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Anno 67> N. 21
27 maggiìr1977 - L. 200
Spedizione in abbonamento postate
I Gruppo /70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 T0IÖÖ3 PEIL ICE
ddk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
TEMPO DI PENTECOSTE
C’è Spirito e spirito
Superstizione
La parola « spirito » è di quelle
che si incontrano con maggior
frequenza nella Sacra Scrittura
ma è anche di quelle che sono
più difficili da interpretare, non
solo perché è in sé difficile, come ad esempio la parola « carne », ma perché è spesso usata
con significati diversi.
Può indicare i sentimenti e la
vita interiore dell’ uomo, come
nella benedizione apostolica, dove è detto che Dio custodisce il
nostro essere, corpo, anima e
spirito (1 Tessalonicesi 5: 23);
può indicare una potenza di male che agisce nella vita dell’uomo come in 1 Corinzi 2: 12, dove si parla dello spirito del mondo o in Efesini 2 dove si parla di
spirito che agisce nella ribellione
degli uomini.
Spirito indica però, più spesso,
la presenza e l’opera di Dio ed
in alcuni torna costantemente
questa espressione; è lo Spirito
Santo che agisce, che parla, che
si manifesta in Gesù, negli apostoli e nei credenti stessi.
I due maggiori equivoci che si
sono verificati nella comprensione del problema sono questi:
confondere spirito con Spirito
Santo ed opporre spirito e materia.
II primo equivoco è molto cocomune, ancora oggi, ed è stato
caratteristico di tutta una mentalità, in particolare agli inizi del
nostro secolo. « Spirituale », in
questo caso, è tutto ciò che è lontano dalle cose del mondo, dalla materia, dal mangiare e dal
bere cotidiani, sono i sentimenti,
gli affetti, la poesia e la musica,
e naturalmente la religione; sono
le attività e le esigenze dell’uomo
visto come una persona fatta di
interiorità e senza esigenze materiali.
Che l’uomo non sia costituito
solo di materia ma abbia tutta
una sua vita sentimentale e di
pensiero, abbia perciò delle esigenze di natura molto diversa
nessuno lo può negare, nemmeno
oggi, non basta avere da mangiare per essere uomini, ma è altrettanto vero ciò che hanno detto
Karl Marx ed i suoi compagni;
non è lo « spirito », la cultura, la
poesia e la religione ecc. che determinano la vita dell’uomo ma
la sua condizione concreta di uomo.
Ciò che però tocca più direttamente il nostro discorso in questo caso non è tanto la polemimica Marx non Marx, è il fatto
che per molte persone lo spirituale deH’uomo era, ed è tuttora,
sentito come identico allo spirituale di Dio. Noi siamo dei piccoli « spiriti», perché siamo umani,
ma Dio è una sorta di « grande
Spirito » perché è perfetto, assoluto, onnipotente. E Dio vive in
una realtà che è tutto poesia,
musica e religione perché vive in
un mondo che non è materiale, è
anzi il contrario della materia.
Così facendo si è finito per confondere la Parola di Dio, la rivelazione, la Scrittura con tutto il
bric a brac dello spiritualismo,
dello spiritismo, del mistero.
Quante biblioteche dei nostri padri sono state piene di libri su
« Gesù grande iniziato », sui « misteri dell’al di là », dell’oltre tomba, sui « valori dell’anima » sulla
« teosofia »
Nell’evangelo è invece chiaro
che lo Spirito è diverso da tutto
quello che noi pensiamo quando
ci riferiamo allo spirituale; il
suo Spirito è detto « Santo » proprio per dire che non è umano
Lo spirito nostro è una cosa,
quello di Dio è un’altra, cioè le
nostre prospettive di vita sono
una cosa, le sue sono un’altra.
E qui sorge il secondo equivoco « spirituale » nel senso bibhco, cioè animato dallo Spirito di
Dio, è contrario di materiale solo nel caso dell’uomo. Ed è contrario in modo tutto sommato
relativo, la poesia non è il contrario dello zappare e il mangiare
non è contrario di pregare; sono
attività che si fanno con le mani
o con il pensiero ma sono attività da uomo.
Quando però la Bibbia parla di
« spirituale » non intende dire
contrario di materiale ina contrario di « umano ». Dio è spirituale nel senso che è contrario,
o diverso diciamo, di tutto quanto sta e vive in noi. Essere « spirituali » non significa essere fatti di poesia, sentimenti, sogni e
preghiere ma essere guidati dalla
parola di Dio nel pregare e sognare, certo, ma anche e soprattutto nel lavorare e nel mangiare.
Si parla di riconquistare o
riappropriarsi del proprio corpo,
si dovrebbe dire, da credenti,
che occorre fare sì che lo Spirito
di Dio conquisti e si riapproprii
del nostro corpo e del nostro essere tutto.
Giorgio Tourn
CQLQSSESI 3: 1-3
« Cercate le cose di sopra...».
Un invito a coltivare la superstizione?
Di fronte a questo invito così
"scoperto” potranno sorridere
soddisfatti i laicisti che dal tempo dell'Illuminismo identificano
fede e superstizione, stadio infantile dello sviluppo dell'umanità
verso l’età adulta.
In effetti, presa a sé, questa
esortazione di Col. 3: 1, ribadita
dal vers. seguente (« Abbiate l'animo alle cose di sopra, non a
quelle che sono sulla terra », sembra esprimere un potente bisogno di alienante evasione dalla
sfera dell'umano. In realtà si
tratta proprio del contrario. Ciò
che siamo invitati a cercare sono
le cose di sopra dove « Cristo è
seduto alla destra di Dio ». Nel
linguaggio biblico vuol dire che
siamo esortati a riconoscere in
Cristo il potere di governo dell'esistenza e del creato. Con questo potere dobbiamo riconoscere
di avere a che fare (« aver l’animo ») e non con qualsiasi potere
che appartiene alla terra, al nostro livello di creaturalità, che
non può avere presa su di noi.
Questa ricerca, questa preoccupazione del vero potere di Cristo
UNA COMUNITÀ’ DI FRONTE Al SUOI CONFERMANDl
Con loro, ma con modestia
Tempo di confermazioni, tempo di verifica. Questo è stato vero nel lontano passato, questo
era vero alcuni anni or sono, è
vero attualmente. Ma non sarebbe più vero se le analisi portassero tutte alla stessa conclusione.
Nel lontano passato (anni
1930-1&50) l’adesione di un giovane valdese a Torino era fondata su tre elementi; a) partecipazione ad un folto movimento
giovanile e quindi un inserimento di massa, che assumeva un
aspetto particolare perché la
« massa » era piccola, ma ci sembrava abbastanza grande da costituire un gruppo numeroso
tinteggiato di minoranza cosciente del proprio valore storico: si
entrava in un « popolo valdese »,
del quale si era fieri; b) una esperienza personale, fortemente
sottolineata dai pastori, ma avvertita confusamente dai giovani come l’affidamento di una re
sponsabilità evangelica, che doveva avere dei riflessi nella vita
quotidiana e in una lealtà verso
la «nostra chiesa»; c) una nota
romantico-sentimentale collegata
con il senso di una maturità,
che si staccava dall’adolescenza.
Dal 1950 al 1972„(date indicative di valore approssimativo) la
confermazione viene contestata
come « rito di maturazione » ecclesiastica, perché da troppo tempo la « maturazione » consisteva
nel preteso raggiimgimento di
una coscienza personale sicura,
per cui « coscienza matura » e
« sparizione dalla vita comunitaria » erano collegate in modo
costante. Avveniva da noi quello
che, nelle grandi parrocchie protestanti europee, avveniva già
da molti anni. Nello stesso tempo apparivano le analisi sulla
comunità, con la scoperta che
la comunità non era un’isola
staccata dal continente sociale.
____CORRISPONDENZA DI VIAGGIO DEL MODERATORE
Aspettando l’aereo
Atlanta, 6 maggio 1977
Cari amici,
sono arrivato ora ad Atlanta,
proveniente da Winston - Salem
(Nord Caroline) e sono diretto a
Huston (Texas) Mi segnalano che
l’aereo avrà un ritardo di quasi
due ore. Non me ne dispiace poi
tanto: in questi ultimi giorni ho
sempre sperato di poter trovare
un po’ di tempo libero per inviare una corrispondenza all’ EcoLuce. E’ infatti difficile trovare
un po’ di tempo per scrivere: sono continuamente in viaggio o in
auto o in aereo per raggiungere
A pag. 6-7 notizie
suli'aiiuvione
alia valii
i nuovi luoghi ove sono atteso, e
poi, quando torno dalle riunioni
devo continuare a parlare nelle
famiglie dove sono ospitato.
Ma ora, qui all’ aeroporto di
Atlanta finalmente posso stare
tranquillo a scrivere.
IL PRQTESTANTESIMQ
ITALIANQ NEGLI STATI UNITI
L'accoglienza è ovunque davvero fraterna. E’ commovente il
constatare quanto grande è l’interesse e l’amore della gente per
la nostra Chiesa Valdese. Va tenuto presente che il protestantesimo italiano ha avuto nell’ultimo secolo una notevole influenza
nqgli Stati Uniti. Basti pensare
che circa 400 comunità evangeliche degli U.S.A. hanno avuto origine da gruppi di evangelici italiani, provenienti dalle nostre
chiese o convertitisi dopo qualche tempo. E’ rimasta negli evan
gelici italiani emigrati negli Stati Uniti, la passione dell’evangelizzazione. Va anche tenuto presente che un centinaio di pastori attualmente in servizio nella
Chiesa Presbiteriana degli Stati
Uniti provengono da famiglie di
origine italiana.
Domenica scorsa, ad es. ho
predicato per ben tre volte, al
mattino, in una delle più grandi
chiese presbiteriane degli U.S.A.
(la quarta in ordine di importanza... mi diceva con un certo orgoglio il pastore locale che è appunto di origine itaiiana). I! collega Theodoro Sperduto ad ogni
culto ha voluto presentarmi alla
comunità inserendo nel suo dire
delle espressioni in italiano (puro dialetto napoletano). La presenza nei tre culti è stata complessivamente di circa 700 persoAldo Sbaffi
[continua a pag. 2)
politico, economico, nel quale ci
si muoveva tutti gli altri giorni,
fatta eccezione della domenica,
ma la comunità viveva in un
mondo, che, dicendosi agnostico
o cristiano,, era in pratica dominato da fattori non teologici macroscopici a fronte delle nostre
dichiarazioni verbali. Emergevano allora le domande : aderire ad
una comunità, ma a quale comunità? In quale situazione? con
quali connessioni sociali o politiche con le altre « comunità »?
Confermazione come promessa
di consacrazione; ma in vista di
quale rinnovamento? Confermazione di fede in vista della continuità della vita ordinaria ecclesiastica o confermazione di fede
nel Dio vivente, intesa come rottura con le forze prevalenti nel
mondo? Confermazione di una
situazione confessionale, in contrapposizione ad altre « situazioni » o corpi confessionali oppure
testimonianza viva a Cristo in
un mondo post-cristiano?
In q.uesta effervescente primavera di questioni emergenti, la
confermazione fu per vari anni
unita a confessioni di fede che
intendevano fronteggiare il vecchio mondo, con tendenza ad annunziare nuovi cieli e nuova terra, a sottolineare una maggiore
coerenza di rinnovamento' reale
nella vita umana, intesa non solo personalmente, ma collettivamente. Fu il tempo delle promesse solenni, non sempre conservate nella perseveranza. Le
« decisioni » che sostituivano le
« testimonianze » di un tempo,
spesso appassiscono rapidamente
colla scomparsa di moltissimi
giovani di quell’epoca dall’ambito ecclesiale, cosi, come erano
scomparsi i loro predecessori.
Ed ora? Un romanzo famoso
molti anni or sono aveva come
titolo: «Ed ora pover’uomo?».
Si potrebbe dire oggi : « ed ora,
povero confermando? ». Ci rendiamo conto di quanto sconsolata sia una simile domanda. Una
sera, la commissione ecclesiasti
Carlo Gay
(continua a pag. 8)
è ciò che libera il credente dal
bisogno di porre qualcosa al di
sopra di sé (superstizione) da
blandire e da temere, da ingraziarsi con gesti e riti e procedimenti atti a raggranellare un po’
di sicurezza e a ricacciare indietro di un po' la paura.
Al di fuori di questo rapporto
liberante col Cristo, cos’è che
l'uomo pone o sente al di sopra
di sé, come un potere minaccioso, ignoto, incontrollabile? Oggi
più che mai l'ignoto che penerà
un'angoscia che corrode la vita
degli uomini nell’inattività ansiosa o nello stordimento frenetico,
è il destino. Il fatto che esso sia
ignoto e inconoscibile, che sfugga alla presa della tecnica dell’uomo che ha assogettato tutto
nella natura, gli dà un potere che
lega e paralizza.
Pur di conoscere il loro destino, di strapparlo, in qualche modo all’ignoto, molti uomini di oggi sono pronti a dar credito alle
teorie più strambe e la loro angoscia repressa li rende particolarmente disponibili nei confroriti dell’occulto e delle sue varie
manifestazioni attraverso cui essi sperano di poter stabilire un
contatto, acquisire una conoscenza, un superamente dell’ignoto.
Per questo l’occultismo è superstizione. Non perché siano inesistenti e del tutto ciarlataneschi t
fenomeni e le forze che sono ricompresi nella sfera dell occulto- ma perché l’occultismo è una
delle forme della idolatria moderna, perche costituisce un porre al di sopra Ìe « cose della terra », le cose della sfera del creato, come se fossero « le cose di
sopra », come se avessero un potere vero e ultimo, come se potessero dare la spiegazione, la risposta, il senso dell esistenze.’
Se siamo credenti («se siete
stati risuscitati con Cristo », dice all’inizio questo passo!) noi
non dipendiamo da un destirio
ignoto e temibile, ma dipendiamo dall’unico vero potere, quello
che è stato dato a Cristo. E’ lui
che ci libera dalla superstizione,
da un destino che —^ in quanto
ignoto — asservisce; è lui che et
libera dall’introversione che isola; è lui che ci rende liberi e perciò disponibili per gli altri: perché in lui il nostro « destino » e
noto, e non più misterioso! Esso
si configura come partecipazione
alla morte e alla resurrezione di
Cristo. E’ questa la linea della
vita che riceviamo nella fede come vocazione per il nostro cammino; che accettiamo, che cerchiamo di vivere — pur sempre
in modo inadeguato — nella riconoscenza. .
« Voi moriste »: una parte ai
questo nostro « destino » è già
nel passato, nell’evento della croce che sta al centro della stona
e che è diventato nostra stona
nel nostro battesimo, nel nostro
partecipare alla morte di Cristo.
« Quando Cristo, la vita nostra,
sarà manifestato, allora anche
voi sarete manifestati con lui m
gloria ». L’altra parte del nostro
« destino » sta davanti a noi, nel
futuro. Sappiamo che ha da essere manifestato un giorno. Come,
quando, sono interrogativi che
non ci interessano molto.
« La vita vostra è nascosta con
Cristo in Dio » Certo il nostro futuro non sta davanti ai nostri occhi di credenti senza veli. E’ nascosto, come quello di tutti gli
uomini. Ma se siamo credenti, è
nascosto con Cristo in Dio, non
con l'angoscia nell’ignoto! Con
Cristo in Dio, con la potenza dell’amore nella salvezza da ogni
potere distruttivo.
Questo abbiamo da testimoniare nella nostra vita di fronte
alle più diverse forme di superstizione, dalle più grossolane alle
Franco Giampiccoll
(continua a pag. 5)
2
V
ìÙOL
27 maggio 1977
A colloquio con i lettori
Perché ho aderito
Caro Direttore,
Sono un libero cittadino e, come
tale, vivo in uno stato libero (costituzionalmente) e quindi partecipo alla
vita politica, perché voto, alla vita sociale, perché sono inserito col mio lavoro in essa, alla vita economica, perché pago le tasse.
Per partecipare a questa vita, devo fare delle scelte, volente o nolente
e quindi devo fare politica o, perlomeno fare delle scelte politiche.
Poiché sono Cristiano, almeno mi
professo tale, le mie scelte politiche
saranno sempre dettate o considerate
secondo l’insegnamento biblico, secondo la parola di Gesù, secondo l’evangelo.
Il linguaggio di sofferenza che la
società parla è il gemito di una società in agonia come se Cristo non ci
fosse mai stato.
