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Anno IX — N. 13. II SERIE 15 Luoiio 18C0,
LA BUONA NOVELLA
GIORNALK DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Seguendo la verità neUa caiità. — Efes. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE 5 LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione].... £. 3 00 ^ In Torino alFUffizìo del Gioroale, via del Principe
Per la Svizzera c Francia, iJ........... „ i 2b \ Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id..................... 5 SO i Nelle Provisoie per mezzo di franco-bolli po
Per la Oermania Id................... „ 5 50 < stali, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. '• rettore della Bdona Novella.
Airestero, a* seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo d; franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
AttiiaZità: 1 reati contro la Religione secondo Tantico ed il nuovo Codice penale — Meditazione
biblica : La più maravigliosa fra tutte le relazioni — Varietà : A proposito di un’ articolo della
Buona Novella. Sincera rivelazione di un sacerdote della Chiesa di Roma — Una visita a Prf*
fargier, IV (cont. e fìne) — Corrispondenza della JBuona Noì^ila: Firenze.
ATTUAIilTA
1 REATI CONTRO LA RELIGIONE
SECOBDO
l’antico ed IL NUOVO CODICE PENALE.
Non ignorano i lettori, come sotto il regime dei pieni poteì'i, in
mezzo ad una colluvie di leggi di ogni fatta e colore, venisse anche
iniziata e condotta a buon termine, dal ministero Uattazzi, una revisione del Codice peìmle albertino, allo scopo di porlo in armonìa
coi nuovi liberali ordinamenti coi quali, su più punti importanti,
trovasi in aperta contraddizione.
Se sia o no, il nuovo Codice, per tutti i riguardi, ciò che sarebbesi
potuto bramare di meglio, è tal questione che volentieri abbandoniamo a chi piiì di noi è competente in materie giuridiche. Solo in
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torno al capitolo che tratta dei Reati cordro la religione vogliamo
esternare il nostro giudizio, confrontandone le disposizioni con quelle
deH’antica legislazione sulla stessa materia.
Grandi sono le differenze, che a primo aspetto, si fanno scorgere, a
tal riguardo, tra l’antico ed il nuovo Codice ; differenze, affrettiamoci
a dirlo, tutte quante ad onore del nuovo, e che più di qualunque siasi
altro fatto ci danno luogo di constatare gl’immensi progressi che, in
breve lasso di tempo, si sono compiuti fra di noi, nel senso della
libertà in genere, ma più segnatamente della libertà di coscienza,
fondamento e cardine a tutte le altre.
Una prima differenza emerge dal iwsto stesso che occupa, nei
due Codici, il titolo di cui presentemente trattiamo: Nell’antico,
compilato sotto gl’influssi della teocrazia allora nel suo meriggio,
egli era il primo del 2° libro, intitolato dei Crimini e Delitti ; nel
nuovo, invece, redatto sotto influssi affatto diversi, il primo posto,
come era naturale, venne ai reati contro la sicurezza interna ed
esterna dello Stato assegnato, ed ai reati contro la religione non
fu più lasciato che il secondo.
Un’altra differenza scorgesi nella stessa intitolazione del capitolo,
che neirantico Codice — specchio fedele, anche in questo, delle influenze sotto cui fui compilato — porta semplicemente dei Reati
contro la religione dello Stato, rimandando ad un solo articolo, di
poche righe e di poca entità, posto affatto a calce del capitolo, quelle
disposizioni, che si riferivano alla protezione dei culti accatolici,
mentre nel nuovo , compilando il quale si ebbe sempre presente
alla mente l’ugualianza di tutti i cittadini davanti alla legge, viene
il capitolo intitolato: Dei reati contro la religione dello Stato e gli
ALTRI CLT-Ti, e degl’interessi di questi ultimi si occuperà colla stessa
sollecitudine che della prima.
Ma altre differenze assai più gravi delle fin qui accennate, e che
testimoniano di un progresso molto più sensibile ancora, scorgonsi a
misura che dalla superficie noi ci facciamo a penetrare nella sostanza
stessa dell’argomento; ed esse sono, non parlando che delle principali :
1° Ingerenza sempre minore dello Stato nelle cose di coscienza,
e che si manifesta colla soppressione totale, nel nuovo Codice, di
parecchi casi d’infrazioni alla legge, accennati dall’antico, e portanti
seco penalità gravissime.
2° Diminuzione notevolissima di pena, nei casi sì dall’uno che
dall’altro codice contemplati.
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3“ Ideutità quasi perfetta nelle disposizioni che mirano a tutelare il libero esercizio del culto sia della religione dello Stato che dei
culti tollerati.
Nell’antico Codice, infatti, oltre al delitto di bestemmia contro a
Dio, la madonna ed i santi; oltre la consacrazione di tutti i regolamenti di polizia risguardanti l’osservanza delle feste ed il rispetto dovuto alia religione dello Stato; oltre ancora la pena della relegazione
cui soggiaceva “ chiunque con pubblici insegnamenti, con arringhe, o
col mezzo di scritti ecc. attaccasse direttamente od indirettamente la
religione dello Stato, con principii alla medesima contrarj, ” stava
iscritta la pena di morte contro chiunque avesse conculcate l'ostie
consacrate o commesso su di esse altri simili atti di disprezzo! — Ora
tutti questi casi sono dal nuovo Codice intieramente scomparsi; o
se il tremendo articolo della conculcazione dell’ostia vi si rinviene
ancora, egli non è più come articolo speciale, traendosi dietro la massima delle pene ; anzi sotto la forma generica di conculcamento, distrazione od infrazione di cose consacrate al culto divino, punibile
col carcere e colla multa solamente.
