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Roma, 3 Luglio 1009
SI pobbllea ogni Sabato
ANNO II N, - 27
Propugna grinteressi sociali, morali e religiosi in Italia
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i:
O
Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
J2& democrazia moderne
ed ilproblema religioso
I
È opinione di molti che l’attuale marasma della
vita politica italiana sia caratteristico del nostro paese;
è questa nna opinione che ho trovato soprattutto tra
uomini politici e giornalisti. Non vedono essi la Francia messa a soqquadro dal sindacalismo ? Non vedono
essi ringliilterra e la Germania agitate dalle mutue
gelosie e dai loro sogni imperiali ? Non spuntano in
esse a piè Tana dall’altra le rivendicazioni che domani faran capo a gigantesche campagne elettorali "
Ed in un certo senso ciò è vero, in essi la vita politica è più vigorosa, e gli ideali hanno poderosi eserciti, schierati gli ani contro gli altri e frementi
e impazienti di battersi. Nondimeno è questa nna
constatazione vera soltanto alla snperflcie. Se da noi
il marasma esiste di già, altrove direi quasi che è
in via di costituirsi.
Nella prima metà del secolo decimonono e si può
dire fino al 1890 TEuropa fu un focolare di ideali
e di eserciti di idealisti ; chi credeva nel diritto nazionale, chi neH’internazionalismo, chi nel socialismo,
chi neU’individaalismo e nel libero scambio, e tatti
a modo loro credevano nel progresso e nelFavvento
imminente della pace e della libertà dei popoli.
Essi commisero molti errori, non tennero conto
di molti fatti, fnrono utopisti e non procedettero
scientificamente; ma è alla loro energia, alla loro
perseveranza e capacità di sacrificio che si deve il
trionfo di molte riforme, che ancor oggi non sono
apprezzate adeguatamente che da pochissimi. Essi
soffrirono molte delusioni, perchè la meta che lor
parve vicina andò sempre più allontanandosi ; ma è
ad essi che si deve che le nostre città sian più sane,
che l’educazione sia più diffusa, che i problemi della
miseria e dei miseri sianooggetto di più profonda, tenera e savia considerazione. Attualmente invece non
v’è nessuna causa che sappia attirare a sè l’entusiasmo
dei giovani. I duci dei vari partiti, in tatto il mondo, a
qualunque colore appartengano raccomandano soprattutto cautele, commissioni, studi, consultazioni di tecnici calcoli, delle varie possibili alternative in ogni problema; essi non si sentono mai, come Intero, obbligati
a scegliere una data via e quella soltanto; vedono difficoltà da tutte le parti e non sentono mai alcun
impulso che chiegga risoluta obbedienza. Si fa e si
spende forse non meno* d’un tempo, ma senza entusiasmo, senza fede sicura neirineluttabile miglioramento sia proprio sia d’altrui. Visone mille conati.
manca il senso d’una missione comune ; ci si sente
atomi, non membri d’nn organismo vivente, momenti
d’un processo misterioso che non unifica e consacra
alcun senso di eterni valori. In economia, in politica,
in finanza, in filosofia, in pedagogia noi siam tutti
pervasi dalla convinzione che nessuna convinzione.
nessuna teoria, nessun partito è assolatamente e totalmente nel vero e nessuno totalmente nell’errore ;
che la verità è tutta solo in tutti ed è oggetto d’eterna
ricerca ; si che di ogni riforma occorre decidere caso
per caso, calcolando il prò ed il contro nelle sue più
remote conseguenze. A faria di confinarci e di volerci confinare nel relativo si finisce col sentircene
oppressi ; a furia di voler far senza deU’dssolnto si
comincia a sentirne la nostalgia. Si sente che nessuna delle vecchie bandiere può più appagarci e non
si vede alcuna nnova e più vasta e sintetica bandiera ondeggiare all’orizzonte e servir da segno di
raccolta e di ritrovo alle buone volontà ansiose di
esercitarsi e ròse da una intrinseca paralisi. Per dirla
in una parola si sente che i partiti esistenti si occupano solo di meccanismi e non di energie motrici
e non dei caratteri e delle volontà che devono muovere i meccanismi od a cui questi devono servire ;
si occupano di mezzi e non di fini. Si agitano senza
chiedersi se e quando ed in che modo valga la pena
d’agitarsi.
Come dico, questa crisi e paralisi interiore non
è solo italiana : è francese, è inglese, è. americana,
ha i suoi interpreti in Anatole France, in G. H.
Wells, in Bernard Shaw, in Zangwill, in tutta nna
letteratura di critica spietata, demolitrice e proclamante la propria impotenza ricostruttiva. In un certo
senso è l’anima europea, la civiltà europea tutta
quanta che è in isfacelo, e la Germania e l’Iughilterra sono i due paesi — soprattutto l’Inghilterra —
ove la robustezza della tradizione storica e della costituzione sociale, sebbene ogni di più debole, oppone
più salda resistenza alle energie di dissoluzione, che
hanno invece altrove più libero campo e devastano
senza inciampi e seminano anarchia, scetticismo e
vizio. E’ una crisi che ha anche i suoi riflqssi spaventosi neU’anmento dell’alcoolismo, del nevrosismo,
della pazzia, della nevrastenia, nella diminuzione della
statura nelle popolazioni urbane in confronto alle
rurali, nella diminuzione dei matrimoni, nella elevazione dell’età dei matrimoni, nella diminuzione
della natalità. Per quanto naturali e non sempre da
biasimarsi le cause che portano a quest’ ultimo risaltato, è certo che esso porta a sua volta con sè
una diminuzione nella intensità di quegli aspetti della
lotta per la vita, da cui il carattere etnico e nazionale, sotto l’azione della selezione naturale, esce
rafforzato. E questo avviene nel mentre l’Oriente e
l’Africa si vanno svegliando e vanno addestrando le
loro sciamanti popolazioni alla vita industriale, commerciale e... ahimè, anche militare moderna. E’ ovvio da tutte le cose dette che non si tratta di una
crisi a cui si possa rimediare con rimedi parlamen
tari e legislativi ; è una crisi che investe e pervade
la stessa vita politica e della quale la crisi politica
è solo un effetto ed un aspetto : è una crisi spirituale che non pnò avere che rimedi e soluzioni spirituali, varie nei vari paesi a seconda delle loro particolari .tradizioni e condizioni, ed analoghe solo nella
misura in cui le anime dei vari paesi sono ornai
partecipi e cooperatrici nella vita di qneH’anima più
alta, in via di costituirsi, che è Tumanità. E' da questo
punto di vista che bisogna collocarsi per cogliere
tutta l’importanza di quel movimento di risveglio
religioso e filosofico che è visibile in tutto il mondo
moderno anche extraenropeo ed extracristiano (v. g. ■,
il modernismo ebraico ed ottomano). Si tratta di un
movimento un po’ analogo a quello delle varie sette
e filosofie più o meno mistiche che nel processo di
dissoluzione dell’Impero romano ebbero tanta parte
nel preparare la via al cristianesimo, che da tutte
poi prese e s’assimilò i germi di vitalità. Noi assistiamo oggi in tutto il mondo ad un risveglio spirituale, che, richiamando l’attenzione dei dotti sulla
funzione e sugli aspetti e gli elementi deU’esperienza
religiosa dell’umanità tutta quanta, prepara una coscienza religiosa universale più ricca di tutte quelle
finora esistenti e ricca di ciò che di migliore è in
tutte, e che creerà tra gli uomini anche forme nuove
e più alte di cooperazione in tutti i campi. Orbene,
io spero che in qnest’opera di elaborazione l’Italia
possa avere una parte assai grande ed onorevole ;
io spero che accanto al tramonto della Roma attuale
possa procedere l’alba e prepararsi il meriggio d’una
Roma più veramente ed universalmente cristiana ;
e credo che fin d’ora non c’è tempo da perdere per
quest’opera. Noi abbiamo, ad esempio, in Italia il problema deH’analfabetismo, soprattutto nel mezzogiorno.
jQuale magnifica occasione per nna vera e propria
.crociata moderna ! Immaginate che, a somiglianza
delle ottime scuole per le popolazioni dell’Agro romano, iniziate da privati, sorgano a centinaia nel
sud d’Italia in campagne e città istituzioni di cultura
non meno che d’amore per que’ loro abitatori! Immaginate che si stabiliscano dei gfuppi di missionari,. ^
non importa se cattolici ortodossi o modernisti o
protestanti, che riescano, per via del loro evidente
disinteresse ed eroismo, a farsi rispettare ed amare, v
a farsi riconoscere pastori di popoli, interpreti, duci
naturali, maestri, profeti ; immaginate che essi riescano in dieci anni anche solo atogliere l’analfabetismo, tutta la vita politica e sociale italiana sarebbe
rivoluzionata ; non solo le elezioni e il Parlamento
muterebbero sostanzialmente di carattere ; non solo
sarebbe gettato all’oblio il mal vezzo di voler far tutto
ricorrendo allo Stato e di non saper far nulla senza
l’opera dello Stato, e si darebbe così pur nella vita
politica un immenso impulso all’iniziativa personale
ed associata dei cittadini, ma per via della sua po- '
tensa esemplificata nel fatto, la dignità della religione sarebbe ristanrataal di sopra delle mene del
gesuitismo nero, non meno di quelle del gesuitismo
e giacobinismo rosso. I popoli giudicano gli alberi dai
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LA LUCE
loro frutti e se con, senza o contro il Vaticano, se
dentro o fuori la Chiesa cattolica, il cristianesimo, personificato in alcune grandi anime, saprà ritrarre in
alto l’anima dell’Italia moderna, come dubitare che
questa non torni ad appartenergli, ad alimentarsene,
a viverne nella sua vita quotidiana, nella sua arte,
nella sua letteratura, soprattutto nell’ esempio d’un
rinnovato e più umano spirito animatore del suo
diritto ?
Non v’è che Vasione che riesca a polverizzare e
disperdere i pregiudizi e le logomachie, a sceverare
ciò che è morto da ciò che è degno di vivere ; e
\'asiane trasformerebbe la Chiesa, le Chiese e le loro
filosofie e porrebbe l’Italia aU’avanguardia dell’odierno
moto di rinnovamento spirituale e sociale. Gli entusiasmi del secolo scorso e della generazione che passa
eran lo sprigionarsi di energie accumulate durante
una quindicina di secoli di lavoro ricostruttivo cristiano, erano il premer di queste energie contro canali che già furono educatori ed ora eran diventati
ostrnttori ; ora a noi si impone di nuovo di costruire
e di accumulare; e guai alle democrazie moderne se
venissero a cristallizzarsi in mere preoccupazioni di
efficienza amministrativa e tecnica, ad accomodarsi
a un materialistico vangelo di comfort e di tranquillità che ignora e respinge e soffoca le divine nostalgie dell’infinito e dell’ideale !
