1
AííSoX —N. 2. II SEKIE 31 ({e.vnajo 18C1
LA BUONA NOVELLA
GIOENALE DEI>LA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la vería nella carìt!». — Eces. VI. 15
PREZZO DI ASSOCIAZIONE \ LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione] 3 00
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25
Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 6 50 ^ Nelle Peovincib per mewo di franco-bolli po
Pcr la Germania id................... „ 5 50 J stali, che dorranuo essere inviati fiunco al Di*
Non 8) ricevono associazioni per meno di un anno. > rettore della Buona Novella.
All’estero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Miìynicis, me llivoli ;
Ginevra , dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra, dal signor G. F. Mullcr,
General Merchant, 26, Leadenhall street. E. C.
SOMMARIO
Liòf.rtà rtligiom: Un’altro atto di schifosa intolleranza — PoZ^m/ca ; I motivi per cui ho lasciato
la Chiesa di Roma, parole d’un ex*sacerdotc — Coìnrispondenza fiorentina: IX — Corrisporulcnza
(ìdla lìitona Novella: Lucca 21 dicembre 1860 — iVoiìat« reliifio$A: Torino, risa, Firenze.
lilBERTA RKlilGIOSl
UN ALTRO ATTO DI SCHIFOSA INTOLLEEANZA
I lettori ricorderanno il fatto accaduto in Aosta (havvi un po’ più
d’un mese), di un’onorato cittadino, il quale, resosi defunto in questa
città, venne, per ordine di cotesto sig. Intendente, fatto seppellire in
luogo ignominioso, e ciò per il motivo che, vivendo, apparteneva il
defunto alla Comunione evangelica e non alla romana. Ricorderanno
altresì come fin d’allora, noi, mentre esternavamo la nostra meraviglia che atti di così rancida intolleranza si aves.sero da verifìcaro
ancora in Piemonte, nell’anno di grazia 1860, dopo due lustri e più
di liberale reggimento, insistevamo sull’urgente necessità che, dal
Ministero, fosse quanto prima pubblicato, in proposito, un E. Decreto
■informato a idee d’illuminata tolleranza, e dal quale non venisse più
alla mente delle autorità secondarie di dipartirsi anche menomamente.
Or bene, un’altro folto, più scandaloso ancora, accaduto pochi
2
giorni appresso, in altra parte del regno, mostrerà anche ai più restii
quanto ci apponessimo al vero insistendo sull’urgente anzi urgentissima necessità di siffatto provvedimento.
Eccolo (jnale ci venne da fonte autentica partecipato, e quale trovasi in due periodici genovesi, il Corriere Mercantile ed il Movimento, lungamente narrato.
Nella tnattina del 25 dello scorso dicembre, moriva in Cornigliano
Giuseppe Belletti, falegname, nativo di Cremellino (Acqui), e colà
stabilitosi da gran tempo ed ammogliato con cinque figliuoli. Il poveretto av'ea il gran torto di appartenere alla Comunione evangelica,
così detta Valdese; perciò il Sindaco di Cornigliano, contrariamente
a quanto praticasi da anni in tutto lo Stato, ne impedì la tumulazione nel cimitero del luogo. La Comunione evangelica rifeiiva
r accaduto al Governatore , il quale , senz’ altro, decretava che,
mancando in Cornigliano un cimitero per gli Evangelici, s’avesse a
trasportare il cadavere in Genova. Il pastore della Comunione Valdese di Genova che era andato ad assistere il morente nella lunga
sua agonia protestò di non voler dar mano a cotale illegalità — poiché è illegale che chi morì a Cornigliano venga in Genova seppellito — ed insieme coi membri della sua Comunione, recatisi a
Cornigliano onde rendere alla salma del loro correligionario i supremi onori, se ne tornò a Genova,, lasci.'indo al Sindaco la riisponsabilità di quanto sarebbe per accadere.—Ora cosa fece il Sindaco? —
Nella notte del 26 egli per mezzo di gente prezzolata faceva spedire il cadavere in Genova; ma non già a Stagliene ove trovasi il
cimitero dei nazionali evangelici, ma sibbene sulla spianata della
Cava, ov’ò il cimitero particolare della Comunione evangelica svizzera—dove fu abbandonata la bara—e dove fu ritrovata il vegnente
mattino, mal menata, rotta, e scoperchiata, a sommo scandalo dei
viandanti, che, sparsa la voce di quel fatto, accorrevano numerosi a
guardare ed almanaccare ! alle 4 del pomeriggio, il cadavere si
TROVAVA ANCORA ESPOSTO A QUESTA SCANDALOSA COMMEDIA!!! Intervenuta finalmente l’autorità, pregò il pastore della Comunità svizzera, sig. Bert, ad accogliere la salma nel recinto del di lei cimitero,
al che egli benignamente accondiscendeva ; e così finalmente ebbe
sepoltura onorata Giuseppe Belletti, “ d’altro non reo, come giustamente osserva uno dei fogli più sopra citati, che di aver provveduto*
alla salute dell’anima sua in modo diverso dagli altri. ” — I commenti al lettore !
3
POILEMICA
I MOTIVI PER Cin HO LASCIATO LA CHIESA DI ROMA
parole d’un ex-sacerdote
« Se egli è vero, come niuno ne dubita, che in questo ricetto di pianto il
più dolce conforto, il più caro diletto si è quello di vedere i nostri simili
impegnati all’oggetto di procurarne la partecipazione di quei beni, onde
piacque al cielo arricchirli, io sono intimamente persuaso di far cosa non
pure ottima e santa in se stessa, ma inoltre giovevolissima per tanti altri,
manifestando nel modo più candido una parte almeno di quella novella e
beneficentissima luce che per tutta sua bontà, e non per alcun mio merito,
si è testé degnato il Signore Iddio di far risplendere al mio intelletto,
donandomi ad un tempo stesso qucH'interna pace che invano avea cercato
altrove, e la qual or sentp che sola può formare la vita del cuore, e la verace
allegrezza dello spirito.
