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la luce
5 marzo 1993
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via Pio V n. 15
10125 Torino
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 5 MARZO 1993
ANNO I - NUMERO 9
8 MARZO 1993
PROGEnO
DI SPERANZA
PIERA ECIDI
E un otto marzo preoccupante e teso questo
dell’anno di crisi 1993. Un otto marzo che si presta dunque
meno del solito, se mai le donne hanno avuto questa tentazione, alle celebrazioni e ai ritualismi. E del resto il movimento delle donne ha sempre
polemicamente sottolineato
che si trattava di una giornata
di lotta e non di «festa», anche
se è ovvio che nell’appropriazione collettiva di una giornata-simbolo, nella dimostrazione di una cosciente identità del
singolo e del gruppo c’è un
elemento di gioia, di forza, di
speranza. Perché c’è il progetto di una rinascita, di un mondo nuovo.
Di questo progetto, di questa
speranza, di questa forza abbiamo estremo bisogno tutti,
in quest’anno 1993. Molti sono stati i momenti drammatici
dal dopoguerra a oggi: sconfitte e fallimenti, violenza armata
e il terrorismo. Ciascuna di
queste crisi, però, è stata affrontata, assunta e superata
dalle «forze sane» della nazione, variamente coalizzate e alleate, in una rinnovata creatività. E in ciascuna di queste
crisi, quelli che erano i soggetti «socialmente deboli», le
donne e i giovani, hanno rischiato di rimanere stritolati.
La caratteristica dolorosa di
questa crisi, però, è tale perché
affonda le sue radici neì patto
etico, di fiducia, da persona a
persona, da coscienza a coscienza, che è istitutivo di ogni
società democratica. Affonda
le sue radici nei valori, che per
noi credenti sono spiritualmente fondati, e il diffuso senso di smarrimento che ne deriva è dovuto al fatto che non si
vedono ancora chiaramente
quali siano le forze di rinnovamento e di trasformazione. E
una crisi che riguarda non solo
l’organizzazione della società,
ma il senso stesso del vivere.
Ma ecco che, proprio in
questa situazione di radicalità,
il movimento delle donne e dei
giovani, e noi credenti in particolare, abbiamo qualcosa da
dire e da offrire, una testimonianza e un servizio da svolgere, una speranza e una gioia da
portare. Perché noi, soggetti
«socialmente deboli», siamo
un gigantesco serbatoio di forze non sperimentate e non usurate. Perché abbiamo un progetto di vita e di società che
affonda appunto in quelle radici del rapporto da persona a
persona, da coscienza a coscienza, da io a tu: per noi credenti questo progetto di patto
umano si fonda su chi ha detto
«io sono la via, la verità e la
vita». Questo significa un
cammino complesso, umile,
attento, di rispetto e di condivisione, di accettazione e di
ascolto, che rifiuta il percorso
lineare della prescrittività che
da fonti autorevoli ci viene riproposto come soluzione
dell’accoglienza del «progetto
vita» per il cristiano. Anche
questo progetto, anche
quest’accoglienza, non si possono disgiungere dalla nostra
«chiamata a libertà».
Quest’anno di crisi 1993 si
pone proprio a metà di quel
Decennio che il Consiglio ecumenico ha, davvero profeticamente, voluto dedicare alla
solidarietà delle chiese con le
donne. Questo significa un appello a un rinnovamento radicale delle chiese, perché il rapporto donna-uomo è costitutivo di ogni società e indicativo
del suo livello di civiltà.
Ma questo significa anche
rinnovamento radicale del rapporto delle chiese con le donne
nella società. Un doppio movimento, verso l’interno e verso
l’esterno, che si basa su una
necessaria trasformazione delle coscienze: di tutti, donne e
uomini, e la cui spinta propulsiva sta nell’analisi e nelle
proposte delle «donne che
hanno preso coscienza di sé» il movimento delle donne quale soggetto storico di trasformazione.
Abbiamo molte cose da dire
e da fare in ogni campo: come
teologhe, pastore, studiose,
laiche impegnate, nella scuola,
nel lavoro, nella famiglia! Ciascuna secondo i propri doni, la
propria professionalità, le proprie vocazioni e le proprie
competenze, ma camminando
insieme nella libera creatività
dell’agape.
Il segreto deH'azione di Dio nella storia di ogni uomo e di ogni donna nelle società
Dobbiamo essere sale e lievito della realtà
ELISABETH GREEN
«Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e,
chiusa la porta, rivolgi la
preghiera al Padre tuo che è
nel segreto; e il Padre tuo,
che vede nel segreto, te ne
darà la ricompensa»
(Matteo 6, 6)
«Disse loro un'altra parabola: Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna
prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta
sia tutta lievitata»
(Matteo 13, 33)
All’inizio del suo libro sulla creazione, il teologo
svizzero Pierre Gisel afferma
che nel «ritirarsi della creazione» che stiamo attualmente vivendo, il mondo non si presenta nella sua alterità, ma attraverso degli «specchi deformanti» i quali «ostruiscono
ogni accesso al reale» (La creazione, Marietti, 1987, pag.
1). Donne e uomini rischiano
di perdersi in un labirinto di
specchi, incapaci di distinguere tra il reale e le sue rappresentazioni, incapaci di vivere.
se non tramite immagini
deformi del reale. Nelle mediazioni del reale, che giornali
e televisione, riviste e cinema
ci forniscono, «l’artificialità dice Gisel - è reduplicata
all’infinito» (ibidem). Ci viene subito in mente il «reale-irreale» delle telenovelas, oppure il mondo fin troppo perfetto
della pubblicità.
Neanche il giornalismo del
protestantesimo italiano è immune però dalla tentazione di
costruirsi il reale. I servizi sui
«servizi» si moltiplicano, parole su parole, immagini su
immagini rimandano ad un
reale sempre più remoto, il
quale, trasformato, guadagna
apparentemente, ma perde in
consistenza.
Vorrei ricordare l’Iddio di
cui ci parla Gesù: un Dio che
non ha bisogno dei mass media per informarsi, ma che
«vede nel segreto». Il nostro
attivismo e il nostro impegrio
sociale, 0 la nostra diaconia
(la «elemosina» di Matteo 6:
2) ha un valore davanti a Dio
solo se è fatta «nel segreto».
Altrimenti, come dice Gesù,
l’unica nostra ricompensa
sarà l’onore effimero e ambiguo degli uomini. Allo stesso
modo la nostra pratica religiosa non è da sbandierare
nelle piazze, ma da praticare
«nel segreto», dietro la porta
chiusa della nostra cameretta
(Matteo 6: 5 ss).
Il «segreto» dunque, come
il segreto dell’agire di Dio.
Figura di questo Dio che «vede nel segreto» è la donna
che nasconde il lievito nella
farina (Matteo 13: 33).
La donna sa che il lievito
sprigiona una forza misteriosa, anzi miracolosa, che nessuna telecamera riesce a svelare. Sa che il lievito è capace
di trasformare la pasta informe in un pane soffice e fragrante.
A questo Dio corrispondono donne e uomini che sono
«il sale della terra» (Matteo
5: 13). Il sale, una volta buttato nell’acqua bollente, non
si vede, ma si scioglie e in
quello sciogliersi dà sapore al
reale. Il sale richiama l’attenzione su di sé soltanto quando
non c’è! Si fa presente nella
sua assenza! Solo quando i
commensali, davanti a un
piatto insipido, cominciano a
rimproverare la cuoca, chiedendo: «Hai messo il sale?»,
lei magari deve insistere e ripetere: «L’ho messo, l’ho
messo!».
A volte mi pare che il nostro collocarci nel mondo e il
nostro porgerci al mondo, sia
simile all’insistenza di quella
cuoca. Muovendoci all’interno del labirinto degli specchi,
rischiamo di riflettere un’immagine distorta del reale anzi,
un’immagine sempre più lontana dal reale; oppure solo la
nostra immagine.
Dobbiamo dunque vigilare
affinché l’informazione non
degeneri in un bisogno, continuamente rinnovato, di
proiettare semplicemente noi
stessi verso l’esterno, perché
sarebbe il segno di un’esistenza divenuta scipita, e
dunque un tentativo ormai
tardivo di aggiungere del sale
al cibo cotto.
Chi usa il sale e il lievito sa
che il loro segreto sta nel dosaggio corretto al momento
opportuno. Gesù ci ricorda
infatti che il segreto sta «nel
segreto».
Etica sociale
Arrivano
i casinò?
Il governo italiano sta per
dare il via all’apertura di una
dozzina di nuovi casinò.
Sembra che tutto sia pronto
dal punto di vista dell’iter
amministrativo. L’unica difficoltà è di ordine politico. Ad
alcuni partiti non sembra opportuno, nel momento in cui
si chiedono sacrifici ai cittadini, ampliare le occasioni di
guadagno facile.
Il problema del gioco e delle scommesse sembra essere
al centro dell’iniziativa dei
governi. Oltre al Totocalcio,
al lotto, al Totip, alle varie
lotterie, alle scommesse delle
corse dei cavalli, si annunciano altre nuove schedine del
Totocalcio e c’è anche una
lotteria europea.
Anche in Svizzera il popolo
è chiamato a votare se abolire
la legge del 1922 che pone
pesanti limitazioni all’ammontare della posta giocabile
nei casinò, liberalizzando così il gioco. Il progetto governativo prevede di tassare fortemente le vincite, e con questi proventi di finanziare le
pensioni oggi in deficit.
Sul problema della liberalizzazione del gioco nei casinò interviene il pastore
Raymond de Rahm, responsabile dell’Istituto di etica sociale della Federazione delle
chiese protestanti in Svizzera.
Egli pone due domande
«Quali sono i mezzi tecnici
che verranno impiegati per
impedire il riciclaggio del denaro sporco e dei capitali in
fuga ? Quali sono gli effetti
sociali che sono generati dalla presenza dei casinò nelle
nostre città e nei nostri quartieri?» Infatti la passione del
gioco è favorita da tutta una
serie di attività (anche legali)
di contorno, che non sono
solo descritte nei film polizieschi.
Senza voler tornare ai tempi in cui le chiese tuonavano
contro i casinò visti come
luoghi di immoralità, non sarebbe meglio pensare a finanziare l’assistenza con imposte
dirette sul reddito?
Ecumene
Il nuovo
Catechismo della
Chiesa cattolica
pagina 2
AiJ.: Ascolto
Della Parola
Una fede allegra
una chiesa amena
pagina 6
La nuova politica
pagina 7
2
PAG. 2 RIFORMA
r-—n- Ecumene ■
La pubblicazione del «Catechismo della Chiesa cattolica» ha avuto
Un catechismo scarsamente ecumenico ma
che offre una valida «meditazione» per tutti
VENERDÌ 5 MARZO I993
ALFREDO BEBLENDIS
La Costituzione apostolica Fidei Depositum, che
introduce il catechismo, dice
che è anzitutto indirizzato ai
vescovi, in quanto dottori
della fede, ai sacerdoti, e a
tutto il popolo di Dio. Lo
scopo è raggiornamento
espositivo della «norma sicura per l’insegnamento della
fede». Il catechismo vuole
esporre tutta la vita di fede:
la fede confessata, celebrata,
vissuta. Dell’insegnamento si
fa garante il papa, quale successore di Pietro, svolgendo
il suo compito di confermare
la fede.
Il nuovo compendio deve
servire alla comunione ecclesiale di tutta la cattolicità,
pur non sostituendo i catechismi locali; chiarendo la
dottrina cattolica, il catechismo vuole anche favorire il
dialogo ecumenico.
Si era discusso a lungo
sull’opportunità di redigere
un catechismo «universale»,
sia per ottenere un documento ortodosso normativo per
tutti, sia indicando il rischio
di un’operazione di imbrigliamento dello spirito del
Vaticano II (cff. Concilium n.
4/1989). Anche la storia protestante è costellata di catechismi, da quelli dei riformatori (Lutero, Zwingli, Calvino), all’anglicano catechismo
nel Book of Common Prayer
a molti altri, unitamente a
molte confessioni di fede.
Se possiamo discutere del
catechismo, prima ancora che
del suo contenuto, è perché
per i protestanti la norma sicura della fede è la parola di
Dio. Catechismi e confessioni di fede sono strumenti
esplicativi, necessariamente
sempre da ripensare e aggiornare. Non va però taciuto
l’aspetto positivo insito in
un’operazione come la produzione di un catechismo
universale, quello di esprimere la comunione di fede: discutiamo pure circa il mezzo
adottato, ma riconosciamo
l’importanza del fine che non
può esserci estraneo.
Esposizione
e valutazione: il Credo
Il testo offre 2.865 paragrafi in 694 pagine (i rimandi
numerici indicano appunto i
paragrafi). Lo schema presenta: Credo, sacramenti, liturgia, etica, comandamenti,
preghiera.
Lo stile è biblico-liturgico
e dà al manuale un carattere
propositivo, privo di toni
«polemici». La dottrina è
quella cattolica conciliare, arricchita dalle precisazioni dei
documenti del ventennio successivo al Vaticano II e corredata dei riferimenti normativi del Codice di diritto canonico del 1983. Abbondanti
sono i riferimenti alla Bibbia
e ai padri e «dottori» della
Chiesa.
Precede l’analisi del «credo» l’affermazione che la ragione umana è capace di conoscere Dio, sebbene il nostro
linguaggio sia limitato e <de
parole restano sempre al di
qua de! mistero di Dio» (42).
La Rivelazione sgorga dalle due fonti: Scrittura e tradizione vivente della chiesa,
autenticamente interpretata
dal magistero. La chiesa è
detta «madre», in quanto da
essa riceviamo la vita della
fede, ma solo Dio salva. La
I chiesa non è «Vautrice della
I nostra salvezza» (169). Nel
«credo» ritroviamo l’ampio
consenso ecumenico circa fede trinitaria e salvezza, con
gli elementi storici di dissenso: ecclesiologia, mariologia, santi, ecc... Nel primo articolo, «Io credo in Dio padre» si ribadiscono tesi molto
dibattute anche da teologi cattolici: la creazione, dal nulla,
la conoscenza del Creatore
anche con la sola luce della
ragione (286), l’immortalità
dell’anima umana, resistenza
degli angeli (328).
Il discorso sulla caduta propone il peccato originale, da
intendersi evitando sia l’ottimismo pelagiano che il pessimismo protestante (406) e
resistenza dei diavoli. Di Gesù, «nato ebreo da una figlia
d’Israele » (423), si dice il
rapporto con la Legge e con
Israele. Concetti e linguaggio
antiebraici non sono proposti,
tuttavia ciò che viene detto
necessiterebbe di ulteriori
spiegazioni.
Della chiesa si parla dopo
un richiamo all’ecumenismo.
L’autocomprensione, ripresentata tramite le note: una,
santa, cattolica, apostolica, ridisegna la Chiesa romana che
conosciamo. Le aperture ecumeniche sono quelle a cui il
testo rinvia citando il Decreto
conciliare sull’ecumenismo
Unitatis Redime grado.
C’è o no salvezza fuori della chiesa? Non c’è per chi ne
è fuori, pur sapendo che quella è la vera chiesa. Una risposta che salva la buona fede,
ma non accede alla questione
della consapevole contestazione della tesi.
Un discorso veloce e insufficiente è quello sulle altre religioni, che si conclude con
l’immagine della chiesa-arca,
arca di Noè che, sola, salva
L'edizione francese dei Catechismo è uscita ii 16 novembre 1992
dal diluvio (845). La vita
eterna si apre con il giudizio
che colloca in tre situazioni:
inferno, purgatorio, paradiso.
La speranza è per la trasformazione dell’umanità e del
cosmo.
Sacramenti
e vita cristiana
La concezione sacramentale, del sacerdozio comune e ministeriale, è quella
nota. L’eucaristia sta al centro del settenario sacramentale con la sua tipica teologia
e il suo «culto». Il sacramento dell’ordine non può essere
dato alle donne, «perché Gesù ha scelto degli uomini»
(1577). La dottrina della penitenza o confessione si
chiude con quella delle indulgenze (1471); nessuna
novità circa il matrimonio,
salvo l’auspicio di una pastorale comune per i matrimoni misti (1636).
I sacramentali (benedizioni, consacrazioni, esorcismi)
danno lo spunto per sottolineare il valore della religiosità popolare, esprimente nei
riti l’incontro tra culture e
cristianesimo (1676). Il De
calogo è commentato dopo
che viene ribadito che al
magistero compete di
pronunciarsi sulle questioni
morali. Sono state criticate
la tesi della guerra giusta e
la legittimazione della pena
di morte, sebbene in casi
estremi (2266).
Su sessualità, omosessualità, aborto, eutanasia, suicidio non ci sono apprezzabili
novità. Alla legislazione statale si chiede di sostenere
l’etica cattolica per giorni festivi religiosi, contraccezione,
ecc... (2188, 2372). Alla critica di scarsa ecumenicità rivolta al catechismo dobbiamo
aggiungere il rilievo di insensibilità verso il pluralismo sociale e un’etica di dialogo,
mentre è condannata la frode
fiscale (2409).
Il compendio della fede e
della vita cristiana, in ottica
cattolica, si chiude con la riflessione sulla preghiera in
genere e sul Padre Nostro.
Il catechismo sarà utile lettura, non solo per conoscere
la dottrina cattolica «ufficiale», gli accordi e i dissensi
con altre confessioni. Molte
sue parti sono una valida
«meditazione». Per tutti.
Grande festa dei battisti in occasione della sua consacrazione
Nicaragua: prima donna pastora
La Convenzione battista del
Nicaragua segna una data importante nella sua storia con
la prima consacrazione di una
donna al ministero pastorale.
Carmen Pena Garay, pastore
della chiesa battista di Ebron
nella città di Juigalpa in Nicaragua, è stata consacrata, dopo una decisione unanime,
durante il culto tenuto la mattina del 30 gennaio presso il
Seminario battista di Managua. Oltre 90 delegati rappresentanti 36 chiese locali hanno invocato la benedizione
del Signore su Carmen che
sta ultimando il suo corso di
specializzazione in teologia al
seminario. «Le donne erano
presenti in massa, e hanno accolto l’avvenimento dicendo
che quella era la loro consacrazione» ha detto la pastora
Isabel Docampo, consulente
delle chiese battiste a Washington per i ministeri fra gli
anziani. «La consacrazione è
stata il segno che le donne
non erano più marginalizzate
ed esse hanno voluto stringersi in un abbraccio totale».
La pastora Docampo, che è
anche presidente della Ministers’ Fellowship della Convenzione battista del distretto
di Columbia (dove si trova la
capitale degli Stati Uniti, Washington) era presente come
ospite speciale alla consacrazione, anche in rappresentanza dell’Associazione battista
per la pace del Nord America. Dopo ii culto la pastora
Docampo ha consegnato alla
neo pastora oltre cinquanta
lettere di incoraggiamento
raccolte dall’Associazione
per la pace fra pastore battiste
e fratelli e sorelle del Nord
America e di altri paesi.
Davanti alla commissione
d’esame la pastora Garay ha
discusso una tesi sul ministero delle donne ai tempi di Gesù e nella Convenzione battista del Nicaragua. Nel suo lavoro c’erano anche riflessioni
e suggerimenti alla Convenzione per aprire nuove vie alle donne nel contesto contemporaneo locale e per incoraggiarle a entrare nel ministero
pastorale. «Ha corso certamente dei rischi nel presentare la sua tesi, anche perché ha
detto apertamente quel che
pensava senza tirarsi indietro», ha commentato la pastora Docampo riferendosi alle
riflessioni di Carmen Garay,
che ha affrontato una serie di
testi biblici da una prospettiva femminile, sottolineando
l’opportunità che le donne intraprendano gli studi teologici e la necessità di una stretta
collaborazione fra uomini e
donne nel ministero.
Un solo membro della
commissione d’esame ha
espresso le proprie difficoltà
a concepire la consacrazione
di una donna, concludendo
però che conoscendo Carmen
Garay, e avendo riscontrato
la validità del suo servizio e
l’innegabile assistenza del Signore, non poteva che votare
a favore della sua consacrazione.
Nel sermone tenuto in occasione della consacrazione
Tomas Tellez, direttore esecutivo della Convenzione
battista del Nicaragua ha dichiarato che la Convenzione
accoglierà altre donne nel ministero pastorale.
Carmen Garay, cresciuta
nel Nicaragua del nord, una
delle zone più povere del
paese, ha avuto sin da giovane la vocazione al pastorato.
Iscritta al Seminario battista
nel 1975 insieme ad altre cinque donne (le prime ammesse
a studiare teologia) ha conseguito il baccalaureato in teologia nel 1980, proseguendo
poi gli studi per la laurea.
Sposata e madre di due
bambini, ha guidato per 17
anni, senza essere stipendiata,
alcune comunità in zone sottoposte al terrorismo dei contras.
Dal
Il Consiglio ecumenico replica
al Reader's Digest
GINEVRA — Il pastore Konrad Raiser, segretario generale
del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), ha scritto alle chiese membro del Cec per informarle delle sue reazioni ad un articolo pubblicato nel Reader’s Digest nello scorso mese di febbraio. L articolo presenta una visione decisamente negativa e
parziale delle attività del Cec dal 1948, anno della sua fondazione. Konrad Raiser ha chiesto al dipartimento della comunicazione del Cec di redigere una documentazione in risposta alle
argomentazioni dell’articolo del Reader’s Digest. Tale documentazione è stata inviata anche alle chiese.
La Kek e la situazione in Bosnia
GINEVRA — Sul n. 3 di «Riforma» del 22 gennaio, avevamo riferito la presa di posizione del presidente della Federazione delle chiese evangeliche svizzere contro l’atteggiamento
della Chiesa ortodossa serba sulla questione delle violenze subite dalle donne bosniache. Egli rimproverava anche la Conferenza delle chiese europee (Kek) per aver diffuso senza comrriento la dichiarazione ortodossa che contestava la sistematicità delle violenze perpetrate.
Al riguardo, l’Ufficio informazioni della Kek ci comunica
che se è vero che nessun comunicato-stampa è stato emesso
sull argomento, non è vero che la Kek non abbia preso posizione. In particolare, la Kek è stata co-firmataria insieme, al Consiglio ecumenico delle chiese, di una lettera indirizzata al Segretario generale dell’Onu, in cui si dichiarava: «Crediamo che
gli orribili abusi dei diritti umani e della dignità umana che
stanno colpendo soprattutto i bambini e le donne nell’ex Jugoslavia richiedano non solo indagini approfondite ma anche
un’effettiva tutela e vigilanza. Appoggeremo un’iniziativa tesa
ad istituire un tribunale intemazionale per giudicare i colpevoli
di crimini contro l’umanità».
I vescovi cechi riaprono
il caso Jan Hus
PRAGA — La conferenza episcopale ceca sta per istituire
una commissione speciale incaricata di riesaminare la storia del
riforrnatore Jan Hus, condannato come eretico nel 1415 dal
Concilio di Costanza dove era venuto per spiegare le sue posizioni, e morto sul rogo in quella stessa città. I vescovi rispondono così ad un augurio espresso da Giovanni Paolo II in occasione della sua breve visita in Cecoslovacchia nell’aprile 1990.
II papa, allora, aveva dichiarato di avere ancora in mente le parole del cardinale Beran, predecessore del cardinale Tomasek
nella sede di Praga, il quale si era fatto avvocato del riformatore al concilio Vaticano II, deplorando «gli eccessi ai quali ci
si era lasciati andare all’epoca e in seguito». Giovanni Paolo II
aveva aggiunto: «Toccherà agli esperti, in primo luogo ai teologi cechi, definire il posto che occupa Jan Hus fra i riformatori
della Chiesa, accanto ad altre figure celebri di riformatori medievali in Boemia». Infine aveva sottolineato che «al di là delle
convinzioni teologiche che egli ha difeso, non si può negare a
Jan Hus 1 integrità della sua vita personale né i suoi sforzi per
l’istmzione e l’educazione morale della nazione».
Conversione di Manuel Noriega
MIAMI — L’ex dittatore del Panama, il generale Manuel
Noriega, è stato battezzato in una piccola piscina portatile nel
carcere federale di Miami, negli Stati Uniti. Il generale, che sta
scontando una pena di 40 anni per traffico di droga e attività
criininose di vario genere, si sarebbe convertito leggendo la
Scrittura nel periodo in cui era in attesa di processo, dopo aver
frequentato regolarmente negli ultimi due anni degli studi biblici. Le guardie del carcere dove Noriega è detenuto dicono che
il suo comportamento è notevolmente cambiato in questi ultimi
tempi e le persone che lo conoscono da vicino negano che la
sua conversione sia un espediente per tentare di ottenere una riduzione della pena.
Il presbiteriano Young Sam Kim
presidente della Corea del Sud
SEUL — Il primo presidente eletto democraticamente nella
Corea del Sud, Young Sam Kim, di 65 anni, è il primo cristiano praticante giunto a questa carica ed è un leader laico della Chiesa presbiteriana Chung Hyun di Seoul, che conta 25.000
merribri. Kim, che ha assunto la carica nel febbraio di quest'anno, è anche il primo presidente non militare di questi ultimi
Irent anni e si è impegnato a combattere la corruzione ampiamente diffusa neH’amministrazione pubblica.
Il «giallo » del nuovo
catechismo dei luterani svedesi
UPPSALA — Il nuovo catechismo dei luterani svedesi,
stampato in 3 milioni di copie dallo stato, è stato pubblicato alla fine di gennaio. Era già pronto per Natale, ma la copertina
rappresentava una donna nuda di fronte al mare, con le braccia
in croce, con la seguente didascalia: «La sua anima si eleva al
di sopra della terra, grazie al suo Creatore». Il vescovo di Karlstadt, ritenendo che tale immagine non evoca necessariamente
l’anima, ha ottenuto che la copertina fosse cambiata.
3
\/FNERDÌ 5 MARZO 1993
Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Il Comitato esecutivo delTUnione cristiana battista informa
L^amministrazione ecclesiastica
e la missione della chiesa
Il Comitato esecutivo (CE), in
occasione dell’Assemblea straordinaria, si è riunito in S. Severa,
presso il Villaggio della gioventù,
nel pomeriggio dell’11, il 12 e il
pomeriggio del 14 febbraio. Si è
trattato di una breve ed intensa seduta, che ha messo a fuoco alcuni
problemi, in preparazione della
prossima riunione, e ha affrontato
alcune questioni urgenti improcrastinabili.
