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Ro'ma, 23 Maggio 1908
SI pubblica ogni Sabato
ANNO I - N. 21
LA
...'f
Propugna gFinteressi sociali, morali e religiosi in Italia
ABBOKAMKNTI
Semestre L. 1,50
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Italia : Anno L. 2,50
Estero : » » 5,00 — «
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SOMMARIO :
Gli avvenimenti del giorno : — I fatti di Siena,
V. (ìAKRETTO — Cronaca del movimento religioso
— Arte, letteratura e scienza : Nelliua, dramma
di Eoberto Bracco — Fatti e idee — Leggendo
r Evangelo — Questioni sociali e morali : Madre,
L. Clekico — Attacchi e difese La morale e la
cultura. E. Mbvniee. — Problemi di educazione e
d^istriizione : Il Carattere, E. Balme — Pagine di
storia; Fraucesco Borelli Inquisitore, G. Jalla —
La dottrina cristiana spiegata al popolo: Sono
peccatore ? e. j. — Informazioni — Bibliografia:
Le lettere di un prete modernista, Vìgenzio — Appendice : Eroine Valdesi, Monologhi di T. Gay.
AVVISO IMPORTÌIHTE
Per riiltima volta prpgo gli scrittori di voler essere brevi e concisi. Da
ora innanzi gli articoli troppo lunghi
saranno inesorabilmente raccorciati o
cestinati.
Il Direttone
6LI llillHijHEflTI DEL BIDRHO
*
* *
Gli scioperi continuano ancora, anzi pare che si estendano ; ma fortunatamente perdono in intensità
ciò che guadagnano in estensione. Noi non crediamo
di dover aggiungere altro a ciò che dicemmo nelle
passate settimane ; speriamo, come tutti sperano, che,
sedato il tumulto delle cattive passioni, ognuna delle
parti ceda alla voce del buon senso e riconosca il
torto che le spetta e vi porti riparo.
L’economia namonale è seriamente minacciata da
queste convulsioni : a beneficio di chi si spreca tanta
parte di produzione? A beneficio,di nessuno.
Ed ecco : molte coltivazioni non si possono fare,
molti prodotti non si avranno più per quest’ anno.
È tempo ohe la pace benefica ripari al disastro.
Intanto ci compiacciamo vivamente del fatto che
non siano avvenuti disordini troppo gravi, come si
temeva dapprincipio.
*
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Parliamo di una bella festa, che ha una grande importanza pratica se la si vorrà capire.
Il Granatiere, affrontando non pochi nè piccoli
rischi, è giunto fino a Roma risàlendo il Tevere. A
noi poco importa della cerimonia per la quale la
bella nave è venuta ^ a noi importa far osservare che
con questo saggio si è dimostrata la possibilità di
servirsi del Tevere come di una eccellente via commerciale. Le vie d’acqua, ognuno lo sa, sbfto le più
economiche: Roma, potendo per la via del Tevere at
tivare una continua comunicazione col mare, ne avrebbe vantaggi incalcolabili.
E non solo col mare, ma Roma potrebbe agevolmente tenersi in contatto rapido e poco costoso anche con le provincie interne, cominciando dalla Sabina e andando fino alla provincia di Arezzo.
Il Tevere nel buon’ tempo antico era, in fatti, la
grande arteria della città regina del mondo ; le belliche armate popolavano il vecchio fiume, che avea
vista sorgere e prosperare la conquistatrice, e le navi
mercantili lo risalivano quasi tutto, arricchendo la
capitale di tutti i prodotti delle provincie interne.
L’ epoca della barbarie distrusse tutto ciò, come
tante altre còse. Al tempo del governo papale, negli
ultimi anni di esso, si fecero pai’ecehi progetti buoni,
rimasti poi lettera morta, per 1’ utilizzazione del Tevere. Speriamo che ora l’entusiasmo destato dall’ arrivo del Granatiere porti buon frutto e duraturo,
richiamando l’attenzione generale sul problema della
navigabilità del Tevere e spronando i dirigenti a
tradurre in pratica tutte le belle parole che sono
state dette e i magnifici propositi che si sono fatti.
Sarebbe un mezzo efficace per venire in aiuto della
nostra capitale, travagliata continuamente e impedita
nel suo sviluppo dallg orìpl :^ònqmlife. E sarebbe
forse il solo modo pcf"giùné'àfè al pópolamento e
allo sfruttamento dell' enorme deserto che circonda
la urbs gloriosa.
*
* *
Dobbiamo anche occuparci delle resultanze' dell’inchiesta sulla guerra.
L’argomento è delicatissimo, perchè si rischia di
essere malamente giudicati dai prevenuti : i militaristi
a oltranza potrebbero offendersi, gli antimilitaristi
potrebbero accusarci di tenerezze per il dio Marte.
Noi non ci intratterremo dunque sulla questione
politica; ma diremo qualcosa sulla questione morale.
E la morale è tutta qui : dopo parecchi anni di sacrifizi!, sopportati con rassegnazione e con spirito
patriottico altissimo, ci si viene a dire tranquillamente che non abbiamo esercito organizzato e che
le nostre frontiere orientali sono sgueunite !... Ripetiamo che qui la pregiudiziale politica, qualunque
essa sia, non deve turbarci, perchè, slamo militaristi
0 no, lo stupore e la disillusione sono egualmente
inevitabili per tutti.
Ma... e i nostri milioni dove se ne sono andati ?
Giacché è chiaro che in tutto questo tempo trascorso
1 bilanci hanno, più o meno pingui, sempre funzio
nato regolarmente. Un ufficiale superiore, a cui rir
volgevamo la domanda un po’ ingenua, ma molto naturale, ci rispose sorridendo : E’ chiaro che sono stati
spesi male...! In fatti è molto chiaro; e la conclu
sione della inchiesta è questa : ì milioni (o miliardi)
spesi fin, qui sono stati spesi male. Conclusione molto
incoraggiante.
Il ministro della guerra si apparecchia a domandare l’aumento del bilancio consolidato. E’ logico :
mancano parecchie cose, altre non sono state fatte a
dovere, ci vogliono soldi per riparare alle mancanze
e per rifare il mal fatto. E’ logico ; ma non sarebbe
anche logico che i rappresentati del popolo domandassero qualche buona garanzia per l’avvenire, ammaestrati dall’esperienza del passato ? E’doloroso dover constatare una così graves deficienza nell’Amministrazione del proprio paese; ma se si sa'prà portare
rimedio al disordine con coraggiosa onestà, i milioni
(o miliardi) spesi malamente in passato potranno essere riguadagnati in avvenire.
G.
I fatti di Sieoa
Vale la pena che spendiamo due paroleintorno al sintomatico conflitto di Domenica,.
17 Maggio, a Siena. ;
Il tatto eccolo hrevèmente : '
L’Associazione popolare cattolica senese
inaugurava in quel giorno la propria bandiera e Ton; Cameroni doveva parlare nel
teatro della Lizza. Perciò un imponente corteo clericale si era formato per recarsi
dalla Chiesa del Carmine, ove si era battezzata la bandiera, al teatro suddetto, in
cui aspettava il deputato oratore.
Ma lo spettacolo dì un’ associazione clericale che inalbera la bandiera dai tre colori non era fatto pep^,, rallegrare_ i liberali.
senesi, i quali, irritatissimi, decisero di opporsi risolutamente a quella .specie di profanazione del vessillo della patria risorta.
Così si videro molti vecchi garibaldini
scendere nella via combattere arditamente
per istrappare la bandiera dalle mani bhe
non avrebbero dovuto maneggiarla. '
Ne nacquero incidenti spiacevoli; dovè
intervenire la truppa ; ci furono alcuni ieriti, alcuni contusi ; e la bandiera della discordia fu fatta a ppzzi.
Ora discutiamo un momento; E se vogliamo discutere serenamente non domandiamo : chi ha ragione ? Piuttosto rendiamoci conto dello stato d’animo de’ due partiti.
Il clericale pecca evidentemente di poca
sincerità. Egli non ama, non ha amato mai,
il vessillo dell’ unità italiana ; e non c’è
bisogno di risalire molto in su negli anni
per citare a dozzine gli esempi delP odio V
e del disprezzo clericale contro, quel cencio tricolore che a boi fa palpitare gioiosamente il cuore.
Basterebbe citare la continua, inesonibile interdizione di entrare ne’ tempi papistici ; interdizione a cagione della quale
più volte si ebbero a lamentare conflitti
talora pure cruenti.
Si è il clericale convertito? No, .non si
è convertito : lia mutato tattica solamente.
Visto che dalla opposizione recisa» rabbiosa, astiosa profittava poco o nulla, il
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LA LUCE
■clericale adotta il sistema della blandizie e
ripiglia quella bandiera cui aveva lanciata
la maledizione. Tu mi servirai bene, le
dice il clericale ; tu sarai un buon coperchio per la mia merce avariata. Ed ecco il
clericale vestito da patriota, facendo fìnta
di avere abbandonato Roma al suo destino
ineluttabile : egli vuole la religione di Roma
e vuole anche la patria che culmina in
Roma. Ma nessuno crede a questo partito
camaleonte che muta soltanto la pelle e non
si decide mai, nè si deciderà, a perdere il
vizio. Il sospetto permane, anzi si acuisce,
anzi diventa addirittura fastidioso, come a
Siena.
E si comprende.
Come volete voi che non iscoppi l’indignazione di coloro che cucirono colle punte
delle loro baionette i tre colori fatidici ?
Come volete che, convinti della mal coperta
finzione, si rassegnino i gloriosi mutilanti a
vedere la bandiera, che li infiammò e li
^uidò di vittoria in vittoria fino sul Cam
pidoglio, ridotta a servir da immondo pretesto elettorale ? Eglino erano abituati a
rispettarla ben altrimenti e a riguardarla
con ben altro spirito di venerazione : per
i^ssi è la patria...! I signori clericali, che
strillano così forte quando un pacifico viandante non si accorge del loro Corpus Domini e non si leva il cappello (e se potessero linciarlo lo farebbero con buonissima
volontà), i signori clericali devono meravigliarsi tanto meno della sollevazione de
patrioti.
La violenza non va mai giustificata, nè
incoraggiata j ma l’idea, che trasse i garibaldini, a protestare, è giustificabilissima
Condannati gli eccessi, rimane da. ammirare la nobiltà del patriottismo che grida ;
No, basta cosi ; non più finzione !