« Al primo apparir dei politici inovimenti in Italia sul bel principio della
primavera del pr. scorso anno 1859, tendenti a nazionale libertà ed indipendenza, fui scosso, come da sonno profondo, e desideroso di conoscere
la verità, i vantaggi, l’importanza della gran causa che pareva iniziarsi sotto
i più favorevoli auspicj, mi diedi intieramente allo studio della politica,
presa questa parola nel suo vero senso, la scienza cioè di render felici i
popoli. Non posso adequatamente descrivere con parole quanto poscia, di lì
a non molto, avessi a maravigliarmi di me stesso, allorché rimasi a pieno
convinto cho quel governo il quale per lo innanzi, iu forza della mia ecclesiastica educazione, credeva il migliore, era invece il peggioro ; ed in cambio
d’essere utile, anzi necessario alla religione, come riteneva quasi articolo di
fede, (arrossisco, ma voglio dire il vero) m’avvidi che le riusciva per ogni
lato esizievolissimo. Mi feci indi a disaminare le scomuniche pontificie contro
i liberali e le lettere in cui, a quando a quando, il papa attuale inveiva
contro di loro con tutta la forza del suo spirito, chiamandoli cmpj, scellerati,
tìgli di Satana, privi d’ogni fede ed onestà: e scoperti i palpabilissimi torti
ch’ei s’avea in operando di tal guisa : Sarebbe mai possibile, dissi, pieno di
stupore, che come egli chiama malvagi oltre ogni segno i nostri liberali, i
quali non hanno altro fine che di francare la propria nazione dalla più
brutale ed avviliscente servitù, coSi i suoi antecessori avessero col medesimo
torto dichiarati per ogni titolo infami, quei celeberrimi riformatori religiosi,
della cui fama è pieno il mondo, Vicleffo, Hus, Lutero, Calvino ecc. ?
Fare questa dimanda a me stesso, e sentir subito nel mio spirito la più
ardente brama di leggere le loro opere fu tutt’uno. Solo però in Milano nel
4
pros. pas. giugno potei averle e studiarle. Prete, come io era, la questione
per me più importante era senza dubbio quella della messa, e quindi della
presenza reale di Gesù Cristo noireuearestia. A questa dunque prima d’ogni
altra rivolsi l’animo, ed ecco l’importantissime verità che ben tosto scoprii.
La transustanziazione della Chiesa romana, non che ripugnare alla S. Scrit
tura ed alla tradizione tanto da essa vantata, implica anche contraddizione
contemplata in ordino aU’intelletto. In quanto alla S. Scrittura, può ognuno
di leggieri convincersene sol che voglia leggere i passi che qui per brevità
non fo che indicare. Fatt. Ap. ii, 42; xx, 7; 1 Cor. x, 16; xi, 26,
27, 28.
« lliguardo alla tradizione potei conoscere. 1° Che nelle orazioni della primitiva chiesa, dotte Epiclesi, antecedenti e concomitanti la S. Cena, non si
fa menzione che del pane e del vino, come figurativi del corpo c del sangue
di Cristo. 2° Che nel secolo V e non prima fu da Gregorio Magno fatta
parola della presenza reale, non però continua ed immanente, bensì soltanto
nell’atto che il sacerdote consecrava il pane ed i fedeli l'assumevano (Dial.
IV, 58). 3° Che solo nel secolo IX Ildebrando vescovo di Tours fu il
primo che usasse la parola transustanziazione. 4° Che quell’articolo di
fede venne solamente proposto dal IV Concilio Lateranese, sotto Innocenzo III, anno 1215; c 5° finalmente che Onorio III suo successore
comandò per la prima volta ai fedeli di adorare il pano consecrato, detto
già ostia da S. Cipriano, uno dei così chiamati santi Padri nello cui opero,
parlando specialmente di quelle dei primi quattro secoli, moltissimi passi
s'incontrano assai conti-arj alla dottrina della transustanziazione. In ordine poi airintelletto, trovai tanta e tale evidenza nei ragionamenti dei
teologi protestanti, cho io non so se lo scienze matematiche ne posseggano
di più.
« E primieramente se Cristo ò presente a tutte lo ostie che consacrano i
preti cattolici, bisogna che sia anche stato presente a tutti i pezzi di pane
che egli stesso diede agli apostoli nell’ultiraa cena, anzi ad ogni bricciola in
cui vennero divisi; e tanto appunto insegna la Chiesa romana. Ora ciò è
assolutamente impossibile, Gesù Cristo nou avea che un corpo ed un'anima,
ed ambedue queste sostanze, mentre sono in un luogo, ripugna cho possano
trovarsi in un’altro. La sola divinità per suo incomprensibile ed incomunicabile attributo trovasi ovunque, ma ogni sostanza corporea ha dimensioni
essenziali che» occupano luogo e spazio determinati e quindi mentre esistono
in un punto è metafisicamente impossibile che si trovino in un altro. Se
dunque Cristo non fu corporalmente nel pane da lui benedetto, e distribuito
agli apostoli, come e per qual motivo dovrà trovarsi nel pane benedetto dal
sacerdote e distribuito ai fedeli. Come il corpo moríale di una persona può
essere mangiatò e consumato tutto intiero da un altra, ed indi anche venir
croccfi.«so ? Ed iu qual nini guisa un corpo glorioso può assidersi in cielo.
5
c contemporaneamente scoiidere in infiniti luoghi suUa ten’a, continuando
sempre a rimanere in cielo ?
« In secondo kiogo : se alle parole della consacrazione svanisce veramente
la gost^anza del pane e del vino, essendo in loro vece subentrato il corpo ed
il sangue di Cristo, come accadono i seguenti tre fenomeni 1° che ivi ancora
sono le qualità inseparabili delle mentovate sostanze, cioè il colore, il .sapore,
l'odore, il peso ecc: 2° che uno bevendo molto vino consecrato si ubbriaca
o mangiando molte ostie .si sazia; 3° che questo e quello dopo un certo
tempo inacidiscono, si corrompono e generano insetti, come ogni altra sorta
di pane e vino ? Potrebbe tutto questo accadere se la loro sostanza fo.sse
veramente stata cambiata nel coi-po e sangno di Cristo che sono incorruttibili ? Ponderate seriamente quest« verità mi fu impossibile continuare a
celebrar messa, poiché conobbi che ogni giorno io faceva idolatrare i fedeli,
proponendo loro ad adorare pane e vino per il corpo e sangue di Cristo.
