1
Anno 121 - n. 45
22 novembre 1985
L. 500
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice.
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
SU UN EDiTORiALE DELLA RiViSTA « CiViLTA’ CATTOLiCA »
Monchito, ieri, Omayra, oggi,
r ui un bambino senza volto, perché la televisione, occhio freddo e impietoso che penetra quasi ovunque, non ha potuto scovarlo sotto le macerie di Città
del Messico (ci fu chi disse —
forse per una versione moderna
del « se non vedo non credo »?
- che quell’interminahile salvataggio fallito era stata tutta una
costruzione del mass media).
Lei una ragazzina dai corti capelli ricci, gli occhi spauriti, immersa lino al mento nella fanghiglia che nasconde una trappola
HicomprensibUe. Diversa la morsa che tremenda nella sua lentezza strappa la vita, ugruale il
senso di frustrante impotenza.
Monchito e Omayra sono una
personificazione delle due immani tragedie che hanno sconvolto il Messico e la Colombia.
Pur vedendo immagini ripetute
(o forse proprio per la ripetitività delle immagini) è così diffìcile avere una percezione concreta di queste tragedie. Come
si fa a immaginare una città di
20.000 persone che non esiste
più? Ma un caso concreto, un
bambino o una ragazzina con
nome e cognome, la cui vicenda
porta i segni deH’inesorahile, dà
una sensazione fìsica, qualitativa più che quantitativa, di una
tragedia lontana ma che non
può non essere sentita come vicina.
Monchito e Omayra possono
così diventare dei simboli. Un
simbolo non è una fredda astrazione. E’ una individualità concreta in cui vengono « gettate
insieme » infinite altre individualità inconoscibili; è una realtà definita attraverso cui diventa percepibile e ricevibile, su un
piano che va al di là della pura
razionalità, una realtà per noi
indefinita e altrimenti inaccessibile.
I mass media contribuiscono
in modo determinante a fornire
la materia prima per la formazione di questi simboli, ma non
hanno il potere di crearli. Un
simbolo non è effimero, mentre
i mass media sono l’organizzazione stessa deU’effimero, di ciò
che dura lo spazio di un giorno
o xH)€0 più. Siamo noi che possiamo creare, o meglio riconoscere, dei simboli nella misura in
cui siamo disposti a non arreiaderci alla legge del consumismo
(c’è anche un consumismo dei
sentimenti, un « usa e getta » delle emozioni), a non dimenticare, a scorgere appunto dietro al
nome di Monchito e al volto di
Omayra le migliaia di persone
anonime e sconosciute di cui
non si sa nulla o quasi (del Messico ormai si parla solo per confermare che il Mundial si terrà
regolarmente), profughi, senzatetto, feriti, malati, che in silenzio portano nel loro corpo quello stesso marchio dell’inesorabile.
Per che lare, nella nostra frustrante condizione di spettatori
impotenti? Almeno per dare, al
di là delle parole, un aiuto tangibile anche quando sulle pagine
dei giornali i miseri non fanno
più notizia.
Franco Giampiccoli
Infallibilità e infaiiibilismo
Non solo l’infallibilismo, il « culto della personalità » del papa al di là dei confini delimitati
dal Vaticano 1, bensì lo stesso dogma deirinfallibilità costituisce un ostacolo ecumenico
Le reazioni verificatesi all’editoriale dèlia « Civiltà Cattolica »
n. 3249 (2/11/1985) sul Ministero
del papa dopo i due concili vaticani, in genere non hanno colto la complessità del problema
ecclesiologico ed ecumenico inerente alla problematica.
Anzitutto è da notare che il
tema deireditoriale era il ministero del papa, e non la sola dnfallibilità, su cui si è centrata
l’attenzione di Quasi tutti i commentatori.
« La Civiltà Cattolica » (C.C.)
anzitutto vuol ridimensionare la
concezione post-tridentina della
chiesa come societas perfecta
inaequalis, la quale avrebbe salvaguardato l’intuizione, l’esperienza e l’autonomia del mistero
della chiesa ma avrebbe il suo
lato debole neH’essere «un’appendice della canonistica », con
la conseguente accentuazione dei
« poteri ecclesiastici » non armonizzati « con quell’attitudine interiore al servizio, che deve contraddistinguere coloro che nella
chiesa esercitano il ministero dell’autorità ».
L’ecclesiologia moderna invece,
« nel suo sforzo di riforma evangelica, ha approfondito... la concezione biblica dell’autorità e
l’insegnamento di Gesù... ». Tuttavia la C.C. non pone in discussione il fatto che la Lumen Gentium (n. 27) parli del ministero
dei vescovi come « autorità e» sacra potestà », mentre nel N. Testamento si parla di servizio, o
di diaconia.
A proposito del ministero del
papa, osserva ancora la C.C., il
Conc. Vat. II non solo ripropone
la dottrina del Conc. Vat. I sul
primato e Linfallibilità, ma « la
convalida, la conferma e, su qualche elemento, perfino la rafforza » (cfr. Lumen Gentium n. 18).
Tuttavia la C.C. ammette che
questa dottrina, quale fu approvata dal Conc. Vat. I, « reca le
tracce di una concezione dell’autorità che non si compone più
fluidamente con la maturità e il
livello culturale della Chiesa e
della società di oggi ». Per uscire
da questa difficoltà, la C.C. propone la distinzione dell’« oggetto
della fede dal suo involucro socio-teologico ».
L’involucro teologico proprio
del Concilio Vaticano I fu la
concezione del papa « come vertice strutturale... della chiesa-società visibile », mentre quello del
Conc. Vat. II è stato la concezione di « quell’altissimo ufficio co
L’inaugurazione del Concilio Vaticano 1. Illustrazione tratta da:
A.B Hasler, Come il papa divenne infallibile (Claudiana).
me segno e realtà di servizio autoritativo posto nel cuore della
chiesa - comunione ».
Le conseguenze dell’ecclesiologia del Vat. I, nota ancora la
C.C., furono, in senso positivo:
DAI CULTI DELL’ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE
Una sfida a comprendere
Sulla donna che incontra Gesù
in casa di Simone il fariseo (Luca 7: 36^50) la società aveva fatto la sua scelta. Si dice spesso
che la prostituzione è il mestiere più antico di questo mondo e,
fatalismo a parte, se questo è
vero, questa affermazione dice
tutto su « questo mondo », sulla
sua tendenza a usare, a rendere
degli esseri umani cose da possedere, magari a pagamento.
Questa donna era dunque stata
messa nel novero delle cose che
hanno un prezzo di mercato, e
come tutta la merce che si rispetta il consumo del suo corpo portava nel tempo ad una fatale svalutazione.
Per donne come lei le cose,
nella nostra società, non sono
molto diverse: con una differenza, però, che ora loro sono parte di un immenso ingranaggio
in cui tutto — non solo il corpo
— è visto e organizzato in funzione del consumo.
La società occidentale ha fatto la sua scelta, e per tutti il
nuovo potere ha deciso di portare al limite massimo la sua unica possibile sacralità: la sacralità del consumo come rito, e
naturalmente della merce comefeticcio.
Tutto deve funzionare a questo fine. Dalle piantagioni di
caffè a quelle dei papaveri per
la dro^a; dai cestini di paglia
intrecciata ai giocattoli made in
Hong Kong, tutto deve rispon
dere alla legge del consumo dei
più ricchi. Si produce perché
chi può consumi, e consumi
sempre di più.
In questo ingranaggio è inserito anche il grosso business della prostituzione. Mi riferisco ad
esempio al boom del turismo
erotico, lanciato con successo
da qualche anno in Thailandia e
nelle Filippine. Su riviste apposite puoi trovare annunci come
questi: « Hai qualche giorno tutto per te? Vola a Bangkok, avrai
esperienze da mille e una notte ».
Eccolo, il nuovo turismo. Non
basta al primo mondo consumare i prodotti che il terzo mondo produce, da un po’ di tempo
ha cominciato a consumare anche i loro corpi.
Certo, non è questo il mondo
da cui questa donna sconosciuta proveniva, ma su di lei il suo
mondo aveva fatto una scelta
analoga, usarla a pagamento per
il proprio piacere.
Ma nell’episodio che abbiamo
letto c’è qualcun altro che sceglie su di lei: è Simone il fariseo. Anche lui ha le idee ben
chiare, e a partire dalle sue convinzioni religiose e culturali non
può fare che l’unica scelta possibile: l’esclusione. Il mondo è
diviso fra sacro e profano; c’è
la purezza e la contaminazione,
Dio ha la sua sfera sacra all’interno della quale Egli può agire
e parlare.
Non ci può essere mescolanza
senza contaminazione. Per Simone non ci sono esitazioni: la definizione è netta e senza possibilità di appello: questa donna è
una peccatrice, e come tale pericolosa e contaminante. Era
perciò giusto che fosse rimasta
fuori dalla porta. Uno sguardo
alla chiesa, un confronto fra quel
mondo religioso e la nostra realtà di chiese è forse indispensabile, a questo punto. Su persone
senza nome come quella del nostro testo qual è la scelta che
facciamo noi, chiese di oggi? E’
la stessa che fa Simone il fariseo? La risposta forse è molto
più complessa e articolata di
quanto possa sembrare a prima
vista.
Esclusione? Risponderei con
un « ni ». Grazie a Dio presso un
numero sempre crescente di
chiese si fa strada l’idea che non
si può essere chiese di Cristo se
non si è attenti alle realtà di
emarginazione che la società
produce. Ci si è resi conto che
il potere sacrifica sull’altare dei
sacri ingranaggi dell’economia le
categorie più deboli di persone.
E in molti casi le chiese trovano
il coraggio della denuncia. Dopo
secoli di quasi generale complice silenzio, le chiese cominciano
a prendere posizione, a schierarsi a favore dei più deboli e
dei nteno ascoltati.
Anna Maffei
(continua a pag. 2)
l’aver fatto del papato « il punto
di riferimento degli episcopati e
dei fedeli », la « dinamicità autenticamente profetica » dei pontificati di questo secolo, e la loro
capacità « di opporsi a filosofìe e
a sistemi sociali intimamente avversi dell’autentico sviluppo dell’uomo ».
Le conseguenze negative, invece, intese come « prodotti ineliminabili » della centralizzazione
seguita al Conc. Vat. I, sono
state: il centralismo curiale, la
uniformità forzata, la « sicurezza mondana » della chiesa e la
perdita della franchezza profetica, l’attribuire al papa un’« aura
di trascendenza » che ha dato al
SUO magistero « un riverbero
quasi divino », dimenticando che
anche per la teologia cattolica il
ministero papale « delimita, ma
non crea la certezza della fede »
(cfr. A. Beni, La nostra chiesa,
Firenze 1982, p. 694).
Da qui la distinzione fra infallibilità e infallibilismo. La C.C.,
mentre ripropone la prima con
tutto il suo peso, denuncia il secondo come frutto di « mentalità massimalistica » e come «atteggiamento psico-sociologico »
che rappresenterebbe « un’escrescenza deirinfallibilità » ma sarebbe « tutt’altra cosa » da questa.
La distinzione fra infallibilità
e infallibilismo impone anche
una distinzione fra i « pronunciamenti dogmatici » e gli interventi papali « in campo non
dogmatico », compresi quelli fatti neH’ambito religioso, in cui
non sarebbe mustificata « una sovranità insindacabile » da parte
del papa.
Qualche osservazione
1) - L’inifallibilismo di cui la
C.C. ha fatto la critica, si riduce
in pratica all’atteggiamento soggettivo di chi attribuisce al papato qualità che oltrepassano il
suo ruolo reale. Ma non include
Cesare Milaneschi
(continua a pag. 2)
2
2 fede e cultura
22 novembre 1985
« L’IMMONDIZIA, LA CITTA’, LA MORTE » NON ANDRA’ IN SCENA
TARANTO
Censura per Fassbinder Osare la pace
Un movimento eterogeneo ne ha impedito la rappresentazione - Ma
non è con questi « divieti » di fatto che si combatte l’antisemitismo
Cosi, il dramma di Fassbinder « L'immondizia, la città, la
morte » non si rappresenterà.
Un eterogeneo fronte composto
dalle comunità ebraiche, dai
partiti tedeschi tradizionali (soci^democratici, liberali, democristiani) e dalle chiese evangelica e cattolica ha costretto Günther Ruhle, il povero sovrintendente del Teatro comunale di
Frankfurt a rinunciare all’impresa.
Diciamo subito che c’è p>oco
da esser contenti per come è finita questa storia, per almeno
due ordini di motivi.
Innanzitutto, perché non sappiamo se questo dramma sia o
no antisemita, e non lo sapremo almeno fino a quando qualcuno non riuscirà a rappresentarlo. (In Italia, fra l’altro, ne
sappiamo meno di tutti perché
non ne è stato nemmeno pubblicato il testo). Comunque, per
quel poco che se ne è potuto
apprendere dai ^ornali, esistono degli elementi p>er dubitare
che Fassbinder, scrivendo la
storia di questo « ricco ebreo »
speculatore edile, fosse stato
improvvisamente colto dal virus
dell’antisemitismo: in particolare il fatto che nel dramma gli
ebrei non siano rappresentati
soltanto nelle fattezze del protagonista negativo, ma anche in
quelle di un poveraccio, vittima
del primo. Un testo certamente
discutibile, quindi, e probabilmente mediocre; anche, però,
un testo dal quale già nel 1976
era stato tratto un film senza
che nessuno si scandalizzasse.
Ma, a ben vedere, non è nem
meno questo il punto. Ammettiamo per im momento che « La
immondizia, la città, la morte»
sia davvero una porcheria e contenga Tapologia di un sentimento stupido e malvagio come l’antisemitismo. Sarebbe per questo giusto vietarlo? E, ammettendo anche l’accettabilità della censura preventiva (quella
che di fatto è stata imposta a
Frankfurt), chi dovrebbe prendersi la responsabilità di stabilire ciò che i cittadini possono
vedere? Lo Stato (come nei regimi autoritari) o addirittura organismi impropri — la comunità ebraica, o chiunque altro —
che rispondono solo ai propri
aderenti?
Intendiam'oci, il discorso sarebbe diverso se si trattasse di
un partito o di un’altra associazione che teorizzi o pratichi
l’antisemitismo. Quest’ultimo sì
dovrebbe essere (è) vietato, per
le conseguenze nefaste che questo tipo di idee ha avuto e ha
sul piano |x>litioo. Un’opera di
cultura, invece, anche la più
odiosa e inaccettabile, è, ben più
che uno strumento per cambiare la società, lo specchio di
qualcosa che già c’è, nella società e nella mente dell’autore.
Nei suoi riguardi la discussione,
la polemica, quando ci vuole anche l’invettiva, valgono infinitamente più della censura. La quale ultima, perciò, non è solo lesiva del diritto di leggere, guardare, ascoltare, formarsi una
opinione indipendentemente da
imposizioni altrui, ma è anche
del tutto inutile.
E con ciò siamo arrivati al
Infallibilità
(segue da pag. 1)
affatto la critica di quelle dimensioni che non sono giustificate
nemmeno da parte della teologia
cattolica che però il papato stesso ha voluto che si diffondessero
fra i cattolici a suo riguardo.
Analogo discorso si potrebbe
fare per quei titoli attribuiti al
papa e giustificati dalla teologia
cattolica, ma che non hanno nessun fondamento biblico (e patristico): vicario di Cristo, Sommo
pontefice, ecc.
2) - Tuttavia la posizione della
C.C. è quella « più aperta » che si
può registrare, non solo a livello
ufficiale, ma anche a livello ufficioso qualificato in ambito cattolico. Questo significa che nel
dialogo ecumenico non si può
sperare su altre « concessioni »
da parte della S. Sede, oltre quelle indicate dalla C.C.
3) - A questo proposito si deve
ribadire che non è solo Vinfallihilismo, ma anche rinfallibilità
in se stessa a costituire una difficoltà nel cammino ecumenico.
Inoltre è da notare che l’infallibilità fu definita in un contesto
di reale infallibilismo, in cui si
attribuiva al papa una credibilità
(e gli si attribuisce tuttora) che
va ben oltre i limiti della definizione del Conc. Vat. I.
L’editoriale non risolve questo
problema, anzi, nemmeno lo affronta, perché mentre da una
parte distingue i « pronunciamenti dogmatici » del papa da
quelli che tali non sono, anche se
trattano materia religiosa, dall'altra ribadisce con la Lumen
Gentium (n. 25) ouel « religioso
ossequio della volontà e dell’intelligenza » che «si deve prestare
in modo particolare al magiste
Tultimo punto. Chi può seriamente pensare, proibendo Fassbinder, di infliggere una sconfitta a quella sottile vena di antisemitismo che purtroppo continua a serpeggiare per l’Europa? Al contrario, i pre^udizi e
le false rappresentazioni di chi
è antisemita o è predisposto a
diventarlo riceveranno da questo atto che, al di là delle intenzioni, ha un inequivocabile sapore autoritario, uno stimolo e
un rafforaaraento. In realtà, non
gli ebrei, la cui ipersensibilità
per certi argomenti è perfettamente comprensibile, ma il composito fronte che li ha spalleggiati nell’impedire la rappresentazione del dramma di Fassbinder — soprattutto in Germania,
ma forse anche qui da noi —
dimostra essenzialmente imbarazzo e senso di colpa per ciò
che avvenne in Europa — non
solo in Germania — quarant’anni fa. Anche questo è comprensibile, e sia l’uno che l’altro sentimento sono più che rispettabili. Ma non sempre i sentimenti rispettabili spingono ad azioni giuste.
Paolo Fiorio
Con una lettera inviata al Consiglio Comunale di Taranto e
sottoscritta da tutti i partecipanti alla Veglia di preghiera,
si è conclusa a Taranto la Settimana Ecumenica per la Pace
(16-24 ottobre) organizzata dal
S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche), dalla locale Chiesa
Valdese, dalla Caritas Diocesana, dalla F.U.C.I. e da Pax Christi. La lettera invita il Consiglio
Comunale ad intervenire nelle
sedi più opportune, affinché venga riesaminato il progetto che
prevede il trasferimento della
base della marina militare dal
Mar Piccolo al Mar Grande per
ima maggiore sicurezza del territorio. « ...Il mito della falsa sicurezza del territorio non fa certamente ben sperare che la pace sia un fine realmente perseguibile, perché ancora una volta
inserito in una strategia di intervento e di guerra ». In quanto poi allo sviluppo economico
della zona che deriverebbe dai
numerosissimi miliardi che sal'ebbero investiti per la realizzazione del progetto, i sottoscrittori della lettera sono convinti che non è questo lo sviluppai che la gente si aspetta,
perché non ci può essere sviluppo in opere di morte, ma
solo in quelle destinate ad assicurare la giustizia e la vita.
La settimana ecumenica per
ro autentico del Romano Pontefice, anche quando non parla ex
cathedra ».
4) - Il movimento vecchio cattolico, all’indomani della definizione deH’infallibilità, propose
un concilio universale di tutte le
chiese, nel quale il papato avrebbe dovuto essere sottoposto al
giudizio della coscienza dei credenti di tutto il mondo.
Quella voce non fu ascoltata,
come non venne accolto nemmeno l’invito a sottoporre il primato e l’infallibilità ad una revisione ecumenica, che nel 1979 fu rivolto a Giovanni Paolo II dallo
storico August B. Hasler e dal
teologo Georg Denzler.
Nel frattempo, nella Chiesa cattolica, sono proseguiti i procedimenti di emarginazione verso
teologi come Hans Kùng, Leonardo Boff e tutti coloro che, ad
esempio, hanno affermato apertamente di non poter accettare
gli insegnamenti pontifici dell’enciclica Humanae vi tue.
Negli ultimi anni, si è ripreso
a parlare di un concilio di tutte
le chiese cristiane. Ma in esso
con ogni probabilità non si avrà
nessuna disponibilità, da parte
cattolica, né a sottoporre all’esame delle altre chiese il dogma
dell’infallibilità, né a ristabilire
una piena comunione con coloro
che sono stali emarginati perché
sostenevano opinioni diverse da
quelle del papa o della Congregazione per la dottrina della Fede.
Il prossimo Sinodo dei vescovi, che si aprirà il 24 novembre,
e nel quale il problema ecumenico sarà certamente dibattuto, notrà dimostrare fino a che punto
previsioni pessimistiche come
queste sono fondate o meno.