No, non trascuriamo alcuna delle finalità del mondo
sociale e sensibile, perocché questo è sacro e perchè
il mondo umano contiene per noi alla sua vetta l’unica e la più alta rivelazione del divino a noi accessibile ; ma guardiamo ad esso da questa vetta,
con quest’animus, con questi intenti, per elevarlo
e trasfigurarlo sempre più ! Vale a dire, là dov’è
conflitto d’interessi volgiamo il nostro sguardo con
il desiderio di assurgere a un punto di vista superiore da dove il conflitto si risolva in armonia. Non
allarghiamo i dissensi, ma superiamoli ! Ah I quale
amarezza mi fu nella natia Milano, nella commemorazione- della sua redenzione dal giogo austriaco, il
veder la democrazia ostentatamente differenziarsi dal
resto della Milano politica e porlesi di coiitro ! Un
tempo anch’io sentii cosi, ma nella lontananza dalla
patria il conflitto si è composto in armonia e nessun
processo di unificazione nazionale m’apparve cosi armonico e bello e grandioso quanto il nostro; e popolo e re, e duce di popolo e profeta della terza
Italia mi si rivelarono uniti in una sintesi sacra e
gloriola. Ed or sento che il progresso è non nella
mutilazione d’alcuno di questi aspetti ma nell’approfondimento di ciascuno, nella compenetrazione reciproca di tutti e nello sviluppo di un’anima e di una
cultura nazionale che ponga la sua ambizione e la sua
gloria nel chiamare un crescente numero di spiriti nati
nel suo grembo ed alimentati alla sua tradizione, a
partecipare nel suo retaggio di spirituali e culturali esperienze e a dare al mondo intero una ricca
falange di cavalieri della giustizia, che in sé medesimi sieno e testimoni ed incarnazioni del Divino.
Angelo Cnespl
De Afflicis, Comio Corradino ei YaMesl
Ci scrivono da Pinerolo :
Appiè dell’ameno colle di S. Maurizio in una delle
cui villette venne, in massima parte, vergato l’aureo
libro « Alle porte d’Italia » e più precisamente nel
pubblico giardinetto prospicente al Tempio Valdese,
tutta Pinerolo festante, inaugurava, domenica 20 giugno un modesto e bronzeo busto destinato a tramandare ai posteri il nome, le fattezze del viso e le benemerenze del suo illustre cittadino onorario, Edmondo
de Amicis, l’insigne illustratore dei fasti Pinerolesi
e delle storiche vallate che hanno il loro sbocco
nella nostra simpatica cittadnzza. Il busto è opera,
riuscitissima del ben noto scultore Canonica, porta
l’iscrizione : « A E. de Amicis Illustratore delle
Porte d’Italia » ; e venne eretto grazie all’iniziativa
del nostro amico, il valente Direttore della * Lanterna Pinerolese ».
Invitato da questa locale sezione della « Dante
Alighieri » che inaugurava cosi (e non si poteva
più degnamente) la sua vita pubblica, il chiarissimo
prof. Corrado Corradino coronato da affollato e eletto
uditorio raccolto nel nostro Teatro, con erudito e
smagliantissimo discorso, commemorava il grande
estinto cui lo univano speciali legami di profonda
amicizia. Dir meglio di quanto egli disse della bontà
ingenita, cortese e pur gagliarda del De Amici, del
suo alto patriottismo e dell’affetto suo per questa
città e per il popolo-martire dei Valdesi sarebbe
stato difficile se non impossibile.
Eievocando le visite del popolare scrittore alla
« Ginevra Italiana » e alle « Termopili Valdesi »
citando brani delle pagine, più frementi per santo
sdegno del sullodato libro, l’oratore flagellò con un
vigore di cui nissun Valdese sarebbe stato capace
e che dovette riuscir ostico a taluni uditori, le carneficine orrende colle relative torture, coi saccheggi,
e ineendii e incarceramenti e esilii, di cui in nome
di una religione tutta ispirata al fanatismo più feroce furono vittime per 400 anni queste popolazioni
valdesi, colpevoli soltanto di rivendicare il sacrosanto
diritto di libertà di coscienza e di culto.
Prolugatissimi, scroscianti applausi dissero quanto
il pubblico Pinerolese avesse gustato la calda, eloquente parola dell'oratore.
Pur volendo sinceramente dimenticare le barbare
scene di cui queste vicine Valli furono per secoli
il teatro, affratellati ornai, noi figli dei persecutori,
mancheremmo ad un cortese e sacro dovere se non
tributassimo un cordialissimo ringraziamento a l’eloquente e caro prof. 0. Corradino per la calda simpatia e la vigorosa franchezza con cui si egregiamente ragionò del nostro popolo Valdese.
Tornerà gradito a parecchi lettori della Luce
l’annunzio che il magistrale discorso sarà dato alle
stampe e ripetuto nella « Ginevra Italiana » cioè
a Torre Pellice. Un Valdese
L’INDIRlZZOjm^DIRETTOIlE
Da oggi e fino a nuovo avviso, dirigere tutto ciò
che concerne la redazione, ed anche Vamministrazione della LUCE cosi:
« B. Celli
(Umbria)
Forano Sabino »
Ernesto Naville
III.
La niente di Ernesto Naville.
{Continuazione e fine V, num. precedente).
€ Voi non vorreste, diceva Naville agli uditori
delle sue conferenze, che io venissi qui a sacrificare
alla brama di piacere a voi, la più piccola parte
delle mie convinzioni ». Queste erano religiose e
filosofiche ad un tempo, erano articoli di fede per
lui e per tanto dominavano il suo pensiero, ma non
a guisa di tiranni, poiché egli era disposto a sostenere tutte le sue tesi filosofico-religiose « nella
lingua della scuola e con tutti i metodi e sistemi
della scienza pura ». Alcuni amici e molti nemici
lo criticarono riguardo alla sua fede ed alla sua
dommatica che la sua coscienza gl’inibiva di sacrificare suU’altare dei dommi della scienza negativa,
ma egli sempre si schermi vigorosamente da simili
accuse contro una fede dommatica preconcetta, giacché tutti i fondatori della scienza moderna senza
eccezione e quelli che fra i nostri contemporanei
si meritano l’alto titolo d’iniziatori sono stati diretti
da idee prime sull’unità del mondo, sulla sua semplicità e sull’armonia delle sue leggi. E ciò tanto
'é vero che nel congresso dei naturalisti tedeschi
tenutosi in Colonia nel 1878 il celebre ed autorevole
prof, di Berlino Du Bois Reymond ebbe a dire
(sostenendo la tesi che il teismo assoluto, che il
Cristianesimo ha sostituito al politeismo, è fonte
della scienza moderna) « l’idea di Dio trasmessa da
secolo a secolo, da generazione a generazione riesci
a reagire sulla scienza medesima ed, assuefatto lo
spirito umano al concetto di una ragione unica delle
cose, in lui vivace destò il desio di conoscere cotesta
ragione. » — A chi criticava Naville, accusandolo
di poca chiarezza nell'esporre i rapporti tra la religione è la coscienza e di voler fare intervenire la
prima nello sviluppo della seconda che deve assolutam^te rilevare dalle proprie leggi, egli cosi rispondeva):. « Tra la religione e la scienza sussiste una
reiasione falsa ed una reiasione vera. Il rapporto
falso è quello dei teologi che con testi biblici o
decisioni ecclesiastiche vogliono sciogliere i problemi
scientifici. Questo rapporto falso emerse grandemente
nel processo di Galileo... La reiasione vera si stabilisce colle seguenti considerazioni : spesso si afferma
che la scienza nasce dalla sola osservazione dei fenomeni ; è un errore assoluto. L’osservazione è bensì
la base necessaria di ogni teoria seria ed il controllo solo legittimo di tutte le ipotesi ; ma l’osservazione constata i fatti e non li spiega. Nella ricerca
delle spiegazioni lo spirito umano è sempre sotto
l’influenza di qualche principio direttore. Questa
è una tesi di logica....... Il rapporto vero stori
camente stabilito tra la religione cristiana e la
scienza è questo : i dommi religiosi non rinchiudono
la soluzione delle quistioni filosofiche : non vi sono
una fisica cristiana, una matematica, cristiana, una
astronomia cristiana ; ma coll’epurare e generalizzare
l’idea del Dio unico e supremamente savio, il Cristo
ha rafforzate le tendenze della ragione umana della
quale la scienza è il risultato ». — E poiché siamo
qui in piena teoria e metodologia desidero ancora
presentare ai cortesi e pazienti lettori miei alcuni
brani di una lettera che sulla quistione accennata
jl sig. Naville mi scriveva dopo che gli avevo umilmente presentate alcune mie osservazioni e riserve
sopra le sue conferenze sulla persona di Cristo.
(Le Christ : Genève 1878). Sono brani inediti che
però hanno copiose riferenze nelle opere del nostro
filosofo. Gli avevo domandato come si potesse sensa
fede personale nelle « cose che l’occhio non ha
vedute che l’orecchio non ha udite, e che non sono
salite al cuor dell’uomo.., ma che Dio ci ha rivelate
per lo Spirito » (I Cor. II 9,10) arrivare al concetto suo di Cristo ed alle sue conclusioni snll’opera
di Lui. Egli scrive : « Caro Signore, la sua quistione
richiede una distinzione assai importante, quella cioè
tra gli nomini che accettano la realità della divina
rivelazione e quelli che non l’accettano. Per i primi
vi ha la fede ed applico loro, senza esitare le considerazioni contenute nella di Lei lettera : la fede
non porta sopra una ipotesi giustificata fino ad un
certo grado ; essa non procede esclusivamente dal
lavoro dell’intelletto ; essa rinchiude in sé un mistero nelle sue origini sia dal lato umano sia dal
lati) divino. Le concedo tutto questo.
Rimangono però gli uomini che non credono ma
che cercano.
Essi s’imbattono in una dottrina che porta i nomi
di Mosè e di G. Cristo fra altri. Generalmente negano di esaminarla perchè si è presentata nel mondo
sotto la forma di rivelazione divina. Io dico che hanno
torto e che se si dicono liberi pensatori, si pongono
in contraddizione con sè stessi limitando la loro libertà per mezzo di un preconcetto ostile alla religione. La dottrina Giudeo-cristiana sopra Dio non
rende essa ragione dei fatti meglio di ogni altra ?
I primi padri della chiesa, i greci lo hanno pur
pensato e per me, quelli che ammettono che il materialismo ed il panteismo spiegano 1’ universo altrettanto bene quanto il teismo, non sono nella verità
e lo provo colla pura ragione. Per me e per i filosofi
affermativi il teismo Giudeo cristiano è una ipotesi
filosofica migliore delle altre, ed affermare ciò non
è punto proferire una dichiarazione di fede. Però
se si ammette che Mosè e G. Cristo hanno avuto
una filosofia migliore di quella di Aristotile e di
Platone è già questo di valido appoggio in favore
dell’origine divina del loro pensiero. Per ciò appunto l’uomo ripugna dall’ ammettere la filosofia
cristiana, perchè quasi per istinto sente che dessa
è la via che conduce alla fede, dalla quale l’uomo
insano rifugge.
In breve quando presento il teismo cristiano come
3
LA LUCE
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un’ipotesi giustificata, tengo di mira i cercatori non
i credenti e non nego che per il credente l’ipotesi
sia svanita — « vostro devot.mo E. Naville ».
A chi poi gli domandava, dopo una conferènza
nella quale aveva asserito che la religione cristiana è
la sola che abbia per sè l’avvenire, s’egli ciò potesse
scientificamente provare, Naville schiettamente rispondeva : « L’affermazione assoluta dell’ avvenire
riservato al Cristianesimo non può essere - che la
conseguenza della fede nella, divinità della sua origine. Volerlo stabilire in maniera irrefragabile col
ragionamento sarebbe impresa illusoria ». Al punto
di vista scientifico non si può trattare in ciò che
di una semplice previsione basata sul principio di
universalità che contradistingue il Cristianesimo da
tutte le altre religioni.
