1
r
ECO
DELLE VALU VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TOBRB PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Num, 11
Una copia Lire 100
ABBONAMENTI
{
L. 3.50Ö per l’interno
L. 4.50Ò per l’estero
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 100
TORRE PELLICE — 16 Marzo 1973
Amm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
IL PASTORE PAOLO RICCA RAPPRESENTA LA CHIESA VALDESE
AL COLLOQUIO DI LEUENBERG
Da un vescovo luterano un esempio di chiarezza e lealtà ecumenica
LA CHIESA DI ROMA E NOI Procederà la "Concordia"
Il vero atteggiamento ecumenico non è scambiarsi ambigue patenti di cristianesimo ina interrogarsi lU.L0rQ.ni 0 riIOrmQtl .
sulla realtà del nostro cristianesimo, altrimenti finirà che la questione dell’essere o non essere veramente chiesa di Gesù Cristo sarà risolta inter nos, senza Gesù Cristo
Il pastore Jacques Maury, presidente del Consiglio nazionale della Chiesa Riformata di Francia, trattando il
tema dell'identità protestante nel corso di un incontro ecumenico avvenuto
a Bièvres nell’aprile 1972, osservava
che il movimento ecumenico poteva
forse aver contribuito a stemperare
nei protestanti la coscienza della propria identità, tanto più là dove essi
vivono in una situazione sociologica
minoritaria (come in Francia e, in modo più accentuato ancora, in Italia). In
simile contesto « è normale — secondo il pastore Maury — che constatando lo sviluppo ecumenico attuale e valutando che, contrariamente a tutto
ciò che fino a quel momento era stato
loro insegnato, la Chiesa cattolica è'
veramente una Chiesa di Gesù Cristo,
i membri delle nostre Chiese giungano a chiedersi: perché essere ancora
protestanti? ». In effetti, se si pone il
problema nei termini enunciati dal pastore Maury, la domanda è perfettarnente legittima. Se si giunge alla convinzione che la chiesa cattolica « è veramente una Chiesa di Gesù Cristo »,
è logico chiedersi perché ne restiamo
fuori. Finché si dubita che quella di
Roma sia davvero una chiesa di Gesù
Cristo, restarne fuori è un atto doveroso di responsabilità evangelica; ma
se ci si convince del contrario, e cioè
che la chiesa cattolica è veramente
una chiesa di Gesù Cristo, restarne
fuori diventa una scelta discutibile c,
comunque, difficilmente giustificabile.
Quale cristiano può ragionevolmente
verter restare^ fuori da una chièsa che
egli considera veramente chiesa di
Gesù Cristo? Quale giustificazione evangelica potrebbe dare a una simile decisione? Il problema però è proprio
questo: la chiesa cattolica, secondo
noi, è «veramente una chiesa di Gesù
Ci isto »? Se lo è, non ha molto senso
restarne fuori. Ha senso restarne fuori solo se non . lo è.
L'alternativa è dunque questa: la
chiesa cattolica è o non è, secondo noi,
veramente una chiesa di Gesù Cristo?
Esitiamo a rispondere: non per il timore di manifestare la nostra opinione ma per il sospetto che l’alternativa
non sia propriamente evangelica. Secondo l’evangelo, solo Dio conosce i
suoi, solo Dio conosce i cuori. Perciò
solo Dio sa distinguere la vera chiesa
dalla falsa, solo Lui può dire se una
chiesa « è veramente una chiesa di Gesù Cristo ». Noi questi giudizi è meglio
che non li diamo. Il nostro compito
non è di giudicare e classificare gli altri ma di « provare noi stessi » (I Corinzi 11: 31) per vedere se noi siamo
nella fede. Vogliamo esaminare noi
stessi, non gli altri.
Di nostra iniziativa, quindi, non solleviamo la questione se la chiesa di
Roma sia o non sia veramente una
chiesa di Gesù Cristo. Saranno i cattolici a porsi questa domanda. Ma se
il problema viene sollevato, come nel
discorso del pastore Maury. e se c’è
tra i protestanti chi ritiene che la chiesa cattolica sia veramente una chiesa
di Gesù Cristo, allora non possiamo
non prendere posizione e dire apertamente che noi non siamo di questi.
Il punto di vista evangelico a nostro
avviso corretto sull’argomento è quello espresso dal vescovo luterano Hans
H. Harms in un .suo intervento nel corso del Sinodo generale dell’episcopato
cattolico tedesco (Wùrzburg, 3-7 gennaio 1973). Dopo aver rilevato che nel
documento ecumenico che i vescovi tedeschi stavano in quel momento discutendo e su quale era stato richiesto il
suo parere di « fratello separato », le
chiese della Riforma non erano considerate chiese ma solo « comunità ecclesiali » (questa distinzione risale, come è noto, al Concilio Vaticano II), il
vescovo luterano ha detto: « Questo
[che le chiese evangeliche siano considerate da Roma soltanto « comunità
ecclesiali » e non chiese] mi pesa. Lo
dico-chiaro. Sono però in grado di sopportarlo, perché neppure voi vi aspettate da me che vi riconosca senza riserve come chiesa ». Proprio questo è il
discorso da fare: la chiesa cattolica
non deve aspettarsi che noi la riconosciamo senza riserve come chiesa. Noi
esprimiamo il parere opposto a quello
riferito dal pastore Maury: non riteniamo che la chiesa cattolica sia « veramente una chiesa di Gesù Cristo ».
Anzi, siamo convinti che sul piano delle strutture e dei dogmi la chiesa di
Roma non è veramente una chiesa di
Gesù Cristo. Per questo motivo ne siamo fuori. Nessun altro motivo sarebbe cristianamente plausibile.
Solo che la chiesa, qualunque essa
sia, non è soltanto strutture e dogmi.
« È lo Spirito quel che vivifica » (Giovanni 6: 63), al limite solo Lui conta.
Una chiesa riformata ma senza Spirito è anch’essa morta. La questione della vera chiesa non si esaurisce in quella dei dogmi e delle strutture (pur implicandola): si prolunga necessariamente in quella della presenza e dell’azione dello Spirito. Ma lo Spirito non ci
appartiene; è di Dio, non nostro; lo
possiamo invocare, non comandare. La
vera chiesa non è opera nostra ma sua.
Essere veramente una chiesa di Gesù
Cristo dipende certo anche dalla nostra ubbidienza e fedeltà alle indicazioni della Scrittura, unica norma della fede e della chiesa, ma in ultima
analisi dipende dalla libertà dello Spirito che soffia dove vuole.
Ecco perché, mentre non ci sentiamo di dire che la chiesa cattolica è vp
ramente una chiesa di Gesù Cristo, anzi — pensando alle sue strutture e ai
suoi dogmi — sianio convinti del contrario, dobbiamo subito sollevare la
questione in casa nostra e chiederci:
le nostre chiese sono « veramente chiese di Gesù Cristo »? La domanda non
è retorica e la risposta non è scontala. Comunque non può essere una risposta teorica ma solo pratica.
In conclusione, il vero atteggiamento ecumenico a noi pare essere questo:
non scambiarsi aivbigue patenti di cristianesimo ma iDicrrogarsi sulla realtà del nostro cri,.:lanesimo. Non fare
discorsi ras ic come questo: An
che tu sei 1 T I a cn tiana (come
naturalmente lo s no io), ma avere il
coraggio di porsi nsieme la scomoda
domanda: Sono io veramente una
chiesa di Gesù (.. sto? Altrimenti finirà che la qu dell essere o non
essere veramenic :hiesa di Gesù Cristo sarà risolta i :er nos. senza Gesù
Cristo. ’
Paolo Ricca
Come si ricorderà, il Sinodo Valdese
1972 ha affrontato, fra l'altro, il progetto di Concordia fra Chiese luterane e
riformate, elaborato da vari anni da
una commissione paritetica che si è
riunita ripetutamente al centro di
Leuenberg, presso Basilea. A questi incontri la Chiesa Valdese è stata rappresentata prima dal prof. Vittorio Subilla, poi dal past. Paolo Ricca. Il nostro
Sinodo aveva udito, la scorsa estate,
una relazione stesa da una Commissione di studio (P. Ricca, G. Vicentini, V.
Subilla relatore), che aveva analizzato
ampiamente il documento, con apprezzamenti positivi e notazioni critiche:
si riconosceva insomma una sostanziale comunione di fede, ma si notava che
il documento, come proposto, era nettamente troppo luterano, oltre ad essere, forse, troppo scolastico; si proponeva quindi alla commissione paritetica di continuazione la sostituzione dell'ampio progetto di « Concordia » con
un testo assai più breve ed essenziale,
teso appunto a esprimere con calore la
sostanziale comunione di fede, senza
costringere gli uni nei panni degli altri.
Intanto, nel corso dell’ultimo anno e
mezzo, come la Chiesa Valdese le al
A che serva la scuola?
Vorrei riprendere il discorso di Gino Conte sull’ultimo numero del giornale, a proposito di « politicità e apolitici^ nella scuola non nascondendomi certo che un problema come
quello proposto richiederebbe una ben
più lunga e consapevole disamina, ma
anche per accogliere l’invito finale,
che è un invito al dialogo. Il tema, ripeto, è di grande attualità, ed investe
praticamente tutta la vita attuale della scuola, e non solo italiana; le esperienze singole ed i punti di vista quale può essere il mio, sono piccoli contributi al chiarimento di quel grosso
punto interrogativo che è il fine della
scuola oggi.
Premetto anzitutto che concordo pienamente con quanto scritto da Gino
Conte: e queste poche righe sono destinate semplicemente a chiarire il
perché di tale posizione, e a vedere
meglio che cosa esiste a monte di quello che generalmente viene declassato
o visto con sospetto, in quanto « apoliticità della scuola ».
Mi rifaccio per questo anche ad una
serie di interessanti conversazioni avute nei recenti corsi abilitanti con un
centinaio di colleghi, di diversa formazione e di diversa età, relative alla
figura dell’insegnante nella scuola di
oggi: davanti al problema della sua
definizione (scelta vocazionale, ingegnere delle anime, distributore del sapere, organipatore della cultura, ecc.
ecc.) le posizioni potevano rimanere
incerte e anche contradditorie, seppure la visione « vocazionale » fosse per
buona parte un mito ormai deamicisiano.
Quello che peraltro tutti quanti accettavano e riconoscevano come denorninatore comune, era la componente
di un’« etica professionale », per tutti
presente, perché tutti hanno a che fa
re non con mob Ij d'ufficio o con dipendenti, ma con esseri umani in formazione; e per tuiti :éstremamente delicata ed impegnatici.
Ecco: è precisamente l’etica professionale (contentiamo! ; di non definirla
ulteriormente) che pone qualsiasi insegnante davanti al problema del suo
essere e del suo agii.: neH’ambito della scuola: etica, che gli impone sopra
ogni altra cosa il ri.spetto dell’autonomia e della libertà .Jd ragazzo o del
giovane che gli è davanti. L’alunno, in
altri termini, non deve essere considerato un salice, che in quanto pieghevole, farà comodo volgere dalla parte
che il maestro vorrà; ma un virgulto
che deve acquistare con l’aiuto del discente tutte le forze per crescere libero, indipendente e capace con le sue
forze di avviarsi al suo destino. In altri termini, qualsiasi informazione non
deve essere preconcetta, parziale o viziata, ma mirare al solo vero scopo
della scuola, quello della formazione.
Ho sempre considerato aberrante e
detestabile abusare del mio posto in
mezzo agli allievi per indirizzarli su
un solo binario, e crearne semplicemente dei ribelli oggi ad una visione
e domani poi ad un’altra: si tratta per
me di un abuso di potere nei riguardi di chi mi è affidato per la sua e(lucazione e formazione, e di un abuso di
fiducia nei riguardi dei genitori, i quali mi consegnano ,i loro figli non perché siano indottrinati in un modo o
nell’altro, ma per acquisire nella visione completa e contrastante delle cose
quel senso critico e quella capacità di
orientamento che faranno di loro degli uomini liberi.
Vorrei vedere, a tale proposito, la
faccia di quanti nella scuola fanno manifesta professione e propaganda di un
determinato tipo, se capitasse loro di
Verso un concilio ecumenico nniversaie?
La Commissione « Fede e Ordinamento »
del CEC, di cui è direttore il pastore Lukas
Vischer, ha pubblicato in questi giorni un rapporto su « Il ministero consacrato in una prospettiva missionaria. Com’è noto sul problema
dei ministeri verte parte notevole dei dialoghi
ufficiali o ufficiosi fra le Chiese e le confessioni. Il rappòrto solleva nei termini seguenti,
nella sua conclusione, il problema di un concilio veramente universale, veramente « ecumenico », di cui da due o tre anni si è cominciato a parlare.
Il problema del ministero è oggetto di discussioni in molti luoghi diversi. È d’importanza cruciale nelle trattative di unione e nei
negoziati bilaterali fra famiglie confessionali
a livello mondiale; è pure oggetto di dibattiti
intensi là dove si tratta di ampliare la collaborazione. Tutti questi sforzi devono essere
proseguiti.
Le Chiese devono andare avanti nel reciproco riconosciinento fin dove lo permettono
le rispettive posizioni ecclesiologiche. L’urgenza della testimonianza che devono rendere
preme su loro. Ma non scopriranno le risposte ai problemi che le dividono se non andando avanti. Così facendo progrediranno sulla
via che porta al reciproco riconoscimento,
nella misura in cui prenderanno coscienza della comunione che è dato loro di vedere fra loro.
Per alcune Chiese, ciò può voler dire estendere la collaborazipne e intraprendere compiti pastorali in comune nei settori nel quali
se ne fa sentire in modo particolare l’esigenza
(matrimoni misti, situazioni di diaspora, etc.).
Per altre Chiese è possibile che sia venuto il
momento di celebrare più frequentemente insieme l’eucaristia e che siano chiamate ad
approvare ufficialmente la pratica di celebrazioni occasionali in comune, quando circostanze particolari lo esigano.
In ogni caso l’insieme degli sforzi dovrebbe
convergere verso un unico scopo, altrimenti
si disperderanno. L’idea di « un concilio ecumenico universale » potrebbe fornire questo
scopo comune. Preparandosi a questa scadenza, le Chiese saranno condotte naturalmente
(continvM a pag. .5)
avere come insegnanti dei propri figli
proprio quelli che predicano dall’altra
cattedra! Il fatto è che la verità, fino
a prova contraria, non è per fórtuna
patrimonio di nessuno: ma quando
purtroppo noi ci facciamo servitori di
una verità presunta, diventiamo dogmatici ed autoritari, incapaci di diaItigo ed assolutisti... E questo vale ovviamente, in termini politici, per la
destra o per la sinistra o per il centro...
Abbiamo sofferto per secoli, e soffriamo tuttora, di dogmatismo cattolico: ma quanti si urtano, e a ragione,
contro la scuola confessionale italiana, dovrebbero domandarsi se altri
dogmatismi di natura diversa non abbiano da essere alla stessa stregua condannati e maledetti. Dal punto di vista pedagogico, non mi risulta che il
dogmatismo Confessionale sia più deleterio e condannabile di quello politico: il risultato è sempre negativo, e
cioè, come dice Gino Conte, quello di
creare degli strumenti di un determinato sistema.
* * *
Etica professionale, precisamente:
deve essere questa a costringere l’insegnante al superamento dei suoi condizionamenti e delle sue ideologie: il
che non significa affatto che l’insegnante debba essere uno smidollato o un
qualunquista... Infatti, egli potrà anche chiarire ai suoi alunni, onestamente, il perché delle sue scelte o del suo
disimpegno, sempre presentandosi non
come il Maestro con la maiuscola, che
deve essere imitato, ma quello senza
maiuscola, che vive con i giovani la
ricerca appassionante e sempre nuova della verità...
Tutto questo dovrebbe portare alla
scuola democratica, quella veramente
tale, non quella che come tale ci viene
gabellata, ma che di democrazia non
ha che un colorito esterno e mistificato...
* ■* *
Aggiungo ancora, concludendo, che
tale visione della scuola e dei suoi uomini, mi pare anche la più evangelica:
questo perché l’Evangelo è messaggio
di liberazione, da qualsiasi tiranno o
padrone, ivi compresi quelli del corpo
e Quelli dello spirito. La scuola « evangelica » non può non creare l’uomo libero; ma anche responsabile, cioè capace di giudicare di volta in volta (e
non una volta per tutte!) quantó’ appartiene a Dio e quanto spetta a Cesare.
Responsàbilità nella libertà: è un
programma grosso, continuamente in
pericolo, abbastanza scomodo per chi
non si sente di fare delle « scelte »
prioritarie; eppure un programma che
è l’unico valido in venti secoli di storia, e che vale la pena di condividere
in una società come la nostra, così
soffocata o condizionata da mistificazioni di ogni genere sul piano religioso, morale, sociale e politico, tutte più
o meno occasionali, più o meno seducenti...
Augusto Armano Hugon
tre Chiese luterane e riformate si sono
espresse al riguardo, e in questi giorni,
dal 12 al 16 marzo, la Commissione mista è nuovamente riunita a Leuenberg,
per trarre le fila di questi pronunciamenti. La sessione, che è patrocinata
dal Segretariato di « Fede e Ordinamento » del CEC, dalla Federazione luterana mondiale e dall’Alleanza riformata mondiale, sarà presieduta dal
prof. Marc Lienhardt di Strasburgo (luterano) e dal prof. Max Geiger di Basilea (riformato); essa dovrebbe stendere un testo definitivo, che sarà poi sottoposto alla ratifica di tutte le Chiese
della FLM e dell’ARM. A questa sessione partecipa, per la Chiesa Valdese, il
past. Paolo Ricca e ne attendiamo con
vivo interesse, anche sulle nostre colonne, un resoconto.
Dialogo fra battisti
e rltormati
a livello mondiale?
Ginevra (bip) — In seguito alla proposta avanzata dal comitato esecutivo
dell’Alleanza riformata mondiale di
studiare la possibilità di conversazioni bilaterali fra FARM e l’Alleanza battista mondiale (ABM), una riunione
preliminare di rappresentanti delle
due organizzazioni confessionali ci è
tenuta in febbraio nel seminario battista di Rùschlikon, presso Zurigo, dopo che il comitato esecutivo dell’ABM,
nella sua sessione del luglio 1972 alla
Giamaica, aveya xiato . la sua approvazione,
I dibattiti, a Rùschlikon, erano basati su un documento di lavoro elaborato dal past. Richmond Smith, segretario del Dipartimento teologico delFARM. Proposte definitive sull’avvio di
un dialogo saranno presentate al comitato esecutivo delFARM, nella sua
sessione a Einsiedeln nel luglio 1973,
e al Comitato esecutivo delFABM, la
cui prossima sessione è prevista per il
gennaio 1974 a Kingston, Giamaica.
La rubrica tv
“PROTESTANTESIMO,,
Chi sono, come vivono
i pontecostali italiani?
Chi sono e come vivono i « pentecostali » italiani? Andando a scoprire una comunità pentecostale
del sud ed individuandone la forte
spinta spirituale, il numero della
rubrica « Protestantesimo » (in
onda sul secondo canale TV, giovedì 15 marzo dalle 18.30 alle
18.45), curata da Roberto Sbaffi e
condotta in studio da Aldo Comba, tenterà di rispondere a questa
domanda. Dopo il filmato introduttivo, che presenta la vita e l’attività delle comunità di Andria e
di Alberobello, il past. Toppi e Nicola Pantaleo illustreranno in studio gli aspetti teologici di questo
movimento evangelico, tutt’ora in
forte espansione.
^ L’UNESCO ha inviato a Managua una
missione preparatoria di due esperti per aiu*
tare il governo nicaraguano a studiare un piano di ricostruzione della capitale, devastata
dal recente terremoto. In seguito saranno inviati un'attrezzature adeguata e un gruppo di
specialisti. Potranno così essere localizzati ì
rischi sismici a Managua e nella regione circostante, prima di scegliere un nuovo luogoper ricostruire la città e potranno essere comunicati agli architetti una serie di dati sismologici che lì metteranno in condizioni di
costruire immobili resìstenti ai terremoti.
La missione deH’UNESCO comprende un
ingegnere italiano, Enzo Faccioli, e un sismologo cileno, Ginna Lomnitz. L’ing Faccioli
dirige, all’Università di Città del Messico, un
programma di ricerche sulla dinamica del
suolo, finanziato dal PNUD, il Programma
delle N.U. per lo sviluppo; il prof. Lomnitz h
docente di sismologia presso la stessa Università.
2
pag. 2
UN’OPERA PI FRANCO CORDERO: INTERESSANTE E MANCATA
.aia
L'àpostolii" Paolo dallo psicanalista
Una pretesa ’’liquidazione” del messaggio paolino in un commento psicologicopsicanalitico all’Epistola ai Romani - La mira forse è giusta, ma è il bersagio ad
essere costruito artificialmente, coll’aggravante che scrivere un libro contro
Paolo non ha nulla di originale
La mira forse è giusta, ma è il bersaglio ad esser costruito artificialmente, coll’aggravante che scrivere un libro contro Paolo non ha nulla di originale. Parlo del libro di Franco Cordero sulla lettera ai Romani', ossia
più di trecento pagine di « liquidazione » del messaggio paolino, eseguita
con rnetodo psicologico-psicanalitico.
Per la verità Cordero è professore di
diritto, se non sbagliamo; ma la psicanalisi appartiene alla cultura moderna e quindi alla « competenza » di
quanti si occupano deH’uomo, in un
modo o nell'altro.
Dall’incontro di Cordero colla lettera ai Romani yengon fuori più cose e
più notevoli di quanto non jx)ssa dirsi brevemente; lo schema che tento
sta al libro come lo scheletro ad un
corpo vivo e tradisce anche la fulminante prosa che rende appetibili i libri del nostro autore.
Punto di partenza è, mi pare. Paolo
stesso. La fede essendo uno stato d’animo (p. 78 e passim), la si può psicologizzare. Paolo passa da un’esagerazione all’altra: ossia dalla depressione
più nera, quando vede il mondo e noi
stessi in preda al peccato, alla morte,
al demonio, passa aH’esaltazione più
fantastica e si sente già trasportato in
cielo. Ma il tutto nasconde incertezza.
Dopo la disperazione e la vittoria, il
dubbio finale. Cito solo una pagina
riassuntiva, ma ve ne sono di migliori: « Quei due versetti hanno rivoltato
il sasso della formula teologale scoprendo un brulichio di desideri e di
paure: riuscirò, a salvarmi dall’ira di
Dio? 'Tutto sommato, uno spettacolo
meschino. Il terzo versetto è un tentativo di hquidare Tineertezza con la solita mossa allucinatoria: siamo già in
Dio dopo che (il testo dice ’ora’ alludendo all’epoca cosmica della resurrezione appena instaurata) Gesù Cristo
ci ha riconciliati; siamo salvi, ma soltanto in speranza. Il disegno psicologico della teologia paolina si è svelato:
oppresso da una carica fluttuante di
angoscia, il fedele si libera proiettando
i contenuti inconsci in una fantasia
cosmica di persecuzione e salvezza;
rassicuriamoci perché Teyento terribile è già avvenuto e Cristo, il grande
esorcista, ha vinto la partita una volta
per tutte; i nostri destini individuali
sono modellati sulla sua vicenda archetipa. Ora studieremo i concetti in
cui si rapprende questo sussulto emotivo... » (p. 112 a proposito di Rom.
5: 9-11).
Ma Paolo scrive per proporre una
esperienza religiosa. Egli sta quindi
dalla parte di tutti i maestri, è il capostipite dei teologi, persino il produttore della chiesa, quindi della gerarchia. Le trovate mistificatorie non son
tutte sue, ma anche della tradizione
cristiana; però è stato lui a cominciare. E chiaro che alla fede come stato
d’animo corrisponde una teologia; ma
« i teologi non perdón tempo nelle
questioni di semantica e di logica. Il
prestigio della corporazione dipende
da un gioco di spettri verbali manovrati con arrogante sicurezza, tanto da
intimidire gli ascoltatori i quali non
capiscono, per un attimo sospettano
che non ci sia niente da capire, e poi
incolpano se stessi: queste cose hanno un profondo significato se le dicono gli specialisti della “scienza di Dio";
è in gioco il nostro destino soprannaturale, "deve" esserci un senso e tanto peggio per chi non lo afferra. Le
frasi insensate sgomentano, e lo sgomento genera rispetto. In proposito
Paolo ha molto da farsi perdonare
quantunque non sia un teologo di mestiere e quindi gli manchi la capacità
di moltiplicare a freddo le parole per
chiudervisi come in una gabbia, sia
detto a suo onore; quando parla, esprime in logica rabbinica dei furiosi stati
d’animo che i successori imbalsamano
in concetti: là grazia sii cui si scannano domenicani e gesuiti sta ai lampi
paolini di sentimento come un gufo
irnpagliato a uno sparviero vivo »
(p. 12).
