protestante, i barba
valdesi avevano una struttura organizzata che prevedeva, al vertice, un capo. L’esistenza di un capo nazionale
dei barba è venuta fuori, negli studi, progressivamente
attraverso la scoperta dei
verbali dell’Inquisizione che
parlano di un «gran maestro» (o majoralis, o comite,
addirittura pontifex). Costui
aveva varie competenze,
funzioni di guida e di dirigenza: si impegnava ad accrescere il movimento e ordinava, in presenza dei barba anziani, i nuovi barba imponendo loro un nuovo nome, ricordando il credo della
chiesa e richiedendo la massima prudenza e segretezza
nel predicare. Questa figura è
ormai ben documentata:
sappiamo che risiedeva in un
primo tempo a Manfredonia
(1387, 1451), dove confluivano anche le collette fatte
in Piemonte e in Provenza, a
testimoniare che si trovava
nelle Puglie il centro dei vaidesi del tempo.
NeH’ultimo quarto del secolo XV il gran maestro risiede invece in una località
presso Spoleto chiamata
Kcambro nello stato del papa», da identificarsi probabilmente non con Camerino
(come è stato fatto) bensì con
Càmmoro, oggi piccola frazione nel comune di Sellano
(Pg), presso la quale si trovano gli altri luoghi citati nei
processi dell’Inquisizione
(Agliano, Spina, Pupaggi,
Santo, Cerreto). In questa
area evidentemente si era
spostata allora la direzione
dei valdesi e da qui, come è
documentato, partivano i
barba per raggiungere la vasta diaspora diffusa nell’Italia
meridionale e settentrionale,
nonché in Francia. Le valli
del Piemonte, benché popolate da molti valdesi, e raggiunte da barba spoletini che
andavano a predicare in «Val
Luserna», sembrano ancora
marginali.
Inoltre dal verbale, conservato a Cambridge, del processo a «barba Pietro» di Spoleto (1492) arrestato nel Delfinato, si può rilevare che
questa centrale operativa del
movimento sembra essere
disgiunta dalla sede nella
quale tutti i barba si incontravano periodicamente. Un
inglese del Seicento, facendo
riferimento ai documenti del
processo, scrive che la sede
era la città dell’Aquila (e così
ripetono i nostri antichi storici): poi una lettura migliore
del documento rivela che si
tratta invece di «un monte
dell’Aquila», che secondo alcuni è il Terminillo. Ma la località, un po’ misteriosa, e
per me affascinante, in cui si
radunavano i barba provenienti da tutta Italia per tenere una sorta di sinodo ed
eleggere il grande maestro, si
può precisare ulteriormente:
una nuova puntuale trascrizione del documento rivela
che la riunione avveniva su
quel monte esattamente nel
Castro de Citariello*.
Questa località, mal compresa e peggio trascritta dai
notai del Delfinato dovrebbe
identificarsi, credo, con Cittareale, non distante dal Terminillo; oggi è Comune in
provincia di Rieti, allora era
l’ultimo avamposto del Regno di Napoli ai confini dello
Stato Pontificio. Ci sono andato. Chissà, dopo secoli di
oblio, forse sono il primo valdese a passarci in maniera
consapevole. Collocato su
un’altura, circondato dai
monti alle sorgenti del Velino, il piccolo borgo con due
antiche chiese sulla piazzetta, è dominato da una massiccia fortezza duecentesca;
intorno tutto è silenzio. Mi
immagino i barba provenienti da Nord e da Sud e
Giovanni di Antonio, il grande maestro.
Dove sono finiti? Incalzati
da inquisitori e da roghi, i
vecchi barba abbandonarono
l’Abruzzo e rapidamente la
centrale valdese si spostò a
nord, nelle nostre Valli.
Quante cose vorrei sapere;
cammino in questi luoghi
pieno di domande, pensando
a loro, ai barba medievali,
con il cuore contrito e con il
capo chino: ma con la schiena dritta, perché dentro di
me sventola la bandiera dei
valdesi: lux lucet in tenebris,
per grazia, per sempre. Cittareale: era la Torre Pellice del
tardo Medioevo? Buona ricerca, e buona gita, a tutti.
(*) cfr. G. Tourn: 11 barba, una
figura valdese del Quattrocento.
Appendice documentaria a c. di
Marina Benedetti. Società di studi valdesi, 2001.
Librerie
CLAUDIANA
MILANO: via F. Sforza,
12/A;tel. 02/76021518
TORINO: via Principe
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6
PAG. 6 RIFORMA
Le riilessioni del convegno delle opere svoltosi a Firenze nel marzo scorso
La diaconia evangelica e il suo futuro
Organizzato come ogni anno dalla Commissione sinodale per la diaconia, ha rappresentato
un'occasione preziosa di elaborazione collettiva di temi e problemi rilevanti per le chiese
EUGENIO BERNARDINI
IL convegno annuale delle
opere e istituti diaconali
delle chiese valdesi e metodiste, promosso dalla Commissione sinodale per la diaconia (Csd), è sempre stato una
importante occasione d’incontro dei vari operatori diaconali, professionali e volontari, e dei membri dei comitati che li gestiscono. Questi
incontri sono anche una preziosa occasione di elaborazione collettiva delle problematiche e delle strategie diaconali che poi vengono discusse in Sinodo e nelle varie
istanze decisionali dell’ordinamento ecclesiastico valdese e metodista. 11 tema di
quest’anno, come abbiamo
già riferito su Riforma del 16
marzo, è stato «Il futuro della
diaconia». Un tema importante, visto i cambiamenti in
atto nella società italiana ed
europea, ma anche in riferimento ai numerosi interventi
legislativi in campo sociale
che il Parlamento ha prodotto in questi ultimi cinque anni (dalla legge quadro sui servizi sociali, alla riforma federalista. a quella sul servizio
civile, sul volontariato ecc.).
Per la
pubblicità su
alla persona bisognosa, con il
problema delle risorse finanziarie e umane (sempre insufficienti), con le norme delle varie leggi del settore e con
quelle del lavoro, con gli enti
pubblici, che sono partner
fondamentali della nostra
diaconia, e anche con le aspettative, sempre alte, che
tutti, chiese e «utenti» (diciamo così, ma il termine è inadeguato) hanno nei confronti
di una diaconia che deve essere per definizione «diversa»
(più umana, più efficiente,
più evangelica...).
Le riflessioni di una
generazione nuova
Quest’ottica «istituzionale»
emerge quasi in ogni riga del
documento, in rhodo problematico e niente affatto trionfalistico (nonostante la realtà
spesso ottima dei servizi che
si riescono a rendere e che
spesso sono pubblicamente
riconosciuti), e questo è importante perché dovrebbe
aiutare le chiese a comprendere meglio e a solidarizzare
di più. Anche perché questa
riflessione è un po’ il frutto di
una generazione nuova,
quella che in questi anni ha
caricato su di sé l’eredità ricevuta dalla generazione precedente (che nel secondo dopoguerra ha visto ancora
«padri fondatori» come Tullio
Vinay, Centro ecumenico di
Agape e il Servizio cristiano
di Riesi, e Pietro Valdo Panasela, la Noce di Palermo), e
che dovrà confrontarsi con
«il nuovo che avanza», spesso
caratterizzato più da nuovi
egoismi sociali che da solidarietà e condivisione.
Una generazione che non
si considera «onnipotente»,
ma che riconosce apertamente i propri limiti, senza
che questo significhi proporre una politica rinunciataria
sul piano diaconale, tutt’altro, ma semplicemente significhi progettare una diaconia
che cresca anche nella dimensione comunitaria, cioè
nella sua forma più «leggera»
ma non per questo meno importante, per evitare la dele
L'invito sinodale
Un tema rilanciato anche
dal Sinodo scorso che ha
chiesto «a circuiti e distretti di
favorire una riflessione tra le
chiese inerente la problematica diaconia-chiese, diaconiaproblemi sociali, senso evangelico delle opere, servizio
diaconale specifico delle comunità, affinché queste inviino alla Csd una documentazione che sia il risultato di tale
riflessione e che favorisca
l’elaborazione di un documento programmatico su "La
diaconia e il suo futuro” che
la Csd possa presentare al
prossimo Sinodo». La Csd ha
cercato di stimolare la riflessione delle chiese proponendo alcune pagine «diaconia»
sul questo giornale («La Csd e
la diaconia valdese» Riforma
del 3 novembre scorso: «Una
"Carta” per la diaconia» il 1°
dicembre; «Le "borse” per
ospiti delle Case di riposo» il
22 dicembre; «Presente e futuro degli ospedali valdesi» il
19 gennaio: «Per servire con
qualità» il 2 marzo), più una
serie di informazioni sugli sviluppi del servizio delle opere
e istituti che, ricordiamolo,
occupano oggi circa 2.000 dipendenti, più centinaia di volontari e sostenitori costanti,
con un’attività di circa 200
miliardi di lire annue. Un impegno notevole per un’unione di chiese che oggi non raggiunge le 30.000 unità.
Il documento conclusivo
emerso al convegno di Firenze di quest’anno, che presentiamo in questa pagina, si riferisce appunto a queste problematiche e ha la caratteristica di rappresentare il punto di vista di coloro che più
sono coinvolti nella gestione
quotidiana della diaconia
istituzionalizzata (direttori e
personale di opere e istituti,
membri dei comitati di gestione e dei gruppi di volontariato), di quella cioè che
deve fare quotidianamente i
conti con il servizio diretto
Un momento del Sinodo 2000
(foto R. Ribet)
ga ai «professionisti» e per rispondere meglio ai bisogni
reali e crescenti di una fascia
sempre più larga di persone.
La struttura giuridica
della diaconia
Intorno al convegno annuale delle opere e istituti si
tiene anche una serie di altri
incontri e riunioni. Quest’anno si è anche svolta una consultazione, promossa dalla
Csd, sulla situazione giuridica
che si è determinata negli ultimi anni con la nascita della
Csd e l’affidamento a essa di
una fetta consistente degli
istituti diaconali valdesi. Fin
dove arrivano le competenze e i «poteri» della Csd? E dove iniziano e dove finiscono
quelli dei comitati di gestione
delle opere? Qual è il grado di
«autonomia» dei singoli istituti, e come si concretizza la
«solidarietà tra opere» da tutti
voluta? Come funziona il sistema di «controllo ed equilibrio dei poteri», tipico dell’ordinamento valdese, con la
nascita di una Commissione
sinodale per la diaconia così
«potente» (sulla carta)?
Problemi che si trascinano
da anni in Sinodo, spesso tra
l’indifferenza e la noia dei
«non addetti ai lavori», creando qualche volta incomprensioni che non aiutano certamente a lavorare. Con questa
consultazione si è trovato,
forse, un modo per far funzionare positivamente la
nuova organizzazione diaconale, riconoscendo le competenze e l’«autonomia» degli
istituti, ma anche la responsabilità specifica della Csd
come elemento democraticamente,unificante della nostra
diaconia. Ma su questo torneremo in un’altra occasione.
Il documento conclusivo del convegno delle opere a Firenze
Il nostro impegno diaconale
tei. 011-655278, fax 011-657542
La nostra diaconia è da sempre impegnata
nell’annuncio gioioso del regno di Dio attraverso l’accoglienza e il servizio quali segni
concreti di amore, riconciliazione e liberazione. La diaconia, dunque, è parte essenziale della predicazione della chiesa nel
«mondo» e nasce da una precisa vocazione
che viene dal Signore e che si esprime in numerose vocazioni individuali: è però necessario che l’impegno diaconale si sviluppi
«secondo la misura della fede che Dio ha assegnato a ciascuno» (Romani 12,3).
Nella consapevolezza di tale responsabilità le chiese, gli istituti e le opere, i singoli
credenti, sono oggi chiamati a una riflessione sui contenuti e sulle modalità concrete
del loro impegno diaconale, in relazione gli
uni agli altri e al contesto sociale, politico,
economico e culturale in cui tale impegno si
inserisce. Dal dibattito attualmente in corso
sembra emergere, in particolare, la necessità di una attenta valutazione degli elementi elencati di seguito.
Rapporto tra chiese e opere
È nostro compito migliorare e intensificare il rapporto tra chiese e opere diaconali attraverso:
- lo sviluppo della comunicazione e della
, circolazione delle informazioni;
- l’incoraggiamento dei giovani ad acquisire professionalità utilizzabili all’interno
degli istituti e delle opere;
- il rilancio della dimensione del volontariato con la consapevolezza che esso rappresenta un valore fondamentale nella crescita individuale e una risorsa preziosa per
gli istituti e le opere.
La diaconia delle chiese
Accanto all’azione degli istituti e delle
opere, va valorizzato l’impegno diaconale
quotidiano e locale dei credenti, sia sul piano individuale che comunitario. Tale impegno può oggi concretizzarsi in iniziative di
diaconia «leggera» (per esempio centri di
ascolto, sportelli informativi, assistenza domiciliare) particolarmente rispondenti alle
esigenze derivanti dalle nuove povertà relazionali. E ciò senza dimenticare l’importanza del servizio all’interno della comunità, in
favore dei fratelli e delle sorelle che ci sono
accanto e dei loro bisogni, spesso inespressi.
Il rapporto con gli enti pubblici
Il lungo cammino di confronto e collaborazione con l’ente pubblico ha consentito
alla nostra diaconia di farsi più adeguata e
organizzata. In questo rapporto, che rimane
un punto fermo, abbiamo risposto a esigenze e compiti, siamo stati spesso propositivi,
abbiamo avuto a volte un ruolo critico. La
riorganizzazione dello stato sociale può oggi
offrire opportunità e spazi, ma ci richiama a
precise responsabilità:
- dotarci di nostri strumenti per interpretare e intercettare i bisogni e le nuove povertà, mantenendo autonomia valutativa e
progettuale;
- rafforzare vigilanza e presenza nella società civile, anche contrastando la riduzione
e/o il cattivo uso delle risorse destinate ai
servizi sociali.
Organizzazione e funzionamento
di istituti e opere
Siamo oggi consapevoli del rischio che la
dimensione dell’impegno diaconale dei nostri istituti e opere oltrepassi le nostre forze.
Riteniamo pertanto indispensabile:
- verificare la rispondenza di quanto si fa
ai bisogni effettivi;
- misurare la nostra capacità di accettare
nuove sfide, avendo il coraggio di trasformare, anche radicalmente, servizi e opere
che abbiano esaurito la propria funzione;
- intraprendere il cammino verso una
maggiore qualificazione dei servizi che vogliamo mantenere;
- continuare a investire nella formazione
degli operatori impegnati nelle opere;
- proseguire nel monitoraggio degli aspetti gestionali e finanziari;
- cercare continuamente nuove risorse
sviluppando la capacità di coordinamento,
collegamento e condivisione.
Le chiese e la formazione dei giovani
Un «vivaio» da cui trarre
nuove forze e nuove idee
CARLA BEUX
fare qualche cosa per loro,
Ero nello stesso tempo d’ac
ISOGNA costituire un
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la volevano
tosi
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vivaio di giovani dal
quale poter attingere per le
nostre opere». Questa è una
delle considerazioni emerse
dal lavoro dei partecipanti al
convegno delle opere che si è
tenuto a Firenze in marzo.
Considerazione che non è,
come potrebbe sembrare, la
proverbiale scoperta dell’uovo di Colombo. È evidente
che se la diaconia non è in
grado di attirare intorno a sé
l’interesse di persone nuove,
se non ha un certo numero
di giovani di rincalzo prima o
poi si troverà in difficoltà.
Ben a ragione dunque a Firenze ci si è preoccupati del
«vivaio», come è stato definito, da cui attingere nuove
forze, idee, entusiasmo.
Mentre ascoltavo argomentare sulla questione, mi è accaduto di riflettere sull’altro
aspetto molto importante evidenziato dal convegno, la
considerazione che la diaconia non è una cosa separata
dalla chiesa ma anzi vi affonda le sue radici, ne trae origine, ne riceve il nutrimento,
come le piante dalla terra. Se
la terra è buona, anche la
pianta sarà bella e rigogliosa e
sarà visibile di lontano, porterà fiori e frutti da offrire a
tutti. Ho sentito anche parlare
molto di formazione dei giovani nelle chiese, di informazione: la gente si interrogava
appassionatamente sui metodi migliori per raggiungere
l’interesse delle giovani generazioni. Anche questa non è
una novità, gli adulti si interrogano sempre sui giovani,
provano sempre a cercare di
cordo e molto in disaccordi iciotti (p
inazione
tatrice del
con i miei colleghi di convegno e questa ambiguità miaicompagna anche adesso,Sjjsellino
mentre tento di mettere ui jcepresidt
po’ d’ordine nei miei pensieà riíidiTp Gii
In questo tempo di grani
trasformazioni in cui le offeite di interesse sono amplissi^te della
me, come possiamo fare pei ¡assolino
trovare una risposta di sensi legione C
alle domande che in milli tanti parer
modi ci vengono rivolte dai lafie ¡ cu
ragazzi senza agire al posto j^inque
loro? Non credo che lascia- |yrebbe f
zione, a questo livello, stii a,grazie a
nella informazione o nella imabambi
formazione; queste giungono ppartenu
e si radicano in un momenti latteo, il
successivo, quando esiste ot- pjnte stri
mai un rapporto forte. Prima lell’acido
è necessario vivere la chie» tafioso p
vivere la comunità nella seno-' jeva dor
la domenicale, nel precatt lènto a c
chismo, nel catechismoeii tevafatto
tutte le varie attività.
Ho vissuto come catechista HSOStej
i momenti di disagio deiM' Mi guari
gazzi e anche il mio e mista ite da alci
adesso chiedendo quanto sia imo alla
saggio preoccuparsi così tan aspuntari
to della trasmissione deili inticheir
fede senza contemporanei' lenza coi
mente vivere insieme la nO’Soni etimi
stra fede comune. Quanta « mattina
fantasia ci occorre peri® ®chi,ma
questo? Quanti cambiameli* anno mo
dovremo portare nella nosW atitti diri
organizzazione ecclesiastica anj^j
Se imboccheremo questHieva visti
strada, troveremo alla nin Wono su
dei giovani compagni che ve |li Oratori:
gliano scoprire con noi qu® ® sempre
to è bello rispondere al eain qui
chiamata che il Signore et® ®e que
volge, nella chiesa, nella di’ sto nient
conia, nella vita e negli imp Wo lo ste
gni di ogni giorno? Credo c®
potremmo provarci
L’antica Villa ÿ„t
di Casa Cares, in Toscana, tid'** Prende 1
soj jjjo S^nr
anche nei mesi di ?tneaL
uà!“""
Sono previste agevolazioni per p" ie armai
stori e diaconi con le loro farrii9^'®' J^tratto
ne fresca d'estate e invita a
giornare anche nei mesi
e agosto!
Per informazioni: Casa Cares, 5006 Reggello (Fi)/
tei. 055-8652001, fax 055-8652900, e-mailcares@centroin.it - www.geocities.com/casacares
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Precadetti (da 6 a 12 anni): ...............12 - 8 laS
Cadetti (da 13 a 17 anni): .... 26 agosto - 3 setteitìl
»rale ed è
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7
E 20(11
ytMERPlf APRILE 2001
Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA
La manifestazione di Torre Annunziata del 21 marzo in ricordo delle vittime
Memoria e impegno contro le mafie
IQ lettura dei nomi delle 540 persone uccise dalla mafia, camorra e 'ndrangheta dal 1945
a oggi, la partecipazione dei parenti delle vittime, dei giovani e della gente comune
SBCK) MANNA
OBRE Annunziata, 21
larzo 2001. Piazza Imi, la piazza che non c’è,
jó a poco si riempie. Sonf^uti da ogni parte d’Itaia^affollarla. Eppure sejffldo alcuni abitanti di Torrigpunziata quella piazza
adiste. È così che hanno
detto a dei ragazzi venuti da
lotico che chiedevano loro
locazioni per raggiungerl^a sesta giornata della
memoria e dell’impegno in
ricordo delle vittime delle
ijgfìe. Dal palco allestito apente si alternano voci
iscono gli accenti più
si. Leggono ininterrotta|(nte 540 nomi di vittime di
Ma, camorra e ’ndrangheta
^dal 1945 a oggi hanno ingàguinato le strade del nojtro paese. Ci sono nomi eccellenti, ma ce ne sono anche
litri noti solo a pochi. Non
»sogna dimenticare nessu»0. A lista terminata si ricomincia da capo e si va avanti
così per ore. Più tardi arrivano i cortei provenienti da alle piazze della città, anch’esse inesistenti per quelli che
pesta giornata proprio non
la volevano. Ci sono don LuipOiotti (presidente dell’asiotìazione «Libera», organizatrice della giornata), Rita
tdessa bellino (sorella di Paolo e
terem jppresidente di «Libera»), il
)ensien ^rjice Giancarlo Caselli (ex
0 della Procura di Paler,, Luciano Violante (presimplissi' ente della Camera), Antonio
farepa assolino (presidente della
ffigione Campania), ci sono
tanti parenti di vittime delle
'ani
er loro,
)o d’ac
iccorà
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i\ lugli®
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ì 1 cui nomi risuonano
Jgi in questa piazza che non ,
Avrebbe esserci e che invece, grazie a Dio, c’è. Sul palco
la bambina suona l’ocarina
jpartenuta a Giuseppe Di
lomento latteo, il bambino brutalsiste 01 lente strangolato e sciolto
e. Primi ell’acido perché figlio di un
1 chiesi iafioso pentito. La madre
llascu» iveva donato quello struprecafr lento a don Ciotti che le
imo e il leva fatto visita.
itechist) Il sostegno della gente
5 dei II- Mi guardo intorno e noto
e misti ieda alcuni balconi tutt’inaantoS inno alla piazza cominciano
cositi» ispuntare striscioni varione dell! feti che inneggiano alla resi)orane» Senza contro le organizzale lafeni criminali; all’inizio delJuaiiti lamattinata ce ne sono solo
per W lochi, ma a mezzogiorno sabiametii i^no molti. Più tardi don
lanci® Ciotti dirà soddisfatto che
anni precedenti non ne
quest iieva visti così tanti. Al mialla fitj ®feno sul palco si alternano
' oratori: ci sono quelli che
sempre sono in prima lifea in questa lotta; ci sono
ore cit ®ohe quelli che non avreblella da sto niente da dire ma lo digli ir’®!!' stesso, perché in foniredo® “Siamo in campagna eletrale ed è bene farsi vedere,
““perfino un sindaco che
t 3j°l6va esserci, ma che
lo ’"3 deciso di partecipare
M sentito i nomi ec“uti di alcuni dei relatori,
uende la parola anche An,0S osannino, il fratello pen^stale il cui figlio Davide
,, '>0 assassinato solo perUon aveva abbassato lo
®rdo di fronte al balordo
armato di pistola aveva
il motociclo a un
fc P?8uo di scuola. Antonio
Hentatragedia e la®“^tto che in Italia esina legge che stanzia fon■- *^,*tlsarcire» le famiglie
ìs^ '^^f'ttie di mafia e terrò
lisnn’ quelle i cui ca
^no stati freddati da delinM into ',F®’tiunì. Luciano Vioragione dicendo
H etlalegge va cambiata.