Che direbbero i clericali, se un bel giorno
un corteo di liberi uomini s impadronisse
■di un’ostia consacrata e volesse scimiottare una processione pretesca ? Gridereb
bere al sacrilegio, direbbero che non se
n’ha il diritto ove non è la tonsura ed al
tre cose simili.
Ebbene, cosi noi diciamo ai clericali :
Voi non avete il diritto di adunarvi alTom
bra della bandiera d’Italia.
Tornate alla vostra.
Vito Oafpetto
Pare impossibile ; pure la cosa è, non solo verosimile,
ma obbligatoria, giacché (come dice il Corriere d'Italia)
non può un vescovo sopportare che in sua presenza
sia fiitto il nome e sia tentata la difesa di un prete
sospeso a divinis. Come se un prete sospeso a divinis
fosse satanasso in persona !
E il carattere indelebile ?
educazione papalina. In Prussia sopratutto, e in special
modo a Berlino, i cattolici romani sono assorbiti da’
protesteHiti : la stampa papista si lagna della insufficenza di preti...
Mh che insufficenza ; la causa è sempre da ricercarsi
nella inesorabile legge della vittoria del più. forte.
Una nuova beata
(firte, Letteratura, Scienza
Non ¡staremo a descrivere a’ lettori ciò che avvenne
Domenica 17 maggio, in San Pietro. Prima di tutto perchè la cosa è molto vecchia, trattaudasi della fabbricazione di una delle solite beate (non ancora santa) ; e
poi anche perchè le teatralità papistiche molto sperano
dalle descrizioni dei giornali per impressionare il pubblico. Noi abbiamo altro da fare che prestarci a far richiami intorno alle rappresentazioni vaticanesche.
Ma non possiamo non parlare, d’altra parte ; non possiamo non denunziare con tranquilla indignazione queste
commedie, che continuano tuttavia, mentre l’anima
moderna si tormenta nella ricerca de’ grandi veri.
Come volete che una chiesa, tutta piena di queste ridicolaggini, possa alimentare e soddisfare le aspirazioni
profonde dello spirito ? Ecco perchè ormai la si guarda
e si passa oltre : ella pare una vecchia rimbambita che
si trastulli in mezzo al compatimento generale, aspettando che la fossa l’accolga.
Vedendo quell’uomo assiso sulle spalle di altri uomini, noi pensavamo a’ modernisti e dicevamo a noi
stessi : Come possono costoro, cosi audaci negatori,
come possono rimanere sottoposti a quest’autorità, che
si piega davanti a l’idolo, dopo averlo creato e... averne
ricavato frutto abbondante ?
Ma forse noi non intendiamo il profondo significato
di codesti simboli antichi e venerabili!...
NELLI N A
IDfinaimma di Roberto Bracco.
A.TJSTniA
Conflitti tra studenti liberali e clericali'
Si acuiscono le lotte tra studenti liberali e clericali
in seguito sempre a l’affare Wahrmund, di cui parlammo altra volta.
Un primo conflitto è avvenuto a Gratz in occasione
del conferimento d’una laurea ad uno studente clericale.
Un secondo tafferuglio si è avuto a Vienna, dove la
polizia ha dovuto intervenire per il ristabilimento delr ordine. E un terzo certame, più grave, si è impegnato
ad Innsbruck, dove i clericali si sono baldanzosamente
posti a sbarrare la porta dell’Università per non fare
entrare alcuno. Il rettore ha dovuto chiudere 1 Ateneo ;
il combattimento è continuato poi nelle vie e sotto le
finestre del circolo clericale, che i liberali presero d assalto a sassate.
Sentiremo quali saranno le dichiarazioni del Governo
alla Camera de’ deputati.
BELGIO
Un Contradittorio
Cronaca Ad MoAinunto religioso
ITJLLIA
Don Murri fa scappare un vescovo da un Congresso.
Ne’ giorni 15 e 16 del corrente mese si è tenuto a
Gubbio uno de’ soliti congressi, che sono le grandi
manovre del partito clericale in questo momento della
nostra storia.
Il vescovo Fongoli benedisse paternamente i congressisti e si assise in mezzo a loro con beata aria di
patrono; quando il dott. Stirati, amico e seguace di
don Romolo Murri, si alzò per portare il saluto di costui ai convenuti,..
Apriti cielo 1 al nome terribile dell’ eretico avvenne
un pandemonio : proteste, urli, fischi. Il vescovo inorridito fuggi dalla sala precipitosamente.
La Società del Lìbero Pensiero di S. Gilles, volendo
organizzare un contradittorio su questo soggette
« Scienza e Religione », domandò agli evangelici di
Bruxelles, se qualche pastore evangelico volesse intervenire in difesa della propria fede.
Si presentò il pastore J. Rambaud di Liegi, il quale
parlò in contradittorio col dott. De Paepe, ottenendo
un vero e lusinghiero. successo. Ecco le parole indirizzata dal presidente della riunione dott. W. P. Janson
al pastore Rambaud :
« Quauto al pastore Rambaud, noi non avevamo il
bene di conoscerlo; ma abbiamo ammirato la dialettica
e la forma letteraria della sua superba conferenza..
Migliore elogio di questo il nostro fratello non po
teva desiderare, giacché è un elogio strappato a gente
non troppo tollerante ; almeno ne nostri, paesi non
siamo abituati a tanta larghezza.
GERMANIA.
Effetti de’ matrimoni misti
I giornali cattolici romani sono in apprensione a
causa del numero esorbitante di matrimoni misti in
Germania.
Secondo una recente statistica, che togliamo dal
Témoignage, il numero de’ fanciulli nati da cotesti
matrimoui sarebbe di 69.000, de’qualiÌ42.000jsouoj allevati con educazione evangelica e 27.000 soltanto con
Questo Qu-ovo dramma del Bracco è una nuova
battaglia comibattuta in favore di una cosa santa :
la< maternità. L’autore ha evidentemente voluto.mostrare tutte le orribili conseguenze di un errore
iniziale tutti gli irreparabili mali che si addensano
con spaventosa fatalità sul capo di una creatura cui
non protegge lo sguardo materno.
Questa creatura è Nellina.
Figlia di una tale Gigetta che "l’avea spensieratamente,. come tante fanno, abbandonata ne’ primi
anni, Nellina è raccolta fanciulletta in casa di. un
tal don Cesare, ricco signore vedovo innamorato
di Gigetta, la quale in un momento di tardivo rimorso s’è ricordata d’avere una figlia.
Ma Nellina non sa che Gigetta le sia. madre ;
ella cresce in casa di don Cesare ignorando, tutto,
sapendo solamente che è nel mondo e amando Giacomo) on buon giovane figlio di don Cesare. L anima
della fanciulla cosi si nutre d'amore e di odio : amore per Giacomo, odio per tutti gli altri uomini,
contro, i quali vorrebbe vendicarsi atrocemente. Questa disposizione di Nellina è accresciuta e alimentata dal folle desiderio del vecchio don Cesare, che
sentesi trasportato verso la giovane beneficata. Tina
prima soluzione chiude il primo atto : don Cesare
licenzia Gigetta, Giacomo si allontana disgustato
dalla casa paterna, Nellina fogge dietro a lui.
Gigetta e Nellina, che si erano appena conosciute
nella casa di don Cesare, diventano, amiche intime.
Gigetta, senza rivelarsi, cerca di frenare gli istinti
perversi della figlia, portata a gìttarsi nel vizio per
vendicarsi degli uomini ; perciò le consiglia di attacarsi a Giacomo con affetto e dimenticare il resto.
Ma Nellina non vuol saperne ; ella vuol fare la
grande signora, si fa abbandonare da Giacopio perchè gli vuol bene e non vorrebbe che la sua vendetta investisse anche lui e si dispone a fare i
primi passi fatali sulla via del vizio. La povera madre assiste col cuore spezzato a questo spaventevole
pervertimento, di cui si sente cagione prima.
Ma c’è un momento in cui pare che Nellin.i voglia arrestarsi ; il ritorno di Giacomo. Egli si studia con grande tenerezza di guadagnare a sè Nellina, di distoglierla dal forsennato proponimento di
vendetta ; ma, quand.o viene a sapere che .la ragazza
è giunta fino ad invitare per la prima alcuni giovanotti a cena, ha uno scatto di fierezza irresistibile e, sordo alle preghiere di Nellina, scappa inorridito. Nellina rimane accasciata, desolata, poi risolutamente si dispone ad andare incontro agli invitati, mentre la madre, Gigetta. assiste impotente e
dolorosa alla perdita della figlia.
Dal 2- al 3- atto son passati alcuni anni. Gigetta
e Nellina non si sono viste più : Nellina è divenuta
una dama di alto rango, che si diverte assai, laddove
Gigetta deperisce lentamente e va a finire in una
casa immonda. Ella non ha voluto godere dell'aiuto
di Nellina e si è studiosamente nascosta lungo da
lei.
Gigetta è in fin di vita e risolve di far chiamare
Nellina, per farle all’ultimo istante la rivelazione
che non ha avuto il coraggio di farle prima. L’incontro delle due donne è commovente : la tenerezza
della madre manda i suoi ultimi bagliori vivissimi ;
ma Gigetta ancora una volta non ha il coraggio di
rivelarsi. Nellina ha detto che la madre, la quale
può abbandonare )a- propria figliuola, è un mostro.. I
Ciò toglie forza a Gigetta.
3
■m' ■
LA LUCE
Dal punto 41 vista della tecnica il lavoro del
Bracco, più che un dramma, sembra un insieme di
bei quadri disegnati con mano maestra, da’ quali
si potrebbero ricavare due o tre drammi.
Ma dal punto di vista della naturalezza ci sembra che la figurazione della madre sia un pò’ forzata. Non è, in fatti, concepibile che una madre si
contenti di rimanersene in una posizione continuamente negativa. Senonchè comprendiamo benissimo
che l'autore ha voluto maggiormente cosi far risaltare la responsabilità della madre e ispirare più
grande orrore per l’atto snaturato di Gigetta : l’impotenza di questa disgraziata è quanto di più straziante si possa immaginare ed è la sua espiazione.
f^TTrTElpÌEE
L’origiQalità di S> Francesco
Leggiamo sotto questo titolo uno studio di Paolo
Sabatier pubblicato in Battaglie d’oggi (N. 9-10).