Nell’antico Codice l’atto d’impedire, interrompere o turbare con
violenze, 0 vie di fatto o minaccie le funzioni o cerimonie della Eeligione sì nelle Chiese che fuori di esse; Fatto ancora d’insultare i
ministri della Eeligione nell’esercizio delle loro funzioni, erano puniti, il primo colla reclusione o col carcere, a seconda dei casi, il
secondo colla reclusione od i lavori forzati a tempo o anche a vita ;
a quest’ultima pena era pure sottoposto chi avesse conculcato, o infranto vasi sacri, reliquie od immagini, sì nelle chiese che nelle
sacrestie ovvero anche fuori. Nel nuovo Codice invece, i due primi
di questi delitti sono puniti colla pena del carcere estensibile a mesi
sei, e con multa estensibile a lire cinquecento ; e l’ultimo colla pena
del carcere non minore di mesi sei, e con multa estensibile a lire
mille.
Nell’antico Codice, infine, mentre la quasi totalità del capitolo
era consacrata alla protezione della Eeligione dello Stato, degli
altri culti esistenti si facea appena parola, come di cosa che non
francava la spesa di occuparsene. Nel nuovo invece, intieramente
informato al gran principio della perfetta uguaglianza innanzi alla
legge di tutti i cittadini, gli stessi articoli che mirano a tutelare il
libero esercizio della Eeligione dello Stato, ed il rispetto alla medesima dovuto, vengono ripetuti, parola per parola, trattandosi dei
culti tollerati, dei loro riti, dei loro ministri, e delle contumelie a
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cui fossero fatti segno, e le stesse penalità, fatta ina’eccezione di poca
importanza (*), vengono comminate contro i contravventori, sì in un
caso che nell altro.
Certo, una volta ammesso che il titolo in discorso avesse da trovar
posto nel nuovo Codice, non si potea chiedere al Ministero del suo
specchiato liberalismo, nonché del profondo suo rispetto per la libertà
di coscienza, prova più luminosa e più concludente di quella che
dall’analisi da noi fatta di questa parte del suo lavoro, ci venne
offerta. Battine la stessa strada gli egregii personaggi incaricati della
compilazione del nuovo Codice civile, e fra poco sarà scomparso
d’infra noi ogni vestigio del passato despotismo, e godrà il Piemonte
di una legislazione che, mentre coopererà potentemente alla di lui
prosperità, vaiTà al suo governo la sincera gratitudine di tutti gli
amici della libertà di coscienza, e gli ascriverà, fra le nazioni più
civili d’Europa, un posto a niun’altra secondo.
(*) L’eccezione cui alludiamo si riferisce alle contumelie punite, quando vengono
profferite contro la Religione dello Stato con multa estensibile a lire 500 e gli arresti ; mentre profferite contro i culti tollerati, lo sono con multa estensibile a lire SCO
0 cogli arresti.
MEDITAZIONE BIBLICA
LA PIÙ MARAVIGLIOSA FRA TUTTE LE RELAZIONI.
“ Chiunque farà la volontà di Dio, quegli è mio fratello
“ e mia sorella, e mia madre ” (Mae. iv, 35).
Sembra, che insufficiente essendo un solo paragone somministratoci dalla terra, per descrivere l’amor di Gesù, abbia questo buon
Salvatore dovuto congiungere in questa sola parola tutto ciò ch’ewd
di più tenero nelle nostre relazioni terrene. E tutta la Bibbia è piena
di cotali modi. Lo Spirito Santo impiega alla sua volta tutte le affezioni le più potenti che l’uomo possa esperimentare per farci rilevare
la profondità e l’intensità dell’amor di Gesù. Ora è agguagliato ad
una madre, che conforta il suo figliuolo ; ora chiama il suo popolo,
con il nome di mia sorella, mia amica, mia sposa; Egli ora è figlio,
ora fratello, ora amico. — L’amico, ch’è più amante di un fratello.
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Non ci desta stupore un tal linguaggio ? Non sarebbe por avventura una semplice metafora piiì espressiva di quello che sia reale ?
Ma Gesù non ha dato Egli la sua vita per noi ? Oh ! ai cospetto di
(tuesto pegno di amore cessiamo di far le maraviglie perchè Egli si
esprima in cotali termini. Tutto ciò ch’Egli possa o dire, o fare, oggimai è infinitamente inferiore a ciò che ha già operato.
Cristiano! sei tu melanconico o solitario? I legami più cari, che
ti vincolano alla vita sono eglino per avventura in procinto di essere
rotti ? La morte ha lasciato del vacuo intorno a te, ed offeso alcuna
delle tue più intime affezioni ? Oh ! se la cosa va così, getta uno
sguardo a Gesù, tu troverai in Essolui un’amore in un filiale e fraterno. Egli è l’amico degli amici, la presenza e la dolce comunione
del quale lenisce e compensa tutte le perdite, ed empie tutti i vacui ;
fa abitare in famiglia quegli ch’era solo. Sei tu orfano, senza amico,
e senza conforto ? Ti ricorda, che tu j)ossiedi iu cielo uu fratello
maggiore, il quale ti ama di un’amore così profondo com’è l’Oceano,
così immenso com’è l’Eternità.