V E benché il loro peccato fosso, come suol dirsi, jmramente materiale,
pure dal canto mio un tal atto piiì non era lecito, dovendo io far pel primo
quella adorazione e per tal modo mentire e simulare in faccia a Dio. e con
formare gli altri nell'errore più offengivo alla divinità.
« La conseguenza dei quali veri, mentre da un Lato mi riusciva d'inespri
niibile consolazione per lo spirito, dall’altro mi rendeva afflitto in (guanto al
corpo, poiché mi rendeva costretto ad abbandonare quella onorata carriera
por pormi nella quale avea fatti non pochi sacrifizj e percorsi lunghissimi
studj, ed in cui teneva un posto assai distinto e lucroso. Kimasi adunque
j)cr alcun tempo, pensieroso e meditabondo ; mi consigliai con due eccellenti
ministri riformati che si trovavano iu Milano stessa, continuando sempre
gli studi intrapresi e spesso ed a lungo con ossi conferendo, poi finalmente
mi risolsi di fare il gran passo, rinunciai spontaneamente all’impiego che
avea, e posi in effetto la risoluzione, certo che il Signore Iddio pel cui onore
faceva tanto sacriucio non avrebbe tralasciato di provvedere altrimenti ai
miei bisogni temporali come avea tanto benignamente soddisfatto a quelli
del mio spirito. Accolto nella Chiesa riformata fui di li a poco ammesso alla
partecipazione della S. Cena, celebrata secondo il rito che veramente può
dirsi evangelico, poiché non si fa che compiere quelle sacre operazioni, le
quali ci vengono descritte nel vangelo di S. Matteo c. xxvi, v. 20, 27; di
prendere cioè una piccola porzione di pane e bere un sorso di vino, in memoria della immolazione della carne e del sangue di Cristo dalla quale siamo
stati redenti. Ed ora che ne ho fatto prova in me stesso, posso con la
maggior asseveranza del mondo as.sicurare che la comunione evangelica è
assai più atta della cattolica a suscitare nello spirito sentimenti di amoro
e di riconoscenza verso I>io, ed a congiungerlo intimamente con lui: poiché
sapendo l'uomo di certo, non aver ricevuto Cristo corporalmente, ma solo i
sacri simboli del suo corpo c sangue, si solleva con la mento al cielo, ove
6
Cristo è veramente, o rapito così in ispirito tra i comprensori della celeste
Sione, scioglie aH’Eterno con l'arcana favella del cuore un cantico di benedizione e di grazie, e quasi estatico di gioja e di maraviglia va dicendo a se
stesso: Dunque da questo eccelso regno in cui somma è la gioja, perenne il
sorriso, il mio buon Dio è sceso in teiTa a patii'e ogni sorta di travagli e perfino
a morire della morte più barbara ed ignominiosa, e solo per mio amore, che
ò quanto dire affinchè io l’ami svisceratamente in questa vita e goda eternamente nell’altra. Ed oh come per tal modo compie l’anima quella sublime
adorazione in ispirito ed in verità che tanto piace al Padre celeste e la quale
ne venne insegnata soltanto per la prima volta dall’infinita sapienza del suo
umanato figliuolo? Vang. di S. Griov. c. v, v. 2, 3, Ma io non la terminerei
più .se tutte volessi narrare le isquisite dolcezze che prova l’anima nella
S. Cena, e gl'innumerevoli vantaggi, per cui in genere il culto evangelico,
che è puramente spirituale, si estolle sopra il culto cattolico, sensibile,
materiale, supestizioso ed idolatrico; passo quindi a toccar di volo l’altra
gran questione della giustificazione stranamente intesa e peggio insegnata
dalla Chiesa cattolica. Ecco in breve il concetto che me ne sono formato.
( Continua)
CORRISPONDENZA FIORENTINA
IX
Amico carissimo,
Un sapiente e integerrimo uomo, che allo splendore de’ natali unisce alte
doti d'animo e d’ingegno, Gino Capponi, scriveva vent anni fa in un frammento suU'educazione ; « Tanto è più forte l’educazione quanto ella si tiene
più strettamente congiunta alle patrie ed alle religiose istituzioni ; ma noi
da queste vogliamo prescindere, e quelle ci mancano. Vero è che, in oggi,
gli educatori tutti raccomandano la religione come ingredietite necessario,
ma poi l’amministrano a dosi omeopatiche, perchè la non faccia male ; ovvero prescrivono che se ne temperi l’acrimonia per via di reagenti, secondo
regola d’arte ; e quanto poco ne avanci, il vostro cuore lo sa, e con la debile
voce che a lui rimane, ce lo rivela. »
Queste pai'ole, come tutte le altre di quel libretto stupendo, sono feconde
di sensi e di conseguenze. Dunque
1° Ai dì nostri gli educatori tutti raccomandano la religione.
2° Di questa religione dagli educatori tanto raccomandata poco o nulla
ne i-imaue nel nostro cuore.
7
Un fiume Btraripa¡ iuoiidu, por ampio tratto la campagna, e dov'orano
vigneti, alternati a giardini vaghissimi, porta e la.scia uno strato di arena e
di ghiaia. Le acque si ritirano, rientrano ncU’untico letto, ma la fertilità e
la vaghezza dei campi ò sparita. Qualche filo d’erba scappa fra i sassi,
qualche troncone di vite mette pampani, e dà grappoli : gli agricoltori ed i
possidenti piangono il loro danno, ma l’impresa di togliere tutto l'ingombro
della recente alluvione li spaventa ; alcuni si rassegnano al danno, altri si
v'anno industriando a levare i ciottoli, o ritrovare via via il terreno primo.