Lo studio, non c’è bisogno di dirlo, è bellissimo,
come tutte le cose dell’ illustre storico, il quale in
materia francescana é oramai diventato pontefice
massimo.
Egli delinea la figura del poverello d’Assisi, mostrandocela in ciò ch’essa ha di più originale e rivendicandone la nobiltà che non fu poca.
In sostanza il Sabatier vuol dire questo : S. Francesco non fu quel pecorone servile, muto e sottomesso, quel mezzo idiota, che alcuni superficiali si
immaginano, guidati da’ loro preconcetti irreligiosi.
Egli fu un uomo cosciente e libero nella sua sottomissione alla Chiesa. D’altra parte nella sua libertà
non v’ha punto quello spirito di quasi ribellione
che, secondo altri, farebbe di Francesco una specie
di precursore del protestantesimo. Egli fu un figlio devoto della Chiesa, il salvatore della madre
pericolante, secondo la famosa visione d’Innocenzo
III.
Dunque 1’ originalità di Francesco consiste nel
suo doppio aspetto di uomo perfettamente libero e,
insieme, perfettamente sottomesso.
Citiamo le parole del Sabatier :
« Questo doppio fatto, della perfetta sommissione
e della perfetta libertà, che a spiriti gretti pareva
così illogico, appare in tutta la vita del Poverello.
Comprendere ciò, è comprendere Francesco d’Assisi e il movimento da lui iniziato : sconoscerlo, è lo
stesso che sconoscere, non solo Francesco d’Assisi,
ma anche il carattere più originale della vita della
Chiesa ».
Paolo Sabatier continua dimostrando con due esempi la tesi da lui sostenuta. Il L esempio prova
la perfetta sommissione, raccontando come Francesco abbia voluto 1’ approvazione del papa all’ordine
novellamente fondato. Il 2 esempio ci mostra Francesco alle prese col papa, il quale non vuol saperne
di approvare la creazione del nuovo ordine ed a cui
il Santo rivolge parole che non sono complimenti :
cosi si prova la perfetta libertà di Francesco.
Chi può negare il valore delle prove addotte dal
Sabatier ? Chi può contradirgli le logiche e severe
conclusioni ? Ma, anche approvando senza esitazione
e senza reticenze la resultanza del lavoro critico,
noi crediamo che ci sia un pò’ di esagerazione nelle
parole finali dello studio del Sabatier, il quale esclama : «.... Francesco d’Assisi non è punto morto,
perchè 1’ opera sua non è punto compiuta... ». Di
grazia, quale è l’opera sua che devesi compiere ?
La Riforma della Chiesa ? Questa ifon fu opera di
Francesco, non può essere la conclusione dell’opera
di Francesco. La Riforma della Chiesa, che oggi
fermenta anche nel Romanesimo, ha avuto altri iniziatori. Il lievito che par lievitare anche la massa
de’ romanisti è sempre quello posto dal contemporaneo di Francesco, Pietro Valdo, dal quale scesero
'in linea retta i colossi riformatori del sec. XVI.
Quei due uomini, entrambi liberi, fanno pensare
ai vari aspetti della libertà : c’è la libertà del cin
co, che fa il comodo proprio senza ribellarsi alle
bastonate ; c’è la libertà del leone... (ci scusi l’illustre Sabatier questo esempio volgare ; ma esso
calza benissimo). Francesco, è,^libero, si, ma sottomesso ; questa sottomissione ne rende vana l’iqiera,
tanto che oggidì i francescani sono quel che sono.
Pietro Valdo è libero e si vale della libertà tornando a riconquistare la indipendenza de’ figli di
Dio e dando origine a un grandioso movimento, di
cui i frutti si veggono nella gloriosa civiltà moderna che ha schiacciato Roma e l’ha tagliata fuori
del cammino de’ popoli.
Chi, tra Francesco e Pietro Valdo, è più discepolo di Gesù di Nazareth flagellatore di mercanti e
di farisei ?
La risposta l’aspettiamo dal nostro illustre amico.
La Santa Casa di Loreto
Una delle fortezze della supestizione papistico*
pagana è quella cosidetta Santa Casa di Loreto, da
qualche anno passata in seconda linea, giacché il
primato spetta ora alla madonna di Pompei, ma pur
sempre veneratissima e ben remnneratrice.
Combattere la ridicola menzogna su cui è fondato
il lucroso commercio di Loreto è opera non solo
buona, ma santa e doverosa. Perciò con vivissimo
compiacimento segnaliamo uno scritto, dovuto al
prof. Rodolfo Renier dell’ università di Torino e
stampato nel N‘ 19 del Fanfulla della Domenica.
Il prof. Renier espone le fasi per cui è passata
la questione lanretana, mostrando la insussistenza
della sciocca leggenda ormai sfatata dalla critica seria, smascherando la menzogna pretesca e denunziando come puerili i tentativi di coloro che vorrebbero alzare la voce in difesa di una misera e
infelice invenzione, la quale purtroppo gronda di
lagrime e di sangue.
Che peccato non poter ristampare tutto l’articolo
bellissimo ! Noi invitiamo i nostri lettori a leggerlo
attentamente nell’originale ; qui ci contentiamo di
stuzzicare il loro appetito.
Il prof. Renier traccia prima di tutto le linee
della favola :
« La Casa di Maria a Nazareth, ove seguì l’annunciazioue ed il Verbo incarnossi, strappata dalle
fondamenta, è portata dagli angeli, nel maggio del
1291, a Kaunizza, tra Fiume e Tersatto, in Dalmazia.
Apparsa, informando, la Vergine ad un curato, diffusasi fa voce, quattro delegati illirici si recano a
Nazareth per verificare se le dimensioni dell’abitacolo
corrispondano a quelle delle sue fondamenta. Ciò nel
1292; ma due anni dopo, nel dicembre del 1294, la
Casa riprende il volo, traversa l’Adriatico e si posa
nel territorio di Kecanati. Nell’Agosto del 1295 si
muove di là e va poco distante, nelle terre dei fratelli Antici. La città di Recanati invia nel settembre
un messo a papa Bonifacio Vili per annunciargli il
portento. Il 2 dicembre 1295 ultimo e definitivo spostamento : la Casa viene in un luogo detto Loreto perché
v’era un gruppo d’allori, ovvero perchè apparteneva ad
una vedova di nome Lauretta. Nel 1296 la Vergine appare in visione ad un eremita, in conseguenza di che
uuovi delegati sono spediti in Terrasanta per verificare
le dimensioni. Tutto ben chiarito e documentato, s’inizia il culto della Sacra Casa, che acquista una notorietà
strepitosa. Le attestazioni a confermasi citano a centinaia, alcune anche risalenti agli inizi del XIV secolo ; i prodigi della - Vergine venerata nell’ interno
della Santa Casa si moltiplicano, e con essi ’ pellegrinaggi e coi pellegrinaggi le offerteli papi collaudano
e promovono quella « pia credenza » ; a similitudine
dalla santa cappella, con le medesime dimensioni, si
fabbricano chiesette in varie parti dell’Europa cattolica, da Alessandria e da Vigevano al colle famoso del Hradschin, che sovrasta Praga ».
Ciò, detto, il prof. Renier fa una chiara ed ordinata e.sposizione degli stndi intorno alla questione
la quale comincia da essere dibattuta nel sec. XVIII
e continua ad esserlo ancora a’ nostri giorni.
Da un lavoro poderoso di Monaldo Leopardi, padre del poeta infelice, si desume che nel secolo
XVIII due fatti sintomatici servono a gittare nel
dubbio lo storico.
Il pi imo è questo : la commissione di prelati, raccolta dal papa Benedetto XIV per la riforma del
breviario romano, ne eliminò nel 1742 la festa della
traslazione di Nostra Donna di Loreto, introdottavi
nel 1699 da Innocenzo XII, Il 2‘ è quest’altro :
Francesco Retz, generale de’ gesuiti dal 1730 al
1750, proibi ai Bollandisti di parlare della traslazione della Santa Casa, perchè giudicava quel fatto
insostenibile.
Segue in quel medesimo secolo 1’ opera del bolognese Giancristoforo Trombelli, pubblicata dal 1761
al 1765 ; opera preziosa per la confutazione de’
pretesi documenti antichi, benché non del tutto
concludente. Viene, subito dopo, Gius. Antonio Vogel, prete alsaziano, che non volle tirare tutte le
conseguenze delle sue premesse.
In tempi a noi vicini si ha da citare un barnabita, Leopoldo de Feis, come il primo coraggioso
demolitore della favola. A lui fece eco il Boudinhon.
Finalmente si giunge all’opera del canonico Ulisse Chevalier, la quale, dice il prof. Renier, resterà
il vero punto di partenza per ogni ricerca futura.
Lo Chevalier distrugge punto per punto le asserzioni della leggenda, poggiandosi sulle testimonianze
de’ contemporanei, che sono in perfetta ed assoluta
opposizione con le ridicole narrazioni surte molto
tardi, non prima del sec. XV.
É inutile aggiungere che lo Chevalier è stato
molto combattuto da coloro che si ingrassano all’ombra della Santa Casa. Quelle contumelie non hanno
valore critico e storico.
Ma non possiamo chiudere questo cenno senza far
risaltare la scandalosa condotta de’ fautori che il
prof. Renier denunzia alla fine del suo articolo.
Sono preti, quasi tutti, gli stessi smascheratori
della favola ; ma sono di quei pochi onesti e coscienziosi che rallegrano il cuore di ogni uomo
quando si incontrano, tanto so^no rari. A costoro
va reso omaggio ed espressa gratitudine. Ma di
contro a cotestoro vegeta tuttavia la massa di quegli altri, con a capo Pio,X in persona, i; quali sostengono, per bocca di uri dotto storico quale il padre Grisar, che sarebbe sconveniente Vannunciare
dal pergamo al popolo che la Santa Casa non fu
portata dagli angeli e non é quella di Nazareth
perchè maxima debetur puero reverentia... »
Avete capito, lettoli ? Sarebbe sconveniente..,,
dire la verità al popolo che è cioè fanciullo !
LEGGENDO L’EVANGELO
I ciechi ricuperano la vista, e
gli zoppi camminano ; i lebbrosi
, sono mondati, e i sordi odono ;
i morti risuscitano, e l’evangelo
^ è annunziato ai poveri.