Approviamo Cordero per queste
« quattro verità » e proseguiamo. Che
cosa ci dice da parte sua? Lo sappiamo: alla fede si può solo contrapporre la ragione, aO’immagine mitica una
morale; le due contrapposizioni sono
correlative. Nella prima rientra il rigetto della gerarchia, oscurantista, che
manipola il sacro mediante il sacramento. Si è portati a pensare che parte del libro derivi da un sentimento
di ripulsa verso la gerarchia non perfettamente padroneggiato: ma interpretare Cordero in termini psicologici
sarebbe fargli troppo torto. Più essenziali gli sviluppi sul sacramento, che
Cordero svela per quello che è, uno
strumento di potere e di alienazione,
ma il cui significato in Paolo naturalmente gli sfugge. Fed« e ragione: i credenti stanno chiaramente dalla parte
dell’irrazionale, hanno un livello di
pensiero molto basso, sono screditati
in tutti i modi. A questa abiezione intellettuale fa riscontro l’abiezione morale, le due accuse e il modo di usarle Cordero li ha imparati da Nietzsche,
e percorrono tutto il libro (cfr. p. 209,
il livello inframorale delle gesta divine
p. 253, ecc.). All’opposto di questa bassa moralità stanno gli Ebrei, ma stranamente anche Calvino! Come la sobria ragione si contrappone alTillusione ipnotica del momento teologico, così la sobria morale di quel che c’è da
fare nei limiti di questo mondo si contrappone alle fughe nella sacramentologia. Torneremo naturalmente su questo punto.
A volte Tanalisi prende un altro sentiero per arrivare allo stesso punto;
allora è Paolo nonostante tutto a sostenere l’autore contro la coscienza religiosa e la teologia; la dottrina della
doppia predestinazione gli viene ascritta a merito (com’è merito di Calvino
averla mantenuta), perché in fondo
non è sbagliato pensare che ci si muove in un mondo a schemi fissi, il quale tanto più richiede l’intervento realistico e il coraggio morale di una sobria umanità, all’opposto delle nebbie
teologiche.
Vorremmo veramente citare molto
di più; il divertente condensato dell’Apocalisse per esempio (pag. 127). Il
molto bel saggio di psicologia cristiana a pag. 108-Ìll. Ma approfondire Tanalisi vorrebbe dire uscire dai limiti
del giornale. Passiamo ad alcuni rilievi critici: a) la legittimità della critica psicologica della fede; b) l’esegesi
di Cordero.
Il credente accetta la messa in questione della sua fede da parte dello
psicologo serio o dell’analista. Accettare la questione posta alla fede dalla
scienza psicologica è oltre tutto un dovere di igiene mentale. A parte questo
la fede del nostro tempo si distingue
da quelle di ogni altro tempo per il posto che fa alTinterpellazione. Il discorso va portato anche nelle chiese sul
terreno psicologico e approfondito.
Tanto, anche nella chiesa la maggior
parte delle nostre reazioni sono di tipo psicologico; perché allora non approfondire? Non ci riconosciamo nell’immagine che ci viene presentata? O
non vogliamo riconoscerci nerché lo
spettacolo è meno bello dell’idea che
ce n’eravamo fatti?
Non ti solo pane
Ci sono altri « guai » nella Bibbia, oltre quelli proclamati
dall’Apocalisse e sui quali abbiamo meditato nella settimana
scorsa. Per esempio, il profeta Isaia ne presenta, nel capitolo 5"
del suo libro, una serie interessante e quanto mai attuale, che
ognuno di noi può con profitto soffermarsi a meditare.
« Guai a quelli che aggiungono casa a casa, che uniscono
campo a campo, finché non rimanga più spazio, e voi restiate
soli ad abitare in mezzo al paese! » È questa la prima invettiva
della serie, ed è chiaramente diretta contro l’avidità dei beni
terreni, comune oggi a tutti, proclamata come una sana direttiva
economica, quasi come un dovere pubblico nella nostra cosidetta civiltà dei consumi. « Trafficate, speculate, arricchitevi più
che potete, usando tutti gli elementi che la vita vi fornisce. Il fine
giustifica i mezzi ». E ascoltando questo, che è diventato il vero
imperativo categorico della nostra età, non si bada al risultato
generale, all’effetto definitivo che quest’applicazione produce:
non rimane più spazio per la vita vera, non si pensa più alle
grandi verità che fanno vivere davvero, e si resta « soli ad abitare in mezzo al paese ». Soli, di quella solitudine tremenda di
cui oggi tutti sempre più soffriamo, perché i beni materiali soddisfano i bisogni materiali, ma « non di pane soltanto vivrà l’uomo » (Deuteronomio 8: 3). È legge; mangiare con la bocca soltanto non serve; c’è ben altro cibo da cercare.
Lino De Nicola
Quello che ammeitìamo per noi, è
chiaro, lo ammettiamo anche per i testi scritti. E che cosa questo significhi
in concreto Ricoeur Tha detto nelle
sue varie pubblicazioni. Preferiamo la
osservazione seguente:' premesso che
la fede accetta Tanalisi della scienza
psicologica stiamo attenti ai risvolti
che la còsa potrebbe avere, impensati,
dove fosse ad esempio ùn potere pubblico a mettere in clinica i credenti,
rnagari per coprire una dissidenza politica. Si vedrebbe allora chi è il vero
prigioniero e di che cosa. E il vangelo
va provato in queste situazioni, nelle
quali Tllluminismo -costeggia il Terrore, come a volte è avvenuto nella storia. Il problema del potere si può porre tanto dal punto di vista della sana
ragione quanto da quello della fede.
È venuto il momento di provare la
esegesi del Corderò. Da versetti come
1: 8-15, dove lo psicologo non vede che
« inflazione psichica », uno storico è
modestamente mosso a domandarsi
perché mai Paolo debba scrivere un
trattato per evangelizzare i Romani
che sono già cristiani. Mentre Coi'dero
trancia la questione sul piano della
soggettività di Paolo, uno storico, leggendo il testo, può con paziente ricerca concludere che Paolo deve dire ai
Romani che il centro del vangelo e il
fondamento della predicazione sta nella giustificazione « al di fuori della
legge », che si documenta nel fatto
escatologico della vocazione dei pagani. Che,al Corderò poco importi questo — che è la ragione per la quale
Paolo si è preso abbondanti bastonate — lo si vede anche dalla trattazione
dei capitoli 9-11, che gli servono per
contrapporre fede (come onere, stato
d’animo) e moralità: « il torto degli
Ebrei è di non aver fede » (p. 259). Così non capisce il significato di 4: llb-12
perché è tutto preoccupato di liberarsi dal concetto di sacramento; né intende la similitudine dell’ulivo, p. 276.
Si potrebbe discutere sulla fede intesa come onere: il pesante fraintendimento è nel pensiero cristiano prima di esser in Corderò. Mai la fede
appare come onere o stato d’animo in
Paolo; non è un fatto interiore, ma
esteriore delTuomo,ila si definisce solo parlandone, cioè nella predicazione,
ed è dunque razionale perché relazionale. La giustificazione paohna non è
« la formula di uno stato d’animo »
(p. 78). Troppo credito vien dato alla
teoria anselmiana della soddisfazione
(Dio offre a se stesso la vittima espiatoria pei peccati del genere umano).
Paolo fa riferimento a del materiale
ecclesiastico noto citando la formula
che appare in Rom. 3: 24-25, ma le sue
postille ed aggiunte lasciano vedere
chiaramente che la sua unica preoccupazione è la giustificazione gratuita.
Egli dunque già interpreta e lo stesso
avviene col battesimo e la cena. Non
è in sé sbagliato interpretare il sacramento a partire dalla religiosità ambientale ellenistica dei tempi di Paolo,
ma bisogna anche accorgersi delle correzioni che lui stesso vi apporta.
Questi rilievi non sono marginali. ■■
Corderò è libero di rifiutare la religione in nome di un più sobrio ed economico rapporto dell’uomo col mondo e
con se stesso. Ma quel che combatte
non è Paolo ^
Non è la legge ad ossessionare Paolo
(p. 135). Egli ce Tha col pio zelante il
quale fa opere come autentificazione
di un rapporto costante, intimo, naturale, con Dio. Paolo combatte le opere come certificazione dell’identità del
credente e propone di cercare l’identità solo extra nos, nel gratuito dono di
Dio. La gratuità non può esser posta
dall’uomo, almeno secondo Paolo; deve essere posta fondamentalmente come nuovo accesso alla verità e questo
è il senso della cristologia, mentre non
ha nessuno importanza il fatto che
questa cristologia assomigli a quella
dei vari Cristi e Salvatori ellenistici.
Ma solo lo storico mostra quel che è
comune e quel che è peculiare. Per
Paolo il sacramento, appunto nerché
esprime la gratuità, diventa addirittura il luogo di un nuovo onerare (qui
comincia la sua critica all’idea ellenistica) che è a sua volta dono perché
non investe per pronrio conto. Solo
uno psicanalista potrà spiegarci il termine di « investimento » nassato dall'economia alla scienza delTanirna: ma
la realtà e forse anche il termine può
già ritrovarsi in Paolo, sotto la sua
critica.
Il problema di Paolo non è la legge
come tale, ma il sottile foglio di carta
ehe separa illuminismo e terrore, libertà e schiavitù. Il Dio .sofferente dalla parte dell’uomo è il tema soteriologico del paganesimo ellenistico: in
Paolo diventa scandalo. L’umiliazione
del Cristo richiama il salvato alla lotta nella vita concreta, ed è insieme
contestazione («giudizio») delle pretese del potente. « L’uomo cerca l’aiuto di Dio, ma la Bibbia lo indirizza all’impotenza di Dio » (Bonhoeffer). La
prima accusa contro i cristiani è di
esser atei.
Infine che l’uomo trovi la gratuità —
l’amore — al di là della razionalità dei
SUOI atti (la sobria morale in altri termini) ecco quel che Paolo afferma, ma
non Cordero. Agape non è « tenerezza » come vuole il Nostro, ma è un
principio della vita.
Tutt’al più si potrebbe chiedere: ■
perché quest’agape deve esser rivelata
e non scoperta dall’uomo nei suoi rapporti cogli altri? Rispondiamo che una
cosa non esclude l’altra; solo che il
vangelo presuppone un mondo in cui
l’agape va annunciata e dimostrata,
non « posseduta ». Quel che ci arricchisce è la scoperta, non l’investimento.
Evidentemente è il cosidetto « cristianesimo » che vien messo in crisi dalTevangelo di Paolo, servo di Gesù Cristo, su questo non c’è dubbio.
Sergio Rostagno
N. 11 — 16 marzo 1973
SCHEDE
' Franco Corderò, L’Epistola ai Romani.
Antropologia del cristianesimo paolino, Einaudi, Torino 1972 ,p. 340. L. 4.000.
^ « L’epistola ai Romani implica una dottrina generale, della realtà di cui alcuni pii commentatori sanno poco o niente... » (p. 135).
Informatevi, o ignoranti! Col Corderò arriverete circa al 1930, anno di pubblicazione del
libro di A. Schweitzer cui il Nostro sembra
dare un certo credito; poi proseguirete coi vostri mezzi nella ricerca paolinica degli ultimi
quarant’anni! Vien fatto di compiangere i lettori ignoranti di Corderò, i quali, indubbiamente intimiditi da nomi universitari ed editoria di alto livello, penseranno che « queste
cose hanno un profondo significato se le dicon gli specialisti ». Usare argomenti che
stanno tra Nietzsche e Mark Twain per colpire i preti attraverso Paolo è un impresa che
può al massimo riuscire a reclamizzare la critica psicologica al cristianesimo : su questo
piano il lavoro di Corderò potrà essere utile;
non sul piano della comprensione di Paolo.
Breviario Bonhdffer
Dieci anni fa usciva, in Germania, un
« Breviario Bonhoeffer », che ha avuto una
grande diffusione. E’ qualcosa di diverso da
un antologia, come ce ne sono in circolazione
con stralci delle opere di grandi teologi contemporanei : il volume vuol essere un compagno di strada, un invito e un aiuto alla riflessione quotidiana biblica e teologica : accanto a
vere e proprie « meditazioni bibliche », vi sono brevi meditazioni su un tema teologico, ma
sempre riferito al vivere quotidiano, alle piccole e grandi questioni della libertà, della giustizia sociale, della verità umana, alla luce
della grazia di Dio. Uno dei presentatori scrive che questi testi a affrontano i problemi più
svariati e mostrano a qual punto Dietrich
Bonhoeffer è stato uomo dallo spirito estremamente vigile, sempre in movimento, all’attacco ora su un fronte, ora siill’altro per avvertire, aiutare, consolare, rallegrare... Un libro
che bisogna sempre avere a portata di mano e
che non si aprirà mai senza trovarvi un messaggio tonico e liberatore ».
Ora questo « breviario » esce, allargando la
cerchia dei suol lettori, in francese. Si tratta
di un’edizione un po’ ridotta, rispetto a quella tedesca, non essendo stati riprodotti i testi
tratti da altre due opere già pubblicate in
francese. Le prix de la grâce {Nachfolge) e De
la vie communautaire. Anche così il volume
avrà comunque un indubbio successo e non
sostituirà la lettura di opere complete, ma rinvierà ad essa, anche se finora, almeno in italiano, è stato pubblicato più su Bonhoeffer
che di lui.
Dietrich Bonhoeffer, 5i je n'ai pus Vamour.,.
Textes rassemblés en bréviaire. Labor et Fides, Genève 1972, p. 333, fr. sv. 24.
L’altra chiesa in Italia
Domenico Maselli in un saggio « Breve storia dell'altra chiesa in Italia »
pubblicato dal Centro Biblico di Napoli offre al lettore un’interessante
panoramica della presenza costante
delTEvangelo in Italia a mezzo di gruppi, movimenti che hanno lasciato un segno nella storia del nostro paese.
L’autore ricorda tra l’altro le esperienze spirituali di San Benedetto da
Norcica, il movimento riformatore di
Cliiny, il moto popolare della « fatarla»
di Milano che sfocia in una critica al
sistema della chiesa, con conseguente
accusa di « eresia » da parte della chiesa ufficiale; successivamente si fa cenno al movimento valdese operante nel
mondo operaio e degli artigiani, che
per uno spazio di oltre tre secoli tocca tutta l’Europa, dalla Grecia alla Polonia, dal Sud dell’Inghilterra all’Italia
meridionale. Inoltre si parla della corrente religiosa millenaristica di Gioacchino da Fiore che suona come richiamo di rinnovamento della chiesa nella
prospettiva dell’età dello Spirito, vale a
dire dell’avvento del Regno di Dio.
Nel clima poi della Riforma del XVI
secolo è fatto riferimento a uomini dell’Umanesimo, come il Valla che denuncia la falsità del documento della « donazione di Costantino »; si menzionano
i circoli riformatori italiani, come quello del Valdès a Napoli, con tendenze
ora più tenui ora più rivoluzionarie nella linea della Riforma, senza peraltro
esplodere mai come in Germania o in
Svizzera, tranne la presenza cospicua
dei gruppi Valdo-Riformati del Piemonte e delle Valli Valdesi, successivamente spazzati via, in Piemonte, dalla implacabile azione deìVInquisizione.
L’aura favorevole ai moti spirituali
spira nel XIX secolo e va sotto il nome
di Risveglio.
L’interesse per questo movimento in
Italia nasce e si esprime per il confluire
di varie componenti: l’azione in campo
educativo che accomuna uomini di valore come il Guicciardini e la Calandrini, di origine elvetica quest'ultima; l’interesse per l'evangelizzazione in Italia
da parte di credenti inglesi e tedeschi,
i quali vedono nel Vaticano la grande
Babilonia dell’Apocalisse; la diffusione
della Bibbia ad opera della Società biblica britannica; la venuta alle Valli
Valdesi dell’apostolo delle Alpi Félix
Neff, anima del Risveglio della Chiesa
Valdese, ormai spiritualmente intristita dall’influenza delTilluminismo; l’incontro degli esuli politici italiani con
uomini e comunità protestanti dell’estero, con conseguente presa di coscienza
della realtà del messaggio delTEvangelo.
Nel clima risorgimentale, poi, il soffio della libertà era avvertito, anche se
col governo d'Azeglio si tentò di stroncare l’attività proselitistica degli evangelici. Alcuni elementi liberali ma maggiormente uomini della sinistra italiana concorsero a ridurre la portata del
primo articolo dello Statuto.
Il Maselli consacra poi alcune pagine
all’azione delle varie chiese, come la
battista, metodista e valdese e segnatamente a quella della « chiesa cristiana
libera », sorta dal Risveglio e la cui vicenda interessante è stata narrata dallo Spini nel suo L’Evangelo e il berretto
frigio.
Il capitoletto finale è dedicato al movimento pentecostale, i cui gruppi e
comunità formano un tessuto prezioso
della presenza evangelica in Italia, affermatasi dopo lotte e persecuzioni durante e dopo il fascismo. Si parla delle comunità dei Fratelli, molto attive
nella testimonianza, deWEsercito della
Salvezza che ha saputo esprimere un
messaggio spirituale e sociale e anche
esso duramente represso dal governo
fascista. Si accenna ai gruppi evangelici della resistenza al Regime fascista
originata dalla ricerca d’una coerenza
con TEvangelo. Infine si menzionano i
gruppi spontanei sorti soprattutto dopo il Concilio e alla ricerca d’una chiesa più fedele alla Parola di Dio, liberata dalle inutili strutture gerarchiche e
dogmatiche.
Siamo grati a Domenico Maselli per
questa pubblicazione che ci aiuta a riscoprire, sempre alla luce della Bibbia,
la via del rinnovamento delle nostre
chiese, in un clima di spontaneità liturgica e di accentuazione del sacerdozio
universale, senza nessuna bardatura
magico-sacrale, sotto la guida autorevole dello Spirito di Dio e con !a rio
chezza infinita della Parola della vita.
Gustavo Bouchard
' Domenico Maselli, Breve storia dell’altra chiesa in Italia, Centro biblico,
via Carriera grande 37, Napoli.
L’abate Franzoni
a Piacenza
Nel teatro Filodrammatici di Piacenza, la sera del 22 febbraio è stata
tenuta una conferenza-dibattito promossa da gruppi ed associazioni cristiane aderenti ai Comitato Italia-Vietnam sul tema: « Vietnam: una provocazione per i cristiani ». Ad introdurre
l’interessante argomento è stato chiarnato l’abate G. Franzoni della Comunità di S. Paolo in Roma. L’attualità
del tema e la competenza del relatore,
hanno contribuito a richiamare un
pubblico assai numeroso ed in prevalenza giovanile.
Franzoni ha esordito con un breve
accenno alla decisione assunta dalla
sua Comunità e da lui stesso quale risultato di una meditata e sofferta riflessione sull’essenza del messaggio
evangelico. Accettando per viverla l’esortazione di Giovanni Battista: « Ravvedetevi! » (e non... « fate penitenza»!),
abbiamo assunto — ha affermato Franzoni — una nuova visione della fede
cristiana con una « nuova mentalità ».
Proseguiamo dunque il nostro impegno
per una nuova Chiesa che sia di totale
adesione e coerenza al Cristo ed al vangelo.
Ha poi affrontato il tema del Vietnam. Dalla lotta, anzi dalla resistenza
di quel popolo alla guerra di sterminio ed a tutte le oppressioni di carattere politico, morale e spirituale che i
vietnamiti sono stati vittime, i cristiani — ha sostenuto l’abate Franzoni —
possono e debbono trarre esempio e
lezione per una loro resistenza attiva
contro tutte quelle potenze oppressive
che agiscono nel mondo ed anche in
Italia. Anche nella chiesa dobbiamo
operare per restituire al popolo di Cristo quella sua autenticità che gli permetta di agire per la liberazione dell’uomo e dei popoli.
Sul piano nazionale e immediato,
Franzoni ha sottolineato l’importanza
della lotta per la liberazione della
Chiesa dai suoi compromessi e connubi col potere dominante. Ci si impegni dunque per l’abrogazione del
Concordato fra Stato e Chiesa, che fu
firmato nel triste periodo fascista ma
che oggi non deve essere controfirmato.
Ha fatto seguito un breve intervento
del pastore Giuseppe Anziani che ha
appoggiato caldamente le tesi di Franzoni dopo aver confessato la vergogna
dei responsabili delle chiese per aver
troppo a lungo taciuto nel corso del
conflitto vietnamita. Altri numerosi interventi da parte del pubblico hanno
suscitato un dibattito acceso e proficuo. e.
3
F
16 marzo 1973 — N. 11
.ag. 3
NOTE DI STORIOGRAFIA VALDESE - 14
L’OPERA Dl FRANCIS A. SCHAEFFER
La crisi degli anni 1205-1209: Contro la “tOOlOflla
le cause vicine e lontane dola morta di DIo”
Dissensi interni, nella ’’societas valdesiana’\ fra Vaia conservatrice, quella progressista e quella
moderata, nel considerare la tradizione cattolica • La disputa di Narbona: la questione cruciale in
gioco è la predicazione laica e popolare - Le facili ironie di avversari più ricchi di motti di spirito
che di argomenti evangelici
Il motivo fondamentale della meditazione di Schaeffer è il messaggio biblico:
SI questa base egli non esita, andando controcorrente, a denunciare l'umanesimo, fin da quello storico del XV e del XVI secolo, come la causa prima di
scristianizzazione del mondo
Poco dopo la scomparsa di Valdesio — avvenuta probabilmente tra gli
anni 1205 e 1207 come abbiamo cercato di dimostrare nell’ultima puntata —
le tensioni già rivelatesi sia con la nomina di Giovanni da Ronco a capo dei
Lombardi, sia con la scissione del gruppo de prato, si manifestarono più gravi di quel che si temesse proprio con
la Disputa di Pamiers del 1207 (cf. le
testimonianze dei cronisti Pietro di
Vaux-Cernay e di Guglielmo di Puylaurens citate nella puntata 11).
Fin da quegli anni critici esistevano
indubbiamente dei dissensi d’ordine
soprattutto organizzativo e liturgico in
seno ai discepoli di Valdesio, per cui
recentemente si è potuto parlare persino, in omaggio alla fraseologia cor.
temporanea, di « destra », di « sinistra » e di « centro ». Fatto sta che, alla luce di quanto poi successe negli
anni 1207-1218, si possono con ragionevolezza discernere tre correnti nella
societas valdesiana, tra la fine del secolo XII e il primo ventennio del secolo successivo: cioè un’ala conservatrice, che non voleva rompere del tutto con la Chiesa Romana, prova il fatto — reso evidente dall’episodio raccontato da Pietro di Verona — che
quelli de prato non volevano la comunione se non dalle mani di preti regolarmente ordinati dalla Chiesa Romana; un’ala progressista e quasi rivoluzionaria, rappresentata soprattutto dai
Lombardi, eredi diretti delle proteste
anteriori degli Enriciani e degli Arnaldisti; infine un centro, che cercò di
mantenere l’unione, senza riuscirvi
completamente, prova il parziale fallimento dei tentativi di accordo fatti
nei dintorni di Bergamo verso il 1218
dai delegati dei Valdesi francesi e italiani.
Ma, prima di chiarire i motivi di
questi dissensi interni, vediamo come
i Poveri di Lione erano giudicati dai
primi due polemisti cattolici della fine
del secolo XII, Bernardo di Fontcaude
e Alano da Lilla, quando essi si presentavano agli occhi dei loro oppositori come un fronte unico. Le loro prese di posizione anti-valdesi, alle quali
sicuramente dovette riferirsi Durando
d’Osca nella sua appassionata difesa
della ’religio’ di Valdesio (vedi puntata 12), costituiscono indirettamente un
primo prezioso « corpus » delle credenze professate dai Poveri di Lione
prima della scissione dei Lombardi e
del ritorno all’ortodossia romana di
Durando d’Osca e di Bernardo Prim.
