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Anno 114 - N. 21
26 maggio 1978 > L. 200
Spedizione in abbonamento postale
Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDESE
1006G TORRE PEIL ICE
(Mk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UN CONFRONTO TRA IL MOMENTO ATTUALE E IL DOPOGUERRA
DAL SINODO RIOPLATENSE
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V.V.'
i-'--.
1
Non si rinnova la società Vegliate, state
se non si rinnova l’uomo fermi nella fede
Le vie per realizzare un nuovo ordine sociale e politico non possono
prescindere d,al rinnovamento, termine poco usato oggi come ieri
Negli anni immediatamente
successivi alla seconda guerra
mondiale si parlava molto di un
nuovo ordine sociale e politico,
dopo le tragiche esperienze del
passato. Si discuteva di « epurazione » e, personalmente, ricordo
uno degli « slogan » scritti sui
cartelloni e portati in giro da
manifestanti: « Senza l’epurazione non si costruisce la nazione ».
Molti si domandavano in che
cosa consistesse una vera e propria epurazione: se nella eliminazione fisica di quelle persone
che, in un modo o nell’altro, avevano condotto la nazione alla rovina oppure nella liberazione da
quei mali che pesavano sulla coscienza civile e morale del nostro
popolo. Per epurare, dicevano alcuni, « bisogna essere puri »: ma
chi lo era sufficientemente, chi
aveva le mani nette e la coscienza libera da compromessi, da interessi, da oscure vendette, dopo tutto ciò che era successo in
anni di lotte, di paure e di violenze mortali? Chi pensava veramente di liberare la nazione dal
cancro della violenza, dall’egoismo personale e dall’italico « menefreghismo » che addormenta le
coscienze, rendendole incapaci
di scegliere tra il bene ed il male,
tra verità e menzogna, tra libertà e schiavitù?
Altri parlavano di « rivoluzione » per demolire l’ordine stabilito e creare le premesse di un
nuovo stato, libero e democratico. Liberare la società da un regime materialmente e moralmente corrotto non è cosa né facile,
né rapida: ci vuole un’azione rivoluzionaria capace di instaurare un governo nuovo, con leggi
nuove e con nuovè strutture.
Parlare di rivoluzione è cosa facile, è invece molto difficile fare
la rivoluzione, mettere ordine
nel disordine, caratterizzato da
abusi, reati e crimini impuniti.
Non intendiamo « sacralizzare »
la rivoluzione, perché, come scriveva Giovanni Miegge, « nessuna
società stabilita è un puro ordine, e nessuna rivoluzione è un
puro sovvertimento; ma ogni rivoluzione è un tentativo di sostituire un ordine nuovo ad un ordine esistente ». E riconosciamo
che, molte volte, quel tentativo è
giustificato da motivi di necessità e di libertà, in quegli stati
che sono soggetti ad un governo
tirannico, dove si pretende risolvere le situazioni critiche ed i
problemi più gravi mediante la
tortura e l’eliminazione dei dissidenti o dei resistenti. Purtroppo ogni rivoluzione fa ricorso alla violenza, e nessuna violenza
realizza il regno di Dio, nella pace, nella giustizia e nel rispetto
dei diritti dell’uomo.
Allora si parlava anche di « ricostruzione ». Chi avrebbe potuto non parlarne, dopo le distruzioni operate dalla guerra? « Ricostruire sì, ma su quali basi? ».
Questo era il titolo di un libro
assai diffuso negli ambienti ecumenici e internazionali, ohe denunziava le gravi responsabilità
del fascismo e del nazismo nella
rovina di mezza Europa.
« Su quali basi » occorreva ricostruire? Sulla presunzione di
una futura grandezza politica?
Sull’orgoglio nazionale, sulla possibilità di assumere di nuovo un
potere incontrastato al servizio
dei grandi e dei potenti? I contemporanei di Isaia ragionavano
in questo modo riguardo alle distruzioni avvenute nel loro paese: « I mattoni sono caduti, ma
noi costruiremo con pietre squadrate; i sicomori sono stati abbattuti, ma noi li sostituiremo
con dei cedri ». Incoscienti erano
quegli uomini che ragionavano
così nella superbia del cuor loro; perché, dice la Scrittura, « la
superbia precede la rovina ». E
non c’è da stupirsi se il giudizio
di Dio viene ripetuto ben quattro
volte di seguito dalla bocca del
profeta: « E con tutto ciò, l’ira
sua non si calma, e la sua mano
rimane distesa ».
Ma c’è una quarta parola, che
viene raramente pronunziata dagli uomini, oggi come ieri, cioè
questa: « rinnovamento ». Essa
riguarda prima di tutto il singolo credente, ma anche i responsabili delle chiese e dei governi.
Non si realizza un ordine sociale nuovo senza essere sensibili al rinnovamento della coscienza e del costume morale. Ogni
giorno si parla di malcostume,
di corsa al denaro pur di arraffare milioni e miliardi in qualsiasi modo; si parla di disonestà,
di inganni, di bustarelle e di corruzione. E’ il vizio degli italiani,
anche se la disonestà alberga pure in altri paesi assai più ricchi
del nostro. A me pare che la disonestà del nostro popolo si precisi in una deficiente formazione
del carattere morale, talché la
norma comune di vita è questa:
« Fare ciò che conviene, non ciò
che si deve ». Riteniamo che
questa deficienza sia anche dovu
Ei-manno Rostaii
(Continua a pag. 8)
Al pastore Aldo Sbaffi,
Moderatore della Tavola Valdese
Il Sinodo della Chiesa Evangelica Valdese del Rio de la Piata, riunito per la sua 14‘‘ sessione
annuale, desidera esprimerLe la
sua profonda gratitudine per il
messaggio fraterno che ci ha fatto pervenire a nome delle chiese
Il Corpo Pastorale Valdese della regione rioplatense: In piedi, da destra a sinistra, Delmo Rostan, Benjamin Barolin, Violeta Geymonat
de Lauri, Bertha Barolin, Gerald Nansen, Gladys Bertmat de Jordan,
Carlos Delmonte, Nestor Tourn, Nestor Rostan, Alberto Rtcctarat,
Mario Bertinat, Ricardo Ribeiro, Wilfrido Artus. In basso da de^ra
a sinistra: Carlos Núñez, Hugo Gönnet, David Baret, Norberto Berton, Daly Rolando Perrachon.
Valorizziamo il carattere regionale e locale delle nostre chiese
Meglio radicare che livellare
Durante la recente Assemblea
di circuito delle chiese della Toscana è venuto fuori un fatto interessante : le nostre comunità,
nonostante un secolare lavoro
di livellamento, hanno ancora
un loro carattere, delle peculiarità regionali o locali. È una situazione che, a detta di alcuni
presenti alla Conferenza, si riscontra un po’ ovunque.
A questo discorso, m’è venuto alla mente un testo poetico
di Dino Campano («Toscanità»,
a B. Binazzi), e poi una recente
rilettura del compianto C. Dionisotti sulla geografia e la storia della cultura italiana, e poi il
significato della riscoperta delle
culture regionali anche nel nostro paese, e poi... Poi mi sono
ricordato del nostro Past. Mariano iMoreschini, il quale in anni ormai lontani aveva proposto
e, se non sbaglio, iniziato alla
Facoltà di Teologia una serie
di conversazioni sulla geografia
religiosa d’Italia.
Dobbiamo chiederci se questa
realtà di radicamento locale è
in contrasto con la Parola di
Dio; essa, in effetti, ci dice del
credente che è in cammino verso la Patria, del pellegrinaggio
del cristiano; ci dice però anche
della chiesa locale come realtà
compiuta, corpo del Signore, e
ci offre, nelle lettere di Paolo
in particolare, un campionario
di comunità fortemente radicate
nel loro ambiente, diverse tra
loro e pur unite tenacemente in
Cristo. Mi pare che questa continua situazione di confronto
e/o di commistione disegni bene la concretezza storica della
chiesa: universale-i-locale, senza
dimora stabile-(-localizzata, contestatrice d’ogni cultura-(-acculturata.
In genere, una unione di chiese fortemente strutturata tende
a smussare le diversità, a livellare. Non per caso la linea di
sviluppo attuale nelle nostre
Chiese — circuiti, distretti, ecc.
— inverte questa tendenza. Una
resistenza viene talvolta dai pastori: sbalzati da una parte all’altra del paese, quasi estranei
all’ambiente in cui vive la comunità che servono, essi sentono psicologicamente come pura
negatività, carnalità antievangelica, tutto ciò che indica un radicamento, un carattere indigeno. Diciamolo pure, noi pastori
abbiamo preferito essere parroci-sinodali piuttosto che ministri
itineranti; abbiamo ribaltato la
situazione. E da ciò è venuto il
depauperamento delle chiese locali, con la distruzione delle loro piccole tradizioni, dei loro
usi, dei loro caratteri. Si sono
piantati per un secolo dei pastori, degli evangelisti — maga
ri per pochi anni — ma si sono
sradicate le comunità.
Osserviamo l’uso che facciamo della nostra modesta ricerca storica. Raramente la utilizziamo per capire una chiesa locale, per aiutarci a scoprire «al
dilà di tante incrostature il suo
carattere, la sua personalità. La
nostra storia locale è una serie
di fatti personali, cioè di pastori che, in buona fede e talvolta
con eccellenti doti, si sono trasferiti tra gli indigeni d’una
qualche località ed hanno strenuamente combattuto (non sempre, per fortuna) la realtà locale.
Ma forse è giusto scrivere cos;i la piccola storia di famiglia,
perché è stato così. E i risultati? Accenno a un dato sociologico che non può lasciarci indifferenti: l’80% delle nostre chiese locali è di sradicati, cioè di
cari credenti che non appartengono'(più) agli strati popolari,
i più radicati nella realtà locale,
e che hanno acquisito una mobilità psicologica, interessi culturali, religiosi e sociali, disincarnati e critici in rapporto all’ambiente, alle istanze della gente del posto. Anche per questo
l’evangelizzazione oggi è svolta
con efficacia dalle chiese socioL. Santini
(continua a pag. 4)
sorelle d’Italia e che, letto in aula, è stato seguito da tutta l’assemblea con profonda attenzione. Nello stesso tempo cogliamo
l’occasione per farLe pervenire
il nostro saluto fraterno in Cristo, che La preghiamo di estendere a tutta la Chiesa Valdese
dell’area italiana.
Contemporaneamente vogliamo
esprimere la nostra gratitudine
per la vostra disponibilità a condividere con noi le responsabilità che il lavoro della chiesa
comporta nell’ora attuale. In
molti modi siamo stati condotti
a sperimentare in questi ultimi
anni il vero vincolo che ci unisce
nell’amore di Cristo malgrado la
distanza che ci separa. Il fatto
che la sessione sinodale del 1978
abbia potuto associare a sé il pastore Samuele Giambarresi, giunto in Uruguay lo scorso dicembre, ha rappresentato senza dubbio una prova tangibile della vostra disponibilità a concretizzare
la collaborazione con le chiese
rioplatensi. D’altra parte, si annuncia con gioia ed entusiasmo
la collaborazione ormai molto
imminente del pastore Bruno
Rostagno per il piano di formazione laica predisposto in collaborazione col Centro Emmanuel.
Sappiamo anche che la colletta
del 19 febbraio u. s., destinata ad
esprimere la vostra solidarietà
con le chiese rioplatensi, sarà
per noi un motivo ulteriore di
gratitudine ed anche uno sprone
molto speciale. Desideriamo a
questo proposito farLe conoscere la nostra decisione di destinare la colletta stessa ad opere di
annuncio e di servizio che saranno attuate tramite nostro.
Senza dubbio la presenza del
Moderador Wilfrido Artus e Signora al vostro ultimo Sinodo e
il contatto che il pastore Ricardo
Ribeiro ha stabilito con la Tavola Valdese nel 1977 sono state
occasioni per rinsaldare i nostri
vincoli di fraternità. Un’occasione simile si concretizzerà inoltre
nei mesi prossimi col viaggio del
pastore Néstor Rostan e Signora
in Europa al fine di visitare le
Valli e partecipare ad alcuni corsi di aggiornamento per potenziare i loro doni come operai della chiesa.
In mezzo alle difficoltà con le
quali ci andiamo confrontando
nel nostro ministero tanto in
Italia come nel Rio de la Piata,
chiediamo a Dio di permetterci
di camminare con fermezza e fedeltà, guidati da Colui che abbiamo confessato come il Signore
della nostra vita. In questo tempo in modo particolare, giungano
a noi e ci sostengano le parole
dell’apostolo Paolo; « Vegliate,
state fermi nella fede » (I Corinzi 16: 13). Che il Signore ci
conceda questa forza per mezzo
del suo Spirito Santo e vi accompagni in ogni tempo e circostanza.
pastore Carlos Nùnez
presidente della Mesa sinodal
Violeta G. De Lauri
Segretaria agli atti
Parque 17 de Febrero,
il 23 febbraio 1978
(Ci scusiamo per il ritardo con cui
pubblichiamo il messaggio dovuto a disguidi postali).
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zo maggio
UNO SGUARDO SU CHIESE E CIRCUITI IN VISTA
Come sta la Chiesa? Abbiamo cercato di auscultare
la chiesa usando come
fonendoscopio le recenti
assemblee di circuito. L'immagine medica deve subito farci pensare ad un malato? In parte si;
epminando le relazioni dei consigli di circuito e gli atti delle assemblee che ci sono pervenuti '
SI riscontrano elementi di crisi
(per altro né nuovi né nostri
esclusivi) che emergono in vari
settori e nelle diverse aree geografiche. Ma contemporaneamente si ricava l’impressione di una
notevole reazione, di una chiesa
che lotta vigorosamente, spesso
con slancio e solo qua e là più
stancamente, per far fronte alle
proprie difficoltà.
Vasta diaspora
e forze limitate
Una delle maggiori difficoltà è
data dal fatto che alla dispersione di sempre di comunità medie
e piccole, gruppi e singoli nuclei
che formano la nostra diaspora
extra-metropolitana, si è aggiunta in questi anni una diminuzione delle forze pastorali. Per
quanto si tratti verosimilmente
di una situazione provvisoria, il
problema è serio. Come lo si affronta?
Si sono occupati di questo problema soprattutto il 6® circuito
per il Piemonte orientale, l’8° per
la zona di Rimini, il per l'intera zona abruzzese, il 14° per la
^meridionale e la Lucania.
Quali sono gli strumenti individuati per far fronte a questa
situazione? Come risposta imrnediata tutti i circuiti menzionati hanno indicato Limportanza
di convegni che raccolgano grupgi e piccole chiese e che servano
^ f3,rli uscire da un isolamento
che spesso « non è solo geografico ma anche spirituale » (6°), a
far circolare idee e informazione, a rinsaldare vincoli.
Ci sembra importante rilevare che in questa visuale il 12°
circuito da un lato considera la
Luce « un reale strumento di collegamento e di evangelizzazione » e la usa in conseguenza, dal1 altro si è impegnato nella produzione di opuscoli per l'evangelizzazione che certo varrebbe
la pena far circolare anche oltre
i limiti del circuito.
