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Anno 119 - n. 39
7 ottobre 1983
L. 500
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a: casella postale - 10066 Torre Pellice.
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^0066 TCRRE PELLICE
delle valli valdesi
m.
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
COSTITUZIONE, SCUOLA STATALE E SCUOLA CATTOLICA
Per cambiare bisogna cambiare
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In Italia ogni anno entra in
carcere un cittadino ogni seicento. I soli ingressi sono quasi 100
mila l’anno. Molti di questi detenuti rimangono poco: il tempoi
necessario per essere interrogati,
ma devono fare la stessa trafila
che fa chi rimarrà per tutta una
vita: foto, ispezioni corporali.
La popolazione carceraria è
mediamente di 34-35.000 persone,
mentre negli anni 10 era di 25.000
persone e la capacità ricettiva
teorica delle carceri italiane non
supera i 18.000 posti.
Tra queste trentacinquemila
persone, il 60% uscirà dopo periodi più o meno lunghi di carcerazione preventiva, perché assolto o prosciolto o perché ha ottenuto la sospensione della pena.
Sono queste le cifre allucinanti della situazione carceraria nel
nostro paese. Eppure si tratta
di un problema dimenticato.
I giornali lo affrontano solo in
occasioni particolari di rivolte o
in connessione con episodi quali
quello recente del caso dell’on.
Toni Negri quando alcune forze
politiche hanno tentato di ricuperare la popolazione carceraria
ad un protagonismo politico.
Per il resto la quotidianità
della vita dei detenuto non interessa, anche se questa è fatta di
violenza, sopraffazione, che possono arrivare a liveUi assai gravi quali gli omicidi.
II mondo del carcere è rigorosamente separato dalla vita e dalla cultura degli esterni. Nonostante esista dal 1975 una riforma carceraria che prevede tutta una serie di collegamenti per
i servizi culturali, sociali, sanitari con l’esterno, questi non sono
stati attuati ed in questa condizione è assai difficüe parlare di
« recupero e riabilitazione ».
Così nel carcere vigono regole
del gioco diverse da quelle della
società esterna ed è — ai nostri
occhi — ingovernabile. Inoltre U
carcere costituisce un centro di
potere della delinquenza organizzata.
La questione del terrorismo e
il nostro bisogno di sicurezza
hanno sospeso molti dei diritti
dei detenuti: alla riforma è seguita la Controriforma. Le leggi
dell’emergenza con la limitazione della concessione della libertà
provvisoria e la dilatazione dei
termini della carcerazione preventiva hanno riempito le carceri
e soprattutto alimentato l’illusione che la pena, la repressione
possano risolvere il problema
della nostra sicurezza.
Ma le statistiche ci dicono U
contrario: il carcere è una scuola che produce recidivi.
Che fare dunque? Occorre un
cambiamento culturale, occorre
tornare a riflettere sui delitti e
sulle pene e bisogna soprattutto
applicare le norme che già ci sono e che ci vengono daU’ONU e
dalla CEE suUa carcerazione. La
più importante di esse sembra
quella che il detenuto sia messo
in grado di mantenere e stabilire relazioni con persone e organisi^ interessati al suo recupero.
Ciò anche nella fase di carcerazione preventiva. L’assistenza ai
carcerati è parte della diakonia
cristiana. Rivendichiamo il diritto a svolgerla, dato che —
finora — questo diritto ci è limitato dalle leggi vigenti.
Giorgio Gardiol
Dopo la dichiarazione della Commissione Episcopale Italiana la DC si affretta a presentare
una legge a favore della scuola cattolica - L’opposizione dei partiti laici e dei sindacati
« La OC presenterà una nuova legge quadro sulla parità
che ridefinisca diritti e doveri
della scuola non statale e ne
consenta una esistenza più libera poiché ad essa corrisponde
una domanda sociale organizzata, ed eviti la discriminazione
che passa per gli alti costi di
una scuola privata di qualsiasi
agevolazione e incentivazione ».
Affermazioni come questa, di
Paolo Cabras, responsabile del
dipartimento scuola della DC,
non fanno notizia in un paese
che è abituato ai tentativi della
parte più arretrata e isolazionista della DC di conquistare alla
scuola cattolica il rango di
scuola pubblica e il diritto ai
relativi finanziamenti con denaro pubblico. Non è molto che
è caduto, insieme alla legislatura, il disegno di legge dell’on.
Casati (che per ironia della sorte porta lo stesso nome di chi
presentò la prima legge sulla
scuola pubblica in Italia nel
1859) detto del « buono scuola »: un finanziamento indiretto
consistente nell’assegnare, anziché alla scuola alle famiglie di
chi sceglie la scuola privata, un
assegno per l’importo del costo/alunno relativo alla scuola
dell’obbligo. Nulla di più normale che un esponente della
DC prospetti il ritorno alla carica per ‘ la legislatura appena
iniziata.
Con una variante, tuttavia.
Mentre, se non vado errato, la
proposta Casati era iniziativa
di un settore cattolico (da cui
voci autorevoli della DC sì era;
no distanziate) ora si parla di
una iniziativa della DC. Quale
supporto supplementare sta dietro a questo canlbio di marcia?
Un supporto di non lieve peso:
quello dell'episcopato italiano.
Senza molto rumore, aU’inizio
di settembre la Conferenza Episcopale Italiana ha presentato
un ampio documento su « La
scuola cattolica, oggi, in Italia »
in cui per la prima volta i vescovi italiani scendono in campo sul terreno del diritto pubblico sostenendo la tesi del pluralismo delle istituzioni e rivendicando una parità di trattamento economico da parte dello stato italiano per la scuola
cattolica. « E’ ormai maturo il
tempo — dice il documento •—
che nel nostro paese prevalga
sulla concezione monopolistica
e statalistica della scuola, il
principio dell’utilizzazione di
tutte le proposte educative secondo la categoria della reale
parità, ver giungere ad un’adeguata legislazione in materiaco sicché lo stesso trattamento
sia garantito agli alunni Che frequentano le scuole non di Stato come a quelli che frequentano
le scuole di Stato ».
Di - fronte a questa novità,
che irrobustisce l’oltranzismo
dei conservatori democristiani,
si possono fare diversi discorsi.
Un discorso giuridico. Il testo dei vescovi riprende la tési
su cui si basava il progetto Casati: interpretare il « trattamento equipollente » che secondo
l’art. 33 dqlla Costituzione Io
Stato deve garantire agli alunni delle scuole private (trattamento menzionato in un contesto in cui si parla dell’imparzialità valutativa che lo Stato
deve a qualunque studente) in
termini economici, come un impegno a finanziare gli studenti.
Si tratta di uno dei tanti tentativi di aggirare un’affermazione assolutamente inequívoca
contenuta neU’articolo stesso:
la legittimità per enti e privati
di istituire scuole purché senza oneri per lo Stato. Di tentativi di questo genere ne sono
GIOVANNI 3: 8
Dove intravvedo lo Spirito
Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai
né d’onde viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito.
(Giov. 3: 8)
Parlare oggi della nostra storia di credenti, delle scelte che
abbiamo compiuto in nome di
Gesù Cristo, significa anche parlare — nella consapevolezza dei
nostri limiti, delle nostre incertezze, dell’irhproprietà del nostro linguaggio riguardo a questa realtà della nostra fede —
dell'azione dello Spirito Santo.
E’ chiaro allora che il problema^
della militanza cristiana non si
risolve unicamente nel momento della scelta di fede, momento che segue la rivelazione della realtà di Dio e del suo progetto di salvezza per l’umanità
realizzato in Gesù Cristo, ma
anche nella capacità di cogliere
il prolungamento dell’azione di
Dio, non solo in termini di conseguenze, ma d’intervento nella nostra realtà quotidiana e
storica.
Se è vero che il cristiano ha
un riferimento storico nel passato, cioè l'atto di salvezza realizzatosi nella croce del Cristo,
è altrettanto vero che è chiamato ad interrogarsi nel presente
sulla realtà dell'azione divina
così come può manifestarsi attraverso ognuno di noi, attraverso le nostre comunità, attraverso la nostra chiesa o là dove
sceglie di manifestarsi, poiché
non é detto che l'ambito privilegiato dell’azione divina sia e
rimanga la chiesa.
Il testo di Giov. 3 diventa così, per la tematica che affronta,
per la sua collocazione nell’evangelo di Giovanni, per l’interpretazione che ne è stata fatta,
occasione di riflessione proprio
in vista della comprensione della nostra vita e di quella della
comunità a cui apparteniamo,
in rapporto all’azione ed alla
presenza dello Spirito di Dio,
quello Spirito la cui comunione
invochiamo nella preghiera.
Credenti e
guida deiio Spirito
Innanzitutto il testo di Giov.
3; 8 ci testimonia come nell’esperienza di fede della comunità primitiva si ritiene che il
rapporto tra credente e Spirito
sia un rapporto molto stretto.
Il credente, perchè è di credenti che si parla nell’immediato
contesto, è una creatura dello
Spirito: « è nato dallo Spirito y>,dice il nostro testo. E’ resa
evidente la consequenzialità tra
possesso dello Spirito e fede.
Sembrerebbe difficile separare
il primo termine della coppia
senza che il secondo perda qual- cosa di essenziale per la sua
stessa esistenza.
Contemporaneamente l’evangelista sottolinea come questa
unione tra credente e Spirito
comporti alcune conseguenze
proprio per ciò che riguarda
l’essere del credente. L’immagine che qui viene usata per parlare della realtà a cui appartiene il credente è quella del vento. Quest’immagine non viene
usata a caso: essa è ricca di
significati. Infatti ci richiama
all’azione di quel Dio che il popolo d’Israele aveva conosciuto
nella propria esperienza storica.
Un Dio che si fa conoscere soprattutto come atto potente, un
potere più forte di ogni notere
del mondo {Is. 31: 3\ Un Dio
che è conosciuto come un Dio
prodigo ed interessato alla vita
del popolo che ha scelto, per il
quale egli è tutto perché se egli
non provasse che interesse per se
stesso, e quindi, « ritirasse a sé
il suo Spirito ed il suo soffio,
ogni carne morirebbe improvvisamente, e l’uomo ritornerebbe polvere y> (Giobbe 34: 15). Un
Dio innamorato e sinceramente
Mauro Pons
(dal sermone di prova precedente la consacrazione)
(continua a pag. 6)
stati fatti molti. Ricordiamo
per curiosità il più divertente:
il divieto degli oneri per lo
Stato riguarderebbe l’istituire
scuole private, non il mantenerle una volta che siano state aperte... Autorevoli o insignificanti, seri o risibili, tutti questi tentativi si scontrano col testo della Costituzione e l’unica
legittima possibilità di cambiare la legislazione consiste in
una revisione costituzionale.
Un discorso politico. L’agenzia Adista nel dare la notizia
della presa di posizione dei vescovi riporta le dichiarazioni
dei responsabili dei settori
scuola dei vari partiti e dei
sindacati. Dalle pur brevi dichiarazioni emerge che la DC
in questo campo é totalmente
isolata. Chi per ragioni maggiormente di principio, chi per
ragioni maggiormente contingenti (Alessandrini della CISL
non respinge l’ipotesi in astratto, ma ritiene che nella situazione attuale sia dovere del governo e del Parlamento indirizzare tutti gli sforzi finanziari e
politici verso lo sviluppo del sistema formativo statale), partiti e sindacati sono contrari ad
una proposta di questo genere.
Essa si risolverebbe in doppioni
scolastici (Benzi CGIL), produrrebbe un finanziamento non
sostitutivo ma aggiuntivo di
quello statale (Benadussi, PSI),
aggraverebbe i caratteri assistenziali e improduttivi dell’in;
tervento pubblico e i profondi
squilibri del sistema scolastico
italiano (G. Berlinguer, PCI),
ecc... Il coro contrario è talmente vasto che forse spiega la
scarsa rilevanza che i giornali
hanno dato aH’uscita cattolica.
Ma c’é un discorso più di
fondo da fare. Al di là del dettato costituzionale, degli schieramenti politici e del già spaventoso stato della finanza nubblica, la pretesa dei vescovi di
una parità tra la scuola di stato e la scuola cattolica ha una
legittimità di fondo? Paolo Cabras naturalmente lo afferma e
si richiama alla tradizione dei
paesi liberi dell’Occidente dove
la competizione tra istituzioni
pubbliche e private è di stimo.
10 per la scuola e la ricerca.
Ma appunto qui sta il problema. La scuola cattolica in Italia fa parte di questa tradizione di libera competizione, con
11 Concordato che esplicitamente nega la libertà di insegnamento nella scuola cattolica,
con un’impostazione pedagogica
che esclude il pluralismo all’interno della scuola e lo rivendica solo come pluralità di scuole diverse? La ragione più profonda dell’impossibilità di questa parità — come ha ben visto Ethel Serravalle del PRI —
non é giuridica o politica, ma
sta nella concezione cattolica
stessa: la scuola statale per d&
finizione garantisce il pluralismo culturale, pluralismo che
non esiste in quella cattolica. Bisogna quindi dire ai vescovi e
alla DC: per cambiare, bisogna
cambiare. Franco Giampiccoli
2
2 fede e cultura
7 ottobre 1983
DIBATTITO SU RAPPORTI INTERPERSONALI E FEDE EVANGELICA
Né subordinati né autonomi
Vorrei inserirmi, con brevi
considerazioni, nel dibattito suscitato dagli articoli su «Fede
evangelica e rapporti interpersonali», riferendomi in particolar modo a quanto scrive R.
Gay in « Etica: torniamo a saperla lunga ».
Per noi protestanti, etica e teologia sono strettamente unite:
l’etica — come abbiamo appreso
dalla Riforma — non è un ambito autonomo, ma dipende interamente dalla teologia, proprio
in quanto le opere, il nostro modo di agire, le nostre scelte sono
espressione della fede, trovano
il loro riferimento privilegiato
nella Scrittura e scaturiscono
dalla lettura e dalla meditazione
della parola di Dio. Non è l’etica che sta alla base della lede,
ma è la lede che produce l’etica
evangelica.
Il problema morale coincide
con il problema di come testimoniare la nostra fede nella vita quotidiana, nel tessuto dei
rapporti interpersonali nei quali
siamo inseriti. Se vogliamo vivere concretamente la nostra lede
dobbiamo confrontarci con la
parola di Dio, sottoponendo al
giudizio dell’Evangelo le linee
della nostra condotta e le nostre
decisioni. Ma l’Evangelo non è
un insieme di principi dati a
priori, di prescrizioni valide in
ogni tempo e in ogni luogo, non
contiene l’indicazione di singole
azioni da compiere, ma di uno
stile di vita conforme alle linee
fondamentali del messaggio di
Cristo da riscoprire e da vivere
nella realtà mutevole della storia, in una dialettica che si muove continuamente tra i due poli
delle situazioni concrete in cui
viviamo, da un lato, e della parola di Dio, dall’altro.
Porre alla base dell’etica il confronto — sempre problematico —
con la Scrittura significa prospettare un’etica di libertà: il credente non è sottoposto a nessuna
autorità esterna che gli dica quello che deve fare e quello che
non deve fare, è libero dall’osservanza di norme di comportamento prefissate, non dispone di
una serie di precetti cui attenersi o di una casistica morale cui
appoggiarsi. Ciascuno è chiama
to all’impegno personale, ad essere responsabile in prima persona delle proprie azioni in una
costante dimensione di rischio
e di problematicità. Come afferma Subilia in un’intervista di
qualche tempo fa a Gioventù
Evangelica, il ricollegare le opere alla fede e l’etica alla teologia ci libera dal doppio pericolo
di cadere o nella casistica (« in
tal caso comportati così, in tal
altro così e così, un po’ come i
farisei con il sabato...») o nella
« assolutizzazione di certe scelte
etiche », con la conseguente condanna e esclusione di tutte le altre.
Il credente è libero da certezze
precostituite, non possiede schemi prefissati di comportamento
e dunque — se vuole essere coerente con la propria fede e con
una linea teologica che fa proprie le acquisizioni fondamentali della Riforma — non deve cadere nella tentazione di « sindacare sulle decisioni degli altri,
con quella sicumera di sapere
qual è la prassi peccaminosa e
quale la prassi giusta » e « di legiferare su quel che è lecito e
quel che non è lecito nel campo
più strettamente intersoggettivo,
quello dell’amore e della sessualità», come dice R. Gay nel
suo recente articolo.
Ma se l’etica del credente è
un’etica di libertà, non vincolata
a nessuna precettistica data, nel
medesimo tempo essa non è’una
etica autonoma; questo perché
il credente non trova in se stesso, in valori morali elaborati
autonomamente il senso e l’orientamento della propria esistenza,
ma li può trovare solo in riferimento alla i)ersona del Cristo
vivènte.
L’etica non è autonoma nel
senso che non fa leva sulla natura dell’uomo, non si configura
come una costruzione puramente
umana e storica di determinati
sistemi di valori, ma al contrario si attua come risposta alla
Grazia, come conseguenza della
fede che è dono di Dio. Il fondamento della morale non è interno ma esterno all’uomo e si radica in quel nuovo rapporto dell’uomo con Dio che Dio stesso
ha instaurato mediante la rivela
CAMPO PACE DI AGAPE
Proposte per le chiese
Dal 7 al 14 agosto ha avuto
luogo ad Agape (centro giovanile ecumenico nelle valli valdesi)
il campo internazionale « Lotta
per la pace in una cultura di
guerra ». I partecipanti erano
tantissimi, circa 150; molti hanno dovuto dormire fuori perché
non hanna trovato posto ad Appe stesso. Sono stati trattati
i grandi temi: pace e guerra sotto un profilo storico (Norberto
Bobbio); la proposta nonviolenta e la lotta operaia (Alberto Tridente) la difesa popolare nonviolenta (Pierre Croissant, francese) e la psicologia fra cultura
di pace e cultura di guerra (Ezio
Ponzo). Jeannette de Boer, pastore olandese, ha parlato sul lavoro per la pace, la sua relazione è stata completata da brevi
resoconti sulle lotte nonviolente
nei vari paesi. Pierre Croissant,
francese, ha condotto l’animazione biblica sul tema del campo.
Il penultimo giorno 20 persone
hanno digiunato in solidarietà
con il « Digiuno per la vita ». La
stessa sera è arrivato Bruno Gabrielli dalla Sicilia per riferire
sulle occupazioni nonviolente dell’aeroporto di Comiso dal 6 al 9
agosto e le violenze della polizia.
Gran parte del lavoro si è svolto nei vari gruppi. Dalle conclu
sioni del VII riportiamo alcune
proposte concrete.
L’impegno delle chiese per la
pace:
1) educazione alla pace nella
scuola domenicale, nel catechismo ecc.; invitare tutti a lavorare per la pace, far conoscere
tutte le iniziative di pace, azioni
nonviolente attraverso una controinformazione nelle chiese e
in tutto il paese;
2) a - aiutare gli obiettori di
coscienza dove vengono perseguitati, dov’è possibile, mettere a
disposizione delle strutture per
il servizio civile; b - aiutare finanziariamente, dov’è necessario, coloro che obiettano neirindustria bellica; c - far conoscere
e sostenere l’obiezione fiscale alle spese militari;
3) a-promuovere la riconciliazione tra persone, gruppi e
popoli in conflitto (es. chiesa
cattolica nel conflitto tra Cile e
Argentina, chiesa Kimbaguista
nello Zaire); b-usare le chiese
come « santuari » dove possono
trovare rifugio i perseguitati politici (come in USA i disertori
del Vietnam ed ora i profughi
dell’America Centrale, e nella
Francia occupata dai tedeschi il
villaggio Le Chambon).
H. V.
zione di sé nella sua Parola. L’etica, destituita di ogni fondamento antropologico, non ha più il
proprio criterio-guida in se stessa, ma fuori di sé, nell’Evangelo,
così come l’uomo, salvato dalla
Grazia, non appartiene più a se
stesso, ma a Dio. E’ in fondo
quello che dice Barth nella Lettera ai Romani: « il problema
dell’etica è identico con quello
della dogmatica: soli Deo gloria! », vale a dire il problema di
far valere non la volontà dell’uomo, ma la volontà di Dio.
Per tutto questo, se è vero che
il credente non dispone di un
codice di condotta prefissato e
di schemi di giudizio etico precostituiti alla luce dei quali possa sentirsi in diritto di giudicare
le scelte e i comportamenti degli altri, è altrettanto vero che
la posizione del credente non può
confondersi né con una posizione di indifferentismo etico secondo la regola del « tutto va bene »,
né con un atteggiamento « giustlficazionista », di accettazione
acritica delle soluzioni che via
via storicamente vengono date
al problema morale nell’ambito
dei diversi eruppi sociali. Agire
eticamente significa testimoniare
la propria fede, dunque prendere posizione, operare precise
scelte pur sapendo che ogni scelta è relativa, è sottoposta al giudizio critico delTEvangelo, non
è che una scommessa senza garanzie a priori.
Elena Bein Ricco
Schiavi al remo
Negli interventi sul tema del
peccato e dell’etica del n. 35 della Luce (p. 2) si nega alla chiesa
il diritto di legiferare « nel campo più intersoggettivo, quello dell’amore e della sessualità »... e
si rifiuta la possibilità di essere,
nelle mani di Dio, dei « robot
telecomandati »... Qui mi pare esserci tutto l’orgoglio dell’uomo
che non accetta l’idea che nel
fatto «fede di Cristo», non intervenga quanto meno la disponibilità dell’uomo ad accettare
l’azione di Dio in lui e per lui.
L’uomo può accettare l’idea di
essere strumento nelle mani di
Dio a condizione che gli si riconosca la qualifica di « strumento
intelligente »... una zappa che
zappa da sola il campo di Dio,
insomma.
Tutto questo è molto lontano
dal pensiero neotestamentario,
bene espresso da Paolo ai Galati (2: 20) « non sono più io che
vivo ma è Cristo che vive in me ».
Paolo aveva ben presente la sua
posizione di credente e in proposito usava una crudezza di termini che le nostre traduzioni
hanno di proposito edulcorata:
nella sua lettera alla chiesa di
Corinto al cap. 5 vs. 1 Paolo usa
la parola « Huperetes » per indicare quelli che come lui hanno
un incarico specifico nella chiesa e mentre traduciamo quella
parola con « ministri » di Dio, egli dice chiaramente « schiavi al
remo ». Coloro che servono la
chiesa sono cioè schiavi del più
infimo ordine, che fanno il lavoro più infame... Questo ci ricorda
che anche la parola « servizio »
si riferisce in realtà al lavoro
dello schiavo... schiavo di Cristo,
naturalmente, il quale ci ha comprati pagandoci a caro prezzo.