Bernardo, capo dell’abbazia dei Premostratesi di Fontcaude in Francia, ci
dà nel suo Adversas Waldensium sectam liber — scritto verso il 1191 — un
lesoconto molto circostanziato di una
di quelle dispute o dibattiti contraddi torii che orano allora in voga nel sud
tráncese tra cattolici ed eretici: a Nar
bona, nel 1189-90, alla presenza dell’arcivescovo locale e di un gran numero
di preti, monaci e laici, i seguaci di
Valdesio avevano dovuto sostenere,
con un continuo ricorso a citazioni bibliche e patristiche e col sostegno di
esempi presenti alla memoria di tutti
gli astanti, il loro punto di vista sopratutto in merito ai rifiuto da essi
opposto cóntro l’intero complesso della gerarchia ecclesiastica, dal papa agii
ultimi chierici, il che comportava sia il
rigetto del potere delle chiavi sia la rivendicazione del diritto di predicare
per tutti, donne comprese, il tutto poi
completato con la negazione dell’efficacia dei suffragi per i defunti — e perciò del purgatorio — e con il deprezzamento dei luoghi di culto consacrati.
Ma il punto cruciale per le due parti
che si affrontavano a Narbona era
quello della predicazione laica e popolare: mentre i Poveri di Lione citano
in appoggio dei loro argomenti non
solo le Sacre Scritture e i Padri della
Chiesa, ma anche gli esempi di illustri laici cattolici, poi innalzati agli
altari, come Onorato di Lérins, Equizio e Raimondo Paolo, i loro oppositori
replicano che, se costoro predicarono
effettivamente, pur essendo dei laici, lo
fecero tuttavia da buoni cattolici, in
modo ortodosso e con l’approvazione
dei vescovi.
Alano da Lilla, monaco cisterciense,
scrittore e filosofo scolastico nonché
professore a Parigi e a Montpellier,
compose sul finire della sua vita, verso
il 1202, una Summa quadripartita contro gli-Albigesi, i Valdesi, gli Ebrei e i
Maomettani. Nel secondo libro consacrato ai Valdesi, riprende gli argomenti già trattati da Bernardo, eccettuati
quelli concernenti il purgatorio e i
CASA VALDESE DI VALLECROSIA
Colonia Marina 1973
La Casa Valdese di Vallecrosia rende noto che si sono ultimate le iscrizioni di bambini presso la Colonia Marina per raggiunti limiti di disponibilità.
luoghi di culto, insistendo in particolare sulle questioni capitali della predicazione laica, del rifiuto della gerarchia
e dei suffragi per i morti, e aggiungendo nuovi capi d’accusa contro la proibizione valdese della menzogna e del
densium I, 65), Alano, da buon professore ma con una notevole dose di
malevolenza, proprio all’inizio del suo
secondo libro Contra Watdenses, sentenzia che « vi sono certi eretici che
si fingono giusti, mentre sono lupi tra
giuramento e circa la prescrizione di vestiti da pecore. Di loro dice il Signo
ogni effusione di sangue. Alano è più
preciso di Bernardo, ma meno obbiettivo, data la sua tendenza ad ingrossare le accuse comunemente formulate
contro i Poveri di Lione, di cui combatte sopratutto il donatismo e il rifiuto
del lavoro manuale. L’istanza donatista è per lui la più grave: se il merito
re nel Vangelo: “Guardatevi dai falsi
profeti, i quali vengono a voi in vesti
da pecore, ma dentro son lupi rapaci".
Costoro si chiamano Valdesi (lat.'Wa/denses o Valdenses) dal loro eresiarca
detto Valdo (ìat. Waldus o Valdius) il
quale, condotto dal proprio spirito ma
non inviato da Dio, inventò una nuova
è superiore all’ordine, come afferma- setta con la presunzione di predicare
no i Poveri di Lione, i sacramenti ce- senza autorizzazione episcopale, senza
lebrati da preti indegni non hanno al- divina ispirazione, senza scienza e sencun valore; e perciò, quel che conta, za lettere. Filosofo senza intelletto, pronnn h In CTi'rQì-f'Utii (Toi-ant,. H,i,uno feta senza visione, apostolo senza mis
vivere in ozio
predicazione
Ora, due dell
guardano quesm
peso determ
ni 1205-I2U7
non è la gerarchla garante dell’ordinazione, bensì il singolo credente nel
suo rapporto diretto con Dio, al quale
soltanto è dovuta l’ubbidienza prima
devoluta agli uomini.
Alano, nel riferire le opinioni dei
Valdesi, attribuisce loro un radicalismo maggiore di quel che appare dalla polemica di Bernardo: infatti, mentre quest’ultimo ricordava tra le citazioni bibliche addotte dai discepoli di
Valdesio a giustificazione del loro rifiuto delle gerarchie ecclesiastiche solo il passo di Atti 5: 29( « Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomi- mentre l’aposi
ni »: cf. Enchiridion Fontium Vàlden- lavora, non m
slum I, p. 78), Alano da Lilla aggiunge
anche Atti 4: 19, contaminandolo con
due participi presenti di sua invenzione: « Giudicate voi se sia preferibile
ubbidire a Dio ingiungente o a voi
vietanti »! (ivi, p. 105). Il passo trq il
preferire l’ubbidienza a Dio a quella
agli uomini, e il proclamare la sola ubbidienza a Dio, è breve, ma è già un
indizio che, sommato all’insistenza
con cui Alano tratta del donatismo,
denota che i Valdesi da lui trattati, fatta astrazione dell’evidente diversa indole dei due polemisti, erano già più
avanti sulla strada della definitiva rottura con Roma, che verrà sanzionata
solo nel 1215 al IV Concilio Lateranense.
Circa le origini del movimento, siamo ormai lontani dalle precise indicazioni — ancorché malevoli o tinte di
ironia — di un Goffredo d’Auxerre o di
un Walter Map (cf. puntate 9 e 8) : infatti, mentre Bernardo se ne esce a
dire, non si sa se seriamente o con
facezia, che « i Valdesi, avendo avuto
in sorte un nome con un certo qual presagio de! futuro, furono chiamati così
certamente da valle densa, in quanto
involti nelle profonde e dense tenebre
dell’errore » (Enchiridion Fontium Val
sione, didascalo senza istruttore, lui e
i suoi discepoli — o meglio sorcetti
O’autore fa qui un gioco di parola, intraducibile in italiano, tra discipuli e
muscipuli'.) — seducono i semplici in
varie parti del mimdo, allontanandoli
dalla verità anzici he convertirli ad essa. Pur saziando niù il ventre che lo
spirito, presumon di predicare e, non
volendo lavorare con le proprie mani
per procacciare ''n vitto, preferiscono
arre dalla loro falsa
zi di sostentamento,
^aolo dice: "Chi non
’’ » (ivi, 103).
accuse di Alano riche avranno poi un
nella crisi degli anproprio quelle del
lavoro manuale t del donatismo.
Rabat, 4 mar/ü 1973
Segue: La crisi
le consci
Giovanni Gönnet
’egli anni 1205-1209:
enze
P.S. - A propo
tutto mi potevo as
cludere Giorgio Bu
dizionalisti ». sia p
del nome di Valdesio,
are tranne di dover inard nella lista dei a tra’ limitatamente all’onomastica valdese; iiuatti, egli preferisce per
semplicità la forma metto scientifica di Valdo
e, a conforto della sua preferenza, cita in
esempio i nomi italianizzati di Luther, Cauvin
e Josif Djugashvilj! (cf. n. 7 del 16-2-’73 di
questo settimanale). Bene, ma Valdesio non
è che la traduzione pura e semplice di Valdesius (frane. Vaudès o Valdès), come Lutero
da Luther e Calvino da Cauvin (o Calvin).
Tutto sommato, per il criterio di semplicità
invocato da Bouchard, perché non preferire,
putacaso. Calvo a Calvino? Non è chi non veda il lato buffo della faccenda! Naturalmente,
su tutto il resto dell articolo, plaudo toto
corde.
g- g
Francis A. Schaeffer è autore di più
opere, tradotte ormai nelle maggiori
lingue europee ed anche in lingue
orientali quali il coreano, il giapponese, il cinese, tiene conferenze nei mag
giori centri culturali europei, è inoltre
pastore presbiteriano, educato e formato negli Stati Uniti. Ma tutto "iò in
fondo non interessa, perché in tempi
come i nostri il dato meramente culturale o quello didattico hanno un peso
relativo di fronte alle tensioni drammatiche che ci circondano (guerre, rivoluzioni, violenze, lassismo dei costumi, droga ecc.); non a caso le nazioni
psichicamente più fragili sono proprio
quelle in cui l’istruzione e il benessere
economico sono più diffusi. Quello che
invece a noi interessa è l’impegno cristiano che egli porta: una testimonianza piccola ma importante oggi, frutto
di una conoscenza eccezionale dei problemi della gioventù europea, di una
fede inconcussa nei valori tradizionali
biblici, di un’azione missionaria, al
cui centro è l’Abri Fellowship, una
piccola comunità sita sulle montagne
svizzere.
Perciò il libro che qui presentiamo ‘
merita una particolare attenzione proprio perché non è solo un saggio che
valuta l’attuale cristianesimo, ma vuole essere un messaggio che richiama
alla « certezza di Dio », che propone
all’uomo disilluso del XX secolo che
esiste una via del ritorno, fondata e
sicura al di là e contro le « sabbie mobili » rappresentate dalle tendenze della cosiddetta « teologia radicale » o
teologia della morte di Dio; una problematica senza dubbio affascinante
ma che nella labilità delle mode del
nostro tempo merita una verifica. Ma
quella di Schaeffer, occorre subito dirlo, è qualcosa di più di una verifica,
è un’opposizione, è un monito. « Il Dio
che è là » è un fermo richiamo alla
concreta esistenza di un Dio che c’è,
che opera; un Dio personale che è fondamento del « cristianesimo storico »,
cioè quello del Nuovo Testamento, degli Apostoli e della Chiesa primitiva.
Contro coloro che affermano che
nell’epoca dell’esistenzialismo, dell’antifilosofia, della musique concrète, degli happening, di nuovi rivoluzionari
tentativi di costruzione teologica, non
sia assolutamente pertinente una religione basata sulla verità rivelata e sulle asserzioni della natura di Dio e del
dilemma dell’uomo (giusto o ingiusto; bene o male ecc.), Francis Schaeffer ha il coraggio di dire che il cristianesimo biblico, il cristianesimo stori
co, pienamente compreso e attuato,
può risolvere i nostri drammatici e
angoscianti dilemmi. Già nella presentazione di un suo precedente scrit
Due chiese sothi lo stesso tetto?
« Due chiese sotto lo stesso tetto »;
questo è il titolo del programma per
la costruzione d’un centro parrocchiale
comune per protestanti e cattolici a
Meyrin presso Ginevra. « La Vie protestante » nel numero del 23-2-73 pubblica la notizia, con un certo rilievo, precisando che si tratta di locali di culto
distinti, sala in comune, per un costo
di oltre cento milioni di lire. Nello stesso numero del giornale si annunzia pure che un progetto di costruzione d'una
chiesa per cattolici e protestanti è prevista a Préverenges vicino a Lausanne,
con una sala comune, alloggi per i due
ministri. Si prevede infine un’altra costruzione su di un terreno offerto dal
comune di Hauterive presso Neuchâtel
e destinata a centro parrocchiale interconfessionale.
SANTA CENA
PER FOCOLARI MISTI
Le notizie dei progetti di chiese e
centri parrocchiali per le due confessioni si collegano, sempre secondo lo
stesso numero del giornale elvetico, a
quella della partecipazione al culto ed
alla santa cena di coppie miste nella
chiesa protestante « des Eaux-Vives » di
Ginevra avvenuta il 28-1-73. L’avvenimento è stato sottolineato, con un certo entusiasmo, dal giornale che ha pure pubblicato due interviste fatte a un
prete e a un pastore.
Etienne Sordet, il pastore intervistato, si occupa da alcuni anni di'focolari
misti: nell’intervista riferisce le sue
esperienze, con particolare riferimento alla santa Cena ed all’eucaristia cattolica, non nascondendo le difficoltà;
egli ritiene che in qualche modo i coniugi che desiderano fare la comunione insieme, nonostante le riserve mentali, possono comunicare col Cristo vivente.
Père Beaupère, molto impegnato nell’azione presso i focolari misti, dichiara
di non essere stato molto soddisfatto
della pubblicità « tapageuse », chiassosa data « all’ospitalità eucaristica »
aux Eaux-Vives; egli dichiara di non
aver mai preso la comunione prote
stante; pur non ritenendosi contrario
all’esperienza fatta dai focolari misti in
tema di interoomunione, ricorda che la
fede e l’appartenenza alla propria confessione non debbono essere rinnegate.
Il tema delVintercomunione non è
nuovo; difatti è stato anche dibattuto
ampiamente nel campo ecumenico per
focolari misti ad Agape nel Luglio del
1971. La conclusione era stata la seguente: un’agape con un culto, senza
santa cena, e si era divisa tra il gruppo
una torta in segno di gioia...
NON SIAMO D’ACCORDO
Non ci sentiamo di condividere l’entusiasmo del giornale svizzero in riferimento alle chiese in comune o all’incontro « des Eaux-Vives ». Sappiamo
che la sostanza della dottrina romana
non è cambiata, anche in riferimento
al matrimonio, come conferma Charles
Biber nello stesso settimanale del 2 ottobre 1970. Per fare un esempio: si ricorda spesso come elemento nuovo di
rinnovamento la collegialità dei vescovi; ebbene, che cosa ha dichiarato Paolo VI l’il ottobre del ’69 ai vescovi nella Cappella Sistina? Da un lato ha proclamato « una più organica partecipazione e più solidale corresponsabilità
dell’episcopato nel governo della chiesa universale »; dall’altro lato il pontefice ha precisato: « somma responsabilità... che la tradizione ed i Concini imputano al nostro specifico ministerio di Vicario di Cristo, Capo del
collegio apostolico. Pastore Universale,
servo dei servi di Dio, e che non potrà
essere delimitato dall’autorità pur somma del Collegio episcopale, la quäle noi
vogliamo onorare per primi, difendere, promuovere, ma che non sarebbe
tale se ad essa mancasse il nostro suffragio... ».
L’esempio della «collegialità dei vescovi » è significativo; perciò, a mio
giudizio, non mi sento di partecipare
ad un rito o ad una celebrazione in cui
non credo e che alimenta confusioni,
ambiguità e che è comunque in contrasto con la mia fede.
LA VIA MIGLIORE
La linea del credente come della comunità evangelica, secondo me, si
esprime come testimonianza: sin dal
fidanzamento la decisione di formare
una famiglia parte dalla fede; perciò
accanto alle varie componenti, quella
della fede è determinante; trattandosi
d’un legame con persona di altra fede,
lo studio della Parola di Dio, la preghiera sono essenziali per chiarire il
modo di testimoniare di Cristo nella
famiglia, neH’educazione dei figli; va
da sé che nel periodo che precede il
matrimonio il riferimento alla fede in
Cristo comporterà anche una più serena decisione se proseguire o meno il
dialogo. Sul piano dei rapporti con le
comunità gli incontri tra chiese diverse possono essere ricchi di prospettive
nella misura in cui si chiariscono i pensieri alla luce della Parola di Dio. Questo cammino ecumenico è il più serio
perché non comporta né confusione né
fraintendimenti; purtroppo non è il più
accetto.'
Difatti recentemente in occasione
della « settimana dell’Unità » la diocesi
di Genova ha invitato gli evangelici ad
incontri « di vertice »; gli evangelici
hanno fatto la controproposta di indire riunioni di base per lo studio della
Parola di Dio con tutte le comunità
che lo desideravano, senza esclusione
alcuna. La risposta è stata negativa.
Perché?
Nel rifiutare un certo tipo di ecumenismo « à l’ernbrassons-nous » non rifiutiamo anzi ricerchiamo con gioia il colloquio con i fratelli e le sorelle di altra
fede per scoprire insieme la ricchezza
della Parola di Dio; aiutiamo i fidanzati, gli sposi in questa fondamentale
ricerca chiedendo alle comunità di
esprimere sempre meglio un clima di
calore evangelico, di interesse per la
Parola di Dio, di freschezza di fede perché chi cerca possa trovare una preziosa testimonianza al Cristo vivente.
Gustavo Bouchard
to^, noi dicevamo come egli insista
sul concetto che si trova in errore quel
cristiano che esalta la signoria di Crir
sto e poi fa in modo di mantenere sfere del^ sua vita autonome. Ogni autonomia è sbagliata — ha sempre sostenuto il nostro autore e testimone —
e ciò avviene anche quando si mantenga la propria vita intellettuale in
una sfera selettiva più alta. Punto centrale della « Weltanshauung » di
Schaeffer, della sua visione delle cose
e il principio dell’unitarietà della nostra vita, della necessità insomma che
l’uomo d’oggi esca una volta per tutte dalle dicotomie del suo tempo.
Forse per questo — e soprattutto
per chi lo conosce personalmente —
la figura dello Schaeffer sfugge ad una
ben precisa caratterizzazione: è un uomo di pensiero, ma è anche — lo si è
detto — uomo di diretto impegno e
azione; è un intellettuale, ma l’intellettualismo gli ripugna; è un convinto
credente, ma il suo cristianesimo travalica ogni confine confessionale; crede nell’uomo ma considera con amarezza e pessimismo i travagli e le angoscie del nostro tempo.
Il motivo fondamentale, Vunicum
della -meditazione di Schaeffer è il
messaggio biblico; in questa convinzione egli non esita a denunciare
l’umanesimo (anche quello storico del
XV e XVI secolo) come la causa prima di scristianizzazione del mondo.
Va da sé che egli va contro-corrente e
questo ancor più nella misura che
l’umanesimo cosiddetto cristiano rappresenta la bandiera di una certa teologia che domina oggi il campo.
Ultimo di tutta una serie di scritti
e saggi più o meno ampi, « Il Dio che
è là » rappresenta la sintesi di tutta
l’esperienza religiosa, umana di Francis Schaeffer: una sintesi, ma anche
un’analisi, che non esita ad affrontare
tematiche complesse e diverse come
quelle della filosofia, dell’arte e della
cultura in generale. Delle sei sezioni
del volume, appunto, la prima: Il clima intellettuale e culturale della seconda metà del ventesimo secolo (pp.
1-26) rappresenta un vero e proprio
tentativo di valutare in un’angolatura
religiosa tutte le cosiddette conquiste
culturali della nostra era moderna. E
chiaro che in un discorso così totale,
e per certi aspetti oltranzista nei riguardi una Kultur che è sentita e denunciata come auto-distruttiva, la « ricostruzione » dello Schaeffer può offrire il fianco ad attacchi e a vive contestazioni. D’altra parte la sua « proposta » alternativa, cioè quella « biblica », non è il frutto di una intellettualistica ricostruzione fatta a tavolino,
ma una convinzione maturata e verificata stando a contatto con l’uomo di
oggi, soprattutto con la gioventù studentesca: quella — intendiamoci —
più impegnata.
Invito il lettore a considerare alla
luce della nostra ultimissima realtà
italiana le pagine (36 e ss.) che il nostro autore dedica all’uso delle droghe. Un tragico problema che egli si
trovò ad affrontare già molti anni fa,
quando cioè esso era ancora oggetto
di mera indagine curiosa di rotocalchi più o meno superficiali.
Le altre cinque sezioni del volume
sono così intitolate: Il rapporto tra la
nuova teologia e il clima intellettuale
— In che cosa il cristianesimo storico
differisce dalla nuova teologia — Parlando del cristianesimo storico nel clima del ventesimo secolo — La preevangelizzazione non è una scelta facile — Vita personale e comunitaria
nel clima del ventesimo secolo.
Noi riteniamo di consigliare vivamente non tanto la lettura, ma la meditazione di questa testimonianza. Infatti molti di noi: genitori, insegnanti,
uomini di cultura, casalinghi e lavoratori possono recepire la « propósta »
di Schaeffer sotto diversi aspetti, in
quanto è sicuramente fondata e sostenuta. Proprio l’unitarietà,, la totalità
del suo « discorso » cristiano Io autorizzano a dire cose che altrimenti suonerebbero retoriche, presuntuose, oppure semplicemente gratuite.
I misticismi secolari, di cui — secondo Schaeffer — anche la « nuova teologia » .(quella cioè del « Dio è morto ») è un aspetto, hanno portato a
un’angosciante dicotomia tra una fede, sentita come « nessuna razionalità » e una scienza e una storia sentite come « tutta la razionalità ». Codesta tensione, codesta completa antitesi tra razionalità e « valori^ religiosi »
distrugge l’unità dell’uomo individuale
che finisce così per essere scisso all’interno di se stesso.
Dunque, per finire, anche l’uomo
« alienato » del nostro tempo, anche
l’uomo non religioso può trovare nel
cristianesimo riproposto da Schaeffer
una valida alternativa alle ideologie
oggi predominanti.
Attilio Agnoletto
Francis A. Schaeffer, Il Dio che è là
— Parlando del cristianesimo storico nel ventesimo secolo. Ir. di A. Berera e G. Facchinottì, Guanda ed., Parma, 1971, pp. 233, L. 2400.
® Fuga dalla ragione. Edizione G.B.U., Roma.
4
fia!?
N. 11 — 16 marzo 1973
UN LIBRO DI LIVIO ZANOTTI
Nascita di una Chiesa nell’Africa nera
I partito della caaerma L’Evangelo nella foresta
Un panorama di tre nazioni sudamericane - Argentina,
Brasile e Perù - dominate dalla classe militare - Uri
neomilitarismo che, alleandosi in certa misura al neocolonialismo, perpetua 'lo sviluppo del sottosviluppo”
È assai recente la situazione venutasi
a creare in Uruguay, il cui regime è
passato sotto la « tutela » dell’esercito.
Ancora una volta in Sudamerica l’intervento dei militari è stato determinante
ed essenziale per imporre alla popolazione « legge ed ordine ». D’altronde,
nello stesso Cile, che costituisce una
rara eccezione a questo proposito, il
presidente socialista Allende è stato recentemente costretto a nominare ministri alcuni generali.
Il libro di Zanotti: Il golpe al potere *, acuto ed interessante, affronta ancora una volta questo problema, e nel
presentare al lettore la tipica situazione di tre nazioni sudamericane dominate dalla classe militare e cioè Argentina, Brasile e Perù, constata che i soldati « sono saltati sulla potrona del
potere e sebbene questa zoppichi, non
ne vogliono più scendere ».
La prima parte del libro descrive
con taglio giornalistico e con vivo senso drammatico la storia dei tre "golpe”
militari di Rio de Janeiro nel 1964, di
Bueno Aires nel 1966 e di Lima nel 1968.
Si tratta di una ricostruzione avvincente e documentatissima, che peraltro
ovviamente non si presta ad essere qui
riassunta.
Vale la pena invece soffermarsi un
momento sulla seconda parte dèi libro
dal titolo « Le radici del militarismo »:
un vero e proprio saggio che, partendo
dall’indipendenza dei paesi latinoamericani dal dominio coloniale portoghese e spagnolo, giunge fino ai giorni nostri.
L’autore precisa innanzi tutto che
l’indipendenza venne conquistata agli
albori del 1800 dalla « borghesia creola » (e cioè dalle mille famiglie nate in
terra di colonia, ma profondamente legate all’Europa) che, « accogliendo in
partenza i princìpi liberali impliciti nel
riconoscimento dei diritti naturali, in
concreto ne impediranno un’applicazione socialmente conseguente », dando luogo ad una visione sostanzialmente autoritaria dello Stato, coll’esercito
a garanzia del sistema. La terra e lo
sfruttamento. dei giacimenti sono concentrati in poche mani in regime di
ologopolio ed alle popolazioni locali
non restano che te briciole, determinando così quel grave fenomeno sociale che l’economista tedesco Gunter
Frank chiama « lo sviluppo del sottosviluppo ». I modelli democratico-rappresentativi importati dall’Europa (ed
in particolare dalla Gran Bretagna che
in pratica si sostituisce al Portogallo
come potenza colonialista) rivelano
via via la loro sempre maggior fragilità,
ed ecco che l’esercito assume nel contempo una funzione sempre più basilare, fino alla politicizzazione. « I militari appaiono ora insostituibili nella gestione dello Stato, e dalle loro file escono uomini che per tutto l’800 alimentano la "generazione” dei caudillos ».
Nel ’900 l’Argentina chiama diversi
istruttori tedeschi per la preparazione
dei propri militari ed il modello del superguerriero del Kaiser si diffonde per
tutta LAmerica del Sud. Nel 1930 (frattanto gli Stati Uniti si sono ch’essi saldamente installati come potenza neocoloniale) il crack di Wall Street determina in rapide successioni la crisi di
tutte le economie sudamericane e, per
contraccolpo, un ulteriore rafforzamento dei regimi autoritari.