In questo contesto acquista
sempre maggiore importanza la
funzione di stimolo e di coordinamento dei consigli di circuito
che hanno la possibilità di svolgere un vero e proprio « miriidella diaspora ». Questo
ministero qua e là è già sviluppato. Altrove, come nell’S” circuito, pur ben impostato incontra
la resistenza di chi pretende dal
solo pastorato fisso la soluzione
dei problemi di diaspora.
Ministeri
Come risposta a medio e lungo termine i circuiti indicano poi
la formazione di ministeri laici.
Alcuni circuiti — da soli o in
collaborazione con Federazioni
regionali — hanno una attività
di « collettivi teologici » già avviata (Liguria, Lombardia, Campania); altri si propongono di
iniziarla in senso generale e riferita più specificamente alla
formazione dei predicatori laici
(Piemonte, Lazio, Puglie).
E’ evidente che lo sviluppo dei
ministeri e la loro preparazione
non risolve di per sé il problema
della scarsità delle forze pastorali. Non sono da sottovalutare
le richieste di non veder diminuire le proprie forze pastorali che
vengono dal Piemonte (4°) e dalla Lombardia (6°). Ma d’altra
parte si può dire che le chiese
nella loro maggioranza, ormai
hanno chiaramente afferrato
l’importanza dei ministeri e della loro preparazione accanto alla
funzione specifica del ruolo pastorale. I circuiti hanno così dimostrato che il tema « ministeri » non può assolutamente essere circoscritto alla sistemazione
regol amentaría promossa dal Sinodo. In questo contesto emerge
anche chiaramente l’attesa che
i circuiti nutrono nei confronti
della Facoltà di teologia e l’enorme campo di lavoro decentrato
che in questi ultimi tempi si è
aperto in questo settore per la
nostra Facoltà.
DALLE ASSEMBLEE DI CIRCUITO
Una chiesa in difficoltà
che lotta con vigore
Educazione cristiana,
giovani e comunità
Non disgiunto dal tema dei
ministeri, quest'anno ha avuto
un’importanza determinante nella vita delle chiese e dei circuiti
il tema dell’« educazione cristiana in vista della fede », anche se
spesso non è comparso sotto
queista espressione adottata dal
Sinodo scorso. Mi sembra importante rilevare che ovunque
questo tema è andato ben oltre
gli aspetti « tecnici » che poteva
assumere — metodologia dell’istruzione nella scuola domenicale e nei corsi di catechismo,
psicologia dello scarto tra le generazioni, eoe. — per inserirsi
invece nel suo giusto contesto, in
un ripensamento della comunità
e dei giovani.
Citiamo per tutte un’assemblea, quella del 12° circuito,
Abruzzi, che di fronte alla frattura tra giovani e comunità ha
affermato: « il problema non è
di fare un corso di catechismo
migliore o diverso, ma di rivedere il ruolo della chiesa nella società di oggi, di individuare la
sua azione di testimonianza e di
predicazione ».
Certo non ci si può fermare alle analisi, del resto appena abbozzate. Bd è significativo che
diverse attività siano in corso o
siano programmate per il futuro
in questo campo. Qltre alle citate iniziative di formazione per i
ministeri, ricordiamo i vari esperimenti di rinnovamento del culto in atto neiril” circuito (Lazio)
e tutta una serie di temi di discussione e/o convegni programmati in questa linea: Valli - Val
Germanasca: tema per l’anno
prossimo: i giovani. Piemonte:
tema per l’anno prossimo: la comunità. Lombardia; studio del
progetto « giovani » in atto ad
opera della FGEI regionale.
Abruzzi: convegno previsto su
« I giovani, la fede e la religiosità ». Campania: convegno giovanile da organizzare in collabora
zione con la FGEI regionale.
Se si pensa che queste sono
solo alcune delle linee operative
sul piano dei circuiti e che certo
molte singole chiese si dispongono ad avviare o sviluppare iniziative che ruotano intorno al tema « educazione cristiana - comunità - giovani », risulta evidente che siamo solo agli inizi
di una ricerca che il Sinodo scorso ha promosso individuando un
problema di importanza primaria. Il prossimo Sinodo dovrà
perciò tenerne conto per evitare
di sollecitare le chiese su una
quantità di temi di studio e di
campi operativi nuovi e disparati. Molto più opportuno sarà
al contrario ricevere dalle chiese e dai circuiti questo allargamento del tema « educazione cristiana in vista della fede », precisarlo in un contesto globale
che tenga conto delle varie esperienze e riproporlo alle chiese
con l’aiuto degli strumenti tecnici di cui dispone (stampa, commissione sinodale sull’educazio
ne cristiana in vista della fede, ecc.).
Chiesa e società
Terminiamo questa panoramica menzionando un altro ambito
di discussione delle assemblee di
circuito, trascurando il quale si
potrebbe ricavare l’impressione
errata di assemblee introverse e
preoccupate esclusivamente dei
propri problemi interni. In diverse assemblee, accanto al tema dell’evangelizzazione e dell’apertura verso il mondo esterno, è stato presente il quadro generale, grave e negli ultimi tempi anche tragico, della società in
cui viviamo. In alcuni casi, come
per esempio in Liguria, la discussione non si è conclusa nella forma di un ordine del giorno ma
non per questo ha impegnato
meno le singole comunità. In altre assemblee sono stati votati
ordini del giorno che riflettono
preoccupazioni diverse ma complementari come quelli ohe riportiamo in questa pagina.
Franco Giampiccoli
' Al momento in cui scriviamo abbiamo ricevuto notizie, relazioni, atti
di assemblee o altro materiale da tutti i
circuiti fuorché il 1° (Val Pellice), il 2°
(area pinerolese), il 7° (Veneto), il 9°
(Svizzera), il 15° (Calabria) e il 16° (Sicilia).
DUE ORDINI DEL GIORNO APPROVATI NELLE RECENTI ASSEMBLEE
NAPOLI
No alla
violenza
Le chiese del XIII Circuito
(Campania), riunite in Assemblea
condannano gli episodi di
violenza armata verifìcatisi
nel nostro paese;
confessano il loro peccato
di non avere dato un esplicito e significativo contributo
alla formazione nel nostro popolo di una coscienza politica nella prospettiva deH'agape ( amor fraterno ) ;
riconoscono la sofferenza
del nostro popolo nelTattuale crisi, conseguenza di altre
crisi e di altre violenze mai
affrontate e risolte nei decenni passati ;
non riconoscono la necessità di eventuali leggi speciali per il superamento, che
ha da essere immediato, della situazione presente ;
indicano come primario e
fondamentale il diritto alla
sicurezza del posto di lavoro
per tutti ;
auspicano che le riforme,
da lungo tempo programmate, trovino immediata attuazione ;
esprimono il convincimento che la sete di uguaglianza,
di giustizia e di libertà dal
bisogno, denunciata con forza da uomini e donne del no
stro tempo, può e deve da
subito essere soddisfatta con
Timpegno di tutti.
_______PISA
Sì al
disarmo
« I rappresentanti delle
chiese Evangeliche Valdesi e
Metodiste del X Circuito riuniti in assemblea a Pisa il
giorno 7 maggio '78, si rivolgono ai membri che siederanno airONU alTAssemblea
straordinaria che sarà consacrata ai problemi del disar
mo, in maggio e giugno prossimi. Davanti al continuo crescendo delle ricerche sugli
armamenti e davanti al pazzo accumulo delle armi nucleari, esigono un reale processo di disarmo. I negoziati consacrati al controllo degli
armamenti, lungi dai portare ad una diminuzione delle
armi sono stati un mutuo accordo sulTequilibrio armato;
non hanno impedito un accrescimento delie riserve e
un perfezionamento costante
della potenza strategica. Condividendo l'inquietudine di
molti concittadini, davanti alla prospettiva della realizzazione della bomba al neutrone, chiedono istantemente in
nome del valore della vita,
che si rinunci dappertutto a
fare entrare questa fabbrica
zione in una fase operativa.
La vendita delle armi ai popoli in via di sviluppo, che
produce enormi guadagni per
i paesi sviluppati, aumenta
le occasioni di conflitti locali ; dei quali sono generalmente vittime i paesi del
Terzo Mondo. Il fatto che la
« distensione » tra le grandi
potenze riposi su un formidabile equilibrio del terrore affievolisce la possibilità di
riuscire ad evitare i conflitti
mondiali. Chiedono che una
parte dei fondi risparmiati.
daH'interruzione delle ricerche sull'armamento siano indirizzati a costituire centri di
ricerche a scopi pacifici ».
(ordine del giorno approvato
all'unanimità e inoltrato alla delegazione italiana all'ONU).
INIZIATIVE CULTURALI E VISITA DEL MODERATORE
Valdesi di Calabria ieri e oggi
Su iniziativa di un docente di storia medievale deirUniversità degli Studi di Calabria si
è tenuto, con la partecipazione del prof. Giovanni Gönnet, un nutrito programma di studio e di informazione nella regione cosentina.
Già nei mesi precedenti l’Università aveva
avuto un ciclo di studi incentrato sui movimenti ereticali del Medio Evo ed in particolare sui valdesi, tenendo conto anche della
loro presenza nella zona.
Nell’università di Arcavacata (Cosenza) il
prof. Gönnet ha diretto due seminari, rispettivamente incentrati su « I Valdesi e i loro
insediamenti in Calabria nella storiografia
recente » e « La Bibbia presso i Valdesi medievali ». Buona e attiva la partecipazione di
giovani studiosi, docenti e studenti. Alle numerose e interessate domande ha risposto
con la competenza ben nota il prof. Gönnet
ed il pastore di Cosenza è pure intervenuto
per puntualizzare la situazione attuale dei
valdesi in Calabria. Tra gli intervenuti al di
L’iscrizix>ne alla base del cippo commemorativo eretto a Guardia Piemontese dice; ’’Beati i perseguitati per cagion di giustizia (Mtt. 5: 10). In
memoria delle comunità valdesi di
Calabria distrutte nel 1561 a motivo
della predicazione dell’Evangelo”.
Sul cippo è riportata la parola di
Isaia 51: ’’Considerate la roccia da cui
foste tagliati”.
battito ricordiamo i proff. Dal Pino, Ferrarese e Battisti dell’ateneo calabrese.
In particolare si è dimostrato grande interesse per i temi della povertà come libera
scelta, della non-violenza, del valore della
Scrittura nella lingua parlata di allora e di
Oggi.
Collegata a questi seminari si è svolta una
visita ai luoghi storici della presenza valdese
in Calabria. 45 persone hanno così visitato
Montalto Uffugo, San Sisto dei Valdesi e
Guardia Piemontese ed in ogni località il
prof. Dal Pino ha fatto rivivere momenti significativi di un lontano passato valdese con
profonda conoscenza della storia e dei luoghi.
II Sindaco di Acquappesa ha ricevuto gli
ospiti con molta fraternità a Guardia Piemontese, offrendo loro un pranzo ufficiale.
La visita del prof. Gönnet ha avuto ancora
un momento di particolare risalto quando, il
sabato 22 aprile, nella sala delle Rappresentanze del Comune di Cosenza, alla presenza
di un folto pubblico rappresentante il mondo
della cultura locale, ha parlato sui « Valdesi
di Calabria ieri e oggi». Erano presenti anche molti fratelli delle comunità valdese e
pentecostale.
Hanno partecipato al dibattito i proff. Dal
Pino e Ferrarese, il dott. Canale ed il pastore
locale. Non si è trattato solamente di una
rievocazione storica, di fatti di cultura e di
folklore, di lingua occitana e di insediamenti
di colonie provenzali: i valdesi sono stati visti dal punto focale della loro fede.
Il prof. Gönnet ha anche voluto partecipare, con la Signora, ai culti di Dipignano e Cosenza, portandovi il suo messaggio su Chiesa
e Ministeri.
Le due comunità hanno anche avuto la
gioia di ricevere, il giorno successivo, 24 aprile, la visita del Moderatore della Tavola 'Valdese accompagnato dal pastore Salvatore
Ricciardi, incaricato. dalla Tavola per i rapporti con il IV Distretto. Malgrado il giorno
lavorativo ed i notevoli impegni dei giorni
precedenti, la comunità di Dipignano si è
raccolta, nel pomeriggio, quasi al completo
per ascoltare il messaggio degli ospiti, per
porre loro delle domande sul lavoro della
chiesa valdese. Lo stesso impegno si è manifestato la sera, a Cosenza.
Sono stati, per queste due chiese, momenti intensi, vissuti nella gioia e nella riconoscenza. Certo il tempo è stato breve per
questi incontri, molte cose si sarebbero ancora volute dire, molto di più si sarebbe voluto manifestare la solidarietà della fede
comune nel Signore Gesù Cristo. Eppure anche quei brevi momenti sono significativi
per chi vive nell’isolamento della diaspora
calabrese!
Nella speranza che tutto questo impegno,
queste manifestazioni e queste visite portino
frutto di interesse autentico per il Signore
della Chiesa, le comunità ringraziano i loro
ospiti con l’augurio di un « arrivederci presto! ».
3
26 maggio 1978
3
DELLE PROSSIME CONFERENZE DEI 4 DISTRETTI
MILANO: FESTA DELLE CORALI PER I 25 ANNI DEL TEMPIO
Per la costanza di Dio
K'
Scendono dai sette pullman
che li hanno condotti a Milano,
trovando una di quelle giornate
in cui la metropoli lombarda dispiega vago odore di campagna
primaverile e scorda nebbia,
traffico, smog e i mille problemi di una collettività cresciuta
troppo rapidamente. È accoglienza di buon auspicio per i
circa quattrocento componenti
le Corali delle Valli Valdesi, calati in Lombardia in occasione
della giornata di riconoscenza
che la comunità milanese ha voluto rendere al Signore, quale testimonianza di fedeltà e di gratitudine per i 25 anni del tempio in via Francesco Sforza. E
le « nozze d’argento » non potevano avere cornice più degna di
un culto alla presenza di oltre
cinquecento fratelli e sorelle in
rappresentanza di tre generazioni.
Il pastore Giorgio Bouchard
ha incentrato la sua predicazione sulla lettera che Giovanni
scrisse alla chiesa di Filadelfia,
la sesta dedicata alle chiese
dell’Asia, contenuta nel terzo capitolo dell’Apocalisse. A lungo il
popolo Valdese si è compiaciuto
della sua durata nei secoli: essere sopravvissuti alle mutate
vicende della storia era forse una prova di costanza, di coerenza, di fedeltà all’Evangelo. Siamo così una piccola diaspora
sparpagliata in Italia, in Europa
e oltreoceano, che in quanto tale non deve dimenticare le parole espresse nel decimo versetto del succitato capitolo dell’Apocalisse: « Poiché tu hai serbato la parola della mia costanza, anch’io guarderò te nell’ora
del cimento che ha da venire su
tutto il mondo ». Il nocciolo dej
discorso sta proprio in quel
« mia costanza ». Mia e non
«tua». Vuole cioè esprimere
l'invito che il Signore fa alla Sua
chiesa di concentrarsi sulla missione di predicare l’Evangelo
ovunque se ne presentino le occasioni e non di limitarsi a gioire per quanto ottenuto, meritato premio delle fatiche sostenute.
