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Anno iza - n. o
24 febbraio 1989
L. 900
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Ora anche il papa ha sentito
il dovere di intervenire sulla
siccità: ha scelto il momento
dell’Angelus, per annunciare in
piazza San Pietro che sostiene
quanti invocano la pioggia, e
prega con loro ogni giorno.
Non so se dia più da pensare
questo o la siccità, un po’ fuori della norma, e indubbiamente
nociva all’agricoltura, ma fre^
quente negli ultimi decenni.
« Fratello, il Signore mi ha
messo oggi neU’antmo di pregare per la pioggia» mi dice un
membro di chiesa durante il
culto in una di queste ultime
domeniche. Lo guardo in un primo momento senza capire; ma
la sua fede è sincera e la sua
richiesta esige una risposta.
Pregare Dio perché mandi la
pioggia? Perché no? Si fa già
in tante chiese cattoliche e, prima di noi, l’hanno latto migliaia
di credenti in epoche recenti e
lontane.
Dio è anche « Provvidenza »;
davanti a lui possiamo anche
vivere i nostri problemi quotidiani ed essenziali. E cosa c’è
di più essenziale dell’acqua, che
tì garantisce il pane? Gesù ha
insegnato ai suoi discepoli a pregare dicendo; « dacci oggii il nostro pane quotidiano ». Dunque
perché non chiedere oggi, in
modo particolare, perché è ciò
di cui abbiamo maggiormente
bisogno; « mandaci la pioggia,
necessaria a noi, al bestiame,
alle piante, a tutta la natura,
tua creazione »?
Ma io non ho pregato per la
pioggia.
Non so se l’angoscia che ora
proviamo per questa siccità
prolungata e inspiegabile sia una
motivazione giusta per volgersi
verso Dio. La preghiera nasce
dalla fiducia in Dio, dall’amore
per lui, come risposta di fede
al suo amore per noi, e non
dalla percezione della sua ostilità nei nostri confronti. Questa
è stata la molla che ha mosso
gli uomini antichi a cercare di
ingraziarsi la divinità e a farla
schierare dalla propria parte.
Ma Dio è già schierato dalla nostra parte. Per questo ci ha insegnato a dire: « dacci oggi il
nostro pane quotidiano ».
Ma ammettiamo pure che l’attuale sicccità sia espressione del
volere di Dio, e che le cause non
siano da ricercare solo nel famoso buco d’ozono, e neH’lnquinamento atmosferico delle
nostre industrie. Dimentichiamoci per un momento che variazioni e, al limite, bizzarrie climatiche sono possibili e che conosciamo ancora troppo poco
del clima e della meteorologia.
Ammettiamo, per ipotesi, che vi
sia la mano di Dio. E’ proprio il
caso di chiedere a lui di cambiare atteggiamento nei nostri
confronti?
Mi pare che sarebbe un atteggiamento molto più responsabile e corretto chiedere a noi di
cambiare il nostro comportamento nei confronti della natura e
di adoperarci perché cessi lo
scempio che ne. facciamo.
Luciano Deodato
IL « MANIFESTO » DI COLONIA, TRA MAGISTERO PAPALE E PAROLA DI PIO
L’obbedienza
non è sempre una virtù
Il documento elaborato da 160 teologi svizzeri e tedeschi lamenta l’eccessivo peso dell’autorità centrale nei confronti della libertà della ricerca e dell’autonomia delle chiese locali
La Dichiarazione di Colonia è
un vero e proprie « manifesto »
teologico, destinato anzitutto al
pontefice romano e ai vescovi, ma
naturalmente anche all’insieme
della chiesa cattolica romana e, indirettamente, alle altre chiese cristiane e all’opinione pubblica in
genere. Reca la data del 6 gennaio
scorso ed è stato sottoscritto da
160 professori di teologia cattolici,
tedeschi e svizzeri tedeschi. Altri
50, pur non avendo potuto firmare
materialmente, si sono dichiarati
pienamente d’accordo sul contenuto del documento. li testo è volutamente stringato (lo si legge in
10-15 minuti) e affronta una serie
di questioni altamente controverse; rapporto tra coscienza (del singolo teologo) e magistero (del papa e dei vescovi); rapporto tra insegnamento papale e verità cattolica; rapporto tra libertà (della
teologia) e autorità (del magistero); e così via.
II tono del documento è energico, l’argomentazione incalzante, il
linguaggio franco, senza peli sulla
lingua. Così, ad esempio, a due riprese si parla del modo « inammissibile » con cui si cerca di far
valere oggi nella chiesa cattolica
« la competenza dottrinale del papa », come se egli fosse sempre in
fallibile, anche quando esercita il
suo magistero ordinario (che infallibile non è). Oppure si denuncia
come « scandaloso » un intervento di Roma sulla procedura di elezione del vescovo di Colonia (a
elezione ormai avviata), così da
turbare grandemente il suo normale svolgimento. O ancora, si descrive come « insostenibile » la situazione di vescovi che, in determinate circostanze, si vedono scavalcati da Roma e quindi, nei fatti, parzialmente o momentaneamente esautorati. Il linguaggio, come si vede, è esplicito, e lo è, evidentemente, perché il disagio è
grande. Quello dei 160 teologi cattolici non è solo un lamento, è una
denuncia.
Qual è il malessere denunciato
dai ’’ribelli”? Qual è il movente
della loro protesta? E qual è il suo
bersaglio?
Dopo aver letto il documento
non è facile rispondere con poche
parole. Il malessere è diffuso, i
moventi sono diversi. Essi possono però essere ricondotti a questo: l’attuale pontefice è troppo
invadente, per non dire prepotente. In che senso? Nel senso che
abusa dei suoi poteri. I 160 teologi
cattolici non si ribellano dunque
al papato, ma al modo in cui l’at
tuale pontefice lo esercita; essi non
mettono in questione i poteri del
papa ma il loro esercizio. Karol
Wojtyla, secondo i 160 firmatari
delia Dichiarazione, sta esercitando i poteri papali in modo tale da
dilatarli oltre i limiti consentiti
dalla « fraternità dell’Evangelo »
e dalla « comunione » che la chie
UÑ PROBLEMA DI OGGI
Primo: evangelizzare
« Guai a me se non evangelizzo » (1* Cor. 9: 16).
Attestata su una rigida posizione di conservazione dell’esistente (fin quando potrà durare?),
imbrigliata per un certo tempo in discussioni più
o meno accademiche intorno al modo di testimoniare la propria fede (esplicito o implicito), travolta, ma anche beneficata, dalla lettura politica
del Vangelo degli anni '70, la nostra chiesa ha
perso tuttavia, nel corso di questi ultimi decenni,
uno degli elementi fondamentali che ha caratterizzato per secoli la sua fede: l’evangelizzazione.
Quello che una volta era chiamato « il popolo
della Bibbia » ha smarrito il senso della centralità e dell'importanza della lettura della Parola e,
quindi, del suo annuncio. Questa, a mio avviso,
è la motivazione principale dell’inaridimento dei
nostri culti, delle nostre riunioni di preghiera e
di studio, della nostra scarsa propensione a ricercare il dialogo e l'unità, dell’allontanamento di
tanti giovani dopo il catechismo, in una parola,
della nostra crisi, di cui il calo delle presenze alle
varie attività ecclesiastiche e del numero complessivo degli iscritti sono i dati più allarmanti.
Come uscire da una simile situazione di stallo?
Ebbene, se c'è un modo di rischiare la completa
estinzione per processo naturale della nostra chiesa, allo stesso modo di una razza rara, è quello
di chiudersi al proprio interno, fagocitati da quella corrosiva moda del riflusso e dimenticando così il comandamento di Cristo che dice: « Andate
per il mondo e predicate l’Evangelo ad ogni creatura ».
Ma, ecco, il « Guai a me se non evangelizzo » di
Paolo è lì a ricordarci il peso di una maledizione
incombente, se dimenticassimo che funzione prioritaria per noi credenti resta, ancora oggi, quella
di portare agli altri ciò che gratuitamente abbiamo ricevuto: il perdono e la liberazione nel Cristo crocifisso e risorto, primizia ed artefice di una
nuova storia per l'umanità. Una storia dove non
c’è posto per i vari Zanone, Vassalli, Donai Cattin... semplicemente perché non c’è guerra, ingiustizia, malattia...
E’ questa utopia che siamo chiamati ad annunciare e per la quale dobbiamo impegnare le nostre energie, affinché se ne comincino a vedere i
segni fin da ora. Ed è questa anche la speranza
che deve animarci e sostenerci nel cammino della
nostra fede. Ecco allora che il severo avvertimento di Paolo può essere tradotto, in positivo, in
una esortazione all’evangelizzazione che acquista,
però, la forza di un dovere assoluto e imprescindibile per chi si confessa cristiano.
Andiamo, dunque, nell'ubbidienza al Signore, a
portare anche agli altri la gioia di questa liberazione e di questa speranza! Non preoccupiamoci
eccessivamente del linguaggio che useremo perché se, per un verso, siamo consapevoli dei nostri limiti, è altresì vero che sarà Dio stesso a
parlare per noi, se glielo chiediamo.
Signore, fa’ che al tuo appello ognuno di noi
possa risponderti con le parole di Isaia: « Eccomi, manda me ».
Giovanni Magnifico
sa dovrebbe realizzare nel suo
seno.
In tre modi il papa abusa dei
suoi poteri: anzitutto non rispettando i diritti legittimi delle chiese locali (il papa, quando lo ritiene qpportuno, impone alle chiese
locali dei vescovi che esse hanno
chiaramente mostrato di non gradire); in secondo luogo, non rispettando i diritti dei vescovi (la
collegialità, tanto sottolineata dal
Concilio, viene ora « soffocata da
un nuovo centralismo romano »);
infine non rispettando i diritti della coscienza dei teologi (il papa
interferisce nella libertà della ricerca e nella « struttura dialogica
della conoscenza teologica »; inoltre toglie a questo o quel teologo
cattolico, secondo il suo insindacabile giudizio, la facoltà di insegnare, con decisioni unilaterali e
inappellabili).
Le conseguenze negative di questo abuso di poteri da parte dell’attuale pontefice si possono riassumere, secondo la Dichiarazione
di Colonia, in un generale arretramento del discorso di fede e della
qualità della vita nella chiesa a
livelli per certi versi preconciliari.
Quindi, la vittima più illustre di
papa Wojtyla, secondo i 160 firmatari, non è questo o quel teologo,
questo o quel vescovo, ma il Concilio stesso.
Due punti dell’insegnamento
conciliare vengono specialmente
contraddetti dall’attuale pontificato. Anzitutto, l’importante nozione della ’’gerarchia delle verità”,
secondo cui nella fede cristiana
(ed anche in quella cattolica) ci
sono verità centrali e verità periferiche: sulle prime bisogna conPaolo Ricca
(continua a pag. 2)
2
commenti e dibattiti
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24 febbraio 1989
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L'obbedienza
non è sempre una virtù
(segue da pag. 1)
cordare,, sulle seconde si possono
avere opinioni diverse, senza che
l’unità della fede venga compromessa. Papa Wojtyla sembra allergico a questa distinzione; egli
fa ad esempio del controllo delle
nascite e dei metodi contraccettivi una questione decisiva intorno
alla quale — secondo lui — si
confessa o rinnega la fede: chi non
segue l’insegnamento dei papi su
questo punto tradisce la fede e si
pone fuori dalla comunione cattolica. Ma il Concilio, con la sua ’’gerarchia delle verità”, si muoveva
in una direzione diversa, per non
dire opposta. Il Concilio indicava
una via, il papa ne percorre un’altra.
In secondo luogo, il Concilio
aveva riconosciuto un certo ruolo
alla coscienza dei credenti e, più
in generale, del ’’popolo di Dio” e
quindi, al suo interno, dei teologi,
e aveva sancito, sia pure con le
solite limitazioni tradizionali nel
pensiero cattolico, i diritti della
coscienza in quanto tale. Ma il
papa non sembra disposto a riconoscerli quando riguardano cattolici (fedeli o teologi) ’’ribelli”, anche nel senso più moderato del
termine. Diritti della coscienza, sì,
a patto però che si tratti di retta
coscienza, cioè, nel caso dei cattolici, di coscienza ossequente alle direttive papali. La libertà di
coscienza, secondo il papa, è in
fin dei conti la libertà di ubbidire.
La Dichiarazione protesta contro
questa volontà papale di addomesticare la coscienza cattolica che il
Concilio tendeva — almeno in parte — a emancipare. Protesta anche
contro la pretesa del pontefice di
coartare le coscienze imponendo
loro come verità cattolica indiscussa le sue personali convinzioni.
« Disinnescare la tensione tra dottrina e coscienza significa degradare (o umiliare) la coscienza »,
affermano i 160. E ancora: « La
dignità della coscienza non consiste solo nell’obbedienza ma anche
proprio nella responsabilità ». Così pensava anche Lutero.
Che cosa propongono, in positivo, i 160? Essi invitano il papa —
con tono fermo ma non impertinen
te — a mettere un freno al suo
protagonismo che fatalmente esalta la centralità del papato, mentre
il Concilio voleva far emergere il
carattere collegiale del governo e
di tutta la vita della chiesa. Il papa eserciti pure i suoi poteri, ma
non ne abusi e soprattutto non li
dilati; non governi la chiesa come
un monarca più o meno assoluto;
non ignori la voce delle chiese locali, soprattutto quando è diversa
dalla sua; non invada il campo di
responsabilità dei vescovi e dei
teologi; non si consideri infallibile
su tutto e non confonda le questioni centrali della fede con quelle periferiche; non identifichi dissenso ed eresia e anziché cacciare
dalle facoltà teologiche cattoliche i
teologi scomodi, cerchi piuttosto
di dialogare con loro.
Ma c’è una Seconda proposta,
meno ovvia della precedente e più
audace e iimovativa: i 160 invitano i vescovi a « ricordarsi dell’esempio di Paolo, che rimase in comunione con Pietro benché gli abbia ’’resistito in faccia” sulla questione della missione ai pagani
(Calati 2: 11) ». I vescovi sono
cioè invitati a ’’resistere” pubblicamente al papa — se e quando
l’Evangelo lo richiedesse. «L’ubbidienza ecclesiastica al servizio dell’Evangelo esige la disponibilità a
un’opposizione costruttiva ». Si
propone cioè che il rapporto tra
papa e vescovi si ispiri al modello
apostolico: tra Paolo e Pietro
c’era solidarietà e comunione ma
anche riprensione fraterna, pubblica ammonizione — quando lo
esigeva la verità evangelica e cristiana. Solidarietà, infatti, non significa complicità e comunione
non vuol dire connivenza. E’ chiaro che se questa proposta venisse
accettata e praticata, il clima interno alla chiesa cattolica cambierebbe sostanzialmente: il governo
della chiesa non sarebbe più così
autoritario, la verità non dipenderebbe più dal potere ma dal consenso; all’intemo della gerarchia
nascerebbero nuove dinamiche
che potrebbero, alla fine, mettere
in questione il principio gerarchico stesso.
Che dire in conclusione? Dire
mo che si tratta di un buon documento: buono per il tono, i contenuti, lo spirito che lo anima, gli
obiettivi che si prefigge. Speriamo trovi molte adesioni nel mondo cattolico, non solo tra teologi e
laici ma tra sacerdoti e vescovi.
Oltre a essere un buon documento, è anche un buon segno: dimostra la presenza nel cattolicesimo
di energie morali e spirituali non
addomesticate, non conformiste,
libere insomma, per le quali l’obbedienza non sempre è una virtù,
può anche essere una viltà.
Il documento conferma inoltre
quello che già si sapeva perché
s’è manifestato tante volte nel cattolicesimo postconciliare, e cioè
che il Vaticano II ha messo in moto processi che possono portare al
suo superamento, o meglio al superamento delle sue contraddizioni, dei suoi ’’equilibri” dottrinali,
che erano in realtà dei compromessi. Il Vaticano II, nel suo spirito se non nella sua lettera, tende al suo proprio superamento. E
forse la vera fedeltà al Concilio
consiste nel suo superamento, prolungando le linee del discorso da
esso avviato.
C’è però una riserva di fondo
da avanzare, ed è che la tesi centrale della Dichiarazione di Colonia — quella secondo cui papa
Wojtyla sta abusando dei suoi poteri — non è, secondo noi, facile
da difendere. Giovanni Paolo II
non sta abusando dei suoi poteri,
li sta semplicemente usando. I poteri assoluti che egli esercita sono
quelli che il Vaticano I gli ha conferito e che il Vaticano II non gli
ha tolto. Certo un papa può anche usarli in modo più discreto e
meno frequentemente. Se però
vuole agire come monarca assoluto, il Vaticano 1 lo autorizza e il
Vaticano II non lo vieta. Bisognerà quindi, prima o poi, mettere in
questione non solo il modo di
esercizio dei poteri del papa, ma
la loro natura e la loro estensione.
La scure — per riprendere l’immagine di Giovanni Battista — va
posta alla radice dell’albero, non
sui rami.
Paolo Ricca
A colloquio con i lettori
FEDE E
SCIENZA
UMANA
Un ragazzo evangelico di 14 anni
che abita in un paese vicino mi ha
raccontato che durante la famosa ora
di religione il prete insegnava che
l'uomo proviene dalla scimmia.
Coraggiosamente il solo alunno evangelico chiese al prete di leggere il
secondo capitolo della Genesi, dove
è narrata la creazione dell'uomo e della donna. Il prete lesse, ma pare che
non abbia cambiato parere. CI sono anche evangelici e pastori che hanno la
tendenza a credere in quel modo.
All'Eterno onnipotente è forse più
difficile creare l'uomo dalla polvere
della terra oppure creare una scimmia?
Non è stato neppure difficile a Dio,
che conta tutti i capelli del nostro
capo e conosce i pensieri di miliardi
di persone, condurre ogni specie di
animali verso l'arca di Noè, far vivere un uomo per tre giorni nel ventre di un pesce, fare una strada in mezzo al Mar Rosso, far nascere un bimbo da una vergine e risuscitare i morti. E' meglio credere e avere fiducia
in ciò che Dio dichiara nella sua Parola che confidare nella scienza uma
na, limitata e fallace.
Il prof. Tourray, dottore in teologia,
diceva che la scienza umana è un
grande idolo innanzi al quale si vorrebbe che Dio, la Bibbia e Gesù Cristo si inchinassero rispettosamente
per riceverne le istruzioni. Egli stesso
fu spesso sedotto dalla nuova teologia
e dalla critica moderna sia in America che in Germania, ma ne uscì vittorioso, accettando l'autorità della Bibbia. dalla Genesi all'Apocalisse. Quale
fu il risultato di quella scelta? Dio lo
mandò a predicare il suo Evangelo in
Giappone, Cina e Australia, e migliaia
di anime furono guidate a Gesù Cristo.
Giovanni Frache, Villar Pellice
GERMANIA
CATTOLICA
E PROTESTANTE
In un notiziario mattutino della Rai
ci è stato comunicato, senza commenti, che la popolazione cattolica della
Germania ha superato numericamente
quella protestante fin qui in maggioranza. Le cause possono essere varie,
ma non conoscendo da vicino la situazione, devo astenermi dal formulare
ipotesi.