Ed in favore di chi sono le benedizioni presentate sotto questa
stupenda immagine ? A chi prodiga Gesù (¡ueste testimonianze d’un
amore illimitato? Per aver parte alle sue grazie non è bastevole
una esterna professione di cristianesimo, appartenere a questa od a
(juclla Chiesa, essere seguace di questo o di quel ministro, osservai-e
certi riti, od avere certa denominazione religiosa : nò ; le parole di
Gesù non si applicano che a colui miicamente, il quale sia rivestito
di .santità, il quale faccia la volontà del l’adre ch’è ne’ cieli. Sì, l’anima, che si occupa a ricopiare, per così dne, in sè lo s[)irito di Gesù
Cristo, l’anima, che si empie del suo Spirito Santo, che riceve la sua
Parola come norma di sua quotidiana condotta, e fa che la gloria di
Dio sia il gran fine della sua esistenza ; l’anima, che vive per Iddio,
con Dio ed in Dio, in una parola, l’anima credente, dolce cd umile,
che cerca di vivere della vitsi di Cristo, ed in vista del cielo, questa,
cd unicamente questa può aspirare alle benedizioni maraviglioFe
dell’araore di Gesù.
Se l’amicizia de’ potenti e virtuosi di questo mond» è cosa desiderabile, quanto è più quest’amore divino, a paragone di cui l’affezione
terrestre d’un fratello o d’una sorella, d’un padre o d’una madre o di
un’amico, è come una pallida stella accanto di un sole risplendentissimo ! Benché noi abl)iamo sovente rossore di cliiamaJ'e Gesù nostro
fratello, Egli non teme di chiamar noi, suoi fratelli. Gettando gli
occhi sopra i poveri vermi quai noi siamo egli dice, ecco mia madre,
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mia sorella e mio fratello ! Io scriverò sopra di essi, dice altrove, mi
nuovo nome. Come noi scriviamo il nostro nome sopra di un libro
per dimostrare, che quello ci appartiene, egualmente Grcsù scriverà
il suo nome sopm di noi — portento di sua grazia, affinchè questo
nome sia letto, e conosciuto dai principati e potenze celesti.
Abbiamo noi creduto, e conosciuto l’amore, che Dio ha per noi ?
Ah ! che pur è debole la nostra gratitudine ! Chi non potrebbe sottoscrivere a queste parole di un cristiano, il nome del quale è rimasto in venerazione nella Chiesa ; “ Il tuo amore è stato per me un
“ copioso torrente, ma la mia gratitudine non è che una stilla di
“ ruggiada, e questa medesima stilla è polluta di peccato. ” Se aiamo mi ama, osserverà la mia parola, ed il mio padre l’amerà, e
noi veìTemo a Lui, ed, appresso Lui faremo mansione.
TARIETA
A PROPOSITO DI UN ARTICOLO DELLA BUONA NOVELLA. SINCERA
RIVELAZIONE DI UN SACERDOTE DELLA CHIESA DI ROMA. *
Sotto la rubrica — Attualità — leggiamo spesso nella B. N. scritti interessantissimi per gli argomenti che vi si trattano, e pregevolissimi per la
dottrina ed eleganza onde sono esposti. Uno di questi, che maggiormente
abbia fermato la nostra attenzione, è quello inserito nel N. VII. (30 aprile
* Col dare posto nelle nostre colonne a questa scrittura di un sacerdote delia
Chiesa romana, non intendiamo già far nostie le opinioni tutte che vi sono svolte.
Pareccliie ci pajono giustissime; dolorosissima e meritevole di somma simpatia, per
parte dei cristiani evangelici, è certamente la condizione di quei preti i quali, convinti di essere nell’errore, ma non ancora abbastanza schiavi delia verità da seguirla
a qualunque costo, l’antico sentiero non possono più battere, e non hanno ardire
sufficiente da intraprenderne un nuovo; e, forse per questi havvi qualche cosa da fare,
che non è stato tentato ancora. Ma bisogna pur convenire che difficoltà grandissime
si frappongono al conseguimento di tale scopo, fra cui non ultima si è la quasi impossibilità di discernere quei preti, che meritevoli sarebbero di un tale ajuto, da
quelli (e pur troppo sono molti) che il loro vero posto Io hanno, non fra voi, ma in
(juella Chiesa appunto da cni vorrebbero dipartirsi. Quello poi che è da desiderarsi,
meglio di qualunque siasi stabilimento, si è che, fra i sacerdoti della Chiesa romana,
lo Spirito di Dio ne faccia sorgere molti, specialmente in Italia, i quali veramente
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a. c.), e che ha per titolo della Democrazia clericale italiana deve senza
flubbio produrre i suoi frutti ! Imperciocché egli ò certo, che qualunque voglia
attenersi alla divina Parola, testimonio unico ed infallibile di verità c salute,
conviene ripudj la Chiesa papistica, come quella che ò in aperta opposisizione — oggi più cho mai — col sacrosanto Codice evangelico.— Noi chc
scriviamo queste parole, apparteniamo al clero romano, e viviamo proprio
entro l’abborrito Stato del papa-re. Abbiamo da lunga pezza ripudiato in cuore
l’insegnamento sedicente apostolico-cattolico, perchè appunto le S. Scritture
ci hanno stenebrato lo intelletto, e guidata la volontà al vero cd al buono :
nè certo ci lasciamo sfuggire occasione propizia, in cui non intendiamo ad
annunziare il Vangelio, e conformo ad esso porre le nostre azioni, per quanto
n’ò dato sotto l'astuto maligno imperio della Chiesa pontificale, vera confraternita della compagnia di Gesù. — Ma perchè dunque, ci esclameranno
a caso non pochi, perchè non vi pronunziate apertamente per la confessione
evangelica ? Avvegnaché qualunque onesto e coscienzioso uomo non possa
nè debba punto transigere in aifare di tanta importanza, quale si è la con
unzione religiosa !