Colla seconda guerra mondiale i militari vengono vieppiù favoriti; infatti
gli USA « si preoccupano più che mai
dei loro interessi e aiutano i regimi a
rinsaldarsi al potere, fornendo loro assistenza militare ed econonomica ».
Peron in Argentina dice: faremo il
fascismo, evitando gli errori di Mussolini (ed evita accuratamente di andare
a toccare i grandi interessi delle compagnie straniere e particolarmente
quelle nordamericane); in Brasile cade Vargas, dato che la pressione popolare lo stava spingendo verso una democratizzazione della dittatura.
Ma un altro aspetto che ci deve far
riflettere come credenti è l’autoinvestitura (ma quanto favorita dal clero?)
da parte dei militari — prima i brasiliani e poi altri — quali « difensori della civiltà occidentare e cristiana », in
funzione « anticomunista e antisovversiva », contro il « disordine » (tutti termini non meglio identificati). Ma in .Argentina il generale Villegas va più
avanti: il cristianesimo, per difendere
la sua stabilità e per assicurare la sua
stessa esistenza non fece le Crociate,
non istituì l’Inquisizione?: « Bisogna
cominciare a chiedersi — egli dice
André Roux, pastore missionario prima in Africa occidentale poi in Nuova
Caledonia ed a Tahiti, infine membro
della direzione della Società delle Missioni Evangeliche di Parigi e attualmente pastore in una comunità della
Chiesa Riformata di Francia, ha scritto « L’Evangile dans la forêt » nel 1971.
Le edizioni Jaca Book ce ne danno ora
la traduzione in lingua italiana, ricordando che l’autore « non si pone in modo teorico nessuno dei problemi che
oggi vengono discussi nei riguardi della
missione, ma su tutti riesce à dare
spunti che possono provenire solo dalla testimonianza di una vita autentica
e che, opportunamente maturati, arrivano ad inquadrare i problemi in modo globale e concreto ».
André Chamson afferma nell’Introduzione: « L’annuncio del "Vangelo
nella foresta” sembra portare in sé,
per i paesi dell’Africa tropicale, lo stesso potere evocatore che si connette al
Discorso della montagna nei nostri
paesi d’Occidente. È come una localizzazione della Parola, il suo inserimento nel paesaggio tipico di questa o di
quella regione della terra ».
Chiariamo innanzitutto che, quanto
il Roux scrive, si riferisce alle sue espe
se la democrazia (sic) non debba far rienze di missionario nel Dahomey e
-w—^ ili « X — j. f 4- r\ rA ' \ -m , ^ . Jl.t 4 A t mh
USO di simili strumenti... »
Oggi l’inquisizione funziona in Brasile colla tortura; le forze democratiche vengono colpite in Argentina e la
stessa opposizione di sinistra in Perù
(dove governano i militari «progressisti ») non viene risparmiata.
E, a proposito del Perù, se l’autore
ricorda che a un dato momento gli ufficiali più giovani dichiararono di non
voler più essere « il cane da guardia
Costa d’Avorio, dal 1934 al 1945. Tuttavia il libro non ha certo soltanto il sapore ai « bei ricordi » di un missionario non più rirnasto in contatto con lo
sviluppo ulteriore del lavoro missionario, come giustamente si fa notare
nella prefazione. Basti dire, del resto,
che ancora nel 1970 il Roux ha passato un periodo nell’atmosfera infuocata del Gabon in rivolta tribale-religiOsa.
Nella sua prefazione, l’Autore, trac
dell’oligarchia », dando così l’avvio ad in modo assai vivace ed anche poeun regime militare migliore degli altri, l’atmosfera nella auale <ii Qnrm
su basi nazional-populiste, allo stesso
tempo egli non dimentica che si tratta
pur sempre del « partito della caserma ».
pierre
N.d.r.: questo articolo era scritto c
composto quando si sono avuti i risultati delle elezioni in Argentina, che dovrebbero metter fine al regime militare. Non possiamo tuttavia dimenticare che anche il peronismo era sorto
come movimento militare, che anche
Peròn era un generale e che, comunque, anche questo risultato elettorale
non muta sostanzialmente i termini
della questione affrontata nel libro che
qui presentiamo.
•A" Andrei Tupolev, il noto ideatore e costruttore di aerei sovietico, morto recentemente a Mosca a 84 anni, era credente : è
ciò che risulta dal testamento lasciato ai familiari, nel quale dichiarava di professare la
lede cristiana.
l’atmosfera nella quale si sono
svolte le sue peregrinazioni lungo le
piste dei « circuiti » formati dai numerosissimi gruppi di credenti che gli
erano affidati. In questo contesto, la
pista nella foresta diventa un vero
personaggio: « Pista familiare, pista
paziente, pista complice, dove si è insieme, dove si marcia insieme come
fa la gente di questo paese, dove i propri piedi si posano sulla traccia di generazioni, lungo la quale, lentamente
si cornpie uno scambio vicendevole,
osmosi vivente che a poco a poco, meglio di qualsiasi altro contatto, introduce nella comunità degli uomini; iniziazione non alle conoscenze esoteriche di qualcuno, ma alla vita quotidiana, alla visione del mondo di tutti ».
Pista che mena al villaggio, che fa corpo con esso. « Pista che unisce non
soltanto ai villaggi, vicini, ma anche a
tutti coloro che l’hanno tracciata, che
l’hanno seguita lungo gli anni, sulle cui
orine si posano; i vostri passi, a consolidare la pista degli uomini di domani (...) Talvolta capita che al villaggio si congiunga una strada, o forse si
è attesi da un’automobile. Si ha la sensazione di un fascino interrotto, d’un
ritmo spezzato. (...) La strada è innaturale, l’automobile è innaturale ».
La strada si impone al villaggio, prima in modo un po’ goffo, come se sapesse che in fondo non è che « una Dista che gioca a far la strada per il piacere dei Bianchi », poi in modo sempre più imperioso. E il ritmo dell’uomo diviene sempre meno umano.
UN PROFETA AFRICANO
Avete forse sentito parlare di chiese
barriste. In effetti tali chiese derivano
dalla predicazione efficacissima di un
profeta africano venuto dalla Liberia:
William Wade Harris. A vent’anni dal
suo passaggio in Costa d’Avorio il Roux
scopre numerosissime persone che attendono « i bianchi della Bibbia », secondo la predizione di quell’umile e disinteressato predicatore itinerante. Egli
aveva detto: « Sono come il gallo che
canta. Quando il gallo canta non è ancora giorno, è solo l’alba, ma il giorno sta per venire ».
Quando, nel 1929, Harris muore i
primi missionari hanno già cominciato a scoprire con gioia immensa che
l’Evangelo ha già fatto i primi passi
tra gli uomini della costa occidentale
africana. Questo non come « Evangelo
dei bianchi » ma di un Signore che ama
tutti gli uomini per quel che sono. Certo, una parte delle chiese « barriste »
non ha saputo o non ha osato fare
pienamente fiducia all’Evangelo e si
sono avute molte chiese o gruppi nei
quali il sincretismo e le motivazioni
umane, tribali o altre sono rimaste
troppo importanti. Ma quanti credenti fermi nella fede e gioiosi nel servizio e nella testimonianza sono nati dalla predicazione del « gallo che canta ».
Il Roux ne fa più volte l’esperienza
nei suoi contatti giornalieri con la gente della foresta. Constata come spessissimo i feticci siano scomparsi già
da tempo, come ora la Parola di Dio
può manifestare tutta la sua « genialità » e concretezza nel quadro della vita africana, diventando a poco a poco
da libro chiuso, libro aperto.
In seguito il Nostro narra come la
Chiesa evangelica si sia costituita ed
organizzata, come il lavoro pastorale e
di testimonianza sia stato sin da principio l’opera di tutti, come questa giovane chiesa abbia trovato nella sua fede ancor giovane il coraggio di decidere l’invio di missionari in un’altra
zona in cui si reclamava l’annuncio
dell’evangelo.
Molto interessanti anche i capitoli
che ci mostrano il lavoro di consolidamento delle comunità sempre più numerose ma ancora incerte di fronte a
determinati problemi di ordine etico
(la poligamia, ad esempio). Una catechesi, insomma, fatta non a partire dai
Notiziario Evangelico Italiano
<c Cristianesimo oggi »
* Livio Zanotti, Il golpe al potere. Il neomilitarismo sudamericano. Tre cronache e un
saggio. Ed. Coinés, Roma 1972, p. 183,
L. 1.800.
libri
Jacques de Seinarclens, Dieu uvee nous. Labor et Fides, Genève 1972, p. 224, fr. sv.
9,90.
Nei « Cahiers du renouveau » (ma si tratta
di un volume di 224 pagine) dell’editrice ginevrina Labor et Fides è apparsa la riedizione
di un felice trattatello dello scomparso teologo ginevrino Jacques de Senarclens, che di
quella casa è stato consulente teologico: La
persona e l'opera di Gesù Cristo. L’opera è
articolata in quattro parti : Dio con noi — Le
due nature di Gesù Cristo — Il senso della
morte di Cristo — La risurrezione, e all’autore, sempre preoccupato di curare la formazione teologica dei laici, era riuscito di presentare grandi questioni in un linguaggio relativamente semplice e accessibile. Questa riedizione è arricchita (e raddoppiata di volume)
da alcuni testi inediti : una lettera a Jacques
Ellul sul .senso di una teologia rettamente intesa, e una serie di predicazioni, fra cui ne
spiccano quattro d'Avvento; e il titolo che è
stato dato al volume vuol indicare appunto lo
scopo perseguito dai vari testi del teologo : illustrare come e perché « Dio è con noi ».
« CRISTIANESIMQ QGGI » esce ora
definitivamente con frequenza mensile.
È questo il suo quarto anno di vita,
ma fin’ora usciva come supplemento
a « Il seme del Regno». Il Direttore è
Lino De Benetti, la redazione è composta da membri delle Chiese di Cristo. E edito dalla Editrice Lanterna di
Genova; l’abbonamento annuo è di lire 2.000. Il motto in testa al giornale
dice: « Per una fede nel mondo contemporaneo ».
L’impostazione scelta, dice la Direzione, « è quella di un’attenta riflessione biblica che ci porterà a una continua opera di riesame e confronto evangelici dei vari argomenti trattati. Soprattutto si cercherà di presentare il
testo del Vangelo stesso incarnato nella testimonianza della comunità cristiana che ricerca un volto sempre più
fedele al suo Signore ».
I Battisti di fronte
a un nuovo impegno
Il Comitato esecutivo dell’Unione
Battista si trova di fronte a una nuova situazione economica creatasi in seguito alla decisione della Missione americana di ridurre notevolmente gli aiuti
finanziari.
Il Comitato, per risolvere questo problema, si appella alle singole comunità,
affinché ognuna si renda indipendente
dal punto di vista finanziario, anche
riunendosi tra chiese vicine per usufruire di un solo pastore, e se ciò non
è possibile mediante il lavoro retribuito del Pastore in una occupazione
extra ecclesiastica.
I Battisti non hanno intenzione di
restringere l’opera, ma anzi di gettare
le basi per un maggiore sviluppo ed
aprire le porte ad azioni di più ampio
respiro. Utilizzando meglio il lavoro
pastorale e dando impulso a quello dei
laici essi confidano di saper progredire con le proprie forze.
Le statistiche
della crociata
Ecco dalla Crociata dell’Evangelo alcuni dati statistici per il 1972 riguardanti l’opera dei Pionieri. I Pionieri
sono dei laici che dedicano tutto il loro tempo alla diffusione della Parola
di Dio. I quattro che attualmente lavorano per la Crociata si chiamano:
Cipollaro, Balachia, Minatolo, Calabrese.
I e case visitate dai Pionieri sono
state in totale 81.562; gli opuscoli distribuiti 484.173; i corsi biblici richiesti 733; le città e paesi visitati 364.
Dietro queste cifre ci sono ore e ore
di lavoro fatto con sacrificio e dedizione. La Crociata ringrazia il Signore
per i messaggi che sono giunti in migliaia di case e invita a pregare per
coloro che li hanno letti.
Inda Ade
I Le cpmunità metodiste di Piacenza e
Cremona hanno partecipato attivamente
alla « settimana per l’unità ». A Piacenza il
Gruppo ecumenico e la Comunità Metodista
hanno avuto due riunioni di preghiera precedute da due incontri di studio in comune.
A Cremona la Comunità, in accordo con il
Gruppo Laureati Cattolici, ha invitato il Segretario generale della Conferenza delle Chiese
d’Eurapa, past. G. Williams, a tenere una pubblica conferenza sul tema « Pregando insieme
nella ricerca dell’unità dei Cristiani ».
La coinunità metodista di Cremona non ha
ritenuto opportuno quest'anno unirsi nella
preghiera all’autorità cattolica della città. Ec
cone il motivo: il Vicario Capitolare di Cre
mona, in occasione della « settimana di pre
ghiera » ha rivolto un invito alla Diocesi cre
monese, affermando: « ... Dove è Pietro ivi
la vera Chiesa di Cristo. E sappiamo che tut
torà Pietro vive nella persona del suo succes
sore, il Pontefice di Roma, Paolo VI, princi
pio e fondamento deirunità... Pertanto si rac
comanda vivamente che nelle comunità reli
giose si facciano preghiere speciali, con la re
cita del santo Rosario, per il ritorno dei fra
telli separati nella vera Chiesa ».
I. A.
Riunito a Roma
l’esecutivo battista
La prima riunione del 1973 del Comitato Esecutivo dell’Unione Cristiana
Evangelica Battista d’Italia ha avuto
luogo quest’anno nei giorni 20-21-22
febbraio.
Sono stati affror/tati e discussi ampiamente i problemi più urgenti dell’Unione, ma l’attenzione del Comita
to Esecutivo si è particolarmente incentrata sull’incontro con la Missione
Battista Americana per chiarire i rapporti di lavoro con l’Unione circa il
programma di testimonianza evangelica in Italia.
L’incontro si è svolto in un'atmosfera serena e responsabile.
A conclusione dell’incontro si auspicava d’ambo le parti la formazione di
una commissione paritetica con compiti di studiare tutti i problemi d'ordine economico-amministrativo e patrimoniale nella prospettiva della continuità del lavoro di evangelizzazione in
Italia e di riferire ai rispettivi organi
onde giungere ad un appianamento e
concretizzazione dei problemi.
(Ini. UCEBI)
Evangelizzazione,
ma quale?
Santa Severa, 7 marzo 1973
Caro direttore,
desidero continuare pubblicamente il
dialogo circa la sottolineatura da te
fatta nell’introduzione alla pubblicazione dei documenti firmati da Luigi D’Isanto e apparsi sul numero 9 del 2
marzo.
Anche per me l’evangelizzazione è
un fatto primario e soprattutto sono
altrettanto convinto che « Cristo è l’unico Salvatore e l’Evangelo la sola risposta alle angosce e alle contraddizioni del mondo ». Ciò che mi spinge
a scrivere è il desiderio di approfondire solo un pochino e sotto un solo
aspetto l’affermazione contenuta nei
documenti « l’Evangelo la sola risposta alle contraddizioni del mondo »,
dopo aver aggiunto a queste parole
che l’evangelp è risposta alle "contraddizioni” del mondo presente anche nella chiesa. E allora mi chiedo: per evangelizzare oggi è proprio necessario organizzarsi al di fuori della FGEI?
Desidero però dire di più. Poiché mi
è stato ammesso che durante l’ultima
Assemblea Generale delle Chiese Bat
tiste si mirava, anche facendo leva
sullo scioglimento del MGB, e portare
l’UCEBI a una vera .spaccatura per
estromettere — aggiungo io — coloro
Valdo Corai
(continua a pag. 7)
libri ma a partire dalla vita vissuta e
in cui tutta la comunità prende posizione, senza delegare sempre le sue responsabilità a coloro « che sono fatti
per quello ».
Lucidamente, il Roux si domanda e
soprattutto si lascia porre la domanda: sono tutti « veramente » cristiani,
e tutto « vero » cristianesimo? In situazioni interamente nuove come quelle di cui parla il libro è certo ancora
piu facile, forse, di accettare per buona la professione di fede cristiana di
un « convertito » che non sia realmente tale. Ma di fronte ad alcune delusioni quanti meravigliosi incoraggiarnenti, quanta fermezza e fedeltà, specie fra i più umili credenti, quale postq prendono le donne nella comunità
cristiana africana, ben prima che si
parli di liberazione della donna!
L'Autore si dice convinto della necessità di una disciplina esercitata nella chiesa e che può andare fino alla
esclusione di chi rifiuta di pentirsi fino
al giorno in cui il suo atteggiamento
cambi. Ma questo non esclude l’annuncio della grazia. Non è il caso, scrive
il Roux, di « seguire la regola di condotta che Gesù stesso ha dato nel Vangelo? » « Se tuo fratello pecca contro
di, te, va e riprendilo tra te e lui solo;
se ti ascolta avrai guadagnato il trio
fratello, se invece non ti ascolta, prendi ancora con te una o due persone,
affinché la cosa sia regolata sulla parola di due o tre testimoni; se rifiuta
di ascoltarli, dillo alla Chiesa, se poi
non vuole ascoltare nemmeno la Chiesa, sia per te come un pagano e un
pubblicano ».
Qgnun sa quanto il problema Evangelo e usanze sia vivo e non ancora risolto in modo soddisfacente in nessuna chiesa cristiana.
A più forte ragione si tratta di un
problema scottante in Africa. Qggi, afferma il Roux, quando gli africani migliori, « assumendo, la loro "negritudine”, si dedicano a ritrovare le fonti e
i valori della loro antica civiltà, alcuni
hanno tendenza ad esaltarli oltre misura, e a rivendicare tutte le usanze
dei loro padri. E molti occidentali nella foga di un’aspra critica alla propria
cultura e al proprio ambiente sociale
con una calorosa simpatia per l’autenticità e l'interesse della ricerca degli
africani, perdono a loro volta un po’
del loro spirito critico seguendoli senza riserve nella loro indagine, nella loro costruzione mistica. Ma nessuna nostra civiltà, nessuna cultura che si elabora nei tempi di maggior splendore,
quando la riflessione critica la rinnova, la vivifica, nessuna ha valore universale e permanente. (...) In effetti coloro che ieri hanno troppo facilmente
rifiutato tutte le usanze diverse dalle
proprie — fosse anche in nome dei
Vangelo —, si sono squalificati ai fini
di aiutare oggi gli africani, nella difficile scelta che devono fare tra le usanze dei padri. Ma a quelli che hanno
sempre cercato, con gli africani, di verificare le proprie usanze e le loro alla
alla luce dell'unico criterio del Vangelo, la via della collaborazione, la più
utile per la crescita della Chiesa e della società africana, è più aperta che
mai ».
In un ultimo capitolo « Le Chiese e
la Chiesa » il Nostro affronta il problema dei rapporti tra le varie missioni (poi chiese) protestanti e tra queste
e il cattolicesimo. In realtà su questo
ultimo punto si tratta soprattutto di
esperienze personali dell'autore.
Vien fatto di notare che la diversità
della dottrina e della pratica delle varie chiese cristiane « determinava spesso stupore e curiosità ma non necessariamente irritazione o scandalo. Ciò
dipendeva dallo spirito e dalla tradizione africana largamente aperti alle
innovazioni religiose finché non mettono in causa l’unità della comunità. (...)
Ma tutto ciò che nella diversità della
loro predicazione e della loro ecclesiologia, nella loro stessa estraneità, veniva dagli uomini, doveva — e per fortuna — subire la prova del tempo e
della riflessione prima di impegnare
pienamente questi nuovi cristiani. E lo
Spirito Santo agiva per testimoniare e
per coinvolgere molti di loro nelle verità fondamentali del Vangelo, per far
loro sperimentare l’unità reale della
fede, malgrado gli ostacoli creati dalla
inadeguatezza e dagli errori dei missionari, e anche dall’animismo dell’ambiente e dalla sua visione magica del
mondo ». I contatti con i missionari
cattolici sono stati caratterizzati, secondo il Roux, ora da un certo formalismo volto a sottolineare che « la vera
Chiesa » era e rimaneva la Cattolica,
ora da contatti amichevoli e da una
certa possibilità di collaborazione. Un
capitolo, quest’ultimo, che ci pare lungi dall’esaurire tutti gli spinosissimi
problemi che un certo genere di ecumenismo fa ancora sorgere in Africa
come dappertutto. Ciò non toglie che
si tratti di un'opera che si legge con
interesse e spesso con intensa partecipazione, come se si percorressero... o
ripercorressero le piste di un’Africa
tanto amata anche perché ha dato vita
ad uomini come Harris e a incontri
che sono stati come istanti privilegiati
di tutta un’esistenza per i « bianchi
della Bibbia ».
Giovanni Conte
* André Roux, Il Vangelo nella foresta Nascita di una chiesa nell’Africa nera, Jaca
Book Milano, 1972 - Titolo originale: «L’Evangile dans la forêt ». Cerf, Paris 1971.
5
16 marzo 1973 — N. 11
LA CHIESA E LA SITA MISSIONE NEL MONDO
pag. 5
i
üíornata mondiale contra la lebbra
Anche quest’anno la Missione Evangelica contro la lebbra invita
le chiese evangeliche a partecipare alla Giornata Mondiale contro la
lebbra, che nelle Valli Valdesi è indetta per il 25 marzo.
Le chiese riceveranno un pacco di materiale illustrativo da distribuire e sono invitate a far conoscere il problema nel modo che riterranno migliore. Oltre al materiale distribuito si può richiedere al
pastore Davite (10060 Frali (Io), tei. 0121-8519) altro materiale e precisamente: diapositive a colori per le Scuole Domenicali e Comunità;
un film 16 m/m con sonorizzazione su magnetofono, una serie di fotografie 30x40 cm. per organizzare una mostra.
Le somme raccolte possono essere inviate a: Missione evangelica
contro la lebbra - F,,r?ili. c.c.p. 2/35862.
Oggi pubblichiamo il messaggio della Missione alle chiese evangeliche italiane e sul prossimo numero appariranno altre notizie sul
lavoro in questo campo.
Segnaliamo pure che a ROMA, la sera del 4 aprile il dr. S. G.
Browne, uno dei maggiori specialisti europei in leprologia, terrà una
conferenza nei locali della Facoltà Valdese di Teologia sui problemi
della lebbra e suU’opera della Missione Evangelica.
F. D.
Messaggio alle chiese evangeliche italiane
per la giornata contro la lebbra: 25 marzo 1973
LA LETTERA DELLA CONFERENZA DI BANGKOK ALLE CHIESE
Ricchezza della realtà ecumenica:
quali conseguenze operative trame?
Di questi tempi si parla poco di lebbra (come delle altre grandi malattie
mondiali) perché questo argomento
non rientra negli interessi dei « grandi » di oggi o di domani. Ma non per
questo la tragedia è meno grave.
I lebbrosi nel mondo sono assai più
che 25.000.000 perché oltre a quelli che
si conoscono ve ne sono milioni di altri, respinti dai loro villaggi e nascosti
nelle foreste di mezzo mondo, senza
che si sappia neppure della loro esistenza. Con la tubercolosi e la malaria, la lebbra rappresenta così una delle grandi tragedie mondiali di cui non
possiamo ignorare né 1’esistenza né la
portata.
Anche l'Italia ha i suoi lebbrosi (oltre 600) e zone in cui la lebbra esiste
fin dal tempo dei fenici o degli arabi.
Però i grandi mezzi della ricchezza
mondiale non vengono usati a questo
scopo. Sono piuttosto impiegati nella
pazza corsa agli armamenti od in quella, non meno pazza, tendente a garantire e a migliorare il benessere dei
gruppi favoriti della nostra società.
Ma se i « grandi » non si occupano di
questo, bisogna che lo facciano i « piccoli » (come dice e come ci ha insegnato l’Evangelo) perché non possiamo lasciar morire questi lebbrosi senza speranza. Per questo motivo chiediamo la
solidarietà delle Chiese evangeliche in
Italia, anche se i mezzi di cui disponiamo sono modesti. I fatti dimostrano
che l’impegno delle comunità evangeliche europee, anche di quelle piccole
come le nostre, permette di raggiungele c curare alcuni milioni di lebbrosi
di cui circa 400.000 dimessi « guariti »
ogni anno.