Tutti noi, evangelici italiani, possiamo però avanzarne alcune dando uno
sguardo anche superficiale alla situazione così come si presenta fra di
noi. 'Intanto è raro che una conaunità
cresca in maniera notevole. Nella maggioranza dei casi vi è crescita zero,
oppure il calo. Anche qui è difficile
analizzare le cause e ricavarne dati
attendibili, tuttavia non possiamo lamentare fughe all'indietro di riformati
che passano all'altra parte, né notevoli migrazioni nelle ultime generazioni.
Rimane aperto il problema generazionale; lasciando da parte qualsiasi
caso specifico, possiamo soltanto constatare ciò che è matematico. Nubili, celibi e coppie senza figli danno
come risultato il calo demografico. Le
coppie con un figlio ancora un calo,
mentre quelle con due figli lasceranno invariata la situazione numerica ma,
nel giro di una generazione, si registrerà la crescita zero.
Per avere un incremento stabile, e
continuativo nel tempo, occorrerebbe
che ogni due decessi ci fossero tre
nascite.
Forse, ma siamo nel campo delle
ipotesi, è quello che deve essere
successo nella Germania cattolica.
Umberto Rovara, Luserna S. G.
IL CASO KHOMEINI-RUSHDIE
Ma c’è un altro IsIam?
L’integralismo e l’immagine del Corano - La fede in Dio non teme la libertà di espressione
Se recentemente avevamo sorriso per la messa all’indice sull’Osservatore Romano de « Il
pendolo di Foucault » di Umberto Eco, se tempo fa avevamo
manifestato viva preoccupazione per i morti nell’attentato di
neoinquisitori, in Francia, contro
gli spettatori parigini de « L’ultima tentazione di Cristo » di
Martin Scorsese, oggi siamo allibiti di fronte alla sentenza di
morte pronunciata da Khomeini
nei confronti dello scrittore
Rushdie e dei suoi « Versi satanici ».
Abbiamo sentito alla radio l’ambasciatore dell’Iran accreditato
in Vaticano che, tutto calmo, affermava: « Io penso che l’autore
del libro debba essere eliminato;
quando una persona commette
Un delitto, secondo la legge islamica incorre in due condanne:
una divina e una della società.
Per quel che riguarda Dio, se
Rushdie si pentirà Dio lo perdonerà in una prossima vita, ma
in questa vita è diritto della società punirlo. La legge islamica non potrà mai essere cambiata..., lo scrittore deve essere giustiziato ».
Grazie a questo integralismo
islamico molti oggi, in questa
parte del mondo, pensano che
il Corano sia una lunga predica
che inciti alla violenza, all’intolleranza, al fanatismo. Se Rushdie,
come dicono gli Imam della terra del petrolio, ha offeso un miliardo di musidmani (che, detto
tra parentesi, tra 30 anni saranno quasi due miliardi), occorre
dire che il grande vecchio di
Teheran non ha finora reso un
gran servizio alla causa islamica nel mondo occidentale. E noi
vogliamo credere che ci sia un
altro Islam che non sguinzaglia
giustizieri, che sa protestare civilmente, che rispetta la vita
umana, qualsiasi vita umana, e
che crede nella legge dell’amore
del prossimo.
Sappiamo che ogni integralismo — sia esso ebraico, cristia
no o islamico — non rispetta
le opinioni diverse dalla propria
e le combatte sino all’estremo.
Sappiamo anche che tutta la
storia cristiana abbonda di episodi di violenza ed oppressione
esercitate nel nome di Dio.
Ma è pur vero che ogni volta
che si è tornati all’origine della
Rivelazione si è scoperto, una
volta di più, come Dio parli la
lingua dell’amore e non quella
dell’odio fanatico o dei riti sanguinari. Anche noi abbiamo, attraverso i secoli, i nostri buchi
neri: dall’esecuzione dell’eretico
Serveto per opera di Calvino via
via sino ai bianchi protestanti
del Sud Africa c’è tutto un filone di violenza che percorre il
protestantesimo. Ma, in molti casi, c’è stata l’autocritica.
Si è andati avanti riconfrontandosi con la parola di Dio che
è parola di libertà, di amore e
di salvezza. Le immagini che oggi ci arrivano dall’Iran o dal
Pakistan sembrano giungere da
un mondo lontano, quando intolleranza, violenza e fanatismo
la facevano da padroni. Un mondo che non concede spazi di libertà e di interpretazione. Per
fortuna — per una volta è il
caso di dirlo — quella legislazione islamica invocata dagli Imam
iraniani non è applicabile nel nostro paese scettico, machiavellico e secolarizzato; meglio così
che diventare cittadini di una
teocrazia sanguinaria. Eppur:,
malgrado l’intransigenza inaccettabile degli integralismi di divc:-so colore, il dialogo fra le fedi
viventi va continuato.
La Torah, il Corano, il Nuovo Testamento non incitano all’omicidio, al fanatismo. La fede in Dio non teme la libertà
di parola né la libertà di stampa. Il rispetto per i sentimenti
religiosi di qualsiasi confessione
non può diventare un’arma da
usare contro le libertà fondamentali della civile convivenza.
Giuseppe Platone
reco
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto ""Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Piervaldo
Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo BenecchI, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino
Conte, Piera EgidI, Claudio Martelli, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Segreteria; Angelo Actis
Amministrazione; Mitzi Menusan
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Spedizione: Loris Bertot
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Registrazione; Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
ABBONAMENTI 1989
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Pellice - telefono 0121/932166
Il n. 7/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 15 febbraio
e a quelli delle valli valdesi il 16 febbraio '89.
Hanno coilaborato a questo numero: Paolo Angelerl, Ivana C’ostabel, Luigi Marchetti, Lucilla Peyrot, Teofilo Pons, Claudio Rivoira.
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24 febbraio 1989
documenti
LA DICHIARAZIONE DEI TEOLOGI TEDESCHI
Molti fatti accaduti nella nostra chiesa cattolica ci spingono a fare una pubblica dichiarazione. Sono soprattutto tre i
problemi alla base della nostra iniziativa:
1) La Curia romana realizza con risolutezza il metodo di affidare unilateralmente le sedi vescovili di tutto il mondo,
senza rispettare le proposte delle chiese
locali e senza curarsi dei loro diritti tradizionali e consolidati.
2) In tutto il mondo viene in molti
casi rifiutata l’autorizzazione ecclesiastica all’insegnamento a teologi e teologhe
peraltro qualificati. Si tratta di un pesante e pericoloso attentato alla libertà di
ricerca e di insegnamento, nonché alla
struttura dialogica della conoscenza teologica che il Concilio Vaticano II ha più
volte affermato. Si abusa della concessione dell’autorizzazione all’insegnamen
' to come se fosse un mero strumento di
disciplina.
3) Siamo testimoni del tentativo, teologicamente assai discutibile, di rafforzare ed estendere in modo inammissibile
la competenza magisteriale del papa, accanto a quella giurisdizionale.
Ponendo la nostra attenzione su questi tre problemi, noi vediamo i segni di
una trasformazione della chiesa postconciliare, e cioè di un mutamento strutturale strisciante che porta a una indebita
estensione della gerarchia di giurisdizione; di una progressiva riduzione al silenzio delle chiese particolari; di un rifiuto della discussione teologica e di un arretramento della posizione dei laici nella
chiesa; e infine di un antagonismo dall’alto, che rende più acuti i conflitti nella chiesa con il ricorso a misure disciplinari.
Siamo convinti che su queste cose non
possiamo tacere. Riteniamo dunque necessaria questa presa di posizione per la
nostra responsabilità nei riguardi della
lede cristiana, nell’esercizio del nostro
servizio di insegnanti di teologia, per
il rispetto della nostra coscienza, e in
solidarietà con tutte le donne e uomini
cristiani che sono scandalizzati o si disperano per gli ultimi sviluppi verificatisi nella nostra chiesa.
1) In merito alle recenti nomine di
vescovi da parte di Roma in tutto il
mondo, e in particolare in Austria, Svizzera e qui a Colonia, noi dichiariamo:
Ci sono dei diritti tradizionali e
anche codificati che affermano la partecipazione diretta delle chiese locali, diritti che hanno fino ad oggi segnato la
storia della chiesa. Essi fanno parte della vita multiforme della chiesa.
Quando le chiese locali (come è accaduto in America Latina, nello Sri Lanka, in Spagna, in Olanda, in Svizzera, in
Austria e qui a Colonia) vengono punite
disciplinarmente, mediante norme vescovili o altri interventi che spesso si
fondano su false analisi e sospetti, è la
loro autonomia ad essere espropriata.
L’apertura della chiesa cattolica alla collegialità tra papa e vescovi, che è stata
uno dei risultati centrali del Concilio
Vaticano II, viene soffocata in un nuovo
centralismo di Roma.
L’esercizio dell’autorità, testimoniato
dalle recenti nomine episcopali, è in aperta contraddizione con la fraternità
del vangelo, con le positive esperienze
dello sviluppo dei diritti di libertà e
con la collegialità dei vescovi.
La prassi attuale ostacola palesemente
e in punti essenziali il processo ecumenico.
Riferendoci all’« affare Colonia », giudichiamo uno scandalo aver cambiato le
norme di elezione durante il procedimento. Ne è rimasta colpita duramente
la credibilità di una corretta prassi giuridica della procedura.
La considerazione e la dignità deH’ufficio papale esigono un rapporto attento
con il potere e le istituzioni.
La scelta dei candidati all’episcopato
è la misura dell’espressione del pluralismo della chiesa. La procedura della nomina non è una scelta privata del papa.
Il ruolo della nunziatura è attualmente sempre più discutibile. Sebbene i canali di trasmissione di informazioni e
i contatti personali siano semplificati, la
nunziatura tende a trasformarli sempre più in odioso servizio rapporti, che
spesso con scelte unilaterali delle informazioni crea innanzitutto deviazioni.
L’obbedienza che in tempi recenti è
sempre più spesso conclamata e reclamata da vescovi e cardinali verso il
papa sembra addirittura cieca. E invece
l’obbedienza ecclesiale al servizio del
vangelo richiede l’essere disposti ad una
opposizione costruttiva (cfr. Codex luris
Canonici 212, par. 3). Invitiamo i vescovi
Il manifesto
di Colonia
Pubblichiamo in questa pagina il testo integrale del recente documento noto come « Dichiarazione di Colonia », redatto da quattordici docenti di teologia cattolica di area tedesca. Di questo documento, che è
stato sottoscritto da 163 professori di istituti universitari teologici, offriamo in prima e seconda pagina del nostro giornale un primo commento
di Paolo Ricca, della Facoltà valdese di Roma. Autori e firmatari della
’’Dichiarazione di Colonia” hanno affermato che questo documento vuole essere un contributo all’instaurazione di un serio dialogo teologico
nella chiesa cattolica. Alcuni docenti cattolici non hanno voluto sottoscrivere questa dichiarazione perché vi notavano una chiara presa di posizione antipapale, altri, pur condividendo molte cose del documento, compreso lo spirito con cui è stato redatto, hanno preferito non comparire
nella lista dei firmatari. Occasione contingente che ha spinto alcuni docenti a redigere questo testo sono state le recenti nomine episcopali nella
chiesa cattolica, a cominciare da quella del nuovo arcivescovo della città
di Colonia.
a richiamarsi all’esempio di Paolo, che
restò in comunione con Pietro benché
sul problema della missione ai gentili « si
opponesse a lui a viso aperto » (Calati
2: 11).
2) Sul problema delle cattedre di teologia e sul conferimento dell’autorizzazione ecclesiastica aH’insegnamento, noi
dichiariamo:
Vanno salvaguardate le competenze del
vescovo locale, teologicamente fondate,
e a volte previste da Concordati, nonché
la sua responsabilità in materia di conferimento o ritiro dell’autorizzazione all’insegnamento. I vescovi non sono organi
esecutivi del papa. L’attuale prassi di violare il principio di sussidiarietà, a proposito della diretta competenza del vescovo locale, in materia di insegnamento di fede e di morale, sta creando una
situazione insostenibile. Un intervento di
Roma nel conferire o ritirare il permesso di insegnamento, senza la presenza
attiva della chiesa locale e contro l’espressa convinzione del vescovo locale, rischia
di provocare il decadimento di competenze già storicamente consolidate.
Il rifiuto al conferimento di una cattedra di insegnamento o anche le deliberazioni in questa materia si debbono
basare su argomenti fondati e vanno
giustificati in osservanza delle norme
accademiche vigenti. Un arbitrio in questo settore pone in questione resistenza
stessa delle Facoltà di teologia cattolica presso le Università statali.
Non tutti gli insegnamenti della chiesa hanno pari certezza e peso, sotto
l’aspetto teologico. Noi ci opponiamo alla
violazione di questa dottrina dei gradi
teologici di certezza nei confronti della
« gerarchia delle verità » nella prassi dell’autorizzazione ecclesiastica all’insegnamento. Singoli problemi particolari di morale e di dogmatica non possono essere arbitrariamente fatti passare come strumenti per definire la congruenza o meno
all’integrità della fede, mentre in campo
morale pareri legati alla prassi di fede
(ad esempio contro le torture, la discriminazione razziale o lo sfruttamento)
non sembrano essere di uguale rilevanza teologica per la questione della verità.
Il diritto di autonoma organizzazione
interna delle Facoltà o degli Istituti superiori nella scelta dei docenti non può
essere totalmente conculcato da una prassi arbitraria del conferimento e rifiuto
dell’autorizzazione ecclesiastica all’insegnamento.
Il risvolto pratico di questo problema
lo si riscontra nelle Università dove la
scelta di professoresse e professori di
teologia è soggetta a criteri estranei alla scienza: ne deriva di conseguenza la
secca perdita di stima della teologia nelle Università.
3) Di fronte al tentativo di estendere
la competenza del magistero pontificio in
modo inammissibile, dichiariamo : in
tempi recenti, rivolgendosi a teologi e
vescovi il papa ha collegato la dottrina
del controllo delle nascite (senza tener
conto del grado di certezza e del diverso
peso delle affermazioni teologiche della
chiesa) con verità di fede fondamentali
quali la santità di Dio e la redenzione
in Gesù Cristo. E così coloro che rivolgono critiche alla dottrina papale sul
controllo delle nascite si vedono accusati di «minare i fondamenti della dot
teina cristiana », e coloro che si richiamano alla dignità della coscienza vengono
accusati di cadere in errore rendendo
«vana la croce di Cristo», distruggendo
« il mistero di Dio », negando « la dignità dell’uomo». I concetti di «verità
fondamentale » e di « rivelazione divina »
sono impiegati dal papa per definire una
dottrina del tutto particolare che non
può essere avvalorata dalla testimonianza della Sacra Scrittura né dalla tradizione della chiesa (cfr. i discorsi papali
del 15 ottobre e del 12 novembre 1988).
L’affinità sostenuta dal papa tra tali
verità e la dottrina in oggetto non comporta che esse abbiano un identico peso e
siano poste sullo stesso piano. Il Concilio Vaticano II dice: «Nel mettere a
confronto le dottrine, si ricordi che esiste
un ordine o ’’gerarchia” nelle verità della dottrina cattolica essendo diverso il
loro nesso col fondamento della fede
cristiana» (Decreto sull’ecumenismo, n.
11). Parimenti va tenuto conto dei diversi gradi di certezza delle affermazioni
teologiche e dei limiti della teologia nei
problemi di antropologia che riguardano il campo medico.
Anche il magistero pontificio ha riconosciuto alla teologia l’alto compito di
approfondire gli argomenti delle verità
e norme teologiche. Tale compito non
può essere menomato da divieti che riguardano il pensiero e la parola. L’analisi scientifica necessita di discussione e
ccmimicazione.
La coscienza non è una funzione sus
sidiaria del magistero pontifìcio, come
potrebbe apparire dai discorsi citati.
Nell’interpretazione il magistero deve
piuttosto sempre rapportarsi anche alla
coscienza dei credenti. Sopprimere la
tensione tra dottrina e coscienza è un
attentato alla sua dignità.
Secondo il convincimento di molte persone, nella chiesa la norma della regolamentazione delle nascite contenuta nell’enciclica ’Tlumanae Vitae” (1968) rappresenta xm orientamento che non sostituisce la responsabilità della coscienza dei
credenti. I vescovi (tra gli altri quelli tedeschi nella loro « Dichiarazione di
Koenigstein » del 1968) e i moralisti hanno considerato corretta l’interpretazione
di molti cristiani (uomini e donne) perché sono convinti che la dignità della
coscienza non consiste solo nell’obbedienza, ma anche nella responsabilità. Un
papa che parla così spesso di tale responsabilità non dovrebbe sistematicamente
ignorarla. Del resto deploriamo la continua fissazione del magistero pontificio su
questo problema.
La chiesa è al servizio di Gesù Cristo.
Essa deve contrastare la perenne tentazione di abusare del suo vangelo che
proclama la giustizia, la misericordia e
la fedeltà di Dio senza ricorrere a forme discutibili di autorità in fùnzione della propria potenza. Essa è stata chiamata dal Concilio popolo di Dio in cammino e comunità viva dei credenti; la chiesa non è una città assediata che si erge sui bastioni e si difende con asprezza
dentro e fuori.
Condividiamo con i pastori le diverse
preoccupazioni per la chiesa nel mondo
odierno con la comune testimonianza di
lede. Soccorrere le chiese povere, allontanare quelle ricche dal potere terreno,
favorire l’unità della chiesa, sono compiti che comprendiamo e per i quali ci
impegniamo.
I teologi che sono al servizio della
chiesa hanno tuttavia il dovere di esercitare apertamente la critica se l’autorità ecclesiastica usa in modo sbagliato
il suo potere, venendo così meno ai suoi
compiti, intralciando i progressi verso
l’ecumene, indietreggiando rispetto alle
aperture del Concilio.
II papa detiene il servizio dell’imità
e ne esige l’attuazione. E’ proprio del suo
ufficio ricondurre all’unità i casi di conflitto. Tale compito lo ha svolto in modo
anche troppo benevolo nel caso di Marcel Lefebvre e dei suoi seguaci, sebbene
quest’ultimo avesse messo radicalmente
in questione lo stesso magistero. Non è
proprio del suo ufficio esasperare, senza
tentativi di dialogo, i conflitti di minore
importanza, o deciderli imilateralmente e
farne oggetto di emarginazione. Se il papa fa ciò che non è proprio del suo ufficio, non può esigere obbedienza nel
nome della cattolicità, e invece deve attendersi resistenza.
(da ADISTA)
I firmatari del documento (il 6 gennaio 1989)
Annen (Chur), Anzenbacher (Mainz). Artadi
(Freiburg), Auer (Tubingen). Bachi (telzbuig).
Bakker (Amsterdam). Bauer (Graz). Baumann
(Reutlingen). Baumeister (Mainz). Baumgartner
(Freiburg). Baumganner (Regensburg). B^ker
(Mainz). Bernasconi (Genestrerio). Biesinger
(Salzburg). Bitter (Bonn). Blank (Saarbrücken).