L’esperto autore del sopracitato articolo con acuta investigazione studiando i motivi di siffatta anomalia, uno ne accenna, fra altri, che vale a
rivelare, purché rettamente apprezzato, la vera ed unica ragione pratica del
nostro ritardo alla pubblica professione del Vangelo. « L’impossibilità, egli
dice, per parte di molti ecclesiastici, o la grandissima difficoltà di procacciarsi fuori delia loro Chiesa quella posizione sociale, che vi avevano già
più 0 meno comodamente conseguita, furono certo una delle principali cagioni per cui non respingessero il Cattolicismo; poiché se l’abnegazione fu
compresi qual’era l'apostolo, deU'eccelIenza della conoscenza di Cristo Gesù, « tutte lo
altre cose, ed anche quelle ch’erano loro di guadagno, le reputino danno per Cristo; »
ovvero ad imitazione di quel grande che, rotto al pari di loro le pastoje in cui era
avvincolata la sua coscienza, a fronte dei potenti del secolo, che gli chiedevano una
ritrattazione, rispondeva imperterrito: «Io non posso altrimenti-n e colla sua fede
trionfava del mondo. Sì, sien molti fra di noi quelli che non potranno aUrimenti chc
di confessare il vero che avranno conosciuto; che non muoveranno il piè se non
^ costrettivi dalla coscienza, c per speciale comandamento di Dio..... e tutti, ne Riamo
ccrti, avranno luogo d’esperimentare che il Signore h fedele, e che, secondo la parola
di un nostro cantico ;
« A chiunque a lui s’afBda
« Il Signor prowederà. »
Ed allora la verità farà dei progressi in Italia, perchè non le mancheranno tcstimonj che si faranno ascoltare.
Reii.
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sempre virtù molto rara in questo mondo, non sono per fermo gli uomini
di chiesa che ci autorizzano a fare delle molte eccezioni in lor favore. » Egli
è senza dubbio verità, che il pensiero di scendere improvviso dalla nostra
comoda e riverita posizione sociale ci reca qualche impressione nell’animo;
che la educazione, le abitudini, l’età in molti, l’impotenza e la incapacità
di esercitare una professione o mestiero — nuovo affatto per noi — ne
tolgono la fiducia di poterci assicurare un conveniente collocamento. Ma
non si dica per questo, che coloro i quali -hanno ricevuto il lume della vera
fede cristiana sieno aborrenti dalla virtù dell’abnegazione. E non siamo noi
pronti a sagrificare la fama appo milioni di cattolici, ad affrontare le costoro
calunnie e persecuzioni, ad abbandonare i nostri luoghi natii, gli amici, i
parenti, gli averi i gradi e gli onori? Oh andate ora ad affermare, che si ha
poco spirito di sacrifizio, poca virtù di abnegazione ! Ma noi restiamo indecisi e tardivi al grande atto della pubblica confessione evangelica, perchè
niuno c’assicura che, riparati ne’ luoghi da esercitare liberamente la pura
religione di Gesù Cristo, non saremo per venir meno dalla fame, o non ci troveremo ridotti a sostentar la vita mendicando a frusto, a frusto, un pane stentato! Lo so che trattandosi di religione e di coscienza, far si dovrebbe anche
quest’ultimo sagrifizio, confidando onninamente nella divina Provvidenza;
tanto più che lo stesso Signore nostro ci dice uell’Evangelo di S. Matteo ;
« Cercate imprima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte.ì) Ma pure la temperata sollecitudine del proprio sostentamento è sempre legittima e giusta; arroge, che la è potentissima nell’uomo—
per sua natura debole ed infermo — nè forse potrebbe da chicchessia, discreto ed imparziale, aggiudicarsi quale atto di poca fede, ovvero di cura
soverchia e sordida. Dovremmo noi avventurarci alle conseguenze funestissime di una situazione o contingenza disperata ? Ah ! non sarìa anzi questo
un'operare da dissennato, da improvvido, da imprudente?