{Matt- XI, 5)
Con queste poche parole il Cristo intende
far rientrar la calma nel cuore di Giovanni
Battista e dimostrare che Egli è veramente
il Messia che venne vaticinato alle genti.
Da più di un anno il precursore era in
carcere, e nella sua solitudine, ricordando
i bei giorni di attività trascorsi lungo le
rive verdeggianti del Giordano, si sentiva
nn altr’uomo, ben diverso da quel che era,
quando ai suoi concittadini annunziava la
Buona Novella. <■ ,
Ova, egli, già figlio libero del deserto,
per il quale la contemplazione abituale
della natura era diventata un bisogno, si
sentiva tutto scoraggiato, e quasi quasi ora
non era più così sicuro che quel Gesù che
pure aveva veduto, e del quale aveva dato
una testimonianza cosi splendida, fosse
veramente il Messia che doveva compiere
le speranze antiche.
Le circostanze dunque ci spiegano lo scoraggiamento ed il dubbio del Battista. Ma
in tali condizioni di spirito non rimarrà
molto tempo. Due dei suoi discepoli egli
4
LA LUCE
manda a Gesù con un particolare messaggio : .« Sei tu colín che ha da venire, o
pure ne aspetteremo noi un’altro ?
I due discepoli vanno e trovano il grande
Maestro nel pieno esercizio del suo ministerio. E questa attività esercitata in mezzo
alla moltitudine, tormentata da mali immensi, suggerisce al Cristo la risposta all’imbasciata di Giovanni. Egli adunque si
appella alle opere grandi che faceva in
presenza di tutto un popolo ; le fa attestare al Battista per mezzo dei discepoli
inviatigli. Quei fatti che nessuno poteva
negare erano, in fondo, quelli che al povero prigioniero importava sapere. Essi
bastavano per din ostrargli la realtà e la
divinità della missione di Gesù come Messia. Oh certo, se il Cristo faceva opere
così portentose non poteva essere un falso
Cristo !
E ancora noi nei momenti di dubbio e
di perplessità trasportiamoci in ispirito in
quelle città, in quelle campagne che il Cristo percorreva predicando. Cerchiamo di
rappresentarcelo in quei momenti, in cui
una parola sua, un gesto suo bastavano per
infondere la vita là dove regnavano il male
e la morte, o, cenando, in quelle ineffabili
compassioni che ce lo fanno conoscere
ancora meglio dei suoi miracoli, raccoglieva
intorno a sè i poveri, gli umili, i piccoli,
i diseredati della terra per rivelare loro un
nuovo mondo di pace, di felicità e di grandezza morale.
E allora saremo vieppiù accertati che
Gesù è veramente Colui che doveva venire, e non ne aspetteremo un altro !
e. m.
PREGHIERA
Domenica, 24 Maggio
Signore Iddio e Padre celeste, le anime nostre
gioiscono nella santa consapevolezza che noi siamo
tuoi e che non possiamo essere separati da te, o
gloriosa fonte deUa vita ! Noi possediamo cotesta
assicurazione in Gesù Cristo, il tuo eterno Piglio.
Fondati su di essa, noi viviamo... A questo fuoco
sacro riaccendiamo la fiamma deUa nostra speranza.
Ci pervade l’anima, o Signore, queUa sacra sicurezza che procede da una forza inviolahUe. Dio e
la nostra rocca. Il Signore di tutta la terra e oolm
ohe ci sostiene. Amen.
QUESTIONI SOCMLI E nORrtLI
M AD RE>..e
♦
È troppo tardi per parlarne ?
Intendo dire del Congresso femminile tenuto in Roma.
Non credo, poiché ancora in giornali e riviste vedo che
si discute sulle ardenti questioni che quel Congresso ha
portato a galla. E specialmente si discute sulle questioni morali, le più importanti per la donna e quelle
che più la commuovono e l’interessano. Qualche voce
discorde ci fu ; ma in genere l’intonazione morale del
Congresso femminile fu alta e nobile. Invano Matilde
Serao neU’Ora e Caterina Pigorini, Beri sulla fribiina,
si scagliano con più o meno arguzia e senno contro
le dottoresse e le loro franche parole. Dalla bocca di
queste dottoresse abbiamo udito sante verità, non nascose da inutili veli, ma necessarie a tutti, uomini e
donne, giovani ed adulti. Lo creda, egregia Sig.ra Serao : molti romanzi moderai, belli di forma, e d arte,
saran caduti nell'oblio quando la « Capanna dello zio
Tom » che ella stima,« romanzo mal scritto e noioso »
sarà ancor letto ed ammirato ; poiché é il grido di un’anima generosa contro la tirannia e 1 immoralità
Ah I se ne avessimo molte ai nostri giorni di queste
donne d’ingegno e di cuore che sappiano alzare la voce
in prò delle loro sorelle oppresse e doloranti !
Vi è un problema femminile maggiore di tutti, del
quale forse il Congresso non si occupò abbastanza : il
problema della maternità.... E vi fu appunto una di
queste dottoresse, la prof. Moutessori, che pronunziò
una parola nobile che resterà, spero, in ogni cuore ;
« La maternità, » essa disse, « ha tutti i diritti ! »
Quanto è vera questa semplice frase ! Il sentimento
materno é il più tenace che Dio abbia posto nel cuor
della donna ; Per quanto sia caduta in basso, é raro
che non ricordi di esser madre e non ritrovi un soffio
di purezza nel bacio del suo fanciullo. Per quanto sia
salita in alto e le sieno stati tributati onori e plausi,,
dinnanzi al sorriso di un bimbo essa non é più che
una semplice donna : le sue braccia si schiudono, il
suo cuore trova mille segrete parole, la sua memoria
rintraccia dolci e lontane cose che cullarono la sua
propria infanzia ; essa é madre !
Come dunque si é potuto dire che la maternità ostacola il progresso femminile ? Forse chi lo disse non
spiegò bene il proprio concetto. Non già la maternità
ostacola lo sviluppo della donna, ma le tristi leggi sociali ed i mille pregiudizi, che ancor pe.5ano su di essa.
*
^ «
€ La maternità ha tutti i diritti !... e laSig.raAlda
Orlandi ebbe ancora a dire che proteggere la maternità é difendere la razza, far opera benefica per Tumanità.
Ma in realtà questo sacro mistero è assai poco protetto e difeso. Guardate la contadina, 1’ operaia, la
professionista povera che rovinano in un lavoro eccessivo la loro debole fibra ! I loro figli nascono già gracili, consunti dalla fatica della madre ; e questa sovente non può ueanco allevarli col proprio latte, stringerli tra le sue braccia in quei primi mesi quando
c l’anima pargoletta » si sveglia alla vita. Il lavoro,
non già il lavoro intelligente e giusto, ma l’improba
fatica di schiavo o di bruto, richiama quelle misere ; e
quante volte la creatura a cui diedero la vita muore
lontana da esse!
E che dirò della maternità che si trova in coflitto
colle leggi ed i costumi ? Essa ha tutti i diritti.... ma
non possiede quello di far riconoscere il suo bimbo da
colui che par gli è padre. L’uomo che con promesse ed
artifici, colle eterne e lusinghiere parole di Faust o di
Mefistofele, ha sedotto una sventurata, continuerà la
sua via, felice e noncurante ; dell’amore di un giorno
egli non serberà che un grato ricordo. La donna espierà ; per lei « 1’ amore è tutta la vita » j e la sua
vita é spezzata... Le rimane, estremo conforto, il suo
figlio... Ma ahimè ! la società farà di quel bimbo l’accusa maggiore contro la madre ; dinnanzi a lei si chinderanno ostili tutte le porte. Le altre donne, triste
cosa a dirsi 1 le volgeranno sdegnosamente le spalle !
Eppur quelle donne si dicono sovente cristiane !
Ah ! lasciatemi, a me che son donna, la bellezza di
un sogno soave, di un sogno che credo sarà un giorno
realtà, poiché confido nell’ amore di Dio e nel Suo
trionfo quaggiù. Vedo nell’avvenire la donna madre
innalzata sovra un piedistallo a pié del quale 1’ umanità recherà tutti i suoi fiori e tutti i suoi canti. In
quei giorni la miseria non le ucciderà più i figli, e l’oltraggiò non curverà più la sua pallida fronte. Essa
sarà cosa sacra, amata e venerata ; e la fanciullezza
lieta e serena Aprirà nel bacio materno, sotto lo sguardo
di Colui che. Figlio di Dio, volle nascere da una donna
e glorificare cosi, dal presepio di Betlehem alla croce del
Golgota, l’amor di madre, riflesso dell’amor divino, che
tutto vince e tutto sorpassa !
liisa Clevieo
ATTACCHI E DIFESE
La cultura e la morale
irebbero, a àetfea deirillustre antropologo più moralii,
dì noi !'
Se si vnole negare un’azione diretta o immediatai
della ,cultura sulla moralità dei popoli possiamo anche noi annuire. Ma il nostro assentimento cessa,,
quando si vuole addirittura dimostrare che non c’é
alcun nessO''nè parallelismo fra la cultura e la morale.. Ora l’uno e l’altro esistono.
Lùstruzione difatti illumina la mente, contribuisc e
ad educare i nostri istinti, a dominare i nostri ca- .
ratteri. Il Colajanni dice molto bene che essa ci
sviluppa i centri inibitori, ci dà la padronanza di
noi stessi,, comprime i nostri scatti ed agisce poderosar
mente e costantemente nel diminuire il numero dei.
reati più gravi ed allarmanti : gli omicidi. Il nesso
tra la cultura e la moralità di un popolo non può
essere negato, e la diffusione dell’istruzione è espressione e misura del suo stato sociale. Ed ove la
cultura è; poco diffusa predominano per lo più. i
pregiudizi, le superstizioni, le costumanze orribili
e primitive : e perciò il popolo è ancora selvaggio,
e barbaro, e il benessere sociale cattivo,, infimo.
Difatti la scarsezza della cultura esercita una perniciosa influenza nella genesi dei reati di sangueL’esempio della nostra Italia è a questo riguardo,
pur troppo, molto istruttivo.
Le provincie del settentrione sono quelle in cui
Tanalfabetismo è quasi ridotto ai minimi termini, in
confronto di quelle del mezzogiorno. Orbene, in
quelle i casi di omicidio sono assai meno frequenti
che non in queste ultime.