Giancarlo Caselli e Luigi Ciotti
Alle 13 una parte della piazza si sposta nella vicina chiesa di Sant’Alfonso per partecipare alla celebrazione ecumenica organizzata da un
giovane prete di Portici e dai
pastori delle chiese metodiste
(e riformata) di Portici e Ponticelli. Con loro sull’altare, ci
sono il pastore battista Massimo Aprile e la signora Elisa
Springer, ebrea sopravvissuta
ad Auschwitz, che qualche
giorno dopo perderà l’amato
figlio Silvio che l’accompagnava ovunque quasi fosse la
sua ombra, e ora le siede accanto. La chiesa è gremita; ci
sono tanti giovani e tra loro la
testa bianca di Caselli. Rita
Borsellino siede in prima fila
e segue la cerimonia con attenzione. Comincia don Giorgio Pisano, il giovane prete di
Portici, descrivendo il sogno
di una società senza mafie e
concludendo con una poesia
di Davide Sennino nella quale
il giovane sembrava già presagire la sua fine precoce. Si
continua con letture dall’Antico Testamento. Vengono
poi portate avanti una croce
di legno e delle lampade per
fare memoria di alcuni dei
caduti. E riascoltiamo così dei
nomi già uditi in piazza:
Giancarlo Siani, Paolo Borsellino, Davide Sennino, Giuseppe Impastato, Luigi D’Alessio, Silvia Ruotolo, Giuseppe Diana. C’è commozione in
chiesa. Alle letture si alternano i canti. C’è grande silenzio
quando il pastore Massimo
Aprile prende la parola per
predicare sull’episodio della
guarigione delTindemoniato
di Cerasa (Marco 5, 1-17); un
sermone splendido al quale
Caselli accennerà nell’assemblea pomeridiana. Alla fine
scoppia un applausò. E ancora applausi dopo la testimonianza degli orrori di Auschwitz raccontati da Elisa
Springer. Durante le preghiere di intercessione un ragazzo prega per coloro che gli
avevano detto che Piazza Imbriani non esisteva.
I giovani
Nel pomeriggio attraverso
a piedi il centro storico di
Torre Annunziata per raggiungere il teatro Politeama,
dove ci sarà un’assemblea
pubblica dal titolo «La memoria incontra il sogno: lotta
alle mafie e nuove risposte
con i giovani». Presiede Rosalba Beneventano, sorella di
Mimmo, assassinato anche
lui perché dava fastidio ai camorristi. Prendono la parola
tra gli altri il vertice della
commissione parlamentare
antimafia Giuseppe Lumia,
gli onorevoli Nicki Ventola e
Giovanni Russo Spena: poi
Rita Borsellino, Giancarlo Caselli e altri ancora. Conclude
don Luigi Ciotti ricordando
che non bisogna abbassare la
guardia perché negli ultimi
tempi le mafie hanno ripreso
alla grande e la lista delle vittime continua ad allungarsi.
Ricorda che è una lista in
(foto D. Passanante)
completa alla quale andrebbero aggiunti anche i nomi
delle tante donne venute da
lontano che continuano ad
essere vendute e comprate
ogni giorno e che vengono
assassinate dai loro aguzzini
al ritmo di una alla settimana. Ricorda che proprio oggi
a Torino è stata organizzata
una manifestazione dal titolo
«Un fiore per Tina» per ricordare una ragazza dell’Est che
aveva trovato il coraggio di ribellarsi e denunciare i suoi
sfruttatori pagando poi con
la vita. Anche per tutte le Tine di questo mondo bisogna
continuare a lottare. Infine
arriva la provocazione per gli
amministratori di Torre Annuiiziata; anche don Ciotti ha
sentito dei tanti giovani fuorviati da alcuni cittadini che
avevano loro detto che piazza
Imbriani non esisteva. E allora ecco la sua proposta; perché non cambiare il nome di
quella piazza dimenticata?
Invece di piazza Imbriani,
piazza della memoria e dell’impegno in ricordo delle
vittime delle mafie. L’assemblea termina con la rilettura
dei 540 nomi delle vittime
delle mafie mentre tutti si alzano in piedi e ascoltano in
silenzio. È il silenzio della
memoria, non quello dell’omertà. Stamattina a Torre
Annunziata c’era chi andava
dicendo che piazza Imbriani
non esiste; ma noi in quella
piazza c’eravamo, ed eravamo in quindicimila.
I giovani hanno effettuato il «ponte linguistico»
Un culto italo-coreano a Siena
ELISA CAPANNOU
LARISSA MASCIONI
DANIELE PAVONE
IL 18 marzo il culto dei pochi giovani nella chiesa valdese di Siena è diventato un
luogo d’incontro per molti
giovani coreani che studiano
italiano nella città, pronti a
partire tra qualche mese per
lasciare il posto ad altri. Già
da alcuni anni questa piccola
e mutevole comunità coreana
utilizza, la prima domenica
d’ogni mese, il tempio valdese per'i culti tenuti dal pastore Hong Ki-Suck della comunità metodista di Roma e riescono a organizzarsi per un
loro studio biblico settimanale essenzialmente giovanile.
Con alcune ragazze, che
meglio hanno saputo fare da
«ponte linguistico» (cosa molto complicata con la lingua
coreana), possiamo ora condividere anche lo studio della
Bibbia in italiano nonché
un’attività coristica minima
ma ben supportata. È venuta
così l’idea di un culto «co
struito» insieme per coinvolgere coloro che con una semplice liturgia italiana non
possono partecipare. Tutto è
stato impostato sul passo della prima lettera ai Corinzi (lì,
17-34): partendo dalle riflessioni sulla cena del Signore
come «luogo» di passata, presente e futura condivisione
nell’attesa, siamo arrivati così
alla santa cena gestita completamente in lingua italiana
e coreana dove tutti hanno
capito quello che si faceva.
Negli altri momenti liturgici, dall’invocazione alla benedizione, si sono alternate
preghiere in coreano a letture
bibliche in italiano e francese
per la parte del Camerún
francofono presente quella
mattina; non sono poi mancati i canti del piccolo coro e
della comunità: al termine
del culto sono stati distribuiti
a tutti i partecipanti alcuni
sacchettini con semi di grano
come piccolissimo segno di
condivisione.
11 ricavato della colletta è
«partito», invece, per il Banso
Baptist Hospital in Camerún
dove lavora, come medico,
una ragazza camerunese laureata a Siena qualche anno
fa, con l’intenzione di iniziare una sorta di gemellaggio,
partendo dalla conoscenza
per arrivare, speriamo, ai bisogni. Nello stesso tempo abbiamo colto l’occasione per
salutare anche un altro studente del Camerún, Martin
Luther Angozanga che si è
trasferito a Bologna dopo sei
anni di vita, lavoro, studio in
questa città e in questa comunità dove ha fortemente
contribuito con le sue predicazioni e le sue preghiere.
La mattina del 18 marzo è
diventata così una mattina
per «Essere chiesa insieme»;
certo, il cammino dell’accoglienza è lungo e tortuoso e
queste piccole esperienze
possono rappresentare poco
per alcuni ma anche molto
per altri: vogliamo pensare
che il dialogo, lo scambio e
quindi la conoscenza tra culture nel nome di Dio possa
portare a nuovi frutti.
L'Evangelo ai carcerati
quasi sempre tenuta sotto
chiave, si apre al canto e diventa casa di preghiera il lunedì mattina, per un paio
d’ore, e poi il mercoledì pomeriggio, per un tempo altrettanto lungo: si tratta di
due gruppi diversi cui non è
permesso mai incontrarsi.
Non sempre vengono occupati tutti i posti. Qualcuno
preferisce rimanere in piedi
per tutta la celebrazione. Sulle sedie, il vecchio innario
sfuggito alla rottamazione,
qualche Nuovo Testamento
dei Gedeoni (che si legge meglio), i sette raccoglitori rimasti che contengono canti, salmi e confessioni di fede responsoriali, gli stessi che
usiamo durante il culto valdese domenicale a Biella.
Un ministro di culto
diverso
Il ministro di culto valdese,
che nessuno si sognerà mai
di confondere con il cappellano, sia per la sua età, diversità di abbigliamento e soprattutto di status giuridico,
ha con quest’ultimo degli ottimi rapporti, forse anche
perché non ha mai fatto richieste alle gerarchie cattoliche, ma sin dall’inizio ha
inoltrato le domande di ingresso per visite e per la celebrazione di culti alle autorità
del carcere. Ho ottenuto i permessi ufficiali dal direttore,
/per i quali devo ringraziare
anche Ton. Giorgio Gardiol.
Parlare di incontri ecumenici
da celebrare con il sacerdote
che li aveva proposti e le «pecore», la cui cura ci si trova a
condividere, è decisamente
prematuro. Bisogna consolidare prima un’esperienza e
una identità riformata nel carcere, mai conosciute prima e
iniziate solo lo scorso ottobre.
Il contatto più regolare e
delicato si instaura con le
guardie. Sono l’unico anello
tra mondo interno ed esterno.
Saranno loro a chiamare i
gruppi distinti di detenuti. Si
deve insistere che li si chiami
uno ad uno, per nome; spesso
i carcerati si lamentano di
non essere stati avvertiti del
culto. Puntualmente si deve
ricordare alle guardie che si
tratta di un culto e non della
«messa valdese». Infine si deve insistere perché tutti coloro che lo vogliono, possano
scendere. In fondo, è la prima
volta a Biella che in nove secoli di storia un pastore valdese celebra un culto entro le
mura carcerarie secondo le
norme stabilite dalla legge in
un’istituzione che si vorrebbe
oggi laica e aconfessionale,
ma che rigurgita ancora di vestigia clericali e alienanti.
Quasi tutti i presenti al culto
sono cattolici, ma hanno assistito per curiosità anche dei
giovani musulmani. I primi si
ritroveranno anche alla Cappella per la messa qualche
giorno dopo: riascolteranno
gli stessi testi biblici, ma forse
ne potrà differire il commento
(la possibilità di un confronto
critico è importante).
La confessione di peccato
e l'annuncio della grazia
Tutto ciò non fa problema.
Si viene per udire la parola
delTEvangelo e l'annuncio del
perdono dei peccati, per celebrare la riconciliazione e la
fedeltà del Dio liberatore, per
rendere grazie e partecipare
alla tavola messianica, per
professare la fede personale.
Tutti possono intervenire; a
chi se la sente viene assegnato un compito, come lettore
del brano (i passi del lezionario ecumenico sono sempre
tre, oltre al salmo). Qualcuno
legge una preghiera portata
per l’occasione, un salmo, o
prega estemporaneamente.
Insieme o a voci alternate
professiamo una confessione
di fede, in genere moderna e
proveniente da altri continenti. Poi, la predicazione,
talvolta interrotta da commenti, domande o aggiunte
da parte di chi, pur trovandosi dall’altra parte del tavolo, si
sente partecipe, anch’egli celebrante. Tutti hanno preso
coscienza del fatto che il pastore è un laico, incaricato del
servizio della Parola, non un
mediatore spirituale o di sacramenti, né il depositario
delle verità. Indossare la toga
a mio avviso sarebbe inopportuno, richiamerebbe l’immagine del giudice e creerebbe un divario tra fratelli.
Il momento più toccante è
forse quello in cui si confessa
il peccato e si ascolta l’annuncio evangelico del perdono. Il
perdono dichiarato è la possibilità di un nuovo inizio nel
segno della riconciliazione in
Cristo: abbiamo tutti bisogno
di sentircelo proclamare a viva voce e personalmente, da
un altro fratello o sorella. I
nostri canti, spesso accompagnati a orecchio da un abile
chitarrista che suona anche
alla messa e che pazientemente tenta di correggere le
nostre strazianti stonature,
vengono sicuramente accolti
in cielo dalle schiere angeliche festanti. Il nostro repertorio va dagli irmi della Riforma
agli spiritual afroamericani.
Non ci vergogniamo di cantare insieme «Ti loderò Signor
con tutto il cuor» e «Immensa
grazia del Signor».
Spezzare il pane
e condividere il vino
Il pane, quasi sempre fresco, lo spezziamo insieme, e
mentre ce lo passiamo, proclamiamo la morte del Signore. Anche se distribuita in un
clima di accoglienza e di
gioia, la comunione non si riduce mai a un momento di
leggerezza. Il vino, non proprio genuino, versato dalla
confezione di una marca nota
in bicchierini di plastica, è
comunque segno di comunione e anticipazione di vita
abbondante e nuova nel Regno del Messia. Non mi è permesso portare bottiglie di vino, e all’ingresso della casa
circondariale, mi viene regolarmente ispezionata la borsa! Durante la Comunione,
preghiamo gli uni per gli altri.
Poi, dopo il Padre Nostro e la
benedizione, ci tratteniamo
ancora un po’ a parlare, augurandoci ancora una settimana di gioia e di fedeltà nella grazia del Signore, il quale
potrà preservare dalla tentazione della depressione e della disperazione chi vive in un
contesto ingiusto di cause dimenticate, di desideri repressi e talvolta di violenze subite.
Mi fermo o prometto di
tornare a parlare personalmente con chi ha richieste da
fare o desidera un colloquio.
Sono in genere le guardie a
ricordarci con un cenno professionale dal finestrino che
il nostro tempo è scaduto.
Non sono poche le volte in
cui hanno atteso rispettosamente che terminassimo di
spezzare il pane e pregare insieme oltre il tempo concessoci. Pur mantenendo il dovuto distacco, e conservando
le giustificate riserve, anche
loro ricevono indirettamente
i benefici della preghiera, del
canto, delTEvangelo.
Jonathan Terino
m mmeaitnce
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04- FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
http://www.claudiana.it
8
PAG. 8 RIFORMA
Vita
SE
Incontro tra Fgei Valli e giovani ebrei, per superare ogni frammentazione
Identità giovanili da intrecciare
Segni e parole da riscoprire per un itinerario che porta dalla fede all'impegno e alla presenza
nella società. Vecchie e nuove battaglie di civiltà In un ambito di dialogo e discussione
SABINA BARAI
Non è stato Karl Barth a
ricordarci come il vero
ecumenismo sia da farsi con
il popolo ebraico? È con estremo piacere, dunque, che
la Fgei-Valli ha accolto l’invito della Ugei (Unione giovanile ebraica italiana) per una
serata di confronto a Torino,
il 31 marzo scorso, sul tema
delle minoranze. In un mondo in cui le manifestazioni
antisemitiche e antigiudaiche
sono frequenti, è stato senz’
altro stimolante per noi cristiani evangelici interloquire
con ragazzi e ragazze pressoché nostri coetanei sulle rispettive appartenenze, mescolando pezzi di storia, percorsi di fede, momenti di
emancipazione sino a toccare le questioni etiche cui l’oggi ci pone di fronte.
Parole, esperienze, impegno hanno tracciato i fili del
le nostre identità variegate,
identità che è stato interessante rivisitare scoprendone
limiti e potenzialità. Riprendendo le file del discorso iniziato all’ultimo precongresso
Fgei-Nord, durante il quale
alcune ragazze dell’Ugei ci
avevano reso visita, abbiamo
continuato a discutere sulla
comune difficoltà di portare
avanti a liyello giovanile una
aggregazione che presupponga il confronto su dei
contenuti. Accomunati dallo
stesso momento storico e politico, si è riflettuto sulle possibili risposte rispetto a un sistema economico che si sta
facendo sempre più totalitario, sul lavoro in atto in questa direzione, un po’ disorientati ma non certo scoraggiati per l’eredità di una militanza e di un pensiero politico forte e la frammentazione
del presente.
Non paghe del semplice
M In occasione del XVII Febbraio
Passato e futuro delle Valli
fra i valdesi di Parigi
Gomme chaque année,
nous nous sommes réunis
pour commémorer le 17 février 1848. Notre nouveau
président Félix Vigne a bien
voulu une décentralisation
temporaire en acceptant l’invitation de M.me Chanforan.
Il est difficile en cette période
de l’année réunir nos vaudois
et leurs sympathisants. Néanmoins, une quinzaine de personnes ont pu à loisir s’entretenir du passé et de l’avenir
des vallées vaudoises.
Le président sensible au
présent nous a résumé la situation à laquelle doivent faire face montagnards et ruraux depuis les inondations
qui ont ravagé les trois vallées
et le Piémont géographique.
Ces événements lui ont permis de remonter le temps et
de montrer combien avait été
difficile la vie dans l’ensemble des Alpes Cottiennes, de
la préhistoire à nos jours.
Combien d’ingéniosité avait
été déployée par les générations pour survivre aux cataclysmes naturels, aux tribula
tions guerrières, à l’intolérance et aux divisions intestines.
Nous savons notre président peu loquace et avare de
promesses mais nous savons
aussi que depuis des décennies il n’a cessé d’enfoncer le
clou pour attirer l’attention
des pouvoirs publics en faveur d’une population délaissée riche de ses diversités. En
France, existent des courants
favorables et sensibles à vos
problèmes.
Hommage a été rendu à nos
disparus: en particulier au pasteur Alfred Janavel et au docteur ingénieur Andrea Sibille,
sentinelles avancées au nouveau monde du Nord et du
Sud. Le docteur Olivier Appia
concluait par une lecture biblique appropriée à notre
journée avant dispersion.
Paris, le 27 février 2001
CSD - Asilo dei vecchi S. Germano Chisone
Iscrizioni al «Centro diurno» per anziani
L’Asilo offre ad anziani autosufficienti, parzialmente autosufficienti e non autosufficienti un servizio diurno, in parte
convenzionato con l’Asl 10 di Pinerolo.
11 servizio è aperto tutti i giorni, dal lunedì al venerdì
(esclusi i festivi), dalle 9 alle 16,30.
11 servizio comprende trasporto con mezzo attrezzato anche per carrozzine, pasti, assistenza, cure sanitarie, terapie di
riabilitazione, attività di animazione.
Per ulteriori informazioni ed eventuali iscrizioni prendere
contatto direttamente con la direzione dell’Asilo (via Carlo
Alberto Tron, 13 - San Germano Chisone - tei. fax 012158855 - e-mail: asilo.sangermano@tpellice.it).
Per usufruire dei posti convenzionati prendere contatto
con i servizi sociali della Comunità montana valli Chisone e
Germanasca o con quelli dell’Asl 10 di Pinerolo.
La direzione dell’Asilo
Speciale protestantesimo
Culto evangelico in diretta eurovisione
dalla Chiesa pratestante unita di Charleroi in Belgio
Presiede il culto il pastore e violinista Jean-Claude Tienpont
Il tema della predicazione;
«La resurrezione, risponde alle nostre angosce»
fermarsi a dissertare sulla
propria storia e tradizione,
entrambé le parti hanno evidenziato un bisogno di aprirsi alle dinamiche sociali e politiche riscoprendo il valore
di un’azione comune e propositiva. E così tra le tante
domande e risposte la serata
si è avviata alla fine, nella
consapevolezza che il confronto di questo momento ha
lasciato un segno; segni e parole, potremmo dire, proprio
come quelli che trascritti con
una precisa ritualità compongono la scrittura del Sèfer
Torah, ovvero il rotolo della
Legge posto nell’armadio
consacrato al centro di ogni
sinagoga, compresa quella
che i nostri amici ci hanno
fatto visitare.
Soddisfatti per il tempo
trascorso, decidiamo di rivederci per nuovi incontri altrettanto appassionanti, così
che mentre la Fgei si sta pre
parando al suo prossimo
congresso con determinazione e nuove visioni, un altro
ambito di dialogo e discussione si è aperto. Prima di
uscire dalla sala di piazza Primo Levi non posso trattenermi dal chiedere notizie di
Giorgina Arian Levi, ebrea torinese ormai novantenne,
storica del movimento operaio che sopravvissuta alle
leggi razziali e alla Shoah, si è
spesa nella vita pubblica per
la democrazia e la laicità (come consigliera comunale del
Pei prima e successivamente
come deputata). «È ancora
sempre pronta a battersi per
nuove battaglie - mi risponde Chiara -, anche quelle piccole che riguardano la Casa
di riposo ebraica in cui ora risiede». E tornando a casa a
notte inoltrata penso che è di
queste figure e tipi di testimonianza che abbiamo ancora bisogno.
»xm.. Centro sociale «La casetta» di Bari
Cerchiamo solidarietà
per i nostri ospiti
ISAIA SALIANI
Huguette Vigne-Ribet
P.S. Le montant de notre
collecte est versé aux Asiles
de San Germano et de
Luserna San Giovanni
PROSEGUE nei modi e termini definiti dal suo statuto l’attività del Centro sociale «La casetta» di Bari. Fino al 31 dicembre 2000, l’«Azione comune 2000», a cui
aveva aderito il Centro, tramite il Servizio rifugiati e migranti della Fcei, aveva assistito gli ospiti con il relativo
finanziamento. Dall’inizio di
quest’anno invece tutte le
spese vengono sostenute dal
Centro stesso.
Mentre tre giovani (un sudanese, un curdo e uno slavo) sono stati sistemati in
abitazioni diverse, sono subentrati i genitori di tre giovani che erano stati accolti
nei mesi precedenti. Attualmente abbiamo una famiglia
di kosovari, composta di
quattro figli, dei genitori e di
una bambina di due anni figlia del primogenito, ora vedovo in quanto la sua giovane compagna scomparve dopo che la loro abitazione in
Kosovo fu incendiata.