«I locali di via Francesco Sforza — ha proseguito Bouchard —
furono eretti nell’epoca in cui
l’Italia ricostruì se stessa dalle
rovine della guerra. Poi'per Mi
lano vennero gli anni- del “vitello d’oro”, in cui i soldi scorrevano più o meno facilmente, fornendo l’illusione di un benessere duraturo. Ma ogni vitello di
oro non può che condurre a
tempi drammatici: da dieci anni proprio nella città definita
"capitale morale” dell’Italia si
sono coagulate le tensioni, i
drammi, le tragedie che insanguinano un paese avviato alle
scelte più oscure della sua esistenza. ». E, quasi paradossalmente, il tempio milanese è a
pochi passi dal Palazzo di Giustizia, dall’Università, da piazza
del Duomo, da piazza Fontana.
Sta ai credenti individuare gli
spiragli che i tormenti di una
metropoli offrono per una azione di penetrazione evangelica,
nella certezza che la mano del
Signore non abbandona la comunità missionaria.
Al termine del sermone sono
stati letti i messaggi del Moderatore Aldo Sbaffi e dei pastori
Enrico Corsani e Tron, impossibilitati a intervenire. Successivamente hà preso la parola il
past. Achille Deodato, moderatore nell’epoca in cui venne costruito il tempio milanese, che
ha rammentato le difficoltà a
suo tempo avute nel reperire i
fondi necessari alla riapertura di
un locale ove predicare pubblicamente la Parola del Signore:
difficoltà anche di ordine tecnico e monumentale, come ha sottolineato l’ing. Vittorio Ravazzini, il progettista del centro comunitario. Un saluto è stato rivolto ai presenti dal past. Alberto Ribet, che a lungo svolse il
suo ministero nella nostra città.
Il pomeriggio è stato dedicato
alla Festa di Canto delle Corali,
desiderata in « trasferta », proprio per offrire al pubblico della grande città l’immagine di
una testimonianza che esulasse
dalla consuetudine. Un popolo
che canta: e la risposta dei membri, degli amici e di « esterni »
ha gremito il tempio in ogni ordine di posti, con una cornice
di spettatori che è rimasta pazientemente in piedi per tutta
l’esecuzione del programma. Alternatesi lungo un’ora e mezza,
le corali provenienti dalla Val
Chisone, dalla Val Germanasca
e dalla Val Pellice sono riuscite
a ricreare un angolo di protestantesimo genuino e spontaneo,
ripercorrendo, non senza suscitare commozione, l’itinerario costellato di sofferenze, persecuzioni e di episodi di vita quoti
diana che fieri montanari hanno percorso uniti dalla fede nell’Iddio dei loro padri. Una giornata diversa e ricca, di significato per un credente. Il « Giuro »
di Sibaud eseguito in conclusione ne è stato il suggello più degno.
Marco Rossi
INTERVISTA AD UN MEMBRO DELLA CHIESA DI MILANO
Il tempio: luogo d’incontro
L’anniversario dei 25 anni del tempio di via Sforza coincide anche con la ristruttura di gran parte dei locali comunitari del tempio, resi più funzionali rispetto alle nuove
esigenze espresse dalla comunità. Abbiamo chiesto alla sorella Jolanda de Bernardi, che fin da adolescente frequenta
la comunità valdese di Milano, di tracciarci un parallelo tra
le attese presenti 25 anni fa intorno al nuovo progetto del
tempio e quelle di oggi. « Il motivo della costruzione di un
tempio nuovo a Milano — così ci ha detto Jolanda de Bernardi — fu legata ad esigenze del piano regolatore che demolendo il nostro vecchio tempio di Piazza Missori al tempo stesso ci offriva la possibilità di ricostruirlo, su terreno
del Comune, salvandone la facciata romanica, proprio lì
vicino, sempre in posizione centrale rispetto alla città. Fu
un errore ricostruire la chiesa al centro della città? Non si
poteva costruirla tra gli emarginati, nella periferia, nel
quartiere«ghetto della immigrazione? Forse fu un errore,
ma allora non ci ponemmo questo tipo di problema. Nel
clima generale di quegli anni del dopoguerra in cui l’Italia
lavorava alla sua ricostruzione, fisica e morale, noi non rimanemmo fuori. Volevamo una chiesa nuova e in questo
fummo molto compatti. Nei confronti della città, la nostra
fu la risposta di un epoca determinata^ di una certa concezione dell’evangelizzazione che oggi è diventata senza dubbio
più problematica ».
C’è stata quindi un’evoluzione nella comprensione della vostra testimonianza rispetto alla città? a Certo, vorrei
comunque dire che in questi 25 anni l’Evangelo — nella
buona e nella cattiva sorte — è stato comunque predicato
e questo ascolto ci ha maturati permettendoci d’intravedere
spazi nuovi. Non per nulla la comunità ha voluto incorporare, anche fisicamente nei locali della chiesa, la libreria
Claudiana. Questa scelta, maturata attraverso un lungo dibattito, dimostra la capacità di imboccare una via nuova
per esprimere l’Evangelo di sempre. Avremmo potuto fare
la stessa scelta accentuandone l’aspetto commerciale ed
ubicare meglio, in una zona più frequentata, la nostra libreria evangelica. Invece abbiamo voluto considerare questa attività come qualcosa che fa parte di noi e del discorso
che intendiamo sostenere ».
E oggi, quali sono le prospettive? « Evidentemente stiamo vivendo la crisi del nostro Paese. Cerchiamo però di
non subirla ma di affrontarla con coraggio cercando, in
essa, di esprimere quella speranza che l’Evangelo ci ripropone di contìnuo! In questo senso abbiamo ristrutturato i locali comunitari perché il grande chiesone di 25 anni fa è
sostanzialmente superato. Dopo il ’68, dopo il dibattito soprattutto con i giovani, abbiamo capito di volere sempre di
più un luogo comunitario e sempre di meno un luogo sacro. La comunità vuole il confronto, il dialogo; il vecchio
pulpito, e le vecchie strutture ricordano Timposizione dall’alto che è superata ». Ma a questo confronto, a questo dialogo come si è arrivati? a Direi attraverso un’educazione al
dibattito cresciuta insieme a quelli che noi chiamiamo i
’’gruppi di zona”, cioè gruppi dì quartiere che s’incontrano
col pastore per approfondire la Bibbia e la realtà. Oggi ne
abbiamo una decina. Si tratta di un lavoro paziente di tessitura di diverse piccole realtà che incontrandosi in chiesa
hanno bisogno di ritrovare un po’ quell’atmosfera familiare
che hanno vissuto all’ultima riunione nel loro quartiere.
Da questo punto di vista, anche se c’è ancora moltissimo
da lavorare per crescere comunitariamente, s’è fatto un
salto di qualità che si è concretizzato con la ristrutturazione
attuale della chiesa. Oggi, come 25 anni fa, abbiamo adattato la chiesa-edificio alle nostre esigenze e al modo con cui
vogliamo vivere il nostro rapporto con il Signore. Si capisce: non solo in chiesa; ma almeno in chiesa possiamo cercare la forma migliore per esprimere quello che oggi pensiamo ».
Intervista a cura di
Giuseppe Platone
UNA PICCOLA CHIESA FESTEGGIA UNA STORIA DI DIFFICILE TESTIMONIANZA RICOSTRUITA DAI SUOI RAGAZZI
I cento anni di Coazze
CENTO anni fa veniva inaugurato il tempio della
Chiesa valdese di Coazze,
un paesino di montagna della
Val Sangone (760 m. sul livello
del mare), non lontano da Pinerolo. Da dove viene quest’isola
valdese nell’uniforme mare cattolico circostante? Questa domanda è stata all’origine di una
ricerca condotta l’anno scorso
dai giovani e dai ragazzi della
scuola domenicale della comunità che hanno basato la loro
ricostruzione su documenti, saggi storici, materiale dell’archivio del Comune di Coazze e della Casa Valdese di Torre Pellice, racconti dei membri più anziani della comunità.
Alcune parole
di storia
Nulla di certo si sa di Coazze
prima del 1(X)0. Il primo dato
storico è del 1035 ed è un atto
con cui il vescovo di Asti Olrico
donava la terra di « Covaciae »
al monastero di S. Solutore di
Torino. Da allora, feudatari furono i signori di Challand della
Val d’Aosta e inoltre i Savoia,
gli Orsini, i Piovana, i Pailetti,
ecc. Di questi ultimi esiste ancora la fattoria ed il castello,
ora palazzo municipale con un
bellissimo parco comunale che
si trova proprio davanti al nostro tempio.
La popolazione che lavorava
sotto questi signori proveniva
probabilmente dalla Liguria e
troviamo a Coazze antichissime
tradizioni di pastorizia, di agricoltura e anche di tessitura. Solo molti anni dopo furono costruite alcune fabbriche : uno
jutificio, una fabbrica tessile e
una cartiera si trovano ancora
sulle rive del Sangone, ma la
maggioranza di queste sono attualmente chiuse.
Religiosamente la Valle era
sempre stata cattolica in diretta dipendenza dal cattolicesimo
dei vari signori feudali. Ma già
nel 1300 — ci ha raccontato il
prof. Grado Merlo che abbiamo
avuto la gioia di avere tra noi
per un incontro domenicale con
la comunità — erano presenti
degli eretici nella valle anche se
ben presto furono eliminati violentemente. Si dice che alcuni
fossero valdesi, ma probabilmente i cattolici chiamavano
valdesi tutti gli eretici di queste
vallate.
La Chiesa Valdese
Alcuni anziani raccontano che
verso il 1865 due giovani di Coazze, militari a Pinerolo, passando davanti al tempio valdese entrarono incuriositi malgrado
qualcuno tentasse di dissuaderli dicendo loro che là dentro fa
cevano «ballare il diavolo».
Ascoltarono il sermone e poi
parlarono con il pastore. Tornati a Coazze raccontarono ad
altri la loro esperienza e da quel
momento i contatti proseguirono sempre più stretti.
In seguito fu mandato a Coazze il pastore Filippo Cardon
che in un manoscritto del 1874
dà preziose notizie sull’evangelizzazione a Coazze, narrando di
enormi difficoltà incontrate nel
predicare l’Evangelo. Il primo
nucleo valdese conobbe ogni
sorta di attentati durante il culto all’aperto; a volte il pastore
dovette interrompere la predicazione per la doccia gelata fornita dalle donne dirette dal parroco locale. Una volta, scrive il
Cardon, queste donne furono
perfino «provviste dal parroco
di un revolver che dovevano spararmi addosso ». Ma a poco a
poco la comunità si consolidò e
nel gennaio del 1878 fu inaugurato il tempio che è parte di
quello attuale.
Con questo non cessarono le
difficoltà che lasciarono traccia
per esempio nel carteggio tra la
comunità, il sindaco e il sottoprefetto sulla questione del cimitero in una lotta che sul finire del secolo commosse l’intera
popolazione. Le difficoltà non
impedirono comunque un espandersi della comunità che intorno al cinquantenario vide forse
il suo periodo più florido. « Furono gli anni d’oro della nostra
comunità, scrive uno dei giovani che hanno condotto l’inchiesta, anche perché si tenevano
lezioni di scuola elementare grazie alle quali i nostri antenati
impararono sulla Bibbia a leggere e a scrivere» (Amico dei
fanciulli, marzo 1977).
In seguito la guerra, l’accentramento dell’industria nei grandi centri urbani, la partenza dei
giovani per studi e per lavoro,
hanno ridotto progressivamente
la comunità negli ultimi 50 anni. A questo deperimento non è
stato estraneo anche l’impossibilità di assicurare una cura pastorale continua. Ma la fede e
la speranza nell’opera dello Spirito del Signore non hanno abbandonato la pur piccola comunità che ha una media molto alta di partecipazione al culto e
alle attività di chiesa.
Con speranza guardiamo ora
ad un piccolo gruppo di giovani
che vanno prendendo maggiori
responsabilità nella vita della
comunità. Per tutti, il fatto di
essere arrivati al centenario del
tempio è motivo di ringraziamento al Signore per la strada
percorsa e di incoraggiamento
e di « spinta » per il cammino
futuro malgrado i problemi attuali.
Ruben 'd. Artus
4
26 maggio 1978
RIFLESSIONI IN MARGINE AL RECENTE SEMINARIO NAZIONALE DI AREZZO
Importanza e limiti dei discorso
deiie comunità di base
Il confronto è stimolante non solo per prendere coscienza delle nostre carenze, ma anche
per porre le basi di un comune lavoro di approfondimento teologico e di testimonianza
Si è tenuto ad Arezzo, dal 29-4
al 1-5, il seminario nazionale
delle Comunità di base sul tema
« Interrogare la nostra esperienza di fede di fronte alla do-,
manda emergente di una nuova
qualità della vita ». I lavori si
sono svolti in quattro commissioni in cui si sono divise le circa quattrocento persone presenti al seminario: 1) Crisi di
valori e violenza; 2) coppia e
famiglia; 3) maternità e aborto;
4) lavoro e denaro.
Tre elementi
positivi
Un tema e delle commissioni
intelligenti a cui siamo stati lieti di partecipare come FGEI, in
modo particolare per tre motivi. Il primo motivo nasce dalla
esigenza, sempre più importante, di riuscire a mantenere aperti, nell’attuale fase politica, degli spazi in cui si possa continuare a discutere e a confrontarsi su tutti i problemi che incontriamo nella nostra quotidianità: nell’ambito del lavoro
politico, nel nostro spazio privato e personale, nell’ambito
delle nostre comunità di fede.
Il secondo motivo riguarda
l’interesse che assumono, in
questo momento, gli argomenti
che stanno alla base delle quattro commissioni. È importante,
mi pare, sottolineare l’importanza politica di questi problemi che sono oggettivamente i
nodi centrali dell’attuale fase
politica: è quindi significativo
che dei credenti e dei militanti
li abbiano assunti, almeno nelle
intenzioni, come propri e che
essi siano stati resi oggetto di
un confronto serio e articolato.
Questo fatto esprime una volontà e una speranza che non possiamo lasciare cadere: in una
fase in cui molti si limitano a
constatare la « crisi e la disgregazione » i cristiani delle CdB,
e noi con loro, si sono trovati
per confrontarsi e per cercare
insieme di dame una valutazione che non fosse soltanto un
« prendere atto », ma che fosse,
contemporaneamente, un momento propositivo che esprime
la volontà di trovare, nell’impegno concreto e corriune, soluzioni e alternative possibili.
Il terzo motivo, particolarmente importante anche perché
particolarmente nostro, si esprime nella positività con cui valutiamo la ricerca comune, che
le CdB e la FGEI stanno facen
do. di una prassi teologica e politica che si muove verso un
medesimo senso ed un unico
scopo; ed il convincimento che
in questa ricerca parallela abbiamo molti passi da fare assieme. Le CdB sono per noi una
realtà in jfase di movimento e
di maturazione, un’interlocutore
con cui ci vogliamo confrontare non solo nell’ambito politico,
ma anche e soprattutto nell’ambito che ci è più specifico che
è l’ambito della nostra ricerca
teologica, del nostro modo di rileggere la Bibbia, del modo di
vivere la coerenza richiesta dall’Evangelo di Gesù Cristo, del
modo di costruire e di diventare comunità cristiane nel mondo di oggi.