Si rifletta ancora al fatto che il più alto contingente di omicidi è fornito dai braccianti, dai lavoratori e specialmente dai minatori, come si rileva
da una tabella statistica del Eolio di alcuni anni
addietro, per quanto riguarda le provincie di Girgenti e di Caltanisetta, ove l’omicidio raggiunge un
alto grado di intensità, e ove altresì l’analfabetismo
è maggiore che altrove.
Dunque la scuola serve ad arrestare la criminalità nelle sue più varie forme, specialmente in quella
dell’omicidio, e si deve perciò vedere in essa nna
maggiore preoccupazione riguardo all’istrazione pubblica, specialmente a quella elementare, aumentando
le scuole, migliorando naturalmente quelle attualmente esistenti, nonché le condizioni economiche dei
maestri. Se si pensa a quello che spendono le altre
nazioni per Fincremento delFistruzione, in confronto
di quello che spende l’Italia, davvero non possiamo
far altro che umiliarci e profondamente.
La tesi del Lombroso è poi smentita dal fatto
che le nazioni ove l’istruzione è più diffusa, hanno
veduto la dilinquenza diminuire anno dopo anno.
Nell’Inghilterra, ad esempio, si sono potute chiudere in questi ultimi trentanni, nna sessantina di
prigioni, ma le scuole, nello stesso spazio di tempo
triplicarono. Onde ben potè dire nel 1902 un ministro delFistruzione pubblica dell’Inghilterra, il
Gorst : « Ogni sterlina spesa per le scuole rappresenta una notevole economia perchè rende inutile
la costruzione di nuove prigioni. «
Il Lombroso, in ultimo, per dimostrare vera la
sua tesi, cita l’esempio degli Scandinavi, i quali -scrive egli — hanno meno ingegno degli italiani
ma negli alberghi non vi sono chiavi e le vetrine
dei gioiellieri non vi hanno difese.
Ma non è quistione in questa materia della maggiore 0 minore svegliatezza d’ingegno dei popoli,
bensì della loro cultura o istruzione più o meno
diffusa. Ora gli Scandinavi — piaccia o^non piaccia
a noi — sono certo superiori, in quanto a questo,
ai popoli latini, e anche la loro moralità, è superiore.
Bnpieo OQeyniet».
Sotto questo titolo Cesare Lombroso pubblica un
articoletto Avanti! (1° Maggio) per dimostrare
che non v’è alcun nesso nè parallelismo fra la cultura e la morale. Ma gli esempi addotti non ci
sembrano molto probanti, specialmente quelli di
certe tribù selvaggio che, tuttoché ignoranti, sa
NUOVA AURORA
Questo volumetto, che ha avuto al suo apparire
nna cosi lusinghiera accoglienza, è posto in vendita per L. 1,76 la copia ; 10 copie per L. 12,50
La spedizione è a carico de’ committenti.
5
LA LUCE
ProbiBmi di Bducazione b d'istruzionB
Jl Qaraffere
Il carattere è, per così dire, l’essenza delFuomo,
dò che vi è di buono e di cattivo in lui, e perciò
la condotta umana, sia individuale che sociale, dL
pende unicamente dal carattere. Vi è chi sostiene
che il carattere è totalmente ereditario, istintivo,
innato nell’ uomo. Il B. Moulin, ad esempio, dice
che : « I figli sono, nel loro stato fisico, morale e
intellettuale, la fotografia vivente dei loro genitori,
presi al momento della concezione ». Certo vi è
molta verità in questa aifermazione, e sarebbe bene
che le fanciulle e i giovani sapessero che vi è una
legge atavica per la quale i difetti e le malattie fisiche dei genitori possono venir trasmesse ai figli,
e che coloro che discendono da tisici, da scrofolosi
da epilettici, da pazzi, da sifilitici hanno quasi sempre il triste retaggio di queste stimmate. Se si ponesse maggiormente attenzione a questi fatti, molte
infelici unioni non si contrarrebbero !
Se, fino ad un certo punto, anche i difetti psichici dei genitori possono trasmettersi ai figlia non
si può perciò affermare che il carattere sia totalmente ereditario, perchè si verrebbe a negare ogni
benefica influenza dell’educazione : l’nomo nascerebbe
con un carattere immutabile, invariabile. Ora, tutti
sono d’accordo nel dire che 1’ uomo, in gran parte,
è frutto dell’ambiente. Difatti, numerosi sono i motivi, gli impulsi benefici e malefici a cui va soggetto
il carattere, succedendo in questo modo un continuo
perfezionamento o un continuo degeneramento a seconda degli impulsi.
Educare l’nomo significa educare il suo carattere,
vale a dire incoraggiare, sviluppare, coltivare le
buone tendenze, i buoni germi, cercando in pari
tempo di soffocare o di lasciar latenti i cattivi.
Molte sono le cause che influiscono sulla formazione del carattere : il clima, la nutrizione, il fisico...
ma, più di tutte, l’ambiente sociale. Appena il fanciullo apre gli occhi alla luce, si trova in un ambiente di cui egli va mano mano rendendosi più cosciente. Dapprima egli non ha relazione alcuna
colla società : egli vive nella famiglia che esercita
rinfluenza più precoce e più duratura sul suo carattere. Massimo d’ Azeglio nei suoi « Ricordi »
cosi si esprime ;
« Quando aprendo gli occhi alla luce e le labbra
al primo respiro vi trovate collocati in un ambiente
di lealtà, d’onestà, d’onore e venite crescendo in esso
c trapassando cosi via via dall’ infanzia all’ adolescenza e da questa alla gioventù e alla virilità, ne
rimanete talmente penetrati edmbevuti che, malgrado
errori, scappate e colpe, pure il fondo del carattere
sembra sempre per istinto il senso del dovere e dell’onore ».
Il bambino nei primi anni vive unicamente di
imitazione e perciò la casa dev’ essere la prima e
più importante scuola per educare il carattere : in
questa scuola pura o corrotta il carattere si piegherà al bene o al male ; da questa scuola pura o
corrotta usciranno uomini buoni o malvagi.
Più tardi influiscono sulla formazione del carattere del bambino i buoni e i cattivi compagni. La
madre di Giorgio Herbert soleva ripetere sovente
ai suoi figli che : « siccome i nostri corpi sono nnìriti in conformità dei cilji che mangiamo, cosi gli
animi nostri assumono, insensibilmente anch’ essi,
virtù e vizi, daU’esempio e dalla conversazione di
buoni e cattivi compagni ». L’imitazione, difatti, è
per la maggior parte degli individui cosi spontanea
che i suoi effetti sono quasi inavvertiti, ma non
vuol per ciò dire che si facciano poi sentire meno
permanentemente.
I libri poi e i giornali hanno una influenza grandissima sulla formazione del carattere della gioventù.
Se i buoni libri « rifanno la gente », i cattivi sono
una vera lebbra morale, una sorgente impura di
cattivi sentimenti. Per l’educazione delle classi povere sarebbero necessari buoni libri, che purtroppo
in Italia difettano ancora, libri sul tipo di quelli
dello Smiles, un po' più facili forse, affinchè fossero adatti a tutte le intelligenze. '
E questi libri dovrebbero costare pochi danari,'
come in Germania, perché fossero accessibili a tutte
le borse.
Che veramente poi quei fatti di sangue descritti
nei loro più minuti particolari e coi più vivi colori
sulle colonne dei nostri giornali quotidiani siano
atti a formare il carattere del popolo ? Come sarebbe meglio certe descrizioni non farle ! perchè,
se l’annunzio di un fatto eroico è di sprone a seguire colui che l’ha compiuto, l’annunzio di un atto
criminale è, per coloro che hanno tendenza alla delinquènza, di sprone a seguire quello che ha mostrato audacia nei suoi delitti.
Un altro fatto deplorevole che influisce grande
mente sul carattere delle persone adulte sono i dibattimenti di processi resi pubblici, ove assistono
con curiosità uomini e donne che ascoltano con ansia febbrile tutte le minute particolarità e circostanze del delitto. È evidente che coloro, fra gli
assistenti, che hanno strutture criminali, conoscendo
il modo di compiere un assassinio o un furto, seguiranno le orme del delinquente o del ladro processato, sperando di non essere svelati.
Ben disse Fon. Orlando nella sua recente nobile
circolare alla magistratura italiana sulla delinquenza
dei minorenni : « Il Magistrato e il Pubblico Ministero cureranno che dalle aule dove si amministra
la giustizia penale, siano allontanati quei giovanetti
che senza alcun interesse diretto, e solo per morbosa curiosità, assistono ai dibattimenti dove spesso
si sentono dichiarazioni di delinquenti cinici e di
testimoni audaci, e racconti di fatti e circostanze
truci che disconvengono loro affatto.... »
Gli uomini di carattere sono la coscienza della
società alla quale appartengono,' disse Emerson, il
filosofo di Boston. Quando la famiglia sarà una palestra di virtù, quando la scuola più che a istruire
la mente mirerà ad educare il cuore, le sorti della
patria e della società saranno di molto migliorate.
Enrico Salme
PÌlQlhE PI STORIÍV
Francesco Sorelli Inquisitore
Col nuovo Inquisitore, Francesco Borelli di Gap,
comincia nel marzo 1365 un’èra di sangue pei Vaidesi del Delfinato. Attivissimo e spietato, appena
giunto, organizzò due spedizioni armate, composte
in parte di soldati di ventura, usi al saccheggio ed
alla guerra senza misericordia, che invasero la Valle
Futa e le altre circonvicine, incarcerando molti sciagurati Valdesi. Alcuni vennero poi rilasciati mediante abiura e penitenza ; i più subirono coraggiosamente l’atroce supplizio del fuoco. Notiamo tra
essi dei Long, Roman, Violin, Jouven, Hugon, Jourdan, Bernard, e fra le vittime delFInquisitore in altre parti del Delfinato degli Arnand, Boèr, Bonet,
Maraude. Maurel, Pascal, Pons, Soulier. Furono pure
bruciati diversi cadaveri.
Tanti furono gl’ incarcerati che le prigioni non
bastarono, ed altre nuove vennero costrutte ad Embrun, Vienne, Avignon.
Nel 1380, nuova ecatombe nella quale Borelli
mandò all’estremo supplizio 108 Valdesi ài Valle
Futa, 32 dell’ Argentière e 29 di Freissinière. E’
bensì vero che nella sentenza, l’Inqnisitore, domandava ipocritamente che il potere secolare, pur castigando i 169 Valdesi, non li punisse di morte ;
ma i giudici ben conoscevano la mente del discepolo di San Domenico, onde il castigo fu per tutti
il fuoco, e Borelli non protestò.