Ecco un’immagine degli effetti che in noi pure produsse, al finire del secolo
passato, e al principiare del presente la invasione della miscredenza oltramontana. Quella medesima Prancia dalla quale oggi i nostri cartolari eleganti fanno venire a migliaia le immagini delht Madonna, e d’ogni più volgare santerellino, con antifone, e orazioni, o litanie, tutto adornate, traforate, ricamate, giaziose, quella Francia, dico, allora ci mandava in edizione
stereotipa le opere di Voltaire, le fatalissime opere di Voltaire, e de’ suoi
conipagui e imitatori : l'incredulità beffarda, sarcastica, abituale era una
mania, un fanatismo, una moda : ora una regola del bel mondo, e del buon
tono : credente e tanghero-stupido erano divenuti sinonimi. 11 fiume delle
miscredenze avea rotto l'arghie delle Alpi, e inondato, e isterilito i nostri
dolcissimi campi. E miscredonti fm-ono sventuratamoutc i duo .scrittori che
più educarono nella priina gioventù gl’italiani uhe oi’a son maturi o già
vecchi ; Foscolo e Alfieri.
Sia sfocato quel primo fervore, passata quella prima voga, il pensiero
italiauo rientrò iu se medesimo, e conobbe che l'altare della dea Eagione
ora fondato sulla sabbia, che Dio c'era, e che una religione era pur necessaria. I glovaid poi che da celibi avevano liberamente bestenuniato coi versi
satirici dell’Astigiano, o collo sentenze dell’Ortis, avevano riso di cuore
leggendo la sguaiata Pulcella, o spasimato nello scetticismo sentimentale
col curato savoiardo, fatti ora mariti e padri, vedendosi pargoleggiare d’intorno la prole, vedendo la diletta moglie che semplice e credente stampava
iu quei cuori infantili il nome di Dio e di Gesù, si trovarono in un fiero
contrasto.
Intanto il Manzoni ricondotto a erodere nella religione da una moglie
nata e educata protestante, pubblico un libro nel quale parlava di religione
con dottrina di teologo, o cuore, e semplicità di cristiano primitivo; e tale
fu l’impressione che il libro fece nelle menti italiane, che il Giordani professatore aperto e cinico di ateismo, ne scriveva al Testa in data del decembre 1827; « Non mi maraviglio che iu tutta Europa piaccia molto il
libro del Manzoni, e ne godo. In Italia vonei che fosse letto a Van iikqnn
ad Ncphtali : vorrei che fosse riletto, predicato in tutte io chie.se e in tutte
le osterie, imparato a memoria, tío lo guardate come libro letterario, ci sarà
fjnrsc un pcco da dire, secondo hi varietà de’ gusti e delle abitudini ; n*a
8
Conio libro del popolo, come catechismo elementare (bisognava cominciare
dal poco) mosso in dramma, mi pare stupendo, divino. Oh lasciatelo lodare !
gl’impostori e gli oppressori se ne accorgeranno poi (ma tardi) che profonda
tosta, che potente leva è chi ha posto tanta cura in apparir semplice c
quasi minchione: ma minchione a chi? agl’impostori e agli oppressori che
sempre furono e saranno minchionissimi. Oh perchè non ha Italia venti
libri simili ! »
Allora la generazione che ritrovavasi nel mezzo del cammino deUa -iàta
cominciò ad avvedersi ohe la religione potevasi, anzi dovevasi riguardare
come aifarc serio; e fu permesso anche alle persone sveglie, agiate e di
mondo il dire, senza troppo eccitar la risa della brigata : io credo.
?Ia cosa mai credevano ! Cosa mai credere, infelici, se della cosi detta
religione imparata nei queruli recinti
Dov'e l'arti migliori e le scienze,
Cangiate iu mostri, e in vane orride larve
Fcan le capaci volte echeggiar sempre
Dì giovanili strida,
rimaneva loro una memoria di rammarico, d’uggia, d'orrore ? Avevano poi
visto intorno di se gente che ogni anno rendeva il polizzino, dava e prendeva l’anello iu chiesa, andava alla messa le domeniche e le altre feste comandato, mandava i figli al battesimo, e moriva colla stola sui piedi ; e
v’orano ccremonie, e formule, e templi, e addobbi con illuminazioni a olio
0 a cera per solennità in onore d’immagini miracolose ; e fumo d’incensi, e
l'umore di campane, e musiche soavi ad ascoltare ; ed anche tele, e statue,
0 bassi rilievi stupendi ; aprirono dessi ansiosi a questa quasi nuova armonia gli orecchi della immaginazione e del cuore : tutto era por quella ; per
questo, nulla.
Eppuro_i parvoli chiedevano pane. Tacere non si poteva, mostrare a
nudo le piaghe, o fare che i giovani prendessero come profumo di sapienza
il fetore del religios'o e morale scetticismo non avevano coraggio, perchè hi
coscienza non era ancor morta, e rimaneva tuttora in loro virtù di compatire e di piangere. Onde lesti lesti, non sapendo far meglio, si adattarono e
si feiTiiarono al viso la maschera della fede, e cominciarono a predicare religione.
Di qual religione parla.sserò, o cosa intendessero con siffatto nome, sarebbe difficilissimo dillo, nè essi medesimi pure gli educatori lo sapevano :
onde i poveri educandi rimanevano quasi smemorati, ne sapevano cosa pensare :
Sicché le pecorelle che non sanno
Escon del pasco pasciute di vento;
c guardando fiso nel viso i loro maestri, si accorsero agevolmente della maschera, la quale in fatti, ncH’agitarsi che costoro facevano, veniva spesf^o a.
9
rallcutare i legaccioli, e iscuoprire parte del sembiante vero. « (Ji predicano
fede, dissero allora i discenti, e non credono a niente neppur loro ». —
Allora i figli così pensarono, ma non ebbero cuore di dirlo per un resto di
verecondia. ^Ulora i figli fecero vista di credere per riguardo dei padri,
come i padri e le madri fingevano di credere per un riguai-do ai figliuoli, ed
alla famiglia.
