1
LA BIONA NOVELLA
fiIOBN.lLE DELA EVAJiGELlZZAZIOXE ITAliAM
Seguendo la verità nella carità.
Efes. IV. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE
t%x U ((rance a de«tiuuoiie). . . F 3 ■
far U Sriizera e Francia, ié. ... a 4 25
Per riBgbiiUrra, id. S 50
Fer aUri paesi (fraieo filo ai cooflBol. . > 3 >
Im ii riceTODo assodaiisoi prr meDO di no aano.
XX ASSOCIAZIONI Si RICEVONO
U Ttriao lUUSìxio dfel Gìornile, liali Be, 1* si.
Belle prtTiDeia praiso tsiU jii UflUii postali
■ezu dv Vaglia, che diTraaM Hsar« Isriatl franco
al DiriUor« della Baoua Norella • non altriBoiU.
All’estero, ai seguenti indirizzi: Paridi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Tron
cbet,^; Ginevra, dal sig. E. Beroud libraio; Inghilterra per njezzo di fraaco'ljolli
iBglesi spediti franco al JDircctore della Buona Novella.
SOMMAKIO
Sottoscrizione. — Claudio vescovo di Torino. — Corrispondenza pariizina
deUa B. N. — iNotizic.
SOTTOSCRIZIONE
A BENEFICIO DEI DANNEGGIATI DALLA GRANDINE
» ■ H>n A. ■
Sig. N, N...........L. 10 .
Ammontare delle liste antecedenti . . » 278 25
Totale a questo giorno . L. 288 25
CL.1UD10 VESCOVO DI TOUIXO
I.
Sono circa 1050 anni dacché un dotto prete spagnuolo si
presentò alla corte di Carlo Magno, unico rifugio in quel tempo
degli uomini dotti. Il suo nome era Claudio. Fu cappellano di
Ludovico, detto il Pio, figliuolo e poi successore di Carlo, e si
occupava indefessamente nello studio delle Sacre Scntlure. In
que’ tempi si rese celebre perla pubblicaiione di molte opere
che gli avrebbero procacciata fama di dotto anche ai nostri
giorni. L'anno 815 scrisse tre libri sulla Genesi, e pubblicò un.
2
commentario sopra s. Matteo, dedicandolo a Giusto abate di
Charrot; neH’816 pubblicò un commentario sulla lettera ai
Calati, e lo dedicò all’abate Druchteramno : poscia sulla domanda deH’imperadore Ludovico, scrisse de’ commentarii su
tutte le lettere apostoliche; commentarii che sono in seguito
stati trovati in due volumi manoscritti nell’abazia di Fleury
vicino ad Orleans. La prefazione della lettera agli Efesi è stata
pubblicata dal P. Mabillon nel tom, 1, Verter, amlect. L’anno
821 scrisse quattro libri sulVEsodo, e ne fece offerta all’abate Teodomiro; il P. Mabillon ha pubblicato anche la prefazione di quest’opera (loc. cit.). Due anni dopo pubblicò i
commenti sul Levitico, e dedicolli allo stesso abate. Era altresì uomo eloquentissimo nella predicazione, e specchiatissimo nella sua condotta ; per cui Ludovico il Pio lo designò
vescovo di Torino, e papa Pasquale 1 Io confermò in quella
dignità nel principio dell’anno 823: amministrò la diocesi fino
alla sua morte, che accadde nell’839, vale a dire l’amministrò
per 16 anni.
La sede di Torino non era allora arcivescovile: ma invece
Ja diocesi aveva un’estensione grandissima, imperciocché abbracciava nel suo territorio Pinerolo, le Valli valdesi, e si estendeva al di là delle Alpi fin nella Provenza e nel Delfinato.
La barbara vigilanza degli inquisitori venuti quattro secoli
dopo lui, è riuscita a distruggere tulli i documenti co’ quali
si potrebbe tessere una esatta biografia di questo vescovo, e
non ci ha lasciato se non che quello che di lui han detto i
suoi nemici, confutandolo e calunniandolo; egli è quindi sulle
testimonianze de’suoi nemici che noi togliamo questi cenni
biografici di Claudio.
Giona, vescovo d’Orleans, contemporaneo, prima amico, poi
nemico acerrimo di Claudio, parla cosi di lui nel libro I delle
immagini. «Claudio, spagnuolo per nascita, dopo di essere
« stato impiegalo in qualità di cappellano nella corte di Ludo« vico il Pio, essendo predicatore valente, fu fatto vescovo
« di Torino. Vigilando esattamente sul gregge affidatogli, co« nobbe che fra le altre cose che meritavano riforma, vi era
« quella che consisteva nel costume inveterato e pernicioso a
« cui si erano dati i suoi diocesani di adorare superstiziosa-
3
« mente le immagini. Ciò produsse in lui quello zelo smodalo e
« indiscreto (è il vescovo di Orleans che parla) per il quale
« cancellò, rovesciò e distrusse in tutte le chiese della sua
« diocesi non solo le pitture delle cose sante che in esse erano,
« le quali, secondo il sentimento di s. Gregorio, sono siate
« permesse nella Chiesa sino dai tempi amichi, non già per
« adorarle, ma solo per la istruzione degl’ignoranti, ma tolse
« ancora le croci materiali delle quali la Chiesa è solita ser« virsi in onore e memoria della sua redenzione». Fin qui il
vescovo d'Orleans. Sulla quale testimonianza notiamo che il
vescovo d’Orleans, nemico di Claudio, non intacca per nulla
la condotta del suo avversario, anzi luda la sua vigilanza;
quindi noi siamo autorizzati a credere che la condotta di
Claudio, così rispettata da un vescovo suo nemico, doveva essere tale da mettersi al disopra delle calunnie.