Amministrazione
e ente patrimoniale.
La prima parte della seduta è stata
dedicata all’esame dell’amministrazione e dello stato dell’ente patrimoniale. È stata vista una prima bozza
di bilancio consuntivo: si è constatato che nelle linee generali esso corrisponde alle indicazioni date nel preventivo e che il deficit è tenuto costantemente sotto controllo e comunque è stato contenuto in misura
inferiore al previsto. Migliori e più
complete considerazioni potranno
farsi quando, nella prossima seduta,
il Comitato esaminerà il bilancio
consuntivo definitivo ed il preventivo per il 1993, che il segretario amministrativo preparerà con l’ausilio
della commissione amministrativa.
Un ampio ed esauriente giro
d’orizzonte ha consentito di valutare
lo stato di salute dell’ente patrimoniale. L’intensa attività, che va dal
riordino di alcuni stabili alla progettazione di nuovi restauri e di interventi per consentire l’acquisizione
di locali di culto per le chiese che ne
hanno bisogno, è stata presa in esame dal Comitato, che ha potuto rendersi conto e delle energie che questo lavoro assorbe e dell’importanza
che esso ha assunto nell’economia
dell’Unione. È stato deciso di trovare il modo visivo di rappresentare lo
sviluppo dell’attività alle chiese, affinché esse possano rendersi conto
della mole non indifferente del lavoro svolto. Si tratta di un lavoro essenziale che ha consentito di impiegare le rendite sia nella copertura
delle spese a cui il piano di cooperazione non è per ora in grado di
provvedere, sia a liberare nuove risorse da investire nell’acquisto di
nuovi locali di culto per lo sviluppo
della testimonianza.
Pastori/e
Il CE ha poi dedicato tempo ed
impegno alla riconsiderazione
dell’assegno pastorale, per cercare
di accogliere la pressante richiesta
di adeguamento, specie per quanto
riguarda i monoreddito. L’attuale
congiuntura italiana prevede una serie di nuove spese, che saranno affrontate con molta difficoltà da chi,
come i nostri pastori e le nostre pastore, ha un assegno di pura sopravvivenza. Il Comitato, per poter addivenire ad una pronta decisione nella
seduta di marzo, ha incaricato l’amministrazione di acquisire la documentazione opportuna.
Accogliendo la richiesta del Consiglio del Collegio pastorale, il CE
ha deciso di ristabilire per il 1993 il
buono libri: esso sarà corrisposto ai
pastori iscritti nel ruolo (art. 62a del
regolamento) e ai pastori locali
iscritti nell’apposita rubrica (art. 17)
Franco Scaramuccia, presidente dei Comitato esecutivo deii’Ucebi
e consisterà in libri pubblicati
dall’editrice Claudiana per un valore complessivo di L. 350.000 al
prezzo di copertina. La decisione è
stata presa con il conforto dell’intero Collegio, che si è espresso favorevolmente in merito.
Il Comitato, esprimendo grande
allegrezza, ha deliberato poi l’iscrizione del candidato Italo Benedetti
nel ruolo dei pastori dell’Unione,
dopo aver ascoltato i pareri favorevoli della chiesa di Isola del Liri,
dove è stato svolto il servizio di
prova, e del Consiglio del Collegio
pastorale.
È stato invitato in Italia per il mese di giugno 1993 il past. Roger J.
Cazziol. Si tratta di un fratello italiano stabilitosi nello Swaziland
che, andando in pensione, intende
mettersi a disposizione delle chiese
battiste italiane a partire dal luglio
1994. Egli risiederà successivamente presso due comunità (in Veneto e in Sicilia) per prendere contatto con la realtà italiana e consentire alle chiese una futura decisione; per l’occasione è stato anche disposto che si incontri con il segretario del Dipartimento di teologia e
con il Comitato esecutivo.
Operatori/tricì diaconali
Con gioia il Comitato esecutivo,
avendo esaminato il parere favorevole del Consiglio d’amministrazione dell’Istituto G. B. Taylor,
presso cui è stata impegnata nel periodo di prova, ha accettato come
operatrice diaconale la candidata
Alice B. Moore, disponendone
l’iscrizione nell’apposito ruolo.
Chiese
Il CE ha anche preso in esame le
decisioni di alcune chiese relativamente alla loro cura pastorale.
Prendendo atto del gradimento manifestato dalle relative assemblee,
ha destinato la candidata Lidia
Maggi per il servizio di prova alle
chiese di Bollate e Milano, via J. da
Tradate, fissando nel contempo la
residenza della candidata a Bollate.
Preso atto della preferenza manifestata dalla chiesa e dal gradimento espresso dagli interessati, il Comitato ha destinato la pastora Anna
Maffei e il pastore Massimo Aprile
alla cura della chiesa di Napoli, via
Foria, a metà tempo ciascuno. Si
tratta della prima volta nel nostro
paese che, seguendo le decisioni di
una chiesa, si dà vita ad un «ministero di coppia»: in questo senso si
era anche espresso il recente convegno delle coppie pastorali battiste,
metodiste e valdesi e da questo
punto di vista si può considerare
senz’altro un esperimento.
Resta comunque il grave problema della dislocazione pastorale sul
territorio e della copertura di alcune
sedi che da tempo attendono la cura
di un pastore. Il Comitato ha sollecitato la commissione ad referendum
appositamente nominata a suo tempo («per la strategia») a riferire al
più presto su questo argomento.
Incontro
con delegazione ortodossa
Il Comitato ha ricevuto una delegazione della Chiesa ortodossa autocefala d’Albania, guidata dal segretario
generale Aleko Dhima, che già aveva
assistito al culto di chiusura dell’Assemblea straordinaria. Il colloquio
aperto e fraterno ha consentito ai
membri del CE di rendersi conto della grave situazione in cui si sono venite a trovare le componenti religiose
in Albania. Parte del colloquio è stata
dedicata al problema della libertà religiosa in Albania; il Comitato ha
sollecitato l’appoggio della Chiesa
ortodossa a coloro che, come i battisti, si oppongono al disegno di legge,
chiaramente contrario ai più elementari principi della libertà, che il Parlamento albanese sta per approvare relativamente alla liceità di svolgere
propaganda religiosa.
John Passmore, segretario della British
missionary society per l’Europa
Colloquio
con il rev. John Passmore
Il Comitato ha avuto un lieto e
fruttuoso incontro con il rev. John
Passmore, della British Missionary
Society, con il quale sono state
esplorate le possibilità di collaborazione con l’Unione. In particolare si
è parlato dell’eventualità che pastori
inglesi siano impegnati nella cura di
chiese italiane e nell’evangelizzazione: si sono puntualizzate le procedure già a suo tempo convenute con i
battisti britannici. Infine si è proceduto allo scambio formale dei protocolli, firmati dal presidente Scaramuccia e dai segretari generali delle
Unioni inglese, scozzese e gallese,
relativamente alla collaborazione fra
le quattro Unioni e la British Missionary Society.
Prossima seduta
Aderendo alla richiesta delle
chiese di Calabria e Sicilia di una
maggiore presenza dell’Unione in
quei luoghi, il CE ha deciso che la
prossima sessione abbia luogo a
Catania nei giorni 26-28 marzo
prossimi.
Settimana della libertà a Biella
Dopo un secolo
incontro col sindaco
Per la prima volta, nella
centenaria storia della chiesa
di Biella, il sindaco della città
è intervenuto al culto della
comunità su invito del Consiglio di chiesa.
Il 14 febbraio è stato infatti
celebrato il culto di lode e ringraziamento in occasione della
ricorrenza dell’emancipazione
e della Settimana della libertà.
È in questo quadro che l’avvocato Susta, accompagnato da
un consigliere comunale (entrambi democristiani) ha accettato di portare il suo saluto
e di testimoniare la sua solidarietà, come sindaco e come
cristiano, alla Chiesa valdese.
Dopo il sermone pronunciato da Franco Taglierò, il
vicepresidente del Consiglio
di chiesa, Gustavo Buratti, ha
espresso al sindaco la gioia di
tutta la chiesa per la sua significativa presenza.
È passato un secolo da
quando il pastore Malan, che
inizialmente teneva il culto in
una camera d’albergo della
città, oltre che a Piedicavallo,
si era vista richiedere dall’
amministrazione comunale la
tassa prevista per tutti i locali
pubblici, salvo che per le
chiese cattoliche. Da allora
l’unico contatto era dovuto
alle periodiche diatribe relative alla manutenzione del piccolo cimitero evangelico...
L’avvocato Susta, a sua
volta, riconoscente per l’invito, ha espresso il suo personale auspicio perché anche a
Biella si possano fare significativi passi sulla strada dell’
unità dei cristiani.
Sia i rappresentanti del Comune che alcuni amici cattolici che frequentano lo studio
biblico si sono poi uniti alla
comunità nella celebrazione
della Cena del Signore.
Partiti gli ospiti, la giornata
di festa è proseguita con l’agape fraterna organizzata dal
neonato gruppo femminile. La
ristmtturazione dei locali della
chiesa ha consentito di ricavare
una comoda e igienica cucina
che favorirà le attività aggregative della comunità (ft).
Convegno óeì cappellani di ospedale
L'assistenza spirituale
ai malati in ospedale
L’aumônerie, une chance
pour l’église? è il titolo del
20° convegno degli aumôniers francofoni che si svolgerà a Torre Pellice dal 16
al 19 maggio.
Il tema del convegno 1993
è particolarmente importante
per una sensibilizzazione, un’
informazione e un impegno
maggiore delle nostre chiese
nel lavoro di cappellania inteso come presenza e testimonianza negli ospedali.
La riflessione teologica che
si vuole sviluppare sarà introdotta dal prof. Ermanno
Genre (Facoltà valdese di
teologia), mentre il past. Michel Bertrand (presidente
del Consiglio nazionale delle
chiese riformate di Francia)
affronterà l’aspetto della presenza e del servizio che la
chiesa offre nel mondo ospedaliero.
Questo convegno, il 20°, si
tiene per la prima volta in Italia e come di consueto vedrà
la presenza di cappellani e
pastori delle chiese evangeliche di Francia e Svizzera. Pur
non contemplando le nostre
chiese il ministero specifico
della cappellania, si auspica
una buona presenza di tutti
quanti si occupano di visite a
malati.
Il convegno, che prevede oltre alle introduzioni anche lavoro a gruppi, si svolgerà interamente in lingua francese.
Le iscrizioni sono aperte sino al 31 marzo e vanno indirizzate a: Ciov, sig.ra Anita
Tron, via A. Bert 12, 10066
Torre Pellice, con un acconto
di £ 110.000 (sul totale di
250.000) da versare sul ccp
22967103, intestato a Tavola
valdese Ciov - via Beckwith
3, 10066 - Torre Pellice.
ISTITUTO MEDICO-PEDAGOGICO
«Uliveto»
Lusema San Giovanni
CERCASI
L’Uliveto, in vista deila formazione di una graduatoria, comunica che chi fosse interessato a lavorare
con portatori di handicap può presentare domanda
entro, e non oltre, il giorno 8 marzo 1993, purché
abbia) seguenti requisiti :
- diploma di scuola media superiore
- sei mesi di esperienza nei settore socloasslstenziale;
oppure:
- diploma di educatore specializzato
- età 18-40 anni
La domanda in carta libera dovrà essere corredata
da curriculum vitae.
Istituto medico-pedagogico «Uliveto»
Strada vecchia di S. Giovanni, 89
10062 Luserna San Giovanni - tei. 0121 /900253
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 5 MARZO 1993
La Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani a Mantova
Riscoprire le radici comuni
del dialogo ebraico-cristiano
Il procuratore della Repubblica Antonio Di Pietro. Il XVII febbraio si è discusso anche di Tangentopoii
Settimana della libertà a Milano: confronto con «Società civile>
La corruzione, la mafia,
e l'eredità della Controriforma
TIZIANA COLASANTI
GIORGIO GUELMANI
Ly Italia a una svolta contro la mafia e la corruzione politica. Questo il titolo
del dibattito pubblico organizzato, nel quadro della Settimana della libertà, dalle
chiese evangeliche di Milano
sabato 20 febbraio. Nel tempio valdese di via Sforza hanno parlato Nando Dalla Chiesa, sociologo e deputato della
Rete, e Giorgio Bouchard,
pastore a Napoli e presidente
della Feci.
Dalla Chiesa è partito dal
fatto che stiamo vivendo la
fine di un regime di mafia e
corruzione almeno decennale: la fase presenta analogie con la caduta dei regimi
dell’Est. Il termine «regime»
indica che non si è trattato di
una dittature: c’è stato consenso e complicità da parte di
tutti noi, soprattutto nella forma passiva deH’«accettazione
infelice».
La forza del regime sta
nell’aver prodotto una sorta
di regressione antropologica
tramite lo stravolgimento del
linguaggio e dei valori. Per
esempio, il sistema di potere
travestiva la propria incapacità di accettare l’esercizio
democratico del diritto di critica etichettando ogni critica
come «criminalizzazione» o
«sparare nel mucchio», il
dubbio come «cultura del sospetto», la richiesta di giustizia come «richiesta di vendetta».
Tangentopoli ci ha fatto
capire le impressionanti
analogie fra la cultura della
corruzione e quella della
mafia, quanto fossero le due
facce (opulenta e sanguinaria) di uno stesso potere,
quanto Milano fosse simile
a Palermo. La caduta dei politici più compromessi non è
sufficiente a dichiarare finito il regime della mafia e
della corruzione: troppo a
lungo abbiamo assorbito i
valori dominanti e perciò è
indispensabile una riforma
morale, intellettuale e culturale.
Bouchard ha messo in evidenza che il «regime» non è
cosa degli ultimi 10 anni:
l’intreccio tra potere politico
e mafioso risale almeno agli
anni ’50. Per questo la pulizia
non sarà fatta fino in fondo se
i giudici non arriveranno a
eolpire anche i vertici della
De.
Siamo arrivati a questo
punto a causa di tre processi
convergenti: il fallimento
dell’ipotesi cattolica (avere i
«cristiani» al governo non ha
prodotto una «politica cristiana» ma il furto in nome
di Dio); il logoramento delle
ipotesi di sinistra (in modi
diversi Pei e Psi sono giunti
al termine di una lunga parabola discendente); l’aristocraticismo delle ipotesi laiche (dal Mondo di Pannunzio alla Repubblica di Scalfari) che condizionano l’intellighenzia ma non arrivano
al popolo.
Una svolta è necessaria
ma molto difficile: l’eredità
della Controriforma si fa ancora sentire nella mancanza
di senso dello stato, nella
cultura mafiosa, nella logica
dei pentitismi e dei condoni.
La schiavitù del Sud e il
semplicismo leghista (che
illude il Nord di potersi
sganciare rinnegando l’eredità del Risorgimento) rendono la situazione più eomplicata.
Qual è il contributo che
possono dare le ehiese? La
Fcei con il suo manifesto
(che è una traserizione in linguaggio biblico dei recenti
pronuneiamenti del Sinodo e
dell’Assemblea battista) intende mostrare che sotto la
elisi politica c’è una crisi morale e sotto la crisi morale
una crisi spirituale. Le chiese
evangeliche italiane non sono
più solo una minoranza: ormai sono una componente
ascoltata (più di quanto immaginiamo) della società italiana e quindi abbiamo la responsabilità di diventare luogo di preghiera, di vigilanza,
di speranza.
_________GRUPPO SAE________
La settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani si
è caratterizzata a Mantova
per l’approfondita riflessione
sulle radici della nostra fede e
per un rinnovato interesse
verso la eomune matrice
ebraica. Si è avvertita la necessità di uscire da iniziative
un po’ ireniche e generiche
per confrontarsi sulle questioni ultime in ordine all’ecumenismo e al dialogo interreligioso.
A tal fine intendevano rispondere le iniziative promosse dal Sae, la tavola rotonda sul tema Dialogo
ebraico-cristiano, le radici
comuni della fraternità. Interpretazione e prassi, la liturgia ecumenica presieduta
dal pastore Felice Bertinat e
dal vescovo Egidio Caporello
e l’adesione del Sae stesso alla riflessione sulla necessità
di avviare un serio dialogo
interreligioso nella realtà
mantovana.
Il 17 gennaio, nella giornata del dialogo ebraico-cristiano, si è avuta la conferma
di quanto sia decisiva la riconsiderazione dell’unicità
dell’Alleanza, poiché uno solo è il popolo di Dio.
I tre relatori (il vescovo Caporello, il past. Eugenio Rivoir e il dottor Antonio Foglia per la Comunità ebraica)
si sono mossi nel terreno comune della ricerca del Dio
che parla, che guida e che fa
la storia. E che cos’è la Scrittura, in ultima analisi, se non
il luogo della domanda,
dell’invocazione, della preghiera?
Parrebbe deludente ritrovarsi per esprimere dubbi e
angosce più che certezze; ep
Il culto sotto la bandiera nelle chiese battiste di Mottola
L'Italia e la nostra conversione
VIRGINIA MARIANI
Che cosa vi farebbe pensare, appena entrati in chiesa, una minibandiera dell’Italia fissata sull’asta di un microfono con ai piedi, attaccato
al pavimento, un disegno stilizzato della nostra nazione?
Ma vuoi vedere, ho pensato
io, che il nostro pastore vuole
ridestare in noi quella latente
fiammella di amor di patria
che per secoli ha infiammato i
più nobili e temerari animi
nella lotta per l’unità nazionale di cui tanto, politicamente
parlando, oggi avremmo bisogno per risollevarne le sorti?
La serata non tarda a iniziare: ci troviamo divisi in sei
gruppi puramente rappresentativi di altrettante «istituzioni
tipo» della nostra società:
scuola, politici, genitori,chiesa, imprenditori, lavoratori.
Cosa importante ai fini
dell’animazione è la variegata
età dei partecipanti: dai IO
agli 80 anni circa.
Si inizia: ogni gruppo-istituzione attribuisce, scrivendola a chiare lettere su un cartoncino colorato, la qualità
positiva o la funzione particolare che gli altri gruppi-istituzione dovrebbero avere per
poter tutti ritenerci soddisfatti
nell’ambito del generale andamento sociale. I
Consegnato a ciascun gruppo il proprio cartoncino-dovere, la situazione è la seguente: alla scuola si chiede
la laicità e la sua completa
rifondazione nelle strutture,
nei metodi e nei contenuti; ai
politici (inevitabilmente) più
onestà e dedizione nell’amministrazione della cosa pubblica; ai genitori prima di tutto l’unità affettiva e una maggiore responsabilità nei confronti dei propri figli; alla
chiesa (intesa in senso ampio)
si chiede di essere ecumenica
e coerente nell’opera di evangelizzazione; agli imprenditori si richiede invece capacità
e un’organizzazione più umana del lavoro; ai lavoratori infine, spesso vittime della
precedente categoria, un
maggior appagamento nella
loro attività.
Se davvero le cose andassero così (utopia?) si potrebbe tenere alta e ben in vista la
bandiera della nostra Italia (e
inizio a capire la presenza del
tricolore che a questo punto
vedo salire fiero sull’asta del
microfono). Ma se tutto andasse per il peggio?
La scuola sarebbe fatiscente
e disorganizzata e non certo
laica, i politici corrotti e opportunisti, i genitori o troppo
ossessivi (e qui i più piccoli si
sono fatti sentire!) o comple
tamente dimentichi dei propri
figli, la chiesa sarebbe di tipo
farisaico, falsa e inoperosa, gli
imprenditori avidi di ricchezze e indiscriminati nel procurarsele, e i lavoratori assenteisti e poco coscienziosi. Spontaneo un grosso punto interrogativo: siamo poi così distanti
dal peggio?
Velocemente il trieolore,
vergognoso e ferito nella sua
fierezza, cala e quasi raggiunge al suolo la sua «Italietta»
disegnata. La serata dopo
qualche altra parola di commento termina nella più intima penombra in cui fanno luce sei candeline calorosamente abbraccianti con la loro
fiammella la «nostra Italia» e
la preghiere di confessione e
ravvedimento di ciascun
gruppo-istituzione.
E così che abbiamo acceso
anche la nostra piccola fiammella di speranza, e perché
no, di amor patrio, un amore
desideroso di serio impegno
per il cambiamento radicale
della nostra società in cui
ognuno ha il proprio ruolo con
la riscoperta di vecchi e nuovi
doveri verso noi stessi e le nostre famiglie, nella chiesa come nella scuola, per il rispetto
del creato e dell’umanità nella
vita di tutti i giorni: insomma
che sia davvero per tutti vita
in Gesù Cristo.
pure è fondamentale che gli
uomini di fede si pongano interrogativi, rivelando così una
specie di nudità nell’ammissione della reciproca dipendenza: da soli non si va
avanti e soprattutto non si fa
la volontà di Dio.
La centralità della Parola
diventa allora dialogo biblico,
certo, su questo nodo oltre alle convergenze si innesta la
fondamentale differenza della
parola di Dio che per noi è il
Cristo; ma è necessario parlarsi chiaramente per superare quella distorta lettura in
cui troviamo le radici ebraiche del rifiuto e le radici cristiane dell’antisemitismo.
Interrogarsi, dunque, speeifieo ebraieo che si sostanzia
nella derasha (interpretazione) e nel midrash (il «narrare
interpretando»); eppure il Dio
ebraico-eristiano è oggetto
della stessa domanda: perché
l’uomo d’oggi lo ha smarrito?
E nel ripartire dalla storia,
una storia umana ehe ha eonosciuto un punto di non ritorno quale fu l’Olocausto,
che è possibile individuare
cammini di ricerca. Da lì occorre rimuovere attraverso il
dialogo teologico tutti i miti
che hanno ostacolato un vero
dialogo: quelli del deicidio,
della maledizione, della dispersione di Israele, abbandonando la teologia della sostituzione e della contrapposizione.
La convergenza di molti
pensatori ebraici e cristiani ci
spinge a un lavoro comune su
due basi: la prima che coinvolge quanti riconoscono
l’imperativo etico-religioso e
per questo hanno il dovere di
operare insieme; la seconda è
nella chiarezza delle rispettive posizioni, così da poter
rendere patrimonio comune,
in termini di conoscenza, le
proprie spiritualità.
C’è poi un dialogo pratico
che va rivitalizzato: è stata
individuata l’urgenza dell’
agire nella prassi, nel piccolo; il richiamo alla santificazione delle feste, della
celebrazione della gloria di
Dio nei giorni di sabato e domenica come condizionepremessa a un retto agire. Il
riconoscere le rispettive ricchezze in termini di celebrazione dei doni di Dio, nello
scambio dei valori comuni di
rivelazione, perdono, salvezza, che permettono di vivere
insieme nell’attesa dell’avvento del Regno, senza
trionfalismo o proselitismo.
Se queste sono le condizioni e le possibili tappe di un
lavoro comune e di uno stile
di dialogo, non vanno dimenticate le peculiarità, pena
lo svilimento nel sincretismo. La missione di Israele
non può infatti deflettere da
quella chiamata che la vuole
«eletta», eioè testimone al
mondo di un Dio uno e santo. La missione dei cristiani è
invece quella di annunciare
la salvezza di tutti gli uomini, attraverso Cristo che per
lo Spirito Santo ci rivela il
Padre.
Rendere conto della propria
specificità è un servizio fondamentale che viene reso agli
uomini, a tutti, con speciale
attenzione agli incerti e ai
non credenti. Il dialogo avviene tra interlocutori coscienti prima di tutto di se
stessi, della propria autentica
vocazione: a questo, nel presente e nel prossimo futuro, è
chiamato il movimento ecumenico per esser degno del
«Dio con noi».
Metodisti a Savona e nel Ponente ligure
La chiesa e la città
SAURO GOTTARDI
In occasione della Settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani la chiesa metodista di Savona ha promosso un
incontro fraterno, il 20 gennaio, con la parrocchia cattolica del centro città, nella sede di quest’ultima, condotto
dal prof, don Bof e dal past.
Becchino sul testo di li Corinzi (1, 17 e 9, 16), con una
riflessione sul tema: Nuova
evangelizzazione ... o evangelizzazione nuova?.
Si è dibattuto se evangelizzare nuovamente con i vecchi
metodi del proselitismo o con
un nuovo tipo di linguaggio
comune in Cristo, più aperto
e ecumenico.
Il 6 febbraio, poi, i metodisti hanno proposto alla città,
insieme alla libreria delle Paoline, nella sala evangelica, una
presentazione del libro: Le
donne di Wojtyla, in cui diverse persone commentano l’epistola del papa sulle donne.
La pastora Letizia Tomassone, direttora di Agape, e la
giornalista Cristina Beffa, di
Famiglia oggi, hanno proposto
al pubblico il problema del
«parlar bene» papale delle
donne, senza che sia dato loro
lo spazio del ministero nella
chiesa e senza almeno un impegno o una direttiva esplicita
a far evolvere verso l’alto il loro ruolo sociale e ecclesiastico.
Nella Settimana della libertà il nuovo sindaco, Sergio
Tortarolo, ha analizzato la
crisi che il nostro paese attraversa, in una conferenza pubblica nella sala evangelica
svoltasi il 19 febbraio.
Al sindaco si sono uniti il
procuratore della Repubblica,
Renato Acquatone, e il direttore del Centro culturale valdese, Giorgio Toum.
Alla domanda del manifesto («è solo una crisi politica
e economica o invece è una
crisi morale, anzi spirituale?») gli oratori hanno risposto spaziando in senso storico
dalla Costituzione a oggi; è
seguito un buon dibattito con
il pubblico.
Domenica 21 poi la predicazione del pastore Becchino,
annunciata dai manifesti preparati dalla Fcei, ha inquadrato l’argomento nei passi di
Ezechiele 34 e Romani 13
sulle responsabilità degli amministratori pubblici.
Hai fatto
rabbonamento a
Riforma?
5
\/FNERDÌ 5 MARZO 1993
PAG. 5 RIFORMA
La «settimana della libertà» nelle chiese evangeliche dell'Emilia
Il nostro cammino per la libertà:
ravvedimento e riforma della politica
martino babazzuoli
Atmosfera di gioiosa fraternità, domenica 21 febbraio, per rincontro conclusivo della Settimana della libertà, tenutosi nel tempio valdese di Polonica Po, iniziatosi
al mattino con un culto che
ha assunto un carattere di
particolare solennità sia per il
significato che per la numerosa assemblea partecipante.