Ricordi il lettore, che chi detta queste parole traduce sua vita nel putrido
seno del governo papesco, dove cioè un solo sospetto di aspirazione evangelica
basterebbe a dannarlo perpetuamente in qualche bolgia infernale dell’inquisizione; che quindi il pensiero di provvedere ad un convenevole collocamento trae origine unica e sola dalla inevitabile necessità di rifuggire in
altro suolo, al fine di potere con libertà proclamare la confessione del divino lledentore. « Farebbe perciò opera sapiente e liberalissima, soggiunge
a questo proposito l’autore dell’articolo surriferito della B. Novella, quel
governo ohe rendesse possibile una posizione sociale a tutti quegli ecclesiastici, che per debito di coscienza volessero apertamente abbandonare la
Chiesa dei papi; il perchè rimuoverebbe così lo scandalo giornaliero, a cui
assiste il mondo cristiano, di veder la religione fatta troppo spesso strumento
e fine di solo benessere materiale: la qual cosa quanto sia per contribuire a
ristaurare il sentimento religioso e morale in Italia, non lo ignorano certa-
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mente uomini illuminati, e sapienti governanti. » Io per me non approvo,
che tanto si abbia ad esigere da governi e governanti : impercioc?hè quando
questi proclamano, e proteggono la libertà di coscienza per tutti, hanno
asseguìto a maraviglia, in fatto di religione, il còmpito che si ha diritto a
reclamare dall’autorità di uno Stato liberale e illuminato. Noi vorremmo
che il pensiero e la cura di prowedei’e convenientemente all’uopo nostro,
venisse assunto dallo zelo ed equità della Chiesa evangelica, nou da altri.
Quando interviene, che qualche illuso e codardo inchina a rinnegai-e il puro
Vangelo di Gesù Cristo per seguire lo stendardo di Roma pontificia, gli si
apprestano da costei sollecitamente onori, comodità e ricchezze. Questo
costume se rivela debolezza, per lo manco, negli sciagurati apostati della
divina Parola, è indizio altresì certissimo di viltà e malizia per parte della
gran meretrice, che ha d’uopo ricorrere a tali arti onde agevolare il proselitismo alla sua sètta. Oppure, se vogliamo più benignamente giudicare, farà
mestieri concludere, che la è una generosità ingegnosa adoperata a fine di
gratificare novelli adepti. La religione intemerata del Vangelo disdegna gli
artifizj, le lusinghe, le seduzioni. Essa parla al cuore, alla coscienza, e non si
studia di trarre altri a sè, che mediante la persuasione ed il celeste spirito.
Ma non per questo ripugna, che soccorra di carità ragionevolmente ordinata
i nuovi convertiti, la cui necessità è, per quanto si è detto, evidente. Noi
non mendichiamo (chc Dio ci guardi !) onorificenze, plausi, facoltà di averi,
comodità della vita: cho anzi, tutte queste cose di lietissimo animo sagrifichiamo al dovere della coscienza. Solo dimandiamo, che ci venga assicurato
e provveduto un mezzo, onde vivere poscia convenevolmente, giusta le abitudini e capacità individuali, col frutto de’ nostri onorati sudori. Questo,
(juesto e null'altro noi dimandiamo. È forse importuna, difettosa, ingiusta
siffatta istanza?
Deh ! che la ingenua confessione di uno fra i non pochi, i quali aspirano
di lasciare il Clero romano per la pm-a fede nel Cristo, sia seriamente e
coscienzios.jmente presa in considerazione dalla Chiesa evangelica italiana,
affinchè risoluta deliberi qualche provvidenza a tal uopo; da cui per fermo
deriverà efficacissimo, col favore del Signor nostro Gesù Cristo, l’adempimento di uno fra i più caldi suoi voti !
Da cotesto onestissimo ed utilissimo pensiero noi fummo ispirati a scrivere sì umili, ma franche parole; e Dio benedetto illumini tutti, e sempre,
alla maggiore sua gloria.
(Dallo Stato romano, giugno 1860).
Un sacerdote della Chiesa di Rvmc.
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UNA VISITA A PRÉFARGIER
IV
(Cont. e fine, V. i N. 5, 6 e 9)
Il pranzo fatto iu comune è presieduto, nella prima divisione degli uomini, dall’economo e dal medico-aggiunto, ed in quella delle donne da due
sovrastanti in capo, che fanno a gara di zelo col Direttore e colla Direttrice. Questi due vengono serviti, unitamente al cappellano, nella sala da
pranzo del quartiere assegnato aU’Amministrazione; ma anziché riserbarsi
in modo assoluto quelle oro di riposo, più volte alla settimana e quasi tutti
i giorni, invitano uno o più ammalati, quelli specialmente che sono in via di
guarigione, sorreggendo, in tal guisa, i loro primi passi, nel ritorno che fanno
alla vita attiva. Più volte, durante la mia dimora a Préfargier, pranzai con
questi convitati, cho alcuni giorni addietro avrei chiamati strani, e la
maggior parte dei quali mi parvero più ragionevoli di parecchi assai, nei quali
mi sono imbattuto, occupati a diffondere in mezzo alla buona gente ideo ed
opinioni, alla di cui elaborazione è lungi dall’aver il buon senno presieduto......