■CRONACHE DELLE CHIESEI
VENERDÌ 13
Ringraziamo pertanto gli
amici del Centro, che hanno
risposto positivamente facendoci dono di generi di
prima necessità sufficienti
per la famiglia ospitata e per i
tre giovani che si sono sistemati fuori dalla nostra sede.
Un amico insegnante, sensibile all’accoglienza, insieme
ad alcuni soci ha partecipato
all’accoglienza degli ospiti e
alla condivisione con loro di
alcune cene; l’ultimo di questi incontri ha coinciso con il
compleanno del capofamiglia, che ha iniziato a lavorare
in un’azienda che si occupa
di gruppi elettrogeni, mentre
i tre figli hanno iniziato dei
lavori provvisori.
Chiediamo a tutti di pregare perché il Signore sostenga
gli sforzi che vengono fatti da
chi sta vicino agli ospiti, e ricordo ai soci che l’annuale
quota di associazione per
l’anno in corso va versata sul
ccp n. 23543705, intestato a
Centro sociale evangelico «La
casetta», via Giovanni Gentile
106, 70126 Bari.
ANGROGNA — È deceduto
all’Ospedale valdese di Torre
Pellice il fratello Ernesto Rivoira, del Verné. La comunità
esprime alla famiglia la sua
simpatia fraterna.
SAN GERMANO — L’assemblea di chiesa dello scorso 25 marzo ha eletto deputati alla prossima Conferenza
distrettuale Monica Godano,
Marinella Genre e Elisa Fornerone.
• Domenica 1“ aprile è stato battezzato James Junior
Bonjour, di Mauro e di Vilma
Casazza: ai genitori e a James
l’augurio di crescere insieme
nella fede.
• Alice Molinari, nata a Venezia ma da tempo ospite
della Casa di riposo, è deceduta il 7 marzo; alcuni giorni
dopo è deceduto anche Giulio Martinat, per molti anni
anziano di chiesa e deputato
a Sinodi e Conferenze distrettuali; il 30 marzo infine è
mancato Ettore Massel. Nato
nel 1919, aveva dovuto combattere in guerra e aveva conosciuto la deportazione in
Germania. Ai familiari rinnoviamo le nostre condoglianze
e solidarietà fraterna.
VENDESI
ALLOGGIO
La Chiesa valdese di Torino vende un alloggio ereditato in Torino zona San
Paolo in stabile con portineria e ascensore. L’alloggio con annessi due garages, è composto da ingresso, ripostiglio, soggiorno, cucinino, bagno,
due camere per complessivi mq. 80 più due balconi
e cantina. Per informazioni geom. Roberto Gìavara,
tei. 011-6061287.
VENERDÌ
TORINO — Alle 21, al tempio valdese di corso Vittorio Em,.
nude 23, si tiene un culto liturgico della Passione, con sam
cena, a cui partecipa la corale evangelica di Torino diretta ^
Flavio Gatti, che esegue musiche di Bach, Bardos, Schütz, ^
IVREA — Alle 20,30, alla chiesa valdese, si tiene il culto dive,
nerdì santo sull’argomento «Le cene con Gesù e la Cena jj
Gesù, riflessioni tra parole e musica sugli incontri del Signo
re sulla via della Passione».
15 aprile
TORINO — Alle 18, alla chiesa ortodossa romena (via Cotto,
lengo 26), il coordinamento «Insieme per Graz» organizzauj
incontro ecumenico su «Cristo è risorto, è veramente risortoi
TORRE PELLICE — Domenica 25 marzo si è svolta
l’assemblea di chiesa sul problema delle quote non
espresse dell’8%o dell’Irpef.
• È stato battezzato Daniel
Rostagnol, di Ivano e di Patrizia Geymonat.
• Si sono svolti i funerali di
Maria Luisa Giordan ved.
Gallo, Giulia Gaydou ved.
Chiavia, Liliana Mentini ved.
Venturi.
18 aprile
PADOVA —Alle 16, alla chiesa metodista (corso Milano 6),
don Albino Bizzotto parla sul tema «La marcia nonviolenta
nel Congo in guerra, con i “Beati i costruttori di pace’’».
ROMA —Alle 16,15, alla chiesa metodista (via Firenze 38), J
prof. Paolo Ricca parla sul tema «Dire la salvezza alle donne
e agli uomini del nostro tempo: l’evangelizzazione».
20 aprile
PALERMO —Alle 17,30, al centro «G. Bonelli» (v. Spezio 43),
per il ciclo «Da Martin Lutero a Martin Luther King», il pro(
Giorgio Spini parla sul tema «Il Settecento protestante».
CINISELLO BALSAMO (Mi) — Alle 21, al centro «Lombardini», per il cielo di incontri «Viaggio fra le leggi sociali dell’antico Israele», si tiene uno studio sul tema «Il povero».
SUSA (To) — Alle 20,30, nella chiesa valdese (via Mazzini
21), si tiene un incontro ecumenico a cui partecipano mons,
Pietro Giachetti, già vescovo di Pinerolo («Come ho vistai
valdesi») e la prof. Marcella Gay, già membro della Tavola
valdese («Come vedo i cattolici»).
21 aprile
FIRENZE — Alle 17, alla libreria Claudiana (b. Ognissanti'
14/r), Massimo Zamboni (autore con Giovanni L. Ferretti del
libro «In Mongolia in retromarcia») parla sul tema «Ulai
Baatar, Gobi e altre creamre. In principio la Mongolia».
MILANO — Alle 9,30, alla chiesa metodista (v. Porro Lambertenghi 28), la past. Milena Beux, per il corso organizzato
dal 6° circuito sul tema della liturgica, parla su «Il Padre Nostro, espressione della prima liturgia cristiana».
GORIZIA — Alle 18, alla chiesa metodista di via Diaz, si tiene
un concerto del trio «Kohelet 3» che presenta il suo cd «Mah
(papavero), con musiche dei popoli dell’Est europeo.
22 aprile
ROMA — Alle 16, alla casa delle suore francescane (v. Giusti
12), il gmppo Sae organizza un incontro su «Una vittoria
dialogo ecumenico sulle controversie del passato: il testo comune per la pastorale dei matrimoni interconfessionali». Intervengono Maria Sbaffi Girardet, Myriam Gianni Marchese!
TORINO — Alle 17,30, nel tempio valdese di c. Vittorio Emanuele 23, per la serie «Musica e preghiera», l’organista Marco
Limone esegue musiche di Walther, De Sola, Bohm e Bach.
Riaprile
UDINE — Alle 18, alla chiesa metodista (p.le D’AnnutKio
9), il past. Lorenzo Scornaienchi tiene una conferenza su «Filippo Melantone nelle controversie religiose del suo tempo».
28-29 aprile ^
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SCOGLITTI —Al centro Adelfia si tiene il 3° week-end i
formazione per ragazzi, sul tema «Essere chiesa insieme».
AVVERTENZA: i profanimi relativi a questa rubrica vantì
inoltrati 15 giorni prima del venerdì di uscita del settimam
Formazione Teologica a Distanzi
Facoltà valdese di teologia
Seminario locale a Napoli
Fondamenti di teologia sistematica: il Dio triniti
Napoli, Casa Materna
corso Garibaldi 235, Portici
27-28-29 aprile 2001
Programma
Il APRILE
ore 14,30:
ore 15-19:
28 APRILE
ore 9-12,30
e 15,30-19:
arrivo e registrazione dei partecipanti
introduzione alla teologia sistematica:
Pawel Gajewski: Il concetto cristiano di rivelatici'
La teologia trinitaria
29 APRILE
ore 8,45-9,15:
-seminario di cristologia:
Fulvio Ferrario: Il significato del Gesù storico
cristologia sistematica. Problemi fondamentali di M
cri.stolngia sistematica.
breve culto;
ore 9,1 5-12,30: Pawel Gajewski: Lo Spirito Santo e l’cscatotog'®
Quota di iscrizione: L. 50.000.
Sttggiorno a Casa Materna, da cena/venerdì a pranzo/dorneriic i
camere a piti letti: L. 50.000.
Informazioni:
Tutore locale: past. TecKlora Tosarti, 081-264510
Coordinatore Corso a distanza: Roberto Bottazzi, 06-320704
il seminario è aperto a tutti gli interessati
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venerdì 13 APRILE 2001
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PAG. 9 RIFORMA
Continua il nostro dibattito sulle scelte non espresse dell'otto per mille dell'lrpef
IVIancano i principi condivisi da tutti
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"Faccio parte della commissione che ha elaborato il documento sull’Otto per mille
(Opm) in discussione nelle
chiese e forse non dovrei
espriinerini adesso, in quanto la commissione ha ritenuto suo dovere informare sulle varie posizioni e non dare
dei giudizi. Tuttavia sento la
necessità di esternare la mia
insoddisfazione, perché mi
sembra che in questo come
in altri dibattiti manchi qualche cosa. Mancano i principi,
chiari e univoci per tutti; per
cui avviene che discutiamo
accanitamente su decisioni
che dovrebbero invece derivare naturalmente da quei
principi, che però non abbiaino chiarito. Tento di fare un
elenco di temi che secondo
me rimangono aperti; ma sono tali e tanti che vi confesso
che mi è difficile persino capire da dove si possa o debba
partire per avere un quadro
chiaro della situazione. Comunque ci provo.
Chiesa valdese
e stato italiano
Come si pone la Chiesa valdese, nel suo rapporto con lo
stato italiano? Ci sono molti
modi di affrontare il problema e se ne discusse quando si
chiedeva che si desse avvio
alle trattative per stipula delle
Intese. L’immagine che allora
abbiamo dato di noi stessi è
quella della chiesa come un
corpo autonomo, che si dà le
sue regole e che ha la dignità
per trattare alla pari con lo
stato. Essa è dunque un ente
che si pone simultaneamente
all’interno e di fronte allo stato e che è diverso dagli enti
pubblici 0 privati, i quali sono
normad dalle sole leggi dello
stato. È un «ente ecclesiastico». Una tale definizione, lo
so, non piace a tutti; ma, se
ho capito bene, è ciò che si è
deciso e che ci fu riconosciuto allorché si andò alla firma
delle Intese.
E molti lo festeggiarono come una vittoria. Da tale riconoscimento possono (insisto;
possono, non devono) discendere molte conseguenze,
una delle quali può essere il
fatto che lo stato affidi a un
ente siffatto una parte delle
sue entrate perché possa
compiere servizi che esso ritiene utili. È vero: noi protestanti italiani abbiamo un
problema in più rispetto a
quelli di altri paesi, dato dal
fatto che la Chiesa cattolica è
maggioritaria e avvolge con la
sua cultura tutte le strutture
della vita, pubblica e privata.
Da ciò discende, ad esempio,
che tra i servizi resi sia considerato anche quello della cura
della vita spirituale della gente, cosa che a noi non piace.
Quand'è che uno stato è /arco? Quando non dà soldi a
nessuno, come dicono alcu,iu, 0 quando anche in questo
dene conto delle minoranze?
Mi rendo conto che con queste seconda domanda rischio
di banalizzare in modo esa86tato; ma qualche volta riuscire a rispondere anche alle
domande banali non è così
tedile. D’altra parte, tutti aftermiamo di desiderare uno
stato laico, ma non sempre
Sterno in grado di. definirne
con chiarezza i contorni.
Sanità e assistenza
Qua// sono i compiti dello
in fatto di sanità e assi^nza? Deve gestire tutti i
fitvizi 0 deve limitarsi a gadntire che i servizi ci siano,
fto siano fruibili da tutti e
Steno di qualità. E non imPdha gestiti da chi? Qui si ena in un ginepraio, in quanto
‘amo coscienti del fatto che
le
Volontari e ospiti deil’Asiio dei vecchi di San Germano in gita
che tendono a muovere l’opinione pubblica in un verso
piuttosto che in un altro. E
anche la Chiesa valdese ha i
suoi (chiamiamoli così!) interessi in questo campo.
Quali sono i compiti della
Chiesa valdese in fatto di sanità e assistenza? E mia convinzione (tuttavia anche qui
molti non sono d’accordo)
che la diaconia non sia soltanto un’attività della chiesa,
ma sia il suo profondo modo
di essere. Una chiesa senza
attività diaconali rischia di diventare un’associazione cultuale, staccata dal mondo.
Ciò detto, va però specificato
che per essere diaconi non è
necessario aprire delle opere;
basta il classico bicchier d’acqua. La Chiesa valdese in un
passato anche recente ha dato vita a opere diaconali di
vario tipo e, da quello che vedo, esse non sono importanti
solo per il servizio che offrono, ma anche perché esse sono un punto di riferimento
per molti, protestanti e non.
Si discute se esse offrano o
siano una predicazione evangelica o non siano soltanto
delle opere-aziende altamente professionalizzate. Vi confesso che questa discussione
non mi agita più di tanto: è la
chiesa che deve essere evangelica e diacona e come tale
deve fare le opere, alle quali
chiedo soltanto che facciano
bene il loro servizio.
La nostra politica diaconale
Chi decide che cosa fare e
come farlo? In una parola: chi
decide la politica diaconale
della nostra chiesa? Io speravo che fosse il Sinodo; ma in
questi dieci anni mi sono reso
conto che ciò non è possibile,
almeno fino a che non lo si
riforma profondamente, mettendolo in condizione di lavorare e fornendolo degli strumenti per dare veramente le
linee d’azione alla chiesa tutta. Ma questo è forse un altro
capitolo. Il fatto è che fino a
oggi non mi sembra che ciò
sia avvenuto, né su questo né
su altri temi. Anzi, sempre
pressati dall’emergenza e da
un calendario opprimente,
abbiamo proceduto giorno
per giorno, senza mai chiarire, appunto, i temi di fondo.
Una cosa, però, mi è chiara: la
chiesa non può chiamare dei
fratelli e delle sorelle ad assumersi degli impegni gravosi o
a difendere delle «frontiere irrinunciabili» (ne siamo cir
condati!) e poi non fornirli degli strumenti per compiere il
loro mandato. Per fare un
esempio, il Sinodo non può il
martedì affermare che la Meccanica di Riesi va sostenuta a
tutti i costi e il mercoledì rifiutare l’Opm atto secondo.
Occorre una strategia, un senso dei propri limiti e il coraggio di dire dei sì e dei no. E
questo solo il Sinodo lo può
fare. Un Sinodo, ripeto, messo
in condizione operare.
Si potrebbe continuare nell’elenco dei temi rimasti non
chiariti, ma sarebbe troppo
lungo per un articolo di giornale. Un giorno o l’altro,
però, questo elenco andrà
pur fatto! Lo avrete capito: io
invidio molto coloro che
hanno già le idee chiare. Ma
a questo punto mi domando:
sono io che sono rimasto indietro, oppure sono gli altri
che danno alle stesse parole
dei significati diversi, a seconda dei rispettivi principi
di base? Tanto più che c’è un
tarlo che mi rode: e se fosse il
Signore che ci chiede di mettere in gioco la nostra rispettabilità, per dare una mano a
chi ne ha bisogno?
Paolo Ribet- Pinerolo
Sì, ma gestiti in modo separato dal resto
Esposte possono essere
eh ptincipi
a-®^®^8ono professati, ma
ern ^ interessi molto
° ssi e per niente occulti.
Caro direttore, il dibattito
avviato da Riforma a seguito
del documento della commissione sinodale sull’Otto
per mille (Opm) è molto buono. Tanto buono che le ragioni espresse negli interventi
dei favorevoli e dei contrari
sono in massima parte condivisibili da tutti. Tra l’attenzione ai principi e la volontànecessità di aiutare i più deboli, la scelta è sempre difficile e sofferta. Siamo combattuti, insomma, tra due posizioni che sono ugualmente
giuste e legittime. Questo vale anche per chi ci osserva
daH’esterno: da una parte c’è
chi apprezza l’uso non concordatario che facciamo di
questi soldi, dall’altra chi non
capisce perché non usiamo
tutti i contributi a noi destinati, anche quelli delle scelte
non espresse.
Avere deciso a suo tempo,
sia pure di stretta misura e
con molte titubanze, di «entrare nel gioco» porta questi
dilemmi. Se avessimo deciso
diversamente, oggi non saremmo a questo punto e ci
eviteremmo l’ennesimo tormentone sui soldi. Ma oggi
non è in discussione la nostra
partecipazione all'Opm, la
cui origine neoconcordataria
per un finanziamento più
«democratico» della Chiesa
cattolica è assolutamente innegabile. Oggi dobbiamo decidere se rinnovare la nostra
decisione di destinare allo
stato la quota di scelte non
espresse attribuibili alla Chiesa valdese oppure di destinarle ad altri, con altre forme.
Perché a ben guardare anche
oggi noi esercitiamo una
quache forma di controllo su
quella parte di somme che secondo la legge sarebbero destinate a noi: decidiamo infatti di darle allo stato e lo
stato le usa nei modi in cui ci
è stato ben spiegato su Riforma del 23 marzo, cioè non
esattamente come noi avremmo sperato che le usasse.
A questo punto mi chiedo
se non sarebbe in fondo nostro dovere ritirare la delega
allo stato proprio in considerazione dell’uso che ne fa e
decidere di destinare questi
soldi in altro modo tenendo
questa parte separata dall’attuale gestione dei fondi dell’Opm. Si potrebbe decidere,
cioè, di finanziare un progetto specifico, in Italia o all’estero, diverso anno per anno:
la ricostruzione di un area
terremotata o alluvionata in
Italia, una scuola in Africa,
un progetto agricolo in Sud
America, e così via. Daremmo così un segnale su come
ci piacerebbe che lo stato destinasse questi fondi, non
useremmo per la nostra diaconia questi nuovi soldi, daremmo comunque un contributo utile ai più deboli e
bisognosi.
La famosa quadratura del
cerchio dunque? Fare del bene con i soldi degli altri e sal
varci l’anima? Certamente
no. Ma sarebbe forse un modo di «stare nel gioco» sapendo che corriamo il rischio di
sporcarci le mani e che i nostri principi potranno essere
messi in discussione all’interno delle nostre chiese o al
di fuori di esse. Ma c’è un altro modo di fare il bene per la
nostra città senza correre
questi rischi?
Samuele Bernardini
Milano
Se si deve fare, si faccia tutto e subito
Con rOpm si è aperta
una diga inarrestabile
In merito alle domande
sull’Otto per mille (Opm)
proposte alle nostre chiese,
non voglio con questo intervento importunare la probabile maggioranza favorevole
né i «grandi elettori» in questa materia. Constato che
tutte le nostre opere diaconali, quelle ereditate dall’Ottocento nonché quelle che le
nostre generazioni hanno saputo esprimere, tutte sono
considerate «frontiere irrinunciabili della nostra testimonianza», per usare le parole adoperate negli ordini
del giorno sinodali. L’Opm è
indispensabile per tenerle in
piedi o rinnovarle. Sono d’
accordo con il mio compagno di catechismo a Pinerolo, l’eretico Claudio Tron,
quando afferma che, se gli
oltranzisti dell’Opm ci devono far venire il mal di pancia,
anziché farlo ogni due anni,
facciano tutto insieme: quote
non espresse, soldi anche al
culto e ai ministri, soldi pubblici anche alle nostre scuole
che sono laiche e invece
niente alle scuole private cattoliche, che indottrinano e
non concedono la libertà di
insegnamento ai docenti.
Mi sia tuttavia consentito
chiedere come mai, nel momento in cui per porre un
giusto rimedio al precedente
disordine amministrativo si
introduce nelle nostre opere
una logica imprenditoriale
[solus manager accanto ai
solus della Riforma!), si continui a confidare nella potenza salvifica deU’Opm anche per opere che, se esaminate in un’ottica di impresa,
vengono giudicate strutturalmente non sane visto che
dipendono, per la gran parte
del loro bilancio ordinario,
ieri dai generosi doni delle
chiese estere e oggi dall’
Opm. Avere più abbondanza
di denaro significherebbe in
questo caso continuare a
tamponare, mentre potrebbe darsi che una certa ristrettezza economica aiuti a
prendere decisioni più lungimiranti, compresa quella,
sempre dolorosa, di chiudere, almeno là dove un ciclo
di lavoro e di testimonianza
appare esaurito, e il suo prolungamento con l’ossigeno
diventa inutile. Con pochi
milioni si potrebbe forse sostenere la nascita di un modesto progetto altrove.
Infine c’è anche l’Opm dello stato: il direttore di Riforma ha fornito esaurienti notizie in merito. Guarda caso, fra
coloro che hanno potuto usufruire di contributi tratti dalrOpm dello stato figurano
numerose parrocchie cattoliche... In una recente riunione della Commissione delle
chiese evangeliche per i rapporti con lo stato, si è appreso
dell’esistenza della circolare
n. 1619 del 14-2-2001 che appunto prevede la possibilità
di chiedere quote dell’Opm
statale per enti privati ed enti
religiosi: questi ultimi però
sono solo quelli menzionati
nella legge 222 del 1985, cioè
la legge concordataria che ha
Istituito l’8 per mille per la
Chiesa cattolica!
I vari Peyrot, Becchino,
Trotta mi avevano insegnato
che non è peccato utilizzare
una legge fatta per la Chiesa
cattolica se la sappiamo
riempire di contenuti alternativi ai privilegi. Così a suo
tempo mi sono battuto contro i tanti (cattolici di base in
primis) che tendevano a equi^arare le nostre Intese al
Concordato, chiamandole
concordatino anche perché
firmato da Craxi insieme
all’altro. D’altra parte non ho
mai dubitato che, con la decisione del sì all’Opm, pur
con le note limitazioni, si era
aperta una diga inarrestabile.
Chi ha ancora degli scrupoli
viene tacciato (a ragione?) di
essere un intellettuale elitario
che non si vuole sporcare le
mani e preferisce il puro
Evangelo alla drammatica
miseria e povertà del suo
prossimo. Inoltre alcune sottigliezze sono più formali che
sostanziali (anche se non
metto in dubbio l’accurata
distinzione dei fondi Opm
destinati ai progetti dalle
spese di culto); se già ora
l’Opm sostiene, anche se in
piccola parte, anche Riforma
0 Radio Beckwith (per fare un
esempio) perché continuare
a dire che lo prendiamo solo
per la diaconia, la cultura, la
feme nel mondo? Il direttore
di Riforma non è un pastore e
la radio non trasmette anche
dei culti? E Riforma non è anche dei battisti che hanno votato no all’Opm?