Molte delle nostre aspettative sono state confermate dall’andamento del seminario: erano presenti molte comunità e
molto diverse tra loro, la discussione è stata ampia e vivace, e si è svolta in un’atmosfera serena in cui tutti erano coinvolti e partecipi, sostenuti da
un forte interesse che comunicava anche agli « esterni » da un
lato le molte e diverse esperienze fatte, dall’altro, e forse ancora di più, l’attesa e la ricerca di
comunione fraterna, di comunicazione di una fede veramente
vissuta e raccontata dalla « base ».
Alcuni limiti
Non possiamo però, proprio
sostenuti dalla certezza del lavoro e della ricerca che ci accomunano, non rilevare alcuni limiti emersi da questo seminario. Troppe volte nella discussione gli interventi si sono limitati ad una fase analitica, di
esposizione di esperienze personali e di gruppo che lasciavano
troppo poco spazio ai tentativi,
che pure c’erano da parte di alcuni, di fare sintesi e approfondimenti propositivi sia politici,
sia teologici. Nella commisssione Lavoro e denaro, per esempio, si è parlato molto della
nuova qualità della vita ma non
si è riusciti a fare un discorso
complessivo, sul tema corrispondente di una nuova qualità del
lavoro; e nella commissione Coppia e famiglia, si è parlato a
lungo e giustamente dei problemi che la coppia e la famiglia
si trovano ad affrontare in questi ultimi anni; si è discusso
molto sul problema della coppia
e della famiglia « aperta », ci si
è chiesti con serietà il senso di
questa apertura, se cioè deve es
PRESENTAZIONE A TORINO
Le donne di Ravensbrück
Per iniziativa della Libreria
Claudiana di Torino e del Comitato di quartiere torinese San
Salvario, ha avuto luogo TU
maggio u. s. nella nuova e capace sala del Centro di incontro comunale del quartiere, la
presentazione del libro, edito da
Einaudi « Le donne di Ravensbriich », di Lidia Beccaria Rolfi e Anna Maria Bruzzone. È questa una raccolta di testimonianze di deportate politiche italiane, cinque in tutto, in quel tristamente famoso lager nazista
(l’unico esclusivamente femminile); cinque do*nne che hanno
avuto la forza di descrivere, dopo 30 anni, la loro tragica esperienza ivi vissuta.
Tra queste testimonianze quella di Lidia Beccaria Rolli è la
più completa e riempie buona
parte del libro: una storia di
sofferenza, di allucinanti condizioni ambientali, di violenze.
Alla professoressa Anna Maria Bruzzone, che ha scritto Tintroduzione, dobbiamo l’iniziativa
di questa raccolta di testimonianze, ottenuta con una perseverante opera di persuasione e
senso di viva partecipazione.
Presente la signora Lucilla
Jervis come moderatrice, lo
scrittore Primo Levi ha introdotto l’argomento; quindi la signora Rolli ha parlato a lungo
su quello che per troppo tempo
era rimasto nel chiuso della sua
memoria: è con un senso liberatorio che ha potuto finalmente scrivere e parlare agli altri
della sua terribile esperienza di
deportata.
Infine la prof.ssa Bruzzone ha
narrato come era nato il libro
e quale notevole posto esso può
avere nella letteratura femminile.
I presenti — una ottantina,
per lo più insegnanti, israeliti,
un gruppo del quartiere, qualche raro evangelico — hanno,
con domande e commenti, prolungato poi la serata, con calda
partecipazione ad una iniziativa
che fa onore a chi l’ha promossa, alla Libreria Claudiana per
la sua serietà di impegno culturale, al Comitato quartierale per
il felice inizio di un’attività sociale che auguriamo apprezzata
e seguita. D. R.
sere intesa come apertura in
campo sessuale (apertura contraddittoria e difficile ma tutto
sommato la più « comoda »), e
non piuttosto nel senso di uno
scambio di interessi e di esperienze, di un’interazione e di un
servizio reciproco fra il nucleo
coppia o famiglia e la comunità di fede e civile in cui esso si
riconosce. È stato fatto notare
in molti interventi, a riprova
dell’attualità del problema, che
molti giovani, proprio quando
si ricomincia a parlare con speranza e consapevolezza di « apertura » e di « comuni », scelgono
invece per sé la soluzione del
matrimonio tradizionale e del
matrimonio in chiesa. Tutto
questo è stato positivo e costruttivo, ma ci si è stupiti che
proprio in un seminario di credenti e di cattolici di base, e
proprio trattando questi argomenti, non si sia sentita Tesi
genza di dare una valutazione e
di prendere, almeno indicativamente, posizione sul matrimonio inteso come sacramento.
Un altro limite che abbiamo
riscontrato e su cui vogliamo
riflettere, non per giudicare dal
di fuori ma perché ci sembra
un nodo che si deve e si può
sciogliere, è stata la carenza di
un preciso riferimento cristologico e il rifiuto generalizzato a
fare, anche partendo dalle proprie esperienze di fede, un discorso teologico. Quasi che fare teologia fosse qualcosa di
molto diverso dal riflettere alla
luce dell’Evangelo sul rapporto
di amore in cui il Signore ci ha
voluto coinvolgere, tutti, e sulle
conseguenze di rinnovamento e
di responsabilità fra fratelli che
il rapporto con questo Signore
porta. Mentre ci sentiamo di insistere —• e molto — sul fatto di
porre al centro delle nostre ri
fiessioni, dei nostri rapporti, delle nostre decisioni Cristo, e non
le nostre o le altrui esperienze
di fede, ritenendo che questo sia
un punto su cui i fratelli delle
CdB devono impegnarsi ad approfondire il discorso, per quanto riguarda il rifiuto della « teologia », pensiamo che si tratti
più di un rifiuto istintivo e formale che di un rifiuto sostanziale.
Per molti ancora fare teologia
equivale a fare discorsi fumosi
che, mascherati di cristianesimo, teorizzano il potere e gli interessi della gerarchia contro le
istanze evangeliche della base.
Per noi
Prendere atto di questi limiti, comunque, ha significato per
noi essenzialmente due cose:
1) prendere atto contemporaneamente della nostra povertà e dei
nostri limiti. L’apertura, la vivacità e il desiderio fortissimo
di comunicare agli altri quello
che hanno trovato, la nuova unità e capacità di condivisione che
sperimentano, per fare un esempio, non si trovano in molte delle nostre comunità. 2) Ridecidere di impegnarsi con loro in un
lavoro di approfondimento teologico e di testimonianza che riteniamo indispensabile.
Maria Bonafede
IL PROBLEMA DELLA PACE DISCUSSO IN UN SEMINARIO A ROMA
Chiese e partiti sono sordi
Il preannunciato « séminario »
organizzato dal Comitato italiano di collegamento con la Conferenza Cristiana per la Pace
(CCP) s’è svolto a Roma, nell’aula della Facoltà valdese di
teologia, il 22 e 23 aprile scorso.
Vi hanno preso parte, oltre al
segretario generale della CCP,
Dr. Kàroly Tòth, vescovo della
Chiesa Riformata d’Ungheria,
anche il prof. Russel Chandran,
della Chiesa dell’India del Bud,
direttore del Seminario teologico unito di Bangalore, e il Dr.
Charles Gray, degli Stati Uniti,
pastore della Chiesa Presbiteriana di New York. Come italiani eravamo i membri del Comitato ed alcuni altri amici.
Il tema (« Il lavoro per la pace
in Italia») è stato svolto da due
relazioni; una di Emilio Nitti,
valdese di Napoli, che ha illustrato l’aspetto politico della
questione, e l’altra di Gianni
Gennari, sacerdote cattolico di
Roma, che ne ha trattato l’aspetto religioso. È seguito un
dibattito animato, nel corso del
quale si è cercato di illustrare
ai fratelli della CCP alcune delle odierne posizioni italiane tipiche in rapporto alla questione della pace (di tutti i problemi ad essa connessi). In ambito
politico, pace e socialismo sono
certamente collegati perché la
pace può esistere solo nella giustizia sociale, COSÌ! come pace e
democrazia sono collegate perché non c’è pace senza libertà.
Sul piano religioso, si constata
che le chiese, nel loro insieme,
al di là di dichiarazioni verbali
che ormai suonano a vuoto e di
buone intenzioni raramente messe in pratica e quindi doppiamente sospette, non hanno ancora imparato a essere concretamente facitrici di pace. Forse
è proprio questa una delle loro
maggiori colpe storiche.
Nel corso del seminario Hedl
Vaccaro per il Movimento internazionale per la Riconciliazione e un obiettore di coscienza per la Lega italiana degli
obiettori di coscienza hanno illustrato-il. lavoro vario ed efficace che svolgono nel nostro
paese.
In Italia sono diversi gli organismi e gruppi che lavorano
per la pace ma manca un’azione corale in grado di mobilitare
vasti settori della popolazione.
Tutti vogliono la pace ma pochi vogliono impegnarsi per essa. La sordità delle chiese e dei
partiti su questo punto è sorprendente.
Nel quadro del seminario il
pastore Dr. K. Tòth, su invito
della Facoltà valdese di teologia,
ha tenuto una conferenza pubblica sul tema ; « La situazione
delle chiese nei paesi dell’Est
europeo ». Nel corso del dibattito che è seguito c’è chi ha posto il problema se la teoria della coesistenza pacifica, apprezzabile da un certo punto di vista, non finisca per addormentare o imbrigliare la lotta di
classe anche e proprio nei paesi
dell’Est, con la conseguenza di
ostacolare sia la costruzione di
una società veramente socialista, cioè non gerarchica e il meno burocratica possibile e controllata dal basso, sia la chiarificazione dei rapporti tra marxismo e cristianesimo; i governi
delTEst tendono ancora a confondere la lotta (necessaria) all’alienazione religiosa in tutte le
sue forme (anche istituzionali)
con la lotta alla fede.
La sera di sabato 22 s’è svolta
in Facoltà un’àgape fraterna
con i rappresentanti della OOP,
Studi di
teologia
una nuova
rivista teologica
rigorosamente
evangelica
edita dall’Istituto Biblico Evangelico
Via Cimone, 100
00141 Roma
sul
ordinate il primo numero
l’Ermeneutica Bibiica a L.
2000
gli studenti, i professori e gli
ospiti della Facoltà e alcuni
amici delle chiese di Roma. La
serata s’è conclusa col canto di
« We shaU overeóme » di Martin Luther King, intonato dal
pastore Gray, americano nero.
Il Comitato italiano di collegamento con la Conferenza cristiana per la pace parteciperà
con una propria delegazione di
5 membri alla prossima assemblea generale della CCP (Praga,
21-28 giugno 1978), che riunirà
oltre 500 cristiani provenienti da
tutto il mondo e dalle diverse
chiese cristiane.
Siamo molto grati ai rappresentanti della CCP e in particolare al suo segretario generale
Dr. Tòth per essere venuti a
Roma, per i colloqui fraterni
avuti e per la conferenza pubblica. Questo incontro è stato
utile e fruttuoso, ha rinsaldato
i vincoli tra il Comitato italiano di collegamento e la CCP e
ci ha incoraggiati a continuare
nel lavoro intrapreso e a intensificarlo.
Paolo Ricca
Meglio radicare
che livellare
(segue da pag. 1)
logicamente più umili, più radicate neH’ambiente.
In questa situazione, le Valli
Valdesi restano — qualunque sia
la situazione attuale — un prezioso punto di riferimento; possiamo perfino capire che per
quel gruppo di chiese contino i
nomi di famiglia elencati in un
recente volumetto. Quel terreno
di radicamento che il Signore
ha conservato nonostante tutto,
è forza e benedizione per l’evangelismo italiano; proprio in ragione del regionalismo di ognuno, va accresciuta, rinnovata, la
peculiarità del valdismo piemontese, cosi generoso di energie,
capace di caratterizzarsi con la
vocazione e la missione di Dio.
Questo discorso ha dei risvolti congregazionalisti, non c’è
dubbio. E parte da una constatazione rallegrante: se le nostre
chiese locali hanno un carattere vuol dire che vivono ancora;
se è ’un caratteraccio’ pazienza,
il Signore le ama lo stesso, come erano amate da Dio certe
chiese dipinte al vivo nel Nuovo Testamento : miglioreranno.
Ma dall’insieme del problema,
oggi, nel ripensamento di tutta
la nazione italiana, dobbiamo
trarre elementi per rivedere cosa intendiamo per chiesa locale,
ministero pastorale, evangelizzazione e testimonianza.
L. Santini
5
26 maggio 1978
Una presenza diversa
nella cintura milanese
CINISELLO: IL CENTRO ’’JACOPO LOMBARDINI” HA DIECI ANNI
Non si può visitare il centro anche solo per un
paio di giorni senza essere coinvolti in una serie di
dibattiti e attività che dimostrano l’intensa vitalità
di questa iniziativa.
Nel reportage di Giuseppe Platone,
le impressioni della sua visita e i brani salienti
della relazione 1975*1977 del Centro.
« Borgo Misto » è il grosso
quartiere in cemento armato di
Cinisello Balsamo dove, da dieci
anni, è presente il Circolo e la
scuola popolare « Jacopo Lombardini ». « Vede, qui c'è gente
— mi dice Gabriele Ciabattar!,
30 anni, insegnante e presidente
del Consiglio di quartiere — proveniente da tutte le regioni d’Italia. Il nostro è proprio un quartiere "misto”, con una popolazione d’immigrati, di pendolari,
di semi-emarginati. Vada nei bar,
specialmente di sera, e vedrà una
grossa fetta di sottoproletariato
giovanile che vive di lavori saltuari quando non entra nella spirale diabolica della droga e della
prostituzione ». Racconta queste
cose, con evidente passione, mentre si beve un caffè nella saletta
del « Lombardini ». È di passaggio. È venuto così, come tanti altri che ho visto nei due giorni
che sono stato ospite al ‘‘Lombardini’’. La chiave è sempre nella
toppa e per molti, il grande appartamento al 3° piano arredato
alla spartana, è diventato un vivace punto di riferimento. Gli
chiedo: Cosa rappresenta il
"Lombardini” nel quartiere?
« Noi del Consiglio di quartiere
— mi risponde ■— abbiamo sempre cercato di aggregare la gente
per farla partecipare alla soluzione dei grossi problemi che abbiamo; dagli spazi verdi al problema dei servizi. Per muoverci
in questa direzione abbiamo dovuto appoggiarci al ’’Lombardini’’ che, fin dall’inizio, ha investito le sue energie sul piano culturale. Ha invitato cioè la gente
a discutere, a uscire dai luoghi
comuni, a capire la realtà. E questo lo ha fatto non solo attraverso il « circolo culturale » ma soprattutto con la scuola popolare.
Quindi per noi, oggi come oggi,
il ’’Lombardini” è un interlocutore privilegiato senza per questo
evitare la collaborazione con le
altre componenti locali tipo le
Adi, il Circolo ’’Salvator Allende”, ecc. ». Ritorniamo alla scuola. La scuola — chiedo — ha
dunque inciso in profondità nella popolazione del quartiere?
« Sarebbe prematuro — mi dice
— fare un bilancio. Sta di fatto
che qui c’è una grossa evasione
dalla scuola dell’obbligo, una fuga, per così dire, dalla scuola
statale. Allora si è cercato di rispondere a questa realtà. Tant’è
che a scuola qui ci vengono perché questa è una scuola diversa
basata sul dialogo e, da quello
che so, si cerca anche di ’’ricostruire” il giovane contro l’emarginazione sociale e l’alienazione.