Ora lo schiavo fa quello che vuole il suo Signore e anche se la
sua condizione di schiavo di Cristo lo rende libero nei confronti
del mondo in cui vive, questa sua
libertà non gli permette di fare
qualsiasi cosa. Questa situazione
non cambia negando o rifiutando
il sacrificio di Cristo: che lo si
voglia o no. Egli muore ugualmente per il giusto e per l’ingiusto... e noi siamo tutti suoi schiavi e dobbiamo fare quello che
Lui vuole che si faccia, proprio
come Ciro, « bastone di Dio e
Unto dell’Eterno »!
Anche per quel che riguarda
il peccato. Paolo ha le idee chiare e le esprime con crudezza di
termini che mettono in imbarazzo i traduttori, poiché il peccato
non è la sessualità (che anzi va
vissuta come un dono di Dio, sia
pure nell’ambito ristretto del rapporto uomo-donna e in vista di
un pieno servizio a Dio) ma il vivere per se stessi; non la trasgressione di questa o quella
prescrizione rituale ma quello
che Lutero chiamava: « amor
sui ». Per Paolo il centro della
vita del credente è Cristo e ogni
cosa è in vista di Lui. Così è
peccatore tanto quello che vive
per accumulare « di gran beni »,
quanto quello che cerca di emergere sfruttando la fatica dei suoi
fratelli; tanto quello che ruba
quanto quello che tiene per sé
i doni che ha ricevuto dal Signore; tanto quello che per ipocrisia
si astiene «dal fare il male»,
quanto quello che se ne infischia
di quel che può dire la gente,
senza tener conto della possibilità di scandalizzare i minimi...
Si può continuare all’infinito
su questo tono, ma un fatto rimane: non è sufficiente negare il
« peccato » perché questo non
sussista. Il peccato viene tolto
da Cristo e questo ci viene dato
come dono e non è un nostro
possesso o un nostro diritto. La
comunità dei credenti è chiarnata a vigilare affinché quanto
ci è donato da Dio, non divenga
privilegio di pochi e la fede dei
minimi non venga distolta dalla
realtà del mondo di Dio. Perciò
la chiesa deve « legiferare » al
suo interno per rimanere fedele
alla «sana dottrina»: se non fa
questo viene meno al suo compito di « sentinella » di Dio. La
«barca» sulla quale siamo tutti
imbarcati ha un appuntamento
con il suo Signore e gli « schiavi
al remo » non possono fare altro
che remare, insieme con gli altri schiavi, per permettere alla
barca di giungere nel luogo e
nel temno stabilito da Dio. Se
ciascuno rema per conto suo la
barca non girmgerà in alcun posto ed il tempo di Dio ci coglierà
di sorpresa, come un ladro nella
notte.
Ugo Tomassone
PROTESTANTESIMO
in TV
Il Rete - ore 22.50
Lunedì 3 ottobre ■ Sono io
il Messia - Studio biblico televisivo sull’incontro di Gesù
con la. Samaritana. Alla fine
dibattito in studio con Aldo
Comba e Italo Moscati sulla
predicazione attraverso la
TV.
Lunedì 17 ottobre ■ I Vaidesi in Calabria.
In riferimento al gemellaggio tra Guardia Piemontese e
Torre Pellice viene ricostruita
la storia della presenza valdese in Calabria fino all’eccidio
del 1561.
Lunedì 31 ottobre - Martin
Lutero - La vita e l’opera del
Riformatore presentata attraverso un filmato realizzato in
collaborazione col Gruppo
Teatro Angrogna.
A colloquio
con i lettori
BATTESIMI
Leggendo sul n. 35 la notizia dei
battesimi di aicuni ex-tossicodipendenti avvenuti a S. .Marzano sono stata
colpita dal tono di sufficienza, di superiorità con cui sono sottolineati alcuni
particolari dell’incontro, che evidentemente uscivano dalle abitudini della locale comunità. Questa appare « frastornata » dall'esuberanza, dai battimani,
dai numerosi giovani che non è abituata a vedere nei suoi locali. IVIa reagisce con indulgenza, adattandosi a quei
fratelli ohe ■■ hanno particolari problemi
per la forma battesimale » (suppongo
che si trattasse di battesimo per immersione) e lasciandosi turbare solo
pochino dalle « note sgradevoli », La
« pace interiore » che si legge sul volto dei partecipanti è subito attribuita
all'effetto della « partecipazione collettiva a una religiosità semplice e appagante », insomma, alla solita emotività. Come conclusione, la soddisfazione di aver reso un servizio senza nulla
in cambio (?!). Certo, tutto dipende dal
punto di vista. Se l’irruzione di fratelli « diversi » è sentita come un disturbo appena tollerato agli schemi della comunità, è difficile ricevere qualcosa in cambio. Penso però che la loro
presenza diversa avrebbe anche potuto dare molto. Ad esempio: la testimonianza concreta che Dio agisce con
potenza ancora oggi come agiva negli
evangeli, trasformando situazioni umanamente senza speranza (chi abbia esperienza con i tossicodipendenti in
stadio avanzato, come quelli ohe normalmente vanno al Teen Challenge, concorderebbe). Si sarebbe potuto ricevere
un enorme incoraggiamento, una visione, uno stimolo. Si sarebbe 'potuto vedere nella « pace interiore » il segno
della realtà della presenza di Dio invece dell’emotività di persone dalla «religiosità semplice »...
Invece niente di tutto questo traspare dall articolo: solo il disagio, certo
attutito da tanta buona volontà, di
fronte al « diverso ». Mi viene da pensare a quei contemporanei di Gesù, così impermeabili davanti al suo messaggio, così incapaci di lasciarsi interpellare e di rallegrarsi della sua novità, perché non veniva dalle persone
« giuste », nei modi « giusti »...
Per allargare il discorso al di là di
questa notizia, mi sembra che tutte le
volte che sulla « Luce » si è affrontato il problema della tossicodipendenza,
le conclusioni sono state, oltre all'auspicio di interventi nelle strutture, l'invito a non giudicare e a non e,marginare il drogato visto che tutti fumiamo, prendiamo il caffè, le pillole, ecc.
Ma un drogato, a un certo punto, se
ne infischia del modo in cui lo giudichiamo; quello che cerca è un aiuto
per venire fuori da una situazione disperata: aiuto che noi non possiamo
dare, ma Cristo sì. Non c'è bisogno
di essere drogati per sperimentare la
potenza di liberazione di Cristo; ma
se la conosciamo, se l'abbiamo vissuta, possiamo annunciarla anche ai drogati. Ci crediamo, osiamo annunciarlo?
e se no, siamo disposti a imparare
questa lezione da fratelli « diversi »?
Oppure gli appiccichiamo su ('etichetta
di « emotivi », magari di « teologicamente dubbi », e concludiamo che qualcuno che viene da Nazareth non può avere niente da insegnarci?
Già che ci sono, aggiungo un'altra
notazione. Sullo stesso numero della
« Luce » ho Ietto un articolo su come
« capire la resurrezione ».
Confesso che mi è difficile riassumerne il succo in poche parole, perché
non sono un’addetta ai lavori. Ma mi
sembra affermi in sostanza che il fatto della resurrezione non è importante,
anzi è dubbio in quanto proverrebbe da
tradizioni pre-evangeliche; e che la
resurrezione di Cristo deve essere capita come nascita della fede in noi...
Credere la resurrezione quindi non vuol
dire credere che Gesù è risorto, ma
avere una vita totalmente aperta e disponibile... Alla fine dell’articolo non
sapevo più se l'Evangelo era davvero il
buon annuncio (rivolto ai poveri!) delI intervento di Dio nella storia, o un vago ottimismo umanistico; e mi sono
chiesta come un tale messaggio possa
essere d’aiuto a un drogato (già che siamo in argomento) e rivoluzionare la
sua vita. Anna Grosso, Genova
3
7 ottobre 1983
fede e cultura 3
PROFILO DEL RIFORMATORE - 1
La scoperta di Lutero
La salvezza per grazia: un concetto teologico che è un ammonimento
e un incitamento costante per l’impegno dei credenti nella società
Ci è stata segnalata una serie di tre conversazioni radiofoniche tenute dal pastore Aldo Comba alla Radio svizze-ra di
lingua italiana. Siamo lieti di poterle offrire, adattate, ai nostri lettori, nell’imminenza del 500° anniversario luterano,
grati all’autore per la forma semplice e comunicativa che ha
saputo usare.
Lutero è stato monaco, poi
ha lasciato la tonaca, è stato
dottore e professore di scienze
bibliche, ha scritto migliaia di
pagine, è stato poeta e musicista; era figlio di contadini e ha
sempre conservato una certa
rozzezza di linguaggio e un certo amore per la sua buona birra tedesca.
Lutero è anche stato un uomo di affetti e sentimenti delicati e profondi: ne testimonia
l’episodio toccante di Lutero
che tiene tra le braccia la propria figlioletta Maddalena morente. « Lo so — dirà poi sulla
sua tomba — lo so che risusciterai e brillerai come una stella
in cielo. Quanto è strano pensare
che essa è felice e in pace, eppure sentirsi così triste! ».
Quest'individuo dalLumanità
così ricca e complessa, che cosa ci ha lasciato?
Lutero, uomo del suo tempo,
si pone la domanda che tutti i
cristiani allora si ponevano:
« Come posso ottenere la misericordia, il perdono di Dio? »...
e segi-ìc tutte le pratiche, i digiuni, le penitenze che la sua
chiesa, la chiesa cattolica-romana, gli indicava come i mezzi idonei per ottenere la misericordia
di Dio.
Ma a lui rimaneva sempre un
dubbio: avrò fatto abbastanza?
sarò davvero riuscito a meritare il perdono?
Lutero si porta dietro questa
angoscia per anni. Finché, proprio nel fare il suo lavoro, nel
riflettere sulla Sacra Scrittura
di cui è professore, egli si accorge che quella domanda non
ha risposta, perchè è una domanda sbagliata. Infatti, secondo la Bibbia, non si tratta di
come ottenere la misericordia
di Dio. jicrchè l’abbiamo già;
il perdono ci è già stato annunziato, promesso, dato... non
abbiamo niente da fare per ottenerlo... se non semplicemente
accettarlo. Il perdono, Dio ce
lo dà per grazia, cioè gratuitamente, non in cambio di qualche cosa!
Le conseguenze
Le conseguenze di questa scoperta, di questa intuizione sono enormi.
Prima di tutto sul piano personale. Dio non è più visto essenzialmente come un giudice
severo a cui bisogna strappare
l’assoluzione, ma come un padre che ama e perdona ancor
prima che tu glielo abbia chiesto.
La vita interiore non è più
dominata dalla paura dell’inferno, così spesso inculcata dai
predicatori medioevali, e neppure dalla più sottile e moderna
angoscia per un futuro incerto
o senza senso, ma è dominata
dalla riconoscenza, dalla serenità, dal sapere che nel futuro,
ma già anche nel presente, c’è
l’amore di Dio.
Anche chi non crede in Dio
può rendersi conto di quanto
sia diverso vivere dominati dalle paure o invece aperti alla fiducia. E’ una vera e propria liberazione interiore. E’ formidabile. E’ una nuova nascita!
Ma è una liberazione che non
rimane solo interna: ha subito
anche delle conseguenze pratiche. Per esempio sul piano della vita della chiesa.
Il cattolicesimo in cui Lutero
era nato era un grosso apparato di mediazione tra l’essere umano e Dio. Il perdono divino
poteva essere ottenuto sì, ma a
condizione di compiere certi riti, certe penitenze, certe devozioni, tutte gestite dalla gerarchia.
Nel momento in cui si scopre
che il perdono divino è dato
gratuitamente cade la necessità
di quella mediazione, e cade
pure la necessità di un apparato gerarchico, anzi questo diventa controproducente perchè
pone uno schermo al libero e
gratuito fluire della misericordia divina.
Quando Lutero abolisce il canone della messa, i conventi, i
voti, le reliquie, le indulgenze e
tante altre cose, non lo fa per
odio a una tradizione secolare,
ma per amore della verità centrale dell’Evangelo, secondo cui
la salvezza è data gratuitamente da Dio a chi la accetta.
Tutto il resto scompare. Scompare cosi anche la distinzione
tra sacerdote e laico, e tutti i
credenti indistintamente sono
messi sullo stesso piano.
Lutero dunque ha sperimentato una liberazione interiore che
si è poi ripercossa in una liberazione dalla .mediazione ecclesiastica..., ma che ne è stato
della liberazione sul piano materiale e politico? Per esempio:
se si aboliscono i conventi perchè contrastano con la fede evangelica, dove andranno a finire le grandi proprietà terriere
che essi avevano accumulato?
Perchè non distribuirle ai contadini poveri?
Qualcuno allora lo avrebbe
voluto fare, ma il progetto non
funzionò.
Prima di tutto perchè la grossa nobiltà, i principi territoriali tedeschi appoggiano Lutero
finché si tratta di sottrarre la
Germania all’autorità di Roma,
ma poi lo mettono politicamente da parte e gestiscono le cose in prima persona, affermando la loro autorità e il loro po
Lutero in un ritratto di Lucas Cranach, dalla copertina del libro
della Claudiana su Lutero — ATKINSQN, La parola scatenata —
di recentissima pubblicazione.
tere. A chi sono andati i beni
dei conventi? Non certo ai poveri, ma ai principi...
. Lutero avrebbe potuto, come
Thomas Müntzer, sposare'le rivendicazioni dei poveri, e avrebbe certamente fatto una brutta
fine. Ma non ha voluto mettersi per quella via. E non per
mancanza di coraggio, ma semplicemente perchè il suo problema era quello del rapporto
con Dio, non quello della trasformazione della società.
Mescolare rivendicazioni materiali con TEvangelo gli pareva insensato. La grazia di Cristo è il perdono dei peccati,
non la ridistribuzione di terre
e di bestiame.
Qggi abbiamo una diversa consapevolezza di queste cose. Sappiamo che la lotta per la pace,
per la libertà, per la giustizia
fanno parte integrante delTimpegno evangelico. Su questo punto siamo andati più avanti di
Lutero. Ma la sua intransigenza nella lotta per Tevangelo
della grazia, condotta anche a
rischio della vita è un ammonimento e un incitamento costante.
« Chi ha ascoltato Lutero ^—
dice un suo biografo — non può
accettare nè la menzogna, _ nè
l’oppressione, nè l’ingiustizia ».
Aldo Comba
SEMINARIO DI EDUCAZIONE SCIENTIFICA AD AMSTERDAM
L'etica nelle scelte tecniche
Tra le diverse attività che fanno seguito all’ormai famosa conferenza del 1979 al MIT su « Fede, scienza e futuro » il Consiglio
Ecumenico delle Chiese ha avviato un programma di educazione scientifica di cui il seminario tenuto recentemente alla
Pree University di Amsterdam è
stato il primo passo.
Il tema dell’incontro «educazione scientifica ed etica» non è
da intendersi riferito al solo
mondo scolastico, ma più in generale nell’ottica di una educazione permanente rivolta a tutti
in un mondo che cambia molto
rapidamente.
Ci siamo trovati in circa 50,
teologi, tecnici ed insegnanti di
professione: un terzo circa gli
olandesi, un altro terzo gli europei occidentali, qualche americano ed alcuni del terzo mondo.
Al centro di un programma
molto fitto dei lavori, il tema
dominante delle discussioni è
stato come sviluppare le capacità di valutare i problemi tecnici « eticamente »: in altre parole
si trattava di mettere in evidenza la differenza tra la valutazione tecnica di un determinato
problema e la scelta politica tra
le diverse soluzioni possibili; ma
prima di affrontare il tema centrale dell’incontro i partecipanti
hanno sentito anche il bisogno
di approfondire e chiarire le loro idee sulla scienza così come
di riprendere il tema dei rapporti tra scienza e fede.
Per quanto riguarda l’idea di
scienza è emersa quasi all’unanimità una « nuova immagine
della scienza » che poi nuova non
era per quasi nessuno di noi ma
che lo è certamente per la maggior parte dei non addetti ai lavori. Questi in generale considerano la scienza come un qualcosa di neutrale ed oggettivo (la
verità scientifica non si discute);
molti poi la ritengono capace di
risolvere in prospettiva tutti i
nostri problemi individuali e collettivi (e si hanno allora aspettative destinate ad essere disattese); altri, al contrario, la con
siderano un mostro da temere
(e sono pertanto portati ad un
rifiuto totale della scienza e
quindi del mondo moderno).
Nell’elencare le caratteristiche
della scienza si è messo in evidenza corrie essa sia fortemente
influenzata da valori contestuali
(culturali, politici ed economici):
basta pensare a come la ricerca
scientffìca è determinata dagli
interessi dei suoi finanziatori,
siano essi dei privati o lo stato,
o al fatto che quasi un terzo degli scienziati lavora in attività
più o meno collegate all’industria
militare.
Queste allora le caratteristiche
auspicabili di una nuova scienza: non arrogante perché conscia dei propri limiti, accessibile al maggior numero di persone
possibile per coinvolgerle nei
processi decisionali, in armonia
con tutta la natura e con le vere necessità dell’uomo.
Scienza e fede
Molto ricco di spunti anche il
dibattito su scienza e fede, introdotto da una relazione di lan
C. Barbour, professore di Northfields, USA.
Sostenendo una necessaria autonomia della scienza (ad evitare nuovi processi a Galileo) ed
un superamento della lettura letterale della Bibbia, è stato detto
che la fede è totalmente irrilevante rispetto all’analisi delle
specifiche teorie scientifiche o in
altri termini rispetto alla scienza di base. La rilevanza della
fede è invece determinante nelle
scelte politiche connesse alla
scienza applicata e alla tecnologia.
L’uomo non ha solo bisogno
di nutrimento, riparo e cure anche se gran parte della moderna
tecnologia, specialmente in agricoltura e medicina, può essere
vista come una risposta a questi
bisogni fisici. L’uomo è tale soprattutto nel rapporto con Dio
e con i suoi simili: il rispetto degli altri che è alla base di ogni
vita di comunità, ci obbliga a
contrastare gli effetti spersonalizzanti della moderna tecnologia e
della relativa società dei consumi ed i diversi mezzi coi quali
le persone possono essere manipolate.
Come cristiani siamo realisti
nel giudicare il comportamento
umano ma anche idealisti nel valutare le capacità umane e la
possibilità di im più giusto ordine sociale: si tratterà di indirizzare diversamente la tecnologia
piuttosto che di rifiutarla in blocco.
Ma soprattutto la nostra fede
è una spinta al cambiamento individuale e sociale: l’ideale della
semplicità può essere riscoperto, non in un’ottica di ascesi, ma
per i limiti delle nostre risorse
globali e perché ci sono valori
positivi in una vita più semplice e motivi di soddisfazione che
non sono legati al consumo sfrenato.
Sul tema dei rapporti con gli
altri, sulla speranza in un futuro migliore, su un modello di
vita non consumistico, sicuramente la fede ci determina fortemente.
Per tornare al tema centrale
dell’incontro si è riconosciuto
che la necessità di mettere in
evidenza la soggettività della
scienza è ima conseguenza dei
cambiamenti sociali avvenuti intorno a noi: dopo la prima rivoluzione industriale (quella tradizionale della macchina a vapore)
e dopo la seconda (quella della
direzione scientifica dei lavoro e
della fabbrica moderna) ne stiamo ora vivendo una terza legata
ai computers e ad una sempre
maggiore incidenza della scienza e della tecnologia nella nostra
vita di tutti i giorni.
Siamo anche in presenza oggi
di una maggior pluralità di opinioni su che cosa si debba intendere per benessere, su come valutare il rapporto costi-benefici
delle scelte che devono essere
fatte, su come dovrebbe essere il
nostro futuro.
Sempre più sono le decisioni
individuali e soprattutto collettive legate ad aspetti scientifici e
sempre più le persone chiamate a
prendere queste decisioni.
Importanza
della didattica
Largo spazio è stato poi lasciato alla didattica: sono stati
presentati diversi esempi di attività già in corso di attuazione:
libri di testo e programmi scolastici in cui le scienze non sono
presentate come una somma di
conoscenze non problematiche
da trasmettere a senso unico. La
scienza è vista come un processo creativo di ricerca di informazioni, razionale e sperimentale,
che chi apprende può svolgere
con l’aiuto di chi insegna, come
un insieme di molti fatti reali e
contingenti e non come un corpo
di principi astratti.
Sono state presentate delle attività di consulenza scientifica, svolte gratuitamente e aperte a tutti, gli Science-shops, che
cercano di rompere le barriere
tra il mondo scientifico e la gente comune.
Nel cercare di definire gli aspetti principali dell’insegnamento scientifico si è detto che è
fondamentale mettere gli allievi
in grado di riconoscere gli aspetti etici collegati ai problemi
scientifici e di sviluppare i loro
strumenti di analisi perché possano sostenere le loro opinioni;
ma anche insegnare loro ad accettare il disaccordo e a prendere decisioni collettive; infine
far loro sperimentare come le
idee personali ed i valori sociali influenzino il processo di svilui'"^o del sapere scientifico.
Concludendo, si potrebbe dire
che oggi la nostra sfida è contro
questa scienza falsamente oggettiva, alienante e mistificatrice e
a sostegno di una nuova scienza
in armonia con la natura, appropriata alle esigenze umane, patrimonio comune di tutti.
Giovanni Comba
4
4 vita delle chiese
7 ottobre 1983
2« CONVEGNO NAZIONALE PER LA
COSTITUZIONE DELL’ASSOCIAZIONE
EVANGELICA DI VOLONTARIATO
Firenze 8-9 ottobre
Centro Giovanile Protestante - Via dei Serragli, 49
8 ottobre - ore 15,00: Arrivo dei partecipanti
ore 16,00: Introduzione e dibattito
ore 20,30: Culto
9 ottobre - ore 9,30: Assemblea costitutiva deU’Associazione
ore 12,00: Chiusura Convegno
In vista del convegno si è riunito il Comitato di continuazione che ha esaminato le osservazioni e le proposte alla
bozza di statuto.
Quali sono state le più importanti?
Alcune osservazioni sono giunte in merito agli scopi del1 Associazione e precisamente « Essere un organismo di collegamento e promozione » e « Un punto di incontro fra la domanda (di istituti ed opere) e offerte di servizio (dei volontari) ».
contributo ci è pervenuto dal convegno tenutosi a
Monteforte Irpino (10-25 agosto) in cui i partecipanti hanno
vmutato che ¡obiezione di coscienza dovrebbe rientrare nella
sfera di competenza dell’Associazione. Su questo tema l’Assemblea Sara chiamata a pronunciarsi.