Al saluto del pastore Samuele Giambarresi, rivolto
dalla comunità ospitante ai
gruppi delle chiese sorelle
presenti, ha fatto seguito la liturgia condotta dal pastore
Carmine Bianchi della Chiesa
battista di Ferrara.
Predicando sul testo biblico
di Daniele (cap. 6), Bianchi
ha fatto notare come i nemici
dell’antico profeta non potessero trovare altra accusa contro di lui se non quella di essere fedele al suo Dio. Tuttavia questo fu sufficiente a farlo condannare a essere gettato
nella fossa dei leoni. Ma
TEterno intervenne liberandolo dalle fauci delle belve e
quella liberazione si tradusse
in una possente testimonianza
dinanzi al re Dario e per mezzo di lui fu diffusa a tutti i
popoli
Non è difficile trarre un parallelo con la storia del popolo valdese, accusato e ferocemente perseguitato proprio
per la fedeltà al suo Dio. La
liberazione dai suoi persecutori ha aperto grandi possibilità alla proclamazione dell’
Evangelo in Italia.
Nella nostra realtà odierna,
in cui vediamo ogni giorno
personalità, prima insospettabili, indagate e accusate per
aver commesso crimini deprecabili, noi evangelici non
dobbiamo temere di essere
accusati di mantenerci fedeli
al Signore e alla sua Parola,
la libertà che egli ci ha elargita deve essere oggi, in concreto, oggetto della nostra testimonianza.
La partecipazione alla Cena
del Signore e il canto del
Giuro di Sibaud sono stati i
momenti particolarmente toccanti che hanno concluso il
culto.
È seguita la gradita parentesi dell’agape, preparata con
lodevole impegno dalle sorelle della comunità di Felonica,
che è stata una felice occasione di fraterno incontro fra tutti i convenuti.
Nel pomeriggio ha avuto
luogo la parte ufficiale della
nostra manifestazione, nella
sala eonferenze della Biblioteca comunale, letteralmente
gremita di pubblico, alla presenza del sindaco.
La sorella Franca Barlera
ha presentato il prof. Mario
Miegge deirUniversità di
Ferrara che ha svolto la relazione introduttiva, ha esordito
ringraziando il sindaco per la
sua partecipazione e per aver
dato un particolare rilievo a
questo convegno, ospitandolo
in una struttura così funzionale e moderna dedicata alla
Hai fatto
l’abbonamento
a
RIFORMA?
cultura, cosa veramente significativa per un paese di circa
1.800 abitanti, in raffronto alla carenza di strutture similari
in centri di maggiori dimensioni.
Riferendosi al tema centrale dell’incontro, il nostro
cammino per la libertà, l’oratore ha accennato al significato di questa settimana e alla
ricorrenza del XVII febbraio.
La concessione delle «Lettere
patenti» con il riconoscimento della libertà di coscienza e di culto alle popolazioni valdesi del Piemonte, fu
un piccolo atto in margine allo Statuto albertino, statuto
promulgato per un piccolo regno come quello sabaudo e
non mai abrogato, come avvenne per le Costituzioni degli altri stati, componenti allora l’Italia, dietro le minacciose pressioni deH’Austria, e
pertanto potè diventare la legge fondamentale dell’Italia
unita.
Conseguentemente anche le
Lettere patenti furono il principio ispiratore della libertà
di coscienza del nostro stato.
È stata un libertà che una volta promessa ha dovuto essere
conquistata passo per passo,
non senza difficoltà e opposizioni, la stessa di cui oggi noi
godiamo e dobbiamo vigilare
perché ci venga mantenuta e
che in questa settimana abbiamo voluto particolarmente
riaffermare in tutta l’Italia
con varie iniziative.
La Federazione delle chiese
evangeliche, attraverso la nostra stampa, ha suggerito come temi di riflessione per
questa settimana il ravvedi
mento e la speranza, temi quanto mai centrati per il momento storico e politico che
stiamo attraversando, in cui
mafia e corruzione si sono rivelati strumenti di potere, capillarmente infiltrati in ogni
struttura del nostro stato.
C’è nel nostro popolo gran
delusione, disaffezione per
tutto ciò che sa di politica e
partitismo, ma soprattutto vi è
desiderio di maggior trasparenza, di riforme, di moralizzazione e di rinnovamento,
di porre un freno allo smantellamento dello stato sociale.
Dopo un ampio esame dei
recenti fapi il prof. Miegge si
è chiesto in qual modo noi
evangelici, piccola minoranza, avremmo la possibilità
di portare il nostro contributo
al rinnovamento di cui adesso
il nostro popolo sente impellente il bisogno. È vero che
alcune voci autorevoli hanno
rilevato che questa contingenza deriva anche dalla
mancanza, a suo tempo, di
una riforma religiosa in Italia,
come è avvenuto in altre nazioni, in cui certi fatti scandalosi, molto più sporadici, sono condannati prima dall’opinione pubblica che dalla magistratura.
Fattore negativo è stato anche quello della mancanza di
alternativa politica, per cui il
nostro popolo si è assuefatto,
anche per proprio tornaconto,
a vedere sulla scena le stesse
facce che per decenni hanno
fatto della politica la loro professione.
Perciò nel nostro paese si
sente ora l’esigenza più che
di una serie di riforme politi
Chiese evangeliche a Torino
Liberi dalle mafie
Nel quadro delle manifestazioni per la Settimana della libertà, la Chiesa valdese
ha organizzato un pomeriggio di riflessioni e testimonianze sul tema «Liberi dalle
mafie», come proposto dalla
Federazione delle chiese
evangeliche.
L’iniziativa, sostenuta dalle chiese battiste del torinese, dal Centro evangelico di
cultura «Arturo Pascal» e
dalla Federazione giovanile
evangelica, è stata ospitata
nel tempio valdese di corso
Vittorio Emanuele II, dove
dalle 17,30 alle 20,30 di sabato 20 febbraio sono convenute oltre 600 persone: evangelici di diverse denominazioni, cattolici, laici, persone
in qualche modo interessate
a capire come i credenti si
pongono di fronte ai problemi sociali.
La manifestazione, ben organizzata e condotta, ha registrato sei interventi-testimonianze significativi di
persone impegnate in diversi
settori, uniti dal denominatore comune della lotta per la
libertà in campo politico, sociale ed ecclesiastico.
Hanno parlato Fon. Valdo
Spini, la senatrice dei verdi
Pina Maisano Grassi, don
Luigi Ciotti del «Gruppo
Abele», il prof. Nicola Tranfaglia dell’Università di Torino, Jean-Jacques Peyronel,
già direttore del Servizio cristiano di Riesi, e il pastore
Raffaele Volpe della Chiesa
battista di Lentini.
Ognuno di loro, con accenti diversi, ha ribadito la
necessità dell’impegno costante, non solo a parole, che
tutti i cristiani di diverse
confessioni, credenti di altre
religioni, laici) devono esercitare, perchè il nostro paese
sia liberato dalla corruzione,
dalla soppraffazione, dalla
criminalità mafiosa.
Tra un intervento e l’altro
vi sono stati letture bibliche,
eanti dell’assemblea e canti
di gruppi corali evangelici
della città.
Nonostante la riuscita della manifestazione non possiamo però abbandonarci a
facili ottimismi.
La sconfitta delle «mafie»
richiede ben altro impegno
che la presenza passiva a un
incontro di denuncia e il facile consenso deve cedere il
passo ad una «prassi di liberazione» vissuta anche controcorrente, giorno per giorno, nel pubblico come nel
privato.
che, di un rinnovamento delle
coscienze, ma prima ancora
di questo di un ravvedimento.
Anche perché noi evangelici,
come gli altri, siamo corresponsabili di certe scelte e
non sempre abbiamo sfruttato
tutte le possibilità di far sentire la nostra voce.
Riflettere su queste cose e
testimoniare della Parola ci
sarà di aiuto per indicare al
nostro popolo la via della rinascita spirituale e con essa
della speranza.
Alla conferenza ha fatto seguito un interessante e nutrito
dibattito a cui hanno partecipato il fratello Bruno Loraschi e il pastore Massimo
Aquilante della comunità di
Parma, Lorica Sardi di Ferrara e il pastore Paolo Sbaffi di
Bologna.
Il relatore ha concluso replicando ai vari interventi e
ha proposto come oggetto di
ulteriore riflessione l’articolo
di Giorgio Bouchard apparso
sul n. 4 di Riforma dal titolo
«Ravvedimento e speranza».
I gruppi presenti erano
quelli delle chiese valdesi e
metodiste dell’Emilia, Bologna, Modena e Parma, della
chiesa battista di Ferrara, poi
quello di Mantova e quello
ospitante di Felonica Po. Nel
pomeriggio è giunta dal Veneto una rappresentanza della
chiesa battista di Rovigo, guidata dalla pastora Lidia Giorgi
Un caldo e affettuoso saluto è stato porto al pastore
emerito Iginio Carera, che
con la moglie era giunto per
l’occasione da Gorizia.
Rapallo
Incontro
ecumenico
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Sabato 21 febbraio la Chiesa evangelica di Rapallo, in
occasione della Settimana
della libertà, ha organizzato
un culto ecumenico di riflessione in collaborazione con la
parrocchia cattolica di
Sant’Anna. Presieduto dal pastore locale Enrico Reato, il
culto ha visto canti e preghiere, che hanno preceduto due
meditazioni del cattolico Piero Canobbio e dell’evangelica
Miriam Grassi.
Successivamente il prof.
Domenico Pertusati, della
parrocchia di S. Anna, ha invitato tutti i credenti al pentimento, meditando su Filippesi 2, 5-11. Il presidente
dell’Unione battista. Scaramuccia, commentando Romani 6, 4-7, ha presentato la necessità della conversione come possibile soluzione per la
cosiddetta «questione morale» del nostro paese. La resurrezione può avvenire soltanto se prima c’è stata la
morte, cioè la precisa consapevolezza di avere sbagliato e
la volontà di cambiamento.
1 moltissimi intervenuti,
cattolici e protestanti, si sono
lasciati sottolineando l’opportunità di non interrompere i
rapporti fraterni così felicemente iniziati, e affermando
la volontà di rafforzare i legami fra le due comunità di fede.
ROMA — Il 25 febbraio si sono concluse, in modo soddisfacente, le trattative per l’Intesa fra la Repubblica italica e
l’Ucebi. Restano ancora da definire alcuni dettagli di minore importanza. L’accordo sarà siglato mercoledì 3 marzo alle ore 15,30, dall’on. Fabio Fabbri, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e il dott. Renato Malocchi, capo della delegazione dell’Unione battista.
NAPOLI — A partire dall’ottobre scorso i giovani della
chiesa del Vomere (Napoli), formata da metodisti e valdesi, hanno ripreso ad incontrarsi in modo regolare, organizzando dibattiti aperti a persone di fede ed estrazione diversa. I relatori invitati (e tra questi un rabbino e un rappresentante qualificato dell’Islam) hanno stimolato interessanti discussioni su tematiche di varia natura: il problema di Israele e l’antisemitismo, la situazione politica in
Germania, il confronto con la cultura islamica, il rapporto
giovani-denaro, la questione dell’eutanasia. Ogni incontro
si è concluso con un’agape fraterna.
SAN GERMANO — La comunità è vicina alla famiglia di
Renato Barai, deceduto presso l’ospedale di Pomaretto
all’età di 83 anni.
ANGROGNA — Sabato 13 febbraio, nel tempio di Pradeltorno, si sono uniti in matrimonio Carla Ricca e Moris
Odin. Alla giovane coppia, che andrà a vivere nel quartiere del Serre, rinnoviamo i più sinceri auguri di una lunga
vita in comune benedetta dal Signore.
• Venerdì 19 febbraio, nel tempio del capoluogo, è stato
annunciato l’Evangelo della resurrezione in occasione del
servizio funebre per la sorella Elda Pellenco Musso,
mancata improvvisamente all’età di 70 anni.
Siamo vicini con affetto e nella speranza cristiana ai figli
Davide e Osvaldo e a tutti i suoi cari.
SAVONA — La comunità metodista, in questo inizio d’anno,
si è raccolta due volte in un’agape fraterna. La prima in
occasione della predicazione, sul libro di Giona, del fratello Renato La Mantia, della locale Chiesa avventista, il
17 gennaio; quel giorno abbiamo anche salutato Anie, la
diacona finlandese che ci aveva aiutati l’anno scorso, e
che ci ha mostrato una serie di diapositive sul suo viaggio
in Israele.
La seconda in occasione del battesimo dei giovani Paola
Stagnaro e Roberto Ribet e della confermazione di
Giorgio Ribet, che haimo confessato la loro fede davanti
alla comunità il 7 febbraio: appartenenti a famiglie evangeliche, essi sono il segno che il Signore non abbandona i
suoi.
• Sabato 27 febbraio la sala evangelica ha ospitato la chiesa avventista di Savona, che aveva in visita una comunità
consorella; queste due chiese hanno celebrato il culto e si
sono poi riunite nell’agape per trascorrere il pomeriggio
insieme.
Roma, 6 - 7 marzo: un'occasione di confronto
Le opere a convegno
e dell’assistenza. Oggi il quadro è molto cambiato: lo stato
si è reso conto che non può
coprire lui tutti i settori dei
servizi e dell’assistenza; non
può perehé oggettivamente
non ce la fa a essere dappertutto; non deve, perché esistono delle componenti della società che dimostrano di voler
operare con autentico spirito
di servizio avvalendosi di un
forte volontariato nel settore
dell’assistenza.
Sarebbe sciocco se lo stato
si mettesse in concorrenza
con le realtà che operano in
questi settori. Semmai lo stato deve operare i controlli
perché l’azione sia compiuta
in modo corretto.
Se le cose stanno come mi
pare di vedere, mi sembra
giunto il momento che nella
nostra chiesa si riapra il dibattito sul rapporto con lo stato. ed è giusto che a riaprirlo
siano proprio le opere della
chiesa, che devono diventare
protagoniste nelle decisioni
che le concernono.
11 terzo momento sarà dedicato all’istituenda commissione per la diaconia, su cui il
Sinodo ha chiesto un ulteriore
approfondimento.
Inoltre avremo incontri tra
le case di accoglienza, per
stabilire un contatto diretto
fra loro e un incontro fra le
opere aderenti al Centro servizi amministrativi. Due giorni che si spera aprano nuove
prospettive per la diaconia.
_________PAOLO RIBET_________
V
E nato due anni fa, il convegno delle opere, ed era
stato convocato la prima volta per illustrare il progetto,
che doveva essere presentato
al Sinodo, di una commissione sinodale che si occupasse
della diaconia della chiesa
Ora sta diventando un appuntamento fisso per le opere, in cui si affrontano i temi
comuni, in cui si riflette sul
senso del lavoro diaconale.
È con questa prospettiva
più ampia che è stata organizzata la terza convocazione
delle opere, per i giorni 6-7
marzo a Roma, presso la Facoltà valdese di teologia.
Il primo momento, biblico,
sarà tenuto da Fulvio Ferrario
che, a partire da un racconto
di un miracolo di Gesù, analizzerà il rapporto che Gesù è
in grado di realizzare con la
persona malata che gli sta di
fronte: è un tema di grande
attualità in un tempo, quale è
il nostro, in cui si corre il rischio di avere come scopo
della propria azione la medicina, invece del malato.
Il secondo momento sarà
curato da Gianni Long, sul
punto a cui è giunta la riflessione sul rapporto tra stato e
chiesa, con particolare riguardo alla sanità e all’assistenza.
E noto che fino a qualche anni fa sembrava scontato che
lo stato dovesse coprire totalmente ogni settore dei servizi
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 5 MARZO I993
UNA FEDE ALLEGRA
UNA CHIESA AMENA
GINO CONTE
La scorsa settimana,partendo da una riflessione
sul riso, questa manifestazione caratteristica dell’essere umano ma polivalente
e carica di tutte le sue ambiguità e contraddizioni, ci
eravamo chiesti: si ride,
nella sfera ecclesiastica? E
se sì, come, mossi da che
cosa? E di chi si ride? E
ancora, e prima: quale posto ha il riso nelle testimonianze bibliche? Gesù, ha
riso? Avevamo constatato
che pur essendoci nella Bibbia una marcata impronta
di gioia, anche nelle Scritture il riso ha, ora, una
insopprimibile ambivalenza,
sì che fra i non molti testi
nei quali vediamo ridere,
prevalgono quelli in cui affiora il riso stolto, quello
scettico, quello sardonicamente schernitore.
E l’immagine evangelica
di Gesù? Senza dubbio non
si presentava cupo e tetro, e
possiamo figurarci molti
momenti e occasioni nei
quali il sorriso ha aleggiato
sul suo volto, e forse anche
il riso franco e gioioso; ma
è pur caratteristico che gli
Evangeli non ce lo presentino mai ridente (piangente,
qualche volta, sì). L’immagine che ne desumiamo è indiscutibilmente seria: non
per particolare caratterialità, ma per la semplice e
profonda ragione che Gesù
ha preso parte, diciamo pure ha fatto corpo, con il lato
sofferente e tormentato
dell’umanità, l’ha assunto,
fino alla croce. Eppure la
sua drammatica vicenda
non è vissuta e non è annunciata tragicamente: è
immersa nella luce della risurrezione, nella gioia anticipatrice del «regno di
Dio». Gesù: «l’uomo più felice che sia mai esistito» (D.
Sòlle)?
mo e più vero beato è stato e
resta lui. «Beati voi che ora
piangete, perché riderete!».
A contatto costante e profondo con la sofferenza e
con il peccato umani, nella
coscienza del segreto lavorio di riscatto che il Padre
gli aveva affidato (paragonabile alla potenzialità di vita lungamente latente del seme, nascosto e come morto
nel duro terreno) e in fiduciosa e salda attesa deir«ultima parola» di Dio, Gesù
ha veramente vissuto questa
beatitudine, questo movimento dal pianto grave e
partecipato, con o senza lacrime, al riso gioioso e spiegato, senza più ombre. E la
beatitudine della fede che
sfocia nella beatitudine della
visione. Come e quando Dio
vorrà. Ma lo vuole, e sapere
questo è ciò che conta, ciò
che dura, ciò che niente e
nessuno potrà togliere.
Una gioia,
un riso paradossali
Quale riso fiero e trionfante avevano vissuto i
aiscepoli in giornate come
quella della moltiplicazione
dei pani, o all’ingresso prepasquale in Gerusalemme, o
davanti alla tomba di Lazzaro! Riso di gioia, ma anche
di rivalsa, di autoaffermazione, e pronto all’occupazione delle prime poltrone.
Quel riso viene loro soffocato, inesorabilmente. E piangono. Per il Maestro, il «signore», che finisce così miseramente, e per loro che in
qualche modo finiscono con
lui, la loro gioia è spenta.
Ma proprio quando, finalmente, piangono e gli sono
finalmente, paradossalmente
vicini come non mai, proprio allora è dato loro di riaprirsi al sorriso, a un altro,
vero e durevole riso. A Pa
«Beati voi che ora piangete,
perché riderete»
(Luca 6, 21)
Si®
Evangelo. Il dossier delle
testimonianze che ci
parlano di Gesù, che ce lo
annunciano, è appunto
Evangelo, buona notizia, annuncio gioioso (cfr. Isaia 52,
7). Paradossale, perché ci
parla di una persona storicamente fallita, liquidata; e ci
raccoglie intorno a un simbolo che è una forca infamante.
Gesù non si è fatto illusioni. Sapeva come sarebbe finita, come doveva finire,
inevitabilmente, inesorabilmente (s’intende, a meno
che lui «mollasse», rinunciasse a portare a compimento «l’opera che il Padre
mi ha affidato»).
Un giorno, e forse non
una volta sola, ha pronunciato quelle beatitudini
paradossali che, in forme un
po’ diverse e caratteristiche,
Matteo (cap. 5) e Luca (cap.
6) ci riferiscono. È stato
spesso osservato che il pri
squa sono come intontiti
dallo stupore e dalla gioia;
ci vorrà del tempo, e soprattutto l’opera del solo e vero
vicario di Cristo, dello Spirito, perché realizzino quel
che è avvenuto, la cosa
grandiosa che Dio ha fatto
per noi e che ha immerso
nella gioia (v. Salmo 126, 2)
loro anzitutto e poi tutti coloro che crederanno per
mezzo della loro parola di
testimoni.
Ma quando questa coscienza del «nuovo» si radica esplode una gioia incontenibile, comunicativa: che
è appunto l’atmosfera che
domina nelle lettere apostoliche e negli Evangeli, la
gioia che tanti commentatori
hanno osservato essere la
nota dominante nel racconto, pur così tormentato, del
libro degli Atti.
Si è allegri, gioiosi, si «ride» anche erranti, calunniati. gettati in carcere, si can
ta, verosimilmente non con
limpida voce di fiorente corista, anche dopo la tortura.
Dopo la violenza ingiusta e
l’abuso di potere la reazione
profonda non è la recrirninazione né la rivendicazione giuridica, ma ci si
rallegra di essere considerati
degni di adeguarsi alle sofferenze di Gesù Cristo, di
condividerle. Non è morbosa smania di patimento:
hpno capito la beatitudine,
piangono, ma sanno che rideranno, e già ridono, anche
fra le lacrime.
Pur ammettendo che Luca
ci dia un quadro un po’
idealizzato del cristianesimo
primitivo questa gioia, questo «riso» paradossali e
profondi, sono stati senz’altro la nota dominante delle
prime comunità del Risorto,
tese ad attenderlo. Nota comunicativa e contagiosa,
motivo certo non ultimo del
diffondersi a macchia d’olio
(ma l’espressione è infelice,
a indicare l’azione dello
Spirito) del movimento cristiano.
Quest’atmosfera gioiosa
si è molto attenuata, nel corso della storia della chiesa, e
il motivo della gioia è risuonato decisamente «in calare», gli è stata applicata la
sordina.
Nel libro citato la scorsa
settimana*, W. Thiede dedica un capitolo all’umorismo
e all’ilarità nella storia della
chiesa: nell’insieme sono
secoli poveri di gioia, gli
aspetti deteriori del riso e
della festosità danno spunto
a una critica globale di tali
manifestazioni. Vi sono,
naturalmente, sprazzi di una
fede gioiosa ed evangelicamente serena, ma sono eccezioni.
Il gaio Francesco d’Assisi, ad esempio, definiva cosa demoniaca la tristezza; e
se si è potuto definirlo
«giullare di Dio», non lo si
può certo considerare un
credente superficiale e leggero.
Un motivo in sordina
nella storia della chiesa
Nell’insieme l’atmosfera
ecclesiastica, la vita
della fede è seria, grave,
perfino cupa. L’incombere
del male, del peccato è ossessivo. Si vada a rileggere
il grido di liberazione che
ancora a decenni dall’evento Lutero leva, ricordando il
momento nel quale, dopo
lunghi anni di tormentosa e
sfibrante ricerca, l’Evangelo
gli ha dischiuso il Dio della
grazia. Dopo questa (ri)scoperta Lutero è stato, in
un’esistenza pur tormentata
da conflitti, dolori, sofferenze fisiche, un cristiano
gioioso, «ilare». Riscoprendo il Dio misericordioso, e
potente nella sua misericordia, il Dio della croce di
Pasqua attestato nelle Scritture, ha trovato o ritrovato il
riso.
Proprio perché aveva a
lungo vissuto e sofferto in
un’atmosfera di chiesa e di
fede pesante e cupa, che lo
portava a disperare più che
a sperare e gioire, tanto più
intensa erompe e vibra la
gioia, convertito.
«Evangelo è una voce viva, vuol dire buona novella,
della quale si canta, si parla
e si è lieti, poiché Dio ha reso gioioso il nostro cuore
DIEU...
...n'est pas SOURP
«Signore, gridiamo a te!!» - «Dio ... non è sordo».
Vignetta tratta dal libro «Dieu...comment est-il» di Roy Mitchell (Editions L.L.B. 1992 - Valence - Francia)
per mezzo del suo diletto
Figlio, che egli ci ha dato
per la redenzione nostra dal
peccato, dalla morte e dal
diavolo.
Colui che ritiene questa
fede non può che cantare
con gioia e diletto, affinché
anche gli altri sentano e
vengano», scriveva nella
sua prefazione all’Innario di
Babst (1545, a pochi mesi
dalla sua morte).
La Riforma è stata una riscoperta della gioia dell’
Evangelo, una gioia comunicativa e attiva, creativa.
Non si vuol certo dire che la
gioia sia mancata e manchi
in altre confessioni; pur con
i suoi limiti «contemplativi», l’esultanza è rutilante
nella liturgia, negli inni
dell’ortodossia, il filone del
la gioia francescana non è
assente nel cattolicesimo, né
d’altra parte il protestantesimo ha sempre vissuto la fresca intensità di questa gioia
rinnovata.
Dico solo che la scoperta
dell’Evangelo dell’amore
sovrano di Dio apre alla
gioia, la gioia che cantava
nel «Gesù è vincitore» dei
Blumhardt, nel «We shall
overcome» di Martin Luther
King e di tutto il filone spiritual di cui era l’estrema
fioritura.
SU; è tempo di gioia
Se questa gioia, questo riso regnano così poco
nella vita delle nostre chiese
e nelle nostre vite personali,
è segno che ci siamo allon
tanati dalle fonti della gioia
(cfr. Salmo 87, 7).
Dalla scoperta e dalla coscienza costante e appassionante che in Gesù «il regno
di Dio si è avvicinato»: quel
«farsi della sua volontà buona, in terra come in cielo»
che è, appunto, il regno di
Dio. E tempo di tornarci, a
questa gioia.
(2 - continua)
(*) \Y Thiede, L’ilarità promessa, Cini.sello,1989; il capitolo su «L’umorismo nella storia
della chiesa» è a pag. I57-I79:
segue poi quello su «l tre aspetti
deir umorismo cristiano»: per
fede, per speranza, per amore.
Siate allegri!
f
«Chi ha capito qualche cosa dell’Evangelo non dovrebbe avere difficoltà a
ridete. Ci è stata promessa la salvezza, ci è stato donato il perdono, ci è stata annunciata la felicità: perché allora dovremmo darci alla malinconia? ».
