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6* Anxo. — N° 4.
II SERIE
28 Febbraio 1857.
LA BUONA NOVELLA
filOBXALE DELLA ETASGELIZZAZIONE ITALIAM
Seguendo la verità nella carità
Ep«s. IV. is.
PREZZO DI ASSOCIAZIOHS
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LE ASSOCIAZIONI Si RICEVONO
Id TDrIio itl UfQzid del Giornale, liale ddite, !(■ 31.
SHIe proviaci« presso tatti ^i l'Oìzii postali f«r
amo di Vaglia, rbe domnaa ns«re ìdtìmì franco
al ftir«Uor« detta BitMia Novella a aon aRrimenlì.
All’càiero, ai seguenti indirizzi: Partgi, dalla libreria C. Meyrucis, roe Tronchet,2; Ginevra, dal Big. E, Beroud libr-aio; Inghilterra per mezzo di fraoco bolli
ìsglesi spediti franco al Direttore della Bnoaa Norella.
SOMMABIO
Che cercate? II. — Letto di morte deli'incredulo, IL — VApohgkIa
e la versione della Bibbia di G. Diodati. — Notizie italiane.
« CHE CERCATE ? »
Ev. di S. Giov. I, 38.
II.
«
Ho dello in un primo articolo ciò che cercano presso di
G. C. la grande maggioranza fra quelli che fanno le visto
di tenergli dielro.
Ora io non mi fermerò a dimostrarvi come sarebbe cosa
sommamente strana che qualche vantaggio trovassero presso
di lui, vuoi quelli che nulla cercano, vuoi quelli, che se cercano, lo fanno per altrui e non per se stessi, non provando
per conto proprio cho dispregio ed incredulità per il rimedio che consigliano agli altri. Di quai benefici effetti volete
voi che sia poi mai capace una religione che si professa, non
già perchè sia stala riconosciuta la piü addatta ai bisogni
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della coscienza, ma per moro accidente di nascita ; di una
religione alla quale non credono quegli stessi che se ne
fanno gli apologisti; d’una religione quindi fondata anzitutto
nell’ipocrisia, e che invece di servire di veicolo alle idee
morali, non può aver altro effetto che di sconvolgere e mettei’e sossopra i principii della morale anche la piìi volgare ?
Io per me , quando mi faccio a considerare che tale è la
religione, tale il cristianesimo di una grandissima e forse
della maggior parte fra quelli che si dicono cristiani, se di
qualche cosa stupisco, ei non è già che gli effetti di quella
religione nel mondo non sieno nè più apparenti nè più universali , ma piuttosto cho vi sia ancora cristianesimo nel
mondo , e che abbia quella pianta divina resistito fino ad
oggi ai deleteri influssi di tanta ipocrisia unita a tanta noncuranza !
Dirò io lo stesso delle due altre classi di cercatori cui ho
accennato, di coloro cioè che cercano in Gesù Cristo, questi
il rappresentante cd in uno il profeta delle idee di fratellanza e di libertà, quelli il maestro più sublime di morale e
di sapienza che abbia insegnato giammai? — No , perchè
essi cercano con animo schietto e sincero un bene nel quale
hanno fede, io li stimo degni di ogni sorta di rispetto e di
considerazione. — Ma ciò vuol egli dire che s\ gli uni che
gli altri cerchino presso di G. C. ciò cho si deve cercare, e
come lo si deve cercare? — Questo non credo, anzi credo
affatto il contrario. Essi limitando, come fanno, l’opera di
G. C. ad un fine meramente politico o morale che sia, hanno,
a parer mio, il torto gravissimo di menomar qneH’opera, e
se mi sarà lecito di palesare tutto il mio pensiero, di ridurla a
proporzioni cosi ristrette ch’essa ne diventa incomprensibile.
Intendo io, cosi parlando , asserire che beni di si poca
vaglia sieno la morale e la libertà, che a procacciarli si faccia cosa indegna di un cristiano? — Lungi da me un pensiero così empio ! — Ma dirimpetto alla croce di G. C.! dirimpetto ad un dono come è quello dell’Unigeaito di Dio!....
se ad un tal risultato io sono costretto a limitare un siffatto
intervento dell’Eterno nelle cose di questo mondo, io non ci
capisco più nulla, e la sapienza di Dio diventa permealtret-
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tanto problematica quanto dubbiosa la sua giustizia! Dio
buono ! Le strazianti scene di Getsemane e del Calvario, la
morte del Santo e del Giusto avvenute non per altro che per
dar ragione ai popoli sui tiranni ! Il Verbo eterno incarnandosi allo scopo di aggiungere alcuno parole al vocabolario
della sapienza umana 1 — Un sagriOzio così straordinario
consumato per un fine relativamente cosi secondario !.......