Cesare Mìlaneschi
Una sfida
(segue da pag. 1)
Dichiarazioni ufficiali come
quelle in favore del popolo nicaraguense o dei neri del Sud Africa da parte di chiese e organismi ecclesiastici sono solo l'espressione pubblica di un processo di presa di coscienza che
ha coinvolto e continua a coinvolgere molta parte dell'universo cristiano.
Eppure, nonostante questo, ritengo che la donna senza nome
del nostro episodio biblico rischia ancora di rimanere fuori
dalla porta delle nostre chiese.
Perché? Forse per il solito scarto fra teoria e pratica. Ossia l'abisso fra le solenni dichiarazioni di principio e le ben modeste
realizzazioni pratiche, la differenza fra i bei sermoni terzomondisti (come questo) e uno
stile di vita conformista e integrato. Forse per questo, anche
per questo.
Ma non basta. Vi è infatti un
altro aspetto. Se è vero che i
cristiani hanno scoperto il loro
essere per gli altri, il loro vivere
per il servizio agli ultimi, questa attitudine si può trasformare facilmente in quello che Elisabeth Moltmann chiama il « patriarcato d'amore », ossia quella
mite dittatura d'amore che tende gradualmente a trasformare
l'altro nella propria immagine.
Servizio, premura, sacrifìcio per
gli altri possono diventare forme occulte di dominio, di deresponsabilizzazione dell'altro, di
mancanza di vero rapporto: in
■sintesi una nuova forma di reificazione. Oggetti di consumo
dunque per la società; oggetti
da escludere per la religione;
oggetti da servire forse per noi,
ma sempre inesorabilmente oggetti.
Da questo punto di vista Vagire di Gesù è illuminante. E' Evangelo, è sfida a capire, è annuncio per chi ha orecchie da
udire. La donna viene a lui, non
ha parole da offrire, non fa richieste, non conosce forse neanche le parole giuste che esprimano il fallimento, la miseria a
cui il mercato della sua vita l’ha
ridotta. Per questo parla con
l’unico linguaggio che ha impa
rato, il linguaggio del suo corpo,
il profumo, le lacrime, i baci, i
capelli. Il mistero della sua persona che nessuno aveva potuto
comprare è lì ai piedi di Gesù.
Anche Gesù non ha grandi discorsi da fare, non teorizza nuove sacralizzazioni, semplicemente
si lascia incontrare, accetta quel
linguaggio di donna, lo comprende. Nella profanità di quei gesti egli rende presente il Regno
di Dio. Poi si rivolge a Simone,
gli racconta una parabola, lo
esorta a capire. Questa sfida a
comprendere rimane aperta; potrà trasformarsi in giudizio o in
perdono per Simone il fariseo:
non lo sappiamo.
Una cosa è certa per questa
pagina dell’Evangelo. Non basta
dire che i cristiani esistono solo
« per gli altri », almeno fino a
quando non sapranno semplicemente e in primo luogo essere
« con gli altri ». Solo coloro che
si lasciano incontrare e accettano di dialogare nei termini dell’altro, che non riducono per
forza l’altro ai propri schemi, allora quando viene la necessità
sapranno nella giusta maniera
anche sacrificarsi per l’altro.
Il loro amore ha il suo limite
nell’autonomia dell’altro. Neppure Gesù, l'abbiamo visto, venne
per incatenare a sé degli esseri
umani con il suo ministero. « La
tua fede ti ha salvato, vattene in
pace », dice Gesù: la tua propria
fede.
Dio esiste « per noi » solo perché prima di tutto ha scelto di
essere con noi.
Finché una chiesa si considera
semplicemente chiesa serva, chiesa per il mondo, chiesa per gli
altri, riterrà sempre che la soggettività e la maturità di quelli
per i quali si preoccupa siano
una minaccia per sé. Solo quando questa chiesa che ::i preoccupa dall'alio diventerà una
comunità di persone oserà accettare, come a volte già accade,
la soggettività autonoma di persone e gruppi, donne, immigrati,
omosessuali, come veicoli dello
Spirito. Questa è la sfida che
parte da Gesù. Saremo capaci di
recepirla?
Anna Maffei
la pace, all’insegna del motto
« Qsare la pace », si è articolata
in tre momenti di incontro svoltisi in altrettante serate. La prima delle quali ha avuto luogo
nella Sala Paolo VI della Parrocchia di S. Antonio con una
chiara quanto precisa relazione
del past. Giuseppe La Torre sulla figura e il pensiero di Dietrich
Bonhoeffer; è subito seguita una
sostanziosa testimonianza del
prof. Tani Latmiral, compagno
di prigionia di Bonhoeffer, che
ha destato l’interesse dell’uditorio su una serie di episodi vissuti nel carcere di Berlino insieme col teologo protestante.
Alla riunione era presente l’Arcivescovo di Taranto G. Motolese, che si è congratulato coi due
relatori.
Il secondo incontro si è svol
to nella sala delle attività della
Chiesa Valdese all’insegna de
« Il Vangelo e la non violenza ».
Giovanni Tammaro della comunità dell’Arca ha illustrato i fini
che si propone tale comunità e
attraverso alcune testimonianze
concrete, l’impegno profuso per
la non violenza e per la pace. E’
seguita la proiezione di alcune
diapositive a cura di due soc.
di Amnesty International, che
hanno reso noti gli scopi dell’associazione e l’attività che svolge, invitando i presenti a diffonderli tra la gente.
E, infine, la Veglia di preghi-:
ra, svoltasi nel locale di cult- ;
della Chiesa Valdese di Tarante
e condotta dal past. La Torre
dalla prof. Luciana Mele, responsabile locale del SAE, che
ha visto avvicendarsi al micrc.
fono tanti giovani e meno gio
vani con letture di Salmi, di
brani del Vangelo (sermone sul
monte), dei discorsi di M. L.
King e di Gandhi, alternati a
preghiere e a canti di pace di
un ben affiatato gruppo di giovani cattolici accompagnati dalle chitarre.
Buona la partecipazione alle
riunioni, e soprattutto tante facce nuove.
Pasquale Consiglio
"Rapporti più
stretti coi
protestanti”
« Il messaggio dei Sud ai Nord
per un cammino di pace » è stato quest’anno il tema del convegno nazionale di Pax Christi,
svoltosi il 2-3 novembre a Brescia. L’incontro, che si è articolato in una tavola rotonda sul
tema generale e in quattro gruppi di lavoro su argomenti specifici, ha avute il suo momento più
interessante con la relazione di
don Luigi Lorenzetti, che ha introdotto il gruppo « Economia
ed etica ».
Lorenzetti, dopo avere esaminato i ritardi e gli errori della
chiesa cattolica nei riguardi dei
problemi sociali, ha rilevato come il Concilio Vaticano II abbia innescato un processo di « denormalizzazione dell’etica cattolica », individuando nella solidarietà il nuovo punto di riferimento etico dei cristiani.
Un membro di chiesa valdese,
presente a titolo personale, ha
invitato i convenuti a lanciare
Un appello affinché le chiese proclamino un anno sabbatico per
la remissione dei debiti del Terzo Mondo. L’assemblea ha accolto con favore questa proposta,
invitando fra l’altro il movimento
a più intensi rapporti ecumenici
con le chiese protestanti.
Al termine dei lavori, infine,
il convegno ha salutato affettuosamente il vescovo di Ivrea Bettazzi, che dopo diciassette anni
lascia la presidenza di Pax Christi.
3
I- Tir/
nr
22 novembre 1985
e cultura 3
DUE INTENSE GIORNATE D’INCONTRO A MILANO Un incontro storico
L’indomani mattina oltre tre
Comunione tra luterani é riformati
Tavola rotonda con Jùrg Kleemann e Paolo Ricca ■ Il rapporto fra immagini e parole: le differenze fra Lutero e Zwingli e quelle fra i protestanti europei e le chiese del Terzo Mondo
Sabato 9 e domenica 10 novembre il piccolo mondo del protestantesimo milanese ha vissuto
due momenti carichi di significato e di speranze, L’occasione è
stata fornita dalla «Concordia
di Leuenberg », il documento che
dodici anni or sono siglava una
ritrovata convergenza tra le chiese luterane e quelle riformate,
divise nel passato (anche se non
in Italia) da dispute e fratture
che impedivano una reciproca
conoscenza e unità di azione.
Lontano dall’idea di puntare a
una cerimonia puramente celebrativa, le giornate si sono articolate su una tavola rotonda, il
sabato pomeriggio presso il Centro Culturale Protestante di via
Francesco Sforza, e su un culto
in comune, la domenica mattina
nel tempio luterano di via Marco
de’ Marchi.
Oratori dell’incontro di via
Sforza, sul tema generale « La
comunione tra luterani e riformati in Italia: senso e portata
della Concordia di Leuenberg »,
il pastore Jtirg Kleemann, teologo e vicedecano della Chiesa
evangelica luterana in Italia, e il
professor Paolo Ricca, docente
alla Facoltà valdese di teologia.
Sacramenti
e immagini
L’esordio di Kleemann è valso a inquadrare la fragile esistenza delle comunità luterane
nel nostro paese: una presenza
di minoranza che deve mirare a
una sintesi di esigenze contrapposte (matrimoni misti, emigrazione, soggiorni limitati nel tempo, turisti) ma proprio per questo animata da un sincero desiderio di divenire una componente a pieno titolo del protestantesimo italiano, e non solo una
chiesa di frontiera, quasi una
« cappellania » per i cittadini tedeschi — e di altri paesi nordeuropei — stranieri in un paese
straniero.
Due sono i termini che suscitano reazioni negative nel confronto tra i luterani e i riformati
— sacramenti e immagini — alle radici dei quali si situano significati affettivi, opposte cariche emotive, nonché retaggi della storia. E questo avviene perché si privilegia un discorso di
tipo sintattico e semantico, invece di concentrarsi sulla dimensione pragmatica, che è poi il
vissuto quotidiano dei membri
delle chiese. Ne discende l’impraticabilità di ogni teoria che non
sia al servizio del dialogo e dell’uomo nel suo contesto odierno.
La forza dell’Evangelo è tale da
superare le difficoltà, ed è proprio questa comune comprensione della Parola ad agevolare le
reciproche comunicazioni.
Lutero e Zwingli erano entrambi sensibili alle questioni della
linguistica e della filologia, nella
tradizione agostiniana della ”semantikè dynamis”, cioè la superiorità dei segni verbali, i cui
significati assumono valore m^
diante il consenso degli utenti.
Più spirituale la posizione del
riformatore svizzero, esponente
del libero comune zurighese, fautore di un approccio alla fede
basato sulla comunicazione verbale più che sui gesti materiali,
mentre Lutero, suddito dei principi prussiani, viene ricordato
per messaggi concreti, le tesi affisse sul portale della chiesa, il
matrimonio con una suora, tanto
per citare solo alcuni degli episodi caratterizzanti la sua vicenda. Le differenze, dunque, possono trovare una spiegazione nel
contesto di una teoria linguistica. Un approccio nuovo, utile anche per capire lo scarto, nella
concezione della Cena del Signore, tra la consustanziazione luterana e la simbologia zwingliana.
Iddio si manifesta, per Lutero,
parlando attraverso il pane e il
vino, sensitivamente: le parole
non sono benaccette nella PrusSia monarchica, è il rito stesso
a doversi esprimere. Sono invece
propria le parole, sintomatiche
della coralità, a predominare nel
più democratico comune svizzero.
I moderni studi linguistici ci
aiutano a sviscerare ulteriormente la questione, imprimendole un carattere dinamico e
propulsivo. Ci troviamo di fronte a casi di comunicazione analogica, in cui il linguaggio verbale è
discreto: il messaggio porta con
sé ciò che esprime in relazioni di
strutture. Tutta la cultura del
nostro secolo, dalla psicanalisi
aH’etologia, è tributaria di tale
impostazione. Lutero già intuì
parzialmente il ruolo essenziale
delle relazioni, Zwingli ne concepì una interpretazione sul piano dei rapporti interpersonali. La
stessa ’’Concordia di Leuenberg”
fa riferimenti al linguaggio analogico: « nella Santa Cena Gesù
Cristo risorto, attraverso la parola della sua promessa, si dona
nel suo corpo e nel suo sangue
dati per tutti, con pane e vino ».
Ma, seppur scientificamente
ineccepibile, il linguaggio analogico è comprensibile solo da una
ristretta cerchia di addetti ai
lavori, e mal si adatta alle realtà che incontra la teologia pratica. C’è bisogno pure di avvicinare il modo di esprimersi della
gente comune. Ed è un interrogativo aperto alle facoltà di teologia e agli operatori di omiletica.
Unità dei protestanti
bili alla questione e come anche
nel movimento ecumenico i Riformati abbiano svolto un ruolo
più sistematico che costruttivo.
Tale atteggiamento trova una
sorta di giustificazione nella varietà dei carismi e nella convinzione che la diversità arricchisce
reciprocamente. Tanto che i rari
casi di « fusione » sono avvenuti sotto pressioni delTautorità
politica o tra comunità della
medesima famiglia confessionale. Lo strumento di lavoro più
valido è tuttora costituito dalle
Federazioni, i cui limiti sono però evidenti in quanto non federano tutti gli evangelici, né finalizzano ipotesi di unità.
La ’’Concordia di Leuenberg”
può costituire l’occasione per
un esame di coscienza sul modo
di concepire e vivere la prassi
ecclesiale. Occorre dimostrare
che i protestanti possono anche
lavorare insieme, perché la libertà e il pluralismo dei doni non
sono una licenza alla perpetua divisione, divisione che, scevra da
esigenze teologiche fondamentali, è un peccato.
Dimque una risposta affermativa alle esigenze di unità, nel rispetto della qualità di una scelta, L’unità si raggiunge sulla base della comune comprensione
dell’Evangelo e non con sistemi
dottrinali o accordi di vertici
confessionali; l’unità si consegue
affrontando con rigore i retaggi
del passato, senza giudizi viziosi
o pregiudizi insensati contro le
generazioni che ci hanno preceduto né minimizzazioni delle antiche conflittualità; l’unità sarà
più vicina se si creano organi
decisionali comuni che accelerino la maturazione della consapevolezza realmente vissuta.
Viviamo in anni gravidi di problemi (la fame, il pacifismo, l’apartheid, il femminismo, i migranti) certo non riducibili a
formule preconfezioniate, ma,
secondo Ricca, tre sono le sfide
che esigono urgente risposta. Anzitutto l’attuazione di strutture
capaci di rappresentare una controparte valida al monolitismo
del cattolicesimo romano: oggi
siamo pochi, ma ben divisi. In
secondo luogo, senza stimolare
bellicosità, essere portatori di
proposte e idee, fattori creativi
e non solo abili giocatori di rimessa: oggi bisogna puntare alla
convocazione di un sinodo evangelico europeo, come pietra miliare per il dialogo nell’Europa
divisa in due blocchi politicoeconomici. Infine, la riscoperta
della nostra fede, una fede non
integralista che ci renda credibili: oggi dobbiamo pensare alla
laicità di Dio per dialogare con
la laicità del mondo.
cento persone hanno affollato il
tempio luterano di via Marco
De’ Marchi per un culto in comune al quale hanno partecipato valdesi e rappresentanze delle chiese battiste e metodista.
La giornata resterà negli annali
per almeno un paio di ragioni:
gli unici precedenti risalivano a
oltre un secolo fa, nei primi anni dell’Unità d’Italia; la chiesa
valdese di via Francesco Sforza è
rimasta chiusa e sono state sospese tutte le attività comunitarie, onde dar modo a fratelli e
sorelle (nonché ai ragazzi e ai
catecumeni) di essere presenti
e dare così testimonianza di comunione e solidarietà verso la
costruzione di nuovi rapporti
non ridotti agli esistenti contatti
tra i pastori presenti in Milano,
ma realmente intensificati ed estesi a livello di membri e amici
delle due chiese.
Le predicazioni del pastore luterano, il decano Joacnim Mietz,
e del pastore valdese Guido Colucci hanno convenuto sull’importanza dell’evento e sulla necessità di una frequente e reciproca azione, finalizzata al comune servizio nella nostra città. Al termine del culto, la comunità luterana ha offerto un
simpatico rinfresco, che ha consentito uno scambio di idee e
ha permesso di stringere nuove conoscenze.
Tutti desideriamo con sincerità e disponibilità che queste
due intense giornate non rimangano un episodio isolato, ma siano il primo passo affinché il piccolo mondo del protestantesimo milanese risponda unito alla sua vocazione.
Marco Rossi
CONVEGNO A CATANZARO
200 anni di valdismo in Caiabria
Vediamo sotto i nostri occhi i
risultati: messaggi che non trasmettono nulla ai fratelli, chiese
caratterizzate da un clima di autoisolamento o di noia profonda.
Un senso di troppa serietà, quasi
di larvata tristezza, che annichilisce l’amore, la gioia e la libertà che dovrebbero essere le tre
caratteristiche di una comunità
di credenti. Gli anni Ottanta
sembrano tuttavia aprire nuove
prospettive: la rivoluzione del video, la diffusione dell’informatica spostano l’asse della riflessione dalla parola, sia essa orale
o stampata, all’immagine. E i
protestanti sono abbastanza
spiazzati, a causa della secolare
lotta contro Ticonolatria (adorazione di dipinti e sculture),
che rappresentò uno degli elementi sostanziali della Riforma.
Occorre però riprendere il discorso, avvalendosi delle esperienze liturgiche di altri contesti culturali (Terzo Mondo, minoranze etniche americane), rivisitando Tinfiuenza della formazione protestante su grandi
artisti (Rembrandt, Van Gogh,
Mondrian per ricordarne i principali), affrontando i temi fondamentali che scuotono l’uomo di
oggi (la pace, la fratellanza, la
fame, il futuro). E, soprattutto,
progettando con impegno e creatività una nuova dimensione
iconografica, anche se si avverte
un clima pesante al solo citare
questi problemi. Senza dimenticare quanto sarà sempre più necessario introdurre elementi di
linguistica e di approccio ai mass
media nella formazione del corpo pastorale del domani.
L’11-12 ottobre scorso si è tenuto, presso la Sala delle conferenze delTAmministrazione provinciale di Catanzaro, un convegno
sul tema «Valdismo e valdesi in Calabria». L’iniziativa, promossa
dal Centro Studi « Giuseppe Gangale », ha avuto una certa risonanza nelTambito regionale, anche per la partecipazione di amministratori pubblici e dell’arcivescovo di Catanzaro.
Ma il centro dell’interesse, naturalmente, è in realtà costituito
dalle relazioni che sono state presentate al convegno. Per primo ha
parlato il prof. Giovanni Gönnet, sul tema ; « Gli stanziamenti vaidesi in Italia meridionale: un fenomeno migratorio economico più
che religioso ». Dopo di lui sono intervenuti Arturo Genre (« La
parlata di Guardia Piemontese»), Enzo Stancati («Alcuni problemi storiografici intorno ai valdesi di Calabria »), Vito Barresi (« Culture della povertà ed eresie religiose tra storia sociale e narrazioni letterarie»). Per mancanza di spazio, siamo in grado di pubblicare una sintesi dei soli interventi di Gönnet e Stancati.
molare gli studiosi a scrivere finalmente la storia di tutta la
vicenda dei Calabro-valdesi, dall’insediamento alla strage, '"evitando così di continuare ad occuparsi solo della provenienza
dei coloni valdesi e della strage
del 1561. Potremmo in onesto
modo saperne assai di più. ad
esempio, sulle attività economiche dei Calabro-valdesi, sul loro modo di vivere la fede, la famiglia e il gruppo, sulle usanze,
i costumi e la mentalità, sul loro rapporto con la società circostante, etc.
Gönnet: emigrazione
per motivi economici
Mentre il Valdismo si è esteso
verso nord, fino in Polonia, come Movimento religioso, è venuto in Calabria e Puglia alla ricerca di terre da lavorare per un
certo numero di suoi seguaci che
soffrivano i fenomeni della sovrappopolazione e della disoccupazione.
I Valdesi delle Valli del Piemonte sarebbero arrivati verso
il 1370 secondo il Perrin o verso
il 1400 secondo Pietro Gilles.
Sarebbero venuti dall’alta Val
Chisone e dalla Val Pellice e si
sarebbero stabiliti in Calabria.
tizzavano, pagando le decime al
clero e lasciando celebrare al
curato locale i battesimi, i matrimoni e i funerali, e di notte
leggevano la Bibbia, pregavano
e ricevevano di nascosto i loro
« Barba » che passavano a visitarli.
