1
Anno 119 - n. 11
18 marzo 1983
L. 500
bped. abbonamento postate
I gruppo bis/70
Sig
Via (
lOOòò tokh
T F.i^a
■’ Ili
•'1,
1..Ì l ^ ’
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IMPREPARATI, SULLA SOGLIA DI UN MONDO NUOVO
« Come mai la città fedele è ella
[diventata una prostituta?
Era piena di rettitudine,
la giustizia dimorava in lei,
ed ora è ricetto d’assassini!
Il tuo argento s’è cangiato in
[scorie,
il tuo vino è stato tagliato con
[acqua.
I tuoi prìncipi sono ribelli
e compagni di ladri;
tutti amano i regali
e corron dietro alle ricompense... »
Quello che succede oggi a Torino succedeva anche più di due
millenni e mezzo or sono. Se lo
ricordiamo con le parole di Isaia
non è però per consolarci per la
mancanza di novità, non è per
stemperare lo scandalo in riferimenti tanto più tranquillizzanti
quanto più lontani. È anzi per
ricordare che quando i profeti
denunciavano la corruzione e la
disonestà dei « principi » del loro
popolo non lo facevano in termini semplicemente descrittivi, bensì nei termini di un giudizio imrrtìnente e inesorabile; « io ti rimetterò le mani addosso, ti purgherò delle tue scorie come con
la potassa... ».
D’altra parte illuderemmo noi
stessi se pensassimo che il giudizio possa consistere semplicemente nel procedimento giudiziario che colpirà alcuni pochi responsabili. Se è vero, come è vero, che il malcostume amministrativo di Torino è solo un ennesimo indizio di una più vasta
corruzione politica, economica,
morale del tessuto sociale, il giudizio che incombe su dì noi e di
cui il nostro tempo pare aver
smarrito ogni minima consapevolezza cosciente, non potrà che
essere una vastissima lacerazione
del tessuto sociale stesso che il
nostro paese nel suo insieme sta
distruggendo; una lacerazione
tanto più dolorosa in quanto —
come sempre avviene nell’imprecisione e nell’ingiustizia della storia — saranno le parti più deboli
e meno protette del tessuto ad
essere strappate.
In questo crepuscolo indistinto esìste la possibilità di evitare
il giudizio? La possibilità esiste
ed è espressa nella predicazione
dei profeti da un continuo « se »
che è presentato al popolo con
speranza mai vinta, con l’indicazione del cambiamento da operare, con l’appello al ravvedimento.
Per noi questo significherebbe
sostituire, alle tenebre di una vita pubblica dominata dal potere,
che corrompe e distrugge, la luce di una vita pubblica rischiarata dal servizio che libera e costruisce.
Si tratta chiaramente di utopie. Ma si può vivere — soprattutto nel buio delle tenebre attuali — senza il filo di luce dell’utopia che le taglia? Perciò
non attardiamoci a chiederci,
con maggiore e minore scetticismo, se il nostro paese abbia o
meno questo cambiamento tra
le concrete possibilità del suo
futuro. Preoccupiamoci invece di
saper esprimere per il nostro popolo l’appello profetico: « venite
e camminiamo alla luce dell’Eterno! ».
Franco GìampiccoU
Il trauma della seconda
rivoluzione industriale
Le proposte che vengono avanzate per far fronte ai problemi emergenti nel mondo occidentale
non sono assolutamente in grado di rispondere alla mutazione provocata dall’informatica
Questo articolo dello scrittore protestante francese Jacques
Ellul — comparso su « Le Monde » del 18.2.'83 — ci sembra di
grande interesse per la serietà con cui affronta i problemi
della rivoluzione informatica.
Potrei essere lieto del fatto
che negli ambienti governativi finalmente si prende coscienza
deH’influenza della tecnica. Anche il Presidente della Repubblica nel suo recente discorso alla
Sorbona ha sottolineato che gli
sviluppi dell'informatica e delle
nuove tecniche pongono problemi nuovi. Nel governo precedente il problema non si era posto
del tutto, ci si trovava di fronte
ad uno sviluppo della tecnica
considerato normale e continuo.
E’ molto rallegrante che ora si
prenda coscienza che Tirruzione
dell’elettronica corrisponde ad
una seconda rivoluzione industriale. Siamo ormai in parecchi
ad averlo detto e dimostrato da
una trentina d’anni. Poco impor
ta, ora c’è una presa di coscienza.
Ciò che diventa deludente sono
le ipotesi fatte per farsi carico
di questa « seconda rivoluzione
industriale ». Si parla sempre di
rendere le industrie più competitive, di aumentare la produttività, si ricercano tutti gli spazi
possibili per la vendita dei nostri prodotti sui mercati internazionali, si pretende di risolvere il
problema della disoccupazione
(che si crea inevitabilmente con
l’automazione) con una migliore
formazione professionale dei giovani che dia loro le capacità necessarie per l’utilizzo delle nuove tecniche (come se l'unica difficoltà fosse nella mancanza di
competenza da parte degli ope
rai ed impiegati!).
Ora tutto questo, lo posso assicurare, non rappresenta nulla
di fronte alla mutazione provocata dai nuovi sistemi dell’informatica.
La prima carenza consiste evidentemente nel non rendersi conto di cosa significa « seconda rivoluzione industriale » perché è
mancata una riflessione... sulla
prima rivoluzione del 18° secolo.
Così non si prende assolutamente coscienza di che cosa è
successo allora.. Bisogna « mettersi nei panni » della gente del
18° sec. Che cosa cambiò sotto
l’impatto dello sviluppo dell’industria pesante all’apparire di
una nuova fonte di energia (carbone, la metallurgia, rindjjstria
tessile)? L’industria cambiò radicalmente cessando di essere
manifatturiera. Anche il ruolo
del denaro si trasformò (anziché
essere investito nel commercio
ATTI 16
Le liberazioni delVEvangelo
Il passaggio dell’apostolo Paolo e dei suoi accompagnatori Sila o Silvano e Luca, porta delle
conseguenze di liberazione.
Lidia, la mercantessa di porpora è liberata dalla schiavitù
della legge mosaica. Essa è una
timorata di Dio, cioè una pagana
che ha aderito all’ebraismo per
osservare le prescrizioni. Infatti
ogni sabato si riunisce con altre
credenti in riva al fiume Gangite, presso Filippi, e là prega.
(Ove non c’era una sinagoga,
era questo il modo di adorare Iddio per gli Ebrei). Paolo annunzia che — dopo il Concilio di Gerusalemme — soltanto un paio
di prescrizioni veterotestamentarie restano valide per i cristiani
(Atti 15; 20). Egli quindi, citando le Scritture, presenta il Vangelo della redenzione in Gesù
Cristo, il Messia a lungo atteso.
Dio, che apre il cuore di Lidia,
converte mediante la parola apostolica quella donna e forse altre con lei, specie « le persone
che costituivano la cerchia dei
suoi intimi. Si tratta ovviamente di persone mature capaci di
intendere e di volere» (La Bibbia concordata, Mondadori). Si
forma così il primo nucleo di
quella comunità che l’apostolo
visiterà ancora prima di lasciare
la città (Atti 16: 40) e alla quale
rivolgerà più tardi una delle sue
epistole.
Un’altra liberazione è stata operata dall’apostolo: quella della
pitonessa, la schiava che indovina per mezzo della sua possessione demoniaca. Strana cosa
che quasi tutte le persone possedute, sia nei Vangeli che qui,
siano quasi costrette a confessare la verità sia su Gesù Cristo
che sui ?uoi servitori. Ma Paolo
non ha bisogno (come non ne
aveva Gesù, che faceva tacere gli spiriti maligni ) della testimonianza di uno spirito demoniaci). E dopo alcuni
giorni di sopportazione paziente,
alta fine infastidito, ordina nel
nome del Signore Gesù a quello
spirito demoniaco di lasciare
quella donna. E la liberazione è
compiuta: certo con gioia della
giovinetta (anche se questo non
è espresso) ma con rabbia dei padroni che vedono così svanire
una fonte di guadagno sfruttando quella creatura. Donde l’accusa, la rivolta popolare e la condanna, senza regolare giudizio,
di Paolo e Sila che vengono duramente battuti e poi gettati in
fondo ad una prigione con i piedi
legati ad un pesante ceppo. Che
divenne poi la giovinetta liberata? Non ci è dato di saperlo.
La terza liberazione è quella del
carceriere di Filippi. Quell’uomo
abituato a custodire carcerati di
ogni specie per la prima volta si
trovava di fronte due persone che
restano calme e serene, sebbene
siano state battute con molti
colpi e che certo soffrono di ciò.
Ma la meraviglia più grande è
che verso mezzanotte li sente
cantare, come pure li sentivano
cantare tutti i carcerati (la cosa è probabile, dato ch’egli abitava al piano superiore: il testo
greco qui è esattamente tradotto
dal Luzzi e dalla Riveduta: « menatili su in casa sua » [v. 34]). Ma
dove la meraviglia si trasforma
addirittura in paura dinanzi a
quelle persone è quando avviene il terremoto: avrà pensato
forse che così il loro Dio voleva
liberare quei due uomini tanto
diversi dagli altri carcerati. C’è
anche la paura di un prossimo
terribile castigo: se i carcerati
fuggono egli pagherà con la sua
vita la loro fuga. Pensa perciò di
andare incontro alla morte che
sicuramente l’aspetta tirando
fuori la spada per suicidarsi. Ma
l’apostolo Paolo gli grida di non
farsi male perché sia lui che gli
altri sono ancora dentro, sebbene le porte siano state aperte
e le catene spezzate dal terremoto. Il carceriere ora è sconvolto più che per il terremoto stesso. Egli dinanzi a quegli uomini
sente la sua miseria morale,
sente che sono uomini di Dio e
chiede che cosa deve fare per salvarsi. La risposta è chiara: credere, più che fare; credere che
Gesù Cristo, l’Inviato di Dio, ha
pagato per tutti, e accettare quindi il riscatto da Lui compiuto. Il
resto è un frutto di una fede che,
quando è viva, è operante in carità: ascolta — e con lui i suoi
familiari e domestici — l’annunzio del Vangelo. Si fa quindi battezzare con tutti quelli di
casa sua, lava le piaghe cfi due
apostoli, e li invita a cena, nella
letizia per aver creduto in Criliborio Naso
(continua a pag. 2)
fu investito nell’industria). Vi
furono massicce emigrazioni (urbanizzazione) e la creazione di
una nuova classe sociale, i salariati, legata ad un nuovo modo
di retribuzione del lavoro.
Anche il mercato risultò trasformato; cosa c’è di comune tra
il « mercato rurale » presente sino al 18° sec. e ciò che oggi definiamo « mercato » ove produttori ed industrie si confrontano? Il
credito del 19° sec. non ha più
nulla a che vedere con quello del
17° sec. Si è stabilita una correlazione (ner lettamente analizzata da Marx) tra l'accumulazione del capitale e la crescita economica, cosa che non esisteva
nSlTeconomia rurale.
La mutazione
Potrei continuare aU’infinito. Il
lettore dirà che si tratta di cose
conosciute e certo non sto inventando nulla. Ma normalmente
non si comprende, enumerando
tutto questo, che si trattava di
una mutazione di tutte le strutture sociali, mentali ed economiche. Ribadisco il concetto: una
mutazione in quanto faceva apparire formule economiche prima inimmaginabili. Una sorta di
salto nell’evoluzione, una frattura rispetto a tutto ciò che esisteva in precedenza. Non vi è stato
alcun adattamento di una economia precedente; ma solo una
frattura.
Ora, ciò che ci viene proposto
oggi per rispondere alla seconda
rivoluzione industriale suona come se per quanto avvenne nel
18° sec. si fosse proposto questo:
aiuteremo i contadini a vendere
i loro prodotti, cercheremo di
far loro acquistare delle nuove
apparecchiature, cercheremo di
adattare l’economia feudale all’industria, costituiremo nuovi
consigli comunali nelle vecchie
città, miglioreremo i rapporti fra
mezzadri e proprietari terrieri
ecc. Nulla cioè di quanto corrispondeva alle « necessità » della
grande industria.
La « seconda » rivoluzione industriale’, porta e porterà con sé
via via sempre maggiori fratture, vicoli ciechi, cambiamenti paragonabili a quelli del 18° sec.
Noi siamo di fronte non più ad
una crisi comparabile a quella
del 19° sec. o a quella del 1929,
intrinseche al sistema industriale, ma a tutt’altra cosa; ad un salto qualitativo, una frattura di
tutta l'organizzazione precedente
(sociale, della produzione, della
vendita e della distribuzione).
Nessuna esperienza o teoria economica precedente può servire.
E, beninteso, il socialismo concepito nel quadro di questa società industriale del 19° sec., incaricato di rispondere a quelle
ingiustizie ed a quegli effetti ne
Jacques EIluI
(continua a pag. 2)
2
2 fede e cultura
18 marzo 1983
L’ANNO IN CUI NASCEVA LUTERO MORIVA SAVONAROLA
Il cappello di sangue
Ritrovato da Egisto Lotti nel
corso di ricerche storiche su un
suo antenato, questo manoscritto (in copia settecentesca) steso
nella prima metà del 1500, è opera probabilmente di un testimone dei fatti narrati, riguardanti
processo e morte di Girolamo
Savonarola.
Delle tre parti che lo compongono, la prima c’introduce di
colpo nel dramma finale, quasi
senza antecedenti e senza rapporto con le vicende politiche
■fiorentine e italiane del tèmpo,
il fatto, secondo il racconto, sembra sia originato dalle consuete
rivalità tra l’ordine francescano
e quello domenicano; un prete
domenicano allievo del Savonarola, nell’ardore della polemica
con un francescano, si lascia andare a proporre la prova del fuoco, che non si potrà tenere per
l’ostinazione del domenicano (sostenuto dal Savonarola) a voler
entrare nel fuoco « parato da dire messa con il Sacramento in
mano », contro Topinione del
francescano.
Privato dell’atteso spettacolo
che aveva richitimato grandissima folla da tutta Firenze, il popolo (anzi il « popolazzo » secondo l’anonimo) deluso si riversò
sul convento dei domenicani, lo
assediò, lo mise a sacco, facendo strage di monaci e di innocenti cittadini, finché non intervenne la Signoria a far arrestare fra Girolamo per quietare l’ira
popolare.
Sottoposto a tortura il frate
scrisse la confessione che viene
riportata nella seconda parte,
dalla quale, a non dire altro, esce
confermata la sua insipienza politica, la confusione delle sue
idee, la sua imprevidenza (altro
che profeta!).
Una confessione estorta naturalmente ha un valore molto limitato, ma è certo interessante
leggere come nacque nel frate
l’idea di dar forza e fuoco ai
suoi discorsi dicendo di saper
cose rivelategli da Dio, addirittura in Paradiso.
La fissazione di voler formare
in Firenze un governo di tipo veneziano (un’oligarchia con un
Doge o un Gonfaloniere a vita),
e insieme lanciare strali al papa
Borgia e inimicarsi i Medici, lo
spinsero a sconsiderati interventi in tutte le direzioni, senza possedere un potere effettivo: avversato dai filomedici, dai francescani, da Alessandro VI e dal
« popolazzo », nel momento decisivo non ebbe neppure l’appoggio di quelli stessi che aveva contribuito a far salire al potere in
Firenze. Vittima sacrificale necessaria per il consolidamento
della repubblica fiorentina, dopo
l’impiccagione, gli sarebbe toccato più tardi anche il pesante
sarcasmo del Machiavelli nel
cap. VI del Principe: pessimo
politico, l’irruente frate ebbe il
torto di essere un profeta disarmato, indifeso davanti al mutamento di favore della moltitudine. Il maggior interesse per il
lettore credo sia nella terza parte del manoscritto, quello che
narra la vita e il martirio del
frate.
La rapida agiografia (la storia
Le liberazioni
(segue da pag. I)
sto. La salvezza è entrata in quella casa.
Un’ultima liberazione: quella
dei magistrati, pretori e littori.
Hanno pensato (o saputo) che
quei due forse erano cittadini romani. Ma erano cosi calmi; e
avevano subito le battiture con
forza e pazienza, senza ribellarsi! Mandano a dire loro che sono liberi. Ma qui avviene in Paolo e Sita qualcosa di inatteso.
Mentre prima avevano subito le
battiture senza protestare, adesso Paolo desidera che i magistrati vengano essi stessi a metterli fuori, essendo stati puniti
ingiustamente. Ecco un commento che ci aiuta a capire: « E’ per
il bene della nascente chiesa di
Filippi che Paolo e Sila non vogliono partire dalla città celatamente, come fuggiaschi; e prima
di andarsene hanno il piacere di
vedere i fratelli e confortarli,
mostrando come la potenza del
Signore li ha messi in grado di
dominare le circostanze e trionfare nelle più gravi distrette » (Il
Nuovo Testamento annotato,
Claudiana, Torre Pellice).
I magistrati vanno a scusarsi,
ma sono certamente grati a Paolo che evita loro degli strascichi
legali che li avrebbero inevitabil
mente colpiti se egli li avesse denunziati per abuso di autorità.
Infatti « per la legge Porcia i cittadini romani erano esenti dalla
pena degradante della flagellazione. Cicerone diceva: “Legare
un cittadino romano è un'azione
orrenda; flagellarlo è un delitto.,.". I pretori potevano quindi
aspettarsi una querela per abuso
di potere e per attentato ai diritti e all'onore di due cittadini romani. La legge romana puniva' il
toro delitto con la morte e la
confisca dei beni» (Il Nuovo Testamento, trad. da G. Luzzi, Firenze).
Pretori e littori potevano così
essere tranquilli che la eventuale pena di morte non pendeva
più sul loro capo. Quale fu il valore di quella testimonianza per
loro? Dio solo lo sa.
Oggi centinaia di sermoni restano senza effetto nelle anime;
mentre la testimonianza evangelica dell’apostolo lasciava ovunque delle tracce di liberazione, e
delle anime erano salvate da
ogni giogo, da ogni possessione,
da ogni paura sia della morte fisica che di quella eterna.
Ma allora i servi di Dio cantavano e pregavano di giorno e di
notte, in riva ai fiumi e percorrendo le vie del mondo!
Uborio Naso
IL CENTRO FILADELFIA
organizza un corso intensivo di lingua inglese
dal 2 al 30 agosto 1983
L’iniziativa è specifìcamente per candidati studenti in
teologia, ma la partecipazione è allargata ad un numero limitato di altre persone, interessate al perfezionamento dell’inglese. Per informazioni sulle caratteristiche, i costi e le modalità di partecipazione, scrivere a:
Paolo Spanu - Via L. Colla, 20 - 10098 Rivoli (To)
del sant’uomo incompreso dai
suoi contemporanei potenti e plebei) culmina nel racconto particolareggiato prima dell’assedio e
ilei saccheggio del convento di
San Marco ad opera del « pazzo
e sconsiderato popolaccio »: il
■crescere della furia omicida della plebaglia dopo vari scannamenti, la prodigiósa resistenza
dei frati (ma che atroce antinomia a proposito di quei padri che
facevano « buona stragie » della
plebaglia! che brivido per l’eroismo di quel frate che con un
piccol crocefisso d’ottone cava
un occhio a un nemico!) poi nel
racconto delle torture e infine
dell’esecuzione del frate, seguito
da altri prodigi, e dal rinascere
della venerazione popolare (oh,
quel fanciullo che porta alla madre una mano del frate morto!
e quelle donne che raccolgono
ceneri del rogo seguito all’impiccagione!).
Un ultimo cenno merita la prefazione di Enzo Fabiani, cui si
deve il titolo di questo interessante libriccino: il cappello di
sangue non è quello rosso di cardinale, che inviati dal papa offrirono al frate, ma quello della
morte e del martirio che unicamente Girolamo desiderava.
Laura M. Leone
Anonimo del secolo xvi: Il cappello di sangue - Vita, confessione e martirio di Fra Girolamo Savonarola, a cura
di Egisto Lotti, ed. La Locusta. Vicenza, 1982, pp. 129, L. 5.000.
Il trauma
(segue da pag. 1)
gativi non è per nulla preparato,
al pari degli altri, a questo cambiamento.
I « rimedi socialisti » erano
adatti per il 1930, ma non più
per l’oggi. Chiuso; bisogna pensare in altri termini.
E’ sufficiente sottolineare quattro punti: crescita incredibile
della disoccupazione in ogni paese (che non si risolverà certo con
la creazione di qualche nuova
impresa qua e là!); inilebitamento mondiale collettivo; impossi-.
bilità di mantenimento del salariato; passaggio ad uno stadio di
economia mondiale (e non più
intemazionale: non vi sono più
economie nazionali e quindi nemmeno intemazionali!), ciò che
rende vana e stupida la nostra
ostinazione a vendere il nostro
scarto « sul mercato intemazionale » (che in realtà non esiste
più!).
Si tratta di fenomeni che non
possono essere assolutamente integrati in una teoria economica
costruita per l’economia industriale uscita dal 19° sec. né in
una dottrina sociale tradizionale.
Tutto questo (potrei citare ben
altri elementi, inassimilabili) implica una presa di coscienza della radicalità dei cambiamenti, nei
quali, che ciò ci convenga o meno, noi siamo immersi a causa
della crescita ultrarapida della
tecnica.
Pretendere di «adattare» e «preparare » i giovani è irrisorio (co■ me un tempo adattare i giovani
contadini a diventare dei proletari e cittadini!). Ci vuole prima
di tutto un cambiamento mentale
completo, uno sguardo più ampio, una estrema audacia (perché
questo porterà a difficoltà crescenti)...
Ho tentato di dimostrare nel
mio libro « Cambiare rivoluzione » quali fossero alcune conseguenze di questo cambiamento.