No, io non posso ammetterlo. 0 si neghi che G. C. è Figlio
di Dio, ed allora invece di un essere eccezionale non si avrà
più in lui che un bugiardo ed un mentitore ; o mi si mostri
che v’ha in Dio minor sapienza che non nell’uomo, minor capacità di proporzionar le cause agli effetti, o non m’indurrò
mai a credere che ad un fine così limitato corrisponda un
fatto cosi straordinariamente grande quale è l’incarnaziono
e la morte dell’Unigenito di Dio.
E sarebbe minor male se quel tanto che cercano quei tali
di cui discorro, lo rinvenissero davvero.
Ma ecco del loro sistema altro torto gravissimo, che appunto per non cercare che poco presso di G. C., anche quel
poco che si sperava non vien raggiunto. Se G. C. Io menomate a tal segno di non più scorgere in lui che un maestro
di morale, che un profeta di uguaglianza e di libertà , da
dove vi verrà, io domando, la forza di far passare nella pratica le idee acquistate a tale una scuola? L’egoismo, l’interesse, quel bisogno di primeggiare che ognuno porta in se
stesso, ecco della libertà e deH’uguaglianza i nemici più pericolosi. Ora quei nemici come farete voi a combatterli cfficacemente? Le passioni, ecco quelle che ci accecano la mente
in guisa tale che i doveri i più elementari, i più naturali,
non li scorgiamo più. Ora quelle passioni, come farete voi
a frenarle? Quelle virtù che volete praticate, come vi adoprerete voi a renderle accette al cuore, desiderabili? Voi volete i frutti 0 non badate che ai rami come se non alla radice
si dovesse badare anzitutto! Voi volete che quel fiume maestoso del Cristianesimo sparga sulle sue sponde vaghezza e
fertilità e mentre un tale volere è il vostro, voi di tutt’uomo
vi affaticate a disseccarne la sorgente !...... Un tal procedere è egli ragionevole? Io lascio a voi di rispondere.
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Ma dunque quel bone devesi cercare presso di G. C. il
quale raggiunto diventi ancora fonte di tutti gli altri?
La risposta ad una tal domanda la si chiegga ai due primi
discepoli che gli si accostarono. Quando fu che dipartitisi
da chi gli avea fino allora ammaestrati, essi seguitarono
G. C. ? Da che Giovanni il battista, ia di cui opera era di
disporre gli uomini ad accogliere il Messia, ebbe detto loro
additando G. C.: « Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo 1 » Quell’Agnello di Dio di cui era tipo l’Agnello pasquale; la vittima santa immolata fin dalla fondazione del mondo; il ferito pei nostri peccati quale l’aveano
preconizzato i veggenti ; quel medico dei cuori infranti che
si-dichiara di essere G. C. stesso, il pastore destinato da Dio
a raccogliere le pecore disperse della casa d’Israël, il riparatore delle breccie, il ristauratore del cuore dell’uomo dell’immagine di Dio oscurata e quasi cancellata dal peccato ,
il SALVATORE in una parola , ecco ciò che cercano presso di
G. C. i discepoli del battezzatore ed i loro compagni ; ed
ecco che per aver cercato questo e non altro di Pietro, Giacomo e Giovanni che erano , diventarono s. Pietro, s. Giacomo e s. Giovanni; ecco che per aver cercato questo e non
altro essi dopo aver trovato quanto cercavano , furono fatti
capaci di chiamare altri in gran numero alla fruizione degli
stessi privilegi. Ecco che diventarono quegli uomini oscuri,
banditori di una parola che sconvolse il mondo; quegli ignari
pescatori del lago di l’iberiade, predicatori di una sapienza
che non ebbe nè avrà mai l’uguale; quegli uomini timidi,
paurosi egoisti, modelli impareggiabili di fermezza, d’indipendenza, d'abnegazione fino alla morte Î......
G. P. M.‘ ’ ’
LETTO DI MORTE DElL’mCREDlLO
(fatto storico succeduto or son 17 anni)
(Vedi B. N. no 3)
II.