Ecco perchè, come dice il venerando uomo citato in principio, poco o
nulla di quella religione resta nel povero nostro cuore. E se, dall’altra parte
alcuno sentiva qualcosa di forte e di vero, e ardiva manifestarlo con efficaci
parole, riducendo la religione a professione di fede ed esercizio di opere,
eccoti da un canto i caporioni de’ circoli affibbiargli il titolo di bigotto, di
frate, d’ipocrita e di gesuita, e dall'altro il prete rizzare dall’aguato la testa,
e sorrideudo preparare il laccio per accalappiarlo e farlo de’ suoi. Ond’egli
stizzito e sgomento ritraevasi, e ricacciava nell’animo ogni cospirazione ; o
se l'età e la malferma salute lo toglieva dall’allegria delle brigate, darsi al
bacchettone, e lustrar colle ginocchia le panche di chiesa. — Ma la religione, quella figlia deU’amore di Dio, che arde come fuoco segreto nella
famiglia, ririplende come sole nel tempio, e dal tempio c dalla casa diffondo
luce e calore nella città : quella comunicazione del nostro misero spirito,
con lo spirito in cui viviamo, ci moviamo e siamo ; quella divina che ritrae
l'uomo in se medesimo, e lo raccoglie e lo compone nella solitudine c nella
paco del cuore; di quel cuore che S. Paolo cliiamava il tempio del Signore:
di (juel cuore ove solamente si compiono i misteri della fede, dell’amore e
della preghiera, ove solamente la religione mostra ai suoi cari le forme immacolate, la religione, dico, viveva forse in qualche anima solitaria, c privilegiata, donde come la favoleggiata Astrea, stava in procinto di rivolare
al ciclo, abbandonando la terra.
Ma che forse, potrebbero dire, il bisogno di amare, e di operare amando
era cessato negli uomini ? Forse l’egoismo aveva irreparabilmente assiderato le forze dell'anima? Forse gli uomini non alzavano mai più la testa al
firmamento? — No. Gli uomini, e gl’italiani non meno degli altri hanno
bisogno di credere, di sperare, di amare : e in Italia vivevano queste tre
virtù, vivevano potenti ed operose senza fine ne’ cuori e le personificava un
vessillo dipinto coi tre colori che quelle virtiì simboleggiano. Oh quanto
affacendarsi, a congiurare, a preparare, a diffondere ! Oh quante aspirazioni
c cospirazioni nel segreto delle camere, e nelle volte sotterra! Ed io pm’o
ho preso parte nel mistero a quelle notturne congreghe : il nome d'Italia
era gridato con voce fioca di suono, ma potente di speranza e di affetto e si
leggeva, e si piangeva, ed ahimè! si bestemmiava pur troppo, invece di pregare; e invece di amare e di perdonare s'imprecava. La nostra speranza, il
nostro voto di noi tutti giovani svegli ed ardenti, da Torino a A'enezia, era
la liberazione d'Italia: la religione nostra era la politica, i sacerdoti gli
10
scrittori; l’Evangelo variava, e si modificava secondo le nuove pubblicazioni, e le nuove emergenze.
Il Manzoni non appagava oramai piiì le nostre brame febbrili; plaudim
mo di cuore al Pellico, ma lasciando da parte la sua religione, affinammo
in quel libro l’abborrimento, l’odio intestino contro l’Austria : bevemmo la
vendetta alle fonti del perdono. Non ci parve vero di poter mostrare quel
libro ai preti retrogradi, e dir loro sul muso: « Vedete! si può esser devoti,
e abbominare i tedeschi. » '—Del bene, quel libro veramente ne 1^, e non
poco: tanto più che non proibito dalla congregazione dell’indice, nè dai
governi nostri, eccetto, naturalmente, quello che possedeva la Lombardia,
potè circolare liberamente.
Cinque anni dopo, nel 36, fra i libri che da Parigi venivano quotidianamente al buon Vieusseux, si trovarono un bel giorno alcuno copie di un’opera in due volumi, che portava per titolo : Opuscoli inediti del Padre Girolamo Savonarola. I censori doganali, gente che non aveva ancora fra noi
perfezionato il mestiere, e vivevano alla buona, senza guardarla tanto per
lo sottile, visto il titolo, crederono il libro una quisquiglia erudita dell’antico frate, e senza aprirlo neppure, lo lasciarono passare. Il buon Vieusseiix
aveva fatto alla Polizia uno de’ più solenni sgiunbetti ohe abbia mai ricevuto in alcun paese : il libro era tremendo. N’era autore Nicolò Tommaseo.
Nato dalmata, educato italiano, devoto, l’ingegno grande, ed il cuore
ardentissimo alla patria adottiva, cooperò dal 22 al 32 all’Antologia, giornale che Capponi promosse, c Viesseux, il benemeritissimo vecchio, diresse
con gran lode : giornale antesignano e promotore di quanto si operò poi al
risorgimento dell’Italia. L’Antologia pei reclami dell’Austria o della Bussia
fu dal governo toscano soppressa; e Tommaseo, prendendo sopra di se la
colpa di quegli articoli non tutti suoi, che avevano destate le ire politiche
(eroismo che salvò un dabben padre di famiglia, il quale, scoperto sotto il
velo dell’anonimo, ne avrebbe perduto l’impiego cioè il pane deUa moglie e
dei figli) esulò dall’ Italia.
A Parigi ordinò i materiali che aveva già con lungo amore preparati,
pubblicò il libro da noi accennato, e del quale il prof. Orioli scrisse uell’ap
pendice del Journal des Déhats: È uscito alla luce un libro che tutti gl’italiani dovrebbero leggere inginocchioni.
Ma per oggi, basta. Nella futura mia darò un’idea di questo libro non
conosciuto quanto meriterebbe di essere, perchè allora impedito dalla Polizia (la quale appena scoperto l’inganno, andò nelle furie), quindi negletto
come cosa passata. E a gran torto perchè quel libro, a parer mio, è ancora
nuovissimo, e quanto mai adattato ai tempi nostri : e mentre nai'ra il passato, dipinge il presente di allora, che è pur l’attuale, e presagisce e tenta
provvedere al futuro, Addio.