Claudio non era uno di quegli uomini de’ quali sgraziatamente vi è abbondanza in ogni tempo, che celano studiosamente i loro sentimenti per poter afferrare le dignità. Noi abbiamo citalo la data della pubblicazione di alcune sue opere
appunto per dimostrare che esse furono da lui pubblicate
prima di essere vescovo. Il commentario della lettera a’ Calati,
pubblicato da lui nell’816 contiene le seguenti dottrine, cioè:
1“ che Gesù Cristo è il solo ed unico capo della Chiesa, e
che tutti gli apostoli sono eguali fra loro; 2° che l’uomo è
salvato per grazia e non per opere: 3® grida anatema insieme
con s. Paolo contro le tradizioni in materia religiosa: A’’ sostiene che la Chiesa è soggetta ad errare: 5° nega la efficacia
delle preghiere pei morti; 6° condanna ogni superstizione ed
idolatria che andava introducendosi nel cristianesimo. Tali dottrine sostenute pubblicamente dal prete Claudio, non solo non
lo sottoposero a nessun processo per attacco alla religione cattolica, non solo non gli fecero perdere il posto di cappellano
imperiale, ma non gl’impertirono d’essere fatto vescovo di Torino: ciò serva per dimostrare quanto vada errato l’abate Moreri, che nel suo grande dizionario, alla parola Claude, dice
che questi dissimulò i suoi sentimenti fino a che fu fatto vescovo.
Giunto in Torino, la prima cosa che fece fu di visitare la
4
sua vasla diocesi per riconoscere i disordini e porvi rimedio.
Le chiese di Torino e della diocesi erano ripiene d’immagini di
santi,di statue, di ex volo, ed altre cose slmili; Claudio, nemico
delle mezze misure, le abbattè tutte immediatamente. I nostri
lettori possono immaginare la sensazione che produsse quell’atto del nuovo vescovo. Ma egli veniva in Torino preceduto
dalla fama di uomo dottissimo e piissimo (veri miracoli per quei
tempi) 8 si sapeva che era protetto daU’imperatore ; per altra
parte il buon popolo torinese, col suo buon senso freddo e paziente, attendeva chetamente come tali cose avrebbero finito,
e non fece alcun atto di fanatica rivolta contro il suo vescovo.
Ma se Claudio fu tollerato in'pace, e lasciato fare dai suoi diocesani, trovò però potenti nemici in Francia, i quali fecero
di tutto per perderlo. 1 principali nemici di Claudio furono
Giona, vescovo d’Orleans, l’abate Teodomiro, e frate Dungallo,
monaco di San Dionigi. Noi abbiamo l’obbligazione a cotesti
nemici del nostro Claudio di averci conservati nei loro scritti
alcuni brani degli scrilti di Claudio, conlro i quali gl’inquisitori
bandirono la crociata. Claudio era in Torino, i suoi nemici
erano in Francia ed avevano accesso in Corte; e seppero così
ben fare presso Ludovico Pie, che egli, per togliersi tal noia,
intimò un concilio a Parigi nell’anno 825. Claudio vi fu invitato per ¡scolparsi, ma sicuro nella sua coscienza, giudicò non
dovervi andare; tanto più che pochi anni innanzi un grande
concilio a Parigi ed un altro a Francoforte avevano condannato il culto delle immagini; e Carlo Magno, padre dell’imperatore Ludovico, aveva pubblicato qualtro dottissimi libri in
confutazione di quel culto. Se prestiamo fede ai suoi nemici,
Claudio avrebbe detto di non voler andare al concilio, perciocché esso non era che un'assemblea d'asini: ma vi vorrebbe
una buona dose di credulità per persuadersi che Claudio,
uomo dotto e santo, rispondesse al suo sovrano ed ai vescovi
con tale arroganza; e che i vescovi di quei tempi fossero stati
così pazienti da sopportare una tale risposta senza condannarlo.
Comunque ciò fosse, Claudio non andò; la sua dottrina però
fu esaminata dal concilio; furono ascoltali gli accusatori; ma
nè il concilio osò condannarlo, nè Ludovico Pio logliergli il
vescovato, nè il papa scomunicarlo.
5
I nemici di Claudio eranci preti, e perciò per nulla disposti
a lasciare in pace il loro avversario ; scrissero lutti contro lui,
ed uno di essi, cioè il vescovo d’Orleans, ci ha conservala nei
suoi scrini parte della Risposta apologetica di Claudio vescovo a
Teodmiro abaie. Riporteremo alcuni brani di questa risposta
acciò i nostri lettori conoscano che cosa insegnasse un venerabile vescovo di Torino al nono secolo.