La moglie dicendogli che era in giardino, — Chiamatelo,
soggiunse, gli voglio dire di non credere alle false dottrino
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del padre ; mentre egli è giovane , mi sta a cuore ch’ei conosca i sofismi deirincredulità, ch’ei creda alla mamma;
legga la Bibbia, preghi, osservi la legge del Signore e non
muoia disperato. — Il padre pretendendo che la febbre ed
i patimenti gli toglievano il senno, subito ripigliò l’ammalato. — Padre, io sono quanto voi di senno composto, non
v’illudete; ben sapete che tentale d’ingannarvi e non credere aH’inferno. Voi dite che saranno salvati tutti gli uomini e noi credete; lasciatemi colle vostre menzogne all’ora
di morte. — Entrato il fratellino, ei lo guardò con tenerezza,
10 chiamò per nome e gli disse ; — Vieni qui, fratello. Prima
di morire ti voglio dir cosa che tu rammenterai dopo la mia
morte. Sei giovane, ed io bramerei che tu li mettessi fin
d’ora nella buona via. Non fare come ho fatto io. Non giurare, non prendere invano il nome del Signore; leggi la
Sacra Scrittura : attendi al culto la domenica; ascolta i consigli della mamma, ella è tanto buona; oh se l’avessi io
pure ascoltata, morrei ora in pace! Non piangete tanto, cara
madre; rammentati che vi è un terribile inferno. Non saranno
salvati tutti gli uomini, vanno i malvagi nel luogo degli
eterni dolori: caro fanciullo, qual disgrazia, se egli pure
precipitasse nella perdizione. Non credere alle parole degli
empii e degli schernitori. Sii un giovane pio. Se potessi vivere ti avrei parlato più a lungo, ma ora mi tocca morire.—
11 fratello minore, stando in piedi accanto aU’ammalato, piangeva, e a stento reprimeva la sua emozione. Vinto alla fine,
ei proruppe in singhiozzi e precipitò dalla stanza. Il padre
impassibile ascoltò per un istante, quindi usci di soppiatto.
Era una scena da spezzare un cuor di macigno; la madre,
la moglie deU’ammalato ed io piangevamo in silenzio. Egli
stava cogli occhi asciutti ; sentendolo parlare così teneramente alla madre, al fratello, mi era lusingato che sarebbe
vinta quella sua cupa e fredda disperazione: non fu così.Ei non diede il minimo segno di emozione, non pianto, non
alterazione di voce, non aggrottar di ciglia.
Tentai nuovamente di entrar in discorso; non vi fu verso.
Ei non rispose allo mie domande. Rammentando l’effetto in
lui prodotto dalla prima preghiera, gli proposi di pregare
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ancora prima di lasciarlo. — Non qui, disse ia tuono risoluto, pregate nell’altra stanza, se così vi piace, non in questa. Se non posso, non voglio pregare. Sono ben lungi dal
pregare. E passato il mio giorno: è troppo tardi. Madre, andate vi prego nella stanza vicina.
Passammo in quella stanza ove era il padre, che senza dubbio avea sentita la nostra conversazione, ma pareva del tutto
insensibile; gli dissi poche parole sulla necessità di prepararsi alla morte; mi ascoltava colla massima indifferenza.
Mentre ci ponemmo in ginocchioni ad orare, egli slava seduto guardando per la finestra.
Prima di lasciar la casa, tornai dall’ammalato. Pareva agitatissimo. Venne il medico, tastò il polso, gli rivolse alcune
domande, fece alcune prescrizioni e se n’andò, sperando di
trovarlo migliorato l’indomani, — Domani sarò morto,
esclamò con fermezza e senza l’ombra di emozione. — Gli
feci nuove esortazioni, gli dissi un addio, cui egli non rispose, e lo lasciai.
Partito che fui (per quanto seppi in seguito) egli stette ia
silenzio rispondendo di rado alle domande fattegli, dimenandosi per ogni verso e mandando alti lamenti. Il padre
gli portò una carta da firmare, era il suo testamento; ei ricusò; furono chiamati i testimonii, gli si lesse il tenore dello
scritto, ricusò nuovamente e disse al padre : —Voi mi trascinaste nel peccato, nelle insidie del demonio, rovinaste l’anima mia e mi vorreste ora costringere a firmare questa carta
per spogliare del mio bene la moglie ed il bambino; sapete
che sarebbe un’ingiustizia : levatemi cotesta carta. — Piìi
volte, nella notte, il padre ritentò di avere quella firma.
Dopo lunga resistenza, cedette alle incessanti importunità;
firmò in mezzo forse al delirio; fu però cassato il testamento
dal Tribunale.
L’indomani presto tornai dal moribondo. Era già venuto
il dottore; non avea trovato sintomi allarmanti, sebbene gli
paresse peggiorato. Sperava una prossima guarigione. Io
avrei diviso secolui cotal illusione, se non avessi badato
allo stato morale del paziente. Entrando in camera rimasi
colpito dell’intravvenuto cambiamento. Ei parea invecchiato
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di dieci anni. Evidentemente appressavasi il suo fine; venivano meno le forze, era rauca e rotta la voce, corto ed
affannoso il respiro, incerto e stralunato lo sguardo , sommesso il parlare ; avea passata, mi si disse, nel delirio tutta
quanta la notte.