11
CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Lucca 21 Dieeinbru 1860.
Caro fratello,
Slentre la neve sulla bella campagna di Lucca tacitamente cade e la fa
rassomigliare alla monòtona pianura dei dintorni di Berlino, prendo la penna
per narrarvi le impressioni provate entrando in questa città il cui nome è
caro a tutti coloro che di storia religiosa italiana nou sono scevri affatto. — Per chi osserva senza fermarsi alla superficie, il movimento degli
animi e delle idee corre non lieve contrasto, tra la immobilità delle forme
e dei riti religiosi, e la crescente agitazione della mobile nostra nazione.
La religione è vieppiù lasciata da banda e postergata, nella strada che
batte il maggior numero. Essa diventa un monumento dell’età passate magnifico mausoleo risplendente d’ornati ma di non altro ripieno che d’ossami
e di corruzione. Il movimento sì vivo, sì palpitante di questi due anni, tutto
all’infuori di essa, accanto ad essa ed a suo malgrado, si spiegò.
Re.spinse Italia il duro rimprovero d’essere terra del passato, essa vuole
un’avvenire. Già è bello il suo presente; ma la romana chiesa è ormai chiesa
di morti. Suo pensiero, sua predicaziene, sue ingenti fabbriche che son tanto
necropoli tutto in essa sa più di morte che di vita. — Da qualche giorno
sento le predicazioni della novena; l’argomento perpetuo che vi viene svolto
è quello della potenza della morte, deH’inferno, del giudizio. —Jeri sera in
una chiesa di Firenae avvolta in sepolcrali tenebre, mercè le quali non si
potea scorgere nè il predicatore nè gli astanti ascoltavo un lungo dialogo
tra il diavolo ed un’anima dannata, recitato con tuono lugubre e da disperato, atto forse a far passare il danaro dalle tasche dei fedeli nella cassetta
del questuante, ma non certo ad ispirare all’anime fede e amore alla religione. — Epperò la gioventù militare non bada a queste cose ed a questo
quesito: Come si chiama questa Chiesa; s’ottiene forse la risposta ch’io ebbi
dalla bocca d’un milite della guardia nazionale: “ Noi non co ne occupiamo,
conosciamo il Bordeaux, il Champagne, il Bourgogne... ecc. ” cioè vogliamo
la religione dei piaceri e della carne.
0 seppure più nobil cuore non vuole nel vino annegare l'agitazione e
l’irritamento procuratogli dallo stato religioso del paese egli prende a gridare contro i preti, come leggevo oggi scritto sul muro vicino alla Chiesa
12
(li S. Cristoforo, il seguente sonetto in onore dell’arcivcseovo di Luoea ;
Adesso, o monsigiaor'rQi son convinto
Che la morale elastica del Clero
Ammette fin d’odiar nemico estinto
Per ubbidir all’iugiusto e crudo impero.
Cristo in croce pregb, di sangue tinto.
Per il Giudeo che a Lui fu tanto fiero ;
E a chi moria, por amor patrio spinto.
Voi negaste il Requiem in tuon severo.
Noi ci siamo allevato il serpe in seno
E dobbiamo picchiare un sasso al petto ;
Voi colla vanga e col zappone ahneno
Fatto del tempio non avreste un ghetto.
Ma viva Iddio : col suo possente dito
I destini di nostra Italia ei guida,
E il gracchiar della stella è affiir fallito.
La città era sotto l'impressione d’un fatto recente al quale alludono
«{uesti versi. Slolti prendevano copia del sonetto sul taccuino, tutti approvavano
Ecco il fatto : I Luccliesi volendo condegnamente celebrare la memoria
dei prodi cbe soccombettero nella campagna delle Due Sicilie, avevano fatto
annunziare per il dì ‘20 Dicembre un gran llcquicm. Il Gonfaloniere, il
Prefetto, la Guardia civica, la banda della città, tutto era convenuto al
duomo. Stamane passando vi lessi ancora l’invito speciale dei fratelli della
misericordia di portarvisi in tenuta ufficiale. — 11 catafalco era eretto nel
centro, la banda era pronta, il popolo aspettava, quando si sparge la notizia
che l’arcivescovo ha proibito al suo clero d’intervenirvi cd ha portata via la
chiave della sagrestia, gli abiti preteschi, gli arredi ecc. Il cappellano della
Guardia nazionale dovette ricorrere ad altri per aver l’occorrente, c da sè
celebrò il Requiem.
Se a tale resistenza s'anteponesse una qualche morale ragione, approverei
l’arcivescovo di Lucca, ma la Chiesa romana troppo spesso negli interessi
politici volle ingerirsi perchè il popolo in questo manifestazioni non iseorga
anzitutto, una accanita opposizione al partito liberale.
Dicesi che fu scritto a Firenze ed a Torino per avere istruzioni in proposito. Se invece di cercar la luce presso i politiconi pei quali la religione
per lo più non è che un istromento, questa buona gente cominciasse a
riflettere sulla natura della religione, e comprendesse che qui non si tratta
nò di strapparsi vicendevolmente le spoglie dei morti, nè di riscattar le
anime dal purgatorio, nè di far la limosina per paura della sferza e del
fuoco infernale ; se facessero ritorno « aUa Legge ed alla testimonianza di
Dio!...» Girne! non senza provar vivo rammarico si passeggia per lo strette
13
e storte vie di Lucca popolate di nionuinenti storici. Quivi l'evangelo fu
promulgato negli andati tempi. (Juivi una fiaccola fu accesa, e la persecuzione sola senza poterla spegnere l’ha trasportata altrove.