<c Ho ricevuto per un messo particolare la tua lellera piena
di ciancie e di fandonie insieme cogli articoli, ne’ quali dichiari essere slato turbato per la voce che corre a mio disonore in Italia e nelle Gallie non solo, ma ben anco nella Spagna, che io predichi per formare una nuova setta contraria alle
massime della fede cattolica. Ciò è assolutamente falso; nè
mi fa meraviglia che i membri di Satana parlino in siffatta
guisa di me, quando considero che ardirono di chiamare seduttore ed indemoniato il nostro divin Capo. Io non insegno
setta nuova, io, che resto neH’unilii, e proclamo la verità. Per
quanto anzi da me dipende, ho soffocate le sètte, gli scismi,
le superstizioni, le eresie, e le ho combattute, schiacciate, rovesciale, e non cesso, col divino aiuto, di rovesciarle per
quanto è in me. Da quando, mio malgrado, sono stato caricato
del peso del vescovato, e che mandato dal pio Ludovico figlio
della santa Chiesa di Dio, son giunto in Lalia, ho trovalo in
Torino tutte le basiliche ripiene di sozzure degne d’anatema,
e d’immagini, e ciò contro gli ordini della verità. E siccome
io solo ho rovesciato tutto quello che gli altri adoravano, cosi
su me solo si è scaricala la tempesta; cosi tutti han voluto
aprire la bocca per calunniarmi; e se Dio non fosse venuto in
mio soccorso, rai avrebbero forse divorato vivo. Sta scritto
chiaramente non farli immagine alcuna di cosa che sia in cielo di
sopra, nè di cosa che sia in terra di sotto (Esod. XX).- quindi è
chiaro che ciò debba intendersi non solo riguardo alle immagini degli Dei stranieri, ma anche e riguardo delle immagini delle creature celesti e di tulto quello che l’umano ingegno ha sapulo inventare per onorare il Creatore.
«Ma coloro conlro ¡quali noi difendiamo la Chiesa, dicono: noi non pretendiamo che la ¡mmagine che adoriamo
abbia qualche cosa di divino, ma la adoriamo collo stesso
6
rispello che è dovuto a Colui che rappresenta. Ai quali nov
rispondiamo che se le immagini de’santi sono adorale con
culto diabolico, essi non hanno abbandonalo gl’idoli, ma non
han fallo che cambiarne il nome. Se tu scrivi sul muro il nome,.
0 dipingi le immagini di Pietro, di Paolo, di Giove, di Saturno,
0 di Mercurio, certamente quelle immagini non sononèiddii
nè apostoli, anzi non sono neppure uomini: il nome è cangialo, ma l'errore resta e si perpetua, in guisa che si ha una
immagine di una divinità priva di ragione e di vita, in luogo
d’immagini d’animali ; o, per parlare più esallamenle, in luogo^
della pietra e del legno.
«Si deve dunque ben riflettere che se ci è vietalo di adorare 0 di prestare culto religioso alle opere della mano di Dio,
molto più ci è vietato di adorare e prestar cullo alle opere
della mano dell’uomo, neppure sotlo il pretesto di prestare
culto e adorare quello che esse rappresentano: imperciocché, se la immagine che tu adori non è Dio, tu non devi in'
verun modo adorarla, neppure sotto pretesto di adorare il
santo che rappresenta; poiché i santi non si arrogano gli
onori divini.
«Fa d’uopo dunque ritenere fermamente che coloro i quali
accordano un culto religioso sia alle immagini, sia ad una
creatura o celeste o terrestre, o spirituale o materiale, e che
aspettano da essa la salvezza che viene da Dio solo, sono coloro di cui parla l’apostolo allorché dice: essi han mutata la
verità di Dio in menzogna, e hanno adorata e servila la creatura,,
lasciato il Creatore (Rom. I, 25).
«Perchè dunque tu li umilii e ti prosterni dinanzi ad immagini vane? perchè pieghi il tuo corpo davanti a simulacri
terrestri, senza vita e senza alcun potere? Dio ti ha fatto diritto, a differenza dei bruti che riguardano la terra ; egli vuole
che sollevi i tuoi occhi al cielo, e che i tuoi sguardi sieno rivolti a Lui. Là, là bisogna che tu riguardi: è nel cielo che
devi cercare Dio per apprendere a distaccarti dalla terra : perchè
dunque invece di sollevare il tuo cuore al cielo, ti fissi nella
polvere della morte insieme colla immagine insensibile a cui
presti culto? Riguarda lo stato di elevazione nel quale Dio li
ha posto, e ti mantieni quale Dio li ha fatto.
7
«Se non che (dicono i miseri seguaci della falsa religion«
e della superstizione) noi veneriamo, rendiamo culto ed adoriamo la croce in memoria ed onore de! nostro divin Salvatore.
Dunque non piacead essi nel nostro Salvatore se non chequello
che piace agli empii, cioè l’obbrobrio della sua passione e la
ignominia della sua morte. Credono di lui quello che ne credono gli empii si giudei che pagani, i quali rigettano la sua
risurrezione e non sanno riguardarlo che come martorialo e
nell’agonia di sua passione, senza pensare e senza comprendere
ciò che dice l’apostolo, avvegnaché abbiam conosciuto Cristo secondo la carne, pur ora non lo conosniamo più in questo modo (2
Cor. V, IG).