Cosi cadono come disseccati frondami le critiche
dei suoi critici.
Quanto finora abbiamo detto del metodo ci conduce
naturalmente a ragionare del sistema filosofico di
E. Naville, lo spiritualismo, che se non è un sistema
originale, è però stato da lui presentato e fortemente difeso con molta originalità di pensiero e di
forma, e con disinvolta e sottilissima arte.
« La filosofia, afferma egli, è la ricerca di un
principio che nella sua unità renda ragione della
totalità deU’esperienza » (1) Per tanto, quale stadio
del problema universale, si sviluppa parallellamente
alle scienze particolari, delle quali per avvantaggiarsene raccoglie i risultati, perchè esistono oggetti di
esperienza universale. La filosofia è in tal maniera
il prolungamento naturale delle ricerche e delle investigazioni delle scienze particolari, e la separazione
invocata dalle scienze negative contro la filosofia,^
da esse talvolta malmenata, dipende unicamente da
una confusione (come sopra avvertimmo) tra i principii di costruzione a priori ed i principii direttori
del pensiero.
La filosofia è, checché si dica in contrario, una
scienza e come tale deve operare come le altre scienze
e cioè : osservai’e (analisi), supporre (ipotesi), verificare (sintesi). Il filosofo pertanto osserva e classifica ; raccoglie 1^ testimonianze preziose delle
scienze particolari, ma non fa orecchio di mercante,
ove egli sia leale e scrupoloso, alla voce del sentimento, con questa condizione però di non ammettere se non che i grandi sentimenti profondi e comuni aU’umanità e dai quali dipendono la vita morale deU’individuo come pure 1’esistenza medesima
della società.
La soluzione di questo problema non dipende
dalla sorte o da personali preferenze come pure non
è ostacolata dalla gran mole delle esperienze particolari, « perchè i risultati delle scienze particolari
vanno semplificandosi nella misura stessa dei progressi delle scienze particolari ». Vanalisi ha
per scopo di distinguere gli elementi che compongono il mondo, di riunire i fatti, di dividerli in
gruppi secondo le loro affinità o le loro divergenze,
la seconda operazione, quella cioè di ricercare una
ipotesi spiegativa, richiede lo studio della storia
della filosofia e cioè delle ipotesi di coloro che ci
hanno preceduti. Quest’è il lavoro immenso al quale
più che agli altri due Naville ha consacrato le
sue meravigliose cure. Il principio da lui prescelto
deve essere scevro di contraddizioni, in accordo
stretto con tutti i fatti constatati, ed atto a
darne la spiegazione o la ragione di essere. Le ipotesi non sono più molto numerose come taluni potrebbero credere, ed eliminate infatti con vivace
critica le filosofie negative che negano il valore
della ragione, la mutilano, la straziano o la immolano a potenze esterne ed irresponsabili’: (lo scetticismo, il tradizionalismo, il positivismo, il dualismo,
il criticismo (1), il misticismo e l’eclettismo) al Naville non ne rimangono che tre affermative fra le
quali egli si sente di provare vera quella dello
spiritualismo filosofico-crìstiano : un principio primo
ed unico spirito eterno, libero, perchè la libertà è
il proprio dello Spirito. Ed invero, come egli luminosamente lo prova nel suo volume sulle filosofie
affermative, le ipotesi del materialismo e dell’idea
lismo antichi o contemporanei che pure vorrebbero
spiegare l’universo per mezzo di un principio unico,
negano la libertà, coH’insistere il primo sulla causa
materiale che è la condizione necessaria di tutti i
movimenti, il secondo sulla causa formale la legge
cioè che inconsciamente si esplica come un vegetale
che sviluppa tutte le possibilità contenute nel suo
germe.
Il mondo considerato come una macchina o come
una pianta quando si neghi la libertà, è all’invece
per lo spiritualismo la creazione relativamente libera
di uno Spirito di cui l’essenza è la libertà assoluta.
La dottrina del materialismo non arriva all’nnità, non
vi riconduce i fenomeni fisici e psichici, non sopprime il dualismo tra la forza e la materia e non
spiega l’origine delle esistenze multiple ; essa è
determinista e « se la materia esistesse sola, il materialismo sistema non esisterebbe ». L’idealismo
che vorrebbe spiegare il mondo per mezzo di un’idea
0 di un sistema di idee non è superiore al materialismo. « Le idee sono dei rapporti che non possono
esistere senza esseri ». Identificare il razionale ed
il reale è distruggere la distinzione tra il bene ed
il male, la verità e l’errore. Negare con Hegel il
principio di contraddizione' e nel tempo stesso il libero arbitrio, è entrare nel tempo medesimo in confiitto colla logica e la morale e fallire nell’adempimento del compito propostosi.
Non così si può dire dello spiritualismo filosofico
che propone l’ipotesi di un Essere perfetto, creatore delle anime alle quali concede il privilegio della
libertà ed impone la legge 'dell’amore, destinando
ed assegnando loro il corpo per dimora e per
organo.
Questa ipotesi spiritualista invero, poiché le nozioni trascendentali della ragione non escludono la
realità dell’oggetto cui si rivolgono, spiega l’assoluta
libertà del Creatore e la dottrina della creazione
che non è contraria alle ricerche della scienza
perchè essa non impedisce a questa la ricerca del
modo di agire del Creatore e della causa dei fenomeni.
La storia della scienza ci mostra del continuo
delle idee teiste all'origine delle grandi scoperte
che hanno fondata la scienza moderna. Inoltre l’ipotesi spiritualista sola presenta una soluzione del problema del male conforme ai dati della coscienza, poiché
la libertà assoluta del Creatore può sola permettere di ammettere la libertà relativa della creatura.
Infine un Creatore di cui le idee Sono in un tempo
impresse nel mondo sotto forma di leggi e nella
ragione del pensatore sotto forma di principii ci
rende conto del metodo scientifico e dei suoi progressi.
Tale, ma imperfettamente esposta anche a motivo della tirannia dello spazio in queste colonne, è
la robusta travatura maestra del sistema di Naville. L’architettura del suo pensiero è semplice,
nettamente tracciata, rischiarata, come ben disse il
prof. Bovet e con lui il prof. Millioud, da una luce
senz’ombra.
Tutto nel suo pensiero è saldo, preciso e pratico ;
perchè-in sostanza questa filosofia, lo si vede senza
lenti, è un vero piano di battaglia contro le idee
ed i sistemi falsi, principalmente contro lo scetticismo ed il materialismo che isteriliscono la vita
morale. E la battaglia, l’energico ed instancabile
stratega la diede con tutti i suoi pezzi, con tutte
le sue forze nei primi e negli ultimi lavori suoi.
Combattè tutta la vita il buon combattimento e cadde
non vinto, lasciando a più giovani menti il continuare la lotta. Se fu maestro nella speculazione filosofica e nel maneggiare il sillogismo, egli però non
lavorò mai da dilettante. L’unione indissolubile del
pensiero e dell’azione, della teoria e della pratica,
della dottrina e della vita fu il segno caretteristico
della sua attività che egli avrebbe voluto più estesa
ancora e più benefica.
Leggete queste parole che riassumono la sua esistenza, che definiscono la grande anima sua e che
ci additano la via dei nostri doveri :
€ Il campo delle opei-e pratiche è immenso, e le
opere pratiche non sono ancora che la metà del compito. Non bisogna solo fare tutto, bisogna sapere
tutto e conviene unire tntti i lumi dello spirito a
tutte le audacie della volontà. Guardare il proprio
cuore, lottare senza posa nel di dentro e nel di fuori
di sè stesso, fare tutto ed imparare tutto, avere
una opinione salda sopra ogni cosa ed esercitare la
propria influenza in ogni campo di attività ».
E perchè ciò, cortese e paziente . lettore ? Per
combattere il male, per vincerlo ad ogni costo per
mezzo del bene! — (Bora. XII, 21).
Paolo Irotigo
(1) La définition de la philosophie, p. 157 e 286.
(2) Sì, anche il criticismo Kantiano a motivo del
suo dualismo tra la scienza e la morale.
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Signor
prof, pastore J^ìherto dot
86 Romeyn Str. Rochester N.T.
Trono, AltareJ»»jC0RP0S DOMINI
Decisamente sono passati i tempi in cui trono ed altare fraternizzavano in vergognoso amplesso, in cui la
forza armata non era che il braccio secolare a servizio
della forza teocratica,, in cui l’esercito in alta tenuta, la studentesca universitaria, gl’impiegati governativi erano obbligati tutti ad assistere ogni domenica alla Santa Messa, pena gli arresti, la non
ammissione agli esami, o la perdita dell’impiego !...
Sentite il fatto caratteristico che i giornali siciliani
hanno .registrato nella loro cronaca il 21 e il 22
giugno:
A Cuccamo il giorno 19 procedèva lentamente
salmodiando per le vie l’ultima processione del Corpus Domini (il Corpus Domini fu il giorno IO, ma
le processioni si ripetono con lungo strascico 1). Il
tenente di fanteria Quinci, .colà di distaccamento,
insieme al capitano, comandante della compagnia e ad
alcuni cittadini del paese assisteva tranquillamente
alla funzione religiosa, quando un prete, certo Monastaro, staccatosi dal clero e fattosi largo tra la
folla fittissima, si avanzò verso quel groppo di pacifici spettatori, i quali tutti, eccetto il tenente Quinci,
si erano cavati i berretti, e in tono arrogante invitò il capitano ad ordinare al tenente Quinci di
togliersi il berretto anche lui. Il capitano, seccato,
rispose: « Lei pensi a fare il suo doverei ». Ma.
siccome il sacerdote insisteva, il tenente si avanzò
indispettito : ne nacque una grande, confusione e
corse qualche pugno. Più tardi il tenente Quinci ha
inviato al sacerdote provocatore i suoi padrini. Non
sappiamo se il prete vorrà battersi col tenente o
se invece lo inviterà ad... un giudisio di Dio : ma
il fatto è degno di nota. Ne ricaviamo :
!• La gretta intransigenza del prete, che è quale
fu e quale sarà sempre, finché prete è prete, cioè
un essere convinto che la sua religione si debba
accettare o per amore o per forza. .
2* L’insnfficenza delle leggi italiane attuali a
garantire la libertà di coscienza e di culto, non solo
alle grandi masse, ma anche alle piccole minoranze ; e quindi non dovremmo mai stancarci di protestare (siamo almeno in questo protestanti !) e di
mantenere viva l’agitazione popolare contro il 1* articolo dello Statuto, contro la legge delle guarantigie, contro qaell’articolo della legge militare, che
impone ai soldati (di qualsiasi fede religiosa) di presentare le armi quando passa il prete con l’ostia in
mano. Oh, vogliamo una buona volta che non sia
meramente una leggenda l’aforismo : « La legge è,
uguale per tutti! ».
4
itrci
3' il gran male clie fanno le autorità nel per¿élitere che gli atti liturgici e le cerimonie religiose siano trasportati in piazza, invece di essere
limitati nell’ambito dei templi.
Quelle lunghe processioni cattoliche invadono troppo
spesso le nostre piazze e le nostre strade, specialmente
neU’Italia meridionale e nella Sicilia : impediscono
il transito per lunghe ore, espongono agli sguardi
di scherno, di odio e magari agli insulti quei pochi
coraggiosi, che hanno la fermezza di non togliersi il
cappello, 0 di manifestare altrimenti rispetto ed ado
razione verso un pezzo di materia sotto forma di
quadro, di statua o di ostia ; impauriscono i barn
bini e disturbano i malati con le bombe ed i pe
tardi, che insulsamente si sparano in abbondanza
Rinfocolano la superstizione e l’ignoranza popolare..