Perché? perché se noi diamo all’evangelo il suo carattere realistico e
non lo vaporizziamo in uno spiritualismo disincarnato, vale a dire: se predichiamo l’evangelo come Messaggio
di libertà, ci rendiamo conto che la vera libertà è in Gesù Cristo; in quel
Gesù che si è presentato al mondo come il ricostitutore della pace perduta
— Venite a Me voi tutti —; in quel
Gesù che si è presentato contro il disordine che insidia e distrugge la vita
che Dio stesso ha creato, in quel Gesù che ha destato la meraviglia degli
apostoli quando sul mar di Galilea dissero « chi è costui che anche il vento
e il mare gli ubbidiscono ».
Desidererei citare il detto di un
teologo che ho letto e che condivido :
« Il mondo, gigantesco strumento musicale, destinato a lodare Iddio, è diventato uno strumento scordato che
non dà più i toni giusti, che funziona
ancora ma con una disfunzione costante e tutto questo perché l’uomo vive
per se e non per Dio ».
Ecco perché non bisogna fare politica in chiesa; perché quel piccolo
spazio di tempo che abbiamo riservato a Dio — ben poca cosa, bisogna
ammetterlo — dobbiamo utilizzarlo
solo per lodare Iddio, ringraziare Dio,
lodare Dio e non profanarlo con la
politica.
Questo è il solo motivo per il quale
ho aderito alla T.E.V.
Fraterni saluti
Pane Raffaele
Napoli via dei Cimbri
« Fraterno »
Caro direttore,
ho sempre evitato di esprimere un
giudizio sulla T.E.V. perché sono dell’opinione che chiunque voglia porre
in evidenza di essere fra a quanti cercano di battersi perché la Chiesa ritrovi il vero senso della sua testimonianza a Cristo ed a lui solo », discriminando, cosi, automaticamente, chi
non rivendica tale primato, si giudica
da sé.
Sorvolo su ovvie considerazioni quali : la nostra costante infedeltà alla
Parola e il peccato sempre presente
in ciascuno di noi, ne parlano il Vecchio e il Nuovo Testamento. Circa il
modo di porsi del credente, rimando
all’ottimo articolo di Giorgio Girardet
cc Per non tornare alla distinzione tra
profezia e storia » in Cnt del 10.4.’77.
Ciò che voglio puntualizzare con
questa mia è la disinvoltura con cui
Giovanni Conte chiede, in una sua
lettera del 25.2.’77, pubblicata sulla
Luce, un giudizio fraterno sulla T.E.V.
pur sapendo con quale considerazione
tali giudizi verranno accolti.
Mi riferisco alla seconda circolare
che la T.E.V. ha inviato ai membri
del Consiglio di Chiesa di Taranto. In
questa circolare, veniva messa in dubbio la spontaneità delle firme apposte
ad una lettera, che esprimeva le perplessità e le considerazioni della comunità, in risposta alla richiesta di
tesseramento pervenuta da parte della
T.E.V. Inoltre, nella stessa circolare,
sotto il titolo; « Perle del nostro tempo » venivano riportate, stralciate dal
loro contesto, alcune frasi della lettera. Poiché sono una dei firmatari del
documento elaborato dalla comunità
(il Pastore è membro della comunità),
esprimo, attraverso le pagine di questo giornale, tutto il mio disappunto e
la mia amarezza per un comportamento che non ritengo affatto « fraterno ».
Concludo definitivamente proponendo a noi tutti di usare il termine c< fraterno » con notevole parsimonia, onde
non farne una vuota parola.
Vera Velluto, Taranto
Denuncia
Caro Direttore,
negli ultimi giorni deDo scorso mese (29-30 aprile), ad Addis Abeba, è
stato massacrato un numero ancora imprecisato di studenti etiopici. Quante
siano state le vittime forse non si sapra
mai; si parla di circa 500 giovani uccisi nella sola capitale. La sera di venerdì 29 aprile furono contati, nel solo Ospedale Menelik, centosettanta cadaveri mutilati. Erano studenti del
« Partito Rivoluzionario popolare etiopico », ossia il fior fiore dell’intellighentìa del Paese. Avevano avuto un
solo torto: denutíciare Mengistu e la
sua giunta militare come fascisti per
le promesse mai mantenute (libertà di
sciopero e libere elezioni). Chiedevano
in sostanza una sola cosa : rispetto delle libertà elementari di ogni popolo,
libertà di stampa, di parola, di associazione ed un governo liberamente
eletto. Sono stati tutti massacrati.
Per le strade di Addis Abeba è stata affissa un’ordinanza del DERG (il
consiglio militare del paese che fa capo a Mengistu : vi è scritto che chi
desidera ritirare i cadaveri dei propri
cari deve a versare all’Amministrazione il costo delle pallottole usate per
sopprimerli, cioè circa 60 dollari (circa 50.000 lire) per ogni vittima ». Anche la radio e la televisione locali
hanno diramato queste disposizioni.
Pochi giorni dopo lo stesso Mengistu veniva ricevuto a Mosca dalle più
alte Autorità sovietiche con tutti gli
onori.
Questo quanto pubblicato dalla
stampa in Italia per cui non vi è stata (che io sappia) alcuna smentita.
Non mi risulta (chiedo venia se sbaglio) che l’Eco/Luce abbia denunciato un fatto così grave ed agghiacciante.
Sarebbe per lo meno incomprensibile e comunque poco obiettivo che tra
una lettera di solidarietà a Dario Fo
ed una più o meno sterile discussione
sul « Mistero Buffo » o su Zeffirelli si
trascurasse o si dimenticasse quella
che è una delle tragiche ed amare realtà dei giorni nostri: l’Etiopia, oggi.
Cordiali saluti
Ernesto GiamPiccoli
Non ho difficoltà ad ammettere ritardi nell'informazione in questo ma
anche in molti altri casi. Questo in
parte è dovuto alle strutture limitate
del nostro giornale, ma anche alla volontà di dare unHnformazione il più
possibile seria e controllata su diverse
fonti.
Mi chiedo se si muove in questa direzione anche la lettera che pubblichiamo, molto tempestiva, ma che riporta informazioni la cui fonte — non
citata — è, se non vado errato, un articolo del settimanale ”Gente’\ Dico
questo non certo per diminuire Vorròre che suscita il massacro avvenuto in
Etiopia, e lo sdegno che suscita Vopportunismo sovietico, ma per sottolineare
la necessità di un controllo critico delle nostre fonti di informazione che non
sono mai neutrali.
La nostra rubrica *’la settimana internazionale**, a pag. 8, si occupa delVEtiopia, argomento su cui intendiamo ritornare.
* * *
A proposito della replica del post.
Milazzo, rimango della stessa opinione:
se un*assemblea ritiene non sia suo
compito **argomentare sul piano tecnico ed esegetico** a proposito dì un errore di traduzione, su quale base affermerà mai che si tratta di un errore?
Ho Vimpressione che nel giudizio
che diamo di una nuova traduzione
entri in gioco una dose più o meno
grande di disagio non teologico dovuto
all*attaccamento naturale che abbiamo
nei confronti di una determinata traduzione. Credo che su questo fatto dovremmo tutti essere un po* più auto’
critici ricordando che ciò che **non
passerà** sono le parole del Signore e
non una determinata traduzione. A
questo fine abbiamo ritenuto utile proporre ai nostri lettori una serie di articoli sulle principali traduzioni italiane
precedenti alla TILC. La serie inizierà
dal prossimo numero con un articolo
del past. R. Coisson sulla Diodati.
Hi
Diverse lettere sul **Mistero buffo**
di Fo, e soprattutto sulla lettera Bouchard-Aquilante, sono giunte, ma per
mancanza di spazio le rimandiamo al
prossimo numero.
Franco . Giampiccoli
______CONVEGNO CPS DELLA LIGURIA
Proposte e prospettive
Circa 60 persone si sono date
appuntamento al circolo ENEL
di Genova per discutere del problema « Fede e scelta di classe »
in rapporto alla complessa realtà ecclesiale ligure.
Tutti sanno come le diocesi liguri siano influenzate dalla personalità del cardinale Siri, esempio archeologico di cattolicesimo
controriformista; i presenti, dopo una relazione della segreteria
genovese dei CpS, hanno discusso sulla « questione cattolica » in
Italia e soprattutto nella nostra
regione. Zerbinati, a nome di
Oregina, ha sottolineato la cattolicità delle Comunità di base (è
noto che a Genova vi sono stati
episodi, mai chiariti, di proselitismo da parte di alcuni evangelici); le quali, secondo Oregina, si
battono contro l’autoritarismo
nella Chiesa, pur accettando, e
questa ci pare una contraddizione, la giustificazione teologica
della gerarchia romana.
Al convegno, siamo stati presenti come componente FGEI
dei CpS di La Spezia, nel nostro
intervento abbiamo sottolineato
la pluralità delle componenti,
anche a livello mondiale, dei Cristiani per il Socialismo; inoltre,
sempre a nostro avviso, non ci si
può avvicinare al testo biblico,
qualunque « lettura » si faccia,
(materialista, barthiana, ecc.)
senza considerare la natura funzionale dei ministeri secondo il
N.T. Lino De Benetti, della casa
editrice « Lanterna » (Chiesa di
Cristo), ha rilevato, rifacendosi
a Valdo, il carattere liberatorio
della predicazione evangelica, e
si è chiesto se non sia il caso, da
parte del dissenso cattolico, di
aprire un discorso sulla reazione
controriformista in atto nella
Chiesa cattolica. AH’incontro erano presenti anche rappresentanti di settori più moderati (Adi,
Agesci, ecc.) che hanno sottolineato l’importanza di non perdere i tradizionali riferimenti con
la parrocchia.
Infatti, per costoro, non si
combatte il potere della Chiesa
dal « di fuori », ma occorre inserirsi nel tradizionale associazionismo cattolico per riformarlo
(sarà mai possibile?) dal di dentro...
Se possiamo dare come evangelici una valutazione di questo
incontro, credo che al di là delle
evidenti diversità di vivere la fede nelle lotte per il socialismo, si
siano aperte occasioni per riflettere sul nostro essere chiesa in
rapporto al testo biblico; il nostro desiderio non è — credo che
su questo punto bisogna avere la
massima onestà — di « assorbi
re » come talvolta qualcuno dice,
il dissenso cattolico, ma di riflettere in modo ecumenico ed impegnato l’attualità del messaggio
evangelico.
e. s.
DIBATTITO SUL TU ES PETRUS
Pietro... d'intoppo, Giacomo... di troppo
Il pastore Giampiccoli nel suo intervento nel dibattito sul a tu es Pe,trus » pubblicato nel n. 12 del 25
marzo, afferma che il commento, con
il quale ho fatto seguito all’ordine del
giorno approvato dalla 3® Assemblela
della Alleanza Evangelica Italiana a
proposito della versione TILC di Matteo 16: 18, dà «l’impressione che ciò
che deve guidare l’interpretazione di
un testo biblico sia un calcolo tattico
anziché la ricerca della verità ».
Sono grato a Giampiccoli per la prudenza del suo rilievo, e per evitare che
« l’impressione » da lui provata possa continuare ad essere condivisa anche da altri, sento di dover chiarire
ulteriormente il mìo commento e in
particolare la posizione dell’Assemblea
delI’A.E.I.
Per quanto riguarda l’Assemblea dell’A.E.I. non ci dovrebbero essere dubbi. Nell’ordine del giorno approvato si
legge infatti che l’Assemblea: «considera come grave atto d’infedeltà nei
confronti del lesto originale avere stravolto le parole del Signore Gesù ripor
Il Comitato di Redazione partecipa
C07Ì cristiana simpatia al lutto che ha
recentemente colpito la signorina Anna Marullo — collaboratrice al nostro
giornale — con la scomparsa del fratello Alfonso Marullo Reedtz.
late in Matteo 16: 18, rendendole », e
« afferma che la diffusione tra il pubblico italiano di una traduzione del
Nuovo Testamento, contenente tale indebita resa del testo, costituisce un ulteriore inganno... ».
Per quanto riguarda il mio commento al suddetto o.d.g., chiarisco che
parlando della « motivazione », che aveva sostenuto il dibattito dell’Assemblea, non potevo dire che tale dibattito era stato di carattere tecnico o
esegetico, perché invero non aveva avuto questo carattere.
Ma questo non vuol dire nel modo
più assoluto, che i partecipanti all’Assemblea hanno pensato o detto, che
la versione di Matteo 16: 18 della
TILC era « una traduzione più aderente al testo », e che tuttavia dava
noia sul piano dell’evangelizzazione.
Per noi quella versione era ed è « un
macroscopico errore » (faccio nostra la
definizione di un pastore valdese, che
pur avendo collaborato alla revisione
di alcune parti del Nuovo Testamento
TILC è stato sorpreso quanto noi e
quanto la maggioranza dei protestanti
italiani, dalla nuova versione di Matteo 16: 18).
Argomentare sul piano tecnico ed
esegetico su questo macroscopico errore non era compito che poteva o doveva essere affrontato nella sede della
nostra Assemblea Annuale. Ma nel
mentre che altri ed in altra sede si
sarebbro fatti carico di persuadere chi
aveva errato, era giusto che gli urgenti interessi dell’evangelizzazione fossero sostenuti da chi nell’evangelizzazione è impegnato, e più ancora si vuole
impegnare.
Il nostro aver tagliato corto sul dibattito teologico non deve dare perciò « l’impressione » di un nostro gradimento della nuova traduzione o di
una nostra indifferenza verso i necessari contributi di dottrina, ma piuttosto della nostra certezza, che nessun
dibattito veramente libero da indebite
preoccupazioni potrà mai dare ad « un
macroscopico errore » di traduzione il
diritto di essere considerato come Parola di Dio.
4:
« L’impressione di calcolo tattico »
provata da Giampiccoli nei confronti
della nostra azione e il suo susseguente richiamo al « sola Scriptura » ha
destalo nella mia memoria un notissimo dilemma nel quale Lutero si trovò
coinvolto.
« E’ noto che Lutero, in due prefa
zioni del Nuovo Testamento del 1522
e una del 1546, ha dichiarato che l’epistola di Giacomo è una epistola di
paglia, e che non ha nulla di evangelico (13). che non insegna nulla di
Cristo, che fa derivare la giustificazione dalle opere e che quindi con buone ragioni è stata respinta dagli antichi ( 14) : ma che per quanto non si
possa assegnarle un posto fra i libri
essenziali, perché contraddice S. Paolo
e tutte le Scritture, pure non si può
vietare ad alcuno di apprezzarla, perché contiene molte buone parole (15) »1.
Dalla Parola di Dio non si può togliere né una lettera, né un versetto,
né uno iota. Non posso perciò aprovare le riserve di Lutero a proposito dell’epistola di Giacomo. Ma tra quel
protestante di buona lega che era il
dottore-evangelista Lutero, e i protestanti in cattiva lega interconfessionale dei nostri giorni, il primo mi è infinitamente più simpatico.
Lo si potrà anche criticare, e dire,
che nei confronti dell’epistola di Giacomo usò dei « criteri dogmatico tattici della chiesa cattolica », ma un fatto è sicuro : egli con il suo ministerio
nel giro dì pochi anni liberò il fior
fiore dell’Europa (il mondo di allora)
dalla schiavitù dell’impostura cattolico romana, mentre invece certi protestanti di oggi non solo non liberano
più nessuno, ma « a dargli retta » riporterebbero sotto quella schiavitù anche quelli che non le sono mai stati
asserviti. Elio MiliZZo
^ « Sola Scriptura autorità della Bibbia e libero esame » di Vittorio Subilia, ed. Claudiana, pag. 93-94.
Aspettando
l'aereo
{segue da pag. lì
ne. La corale ha voluto preparare cori di autori italiani e così
ho con gran gioia ascoltato musica di Palestrina e Vivaldi.
Oggi a Huston (Texas) incontro ancora un altro pastore di
origine italiana, il pastore Siciliano. Egli è attualmente il segretario generale del Presbiterio.
E’ il buon amico, pastore Siciliano, che ha predisposto il mio programma di impegni nel Texas.
Non c’è dunque da meravigliarsi se l’accoglienza è ovunque
molto fraterna.
NELLE FACOLTA’
DI TEOLOGIA
Nelle due prime settimane di
permanenza negli U.S.A. il lavoro
si è concentrato soprattutto nelle Facoltà di teologia; PrincetonPittsburg - New York - Betlehem
(Pennsylvania).
Oltre ai culti nelle varie « cappelle », cui partecipano studenti
e docenti delle varie facoltà che
fanno parte dell’università, la
parte più impegnativa è stata
quella delle « lectures ». La tematica della I Riforma interessa notevolmente e studenti e docenti,
soprattutto quando se ne mettono in evidenza quegli elementi
che hanno una cosi chiara portata di attualità nella ricerca di
un rinnovamento della Chiesa.