La Missione Evangelica contro la lebbra è la sezione italiana della Leprosy
Mission di Londra che celebra l’anno
prossimo il centenario della sua attività. Si tratta di una organizzazione
evangelica interdenominazionale. Per
questo i responsabili italiani appartengono a varie chiese; valdese, metodista, battista, dei Fratelli; altri ancora
potranno aggiungersi a questo lavoro.
Gli scopi della Missione sono attualmente i seguenti:
1) Fornire alle organizzazioni e ai
governi dei Paesi impegnati nella lotta contro la lebbra, personale specializzato e mezzi per organizzare questa
lotta in modo razionale e totale;
2) provvedere di uomini e medicinali quelle zone in cui non è ancora
stato possibile organizzare la lotta contro la lebbra su piano generale;
3) collaborare con le altre organizzazioni evangeliche, filantropiche, na
zionali ed internazionali che si occupano di questi problemi;
4) mantenere acceso l’interesse e
raccogliere fondi per questo lavoro
presso le chiese evangeliche europee.
La Missione contro la lebbra
c.c.p. 2/35862
Segretario per l’Italia:
Past. Franco Davite, 10060 PraU (To.)
Provenienti da tutti i continenti, ci
siamo riuniti a Bangkok per esplorare
insieme la promessa e le esigenze del
nostro tema: La salvezza oggi. Ne abbiamo ricevuto più di quanto ci aspettassimo, ne abbiamo compreso e ne
abbiamo celebrato insieme, gioiosamente, la piena realtà. Vogliamo dividere con voi l’essenziale della nostra
esperienza. Essa è stata così ricca ner
due l'agioni convergenti:
1) Più di quelle precedenti, questa
conferenza ha aiutato la maggior parte di noi a realizzare la ricchezza della
realtà ecumenica. Tutti hanno potuto
e saputo esprimere le loro preoccupazioni, i bisogni, le speranze particolari liberamente ed in una vera fiducia
fraterna. Il dialogo è stato franco, senza cedimenti e pieno di esigenza per
il futuro; in particolare quello fra poveri e ricchi nelle nazioni e fra le nazioni. Ci rincresce soltanto che il piccolo numero di ortodossi abbia impedito una manifestazione più profonda
delTuniversalità della chiesa.
2) Abbiamo realizzato la grande
potenza rinnovatrice dell'Evangelo
quando esso è oggetto di una lettura
comune in cui ogni gruppo può esprimere l’interpretazione fatta nella sua
situazione particolare. Per questo
ognuno deve essere rispettato nella
sua identità. Il nosiio incontro è stato
profondamente arricchito dall’aver
messo in comune non soltanto per
mezzo della parola, ma anche della
preghiera, del canto, dell'espressione
artistica, tutto quello che Dio ha fatto per noi: uomini di Africa, delle Americhe, d’Europa e del Pacifico, dove ci
troviamo e quali siamo.
Di questa grande messa in comune
sono affiorate tre conseguenze:
1) Senza minimizzare né evitare il
dibattito teologico, il nostro incontro
è avvenuto molto chiaramente intorno
alla persona vivente di Gesù Cristo,
riconoscendo così nuovamente che
« non vi è alcun altro nome che sia
stato dato agli uomini, per il quale noi
abbiamo ad essere salvati » (Atti 4: 12).
Per la potenza dello Spirito Santo al>
biamo tutti insieme riconosciuto, nella
comunione dello Spirito Santo, la potenza di salvezza della croce, come è
manifestata dalla sua resurrezione.
Vi invitiamo dunque a ritornare a
lui. Al di là delle nostre complicazioni,
anzi in mezzo ai nostri problemi più
complessi la salvezza che Dio ci offre
è una realtà semplice e vera, un felice
rovesciamento del corso abituale delle
cose del nostro mondo, che si esprime con una vera conversione degli uomini a Dio.
Abbiamo anche riconosciuto che
Egli vuole liberare nella sua interezza
Vita dele Chiese nei Giannene
Missionario protestante
espulso dal Gabon
Libreville (bip) - La campagna elettorale per il rinnovo dell’Assemblea nazionale e per la rielezione del presidente della repubblica gabonese ha registrato uno spiacevole incidente a Mak'okou, nel nord-est del paese.
L’arresto, per motivi oscuri, di un sacerdote cattolico gabonese ha provocato una manifestazione dei suoi fedeli;
si sono verificati scontri con la .gendarmeria, con parecchi feriti e almeno un
morto. Il governo ha fatto procedere
a numerosi arresti e all’espulsione di
due missionari cattolici.
Jean-Pierre Poure, un insegnante
francese che nel quadro della branca
francese della CEVAA (DEFAP) insegna nella scuola evangelica di Makokou, non aveva partecipato a questa
manifestazione. E stato tuttavia arrestato e dopo alcune ore d’incarcerazione a Libreville è stato espulso dal paese nel quale lavora da oltre dieci anni.
Il past. Nang, presidente della Chiesa
evangelica nel Gabon, ha espresso al
prof. Poure e al DEFAP la costernazione della Chiesa per questa espulsione ingiustificata.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
Alla redazione di questo numero
hanno collaborato Giuseppe Anziani, Franco Davite, Ermanno Geme,
Roberto Peyrot, Ermanno Rostan,
Elsa e Speranza Tron.
Un giapponese
all'Istituto ecumenico di Eossey
Il trentasettenne Rihito Kimura è
stato nominato vicedirettore dell’Istituto ecumenico di Bossey. Egli ha studiato diritto familiare alla nota Università Waseda di Tokio; ha fondato
il movimento cristiano studenti in
Thailandia, del quale è stato segretario
per alcuni anni; quindi si è trasferito
nel Vietnam per un’indagine sui problemi giovanili nell’Asia orientale, indagine i cui risultati hanno suscitato
un’eco notevole fra intellettuali e giovani giapponesi. Kimura è pure noto,
in Giappone, quale autore e compositore di canti popolari cristiani.
Morte del teologo Enkichi Kan
È morto a Tokio, a 76 anni, il teologo cristiano Enkichi Kan. Nato a Kioto, aveva compiuto gli studi teologici
all’Università di Harvard (USA). Numerose sono le sue opere, pubblicate
in Giappone, sulla scienza delle religioni e sull’educazione; il Mikado lo
aveva insignito di un’onorificenza, ner
questo. Il Kan è stato assai attivo, a
livello internazionale, nella Federazic>
ne degli studenti cristiani, nel Consi.nlio ecumenico delle Chiese e nella
Conferenza internazionale di storia delle religioni. Inoltre si devono a lui numerose traduzioni in giapponese di
teologi europei.
Un centro cristiano
di meditazione zen
Il gesuita Enomiya Lasalle, noto specialista di buddismo zen, ha aperto tre
anni fa a Shinmeikutsu, presso Tokio,
un centro cristiano di meditazione zen.
Quivi si è tenuta recentemente, per la
prima volta nella storia del buddismo
zen, una settimana di meditazione
(sesshin) in inglese, con la partecipazione di specialisti europei interessati
alla questione. Nel suo centro il p. Lasalle tenta di mettere a frutto per una
meditazione specificamente cristiana
le tecniche tradizionali dello zen. ^1
successo di questa prima sessione anglofona di « sesshin » pare essere stato così forte da far programmare altre settimane del genere. In preparazione ad esse vengono dati, tutti i
week-end, dei corsi preparatori per
stranieri residenti in Giappone interessati alla cosa, corsi nei quali ci si esercita anzitutto al retto « sedere » (zazen) e al retto meditare.
Cura d'anime telefonica a Tokio
Da un anno e mezzo è in azione nella massima metropoli del mondo, Tokio, un servizio di cura d’anime telefonica denominata « Inochi no denwa », « Telefono della vita ». Su iniziativa di Ruth Hetcamp, della « Missione
tedesca di mezzanotte », e dopo una
lunga preparazione, questo centro ha
potuto essere aperto sotto il patronato del Consiglio cristiano nazionale; esso ha la collaborazione volontaria e
gratuita di 300 persone, le quali nel
primo anno di attività hanno risposto
a 29.519 chiamate. Questi collaboratori
sono preparati e ’aggiornati’ in corsi
regolari. La prosecuzione di questo
programma di cura d’anime' telefonica
prevede una collaborazione assai più
intensa e diretta con altre organizzazioni assistenziali sociali, ecclesiastiche e psichiatriche della città di ’Tokio, verso le quali possono essere indirizzate con piena fiducia persone in
cerca di aiuto.
Dibattito sull'Ara iasukuni, a Tokio
La Chiesa unita ni Cristo nel Giappone (Kyodan), in una lettera alle autorità dell’Ara lasukuni, hanno chiesto
che i nomi di qua : i ro pastori evangehci della Kyodan, isduti nella seconda
guerra mondiale, ^ : no cancellati, nell’Ara, dalla lista dei « caduti divinizzati ». L’Ara shin-toi; a lasukuni, a Tokio, è il santuario nazionale nel quale
vengono venerati ome divinità i soldati giapponesi cac nti. Da alcuni anni
è in corso in Giappone un’aspra controversia su un pj'ogetto tendente a
statizzare ed a privilegiare questo santuario, con il forte appoggio di . alcuni
ambienti governativi. Invece è sorta
una forte opposizione soprattutto da
parte di ambienti cristiani, ma anche
buddisti, i quali vedono in questo progetto di legge una minaccia alla libertà
religiosa radicata nella Costituzione.
Le autorità dell’Ara hanno respinto
la ri-chiesta della Kyodan con questa
motivazione: « L’Ara lasukuni non è
una religione. È un’obbligazione morale per l’intera nazione. Abbiamo dei
cultori, non degli adoratori. L’Ara è
un oggetto di venerazione nazionale,
ma non è un luogo con il quale la poDolazione identifichi la propria fede ».
Lo scopo del progetto di legge è che
anche il governo riconosca l’Ara come
il luogo cui va la particolare venerazione nazionale, riconosca dunque ufficialmente ciò che sarebbe già la prassi della totalità della popolazione.
L’8 agosto 1972 il Parlamento nipponico aveva per la quarta volta deciso
a maggioranza di rinviare ancora il
voto su questo progetto di legge. Nel
frattempo la campagna anti-Iasukuni
del Consiglio cristiano nazionale nipponico prosegue intensa;- per essa sono previste spese per 6 milioni di yen
(oltre 12 milioni di lire), e già più della metà di questa somma è stata raccolta dalle chiese.
Un centro sociale svizzero a Kioto
L’estate prossima sarà aperto a Kioto un Centro sociale Svizzera-Kioto,
articolato in due dipartimenti;
1. Un centro internazionale di studi sul lavoro sociale, che deve servire
in primo luogo al perfezionamento degli assistenti sociali della città; in esso potranno però abitare pure giovani assistenti sociali svizzeri, sì che possano per un anno o due vedere quali
sono le strutture sociali-assistenziali
nipponiche. Uno scambio d’esperienze
utile alla Svizzera quanto al Giappone.
2. Un centro di lavoro protetto per
giovani ritardati psichici, nel quale
possono essere avviati a lavori manuali semplici una quarantina di giovani
menomati psichicamente, a partire
dall’età di 15 anni. C’è la speranza di
poterli in seguito integrare nella società. La direzione sarà assunta da un
giovane pastore giapponese, che attualmente è nella Svizzera per un periodo
di studio. Dopo la « Casa d’incontro »,
questo centro internazionale di studio
e di lavoro è il secondo istituto che
nel giro di sette anni la Svizzera ha
creato nell’antica città imperiale di
Kioto.
TENDENZE ECUMENICHE
NEL CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE DI MELBOURNE
Connajiiii di strada; ila dove?
Melbourne (soepi) — In occasione
del 40” Congresso eucaristico internazionale, tenuto in Australia, a Melbourne, dal 18 al 25 febbraio, è stato posto
l’accento sull’impegno ecumenico della Chiesa cattolica romana.
Circa centomila cristiani di ogni origine hanno partecipato a un culto organizzato dal Congresso e dal Consiglio delle Chiese della Provincia au
straliana di Victoria. Il rinnovo degli
impegni del battesimo e la comunione
del pane quale segno dell’agape fraterna facevano parte della liturgia. I due
sermoni sono stati pronunciati dal
card. Jan Willebrands, presidente de'
Segretariato romano per l’unità, e dal
past. Lukas Vischer, direttore del Segretariato di 'Fede e Qrdinamento’ del
CEC. Erano pure presenti il card. Lawrence Shehan, legato pontificio, il rev.
Frank Woods, arcivescovo anglicano di
Melbourne, il vescovo greco-ortodosso
Panteleimorì e delegati delle Chiese
presbiteriana e metodista d’Australia.
Nel suo messaggio il dr. Vischer ha
detto; « Il movimento ecumenico è in
primo luogo una conversione a Cristo ».
Parlando dell’unità dei cristiani: « Se
abbiamo sperimentato il vincolo che
Cristo ha posto fra noi, siamo costretti a procedere e a manifestarlo in modo più chiaro e completo ». E concludeva: « Qui abbiamo condiviso un pezzo di pane. È un segno sul nostro cammino. Ma prendiamolo come un segno,
come una promessa, un impegno —
nella speranza che saremo presto veri
compagni di strada ».
Un seminario di tre giorni, al quale
avevano partecipato oltre 200 delegati
di tutte le Chiese, era stato dedicato
allo studio del tema: « Ecumenismo,
eucaristia e comunità ». I principali
conferenzieri sono stati il p. Thomas
Stransky, il p. Michael Hurley, il past.
Lukas Vischer e il prof. Jürgen Moltmann; quest’ultimo ha sottolineato la
necessità di colmare il fossato che divide i cristiani, i quali creeranno così
le condizióni necessarie per contribuire in modo più efficace a un mondo
pacìfico.
Al centro dei dibattiti v’era l’eucaristia. È apparso chiaramente che le
Chiese non sono ancora giunte a una
reciproca ammissione all’eucaristia;
ma negli ultimi anni si è fatto strada
un forte consenso sul suo significato
e si tratta ora di vedere come tale consenso potrà esprimersi nella pratica:
un problema che non potrà essere a
lungo eluso.
R.d.r.: non abbiamo qui lo spaziò per discutere la ’’linea ecumenica” che affiora da
queste notizie e da quelle relative a « un concilio veramente ecumenico ». Dissentiamo comunque da questa linea, che invertendo quella iniziale del movimento ecumenico, torna a
concedere alla prassi un primato sulle questioni teologiche, cioè di fede : linea perfettamente ’’attuale”, ma che riteniamo più che
discutibile.
la nostra realtà umana da tutto ciò
che la tiene schiava. Accettando la totale debolezza, che conosce sulla croce, « ogni autorità gli è stata data ».
Mentre aspettiamo la manifestazione
finale della sua vittoria, la vediamo all’opera già ora, ogni volta che un uomo accede alla vera libertà ed alla sua
responsabilità di uomo, figlio di Dio.
2) Davanti a Lui, che abbiamo anche incontrato come nostro giudice,
abbiamo misurato l'enorme distanza
che rimane fra quello che crediamo e
quello che facciamo e quanto siano rigorose le esigenze di Dio.
A causa della salvezza che è in Gesù Cristo il quale promette a tutti « la
gloriosa libertà dei figli di Dio » siamo
decisi ad impegnarci risolutamente nella lotta contro tutto quello che opprime gli uomini di oggi, non solo il peccato che è in loro, ma anche quello
che è nella società. Lo scandalo del
razzismo, delle ingiustizie sociali, delle oppressioni economiche e politiche,
la vergogna tragica della guerra in Indocina o la sanguinosa repressione dei
movimenti di liberazione, la disumanizzazione tecnologica e le minacce che
fa pesare sull’umanità ci sono apparse
come altrettante sfide lanciate ai cristiani per che attestino la salvezza
che è in Cristo con la loro azione.
Questa ubbidienza alla potenza liberatrice di Cristo, in una vera coerenza
di fede e di vita, deve essere accompagnata da una rigorosa analisi della situazione nella quale si trova ed agisce: l’esercizio abusivo di ogni sorta
di poteri, i compromessi delle chiese
in questo campo devono essere chiaramente scoperti e denunziati.
La croce di Cristo, dove il suo amore è giunto alle sue ultime conseguenze, ci obbliga a riconoscere quanto
spesso ci fermiamo per strada e ci obbliga a riprendere il cammino gioiosamente e, se è il caso, con sacrifcio. Ci
spinge alla testimonianza della Parola
ed al colloquio con tutti quelli che, in
un modo o nell’altro, con una convinzione o con un’altra, sono ugualmente
amati da Dio. In Cristo, l’altro, anche
se estremamente diverso da noi, non
può essere considerato un nemico, ma
sempre un fratello per mezzo del quale Dio ci vuole arricchire.
3) Le stesse esperienze che abbiamo messo in comune a Bangkok ci obbligano a perseverare nella ricerca di
strutture di vita comunitaria che permettano questo arricchimento. È sempre più evidente che dobbiamo trovare nuovi modi per rispondere insieme
alla nostra comune vocazione missionaria nei sei continenti di un mondo
diviso, affinché ognuno possa parteciparvi nella sua piena identità e responsabilità. A questo proposito siamo solo all’inizio del cammino. Abbiamo tuttavia notato alcune esperienze
piene di promesse che ci spingono a
dar prova di immaginazione creatrice.
Questa ricerca di relazioni veramente
rinnovate, oneste e adulte, fra le nostre chiese ci porterà forse a decisioni dolorose. Ci siamo chiesti se, in certi casi, l’accesso ad una piena identità
responsabile di alcune chiese del terzo mondo in vista di una collaborazione nuova e più ricca con le altre chiese, non sarebbe facilitata dal ritiro
temporaneo del personale e dei finanziamenti stranieri.
Ma questa realtà della chiesa universale deve anche essere vissuta a livello locale. Nel mondo attuale, caratratterizzato da una generale emigrazione, che rappresenta una sfida crescente per le nostre società, tutte le
chiese sono chiamate ad accogliere come fratelli e sorelle gli stranieri che
vivono nella loro zona, segni viventi
della chiesa universale e della sua missione. Dio ha preparato per noi ricchezze che dobbiamo imparare a ricevere.
Vi scriviamo dunque nel segno di
una grande speranza. Nell'umiltà nella
quale la nostra povertà ci costringe,
abbiamo riimparato che « la Parola di
Dio non è legata » e che, anzi, apre
completamente le porte della salvezza.
Verso un concilio
ecumenico universale?
{Segue da pag. 1)
a stabilire una concezione e una prassi comuni del ministero. Lo scopo rappresentato dal
concilio le obbligherà a riesaminare i loro sistemmi rappresentativi nella prospettiva di Un
avvenimento comune. È possibile che alla fine
il concilio non riesca. Ma quale fine provvisorio, può aiutare a far convergere sforzi diversi e portare al riconoscimento reciproco di
cui parla la dichiarazione di Nuova Delhi. La
preparazione in comune può servire al tempo
stesso da quadro agli sforzi congiunti delle
Chiese in vista di rinnovare i loro ministeri.
E’ stala annunciata la pubblicazione, a
Gerusalemme, di un nuovo bollettino in
lingua inglese, « Emmanuel », a cura della
Fraternità della ricerca teologica ed ecumenica, con lo scopo di far comprendere al pubblico anglofono ciò che gli ebrei pensano sull’ebraismo e sul cristianesimo.
6
pag. 6
Riíliissioni li Ul PH»
díHa Sniola Popolp di
N. 11 — 16 marzo 1973
di nntadini ú
Sun SecoHdo
liKrai
PRALI
Si parla spesso deU’assenza dalla vita sociale, culturale, politica p anche
religiosa dei contadini. Noi siamo un
di contadini e operai-contadini ex allievi della Scuola popolare di
S. Secondo e vorremmo dare il nostro
contributo frutto delle riflessioni che
abbiamo fatto al riguardo. Riteniamo
pertanto giusto partire dall’analisi della formazione che hanno i contadini
fin dai primi anni di scuola.
Lasciamo parlare i contadini stessi,
prendendo ad esempio alcuni temi sulla scuola fatti lo scorso anno alla Scuola popolare:
« ...A scuola e a casa sin da piccolo
mi hanno solo sempre insegnato ad
obbedire senza discutere, obbedire a
chi aveva studiato ed alle autorità —
obbedisci e diventerai grande, obbedisci e diventerai bravo —. La vita mi
ha insegnato che se non impariamo
anche a ragionare tutti possono fare
di noi quello che vogliono... ».
« ...Avevamo una sola insegnante per
due o tre classi, eravamo in soggezione solo a guardarla in faccia e lei non
faceva niente per metterci a nostro
agio; quando poi si trattava di andare
a dire la lezione se non si sapeva tutto a memoria erano scenate e piovevano note a casa. Nessuno si sarebbe
mai permesso di chiedere qualche cosa se non lo aveva capito bene o non
10 aveva capito del tutto. Di chiedere
di andare al gabinetto o a bere poi,
era secondo l’umore dell'insegnante;
se era di cattivo umore ci diceva di
succhiarci la lingua... ».
« ...La scuola serve a far credere a
tutti che a qualsiasi ceto sociale uno
appartenga deve considerarsi un uomo
fortunato. Abitua a credere che anche
11 più umile dei lavori, sia sempre bello, la fatica, il sudore e le privazioni
siano anch’esse doni venuti dal cielo
e che bisogna rispettarli. I libri che
ho adoperato a scuola insegnavano ad
amare la propria condizione ed in secondo luogo la patria e tante altre belle cose. Proprio a causa di tutti questi
insegnamenti nel nostro paese il 48%
dei bambini non termina le scuole dell’obbligo... ».
« ...La mia maestra elementare diceva ai imei che ero svogliato, in realtà
ero timido, ma lei non lo capì in cinque anni di scuola. Per lei la scuola
era un mucchio di cose da fare, chi le
faceva andava bene, gli altri rimanevano indietro, lei faceva scuola senza
conoscerci, probabilmente pensava che
per dei contadini non valeva la pena
di impegnarsi... ».
Alcuni di questi temi si riferiscono
ad un po’ di anni fa, ma quel tipo di
discorso si fa ancora oggi nelle campagne più di quanto la gente creda.
I due libri che abbiamo preso come
esempio sono stati distribuiti ai giovani dei Club 3 P negli anni 1971 e 1972
(i Club 3 P sono sorti per iniziativa
dei giovani della Coldiretti e dovrebbero avere solo uno scopo tecnico di sperimentazione; sono finanziati in gran
parte dal Ministero del Lavoro), sono
editi dalla San Marco (Bergamo). I titoli sono: « L’educazione civica della
gioventù coltivatrice » e « Noi e gli altri » — letture di educazione civica,
morale e sociale — ed ecco come ci
educano.
Sut lavoratore... È un lavoratore qualunque persona che presti la sua opera
dietro compenso, in un qualsiasi ramo
dell’attività umana. Perciò non esistono differenze tra le diverse qualità di
lavoro, sia esso intellettuale o manuale, di concetto o d’ordine, continuativo o saltuario...
...Il calzolaio, il barbiere, lo spazzino come l’ingegnere, l’avvocato, il chirurgo, il professore... concorrono, con
la loro attività, al bene del paese. Tutti i mestieri, tutta le attività sono nobili...
Sul lavoro agricolo... La vita dei campi è forse la più nobile e il lavoro della terra quello più vicino alle naturali
aspirazioni dell’uomo...
Sulla patria e la bandiera... Chi deve
difendere la patria se non, in primo
luogo, i suoi cittadini? Questa è la ragione per cui la legge dichiara obbligatorio il servizio militare... Del resto, il
servizio militare non è poi una cosa
mgrata e insopportabile. Abitua alla
fatica, agli, strapazzi, ai disagi, ai sacrifici: è una scuola di virtù morali. La
vita militare è scuola di educazione,
di carattere. Offre pure piacere e diletto. Fa vedere nuovi paesi e città.
Rinvigorisce il corpo, irrobustisce. Fa
conoscere nuovi amici. Ore piacevoli e
allegre si passano sotto le armi... Perciò, la vita militare istruisce ed educa, fa diventare uomini, come si dice
comunemente. Si impara ad essere uomini... Quante cose utili si imparano
facendo il soldato! Eppoi è un dovere.
Se è un dovere non si deve discutere.
Prepara a difendere la patria in guerra. Difendere la patria è comé difendere la propria casa, la propria famiglia, la propria roba... Chi non lo facesse sarebbe un vigliacco; cioè, un uomo spregievole e abbietto. Di fronte
alla legge sarebbe un disertore. Essere disertore è la più grande vergogna
per un giovane. È un disonore grande.