Bdckle (Bonn). Branischen (Freiburg), Brieskom (München). Broer (Siegen). Brosseder
(Köln). Brox (Regensburg). Bücher (EichsUtt).
Busse (Duisburg). Comélis (Nijmegen). Dautzenbcrg (Giessen). Deissler (Freiburg). Denzler
(Bamberg). Domann (Luzern). Döring (München). Eicher (Paderborn). Eid (Bamberg). Ermeis (Osnabrück). Fcifel (München). Feldmann
(Münster). Feneberg (Weingarten). Friedicr
(Freiburg i.Br.). Frietüi (Freiburg), Fries (München). Fuchs (Bamberg). Füglister (Salzburg).
Garijo Guembc (Münster). Gasser (Chur), Georgen (München). Gollinger (Heidelberg). Görg
(München). Grasmück (Bamberg). Greinacher
(Tübingen). Gross (Tübingen). Gruber (Graz).
Gründel (München). Haag (Luzern), Haarana
(Nijmegen). Mainz (Frankfurt). Halkes (Nijmegen). Halter (Chur). HasenhUttl (Saarbrücken).
Httring (Gars am Inn). Häring (Nijmegen).
Heinzmann (München). Hengsbach (Frankfurt).
Hoffmann (Frankfurt). Hoffmann (Bamberg).
Hofmann (Freiburg i.Br.). Holderegger (Freiburg), Huizing (Nijmegen). Hunold (Tübingen).
Hübner (Ekhstätt). Hünermann (Tübingen). Imbavi (Freiburg), Irsigler (Bamberg). Jendorff
(Giessen). Kaczynski (München). Karrer (Freiburg), Keel (FrHburg), Keller (München). Kesskr (Frankfurt). Kirchhofer (Chur). Klauck
(Würzburg). Knobloch (Mainz). Kolimann
(Dortmund). Korff (München). Köhler (Tübingen). König (Graz). Küng (Tübingen). Lang (Paderborn). Langer (Wien). Lengsfcid (Münster).
Logister (Tilburg). Löning (Münster). Maisch
(Freiburg). Merks (Tilburg). Mette (Paderborn).
Metz (Münster). Meyer (Luzern). Mieth (Tübingen). Missalla (Essen). Molinski (Wuppertal).
Malier (Luzern), Neuner (München). Nikolasch
(Salzburg). Nocke (Duisburg). Oberlinner (Freiburg i.Br.). Ohlig (Saarbrücken). Ollig (Frankfurt). Pesch (Mainz). Pfürtner (Marburg). Poulssen (Tilburg). Raske (Frankfurt). Rauh (Augsburg). Reifenberg (Bamberg). Reiterar (Salzburg). Richter (Münster). Rolfes (Kassel). Rolinck (Münster). Rombold (Linz). Schelbert
(Freiburg). Schenke (Mainz). Schillebeeckx (Nijmegen). Schilling (München). Schladoth (Münster). Schleinzer (Salzburg). Schlemmer (Passau). Schlüter (Siegen). Schmid (Weinganen).
Schmkd (Gars am Inn). Schneider (Mainz).
Scholl (Heidelberg). Schulz (Passau). Schweizer
(Tübingen). Sebott (Frankfurt). Seeliger (Siegen). teidl (München). Selvático (Freiburg), Silkr (Frankfurt). Simonis (Würzburg). Spichtig
(Chur). Stachel (Mainz). Steinkamp (Münster).
Stendcbach (Saarbrücken). Stenger (Innsbruck).
Teichtweier (Würzburg). Türk (Nürnberg). Van
Damme (Freiburg), Venetz (Freiburg) Vergauwen (Freiburg), Volz (Speyer). Walf (Nijmegen).
Weger (München). Weimar (Münster). Werbkk
(Siegen). Wermelinger (Freiburg). Wiedenhofer
(Lkderbach) Wiederkehr (Luzern), Wieland
(Tübingen). Willems (Nijmegen). Wohlmuth
(Bonn). Zelkr (Mainz). Zenger (Münster). Zerfass (Wiirzburg). Zinke (Weingarten). Zirker
(Duisburg). Zweigei (Kassel).
La dichiarazione è stata diffusa il 26 gennaio con altre 7 firme. Altri 50 teologi
condividono ma non firmano.
4
4 vita delle chiese
24 febbraio 1989
PRECISAZIONt
I Pentecostali,
fratelli sconosciuti
Precisazioni del past. F. Toppi intorno ad alcuni luoghi comuni sui
pentecostali, un movimento in espansione ricco di fede, vitalità, gioia
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Il dialogo ecumenico
La riflessione del pastore Platone sul dibattito riguardante i
pentecostali, tenuto nell’incontro
pastorale del I Distretto valdese, pubblicata sul giornale del
16 dicembre scorso, mi ha rallegrato per parecchie ragioni. La
prima è l’attenzione data alle
nostre chiese, la seconda è l’affermazione secondo la quale
«non si può negare che lo Spirito Santo parli nelle riunioni
pentecostali attraverso la glossolalia, le varie testimonianze,
gli inni e i vari ’’Amen” e ’’Alleluia” ripetuti, a volte, con ritmo ossessivo ».
L’autore, con molta obiettività, ha evidenziato i prò ed i contro lasciando cosi aperta la possibilità ad un « dialogo », del
quale certamente queste note
sono una testimonianza. Nell’articolo in questione viene giustamente affermato che « il pentecostalismo... in realtà è molto variegato, va da posizioni conservatrici di etica rigidissima... ».
Credo, però, che questa sia una
realtà che si estende anche alle altre chiese evangeliche, che
non sono certo un’unità monolitica e hanno anch’esse, al loro
interno, posizioni diversificate. Si
parla inoltre di contrapposizioni di fondo tra « chiese fredde »
e « chiese calde », e ci si chiede
il perché. La risposta è data
dall’articolo stesso. E’ legata all’adozione di una « teologia problematica che si fonda sulla lettura storico-critica della Bibbia », nelle prime, e ad « una
teologia effervescente di stampo
Calendario
Giovedì 23 febbraio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Presso il centro d’incontro di via Repubblica, alle
ore 21, studio del libro dell'Esodo.
Domenico 26 febbraio
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 14.30 ha
luogo l'assemblea mensile, presso I
locali della casa unionista di via
Beckwith.
□ FCEI VALLI
SA GERMANO — Alle ore 10. nei
locali della chiesa valdese, si svolge
un convegno della EGEI sul tema della
abitudine.
In mattinata culto e lavoro in gruppi, nel pomeriggio viene proiettato il
film « Il pranzo di Babette » con dibattito successivo.
______Domenica 5 marzo
n GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA
PINEROLO — Il programma della
giornata, presso i locali del tempio
valdese di via dei Mille 1, prevede
il culto alle ore 10 e, nel pomeriggio,
riflessione con donne birmane sulla
situazione nel loro paese: in chiusura di giornata. Santa Cena.
E’ organizzato un servizio di trasporto con pullman in partenza da Bobbio Pellice alle ore 9; il ritorno è previsto intorno alle ore 18.
Per prenotazioni rivolgersi a Jole
Tomasini (tei. 91059).
risvegliato », nelle seconde. Se
le chiese pentecostali sono « calde », non lo sono per la capacità
dei loro predicatori, né per la loro struttura organizzativa, ma
unicamente per la fiducia totale
che i credenti ed i ministri
danno alla Parola di Dio; la
Bibbia. La problematicità crea
sempre più dubbi e freddezza, la
fede riscalda e rassicura.
E’ opportuno però fare alcune
precisazioni. La prima è che
sembra abbastanza opinabile
che, esistendo in Italia un movimento pentecostale numericamente rappresentativo, con oltre mille chiese e gruppi, il pastore Plescan abbia raccolto, in
una tesi di laurea in teologia, le
proprie esperienze in una comunità pentecostale di giamaicani.
Certamente l’indagine sarà stata
più interessante ed entusiasmante di quella che avrebbe potuto
fare in una comunità pentecostale italiana, ma mi domando se
all’origine di questa ricerca non
c’era forse, anche se inconsapevolmente, il preconcetto che in
fondi i pentecostali potevano
essere considerati una setta
stravagante da esaminare, alla
stregua dei culti animisti africani, tra « un popolo di ex schiavi ».
Non confondiamo
trance ed estasi
La seconda precisazione riguarda il « trance », e qui la
confusione viene dal diverso uso
del termine da ima lingua ad
un’altra. In italiano « trance » è
definito come; « stato psichico
caratterizzato da insensibilità agli stimoli, perdita più o meno
completa della coscienza, dissociazione psichica; in tale stato
cadono i medium durante le sedute spiritiche, e si hanno manifestazioni di fenomeni paranormali », mentre « trance » in
inglese è unicamente sinonimo
di estasi, cioè « uno stato mistico ed ineffabile dell’anima unita a Die, in distacco dalle cqse ». L’autore m’insegna che esistono diversi gradi di estasi, ma
mai essi sono caratterizzati da
perdita più o meno completa della coscienza o da dissociazione
psichica.
Infatti, giustamente, nelle versioni letterali italiane del Nuovo Testamento il termine greco
« ékstasis » è sempre tradotto
« estasi » e mai « trance ».
Si parla infine di « etica rigidissima (tipo; è peccato andare al cinema, ma non è peccato avere in casa la televisione, oppure è peccato sposare
una persona che non sia evangelica, ecc.) ».
Credo che non sia corretto parlare di etica rigidissima, bisogna invece parlare di etica scritturale, comime a tutti coloro
che, avendo sperimentato la
«nuova nascita», desiderano conservarla mediante la santificazione.
Non ogni cosa
lecita edifica
La risposta al sottile appunto ironico, nel quale si vuole intravedere una contraddizione nel
fatto che non si va al cinema
ma si guarda la televisione, è
abbastanza logica; i pentecostali, in comime con tutti i cristiani
evangelici che desiderano seguire da vicino le esortazioni
della Scrittura, ritengono con
Paolo Apostolo che; «Ogni cosa
è lecita ma non ogni cosa è utile; ogni cosa è lecita ma non
ogni cosa edifica» (1 Corinzi
10; 23) ed ancora; «Ogni cosa
mi è lecita, ma non mi farò
dominare da cosa alcuna» (1
Corinzi 6; 12).
Certamente c’è differenza
tra il cinema ed il teatro e la
televisione. Prima di tutto perché l’ambiente è diverso, il cinema ed il teatro sono ritrovi
mondani, mentre la televisione è
guardata nell’ambiente familiare. La televisione è imo strumento di informazione che può
essere ’’dominato” da chi lo usa,
in quanto ognuno può fare immediatamente le proprie scelte
di programma e da cristiano
eviterà tutto quello che non è
utile e non edifica, mentre al
cinema la scelta non può essere immediata.
Ad esempio, alcuni credenti
del variegato mondo pentecostale scelgono di non usare la
televisione né possederla, ma
anche costoro incorrerebbero in
supposte incongruenze criticabili
per un’etica rigidissima ed il loro eventuale spirito antimoderno!
"Veniamo, infine, alla domanda
che si pone l’autore; « Come mai
nelle nostre chiese non succede
mai che qualche fratello o qualche sorella durante lo svolgersi
del culto cada in trance e cominci a parlare in lingue? ». Sarà utile a questo punto ripetere
che cadere in trance non ha assolutamente alcun rapporto con
il parlare in lingue nel culto
pentecostale. E « trance », come
perdita più o meno completa della coscienza, è completamente
estranea alla manifestazione di
qualsiasi carisma dello Spirito
Santo. Plescan giustamente risponde; « E’ un dono non previsto, non atteso, non ricercato,
nelle chiese storiche il dono del
parlare in lingue non interessa
nessuno». Tuttavia la domanda
successiva doveva essere; « Come mai una manifestazione carismatica della Chiesa del Nuovo
Testamento non è prevista, at
tesa e ricercata? ». Tutto sta
nella impostazione teologica della predicazione nelle chiese; se
invece di fare il sermone fondato su una « teologia problematica », nella prospettiva cultural-reìigicsa, si accettasse la
semplice predicazione come messaggio evangelico di evangelizzazione e di edificazione, allora avendo fede che le manifestazioni
carismatiche sono per la chiesa di ogni tempo, queste sarebbero insegnate, attese e ricercate.
Sentimento e ragione, in equilibrio fra loro, fanno parte
di quell’ordine stabilito da Dio
che dovrebbe sempre spingere
anche gli occasionali visitatori
di tutte le chiese evangeliche ad
adorare « Dio, proclamando che
Dio è veramente fra voi! ».
Questo equilibrio si fonda
sulla fede nella Parola di Dio
annunciata, creduta, ricevuta e
vissuta nella sua integrità, che
fa dei cristiani evangelici pentecostali, ritenuti ancora impropriamente da alcuni « parenti
lontani », dei membri « della
famiglia dei credenti ».
Francesco Toppi
I "prò” e i ’’contro” al dialogo
ecumenico, con la chiesa cattolica soprattutto, sono stati i temi che l’assemblea del 2“ circuito ha affrontato venerdì 27
gennaio a Villar Penosa.
Siamo partiti con due ipotetiche posizioni, una nettamente a
favore e l’altra contraria all’ecumonismo, supportate da diverse
motivazioni; da una parte il fatto che la chiesa cattolica non
cambierà mai, che i cosiddetti
preti « aperti » in fondo « fingono », che per i matrimoni misti,
o interconfessionali, gli interessati devono sbrigarsela da loro;
dall’altra il fatto che i tempi sono cambiati ed allora anche il
cattolicesimo è cambiato, non ci
sono più persecuzioni ed i pregiudizi alimentano solo le polemiche, mentre ecumenismo non
significa confusione ma conoscenza, anche per chiarirci le differenze.
Alcuni punti fermi però li abbiamo; è difficilissimo parlare di
cattolicesimo come di una « cosa » omogenea; abbiamo la chiesa ufficiale, cioè quella rappresentata dalla gerarchia, dalle comunità; e poi c’è il dissenso,
le comunità di base, ecc. Quando abbiamo, da parte di questi
nostri fratelli, delle precise richieste non possiamo comportarci da sordi; una risposta, anche se negativa, la dobbiamo
dare.
Sempre dalla discussione sono emersi i diversi approcci che
si hanno alla questione; c’è chi
intende l’ecumenismo come possibilità di evangelizzazione, chi
ci crede quando si lavora su temi ed iniziative specifiche, ed a
questo proposito sono state ricordate la comune battaglia, per
dente, fatta a suo tempo per la
Fiat di Villar Perosa e le iniziative che stanno attualmente partendo per il problema droga.
In conclusione, i presenti so
no stati concordi nell’affermare
che per prima cosa bisogna riorganizzare i momenti ecumenici
attualmente in piedi; ad esempio, per il collettivo biblico ecumenico che si trova a Pinerolo
ed organizza gli incontri di Pentecoste, e che risulta abbia una
vita stentata, vale la pena caricare i (pochi) fratelli valdesi che
vi -partecipano di un lavoro e
di una responsabilità così gravosi ?
Le celebrazioni
dei XVIi febbraio
VILLAR PELLICE — La gior
nata del XVII febbraio s’è svolta con entusiasmo e buona partecipazione, anche se a causa
della persistente siccità i falò sono stati meno numerosi del solito e del tutto scomparsi (finalmente!) i razzi. Il falò del ponte
delle Ruine è stato però allietato da una nutrita fiaccolata e
dalla visita di un gruppo di membri della chiesa di Torino.
In mattinata una bella assemblea si è riunita per ascoltare il
messaggio della Parola di Dio e
quello che 1 bambini ed i ragazzi
della scuola domenicale ed alcune giovani ci hanno rivolto con
recite, canti ed esecuzioni musicali.
Viva gratitudine a tutti coloro
che in vario modo si sono impegnati per la riuscita della celebrazione in particolare alla corale delle chiese di BobbioVillar Pellice per l’apprezzato
contributo al culto di domenica 19.
• La recita dell’unione della
Piantà verrà replicata sabato 25,
alle ore 20,45, sempre nella saletta.
PRAMOLLO — Il XVII feb
braio abbiamo avuto la gioia di
ricevere la visita di alcuni amici
di Roma e di un gruppo di fratelli e sorelle della comunità di
Ivrea che hanno partecipato al
culto insieme a noi; il pastore
Gianni Genre ci ha rivolto una
predicazione molto profonda ed
attuale, che ci ha spinti alla riflessione sul motivo della nostra
presenza lì, in quel momento; la
corale di Ivrea ha eseguito due
canti molto apprezzati; poi la
giornata è trascorsa ancora insieme, e con alcluni di loro anche la
serata. Li ringraziamo di cuore
e ci auguriamo di poterci incontrare ancora altre volte.
« Un grazie sincero al fratello
F. Crivello che ha presieduto il
culto di domenica 5 febbraio,
portandoci di nuovo un messaggio molto vivo.
• Sabato 4 febbraio una folla
di parenti, amici e conoscenti si
è raccolta per ascoltare l’annun
ciò della resurrezione e per ac
compagnare all’estremo riposo il
fratello Franco Beux, scomparso
dopo una breve, tragica malattia.
A tutti i familiari ed in modo
particolare alla moglie e alla
mamma la comunità esprime la
sua profonda simpatia e solida
rietà cristiana, nella certezza che
il Signore sarà la loro forza e la
loro guida.
ANGROGNA — Oltre centopersone hanno partecipato al tradizionale corteo del XVII al Vengie (caduto in disuso da vent’ar:
ni) al seguito dell’anziano tamborino Guido Buffa. Nel corso deculto, arricchito dalla limpida
predicazione del pastore Maria
Bonafede, ospite della nostra
giornata, è stata insediata come
nuovo anziano del concistoro
Vilrna Monnet, com’era previsto,
abbiamo avuto la sala pienissima
per l’àgape preparata con cura
daH’unione femminile, durante la
quale, tra i tanti discorsi e cani'.,
abbiamo salutato la famiglia Be. tinat appena giunta daH’Uruguav
per stabilirsi definitivamente in
Val d’Angrogna. Infine la bella,
frequentata serata al Serre, organizzata dalla corale con il suo
nuovo recital-testimonianza « li
cammino della libertà » ( immagi
ni, letture e canti del Rimpatrio
dei valdesi).
• Domenica 26 avremo la visita
alla nostra chiesa della Commissione Esecutiva Distrettuale; dopo il culto, il concistoro e i rappresentanti dei vari gruppi s’incontreranno per un’àgape e un
pomeriggio di lavoro comune.
Lutto
PERRERO-MANIGLIA — Gio
Vedi 16 febbraio hanno avuto
luogo i funerali di Osvaldo Poet,
mancato all’affetto dei suoi parenti dopo un lungo periodo di
malattia, all’età di 62 anni. La comunità esprime la sua cristiana
solidarietà con le famiglie nel
dolore.
• Il culto del XVII febbraio è
stato celebrato nel tempio di Maniglia; in seguito un buon numero di fratelli e sorelle si è riunito
nei locali del centro di incontro
per la consueta àgape fraterna.
Al gruppo di Maniglia che ha
preparato l’ottimo pranzo, il ringraziamento di tutta la comunità.