Invito comunque a darsi da
fare per l’Opm dello stato, affinché ne possano usufruire
anche le chiese evangeliche e
non solo i cattolici; molti nostri progetti, in particolare
quelli di tipo culturale, potrebbero infatti essere sostenuti con le somme destinate
dai cittadini allo stato. Chi
poi si ostinasse a fare il laico
a oltranza, firmando la casella dello stato, sappia che
buona parte di quell’Opm va
comunque a finire ai preti.
Marco Rostan
Luserna San Giovanni
Per io stato, anche se con il naso tappato
Proprio mentre spedivo la
mia letterina in cui domandavo tra l’altro come mai lo stato (il governo) non aveva mai
dato notizia di come utilizza
la sua quota dell’otto per mille, usciva qui l’accurato condensato del resoconto diffuso
dallo stato. Eccomi (quasi)
accontentato. In realtà:
1) Anno per anno viene indicata la ripartizione operata:
ma, almeno in alcuni casi, si
tratta di cifre tonde: comunque non sono indicate le
«spese di gestione», che immagino non siano insignificanti. C’erano nel testo completo?
2) Nel decennio 1991-2000
Per la
pubblicità su
tei. 011-655278, fax
IBS®!«
lo stato ha destinato circa
1.712 miliardi, e nello stesso
periodo la Chiesa cattolica
italiana ha ricevuto e utilizzato, in larga misura per il mantenimento del clero e per il
culto, circa 9.422 miliardi. 11
«marchingegno» neoconcordatario è prodigo di frutti.
3) Sempre nel decennio,
oltre ai suddetti 9.422 miliardi, lo stato ha dato alla Chiesa cattolica, per opere di restauro e (rari) progetti sociali, altri 52 miliardi tratti dal
proprio già modesto gruzzolo (e potrebbero essere di
più, perché certi contributi
sono indicati in modo generico o complessivo, e potrebbero avere interessato altri
progetti ecclesiastici).
Dunque, oltre al ricco rac. colto grazie al ricordato marchingegno, lo stato dà alla
chiesa di Roma un ulteriore
contributo di 52 miliardi distolto, almeno in parte, dalla
destinazione chiaramente
espressa da una quota della
cittadinanza. Anch’io, oltre a
essere coinvolto obtorto collo
nella situazione generale, lo
sono, pur avendo firmato per
lo stato, in questa ulteriore
regalia clericale. Insomma:
per rifarmi ancora al vivace
linguaggio di Claudio Tron,
anche di fronte allo stato mi
debbo tappare un po’ il naso.
Impossibile, nel Bel Paese, respirare a pieni, laici polmoni?
Però preferisco ancora dovermi tappare un po’ il naso
davanti al mio stato piuttosto
che davanti alla mia chiesa.
Intanto, aggiungo Sergio Rostagno e Agostino Garufi (2°)
a quelli che hanno dato voce
a quanto, con altri, penso sul
punto in discussione.
Gino Conte - Firenze
Gino Conte chiede se nei rendiconti dello stato sono indicate le
sue spese di gestione dell'Opm.
No, non sono indicate. Evidentemente finiscono nelle spese generali della finanza pubblica, (e.b.)
10
1 fff:.:
PAG. 10 RIFORMA
LA SERBIA SENZA
MILOSEVIC
GIANNA UMZiO
KostQpica è riuscito a
portare in carcere
Milosevic senza
colpire i già frustrati
sentimenti serbi
Kostunica ha vinto per la seconda volta. E nello stesso modo. Senza stravincere, senza annichilire l’avversario, senza colpi di scena e spargimenti di
sangue ma perseguendo il suo
obiettivo: portare in carcere Milosevic. Se c’era chi si aspettava,
o desiderava, uno scenario di tipo romeno è rimasto deluso.
Dopo lunghe trattative Milosevic è stato portato in carcere e
sarà processato ma, per ora, per
delitti riguardanti le sue responsabilità interne di capo di stato:
brogli, abusi di potere, interessi
privati, corruzione. Insomma
Milosevic dovrà rispondere per
aver abusato del suo potere e
derubato i suoi
concittadini.
Nello stesso
modo dell’ottobre scorso quando, dopo le elezioni, Kostunica, con nervi saldi e determinazione, ha affermato la sua vittoria elettorale,
ha resistito alle
minacce, non è caduto nella
trappola di nuove elezioni e, con
la sorpresa dell’Occidente che
già- disegnava scenari da guerra
civile, nella legalità e sostanzialmente senza violenze, ha finito
per strappare a Milosevic U riconoscimento della sua sconfìtta
elettorale e il cambio di regime.
Così oggi, di fronte all’imminente richiesta di estradizione di
Milosevic da parte del Tribunale
intemazionale dell’Aia, le imputazioni e l’arresto giocano d’anticipo sul Tribunale internazionale che vuole imputare Milosevic di ben altre responsabilità
(crimini contro l’umanità per la
pulizia etnica in Kossovo).
È questo il modo di far politica di Kostunica. Attento alle ripercussioni internazionali di
eventuali rifiuti, ma nello stesso
tempo capace di tenere conto dei
sentimenti dei serbi, già ampiamente frustrati da guerre continuamente perse, delusi per i
«tradimenti» dell’Occidente, in
particolare per i bombardamenti
Nato che hanno subito per tre
mesi e sentito come profondamente ingiusti. In effetti Kostunica rappresenta qualcosa di
nuovo per la Serbia. Giovanissimo professore di diritto alla facoltà di Giurisprudenza di Belgrado, figlio di un giudice della
Corte suprema serba, negli Anni
70 viene colpito dalle purghe politiche all’Università, per aver
scritto un libro considerato «eretico». Trova lavoro all’Istituto di
grado, un cenacolo di studio dove in quegli anni erano «parcheggiati» gli intellettuali anticomunisti. Assertore convinto della democrazia e della legalità,
all’avvento del nuovo regime rifiuta di riprendere il suo posto
all’Università e fonda il Partito
democratico serbo. Dall’ottobre
scorso la sua politica è stata un
miracolo di equilibrio, legalità,
diplomazia e capacità di sciogliere progressivamente i nodi accumulati nella oramai fragile Repubblica jugoslava.
Oggi, la consegna del dittatore al Tribunale dell’Aia avrebbe
avuto ripercussioni interne;
d’altra parte, un suo rifiuto
avrebbe compromesso la possibilità di ottenere un
consistente prestito estero. Kostunica ha percorso una difficile via intermedia.
Del resto questa
capacità di stare
in equilibrio tra
pressioni esterne
e bisogno di risanare profonde ferite nazionali
sta caratterizzando l’attuale, lucido governo della Federazione
jugoslava, teso ad accreditarsi
in Europa e capace di giocare
sid desiderio dell’Europa di sviluppare una sua politica per i
Balcani non necessariamente in
sintonia con quella americana.
Questi sei mesi di nuovo governo non sono stati facili. La Jugoslavia è materialmente e moralmente annichilita dalla guerra e
dai bombardamenti Nato, ha un
Impianto industriale o vecchio o
distrutto, una popolazione ridotta alla fame, una quantità di
profughi pressoché insostenibile; le regioni del Sud, al confine
con il Kosovo, sono fortemente
scontente perché sottoposte a
continue attacchi dell’Uck, senza contare le trattative con il
Montenegro, che minaccia tutti
i giorni la secessione.
E sullo sfondo i Balcani sono
di nuovo in fermento. 1 nazionalismi non sono stati sconfìtti,
tutt’altro: dal Kosovo alla Macedonia e, oggi, alla «croata» Erzegovina; sono agitati da mafie,
trafficanti di droga e da interessi illeciti di bande che si annidano nei vari gruppi nazionali. E
allora bene a fatto Kostunica ad
arrestare Milosevic per questi
reati. I Balcani non hanno bisogno di eroi negativi, ce ne sono
già troppi liberi, e l’Occidente
non deve cercare di esorcizzare
le proprie responsabilità processando coloro che, in passato.
filosofìa e teoria sociale di Bel- hanno sostenuto e finanziato.
i: E(»
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
Via S. Pio V. 15 -10125 Torino, tei. 011/655278 - fax
011/657542 e-mail: redazione.torino9rilorma.it;
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Federica Toum. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino Di
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La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Ritorma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L'Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
Il numero 14 del 6 aprile 2001 è sialo spedito dairufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 4 aprile 2001.
2001
Associato alla
Unione stampa
periodica italiana
La proposta del papa come «portavoce» di tutti i cristiani
Eccesso d'orgoglio
La gerarchia cattolica è sempre più tentata di «fare da sola» perché
si sente al centro del mondo. Ecumenismo e testimonianza cristiana
GIOVANNI SARUBBI
La proposta del papa come «portavoce» ha lo scopo, da quello che si legge, di
contribuire al dibattito sul
cosiddetto «primato dei successori di Pietro» che qualche
cardinale illuminato, come
Kasper, ha ribattezzato «ministero petrino». Tale dibattito è tuttora in atto nella Chiesa cattolica oltre che essere
uno dei problemi aperti dei
dialoghi ecumenici. Per il
momento nella chiesa di Roma sembra prevalere l’ala
che non vuole mettere in discussione le definizioni che a
tale ministero sono state date
nel concilio Vaticano I, cioè
le questioni deU’infallibilità e
del potere assoluto del papa.
Lo scontro fra coloro che
vorrebbero un ritorno al Vaticano I e quelli che vorrebbero una chiesa conciliare o sinodale che dir si voglia è
molto forte, lo si è visto nelle
recenti nomine cardinalizie.
È recente, ancora, la notizia
di una possibile ricomposizione dello scisma lefreviano,
di cui si è avuta una manifestazione concreta durante il
Giubileo quando alcune migliaia di seguaci del vescovo
francese sostenitore del Vaticano I passarono per la «porta santa». Un tale scontro lo
si legge persino nelle consultazioni che il cardinale Sodano, quasi fosse il capo dello
stato italiano, ha tenuto con i
partiti in vista delle prossime
elezioni politiche in Italia.
Le chiese protestanti
Dichiarare una disponibilità delle chiese protestanti ad
accettare per il papa un ruolo
di portavoce non credo serva
in alcun modo a risolvere il
problema del «primato dei
successori di Pietro» o del
«ministero petrino» che dir si
voglia. Oggi le chiese e i cristiani di tutto il mondo si trovano a doversi confrontare
con qualcosa di molto diverso
e di più grave quale il risorgere delTorgoglio confessionale
maturato durante la celebrazione del Giubileo del 2000.
Oggi, nella gerarchia cattolica, è molto forte la tentazione
a fare da soli e a sentirsi al
centro del mondo, come testimonia la Dominus Jesus al
cui centro vi è di nuovo, come
ai tempi di Pio IX, l’indifferentismo religioso. Non a caso il primo documento papale
del dopo Giubileo comincia
con «Due in altum», «vai al
largo», perché durante il Giubileo, dice in sostanza Giovanni Paolo II, abbiamo fatto
il pieno delle grazie divine e
siamo quindi preparati ad affrontare tutte le difficoltà.
In molte occasioni ho potuto constatare come il dibattito, anche molto vivace,
esistente nelle chiese evangeliche venga interpretato
come ostacolo all’unità dei
cristiani. In una recente conferenza ad Avellino del cardinale Kasper, questi ha più
volte sottolineato proprio tale aspetto come una delle
difficoltà dei dialoghi ecumenici. C’è indubbiamente un
fondo di verità in una tale osservazione ma credo ci sia
anche la tentazione della riduzione ad uno o pensiero
unico che dir si voglia, che è
molto lontano da uno spirito
effettivamente ecumenico.
Il primato di Pietro
Il «primato di Pietro» è un
falso problema anche nella
versione di chi se lo pone da
un punto di vista teologico e
non materiale. La versione
teologica tenta di dare una risposta alla domanda: «A chi
spetta difendere il deposito
della fede lasciatoci dagli apostoli e che Gesù ha affidato a
Pietro?». Ma a questa domanda è possibile rispondere con
un’altra domanda: «Può essere questo problema delegato
a una sola persona per quanto
carismatica e religiosa essa
possa essere?. E a chi ha lasciato questo compito Gesù?».
Tutti i cristiani hanno questo
dovere innanzitutto con la loro testimonianza di vita, come insegna lo stesso Gesù:
«Se uno vuol venire dietro a
me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vorrà salvare la sua
vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio
e del Vangelo, la salverà»
(Marco 8, 34-35). Un attimo
prima Gesù aveva scacciato
Pietro, chiamandolo Satana.
Sul piano ecclesiale, la soluzione del problema è nel riconoscersi vicendevolmente,
in quel darsi la mano ma anche nel confrontarsi a viso
aperto che caratterizzò il primo concilio di »Gerusalemme
come ci è stato raccontato da
Paolo nella lettera ai Galati.
Quello scontro «a viso aperto» di cui parla Paolo, che era
probabilmente molto più dirompente di tutte le dmsioni
attuali, non provocò la lacerazione delle prime chiese,
ma anzi la loro diffusione in
tutto l’impero romano. In
quell’occasione non ci fu da
parte di Pietro, che era lì presente e avrebbe ben potuto
farlo, alcuna rivendicazione
di primato o di infallibilità,
questione, è bene sottolinearlo, codificata il 18 luglio
del 1870. Ci fu invece una discussione franca e poi una
stretta di mano come si conviene a chi discute spinto
dalla volontà di testimoniare
con la propria vita l’adesione
alla predicazione di Cristo.
È di testimonianze che abbiamo bisogno e non di «chiese istituzioni» che si confrontano su come dividere i loro
rispettivi poteri temporali. È
la testimonianza concreta che
rende credibile i cristiani, papa compreso. Non esiste un
«leader spirituale» o un’autorità religiosa che sia tale a
prescindere dalla sua azione
concreta e ciò vale per il papa
come per tutti i responsabili
delle chiese protestanti o ortodosse che siano.
Lf ISTAT ha pubblicato reI centemente una sorta di
fotografia economica della
città di Firenze, risultata una
vera e propria capitale del benessere. Il 60% della popolazione ha dichiarato di essere
molto soddisfatto della propria situazione economica. È
la città che possiede (relativamente al numero degli abitanti) il mapior numero di
motorini e di lavastoviglie nel
mondo. Senza parlare poi di
tutti gli altri elettrodomestici,
computer, fax e via dicendo.
Una percentuale altissima si
concede ricche vacanze: non
in patria, per carità, ma ai Caraibi, in Marocco o in Irlanda.
Firenze ha il primato assoluto
in Italia per la frequenza al cinema, il consumo di acque
minerali e l’uso di telefoni
cellulari. Insomma: ricca e
soddisfatta Firenze si piace
così. Non si fa mancare nulla.
venerdì 15 aprile 200,
fri-::
LA STAMPA
Tutti i cristiani...
Leonardo Zega, ex diret-: i
tore di Famiglia cristiana e ora editorialista del quotidiano torinese, commenta a
1° aprile il panorama culturale nostro contemporaneo,
in cui la mancanza di coordinate morali lascia i pia
giovani nell’incertezza. Scrive Zega: «Lo smantellamento dell’educazione di stampo cristiano (non solo cattolica, dunque) fondata su
una chiara distinzione tra
bene e male, e sul binomio
diritti-doveri, del cui rispetto si deve rendere conto,
dall’età della ragione in poi,
a Dio, alla coscienza, alla famiglia e alla società, chiama
tutti in causa e tutti invita a
un severo esame di coscienza». Si può discutere che la
distinzione sia così netta: è
importante che venga riferita a tutti i cristiani la presa
d’atto dell’attuale situazione di incertezza.
PIERO bensì
Io credo che, più o meno,
questa fotografia possa valere
per svariati milioni di italiani.
Peccato che ogni tanto appaiano sui teleschermi quelle
penose immagini dei bambini
scheletriti deH’Uganda e del
Burundi che muoiono di fame
e di Aids. Ma il televisore si
può spegnere e con un click si
fa tacere la coscienza. Poi,
magari si va con gli amici a discutere (agli italiani piace tanto discutere teoricamente)
sulla difesa della vita, dispu
In cerca di fedeli
Walter Rauhe commenta
sul supplemento culturale
della domenica (1° aprile)
una notizia che viene dalla
sua Germania. «La chiesa
evangelica tedesca - scrive
-, alla ricerca di soluzioni
per allettare i fedeli, sembra
disposta a tutto, anche alle
soluzioni meno ortodosse.
Così ad esempio il teologo
protestante Gerhard Monninger ha fatto questa bella
pensata: perché non introdurre una cerimonia religiosa anche per il divorzio?
Visto che la chiesa, attraverso il battesimo, il matrimonio e il funerale, accompa
gna i fedeli in tutte le tappe
salienti della vita, perché
non colmare questa incomprensibile lacuna nel suo
corredo sacramentale?». E
più avanti: «Per ora è solo
una proposta. Intanto però,
anche senza divorzi, brindisi e spuntini potranno presto essere consumati all’interno dell’antico duomo
protestante di Berlino. L ul
timo espediente escogitato
dalla parrocchia evangelica
per aumentare il flusso di
fedeli è infatti quello di allestire aH’interno del duomo
un coffee-shop con tanto di
bancone, tavolini in marmo, libreria e spazio di ven
dita per souvenir, mercanzie turistiche e ogni altro
ben di Dio. (...) Resta ancora da chiarire se, nel bar del
Signore, le mance dei camerieri siano da mettere m
bilancio come "offerte »■
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tando calorosamente sul valore o meno di quei 30.000 embrioni che giacciono congelati
nei laboratori. L’organizzazione «Medici senza frontiere»,
una delle più prestigiose organizzazioni laiche di vplontariato a livello mondiale, ha rivelato nel suo ultimo bollettino che un anno fa una furiosa
epidemia di febbre gialla rischiava di eliminare intere
popolazioni di alcuni villaggi
della Guinea. Con un’azione
che ha dell’incredibile, attra
verso strade impraticabilii'”
poco tempo questi medi«
infermieri volontari s()tto n ,
sciti a vaccinare 1 ''n''''’”®,.
650.000 persone salvana«
da sicuro contagio. 4,, !•{!
Questa è la difesa della vL ^
non le dispute inutili. Mn P '
niva in mente la piegh>^
Gesù per i suoi discepoli. P
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come tu hai mandato me i
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mondo, cosi 10 nuuiu- nel mondo». Ecco: 1 asco
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se ci aiuta a rispondere ai
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(Rubrica <iUn fatto.
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0ERD1 13 APRILE
PAG. 11 RIFORMA
Una mostra al Centro culturale valdese
Villar Pellice nel '900
Al Centro culturale valdese di Torre Pellice in questi giorni è
possibile visitare una mostra di vecchie fotografie (140 in totale), catalogate secondo vari argomenti che vanno dal lavoro alla famiglia, dalla scuola alle feste e ricorrenze, che in qualche
modo danno uno spaccato della vita di Villar Pellice negli anni
che vanno dagli inizi del ’900, fino ai primi Anni Sessanta. La
mostra è stata organizzata dal Comune di Villar Pellice, dalla
biblioteca e dalla Pro Loco in collaborazione con alcune famiglie villaresi che hanno gentilmente fornito le fotografie. I visitatori sono invitati a segnalare le eventuali imprecisioni che
potrebbero esserci nelle didascalie e soprattutto a far presente
i nomi di persone o luoghi che non sono indicati.
A Massello si vota anche per il Comune
Forse tre liste in gara
Tra i Comuni piemontesi dove il 13 maggio si voterà sia per
le elezioni politiche che per quelle amministrative vi è, oltre a
Pinerolo e Cumiana, anche Massello in vai Germanasca. Le liste e conseguentemente i candidati a sindaco che i massellini
potranno scegliere saranno probabilmente più di una. Infatti
pare che oltre alla lista che ha avuto in questa ultima legislatura la maggioranza e che ovviamente intende ripresentare un
proprio candidato, che non potrà però essere il sindaco uscente Willy Micol avendo quest’ultimo già ricoperto per due legislature tale incarico, sarà ripresentata una lista di Piemonte nazione d’Europa e probabilmente, ma per ora non è ancora del
tutto sicuro, una terza lista di Rifondazione comunista.
A
Fondato nel 18481
Nelle chiese delle valli valdesi si ripetono ogni anno festa e fraternità per l'avvenimento
La confermazione: e dopo?
Come sempre la Domenica delle Palme vede ragazzi e ragazze compiere un passo importante
nell'assunzione di responsabilità all'interno delle comunità: ma è necessario non lasciarli soli
MASSIMO GNOME
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I T A confermazione:
I (Alcun’insensatezza
I ben trovata?», si chiedeva
tfranco Giampiccoli nel
[1964 su Gioventù evange: ìka. Riprendendo in quei sta domanda le parole di
iKierkegaard, l’articolo,
[pubblicato a tutta pagina
I II apertura del numero di
l^nnaio, avrebbe inauguI rato un dibattito durato
jarecchio tempo sull’alRóra mensile dei moviImenti giovanili (ancora
[separati) battista, metoI dista e valdese. A distanza
di quasi quarant’anni e a
[un secolo e mezzo dalle
[parole del filosofo daneI se, sarebbe interessante e
[forseutile tornare a interImgarsl sulla funzione di
[questo momento della viltà delle nostre chiese,
jmagati riaprendo liberalmente il dibattito sulle
jtiagine di Riforma.
I Che cosa significano
[ȃgi la confermazione o il
fliattesimo per i giovani e
jlegiovani? Ma soprattutIto: quale funzione riveste
l®cora per le nostre chiel'se? Risposte difficili a difIfloili domande, perché,
[tome scriveva Giorgio
pourn nel numero sucjcessivo di Gioventù evanp/ica, «il problema non è
Ira massa dei catecumeni
[confermati, è la chiesa in
I cui enfiano», e concludeJ®t il dibattito proposto è
rnipottante «nella misura
®cui U suo proposito si
I inquadra in una revisiono più ampia della noI testimonianza».