Paolo Ricca ha impostato la
sua riflessione sulla tematica dell’unità dei protestanti di fronte alle sfide del nostro decennio,
rilevando come le nostre chiese
non siano particolarmente sensi
Resta da sapere come fu possibile per i Valdesi sopravvivere
in Calabria per oltre due secoli,
quando si sa che in questa regione l’Inquisizione era estremamente attiva. C’era però un certo pluralismo nella società calabrese, tanto che già prima dei
Valdesi erano arrivati dei Catari e degli Umiliati e soprattutto
il non conformismo di Gioacchino da Fiore e dei suoi seguaci.
Tuttavia ciò che permise ai
Valdesi di vivere in pace per
oltre due secoli fu il « nicodemismo ». I Valdesi vivevano una
doppia vita: di giorno si mime
Le esortazioni dei « Barba » e
persino quelle di Calvino andavano nel senso di stare nascosti,
per non esporsi inutilmente al
martirio. Ma fra i Valdesi di Calabria c’erano i « falchi » e le
« colombe ». E fu- soltanto col
prevalere dei primi che si giunse alla decisione di uscire allo
scoperto, mandando a chiedere
dei pastori a Ginevra e confessando pubblicamente la loro fede. L’eccidio del 1561 si spiegherebbe dunque con l’uscita in
pubblico della predicazione valdese.
Stancati: il contesto
medievale calabrese
Bisogna collocare la storia dei
Calabro-valdesi nel contesto della società medioevale calabrese,
paragonandola eon la storia di
altre minoranze etnico-religiose,
specialmente con quella degli
Albanesi e degli Ebrei. Questo
metodo di lavoro potrebbe sti
Altro problema è quello degli
insediamenti valdesi in Calabria.
Essi non sono, come si crede,
solo Quelli di Guardia Piemontese, San Sisto, Fuscaldo, Vaecarizzo. San Vincenzo, Argentina e Cattaneo. Seipione Lentolo
accenna ad un giovane di S. Agata, dove — dice lui — ci sono
molti fedeli e aecenna anche
ad un giovane di Dipignano. Se
poi si studia l’elenco degli Italiani che si rifugiarono a Ginevra nel XVI secolo ci si rende
conto che solo due terzi dei Calabresi provencono da Guardia
e San Sisto. Gli altri provensono da S. Agata — già menzionata dal Lentolo — e anche da
Reggio. Cosenza. Lamantea, Melito e San Lorenzo, cioè da altre
località del cosentino, del catanzarese e del reggino. Se a
queste località se ne aggiungono
altrp tre. ‘-“Ptnalate recentemente da un elottologo, nei cui dialetti si riscontrano particolarità
provenzali, allora ci si rende conto che la storia dei Caìabro-valdesi resta in gran parte da scrivere. Noi non sappiamo come e
quando questi insediamenti così lontani tra loro si realizzarono. Però è un fatto che ci furono famiglie isolate e gruppi di
famiglie valdesi in luoghi diversi da quelli che noi attualmente conosciamo.
P. F.
à.
4
4 vita delle chiese
22 novembre 1985
GIORNATA COMUNITARIA AD ANGROGNA
Un nuovo strumento
per la comunità
A 33 anni dalla sua costruzione
la Sala Unionista di Angrogna necessitava di un ampliamento. I
nuovi locali ed il restauro della
Sala sono stati ufficialmente
inaugurati domenica 17 novembre con un’agape organizzata
dall’Unione Femminile e che ha
visto 120 partecipanti. Rifatto
l’impianto (fi riscaldamento, quello elettrico, il palco, costruiti ex
novo un’ampia saletta, la cucina,
i servizi, la Sala è ora a cUsposizione della comunità come uno
strumento multiuso sicuro ed
affidabile per agapi e incontri
vari. Non è pcx50, in un tempo in
cui l’agibilità dei locali è raramente concessa. I lavori sono durati più di un anno, numerosi i
volontari che vi hanno preso
parte; il nuovo fabbricato (visibile nella foto) che si collega
armoniosamente con la Sala restaurata è stato realizzato dalla
Ditta Agli, su progetto dell’architetto De Bettini. Per quanto
piccola quest’opera di rinnovamento locale delle strutture si
inserisce nel più grande quadro
di rinnovamento di strutture che
la nostra chiesa, pagando di tasca propria, sta portando avanti,
in questi anni, con fatica e con
speranza.
Prima dell’inaugurazione della
Sala rinnovata, si è svolta nel
Tempio un’assemblea di chiesa,
singolarmente numerosa, che ha
SlfferpKkvnünj
Wilhelm BEATTIE
Les Vaudois ou les
vallées protestantes
du Piémont et du
Dauphiné
pp. 216 + 70 incisioni a piena
pagina. L. 100.000
□
Edmondo DE AMICIS
Aile porte d’Italia
pp. 419 con 172 illustrazioni.
L. 100.000
□
Luciano TAMBURINI
L’eco negata.
Torino controcanto
pp. 160. L. 20.000
(Pamphlet su una città
invisibile o invivibile?)
□
G.I.P.RjI.
Armes Nucléaires
et Droit International
pp. 189. L. 30.000
(Atti del Colloquio di Ginevra,
a cura dellTstituto
Internazionale di Ricerche
per la Pace)
Albert Meynier Editore
Corso Sommeiller, 21
10128 TORINO
ascoltato le motivazioni e la richiesta espressa dal past. Bellion — a nome della Tavola Valdese — di inviare per un anno
(1987/88) l’attuale pastore di
Angrogna, Platone, in missione
presso la chiesa valdese negli
Stati Uniti. Dopo un dibattito
Con vari interventi (presenti un
centinaio di persone) si è votato
un ordine del giorno in cui, contro « ogni egoismo ecclesiastico » si accetta la richiesta della
Tavola. L’assemblea ha chiesto
che durante l’assenza del pastore
(che inizierà tra un anno e mezzo circa) la ' Tavola provveda ad
una sostituzione pastorale e che
l’attuale pastore, al rientro dalla sua esperienza oltreoceano,
completi il suo servizio ad Angrogna.
Al termine di questo dibattito l’assemblea — che malgrado
Jl?"
A destra nella foto la nuova dépendance della Sala Unionista di Angrogna inaugurata domenica njll nel corso di una giornata comunitaria, preceduta dall’assemblea di chiesa.
tensioni ed emozioni ha espresso
unità e maturità teologica nel
fraterno e approfondito confronto con il rappresentante della Tavola — ha condiviso la pro
testa espressa dal Circuito Val
Pellice per la questione della
ferrovia che continua a preoccupare la gente della vallata.
G. P.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
La Bibbia in lingua corrente
SAN GERMANO — La serata
in cui il pastore Daniele Garrone ha presentato a San Germano
la nuova traduzione della Bibbia è stata molto interessante;
l’esposizione era molto chiara ed
esauriente; erano con noi anche
alcuni membri della comunità
cattolica. Peccato che i presenti, delTuna e deH’altra confessione, non fossero più numerosi.
• L’Unione Femminile ha ripreso le sue riunioni.
• Il Concistoro ha rivisto la
suddivisione quartierale per affidarne la cura anche ai membri
del Concistoro recentemente eletti.
• Le riunioni quartierali avranno luogo secondo il seguente
calendario: Garossini, martedì
19.11; Gianassoni, venerdì 29.11;
Chiabrandi, martedì 3.12; Baimas, mercoledì 4.12; Porte, sabato 7.12; Gondini, mercoledì
11.12; Villa, giovedì 12.12; Costabella, mercoledì 18.12.
• Sono stati battezzati in questo ultimo periodo Simone Lupino di Marco e Laura Bounous;
Daniele Meytre di Walter e di
Emilia Genre e Davide Jahier di
Remo e di Marisa Jahier.
• La nostra comunità ha dovuto ultimamente separarsi da
diversi fratelli. Alberto Bertalot era originario di Pramollo;
la sua tragica morte ha colpito
vivamente non solo i suoi cari,
ma noi tutti.
Anche Nicolò Ingianni e Susanna Long ved. Reynaud, sofferente da lungo tempo, non sono più fra noi. Il servizio funebre di Virginia Soulier ved. Rostan è stato presieduto dal past.
Bertolino; Ernestina Long ved.
Galliano è deceduta all’ospedale
di Pomaretto dopo un lunghissimo periodo di sofferenze.
Ai fratelli e alle sorelle colpiti
da questi lutti rinnoviamo l’espressione della nostra viva solidarietà cristiana.
50 anni
vissuti insieme
MASSEILLO — Due coppie
della nostra comunità hanno festeggiato quest’anno il cinquantesimo anniversario del loro matrimonio; i fratelli Enrico Breuza e AUna Tron, di Salza, nonché Edoardo Micol e Jenny
Pons, del Porince. La comunità
ha partecipato alla loro gioia
e alla loro riconoscenza nel culto del 1” settembre. Rinnoviamo
l’augurio fraterno ai coniugi
Breuza e Micol di continuare la
loro vita in comune ancora per
lunghi anni.
Studi biblici
e festa del raccolto
PRAROSTINO — Il 27 ottobre
si è celebrata la festa del raccolto con culto e Santa Cena al
mattino, esposizione e vendita
dei prodotti agricoli locali al
pomeriggio. Il bel tempo ha favorito questa iniziativa che ha
consentito di raccogliere una
buona somma, destinata alla ristrutturazione della ex scuola
Umberto I.
'• Durante lo stesso culto è
stato battezzato Fabrizio di Marisa e Enrico Pastre dì S. Bartolomeo; la comunità esprime la
sua gioia e prega il Signore di
accompagnare questa famiglia
con la sua grazia.
• Tutte le attività sono riprese regolarmente; al loro calendario si aggiunge la nuova serie
di studi biblici, sempre presso
alcune famiglie a turno.
Il primo è fissato per il 25 novembre, ore 20.30, a casa Gay
alle Mole.
• L’il novembre è deceduto
il fratello Ettore Godino; la comunità si è raccolta attorno alla
famiglia per testimoniare la sua
simpatia cristiana.
Al rientro
dalla Scozia
PRAMOLLO — La comunità
ringrazia vivamente i pastori Luciano Deodato, Paolo Marauda,
Paolo Ribet e l’anziano Guido
Peyronel che hanno presieduto
i culti domenicali del mese di
ottobre, sostituendo il pastore
Noffke impegnato in Scozia. I
loro messaggi, ricchi ed attuali,
ci hanno fatto riflettere, ci hanno posto dei problemi, ma proprio per questo sono stati particolarmente utili ed apprezzati.
Impegno contro
la lebbra
S. SECONDO — Durante il culto di domenica 27 ottobre i coniugi Ida e Guido Rivoira hanno ringraziato il Signore perché
li ha guidati durante 25 anni dì
matrimonio.
• Domenica 3 novembre è stata ricordata la Riforma. Al termine del culto il past. Bertolino ha annunciato la sua assenza per tre settimane. Visiterà
molti lebbrosari in India e Indonesia per conto della Missione
contro la lebbra.
• La sera nel tempio gremito
si è tenuto un concerto barocco
offertoci da due giovani esecutori: Stefania Bertolino e Renzo
Chialvo.
Venerdì 22 novembre
n COMMISSIONE LAVORO
I DISTRETTO
TORRE PELLICE — Alle ore 20.30
presso la Foresteria Valdese si riunisce
la sezione « iniziative emergenti » (lavoro autogestito) della commissione lavoro della CED del 1" Distretto.
- Sabato 23 novembre
□ COMMISSIONE
MUSICALE SSV
TORRE PELLICE — Alle ore 15 nei
locali della Società di Studi Valdesi
si riunisce la commissione musicale per
il lavoro di raccolta delle canzoni della
Val Pellice. Introduce il prof. Arturo
Genre.
□ CONCERTO
SAN GERMANO — Alle ore 20.30
presso il Tempio Valdese il coro Bric
Boucle tiene un concerto di canti di
montagna.
Il ricavato sarà devoluto a favore del
l'Asilo dei vecchi.
Sabato 23 novembre
Domenica 24 novembre
□ CORSO DI ANIMAZIONE
BIBLICA
TORRE PELLICE — Il corso di animazione biblica per le Unioni femmi
nili si tiene alla Foresteria Valdese
con inizio alle ore 14.30 di sabato 23 e
chiusura alle ore 18 di domenica.
« Scegli la vita! » è il tema delle due
giornate che vogliamo trascorrere insie
me, con il pastore Erika Tomassone
con lo scopo di avvicinarci a nuov:
metodi di lavoro biblico.
Si consiglia vivamente di partecipare
a tutto II corso.
Quota L. 15.000 (cena, pernottamen
to, colazione e pranzo).
Iscriversi entro giovedì 21 novembre presso Katharina Rostagno, Villar
Perosa (tei. 0121/51372).
Il corso è aperto a tutti.
Romanica 24 novembre
□ INCONTRO
MATRIMONI
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — Alle ore 15 presso la
Chiesa valdese si tiene il 1° incontro
tra coppie interconfessionali sul tema
« Il battesimo nella prassi e nella riflessione teologica delle chiese cattolica e valdese ».
Introducono don Gabriele Mercol e
il past. Bruno Bellion.
Venerdì 29 novembre
□ LA MANO E
IL RICORDO
PINEROLO — Alle ore 21 presso
l'Auditorium comunale di corso Piave,
Giuseppe Piatone, Jean Louis Sappé.
Raimondo Genre ed il fotografo Carlo
Scarrone presentano il volume ■< La
mano e il ricordo », edizione Claudiana,
interviene Enzo Giai direttore del museo etnografico di Pinerolo.
Sabato 30 novembre
□ REVOCA DELL’EDITTO
DI NANTES
PEROSA — Alle ore 20.30 nella Sala Lombardini Pier Carlo Pazè e Giorgio Tourn parleranno sul tema « La revoca dell'Editto di Nantes e la Val Chisone ».
MALANOT ' j j ^ In un mare di verde, in un^oasi di pace
Dott. Ferruccio Hôtel du Parc
PRATICHE RESTAURANT '
AUTOMOBILISTICHE Casa tranquilla aperta tutto l’anno
ASSICURAZIONI ■Sfi^jiÿFacilitazioni per lunghi periodi di permanenza \ 7^'*'%!*• Saloni per bemehetti nozze ^ ^ Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367 A j\ TORRE PELLICE
Corso Gramsci, 21 Tel. 0121/91410
10066 TORRE PELLICE
5
7m
22 novembre 1985
vita delle chiese 5
SETTE ANNI DELL’UNIONE PREDICATORI LOCALI
I laici che predicano
RICORDO DI TEOFILO SANTI
L’Unione dei predicatori locali
valdesi e metodisti inizia con la
« domenica del predicatore » il
suo settimo anno di vita. Erede
del «segretariato» metodista e di
una lunga attività di predicatori
valdesi riconosciuti dalle chiese
solo di fatto ma non organizzati in una struttura, l’UPL ha
mosso i suoi primi passi, nel
’79-80, con un censimento delle
.sue forze. Si trattava di compiere l’atto importante dell’inctusione in un elenco ufficiale
di coloro che ne avevano titolo,
il; quanto facenti parte della duplice eredità di cui sopra.
Ben presto ci si è accorti che
i risultati del censimento erano
t.utt’altro che soddisfacenti. L’ini-lusione di alcuni era stata poro meditata, i criteri a cui si
erano ispirate le chiese erano
:.tati estremamente diversificati,
elcuni fratelli e alcune sorelle
seriamente inipegnati nella predicazione erano stati addirittur£i dimenticati. In questo modo
i’UPL è nata come realtà molto disomogenea. Col senno di poi
è forse da riconoscere che questa disomogeneità ebbe qualche aspetto provvidenziale. Si voleva istituzionalizzare la realtà
della predicazione dei laici; invece questo non è possibile.
Nella chiesa si vive sempre liberi da qualsiasi censimento.
Ogni tanto è utile contarsi, ma
ci si deve ricordare che nel
momento stesso in cui ci si conta i numeri cambiano, a volte
in aumento, nei momenti di
espansione; altre volte in diminuzione, nei momenti di selezione. La crescita di una comunità di credenti come di
qualsiasi gruppo umano, non
può fare a meno di questi due
momenti. Poi c’è la diminuzione dolorosa della morte, che ha
colpito duramente anche le file
dell’UPL.
Nel suo settimo anno di vita
l’Unione ha dunque bisogno
di un rilancio. Questo può avvenire mediante una qualificazione dei predicatori, che non
coincida con una selezione e
quindi con una diminuzione.
L’UPL è stata anche un piccolo
vivaio da cui la chiesa ha attinto alcuni pastori in servizio
straordinario. Se vogliamo che
questa funzione preziosa continui, è necessario dare energie
e mezzi soprattutto per la preparazione e l’aggiornamento dei
predicatori giovani. E’ bene che
la chiesa sappia valorizzare le
vocazioni tardive e quelle che
solo tardivamente si esprimono
come un impegno di tipo pastorale. Ma sarebbe disastroso se
il pastorato, anche solo quello
straordinario di quelli che non
hanno frequentato regolarmente gli studi teologici, dovesse
diventare appannaggio di pensionati volenterosi. Per essere
incisiva la predicazione ha bisogno del linguaggio dei giovani.
Se è portatrice del messaggio di
Colui che fa « ringiovanire cdme l’aquila » (Salmo 103: 5),
cioè di Colui che rinnova e trasforma la vita umana, non può
essere espressa solo attraverso
il filtro della prudenza dell’età
matura, ma deve vibrare deH’ingenuità, a volte magari anche
velleitaria, dei giovani. Se l’anno
primo dell’UPL non è riuscito
a fame un’istituzione, è da sperare che l’anno settimo riesca
a consolidare quel poco di valido che c’è stato, a istituzionalizzarlo, se vogliamo, ma soprattutto che riesca a rinvigorire
quegli aspetti di « stanca » che
anche dopo soli sette anni cominciano pure a farsi sentire.
Claudio Tron
CORRISPONDENZE
L’ambasciatore risponde
VINTEBBIO (VC) — L’ambasciatore in Italia del Sud Africa,
al quale la chiesa metodista si
era rivolta chiedendo la non esecuzione della condanna a morte
emessa (e attuata) contro il poeta nero Moloise, ha risposto. Si
tratta di una comunicazione di
tono burocratico, nella quale vengono ripresi alcuni aspetti giuridici della vicenda, e che naturalmente non sfiora neanche il
problema dell'apartheid. Dell’apartheid non voleva parlare
neanche il signor Van Wyk, console del Sud Africa a Milano, intervenuto il 30 ottobre a Serravalle Sesia a un dibattito promosso, insieme con altri organismi, dalla chiesa metodista di
Vintebbio.
« Provocato » da numerosi interventi, il rappresentante del
governo razzista di Pretoria è alla fine divenuto meno generico,
e se l’è presa con « gli anarchici,
i negri e la Russia » che congiurerebbero contro la politica di « riforme » del presidente Botha. Ma
proprio questo atteggiamento di
ottusità e di insensibilità — è stato fatto notare — è quello che
oltre vent’anni fa fece dire al nero sudafricano e premio Nobel
Albert Luthuli: « Temo fortemente che quando finalmente i bianchi avranno imparato ad amarci,
noi neri avremo imparato a odiare ».
Borgio Verezzi
TORINO — Aprirà molto presto la Casa valdese di Borgio
Verezzi. Lo ha deciso la Commissione per l’Opera balneare di
Borgio da cui la Casa dipende
in due recenti riunioni in cui
sono stati fissati il calendario e
le quote relative alle varie fasce
stagionali. Dopo la pausa invernale, dedicata in gran parte alla
manutenzione, la prima fascia
stagionale sarà collocata nel periodo 1” febbraio-20 aprile ( quote
di pensione L. 25.000 febbraiomarzo, 28.500 aprile). La casa
sarà aperta sia per soggiorni individuali che di gruppi. Il prezzo contenuto per questo periodo
dovrebbe permettere il soggiorno
di gruppi di pensionati provenienti da chiese evangeliche.
Settimana
per la pace
FOGGIA — Dal 16 al 22 ottobre
si è svolta a Foggia la Settimana
Ecumenica per la Pace. Grazie al
coordinamento del SAE, quasi
tutte le denominazioni evangeliche e quella cattolica hanno sviluppato xma serie di incontri,
conferenze, riunioni di preghiera
e riflessione in diversi luoghi della città. La comunità valdese ha
valutato positivamente questa esperienza per l’apertura al problema e la disponibilità al dialogo mostrata da tutti, anche dall’arcivescovo, intervenuto nella
serata di apertura.