Non sono stati invece accesi,
la sera precedente, i tradizionali
falò, troppo pericolosi in questa
stagione di siccità.
Nascita
POMARETTO — E’ nata la
piccola Ylenia di Moreno e Fulvia Gaydou; la comunità esprime i suoi auguri a neonata e genitori.
5
24 febbraio 1989
vita delle chiese
ROBERTO JOUVENAL
CORRISPONDENZE
Una mente, una fede Arrivi e partenze
Un uomo di frontiera, che ha vissuto con rigore e intelligenza la
dialettica tra storia degli uomini e chiesa, tra filosofia e teologia
Lo chiamavamo « Robertino »
e lo ammiravamo con una punta di invidia; non solo per la sua
sterminata cultura e la penetrante intelligenza, ma per la sua
capacità di stare in equilibrio
perfetto tra la laicità del mondo e la trascendenza di Dio, la
storia degli uomini e la chiesa
di Cristo, la filosofia e la teologia. Brillante studente universitario, seppe assorbire il meglio
della cultura esistenzialista
che negli anni dell’immediato
dopoguerra sembrava egemone
in Europa; provocò anzi un memorabile colloquio tra Nicola
Abbagnano e Giovanni Miegge;
da questo incontro scoccò la
scintilla da cui nacque il « Per
una fede » di Miegge, uno dei
più bei libri del Novecento protestante.
Ma pur collaborando strettamente con Abbagnano, Roberto
non imboccò la carriera universitaria; diresse per un anno la
Claudiana, insegnò per qualche
anno al Collegio valdese, poi entrò nei licei di Torino, a cui
diede il meglio della sua carriera. Intanto aveva sposato
Germana Colombo, cristiana di
tradizione ebraica, e con lei aveva saputo creare, per la vita,
un dialogo fatto d’amore, di fe
de e di cultura; un dialogo capace di coinvolgere, fino in fondo, le due bambine che nel frattempo erano nate. Ora le due
« bambine » sono grandi, e militano nella chiesa; anche Roberto
vi militava, con responsabilità,
mai al margine, anche se sempre un po’ sulle frontiere; fu,
ad esempio, uno degli uominichiave del « Movimento Cristiano
Studenti » al tempo della segreteria Peyronel (fine anni ’40,
inizio anni ’50), ma anche varie
volte membro della Cqmmissione
d’esame al Sinodo valdese; fu
ancora lui a commemorare su
« Gioventù Evangelica » Ernesto
Meggioni, il filosofo protestante
prematuramente scomparso nel
1964.
A quarantotto anni, nel bel
mezzo d’una vita combattuta e
feconda, fu atterrato da una
delle più insidiose, fulminee
« malattie del secolo »; sopravvisse, ma fu subito chiaro che
non avrebbe mai più potuto salire in cattedra.
E allora, con incredibile determinazione, cambiò compietamente lavoro; valorizzando una
sua laurea in legge, entrò nella professione di avvocato, a cui
dedicò ancora quasi vent’anni
della sua vita. Non solo, ma sep
FRANCIA
Una proposta
per le vacanze
Un mese al servizio degli
handicappati; è una proposta
che la Fondazione « John
Bost » fa ai giovani di più di
18 anni per le prossime vacanze estive.
La Fondazione «John Bost»
è una grande opera del protestantesimo francese al servizio degli handicappati fisici e
dei malati mentali.
Più di 1.000 ospiti risiedono
in una ventina di padiglioni
disseminati in un’area verde
di duecento ettari.
La Fondazione è luogo di
vita e luogo di cura.
Un servizio,
un’esperienza
Il cantiere sociale si rivolge ai ragazzi ed alle ragazze
di più di 18 anni desiderosi
di apportare un aiuto agli
handicappati durante Testate.
In tal modo essi possono
collaborare ad un servizio di
qualità per i malati. Partecipare ad un servizio di volontariato permette di scoprire
una realtà spesso mal conosciuta e legata ancora a gravi pregiudizi. Permette inoltre di vivere una esperienza
arricchente; sia nel rapporto con i ricoverati che con
gli operatori nell’incontro
con questa professione.
Un luogo,
un incontro
La Fondazione è situata
alla Force, nella Dordogna,
a 10 km. da Bergerac.
Il Périgord è una delle più
belle regioni di turismo con
i suoi siti preistorici, i suoi
mille castelli ed i suoi paesaggi al tempo stesso selvaggi ed accoglienti.
I partecipanti al cantiere
sociale sono ospitati durante il loro servizio nei padiglioni della Fondazione, ognuno dei quali ha un ruolo
specifico e complementare.
A chi si iscrive vengono
date le precisazioni necessarie sul lavoro e sul servizio
richiesto ai volontari.
E’ previsto un programma
di distensione, di informazione e di svago.
Le condizioni
Sono previste tre sessioni;
— dal 1” al 31 luglio;
— dal r al 31 agosto;
— dal 1” al 30 settembre.
Ai volontari vengono forniti vitto e alloggio. Il costo
del viaggio viene rimborsato sulla base della tariffa del
treno di seconda classe, dalla frontiera alla Force.
La Fondazione accoglie dei
volontari anche per il mese
di giugno. Questi vengono
alloggiati con il personale.
Le condizioni sono uguali a
quelle delle sessioni estive.
Per informazioni rivolgersi
a;
Fondation John Bost
Service du Personnel
F - 24130 LA FORCE.
pe calvinisticamente « approfittare » dei primi mesi di malattia
nel mettere a punto per la Claudiana la traduzione e presentazione del « Libero arbitrio » di
Erasmo, a cui contrapponeva
dialetticamente i passi più importanti del « «Servo arbitrio » di
Lutero. Ne risultò uno dei nostri più bei libri di quegli anni; un libro che attende ancora
di essere da noi pienamente valorizzato, ora che le urgenze e
le priorità di quel momento storico sono sfumate nel dubbio
— se non nel nulla.
Non solo, ma quest’uomo dalle coronarie ferite trovò anche il
tempo di militare per quindici
anni nel Concistoro di Torino, e
quasi altrettanti in quella « Commissione regolamenti » che ha
riformato dalle fondamenta il
nostro diritto ecclesiastico, e che
si è espressa in quel piccolo capolavoro che è il volume delle
« Discipline vigenti nell’ordinamento valdese »; il testo che
regge oggi l’unione delle chiese
valdesi e metodiste.
E mentre trovava l’energia
per sostenere infinite « cause »
legali delle chiese valdesi e battiate (o dei loro membri più
poveri), Roberto aveva ancora
fantasia sufficiente per fondare,
insieme con Gustavo Comba,
« Amnesty International » in
Italia; ancora una volta un servizio alle frontiere fra tradizione e innovazione, chiesa e
mondo; ancora una volta il segno d’una intelligenza che sapeva leggere la realtà al di fuori degli schemi, di una fede attenta alTuomo.
« Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora l’occhio mio ti ha veduto » è il versetto che Roberto ha scelto per
il suo funerale, in una lettera a
Germana scritta nella consapevole imminenza della morte («è
tempo d’andare»). Oso citare una
frase di questa lettera, che mi
profondamente colpito. Dopo
aver trascritto la seconda parte
del versetto scelto (« perciò mi
ritratto, mi pento sulla polvere
e sulla cenere », Giobbe 42; 6),
Jouvenal aggiunge; « Il Signore
mi ha fatto credere e dubitare,
trattare lontano da Lui e ritrattare vicino a Lui ». Chi di noi,
intellettuali protestanti del ventesimo secolo, non riconosce se
stesso in questo « trattare lontano da Lui » (cioè abbandonarsi
al rischio della ricerca) e « ritrattare vicino a Lui » (cioè discernere il segno del peccato anche
al meglio dell’esistenza umana)?
Chi di noi non vorrebbe poter
concludere così la sua carriera:
nel ravvedimento e insieme nella riconoscenza e nella speranza?
A Roberto è stato dato: penso
che sarà dato anche a noi.
Giorgio Bouchard
BRESCIA — Dopo la pausa
estiva la nostra chiesa ha visto
la partenza del pastore Maria
Bonafede, che per due anni ha
curato la comunità. Domenica 18
settembre, dopo il culto di commiato, ci siamo intrattenuti con
lei, il marito Daniele Garrone e
il piccolo Beniamino, per esprimerle la riconoscenza di tutti per
la paziente opera di visite e di
predicazione svolta tra i membri.
Maria ha saputo parlare di Cristo e della propria fede con
schiettezza e incisività a persone
di ogni ceto ed età, e le auguriamo un fruttuoso ministero anche
nella nuova sede di Roma.
o Domenica 2 ottobre, nel corso- del culto presieduto dal sovrintendente Pino Bernardini, è
stato insediato il pastore Agostino Garufl, proveniente da Verbania-Intra, che ha quindi iniziato
il suo servizio accolto da un saluto di affetto. Al nuovo pastore e
alla consorte Aurora la comunità
augura un rapido inserimento
nella vita della chiesa di Brescia
e nella nostra realtà cittadina.
• In settembre si sono imiti in
matrimonio Giovanni Bertalot e
Lucia Ponzo, la predicEizione è
stata affidata al padre dello sposo, il pastore Renzo Bertalot. In
novembre, il pastore Gino Conte
ha tenuto, su invito della comunità, un’interesssante conferenza
presso la Sala valdese, dal titolo
« Dio nella creazione. I cristiani
di fronte alla crisi ecologica»;
nonostante l’ampia pubblicità data all’iniziativa, la partecipazione dei cittadini è stata molto minore alle nostre aspettative.
e L’ultima domenica del mese
alcune sorelle hanno organizzato
nel pomeriggio il tradizionale bazar di fine anno, che ha registrato un’ottima partecipazione dei
membri di chiesa e di loro conoscenti.
Ermelinda della Torre.
• Il 29 novembre l’anziano e il
pastore, accompagnati da alcuni
fratelli, hanno fatto visita alla sorella Ennelinda della Torre, per
festeggiare il suo 101° compleanno. Il padre di questa nostra
« decana » fu pastoie metodista
ed Ermelinda insegnò per ben 46
anni in una scuola elementare di
Asola (Mantova), ove seppe comunicare agli scolari, che tuttora
le fanno visita, il proprio amore
per TEvangelo.
• Domenica 4 dicembre abbiamo accolto tra i nostri membri
un giovane fratello, Ennio Gazza,
e un’anziana sorella, Corinna
Rossini, che hanno pubblicamente confessato la propria fede nel
Signore Gesù Cristo.
• Prima di Natale abbiamo
svolto uno studio biblico con la
Comunità di base di S. Giorgio;
in seguito si è deciso di incontrarsi mensilmente per riflettere
liberamente insieme su alcuni
passi delle Scritture.
• Anche quest’anno, in occasione della settimana ecumenica, si
è svolto nel nostro tempio un incontro di riflessione e preghiera
con la Comunità dei padri della
pace. La partecipazione cattolica
è stata discreta e variegata, negli
interventi si è auspicato uno
scambio di idee più frequente tra le nostre due confessioni.
Negli stessi giorni il pastore scriveva un articolo sulTecumenismo
per il settimanale della diocesi e
partecipava a un dibattito presso
un’emittente televisiva bresciana.
Due lutti
PADOVA — A distanza di una
settimana l’uno dall’altra, ci hanno lasciato per la casa del Padre i fratelli Elio De Ponti e Luciana De Ponti in Giaretta. Mentre il caro fratello Elio era sofferente da tempo, la sorella Luciana è mancata improvvisamente, lasciando tutti nella più profonda costernazione.
Il pastore Bruno Costabel, ricordando i due fratelli, ha sottolineato il significato evangelico
del culto in occasione di un funerale, nel suo valore di normale atto comunitario di adorazione dell’unico Dio — signore
della vita e della morte, salvator nostro e nostro redentore
— e di manifestazione di affetto e di solidarietà da parte di
tutti i fratelli nei confronti del
familiari, nel desiderio di condividerne la dolorosa prova.
Per adempiere ad una espressa richiesta del fratello Elio, la
comunità ha cantato l’inno di
speranza: « Oh beati su nel cielo ».
Incontri ecumenici
BOLOGNA — Proseguono gli
incontri ecumenici. Dopo l’incontro sulla figura di Dietrich
Bonhoeffer, che si è svolto domenica 19 febbraio con la partecipazione di Alberto Gallas e Sergio Rostagno, martedì 28 febbraio, alle ore 21, il gruppo biblico interconfessionale esaminerà
il testo del rapporto preparatorio
per la conferenza ecumenica di
Basilea « Non c’è pace senza giustizia ».
COMMISSIONE PER L’OPERA BALNEARE VALDESE
G.P. MEILLE - BORGIO VEREZZI (Savona)
Sono stati fissati i turni della colonia marina anno 1989 a Borgio Verezzi (Savona) per i bambini in età dai 6 ai 12 anni (nati dopo il 1.1.1977 e non oltre il 31.5.1983).
1° turno dal 19 giugno al 10 luglio 1989
2° turno dal 10 luglio al 31 luglio 1989
3“ turno dal 31 luglio al 21 agosto 1989
4“ turno dal 21 agosto al 11 settembre 1989
I moduli per le iscrizioni possono essere richiesti presso la segreteria della Chiesa valdese di Torino, Via S. Pio V n. 15 -10125 Torino - tei. 011/6692838. Termine
delle iscrizioni: 15 maggio 1989.
Si accettano domande per personale (evangelico) addetto ai turni di colonia: monitrici/ori, vigilatrici/ori, infermiere/i. Età minima 18 anni compiuti.
La commissione è a disposizione per ogni ulteriore informazione.
6
fede e cultura
24 febbraio 1989
CINEMA
Con occhi di ragazzi
India e Sud Africa; due realtà drammatiche viste attraverso l’esperienza dei più giovani; due film notevoli su cui occorre riflettere
« Un mondo a parte »; la giovane protagonista e la sua presa di
coscienza.
Salaam Bombay
Krishna è un ragazzino della
provincia indiana, viene dalla
campagna. Ha recato un grave
danno al fratello, e deve andar
via di casa per risarcirlo ed evitarne la punizione. Così, avventurosamente, amva a Bombay
che, letteralmente, lo fagocita.
Fa da sfondo lo squallore di
bassifondi che sembrano propagarsi per chilometri e chilometri- E soprattutto sono tantissimi i bambini; come i più disperati degli altri si arrabattano,
corrono dietro a qualche lavoretto aleatorio: precario sarebbe dir poco, a volte si tratta di
rendere qualche servizio di supporto ad attività più o meno
illecite.
Krishna troverà modo di far
qualche soldo presso un chiosco
di bibite il cui padrone — uno
strozzino — gli affida la mansione di portare in giro i vassoi
con il tè ordinato dai clienti.
Ben presto dunque scopriamo
con Krishna (ora chiamato da
tutti « Chaipau », portatore di
tè) un sottobosco di ricatti, intimidazioni, prostituzione, sfruttamento dei minori, traffico di
droga.
In particolare il nostro protagonista fa forzatamente amicizia con un tossicodipendente costretto anche allo spaccio e soggiogato da un ruffiano, che controlla tutti i traffici illeciti del
quartiere; quest’ultimo, allo
squallore di cui è come gli altri
circondato, aggiunge quello suo
proprio, obbligando la madre di
sua figlia a prostituirsi, buttando la bambina a dormire in
strada (che vi passi il resto della giornata è normale), arricchendosi con la tratta delle minorenni.
Mira Nair, la regista, è al suo
primo lungometraggio di « finzione », essendosi dedicata fin
oui al documentario. E molto
della pratica documentaristica è
rimasto nel suo film, che ha ottenuto tra l’altro a Cannes il
massimo riconoscimento per le
« opere prime ». Non solo per
quanto riguarda lo studio e la
conoscenza diretta dei personaggi ( « il documentario, obbligandoti a vivere per mesi e mesi
insieme ai tuoi personaggi —
ha detto — è il mezzo migliore
per capirli »), ma anche per una
tecnica di ripresa che privilegia
l’uTO della « carrellata » (la macchina da presa che si muove
in linea retta avanti, indietro
o lateralmente), in modo da seguire o anticipare i movimenti
dei personaggi, facendoci quasi
trovare al loro posto, nei « bagni di folla » che si compiono
nei mercati e nelle piazze di
Bombay, come nella fuga, Chaipau sarà infatti anche arrestato e portato in un carcere stracolmo di bambini sottratti alla
strada. A differenza di altri, ne
uscirà (scappando) non p^ù adulto, ma bambino com’era; gli
ruberanno anche i pochi risparmi messi insieme. E il « ragazzo
del tè », che non sa più da dove
è arrivato, non ricordando la
provincia, si struggerà nel ricordo nostalgico e comprensibile di una madre che l’ha di fatto allontanato di casa.
Un mondo a parte
Un’altra vicenda drammatica.
Sempre vista attrav'crso Io sguardo dei ragazzi, è Un mondo a
parte, uscito anche in Italia a
pochi mesi da Grido di libertà.
E in effetti i due film hanno
molte cose in comune: il fatto
di essere entrambi denunce del
regime sudafricano, i luoghi in
cui sono stati girati (io Zimbabwe, poco lontano dal confine
con il Sud Africa), l’impiego di
un buon numero di comparse
che hanno preso parte alle due
realizzazioni.
L’autore, Chris Menges, è inglese, ed è al suo primo film
come regista, essendo diventato.
a partire dagli anni roventi del
« Free cinema » inglese, uno
dei migliori cameraman disponibili neirambiente. Oltre a questo è anche un cineasta impegnato ad osservare criticamente
la società, impegno che ha puntualmente trasferito nelle sue
opere, a partire da quelle do
cumentaristiche.
Oui si colloca allora una seconda analogia con Salaam Bombay, ed è l’impostazione « etica » della finzione in rapporto
ad una realtà che sta ancora a
metà tra l’attualità e il riscontro storico.
E’ nel Sud Africa che Menges
realizza, nel 1963, un servizio
per il programma « World in
action », espressione di controinformazione al giornalismo « ufficiale » della BBC. Argomento
del reportage era quella famosa
e famigerata legge « dei 90 giorni », che consente al governo e
alla polizia la detenzione di persone ritenute sovversive senza
che siano sottoposte a processo.
Da una vicenda analoga muove
il racconto, frutto dell’esperienza personale della sceneggiatrice, Shawn Slovo, i cui genitori,
attivisti dell’ANC, furono costretti alla fuga clandestina il padre,
e alla prolungata detenzione la
madre.
Personaggio centrale diventa
allora la figlia più grande, di 13
anni che, con la sensibilità di
quell’età riesce, attraverso sofferenze laceranti, a scoprire il senso dell’impiegno dei genitori e
di tutto il popolo nero. Ma sarà
appunto una scoperta forzata,
con tutta la drammaticità della
separazione dalla madre, con
l’imjTOSsibilità di frequentare la
migliore ^ica per il rifiuto della famiglia, con le accuse dei
compari di scuola di avere i
genitori « comunisti ». Con la
presenza, una volta che la madre è stata rilasciata, dei poliziotti notte e giorno davanti a
casa, con la tragicità della morte in questura di Salomon, fratello della governante nera e attivista a sua volta.