E’ un compito veramente difficile ».
La scuola
Con un braccio ingessato, ha
gironzolato per due giorni nei
locali della ’’Comune”. Me lo trovavo sempre intorno, quindici anni, aiuto^piastrellista, espulso per
indisciplina dalla vicina media
statale. E’ un « allievo-giovane »
— come li chiamano qui — della
scuola popolare. E rappresenta
il tipo medio dei ragazzi che frequentano le lezioni serali in vista
della licenza. Ti piace andare a
scuola? Risposta: « No, ^ però
qui sì, perché mi sento più libero ». Ho cercato di approfondire
ed è saltato fuori che: « nella
scuola popolare se non si è d’accordo lo si può dire ». Dunque è
una scuola veramente diversa?
Lo abbiamo chiesto, prima che
entrasse nell’aula degli adulti, al
prof. Mazzeo (l’unico con i capelli tutti bianchi). « Una scuola
diversa? Tutto sommato sì — dichiara con un forte accento toscano — perché vi approdano uomini e donne con una forte domanda culturale. Non bisogna
deluderli. Io insegno matematica e quindi non c’è spazio per
grandi discussioni; tuttavia, proprio perché me l’hanno raccontato loro stessi, ho capito la difficile situazione di questa grossa
periferia industriale ». Perché lei
viene a insegnare qui? « Mi segnalò la scuola mio figlio. Venni,
fui ben accolto dal gruppo che
diede vita a quest’iniziativa e in
somma ho l’impressione di fare
qualcosa di utile. Vede — prosegue — ciascuno di noi ha dei
talenti si tratta di farli fruttare
non solo per sé ma anche per gli
altri. A me piace rinsegnamento
e cerco di rendermi utile ». Ma
politicamente lei come si colloca? « Beh, sono un repubblicano,
ma mi considero aperto al confronto ».
Entriamo insieme nell’ aula.
Una trentina di persone sono già
sedute intorno ai banchi in attesa di conoscere il sistema cartesiano. Dopo un’ora, nella breve
pausa, mi avvicino a un gruppetto che sta chiacchierando. Parlano di Agape dove, qualche giorno prima, hanno avuto un’assemblea del ’’Lombardini”. « La scuola non è tutto — mi dice Liviana, 27 anni, operaia — c’è anche
la Comune. Chi ha un rapporto
con tutti e due ne esce arricchito
perché ha la possibilità di continuare quel dialogo che spesso
nasce sui banchi di questa scuola. Ogni tanto organizziamo dei
dibattiti, degli studi e nel confronto precisiamo le nostre posizioni. Per esempio siamo stati
ad Agape, eravamo un centinaio,
e posso dirti che di problemi ce
ne sono parecchi, non vorrei che
tu mitizzassi questo centro, però
bisogna anche dire che c’è la volontà di affrontare i nostri problemi. A cominciare — per esempio — dal rapporto tra la scuola
e la Comune. Questo al di là del
pezzo di carta che possiamo
prendere e che può esserci utile
sul lavoro o per proseguire, chi
vuole, gli studi ».
La comune
Per chi arriva al mattino, verso le 10, troverà 1’« anima » della
Comune che stira o pinza programmi scolastici: 'Loti Bouchard. Con lei, al mattino, c’è anche Aurelia, 30 anni, due figli.
Gli altri lavorano fuori. Verso
mezzogiorno arrivano i ’’turnisti” della ’’cusina” e per la ’’mezza” il tavolone da pranzo è quasi
al completo. Alla sera c’è molta
più gente, anche perché alcuni a
mezzogiorno mangiano in mensa.
Aurelia si occupa della segreteria per mezza giornata; batte
matrici, cataloga le dispense della scuola, sbriga un po’ di corrispondenza. Mi racconta che
suo marito prese al ’’Lombardini” la licenza media e così ”di riflesso” conobbe l’ambiente. Da
allora ha sempre cercato di por
tare il suo contributo. Parliamo
degli studi biblici del giovedì
sera: « In questo periodo stiamo esaminando degli episodi della storia d’Israele, mentre lo
scorso anno abbiamo letto e discusso tutto Marco ». A questi
incontri partecipano solo — le
chiedo — dei credenti? « Non
proprio, ma poi qui c’è di . tutto.
Non facciamo distinzione. Dopo
la presentazione del brano da parte di Giorgio Bouchard chiunque
può prender parte alla discussione, esattamente come quando si
discute di questioni attuali o politiche. Non facciamo una setta
a parte, sarebbe assurdo ». Iriterviene anche Adriana (28 anni,
operaia): « Mi ricordo che il mio
catechismo, fatto dai preti, era
un’imposizione dall’alto. Anche il
Vangelo finiva per diventare antipatico. Qui ohi presenta lo studio fornisce solo dei punti per
poi discutere. Delle volte capita
che andiamo via tardissimo perché ognuno vuol dire la sua ed
effettivamente ci si rende conto
che la Bibbia non è un libro superato ». Ma tu sei protestante?
Un attimo di silenzio, poi mi dice: « Mi considero ancora cattoGiuseppe Platone
(continua a pag. 8)
' -‘ii }
L’ESPANSIONE DELL’ATTIVITÀ’
I settori di uno stesso impegno
Il lavoro evangelico II circolo culturale
Ha continuato a svolgersi in
due nuclei diversi: uno che si
riunisce a Cinisello, e uno che
si riunisce a Milano (detto
« gruppo IBM » perché animato
da due tecnici di quest’azienda).
Il nucleo di Cinisello, aderente alla Egei, ha dedicato un anno e mezzo allo studio del Vangelo secondo Marco, seguendo
come traccia il libro di Fernando Belo (testo francese e italiano). Simpatico e stimolante, lo
studio del Belo ha avuto indubbiamente il merito di aiutarci a
leggere tutto un Vangelo, dal
principio alla fine, senza cadere
nella consueta tentazione delle
letture « antologiche ». Questa
bella esperienza ci ha però condotti a delle conclusioni critiche : dei credenti quotidianamente impegnati nella vita della fabbrica, nella realtà politica
e nel dibattito « culturale », hanno bisogno anche di una lettura biblica condotta mediante i
classici strumenti scientifici.
Con l’autunno 1977 si è perciò
passati allo studio sistematico
dei primi libri del Vecchio Testamento, con l’ausilio di periodiche introduzioni storico-critiche.
Il nucleo di Milano ha invece
dedicato meno di un anno allo
studio del Belo, e poi si è concentrato su problemi di fede e di
morale: battesimo, comunione,
concetto di peccato, confessione, matrimonio, liturgia, educazione religiosa dei figli.
In questi due anni l’attività
del circolo si è svolta su tre
piani:
a) il livello degli ex allievi:
per loro e con loro sono state
organizzate delle serate settimanali di discussione su problemi
di vita quotidiana: il lavoro della donna, l’educazione dei figli,
la scuola ecc. In altre, dato che
l’anno scorso vivevano nella Comune due studenti di lingua inglese, gli ex allievi hanno chiesto che venissero organizzati dei
corsi di lingua inglese;
b) le serate del giovedì, cioè
i dibattiti qualificati. Seguiti essenzialmente da delegati operai
e da giovani intellettuali, questi
dibattiti, talvolta introdotti da
oratori di grido (Battisti, Emma Bonino, Jervis, Murialdi,
Musatti, Sorbi, Tortoreto) hanno dato luogo a serate molto
soddisfacenti, il pubblico piuttosto numeroso variava a seconda degli argomenti, salvo un
ristretto numero di « aficionados» (dando luogo ad alcune
difficoltà nella continuità della
attività del Circolo);
c) le manifestazioni pubbliche. Sono state di due tipi: dibattiti su argomenti di grande
attualità (La questione cattolica, con Miegge, Ranci e Margheri; I cristiani di fronte alle
elezioni, con T. Vinay, A. Bellocchio e Sorbi) e manifestazio
ni artistiche: la presentazione
de « la boje », del Gruppo Teatro Angrogna, ha richiamato
circa mille spettatori, permettendoci di stabilire, o ristabilire, contatti preziosi con l’ambiente della città, soprattutto
giovanile.
La sede
Nel gennaio 1977 abbiamo lanciato un appello a tutti gli amici, perché ci si presentava l’occasione, irripetibile, di assicurarci i locali di cui avevamo
avuto finora l’uso, invero assai
precario. Possiamo ora dire con
profonda riconoscenza che questo appello è stato raccolto subito da un gran numero di sostenitori; grazie a questi amici,
all’auto-tassazione del gruppo,
nonché a rilevanti doni e prestiti ecumenici, abbiamo potuto
acquistare (intestandoli alla Tavola Valdese, garante della nostra attività) i locali della scuola e della « comune » (la stanza
delle riunioni, l’alloggio del pastore e le stanze dei giovani).
Non è certo una reggia, quella
di cui siamo divenuti «proprietari»: venti piccole stanze (ridotte a 17 con l’abbattimento di
qualche muro), in una casa piena di bambini e di rumori. Ma
sono la base necessaria per non
vedere disperso il lavoro di molte persone e di molti anni.
LA SCUOLA SERALE
L'attività più
impegnativa
La scuola serale rappresenta
l’attività più impegnativa del
Centro « J. Lombardini >i; intorno ad essa ruotano im’ottantina
di allievi che, nel corso di questi ultimi anni, si sono andati
distinguendo in due gruppi diversi :
La classe degli adulti. Si tratta di un gruppo che oscilla, di
anno in anno, tra le 30 e le 50
persone, ed è composto per metà di operai, per il resto di lavot
ratori d’altri settori, casalinghe,
ecc. Un programma come il nostro, che tende a promuovere il
dibattito, a rompere la divisione
tra le materie tradizionali, provoca talvolta delle assemblee di
fuoco, in cui abbiamo il nostro
bel da fare a spiegare che il nostro tipo di scuola ha una sua
dignità culturale in specifico riferimento alla condizione operaia. Il risultato di queste discussioni non è poi così male,
dato che ogni anno qualcuno degli ex allievi accetta di collaborare con la scuola almeno per
un anno.
Certo, il tempo a nostra disposizione è breve: nove mesi
per aprire un dialogo, preparare
all’esame, conoscere le persone.
Non c’è da stupirsi se i risultati,
piuttosto brillanti in sede di esamE, non si concretano per tutti in rapporti duraturi tra il
« Lombardini » e gli ex allievi.
Le classi degli adolescenti. Qui
il discorso è esattamente l’opposto : risultati variabili agli
esami (daH’Ottimo al Sufficiente ricevuto quasi per grazia), enorme indisciplina, rumore, risse, furti : ma quando la nostra
« scuola » incide su qualcuno di
questi ragazzi terribili, allora incide nel profondo e sulla durata: non semplicemente perché
essi diventano collaboratori, talvolta preziosi, della scuola o del
circolo, ma soprattutto perché
la loro vita è profondamente 'influenzata dagli anni passati qui.
Se per gli adulti la nostra scuola ha una funzione tra il sociale
e il culturale, per gli adolescenti
essa ha indubbiamente una funzione educativa-morale.
Gli insegnanti non mancano:
una quarantina di persone, di
cui 1/3 tecnici, 1/5 operai, il resto professori e studenti.
Tutti hanno un lavoro normale, quasi tutti hanno anche altre
attività : nel sindacato, nelle
chiese, nei quartieri, nei partiti.
Il « Lombardini » non è dxmque
il loro solo luogo d’impegno morale e sociale. Questo fatto è positivo, ma ci pone dei problemi
particolarmente delicati, e dobbiamo constatare che raramente
una persona « resiste » come insegnante del « Lombardini » per
più di 3-4 anni.
Questo fatto ci induce a domandarci se abbiamo fatto tutto il possibile per accogliere bene i nuovi insegnanti, talvolta
pieni di teorie, ma anche carichi d’una particolare freschezza
e d’una straordinaria aderenza
allo « spirito del tempo » ; e d’altra parte dobbiamo confessare
di non riuscire a mantenere un
legame organico con chi ci lascia dopo alcuni anni di intensa attività; forse perché quando torna vede troppe facce nuove? Porse perché si scatena un
inconscio spirito di gruppo nei
confronti di chi, « dopo aver posto mano all’aratro si è voltato
indietro? ». Non sappiamo : ma
la cosa, certo, ci pesa un poco
sul cuore.
^ Negli ultimi 2 anni^ in media esattamente 30 promossi all’esame di dicenza media.
6
26 maggio 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Gli alpini
e il culto
IL COTONIFICIO WIDEMANN DOPO IL FALLIMENTO àSpISS
Ogni anno, la prima domenica
di settembre, si tiene a Bobbio
Penice una adunata della sezione
pinerolese dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA).
Nel programma della manifestazione vi è anche una "messa
al campo", celebrata dal cappellano della sezione. Ora, in considerazione anche dell’alto numero di valdesi partecipanti, è stato
chiesto alla chiesa valdese locale
di partecipare alla cerimonia religiosa. Il problema è stato dibattuto in tutte le riunioni quartierali ed è emerso l’interrogativo
se fosse giusto sospendere il culto domenicale della comunità
per partecipare ad un "culto al
campo” oppure mantenere il culto della comunità e inviare comunque il pastore a partecipare
anche a quella cerimonia all’aperto indetta dall’ANA.
Da ultimo l’Assemblea di chiesa ha manifestato l’impressione
che si tratterebbe in qualche misura di imporre una presenza
che potrebbe anche non essere
gradita. Si è ricordato che troppe volte le nostre reclute sono
costrette a partecipare alla messa (o comunque hanno difficoltà
a ottenere il permesso necessario per partecipare al culto nella
chiesa evangelica più vicina).
La fede, e quindi anche la partecipazione al culto, non può essere imposta dall’esterno, ma è
la libera risposta dell’uomo alla
vocazione del Signore.
Perciò la chiesa locale avrà il
culto nel tempio quella domenica come tutte le altre domeniche
dell’anno. Se gli alpini che partecipano all’adunata si ricordano
che è domenica, giorno del Signore che merita di essere santificato e credono che il culto,
l’ascolto della Parola possa essere un momento di santificazione,
possono partecipare al culto con
la comunità locale che si rallegrerà molto di salutarli in mezzo
ad essa. Se gli orari non coincidono, la chiesa locale è disponibile a modificare il suo orario
per accordarlo con quello della
manifestazione.
L’Assemblea di chiesa ha anche cercato di esaminare quale
sia il senso di una presenza nel
contesto di questa manifestazione. Per la parte cattolica il discorso sembra essere abbastanza
chiaro, si tratta di una messa in
suffragio dei caduti, cioè di una
messa per i defunti. Ora un pensiero di questo genere è totalmente estraneo alla sensibilità
ed alla fede protestante. I morti,
in guerra o in pace, sono davanti
al giudizio di Dio, davanti alla
sua grazia, e non sono certo i
nostri culti o le nostre messe che
possono modificare quel giudizio o influenzare quella grazia.
L’unica cosa che vale è l’impostazione che essi hanno dato alla
loro vita.
Questo non significa che non vi
sia in noi il ricordo di chi non è
più, ma si tratta di cose diverse.
Non preghiamo per loro, ma preghiamo perché i vivi di oggi non
debbano cadere in guerra.