100 anni
a Piacenza
PIACENZA — Il 22 novembre
1885 veniva inaugurato il primo
locale di culto della Chiesa metodista wesleyana di Piacenza. Da
una annotazione sul frontespizio
di Un vecchio registro, sappiamo
che il primo culto con S. Cena
era stato celebrato il 12 luglio
del 1885.
Sono trascorsi 100 anni, e la
nostra Chiesa desidera celebrare
con gioia, sobrietà e riconoscenza
al Signore quegli eventi.
Domenica 24 novembre, alle ore 15, avrà luogo una conferenza
sul Metodismo dei pastori Sergio
Carile e Sergio Aquilante. La manifestazione si terrà nella sala
comunale di via Scalabrini.
Il culto di domenica 24 novembre, con la predicazione del pastore Sergio Aquilante, nella nostra chiesa in via S. Giuliano 7,
inizierà alle 10.30. Dopo il culto
avrà luogo un’agape in una trattoria cittadina.
Evangelici alla radio
MILANO — La rete 2 della radio sta programmando ogni lunedì e martedì alle 14.50 (trasmissioni regionali) una serie di interviste sulla storia e l’attività delle
chiese evangeliche di Milano. Il
programma, iniziato TU novem
Il mio incontro con
un uomo di fede
bre, proseguirà fino al 6 gennaio
1986.
Assemblea
di circuito
PACHINO — Una cinquantina
di persone hanno dato vita, nei
giorni 12 e 13 ottobre, all’assemblea del XVI circuito nei confortevoli locali della chiesa valdese
dì Pachino.
Con uno stimolante questionario, distribuito nel corso dell’assemblea a tutti i convenuti,
e una relazione basata sul sesto
capitolo del libro di V. Subilia
« Solus Christus » e sul mai troppo letto «Etica» di D. Bonhoeffer, il pastore Berutti ha tracciato le linee per un approfondimento della questione etica nelle nostre chiese.
Un’agape fraterna con la comunità di Pachino che, per l’occasione inaugurava il nuovo salone della « Scuola per l’infanzia Il Redentore », ha chiuso la
serata.
Il dì seguente l’assemblea ha
esaminato vari odg sinodali.
Evangelizzazione, finanze, diaconia e istruzione religiosa a scuola hanno suscitato un immediato dibattito.
L’assemblea ha incaricato il
consiglio di promuovere un convegno per operatori scolastici
evangelici sul problema della
religione a scuola.
L’assemblea ha infine affrontato la programmazione delle attività. Metodi e contenuti — è
stato osservato — risultano ancora troppo diversificati tra le
varie chiese per cui si va da una
« costruzione » tutta interna ad
ima « proiezione » tutta esterna.
Dopo un’ampia discussione l’assemblea ha incaricato il consiglio dì promuovere due incontri
per ogni zona in cui è stato diviso il circuito; il primo per affrontare un tema sinodale, il secondo, comune a tutte le zone,
su « La testimonianza nel quadro
della situazione meridionale e
nel contesto della militarizzazione del Mediterraneo ».
La morte di Teofllo Santi ha
prodotto un grande vuoto nella
famiglia metodista (italiana ed
internazionale), in tutta la comunità dei credenti. Noi ricordiamo, accanto al suo ministero nella direzione di Casa Materna, al suo incarico dì responsabilità nella Conferenza delle
Chiese Europee, e alle tante iniziative da lui assunte nell’area
napoletana, la sua efficace vicepresidenza della Conferenza Metodista d’Italia, la sua lunga presenza attiva nel Comitato Permanente della Chiesa Metodista d’Italia, il suo forte rapporto con il Centro Ecumene.
Circa venti anni fa, il Consiglio
della Gioventù organizzò un
Campo Studi in Campania, con
residenza a Casa Materna. Teofllo fece tante cose per noi. Ci
portò anche a Ponticelli, per
una visita al costruendo Ospedale Evangelico. C’erano soltanto i muri esterni e qualche
struttura interna. E tuttavia
Teofilo aveva già ritagliato uno
spazio per il raccoglimento, la
meditazione della Parola di Dio,
la preghiera.
In quello spazio, rustico, appena abbozzato, egli ci parlò, con
il suo entusiasmo che trascinava, della diaconia nella zona di
Napoli, con particolare riferimento al Centro Casa Mia, dei
contenuti e degli obiettivi dii
quelTospedale, che egli aveva
voluto con tanta forza, e per la
realizzazione del quale aveva
speso tante e tante energie della
mente e del cuore. Questo episodio è ancora vivo in me: in
quell’occasione mi fu dato di
avere un contatto con l’uomo
di fede, di una fede viva.
Noi sappiamo che la fede è
anche conoscenza delle grandi
opere di Dio e partecipazione
ad esse: il credente sa che Dio,
nella risurrezione di Gesù crocifisso, fa ogni cosa nuova, e
partecipa a questo atto creativo, a questa creazione di « novità », diventando questo il punto dì partenza di ogni sua azione. Teofilo Santi, per la sua fede, cosi viva, gioiosa, vera, ha
partecipato all’atto di Dio, creativo di cose nuove; ha pregustato la risurrezione nel suo risorgere alla libertà che Dio dona;
ha sperimentato la vita eterna.
quella vita cui, per l’intervento di Dio, è restituito un futuro; è quindi entrato nella dimensione della speranza: giustificato per la grazia di Dio (nel quadro dell’insegnamento della lettera a Tito) egli è stato fatto
erede secondo la speranza della
vita eterna.
E la speranza è certamente
dove c’è l’amore! L’amore del
credente avviene dentro l’amore
di Dio, è partecipazione all’amore di Dio, e perciò il credente
può dire, in ogni circostanza,
che né morte, né vita, né alcuna
altra creatura, possono separarlo dall’amore di Dio, che è in
Cristo Gesù (Rom. 8).
Sono convinto che resistenza
di Teofllo Santi, pur nei limiti
della nostra umanità (il cui
spessore non vogliamo né dimenticare, né sottovalutare) è
stata, nel lavoro professionale,
nell’impegno e nella consacrazione diaconale, nella stessa
predicazione e in tutta la testimonianza cristiana, una ricerca
giornaliera dell’amore, una quotidiana tensione verso l’amore
per Dio e per i più piccoli dei
fratelli, « i minimi », gli ammalati, i sofferenti, gli indifesi, gli
abbandonati; ricerca e tensione
-vissute fino in fondo, fino all’ultimo istante della sua vita. E’
una chiara partecipazione a
quell’amore di Dio che dura, e
che neppure la morte può togliere. Teofllo Santi può anche
lui credere, come Paolo, di restare unito, nonostante la morte, al Cristo per il quale egli,
nelle vicende della storia sua e
degli altri, ha fatto la meravigliosa esperienza dell’amore.
Paolo conclude il suo discorso sulla sconfitta della morte
e sul dono della vittoria (I Cor.
15) esortando a stare « saldi, incrollabili, abbondanti sempre
nell’opera del Signore, sapendo
che la (propria) fatica non è vana nel Signore ».
Questo messaggio, che Teofilo ha sottolineato con la sua
vita, egli lo lascia ora ai suoi collaboratori, ai suoi stessi familiari, a tutti quelli che, in qualche modo, hanno avuto il privilegio di lavorare con lui.
Sergio Aquilante
Perché non sia dimenticata l’opera del dott. Teofllo Santi,
di suo fratello Emanuele e di tutta l’équipe di « Casa Materna », è disponibile un bel libro da far conoscere e da regalare :
CYRIL DAVEY
"Aggiungi
due posti a tavola!”
Un’avventura sociale e di fede tra i bambini di Napoli
pp. 256, L. 6.900, Ul.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 Torino
c.c.p. 20780102
Comunicato
La Claudiana Editrice ha stampato un foglio di « errata
corrige » per due volumi di recente pubblicazione :
J.-P. VIALLET, La Chiesa Valdese di fronte allo Stato fascista.
la Parola scatenata - Vita e pen
J. ATKINSON, Lutero
siero.
Chi, avendo acquistato i volumi, o uno di essi, desiderasse riceverlo, può richiederlo alla sede delTEditrice - Via
Pr. Tommaso 1 - 10125 Torino, allegando un francobollo da
L. 350 per il rimborso spese.
6
6 prospettive bibliche
22 novembre 1985
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
L'amore
che si prende al laccio
Una volta ancora siamo costretti a dei preliminari, superflui, ma non sempre. Ad esempio mi stupisce molto il posto considerevole che questo capitolo occupa nella teologia cristiana,
e indirettamente nella predicazione
cristiana. Genesi 3 (o la « Caduta »,
come diciamo di solito, mentre si
tratta di un « Esilio » ’ o di una
« messa alla porta »). Per certi predicatori, per certi teologi Genesi 3
pare essere il capitolo fondamentale, causa della storia umana, causa
della venuta di Cristo, causa di tutto, insomma, o quasi. E si capisce
che Agostino, ad esempio, il quale
dava ampio spazio a Gen. 3, abbia
esclamato con logica perfetta: « Felix culpa! » (felice colpa, colpa beata).
Colpa felice...
una ’’bella” caduta
Ora:
1) Gen. 3 ha come conseguenza essenziale di metterci alla porta dell’Eden; non siamo più a casa nostra.
Certo, vi sono altre conseguenze, ma
assai secondarie rispetto a questo
esilio, che farà di noi dei pellegrini
in viaggio sulla terra.
2) a) Gen. 3 non occupa praticamente alcun posto nel resto deH’Antico Testamento. Non se ne parla
proprio più (salvo minime allusioni
in alcuni testi della Sapienza: il Siracide o la Sapienza di Salomone
b) inoltre Gen. 3 non ha alcun
posto di rilievo nel Nuovo Testamento. Certo, c’è Romani 5. Ma che
cosa ci dice Rom. 5: 12 ss.? Che
Adamo (il sig. Adamo, o la coppia a
immagine di Dio) ha peccato ed è
morto, sì da diventare il 'tipo’, l’immagine in formato ridotto di colui
che doveva venire a portare, a maggior ragione, la grazia e la vita. La
tappa (!) intermedia, la venuta di
Cristo, non ne ha risentito minimamente. Adamo è riuscito soltanto a
renderla ancor più efficace. Neppure la fine, la salvezza degli uomini,
ne ha risentito minimamente: perché per amore di Cristo tutti riceveranno la giustificazione che dà la
vita. Gen. 3, e ciò che segue, ha reso
indubbiamente più difficile la storia
della salvezza, ma la « caduta » non
ha attentato né alla venuta di Cristo fra noi né alla realtà del Regno
che viene.
Perciò nel Nuovo Testamento non
si parla gran che di Èva e di Adamo
(salvo in 1 Tim. 2: 13-15 o in 1 Cor.
15; cfr. anche 2 Cor. 11:3 dove la
nuova Èva è... la famosa chiesa di
Corinto sedotta da nuovi serpenti,
che sembrano essere i discepoli di
Giacomo, o comunque dei predicatori legalisti... La legge, questo serpente che fischia sulle nostre teste
e... nei nostri cuori).
E’ chiaro, quindi: Gen. 3 non sta
h per dirci: « Ormai Gen. 1 e 2 sono
falsi, sunerati, è un ideale ormai
inaccessibile... Adamo è diventato
malvagio, Èva, peggio ancora, il matrimonio è una frana, la sovranità
umana è una servitù... Tutto è rovinato, perduto! (Tout est fichu!) ».
Questo sarebbe non soltanto un
A. Maillot, continuando la serie di articoli che riprendiamo da « Le
Christianisme au XX siècle », passa ad affrontare la « caduta », Genesi 3, anzi — precisa — P« esilio », la « messa alla porta ». L’esegeta
colpisce una volta di più per l’originalità, non forzata e a tutti i costi,
delle sue interpretazioni e soprattutto delle sue notazioni su certi lati di
un testo arcinoto, che s’illumina di aspetti inediti.
a cura di GINO CONTE
romanzaccio d'appendice, il catechismo del cattivo predicatore, ma
una teologia detestabile.
Cambia non la natura,
ma la condizione
Di fatto le verità, i messaggi di
Gen. 1 e 2 restano, non dirò intatti,
e soprattutto non altrettanto facili:
ma nulla d'essenziale è stato colpito. La natura (termine discutibile...)
di Adamo, quella della sua sposa
(che, ricordiamolo, non si chiama
ancora Èva) non sono colpite, la loro sovranità non è messa in discussione. Certo, d'ora in poi sono mortali e dovranno tornare alla polvere
d'origine, ma per non morire avrebbero dovuto vivere continuamente
alVombra di Dio (cfr. « a immagine
di Dio » di Gen. 1); e poi una o due
allusioni ci hanno mostrato che su
questa Creazione di Dio e sulla coppia pesano minacce potenziali... Per
cui, un po’ prima o un po’ dopo, non
credo che l’esilio avrebbe potuto essere evitato.
Sicché, ricordiamoci che Gen. 3
non sembra affatto indicare che si
siano verificati cambiamenti radicali nella natura dell’uomo e della
donna, vediamo ora quali cambiamenti di condizioni e di comportamenti — questi, sì, ben reali — si
verificheranno e ne deriveranno.
Ingannati
Per cominciare, si noti che l’abile
e ingegnoso (non « astuto »; nel testo c'è un gioco di parole con « nudo ») serpente li ingannerà con la
parola, proponendo loro a bruciapelo di arrivare subito là dove Dio pensava di arrivare alla fine di una lunga
storia: non essere più a immagine
di Dio, ma come lui, e alla fin fine
prendere il suo posto per decidere
da sé del Bene e del Male, o, più probabilmente, di ciò che fa la felicità
o la sventura degli uomini.
Non insistiamo su questo fatto:
gli uomini saranno d'ora in poi molto sensibili alle parole abili, o incantatrici, e più ancora alle parole che,
a prezzo di qualche sventura (cfr. i
discorsi truccati della politica, della
relidone), propongono loro di fare
la felicità degli uomini; e infine a
quelle che promettono loro la vita
eterna.
Sedotta
Accontentiamoci di osservare che
questa brava e futura Èva. bersaglio preferito dei Padri della Chiesa, aveva dunque aH’interno della
coppia un suo po.sto « personale »,
« individualizzato »; è se stessa. Adamo non la dominava (« patemait »),
né del resto ne era dominato (« materné »), non c’era patriarcato né
matriarcato. L’unità data (Gen. 1) e
Tunità da fare (Gen. 2) non impediscono né all’uno né all’altra di avere la propria personalità. Certo, sono i suoi occhi che han potuto far
« cadere » definitivamente Èva, « il
frutto è seducente da guardare ». Si
sa quale successo avrà questa nozione di Èva sedotta. Eppure è evidente che fin dalla sua prima risposta, essa è « adescata »; lo scatto
l’ha dato la parola del serpente. Non
ci vedo però nulla di specificamente femminile. Ed eviterò di evocare
il senso artistico più sviluppato nella donna...
C’è però un particolare che mi
colpisce: l’unità di azione di Èva e
di Adamo. Adamo va dietro... non
perché è uno stupido, ma perché ha
promesso di rompere con tutto, con
i suoi stessi genitori... e suo Padre
è Dio stesso, per seguire colei che
Dio ha fatto con le sue ossa e con
la sua carne, colei che Dio stesso gli
ha data. L’unità non è dunque ancora rovinata, a questo punto.
Perizoma
Indubbiamente, c'è il seguito: i
vestiti che essi si cuciono appena si
vedono nudi e ciascuno vede che
l'altro è nudo. Gesto complesso, e
quanto primitivo. Il sesso ritrova il
suo senso etimologicamente possibile, in francese [e in italiano]: ciò
che separa; quindi ciò che allontana l'uno dall’altro, ciò che nasconde l’uno all’altro. Ormai in ogni cop
Donne nella Bibbia - 5
pia ci sarà una parte d’ombra inaccessibile all’altro. Ormai 1-fl non
farà mai più 1, anche nella più grande felicità d’amore. 1,5 forse, 1,4...
etc., ma mai più Uno. Ciascuno avrà
sempre una zona di mistero, di incomunicabilità, che Dio convalida
facendo dei perizoma più solidi con
pelli d’animali (che saranno dunque
uccisi). Si tenderà ad essere uno. Si
diventerà sempre meno 2 (con qualche sinusoide). Ma l’unità che in
qualche modo resta data (è il senso
della cerimonia del matrimonio) nella sovranità e nel persistere della
Creazione, non è più che un fine:
vero, ma altrettanto inaccessibile
nella sua pienezza quanto reale nelle relazioni della coppia.
A questo proposito il nudismo o
il naturismo integrale mi sembrano
un po’ ridicoli: ricordo dell’Eden,
nostalgia dell’Eden, ma non ci riportano affatto nell'Eden. I Cherubini (3: 24) vegliano. E solo dei sempliciotti potrebbero illudersi di eluderne la vigilanza. Del resto i nostri
nipotini, che sono tutt’altro che can
didi e semplici, tanto sono sommer
si da nudità straniere ma non strane, cominciano a capire che l’Edei!
non è li. Sono schiacciati da questo
mistero talmente svelato che finiranno per esserne nauseati (proprio
come i nostri nonni).
Alphonse Maillot
(continua)
^ Non è per una reminiscenza, non puramente formale, che Albert Camu<= ha
intitolato uno dei suoi romanzi L’Exil et
le Foyaume, L’Esilio e il Regno?
Sono due libri sapienziali che fanno
parte dei Libri deuterocanonici dell’Antico Testamento ; scritti in greco, e non
entrati nel canone ebraico, fin dalla Vulgata di Girolamo sono stati inseriti nel
canone della Bibbia cristiana, ma rifiutati dai Riformatori (anche se Lutero li
riportava, nella sua Bibbia, in appendice all’A. T.); essi si trovano inseriti, dopo l’A.T., nell’edizione principale della
nuova Traduzione interconfessionale in
lingua corrente/TILC.
DAI CULTI DELL’ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE
L’amore non basta
« E nelle mie preghiere chiedo che U
vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e in ogni discernimento, perché
possiate distinguere tra il bene e il male, afflnché siate puri e irreprensibili per
il giorno di Cristo, ricolmi di frutti di
giustizia che si hanno per mezzo di Gesù
Cristo, a gloria e lode di Dio ».
(Fil. 1: 9-11).
In Questi versetti vi è materia di grande riflessione ; l’amore deve abbondare
in conoscenza e discernimento per poter
distinguere tra il bene e il male. L’amore non basta, non è sufficiente come emozione, non basta neppure lasciarci coinvolgere cercando di alleviare il dolore,
l’ingiustizia tra coloro tra cui viviamo;
non basta avere slanci e compiere atti
di grande abnegazione: il nostro amore
deve scaturire dalla conoscenza e deve
agire con discernimento. Cosa sono questa conoscenza e questo discernimento
di cui parla l’Apostolo? Certamente non
è cultura e non è nemmeno la saggezza
così come noi la intendiamo da un punto
di vista umano. Nel contesto biblico conoscenza è sempre conoscenza della parola di Dio e discernimento ci viene attraverso lo Spirito Santo che illumina
la Parola per noi. Infatti il discernimen
to è un dono dello Spirito Santo, come
ci è ben detto, come è ben descritto nei
doni dello Spirito in I Corinzi 12. Se
Tamore scaturisce dalla conoscenza della parola di Dio interpretata nella luce
dello Spirito, certo ci unirà come chiesa, noi tutti membri del corpo di Cristo
sulla terra, e ci impegnerà in una testimonianza pratica verso i nostri fratelli
e certamente sarà efficace.
Sì, discernere fra il bene e il male.
Sappiamo che col nostro discernimento
umano il bene e il male sono relativi e
l’uno e l’altro possono essere ampiamente giustificati secondo le circostanze, le
motivazioni, le nostre emozioni. Ed è per
questo motivo che abbiamo bisogno che
lo Spirito di Dio, per mezzo della sua
parola, ci guidi nelle nostre scelte e nelle
nostre decisioni, per poter produrre quei
frutti di giustizia intorno a noi che non
siano come dei boomerang ma siano veramente segni del Regno nel quale noi
crediamo, per il quale viviamo e che
aspettiamo. Ma anche in questa sede abbiamo bisogno che lo Spirito di Dio e il
suo amore ci guidino, ci uniscano e ci ispirino. Che il Signore lo faccia in queste
brevi ore che trascorreremo ancora insieme.