Erano però cose talmente nuove
che non sono state capite da nessuno. Soprattutto non dagli « specialisti ». Ma bisognerà pur farlo
un giorno questo confronto! Purché non sia troppo tardi...
Jacques Ellul
’l»ROTESTANTESIMO’
Ho letto con vivo disappunto la lettera del fratello Ciliari relativa alla trasmissione Protestantesimo e pubblicata
suil’Eco dei 25 febbraio. Npn vogiio qui
entrare in merito alle affermazioni sul
contenuto e sul valore della trasmissione, ma vorrei rilevare II tono di superiorità e presunzione con cui tali affermazioni vengono fatte. Questo mi fa
pensare alle molteplici attività delle nostre chiese in cui il nostro atteggiamento non è tanto quello di offrire un servizio, quanto quello di pretendere di essere serviti « quando e come » vogliamo da chi già ha un impegno nella
chiesa.
Ritengo giusto e opportuno che esprimiamo le nostre impressioni sulle realizzazioni delle varie attività onde ottenere i migliori risultati possibili, ma
penso che ciò vada fatto con senso di
rispetto per il lavoro dei nostri fratelli
e non come un giudizio sul loro operato.
Infine ritengo che per raggiungere lo
scopo che il fratello Ciflari desidera,
cioè di « sensibilizzare la cristianità »,
ci siano forme di collaborazione più
impegnative e senz’altro più produttive
che rifiutare l’ascolto della trasmissione da parte sua, della sua famiglia e da
quanti altri condividono tale linea. Queste poche osservazioni non sono polemiche nei confronti del fratello Ciliari,
ma sono una reazione ad un atteggiamento e ad una mentalità che dobbiamo superare con uno sforzo comune.
Adriana GardioI, Luserna S. Giov.
DOMANDE
SU SATANA
Sig. Direttore,
tramite il suo periodico, vorrei far
pervenire questa mia lettera alla Sig.ra
Francesca Spano:
Cara sorella in Cristo,
il suo articolo « Il diavolo che abbiamo in noi » apparso su « La Luce » n.
47 del 19 nov. '82, mi ha lasciato alquanto perplesso su alcuni punti per
cui avrei piacere che lei me li chiarisse con tanta pazienza.
1) Se Satana è « una parte di noi
stessi » non potremo mai essere completamente liberi, come è scritto « dove c'è lo Spirito del Signore c’è iibertà - (2 Cor. 3: 17).
2) Il suo citato teologo francese Par-i
mantier « attualizza così: Gesù fu tentato dai suoi propri pensieri ».
Quali pensieri da provocare ia tentazione? Pensieri che provengono certamente da un cuore malvagio. Ma Cristo non conobbe il peccatoI
3) Dice che i falsi messia si legittimano con dei miracoli. Allora anche
Gesù era un falso messia?
4) Lei rappresenta Gesù come un credente. Perché tale arbitrario aggettivo?
Gesù non disse: « lo e il Padre siamo
uno » a « Chi vede me, vede il Padre »?
5) Perché il « pane quotidiano » non
deve rappresentare per noi soltanto il
nutrimento che dobbiamo chiedere al Signore? » Cibami del pane che mi è
necessario » (Prov. 30: 8).
6) Perché pariando del diavolo non
fa riferimento soitanto a ciò che ia
Bibbia precisa con tanta chiarezza: Avversario: Bestia; Angelo deH'abisso;
Nemico; Principe di questo mondo;
Lepne ruggente?...
Concludendo penso che soltanto vivendo in Cristo, non c’è diavolo in
noill Sbaglio?
Distinti e fraterni saluti
Giuseppe Fiorentino, Roma
LETTERA APERTA AL
MINISTRO DARIDA
Signor Ministro,
ia televisione italiana ci ha fatto vedere la sera del 10 corrente mese il
ritorno a Roma dai Sud An)erica del
Pontefice delia Chiesa Cattolica Romana; per quella circostanza Elia ha avuto l'incarico di rappresentare il Governo Italiano per porgere, come è consuetudine, il saluto al Capo di uno Stato
estero, in questo caso al Capo dello
^ Stato Vaticano, che pone piede sul nostro suolo.
Con meraviglia e con rammarico ho
notato che Ella si è inginocchiato, facendo il « baciamano », davanti al Capo di tale Stato.
Signor Ministro, mi permetta ricordarLe che nella specifica veste del mandato ricevuto dal nostro Governo, Ella
avrebbe dovuto tenere un atteggiamento più consono aH’incanco avuto, come prassi vuole, poiché è inconcepibile
che il Governo Italiano) da Lei rappresentato, possa » prostrarsi » di fronte
al Capo di un altro Stato.
Distinti saluti.
Ugo Zeni, Roma
A GIOVANNI PAOLO II
Faraone,
faraone romano,
faraone sacro,
travestito da buon pastore,
le tue pupille
sanno ancora vedere
— anche solo vedere —
il gemito dei poveri?
Faraone,
ma perché non ascolti
e non ti fermi?
Perché non cessi
di schiaffeggiare
i poveri della terra?
Tu... sempre dall'alto
guardi, passi,
fuggi e benedici.
Festa continua per te
anche in mezzo
ali'inferrio
dello sfruttamento.
Pieno
di immonda diplomazia
sei andato a violare
la tomba di Romero
stringendo calorosamente
le màni assassine
dei tuoi amici
confaraoni.
Ascolta la parola
acerba
del profeta Malachia:
r Q sacerdoti, io maledico
le vostre benedizioni;
io vi recido il braccio
e cospargo di merda
i vostri volti,
la merda
delle vostre feste... ».
Faccia il Signore
del tuo cuore di sasso
0 Faraone romano,
e anche del nostro,
un cuore di carne.
Franco Barbero, Pinerolo
Per il 500" anniversario della nascita di M. Lutero, la CLAUDIANA presenta un « corso » audiovisivo:
"M. Lutero nel suo tempo"
(edito da una Casa ed. evangelica tedesca)
composto da;
— una serie di 36 diapositive a colori (spesso doppie)
— manuale illustrato in tedesco con allegata traduzione e
adattamento italiano (ciclostilato) di 53 pagine
— cassetta con canti e commento parlato in italiano (eventuale).
L. .58.000 ( -F 2.000 spese post.) - senza la cassetta
L. 65.000 (-F 2.000 spese post.) - con la cassetta
(prezzi soggetti a variazione in base al cambio).
— Chi desidera ricevere solo il fascicolo òiclostilato (53 pagine), con la traduzione italiana del manuale, può richiederlo
inviando L. 4.500 anche in francobolli.
CLAUDIANA — Via Pr. Tommaso 1 — 10125 TORINO
c.c.p. 20780102
3
'4*5
fe
18 marzo 1983
fede e cultura 3
MALATTIA E MORTE - 4
lo, gli altri e la chiavetta in mano
Chi ha vissuto direttamente
nell’esercizio della professione il
trapasso epocale dell’arte medica
può meglio degli altri cogliere e
valutare la crescita irrefrenabile
dello spazio dato alla macchina
ed all’organizzazione a fatale detrimento di quello dato all’uomo,
per cui il solo umano che resta
evidente nel suo isolamento è la
sofferenza del malato. Ma è solo
la medicina a disumanizzarsi o
non è forse la tendenza culturale
dominante l’uomo stesso che lo
disumanizza?
La disumanizzazione di fenomeni naturali — perché tali sono — come la malattia e la morte sta forse nel fondo del desiderio e della volontà di rifiutarli
e dorninarli in nome del diritto
di chi si ritiene padrone della
natura e dei suoi meccanismi.
Questo tipo di sollecitazione culturale, impastata di ancestrali
paure, utopici miraggi e infatuazioni tecnico-scientifiche, mentre'
è tesa a realizzare l’uomo dagli organi rinnovabili (ma anche dalle
molte cicatrici!), corre il rischio
di non avere più antenne per cogliere un altro fatto: l’aumentare nel « sommerso » del nostro
quotidiano di quel clima greve,
tetro, devastante che la cronicizzazione del malessere, del dolore,
dell’agonia inevitabilmente ed
inesorabilmente diffonde attorno
a sé.
La cronicizzazione
del malessere
Nessuno può
sfuggire alla morte
o chi non deve usufruire di tutte
le possibilità diagnostiche-terapeutiche offerte dalla medicina,
come nemmeno possa ostacolare
o negare il diritto di chi abbia
deciso di non servirsene. In altre parole, rifacendoci alla storia
indiana riferita nel precedente
articolo, non si può comandare o
proibire a nessuno di prendere
il cavallo per fuggire la Morte e
nascondersi a Calcutta.
Sono già sorte in diversi paesi
del mondo associazioni fra persone più o meno anziane le quali
lasciano già scritta la loro volontà di rifiutarsi a tecniche rianimative dalle quali è alta la probabilità di uscire non più autonomi e nel fisico e nella mente.
Questa volontà scritta è rispettata in diversi paesi. In Italia
l’attuale orientamento della magistratura è di non riconoscimento del suo valore: un’iniziativa
legislativa intesa a modificare tale orientamente penso che dovrebbe essere sollecitata.
questi problemi e della loro complessità, ed avere dato agli interrogativi inquietanti che ne sorgono ima risposta che sia testimonianza coerente con le premesse della loro fede.
Le novità del
progresso scientifico
Uno scontro
culturale
Siamo passati da epoche e giorni quando malattia e morte si
esprimevano negli acuti lancinanti ma brevi della sofferenza
e del dolore, a nuove giornate dove le stesse espressioni si vivono in lunghi e penosi nonché
monotoni recitativi. E’ proprio
questo passaggio dai momenti
alla continuità dei giorni, delle
notti, dei mesi e degli anni che
può devastare tutto: fisico, intelletto, anima, ché certi valori, per
dirla con l’apostolo Paolo, li portiamo racchiusi entro fragili vasi
di terra.
Quando mai si è sentito — come abbiamo più volte letto nelle
recenti cronache giornalistiche
— di un padre e di una madre
che mettono fine all’esistenza di
un proprio figlio inguaribilmente
malato e poi si tolgono entrambi
la vita? E chi potrebbe osare
un giudizio, ed in nome di quale
morale, su questo gesto di totale
stanchezza e di commovente
amore? Davanti ad avvenimenti
di questo genere sarebbe il caso
qualche volta di ripensare all’invettiva di Gesù: « Scribi e Farisei ipocriti, voi imponete agli altri grossi pesi, che poi voi non
portate », perché c’è sempre, dietro il luccichio del trionfale prò-,
gresso medico e la grande retorica dei valori, un grosso peso
ora evidente ora nascosto: chiaro quello che porta il malato, non
altrettanto quello che si scarica
attorno a lui, ed anche ingiustamente ripartito, perché quasi
sempre la continuità del pesare
trova spalle femminili che la sopporta, sia nell’ambito familiare
che nella manovalanza dell’assistenza.
Siamo forse agli inizi di un
grosso scontro culturale sullo
stesso significato dei concetti di
vita,. mortCi persona, soggetto
vivente, e non vorremmo che ad
accelerare e guidare il discorso
fosse la prosaica sollecitazione
della realtà economico-finanziaria dei costi e dei ricavi.
Che il problema esista e sia
- destinato ad assumere proporzioni sempre crescenti non lo si
può più negare per amore di tesi,
come non lo si può accantonare
per il timore di giungere ad uno
scontro frontale con valori che
si ritengono assoluti ed irrinunciabili. Sarebbe ironia tragica
che proprio i cristiani che hanno
a fondamento della loro fede, insieme con resistenza di Dio, anche il valore trascendente della
singola persona e la sua continuità oltre la morte, si trovassero di fronte ad orientamenti e decisioni sociali adottati nel nome
di morali laiciste, senza avere essi per primi preso coscienza di
Dal punto di vista della fede
cristiana — almeno come essa
mi appare — questa problematica della malattia e della morte e
le novità che in essa ha innestato il progresso scientifico-tecnologico della medicina, hanno un
risvolto ben preciso che va messo in evidenza come uno degli
elementi da considerare ài fini
di un comportamento pratico. Si
tratta dell’esigenza che ognuno
di noi, possibile e probabile soggetto protagonista di tm evento
morboso incurabile o invalidante corpo e mente, conosca e valuti sin da ora (cioè nello stato
di salute) in tutta la loro vastità
e nel loro spessore gli aspetti negativi che comporta questo suo
vero o presunto diritto alla vita.
Ché non tanto si tratta del costo
economico e finanziario che senza mia colpa verrei ad alimentare e ad addossare alla famiglia
ed alla società, quanto piuttosto
del peso che vengo a rovesciare
direttamente sulle spalle e sulle
giornate del mio prossimo, in
particolare di quello più caro e
vicino. E non basta, perché sull’altro piatto della bilancia va
messo quello che può venire a
me, credente o non credente, non
solo in quantità ma soprattutto
in qualità di sopravvivenza.
Diritti sociali
e individuali
Per scegliere occorre vedere e
pesare con il massimo della conoscenza e della chiarezza ciò
che si accetta o si respinge. E’
questa una premessa necessaria ad un tentativo di socializzare la propria sventura o il
destino personale, nel senso di
tenere presente non solo la fac
cia della medaglia che riguarda
quello che la società mi deve, ma
anche l’altra dei costi umani delle mie richieste nei suoi confronti.
Si ha l’impressione che le conseguenze di questo progresso
tecnologico della medicina stia
per aprire un nqovó capitolo
nell’ambito dei reciproci diritti
e doveri dell’individuo e della
società.
Noi viviamo in una società
in cui vige il principio etico
che la vita fisica di qualsiasi
individuo vada protetta e mantenuta a qualsiasi costo, vada protetta a qualsiasi età, e
non sarebbe tollerata un'etica
che subordinasse la difesa della
salute dei cittadini aH’interesse
della collettività. E’ in questo
contesto etico che si inseriscono
tanto il diritto dell’individuo che
il dovere della società. Quest’ultimo è un dovere assoluto, non subordinato cioè alle condizioni ed
all’età deirindividuo che deve essere assistito; in parole povere
la società deve curare sempre
chiunque ed in ogni caso finché
una richiesta sussista.
Ben altro è il discorso da farsi
per il diritto deH’individuo. Questo è un diritto a termine e condizionato alla volontà di farlo
valere. E’ a termine in quanto
l’individuo come tale è dentro
l’universale legge della vita che
impone una scadenza ad ogni sua
espressione, dalla cellula al sistema solare. Ed è un fatto che
l’individuo, conscio di questa legge, consideri la sua esistenza tanto più preziosa quanto più vicina
è alla sua fine ed in conseguenza
il suo diritto a conservarla tanto
più forte quanto più prossimo alla scadenza. Questo diritto è però
condizionato: sta infatti all’individuo decidere se esercitarlo o
meno, in base a criteri che sono
esclusivamente individuali ed insindacabili. E’ in questo ambito
di discrezionalità che possono
giuncare dei principi etici. La sapienza antica riteneva che fosse
saggio davanti ad eventi fatali
non contrastarli per non trovarsi
a subirli rovinosamente, una filosofia che troviamo espressa nel
famoso detto: Ducunt volentem
UNA TESI Di LAUREA SUI VALDESI
Da movimento a chiesa
Da un’esperienza professionale
ormai lunga e filtrata da una concezione cristiana della vita, esco
senza certezze di giudizio di tipo
manicheo, tali e tante sono le contraddizioni che emergono dai fatti più che dalle parole, in questa
esistenziale problematica della
malattia e della morte. Sono però convinto che nessuna istituzione, prestigiosa ed autorevole che
sia, possa allo stato delle cose
stabilire coi suoi criteri chi deve
Quando fu effettivamente costituita la Chiesa valdese, e come si
formò il suo ordinamento ecclesiastico? Chi consentì all’adesione alla Riforma fino al punto da
approvare una serie di disposizioni che mutavano radicalmente l’assetto del movimento valdese? Più precisamente, perché un
popolo acconsentì alla Riforma
seguendo indicazioni e tesi non
indigene, spesso d’indole cittadina, comunque lontane da quel
mondo appartato ch’erano allora
le valli valdesi? Le questioni tipicamente dottrinali discusse a
Chanforan erano accessibili solo
agli esperti, oppure erano alla
portata di tutto il popolo? Quali
erano le funzioni dei « sindaci »
i quali, accanto ai pastori, ebbero
tanta parte nella vita sia civile
che religiosa delle valli valdesi
nel Cinquecento? Perché quel popolo-chiesa — tale formula nasce
solo allora — osò opporsi mano
armata alle soldatesche del Duca
di Savoia, «snobbando» Romani XIII a cui tanto erano attaccati i riformatori?
Perché, pur seguendo quasi alla lettera le discipline ecclesiastiche di Ginevra, il popolo-chiesa
non mantenne, accanto al ministero dei pastori, quello altret
tanto importante dei dottori? Ecco tante domande che Marco
Bouchard si è posto redigendo
una interessante tesi di laurea in
storia del diritto italiano, presentata sul finire del 1982 presso la
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Genova,
dal titolo La trasformazione in
chiesa dei movimento valdese
nel secolo XVI: i problemi istituzionali ed i rapporti con lo stato
sabaudo.
Giunto proprio al termine delle
celebrazioni del 450° anniversario
di Chanforan 1532, il lavoro del
Bouchard merita ogni considerazione perché, centrato com’è
sulla trasformazione in chiesa
del movimento medioevale, ha
privilegiato di questa vicenda
l’approccio alle realtà socio-politiche dei tempi e degli ambienti
in cui vennero a vivere e a combattere gli ultimi residui della
vasta diaspora europea dei secoli precedenti. Dunque, non soltanto storia interna, con tutti i suoi
addentellati dottrinali e organizzativi, ma anche e soprattutto
storia esterna, irta anch’essa di
problemi, diplomatici, militari,
territoriali. Posti di fronte all’alternativa di ribellarsi al loro legittimo principe in nome della
libertà del Vangelo o di mante
nersi nella legalità col rischio di
ripiombare nella clandestinità, i
valdesi sabaudi rinserrarono i
ranghi, cementarono i loro legami di fede coi loro confratelli
delfines! e passarono alla controffensiva, assumendo così la responsabilità di iniziare in Europa il periodo delle guerre di religione. Infedeli al principio di
non-violenza per secoli professato, resistettero ad oltranza e sopravvissero, ma col risultato di
essere rinchiusi in un « ghetto »
territoriale dal quale usciranno
solo 288 anni dopo! Bouchard ha
ben visto il nocciolo dell’intera
faccenda: il fatto cioè dell’esistenza di una minoranza religiosa in uno stato di cui il principe,
vuoi per motivi politici vuoi per
intima convinzione, spinto o no
dal papa, voleva insieme l’unità
politica e l’unità confessionale.
L’ombra deùcuius regio illius religio («l’homme est généralement
de la religion qui domine dans
son pays », spiega lapidariamente il « Petit-Larousse »), che tanto peso aveva avuto in Germania
presso i principi protestanti, planava ormai sinistramente anche
sul Piemonte a maggioranza cattolica!
iata, nolentem trahunt (Il destino conduce il volente, trascina il
nonvolente).
A maggiore e più motivata ragione chi possiede una fede cristiana può andare oltre quella
non tramontata sapienza con _ la
forza di un concetto della vita
che è specificamente cristiano:
la vita come perenne occasione
di scelta di amare, che può esigere anche il sacrificio di sé per
gli altri. Molte occasioni di amare e di sacrificarsi trovano oggi
un terreno del tutto nuovo proprio ed anche in quelle situazioni contraddittorie che abbiamo
cercato di esporre in questi articoli, e nelle quali solo l’individuo
dovrebbe avere diritto e possibilità di scelta.
A questo proposito ci sembra
significativo ed emblematico il
caso recente e clamoroso del malato che ha avuto im cuore artificiale ma anche la chiavetta per
disporre del suo funzionamento:
c’è da augurarsi che con lo ^sviluppo di queste tecnologie sostitutive di organi non si perda almeno il diritto dell’individuo ad
avere lui in mano la chiavetta.
Una società civile e democratica che sente crescere problemi
immensi, irti di contraddizioni
che non consentono sintesi razionali e morali valide per tutti, non
può che lasciare piena libertà a
testimonianze umane le più diverse ed anche contrastanti, indicative di valori che non possono essere espressi che da coscienze individuali.
dine) Aurelio Mauri Paolini
Giovanni Gönnet
TRA LE RIVISTE
La Scuola
domenicale
Nelle 100 pp. del numero di
gennaio-aprile della Rivista « La
Scuola domenicale » troverete
ampio materiale quale: un’ampia
presentazione di 2 libri « Marco,
Matteo, Luca » di B. Corsani e
« Per capire la Bibbia » di T. Soggin; il resoconto di ima conferenza di Giorgio Tourn pi ca;
tachismo alle Valli valdesi negli
ultimi due secoli; uno studiocommento di Gianna Sciclone
dal titolo: « I primi due ca'pitoli
della Genesi hanno contribuito
realmente all’asservimento della
dorma? ».
Inoltre, mentre con questo numero ha termine la serie sulla
dislessia con un’intervista a Miriam Bein, inizia una nuova serie sulla « televisione e i bambini » di Lidia Ribet Noffke.
Segnaliamo ancora « Come sono le scuole domenicali negli
Stati Uniti » della psicoioga Rita
Gay ed « E’ giusto dare premi e
punizioni ai nostri bambini? »
dello psicologo F. Rovetto.
Completano questo numero
due relazioni su camni estivi, su
di un incontro di monitori a Ginevra di F. Altermath, nonché la
rubrica « Problema scuola » con
due articoli di Graziella Gandolfo Censi e di Elio Canale e le
consuete recensioni. Vi troverete
ancora tre recite per bambini,
schede di canto e attività pratiche.
« Vi sono molte persone per
bene capaci di privarsi di cibo
per dimagrire, ma non per nutrire un affamato ».