Espongono il trono a mettersi in urto con l’altare,
e possono costringere il prete in sottana a lasciare
il messale per imbrandire la spada, a misurarsi sul
campo con un tenente di fanteria ! !... Ahimè, povero prete, sarebbe infilzato come una rana !
Gìnseppe Fasulo.
La Dottrina Cristiana spiegata al popolo
L’Opera Sacerdotale di Gesù Cristo.
Il Sacrificio Espiatorio.
D. — In che consiste l'aiuto dall’Alto che Dio ci
ha dato per operare il nostro cambiamento indispensabile per essere salvati ?
E. — In Gesù Cristo, il quale è stato dato per le
nostre offese ed è risuscitato per la nostra giustificazione.
D. — Perchè dite che è un aiuto dall’Alto ?
B. _ Perchè il Cristo non è il, prodotto naturale
della vecchia umanità decaduta, ma, in quanto uomo,
è nuova e più alta creazione divina. In questo senso
e per questa ragione l’opera del Cristo è l’opera dell’amore divino e della grazia divina nell’umanità.
D. — Ma allora l’opera del Cristo non è opera dell’umanità ?
R. Si che è opera deU’umanità. Poiché Cristo ha
assunta la nostra stessa natura, è nato in questa nostra umanità, è solidale in tutto con noi tranne che
nel peccato. Non è una nuova pianta puramente e semplicemente, ma è un nuovo innesto sul vecchio tronco.
Senza questo innesto, la vecchia umanità sarebbe stata
impotente a trasformarsi da sè ; ma, grazie al nuovo
innesto, la trasformazione è diventata possibile e reale.
Quel che Gesù opera è un figlio di questa umàhità che
l’opera, è l'umanità che l’opera nella persona di lui. Per
questa ragione ed in questo senso diciamo che l’opera
di Cristo è l’opera dell’umanità.
D. — Diceste, in altro studio, che l'umanità per redimersi deve compiere il sacrificio espiatorio consistente nell'immolazione del principio cattivo, in una
morte al peccato, in una rinascita in Dio, nell’ubbidienza alla legge perfetta. Dite, ora, è tale sacrificio che essa compie nella persona di Gesù ?
E. — Per l’appunto.
D, — Che cosa costituisce l’essenza del sacrificio
in genere?
R. — Sacrificio equivale esattamente ad offerta. E’
offerta fatta a Dio a. scopo di religiosa adorazione. Cosi,
un vero e proprio sacrificio è — per esempio — la preghiei-a, la lode, il ringraziamento. (Ebr. XIII, 15). Le
azioni buone, virtuose, sante fatte secondo lo Spirito
di Dio e per piacere a Dio, sono vero e proprio sacrificio. (Ebr. XIII, 16; Rom. XII, 1). Alcuni, all’udire
la parola sacrificio, ricorrono col pensiero aH’immolazione cruenta e c infondono l’idea di sacrificio con quella
di sanguinosa immolazione. E’ semplicemente un errore.
Vi sono alcuni sacrifici che implicano immolazione sanguinosa, ma altri sacrifici non la implicano punto. Non
bisogna quindi prendere i caratteri di una specie di
sacrifici per definire il tutto, cioè il sacrificio in genere. Inoltre, anche in quelle specie di sacrifici che implicano l’immolazione cruenta non bisogna credere che
que.st’immolazione ne costituisca l’essenza. No, essa è
soltanto il modo in cui, in quel caso, l’offerta si compie.
Ma l’essenza del sacrificio è, anche in quel caso, nell’atto morale dell’offerta. Nè il sacrificio consiste nelle
privazioni a cui altri si rassegna per amor di Dio, o
di una persona, o di un’idea. Anzi, dice il Fanfani che
usare in tal senso la parola sacrificio, è < modo non
bello ». Certo, l’offerta di alcuna cosa a Dio implica^
in molti casi, privazione e sofferenza. Ma queste sono circostanze in mezzo a cui s’attua, in quei casi, il sacri
ficio ; non sono mài Yessenza del sacrificio. Concludendo ;
Secondo il significato che ha nella lingua questo vocabolo, diremo che il sacrificio è « l’atto con cui
si offre alcuna cosa a Dio per rendere omaggio
alla sua onnipotenza » (Fanfani). Con la quale definizione coincide perfettamente quella data da S. Agostino :
« Vero sacrificio è ogni opera fatta per unirci in santa
unione con Dio », (De Civit. Dei - X, 6).
D. — Che cosa costituisce l’essenza del sacrificio di
Cristo in ispeeie ?
R. — Alcuni, quando si parla di sacrificio di Cristo,
ricorrono col pensiero alla morte di Gesù sulla Croce
e limitano a quella morte il sacrificio di Gesù. E’ semplicemente un errore. La morte di croce rientra nel
sacrificio di Cristo — vedremo in altro studio come e
perchè — ma non è il sacrificio di Cristo. Questo sacrificio ha maggiore estensione ; e l’essenza di esso è
l’offerta, la consacrazione che Gesù fece di sè stesso a
Dio. « Il mio cibo è che io faccia la volontà di colui che mi
ha mandato, e che compia l’opera sua ». (Giov. IV, 34).
Il sacrificio di Gesù Cristo abbraccia tutta la vita del
Figlìuol dell’uomo, vita di amore per Dio e pei fratelli.
Il sacrificio di Gesù Cristo è l’offerta a Dio della santità voluta, conquistata a traverso le battaglie della
tentazione. Il sacrificio di Gesù Cristo è l’ubbidienza
alla legge di Dio perfettissima, ubbidienza non da
schiavo, ma da uomo libero, determinata non dalla paura,
ma dall’amore del bene per il bene. E’ l’immedesimazione volontaria della vita di Gesù con la legge e con
la volontà'di Dio: donde quella santità unica e perfetta ch’è radice dell’umanità rinnovata. Tale è il sacrificio 0 l’offerta di Cristo che comincia con la sua
vita, cresce con questa, culmina in questa terrà sul
Calvario, prosegue al di là di questa terra nel ministerio celeste che ha il Calvario per base. « Ha dato
sè stesso in offerta e sacrificio a Dio in odor soave ».
(Ef. V. 2).
D. — Il sacrificio di Cristo è esso espiatorio ?
E. — Certissimamente.
D. — Spiegate che cosa è l’espiazione in genere.
E. — Alcuni, udendo la parola espiazione, ricorrono
col pensiero all’idea del patire la pena per il peccato
commesso. Cosi, essi s’immaginano che Gesù Cristo in
tanto ha espiato il peccato del mondo in quanto ne ha
patita la pena. E’ semplicemente un errore. Se ed in
qual senso Gesù Cristo abbia portata la pena del peccato del mondo, la è cosa che esamineremo in altro
studio, lasciandola per ora assolutamente impregiudicata. Quello che qui è indispensabile assodare si è che
l’idea di espiazione non punto s’immedesima coll’idea
del patire la pena. Volgarmente si adopera la parola
espiare nel senso indicato, ma è una improprietà, dice
il Fanfani. Espiare significa questo : « Purgare, e non
si direbbe se non di quella macchia che induce nell’anima il peccato: il sodisfare la giustizia divina
ed umana con l’ammenda di un fallo commesso ».
(^Fanfani).
D. — Spiegate il carattere espiatorio dell’opera di
Cristo.
R. — Il peccato è disubbidienza. L’espiazione è l’ubbidienza. Gesù Cristo ha perfettamente ubbidito, e con
ciò ha espiato, cioè ha fatto il preciso opposto del peccato. Il peccato è l’ingiustizia. L’espiazione è la giustizia. Gesù Cristo ha < compiuta ogni giustizia, » e
con ciò ha espiato, cioè ha fatto il preciso opposto del
peccato. Il peccato è l’odio. L’espiazione è l’amore. Gesù
Cristo amò al sommo grado Dio e i fratelli, e con ciò
ha espiato, cioè ha fatto il preciso opposto del peccato. In una parola : l’umanità peccatrice stava attuando
l’idea negativa deU’nomo. Gesù Cristo espia, cioè fa il
preciso opposto offrendo a Dio lo spettacolo deH’uomo
ideale diventato finalmente reale.
D. — Voi diceste giustamente in altro studio che
l’umanità essendo quella che ha peccato, essa deve
pure compier l’espiazione. Ma se l’espiazione è compiuta da Cristo, allora non è compiuta dall'umanità...
E. — La vostra obbiezione deriva da un grave errore, dal considerare Cristo separato dall’umanità ed
estraneo ad essa. Egli invece è il Figliuolo deH’Umanità. Quindi l’umanità che peccò in Adamo (da cui il
peccato si ripercosse, come tendenza atavica generatrice dei peccati attuali, nei suoi discendenti), l’nmanità
è essa stessa che (grazie al nuovo innesto operato in
lei da Dio) espia, cioè fa il preciso opposto nel « Figliuol dell’Uomo, » nel « secondo Adamo ; » dal quale
poscia la vita nuova fluirà nell’umanità novella che è
contenuta virtualmente in lui come la quercia è contenuta nella ghianda.
Certamente, Yespiazione — cioè il fare il preciso op
posto del peccato — dev’essere compiuta da tutta l’umanità. Ma essa non può compierla che assimilandosi
la vita del suo capo-stipite, Gesù Cristo, la cui opera
ha perciò un valore unico : è il sole a cui tutti i raggi
fanno capo.
D. — Rimandando ad altro studio lo svolgimento
di quest'ultimo punto, cioè dei rapporti tra l’opera
espiatrice di Cristo e l’umanità nuova, chiudete la
presente lezione indicando come l’opera personale
di Cristo riconcilii Iddio al mondo e il mondo
a Dio.
R. — Il sacrificio espiatorio di Cristo è la vita di
Cristo terrena e celeste rilegate assieme dal Calvario
vertice della prima, base della seconda; vita secondo il
cuore di Dio, pienezza di consacrazione. E’ ovvio che
questa vita costituisca la riconciliazione dell’umanità
— per la prima volta attuante l’ideale amano — a Dio.
Ma tale sacrificio espiatorio, cioè tale pienezza di consacrazione di vita, toglie altresi l’ostacolo, il limite che
impediva aU’amor di Dio di manifestarsi e di effondersi sul mondo. Questo amore si effonde sul Figliuol
dell’uomo : « questo è il mio diletto Figliuolo nel
quale ho preso il mio compiacimento ». Dio è riconciliato all’umanità attualmente nella persona del Figlinol dell’Uomo, virtualmente in tutta la umanità novella che germoglierà dal nuovo Adamo.
Tale è il valore espiatorio del sacrificio di Cristo.
u. i.
58licc piangeste
Ci scrivono da Palermo:
Il vecchio padre del nostro collega Attilio Arias è
morto.
Colui che ci ha lasciati aveva lavorato con amore
durante 30 anni quale missionario fra gl’israeliti d’ Italia, essendo egli stesso israelita di nascita. Trascorse
molti anni a Roma, ed ivi io fece la sua conoscenza.
Era già da parecchi anni cagionevole di salute.
Il sig. Arias è morto alle Valli Valdesi.