« Ecco che cosa debbe rispondersi a simil genie. Se essi
vogliono adorare lutti i legni segati in forma di croce perchè
Cristo è stalo sospeso sulla croce, vi sono anche altre cose
che Cristo ha falle durante la sua vita, e che essi dovrebbero
adorare meglio che la croce. Infatti egli non è stalo sulla
croce che poche ore, mentre è stato per nove mesi nel seno
di una vergine; adoriamo dunque le vergini perchò Cristo è
nalo da una vergine. Adoriamo le mangiatoje, perchè appena
nato fu coricalo in una mangialoja: adoriamo i brandelli dei
logori pannilini, perciocché appena nalo, fu involto in essi:
adoriamo i navigli, perciocché egli navigò sovente, perchè
dall’alto di una barca ammaestrò le turbe, perchè dormi su
di una barca, e perchè essendo in barca, ordinò di gettare
la rete per la pesca miracolosa. Adoriamo eziandio gli asini,
perchè Cristo entrò in Gerusalemme su di un asino. Adoriamo gli agnelli, perchè di lui è scritto ecco l'agnello di Die
che toglie il peccato del mondo : ma cotesli fautori di dommi perversi mangiano gli agnelli, e li adorano poi dipinti. Adoriamo
i leoni, perciocché sta scritto: ecco il leone che è della tribù di
Giuda, la radice di David ha vinto. Adoriamo le pietre, poiché
sceso di croce fu posto in un sepolcro di pietra, e perchè sta
scritto di lui or la pietra era Cristo: ma Cristo è chiamato
pietra, leone, agnello figurativamenle, e non in senso proprio.
Adoriamo le spine, perchè Cristo ne fu coronalo: sdoriamo le
canne, perciocché con una di esse fu percosso: adoriam infine
le lancie, perchè un soldato forò con una di esse il suo fianco.
8
« Hidicole invero sono coleste cose, e varrebbe meglio deplorarle che scriverle; ma confulando gli scempii, siamo costretti ad iscrivere scempiaggini ; e siamo costretti per convincere cuori di pietra a servirci di colpi di pietra piuttosto che dei
dardi infocati della ditina parola. Deh ! convertitevi, o miseri
traviati ! rientrate in voi stessi, voi che amate la vanità e crociliggete di nuovo il Fig!io di Dio, e lo esponete alla ignominia;
voi che avete rese tante anime compagne de’demonii, e le
avete allon anate dal loro Crealore, e per mezzo delle vostre
sacrileghe immagini, le avete precipitate nella eterna dannazione.
« Dio comanda una cosa, e costoro ne fanno un’altra. Dio
comanda di portare la croco, e non di adorarla; costoro vogliono adorarla, ma non vogliono portarla. Servire Dio in
questo modo è allontanarsi da lui. Gesìi Cristo stesso ha
detto: Se alcuno vuol venire dietro a me, rinunzii a se stesso e
tolga la sua croce, e mi segua (Matt. XVI, 24). e ciò perchè colui che non rinunzia a se stesso non può avvicinarsi
a lui. {Continua).
CORRISPONDENZA PARlGli\A
itWa Bvioua
Caro amico e fratello,
Eccoci di nuovo, dopo una riunione pur troppo! brevissima, disgiunti per la doppia e tripla cinta delle Alpi; e mentre voi salite le ridenti nostre colline e percorrete le nostre
verdeggianti valli del Piemonte, raccogliendo reminiscenze
già vecchie, e nondimeno sempre eloquenti e feconde, e godendo di un puro cielo e dei succosi frutti che Iddio si compiace di prodigare alle sue creature, io, dall'altra parte della
muraglia alpina, faccio altrettanto nelle fertili vallate e pianure del Delfinato. Le uve sono squisite, ed un amico me ne
presentò un grappolo che per la sua grandezza ricordava quello
di Nahar Eskol; il cielo vi è purissimo ed azzurro, verdi gli
alberi e il sole raggiante... ma... che so io?... tuttavolta non
è più la bella, l’incomparabile Italia; e ieri il mio giovane coro-
9
pagno di viaggio osservando la magnifica vista che offresi agli
occhi dei viaggiatori dal castello feudale di Montélimar, dicevami ; — 0 La Torre, la Torre è luogo più bello I » — Però
il paese che io percorro in questo momento è assai interessante , ed offre ad un cuore cristiana ed evangelico delle
memorie ed altresì, grazie a Dio, delle speranze di gran prezzo.