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza, pag. 143.
« La crisi della nostra epoca
non risparmia, dunque, nessun
paese. Non ci sono più frontiere
geografiche della pace, della libertà e della verità. Queste frontiere passano all’interno di ogni
paese e nell’interno di ciascuno
di noi. Che fare dunque? Bisogna
anzitutto riconciliarsi con la verità e stabilire un rapporto diretto con essa. Rinunziare, una volta per sempre, agli intermediari.
Rinunziare a quelli che ci ordinano quando dobbiamo aprire gli
occhi e quando dobbiamo chiuderli, e che cosa dobbiamo pensare ».
Ibidem, pag. 166.
4
4 vita delle chiese
18 marzo 1983
PRIMO DISTRETTO
Problemi del catechismo
Del funzionamento del catechismo nelle nostre chiese non si
può essere soddisfatti. In certe
chiese è sempre più difficile ottenere che i catecumeni frequentino regolarmente. Se poi si guarda al numero di quelli che dopo
la confermazione si inseriscono
in qualche attività della chiesa,
si deve constatare che è molto ristretto.
La Conferenza Distrettuale del
giugno scorso ha discusso il problema e ha deciso che occorre
trovare un modo nuovo di fare
il catechismo. Un convegno che si
è tenuto al Castagneto di Villar
Penice all’inizio di settembre ha
cominciato a fare qualche progetto pratico; il lavoro sarà continuato in un prossimo convegno
' che si terrà il 10 aprile.
Rinnovare il catechismo non è
certamente una cosa facile; non
si deve mirare a trasformazioni
grandiose, questo, è chiaro: si deve provare quello che è possibile
con i mezzi che possediamo. D’altra parte la parola rinnovamento non ci deve spaventare: il catechismo è sempre stato un problema all’attenzione della chiesa.
e si son tentate anche in passato
nuove vie.
Ciò che possiamo fare oggi si
riassume in tre obiettivi:
1) Avere dei testi e del materiale
adeguati.
I pastori del distretto stanno
preparando delle « schede » per il
terzo e quarto anno, che possano
servire per la discussione nel
gruppo e per l’approfondimento
personale. Ma le schede non bastano; ci vuole del materiale per
illustrare i temi che vengono discussi: cartelloni, diapositive, fotografie, testi registrati, con o
senza musica, ecc. Nella ricerca
del materiale adatto tutti possono collaborare, non soltanto i
pastori o i catechisti.
2) Fare del catechismo un luogo
di comunione fraterna.
Oggi il catechismo è svolto con
lezioni che conservano un’impostazione scolastica. Ma se il catechismo è confuso con una scuola, è difficile che la confermazione non sia vista come la fine di
un impegno scolastico. Il catechismo deve insegnare che cosa
significa essere, vivere come
membri di chiesa. Perciò il grup
po di catechismo deve diventare
una piccola comunità, non una
classe scolastica. Il lavoro va
quindi organizzato in modo da
coinvolgere tutti e permettere a
tutti di comunicare con gli altri.
Per questo è stato proposto che,
dove è possibile, i pastori vengano affiancati da catechisti con
esperienza pedagogica e si preparino insieme.
3) Cercare l’inserimento nelle
comunità.
Non si deve aspettare il giorno
della confermazione per parlare
dell’impegno nella chiesa. Bisogna trovare i modi per inserire
fin dai primi anni i catecumeni
in qualche attività comunitaria.
La comunità non deve essere sentita come una realtà lontana ed
estranea. Questo però significa
che anche da parte dei genitori
e degli altri membri di chiesa la
attività dei catecumeni deve essere seguita con interesse.
In conclusione, il rinnovamento del catechismo è un impegno
di tutta la comunità e non soltanto dei pastori e dei catechisti.
b. r.
ALLE VALLI VALDESI
Domenica della gioventù
PINEROLO — E’ sempre difficile leggere la Bibbia senza cercarvi la conferma alle nostre
idee. Il gruppo della PGEI che
nella scorsa domenica della gioventù ha gmdato il culto nel
tempio di Pinerolo si è invece
impegnato nell’ascolto serio e
umile della parola di Dio, e meditando sulle prime pagine della
Genesi ci ha ricordato che anche il lavoro, come tutti gli altri
aspetti della nostra esistenza,
'può essere per l’uomo benedizione o maledizione, in conseguenza dell’unica cosa che realmente conta, il nostro rapporto con
Dio.
Alla fine del culto un folto
gruppo di fratelli ha risposto alla richiesta dei giovani di riflettere insieme sull’argomento della predicazione, che ci ha spinti
ad esaminarci seriamente, domandandoci se e fino a che punto il nostro lavoro, nel modo in
cui si svolge, nei motivi e negli
scopi che gli diamo, nei risultati che riusciamo a raggiungere,
è coerente con la nostra fede.
Porse è vero che in generale
cerchiamo di lavorare con serietà, e di rispettare il frutto del
lavoro nostro e altrui. Ma questo è sufficiente?
VILLAR PEROSA — Il gruppo PGEI ha condotto il culto
del 6 marzo. Mauro Long ha tenuto il sermone, che era stato
preparato dal gruppo, sulla parabola dei lavoratori delle diverse ore (Matteo 20); Enrica Rochon ha presieduto la liturgia.
Paolo Perrero ha curato l’informazione sulla situazione dell’occupazione nel pinerolese. La discussione che è seguita ha messo in rilievo soprattutto la ne
cessità di una maggiore solidarietà.
• Domenica 13 marzo i catecumeni di IV anno e il pastore
hanno partecipato all’incontro
dei confermandi ad Agape. Il
culto a Villar è stato presieduto
dal predicatore Luigi Marchetti.
• La comunità è stata colpita
dalla dipartenza di due fratelli
che negli anni scorsi avevano
molto contribuito alla sua attività. Sergio Pons aveva dato ore
e ore di lavoro per la sistemazione della Foresteria, ed era
poi sempre disponibile per ogni
necessità. Ezio Roccione era
membro della Chiesa Valdese di
Milano, ma in molte occasioni si
era reso utile, anche per la sua
conoscenza del tedesco. Entrambi ci hanno lasciati all’età di 60
anni, colpiti da im male incurabile. Alle famiglie esprimiamo la
solidarietà nella fede in Cristo,
pur di fronte alla tristezza che
ci causa la perdita di questi fratelli.
Ospiti dalla Germania
ANGROGNA — Attendiamo
dal 21 al 31 marzo im gruppo di
una ventina di persone (ospitate in parte a Casa Pons in parte al Presbiterio) guidate dal
past. Thomas Fuchs (membro
della Waldenser Pretmdeskreis)
che intendono conoscere attualità e storia delle Valli Valdesi e
partecipare attivamente al culto
delle Palme con la comunità an'grognina
• Sabato 26 con inizio alle 19
presso la Sala Unionista si terrà un’agape fraterna tra i confermandi e il Concistoro. Seguirà un dibattito sulla confessione
di fede del catecumeni.
Incontro coi
confermandi
TORRE PELLICE — L’incon
tro dei catecumeni, che hanno
fatto domanda di ammissione,
con il Concistoro ha avuto luogo
sabato sera alla Casa Unionista,
presenti anche molti genitori dei
ragazzi. Dopo la lettura delle loro domande si è avuto uno scambio di vedute sull’inserimento dei
nuovi membri nella vita della
chiesa.
• Domenica l’assemblea di
chiesa ha affrontato il problema
dei matrimoni interconfessionali.
A giudicare dal numero delle persone presenti si dovrebbe pensare che si tratta di un problema
irrilevante, il dibattito ha invece
mostrato quanto sia attuale e
grave. E stato approvato un documento che dà alcune linee operative per la comunità sul problema.
La morte del pastore
Guido Mathieu
Al momento di « chiudere »
questo numero del giornale apprendiamo la morte del past.
Guido Mathieu, avvenuta a Roma
il 14 marzo.
Guido Mathieu era nato a Pietra Marazzi il 30 dicembre 1906 e
dopo gli studi di teologia era stato pastore a Riclaretto nel 19301934, a Pomaretto nel 1934-1948,
Palermo nel 1948-1956, a Roma
(via IV Novembre) 1956-19'fO e
poi a Vallecrosia dove aveva conseguito l’emeritazione.
Nel prossimo numero ricorderemo più ampiamente la sua figura.
In un mare di verde, in un’oasi di pace
I; Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aparta tutto l'anno
Faeilitcaioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per bcmehetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
Lange
et l'enfant
In questi giorni di grande tristezza
per Torino, pensando a tutta quella
gente, i loro cari e i bimbi che non ricorderanno i loro genitojù, mi è tornata
in mente questa poesia in francese di
cui l’ultima strofa mi era stata insegnata da mia madre in occasione del
funerale del mio ultimo fratellino —
3 mesi — l’ottavo. Io allora avevo quattro anni, ora 74, e non capivo la profonda verità di queste paróle, ma nel
•1941 quando ho perduto la mia bambina, ho capito e ne ho tratto conforto.
L’ho su un vecchissimo libro e non
voglip che vada perduta perciò la affido al mio carissimo « Echo des Vallées » che ci ha sempre accompagnati.
Enrichetta Pons in Fenouil
Torino
Un ange au radieux visage
Penché sur le bord d’un berceau
Semblait contempler son image
Comme dans l'onde d'un ruisseau.
Charmant enfant qui me ressemble
Disait-il oh! viens avec moi
Viens, nous serons heureux ensemble
La terre est indigne de toi.
Là jamais entière allégresse,
L'âme y souffre de ses plaisirs
Les cris de joie ont leur tristesse
Et les voluptés leurs soupirs.
La crainte est de toutes les fêtes.
Jamais un Jour calme et serein
Du choc ténébreux des tempêtes
N’a garanti le lendemain.
Eh quoi les chagrins les alarmes
Viendraient troubler ce front si pur?
Et par l’amertume des larmes
Se taisaient ses yeux d’azur?
Non, non; dans les champs de l’espace
Avec mol tu vas t’envoler
La providence te fait grâce
Des jours que tu devais couler.
Que personne dans ta demeure
N’obscurcisse ses vêtements
Qu’on accueille ta dernière heure
Ainsi que tes premiers moments.
Que les fronts y soient sans nuage
Que rien n’y révèle un tombeau
Quand on est pur comme à ton âge
Le dernier jour est le plus beau.
Et secouant ses blanches ailes
L’Ange à ces mots a pris l’essor
Vers les demeures éternelles.
Pauvre mère ton fils est mort
Hanno collaborato a questo
numero: Paolo Gay, Sauro
Gottardi, Antonio Kovacs,
Bruno Mathieu, Osvaldo Piscini. Bruno Rostagno, Giorgio Tourn.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Giovedì 17 marzo
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei collaboratori avrà
luogo a casa Gay via Cittadella 8 Pinerolo, con inizio alle ore 20.30.
Sabato 19 marzo
n TELEPINEROLO
CANALE 56 - 36
Alle ore 19 va in onda la trasmissione Confrontiamoci con l'Evangelo •
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo Ribet).
□ ASSEMBLEA
ASSOCIAZIONE «AMICI
OSPEDALE DI
TORRE PELLICE »
TORRE PELLICE — Alle ore 17 si tiene
presso la Sala delle attività la assemblea dei soci col seguente ordine del
giorno:
— Scambio di idee in vista dell’incontro tra il comitato direttivo e la
Tavola valdese previsto per il 27 marzo
prossimo.
Domenica 20 marzo ~
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa): Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del II
Circuito.
□ 3° INCONTRO
MATRIMONI
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — Alle ore 15 presso la
parrocchia Madonna di Fatima (via Caprini) si tiene il 3“ incontro sui matrimoni interconfessionali. Si studierà l'argomento: >< Cosa si intende per pastorale comune delle coppie interconfessionali ».
Giovedì 24 marzo
n INCONTRO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — Con inizio alle ore
20.45 si tiene presso la Chiesa Valdese
(via dei Mille 1) un incontro biblico
ecumenico in preparazione della Assemblea del CEC a Vancouver. Tema della
serata « Il tesoro della vita ».
□ CORSO PER
PREDICATORI LOCALI
VILLAR PELLICE — I partecipanti al
corso per predicatori locali a cura del
r Circuito si ritrovano giovedì 24 marzo ai Teynaud di Villar Pellice alle ore
20 in concomitanza con la riunione
quartierale.
VASTA PRODUZIONE
croci
ugonotte
In
oro e argento
da
Orefiixria BORNO
di TESI e DELMASTRO
Via Trieste, 24 PINEROLO - Telefono 3117
e presso le Librerie ’’Claudiana”
5
18 marzo 1983
vita dellexhiese 5
IN VISTA DELLA DOMENICA DELLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA UN ARTICOLO DI MIEGGE DEL ’59
ROMA - UCEBI
La nostra originalità
Per la domenica della Facoltà di teologia, 10 aprile p. v.,
propóniamo alle chiese la rilettura di questo articolo dell'Eco. ,
delle Valli Valdesi che Giovanni Miegge scrisse per la domenica della Facoltà del 1959. « La voce di Miegge — annota il
decano S. Rostagno nel segnalarcelo — certamente più autorevole della nostra, dice delle cose che sono valide anche oggi ».
Gli studenti in teologìa sono a disposizione (fino al 10
aprile) per presentare la Facoltà nelle chiese; occorre però,
raccomanda il decano, che siano invitati per tempo.
C’è dunque una domenica della Facoltà di Teologia, come c’è
una domenica della Riforma,
una domenica della Pace, una domenica della Madre. La facoltà è
certo un argomento meno maestoso dei due primi e meno commovente del terzo. Comunque,
in questa domenica 12 aprile siamo invitati a pensare in modo
particolare al nostro Istituto di
Via Pietro Cossa, a coloro che
lavorano in esso, in particolare
agli studenti che si preparano al
ministero; pensare e pregare per
quest’opera, per queste persone,
dalle quali dipenderà in parte
quello che sarà la Chiesa Valdese, e in generale l’Evangelismo
italiano nella prossima generazione. E domandare a Dio che
non siano lasciati soli, ma che
Egli « spinga degli operai nella
sua messe » (Matt. 9: 38).
Non si viene alla Facoltà di
teologia per gli stessi motivi che
determinano, in generale, l’iscrizione alle altre Facoltà universitarie. I motivi possono essere
svariati, ma la ragione più profonda resta sempre un po’ un
segreto dell’anima, di cui si porta la responsabilità davanti a
Dio; e i giovani di questa generazione, in generale, non ne parlano volentieri, ner un senso di
rispetto verso di essa.
Questo non vuol dire, che la
ragione decisiva sia qualche cosa di incomprensibile, una specie di impulso irresistibile, una
violenza che ci vien fatta. L’apostolo Paolo scriveva; « Guai a
me se non evangelizzo » (I Cor.
9: 16), ma sapeva perfettamente
perché evangelizzava.
Noi siamo un pugno, di uomini, in questa Italia moderna; con
la nostra Bibbia, con le nostre
convinzioni, diversi da tutti gli
altri; e talvolta abbiamo la tentazione di sentire il peso di questa diversità e il desiderio di assimilarci. Eppure, basta che ci
pensiamo un istante per renderci conto che abbiamo qualche
cosa da dire, a questa nostra
nazione, e che nessun altro può
dirlo. E quello che abbiamo da
dire non è una cosa antiquata e
fuori della realtà, è una cosa
viva ed essenziale, di cui moltissimi, intorno a noi, sentono oscuramente il bisogno. Siamo talvolta costretti a riconoscere, che
se quello che abbiamo da dire
non ha la risonanza che dovrebbe avere, questo dinende soprattutto dalla debolezza della nostra
voce, dalTinsufPicienza dei mezzi per sonorizzarla, e da una certa inadeguatezza della presentazione, dovuta al fatto che siamo
così pochi, così poveri, e che
dobbiamo sempre affannarci a
far fronte alle necessità immediate, senza poter impostare a
fondo, con criteri moderni di
efficienza, il problema della propagazione del Vangelo.
Questo è il nostro problema.
Il nostro popolo ha bisogno del
Vangelo, e oscuramente lo sa e
lo desidera. La Chiesa cattolica,
nonostante la sua enorme potenza, politica e organizzativa,
non risponde a questa esigenza.
Nonostante il suo splendore, una sorda insoddisfazione circola nel suo organismo, e sono gli
elementi più vivi nel giovane
clero, tra gli intellettuali, tra gli
operai, .;he avvertono la crisi.
Molti in essa sono evangelici senza saperlo ed avrebbero soltanto
bisogno di conoscersi e di contarsi, per innovare profondamente
una situazione divenuta intollerabile.
D’altra parte, neppure le fedi
laiche bastano a rispondere alla
oscura attesa spirituale del nostro tempo; esse sono il rifugio,
talvolta il ripiego della delusione, per chi vorrebbe avere una
fede diversa, e non può.
Per questo abbiamo tanta responsabilità. Vi sono in Italia migliaia di persone che vorrebbero
sentirci dire alta e forte una parola, che non riescono a formulare con precisione, ma che
aspettano da noi, pèrché hanno
Timpressionè che noi dovremmo
saperla dire chiaramente. Noi
siamo al tempo stesso gli eredi
dell’antica fede cristiana, tenacemente conservata e rivissuta con
libertà, e siamo gli uomini del
nostro tempo, che da quattro se
coli non hanno rifiutato nessuna
delle più drammatiche avventure
del pensiero moderno. Questa
doppia qualità costituisce la nostra originalità. Essa ci permette di sentirci a volta a volta in
comunione di fede con i rappresentanti più aperti del Cattolicesimo romano, e in armonia di
pensiero e di reazioni morali e
politiche con i più liberi esponenti della cultura laica; e nei due
casi, d’altra parte, sentiamo anche chiaramente che questo accordo non va oltre un determinato limite, e che non potremmo
mai essere integralmente né cattolici né laici. E sappiamo anche
con certezza, che questa incapacità non è per noi una ragione
di inferiorità. Qrbene è proprio
questa posizione intermedia, tra
le grandi formazioni spirituali
che si dividono Tinfiuenza in Italia, che costituisce la nostra originalità e la nostra obbligazione.
Si potrebbe dire che è la forma
che assume per noi il; « Guai a
me se non evangelizzo! ».
Come assolvere a questa obbligazione? E’ certo che vi sono vari mezzi per portare nel nostro
ambiente di lavoro e di vita la'testimonianza del Vangelo; ma una
via diretta, impegnativa, totale è
quella di fare il pastore. Io credo che questa convinzione è alla
base di molte vocazioni pastorali
del nostro tempo, in Italia e fuori; ed è anche nella linea di questa
convinzione, che la nostra Facoltà cerca di compiere, nel raccoglimento e nella disciplina dello
studio, il suo lavoro.
Essa vorrebbe essere veramente una scuola di pastori e di evangelizzatori per il nostro tempo.
Inoltre, avrebbe anche l’ambizione di assolvere direttamente, come istituto teologico, la sua parte nel formulare l'annuncio che
gli uomini del nostro tempo
aspettano. E il piccolo gruppo di
persone che cerca di fronteggiare un compito così complesso ed
esigente, sente profondamente
Tassillo della sua insufficienza e
della povertà dei mezzi di cui dispone.
Perciò la Facoltà si sente in
diritto di chiedervi; Pensate a
noi, pregate per noi.
Giovanni Miegge
L’aiuto per crescere nella fede
ROMA — « Se abbiamo deciso di confermare la nostra Fede
è perché facciamo fiducia al Signore che ci aiuterà a crescere
nel nostro credere e Lo vogliamo ringraziare di averci guidati
fin qui nella nostra vita».
Cosi, si sono espressi 5 giovani catecumeni che domenica 6
marzo nella chiesa di Piazza Cavour hanno fatto professione della loro fede davanti ad una assemblea silenziosa, in parte commossa per la presenza di numerosi familiari provenienti anche
dalla Germania, ed in parte piena di simpatia per questi giovani che si associano alla Comunità.
Lorenzo Argentieri, Cornelia
Dupré, Eugenio Dupré, Lea
Knoepfel e Silvia Ponzo si sono
alternati al pastore Franco Sommani nella prima parte della liturgia del culto nella lettura del
versetto di introduzione della
preghiera d’invocazione, nella
lettura dei testi biblici, ripetuta
da Lea Knoepfel in lingua tedesca pier gli ospiti stranieri. Lorenzo Argentieri infine ha letto
a nome di tutti gli altri il documento che costituisce la confeissione di fede del gruppo.
Dopo il culto molte persone
si sono raccolte intorno ai nuovi fratelli in fedé per rallegrarsi
con loro incluso un gruppo
scouts, amici di Eugenio Dupré
che avevano partecipato a tutto
il culto. Molti fratelli hanno poi
fraternizzato con i neo-confermati nel corso di un’àgape svoltasi nel locale adiacente.
Una visita
MILANO — Da mercoledì 16 a
domenica 20 febbraio sono stati
ospiti, per un seminario di studio, un gruppo di vicari (candidati in teologia) della chiesa evangelica della Renania (Germania Gccidentale). L’organizzazione del soggiorno è stata curata
dal Concistoro valdese. Gli amici
tedeschi hannò potuto rendersi
conto della vita e delle attività
che ruotano attorno alla nostra
chiesa, e ne sono rimasti molto
interessati. Prima di rientrare in
Germania, hanno salutato le comunità valdese e metodista di
Milano con un messaggio che è
stato letto nel pomeriggio di domenica 20, in occasione dell’incontro del ”17 febbraio”.
Dalle Valli
IVREA — Domenica 20, dopo
l’àgape fraterna organizzata dal
gruppo di servizio per il 17 febbraio, il pastore Del Priore ha
presentato e commentato alcune
diapositive su Lutero, continuando cosi il discorso iniziato con
la conferenza del moderatore
Bouchard.