Il protestantesimo italiano,
con le sue scelte e le sue linee di
impegno nella storia, non solo interessa ma appassiona. Sovente
le discussioni continuano oltre
gli orari stabiliti.
A Princeton il prof. Richard
Shaull ha voluto che parlassi agli studenti del suo corso. Il dialogo è stato molto vivace. Nel
1972, la Claudiana ha pubblicato
alcuni articoli del prof. Shaull,
tradotti è raccolti dal pastore
Franco Giampiccoli: « Oltre le
regole del gioco ».
A Princeton ed a Pittsburg ricordano il « simpatico » docente
della nostra Facoltà di Teologia,
il prof. Alberto Soggin per i corsi che vi ha tenuto.
I Fratelli Moravi hanno un
particolare amore per la Chiesa
Valdese. I legami fiorici sono
infatti notevoli. Così, oltre alla
consueta « lecture » nella Facoltà ho dovuto tenere una conferenza pubblica su un tema da loro prefissato: « Le nostre comuni origini spirituali ».
Ho lasciato proprio stamattina un altro luogo caratteristico
dei Fratelli Moravi: Winston-Salem. E proprio in questi luoghi
che nel 1753 sono giunti i primi
Moravi. Gli studi del Molnar
purtroppo non sono ancora molto conosciuti negli ambienti moravi. Certo, il problema che oggi ancora molti storici si pongono: come mai i valdesi nel 1532
abbiano aderito alla riforma di
Farei, Bucero, Ecolampadio, invece che unirsi al movimento
bohemo, rimane un problema aperto.
Nelle diverse facoltà di teologia ho chiesto di poter visitare
le biblioteche per rendermi conto deiraggiornamento nel campo
degli studi valdesi. Purtroppo il
risultato è stato abbastanza deludente (meno che a Princeton).
Ho avuto colloqui con i diversi
direttori delle biblioteche ed ho
fatto presente questa lacuna. Ora
verrà provveduto, tramite l’America Waldensian, Aid Society.
In una riunione di presbiterio
(circa 200 tra laici e pastori) è
stato sollevato ufficialmente il
problema della opportunità o
meno che gli studentti in teologia continuino a studiare il greco e l’ebraico. Ne sono rimasto
stupito. Si è fatto notare che
gli studenti sono costretti ad occupare troppo tempo nello studio del greco e deH’ebraico, mentre vi sono altre materie di studio ben più importanti! Si è anche affermato, in un documento
presentato ufficialmente in riunione di presbiterio, che ormai
vi sono traduzioni della Bibbia
in inglese, talmente fedeli al testo... che diventa superfluo il fare l’esegesi sui testi originali!!
Spero in una prossima lettera
di dare alcune informazioni proprio sulle riunioni di presbiterio.
Dopo il soggiorno nel Texas
andrò nel Missouri, noi a Chicago e quindi nel Canada.
A voi tutti che leggete l’EcoLuce ed a tutti i fratelli e sorelle delle nostre comunità invio
un caro saluto. Il mio augurio
non cambia: « Siate allegri nella speranza ».
3
27 maggio 1977
3l - DIBATTITO SU FEDE E POLITICA E RAPPRESENTATIVITÀ’ DEGLI ORGANI COLLEGIALI
ROMA IV NOVEMBRE
In risposta all’indagine presso alcune chiese
in merito all’interpretazione dell’atto 25ISII76,
iniziata nei due numeri precedenti con le risposte
di Napoli-Vomero e Pomaretto, abbiamo ricevuto
dalla chiesa di Roma IV novembre il documento
a firma del Concistoro. La lettera
di accompagnamento del past. Scuderi precisa
che il documento è stato approvato con 8 voti
favorevoli e 3 contrari.
Allegando un secondo documento, a firma
Gianni Long, la lettera specifica che si tratta di
un contributo a parte a titolo personale,
di una nota tecnica « che è stata preparata
a margine e ad ampliamento del problema toccato
da Taccia sulla Luce n. 3911976, ma che non è stata
letta né discussa dal Concistoro ».
Il Sinodo prende atto della petizione che lamenta uno stato di sofferenza
e di incomprensione a causa dell'impegno socio-politico che si verifica nel
l'ambito della chiesa e dopo approfondita e aperta discussione:
afferma che la Parola di Dio non toglie la Chiesa dal mondo, ma le offre la libertà di lavorare a pro degli uomini per la loro salvezza e per la
soluzione dei problemi della loro società ;
sottolinea che ognuno deve sentire la Chiesa come la sua propria casa,
nella quale il prossimo è riconosciuto come fratello anche nel confronto delle
convinzioni politiche ;
chiede agli organi collegiali preposti alle varie attività di tener conto
di tali realtà ; . . u- i
ed esorta i credenti a fare argomento di meditazione e preghiera la necessità che la Chiesa continuamente rinnovi la vocazione missionaria, che fu
dei padri, nella unità della medesima fede per la potenza dello Spirito Santo.
Dà mandato alla Tavola e ai deputati valdesi alla prossima assemblea di
Bari di farsi portavoce di queste esigenze in seno alla FCEI.
(Art. 25/SI/76)
Rappresentatività come garanzia
Per comprendere meglio ed a
fondo l’alto 25 del Sinodo ’76,
sembra indispensabile conoscerne ed esaminarne la travagliata e combattuta genesi.
Tale atto, costituito da un ordine del giorno votato a grande
maggioranza (95 favorevoli, 10
contrari, 12 astenuti), è stato formulato ristrutturando altro ordine del giorno, presentato dai
firmatari delia nota petizione,
che metteva in evidenza uno
stato di sofferenza a causa dell'impegno socio politico verificatosi nell’ambito della Chiesa Valdese e della Federazione delle
Chiese Evangeliche « che in pratica — precisava detto o.d.g. —
si è manifestato come adesione
a determinate linee di partiti
politici ».
E successivamente tale o.d.g.
affermava che la Parola di Dio...
offre la libertà di lavorare a pro’
degli uomini per la loro salvezza « e non per il trionfo di ideologie umane ».
Nella citata grande maggioranza dei votanti favorevoli dell’atto 25 sono da annoverare
quindi buona parte di coloro
che, pur avendo sostenuto Po.
d.g. presentato dai firmatari della petizione, hanno accettato il
testo ristrutturato in quanto vi
videro chiaramente rispecchiato
il contenuto espresso dall’altro
o.d.g. sia pure schematizzato
nella definitiva formulazione.
La volontà espressa nel voto è
quindi evidentemente costituita
da più interpretazioni e non si
può sottacere che una consistente parte dei votanti ha inteso
chiedere agli organi collegiali
preposti alle varie attività di tener conto della realtà che il disagio creato dall’impegno socio
politico è stato in pratica causato dalla manifestatasi adesione a determinate linee di partiti
politici.
Ciò premesso, ne consegue inevitabilmente che in riferimento
alle diverse posizioni emerse nel
dibattito sinodale, la frase « chiede agli organi collegiali preposti alle varie attività di tener conto di tali realtà » deve essere
quanto meno interpretata come
inderogabile necessità che sia
ben tenuto presente .'1 lamentato stato di sofferenza.
Ma in base a tale esplicita affermazione sembra ben chiaro
che si rende indispensabile che
Protestantesimo
Per la rubrica « Protestantesimo » del 29 maggio
verrà trasmesso in differita il culto diffuso in eurovisione dalla cattedrale
di Losanna in occasione
del 5ff’ anniversario di Fede e Costituzione. Il predicatore sarà Emilio Castro, uruguayano, responsabile del dipartimento di
evangelizzazione del Consiglio mondiale delle chiese.
La trasmissione è assicurata per le ore 22.49.
ad ogni livello nella conduzione
della Chiesa debbano essere
chiamati a partecipare anche
quei fratelli che dissentono dalla linea seguita in questi ultirni
anni per la gestione dei vari ministeri nella Chiesa.
Vogliamo così dare spazio ad
una « minoranza »? No di certo,
perché impostare il problema in
termini di contrapposizione
« maggioranza - minoranza » è
quanto mai discutibile, infatti
è ancora da dimostrare che la
« maggioranza » dei membri delle nostre chiese condivida le posizioni di chi oggi di fatto riesce ad avere la maggioranza
dei voti nelle assemblee rappresentative (ma fino a che punto?)
delle nostre chiese.
Inoltre il criterio della « maggioranza » intesa quale indicazione univoca delle direttive da
impartire alla Chiesa, non è biblico, perché privilegia una parte di quel popolo di Dio che la
Bibbia invece esorta ad essere
particolarmete attento proprio
alla voce dei « pochi » di cui
spesso Dio ama servirsi per indicare ai « molti » la Sua volontà. Alla Chiesa è chiesto di
esercitare il « discernimento degli spiriti » (1 Corinzi 12: 10) e
non di conformarsi al criterio
della contrapposizione maggioranza-minoranza, caratteristico
di quella teologia quantistica
che è struttura portante della
teologia della gloria, congeniale a
una Chiesa che, abljandonata la
via della croce e quindi di Cristo, persegue la via del potere
servendosi anche e soprattutto
dei calcoli numerici. Come rifiutiamo una Chiesa di Stato, rifiutiamo ar.che una maggioranza valdese che pretenda imporre la sua linea ed i suoi interessi
alla Chiesa.
Giustamente l’o.d.g. « sottolinea che ognuno deve sentire la
Chiesa come la propria casa,
nella quale il prossimo è riconosciuto come fratello anche nel
confronto delle convinzioni politiche »; infatti qui non si afferma che « la Chiesa è casa di tutti », il che equivarrebbe a sostenere una posizione qualunquistica, teologicamente acritica, perché della Chiesa, casa spirituale, fanno parte soltanto coloro
che credono/'in Cristo e Lui —
e non altri signori — servono
con fedeltà. Ciò che nell’o.d.g. si
precisa è che a nessuno è lecito
creare nella Chiesa una atmosfera tale che di fatto sia discriminatoria o faccia sentire escluso dalla comunione fraterna colui che, pur condividendo la mia
stessa fede evangelica, ha responsabilmente scelto di attuare
la propria fedeltà operando in
modo diverso da me. Le posizioni divergenti infatti derivano
da modi essenzialmente diversi
di esprimere, traducendola in azione concreta, la propria fedeltà al Signore; modi diversi di
'sentire la propria vocazione ad
essere, e quindi attuare il proprio voler essere, testimoni del
medesimo Cristo. Di fatto, almeno fino ad ora, la divergenza
è — e speriamo rimanga — sul
piano delle scelte operative,
quindi dell’etica, e non dei contenuti della fede.
Certo un confronto si impone, ma nella Chiesa del Signore
Gesù Cristo non v’è posto per
un confronto solo orizzontale, a
due, tra me e l’altro, bensì per
un conlronto triangolare che conosca il collegamento con la dimensione verticale, cioè tra noi
e con Dio.
A nostro avviso l’elemento
centrale in tale confronto è quello della fedeltà a Dio, non ad
un gruppo, né ad una chiesa.
Crediamo quindi che vada applicato senz’altro indugio il criterio della rappresentatività delle varie posizioni negli organi
collegiali preposti alle varie attività, nella linea del riconoscimento dei doni, e ciò non per
un dosaggio di correnti, ma per
le seguenti positive considerazioni;
1 ) Garantire in seno all’organo in questione la possibilità
di affrontare i vari problemi da
diversi punti di vista e non in
modo unilaterale, come di fatto
avviene sia in senso positivo sia
negativo, quando i vari componenti sono già sintonizzati su di
una sola posizione.
2) Offrire a tutti la possibilità di incontrarsi e conoscersi
nel confronto personale non su
linee ideologiche teoriche (ad
es. con dibattiti a base di articoli e documenti di parte), ma
su problemi concreti allo scopo
di decidere insieme non fondandosi su ciò che si presume o si
crede esser certi che sia, ma
spesso non è, il pensiero altrui.
3) L’essere insieme, con pa
ri dignità e responsabilità coinvolti in problemi e decisioni concrete, favorisce la maturazione
reciproca impedendo le chiusure preconcette ed ogni integrismo; educa alla ricerca della volontà di Dio ed al rispetto del
prossimo, escludendo il paternalismo e la tolleranza che umiliano l’altro; inoltre, mentre priva gli uni della loro autosufficiente sicurezza, libera gli altri
dalla loro, rassegnata frustrazione.
41 Da ultimo va ricordato
che le posizioni attualmente esistenti nella nostra Chiesa non
sono definibili come opposti
estremismi. La realtà è ben più
complessa, si passa per una
gamma di sfumature intermedie, perciò si pone con urgenza
il problema di una mediazione
all’interno delle varie posizioni,
e ciò è possibile solo se ad ógni
livello TUTTI i membri delle
nostre chiese sentono e sanno
di essere rappresentati.
per il Concistoro di Roma
Via 4 Novembre
Giovanni Scuderi
Il Parlamento nel Sinodo
Se è vero che — come osservano Bouchard e Turinetto nel
libro su L’altra Chiesa — non
sono state le chiese evangeliche
di tipo sinodale a « copiare » le
strutture della democrazia parlamentare, ma è semmai quest’ultima ad essere nata sul terreno preparato da quelle, è certo che esiste un’analogia tra i
regolamenti che regolano un sinodo e un parlamento.
Può essere quindi interessante, nel quadro del dibattito sulla maggiore rappresentatività
degli organi della chiesa, esaminare brevemente gli strumenti
che sono adottati nel sistema
politico-costituzionale per garantire una certa voce in capitolo
anche alle minoranze e vedere
se e in quale misura essi sono
applicabili alle nostre assemblee.
La prima garanzia di tutela
delle minoranze è il sistema proporzionale (che viene adottato
in Italia per tutte le elezioni politiche ed amministrative, ad eccezione delle elezioni comunali
per i comuni che hanno meno
di 5000 abitanti. Ogni lista riceve cioè un numero di seggi direttamente proporzionale ai voti che ha ottenuto. E evidente
che tale sistema non è applicabile alle elezioni che si svolgono nelle nostre chiese, perché in
esse non c’è una serie di liste
contrapposte (per fortuna!) e
perché, se pure esistono fazioni, esse sono assai più articolate : persone diverse possono essere d’accordo o no sui singoli
problemi e, parlando di rappresentanza delle minoranze, non
si intende tanto, come in politica, la rappresentanza dei partiti minori, quanto la rappresentanza delle opinioni minoritarie.
Analoghi inconvenienti presenta l’applicazione del sistema
proporzionale alTlnterno delle
assemblee, per la composizione
di commissioni ecc.; la Costituzione stessa, i regolamenti parlamentari e quelli delle assemblee regionali prescrivono che
le commissioni devono essere
composte in modo proporzionale alla consistenza dei gruppi
politici. La cosa è evidentemente inapplicabile in assemblee dove non esistano gruppi organizzati e dove non vi sia l’obbligo
per ogni membro di indicare di
quale gruppo fa parte (perché
solo così; si può avere un’indicazione precisa sulla consistenza
delle varie forze). Anche questa
norma non può quindi essere
trasfusa meccanicamente nei nostri regolamenti, anche se è regola non scritta, da tempo seguita, che, dovendo comporre
ad esempio una commissione
sinodale, vi siano incluse persone di diverse tendenze.
Un’altra disposizione che ha
10 scopo di tutelare le minoranze è la fissazione, per certe deliberazioni, di altissimi quorum:
se è necessaria l’unanimità, o
una maggioranza dei nove decimi o dei quattro quinti, bisognerà che tutti, o quasi, siano
d’accordo. In realtà, questo è un
sistema che serve, più che altro,
a paralizzare le assemblee, e può
quindi essere sensatamente adottato solo in certi casi: ad esempio, per mutare un ordine dei
lavori già approvato, dato che
in questo caso, se non viene
raggiunta la maggioranza richiesta, si procede secondo il vecchio ordine del giorno e l’attività non resta paralizzata.
Un sistema, invece, che ha valide possibilità di essere utilizzato anche nelle nostre assemblee è quello del voto limitato.
Per spiegare il meccanismo, riportiamo l’articolo 25 del regolamento del Senato (analogo è
11 regolamento della Camera):
« per la elezione dei membri di
organi collegiali ciascun senatore vota per due terzi dei componenti da nominare, non computando le frazioni inferiori a
metà dell’unità; quando si debba nominare meno di tre componenti, ciascim senatore vota
per un solo nome. Sono proclamati eletti coloro che ottengono
il maggior numero di voti».