Una tecnica
giornalistica
C’è, a questo proposito, un’altra evidente analogia con il film
di Richard Attenb^orough, nella
sequenza del funerale. Ma, rispetto alla grande regia delle migliaia di comparse e al gusto
per l’immagine, prevale nell’opera di Menges (formatosi giornalisticamente) la ricerca dell’incisività, della secchezza, dell’evidenza delle cose e delle atmosfere: della tecnica giornalisticodocumentaria sono mantenuti
l’uso del sonoro in presa diretta
(non registrato, a posteriori, in
studio, ma contemporaneamente al filmato della banda visiva), e la scelta di non provare
le scene prima di girarle; in questo modo gli atteggiamenti delle comparse, ovviamente non
professionali, si mantengono più
aderenti alla loro caratterizzazione spontanea.
L’autorevolezza che deriva al
regista dal fatto di aver ripreso
già in maniera cronachistica quegli eventi, non togliendo nulla
allo sviluppo narrativo del film,
ne garantisce l’autenticità, nonostante esso sia, inevitabilmente e giustamente, un film di parte, che « si schiera ».
Alberto Corsani
Salaam Bombay, di Mira Nair, IndiaUSA-Gran Bretagna-francia, 1988,
A World Apart, di Chris Menges,
Gran Bretagna, 1988,
COM MUOVI TEMPI/FCEI
ECUMENE, 3-5 marzo 1989
convegno su
Le nuove frontiere
dell'ecumenismo,
delle religioni, delle etnie,
dell'etica
In vista del lancio del nuovo progetto editoriale di
com-nuovi tempi, la cooperativa com-nuovi tempi e la
federazione delle chiese evangeliche promuovono un
convegno di impostazione e dibattito sul tema « Le
nuove frontiere dell’ecumenisrtio, delle religioni, delle
etnie, dell’etica ». Il convegno si svolgerà dal 3 al 5
marzo prossimi, presso il centro metodista di Ecumene.
PROGRAMMA DEL CONVEGNO
Venerdì 3 marzo:
ore 19,30 - arrivo dei partecipanti e cena;
ore 21,00 - presentazione del nuovo progetto
co-editoriale e dibattito.
Sabato 4 marzo:
ore 9,00
grafi
relazione di Franco Barbero e intervento di
Paolo Ricca suH’ecumenismo, relazione di
Letizia Tomassone sulle religioni, dibattito;
ore 15,00 - relazione di Mario Miegge sulle etnie, relazione di Lidia Menapace sull’etica, dibattito;
ore 21,00 - dibattito.
Domenica 5 marzo:
ore 9,00 - assemblea della cooperativa com-nuovi
tempi per il lancio del nuovo periodico
mensile;
- chiusura con il pranzo.
INFORMAZIONI PRATICHE
— il centro di Ecumene si trova a Velletri (Roma) in contrada
Cigliolo-Peschio, tei. 06/9633310. Velletri è raggiungibile in
treno (dalla stazione Termini) o in autobus (autostazione
Anagnina, capolinea metro A). Giunti a Velletri telefonare a
Ecumene, che dista circa 2 km. dal centro della cittadina;
— costo del convegno; L. 50.000 (comprensivo di pasti e pernottamento, costo del pasto singolo L. 10.000);
— è necessario prenotarsi (anche per chi si limita a consumare
uno o più pasti) telefonando entro e non oltre il 25 febbraio alla redazione di com-nuovi tempi, tei. 06/3568331 3251329.
106 ANNI
“Testimonio" rinnovato
Rinnovato neH’impcstazione
grafica e più agile alla lettura,
è uscito il n. 1 de « Il testimonio », che apre il 106° anno di
vita.
Caratterizzato da un maggior
impiego di foto e illustrazioni,
il primo numero dell’anno si apre, dopo l’editoriale e la meditazione, con im servizio sull’ultima assemblea della FCEI, con
interviste al presidente Bouchard
e al pastore Bruno Tron, responsabile del Servizio migranti.
Segue un interessante reportage da un « viaggio in Corea »,
dalle caratteristiche senz’altro atipiche; Pasquale Castelluccio
ha preso parte ad un’iniziativa
di evangelizzazione promossa
dalle chiese coreane in occasione
delle ultime Olimpiadi. L’articolo riporta le impressioni di
chi si è trovato a contatto con
una realtà di grande fermento,
con locali di culto capaci di diverse migliaia di posti.
Lidia Maggi aggiorna poi sulla
situazione gestionale del seminario battista di Rueschlikon, passato recentemente a proprietà
della Federazione battista europea, e Vincenzo Canale presenta
una relazione sulla concezione
politica di Lutero e Machiavelli.
Il numero è completato dalle
consuete pagine di note omiletiche, temi di teologia (« Giustiflcazione/Grazia », di E. Genre),
recensioni librarie e notizie dalle chiese.
L’abbonamento costa L. 29.500; i versamenti vanno effettuati sul CCP n.
16551500 intestato a « Il testimonio »,
Borgo Ognissanti, 6 - 50123 FiRENZE.
7
24 febbraio 1989
scienza e fede
LA DONAZIONE DI ORGANI IN UN’OTTICA CRISTIANA
IL TRAPIANTO COME DONO
Gli aspetti giuridici ed etici del prelievo e del trapianto - Le tecniche chirurgiche non devono svilupparsi a
scapito della prevenzione - Il concetto cristiano del corpo e della vita - La resurrezione e il nostro stato fisico
Dal prime trapianto di cuore,
operato da Christian Barnard
nel 1967, molte cose sono cambiate. Da allora si sono affinate
le tecniche di prevenzione del
’’rigetto”, estendendo la possibilità dei trapianti ben oltre lo
stretto limite dei gemelli ’’identici”. Si possono ora trapiantare
cuore, reni, fegato, pancreas,
midollo, cornee, polmoni, intestino, tessuti, ecc.
Dal 1987 si hanno indicazioni
positive sulla possibilità di curare il morbo di Parkinson con
il trapianto di neuroni. Si tratta di autotrapiantc, con il quale si pongono nel cervello cellule capaci di produrre la sostanza
(dopamina) necessaria a sconfìggere la malattia. La ricerca si
orienta verso l’utilizzo di cellule
letali in funzione di trapianto.
Ciò solleva problemi etici particolari, connessi alla discussione
circa l’utilizzo del feto a scopo
terapeutico. Prima di occuparci
delle normative e dei problemi
etici collegati ai trapianti, rispondiamo ad una questione connessa all’espianto, alla fase del
prelievo di un ergano o tessuto. Possiamo temere che l’espianto si effettui su persona
non ’’veramente” morta, ovviamente non nel trapianto da vivo
a vivo ma da morto a vivo? I
parametri per l’accertamertto
del decesso sono così rigorosi
da escludere la ragionevolezza
dell’incubo di espianto su persona ancora viva. Ricordiamo ciò
che prevede la legge, nell’illegale tutto invece è possibile. Prima
dell’espianto un collegio medico
specialistico procede agli accertamenti dell’avvenuto decesso:
verifica di assenza dei riflessi
dei nervi cranici della zona encefalica che presiede alla vita
vegetativa; verifica di assenza
di attività elettrica cerebrale,
anche sotto stimolazione massimale, per accertare l’inesistenza di neuroni ancora viventi. La
morte cerebrale non lascia spazio a residui dubbi. Osservate le
norme, non c’è margine d’errore. La legge prevede inoltre che
si occupi dell’espianto im’équipe medica diversa da quella che
accerta il decesso. La procedura dell’assegnazione dell’organo
esclude interessi privati, poiché
si attiva in base ad una scelta
nella quale gli operatori non
hanno potere discrezionale; il
’’ricevente” è selezionato, da un
elenco, in base a criteri di urgenza e di compatibilità tra i
tessuti del donatore e del destinatario.
Tutto può accadere ove si infrange la legge, ove vige il mercato degli organi, ove addirittura si allevano ragazzi e ragazze
da usare come serbatoi di organi. Ma qui entriamo nel macabro, nel disumano. In Italia, la
legge 458 del 1967 vieta la compravendita di organi, mentre ha
reso lecita la disposizione del
rene, a fine terap>eutico, tra persone viventi, purché a titolo gra
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tuito. Un decreto ministeriale del
1970 ha stabilito le metodiche,
sopra ricordate, per accertare
la morte di persone sottoposte
a rianimazione per lesioni cerebrali.
La legge 664 del dicembre
1975 ha disciplinato il trapianto
terapeutico, che può essere fatto senza rispettare il periodo
di osservazione previsto dalle
norme di polizia mortuaria. Non
possono essere prelevati l’encefalo e le ghiandole sessuali e
procreative. Sino al 1988, anno
di approvazione, per ora solo
al Senato, di una nuova normativa, era necessario avere l’assenso dei parenti. Una proposta di
legge, che non è stata accettata,
prevedeva l’obbligo per tutti i
cittadini che avessero compiuto i 16 anni di dichiarare il loro assenso o rifiuto ad essere
considerati ’’donatori”. In mancanza di dichiarazione, quel progetto prevedeva che si potesse
procedere al trapianto, essendo
il silenzio considerato come assenso di fatto. Ci pare sia bene
che tale proposta non sia passata. Sia per ragioni giuridiche,
poiché non vi è nel nostre ordinamento la ’’presunzione di consenso”, sia perché ciò introdurrebbe una concezione di espropriazione di organi dei defunti
in nome di una ipoteca sociale
sul corpo, sia perché la ’’donazione” non deve essere obbligo.
Va però considerato anche il
rovescio della medaglia: se pare più convincente la posizione
’’tutiorista”, più garantista per
il donatore, che fa leva sulla volontà anziché suH’obbligo, non si
può perciò liquidare la discussione sul diritto assoluto all’integrità del cadavere, sulla sua
intangibilità o ’’sacralità”.
Al diritto di integrità del cadavere si è derogato da oltre un
ventennio, per l’autopsia i medici non sono tenuti a chiedere
il consenso dei parenti. Deve
essere sospeso quel diritto anche nel caso di prelievo d’organi? La legge passata al Senato
ha scelto la via del consenso
esplicito e della ’’donazione”.
Ciò non esclude che quel diritto
possa subire altre restrizioni.
Una domanda in tale senso viene dagli operatori dei trapianti,
che sottolineano la carenza di
organi. Si attuano circa tremila
trapianti di rene, ne servirebbero diecimila; mille di cornee e
la domanda è di settemila; a
fronte dei cento trapianti di
cuore, se ne dovrebbero fare almeno cinquecento. Il nuovo progetto di legge è criticato soprattutto all’articolo 5, poiché reputa donatori solo coloro che avranno dichiarato la loro volontà, che dovrà essere registrata
dal medico dì base, scritta sul
libretto sanitario personale, segnalata alle USL e da qui ai
centri interregionali per i trapianti. Con l’assunzione del criterio del silenzio-assenso, si osserva, si sarebbe aumentato il
Luis Washkansky, uno dei primi trapiantati di cuore, nel 1967. Il suo
nuovo cuore ha cessato di battere dopo 18 giorni dal trapianto.
numero dei donatori, quindi degli organi, seguendo un criterio
già vigente in paesi europei ed
extraeuropei. La proposta di
legge prevede l’anonimato del
donatore.
Trapianto
e prevenzione
Il medico Giovanni Berlinguer
ci fa ^ardare alla questione in
un più anipio quadro sociale,
spostando l’attenzione alla prevenzione. Il trapianto è sia un
successo scientifico-medico, sia
tm fallimento sociale. La stessa
disponibilità di organi, la cui
funzionalità è anche legata all’età del donatore, è in moltissimi casi segno della mancata
prevenzione. I quattromila morti per incidenti domestici, i mille da infortunio sul lavoro, i
morti sulle strade, queste migliaia di vite pesano sulla coscienza della società che non
adotta adeguate misure preventive. Con molto ritardo si è decretato l’uso del casco per i
motociclisti; nel nostro paese
non è ancora obbligatorio l’uso
delle cinture automobilistiche
di sicurezza; le misure, antinfortunistiche non sempre sono fatte rispettare dalle aziende; il lavoro è, ancora in percentuale
troppo alta, fonte di patologie e
di morte. La cultura del dono,
che i trapianti auspicano, non
può attecchire, sarà guardata
con sospetto, senza una correlata cultura della prevenzione sanitaria. In questo quadro i trapianti rischiano di apparire prodigiose alchimie, lussuosi interventi posti accanto a gravi, colpevoli omissioni. I costi della
medicina avanzata debbono giustificarsi in una visione ’’contabile” bilanciata, che non pena
lizzi la prevenzione. Con il progresso nel controllo del rigetto
e la crescita di disponibilità di
organi artificiali, si può profilare una società di « uominipuzzle » che vivono grazie a
’’pezzi” di diversi donatori ed
organi e tessuti artificiali. Se
la prospettiva può apparire
allucinante, forse ci parrà meno
spaventosa ponendoci dalla parte del ricevente. Se pensassimo
di essere noi o i nostri cari a
beneficiare dei miracolosi interventi, la questione ci apparirebbe subito meno aliena!
Cristianamente
pensando
La fede insegna ai cristiani
come pensare il proprio corpo e
la vita. Nonostante la sempre
presente concezione dualistica,
che separa corpo e anima, che
disprezza il primo ed esalta la
seconda, che proclama l’incarnazione una carcerazione e la morte una liberazione, idea sin troppo ben acclimatata anche nel
cristianesimo, la fede ci consegna un concetto altamente positivo del corpo e della vita. Non
diremmo però un concetto ’’sacrale”, assolutamente intangibile c che non abbia a che fare
con valori che ne relativizzano e
contestualizzano, anche socialmente, il significato. Corpo e vita, in inscindibile unità, senza
animistiche mediazioni, sono doni di Dio. Un dono che non diventa però nostro monopolio,
ma qualcosa che è sempre interrogato circa l’uso che ne facciamo, qualcosa che ci sarà chiesto, che attende d’essere trasformato a misura della nuova
creazione, e di Cristo, nuova
creatura. Non perché questa
creazione e questa vita siano
In un mare di verde, in un’oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto l’anno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per banchetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
^ TORRE PELLICE
disprezzabili; anzi, dice la Genesi, dice il Creatore, buono è il
corpo, buona la vita, ma ci è
promessa una più compiuta bontà, un nuovo essere di cui il presente è pegno e vocazione alla
espansione perfetta della vita
nella inalienabile comunione dei
viventi in Dio creatore, nell’uomo perfetto Cristo Gesù, nel vincolo inscindibile d’amore, lo Spirito Santo. Neppure la morte
ci separerà da quell’amore. Il
credente dovrebbe orientare tutta la sua esistenza a quella logica del dono esemplificato (toll’essere per gli altri per ecQ^'
lenza: Gesù messia del Padre.
Il credente che cresce alla scuola divina della comtmlone dovrebbe con più prontezza e generosità camminare nella via della comunione. Se il dono della
vita, grazie ai progressi della
medicina, può addirittura sorgere dalla zona oscura della nostra morte, se ima parte del nostro corpo (quando il nostro essere è davanti al Signore della vita e dei viventi)
può ancora partecipare solidarietà e dare vita, non dovremmo che essere lieti di tale possibilità. Anzi, potremmo interpretare tale nuova prospettiva come vocazione, ultimo appello a
cui possiamo rispondere nelTestrema conferma della scelta della condivisione come stile di vita cristiana, come cristiana visione della nostra morte.
Anche «nella valle dell’ombra
della morte» non temiamo male alcuno, perché Dio è con noi
(Salmo 23). Può brillare la luce
della comunione anche nell’antro
oscuro del silenzio, quando la
vita non ha più da dare che il
solo corpo.
La resurrrezione a cui siamo
chiamati non dovrà certo fare i
conti con l’integrità o meno
del nostro corpo!
Alfredo Berlendls
Uliveto
L’Uliveto, in vista di
eventuali assunzioni, comunica che chi fosse interessato a lavorare con
portatori di handicap,
può presentare domanda
entro, e non oltre, il
28.2.1989 purché abbia i
seguenti requisiti:
— Diploma di scuola media superiore;
— sei mesi d'esperienza
nel settore socio-assistenziale;
oppure:
— Diploma di educatore
specializzato;
— età 18/40 anni.
Domanda in carta libera
corredata da curriculum
vitae.
Per informazioni rivolgersi a: « Uliveto », Istituto medico-pedagogico 10062 Luserna S. Giovanni
(To) - Strada Vecchia di $.
Giovanni, 93 - Tel. 0121/
900253.
8
8
ecumenismo
24 febbraio 1989
RAPPORTI STATO-CHIESE
Nel quadro delle sue ormai affermate tavole rotonde il Centro
evangelico di cultura ha organizzato un incontro sul tema « I
rapporti Stato-Chiese: prospettive e linee di tendenza », sabato
26 novembre nella cornice austera dell’aula magna della Facoltà
valdese di teologia in Roma,
L’intervento di tre notissimi
docenti di diritto ecclesiastico, i
professori Piero Bellini, Francesco Margiotta Broglio e Cesare
Mirabelli, ha fatto di questo
incontro un avvenimento culturale atteso e per molti versi stuzzicante anche per le note differenti posizioni sociopolitiche dei
relatori. Già sin dal primo giro
d'interventi si sono nettamente
delineati due opposti schieramenti: da una parte Margiotta Broglio e Mirabelli dell’area liberalcattolica, dall’altra Bellini, laico
di sinistra.
I primi due hanno intravisto
nella fase storica che evolve verso nntegrazione europea del
1992 l’occasione di un positivo
processo di omogeneizzazione (è
stato usato questo brutto termine) anche dei rapporti ChiesaStato, includente anche una magigiore coordinazione delle politiche ecclesiastiche nazionali. Da
tutto ciò i rapporti Chiesa-Stato
dovrebbero trarre vantaggio, specie nei paesi europei nei quali
le relazioni di tal genere non sono conflittuali.
Bellini ha subito replicato di
non credere che nel 1992 succederà alcimché di positivo, almeno per due motivi: il primo è
che l’obiettivo primario dell’attuale leadership europea non potrà non essere una ulteriore avanzata dello spirito edonistico
ed egoistico, legato al binomio
ROMA — Venerdì 3 marzo, alle ore
16.30, presso la sede del Consiglio
nazionale deH'economla e del lavoro.
In via David Lubìn, 2, avrà luogo una
tavola rotonda su relazione del padre
Joseph Wresinski • Grande povertà e
precarietà economica e sociale ».
ROMA — Domenica 12 marzo, alle
ore 16.15, presso la casa delle suore francescane miss, dì Maria in via
Giusti 12, avrà luogo un incontro di
formazione ecumenica sul tema « La
terra è del Signore »; intervengono
Lea Sestreri, ex docente di ebraismo,
e Daniele Garrone, docente della Facoltà valdese di Teologia.
FIRENZE — Sul tema Europa « casa
comune »? — Risposta a Gorbaciov,
si svolge sabato 4 marzo, a partire
dalle ore 15 presso il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, il colloquio europeo di « Testimonianze >. Nella serata, alle 21.15 presso il Palaffari (p. Adua, 1) si terrà una tavola
rotonda dal titolo Aiutare Gorbaciov?