In occasione della giornata
mondiale di preghiera, domenica
6 marzo abbiamo ricevuto la visita di circa 80 sorelle provenienti dalle Valli e il culto è stato presieduto da un gruppo di sorelle
valdesi, battiste e dell’Esercito
della Salvezza di Torino.
Domenica 20 marzo Francesca
Spano, come rappresentante della Federazione giovanile evangelica presiederà il cirlto e informerà la comunità sul lavoro che
la FGEI svolge.
Nella pagina che riferiva sulla « settimana della libertà » (n. 9 del 4-3)
l’articolo di R. Turinelto « Dalla teologia del buon senso alla croce di Cristo » è risultato privo dell’indicazione
del luogo in cui si è tenuta la conferenza del pastore Bouchard: Ivrea. Ce
ne scusiamo con gli interessati e i lettori.
Incontri impressivi
MESSINA — La celebrazione
del 17 febbraio è stata preceduta da una serie di incontri comunitari sul tema della Riforma
e dei suoi principi fondamentali
e dall’affissione del manifesto
nelle vie del centro, particolarmente nei pressi delTUniversità e
delle scuole. Durante questi incontri sono stati letti brani di
Lutero, che hanno fortemente
impressionato l’uditore cattolico,
per lo più avvezzo ad una concezione controriformistica della
figura del Riformatore.
La sera del 17 febbraio, dopo
la tradizionale àgape, che quest’anno ha registrato un gran numero di presenze, per la partecipazione di membri della Comunità di base, è stato presentato
il libro di M. Lutero « La libertà
del cristiano ».
Insieme con le Comunità di
base si sta organizzando una conferenza con pubblico dibattito su
Lutero e la Riforma.
Solidarietà
Il Comitato Esecutivo dell’Unione Cristiana Evangelica Battista riunito a Roma dal 24 al
26 febbraio ha tra l’altro approvato una mozione in cui
« esprime la piena solidarietà
alle popolazioni dell’America latina, e in particolare a quelle del
Salvador, Guatemala e Cile, soggette al potere di spietate dittature militari che hanno bandito
ogni forma di libertà e di giustizia, privilegiando gli interessi di
quei gruppi sociali, che pur essendo una sparuta minoranza,
sono gestori dell’econqmia ;
biasima l’atteggiamento di tutti quei settori cristiani anche
protestanti, che appoggiano figure di dittatori, quali Montt,
responsabile di spaventosi eccidi, che afferma di essere ’un cristiano nato di nuovo’;
dichiara che non si può condividere il messaggio evangèlico
con coloro che ritenendosi ’credenti’ disprezzano di fatto i principi fondamentali della vita e
del diritto ;
fa appello all’Alleanza Mondiale Battista e a tutti i fratelli Battisti degli U.S.A., perché facciano sentire la loro voce di protesta contro tali vessazioni e denuncino il connubio scandaloso
tra la conclamata fede evangelica e azioni di morte e di oppressione ».
CORRISPONDENZE
PISTOIA Sabato 19 marzo nella
locale Chiesa battista di via Porto S.
Marco 9 alle ore 18 conferenza-dibattito condotta dal pastore Alfredo Sonelli
sul Culto di Maria nel Cattolicesimo di
oggi.
BOLOGNA — Secondo ciclo degli incontri del gruppo biblico interconfessionale dedicato allo studio della lettera
ai Romani. Appuntamento il 2" e 4°
martedì di ogni mese alle 21 in via
Venezian 3.
ROCCA DI PAPA (Roma) - Al Centro
battista sabato e domenica 26 e 27 marzo Convegno della FGEI dell’Italia centrale su « La comunità cristiana ieri
oggi e domani ». Studio biblico sulla
comunità primitiva e un dibattito sulle
risultanze di un questionario distribuito
ai gruppi della regione.
MILANO — Il 23 marzo inizia il 3°
ciclo di studi biblici organizzato dal
Centro di cultura protestante su « Israele i pagani e la giustizia di Dio secondo la lettera ai Romani », a cura del
pastore Daniele Garrone.
Incontri ogni 2“ e 4“ mercoledì del
mese alle 21 in via Francesco Sforza
12/A.
TARANTO — Sabato 26 marzo nel
Salone degli specchi dell'Amministrazione provinciale avrà luogo una conferenza del prof. Boris Ulianich deH'Università di Napoli sul tema: « La figura,
l’opera, il messaggio di Lutero ».
NEL 2® DISTRETTO
Incontro dei cassieri
Sabato 5 marzo u.s. ha avuto
luogo a Milano, presso la Chiesa
Valdese, l’annuale incontro dei
cassieri delle chiese valdesi e metodiste del 2“ distretto.
È stata una occasione per esaminare insieme l’andamento delle contribuzioni nell’anno 1982,
gli impegni assunti dalle rispettive chiese per il 1983 ed i preventivi della Tavola Valdese e della
OPCEMI per il 1984 in vista degli impegni finanziari che le chiese del Distretto dovranno dichiarare in occasione della prossima
Conf. Distr. convocata a Tprino
per i giorni 11 e 12 giu^o p.v.
Una valutazione positiva del
l’incontro ù stata espressa dai
partecipanti (25 persone) con
l’augurio di ripetere l’iniziativa
al fine di avere anche uno scambio di esperienze sul servizio che
viene svolto con amore e dedizione nelle singole chiese.
La CED del 2" distretto ha inoltre programmato un incontro
con i sei sovrintendenti dei • circuiti del distretto per il 14 maggio p.v. alle ore 10 sempre presso i locali della chiesa valdese
di Milano in preparazione alla
stesura della propria relazione
annua da presentare alla Conf.
Distrettuale.
6
prospettive bibliche
18 marzo 1983
UNA LITURGIA PER IL GIOVEDÌ’ SANTO
Mentre stavano mangiando...
La Commissione per la liturgia presenta
alle chiese tma liturgia per il Giovedì santo
formulata a partire dalla riflessione sulla
« Pasqua ebraica » celebrata da Gesù prima di morire. Non si è voluto organizzare un altro « culto » infrasettimanale ma
dar forma ad un momento comunitario che unisca la gioia del « mangiare insieme » e del pregare insieme e del celebra
re insieme la Cena del Signore.
Si è quindi costruita questa liturgia del
Giovedì santo con l’aiuto di preghiere ebraiche tratte dal libro « Cena pasquale ebraica
per comunità cristiane » di O. Carena, Marietti 1980, ed articolandola in 4 momenti:
1) preghiere di lode e letture bibliche; 2) àgape fraterna; 3) celebrazione della Cena; 4)
preghiere spontanee e benedizione.
,Si è poi cercata la più ampia partecipazione comunitaria alla liturgia con l’intervento
di altri fratelli e sorelle per altri momenti
della liturgia: dalla preghiera iniziale alla benedizione di commiato, inni, preghiere, ecc.
A Vercelli la liturgia con l’àgape è stata
sperimentata in chiesa e le perplessità iniziali di qualche membro di chiesa sono state fugate dalla comunione fraterna.
PREGHIERA DI LODE
Benedetto sii Tu, o Signore,
nostro Dio, che ci hai chiamato
ad essere discepoli del tuo Figlio.
Sii in mezzo a noi in quest’ora,
nella quale, in gioiosa comunione fraterna, desideriamo fare
memoria delle tue grandi opere
di liberazione compiute per il
tuo popolo Israele e per l’umanità tutta in Cristo Gesù.
Benedetto sii Tu, o Signore,
nostro Dio, che ci hai scelti fra
tutti i popoli.
Nel tuo amore per noi. Tu ci
hai colmato di benefici e di doni e non ci hai fatto mancare il
tuo Spirito Santo.
Benedetto sii Tu, o Signore,
nostro Dio, per i cibi posti su
questa mensa e fa’ che essa sia
segno del grande convito, cui ci
chiami a partecipare nel tuo Regno.
Nel nome di Gesù. Amen.
INNO 15
Un bambino della Scuola domenicale chiede ;
— Perché questa sera mangiamo qui tutti insieme?
Il padre o chi presieda:
— Perché come abbiamo già
chiesto al Signore insieme, nella gioia, desideriamo parlare del
grande amore che Egli ha, ed ha
avuto per gli uomini tutti - dalla creazione alla passione, morte e risurrezione di Gesù.
Lodiamo perciò il Signore:
INNO 14/1
LETTTJRE BIBLICHE
Esodo 13: 3-10
Tutta l’assemblea ringrazia il
Signore con le parole del
Salmo 114
Giovanni 13: 1-20
Tutta l’assemblea ringrazia il
Signore con le parole del
Salmo 113
INNO 14/4
Raccogliamoci in preghiera.
Benedetto sii Tu, o Signore nostro Dio, re dell’universo, che ci
nutrì non secondo le nostre opere e che ci alimenti non secondo i nostri meriti, che ci elargisci oltre ogni misura la tua bontà, che nutrì noi e il mondo intero con benevolenza, con grazia, con abbondanza e misericordia, che dai il pane ad ogni creatura, perché il tuo amore è eterno. La tua infinita bontà non ci
ha mai fatto mancare e non ci
lascerà mai mancare il sostenta' mento, perché Tu nutrì ed alimenti ogni vivente; la tua tavola
è preparata ^r tutti; Tu disponi cibo ed alimenti per tutti coloro che nella tua bontà e nella
tua immensa misericordia hai
creato, come è detto: Tu apri le
tue mani e sazi amorevolmente
ogni vivente (Sai. 145: 16).
Benedetto sii Tu, o Signore,
che nutrì con bontà ogni creatura.
Per la nostra terra e per il
paese dato in possesso ai nostri
padri’ noi Ti ringraziamo, o Signore nostro Dio; per la Legge
che Tu ci hai concesso e per i
comandamenti della tua volontà
che ci hai fatto conoscere; per
la vita e per il cibo con cui Tu
ci alimenti e ci nutrì. Per tutto
questo, o Signore nostro Dio, noi
■Ti ringraziamo e benediciamo il
tuo nome, come è detto: « Quando avrai mangiato- e sarai sazio,
allora benedirai il Signore, tuo
Dio per la terra buona che ti ha
dato » (Dt. 8: 10). Benedetto sii
Tu, o Signore, per la terra e per
il nutrimento.
Abbi pietà, o Signore nostro
Dio, di noi e di Israele tuo popolo, Padre nostro sii nostro pastore, alimentaci, nutrici, provvedi ai nostri bisogni, liberaci,
liberaci presto da tutti i mali, e
non porci nella necessità di dover ricorrere ai doni e ai prestiti degli uomini, perché poca cosa sono i loro doni e molto umilianti, ma solo alla tua mano piena, generosa ricca ed aperta, così che non dobbiamo arrossire
in questa vita né vergognarci in
quella futura.
Dio nostro e Dio dei nostri padri, salga, venga, arri-vi, si presenti, sia gradita, sentita, ricercata e ricordata dinanzi a Te la
memoria nostra e dei nostri padri, in questo giorno di sacra assemblea, perché Tu abbia pietà
di noi e venga in nostro soccorso. Ricordati di noi, o Signore,
Dio nostro in questo giorno per
il nostro bene; visitaci e benedicici, salvaci perché possiamo vivere degnamente; secondo la tua
parola di salvezza e di misericordia, proteggici e concedici
grazia, usa misericordia e compassione verso di noi e sal-vaci,
poiché a Te sono rivolti i nostri
occhi, perché Tu sei un Dio misericordioso e pietoso. Amen.
INNO 178
L’assemblea
consuma la Cena
Al termine di essa:
Raccogliamoci in preghiera.
Benedetto sii Tu, o Signore
nostro Dio, re dell’universo per
sempre; Dio, nostro Padre, nostro Re, nostro Protettore; no
stro Creatore, nostro Redentore,
nostro Santo, Santo di Giacobbe, nostro Pastore, Pa^ore d’Israele. Re buono e benefico verso tutti, che ogni giorno ci benefichi, ci hai beneficato e ci beneficherai, ci colmi, ci hai colmato
e ci colmerai sempre di favorì,
di grazie, di pietà, di benessere,
di prosperità e di ogni bene.
O Signore,
quello che abbiamo mangiato
ci procuri sazietà; quello che abbiamo bevuto guarigione; quello
che abbiamo avanzato benedizione, come è scritto: « Imbandì loro la mensa e mangiarono
e ne avanzò, secondo la parola
del Signore » (2 Re 4: 44); « Benedetti siate voi dal Signore,
creatore del cielo e della terra »
(Sai. 115: 15); «Benedetto sia,
l’uomo che confida nel Signore
e che nel Signore ripone la sua
fiducia » (Ger. 17: 7); « Il Signore dia forza al suo popolo, il Signore benedica il suo ponolo con
il dono della pace» (Sai. 29: 11);
« Alzo il calice della salvezza e
invoco il nome del Signore »
(Sai. 116: 13).
Benedetto sii Tu, o Signore nostro Dio, re dell’universo. Amen.
L’assemblea prega con le parole del
Salmo 115
Lettura della istituzione della
Cena del Signore.
Dall’Evangelo secondo Matteo
al cap. 26 dal v. 26:
Mentre stavano mangiando,
Gesù prese il pane, fece la preghiera di ringraziamento, poi
si>ezzò il pane, lo diede ai discepoli e disse: «Prendete e mangiate ; questo è il mio corpo ».
(Chi presiede spezza il pane e
ne porge una parte a sinistra e
l’altra a destra dopo averne lui
stesso staccato un pezzo).
Quando tutti hanno mangiato
del pane, uno dei presenti legge
i vv. 27 e 28:
Poi prese la coppa del vino,
fece la preghiera di ringraziamento, lo diede ai discepoli e disse : « Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, offerto per
tutti gli uomini, per il • perdono
dei peccati. Con questo sangue
Dio conferma la sua alleanza».
(Tutti bevono il vino che è nel
loro bicchiere).
Quindi l’assemblea ringrazia
il Signore con le parole del
Salmo 117
Raccogliamoci in preghiera.
O Misericordioso:
regna su di noi in eterno,
sii benedetto sul tuo trono di
gloria,
sii lodato in cielo e in terra,
sii glorificato da noi per sempre,
rialza la dignità del tuo popolo,
salvaci dalla povertà,
salvaci da morte violenta,
salvaci dalle pene dell’infemo,
alimentaci con dignità,
stabilisci la pace tra di noi,
fa’ prosperare ogni nostra iniziativa,
estirpa la cattiva inclinazione dal
nostro cuore,
proteggici ora e sempre, quando
usciamo e quando rientriamo,
apri in nostro favore la tua mano generosa,
distendi su di noi come una tenda la tua pace,
stabilisci la tua Legge e l’amore
verso di Te nel nostro cuore,
benedici questa casa, questa
mensa e noi che abbiamo partecipato a questa cena,
benedici ciascuno di noi nel tuo
nome che è grande;
come furono benedetti i nostri
padri. Abramo, Isacco e Giacobbe in tutto, completamente, così benedici noi tutti insieme, con una benedizione abbondante; così sia il tuo volere, e noi diciamo: Amen!
Preghiere spontanee e Padre
nostro.
INNO 174
Benedizione di commiato:
A colui che ci ama, che ci ha
lavati dei nostri peccati e che ci
ha fatti re e sacerdoti a Dio suo
padre, a lui siano onore e gloria
nei secoli.
Amen, Signore, amen.
(cantato)
MISERICORDIA,
NON SACRIFICIO
E infine: appunto perché il regno di Dio
è più grande del tempio, Gesù cita la parola di Osea: « Voglio misericordia, non.
sacrifici». Se il tempio fosse tuttora al
centro, allora anche il sacrificio manterrebbe la sua centralità. Il tempio infatti
ha questa funzione: Tofferta del sacrificio;
e i sacerdoti son lì per questo: per offrire
il sacrificio. Tempio, sacrificio e sacerdozio si puntellano a vicenda.
Gesù però dice: al centro sta il regno di
Dio. Allora tutto cambia. Viene offerto un
unico sacrificio, ma non dal sacerdote,
bensì da Dio stesso. Dio si dà in sacrificio
per gli uomini. Si offre in sacrificio. Ecco
il grande rivolgimento. Dio non vuole più
sacrifici, perché offre se stesso in sacrificio. Perciò il tempio deve perdere valore e
il sacerdote deve sparire. Nel regno di
Dio non c’è più alcun sacerdote. È molto
importante: nel regno di Dio non c’è più
alcun sacerdote! Questo vuol dire essere
protestanti.
Il cristiano comune
è l’unico che ci sia
C’è qui qualcosa di più grande del tempio: il regno di Dio. C’è qui qualcosa di
più grande del sacerdote: il laico, il cosiddetto cristiano comune. Il cristiano comune è l’unico cristiano che ci sia. Non
c'è aitro modo di essere cristiano. Il cristiano comune è più grande. E c’è qui
qualcosa di più grande del sacrificio, dell’offerta, ed è la misericordia. Questo, sì,
questo è protestante, molto protestante.
« Misericordia e non sacrifici » dice Dio
— la sua volontà non potrebbe esprimersi più nettamente. Eccoci di fronte a una
netta alternativa. A noi però le alternative
non piacciono, tanto meno quelle di Dio.
Sono troppo unilaterali, e non vogliamo
a cura di Gino Conte
Eccoci alla conclusione dello studio biblico del prof. Paolo Ricca su Matteo 12:
1-8; chiarito il rapporto inscindibile fra pane e libertà, e che questa libertà è libertà dal tempio, dalla religione, a causa 'deH’irrompere del regno di Dio, In Gesù
Cristo, ecco ora il grande rivolgimento: Dio non vuole più sacrifici, ma si sacrifica;
non ci sono dunque più sacerdoti, ma fratelli.
essere unilaterali. Non vogliamo essere
esclusivi. Perciò diciamo: « non solo... ma
anche ». Non solo sacrificio, ma anche misericordia. Sacrifìcio, e poi misericordia.
Prima misericordia, e poi sacrificio. Più
sacrificio che misericordia. Più misericordia che sacrificio. Così parliamo noi.
Dio parla altrimenti. Esclude radicalmente il sacrificio. Vuol farla finita con la
religione del sacrificio. Si compiace soltanto della misericordia. Noi invece ci
compiaciamo anche di sacrifici. Com’è bello offrire, sacrificare a Dio qualcosa, o
forse molto, magari tutto! Che gente pia
siamo, quando sacrifichiamo a Dio tutto!
Ma a Dio il sacrificio non piace.
Se riflettiamo fino a che punto la religione del sacrifìcio è stata reimpiantata nel
cristianesimo, questa frase di Gesù ci stupisce e ci turba. Nel cattolicesimo romano il sacrificio è costante. L’eucaristia è
celebrata essenzialmente come sacrificio.
Il mondo stesso viene presentato a Dio in
sacrificio, dalla chiesa. Qui la chiesa è la
grande sacerdotessa che offre tutto a Dio,
come un sacrificio. Ma anche nelle nostre
chiese, nelle nostre comunità riaffiora continuamente la religione del sacrificio. Molti pensano che il culmine del cristianesimo sia raggiunto nel sacrificio a Dio. Si
sta bene quando si sacrifica a Dio. Dio
mio, ti do questo, ti offro quello; che bello, si è contenti, perché Dio è grande e di
ventiamo di conseguenza un po’ grandi anche noi, se facciamo qualcosa.
Dio però respinge decisamente questa
religione. Egli non vuole nulla per sé, vuole tutto per gli uomini. Nessun sacrificio
per Dio, ogni sacrificio per gli uomini —
questo vuol dire essere protestanti!
Un’alternativa esagerata?
Esitiamo un po’, di fronte a questi pensieri. Ci domandiamo: ma le cose stanno
proprio così? Non è un’esagerazione? Che
cos’è accaduto? Dimenticheremo Dio? Di
fatto, questa è la nostra paura: che nel
rapporto con gli uomini perdiamo il rapporto con Dio. Dio ci dice però che non è
questo il pericolo cui siamo esposti: noi
viviamo infatti nel tempio, e nel tempio il
pericolo è proprio l’opposto: nel rapporto
con Dio (il «sacrifìcio») perdere il rapporto con gli uomini. Gesù ci dice: servire
Dio non vuol dire offrirgli sacrifici, ma
esercitare la misericordia. Il culto, servizio a Dio, dev’essere concepito come servizio all’uomo, e viceversa. Non sacrificio,
ma misericordia: questo vuol dire essere
protestanti!
Misericordia: la parola fondamentale, la
realtà fondamentale, il cuore di Dio, il
mondo di Dio, la realtà di Dio. Non è forse l’ora più bella della nostra vita, quando possiamo dire: sono stato trattato con
misericordia, ho trovato misericordia?
Non è questa, la scoperta di Dio? Non è
questo, Dio? Il mistero e al tempo stesso
il significato della vita? La misericordia,
Dio la ama; e dobbiamo aggiungere che
Dio ama la nostra misericordia. Dà e chiede misericordia. Nella chiesa si parla molto della misericordia di Dio; ed è fondamentale. Però Dio parla anche volentieri
della misericordia dell’uomo, ad esempio
della misericordia del samaritano; parla
volentieri della beatitudine di quelli che
sono misericordiosi, si, parla volentieri
della nostra misericordia. A noi piace la
misericordia di Dio, a Dio piace la nostra.
Misericordia fra gli uomini: questo vuol
dire essere protestanti!
Nella storia della chiesa abbiamo largamente sostituito alla misericordia la beneficenza. Credo che nel nostro secolo, in
questi ultimi anni abbiamo cominciato a
capire che la misericordia è qualcosa di
più che la beneficenza. Non che la beneficenza non sia un segno della misericordia. Dev’esserci anche la beneficenza, perché se non fai del bene ad altri, non sei
misericordioso. Ma la misericordia è più
di questo, la misericordia è più grande
della beneficenza.