Miriam Vinti
7
22 novembre 1985
obiettivo aperto 7
UN
TASTO MOLTO DELICATO TOCCATO DA UNA DISCUSSA E STIMOLANTE PUBBLICAZIONE DELLA CLAUDIANA
La Chiesa valdese di fronte
allo Stato fascista
Fu per « una certa ingenuità », confessa Jean-Pierre
Viallet, che si dedicò a una
indagine sulla storia recente della Chiesa Valdese.
Quella ingenuità era affidata ad alcune supposizioni
sulla reazione valdese alle
manomissioni del fascismo.
La tesi di dottorato che concluse nel 1970 la ricerca storica e il libro che adesso la
riprende (e arricchisce), sono la documentazione di una
aspettativa delusa \
Il lavoro di J.-P. Viallet
L.a aperto la strada alle prime ricognizioni su un periodo della nostra storia (19221945), nel quale sembra che
non si osasse addentrarci
ancora. Non siamo i soli ad
aver avuto certe esitazioni,
si dirà, e per noi valdesi all’operazione sempre ingrata
di demitizzarci si aggiunge
quella ben più perigliosa di
suscitare vespai in famiglia.
Quel tempo — un quarto del
secolo che volge alla fine —
sembra a tanti ancora così
vicino; dei « protagonisti »
sono in vita, e poi ci sono le
famiglie, gli amici, i nostalgici; l'oleografia di anelli che
saranno gli antenati.
Il Viallet fa il suo mestie
L'ìng. Willy Jervis di Ivrea, martire della Resistenza a Villar
Pellice.
re di storico, accumula fatti,
notizie, cerca di capire ed
aiutare il lettore a capire cosa è stata, come si è mossa
la Chiesa Valdese in quel
ventennio oscuro. Non si atteggia né a giudice né a grande inquisitore. Anzi, per meglio intendere cosa fu il periodo fascista, svolge una
attenta indagine preliminare sulFambiente economicosociale nel tramonto dello
Stato liberale, sempre in
rapporto al Valdismo.
La terza e la quarta parte
del libro (pp. 117-286) sono
al centro di questa non imparziale « relazione ». Le rea
zioni al Concordato e al clerico-fascismo, la « Chiesa che
tace », il conformismo e i
compromessi, la « fascistizzazione » delle Valli Valdesi: una documentazione esatta, viene dalla nostra stampa, dall’Archivio della Chiesa, ed anche dall’Archivio
Centrale di Stato. Nella parte finale si esaminano gli anni 1940-45, dalla protesta dei
giovani barthiani alla Resistenza.
A lettura finita, si resta
con la persuasione di trovarci davanti a una ricerca
nata da uno stato d’animo
di simpatia e condotta con
grande « onestà » storica,
coH’intento che deve presiedere a ogni indagine in questa materia; la narrazione
dei fatti, che sono le verità
chiuse nelle cose dette o accadute.
I limiti
deH’indagine
Dicevo che qui abbiamo
una non imparziale relazione, e per più ragioni: le fonti a cui si attinge sono solo
quelle ufficiali; l’area geografica studiata con maggiore
disponibilità di materiali e
attenzione è quella delle Valli Valdesi piuttosto che la
Chiesa nel suo insieme territoriale; il ridotto lavoro di
scavo su alcune personalità;
delle omissioni indicative.
Questo si spiega anche con
la mancanza di contributi
parziali, preparatori. Rileggendo, per esempio, l’ultima
parte, salta agli occhi la
equazione Resistenza = guerriglia partigiana alle Valli
Valdesi 4-Mario Rollier. Ma il
fatto della diffusa resistenza
alle infami « leggi razziali »,
che subito condusse le comunità del Centro-Nord del
paese a solidarizzare attivamente con gli ebrei perseguitati, non ha spazio.
Viene da riflettere su
quanto sia difficile, se non
impossibile, per lo storico
cogliere il clima creato da
quella prima dittatura del
Novecento europeo, quando
la risposta all’apparato repressivo onnipresente era il
nicodemismo. L’Italia, ed
anche la Francia, ha già conosciuto questo fenomeno:
nel sec. XVI, con la Controriforma. Anche allora fu diffuso l’atteggiamento « pratico » di celare le opinioni,
le convinzioni, sotto atteggiamenti di ossequio al regime stabilito. Ma allora fu un
fatto assai circoscritto e in
rapporto alla religione; durante il fascismo il nicodemismo fu molto diffuso e riguardò la politica.
Valdesi in attesa dell’arrivo di Mussolini per la prima visita ufficiale
a Torino (1923).
A mio avviso, anche la
Chiesa Valdese fu coinvolta
nel nicodemismo politico,
particolarmente accettabile
per l’opinione liberal-protestante di una chiesa che
« non si occupa di politica ».
Non fu un atte:ggiamento
eroico, beninteso. D’altra
parte per il protestantesimo
italiano andò di pari passo
col rifiuto del nicodemismo
religioso, rifiuto che dimostrò una coerenza di fede
ben più costosa di quanto
i documenti non dicano. Essa riguardò la base delle nostre comunità, la gente che
alla avversione sottile contro l’eretico, il non-conformista, vedeva aggiungersi la
pressione politico-religiosa
del clerico-fascismo. E questa fu, per tanta parte delle
comunità, una diuturna resistenza attiva, che implicava fattori extrateologici forse non avvertiti.
Detto questo, sottolineiamo l’importanza del lavoro
del prof. Viallet, al quale
dobbiamo gratitudine anche
per una indicazione forse
non volontaria: il Novecento apre per il Valdismo in
Italia un’epoca in cui è ben
difficile, se non impossibile,
extrapolarlo dal contesto
dell’evangelismo nel suo
sieme. A meno che non si
voglia disegnare la storia’ di
una Istituzione religiosa è
della sua borghesia intellettuale.
Non ci resta che formulare ima attesa: che, smagata quella « certa ingenuità »,
sia sovraggiunta nell'attento
studioso una simpatia solidale per questa piccola Chiesa dell’ecumene cristiana.
Luigi Santini
' Jean-Pierre Viallet, La Chiesa Valdese di fronte allo Stato
fascista, Ediz. Claudiana, Torino 1985, pp. 424, L. 26.000.
Capire e far capire
Avevo almeno tre ragioni per
interessarmi, malgrado le sue
piccole dimensioni, alle sorti
toccate alla Chiesa Valdese sotto il fascismo. Tre constatazioni
consentivano, infatti, di supporre che la dittatura dovesse aver
sottoposto a una sorveglianza
piuttosto stretta la piccola minoranza: essa era ancora prevalentemente di lingua francese; manteneva solidi rapporti
con l’evangelismo straniero; dedicava alla libertà un vero e
proprio culto. Erano tre circostanze, si deve ammetterlo, che
ben difficilmente potevano pensarsi scevre di difficoltà per la
piccola chiesa. (...)
Una terza ragione mi era sembrata inizialmente più importante che le altre due e da sola
essa giustificava, così credevo,
un esame attento della storia
della Chiesa Valdese sotto il fascismo: come ignorare che questa chiesa era l’erede di oltre
sette secoli di storia spesso sanguinosa, talvolta gloriosa, che
era stata dapprima la storia del
movimento valdese, poi, a partire dal 1532 — data dell’adesione dei Valdesi alla Riforma —
della Chiesa Valdese? (...). Fu
la lettura, credo, di un piccolo
libro di Giovanni Miegge, L’Eglise sous le joug fasciste, che finì di convincermi dell’interesse
che doveva presentare la contrapposizione, apparentemente
ineluttabile, fra una dittatura di
ispirazione totalitaria e una minoranza tanto risoluta. Miegge
metteva in rilievo che « [in Italia] in nessun altro luogo è accaduto che venisse così consacrato al culto della libertà il giorno più solenne della vita locale,
il giorno delle commemorazioni e
dei sentimenti patriottici »; ed
evocava « la grande, la vecchia,
la cara idea di libertà » che avrebbe sempre ispirato, poco o
tanto, i suoi correligionari.
Retrospettivamente debbo riconoscere che il mio avvio fu
caratterizzato senza dubbio da
una certa ingenuità. Per esempio, non seppi avvertire adeguatamente il carattere apologetico
della testimonianza di Miegge e,
senza dubbio, sopravvalutai la
capacità di resistenza dei Vaidesi al fascismo. Ben presto dovetti arrendermi all’evidenza: la
storia della Chiesa Valdese,
che nel XVI e nel XVII secolo
recava i segni dell’epopea, a partire dal secolo XVIII era diventata molto più prosaica. In tale
situazione il fascismo non aveva determinato grossi cambiamenti; la storia dei Valdesi sotto la dittatura si caratterizzò
piuttosto per piccoli incidenti
che per avvenimenti di rilievo,
per le vessazioni che per le persecuzioni, per l’adattamento
quotidiano alle realtà del inomento che per la lotta eroica
contro la dittatura. Così, quanto
meno, fino agli anni 1943-45, che
furono vissuti nelle Valli in una
atmosfera drammatica.
Sebbene G. Miegge fosse a capo del gruppo dei « barthiani »
italiani, la Chiesa Valdese non
fu protagonista di alcun Kirchenkampf di misura ridotta. Il
fascismo, proprio in quanto
era, purtuttavia, meno totalitario
che il nazismo, risultò forse un
avversario più pericoloso per le
coscienze. Come osservava un
giovane pastore barthiano, Vittorio Subilia, in un sermone
predicato a Como nel 1944, è diffìcile prendere decisioni eroiche quando la vita appare terribilmente complessa e immersa
nel grigiore quotidiano.
Aggiungerò ancora che sono
stato indotto, nel corso delle
mie ricerche, ad allargare col
passar del tempo l’ambito del
mio studio: nella misura in cui
la Chiesa Valdese era stata lar
gamente compenetrata dai valori del liberalismo, mi apparve
chiaro che la cesura del 1922
era alquanto artificiale e che
era opportuno rammentare in
qual modo i Valdesi avessero
vissuto i dieci o dodici ultimi
anni dell’epoca liberale.
In ogni caso il terreno era libero. Quando intrapresi le mie
ricerche si disponeva soltanto
di qualche pagina sul ventennio
in alcuni lavori di carattere generale, della biografia di Jacopo Lombardini, esponente della
resistenza al nazifascismo, di alcune pagine dedicate alla Chiesa Valdese nel libro scritto da
un sacerdote cattolico sulla storia del Pinerolese durante il fascismo. Infine una giovane storica valdese lavorava a una tesi
sulle Valli valdesi durante la
Resistenza che venne poi ben
presto pubblicata. Ed era tutto.
Mi sono avvantaggiato del fatto
di poter disporre d’una documentazione notevole, così manoscritta come a stampa. Se questo libro ha qualche merito, uno
è quello di offrire al lettore
fatti in numero sufficiente da
consentirgli di formulare una
propria interpretazione e propri
giudizi. A questo fine, malgrado
le legittime limitazioni editoriali, ho cercato di conservare il
maggior numero possibile di citazioni testuali e indicazioni delle fonti. Da parte mia non ostento certo una vana pretesa d’imparzialità, ma ho pur cercato
modestamente d’ispirarmi alla
lezione del grande Lucien Febvre che fustigava « i giudici supplenti della valle di Giosafat »;
« No, lo storico non è un giudice, nemmeno un giudice istruttore. La storia non è giudicare,
ma capire e far capire ».
Jean-Pierre Viallet
(dall’introduzione del volume)
8
8 ecumenismo
22 novembre 1985
DAI MESSAGGI RIVOLTI ALL’ASSEMBLEA EGEI I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Il «Dio - comunicazione» Ancora sul Sinodo
L'Assemblea della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia,
che si è tenuta a Palermo dal 31.10 al 3.11, ha ricevuto una serie
di messapi e saluti da parte degli invitati. Oltre al saluto delle Cornunità di base (di cui abbiamo pubblicato stralci il numero scorso)
ricordiamo tra gli altri il messaggio del pastore Jacques Maury, presidente della Federazione delle Chiese protestanti in Francia. Ricordando la fede di coloro che 300 anni fa hanno subito la revoca dell’Editto di Nantes, Maury ha attirato l’attenzione dell’Assemblea sul
pericolo di dare oggi per scontato un rapporto con Dio basato sulla
fede personale. Riflettendo sulla vigilanza che la fede richiede, ha
menzionato in particolare la necessità di lottare contro « l’abominevole razzismo » e di impegnarsi per la pace.
Giovanni Franzoni, in rappresentanza di Com-Nuovi Tempi, ha
auspicato una maggiore presenza in Italia della predicazione protestante che proponga il tema delPausterità come necessità generale
di autocontrollo e ha avvertito il pericolo di un « ecumenismo cerimonioso » laddove è necessario invece che la Chiesa cattolica riceva un preciso richiamo evangelico.
Per la prima volta l’Assemblea della FCEI ha accolto un rappresentante della Conferenza Episcopale Italiana, il vescovo di Livorno Alberto Abiondi, segretario della Commissione ecumenica della CEI. Data la novità diamo uno spazio preminente a questo intervento nella sintesi che riportiamo qui di seguito.
« La grazia e la pace del nostro
Padre e del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi » —
ha esordito il vescovo Abiondi,
esprimendo alla Assemblea della FCEI « l’augurio del Cardinal
Poletti Presidente della C.E.I.,
del Segretariato Ecumenico della C.E.I. » e suo personale.
« Chi è la promessa della giustizia di Dio... chi è la sfida della
giustizia di Dio? ». Abiondi si è
rifatto per dare una risposta alla « legge della Incarnazione »:
« Dio non ha mandato proclami
o codici o messaggeri; Lui, invece, si è fatto presente, incarnando in sé ogni promessa e ogni
sfida di Giustizia », e anche oggi potrebbe proporsi nella stessa
economia.
Dopo aver citato vari passi del
Nuovo Testamento come esemplificazione di questo concetto,
il vescovo prosegue: « Illuminati da questo insegnamento di
Gesù che propone il Padre e
propone sé, oso affermare che la
vera ’’promessa di Giustizia” è
il ’’Dio Comunione” »; « la Comunione della vita trinitaria è
non solo essenzialmente esemplare, ma costitutiva, per l’uomo: per un uomo che proviene
dalla Comunione Trinitaria, che
cammina verso la pienezza della
Comunione escatologica ».
Anche per quanto riguarda la
« sfida » che la Giustizia di Dio
propone alla Chiesa e al Mondo,
Dio si fa « protagonista », « in
quanto Parola, cioè comunicazione che si fa ’’sfida” ». « Così la
promessa di Giustizia ha un nome e un modello trinitario cioè:
Comunione; e anche la sfida porta il nome del Dio Incarnato:
’’Parola”, cioè ’’comunicazione” ».
Ma, continua Abiondi. « promessa e sfida per chi? E allora
sento anzitutto che nella Sua
promessa di Giustizia il Dio Comunione non è un lavoratore solitario. Egli vuole coinvolgere gli
uomini di buona volontà e la
Sua Chiesa; attualmente purtroppo le nostre Chiese separate. Egli le chiama dunque ad impegnarsi in operosa promessa di
Giustizia che si ispira alla Comunione Trinitaria». Il Dio Trinitario si fa promessa di Giustizia, proponendosi come modello
di Comunione, « nella circolazione dell’Amore Trinitario». Questo messaggio Dio « lo affida ai
Cristiani », che hanno il dovere
di tradurre il modello trinitario
« attraverso la vita di Chiesa e la
vita delle Famiglie Cristiane »,
con l’annuncio evangelico e con
la denuncia coraggiosa », e oggi,
anche con « la testimonianza
ecumenica ».
Passando al concetto della
« sfida » come « sfida-comunicazione », il vescovo afferma che
questa « dovrà affrontare tutto
ciò che nel Mondo è contrario
alla comunicazione »: separazione, isolamento, emarginazioni.
In coerenza con un Dio che,
in Gesù, si è rivelato come
« comunicazione », « le Chiese
sono chiamate a lasciarsi coin
volgere sia nell’accettare la sfida, sia nel portare la sfida a
Suo nome», specie dove questa
sfida condanna le Chiese «là dove in esse le diversità che dovevano essere doni per l’unità
sono invece diventate divisioni
per le fratture » e auspicando un
risvegliarsi di tutte le forme di
comunicazione atte a facilitare
« la reciproca conoscenza e il
cammino comune, all’interno di
ogni Comunità e tra le Comunità oggi nOn più comunicanti ».
A questo proposito Abiondi ha
salutato come un augurio il fatto che Segretariato Vaticano
per l’Unità dei Cristiani e Società Bibliche abbiano potuto presentarsi uniti nella « prima comunicazione », quella della Parola di Dio, nelle traduzioni interconfessionali della Bibbia.
Infine « le Chiese non debbono sfuggire neppure al dovere
di dare voce alla sfida della Giustizia di DiO-comunicazione. Dovranno perciò portare la sfida là
dove gli uomini hanno creato
sacche incomunicanti di poteri
palesi od occulti, di chiusure, di
razzismo, di indifferenza, di consorteria nel vizio o nell’omertà,
di zone di emarginazione e di disoccupazione », in quei « pericolosi sotterranei dell’umanità dove si educano gli uomini all’odio
o si conservano le armi », che
« ancora prima dell’uso, già sono
una bestemmia contro il ”Diocomunicazione” »,
La promessa implicita nella
Comunione, la sfida presente
nella comunicazione, confortano Abiondi in due convinzioni
fondamentali: la promessa di
Giustizia (la « affermazione di
un Monaco Orientale che presentava la Dottrina Trinitaria
come la più radicale rivoluzione
sociale »), e la sfida della Giustizia di Dio, « impegno di ogni
Chiesa e delle Chiese collaboranti per una Evangelizzazione
dell’uomo che sia sempre anche
promozione umana: per una comunicazione cioè della Parola di
Dio che diventi sempre una comunicazione fra gli uomini ».
Concludendo, il vescovo ha
ringraziato non sólo per l’invito,
ma anche per il tema proposto
dall’Assemblea della FCEI, ricordando la Beatitudine « beati
quelli che hanno fame e sete
della Giustizia », o, secondo la
traduzione TILC, « beati quelli
che desiderano ardentemente
quello che Dio vuole ».
S. R.
Ancora abbondante messe di
interventi della stampa sui contenuti del Sinodo di fine agosto.
Sottolineati nei diversi resoconti i punti più adatti a richiamare l’attenzione di chi «scopre»
anno dopo anno le caratteristiche del protestantesimo italiano, e di quello valdese-metodista in particolare. Così il Concetto di « libertà anche per gli
altri »; la conseguente presa di
posizione sull’apartheid (e la
informaztone fornita da Pebe
Cavazzutti Rossi), sulla posizione delle donne nella chiesa e nel
mondo (e il sermone di Letizia
Tomassone ) ; l’aggiornamento
culturale delle attività pastorali
(vedi intervista a Reporter di
Giorgio Bouchard); il rifiuto di
implicazioni con il sistema statale per gli aspetti finanziari della vita delle chiese (con il rinvio alle Comunità delle decisioni da prendere sulle nuove possibilità offerte in sede IRPEP); i
legami con il protestantesimo
mondiale (e la presenza attiva
ai lavori del Sinodo di molti
autorevoli rappresentanti stranieri); il solido legame con i
valdesi del Sud America (e lo
scambio frequente di pastori):
tutto un insieme di fatti che
hanno, in modo neH’insieme positivo, attirato l’attenzione di
tutta la stampa, sia di informazione che di partito.
Del resto, anche fuori dall’occasione sinodale, sempre molto
frequenti sono in tutta la stampa riferimenti alla « cultura »
protestante.
E, forse sulla scia di una rilettura di Max Weber, con frequenti presenze nella stampa economica. Vi sono anche presenze aberranti, come quella di un
NEL SINODO REGIONALE CENTRE - ALPES - RHONE
“Sola Scriptura”
in francese corrente
« Sola Scriptura » con pronunzia francese, per noi fa un po’
buffo. L’abbiamo sentito ripetere
molte volte nel Sinodo di Viviers della regione Centre-AlpesRhône, della Chiesa Riformata
di Francia, il 9-10-11 novembre. Il
ruolo della Scrittura nella nostra vita era infatti il tema centrale dell’incontro ed era stato
studiato in preparazione di questo da una commissione, con un
lavoro di inchiesta tra le chiese,
a cui avevano risposto singoli e
gruppi. Lavoro molto accurato
e stimolante, che ha rivelate come molti si ritrovino ancora senza grosse difficoltà, in impostazioni espresse in modo volutamente abbastanza rozzo, di tipo
liberale o, all’opposto, di tipo
fondamentalista. Sola Scriptura, per i primi, significa che la
Bibbia va bene, ma che va vagliata per estrarne le scorie, interpretata alla luce della scienza
e dei problemi attuali, vissuta
più nel quotidiano che nella pietà personale. Per gli altri, invece (la minoranza), la Bibbia è
parola di Dio fino all’ultima virgola, l’aiuto delle scienze è superfluo alla fede, la pietà ammette un impegno mondano dei
singoli, ma i problemi quotidiani non devono coinvolgere la comunità in quanto tale.