In questo modo, senza che sia
necessaria la formazione di
gruppi organizzati, una minoranza che abbia una certa consistenza numerica può partecipare all’elezione di almeno un
componente dell’organo collegiale. La maggioranza, infatti, ne
elegge solo i due terzi, restando
l’altro terzo a disposizione della o delle minoranze. Nel contempo, questo sistema evita che
venga necessariamente lasciato
un posto a disposizione di una
minoranza troppo piccola, che
non rappresenta nessuno. Ove
infatti essa sia troppo sparuta,
non avrà la forza numerica necessaria ad eleggere il terzo
membro degli organi collegiali.
Proviamo ad immaginare una
applicazione di questa norma,
ad esempio, in sede di sinodo.
Tra gli organismi collegiali, la
Tavola viene eletta votando separatamente per il moderatore
e il vice moderatore: per loro
quindi, trattandosi di un nome
solo da votare, la regola non
varrebbe. Varrebbe invece per i
restanti cinque membri, che vengono eletti cumulativamente :
ciascuno dovrebbe quindi scrivere sulla scheda i nomi di due
pastori e di un laico. Altrettanto varrebbe poi per le commissioni di esame, per le quali è
particolarmente opportuno che
tutti i membri non siano della
stessa matrice (che è poi, dato
l’attuale sistema elettorale, la
medesima degli organi che dovrebbero essere esaminati...).
Gianni Long
4
27 maggio 1977
UNO STUDIO BIBLICO PER PENTECOSTE
Dove soffia lo Spìrito
Il criterio per riconoscere chi è mosso dallo Spirito Santo non è la vistosità dei doni, bensì una
chiara confessione della fede in Gesù Cristo il Signore
« Vi assiemo perciò che nessuno può dire: ’’Gesù è maledetto!”
parte, nessuno
SpiriS Sant?r(l*Cor * veramente guidato dallo
A Corinto
e a Gerusalemme
L’affermazione dell’ Apostolo
in 1 Cor. 12: 3, riguardante l’opera dello Spirito Santo attira
forse meno la nostra attenzione
di quelle narrazioni bibliche che
ci descrivono l’azione dello Spirito in maniera più forte, più vistosa, forse anche più entusiasmante. Atti 2, ad es., che ci narra la discesa dello Spirito Santo
sugli apostoli alla prima Pentecoste cristiana, è un racconto trascinante anche da un punto di
vista immaginifico : il rumore
di forte vento che soffia (cfr.
Atti 4: 31 a) le fiammelle di fuoco, il parlare in altre lingue dei
discepoli, lo stupore degli uditori, la conversione e il battesimo, in un brevissimo lasso di
tempo, di tremila persone, numero destinato a crescere prertissmo sino a cinquemila (Atti
In 1 Cor. 12: 3 l’apostolo sottolmea invece il fatto che non
sempre l’opera dello Spirito
Santo è così vistosa come alcuni
vorrebbero lo fosse. Pur essendo forte e costante, la sua azione è così; discreta che si rischia
cu passarle accanto senza accorgersene, ignorandone l’importanza e l’indispensabile funzione
per la edificazione della comunità e per la formazione di una
effettiva e viva comunione fraterna fra chi ne fa parte.
Ma qual’è la situazione che
spinge l’apostolo ad affermare
che « nessimo può dire : ’’Gesù è
il Signore”, se non è veramente
guidato dallo Spirito Santo »?
Considerando l’immediato contesto si nota che l’apostolo parla
dei fenomeni estatici, quindi di
quella particolare capacità che
avevano alcimi (e che anche oggi
molti credenti affermano di possedere, tant’è che vi è un rifiorire di questo fenomeno, anche in
campo cattolico^) di esprimersi
in altre lingue o, se preferiamo,
in lingue sconosciute: è il cosidetto fenomeno glossolalico (dal
greco « glossa » = lingua, e « laléin » = parlare) su cui hanno
sempre insistito i Pentecostali e
che è sempre vivo tra loro. Dalle
lettere dell’apostolo Paolo appare
anche indubbio che i cristiani di
Corinto e i Corinzi in genere
(cfr. cap. 14) consideravano i
possessori di questo dono particolarmente vistoso — che possiamo chiamare estatici (perché il
loro era ed è una specie di parlare in estasi) o « spirituali » (perché animati dallo Spirito Santo)
o pneumatici (dal greco «pneurna » = i^irito ) — come credenti superiori agli altri e che ricercavano quindi la capacità di parlare in lingue sconosciute (cfr.
anche l Cor. 14; 1-25) considerandolo il dono dello Spirito per eccellenza.
Ma il fenomeno estatico è di
per sé ambiguo. Lo si trova anche nel paganesimo. Come discernere quindi l’estatico credente dal-pagano? E si può limitare
l’opera dello Spirito Santo (o di
Dio, che è lo stesso) al suscitare persone che sanno parlare in
lingue sconosciute? E in che rapporto sta questo dono delle lingue con gli altri doni dello Spirito Santo? L’apostolo risponde
a queste domande fornendo un
criterio di discernimento che
sintetizza in due frasi antitetiche, ma completantesi a vicenda. Gesù è maledetto. Gesù
è il Signore. Analizziamole.
a
Gesù è maledetto
II
Con la frase : « Vi assicuro perciò che nessuno può dire: ’’Gesù è maledetto!” se è veramente
fidato dallo Spirito di Dio»,
l’apostolo vuole affermare che si
può distinguere chi è credente da
chi non lo è, solo in base a com’egli si situa riguardo a Cristo. C’era infatti chi vedeva nella morte di Gesù ih croce addirittura una vera e propria condanna divina in senso assoluto.
“ INCONTRI
In ogni incontro, che si tratti di una normale conversazione tra due arnici o di una riunione di cucito, di una conversazione in un club, o della riunione di un comitato, per non parlare delle vaste assemblee delle associazioni scientifiche e delle
grandi conferenze politiche internazionali, gli argomenti vengono avanzati in un dibattito apparentemente obiettivo e razionale; in realtà ognuno assume e difende posizioni che gli
sono dettate dai suoi istinti, da spinte affettive e da tendenze
ancestrali. Sotto la discussione intellettuale siamo continuamente mossi da paure, gelosie, ammirazioni infantili, proiezioni inconscie.
Un esperienza spirituale o intellettuale è sempre accompagnata da un esperienza emozionale. Proviamo gioia nell'essere
uniti ad altri che professano le stesse credenze, gente che amiamo e che ci ama perché siamo impegnati insieme in una lotta
comune. Una persona che ha avuto un'esperienza di questo genere in una comunità religiosa o in un partito politico, o legando f^tl Marx, San Tommaso, Karl Barth o Rudolf Steiner,
treud, Bergson o Kierkegaard, non si stancherà mai di difendere il sistema di pensiero del suo maestro e lo farà in modo
piu appassionato e intransigente del maestro stesso.
Negli incontri che avvengono nelle più diverse situazioni,
quanto c'è di vero contatto tra gli interlocutori? Quanto di vero dialogo? Si tratta piuttosto di un conflitto di monologhi, in
cui ciascuno si meraviglia di come gli argomenti logici che
sta sviluppando, e che gli sembrano così indiscutibili, non convincano immediatamente anche l'altro.
Molte discussioni prenderebbero un tutt'altro corso se ammettessimo reciprocamente la base emozionale e molto personale delle nostre opinioni: l'amarezza nei confronti del padre
che fa di un giovane un anarchico; la paura di perdere i propri
soldi che fa di un ricco un nemico del comunismo; la gelosia
che induce un membro di un comitato ad opporsi a tutto quanto viene proposto da uno dei suoi colleghi; il desiderio di rivalsa che fa di una giovane donna una femminista, perché suo
padre tiranneggiava sua madre, o che fa di un uomo un antifemministra, perché è dominato da sua moglie.
PAUL TOURNIER
Dato che Deuteronomio 21: 23 b
afferma che « Tappiccato è maledetto da Dio » cosi secondo alcuni Gesù appeso alla croce era
veramente oggetto di definitiva
ed eterna maledizione da parte
di Dio. Vi è qui il richiamo ad
una usanza ebraica antica: un
malfattore condannato a morte
veniva generalmente giustiziato
mediante la lapidazione e il suo
cadavere veniva poi impiccato
a un albero per indicare con
questo che il morto era oggetto
della maledizione divina. Ma il
senso di orrore e di esecrazione
dinanzi a un cadavere appeso
diciamo così, alla gogna, si riversava per alcuni anche sui condannati alla crocifissione dall’imro romano. L’idea comunemente
diffusa che coloro che le autorità condannavano alla morte fossero ignobili delinquenti, maledetti mascalzoni, volgari malfattori o comunque vili attentatori
dell’ordine pubblico veniva quindi caricato nell’ambiente ebraico, e soprattutto nel caso di Gesù di tutto il peso morale di forte riprovazione, che si identificava con la maledizione divina, che
il fanatismo religioso poteva ri
versare su quel bestemmiatore.
Lo Jeremias avanza la suggestiva ipotesi che Paolo stesso avesse condiviso appieno questo pensiero, naturalmente prima dell’episodio sulla via di Damasco,
perché allora « il maledetto apparve dinanzi a Paolo nella gloria divina. Dopo quest’esperienza Paolo continuò a dire :
’’Dio fece di Cristo un maledetto”, ma ora aggiungeva due parole ; ’’per noi” e ’’per me” ( Gal.
2: 20). Da allora in poi il ’’per
noi” sarebbe stato il centro della sua esistenza » l
Se qualcuno quindi, sostiene
l’apostolo, non vede nella morte
di Gesù di Nazaret il mezzo di
redenzione scelto da Dio per
noi, ma solo una maledizione
che non ha in sé alcun contenuto di salvezza, non è un credente,
anche se sa andare in estasi,
parlare in lingue sconosciute e
avere magari altre capacità altrettanto spettacolari. Anche
quando erano pagani e si lasciavano « continuamente trascinare verso idoli muti» (Cfr. Sai.
115: 4-8; Isaia 44; 7) i Corinzi
sapevano andare in estasi.
ff
Gesù è il Signore
II
Essere credenti implica invece
un riconoscimento della salvezza in Cristo, ima concrejta risposta di fede a quel Dio che non
è muto, ma che ha parlato in
Gesù Cristo, « colui che è la Parola » di Dio ed « è diventato
un uomo » (Giov. 1: 1 e 14), l’uomo «ubbidiente a Dio sino alla
morte, alla morte in croce. Per
questo Dio lo ha posto al di sopra di tutto e gli ha dato il nome più grande che esiste », che
è appunto- quello di « Signore »
(Pii. 2: 8-9). Il credente non vede
quindi nella crocifissione di Gesù una maledizione — o comunque solo nel senso sopra indicato di Galati 2; 20 — ma la redenzione, la salvezza. Dio ha
proclamato «Signore» quell’uomo la cui morte turba e offende gli Ebrei e confonàe e annienta la logica dei ragionamenti
pagani (Cfr. 1 Cor. 1: 22-23).
Dalla affermazione negativa
« Gesù è maledetto! » siamo passati a quella positiva « Gesù è
il Signore ».
Chi fa quest’affermazione positiva ha lo Spirito Santo! Si,
proprio quello Spirito che ha agito in maniera cosi vistosa alla Pentecoste. La sua opera non
viene meno anche se ora è descritta come meno appariscente
per chi osserva superficialmente le cose.
I doni dello Spirito
Lo Spirito Santo quindi agisce
sempre e la sua efficacia si manifesta in varie forme, in vari
doni, non solo in quello cosi appariscente che tanto affascina i
Corinzi ! « Vi sono diversi doni,
ma imo solo è lo Spirito. Vi sono vari modi di servire il Signore, ma uno solo è il Signore »
(1 Cor. 12; 4-5) afferma l’apostolo. E insiste su questo tema
nella seconda parte di questo
capitolo (vv. 12-30) dove con il
paragone del corpo e delle varie
parti che lo compongono mette
in risalto che nella chiesa non
c’è alcun credente e quindi anche alcuna attività o carisma
che non sia indispensabile o meno importante degli altri. E «la
diversità dei doni sui quali l’apostolo tanto insiste, sembra indicare che il cristiano non riceve
lo Spirito Santo in abstracto,
rna sempre sotto forma di un’ab
tività concreta che si deve mettere a disposizione della Chiesa.
Talvolta si tratta di carismi in
un senso così ampio da dedurne
che ogni cristiano ne possiede
uno (v. 22) utile alla comunità ».
È però vero che « nella prima
parte di questo capitolo l’autore usa questo termine in una
accezione più precisa; pensa alle manifestazioni che pongono
particolarmente in vista una parte dei membri della comunità » l
Ma è appunto questo che poi
l’apostolo contesta: che vi sia
un dono ( e quindi il credente che
10 possiede) più importante di
altri !
Non si può e non si deve stabilire nella comunità una gerarchia di doni e di credenti !
Chiunque afferma che « Gesù è
11 Signore » ma non possiede alcun dono da esibire vistosamente dinnanzi agli altri, è credente
esattamente come loro e così viceversa chi esibisce un dono che
ritiene superiore a un altro, ma
pensa che « Gesù è maledetto ! »
non è affatto un credente e la
sua .capacità di parlare in lingue
sconosciute di cui mena vanto
non giova affatto aU’ediiìcazione
della comunità! Questo ci pare
essere il senso chiaro del versetto che stiamo studiando.
Bisogna affermare che l’apostolo ha qui di mira alcuni che
nel corso di fenomeni estatici
durante il culto addirittura
maledivano apertamente Gesù,
dimostrando in modo cosi evidente di essere ancora pagani
o... ebrei subdolamente intrufolatisi nell’assemblea? È una supposizione sostenuta da alcuni esegeti che ha valore di ipotesi
storica difficilmente verificabile.
Più solida ci sembra invece Tipotesi che contestando o, meglio,
ridimensionando gli spirituali.
Paolo contesti anche quella corrente di pensiero gnostica che
spingeva alcuni ad affermare
che in base alla differenza fra
carne e spirito si poteva benissimo maledire il Gesù terrestre e
benedire il Cristo celeste. Evidentemente invece « Contrapponendosi violentemente alla teologia corinzia l’apostolo afferma il
senso della morte scandalosa di
Gesù come avvenimento da cui
dipende tutto l’essere nuovo del
credente. La realtà terrestre non
è abbandonata, ma sovvertita e
l’uomo che si vuole ’’spirituale”
non è chiamato ad anticipare in
sé la beatitudine celeste, ma a
vivere sul margine tra la vecchia
e la nuova realtà. Egli non è
’’già” al di là del giudizio, ma
deve sempre ancora giudicare se
stesso e la realtà storica (capp.
1 - 6), È libero, ma la dimostrazione della sua libertà sta nel
rapporto con l’altro, definito
dall’agàpe, e addirittura nella
reciproca sottomissione degli
’’spirituali”» (capp. 7 - 14)*.
Nè inferiori
nè superiori
Eccoci così giimti alla conclusione del ragionamento: chi dice « Gesù è il Signore » è veramente guidato dallo Spirito Santo. Un carismatico non può contestargli questo fatto come del
resto nessuno può contestare a
un carismatico che confessi la
signoria di Cristo la sua qualifica di credente. Naturalmente
questo confessare Gesù come il
Signore non è una pura affermazione verbale. Non dimentichiamo che al cap. 12 segue il
13 con il famosissimo « inno
dell’amore » che pure nella sua
poeticità è un preciso e chiarissimo richiamo a vivere dell’agàpe e nell’agàpe di Dio. Quindi
nessuno che riconosca veramente che Gesù è il Signore in quanto concreta rivelazione e manifestazione dell’amore di Dio, potrà ergersi a giudicare gli altri
che come lui e con lui dicono
che Gesù è il Signore. E d’altra
parte nesriuno che faccia questa
confessione di fede potrà sentirsi inferiore dinanzi al proprio
fratello in fede.
Prospettiva
ecumenica
Non è difficile a questo punto
scorgere la portata universale,
ecumenica, di questa affermazione dell’apostolo ; « Nessuno
può dire ’’Gesù è il Signore”, se
non è veramente guidato dallo
Spirito Santo ». Le varie denominazioni e le varie confessioni
cristiane devono sentire che se
veramente credono che Gesù è
il Signore non possono e non devono volersi innalzare le une
sulle altre o, il che è lo stesso,
squalificarsi, giudicarsi, scomunicarsi a vicenda! Non è lecito
dire, nella nostra comunità, a
un altro nostro fratello e, nella
Chiesa, a un’altra comunità, e,
nella Cristianità, a un’altra Chiesa, « non ho bisogno di te » o
« non ho bisogno di voi » (1 Cor.
12: 21) perché chi afferma che
« Gesù è il Signore » è parte del
corpo di Cristo!