I confermati all'uscita del tempio di Villar Pellice
Domenica scorsa. Do- sta domanda riuscendo.
menica delle Palme, nelle chiese delle Valli è arrivato il momento della
confermazione, oppure
del battesimo, dei ragazzi e delle ragazze giunti
all’ultimo anno di catechismo. Scorrendo i nomi dei confermati, nonostante il calo demografico (a Torre Pellice sono
stati soltanto 9 in tutto),
viene spontaneo chiedersi quali dubbi o certezze ci siano stati nei loro pensieri, al di là della
cerimonia, oltre il pranzo
con amici e parenti. Forse dovremmo porci que
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come si augurava Giampiccoli, a «parlare della
mentalità diffusa nelle
nostre chiese, secondo
cui l’essenziale è non
“perdere” i giovani e cioè
portarli bene o male e al
più presto fino alla confermazione». Ma ribadiva Franco Giampiccoli:
«Un giovane confermato
è un punto all’attivo per
la chiesa: non è “perso”.
Purtroppo sappiamo bene che buona parte dei
giovani dopo la confermazione chiude il capitolo “chiesa” e con un
sospiro di soddisfazione
per il dovere compiuto si
getta su altre cose più interessanti».
Quelle di Giampiccoli
sono parole importanti,
che riprendono l’annosa
questione della formazione religiosa, quindi
del catechismo perché,
si sosteneva nell’articolo
di Gioventù evangelica,
«un anno di istruzione
religiosa vai più che 4
anni di catechismo coatto». Sarà vero? Eppure
quegli anni di catechismo entrano nel ricordo
di ciascuno non soltanto
come conoscenza della
Bibbia e della dottrina
delle nostre chiese, ma
anche come momento di
socialità e divertimento.
Mentre i gruppi giovanili, e non solo le Unioni
delle valli valdesi, sembrano essere in crisi, la
questione resta aperta.
Una proposta della Provincia
Mettere in rete
le piste forestali
C’è una rete chilometrica di strade, a volte sono piste, a volte antichi
trattori o mulattiere, in
altri casi si tratta di vecchie strade militari. Rappresentano un insieme
di collegamenti montani
preziosi, consentendo di
attraversare dei colli, di
unire valli vicine, di raggiungere rifugi o alpeggi.
Ma il più delle volte il
principale problema è la
loro manutenzione, onerosa perché strade di
montagna, difficile perché spesso rovinate da
neve o valanghe o da piene improvvise. E così da
alcuni anni la Provincia
di Torino ha avanzato
l’idea di specifiche convenzioni per la gestione
di alcune strade alpine.
Se ne sono realizzate in
vai di Susa e in vai di
Lanzo, un’altra era stata
studiata per la gestione
deir«anello del BarharaPra» in alta vai Pellice,
senza però arrivare a una
precisa definizione dei
rapporti economici e di
conseguenza senza intendenti puntuali.
È di questi giorni una
proposta dell’assessore
alla Montagna e all’Agricoltura della Provincia di
Torino, Marco Bellion,
per la definizione di un
vero e proprio «accordo
di programma» fra Provincia di Torino e le 13
Comunità montane del
territorio. «La nostra intenzione è quella di attribuire una certa cifra alle
Comunità montane che
avendo la garanzia di
questa entrata annuale
per le strade di montagna, potrebbero individuare di anno in anno il
tratto su cui intervenire»,
ha dichiarato Bellion. Co
sì facendo si potrebbe
dunque pensare a un mi
nimo di programmazione
degli interventi lasciando
a ogni Comunità monta
na il compito di indivi
duare le priorità nelle
opere di prevenzione e di
risistemazione. L’accordo
potrebbe già realizzarsi
entro quest’anno sperando in un seguito negli anni successivi: occorrerà
trovare almeno un miliardo l’anno nel bilancio
provinciale da dividere
fra le Comunità montane.
[ )
_J'_.
ICONTRAPPUNTOI
IMPEGNO, CORAGGIO
E TESTIMONIANZA
CAIMILINA MAURIZIO
Chi ha potuto assistere
lo scorso fine settimana a
Torre Pellice alla proiezione del film «I cento passi»,
di Marco Tullio Giordana,
e ha poi potuto seguire il
dibattito che si è svolto nel
pomeriggio di sabato al cinema Trento potrà sicuramente ricordare queste
esperienze come momenti
molto alti di
democrazia,
testimonianza, coraggio.
Ecco, è proprio sul coraggio che Umberto Santino,
Salvo Vitale e
Giovanni Impastato, provenienti da
Palermo, Partinico e Cinisi, hanno dimostrato non solo nell’essere presenti in vai Pellice,
ma durante tutta la loro vita, che si possono fare delle riflessioni.
Innanzitutto il loro è stato ed è un coraggio quasi
parte ormai del proprio patrimonio genetico, qualcosa che per pudore o umiltà
si dice addirittura di non
avere. Non si vuole essere
eroi, imbalsamati da una
morte precoce e crudele,
miti irraggiungibili; non si
vuole soprattutto creare
eroi solitari, quando chi
combatte la mafia è sostenuto da tanti compagni di
strada, da un movimento
con precise radici storiche.
Il loro, ascoltando le testimonianze che hanno portato rispettivamente come
storico e tutore della memoria, come compagno di
lotta e come fratello di Peppino Impastato, è il coraggio di chi quotidianamente
sa che la propria vita è in
pericolo, perché la loro è
una sfida costante alla mafia, non quella dei film né
quella quasi pittoresca di
certi romanzi ma quella vera, quella che ha ucciso
Peppino senza essere punita nemmeno dopo 23 anni,
quella che entra nella vita
della gente a tutti i livelli,
che anche quando non uccide grandi nomi c’è, permea il modo di agire e di
pensare, che ti minaccia.
Quello che Santino, Vitale e
Impastato, senza facile retorica o sentimentalismo,
ci hanno insegnato, con le
loro parole e con la loro
presenza, è che la vita va
presa sul serio, che la militanza può e deve essere
permanente, in Sicilia come ovunque, che di fronte
a un nemico potente come
la mafia, ma anche di fron
te al qualunquismo, non ci
si nasconde dietro le finestre chiuse né ci si appiattisce di fronte al televisore
ma ci si parla, ci si confronta, si lotta. Con coraggio.
Il dibattito al cinema
Trento è durato quasi tre
ore, chi è entrato è rimasto,
eppure siamo a migliaia di
chilometri dalla terra dove
si è consumato il dramma
Un pomeriggio di Peppino
Impastato
trascorso a parlare Forse pro
... prio il fatto
di giustizia
ai giovani
e con i giovani
di non essere
in prima li
nea e nell’emergenza ci
può far riflettereconmag'
giore serenità su quanto gli ospiti siciliani sono venuti a testimoniare, può servire da stimolo a non perdere mai di vista Io spirito critico che in
«gnuno di noi, ma soprattutto nei più giovani va coltivato, curato, alimentato. I
giovani appunto, ai quali
era dedicato gran parte del
programma dei due giorni
di Torre Pellice, stufi, a volte, di sentire tanti discorsi
«su di loro» e non qualcuno
da cominciare, per una volta, con loro.
C’era un bel gruppo di
ragazzi e ragazze ad ascoltare le testimonianze e ce
ne erano molti al mattino a
vedere «I cento passi», alcuni con profonda commozione e partecipazione; an
che a Osasco, all’istituto
agrario, erano in molti gli
studenti che hanno accolto
la testimonianza di Giovan
ni Impastato con calore e
interesse. Una ragazza, sa
bato pomeriggio mentre il
dibattito era in corso, si è
alzata per andare a salutare
di persona Salvo Vitale, che
con Impastato aveva tra
l’altro dato vita alle tra
smissioni radiofoniche dis
sacranti la mafia negli Anni
70. Sono segnali che vanno
colti, piccoli pezzi di corag
gio, dimostrazione forse
che ai ragazzi e le ragazze
di oggi è proprio importan
te, necessario offrire il pas
sato recente per aiutarli
costruire la loro memoria
per dare sostegno al loro
entusiasmo, senza per forza creare idoli o modelli
ma anche senza dare nulla
di scontato. Vale allora an
cora la pena di ringraziare
Santino, Vitale e Giovanni
Impastato per essere stati
con noi a Torre Pellice, ma
soprattutto dire un grazie
sincero al grande coraggio
di Peppino Impastato.
12
PAG. 12 RIFORMA
CRONACHE
SPAZI PER LA CERTIFICAZIONE DEL VOTO
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ARRIVA LA TESSERA ELETTORALE — Una novità
in vista delle elezioni politiche del 13 maggio; i
cittadini non riceveranno più il tradizionale
certificato elettorale ma una tessera personale
che sarà valida per 18 elezioni. Dovrà essere
presentata al presidente del seggio unitamente
a un documento di riconoscimento valido. La
tessera elettorale arriverà ai cittadini nella maggior. parte dei casi tramite le poste e comunque
a cura del Comune di residenza.
ANGROGNA: BLOCCATO CON LA DINAMITE — È
stato fermato dai carabinieri che, avvertiti dalla
moglie, hanno trovato la sua casa di Angrogna
con dei candelotti di dinamite collegati ad alcune bombole di gas: una miscela esplosiva iti
grado di disintegrare l’abitazione. Giovanni
Bertin, che da tempo soffre di periodici episodi
di malattia mentale, era scomparso da casa e la
moglie si era rivolta ai carabinieri. L’ispezione
dei militari ha permesso di evitare una strage: la
dinamite è stata fatta esplodere lungo il Pellice;
Bertin è stato ricoverato al reparto psichiatrico
dell’ospedale di Pinerolo.
I DIRIGENTI ASL TORNANO A SCUOLA — Dirigenti medici e amministrativi, compreso il direttore
generale. Massa, tornano sui banchi per apprendere; questa forma di aggiornamento avverrà sui
banchi della Scuola universitaria di management di impresa di Pinerolo e vedrà coinvolti 33
dirigenti. Un master con obbligo di frequenza
per 80 ore in tre mesi che punta al miglioramento della qualità del servizio, dei sistemi informatici e telematici, alla rilevazione puntuale delle
criticità. Inoltre, cosa assai rara, ogni partecipante al corso ha staccato un assegno per il costo del corso per non gravare sui bilanci dell’Asl.
CORSO DI PESCA IN VAL PELLICE — La Società
pescatori sportivi valle del Pellice, in collaborazione con il Laboratorio territoriale per l’educazione ambientale della vai Pellice, organizza il 5“
corso di pesca e conoscenza dell’ambiente fluviale. L’iniziativa, che consiste in 4 incontri teorico-pratici (sabato 21 aprile, 5, 12 e 19 maggio,
dalle 15 alle 17,30), è gratuita e riservata a ragazzi e ragazze nell’età della scuola dell’obbligo.
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi a Top pesca, via M. Bravo, Pinerolo, tei. 0121-7954509.
RORÀ: I CADUTI DEL 1944 — Il 12 ottobre 1944 un
aereo con militari inglesi e australiani si
schiantò nella zona della cava Bonetto sul monte Cournour di Rorà. Per ricordare questi giovani. che diedero la vita per una missione di liberazione, il Comune, in collaborazione con Regione e Provincia, organizza per martedì 24
aprile una giornata di commemorazione, con la
partecipazione dei parenti provenienti dai paesi
d’origine dei caduti. Si inizia alle 10 con il raduno in piazza Fontana per poi raggiungere la cava
Bonetto, con lo scoprimento della lapide a memoria dei giovani componenti l’equipaggio.
ASSEMBLEA AEV — In prima convocazione sabato
21 aprile, ore 21, alla Foresteria di Torre Pellice,
e in seconda alle 14,30 della domenica 22 alla
chiesa valdese di San Germano, si tiene l’assemblea annuale dell’Associazione evangelica di volontariato. Domenica alle 9. partenza dalla Foresteria per San Germano e a seguire culto e pranzo con la locale comunità.
YISUS
Ottica
Lenti a contatto
Laboratorio in sede
con il montaggio lenti
computerizzato
Fotografia
LUSERNA S. GIOVANNI
Via RibetIO
TORRE PELLICE
Via Arnaud, 5
E Eco Delle "^lli Aàldesi
venerdì 13 i
jjERDU^AF
Nel 2002 un secolo di attività per la ditta di liquori
Alla salute, Bernard
Cenepy, Rabarbaro e Baratier: prodotti di una lavorazione
artigianale che si è ritagliata una propria fetta di mercato
DANIELA GRILL
La ditta Bernard di Pomaretto festeggerà il
prossimo anno il primo
secolo di attività: i primi
appunti in cui si segnalano delle vendite sono infatti del 1902. «Da allora
abbiamo sempre continuato nella produzione,
a livello locale e familiare, dei nostri quattro prodotti che sono il Barathier, il Genepy, il Genepy blanc e il Rabarbaro, che viene prodotto
con radici provenienti
dal paese d’origine della
pianta, la Cina - spiega
Enrico Bernard, titolare
della ditta -. Da sempre
seguiamo le stesse ricette, con fiori e erbe raccolte in montagna. Da alcuni anni abbiamo deciso di affrontare il mercato anche per cercare di
aurrientare le vendite;
inizialmente si è cercato
di curare maggiormente
l’immagine, che adesso è
molto importante e dunque sono nate delle bottiglie più longilinee con
etichette accurate. Ricordiamoci che la gente prima di comprare nota le
particolarità della bottiglia, e se non conosce il
marchio di ciò che acquista, si basa su ciò che
vede l’occhio. Sarebbe
interessante che le entità
amministrative riuscissero a creare più interesse
per le produzioni tipiche
locali, magari con spazi
specifici nei supermercati dedicati solo a questa
tipologia di prodotto».
A inizio dicembre il Genepy blanc, un liquore
che richiede più di un
anno di lavorazione, è
stato premiato da un’autorevole giuria come migliore liquore di tutta la
rassegna del Salone dei
sapori, la fiera di Milano
in cui si ritrovano artigiani di tutt’Italia. «Il mercato artigianale sta riprendendo quota in questi ultimi tempi - aggiunge
Bernard - e questo è uno
stimolo per lavorare meglio. Il mercato propone
prodotti standard, tutti
uguali, mentre il prodotto artigianale non è mai
uguale due volte di seguito. Ovviamente queste
sue caratteristiche comportano dei costi maggiori sul mercato, però la
gente attenta è disposta
a pagare un po’ di più un
prodotto che sa che sarà
migliore». Un simpatico
racconto dice che siano
stati addirittura i valdesi
a divulgare la conoscenza della pianta del Genepy, durante le loro varie traversate delle montagne per le peripezie religiose dei secoli passati.
«La raccolta delle piante da montagna è stata
regolamentata dalla legge
- conclude Bernard -; nel
nostro piccolo, per evitare che la presenza di
piante di montagna si riduca sempre di più, stiamo cercando di fare delle
coltivazioni spontanee
sui pendii delle nostre
valli, anche perché altrimenti le piante progressivamente si ritirano sempre più in alto e risulta
difficile la loro raccolta».
Al Bacino imbrifero montano m Con
Decisione sospesa
sugli interessi dovu{
DAVIDE ROSSO
E;
stata una riunione
relativamente tranquilla quella dell’Assemblea del Bacino imbrifero
montano che si è tenuta
venerdì 6 aprile a Pinerolo, almeno fino a quando
non si è parlato della
questione degli interessi
che il Bacino potrebbe richiedere ai concessionari
che non avendo pagato
la loro quota negli anni
passati hanno poi lo
scorso anno regolarizzato la loro posizione pagando quanto dovuto; la
questione era stata sospesa lo scorso anno in
attesa di decisioni in merito che però per il momento l’assemblea non
ha ancora preso.
Andando con ordine
l’assemblea ha da prima
affrontato l’approvazione dei consuntivi di bilancio del ’99 e del 2000,
approvati all’unanimità
senza particolari problemi con un avanzo relativo allo scorso anno di più
di 73 milioni che saranij,
suddivisi tra i Comm
consorziati, e ha quiJ
affrontato la questio!
degli interessi. Sul tavoi
la questione posta dal 4
*-------->uui* jtne molt
rettivo del Bim di ridile Ma, debb
Attira rflì ir»toT*£ior.ì r
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cando però uno <<scontoi||otóno lave
sulla cifra dovuta:,], Ire mene
questo modo - è stai, ,mpre più
detto - si potrebbero ' ' —
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cuperare ancora
200 milioni e
mente si eviterebben
contenziosi con i conces.
sionari, cosa che potrei). ,to e buona
be ritardare la riscossione degli interessi stessi
Pur essendo tutti d’i,
cordo sul fatto di dovei
richiedere gli interessi ai tiare un es
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1 a tempo- «
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produzion
dicevano
iiistra. Ed
ente così 1
aere in grar
lesto passi
a riuscire :
Perosa: corsi di formazione anche per i volontari
Olimpiadi: i ragazzi del 2006
Promuovere e organizzare la formazione dei giovani volontari che presteranno la loro opera nel corso dei Giochi olimpici di Torino 2006 è l obiettivo
che si propone il progetto inviato recentemente dalla Comunità montana
valli Chisone e Germanasca ai vari Comuni delle valli perché raccolgano le
manifestazioni di interesse che saran-no poi comunicate alla Provincia di
Torino, fra i promotori dell’iniziativa.
«I ragazzi del 2006», questo è il nome del progetto, prevede corsi di formazione, molti dei quali si terranno
nella sede della Comunità a Perosa Argentina, corsi che dovranno, almeno
questa è l’intenzione, «favorire 1 affermarsi di un nuovo spirito di appartenenza al territorio attraverso una
maggiore conoscenza delle risorse
culturali e ambientali esistenti» nei
giovani partecipanti che per quella
data avranno fra i 18 e i 24 anni. Per
fare questo sono previsti laboratori di
diverso tipo da quelli dell’area della
comunicazione a quelli di storia, tradizione e cultura, da quelli dell’area
del rapporto uomo montagna a quelli
dell’area dello sport, della protezione
civile, della formazione linguistica.
Tra i formatori anche il Centro culturale valdese e il consorzio Pracatinat.
Quest’ultimo ha già in programma per
sabato 21 aprile, nelle sue strutture in
alta vai Chisone, un convegno dal titolo «Olimpiadi 2006: il ruolo dei giovani
nello sviluppo locale» incontro chè intende «promuovere una riflessione sul
ruolo dei giovani nello sviluppo locale
a partire dall’evento olimpico».
concessionari, dalla,,
semblea però a questoisso nel m<
punto si sono mosse voci io ai gì®™
critiche sia sull’opporta. uso tempi
nità di praticare uno, livelli di g
sconto a chi, tutto som.Mbbrica g
mato, è stato insolventeliina terzit
«sia pure con l’attenuan-fitta, risch
te di non avere nessuofcare diri
che richiedesse il tributo« Jecenni (
(c’è chi accetterebbe al laquestic
massimo di praticarlo talento de
per le cifre relative al'SI o. In certe
e al 2000, anni di alluvio- ettore di i
ne e quindi di danni mbiacon
spesso consistenti agli rione, cost
impianti dei concessio- jdenti e si
nari). Dubbi sono emers itere sem[
anche sulla praticabilitì tirinovi i
di una delibera da patì! taénte, no
del consorzio richiedentf Éa di quai
«meno di quanto real- ima e sono
mente spettante» senza pzarespi
incorrere neH’annulla- Marósi «è
mento della delibera Scile fare
stessa da parte della Cor- pmwita a
te dei conti. La decisioni nco Tron,
alla fine è stata quella i della Pimsospendere la decisione! lo-:seunc
nel frattempo di richie-jocompito
dere un parere legale iAe semplice
materia rimandandofcrazia ir
tutto alla prossima riu-pose che
nione dell’assemblea dii
sarà con ogni probabOiti
a fine maggio, quando
l’altro dovrebbero aneli
essere esaminate le modifiche allo statuto chei
direttivo sta preparando.
lenti ci I
IO impotei
easi? Sai
Perosa
Torre Pellice: grandi lavori nelle zone pedonafi
Un nuovo volto per il centro
A Torre Pellice il centro
paese è sottosopra. 11
completamento del riassetto è previsto per fine
maggio; serviranno due
mesi per terminare i lavori che interessano l’area
di piazza Libertà, piazza
san Martino e via al Forte
anche se, dice l’assessore
ai lavori pubblici, Alessio,
«ci auguriamo che per
quanto riguarda piazza
Libertà, l’opera possa
concludersi entro un mese». Nel progetto è compresa la pavimentazione
della piazza con blocchetti di pietra ricompattata (lo stesso materiale
impiegato nel centro di
Sauze d’OuIx), una nuova
illuminazione e la sistemazione della fognatura
con la realizzazione di un
nuovo canale sotterraneo. Il costo dei lavori
Lavori in piazza Libertà
ammonta a oltre mezzo
miliardo: 300 milioni arrivano dalla vendita di casa
Beri, il rimanente è coperto da un mutuo e da
finanziamenti regionali. E
prevista anche la completa pedonalizzazione dell’area durante l’estate;
sarà quindi necessario intervenire sull’arredo urbano: nuove fioriere e al
II mercato di piazza Cavour
tri accorgimenti temporanei, perché «l’interruzione del traffico non riguarderà tutto l’anno»,
precisa Alessio. Nel frattempo, all’altezza dei
giardini pubblici di via
Falchi, sarà realizzata una
nuova area per la sosta
delle automobili, collegata a via al Forte con una
scalinata, che consentirà
di ridimensionare il problema parcheggi. Per il
completamento dell’opera bisognerà tenere conto
del grosso ampliamento
dell’istituto per anziani
San Giuseppe.
Anche il mercato deve
adattarsi, e già venerdì
scorso i banchi si sono
spostati in piazza Cavour.
In futuro per ragioni di sicurezza dovranno sparire
da tutta via Repubblica e
piazza del municipio (si
sta valutando la situazione di piazza Libertà),
mentre rimarranno in
piazza Pietro Micca, piazza san Martino, piazza
Gianavello e nel tratto di
via Arnaud davanti alla
Foresteria valdese. Si tratta di un alleggerimento
massiccio dell’area pedonale, determinato dai
problemi di sicurezza: via
Repubblica è infatti troppo stretta per consentire
il passaggio di eventuali
mezzi di soccorso.
Con rimmagine del tennpio
L'autobus (ivaldese»
JUYCHW
ADRIANO LONCO
CON un simpatica cerimonia è stato presentato domenica 1° aprile nel parcheggio antistante il municipio di Luserna l’ultimo arrivo in
casa Sdav, un autobus
granturismo Mercedes,
con sulle fiancate dipinta
l’immagine del tempio
valdese di San Giovanni.