L’opera sua sanguinaria si chiuse nel 1393, con
una sentenza di morte per dieci eretici ; ma nel
frattempo erano avvenute numerose condanne ed esecuzioni capitali. Cosi i cronisti ricordano le 120
vittime, tra cui 40 bambini, soffocate col, fumo, nel
1390, nella caverna dei Fazy, a Freissinière, dai soldati capitanati dal Montmanr. Quei della Valle Futa,
assaliti lo stesso anno, si sarebbero ricoverati in
una profonda caverna sui fianchi del Pelvoux, rimanendovi per ben tre anni, in numero di circa duecento. Nel 1393, accerchiati dal Montmanr, e mancando di viveri, gli assediati decisero di precipitarsi giù da quelle rupi, dette poi la Balma Chapelue, per evitare torture anche più atroci di quelle
della fame. Quelli che sopravvissero, monchi e fracassati, furono raccolti dagli sbirri e, cosi palpitanti,
portati sul rogo appositamente acceso.
Altre vittime dovremo ancora ricordare nei
cruenti fasti delFInquisitore Borelli.
GioV. Jalla
La dottrina cristiana spiegata al popolo
Sono peccatore ?
D. —Fate qualche riflessione sulla legge dell’Antica Alleanza riassunta nel Decalogo.
La legge dell’Antica Alleanza si distingue da
R.
quella del Nuovo Testamento in quanto che non procede che per proibizioni. Inoltre, essa non è tanto completa quanto la Legge Cristiana. Nondimeno ell’è così
sapiente che non trascura alcuna tendenza cattiva del
nostro cuore corrotto dal peccato, nè l’empietà sotto
tutte le sue forme ordinarie, nè la pigrizia e il materialismo, nè l’egoismo, nè l’odio, nè l’impurità, nè la
mancanza di probità, nè la menzogna, nè la concupiscenza. Questa legge può dunque servirci a giudicare
noi stessi ; essa ci fa conoscere che noi siamo peccatori.
D. _Per arrivare a codesta conoscenza di noi
stessi tome peccatori, quali domande dobbiamo rivolgerci ?
E. — Basterà che noi ci muoviamo seriamente le
seguenti domande ;
a) Ho trasgredito i comandamenti di Dio facendo
ciò che essi proibiscono secondo ìa lettera, considerandoli cioè nel loro senso più ristretto, in quanto regolano i nostri atti e le nostre parole ?
b) Li ho trasgrediti secondo lo spirito, cioè nel loro
senso più completo in quanto regolano anche i nostri
pensieri e i nostri sentimenti ?
c) Qualora io non abbia trasgredito il tale o il tale
altro comandamento nè quanto alla lettera, nè quanto
allo spirito, si deve ciò attribuire a sentimento di ubbidienza ? Se non ebbi mai l’occasione di trasgredirlo,
se non fui tentato, se fui trattenuto dalle circostanze,
se fui preservato grazie all’educazione, all’età, alla famiglia, ecc., bisogna aspettare. Non ho trasgredito, è
vero ; ma ho io adempiuto ?
d) Ho io trasgredito i comandamenti non facendo
ciò che essi ordinano ?
• •
D.__Dopo le suesposte domande le quali si riferi
scono a ciascuna proibizione ed a ciascun dovere
contenuti nei Comandamenti, quale altra domanda
rimane a farsi ?
R. — L’ultima domanda è questa ;
Sono io peccatore per natura ? Cioè : trovo in me
— indipendentemente dal numero delle trasgressioni —
una tendenza al male o alla disubbidienza? Esiste in
me l’egoismo, il principio stesso del peccato ? Esiste in
me una debolezza per causa di cui tanto facilmente
il male è il più forte ? Quando ho trasgredita la legge
di Dio, perchè l’ho trasgredita ? Per ignoranza, per
sorpresa, o per cagione delle mie concupiscenze ? Quali
sono i miei pensieri abituali, i miei desideri, i miei
affetti ? In una parola ; che sono io ?
a. ì.
Informazioni
Torino (M. B.) Consacrazione di due diaconesse — La consacrazione delle sig.ne Eugenia
Tourn e Lidia. Pasque! è stata fatta con grande
solennità Giovedì sera, 14 Maggio. La chiesa di Corso
Vittorio Emanuele era riccamente adorna di piante
e di fiori, che disponevano Fanima ad un raccoglimento spontaneo.
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LA LUCE
Alle ore 9 un lungo corteo di diaconesse e di
pastori, sfilante al suono dell’organo, entra nella
Chiesa. Il servizio incomincia con una preghiera
del signor Alberto Prochet, e dopo di lui il signor
Davide Peyrot, direttore della Casa delle diaconesse,
pronunzia il discorso d’apertura, un discorso pieno
di simpatia e di affetto per le due giovanotte che
si iucamminano per l’aspro sentiero della abnegazione e del rinunziamento in favore dei loro simili.
Egli espone l’origine dell’opera delle Diaconesse,
spiega quale sia la missione d’una vera sorella, e
fa risaltare sopra tutto il fatto che la diaconessa
può influire sull’anima del malato potentemente e
su quella del moribondo, ancor più che il pastore.
Segue il signor E. Giampiccoli, il quale in poche
parole dice molte cose: 1) il Consiglio della Casa
delle Diaconesse di Torino (di cui egli é presidente)
è felicissimo di poter portare il proprio saluto augurale alle due sorelle, le quali hanno dimostrato zelo
ammirevole neH’adempimento del loro ufficio a Napoli e a Palermo. 2j La parola d’ordine ch’egli
vorrebbe dire all’alba della loro esistenza nuova è :
Allegressa. Il giorno in cui elleno sentissero venir
meno l’entusiasmo e si sentissero disilluse nelle loro
aspirazioni, dovrebbero rientrare in se medesime e
domandarsi il perchè di tale prostrazione. Se la ragione di ciò si avesse a trovare nella stanchezza
del loro organismo^ s’imporrebbe loro il dovere di
riposarsi il tempo necessario senza esitazione; ma
se la ragione del rilassamento stesse nella loro anima, elleno dovrebbero reagire energicamente contro lo scoraggi mento e trovare in una più stretta
comunione con Dio la forza per riprendere con maggior lena il proprio dovere.
Parlano ancora il signor Landels, il signor Teofilo
Gay, il signor Paolo Longo.
La cerimonia propriamente detta della consacrazione con solenne imposizione delle mani, è fatta
dal signor D. Peyrot, in mezzo alla generale commozione e al più profondo silenzio.
Tra un discorso e l’altro sono stati cantati inni
di circostanza da tutta l’assemblea, potentemente
aiutata e sostenuta da un .Coro unito e ben diretto
di signorine.
L’assemblea, magnifica, composta di evangelici di
tutte le chiese nostre di Torino, senza contare i
numerosi estranei e cattolici romani, ha seguito
col più vivo interesse tutta la bella cerimonia.
BorrelJo {S. Pi) La sera del 12 c. m. giunse
in Borrello l’amato capo distretto, signor G. Tron,
il quale potè spezzare la parola della vita ad un uditorio numeroso ed attento.
La sera del 13 poi partì per Castel del Giudice:
quivi ancora si ebbe un Culto numerosissimo, anzi
molti dovettero restar fuori poiché la sala non era
più snfficente. Dopo un edificante discorso sui versetti 28 e 30 del cap. 11 di S- Matt, si passò alla
celebrazione della S. Cena fra il più religioso silenzio.
Voglia Iddio benedire il seme della sua parola e
il suo servitore.
ih.
TJLTIM’ORA
Giovedì, 21 Maggio
La iejje contro il coltello
La Camera italiana ha approvato il progetto di
legge « sulle lesioni commesse con armi e sulle
contravvenzioni di porto d’armi ». Questo progetto,
detto comunemente la legge contro il coltello, ritorna dal Senato con alcune opportune modificazioni ;
ma noi crediamo che esso non sia sufficiente riparo
contri lo spaventoso aumento della delinquenza, che
si serve della vecchia arma tanto fiimiliare agli italiani.
In fondo,questa nuova legge non fa che aumen
tare di pochi giorni le pene già comminate nel C.
P. ; cosa assolutamente inefficace. Quando il coltello
è in tasca, giorni più o giorni meno, il ferimento
é sempre possibile.
Perchè non proibire addirittura con una coraggiosa e radicale disposizione (da essere eseguita rigorosamente) la vendita delle armi, di qualunque
genere siano ?
E che cosa è poi quella misura di 10 centimetri ?
Sarà meno mortale la ferita prodotta da una lama
di 9 centimetri e mezzo ?
Le itiutusilifà condaniìcile
Della legge sulle mutualità ecclesiastiche in Francia, noi abbiamo tempo addietro dato notizia ai let
tori. Con questa legge il Governo francese intendeva
assicurare una pensione ai vecchi preti ; ma il Vaticano, come già si sospettava fondatamente, ha ora
condannato e respinto questo nuovo vantaggio con
lo specioso pretesto che le associazioni cultuali, cacciate dalla porta della Chiesa, sarebbero rientrate
con questa legge per la finestra.
La decisione papale è logicamente connessa con
tutto il piano d azione di Pio X ; ma non per ciò
è meno grave questa disg]‘aziata misura vaticanesca,
che gitta nella miseria, per un fatale ripicco, una
quantità di poveri vecchi preti, per cui non v’ha il
compenso dell’obolo di S. Pietro.
La Chiesa fa il proprio interesse, o cerca di farlo,
nel miglior possibile modo, sfruttando la compassione de’ suoi seguaci, davanti a’ quali si atteggia
a perseguitata. Ma, come bene osservano alcuni fogli francesi, ogni cosa ha un termine ed anche la
pietà soggiace alla corrosione del tempo. La pensione governativa sarebbe stata più sicura pei poveri vecchi ecclesiastici.