Quali sono le quote di adesione previste?
Il Comitato di continuazione proporrà all’Assemblea una
quota mmima annuale per i singoli volontari di L. 10.000. Per
quanto riguarda le strutture od Enti, le quote dovrebbero essere dei multipli, in proporzione alle dimensioni stesse delle
strutture, delle chiese ecc.
Da quando si prevede potrà iniziare ad operare l’Associa.
ztone?
_ Praticamente da subito. A Firenze prevediamo di distribuire un modido per la rilevazione della domanda e dell’offerta di volontariato. Il Consiglio prenderà poi iniziative sulla
base dei mandati dell’Assemblea.
RIFLESSIONI
Orario del culto e abitudini
Oggi è domenica e, come sempre da quasi centocinquant'anni,
cioè da quando ai “barbetti” è
stato concesso di uscire dal ghetto delle loro valli, i Valdesi di
Pinerolo e dei dintorni si riuniscono al tempio per il culto alle
dieci _ del mattino. Quest’orario,
eccezionale se non unico nelle
nostre chiese, è dovuto, raccontano. alla vecchia tranvia Pinerolo-Perosa, che per molto tempo ha portato in città la gente
della vai Chisone. Era una specie
di trenino sconquassato, adibito
essenzialmente al trasporto del
personale e dei prodotti della
Riv e della Talco e Grafite, ma
serviva anche a tutta la popolazione.
Adesso il trenino è stato messo in pensione da decenni, le vecchie rotaie sono state divelte o
sepolte sotto l’asfalto, ma i Vaidesi di Pinerolo non si sognano
neppure di cambiare l'orario dei
culti, a cui sono ormai abituati;
forse, se qualche nuovo arrivato
chiedesse di spostarlo alle dieci
e mezza o alle undici, ci darebbe noia.
Mi pare che questo sia un esempio minimo, anzi insignificante,
di una mentalità molto diffusa,
non solo fra i Cristiani, ma fra
gli esseri umani in generale, e
che può essere pericolosa. Cominciamo a fare una qualsiasi
cosa per una ragione ben precisa, e poi, quando questa ragione
è scomparsa, continuiamo solo
perché ci siamo affezionati alle
nostre abitudini, o addirittura,
partendo da queste, riusciamo a
trovare una quantità di motivi
per non cambiarle, motivi anche
accettabili o addirittura ottimi,
che però ci sono venuti in mente non per se stessi, ma per giustificare una situazione di fatto.
Così è successo forse per il latino nella messa, rimasto per
tradizione e motivato poi come
segno di universalità ed elemento di unione fra popoli diversi.
Dicevo che si tratta di una caratteristica comune a tutti, credenti o meno (forse è un fatto
fisiologico. Se continuiamo ad
avere le vertebre caudali dopo
aver perso la coda da millenni)
e credo che presenti anche un
certo numero di vantaggi: economia di tempo e di movimenti
su un terreno già noto, un piacevole senso di sicurezza che deriva dalla durata stessa dell’abitudine, coscienza che anche queste^ piccole scelte ripetute contribuiscono a definire la nostra fisionomia, individuale e collettiva.
Tuttavia penso che proprio per
le chiese questa mentalità possa
rappresentare un pericolo abbastanza grave, e ciò per due motivi.
Prima di tutto tendiamo ad
identificare gli aspetti marginali
con gli elementi essenziali della
nostra fede, e quindi a sacralizzarli, reagendo spesso come se
chi vuol innovare anche solo un
particolare irrilevante minacciasse le nostre convinzioni più profonde.
Inoltre la vita della chiesa è
rrieno esposta al continuo logorio che nelle altre attività deriva
dalle frizioni con il mondo cir
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
_ %
Colloquio con Alba de Cespedes
LUSERNA S. GIOVANNI —
Le sorelle dell’Unione Femminile si sono ritrovate numerosissime alla prima riunione dell’attività il 2 ottobre richiamate soprattutto da un nome di prestigio quale quello della scrittrice
Alba De Cespedes-Bounous, invitata dalla nostra Unione a parlare della sua vita di scrittrice.
Cubana di nascita, italiana di
adozione, sposata ad un valdese
ed abitante nel periodo estivo a
Luserna San Giovanni, ci ha intrattenute per quasi due ore con
una « verve » tutta particolare e
molto comunicativa sulle sue
esperienze di vita di scrittrice
dimostrandoci di aver potuto
conciliare il suo lavoro, che svolge con passione fin da giovanissima, con quello della vita di
donna di casa, di moglie, di madre. Ama moltissimo le Valli e
i Valdesi e trova — lei vive a Parigi — che qui si respira un’aria
diversa da tutta la nostra penisola. Crede nella libertà e nei
diritti della donna. La sua famiglia ha combattuto per la libertà di Cuba dalla dominazione
spagnola.
Eravamo tutte interessate ed
affascinate da quel che diceva
con molta semplicità ed umiltà!
Speriamo di poter proseguire
l’anno prossimo il dialogo iniziato con lei in questa riunione
e forse, chissà, reciprocamente,
come lei ha auspicato, parlando
con lei dei nostri problemi familiari e di comunità.
La ringraziamo di questa opportunità che ci ha dato di conoscerla personalmente e del desiderio che ha suscitato in molte di noi di conoscere la sua opera di scrittrice, leggendo qualcuno dei suoi molti lavori.
Verso l’elezione
del pastore
SAN SECONDO DI PINERO
LO — Il concistoro nella sua se
duta di martedì sera, regolarmente convocata dal vice presidente, ha programmato il calendario per le attività di chiesa
che dovranno svolgersi durante
l’anno ecclesiastico testé iniziato ed ha preparato, in merito alla situazione attuale della comunità, la bozza della relazione che
verrà ciclostilata e distribuita a
tutti i membri di chiesa.
In seguito alla comunicazione
ufficiale della Tavola della vacanza della sede pastorale, il
concistoro ha preso contatto con
i pastori disponibili per una
eventuale elezione e porterà i risultati di questa sua ricerca alla
prossima Assemblea di chiesa
che avrà luogo il 23 c. m.
• Si sono uniti in matrimonio
con rito civile Cinzia Coisson dei
Simounin e Riccardo Sandre. Ci
felicitiamo con gli sposi ed auguriamo loro ima serena vita in
comune.
La scuola
dei Chabriois
TORRE PELLICE — Nella
scuola del quartiere dei Chabriois, rimessa a nuovo, si sono
riuniti una cinquantina di fratelli e sorelle per un incontro
comunitario gioioso e fraterno.
I past. Toum e Ayassot con il
sig. Bellion, già anziano del
quartiere, hanno intrattenuto i
presenti prima del thè preparato dalla Società di Cucito. Particolarmente festeggiata è stata
la signora Clementina Poet, ultima maestra a lavorare nella
scuola.
Gli intervenuti hanno espresso l’auspicio che la scuola diventi un luogo di incontro comunitario frequente per il quartiere e non rimanga un vuoto
monumento. Un ringraziamento
va rivolto a tutti coloro che si
sono resi disponibili per i lavori; anche alcuni giovani hanno
dato la loro affettuosa partecipazione, e questo ha rallegrato
molto tutto il quartiere.
• Sabato 8 ottobre avranno
inizio i corsi di scuola domenicale al centro, ai Coppieri e agli
Appiotti. I corsi di catechismo
invece inizieranno con il culto di
domenica 16 ottobre, alle ore 10;
dopo il culto avverrà la divisto^
ne dei gruppi e si stabiliranno
gli orari delle lezioni. Al culto
parteciperanno anche i bambini
delle scuole domenicali.
• I genitori dei bambini nati
nel ’70-71-72 sono invitati ad un
incontro con i catechisti sabato
15 ottobre alle ore 20,30 alla Casa Unionista. Si parlerà dei contenuti e delle forme del corso di
istruzione biblica (catechismo)
riservato a questi ragazzi ; dovrebbe essere un corso di tipo
nuovo il cui progetto, già approvato dal Concistoro, intende essere una risposta alle esigenze di
studio e di preparazione che sono venute in luce negli ultimi
anni.
• Domenica 9 alle ore 15 riprenderà l’attività della Unione
Femminile, che avrà scadenze
mensili come nel passato. Tutte
le sorelle della comunità sono
invitate ad intervenire ai lavori
di questo gruppo cosi presente
nella vita della chiesa.
Riunione concistoro
ANGROGNA — Venerdì 7 ottobre riunione particolarmente
importante del Concistoro per
la programmazione delle attività nei prossimi tre mesi. Inizio
ore 20,30 al Presbiterio.
Ci siamo rallegrati di salutare domenica scorsa al culto il
pastore Franco Becchino di Savona a cui rinnoviamo l’augurio
di serena convalescenza dal recente infarto che lo ha colpito e
Marco Malan, del gruppo FGEI
del Prassuit, che sta attualmen
te svolgendo il suo servizio civile presso la Cooperativa agricola di Ruvo del Monte (Potenza) nella zona terremotata dove è attivo il Servizio ¿’Azione
Sociale (SAS) della Federazione
delle Chiese Evangeliche. Ci auguriamo che l’importante scelta
di Marco avrà positive ripercussioni nella vita del nostro gruppo giovanile.
Ripresa attività
PIOSSASCO — Seguendo il
ritmo impostato l’anno ecclesiastico precedente abbiamo ripreso le attività come comunità.
• Tutti i giovech, alle ore 20.30
ci troviamo per lo Studio Biblico. La Comunità di Base locale
parteciperà con noi ogni quindici giorni, serate nelle quali rifletteremo su alcuni testi dell’Antico Testamento. Gli altri
giovedì, invece seguiremo, nella
nostra riflessione il programma
della Scuola Domenicale.
• Lunedì 3 abbiamo anche ripreso le attività della Scuola Domenicale. 1 bambini sono stati
divisi in due gruppi sotto la guida dei monitori W. Porro e
S. Fraschia. Si ritroveranno quindicinalmente sempre i lunedi, alle ore 17.30. Il prossimo appuntamento dunque è il lunedì. 17 di
questo mese.
• Anche per il catechismo l’appuntamento sarà quindicinale negli stessi giorni e orari della
Scuola Domenicale.
• Ricordiamo che i culti si
celebrano la seconda domenica
di ogni mese alle ore 9 e l’ultima domenica alle ore 18.30 con
cena comunitaria.
costante. Per fare un esempio
banale, se sono affezionata a una
determinata marca e non la trovo più nei negozi, devo sostituirla con un’altra più o meno simile, e così sono continuamente costretta a distinguere tra il mio
fondamentale bisogno di nutrirmi di farinacei e il mio apprezzamento per la pasta Agnesi e
Barilla. Dove questa distinzione
fra essenziale e secondario non
ci è imposta dall’esterno, la nostra tendenza a conservare il
già noto non ha più il necessario contrappeso e tende a sbilanciarci. Ci aiuti sempre il Signore, soprattutto nelle scelte veramente importanti, a distinguere
con chiarezza fra quel che veramente conta (e forse si riduce
ai due comandamenti « da cui dipendono tutta la Legge ed i Profeti ») ed il nostro umano e mutevole modo di accostarci ad esso e di realizzarlo nella nostra
vita!
Marcella Gay
Partecipazioni
personali
Sabato 24 settembre, nel tempio di St. Sulpice (Vaud), Lorenzo Jalla e Claire Innocenti si
sono uniti in matrimonio con
una cerimonia presieduta dal padre dello sposo, pastore Pierluigi
Jalla.
Sabato 8 ottobre
□ TELEPINEROLO
CANALE 56 - 36
Alle ore '.9 va In onda la trasmissione « Controntiamoci con l'Evangelo ■
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo RibetJ.
Domenica 9 ottobre
□ INCONTRO CONCISTORI
DEL 1» DISTRETTO
TORRE PELLICE — Alle ore 14.30
presso la Foresteria. Tema centrale:
I ministeri dell'anziano e del diacono.
— G. Tourn: I ministeri dell’anziano e
del diacono nella tradizione riformata.
— B. Bellion: I compiti degli anziani e
dei diaconi secondo le discipline e
la liturgia valdesi.
— Discussione a gruppi,
— Conclusioni.
L’incontro si conclude con la cena.
Si pregano i Concistori di comunicare
alla Foresteria II numero dei partecipanti .
Lunedì 10 ottobre
□ INCONTRO PASTORALE
1° DISTRETTO
TORRE PELLICE — Presso la Foresteria Valdese con inizio alle ore 9.30 si
tiene l'incontro pastorale del r distretto:
— Riflessione biblica (Sergio Ribet);
— Tema della giornata: I documenti di
Lima su Battesimo, Eucarestia e
Ministero.
Mercoledì 12 ottobre
□ COLLETTIVO BIBLICO
INTERCONFESSIONALE
PEROSA ARGENTINA — Presso la
sala Lombardini alle ore 20.30 riprende
I attività del collettivo biblico interconfessionale. Per sei mercoledì consecutivi verranno affrontati i testi biblici
sui temi del Battesimo, Eucarestia, Ministeri oggi al centro del dibattito ecumenico.
giovedì 13 ottobre
□ COLLETTIVO
ECUMENICO
PINEROLO — Alle ore 20.30 presso
la Chiesa Valdese si tiene la riunione
del collettivo ecumenico. Argomento di
discussione: « Il Battesimo nella liturgia valdese ». Introduce il past. Bruno
Bellion.
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
POMARETTO — Alle ore 20.30 presso
il Convitto si tiene un incontro di collaboratori dell’Eco delie Valli. L'incontro è aperto a tutti.
5
vita delle chiese 5
7 ottobre 1983
CAMPO GIOVANILE A TRAMONTI
UN CAMPO A MONTEFORTE IRPINO
Priorità delia lotta per la pace Evangelizzazione:
che dire, che fare
Che cosa significa essere giovani ed evangelici in Italia oggi?
Questo è stato l’argomento del
campo studi che si è tenuto quest’anno al Centro Ecumenico di
Tramonti di Sopra (PN).
Un titolo certamente impegnativo, ma anche generico, impossibile da sviscerare in due settimane, espressione di uno dei
quesiti fondamentali che di questi tempi caratterizzano le riflessioni dei giovani iscritti alla Federazione Giovanile Evangelica
e attivi nelle varie comunità.
Infatti il campo, organizzato in
collaborazione con la Federazione Giovanile regionale, non è
riuscito ad avere la partecipazione di giovani provenienti da
esperienze di fede differenziate,
malgrado gli inviti fatti in molte direzioni. Ciò nonostante si sono avute ugualmente interessanti discussioni, stimolate dalle va^
rie relazioni, che andavano dalla
descrizione del « Progetto Lombardia » alle iniziative su pace
e disarmo organizzate dalle Chiese evangeliche in Italia, alle relazioni internazionali della FGEI.
Influenzati forse dall’isolamento
e dalla tranquillità dell’ambiente
circostante, magari un po’ troppo idealizzato da una lettera
pubblicata l’anno scorso sulla
Luce, i presenti hanno sentito
una grossa esigenza di ridiscutere e di ridefinire molte parole
d’ordine del passato, frutto in
certi casi di turbolenti dibattiti
congressuali.
Ma non si è trattato di un
campo dedicato esclusivamente
a riflessioni e discussioni. Anzi,
si è dimostrato ancora una volta quanto siano importanti per
la comprensione e la comunicazione reciproche, i momenti non
specificamente dedicati al « parlare ». In questo senso il contributo dei tre relatori ufficiali —
Giorgio Guelmani, uno dei responsabili del « Progetto Lombardia » per la Fgei, Paolo Naso,
segretario nazionale della FGEI,
Eugenio Bernardini, responsabile dei rapporti internazionali
della Fgei — è stato utile proprio perché si sono inseriti nella
vita del campo, accettando di
mettere in comune le loro esperienze e di essere coinvolti nelle
varie attività organizzate.
Né poco significativo è stato
l’incontro di preghiera cui i campisti hanno partecipato, invitati
da un folto gruppo di scout cattolici i quali, anche se in maniera molto diversa dalla nostra,
dimostrano di interrogarsi come
noi sul modo di vivere concretamente e comunitariamente la loro fede.
Documento finale
del campo
« Non è possibile stabilire in
astratto che cosa significhi essere giovani ed evangelici oggi
in Italia. Riteniamo che fondamentale sia l’impegno concreto
di ognuno nella realtà quotidiana, impegno che non deve prescindere da una continua ricerca di fede nell’evangelo di Cristo.
Come giovani, per la maggior
parte inseriti nella realtà della
FGEI, abbiamo ritenuto opportuno partire da un’analisi critica dell’impegno e del lavoro di
chi ci ha preceduto, attraverso
quanto emerge dai documenti dei
congressi Fgei sin qui tenutisi.
Fin dall’inizio della sua esistenza la FGEI ha scelto di schierarsi accanto ai lavoratori, gli
emarginati, le classi meno abbienti nella lotta per una società migliore, portando il messaggio di speranza e di liberazione del Cristo. Tale indicazione è ancora per noi oggi molto
valida, anche se l’ambito della nostra azione è in certa misura
cambiato.
L’irnpegno prioritario crediamo sia ora quello per la pace.
Pur riconoscendo l’importanza
della partecipazione diretta ad
iniziative che vengono organizzate soprattutto a Comiso, per
noi è necessario riuscire a raccogliere e centralizzare tutto il
materiale di cui disponiamo intorno alla pace, al disarmo, alla
nonviolenza. Tale strumento è
indispensabile per organizzare il
lavoro nei singoli gruppi e può
costituire una base da cui partire per realizzare dei contributi
originali (per esempio un audiovisivo). Non dobbiamo perdere
di vista il lavoro che svolgono
altri gruppi territoriali (Comitati per la pace. Movimento nonviolento, Lega obiettori di coscienza), senza però rinunciare
a dare il nostro contributo specifico
Speriamo di riuscire ad organizzare l’estate prossima al Centro Ecumenico di Tramonti di
Sopra un convegno con questi
gruppi sul tema « Militarizzazione in rapporto al territorio ».
Proprio per il nostro essere
evangelici non dobbiamo dimenticare l’importanza della nostra
formazione biblica e teologica;
per questo è utile partecipare a
tutte le varie attività di studio
e approfondimento biblico organizzate dalle comunità o dagli
organismi regionali ; ma è necessario anche realizzare dei convegni e degli incontri a livello
di gruppi giovanili.
Durante il campo è stata dedicata particolare attenzione al
problema della animazione e del
gioco. Cosi, abbiamo pensato di
organizzare un convegno sul gioco, chiedendo la collaborazione
della FGEI lombarda che ha sviluppato da tempo una ricerca in
questa direzione.
E’ necessario inoltre rafforzare i rapporti tra i gruppi attraverso il Bollettino di collegamento e un nutrito programma
di visite per raggiungere i tut
tora « dispersi ». Cercheremo di
concretizzare la proposta di
prendere contatto con alcimi
giovani evangelici austriaci, così
come la nostra posizióne geografica suggerirebbe e auspicherebbe.
Il campo ha infine individuato
alcuni punti di discussione da
sottoporre all’attenzione del
prossimo pre-congresso ;
— Impegno per la pace in stretto collegamento con la lotta
per un diverso rapporto dell’uomo con l’ambiente;
— Sviluppo di una riflessione
approfondita su alcune tematiche del Movimento nonviolento, in particolare iniziative
di disobbedienza civile (obiezione fiscale);
— Questione meridionale: cos’è
e come affrontarla da parte
nostra ;
— Riforma della chiesa; i giovani sono parte della chiesa
di oggi, non solo la chiesa di
domani ;
— Potenziamento della Commissione Bibbia ».
Alberto Bragaglia
GRATIS
Ai nuovi abbonati 1984 ■’EcoLuce viene invittto in omaggio
gratuitamente per l'ultimo trimestre del 1983.
Ecco una notizia da inserire
nelle circolari di chiesa e tra
gli annunci del culto domenicale!
Dal 31 luglio al 7 agosto si è
svolto, nel villaggio 23 Novembre
di Monteforte Irpino, un campo
sul tema « Evangelizzazione: che
dire? che fare? ». La particolarità e l’o'riginalità di questo campo
è stata, senza dubbio, l'aver unito momenti di riflessione teorica
a momenti di azione pratica. Infatti, sin dall’inizio, il gruppo
partecipante (da 15 a 20 persone)
si è mosso all’esterno del villaggio visitando e conoscendo le
realtà evangeliche dell’area irpina. Realtà, invero, molto diverse tra loro e soprattutto per alcune, assolutamente sconosciute
ai più. Così è stato possibile incontrare fratelli della diaspora
avellinese ( Forino, Scrino), fratelli delle comunità libere della
Campania (Tamburiello, Volla,
Torre del Greco), della comunità battista di Bisaccia, della Assemblea apostolica della fede in
Cristo Gesù (Villanova). Incontri sempre significativi e ricchi
di spimti soprattutto per chi,
come molti del gruppo, provenivano da realtà metropolitane.
A questi momenti di visita,
studio biblico e preghiera, si sono aggiunte alcune relazioni sulle quali vai la pena soffermarsi.
Una, del past. Mucciardi, ha messo in evidenza il fallimento di
vari esperimenti evangelistici,
nel Mezzogiorno, poco radicati
nella realtà, verbali, sloganistici,
individuando nella riscoperta del
significato del termine « Gesù è
il Signore » un punto di partenza per un annuncio di una parola... « che arrivi a coloro che
soffrono ingiustizia e sono emarginati, rendendoli consapevoli
che proprio uno come loro, un
misero, un senza-potere, un umile, è stato innalzato al rango di
Signore; e che attraverso di Lui
CORRISPONDENZE
Incontro degli evangelici toscani
TRESANTI (FI) — «Giudicate voi se è giusto, nel cospetto
di Dio, di ubbidire a voi, anziché a Dio »: questo il tema su
cui si è sviluppato il fortissimo
sermone pronunciato da Davide
Melodia nel corso del Culto con
Santa Cena che è stato alla base
dell’« Incontro » di domenica 18
settembre 1983 fra evangelici toscani e loro amici, a Tresanti,
presso la Casa Comunitaria del
Centro Sociale Evangelico di Fi-,
renze.
La foltissima assemblea di
convenuti, in larga parte formata da giovani, ha ricevuto ancora la sollecitazione a procedere
con slancio nel cammino della
fede e dell’azione conseguente.