Otto Betz
«Signore, donami il senso dell’umorismo. Fammi la grazia di comprendere
uno scherzo, affinché io possa conoscere un po’ di gioia nella vita e possa renderne partecipi gli altri».
Tommaso Moro
«Un CI istiano fa della buona teologia quando, in fondo, è sempre lieto, sì,
quando si accosta alle cose con umorismo. Bisogna guardarsi dai teologi di cattivo
umoie! Guai ai teologi noiosi! Naturalmente, lo so: siamo circondati da ogni parte
da tanta, tanta tristezza; e noi stessi siamo spesso compagni poco piacevoli. Ma
dato che un buon teologo non serve se stesso, bensì lui, il Padre di Gesù Cristo,
egli può guardare al suo prossimo che, in ogni caso, è amato da Dio, e persino a se
stesso, con gioia e con speranza; egli può (quanto più prende sul serio il suo compito) ridere nonostante tutto di cuore, e può persino ridere di sé».
Karl Barth
«Forse ti farà piacere sapere che qui il personale di sorveglianza e i prigionieri mi dicono ripetutamente che «ammirano» (?!) la mia tranquillità e la mia allegria. Io mi meraviglio sempre di affermazioni simili. Ma non è ugualmente bello,
tutto questo?».
Dietrich Bonhòffer
7
Spedizione in abb. post. Gr II A/70
h caso di mancato recapito rispedire a:
^cpi 1 A POSTALE 10066
torre peluce
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui moEsi
venerdì 5 MARZO 1993
ANNO 129 - N. 9
URE 1200
PER LA RINASCITA DELLE VALLI
UNA NUOVA
CULTURA
GIORGIO TOURN
ccorre una nuova cultura»: questa la conclusione a
cui è giunto il dibattito a San Germano (vedi «Eco»
n. 5) sulle «Prospettive di un Piemonte che cambia», e che
per ora sembra cambiare in peggio. La depressione che da
qualche tempo caratterizza la nostra zona è certamente di tipo economico, lo dimostrano le cifre sul calo di occupazione, il mancato inserimento nei circuiti produttivi.
Ma non potrebbe anche questa crisi economica avere radici più profonde della sola contingenza attuale, radici di tipo culturale? Affermare questo non significa dire che vi sia
da noi più ignoranza che altrove, anche se ci sarebbe da riflettere sullo scarso interesse per gli studi da parte delle giovani generazioni, ma che vi è carenza di coscienza culturale.
La cultura non è infatti connessa col diploma e la laurea,
è la capacità di riflettere sul presente, darsi da fare per risolvere i problemi, sapersi sbrogliare, avere iniziativa. Perché
questa mancanza?
Si è detto e ripetuto che i valdesi sono sempre rimasti
contadini nell’animo e si sono opposti alla fabbrica. Non lo
si può negare ma sono ormai decenni che valdesi e non vaidesi lavorano in fabbrica.
Non sarà per caso proprio la fabbrica ad aver causato
questa crisi? Per decenni la vai Pellice e la vai Chisone sono state dominate da grandi e piccoli feudi industriali: i
Mazzonis, la Riv, Widemann in una provincia, quella di
Torino, egemonizzata da un grande impero: la Fiat. Questo
impero e i suoi satelliti sono ora al tramonto, e non per una
rivoluzione ma per il loro disfarsi interno.
La fabbrica non ha prodotto il proletariato e la coscienza
di classe, come si aspettava un’analisi marxista della realtà,
ma questa incultura. L’ideale vissuto per decenni: un posto,
una pensione resta il sogno non più realizzabile e lascia solo rassegnazione, attesa passiva, mancanza di iniziativa.
Basta oltrepassare il confine provinciale a sud e penetrare
nella Provincia Granda (come la si chiama con qualche sufficienza) per respirare un’aria profondamente diversa, per
incontrare iniziativa, voglia di inventare, rischiare anche,
cercare soluzioni nuove. Sarà un’impressione superficiale,
errata come tutte le impressioni (chi, ad esempio, viene da
noi, non sente crisi ma benessere) ma non è del tutto senza
motivazione. Cuneo non ha avuto l’impero Fiat e bene o
male la sua strada la fa.
Noi alla periferia di due città come Torino e Pinerolo, per
mesi senza governi, senza progetti, paralizzate nell’insipienza e nella mancanza di ogni idea non sarà facile ricostruire una cultura nuova, una volontà di fare, progettare,
accettare la sfida del 2000 per realizzare un qualcosa di vivibile.
Eppure è questa la sfida che ci viene dai fatti.
Ri-.
Consiglio comunale di Luserna
I socialisti lasciano?
Non c’è veramente pace
per la situazione politica lusemese; giovedì scorso il Psi
ha comunicato più o meno
ufficialmente l’intenzione di
ritirare la propria delegazione (attualmente composta da
un solo assessore, Enrico
Fomeron) dalla giunta di Lusema.
«La proposta avanzata da
una parte della sezione - ha
detto l’ex vicesindaco. Canale
- prevede l’uscita degli esponenti specialisti dalla giunta,
senza tuttavia far mancare
l’appoggio esterno all’esecutivo. Si vorrebbe cioè procedere
ad una revisione del ruolo del
partito, cominciando da un allontanamento dagli incarichi
di “potere”».
In realtà, non appena questa
notizia si è diffusa, altri esponenti del garofano pare si siano detti contrari a tale passo,
chiedendo alla segreteria di
tornare sulle proprie decisioni.
Il Psi avrebbe dovuto co
munque sostituire il vicesindaco dimissionario Canale,
probabilmente con l’ex Pei e
Pds Ernesto Rivoira che sicuramente, alla luce di quanto
sta accadendo, non ha scelto i
tempi migliori per passare al
gruppo socialista.
Quali sono le reazioni nel
gruppo De? Mentre qualche
assessore mostra impazienza e
risentimento verso un Psi che
«fin quando ha avuto la poltrona di sindaco ha goduto
della piena solidarietà della
De ma oggi non si comporta
allo stesso modo», il sindaco
Badariotti si mostra prudente,
ricordando di non avere ancora ricevuto comunicazioni ufficiali e che comunque intende convocare entro la prima
metà del mese di marzo il
Consiglio comunale, per procedere al rimpasto di giunta
ma anche per affrontare alcuni
progetti, come quello delle
nuove scuole medie, che da
troppo tempo attende una soluzione.
Trasporto del formaggio a dorso di uomo: ecco come si usa il porta-formaggi detto «oiseau». (Foto Musee-chàteau d’Annecy)
Si è aperta a Torino una importante mostra itinerante dedicata alla civiltà alpina
L'uomo e le Alpi: un viaggio visivo e sonoro
verso la montagna e i suoi problemi
FEDERICA TOURN
E Stata aperta al pubblico la
mostra itinerante «L’uomo e le Alpi», un’interessante
occasione per scoprire o riscoprire la realtà di un territorio e
delle popolazioni che lo abitano e lo fanno vivere da sempre. Nata da un’idea del Cotrao, la Comunità di lavoro
delle Alpi occidentali che
coinvolge alcune regioni di
Francia, Italia e Svizzera, e
realizzata a Torino con la collaborazione del Museo nazionale della montagna «Duca degli Abruzzi», la mostra assume
la forma di una scoperta progressiva delle tappe di storia
alpina che hanno caratterizzato
tre secoli di vita sulla montagna.
Pensata e costruita appositamente per affascinare il pubblico, ha in realtà ben poco
della semplice esposizione di
oggetti e testimonianze: è un
vero e proprio viaggio, in cui il
visitatore diventa spettatore
partecipe della storia che gli
viene narrata grazie all’aiuto
di una serie di filmati e ricostruzioni ambientali e soprattutto di un commento sonoro
che, tramite una cuffia che ha
ricevuto all’entrata, lo accompagna lungo la strada.
Un cammino tutt’altro che
immaginario e che si snoda su
mille metri quadrati di esposizione attraversando cunicoli,
scoprendo i luoghi inviolati
raccontati da Rousseau e le cime raggiunte da celebri esploratori come Horace de Saussure e Jacques Balmat, che com
pirono la prima ascensione del
Monte Bianco nel 1787.
Ben presto però le Alpi non
sono più luoghi sconosciuti ma
dimora e sostentamento di piccole comunità di montanari,
dapprima guardati con sospetto
come gente dalle particolari
caratteristiche somatiche e dalla scarsa intelligenza («Le Alpi
producono molti idioti» scrive
Victor Hugo nel 1839), e poi
romanticamente descritti come
uomini «forti, gagliardi, dal solido petto, dallo sguardo penetrante» (Elisée Reclus, 1874).
A guardarli da vicino, ormai
già a metà di questo secolo,
questi uomini rivelano una
normalità di piccoli riti quotidiani: la famiglia riunita di
fronte al pranzo, gli uomini al
lavoro per la fienagione e la
fabbricazione del formaggio o
al pascolo, le donne all’arcolaio. Si entra nella vecchia cucina e si vedono gli oggetti
maneggiati dalla donna che intanto ci sta raccontando la sua
giornata e tutto in effetti acquista un’atmosfera naturale. Dalla casa si passa alla piazza, accompagnati dalle prediche del
prete e dai proclami del sindaco: sono chiacchiere di villaggio da cui emergono personaggi che la fantasia del visitatorespettatore ambienta facilmente
fra le mura che ha intorno o nei
campi che si trova riprodotti
davanti.
Ma la montagna non è soltanto un romantico paesaggio
bloccato nel tempo ma è una
realtà che si trasforma sotto gli
occhi di tutti e che non è meno
importante della riscoperta di
una serie di tradizioni e usi. Le
Alpi si svuotano dei loro abitanti che scendono a valle a
cercare lavoro, mentre l’industrializzazione e il turismo si
mangiano fette sempre più
grosse di quello che a De
Saussure era sembrato il
«monte maledetto» per la sua
inaccessibilità.
Oggi invece campi da sci,
impianti di risalita e conseguenti complessi turistici sorgono ovunque; le autostrade
verso i trafori si moltiplicano, i
progetti di nuove gallerie anche. Attraverso il tunnel del
monte Bianco, al posto dei 450
mila veicoli l’anno previsti, ne
passano invece ben 2 milioni,
di cui 750 mila Tir. Ma le regioni attraversate non traggono
quasi nessun beneficio da queste modernissime infrastrutture, mentre i danni, anche solo
quelli causati dall’inquinamento da piombo, non si contano.
Quasi inutile ricordare che di
integrazione con l’ambiente si
comincia a parlare soltanto
adesso.
A guardarle dall’alto le Alpi
sembrano appiattite, grande
bacino di transito e ingorghi
per merci e persone dentro il
quale i villaggi affogano e non
riescono a sopravvivere. Di inviolato sembra essere rimasto
ben poco.
Ultima scena, il visitatorespettatore è arrivato alla fine
del cammino: dietro un vetro si
profila un’enorme immagine
pubblicitaria, sul vetro si leggono delle parole scritte a mano: «Non si farà credere ai
montanari che i condomini sul
lo sfondo della neve sono per i
loro begli occhi». Il messaggio
è chiaro, e richiama una consapevolezza nuova che qualche
anno fa non c’era, una consapevolezza che lascia al visitatore una domanda precisa sul
futuro della montagna.
E anche l’impressione che
gli organizzatori abbiano colto
al volo l’opportunità della caduta delle barriere doganali del
’93 per ricordare che è giusta
l’apertura all’Europa e al progresso, purché sia fatta nel rispetto delle tradizioni e dei delicati equilibri della natura e
delle popolazioni alpine.
Alpini del Susa
La Bibbia
nello zaino
Gli alpini del battaglione Susa partiranno per il Mozambico
con una Bibbia nello zaino.
L’ha regalata loro il vescovo di
Pinerolo, Pietro Giachetti.
Ma gli alpini andranno veramente in Mozambico? Manca ancora il decreto del governo che stanzia i soldi per
l’operazione di pace. Così gli
alpini continuano a dipingere
di bianco i loro automezzi con
la scritta UN.
Per ora è partita per Beira
una sola nave con del materiale
operativo. C’è da augurarsi che
aspettando l’ordine gli alpini
leggano ugualmente la Bibbia.
8
PAG. Il
L’Eco Delle Valli Valdesi:
VENERDÌ 5 MARZO 1993
Un arbusto di lamponi in piena maturazione
AMICI DELLA GALLERIA D’ARTE CONTEMPORA
NEA — Si è costituita nello scorso ottobre, ma è stata presentata a Torino sabato 27 febbraio, l’associazione di Amici
della galleria d’arte contemporanea di Torre Pellice che, in
collaborazione con il Comune, intende valorizzare il grande
patrimonio di opere d’arte raccolte dal dopoguerra ad oggi,
soprattutto per merito del pittore Filippo Scroppo.
E proprio Scroppo è stato scelto come presidente onorario
di una associazione che vede coinvolti operatori ed esperti
del mondo delTarte dell’area torinese.
Le opere sono ormai circa 400 e molte di esse sono di notevole pregio e valore; Thandicap è dato dalla mancanza di uno
spazio espositivo che dovrebbe sorgere all’intemo dell’ex casa Bert, acquistata da anni dal Comune ma per la cui
ristrutturazione occorrono notevoli investimenti. Solo una
parte di essi sono ipotizzabili nel medio periodo, ma intanto
la neonata associazione intende procede alla catalogazione
delle opere e a predisporre un programma di attività artisticoculturali annesse quali esposizioni, convegni, seminari.
BIANCA VETRINO NUOVO ASSESSORE ALLA SANITA — Bianca Vetrino, repubblicana e vicepresidente
della giunta regionale, è il nuovo assessore regionale alla
Sanità in sostituzione di Eugenio Maccari coinvolto nello
scandalo sanità del Piemonte. Sul metodo seguito dalla
giunta per la sostituzione dure sono state le critiche delle
opposizioni che hanno chiesto un deciso cambio di esecutivo per affrontare la crisi generale del Piemonte.
IL NUOVO BOCCIODROMO NON PIACE AGLI ANZIANI? — 1 previsti lavori di ristrutturazione della società
Veloce club di Pinerolo trovano delle resistenze all’intemo
dei soci stessi.
E quanto emerge da recenti prese di posizione che lamentano tra l’altro l’abbattimento, che dovrebbe essere effettuato,
di 22 alberi, e .sopratutto le spese elevate, non si sa bene come coperte, a cui si andrebbe incontro per i lavori.
«Siamo in molti - dicono gli avversari di questo progetto ad essere contrari a distruggere questo benemerito centro
per costruirne un altro in cui, temiamo, non ci sarà più per
noi anziani uno spazio (anche perché non sarà comunque
più il “nostro” Veloce)».
MOSTRE AL CENTRO CULTURALE — Con una mostra
di Carla Bettola e Alberto Vitacchio, dal titolo Carnabane
West, ha preso inizio un ciclo di mostre di arte contemporanea organizzate dal Centro culturale valdese di Torre Penice. Bettola e Vitacchio operano dagli anni Sessanta in una
dimensione multimediale di produzione artistica: provengono dall’ambito della poesia sperimentale che hanno progressivamente dilatato sino ad includere nella cerchia delle
loro attività espressive la poesia sonora e quella visuale.
Nel 1990 essi sono stati ospiti della terza biennale di Mexico City e successivamente di esposizioni in Canada e a Berlino. Il titolo «Carnabane West» indica una collina irlandese
in cui sono presenti grossi «Cairn», i monumenti megalitici
che, con la loro ambigua metaforicità (buio interno, luce
esterna) hanno offerto spunto ad installazioni e gestualità
realizzate in loco.
ARRIVA LA NEVE, IN ABBONDANZA — Attesa ormai da
settimane, dopo un lungo periodo di siccità, dallo scorso fine settimana è iniziato a nevicare in abbondanza anche nel
Piemonte sud occidentale.
Nelle Valli la precipitazione ha assunto proporzioni considerevoli oltre i 600 metri; più in basso la neve, bagnata, non ha
superato i 15-20 cm. In quota sono stati raggiunti e superati
gli 80 cm nei Comuni più alti e nelle borgate; oltre i 1.000
metri lo strato di neve ha superato il metro. A differenza degli anni 86 e ’87, si può dire che la precipitazione ha dunque rispettato le proporzioni in base all’altitudine.
Ovunque comunque sono stati garantiti i collegamenti, grazie all’intervento anche dei mezzi delle Comunità montane.
La nevicata ha ovviamente risollevato il morale degli
operatori turistici; a Prali si annuncia l’apertura in settimana
di tre piste e per il week-end di 8 impianti con tutte le piste,
neve farinosa con un manto che in taluni casi supera il metro e mezzo.
Intervista a G. Bounous del Dipartimento colture arboree dell'Università di Torino
Una possibilità di sviluppo per le valli:
la co tivazione dei piccoli frutti
PIERVALDO ROSTAN
In zone dal punto di vista
agricolo «marginali» come
possono essere quelle delle
nostre vallate si cercano periodicamente possibili sviluppi, «vocazioni»; si dovrebbe
puntare sulla qualità, sulla ricerca di produzioni in grado
di rappresentare qualcosa di
«tipico», caratteristico dell’
area alpina.
Fin dalla fine degli anni
’70 le varie Comunità montane lanciarono l’idea della
coltivazione di piccoli frutti
(lamponi, ribes, more, più
tardi mirtillo) prevedendone
una successiva trasformazione in succhi di frutta o
confetture; in effetti alcune
superflui, talvolta veramente
marginali, vennero convertiti
a queste coltivazioni. Di
quei tentativi nelle Valli rimangono alcune esperienze,
alcuni laboratori artigianali
hanno proseguito e incentivato la trasformazione, altre
aziende agricole hanno di
fatto cessato o comunque
mai ampliato un’attività allora sperimentale.
Il discorso sui piccoli fmtti
va comunque ripreso, probabilmente su nuove basi, tenendo conto di esperienze
condotte sia localmente che
in altre regioni italiane; intanto scopriamo che il nostro
Comunisti
Contro
i referendum
di Segni
Rifondazione comunista ha
recentemente svolto il proprio
congresso pinerolese; alla fine è stato approvato un documento che riassume i termini
di impegno su cui il partito
intende muoversi nei prossimi mesi.
Molta attenzione verrà data
al rapporto con la gente, sui
grandi temi presto sottoposti
a referendum, come il finanziamento pubblico dei partiti,
ma anche sulle «riforme» del
sistema elettorale, secondo
quanto vorrebbe Mario Segni
e che Rifondazione avversa
fortemente in quanto «escamotage del ceto politico per
sopravvivere a se stesso e, nel
caso dell’uninominale, pericolosa personalizzazione dello scontro politico gestita da
chi avrà mezzi e finanziamenti per farlo».
Rifondazione intende poi
impegnarsi nella raccolta di
firme per l’abrogazione della
«riforma» sanitaria.
Rispetto alla questione morale nel documento conclusivo si rifiuta «l’idea che Tangentopoli sia colpa comune e
che dipenda dal sistema elettorale e non dalla disonestà
personale di alcuni e di alcune forze politiche».
Sul piano locale Rifondazione si muoverà sulla strada
di costruire nuovi circoli nelle valli, instaurando un dialogo con altre forze politiche e
con la gente, onde stimolarne
la partecipazione attiva alla
vita politica.
Infine, quale segretario del
circolo di Pinerolo è stato
confermato Giovanni Panosetti.
paese è un forte importatore
di questi frutti, non solo
dall’Est europeo, ma anche
dal Sud America e dagli Stati
Uniti.
Siamo allora condannati a
subire gli effetti dell’importazione senza poter puntare
su prodotti che localmente
potrebbero avere un loro sviluppo? Ma a quali condizioni? Ne abbiamo parlato con
il dott. Giancarlo Bounous,
del dipartimento Colture arboree dell’Università di Torino.
«Nella nostra regione esordisce Bounous - assistiamo ad un calo netto per
quanto riguarda la superficie
e la produzione di lamponi;
le ragioni principali vanno
ricercate nel fatto che la
maggior parte del prodotto
viene utilizzata per il non
remunerativo mercato dei
surgelati. Più confortante è
la situazione del lampone rifiorente i cui prezzi (5-6 mila
lire al kg) possono essere
considerati validi. Per quanto
riguarda il ribes non si prevedono evoluzioni perché il
prezzo del prodotto è veramente basso e non incoraggia
a piantare. Più o meno analoga la situazione delle more
di rovo; in questo caso hanno
mercato soltanto le produzioni precoci ottenute sotto tunnel non riscaldato.
Importazioni italiane di piccoli frutti
Migliore la situazione del
mirtillo gigante, di recente
introduzione, apprezzato per
le caratteristiche organolettiche ed in grado di spuntare
prezzi validi, fra le 8 e le 12
mila lire al kg. Attualmente
siamo in presenza di rese
unitarie basse in quanto gli
impianti sono ancora giovani».
Qual’è oggi la superficie
coltivata a piccoli frutti?
«L’insieme dei piccoli frutti
ora copre, a livello di territorio nazionale, circa 350 ettari; per il 58% si tratta di lamponi, per il 14% mirtilli giganti e, a seguire, ribes rosso, uva spina, rovo e ribes
nero».
Lei ha più volte ricordato
che il nostro paese è un forte
importatore di questi frutti.
Può dirci in che misura e qual
è il consumo italiano?
«Il valore delle importazioni ha superato nel ’91 i 25
miliardi a fronte di una
esportazione di soli 4,2 miliardi; per l’industria importiamo oltre 8 mila tonnellate
l’anno. Per quanto riguarda i
consumi, poco meno della
produzione nazionale è consumata fresca, mentre per
l’industria solo 115 del fabbisogno arriva dal prodotto interno».
Ci sta descrivendo una situazione che pare abbastanza
distinte per specie. (Fonte: Ismea su
negativa, lontana dall’aprire
prospettive anche a livello locale...
«Le opportunità ci sarebbero - aggiunge Giancarlo
Bounous -; si tratta di
esplorare nuove vie, come
ad esempio il mercato del
fresco, sia ampliando la stagione con primizie e tardizie, sia estendendo nel paese
gli spazi di vendita. Specialmente per il lampone da un
lato e il mirtillo dall’altro ci
sono spazi di incremento di
superfici e produzioni; occorre però fare molta attenzione alla qualità dei frutti,
alle varietà che si impiantano estendendo il periodo di
maturazione, alla possibilità
di meccanizzare in qualche
modo la raccolta, la distribuzione e la commercializzazione. Bisogna tener conto
che la conservabilità del
prodotto è un fattore assai
limitante alla sua distribuzione.
In conclusione, per evitare
effìmeri entusiasmi ed altrettanto rapide disillusioni, le
decisioni dovrebbero essere
assunte non in base a motivi
contingenti, come l’andamento più o meno favorevole del
mercato in un certo anno, ma
dovrebbero essere il frutto di
attente analisi e di una programmazione a livello di territorio».
dati Istat)
SPECIE Anno 1989 % 1990 % 1991 % 1989 1990 1991
Lampone 229,8 75,3 154,3 927.160 706.996 1.384.444
Rovo 2,6 11,6 20,2 48.103 199.343 345,503
Ribes nero 797,9 200,5 2.016,4 1,560.912 337.489 3.153.288
Ribes rosso 14,7 11,3 48,4 117,368 78.826 165.551
Uva spina 0,9 0,1 1,4 4.270 1,692 21.435
Mirtillo 325,6 393,0 516,4 1.338.987 1.911.602 2.451.406
FRUTTI FRESCHI 1.371,5 19,2 691,8 11,7 2.757,1 25,4 3.996.800 3.235.948 7.521.627
PRODOnO
CONSERVATO 5.767,7 80,8 5.218,8 88,7 8.090,0 74,6 14.885.950 11.769.533 17.585.189
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venerdì 5 MARZO 1993
m L’Eco Delle Valli Valdesi
PAG. Ili
I problemi della famiglia, della scuola, della religione, dell'amicizia e dell'amore
La parola ai giovani della Terza C della
scuola media di Luserna San Giovanni
MARCO ROSTAN
Scuola media De Amicis di
Luserna S.Giovanni; con
la collaborazione dei loro insegnanti Bellion, Bertolè e
Cleri, gli allievi di due classi
terze stanno svolgendo una
ricerca sul territorio comunale: storia, famiglie, frequenza
dei nomi, matrimoni fra vaidesi e eattolici, fra gente del
posto e di fuori, mestieri che
cambiano; hanno preso in
esame la generazione dei loro
bisnonni, nonni e genitori.
Ogni gruppo illustra agli altri i propri risultati. Come
insegnante di sostegno partecipo anch’io al lavoro; un
mattino, mentre si sta discutendo dei problemi della valle, anche in seguito alla serata
al cinema Trento di Torre
Penice in cui si parlò di disagio giovanile, mi viene in
mente di stimolare gli allievi
a scrivere cosa pensano, racconto anche dell’esistenza
dell’Eco delle Valli e della
possibilità di preparare un articolo su queste cose.
Detto fatto: gli allievi portano a scuola i loro pezzetti
scritti, li leggiamo e commentiamo; proviamo a riassumere
le cose essenziali.
Le paure dei genitori
«Alla nostra età - dice Sara
- abbiamo voglia di uscire,
divertirci, stare insieme. 1 genitori non ce lo consentono,
hanno sempre paura che succeda qualcosa». «Dovremmo
vivere l’adolescenza con serenità: - aggiungono Elisa e
Matteo - questo pensano i genitori, ma non si ricordano
dei loro tempi? Dei problemi,
degli innamoramenti, del
caos che hai in testa quando
pensi a qualcuno che invece
guarda un’altra, della paura di
rompere delle amicizie...?».
Poiché ho anch’io un figlio.
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cerco di motivare i timori dei
genitori: con quel che succede nei sabati dopo la discoteca è difficile stare tranquilli; i
ragazzi sono d’accordo, poi
però scopriamo che la cosa
principale è la fidueia e ehe le
richieste sono modeste: «Poter fare tardi qualehe volta
per mangiare la pizza con gli
amici non è un pericolo», sostiene Michele.
A che ora pensate sia giusto
tornare a casa?
«Alle dieci e mezzo, undici».
Ci ritengono
eterni incapaci
Penso non sia poi così tremendo, anche se i brutti giri
non mancano in valle. Viviana
ed Elisa insistono: «Molti
adulti pensano che la generazione di oggi sia un disastro.