Al figlio, sig. Attilio, e a tutti gli altri congiunti,
gittati nel lutto da cosi grave perdita, le più vive
condoglianze dal cuore. (1)
Luigi Rostagno
Ci scrivono da Grotte :
(X) Il giorno 23 del corrente giugno passava a miglior vita la signora Elisabetta Simone vedova Licata,
in età di anni 80, dopo breve malattia, sopportata con
cristiana rassegnazione. Fu una delle prime donne di
Grotte che abbracciarono l’Evangelo con entusiasmo.
Tutta la sua vita fu consacrata al bene, e lascia nel
cuore di tutti il più vivo rimpianto. Al figlio colportore sig. Giuseppe Licata e a tutta la famiglia presentiamo le nostre sentite condoglianze, e invoehiamo su
di loro lo spirito di consolazione. (1)
(1) La direzione della Luce aggiunge anche le sue
condoglianze affettuosissime.
}((Ua Penisola « nelle Jsole
Brescia
La delegazione francese, venuta per la commemorazione cinquantenaria di S. Martino e Solferino, ha visitato anche Brescia. La popolazione l’ha accolta con
grande entusiasmo. « Quando vedremo un po’ d’entusiasmo religioso schietto in questo popolo ancor rude,
ma ardente ? » domanda il signor Emilio Rivoir.
Felonica
(V. Klett) Domenica 20 giugno Felonica celebrava
la festa commemorativa della fondazione della Cappella.
L’apriva 11 signor Simeoni, con un culto solenne e
commovente; in cui il pastore di Revere parlò con
grande efficacia sulla parabola del buon Samaritano,
facendone una importante applicazione ai tempi presenti.
La sera il sig. Messina, pastore a Verona, tenne la
sua conferenza intorno alla « Crisi delle anime nelcattolicismo romano ».
La crisi è là, palpitante agli occhi nostri ; assistiamo,
in visione cinematografica, alla sfilata di scene strabilianti, e vi è l’indifferentismo, il formalismo, il conservatorismo, la scienza che ormai ha sbugiardato il cattolicismo papale... E la soluzione ? Un ritorno alla chiesa ?
il crollo ? L’oratore crede che la questione si volgerà a
favore del Vangelo, e già ne vediamo i segni. I cattolici romani nou troveranno pace e felicità nelle loro
dottrine, ma nel Principe della pace.
Questa la parte religiosa della festa. Ma delle Felo-
5
LA LÜGE
5
uiche non ce n’è dappertutto. E’ intervenuta la banda
musicale con scelti pezzi, quale il « Va’ pensiero »
degli Ebrei nel Nabucco; poi banchi di rinfreschi, un
formicolio di gente multicolore delle due rive del Po,
ecc. ecc.
A me che non son puritano, questo misto di sacro
e di profano, di primo acchito, mi sapeva male. Ma
come diceva il De Amicis, parlando dei Valdesi, prima
di giudicare un popolo bisogna vedeilo e conoscerlo.
Tutta questa espansione di cuori esultanti, senza il berretto d’nn angelo custode, terminata nella calma beata,
mi ricordava le scene pastorali della montagna, quando
al tramonto convengono i montanari al loro abituro, e
al suou del piffero si trascorre un’ora gaiamente sull’aia tra il burrone e la pineta. Dov’è il male ? La risposta l’hanno imparata già quelle centinaia di uditori
che nella cappella e fuori hanno ricevuto dai messaggeri di Cristo l’ammonizione del Vangelo. E si legga
ancora in I Corinti X, 31.
Non vado più oltre. Mann grazie si deve aH’anziano
Negri, r anima della festa, ed un altro al piccolo coro
che s’avvia a diventar grande, e par che canti ancora;
Annunziate alla gente rubella
che il Signore è venuto a salvar.
LiìTrorno
(E. C.) Abbiamo avuto tra noi il professor Giorgio
Bartoli, invitato dal Circolo Educativo Livornese a tenere due conferenze.
Nè alla prima, nè alla seconda conferenza gli intervenuti furono molti, e non c’era davvero da aspettarsi
■di più da una città indifferente com’è questa.
La descrizione dello stato fisico, intellettuale, sociale,
morale e religioso della donna in Italia, fu 1’ argomento
della prima attraentissima conferenza ; la scienza, il
suo triplice scopo, i sistemi scientifici, i rapporti tra
questi e quella, il valore vero della scienza ed altri
punti consimili furono oggetto di una seconda piacevole
conferenza che entusiasmò gli intelligenti e i colti.
Al prof. Bartoli giungano dunque da Livorno i,ringraziamenti sinceri di quelli che hanno avuto il bene
di udirlo nelle sere di mercoledì 23 giugno e di venerdì 25.
Tutti — ne siam certi — sono desiderosi di riudirne
la chiara e semplice parola, che liba animati a spingere profondamente gli sguardi nelle meraviglie del
creato, ove si scorge l’opera magnifica del Creatore.
.ßt.
Si deliberò di rimandare al sinodo lo studio circa
alla proposta di un’unica amministrazione.
Seguirono voti di vivissima riconoscenza ai fratelli
di Eio Marina per la generosa e cordiale ospitalità offerta ai membri della conferenza, come anche per aver
ottenuto dal sig. L. Cignoni che egli trasportasse i
membri col suo vaporetto da Portovecchio a Eio e da Eio
a Piombino.
Le elezioni finali diedero il seguente risultato :
Commissione esecutiva : Sigg. Potrai vice pres., sig.
avv. Padelletti segretario.
Deputati al sinodo i signori; Eavazzini, Egisto Cignoni, avv. Padelletti; supplenti; i sigg.avv. Vannuccini, Vinciguerra, Eafauelli.
A sede della prossima conferenza fu scelta Livorno ;
ed il predicator d’ufficio sarà il sig. P. Chauvie.
Il presidente riassunse 1’ operato dei due giorni col
dire che nel fatto si era lavorato molto In poco tempo.
Voglia Iddio fare fruttare ogni deliberazione all’avanzamento del suo regno.
Il sig. pastore G. Eochat di Firenze tenne nel Teatro
una conferenza contro Valcoolismo cui assistettero una
60* di persone fra le quali il medico-condotto, il sindaco, l’ingegner delle miniere ed altri eletti cittadini,
che poi si trattennero affabilmente coll’oratore. Questi
fece in paese e al Cavo, una larga distribuzione di opuscoli anti-alcoolistici, e di foglietti contro la bestemmia.
Eccellente opportunità. 0. Jalla
Conferenze disfreffuali
Italia centpale-Sardegna
La conferenza cominciò le sue sedate la sera del 15
corrente con un discorso del capo distretto, sig. D.
Buffa di Venezia, innanzi ad un pubblico attento e numeroso. Prendendo per testo Isaia LIV, 10, l’oratore
dimostrò che sia nella vita del popolo d’Israele, sia in
quella della Chiesa Valdese in particolare, sia in quella
di ogni singolo cristiano. Iddio permette spesso la prova ;
onde un osservatore superficiale, potrebbe credere che i
monti sian più ferrai che non le promesse, di Dio. Al
momento opportuno però Iddio libera e salva i suoi.
La conferenza si trovò costituita di 15 membri con
voto deliberativo, e di un membro con voto consultivo.
Erano assenti, il Dr. Grilli di Livorno, impedito dalla
grave malattia della sua signora, ed il sig. Garretto
di Pisa. Mancava anche il delegato di questa città e
e il sig. Clerico evangelista dell’Isola della Maddalena.
A costituire il seggio furono eletti ; il sig. Petrai presidente, il sig. Eochat vice presidente, e il sig. Gino
Vezzosi segretario.
Il capo disttetto lesse quindi la sua relazione intorno
alle varie chiese e stazioni (1).
La sera un discorso del sig. G. E. Meille sui segni
dei tempi attrasse l’attenzione d’un uditorio di tante
persone, da occupare tutti i posti, a sedere non meno che
in piedi. L’adunanza si chiuse con un lavoro letto dal
sig. 0. Jalla su ; « Il Modernismo e l’evangelizzazione
d’Italia.
La mattina seguente fu occupata con l’eseme di varie
proposte ed osservazioni. La conferenza unanime espresse
il voto che il capo distretto abbia possibilmente da risiedere nel distretto medesimo. Una proposta unanime
fu pure quella di raccomandare al p. v. sinodo che invece di decidere la compilazione di un nuovo manuale
d’istruzione religiosa, faccia buon viso alla storia sacra
del sig. Giacomo Longo colle dovute aggiunte e modificazioni.
(1) Omettiamo per questa conferenza, come anche
per quella dell’Italia meridionale, il cenno su le singole congregazioni favoritoci rispettivamente dal sig.
Jalla e dal sig. Bertinat. Lo spazio scarseggia, e poi
certo sarebbe un bis in idem, poiché la relazione su
le Chiese verrà dal Comitato pubblicata.
N. d B.
Sicula
« Arrivederci a casa mia, per la conferenza distrettuale », ci aveva detto all’ultimo sinodo il pastore Adolfo
Chauvie, stringendo con effusione la mano agli invitati
della Sicilia. Così aveva disposto 1’ uomo ! Quanto diversa è la triste realtà presente ! la bella Messina se
polta sotto un cumulo di rovine, l’amato collega che,
toltoci ad un tratto, riposa nel vecchio camposanto insieme colla moglie e col figlio, la chiesa per tre quarti
sepolta con lui, e l’ultimo residuo disperso, invano cercando una casa tranquilla e bella di ricordi. E noi, conferenza distrettuale Sicula, invece che a Messina ci
siamo raccolti in fraterna riunione a Vittoria, sentendo
attorno a noi alitare un funereo soffio che ci veniva
dalla città e dalla chiesa distrutte.
La conferenza si è aperta il 15 giugno alle ore 10 liO
con un discorso del pastore Attilio Arias di Caltanissetta su Matteo 13, 55. Erano presenti tutti i nostri evangelizzatori nella Sicilia, e facevano degna corona attorno al capo distretto e presidente della commissione esecutiva, signor Luigi Eostagno pastore di
Palermo ; ed erano inoltre presenti 5 delegati laici.
Il seggio risultò cosi costituito ; pastore Attilio Arias
presidente, Gaetano Debilio, insegnante vice presidente ; pastore Corrado Jalla segretario. Le sedute lunghe
ed animate, ma sempre improntate da sentimenti fraterni,
durarono fino alla sera del 16.
Abbiamo avuto occasione di passare in rivista le
nostre chiese e stazioni l’una dopo l’altra, intrattenendoci intorno alle questioni più importanti che le riguardavano.
Il posto d'onore l’ha avuto Messina, che in mancanza
di rappresentante proprio ha trovato nel pastore Luigi
Eostagno un commosso relatore ; e vivi applausi salutarono la chiusa del suo discorso, quando egli fece sapere che, grazie alla generosità della Norvegia, una chiesetta in legno con annessa abitazione pel pastore aspettano solo la concessione del terreno, per sorgere
tra le rovine e riunire periodicamente i nostri superstiti.
Il pastore Corrado Jalla di Eiesi parlò la sera del
lunedi su ; « Girolamo Savonarola, o il cristiano nella
vita sociale ». Martedì sera il pastore Giuseppe Fasulo
di Catania tenne una conferenza su ; « Eeligione e superstizione ». E il pastore Girolamo Moggia di Grotte,
parlò mercoledì sera ad una affollata adunanza su ; « La
religione del passato e quella del presente ». E’ degno
di rilievo il fatto che l’uditorio andò crescendo di numero e d’interesse dì sera in sera, e che all’ ultimo,
quando sotto la paterna guida del signor Eostagno ci
accostammo prima di separarci alla cena del Signore,
un gran numero di fratelli si uni a noi ; e molti estranei
restarono muti e commossi spettatori. E volle la conferenza mostrare il suo interesse per la Chiesa di Vittoria, approvando un ordine del giorno in cui veniva
espresso il desiderio nostro che, se non era possibile
per tutte le altre chiese, almeno questa avesse « nel
prossimo anno un corso di conferenze straordinarie in.
tempo opportuno ».