È come dire traditore: traditore verso
la propria terra natia, verso la propria
comunità nazionale. Traditori, mai!...
Questo discorso che veniva accettato
nelle famiglie contadine di tipo patriarcale dove il capo famiglia comandava
tutto, gli erano sottomessi, moglie, figli
e nipoti non decidevano nemmeno dei
loro sentimenti. In questo modo le imposizioni di chi comandava (sia un capo famiglia o un padrone di terreni) venivano accettate da chi subiva con naturalezza: vi era chi comandava e chi
ubbidiva, chi era ricco e chi era povero, tutto era accettato e non si discuteva, era come la grandine o la brina,
potevano venire o non venire tanto
nulla cambiava. Oggi questo tipo di ordine si può capire a cosa serve e a chi
serve, ma non si capisce certo che utilità possa avere per i contadini nel loro
lavoro di oggi ò a quello di domani nelle fabbriche, aiuta forse ad essere più
uomini? A essere più liberi da comples
si o alienazioni? Aiuta forse a fare delle scelte? Crediamo proprio di no. Ma
queste non sono che alcune poche riflessioni: altri potranno continuare il
discorso, che è lungo.
Un gruppo di ex-allievi della
Scuola popolare di S. Secondo
Centro Diaconale
Il prossimo incontro del Centro Diaconale ( Istituti per Minori ) avrà luogo lunedì 26 marzo alle ore 21, presso il Convitto Femminile di Torre Pellice. Via Angrogna 12.
All'ordine del giorno il rapporto
Scuola-Convitti che ha creato, soprattutto in questi ultimi anni, dei grossi
problemi.
Un invito particolare è rivolto agli
Insegnanti di Torre Pellice e Pomaretto perché sia possibile chiarire in un
confronto fraterno le difficoltà che i
ragazzi dei nostri Convitti creano nella
Scuola. E sarà utile per gli Insegnanti
venire a conoscenza di altri problemi
che si vivono in Convitto e che gli
Educatori potranno esporre, in modo
da avere un quadro più completo della personalità di- questi ragazzi che
spesso la Scuola non riesce a capire.
Questa reciproca informazione ci
sembra particolarmente urgente ; e ci
auguriamo che possa avvenire. Innanzitutto per il bene dei ragazzi.
Per il C.
Ermanno
D.;
Genre
Notizie da San Germano Chisone
Una folla numerosa si è riunita nel
tempio per incontrare ed ascoltare il
pastore Victor Rakotoarimanana, segretario della CEVAA, in visita a San
Germano. Egli ci ha parlato della sua
terra, il Madagascar, e della sua Chiesa d’origine, la Chiesa di Gesù Cristo
a Madagascar (una Chiesa evangelica
unita). Ci ha fatto sentire come l’esigenza missionaria sia propria di ogni
Chiesa cristiana e quanto questa esigenza ci unisca profondamente, al di
là delle origini e delle culture diverse.
Chissà se avremo un giorno la gioia
di constatare che uno dei nostri giovani ha deciso di rispondere ad un appello missionario preciso, poco importa « per dove ». Soprattutto vogliamo,
tutti, qui a San Germano sentirci con
maggiore consapevolezza in situazione
missionaria.
Grazie all’offerta riunita in occasione della serata ed alla colletta del culto di domenica 4 marzo, domenica della missione, abbiamo potuto mandare
a nome della nostra comunità L. 55.000
quale offerta a favore della CEVAA.
Ricordiamo che la Chiesa Valdese, nel
suo insieme, ha accettato di versare
non meno di 3 milioni all’anno per sostenere questo lavoro missionario su
piano interecclesiastico, interrazziale e
internazionale.
Gli ospiti della Casa di riposo hanno avuto per due volte l’occasione di
fare dei « viaggi organizzati », prima a
Tahiti poi a Madagascar, grazie alla
proiezione di alcune diapositive. Vorremmo poter dare più spesso un po’
di svago ai nostri fratelli più anziani.
Altri due lutti hanno colpito la comunità dell’Asilo con la dipartenza del
nostro fratello Garrone e di un’altra
ospite della Casa. Esprimiamo alla vedova ed a quanti sono stati così colpiti nei loro affetti la nostra sincera
simpatia»
Tre riunioni quartierali hanno avuto luogo in questi ultimi tempi alla Costabella (past. Poris), ai Gondini ed ai
Garossihi.
Si comunica a tutti gli interessati
che il culto di confermazione dei catecumeni di quart’anno avrà luogo a Pasqua. In quell’occasione i nuovi membri di Chiesa parteciperanno con noi
alla Santa Cena. Chiediamo ai nostri
giovani di prepararsi a questo passo,
che non è significativo che là dove è
compiuto nella fede, in preghiera. Ricordando sempre che è in gioco non
una « bella confermazione » ma la loro nuova vita di credenti pienamente
responsabili di quello che fanno e dicono, di quello che pensano o non pensano.
Giovanni Conte
La comunità dà il suo benvenuto alla piccola Giovanna Rostagno che, nata in Svizzera il 25 gennaio è giunta in
questi giorni ad Agape e porge i suoi
fraterni rallegramenti ai genitori.
Purtroppo anche questa volta ci sono notizie dolorose da segnalare: il 20
febbraio è deceduta a Pomaretto la nostra Sorella Irma Peyrot in Pascal di
Malzat per l’improvviso aggravarsi di
una malattia che non sembrava particolarmente preoccupante. Esprimiamo
ancora il nostro affetto solidale al marito ed ai figli. Inviamo anche il nostro
pensiero fraterno a Emilio Ferrerò che
in pochi giorni ha perso in America la
cognata ed il fratello ed alla Sig.ra Berutti di Torino pei la tragica morte
del marito ben conosciuto ed apprezzato a jPrali dove, da parecchi anni,
trascorreva i suoi periodi di vacanza.
Un ringraziamento ai pastori Bruno
Rostagno e Cipriano Tourn che hanno
presieduto i culti del 2 febbraio e 4
marzo in occasione di una assenza e
di una indisposizione del pastore.
La ricorrenza del 17 febbraio è trascorsa serenamente e lietamente con i
falò, il culto ed il pranzo fraterno. Naturalmente a Frali si è risentito del
fatto che il 17 è caduto di sabato quando molti sono impegnati con attività
turistiche. In occasione del pranzo è
stata raccolta una somma per le comunità valdesi del Sud America. Sono
pure raccolte le firme da inviare ai
Presidenti del Senato e della Camera
contro alla prevista legge del fermo di
polizia. Rinnoviamo il nostro ringraziamento alle Sorelle Alma Ferrerò, Margherita Long, Rina Peyrot, Marcella
Richard, Marisa Long e aH’Unione delle madri per il servizio prestato.
Venerdì 2 marzo il Moderatore Sbaffi ha visitato la nostra chiesa prendendo contatto con il Concistoro al pomeriggio e con la comunità durante il
culto serale del venerdì cui è seguito
un breve incontro con gli intervenuti.
Lo ringraziamo per lo scambio di idee
e di notizie'che abbiamo avuto con lui,
per le indicazioni che ci ha dato circa
il lavoro generale della Chiesa Valdese
e gli auguriamo che il suo lavoro d:
Moderatore possa continuare serenamente e sotto allo sguardo del Signore.
In occasione dei culti del 2 e del 4
marzo è stata raccolta la colletta per
la CEVAA alla quale si è associata anche la Scuola Domenicale con una of
ferta assai consistente. L’il la colletta
è stata devoluta per la FGEI e la colletta del 25 prossimo sarà destinata
alla Missione Evangelica contro la lebbra. Molte « collette speciali » che hanno un certo peso sul bilancio della
chiesa, ma che ci danno anche il sen
so delle grandi necessità che esistono
intorno a noi.
La sera di domenica 11 marzo la Filodrammatica di Pomaretto ha presentato con successo la recita in tre atti:
« La Buona Speranza ». Ringraziamo i
nostri fratelli di Pomaretto per questo
lavoro che ha vivamente interessato
per la sua drammaticità e attualità.
Franco Davite
Torre Pellice
Dal 26 marzo al 1” aprile il prof. Bruno Corsani terrà una serie di lezioni
sull'Epistola ai Romani, presso la Foresteria Valdese di Torre Pellice, la
sera alle ore 21.
Incontri sulla
Scuola Materna
Trombe...
e carnevale
I nostri amici doll'Eco del Chisone hanno pubblicato un trafiletto (n. 10, 8 marzo 1973) veramente spassoso sotto il titolo: «Sagra ad Abbadia e. Veniamo cosi a sapere che in mezze a
carri allegorici, mostra celomboflia, balli e tor
nei di calcio, i Trombettieri Valdesi hanno dato
il loro contributo. Ed il cronista ci tiene a far
sapere che questa sagra che veniva celebrata
la prima domenica di febbraio in ricordo dei
soldati abbadiesi tornati dalla guerra di Crimea,
è stata poi per molte tempo dimenticata. Finalmente TANA ha « riesumato » la tradizione...
Ma lasciamo la parola al cronista : « Il tempo
bello ha favorito le diverse iniziative: torneo di
calcio del Milan Club, ballo in piazza, banco di
beneficenza in favore delle opere giovanili,
mostra colembofila, concerto della Pasaunen
Cor ( banda di ottoni ) delle CemunItA Valdesi
diretta dal m.o Ribet Renate, giochi di bimbi,
carro allegorico, ecc. ».
Chissà che col carnevale non passi anche la
linea ecumenica... a suon di trombe!
Qrganizzato dal Consiglio della Val
Pelhce, dai Comuni di Luserna S. Giovanni e Torre Pellice, dalla Direzione
Didattica e dal Centro Diaconale Valdese, avrà luogo presso il Castagneto
di Villar Pellice il secondo incontro
sulla Scuola Materna:
Il 24 e 25 marzo: « La drammatizzazione libera nella Scuola - i burattini »
- Equipe del Teatro Stabile - Allasia
e Moretti.
L’incontro inizierà alle ore 15.30 del
sabato e si concluderà alle 17.30 della
domenica, è dunque previsto il pernottamento presso il Castagneto.
Questi incontri, previsti in particolare per le insegnanti e assistenti delle
Scuole Materne, sono tuttavia aperti a
quanti sono interessati ai problemi
della Scuola e della formazione dei
fanciulli.
Iscrizioni e ulteriori informazioni
presso il Servizio Sociale della Val
Pellice, Piazza Muston, 3 - Tel. 91514,
10066 Torre Pellice (Torino).
Torre Pellice 13 marzo 1973
Signor direttore,
con riferimento all’articolo apparso su
« Cronaca delle Valli » il 6 u. s. dal titolo
« La Provincia sospende il servizio di Medicina Scolastica », chiederei mi fosse consentito
fare alcuni rilievi e precisazioni : la Provincia di Torino già dal 1964 ha avvertito l’.esigenza di attuare a proprie spese — salvo richiedere un modesto contributo ai Comuni —
uu servizio di assistenza e di tutela della salute a vantaggio della popolazione in età scolare, il cui obbligo attuativo correva e corre
tuttora ai Comuni, secondo quanto indicato
dal D.P.R. 11/2/61 e successivo D.P.R.
22/12/67 n. 1518.
Si tratta in effetti di un servizio globale
realizzato da equipes poli-specialistiche : medico, collaboratrice sanitaria, psicologo, assistente sociale, che nel caso specifico a Torre
Pellice ha iniziato ad operare fin dal 1965,
realizzando tra l’altro anche interventi specialistici di sostanziale rilevanza, quali ad esempio il dépistage ortopedico ed i relativi corsi
di ginnastica formativa e correttiva in funzione da oltre quattro anni.
È pur vero che un’attività di questo tipo
avrebbe dovuto interessare fin dall’inizio tutta la popolazione in età scolare, scuola materna e scuola media comprese. È altrettanto
vero però che per realizzare una organizzazione corretta di servizi sociali per la scuola
si impongono rispetto alla gradualità degli interventi e priorità nel soddisfare i bisogni. La
dimensione operativa iniziale « Scuola elementare » rispondeva ampiamente a tali requisiti.
La veridicità di quanto ho affermato è dimostrata dal fatto che il servizio, fin dallo
scorso anno, ha cominciato a sviluppare la
propria azione — seppure a livello sperimentale — nella scuola materna e nella scuola
media.
Le note dolenti iniziano con ¡I corrente anno scolastico quando —pur avendo la Provincia, come di consueto contemperato ai proprii adempimenti — il Comitato Regionale di
controllo, a cui evidentemente è sfuggita la
sostanza dell’intervento provinciale, ha limitato il proprio parere a trascurabili motivi organizzativi e, ritenute non idonee le delibere
della Provincia, le ha ripetutamente annullate.
Mi sembra doveroso rilevare che il Presidente della Provincia, confortato dall’approvazione umanime del Consiglio, ha stigmatizzato con fermezza l’operato del CO.RE.CO.
adoperandosi poi perché esso venisse modificato.
La recente approvazione delle deliberazioni
Provinciali dimostra infatti quanto la Provincia abbia seguito con attenzione e sensibilità la situazione che, sono il primo a riconoscerla, ha creato gravissimo disagio alle Comunità, all’utenza e agli stessi operatori sociali.
Tutto ciò dicasi anche in riferimento alla
Val Germanasca. La protesta corale che ora si
leva da più parti mi conforta perché è la misura della capacità e della volontà di partecipazione di tutti gli Enti locali a difesa dei servizi sociali di primaria importanza.
M rammarica peraltro constatare che tale
giusta protesta arrivi soltanto ora e si rivolga contro un obbiettivo sbagliato : la Provincia.
Infatti con un aiuto consapevole e responsabile di tutte le Amministrazioni Comunali,
anche le più piccole, FAmministrazione Provinciale avrebbe potuto cèrtamente costruire
un servizio per la scuola più valido, più adeguato alle reali istanze di quanto non abbia
potuto fare sino ad ora da sola e con l’unico
aiuto di un modesto contributo di lire duemila pro capite da parte dei Comuni.
Approfitto della occasione per asicurare il
Dott. Gustavo Comba che tengo presente quanto mi ha segnalato in una recente lettera apparsa sull’« Eco delle Valli » sperando in una
positiva soluzione dell’inconveniente lamentato.
La ringrazio per l’ospitalità e La prego di
voler gradire i miei più cordiali saluti
Lori.s Bein
LUSERNA SAN GIOVANNI
Offerte per la costruzione
del nuovo Asilo dei Vecchi
Doni pervenuti nel mese di gennaio per la
nuova costruzione;
N. N. G. L. 50.000; Mercadelli Pia 5.000;
N. N., in mem. della sig.ra Mazzolini Maria
30.000; Malanot Cesare, in mem. dei suoi cari 5.000; In mem. di Giacomina Talmon ved.
Michelin, le figlie 5.000; Bruno Migliotti e
famiglia, in mem. dei loro cari 5.000; Coniug. Filippone-Dematteis 1.000; Ezio Depetris
1.000; R. e L. Coisson 5.000; Vola Alberto
30.000; In mem. di Elsa Rostagno ved. Fraschia, i cugini Rostagno 17.000; Guerrini
Giorgina (Viadana-Mantova) 5.000; F.li»„ e
Marisa Jalla, in mem. del loro caro 15.000;
Margherita Jalla, in mem. di Fredino Balma^
10.000; In mem. di Bertalot Giuseppina, gli
eredi 45.000; In mem. della mamma Giorgette
Rivoir ved. Bounous, le figlie 10.000; Fede
Bufalo (Noceto) 5.000; Bianca e Prospero
Hugon (Rivoli) 15.000; Maria Luisa e Rodolfo
Pasqualetti (T. P.) 10.000; Matilde Roman
5.000; Pietro e Lina Buffa (Angrogna) 1.000:
Rita Revel 5.000; Guido e Elma Revel 5.000:
Rina Bertin 25.000; U.F.P. 5.000; N. N., in
mem. di Gino e Giorgina Jahier 100.000; Rita e Giuseppe Gasparotto, in mem. di Maria
Robert ved. Gasparotto 50.000; M. e Y. Allio,
in mem. di Elsa Rostagno ved. Fraschia 10
mila; Soulier Giovanni (rie. Asilo) 10.000; ./^lbarin Regina 50.000; Michelin Salomon Davide 10.000; Pons Giovanni (Peyrot) 2.000:
Rostan Eugenio e famiglia (1° contr.) 15.000:
Revel Mario e famiglia 10.000; Zoppi Enrico
e famiglia 5.000; Revel Bruno e Carla 10.000;
Revel Paolo e Edith 20.000; Bertalot Dino c
Emilia 10.000; Cedrone Franca e Gianfranco 20.000; Gönnet Catalin Susanna 10.000:
Artus Susanna ved. Buffa 5.000; Musacchio
Pons Mary (T. P.) 5.000; Bonnet Roberto.
Albino e Renato 10.000; Monastier Laura e
Linette (Torino) 20.000; Chauvie Gino e Lelia 20.000; Ivonne e Gustavo Balmas, in
mem. del padrino Martinat Augusto (S. Germano Chisone) 10.000; Valdo Bounous, in
mem. dei suoi cari e del padrino Martinat
Augusto 20.000; Mimy Tron-Bernoulli (T.P.)
10.000; Jourdan-Bertalot (24-11-1972) 5.000;
Giacomina e Ida Frache, in mem. della nipote
e cugina Elsa Rostagno ved. Fraschia 10.000;
Letizia lotti 10.000; Bonin Lea (Torino) 10
mila; Rivoira Natalino 5.000; Malan Clementina 10.000; Rochat Luise (Torino) 10.000:
Turin Riccardo e Caroly, in mem. loro cari
100.000; In memoria di Augusto Martinat:
la moglie Margherita Pons e figlia Lilly 50
mila, la figlia Ivonne col marito Paschetto
Bruno 50.000, i nipoti Piero e Sandro 10.000.
i pronipoti Elena e Paolo 10.000; Pons Maria
in mem. del caro marito 500.000; Elvira i*
Guido Deker (Torino) 12.000; Ida CoissonMathieu (T. P.) 20.000; Annalisa Coisson (T.
P.) 20.000; Y. A. (Airali) 50.000; Maria E.
Albarin 100.000; Cecilia Besozzi (T. P.) 5
mila; E. Mario e Letizia Corsani (T. P.) 5
mila; Elio Libonatti (Brindisi) 5.000; Tourn
Flora (T. P.) 10.000; Cornelio Silvia (T. P.f
10.000; Reynaud Lea (rie. Asilo) 1.000; A.
T. A., in mem. di Beppino, Luciana e Giorgio
30.000; Mattalia Attilio, in mem. di Caffareì
Federico 2.000; Lina e Daniele Malan, io
mem. dei loro cari 30.000; Lavizzari Guido, ii
mem. cari genitori (Milano) 5.000; Boucharo
Enrico (Pramollo) 10.000; Michelin-Lausaroi
Edoardo e Laura (T. P.) 5.000; Giorgiolè Ester
(Livorno) 1.000; Corale Svizzera di Zurige
77.399; In mem. di C. A. Balmas, Luigi i‘
Maria Martinat (Torino) 10.000.
Doni per la nuova costruzione pervenuti
nel mese di febbraio 1973.
Benech Irene L. 10.000; Peyrot Oresti’
1.000; Chiavia Federico 12.500; Rostagno
Laura (To) 50.000; Bellion Corrado e Nella
10.000; Odin Fanny 500; Odin Rachele 10
mila; fiori in mem. di Caffareì Federico, una
ex collega 5.000; N.N. 1.000; Ada, Relio.
Emma e James ricordando tante Tin 60.000:
Gay Attilia ved. Gardiol (S. See. Pinerolo)
10.000; U.F.V., in mem. di Gaydou Rachele
e Frache Elsa 10.000; Meynier-Galliano
5.000; in mem. di Caffareì Federico, un amico 10.000; Revel Luigi 50.000; Baer Luisa
(Verona) 3.000; Gamba Lina ved. Ambrosio
(Mi) 2.000; Bein Mirella e Ernesto (Torre P.) 2.000; N.N. e N.N. 8.000; Avondet
Luigia e Gaydou Dante, in mem. sorelle Emma e Elena 10.000; Mercadelli Pia 5.000: Costantino Pietro 5.000; N.N. 10.000; N.N.
5.000; Eynard Anita (To) 5.000; in mem. di
Caffareì Federico, la moglie e la figlia 20.000;
in mem. di Caffareì Federico, Cardon Ferruccio e fam. (S. Secondo) 10.000; in mem. di
Caffareì Federico, le comp. di lavoro di Elda
13.000; Rostagnol Giovanni e Matilde 10.000:
Allio Davide e Laura (Feltre) 20.000; Martini Efisia (Peschiera) 12.000; Pons Enrico e
R. ad una cara memoria (Prarostino) 5.000;
Travers Enrichetta 10.000; Albarin-Durand
Emilia in mem. di Maria Gasparotto 10.000;
Villa Jannette in mem della Mamma 5.000;
Centro attività Sociali RIV - SKF 50.000;
RIV-SKF, direzione e maestranze di Villar
Perosa, in occ. 17 febbraio 217.500; Società
di Cucito « Le Printemps », lotteria in occ.
17 febbraio 200.000; Colletta al pranzo del
17 febbraio, Lus. S. Giov. 44.210; Prochet
Nena e Enrico (To) 20.000; Giampiccoli Giorgio e Mirella in mem. di C. A. Balmas 10.000;
Laura Primo Jon Scotta (To) 60.000; Artus
Giuditta (To) 5.000; Giovaniruri Ferruccio,
in mem. della moglie e figli Fernando e Fabio (Roma) 3.000; Bufdö-Bellorti, in mem. di
Emilia Gay ved. Peyrot (Na) 10.000; Campese Luigi e Mary (Pinerolo) 10.000; Berlin
Davide 1.000; Giordano Elda e Libero 2.000;
Jallà Bruno e Albina 10.000; Gay Cornelio
(To) 5.000; Taglierò Franco 25.000; Gay
James e Emma in mem. di F. Caffareì 10.000;
Clot Edoardo e Gerard! 7.000; Peyronel Alberto e famiglia 6.000; Parise Alfredo e famiglia 5.000; Monnet Marisa e Ernesto
20.000; Pons Matilde 5.000; Pons Giuliana,.
Claudio e famiglia 5.000; Avondet Aline in
mem. di Paolo, Emma, e Elena 5.000; famiglia Galletti in mem. di Rivoira Alberto (Pinerolo) 15.000; Reynaud Lea 1.000: famiglie
(continua a pag. 7)
7
16 marzo 1973 — N. 11
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 7
Al Contro “P. Androotti” di S. Fodolo Intidvi II Febbraio” a Ginevra
si riflotto sulla olustiflcazioiio por todo
« La giustificazione » è il tema intorno al quale verte, quest’anno, una parte
considerevole dell’attività del Centro
evangelico « P. Andreetti ».
Essa ha costituito e costituirà l’oggetto di due convegni « Fede e testimonianza », organizzati da vari anni dal
Centro in collegamento con la Federazione evangelica lombarda: a fine gennaio, in un primo week-end, sono stati
studiati, sotto la guida del pasit. Domenico Cappella, i testi del Nuovo Testamento relativi a questo grande tema
teologico.. Quella riflessione avrà una
continuazione il 31 marzo e il 1“ aprile,
sotto la guida del prof. Ugo Gastaldi,
che in due conversazioni, che saranno
come sempre seguite da dibattito, presenterà « La giustificazione secondo i
Riformatori ». Questi convegni sono
frequentati da membri e responsabili
delle comunità lombarde, ticinesi e grigionesi, con qualche punta di venuti da
più lontano.
Dal 18 al 20 febbraio, poi, si è riunito
nel Centro accogliente un Convegno
teologico — che ha anch’esso ormai una
sua bella tradizione. Per queste giornate sono convenuti una quindicina di
pastori evangelici — due soli i laici
presenti — (Val Bregaglia, Val Poschiavo, Ticino, Venezia, Felónica, Verona,
Bergamo, Milano, Varese, Torino, e
naturalmente Como), che hanno potuto
seguire e vivacemente discutere quattro ampie lezioni del: prof. Vittorio Subilia. Si è trattato di una panoramica
delle impostazioni che, nella teologia
cristiana, è stata data al tema della
giustificazione per fede, partendo naturalmente dai dati del Nuovo Testamento.
Così è stata presentata la giustificazione nel messaggio paolinico, nella
predicazione di Gesù secondo la testimonianza sinottica, negli scritti giovannici: scorrendo la produzione esegetica
e teologica contemporanea, si è potuto
constatare come questo tema susciti
passione tepida, oggi, quasi a convalidare il giudizio di Albert Schweitzer
secondo il quale la giustificazione non
è che un frammento della dottrina della redenzione, « un cratere laterale ».