A spiegare il significato
dell’iniziativa è stato il
presidente della Sdav, Fenoglio, che ha ripercorso
i momenti significativi
dell’azienda: nel 1967 nasceva, proprio a Luserna,
la Società di autoturismo
vai Pellice, come una delle iniziative pensate per
portare occupazione in
valle, a seguito alla chiusura della Mazzonis.
In tutti questi 34 anni
BBIAM(
la Sdav ne ha fatta ilBgnato re
strada, operando priiwfsuoultin
da sola, poi con laCawBuffa. (
vourese e nell’ultimoni50-60q
cennio creando un coli' idonaron
sorzio di imprese con ri e l’alta ve
tré società, impegnate® ita soprai
Torino e in diverse vali» più agevi
te del Piemonte occide® »deipoci
tale, impiegando atturi fedeltom
mente oltre 170 addetti. Ivino eri
L’autobus presenta# itaiziana
è l’ultimo di una sei# ''#aPrade
che porta da tempo su» %testi ult
strade immagini sugg* ^^i la su
stive di bellezze archi» '-'®va a '
toniche o paesaggisti® uò dire c
del Piemonte: Sacrai
San Michele, Palazzina' »Oanni.
caccia di Stupinigi, basi ferite 1
ca di Superga, abbaziaf ospitate
Staffarda, castello dii%LP®àsierc
voli, Sestriere, e ora
magine di un tempio
dese della vai Pellice,
me emblema della st®
vissuta su questa terra.
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‘ágil alt
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■olo mo
13
ItRDl 13 APRILE 2001
E Eco DELLE mLI mOESI
PAG. 13 RIFORMA
uti
gCome gestire una nuova fase nel mondo del lavoro
Llndustria non è finita
le difficoltà del sindacato, la lotta per l'occupazione
e il rischio dei trasferimenti degli impianti all'estero
pjfBVALPO ROSTAN_
iranni
Jituirii
quinji
stioii, r
tavoli -iHE il Pinerolese, Godali .„e molte altre aree
dchlt Balia, debba prepararsi
Piati, cestire un futuro in cui
conto, Diano lavorativo ci sia
meno industria e
ta: «i(
snpre
! Stai, ,0ipre più terziario e
erott, iviaècosa ormai nota
^ circi jtempo- «Non si può
'babll. (Dunque rinunciare albbero produzione industria:onces. iVevano ieri il slndaaotreb-,» e buona parte della
cosalo. Distra. Ed è probabiltessi», jnte così ma occorre
ti d’ac. sere in grado di gestire
i dovei lesto passaggio: tanto
tessili (fare un esempio bisoall’as- a riuscire a offrire l’inquesto isso nel mondo del laise voci to ai giovani, ma nello
tport». ISSO tempo assicurare
e UDn livelli di garanzia a chi
0 som. fabbrica già lavora e,
olvente tana terzializzazione e
enuaii. Ira, rischia di veder
nessuot ¡»are diritti acquisiti
:ributoi iecenni di lotta. C’è
5bbe al la questione del manticailo inento dei posti di lae al 'i p. In certe situazioni il
alluvio. ettore di una fabbrica
danni pibia con elevata turriti agli ine, costringendo dicessio' adenti e sindacati a diemers itene sempre con sogcabil Iti nuovi i quali, natala parte mente, non sanno mai
iiedenti ila di quanto successo
0 reai ima e sono «owiamen» senzi lenza responsabilità»,
nnulla. fa così «è sempre più
elibell ielle fare sindacato dia Coi' imenta amareggiato
icisioM (ico Tron, responsabiuellai della Pim-Cisl di Pineiisionei lo-; se uno svolge querichieiimmpito non solo colgale «semplice e ordinaria
Il Centro di formazione professionale di Villa Perosa
zo abbiamo incontrato il que l’abbandono delle
ando il
ma riu|
olea m
ibabOitJ
andottil
0 andel
; le mo-[
to chel]
arando,/
irazia ma crede neliose che fa, in certi
inti ci si sente daviO impotenti». Gli ultièasi? Sachs e Skf di
Perosa. «Il 30 mar
dott. Hermes che rappresenta la proprietà tedesca della Sachs - continua Tron ne risulta che
ogni stabilimento, secondo la sua società, dovrebbe essere autonomo
e in grado di produrre
utili. Sono state sollevate
alcune questioni: alcune
lavorazioni verranno trasferite in Germania perché producono perdite,
si continua a sottolineare
un problema di assenteismo fuori dalla normalità
quando si sa che il problema riguarda poche
unità sui 300 lavoratori e
ci possono essere le soluzioni previste dal contratto stesso. I rapporti
commerciali con la Fiat
sono stati definiti di scarso interesse; si rischia di
arrivare a un totale disinteresse della proprietà
verso lo stabilimento di
Villar Perosa». Inoltre
viene chiesta maggiore
flessibilità. «Abbiamo
confermato la disponibilità a ragionare su questo
argomento; il no di Alp
non aiuta il confronto. A
mio parere - continua il
sindacalista - il vero problema, per evitare la fuga
delle industrie o comun
Una figura storica di Pradeltorno
morto Elvino Buffa
0^^ JUYCHIAVIA DANNA
iBBIAMO accompafatta JlRgnato recentemente
0 priiH isuo ultimo viaggio El
1 la Ca' »Buffa. Quando negli
timoilf Si 50-60 quasi tutti abun coll' Sdonarono Pradeltor; con al' ol’alta valle per mangnateiii to soprattutto di struse vali» |iù agevoli, Elvino fu
accidatt »dei pochi che rimase
3 attud' adeltomo.
iddetti ilvino era la persona
!senta|i Anziana che ormai vina seri ''s a Pradeltorno, a paripo sul fiesti ultimi due anni
i sugg* ,‘^uila sua salute coarchitd ¡Sciava a venire meno,
jgisticl juò dire che ha vissuto
Sacrai ® sua casa paterna per
azzina' ¡*90 anni. Anche se ulgi, basi ¡Sniente ha dovuto esDbazia' ® ospitato in un asilo il
lo di ® ¡Pensiero era ritornare
ora l'ijj ^®deltorno. Cresciuto
npio'® ^^Lnniiglia numerosa
■Ilice, d lo erano la maggior
Ila stoil Sa quei tempi, non si
terra, jitoi formato una fay ?'fluita sua ma una
. l’ha ac
i ^P®|uato nel suo ri^ Era una persona
ilservata, molto ricon se stesso e
u gli altri, forse perora timido e aveva
ili disturbare il
0, molto rispettompre pronto a sento chiedeva qualche
®gli altri. Ma era anpersona che sa^ardare oltre al suo
'u mondo, che leg
geva e sapeva valutare i
vari problemi di questo
mondo così caotico e magari lontano dal suo pensare. Quando si passava
davanti alla sua casa era
ben contento di chiacchierare un po’. Negli ultimi tempi diceva che era
triste rimanere a Pradeltorno soprattutto d’inverno, anche se non nevicava più come una volta,
non si vedeva nessuno
per vari giorni. Ma è stata
una persona che ha avuto
sempre vicino sia le sorelle che i nipoti che hanno
saputo stargli accanto.
Era un uomo di grande
fede: me lo ricordo quando ero bambina la domenica mattina nel tempio,
sempre seduto nel medesimo banco. Come lo
ritrovammo alla vigilia di
Natale per il culto natalizio, era un punto di riferimento per noi che
quella sera si saliva fin
lassù. Ormai a Pradeltorno si ritorna molto spesso solo più per i funerali,
si ritrova tutta la gente
che ormai vive lontana
dalla valle e ritorna per
dare il saluto a chi ha fatto parte del percorso della propria vita, e ogni volta c’è qualcuno in meno
e quando dopo si ritorna
a casa un dolore profondo entra dentro perché
ogni volta è un distacco
da un pezzetto della vita
pa.ssata che se ne va.
lavorazioni a fronte di
quelle dell’Est meno onerose per le proprietà, è
quello di far crescere il
sindacato nei paesi esteri, portando la classe operaia ad avere anche là
maggiori diritti».
Altro fronte, l’Skf: dopo la Beloit ora ufficialmente «Pmt Italia», dal
1° giugno lo stabilimento di Villar Perosa diventerà «Officine meccaniche Villar Perosa»; ad Airasca la vendita dei settori «gabbie e schermi» è
in dirittura d’arrivo, le
«punterie» verranno trasferite a Cassino. Non si
do'vrebbero perdere molti posti di lavoro; ad Airasca e Villar ci saranno così due aziende nello stesso sito. Ciò che preoccupa sono le strategie del
gruppo: annunciate alcuni anni fa si stanno
concretizzando: sempre
più si terzializza, vengono venduti immobili ritenuti «non strategici» gli
investimenti non sono
adeguati alle reali esigenze per rendere gli stabilimenti competitivi.
Sotto questo profilo le
prospettive paiono dunque assai incerte.
A Torre Pellice e Courmayeur
Scambi duraturi
fra i rispettivi licei
Nel corso di questo anno scolastico i licei di
Torre Pellice (Collegio
valdese) e Courmayeur
hanno sviluppato un comune progetto di collaborazione e di studio, ma
soprattutto di confronto
tra realtà e impostazioni
soltanto apparentemente
simili, perché i contesti
diversi in cui le scuole
operano portano a interventi personalizzati profondamente differenti.
Le reciproche «accoglienze» (ottobre a Torre
Pellice e marzo a Courmayeur), così come gli
incontri teorici tra colleghi, coadiuvati da tre
esperti di grande capacità di ascolto, collaborazione concreta nel lavoro, suggerimento di soluzioni (i professori Curii,
Carro e Sciolla), sono
stati formalmente perfetti. Alcuni disagi sono stati rilevati quando ci si è
confrontati sul campo,
quasi che vi fosse una
sorta di diffidenza reciproca e una prevalenza
di posizioni critiche sullo
spirito collaborativo.
La difficoltà di una reale «compresenza di competenze» è di per sé evidente e deve avere i suoi
periodi di adattamento e
di calibrazione per cui
col passare del tempo,
ma in special modo nel
momento in cui gli allievi
sono diventati protagonisti, il coinvolgimento si
è fatto più concreto e il
lavoro comune ha prodotto un clima piacevole,
ricco di esiti valutabili e
analizzabili.
Per quanto riguarda il
liceo di Courmayeur,
promotore degli incontri, grazie all’interessamento del prof. Clemente Alliod, rappresentante
della gestione dell’istituto, che nel Comitato
scientifico della scuola
aveva caldeggiato un tale
scambio di esperienze, i
docenti interpellati riconoscono che l’impatto
è stato «duro» sia per le
metodologie diverse sia
per il timore che preparazioni non del tutto
omogenee potessero ingenerare giudizi sommari. Quando poi si è passati a una simulazione dell’esame di stato sono state spazzate via le ultime
ombre di riserbo e il momento è stato, per allievi
e commissioni, un reale
lavoro d’équipe decisamente produttivo. La volontà di proseguire c’è,
ora che si sono calibrati
gli approcci; sarebbe un
peccato non farlo, (l.a.b.)
Il liceo di Courmayeur
Angrogna: collaborazione fra abitanti e Comune
La cooperarazione conviene
La cooperazione reciproca fra gli abitanti e
con l’ente comunale ha
consentito ad Angrogna
di realizzare negli ultimi
tempi alcuni essenziali
tratti di fognatura. Naturalmente non è mancato
chi, pur sollecitato, non
ha voluto farlo, forse ritenendo di potersi allacciare alla fognatura dopo,
approfittando delle tubazioni realizzate da altri.
Così non sarà: su proposta del Consiglio, la
giunta ha determinato
una penalità di 500.000 lire da pagare (oltre alla
quota di 3 milioni pro capite pagata a suo tempo
dai cittadini che hanno
collaborato alla costruzione della fognatura)
per chi chiederà di allacciarsi alle reti di BruerePiantà e S. Lorenzo-Prassuit. Coloro Invece che
chiederanno di allacciarsi, a partire dai prossimi
anni, quando cioè i tratti
Piantà-Formaggia, Formaggia-Passel e ArpanotCiava, realizzati dai privati, passeranno sotto la responsabilità del Comune,
oltre alla quota pro-capite di 3 milioni e alle spese
di progettazione, una penalità pari al 50% della
suddetta quota (quindi
4,5 milioni anziché i 3 che
avrebbero pagato se avessero cooperato con gli altri al momento dovuto).
«Tutto ciò - scrive il sin
daco sul bollettino comunale di aprile - allo scopo
di far pressione sui cittadini interessati alla realizzazione di tratti di rete fognaria gestiti da consorzi
privati perché concorrano alla suddivisione delle
spese. È dunque un “caro” e caloroso invito alla
solidarietà».
In seguito ai lavori dell’apposita commissione,
è stato affidato all’arch.
Isoardi di Saluzzo l’incarico di redigere la nuova
variante di Piano regolatore (che dovrà tra l’altro
localizzare alcune aree
residenziali, quelle artigianali, eventuali zone
per campeggio, le borgate da salvaguardare e
quelle in cui la copertura
a lose sarà resa obbligatoria). I cittadini interessati a proporre modifiche
nella destinazione urbanistica dei propri terreni
possono ancora rivolgersi airUfficio tecnico il
martedì e venerdì mattina: si ricorda però ebe se
un cittadino non agricoltore, abitante ad esempio
nella zona del Vernè,
chiede che un suo terreno di 2.000 metri quadri
diventi zona edificabile,
dovrà pagare annualmente una imposta di
420.000 lire. Il valore in
base al quale viene stabilita la tassa varia da zona
a zona, con un massimo
di 30.000 al mq (Albarin
Capoluogo, Ciabas, Prassuit, Vernè) e un minimo
di 25.000 al mq per i Malan, la Formaggia, i Gonio, la Piantà e simili.
Il Consiglio ha anche
discusso ampiamente la
proposta di intitolazione
di una strada alla memoria dell’ex sindaco Silvio
Bertin del Prassuit, presentata da Giampiero
Saccaggi con numerose
firme di cittadini. Accordo di tutti sul fatto che il
Comune tenga viva la
memoria dei cittadini che
si sono dedicati con grande impegno ad Angrogna,
non solo Silvio Bertin e
non solo sindaci, ma anche molte persone comuni. Nel medesimo tempo
non si vorrebbero tante
lapidi, anche perché le
strade riportano piuttosto
il nome delle località che
collegano. Tra i tanti suggerimenti vi è anche stato
quello di cambiare il nome alla piazza di San Lorenzo, sostituendo l’attuale piazza Roma, di retaggio fascista, con l’antica denominazione «Ruà
d’ià Guiza» (borgo della
chiesa); inoltre di intitolare a Levi Buffa (memoria storica della comunità
e primo sindaco dopo la
Liberazione) il foyer del
Serre; a Alfredo Monnet
(sindaco e noto sportivo)
un eventuale trofeo da disputarsi nella tradizionale gara di triathlon.
NELLE CHIESE VALDESI
AGAPE — Dal 13 al 17 aprile si svolgerà un campo
per ragazzi e ragazze dai 13 ai 17 anni; per informazioni e iscrizioni rivolgersi alla segreteria di
Agape, tei. 0121-807514.
STUDIO BIBLICO DEL 1" CIRCUITO — Studio biblico a Bobbio Pellice, martedì 17 aprile, alle
20,30: meditazione del pastore Ennio Del Priore
su «Le lettere di Paolo e gli altri scritti del Nuovo
Testamento».
ANGROGNA — Giovedì 12 aprile, alle 20,45, culto a
Pradeltorno tenuto dai catecumeni che saranno
battezzati o confermati a Pasqua. Celebrazione
della cena del Signore. Venerdì 13 aprile, alle
20,45 culto al Serre, presieduto dalla corale, con
celebrazione della cena del Signore. Domenica
15 aprile, alle 10, culto di Pasqua al capoluogo,
con battesimi e confermazioni. Partecipa la corale; celebrazione della cena del Signore.
BOBBIO PELLICE — Venerdì 13 aprile, alle 21, culto
nel tempio con santa cena. Domenica 15 aprile,
alle 10, culto nel tempio con santa cena.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Giovedì 12 aprile, alle
14,30, incontro dell’Unione femminile. Venerdì
13 aprile culto, alle ore 21, nel tempio di San
Giovanni, con la partecipazione dei catecumeni
del terzo anno e la corale interconfessionale
«Adoramus» di Londra. Domenica 15 aprile, alle
ore 9, culto agli Aitali, con santa cena; alle 10
culto a San Giovanni, con santa cena. Riunioni
quartierali: mercoledì 18 aprile ai Peyrot, giovedì
19 a Fondo San Giovanni.
MASSELLO — Venerdì 13 aprile, culto del Venerdì
Santo, alle ore 11,15. Domenica 15 aprile, culto
di Pasqua, con santa cena, presieduto dalla pastora Lucilla Peyrot.
PERRERO-MANIGLIA — Giovedì 12 aprile, culto liturgico a Perrero, alle 20,30. Domenica 15 aprile
culto unico a Perrero, con santa cena.
PINEROLO — Domenica 15 aprile, alle 10, culto di
Pasqua a cura del pastore Ribet e del gruppo di
lettori, con celebrazione della cena del Signore.
Giovedì 19, alle 15, incontro dell’Unione femminile, durante il quale il pastore Franco Taglierò
informerà sul lavoro della Cevaa.
POMARETTO — Giovedì 12 aprile, alle 15, riunione |
quartierale all’Inverso Paiola; alle 20,30 culto nel
tempio di Pomaretto con santa cena. Venerdì 13,
culto con santa cena cdTInverso Clot. Domenica
15 aprile, culto con santa cena all’ospedale, alle
9; culto nel tempio alle 10, con partecipazione
della corale. Mercoledì 18 aprile, riunione quartierale a Pomaretto alle 20,30.
FRALI — Venerdì 13 aprile, culto con confermazione e partecipazione della corale, nel tempio. Sabato 14 aprile, alle 20,30, serata con le corali di
Frali e Pomaretto: Marianne Hintermuller e Sergio Ribet parleranno del Rio de la Piata, con diapositive. Domenica di Pasqua, culto con santa
cena, al tempio. Incontro dell’Unione femminile, giovedì 19 aprile, alle 14,30. Riunioni quartierali: martedì 17 aprile, alle 20,30, a Ghigo, mercoledì 18, alle 20, a Malzat.
PRAMOLLO — Giovedì 12 aprile, alle 20,30, culto.
Domenica 15 aprile, alle 10, culto con celebrazione della santa cena.
PRAROSTINO — Giovedì 12 aprile, alle 20,45, nel
tempio di San Bartolomeo, culto liturgico, con la
partecipazione dei giovani e della corale. Venerdì 13 aprile, alle 10, culto del Venerdì Santo,
al Roc, con santa cena; alle 15 culto nel tempio
di Roccapiatta con santa cena. Domenica 15
aprile, culto di Pasqua alle 10, nel tempio di San
Bartolomeo, con celebrazione della santa cena e
partecipazione della corale.
RODORETTO-FONTANE — Venerdì 13 aprile, alle
20.30, culto in casa di Valter Tron.
RORÀ — Venerdì 13 aprile, alle 20,45, culto liturgico
sul tema «Vincere la violenza. Un decennio di riflessione proposto dal Cec».
SAN GERMANO — Giovedì 12 aprile, alle 20,30, culto con santa cena. Venerdì 13 aprile, culto alle
20.30, con la partecipazione della corale. Domenica 15 aprile, alle 10, culto con santa cena.
SAN SECONDO — Giovedì 12, alle ore 10, culto di
Pasqua alla Casa di riposo «Turina». Alle 21 culto liturgico del Giovedì Santo nel tempio. Domenica 15 culto alle ore 10 con santa cena e partecipazione della corale.
TORRE PELLICE — Giovedì 12 aprile. Giovedì Santo, alle 21, culto con santa cena, nel tempio del
centro: partecipa la corale. Venerdì 13 aprile, alle 10,30, culto con santa cena nella cappella degli Appiotti; alle 21 culto con santa cena nel
tempio dei Coppieri: partecipa il coretto. Domenica 15 aprile, alle 10, culto con santa cena: partecipa la corale. Riunione quartierale mercoledì
18 aprile, ai Bouissa.
VILLAR PELLICE — Giovedì 12 aprile, alle 16,30,
culto con cena del Signore, alla Miramonti; alle
20,30 culto con cena del Signore, al tempio. Domenica 15 aprile, alle 10, culto con cena del Signore; presiede il pastore Giorgio Tourn, partecipa la corale di Villar-Bobbio.
VILLAR PEROSA — Venerdì 13 aprile, alle ore 21,
nel convitto, culto della passione. Domenica 15
aprile, alle ore 10, nel tempio, culto di Pasqua
con celebrazione della cena del Signore; partecipa la corale.
VILLASECCA — Venerdì 13 aprile, alle 10, culto nella sala. Domenica 15 aprile, alle 10, culto con cena del Signore, partecipa la corale.
14
PAG. 14 RIFORMA
- E Eco Delle Yalu "äldesi
SPORT
CALCIO
Prosegue la serie nera del Pinerolo
che nel campionato di Eccellenza, dopo aver condotto al comando tutto il
girone di andata, sta attraversando un
periodo difficile che lo sta allontanando dalla testa della classifica. Domenica scorsa il Pinerolo ha perso in casa
con l’Acqui per 1-0 e così, dopo aver
perso il primo posto, i biancoblù ora
sono a 3 lunghezze anche dal secondo
e rischiano l’esclusione dai play off.
Domenica prossima derby spareggio
col Giaveno che ha raggiunto i pinerolesi al quarto posto.
IL 3S LUSERNAAPRIEVIDZA
Il periodo pasquale anche quest’anno porta un folto gruppo di atleti del 3S
a Prievidza, nella Repubblica slovacca,
per un incontro turistico-sportivo. Della delegazione, col sindaco Ghibò, fanno parte atleti di pallamano, pallavolo
e pallanuoto non solo lusernesi ma di
tutto il Piemonte. La restituzione della
visita è prevista a maggio in occasione
della 20“ Festa dell sport a Luserna San
Giovanni.