Innsbruck
Le ultime informazioni da Innsbruck recano che
la lotta tra liberali e clericali si fa sempre più
aspra. L’Università era stata riaperta, ma gli studenti de’ due partiti hanno impedito il normale
funzionamento de’ corsi di studio. I liberali hanno
assalito e danneggiato gli uffici del giornale clericale
Tiroler Anzeiger ; i clericali dal canto loro hanno
fatto appello a’ contadini, i quali erano aspettati in
città la notte di mercoledì, 20 maggio. I contadini,
in questo conflitto, fanno la parte de’ bravi, come
mostra l’incidente di Gratz, dove essi, capitanati da
un deputato, invasero l’Università in gran numero.
mBLIOQRññA
Lettere di un prete modernista.— Roma, Libreria
editrice r emana, 1908. Prezzo L. 3,50.
È un po’ caruccio questo volume ; tanto più disgraziatamente caro, in quanto avrebbe dovuto essere la
gran voce proclamatrice della crisi de’ tempi nostri,
banditi ice della guerra santa contro il tetro vaticano
e reclamante l’aiuto degli onesti, de’ patrioti, de’ sinceri.
Aspettiamo un po’ ; poteva essere tutto ciò, se fosse
stato posto in vendita per pochi soldi ? Ecco una domanda jnolto, moltissimo imbarazzante.
L’autore in grandissima parte delle sue lettere si
è dedicato alla filosofia, alla critica del tomismo, del
vecchiume, ch’ei dispregia forse con troppo alterezza,
alla esposizione (o abbozzo) della nuova filosofia che
deve salvare la religiosità, anzi la deve far risorgere
dal letargo in cui si .spegno ignominiosamente ; ma
non ha speso che poche parole, di sfuggita, agli argomenti pratici, in cui tutti avrebbero capito qualche
cosa.
*
* iN
Chi siete, voi modernisti ? Che cosa volete, che cosa
aspettate? Aiuto, simpatia, sta bene, ma perchè?....
Il volume sembra rispondere, nel suo insieme, cosi :
Perchè abbiamo in tasca una nuova filosofia da con, trapporre alla antica ; perchè non vogliamo più la vec
chia metafisica, ne vogliamo una nuova ; siamo pragmatisti, nel pragmatismo sta la salute vera del genere umano. Il popolo grosso riderebbe se i modernisti parlassero così, apertamente e chiaramente ; ma eglino parlano in modo complicato, usando grandi paroloni, termini scientifici, frasi tonde e sonore. Pare
che debbano volere cose immense ; in realtà da queste lettere parrebbe che tutto si riduca a disputa di
accademici ; perciò molti scrollano le spalle e ripetono : arcades ambo 1
Ma, intendiamoci, io non credo che il modernismo
sia cosi povero di contenuto ; dico che queste lettere
lo fanno apparire tale. Non ci trovo il fervore di fede
che compie le grandi trasformazioni ; ma voglio augurarmi che esso esista nel campo modernista.
Chi può negare la parte importante che hanno le
idee nel rivoluzionare il mondo ? Nessuno. Ma qui le
idee non possono commuoverci perchè non sono nuove,
oh no !
Tutto questo lusso di critica, tutto questa animata
descrizione dell’ambiente corrotto romano, tutti i sarcasmi e tutte le denunzie di poca religiosità nel campo
papista, son cose con tanto di barba bianca e di cui
noi abbiamo piena la testa. Sono cose che noi abbiamo
ripetute sempre, sempre, sempre.
La filosofia de’ modernisti è anch’essa cosa risaputa;
nulla di nuovo.
Quello che a noi importa è ■- conoscere i propositi
de’ modernisti di fronte a Roma, conoscere le loro
speranze, la loro fede nel Cristo.... Ahimè ! L’ autore
ne parla poco della fede nel Cristo e quando ne parla
ha l’aria di dire : Va bene, illudiamoci intorno a lui,
ma sapendo che egli è un Messia.... come tutti gli altri. Nondimeno illudiamoci.... col Cristo della fede !
* *
Ho letto questo volume con l’intenzioue fissa a priori
di dirne un gran bene, tutto il bene possibile e immaginabile. Alla fine della lettura ero accasciato sotto
il peso della disillusione. E dicevo a me stesso : Si,
vanno sostenuti nella lotta contro Roma, non c’è da
esitare su ciò ; ma, tolto di mezzo l’atteggiamento bellicoso, che cosa rimane ne’ modernisti, in quelli almeno di questo stampo ? Rimane una vaga religiosità,
di cui eglino stessi forse non saprebbero darci conto.
E, infatti, non sanno darcelo, a giudicare da questo
libro dilettevole per la maldicenza che contiene, ma
freddo, ghiacciato.
Potrei aggiungere che questo volume è pieno di ingiustizie, talvolta è un po’ cattivello. Distingue i luterani da’ cristiani, per es., ficcandoli nel corteo delle
altre religioni (cosa assolutamente imperdonabile in un
uno scrittore simile) ; attacca ferocemente e con irriverenza due valentuomini quali il La,banca e il Mariano, che pure in Italia sono de pochissimi cultori
di cose religiose e meritano per ciò solo gratitudine
da’ credenti ; non sa trovare una sola parola, una sola,
di simpatia per gli evangelici, pionieri in Italia della
riforma religiosa e predicatori zelanti della parola del
Cristo, prima ancora che i modernisti si sognassero di
nascere.
Tutto ciò è doloroso, è desolante, è indizio di una
superbia malsana. Se fossero più semplici i modernisti, più cristiani, più modesti, come sarebbero carini t
Escano o no dall’ovile magno di Roma, noi li amiamo,
benché eglino non ci amino ; ma appunto perciò segnaliamo senza reticenze i loro difetti.
Vingensio
A. Baci — Dieci melodie religiose sopra testi biblici per una voce (Baritono o mezzo soprano) con accompagnamento di piano-forte.
Casa Editrice Metodista, Via Firenze, 38, Roma —
Prezzo L. 1.25. __________
E’ con vivo compiacimento, come cristiani-evangelici
italiani, che diamo il benvenuto a questo volumetto.
Le melodie del Baci sono composte sopra testi biblici ; essi sono ì seguenti :
Matt. XI. 28. 29. 30.
Giov. III. 16. 17.
Giov. V. 24. 25
Giov. VI. 35. 57
Giov. X. 27. 28
Giov. XIV. 27
Apoc. III. 20. 21
Esod. XV. 1. 17
Isaia XXXV. 1. 2.' 10
Quanto alla musica, dicemmo già — ma giova ripeterlo — che il genere di queste nuove melodie è quello
dell’antico Oratorio classico, lo stile è rigorosamente
7
LA LUCE
sacro, il criterio è quello di accrescere efScacia alle
parole del testo. Questo criterio è d’importanza grandissima nella musica religiosa veramente pura ; ed è
un criterio che quasi mai trovasi seguito nella musica
religiosa cattolico-romana. Questa è musica drammatica,
bellissima nel suo genere, ma non rispondente alla
spiritualità del Culto cristiano. Le parole servono di
pretesto a questa musica. Il compositore poggiando
sopra una parola, ripetuta cinque, dieci, venti volte,
si sbizzarrisce in un fuoco d’artificio musicale che
nulla ha di comune con le parole. Non cosi nelle composizioni del Baci il cui scopo è di rinforsare l’efficacia delle parole senza ripetizioni e senza inversioni di
queste ; e ciò appunto perchè non ispirata da idee
preconcette, ma bensì dalle parole stesse. E’ questo
uno dei caratteri più preminenti della vera musica
evangelica; e questo carattere si può ritrovare soltauto
in musica composta — siccome questa lo è — sul testo italiano. La nuova pubblicazione del Baci ha il
pregio dunque di essere cosa nostra, cioè non solo evangelica, ma evangelica-italiana.
Queste melodie non hanno nulla di comune coi soliti
inni. « Il mio intento — scrive l’A. nella prefazione
— sarebbe di arricchire il repertorio musicale evangelico con melodie di fattura differente da quella degl’inni a strofe per Coro a quattro parti. Le forme
musicali sono molte, e tutte possono essere adottate
per contribuire all’edificazione e al decoro del culto
cristiano ».
Trattandosi di melodie Assolo, ogni evangelico che
sappia cantare deve acquistare il volumetto. « Chi non
avrà caro — scrive un nostro confratello — di udire
cantare o di cantare quei versetti ? Le melodie sono
cosi belle ! La forma è così originale ! Chiunque ama
il canto dovrà possedere tale volume...»
Conchiudiamo facendo osservare ai fratelli evangelici
che il sacrificio materiale per acquistare gli Assolo è
piccolo, molto piccolo ; laddove un rapido e brillante
successo nella vendita dell’edizione assicurerà la stampa
di altre parti, ancora più importanti, della produzione
baciaua.
*
» *
Ignazio Rivera. — Ascensioni d’anima, Torino, Tipogr. “ Il Risveglio „ 1908. Prezzo L. 0.40.
Ignazio Ri vera è un simpatico giovanotto (il ritratto
almeno lo mostra'cosi) che non volle stare in convento
e fuggi, non diremo tragicamente, ma coraggiosamente.
Le cause ? Prima di tutto non gli volevano permettere
di far versi. Vi par poco impedire ad un poeta l’esercizio prediletto, in cui egli vive tutto ? In secondo
luogo lo strapparono violentemente dalla compagnia di
un amico buono e fedele. Anche questa è cosa tirannica. In fine la lettura di opuscoli e libri di controversia, scritti da evangelici, lo persuase dell’errore in
cui brancolava e gli indicò la verità cristiana.
Adesso egli, scomunicato, attende tranquillamente a
formarsi una cultura evangelica e una coscienza corrispondente.
E speriamo che abbia dimenticata la poesia insieme
con le sofferenze del convento.
La Rivista Cristiana.
Sommario del numero di Maggio :
R. Mariano, E’ egli, don Romolo Murri, si o no,
un Modernista ? (Lettera aperta) — M. Miegge, R. Piva,
A. Ghauvie ecc.. Sui nostri metodi di Evangelizzazione
— U. Janni, Cronaca del Movimento religioso — Il
pensiero degli on. Valli E., Nitti, Santini, Queirolo,
Mauri, e Bianchi L. sulla religione — Pagine Omiletiche — In Biblioteca — Dalle Riviste e dai Giornali.
*
* *
Lumen de Lnmine.