Durante venti secoli la chiesa ha esercitato la beneficenza. Essa deve domandarsi ora, che cosa può voler dire non
limitarsi a' essere benefica, ma essere misericordiosa. È questo, forse, il probleiùa
oggi più urgente per una chiesa che voglia
essere protestante, evangelica. Mai si è
più protestanti, più evangelici di quando
si è misericordiosi e ci si comporta con
misericordia. Penso infatti che siamo giustificati per fede, ma accreditati, autenticati lo siamo soltanto in base alla nostra
misericordia.
Siamo cosi giunti alla risposta finale,
riassuntiva alla domanda: che vuol dire
essere protestanti? Nel 16” secolo essere
protestanti volle dire: giustificazione per
fede. Nel 20” secolo essere protestanti
vuol dire: giustificazione per fede e accreditamento per amore.
Paolo Ricca
7
18 marzo 1983
oMéttívo aperto 7
A 15 ANNI DAL DISASTRO CHE SCONVOLSE LA SICILIA OCCIDENTALE
BELiCE: UN TERREMOTO DIMENTICATO
Belice: un fiume e una contrada pressoché sconosciuti prima della furia sismica, che vi si
abbatté, violentissima (7° e 9°
grado della scala Mercalli) nella notte tra il 14 e il 15 gennaio
1968. Belice; un comprensorio
affacciato sul versante africano
della Sicilia, sul quale crebbero
attraverso tre secoli povere abitazioni di poveri contadini, sulla
terra di signori forti e indiscussi fin quasi ai giorni nostri quali i Filangeri, i Moncada e i Chiaromonte. Belice ; un’economia
agricola al di sotto dello standard italiano con una popolazione di oltre 350 mila abitanti.
Poca terra con troppa gente. Cosicché a partire dal 1955 inizia
un grande esodo che riduce dell’8,20% la popolazione. L’epifania di questa plaga, misera e
avara di risorse, avviene nella
tragedia. Le descrizioni dei mass
media si nutrono senza risparmio di pietà e scavano spudoratamente nel pudore di morti silenziose e di dolori secolari.
Sono passati quindici anni. Le
domande naturali che ci si pone affondano nel presente, ma
guardano al futuro. A che punto
siamo con la ricostruzione? Quali prospettive si aprono per lo
sviluppo? In sintesi si può ri
spondere così alla prima domanda: una pioggia di leggi, pochi
soldi spesi e in gran parte spesi
male. Se a questa scarna descrizione della situazione diamo il
peso e lo spessore delle cifre, si
evidenzia in tutta la sua profondità il secondo atto della tragedia. Di leggi nazionali e regionali, per il Belice, ne sono state
sfornate più di venti. Quasi due
ogni anno. L’ultima credo sia
quella del 24 giugno 1978 con una
spesa di 65 miliardi. Ma stanno
per arrivare al traguardo almeno altre due: una regionale (risulterà unificata tra due disegni
di legge, uno comunista e l’altro
democristiano) e la seconda approntata dalla Cassa per il Mezzogiorno.
A fianco di questa pioggia di
leggi e leggine stanno le opere
stradali, gli alloggi a totale carico dello stato e con contributo,
le strutture collettive. In tutto,
una somma effettivamente spesa di appena 800 miliardi. Ma
basta un numero per mettere in
risalto l’estenuante lentezza con
cui si è proceduto nella ricostruzione. Soltanto le case distrutte
o danneggiate nei 15 paesi terremotati erano 51 mila. Complessivamente e mediamente si è andati poco al di là del 50% con
la ricostruzione. La ragione sta
in buona parte in quei 27 procedimenti penali ancora in corso
sulle malefatte nel Belice, le
quali da sole parlano forte di ritardi, di ruberie, di interessi privati, di costruzioni inutili e a
volte faraoniche, di case rizzate
e messe in fila senza gusto e senza riguardo delle persone e dell’ambiente, per non parlare di
opere murarie e stradali di scadente qualità. Il quadro delle
tremende difficoltà per andare
avanti, per arrivare a quel 50%,
della potenza delle forze della
conservazione e della speculazione mafiosa si delinea a fronte della mobilitazione costante
della popolazione, dell’impegno
del sindacato unitario, dei partiti
della sinistra, dei movimenti democratici e di uomini come Don
Riboldi.
Una nota sommessamente critica. Non c’è molto nei miei ricordi personali (capitai in Sicilia, pastore della comunità metodista di Palermo, all’indomani
del terremoto ; partecipai con un
gruppo sparuto di giovani evangelici a varie manifestazioni e
iniziative, seguii in parte alcune
avventure di Lorenzo Barbera)
di ciò ! che è stato fatto dalle
chiese evangeliche, se si eccettua
Gennaio 1968,
i volti di una
tragedia lontana
l’erezione del piccolo villaggio
«Speranza» (nome ancora spalancato sul futuro! Fino a quando?), in quel di Vita, ai margini
del grande terremoto. Voglio
dire che non si sono realizzate
per il Belice, da parte nostra, la
Alfonso Manocchio
(continua a pag. 12)
RILEGGENDO GLI « APPUNTI SULLA PREDICAZIONE DELL’EVANGELO IN SICILIA >» DEL 1968
Il terremoto che ha sconvolto
in tutti i sensi la Sicilia alla fine
dell’anno scorso e all’inizio di
quest’anno ci ha obbligati a porci alcune domande; che cosa dobbiamo fare? che cosa dobbiamo
dire? che cosa possiamo fare e
dire? e poi: se scopriamo che
abbiamo qualcosa da fare, come
lo facciamo?
Un inizio dal nulla
Per delle persone che credono,
come molti di noi, che in mezzo
agli avvenimenti di ogni giorno
noi siamo obbligati a lasciarci
porre in questione e a lasciar
mettere in questione tutto il nostro lavoro, e il modo come lo
facciamo — per noi era, ed è, di
grande importanza rispondere a
queste domande. Per noi predicare vuol dire anche saper dare
una risposta a queste domande,
e comunque accorgerci che queste domande non sono retoriche
e che ci obbligano a dover rispondere.
Possiamo dire innanzitutto che
queste domande erano così urgenti che, intanto, non avevamo
tempo di meditare molto prima
di metterci al lavoro, a questo
lavoro nuovo: rincontro con le
vittime del terremoto e con i loro problemi. Il terremoto è stato
come il ladro che viene di notte:
bisognava essere pronti a reagire; e quelli di noi che sono stati
svegliati si sono alzati e si sono
messi al lavoro, senza aspettare
un istante. La nostra ubbidienza,
ci è sembrato, voleva dire in questo caso risposta immediata.
Molti di noi si sono alzati e
si sono messi al lavoro: son partiti per un posto e verso degli
uomini che non conoscevano, o
conoscevano appena. Per essere
coerenti con il discorso che da
tempo andavamo facendo, nelle
nostre comunità evangeliche, non
potevamo fare altro. Dovevamo
lasciare ogni nostro lavoro. Se
non fossimo partiti, se il terremoto non ci avesse fatto fare
qualcosa, tutta la nostra predicazione sarebbe stata una farsa,
qualche cosa che non ha senso e
nella quale non credevamo.
Se predicare vuol dire comunicare revangelo di Gesù Cristo, e
vuol dire impostare tutta la vita
ner questo solo compito, allora
quando qualcuno ci chiama e ci
parla non possiamo non predicare: premessa essenziale'è rispondere alla sua chiamata, rispondere a chi ci interpella per una
ragione o per l’altra.
Nel gennaio del-1968, a seguito del terremoto
nel Belice, alcuni giovani che avevano la responsabilità d^ Centro giovanile di Adelfia (RG) e si occupavano del lavoro giovanile valdese in Sicilia
(FUV) lasciarono da un giorno all’altro le loro case e le loro occupazioni (in modo che a qualcuno,
anche nelle nostre chiese, sembrò troppo precipi' toso) e — in collaborazione con alcune strutture
di base — misero il loro tempo e il loro denaro
(e la struttura di Adelfia) a disposizione dei terremotati. Con la presenza tenace e battagliera di
Gianna Sciclone che allora era direttrice del centro, Adelfia — trasformata in un centro di raccolta — divenne così un luogo dove un centinaio di
persone cercarono per molti mesi di darsi una or
ganizzazione, elessero dei responsabili, trattarono
con le autorità, si batterono per una dignità che
non fosse elemosina, scoprirono qualche volta anche che cosa significa « resistere ».
Insieme al gruppo del servizio cristiano di Rissi e agli evangelici di Palermo, il gruppo di Adelfia cercò di riflettere su quel che succedeva in Sicilia (e in tutto il nostro paese), in un dibattito
che prese le mosse da un articolo di Eugenio Rivoir che fu pubblicato sul primo numero del bollettino di Adelfia (ne uscirono tre) e si sviluppò
vivacemente anche su Nuovi Tempi e La Luce.
Lo riproponiamo ai nostri lettori con un breve
commento dello stesso Eugenio Rivoir.
Ma subito ci siamo ricordati
che non è sufficiente fare qualsiasi cosa. Non qualsiasi parola, e
neppure qualsiasi atto, sono predicazione evangelica.
Siamo stati immediatamente,
proprio mentre andavamo incontro a chi ci ha chiamati, obbligati a pensare a quello che avremmo detto e fatto. Come
conseguenza pratica abbiamo dovuto dirci che avremmo dovuto
fare molta attenzione: poiché il
compito della nostra vita è predicazione, siamo costretti a fare
di tutto per non ingannare chi
parla con qualcuno di noi, e perché egli capisca che cosa gli vogliamo comunicare con il nostro
aiuto, forse semplicemente con
lo stare accanto a lui e lavorare.
sembrato molto più prudente
metterci a disposizione invece di
dire che ci mettevamo a disposizione.
. Per questo ci è necessario essere molto umili: molto spesso
non sappiamo che cosa dire e
bisogna che diciamo che non
sappiamo che cosa dire (o che
cosa fare) oltre a quello che ci
vien chiesto. Molto spesso la nostra predicazione consiste semplicemente nel dire la verità che
sentiamo in quel momento, cioè
che non abbiamo altro da fare
che metterci a disposizione ed ascoltare. Non abbiamo personalmente nessun contributo da portare, se non le nostre mani, la
nostra testa e, qualche volta, del
denaro che ci è stato affidato
(oppure una casa, un piatto di
spaghetti, delle coperte...). Il nostro parlare deve limitarsi a questo: a dire che non siamo capaci
di dare altro contributo che la
nostra vita. Ma, nel pericolo di
non essere capiti, ci è sempre
Se il primo risultato della nostra riflessione è stato che dovevamo semplicemente dire la verità (cioè che non avevamo niente da dare, ma solo da ascoltare quello che altri dicevano e ci
chiedevano), subito dopo ci siamo accorti di qualcos’altro; finora siamo stati come dei ricchi
in mezzo a gente che non Jia, non
abbiamo mai capito i problemi
di questa gente perché, avendo
tutto, non ci siamo mai interessati della gente che non ha.
Quello che possiamo fare si può
fare solo partendo da una confessione di peccato. Questo ci impedisce di andare a parlare alla
gente che ci chiama come qualcuno che ha qualche cosa da dare: abbiamo soltanto da ricevere, questa gente ci può dire come
vive e come vuole vivere, e noi
dobbiamo ascoltare, noi che abbiamo vissuto fino ad oggi come
se non ci fossero.
in giro da discorsi ufficiali in occasione di un terremoto (quando nessuno è preparato), se
questa popolazione è stata presa
in giro per anni e anni da noi
tutti — che intanto, si diceva,
predicavamo l’evangelo di Cristo? Così vediamo l’anormalità
della nostra situazione e così nasce la necessità della protesta,
contro noi stessi e contro quelli
che sono come noi.
Scopriamo più intensamente
che cosa vuol dire che non pos
siamo predicare se non conosciamo le persone alle quali parliamo. Certo, Dio interviene come
vuole e quando vuole e si serve
di chi vuole; ma noi abbiamo
disubbidito e nòn abbiamo preso
sul sèrio la sua parola. E quindi
il discorso diventa un ripensamento sulla nostra necessità di
essere seri: se vogliamo predicare in questa occasione è necessario che si vivano i problemi e
le necessità della Sicilia occidentale. (...)
Allora, ora, che abbiamo visto
un certo numero di problemi nostri che sono premessa ad un lavoro che abbia qualche possibilità di attuazione pratica nella
Sicilia del terremoto, apriamo la
discussione su questo nostro essere evangelici oggi. La nostra
conclusione (provvisoria) è che
abbiamo potuto predicare solo
quando siamo riusciti a dire che
non avevamo niente da dare, non
avevamo niente da dire, eravamo
colpevoli di sfruttamento, ci saremmo battuti contro gli sfruttamenti, avremmo contribuito ad
una libera decisione su ogni cosa — e quando, dette queste cose, abbiamo cercato di agire in
conseguenza.
Ma chi continuerà il discorso e
lo renderà più concreto?
Eugenio Rivoir
Domande che attendono
Il terremoto che ci sembra un
fatto anormale ci fa vedere la
situazione normale di questi paesi: c’è gente che vive sempre in
situazione di caos, di fame, di
abbandono tutti i giorni della
sua vita. C’è gente per cui il governo (a qualsiasi livello) fa promesse da marinaio ogni giorno
della sua vita (ad esempio: il discorso di una diga nella valle
del Belice risale al 1932, e ancora
non è cominciata — adesso, si
potrà fare?). È poi così strano
che una popolazione sia presa
Rileggendo, a 15 anni di distanza, il primo testo (quello che
lanciò la discussione) non posso
che stupirmi, come mi stupii allora, per le polemiche nate. Mi
sembrano cose talmente evidenti e normali, nel quadro di una
comunità di credenti. Forse, più
che per le parole scritte, la reazione ci fu perché non ci eravamo accontentati di parlare, ma
avevamo anche fatto qualcosa:
avevamo appunto, per esempio,
lasciato ogni cosa, da un giorno all’altro e questo era stato
possibile perché avevamo puntalo tutto su strutture comunitarie più agili, di gruppo, dove
uno potesse sostituire l’altrd; su
una ricerca comune che permettesse a molti di lavorare sulla
stessa lunghezza d'onda e di capirsi immediatamente; su un impegno nella società, che ci aiutasse a capire dove vivevamo e
a abbozzare proposte politiche
alternative; su uno sforzo per capire gli altri, affinché non dovessimo decidere per loro ma potessimo scoprire con loro. Evidentemente non tutti erano d’accordo. E dibattito ci fu; e fu una
buona cosa; si riuscì un po’ a
chiarire modi di vivere diversamente la propria fede.
Piuttosto ci si può domandare invece verché il dibattito Un
po’ alla volta si è spento: perché
tutti ci si è trovati d’accordo?
Oppure perché si è perso il gusto
di riflettere su quel che significa « confessare la propria fede
nella nostra situazione ?» o ancora: perché nella situazione difficile del paese non c’è più tempo (o non c'è più spazio) per
confrontarci con un minimo di
serenità?
E. R.
8
8 ecumenismo
18 marzo 1983
NELL’ANNO LUTERANO
SAVONA
Il papa
chiesa
predicherà in
evangelica?
una
Più volte, nel corso dell’ultimo anno, la stampa ha parlato della
possibilità che in occasione deU’anno di Lutero il papa Giovanni
Paolo II facesse visita alla chiesa evangelica luterana di Roma e vi
predicasse. A 'questo proposito l'agenzia stampa «nev» della Federazione Chiese Evangeliche ha intervistato il decano Christoph
Meyer, pastore della comunità luterana di Roma.
— Decano Meyer, quali sono
le ultime informazioni in suo
possesso?
— Pino ad oggi non abbiamo
nessuna informazione precisa se
e quando il papa visiterà la nostra chiesa. Abbiamo soltanto
degli accenni,, a voce, e ultimamente ima dichiarazione che
monsignor Aloys Klein, del Segretariato per l'Unità dei cristiani ha latto a un’agenzia di
stampa norvegese. Klein afferma
che il papa ovviamente non parlerà «su» Lutero, come è stato
detto dalla stampa, ma che predicherà l’evangelo e null’altro.
BClein tuttavia non' dice esplicitamente che il papa verrà nella
nostra chiesa di via Sicilia. Alla
Segreteria di Stato hanno confermato a voce, al presidente
della nostra comunità, che si può
contare sul fatto che la visita
avrà luogo.
— E’ vero che siete stati voi
ad invitare il papa?
— Le cose non stanno esattamente così. Il 28 gennaio dell’anno scorso Giovanni Paolo II visitò la parrocchia cattolica di
Santa Teresa, ■vicina alla nostra
chiesa e con un parroco di
orientamento ecumenico, con il
quale avevamo da tempo buoni
rapporti di collaborazione. Fummo invitati anche noi, cioè il nostro consiglio di chiesa e altri.
Nel ricevimento che seguì alla
visita pastorale del papa uno dei
membri del nostro consiglio di
chiesa domandò direttamente al
papa se sarebbe venuto a trovarli nella chiesa luterana. Il papa
rispose che la cosa non era possibile il giorno stesso, ma che sarebbe stata possibile in altra occasione; magari, disse, nell’anno
di Lutero. Fu una sua risposta
diretta, spontanea.
— Avete poi scritto una lettera di invito?
— L’8 novembre 1982 abbiamo
scritto al Segretario di Stato
cardinale Agostino Casaroli e al
vicario di Roma, cardinale Ugo
Poletti, ricordando l’episodio di
gennaio e citando anche le parole che in quell’occasione aveva scritto l’Osservatore Romano, e cioè che «l’anno di Lutero
sarebbe stato una buona occasione ».
— Che risposta avete ricevuto?
— Finora nessuna risposta.
Però, in occasione della cerimonia liturgica nella basilica di San
Paolo per la chiusura della settimana per l’Unità dei cristiani,
ho parlato con il cardinale Poletti, il quale mi ha detto che per
il papa la cosa era così importante che era stata presa in mano direttamente dalla Casa pontificia, qualcosa come la sua segreteria personale. Così ho scritto subito, il 28 gennaio, al cardinale Jaque Martin, prefetto della Casa pontifìcia, chiedendogli
se era stata presa una qualche
decisione e se erà stata fissata
una data. Ora aspetto la risposta.
— Lei è decano della Chiesa
evangelica luterana in Italia. La
sua iniziativa è stata presa in nome dei luterani italiani o di quelli di tutto il mondo?
— Tengo a precisare che l’iniziativa è esclusivamente della comunità luterana di Roma, di cui
sono il pastore. E’ nostra intenzione di mantenere questa visita
nel quadro di un incontro di cristiani che vivono nella stessa
città; in questa città in cui ü
papa è vescovo. All’incontro, se
avverrà, non porterò la mia croce di decano.
— Ma la Chiesa luterana in
Italia è al corrente?
— Naturalmente: nè abbiamo
parlato nei nostri organi ecclesiastici. Ufficialmente la Chiesa
luterana in Italia non partecipa,
il Praeses Dieter Stoeher non sarà presente. Tuttavia è stato riconosciuto che ogni chiesa locale ha il diritto di decidere liberamente anche in una cosa importante come questa.
— Mi sembra di capire che i
luterani italiani prendono un po’
le distanze. Perché?
— Per non creare difficoltà ai
rapporti molto fraterni che al>
biamo con gli altri protestanti
italiani. Apparteniamo alla medesima famiglia delle chiese della Riforma e siamo anche membri della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Sappiamo che i nostri fratelli evangelici hanno delle perplessità per
questa visita.
— Perplessità perché?
— Soprattutto perché temono
che rincontro possa essere interpretato come una specie di
riconoscimento, sia pure indiretto, che daremmo così all’autorità del papa. Tengo a precisare che questo però non è assolutamente nelle nostre intenzioni. Lo riceveremo come ospite e con ogni ospite si deve poter parlare delle cose che abbiamo in comune, ma anche di quelle che sono controverse. Noi non
intendiamo riconoscere alcuna
supremazia o autorità al papa;
anzi, ci rivolgeremo a lui solo
come « vescovo di Roma e fratello in Cristo ».
— Siete sicuri che questa vostra posizione e queste distinzioni saranno capite bene?
— Non siamo sicuri della stampa, perché essa farà il proprio
interesse e noi il nostro. Di que
sto mi preoccupo. Anche noi vediamo il pericolo che le nostre
intenzioni vengano travisate, perché la stampa tende a mostrare
che i problemi confessionali sono ormai superati. Vuole un
esempio di come la stampa semplifica? Ho letto recentemente
questo titolo : « Roma e Wittenberg sono più vicine ». Sarebbe
bello se fosse così ma invece la
strada da fare è ancora lunga.
Insomma, abbiamo paura che i
nostri fratelli evangelici da questa visita ne abbiano un danno.
Soprattutto in Italia. Faremo
tutto il possibile per evitarlo.
— Che cosa pensate di fare?
— Pubblicheremo una nostra
dichiarazione ben chiara, prima
dell’incontro, che precisi le nostre intenzioni e posizioni. Diremo anche, probabilmente, che ci
dispiace che non sia possibile da
parte cattolica una comunione
realizzata anche nella celebra-,
zione della Cena del Signore.
— Vedo che 'vi sono delle difficoltà, eppure date molta importanza a questo incontro.
— Certamente. A mio avviso
c’è un compito speciale che deve essere svolto proprio dai luterani e cioè non guardare soltanto ai rapporti ecumenici con
gli altri protestanti, che appartengono alla stessa famiglia delle chiese della Riforma, ma anche ai rapporti con i cattolici.