Sarebbe però un’errore il figurarsi che tutti quanti i discorsi che fui nel
caso di udire a Préfargier fossero dal lato della sapienza e della morale
affatto irreprensibili. Ahimè ! quante parole ho io udito ispirate da stravaganza ! Sono stato testimone deH'irrompere di sentimenti intimi, rivelandosi
coU’incoorenza di una fantasìa in delirio, ed allora la pazzìa mi è apparsa
sotto un giorno affatto speciale. Mi parve non essere altro che uno squilibrio
nella morale organizzazione, lo sfogo libero di una passione esclusiva, che
assorbisce, per modo di dire, tutte le forzo del cuore; e quella passione sconvolgitrice, l’ho constatato con umiliazione, è il più delle volto, nelle donne,
la vanità; la vanità sotto il suo aspetto più frivolo, come sarebbe l’amore
della toletta, l’orgoglio di uu bel viso, la ricerca dei successi che vi si
annettono.
Bisogni di cuore malamente diretti, illusioni svanite riescono altresì, per
le donne, fonte inesauribile di mentale disordino. Inquanto agli uomini, la
passione del danaro o della gloria, le fallite ambizioni, le cupidità deluse
spiegano lo stato di parecchi ammalati, al punto dì vista però di un’osservatore ignorante quale sono io, poiché sono mai sempre da riserbarsi le
cagioni fisiche, che i soli modici sono iu grado di apprezzare, cd a cui noi
profani non possiamo risalire. Ed allora sovratutto quando, queste piaghe
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mi si affacciarono allo sguardo, io ammirai il morale trattamento che, per
tacito istinto, da ognuno a Préfargier, viene applicato, trattamento che
potrebbe chiamarsi in istile modico, sistema derivativo. Se si lascia per
qualche momento un’individuo dar sfogo ai .suoi lagni, nello stesso modo
che si apre uno sfogo al vapore d’ima caldaja troppo riscaldata, non lo si
fa già in guisa da impietosirlo sul proprio stato, anzi si cerca di distoglierlo
da sè medesimo, porgendo od al suo intelletto od al suo cuore, altra sorgente
d'interesse; spesse volte uno vi riesce dando ad un’ammalato cura di un’altro
ammalato: quest’appello fatto alla divozione essendo 1’antitodo più efficace
contro l’egoismo. Ho veduto una giovane guarita da cupa malinconìa me
diante gli sforzi da essa fatti allo scopo di consolare una fra le sue compagne affetta del medesimo malore. Lo stesso sistema dei derivativi viene
posto in opera all’effetto di combattere le monomanie: se per un momento
si lascia l’ammalato esporre i suoi piani o svolgere il suo sistema, non è
già coll’intento di opporvisi poi col raziocinio (la qual cosa altro effetto non
avrebbe che di radicarli vieppiù nelle loro idee), ma, anzi si, fa il possibile
onde sostituire un’altro pensiero a quello che più li domina; ed il successo
ottenuto, comunque di breve durata, è pur sempre un’incoraggiamento.
Ma dove si rifugge sopratutto dal ricorrere al raziocinio, per contrastare
al male, si è nei casi di pazzie dette religiose. Invece di stancare con
teologiche astrazioni un cervello già esacerbito, si cerca di giungerò al cuore
con manifestazioni della bontà di Dio, colle chiamate dirette deU’Evangelo,
colla commovente semplicità del culto cotidiano; e sovratutto si affida a Dio,
colla preghiera, il risultato di una cura, a compiere la quale riescono impotenti gU sforzi umani.
La lettura fatta in comune è anche mezzo potente di occupare il pensiero.
Quattro volte alla settimana, tutte le donne in istato di parteciparvi si
raccolgono intorno ad una gran tavola per ascoltare, lavorando all’ago, una
lettura fatta loro dal cappellano. Viaggi, scene storiche, elementi di storia
naturale formano per lo più l’argomento di tali letture, il di cui interesse si
accresce dagli sviluppi e spiegazioni dati dal lettore con instancabile benivolenza. In tal modo egli provoca le riflessioni e le interrogazioni degli
uditori : riflessioni ed interrogazioni spesso ingenue, talvolta bizzarre, ma
in cui rivelasi ancora di quando a quando cultura di mente e delicatezza di
cuore, a segno cho spesso, testimone di queste interessanti sedute, domandai
a me stesso, se aflenzione così sostenuta, se semplicità tale di espressione
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si rinverrebbero in un salone alla tiioda, raccogliendo un' eletta società di
eleganti signore.
Mosso dal desiderio di disporre lo spirito degli ammalati a gradire tali
letture, il cappellano si compiace nel dare, ogni mattina, più ore di lezione
a coloro che sono in grado di attendere ad un lavoro intellettuale. Le prime
ore del giorno sono consecrate agli uomini ; poi è la volta delle donne di
far cerchio attorno al professore, il quale ha il dono di rendere interessanti
esercizj chc, atteso l’età delle allieve, dovrebbero sembrare stanchezza, all’une, puerilità alle altre. Ebbene, i temi, i componimenti, le poesie impa
rate a mente sono altrettante ricreazioni accettate o a dir meglio avidamente afferrate da donne che hanno esse stesse dei bambini fors’anche dei
nipoti da educare, ma che una certa debolezza nel sistema nervoso, ha rese
nuovamente capaci delle impressioni della tenera età.