— L'Europa di fronte alla perestrojka,
cui partecipano Ernesto BalduccI, Renzo Foa, Wlodzimierz G'oldkorn e Vladimir Korotkov.
TORINO — Venerdì 24 febbraio,
alle ore 21, presso l'Hôtel Venezia
(v. XX settembre, 70), si tiene un
dibattito organizzato dalla redazione
torinese di • Diritto alla pace >, dal
titolo II dialogo tra i « grandi » e i
movimenti per la pace (a confronto
pacifisti sovietici, americani e italiani).
Intervengono A. Pisarev, del Comitato sovietico della pace: P. Solo,
direttrice dell’Institute for Peace and
International Security; A. MalllanI,
rappresentante italiano presso l’International Physicians for the Prevention of Nuclear War.
produzione-consumo; il secondo
è che l’idea religiosa, nelle sue
prestazioni ecclesiologiche ed etiche, non va in direzione della
dominante ideologia europeistica tutta dominata da un esasperato pragmatismo. E poi — ha
aggiunto Bellini — i movimenti
religiosi danno molto fastidio all’establishment europeo nella misura in cui non si lasciano omologare e legare al carro istituzionale programmato ed ai privilegi connessi.
Spostatosi il discorso sulle
« intese » stipulate e su quelle
eventualmente in attesa di negoziazione, Margiotta Broglio ha
tessuto le lodi del regime pattizio, ritenendo che esso non abbia reali alternative per le confessioni che vogliono sottrarsi
alla normativa del 1929.
Mirabelli ha soggiunto che il
regime delle intese ha creato
maggiori spazi di libertà alle confessioni che vi hanno aderito.
Del resto, ha aggiunto, la normativa civilistica Ocosiddetto diritto comune) è carente e rattrappita e comunque inidonea a gestire la vita delle chiese e soprattutto i loro rapporti con lo
Stato. Per Bellini il sistema pattizio degli articoli 7 e 8 della
Costituzione è virtualmente fallito essendosi risolto, sia nel versante cattolico (neoconcordato
del 1984, dissimile da quello del
1929 solo per gli aumentati privilegi) che in quello acattolico
(intese dall’84 in poi, tutte cen
INDIA
I cristiani chiedono
parità di
I responsabili delle chiese di
varie denominazioni cristiane in
India hanno chiesto insistentemente al governo che gli speciali
provvedimenti a vantaggio delle
caste inferiori siano applicati
anche ai cristiani che hanno
questa origine. La protesta è
stata organizzata con cortei ecumenici, digiuni, chiusura di scuole e una campagna di firme.
La Costituzione indiana accorda speciali benefici ai membri
delle caste inferiori e ai gruppi
aborigeni, per promuovere il loro sviluppo sociale. Tra questi
vi è l’istruzione gratuita, facilitazioni per l’occupazione, provvedimenti particolari in programmi di assistenza sociale.
Tuttavia, un decreto presidenziale del 1950 limita questi benefici solo agli Indù e ai Sikh
delle caste inferiori. In India,
metà della popolazione è di casta inferiore. Su 20 milioni di
cristiani, 16 milioni appartengono alle caste inferiori e devono
affrontare il dilemma se iscriversi alle chiese cristiane, perdendo così i benefici previsti
dalla legge.
daudiana editrice
NOVITÀ’
F.P. BRUCE
Gesù visto
dai contemporanei
Le testimonianze non bibliche
pp. 204, collana « P.B.T. n. 19 », L. 18.000
Se i racconti biblici dell’attività di Gesù sono veritieri,
tale attività deve aver lasciato una traccia nei resoconti storici
del tempo. Come è stato visto il fatto straordinario Gesù
di Nazareth dai contemporanei (ebrei, romani e pagani in
genere)? Un libro che arricchisce la nostra conoscenza di
Gesù e dell’infiuenza da lui esercitata su uomini e donne del
suo tempo.
m
FONDATA NEL 1855
Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A. n. 274.482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 00601900012
Le Intese: strumento
superato e privilegiano?
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Giuseppe Platone
Un processo unificatore con l’Europa del 1992? - Quello che manca
ai testi legislativi di ratifica: i principi generali delle confessioni
trate sulla sistemazione di interessi socio-economici), in una solidificazione di ben precisi interessi corporativi. Per garantire
una vera ed effettiva parità dei
diritti delle confessioni sarebbe
sufficiente xm diritto comune, opportunamente integrato, modellato sulle esigenze generali delle
confessioni stesse. Invece è prevalsa la logica del « maso chiuso»: ogni chiesa coltiva Torticello della sua brava intesa e
dei Suoi connessi benefìci. Non
è facile prevedere come lo Stato, data la sua spiccata vocazione burocratica e giurisdizionalista, piossa gestire la fìtta rete
delle decine di intese stipulate
senza nel contempo discriminare
la gran parte delle confessioni
che non chiederanno intese.
Nel dibattito che è seguito, il
Prof. -Lariccia si è dichiarato deluso ed insoddisfatto dell’impatto che Tari. 8 ha avuto con le
intese stipulate. Non si è mancato di sottolineare la sostanziale slealtà del legislatore in sede
di ratifica delle intese: il testo
legislativo di ratifica non riporta mai i principi generali che
caratterizzano la posizione della
confessione stipulante e che trovano porto nei preamboli alle
intese. Scorrettezza giuridica di
grande portata che rivela, se ve
ne fosse bisogno, come per lo
Stato la confessione religiosa interessa soltanto come formazione giuridica.
(SCO
Gli oratori
dell’assemblea
BASILEA — Sono stati recentemente nominati i maggiori oratori che rivolgeranno un messaggio alla prossima assemblea
ecumenica di Basilea (15-21 maggio ’89). Si tratta del parlamentare britannico David Steel, dell’arcivescovo russo ortodosso
Kyrill e del cardinale francese
Etchégaray, attualmente in Vaticano. Proveniente dall’India, rivolgerà un messaggio all’assemblea anche Anma Gnanadason
e l’ex primo ministro del Portogallo Maria Lourdes Pintasilgo.
Per l’Italia parlerà il ministro
Mario Pavan. L’ultimo giorno
parleranno il padre dell’idea del
"Concilio per la pace” Cari Friedrich von 'Weizsäcker e il pastore Aimemarie Schönherr della Repubblica democratica tedesca.
Missione delle
chiese in Europa
GINEVRA — Nel Comitato
consultivo di studi della Conferenza delle chiese evangeliche
(KEK) entrano due nuovi membri: il prof. Ermanno Genre
della Facoltà valdese di Roma e
il past. Geneviève Chevalley della Chiesa riformata di Francia.
Il Comitato si compone di 13
membri provenienti da diverse
tradizioni cristiane e da diversi paesi del mondo. Tra gli impegni più importanti del Comitato, segnaliamo la continuazione dello studio sulla « missione
delle chiese in un’Europa secolarizzata », con particolare riferimento agli « aspetti pratici »
della missione.
Anche le donne
cappellani
BERNA — L’esercito svizzero,
che conta attualmente 456 cappellani (281 protestanti e 175
cattolici), demmeia l’attuale
scarsità di cappellani, particolarmente cattolici. Il Dipartimento
federale militare svizzero, in accordo con la Federazione delle
chiese protestanti e con la Conferenza episcopale accetterà, d’ora in poi, pur di aumentare il
numero dei cappellani, anche
diaconi e assistenti parrocchiali.
Questo vuol dire che anche le
donne potranno essere nominate
cappellani, purché svolgano un
ministero riconosciuto nella chiesa e abbiano tutti i requisiti necessari per lavorare nell’esercito, non ultimo Taver svolto regolare servizio di leva nel servizio femminile dell’esercito.
lizia in un luogo di culto per arrestare una persona che ha Tunica colpa di avere paura di tornare nel proprio paese.
Ecumenismo
in Jugoslavia
BELGRADO — Il Comitato
esecutivo del Consiglio ecumenico delle chiese in Jugoslavia,
che si è svolto recentemente a
Belgrado e al quale hanno partecipato i rappresentanti della
chiesa ortodossa serba, della
chiesa luterana di Slovacchia,
della chiesa riformata e della
chiesa metodista, ha discusso
di mutua collaborazione, di
scambio d’informazioni e di
sviluppo delle loro relazioni ecumeniche in un clima altamen•¿e costruttivo.
Nuovo pastore
a Riverside
NEW YORK — La grande chiesa battista di Riverside Drive
a Manhattan — con la quale
alcune nostre chiese in Italia si
erano gemellate nel quadro dell’azione a favore del disarmo - dopo più di un anno di "vacanza pastorale” ha da domenica 5
febbraio un nuovo pastore. Si
chiama Jim Forbes, 52 anni, docente di omiletica alTUnion
Theological Seminary di New
York, nero, politicamente progressista, con una coscienza sociale molto articolata e con una
predicazione profondamente biblica. Dovrà orientare teologicamente una delle chiese più grandi e vivaci della metropoli nordamericana.
Il comitato
dei quindici
Incursione
in un luogo di culto
MANCHESTER — Irrompendo nella chiesa dell’Ascensione
a Manchester, la polizia britannica ha arrestato il 18 gennaio il
rifugiato dello Sri Lanka Virj
Mendis allo scopo di rinviarlo
al proprio paese d’origine. Il
caso ha sollevato proteste da
parte di numerose chiese contro
il governo Thatcher. In una lettera al Ministro degli interni,
alcune organizzazioni ecclesiastiche, prime tra queste il CEC
e la KEK, fanno notare come il
Mendis, membro attivo del partito comunista del suo paese,
abbia validi motivi per temere
il rientro in patria. Nella lettera
si depreca l’incursione della po
NEW YORK — L’esecutivo del
National Ccuncil of Churches
(NCC) — l’equivalente della nostra Federazione delle chiese
evangeliche in Italia — ha nominato con procedura d’urgenza un comitato di quindici persone incaricato di studiare una
"nuova struttura del proprio
corpo ecumenico”, al quale aderiscono 32 chiese protestanti
nord-americane. L’iniziativa è
stata assunta alla luce dei nuovi, gravi problemi finanziari che
condizionano da tempo l’attività
stessa del NCC. Il pastore Patricia Me Clurg, presidente del
NCC, all’atto delTinsediamento
del "comitato dei quindici”, ha
detto; « Credo che tutte le nostre diversità siano in qualche
modo rappresentate da questo
comitato chiamato a decidere
sul nostro futuro ». Il comitato
include donne e uomini in una
equilibrata presenza di gruppi
etnici diversi, persone giovani
e persone anziane ancora attive
nella vita del NCC. Presidente
dell’importante comitato è il vescovo metodista Melvin Talbert,
che ha dichiarato: « Non ci troviamo di fronte ad un grave problema finanziario perché abbiamo cominciato ad interessarci
più profondamente di pace e di
giustizia. Si tratta dì un problema vecchio di almeno 20 anni
e che ultimamente si è aggravato. Il fatto di affrontare finalmente il nostro problema economico direttamente, con procedure d’urgenza, non deve impedirci di pronunciare parole
chiare a favore degli oppressi
e dei diseredati del nostro tempo ».
9
24 febbraio 1989
ecumenismo 9
UN IMPEGNO CORAGGIOSO
Donne
e pace
Molteplici le iniziative delle donne per la
pace, assunte in questi anni in tutto il mondo
Uno dei tre scopi sottolineati dal CEC (Consiglio ecumenico delle chiese) per il Decennio è « prendere in considerazione gli impegni
e le idee delle donne su "giustizia, pace e integrità della creazione" »;
un ordine del giorno deli’ultimo Sinodo delle chiese valdesi e metodiste lo ha appoggiato. La commissione « Comunità delle donne e
degli uomini nella chiesa » ha pensato di presentare alcune riflessioni sul tema « donne e pace », in concomitanza con rincontro del
Porum ecumenico delle donne cristiane europee che si è tenuto in
questo periodo (7-12 febbraio) a Boldem, in Svizzera.
I Vista la posizione strategica
dell’Italia — in un piccolo mare, fra diversi continenti. Africa, Asia, Europa, oggi luogo di
forti tensioni e pericoli — cosa
pensano e fanno le donne del Mediterraneo?
Vivono in mezzo a disuguaglianze economiche e sociali, ad
nn grave deterioramento dell’ambiente. ad installazioni demoniache di armi nucleari e chimiche.
Se apprezzano i primi passi tra i
due blocchi per alcuni smantellamenti e per un disarmo anche unilaterale, sanno che è solo una goccia nel mare e che rimane ancora
molto da fare in questo campo, sia
-a livello generale che individuale.
« Dicono pace, pace, mentre pace
non c'è » (Geremia 6: 14).
Per citare un solo esempio italiano di impegno di donne contro i moderni strumenti di sterminio, pensiamo al « campo delle
donne per la pace » « la ragnatela», costituitosi a Comiso l’8 marzo 1983. dopo che 12 donne pacifìste erano state arrestate, e ricordiamo che un anno dopo i giudici
hanno riconosciuto loro « l’alto
valore morule di manifestare per
la pace ».
Queste donne, che avevano dovuto cambiare vita, hanno chiesto aiuto ad altre donne, in modo
particolare nelle notti in cui i veicoli con i missili Cruise venivano
fatti uscire. (Come Gesù chiedeva
ai discepoli di vegliare al Getsemani, l’ultimo venerdì di ogni mese, per 24 ore, esse organizzano
una veglia in cui viene letta la passione di Cristo secondo Marco,
con preghiere e canti).
Un esempio simile di resistenza
di donne per la pace esisteva già
dal 1981 in Gran Bretagna di fronte alla base militare di Greenham
Common.
nCon il 1989, è iniziata una
campagna di opposizione alla NATO ed ai blocchi militari, poiché ricorre il quarantesimo anniversario deU’alleanza.
Donne e uomini si sentono tutti
coinvolti contro questo tipo di alleanze che si fondano sull’idea di
un nemico e si basano su una fal
sa pace, che è solo potenza della
forza armata e spreco di risorse —
a spese dei più miseri della terra — oltre che di intelligenze umane, accaparrate per ricerche finalizzate alla distruzione e sottratte
a quelle per sanità, educazione,
sviluppo.
Le minacce di oggi sono lo squilibrio Nord-Sud, il degrado della
biosfera, la dipendenza e subordinazione ad un altro paese che decide, in questo tipo di alleanze sopranazionali, che dividono l’Europa.
Occorre restituire al Parlamento e al popolo il controllo e l’autodeterminazione. E’ necessario un
dibattito parlamentare sui 40 anni
di partecipazione alla NATO, con
coinvolgimento popolare, che permetta di arrivare gradatamente
fino all’uscita dall’alleanza.
L’articolo 12 ne prevede la revisione, e il 13 dice che «dopo
20 anni dall’entrata in vigore del
trattato, ciascuna delle parti potrà
cessare di farne parte ». Siamo già
a 2 volte 20! Inoltre, per statuto,
il Patto di Varsavia, creato 6 anni dopo (1955), si scioglierà quando verrà abolita la NATO.
mLe donne sono interessate
alla difesa popolare nonviolenta; da sempre la difesa militare era riservata ai maschi.
Le ricerche attuali su modelli di
difesa non armata, con la partecipazione di tutti i cittadini, sono
l’unica alternativa; e le proposte
di legge di iniziativa popolare per
legalizzare l’obiezione fiscale e
finanziare un Istituto di ricerca
per la pace vanno in questo senso
(come fu la revisione della legge
sull’obiezione di coscienza al servizio militare).
yVT Infine sono le donne paleJ[ \ stinesi che hanno lanciato
un appello attraverso il
CEC chiedendo solidarietà ad altre donne; la nostra vita frenetica
ci impedisce a volte di sentire queste grida lontane, spesso soffocate,
di donne che non gridano per loro,
ma per il loro popolo, in Sud Africa, in America Latina o altrove.
Marie-France Maurin Coisson
asv e IMASTRO QEPPrrrO prcMfitwìa
TERZOtn
monDopoli
Il primo gioco in Itaiia
sul terzo mondo
Una proposta OfiginBle
per diveriirsi e riflettere
rt famiglia, a scuoia,
nei gruppi, con gli amici.
Per ordini o informezioni MASTRO GEPPETTO vi» Bologn» 1M ■ 101S4 Torino ■ 1t 011/151501
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CATANIA
Pace in un contesto di mafia
I missili di Comiso stanno partendo, ma non penso che abbiano mai preoccupato molto i catanesi, che soprattutto avvertono la loro impotenza davanti ai
drammatici problemi di questa
città in ginocchio. La vita di tutti i giorni è talmente priva di
pace, che mi viene difficile parlare di pace ad un livello generalizzato. Catania è sicuramente
una fra le città italiane più invivibili: primato nazionale della
delinquenza minorile, e forse anche di spaccio e consumo di
stupefacenti; assenza di parcheggi, circolazione caotica e violenta; mancanza di spazi verdi e,
per contro, spazzatura ovunque. Non esistono asili nido e
sono poche le scuole materne
comunali, i ragazzi delle scuole
dell’obbligo sono costretti a dividere le aule in doppi turni.
Negli ultimi vent’anni la mafia si è saldamente radicata nella città; quasi 80 omicidi nei primi 11 mesi del 1988.
Dire mafia significa al tempo
stesso parlare di una realtà diffusa a livello culturale e di re
lazioni sociali: una realtà che
si traduce in un comportamem
to di massa nelle piccole cose,
spesso a livello inconscio.
Parlare di pace qui a Catania
significa lavorare per rendere vivibile questa città. Vivibile per
tutti ma soprattutto per i bambini ed i ragazzi; essi hanno
bisogno di spazio, di scuole, di
asili nido, di scuole materne,
cioè hanno bisogno di poter ricevere ciò che è un loro diritto.
Non posso parlare di pace a chi
non viene rispettato nei suoi diritti elementari, a chi è costretto a crescere o è cresciuto in
quartieri dormitori privi di infrastrutture e spazi verdi, in
squallidi appartamenti dove manca l’acqua, a chi non può uscire di casa perché rischia di essere derubato dei pochi soldi
che ha con sé o di finire sotto
una macchina perché il marciapiede non è praticabile, a chi
da anni aspetta l’assegnazione di
una casa popolare e nel frattempo è costretto a vivere sul
litorale in una catapecchia umida.
Chi non è mai stato rispettato non può imparare a rispettare gli altri; ciò che è da salvare
è la propria pelle! Perché impegnarsi per la pace? Una pace
a che prò?
Da alcuni mesi Catania ha una
nuova amministrazione comunale, dopo anni di agonia e di commissariato. Penso che il mio lavoro per la pace in questo momento sia quello di impegnarmi con altre donne, per quanto
mi è possibile, nel tentativo (promosso dalla nuova amministrazione) di dare un volto nuovo
alla città, particolarmente su
progetti che prevedono interventi a favore dei ragazzi, dei più
deboli. Vegliare affinché la trasparenza che deve caratterizzare l’amministrazione comunale
trovi dei momenti di verifica nella città; si tratta di prendere
sul serio il proprio ruolo di cittadini anche se spesso questo è
scomodo.
Ancora una volta è chiaro che
i contenuti della pace sono dentro i concetti di giustizia.