VOLLEY
Continua la bella serie di vittorie del
Body Cisco in B2 maschile; in trasferta
a La Spezia i pinerolesi hanno vinto
per 3-1, confermando l’ottimo terzo
posto e anzi allungando il passo rispetto alla quarta: la Volpianese, che ha costretto al tie break la capolista Igo Genova, è ora a 5 punti.
Nei campionati minori il 3S Pinerolo
ha perso 2-3 da La bussola in terza divisione femminile mentre il 3S Luserna
ha perso 1-3 dal Volley insieme Bruino
nel campionato femminile junior. Nel
torneo «Giocavolley Monviso» la Pallavolo Pinerolo ha superato lo Scalenghe
per 2-1 mentre il 3S Pinerolo ha battuto la Plsdnese per 3-0; al comando il 3S
Pinerolo davanti al Porte Ford.
■ Tournée per il coro interdenominazionale inglese
Tre concerti per «Adoramus»
Cot*oK»«i^ rtli 0T^r\iir»_ c»or»rinrtor<i Iq foHia /'rictia- Hallp nnPrP P Qll Pf
Saranno tre gli appuntamenti valligiani del coro-orchestra cristiano
Adoramus, i cui membri
sono anglicani, cattolici,
battisti, metodisti, riformati, evangelici e Fratelli, che canterà il 13 aprile
a Luserna San Giovanni,
nel corso della liturgia
del Venerdì Santo, alle
ore 21, il 14 aprile a Torre
Pellice, alle ore 20,45, e
infine il 15 aprile a Pinerolo, alle ore 20,45, a
chiusura delle celebrazioni della Pasqua: tutti i
concerti saranno tenuti
nel tempio locale.
Lo scopo del gruppo
Adoramus è quello di
esprimere la fede cristiana tramite concerti che
abbiano come punto centrale un aspetto particolare della fede e che parlino, tramite la musica, al
cuore e al pensiero del
pubblico. Il gruppo, che
proviene dalla parte nord
di Londra è stato fondato
nel maggio 1996 e in questi anni ha tenuto dei culti alla radio (Bbc) e prodotto due cd. Il coro ha
un repertorio molto ampio per concerti di evangelizzazione e fra le produzioni recenti segnaliamo Love Classics (I classici dell’amore), concerto,
imperniato su arie tratte
Il maestro David Hoocke
dalle opere e su canzoni,
che cerca di spiegare il
vero significato dell’amore: In time of Anxiety
(Nell’ora' dell’angoscia),
concerto multimediale,
con un video che dà una
nuova dimensione alla
Missa in Angustiis di Haydn; e The Mystery and the
Majesty (Il mistero e la
maestà), che riguarda il
tramite musica antifonale
per ottoni e coro.
Il maestro David Hooke
fondatore e direttore di
Adoramus ha studiato al
Guildhall School of Music
and Drama (Londra) e ha
conseguito il diploma di
cornetta e in seguito ha
frequentato un corso di
direzione avanzata vincendo sia il Ricordi Prize
che il Barry Kerry Memorial Prize. Hoocke è diventato un credente nel
1985 e ha in seguito studiato teologia al London
Bible College: attualmente lavora come direttore
di musica in una comunità anglicana nella periferia di Londra e tramite
l’Asaph Trust opera per
sviluppare l’uso della
musica come una forma
di ministero nella chiesa.
Marco Revelli a Pinerolo con «Oltre il Novecento»
Un cambiamento progressivo
MASSIMO GNONE
La bellezza di un libro*, e maggiormente
di un saggio, sta nella capacità di far discutere.
Soprattutto quando l’autore si rivolge al «suo»
pubblico, all’insieme dei
lettori di riferimento: non
cerca lo scontro con pensieri e concezioni diametralmente antitetiche.
Perché l’acclamazione, la
critica universalmente
favorevole, il plauso generalizzato, altro non
fanno che legittimare
un’analisi, magari illuminante ma spesso autoreferenziale e perciò tristemente rassicurante. Pier
Paolo Pasolini e Gianni
Rodari; due esempi di
autori «maledetti», che su
fronti diversi hanno condotto le proprie battaglie,
senza «rassicurare». Avversati dagli stessi compagni di lotta, hanno pagato caro. Oggi, quando
la politica sembra ridursi
alla celebrazione del proprio consenso e allo sberleffo dell avversario, si
sente la mancanza di
questo dibattito, ancor
meglio se animato.
Marco Revelli, docente
universitario di Scienza
della politica, eletto a To
rino come consigliere comunale nella lista Rifondazione comunista, questa volta gioca in casa,
con un ultimo libro che
egli stesso, intervenendo
a Pinerolo mercoledì 4
aprile, definisce «parziale», «rapsodico», che «non
intende orientare, ma seminare dubbi». E nella
casa della sinistra, in particolare quella sinistra
che ancora si dichiara orgogliosamente «comunista», le reazioni ci sono
state, spesso oltraggiate,
a volte confuse, forse allibite. Sulle colonne del
Manifesto c’è chi l’ha accusato di eresia, chi di
cattiva condotta.
Ma che cos’è questo
Oltre il Novecentol Perché suscita tante polemiche? «Oggi bisogna fare
un bilancio spregiudicato
- dice Revelli, introducendo il dibattito pinerolese con Claudio Canal e
il candidato al senato per
il Prc, Paolo Ferrerò mi
atterrisce la sproporzione
fra i problemi che il ’900
ci consegna e la povertà
di mezzi e parole che noi
abbiamo a disposizione».
L’autore ritorna sul «peccato originale» della Rivoluzione: l’utopia che ha
creduto possibile l’awen
to di una società nuova a
partire da un apparato
che si introduce nel potere, si sostituisce ad esso,
distruggendolo. «Bisogna
cessare di concepire la rivoluzione - sostiene Revelli - come accumulo di
potenza e scontro per la
conquista del potere: il
cambiamento sociale deve essere progressivo,
qualcosa da avviare qui e
ora, senza rafforzare gli
apparati ma trasformando le relazioni sociali, attraverso l’impegno civile,
la politica e l’esercizio del
pensiero critico».
Marco Revelli, con «il
ritorno dell’uomo solidale», dal basso, con la figura del volontario che non
rinuncia al fare, propone
quindi di «uscire» dall’orizzonte limitante e pericoloso del ’900, età del
produttivismo e del lavoro, vere e proprie «radici
del mostruoso», germi di
quelle epidemie che hanno portato ad Auschwitz
(«Arbeit macht frei», il lavoro rende liberi, era
scritto all’ingresso dei lager) e all’annullamento
di Hiroshima. Oltre il Novecento. La politica, le
ideologie e le insidie del
lavoro è un libro bello da
leggere e da discutere.
B Les harmonies
Il coro
si esibisce
a Marsiglia
«Trop vite helas à fuit
le temps, il faut quitter
ces lieux...». Con le note
del «Chant des adieux», il
gruppo corale La Psallette di Marsiglia e il gruppo
corale Les harmonies di
Torre Pellice hanno unito le loro voci a conclusione di un concerto nel
Tempie de la rue Grignan a Marsiglia in favore dell’associazione Retina France per la ricerca
scientifica sulle malattie
degli occhi.
Lo scambio dei due cori del 24 e 25 marzo è stato apprezzato dal numeroso pubblico che ha
percepito, pur nella semplicità dei testi, il riflesso
di una cultura autentica.
È stato notato, non senza
emozione, che anche se
casualmente questi canti
sono «tornati» nel Tempie de la Rue Grignan
che è stato per molti anni
il punto di riferimento e
di incontro dei valligiani
emigrati a Marsiglia in
cerca di lavoro, all’inizio
del 1900. L’incontro con
il gruppo francese si aggiunge a quello con la
Corale di Sinnai in Sardegna dell’estate scorsa,
motivando ulteriormente Les harmonies a ricevere il 2 e 3 giugno il coro
Marmolada di Venezia.
Marsiglia: cantando davanti alla chiesa di via Grignan
13 aprile, venerdì
PINEROLO: Alle 20,30, nella parrocchia di Abbadia
Alpina, incontro su «La difesa delle piante».
14 aprile, sabato
TORRE PELLICE: Nel tempio valdese, alle 20,45,
concerto del coro e orchestra di Londra «Adoramus»,
musiche di Purcell, Handel, Rutter. Ingresso libero,
offerte a favore della chiesa valdese.
VILLAR PELLICE: Alle 16, alla Crumière, si inaugura la personale del pittore Piero Giorgiutti; la mostra
sarà visitabile fino al 30 aprile ore 10-13 e 15-18.
15 aprUe, domenica
PINEROLO: Alle 20,45, nel tempio valdese, il coro e
l’orchestra Adoramus di Londra, diretti dal maestro
David Hooke, presentano il concerto Gloria, offerte a
favore della Chiesa valdese.
16 aprile, lunedì
TORRE PELLICE: Fiera di Pasquetta, con esposizione e vendita di merci varie, mercatino di prodotti naturali, concorso «Le uova fiorite», alle 14,30, caccia al
tesoro a piazza Muston con merenda finale per tutti.
PINASCA: 7“ edizione di «Corri e cammina per chi
non può», attraverso le vie di Pinasca e Dubbiane.
CAVOUR: IV edizione di Pro Loco in città, con bancarelle, degustazioni, maschere, personaggi storici,
gruppi musicali, per tutta la giornata per le vie del
paese e-in piazza Sforzini.
17 aprile, martedì
TORRE PELLICE: Alla casa delle diaconesse, alle
15, recital di poesie, con Alberto Bellora, Liliana Pavesio e Michi Cesan.
18 aprile, mercoledì
TORRE PELLICE: Alle 21, al cinema Trento, su organizzazione del Centro volontariato vai Pellice, viene posto in visione il film «A proposito di sentimenti»;
verranno afifontati i temi inerenti ai rapporti affettivi
tra disabili con la partecipazione della comunità alloggio Uliveto.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Dalle 15 alle 18, nella
saletta della biblioteca, proiezioni «Musica in video».
19 aprile, giovedì
TORRE PELLICE: Nella biblioteca della Casa valdese, alle 15,30, concerto con Giulio Glavina, violoncello, Mario Anfossi, pianoforte, con musiche di Vivaldi,
Beethoven, Schumann, Brahms.
20 aprile, venerdì
TORRE PELLICE: Alle 20,45, nella biblioteca della
Casa valdese. Giuliano Martignetti parlerà su «Etica e
ambiente».
PINEROLO: Alle 21, nella chiesa di San Giuseppe,
«Time Ensemble», flauto, oboe, sax, violino, violoncello, voce, tastiere, concerto «Il ’900 come crogiuolo
di esperienze musicali». Ingresso libero.
TORRE PELLICE: Alle 21, nella sede del Cai-Uget,
in piazza Gianavello, proiezione su «Solu Numbur» a
cura di Mauro Pons.
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I COMPRENSORI D’IRRIGAZIONE
La giunta regionale ha recentemente prorogato la
scadenza per, la presentazione delle domande di delimitazione dei comprensori irrigui, che è ora fissata al
18 maggio del 2001, che andranno presentate all’assessorato provinciale all’Agricoltura tenendo presente
che la Regione non erogherà più finanziamenti ai titolari 0 gestori di opere irrigue collettive che non abbiano presentato le loro proposte entro la data stabilita.
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Il costume valdese
è una cosa seria
Caro direttore, spero che eccezionalmente tu conceda un po’ di
spazio anche a un addetto ai lavori. Ho visto il programma Rai «Sereno variabile» che ha presentato,
in modo non eccelso in verità, alcuni aspetti delle Valli in cui non
poteva certamente mancare un
accenno ai valdesi e alla loro storia
(in realtà sembrava che la vai Pellice fosse abitata solo da valdesi e
non esistessero i cattolici). Nella
piazza di Torre Pellice, in occasione della ripresa televisiva, c’era un
gruppetto di ragazze in costume
valdese, convocate espressamente
dal Centro culturale valdese attraverso queste pagine.
Voglio lasciare ad altri la «querelle» sull’uso del costume valdese
(non dimentichiamo che era l’abbigliamento femminile di queste
valli e non specificatamente delle
donne valdesi) e sull’intreccio fra
tradizioni valdesi, fede, «riserva
indiana» eccetera. È ormai da
tempo rientrata la feroce battaglia
condotta trent’anni fa dai pastori
sessantottini contro il costume e
credo che esso possa onorevolmente rappresentare oggi una fetta di storia e una parte della nostra identità. A condizione che sia
un vero costume, esibito e indossato con dignità, cosa sempre più
rara. So benissimo che la «vestizione» del costume è una cosa
non facile ma so anche che ci sono persone disposte a insegnare a
farlo a chiunque abbia l’umiltà di
voler imparare, umiltà che sempre
più manca in tutti settori. E se né
vedono, in tutti i settori, i risultati.
Non si può onorevolmente esibire
dei vestiti dozzinali, di plastica,
tutti uguali, con lo scialle di raso
rigorosamente bianco, grembiule
di taffetà celeste (cos’è, la divisa
dell’armata brancaleone?), scialle
scollacciato e cuffia sulle ventitré.
Una carnevalata.
Mi pare che un simile penoso
spettacolo sia stato messo in scena anche ai Mondiali di sci al Sestriere. Lo vedremo anche in occasione delle Olimpiadi oppure
nei prossimi 5 anni qualcuno troverà il tempo di occuparsene?
era legata «anche» aH’alterazioj
dell’assetto idrogeologico«
l’esecuzione del progetto sopì
indicato avrebbe attuato. In»*
come rilevato nella perizia gw
gica dello studio Fontan di f®j
rolo, a monte del sito oveèsB
costruita l’opera di presa (alt®
mente intasata), l’intera fase® L
pertinenza fluviale del ‘
Germanasca, è costituita
bia e da ghiaia, derivante dall® P '
sione che le acque di scorriw® ^
superficiale hanno compiul®' ^
confronti dei versanti della tesC
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Quindi già allora noi àenp
Stelio Armand-Hugon
Torre Pellice
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vamo, come si evince -jjiitorma f,
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Lettera aperta sulla
centralina di Frali
le», assai instabile e inciso^)“^ tìtativo c
casione di manifestazioni idra)
tereologiche anche non par» ^ _
larmpntp abbondanti. avreOl' ,, , M
_______— ^ Q,
modificato facilmente il pi®" ili ... '
Questa lettera, avente come oggetto la centralina idroelettrica di
Bou du Col a Frali, è stata recentemente inviata alla presidenza della Regione Piemonte.
Venuti a conoscenza che, a seguito dei danni alluvionali dello
scorso ottobre 2000 in Piemonte,
la Società concessionaria elettrica
italiana spa, ha presentato richiesta di contributi a indennizzo per
un totale di lire 80 milioni, riteniamo di far presente le seguenti
considerazioni.
Come riportato nell’esposto del
9 marzo 1995, inviato al presidente dott. Brizio, e nella lettera di
opposizione inviata il 6 ottobre
1996 al presidente dott. Ghigo la
nostra disapprovazione alla costruzione della centrale in oggetto
percorso.
Si sottolinea che nel
19961
segnalavamo: «Si tratta di statote^d
tuazione che potrebbe detet^
re condizioni di rischio inc^^ terra 193c
guenza del probabile Ero anci
detriti in corrispondenza del^^ i¡|jj
ra di presa, che si trova cornU^J
collocata in una posizione 6i Cimbri
terizzata da elevata instai) dazione
Tutto ciò si è puntualmente ^
cato e dall’ottobre scorso ^ liivj
trale non è operativa causa , ^
samento dell’opera di pr^® ' tjorvica 1
noi ci domandiamo come s‘“' «U:istitut(
sibile indennizzare con
pubblico non un danno « Mdò a p
so», causato dagli eventi a
nali, ma un danno «previsto*’
me da quanto sopra espostO' Vallee
Marina Zancanato
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fliese (e
15
igjpl 13 APRILE 2001
PAG. 15 RIFORMA
■»Il
pubblicato in un libretto Ldc-Claudiana il «Testo conuine» e il «Testo applicativo»
I matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti
ALBERTO TACCIA
II Testo comune per un indirizzo patorale dei matrimoni tra cattolici e
■■ = 0 metodisti, integrato dal Testo
i, predisposto al fine di ren
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operative le indicazioni pastorali
Testo comune, è ora disponibile in
iin unico
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fascicolo pubblicato congiundalla casa editrice Ldc (cattoli
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18,20,1
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marta
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ideili
lornuni
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,g Claudiana (evangelica). Vi è dune ora la possibilità e la necessità di
1“muovere la massima diffusione del
»colo in tutte le parrocchie cattolie in tutte le chiese evangeliche.
fgsto comune non rappresenta soltanto la raccolta delle «istruzioni per
Lo» al fine di risolvere il problema
•ontingente della celebrazione di un
itiimonio interconfessionale ma coàsce, in assoluto, il primo documenautenticamente ecumenico, voluto
Ila Conferenza episcopale italiana e
lai Sinodo, elaborato da due commis¡oni paritetiche che hanno lavorato
mgiuntamente e, infine, approvato
le massime autorità delle due chiese.
Xe comunità cattoliche ed evangelibe sono direttamente coinvolte in tale
[oblematica, non solo in relazione agli
petti disciplinari e liturgici di un ma■i'iS.lj [nonio interconfessionale, ma anche
sa, (re| j quanto attiene l’accoglienza di tali
'■ jpie nelle comunità, la valorizzaziodella loro esperienza sotto l’aspetto
enico, la questione della catecheìiinterconfessionale per i figli delle
ippie miste ed ecumenica per tutta la
imunità. Inoltre permane la necessità
la riflessione su temi anifa apertì quali ad esempio l’eventuatà della dichiarazione di nullità di un
tetrimonio misto da parte di un tribùore 21,1 ale ecclesiastico cattolico e la questioabato 1; Igeila reciproca accoglienza alla cena
L’erba elSignore. Su questo tema non v’è chi
ca 15,0 on veda l’implicazione che esso rap!l,15,8i ¡esenta sul piano dell’ecclesiologia
catto; li ¡de due chiese, della concezione del
>, 18,45 p-àmento e del ministero,
e giova taConimissione paritetica ha conveallimit mto’dì dover concludere il proprio la- Unni oro con una lettera rivolta alle coppie a in pi! ferconfessionali come riconoscimenala «2ce| ¡odelloro impegno e della loro costanì, è in! ianell’esigere dalle chiese la soluzione
; il dr^ Jiun problema che, a causa di rigidi
22,20, 8 lamenti ecclesiastici, aveva recato
0, fesW feenze e tensioni in seno alle famie 22,20,! pecoinvolte.
¿a lettera è stata approvata e debitainte firmata in sede di Commissione
idue presidenti: mons. Alberto
tondi, per la parte cattolica, e Maria
' Girardet, per la parte evangelica.
Ito il suo carattere non specificamen"‘dplinare, la lettera non ha potuto
essere considerata parte integrante dei
Testi. Tuttavia il Sinodo valdese del
2000, contestualmente all’atto di approvazione dei Testi comune e applicativo, ha deliberato di fare propria «la
lettera alle coppie interconfessionali
predisposta dalle due Commissioni,
anche se non arrivata a una approvazione della Cei e chiede alla Tavola valdese di portarla a conoscenza delle
chiese» (Atto n. 37).
Alle coppie interconfessionali
Care sorelle e cari fratelli nel Signore,
nei dodici anni di lavoro compiuti
dalle commissioni cattolica e valdesemetodista per redigere documenti comuni circa i matrimoni misti interconfessionali, il nostro pensiero è stato costantemente rivolto a voi. Abbiamo lavorato per voi e per coloro che nel futuro faranno una scelta come la vostra,
non priva di difficoltà, ma dotata anche
di opportunità e aperta a significativi
sviluppi. Accanto all’impegno di lavorare per voi e per stabilire un modo diverso nel rapporto tra le nostre chiese
sulle questioni matrimoniali, abbiamo
anche avvertito il rammarico e l’umiliazione per le sofferenze, le ansie, le scelgi obbligate che le chiese vi hanno imposto nel passato.
Abbiamo quindi operato con la serenità, l’impegno e il senso di responsabilità a cui il nostro tema ci chiamava.
Ogni nostra seduta è iniziata con la lettura della Parola del Signore e l’invocazione dello Spirito che «guida in tutta
la verità» (Giovanni 16, 13). Abbiamo
rifiutato ogni tentazione di compromesso tra posizioni non facilmente
conciliabili, abbiamo rifiutato le scorciatoie e le soluzioni ambigue, ma abbiamo voluto evidenziare gli elementi
compatibili con le comuni affermazioni di fondo, insite nei nostri ordinamenti ecclesiastici.
Vogliamo anche esprimervi la nostra
gratitudine per lo stimolo continuo, tenace, ma anche fiducioso, che parecchi
di voi hanno operato nei confronti delle chiese per affermare il diritto a vedere il vostro matrimonio come un modo
valido di vivere pienamente una unione coniugale costituita «nel Signore»,
nonostante le differenze confessionali.
Uno dei motivi che emerge spesso nei
documenti è il rispetto della vostra libertà di scelta relativamente alla modalità di celebrazione del matrimonio, al
battesimo e alla formazione religiosa dei
figli. Ma la libertà che vi viene riconosciuta pone sulle vostre spalle la grande
responsabilità di mantenere-e, ove possibile, rafforzare i vincoli che vi legano
alle vostre comunità di appartenenza.
Le vostre scelte responsabili non soltanto sono ammesse dalle vostre chiese,
ma il vostro accordo è accolto con gradimento come frutto della vostra riflessione di fede e della vostra preghiera.
Tra le responsabilità che vi sono affidate vi è pure l’esigenza non solo di
mantenere un contatto continuo con le
vostre comunità, ma di promuovere
rapporti di comunione e fraternità al fine di rendere reale quell’apporto allo
sviluppo dell’ecumenismo che è insito
nella vostra unione interconfessionale.
Alle chiese, a cui i documenti sono affidati, è richiesto spirito fraterno di accoglienza verso le coppie interconfessionali che nelle comunità devono trovare
spazio e udienza.