Solo una minoranza ha sentito
il bisogne di superare queste opposizioni con dichiarazioni più
articolate. Il Sinodo si è mosso
sulla linea di questa minoranza, ovviamente.
Dopo aver sottolineato, innanzitutto, che « sola scriptura » significa amore per la Bibbia, e
non solo riferimento teologico,
il documento sinodale ricorda
che in essa incontriamo dei testimoni che parlano dell’incontro
con Dio nella loro storia e nella
loro vita. Ripercorrendo il loro
itinerario, con l’aiuto dello Spirito Santo, possiamo a nostra
volta entrare in dialogo con
Tlddio di Gesù Cristo, per obbedirgli. Dio può parlarci dove
vuole, anche fuori della Bibbia,
tuttavia il messaggio resta uguale ed il criterio per riconoscerlo è il fatto della centralità di
Gesù Cristo. L’autorità della
Scrittura sta nel suo accoglimento e nell’accsttazione che essa
ci modelli come persone graziate, libere e responsabili.
Un « momento forte » della riflessione si è avuto con la testimonianza di un fratello che ha
paragonato la Bibbia alle quattro gocce quotidiane di medicina
che deve prendere per mantenere il suo equilibrio ormonale dopo essere stato operato di cancro alla tiroide: quattro gocce
quotidiane: guai a dimenticarle; quattro gocce piccole, invisibili, sommerse dal resto di cibi e
bevande assunti nella giornata;
quattro gocce di vita.
I lavori
del Sinodo
Il Sinodo della regione « Centro-Alpi-Rodano » contava 240
componenti, rappresentanti di
90 chiese con 68.000 membri, 33
mila nuclei familiari, 1.500 membri di consigli di chiesa; nella
regione sono all’opera 100 pastori, 1 incaricato dell’informazione (Gérard Cadier), una biblista (Christiane Dieterlé). 21 ore
complessive di lavoro, di cui 9
di dibattito generale, 4 di lavoro
nei gruppi, 3 di culto, 2 dedicate
a una conferenza pubblica e 3
alle elezioni (seggio, delegati al
sinodo nazionale, commissioni,
consiglio regionale, presidente
del sinodo ’86). Numerosi e brevi
gli interventi.
Jean-Marc Viollet è stato riconfermato presidente del Consiglio Regionale.
CONTRO IL RAZZISMO
La crescita della xenofobia e
del razzismo sta suscitando viva preoccupazione. In Francia
si ha l’impressione di vivere momenti simili a quelli della Germania dei primi anni ’30; in questa situazione, si dice, la chiesa
deve essere vigilante.
Una mozione impegna gli organi della chiesa ad adoperarsi in difesa dei diritti acquisiti
dagli stranieri; un’altra mozione chiede alle chiese di « proclamare pubblicamente l’amore di
Dio » di fronte ai discorsi politici che incitano alla diffidenza
e all’odio. La menzione esplicita
del « Fronte nazionale » di Le
Pen, che si trovava nella bozza
della prima mozione, viene evitata nella stesura definitiva, in favore di un discorso più generale.
SUD AFRICA
Il sinodo ha invitato le chiese
a tenersi informate sulla situazione, a intervenire presso le autorità governative con lettere, a
stabilire dei rapporti epistolari
con le comunità riformate sudafricane, sia di neri che di bianClaudio Tron
Bruno Rostagno
(continua a pag. 12)
settimanale a larga diffusione,
l’Espresso, il quale in un servizio sul « Mostre di Firenze » cita
opinioni secondo cui il «Mostro»
dovrebbe essere un protestante,
forse per il suo radicale rifiuto
ad accettare i problemi del sesso o per la efficiente concretezza
dimostrata nella sua macabra
attività.
La Repubblica ha dato spazio alla nota lettera del teologo
cattolico Kiing a commento delle
attività del papa attuale e del.
suo portavoce card. Ratzinger,
in cui viene dato rilievo alla po
sizione antiprotestante, e quind:
antiecumenica, di queste papatcs
controriformista.
L’articolo del past. Benecchi
sull’AIDS, già da noi pubblicate,
è stato ospitato anche dall’Unità
che ne ha sottolineato la prove
nienza indicando nella firma la
qualità di « pastore metodista :>
dell’autore. Il quale è stato anche oggetto di un lungo articolo
(con fotografia) sul Corriere pe"
i suoi rapporti con i teppistelh
del quartiere. Sono la conseguenza di una scelta del collocamento
del tempio fatta a suo tempo,
che in qualche modo ne confermano la validità di testimonianza presso chi di testimonianza ha
bisogno.
La Chiesa battista di Chiavari, informa il Secolo XIX, ha
protestato contro il preside der
locale Liceo scientifico che continua a richiedere la domanda in
carta da bollo per l’esonero dalTinsegnamento religioso. Ed iva
ottenuto qualcosa, sia pure p co, in quanto il preside ha anmesso che la domanda può ev
sere accolta, anche se in carta
semplice!
Nìso De Michelis
ROMA
Presentata
la TILC
al presidente
Cossiga
Il 30 ottobre la nuova traduzione interconfessionale della
Bibbia è stata presentata al Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. Una delegazione
degli editori e dei traduttori è
stata cordialmente ricevuta nello studio del primo cittadino
dello Stato. Erano presenti anche pochi ospiti d’onore tra cui
il Vice-Presidente della Direzione Europea dell’Alleanza Biblica, Mons. A. Abiondi e il Moderatore della Chiesa Valdese, pastore G. Bouchard.
Il Presidente della Repubblica
ci ha espresso il suo apprezzamento per il lavoro svolto e ha
voluto informarsi sulla teoria e
sulla pratica dei nuovi metodi
di traduzione.
Si conclude così la serie delle presentazioni ufficiali della
Bibbia in lingua corrente e terminano tredici anni di assiduo
lavoro a livello interconfessionale. Inizia una nuova era per
l’evangelizzazione della nostra
gente. La parola passa dai traduttori alle chiese in attesa che
Dio raccolga il suo popolo là
dov’è stato seminato.
Renzo Bertalot
lì resoconto dell'Assemblea di
Palermo della Federazione ha
interrotto il dibattito sulla
TILC che riprenderà a partire
dal prossinw numero con interventi di Cesare De Michelis, Paolo Ricca, Ninfa Quartino. Seguirà una replica di Renzo Bertalot.
9
22 novembre 1985
cronaca delle Valli 9
Questo numero del giornale
esce con ritardo in quanto
redattori e tipografi hanno aderito alla manifestazione di
protesta per la soppressione
della ferrovia Pinerolo-Torre
Penice che si è svolta martedì 19 novembre a Torino.
PEROSA ARGENTINA
Al limite
Al limite la nostra situazione è
eccezionale. Parlo di Rorà, una
delle chiese, e dei comuni, più
piccoli delle nostre valli. Ma cerio dà da pensare questo piccolo
fatto: non si trovano i soldi, non
c'è convenienza economica ad assictirare un servizio pubblico di
trasporti per collegarci a valle,
ma i soldi si trovano, e anche parecchi, per "migliorare" la situazione del poligono di tiro che
coinvolge anche il nostro terriipr
rio. Certo non dipendono dalla
s:essa amministrazione, dalle
smesse competenze, l’una e l'altra
cosa, ma è un fatto: per un pullman i soldi non ci sono, per i
’'tiri” sì; ed è esattamente l’opvosto di quanto avevamo sperato.
Certo anche non pochi rorengin possono guadagnarci dai rimborsi concessi per quanti hanno
attività estrattive o agropecuarie
nella zona dei tiri; ma non era la
speranza di ecologi e cacciatori,
dille chiese e dei pacifisti. Anche
Si almeno ora i rimborsi non
sono più irrisori, resta l’impressione che si dà con una mano, e
SI toglie con l’altra; forse non
sempre agli stessi, ma proprio
per questo con una arbitrarietà
ancora più pronunciata.
.Al limite, siamo in una situazione marginale. Ma in fondo le
nostre preoccupazioni non sono
tanto lontane da quelle di tutta
la valle, di tutte le valli montane.
Oggi in vai Pellice si parla mollo di treno, e si parla molto di
occupazione. Si “taglia", su
quanto non è o non appare economico, su quanto è o pare marginale.
Ma per cosa si risparmia, per
quali priorità si operano i famosi
’’tagli"? Per una migliore distrù
buzione delle risorse? In vista di
un bene pubblico precisato?^ Per
una migliore "qualità della vita"?
Si è già detto e ridetto molte
volte, ma forse conviene ripetersi. Se si comprendesse la direzione in cui vanno le cose, non sarebbe impossibile accettare dei
sacrifici anche consistenti, non
sarebbe inutile rinunciare a tante cose forse superflue per dare
spazio a ciò che è necessario a
tutti.
Ma molte, troppe cose sembrano segnali nella direzione opposta; a chi è già marginale si chiede di diventarlo ancora di più,
alle situazioni non moderne si
vorrebbe imporre di diventare
ancora più vecchie, desuete; alle
condizioni non floride si suggerisce nei fatti di diventare depresse. Solo apparentemente questo può sembrare evangelico, nel
senso del "togliere a chi non ha
anche quello che ha”. In realtà,
si accumulano tensioni che non
possono alla lunga risultare positive, neppure a quelli che ne
ricavano un vantaggio immediato.
Sergio Rlhet
I lavoratori della Filseta
difendono il posto di lavoro
Disinteresse degli amministratori - Continua il blocco delle merci
Alla Filseta di Perosa Argentina la situazione rischia di precipitare tra l’indifferenza, o
quasi, delle amministrazioni comunali e dei politici locali, che
da un lato sembra stiano agendo pesantemente verso alcuni
rappresentanti del Governo,
mentre dall’altro non sanno proporre localmente soluzioni che
possano dare un concreto aiuto,
non solo assistenziale, al dipendenti di tale azienda.
Martedì 5 u.s., ad un incontro
voluto dalla pastorale del lavoro della diocesi e dalla commissione distrettuale sul lavoro, un
solo assessore comunale si è
presentato, nonostante l’invito
fosse stato rivolto ad una decina di sindaci ed alla comunità
montana.
Martedì mattina 12/11, serrata quasi totale dei negozi di Perosa Argentina e Pomaretto
per solidarietà con i dipendenti Filseta, su iniziativa dell’amministrazione comunale di Perosa. Sempre martedì 12, alla
sera, incontro tra comunità
montana, sindaci e sindacati,
presenti un gruppo di dipendenti Filseta e alcuni membri della
comm. distr. lavoro. Anche qui
le risposte alle pressanti domande dei dipendenti Filseta
che stanno vivendo una drammatica situazione, erano molto
evasive: si è parlato di cantieri
di lavoro (sei mesi estivi di lavoro per una cinquantina di
persone?), di formazione professionale, di apprendisti artigiani, di aumento della percentuale comunale da versare alla
comunità montana; parole al futuro e probabili, per chi sta lottando con le necessità di tutti
i giorni. Non si capisce bene
quali siano né le possibilità né
le paure dei sindaci: ciò che invece si comprende è che non
c’è in loro la volontà di costituire un fronte comune per questo problema e che non vogliono esporsi personalmente e concretamente.
Mercoledì 13, assemblea alla
Filseta, nella quale sindacato e
delegati aziendali illustravano i
risultati di un incontro avuto
a Roma, al Ministero del Lavoro, con i rappresentanti del Governo e del gruppo Cascami.
Il sindacalista presente si esprimeva con parole molto ottimistiche (nessun licenziamento,
cassa integrazione che continua,
stipendi pagati...) confermate
solo in parte dai delegati che
chiedevano all’assemblea di continuare il blocco delle merci. In
questa assemblea interveniva
anche il vice-sindaco di Perosa,
dott. Corino, che con alcune frasi di propaganda elettorale ad
effetto, consigliava invece di
sbloccare le merci in partenza.
L’assemblea si spaccava così in
tre gruppi: circa un terzo era
contrario a questo, un altro
terzo favorevole, ed il terzo rimanente neppure si esprimeva.
Giovedì mattina le ottimistiche
previsioni del sindacato erano
smentite anche dalla direzione
di Milano, la quale rispondeva
ai delegati aziendali che anche
in caso di sblocco delle merci,
non sarebbero arrivati a Perosa
né nuove materie prime, né
nafta, né soldi.
A questo punto pare veramente che al gruppo Cascami non
interessi più lo stabilimeiito dì
Perosa, in quanto i facili i5ftnanziamenti pubblici della regione
Friuli hanno dirottato questo
interesse altrove. E questo disinteresse dell’azienda sommato alla poca disponibilità concreta degli amministratori locali e alla spaccatura interna dei
dipendenti non dà modo di intravvedere sbocchi immediati o
facili soluzioni ad una così cri
tica situazione. Venerdì mattina, timido tentativo da parte
dell’azienda di far uscire le merci dal reparto macerazione, tentativo peraltro bloccato dai delegati aziendali e dai rappresentanti ecclesiastici locali (il parroco di Perosa, il pastore di Pomaretto e il rappresentante della comm. distr. lavoro). Questa
è stata la prima mossa dell'azienda pei tentare lo sblocco
delle merci: a quando la seconda? Sarà altrettanto pacifica e
educata? La sola nota positiva
pare essere oggi la ritrovata
unità tra i dipendenti che si sono impegnati e organizzati in
turni di quattro ore per continuare il blocco delle merci.
Dario Tron
PERRERO
Mancano i soldi per
la scuola materna
Il Comune di Perrero non ha
fondi sufficienti per sostenere le
spese di una scuola materna statale al capoluogo: a questa conclusione sono giunti i componenti il Consiglio comunale che
hanno discusso la questione nella seduta del 14 ottobre.
Una breve relazione della giunta ha presentato il problema che
non sembra facilmente risolvibile, almeno a breve scadenza.
La scuola materna di Perrero, la
cui istituzione risale agli inizi
del secolo, è sempre stata amministrata dalla parrocchia cattolica, con personale religioso.
Anche se non accontentava tutte
le esigenze dei genitori, era comunque Un servizio utile e apprezzato. Nel giugno del 1984,
l’ordine religioso al quale le suore appartenevano, ne ha deciso il
trasferimento, lasciando la scuola senza insegnanti.
Un accordo tra il Comune, il
parroco e due giovani insegnanti appena diplomate ha tuttavia
permesso di riaprire i locali ad
un piccolo numero di bambini,
in maggioranza del capoluogo,
per l’anno scolastico passato e
per quello in corso. Le insegnanti
si sono accontentate -di avere il
punteggio valido per i futuri
concorsi e il Comune ha versato un contributo di ottocentomila lire, approvato ancora per
il 1985-86.
Intanto, però, gli insegnanti
elementari chiedevano che a
tutti i bambini residenti ne!l
Comune fossero offerte le stesse opportunità di apprendimento, con l’istituzione della scuola statale e del servizio di mensa e trasporto.
Appunto a questa richiesta,
portata dalla giunta in Consiglio, è stato dato parere negativo, non avendo il Comune a disposizione i circa sei milioni
annui necessari per le spese
correnti, oltre ad un’altra cifra sempre notevole per l’adeguamento dei locali alle norme
di sicurezza. Come alternativa,
ma quasi altrettanto costosa,
si è proposto il trasporto dei
bambini alla scuola materna statale più vicina, cioè a Pomaretto, dove, nei nuovi locali, vi sarebbe spazio a sufficienza.
Terza possibilità, lasciare tutto
all’iniziativa personale, sia delle insegnanti per un lavoro volontario non retribuito, sia dei
genitori che trasporterannp loro stessi i bambini qua o là, a
seconda della disponibilità di
mezzi o della vicinanza al posto di lavoro.
Come è evidente, i problemi
che in pianura si risolvono con
gran facilità, (che cosa è mai
una distanza di pochi chilometri su una strada diritta e senza neve) in montagna assumono
difficoltà e costi che li rendono
quasi insolubili. A meno di risolverli, come fanno provveditori e ministri nei loro uffici comodi e ben riscaldati, a tavolino, senza riguardo per le situazioni particolari.
Liliana Vigiielmo
FERROVIA
Una settimana
di
mobilitazione
E’ tutta la Val Pellice a mobilitarsi nella difesa del « suo » treno; il comitato difesa della ferrovia riunito si può dire in modo
permanente ha varato una serie
di iniziative di sensibilizzazione
e protesta; unico neo, forse, il
ritardo di certe iniziative rispetto alle prime avvisaglie del provvedimento.
Effettivamente di prese di posizione contrarie ai tagli alle
ferrovie ne abbiamo sentite molte e da tutte le parti, certo non
tutte altrettarito convincenti né
altrettanto convinte, ma l’impegno è stato unanime, compreso
quello deU’assessore regionale
Cerutti a recarsi a Roma dal
Ministro Signorile, salvo poi informare i presenti che difficilmente sarebbe stato ricevuto...
Il Cerutti, naturalmente, non
è stato poi ricevuto, e miglior
sorte non ha avuto neanche una
delegazione della Valle, che comprendeva anche il Moderatore
Bouchard, che si è recata lunedì 18 al ministero dei trasporti.
Irreperibile Signorile, un funzionario ha opposto alle richieste della delegazione un muro
di gomma. E’ la Resone che deve presentare un piano alternativo, altrimenti il ministero non
prenderà neanche in considerazione ipotesi diverse dalla soppressione della linea, ha detto in
sostanza.
Un buon successo ha avuto
invece martedì 19 la manifestazione indetta dal Comitato di
Difesa della Ferrovia ; tutta Torre Pellice si è fermata per mezza giornata di sciopero generale, mentre un migliaio di persone (tra cui due pastori valdesi,
alcuni sindaci e due sacerdoti
cattolici) hanno manifestato a
Torino. Sotto una fìtta nevicata, al grido di : « Il treno è bello
— non toglieteci anche quello »,
il corteo da Porta Nuova ha raggiunto prima la Prefettura e poi
il Palazzo della Regione.
Sugli incontri avuti col Prefetto e con la Presidenza del
Consiglio regionale, così come
sulla situazione attuale e sulle
prospettive della lotta per la difesa della ferrovia, riferiremo in
modo più ampio nel prossimo
numero.
Anche l’Assemblea del primo
Circuito riunita venerdì scorso
a S. Giovanni ha preso posizione contro la soppressione del treno con un suo O.d.G. invitando
la popolazione a partecipare alle iniziative di difesa. Resta però da aggiungere ima nota in
chiusura: malgrado il grosso impegno di comitati ed Enti, sabato scorso v’era chi in valle era
ancora all’oscuro dell’ipotesi di
soppressione del servizio ferroviario fra Pinerolo e Torre Pellice.
P.V.R.
9 Hanno collaborato a questo
numero: Antonio Adamo, Eugenio Bernardini, Archimede
Bertolino, Arrigo Bonnes,
Ivana Costabel, Alessandro
Del Vecchio, Bruno Giaccone,
Samuele Giambarresi, Paola
Montalhano, Lucilla Peyrot,
Paolo Rihet, Piervaldo Rostan.
Mobilificio
GIUSEPPE GRIVA
ARREDAMENTI
FABBRICA • ESPOSIZIONE
Vìa S. Secondo, 38 - PINEROLO - Tei. (0121) 201712
(di fronte Caserma Alpini « Berardì »)
RAMELLA
accessori, ricambi, e
perche’ no! un’idea
regalo nuova per l’auto
Via 1® Maggio, 122
Luserna S. Giovanni
10
10 cronaca delle Valli
22 novembre 1985
UNA RICERCA DELLA SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI - 1
La nascita della ferrovia per Torre
E’ il 20 dicembre 1882. Un giorno importante. Dopo molte incertezze, per intoppi politici e climatici, sfìnalmeiite si
inaugura la ferrovia Pinerolo-Torre Pellice. Ore 9 partenza da Torino, ore 12 arrivo a Torre. Alla stazione - capolinea, la
banda musicale di Pinerolo, la Società
Operaia locale con i propri vessilli, gli studenti del Collegio Valdese, che con le
loro esibizioni militari, « fecero conoscere come questi esercizi oltremodo utili
pel corpo tengano sveglia Tintelligenza »
(Avvisatore Alpino n. 29 del 24.12.1882),
le scuole maschili e femminili, le autorità
civili e religiose, tutti insomma accolgono i primi convogli dai quali scendono
più di 150 viaggiatori. Si sfila per via Maestra e via del Centro fino ad un locale
della Stamperia in via Nuova 17, concesso per Toccasione da Mazzonis e allestito
per il banchetto d’onore dal noto tappezj?Ìere pinerolese Annovati.