Io vorrei, caro amico , che la penna fosse atta ad esporre
tutto quanto il mio pensiero, e che l’implacabile corso del
tempo rallentasse per alcuni istanti la sua rapidità, per dirvi
alcun che delle due settimane trascorse dopo la mia partenza
da Torino; vi parlerei dei nostri fratelli Valdesi di Marsiglia
ch'ebbi incarico dalla Tavola di visitare come l’anno passato;
vi direi che fui commosso dalla sollecitudine e cordiale accoglienza loro. Tutte le sere io vedeva la chiesa, se non affatto ripiena, colle file dei banchi almeno assai bene guernite di persone; forse più tardi potrò dire qualche cosa ai
miei amici del Piemonte de’ loro fratelli della diaspora (nella
dispersione) ; al presente io voglio fare da cronicista, e narrarvi un episodio della storia di questi luoghi; lo devo alla
gentilezza tutta sua del sig. M. Pastore di.....cho ne raccolse i particolari dalla bocca della di lui ava e dei discendenti degli attori di questo dramma ; tale storia ha per me
un’attualità affatto speciale, imperciocché io mi trovai alla
festa delle orfanelle di Cresi, che furono precedentemente alloggiate nella casa medesima dove si compiè la triste e bella
storia che mi propongo narrarvi.
Ad una breve distanza da Montélimar, sovra una delle ultime sommità ohe s’avanzano dalle alpi della Drôme verso la
valle del Rodano, è situata la piccola città di Livron ; la cresta
della roccia che la domina era in antico una delle piazze
forti dei protestanti delfinesi; l'intera contrada trovavasi popolata di ugonotti, e al tempo di Lesdiguière non si osava
più celebrare la messa che di nascosto; ma la revoca dell’editto di Nantes spargeva la desolazione in quelle ridenti
campagne; la chiesa protestante di Livron veniva decimata
per l’emigrazione e per le persecuzioni, si demoliva il tempio,
si distruggeva il forte, e nullostante vi restava un nucleo di
1700 cristiani che preferirono rimaner soli, qual greggia senza
pastore, anziché pregare colla massa dei pastori... mercenari.
Ma era anche l'epoca de’ pastori martiri, e quando la Francia
o il Piemonte aveva bisogno di conduttori che sapessero morire pel Vangelo, il Vangelo ue faceva nacfprp Oír.»-—.
10
aliora « la scuola de’martiri » come la chiama il Michelet, se
non erro. Un giovane pastore di 26 anni, originario della Rochelle, Rang o Rane si consacrò per la parrocchia di Livron;
col favor della notte egli penetrava nella città, visitava le
anime fedeli, battezzava i fanciulli, benediceva i maritaggi, e
soprattutto col suo fervido zelo eccitava la fede tanto provata
de’ suoi correligionarii.
Il di lui ordinario rifugio era un’osteria sulla grande strada
del mezzogiorno, tenuta dalla famiglia Clayssac, zelante per
la fede, e consacratasi al Vangelo, malgrado le persecuzioni
cui furono esposti specialmente Francesco e Maria Clayssac,
Nascosto in cotesta casa, sotto la custodia di amici fedeli. Rane
■aspettava che col favor della notte i cristiani si fossero raccolti nel vallone delle Combes, poi vi si recava a predicar loro
il Vangelo, benché sapesse che ogni volta all’uscire dell’assemblea il martirio poteva coglierlo. Era il mese di febbraio
del 1745 che si tenne nel luogo suddetto l’ultima raunanza religiosa presieduta da Rane ; la Bibbia vi fu letta, secondo l’uso,
dal sig. Rostain, il di cui figlio, cantore di Livron sino alla
sua morte avvenuta nel 1854, ci forni la più parte dei susseguenti particolari. Finito il culto, l’assemblea si disperse
senza rumore, fortificata senza dubbio per la parola di fede
del zelante di lei pastore; l’autorità ebbe notizia di questo
fatto; il lettore Rostain fu preso e condannato ad essere arrolato nell’armata; condotto dinanzi al vice-delegato di Valence,
egli chiese di poter pagare un supplente, ma ottenne da prima
per risposta— « Briccone, invece di ciò, io do l’ordine di farti
impiccare ». C’era però una preda più desiderata che non quella
del cantore; egli fu persino posto in libertà, e non venne appeso che il suo successore : anzitutto bramavasi aver nelle
mani il gio>vane eroe che ricompariva sempre in mezzo del
suo gregge per infondergli il di lui ardore e la di lui fede. H
15 aprile 1745 il curato Montresse scoperse la pista di questa
selvaggina cotanto desiderata ; venne informato che il cavallo
del pastore era stato alla scuderia di Clayssac, e ch’egli stesso
doveva trovarsi in casa. Il curato informò la famiglia ultracattolica di Cartier che aveva conservato le tradizioni dei sanguinarii Capitoni di Tolosa, da cui ella si riteneva uscita; ma
una delle fanciulle, più umana del curato, s’affrettò d’informare la piccola Clayssac che lavorava come cucitrice nella
sua casa (è la nipote di essa che mi narrò il fatto); quella
«■orse a dirlo nell’albergo dei suoi genitori ; Rane si nascose
11
rn una botte ripiena di piume; la si ricoperse di fieno e la sé
collocò in un angolo oscuro. Sopravviene la Maréchaussie (1),
e comincia a frugare per tutta la casa sospetta, in vano: ma
pur troppo! l’odio religioso non si stanca; il prete Montressevuole ad ogni costo disfarsi del suo nemico; ordina una nuova
perquisizione; si ricomincia, e già la Maréchavssée stava per
abbandonare ogni ulteriore ricerca, quando uno della truppar
stando coll’orecchio teso presso di un tino, ode il battito di
un orologio; Rane, tradito- da cotesto suono fatale, trova nella
sua fede la sicurezza e la pace del martire. « Serbate questo
orologio in memoria del vostro pastore » dice egli alla signora
Clayssac, prima di essere condotto via dai soldati; ma il loro
capo lo rattiene soggiungendogli: « briccone, tu hai ben sovente alloggiato qui senza pagare, nè comincierai in oggi ».