Ci credono degli eterni bambini incapaci di crescere; pensano che i voti siano tutto.
Quanto ai professori, si credono dei supereroi. Vorrebbero
insegnarci a pensare, quando
vedono solo la loro idea come
se fosse la migliore».
Naturalmente sono le ragazze le più penalizzate nelle
useite. E non sempre per via
dei genitori: c’è qualche fratello maggiore che è più rigido.
«Molto dipende da come i
nostri genitori hanno vissuto
la loro adolescenza e il rapporto con i familiari» osservano. Ma le uscite dipendono anche da quello che c’è
in valle: «Niente di veramente interessante - dicono
Andrea e Antonio - un solo
cinema a Torre, discoteche
lontane, strutture sportive
mal sfruttate. E se si vuol
organizzare qualche concerto si devono anche fare i
conti con la Siae e con sale
non agibili.
«A forza di sbarrare la
strada - insiste Sara - la ragazza si sente scartata e finirà per cercare di uscire in
un modo o nell’altro, magari
in cattiva compagnia». «Alla
nostra età - spiega Naima l’amore è un disastro perché
specialmente noi ragazze ci
innamoriamo di ragazzi più
grandi che non ci guardano
neanche... a volte ti si spezza il cuore, specie quando
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vedi che tutte le tue amiche
trovano il ragazzo... ti senti
brutta e inutile; in quei momenti ci vorrebbe un gruppo
di amici a tirarti su, e invece
manca».
Mentre parlano, penso che
questi ragazzi hanno 14 anni
e che io alla loro età pensavo
al pallone e a Fausto Coppi.
Ero «ritardato»?
I ragazzi della media di oggi sembrano da un lato più
adulti, dall’altro più bambini... Comunque non c’è solo
l’amore; qualcuno parla degli
anziani.
Sono tanti in valle e forse
ciò non va tanto d’accordo
con quello che i giovani vorrebbero fare...«trovo che a
volte, quando loro protestano
per il casino che noi facciamo, ci comportiamo in modo
volgare - dice Domenico che
aggiunge -: questo lavoro
sulle famiglie e sul passato ci
aiuta anche a stabilire un rapporto migliore con gli anziani».
La religione,
roba del passato?
Si parla infine della religione: nella classe 16 sono cattolici e 4 valdesi. Tutti hanno
seguito una formazione religiosa in chiesa, 11 frequentano l’insegnamento cattolico a
scuola, ma «di religione non
parliamo quasi mai», dice
Naima, cattolica, riferendosi
alla sua migliore amica, valdese.
Per Manuela «la religione
è un problema del passato;
abbiamo visto che una volta
c’erano molte differenze tra
valdesi e cattolici, poi i matrimoni misti sono fortemente aumentati. Ci sono
ancora idee “vecchie” che a
noi non interessano: i valdesi non sono diversi dai cattolici».
Cerco di approfondire: trovate qualche punto di contatto tra quello di cui si parla in
chiesa e la vostra vita quotidiana, le vostre scelte?
Le risposte sono negative;
allora provo a raccontare alcune cose che, quando avevo
la loro età, caratterizzavano
due educazioni diverse; l’atteggiamento verso il sesso, i
precetti, la responsabilità, i limiti, il peccato; ma i ragazzi
non mi seguono.
Michele, valdese, dopo le
mie spiegazioni osserva che
forse l’educazione cattolica
è meglio perché almeno ti fa
capire quali sono gli argomenti su cui si dovrebbe misurare una posizione religiosa.
Insomma, per questi ragazzi la religione sembra cosa lontana o superata; capisco la loro difficoltà e, anche se convinto che stiano
sbagliando su questo punto,
non lo dico.
Del resto sono problemi
non semplici neppure per gli
adulti. Questo piccolo flash
sui pensieri dei quattordicenni potrà far proseguire la riflessione, anche suH’ultimo
punto?
Il parco deirOrsiera Rocciavrè
Un anno dì attività
MILENA MARTINAT
N:
el mese di ottobre 1991
è stato formalmente istituito l’ente di gestione del
Parco naturale Orsiera-Rocciavrè e della riserva naturale
speciale dell’Orrido di Chianocco che ha iniziato la propria attività gestionale soltanto nel mese di febbraio 1992.
Ad un anno di distanza è possibile fare un primo bilancio.
Per quanto riguarda l’attività didattica sono stati
accompagnati una settantina
di scolaresche e gruppi organizzati sia nel parco che nella
riserva. Sono state svolte dal
personale del parco lezioni
nelle scuole e creati programmi che riguardano l’ambiente
e la storia del parco con uscite con la collaborazione dei
guardaparco.
Lo studio e la ricerca hanno
fatto i loro passi. Sono proseguiti i censimenti e gli studi sugli ungulati, sull’avifauna, sulle
incisioni rupestri ed il rilevamento delle tracce degli animali dopo le nevieate. È continuata la collaborazione con il
dipartimento di produzione animale della facoltà di veterinaria
di Torino per realizzare la cattura incruenta di cinghiali allo
scopo di studiarne le caratteristiche e gli spostamenti.
Sempre in collaborazione
con il dipartimento Europe
eonservation, sono stati organizzati in luglio e agosto stages per lo studio della marmotta; aneora sotto il profilo
zoologico si sta pensando, in
eollaborazione col Parco del
Gran Paradiso, di reintrodurre
lo stambeceo.
Grazie alla partecipazione
dei sei guardaparco e di un
tecnico per il territorio ad un
corso per la realizzazione
dell’Atlante toponomastico
montano, ha potuto essere
svolto il censimento dei toponimi in una parte del territorio delle due aree protette.
Per promuovere l’attività del
parco sono stati inoltre presi
contatti con alcuni operatori locali per verificare la loro disponibilità ad aderire all’iniziativa di utilizzo di un marchio tipico per promuovere i prodotti
agricoli e artigianali locali.
Una novità si è avuta in
agosto con l’uscita del primo
numero del bollettino di
informazione dell’ente, come
supplemento alla rivista Piemonte Parchi; visto il buon
successo questa pubblicazione proseguirà in modo
indipendente presentando
progetti ed iniziative. A questo proposito va segnalato
ehe la Regione ha finanziato
uno solo dei quattro sentieri
naturalistici ipotizzati, quello
del Gravio in vai Susa.
Sempre dalla Regione è
giunta, nel mese di dicembre,
l’approvazione del piano
dell’area, a cui i Comuni dovranno adeguare i rispettivi
strumenti urbanistici entro un
anno. Fra l’altro il piano semplifiea le procedure di concessione ed autorizzazione in
materia edilizia, eliminando il
passaggio in Regione delle
singole domande dopo il parere dell’ente parco.
Nei primi giorni di marzo, il
Consiglio direttivo del parco,
oltre a valutare il conto consuntivo, sarà chiamato anche
ad esaminare la richiesta di
raccolta di minerali nel parco.
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PAG. IV
L’Eco Delle Valli Valdesi
VENERDÌ 5 MARZO 1993
Incontri per genitori e insegnanti
Perosa: dialogo
tra adulti e bambini
La direzione didattica di
Perosa Argentina, in collaborazione con il «Centro studi
Hansel e Gretel», ha organizzato una serie di sei incontri
per genitori e insegnanti dal
titolo «Per parlare dei nostri
bambini».
Genitori non si nasce, ed
educatori nemmeno; i problemi che emergono ogni giorno
sia in classe sia a casa sono
spesso di difficile soluzione.
Quante volte ci siamo trovati, genitori ed insegnanti,
ad interrogarci sui piccoli o
grandi «perché», quante volte ci siamo arrovellati per capire i comportamenti dei nostri ragazzi senza venirne a
capo.
Oggi «Hansel e Gretel» ci
vengono in aiuto. Questo
centro studi si occupa da armi
dei problemi dell’età evolutiva e durante questi incontri,
guidati dalle psicologhe Turello, Papperini e Roccia, affronterà tematiche diverse,
quali il bambino di fronte alla
paura e alla morte, il bambino e i mass media, il bambino
e la sessualità, il ruolo dei genitori.
Il primo incontro è previsto
per giovedì 11 marzo, dalle
18 alle 20, presso le scuole
elementari di Perosa Argentina: la dottoressa Marina Papperini affronterà il tema
«Dialogo fra adulti e minori,
ascolto e comunicazione».
Ginnastica
Disputato il
primo incontro
Si è disputato domenica
scorsa a Lanzo il primo incontro della stagione di ginnastica artistica. Vi hanno
partecipato 240 giovani delle
province di Torino e Aosta.
Nella categoria giovani del
settore propaganda bel successo della lusemese Valeria
Grillo con 18 punti davanti
alle compagne di squadra del
3S Elena Issoglio e Valeria
Gontero, entrambe a 17 punti.
Pallamano donne
Una sconfitta
onorevole
3S Graphicart-Aosta 10-16
Le ragazze lusemesi affrontano alla grande la forte
compagine della vai d’Aosta;
grazie all’impegno profuso ed
al carattere messo nella partita le valligiane hanno infatti
saputo ben contenere un passivo che era nei pronostici.
Ancora una grande prestazione per Federica Gaydou, autrice di ben sette delle dieci
reti delle lusemesi.
Volley
Risultati
per categoria
Giornata a ruoli invertiti per le
due formazioni di pallavolo lusemesi impegnate nella prima divisione maschile e nella seconda
femminile.
1° divisione maschile
3S Lusema-Bardonecchia 3-2
Finalmente una partita di buon
livello da parte della formazione
locale che ha dimostrato grinta e
carattere vincendo una partita
molto importante per la classifica.
2° divisione femminile
Almese-3S Nova Siria 3-2
Prima sconfitta stagionale per
la squadra di Gardiol che riesce
comunque a mantenersi in prima
posizione. Determinante l’assenza di Simona Chauvie, infortunata.
Torneo Baudrino
(femminile)
Villar Perosa-La Torre 1-3
Vigone-La Torre 2-3
Barge-Cercenasco 0-3
La Torre-Cercenasco 0-3
Trisfera-Cercenasco 3- 2
Villar Perosa-Vigone 3-0
Classifica: 3S Nova Siria 20,
Cercenasco 14, Porte, Trisfera e
Pablo Neruda 12, La Torre e Data Perosa 10, Villar Perosa 8,
Barge 6, Vigone 0.
Torneo Storello
(girone A maschile)
Svet-La Torre 3-0
La Torre-Pablo Neruda 1-3
Garzigliana-La Torre 3-0
Svet-3S Nova Siria 1-3
VillalTanca-3S Nova Siria 2-3
Classifica: 3S Nova Siria 22,
Villafranca 16, Pablo Neruda e
S. Pietro 10, Svet 6, Garzigliana
4, La Torre 2
Torneo Storello
(girone B maschile)
Villafranca - Vigone 3 - 1
Vinovo - Villafranca 3-0
Classifica: Porte 18, Villafranca 14, Airasca e Vinovo 4, Sangermanese 2, Vigone 0.
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Ancora una
sconfitta
Ancora un turno negativo
per il Pinerolo nel campionato nazionale dilettanti di calcio; in trasferta ad Abbiategrasso i biancoblù ne sono
usciti sconfitti per 2-0, dopo
aver sfiorato, nella prima fase
della gara, in un paio di occasioni, anche la marcatura.
Le due reti dei lombardi sono state realizzate intorno alla
mezz’ora e poco dopo l’inizio
del secondo tempo, mettendo
in ginocchio una formazione
tutt’altro che fortunata.
Ad un quarto d’ora dalla fine momenti di preoccupazione per Careglio caduto a terra
per un malore e trasportato in
ospedale in osservazione.
Anche Serra ha subito un
infortunio (frattura del setto
nasale) per cui gli uomini di
Cavallo hanno chiuso rincontro in 9, con un po’ di
rammarico per le occasioni
sciupate in avvio.
La situazione di classifica
si fa ora difficile, anche se i
punti di vantaggio sulla
quart’ultima restano 3; domenica prossima il campionato
osserva un turno di riposo e
domenica 14 marzo salirà a
Pinerolo la seconda in classifica, Saronno.
Tennis tavolo
Polisportiva
Valpellice;
una grande
prestazione
Giornata positiva, quella
dello scorso fine settimana,
per le squadre della Polisportiva Valpellice.
La C maschile ha vinto a
Genova per 5-2 grazie a
Rosso (2), Gay (2), Malano
(1).
La C femminile ha invece
battuto in casa il La Spezia
per 4 - 1 con la Rotunno e la
Bruscagnin in gran forma;
per loro questa era l’ultima
partita di campionato.
Anche la D2 ha giocato e
vinto a Torre Pellice, contro
r Ever green di Collegno; 5 1 il risultato finale con le ottime prove di Ghiri, Rossetti e
Piras.
Classifica C maschile: Sanremo 20, Imperia 16, Possano
14, Valpellice 10, Ventimiglia 6, Verzuolo 6, Crdc Torino 4, Genova 2.
Nel prossimo fine settimana a Torino si disputeranno i
Giochi della gioventù che vedranno impegnati anche gli
atleti valligiani.
Appuntamenti
Venerdì 5 marzo — LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle
20,30, presso il bocciodromo comunale, si svolge un incontro sul tema Trovare un senso e un’utilità all’esistenza,
metodologia olo-energetica; intervengono i dott. Claude Piro e Henri Ausseil.
Martedì 9 marzo — PEROSA ARGENTINA: Proseguono
gli incontri sull’agricoltura organizzati dalla Comunità
montana presso la sede; il dott. Rebecchi parlerà sul tema
Produzione della carne: fattori influenti sulla qualità del
prodotto.
Giovedì II marzo — TORRE PELLICE: A cura dell’associazione pace vai Pellice, alle 17, presso la Casa unionista
in via Beckwith, prende il via il terzo ciclo di incontri
sull’educazione interculturale; Claudio Dina, etnomusicologo, introdurrà l’argomento Contributi e prospettive della
ricerca etnomusicologica.
Venerdì 5 marzo — TORRE PELLICE: Il gruppo vai Pellice di Amnesty si riunirà alle ore 17,30 presso la sede di via
Repubblica 3.
Martedì 9 marzo — TORRE PELLICE: L’associazione per
la pace e Amnesty International organizzano, alle 20,45,
presso il cinema Trento, una serata con proiezione del film
Un affare di donne, di Claude Chabrol, e una mostra su
Donne e guerra.
Nelle Chiese Valdesi
PINEROLO — Proseguono gli incontri teologici Giovanni
Miegge; il prossimo appuntamento è previsto per sabato 6
marzo, alle ore 17, nei locali della chiesa valdese in via dei
Mille 1. L’incontro verterà sulla prima parte del testo «II
servo arbitrio» di Martin Lutero, edito dalla Claudiana.
TORRE PELLICE — Mercoledì 10 marzo, alle 20,30, presso
i locali della Comunità alloggio di via Angrogna, il pastore
Marchetti, nell’ambito di un ciclo di studi sulla lettera di
Paolo ai Romani proposto dal 1 “circuito, darà inizio alla
lettura di uno dei testi fondamentali del Nuovo Testamento.
POMARETTO — Venerdì 5 marzo, alle 20,45, presso il teatro dell’ex convitto, organizzata dal 3° circuito, si svolgerà
una tavola rotonda sul tema Chiese e democrazia; interverranno il pastore Salvatore Ricciardi e Tavv. Marco Borno.
TORRE PELLICE — Sabato 6 marzo, alle ore 20,45, nella
biblioteca della Casa valdese, si svolgerà un incontro-dibattito sul tema Parlare di Dìo oggi; interverranno la teologa Adriana Zarri ed il pastore Salvatore Ricciardi.
SAN GERMANO CHISONE — Mercoledì 10 marzo, alle
14,30, sarà ospite dell’Unione femminile Elena Ravazzini
Corsani che presenterà il suo libro L’aquilone sull’armadio.
lagenerale
c<
SERVIZI DI PULIZIA E REFEZIONE
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema
Trento ha in programma: venerdì 5
marzo, ore 21,15. Morte di un matematico napoletano; sabato, ore 20
e 22,10, domenica, ore 16, 18, 20,
22,10 e lunedì, ore 21,15, L’ultimo
dei moicani.
BARGE — Il cinema Comunale
ha in programma; giovedì 4, Mamma, ho riperso l’aereo; venerdì. Vita da bohème, sabato,La valle di
pietra, da domenica a giovedì, Sister
act; orario feriale, 21; domenica 15,
17, 19,21.
PINEROLO — Il cinema Italia
propone, da giovedì 4 a mercoledì
10, Scent of a women (Profumo di
donna), con Al Pacino, candidato a
quattro premi Oscar; feriali ore 19,30
e 22,15; domenica 14 16,45, 19,30,
22,15.
Sabato 6 marzo — TORRE
PELLICE: Prende il via la seconda
rassegna teatrale in vai Pellice, in
svolgimento presso il salone Opera
gioventù di via al Forte.
Il primo spettacolo è affidato alla
filodrammatica nolese «I gros fastudi» che presenterà ’L curà ’d Rocabrusa, commedia in tre atti; inizio
ore 21.
Giovedì 11 marzo — TORRE
PELLICE: Presso la sala polivalente
Trento, alle 21,15, Anna Maria Barbera presenterà lo spettacolo E scabroso le donne studiar.
Venerdì 12 marzo — PINEROLO: Presso rauditorium di corso
Piave, alle 21,15, per la rassegna
«Marzo comico», il gruppo Granbadò presenta lo spettacolo Recita.
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Maestra 44, tei. 92744
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CRI - Torre Pellice, tei. 91996
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598790
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Stampa:
La Ghisleriana Mondovi
Spedizione in abb. post. Gr 2/V70
11
venerdì 5MARZ0 1993
PAG. 7 RIFORMA
Bari: devianza minorile. Intervista al giudice Sara Carene
Baby killer assoldati dalle mafie. Necessario
un nuovo ruolo della comunità civile
ANNA MAFFEI
La devianza minorile che
nel distretto di Bari ha
per alcuni anni subito una
flessione è in questi ultimi
tempi tornata a aumentare. La
«telefonata» letta alcuni giorni fa durante un processo, telefonata con cui un ragazzo
ne distoglieva un altro dal
proposito di abbandonare la
strada della devianza e dedicarsi al lavoro, resa ancor più
drammatica dalla circostanza
che uno dei due giovani è stato successivamente ucciso, ha
fortemente scioccato l’opinione pubblica della città.
Abbiamo rivolto alla dott. Sara Carone, giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale per i minorenni di
Bari, alcune domande che ci
aiutino a meglio comprendere
il fenomeno.
- Dott. Carone, può fornirci
alcuni dati relativi al complesso fenomeno della devianza minorile nel distretto
di Bari?
«Il carico complessivo di
denunce a carico di infradiciottenni che nell’86 è stato
di 2.459, ha avuto costanti diminuzioni sino all’89, quindi
è tornato in aumento e nel
’91 è stato pari a 2.523, nel
'92 a 2.777.
Tale incremento, già di per
sé significativo, acquista una
maggiore rilevanza se raffrontato con le variazioni
specifiche relative a alcuni
particolari tipi di reato. Siamo infatti in presenza di un
preoccupante notevole incremento dei reati più gravi
contro la persona e di un uso
più frequente delle armi da
fuoco. Il “salto di qualità"
della devianza minorile che
ha trasformato Bari da capitale dello scippo a regno dei
baby killer è dovuta proprio
alla facile reperibilità delle
armi.
Pur non avendo elementi
concreti in proposito, ho la
sensazione che Bari sia una
delle vie privilegiate del traffico di materiale bellico e che
ciò comporti la drammatica
conseguenza dei bambini di
13 anni che muniti di mitragliene “giocano” con la vita
propria e altrui».
- Si può in questi ultimi anni parlare di un coinvolgimento di minori nell’ambito
della criminalità organizzata?
«Pur non potendo dedursi
con certezza il coinvolgimento dei minori nell’ambito
della criminalità organizzata,
ci sono elementi che inducono a ritenere che sia in atto
un rapporto molto più intenso
fra criminalità giovanile e
adulta. Nel '91 infatti si sono
avuti i primi procedimenti
per detenzione di materiale
esplosivo con potenzialità distruttiva notevole.
Un altro elemento che va in
questo senso sono gli elevati
guadagni che molti ragazzi
traggono dai reati, specie in
relazione a spaccio di sostante stupefacenti e estorsioni,
decentemente un minore è
stato sorpreso in flagranza di
spaccio di eroina e cocaina, è
stato perquisito e gli è stato
sequestrato un foglio contenente la contabilità della
Stornata, su cui erano indicate vendite per 40 milioni.
Un altro sintomo di questa
tendenza è la scelta del legale.
Un solo esempio per tutti: un
minore che per alcuni anni ha
t^otnmesso furtarelli isolati ed
e stato difeso da un legale,
datore di lavoro della madre,
ha di recente fatto un salto di
qualità avendo subito varie
denunzie per rapine e estorsioni in un quartiere che si sospetta dominato da una certa
“famiglia”. Oggi è difeso dal
legale di fiducia di quella “famiglia” ».
- Che fare, allora, per contenere questo drammatico fenomeno?
«Per porre argine alla devianza minorile non è sufficiente un mero ritorno a interventi solo repressivi nell’ambito del penale e limitato ai
minori. E necessaria invece
una complessa strategia rivolta in primo luogo a togliere
alla criminalità adulta il fertile terreno di coltura rappresentato da minori a rischio.
Perché ciò possa realizzarsi è
indispensabile un’azione preventiva verso i minori in difficoltà nell’ambito dei procedimenti civili e cautelari e prima ancora con opportuni interventi di natura sociale.
In un incontro in prefettura
fra operatori minorili e un
gruppo di lavoro della Commissione parlamentare antimafia si è evidenziata la necessità che agli interventi
estemporanei e scoordinati si
sostituisca una strategia di
collegamento fra pubbliche
strutture e volontariato, fra
amministrazione e magistratura. Il coordinamento fra
tutte le forze interessate è
l’unico mezzo per una reale
conoscenza delle dinamiche
di relazione fra delinquenza
adulta e minorile e per ottenere una maggiore presenza
dello stato sul territorio.
L’obiettivo è ancora lontanissimo se pensiamo che il
quartiere San Paolo, uno dei
più degradati della città di
Bari, è ancora privo di un
ospedale, in costruzione da
ben 25 anni, e su una popolazione di 70.000 abitanti operano solo due assistenti sociali. Non certo migliore è la
situazione di altri Comuni del
distretto che spesso non ottemperano neanche ai provvedimenti del Tribunale per i
minori relativi a minimali interventi di sostegno a minori
in difficoltà.
Le scuole poi (come la media “Azzarita”) sono esposte
all’azione di esplosivi, al sistematico danneggiamento
delle auto di presidi e insegnanti, evidentemente perché
ritenute dalla malavita del
quartiere pericolosi avamposti di difesa della collettività».
- Lei in più occasioni ha richiamato l’attenzione al ruolo
dei mass media...
«Sì, una maggiore sensibilità e attenzione alla forza
imitativa di determinati comportamenti giovanili dov
rebbe essere posta da chi gestisce i mass media. Talvolta
infatti proprio T eccessiva
pubblicità data a fenomeni
criminali e agli elevati guadagni che da essi derivano
comporta un’esaltazione degli autori, di facile presa su
personalità informazione.
Occorre un generale recupero di legalità perché in una
società dominata dalla cultura del suddito e non del cittadino, in cui senza legami
con i “potenti” è difficile anche ottenere un certificato,
per non parlare di un posto
di lavoro, non è facile per un
giovane resistere alle lusinghe di scorciatoie di rapidi
arricchimenti e di “possibili
carriere” nelle file della malavita.
Ogni adulto deve rendersi
conto che il processo di identificazione degli adolescenti li
porta a confrontarsi con il
mondo degli adulti e a assorbire le contraddittorietà, carenze e corruzioni che esso
manifesta. Ogni adulto che
viene in contatto con un minore quindi, genitore, insegnante, datore di lavoro, amministratore, magistrato, deve con le parole e soprattutto
con il proprio stile di vita
proporre al giovane valori
reali in grado di contrastare i
messaggi consumistici da cui
viene bombardato».
Indagine del gruppo Fgei sulla base militare di Grottaglie (TA)
Vivere con ^industria bellica
GIOVANNA VITALE
FRANCESCO PROTOPAPA
COSIMO FANIGLIULO
Pubblichiamo un’ indagine
svolta l’anno scorso da un gruppo di giovani della Chiesa valdese di Grottaglie su indicazione
della Federazione delle chiese
evangeliche di Puglia e Lucania.
Grottaglie è un paese situato a 20 km da Taranto e il suo aeroporto è stato
fino a pochi anni fa una base
dell’Aeronautica militare.
Ora l’aeroporto di Grottaglie
è diventato la più importante
fra le stazioni di elicotteri
della Marina militare.
Questo da quando, in conseguenza della decisione di
dislocare permanentemente
l’incrociatore portaeromobili
«Garibaldi» presso la base
navale di Taranto, «Maristaeli», Grottaglie è stata prescelta quale sede del «gruppo aerei imbarcati», a cui saranno
assegnati gli AV-8B Harrier
li che opereranno da bordo
della nave. Il 23 agosto 1991,
nella base navale US Navy di
Norfolk, ha avuto luogo la cerimonia del primo appontaggio di velivoli con le insegne della Marina militare italiana a bordo di una nostra
nave. I protagonisti sono la
nave Garibaldi e i due velivoli Harrier II. Il 22 settembre
dello stesso anno il primo
Harrier si è posato per la prima volta in Italia proprio a
Grottaglie, che ne ospiterà 16.
Così Taranto si avvia a diventare la nuova base operativa
del fianco sud della Nato.
Grottaglie, oltre a diventare
la più grande base dell’Aviazione di marina d’Italia, diventa anche supporto di funzioni inedite della base di Taranto, idonee all’assistenza e
all’ospitalità di portaerei. Infatti a Grottaglie verranno assemblati gli Harrier in seguito
alla delibera del 15 ottobre ’91
del Consiglio comunale che ha
approvato all’unanimità (con
l’astensione del Pds) l’insediamento dell’Alenia, addetta appunto all’assemblaggio.
Vana è stata la pressione di
varie associazioni pacifiste
perché il Consiglio comunale
non concedesse il suolo alla
ditta. L’unità produttiva dell’
Alenia occuperà complessivamente 287.145 mq, di cui
140.000 compresi nell’area demaniale aeroportuale e
147.145 esterni e produttivi,
che verranno espropriati con
un costo di 14 milioni a ettaro.