Forse con questo non abbiamo
tenuto sufficientemente conto di
ciò che qualcuno anche, nelle discussioni che abbiamo fatto nel
corso delle riunioni quartierali,
ha detto: si tratta di una occasione per evangelizzare. O invece
forse siamo stati molto realisti:
per evangelizzare occorre dimostrare agli altri che si crede in
quel che si vuol trasmettere. Comincino i membri della chiesa
valdese a dimostrare che per loro il culto, l’ascolto della Parola
è importante e poi si potrà parlare di testimonianza! L’evangelizzazione, la testimonianza la
deve fare la chiesa e non il pastore!
In caso contrario, nella situazione attuale, si genererebbe solo confusione!
Bruno Bellion
Hanno collaborato: Giorgio
Cavazzutti, Franco Davite,
Dino Gardiol, Arnaldo Geme,
Luigi Marchetti, Ruggero Marini, Daniele Rochat, Vincenzo Sciclone.
Il tempo stringe
Intervista al direttore tecnico dell’azienda sulla situazione attuale e
le prospettive - L’assurdità di questa vicenda
Qual è la situazione e quali
sono le prospettive del Cotoniflcio Widemann dopo il fallimento? Per rispondere a questa
domanda ci siamo rivolti al
Dott. Giorgio Morbo, direttore
tecnico del Cotonifìcio. Egli non
è nuovo a situazioni di questo
genere, purtroppo. Anni fa si
trovò a dover compilare la lista dei lavoratori da licenziare
in una ditta dissestata.
Evangelico, risentii con profonda angoscia quella situazione scrivendo anche ai nostri
giornali alla ricerca di vie di
uscita e risposte diverse da quelle imposte dalla ferrea legge
dell’economia capitalista secondo cui quando c’è da pagare,
pagano i lavoratori. « Oggi per
lo meno — osserva amaramente — non sono costretto a compilare, di mio proprio pugno,
l’elenco del personale da licenziare ».
— Qual è la situazione attuale degli operai? —
— È una cassa integrazione
che non arriva. Il giorno 20
aprile le Organizzazioni sindacali hanno avuto assicurazione,
a Roma, della concessione a favore della Maestranza dei benefìci della Legge 675, che permette di fruire di una erogazione
mensile, da parte dell’INPS, pari air80% del salario, per un
primo periodo di due mesi, rinnovabile finché sussiste lo stato
di grave crisi dell’Azienda.
Occorre però un Decreto del
Ministro del Lavoro, che autorizzi riNPS a dare corso a tale
pagamento, ed è necessario che
si sveltiscano al massimo le pratiche relative, perché vi sono dei
lavoratori in grave necessità,
che non possono attendere oltre: ho infatti ricevuto, proprio
ieri, una telefonata da parte di
un padre di numerosa prole,
che mi faceva presente di essere in seria difiScoltà per sfamare i bambini!
— Ma le prospettive future si
limitano alla Cassa integrazione o c’è qualche speranza più
solida?
— L’Assessore al Lavoro della
Regione Piemonte, Dott. Alasia,
ha voluto che fossi presente all’incontro avvenuto nel suo ufficio il 26 aprile, con un industriale che ha dimostrato un
certo interesse per lo Stabilimento Widemann. L’impressione mia e dell’Assessore Alasia,
è stata buona, perché ci siamo
resi entrambi conto di esserci
trovati di fronte ad un imprenditore serio, e ben intenzionato:
le domande che mi ha rivolto
dimostravano la sua profonda
conoscenza dei problemi di gestione, ed erano fatte nell’intento di raccogliere dati precisi, atti a formulare un giudizio di
convenienza economica, circa la
produzione del Cotonificio, in
relazione alla situazione di mercato, e relativamente alle possibilità, da parte dei fabbricati e
degli impianti ausiliari, quali la
centrale elettrica e le caldaie, di
essere destinati, eventualmente,
ad attività diverse dall’attuale.
Il 2 maggio, il suddetto industriale, ha effettuato una minuziosa visita dello Stabilimento,
e sul posto gli si. è potuto illustrare meglio quanto era stato
oggetto di conversazione, in Regione. Speriamo che la cosa vada felicemente in porto, anche
grazie alle sovvenzioni governative che fin dal 9 febbraio, in
occasione della presentazione al
Ministero dell’Industria del progetto di ristrutturazione, sono
state assicurate nei confronti di
chi fosse ben disposto, circa la
ripresa dell’attività.
Certo è che bisogna stringere
i tempi, perché, oltre al dramma dei lavoratori che vivono angosciosamente da mesi l’assurda vicenda, vi è il pericolo del
deterioramento del macchinario per ossidazione di parti deli
cate, particolarmente esposte
ai danni dell’elevato grado di
umidità delle sale, non più controllato dagli impianti di condizionamento.
— Hai parlato di « assurda vicenda » ; vorresti specificare, soprattutto per chi non avesse seguito la vicenda Widemann?
— Si è trattato di una vicenda
non solo assurda ma anche incredibile, che deve servire quale doloroso precedente per evitare che altre ditte possano finire preda di speculatori e di
profittatori come quelli che sono calati qui a San Germano:
non è concepibile che nessuna
autorità ministeriale, né alcun
ente preposto alla tutela delle
industrie nazionali, non abbia il
dovere di indagare sulla serietà
e sulle disponibilità dei gruppi
stranieri che, con troppa disinvoltura, si impadroniscono delle
nostre Ditte. A nessuno di noi,
sarebbe stato possibile compiere, negli USA, l’azione di autentica pirateria che cittadini americani hanno attuato sul Cotonificio, perché non saremmo riusciti neppure a sbarcare, se non
potevamo dimostrare di riuscire a vivere senza gravare sulla
collettività ! « Quelli », invece,
hanno potuto liberamente con
sul mercato, e con un buon pacchetto di ordinazioni che le assicuravano continuità di lavoro
per almeno sei mesi, senza che
nessun controllo governativo
fosse attuato nei confronti dei
poco chiari loro interessi, che,
come si è poi visto, non coincidevano, purtroppo, con quelli
del Cotonificio.
Però merita anche un giudizio di censura, l’Erede Widemann, che, pur di lasciare la
guida dell’Azienda, non ha vagliato accuratamente le soluzioni, ed ha accettato ciecamente i primi pretendenti, senza curarsi dei trecento dipendenti che
egli, pensando esclusivamente al
proprio interesse, ha disastrosamente coinvolto nell’avventura.
— Qual è la tua personale
prospettiva?
— Io sono pronto, con i programmi studiati in questi ultimi
mesi, a fornire ogni dato tecnico relativo alla migliore disposizione di sale e macchinari e mi
metto a disposizione di chi sia
disposto ad attuare la necessaria ristrutturazione. Tuttavia il
tempo stringe. Come dirigente
non beneficio della Legge 675
— in « alto loco » si ritiene, forse, che un dirigente non abbia
problemi di disoccupazione —
e non ho più neppure l’assistenza mutualistica che mi è cessata col fallimento della Ditta.
Con vivo rincrescimento perciò
se si presenta l’occasione dovrò
lasciare la Maestranza a cui mi
sento sinceramente affezionato ;
ma devo pur risolvere anch’io
il mio problema che si fa angoscioso.
Intervista a cura di
F., Giampiccoli
________TEATRO IN VAL CHISONE E GERMANASCA
Risposta deludente
a una buona iniziativa
Su iniziativa della Comunità
Montana sono stati tenuti in
quest’ultimo mese tre spettacoli
teatrali a Perosa Argentina ed
uno a Frali, ripetuto a Penestrelle, in collaborazione col
Teatro Stabile di Torino.
La prima opera messa in scena è stata La soffitta dei ciarlar
tani, una rilettura moderna di
una commedia dell’autore latino Plauto, fatta da Vittorio
Franceschi. In essa otto personaggi fantastici che vivono in
ima polverosa soffitta di uno
stabile in demolizione rappresentano la loro vita fatta di
egoismo, violenza, sesso e sopraffazione. Le otto figure che
si muovono sul palcoscenico sono le maschere di un mondo in
disfacimento che procede senza
altra meta che l’affermazione di
se stesso. La seconda commedia
è di Peter Weiss, il coraggioso
scrittore tedesco. Notte con
ospiti, questo è il titolo della
commedia, è una novella in versi, è la storia di una famiglia
che viene tenuta prigioniera da
un brigante. Assistendo al dramma dei personaggi sulla scena si
assiste nello stesso tempo al
disfacimento della famiglia, all’arroganza dei potere e al volto
demoniaco dello stato. Ambedue
le rappresentazioni, che hanno
parecchi punti in comune, han
presentato notevoli pregi, ma
altrettanto decisivi difetti. I pregi stanno nella bravura degli attori, forniti di notevole bagaglio tecnico, e nella fantasia ed
efficacia delle scene; mentre il
difetto, che è il difetto di gran
parte del teatro moderno, sta
nel fatto che esso non si mostra immediatamente comprensibile, ma parla attraverso simboli e riferimenti culturali estre
PEROSA: DISTRETTO SCOLASTICO
Votati Giunta e regolamento
Nella seduta dell’8 marzo, il
Consiglio scolastico del Distretto di Perosa Argentina ha discusso e approvato il regolamento, costituito la Giunta esecutiva e formato le commissioni che
dovranno occuparsi degli argomenti di competenza di questo
organo collegiale.
Per il regolamento la discussione è stata molto vivace, soprattutto sui punti che la commissione preparatoria aveva già
dibattuto in disaccordo.
L’ala sinistra del Consiglio
chiedeva di aprire le sedute della Giunta ai consiglieri, di non
fissare rigidamente il numero
dei componenti le commissioni
e di abolire gli articoli che regolavano in modo abbastanza
poliziesco le sedute del Consiglio. Altro articolo molto controverso (che ha dato luogo a tempestose votazioni) è stato quello
relativo alla costituzione dei
gruppi consiliari, sui quali nemmeno tutto il gruppo di sinistra
era d’accordo. Soltanto gli articoli polizieschi sono stati cancellati, lasciando solo il riferimento alle norme di legge, le
altre proposte invece non sono
state accettate dal Consiglio;
perciò otto consiglieri che si
erano dichiarati favorevoli alla
abolizione dell'articolo sui gruppi consiliari, si sono astenuti
nella votazione finale. Il regolamento è stato comunque approvato con 27 voti su 35 presenti.
In accordo, invece è stata votata la Giunta del Distretto con
quattro membri per la maggioranza (Cesare Colombo, Renzo
Furlan, Giancarlo Gay, Gaetano
Rossi) e due di minoranza (Giorgio Bonis, Liliana Viglielmo).
Sono stati poi nominati i
membri delle cinque commissioni: strutture scolastiche, sperimentazione e tempo pieno, attività culturali e sportive, medicina scolastica e assistenza socio-psicopedagogica, 150 ore ed
educazione permanente.
Le commissioni sono formate
da 7 consiglieri ciascuna e da un
membro della Giunta che ne è il
coordinatore. L. V.
Mini-Olimpiadi in Val Chisone
La seconda edizione delle Mini-Olimpiadi di valle per i ragazzi delle scuole elementari e medie avrà luogo quest’anno a
volar Perosa dal 2 al 4 giugno.
Il Consiglio della Comunità
Montana ha approvato un contributo di due milioni e mezzo,
però con la clausola che si rimborseranno soltanto le spese effettive a manifestazione avvenuta.
La somma stanziata è stata
ritenuta troppo elevata dal capogruppo DC, ma la totale assenza dei consiglieri di Villar
Perosa non ha permesso di avere delucidazioni in proposito.
Queste olimpiadi d’ora innanzi si terranno ogni due anni nei
Comuni di fondo valle e negli
anni alterni, invece, saranno organizzate gare di sci nei Comuni
di alta montagna, in modo da
accontentare un po’ tutti i ragazzi.
mkmente raffinati, tanto da costringere lo spettatore a tutto
un lavoro di smontaggio e rimontaggio di quanto avviene
sulla scena, prima di poter approdare al centro del messaggio che gli viene rivolto. Attraverso lo stesso modo di parlare, di gestire, di muoversi sulla
scena degli attori, viene sottoposto a critica il teatro borghese,. la critica stessa alla nostra
società viene fatta attraverso
un linguaggio spesso urtante,
che colpisce — non sempre benevolmente — lo spettatore. Il
pericolo, cioè, di questo teatro
sta nel fatto che esso rischia di
allontanare, invece che avvicinare a sé, gli spettatori.
La terza commedia rappresentata è stala Turando! del commediografo settecentesco Carlo
Gozzi, il grande nemico di Goldoni. Anche qui si tratta della
’lettura critica’ di un classico
della nostra letteratura; ma certo il livello, nonostante la bravura degli attori, di questo spettacolo conclusivo è stato nettamente minore, rispetto ai due
precedenti. Qui, più che teatro
serio e critico, sembrava una festa goliardica.
Due note per finire. Bene ha
fatto la Comunità Montana ad
avvicinare il teatro alla gente.
Sorprende, però che dopo aver
impegnato somme riguardevoli,
pare quattro milioni, per questa
impresa non si sia data da fare
per un’opera capillare di pubblicità e di ’invito al teatro’, attraverso delle iniziative parallele tipo presentazione nelle scuole
e via di seguito. Di qui la desolazione della sala vuota.
Da questo fatto nasce la seconda notazione. Certo, questo
tipo di teatro richiede più impegno di quello di Gipo Farassino, che pare riempia le sale
in ogni stagione, però pare strano lo stesso il disinteresse che
ha circondato la manifestazione. Mai possibile che le filodrammatiche (almeno quattro o
cinque) presenti in valle che allietano i 17 Febbraio delle cornunità vicine, non abbiano sentito il dovere e la necessità di
osservare e imparare da un teatro professionistico, da cui c’è
molto da imparare in fatto di
tecnica, di inventiva e di fantasia?
Paolo Ribet
7
26 maggio 1978
CRONACA DELLE VALLI
LA COMUNITÀ’ DI BASE DI PINEROLO SCRIVE AL SUO VESCOVO
Stupore e amarezza
Abbiamo ricevuto da parte della Comunità cattolica di Base di Pinerolo C.so Torino questa lettera che pubblichiamo. Lettera che non ci sarebbe
stata inviata se l’Eco del Chisone non l’avesse respinta.
Se la pubblichiamo è per un motivo ben preciso: nel difficile momento in cui versa il paese, si
fa sempre più insistente la tendenza a far tacere
ed emarginare le voci che esprimono il loro dissenso rispetto alle interpretazioni che si impongono come maggioritarie. La settimana scorsa l’Eco
del Chisone ha rifiutato la pubblicazione di un comunicato del PCI locale che intendeva protestare
a motivo delle infondate accuse contenute nello
stesso numero « DC Notizie » che attaccava
Agape e S. Lazzaro, con la motivazione che « ...lo
riteniamo inopportuno e deviante in quest’ora di
grande dolore per la DC... ».
Stavolta è la lettera di una comunità cristiana
ad essere rifiutata con la motivazione « perché non
indirizzata al nostro giornale ma al vescovo ». Motivazione che ci pare un po’ strana in quanto l’intento era quello di pubblicizzare un fatto che non
doveva restare questione privata ma di pubblica
conoscenza.