I nomi che si sentono richiamano in memoria quell’ antiche lucchesi
famiglie, che prescelsero l’esiglio all’abjurazione, e furon poi gli appoggi
dell’opera di Calvino. Cimò! Lucca troppo giace immobile sotto la clericale
influenza por non meritarsi il rimprovero d’essere « Terra dei morti «
II principe Canino, mi si dice, esclamava nel Congresso dogli scienziati
noi 18-1.5 « Questa città sarà sempre disgraziata, perchè immersa nel bigottismo. »
Andavo cercando qualche memoria di Pietro 3Iartire ^'ormigli, nel visitare l’antica sua chiesa di S. Frediano la cui facciata di bisantico stile è
circuita d'un immenso mosaico in campo d’oro; una donna mi fece vedere
il quadro di Francia, l'incoronamento della Vergine. Una tavola di marmo
posta allato porta questa iscrizione. « Questa Cappella già consecrata ai
Micheli fu poi ristaurata dai conti Magrini. (?) •
Non solo si ritrova il nome di ^Micheli nel popolo ma sulla facciata del
battisterio di S. Giovanni leggevo quello di Cesare Turettini. Due ijimiglic
dei Burlamacchi, una dei Saladini, sussistono tuttora, benché decadute dalla
passata grandezza. Su di esse soffiò non già l’alito vivificante della fede ma
il vento mortifero del papismo. Leggevo sulla tomlja d'un cardinale della
famiglia dei Guidiccioni questo verso:
« ©àvarfyff a^óvaroc; rà \ocira Syr)TÌi »
« La morte è immortalo, il rimanente è mortale, d
E dall’altro lato: a. Nasciinur im^ìaresjpares niorimur, cinis equai omnes!»
« Si nasce dispari, pari si muore, la cenere ci pareggia tutti. »
Non è questo il trionfo della morte? non è codesto il profumo pestifero
che manda una religione che vede l’ideale morale nella vita monacalo vale
a dire nella mutilazione della vita; che raffigura e rappresenta Cristo come
\m corpo morto, che lo contempla sempre nel momento della discesa di
croce e come crocifisso « nella debolezza; ,» che non contenta deH’infcrno,
accese ancora il purgatorio per togliere all’amme ogni pace e potere minacciare altrettanto il credente quanto l’infedele? Cho forza procurerà all'anima il timore? E da questa sostituzione della morte alla speranza del
risorgimento cosa scaturirà se non una religione servile paurosa e spaventata?
Facevo stamane un’ abbozzo dell’ antico anfiteatro romano di Lucca,
quando ad un tratto, eccoti dietro me ima donna sgridare con veemenza
im ragazzo dicendo: Va a messa! Vuoi tu andar a messa! non sai che è
peccato ! Jli venne voglia d'esclamare : « O sancia simplicitas ! — Poi
l>ortatomi alla bella chiesa di S. Michele la cui antica facciata dev'essere
ammirata da tutti gli amatori d'architcttiua, trovo la chiesa piena cd il
14
popolo in atto umile tanto, che temevo di disturbare l’universale devozione.
Sortendo interrogo uno degli astanti che mi svela la cagione della straordinaria affluenza con questi termini : « Cosa vuole, oggi è mezza festa, 6
San Tommaso, e questi giorni ch’è qui, siamo costretti d’andare a messa. »
— Come costretti? — « E sì! ma ora dopo l'annessione le cose cambieranno. » Da ciò potei comprendere che l’umiliazione dell’assemblea era
poco sincera e che il timore era quello che aveva spinti la madre ed il figlio
alla messa.
0 chi renderà a questa società impermalita dalla cieca abitudine, un po’
di speranza, chi le renderà lo slancio morale, allorquando le questioni politiche avranno perso il fascino della novità ? Chi salverà la società italiana
dalle tremende conseguenze del discredito della religione? Il risorgimento
moverà egli dal clero? Oimè! nel convoglio parecchi fiorentini e toscani mi
ripetevano, che con danaro s’ottiene in Firenze perdono e assoluzione per
ogni peccato; e quel danaro va diritto diritto nella borsa del clero. A stento
cl credo, ma parecchi me l’hanno accertato.
Nò da quella parte non verrà la luce!
A chi dunque spetterà di preservare il corpo sociale dalla corruzione e
d’essere a salvaguardia dei sacri interessi della religione?
A voi discepoli del Salvatore; a voi tutti che amate la sua parola ed
odiate la menzogna; a voi Cristiani evangelici che nella Bibbia avete rinvenuto il trionfo della grazia sul peccato, della vita sulla morte, della risurrezione sul sepolcro... A voi che avete conosciuto per esperienza questa
verità che se « alcimo è in Cristo è una nuova creatura; egli ò passato
dalla morto alla vita. »
NOTIZIE RELIGIOSE
Torino — Settimana di preghiere. — Anche i Cristiani evangelici di
Torino, quantunque in numero non così grande come si sarebbe desiderato,
si sono sentiti spinti dal bisogno di unirsi a quel gran concerto di preghiere
che, dal 6 al 13 gennajo, sono salite a Dio, da tutti i punti del globo dove
trovansi Cristiani evangelici, che avendo esperimcntato per proprio conto
l'eccellenza della conoscenza di G. C., non solo sentono il bisogno di crcscere vieppiiì in essa, ma di fare il maggior numero che a loro verrà dato
partecipi della stessa grazia. Possano queste adunanze aver lasciato dietro
di se, a prò di coloro ohe v’intervennero, benedizioni tali da far nascere in
un numero ognor crescente il desiderio di parteciparvi, cd un nuovo e potente impulso essere stato, per mezzo delle medesime, impresso allo spirito
15
di preghiera ancora tanto debole fra di noi, e senza il quale mancherà sempre alla Chiesa quoll’alito di vita che la costituirà vera sposa di Gesù Cristo,
cd atta ad adempiere agli alti destini a cui 6 chiamata, in mezzo ed a prò
del mondo'.
Sentiamo con viva soddisfazione che anche in parecchie fra le Chiese
delle Valli l’invito àAVAlleanza Evangelica 6 stato accolto con molta premura, e le adunanze sono state affollatissime.
— Il si(j. Mazzarella. — Con sommo piacere fra i componenti il primo
Parlamento Italiano che sta per raunarsi, abbiamo notato il nome del signor ..Ito. Mazzarella, già Evangelista a Genova ed ora profcss. di filosofia
nell’università di Bologna. Gli elettori del Collegio di Gallipoli, mandando
a sedere, quale loro rappresentante, nell’aula del palazzo Carignano, il signor Mazzarella, si sono ac<|uÌBtati diritti non pochi alla gratitudine dì
(juanti in Italia anelano al trionfo della libertà di coscienza, oói»c di quella
che preziosissima in sè stessa, è pegno inconcusso del conseguimento di
tutto lo altre.