Oltre agli Harrier, Grottaglie
contribuirà alla produzione anche di un aereo segreto, il
«convertiplano» Osrey, destinato a missioni anch’esse molto segrete connesse all’attività
della eia. Questo tipo di insediamento è stato programmato
e sostenuto dalle Partecipazioni statali. Con un piano di reindustrializzazione che supporta
scelte di tipo bellico, le Partecipazioni statali stanno aprendo la strada a un futuro a produzione militare per la città
delle ceramiche. In questo modo si indica ai disoccupati e alle forze politico-sociali l’idea
che la guerra sia una garanzia
di tipo anche economico.
Irrilevante è l’impatto occupazionale della nuova base
navale: un gruppo di imprese
del Centro-Nord ha vinto la
gara di appalto. La promessa
che la base desse lavoro a
tanti disoccupati non è stata
mantenuta. Le prime versioni
dell’Harrier potevano trasportare un carico bellico di
circa 2.300 kg e per esso erano previste missioni antinave.
Nell’arco di tre anni l’Harrier
è stato perfezionato, potenziato e trasformato in un aereo capace di trasportare
4.200 kg di carico bellico.
Le ultime informazioni militari desunte dalla guerra del
Golfo costituiscono una novità: l’Harrier è in grado di
portare bombe e missili fino a
oltre 7.700 kg, e va aggiunto
che in questo carico bellico
può essere contemplata una
bomba nucleare. L’Harrier ha
inoltre un’autonomia di trasferimento pari a quella del
Tornado e fra gli aerei italiani
è il più adatto a missioni di
bombardamento. L’Harrier è
dunque un aereo da attacco,
da bombardamento e a capacità nucleare. Non è un aereo
da difesa date le sue scarse
capacità velocistiche e F inadeguata capacità di intercettazione di aerei supersonici. Gli
Harrier inoltre sono aerei a
decollo verticale, hanno
un’avionica molto sofisticata
e un radar in grado di gestire
attacchi notturni di sorpresa.
Quindi sono aerei autonomi
in grado di gestire missioni
anche senza le informazioni
dell’ombrello-radar del Garibaldi e di colpire a grande distanza coprendo dall’alto
eventuali sbarchi anfibi italiani in aree straniere lontane.
La Marina militare abbandona quindi i proclami «difensivistici» per andare verso
un’effettiva operatività Nato
e nucleare a tutto campo. Taranto ha così acquistato recentemente un ruolo di base
Nato e diviene il fulcro della
«Navoeformed», la formazione navale della Nato nel Mediterraneo. Tutto ciò avviene
mentre la flotta ex sovietica
riduce la sua presenza nel
Mediterraneo stesso.
LA NUOVA
POLITICA
TULLIO VINAY
Da tempo non sopporto più la politica dei nostri
partiti, fatta di ricerca di voti per accrescere il
potere, di litigi, di intrighi indegni e di dispetti mentre manca in loro ogni strategia ideale che offra alla
gente qualche idea chiara su cui riflettere.
Tutta questa politica, a mio avviso, è sbagliata e
deviante fin dalle fondamenta. Quante volte ho
sentito dire da colleghi del Senato: non si può governare col «Sermone sul monte». No, signori: è
qui che vi sbagliate! Occorre vedere i problemi politici, economici e sociali che ci stanno dinanzi nella luce di Cristo, in concreta coerenza con le sue
parole e le sue opere.
E non si dica che siamo nell’utopia: questa non è
ciò che è irrealizzabile, ma il non ancora realizzato,
ciò che è nuovo, assolutamente nuovo, non sostenuto da esperienze passate, nuovo come l’amore di
Dio, l’agape, vissuta da Cristo: qui sgorga quella
fantasia creativa che sola costruisce una nazione e
le dà un futuro diverso. In questo amore non c’è
desiderio di possesso, ma dono completo della nostra vita, perché altri vivano.
È assurdo gonfiarci il petto sulla sconfitta del
comunismo realizzato nei paesi del socialismo reale e, d’altra parte, non vedere il disastro del «capitalismo reale» diffuso in ogni continente, vero responsabile di tante miserie ed emarginazioni
dell’uomo, non solo nei paesi a sviluppo arretrato,
causa prima di milioni e milioni di persone che
ogni anno muoiono di fame.
Soltanto l’amore vero, l’agape di Dio incarnato in
Cristo, costruisce, non il suo opposto che è il potere. Questo vale non solo per i credenti ma, se la via
è giusta, per tutti gli affamati ed assetati di giustizia, quelli che possiamo chiamare i «cristiani sine
nomine».
Ognuno di essi cita la sua guida, Marx o altri; a
me lasciate indicare Cristo, il nuovo di Cristo in cui
trovo la libertà di ascoltare quanti non pensano come me. Di più, noi «credenti» abbiamo bisogno dei
«non credenti» così come questi, spero, hanno bisogno di noi, poiché tutti ci troviamo sulla stessa
barca che va verso il naufragio. Tacere sarebbe un
tradimento egoista.
Come fosse oggi, duemila anni orsono, Gesù ebbe per culla una mangiatoia perché gli abbienti
avevano occupato l’albergo e finì la vita portato
fuori città e ucciso dal potere politico, religioso e
militare.
Ma il suo amore resta e «non verrà mai meno»,
indicherà per noi e le nostre nazioni la sola via possibile, il nuovo, il suo nuovo che può fare nuovo il
mondo degli uomini.
(Tratto da «Le Notizie da Riesi» N. 1193)
Nella collana «Testi della Riforma» è uscito il n. 19:
IL SIGILLO DELLA VERITÀ
Fede e prassi
nel Sinodo di Berna (1532)
a cura di Fulvio Ferrarlo
pp. 156, 12 ili.ni f.t. e 28 nel testo, L. 24.000
Il Sinodo di Berna che decise l’adesione alla
Riforma del più potente Cantone svizzero ha
prodotto un documento di particolare interesse
per i rapporti chiesa-stato che è al tempo stesso una guida pratica di grande saggezza per il
lavoro pastorale e sintetizza la ricostruzione di
una chiesa sulla base dell’Evangelo.
m mmadHricm
ciaudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1-10125 TORINO - TEL. 011/689804
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 5 MARZO I993
Ha più di vent'anni l'organismo che collega corali e musicisti in ambito evangelico Un'appassionante conferenza a Udine
Il contributo della musica protestante
alPEuropa del dialogo e deIKunificazione
Evangelo e libertà^
una sfida ai credenti
La Conferenza europea
per la musica di chiesa
protestante (Cemep) è un’associazione creata nel 1970
con il nome di «Contatti centroeuropei per la musica di
chiesa protestante», con lo
scopo principale di favorire
l’informazione reciproca e lo
scambio di esperienze nel
campo della musica di chiesa.
Inizialmente furono molto
curati i contatti e i rapporti
personali nell’ambito centroeuropeo. Cresciuto il numero delle associazioni entrate a far parte dell’organizzazione (attualmente 27, di
cui parecchie dell’Est), la
Cemep è diventata un forum
sempre più importante per
ciò che riguarda l’elaborazione e il divenire della Casa
europea.
La Cemep organizza ogni
due armi, a turno nei diversi
paesi, un «dibattito» centrato
su temi collegati con la musica e il canto di chiesa, al
quale partecipano mediamente 120 persone provenienti da una quindicina di
paesi. Tra un convegno e
l’altro vengono organizzati i
«Colloqui di Strasburgo».
Tenendo conto dell’evoluzione della situazione e delle
adesioni dall’Est, nel convegno tenutosi nel settembre
’91 a Lenzbourg (Svizzera),
è stato elaborato un nuovo
testo dello statuto e dei criteri orientativi dell’associazione, il cui nome è stato mutato in quello attuale.
Poiché l’Europa futura,
oltre che dal punto di vista
economico e politico, va
guardata anche da quello
spirituale e religioso, è
emersa la preoccupazione di
sapere quale contributo possa dare la musica di chiesa
protestante. Ciò riguarda
Il coro della «Accademia spirituale» di Leningrado, ora San Pietroburgo
per esempio il contributo
che la Cemep può dare alle
chiese della diaspora nel
campo che le è proprio ma
anche, in maniera più globale, il contributo che potrebbe dare alla missione o la
vocazione culturale della
musica liturgica nella società attuale.
Per poter studiare adeguatamente le possibilità e le
modalità d’inserimento della
musica sacra evangelica nel
processo d’integrazione europea e partecipare in modo
consapevole e attivo a tale
processo, la Cemep ha programmato due convegni.
Uno ha avuto luogo nel
settembre ’92 a Strasburgo
sul tema II ruolo della musica evangelica nel processo
di unificazione europea', vi
sono state presentate e di
scusse relazioni che evidenziavano la necessità di disporre di più approfondite
informazioni sulla posizione
politica, culturale ed ecclesiastica nel contesto europeo, il contributo di collaborazione attiva delle chiese
protestanti nel processo di
unificazione e, in tale contesto, la possibilità e l’urgente
necessità di portare la musica di chiesa evangelica oltre
le frontiere. Ora l’esecutivo
della Cemep, presieduto dal
pastore Heinrich Riehm
(Germania) cercerà di attivarsi di conseguenza.
Il secondo convegno si
terrà a Budapest alla fine di
settembre sul tema Musica
corale sacra, liturgia, missione e compito culturale,
mentre un altro appuntamento è previsto a Strasburgo nel
’95 (per i 25 anni della Cemep), ma esso sarà preceduto da un altro appuntamento
(settembre ’94) nelle valli
valdesi.
Tale scelta è dovuta al fatto che le corali delle valli sono membri della Cemep fin
dal 1970, avendovi aderito
prima come Commissione
del canto sacro delle valli
valdesi (presieduta dal past.
Edoardo Aime), e poi come
Assemblea delle corali, costituitasi nel 1976 su mandato del primo distretto.
In questi anni abbiamo
sperimentato la viva
partecipazione dei nostri
amici europei, grazie a numerose occasioni di contatti,
scambi, invii di materiale
musicale, visite e aiuti.
(a cura di Gisela Lazier)
Organizzata dall’associazione culturale evangelica «Guido Gandolfo», sabato 6 febbraio, si è svolto
presso la chiesa metodista di
Udine una conferenza del
pastore Salvatore Rapisarda,
segretario del Dipartimento
di teologia dell’Ucebi, sul
tema Evangelo e libertà...
Erano presenti anche evangelici di Pordenone e Monfalcone, cattolici, amici del
Sae.
«Evangelo e...», ha detto
Rapisarda, non significa «Et
- et», affiancamento di qualcos’altro (come le opere)
all’Evangelo. La teologia
evangelica rimane teologia
del sola grada. Se si può parlare di Evangelo e... (pace, libertà...) è perché esso è offerta di salvezza ma anche appello al servizio.
In quanto offerta di salvezza l’Evangelo è chiamata alla
libertà. Dalla Riforma (sacerdozio universale) in poi, molti movimenti (tra cui i battisti) hanno sostenuto la libertà di coscienza e l’autonomia del credente e della chiesa in materia di dottrina, e
l’Evangelo è stato visto come
forza di liberazione da quanti
si sono battuti per le classi
sfruttate (metodisti) 0 per la
liberazione dalla minaccia
delle armi (quaccheri) o dalla
segregazione razziale (come
Martin L. King).
Molte sono le forze (politiche, criminali, economiche...) che si oppongono alla
libertà auspicata dall’Evangelo: una classe politica corrotta, poteri dello stato inadeguati a fronteggiare 1’
emergenza, una stampa asservita, l’affermazione sempre crescente di disvalori
(ricchezza, potere, prestigio,
violenza); i credenti allora,
ha proseguito Rapisarda, do
po averlo compreso come offerta di salvezza, lo comprenderanno anche come
chiamata al servizio, individuale e comunitario, prendendo atto che non sono soli
nella sofferenza e nell’impegno per la libertà.
In secondo luogo esamineranno i valori proposti all’attenzione dei singoli e ne faranno l’«esegesi», distinguendo cioè ciò che conta e
ciò che è effimero e contingente. Quindi cercheranno di
operare scelte prioritarie per
impegnarsi per quei valori
che danno senso alla persona,
alla libertà, alla società; in
questa ricerca di chiarezza e
impegno i credenti sono chiamati a un atteggiamento di fiducia e sobrietà.
Il regno di Dio e la sua giustizia appartengono a Dio, ma
vanno ricercati con tutte le
forze.
Una visione trinitaria di
Dio servirà loro a trovare delle coordinate irrinunciabili.
Dio Padre è il creatore del
mondo e il liberatore del popolo; il Figlio è il «logos» incarnato in una scelta di vita
radicale contro le false autorità per l’abbattimento dei
muri di separazione; lo Spirito Santo è il creatore di nuove
visioni e nuovi rapporti tra
popoli e culture, tra religioni,
giovani, donne, anziani...
Nel corso del dibattito molti interventi si sono riferiti
all’impegno personale in vista di una testimonianza di
vita coerente con l’Evangelo.
Il dibattito ha anche evidenziato la necessità di una
migliore conoscenza del fenomeno mafioso per uscire
dai luoghi comuni e individuare quindi le radici, le propagazioni e le dimensioni del
fenomeno in Italia e nel
mondo.
le
I >
Appuntamenti
mm
Sabato 6 marzo — TORINO: Alle ore 15, nel Salone valdese (corso
Vittorio Emanuele II 23) la prof. Susanna Peyronel Rambaldi
(Università di Milano), Lilia Sebastiani (teologa cattolica) e la
past. Erika Tomassone discutono sul tema: Libertà femminile
nelle chiese.
Mercoledì 10 marzo — TORINO: Alle ore 21 presso l’Unione culturale «F. Antonicelli» (via Battisti 48), Franco Barbero, Enzo
Bianchi, Eugenio Costa e Fulvio Ferrarlo parlano sul tema:
Trent’anni di confronto col Vaticano IL
Mercoledì 10 marzo — GENOVA: Alle ore 17,30, nella sala convegni della Banca di Genova e S. Giorgio (via Ceccardi I), il past.
Valdo Benecchi parla sul tema: Gesù tentato, a cura del Sae.
Mercoledì 10 marzo — TRIESTE: Alle ore 18, presso la basilica di
S. Silvestro, per il ciclo di conferenze sulle «fedi a confronto», il
rev. Douglas Brovm, direttore del Centro anglicano di Roma, parla sul tema Fede e libertà nella Chiesa anglicana.
Venerdì 12 marzo — UDINE: Alle ore 18, presso la chiesa metodista (piazzale D’Annunzio 9), mons. Rinaldo Fabris parla sul tema: I punti nodali del nuovo catechismo delia Chiesa cattolica.
Venerdì 12 marzo — ASTI: Alle ore 21, presso la Scuola biblica
ecumenica, il past. Fulvio Ferrario parla sul tema: I discorsi
escatologici.
Venerdì 12 marzo — CINISELLO BALSAMO: Alle ore 21, in casa Vola-Marenghi (via Mozart 15), si tiene un incontro sul tema:
Movimenti ereticali medievali.
Sabato 13 marzo — MILANO: Alle ore 17, nella sala di via Sforza
12/a, il prof. Massimo Bubboli parla sul tema: Le incognite del
Nord America, per il ciclo sul cristianesimo e i continenti.
Sabato 13 marzo — BRESCIA: Alle ore 17. nella sala di via dei
Mille 4, il prof. Giorgio Spini tiene una conferenza, organizzata
dal Centro valdese di cultura, sul tema: Riflessioni sulle rivoluzioni del nostro tempo.
Domenica 14 marzo — ROMA: Alle ore 16, presso le suore francescane missionarie di Maria (via Giusti 12), a cura del Sae, si tiene
un incontro sul tema: I nodi del dialogo con l’ebraismo. Intervengono i proff. Marco Morselli (Amicizia ebraico-cristiana) e
Daniele Garrone (Facoltà valdese di teologia).
Martedì 16 marzo — FIRENZE: Alle ore 16,30, presso la Ca.sa di
riposo II Gignoro (via del Gignoro 40), il past. Gino Conte parla
sul tema: Chi sono gli evangelici.
Venezia: una stimolante tavola rotonda sul dialogo fra le culture e le religioni
L'evangelizzazione di fronte alle diversità
_________FHITHJOF ROCK_________
Nell’ambito del dialogo
ecumenico, a Venezia,
presso l’Ateneo di S. Basso, si
è tenuta una tavola rotonda sul
tema: L’accettazione delle diversità e l’evangelizzazione, a
cui hanno partecipato il teologo
cattolico Armido Rizzi e il pastore valdese Eugenio Stretti.
Rizzi ha detto che qualcuno
definisce la modernità come
«divorzio tra verità e pace»,
come scissione interna della
societas Christiana. L’esito
ne sarebbe la rinuncia all’
esposizione pubblica della
verità: le confessioni religiose rimangono quindi un
fatto privato di coscienza individuale e di gruppo, e il risultato sarebbe lo stato laico,
aconfessionale.
Una soluzione alternativa,
secondo Rizzi, era stata indicata nel dialogo a distanza tra
Lutero e Erasmo, tra il difensore della verità religiosa
(a costo di infrangere la pace)
e il difensore della pace (non
solo sociale, ma come nucleo
stesso della verità cristiana).
La pace come verità evangelica trascende le singole interpretazioni confessanti, è elemento di unificazione o almeno di diversità «non belligerante», che in Erasmo si
Donna musulmana: motivi etnici e reiigiosi (oitre che poiitici
ed economici) alia base dei conflitto jugosiavo
estende anche ai nemici della
cristianità d’allora: i turchi e
l’IsIam.
Bartolomé de Las Casas, seguace di Erasmo e difensore
degli Indios, disse che l’unico
vero modo coerente di annunciare il Vangelo è quello
pacifico: piuttosto che annunciarlo con le armi è meglio
rinunciare. La sostanza della
verità cristiana è la capacità di
accogliere la diversità altrui.
Certo di fronte ai tanti con
flitti odierni, di cui la religione è componente importante, la soluzione dello stato
laico mantiene la propria validità. La causa dei conflitti a
base religiosa sarebbe da ricercarsi nell’insufficiente elaborazione del rapporto tra
identità umana e verità divina; non c’è conflitto tra identità cristiana e pace universale, ma anzi nel fare spazio
dentro di noi all’altro nella
sua diversità si può affermare
lo specifico dell’identità cristiana.
Il pastore Stretti ha evidenziato il problema della diversità all’interno della cri.stianità, soffermandosi in particolare sui movimenti del secondo secolo dei «marcioniti»
(che nonostante inaccettabili
contrapposizioni fra Nuovo e
Antico Testamento sfidarono
la chiesa ufficiale con il messaggio radicale paolino della
grazia) e dei «montanisti»,
che invece sottolinearono
l’importanza dello Spirito
(cfr. Giovanni 14, 16) e della
predicazione femminile (Massimilla e Prisca).
Passando alla Riforma
Stretti ha affrontato il caso
della fine di Serveto sul rogo
(1553), l’errore di Calvino
che lo denunciò alle autorità
ginevrine. Già i valdesi me
dievali avevano affermato
che mai si potesse uccidere
un uomo, in quanto il corpo
di qualsiasi uomo è da venerarsi come il corpo del Signore. Tali concetti riecheggiarono con l’umanista Sebastiano Castiglione, che di
fronte alla morte di Serveto
scrive a Calvino: «Uccidere
un uomo non è difendere una
dottrina; uccidere un uomo è
uccidere un uomo». Gli stessi
esuli veneziani, alleandosi
con gli umanisti, criticarono
Calvino che si richiamò, secondo la tradizione, al diritto
romano giustinianeo, appb;
cato dalle chiese cantonali
svizzere.
Nella storia i diversi fanno
emergere alcune questioni di
fondo come il radicalismo
evangelico, la predicazione
femminile, la nonviolenza
come status confessionis.
Tre sono allora le possibili
risposte; o le diversità vengono anatemizzate (come
nel caso di Serveto), o si riducono all’unificazione intorno al pontefice, oppure si
persegue la terza, incerU e
faticosa via dei «cristiani
anonimi». È la via della «sospensione del giudizio»
(Barth), la via quotidiana
dei discepoli in umile ascolto del Signore.
13
\/FNERDÌ 5 MARZO 1993
PAG. 9 RIFORMA
Un libro collettivo esamina differenze e analogie rispetto al riposo settimanale cristiano
Il sabato come testimonianza di fede:
la tradizione ebraica e la società di oggi
PAOLO T. ANGELERI
11 sabato (shahhath) è per
gli ebrei «testimonianza
forte» di fede, in quanto osservanza di ciò che Dio ha
comandato (decalogo) e memoria di ciò che Dio ha fatto
per l’uomo (creazione) e per
il suo popolo (liberazione
dalla schiavitù).
«Accostarsi al sabato è entrare (...) nel cuore dell’esperienza di fede di Israele»-, così nota Giuseppe Trotta nella
nota introduttiva alla raccolta
di saggi su questo argomento*.
La domenica cristiana non
può essere considerata replica
0 travestimento del sabato (p.
81): la sua fisionomia e la sua
storia ne fanno uno specifico
religioso. Se le due festività
hanno indubitabili elementi in
comune - la distinzione fra
«tempo che dice» e «tempo
che non dice»-, la valorizzazione della memoria e
dell’obbedienza; il carattere
«di lode rivolta allo stesso
padre» - non possono però
venir collocate su un identico
piano.
In origine la celebrazione
cristiana del «primo giorno
della settimana» non era in
contrapposizione o in sostituzione del sabato, ma ne costituiva piuttosto una continuazione. Le prime comunità
di credenti partecipavano ai
riti e alla lettura delle Scritture nella sinagoga durante il rito ebraico fino al tramonto
del sole, al termine cioè della
giornata. AlTapparire delle
prime stelle, la stessa sera
quindi del sabato, inizio del
primo giorno della settimana,
si riunivano per ricordare la
loro pasqua, il Cristo risorto,
con un’agape fraterna e la
Cena del Signore.
Il senso di continuità fra i
Parigi; ii sabato in rue des Rosiers, centro dei quartiere ebraico
due giorni faceva premio
sull’idea di cesura. Del resto
Gesù stesso ha sempre rispettato il sabato, con Tunica
preoccupazione di ripristinarne l’antico richiamo alla
misericordia: «Anche in base
alla più puntigliosa applicazione delle norme rabbiniche,
nessuno può imputare al Gesù dei sinottici una violazione
del sabato. In lui infatti ad
operare è la parola stessa
non già la mano. Non attraverso atti o gesti (proibiti al
sabato) bensì con semplici
parole (permesse) libera il
prigioniero dalla potenza del
male» (p. 76).
Profondo rispetto per il sabato dunque; e se i cristiani
primitivi celebrano la resurrezione del Cristo nella notte
fra il sabato e la domenica, è
proprio in termini di continuità. L’analisi storico-critica
del sabato ebraico sul filo rigoroso della tradizione talmudica (De Benedetti, Levi della
Torre) non è in contrasto con
le osservazioni sul riposo settimanale cristiano di Enzo
Bianchi e Piero Stefani.
Nelle pagine conclusive del
volume viene poi proposta
un’ampia documentazione
sulla liturgia del settimo giorno (p. 85); un commento sul
riposo nella creazione (p.
113) e nel decalogo (p. 119),
con l’aggiunta di un’antologia chassidica (p. 129) e di
una notizia sull’osservanza
sabbatica in alcune comunità
ebraiche (p. 151).
Manca, e forse è naturale in
un simile contesto, la valutazione dei risvolti socio-economici nella realtà di oggi di
questo stretto aggancio dell’
idea di riposo settimanale alla
coscienza religiosa. In una
realtà pluralista come la nostra, il diritto alla «testimonianza forte» della propria fede in termini di scelta dei
tempi non può essere appannaggio della sola religione di
La trasmissione andata in onda per la «Settimana della libertà)
Dalla fede una nuova nascita
di fronte alla crisi del paese
MIRELLA ARGENTIERI BEIW
La trasmissione del 21
febbraio, condotta da
Paolo Naso, traeva il titolo e
l’argomento dal manifesto
L’Italia a una svolta diffuso
dalla Fcei in occasione del
XVII febbraio. Quest’anno,
come è noto, anche in seguito
all’appello sinodale e dell’
Assemblea battista del
settembre scorso, l’attenzione
delle nostre chiese doveva essere rivolta particolarmente
alla «libertà dalle mafie».
Erano in studio Luciano
Violante, presidente della
Commissione parlamentare antimafia, Graziella Priulla, sociologa delle comunicazioni, e
il presidente della Fcei, Giorgio Bouchard. A integrazione
della discussione sono stati intervistati Giorgio Bocca, giornalista, e Ton. Valdo Spini.
Queste in sintesi le considerazioni esposte, condivise
^ai partecipanti sia pure con
diverse sfumature: è innegabile che l’azione contro la
cosiddetta «criminalità organizzata» è oggi molto più
incisiva, anche se questo di
mostra l’esistenza di pesanti
complicità precedenti. Il cammino da percorrere è però ancora lungo e la forza della
mafia è tuttora grandissima
(Violante, Bocca).
Sull’indispensabile reazione
della comunità civile il pessimismo di Bocca, che vede un
sostanziale immobilismo della
cultura arcaica locale e ostacoli quasi insuperabili (citando il caso dell’imprenditore
mafioso che non si può toccare perché datore di lavoro)
non è del tutto condivi,so dalla
sociologa Priulla, che scorge
segni incoraggianti di rinnovamento nei giovani e una più
chiara percezione dei confini
tra lecito e illecito. Non è più
pacifico che i corrotti siano
premiati e chi denuncia il male sia punito.
L’importanza del mutamento di mentalità della società circostante, la creazione
di una «cultura della legalità»
per «togliere l’acqua al pesce» sono fortemente sottolineate da Spini, che chiede solidarietà con chi è colpito.
Per Bouchard non è più
sufficiente l’appello alle co
scienze: occorre una loro trasformazione, che è possibile
nella nuova nascita operata
dalla fede. Come cittadino acquisito di Napoli, Bouchard
individua l’inizio di un riscatto della città non in ribellioni
momentanee e sporadiche ma
in una lucida analisi della
realtà a cui tutti devono
contribuire.