Anche la musica occupa uu gran posto nella vita di Prefargier. In ciascuno dei saloni dello stabilimento trovasi un piano-forte, a libera disposi
zioiie degli ammalati. Ma ciò che più li attrae, sono le lezioni di canto che,
tre volte alla settimana, raccolgono in cappella tutti coloro che possono o
che vogliono parteciparvi. Ciò che più m’interessò in questa lezione, si è la
circostanza, che viene data, con uno zelo che tiene della felicità, da una
persona cho, dopo essere stata guarita nello stabilimento, non voUe lasciarlo
più. Celibe e senza famiglia essa fu il primo ammalato posto sotto cura a
Prefargier, dove nonché la guarigione del corpo avendo rinvenuto la pace
dell’anima, chiedette, come grazia, al generoso fondatore di scorrere i suoi
dì in quest’asilo. Ottima musicante, essa suona l’organo in chiesa, presiede
alle lezioni di canto, organizza piccoli concerti onde rallegrare le lunghe
veglie dell’inverno, cercando in più altre guise ancora di rendersi utile in
quella casa cui tanto è affezionata: « Vedete, mi diceva, mostrandomi la
« sua graziosa cameretta, quale delizioso ritiro mi aveva Iddio prepa
« rato per la mia vecchiaja, epperciò io uori posso benedire abbastanza le
« prove per cui Egli mi vi ha fatto giungere! » Oh dissi tra me e me, la
benedizione più grande, quella che ognuno di noi dovrebbe sollecitare con
tutto il cuore, non è, il discernere nelle afflizioni che ci avvengono la mano
di Dio, insieme al fermo volere di associarci ai suoi disegni verso di noi, lo
•sguardo sempre rivolto al fine eterno ?
Se lasciassi la mia penna scorrere a seconda del mio cuore, quante rive
lazioni dovrei farvi ancora; quanto specialmente dovrei dirvi intorno ai cavi
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amici che, con divozione guanto intelligente altrettanto ignara di se,
dirigono quest’asilo ove sono acquetati se non del tutto dileguati tanti e
sì cocenti dolori ! Io vi parlerei di quelle vite in cui l’abnegazione si nasconde,
a così dire, sotto le apparenze del godimento, talmente la chiamata di Dio è
stata chiaramente intesa e sinceramente accettata. Ma a qual pro’ investi
gare e porre in piena luce ciò che; senza aflfettazione di sorta ammantasi
nel velo dell'umiltà? È spettacolo tanto raro quello di più esistenze spese a
servizio deU’umanità sofiFerente, e ciò colla semplicità più perfetta, sotto alla
sguardo di Dio, senza sforzo alcuno onde attrarre quello degli uomini, o
coronare di un aureola di gloriamondana un’opera che, intrapresa dall’amore,
altra corona non chiede che quella ch’esso impartisce ? E quantunque si
meriti una tale opera la simpatia tutta degli animi generosi, non costituisce
l’oscurità stessa in cui si avvolge, la parte migliore della sua grandezza ?
Quelli adunque che ebbero l’invidiabile privilegio di penetrare dietor
quella cortina protettrice di questo chiar’oscuro, ben si guardino dal rimuoverla intieramente. Sarà questa loro discrezione l’omaggio più gradito da
quegli animi delicati e devoti che compiono fedelmente, giorno dopo giorno,
l’opera che il Signore avea loro preparata.
CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Firenze, luglio 1860.
Egregio signor Direttore,
Abbiamo letto neH’accreditato suo giornale, sotto la data del 30 estinto
giugno, a. c. un di lei giudizio intorno allo Statuto organatore della nostra Chiesa libera italiana; Statuto diche ci facemmo un dovere d’inviarle
un esemplare in ¡stampa, insieme ad una nostra lettera che noi avremmo
desiderato molto si fosse compiaciuta di pubblicare, ma che ella stimò meglio
di far perire nell’oscurità; e tuttoché siamo penetrati dalla più viva riconoscenza per le simpatie che ella ei viene dimostrando, nuUadimeno, siccome
ci sembra di non essere stati bene compresi, e che le intenzioni della libera
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Chiesa italiana non siano plausibilmente interpretate, cosi stimiamo sia un
atto prudenziale di farei senza ambagi comprendere, affinchè voglia renderci
quella giustizia a cui abbiam diritto, con la pubblicazione della presente in
qualche cantuccio del prossimo numero del suo Periodico.
Ella battezza il nostro Statuto \m’ accozzaglia di cose di carattere ed importaìiza assai diversa; e quel ch’è peggio — soggiunge — espresse con termini non sempre chiari e precisi; mentre (secondo ch’ella dice poco più
sopra) avrebbero dovuto trovar posto in esso Statuto i soli pìinti costitutivi.
A tutto ciò si risponde, che se il regolamento vuoisi imperfetto, come
quello che abbraccia in embrione, e confonde i principj di dottrina con quelli
oostitutivi, ciò debbe ascriversi a più cagioni, e segnatamente alla necessità
pressante di averlo dovuto redigere in poche ore, stamparlo e proclamarlo
tosto, per atterrare con un colpo quanto improvvisto, altrettanto salutare,
quei pochi autori di scandalo, i quali, nemici sistematici d’ogn’ordine e
d’ogni legalità, prezzolati da donne straniere, cospiravano con un assiduo
lavoro — conforme praticarono per lunghi nove anni — alla perpetuazione
dell’arbitrio o dell’anarchìa. Anzi abbiamo stimato indispensabile — ci si
permetta l’espressione — di pizzicare de’ due principj un po’, all’oggetto
di far trawedere al corpo collettivo de’ fratelli per tanti anni illusi, quali
erano approssimativamente le nostre intenzioni, dando loro un*saggio,
checché non isviluppato d’un’organizzazione, che in processo di tempo dovrà
ricevere sviluppo ed ordine.