Dalle Comunità di alcune città toscane sono venuti in molti
per partecipare insieme alla giornata di incontro organizzata dalla Casa Comunitaria col desiderio di raccogliere, per qualche
ora, parte della ’diaspora’ della
Regione. Ai fratelli evangelici si
sono aggiunti tanti amici cattolici, alcuni di stretta osservanza.
Tutti hanno partecipato in pieno alla manifestazione con spirito di fraterna comunione.
Tutte queste persone hanno
ascoltato i messaggi dei vari
oratori con attenzione e hanno
vissuto, nel sereno ambiente
campagnolo, momenti di fraterna comunione che rimarrà impressa, negli evangelici, come
forza per proseguire nella testimonianza é nell’azione, negli
amici cattolici, come la riscoperta di valori perduti.
Una giornata, dunque, benedetta: TEvangelo è stato ricordato e annunciato, non solo con
le parole, ma anche nella fraternità spontanea che avvicina
gli uni gli altri, unisce e conforta le creature semplici e le rafforza per le lotte di ogni giorno.
La Casa Comunitaria del
C.S.E. è ubicata a circa 35 km.
da Firenze (a sud) ed è a disposizione delle Chiese per piccoli
convegni, raduni, soggiorni, incontri di gruppi giovanili, scuole domenicali, ecc. ecc. E’ aperta tutto Tanno; il trattamento
è familiare, la spesa contenuta
nei limiti indispensabili. Per qualunque informazione, rivolgersi
alla Direzione, scrivendo in via
dell’Olivo 2, 50025 Montespertoli
(FI).
Settimana del libro
evangelico
VENEZIA MESTRE — In mag
gio un buon gruppo di membri
di chiesa ha organizzato una settimana del libro evangelico. Per
l’occasione la comunità luterana
di Venezia ha prestato il suo ampio locale a piano terra, situato
in una zona di grande passaggio.
La settimana ha avuto un buon
successo; molti sono entrati per
guardare ed informarsi, e anche
le vendite sono state buone.
Nell’ambito della manifestazione, sempre nei locali della chiesa luterana, ha avuto luogo una
tavola rotonda su Lutero a cui
hanno partecipato Alfredo Berlendis, pastore valdese, Frithjof
Roch, pastore luterano, e il prof.
Adamo Donini, valdese.
• Durante il culto di domenica 5 giugno, a Mestre, i coniugi
Dario Falbo e Daniela Camilot
hanno presentato il loro piccolo
Paolo. La comunità si è unita
nella preghiera per il bambino,
rallegrandosi con i genitori e i
nonni.
Nello stesso mese, a distanza di
pochi giorni uno dall’altro, sono
mancati due fratelli; la comunità si è stretta intorno alla famiglia Giusti-Da Tos per la perdita
del padre Mario Giusti di 78 anni, e intorno alla famiglia Zecchin per la perdita della sorella
Frida Da Tos, di 70 anni.
• Durante Testate, in alcune
domeniche in cui il pastore è rimasto assente, i culti sono stati
tenuti da alcuni fratelli che ringraziamo, sperando di non dimenticarne nessuno: Guido Colonna Romano e Tony Rigopoulus di Venezia, Liviana Maggiore
di Padova.
• Domenica 18 settembre abbiamo avuto la gioia di tre confermazioni: hanno confermato il
loro battesimo la sorella Lucia
Toffanello Avoncelli di Treviso e
i giovani Paolo Vivenzi di Venezia e Cristina Fara di Mestre. I
primi due, provenienti dal cattolicesimo, hanno frequentato per
anni l’ambiente evangelico partecipando alle attività della chiesa;
l’altra, di famiglia evangelica, ha
ritardato un paio d’anni la confermazione rispetto all’età standard. Si tratta di un’adulta e di
due giovani non ragazzi, che hanno compiuto una scelta matura
e meditata, e che la comunità ha
fraternamente accolto.
siamo toccati da una Grazia vivificante che richiama alla vita
e restituisce dignità di persona
umana ».
La 2* relazione, del past. Anziana, ha tracciato un quadro
della realtà napoletana dd circuito valdese-metodista, parlando del lavoro svolto finora e di
quello da compiersi, delle opere
che funzionano, delle strategie
in atto. Nella parte più specificamente legata al tema. Anziani
ha evidenziato lo stretto legame
che deve esserci tra predicazione e diaconia, legame che si
esprime in un rapporto biunivoco e non in una alternativa.
Legame che vuol dire tensione
tra i due poli, che vanno visti
(e divejcsé esperienze lo mostrano) come due componenti di
un’unica azione che è quella della risposta a Dio della vocazione cristiana.
Dove e come devono intervenire le comunità oggi? La risposta (o le risposte) non è semplice. Intanto si può dire che si è
inseriti in un contesto sociale
con grosse opere (il discorso qui,
però, è complesso) e con comunità che non jjossono limitarsi
ad essere una setta, un ghetto,
una presenza vaga e confusa,
partendo da paure e preoccupazioni di contaminazioni dottrinali, ma che possono essere, pur
con difficoltà, un esempio di democrazia ed uno stimolo ad un
contributo attivo per la risoluzione dei problemi che travagliano
la nostra società. Un ultimo
aspetto della relazione Anziani;
le caratteristiche, i, valori dell’uomo d’oggi, nella nostra società, sono costruiti intorno a:
1) mediazione; 2) meritocrazia
(potere del merito); 3) autorità
(potere autoritario, rassicurante, protettivo); 4) rapporti individuali (io al centro). Tutto questo ha radici in un ambito religioso e di cultura cattolica. E’
qui che devono intervenire le
nostre comunità. Se nel I secolo
l’identità dei cristiani era nella
lotta per la liberazione dalla legge, e nel XVI secolo era nella
lotta per la liberazione dal potere religioso, oggi nel XX secolo
sta, forse, nella lotta contro la
mediazione, il merito, l’autorità,
l’individualismo.
Senza avere la pretesa di indicare il modo migliore, e la via
più giusta, di fare evangelizzazione, è importante segnalare,
anche se sinteticamente, alcuni
spunti emersi dalle discussioni
avute:
— fino a che non si toccano i
problemi degli altri non si
può evangelizzare, cfr. Luca
5: 13 (...lo toccò...);
— evangelizzare significa essere
fedeli a partire dalle « piccole
cose » e non dalle grandi parole (cfr. Luca 16: 10);
—■ la fedeltà di Dio è in anticipo, e noi siamo certi della
sua fedeltà, non delle nostre
capacità, comprensioni, interpretazioni;
— solo abbandonando lo stato
di ricchezza di chi crede di
avere in mano Dio e di comprenderlo, di chi evangelizza
jjortando un suo Dio conosciuto e trattenuto nei pensieri, ne: gesti, nelle parole,
ma essendogli fedeli nelle circostanze che accadono e nella
storia, possiamo annunciare
Tevangelo di Cristo come messaggio di speranza per chi
non ha speranza, di liberazione per chi è oppresso, di gioia
per chi soffre;
— tutto questo, però, ci rende
precari e insicuri. Ma questa
consapevolezza ci fa ricordare e amare di più la nostra
«tenda» (cfr. Eb. 11: 13), n
ci fa accrescere la « carità »
(Rom. 14: 21) verso gli altri,
unico strumento efficace e potente per questo annuncio.
S. M.
6
6
7 ottobre 1983
Dove intrawedo lo Spirito
(segue da pag. 1}
preoccupato per il proprio popolo dal quale però non sì lascia rinchiudere in nessun scherna religioso, agendo al contrario in assoluta piena libertà.
E’ il riferimento a questo Dio
potente e lìbero che riecheggia
nell’immagine usata dall’autore
deU’evangelo, e contemporaneamente è reso evidente il fatto
che lo Spirito di cui si parla
nel nostro testo è quello stesso
donato da Dio al popolo d’Israele. Il credente nato da Spirito partecipa quindi a questa
realtà di forza e libertà.
scelto come strumento dell’azio.
ne divina cosa sarebbe cambiato per la realtà degli uomini?
Secondo Nicodemo la prassi di
Gesù gli rende testimonianza,
sia per quanto riguarda la sua
origine divina, sia per quanto
riguarda la possibilità di un
cambiamento dell’uomo e della
sua vita.
Gesù e
Nicodemo
It_ nostro testo è inserito nell’episodio dell’incontro tra .Gesù e Nicodemo. Il primo ha appena raccolto intorno a sè i primi discepoli iniziando la sua
missione terrena. Il secondo è
un uomo di fede, teologicamente qualificato, interessato a cogliere in Gesù quegli aspetti
che gli rendano testimonianza
della sua origine divina. Due sono le domande di Nicodemo-.
Gesù è veramente l’uomo mandato da Dio? Se Gesù è l’uomo
Gesù inaspettatamente afferma che l’evento nuovo che in
lui si è realizzato può essere riconosciuto e capito solo da chi
è nato una seconda volta, solo
da chi è nato dallo Spirito.
E’ chiaro a questo punto che
il contesto di Giov. 3: 8 ci conferma maggiormente nella convinzione che per la comunità
cristiana non solo il rapporto
tra lo Spirito ed il credente esìste in modo innegabile nella
realtà della fede, ma la possibilità di essere dei credenti si
gioca proprio in base alla presenza ed all’azione dello Spirito di Dio in noi.
to non è tanto un’argomentazione di carattere teorico-, le
implicazioni teologiche ■ bibliche
a cui dobbiamo riferirci sono
irnportanti, ma a partire prima
di tutto dal fatto se sappiamo
o_ non sappiamo individuare l’azione dello Spirito Santo, non
dico se ci crediamo o meno, ma
se osiamo almeno tentare di dire dove per la nostra esperienza sì può realizzare l’incontro
suo con noi.
L’esperienza
e la comunità
Il testo biblico ci rimanda alla nostra realtà ed alla nostra
esperienza? probabilmente sì,
perchè parlare di Spirito San
Innanzitutto è un problema
di luoghi. Abbiamo detto poc’anzi che lo Spirito di Dio ^ libero di agire, non è « impastoiato » o collegato alla figura o ad
un’istituzione qualsiasi. Quindi
in teoria la sua azione si può
realizzare ovunque. Il problema
per noi è riconoscerne la realizzazione e gli effetti. Se quindi
posso affermare per una.convinzione di fede che lo Spirito di
Dio è libero d’intervenire ed operare nel mondo, immediatamente dopo. non posso che confessare la mia incapacità a leggere la sua azione nella storia
di questo mondo. Allora sono
obbligato a restringere, non il
campo d’azione dello Spirito
Santo, che rimane per me il
mondo, ma l’orizzonte in cui mi
è concesso di poterlo vedere all’opera: la comunità è l’ambito,
lo spazio privilegiato, in cui io
credente posso riconoscere nella concretezza della mia esperienza storica, personale, la sua
azione.
L’autore dell’evangelo di Giovanni ci viene in aiuto indicandoci molto chiaramente alcuni
momenti in cui la realtà e la
presenza dello Spirito Santo o
è reale e quindi opera potente,
mente in noi e nella chiesa, oppure è fittizia ed il nostro agitarci ed il nostro attivismo non
servono a nulla.
Un primo momento in cui lo
Spirito Santo può essere all’opera è nella predicazione della
parola di Dio: « ...le narole che
vi ho dette sono spirito e vita » dice Gesù (Giov. 6: 63):
l’annuncio dell’evanselo o si trasforma per opera dello Spirito
Santo nell’invito ad un cambiamento del nostro atteggiamento nei confronti di Dio, per cui
lo amiamo, accettiamo la rivelazione che lui ci fa della nostra condizione di uomini senza speranza., preparandoci quindi a vivere una nuova vita, oppure è esercizio retorico, discorso moralisticOi intervento
apprezzabile, ecc. ecc... La parola o produce o è sterile: non
dipende da noi l’efficacia della
predicazione, ma è opera dello
Spirito.
Un secondo momento in cui
possiamo riconoscere l’azione
dello Spirito Santo è il momento in cui siamo chiamati a confessare la nostra fede in un
Dio, che non solo si fa uomo,
ma per la nostra salvezza muore sulla croce. Che cosa se non
l’azione dello Spirito di Dio ci
porta a riconoscere in quello
che è lo scandalo della croce il
nostro signore e salvatore? (/
Giov. 4: 2 e Giov. 4: 13).
Un terzo momento credo sia
rappresentato dal potere che ci
è stato affidato da Gesù Cristo
nel pronunciamento reciproco
del perdono dei nostri peccali
(Giov. 20: 22ss).
Nel momento in cui io dico
«i tuoi peccati ti sono rimessi », io so che questo potere ci
è stato dato nel momento stesso in cui lo Spirito ci è stata
promesso. Ecco allora che è
più chiara la quotidianità e la.
realtà del nostro intersecarci
nell’azione dello Spirito di Dio
E’ chiaro anche che allora l’idea della necessità di una seconda nascita non crea più problema perchè è evidente che il
riconoscimento deli’azione dello Spirito Santo è possibile là
dove già esiste la fede, e là dove questa fede è già stata confessata.
Mauro Pons
DIO E CESARE - 2
In secondo luogo, Gesù dice; « Rendete
a Cesare quel che è di Cesare » riferendosi, come avete udito, a una moneta sulla
quale era coniata refSgie e l'iscrizione di
Cesare. Cioè Gesù dice: « Questa moneta
è di Cesare, c’è sopra il suo nome e la sua
immagine, se ve la chiede, dategliela pure ». Certo, ci sarebbe da discutere su questo pxmto e mettere in dubbio che l'iscrizione e l’efBgie di Cesare sulla moneta bastino ad attribuirgliene la proprietà. Ma
Gesù non è un ministro delle finanze e il
« Rendete a Cesare » la moneta che egli ha
coniato è soltanto raffermazione preparatoria, quasi strumentale, all’altra affermazione decisiva: « E rendete a Dio quel che
è di Dio ». Che cosa è di Dio? Nel contesto di questo episodio, la risposta sembra
evidente: come la moneta reca rimmagine
di Cesare e quindi gli va restituita, così
l’uomo reca rimmagine di Dio, e quindi
deve restituirsi a Lui. Rendete a Cesare
ciò che reca la sua immagine, cioè la moneta, e rendete a Dio ciò che’ reca la sua
immagine, cioè l’uomo.
a cura di Gino Conte
Concludiamo la pubblicazione dello studio biblico che il prof. Paolo Ricca ha tenuto nel corso della sessione 1979 del SAE, Segretariato Attività Ecumeniche, alla
Mendola, sul passo: Marco 12; 13-17. Nella prima parte, osservato che Gesù da'interrogato diventa in realtà interrogante, si notava che egli non dà né un « sì » incondizionato né un « no » pregiudiziale a Cesare; ma Cesare, i Cesari, i poteri devono anche rendere al popolo quel che è suo e che spesso gli usurpano.
tensione fra questi due regni è irriducibile e costituisce in un certo senso il lievito della storia.
. Cesare dovrà essere detronizzato. E tutto ciò che contribuisce a dissolvere il potere dei vari Cesari che regnano sugli uomini e a distribuire questo potere agli uomini è un passo avanti verso l’avvento
del Regno di Dio.
Cesare, controfigura
del Regno di Dio
Cesare conia monete
Dio solo conia l’uomo
Cesare conia monete, Dio conia l’uomo.
Gesù riconosce a Cesare il diritto di imprimere la sua immagine sulla moneta e
quindi di rivendicarne la proprietà; ma
nega a Cesare il diritto di imprimere la
sua immagine sull’uomo e quindi di reclamarlo per sé. A Cesare, potete dare la moneta, ma non voi stessi, perché in voi c’è
rimmagine di Dio e non l’immagine di Cesare, e quindi appartenete a Lui e dovete
darvi a Lui.
Non è difficile cogliere l’enorme portata di questa affermazione proprio per il
nostro tempo. Viviamo in un tempo in
cui i vari Cesari di cui abbiamo fatto cenno, non si accontentano più della nostra
moneta, vogliono imprimere la loro immagine dentro di noi, vogliono coniarci
e plasmarci a loro immagine e somiglianza. E qui il discorso diventa necessariamente autocritico e siamo costretti a porci alcune domande scomode. Dobbiamo
chiederci, ad esempio, in che misura il
potere ideologico borghese ha proiettato
la sua immagine dentro di noi e ci ha
plasmati cosi da rendere irriconoscibile,
agli occhi dei nostri contemporanei, la
nostra identità cristiana. Dobbiamo chiederci in che misura il potere economico,
con il suo pseudo evangelo consumistico,
ha proiettato la sua immagine dentro di
noi e ci ha coniati così da consumare noi
stessi nei consumi ed a dissolvere il nostro essere più profondo nell’avere più
superficiale. Dobbiamo chiederci finn a
che pimto l’intreccio dei poteri costituiti
— da quello scientifico a quello militare,
da quello tecnico a quello politico —
hanno proiettato la loro immagine dentro di noi e ci hanno plasmati così da renderci piuttosto conservatori e scettici davanti alla possibilità di creare cose nuove nella storia; questa immagine interiorizzata del potere costituito ha quasi
spento dentro di noi l’attesa del Regno,
ha ucciso la nostra speranza, ha soffocato la nostra passione creatrice, ha smobilitato le nostre coscienze. Sono rimasti
solo alcuni giovani a gridare, spesso disperatamente, nel deserto del nostro scetticismo, il loro bisogno di altro, il loro bisogno di im mondo nuovo.
Dobbiamo chiederci, ancora, dato che
siamo qui raccolti come comunità cristiana, fino a che punto il potere religioso
ha proiettato la sua immagine dentro di
noi, ci ha anch’esso riplasmato a sua immagine e somiglianza, trasformandoci in
sudditi timorosi anziché in liberi figli di
Dio. Insomma, dobbiamo chiederci se
non è successo o non sta succedendo proprio a noi quello che dice il libro
dell’Apocalisse al Gap. 13, dove si parla
di una bestia che sale dalla terra e che
«faceva sì che a tutti, piccoli e grandi,
ricchi e poveri, liberi e servi, fosse posto
un marchio sulla manp destra o sulla
fronte; e che nessimo potesse comprare
o vendere se non chi avesse il marchio,
cioè il nome della bestia o il numero del
suo nome ».
Diceva il teologo Schleiermacher; «Umanità senza divinità equivale a bestialità ». Per umanizzare il mondo bisogna vincere la bestia. Noi crediamo che Gesù Cristo ha vinto la bestia, ha vinto tutti i poteri disumanizzanti, ha cancellato il marchio della bestia dalla fronte degli uomini e le immagini dei vari poteri proiettate
nella nostra coscienza, e ci ha restituiti
a noi stessi restituendoci a Dio. Dicendoci: « Rendete a Dio quel che è di Dio », cioè
voi stessi che recate la sua immagine,
Gesù, in fondo ci sollecita a vivere come
uomini non plagiati dal potere, a vivere
cioè come uomini liberi. Anche qui, quello
che Gesù vuole da noi è che impariamo a
essere liberi. E dicendoci « Rendete a Cesare quel che è di Cesare » cioè una moneta che reca la sua immagine, Gesù in
fondo vuol dirci: Voi non siete di Cesare,
se mai, come dice Paolo, è Cesare che è
vostro, e voi siete di Dio!
Cesare ha uno spazio,
ma è laico
Terza e ultima considerazione: « Rendete a Cesare... rendete a Dio » dice Gesù.
Cesare ha un suo spazio, che Gesù riconosce. Non abbiamo ora il tempo e non
è neanche il momento di vedere quali contenuti, questo spazio, questo ambito che
Gesù riconosce a Cesare, deve avere; comunque a Cesare, secondo questo racconto, è lecito imprimere la sua immagine
sulle monete, non è lecito imprimerla sugli uomini. Ma quello che colpisce qui è
la netta distinzione che Gesù istituisce:
Cesare è Cesare; Dio è Dio; dando a Cesare, non si dà a Dio, e viceversa. Nessuna confusione tra Dio e Cesare. Cesare
non ha nulla di divino: Cesare è laico.
Questo significa che la signoria di Dio nel
mondo non passa attraverso la mediazione dei poteri umani, ma segue altre vie.
Quando i capi sacerdoti alla domanda di
Pilato: « Crocifiggerò io il vostro Re? » rispondono: « Noi non abbiamo altro re
che Cesare» (Gv, 19: 15), essi non affermano ma rinnegano la signoria di Dio su
di loro e su Cesare stesso.
Anche la parola di Pietro: « Onorate tutti. Amate la fratellanza. Temete Iddio.
Rendete onore al re» (1 Pt. 2: 17) indica
chiaramente, mediante la diversità dei
due verbi (« temere » per Dio; « rendere
onore » per il re) i due diversi livelli in
cui Dio e Cesare si situano. Come ho detto, nessuna commistione, nessuna convergenza, nessuna confusione: il potere non
è divino ma soltanto umano, quando non
diventa bestiale.
Quindi Gesù non sta con Cesare, ma di
fronte a Cesare; non vede in lui un possibile alleato, non cerca i suoi favori, non
si mette sotto la sua protezione. Gesù non
demonizza Cesare e neppure lo sacralizza; in fondo lo mette nelle nostre mani;
come ho già detto: Cesare è nostro. Egli
non appartiene al Regno di Dio ma al
r^o degli uomini. Gesù e Cesare si
fronteggiano attraverso tutto il corso della storia umana: essi personificano due
mondi, due regni, due tipi di umanità. La
In questo senso Cesare resta un anti-tipo, un contro-modello, una contro-figura
del Regno di Dio. Gesù lo ha detto chiaramente: « Voi sapete che quelli che son
reputati principi delle nazioni, le signoreggiano; e che i loro grandi usano potestà sopra di esse. Ma non è così tra voi;
anzi chiunque vorrà essere grande fra voi,
sarà vostro servitore; e chiunque vorrà
esser primo, sarà servo di tutti » (Me 10:
42-44). Ma questa irriducibile tensione,
questa antitesi tra il Regno di Dio e il
regno di Cesare non è indolore. « Dio e
Cesare » dicevo all’inizio, non è un binomio pacifico. E noi lo dichiariamo tutte
le volte che ripetiamo il Credo apostolico.
E con questo concludo. Voi sapete che
anche Cesare è entrato nel Credo, attraverso il suo governatore e luogotenente
Ponzio Pilato. Il Credo afferma che Gesù
«patì sotto Ponzio Pilato», patì sotto il
rappresentante di Cesare in Palestina. Gesù è stato crocifisso da Cesare. Ora comprendiamo che nella frase « Dio e Cesare », che costituisce il tema della nostra
meditazione, la congiunzione « e » ha la
forma di una croce.