Prs.v — Una testimonianza involontaria al Vangelo. — Sotto il titolo di
Visita alla scuola dei nuovi eretici in Fisa, la Stella d'Etruria dei 5 gennajo pubblicava un lungo articolo, dal quale togliamo i seguenti particolari
tanto più significanti e consolanti per noi che dall’ insieme dell’articolo si
manifesta, chi li dottò, nemico accanitissimo all’opera di cui discorre ;
« Io mi sono recato in una casa situata in Pisa, in luogo poco frcquen“ tato, verso le ore 11 ant. di questo stesso giorno, 30 dicembre. Ho tro“ vato una sala nuda... tramezzata da una specie d'arcata, presso la quale
“ trovasi appesa una piccola lampada ... nel fondo della quale si vedeva
'• collocata una cattedra.....L’assemblea che, tra curiosi e neofiti, poteva
“ essere di circa CO persone, era composta (per quello che ho potuto eon“• eludere dalle apparenze) di gente povera d’intelligenza e di patrimonio.
È entrato un giovinetto ben vestito in panni neri e giubba lunga. Sa“ lito sulla cattedra, mobiliata da rozza sedia, si è nascosto per pochi mi“ nuti secondi, il viso tra le mani: quindi si è alzato ed ha cominciato un
“ orazione di sapore cattolico. Subito gli assistenti hanno voltato ad esso
“ le schiene e si sono rivolti alla parte in fondo alla stanza. Ilo osservato
•• che generalmente tutto l'uditorio stava con un ginocchio piegato ciascuno
sulla rispettiva seggiola. In questo momento, quasi dimentico di trovarmi
“ in una sala di eterodossi, ho guardato se, nella parete, alla (juale volgevano la preghiera, vi fosse la Croce, o qualche simbolo di venerazione :
“ ma nulla ho veduto, se non che quella povera gente indirizzava le sue
“ orazioni alla nuda e bianca muraglia !!! (i tre punti esclamativi sono dell'ingenuo nan'atore, che ad esprimere iu modo adequato il nostro stupore
per il soverchio materialismo di cui si mostra imbevuto, invece di tre,
.avrebbe dovuto metterne sei o più ancora.— « Uopo aver pregato per dieci
16
“ minuti ancora, l'uditorio ed il predicatore si sono adagiati sulle loro sog“ gioie. Il predicatore ha cavato una graziosa Bibbia protestante, ed ha
“ cominciato a leggere la parabola delle vergini stolte e delle vergini pra
“ denti con un piccol brano di ciò che segue. Terminata la lettura il pre“ dicatore ha cominciato a spiegare quella parte deU’Evangclo da esso
» letta. ”
Inutile cosa il dire che al nostro narratore la predica apparve insopportabile per tutti i versi. Non così però all’uditorio che si aveva davanti, poiché egli è costretto a soggiungere :
“ Supponevo che quell’adunanza di gentamc, per lo più mancante di ci“ vilizzazione, si dove.ssc mostrare impaziente, dovesse dare segni di sonno,
“ di noja, di disapprovazione. Jla no; che anzi si vedeano tutti immobili
“ come tanto statue ; orano attentissimi, ed un vecchio canuto.... nel mo“ monto preciso in cui nessuno potea capire il predicante, tenendo in mano
“ la sua Bifctóa, con molto sussiego e gravità, volgeasi al suo vicino e di“ cova: heììc! quanto è bravo! Mi sono ristretto nelle spalle ed ho detto
“ fra me : E mai possibile lo spiegare questo fatto? Che ne diranno i filo“ sofi? »
— Ciò che ne diranno i filosofi, sig. narratore, noi non lo sappiamo, ma
ecco ciò che ne ha detto uno che era assai più d'un filosofo, ma di cui disgraziatamente voi ed i vostri pari curato poco i detti ;
« Io ti rendo onore e lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, che tv,
hai nascoste queste cose ai savj ed intendenti, e l’hai rivelate ai inccoli fanciulli; sì certo, 0 Padre, perchè così t'e piaciuto ». Ev. di S. Luca, X, 21.
Firenze—I trionfi della Stella d'Etruria. — Triiscrive questo giornale,
nel suo numero del 27 gennajo, con aria di gi’an trionfo, un articolo delr Union Chrétien di Parigi, nel quale l’articolista ragionando dogli sforzi
che stanno tentando i Cristiani evangelici di varie denominazioni, allo scopo
di diffondere l’Evangelo in Italia, si mostra ai medesimi avverso, e conchiude il suo dire con queste parole che la Stella stampa iu majuscole :
“ Noi crediamo, dunque, che da tutte queste predicazioni in senso inverso,
'■ risulterà soltanto un profondo disordine, e per conseguenza un grande
“ indebolimento nel sentimento cristiano ».
Ecco dunque (così intitola il suo articolo la Stella) i Protestanti d'Italia
condannati dai loro confratelli di Parigi! So fossero le cose quali le rappresenta la fiorentina effemeride l’argomento, per noi, nou significherebbe ohe
questo: cioè, che fra l’opinione dell’articolista di Parigi e la nostra corre un
gran divario. Ma che ne rimarrà di questo argomento, al punto di vista della
Stella, quando le avremo detto che l’Abate Ouettée, il redattore in capo del
V Union Chrétienne, cui piacque alla Sfella di affibbiare l'epiteto <\\ prolestante, DICE L.\ MESSA TUTTI I GIORNI al pari dei redattori della SteUa medesima? — Noi, speriamo, che verificata per bene la verità del nostro asserto, si 'compiacei'à la nostra consorella di Firenze, di dare ai suoi lettori
questa spiegazione che le mandiamo.
Domenico Gi-obbo gerente.
TORINO — Tipografia CLAUDIANA, diretta tla R, Trombetta