ù:Uonie in tutte le cerimonie che si rispettino, alla fine del pranzo, con trecento'invitati, di cui cento « di fuori», ecco i
■discorsi. Primo è il sindaco Robert di
..-Torre Pellice: « ...provo questo sentimento,
afferma, di interna soddisfazione inquantoché mi è grato il ricordare le lotte sostenute, gli ostacoli superati, l’idea nostra finalmente raggiunta. Per venti anni
continuati queste ansie si susseguirono
alternate ora da un barlume di speranza,
ora travolte in un lungo e deplorevole
silenzio ». Continua sottolineando come la
costanza « del piccolo comune, posto alle
falde delle nevose Alpi, ispirato ognora
all’idea del progresso, della libertà e della civiltà, camminò sempre di pari passo
col progresso ognor crescente e ne fanno
splendida prova l’istituzione in pochi anni
di una banca, di una tipografia, del telegrafo, del gaz-luce. Ma una cosa ancora
mancava, la prima e la più importante di
tutte, voglio alludere alla ferrovia, siccome
quella che avrebbe promossa viemaggiormente l’industria, il commercio e l’agricoltura, facendo conoscere i nostri prodotti,
le nostre fabbriche, i nostri stabilimenti »
(A.A. cit.).
Fra i telegrammi ricevuti — dei deputati Tegas e Soulier, del generale Della Rocca ecc. — e i molti ospiti illustri — i senatori Casalis e Pacchiotti, l’ingegner
Peyrot direttore della strada Torre PellicePinerolo, i giornalisti della Gazzetta del
Popolo e dell’Operaio Italiano — troviamo
il direttore della Scuola Normale Valdese, Charbonnier, ohe ricorda Garibaldi e
Beckwith e il pastore Pons che « interprete dei sentimenti dei Valdesi, propone un brindisi al Re, alla Regina ed al
Principe ereditario, riaffermando così i
vincoli di fedeltà che ci legano alla gloriosa Casa Sabauda » (A.A. cit.).
Un saluto particolare è rivolto al banchiere Giuseppe Malan « qui a ajouté à
ses autres bienfaits, celui d’avoir exercé
son influence pour la construction de notre voie ferrée » (Le Témoin n. 51 del
22.12.1882).
L’ultima bevuta è dedicata di nuovo
« all’amatissimo nostro Sovrano Umberto
I, che è la sintesi dell’unità, della libertà, dell’ indipendenza della Nazione »
(A.A. cit).
L’orario prevede tre viaggi, da Torre
alle 6, alle 13,10 e alle 19,05 e da Torino
alle 6,55, alle 15,40 e alle 19,20. Quello delle 10,04 si ferma a Pinerolo alle 11,30 e
sarà oggetto di disputa con conseguenti
lettere aH’amministrazione ferroviaria perché non è possibile tornare a Torre alla
fine dei mercati, entro il mezizogiorno.
Una lettera, firmata da tutti i sindaci della valle, più il sindaco di Fenile (Avvisatore Alpino n. 37 del 15.2.1883) è indirizzata addirittura al Ministro dei Lavori Pubblici. Vi si legge: « Ritenevasi per certo
che coll’apertura all’esercizio di questa
tanto sospirata strada ferrata, per la costruzione della quale i Comuni si sottoposero volenterosi a così ingenti sacrifizi,
gli scambi fra la Valle del Pellice e Pinerolo sarebbero stati facilitati da frequenti
treni... Basti il dire che per chi parte da
Torre Pellice per Pinerolo alle sei antimeridiane non evvi altro treno pel ritorno
sino alle sei di sera, giacché appunto il
treno che giunge a Pinerolo da Torino alle Il del mattino, anziché proseguire per
Torre Pellice, come gli altri 3, si ferma a
Pinerolo. E questa linea è poi tutt’altro
che passiva... I sottoscritti sono convinti
che l’Eccellenza Vostra, pur riflettendo
che questa ferrovia fu costrutta senza alcun sussidio per parte dello Stato, men
tre questi Comuni si imposero i più gravi
sacrifizi per attuarne la costruzione, non
permetterà che siano in simile modo pregiudicati gl’interessi delle industri e laboriose popolazioni della Valle del Pellice... ».
Il servizio merci si apre il 6 marzo
1883. Le classi passeggeri sono tre. Fino
a Pinerolo la corsa costa 2,50 lire in prima, 1,90 in seconda, 1,50 in terza. Nel settembre 1921, infine, il treno elettrico sostituisce quello a vapore. Questi alcuni
fatti più « pubblici ». Ma facciamo un salto indietro.
Gli antecedenti
Presso l’Archivio della Biblioteca Comimale di Pinerolo esiste un interessante
fascicolo datato 1865-1874, contenente
a lire 7.500 per chilometro-anno. E’ una
sipesa, a conti fatti, più alta del previsto. I
comuni devono contribuire di più, nonostante abbiano già votato un sussidio di
lire 363.000, con la condizione che la stazione di testa, a Torre, fosse costruita sulla destra del torrente Angrogna.
Tuttavia è certo che « dovremmo convincerci..., prosegue la missiva, essere impossibile il domandare al pubblico sotto
forma di azione il totale capitale necessario a quest’opera: essere indispensabile
il concorso delle Città, dei Comuni, dei
Corpi morali che vantaggeranno da questa strada mediante una somma in forma
di sussidio ». Il comitato promotore è formato, fra gli altri, dal generale Brignone,
daH’ingegner Adolfo Pellegrini e dall’onorevole Giuseppe Malan. Quest’ultimo, banchiere a Torino, in via dell’Qspedale 5, ha
« Sembrava il treno
anch’esso un mito
di progresso »:
la ferrovia come fattore
di modernità e
sviluppo economico.
Cent’anni dopo, in
forme diverse, è un
concetto ancora valido.
«Carte, corrispondenza, piani ecc. relativ'
alla costruzione della ferrovia Pinerolo,
Torre Pellice ». Sfogliamolo.
Una data importante, come risulta da
una lettera del Sottoprefetto di Pinerolo
al sindaco di quella stessa città, è il 6
agosto 1867. Si accorda, infatti, il permesso all’ingegner Carlo Langer, estensore del
progetto, « di introdursi nelle proprietà
private e pubbliche pel definitivo tracciamento della ferrovia da Pinerolo a Torre
Pellice ».
Il 14 agosto 1869, invece, in una sala della Prefettura c’è la stipulazione dell’atto
notarile con i sindaci di Pinerolo, Qsasco,
Luserna, San Giovanni Pellice, Torre, Rorà, Angrogna e Bricherasio, i quali l’anno
prima avevano dovuto risolvere problemi
legati 'all’esproprio dei terreni, andando
ad un contraddittorio con i 23 proprietari
e l'ingegner Langer.
Qltre alle questioni di amministrazione,
la Sottoprefettura auspica un maggior
controllo della tratta Torino-Pinerolo, dove aumentano i guasti ad opera di malfattori che pongono « nei binari pietre od altro per fame fuorviare e pericolare i convogli » (lettera del 22.3.1872) e dispone
multe di L. 300 per chi toglie picchetti,
paletti o altri segnali di tracciamento per
la nuova ferrovia.
I comuni pagano
Particolarmente interessante è una lettera circolare del 21.5.1872 indirizzata, si
presume dal contenuto, ai sindaci. A scriverla sono 'i cinque cessionari subentrati
al Langer nei diritti di costruzione della
strada ferrata tra Pinerolo e Torre Pellice, con diramazione a Gap, con l’acquisto
relativo degli studi e disegni.
Sono quattro lionesi (Cabaud, Cail-lot,
Mollard, Muffat) e un banchiere parigino.
De Werbrouck, riuniti nella « Mollard, Dindon et Company » il cui mediatore locale
è Bartolomeo Goss di San Giovanni Pellice, residente però a Lione. Essi presentano un po’ di cifre. Il costo totale dell’opera è di un milione e 584.000 lire. Si
potrebbe concludere, è consigliato, un accordo con i signori Zbinden « distinti imprenditori di opere pubbliche » per un
prezzo di lire 95.000 al chilometro e pagarli per un terzo in azioni. Parallelamente
è necessario concludere un contratto con
la Società delle Ferrovie dell’Alta Italia
che avrebbe assunto l’esercizio della linea
ferrata in questione a patto ohe il 50% del
reddito lordo non fosse risultato inferiore
l’incarico di raccogliere le adesioni per
costituire la società di cui fanno già parte i lionesi e il parigino.
Ricordiamo ohe le ferrovie, uno dei problemi cruciali dello stato unitario al suo
nascere, saranno nazionalizzate solo in
età giolittiana e che risale solo al 1885 la
prima sistemazione in materia, con una
serie di convenzioni fra società concessionarie e stato. La questione ferroviaria
è, in quegli anni, un complicato nodo
economico. La mancanza di strade ferrate, equivalente all’impedimento della formazione di un mercato nazionale moderno, pone anche il problema deiracquisto
del materiale ferroviario di costruzione.
Le industrie straniere sono concorrenziali
rispetto alle italiane e affinché non siano
danneggiate queste ultime si stabilisce per
legge una priorità di acquisto presso di
esse, purché i loro prezzi non superino
il 5% dei costi rispetto alle consorelle
estere.
Passaggio per le Alpi
Ma torniamo alla nostra lettera. Anche
qui, come in molti scritti sul caso, si sottolinea l’importanza di questo tronco
« chiamato ad essere in un tempo forse
non lontano il principio di un nuovo passaggio attraverso le Alpi ». E’ un’idea, come vedremo, che si accompagna sempre
alla ferrovia Pinerolo-Torre Pellice, si potrebbe dire, mai pensata da sola, bensì
sempre come inizio di un itinerario e una
apertura verso la Francia.
Per questo i comuni sono chiamati a
contribuire, in ragione della « vicinanza »
al servizio e a mandare le proprie adesioni
al banchiere Malan.
La lettera riporta, per giustificare in
qualche modo le richieste, una significativa tabella sul movimento commerciale
dei comuni toccati dalla ferrovia. Le maggiori importazioni riguardano la voce
« Commestibili, Coloniali, e prodotti vegetali » per 640 tonnellate, seguite dalle 300
di « Ferro, chincaglierie, e utensili diversi ». Il maggior importatore è la ditta
Malan (Pralafera) con 700 tonnellate di
« cotone, carbón fossile e d’altro », seguito, con 400 tonnellate, dal Molino americano di Bibiana. Le esportazioni vedono il
primato assoluto, con 18.000 tonnellate,
della pietra di Luserna, una vera ricchezza, poco sfruttata nel futuro economico
della valle.
I comuni così contribuiranno di nuovo.
Al 28 marzo 1877 nel seguente modo: Tor
re Pellice e Luserna 100.000, Bricherasio e
Barge 20.000 (era prevista infatti una
tratta verso questi paesi), Bibiana 10.000,
Bobbio 4.000, Campiglione 3.000, Villar,
Lusernetta e Fenile 2.000, Rorà 1000.
Gli omnibus
Ancora per convincere deH’utilità della
ferrovia, per la quale sempre si ricorre
a concetti quali amicizia, progresso, fortuna economica..., la « Relazione Generale di un Progetto di Costruzione di una
ferrovia a vapore da Pinerolo a Torre Pellice » del 20 novembre 1866 presenta un
quadro riassuntivo sui trasporti della valle. Due omnibus partono da Pinerolo, uno
verso Torre e l’altro verso Osasco-Ca\our
con, in tutto, circa 120 passeggeri. In piìi
sono in funzione 120 vetture da nolo, più
una trentina di vetture private abitualmente usate, più altri che, se ci fosse, ss
servirebbero del treno, insomma se ne
presume una fruizione in media per uir
giro di 400 persone al giorno, specie nei
giorni di fiere e mercati, frequenti a Pinerolo e nel circondario.
Nel 1876 si costituisce un nuovo Com tato promotore che, un po’ per volta, porta alla ultimazione i lavori. Ne fanno parte, fra gli altri. Agostino Giretti, proprietario della filanda di Bricherasio, i banchieri Mylius e Malan, il sindaco di Luserna Dario Pellegrini...
Sulla stampa locale non mancano le lamentele per i ritardi dovuti alla forza lavoro poco adatta perché giovane, meni;-e
i più forti sono impegnati nei lavori dei
campi (A.A. n. 4 del 30.6.1882) o al catù\o
tempo.
Verso l’inaugurazione
Tl 30 ottobre si fa il viaggio di prova e
gli ingegneri « dichiarano che la linea è in
istato di essere attivata quando si vuole.
Perciò si preparano alacremente due
stanze provvisorie per la distribuzione dei
biglietti » (A.A. n. 22 del 2.11.1882). La polemica, tuttavia, fedele compagna di tulio
l’iter del progetto e poi della costruzione
della ferrovia, non cessa. Sull’Avvisatoi'c
Alpino n. 27 del 7.12.1882, quindici gioi ni
prima delPinaugurazione, troviamo la risposta ad una lettera apparsa sulla Ga/,zetta del Popolo. Come si sa, nella « po-iia
dei lettori » spesso sono leggibili i termini
della conflittualità locale, delle beghe da
e fra paesi che diventano politica e della
politica che si fa quotidiano. Lo sconosciuto autore propone il rinvio dell’inaugurazione della ferrovia in prima\era,
quando pure la stazione, la piazza e il
viale che porta al paese saranno terminati e quando la natura stessa offrirà « i
suoi cari ornamenti ».
La festa, in primavera, può magari andar bene, si ribatte, ma l’esercizio subito.
Se la proposta infatti è « ispirata da certe persone interessate, ci permetteremmo^
di osservare che è ormai tempo che gli
interessi privati sieno preposti aU’iitUe^
generale... Come non avete abbastanza dicinque e più lustri di servizio degli Omnibus, che vogliate ancora regalarcelo ver
5 mesi di più, ora che la ferrovia è idtu
mata, e ciò nella stagione più dura pei
viaggiatori? Per il freddo che corre ci
vuole altro che poesia! L’unica che sia lecita al punto in cui siamo è un peana o
canto di morte per i funerali delle patraques, che per troppo tempo ci hanno rotto le ossa e scombussolato il fegato, sulla nostra troppo celebre via provinciale ».
La diatriba continua con toni sempre
più accesi contro Timpresa Qmnibus di
De Giorgis Francesco die si difende dicendo che « nulla mai pretermise affinché detto servizio riescisse in tutto e per tutto
inappuntabile; del che s’ebbe più volte elogi pubblici e privati» (A.A. n. 29 del 24.12.
1882). Al che si risponde sullo stesso numero del giornale che « se ne riconosce
pubblicamente la benemerenza, ma si crede nulladimeno in diritto di qualificare
di patraques quei veicoli poco confortabili i quali, per la loro strettezza, costringono il viaggiatore di cozzare coi ginocchi,
i ginocchi del vegliardo, della gentil donna, della giovane che le sta dirimpetto, ovvero l'obbligano di chiedere umilmente il
permesso d’incrociare le sue gambe colle
loro per render tollerabile il tragitto... »
(A.A. cit.).
a cura di Bruna Peyrot
(continua nei prossimi numeri)
11
22 novembre 1985
cronaca delle Valli 11
PER LE SPESE MILITARI NON ESISTONO « TETTI »>
Meglio i treni o i cannoni?
Gli stessi dati ufficiali smascherano il continuo aumento di stanziamenti per la difesa - Non
è \’« elemento umano » che moltiplica le spese, né viene potenziato lo sviluppo economico
L’iniziativa pacifista per il blocco e la riduzione delle spese
militari giunge a maturazione in una situazione che può apparire
paradossale. Si dice che il bilancio del Ministero della Difesa aumenterà nel 1986 solo del 7,5% : se l’inflazione si fermerà al 5%
(come promette il governo) la crescita reale sarà inferiore a quella
richiesta dalla NATO (2,5 invece di 3); se i conti del governo si
dimostreranno sbagliati la crescita sarà ancora inferiore. Il fatto
è, però, che questo «modesto incremento» si inserisce nel quadro di una manovra finanziaria di attacco violento allo stato sociale, ai servizi pubblici, alle spese per investimenti e per nuova
or upazione. Insomma, mentre le spese militari cresceranno tutti
gii altri comparti della spesa pubblica saranno ridotti, tagliati, compressi. Ancora una volta la spesa militare gode di uno status privilegiato; per lei non valgono i «tetti» che rappresentano confini
ir valicabili per ogni altro settore: spese sociali, retribuzioni, investimenti. E’ intollerabile che lo stesso Bilancio che smantella le
staio sociale in nome della crisi economica, autorizzi una crescita
(.grande o piccola) delle spese militari; è una questione di priorità
che riguarda chiunque e non solo i pacifisti. Riguarda chi riceverà
una assistenza sanitaria scadente, riguarda chi non troverà più il
treno nelle linee soppresse, riguarda chi non riuscirà ad amministrare una Regione o un Comune per i finanziamenti drasticamente ridotti. Alcuni dati relativi ai bilanci di previsione del Ministero
della Difesa nel periodo 1976-85 testimoniano l’incremento di spese
militari avvenuto negli ultimi anni in Italia.
h e RIE STORICA DEI BILANCI DI PREVISIONE DEL MINISTERO
DELLA DIFESA
(valori in milioni di Lire)
Alino previsioni incremento nominale inflazione incremento reale
(947 2.956.739 — — —
Í977 3.530.610 19,40 18,1 4- 1,10
1978 4.313.818 22,18 12,5 + 8,59
1979 5.119.150 18,66 15,7 + 2,55
1980 5.780.000 12,90 21,1 — 6,76
1980a 1981 5.922.244 7.500.954 29,77 18,7 -I 9,32
1981a 1982 7.604.970 9.917.974 32,22 16,3 + 13,68
1982a 1983 10.026.722 11.648.680 17,45 14,7 + 2,39
1983a 1984 12.047.704 13.820.000 18,64 10,7 + 7,16
1984a 1985 14.525.300 16.500.000 18,52 7 + 11,57
Nota: a = asse.stato (da notare che i valori assestati dei bilanci.
MOREL OGO
porte, finestre, persiane,
scale, rivestimenti in legno, ecc.
Via 1’ Maggio, 40 - Tel. (0121) 900388
10062 LUSERNA S. GIOVANNI (To)
lfi;ktJRINO
IL CORRIERE DEL SESTRIERE
SERVIZIO GIORNALIERO
MILANO - TORINO - PINEROLO
VALLI CHISONE - PELLICE - GERMANASCA
AUTOCARRI TUTTE LE PORTATE PER
ITALIA - FRANCIA - SVIZZERA
10063 PEROSA ARGENTINA - VIA ROMA, 33
TEL. (0121) 81242 - 81046
possibile convertirle? » (Tullio Pironti Editore - 1982 - Roma). Si
tratta di un lavoro che indica gli effetti sull’occupazione generati
dalla, spesa di 1 miliardo di dollari in diverse attività. I risultati
possono essere sintetizzati nella seguente tabella che non ha bisogno di commenti:
Posti di lavoro
58.000
75.000
78.000
84.000
88.000
99.000
118.000
Programma
Bombardiere B1
Giustizia
Sanità
Edilizia pubblica
Costruzione autostrade
Previdenza sociale
Istruzione
A conferma che non sempre esiste una stretta correlazione
tra sviluppo e spese militari, anzi molte volte accade l’opposto, si
possono ancora riportare i dati finali di una ricerca condotta dalriSE (Institut Syndical Européen) (una sintesi di questo studio
è stata pubblicata su: Mondo Economico - 7 dicembre 1983 n. 47 «L’industria disarmata» di Sara Cristaldi). Questo studio ha cercato di individuare la connessione esistente tra spese militari, in
percentuale del prodotto nazionale lordo, e tasso annuo di crescita
della produttività nel settore manifatturiero. L’analisi è stata condotta nei principali paesi industrializzati per il periodo 1960/80. I
risultati possono essere schematizzati in un grafico:
n 2 4 6 8 10
GIAPPONE lllllllll
DANIMARCA llllllllllllllllllllllll
CANADA lllllll!llllllllllllllll
ITALIA lllllllllllllllllllllllllll
SVEZIA llllllllllllllllllllllllllllllllllll
GERMANIA ÜIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIJIIIIIII
FRANCIA lllll]lllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
G.B. ììììììììììììììì^^
U.S.A. ÌSÌS
in altre parole quanto si spende effettivamente, sono sempre superiori a quelli di previsione).