Questo sta scritto anche nei compiti particolari che mi sono stati affidati quando sono venuto
come pastore dalla Germania
del Nord a Roma.
j4- Echi dal mondo
jgjgf cristiano
a cura di Rmsto Coisson
Lutero nella luce
del rinnovamento
(SOEPI) — Il 1° gennaio è cominciato l’anno di Lutero. In
questa occasione il Consiglio della Chiesa Evangelica della Germania ha pubblicato una dichiarazione dal titolo « L’attualità di
Lutero nel 1983 » da cui stralciamo alcuni passi:
« Nell’ascolto della Bibbia, Lutero ha fatto l’esperienza che Dio
non abbandona il mondo. Egli
non dispera né del mondo né
della chiesa. La potenza del perdono ha il sopravvento sul nostro peccato. La fedeltà di Dio
è più grande della nostra paura.
Questo è il senso della dottrina
della giustificazione ».
« Nel momento in cui la Chiesa Evangelica della Germania invita a ricordare questa personalità che ha segnato la nostra storia... vede però anche le ombre
che accompagnano la luce che
Lutero ha portato:
— La Riforma ha aggiunto a uno scisma fra le chiese occidentali ed orientali, uno scisma nel
seno della chiesa occidentale.
L’appello per una riforma della
chiesa non ha portato al rinnovamento deH’unica chiesa, ma alla
formazione di chiese confessionali, che spesso si sono divise ancora più profondamente. L’universalità della fede rimane così
nascosta nel provincialismo delle
chiese autonome.
— La protezione dello stato ricercata dalla Chiesa in un tempo
di gravi disordini, è diventata
in seguito durante i secoli quasi
una istituzione di stato. ,La protezione è diventata una palla al
piede ed i successori di Lutero
sono rimasti a lungo quasi muti
nei confronti delle questioni di
interesse pubblico.
— Per quanto importanti siano, fino ad oggi, i primi scritti
di Lutero sui giudei, le dichiarazioni su questo argomento del
vecchio Lutero portano lontano.
Nessuno oggi può approvarle ».
« Lutero non appartiene ad
una sola confessione. La sua vócazione tocca tutto il cristianesimo. E’ quanto mettono in luce
i lavori approfonditi degli studiosi cattolici romani e evangelici liberi. A differenza dei precedenti giubilei, la commemorazione nel 1983 del 500° anniversario di Lutero è posta sotto il
segno di una comprensione ecumenica dell’eredità della Riforma ».
La dichiarazione conclude : « Il
vigore di una passione spirituale e di una esperienza di Dio profondamente originale, come quelle di Lutero, ci chiamano al rinnovamento della nostra fede, della nostra speranza e del nostro
amore ».
Kenia: operazione
’’cintura verde”
(Soepi) — Nel Kenia la sparizione progressiva delle foreste
dovuta a motivi vari (avanzata
del deserto ecc.) ha suscitato un
forte sentimento di inquietudine
nella popolazione. Per porre rimedio a questa situazione che
comporta un’erosione grave del
suolo le donne del Kenia hanno intrapreso, a cominciare
dal 1977, un vasto programma
di rimboschimento denominato
« Cintura verde ». E’ il Consiglio
nazionale delle donne del Kenia
che ha preso questa iniziativa.
Sono già stati piantati 80.000
alberi in tutto il paese. Accanto
a ciò le donne del Kenia si adoperano ad una campagna di sensibilizzazione sulla necessità di
prevenire la distruzione degli alberi.
La prima « cintura verde » realizzata nel 1977 a Mai Makiu attorno a Nairobi conta attualmente 2.000 alberi. Sono seguite/
altre 40 piantagioni di almeno
1.000 alberi ciascuna Le piantine sono distribuite gratuitamente dal Dipartimento della protezione delle foreste. Molti individui, società e paesi amici hanno
contribuito alla realizzazione di
questo progetto.
Due inviti
Alla nostra chiesa di Savona
sono giunti due inviti diversi da
parte cattolica, in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ai quali abbiamo dovuto rispondere in modo
distinto per la differenza dell’approcciQ proposto.
Il gruppo di studenti neofitidehoniani del Santuario della
Pace, ad Albisola, con i quali da
tre anni abbiamo contatti o di
studio biblico o di esposizione
dei principi riformati, ha chiesto quest’anno a due di noi di
passare una serata insieme, prima a cena e poi ad esporre la
storia del movimento valdese in
Italia; cosa che abbiamo accettato volentieri e che ha suscitato
interesse e molte domande tra
i giovani partecipanti.
L’esposizione ha voluto indicare che non siamo « una tradizione » o « storia di una popolazione con una sua religione », ma
la vicenda di una testimonianza
evangelica, variamente rinnovata, nella storia dei popoli, che
crea forme di vita diverse (nel
Medioevo, nella Riforma, nel Risveglio, nell’Evangelizzazione ).
L’altra proposta ci è pervenuta (in vista della visita pastorale del nuovo Vescovo a marzo)
dalla parrocchia S. Giovanni
Battista del centro città, che negli anni passati non è mai andata oltre al solo incontro liturgico annuale a gennaio (ormai qui
in disuso da diversi anni), malgrado i nostri inviti ad organizzare studi biblici o dibattiti.
L’invito ci è stato fatto dopo che
il Vescovo àveva dato il suo benestare e dopo che, a nostra insaputa, era stato già redatto il
programma della .visita. Il consiglio di chiesa ha ritenuto di
dover rispondere con una lettera in cui, dopo aver ringraziato
per l’invito, questo è stato declinato con la proposta di un
ecumenismo diverso.
« Noi vediamo — dice la lettera citando- la linea del Consiglio Ecumenico delle Chiese —
’un movimento che ha neH’ecumenismo per obiettivo il ravvedimento delle chiese ed il rinnovamento della loro testimonianza nel mondo e che ha come strumenti principali il confronto ed
il dialogo teologico, ed il servizio cristiano in campo sociale e
politico, in vista di un futuro
consenso di fede nel solo Signore e Redentore Gesù Cristo’ ».
A nartire da questa concezione
la lettera propone degli incontri
« liberi da liturgie, non necessariamente continuativi, ma in
qualche modo collegati tra di
loro, scaturiti dalla base e non
dai vertici » nel cui ambito allora « anche la presenza del vostro Vescovo risulterebbe gradita e utile ». La Chiesa metodista
di Savona ha precisato per altro che, praticando il sacerdozio universale dei credenti, « non
abbiamo delle figure ecclesiali
da abbinare al Vescovo o al Sacerdote, in cerimonie liturgiche ».
S. G.
UNIONE DELLE COMUNITÀ’ ISRAELITICHE ITALIANE
Una donna guida l’Ebraismo
Per la prima volta una donna
è al vertice dell’Ebraismo italiano.
A seguito delle dimissioni di
Vittorio Ottolenghi, nella seduta
del 9 gennaio il Consiglio dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane ha eletto Tullia
Zevi Presidente dell’Unione.
Vice presidente Fernando Piperno, della Giunta fanno parte
Guido Fubini, Dario Tedeschi e
Dino Voghera.
L’elezione di Tullia Zevi è sta
ta fortemente contrastata dal
Rabbino Elio Toaff, che — per la
prima volta in vent’anni — ha
rifiutato l’elezione a membro di
Giunta. Nella prossima seduta,
il Consiglio dovrà eleggere il nuovo Rabbino membro di Giunta,
scegliendo fra Sergio Sierra, di
Torino, e Giuseppe Laras, di Milano.
Il Rabbino Toaff ha motivato
la sua opposizione eccependo
una pretesa incompatibilità fra
la professione di giornalista.
esercitata da Tullia Zevi, e la carica di Presidente dell’Unione. Si
tratta di un’eccezione giuridicamente inronsistente. Presumibilmente dietro l’opposizione del
Rabbino Toaff stanno ambienti
vicini all’ambasciata d’Israele:
per tali ambienti l’incompatibilità jion sarebbe giuridica ma politica a causa degli orientamenti
espressi da Tullia Zevi ritenuti
vicini a quelli della sinistra israeliana.
(Da Ha-keillà, Torino).
9
18 marzo 1983
cronaca delleValli 9
Quale
sviluppo?
Tra breve — così almeno affermano i responsabili della Comunità Montana — avremo un nuovo piano di sviluppo per la Val
Pellice. Sarà un piano che riprenderà per aggiornarle le linee del
precedente piano scaduto nel
1982, ma le cui previsioni sono
lungi dall’essere raggiunte.
Ed è proprio questo riferimento al passato che ci preoccupa,
non vorremmo che i nostri amministratori fossero ancorati alla
"cultura" dello sviluppo che era
sottesa da quel piano. Un piano
elaborato sulla base di indicazioni e proiezioni statistiche risalenti agli anni 70, pieno di ottimismo quanto alle possibilità di
sviluppo industriale (prova ne
sia l’estensione dell’area industriale messa nel piano regolatore generale di valle), che non affrontava le modificazioni che già
negli anni ’70 si manifestavano
nel sistema delle tecnologie, e
dell’energia. Un piano che, tutto
sommato, rifletteva una impostazione culturale di uno sviluppo
lineare progressivo in cui il compito dei politici era solo quello
di mettere ordine e gestire.
In realtà questa filosofia è oggi
in profonda crisi. Prendiamo alcuni dati da tutti verificabili.
Uno stipendio di una decina di
anni fa di 300.000 lire mensili è
oggi triplicato a 900.000, ma una
automobile che allora costava
1.500.000, costa ora 8 milioni,
un appartamento che allora costava 8 milioni ora costa
90/100 milioni. Senza andare in
altri dettagli, ciascuno può vedere che c’è stata una progressiva
diminuzione delle disponibilità
delle persone che vivono del loro
stipendio. A beneficiare di questo « sviluppo » sono state altre
categorie che hanno saputo guadagnare con l’inflazione e a cui
in fondo sta bene un piano di
sviluppo che sia basato principalmente sulla crescita delle quantità. La maggioranza della popolazione, gli anziani, gli agricoltori in una certa misura, hanno pagato un prezzo alto a questa idea
di sviluppo.
Si impone oggi — soprattutto
per una amministrazione di sinistra — un salto di qualità: da
un piano di sviluppo delle quantità, si deve passare ad un altro
delle qualità, della ridistribuzione della ricchezza, dell'abolizione degli sprechi. Cambiar rotta,
può essere difficile stante le premesse. Ma c’è speranza perché
almeno qui nella sinistra ci sono
le condizioni culturali per una politica economica che abbia di mira la giustizia, la partecipazione,
la qualità della vita, che in fondo sono anche i principi etici elaborati dal protestantesimo.
Giorgio Gardiol
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE: BILANCIO PREVENTIVO 1983
Un progetto per lo sviluppo
In breve
CORSO A.V.O.
Su due temi fondamentali, che
caratterizzeranno l’attività e gli
impegni della Comunità Montana Val Pellice nel 1983, si sono
imperniate le discussioni al Consiglio convocato il 7 marzo:
1) Progetto di programma
stralcio anno 1983 redatto dalla
Giunta;
2) Bilancio preventivo 1983.
Sul progetto stralcio il Presidente, Franca Coisson, ha condensato per i Consiglieri il contenuto della minuziosa relazione
della Giunta, soffermandosi:
1) sulle difficoltà incontrate nel
redigere il documento programmatico, dovuto in ottemperanza
all’art. 5 L. 1102/71, in quanto la
diminuzione delle risorse finanziarie non agevola chi ha preso
sul serio il compito di gestir nell'interesse dei valligiani la Comunità Montana; 2) sulle finalità
del programma 1983 la Giunta si
propone a tempi brevi di procedere alla redazione del secondo Piano di Sviluppo il quale
dovrà anche tenere conto degli
indirizzi e normative di riordino
dei servizi socio-assistenziali di
cui alla L. R. 20/82. Per la Giunta rimangono punti fermi di arrivo gli obiettivi che a suo tempo la Comunità Montana si è
dati.
La Giunta Regionale per il 1983
ha assegnato a questa Comunità
in base alla legge 1102/71 lire 172
milioni, somma inferiore di 4 milioni a quella dell'esercizio 1982.
Come abitualmente avviene, dall’opposizione C. Martina ha criticato non solo il modello di Programma stralcio che a suo dire
appare ininfluente sul territorio,
ma anche il modo di essere Comunità Montana con una certa
incapacità di affrontare la crisi.
Non c’è stata, secondo lui, visione autonomistica ma autarchica
per cui ha espresso sul progetto
un giudizio più negativo che contrario ad esso.
P. C. Congo, quale rappresentante del P.S.I. in seno alla maggioranza, è stato abile nel suo intervento perché non ha dato un
giudizio sul « documento », presentato dalla Giunta, e indicato
« strumento operativo », ma ha
fatto un’analisi approfondita sull’Ente Locale ritenendo necessario un programma di equilibrio
montano che inneschi processi di
programmazione e pianificazione
col fine di ottenere processi produttivi che non risultano né dalla relazione, né dalle cifre del
Pragetto in esame. E’ doveroso
darsi nuovi strumenti per un modo incisivo di fare politica e governare sul territorio e, se necessario, anche capovolgere il
« sistema » di sviluppo e di g<>
verno. Occorre allargare il discorso e vedere il territorio come « un patrimonio » da gestire
proponendo nuovi metodi di lavoro onde promuovere processi
di operatività e uscire da una
« visione autarchica ».
contenendo nulla di rivoluzionario risulta il migliore possibile
alla luce sia delle molteplici funzioni ricondotte alla Comunità
Montana, sia delle insufficienti
risorse economiche. La capacità
di essere Comunità Montana sarà verificata quando la Giunta
imposterà e presenterà il nuovo Piano quinquennale di sviluppo economico-sociale, sperando
che non sia ripetitivo.
A tutti ha risposto Franca
Coi'sson, con voce ferma e pacata cosciente di avere operato da
avveduto amministratore, esponendo quello che è stato fatto e
da non sottovalutare, dall’approvazione del Piano di sviluppo
'79-82 al Piano urbanistico dato
ai Comuni, dall’incremento cooperativistico allo sviluppo agricolo (basti pensare alla stalla
per bovini a V. Pellice), all’investimento in personale.
Sul Bilancio 1983, le cui entrate e uscite pareggiano su 1.504
milioni di lire (375 in meno della previsione definitiva 1982), c’è
stata una schermaglia giuridicoamministrativa aperta dalla minoranza, forse non del tutto infondata, avendo la Giunta _ già
approvato con sua deliberazione
il Progetto di Bilancio invece di
proporlo al Consiglo.
A. K.
TORRE PEIiUCE — Si è costituito il I Gruppo di Volontari Ospedalieri con iscritti provenienti anche da Luserna San
Giovanni.
Il Corso tecnico di preparazione avrà inizio mercoledì 23
corr. alle ore 17.30 al Centro d’incontro (Portici del Municipio)
di Torre Pellice. Il Centro d’incontro rimane aperto per iscrizioni ed informazioni esclusivamente il lunedi e il venerdì dalle
17.30 alle 19.
MARCIA PER LA PACE
Il coordinamento piemontese
dei comitati per la pace organizza per sabato 26 marzo alle ore
15.30 a Cuneo una manifestazione regionale.
GLI AGRICOLTORI DEL PINEROLESE A CONGRESSO
Difendere il suolo agricolo
Ha avuto luogo domenica 27
febbraio u. s. in Pinerolo presso
la sede del Comprensorio, il 1°
Congresso della Conf-Coltivatori (Confederazione Italiana Coltivatori).
Longo si è comniaciuto che
nella sua relazione il Presidente
ha fatto molte volte riferimento
al Piano di Sviluppo ’78-82. Per
l’esponente comunista, D. Rivoira, il Progetto stralcio pur non
Alla presenza di molti agricoltori provenienti da tutto il
comprensorio, rappresentanti di
partiti, organizzazioni di categoria, consigli provinciali, comprensoriale e comunali, ha aperto i lavori Marco Bellion responsabile uscente della Conf-Coltivatori del pinerolese. Nella sua
ampia relazione Bellion ha analizzato i principali problemi del
settore agricolo inquadrandoli
nella particolare situazione economica italiana ed in quella internazionale riferita ai paesi della C.E.E. Scendendo poi nei problemi specifici della nostra zona, come per esempio la viabilità Torino-Pinerolo, Bellion si è
lamentato che le proposte di intervento siano state studiate in
funzione di altri settori non tenendo conto di quello agricolo.
Per quanto riguarda l’area industriale è ritenuta necessaria
perché vista come unico strumento per porre fine alla crescita selvaggia di capannoni pseudo-industriali lungo le nostre
strade.
Molta importanza ha riservato la sua relazione all’agricoltura di montagna, ha espresso parere favorevole al «Progetto
Montagna » redatto dalla delegazione piemontese delTONCEM
auspicando che la Regione Piemonte lo assuma nei suoi programmi.
Per il discorso interno all’organizzazione Bellion ha rilevato
che a cinque anni dalla sua nascita la Conf-Coltivatori si è affermata a livello sodale-politico
come grande organizzazione di
massa in Italia ed anche a livello europeo.
Sono seguiti i saluti delle forze politiche presenti e subito dopo il dibattito.
Sono stati indicati come prioritari la difesa del territorio e
del suolo agricolo come bene non
ripetibile, se viene coperto di
mento non produrrà mai più.
Quindi si programmi pure una
buona volta qualcosa, ma si programmi anche per l’agricoltura
e non solo a danno dell’agricoltura. ^
Per l’agricoltura montana sono state ritenute valide le iniziative che sta prendendo la Provincia di Torino sull’analisi dei
foraggi ed i premi per gli allevatori di razza valdostana purché
questo sia il punto di partenza
per un lavoro profìcuo con gli
agricoltori.
Sull’associazionismo si è detto
che un ruolo molto importante
di stimolo possono averlo i Comuni ma specialmente le Comunità Montane. Sono state citate
come esempio la C. M. Valpellice e la C. M. Valli Chisone e Germanasca e come esempio negativo la Pedemontana Pinerolese
che nel 1979 ha scoraggiato il formarsi di una cooperativa agricola nella zona, mentre le prime
due aiutavano le cooperative a
partire sopperendo alle lungag
gini burocratiche della Regione.
Anche sull’irrigazione i problemi sono gravi; un grosso lavoro aspetta le commissioni agricole per i piani zonali, ora sono
partite, si spera vadano avanti.
La grandine e l’inquinamento
delle acque sono stati altri problemi trattati non sufficientemente per il tempo troppo breve a
disposizione.
Alcuni interventi hanno ricordato che se ci troviamo così numerosi e se la nostra crescita
come sembra non è stata solo
numerica ma anche di conoscenza di problemi e di capadità professionale è perché negli anni
passati alcuni si sono battuti affinché ciò avvenisse e hanno dato molto affinché noi agricoltori
imparassimo a ragionare con la
nostra testa. Si è voluto ricordare con queste parole chi si è più
battuto per queste cose; Oscar
Bouchard.
Il Congresso termina con l’elezione del nuovo direttivo e dei
delegati al Congresso regionale.
Mauro Gardiol
Massimino e C.
Macchine per scrivere e calcolo
Fotocopiatrici
Registratori di cassa
Mobili per ufficio
Sistemi contabili
Accessori e assistenza
P.za Roma, 23 - Tel. 0121/22.886
10064 PINEROLO
W gli sposi garantiti
LE NOSTRE GARANZIE
Oltre 30 anni di esperienza
6 piani di esposizione, tutti
Assistenza post-vendita
Lavorazione su misura
mobili di grandi marche
Cura diretta e personale per progettazione, trasporto e
montaggio. Gratuitamente.
Siamo presenti ad EXPOCASA
a Torino Esposizioni dal 17 al 28 marzo
10
10 cronaca delle Valli
18 marzo 1&83
UNA RICERCA DEL GRUPPO GIOVANILE DI POMARETTO
SCHEDA
Noi e i drogati
Tirarsi fuori dalla droga è possibile ma serve la solidarietà di tutti
Abbandoniamo i nostri pregiudizi
La patologia
degli oppiacei
Le testimonianze di molti drogati ci dicono che è possibile
« tirarsi fuori » dalla droga. Perché questo diventi sempre più
possibile per un numero maggiore di persone non solo sono
necessari servizi pubblici e privati che rispondano alle esigenze di chi vuole disintossicarsi,
ma soprattutto che cambi il nostro atteggiamento di fronte al
drogato.
Non è certo una cosa facile
perché non si possono avere regole di comportamento che valgano per tutti i casi. La droga
è infatti im fatto soggettivo. L’effetto della droga varia da soggetto a soggetto, a seconda delle
aspettative di chi ne fa uso, e
delle sue condizioni psicofìsiche
al momento dell’assunzione. Prima di essere una sostanza esterna, la droga è « dentro » chi ne
fa Uso. Oltre la dipendenza fìsica vi è una dipendenza psicologica: ci sono eroinomani che si
iniettano acqua distillata per ripetere semplicemente il « rito »
di bucarsi. In genere le persone
che si drogano ricercano nella
droga la soluzione (anche solo
efiSmera) ai loro problemi. Tèstimonianze dirette di persone
che abbiamo incontrato ci dicono che con la droga « si sentono più forti, diversi dagli altri»
e pensano di usare la sostanza
e certamente non di esserne usati, come poi avviene di lì a qualche tempo.
La figura del drogato — soprattutto tra i giovani — è quella di un «eroe» (sia in positivo,
che in negativo), una figura che
può essere quindi imitata da chi
non trova la propria strada nella vita. Quando la «noia» determina i nostri comportamenti
quotidiani è facile essere tentati
a provare la droga. Questo atteggiamento in fondo fa parte
delle « libertà » che la nostra società lascia agli individui!
Come dunque intervenire, interferire in questa « libertà » per
riabilitare il drogato?
Innanzitutto lo si può fare in
senso preventivo cercando il più
possibile di trovare soluzioni alle situazioni di noia, di emarginazione, che sono la causa del
ricorso alla droga. E’ una ricerca in cui dobbiamo impegnarci
tutti, è la proposta di dare un
senso alla nostra vita.