Appena diffuso nella città il rumore di simile arresto, la costernazione impietri il cuore dei protestanti del luogo e paralizzò il loro coraggio. Un canto che i fanciulli imparavano
non è ancor molto tempo sul pastore martire, ritrae d'una maniera commovente l’istante in cui, abbandonato dagli uomini,
costretto a disperare d’ogni soccorso mondano, si getta con
fidanza nelle braccia del suo Dio. Incatenato^ sbeffeggiatOr
egli 6 condotto dai soldati a Valence, e cacciato con mille insulti in un carcere : interrogato dal vice-delegato Chaix, ei
confessa ch'era ministro del santo Vangelo: posto a confrontoco’ testimonii, è mandato a Grenoble il 27 febbraio, e tostocondannato a morte. Il primo presidente di Piollene gii offersela vita a prezzo dell'abiura, ma Rane non pensava ad altro chea trovare nel suo Dio la forza di morire da cristiano; la sua
vita apparteneva al di ]ui Salvatore, e sdegnava persino di
ascoltare la proposizione che gli si faceva di riscattarlo a
quel prezzo.
La sentenza portava che Rane dovesse essere appeso nella
città vescovile di Die; che avrebbe dopo la testa troncata, equesta sarebbe piantata in cima d'un palo, esposta sulla grandestrada davanti alla casa Clayssac. Collocato sopra una carretta con altri due condannati per causa di religione, Rane fucondotto in prima al castello di Cresi per essere poscia trasferito sul luogo del supplizio. II di fatale s’avvicinava: che
cosa avveniva fra i tre martiri nella prigione di Crest il giornoe la notte che precedettero la morte di Rane? le muraglie impenetrabili del carcere ne hanno serbato il secreto, ma Iddio'
(1) Ceiidarmerin d’allor.n.
12
ch’era con loro nel luogo recondito, lo farà conoscere pubblicamente. Quali furono le emozioni che trayersarono l’anima
dell’eroe il giorno del cruento suo trionfo? quali gioie il crocifisso Maestro gli riserbò per l’ora suprema? Che lo si giudichi per cotesti soli particolari che oi sono rimasi. Il mattino, prima di lasciare Crest, egli chiese il permesso di farsi
radere ed aggiustare i capelli, affinchè la decenza del suo esteriore esprimesse meglio la gioia della sua anima : compiuta la
di lui toeletta, egli si consegnò agli sgherri e ai suoi carnefici.
Per tema che i numerosi protestanti di Livron e della contrada tentassero infine di liberarlo , era stata ordinata una
scorta di cento granatieri e di quattro maréckaussés. Quando
egli volle provarsi di parlare al popolo, dieci tamburi ne soffocarono tosto la voce, e non potè che intuonare con voce
ferma e con aspetto sereno e trionfante il salmo CXVIII. « E
questo il di beato che risponde al nostro desio; lodiamo Iddio
che ce l'ha dato, facciamone il nostro compiacimento ». In
vano i Gesuiti l’assediarono durante l’ultimo suo tragitto, immaginandosi, nella cruda loro follia, di dover mostrare a Rane
il cammino della vita eterna; questi non li ascoltava nemmeno, e collo sguardo continuamente fiso al oielo pareva dicesse con fiducia: « Il mio testimonio è ne’cieli ». Giunto ai
piè della scala, scese dal carro, si pose a ginocchio, e fece
l’ultima sua preghiera; finita la quale, i carnefici s’impossessarono del suo corpo, l’anima sua era già fra le mani di Dio.
Il gran vicario, coll’appoggio del sig. Audiffret, comandante
di Dies, ordinò che il corpo fosse trascinato per la città, indi
gettato in una cloaca; il popolaccio ebbe persino la barbarie
di forzare un giovane che se ne andava lungi da questa scena
atroce, ad assistere il carnefice che trascinava il corpo verso
il lettamaio. La testa separata dal biisto venne portata in ispettacolo a Livron dal campanaro della chiesa, indi esposto sulla
via dinanzi alla casa dei Clayssac. La memoria di coteste scene
d’orrore è rimasta scolpita nella mente dei fedeli di Livron ;
eglino furono poco disposti ad abbracciare una fede che si
raccomandava per simili opere; narravano a’loro figliuoli la
morte del pastore martire, e per lungo tempo mostravano ad
essi una pietra intrisa, si diceva, del di lui sangue, e che nessuna pioggia, nessuna burrasca perveniva a nettarla dalla macchia sanguigna. Un giovane pastore del luogo mi diceva che
i vecchi che gli avevano raccontato questi lugubri casi, li tenevano diiHe labbra di testimonii oculari. Il campanaro che
13
ebbe l’oiBoio di servire il carnefice, esperimentà in modo terribile che v’ha un Dio che perdona alle anime che piangono,
e ve n'ha uno eziandio che vendica le anime dei suoi eletti.