I dati 1976-83 sono di fonte ISTAT.
I dati 1984-85 sono desunti dalla Relazione Previsionale e Programmatica (R.P.P.).
Nessuno di noi pretende di cacciar via su due piedi le decine
di migliaia di persone che lavorano nelle forze armate, e non ci
opponiamo di sicuro alle spese che possono servire per migliorare
le condizioni di vita dei militari di leva. Ma un primo dato ci sorprende: dal 1976 ad oggi le spese per il «personale militare» sono
passate da 622 a 3342 miliardi (si sono cioè moltiplicate più di 5
volte) mentre quelle per « ammodernamento e potenziamento della difesa » (cioè per i nuovi sistemi d’arma) sono salite da 208 a
4394 miliardi (in pratica si sono moltiplicate per 20). E’ falso dunque che il fattore umano sia la causa principale dell’aumento delle
spese militari. Ma questo processo di « riqualificazione » del Bilancio della Difesa non dà però i vantaggi economici e occupazionali che molti sostengono. Per ciò che concerne quest’ultimo punto è interessante riportare lo studio del Dr. Roger Berdek, economista della Energy Resource and Development Administration,
pubblicato sul libro di Seymour Melman «Fabbriche di morte: è
Compagnia Italiana
(di Assicurazioni
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
ARNALDO PROCHET
TUTTI I RAMI DI ASSICURAZIONE
Via della Repubblica, 14 Telefono (0121 ) 91820
Articoli da regalo
Elia Bruno
PORCELLANE - CRISTALLERIE
SOUVENIR - CASALINGHI
LISTE NOZZE
★ Augura Buon Natale e Felice Anno Nuovo
VIA REPUBBLICA, 4 - TORRE PELLICE • TEL. (0121) 91642
0 2 4 6 8 10
llllllllllll = Spesa militare
■■■■ = Crescita della produttività
A parte il caso della Francia, che abbina a spese militari elevate una buona crescita della produttività, per le altre nazioni si
può notare una relazione inversa tra questi due indicatori (significativi a questo proposito i dati relativi a USA, GB e Giappone).
Queste sono solo alcime ragioni che il Movimento per la Pace
adduce per pronunciarsi contro le spese militari. Resterebbero da
trattare importanti argomenti, quali il tipo di difesa alternativa, la
riconversione industriale, il ruolo dell’Italia nella NATO ecc. Però
lo scopo di questo nostro intervento, che riteniamo quanto mai attuale in vista della discussione della Legge Finanziaria, è, in primo luogo, quello di richiamare l’attenzione su un problema poco
conosciuto e poco pubblicizzato. La lotta alle spese militari è considerata uno dei principali obiettivi del Movimento per la Pace.
I Comitati per la Pace del Pinerolese aprendo un dibattito su
questi temi auspicano un coinvolgimento di quei gruppi, forze politiche e religiose, con cui già in altre occasioni è stato avviato
un proficuo confronto. I Comitati per la Pace
e il Disarmo del Pinerolese
Amnesty International
TORRE PELLICE — Mercoledì
20 novembre, ore 17, al Centro
d’incontro avrà luogo una riunione con il seguente ordine del
giorno: a) azione urgente in favore della prigioniera d’opinione polacca Wanda Dragon; b)
programmazione delle attività
del Gruppo per il futuro anno
(promozione, scuola, raccolta
fondi ecc.); c) discussione sul
nuovo Notiziario; d) varie.
TORRE PELLICE — Martedì
26 novembre, ore 17, Foresteria
Valdese, Corso di aggiornamento per insegnanti: Amnesty International contro gli arresti e le
detenzioni arbitrarie, contro la
tortura, contro la pena di morte. Relatore: avv. Roberto Jouvenal.
RINGRAZIAMENTO
I familiari e parenti tutti della
compianta
Ernestina Long ved. Galliano
commossi e riconoscenti, ringraziano
tutti coloro che con la loro presenza,
scritti e fiorì hanno preso parte al loro
grande dolore.
Un particolare ringraziamento a
tutta la famiglia Siane Elio, alla signora Long Alice, alla signora Salma
Clodina, al dott. Valter Broue, ai medici ed al personale dell’Ospedale Valdese di Pomaretto, al Pastore Paolo
Ribet.
Pramollo, 18 novembre 1985
RINGRAZIAMENTO
Nella impossibilità di farlo singolarmente la famiglia del
Past. Micol
ringrazia commossa per la testimonianza di affetto dimostrata al suo caro,
con scritti e presenza; le dott.sse Seves
e Pons e i tanti cari amici che le sono
stati dì aiuto.
Luserna S. Giovanni, 18 novembre ’85
AVVISI ECONOMICI
CELIBE, corretto cristiano, due pensioni, ottima cultura, unirebbesi con
credente 30-55 anni. Indirizzare
TOSI - Via Piemonte, 3 - Venturina
(LI) - Telefono 0565/853351,
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomare*:
to tei. 81228 - 81691.
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 24 NOVEMBRE 1985
Porosa Argentina: FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 • PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva:
tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 24 NOVEMBRE 1985
Luserna San Giovanni: FARiMACIA
GAIETTO - Via Roma 7 - Telefono
909031.
Ambulanza :
C.'oce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
12 uomo e società
22 novembre 1985
EDUCARE ALLA PACE
AMNESTY INTERNATIONAL
Armi nucleari
e diritto intemazionale
Abbiamo già avuto occasione
di parlare dell’Editrice torinese
A. Meynier, condotta — fra gli
altri — dal prof. Franco Giacone
della Facoltà di Scienze politiche
dell’Università di Torino, in occasione della nuova, bella edizione integrale del volume del De
Amicis « Alle porte d’Italia », corredato colle relative illustrazioni
originali.
Ora questa Editrice ha dato alle stampe il primo volume della
collana « Educare alla pace »i.
Come dice lo stesso titolo, il libro è scritto nelle lingue in cui
gli oratori si sono espressi, e cioè
in francese ed in inglese. Se da
un lato la cosa può limitarne la
diffusione in Italia, dall’altro sta
ad indicare un inserimento della
Casa nell’editoria internazionale.
Vorremmo innanzitutto esprimere alla Meynier il nostro apprezzamento per la realizzazione
di questa nuova collana. Il problema degli armamenti e della
pace, mentre si rivela sempre più
drammatico e complesso per tutte le conseguenze che implica,
porta allo stesso tempo ad un
senso fatalistico di rassegnazione che induce la gente a delegarlo definitivamente ai politici ed
ai militari. Ci auguriamo perciò
che a questo volume ne possano
seguire altri che trattino l’angosciosa questione nei suoi vari
aspetti, da quello più "tecnico”
a quelli che possano maggiormente contribuire ad allargare la
conoscenza del problema da parte del pubblico (traffico armi,
rapporti fra i popoli, giustizia
internazionale, ecc.).
Anzitutto, che cos’è il CIPRI?
Si tratta dell’Istituto internazionale di ricerche per la pace di
Ginevra, ente indipendente creato nel 1980 da un gruppo di scien
« L'Eco delle '/alll Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N 175.
Redattori: Giorgio GardioI, Paolo
Fiorio, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Giuseppe Platone, Sergio
Ribet. Comitato di redazione: i redattori e; Mirella Bein Argentieri,
Valdo Benecchi, Mario F. Berutti,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti. Bruno Gabrielli, Claudio H. Martelli, Roberto Peyrot, Massimo Romeo, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLl
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/
655.278.
Redazione i'Eco delle Valli Valdesi:
Via Arnaud, 23 - 10066 Torre Pellice.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V. 15
- 10125 Torino.
Registro nazionale della Stampa n.
00961 voi. 10 foglio 481.
Abbonamenti 1986: Annuo L. 27.000;
Semestrale 14.000; Estero 55.000 (posta aerea 79.000); Sostenit. 50.000.
Decorrenza 1“ genn. e 1° luglio (semestrale) da versare esclusivamente sul c.c.p. 327106 intestato « L'Eco
delle Valli - La Luce ■ - Casella postale- 10066 Torre Pellice.
Pubblicità: prezzo a modulo (mm.
49x53) L. 12.000 (oltre IVA).
Inserzioni: prezzi per mm. di altezza. larghezza 1 colonna: mortuari
350 - sottoscrizioni 220.
Ogni parola: economici 250, partecipazioni personali 350 (oltre
IVA). Ricerche lavoro: gratuite.
Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
Intestato a • Lo Luce: fondo di solidarietà ». Via Pio V. 15 - Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
ziati e di cittadini di vari paesi e
di varie tendenze, neh’intento di
contribuire all’affermarsi di una
vera pace mediante ricerche
scientifiche ed interdisciplinari
(economico-politiche, sociologiche, giuridiche, ecc.).
Il volume in questione contiene gli atti deh’incontro organizzato a Ginevra dal GIPRI lo scorso anno. Questo colloquio ha visto riuniti ima sessantina di partecipanti provenienti da numerosi paesi e sono stati trattati e
discussi parecchi temi, sempre
inerenti al nucleare: dalla sua
legalità al rapporti fra nucleare
civile e militare; dai controlli a
mezzo satellite alla non proliferazione; dallo spazio extra atmosferico alle zone denuclearizzate.
Uno degli argomenti forse più
appassionanti e più accattivanti per il pubblico meno “esperto"
è quello relativo alla più volte
sottolineata illegalità dell’arma
nucleare. E’ stato fatto notare
al riguardo che questo concetto
è stato ampliato e rafforzato dalle posizioni assunte « da varie
chiese e dalle autorità religiose ».
Anche le Nazioni Unite, in varie
risoluzioni (che purtroppo non
si possono tradurre in ’’leggi”) si
sono pronunciate in merito. Le
armi nucleari sono state descritte come « quelle che minacciano
più gravemente non solo l’umanità, ma la stessa sopravvivenza della civiltà »; e quindi il
loro impiego è da considerarsi
« come il più grande crimine contro gli esseri umani ».
Eppure, malgrado queste enormi implicazioni, la regolamentazione di questi armamenti è
quanto mai vaga e aleatoria, ed
anche lo stesso trattato di Non
Proliferazione ha un’efficacia
molto relativa. Tuttavia — come
è stato sottolineato in un intervento — se ci fosse una volontà
politica, basterebbe fare riferimento ai vari Trattati dnternazionali, da quello dell’Aia del
1907 in cui viene solennemente
affermato che « i belligeranti non
hanno un diritto illimitato circa
l’adozione di mezzi atti a nuocere al nemico » a tutti quelli successivi in cui vengono proibiti i
gas, le tossine, ecc.; dalla Convenzione di Ginevra per la cura
dei malati e dei feriti per cause
belliche alla discriminazione fra
combattenti e non combattenti;
dai trattati sull’ inquinamento
alla Dichiarazione sugli « effetti
traumatici eccessivi »: tutte situazioni nelle quali l’armamento
nucleare può essere ampiamente compreso.
Purtroppo invece i soli tentativi per cercare una qualche limitazione in questo campo risultano dagli accordi URSS/USA e
proprio in questo periodo stiamo assistendo agli intensi contatti ohe preludono aH’imminente incontro Gorbaciov/Reagan a
Ginevra. Le premesse non paiono
molto ottimistiche e le speranze
si alternano a docce fredde. E’
comunque certo che, se anche si
raggiungerà qualche risultato, la
questione degli armamenti nucleari continuerà a gravare con
tutta la sua tragica potenza sulle
nostre e sulle future generazioni.
Roberto Peyrot
* Cipri : Annes tiucléaires et droit
international - Nuclear weapons and
international law, Ed. Albert Meynier,
1985, pp. 189, L. 30.000.
II Notiziario di A.I. del mese
di settembre invita i lettori a
inviare appelli in favore dei seguenti prigionieri per motivi di
opinione:
ANDREI SAKHAROV ■ URSS
Eminente fìsico nucleare, sottoposto a esilio interno a tempo indeterminato nella città di
Gorky dal 1980, dopo che si era
espresso contro l’intervento sovietico in Afghanistan.
Ora ha 65 anni ed è in precarie condizioni di salute: ha frequenti attacchi di cuore, soffre
di malattie ai reni e di ipertensione; è stato anche operato di
trombo-flebite.
Sakharov non è stato imputato di alcun reato e non è
mai stato processato, tuttavia è
stato anche privato dei diritti
dei prigionieri esiliati: infatti
non può ricevere visite né avere contatti telefonici o epistolari.
Si prega di inviare appelli
cortesi per un suo immediato e
incondizionato rilascio e per
cure mediche adeguate scrivendo a:
SSSR g Moskva
ul Delegatskaya 3
Verkhovny Sovet RSFSR
Predsedatelyu Prezidimm URSS
Si prega di scrivere anche
lettere di solidarietà allo stesso
Sakharov a questo indirizzo:
SSSR g. Gorky 137
Shcherbinka-2 ul Gagarina 214
Kw3 SAKHAROYU A.D.
ABDELFATTAH FAKIHANI
MAROCCO
Insegnante di francese, 36 anni, arrestato nel 1976, condannato all’ergastolo, ora è detenuto nel Carcere Centrale di Kenitra.
LETTERA DEL PASTORE CASTRO A REAGAN E GORBACIOV
Preghiamo che Dio vi guidi
In una lettera indirizzata alle
chiese membro del Consiglio
ecumenico delle chiese (CEC), il
segretario generale Emilio Castro presenta la sua lettera aperta inviata al presidente Ronald
Reagan e al segretario generale
Michail Gorbaciov.
L’incontro tra il presidente
americano e il segretario generale sovietico, il 19 e 20 novembre, può avere una importanza
storica. « Chiese e movimenti
pacifisti » dice Castro « vi si preparano, cogliendo l’occasione per
continuare a mobilitare l’opinione pubblica in favore della pace e del disarmo. Le nostre chiese membro, in Unione sovietica
e negli Stati Uniti, hanno previsto speciali attività in relazione
all’avvenimento ».
La sera di martedì 19 è prevista una veglia di preghiera al
Centro ecumenico, con la comunità cristiana di Ginevra; Castro
chiede alle chiese del CEC di
fare tutto il possibile perché le
comunità locali si ricordino di
questo incontro, perché possa
essere al centro delle intercessioni delle chiese. « Che Dio ci
accordi il miracolo della pace! »
è la parola con la quale Emilio
Castro conclude la sua lettera
alle chiese.
Che cosa scrive invece il segretario del CEC ai due dirigenti politici delle nazioni più
potenti del mondo?
L’incontro si presenta come
un’occasione unica, in un clima
di attese, in un momento cruciale per la storia umana, segnata da gravi difficoltà.
Il CEC, come organizzazione
fondata sulla fede in Dio, insiste
sulle considerazioni morali ed
etiche profonde che devono prevalere nel dibattito. Ispirandosi
a queste considerazioni il CEC,
che rappresenta 400 milioni di
persone, dell’Est e deU’Ovest,
del Nord e del Sud, si permette
di ricordare ai due dirigenti le
responsabilità che hanno, non
solo verso i popoli delle rispettive nazioni, ma verso tutti i popoli della terra. « Noi siamo sinceramente convinti » prosegue
Castro « che oggi voi potete realizzare dei veri progressi sulla
via della pace ». Ogni miglioramento dei rapporti fra i due
paesi rappresentati può avere
effetti anche su altre situazioni:
per non scegliere che un esempio, nel caso del Medio Oriente.
« Un grado d’intesa anche modesto tra le vostre due nazioni
può fare molto per ridurre la
tensione e creare un clima favorevole all’instaurazione della
giustizia e della pace ».
Dopo aver ricordato che l’incontro avviene in coincidenza
con il quarantesimo anniversario deirONU, creata nella speranza e in sintonia con ideali
che vanno ripresi. Castro ha parole di apprezzamento per la
« volontà degli Stati Uniti di
proseguire la negoziazione sulle
armi nucleari », e di rallegramento per « la moratoria unilaterale osservata attualmente dall’Unione Sovietica » formulando
l’augurio che possa essere prolungata da questo paese e applicata a sua volta dagli USA.
Castro esprime la preoccupazione del CEC per il rischio crescente di militarizzazione dello
spazio extra atmosferico, e la
convinzione che è molto più facile non iniziare una nuova fase
di corsa al riarmo, piuttosto che
tentare di fermarla una volta
iniziata. « Per questo speriamo
ardentemente che le discussioni al vertice condurranno alla interdizione delle armi nel nuovo
teatro di operazione rappresentato dallo spazio extra atmosferico ».
« Siate certi che milioni di
persone vi daranno il loro appoggio per ogni passo che compirete sulla via della pace. Permetteteci di esprimere la speranza che la vostra riunione porterà ad un periodo nuovo che
sarà segnato da relazioni migliori tra le vostre nazioni e da
uno spirito di cooperazione, così che insieme contribuirete alla
giustizia e alla pace nel mondo.
Preghiamo che Dio vi guidi nelle vostre decisioni ».
S. R.
Dono - idea
per dicembre
Regalare aU’Eco-Luce
un rinnovo dell’abbonamento
entro l’anno.
E’ troppo chiedere?
prigionieri
del mese
Egli apparteneva al movimento radical-socialista detto dei
« frontisti ». Questi furono arrestati in più di 200 sin dal ’74,
tenuti in isolamento e, si dice,
anche torturati, come Abdelfattah violentemente percosso,
appeso a sbarre di ferro e sottoposto a scariche elettriche.
Nel 1977 fu processato e condannato con altri 177 « frontisti »
per associazione clandestina e
complotto contro la monarchia,
per avere rivendicato l’avvento
in Marocco di una repubblica
popolare.
Amnesty ne chiede il rilascio,
perché non ha fatto ricorso al
la violenza, né istigato ad essa.
Inoltre durante il processo non
sono state rispettate le procedure standard internazionali.
Si prega di scrivere con cortesia, se possibile in francese, chiedendo il rilascio di Abdelfattah
Fakihani e degli altri detenuti
in Marocco per motivi di coscienza a:
Sua Maestà Re Hassan II
Rabat - MAROCCO.
JAMALUDDIN NAQVI - PARI
STAN
Professore di inglese a Karachi, cinquantenne, incarcerato
nel’ luglio ’80, fu processato con
altre 6 persone nel dicembre
1981 per stampa e distribuzio
ne di pubblicazioni disapprovate dalle autorità e per attivili:
di opposizione al governo.
Le sue condizioni di salute
sono assai precarie; durante il
processo fu colpito da un attacco di cuore, che lo lasciò invalido. Fu curato nel Centro medico di Karachi e poi trasferito
nel Carcere Centrale di questa
città. In seguito gli si sviluppò
la cataratta ad ambedue gli occhi e a causa dell’artrite non fu
quasi più capace di camminare.
Dopo la sospensione del processo nell’82 per questi motivi
di salute, non fu più istruito
un altro processo.
Si prega di chiedere la liberazione di Jamaluddin Naqvi, soprattutto per motivi di salute,
scrivendo lettere cortesi a:
His Excellency President
General Mohammad Zia-ul-Haq
The Presidency
Murree Brewery Road
Rawalpindi - PAKISTAN
A cura del Gruppo « Val
Pellice » di A. I. - Via
Beckwith 8 - Torre Pellice
« SOLA
SCRIPTURA »
(segue da pag. 8)
chi, e infine a non allentare
una pressione « che avrà effetto
soltanto a lungo termine, in vista del trionfo della giustizia e
del compimento della riconciliazione ».
15 GIORNI PER GLI ALTRI
Il sinodo ha incoraggiato l’iniziativa che chiede ai pastori di
impegnarsi per dei periodi di 15
giorni in chiese sprovviste di pastori. Le altre chiese dovranno
organizzarsi per permettere al
proprio pastore di mettersi a disposizione per tale periodo.
MONDO RURALE
I giovani pastori che giungono
in una parrocchia rurale provenendo dalla città, hanno la possibilità di svolgere dei periodi
di lavoro manuale presso agricoltori evangelici. Questo dà loro
modo di conoscere direttamente mentalità e abitudini dei
membri di chiesa. La valutazione dell’esperienza viene fatta in
appositi convegni.
Claudio Tron
Bruno Rostagno