Non concordato
ma croce
Tra Dio e Cesare non c’è una stretta di
mano, un patto, un concordato, ma una
croce. Gesù pati sotto Ponzio Pilato perché fu davanti a lui testimone, come dice revangelo di Giovanni, della libertà
dell’uomo e testimone della verità di Dio.
E il destino delia comunità cristiana nella storia sarà anche, sempre e di nuovo,
di « patire sotto Ponzio Pilato » nella misura in cui essa sarà, come Gesù, davanti
ai vari poteri assoluti o relativi della terra, testimone della libertà dell’uomo e
testimone della verità di Dio. Perché libertà e verità sono le due cose che il potere teme più di ogni altra. Ma sono anche queste le cose che Dio ama più di
ogni altra e che senza dubbio farà trionfare non su tutti gli uomini, ma per tutti
gli uomini.
Per questo il Credo va avanti e, dopo
aver detto: «patì sotto Ponzio Pilato»
prosegue affermando: « il terzo di risuscitò ».
Paolo Ricca
7
7 ottobre 1983
ohiettìvo aperto 7
UNA QUESTIONE CRUCIALE PER LA PACE NEL MONDO
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Afghanistan: a che punto
sono le trattative
A quasi quattro anni (Natale 1979) dall’inizio
dell’occupazione e della guerra condotta dall’Unione sovietica in Afghanistan, il bilancio è drammatico e pesante. Gli 80 mila soldati russi iniziali pare siano diventati 120-140 mila; si calcola ormai
sul milione il numero dei morti e si fa ammontare a tre milioni quello dei profughi. I sovietici dicono di aver perso finora 10 mila uomini, ma le
fonti della guerrìglia parlano di 30-40 mila. Interi
villaggi sono stati distrutti da bombardamenti aerei; contadini e civili vengono uccisi per rappresaglia; pare accertato l’impiego di armi chimiche e
biologiche.
In questa tragica situazione, come si svolgono i
negoziati che vanno avanti penosamente sotto l’egida del segretario generale delle Nazioni Unite?
Qual è il ruolo delle grandi Potenze? Come si in
serisce il Pakistan in questa situazione? Purtroppo, la nostra povertà di mezzi di informazione non
contribuisce certo a chiaiire la questione: si tratta
pur sempre di una guerra «segreta» in cui i sovietici, almeno finora, si sono rivelati assai più
abili nel mantenerla tale che non neh vincerla.
Anche la stampa ed i mass media in genere, di
fronte alla difficoltà di notizie certe e veritiere non
sono per lo più in grado di fornire dati sicuri.
Il mensile « Le Monde Diplomatique », noto per
la serietà dei suoi servizi, dedica nel suo numero
di settembre ben sei pagine all’argomento Afghanistan. Ne desumiamo a nostra volta questa pagina neH’ìntento di far meglio conoscere alcuni particolari di questo drammatico problema dei nostri
tempi.
r. p.
I negoziati di estrema importanza sull’Afghanistan sono pressapoco ignorati dalla pubblica
opinione mondiale. Eppure essi
non mettono solo in palio il destino di quel Paese, ma anche
tutto l’equilibrio strategico nell’Asia sud-occidentale.
Condotti a Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite, i negoziati fra Afghanistan e Pakistan
hanno avuto l’ultima sessione
dal 16 al 24 giugno scorsi. Secondo fonti deirONU, i sovietici avrebbero lasciato intendere che erano pronti a considerare una ritirata delle loro forze presenti in Afghanistan se il
Pakistan avesse accettato di cooperare alla definizione di precise modalità di soluzione.
La prospettiva di un regola
Alcuni dati
L'Afghanistan misura 650.000 km.
quadrati di superficie e la popolazione ammonta a ca. 18 milioni di
abitanti. Di questi, solo una metà
circa sono veri e propri afghani
mentre il restante è costituito da
mescolanze di vari popoli che invasero ripetutamente il paese: genti
iraniche, gruppi ario-indiani, mongoli. I nomadi sono oltre 2 milioni e
mezzo. La religione è musulmana
sannita con una minoranza di Nazari sciiti. Il suolo è montuoso e arido. con piccole zone fertili nelle
vallate percorse da fiumi.
Neirallevamento prevalgono gli
ovini mentre l’agricoltura produce
frumento, riso, mais, orzo, miglio,
albicocche, mele, arance, barbabietola da zucchero, in certe zone è
diffusa anche la coltura del cotone.
Protettorato inglese fino al 1919,
diventò regno nel 1926 con Amanullah Khan. Nella seconda guerra mondiale dichiarò la propria neutralità,
ma finì per dichiarare guerra alla
Germania. Nell'agosto 1946 entrò
neirOrganizzazione delle Nazioni
Unite.
L'istituzione monarchica, che si
adattò ai tempi dando una nuova
Costituzione e consentendo l'istituzione dei partiti politici, cadde nel
1973, anno in cui il re Zaher — che
tuttora, vive in esilio a Roma —
viene deposto a seguito del colpo di
Stato del gen. Daud. Nel 1978 i
militari di sinistra lo rovesciano ed
affidano il potere ad un Consiglio
della rivoluzione dominato dai comunisti del P.D.P. (partito democratico popolare). Nel 1979 prende II
potere Hafizullah Amin, dopo un bagno di sangue nel quale muoiono
decine di migliaia di persone. Alla
fine dello stesso anno egli viene
soppiantato ed ucciso. Le truppe
sovietiche entrano nel paese e viene nominato l'attuale presidente Babrak Karmal che inaugura cosi quella che viene chiamata la « seconda
fase della rivoluzione ».
mento globale è subordinata alla simultanea realizzazione delle
tre seguenti condizioni:
1 ) le truppe sovietiche dovrebbero ritirarsi progressivamente dall’Afghanistan ;
2) i rifugiati afghani in Pakistan dovrebbero essere rimpatriati in Afghanistan, contemporaneamente e scalarmente;
3) il Pakistan porrebbe un
freno alle attività dei ribelli af.ghani che partono dal proprio
territorio ed agirebbe attivamente in vista di un cessate-il-fuoco
allo scopo di permettere, da una
parte, il ritiro delle truppe e dall’altra, il rimpatrio dei profughi
in condizioni le più pacifiche possibili.
Non è detto che una soluzione politica fondata su un compromesso porti necessariamente
alla formazione di un governo
di coalizione a Kabul. Ma i sovietici hanno fatto sapere ad un
certo numero di paesi non allineari, fra cui l’India, che non sarebbero ostili ad una simile eventualità in una fase successiva
del regolamento. Si tratta però
di sapere se questa posizione sia
solo una componente tattica della diplomazia sovietica oppure
si tratti di un atteggiamento basato sulla constatazione dell’impasse in cui attualmente si trova la situazione dell’Afghanistan.
Rappresentanti sovietici hanno
avuto dei contatti non ufficiali
con l’ex re dell’Afghanistan, Zaher, per ipotizzare la possibilità
della costituzione di un governo
nazionale transitorio accettabile
dalla maggioranza delle parti impegnate nel conflitto.
Tuttavia, il problema delle garanzie internazionali rimane l’ostacolo maggiore. Il segretario
generale delle Nazioni Unite, in
accordo con Kabul e Islamabad,
capitale del Pakistan, insiste affinché — prima che un accordo
sia reso pubblico — i membri
permanenti del Consiglio di sicurezza diano il loro avallo al
progetto di cui sopra. Questa richiesta si rivolge in modo particolare agli Stati Uniti, alla Cina ed all’Unione Sovietica nella
misura in cui — per via dell’influenza che hanno verso gli Stati
che negoziano — essi sono i maggiori interessati ad un eventuale regolamento.
Cina, USA e URSS
L’accordo dei cinesi, degli americani e dei russi al progetto di
regolamento è evidentemente
una condizione essenziale per un
reale progresso.
Quando il ministro degli affari esteri pakistano è andato a
Pechino il 15 maggio scorso e
cioè prima dell’ultima sessione
sulle trattative, per intrattenersi al riguardo coi responsabili
cinesi, essi avrebbero cercato di
sapere se i sovietici erano pronti ad impegnarsi pubblicamente
a rispettare un calendario nel
quadro di un regolamento glo
bale : in caso affermativo —
avrebbero affermato i cinesi —
non vi sarebbe stato per loro alcun ostacolo all’accettazione delle proposte del segretario generale dell’ONU.
Quattro giorni più tardi, il 19
maggio, l’ambasciatore sovietico
in Pakistan ha dichiarato che
TAfghanistan era pronto per accettare una ritirata delle truppe
sovietiche in caso di un regolamento globale assicurato da garanzie internazionali. Questa dichiarazione, confermante anche
la volontà comune afghano-sovietica di fissare un calendario
per il ritiro delle truppe sovietiche, riveste un significato particolare in quanto costituisce il
primo riferimento pubblico a un
punto importante sul quale si
erano arenate le precedenti sessioni dei negoziati ginevrini.
Il successivo 25 maggio il ministro degli esteri pakistano era
a Washington, per cercare di ottenere dagli americani una analoga approvazione. "Vi ricevette
un’accoglienza piuttosto fredda:
questo episodio illustra bene le
tragiche dimensioni anche esterne della guerra afghana. Gli americani non volevano opporre un
« no » formale ma non erano
neppure pronti a dire « sì ».
Proprio pochi giorni prima la
amministrazione Reagan aveva
rivelato per la prima volta l’ampiezza del suo aiuto militare segreto alla resistenza afghana organizzata in Pakistan. Nell’incontro ufficiale fra il ministro pakistano ed il segretario di Stato
Shultz, quest’ultimo lo informò
che il suo Paese considerava
raccordo proposto dall’ONU come un progetto insostenibile in
assenza di disposizioni che prevedessero la sostituzione dell’attuale regime di Kabul sostenuto
da Mosca, con un governo maggiormente rappresentativo. Questa dichiarazione non teneva affatto conto del fatto che la cosa
era già stata implicitamente accettata, in quanto durante i precedenti negoziati il cambiamento del regime afghano era previsto in parallelo alle operazioni
del progressivo ritiro delle truppe, allo stesso modo come era
successo a Porkkala in Finlandia. Davanti alla commissione
degli affari esteri della Camera
dei rappresentanti il successivo
28 luglio, Selig Harrison, esperto dell’Asia centrale ed autore
del libro « Ombre sull’Afghanistan» dichiarava che gli Stati
Uniti sembravano avere una
parte di responsabilità nella stasi dei negoziati e che l’amministrazione Reagan non era pronta — secondo tutti gli indizi —
ad accettare il tipo di regolamentò in corso di negoziato sotto gli auspici deU’ONU.
cembre 1979 è, da lungi, il fattore che ha maggiormente contribuito a rafforzare il regime
militare — relativamente nuovo
ed ancora malfermo — del generale Zia. Approfittando di
questo fatto, e volendo dare al
Pakistan l’immagine di uno
« Stato in prima linea » il regime
militare si è costruito l’immagine di « difensore del mondo libero », malgrado la sua essenza
dittatoriale. Unitamente alla cooperazione finanziaria saudita, il
presidente Reagan ha impedito
il fallimento del Pakistan dandogli un aiuto di parecchi miliardi di dollari. L’aiuto militare americano per l’anno in corso è in aumento del 348 per cento in rapporto all’anno precedente. Nessun altro Stato ha beneficiato di un simile aumento
di elargizioni americane durante
l’ultimo decennio.
Il Pakistan si trova adesso
davanti ad un dilemma. Da una
parte, se i negoziati di Ginevra,
basati sulla formazione di un
governo «neutralista» a Kabul
dovessero avere uno sbocco positivo, la sua posizione verrebbe
a subire un duro colpo e i programmi massicci di riarmo e di
aiuti economici perderebbero ufficialmente ogni ragion d’essere.
Per contro, se il negoziato proseguirà senza troppi ritardi, i
Pakistani possono avere un importante ruolo mediatore nei
confronti dei « ribelli » afghani.
Essi, politicamente, sono profondamente divisi. Infatti, il coraggio di cui danno prova contro le truppe sovietiche è anche
dimostrato nelle lotte, quasi altrettanto accanite, fra le fazioni
rivali.
Se il ramoscello d’olivo agitato dalle Nazioni Unite non viene raccolto nei prossimi mesi
dalle autorità afghane e pakistane e dai loro partners (come
pure dai resistenti afghani) è
prevedibile che l’Unione Sovietica rinunci allo spirito di moderazione che finora ha animato
il suo aiuto materiale ai movimenti d’opposizione pakistana,
ed in modo particolare al movimento indipendentista del Belucistan, che potrebbe essere apportatore di gravi conseguenze
politiche per il Pakistan.
Il Pakistan
La posizione del Pakistan nei
negoziati testimonia di un singolare paradosso. L’invasione sovietica in Afghanistan del di
II caso ’’Belucistan”
In occasione della divisione
dell’India coloniale, la creazione
del Pakistan (col quale l’Afghanistan confina a sud e a est) ha
riunito in un solo Stato un coacervo di cinque provincie, legate dall’idea che avrebbero formate una « nazione musulmana », fra cui il Belucistan. Questa provincia ben presto rivendicò la propria autonomia sotto
la guida di Athaullah Mengal affermando di voler combattere
per una « indipendenza totale ».
Arrestato nel 1973 assieme al
governo provinciale, i suoi fautori misero in atto un vasto movimento di ribellione armata,
che provocò ima guerra molto
dura, anche se quasi sconosciuta. La ribellione ebbe poi termine nel 1977, a seguito del colpo
di stato che portò al potere il
gen. Zia. I dirigenti belucistani
furono liberati e Mengal esiliato.
Ora, dal suo esilio londinese,
Mengal ha riimovato la « dichiarazione di indipendenza» per il
Belucistan per creare un nuovo
Stato democratico in Asia centrale. Da un lato infatti egli si
oppone alla dittatura di Zia basata sulla legge marziale, e dall’altro non vuole che il Belucistan, che a suo dire è l’unica regione del Pakistan a presentare
un particolare interesse per gli
Americani, si trasformi in base
navale di rapido spiegamento diventando così campo di battaglia delle grandi potenze. Con
questa sua decisione di entrare
in conflitto aperto colle autorità
pakistane, Mengal introduce un
nuovo elemento destabilizzatore
in un equilibrio politico regionale già scompigliato dalla rivoluzione iraniana, dall’invasione
sovietica in Afghanistan, dalla
guerra fra Iran e Iraq e dall’incessante accumulo di armi nella
zona del Golfo persico.
Quali prospettive?
Non esistono molte probabilità che la guerra in Afghanistan
trovi una soluzione militare. La
amministrazione Reagan vede
nell’aiuto che essa dà ai « combattenti della libertà» un efficace mezzo economico per immobilizzare colà delle truppe sovietiche e per segnare dei punti
nella sua campagna di propaganda antisovietica. Per contro,
il Pakistan ha scoperto nella
guerra una lucrosa attività ed
ora non ha la minima intenzione di rinunciarvi. Da parte sua,
il governo afghano rifiuta di intavolare delle trattative coi capi
ribelli rifugiati in Pakistan ed
afferma che essi si comportano
come agenti di potenze straniere.
Tuttavia, sembra che una soluzione politica non sia del tutto
impossibile. I negoziati coi capi
dei ribelli e coi capi tribù all’interno del Paese procedono. In
certe regioni le trattative politiche hanno raggiunto un primo
risultato ponendo fine ai combattimenti. Se esse procederanno si potrà creare una situazione che consenta un ritiro parziale delle truppe sovietiche, la
cui prolungata presenza in Afghanistan costituisce per Mosca
un costoso fardello. Per contro,
im ritiro totale dei sovietici sembra escluso finché la ribellione
proseguirà le sue attività in partenza dal Pakistan e finché gli
Stati Uniti ed altri Paesi continueranno a fornire armi e danaro.
ri»-
8
8 ecumenismo
7 ottobre 1983
HELSINKI: ACCADEMIE E CENTRI LAICI IN EUROPA WIEDENEST: CONFERENZA INTERNAZIONALE
Prudenza sulla pace
I Fratelli a confronto
In politica internazionale bisogna essere realisti e prudenti e non
utopici: un messaggio che ci viene dai centri europei per laici
Dal 28 agosto al 2 settembre
si è tenuta in Finlandia, a 35
Km. a nord di Helsinki, l’assemblea annuale dell’Associazione
Ecumenica delle Accademie e dei
Centri Laici in Europa con tema
la pace. In questo centro luterano, in cui c’è una scuola pojx)lare che provvede ad una educazione supplementare per persone che hanno finito la scuola
superiore, ci siamo trovati in
circa 70 provenienti da tutta Europa. C’erano direttori di centri
ecumenici, rappresentanti di centri culturali e di associazioni che,
in seno alle chiese, lavorano in
un tessuto sociale. Io rappresentavo il centro culturale « Lombardini » di Cinisello e costituivo, insieme al direttore di Agape e a Caterina Erni. la piccola
delegazione italiana. L’atmosfera
era ideale per trattare un argomento come questo essendo la
Finlandia un paese che attua una
politica di neutralità nei confronti dei due grandi blocchi. Al
tempo stesso, almeno così è
emerso dalla relazione introduttiva, attua una politica di armamento « difensivo » e non offensivo; un paese insomma con
delle contraddizioni.
Mentre nella prima e nell’ultima giornata dei lavori ci si è
riuniti tutti insieme, negli altri
due ci si è divisi in gruppi —
Europa, Uomini, Donne, Bibbia,
Psicologia — in cui si è analizzato il problema della pace nei
SUOI vari aspetti. Ho partecipato
al gruppo sulla psicologia composto da persone provenienti da
paesi diversi e quindi con l’arric
chimento di uno scambio di esperienze e di mentalità più vivo.
Si è iniziato col raccontarsi un
po’ come i movimenti per la pace si muovono nei nostri relativi
paesi per poi cercare le motivazioni psicologiche che possono
portare ad una guerra. Se ne è
dedotto che un certo tipo di società in cui bisogna difendersi
per non esserne schiacciati, porta ad una reazione aggressiva.
Vivendo la costante paura di essere attaccati ci si vuole proteggere e le armi sono l’oggetto di
protezione daH’attacco, un qualcosa che garantisce una certa sicurezza di « pace ». Ciò per quanto riguarda l’armamento « difensivo » che in Europa e anche in
Italia si attua. La motivazione
deU’armamento di « attacco » è
stata riconosciuta in una mania
di persecuzione che induce ad
un attacco inteso a prevenire la
minaccia altrui.
Negli altri gruppi, come nel
mio, non c’è stato un grosso sbilanciamento di posizioni. Si sono fatti molti discorsi generali
di giustizia ma non di lotta sociale o di analisi ad esempio dei
paesi deH’America Latina che
proprio in questo periodo stanno prendendo le armi in mano
per ottenere una democrazia.
Ho avuto quasi una sensazione
di « prudenza », di paura di osare, forse per non essere utopici
o poco realisti.
E la stessa prudenza mista ad
un velo di ambiguità l’ho verificata in alcuni punti del documento finale uscito dal convegno in cui si chiede la riduzione
delle armi convenzionali e non
un disarmo unilaterale; si vuole
creare una zona libera dalle armi nucleari in Europa « ...per
prima cosa ritirando le armi dagli stati in cui non si parla del
loro uso... » quasi che si dovesse
dichiarare l’uso di tm'arma per
poi sentirsi giustificati ad usarla! L’Italia si è astenuta dalla
votazione di questo documento
finale.
Nonostante questa blanda presa di posizione su alcuni punti
cruciali, trovo importante la possibilità di comunicare tra persone provenienti da tutta Europa perché è solo confrontandosi
che si può attuare una crescita e
magari per le persone che hanno paura di prendere posizioni
per loro « estremiste » queste
possono essere occasioni di riflessione e di sentire una solidarietà che non le fa sentire sole
ma che tutt’attorno a loro c’è
gente che opera nella stessa direzione: la costruzione della
pace.
Durante questa assemblea annuale il centro Lombardini è
stato dichiarato membro straordinario dell’Associazione e questo a mio parere è molto positivo perché significa che una voce
in più si associa alle altre già
esistenti per affermare l’urgente
bisogno di un’educazione alla
pace, di una pressione ai governi per un uso diverso dei fondi,
per uno sviluppo di una cultura
in cui la ricerca della giustizia
sia al centro.
L’incontro si è tenuto a Wiedenest (Germania Occ.) dal 23 al
26 giugno. Erano presenti Fratelli provenienti da oltre 20 paesi,
daH’Èst e dall’Ovest Europeo e
dal Terzo Mondo.
Dal resoconto apparso sul numero di ottobre di « Credere e
Comprendere » del rappresentante italiano Marcello Cicchese
traiamo gli spunti più significativi.
lazione, necessariamente breve,
rispetto a tutto ciò che si sarebbe potuto dire, si intravedeva sia
l’azione incessante, profonda,
sempre nuova di Dio, sia i peccati sempre uguali, degli uomini.
Si sono uditi racconti confortanti di vite che si trasformano,
di iniziative che nascono, di comunità che prosperano e crescono, e accenni a difficoltà e problemi, che certamente amareg
In apertura Gerard Jordy, autore di due libri sulla storia dei
Fratelli in Germania, ha parlato
sul tema: « Libertà e ordine nel
passato e nel presente delle chiese dei Fratelli ». L’argomento è
sempre attuale nelle comunità
dei Fratelli, che hanno ricercato
la libertà dello Spirito nell’edificazione della chiesa, ma non
sempre l’hanno trovata. L’oratore ha riconosciuto che per i Fratelli è difficile trovare non tanto
« il giusto equilibrio », ma « la
« giusta unità » tra ordine e libertà, intesi entrambi come due
aspetti di un medesimo dono di
Dio.
glano, ma non possono sorprendere.
Data la brevità del tempo (gli
altri due giorni erano dedicati
alla Conferenza Missionaria) non
c’è stato lo spazio, che non era
d’altronde nel programma, di fare un’analisi di questo frastagliato movimento dei Fratelli nel
mondo e di tentare qualche valutazione complessiva. Fórse questo può essere un limite.
Paola Vìsìntin
Dato il tipo di organizzazione
autonoma di ciascuna delle Assemblee dei Fratelli i presenti alTincontro non erano dei « delegati » ma bensì degli ’’invitati”
giudicati in grado di avere un panorama della situazione delle Assemblee del loro paese e di riferirne.