Noi non intendiamo entrare nel merito del contenuto di questa lettera che non ci concerne. Ci limitiamo a precisare che, pubblicando questa lettera, vogliamo confermare la nostra linea, che è
quella di garantire, per quanto rientra nelle nostre
modeste possibilità, diritto di parola a chi intende esprimere il proprio parere, soprattutto quando le voci sono voci di credenti.
SIGNOR VESCOVO,
il fatto che, di fronte alla gravissima denigrazione operata
dalla Segreteria Zonale della Democrazia Cristiana contro la
Parrocchia di San Lazzaro e contro il Centro Ecumenico di Agape, comunità cristiane accusate
di essere « sussidiarie alle Brigate Rosse », Lei abbia creduto
di tacere e di non prendere pubblicamente posizione, ci riempie
di stupore e di amarezza.
Come può un vescovo non reagire di fronte ad una manovra
interamente costruita ed orchestrata su palesi falsità?
Come può un vescovo non sentire l’esigenza di difendere i diritti della verità e di dichiararsi pubblicamente dalla parte di
coloro — chiunque essi siano —
che sono vittime di una campagna diffamatoria di tale gravità?
Come può un vescovo lasciare
che, senza la minima prova, senza la minima documentazione,
due comunità cristiane siano
diffamate con l'insinuazione del
sospetto?
Ci spiace, per l’amore dell’evangelo e dei fratelli delle due
comunità, per il bene che vogliamo a questa nostra chiesa
che è in Pinerolo, che il vesco
vo tacendo abbia potuto anche
solo lontanamente dare l'impressione di avallare il sospetto seminato dai calunniatori e di
preferire gli interessi della Democrazia Cristiana al bene della Comunità Cristiana.
Dio conceda a Lei e a noi la
forza del Suo Spirito per poter
servire la causa della verità e
della giustizia in giorni così difficili come sono quelli che viviamo e per potere essere degni della nostra vocazione cristiana.
Comunità cristiana di base
di C.so Torino - Pinerolo
Pinerolo, 7 maggio 1978.
UNA MOZIONE DEL CONSIGLIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE
Solidarietà ad Agape e S. Lazzaro
Il Consiglio della Federazione
giovanile Evangelica italiana,
nella sua riunione di Firenze
(19-21 maggio), ha, fra le altre
questioni, preso in esame le accuse false e infondate rivolte
contro Agape e S. Lazzaro e diffuse dall’organo democristiano
pinerolese « DC-Notizie » di cui
già si è parlato sul giornale. È
stata approvata una mozione
che sarà pubblicata sul Notiziario EGEI ad informazione dei
gruppi, in cui si danno ulteriori informazioni della vicenda.
Nella mozione si dice ; « In seguito ad un incontro privato tra
le parti, il comitato di zona della DC si dichiara disponibile a
pubblicare a rettifica il comunicato stampa di Agape e S. Lazzaro, seguito però da un commento redazionale in cui, mantenendo alcune riserve e insinuazioni, si ribadisce che “è innegabile che un certo tono di
predicazione della lotta politica...
possa favorire una potenziale
carica di odio e di violenza non
sempre controllabile nelle sue
conseguenze”.
« In mancanza di piena ritrattazione e indisponibilità al pubblico dibattito — prosegue la
mozione FGEI — S. Lazzaro ed
Agape indiranno comunque, nei
prossimi giorni, una pubblica
presentazione del lavoro delle
rispettive comunità e interporranno querela per diffamazione
all’autorità giudiziaria.
— Il Consiglio FGEI, pienamente a conoscenza dell’attività
del Centro ecumenico di Agape,
essendo rappresentato nel suo
Comitato Generale, informato
dei fatti sopra citati,
esprime la propria piena solidarietà alla comunità di Agape
e alla parrocchia di S. Lazzaro,
condividendone il modo di procedere ;
respinge le insinuazioni e le
manovre democristiane, sottolineando che questo attacco colpisce dei credenti che, anche
nell’ambito stesso del cattolicesimo italiano, hanno preso posizioni diverse da quelle del partito democristiano, fatto che si
pone pericolosamente nella logica di certi settori del cattolicesimo italiano di identificare
dissenso cattolico e "appoggio
alle Brigate rosse” ».
ANGROGNA
Domenica 28 maggio
BAZAR
dalle 14.30- nella Sala:
banchi, estrazioni, dolci...
Vi aspettiamo!
♦ ♦ ♦
In serata alle 21 il Gruppo
Teatro Angrogna replicherà « Pralafera 1920 »
Ingresso libero!
Le eventuali offerte saranno destinate al restauro
della nostra Sala.
Partecipate numerosi.
I CATECUMENI DI S. GIOVANNI AL CASTAGNETO
Essere valdesi oggi
Il giorno 30 aprile, i catecumeni
hanno concluso con un incontro al Castagneto il mitico 4° anno di catechismo. Questa decisione, presa all’unanimità, è stata dettata dall’esito di un
precedente dibattito nel luogo medesimo, dove si era rilevata una attiva
partecipazione alla discussione e un
entusiasmo a continuare fino a questa
data gli incontri del venerdì sera dalle
18 alle 19, orario regolare del catechismo. Con grande rammarico dei presenti, la partecipazione è stata notevolmente inferiore a quella del primo
incontro, ma si è deciso di concludere
egualmente il dibattito. Questo si è
articolato sulle risposte delle persone
intervistate dai catecumeni su un questionario da loro elaborato nei precedenti incontri : su che cosa significhi
per noi essere valdesi oggi, e quale tipo di testimonianza dobbiamo portare
come tali.
Con ciò non si può dire che si sia
giunti ad una soluzione finale del problema, cosa che neanche ci si prefiggeva, ma si sono trovati alcuni punti
che potrebbero essere di base per un
nuovo tipo di lavoro e di ricerca in
una chiesa che non deve essere statica
ma in continuo movimento.
Dopo un breve culto del pastore Taccia, si è subito passati all’esame dei
questionari. Le domande formulate
erano le seguenti : 1) ritieni necessaria l’esistenza della Chiesa Valdese?
Sì, perché? No, perché? 2) Tu frequenti la Chiesa? Si, perché? No, perché?
3) Secondo te la Chiesa deve cambiare o va bene così? Se deve cambiare,
in che modo e per quale obiettivo?
Se va bene così, perché? 4) Come vedi
il culto domenicale? Ti va bene così
o proponi dei cambiamenti? Se va bene
cosi, perché? Se proponi cambiamenti,
quali e perché?
Dalle risposte si sono tratte, attraverso il dibattito, delle considerazioni
che vedono ancora valida l’esistenza
della Chiesa Valdese in quanto è erede di una tradizione storico-culturale
da mantenere in quanto consiste in
una alternativa ad altre ideologicamente differenti e soprattutto in quanto deve portare la sua testimonianza
attraverso la predicazione e le opere
sociali. Ma la sua esistenza ha un valore effettivo solo nel momento in cui
si presenta come comunità e non
come istituzione giustificata unicamente dalla tradizione e dall’abitudine e la cui gestione è monopolio
del pastore e dei pochi che vi sono
rimasti all’interno. Per quanto riguarda il culto si è osservato che per la
maggior parte della popolazione è difficile seguire il discorso del pastore che
implica spesso un bagaglio di cono
scenza biblica e un patrimonio linguistico che non tutti hanno., Si propone
perciò un discorso meno aulico e
un’intensificazione degli studi biblici.
Si propongono inoltre : la discussione
finale al termine di ogni culto, il
cambio dei pastori per la predicazione,
la modificazione della disposizione dei
banchi e l’abolizione del pulpito
che fa del predicatore una figura superiore ed intoccabile. E’ necessario, a
nostro parere, che la Chiesa sia in
continua ricerca e movimento, in quanto potrà stabilizzarsi solo quando sarà
venuto il regno di Dio.
Al termine del dibattito e della relazione dei gruppi, si è continuato a discutere durante il pranzo alla fine
del quale, usando lo stesso pane e lo
stesso vino si è eelebrata la S. Cena, a
cui ha partecipato anche una non
confermata presente. La discussione durante il pasto si è incentrata sulla proposta di un gruppo permanente di aggiornamento biblico, che dovrebbe vedere incontri preparati non dal pastore ma dai componenti stessi, o da una
parte di loro. Il gruppo sarebbe aperto a tutti coloro che ne sono interessati senza distinzione d’età e i suoi argomenti potrebbero essere anche di vario carattere a seconda delle esigenze
dei partecipanti.
Sara Longo
■ ' ■ '„-1
I lavori della nuova sala da pranzo all’inizio del mese di maggio.
Asilo di San Germano
I lavori per rampliamento della sala da pranzo sono stati
ritardati dal cattivo tempo che è continuato per buona parte
dell’inverno e che ha impedito numerose volte di iniziare i lavori di scavo. Poi finalmente si è trovata ima settimana di
tempo discreto per mettere in funzione la pala meccanica e
preparare il posto in cui costruire le nuove murature.
In questo momento dopo che le solette in cemento armato
si sono indurite, si procede alla costruzione dei muri perimetrali.
In pari tempo sono anche stati effettuati i lavori per l’allargamento della cucina, o meglio per sistemare in luogo più
adatto la macchina lavapiatti ed altre attrezzature ausiliarie
della cucina.
Un momento un po’ dehcato dovrà essere attraversato
quando si inizieranno i lavori di ristrutturazione interna che
obbligheranno a rinunziare per qualche tempo alla saletta supplementare in uso attualmente. Fortunatamente andiamo verso
l’estate e si potrà studiare una soluzione che non obblighi ad
aumentare ancora il numero delle presenze nella già affollata
sala da pranzo attuale.
Le offerte ricevute {in corso di pubblicazione suU’Eco-Luce)
ci danno un valido aiuto per questo lavoro e speriamo possano
continuare in modo da permetterci di affrontare tutte le spese
che saranno necessarie. '
FRANCO DAVITE, presidente
Le offerte possono essere versate sul c.c.p. n. 2/4804 intestato all’Asilo.
VILLAR PEROSA
Domenica 21 maggio, dopo il
culto, si è svolta l’Assemblea di
Chiesa per la lettura della relazione morale presentata dal Concistoro, la rielezione delTanziano Barus Emilio per la zona di
Borgo Soullier e reiezione dei
deputati alla prossima Conferenza Distrettuale, nelle persone
dei fratelli Travers Emilio e
Long Alberto, mentre per il Sinodo sono state nominate l’insegnante sig.na Germana Costantin e la sig.ra Bleynat Fiorine e come supplente la sig.ra
Long Jolanda.
La stessa Assemblea ha pure
discusso il problema finanziario in considerazione del preventivo richiesto dal Distretto
per la contribuzione Cassa Culto per il prossimo anno 1979.
• Siamo stati costretti a posticipare a domenica 25 giugno
p. V. la gita comunitaria a Bordighera - Vallecrosia; chi desidera partecipare si prenoti entro il 15 giugno presso il pastore o l’anziano della sua zona,
versando la caparra di lire 3.000.
La Conferenza Distrettuale si aprirà sabato 27
nel tempio di Chiotti alle
ore 14.30.
Conferenza
distrettuale
Il pastore più anziano in
attività di servizio assumerà la presidenza del seggio
provvisorio.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Domenica 28 corr. avrà luogo
il culto di chiusura delle scuole
domenicali nella Sala Albarin.
PRAMOLLO
Domenica 28 maggio alle ore
15 avrà luogo il tradizionale
BAZAR
Tutti sono cordialmente invitati.
POMARETTO
Sabato 19 maggio è stato benedetto il matrimonio di Tron
Anita e Micol Willy di Pomaretto. Agli sposi gli auguri di felicità e di bene da parte della comunità tutta. Che lo Spirito del
Signore accompagni i novelli
sposi durante tutta la loro vita.
• Durante l’assemblea di chiesa tenutasi domenica 14 maggio,
si è deciso di avere il culto con
Santa Cena tutte le prime domeniche di ogni mese, la prima
domenica dunque con culto con
Santa Cena sarà domenica 4
giugno. Sarebbe auspicabile che,
come da richiesta delle catecùmene di Pomaretto si indossasse il costume valdese almeno
per quelle domeniche.
SAN SECONDO
«Alluvione a parte, il clima
quest’anno non è migliore per la
campagna che l’anno passato ».
Così i contadini della zona commentano la pioggia ed il freddo
che continuano imperterriti da
ormai 21 mesi, e cioè dall’agosto
1976.
Cosà la fienagione che dovrebbe essere alla conclusione non è
ancora cominciata, sia perché la
campagna è indietro di tre settimane e sia perché chi ha già
tagliato l’erba l’ha vista marcire
nel campo. D’altronde questa è
la sorte toccata a molte semine
di mais che hanno dovuto essere rifatte. Per quel che riguarda
i frutteti il discorso non è più
allegro in quanto la produzione
di frutta è già seriamente compromessa e tutti guardano con
grande preoccupazione le vigne
che rischiano di fare la stessa
fine dei frutteti.
RINGRAZIAMENTO
Franca e Marco Eynard non potendolo fare personalmente ringraziano il
past. Sig. Tourn, il dr. Marinaro, il
dott. Michelin Salomon e tutti i medici e personale deU’Ospedale Valdese,
tutte le care persone che come sempre
ci hanno ancora una volta voluto essere più vicine con presenze, fiori e
scritti nell’ultimo saluto alla cara
Mamma
Susanna Caterina
Armanti Hugon v. Eynard
« Ma io so che il mio Vindice
vive ». (Giobbe 19 : 25).
Dopo una vita travagliata è mancato il 15 maggio
Stefano Catalin
di Bobbio.
Con la fiducia nelle promesse del
Signore della vita, partecipa al lutto
della sorella Maddalena il Comitato di
assistenza di Corso Oddone della Chiesa di Torino.
Torino, 19 maggio 1978.______
8
8
26 maggio 1978
LA SOCIETÀ’ CONTEMPORANEA DI FRONTE AL PROBLEMA ENERGETICO
La posizione deile chiese
Termina con questo scorcio sulle risoluzioni
di alcune chiese il rapporto curato da Roberto Peyrot
relativo ai lavori della commissione sinodale.
Le altre parti sono state pubblicate sui n. 15, 17, 19
Diverse Chiese hanno preso
posizione (alcune anche da tempo) nei riguardi del problema
energetico^ Non possiamo ovviamente pubblicare tutti i relativi
documenti per esteso. Il Consìstoire della Chiesa nazionale protestante di Ginevra nel febbraio
1976 ha votato una risoluzione
che, nel chiedere innanzi tutto
una vasta e corretta informazione ed una efficace lotta agli sprechi energetici, auspicava una
moratoria alla costruzione di
centrali nucleari.
11 Consiglio australiano delle
Chiese ha proposto una moratoria anche suirestrazione ed
esportazione delFuranio (si tenga presente che TAustralia ne
possiede vasti giacimenti) per
consentire decisioni responsabili a tutta la popolazione. Altre
analoghe prese di posizione sono state assunte da varie Chiese
degli U.S.A., dalla Chiesa luterana del Baden, dal Consiglio
britannico delle Chiese,
Il Consiglio ecumenico delle
Chiese fin dal 1974 ha preso in
considerazione il problema : pubblichiamo qui due fra i suoi più
recenti documenti. Il primo è la .
parte conclusiva del documento
presentato a Salisburgo in occasione della Conferenza internazionale suirenergia nucleare
tenutasi nel maggio 1977 e si intitola : « Le nostre convinzioni ».