E, d’altra parte, questa affermazione dell’apostolo toglie immediatamente ogni complesso di
inferiorità ai singoli credenti
portati a sentirsi inferiori agli
altri che appaiono dotati di tante capacità che essi non hanno.
E lo toglie pure alle piccole comunità che sanno di far parte
del corpo di Cristo con lo stesso
buon diritto che ha anche una
piccolissima cellula del corpo
umano di vivere, perché indispensabile alla buona salute di
tutto quanto il corpo.
L’opera dello Spirito Santo è
quindi costante, intensa, instancabile, indispensabile. Certo non
permette confusioni, sincretismi,
assurde mescolanze di varie credenze, rende impossibile ubbidire contemporaneamente a dèi
muti e a Dio che parla in Gesù
il Signore ! Ma non permette
neanche quietismi ingannatori
di gente ripiegata su di sé, sulle
proprie posizioni di superiorità
o di inferiorità nei riguardi degli
altri credenti e delle altre comunità.
Come nel giorno della prima
Pentecoste cristiana, anche se
con un’opera meno appariscente e vistosa, lo Spirito Santo spinge sempre i credenti a
sentirsi uniti tra di loro in qualsiasi parte dell’universo essi vivano e qualunque sia il linguaggio, pensiamo anche a quello istituzionale ed ecclesiale, che essi parlino.
E sempre, come nel giorno
della Pentecoste, li unisce non
pp farne un’entità chiusa, paga
di una esistenza egoistica e solitaria, ma anzi per farne una
comunità viva e aperta che annunzia agli altri la signoria di
Gesù e ne rende testimonianza
con l’azione, (cfr. Atti 2: 43).
Bruno Costabel
' Si riuniscono in (( gruppi carismatici » (dal greco « carisma » = dono).
“ J. Jeremias, Il Messaggio centrale del Nuovo Testamento. Brescia,
1968, pp. 38-39.
^ J. Hérìng. La première épitre de
saint Paul aux Corinthiens. Neuchâtel. 1949, p. 109.
^ S. Rostagno, Il nuovo testamento
annoiato, voi. ITI, Torino, 1974. pp.
83-84.
5
27 maggio 1977
t
I
X'
i
E se vi si dice; consuitate gii evocatori di spiriti...
rispondete; ii popolo consulti il suo Dio (Isaia 8; 19)
Di fronte al dilagare dell’occultismo, la fede evangelica ci mette in guardia contro
il deviare da un rapporto di fede nel Dio vivente verso un rapporto infido col mondo
delle tenebre
■s
Occultismo allo scoperto
In questi ultimi anni si è assistito ad un rapido diffondersi
delle pratiche dell’occulto. Indubbiamente il diverso atteggiamento della Chiesa Cattolica e
della Scienza ha favorito il crescente interesse che circonda
tutto ciò che sfugge al controllo razionale. Nei secoli passati
la Chiesa Romana condannava
con severità i cultori dell’occultismo, oggi invece assume un
atteggiamento per lo meno cauto soprattutto verso la parapsilogia.
È bene dire subito che sotto
il termine « occultismo » si classificano fenomeni quanto mai
vari: Magia, Stregoneria, Astrologia, Parapsicologia, Spiritismo.
Alcune di queste pratiche sono
di antichissima origine ed erano in auge anche presso i Greci, gli Etruschi, i Celti, popolazioni che hanno lasciato tracce
neppur tanto remote nel patrimonio culturale del nostro popolo.
Questo però non basta e non
può bastare a spiegare l’interesse, il ritorno in auge delle
pratiche magiche da una parte
e il tentativo quasi contemporaneo dell’indirizzo scientifico che
si cerca di dare alle ricerche
sulla parapsicologia, sulle « voci dell’aldilà », ecc.
Ormai non si può più parlare di fenomeni riservati a pic
pagina a cura di un gruppo
di confermandi
della Chiesa di Torino
di interpretazione dei sogni, di
preparazione di oroscopi « qualificati ». Il tutto magari sotto
la consulenza di una maga-astroioga come Lucia Alberti divenuta anche scrittrice visto il successo dei suoi almanacchi.
Stampa - Non solo i rotocalchi, però, concedono spazio all’occulto, anche gli albi di avventure che si presumono letti
da un pubblico giovane pubblicano con frequenza articoli interessanti e stilati con rigore
quasi scientifico come nella rubrica curata da Luciano Gianfranceschi sull’Intrepido. In genere i quotidiani non danno
molto spazio a rubriche « magico-astrologiche », ma riportano
con tempestività i fatti «strani » di cui si ha notizia in Italia
e fuori, naturalmente i settimanali di svago riprendono con
molta attenzione gli echi di detti avvenimenti.
Porse è proprio questo il lato
preoccupante di questo ritorno,
se mai vi è stato un momento
di totale assenza dell’occulto.
Gli uomini rifiutano i mezzi di
indagine offerti dalla Storia e
dalla Scienza per accostarsi a
ciò che è oscuro, soggettivo per
ché sottomesso al nostro stato
d’animo e all’inconscio. Con
ogni probabilità il fenomeno dilagherà ulteriormente vista la
situazione poco felice in cui si
trova il mondo.
È preoccupante che masse di
ogni ceto sociale afflitto da malanni che la Scienza non ha ancora studiato a fondo o non è
in grado di guarire non sperino
neanche più nel buon papa Giovanni o simili, ma prendano
l’aereo per le Filippine come ultima risorsa.
Accanto a questa presa di contatto con l’occulto delle masse,
si assiste al sorgere di gruppi
di ricerca teosofica che cercano
di procedere su una via più
scientifica, ma col pericolo di
estendere un po’ troppo la loro
interpretazione paranormale della realtà.
In effetti questo tentativo non
fa che evidenziare lo scadimento della fede che caratterizza il
nostro tempo. Ora nel nostro
tempo ci sono già tante ombre
e tanta oscurità che non è proprio il momento di spegnere la
luce della fede lasciando dilagare le tenebre dell’occultismo.
Patrizia Mathieu
LA COERENZA DEL MONOTEISMO
cole schiere di cultori, perché
anche i mezzi di comunicazione
di massa se ne sono impadroniti, naturalmente dandone un’interpretazione parziale e tendente ad accentuarne il lato demoniaco e pauroso.
Cinema - Sono di recentissima memoria films come « L’esorcista » e il « Presagio » che
hanno tenuto per molte settimane in prima visione. Lo spunto per entrambi era costituito
da una possessione diabolica
esplicantesi in atti particolarmente suggestivi come la levitazione, atteggiamenti osceni
ecc. nonché in morti più o meno violente.
Il divieto biblico
Televisione - Trasferendoci
dal grande al piccolo schermo
ci accorgiamo che anche la Televisione ultimamente ci ha concesso un pizzico di magia, ovviamento molto più casalinga e
incruenta di quella cinematografica: basterà citare il già quasi
dimenticato sceneggiato sul preveggente Croiset basato su fatti realmente avvenuti nel campo della parapsicologia. Di più
recente memoria è lo pseudogiallo « Ritratto di donna velata » che diluito in innumerevoli
puntate presentava una Toscana e Volterra in particolare
proiettate ancora nel misterioso
mondo degli Etruschi e riportava alla luce inquietanti situazioni non nuove a chi conosce
i racconti di Guelfo Civinini.
Gente di ogni condizione sociale vive numerosa in gravi
problemi. La guerra, l’inquinamento dell’ambiente, la povertà,
l’ingiustizia sono drammi assillanti che rendono ancora più
precario il futuro che già appare così, nebuloso. Si cerca conforto e sicurezza in atteggiamenti esteriori come il portare
amuleti ritenuti tanto più efficaci quanto più esotici (ad
esempio i peli della coda dell’elefante africano, l’occhio di
tigre) o facendosi leggere la mano da chiromanti di professione. Questi atteggiamenti giungono ad eccessi ridicoli, molti
rotocalchi così detti « femminili » hanno tenuto dei veri e propri corsi di lettura della mano.
Analizzando la posizione fondamentale di Israele riguardo al
culto dei morti, risulta chiaramente che si credeva nella sopravvivenza dei morti e perciò
c’era la tentazione di avere rapporti con loro. La relazione sacrale coi defunti però non poteva
andare d’accordo col culto reso
a Yahvé. Il morto rappresentava il massimo grado di impurità
(Num. 9: 6; 19: 11; 16: 18; 31:
19 per gli uomini, e Lev. 11: 2428, per gli animali). Pertanto
anche se ognuno era tentato di
evocare i morti, la religione glielo vietava. L’Antico Testamento
condanna categoricamente coloro che consultano i morti (Deuteronomio 18: 9 e ss.). In Levitico 20:6 e 27 viene enunciata sia
la proibizione che la pena: « essi debbono essere messi a morte ». In Numeri 23: 23 viene chiarita la motivazione del divieto:
i credenti non hanno bisogno di
servirsi di arti occulte per "conoscere” perché Dio stesso parla
loro.
In I Sam. 28 il re Saul, che aveva cacciato gli evocatori di spiriti, preso dalla paura di fronte
ai Filistei, decide di consultare
un’indovina. La donna non lo riconosce perché il re si è camuffato e teme di obbedire per paura
di essere denunciata e condannata a morte. Saul la rassicura e
le chiede di evocare lo spirito di
Samuele. Ed ecco apparire un
vecchio con un mantello. Egli
sgrida Saul: « Perché mi hai disturbato facendomi salire? ».
Saul pagherà il suo gesto con la
morte. Samuele rimprovera Saul
di aver disturbato il suo riposo.
Dobbiamo dunque dedurre che
i vivi sono materialmente in grado di disturbare il riposo dei
defunti?
Nessun altro testo della Bibbia
appoggia questa interpretazione.
Le parole di Samuele hanno certamente un altro significato:
« Dio è il Signore dei morti e dei
viventi » (Rom. 14: 9); Dio solo
« tiene le chiavi della morte e
dell’Ades » (Apoc. 1: 18), nessun
mortale deve perciò evocare gli
spiriti. Le pratiche spiritiche
non devono assolutamente essere praticate da chi vuol vivere
in comunione con Dio. L’esempio di Saul ne è la dimostrazione.
Quali sono le ragioni di questo divieto? Accenniamo ad al
cune:
In primo luogo lo spiritismo
è vanità. Saul non apprende niente di più di quanto già non sapesse.
In secondo luogo non è detto
che lo spiritismo ci metta in contatto con lo spirito dei defunti.
Anche alcuni autorevoli apostoli
dello spiritismo moderno, come
Allan Kadeck e Léon Denis, riconoscono l’esistenza di spiriti diversi da quelli dei morti. La Bibbia stessa ci parla di angeli buoni « mandati a servire a prò di
quelli che hanno da credere la
salvezza» (Ebr. 1: 14) e di spiriti malvagi al servizio di Satana
(1 Tim. 4: 1). Numerosi fatti
confermano la tesi deH’origine
diabolica dei fenomeni spiritici.
Infine la biografia di molti spiritisti e medium in particolare
ci dimostra che essi soffrono nel
corpo e neH’anima. L’azione fluidica degli spiriti inferiori può essere funesta al medium, rovinare la sua salute provocando la
follia. Vietando la necromanzia
Dio ha voluto evitare all’uomo
grandi sofferenze.
Anna Alberghina
Superstizione
(segue da pag. 1)
più raffinate: che siamo uomini
e donne che fanno i conti con il
solo vero potere, che non temiamo un destino ignoto, che abbiamo davanti a noi una linea di
comunione con la morte e la resurrezione del nostro Signore,
che francamente non siamo neppure molto interessati ai risvolti
misteriosi e incomprensibili de.
« destino », perché la nostra vita
è nascosta con Cristo, anzi la nostra vita è Cristo. Questo abbiamo da testimoniare come strumenti di liberazione per altri nella riconoscenza per la liberazione che abbiamo conosciuto in
Cristo.
« Des vaudoises »,
dice la scritta sopra
le streghe raffigurate in questa miniatura. Nel Medio evo
il movimento valdese veniva squalificato come stregoneria.
(La foto è tratta
da G. Tourn, I Vaidesi).
V.C01»- ftm
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lini“
Accendi la luce
E’ il tardo pomeriggio di un
giorno d’inverno. Scrivo nella crescente oscurità, con un senso di oppressione e alla fine consapevole
che posso appena vedere la tavoletta che ho sulle ginocchia.
La fredda notte si sistema intorno alla casa e penetra nella mia
stanza. Sono parte di essa, il mio
lavoro sta per finire a causa delToscurità. Poso la mia penna accanto alla mia poltrona, mi alzo e
accendo la luce. C’è sollievo nel sapere che non ho bisogno di stare
nel buio dell’inverno, che con un
piccolo gesto posso essere circondato da una calda luce. Le tenebre di fuori crescono. Ma nella mia
casa, nella mia stanza io scelgo la
luce.
I nostri giorni sono il crepuscolo
invernale di un secalo che si è progressivamente oscurato. Quattro
guerre, Hitler il distruttore, una
bomba infernale, hanno portato le
loro tenebre.
Sento il freddo di queste tene
bre. Non posso accendere la fine di
un secolo, ma posso portare una luce chiara nella mia stanza. Non ho
bisogno di adattarmi al crepuscolb
scuro della notte che viene.
Dividi con me la mia scelta, he
abbiamo la possibilità perché siamo
uomini e Dio è Dio.
« Io sono la luce del mondo —
ha dettò Gesù — l’uomo o la donna che mi segue non camminerà
nelle tenebre, ma avrà la luce dellala vita ».
Satana e streghe, inferno, demoni e ignoranza, schiavitù, paura
mortale, oroscopi e mezzi per interpellare l’al di là, sono creature
della notte. Ma non ho bisogno di
sceglierli, non sono costretto a temerli. Posso accendere la luce della
mia stanza. Posso scegliere la luce
del mondo.
(Joseph Baylv, What about Horo
scopes? David C. Cook Publi
shing Co. 1972).
Isteria collettiva o comoda copertura?
Caccia alle streghe
Nel 1691, a Salem, villaggio del
Massachussets, negli Stati Uniti,
diciannove persone furono impiccate ed altre centosessanta
imprigionate sotto l’accusa di
stregoneria. Con tutta probabilità, solo alcune di queste persone si sarebbero dovute incolpare, sempre che sia davvero una
colpa aizzare gli altri raccontando storie più o rneno immaginarie su streghe, spiriti e demoni.
Per la verità esse furono vittime della superstizione e dell’ignoranza, perché l’accusa di stregoneria servì allora — come in
tutti i tempi — quale strumento
per colpire altre colpe che era
scomodo chiamare in causa. Infatti la « caccia alle streghe », ancora nell’America di poco tempo
fa, fu utilizzata validamente per
incarcerare o perseguire chi manifestasse tendenze politiche sospette.
Anche il Italia, soprattutto nel
Sud, l’accusa di stregoneria è
frequente e può raggiungere un
ampio numero di individui, da
chi usa pratiche astrologiche o
spiritiche alle chiromanti, ai cartomanti ed a chiunque sia creduto capace di gettare il malocchio.
Non sempre essi sono trascinati
in giudizio, ma spesso sono valutati diversamente, per cui prima acquistano credito o addirittura successo, ma poi finiscono
temuti, boicottati, emarginati.
È soprattutto nei momenti di
più acuta crisi che le scienze occulte si affermano e vengono coltivate, come appunto segnala il
recente libro di Joseph Bayly
« What about Horoscopes? », pubblicato nel 1970 e che già conosce
molte riedizioni. Leggiamo in es
so: « Il tempo in cui viviamo
sembra essere ideale per una rinascita dello spiritismo. C’è una
ansietà di massa tra gente di
cultura e di condizioni sociali ed
economiche diverse... E così si
va in cerca di una via d’uscita...
L’ansietà trova risposta nell’astrologia. Gli oroscopi possono
indicare cosa le stelle hanno dettato per noi. E se lo fanno siamo avvertiti, e se siamo avvertiti siamo armati ». Ma armati come, e in che modo? Non abbiamo certo la possibilità di risolvere i nostri problemi esistenziali solo in virtù deH’indagine sulle stelle o venendo a conoscere
ciò che gli astri hanno dettato
per noi. (Juelle indagini possono
aiutare a passare il tempo e sono
soltanto uno stratagemma che
ci serve, ingannandoci, a dimenticare per qualche momento le
nostre preoccupazioni.
Ma di fronte a quelle difficoltà
possiamo rivolgerci a qualcosa
di ben più alto che non a questi
miseri espedienti. Dice il Bayly:
« Chi ha bisogno di oroscopi, di
sedute che suscitano i morti a
emettere strani ed esitanti suoni? Coloro che non hanno fede
nel Dio vivente, che non hanno
ancora scoperto di avere un Padre che vuole inondare la loro
vita di luce ».