Ma la strada è ancora lunga. Nel corso del nostro lavoro abbiamo incontrato problemi variamente connessi al tema dei matrimoni misti interconfessionali. Sulla scorta dell’esperienza di questi anni di lavoro comune, è auspicabile: che le chiese continuino a confrontarsi e a riflettere insieme sul significato
e le implicazioni del battesimo che
hanno in comune; che elaborino apposite liturgie idonee a mettere in luce il
contesto ecumenico in cui si celebra il
matrimonio di coppie interconfessionali e si amministra il battesimo dei loro figli; che inseriscano nella catechesi
un riferimento al tema del matrimonio
misto interconfessionale, aprendosi alla collaborazione ecumenica nel campo
della catechesi, sulla base della Parola
del Signore: che si facciano carico dei
problemi derivanti da una eventuale dichiarazione di nullità formulata da un
tribunale ecclesiastico cattolico per un
matrimonio misto interconfessionale; e
che soprattutto proseguano con coraggio e perseveranza il cammino ancora
lungo verso l’unità della fede e la reciproca accoglienza eucaristica, un traguardo che molti di voi attendono con
viva speranza.
Questi problemi, e la realtà ancora irriconciliata che li esprime, sono aperti
ad una più approfondita riflessione
teologica delle chiese e alla meditazione e alla preghiera delle comunità.
Alberto Abiondi
vescovo di Livorno
presidente della Commissione cattolica per la redazione delle norme applicative dell’Intesa sui matrimoni misti
interconfessionali
Maria Sbaffi Girardet
presidente della Commissione sui
rapporti ecumenici
presidente della Commissione sinodale valdese-metodista per la redazione delle norme applicative dell’Intesa
sui matrimoni misti interconfessionali
POSTA
Matrimonio
e Sacra Rota
L’occasione è la recente severa riprensione rivolta dal
pontefice alla Sacra Rota perché essa annullerebbe (come
è noto dietro profumati pagamenti) troppi matrimoni che
secondo il papa sono vivi e vitali anche quando manca
amore, desiderio e stima, poiché sono sacramenti che generano (sempre secondo la
dottrina cattolica) l’indissolubilità del vincolo anche se
questa non è più sentita ma
addirittura odiata. Al cattolico
(potendoselo permettere) non
rimaneva altra via per liberarsi di un vincolo ormai più pesante di una lastra tombale,
che una sentenza dichiarativa
di nullità: questo matrimonio
non c’è mai stato, è solo una
apparenza di «sacramento»: e
così si faceva contenti Dio e
gli uomini. Ma l’indomito polacco taglia la strada anche a
questo remedium escogitato
opportunamente.
E da notare che, e ciò la dice lunga sulla «libera chiesa
in libero stato», mentre con
il Concordato lo stato ha riconosciuto validità civile al
matrimonio religioso cattolico (recezione), viceversa la
Chiesa cattolica continua a
ignorare giuridicamente il
matrimonio civile e, si capisce, il divorzio: i matrimoni
civili per essa non sono nulli,
ma semplicemente inesistenti, e concubini i (non) sposati; monsignor Fiordelli, negli
Anni 50, diede un preclaro
esempio di ortodossia cattolica priva di pietà e di civiltà;
insulti e minacce di dannazione eterna a due comunisti
di Prato sposati civilmente.
La nozione (per me il pregiudizio esiziale) di «sacramento» in origine nacque da
un errore di traduzione. Paolo, nella lettera agli Efesini (5,
32) parla di mysterion che la
Vulgata traduce in sacramentum: orbene, tale parola può
significare tante cose (Dizionario latino-italiano Le Monnier, Firenze, 1972: da un «deposito giudiziario» a una «lite», da una «scommessa» a un
«giuramento» solenne, «obbligazione», «vincolo», o anche,
alla lettera, «mistero»), ma rimane un mistero perché si sia
nel tempo scelto dalla Traduzione cattolica il senso più
«forte»: sacramentum come
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tadaS! ^<l'inni (innario cristiano)
te dall'® P®'" battisti, metodisti e
'orrim® la sostituirono ai ri
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nresal' -I maestro evannelisra a
mpsiaP ili'- '■*’* finindi direttore
de» domandi a Piren e,
pastore nel 1922,
nti comunità
evistO*’ k]i, 'nsieme, l’istituto
” a V 11 1^°' pastore a Roma
® ecrosia. Terminò la sua
a cura di Ferruccio Conani
m
npiutd *®l'’i innari denominazionali.
ella tesi accanto a una stragrani® maggioranza di inni anglodenunif’^!'' ® a un numero veramendallay yiSuo di corali e salmi della
alluvie* “®tma, troviamo un gruppo,
ciso lei di numero ma rappre
ni
n
i idre» *'yi'’o, di canti composti da
"isicisti italiani evangelici. In
avreb» ® questi autori, professioj®i’ ®i ® caro ricordare la figura
''*n «dilettante di lusso», co'1 199®' dirsi: Virgilio Somma1 di uni ’®9ucatore, pastore, poi moini d®lla Tavola valdese.
rlpt6rill**Mfta !■ ” laVLllil VcllUCSL-,
in co» T'®tini difficili e tristi della
'adell'« l)t,ii,®'"^°ta ragazzo, quando
comU» ^ ‘Occasione di udirlo predie® ■{ ® chiesa valdese di via
' '-imbri a Napoli ; la sua pre
poStO'
\naxO'
esistenza terrena a Pomaretto
nel 1968.
Dietro il tratto garbato e il
sorriso comprensivo e amichevole, egli celava un carattere saldo
e una mente acuta, non disgiunta da una ricca fantasia, che gli
consentì di scrivere in un bell’italiano un po’ toscano il noto
libro per ragazzi Le avventure di
Buccino, tradotto in varie lingue.
Dal libro ha preso recentemente
lo spunto un’azione teatrale presentata a Torre Pellice (teatro
del Forte) dall’attore-regista
Guido Castiglia (in volo con Buccino). Non meno noto il canto
Gian Fortuna, storia del ragazzo
valdese-che, tornato dopo l’esilio
alla sua casa distrutta e alla sua
gente dispersa, grida «Ce ne sono ancora, per fortuna!».
Oltre a molti canti per scuole
domenicali e corali, Virgilio
Sommani compose diversi inni
di chiesa: melodie semplici e lineari, assolutamente mai banali
o dozzinali, anzi garbate ed
.espressive, come quella che nel
Nuovo Innario 2000 riveste ben
quattro testi (1 19, 157, 204,
214). Abbiamo inoltre, su melixlie altrui, quattro testi poetici, fra i quali Oh quanto è di Ce,sù Tamor sublime e il belli.ssimo
Aliar che la tempesta.
La chiesa
e l'eutanasia
La lettera di Roberto Charbonnier sull’eutanasia pubblicata su Riforma del 30 marzo 2001 mi ita spinto a inviarvi queste righe. Consideralo
che l’autore della lettera dà,
forse non a torto, una certa
importanza alle credenziali,
comincerò con il presentarmi.
Sono membro della Chiesa
metodista di Milano, laureato
in medicina e chirurgia, specialista in anestesia, rianimazione, terapia antalgica e per
una decina d’anni mi sono
occupato di malati terminali.
La frase che più mi ha colpito
di quella lettera è: «... la Chiesa valdese (...) cerchi di convincere i propri credenti che
l’eutanasia debba essere praticata a quei pazienti che la richiedono». Ho seguito con
molta attenzione i diversi documenti prodotti, ma non mi
risulta che da nessuna parte si
affermi che la Chiesa valdese
obblighi qualcuno a praticare
l’eutanasia. Molto più semplicemente (e umilmente) la nostra chiesa si è posta il problema di quali risposte dare a coloro che, essendo affetti da
una malattia inguaribile notevolmente invalidante, si rivolgono a noi in cerca d’aiuto.
Ora, seguendo una moda
fra il romantico e il qualunquistico, non mi si venga a
raccontare che il problema è
tutto dovuto alla nostra medi
cina «meccanicistica» e che,
invece, con un po’ d’amore si
risolve tutto. Se siamo costretti a confrontarci con questo problema è proprio perché la tanto vituperata medicina «meccanicistica» ci fornisce soluzioni terapeutiche che
talvolta eliminano compietamente la patologia, ma altre
volte possono solo migliorare temporaneamente le condizioni di vita. Senza la medicina «meccanicistica» sono
convinto che il problema non
si porrebbe per una semplice
considerazione: perché a diagnosi certa corrisponderebbe
una morte certa e rapida, senza possibilità di scampo.
Che si debba affrontare
davvero la sofferenza fisica e
psicologica a cui va incontro
un malato terminale questo è
una cosa certa, e solo chi ha
lavorato in questo campo sa
quanto ci sia ancora molto da
fare in Italia affinché le soluzioni prospettate dal movimento delle cure palliative
trovino una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale, ma da qui ad affermare che potremmo risolvere tutto ce ne corre. Vogliamo
forse negare che non sappiamo più che pesci pigliare davanti a metastasi ossee alle
vertebre che determinino
crolli vertebrali oppure davanti a una carcinomatosi
con conseguente occlusione
intestinale? Siamo proprio sicuri che in questa situazione
basterebbe quella «grandiosa
medicina universale che si
chiama amore»? Davanti a
una persona affetta da una
malattia terminale che riferisce insopportabili sofferenze,
che ci chiede di aiutarla, di
mettere fine alla sua inutile
sofferenza, se gli rispondiamo di farsi coraggio, d’avere
pazienza, non saremmo come quelle persone di cui si
parla nella lettera di Giacomo
(2, 15-16) che vedendo un
fratello o una sorella nudi e
affamati gli dicono; «Va’ in
pace scaldati e saziati» senza
dargli le cose necessarie?
Che la chiesa debba promuovere la vita, potrebbe anche essere condivisibile, ma il
problema è che cosa intendiamo: abbiamo una concezione così materialista della
vita umana da identificarla
con la presenza di alcune
reazioni biochimiche, oppure la vita che il Signore ci dona è anche qualcos’altro? Ma
che cosa? È su questi inquietanti quesiti che le nostre
chiese si sono interrogate e si
stanno interrogando, consce
che la risposta è tutt’altro che
facile e scontata e che più di
un sì o un no conti il modo di
approccio con il fratello, la
sorella che ci chiedono aiuto.
È di questo che il Signore ci
chiederà conto, di come avremo risposto a coloro che
ci interrogano nella loro sofferenza, e non se avremo tenuto fede a una supposta ortodossia (Matteo 25,31-46).
Stefano Guidotti - Milano
«segno d’una cosa divina»:
nella smania di divinizzare
tutto per rendere tutto obbligante ad aeternum, tutto subisce uno snaturamento e
non in direzione del divino
come si pretende e si impone.
Ma se la famiglia risultante
dal matrimonio non è armonica e quindi non è felice,
poiché la felicità in tutti gli esseri viventi risiede in un armonico sviluppo, al nostro
beneamato pater patrium
non importa gran che: si era
già visto a proposito del preservativo proibito al coniuge
infetto, a proposito di tutte le
prassi sessuali non finalizzate
alla procreazione obbligatoria, come se il procreare fosse
non un diritto ma un obbligo
senza eccezioni: si conferma
con la sua ira per «troppi» annullamenti questo: che al papa la legge e l’istituzione importa assai più che il benessere dell’uomo. Mi spiace dirlo,
ma in ventidue anni troppe
sono le prove di quanto affermo, non ultima la pervicace
incomprensione delle ragioni
omo (e non ne mancano tra i
preti) e il rifiuto di affrontare
il problema della sessualità
dei preti; tutto va bene, anche
se sotto c’è tanto marcio.
Il matrimonio è un sacramento? Bene, ma quando
viene a mancare la «piena e
intima comunanza di vita
spirituale e materiale che è lo
scopo o causa del matrimonio» (Francesco Messineo,
Manuale di Diritto civile e
commerciale, Milano, Giuffrè,
p. 402), quis iuris? quid Fidei?
nihiU, sentenzia il papa. Il
matrimonio ha da continuar
re, nane et semper, la Chiesa
cattolica ama le cose molto
stabili, fino alla definitività;
sacerdos in aeternum, anche
se all’inferno; sponsi et sponsae usque ad mortem: pereat
mundus fiat lex: quella del
papa, spacciata per legge di
Dio. Il matrimonio è sacramento? Bene, esso è segno
sensibile ed efficace della
grazia: inoltre esso è mezzo
di santificazione e di salute
eterna, specie quando presiede all’apparenza di matrimonio che vive di odio, rancore,
dispregio e senso di morte.
La celebrazione del matrimonio ha valore dichiarativo
e non costitutivo, poiché i
nubendi dichiarano al celebrante la volontà di unirsi;
adesso sappiamo che le sentenze della Sacra Rota che dichiarano la nullità di matrimoni viziati da impedimenti
dirimenti o impedienti (di ordine canonistico recepito
dallo stato italiano, a differenza della Chiesa cattolica)
sono poco gradite dal papa.
Per rendere ancora più'santo
il matrimonio ci manca solo
il rogo per la vedova come in
India fino a poco fa. Volete
separarvi? dovete privarvi
dell’atto coniugale. Che santità, che pietà, che bontà.
Per avere maggiori lumi in
materia mi sono rivolto al
mio avvocato, di sesso femminile. Risposta: «Non posso
dirle granché perché fino a
poco tempo fa l’accesso alla
Sacra Rota era proibito agli
avvocati donna; adesso non
so». No comment. Gli interessi delle donne sono delegati
ai legali di sesso maschile.
Continuino le donne a deliberare, gustare, assaporare a
lungo la clamorosa richiesta
di perdono fatta a gran voce
dal «santo padre».
Fortunato Micale
Messina
■ PARTECIPAZIONI ■
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Ettore Massel
ringraziano tutte le persone che
hanno partecipato al loro dolore.
Ringraziano i medici e tutto il
personale dell’Ospedale valdese
di Pomaretto, l’Associazione ex
internati e il gruppo anziani RivSkf di Villar Porosa.
San Germano, 9 aprile 2001
16
PAG. 16 RIFORMA
venerdì 13 APRILA 200,
■ ■ La Fiacat, presente in 28 paesi, ha aderito alla campagna contro la tortura lanciata da Amnesty International lo scorso ottobre
Appello alle chiese della Federazione internazionale dei cristiani contro la tortura
«La tortura non appartiene
al passato. Oggi, in oltre metà
dei paesi del mondo, essa viene praticata in modo sistematico; donne, uomini, bambini
vengono picchiati, umiliati,
distrutti dai loro boia. Una
pratica ignobile, disperante».
Questo è il triste bilancio fatto
dal presidente di un’organizzazione cristiana internazionale che riunisce più di 30.000
cristiani in tutto il mondo,
che hanno deciso di fare campagna contro la tortura.
La Federazione internazionale della «Azione dei cristiani per l’abolizione della
tortura» (Fiacat) riunisce 28
«Acat» nazionali nel mondo.
11 movimento è particolarmente forte in Francia dove
è stata fondata la prima Acat
nel 1974 da due protestanti
dopo lo svolgimento della
prima conferenza internazionale di Amnesty International contro la tortura (Parigi, 1973). Altri 27 paesi contano oggi degli Acat, fra cui
12 paesi africani. Due Acat
sono state fondate di recente
(Repubblica ceca e Haiti).
Tutte sono organizzazioni
autonome e la Federazione,
che ha sede a Parigi, ha un
ruolo di informazione e di
coordinamento.
Il presidente della Fiacat,
Patrick Byrne, scozzese, che
lavora in Lussemburgo, intervistato il 23 marzo scorso al
Centro ecumenico di Ginevra, ha chiamato le chiese a
fare di più per combattere la
tortura. Nell’ambito della
campagna lanciata da Amnesty International contro la
tortura nell’ottobre 2000, la
Fiacat e le 28 Acat nazionali
«invitano le chiese cristiane a
rinnovare la loro condanna
della tortura e dei trattamenti
disumani e degradanti e a
rafforzare il loro impegno in
vista dello sradicamento di
queste pratiche».
Una raccolta di 100 pagine
pubblicata dalla Fiacat in inglese e in francese. Una speranza nel cuore della notte, cita casi specifici in sei paesi
(Iran, Cina, Repubblica democratica del Congo, Brasile,
Kenia e Ungheria) e comprende una preghiera su
quello che potrebbe essere
considerato come l’esempio
più noto di tortura nella storia, quella inflitta a Gesù Cristo e conclusasi con la sua
crocifissione. Patrick Byrne
ha spiegato che una parte importante del lavoro delle Acat
consiste nel chiamare i cristiani a pregare pèr le vittime
delle torture ma anche per i
boia, al fine di far nascere in
loro la volontà di una conversione. La Fiacat cerca anche
di sensibilizzare in vista di
eliminare atteggiamenti sociali che consentono alla tortura di continuare. «Bisogna
cambiare gli atteggiamenti, l’opinione pubblica e le
tradizioni che tollerano la
tortura - si afferma -. In Francia, un sondaggio d’opinione
ha riveiato che ii 25% delle
persone interrogate riteneva
che la tortura sia accettabile
in certe circostanze. Il messaggio che dobbiamo portare
è che la tortura non è mai accettabiie, anche se si tratta
dei peggiore criminale».
L’obiettivo della Fiacat durante la campagna, che è già
appoggiata da altre cinque
organizzazioni che lottano
contro la tortura, è di «chiedere alle chiese di esprimersi
su questo tema, di integrarlo
nella vita quotidiana. 11 problema della tortura è a volte
percepito dalle chiese come
troppo politico. Attualmente,
tale preoccupazione continua a non fare parte della vita della chiesa». Il fascicolo
dovrebbe aiutare le chiese a
mettere il tema della tortura
al centro delle loro preoccu
pazioni e a integrarlo nella
vita della chiesa.
Patrick Byrne, un cattolico
sposato con una protestante,
ha sottolineato l’impegno
ecumenico delle Acat nazionali. Il Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) e il Vaticano hanno pubblicato messaggi di sostegno alla campagna di Amnesty International
e all’azione della Fiacat. Il se
gretario generale del Cec,
Konrad Raiser, ha esortato le
chiese membro del Cec «ad
agire con più energia in vista
dell’eliminazione della tortura sotto tutte le sue forme».
L’arcivescovo François-Xavier Nguyen Van Thuan, presidente del Consiglio pontificio «Giustizia e pace»,, ha inviato una lettera a Byrne nella quale sottolinea che «ogni
coscienza cristiana in parti,
colare deve ribellarsi di fro„.
te ad atti che nessuna moti,
vazione può giustificare». ^
Fiacat chiede a tutte le chiese
di dedicare una giornata al
tema del rifiuto della tortura;
in particolare il 24 giugno, la
domenica più vicina alla
Giornata internazionale di
sostegno alle vittime della
tortura (26 giugno). fem}
Positivo commento del «Gruppo di riflessione»
Immigrati: novità dalla Commissione Ue
Il «Gruppo di riflessione»
formato da organismi e associazioni di ispirazione reiigiosa attivi nel campo delle
migrazioni (Adi, Adra, Caritas. Comunità di Sant’Egidio,
Federazione delle chiese
evangeliche. Fondazione Migrantes della Cei, gesuiti e altri ancora) ha approvato il 14
marzo scorso una presa di
posizione sulla recente «Comunicazione» della Commissione europea sulla politica
comunitaria in materia di
immigrazione.
Un parere delle associazioni impegnate sul fronte im
migrazione era stato soilecitato dallo stesso Commissario europeo responsabile, il
portoghese Vitorino. Per il
Gruppo di riflessione, la Comunicazione «rappresenta
una tappa di grande rilievo
nel percorso di armonizzazione tracciato dal Trattato di
Amsterdam. In particolare, è
da salutare come novità estremamente positiva l’impostazione della Comunicazione, là dove si sottolinea come
la creazione di vie di immigrazione legale effettivamente percorribili sia un elemento fondamentale di una equi
librata politica dell’immigra.
zione e rappresenti una "conditio sine qua non” per il contrasto delle forme di immigrazione illegale».
Secondo Annemarie Dupré, coordinatrice del Servizio rifugiati e migranti della
Fcei, il provvedimento europeo «è innovativo, e tiene
conto delle soluzioni al problema dell’immigrazione illegale che l’Italia sta sperimentando con la nuova legge
sull’immigrazione: programmazione dei flussi, ingressi
sponsorizzati, ingressi per ricerca di lavoro». (nev)
Liberi di scegliere
^ ^ ______ deciso di dare l’otto per mille del reddito Irpef alla Chiesa valdese (Unione
delle chiese valdesi e metodiste) ma fai parte di una di quelle categorie di contribuenti che non
ha Tobbigo di presentare la dichiarazione dei redditi, ecco come devi fare:
1. prendi la copia del modulo CUD 2001 che ti è stato inviato dal datore di lavoro o, in caso.di pensione, dall’Inps o da altri enti previdenziali;
2. firma nella casella prescelta senza superare i bordi;
3. firma la copia del modulo dove è scritto «Firma» (dunque sono due le firme da apporre sul modulo CUD 2001);
4. inserisci il modulo in una busta che puoi compilare con le indicazioni riportate qui
sotto;
5. consegna la busta chiusa allo spottello di una banca o di un ufficio postale.
ricorda
- se scegli di firmare non hai alcuna maggiore imposta da pagare;
- se scegli di firmare sei tu che decidi chi gestirà il tuo otto per mille del reddito
Irpef, se no lo decideranno gli altri (infatti viene ripartita la quota otto per mille
anche di chi non esprime alcuna scelta in base alle percentuali delle scelte
espresse);
- se scegli di firmare a favore della Chiesa valdese puoi essere certo che l’otto per mille del reddito Irpef verrà investito in ospedali, scuole, case per anziani, programmi assistenziali e culturali in Italia e all estero. Inoltre, sarai
sempre informato su chi ha ricevuto il tuo aiuto, quanto ha ricevuto e per
fare che cosa.
DICmARANTE
rII I I I I II 1 I 1
CODICE FISCALE
QUALSIASI urncio POSTALE
O BANCA ENTRO !L TERMINE
PER LA PRESENTAZIONE
DELLA DICHIARAZIONE DEI
REDDITI
COGNOME E NOME
Firma qui
SCELTA PER LA DESTINAZIONE
DELL’OTTO PER MILLE I.R.P.E.F.
Busta da utilizzare per effettuare la scelta in
caso di esonero della presentazione del
Modello CIID-730-UN1CO Persone fisiche
Chiesa evangelica valdese (Unione delle Chiese metodiste e valdesi)
via Firenze 38 - 00184 Roma - tei. 06-4745537; fax 06-47885308; E-mail: TVmodei^tin.it - sito Web: http;//chiesavaldese.^
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