Straziato da' rimorsi e notle e di, egli gridava sul suo letto di
morte: « Rane, mio amico, Rane, mio amico, ah! vieni in mio
soccorso ! »
Carissimo fratello, io volevo oggi limitarmi a narrare ai
vostri lettori la morte di Rane ; ella è commovente , e se
« ogni specie di morte dei prediletti deH'Eterno è preziosa
davanti ai suoi occhi » come dice il Salmista, non è meno preziosa ed edificante pei figli di Dio, che ne raccolgono la memoria: ma i vivi c’interessano più dei morti. Di tanti ricordi,
chiederà forse taluno, che rimane oggidì nella Drôme? Non vi
sono colà che delle roccie tinte di sangue come in Calabria,
dove morirono i padri nostri? 0 non vi sono che dei farisei
che edificano il sepolcro dei profeti? No, grazie ne siano rese
a Dio, il grano di frumento, è divenuto fecondo morendo, e
qiiesta contrada interessante per le sue memorie, lo è più ancora per la sua vita religiosa attuale. Non occorre il dire che
di là ci previene forse il migliore de' nostri giornali religiosi.
La Vie Chrétienne; è là, ne’ luoghi percorsi altra volta da Rane,
che lavorano con frutto de’pastori clie non si rifiuterebbero
a riconoscere come successori ; è là ch'ebbe luogo, non è guari
uno de’ risvegliamenti più rimarchevoli di cui avete voi pure
parlato nella Buona Novella, se non m’inganno: e benedico
Iddio d’aver potuto almeno traversare questi luoghi per alquanto ristaurarmivi tornando al lavoro un po’ faticoso e
talvolta arido di Parigi. È infatti da Parigi ch’io do termine
a queste linee, ma non senza darvi prima alcuni cenni sulla
festa delle orfanelle nella Drôme. (Continua).
Notìzie
Savona.—Una sepoltura evangelica. — «Non avevamo pubblico cimitero, e Dio nella sua infinita bontà e misericordia
ce l’ha dato. Essendo morto un certo Enrico Hemmi, svizzero, del cantón Grigione, fattorino da caffè, al caffè vicino al
teatro nuovo, abbiamo ottenuto dalla gentilezza cristiana dell’ottimo sig. sindaco, il cav. Assereto, uomo molto beneviso
14
« benemerito di questa città, e ^all’ill.”"’ sig. intendente facoltà di celebrare solennemente il rito funebre secondo la nostra credenza religiosa. Tutta la città, piccoli e grandi, ricchi
e poveri dei due sessi intervennero eoa un contegno il più
edificante che si potesse desiderare, osservando un religioso
silenzio durante l’accompagnamento della spoglia mortale al
cimitero. Giunti sul luogo, la divina provvidenza m’aprila
bocca, e non potrei ricordarmi di ua ette di ciò che lo Spirito
mi pose in bocca da dire. Ciò che per me fino a quest’ora
riesce pur sempre un mistero oscurissimo si è, che si è fatto
un gran parlare in questa città del discorso tenuto, e sono
stato da parecchi con vive instanze pregato ed assediato a dar
loro copia di ciò ch’io pronunziai davanti alla bara del morto,
mentre non posso in niun modo credere di aver null'altro
detto che una semplice preghiera, non intendendo come mi
si possa chiedere di una copia del discorso che non so precisamente ed assolutamente di aver fatto.
lo non scrissi, nè studiai verbo, nè premeditai un otte, ma
tremante come una foglia, pieno del sentimento della assoluta mia impotenza e capacità di parlare in pubblico, feci ogni
possibile perchè il morto fosse portato di sera, per non aver
così opportunità di parlar, sentendomi incapace d’aprir bocca,
ma ad ogni mio sforzo dovetti, a mio malgrado, piegarmi alla
volontà dei confratelli. Vedendomi alla mala parata, pregai
caldamente il Signor Gesù, Io Spirito Santo, tutto quel dopo
pranzo a non lasciarmi far poco buona figura agli occhi dei
miei nemici, e partendo mi raccomandai alle preghiere di mia
moglie, che m’assicurò di avermi ferventemente raccomandato
alla suprema ed infinita bontà ed assistenza di Dio. E l’esito
corrispose con grande, anzi con grandissima mia meraviglia
con quest’inesplicabile risultato che pur tuttavia emmi pur
sempre un mistero, di cui avrò finch'io viva incancellabile ricordanza! Siane perciò ringraziato le mille volte l'Altissimo!
Mi raccomando alle di lei efficacissime orazioni ed a quelle
di tutta la Chiesa di Torino per implorare per me il dono
della parola ohe ardentissimamente desidero, e domando pure
ad ogni momento al Signore perch’io possa servirlo nel miglior modo possibile fedelmente e con fede ed amore insino
alla morte. {Nostra corrisp.)