Poi quando il drogato sceglie
di « lasciare », dobbiamo essere
pronti a proporre qualcosa di
reale, stimoli concreti a proseguire nelle scelte fatte. E’ un momentp delicato, nel quale si giocano molte delle possibilità di
riuscita della disintossicazione. ■
E’ un momento in cui la famiglia, che spesso è una concausa
della droga, deve assumere un
ruolo di supporto importante.
Non si può più ignorare che « nostro figlio » sia un drogato e bisogna assumere tutti i rischi che
questa consapevolezza comporta
per la nostra tranquillità familiare. Accettare di essere messi
in discussione, di cambiare.
Fallire in questo momento delicato, può significare il «suicidio » per il drogato.
Un’altra alternativa — quando
la famiglia non è in grado di reagire positivamente alla richiesta
del drogato — è quella della « comunità terapeutica », che oggi
assume molte forme di cui quella agricola è la prevalente. In
essa il drogato analizza la sua
situazione e cerca soluzioni, con
l’aiuto di altri che hanno già fatto la stessa esperienza.
Ma anche questo non risolve
tutto.
L’aspetto culminante di ogni
riabilitazione è il reinserimento
sociale che spesso è rappresen
tato dalla ricerca del lavoro del
drogato. Il lavoro in quest’ottica
è visto come strumento di partecipazione sociale e momento
di vita autonomo.
E’ certo l’aspetto più diflìcile
perché domandiamoci : « siamo
disposti a lavorare con qualcuno
che sappiamo che si droga o
semplicemente che si è drogato? »0 — se siamo artigiani, commercianti, imprenditori — « siamo disposti a dar lavoro a drogati? ».
Se rispondiamo « si, », senza
esitazioni, ci sono speranze. Se
invece tentenniamo e diciamo :
« sì, ma a certe condizioni », la
strada per risolvere il problema
è ancora lunga.
a cura di
Simonetta Colucci Ribet
L’uso di una droga determina una patologia diretta, causata
dalla sostanza stessa, ed una patologia indiretta o secondaria, legata soprattutto alle modalità di assunzione della droga.
1. Overdose [intossicazione acuta per sovradosaggio).
La gravità è in relazione alla via di assunzione, grado di toìleranza e condizioni fisiche del soggetto, uso contemporaneo di altre
droghe.
La sintomatologia è caratterizzata da alterazione della coscienza, stato soporoso e coma. L’azione sui centri bulbari determina una
depressione respiratoria con rallentamento della frequenza. La pressione arteriosa è molto bassa, c’è cianosi.
Questa pagina
Dall'11 al 19 marzo il gruppo Abele e numerose altre organizzazioni
sociali, politiche e religiose, organizzano a Torino e provincia una
« settimana di mobilitazione contro
la droga e l’indifferenza ».
Come già nel numero scorso presentiamo in questa pagina il materiale frutto della ricerca del gruppo giovanile di Pomaretto.
I gruppi giovanili valdesi delle
valli sono stati particolarmente attivi nella ricerca su questa materia.
Ricordiamo ad esempio che il gruppo filodrammatico di Luserna San
Giovanni, in questi giorni rappresenta un lavoro, interamente scritto
dal gruppo stesso, « Gli dei della
mente » su questa tematica. Chi è
interessato ad organizzare una serata sul tema può contattare il
gruppo.
2. Patologia viscerale del tossicodipendente.
L’uso associato di più droghe e/o farmaci, di alcool, le condizioni ainbientali depresse, il regime precario di vita, la disintegrazione psicofisica, la autoinoculazione di sostanze non sterili, spesso
contenenti flora batterica, fungina e virus, sono tutti fattori di non
trascurabile importanza nella genesi della pluripatologia.
Le complicanze infettive possono essere circoscritte al luogo
di inoculazione o sistemiche:
— locali: ascessi cutanei e subcutanei, tromboflebiti, flemmoni,
miositi;
— sistemiche: endocarditi, setticemia, osteomieliti, ascessi polmonari.
Nel 73% dei tossicodipendenti asintomatici sono state dimostrate alterazioni della funzione polmonare.
L’endocardite infettiva è senza dubbio la più temibile e grave
complicazione della eroinomania. L’incidenza media annua è valutata da ricercatori nordamericani intorno all’1,5-2%. Frequente è la
sintomatologia clinica e/o l’evidenza radiologica di ulcera duodenale. La maggior parte della patologia del tossicodipendente è costituita dalle epatiti di varia etiologia.
Molteplici sono i danni a carico dell’apparato urinario e vanno
dalla insiofficienza renale acuta con mioglobinuria, alla proteinuria,
spesso seguita rapidamente da insufficienza renale, dopo prolungato
uso di eroina e cocaina per via venosa.
3. Sindrome astinenziale.
E’ un quadro clinico determinato dalla brusca sospensione o
notevole riduzione del dosaggio (o dalla somministrazione di un
farmaco antagonista) di una droga in un soggetto che abbia sviluppato una condizione di dipendenza fisica verso la droga stessa.
Essa insorge dopo circa 10 ore dall’ultima somministrazione parenterale di Morfina, dopo circa 5 ore nel caso dell’Eroina e dopo 24
ore per il Metadone.
I sintomi raggiungono maggiore intensità dopo 36-48 ore per
scomparire dopo quattro-cinque giorni. Nel caso del Metadone essi
sono meno intensi, raggiungono il massimo livello dopo tre-sette
giorni per continuare in maniera molto lieve per circa un mese. Tali
sintomi sono di natura psichica, psicosomatica e fisica, in progressione: nervosismo, ansietà, angoscia, insonnia, agitazione, dilatazione delle pupille, vampate di caldo e sensazioni di freddo, vomito,
diarree, aumento del ritmo respiratorio, della pressione, della temperatura, lombalgie.
Gli oppiacei: oppio,
morfina, eroina
SCHEDA
Voppio è il succo che si ottiene incidendo la capsula ancora
verde del papaver somnifer album. La forma grezza è trasformata in forma preparata (Chandoo) pronta per essere fumata
o mangiata. Ulteriori processi
di rafiìnazione portano all’isolamento della Morfina base (o grezza) che a sua volta diventa Moriìna, uno dei 25 principi isolati
dall’oppio, quello che caratterizza gli effetti di questo gruppo.
Scoperta nel 1805, viene assunta
per via endovenosa, intramuscolare o sottocutanea. E’ possibile
anche l’assunzione orale o p>er
via rettale. Determina principalmente una diminuzione del dolore, sonnolenza, uno stato di benessere, di calma psichica, a volte un effetto euforico.
L’eroina o diacetil-morfina, è
un prodotto semisintetico ottenuto in laboratorio dalla Morfina. Viene chiamata di tipo 3 o
Brown Sugar quando il colorito
tende al beige, il contenuto in
eroina è solo TÌel 40% ed in più
è presente un 15% di monoacetilmorfina. Il tipo 4 è invece
bianco ed il contenuto in eroina
raggiunge anche il 90%. Rispetto alla morfina è più liposolubile
per cui i suoi effetti sul sistema
nervoso centrale saranno più
marcati. Può essere assunta per
via endovenosa, ed i suoi effetti
saranno più immediati, per via
inalatoria o per intramuscolo.
L’eroina da strada non raggiunge percentuali di principio attivo molto elevato (7-10%) mentre
la parte restante è costituita da
sostanze estranee di diversa natura, il cosiddetto taglio, e cioè
Le droghe e i loro effetti
mannite, chinino, stricnina, amido, lattosio, bicarbonato, utilizzate soprattutto per aumentare
il peso del prodotto. Tutti gli oppiacei, però, danno nell’uomo effetti somatici simili:
— depressione del respiro per
azione sui centri bulbari;
— alterazione della funzionalità gastrointestinale con comparsa di stipsi;
— spasmo delle vie biliari ed
eventuale insorgenza di colica;
— broncospasmo;
— vomito;
— miosi (restringimento della
pupilla, a punta di spillo);
— diminuzione della libido,
nella donna oligomenorrea o
amenorrea.
Qualunque sia la via di somministrazione, la morfina ed i
suoi analoghi sono metabolizzati dal fegato ed i metaboliti sono
eliminati dal rene e ciò permette
il loro isolamento dalle urine poche ore dopo l’assunzione.
le allucinazioni visive, uditive,
tattili che seguono all’interruzione di/una assunzione prolungata.
Meno frequente ma non impossibile la morte per overdose, soprattutto dopo somministrazione
endovenosa, che , interviene per
paralisi dei centri respiratori buibari o per fibrillazione ventricolare. L’euforia, l’aumento di concentrazione che permette una loquela vivace e brillante, la diminuzione delle inibizioni, l’apparente indifferenza al dolore, alla farne ed alla stanchezza, la sensazione di rinvigorimento muscolare e dell’efficienza sessuale che
segue l’assunzione di cocaina,
hanno creato una folta schiera
di proseliti in tutte le classi sociali ed in ogni età.
Gli allucinogeni
Cocaina
E’ una polvere bianca estratta
dalle foglie della Erytroxylon
Coca, una pianta coltivata in Bolivia, Perù, Colombia e conosciuta dagli Incas fin dal 500 A.C.
La cocaina provoca notevole
dipendenza psichica nei consumatori abituali, gli stati di angoscia, di sospettività, la paranoia,' le manie' di persecuzione.
Sono .sostanze di origine sia
naturale che sintetica. Tra le prime si può ricordare la Mescalina
(estratta dal Peyotil, cactus delrAmerica centrale) e la Psilocibina (estratta da un fungo mes'sicano) usata tradizionalmente
dagli Indios nel corso di cerimonie religiose. La più famosa lira
le sostanze allucinogene sintetiche è la Dietilamide dell'Acido
Lisergico (LSD), un prodotto di
sintesi derivato dalla segala cornuta, che si presenta sotto forma di un liquido incolore che il
sogjgetto ingerisce, ne basta una
goccia, versandolo in una bevanda, su una zolletta di zucchero
o su un pezzo di carta assorbente.
L’LSD non produce tossicodipendenza ma non si tratta di un
farmaco innocuo. L’eccesso di
dose (la dose orale efficace per
l’uomo varia da 0,03 a 0,05 milligrammi) può provocare, nel sistema nervoso centrale, turbe
gravissime.
Gli effetti provocati dall’LSD,
e dagli altri allucinogeni, dipendono in maniera particolare dalla personalità del soggetto, dalla qualità del prodotto (spesso
tagliato con anfetamina e fenciclidina) e dall’ambiente in cui il
« viaggio » viene intrapreso. Le
allucinazioni sono caratterizzate
da percezioni visive in cui i colori appaiono più forti e splendenti, si perde il senso dello spazio, del proprio corpo le cui
membra sembrano gigantesche
o leggerissime. Gli oggetti e l’ambiente circostante sembrano animarsi e talvolta ci sono allucinazioni acustiche. Gli effetti organici sono caratterizzati da dilatazione della pupilla, ipertensione
arteriosa, tachicardia, tremori,
aumento della temperatura, debolezza muscolare.
Anfetamine
Sono delle sostanze stimolanti del sistema nervoso centrale.
Sono usate in circostanze diverse e per rag^ungere scopi che
vanno dalla diminuzione del senso della fame, della fatica, del
pericolo e per ottenere migliori
prestazioni psicofisiche. Le anfetamine possono essere assunte
per bocca o per endovena.
Chi usa anfetamine si sente
più vitale, più sveglio, resta in
continua attività e senza mangiare. Al termine di questo periodo, quando la sostanza ha terminato il suo effetto, l’umore
cambia, la persona diviene più
irritabile, aggressiva, depressa e
sonnolenta. Nata come droga di
guerra (pillola Goering), alla fine della seconda guerra mondiale si diffuse rapidamente come '
la droga del week-end, soprattutto in Giappone, negli Stati Uniti e in Svezia. Anche in Italia
ebbe notevole successo come
anoressizzante, come stimolante
fisico per sportivi ed intellettuale per studenti in vista degli esami. L’uso prolungato delle anfetamine rende necessaria l’assunzione di barbiturici od oppiacei
per prendere sonno, cui segue di
nuovo il bisogno di eccitanti per
svegliarsi. Il consumatore abituale di anfetamine endovena
passa con facilità all’eroina endovena che gli evita i profondi
momenti di depressione, le allucinazioni, i deliri di persecuzione tipici dell’abuso da anfetamine.
Tra gli sportivi, l’uso delle anfetamine (doping) per ottenere
prestazioni superiori è molto pericoloso, in quanto, sopprimendo il senso della fatica, porta il
soggetto ad oltrepassare le proprie possibilità di resistenza, cosa che, in certi casi, può condurre alla morte.
(continua)
11
18 marzo 1983
cronaca delle Valli li
RIFORMA SANITARIA IN VAL PELLICE
’•'V/
ii
iv/'f
4^'
f/
IÛ
I
' '
Î t
Per migliorare |il rapporto
medico - paziente
In base alla Legge n. 833 (Riforma Sanitaria) ed all’Accordo
Collettivo per la regolamentazione dei rapporti con i medici di
medicina generale, si è proceduto alla limitazione del numero
massimo di persone che ciascun
medico può assistere. Tale operazione è stata effettuata entro i
tempi previsti permettendo Tinserimento nel Servizio di Assistenza Sanitaria di Base della
USSL di nuovi medici (6) e garantendo all’utenza la possibilità
concreta di nuove scelte.
Pur rilevando che il rapporto
ottimale sarebbe di un medico
per 100 assistiti, i massimali variano dal numero di 500 persone
per i medici che lavorano, per
esempio, in Ospedale^ al massimo di 1.500 per i medici di base
che non svolgono altra attività (il
limite di 1.800 assistiti è consentito dalla legge solo ai medici
che l'avessero raggiunto precedentemente).
Per rispettare tali limiti, necessari per migliorare la qualità della prestazione medica oltre che
per precise norme di lesge, alcuni medici, come già detto, hanno
ridotto il proprio numero di assistiti ed altri hanno iniziato la
loro attività.
Tutti i cittadini che debbano
od intendano scegliere il proprio
medico di fiducia (per la prima
volta o perché recusati, o per libera scelta) possono rivolgersi in
Qualsiasi momento agli uffici del
Servizio di Assistenza Sanitaria
USL 42 - VALLI
CHI80NE-GERMANA8GA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 20 MARZO 1983
VHIar Perosa; FARMACIA DE PAOLI
Via Nazionale, 22 - Tel. 840707
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte; tei. 201454
USL 44- PINER0LE8E
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USL 43-VAL PELLIGE
Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 20 MARZO 1983
Lusema San Giovanni; FARMACIA
GALETTO - Via Roma 7 - Telefono
909031.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pedice; telefono 91.288.
di Base (Torre Pellice - Via XXV
Aprile n. 7 - tei. 91514 - 932222 aperto il lunedì, martedì, mercoledì e sabato dalle ore 7,45 alle
ore 12; il giovedì e il venerdì dalle 7,45 alle 12 e dalle 15 alle
17) per avere informazioni circa
la possibilità di scelta per un
medico del proprio Comune o
Consorzio di Comuni, con cui desiderino affrontare problemi legati alla propria salute.
Per chiarezza di informazione
diamo a seguito l’elenco dei medici del Servizio di Assistenza Sanitaria di Base operanti attualmente nella Comunità Montana USSL 43; a fianco di ciascuno è
indicato il numero massimo di
assistiti consentito e se è possibile effettuare la scelta:
Consorzio dei Comuni di Bobbio Pellice e Villar Pellice: Dott.
Vilianis Giovanni, massimale 500;
Dott. Ghirardi Osvaldo, massimale 1.500 (possibilità di scelta).
Consorzio dei Comuni di Torre
Pellice e Angrogna: Dott. Avanzi
Luigi, massimale 1.710; Dott. Michelin Salomon Ornella, massimale 500; Dott. Bpér Silvio, mas
simale 1.500 (possibilità di scelta); Dott. Bevacqua Giuseppe,
massimale 1.250 (possibilità di
scelta); Dott. Laterza Roberto,
massimale 1.500 (possibilità di
scelta); Dott. Pisani Miriam,
massimale 1.500 (possibilità di
scelta).
Consorzio dei Comuni di Luserna San Giovanni - Lusernetta
- Rorà: Dott. Marinaro Eugenio,
massimale 1.800; Dott. Scarognina Piero, massimale 1.800; Dott.
Lavini Paolo, massimale 875 (possibilità di scelta); Dott. Seves
Giuseppina, massimale 1.500 (possibilità di scelta); Dott. Peyrot
Claudia, massimale 1.500 (possibilità di scelta); Dott. Pravatà
Salvatore, massimale 1.800 (possibilità di scelta).
Comune di Bibiana: Dott. Bellan Antonio, massimale 1.710;
Dott. Fossat Lorenzo, massimale
1.500 (possibilità di scelta).
Comune di Bricherasio: Dott.
Guiot Giulio, massimale 1.710;
Dott. Giambarresi Giuseppe, massimale 500 (possibilità di scelta);
Dott. Turbil Enrico, massimale
1.500 (possibilità di scelta).
Piano irriguo
Sta per essere ultimato il piano irriguo predisposto dai Servizi Tecnici della Comunità Montana.
Con questo piano si è attuata
la ricognizione di tutte le bealere
e di tutti i sistemi di irrigazione
presenti in Valle, funzionanti o
Donne in concerto
Come l’anno scorso, in occasione della festa della donna (8
marzo), alcune giovani musiciste
si sono esibite in un concerto nel
Tempio valdese di Pinerolo. Le
sorelle Roberta e Irene Rista
hanno fatto ascoltare due interessanti brani per violino e pianoforte, la cui esecuzione richiedeva anche buone doti virtuosistiche.
Uno studio di Th. Bormann è
stato eseguito dalla clarinettista
Teresa Belviso, che ha dato un
saggio delle possibilità solistiche del suo strumento. Il duo
pianistico costituito da Linda
Bosticco e Angela Colombo ha
presentato 4 danze ungheresi di
J. Brahms e due brani di I. Darber, da^do prova di buon affiatamento.
\
TESSUTI
CONFEZIONI
ARREDAMENTO
p«4l«»9ia
Via Duca degli Abruzzi, 2 - PINEROLO (To) - (Telef. 0121/22671)
Concerti
TORRE PELLICE — Mercoledì 23 marzo alle ore 20.45 si tiene presso il
Tempio Valdese un concerto per pianoforte con Gilda Butta. Musiche di Chopin, Liszt. Organizzazione Pro Loco Torre Pellice.
TORRE PELLICE — Giovedì 17 marzo
alle ore 16 presso l’Hôtel du Parc, l'Università deila Terza Età organizza un Incontro musicale con Willy Merz (contrabbasso) e M. Piacentini (pianoforte).
Dibattiti
PINEROLO — Venerdì 18 marzo alle
ore 20.45 presso il Centro Sociale di
San Lazzaro (via dei Rochis 3) conferenza dibattito sul tema: « Le trasfor- '
mazioni del ruolo dello stato nella crisi
degii anni 80 ». Introduce Riccardo Beilofiore delia Rivista Unità Proletaria.
Organizza Democrazia Proietaria.
Segnalazioni
PINEROLO — Sabato 26 marzo alle
ore 21 nei locali di via del Mille 1:
Assemblea generale del Centro Sociale
Protestante. Ordine del giorno: rendiconto '82, elezione comitato di coordinamento.
VAL PELLICE
Il Foyer
d’Angrogna
meno e che richiedano ristrutturazioni o potenziamenti.
Ricordiamo che i consorzi possono ottenere per gli impianti irrigui, coiitributi fino al 90% del
costo dell’opera; le domande dovranno essere presentate all'Assessorato Agricoltura e Foreste
della Regione Piemonte.
PINEROLO: 8 MARZO
Anna Èva Jahier, al pianoforte, ha accompagnato il corno dell’americana Laura Me Cullough,
facendo sentire due brani moderni di M. Past e di J. Francaix.
Il concerto si è concluso con
i « Lieder eines fahrenden gesellen » di G. Mahler interpretati dal soprano Ambra Noè, accompagnata anche lei da Anna
Èva Jahier. La comprensione dei
Lieder è stata facilitata dalla loro presentazione. Calorosi applausi hanno espresso l’apprezzamento del pulsblico alle giovani concertiste.
Alla fine del concerto sono state raccolte offerte, devolute a favore delle donne palestinesi tramite il Movimento Cristiano Studenti (M.C.S.) di Ginevra.
P. G.
Il Foyer, grande e accogliente casa
situata in ioc. Serre del Comune di
Angrogna, ha ormai consolidato la sua
funzione di risposta per l'inverno agli
anziani soii che vi possono trovare calore, amicizia e la possibilità di ritornare a casa loro in primavera ed estate.
L'esperienza, avviata ormai da tre anni, è stata positiva, sia per gii anziani
ospiti come per gli operatori ' chè vi
hanno lavorato e per gli Amministratori
che hanno potuto assicurare una concreta alternativa al ricovero.
La disponibilità di una struttura ben
attrezzata ed ospitale ha suggerito, già
dall'estate 1982, di invitare gruppi, preferibilmente di anziani, di altre zone a
soggiornare durante Testate presso il
Foyer.
La casa può accogliere un massimo
di 12 persone. Ad ogni ospite si richiede, oltre ad un contributo nelle
spese, di collaborare alla gestione quotidiana della casa.
Si propongono turni di 7 o 14 giorni,
a partire dal 15 giugno al 30 settembre.
È necessario che i gruppi siano accompagnati da un animatore-responsabile.
Chi è interessato è invitato a rivolgersi alla Comunità Montana Val Pellice
- Settore Servizi Sociali (Sig.ra Gaietti o
Sig.ra Canale) Piazza Muston 3 - Torre
Pellice tei. 0121/91514-91836.