Come Isaia diceva a coloro che
evocavano gli spiriti e agli indovini -e a « quelli che sussurrano
e bisbigliano », noi proclamiamo: « Un popolo non deve egli
consultare il suo Dio? Si rivolgerà egli ai morti a prò dei vivi? ».
(Is. 8: 19).
Michèle Jouvenal
6
27 maggio 1977
L'ECO
DELLE VALLI VALDESI
Nubifragio e aiiuvione nelie vai
Sette vittime ■ Danni ingenti ali
Nessuna
fatalità
Dopo 32 anni un'altra alluvione
ha investito le valli. Allora si stava uscendo dalla seconda guerra
mondiale, era il novembre 1945.
Oggi stiamo faticando per uscire
da 30 anni di malgoverno democristiano che ha provocato danni e sciagure che se non sono paragonabili ad una guerra hanno
comunque costretto il paese a vivere in uno stato di continua
emergenza: per i miliardi rubati
e le opere non costruite, per una
politica del profitto che non ha
avuto riguardi per la difesa della
natura e dell’uomo. Per questo è
sbagliato, parlare di fatalità in
riferimento a questa e alle molte altre e ben più gravi (si pensi
al Vajont!) sciagure che non sono che raramente soltanto «naturali » rna che regolarmente
hanno delle precise responsabilità umane. Questo discorso è antico almeno quanto la Genesi.
Quando parlo di malgoverno
democristiano non intendo escludere la responsabilità degli altri
partiti: è tutta la nostra classe
dirigente che ha concorso al malgoverno.
E’ la mentalità del capitalismo,
un capitalismo omicida e distruttore della natura; un capitalismo
che ^ è penetrato profondamente
nell educazione della nostra gente: per quattro soldi ti si vendono terreni sui quali altri speculano, si fanno i soldi e ti distruggono il paese. Questa non è solo
la storia di Agrigento o di Napoli, è anche la storia di Frali e di
molti altri comuni delle valli. A
forza di far lavorare gli jumbo
per aprire strade nelle montagne
senza provvedere allo scolo e
agli sfoghi dell’acqua, a forza di
costruire condomini e ville dove
nori si dovrebbero concedere licenze di costruzione (e dove i
vecchi montanari si sono ben
guardati dal costruirei), continuando a saccheggiare i boschi
tagliando selvaggiamente senza
provvedere al rimboschimento,
lasciando che i fiumi e i torrenti
facciano da sé il loro letto, arriva il momento in cui si paga tutto in una volta sola. E ciò che è
stato è da considerarsi ancora
poco più che un avvertimento di
ciò che potrebbe accadere. Basti
pensare alla situazione di Ferrerò che rischia di essere coperto
per metà dalla montagna che può
franare sul paese e cancellarlo.
Oggi non basta più prendersela con la DC per i disastri compiuti e favoriti: occorre veramente pensare alla difesa dei
nostri territori, realizzare non
soltanto sulla carta (i piani di
sviluppo mai attuati), ma nel
concreto, quella politica della
montagna (che vuol dire « salvezza » anche per la pianura) di
cui tanto si parla.
Fer far questo occorrono dei
miliardi che ci sono: basta la volontà politica di impiegarli per le
cose giuste invece che disperderli nel clientelismo delle opere
pubbliche di nota conoscenza. Occorrerà quindi controllare gli
stanziamenti dello Stato per
questa alluvione: perché non ci
sia chi si fa i soldi aspettando
l’ennesima alluvione come è successo in questi 30 anni; perché
non siano soltanto i grossi ponti
di comunicazione (Bibiana e gli
altri) ad essere ricostruiti ma si
pensi ai piccoli ponti che attraversano torrenti e rivi d’acqua
che per i montanari sono altrettanto importanti ' alla viabilità
montana completamente da ricostruire.
Il disastro non è stato solo
quello messo in evidenza dalla
stampa: vedere solo questo significa chiudere gli occhi su tutta
la realtà dei piccoli villaggi di
montagna che hanno perso le
piccole ma uniche risorse di cui
disponevano.
ALTA VAL PELLICE
Distrutti raccolti e
La strada verso Frali. E una fotografia di archivio ma esprime dal
vivo la situazione generale delle strade di montagna in seguito
all’alluvione di questi giorni.
Il mese di maggio, con le piogge primaverili e lo scioglimento delle nevi di alta quota, favorisce l’ingrossarsi dei torrenti
della Valle. Quest’anno il fenomeno è stato particolarmente
catastrofico, probabilmente a
causa di un vento caldo proveniente da levante che scontrandosi sulle montagne con correnti fredde ha determinato una
pioggia torrenziale e ininterrotta particolarmente violenta nella giornata di giovedì 19.
Nell’alta Val Pellice i danni
sono stati consistenti, anche se
fortunatamente limitati alle cose. Non vi sono infatti state vittime umane.
Periti sono rimasti a Villar
Pellice, in modo non grave, il
signor Stefano Pellenc del Cassarot e la moglie.
La loro casa è stata completamente invasa dall’acqua e dal
la fanghiglia e si è faticato non
poco per aiutare gli occupanti
ad uscire dalla casa stessa.
A Bobbio, in regione Perlà,
uno smottamento di terreno ha
parzialmente distrutto la casa
di Luigi Grand e per far uscire
il bestiame dalla stalla è stato
necessario abbattere uno dei muri perimetrali della stalla stessa, essendo la porta totalmente
ostruita dai detriti che continuavano a rovinare paurosamente.
Danneggiate sono state anche
altre case, non di abitazione. All’Abses è stata interamente distrutta una rimessa di recente
costruzione a causa dell’azione
combinata del Pellice che ha
eroso la base e di uno smottamento che ha schiacciato sul
retro.
Ma i danni decisamente maggiori sono quelli alla viabilità.
Un primo bilancio dei danni
Argini, ponti travolti da una piena mai vista - La disgrazia più grande al ponte di Bibiana crollato
sotto la spinta della massa d’acqua mista a pietre, alberi, detriti - La colpa è solo della natura?
Nessuno ricorda un nubrifagio
di così vasta portata e dimensione.
Le alluvioni, che si sono susseguite dall’inizio di questo secolo
ad oggi, sono state parecchie, ma
gli anziani sono concordi ad ammetere che non vi furono tanti
guasti. L’alluvione del 1945, per
es.; che molti hanno ancora presente, fu davvero notevole, ma
comunque non paragonabile a
quest’ultima.
I danni provocati dal nubifragio sono infatti ingentissimi: più
di quindici miliardi solo nel Pinerolese.. Le Valli del Pellice, del
Chisone e della Germanasca hanno perduto molti ponti sui corsi
d’acqua; le zone della pianura
sono state invase dalle acque.
Mentre scrivo sono raggiungibili
solo a piedi alcuni paesi e molte
frazioni della Val Pellice e Germanasca.
Saltano i ponti
E. Genre
Il nubifragio è cominciato mercoledì 18, durante la notte. Dopo
diverse settimane di tempo incerto e piogge, un vento caldo di
scirocco ha cominciato ad addensare nubi gravide di pioggia, che
non hanno tardato a riversarsi
sulle valli di Susa, del Chisone,
della Germanasca, del Pellice e
del Po, con una notevole intensità. Il maltempo è proseguito per
tutto il giovedì, con enormi rovesci d’acqua. Ruscelli di nessun
conto si sono trasformati in poche ore in torrenti di ac'iua tumultuosa.
Nelle prime ore di giovedì 19
maggio la borgata Garin, alle
porte di Villar Pellice lungo la
provinciale che dal paese conduce a Bobbio, è investita da una
enorme quantità di acqua e di
fango.
Probabilmente un ruscelletto
che scorre dai monti sovrastanti
la borgata, ostruito da smottamenti del terreno, è ingrossai, j
causando il primo serio disastr.)
della giornata. Una casa della
borgata, viene danneggiata e due
persone rimangono ferite.
Il traffico per Bobbio da quel
momento è interrotto fino al sabato mattina. Le strade di Villar
sembrano torrenti; tutta la gente, anche i bambini, sono indaffa
rati a deviare dalle abitazioni i
ruscelli d’acqua che arrivano da
ogni dove.
Dalle ore 20 alle ore 22 di giovedì succedono i fatti più dram
matici. Chi abita nei pressi dei
torrenti non può non sentire gli
schianti degli alberi strappati
dalle acque lungo gli argini e nei
prati e l’odore acuto della terra
travolta dalla piena, ma forse
non tutti si stanno rendendo
conto a causa del buio, di cosa
sta accadehdo.
Il Pellice, rompendo gli argini,
abbatte circa 17 metri del ponte
della Bertenga che collega l’abitato di Torre Pellice con l’Inverso Rolandi e trascina seco linea
telefonica ed elettrica. Il ponte
di Blancio, frattanto, crolla completamente. Le acque del Pellice
in piena invadono anche il fabbricato deiritalgas. Solo l'intervento dei VV.FF. di Torre Pellice
e di alcuni volontari evita un disastro di notevoli proporzioni.
Una buona parte del Palazzo
del Ghiaccio viene asportata dalla piena: le tribune sud e mezza
la pista vengono divette. Forse
la barriera offerta dal Palazzo
salva la fabbrica Geymonat, che,
fortunatamente, risulterà non
danneggiata.
Alle 21 intanto arriva alla stazione di Torre Pellice il treno.
Appena in tempo! Quindici minuti dopo il ponte ferroviario
sparisce nelle acque dell’Angrogna. Sul ponte degli Appiotti si
vieta la circolazione delle auto.
L’Angrogna minaccia il ponte e
lo fa tremare.
La disgrazia maggiore accade,
purtroppo, al ponte di Bibiana.
L’impetuosità delle acoue provoca improvvisamente il cedimento della base centrale del ponte
che crolla. Sette persone si trovano nei pressi in Quel momento: Manfroi ]'4ario, 24 anni, giocatore dell’Hockey Val Pellice,
Enrica Bellion, 20 anni, di Luserna S. Giovanni, Giuliano Bertolotto di 19 anni di Bibiana, Remo
Carignano, 50 anni, sindaco di
Campiglione Fenile, Gianni Beccaria di 17 anni e i fratelli Ennio
e Nadia Malano di 17 e 14 anni
di Bibiana. Una tragedia terribile che gli abitanti della Valle
non potranno dimenticare.
causa di una fràha che è precipitata sulle case. I ponti sono
crollati un po’ ovunque sia sul
Pellice che sulla Comba. La strada che conduce al Rifugio Barbara, è completarnente distrutta.
Nel comune di Villar Pellice il
cimitero investito a più riprese
da frane è stato in parte sommerso dai detriti. Sono crollati
i ponti sul torrente Liussa, ed invase dalle acque la peschiera e
un camping di roulottes. Nel Comune di Torre Pellice, oltre a
quanto detto, grande parte delle
strade sono ostruite da frane e
il ponte del Giambone è seriamente danneggiato.
Nel Comune di Angrogna il
torrente ha asportato la strada
del Fondovalle che conduce a
Pradeltorno in località Mulino
Nuovo per un lungo tratto. Grosse frane hanno ostruito le strade.
Alcuni enormi massi, pare, minaccino l’abitato di Pradeltorno.
Nel comune di Luserna S. Giovanni le acque del Pellice hanno
distrutto parte del campo sportivo e dei campi da tennis, riversandosi anche nella piscina e
danneggiando gli impianti. Nel
Comune di Rorà si segnalano frane un po’ ovunque. Situazione
grave anche nel Comune di Lusernetta. Il ponte che collega Luserna con Lusernetta risulta non
transitabile. Le fabbriche Turati
e Gambatex hanno subito danni
ai canali dell’acqua.
completamente e le cascine invase dalle acque.
Anche il ponte di Cavour, importante via di comunicazione
con il saluzzese è crollato.
Nel comune di Vigone grandi
tratti di terreno compresi fra Vigone e Villafranca sono molto
danneggiati. Se lungo il torrente
Pellice non ci fosse stato un indiscriminato prelievo di sabbia
da parte delle ditte edili, forse si
sarebbero evitati tanti allagamenti.
Nel Comune di S. Secondo si
calcola una distruzione di 3045
giornate di terreno appartenenti
a 20-25 proprietari. Nel Comune
di Prarostino la strada che porta a Roccapiatta è ostruita, isolando 40 persone.
I soccorsi
Interviene la Regione
Consultazioni
Nei giorni seguenti si susseguono febbrili le riunioni a livello di
comprensorio, di comunità montane e di comuni, con la partecipazione delle amministrazioni
della Regione e della Provincia.
La situazione, che di ora in
ora e di giorno in giorno si completa, appare sempre più grave.
Nel comune di Bobbio Pellice la
borgata Perlà ha subito danni a
La Regione intanto assicura un
adeguato intervento e la Provincia dichiara di avere a disposizione un miliardo per i primi interventi. La decisione deH’amministrazione provinciale appare
importante poiché, oltre a mettere a disposizione tutti i mezzi
meccanici in suo possesso, dà la
possibilità ai Comuni di far intervenire, a spese della provincia, camion e draghe privati per
la prima repentina sistemazione
delle strade.
Gravissima è la situazione anche in pianura invasa da fango e
sassi. Nel Comune di Cavour, le
frazioni di Gemerello, Babano,
Cappella del Bosco, Castellazzo
e Zucchea sono state allagate.
Circa 700 ettari di terreno sono
danneggiati. In taluni posti la
fanghiglia, lasciata dalla piena,
raggiunge 60-70 cm. di altezza.
La frazione più disastrata è Castellazzo, che si trova alla confluenza fra il Pellice e il Chisone:
200-300 ettari di terreno rovinati
Intanto non si è perso tempo.
In tutti i Comuni amministratori, VV.FF., volontari, carabinieri,
soldati si sono adoperati, fin dai
primi momenti, per ridurre i disagi. Il Genio Civile è intervenuto ovunque e ha stabilito a Pinerolo un ufficio di coordinamento.
Da parte del Genio civile e dell’ANAS viene garantita una prima transitoria sistemazione dei
ponti di Cavour e di Bibiana, unitamente al ponte ferroviario. Tali opere di ricostruzione verranno iniziate in settimana.
La Regione Piemonte e la Provincia di Torino sono presenti
con i loro assessori per seguire
da vicino i lavori di ripristino.
Le forze politiche amministrative chiederanno immediatamente
un intervento dello Stato, affinché con legge speciale, dia la possibilità di ricostruire le nostre
zone colpite.
Occorre però procedere celermente: bisogna evitare che la
gente che ancora è rimasta nei
Comuni e nelle frazioni di montagna se ne vada per sempre a
causa di mancati interventi, bisogna ripristinare tutte le strade
per evitare forse ore di marcia
agli operai pendolari, riattivare
i canali delle fabbriche danneggiate e i canali irrigui rovinati,
mondare i campi coperti di melma, ricostruire i ponti...
L’impegno che molti hanno
manifestato a diversi livelli in
questi giorni è un indubbio segno di voler procedere tempestivamente. Sarà necessario comunque, per ovviare ai danni più seri, l’indispensabile, quanto urgente, finanziamento dello Stato.
M. Armand Hugon
7
27 maggio 1977
,
Penice, Chisone, Germanasca
vie di trànsito e aii’agricoltura
Comunità Montana
Val Pollice
itrade
solidarietà nel dolore
Sono infatti stati asportati tutti i ponti sul torrente Ghicciard
(Valle dei Carbonieri), tranne
quello di Buffa recentemente
costruito, il quale però è stato
aggirato dalla corrente, danneggiati tratti di strada sia nell’Indiritto sia nell’Inverso.
A Bobbio il ponte della Giornà è stato inghiottito insieme
a molto terreno nelle vicinanze;
le strade verso Villanova e verso il rifugio Barbara sono interrotte in più punti e occorrerà certamente molto tempo e
lavoro per ripristinarle.
Da queste condizioni di diffìcile viabilità deriverà un danno
gravissimo agli allevatori locali
i quali vedono compromessa la
possibilità di trasferirsi ai loro
« furèst » primaverili e più tardi agli alpeggi.
Il prodotto agricolo e lo sfalcio sono seriamente compromessi: molti campi di patate sono
stati invasi dall’acqua che li ha
erosi o ricoperti di quantità
enormi di materiale; molti prati sono stati asportati e molti
altri ricoperti di pietrisco.
Molte famiglie hanno vissuto
ore di ansia, neH’impos'sìbilità
di prevedere quel che sarebbe
successo e in molti casi nell’impossibilità di intravvedere una
possibilità di rifugio sicuro.