Caterina Emi
LA FORZA DELL’AMORE
Nonviolenza al femminile
La nonviolenza non è soltanto
assenza di violenza ma una forza, la forza delTamore secondo
Martin Luther King, la forza della verità secondo Gandhi. Chi
cerca di essere nonviolento cerca non soltanto di non Uccidere, di non torturare nessuno,
nemmeno psicologicamente, ma
di vivere l’amore di Cristo, cosa impossibile senza il suo aiuto; viverlo facendo piccoli passi alla volta, cercando ogni giorno il suo perdono e il suo sostegno.
L’azione nonviolenta inizia con
il dialogo con i responsabili di
una data ingiustizia, continua
con manifestazioni, appelli all’opinione pubblica, ai mass media,
e se questo non porta a risultati si fa la non-collaborazione,
il boicottaggio, il digiuno e infine la disubbidienza civile, l’obiezione di coscienza ad un ordine ingiusto.
Da sempre le donne, vittime di
tante ingiustizie, hanno applicato spontaneamente il metodo
nonviolento, almeno in parte:
penso alle levatrici egiziane che
si rifiutarono di uccidere i neonati maschi ebrei: è il primo caso di obiezione di coscienza che
io conosco (Esodo, cap. 1); penso
alle prime donne valdesi, a Mary Dyer, quacchera, che fu impiccata il 1” giugno 1660 a Boston (USA) per la sua lotta nonviolenta per la libertà religiosa.
Penso a Magda Troemé che insieme al marito, il pastore riformato André Troemé, fece una
resistenza nonviolenta contro
l’occupazione tedesca salvando
migliaia di ebrei a Le Chambón
sul Lignon (Francia); tutto il villaggio collaborò a questa avventura (cfr. il libro « Il tuo fratello ebreo deve vivere», ed. Claudiana).
Purtroppo in Italia gli esempi sono poco noti: all’inizio del
1945 una siciliana coraggiosa.
Maria Occhipinti, bloccò la partenza di giovani chiamati alle
armi, presi con violenza e caricati su un camion a Catania.
Malgrado fosse incinta. Maria si
sdraiò davanti al veicolo.
Da molti anni, a Roma, Raina
lunakovic, vedova del capitano
della nave Seagull, affondata nelle acque della Sicilia più di 12
anni fa, si sta consumando nella lotta nonviolenta contro le
vecchie navi truffa che tiffondano per rendere profitti (presi dalle assicurazioni), lasciando nel
mare migliaia di giovani mari
nai. Raina è sostenuta da una
grande fede, è ortodossa, carismatica, ha più di 74 anni e ha
un cuore malato. Dov’è la donna giovane che, vuole aiutarla?
Le donne sono state sempre
all’avanguardia della lotta contro la violenza. Pensiamo alle
vedove delle vittime della mafia, in prima linea nella lotta in
Sicilia contro la mafia. Pensiamo alle madri di drogati che si
sono organizzate a Napoli.
Tra i miei più bei ricordi di
azione nonviolenta, ci sono le manifestazioni che facevamo con le
« madri della piazza di Mayo »
davanti all’am.basciata argentina, a Roma; eravamo argentine,
italiane e anche di altri paesi,
valdesi, metodiste, battiste, molte cattoliche, tutte con il fazzoletto bianco in testa, segno delle madri argentine, della loro lotta
nonviolenta per i figli e i parenti scomparsi.
Oggi in Guatemala le donne
conducono la lotta per i loro familiari scomparsi con manifestazioni, digiuni, proteste; qualcuna di loro è scomparsa a sua
volta. Aiutiamole con la nostra
solidarietà e con la preghiera.
Hed,l Vaccaro
10
10 valli valdesi
24 febbraio 1989
1
Il libro
PREOCCUPAZIONE IN VAL PELLLICE
La gente chiede di sapere
sui valdesi
Raccolte oltre 600 firme fra gli abitanti nella zona della Cartochimica - Interpellanza del
PCI: un azienda sotto controllo? - Comune ed USSL: facciamo un incontro pubblico
Nelle cronache del tricentenario del Glorioso Rimpatrio troverà posto anche la curiosa iniziativa di distribuire a titolo gratuito nei comuni delle valli Pellice, Chisone e Germanasca un
costoso volume dell’Editore Daniela Piazza dal titolo «I Vaidesi e le loro Valli ».
Per la verità non è molto chiaro da chi sia partita l’iniziativa.
E’ certo che i comuni che si
occupano della distribuzione
hanno ricevuto i volumi dalla
Provincia di Torino: ma non risulta che esista una delibera che
autcmzzi una così larga distribuzione, e non è neanche chiaro chi siano i destinatari dell’iniziativa: tutta la popolazione?
Soltanto le famiglie valdesi?
Vari sono anche t sistemi della distribuzione: in alcuni comuni il libro è stato recapitato
al domicilio delle famiglie valdesi; alcuni lo hanno rifiutato,
altri lo hanno accettato; in altri comuni i valdesi sono invitati ad andarselo a ritirare al
rriunicipio; altrove la distribuzione non è ancora iniziata, ma
la voce è giunta: i valdesi sanno, e aspettano.
Nulla da dire sul volume in
sé: bello il testo, scritto con competenza da Augusto Comba, bellissime le fotografie. Sull’iniziativa è tuttavia lecito porsi alcuni interrogativi, anche se la cosa non ci riguarda direttamente come Chiesa valdese. Né la
Tavola valdese, né la Commissione esecutiva distrettuale sono state ufficialmente interpellate e quindi, se c’erano dubbi,
questi non hanno avuto modo
di essere espressi: l’operazione
si svolge tra ente pubblico e
privati cittadini. Ma è impossibile ignorare che questi privati
cittadini ricevono un omaggio
dall’ente pubblico come membri
della Chiesa valdese, o quanto
meno come membri di una minoranza confessionalmente caratterizzata. E qui sorge il primo interrogativo: perché un libro su una minoranza dovrebbe
interessare soltanto questa minoranza e non tutta la po notazione? La possibile risposta è
che siamo nell’anno del tricentenario, e i valdesi pur meritano un riconoscimento pubblico.
Ma è questo il tipo di riconoscimento che i valdesi si aspettano? Diremo di no: l’unico riconoscimento che potrebbe essere
rivendicato, sul piano nazionale,
è un autentico riconoscimento
dei diritti di tutte le minoranze
religiose, per esempio abolendo
l’obbligo di frequenza scolastica
per l’ora alternativa all’insegnamento della religione cattolica o
per lo « studio individuale ».
Ma se vogliamo scendere sulla realtà locale, visto che l'iniziativa riguarda le valli, ciò che
i valdesi possono desiderare, non
soltanto per sé, ma per tutta la
popolazione, è una seria politica di difesa della montagna; recenti provvedimenti, come quello di concentrare tutti gli uffici
di collocamento nell'unico ufficio
di Pinerolo, non vanno proprio
in questa direzione.
Che dire? I valdesi, come cittadini, sono liberi di comportarsi come credono, e il dotto, anche se accettato, non influirà sulle loro scelte elettorali. Resta
l’amarezza nel vedere la facilità
con cui notevoli somme sono erogate per iniziative ad effetto,
mentre una programmazione seria per la montagna si farà ancora attendere. Probabilmente a
lungo.
Bruno Rostagno
presidente della Commissione
esecutiva distrettuale del I
Distretto valdese-metodista
La vicenda dei fumi emessi dalla Cartochimica di Lusema San
Giovanni, pur non segnando di
I>er sé grosse novità, deve essere ripresa per una serie di aggiornamenti.
Anzitutto la mobilitazione della gente: oltre 600 persone, in
gran parte abitanti nella zona
vicina alla fabbrica, hanno sottoscritto una petizione in cui si chiede di conoscere e di essere informati su quanto accade nell’azienda e sugli eventuali rischi
che corrono. Le firme sono sta^
te inviate a vari organismi politici e, del resto, che le enormi
fumate non siano il frutto della
fantasia di qualcuno ma realtà,
lo dimostra la foto che pubblichiamo. Oltre al fumo però, in
molti affermano di aver constatato, in passato, come l'acqua
che fuoriesce dallo stabilimento
non soltanto puzzasse ma anche
registrasse una certa temperatura; ciò non risulta, pare, all’USSL 43 che ha fatto vari sopralluoghi. Nel frattempo gli a
bitanti della zona, oltre a coinvolgere nel problema, che non è
certo soltanto « loro », anche tutti gli ambientalisti della valle,
hanno proseguito nella constatazione puntuale delle emissioni
dei fumi, dei rumori della fabbrica ed alcuni di essi hanno
potuto direttamente visitare lo
stabilimento, senza ricavarne un
gran che, ma, dicono sempre le
persone che vivono più vicine
alla fabbrica, da quando è scoppiato il « caso » sui giornali, le
fumate sono fortemente diminuite...
Per quanto riguarda reazioni
ufliciali, a parte l’ordinanza del
sindaco di Lusema che imponeva l’installazione di determinate misure di sicurezza entro il
prossimo 1° aprile, dobbiamo registrare le risposte, sempre del
sindaco Badariotti, ad una interpellane presentata dal PCI.
Le richieste dei comunisti, stante il disagio emerso fra la popolazione residente nei pressi
della zona industriale, vertevano
LUSERNA SAN GIOVANNI
Maggior autonomia
impositiva
Il consiglio comunale, riunitosi il 15 febbraio scorso, oltre a
discutere la situazione di alcune industrie site nel territorio
comunale dal punto di vista dei
rischi di inquinamento derivanti dalle lavorazioni, di cui riferiamo in altra parte del giornale, ha assunto alcune deliberazioni che non mancheranno di incidere sulla vita dei cittadini.
A cominciare dalla raccolta e
smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le notizie che dobbiamo
dare in merito alle tariffe non
sono certo buone.
Se nello scorso esercizio la
legge prevedeva una maggiorazione rispetto alle tariffe base,
che per Lusema fu quantificata
nel 40%, con il decreto di fine
1988 viene a cadere la maggiorazione; nessuno si illuda però
che i comuni possano rinunciare a determinate entrate, a meno di ridurre drasticamente
certi servizi, per cui ecco
rientrare dalla finestra ciò che
era uscito dalla porta: si va infatti ad aggiungere all’importo
determinato dai rifiuti in senso
stretto una addizionale che riguarda la pulizia delle strade e,
nel caso, lo sgombero neve, il
tutto nella misura del 40%.
Per altro va aggiunto che, per
la pulizia strade, è probabile l’assunzione di almeno due netturbini.
Altro argomento ed altra imposta, quella che va a gravare
su imprese, arti e professioni,
anch’essa derivante dal decreto
legge di fine ’88.
.Al di là della somma ricavata
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che, unitamente ad alcuni tagli,
concorre a coprire la prevista
riduzione nelle entrate dallo Stato, il dibattito è stato lungo e
partecipato soprattutto sui meccanismi di imposizione da parte
dei comuni.
Sia l’assessore al bilancio Maurino (DC) nella sua presentazione che il PCI Suppo nella sua
replica, si sono dichiarati favorevoli alla facoltà impositiva dei
comuni; ciò che fa problema —
ha detto Maurino — è il continuo mutare, di anno in anno,
dei metodi di lavoro. Si passa
con estrema facilità dalla centralizzazione al decentramento, ma
sempre all’ultimo minuto, quasi
per caso... E per queste ragioni,
individuate dal PCI come mancanza di programmazione da parte del governo centrale, il maggior gruppo di opposizione ha
espresso il suo voto contrario.
Naturalmente va rilevato che
l’istituzione di questa nuova imposta presenta alla radice dei
grossi limiti, in quanto la filosofia che spinge a tali provvedimenti deriva dalla incapacità
di proporre e realizzare modelli
impositivi che tengano conto del
reddito di una determinata azienda, così come sta accadendo
con tutti gli agricoltori possessori di partita IVA i quali, anche in questo caso indipendentemente dal proprio reddito e
dalla zona in cui operano, si trovano a dover pagare 100.(X)0 lire entro il 5 marzo.
Infine un altro aumento, ma
in questo caso le tariffe erano
ferme da quasi 10 anni: l’affitto
delle cave comunali è stato aggiornato in ragione mediamente
del 30"/o in più, ma questo provvedimento, unitamente ad altri
provvedimenti sullo stesso argomento, ha dato l’opportunità a
Suppo di chiedere un franco dibattito, in apposito consiglio, su
tutta la materia. Bisogna capire, è stato in sostanza detto,
se le cave sono attualmente re
munerative e per i privati e per
il comune e quali siano le conseguenze ambientali che derivano dal loro sfruttamento; anche
la maggioranza consiliare si è
dichiarata d’accordo sulla proposta.
O. N.
Fumate come queste, periodiche, non sono costituite solo da vapore
acqueo: quali rischi per i cittadini?
sugli eventuali controlli effettuati in merito alle lavorazioni della Corcos e della Cartochimica,
sulle misure eventualmente prese e sulla necessità di informare
di tutto la popolazione.
Nella sua risposta il sindaco
ha presentato la cronistoria degli accertamenti effettuati fin dal
sorgere dell’azienda sui vari tipi
di lavorazione. Alla fine del 1983
i primi controlli sugli scarichi
di acque da parte degli uffici
provinciali (e l’acqua di scarico
risultò « accettabile » in base alle norme); tra il 1987 e l’88 inizia la produzione e lavorazione
di formaldeide, dopo il parere del
CRIA (Comitato regionale contro l’inquinamento atmosferico).
Dopo pochi mesi, in seguito ad
esposto, i tecnici dell’USSL 43
verificano remissione di fumi
bianchi con odore di formaldeide. Siamo in pieno ’88 quando
viene segnalata l’apertura di una
terza linea di lavorazione a cui
segue un’ordinanza del sindaco
che in seguito all’intervento USSL
la blocca.
Successivamente, però, l’ordinanza viene revocata dopo nuovo parere di CRIA ed USSL;
nuovamente però, nel settembre
’88, si segnalano nei camini valori superiori a quelli indicati dall’ente di controllo. Si arriva così a quest’anno: le proteste si
fanno sempre più forti e, all’inizio di febbraio, nuove analisi
danno come esito: valori buoni
per la formaldeide, metanolo assente; non si conoscono invece
le componenti chimiche specifi
che usate nello stabilimento. S’
sa invece che si utilizza o prò
duce una serie di prodotti, dalli
resine all’urea, dalla formaldeide
ali’acido acetico: il tutto fa ritenere l’industria potenzialmente insalubre, ma non ad alto rischio ecologico.
Analoghe vicende riguardane
la Corcos fino alla conclusion '
che anche in questo caso la 1:.vorazione richiede periodici controlli. Fin qui l’esposizione ei
fettuata dal sindaco grazie alrUSSL. Cosa sono quelle componenti chimiche non conosciute,
utilizzate nello stabilimento? E '
rumori, che sono già forti a'l’esterno, che livello raggiungono all’interno? si è chiesto i'
consigliere delegato aH’ecologi '.
Delladonna. Ancora: essendo In
Cartochimica un’azienda che « gira » 24 ore su 24, sono stati effe^
tuati i necessari controlli in i;n
lasso di tempo prolungato?
Questi alcuni degli interrogati
vi posti e rimasti finora senz .
risposta, così come altre doman
de potevano essere poste sulla
pericolosità di determinati prodotti di cui. Ovviamente, i consiglieri presenti non erano a conoscenza. Resta, è stato comunicato, la disponibilità deH’USSl
ad andare ad un incontro pubblico per chiarire questi aspetti.
Piervaldo Rostan
□ Il PCI contro l’inquinamento
TORINO — Il gruppo consiliare del PCI alla provincia di Torino organizza, il 27 febbraio alle ore 15, davanti alla sede del
Consiglio provinciale in piazza Castello, una manifestazione per
chiedere informazione sul grado di inquinamento, sul funzionamento delle strumentazioni di controllo esistenti rispetto ai rischi
che i cittadini si trovano ad affrontare.
n Crisi in Provincia
TORINO — L’Amministrazione provinciale è in crisi. Si sono
dimessi la presidente Nicoletta Casiraghi (PLI), gli assessori socialisti Trovati, Grotto, Scancarello, Mussano, e lunedì 20 anche
l’assessore Cotta Morandini (che nel contempo ha abbandonato
il PSDI per passare ad una nuova formazione vicina al PSD. Motivo delle dimissioni: *i contrasti interni, e la mancanza di coesione tra il pentapartito.
□ Indesit: una buona notizia
PINEROLO — Finalmente una buona notizia per i cassaintegrati Indesit. Il ministro Formica ha firmato il rinnovo della cassa integrazione fino al settembre 1989.
11
24 febbraio 1989
valli valdesi 11
PINEROLESE: UFFICIO DI COLLOCAMENTO
Un’attesa spesso vana
Le difficoltà originate
- I criteri inadeguati
Come preventivabile, l'accorpamento a Pinerolo dei vari uffici
di collocamento esistenti in precedenza non soddisfa né agevola
i disoccupati (alcune migliaia)
che vivono nei comuni del vasto
comprensorio pinerolese.
Nel nome della filosoffa della razionalizzazione dei servizi, come
è stato denunciato a suo tempo
anche dalle amministrazioni degli Enti locali, si sono in realtà
impoverite ulteriormente le valli.
Perciò, quello che era stato
temuto sta oggi accadendo, « Il
salone dell’Auditorium di corso
Piave a Pinerolo risulta, alle
chiamate del venerdì mattina,
colmo di persone (dalle 200 alle
300) in attesa spesso vana di
Un posto »: questo ci dice Franco, un giovane disoccupato di
Torre Pellice.
NeH’autunno scorso era stato
distribuito a tutte le persone
iscritte alle liste di collocamento un questionario, nel tentativo
di arri\are alla formulazione di
una mappa delle disponibilità di
persone, competenze, possibilità
di pendolarismo, interesse ad un
posto negli enti pubblici, naturalmente per quei livelli in cui
le assunzioni non avvengono più
tramite concorso.
« Perciò — prosegue Franco —
esiste una apposita lista per il
pubblico impiego ed ogni volta
vengono letti prima i posti
disponibili in questo settore;
tua anche in questo campo regna l’incertezza: in un mese è
stato cambialo tre volte il meccanismo di chiamata ».
Accade tuttavia che dei posti
di lavoro disponibili non vengano assegnati?
«Sovente vengono presentate
delle offerte che richiedono caratteristiche particolari, conoscenza specifica di un territorio
comunale o di determinati cicli
di produzione; in questi casi non
è detto che si trovino le persone
che accettino. Quasi sempre, dopo una prima lettura dei posti
a disposizione, molta gente se
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Guardia medica ;
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Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile),
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 • VAL PELLICE ^
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 26 FEBBRAIO 1989
Bricherasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Vlllar Penice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.998.
Croce Verde Bricherasio: tei. 598790
dall’avere un unico ufficio e un’unica lista
e quei posti che spesso non si assegnano
Segnalazioni
L’Auditorium di corso Piave al venerdì: 200-300 persone in attesa di
un posto di lavoro.