Eccolo :
(( ...Non possiamo vivere come se
Venergia nucleare non fosse stata scoperta. Essa costituisce uno degli elementi della nostra era tecnologica. Le
campagne condotte contro il suo sviluppo in una data situazione devono
tener conto di ciò. Non troveremo soluzioni facili al nostro dilemma abbandonando del tutto Venergia nucleare oppure immaginando qualche mezzo di controllo a tutta prova. Il sistema tecnologico ci ha portato dei grandi vantaggi, ma anche dei nuovi pericoli. L’energia nucleare riassume questo dilemma.
« E’ necessaria una discussione permanente fra uomini di diverse fedi e
ideologie a proposito del rapporto fra
la produzione ed il consumo sempre
crescenti di energia e altri beni economici e la ’’buona” vita in una ’’buona” società. L’energia nucleare non
deve essere considerata come un fine
a se stesso, ma come un mezzo per
servire la giustizia sociale e la qualità
della vita. Esiste la tentazione di fare
della crescita della produzione un mezzo per eludere le esigenze di giustizia
sociale. Troppo spesso i ricchi e i
potenti hanno risposto alle legittime
domande dei poveri non colla giustizia,
ma con delle promesse, a volte false,
di progresso economico e tecnologico
che avrebbe dovuto essere vantaggioso per tutti, senza danno per alcuno.
Pur riconoscendo l’esistenza di bisogni energetici, rifiutiamo di ammettere che l’energia sia una panacea
agli attuali mali sociali o che essa rimpiazzi la giustizia. Le Chiese ritengono
Comitato di Redazione : Bruno Bellion. Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto Sbafft,
Liliana Viglielmo.
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Menealieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio I960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
di avere la responsabilità di prendere
posizione per un nuovo stile di vita
insistendo su valori diversi da quelli
del consumo.
« Paradossalmente Vutilizzazione di
tecnologie come quella della fissione
nucleare dipende da una nuova comprensione dei limiti umani. Lo spirito
moderno ha posto in evidenza il dinamico movimento tecnologico mirante a
superare gli ostacoli, a risolvere i problemi e ad accrescere i poteri delVuomo. La storia ci ■ fa conoscere delle
brillanti realizzazioni. Ma, sempre di
più, si levano delle voci — sovente
anche nello stesso ambiente scientifico — per chiamare gli uomini a riconoscere che essi non sono Dio, che il
loro potere ha dei limiti, che non tutti i problemi vengono risolti colla tecnologia e che l’umanità deve imparare a vivere colla natura ed a valorizzarne le risorse. Di conseguenza, una
umanità saggia unirà le proprie aspirazioni alla moderazione. Infatti, i dilemmi che affrontano i fisici nucleari
potrebbero renderli particolarmente
sensibili al valore della prospettiva
spirituale secondo cui, nell’avvenire
come nel passato, noi dobbiamo ’’por
mano alla nostra salvezza con timore
e tremore” ».
Il secondo documento consiste in una Raccomandazione del
comitato centrale del C.E.C. delTagosto 1977:
« ...In considerazione del fatto che
nel corso dell’ultimo anno lo sviluppo
e l’ubicazione dei reattori nucleari sono diventati oggetto di crescente contestazione in molte nazioni ed hanno dimostrato l’urgente necessità che responsabili delle Chiese e .singoli cristiani
abbiano una più vasta informazione ed
una più chiara coscienza dei problemi
connessi, il Comitato raccomanda che
la sezione di Chiesa e Società organizzi
una consultazione su ”Le preoccupazioni ecumeniche relative all’energia nucleare” tenendo presenti i seguenti
punti:
a). La presentazione dei punti di
vista dovrà essere equilibrata, cioè: posizioni prò nucleari, anti nucleari e incerte, nonché nazioni nucleari e non
nucleari e comunità coinvolte da attività relative al ciclo del combustibile
nucleare (estrazione mineraria dell’uranio^ suo arricchimento, riprocessamento e sistemazione dei rifiuti) oppure
dalla ubicazione di reattori nucleari
nelle loro vicinanze, ecc.
« b) La consultazione dovrebbe concentrare la sua attenzione sull’uso dell’energia nucleare a scopi pacifici nel
contesto dei bisogni di energia del mondo e delle possibili risorse^ come pure
in vista della preoccupazione per una
società giusta, che si sostenga e preveda
la partecipazione dei suoi membri. Questa consultazione dovrà anche costituire una parte della preparazione della
Conferenza mondiale del 1979 su: Fede, scienza e il futuro.
« c) La consultazione dovrà tener
presente che, come il comitato centrale ha detto nel 1976 nella sua Dichiarazione sull’energia nucleare, ”il problema dominante riguarda il funzionamento e la conduzione sicura dei reattori generatori (breders) senza i quali
la fissione nucleare non può esistere a
lunga scadenza”; ed esaminare su che
base vengono date alla gente assicurazioni sulla sicurezza della tecnologia
dei reattori veloci.
« d) La consultazione dovrà analizzare le basi sulle quali le comunità locali hanno espresso obiezioni contro i
reattori nucleari, per esempio, se esse
si oppongono in via di principio o solo
a favore della disponibilità di una tecnologia adatta ad una manipolazione
sicura dei rifiuti a lunga radioattività^ oppure se si oppongono solo ai reattori generatori o solo al fatto che i
reattori siano situati nelle loro vicinanze.
« e) Oltre che a provvedére alla
divulgazione delle informazioni ed al
chiarimento dei vari problemi, la consultazione dovrebbe anche puntare all’ulteriore sviluppo di una posizione
ecumenica ed alla formulazione di raccomandazioni programmatiche per le
Chiese.
(ili Comitato centrale ha osservato
che la violenza che a volte accompagna
le dimostrazioni contro Venergia nu
cleare e contro i reattori indica il grado di emozione collegata all’immenso
interesse per il problema e fa urgente
pressione alla sezione Chiesa e società
di fare tutto il possibile per promuovere una discussione completa e bene informata sui problemi in gioco. Esso
afferma che le autorità esecutive in
tutti i Paesi non possono impedire
pubblici ed aperti dibattiti e non possono permettersi di fermarsi solo sugli
aspetti strettamente economici del problema.
(( Il Comitato richiede al Gruppo
consultivo sull’energia della sezione
Chiesa e società di analizzare due specifiche esigenze, e possibilmente soddisfarle:
«a) Esaminare il ruolo di strutture
internazionali come l’Agenzia internazionale per Venergia atomica nel correggere gli attuali squilibri e la sistematica discriminazione nei confronti
delle nazioni non nucleari nelVassicu
rare l’accesso alla tecnologia nucleare,
tenendo presente il rapporto fra l’uso
pacifico dell’energia nucleare ed il suo
potenziale uso militare.
« b) Vedere se sia consigliabile la
creazione di qualche nuova Commissione e gruppo internazionale che risponda a situazioni di perplessità, di
conflitto e di polarizzazione sull’energia nucleare inquirendo sui fatti, procurando informazioni^ dando consigli
0 mediazione nei conflitti secondo
quanto venga richiesto, ad esempio da
Consigli di Chiese nazionali o locali o
da altri gruppi di comunità. Qualsiasi
proposta di azione futura dovrà essere
trasmessa alla prossima riunione del
Comitato esecutivo ».
Ai primi di maggio ha avuto
luogo a Bossey, in Svizzera, una
nuova Consultazione ecumenica
sul problema energetico, a cui
ha partecipato anche un membro della nostra commissione.
Contiamo pertanto di darne notizia il più tempestivamente possibile.
Roberto Peyrot
Una presenza diversa
nella cintura milanese
(segue da pag. 5)
lica. Più che le etichette protestante - cattolica m’interessa la
realtà di un gruppo di credenti
che cerca di capire e vivere il
cristianesimo. Forse discutiamo
molto, quando c’incontriamo intorno alla Bibbia, proprio perché
non siamo un gruppo tutto di
una religione... ». Prima di uscire
Adriana getta uno sguardo in
bacheca, zeppa di avvisi e programmi, per vedere le ultime novità. Questa bacheca è un po’ la
televisione del gruppo (quella vera non ce l’hanno, né la vogliono), nel senso che riesce a polarizzare gli sguardi di tutti.
Verso sera, nel via vai di gente
che viene a dare un saluto o a
farsi un panino prima di scendere a lezione (la scuola è al pianterreno) c’è un gruppetto che si
apparta in cucina a discutere
animatamente. Il ¡problema che
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Violai
“male italiano,, visto
Francia e Stati Uniti
I fatti orribili e pericolosi
che sono accaduti in Italia negli ultimi due mesi, hanno provocato un diluvio di scritti in
tutto il mondo, contenenti le valutazioni più diverse e, in generale, pessimiste.. Ma alcune sono invece ottimiste, o, quanto
meno, imparziali e anche comprensive. Fra queste, ci piace riportarne due di particolare interesse.
I) François Mitterrand, primo
segretario del Partito Socialista
francese, « ha auspicato che i
partiti politici francesi responsabili approfondiscano la loro
riflessione sulla scomparsa di
Aldo Moro, la spirale della violenza, il terrorismo. "Non esiste
MALE ITALIANO (ha detto),
anche se taluni aspetti specifici
sono propri alTItalia, al suo sistema di governo e al suo tipo
di società. Così non esiste MALE TEDESCO, anche se la rigidezza della vita interna della
Germania Federale può spiegare
certi aspetti particolari dello sviluppo del terrorismo. Si tratta
invece di un FENOMENO DI
CIVILTÀ’ che coinvolge e ingloba anche il problema francese:
un paese come il nostro sarebbe molto imprudente e molto
leggero, se pensasse che questa
crisi è riservata ai propri vicini.
Il nostro Partito Socialista
partecipa al dolore d'una famiglia, si angoscia per la morte
delle vittime, ma non dimentica
che esiste una VIOLENZA DI
STATO, violenza che, in una società senz’anima, conduce alla
disperazione, soprattutto della
gioventù".
Mitterrand ha insistito che “il
compito è difficile, e ardua è la
via", ed ha concluso raccomandando l’assoluto dovere di "rifiutare tutto ciò che potrebbe
costituire una forma di accettazione al di fuori del rispetto per
i principi sacri dei diritti dell’uomo. Un tale comportamento
è importante sia per rifiutare
ogni possibile compromesso coi
terroristi, sia per respingere qualunque legislazione d’eccezione
avente per conseguenza la repressione e il regresso verso i
tempi in cui alla barbarie si rispondeva con la barbarie" ».
(Da « Le Monde » del 9.5.’78).
II) «Le implicazioni strategiche della crisi politica italiana
e di una possibile partecipazione piena del Partito Comunista
Italiano al governo, sono state
esaminate a Washington in un
seminario di sei giornate, condotto dal “Center of foreign policy research" della Johns Hopkins university, in collaborazione con l’ufficio dell’assistente,
segretario alla Difesa per gli affari della sicurezza internazionale. La qualità dei partecipanti
al seminario (in gran parte funzionari di ministeri e agenzie interessati agli aspetti politico-militari della situazione italiana), e
l’orientamento politico degli studiosi incaricati di presentare le
relazioni introduttive (generalmente su posizioni moderate
conservatrici, in qualche caso
con legami con l’establishment
militare), rendono di notevole
interesse le analisi delle relazioni (..). Le conclusioni raggiunte
possono essere sintetizzate come segue.
1) "C’è stato un accordo generale sul fatto che la partecipazione (al governo) del PCI non
richiederebbe mutamenti formali dell’alleanza atlantica";
2) « Anche se in un lungo periodo il. PCI preferisse vedere
una deatlanticizzazione dell’Europa’’, il PCI seguiterebbe a rispondere agl’interessi nazionali
italiani “i quali possono essere
compatibili con gl’interessi sovietici, ma anche non esserlo".
3) Tutti concordano sul fatto che, “se il PCI entrerà nel governo, si muoverà lentamente e
con prudenza" e che la risposta
americana “dovrebbe ugualmente essere prudente e flessibile, a
seconda delle azioni del PCI";
4) Sanzioni americane rischierebbero di “provocare e aggravare effetti che gli Stati Uniti desiderano evitare, allo stesso tempo peggiorando lo stato
dell’economia italiana e accrescendo il potere del PCI";
5) Sanzioni americane, anzi,
"rappresenterebbero lo stimolo
ideale" a muoversi nella direzione di un’uscita dell’Italia dalla
Nato ».
(Da « La Repubblica » del 17
maggio ’78).
Due valutazioni, come si vede,
di contenuti totalmente diversi,
ma ugualmente pieni di buon
senso e da apprezzarsi: il primo
per l’atteggiamento di umanità
tipicamente latino, il secondo
per il realismo tipicamente anglosassone.
li interessa riguarda la fabbrica
in cui lavorano. Una fabbrica,
sento, da poco tempo gestita direttamente dagli operai e trasformata in cooperativa. Si parla di produzione, di turni, di mercato del lavoro. Il discorso diventa sempre più tecnico e... mi
allontano. Nella saletta attigua,
due ragazzi, giornale alla mano,
discutono sulle posizioni di Craxi
nella vicenda Moro. M’infilo nella discussione e tiriamo avanti
un bel po’. Insomma, ogni giorno al ’’Lombardini” non rimane
che rimbarazzo di una scelta
che, comunque vada, ti spinge al
confronto e alla partecipazione.
Anche se sei solo di passaggio.
G. Platone
Non si
rinnova
la società
(segue da pag. 1)
ta ad una secolare educazione religiosa la quale, se da un lato
è ricca di elementi mistici e legalistici, d’altro lato sfugge ad
un preciso rapporto di dipendendenza da Dio e di responsabilità
di fronte a Lui. Aveva ragione
Giuseppe Mazzini il quale diceva: « Chi avrà saputo ridare all’Italia il nome vivente di Dio,
avrà fatto di più di ogni riformatore politico».
Una coscienza assopita accetta
qualsiasi compromesso e qualsiasi infedeltà; e quando il cattivo esempio viene dall’alto, da
quanti sono investiti di autorità
e di responsabilità, gli scandali
si moltiplicano e il costume morale si degrada e si corrompe, invece di essere rinnovato da un
serio « esame di coscienza » davanti a Dio. Una coscienza « rinnovata », nel significato biblico
di questo termine, è una coscienza che si umilia, si pente, si
trasforma per fare la volontà di
Dio « buona ed accettevole », anziché conformarsi alla mentalità
ed ai criteri del mondo e del
tempo presente.
André Philip, figura di credente e di socialista francese, deceduto alcuni anni or sono, a suo
nipote che discuteva con lui e
contrapponeva la società e gli
uomini, come se la società potesse esistere all'infuori degli individui che la costituiscono, scriveva nel 1970 queste parole:
« Mostri di credere alla possibilità di creare una società nuova,
fabbricata pezzo per pezzo e che
permetterebbe di fare un mondo nuovo... Non si fabbrica artificialmente una società giusta;
si deve contemporaneamente suscitare degli uomini giusti e creare delle strutture che facilitino
la loro evoluzione ».
Dobbiamo tutti riflettere su
queste parole per dare nel mondo la nostra testimonianza di uomini rinnovati dalla Parola di
Dio. E. Rostan