Non appena il tempo si è rimesso, un numero altissimo di
volontari si è autoconvocato per
procedere a quelle riparazioni
che consentissero in qualche misura la ripresa delle attività e
dei collegamenti (a piedi), costruendo numerose passerelle e
cercando di riportare i torrenti
nel loro letto naturale, liberando dal fango case e strade.
La circolazione sulla strada
Torre-Bobbio (interrotta da una
frana in località Cassarot e Mura Bianca) è stata ripristinata.
Per il momento tuttavia i mezzi pesanti non possono circolare, essendo limitata a una tonnellata il transito sul ponte del
Rospart (all’ingresso di Villar)
eroso alla base sul lato sinistro.
Bruno Bellion
L’alluvione ha colpito duramente anche il Comune di Luserna S. Giovanni come gli altri Comuni della Val Pellice,
evidenziando, tra l’altro, in modo tragico la mancanza di strutture protettive e di prevenzione
nei confronti di sempre possibili calamità naturali. Anzi in
alcuni casi la gravità dei danni
è stata accentuata da opere pubbliche o private irrazionalmente
eseguite : aperture affrettate di
strade, sboscamenti indiscriminati, alterazioni della fisionomia
naturale della montagna ecc.
Luserna S. Giovanni, con il
Comune di Bibiana ha anche dato un contributo gravissimo di
vite umane ed è con sentimento dì profonda partecipazione
che la popolazione si raccoglie
attorno alle famiglie così duramente colpite. I quotidiani hanno già dato dettagliate informazioni, ma vogliamo almeno ricordare qui in particolare il giovane Mario Manfroi di 24 anni,
originario di Alleghe, studente
in geologia, venuto da noi per
unirsi alla squadra locale di
hockey di cui era atleta apprezzato. Si era fidanzato con Enrica
Bellion di 20 anni dei Bertot,
il cui fratello Dino è membro attivo del Concistoro della Comunità di Lus. S. Giovanni. La curiosità di vedere la piena del
Pellice, peraltro condivisa da
centinaia di altre persone, li ha
portati, la sera del 19 maggio,
sulla riva del torrente. Possiamo precisare, contrariamente a
quanto si è creduto e scritto in
un primo momento, che essi non
si trovavano sul ponte di Bibiana al momento del crollo, ma
nelle vicinanze, sulla sponda sinistra del torrente, probabilmente sono stati risucchiati dalla terribile ondata di piena che
ha travolto il ponte. Il corpo di
Mario è stato ritrovato 700 m.
più in basso del luogo della sciagura. Domenica mattina è stato
salutato al cimitero di Bricherasio con una breve cerimonia
che, in una atmosfera di grande
commozione, ha raccolto amici
e colleghi e alcuni parenti di Enrica il cui nome è stato ricordato. Purtroppo il corpo di Enrica, come quello di altre cinque vittime, malgrado le ricerche accurate di vigili del fuoco,
volontari, carabihieri e militari
non è ancora stato ritrovato.
A. T.
...Data la cosi grande dimensione del disastro piu
che mai occorre muoversi
in modo coordinato ed integrato tra Comuni e Comunità Montana; ciò per non
spreeare, per non fare interventi non urgenti o peggio
superflui, mentre è ancora
indispensabile impegnarsi
subito per togliere dall’isolamento degli abitanti, per
rendere transitabili delle
strade.
Per questo appunto Giovanni Baridon, Assessore alla Montagna della Provincia, responsabile del piano
dei soccorsi dell’Amministrazione Provinciale che è stata la prima e la più sollecita ad intervenire, ha trasmesso un Comunicato ai
Comuni che recita:
« D’ordine dell’Assessore
Baridon - Responsabile delle
operazioni di pronto intervento per la Val Pellice:
per qualsiasi tipo di fornitura materiale e servizi ;n
genere (affitto pale, camion,
ecc.) l’autorizzazione preventiva deve essere richiesta
telefonicamente all’ Ufficio
Tecnico della Comunità
Montana, ecc... »
La Comunità Montana,
infatti, funziona da Centro
di coordinamento degli interventi sia nel campo tecnico che dei servizi-socioassistenziali. Si invita pertanto
la popolazione o altri che
fossero interessati o disponibili per interventi in Val
Pellice a rivolgersi affa Comunità Montana - Torre Pellice - Piazza Muston, 3 - Telefoni 91514 - 91836.
Il Presidente
(Longo arch. Piercarlo)
Lungo l'Angrogna
Lo spettacolo che offriva la strada lungo l’Angrogna venerdì mattina
era veramente impressionante : un tratto di strada completamente asportato,
un altro esistente soltanto più a metà;
due tratti del tutto rovinati dalle acque pur non essendo asportati, torrenti
riversati ovunque sulla strada con legnami e pietrami, un ponte danneggiato ed insicuro, crollato un ponticeUo di
collegamento con una deUe più isolate
frazioni di Pradeltorno, senza contare
le frane. A Pradeltorno poi strada e
paese sconvolto, il ponte dì Barmafreda di recente costruzione scalzato e isolato, l’accesso al cimitero concellato.
Sulla strada San Lorenzo-Serre cinque
frane di terriccio e tre grossi cedimenti
della sede stradale: interrotto il traffico Coisson - Buonanotte e nella zona
di Cacet grosse frane rasenti le abitazioni, mentre altre hanno ostruito passaggi e demolito ponti su strade percorribili già soltanto a piedi.
— Sulla strada San Lorenzo-Porte
d’Angrogna tre frane nella strada, frazioni bloccate, mentre sulla strada della
Vaccera non si contano i tratti interrotti da smottamenti, fanghiglia, acqua.
F. c:
Il torrente
Angrogna
all’inizio
della piena
di giovedì 19
(foto G. Odin)
Ricostruire
La Commissione Esecutiva del Primo
distretto, di frönte ai disastri provocati
dalla recente alluvione che ha colpito le
vallate alpine, in particolare quelle del
Pellice, Chisone, Germanasca, si fa interprete dei sentimenti delle chiese
delle Valli esprimendo la solidarietà fraterna e la simpatia a tutta la
popolazione che è stata provata; in particolare alle famiglie che sono state provale dal lutto. Esprime il sentimento di
riconoscenza ai fratelli delle comunità
fuori delle Valli che hanno vissuto con
partecipe comunione con noi questi difficili momenti.
Auspica che le Amministrazioni responsabili si impegnino a fondo per la
ricostruzione non solo delle opere di
maggior rilievo, ma di tutte le infrastrutture che consentano la ripresa, nel più
breve tempo possibile, delle attività economiche e sociali della nostra zona già
provata duramente dalla crisi economica.
— Ritiene di poter estendere a tutto l'ambito delle Valli Valdesi la mozione del Primo Circuito (vai Pellice) che
offre la disponibilità delle strutture ecclesiastiche per ogni iniziativa (campi
di lavoro giovanile, asilo temporaneo
per famiglie sinistrate ) che sia presa
nelle prossime settimane o mesi.
— Indice una colletta di fondi da destinare ai casi più gravi come intervento immediato per la costituzione di un
fondo, amministrato da una rappresentanza dei concistori, per intervenire nei
casi di necessità immediata in attesa dei
già annunziati interventi pubblici.
Le offerte possono essere inviate al
Fondo di Solidarietà deli'Eco-Luce presso
Roberto Peyrot, corso Moncalieri, 70 10133 Torino, c.c.p. 2/39878, specificando la destinazione oppure al c.c.p.
2/25167 intestato a: Commissione Distrettuale Valli Valdesi, 10066 Torre
Pellice.
Disastri in vai Germanasca e Chisone
Il maltempo che ha colpito
nelle due ultime settimane la
Val Germanasca ha provocato
in diverse località frane e smottamenti, mentre il torrente Germanasca cresciuto in maniera
paurosa ha abbattuto ponti ed
in molti luoghi ha reso pericolosa la strada provinciale che
collega l’alta valle con Perosa.
A Massello si sono verificate
delle frane che per fortuna hanno risparmiato le diverse borgate; segnaliamo solo quella caduta al Reynaud e il fatto che
la strada che sale al Ciaberso e
su fino a Porte è praticamente
impercorribile.
Lo stesso si può dire del comune di Salza : le case sono state risparmiate ma tutto attorno
il paesaggio è quasi irriconoscibile per le frane e per le fontane che sgorgano spontanee dalle falde della montagna invadendo in più punti la sede stradale.
Più a valle in due punti la strada ha ceduto, corrosa dalla violenza dell’acqua. Già da sabato
21 però delle squadre di lavoro
sono all’opera per costruire un
ponte provvisorio fatto di tronchi d’albero, in modo da permettere a una draga di raggiungere Salza e Massello e iniziare
lo sgombero.
A Pomeifré, tra Perrero e
Prali, un enorme masso si è
staccato dalla montagna ed è
rotolato sulla strada ed è stato
impossibile rimuoverlo se non
dopo averlo spaccato con la dinamite. Ancora domenica mattina una frana è cascata tra Maniglia e Chiabrano ostruendo
un torrente le cui acque hanno
invaso la sede stradale e l’abitato di Chiabrano.
Ma il peggio è successo a Perrero dove nella notte tra giovedì; e venerdì una frana si è abbattuta sull’abitato. È stato un
momento di grande spavento
perché l’enorme massa di pietre e di fango, dopo avere sfiorato la scuola e le case Gescal
e avere cozzato contro due villini, per fortuna in quel momento non abitati, è scesa fino a tre
negozi che si affacciano sulla
strada principale.
Grande spavento, si è detto,
ma non panico, poiché appena
visto che il movimento di terra
si era arrestato, tutto il paese
si è mosso per riprendere sotto
controllo la situazione. Durante
la notte tutto il paese è rimasto in piedi e la comunità valdese ha aperto i suoi locali per
organizzare un posto di ristoro.
Lo spettacolo era desolante a
vedersi quando è arrivata la luce dell’alba ad illuminare quel
mare di fango e di detriti: immensi i danni, negozi e case invasi dal fango, la strada diventata un torrente. Dopo tre giorni di lavori la situazione pare
essersi ora un po’ normalizzata.
Lavorano soprattutto i mezzi
meccanici (sono 5 tra draghe e
scavatori) ma si pensa che da
giovedì 26 di nuovo sarà necessaria la presenza "di squadre di
volontari per lavorare là dove
i mezzi meccanici non possono
arrivare. Molto ci sarà ancora
da fare perché Perrero riacquisti il suo volto usuale; soprattutto sarà necessario un piano
immediato per sistemare Bassetto idro-geologico e non vivere
più sotto il continuo incubo delle frane (notiamo che questa è
già la terza che cade sull’abitato di Perrero da quest’inverno).
Ancora a Perrero una frana
ha colpito una casa in frazione
Ribbe e la signora Ada Peyrot
in Massel è stata colpita rischiando seriamente di rimanere travolta. In località Sagne
(che significa luogo bagnato), la
montagna continua da settimane a cedere tanto da mettere in
pericolo l’incolumità della sovrastante borgata di Balbencia.
Infine, a Chiotti superiore è
crollato il ponte che collega Riclaretto. Ancora non si hanno
notizie precise su quando questo ponte potrà essere riattivato. In ognuno di questi posti si
lavora alacremente sperando che
il tempo si sposti sul bello. Già
questo aprirebbe alla speranza.
P. Ribet
A Massello tutta la gente è
mobilitata nella ricostruzione
dei ponti distrutti; sono presenti anche squadre di Vigili del
Fuoco nel lavoro di ripristino.
La strada per Salza è praticamente scomparsa e la stessa frazione se la pioggia avesse continuato sarebbe stata seriamente minacciata. Le miniere sono
irraggiungibili e le squadre di
minatori sono impegnate nei lavori di sgombero delle frane e
dei numerosi smottamenti.
FRALI
Nella parte alta della provinciale, quaranta metri di strada
sotto la miniera Gianna sono
crollati. Si sta lavorando per
aprire un « by pass » a monte
e si spera di riattivare la circolazione per la fine della settimana. Per ora possono passare solo i casi di emergenza.
Per ciò che riguarda Frali non
vi sono stati danni di rilievo
tranne che a Villa. Qui la borgata è stata minacciata nella
notte tra giovedì, e venerdì da
una frana che però ha risparmiato l’abitato. Sono stati invece fortemente danneggiati campi e prati ricoperti da frane e
solcati da grossi rivoli d’acqua.
A Pomaretto il Germanasca
è uscito dal letto inondando pra
ti, campi, colture viciniori. I locali a piano terra della PILSETA (ex-Gutermann) sono stati
invasi dalle acque miste a fango. Si parla di danni per un ammontare di due miliardi. La strada per andare all’Inverso è interrotta in più punti; anche il
ponte Riv che congiunge Villar
Perosa con l’Inverso, per il cedimento di un pilone, non è agibile.
VAL CHISONE
Pramollo. Si segnalano danni
soprattutto alle strade. Non sono transitabili quelle per Borgata Lussie, Costabella, Ciotti,
Bosi Micialetti. Son crollati molti muri di sostegno, innumerevoli gli smottamenti e i danni
derivati all’agricoltura.
San Germano. Particolarmente colpita, da frane e smottamenti, la strada che va verso il
Villar dalla parte Dell’Inverso.
Il Ponte Palestre, colpito dalla
piena (i parapetti hanno ceduto), non è transitabile. Un condominio (in Via Vittorio Veneto) è stato circondato per molte ore dalle acque che hanno seriamente minacciato le fondamenta. Tutte le colture, prati
etc. lungo il Chisone sono state
distrutte dall’improvvisa fuoriuscita del fiume dal suo letto.
8
8
27 maggio 1977
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Etiopia tra USA e URSS
ic Una sanguinosa guerra civile, o meglio una guerra di liberarazione da parte di forze militari
decisamente inferiori, quelle dell’Eritrea, contro le forze che attualmente dominano l’Etiopia, è
in atto in una zona strategicamente. ritenuta importante (il
cosiddetto « Corno » dell’Africa
Orientale) dalle due superpotenze mondiali. Da più di 15 anni
l’Eritrea conduce la sua accanita
e, a quanto sembra, disperata
guerra di liberazione, guidata in
modo incerto e contraddittorio
da varie organizzazioni partigiano: principalmente l’F.P.L.E.
(= Fronte Popolare di Liberazione dell’Eritera) e, in minore misura, dal « Consiglio Rivoluzionario » (o FLE = Fronte di Liberazione Eritreo), che prevalgono rispettivamente nelle regioni
nord-orientale (Asmara, Massaua,
Keren ecc.) e nord-occidentale
(regioni di Barka e di Gash). Altre organizzazioni di minima entità sono disseminate nelle regioni meridionali dell’Eritrea.
Vogliamo parlare oggi dell’altra parte, cioè deH’oligarchia
ch’è al potere in Etiopia. Ci sarebbe difficile immaginare una
politica più schifosa di quella
che attualmente conduce la detta
oligarchia, fatta forse eccezione
della politica, nei riguardi dell’Etiopia, e soprattutto deU’Eritrea,
che conduce un’altra oligarchia,
immensamente più potente, cioè
la classe dominante dell’URSS.
La politica di questa classe è altrettanto schifosa dell’altra, e
forse anche di più.
La matassa è arruffata e difficile da dipanarsi. J^la ima cosa è
certa: che, da quando Jimmy
Carter si decise a negare, nel
marzo scorso, «d milioni di dollari in aiuti militari al sanguinario regirne di Addis Abeba, che
aveva dimostrato di non tenere
in alcun conto i diritti civili e
umani dei suoi sudditi » (da « Panorama » del 3.5.’77), il capo del
governo etiopico, il colonnello
Hailè Mariam Menghistu ha fatto un repentino e violento voltafaccia e si è buttato dall’altra
parte, cioè nelle braccia delrURSS. La quale (si badi bene)
aveva precedentemente sempre
aiutato gli eritrei, sempre autodichiaratisi marxisti.
Scrive Giorgio Bocca, su « La
Repubblica» del 7 c.:
« Si parla degli eritrei, colonia
degli etiopici né più né meno di
come è stata, per decenni, colonia italiana; la loro guerra d'indipendenza è in tutto simile ai
movimenti palestinesi o angolani
appoggiati dalla sinistra, e si è
chiaramente spiegato su questo
giornale che le organizzazioni
che la guidano sono di sinistra,
o almeno si richiamano genericamente al marxismo, riferimento d’obbligo per tutti i movimenti d’indipendenza come, nel secolo scorso, al liberalismo. Non si
dovrebbe dubitare poi che il regime militare etiopico è nazionalista, imperialista (vedi la tradizione imperiale e gli appetiti
sugli Stati circostanti), razzista
Cemittte di Redazione: Bruno
Bellion, Brmanno Genre, Giuseppe Platone - Paolo Ricca, Fulvio
Rocco, Sergio Rostagno, Roberto
SbafFi.