Per un giorno intero si sono
susseguite le relazioni dei Fratelli
provenienti dalle più diverse nazioni. Ad ogni relazione seguiva
un momento di ringraziamento e
di preghiera (spontanea, secondo
l’uso dei Fratelli) per l’opera di
Dio in quel paese. Dietro ogni re
D’altra parte non è facile immaginare come si potrebbe praticamente organizzare un incontro in cui, oltre a riferire ed
ascoltare, si possa anche discutere insieme e cercare indicazioni
per la soluzione di problemi comuni. E’ già difficile farlo in
campo nazionale, figuriamoci in
campo internazionale!
Tanzania: nel 2000
ci saranno
500.000 ciechi
(Soepi) — Mezzo milione di
persone saranno cieche nel 2000
in Tanzania. Le cause principali
dell’aumento della cecità nel paese sono oltre le malattie degli
occhi, la malnutrizione dei bambini, la mancanza di chirurghi
specializzati e le carenze nella
igiene personale. Il numero dei
ciechi è dieci volte superiore in
Tanzania che nei paesi industrializzati.
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Ooisson
davanti alla cattedrale di Lusaka che riunì, più di 50.000 persone. L’arcivescovo spiegò che si
sarebbe sottomesso per non essere causa di divisione e di scandalo nella chiesa.
presentanti delle altre confessioni religiose, però questi sono stati messi da parte, quasi nasco
sti, ed il Papa non ha mai fatto
alcun cenno alla loro presenza.
E’ venuta così a mancare l’occasione per il Papa per lare un
gesto ecumenico che avrebbe
avuto un gran significato in un
paese a maggioranza cattolica.
Perché questo? E’ stato fatto
con intenzione? E’ comunque
chiaro che nella chiesa cattolica
romana non viene mai dimenticato ciò che è importante: evidentemente per i cattolici polacchi, le chiese non cattoliche
non sono importanti.
Buone notizie sono state portate dai paesi delTEst europeo,
che hanno sempre tenuto contatti con la Scuola Biblica di Wiedenest. Questo legame spirituale
era facilmente avvertibile dalle
relazioni dei Fratelli di questi
paesi che, tra l’altro, riferivano
quasi sempre in lingua tedesca.
Particolarmente florida, anche se
non priva di difficoltà, è l’opera
in Romania, dove i Fratelli costituiscono uno dei più forti gruppi
evangelici. Anche la relazione dei
Fratelli della Svizzera francese
ha destato un certo interesse. In
quella zona i Fratelli sono circa
3.000, distribuiti in 40 Assemblee.
Tra gli «evangelicals» costituiscono certamente il gruppo più
importante. Ogni comunità sostiene almeno un missionario.
Complessivamente, le comunità
sostengono 85 missionari.
Una buona affluenza dalle zone
circonvicine a Wiedenest ha caratterizzato il lavoro delle riunioni generali e il culto domenicale.
Lusaka: l’arcivescovo
guaritore
rimarrà a Roma
Mons. Milingo venne quindi
convocato a Roma per essere
sottoposto ad interrogatori e
test medico-psicologici. Da quel
momento egli non è più ritornato nel suo paese.
CONFERENZA ANNUALE DELL’EAEE
L’educazione degli adulti
(Soepi) — L’arcivescovo di Lusaka (Zambia) Mons. Emmanuel
Milingo, conosciuto per le sue
attività di guaritore, rimarrà definitivamente a Roma. Il Papa
ha infatti accettato le sue dimissioni e lo ha nominato « delegato
speciale» nella pastorale dei migranti e del turismo.
Polonia: cosa pensano
i Riformati
sulla visita del papa
Nel 1973 l’arcivescovo aveva
scoperto i suoi doni di guaritore.
Dopo aver vissuto un’esperienza
mistica, aveva aderito ad un movimento carismatico dopo di che
si era accorto, come lui stesso
ha dichiarato, di « fare dei miracoli come gli apostoli stessi li
facevano » per mezzo dell’imposizione delle mani e della preghiera. Avrebbe cosi, guarito alcune centinaia di malati fra cui
alcuni occidentali.
Nel 1978 tuttavia la Santa Sede ha invitato Mons. Milingo a
porre termine alla sua attività. L’interdizione di Roma sollevò all’epoca vive proteste sia
fra i cattolici che fra i protestanti, tanto più che colpiva un
arcivescovo che operava per
« l’africanizzazione del cristianesimo ». Ci fu un’ultima riunione
(SPR) — I polacchi riformati
hanno avuto impressioni contrastanti, sulla visita del Papa. Da
una parte hanno potuto sentirsi
concordi con la maggior parte
dei discorsi e delle azioni del
pontefice romano sia in riferimento alla Bibbia che ai problemi nazionali, dall’altra però l’atmosfera mariolatra era intollerabile, raggiungendo il parossismo con l’incoronazione di una
statua e la proclamazione della
Madonna « Regina della corona
polacca ». I rappresentanti delle
Chiese cristiane e delle comunità ebraiche e musulmane hanno
avuto la possibilità di incontrare
il Papa. Il programma si è però
limitato al discorso del presidente del Consiglio ecumenico
polacco ed alla risposta del Papa.
A Varsavia, nella messa celebrata all’aperto, cui hanno assistito circa un milione di persone, erano presenti anche i rap
Per la prima volta in Italia si
è svolta dal 17 al 22 settembre
la conferenza annuale della Comunità di lavoro evangelico in
Europa per l’educazione degli
adulti (EAEE). La decisione di
incontrare e conoscere alcuni
aspetti della storia e della testimonianza di chiese di minoranza come quelle metodiste e vaidesi era stata presa dal comitato direttivo in seguito a contatti con membri del Centro
Lombardini che, negli ultimi anni, avevano seguito gli incontri
di questa associazione per un
analogo interesse di formazione
degli adulti. A questa conferenza hanno partecipato pastori e
laici responsabili della formazione degli adulti che operano
nei vari settori di lavoro delle
chiese protestanti in Europa,
compresa la Germania orientale.
Si è trattato di una conferenza
itinerante, con molti incontri in
particolare nella zona milanese
e delle valli valdesi, nel corso
dei quali i partecipanti hanno
potuto ascoltare e vedere come
le nostre chiese e le nostre opere si organizzano, come lavorano, su quali linee di impegno e
di testimonianza si muovono.
Particolarmente viva e stimolante — a detta dei partecipanti
— è stata la giornata a Cinisello, con incontri con ex-allievi e
insegnanti della scuola, discussioni con i membri credenti e
non credenti della comune e cena tutti assieme nei locali della
scuola serale. Dopo Milano (dove avevano conosciuto le due
chiese di V. Porro Lambertenghi e F. Sforza, con la libreria e
il centro protestante) gli amici
dell’EAEE hanno percorso a piedi e in autobus alcuni luoghi
storici delle valli valdesi, e infine hanno svolto ad Agape una
sessione conclusiva di valutazioni, commenti, critiche. Una parte, quest’ultima, particolarmente interessante per noi italiani.
Il salone di Agape si è riempito
di cartelloni con le frasi che i
vari gruppi avevano scritto per
sintetizzare le loro impressioni.
« Abbiamo sentito la chiesa valdese come chiesa vivente, sulla
via tra resistenza e testimonianza, come chiesa che ha il coraggio di sperimentare » — « Hanno una strategia culturale per la
fede e li abbiamo sentiti capaci
di affrontare i conflitti » — « Abbiamo capito cosa vuol dire es
sere chiesa di minoranza », e, simili a questi, molti commenti
positivi. Ma anche qualche critica, tipo « il modo con cui alcuni italiani ci hanno fatto le loro
relazioni contrasta con i metodi
validi in un lavoro di educazione degli adulti. Troppo a senso
unico e senza dialogo ».
E’ stata anche rilevata una certa mancanza di calore nel nostro culto, la scarsa presenza di
fratelli che collaborino nel culto
con il pastore, il quale finisce
per avere il monopolio di tutto.
Anche nella brevità dell’incontro, questi fratelli europei hanno mostrato una notevole capacità di osservazione e comprensione delle nostre realtà, questo
proprio per il loro coinvolgimento in una pratica educativa. Ed
è probabilmente su questo piano, su quello dei metodi, della
organizzazione delle riunioni, delle assemblee, dei campi che possiamo imparare parecchio dalle
esperienze, anche molto diverse
dalle nostre, che ormai da tempo si svolgono in ambiti come
quelli collegati dall’EAEE.
Roberta Peyrot Rostan
9
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7 ottobre 1983
cronaca delle Valli 9
TORRE PELLIGE - GUARDIA PIEMONTESE
TORRE PELLIGE
Giovani
Uno stesso «patois»
a mille chilometri di distanza!
Ecumenismo
sulla pace
Riprendono, in questi giorni,
nei circuiti ecclesiastici, i convegni monitori. Sulla base di
qualche relazione introduttiva e
soprattutto attraverso gli spunti
offerti dalla rivista «La Scuola
Domenicale » s’intrecciano domande e risposte. I convegni servono perché non tutti i monito11 possiedono sufficienti esperienze in campo pedagogico, didattico e biblico. La passione per
/ insegnamento è fondamentale
ma non è .sufficiente. Mediamente ogni anno si candidano, nelle
nostre comunità, parecchi giovani che intendono fare l’esperienza del monitore. La rivista, che
nel frattempo ha raggiunto livelli di chiarezza e profondità
di tutto rispetto, garantisce, a
chi vuol prendere sul serio questo servizio, l’indispensabile bagaglio tecnico. Oltre a ciò, sempre la rivista, permette anche di
unificare l’insegnamento nelle
Scuole Domenicali (salvo alcune
comunità- che seguono una loro
traiettoria pedagogica indipendente da tutto _e da tutti) aprendo la possibilità di convegni e
incontri di studio sullo stesso
argomento. Si tratta dunque, per
molti giovani che hanno superato lo stadio della confermazione,
di un’attività importante e viva’.
M(t in certe^ chiese è l'unica attivila che viene offerta ai giovani in^ cerca di impiego nella conniiììtà. Ovvero l'unica attività
■che abbia dietro sé un “team”
di esperti e una completa, collaudata struttura organizzativa che
marcia a scadenze settimanali e
periodiche riunioni di preparazione e verifica.
E’ vero — si potrebbe obiettare — nella comunità, per i giovani, ci sono anche altre porte
aperte per chi vuole impegnarsi.
Ci sono per esempio, oltre alla
possibilità di frequentare regolarmente il culto, la corale, il
gruppo di studio biblico, la riunione di quartiere. E poi c’è il
gruppo giovanile. Ma in un gruppo non tutti producono, si può
andare solo per ascoltare o vivere passivamente quello che altri dicono o fanno. Su questo
punto, per esempio, sono curioso di vedere quanti giovani vaidesi alle Valli, EGEI o non EGEI,
parteciperanno a Roma il sabato 22 ottobre alla manifestazione contro l’installazione dei missili. Saranno cento, centocinquanta o duecento? Quanti insomma intenderanno, almeno per
lo spazio di una giornata (la cui
importanza è stata anche sottolineata dal Sinodo) vivere da
protagonisti questa scelta contro gli strumenti dell’olocausto e
del genocidio? Vedremo. Ma al
di là di questo vorrei segnalare
tra i possibili sbocchi occupazionali per i giovani offerti dalla
chiesa anche il mestiere di corrispondente per il nostro giornale. Perché no? ¡Presto avremo
un convegno dei corrispondenti
per approfondire, ancora una
volta insieme, tecniche e modalità di questo lavoro. Nel frattempo chiunque — e quindi an■chc i giovani — possono raccogliere informazioni, riflessioni a
livello locale e mandarcele. Solo
dalla, collaborazione attiva dei
corrispondenti il nostro giornale può vivere e svolgere insomma con un minimo di complefunzione di veicolo
^.lia informazione ecclesiastica.
Oualcuno potrebbe spaventarsi
all idea di mettersi lì a scrivere.
Ma non si tratta di fare della
letteratura, si tratta di raccogliere dati, informazioni. Pare
brevi resoconti di fatti che possono interessare tutti. Provate,
ne vale la pena. In fondo noi non
aspettiamo altro che leggervi.
Grande successo delle cerimonie del gemellaggio - La scoperta delle
radici comuni attraverso una ricerca storica appassionata
G. Platone
Guardia Piemontese, piccolo
paese abbarbicato sui versante
tirrenico della costa calabra, ha
ospitato una nutrita schiera di
torresi, approdati con autobus,
treni ed auto per suggellare il
patto di gemellaggio di cui esattamente due anni or sono a Torre Penice, si compiva il primo
atto.
Striscioni, bandiere; « I guardioli salutano i fratelli torresi»,
« Benvenuti nel paese fondato
dai vostri e nostri avi », si leggeva sui muri.
E’ la grande anima del Sud
che con queste parole voleva esprimere qualche cosa di più di
un semplice gesto di cortesia.
C’era aria di festa e tutta la
popolazione ha partecipato seguendo i cortei lungo le minuscole e linde stradine del paese.
Il sabato pomeriggio neH’incontro di benvenuto, la sera durante la grande cena all’aperto
e la domenica nelle manifestazioni del gemellaggio, le piccole
piazze si sono gremite, e così
pure i vicoli e i balconi. Il tempo è sempre troppo breve, con
la gente del luogo comunque si
è parlato; abbiamo riscoperto
con grande gioia come tramite
il dialetto fosse possibile capirci:
a quattro secoli di distanza la
matrice comune del « patois »
era perfettamente evidente. Non
ci pareva vero, a più di 1000 km.
di distanza!
Altra sorpresa: oltre a dare il
nome di « Torre Pellice » ad una
via del centro, abbiamo visto
« via Angrogna », « via dei Barba», «via dei Valdesi», «via Gian
Luigi Pascale».
Dopo secoli, ecco rispuntare
questa storia che abbiamo in comune per i più rimasta sepolta.
Ma veniamo alle cerimonie: il
sabato pomeriggio il benvenuto
del sindaco di Guardia e delle
autorità locali con scambio di
doni; poi, tutti al Municipio situato sull’estrema punta del promontorio, balconata stupenda
sul mare al tramonto, per l’aperitivo.
All’esterno, sul piazzale e nei
vialetti, era già allestita una ben
guarnita mensa: tre porchette
profumatissime con contorno di
prodotti tipici locali. Tutto . il
paese ha partecipato alla cena,
seguita da esibizioni del gruppo
folcloristico locale e del Coro
Alpino Val Pellice. Nella mattinata della domenica, i discorsi
ufficiali prima dell’inaugurazione
di via « Torre Pellice ». Sono stati rievocati i motivi per cui nel
XIV secolo, gli « ultramontani »
delle Valli di Angrogna e di Luserna erano scesi laggiù e avevano prosperato sino all’avvento di
crudeli persecuzioni. Quanto è
duro il dramma dell’emigrazione ! — migranti per questioni di
fede gli antichi valdesi, migranti
controvoglia gli attuali guardioli
perché la loro terra non è ancora in grado di dare a tutti un
lavoro.
Il patto di gemellaggio vuole
essere un legame dopo secoli di
oblìo nella speranza che la comune origine sia portatrice di
nuove occasioni di scambio. Tutto il Sud ha bisogno di questo
incentivo, le varie iniziative devono trovare un collegamento
tra di loro e creare le basi per
un’economia più stabile.
In questa ottica anche l’inaugurazione del Centro dedicato al
martire Gian Luigi Pascale può
essere un contributo.
Il Centro, acquistato con doni
della Chiesa Valdese, sorge a ridosso della « Porta del sangue »
ed è comjwsto da una piccolìssi
La casa
acquistata dalla
Tavola Valdese
a Guardia
Piemontese
ed oggi sede del
Centro
Gian Luigi Pascale
ma foresteria, da un locale ampio per incontri e conferenze, al
piano terra, da un locale al primo piano adibito a museo storico e, nella mansarda, un museo
etnografico in via di allestimento. Il pastore Vicentini, a nome
della Tavola ha ufficialmente inaugurato il Centro, dando poi
il via alla visita alla presenza di
numerosi evangelici giunti per
l’occasione dalle zone limitrofe.
Dopo il pranzo ufQciale all’albergo delle Terme, il pomeriggio
è proseguito con una tavola rotonda al Centro culturale con lo
intervento dei profE. Dal Pino e
Gönnet (di cui riferiremo nel
prossimo numero). In serata,
nuovamente tutti in piazza. A
causa però di im temporale improvviso non vi sono stati i fuochi d’artificio e la serata si è conclusa con canti e halli nei locali
del Comxme. La mattina seguente
di buon’ora, la partenza. Così sono terminate queste due giornate Calabre lasciando in tutti la
sensazione di aver goduto di una
amichevole e calda ospitalità, di
cui tutti sono riconoscenti.
Adriano Longo
Una mostra sulle conseguenze
micidiali del « riarmo » e sulle
prospettive elaborate dagli uomini per la pace è stata allestita ed è aperta fino al 9 ottobre
nella chiesa cattolica di Torre
Pellice. I cittadini non dovrebbero mancare di vederla. Ih concomitanza con la prosecuzione
del « Referendum autogestito »
sull’installazione dei missili a
Comiso, il vescovo di Piherolo,
domenica 25 settembre, durante
la funzione religiosa del mattino, ha preso spunto dall documento del Consiglio presbiteriale sul problema dei iOissili
con il quale il Consiglio iirvità le
comunità cattoliche a passare all’azione, con una presa di coscienza più viva delle projnde
responsabilità, dicendo : « nò » al
riarmo nucleare all’Ovest e ad
Est ; « no » ai blocchi militari ;
« sì » al disarmo generale e controllato; il vescovo ha centrato
la sua omelia sulla riconciliazione che viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di
Cristo e ha dato a noi il ministerio della riconciliazione (Corinzi 5: 18) per cui come credenti non possiamo sottrarci ad essere facitori di pace.
Domenica 2 ottobre è stata la
voha del past. Luciano Deodato,
invitato a predicare nella stessa
chiesa per portare la sua testimonianza di credente impegnato
in Sicilia a favore della pace e
contro l’installazione dei missili
a Comiso.
VAL PELLIGE
Prevenzione
deiripertensione
Deodato ha predicato sul profeta Michea il quale si rivolgeva
al popolo di Israele nel tempo
in cui viveva fra due colossi, l’Assiria e l’Egitto, nemici fra loro,
e ha paragonato quel tempo al
nostro.
Da lunedì 3 ottobre la Comunità Montana Val Pellice ha dato
il via, in tutto il territorio controllato dalla locale U.S.L., ad
una sistematica misurazione della pressione arteriosa di tutti
gli abitanti della Valle, al di sopra dei 20 anni.
Una simile indagine era già
stata iniziata due anni fa, su circa 1000 persone, nei comuni di
Angrogna e Torre Pellice, e più
recentemente un controllo era
stato fatto anche tra gli operai
di alcune aziende della Val Pellice che avevano aderito all’iniziativa.
Particolarmente questa seconda indagine aveva potuto dimostrare che, a differenza di quanto di solito si pensa, la ipertensione non è un inconveniente dovuto soltanto alla tarda età; essa
esiste anche tra i giovani ed è
per questo tanto meno sospettabile e quindi non curata.
Venerdì 30 settembre u.s., nella sala del Consiglio Municipale
di Torre Pellice, la Comunità
Montana ha organizzato un incontro pubblico per presentare
l'ulteriore fase della ricerca.
Erano presenti, oltre alla presidente della C.M. Franca Coìsson e all’assessore dei servizi sanitari dr. Rissone, anche il dr.
Bajardi, assessore alla Sanità
della Regione, il dr. Olivetti vice
presidente dell’Ordine dei Medici di Torino. Era presente anche
il prof. Pandolfo, della Università medica di Torino, che ha dato
una pronta e valida collaborazione nella formulazione del programma di lavoro.
La ricerca rientra in quel programma di prevenzione, prima
ancora che di cura, che era uno
degli scopi principali della mancata riforma sanitaria. E’ stato
fatto notare che l’aumento di
numero dei cassaintegrati e la
diminuzione della forza sindacale
di controllo dello stato di salute
dell’operaio e della nocività ambientale rendono della massima
utilità qualsiasi indagine, come
questa, nel campo della previdenza della malattia.
Gli abitanti della Val Pellice
potranno rivolgersi agli ambulatori infermieristici dei vari comuni o direttamente ai medici di
base, per i chiarimenti utili alla
massima diffusione della ricerca.
Il che permetterà, tra l’altro,
anche un sollecito inizio di una
terapia per quelle persone, assai
frequenti, che ignorano la propria ipertensione.
D. R.
Anche in quest’epoca la Parola di Dio ci viene rivolta con la
stessa potenza, ricordandoci le
sue promesse, in quanto «Egli
sarà giudice fra molti pòpoli, e
si siederà come arbitro fra nazioni potenti e lontane. Delle loro spade fabbricheranno vomeri, delle loro lance, roncole; una
nazione non leverà più la spada
contro l’altra, e non impareranno più la guerra. Sederanno ciascuno sotto la sua vigna e sotto
il suo fico, senza che alcuno li
spaventi ».
Questa promessa è realizzabile perché gli ultimi tempi di cui
parla Michea possono considerarsi avvenuti perché la storia
di Dio si è incontrata con la storia dell’uomo con la venuta di
Cristo e «mentre tutti i popoli
camminano ciascuno nel nome
del suo dio, noi cammineremo
nel nome del nostro Dio, in perpetuo » (Michea 5: 1-5).
A. K.
OGGUPAZIONE
Accordo per l'Indesit
L’obiettivo sindacale di evitare la cassa integrazione a zero
ore è stato raggiunto. L’accordo di massima tra il sindacato
e la direzione dell’Indesit raggiunto nel pomeriggio di luneifi
3 ottobre prevede infatti al posto dei 3.409 licenziamenti chiesti dall’azienda, una cassa integrazione a rotazione per 5.525 lavoratori. Prevede inoltre la chiusura graduale dello stabilimento
di Orbassano (cioè una riduzione dell’occupazione di circa lOOO
posti di lavoro) da attuarsi con
prepensionamenti e dimissioni
incentivate.
In particolare per la cassa integrazione si prevede un orario
di lavoro di 20 ore (8 ore a giorni alterni) negli stabilimenti do
ve avviene la ristrutturazione.
Viene poi previsto il ricorso ai
contratti di solidarietà quando
sarà approvata la normativa relativa. Il progetto di accordo dovrà essere ora esaminato dalle
assemblee dei lavoratori, dal ministro del lavoro che dovrà ratificare la decisione di cassa integrazione, prima di diventare
operante.