Il signor Corsani lesse un bel lavoro, da lui redatto
con cura e con intelletto di amore, sopra il tema ; « Le
Scuole e l’opera di evangelizzazione », che è sperabile
debba avere ampia cerchia di lettori. Per tanto non entreremo nella disanima dello studio, e ci limiteremo a
riportare il giudizio datone dal signor Eostagno che riassume il concetto svolto dal relatore, dicendo ; « Grande
è la mia fiducia per l’opera delle nostre scuole. Questione vitale è per tale ramo dell’ opera la vocazione
profondamente sentita deU’insegaaute senza di che non
potremo mai raggiungere la nostra meta ».
In ordine alla proposta rinviata alla conferenza dall’ultimo sinodo e che riguarda il progetto sull’amministrazione centrale unica, viene approvato a forte maggioranza l’ordine del giorno presentato dal pastore signor L. Eostagno ;
« La conferenza distrettuale Sicula, dopo lo scambio
di idee avvenuto intorno alla proposta di avere una
amministrazione centrale unica, considerata la gravità
della proposta la quale implicherebbe una revisione
generale della costituzione e dei vigenti regolamenti
organici, deliberà che tale questione sia deferita all’esame di una commissione sinodale, la quale ne faccia
uno studio accurato e riferisca in riguardo ».
Vivi applausi salutarono l’espressione di simpatia a
noi dimostrata dalle conferenze distrettuali adunate a
Torino ed a Bio Marina che ci inviarono cordialissimi
saluti e commoventi auguri.
Il presidente dal Seggio fu incaricato di rispondere
degnamente ai due cari messaggi.
A se3e del prossimo convegno fraterno, tenuto conto
delle feste che avranno luogo pel cinquantenario della
liberazione della Sicilia,, fu prescelta Palermo, giusta
la decisione già presa l’anno scorso.
La nuova commissione esecutiva risultò cosi composta i presidente d’ufficio, pastore Luigi Eostagno vice
presidente pastore G. Fasulo, segretario signor Epifanio
Navarria.
I deputati al sinodo eletti dalla conferenza sono:
mg. Gust. Eynard di Palermo, sig. Gaetano Debilio di
Eiesi, eolportore Greco di Barcellona.
Cosi dopo due giorni di forte e continuo lavoro operai
e delegati delle chiese di Sicilia si separarono, bene
augurando all’ opera della nostra chiesa nel prossimo
anno.
Il segretario della conferenza
Piemonte-Liguria-N izza
Egregio signor direttore.
Al succoso resoconto che le fu mandato intorno alla
nostra conferenza di Torino, voglia consentire due parole d'aggiunta.
Npn vi fu, come per contro vi fu a Milano, una relazione sulla stampa evangelica, ma la nostra Luce, non
fu dimenticata. Si osservò che il nostro giornale va
facendosi sempre più interessante, avvicinandosi ogni
di maggiormente a quel tipo che gli evangelici italiani
vagheggiano, penetrando in case ove a noi non è facile l’ingresso, costituendo un’eccellente lettura domenicale e « fino ad un certo punto » per i vecchi e i lontani, un surrogato del culto al quale non possono intervenire.
La conferenza, pur non votando nessun ordine d^
giorno in proposito, chiaramente dimostrò di approvare
le parole di plauso e d’incoraggiamento che furono rivolte a Lei, caro signor direttore, e a quanti con Lei'
validamente lavorano.
Mi pare che consti. X.
SIpiMa galdtsc
residente a Lùserna S. Giovanni, riceverebbe in pensione,
a prezzo mitissimo, una signora o signorina desiderosa di riposo e di vita tranquilla. Rivolgersi alla signorina Costàbel. Valentino. Luserna S. GiovahtiL
(Torino).
Rifchial AlA din vende Bibbia in latino oonilDIuIIIh IIuI uUU lustrazioni stampata a Roma nel
1592 (in ottavo). Edizione rara. Rivolgersi al Cav. 0.
Goetzlof. Via Curtatone 1, Genova.
Crisi Ectiesiastica e crisi rtiigiosa
Questa Con_ ferenza del
signor Arturo Mingardi, già Padre Bernardino da Bus,seto, meriterebbe di venir largamente sparsa fra glTtalianì, e specialmente fra il Clero cattolico-romano. -—
L. 0,10 la cojpia. Per 1^ copie o più un soldo l'nna,
franche di porto. --- Rivolgersi al signor A. Rùstan,
Via Nazionale 107, Roma.
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LA LUCE
Gaardaodo attorno
(Noterelle e Spigoliìture)
eVi
co
A Liverpool cattolici romaai ed
accapigliati. Noi coudanniamo gli uni
severamente gli evangelici, che non
imitare il costume proprio di paesi
Brasile e certe parti d’Italia, arretrai
Al tempo stesso facciam voti, affinchè
soltanto, ma dovunque, e specialment<
si permetta alla maggioranza e nem
ranza di andar a zonzo per le pubblio
in giro sbiaditi stendardi, goffe anten
tagliati con l’accetta, barcollanti su
madonne con tanto di stecche di legi|
un..metro piantate nella schiena a
gianti ; ludibrio dell’arte ; offesa alla
dini, che ban diritto di attraversar li
loro piaccia ; provocazione al senso re
più svolto e spirituale.
Il nobile popolo inglese, a salvarsi
vadenza gesuitica, dovrebbe però sem|)
armi più nobili.
figia
angelici si sono
e gli altri, e più
dovrebbero mai
me la Spagna, il
perchè papisti,
non a Liverpool
e in Italia, non
meno alla minohe vie, portando
ne, ridicoli santi
spalle di idolatri,
0 dorato lunghe
rar aureole raglibertà dei cittastrade quando a
igioso un tantino
Sotto il titolo « Bicordi politici del
Labanca » YUco del Sannio pubblica
ticolo intorno alla vita politica dell’ i
di storia del cristianesimo che tutti
conoscono di fama. Il prof. Labanca compirà il 17 agosto
prossimo l’ottantesimo anno ; e noi fin
da queste colonne i nostri più fervidii auguri. Egli è
nostro abbonato. L’articolo a cui s’è
poi nel « Dizionario del risorgimento
l’editore di Milano Ceeilio Vallardi si
blicare.
*
«
da l’immorale inre ricorrere ad
prof. Baldassare
un piacevole arlustre professor
i nostri lettori
d’ora gli inviamo
illuso comparirà
italiano », che
propone dì pnb
Continuano i festeggiamenti in commemorazione del
1859. Sui campi di S. Martino e di Solferino, bagnati
di sangue giovanile, sono convenuti iiialiani e francesi,
a ricordare le glorie trascorse. Ma le glorie trascorse
a ben poco giovano, se non si convrrtono in eccitamenti a future conquiste, che dovranno essere pacifiche
tutte e apportatrici di alte virtù d’ordine morale.
*
* * ^
Il Corriere della Sera ha, col solito risolino, parlato del corteo storico della chiesa ai glicana. Ma che
ci trova di tanto strano il Corriere, (she vede la luce
in Italia, la patria dei cortei, delle processioni, dei carnevali e dei carnevaloni, la patria classica d’ogni specie
d’arlecchinate ?
*
* *
Il Messaggero racconta di un prêt
Colonna a Eoma faceva sguaiatamente
persone che non si nominano, susciti
della gente perbene, e specialmente d<
concerto di fischi tra i giovanotti sei|i
vertirsi. Amenissima la conclusione
Messaggero all'edificante episodio: «
egli (cioè il « tonsurato ») comprese
nna grande corbellerìa nell’aver dimeh
rimento delle sacre carte : « se non casti
e si allontanò frettoloso ».
Avrebbe il Messaggero la gentilezza
luogo preciso delle € sacre carte» ov
precetto gesuiticamente immoralissimr»
dii
OLTRE LE dLRl E I H/IRI ^
e che in piazza
il galante con
indo lo scandalo,
elle signore, e un
pre pronti a diappiccicata dal
j\llora solamente
aver commesso
ticato il snggei, almeno canti »,
di indicarci il
e si trova questo
111
Svizzera
Ginevra — Abbiamo sott’occhio 1
gante relazione 1907-1908 della chiesi
liana dì Ginevra, che ha per pastore
mando Carmagnola. — La relazione, ch<^
ampio riassunto (vi spigoleremo, se
reca due belle incisioni: l’nna della
domenicale ; l’altra della cappella d^i
Eallegramenti fin d'ora, e auguri per
giore prosperità.
— Sotto le maestose volte della catted
il 20 giugno è avvenuta la solenne distrip
agli alunni delle scuole secondarie mai
che frequentarono il corso d’insegnam
Francia
— Il miliardario americano Carnegii
offrire per la sola Francia 5 milioni
gl’interessi dei quali si abbia a rico4
eroi ignorati che lottano neU’ombra,
'^traente ed eieevangelica itali signor Armeriterebbe un
lai, in avvenire)
ùnmerosa scuola
stinata al culto,
ima sempre mag
rale (U S. Pietro,
nzione dei premi
idchilì e femminili,
lento religioso.
ie si propone di
di franchi ; con
pensare « molti
iairabilmente va
leuti, contro la miseria o i pericoli ». Il Carnegie è
avverso alla guerra. Per eroi egli intende (e come dire
che sbagli ?) « gli uomini e le donne che rimangono feriti 0 morti nel proteggere o nel salvare i propri fratelli ».
Germania
Barmen — Apprendiamo con piacere che al congresso mondiale dei giovani cristiani, che sta per adunarsi a Barmen, interverranno anche ii dott. Roberto
Prochet presidente del comitato nazionale delle A. G.
d. 6. d’Italia e il sig. Paolo Coisson, segretario generale
dell’A.C. d. G. di Roma.
Spagna
La Chiesa Riformata commemorò, come suole ogni
anno, in tutta la Spagna i martiri spagnoli del Cristianesimo e « specialmente » dice La Lm « quelli che
per la lor fede evangelica furono vittima del diabolico
tribunale deU’Inquisizione ».
Inghilterra
Bristol — Diciannovesimo congresso delle Società
britanniche d’attività cristiana. Molte e importanti relazioni. Un gran numero di delegati. Nell’anno .1908,
si fondarono 183 nuove società.
Londra — La Società biblica spende annualmente
-6 milioni e 250 mila lire, a diffondere la parola di Dio
nel mondo.
America
Lo svolgersi delle società d’attività cristiana è lento
nell’America del sud, tuttora dominata da Eoma ; tuttavia esse non mancano. Secondo La Lux, nel Brasile
vi sono 93 società, con un periodico 0 Esfosso Cristiao.
Le società d’attività cristiana del Cile si occupano specialmente del grave problema deH’intemperanza. L’Uruguay possiede molte società, e vi si pubblica un periodico El Atalaga di piacevole ed istruttiva lettura. Una
sola società nei 'Venezuela ; 6 nella Gniana francese ; 6
nella Colombia; nel Perù parecchie. — Nel Messico papista 135 con 4056 membri, e un periodico che si pubblica da 10 anni e che porta per titolo El Esforsador
Mejicano.