AVVISI ECONOMICI
■VENDONSI due locali, servizi, balcone, cantina in Torre Pellice. Telefonare ore serali 0121/91529.
VENDESI IN ANGROGNA casa da
ristrutturare. 7 vani, luce, acqua,
terreno e bosco. Strada asfaltata. Telefonare 0121-932597.
CERCASI
CUOCO o CUOCA
per i mesi
da giugno a settembre.
Offriamo vitto e alloggio
e 600.000 L. mensili.
Scrìvere a: Ugo Tomassone
Casa Evangelica Metodista
Via dei Caduti, 25
14050 S. Marzano Oliveto (AT)
Tel. (0141) 856130
RINGRAZIAMENTO
I familiari deRa cara
Ada Paschetto in Tourn
di fronte alla grande manMEestazione
di affetto dimostrata nella triste circostanza, commossi, sentitamente ringraziano.
Rorò, 14 marzo 1983
RINGRAZIAMENTO
«.lo so in chi ho creduto.
Ho combattuto U buon combattimento della fede, ho finito la corsa, ho serbata la
fede » T
(2 Timoteo 1: 12; 4: 7)
Nella certezza di fede suRa resurrezione dei morti, la moglie, i figli, ed
i famiUari di
Giovanni Enrico Peyrot
Cav. di Vittorio Veneto
di anni 87
sono riconoscenti verso quanti hanno
dimostrato, sia personalmente sia con
altri mezzi, la propria solidarietà fraterna.
Villasecca, 9 marzo 1983
RINGRAZIAMENTO
« Beati i puri di cuore perché
vedranno Iddio »
L’il marzo U Signore ha richiamato a sé
Elisa Gabella
di anni 78
Fidenti nel celeste ritrovo, ne danno il triste annunzio, a funerali avvenuti la sorella Eugenia ved. Geymet,
la figlioiM^ia Amalia col marito Luciano
Panerò, la cognata Alma Gabella, coi
' figli Alberto e Renato e rispettive famiglie.
Un grazie riconoscente al Dott. Boer,
ai Pastori Zotta e Cipriano Toum per
le parole di conforto e a tutti gli ami-*
ci che con il loro affetto e la loro simpatìa ci sono stati vicini in questo nuovo lutto che ci ha oolpili.
Torre Pellice, 14 marzo 1983
A funerali avvenuti la famiglia annunzia con dolore la dipartita di
Ciulip Tran Roman
« Nous avons dans le ciel un
édifice qui vieni de Dieu^ une
maison éternelle qui n*a point
été faite par la main des hommes ».
(Corìnzi 2: 5)
« Temer si dee di sole quelle
cose ch^hanno potenza di fare
altrui male; delValtre no, che
non son paurose ».
(Dante)
Torre Pellice, 14 marzo 1983.
RINGRAZIAMENTO
(c Mi sono rallegrato quando mi
hanno detto: andiamo alla casa
delVEterno »
(Salmo 122: 1)
I familiari di
Giovanni Pietra Monnet
Cavaliere di Vittorio Veneto
riconoscenti ringraziano di vivo cuore
coloro che con fiori, scritti e presenza
hanno preso parte alla triste circostaiiza. Un particolare ringraziamento all’Asilo di S. Germano, all’Ospedale di
Pomaretto, al pastore Cipriano Toum,
all’Associazione combattenti, all’Associazione Alpini, Associazione famiglie
caduti per la libertà sez. di Pinerolo.
AU’AVIS di S. Secondo e a Dino Fraschia.
Prarostino, 18 marzo 1983
ANNIVERSARIO
« Rallegratevi nell’ Eterno, o
giusti, e lodate il Santo suo
Nome ».
(Salmo 97; 12)
Paolo Montaldo
La moglie, ì figli ed i congiunti tutti
Lo ricordano con infinito affetto.
Pinerolo, 16 marzo 1983
c( Quand'anche camminassi nella valle delVomhra della morte,
io non temerei male alcuno perché tu sei meco ».
(Salmo 23)
II giorno 7 marzo 1983 il Signore ha
chiamato a sé
Eleonora ReveI Vannuccini
di anni 86
Addolorati ma con fede in Dio lo
annunciano il marito Adolfo, i figli Alberto, Franco, Vanda e Aldo con tutti
i nipoti, il fratello Enrico.
12
12 uomo e società
18 marzo 1983
IN NIGERIA COME ALTROVE
Migranti, nuova schiavitù
Terremoto dimenticato
Riprendiamo dalla rivista dèi Consiglio Ecumenico delle
Chiese One World” questo articolo di André Jacques, segretario per le migrazioni della « Commissione di mutua assistenza e di servizio delle chiese e di assistenza ai rifugiati ».
Quando gli schermi televisivi
ci mostrarono una pietosa marea
umana stremata, colpita dallo
stupore per un decreto di espulsione brutale, spaventata davanti
ai colpi ed alle rapine che finivano col ridurla alla fuga in avanti
verso i paesi d’origine, chi non
rimase sconcertato e colpito da
queste immagini? Come si può a
tal punto disprezzare, annullare
anni di lavoro e di sofferenze, di
esilio di questi abitanti del Ghana, del Togo, del Benin, del Camenm? È quindi possibile decretare da un giorno all’altro —
senza avvertire, senza preparare
con un minimo di umanità le infrastrutture per questo esodo e
senza tener conto dei bambini,
dei malati — il rigetto degli stra
nieri? Sì, questo è possibile poi
ché questi stranieri si erano «il
legalmente » stabiliti nel paese
Illegalmente, ma fornendovi del
lavoro così utile allo sviluppo del
« gigante economico » che questo
paese di 90 milioni di abitanti, la
Nigeria, rappresenta.
Chi è in
. posizione irregolare?
Ciò che resterà come una macchia vergognosa per un paese
africano che si è comportato
senza rispetto umano verso le
popolazioni africane, in im continente dove le leggi dell’ospitalità hanno ancora un senso, solleva un problema di attualità
che va ben al di là dell’ovest dell’Africa, quello delTesistenza di
milioni di migranti il cui lavoro
è sfruttato senza adeguata copertura legale.
Di questi lavoratori migranti
senza documenti — ve ne sono
in tutti i continenti — non si conosce il numero esatto: negli
Stati Uniti sono dai 5 ai 10 milioni, ma si pensa che siano altrettanto numerosi nel Venezuela, in Colombia, nei Caraibi, nelle
Antille, in Europa, in Australia
e nei paesi del Golfo in Africa.
In numerosi paesi questi lavoratori sono oggetto di una
particolare attenzione da parte
delle chiese. Fin dal 1974 il
CETMI (Comitato delle Chiese
presso i lavoratori migranti, di
Bruxelles) scriveva: «La solidarietà con i lavoratori impiegati
illegalmente esige da noi un impegno di lotta contro le cause
dell’ingaggio illegale. È importante cambiare le condizioni sociali in modo tale che l’ingaggio
illegale non sia più possibile, né
necessario ».
Vediamo quindi positivamente
il fatto che quest’anno il CIM
(Comitato Intergovernamentale
per le migrazioni) abbia posto
come oggetto di studio del suo
6” seminario (11-15 aprile ’83) il
tema: « I migranti senza documenti o in situazioni irregolari ».
Il vocabolario in questo ambito ha un significato particolare:
noi rifiutiamo i termini di
« clandestini » o « illegali» che
hanno dei sig^niflcati negativi e
fanno pesare sui lavoratori la
responsabilità di una situazione
non regolare o non regolata.
Tre sfide
Sfida economica. In una economia di concorrenza la ricerca di
una manodopera mobile, docile
e a basso costo è particolarmente allettante. La precarietà di
certi settori dell’economia in situazione di crisi o l’instabilità
della domanda di manodopera
o di altri settori, fanno dei lavoratori stranieri e senza documenti la preda ideale di molti im
prenditori. Spesso il non rispetto
all’interno di uno stesso paese o
di una stessa comunità delle leggi sociali, fa saltare le regole
che definiscono il prezzo del lavoro. La collettività dovrebbe richiedere a tutti gli imprenditori
di allinearsi alle stesse regole di
responsabilità.
Sfida ai diritti civili. Accettare
che una manodopera sfugga
a tutti i controlli, ad ogni possibilità di protezione e di libera
espressione e a quel minimo di
sicurezza psicologica che permetta all’individuo di uscire dal
terrore per accedere alla partecipazione, equivale ad imboccare
una strada pericolosa il cui sbocco rischia ancora di essere violenza ed ingiustizia.
Sfida sociale. La protezione
lentamente conquistata dai lavoratori e l’insieme dei loro diritti
sociali (diritto alla salute, alla
pensione, alla formazione tecnica, alla possibilità di ricongiimgimento delle famiglie) non sono ancora giunti ai lavoratori
sprovvisti di documenti. In una
condizione di non diritto essi
sono quindi le possibili prede di
decisioni arbitrarie e/o interessate: la Nigeria ne è una triste
dimostrazione.
Chi ha la
volontà politica
In quali direzioni sono state,
o possono essere lanciate delle
azioni positive sostenute da gruppi cristiani e dalle Chiese?
— Non bisogna accettare che
una categoria di lavoratori sfugga alla responsabilità di protezione dei poteri pubblici; bisogna fare amnistia e regolare le
situazioni.
— Ma questo « inquadramento » non giustifica operazioni poliziesche brutali; coloro che han
no dato il loro contributo attivo
ad una economia hanno diritto
ad essere considerati e protetti.
— Le differenze di reddito tra
paesi, il sottosviluppo, i traffici
organizzati, la complicità dei governi, il più delle volte fanno sì
che la responsabilità non incomba sui lavoratori: si dovrà quindi cercare tutti i mezzi legali
per reprimere e mettere fine a
questa nuova schiavitù.
— La difesa di questi lavoratori deve avvenire ad un doppio
livello:
a) sul piano individuale per
la difesa dei loro diritti civili e
umani;
b) sul piano collettivo attraverso una modifica della legislazione.
— Un compito urgente si impone: lottare per una informazione precisa ed adeguata contro gli effetti corrosivi degli scontri fra comunità: la xenofobia
ed il razzismo tendono a guadagnare terreno ed a giustificare
le operazioni brutali contro gli
stranieri: bisogna combatterli
ed intraprendere una educazione
multiculturale.,
— Infine, la riduzione delle disuguaglianze fra il livello di vita
e lo sradicamento della fame e
della disoccupazione per mezzo
di un vero sviluppo saranno a
lungo termine la vera soluzione
di ogni forma di dolorosa migrazione.
Le convenzioni internazionali,
le raccomandazioni non mancano
certo; spesso mancano gli strumenti giuridici nazionali ed ancor più le volontà politiche. Ma
vi è nella contraddizione fra gli
interessi privati o collettivi ed
il rispetto dei diritti umani, un
appello all’azione di tutte le forze convinte che non vi siano libertà e dignità se non condivise
da tutti.
Naturalmente è importante
sottolineare che bisogna fare ogni sforzo affinché gli interessati siano presenti in prima persona alla soluzione dei loro problemi.
André Jacques
Doni Eco - Luce
DONI DI L. 2J000
Roma; Vitaletti Lidia, Terribili Imola,
Giuliani Rosa, Sciarra Isabella — Rivoli: Favareto Marcello — Genova: Schellenbaum Irma — Borgotossignano: Ferdori Remo — Terni: Nicolai Luigi — Gardolo: Endrici Berta — Guglionesi: Carunchio Stephenson — Pietrasanta:
Biondi Laura — Pescolanciano: Pallotta
Alfredo — Savona: Bigi Eralda — Arezzo: Beni Chiesa — Torre Faro: Piccione
Vittorio — Belmonte del Sannio; Trapaglia Antonio — Alessandria: Oltracqua
Daniela — Milano; Cavinato Virgilio —
Villar Perosa: Serre Samuele, Forneron
Alessandro — Bassignana: Bavastri Teresa, Leva Bruna, Orsi Luigi, Pallavidini
Piera, Sillico Assunta, Pallavidini Luisa
— Piverone: Pavignano Lidia, Lobrano
Annamaria — S, Marzano Olivete: Terzane Domenico — Valenza: Gerani Ornella — Perrero: Pons Anna, Poèt Ivonne. Pascal Alda, Pons Luigi (Maniglia), Peyran Emanuele, Poèt Roberto,
Pascal Alba, Ribet Guido, Pons Guido,
Ghigo F. Henry, Genre Giulio, Poèt
Osvaldo Vicenza: Chiesa evang. Metodista,
DONI DI L. 1,000
Angrogna: Garnier Bertin Silvana
Luserna S. Giovanni: Bertin Lisa —
Chiavari: Sianone Nirvana — Pramollo;
Peyronel Olinto — Perosa Argentina:
Tron Emanuele — Pomaretto: ReveI Paimira, Ribet Marisa, Ribet Giosuè —
Portogallo: Angeleri Paolo — Svizzera:
Meylan Rivoire Emilia, Minnucci Sergio, Merkii Hanoi — Villar Perosa: Peyrot Amato, Lomazzi Delfina — Villar
Pellice: Charbonnier Franco, Puy Pel
lene Giovanna — Perrero: Pons Tina —
Pinerolo: Pons Rita — Parma: Chiesa
evang. Metodista — Sesto Fiorentino:
Camporesi Giuseppina — Svezia: Lazzary Franco — Torre Pellice: Varese
Guido.
DONI DI L. 7.000
Angrogna; Jourdan Giovanna — Caerano S. Marco; Nascimben Maria —
Borgata Paradiso: Beux. Ettore — Cigliano Vercellese: Bono Diego, Bernini
Giovanni — Firenze: Verin Pietro —
Luserna S. Giovanni: Bonnet Franco,
Lodi Laura, Fratini Enrico — La Spezia:
Lobrano Pietro — Genova: Chiesa evangelica Metodista — Milano: Alessio Elio
— Moncalieri: Bisi Valdo — S. Germano Chisone: Valente Elvira — Pordenone: Pradolin Alessio — Perosa Arg.:
Pons Arturo — Pavone Canavese: Metallini Eliada — Prarostino: Cardon Mirella — Roma: Giovannini Gino, Tron
Maria Luisa —- Torino: Pascal Elena, Beux Carlo, Visca Alda — Torre
Pellice: Tourn Flora, Cesan Bruno, Beux
Tullio, Chiavia Crespo Mirella — Pinerolo: Bosio llda — Perrero: Massai
Maria — Svizzera; Kunzier Emil.
DONI DI L. 12.000
Chiavari: Bouchard Elvira ved. Gay
— Cimego: Arcar! Renzo — Massello:
Tron Enrichetta — Piombino: Banchetti
Giuseppe — Luserna S. Giovanni: Fenouil Paulette, Pons Flora — Rapolla:
Locoratolo Mirella — Riclaretto: Massel
Francesco — Scrcli: Perini Trovato Anna in memoria della sorella Stella —
Torino: Riccardi Roberto, Ribet Aldo
— Villar Pellice: Bouissa Dario.
(segue da pag. 7)
mobilitazione, la riflessione, la
programmazione e le iniziative
messe in campo per la Campania e la Basilicata.
Al nostro scarso impegno fa
riscontro la colpevole incuria
del governo nazionale e regionale. La radiografia demografica
attuale dei quindici paesi terremotati è racchiusa in pochi numeri, i quali decisamente puntano il dito accusatorio in primo luogo contro le autorità regionali. Infatti queste sono rimaste da una parte succubi della politica antisudista nazionale
e dall’altra legate agli interessi
del potere mafioso. Il risultato
in termini semplicemente umani è il seguente ; in quei paesi oggi vivono 93.711, di cui ventimila
ancora baraccati (in larga parte
della seconda generazione terremotata), si contano circa 15 mila emigrati e 4.275 disoccupati.
Tuttavia in mezzo a enormi difficoltà sono state avviate alcune iniziative cooperativistiche, di
cui qualcuna ha assunto proporzioni economiche di notevole importanza tale che ha innescato
anche processi indotti. Ciò sta
a dimostrare ancora una volta il
coraggio di queste popolazioni,
vive e combattive nonostante
Tassedio di forze sociali e politiche contrarie o noncuranti.
Questa incuria e indifferenza si
è accentuata negli ultimi anni,
per cui da qualche tempo i sindacati hanno aperto una vertenza con la regione.
Il 24 febbraio, reduce da una
manifestazione antimafia a Trapani imperniata sulla denunzia
delTassassinio del giudice Giaccio Montalto, è arrivato nel Belice, per dare man forte al sindacato unitario, Ton. Luciano
Lama, segretario generale della
CGIL. Il discorso pronunziato
nel cuore del Belice, a Partanna, ha denunziato con toni forti
i ritardi nella ricostruzione e
l’assenza a livello governativo di
un piano di sviluppo. La denunzia non è rimasta isolata e fine
a se stessa. Al centro della manifestazione è stata posta, con
la forza e la volontà del popolo
attivamente presente, la piattaforma del sindacato unitario,
messa a punto nel convegno
svoltosi, sempre a Partanna, nel
novembre scorso. I punti qualificanti di questo piano — ripresi in parte da un disegno di legge regionale presentato dal PCI
che insiste piuttosto sulla creazione delle infrastrutture (ac
INCONTRO A ROMA
Chiesa e Stato
I] segretario nazionale del PSI,
on. Bettino Craxi, con il vice segretario on. Valdo Spini, ha ricevuto una delegazione della
Chiesa Evangelica Valdese e Metodista guidata dal moderatore
Giorgio Bouchard. La delegazione valdese ha esposto al PSI l’esigenza che a più di 35 anni dall’approvazione della Costituzione
sia data attuazione al dettato delTart. 8, in cui si afferma che i
rapporti tra lo Stato italiano e
le confessioni religiose fion cattoliche sono regolati mediante
intese bilaterali, superando così
la legislazione fascista dei culti
ammessi. Il segretario nazionale
del PSI, on. Bettino Craxi, dopo
aver ricordato l’azione dispiegata in proposito dai socialisti, con
pronunce della Direzione del partito, interrogazioni, interpellanze
e mozioni parlamentari, rilevato
che in data 26 aprile 1981 le commissioni rappresentanti le rispettive parti hanno convenuto comunemente un nuovo testo dell’intesa, ha assunto l’impegno di
sollecitare il governo a portare
a conclusione la vicenda procedendo senza indugi agli adempimenti di sua competenza.
(Avanti! 11.3.1983)
qua, elettrificazione rurale, viabilità, valorizzazione dei beni
culturali ecc.) — sono orientati
allo sviluppo dell’agricoltura e
dell’industria collegata, del turismo (per la presenza di un rilevante patrimonio monumentale
e culturale) e delTartigianato.
Chiaramente il sindacato torna
a insistere sull’intreccio tra ricostruzione e rinascita della Valle del Belice nella consapevolezza che il « fabbisogno di case e
di strutture collettive — si legge
nel documento di recente inviato al governo regionale — sono
essenziali per un diverso vivere
civile, ma nel contempo devono
essere legate ad un indispensabile sviluppo economico e sociale ».
Si è sulla strada buona? Certamente. Vi è la coscienza di dover intraprendere il cammino
verso una nuova fase. Si potranno strappare delle buone leggi
in questa direzione. Ma ho la
sensazione che i soggetti di questa politica non siano ancora del
tutto presenti sulla scena. Voglio
dire che la forza di controllo democratico per l’applicazione delle leggi rimane sempre al di sotto delle esigenze. Tuttavia non
si può chiudere il discorso sul
triste retaggio del terremoto senza un aocenno alla novità culturale e politica di questi ultimi
tempi. Sul nostro orizzonte siciliano ci sono le prime luci di
un’alba meno plumbea (nel senso di piombo della mafia). Scrivo queste ultime note subito dopo la marcia contro la mafia nel
« triangolo della morte » : Bagheria, Casteldaccia e Altavilla. E’
stata organizzata e condotta da
giovani, in maggioranza studenti. Tanti giovani volitivi e coscienti del loro ruolo. Di questa
azienda della speculazione e del
delitto, legata ancora fortemente al potere politico (anzi in alcuni casi trasformatasi in potere politico) se ne parla nelle
scuole, nelle sale e nelle piazze.
Si va vincendo il « pudore » verso il nome mafia. Si chiede più
diffusamente come sradicarla.
Sorgono comitati quartierali e
cittadini, che hanno come obiettivo la lotta per la pace, contro
la droga e la mafia. Certamente
questa presenza, questo nuovo
modo di far politica avrà incidenze positive sulla lotta per il
Belice, avrà un’influenza moltiplicatrice sulle forze schierate
per il progresso e sul loro coraggio.
Alfonso Manocchio
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Comitato di Redazione; Franco
Becchino, Mario F. Berutti, Franco
Carri, Dino Ciesch, Niso De Michelis, Giorgio GardioI, Marcella Gay,
Adriano Longo, Aurelio Penna, JeanJacques Peyronel, Roberto Peyrot.
Giuseppe Platone, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Liliana Viglièlmo.
Editore; AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
- 10125 Torino.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/
655.278 - c.c.p. 327106 intestato a
« L'Eco delle Valli - La Luce -.
Abbonamenti '83: Annuo L. 18.000,
Semestrale 10.000; Estero 35.000:
Sostenitore 36.000. Gli abbonamenti decorrono dal 1“ gennaio e dal r
luglio (semestrale).
Redazione Valli; Via Arnaud, 25 10066 Torre Pellice.
Pubblicità; prezzo a modulo (mm
49x49) L. 7.000 (oltre IVA).
Inserzioni; prezzi per mm. di altezza. larghezza 1 colonna: mortuari
280 - sottoscrizioni 150 ■ economici
200 e partecipazioni personali 300
per parola (oltre IVA).
Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
intestato a « La Luce: fondo di solidarietà ». Via Pio V. 15 ■ Torino.
Stampa; Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)