Avuto adunque riguardo alle circostanze, crediamo non sia tanto da biasimarsi il nostro regolamento, U quale tutto che vogliasi non chiaro nè preciso
nelle sue parti, offre bensì nell’insieme la base e la sostanza d’una Chiesa
veramente libera, perchè fondata sulla pietra del cantone, — Cristo; — e
veramente italiana, perchè non soggiacente ad influenze straniere. — E poi
il tempo darà consiglio — Poca scititilla gran fiamma seconda — cantò
rAlighieri; e Giuseppe Taverna dice nell’aureo libriccino delle sue sentensse e massime : « Ogni cosa è picciola per principio, ma grande per
virtù. »
H nostro Statuto, lo vediamo, è ben poca cosa; ed i crescenti bisogni
della Chiesa faranno modificarlo, ampliarlo, ordinarlo, e distinguerlo nelle
sue parti. — In una parola, noi non lo abbiamo pTOposto, nè gli altri fratelli lo hanno accettato come una norma, una misura infallibile dell’andamentò della Chiesa. Tutto nel mondo progredisce nel meglio, quando sono
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alla testa delle cose uomiui coscienziosi; e noi speriamo che avverrà altrettanto rispetto alla nostra Chiesa, che non sarà, nè potrà esser mai stazionaria. Lo stato di quietismo noi lo lasciamo a quei cristiani ostinati che la
nostra adunanza ha espulso dai suo seno; lo lasciamo ai settatori dell'islamismo che fanno un delitto' d’ogni benché menomo progresso morale o
intellettuale ! Gesù Cristo per converso è sapienza del Padre; è verità, vita,
attività dell’anima; e codesta attività, per l’operosità dello Spirito, fu ed &
in via di progresso, e lo sarà sempre, finché ci scontriamo tutti nell’unità
della fede e della conoscenza del Figliuolo di Dio, in un uomo compiuto,
alla misura dell’età matura del corpo di Cristo. (Efes, iv, 13). Da ciò si
parrà, non nè dubitiamo, che allorquando teniam proposito di modificazioni
e di cangiamenti, alludiamo soltanto ai principj costitutivi, e non ai principj
di dottrina e di fede, dacché la fede è una come Cristo, il quale ì> quello di
jeri, d’oggi e sempre.
EUa dice ancora, signor Direttore stimatissimo, che fra le altre cose ancora
manca alla nostra Costituzione uno speciale ministero della Parola ecc..
Noi, — perdoni se dissentiamo da lei — noi crediamo d’averlo, e perpetuo
quanto la Chiesa di Gesù Cristo; e ci spieghiamo:
Dalla nostra libera Chiesa non intendesi d’incarnare il ministero negl’individui d’una casta speciale; dacché il ministero della Chiesa vivente di
Cristo è insito, anzi esiste virtualmente in essa Chiesa. — Noi tutti seguaci
del Redentore siamo re e sacerdoti, perchè regniamo con Cristo, e tutti amministrar possiamo le (^vizie della Parola, purché la Chiesa riconosca in
noi il dono. — Perdoni il signor Direttore, se non dividiamo le sue convinzioni.
Infine, ella ci critica i titoli di libera e d’italiana dati alla nostra novella
Chiesa; e noi siam pronti a significargliene il perchè:
Primieramente — Abbiamo voluto appellar la nostra Chiesa — italiana
quasi per fare una solenne protesta contro quelle tante Chiese che si dicono
italiane, ma che non lo sono che di nome, dipendendo di fatti da Plimvtisti,
da Darbisfi o dai Mómiers !
Secondariamente — quando diciamo libera, non intendiamo che tra la
Chiesa—ordine spirituale di cose,—ed il governo—ordine di cose politiche
e temporali, — non esista armonia di sorta. Noi siamo amici dell’ordine,
perchè lo amiamo in tutta l’estensione del significato. È libera certo la nostra
Chiesa da ogni influenza di governi; ma più che a ciò intendiamo alludere
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con il titolo in discorso, a quella santa libertà, che fa respingere tutta l’influenza di sette straniere.
Intanto rendiamo grazie a Dio, che nella lotta ci ha fatto uscir trionfanti. — Il distruggere un edificio morale qualunque, per assurdo ch'egli
sia, è assai difficile ; molto più difficile che annichilire le opere monumentali
e gigantesche della mano dell’uomo, come sarebbero le sfingi e le piramidi
d’Egitto. — Ma Dio può tutto.
Gradisca sig. Direttore i nostri cordiali saluti.
Devotissimi servitori
Scipione Baesali
Ippolito Licozzi
Prof. Giuseppe Borioni.
Domenico Grosso gerente.
SOTTO I TORCHI
COMPENDIO DI CONTROVERSIE
TRA
LA PAROLA DI DIO E LA TEOLOGIA ROMANA
AD uso
DEI CRISTIANI EVANGELICI
3“ Edizione italiana.
TORINO — Tipografia CLAUDIANA, diretla ila R, Trombetta