■C’è da chiedersi in quel misura abbia
influito su questo atteggiamento la critica marxista, che vi vede un’evasione
idealistica, o il dialogo ecumenico, che
vorrebbe vedere nello scontro cattolicoprotestante del XVI secolo « un penoso
equivoco », o se invece non ci troviamo
di fronte a una delle manifestazioni
essenziali di una crisi di fede: se il cuore, del rapporto, rappresentato dalla
giùstificazione, è la fede, come parlar
lliillllllllllilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Doni pro Eco-Luce
Da Torino: Dario Varese 1.000: Eugenio
Troll 500; Carlo Pons 1.500; Odette Peyronel Dormelandi 500; Mansueto Burlone 500;
Emito Mariotti 1.000: Enrico Pons 1.500;
Leopoldo Bertolè 500; Giuseppe Tagliaferro
I. 500: Carlo Beux 500; Francesco Valerio
II. 000: Giorgio Bertetto 500; Guido Botturi
1.500: Arnaldo Eynard 500: Anita Eynard
500: Daniele Rochat 1.500; Luciano Giardini 500: Carolina Rostan Cesan 500; Giorgio
Vidossich 1.500; M. Jon Scotta 1.500; Italo
Ferrari 1.500; Clelia Revel 200; Arturo Grill
1.000.
Paolo Olivieri, Napoli 1.500; Paul Cornuz,
Svizzera 5.500; Sorelle Puorger, Piombino
1.000; Teresa Imerito, Nizza Monferrato
1.500; Alma Bertalot, Riclaretto 500; Enrico
Peyronel, Riclaretto 500; Armando Pons, Uruguay 500; Elvino Buffa, Angrogna 500; Leontina Travers ved. Bouchard, S. Germano 500;
Maurizio Americo, Tradate 500; Franco Schellenhaum, Banchette 500; Daniele Crespi, Regina Margherita 500; Aldo Vinay, Ivrea 500;
Achille Pavone, Castellina in Chianti 500;
Enrica Nuzzi Arena, Catania 500; Dino Costabello, Novara 500; Michele Anelli, Corato
500: Alpina Maciotta, Balma Biellese 500;
Signora Furhraann, Svizzera 4.500; Sandra
Giardina, Noto 1.500: Ermanno Balestrini,
Fizzonasco 500; Giuseppina Prisco Vitello.,
Palermo 500; Ilda Gardiol, Gorizia 500 .A.
Resburgo, Svizzera 500; Caterina Stalle Forneron, Bricherasio 500: Roberto Weber .Arnoulet, Milano 500; G. Pontier Olanda 1.000;
Irma Griglio, Pianezza 500; Albertina Corsini, Milano 1.200; Renato Long, Inverso Rinasca 500; Laura Micol, Perosa 500; Ester
Poët, Perosa 1.500; Adriano Canonico, Porosa 500; Alice Molinari. Genova 2.500; Enzo
Signore, Trieste 500; Giacomo Avataneo, Villastellone 500; Isabella Peraldo Bert, Cándelo
500; Sila Albertazzi, Balma Biellese 1.000;
Matilde Steiner, Bergamo 1.500; Francesco
Beccuti, Gnigliasco 500; Nora Sibille May,
Sanremo 500; Ruth Uhlmann, Svizzera .3.130;
A. Moneada, U.S.A. 1.100; Maria Co'isson,
Bresso 500; Emanuele Facchin Peronelli,
Tramonti di Sopra 500; Nicola Cosco, Campobasso 2.000; Silvio Giraud, Massello 500;
Emma Rostagno, Riclaretto 500; Giuseppe
Platone, Milano 500; Alina Barzaghi, Milano
500; Ferdinando Marangoni, Ivrea 1.000;
W. E. Mittendorf, Varese 2.500; Emanuele Di
Natale, Genova 500; Irene Proietti Bounous,
Rivoli 500; Luigi Rosati, La Spezia 1.500;
Giulia Gullino, Pianezza 500; Felice Costabel, Perrero 1.500; Enrico Breuza, Salza 500;
Franco Falchi, Milano 3.500; Denise Rosselli, Malnate 2.500; Mirto Sappé, Inghilterra
500 Edith Berner, Bergamo 500; Irma Pons
Vinçon, Firenze 500; Attilio Long, Galliate
500; fam. Mansuino, Sanremo 500; Erica
Kesselring, S. Giov. Lupatoto 1.500; Mario
Rizzi, Genova Sestri Ponente 1.500; Giovanni
Ferrari, Cremona 500.
Grazie! f continua)
ne con gioia e vigore in un momento
nel quale la fede stessa è in crisi?
Riprendendo poi a seguire il filone
storico, si è potuto constatare che Tantitesi polemica fra le due concezioni
della giustificazione — per fede, pter
opere — non risale al XVI secolo bensì
al I secolo, e ha lasciato tracce profonde nel Nuovo Testamento stesso: ci si
è cosi soffermati sulTEpistola di Giacomo, considerandone la diversa lettura che ne hanno fatto Lutero e Calvino
e toccando col dito la verità della tesi
di E. Kàsemann che il canone del Nuovo Testamento non fonda l’unità ma il
pluralismo nella chiesa.
La scorsa storica è continuata constatando come la battaglia della giustificazione per fede è stata persa ben presto
nella prassi della chiesa (grazie a Dio
non nel perdurare della testimonianza
neotestamentarial), dove assistiamo al
sorgere di un nuovo farisaismo, di un
nuovo legalismo, in cui il nerbo del
messaggio di Gesù e di Paolo è andato
in larga misura perduto e in modo impercettibile ma funesto è venuto a invertirsi il rapporto fra remissione dei
peccati e ubbidienza della fede, l’etica
è ritornata ad essere meritoria, condizione di salvezza.
Neanche la pur vigorosa polemica di
Agostino contro Pelagio, non priva essa
stessa di profonde venature estranee al
messaggio del Nuovo Testamento, è riuscita a dare un’inversione di corrente.
La posizione estrema dei pelagiani viene respinta, ma quella moderata, viene
accolta in' equilibrio instabile con il
non rinnegato messaggio biblico della
giustificazione per grazia. Tommaso
d’Aquino e la sua scuola, da un lato, i
francescani come Qccam, Bonaventura
e Duns Scoto, dall’altro, documentano
questa coesistenza bilanciata dei due
elementi, accentuando i tomisti più la
grazia, gli occamisti più l’apporto dell’uomo, ma comunque capovolgendo
gli uni e gli altri il messaggio apostolico che ci invita a ubbidire e servire
perché siamo stati giustificati, e non
per essere giustificati.
A questo punto, un capitolo di particolare interesse in quest’indagine è
quello dedicato alla teologia dei Valdesi, sulla base delle ricerche recenti e
sopratutto dell’opera particolarmente pregevole di K. V. Selge. È vivamente augurabile che queste lezioni siano
pubblicate, e in questo periodo di celebrazioni centenarie del movimento valdese sarà doveroso e utile riflettere anche su pagine come queste: ne risulta
che i valdesi ebbero, all’origine, una
teologia anche più pelagiana, quindi
eretica, dei teologi cattolici accanto ai
quali e presto contro i quali si trovarono a predicare. Questo loro radicalismo pelagiano, che con schietto fervore fa dipendere totalmente la giustificazione dalTadempimento della legge
di Cristo (non per niente il Sermone
sul monte è in grande onore, vero testo chiave), mentre si spiega in parte
come momento polemico contro la corruzione ecclesiastica, è in qualche modo riscattato — non sul piano teologico — da un intenso dinamismo, da una
passione per la predicazione che impedisce al movimento di isterilirsi nel legalismo.
Ci sarebbe voluto ben più che due
giornate e mezza per percorrere, sia
pure per grandi tappe, tutto l’iter: invece non è rimasto che il tempo per
alcuni brevi accenni alla teologia di
Lutero su questo punto; per il Riformatore la giustificazione è il centro delTEvangelo, sul quale non è possibile il
minimo cedimento.
In chiusura, giunta per tutti troppo
presto, alcuni spunti per la riflessione
UN AMICO
Pasquale Calderaro
Alcuni ntesi or sono è deceduto a
Columbus (Ohio) negli Stati Uniti un
umile e fedele amico della nostra chiesa: Pasquale Calderaro.
Era oriundo di Pescolanciano (Abruzzi) da dove era partito in giovane età
per cercar lavoro nell'America del Sud.
Fu nel Brasile che gli accadde di venire in possesso di una copia del settimanale "La Luce" e di riflettere sulla sua conversione alla fede evangelica. Tornato in Italia, soffrì per l'Evangelo, anche in casa sua; perciò partì
con alcuni paesani per l’Ohio, dove lavorò con le braccia ed evangelizzò con
le sua testimonianza di fede e di condotta.
Lo visitai a Columbus nella primavera del 1965; era già anziano d’età,
ma amava parlare della Chiesa valdese, specialmente della comunità di Pescolanciano. Entrando in casa sua si
potevano vedere in fotografia alcuni
evaneelisti del passato, uno dei quali
era Gustavo Bert. Per due ore di seguito lo ascoltai rievocare il suo passato e quello di altri evangelisti negli
Abruzzi, quando nella nostra Chiesa il
termine "evangelizzazione” aveva un
senso che oggi non ha più e l'annunzio dell'Evangelo, senza scuse e senza
timori, caratterizzava l’opera della nostra chiesa.
Conserviamo di lui il ricordo di un
credente umile e fedele. Alla vedova e
al figlio giungano i nostri pensieri di
simpatia, nella comunione della fede.
e. r.
e la predicazione odierna. Il problema
degli uomini del XVI secolo era la giustificazione dell’uomo, davanti a Dio;
il problema degli uomini del XX secolo
è la giustificazione di Dio, davanti a
uomini che forse si sono sforzati di cercare prima la giustizia di Dio (?), ma
la giustizia umana non è stata loro sopraggiunta. Qggi ci troviamo divisi fra
i giusti di destra e i giusti di sinistra:
la funzione delTEvangelo non è forse
di indicare, fra queste due giustizie, e
senza escluderle, la giustizia di Dio?
Nel processo oggi intentato a Dio (si
pensi al valore forense del linguaggio,
della problematica della giustizia e della giustificazione!) i testimoni a carico
son molti e virulenti, quando non è già
stata pronunciata la condanna e la ripulsa; i testimoni a favore sono pochi,
deboli e incerti. Chi ha ragione? Dio o
gli uomini? Così si presenta oggi il problema della giustificazione per fede,
della giustizia di Dio.
Mentre si formula caldamente Tauspicio che queste lezioni e quelle che
completeranno il corso, ampiamente
articolato, siano presto pubblicate, un
grazie di vero vuore per queste giornate di riflessione corroborante, occasione rara di "ressourcement", come dicono i francesi con vivida espressione.
Gino Conte
Quest’anno il 125° anniversario delTEmancipazione è stato celebrato con un certo rilievo
e annunziato anche dalla stampa locale.
La domenica 18 febbraio la parrocchia « dee
Eaux Vives » accolse fraternamente i Valdesi
di Ginevra. Le due comunità si trovarono riunite la mattina per la celebrazione del culto.
La liturgia fu svolta dai pastori H. Mobbs e
N. Giampiccoli e le letture bibliche da un
membro del « conseil de paroisse ». Il pastore
Giampiccoli diede una predicazione incisiva
ed attuale sul testo di Luca 6 v. 39. Al termine del culto la numerosa assemblea prese
parte alla Santa Cena.
Seguì un’agape fraterna, presieduta dal sig.
G. Rostan, nella sala della casa parrocchiale
gentilmente concessa, e a cui presero parte più
di 130 persone di tutte le età. Tra gli invitati
rileviamo la presenza del pastore Jornod che
ci portò il saluto della Chiesa di cui è segretario generale. Il pastore Giampiccoli diede
informazioni sulle prossime celebrazioni del
centenario di Valdo. Segui un’evocazione storica del signor J. Picot. Il pastore dr. Glen
G. Williams, della Conferenza deUe Chiese
europee, parlò dei preziosi doni della libertà
religiosa e il signor E. Turtach del « conseil
de paroisse » della cattedrale, ricordò i suoi
legami colla chiesa valdese di Torino. Infine
il pastore Pier L. Jalla, venuto da Montana,
interessò vivamente i convenuti parlando del
suo lavoro in quella grande stazione turistica.
La vendita di distintivi gentilmente preparati dai signori E. e P. Micol permise di realizzare un dono in favore del Convitto fem
Evangeiizzaziiine. ma ouate ?
(segue da pag. 4)
che pur ritenendo: : battisti si erano
sentiti liberi di darai propri e adeguati
strumenti di lavori ritenuti validi oggi e in Italia; poiché, dico, si mirava
a tutto ciò, è essere coerenti con l’Evangelo «sola risp-ysta alle contraddizioni » proporsi w: simile obiettivo e,
adesso, continuare sulla stessa linea?
Non è piuttosto essere in un'altra contraddizione e fal:,::c e, anche senza volerlo, la premessa vangelica visto che
la struttura che si ^>uol ricreare suona
separatista e dai: che la EGEI non
proibisce Ve ng azione'^
Ma desidero n; edurre ancora una
riflessione rtportcee.'o aita ribalta un
altro problema av non posso nascondere e che t come battista in
un contesto piu u: ano. Il programma
di lavoro che t bamsti sì sono dati a
livello mondiale è "la riconciliazione"
e il Presidente dell Unione me lo ha ricordato con una circolare inviata a tutti i pastori battisti lo scorso febbraio.
Non è il caso qui di scendere in tutte
le implicazioni che questa esigenza del
Regno comporta. Rimango nel contesto ecclesiastico e inU recclesiastioo. Se
la riconciliazione va realizzata oltre
che con Dio anche a iivello umano, individuale e strutturale, è essere coerenti con questo programma di lavoro
e con rEvangelo riproporre la costituzione di una struttura separatista come il MGB? E dato che i più fervidi
sostenitori del programma battista di
riconciliazione (sostenitori anche a livello mondiale) si sono apertamente,
nelle parole e nei fatti, dichiarati contrari sia alla Federazione delle Chiese
in Italia, sia ad entrare nel CEC, organizzando programmi sostanzialmente
per niente diversi da quelli intrapresi
dall’organismo internazionale; date
tutto questo (con le implicazioni che
ciò comporta) un simile atteggiamento è vivere in coerenza con l'esigenza
di riconciliazione del Regno e con l’Evangelo che vuole risolte le contraddizioni? Lungi da nte voler essere semplicista sia a livello ecclesiastico ed
economico-ecclesiastico per ciò che riguarda i rapporti con la Missione Battista Americana operante in Italia, sic
a livello politico per le implicazioni
che ogni discorso sulla riconciliazione
comporta. Qui desidero solo chieder
mi: insomma, come devo vivere la mia
coerenza con l’Evangelo? E prima an
cora di viverla, come la devo intendere in questo contesto? Deve essere wm
coerenza che nelle situazioni scende fino in fondò o che si ferma a metà? In
altri termini, come si deve configurare
la evangelizzazione? A meno di non vo
ler consapevolmente rimanere in una
sorta di superficialità che non si addice ad annunziatori di una « Parola che
come una spada penetra nelle giunture fino al midollo », quale sarà il contenuto dei programmi di evangelizzazione? Cioè a contraddizioni aggiungeremo contraddizione, a divisioni divisione, a inooerenze incoerenza? Que.ito
vale per tutto l’evangelismo italiano ed
estero in quanto non è restringibile
entro i limiti di una denominazione.
Mi sembra che questo sia una « occasione per adoperare tutte le nostre
energie per sciogliere tutti i possibili
nodi di contrasto che sussistono t,-a
noi e il nostro prossimo », per dirla
con Giorgio Bouchard.
Ecco, la responsabilità che sento
verso i giovani, verso le chiese e anche verso i miei Colleghi mi ha costretto a scrivere questa lettera e a
porre questi interrogativi, il cui de.siderio vero e unico è di ricercare un
impegno di vita coerente con l’Evangelo. Spero che da queste righe si riesca a cogliere “lo spirito" e che non
ci si fermi alla "lettera". Se invece .sarò biasimato per ciò che ho scritto e
per non « aver lavato i panni sporchi
in casa propria », non mi rimane che
ritenermi onorato. Ciò che più mi interessa però è che si dimostri la volontà di comprendere e di voler superare queste, che a me sembrano, contraddizioni marchiane proprio in vista
di ubbidire allo Spirito che ci chiama
a una « straordinaria rivoluzione in
tutte le espressioni del nostro vivere
coraggiosamente per gli altri ». Se invece sono nell’errore, mi si corregga
perché a confusione non abbia ad aggiungere confusione.
Se mai intendi pubblicare questa
mia lettera, ti ringrazio per l’ospitalità. Lo stesso pensiero rivolgo al “Testimonio" e a “Nuovi Tempi" ai quali
invio la stessa per conoscenza.
Fraternamente
Valdo Corai
Informazione religiosa in Italia
Firenze (adista) - I rappresentanti delle
riviste IDOC-Internazionale, Nuovi Tempi,
Com, Il Regno, Vita Sociale, La Rocca, Testimonianze, Bollettino di Collegamento fra
comunità cristiane in Italia, Tempi di Fraternità, si sono incontrati per proseguire il lavoro di collegamento che ha già portato al
convegno « Opinione pubblica e informazione
religiosa in Italia ».
La maggioranza dei presenti si è detta d’accordo che dopo un anno di contatti bisogna
proseguire in questa collaborazione. Fatte alcune considerazioni sulle reazioni al precedente convegno i presenti hanno discusso i
modi e i problemi dell’andare avanti. Sono
state presentate varie proposte : la preparazione di un nuovo convegno, la necessità di incontri periodici fra le varie redazioni, la
presentazione e la diffusione di documenti in
comune sui problemi più urgenti posti dalla
realtà sociale e politica italiana. Si è discusso anche del comportamento da tenere nei
confronti dei fogli di base impegnati nella
con tro-inf ormazione.
Qualcuno ha avanzata l’opportunità di realizzare un’agenzia comune di diffusione di
notizie a caràttere religioso e internazionale e
una unica distribuzione delle varie testate.
Infine Nesi, attuale direttore di Idoc, ha avanzato l’ipotesi di una federazione tra più testate
che porti anche alla realizzazione di una nuova rivista risultante dalla fusione di riviste già
minile di Torre Pellice. Nel pomeriggio un
giovane della parrocchia « des Eaux Vives »
presentò una serie di diapositive e la sera un
numero più ristretto di partecipanti ai trovava
ancora riunito per una serata a carattere più
familiare, nel corso della quale il past. Giampiccoli parlò delle sue visite aUe comunità del
Nord e Sud America.
Alcuni cantici chiudevano questo simpatico incontro tra i Valdesi di Ginevra.
J. P.
•••et à Paris
Chaque année, nous nous retrouvons à Paris au siège de l’Union Chrétienne de Jeunes
Gens célébrer l’anniversaire du « 17 février ».
Notre cercle amical réunit pour quelques
heures tous ceux qui, originaires des VaUées,
viennent apporter et rechercher des nouveUes;
à notre petit groupe s’incorporent volontiers
les amis fidèles qui connaissent notre existence et animent nos débats.
Ainsi Mademoiselle Magda Martini, Professeur à l’Université de Nancy, devait se révéler comme une ardente propagatrice de l’histoire Vaudoise auprès de la jeunesse estudiantine.
Notre Président le Pasteur Georges Appia,
œcuméniste affirmé en France, en Europe et
ailleurs, nous communiqua ses premières impressions d’un voyage à Pittsburgh dans le
mRieu chrétien américain qui recherche par
l’intermédiaire du Saint Esprit une union de
Foi. A noter que la reussite technique de la
tour d’acier de cette ville ne lui a pas échappé.
Il revenait à notre vieil ami le Professeur
Henry Friedel, l’Agrégé de Sciences bien aimé
des étudiants du Lycée Voltaire à Paris, de
commenter le texte biblique de son choix :
«S’ils avaient pensé à la Patrie d’où ils
étaient sortis, ils auraient eu le temps d’y
retourner » (Hébreux XI, 15).
De son exposé, nous extrayons ce passage :
« Pour véritablement servir leur peuple et
leur Dieu au delà des limites du raisonnable,
tout simplement parce qu’il y a comme partout des hommes qui vivent et qui meurent,
mais que de ceux-là plus spécialement vous
en êtes responsables à la mesure de vos pouvoirs. Vaudois ou pas chacun est plus spécialement responsable devant le Seigneur d’un
groupe particulier, d’une famille, d’une ville,
d’un pays ». Ces commentaires ont frappé l’assistance d’une quarantaine de personnes que
nous étions.
J’ajouterai quelques humbles propos quant
à la situation générale des Vallées à laquelle
tous sont sensibles ici. Pour tous le projet du
tunnel du Col de la Croix apparait nécessaire,
les anciens assurent qu’ils ne le verront pas
mais y croient. Rien ne doit donc vous décourager, plus l’épreuve est dure, plus belle est
la réussite et celle-ci vous donnera le moyen
de rompre un isolement qui n’est plus de
mise à notre époque.
Félix Vigne
Borrello
La nostra comunità abruzzese di Borrello ci
ha trasmesso L. 12.000, da devolvere alla Cassa centrate della Tavola Valdese: si tratta del
ricavato della vendita di un vecchio, glorioso
harmonium, da tempo giacente in disuso in
casa di un fratello; si è data l’occasione dì
venderlo, e la comunità ha deciso di devolverne il ricavato alla Tavola. Ne diamo volentieri la notizia, ringraziando quei fratelli
per aver voluto ancora mettere a frutto, anche
in questo modo, per l’opera della chiesa il caro vecchio harmonium.
Luserna 8. Giovanni
(segue da pag. 6)
Boaglio, Borda, Revel, Rusco, Gras, Odin,
Bonjour, Gastaldo, Correnti, in mem. di Irene Bersandi 22.000; Bertin Rinaldo 10.000;
N.N. 5.000; Benecchio Guido e famiglia
(Mourcious) 10.000; Maniotti Matilde (To)
10.000; Bersandi Davide 20.000; Eynard
Giovanni e Delfina 5.000; Marauda Letizia
ved. Bonnet 20.000; Bertin Amilda 5.000;
nipoti e figliocci Caffarel in mem. di F. Caffarel 30.000.
Ringraziamo vivamente per questi contributi. La nuova costruzione sta ormai sorgendo rapidamente. Più che mai abbiamo bisogno della collaborazione generosa e solidale di
tutti. Le offerte possono essere versate sul c/c
n. 2/16947 intestato: Asilo Valdese - Luserna S. Giovanni (Torino).
esistenti e affaticate. Su questa proposta i vari rappresentanti hanno risposto ehe essa
spetta alle riviste che si sentono disposte all’operazione di fusione. Al di là di molte buone intenzioni tuttavia un intevenuto ha posto con chiarezza il problema reale di molte
riviste presenti: i loro pesanti deficit finanziari e l’esistenza per esse di un reale spazio tra
i lettori. Questo intervento è rimasto comunque isolato.
I lavori'dell’incontro si sono conclusi con
queste decisioni. La segreteria al Convegno di
Firenze (Nesti-Girardet-Orlando) è stata riconfermala. Un suo potenziamento, è stato stabilito, è legato al senso di responsabilità di
quelle riviste che vorranno rimborsare le spese della segreteria stessa.
Si è deciso di tenere nel tardo autunno un
altro convegno. Era stato suggerito anche un
titolo di massima « Mondo operaio e mondo
cattolico », ma si è detto che l’argomento del
convegno deve uscire da una serie di incontri preliminari anche con i fogli di base.
Circa la proposta di aggregazione, diffusione unica delle riviste, agenzia di stampa è
emerso l’orientamento di dare un giudizio
quando un’apposita commissione avrà presentato un progetto al riguardo. La prossima
riunione delle riviste del convegno di Firenze è stata stabilita per il 19 maggio prossimo, a Roma.
Liturgia deiia messa
in provenzaie
Marsiglia (Ansa) - Una commissione composta di sacerdoti e laici del « felibrige », il
movimento letterario fondalo da Fréderic Mistral per la rinascita della « lingua d’oc », ha
preparato un testo liturgico in quella lingua; la commissione si chiama « Per lango
d’O a la Greiso » (per la lingua d’oc nella
Chiesa). Il testo, che comprende le letture,
le orazioni e la preghiera eucaristica per le
messe proprie del tempo e dei santi, è stato
approvato dalla commissione episcopale sulla liturgia. La messa potrà quindi essere celebrata in lingua provenzale in occasione di
pellegrinaggi, congressi, feste religiose e assemblee.