Sommario del numero 5 :
Il Catechismo filosofico di Ugo Janni, Pietro Tagliatatela — Varietà nelle estrinsecazioni del sentimento religioso, Giuseppe Banchetti — Il canto sacro nelle chiese evangeliche italiane, Adolfo Baci —
Kant come filosofo del Protestantesimo, V. C. Nitti
— Bozzetti Omiletici : Gesù Re, Furio Lenzi — Edificatori, all’opera ! Alfredo Tagliatatela — L’avvento
del Regno, Luigi Lata — Fotina, Alfr. Taglialatela
— Sali più in alto, E. Dhombrea — I discepoli nel
giorno delTAscensione, Karl Gerock — Il Battesimo
dello Spirito Santo, trad. U. Sarrubbi — La pietà di
un castigo, A, Taglialatela — Brevi schemi per l’Ascensione e la Pentecoste — Note Bibliografiche, li
Liberatore (di G. Giusti Sinopoli), Mario Gorelli —
Dieci melodie religiose (di Adolfo Baci), M. G. — Poestae philosophi minores. Leopardo — Ultima polemica
filosofica (di B. Labanca), M. G. — Squille ed echi.
ÀPPKNDICK:
EROINE YHLDESI
MONOLOGHI DI TEOPILO GAY
XI.
^nna Sobrero
Signora Valdese nata a Lucerna alcuni anni prima
della persecuzione di Trinità ; andò sposa poi a
Scipione Bruno, signore di Villafaletto, il quale, sopraggiunte le gravi persecuzioni contro i Valdesi
della pianura Piemontese, si fece cattolico per aver
la pace ; ma essa rimase ferma sempre nella sua fede,
anche quando fu fatta incarcerare a Possano dal vescovo di quella città. Suo marito mediante influenze
e danaro, avendola fatta liberare, essa si ritirò a
Lucerna nelle sue pioprietà colle tre figlie, le quali
si sposarono a dei Valdesi. Ma il clero non le diede
pace ; e nel 1627 (essendo lei già ottantenne) i preti
sedussero un suo nipotino a cattolizzarsi, colla promessa di fargli avere tutta la pingue sostanza della
nonna, e la molestarono con continue minacele di
confische a prò del nipotino cattolizzato, dalle quali
però la difese il duca, in risposta alle di lei suppliche, finché venne la peste del 1630 che la rapì e
fece andare a monte tutti i progetti pretini. Ge la
rappresentiamo nel 1627 a Lucerna (Gilles II, 315,
316).
Finché hai denti in bocca, non sài quel che ti tocca !
dice il proverbio : ma a me mi capita una disgrazia
impreveduta anche dopo che non ho più denti in
bocca da un pezzo. E che disgrazia ! La più grave
che mi sia toccata mai nella mia lunga vita.
E si che ne ho visti assai dei guai nel corso dei
miei ottantanni !
Non parlo della perdita dei genitori, nè delle malattie, nè dei disinganni, che capitano a tutti, ma di
veri disastri che son più rari, e dovean proprio cascare addosso a me.
Due fra quanti n’ho avuti sono stati particolarmente spaventevoli, e questo che mi piomba addosso
ora fa tre, ed è il più terribile di tutti.
In quanto al primo, non tutti l’avrebbero risentito
come me ; ma io son fatta così, e mi è parso più duro
d’una morte. |
Dio l’abbia ravveduto e perdonato il mio povero
Scipione I Lui così ben istruito della parola di Dio,
così distinto di modi, così coraggioso e deciso, che
parlava come un pastore quando veniva a Luserna
a visitarci per farmi la corte, e fiero ci accompagnava
al Chiabazzo al servizio divino, sfidando le ire di
Castrocaro, e giurando come Pietro a Gesù che se anche dovesse rimaner solo non avrebbe tradito mai l’Evangelo !
Lo sposai con tanto entusiasmo il mio bell’eroe ;
e per qualche anno lo ammirai nella sua Villafaletto,
tetragono ad ogni assalto del clero, più desioso del
plauso della coscienza e della sposa che non dell’approvazione di tutti gli altri. Nacquero le nostre tre
belle fanciulle ed ei le volle battezzate ed educate
Valdesi, nè mai permise che mi venissero tolte.
Oh ! mio generoso e nobile Scipione ! Perchè vacillasti, quando il duca minacciò toglierti le avite
ricchezze, e ti lasciasti indurre a firmare un’ambigua
abiura, per salvar te e noi, come tu dicevi ?
Ahi ! qual dolor mi punse allorcliè ti vidi un giorno
unirti al vescovo in una processione idolatra !
Dov’era più il mio eroe ? Non potevam piùprègare
insieme ; ma chiusa nelle mie stanze colle mie tre
piccine, pregavo con fervore per te. Oh ! Dio mi
avrà esaudita,, e certo prima d’involarsi a Lui la tua
anima sarà stata tocca dal pentimento e dal perdono.
Tu rispettavi la mia fede; ma il vescovo di Fossano,
fatto ardito dàlia tua dedizione, s’accanì contro di me.
Oh ! le insidie tese ad una donna che deve lottar sola
per la sua fede !
Le visite e ie blandizie suore, di badesse, de’
teologi, intese tutte a cinger d’assedio l’anima mia, o
a rapirmi aimeno le mie creature 1 Dio mi diè forza,
e tutti gli assalti furono respinti ; e credevo respirare
alfine, e poter sicura stare a fianco dello sposo, che
non volevo abbandonare, nella speranza sempre di
ricondurlo alla franca professione di quella fede che
il suo cuore non aveva rinnegata.
Ma mi aspettava una nuova atroce calamità, la violenta separazione dai miei cari ed il carcere.
Il vescovo visti vani i mezzi blandi per farmi rivoltare, si addiede ai violenti ; ed un bel giorno, mi
fe’ rapire dai suoi sgherri e serrare nelle carceri di
Fossano.
Oh ! fossi stata sola al mondo, avrei subito tutto
con rassegnazione, lieta di soffrire per Gesù. Ma mi
E
straziava il pensiero delle figlie esposte
perigli iungi da me.
Trovai conforto però nella preghiera, r
nelle mani del Celeste Guardiano ; e poco
scese nel mio cuore la pace e la certezza
padre le avrebbe protette, e in caso, condoti
Valli, nell’asilo dei perseguitati. Così piùcal
Iato, e sorretta potentemente da Dio, poto:
anche nella prigione ad ogni assalto, ogni
ogni tormento. Si diceva che m’avrebbero
pensavo ai due fedeli valdesi Ranieri e D:
biana dei quali bambina avevo sentito a
prigionìa entro quelle stesse mura e l’ev
vigilia del giorno in cui doveano venire arsi
Dio può fario anche per te il miracolo s'
se vuole invece chiamarti ora in paradiso,
forza di subire ii martirio come quel Vara,
diè le prime lezioni di religione al Chiaba:
Ero pronta, quand’ecco un giorno capitar
cella mio marito, coli’ordine di scarcerazi
messo in moto alte influenze, non avea
danaro, avea fatto valer la necessità di cii:
salute e promesso di tenermi a disposizio:
quisizione... e così mi ricondusse a Villafa'
Oh ! cuore d’oro, come mi amava 1 Mi riup’
dilette che. ri trovai quasi più amorevoii e
cate alla fede di prima; e la vita sembra
riprendere cheta e lieta. Ma non poteva
Scipione ben lo sapea e me lo fece intende
a Villafalletto eravamo troppo esposti ai
d’è che una notte ei ci accompagnò tutt’e
ogni cura fuori del paese, e qui ci cond
diandoci in questa casa ove crebbi e ove
ed ove finché visse venne, quanto più spe
soggiornar con noi ed a prender parte
famiglia. Qui facemmo le nozze delle nostri
zelle affidate a tre bravi Valdesi, qui ii bai;i
figli che Dio diede loro ; qui piangem
quando diventammo io vedova e loro orfa
nata, e qui speravo morire !
Ma, ahimè 1 non ne son più sicura orno;
oggi mi coglie la più 'terribil disgrazia
visitata mai. Oh! carta infame recatami
stamane, a me cui poco manca certo per
all'ora estrema: * Confisca dei miei beni, pi
promesso d’abiurare nel „carcere di Fossà
ricaduta neli’ eresia ! » Infamia, infamia
togliere non solo i beni materiali che Dio
ma il dono suo più prezioso della costanzs,
Mentitori ! No, non ho mai vacillato, mai
di abbandonar la mia fede! Dio non pernn
sì nera calunnia prevalga.
Ma quel che più mi strazia è l’occasione
nanzi per questa nefanda confisca ! « Perchè
cattolizzato un mio nipotino, per legga tu
sostanze son devolute a lui. » Sciagurato!
delle tenebre t’han sopraffatto, l’amor del
acciecato tanto da farti dare alla nonna c:
pugnalata mortale !
Ahimè ! Quel che più mi opprime e mi
il pensiero che forse l'esempio del nonno
cogli artifizi dei seduttori chiercuti, abbia
all’opera nefanda compita sullo sciagurato
Ma non mi darò per vinta neanche ora
Iddio che sì visibilmente mi ha assistita
difenderà ancorg, e forse mi darà di rico:
l’ovile la pecora smarrita. Ed il duca che
ha difeso i valdesi contro i lor feroci nem
giustizia.
Al disopra degli uscieri e dei preti ci è
al disopra del duca ci è il Signore !
Sì il cuore me lo dice : qui sono nata, e
benedicendo il Signore!
a SI gravi
emettendole
a poco diche il loro
e qui nelle
ma da quel
i resistere
minaccia,
arsa ; ed io
Fella di Bi'
narrar la
asione alla
i, e dicevo :
i vuole ! E
ti darà la
glia che ti
zzo.
nella mia
òne ! Aveva
risparmiato
rar la mia
ne dell’infletto,
ì alle figlie
più attacva doversi
durar così,
re, giacché
nemici, onquattro con
usse, inse}o conobbi,
sso potè, a
e feste di
e tre dontesimo dei
mo insieme
ni. Qui son
che
ai giacché
mi abbia
liaH’usciere
giungere
èrchè avevo
no e son
! Volermi
m’ha dati,
nella fede!
promesso
etterà che
messa in*
essendosi
tte le mie
Le potenze
danaro t’ha
adente una
schiaccia, è
paventato
cooperato
giovinetto.
Lo stesso
sempre, mi
idurre aitante volte
ici, mi farà
il duca; ed
qui morrò.
Vito Garretto Direttore responsabile
Tipografia dell’Istituto Gould Via Marghera 2, Roma
Hanno pagato l’abbonamento :
Bernardi Pilade — Maccagno Francesco—Licei arde Ili John
— Valentini Luisa — Alfredo H. da Silva — Niitrella G. B.
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