IN SALÀ DI LKTTURA
Alberico Creonti - I Figli - Educazione e Storia.
Ecco un’ opera maestrevolmente elaborata e nuova,
io credo, nel campo pedagogico. Se può trovarsi un difetto, è quello del titolo, da cui non apparisce con
evidenza lo scopo a cui mira l’autore, ch’è di « raggruppare e presentare in uno specchio lo sviluppo fisico, intellettuale, morale del ragazzo, e in un altro
i sacrifici economici sopportati per esso dalla famiglia ».
Diciamo subito che l’opera è dedicata alle famiglie,
e consta di vari specchietti da riempirsi- ed applicati
a preziose norme igieniche e educative. Il figliuolo è
seguito dalla culla alla Università o all’impiego dall’occhio vigilante dei genitori, i quali vanno notando
sul libro stesso le successive manifestazioni dello sviluppo fisico, intellettuale, morale del loro figlio. Non è
dunque un’opera da leggicchiarsi a tempo perso, ma un
libro di 152 grandi pagine che ha il suo posto sul tavolino d’ogni buon genitore.
S’apre con l’albero genealogico della famiglia, cui seguono gli specchietti sulle eredità naturali, sulla nascita, sulla statura e sul peso in rapporto all’età. Vengono poi le cinque carte biografiche, dov’è notato lo sviluppo del figlio a 3, 5, 7, 12, 16 anni. Quindi i prospetti per la parte scolastica.
Seguono consigli ai genitori ed ai suoi piccoli amici,
e il libro si chiude con qnadrilli nei per incollarvi le loro
fotografie e specchietti per le spese sostenute dai genitori neU’acquisto dei libri, balocchi ed oggetti vari,
in viaggi ed escursioni, ecc., ecc. A mo’ d’appendice,
alcuni « brevi cenni biografici su autori citati nel fascicolo » con una breve ed interessante bibliografia.
E l’utilità di questo libro ?
Oggidì i figliuoli sono educati ancora con metodo uniforme, e non si riflette che l’uno è fatto per la vanga,
mentre l’altro ha tutta la tendenza al pennello. Donde
la falange degli spostati. Col libro del cav. Creonti i
genitori sono condotti passo passo a conoscere l’indole
del loro figlio, e quindi ad iniziarlo nella carriera degli
impieghi, nello « stato » tutto suo naturale. E non fosse
che per questo vantaggio capitale il libro sarebbe da
raccomandarsi non solo alle famiglie, ma ancora alle
scuole, specialmente nei comuni rurali.
Il fare un libro è men che niente,
se il libro fatto non rifà la gente.
Ma il libro del xav. Creonti, mirando allo sviluppomorale ed al felice collocamento dei figliuoli, può contyibttire al conseguimento d’un nobile scopo, ad una condizione tuttavia. L’esperienza dimostra che non basta
cercar di raddrizzare le idee storte tanto radicate trai!
popolo. Tempo è di risalire, col « Vangelo potenza di
Dio in salute ad ogni credente », alla scaturigine di
quelle idee storte, al cuore, « imperocché da esso procede la vita ».
F. Klett.
Pel centenario di Calvino
Pel centenario di Calvino sono ormai comparse 8G
pubblicazioni. Un opuscolo del pastore Choisy è stato
tradotto in tedesco, e se ne sono già vendute 18 mila
copie. — L’inno giubilare ha per titolo : Post tenebras lux : sono le stesse parole che verranno incise
nel muro dell’erigendo monumento della Riforma ; al
quale muro saranno addossate le solenni figure dei
Riformatori. Le parole dell’inno sono del pastore
Roehrich ; l’autore della musica, è il prof. Bai blan,
organista della cattedrale ginevrina di S. Pietro. —
Durante le feste giubilar! vorrà, il 6 luglio, posta
la prima pietra del suddetto monumento ; il quale —
come s’accennato — consisterà in un muro (lungo
60 metri); dinanzi a cui spiccheranno — nel mezzo —
le gravi figure di Farei, di Calvino, di Beza e di
Knox ; ai lati : le statue deH’ammiraglio di Coligny,
di Guglielmo il Taciturno, di Cromwell, di Ruggero
Williams, di Stefano Boeskay principe di Trausilvania e di Guglielmo grande elettore di Brandeburgo.^
Su due pilastri separati, e come all’ ingresso del
monumento, i busti di Zvingli e di Lutero. — Il 4
luglio, nel tempio delle Eaux-Vives (Ginevra) s’inaugurerà una lapide commemorativa di Calvino e della
Riforma. — Tra le recenti pubblicazioni calviniane,
notiamo un volume dell’illustre prof. Emilio Doumergue, edito con molte illustrazioni dal’Atar, dal
titolo : La Maison de Calvin (La Casa di Calvino).
L. 5. — La nostra Facoltà teologica di Firenze sarà
rappresentata alle feste calviniane dal prof. Giovanni
Rostagno.
I.
AbbOliarneati pagati:
1908
Fragaie Thomas.
1909
Marchetti Francesco — Diaconesse, Firenze — Del
Nero J. — Del Nero L. •— Mrs. Flemming — Forne
ron Enrico----Bounous P. — Pateruò Salvatore —
Cardon Stefano — Fabeni Amerigo — Scuola Agricola
del Trebbiolo — Conti Fausto — Ale iiagna S. Carmelo
— Pons Augusto — Bouvier — Cajazzo Ottavio —
Falcioni Michole — Durand Jaqueline — Barolini Esteban — Léger Bartolomeo — Archer Umberto —
Taglialatela Alfredo — Saccomaui Lintprando — Ferro
Salvatore — Biancardi It. — Vannieoi Gaetano —
Raimondi Giuseppe — Cozza Giovanni — Russo Andrea — Mancini Antonio — Tron Elisa — Fantini
Paolo — Capponi Luisa — Wan Ouwenaller — Paolucci Ascenzo — Girardet Enrico — De Sante Angelo
— Zann Angelico — Di Santi Nicola — Amicarelli
A. — Long Santiago E. — Romeo Francesco — Miss
Wells — Zaccaro Giov. — Eev. S. V. Eavi — Ribetti G. T. — Eev. Fulton — Dr. Cabeen — Di Bartolo Frank — Rev. Pesaturo Francesco —Bev. VitaleJ. — Eev. Testa Stefano L. — Rev. Vavolo J. W.—
Miss Alice Krebs — Morreale Charles— Roncone John
A. — Argento Nicolò — Di Giacomo Frank — D’Anna
Leonardo — Rev. Bruni Bruno — Miss E. 0. Butler
— Zambito Joseph — Terroso Benedetto — Micol P.
E. — Paternò Eev. S. — Fragaie Thomas — Grant
Sig.ua M. G. — Sig.ra Boltnme — Gambino Nicola —
Argento Sig. J. — Eev. Scurito M. J. — Formicola
Antonio — Fornataro Rev. A. C. — Rev. Barone Tommaso — Schlrripa Frank — Vital Rev. Joseph. — Del
Nero Donato — Silvernail J. P. — Van Orman A. —
Testa Vincenzo — Liotti Giuseppe — Pugliesi Vincenzo — Rev. Angelo Peruzzi — Pons J. H. — Pascal
J. H. — Léger J.J. —Jacumin J. (senior) — Grill A.
(Altri abbonamenti pagati ai prossimi numeri).
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia deU’Istituto Gould Via Marghera 2, Rom»
7
LA LUCE
IL TRAMONTO DI ROMA
Sfudìo di sloria c di pgicolo
àia del Prof. G. Bartoli.
Finito che ebbe di dare i suoi ordini crudeli, si levò
da tavola, fece un breve segno di croce, e si ritirò. Bice
rimase a tavola, ripetendo come smemorata : io odiare
D. Ottavio ? io odiare D. Ottavio ?
L’ira, l’indegnazione, la riverenza e l’amore trascinarono in un istante nei loro vortici passionali l’anima
ancora ingenua della ianciulla.
— Bice, vieni — disse là,madre — mentre le dava
la mano come ad una bambina, e la tirava verso la
cameretta della figlia, a quell’ora ridente di sole. I
Turini seguivano ancora l’antica usanza romana di
desinare a mezzogiorno in punto, o non mai più tardi
dell’una.
— Io odiare D. Ottavio? — continuava intanto la
dolente.
— Quanto sei bella 1 figliuola mia — le disse la
madre, in quella che contemplava le dolci fattezze di
lei, e faceva di tutto per distrarla.
— Ma dite, mamma, è proprio vero che io debbo
odiare D. Ottavio? che non fo vedrò piu mai? che
voi dovete respingerlo da casa nostra ? Oh ! zio crudele ! Ma, e non abbiamo noi casa propria ? Perchè
dobbiamo sempre'dipendere da zio! L’o'dii lui, io no!
io non posso odiare D. Ottavio ! Egli mi ha fatto sempre
del bene. È stato per me un maggior fratello.! Mi ha
educata, mi ha insegnato quasi tutto quello che so...
e poi... oh ! zio crudele ! Perchè bandirlo da casa nostra? Per delle stupide opinioni. Mamma!...
— Quietati, amor mio — disse la signora Maria —
non temere ! sarà cosa di pochi giorni ! lo vedrai !
zio si quieterà ! farà pace con D. Ottavio...
Ah! no! io conosco zio! Egli è fervido nell’odio,
come nell’amore. Egli odia D. Ottavio perchè è eretico. Ah ! l’eresia deve essere una gran bella cosa, se
di essa è innamorato D. Ottavio. Anch’io voglio es- i
sere eretica, anch’io sarò eretica. Ditelo a zio, Mamma, ì
ditelo a zio ! Preferisco essere eretica con D. Ottavio,
che ortodossa con lui. Quasi quasi odio lo zio-!...
— Zitta! che anche l’aria non ti senta! gridò in
tono e maniera brusca la signora Maria — tu non
devi odiare zio ! Oh ! Maria Santissima ! La mia Bice
che odia il cardinale ! No 1 no ! no ! Tu non sai quanto
devi a lui ! Gli devi tutto ! tutto I tutto !
La ragazza guardò la madre e cessò di botto <ÌS1
piangere. La signora Maria aveva subito una istantanea trasformazione. Essa, di solito così quieta, taciturna, fredda anzi e compassata, era rossa in viso,
agitata, col dolore scolpito in faccia e con un torrente
di parole in bocca.
— Che cosa è il cardinale per me ? — tornò a domandare con insistenza la Bice.
— È tutto ! tutto ! tutto ! Tu lo sai ; te l’ho detto
tante volte! Ohimè! Non mi far la bambina! Su via 1
Quietati ! non piangere ! Sei la mia Bice, diletta del
mio cuore, il mio sole, la mia vita!
E qui la signora Maria, abbandonandosi sul collo
della figlia, sfogò il suo ardente amore materno in uno
scroscio irresistibile di baci.
Era inutile dissimularlo. Bice Turini non aveva mai
amato lo zio, ed ora sentiva di detestarlo cordialmente.
Eppure, essa e la madre dovevano tutto al cardinale,
tutto, assolutamente tutto. Bice aveva perduto il genitore quando aveva poco più di due anni, e da quel momento lo zio era stato per lei p!ù che padre. L’aveva
tenuta, in un colla madre, in casa sua, l’aveva nutrita
nell’agiatezza, l’aveva fatta educare, l’aveva trattata,
non da nipote, ma da figlia. Perchè, dunque, l’antag[onismo psicologico che la divideva dallo zio ?