AVVISI ECONOMICI
QUARANTAQUATTRENNE, indipendente,
privo conoscenze, fine, torinese, impiego,
alloggio, auto, contatterei 30-40enne, non
alta, carina, sola, intenzionata reciproco
matrimonio. Indirizzare: Tessera ferroviaria 0189702, Fermo Posta Alfieri - 10100
Torino.
8
pag
I NOSTRI GIORNI
Il GOVERNO EXTRAPARUIMENTIIRE 01ANOREOTTI Formazione e impiego deiie donne
^ Í . In Collahnrnzmnc» il T3TT'
Quando io scorso anno, all’indomani
delle elezioni politiche, si discuteva
sulle possibili formule di governo, fu
constatato, con soddisfazione di alcuni politici, che la D.C. poteva liberamente scegliere tra un governo di centro-sinistra con il P.S.I. ed uno di centro-destra con il P.L.I. Sembrava un
fatto molto positivo il poter essere liberi da alleanze forzate e'condizionamenti e soprattutto il potere disporre
di una alternativa al P.S.I., che si era
rivelato un aljeato troppo invadente e
infido. -Difatti fu preferita la formula
di centro-destra. È vero che si constatò che il margine della nuova maggioranza era molto esiguo, specialmente
al Senato, ma si eontava sul valore politico di questa scelta: essa sarebbe
servita ad invitare il P.S.I. a distaecarsi dall’opposizione di sinistra ed offrire maggiori garanzie di centrismo,
premesse indispensabili per il ritorno
nell’area governativa. Soprattutto questa scelta avrebbe dimostrato l’improduttività del ruolo dell’opposizione di
sinistra, essenzialmente « soggetta » al
P.C.I.: staccandone il P.S.I. si sarebbe
colnito anche il P.C.I.
Ma alcune disavventure parlamentari del governo Andreotti in questi ultimi mesi hanno dimostrato il fallimento di tutta questa linea politica
e soprattutto hanno manifestato l’inesistenza di una maggioranza governativa in Parlamento; ma poiché Andreotti non accenna a dare le dimissioni, sorge spontanea la domanda:
quali forze gli consentono di restare
al notere? L’indagine è difficile ed invade il campo dell’opinabile: un valido criterio potrebbe essere quello di
individuare quali ceti sociali e quali
potenze economiche siano favorite da
questo governo; ma una cosa, ci sembra. è sicura: che ci troviamo al di fuori della normalità democratica.
Preferiamo, a questo punto, ricordare .«semplicemente le più recenti occasioni in cui il governo si è trovato a
dover accettare la sua condizione minoritaria.
Va considerato innanzitutto l’iter
della ratifica del decreto di sgravio fisca'e in pro dei petrolieri. Essa si sarebbe dovuta compiere entro il 1® febbraio. ma l’opposizione di sinistra, con
i suoi interventi-fiume al dibattito, ha
determinato il deeadere del decreto. In
casi analoghi altri governi avevano ta.gliato corto imponendo il voto di fiducia: Andreotti ha preferito aceetlare la sconfitta, aggirando poi l’ostacolo. riproponendo gli stessi favori fiscali nella legge generale sul regime
fiscale dei prodotti petroliferi.
Quando a metà di febbraio la legge
sui fitti rustici veniva radicalmente migliorata con un emendamento, che oltretutto rieonosceva alle Regioni un
ruolo veramente attivo nell’organizzazione della società, il governo, nonostante l’appoggio del M.S.I., veniva
battuto dai voti uniti delle sinistre e
del'e correnti progressiste della D.C.,
delle quali era militante il proponente on. Fracanzani. Il fatto è stato tanto più clamoroso perché avveniva alla
Camera, cioè proprio dove la coalizione governativa doveva sentirsi più sicura. Di nuovo alla Camera il governo
si è trovato in minoranza l’8 marzo,
quando, a scrutinio segreto, è stato
approvato l’emendamento comunista
che abrogava l’art. 18 della legge speciale su Venezia, evitando così che decine di miliardi fossero snesi per una
autostrada, che avrebbe dovuto eollegare Monaco con Venezia.
Al Senato poi, il giorno dopo, per
ben tre volte il governo si trovava in
minoranza. Si discuteva dei provvedimenti in favore degli alluvionati in Sicilia ed in Calabria e l’emendamento
più importante è stato quello che, proposto dal P.C.I., ha aumentato da due
a cinquanta miliardi gli stanziamenti
pc la costruzione di abitazioni.
Si deve notare che in tutte queste
occasioni non si è trattato solo di un
il bastone tra le ruote » del
governo, ma si è saputo contribuire a
migliorare in modo qualificante le leggi che si dovevano approvare. Il che
conferma, da un lato, la funzione costruttiva dell’opposizione di sinistra
con la sua seria coscienza dei reali problemi popolari; e questo ha accentuato la ricerca del colloquio tra esponenti D.C. delle varie correnti ed il
P.S.I., con il quale qualcuno vorrebbe
raggiungere un’intesa già prima del
Congresso Nazionale D.C., rimandato
al prossimo giugno.
In secondo luogo dimostra che le
stesse correnti D.C. aderenti al governo Andreotti non sono disposte più a
seguirlo e, ad ogni oecasione possibile,
(speeialmente nelle votazioni a scrutinio segreto) cercano di recuperare la
loro autonomia e scindere le proprie
responsabilità. Persino nelle iniziative
di politica estera il governo si vede
« scavalcato a sinistra » dai suoi fedelissimi: ai primi di marzo, venti deputati D.C., eapitanati dall’on. Piccoli,
facendo seguito ad analoghe richieste
della sinistra, hanno rivolto una peti
zione per il riconoscimento del Governo della Repubblica Democratica del
Vietnam del Nord.
Quello che sorprende, tuttavia, è che,
pur con le loro critiche, gli stessi democristiani che ne fanno parte non
sappiano indicare al governo la via
delle dimissioni. È anzi opinione comune che, se riuscirà a superare gli
scogli del contratto dei metalmeccanici e della legge suH’Università e sulla
scuola superiore, Andreotti resterà in
carica per un altro paio d’anni.
Se questo governo era nato come un
governo di alternativa e per colmare
un vuoto di potere, sembra essere del
tutto fallito. La sua azione slegata e
contraddittoria, la sua impotenza parlamentare lo dimostrano. Eppure, in
un certo senso negativo, il vuoto di
potere è stato colmato, perché Andreotti al potere c’è e sembra voglia
restarci; ma si tratta di un potere tenuto ormai senza una regolare maggioranza parlamentare: un governo extraparlamentare !
Emilio Nitti
In collaborazione con il BIT, l’Ufficio internazionale del lavoro, rUNESCO intraprende uno studio sulle relazioni fra le possibilità
di formazione e quelle d’impiéga offerte alle
donne. Tale ricerca farà parte di una serie
d inchiesta che le due organizzazioni internazionali si propongono di realizzare insieme in
cinque paesi: due africani e i tre altri, rispettivamente, in America Latina, in Asia e fra
gli Stati arabi. Scopo del progetto: aiutare i
paesi che parteciperanno a questo studio, a
definire una politica nazionale che offra alle
donne parità di opportunità nell’istruzione e
nella formazione all’impiego, favorendo cosi
la loro partecipazione allo sviluppo economico
e sociale. Un rapporto comparato, basato sulle
cinque ricerche nazipnali, sarà presentato alla
25’ sessione della Commissione sulla condizione della donna, costituita dall’ONU; le
conclusioni saranno sottoposte agli Stati interessati nel 1974.
H Pekino ha respinto la richiesta di Mosca
di poter inviare delegazioni sovietiche in
quattro città della Cina nord-orientale per organizzare commemorazioni dei militari sovietici caduti in territorio cinese durante la seconda guerra mondiale.
gN E’ stato inaugurato il primo collegamento aereo regolare fra l’Etiopia e la
Cina, da parte dell’Etiopian Airlines, sul percorso Addis Aheha-Shanghai.
I conflitti di lavoro
nel 1972, in Italia
Nel 1972 le ore perdute per conflitti di lavoro sono state 134.613.000 con un. aumento
rispetto al 1971 del 29,9 per cento. Ne dà notizia 1 Istat il quale comuniea inoltre che le
ore perdute per conflitti di lavoro nel dicembre 1972 ammontano a 27.952.000. Rispetto
al corrispondente mese dell’anno precedente si
registra un aumento del 151,2 per cento.
In base agli elementi finora disponibili, il
dato provvisorio deUe ore lavorative perdute
per conflitti di lavoro nel gennaio 1973 risulta pari a 23.406.000, con una diminuzione
del 16,3 per cento rispetto al mese precedente
ed un aumento del 372,6 per cento rispetto ,al
corrispondente mese dell’anno precedente.
I Un portavoce militare dell’Uganda ha accusato i presidenti della Tanzania, dello
Zambia e dello Zaire di essersi accordati, in
un recente incontro ad Arusha (Tanzania), per
un’azione di appoggio ai guerriglieri che continuano a infiltrarsi attraverso la frontiera ugandese, contro il regime di Amin; accanto a Nyerere, Kaunda e Mobutu vi sarebbe stato Milton Obote, il deposto presidente ugandese.
I Anche nei mesi invernali numerosi profughi sono giunti in Austria dai paesi
dell’Europa orientale; il governo di Vienna ha
annunciato di avere concesso, nello scorso gennaio, asilo politico a 180 persone fuggite dai
paesi dell’Est.
I Perché si possa salvare l’antico tempio
buddista di Borobudur a Giava (Indonesia), una delle perle dèll’arte orientale, è necessario trovare, entro cinque mesi, un milione e
mezzo di dollari : lo ha chiesto a tutti gli Stati membro il direttore generale dell’UNESCO,
sollecitando il ripetersi della collaborazione internazionale che ha permesso di conservare,
trasportandoli, i templi di Abu Simbel e di
Philae, sul Nilo.
H II governo danese si è dichiarato disposto a studiare la concessione dell’autonomia parziale alla Groenlandia e la formazione di un governo locale : una soluzione
analoga a quella adottata fin dal 1948 per
l’arcipelago delle Faroer, diversa daU’indipendenza conseguita dallT.slanda.
E poi si pretende la parità di salario per
il lavoro femminile... Lo vedono tutti che
la donna ha le mani più piccole!
Il rilancio del mensile Y.W.C.A.
“IMPEeNO”
Impegno è il nuovo titolo della rivista che la Y.W.C.A. italiana (Unione
Giovani) pubblica fin
aal 1900. Nata corne organo di collegamento e di formazione di un’associazione sorta più di cento anni fa con lo
scopo di creare nelle proprie socie il
senso della loro responsabilità, la rivista SI chiamò L’Alba fino al 1919 poi
a?- 1^20 al 1925 e quindi
All dal 1926 al 1972, con un’interruzione
durante la guerra.
Impegno, come specifica il sottotitolo « problemi di oggi », intende continuare a trattare problemi femminili
sociali, religiosi, secondo gli intenti
perseguiti dalla associazione, di promuovere cioè l’avanzamento della donna e della società.
Numeri di saggio si possono chiedere all amministrazione di Impegno Via
San Secondo, 70 - 10128 Torino, oppure al Segretariato Nazionale Y.W.C.A.
Via C. Balbo, 4 - 00184 Roma
I “corpi soporaH” dello Stato
e la democrazia
È cosa ardua — per un credente —
rivolgere critiche a dei fratelli in fede,
per ciò che fanno o per ciò che dicono
e scrivono. Si corre sempre il rischio
di essere accusati di mancanza di « canta cristiana » o di voler fare della polemica sterile e controproducente.
Tuttavia, credo che l’amore per i
fratelli non possa esimere il cristiano
dal l’intervenire quando constata, senza
ombra di dubbio, che la verità viene
deliberatamente malmenata, manipolata o distorta per servire una qualsiasi « causa » umana, sia pure nobile in
se stessa, quale ad esempio una determinata ideologia etico-politica.
È ciò che accade, purtroppo, tutti i
giorni, sulla nostra stampa dove si leggono le versioni ed i commenti più disparati ed opposti fra loro in ordine
agli avvenimenti che quotidianamente
ci deliziano. E ciò è comprensibile in
una società democratica e pluralistica
IL MITO
DEL WEST
co
af
di
. porre
ir Jane Fonda, figlia del celebre
Henry Fonda (entrambi attori cinematografici), è stata intervistata mesi fa dal giornalista
Alberto Ongaro. L’intervista, una violenta accusa contro il « mito del West »
e contro i film western, viene ora pubblicata sul settimanale « L’Europeo »
(n. 46 del febbraio ’73): quei film sono
ivi descritti « come strumenti di corruzione, come infernali guanto splendide
macchine usate da un potere occulto
per un lento e inesorabile lavaggio del
cervello ». Riportiamo alcuni punti salienti deH’intervista.
«Non c’è mai stato un mito che,
me quello del West, abbia saputo
fascinare tante decine di milioni
americani. Il West si è sovrapposto a
tutti gli altri miti americani, è diventato "il mito" americano e gli americani, o una gran parte degli americani (...), si sono riconosciuti in colui che
meglio esprimeva questo mito: il cowboy, in sostanza l’attore John Wayne.
John Wayne era l’America. E poiché
John Wane era alto, forte, simpatico,
allegro, duro e generoso con pugni
grandi così capaci d’abbattere un toro,
e con Colt 45 e Winchester Ti sempre
pronti ad essere estratti fulmineamente e scaricati su un avversario, così
anche l’America era alta, forte, simpatica, allegra, generosa e dura e con
pugni grandi così capaci di abbattere i
tori. E poiché lo stesso John Wagne,
pur sparando a destra e a sinistra, pur
prendendo a cazzotti il mondo intero,
era sempre e comunque dalla parte del
giusto, dalla parte della ragione e del
bene, così anche l’America era dalla
parte del giusto, della ragione e del
bene. Gli altri? Il resto del mondo? Oh,
gli altri, il resto del mondo, erano gli
indiani ’ e i banditi contro i quali John
Wayne combatteva. Erano dalla parte
del torto perché John Wayne era contro di loro. Così il mito del West creato
dal cinema (la realtà era ben diversa)
era in realtà una trappola, un’immagine falsa, un pericolosissimo inganno
nel quale gli americani sono caduti. E
le loro coscienze ne sono rimaste alterate a tal punto che, in fondo, ogni
americano s’è sentito un po’ un cowboy, un John Wavne, insomma un uomo che, qualsiasi cosa facesse, stava
sempre dalla parte giusta. Ecco perché
odio il West! Non c’è stato niente come il West, che abbia contribuito a
dare agli americani un’immagine falsa
di sé stessi. (...)
L’impiego delle immagini è il mezzo
“ ■ di persuasione collettiva più poderoso
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino) che sia mai stato inventato. Le imma
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
La guerrìglia
in Rhodesia
(L’Espresso) — Per la prima volta
la Rhodesia ha impiegato fets del tipo
Vampire contro basi di guerriglieri
nella zona settentrionale di Centenary.
Questa regione è tornata da poco tempo in mano alle tribù tangwena che
un anno fa erano state cacciate per
far posto ad una fattoria di bianchi.
Coll’aiuto dei guerriglieri i tangwena
sono riusciti a sconfiggere il distaccamento di polizia e a distruggere la
fattoria: il governo ha risposto con i
razzi lanciati dai Vampire.
L’impiego dei fets dimostra la crisi
in cui si trova la Rhodesia, impegnata
dalla guerriglia alle frontiere con Zambia e Mozambico, e incapace di far
fronte alle crescenti tensioni interne.
L’unico aiuto che ancora giunge al
governo razzista di lan Smith è quello
denunciato dal segretario deH’ONU
Kurt Waldheim: nove paesi, fra cui
l’Italia, violano le sanzioni di boicottaggio alla Rhodesia e permettono che
alcune importanti industrie commercino normalmente col . regime di Salisbury.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
gini possono influenzare le coscienze,
piegarle, condizionarle, preparare la
strada alla consapevolezza come al lavaggio del cervello. Ed è chiaro che il
cinema non è un fenomeno casuale,
autonomo, che si possa valutare al di
fuori del contesto sociale in cui esso
si muove. È lo specchio d’una società,
è la sua manifestazione, il suo sogno.
E la voce d’una società è anche il suo
progetto più segreto. Quindi il potere
del cinema western è immenso, la sua
capacità di penetrazione illimitata, e
quando agisce su un terreno fragile e
forse predisposto a certe cose come la
psicologia dell’americano medio, già
condizionata da una tradizione puritana e manichea, ottiene tutto quello che
vuole ottenere. Quando per decenni e
decenni si offre a un paese un mondo
d’immagini, quando si continua a mostrare quel paese sempre allo stesso
modo, affascinante e simpatico, sempre comunque dalla parte giusta', è inevitabile che questo paese, ad un certo
momento, si convinca d’esser davvero
affascinante e simpatico e sempre e
comunque dalla parte giusta. Un paese di cowboy, un paese popolato da
tanti John Wayne. (...)
Per adesso la faccia mitica dell’America resiste ancora, anche se ha cominciato a incrinarsi, anche se l’America
di John Wayne è ingrassata, si è appesantita e barcolla sotto gli effetti dell’alcool. Ma resiste ancora sul piano
psicologico, culturale e soprattutto sul
piano politico perché l’America continua a comportarsi, in giro per il mondo, come quei dannati cowboy. (...)
sempre con la stessa aria convinta
esser dalla parte della ragione. Perché,
vedete, tutto è cominciato da quel punto. Un filo rosso di sangue unisce
l’America di allora a quella di adesso.
Nella loro espansione verso occidente,
i coloni americani sono andati così
lontano da arrivare ad Qriente. Con la
sola differenza che i nemici di adesso
non si chiamano Sioux, Apache, Cheyenne o Cherokee, ma Vietcong. Adesso le tribù hanno un nome diverso e
una pelle che ha un altro colore: ma
la situazione è la stessa. Lo stesso è il
modo in cui la si vuol raccontare. Lo
stesso è lo spirito western che si vuol
esaltare. Lo stesso è Vingarrno...».
IL TERRORISMO
In un articolo («Paralisi nel M.
Qrientp ») pubblicato sul n. precedente
di questo settimanale, abbiamo avuto
E
di
occasione di accennare agli episodi di
aggressione e di
terrorismo di cui
ogni tanto s’ha notizia in rapporto al
__ conflitto arabo - israeliano.
Ahimè, questi tragici episodi si ripetono con sempre maggior frequenza!
Ma come valutarli?
Jean Marie Domenach, il noto direttore del mensile « Esprit » (fondato da
Emmanuel Mounier), sostiene giustamente (a nostro parere) la tesi che
* sii atti violenti sono meno gravi delle “situazioni" violente, anche se essi
sono più spettacolari di queste: una
persona che muore in strada provoca
più emozione di cento persone che
muoiono a casa loro ». Riportiamo l’argomentazione centrale del Domenach.
« Taluni grandi Stati, potenti e rispettati, che occupano alti seggi nelle
assisi internazionali, fanno pesare il
terrore, in forme più o meno dissimulate, su intere popolazioni che ne fanno largamente parte. Ma quando certi
gruppi etnici privi di nazionalità (per
es. Irlandesi del Nord, Palestinesi, Negri americani ecc.) esercitano il terrore in forma sporadica e più o meno incontrollata (e come potrebbe essere altrimenti?), ecco che l’opinione pubblica è sconvolta, e le condanne piovono.
A ben pensarci, si tratta d’un paradosso: infatti la pratica del terrore da parte d’uno Stato costituito, riconosciuto e
capace di farsi ubbidire, è molto più
riprovevole che da parte di gruppi irregolari, più o meno clandestini e perciò esposti ai rischi dell’anarchia e della repressione, che insidiano tutti i
movimenti di resistenza. Certo è cosa
normale che gli Stati riconosciuti godano di certi privilegi, che ai gruppi
particolari vengono negati. Ma il terrore è vietato dal diritto delle genti, e
gli Stati che lo condannano quando
esso è esercitato contro di loro, hanno
spesso torto nell’invocare il diritto internazionale ch’essi sfessi (quando fa
loro comodo) spregiano senz’alcun ritegno (così Israele, che non ha mai
tenuto conto delle condanne e raccomandazioni multiple dellONU)».
(Da « Le Monde » del 4-5.3.1973).
Per parte nostra, a questa giustissima argomentazione ne vogliamo aggiungere un’altra: che il mondo ha
l’abitudine d’esser più indulgente verso chi è più forte, e di dimenticarne
più presto e più facilmente i delitti.
• Questo giudizio della giovane attrice è
particolarmente interessante anche in relazione con l’episodio dei pellirosse di Wounded
Knee, descritto dai giornali e dalla TV proprio nei giorni scorsi.
dove ciascuno può « dire la sua » su
qualsiasi argomento. Tot càpita tot
sententiae.
Ma questo non dovrebbe accadere
sulla stampa «evangelica », che ha, o
dovrebbe avere, sempre, come presupposto fondamentale e inderogabile, il
rispetto assoluto della verità.
Così non è, purtroppo! Nel n. 16 (162-1973) leggo, ad esèmpio, un articolo
di Emilio Nitti che contiene un tal
«cuoiano» di... inesattezze (per non
dirla in termini partenopei), da superare largamente i limiti della tollerabilità.
Innanzi tutto, la stessa definizione di
« corpi separati » dello Stato (autono
mi) è erronea, sia perché mette sulle
stesso piano Magistratura, Polizia, Burocrazia e Scuola, organismi profondamente diversi fra loro — istituzionalmente — per là natura dei loro rapporti con lo Stato e la Società. Fra essi, comunque, solo la Magistratura è
per dettato costituzionale, un « potere » indipendente, autonomo e sovrano
nei limiti, ben s’intende, fissati per es
sa dalla Costituzione medesima.
Che. in virtù di tale principio, il P.
G. della Cassazione, Guarnera, abbia
auspicato l’approvazione parlamentare del «fermo di polizia » (sempre nei
limiti e nelle forme previste dalla Costituzione!) è cosa perfettamente legittima — anche se dispiace ad E.
Nitti e tanti altri... — soprattutto al
fine di Dorre un freno alla crescente
criminalità organizzata.
Passiamo alla Polizia. « Corpo sepatato, autonomo etc.»?! Ma davvero si
Duò credere a simili fanfaluche? Carabinieri, Agenti di P. S„ Guardie di Finanza dipendono, a vario titolo, dai
Ministri deH’Interno. della Difesa, della Giustizia, delle Finanze nonché, in
relazione alla natura dei servizi che
anche da altri Ministri.
TUTTI, poi dipendono, in materia di
nolizia giudiziaria, dalla Magistratura.
Come si possa parlare. Quindi, di Polizia autonoma è cosa che supera le
mie facoltà intellettive (forse troppo
modeste!) perché semplicemente assurda.
Sorvoliamo sull’errore veniale del
Nitti quando allude al « caso Lavorini» (penso che si voglia riferire allo
studente Serrantini). ma non possiamo
passare sotto silenzio il « falso » commesso dal N. quando accenna al « rapporto » del questore di Milano. Non è
rapporto il questore
abbia trattato « esclusivamente » delle
azioni di guerriglia dei gruppi di estrema sinistra e che abbia ignorato l’attività di quelli di estrema destra. Il rapporto fa un ampia analisi delle violenze teppistiche delle due estreme. Non è
colpa del questore, evidentemente, se
le prime sono, quantitativamente almeno, superiori alle seconde.
Si potrebbe ancora proseguire, dernolendo una ad una tutte le proposizioni nittiane ma, per amore di brevità, mi limiterò a citare il caso degli
studenti « sospesi » dagli studi. Per il
N. si tratta di giovani « attivi nella protesta » e basta (quindi meritevoli di
grande indulgenza e perché no di fervido pcomio). Ma perché non dire
esplicitamente — come verità vuole —
che si tratta di autori di atti di teppismo, di violenze, di vandalismi, di
« reati » contro gl’insegnanti e contro
i « beni » della Scuola?! Il mio parere
è che questa « repressione » ha un solo
difetto: è eccessivamente tardiva,
quindi insufficiente.
Concludo con la preghiera a E. N.
di voler ponderare meglio i suoi articoli che tutti leggeremo ancora volentieri, a palto che si limiti a illustrare
« fatti veri » e non mai in una luce
aprioristicamente scelta, che necessariamente li deforma.
Aldo Long