G. G.
# Hanno collaborato a questo
numero: Ruben Artus, Niny
Boer Jouvenal, Roberta Colonna Romano, Dino Gardiot,
Antonio Kovacs, Stefano Melloni, Daniele Rochat, Leopoldo Sansone, Franco Taglierò,
Medi Vaccaro.
i
10
10 cronaca delleValli
7 ottobre 1983
DUE LIBRI PER CAPIRE LA TEOLOGIA E LA PRATICA DI UNA NUOVA REALTA’ DI CHIESA
Ricerca delle Comunità di base piemontesi
Ho letto con un certo interesse e curiosità questi due brevi
volumetti maturati e scritti nell’area delle Comunità di Base
del Piemonte e della Lombardia. Interesse e curiosità deterrninati dalla « vicinanza » e insieme dalla « diversità » di questa esperienza di fede rispetto a
quella delle nostre chiese protestanti e in particolare rispetto
alle riflessioni maturate nell’ambito della PGEI
(p. 10). Una fede povera che non
va confusa con una « povera fede » (p. 16).
Fede e liberazione
Bisogna subito dire che si tratta di due volumetti molto diversi tra loro: il primo è il prodotto di una riflessione personale, il secondo di una collettiva;
il primo ha soprattutto l’intento di accompagnare e incoraggiare la riflessione di gruppi e
comunità, il secondo di stimolare la riflessione più propriamente teologica del movimento;
il primo raccoglie una serie di
riflessioni sparse a cui l’Autore
dà un Alo conduttore, il secondo è im piccolo saggio teologico.
Eppure, nonostante le diversità,
le somiglianze sono molte. Entrambi i volumetti partono dalla constatazione che qualcosa è
cambiato in questi ultimi anni
sia in Italia, sia nelle Comunità
di Base. Scrive Barbero : « Da
parecchi anni, dopo un decennio
connotato dalla speranza di profonde trasformazioni nella società e nella chiesa, torna a prevalere un angosciante grigiore.
[...] Quello che soprattutto ci
martella dentro è l’assenza di un
progetto di società. [...] Siamo
orfani di un progetto politico,
anche se non mancano le ’cose’
da fare » (p. 3). E il gruppo teologico: «A partire dal ’75 entra
in crisi lo slancio politico sia come movente ideologico sia come
prassi quotidiana. [...] Si avverte
anche... che gli sforzi innovativi
nati nel ’68 sono più un sussulto del vecchio mondo che un inizio del nuovo » (p. 7). Questa situazione determina anche la crisi di prospettive, di aggregazione e di riflessione del movimento delle Comunità di base : si vivono «i giorni dell’impotenza»
(Barbero, p. 4), l’assolutezza e
l’onnipotenza della fede vengono
messe in discussione (Gruppo
teologico, pp. 6-10). Per queste
ragioni l’intento di Barbero è di
incoraggiare « quei cristiani che,
cercando di immergersi nella gestazione di un mondo nuovo, vivono quotidianamente fuori da
ogni boriosa garanzia teologica
e si trovano privi di bussole infallibili» (p. 5). Mentre l’intento
del Gruppo teologico è quello di
illustrare un’ipotesi teologica
nuova che indica col termineimmagine di « fede povera »,
« una fede povera, in una povera
veste, ma non per questo meno
intensa e meno sofferta. [...] Si
tratta di una fede con cui non
abbiamo ancora imparato a fare i conti, ma che comunque non
ci sentiamo di abbandonare »
A questo punto i due volumetti si discostano molto fra
loro. Quello di Barbero ha forse
meno pretese teologiche, si presenta in forma semplice e incoraggiante, non privo però di alcune battute graffianti : « Una
malattia terribile dilaga in questi anni: noi siamo pronti ad inneggiare a tutte le cause giuste
finché esse sono nella fase vincente per poi abbandonarle, con
delusione, quando ci accorgiamo
che non soddisfano più il nostro
bisogno di miti » (p. 8). « [...] Certi gruppi di lettura biblica mi
sembrano piuttosto cacio biblico su maccheroni borghesi, per
dirla con il proverbio. Quando
non si è realmente inseriti in un
processo di liberazione la lettura della Bibbia diventa ozioso
passatempo religioso, malsano
circolotto di amici, che si illudono di leggere la Parola di Dio
mentre si divertono dopo cena
con alcuni gióchetti di interpretazione biblica» (21). «La cena
del Signore diventa superflua
per chi è già sazio di sé e delle
sue cose. Quando si è fasciati di
sicurezze perisce anche la fame
e la sete della volontà di Dio,
della giustizia e della ricerca. Del
resto, quando noi, nel Padre nostro, chiediamo al Signore il pane che ci è necessario ogni giorno, non gii domandiamo forse
anche che ci aiuti a liberarci dal
superfluo?» (p 24).
Il volumetto del gruppo teologico, invece, si immerge in un
tentativo di delineare la « fede
povera » ripercorrendo le tappe
della lettura biblica più tradizionale nell’esperienza delle Comunità di Base (Esodo ed Evangeli) dandovi però una interpretazione nuova accostandovi
altri testi biblici (la torre di Babele, Giobbe, il peccato di Adamo ed EVa) e soprattutto le ormai conosciute (forse troppo)
intuizioni del D. Bonhoefler delle lettere dal carcere. Il risultato
è un’argomentazione a volte difficile da se^ire, che procede un
po’ a sbalzi, con alcune frasi un
po’ troppo assertorie per voler
esprimere soltanto delle intuizioni Il lettore che conosce la
teologia protestante vi trova molti echi, ha la sensazione di un
« già sentito » e di un troppo appena accennato (come quando si
cita, in forma d’altra parte corretta, il Lutero della « theologia
crucis » e della scoperta di Dio
« sub contrario »). Da una parte
la soddisfazione per una riflessione teologica che «passa» in
queste pagine con una chiarezza del tutto nuova, e d’altra parte il dispiacere per il mancato
approfondimento o addirittura
I membri del Comitato per la
Pace ed il Disarmo di Piossasco
continuano a ritrovarsi regolarmente nei locali della Chiesa Valdese. Provvisoriamente abbiamo
spostato il giorno di ritrovo che.
Ano alla fine dell’anno sarà il
martedì alle ore 20.30.
L’attività pubblica più vicina
sarà per il 15-16 ottobre con il seguente programma:
— sabato 15 ore 21 nei locali
della Scuola Media di via Cumiana 2 si terrà un concerto-dibattito con la partecipazione di due
complessi musicali di Piossasco
e di alcuni specialisti delle questioni Libano e disarmo.
per la sensazione che, per esempio, alle belle pagine sul senso
della comunità cristiana oggi
(pp. 25-28) non segua uno sviluppo conseguente a causa dell’eccessiva sottolineatura della frammentarietà, del provvisorio, della precarietà (oltre ad un discutibile accenno, per la teologia
protestante, all’Eucaristia come
origine e « luogo » del mistero
cristiano, p. 29).
Una fede povera
Il dire, per esempio, che « la
fede povera è una semplice ’compagna’, che ci cammina accanto
più per affetto che per un aiuto
concreto » e che la « comunità
non ha ricette da dare sui problemi della prassi quotidiana,
ma offre solo compagnia» (p.
29) non è l’espressione di una
mancata riflessione sull’opera
dello Spirito Santo (Giov. 14 e
16) piuttosto che ricerca di una
fed^ sobria. Analmente purificata di troppe «certezze»? Forse
non è un caso che proprio sul
tema della chiesa (l’ecclesiologia) la riflessione si la più incerta e timorosa di ricostruire
« nuove certezze ». Ma è proprio
necessario buttare insieme ad
una concezione sacramentale caratterizzata da evidenza e visibilità anche una sana e corretta
concezione evangelica della presenza dello Spirito Santo nella
comunità dei credenti? Non è
proprio questa carenza nella riflessione teologica delle Comunità di Base che le rende tanto
fragili e incerte nella costruzione di un’esperienza collettiva di
fede che per certi versi non è
più cattolica ma che non vuole
essere neppure protestante, almeno nelle forme in cui quest’ultima si è storicamente realizzata? Anche lo stretto rapporto
che si trova alla base dei due volumetti, quello tra situazione della società e situazione delle comunità, se da una parte è il segno di una esperienza di fede ancorata alla storia, dall’altra può
anche essere interpretata come
un essere troppo in balia della
storia. Senza bisogno di risuscitare il fantasma di una chiesa
immutabile e trionfante, non è
forse necessario che la comunità dei credenti trovi la sua speranza e la sua ragion d’essere
nell’Evangelo soltanto? Speranza
che certamente deve incarnarsi
nella storia, e che quindi subisce
anche i contraccolpi di quest’ultima, ma non ne è comunque in
balia. Come farebbe, se no, la
comunità dei credenti ad essere
« niente di più che un dito puntato’ Verso il regno che viene »
(Gruppo teologico, p. 29)?
Queste sono alcune domande
emerse dalla lettura. Lo scopo
di far discutere è quindi raggiunto. Vediamo ora come andrà
avanti il dibattito e la riflessione.
Eugenio Bernardini
La Comunità Montana Val Pellice
ha organizzato una serie di corsi
di formazione per le attività espressive:
GIOCO E TEATRALITÀ’
Remo Rostagno terrà un Seminario di carattere teorico-pratico
sul gioco dal titolo: « Il mistero
della metropolitana invisibile ».
N. partecipanti: 20.
Data: 11, 12, 13, 14, 15 ottobre
1983 per un totale di 15 ore (3
ore per ogni incontro in ore serali).
Locale: Palestra Scuola Media
Torre Pellice.
Iscrizioni Ano al 3 ottobre.
• FOTO/GRAM
Franco Barbero, Gli anni delVimpotenza: mistica e politica, Pinerolo
1982, pp. 78, L. 4.000.
Gruppo di ricerca teologica del
Piemonte e della Lombardia, Radicalità di una fede povera. Come
credere in una situazione storica
post-borghese, Torino 1982, pp. 30,
L. 1.800.
Sotto gli auspici del Gruppo di
Ricerca suH’immagine per la didattica, della Rivista Photo e di
Ilford S.p.A., Centro Televisivo
Universitario Università Bocconi
di Milano, B. Gilardi (editore
Photo) ed i suoi collaboratori
terranno lo stage di 3 giorni per
quanto riguarda la Potografla.
N. partecipanti: 20.
Data: 18, 19, 20 novembre ’83.
Orario: 9-12/14-18.
Locale: Convitto Valdese, via
Angrogna 12, Torre Pellice.
Iscrizioni Ano al 30 ottobre.
Iscrizioni e informazioni presso il Comune di Torre Pellice
con il seguente orario: lunedì
dalle 9.30 alle 12.30; mercoledì e
giovedì dalle 14.30 alle 16.30.
Per ulteriori informazioni telefonare al 0121/91535 il giovedì
dalle ore 15 alle 16.30.
IL COMITATO
PER LA PACE
VAL PELLICE
RISPONDE
PIOSSASCO
Attività del comitato pace
— Domenica 16 alle ore 14 si
realizzerà una « passeggiata » in
bicicletta per le vie di Piossasco
e dintorni con messaggi scritti
sull’argomento pace dai partecipanti. Alle ore 16 circa concluderemo la pedalata e ci fermeremo
ad ascoltare il complesso Canto
Vivo al Polisportivo di Piossasco.
Ci saranno torte e bibite per i
partecipanti. In caso di cattivo
tempo l’attuazione di Canto Vivo si terrà nei locali della Scuola
Media sopra citata.
— 22 ottobre, tutti a Roma per
la pace. Stiamo raccogliendo le
adesioni per partecipare in forma consistente alla manifestazione nazionale.
Caro Direttore,
chiediamo un po' di spazio per dire in
modo chiaro il nostro pensiero in quanto credenti impegnati nel movimento
per la pace e il disarmo (valdesi e cattolici) in Val Pellice.
Riteniamo offensivo quanto ha scritto
il sig. Guido Baret (Eco n. 38) il quale, da fedele lettore del « Giornale »
milanese di schietta marca qualunquista, vorrebbe sapere se le manifestazioni pacifiste sono sostenute da gente « dalle mani pulite ». Così, a mo' di
sottil venticello... si scrive, si sussurra,
si insinua e si fanno pubblicamente
— come purtroppo nella cerchia di fratelli che trovano gustoso ed edificante
il sentenziare — velenose calunnie,
quanto dire cose prive di alcun fondamento e, quel ohe peggio, l'insinuazione crea o tenta di creare la denigrazione che è sempre frutto di animo
mal disposto.
Ci rattrista veramente che a simili
armeggi! ricorra il sig. Baret che, ci
consta, è un buon valdese spigolistro;
egli chiede a l'Eco delle informazioni;
riteniamo doveroso darle noi le informazioni per rasserenarlo.
Il guaio è che il Baret vede rosso
dappertutto (Eco n. 21). Noi, tanti amici, fratelli e compagni, abbiamo partecipato alle manifestazioni che ci è stato possibile raggiungere: a Cuneo, Torino, Luserna S. Giovanni, Torre Pellice ecc., ed abbiamo mandato nostri delegati a Comiso, mentre altri dalla Val
Pellice saranno presenti al prossimo raduno dei pacifisti a Roma. Da alcune
comunità evangeliche e cattoliche abbiamo ricevuto il frutto di collette; il
denaro ci è utile soprattutto per la
stampa di ciclostilati, manifesti, ecc.
allo scopo di suscitare una cultura
della pace, per un disarmo all'occidente come nei paesi socialisti. Respingiamo nel modo più deciso l'insinuazione
ohe II movimento beneficia del sovven
zionamento sovietico. Una calunnia
sbalorditiva! Ma, di grazia, i grandi
movimenti pacifisti, le grandiose manifestazioni popolari nelle città della
Germania Federale, come ad Amburgo,
Francoforte, Stoccarda, ecc. o in Olanda, Inghilterra, Austria, Svizzera, ecc.,
negli stessi Stati Uniti sono sovvenzionati dall'Unione Sovietica?
Ma allora, sig. Baret, la cifra da lei
indicata in « 155 miliardi di lire che
l'URSS spende ogni anno per finanziare
la campagna propagandistica contro la
installazione degli euromissili » e sostenere l'attivismo delle tantissime organizzazioni pacifiste in tutti i Paesi del
mondo, caro Lei, non le pare che quella somma è un po' meschinella? Perché sul fronte pacifista ci sono, in prima linea, il C.E.C. (Consiglio Ecumenico delle Chiese) e tant'altri Organismi
internazionali dal M.I.R. ai Movimenti
Cattolici per la Pace.
Noi siamo per la pace ed il disarmo:
niente armi né in occidente né in oriente, ma procedere avanti con lo spirito
delle grandi assisi ecumeniche, come
proclamato a Vancouver.
Noi crediamo nella gioia e la bellezza
della Vita per noi, i nostri figli e le
generazioni avvenire e confidiamo che
dall'Est e dall'Ovest si proceda sulla
via che conduce alla méta agognata da
tutte le genti, senza farci soverchie illusioni perché lo sappiamo che su
quella via vengono eretti molti ostacoli.
Ma tocca a noi cristiani essere facito
ri e portatori del messaggio evangelico dell'Amore. E' necessario, urgente,
che l'opinione pubblica mondiale reagisca contro l'irrazionalismo e l'avventurismo e faccia sentire ai Reagan e
agli Andropov la sua volontà: NO agli
armamenti - SI' a un compromesso, meglio ancora ad un ragionevole accordo
che non danneggi né il prestigio né la
sicurezza delle parti.
Concludiamo dichiarando che, effettivamente, qualcuno ha pagato e a
caro prezzo per noi: Cristo crocifisso
nostro Signore. Nel Suo nome continueremo a portare avanti la causa della Pace e con essa quelle della Libertà e della Giustizia.
Domenico Abate, Franco Abele,
Lucilla Borgarello, Antonio Kovacs, Italo Pons, del Comitato
pace e disarmo Val Pellice.
I CASSAINTEGRATI
FIAT SULLA PACE
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I lavoratori in cassa integrazione
FIAT del Comprensorio di Pinerolo riuniti in assemblea il 27 settembre 1983:
1) esprimono la loro solidarietà coi
pacifisti presenti a Comiso che in questi giorni attuano il blocco dei cancelli
della base con l'intento di evitare la
installazione dei missili Cruise;
2) esprimono la loro indignazione
per i brutali pestaggi effettuati dalle
forze dell'ordine. Questo comportamento è motivo di grossa preoccupazione
per chi, come noi, ha sempre scioperato ogni qual volta un poliziotto o un
carabiniere cadeva sotto i colpi della
mafia o del terrorismo. Indignazione e
preoccupazione quindi perché invece di
un avvicinamento delle forze dell'ordine alla società civile assistiamo ad un
ritorno ai metodi dell'epoca di Sceiba
e Tambroni;
3) chiedono alla FLM comprensoriale
e regionale di aderire alle manifestazioni contro l'installazione dei missili a
Comiso organizzate dai comitati per la
pace per l'8 ottobre a livello regionale
e per il 22 ottobre a livello nazionale.
I cassaintegrati FIAT del
Pinerolese
11
7 ottobre 1983
cronaca delle Valli 11
PACE E DISARMO: LA SCADENZA DEL 22 OTTOBRE
jr-. •tf’..
Obiettivi della manifestazione nazionale
Presentiamo la piattaforma dei movimenti per la pace sulla quale si sta costruendo la mobilitazione popolare - Le scadenze nel pinerolese tra cui un sit-in in piazza Facta a Pinerolo
Il 22 ottobre sarà una scadenza internazionale per la pace, un
momento in cui si condenseranno aspirazioni e volontà per una
società più giusta e senza guerre.
I Comitati per la pace che,
dalla manifestazione del 24 ottobre 1981 al meeting contro i
emise ancora in corso a Comiso, sono stati la punta più avanzata della battaglia pacifista in
Italia, anche Questa volta saranno in prima fila nella mobilitazione per dire: no ai missili a
Coniiso, no ai missili ad est come ad ovest ed in ogni area del
mondo, affinché ogni atomica
venga distrutta.
La nostra posizione è stata ed
è irhiara; noi siamo contro l’installazione degli euromissili, dei
Cmise a Comiso, anche se sventuratamente le trattative non dovessero avere esito positivo.
Diciamo questo perché siamo
convinti che l’installazione dei
nuovi missili non solo non aumenta la sicurezza di questo o
di quel paese, ma serve solo ad
aumentare la corsa verso la
guerra, ad aumentare la subalternità economica, politica e militare di popoli e nazioni alle grandi potenze mondiali.
Siamo perché cessi la discriminazione e lo sfiaittamento dei
paesi sviluppati nei confronti del
sud del mondo, perché si lotti
concretamente contro lo sterminio per fame nel mondo, perché
venga posta fine alla logica politico-militare dei blocchi.
E' un percorso difficile, ma il
solo che possa determinare un
ordinamento fondato sulla pace,
sulla libertà e sull’autodeterminazione dei popoli. Sono principi
sui quali il movimento non solo
ha scritto documenti, ma ha, in
primo luogo, fatto iniziative e
mobilitazioni.
Quando abbiamo denunciato
una nuova politica aggressiva nel
Mediterraneo; questo traspare
anche dalla tragica vicenda libanese nella quale le truppe italiane e quelle della forza multinazionale vengono quotidianamente usate in azioni di guerra.
Per questo abbiamo richiesto
e richiediamo il ritiro delle truppe italiane dal Libano e perché
sia l’ONU con una sua forza di
pace ad intervenire in quell’area.
CI siamo, inoltre, mobilitati
contro il massacro dei popoli da
parte dei regimi fascisti in America Latina, a fianco dei movimenti di liberazione e del Nicaragua sandinista, per la libertà
del Cile, per il diritto ad una patria del popolo palestinese, per
il ripristino delle libertà politiche e sindacali in Polonia e per
il ritiro delle truppe sovietiche
daH’Afghanistan.
La corsa al riarmo, i pericoli
di guerra crescono di giorno in
giorno; è ormai irreversibile il
momento di una grande molsilitazione unitaria di tutte quelle
organizzazioni, di quelle opinioni, di tutti coloro che in questi
anni hanno espresso iniziative e
volontà di pace.
II 22 ottobre può e deve rappresentare un primo ed importante passo in questa direzione.
E’ una possibilità non astratta. Le grandi mobilitazioni pacifiste di questi anni non sono state vane, governi, istituzioni e partiti non hanno potuto ignorare
milioni e milioni di uomini e di
donne che, pur nelle loro diversità politiche, ideologiche e religiose hanno manifestato contro
le armi, contro i missili e contro le guerre.
E ci rivolgiamo, in quanto parte di quel grande schieramento
che si è mosso in questi anni, a
tutte le forze di pace, perché il
22 ottobre sia un momento in
cui, tutti insieme, si scenda in
piazza.
Riteniamo indispensabile lo
sviluppo immediato del più ampio processo unitario, in cui
avanzino la discussione ed il confronto più aperti: attraverso tut
LE GIORNATE DOLCINIANE NEL BIELLESE
Rivoluzione montana di Dolcino
Le giornate dolciniane del 10
e dell’ll settembre si sono svolte con ottimo esito, risvegliando interesse sul precursore e sui
movimenti della prima e seconda Riforma. Sabato sera, il prof.
Domenico Maselli ha introdotto
un vivace dibattito nella sala del
Consiglio comunale di Quaregna
che due mesi prima aveva provveduto ad intitolare una via a
fra Dolcino in omaggio alla tradizione popolare secondo la quale il capo degli Apostolici e la
sua compagna Margherita furono prigionieri nel locale castello
degli Avogadro. Al dibattito hanno partecipato numerosi giovani, operai e sindacalisti, dimostrando notevole preparazione e
appassionata simpatia per i protagonisti della lontana vicenda.
La discussione si è particolarmente animata trattando del rapporto tra fede liberatrice e religione asservita al potere, e del
parallelo tra la totale adesione
di Dolcino alla rivoluzione montanara e l’atteggiamento di Lutero del tutto ostile agli insorti
contadini.
Piero Delmastro con un gruppo di giovani di Democrazia Proletaria aderenti al Centro Studi
Dolciniani hanno poi proiettato
una serie di diapositive con commento sonoro ad illustrazione
dei luoghi della resistenza degli
Apostolici e degli alpigiani, dal
la Val Sesia alla Val Sèssera ed
al Biellese, mostrandoci le immagini di ritrovate cisterne e di
altri manufatti tuttora presenti
in luoghi difficilmente accessibili
della Parete Calva. Di grande importanza le scritte, di cui una
datata 1666 poiché, come ha sottolineato il prof. Maselli, inneggiante a Dolcino in tempi plumbei per ogni fermento riformatore in Piemonte, e così lontani
sia dal 1307, sia dalla rivendicazione operaia della seconda metà del secolo scorso.