La trasmissione era, se così
si può definire, totalmente
spoglia in quanto affidata
unicamente alla parola, senza
alcun supporto di immagini e
suoni. L’analisi, anche per
l’autorevolezza dei protagonisti, è risultata corretta e persuasiva. Per rendere tuttavia
più evidente all’esterno la
specificità con cui noi credenti ci poniamo di fronte al
problema (in collaborazione,
ovviamente, con tutte le forze
e le persone di buona volontà) mi chiedo se non sarebbe stata più efficace, in
luogo dell’ambiente «tavola
rotonda», un’illustrazione a
posteriori delle varie iniziative attuate in occasione
della «Settimana della libertà».
)TUDI
maggioranza o di quella che
può vantare più antiche tradizioni.
Se il riposo è questione di
coscienza, perché allora non
considerare, accanto alla domenica cristiana e al sabato
degli ebrei, anche il venerdì
dei musulmani e gli altri giorni della settimana, ove qualcuno dovesse farne richiesta
per analoghe motivazioni di
coscienza?
Anziché limitare lo spazio
di libertà a un solo giorno sarebbe necessario in questo caso estenderlo a quasi tutta la
settimana, prospettiva allettante e forse profetica, ma poco realistica in un mondo come il nostro, affaticato da
un’umanità in aumento, affamata, bisognosa di cure e servizi e produzione continua.
(*) AAVV. Il sabato nella tradizione ebraica, a cura di Giuseppe Trotta. Brescia, Morcelliana, 1991, pp 180, £20.000.
Protestantesimo
Vent'anni
di televisione
Giovedì 4 gennaio andava
in onda la prima trasmissione
di Protestantesimo, un quarto
d’ora settimanale. Era il 1973.
Nella prima trasmissione Paolo Ricca aveva sviluppato una
presentazione forzatamente
compressa della storia e del
pensiero protestante.
Dopo vent’anni la Fcei fa il
punto su questa esperienza e
cerca tramite un convegno di
individuare le linee future per
la programmazione in un
contesto profondamente mutato rispetto al ’73.
Venerdì 12 marzo, presso
la Facoltà di Roma, si tiene
una tavola rotonda sul linguaggio della fede nella Babele televisiva, a cui partecipano Fausto Coen (di Sorgente di vita), Giorgio Girardet,
André Joos (Pontificio istituto delle comunicazioni sociali), Graziella Priulla (sociologa) e il critico televisivo Beniamino Placido. In serata il
convegno si sposta a Ecumene, dove si di.scuterà fino alla
domenica mattina della ricerca dei protestanti italiani
nell’attuale momento storico,
politico e culturale e del futuro della trasmissione.
Per informazioni ci si può
rivolgere alla Fcei, telefonando al n. 06/4825120.
La liturgia valdese
Don Giorgio Grietti, parroco di Porte (in provincia di Torino), è autore di una «dissertazione per la licenza in Sacra Teologia con specializzazione liturgico-pastorale» sul tema: La liturgia nella Chiesa evangelica valdese. Avvio ad uno studio
storico-teologico, discussa nel 1992 presso l’Istituto di liturgia
pastorale di Padova.
Nell’introduzione Grietti avverte che il lavoro sarà «un tentativo di descrizione della prassi liturgica del valdismo lungo la
sua storia» e nella conclusione ammette: «Il nostro lavoro non
può dirsi “originale”; crediamo tuttavia di aver dato un contributo, per quanto modesto e limitato, alla conoscenza della liturgia valdese».
C’è una gran perseveranza nel risalire dalla confessione di
Valdo (1178-80) alla dichiarazione di Chanforan (liceità del
giuramento, divieto di usura, riconoscimento dei due soli sacramenti, confessione auricolare non comandata da Dio), dalla
«Liturgie vaudoise, ou la manière de célébrer le service divin
(Edimburgo, 1837)» al documento di Lima su battesimo, eucarestia, ministeri (Bem, 1985).
I lettori concorderanno nel fatto che «nell’apertura della predicazione a tutti .inizi ad evidenziarsi la presa di coscienza del
sacerdozio universale ed abbia inizio un processo di declericizzazione», fino a giungere alla risposta dei valdesi al Bem:
«...essi dichiarano di non ritenere die non si possa celebrare la
Cena senza un ministro ordinato».
Vengono inoltre ripercorse l’evoluzione della liturgia sia in
Lombardia sia nei paesi di lingua tedesca, la doppia celebrazione domenicale nelle valli valdesi, secondo la liturgia disposta
dal 1837.
L’autore insiste anche sull’importanza della Parola, nel culto
e non solo nel culto, «elemento che crea e costituisce la chiesa».
IVISTE
La vicenda dello stemma
Mario Cignoni, prendendo in esame quanto scritto sull’argomento da J. Jealla, T. Balma e particolarmente lo studio di D.
Rivoir sul Bollettino della Società di studi valdesi del 1930 e la
Storia dei Signori di Lusema di P. Rivoire, riesamina, in qualità di esperto di araldica, la genesi dello stemma che diventò
quello valdese*.
Gli autori citati o fanno derivare lo stemma da quello dei Lusema o ne rivendicano l’autonomia, per cui la somiglianza con
quello dei Lusema sarebbe una semplice coincidenza.
Lo stemma comune a tutti i rami della famiglia feudale che
dominava la vai Pellice era il «bandato d’argento e di rosso». Il
ramo di Lusema aveva anche un proprio sigillo risalente a Guglielmo Manfredi (XIII secolo), sigillo che poi assumerà la forma di scudo, collegato a quello di Lusema, diventato poi l’insegna della vai Lusema (e dal 1861 adottato con lievi modifiche
dal Comune di Lusema San Giovanni): «Convallium antiquissima insigna», come si legge sulle carta di Valerio Grosso, allegata al libro del Léger del 1669.
Da quest’ultimo stemma, e non da quello dei signori di Lusema, trae origine, secondo Cignoni, con qualche variante,
quello della Chiesa valdese (o.c.).
(*) Mario Cignoni: «Lo stemma valdese». Nuovi annali della
scuola speciale per archivisti e bibliotecari. A. VI, Firenze, Leo Olschki editore, 1992, pp 163-168.
La religione nella scuola
Dedicando il suo fascicolo 9 al tema «Bibbia e scuola» il semestrale Studi di teologia di Padova pubblica un utile contributo di Gianni Long* che riepiloga la «storia delle iniziative giudiziarie della Tavola valdese e di numerose altre Chiese evangeliche in materia d’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica».
A prescindere dal fatto che ormai è entrato, nella trattatistica
giuridica il luogo comune improprio di una «religione cattolica» (non essendo essa che una delle confessioni del cristianesimo), mi piace mettere in evidenza come Gianni Long non manchi di evidenziare tutti quei nodi che ci hanno portati al pastrocchio dell’ora alternativa.
Va notato altresì che lo stesso direttore del semestrale,
Pietro Bolognesi, tiene nella sua introduzione a formulare
chiaramente il suo pensiero sull'intera questione: «Come
evangelici siamo contrari all'uso che nella scuola statale si
fa e si vorrebbe fare della Bibbia; certamente non siamo
soddisfatti della situazione attuale che privilegia in maniera
sfacciata una confessione come quella cattolica, ma non siamo neppure persuasi che una lettura aconfessionale, come
quella fin qui ipotizzata, possa mettere a tacere le coscienze
laiche per il pasticcio ancora esistente nella scuola italiana».
Per conto mio sono dello stesso parere, anche se il tema merita di essere ulteriormente approfondito.
Il guaio è che Tart. 9 dell’accordo di revisione del Concordato (1984) sancisce un principio apertamente lesivo della laicità
dello stato, quando da una parte riconosce «valore della cultura religiosa» ma dall’altra asserisce che «i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano».
Una bella parafrasi in senso concordatario del noto aforisma
di Benedetto Croce, «non possiamo non chiamarci cristiani!»
ig-go.).
* Gianni Long: «Religione a scuola: una lunga battaglia giuridica» in Studi di teologia, n. 9 Padova, 1992, pp 35-49.
14
PAG. 10 RIFORMA
mm
venerdì 5 MARZO I993
L'OMICIDIO DI LIVERPOOL
CORRESPONSABILI
DELLA VIOLENZA
VERA VELLUTO
Il caso dei due giovanissimi assassini (12 anni) del
bimbo rapito in un supermarket nei pressi di Liverpool
ripropone alle nostre coscienze il problema dei giovani
cosiddetti «a rischio» i quali, sofferenti di comportamenti legati a disturbi fisico-psichici, sono destinati a
diventare drogati, delinquenti e a prostituirsi se la società non interviene in tempo, con strutture adeguate
per dare un indirizzo diverso alla loro esistenza, per
dare una qualità alla loro vita.
Ma una comunità cristiana può rimanere indifferente
in attesa che la società e le istituzioni facciano il loro
dovere?
Si può predicare la giustizia di Dio, il Regno di Dio
di pace e di amore assumendo soltanto atteggiamenti
di condanna verso le istituzioni che non si attivano e
verso i giovani che compiono azioni delittuose? O non
è il caso di portare anche noi, comunità cristiane, il peso della responsabilità del degrado in cui è costretta a
vivere tanta gioventù?
Il profeta Isaia esorta: «Imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la casa della vedova».
Un’esortazione che rientra nell’ambito di un comandamento fondamentale per una comunità cristiana; il comandamento dell’amore del prossimo.
Ma come è possibile rispondere aH’invito alla solidarietà, all’aiuto concreto, in presenza di problemi di
grande portata quali il lavoro, la casa e tanti altri ancora che sono alla base della devianza giovanile?
E mai possibile sostituirsi alle istituzioni? Certo no,
certo non ci viene richiesto l’impossibile, solo un piccolo segno di solidarietà per esprimere la nostra partecipazione alle sofferenze altrui, per dimostrare la nostra assunzione di responsabilità in modo concreto.
Così la comunità di Taranto ha ragionato quando ha
risposto all’appello del Centro diaconale «La Noce» di
Palermo e si è impegnata a versare la retta per il mantenimento di un bambino tolto alla strada. E così hanno ragionato le donne della comunità di Taranto quando, tre anni or sono, hanno deciso di mantenere gli studi a una bambina del Kenya, figlia di poveri pastori,
attraverso il «Christian Children’s Fund», una fondazione ecumenica intemazionale per l’infanzia.
Nessuno pensa di essere a posto con la propria coscienza, e continuiamo a sentirci corresponsabili per le
situazioni di ingiustizia; come ebbe a dire la poetessa
latinoamericana Gabriela Mistral, sappiamo anche che
il nostro peggior crimine è quello di abbandonare i
bambini. Molte cose di cui abbiamo bisogno possono
aspettare. I bambini non possono aspettare. Proprio
questo è il tempo in cui si formano le loro ossa, il loro
sangue ha bisogno di nutrimento, i sensi si sviluppano.
Perché questo avvenga non possiamo aspettare domani. Tutto ciò ha un nome: oggi».
Nella collana «Parola per l’uomo d'oggi» è uscito il n. 10:
IL PRIMO LIBRO DEI RE
Guida alla lettura
edizione a cura di Domenico Tomasetto
152 pp, L. 18,000
Uno dei più antichi «libri di storia» dell’umanità
si rivela all’esame critico una complessa costruzione teologica che vuole trasmettere un
preciso messaggio profetico; che valore ha la
«saggezza umana» se non si accompagna al
«timore del Signore»?
Un libro scritto circa 2.500 anni fa in un ambiente così diverso dal nostro si presenta ancor
oggi ricco di preziosi insegnamenti.
m mmattìtricm
claudiaiìa
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO - TEL. 011/689804
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Ancora
sul manifesto
della Fcei
Ci sono svariate obiezioni
da fare al manifesto Fcei per
il XVII febbraio, sia dal punto di vista dei contenuti che
della forma. Se il manifesto si
voleva rivolgere al «popolo
italiano» bisognava far particolare attenzione a non alimentare fraintendimenti, soprattutto perché il popolo itaiiano non ha occasione di leggere le precisazioni e gli articoli d’inquadramento pubblicati dalla nostra stampa.
Dire «sembra una crisi politica, economica. Invece è
una crisi morale» appare un
insulto, un’atroce beffa a chi
ha perso o rischia di perdere
il posto di lavoro, a chi si è
visto scippare dalla scala mobile, agii uomini (e soprattutto alle donne) che subiscono l’attacco a quel poco di
stato sociale che avevamo.
Sarebbe bastato aggiungere
un «anche» per dire una cosa
inoppugnabile, ma banale.
Banale perché non è una
grande scoperta annunciare la
crisi con toni profetici e altisonanti quando la crisi c’è,
spiattellata nella sua materialità davanti agli occhi di
tutti: come Amos aimunciava
il giudizio di Dio durante il
«boom economico» del regno
di Geroboamo II, così avremmo fatto meglio a denunciare
la crisi morale quando Craxi
dichiarava «la nave va» e la
Borsa dava a molti l’illusione
della ricchezza facile.
Come pure è assai infelice
dire che «il popolo italiano ha
dimenticato Dio». Secondo
logica, se l’ha dimenticato,
vuol dire che c’era un tempo
in cui lo conosceva, in cui
possedeva «il senso della verità e delle giustizia»: a che
cosa ci riferiamo? È compatibile un’affermazione del genere con la nostra analisi secondo cui molti guasti derivano dal fatto che la Riforma
da noi è stata soffocata, impedendo così al popolo italiano
di conoscere Dio in forma diversa da quella della religiosità gerarchica e oscurantistica?
A quale passato ci possiamo richiamare? Giorgio Bouchard, neH’editoriale del n. 6,
parla del Risorgimento e della Resistenza. Ma se è così la
Fcei e tutti noi avremmo do
vuto levare alta la nostra voce
di fronte ai ripetuti tentativi,
in questi ultimi anni, di dichiarare morto il «patto» che
è alla base della nostra Repubblica, nata appunto dalla
Resistenza. Mi pare invece
che non ci sia stata una nostra
posizione forte e coerente di
fronte ai tentativi di demonizzare e delegittimare il contributo della sinistra alla costruzione della democrazia, ai
ripetuti «strappi» alla Carta
costituzionale, allo svuotamento di fatto del suo articolo 11, all’indebolimento del
Parlamento e all’attacco ai
poteri di controllo (stampa e
magistratura), ai disegni di
semplificazione autoritaria
della rappresentanza politica,
dal personalismo craxiano al
presidenzialismo cossighiano
fino all’uninominalismo segni ano.
Comunque nel manifesto il
richiamo alla Resistenza non
c’è, e l’italiano medio che lo
legge non può interpretare il
«tornare a Dio» che come
«tornare alla religione dei padri», aiutato anche da toni e
stilemi che non sono i nostri,
ma ricordano un po’ gli anatemi del cardinale Biffi, un
po’ certi proclami pentecostali.
Ma non è solo un problema
di forma; ci sono già stati interventi che hanno evidenziato punti di dissenso sostanziale, io vorrei indicare
tre punti per proseguire e approfondire il dibattito.
1) L’analisi politica della
crisi: si può prendersela genericamente con il popolo italiano? Condannare tutti non
equivale forse a assolvere tutti? Senza sottacere le colpe di
ciascuno, c’è o non c’è una
classe dirigente, un modello
di sviluppo che è fallito?
2) Siamo proprio innocenti? Che cosa risponderemmo
al laico malizioso che ci chiedesse; «Dove eravate voi
evangelici negli ultimi 15 anni?». E vero o no che il partito più implicato in Tangentopoli è stato anche il partito
più votato dai protestanti italiani (prima del recente boom
della Lega Nord)?
3) Mi pare sterile dibattere
sulla cultura laica e religiosa
in modo astratto, come se la
storia fosse un puro campo di
battaglia di idee, o peggio facendo la «conta» delle vittime (ne hanno provocate di
più l’Inquisizione o i gulag?).
Possiamo pensare di prescindere, soprattutto in epoca di
fondamentalismi di tutti i colori, dal contributo dei maestri del dubbio e del sospetto?
E l’Evangelo che dobbiamo
annunciare si identifica con
una cultura (anche quella pro
Al Lettori
Dopo una decina di numeri
possiamo fare una prima valutazione dei problemi che si
sono manifestati:
- recapito: molti abbonati
ci hanno scritto che il giornale arriva in ritardo, che non
arriva o che arrivano copie
non richieste.
Abbiamo effettuato un lancio di 18.0(X) copie sulla base di un indirizzario costruito
con le indicazioni delle chiese. In molti casi sono stati
segnalati più nominativi di
uno stes.so nucleo familiare
ed è questa la ragione per la
quale sono arrivate più copie.
Si sono inoltre effettuati
alcuni di.sguidi tra la nostra
amministrazione e la tipografia per cui alcuni abbonamenti sono partiti in ritardo.
Chiediamo scusa agli interessati.
Per i ritardi dell’inoltro
I non siamo responsabili. Il
giornale viene consegnato
ogni mercoledì all’ufficio
postale centrale di Torino.
- carta: aderendo alla richiesta di alcuni lettori utilizziamo un tipo di carta «ecologica» fabbricata con poca cellulosa e sbiancata unicamente
con ossigeno.
- abbonamenti di solidarietà: abbiamo ricevuto alcune richieste di abbonamento
gratuito da parte di persone
con limitate risorse finanziarie (carcerati, anziani con la
pensione sociale, studenti,
ecc.). Perché questi possano
essere attivati chiediamo ai
nostri lettori di voler contribuire ad un fondo «abbonamenti di solidarietà» inviando
un contributo sul ccp
14.548101 intestato a Edizioni
protestanti, via Pio V 15 bis,
10125 Torino specificando
nella causale «abbonamenti
di solidarietà».
testante) o piuttosto è la critica di Dio alle nostre costruzioni culturali, laiche 0 cristiane che siano?
Giorgio Guelmani - Milano
Ho letto con attenzione, rispetto ed interesse, il manifesto intitolato L’Italia a una
svolta.
Mi è parso un tentativo di
ricupero e un’indicazione nel
contingente dramma nazionale dei postulati fondamentali
della Riforma: sola grafia,
sola fide, sola scriptura laddove si richiede il ritorno a
Dio e all’ascolto della sua Parola; ciò dettato dalla consapevolezza di errori compiuti.
Concordo su tutto questo,
ma ritengo doverose alcune
osservazioni.
La richiesta di un ritorno a
Dio andrebbe accompagnata
da una confessione di peccati,
non semplicemente di «errori».
Gli errori commessi in buona fede andrebbero indicati
con chiarezza al fine di poter
cogliere la valenza del peccato, altrimenti tutto rimane
nell’indeterminatezza e nessuno sa bene cosa deve confessare in relazione alla
drammatica situazione morale e spirituale in cui versa il
nostro paese.
Non credo che i redattori
del manifesto abbiano pensato che tutti i credenti siano
collusi con la corruzione, il
malcostume, la violenza e la
mafia; probabilmente c’è
dell’altro a livello di responsabilità di singoli e/o di chiese che il manifesto non chiarisce, ma che sarebbe opportuno chiarire.
La nuova nascita, anelata
nel manifesto, appare esclusivamente legata alle necessità
contingenti, e non ad un reale
bisogno di cambiamento radicale di tutti, come richiesto
dal Cristo, per realizzare un
autentico rapporto dell’individuo con Dio e con il prossimo.
Concordo sull’invito all’
ascolto della Parola di Dio in
preghiera e umiltà.
A proposito della lettera di
Rita Gay noto che l’autrice
ha letto il manifesto solo in
chiave socio-politica e morale. Nella sua sdegnata osservazione si coglie solo la protesta per l’esclusione di laici
ed atei dal «tentativo di ricostruzione morale del paese».
Non voglio fare il difensore
d’ufficio del manifesto, ma
esso indica prioritariamente
la necessità della ricostruzione di un corretto rapporto con
Dio e della fede in lui. Non
credo che gli «atei» possano
contribuire a questo progetto
e tantomeno che ciò sia in
contraddizione con l’etica e
la cultura protestante.
L’ottimismo della Gay sul
pensiero laico deve poi fare i
conti con la situazione del
nostro paese dove almeno da
trent’anni a questa parte i laici hanno governato in perfetta
simbiosi coi peggiori clericali, con arroganza, favorendo
con le loro scelte politiche lo
spirito oscurantista, preoccupandosi per lo più di arricchire piuttosto che governare
con saggezza e onestà.
In ogni caso è vero che lo
spirito laico ci ha sovente ricordato più che insegnato «i
valori della tolleranza, del rispetto della dignità della persona, dell’umiltà della ricerca
comune », valori che la Gay
rivendica come retaggio
dell’etica della cultura protestante.
Ma l’apostolo Paolo, prima
dei laici ed atei, ha insegnato
ad agire «stimando gli altri
più di se stessi» (Filemone 2
3).
Mi chiedo poi con quale legittimità si possa definire
«protestante» una cultura in
forza della quale è possibile
formulare un rifiuto così sdegnoso verso un invito pregiudiziale di ritorno a Dio e alla
sua Parola.
Una cultura piuttosto arrabbiata con il fondamentalismo
e che dimentica che il fondamentalismo è il frutto della
supponenza culturale di certa
teologia che ha minato la credibilità della Scrittura.
Con questi retaggi culturali
non si faranno molti progressi
nell’accrescimento della consapevolezza delle comuni responsabilità di servizio nel e
per il nostro' paese e per il
Regno di Dio che viene.
Al contrario se ne potranno
fare e di notevoli, se riusciremo a riaffermare con sincerità insieme il sola grada, sola fide e sola scriptura per il
bene nostro e dei nostri connazionali.
Giampirro Venturini anziano Chiesa dei Fratelli
di Ivrea
Con la pubblicazione di
queste due ultime lettere
chiudiamo qui il dibattito sul
manifesto redatto dalla Giunta della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia.
Ricordiamo a tutti che le
lettere, per essere pubblicate,
devono essere firmate, contenere r indicazione dell’indirizzo e del numero telefonico
del mittente, e essere brevi:
massimo 30 righe dattiloscritte.
AIUTI PER IL KIRCHENTAG — Il gruppo italiano evangelico di Stoccarda desidera ricevere un aiuto per la preparazione di una parte di un culto intemazionale per il prossimo
Kirchentag.
Al gruppo evangelico spetta di preparare un contributo nella parte della liturgia dedicata al Kirie; il culto dura un’intera notte, e segue la cosiddetta «liturgia di Lima».
Il gruppo vorrebbe porre l’accento sul tema «mafia» e chiede pertanto a tutti coloro che, nella «settimana della libertà»
o in altre occasioni, hanno preparato testi liturgici in questo
campo di volerli cortesemente inviare a Gabriella CostabelHäussler, Uhlandstr. 9, D-7142 Marbach a. N.
NUOVO NUMERO TELEFONICO — Il pastore Agostino
Garufi comunica che il suo nuovo numero di telefono a
partire dal 16 marzo è 030/3755109.
L’ISTITUTO EVANGELICO FERRETTI — via Silvio Pellico,2, 50121 Firenze ringrazia tutti coloro che hanno inviato offerte in memoria di Lucilla Santini che è stata per tanti
anni nostra guida sicura e partecipe del nostro lavoro. Ricorda a chi può interessare che il numero del conto corrente
po.stale è 26982504.
IMMIGRAZIONE E LE CHIESE — È il tema di un convegno organizzato dalla Commissione di studio per la diaconia che si terrà dal 19 al 21 marzo presso la «(Tasa valdese»
di Roma.Quota L. 120.000. Informazioni: tei. 091/6827941-
15
venerdì 5 MARZO 1993
PAG.
1 1 RIFORMA
Il caffè e la
contribuzione
È un titolo provocatorio
quello dell’articolo di Marco
Rostan sull’Eco delle valli
del 5 febbraio (Almeno un
caffè). Ma anche l’articolo,
per certi versi, è lamentoso
per la richiesta insistente, tesa a convincere gli ormai rari
fedeli valdesi a scucire le loro borse per far scivolare
l’obolo nelle cassette della
chiesa.
Ma come? La Bibbia parla
fin troppo chiaro: «Ritornate
a me e io ritornerò a voi, dice il Signore degli eserciti.
(...) Voi mi derubate. Ma
voi dite: In che t’abbiam noi
derubato? Nelle decime e
nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione, perché mi
derubate, voi, tutta quanta la
nazione! Portate tutte le decime alla casa del tesoro,
perché vi sia del cibo nella
mia casa, e mettetemi alla
prova in questo, dice il Signore degli eserciti; e vedrete se io non vi apro le cateratte del cielo e non riverso
su voi tanta benedizione che
non vi sia più dove riporla»
(Malachia 3, 7-10).
Questa economia di Dio
non è proclamata da una
chiesa che da troppo tempo
ha basato la sua sopravvivenza non sulla «Sola fide»
e «Sola Scriptura», ma nei
compromessi burocraticopolitici, nel pacifismo della
dottrina ecumenica sincretistica, nell’intesa dell’otto per
mille.
E poi ci stupiamo se dobbiamo chiudere opere importanti come Villa Olanda? Se i
fedeli disertano la chiesa, se
il popolo valdese e le sue valli sono diventate una sorta di
riserva indiana? (...)
Compito originario e insostituibile della chiesa è di
«annunciare e proclamare il
Vangelo a ogni creatura»,
così come ha comandato Gesù in Marco 16, 15. Forse
abbiamo dimenticato le parole del gen. Beckwith: «O
sarete missionari o non sarete nulla?».
Mario Alherione - Lusema
San Giovanni.
Sono pienamente d’accordo
con l’articolo di Marco Rostan (Almeno un caffè, 5 febbraio); mi pare però che su
due punti varrebbe la pena di
vedere anche il rovescio della
medaglia.
1) Migliorare il trattamento
dei pastori per «portarlo a un
livello paragonabile a quello
di un insegnante di scuola inferiore». Un insegnante che
lavora nella scuola media,
laureatosi con il massimo dei
voti a 24 anni ha fatto il disoccupato per 5 anni, in attesa
di concorso, tra esami e attesa
di graduatoria passa un altro
anno, e finalmente a 30 anni
(non per colpa sua) è di ruolo
e ha un posto. Oggi, a 36 anni, con 6 di anzianità, percepisce £ 1.760.000 mensili.
Se la matematica non è
un’opinione, al netto delle
spese per la casa e il lavoro
(che i pastori non devono
sostenere) percepisce 760.000
lire mensili!