Direttore : FRANCO GIAMPICCOU
Dir. responsabile : GINO CONTE
Redazione: Via Pio V 15, 10125
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2/33094 intestato a c L'Eco delle
Valli - La Luce » - Torre Pellice.
Abbonamenti: Italia annuo 5.000
semestrale 2.500 - estero annuo
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Fondo di solidarietà : c.c.p. n.
2/39878 intestato a Roberto
Peyrot, corso Moncalieri 70,
10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175
8 luglio 1960
Cooperativa Tipografica Subalpina
Terre Pellice
(tutte le leve di comando in mano agli etiopici, i "bianchi” dell’Africa nera), feroce nello sterminio di qualsiasi opposizione,
monarchica o socialista che sia.
Ma l’Etiopia è in posizione
strategica, rappresenta un punto
vuoto, e debole dell’imperialismo
americano, voltosi a sostenere
gli arabi, e i vuoti Vanno necessariamente occupati, se non altro
per impedire che tornino nelle
mani dell’avversario. Il gioco vale la commedia, un po’ macabra,
un po’ indecente, di questo Menghistu dai denti bianchi e forti,
dal corpo giovane e scattante di
leopardo, di questo capo naturale di casta guerriera, che si proclama leninista perché l’URSS
gli dia una mano a soffocare nel
sangue gli oppositori interni e
ribellione eritrea ».
E su « Panorama » (loc. cit.)
leggiamo:
«Se è vero quanto con sempre
maggiore insistenza si mormora
nelle capitali africane, il tenente
colonnello Menghistu, che guida
con pugno di ferro il "Derg”
( = Consiglio Amministrativo Militare Etiopico), è tornato dalla
sua visita di 5 giorni nell’VRSS,
con un piano clamoroso.
Indipendenza per l’Eritrea che
verrebbe trasformata in democrazia popolare purché il controllo dell’ex-colonia italiana finisca
nelle mani dell’FPLE, il fronte
filocomunista e più vicino a Mosca, anziché dell’FLE. Riappacificazione con la Somalia, il paese finora più filosovietico del
Corno d’Africa, attraverso la cessione dell’Agaden, la regione semidesertica, ma ricca di minerali, nella parte SE dell’Etiopia, abitata in prevalenza da popolazioni di ceppo somalo. Creazione
di una Repubblica popolare etiopica che sia legatissima all’VRSS.
Solo un disegno di questa portata, si afferma negli ambienti
plomatici, giustificherebbe l’eccezionale rilievo che le autorità del
Cremlino hanno dato alla visita
del giovane e ancora ambiguo (fino a qualche settimana fa tutti
lo qualificarono come "fascista”)
leader etiopico. Il segretario del
Pcus, Leonida Breznev e il presidente Cubano, Fidel Castro, l’uomo che ha "convertito" Manghista al comuniSmo durante la sua
visita di marzo in Africa, lo ha
definito un "leader intelligente,
audace e coraggioso, un vero rivoluzionario ” ».
con loro,
ma con modestia
(segue da pag. 1)
ca di corso Vfftorio ha accolto,
per uno studio biblico, in vista
della Pentecoste, catecumene,
genitori, conoscenti, amici. Un
padre disse : può darsi che i
giovani riescano a vivere e resistere nella comunità attuale
meglio di quanto noi lo abbiamo fatto, avendo davanti a noi
un modello ordinato, autoritario,
fatto di sicurezze formali. Un
altro padre espresse l’amarezza
sperimentata nelle comunità :
senso di discriminazione fra chi
proveniva da ceti diversi e senso
di abbandono nelle ore di crisi
personale o sociale. Ci fu chi
disse : « se proprio i nostri figli
se la sentono di entrare nell’attuale comunità... facciano pure;
noi saremo con loro, ma con
molta modestia».
Ma non è tutto qui. Per cercare ima maggiore obiettività,
abbiamo insieme alle neo-confermande, meditato su un passo
biblico: Filippesi 2: 1-11. Ne
emergono le ragioni dèlia volontà d’inserimento di questa giovane generazione. Forse si può
dire che, nei confronti dei loro
predecessori, i « nuovi » sono
meno critici e meno programmatici. Le due note emergenti
sono: il rapporto con Cristo - il
rapporto con una comunità.
Il primo è veduto più nella
luce dell’umanità, che della divinità di Cristo. Non che questa
venga contestata, ma prevale la
nota deH’incarnazione : siamo
raggiunti daU’annichilimento di
Gesù di Nazareth nelle profondità della nostra umanità. Forse inconsciamente, vi è l’assimilazione dell’« al di qua » come
luogo in cui Cristo è disceso: è
l’al-di-qua, di cui parla D. Bonhoeffer. Di qui il senso dell’incontro con Dio in una umanità
ed in una universalità che non
si può tradire. Con Cristo non
si potrà essere provincializzati.
La giovane luterana di Berlino
che abita con i suoi da alcuni
anni a Torino, si sente a casa
sua in questa visione di fede.
Il rapporto con la comunità
è veduto e descritto come «incontro» con altri, che condividono l’inserimento in Cristo.
Una giovane torinese, in continuo pendolarismo fra Torino e
Luserna San Giovanni, sottolinea la preferenza per una vita
comunitaria, fatta di quotidianità come accade alle Valli: vivere con gli altri, condividere,
partecipare hanno per lei un
senso più vivo che rincontro
« accidentale », che deve essere
« voluto » per essere attuato. Ma
rincontro, in una comunità di
diaspora come la nostra torinese, le appare indispensabile in
ogni caso, perché senza una
Vn commercio
cinico e spietato
«specificazione teologica » c’è il
rischio di cadere in una continpa confusione, che si ridette
pòi anche nel comportamento
nelle varie decisioni della vita
quotidiana. Ritorna, nelle dichiarazioni di alcune, il valore
di continuità dato dalla trasmissione di una fede attraverso alcùne generazioni protestanti, si
profila la validità di « valori »
come l’attaccamento alla «libertà» come respiro indispensabile
per l’uomo di oggi, si spera anche in una maggiore conoscenza della comunità nell’avvenire
(come, dove?), si parla perfino
di settori di lavoro nella comunità. I temi politici, se non taciuti, sono meno espressi o evidenziati. Soprattutto si avverte
che la comunità, alla quale aderiscono, dovrà continuamente
formarsi, riformarsi, riemergere e questo non solo a parole,
ma in uno spirito, in cui «la
consolazione in Cristo, il conforto d’amore, la comunione di
Spirito » siano comunicativi,
forze sostenitrici nella loro vita. Se mancano le grandi dichiarazioni sulla vita pubblica, come campo di testimonianza della fede, si avverte la certezza
che nessun atto della propria
vita può restare fuori dalla signoria e dal giudizio di Cristo.
Infine la comunità appare non
tanto come « istituzione » dottrinale ma comunità fatta di comunione d’affetto e di matrice
di decisioni autentiche.
È indubbio che la riflessione
dei nuovi catecumeni non è avulsa da quella, non di rado pensosa, della generazione anziana
che ancora oggi prevale nelle
nostre chiese.
Il nostro giornale si è già occupato parecchie volte — ed in
più occasioni — del problema
delle fabbriche di armi in Italia, nonché del loro conseguente commercio. Ricordiamo che
il servizio più completo ed organico apparso recentemente è
stato quello curato da M. Simoncelli, del Centro Democratico Controllo Armamenti
(CDCA) che con alcuni articoli,
comparsi il 15 ottobre, il 12 novembre, il 10 ed il 24 dicembre
1976, esaminava e documentava
le gravi responsabilità dell’Italia anche nei confronti dell’esportazione delle armi, con particolare riguardo al Sudafrica,
all’Iran, ai paesi arabi, ecc. Infine, nell’articolo conclusivo, si
auspicava che sorgessero iniziative concrete e valide allo scopo di affrontare democraticamente il problema che non si
presenta certo di facile soluzione, tanto più che si tratta di ristrutturare un settore dell’industria che sta andando a gonfie
vele.
Quando si costituì, il CDCA
nella scorsa estate, fra i punti
programmatici (esposti nel numero del 23 luglio 1976) veniva
evidenziata la necessità di un
controllo sindacale, di una pubblicazione sui dati della vendita
delle armi e di una progressiva
riconversione del settore verso
usi civili.
Purtroppo, circa la pubblicità
sulle vendite, anche la recentissima uscita del « Libro bianco
della Difesa italiana » a cura
del ministro di quel dicastero,
continua a tenere ben fitto il
velo su tali operazioni: dei 2300
miliardi citati per il 1975 non vi
è neppure una ripartizione approssimativa per gruppi di paesi .o aree geografiche.
Per quanto invece riguarda il
controllo da parte delle forze
sociali pare che qualcosa si stia
muovendo. La Federazione la
voratori metalmeccanici ( FLM )
sta in questo periodo promuovendo una serie di incontri con
parlamentari, sindacalisti, specialisti del settore, per studiare
un programma comune di interventi. Una ferma dichiarazione
del segretario nazionale della
FLM puntualizza ulteriormente
il problema : « I lavoratori non
sono più disposti a farsi complici di un commercio cinico e
spietato. Non accettiamo più di
prendere al sabato posizione
contro i governi massacratori
delle libertà e al lunedì tornare
in fabbrica per continuare a fornire a questi governi i mezzi
per i massacri e le violenze ».
Le cifre dicono che negli ultimi due anni le vendite di armi
sono aumentate del 50 per cento: l’Italia occupa il quinto posto nel mondo fra i paesi esportatori di armi. Contro la cifra
« ufficiale » di un giro di 250 miliardi del 1975 il già citato « Libro bianco » parla di una cifra
dieci volte superiore! Le aziende (pubbliche e private) impegnate in questo settore sono 170
con circa 120 mila dipendenti.
Simili cifre dicono chiaramente
che purtroppo questa industria
della morte non può essere
smantellata dall’oggi al domani. A questo problema poi si affianca quello della mentalità inveterata di tanti responsabili
della nostra politica (e militanti in tutti i partiti) i quali affermano la scarsa efficacia di una
limitazione o di un’abolizione di
questo settore : « tanto — dicono — ci sarebbe sempre un altro paese che continuerà a vendere armi al posto nostro ».
Non è certo con una mentalità del genere che ci si può apprestare ad affrontare ed a risolvere un problema di così, gravi implicazioni economiche, internazionali, ma soprattutto morali.
Roberto Peyrot
Fondo di solidarietà
Le offerte recentemente pervenuteci sono nella loro maggioranza destinate ai soccorsi
per il terremoto che tanti lutti
e distruzioni ha causato in Romania, per cui quanto prima
contiamo di poter inviare un
milione e mezzo alla Federazione delle Chiese evangeliche a
tale scopo.
Prima di pubblicare l’elenco
aggiornato informiamo i lettori che, mentre continua la raccolta per questa iniziativa (nella quale abbiamo convogliato
una residua piccola cifra che ci
è pervenuta dopo la chiusura
della sottoscrizione prò Libano), restano sempre aperte le
altre due e cioè quella a favore
del Friuli (per cui abbiamo in
cassa ancora L. 250 mila circa)
e quella a favore del Programma di lotta al razzismo del Consiglio ecumenico delle Chiese
(in cassa L. 560 mila circa).
Ricordiamo infine che le sottoscrizioni vanno inviate al constato a R,oberto Peyrot, corso
to corr. postale n. 2/39878 inte
Moncalieri 70, Torino, possibilmente indicando la causale del
versamento.
Comunità valdese di Aosta 50.000;
E. Bruno 10.000; Chiesa valdese Pomaretto 75.000; 0. Bufato 20.000; G.
Coucourde 100.000; G. Grillo 5.000;
E. e M. Bein (due vers.) 37.500; Sor.
Corlando 20.000; C. Giampiecoli Gibert 50.000; G. Laetsch 5.000; S.C.
50.000; Chiesa ev. valdese Palermo
40.000; N.N. con simpatia (due vers.)
30.000; E. Bouchard 10.000; C. Castagna 10.000; Gustavo e Ivonne 5.000;
L. Antonini 10.000; R. Tomasini
10.000; Chiesa valdese Susa 42.600;
a Amici e fratelli » 50.000; P. Corbo
3.000; Comunità ev. Battista Rivoli
50.000; N.N. 10.000; Colletta Chiesa
valdo metodista Palermo ricordando
con riconoscenza gli aiuti al Belicc
63.000; Chiesa ev. Chiavari 150.000;
G. Pepe 10.000; F. Carri 28.000; fam.
Frache 4.000; U. Long 10.000; Chiesa ev. Pavia 30.000; G. e K. Comba
80.000; M. Buzzi 7.500; G. Galli
12.000.
Totale 1.077.600; preced. L.985.924;
in cassa L. 2.073.524.
DOM ECO LUCE
Abbonamenti sostenitori
Chiesa Valdese, Perrero; Sardi Pecoraro Mimma, Torino; Campbell Donald, Alte Ceccato; Tron Maria Luisa,
Roma; Grill Alda, Prali; Grill Enrico,
Prali; Menusan Ester, Prali; Pascal
Margherita, Prali; Concistoro Valdese,
Prali; Albano Lena Santina, La Maddalena; Chiavia Andreone Eglantina,
Luserna S. G.; Rivoire Carlo, Pinerolo; Prelato Giovanni, Torino; Garnier
Gioele, Villar Pellice; Grasso Passini
Franca, Genova; Gay Arnaldo, Firenze; Maglificio Corongi, Torino; Santini Ida, Novara; Ostorero Emilio, Torino; Giacomelli Elio, S. Giuliano Terme; Manfredi Pier Francesco, Milano;
Malan Roberto, Torino; Ceseri Maria,
S. Pietro in Bagno; Ceseri Massa Adriana, Firenze; Lucchetti Giorgio, Genova; Grimani Giuseppe, Collevecchio;
Blumer Tilla, Membro; Malatesta Guglielmo, La Spezia; coniugi Genre. Bei
nasco; Arangio Ruiz Cecilia, Roma;
Maria Monge Serafino, Torino; Cecchetto Alessandria, Venezia.
Doni di L. 1.000
Charbonnier Alina, Villar Pellice;
Peyrot Ernesto, Torre Pellice; Coisson Bartolomeo, Angrogna; Schindler
Clotilde, Torre Pellice; Alberti Nicola,
Catanzaro; Genre Bert Adele, Perrero
Clarke F. e C., Abbiategrasso; Genre
Alessio, Prali; Genre Valdo, Prali;
Grill Edoardo, Prali; Peyrot Ernesto,
Prali; Richard Aldo, Prali; Rostan Cecilia, Prali; Roncaglione Bruno, Pont
Canavese; Rostan Daniele e Erica, Rinasca. Gönnet Arturo, Aosta; Paschetto Federico, Prarostino; Patete Angelo, Pescolanciano; Ribe^Ferrari Anita,
Genova; Casóla Calogero, Agrigento;
Caglinolo Italia, Napoli: Rusi Angela
Aurora, Copanello; Mainardi Enrico,
Milano; Carco Antonio, Catania; Pras
suit Camilla ved. Aversa, Torre Pellice; Marmi Santo, Pellestrina; Paschetto Ugo, S. Secondo.
Doni di L. 2.500
Meylan Rivoire Emilia, Svizzera;
Pons A. E., Francia; Larucci Bartolomeo, Svizzera; Pecoraro Eugenio, Svizzera; Ghigou De Rostan Marcellina,
Argentina; Minotti Edmea, Como; Arese Richiardone Dolores, Torino.
Doni di L. 2.000
Pasquet Anita, Luserna S. Giovanni; Avondetto Giovanni, Prarostino;
Resburgo Fulvio, Aosta; Barus Amedeo, Prali; Garrou Clotilde, Prali; Garrón Anita, Prali; Genre Enrichetta.
Prali; Ghigo Lidia, Prali; Grill Oreste,
Prali; Richard Aldo, Villa-Prali; Richard Emilio, Prali; Vittone Maria
Rosa, Luserna S. Giovanni; Goi-sson
Osvaldo, Torre Pellice; Ru.si Corbo
Luigia, San Salvo; Olivia Nicola, Vasto; Malacrida Lilia, Como; Mangardo
Ester. Villanovetta; Bein Ernesto. Torre Pellice; Carola Lina, Foggia; Tronchi Angela, Parma; Mendola Francesco. Roma.