Le cagioni erano complesse, dipendendo in parte
dall’ambiente, in parte dalla ragione e in parte dal
cuore.
I cardinali della Chiesa romana, specie quelli residenti a Roma, sono spesso oggetto di satire licenziose,
di quadretti o pitture malignamente insinuanti, di ca
ricature oscene, e di romanzi a dirittura calunniosi.
Ma sono arti diaboliche di gente senza coscienza,
queste, non opera dì storici onesti e amici del vero.
Se al tempo di Pio IX, alcuni pochi membri del Sacro
Collegio, in fatto di costumi, fecero alquanto parlare
di sè, e forse uno o due anche al tempo di Leone, al
presente, di certo, non è più cosi. La vita dei cardinali attuali è, sotto questo rispetto, esemplarissima, e
se evvi qualche appunto a farsi, non è già che sia
troppo allegra, ma che scorra eccessivamente monotona e pedestre. Essi spendono il loro tempo fra lo
studio, la preghiera, l’assistere alle varie Congregazioni romane, in dare benedizioni nelle molte cappelle
di frati o religiose ; e unico loro spasso è una breve
passeggiata vespertina fuori di città, e, per alcuni, una
innocente partita alle carte in famiglia.
Quindi è anche, che i più di loro, o non tengono
donne in casa, ovvero se convivono con strette parenti, le obbligano a condur vita ritirata, quasi da
monache in famiglia.
Tale appunto era la vita della Bice in casa del cardinal Turini,. Essa era giovane, bella, forte, con un’onda
potente di sangue ricco e vigoroso che le scorreva nelle
vene. Amava l’aria, la luce, il moto, la danza, il teatro,
la conversazione, la folla. In quella vece, non si poteva muovere, non le era permesso di ridere liberamente, di cantare, di sollazzarsi onestamente, di godere la vita. Guai se faceva udire troppo forte il suo
riso argentino sotto gli oscuri soffitti del palazzo di
Via Giulia ! Guai se domandava timidamente allo zio
di andare, anche una sola volta, a un teatro pubblico ! Guai se invitava in casa delle amiche, i cui nomi
e volti non fossero già noti allo zio ! Guai se ardisse
• far da sola e non accompagnata pur venti passi per
le vie di Roma ! Essa era nipote di un cardinale. Non
solo bisognava evitare il male, ma anche l’apparenza
del male. Non poteva : non era lecito : non c’era il decoro... E le amiche l’invidiavano per esser dessa la nipote di un cardinale ! Com’erano sciocche quelle ragazze! Piuttosto nipote del Vecchio della montagna,
che non di un cardinale di Santa Romana Chiesa !
È vero: la mamma le ricordava sempre che, andando essa a marito, lo zio le avrebbe dato una buona
dote. Ma sposarsi con chi, se non trattava con altri
che con vecchi moccicosi, monsignori e preti in sottana ? Lo zio le metteva lo spegnitoio sulla età più
fiammante della sua vita!
Essa aveva una sola consolazione. Tre o quattro
volte per settimana, vedeva D. Ottavio e s’intratteneva a conversazione con esso lui. Ed ora lo zio le
portava via anche quel sollievo. E perchè mai ? Perchè
D. Ottavio era eretico. Oh ! maledetta eresia ! mille
volte maledetta eresia! — Ma no! Se D. Ottavio era
eretico, l’eresia era dunque una gran bella cosa ! Evviva ! evviva ! Mille volte evviva l’eresia !
La mente di Bice seguiva irresistibilmente le attrattive del cuore.
Il padre di D. Ottavio, già defunto da qualche tempo,
era un distante parente dei Turini, e quindi fra le
due famiglie correvano relazioni di stretta amicizia.
Di più, tanto gli unì che gli altri si recavano a villeggiare a Frascati, in due villette attigue, e durante
le lunghe vacanze estive, la persona che la Bice più
vedeva e colla quale s’intratteneva più famigliarmente
era il giovane Ottavio Sinibaldi. Questi, già vestito
da chierico, studiava pel sacerdozio in casa sua, fre
quentando però regolarmente l’Università Gregoriana
in Via del Seminario. Fra Ottavio e Bice vi erano tredici anni di differenza, e quindi, quando il primo era
un giovanotto tanto fatto, la seconda era ancora una
bimba di pochi anni. Ciò toglieva ogni pericolo e ogni
ragione di scandalo alla vita comune, al parlare frequente, ai passeggi solitari che la Bice faceva quasi
ogni giorno con Ottavio, il quale era per lei quasi
un maggior fratello.
Tuttavia, l’influsso morale di Ottavio sopra la ragazza, non fu perciò meno profondò, nè meno duraturo. Nei lunghi mesi estivi, Bice non imparò solamente i rudimenti del francese e dell’inglese, ed
un’altra folla di cose belle ed istruttive che cadevano
naturalmente dal tesoro intellettuale del giovane in
un terreno fecondo ; ma apprese da lui altresì la
scienza.della religione e lo spirito genuino del Vangelo.
Bambina ancora, fanciulla appena adolescente, giovane nella fioritura intensa della vita, bevette Bice
avidamente alla fonte novella che le spicciava da lato.
Era un’acqua deliziosa, fresca e cristallina, ch’ella
cercava indarno altrove. Nel convento dove veniva
educata, sentiva spesso le prediche di sacerdoti e religiosi; ma quelli la lasciavano fredda e alcuni fra
questi le erano oltremodo antipatici. Oggetto perpetuo
delle loro prediche erano dolciumi ascetici pei quali
ella non aveva gusto, ovvero teorie esagerate di mortificazione e di ubbidienza cieca, che non solo le parevano contrarle al buon senso e alla realtà della
vita, ma opposte eziandio a quanto leggeva nel Vangelo. La giovinetta teneva nota di tutto, e, quando
giungevano le vacanze estive, apriva il suo cuore a
Ottavio.
Questi era un uomo sano di corpo e di anima, e
però perfettamente equilibrato. Sapeva il vero e il
buono consistere nel giusto mezzo, e però odiava
l’esagerazione sotto tutte le forme e gli eccessivi di
I qualunque nome. Se altri avesse alzato un tempio al
senso comune, Ottavio avrebbe potuto esserne il Nume.
I Questo senso profondo della vita, questa chiara visione della realtà, questa freddezza dì- pensiero che
guarda in ogni cosa il prò e il contra, questo buon
senso, insomma, che armonizza nell’uomo l’intelletto
col senso, la fantasia col cuore, aveva Ottavio comunicato alla Bice, la quale perciò possedeva un equilibrio mentale, raro a trovarsi fra le persone del suo
sesso, e della sua età.
— È vero — gli domandò ffna volta — che il fine
unico e prossimo pel quale l’uomo è stato creato, è
di servire, amare e prestar culto a Dio ? Dopo le vacanze estive tornerò in convento, e là per cinque interi giorni npn sentirò parlar d’altro che di fine dell’uomo, di-morte, d’inferno, di purgatorio, di mortificazione, di ubbidienza. Già, le sono teorie che fanno
molto còmodo alle monache, perchè noi, quanto maggior paura abbiamo dell’inferno, tanto stiamo più
buone e quiete, e le religiose possono spassarsi a loro
bell’agio. Ma, sono cose che a me non vanno giù. Io procuro di esser buona perchè è mio dovere, perchè è
volontà di Dio, e per amore della mamma e di zio ;
e poi, anche, perchè, dalla mia vita attuale dipenderà quella avvenire : ma debbo confessare che certi
motivi coi quali ci spingono al bene, ripugnano al
mio senso intimo. Che ne dice lei? Prima di tutto,
siamo noi veramente creati solo a questo fine, di
amare, servire ed onorare Dio ? E se è così, come va
che tutti gli uomini non si fanno preti o frati e le
donne monache ?
Ottavio rise alla scappata della fanciulla.
— Mia cara — disse— il tuo buon senso t’illumina
a sufficienza. La teoria che mette il fine prossimo dell’uomo nell’onore, servizio e culto di Dio, non regge
alla critica della ragione e alla esperienza dei fatti.
La religione non è fine in sè, ma mezzo. È un impulso, una forza colla quale Iddio aiuta l’uomo ad osservare i precetti suoi e a conseguire la felicità eterna,
nella quale consiste certamente il nostro fine ultimo.
Noi siamo in questo mondo per vivere, crescere, sviluppare il nostro essere fisico e spirituale, moltiplicarci e godere anche una certa felicità. Questa non
è dottrina peregrina o eterodossa, ma dottrina della
Sacra Scrittura al capo primo della Genesi. E in ciò
l’uomo non differisce punto dagli animali edalle piante
che lo cÌFCpn^no.jSe ti domando quale sia il fine prossimo di queste belle viti che vediamo qui, mi risponderai che sono destinate da Dio a vivere, a frondeggiare, a fiorire e a maturare i loro grappoli color
d’oro. Il bel fogliame verde, il fiore profumato, gli
acini gonfi e ripieni di un dolce succo, ecco il fine
prossimo della vite. In queste cose consiste la sua felicità. A questo fine essa è- stata creata da Dio. Anche
noi siamo creati per la felicità. Vivere, crescere, sviluppare i nostri sensi, perfezionare la nostra intelligenza, amare ed essere amati, godere dei beni onesti
della vita, ecco il nostro fine prossimo, ecco la nostra
felicità! Ma a questa felicità, come la fede cristiana
insegna e Tesperienza quotidiana ci mostra, non si
arriva, se non osservando i precetti di Dio, amando
e servendo il Signore. Ecco dunque qual’è l’ufficio
della religione. Essa cl deve aiutare ad osservare i comandamenti di Dio, a con ciò arrivare alla felicità temporale prima, all’eterna poi. Gli è perciò che nel Vecchio Testamento si fa poca o ninna menzione della
vita futura, laddove i Profeti non si stancano mai di
raccomandare al popolo l’osservanza dei precetti di
Dio, come fonte di felicità temporale. Alcuni hanno
accusati gli antichi giudei di non credere alla immortalità dell’anima. Accusa più stolta non si poteva
fare! Credevano all’immortalità dell’anima, aspettavano la pace dello Sceol, ma sapevano che per arrivare ad essa, bastava osservare i precetti di Dio in
questa vita. Il Signore li avrebbe condotti alla felicità eterna per mezzo della felicità temporale! Se
l’uomo non conseguisce la felicità eterna, è tutta colpa
sua, perchè questa sta in mano di lui, e nessuno gliela
potrà torre giammai : se non gode, invece, della felicità temporale, può in parte dipendere da lui, in parte
anche dagli altri uomini, dalla società, o da speciale
permissione di Dio.
— Dunque, Dio vuole che l’uomo sia felice ! — sciamò
la Bice.
— Sì, Dio lo vuole : e ogni sua creatura ha diritto
alla felicità che le compete.
— Ma perchè, poi, così pochi uomini sono realmente
felici ?
— Bice! Bice! Che sai tu delle miserie del mondo?
— Nulla, grazie a Dio. Ma, ne ho letto sui poeti, e
sui grandi autori italiani e stranieri, lo sento sposso
lamentare dai predicatori dal pulpito, e dalle monache nei loro privati discorsi. A sentir loro, ninno è
felice quaggiù se non cinge il cordone di S. Francesco
o non imprigiona la gola dentro un soggolo monacale.
(U) {Continua).
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