2) A Pinerolo gli stipendi
che vanno da £ 1.500.000 a
due milioni non sono «bassi»,
ma perlomeno «medi», perché
di operai e impiegati che devono campare, affitto compreso, con 1.200.000 o 1.300.000
sono tanti. Ci sono famiglie in
cui lavorano in due, ma sono
in quattro a mangiare, con figli a scuola; moltissimi giovani stentano a trovare lavoro, la
cassa integrazione è ricorrente
e molti già in pensione hanno
ancora i figli a carico. Infine
ci sono coloro che devono vivere con la pensione sociale
(... e sono i più numerosi, almeno al culto).
Quindi potrebbe essere interessante tentare un’analisi
meno approssimativa delle
reali possibilità dei membri di
chiesa e delle loro aspettative.
Una domanda viene spontanea: è realistica l’immagine
della composizione e delle
capacità contributive delle
singole chiese?
Bianca Armand-Hugon Pinerolo.
RllTORMA
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Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
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AMMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan,
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MUtía&mMi» Marma rtemono L'aco delle valli mUesI
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Partecipazioni; millimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1.000
Il presente numero 9 costituisce il n. 9 del 5 marzo 1993 de La Luce. Reg. Tribunale di Pinerolo n. 176/60. Sped. in abb. postale gr. Il A/70.
Nella foto di prima pagina: Fabio Picasso: Les demoiselles d’Avignon
L'8 %o degli
evangelicals
Caro Direttore,
Ho letto con piacere la pagina 3 di Riforma del 29 gennaio. I titoli di tale pagina sono condivisi in pieno, come
per esempio: «In uno stato di
diritto l’Intesa riconosce i
principi di pluralismo, uguaglianza e libertà».
Ho apprezzato anche molto
che i valdesi e i metodisti, dopo un ricco dibattito durato
per anni a livello di assemblea sinodale, hanno scelto la
via dell’integrazione dell’Intesa per la deducibilità e l’otto per mille.
Apprezziamo, anche se rispettiamo coloro che hanno
parere opposto, che valdesi e
metodisti abbiano seguito
l’esempio dell’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno e delle
Assemblee di Dio in Italia su
questa strada. Negli anni passati, dal giornale «La Luce» e
«GE» eravamo stati criticati
per la nostra scelta. Di questo
ne avevamo un po’ sofferto,
non tanto per la scelta che
avevamo fatto ma perché come chiesa da sempre siamo
stati autosufficienti pensando
a noi stessi tramite le decime
e le offerte. Ciò doveva essere sufficiente per far pensare
che non c’erano tentazioni in
vista che ci portassero ad utilizzare per noi tale denaro. A
distanza di anni vediamo che
gli articoli sulla deducibilità e
sull’otto per mille, a parte
qualche piccola variazione,
sono stati ripresi dalla nostra
Intesa. Forse è la prima volta
che l’evangelismo cosiddetto
storico ha seguito l’esempio o
la via tracciata da quell’evangelismo chiamato «evangelical». Oggi ci sentiamo meno
soli e più forti nel perseguire
quell’impegno sociale e umanitario che anche in Italia dovrebbe contraddistinguere il
protestantesimo senza altri
aggettivi, storico o nuovo, e
vederci impegnati a portare
un contributo positivo al nostro paese.
Congratulazioni a voi e a
quanti seguiranno tale esempio.
Ignazio Barbuscia,
segretario
delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno - Roma
Clintonite
Ho letto con crescente
sconcerto, preoccupazione e
perplessità il coro di entusiastici consensi che sono saliti
dalle colonne del nostro giornale in seguito all’elezione a
presidente degli Stati Uniti di
Bill Clinton
Forse sono una pessimista,
ed effettivamente faccio sem
EDIZIONI
PROTESTANTI S.R.L
Come da art. 9 dello Statuto, mercoledì 7 aprile 1993,
presso la sede sociale, è convocata l’Assemblea ordinaria
dei soci, in prima convocazione alle ore 8.00 e in seconda convocazione alle ore
10.00, con il seguente ordine
del giorno:
1. Analisi delle relazioni
del Collegio sindacale e del
presidente del Consiglio
d’amministrazione.
2. Discussione e approvazione del bilancio al 31 dicembre 1992.
3. Discussione e approvazione di aumento del capitale
sociale.
4. Nomina del Consiglio
d’amministrazione.
Il Presidente del Consiglio
d’amministrazione
Eugenio Bernardini
pre f®va ad-^atsa'ma «testimon^ella paranza»... ma, in
ogni caso, la speranza è in Cristo! Ecco perché mi sono
scandalizzata per le ingenue
parole di Bouchard, in La toga
e la giacchetta, n. 4 del 27
gennaio, che preferisce un imperatore battista ad uno che
non lo è. È sempre molto pericoloso fare del confessionalismo in politica: come possiamo dimenticare infatti che la
chiesa confessante ha costituito solo una piccola minoranza
aH’intemo della Germania nazista, o che l’apartheid vive e
prospera in un paese a maggioranza evangelica?
Tornando a Clinton, i lettori
di Riforma hanno visto al cinema Rob Roberts di E. Robbins? Il film è un po’ moderato per un italiano di sinistra,
ma può risultare educativo per
chi riesce ancora a commuoversi ascoltando il presidente
degli Stati Uniti! Io mi auguro
che Clinton mantenga le promesse elettorali, anche se verso gli omosessuali non sembra
troppo disposto a farlo... Ma
commuoversi mi sembra davvero eccessivo.
Non so quanti anni abbia
Bouchard, ma certo non è più
un bambino: come può credere ancora alle parate televisive? Alle lacrime di Clinton
di fronte ai cameramen? Mi fa
piacere che il presidente degli
Stati Uniti si intenerisca ascoltando gli spirituals: peccato
che non lo scuota il pensiero
dei 400 esuli palestinesi senza
casa né cibo, né medicine.
Personalmente non mi commuove affatto vedere Clinton
e i suoi amici in televisione
(ma non bisognava pregare
nel chiuso della nostra stanzetta?).
Cordiali saluti.
Erica Sfredda
Il centro
di Bethel
Con vivo rammarico ho
trovato nell’ultima pagina del
n. 7 del 19/2 tutte le informazioni necessarie dei vari centri operanti in Italia, tranne
che del Centro evangelico di
Bethel.
Ad ogni buon conto vi invio delle informazioni che vi
potranno tornare sempre utili:
il Centro si trova nella Piccola Sila a 2.000 m. di altitudine, dispone di 50 posti letto,
6 camere e 3 cameroni; è
aperto da metà giugno a metà
settembre con campi organizzati dal comitato. Durante gli
altri periodi dell’anno, oltre
agli incontri già programmati,
di cui si dà tempestivo avviso
e pubblicizzazione, vi è la
possibilità di usufruire del
Centro in autogestione.
Il direttore nominato
nell’ottobre scorso è Bruno
Gabrielli, via XX settembre.
Palazzo Failla, 88100 Catanzaro.
Beatrice Grill - Messina
POLEMICHE
COLLATERALI?
Pier Giorgio Liverani, curatore della rubrica settimanale «Contro stampa» del quotidiano cattolico Avvenire, domenica scorsa ha polemizzato con la Chiesa valdese, rea di aver permesso nei suoi locali le riprese di
uno spot pubblicitario sui preservativi, il cui stile è stato ora ripreso per uno spot realizzato per la campagna
di tesseramento del Partito radicale, sempre negli stessi
locali: la Chiesa valdese «sembra essere collaterale, insieme al Pr e ai preservativi». Liverani se la prende
inoltre con il pastore valdese Giorgio Girardet, che sul
Manifesto del 10 febbraio aveva scritto che, sulla questione dell’aborto, «il popolo cattolico è più avanti dei
suoi vescovi».
Pubblichiamo qui di seguito la risposta che Giorgio
Girardet ha inviato al direttore del quotidiano
Avvenire.
«E stato abile Pier Giorgio Liverani, nel “Contro
stampa” di domenica 21 febbraio, nell accostare tre
oggetti di viva ripulsa (per lui) e cioè il preservativo,
il Partito radicale e la Chiesa valdese, a proposito del
noto spot anticoncezionale. Fa tuttavia meraviglia che
un giornalista attento come Liverani abbia potuto
confondere la chiesa valdese di Roma in piazza Cavour, dall’ inconfondibile architettura, con una delle
severe aule della Facoltà valdese: di quei locali cioè
che da anni vengono messi a disposizione di associazioni culturali e religiose, occidentali e orientali, di
gruppi di studio e speriamo domani anche di qualche
dibattito organizzato da “Avvenire”, se mai avesse bisogno di un luogo pubblico di riunione. Quanto allo
spot, lo condividiamo perché riteniamo essere atto responsabile, come cittadini e come cristiani, svolgere
un’azione di informazione e educazione per porre un
argine a quel dramma umano che è l’aborto e a quella
piaga sociale che è l’aborto clandestino.
Resto dell’opinione (come scrivevo sul “Manifesto”) che i fedeli e i teologi cattolici sono più avanti
dei loro vescovi, o almeno di quelli che si pronunciano pubblicamente.
Liverani sa benissimo che è in corso una riflessione
approfondita fra i moralisti cattolici (penso a teologi
come Häring o Molari) su di un tema etico così delicato
che coinvolge le coscienze di tanti cattolici. Anche nel
1870 i cattolici italiani furono più avanti del papa, quando ritenevano che la loro fede non fosse incompatibile con la fine del potere temporale e dello stato della
Chiesa, mentre il papa vi si oppose con tutte le forze
(scomunica del re compresa); ci vollero più di cento anni perché Paolo VI riconoscesse che la fine del potere
temporale era stata “una benedizione”. Speriamo che
questa volta i vescovi cattolici facciano più presto».
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
«Dio è il tuo rifugio da sempre»
Deuteromio 33, 27
La moglie, i figli e I familiari di
Luigi Vinçon
Nell'impossibililà di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro
che sono stati loro vicini nella circostanza della scomparsa del loro caro.
Ringraziano in modo particolare il personale sanitario dell'ospedale di Pomaretto, il pastore Sergio Ribet la Croce Verde di Perosa Argentina.
Inverso Fiasca., 23 febbraio 1993
C Organizzazione Trasporti ed Onoranze Funebri —' » ^
Giocherò - Bessooe - Perassi
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Sede: Luserna S. Giovanni - Via L. Tegas, 43/4 - ® 0121/909008
Torre Pellice - Viale Mazzini, 3 - 0121/932400
Servizio Notturno e festivo: ® 909537 - 909723 - 901201
RINGRAZIAMENTO
«lo mi sono rallegrato quando mi
ha detto; andiamo alla casa
dell'Eterno»
Salmo 122
La moglie,
del caro
la figlia e i familiari
Davide Melli
Nell’impossibilità di farlo singolarmente, commossi ringraziano
sentitamente tutti coloro che con
fiori, scritti, presenza e parole di
conforto sono stati loro vicini nella
dolorosa circostanza.
Un ringraziamento particolare
ai medici e personale infermieristico del reparto urologia dell’Ospedale civile «E. Agnelli» di Pinerolo, all’Associazione nazionale
alpini di Bobbio Pellice e al pastore Rutigliano.
Bobbio Penice , 26 febbraio 1993
Geom. LORIS B
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RINGRAZIAMENTO
«lo ho aspettato il Signore»
Salmo 120,5
La sorella, i figli e i familiari di
Ernesto Ribet
Ringraziano di cuore i vicini di
casa e tutte le gentili persone che
in ogni modo hanno collaborato
durante il corso della lunga infermità e per la partecipazione ai funerali
Un ringraziamento particolare
ai pastori Tron e Tomassone, alla direzione, medici e personale
delle case di riposo S. Fer e
ospedale Cottolengo.
MIradolo, 26 febbraio 1993
16
PAG. 1 2 RIFORMA
i)ALEi
VENERDÌ 5 MARZO 1993
Con il discorso sullo stato delTUnione e la presentazione del nuovo piano di austerità
Clinton lancia la sua «sfida» economica
scommettendo su un futuro più «giusto
»
JEAN-JACQUES PEYRONEL
Ameno di un mese dal suo
insediamento alla Casa
Bianca, il presidente Clinton
ha lanciato la sua «sfida»
all’America degli anni ’90.
Lo ha fatto in un modo formalmente molto simile a
quello usato da Reagan
all’inizio del suo primo mandato, sfruttando cioè abilmente il mezzo televisivo per
convincere l’America profonda.
Lunedì 15 febbraio, infatti,
due giorni prima di rivolgersi
al Congresso, ha illustrato al
paese il suo piano economico, un piano che nella
sostanza è agli antipodi della
«rivoluzione conservatrice»
proposta da Reagan all’inizio
degli anni ’80. Occorre
«cambiare radicalmente direzione», ha detto, aggiungendo: «Finora avevamo raddoppiato il nostro livello di
vita ogni venticinque anni.
Ma ora ci vorrebbe cent’anni
per giungere allo stesso risultato». E ha rilevato che,
durante la presidenza Reagan-Bush, il debito pubblico,
ora giunto a circa 4.000 miliardi di dollari, è aumentato
di quattro volte, vale a dire
altrettanto che durante i duecento anni precedenti.
Prima di presentare il suo
piano, Clinton non ha mancato di consultare l’ex candidato indipendente Ross Perot
che alle elezioni di novembre
aveva raccolto quasi il 20%
dei voti denunciando i mali
dell’economia americana.
«Un passo nella buona direzione» ha detto quest’ultimo
a commento del discorso sullo stato dell’Unione che il
presidente ha pronunciato il
17 febbraio. Anche il governatore della Banca federale, il repubblicano Greenspan, ha affermato che la riduzione del deficit era una necessità improrogabile. Gli
stessi ambienti imprenditoriali, in un primo tempo colti
di sorpresa, si sono poi
espressi favorevolmente: i tre
grandi dell’industria automobilistica (General Motors,
Ford e Chrysler) hanno dichiarato di essere pronti ad
assumere la loro parte di sacrificio accettando la creazione di una tassa «allargata»
sull’energia.
Ma in che cosa consiste
questo nuovo piano di rigore
economico per la difesa del
quale Clinton non ha esitato
ad affermare che «se non facciamo nulla adesso, fra dieci
anni non riconosceremo questo paese. Fra dieci anni, il
deficit raggiungerà 635 miliardi di dollari e il debito
pubblico circa l’80% del prodotto interno lordo» ?
Il piano si muove su due linee principali: aumento notevole delle tasse e delle imposte da un lato, riduzione
delle spese di bilancio dall’altro, il tutto accompagnato da
un mini-piano di rilancio
dell’economia. I redditi superiori a 140.000 dollari l’anno
subiranno un aumento imponibile dal 31 al 36%. I redditi
superiori a 250.000 dollari
subiraimo un’ulteriore sovrattassa del 10%. Ad essere colpiti da queste nuove disposizioni sarà in buona parte la
classe media alla quale Clinton deve la sua vittoria e in
parte maggiore i ceti più abbienti, quelli che si sono
enormemente arricchiti durante quegli «odiosi anni ’80»
in cui, secondo il presidente,
si sono sacrificati gli investimenti a lungo termine a vantaggio del consumo immediato.
Sul piano dei risparmi è
prevista una notevole riduzione del bilancio della Difesa (riduzione del personale
militare in Europa e negli
Usa, congelamento per un anno degli stipendi dei funzionari, annullamento di 150
programmi governativi, riduzione del progetto della stazione spaziale «Freedom» e
Il presidente Bill Clinton durante la recente campagna elettorale
ÄSi.'i '
del gigantesco acceleratore di
particelle la cui costruzione è
già iniziata in Texas. In compenso, è previsto un programma di grandi lavori pubblici,
la creazione di centinaia di
migliaia di «stages» estivi per
i giovani, programmi di formazione professionale e di
apprendistato, programmi di
inserzione prescolastica, potenziamento degli aiuti per la
casa, investimenti nei trasporti pubblici, i treni a grande
velocità e il rinnovamento degli aeroporti, depurazione
dell’acqua e protezione delle
risorse naturali, aiuti finanziari per la ricerca nucleare e
per le energie rinnovabili,
creazione di 17.(X)0 impieghi
per la manutenzione dei parchi naturali, assunzione di
100.000 nuovi poliziotti, aiuti
agli investimenti tecnologici.
In totale, secondo le previsioni, il programma di riduzione delle spese (253 miliardi di dollari) e di aumenti delle impOvSte e delle tasse (250
miliardi) dovrebbe permettere
di ridurre il deficit dello stato
di 493 miliardi in quattro anni. Per il 1994 invece il deficit di bilancio subirà un aumento di 30 miliardi per via
delle misure previste per stimolare il rilancio dell’economia. Per il ’93 si prevede un
tasso di crescita del 3% e una
diminuzione del tasso di disoccupazione dal 7,2% al
6,8%.
Questo piano ambizioso
che vuole preparare l’America di domani è stato per ora
accolto favorevolmente dalla
maggioranza dell’opinione
pubblica, convinta da tempo
della necessità di un profondo
risanamento economico. Anche gli organi di stampa, in
un primo tempo riluttanti, appoggiano ora la scommessa
clintoniana.
Ma l’ultima parola spetterà
al Congresso in cui, oltre
all’opposizione scontata dei
repubblicani, occorrerà vedere se Clinton saprà convincere i deputati del suo stesso
partito della bontà della sua
politica economica «giusta e
equilibrata».
La drammatica situazione del paese dell'Africa centrorientale
Uganda: ì bambini sono una ricchezza
Una delle più grandi ricchezze deirUganda sono i
bambini, ma le statistiche
pubblicate nel 1991 dal ministero del Lavoro e degli affari
sociali di questo paese mostrano che questa «risorsa naturale» rischia di diventare un
problema gravissimo.
Su 16 milioni e seicentomi!a abitanti, più di 9 milioni e
centomila sono al di sotto dei
16 anni di età, ed i problemi
relativi alla loro salute ed
all’educazione sono gravissimi.
Innanzitutto ci sono circa
un milione e mezzo di bambini (il 16,2 %) orfani di uno o
di entrambi i genitori. E ciò
non è dovuto soltanto alle
conseguenze della guerra civile ma, in misura crescente,
alla vera e propria epidemia
di Aids che sta sconvolgendo
il paese.
In Uganda non esiste praticamente famiglia che non abbia almeno un membro affetto da questa malattia.
Si sa che i rapporti sessuali
.sono il modo più comune con
cui l’Aids viene trasmesso,
ma nei paesi africani vi sono
anche altri mezzi di contagio.
tra cui l’inadeguatezza degli
ospedali rurali e delle cliniche, dove la sterilizzazione è
condotta in modo approssimativo e la pratica della circoncisione, che viene effettuata su più neonati alla volta
usando sempre lo stesso coltello.
Interi villaggi sono stati
cancellati dall’epidemia che
va sempre più estendendosi.
Eppure ci sono ancora molti
che semplicemente negano
resistenza dell’Aids ostacolando ancora di più i tentativi
di pianificazione e di educazione in questo settore. Se
non si riesce a fermare I’
avanzata di questa malattia la
stessa economia del paese
può essere distrutta.
11 secondo problema è costituito dalla grande evasione
dell’obbligo scolastico. Solo
il 60% della popolazione in
età scolare frequenta una
scuola.
1 disordini nel paese e la
guerra civile hanno rovinato
un sistema scolastico già traballante.
La stessa università di
Makere a Rampala (che un
tempo era considerata la più
Un gruppo di bambini ugandesi. A quaie futuro vanno incontro?
importante istituzione educativa in tutta l’Africa Centrale)
ha iniziato a decadere negli
anni Settanta.
Oggi essa conta circa 6.000
iscritti, ma le sue strutture ed
attrezzature sono superate e
inadeguate.
«Solo il 35% dei bambini
che vanno a scuola prosegue
negli studi dopo la settima
classe», dice Peter Songa, il
responsabile delle scuole secondarie al ministero dell’
Educazione.
Lo stesso Songa riconosce
che i motivi per cui molti abbandonano gli studi sono le
tasse scolastiche troppo alte e
il costo eccessivo delle
uniformi scolastiche e del
materiale didattico.
In viaggio verso Spalato per portare aiuti
La tragedia tocca tutti
_______RENATO COÌSSON_______
E ormai notte fonda. Il traghetto Illyria ha lasciato
da poco il porto di Fiume diretto a Spalato. È pieno: auto,
furgoni e camion, diversi carichi di aiuti umanitari, e
molti passeggeri. La via mare
è oggi l’unica «sicura» per
collegare il nord e il sud della
Croazia. Passeremo davanti a
Zara e Sebenicco, per arrivare domani mattina presto.
Siamo nella sala bar, aspettando di scendere nella nostra
cabina. Osserviamo i passeggeri. Si legge sul loro volto
tensione, stanchezza. Di colpo nella sala cala un pesante
silenzio: il telegiornale porta
le notizie del giorno, scorrono immagini di guerra, di
distruzioni, di profughi in fuga dalle loro terre. Mi rimane
impresso il volto di alcuni
soldati seduti fra la gente: lo
sguardo fisso nel vuoto, la
tristezza, l’ansia. Per loro la
guerra non è «notizia da telegiornale», è la realtà che li
aspetta e che forse sta per
schiacciarli, mentre si allontanano dalla famiglia, dalla moglie, dai figli. Questi
soldati non hanno nulla a che
vedere con gli ufficiali baldanzosi che si pavoneggiano
nelle loro uniformi per le vie
di Zagabria o di Fiume!
Stiamo andando, Arrigo
Bonnes ed io, a portare una
«macchinata» di generi di
prima necessità a Spalato, in
risposta ad un appello urgente da parte di un gruppo di
conoscenti. Per l’occasione
prendiamo anche contatto
con una coppia di battisti che
assicura una trasmissione
quotidiana di 7 minuti presso
una radio locale di riflessione
biblica e evangelizzazione.
Poco alla volta entriamo
sempre più a contatto con un
aspetto del dramma della
guerra di cui poco si occupano i mass media: il peggioramento galoppante della situazione economica che crea miseria e fame nella popolazione, colpendo duramente
gli strati più deboli. Fabbriche chiuse o che lavorano a
regime ridotto, disoccupazione, aumento della piccola
criminalità, demoralizzazione
fra i giovani.
«Prima dell’inizio del conflitto - ci dice Sdran Ozretie
- guadagnavo V equivalente
di 800 marchi tedeschi al mese, oggi quello che guadagno
equivale a 80 marchi». Ed i
prezzi sono uguali ai nostri!
Gli scaffali nei negozi sono
quasi vuoti, ma comunque
non ci sono clienti. E la città
rigurgita di profughi, in ozio
forzato, senza nulla da fare,
ma comunque seguiti dalle
strutture pubbliche, per cui al
limite in situazione meno tragica della maggioranza della
popolazione abbandonata a se
stessa e alla sua miseria.
Di questa miseria dilagante
ci aveva già parlato il pastore
Lubiana a proposito di Fiume. Così aveva scritto: «Veramente è difficile. La gente è
nervosa. Ogni giorno molti
vengono al nostro ufficio
piangendo e la maggior parte
la dobbiamo mandar via senza aiuto... e di nuovo la situazione sembra più oscura anche in Croazia. La difficoltà
del popolo locale aumenta. Il
popolo è veramente in crisi e
tutti si lamentano... La madre
senza lavoro, senza marito,
con due bambini che vanno a
scuola è in grande crisi, o
quando sono 13 ed hanno un
appartamento di 30 mq».
Prima di poter salire sul traghetto che ci riporta indietro
la sera dopo, abbiamo dovuto
aspettare che scaricassero alcune camionette della polizia
crivellate di colpi.
Il traghetto Slavja fila ora
veloce fra le isole della Dalmazia per riportarci a Fiume.
È la sera del 17 febbraio e
non possiamo non collegarci
con il pensiero alla nostra
«festa della libertà»: quanti
accostamenti possiamo fare
fra il dramma della storia valdese e quello con cui siamo
venuti in contatto. Solo il Signore può, ieri come oggi,
aprire uno spiraglio di luce e
di speranza là dove tutto sembra chiuso e senza via d’uscita.
Messaggio alle chiese del Madagascar
Lottate per la libertà!
Alla vigilia del 2° turno
delle elezioni presidenziali
che ha confermato la netta
vittoria dell'opposizione, il
Consiglio di chiese cristiane
in Francia ha inviato il seguente messaggio al Consiglio cristiano delle chiese di
Madagascar (Ffkm):
Cari fratelli e sorelle in Gesù Cristo, il processo democratico .sembra ben avviato in
Madagascar, in gran parte
grazie ai vostri sforzi, e ne
rendiamo grazie a Dio. Avete
portato avanti una lotta difficile e avete agito con prudenza e perseveranza.
In queste ore, vogliamo assicurarvi della nostra solidarietà e delle nostre preghiere.
Nella risoluzione del Congresso del Ffkm del 1982, dichiaravate che «vi è vera adesione popolare quando il popolo è guidato dall’ideale in
cui crede e di cui riconosce la
validità e la giustizia nel rispetto del Fihavanana (pace
nella giustizia e nella solidarietà) secondo le aspirazioni
profonde del popolo malgascio. Questa aspirazione è
tanto più forte quando sa che
questo ideale può essere rea
lizzato. Invece scompare
quando all’entusiasmo iniziale subentra la delusione».
Abbiamo sentito questa
adesione e questo entusiasmo; l’abbiamo visto, e ci è
sembrato portato dalla grande
maggioranza della popolazione. Ma non c'è oggi una certa
delusione? Ora sarebbe una
catastrofe se le conquiste di
questi due ultimi anni, che
sono costate tante sofferenze
e tanto sangue, che sono state
il frutto della preghiera e della dedizione, fossero oggi minacciai.(...).
«L’annuncio dell’Evangelo
- dicevate ancora nel 1982 verrà studiato insieme alle
chiese per illuminare le menti
e inculcare in ogni cristiano
l’amore della verità, della libertà e il gusto dell’impegno
personale e collettivo» (2
Tim. 2, 15-17). Preghiamo
specialmente per voi durante
il difficile periodo che ci sarà
tra l’elezione presidenziale e
le elezioni legislative. Che
Dio vi dia uno spirito d’intelligenza, di coraggio e di perseveranza; vi illumini, yi
guidi nella comunione di Cristo!