Domenica mattina, alla Bocchetta di Margosio (Panoramica
Zegna) si è svolto un significativo culto con santa cena, tra le
nebbie che spinte dal vento, alternandosi a squarci di azzurro,
velavano i presenti, tra i quali
era l’intera comunità metodista
di Vintebbio, alcuni fratelli della chiesa valdese di Biella e diversi giovani, molti dei quali
hanno avuto per la prima volta
l’occasione di seguire un culto
evangelico e di ascoltare da un
pastore la parola di Dio. Maselli
si è soffermato in particolare su
Ebrei 11: 35-40:
« ...e altri furono martirizzati
non avendo accettato la loro liberazione affin di ottenere una
liberazione migliore; altri patirono scherni e flagelli, e' anche
Catene e prigione. Furon lapidati, furono segati, furono uccisi
di spada; andarono attorno coperti di pelle di pecora e di capra; bisognosi, afflitti, maltrattati (di loro il mondo non era
degno), vaganti per deserti e
montagne e spelonche, e per le
grotte della terra. E tutti costoro, pur avendo avuto buona testimonianza per la loro fede,
non ottennero quello che era stato promesso, perché Dio aveva
in vista per noi qualcosa di meglio, ond'essi non giungessero
alla perfezione senza di noi ».
E su Isaia 51: 13-14 «...e dov’è
dunque il furore dell'oppressore?
Colui che è curvo nei ceppi sarà
bentosto liberato; non morrà nella fossa, e non gli mancherà il
pane... ».
Tutti i presenti sono poi saliti
sulla cima del monte Mazzaro
(il cui nome tramanda il ricordo
del massacro di cui furono vittime i Dolciniani) dove, su ruderi dell’obelisco innalzato nel 1907
dai tessitori e spaccapietre biellesi e valsesiani, ed abbattuto
dai fascisti vent’anni dopo, è stato posto un cippo nel 1974.
Dopo un’agape fraterna all’alpe Margosio, nel pomeriggio i
convenuti hanno cantato le canzoni operaie e popolari piemontesi, intrecciando corente e gighe
con l’accompagnamento delle
viòle dij bòrgno (le ghironde)
dei Refolé biellesi.
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Nella foto: un missile sovietico
SS20 di cui è chiesta la distruzione.
to ciò riteniamo necessario e
possibile che si giunga ad una
comune indizione della manifestazione del 22 ottobre.
E’ in questo quadro che hanno valore recenti iniziative come
quella del governo greco, il voto
del parlamento olandese, tutte le
posizioni che rifiutano Tinstallazione dei missili per tutto il 1984.
Noi chiediamo a tutte queste
forze che oggi si battono per il
rinvio della installazione dei
missili di accompagnare a questa battaglia la richiesta di indizione di un referendum popolare, perché sui missili sia la sovranità popolare a pronunciarsi.
E' di particolare gravità la
passività del governo italiano.
E’ quindi di grande rilievo che
dentro il Parlamento italiano
maturi una iniziativa che denunci l’assenteismo dei governi italiani e che imponga un dibattito
parlamentare sulla installazione
o meno dei missili che da quattro anni i governi hanno scandalosamente evitato.
L’impegno
organizzativo dei
comitati per la pace
Il Comitato pinerolese per la
pace e il disarmo comunica le
seguenti informazioni:
• Venerdì 7 ottobre alle ore
21, presso il salone del Centro
sociale di S. Lazzaro (via dei Rochis 3 - Pinerolo) si svolgerà una
serata riguardante l’installazione
dei missili nucleari in Italia. Sarà proiettato un audiovisivo su
Comiso ed alcuni riferiranno
sulla loro esperienza di questa
estate al Campo internazionale di
Comiso, seguirà il dibattito.
• Sabato 8 ottobre, nell’ambito delle manifestazioni indette dal Coordinamento piemontese
per la pace e il disarmo, si svolgerà una manifestazione sit-in in
piazza Facta dalle ore 16 alle ore
18.30 circa, con esposizione di
cartelloni riguardanti l’installazione dei missili e la situazione
internazionale.
I membri del Comitato inten
dono con questa manifestazione
dialogare su questi argomenti
con i cittadini, che sono invitati
a parteciparvi.
• Per la manifestazione nazionale di Roma di sabato 22 ottobre da Torino partirà un treno
speciale venerdì sera alle 22.18. Il
treno ripartirà da Roma sabato
alle 22.40 ed arriverà a Torino
domenica 23 verso le 7.30.
La quota del biglietto è di L.
33.500. Le prenotazioni (con la
quota) si possono fare, entro il
13 ottobre, presso 1 membri del
Comitato, durante le manifestazioni del 7 e 8 ottobre e dalle
18 alle 19 di lunedì 10, martedì
11, mercoledì 12 e giovedì 13
presso la C.d.L. (via Demo 8 Pinerolo) dove un membro del
Comitato sarà a disposizione.
Poiché è possibile che non
tutti possano pagarsi la quota
intera, apriamo una sottoscrizione (con le modalità per le prenotazioni) per autoflnanziare il
viaggio.
• Il referendum autogestito sui
missili ha raggiunto, fino a questo momento, la quota di 3.916
votanti. Comunicheremo di nuovo al termine dì esso i dati parziali e definitivi. Sabato mattina
8 e 15 ottobre, dalle ore 9.45 circa, sotto i portici di corso Torino, proseguirà la raccolta dei
voti.
• La prossima riunione del Comitato si terrà venerdì 14 ottobre, alle ore 21, presso la C.d.L.
(via Demo, 8).
• Anche il comitato per la pace della Val Pellice raccoglie le
iscrizioni per il « treno della pace » per partecipare alla manifestazione di Roma. Rivolgersi al
Centro di Incontro di Torre Pellice.
Ci ha lasciati nel rimpianto
Ida Pons Andreini
Ne danno il triste annunzio la figlia
Graziella Jahier eoi marito Ettore,
l’adorata nipote Paola col marito Federico e parenti tutti.
Non fiori ma offerte per Asilo Valdese di Luserna.
Luserna San Giovanni, 20 sett. 1983
AVVISI ECONOMICI
IN POMARETTO vendesi rustico progetto approvato - Rivolgersi geo-^
metra Rostagno Giovanni, Via Baiziglia 52, Pomaretto (Tel. 81003 ore
ufficio).
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USL 42 ■ VALLI
CHIS0NE-GERMANA8CA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verdel
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 9 OTTOBRE 1983
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANl - Piazza Marconi 6 ■
Tel. 81261.
Ambuianza:
Croce Verde Perosa; tei. 81.000
Croce Verde Porte; tei. 201454
USL 44- PINEROLESE
fDif^rettp di (Ptlierolo)
Guardia Medicài
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USL 43- VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano].
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 9 OTTOBRE 1983
Luserna S. Giovanni: FARMACIA
SAVELLONl - Via F. Blando 4 - Lu
sema Alta - Tel. 90223.
Ambuianza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
12 uomo e società
7 ottobre 1983
DIRITTI UMANI IN GERMANIA FEDERALE
COSTRUIRE LA PACE
Dairasilo al lager
Intervista a Roland Beckert del "Centro Informazione Terzo Mondo"
Acceimato _ brevemente sulla stampa italiana ha tenuto invece
pMco nei titoli di prima pagina di molti quotidiani tedeschi occidentali m questo mese di settembre. Si tratta del tragico episodio che
ha avuto per protagonista il ventitreenne turco Cemal Kemal il
il rifiuto opposto dal giudice alla sua richiesta d’asilo
politico, improvvisamente, alla fine del dibattimento processuale, si
e gettato dalla finestra del sesto piano del tribunale amministrativo
di Berlino. Particolare macabro: alcuni fotografi presenti al dibattimento lo hanno ripreso proprio nell’atto stesso di gettarsi nel vuoto.
Condannato dal regime turco in quanto oppositore il giovane Cemal
piuttosto che farsi rimettere dalla polizia tedesca col foglio di via
sull’aereo per Ankara ha preferito suicidarsi. « Una volta tornato —
ha commentato un giornalista tedesco — non avrebbe fatto una fine
diversa ».
L’^isotho che ha suscitato profonda emozione negli ambienti tedeschi sensibili alle tematiche sociali ha riproposto in tutta la sua
aggrovigliata complessità il problema dell’asilo politico in una terra
la cui spina dorale economica è retta, soprattutto, dal lavoro degli
immigrati stranieri. Sul pimto specifico dell’asilo politico abbiamo
intervistato Roland Beckert, avvocato, evangelico, che da anni si
occupa del problema e gratmtamente patrocina molte cause di profughi politici in Germania Occidentale. Beckert è membro del « Centro Informazione Terzo Mondo » ed è redattore della rivista del Centro che esce a Friburgo dove appunto l’abbi^o incontrato.
— Sappiamo che nella Repubblica Federale 'Tedesca il diritto
di asilo politico è qualcosa di
particolare se non altro per U
fatto che da tutto il mondo giungono in Germania tantissime richieste. Come mai?
— C’è un articolo della Costituzione che dice che i i>erseguitati politici harmo diritto di asilo. E’ l’vmica Costituzione al mondo che prende in considerazione
questo problema: se una persona dice di essere perseguitata
dal punto di vista politico e viene riconosciuta come tale,-gode
del diritto di asilo.
— Appunto, ma la Costituzione
nasce dalla recente storia tedesca.
— Nel 1949 al momento di redigere la Costituzione si pensò
che era ^usto dare ai perseguitati politici la possibilità dell’esilio così come, durante il nazismo,
alcuni Stati diedero asilo a tedeschi pers^itati dal regime. Questo, diciamo, è stato il movente
storico.
— Vediamo ora la situazione
attuale.
— Fino al 1975 i perseguitati
politici giunti in Germania raggiungevano il numero di 83.000
persone; relativamente poche se
« L’Eco delle Valli Valdesi •: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Gomitate di Redazione: Franco
Becshino, Mario F. Berutti, Franco
Carri, Dino Ciesch, Niso £)e Miche
lis, Giorgio GardioI, Marcella Gay
Adriano Longo, Aurelio Penna, Jean
Jacques Peyronel, Roberto Peyrot
Giuseppe Platone, Marco Rostan
Mirella Scorsonelli, Liliana Vigliel
mo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
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FRANCO GIAMPICCOLI
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Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina • Torre Pelllce (Torino)
si pensa che in Germania vivono
4.500.000 stranieri e che la popolazione conta circa 60.000.000 di
abitanti.
Dal 1973, ad eccezione dei Paesi del MEC, nessuno può più venire a lavorare in Germania. E
così dal 1975, molti stranieri, soprattutto turchi, siccome non
potevano più venire qui in qualità di lavoratori, venivano in
qualità di perseguitati politici fino a quando non si era chiarito
se lo fossero o no; questi accertamenti duravano circa otto anni, ma intanto essi potevano lavorare.
Attualmente le procedure sono molto più brevi e sono state
introdotte nuove limitazioni anche nei contenuti. Oggi il diritto
di asilo viene riconosciuto soltanto a coloro che sono perseguitar
ti da uno Stato.
In Turchia, ad esempio, le persone che, prima del colpo di stato venivano pers^itate dai « lupi grigi» non venivano riconosciute come perseguitati politici
perché secondo i tribunali tedeschi si trattava di ima organizzazione privata.
— C’è anche tutta la questione
dei Curdi perseguitati.
— Al proposito ho conosciuto
la situazione di un curdo che richiedeva asilo politico ed era in
grado di dimostrare di essere
stato torturato in prigione in
Turchia. I tribunali tedeschi del
Baden-Württemberg hanno decretato che: « la tortura è contro la
dignità dell’uomo, ma non ogni
tortura che offende la dignità umana è motivante per un riconoscimento politico ». Perché, se
la Turchia tortura un curdo in
prigione, lo fa perché un curdo è
un separatista e i separatisti vogliono staccare il Kurdistan dal
resto dello Stato e la Turchia
non lo tollera. Nessuno Stato può
tollerare che qualcuno pretenda
dì agire da separatista, in tal caso lo considera un criminale.
— Ma chi aspira al diritto di
ricevere asilo politico come vive?
— Dal 1980 esistono in Germania dei « campi di raccolta » detti
anche « alloggi collettivi » dove
ogni aspirante all’asilo politico
deve inevitabilmente recarsi.
Questi aspiranti devono vivere
in questi campi molto affollati,
estremamente primitivi; c’è una
doccia e un fornello per 200 persone, un WC per 50 persone, le
condizioni igieniche sono molto
precarie.
In questi « campi di raccolta »
si ritrovano delle persone con
vissuti culturali diversi: EritreaEtiopia, musulmani, turchi, armeni... che ci siano delle tensioni
è cosa ovvia.
— Dunque è anche una questione di costi per una collettività
che, particolarmente nei con
fronti dei Turchi, non è più disposta ad accettarli.
— Sì, costa. Fino al 1980 ogni
aspirante all’asilo politico poteva abitare dove voleva, poteva
lavorare; ma dal 1980 gli aspiranti all’asilo politico non possono
più lavorare fino al momento in
cui si decide se sono o no dei rifugiati politici. Sono obbligati a
non far niente. Sono state fatte
delle ricerche e si è visto che prima l’80"/o si manteneva con il
proprio lavoro.
Adesso dobbiamo aiutarli; pesano sulle tasse del cittadino tedesco, cosa che crea dei problemi a livello di popolazione. Immagina uno di questi campi con
400 persone; a Karlsruhe sono
800, a Rastatt 400, a Tubinga da
300 a 400...
— Qual è dunque il destino di
questi aspiranti all’asilo politico?
— Il cancelliere tedesco Kohl
ha detto che il numero degli stranieri deve essere ridotto della
metà; è il suo programma, la sua
politica. Ci saranno in generale
nella politica estera, delle enormi
limitazioni; gli aspiranti all’asilo
politico hanno lo « status » più
debole di tutti gli stranieri. Non
hanno il permesso di soggiorno,
non possono lavorare, devono
vivere in questi campi, non hanno un sussidio sociale, non hanno denaro, si passano loro solo
gli alimenti, non possono portare con sé la propria famiglia né
farla venire in un secondo tempo. Non hanno diritti. Sono costretti a vivere in quei lager
chiedendosi continuamente cosa
succederà di loro; non possono
imparare la nostra lingua.
— In generale qual è l’atteggiamento delle chiese su questo problema?
— Non vorrei dire che la chiesa non fa nulla; ci sono molte
persone di chiesa che danno una
mano, che si preoccupano dei
singoli e che cercano di fare in
modo che le vere informazioni su
questi paesi arrivino fino ai tribunali. Ci sono molte persone
entro e fuori della chiesa che si
sono unite in iniziative per stranieri onde agire politicamente affinché queste leggi vengano moIdificate, vale a dire lirügliorate
dal punto di vista della generosità, deH’umanità; ma la Chiesa
ufficiale è molto riservata anche
perché è a conoscenza che sta
crescendo in Germania, lentamente, un certo odio contro gli
stranieri. Ci sono molti gruppi di
destra che chiedono apertamente
che gli stranieri se ne vadano.
Le chiese dovrebbero affrontare
in modo più deciso queste problematiche.
— Ma a questo punto la solidarietà con i singoli non è più sufficiente, si tratta di un problema
politico.
— Infatti. Se la Germania offre
alla Turchia aiuto militare, aiuto
economico e sovvenziona il regime militare è chiaro che ci siano dei profughi. Quando i profughi arrivano qui, la Germania
non ne vuol sapere. In linea di
principio il governo tedesco dovrebbe appoggiare quei movimenti e quei governi nei Paesi
che cercano di soddisfare i bisogni primari del popolo. Dovrebbe appoggiare l’opposizione
in Turchia, in Argentina, in Cile,
in Afghanistan, il Sud Africa. La
Germania non può sottrarsi alle
sue responsabilità approfittando
dei « prodotti » dei paesi e rifiutando i profughi. In futuro le cose andranno ancora peggio perché aumenteranno le lotte per
le spartizioni e in Germania aumenta l’odio per gli stranieri.
Intervista a cura di
Giuseppe Platone
Disarmo
anziché «sicurezza»
Il dibattito su pace e disarmo che si è avuto in Sinodo si
sposta ora nelle comunità ed
anche il nostro giornale (come
del resto ha già fatto per il
passato)'ospita gli scritti di lettori su questa questione così
importante, anzi vitale.
Nel n. del 16 settembre scorso, sono tre le lettere pubblicate e mi pare valga la pena
di tornare in argomento in
questa rubrica che, pur saltuariamente ed incompletamente,
cerca di raccogliere e di dare
quelle informazioni che possano essere di qualche utilità.
Mi pare che la terza lettera
(Ricciardi) abbia colto l’essenza della questione, anche là dove dice che il Sinodo « non ha
potuto o saputo dire una parola (...) più evangelica » e si è
« inclinato più verso il realistico che verso il profetico ».
Sotto quest’aspetto ì’o.d.g. del
Sinodo 1982 mi pare sia stato
più completo, anche perchè ha
innanzitutto confessato il colpevole ritardo col quale le chiese affrontano il problema. Ma
anche sul piano « pratico » mi
pare che questa lettera centri
la questione: in un mondo che
possiede ^ già tanto materiale
bellico sì da autodistruggersi
parecchie volte, una politica 'di
disarmo unilaterale non è certo più suicida della continua
corsa alla « difesa ». Anzi, potrebbe diventare « contagiosa »
e portare a dei risultati certamente non sperabili coll’attuale politica. Per spezzare questa
inarrestabile spirale occorre dimostrare coi fatti la propria
volontà di pace. 'Volontà che
può manifestarsi in un solo
modo: col disarmo. Pace quindi nel disarmo e non nella « sicurezza ».
♦ * *
La prima lettera (Nicolai) è
invece favorevole alla installazione dei missili a Comiso e,
più in generale, alla logica della pace nella sicurezza delle armi.
Mi pare che il lettore metta tutto
il « nero » da una parte e tutto il
«bianco» dall’altra: la follia
distruttrice « mostruosa e pericolosa sovietica » da un lato e
la necessità di difendersi dell’Occidente — destinato ad esserne vittima inerme — dall’altro.
Vorrei rispondergli con dei
dati di fatto e non solo con
delle frasi ad effetto, per ricordare a lui e ad altri lettori
(nell’interesse del dibattito in
generale) alcuni comportamenti
non precisamente democratici,
o veritieri degli Stati Uniti.
1) Il tentativo di assalto
della Baia dei Porci del 1961
per abbattere il governo cubano che si è non solo risolto in
un grosso insuccesso ma che
ha anche suscitato forti dissensi all’interno della nazione americana.
2) L’intervento americano
in Vietnam non è poi così lontano e credo che siamo in molti a ricordare che il pretesto
per portare e scatenare la
guerra nel Nord Vietnam nel
1964 è stato offerto dal cosiddetto « incidente del golfo del
Tonchino »: dove, secondo una
denuncia del governo USA di
allora, alcune navi americane
erano state cannoneggiate da
navi nordvietnamite. E’ stato
successivamente il « dossier
McNamara» (ministro della Difesa nel 1967) a gettare una
grossa ombra di dubbio sulla
veridicità di quel fatto ed a
precisare che già cinque mesi
prima dell’« incidente » il presidente Johnson prevedeva di estendere la guerra nel Nord
Vietnam. Noi tutti poi sappiamo o abbiamo letto che' cosa
hanno fatto gli Stati Uniti in
quel paese: non basta ricordare l’aggressione sovietica in Afghanistan, la guerra batteriologica e le bombe giocattolo. Le
bombe giocattolo sono cadute
anche in Vietnam assieme al
napalm che ha bruciato migliaia
di persone (fra cui tanti bambini) ed assieme ai defolianti
a base di diossina.
3) Che dire poi delle recenti dichiarazioni del ministro americano della Difesa Weinberger riportate in un documento
ufficiale intitolato « Guida alla
difesa » secondo cui occorre potenziare al massimo la corsa
tecnologica agli armamenti in
modo da imporre all’URSS spese militari tali da prostrarla economicamente? Proprio su La
Stampa (giornale non certo sospetto) del 17 settembre è apparsa la notizia che è stata votata dalla Camera la somma
più ingente della storia americana in armamenti, affimontante a 350 mila miliardi per il
1984, comprendente i missili intercontinentali MX, il superbombardiere atomico B-1 e persino il gas nervino.
Pochi giorni prima il presidente Reagan aveva però confermato la fornitura di milioni
di tonnellate di cereali all'URSS
e di fronte alla reazione del
« cittadino medio » a seguito dell’assassinio dei passeggeri a
bordo dell'aereo sudcoreano, ha
affermato che con quella vendita sottraeva molta valuta ai sovietici, altrimenti destinata agli
armamenti! Non ha detto che
con questo « export » accontentava i contadini del Wisconsin
(le elezioni si avvicinano) che
dovevano smaltire le loro eccedenze.
* * *
Anche la seconda lettera (Giovannini) sia pure con toni molto più dialettici e meno perentori presenta l’URSS come una
potenza^ in agguato pronta ad
inghiottire l’Ovest inerme. I fatti di Ungheria, di Cecoslovacchia, di Polonia e dell’Afghanistan potrebbero avvalorare questa ipotesi,_ ma se vogliamo essere obiettivi — e naturalmente affermando l’inammissibilità
di tali sanguinose intrusioni —
si tratta di «normalizzazioni»
all’interno del sistema comunista, nel quale contemporaneamente però si devono anche
notare situazioni ben diverse
come ad esempio l’atteggiamento della Romania il cui presidente Ceausescu ha sollecitato
ad Andropov una riduzione unilaterale delle forze missilistiche nella parte europea delrURSS; oppure la Jugoslavia
« non allineata » e fuori del
Patto di Varsavia, che si è sentita elogiare dal vice presidente
americano Bush in visita perchè la sua indipendenza « merita il rispetto del mondo ».
Allargando il discorso mi pare che — specie come credenti
e come cittadini dell’unico mondo che ci è stato affidato — dobbiamo respingere in blocco
ogni politica « di potenza ». Noi
abitiamo nel « settore occidentale » ed è quindi in questo settore che siamo chiamati a far
sentire la nostra voce. Siamo
fermamente convinti che questa voce — flebile e senza potere, ma associata a milioni di
altre voci e tenendo ben ferma
una nostra posizione — può sunerare tante barriere e portare
il suo contributo in un dibattito ed in una azione semnre niù
estesi che privilegino il disarmo
sulla «sicurezza», la collaborazione internazionale sulla sonraffazione, ' la giustizia suH'arbitrio.
Roberto Peyrot