Inghilterra. — Un giorno di digiuno, d'umiliazione e di
preghiera. — Dietro invito del governo della Regina, tutte le
Chiese cristiane deH'Inghilterra hanno festeggialo il 7 ottobre
15
come un giorno solenne di digiuno e di preghiera, aH’occasione de’ spaventevoli avvenimenti di cui il nord dell’india ò
teatro. Tutti i giornali annunziano che la nazione intiera ha
risposto con uno slancio ammirabile di pietà al pensiero che
avea dettato questa domanda del Governo. « Nella metropoli,
dice il Record, i magazzini eran chiusi, gli affari sospesi, e
tutto il tumulto ordinario delia grande città erasi arrestato si
completamente , quasi fosse stato giorno di domenica. Le
numerose congregazioni che eransi recate nelle chiese hanno
partecipato nella maniera la più sentita al toccante servizio di
preghiera ch’era stato preparato per la circostanza. Questo
servizio era di gran lunga superiore a quelli che si fanno generalmente in simili occasioni; era semplice, vi si sentiva
uno spirito di profonda pietà ; abbracciava tutto ed era tutto
impregnato d’un gusto veramente evangelico. Queste qualità
erano si sensibili, che iu una fra le principali cappelle indipendenti, esso è stato incorporato tutto intiero nel servizio
ordinario del luogo. La fervente unanimità colla quale i fedeli
hanno dappertutto risposto amen alle differenti parti del servizio, mostra quanto la sciagura dell’india li stringeva ad
invocare l’assistenza del Signore. Lo stesso spirito pareva
aver ispirato i sermoni predicati in tutte le chiese..... Noi abbiamo appreso con viva soddisfazione che le Compagnie delle
strade ferrate, tranne quella del sud-ovest, hanno generalmente
sospese le loro operazioni, ed hanno ancora rinunziato alle
loro ordinarie corse di piacere ».
Varie collette, il cui prodotto è destinato alle vittime dei disastri dell’india, sono state fatte nelle chiese di ogni denominazione. Non si conosce ancora qual ne sia stato il prodotto,
ma tutti si aspettavano a sentirlo enorme. La colletta fatta al
Palazzo di cristallo, ove predicava il S. Spurgeon, s’è elevata
al di la di 675 lire sterline (circa 16,909 franchi). Il numero
degli uditori che il rinomo di questo predicatore aveva attirato era di 23,564. Egli aveva preso per testo del suo discorso
quelle parole del profeta Michea; « Ascoltate la verga e Colui
che l’ha fatta venire ». Insomma questa giornata ha dimostrato
sempre più che il popolo inglese, nonostante i falli che gli si
rimproverano e gli si attribuiscono, è una nazione religiosa
che sa ove trovansi le sorgenti di ogni forza e la guarentigia
di ogni prosperità. Un giornale che non è punto sospetto
quando loda un popolo eretico, L'Uràvers, non ha potuto non
esserne impressionato. « Questa nazione si fiera, che s’umilia,
16
ehe leva inverso il oielo le sue mani supplichevoli, che domanda perdono a Dio e che promette di operare più cristianamente nell'avvenire, se sarà abbastanza avventurata di comprimere un’insurrezione che arreca un colpo si terribile alla
sua potenza, ecco di certo, dice il foglio oltramontano, un
grand’esempio, ed è a questi tratti che si riconosce tutto ciò
ehe resta ancora di vita cristiana in questo popolo . . . L’Inghilterra del 7 ottobre 1857 è l’Inghilterrra cristiana; se fosse
l’Inghilterra cattolica noi la crederemmo salvata ».
Quest'ultima frase non poteva mancare di trascorrere sotto
la penna dell’L'mi’ers; ma qual n’è il valore? Dal nostro canto
noi siamo profondamente convinti, che se l’Inghilterra fosse
stata cattolica, non avrebbe contato questo 7 8bre. Domandate
ad una nazione sommessa all’impero del papa manifestazioni
religiose di questo genere; essa, per mano de’ suoi preti, vi
darà feste pompose, un immenso lusso di abiti sacerdotali,
ricca paratura, bandiere abbaglianti, musiche e frastuono di
tamburi, lunghe file di preti e di giovinette vestite di bianco,
una folla curiosa e divertita, ecc., eco, ; ma tutto un popolo
che si raccoglie, ma un concorso generale di anime che si
ripieghino sopra se stesse, che si umiglino e preghilo veramente... giammai! Fa bisogno, per ottenere questo concorso,
di ciò che le nazioni protestanti sole possono possedere, di
un popolo d’adoratori in ispirito e verità. {L'Espérance)
Grosso l>omeiiico gerente
LE SEGUENTI OPERE
trovami vendibili al Deposito dei Libri religiosi,
viale del Re, N° 31.
Dictionnaire des parallèles, concordances et analogies
Bibliques; un vol. in-8°..........Fr. 4 50
MONOD (Adolphe), Sermons; première et deuxième série
formdDl chacuQe un fort volume.......» 5 50
le Christianisme aux trois premiers siècles; séances
hiütüriques données à Genève eu février, mars et avril
1857, par MM. litEatE d’Aübigné, Bc.ngener, De G.\SPARIN et Viguet; uq fort volume in-12“ . . . . » 3 50
Torino — Stamperia deirünione Tipografico-Edilricc.