PINEROLO — Venerdì 24 febbraio,
alle ore 21, presso il centro sociale di
S. Lazzaro, in via dei Rochis, verrà presentato il libro di Diego Novelli dal
titolo « Per una cultura della città »;
saranno presenti, oltre all'autore, Alberto Barbero, Aurelio Bernardi, Giorgio Canal.
PINEROLO — Venerdì 24 alle ore
21. nei locali del tempio valdese di via
dei Mille, verrà presentato il programma generale e definitivo dell’iniziativa
nota come « Ripercorrere il glorioso
rimpatrio a piedi ».
PINEROLO — Prende il via giovedì
23 febbraio una serie di incontri di
«apicoltura logica» con l'intervento
di Michele Camperò, in vista di una
lotta il più naturale possibile all'acaro varroa che sta minacciando le api.
Gli incontri si svolgono presso il Veloce Club in piazza Santa Croce.
Comitato ferrovia ~
TORRE PELLICE — Il comitato di difesa della ferrovia è convocato per
le ore 21 di venerdì 24 febbraio presso la sala consiliare della comunità
montana.
ne va e restano ad attendere
soltanto le persone disponibili a
qualunque tipo di lavoro ».
Accade comunque che, grazie
alla lista unica, i posti disponibili in valle vengano assunti da
persone di altre zone; questa è
ovviamente una possibilità arche
nel senso opposto, ma esistono
oggettive difficoltà al pendolarismo.
C’è anche chi, in questo contesto, sta organizzandosi in modo da rendere pubblica la situa
zione; alcuni disoccupati della
vai Pellice, in collaborazione con
Spazio giovani della Comunità
Montana, stanno predisponendo
un audiovisivo per spiegare a tutti la portata del problema, perché, ad esempio, delle persone
che si trovavano in buona posizione in graduatoria di valle, si
trovino oggi ricacciate indietro
nella lista, vedendo così allontanarsi le già scarse prospettive
di lavoro.
P.V.R.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
presenta nel prossimo fine settimana
due film: «Baghdad café», venerdì 24 alle ore 21.10 e «Caruso Pascoskì», sabato 25, ore 20-22 e domenica 26, ore
16, 18, 20, 22.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 23 febbraio, ore 16.45, avrà luogo al Centro
d'incontro una riunione con il seguente o.djg.; a) Azione urgente: let
VAL GERMANASCA
Volontari antincendio
Con la siccità di quest’inverno
le squadre di volontari antincendi boschivi sono state spesso sollecitate per interventi. Poniamo
alcune domande al coordinatore
di quella di Perrero, Guido Poet,
e al suo segretario, Claudio Tron.
Quanti volontari conta la squadra antincendi della Val Germanasca?
La squadra di Perrero, che
opera anche a Massello e Salza
conta 15 volontari (è preannun
ciata la domanda di un sedice
simo). Oltre alla nostra squadra
operano in Val Germanasca quel
la di Prali e quella di Pomaretto.
Ha un equipaggiamento funzionale?
Non molto. La maggior parte
dei membri ha ancora in dotazione una tuta non ignifuga; a
nessuno sono stati fomiti gli
scarponi, né la maschera, né gli
occhiali. Mancano anche le attrezzature collettive (radio ricetrasmittente, vasca pieghevole,
ecc.). Sufficiente la dotazione di
flabelli.
Come agisce?
Quando un membro viene a
conoscenza di un incendio, avvisa immediatamente il coordinatore, che provvede a convocare
gli altri e ad avvisare il Corpo
forestale dello stato. Quando
non è sufficiente l’intervento della nostra squadra, si chiede l’aiuto di quelle di Pomaretto, Perosa e Pinasca, molto meglio equipaggiate della nostra. Quando è
necessario si chiede anche l’interventp dell’elicottero che pi^ta àcqua sullà zona dell’incendio.
Sono più frequenti nella nostra zona gli incendi dolosi o
quelli accidentali?
Le cause degli incendi sono
spesso diffìcili da identiffeare.
Forse, a occhio e croce, si può
presumere che almeno il 50%
degli incendi sia di origine dolosa.
Che rapporti ci sono con il
CFS e con la Comunità Montana?
Qttimi i rapporti col CFS, che
resta sempre responsabile della
direzione delle operazioni. La
squadra non fa riferimento alla
Comunità Montana, ma al Comune.
Che cosa sarebbe utile per lavorare meglio e con più sicurezza?
Basterebbe fornire l’equipaggiamento dovuto e di cui le altre squadre sono già dotate: tuta ignifuga, scarponi adatti, maschera, occhiali, eventualmente
caschi. La Regione copre all’80%
la spesa necessaria per l’acquisto. All’ente locale (Comune) resta da coprire, quindi, solo il
20%. I volontari non hanno difficoltà ad usare nelle operazioni
le attrezzature in loro possesso
utili anche per altri lavori (roncole, pale, picconi). Ma non si
può pretendere che si dotino a
proprie spese anche di attrezzature specifiche per lo spegnimento degli incendi.
Intervista a cura di
Liliana Viglielmo
tere alle autorità del Perù di protesta
per l'uccisione di 28 membri della
Federazione Campesina di Ucayali e
per l'arresto di tre leader dei contadini; b) Proseguimento della Campagna Turchia: c) Verifica dei risultati
del "tavolino" allestito alla Foresteria il 17 febbraio per la raccolta di
firme in favore di un vescovo cattolico prigioniero in Cina, di All RIza
Duman e del rispetto dei diritti umani
in Turchia.
TORRE PELLICE
Cinema
d'autore
Dopo la pausa post-natalizia
la cooperativa Tarta volante,
che gestisce il cinema Trento di
Torre Pellice, ripropone una rassegna di film d’autore in collaborazione con Spazio giovani
della Comunità Montana. Sono
previsti 9 film, tutti presentati il
venerdì alle ore 21.10.
La rassegna comprende alcune tra le più interessanti opere
dell’ultima stagione, nell’ambito
del cinema d’autore. Molti di
questi film hanno vinto premi
negli ultimi concorsi con il parere positivo dei critici.
II cinema del venerdì vive per
e grazie all’interesse di tutti gli
appassionati; per questo viene
riproposta, anche quest’anno, la
formula dell’abbonamento; sicuramente più vantaggiosa per chi
10 acquista e di sostegno all’iniziativa.
L’abbonamento per 9 film costa infatti lire 18.(K)0, l’ingresso
senza abbonamento lire 4.000.
Gli abbonamenti F>®r la rassegna sono in vendita a Torre Pellice presso la cassa del cinema
Trento, a Luserna S. Giovanni
presso la videoteca Metropolis.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Osvaldo Poet
profondamente commossi e riconoscenti per la dimostrazione di affetto e stima tributata al loro caro, ringraziano
tutti coloro che con fiori, scritti e presenza hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare a tutto
11 personale medico e paramedico dell’ospedale valdese di Pomaretto, al past.
sig.ra Peyrot, al medico curante dr.
Meli, al gen. Forneris, al gruppo ANA
Perrero ed ai rappresentanti del gruppo ANA Pinerolo.
Perrero, 16 febbraio 1989.
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho
serbato la fede »
(II Timoteo 4: 7)
II Signore ha richiamato a sé
Edoardo Costantino
di anni 92
Lo annunciano i figli Nelly, Rolando
e Sonia con le rispettive famiglie; il
fratello Davide e i nipoti Norman, Frida e Erma.
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12
fatti e problemi
24 febbraio 1989
UNA QUESTIONE CHE ATTENDE RISPOSTE DA MOLTI GOVERNI
1
Minoranze linguistiche in Italia:
quante e perché
Alcune precisazioni, non solo terminologiche, indicano l’atteggiamento degli stati centrali rispetto alle altre culture - I processi di colonizzazione « interna » - Promuovere i « potenziali alternativi » contro l’omogeneizzazione
La tematica delle minoranze
linguistiche in Europa è vasta e
complessa, in quanto può essere
affrontata da prospettive storiche,
geografiche, sociologiche, linguistiche, letterarie... E’ evidente che
dovrò limitarmi a pochi cenni, privilegiando alcune idee-base, che
mi appaiono fondamentali per la
comprensione della problematica,
come precisare la distinzione tra
stato e nazione, due concetti diversi che, invece, sovente vengono
confusi. Si dice, ad esempio, che
l’italiano è la lingua « nazionale »,
anziché l’ufficiale della nostra Repubblica; si usa il termine di « nazionalità », anziché quello di cittadinanza; l’aggettivo « nazionale », laddove si dovrebbe dire statale, generale... Facciamo il caso
della « nazionalità » slovena, presente. oggi in quattro stati; la Repubblica di Slovenia (stato membro della Repubblica jugoslava, federale), l’Austria, l’Italia e l’Ungheria. Uno sloveno delle valli del
Friuli (la c.d. Slavia veneta, o Benecià) è pertanto di nazionalità » slovena, anche se di cittadinanza italiana.
Confusione fra
nazione e stato
L’esempio più emblematico è
quello della Francia, la cui grande Rivoluzione dell’89 è responsabile della confusione, voluta dalla concezione accentratrice giacobina, tra « nazione » e stato,
avendo identificato la prima con
il secondo. La Francia ci viene
solitamente presentata come entità
ben definita, quasi fosse apparsa
un bel giorno, radiosa e trionfante, tra il mare ed il Reno, le Alpi
e i Pirenei, mentre invece si è formata a colpi di guerre e di trattati,
di conquiste e di annessioni e
dunque per lo più con atti arbitrari e sempre, comunque, prescindendo dalla volontà delle popolazioni. Come magistralmente illustra lo scrittore occitano Robert
Lafont (Sur la France, Gallimard,
Paris, 1968), i re delle tre dinastie
ingrandirono il loro pré carré come un contadino il suo campo,
dandogli i confini dell’attuale esagono le cui admirables proportions
continuano ad ispirare il senso
« poetico » di alcuni suoi (a)geografi e politici. In nessun altro stato la formazione di una « nazione secondaria » (quella che dà lo
«status» relativo alla cittadinanza)
si è così incrociata, come in Francia, con l’esistenza di tante « nazioni primarie » (o reali, o biologiche) o «etnie». Queste «nazioni primarie » sono pressoché
tutte vittime di un processo di colonizzazione interna da parte della
« nazione secondaria », che si è
imbastita sull’etnia dei re parigini.
La Francia risulta formata soprattutto da due etnie: quella propriamente detta (che Lafont chiama
« Francia ») a Nord, e l’Occitania
a Sud, e sei o sette altre etnie, o
frammenti di etnia, situate all’incirca ai sei punti dell'esagono:
fiamminghi, bretoni, catalani, corsi e alsaziani-lorenesi e, per alcuni, franco-provenzali e zingari.
Se veniamo alla Repubblica ita
liana, l’accentramento nella nostra
penisola data soltanto dal 1861 e
non ha mai avuto eventi di vastità
traumatica come la guerra di conquista del Sud voluta dai re capetingi (santificati dai papi, loro
alleati): anche se la conquista
« piemontese » del Sud d’Italia,
dal 1859 al 1861, con una resistenza popolare all’annessione, durata sino al 1870, è pure stata, per
molti versi, un fatto coloniale con
dolorose conseguenze che portarono all’emarginazione, all’emigrazione, al sottosviluppo. La sconfitta delle tesi risorgimentali federaliste (Carlo Cattaneo) accentuò
la politica accentratrice dell’oligarchia al potere; nello spirito
del motto « l’Italia è fatta, occorre
fare gli italiani », si volle fare della lingua di stato la lingua « nazionale ». Le prime vittime di questa politica culturale discriminatoria furono le popolazioni caratterizzate dalla lingua francese tradizionalmente coltivata accanto alla popolare, franco-provenzale, come in Valle d’Aosta, od occitana
(o provenzale), come nelle valli
valdesi e nei territori annessi agli
stati sabaudi con il trattato di
Utrecht (1713) e già appartenenti
al regno di Francia (il c.d. Bec
dauphinois): quando la Savoia e
la contea di Nizza furono annesse
alla Francia (1860), il francofoni
« regnìcoli » divennero una piccola minoranza, costretti a « resistere » alla pretesa italiana di « omologarli »; in quel 1860 Fon. Giovenale Vegezzi Ruscalla si fece
promotore dell’esigenza di « abrogare il francese come lingua ufficiale in alcune valli della provincia di Torino ». Poco dopo (1864),
in occasione del suo primo discorso come neo-presidente del Consiglio, il mio concittadino, gen. Alfonso Lamarmora, disse: « L’Italia è una; ha un’unica religione,
un’unica lingua, una patria sola, a
fronte di quella dell’Impero austriaco che è un amalgama di popoli diversi di lingua, di religione
e di tendenze» . Il « programma »
era dunque chiaro. Non lardò ad
avere conferma puntuale dopo
ogni guerra di indipendenza: nel
1866 toccò ai friulani (ladini) cd
alle comunità slovene e tedesche
del Veneto e del Friuli, compietamente ignorate, se non come oggetto di misure per la loro italianizzazione; nel 1918 fu la volta di
regioni massicciamente alloglotte
come il Sud Tirolo (tedeschi),
l’istria e poi la Dalmazia (sloveni
e croati); le altre minoranze dell’Italia meridionale (comunità
croate, albanesi, greche, provenzali e franco-provenzali) ed insulari
(albanesi in Sicilia; catalani d’Alghero, in Sardegna) furono completamente ignorate. La lingua sarda era considerata « dialetto ».
Note sono le prevaricazioni fasciste: non soltanto abolizione di
ogni superstite insegnamento della
lingua locale, ma italianizzazione
dei toponimi e talvolta dei cognomi, soppressione dei periodici,
proibizione di ogni attività promozionale nel campo della lingua diversa dall’italiana, compreso l’ostracismo ai c.d. « dialetti ». Malgrado le volontà sancite fin dall’inizio della Resistenza (dichiarazione di Chivasso, 19 dicembre
Torino, 1961.
Una rappresentanza
valdese sffla
in via Roma,
rivendicando il suo
« essere minoranza ».
1943) e le preoccupazioni recepite
anche nella Carta costituzionale
(art. 6: « La Repubblica tutela le
minoranze linguistiche con apposite norme »), soltanto il francese
in Valle d’Aosta, il tedesco ed il ladino in provincia di Bolzano, e lo
sloveno in quelle di Trieste e di
Gorizia possono contare su misure di tutela diverse tra loro, quasi
sempre parzialmente e con attuazioni contraddittorie. Malgrado
proposte legislative presentate al
Parlamento, sia globali che riferite
a singole minoranze, nessuna tutela è stata riconosciuta per altre
minoranze, anche se della medesima etnia altrove tutelata: ad
esempio, nulla per i tedeschi non
appartenenti alla provincia di Bolzano, nulla per i walser del Piemonte e Valle d’Aosta, i « cimbri » del Veneto, ecc. e neppure
per i tedeschi di Trento, benché
facciano parte della medesima Regione a statuto speciale, niente
agli sloveni della prov. di Udine,
benché siano nella Regione FriuliVenezia Giulia come quelli di
Trieste e Gorizia, nulla ai ladini
di Trento (nella Regione a statuto
speciale come quelli di Bolzano!)
e Belluno, né ai friulani..., nulla
per i sardi né per gli zingari.
E’, dunque, una chiara mancanza di volontà politica di tutti i
partiti di governo, malgrado gli
unici oppositori usciti allo scoperto siano i neofascisti.
L’oppressione
dello stato
L’antropologo P. Castres (Archeologia del potere, ed. Salamandra) sostiene che, comunque, gli
alloglotti sono destinati a subire
l’oppressione dello stato, in quanto questo si proclama detentore
assoluto ed esclusivo del potere,
proprio esercitando la sua dominazione totalizzante sulle popolazioni, a cui non è consentita alcuna differenza o devianza: « Il processo di etnocidio vuole la riduzione del molteplice diverso: la
sua dissoluzione nell’uniforme seriale dell’unità sempre identica a
se stessa (...). Cancellate le identità
storico-culturali, nate ad espressione di una realtà locale culturalmente omogenea, si introducono
delle entità astratte: le regioni, le
province... sorte proprio per frantumare quanto di differente sopravvive, e così ovunque facilitare la
penetrazione statalistica (...); e
quando l’etnocidio è consumato, finalmente si consente alle tradizioni locali di esistere, trasformate in
elementi dell’industria dello spettacolo ad uso e consumo del turista. Anche da questo breve excursus risulta che la soppressione delle differenze attraverso l’omologazione, la standardizzazione e l’etnocidio rientra nel naturale funzionamento della macchina statale.
Ogni stato è il principio dell’etnocidio in azione ».
Si condivida o meno tale concezione libertaria, rimane comunque il fatto che non si tratta tanto
di individuare quali siano le minoranze linguistiche degne di tutela,
ma di rendersi conto che ogni potenziale alternativo va promosso
quale antidoto all’alienazione, al
processo che vuol ridurre — secondo la logica del sistema ■— il
produttore di cultura in consumatore di modelli predisposti, « omogeneizzati » proprio come i cibi
« premasticati » che si danno ai
bambini. Non dobbiamo cadere
nella trappola di quella che il sociolinguista L.J. Calvet (Linguistica e colonialismo. Piccolo trattato di glottofagia. Mazzetta, Milano, 1977) definisce « falsa coppia teorica lingua/dialetto, venuta
dai tempi più remoti, e rinnovata
con una vernice di ’’scientificità”
dai linguisti, (e che) si è fatta così
strada fin nel più profondo della
mente ,della genie ».
Egli cita il caso di due politici
del secolo scorso, il marsigliese
Victor Gelu ed il bretone Emile
Masson, che pur schierandosi per
la loro parlata materna, mantenevano la distinzione tra il francese « lingua di prestigio » ed il
loro « dialetto »: così facendo, la
loro diventava una battaglia di retroguardia, « la lingua » non essendo che quella di stato. Così, in
Italia, si è accettato il degrado, da!
valore « lingua » al minus-valore
« dialetto », di parlate quali le gallo-italiche (piemontese, lombardo,
ligure ed emiliano), il siciliano cd
i parlari meridionali in genere il
veneto ecc. che non sono « dialetti dell’italiano», ma «dialetti del
latino », proprio come le loro sorelle neolatine le quali, al pari delle sorelle di Cenerentola (condannata a morte di focolare), sono riuscite ad andare a «palazzo». Come
si può dire che questa frase;
« Minea di i l’hai da manca d’aiulé
travajé per vagneme la mica » (in
piemontese; « Ogni giorno devo
andare a lavorare per guadagnarmi la pagnotta»), oppure: «O é u!
I-è ìe i’ae? E, e i-è ìe », di sole vocali (bergamasco: « Oh voi! Sono
vive le api? Sì sì, sono vive »), sia
italiano?
pi?lett' delFitnliano sono i diversi modi di parlare l’italiano,
cioè l’italiano « regionale », e non
parlate che con l’italiano hanno in comune la radice latina, ma
se ne differenziano per la fonetica,
il lessico e la struttura. Occorre
« lottare per la conservazione di
tutte le forme, alterne e subalterne, di cultura; contro questo nuovo fascismo che è l’accentramento
linguistico e culturale del consumismo » (Pasolini). Senza discriminare, per far interagire le diversità ed essere vivi. E liberi.
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