Di tanto in tanto avea momenti di calma e tentavo allora
di attaccar discorso ; ma non pareva badasse a me, e quando
gli offersi di pregare, di bel nuovo rispose; E troppo tardi,
è passato il mio giorno. — Poi ricominciò a vaneggiare.
Io rimasi un pezzo nella stanza, notando i portamenti dell'ammalato verso i suoi. Egli non piegavasi so non colla
massima ripugnanza a parlare col padre. Non poteva soffrirne l’aspetto, lo mirava con occhi sdegnati. Parlava anzi
amorevolmente alla madre, alla moglie, al fratellino , e si
provava a confortarli.
Lasciata per pochi minuti la stanza, rientrai e rimasi pel
rapido progredir del male. Ne feci avvertita la madre. Non
passerà la giornata, dissi; fu chiamato il dottoro. Quando li
giunse, l’ammalato avea lasciato il mondo, mandando l’ultimo respiro col delirio sulle labbra.
Non spetta a noi il giudicare della sorte di quell’infelice;
ma chi vorrebbe morire come egli mori ?
« Ch’io muoia della morte dei giusti, e sia il mio fine simile al loro *.
Non ho motivo di supporre che siasi cangiato il cuoro
dello sciagurato padre. Io avea sperato che quell’aiìlizione,
accompagnata da cgsì dolorose circostanze avrebbe prodotto
salutare impressiono sull’animo suo. Ma quando l’indomani
dei funerali andai a trovarlo, egli era tutto preoccupalo delle
carte e del testamento del figlio ; da quel momento alla
sua morte non seppi che siasi operato in lui verun cangiamento.
Non cosi il fratello dell’ammalato. Quel caro ragazzo
serbò come prezioso tesoro le parole indirizzategli ; fu sempre rispettoso verso il padre, e in tutto obbediente, salvo in
un punto. Egli nelle cose di religione, saldo come una ròcca
seppe resistere allo prave influenze. L’ho conosciuto per
molti anni. La Scrittura Sacra e la madre erano i suoi con-
8
— $4 ~
siglieri, la domenica le sue delizie. Ricercò e trovò il Signore. Non parlava della morie del fratello che non ¡spargesse lagrime di amarissimo dolore. B. M.
(Dai Récits Américaim).
L’APOLOGISTA
E LA VERSIONE DELLA BIBBIA DI GIOVANNI DIODATI
L’Apologista è un nuovo giornale settimanale venuto fuor
da circa un mese, allo scopo (cosi canta il suo programma)
di Opporsi ai progressi dell’empietà e dell’eresia in Piemonte.
Ora, siccome ai progressi di ciò che VApologista chiama
eresia concorre non poco la diffusione, ognor crescente, della
Bibbia in lingua volgare, e segnatamente della volgarizzazione del Diodati, così gli è sembrato tttile a scongiurare un
tal pericolo, di << svelare e di rendere nota la vera indole di
quella condannata traduzione », spendendo a tale scopo il
primo articolo del suo secondo numero.
VApologista è egli riuscito nel suo intento? — Giudichi
di ciò il lettore quando avrà considerato con qualche attenzione lo osservazioni che stiamo per presentare sullo scritto
del nostro antagonista.
E perchè non possiamo venir Sospettati di averne, in guisa
veruna, indebolitogli argomenti, ecco del primo dei suoi
appunti le proprie parole che trascriviamo :
« Nel farci a tessere una serie di appunti al volgarizza« mento del Diodati, prendiamo le mosse da una sua giun« teria, che quanto meno è appariscente ha tanto maggiore
« rilevanza. Nel Nuovo Testamento leggonsi menzionate due
« sorta di tradizioni, cioè le farisaiche riprovate e le apo« stoliche commendate. Alla nostra parola tradizione, nel
« greco idioma corrisponde la voceparadosis. Questo voca« bolo nel testo biblico anche originale di quella lingua è
« adoperato nel nominare tanto le buone che lo cattive tra« dizioni. Il somigliante ha luogo nelle versioni cattoliche,
« quali la Volgata latina, l’italiana del Martini, ecc. Ma il
9
( Diodati che fece ? Ecco il fallace suo artifizio : dove nel
< sacro testo incontrò la voce paradosis esprimente la tra« dizione buona, apostolica, egli tradusse, insegnamento;
a così nella lettera 2* ai fedeli di Tessalonica, cap. 2°, v. 15,
« traslatò: « ritenete gr¿?ise(7name?íí¿ (paradoseis) che avete
« imparati per parola o per epistola nostra ». Ma per contro
« in tutti i luoghi , nei quali trovò il vocabolo medesimo
« paradosis, adoperato per indicare le tradizioni farisaiche,
< condannate, egli usò sempre la parola tradisione: peres.
< nel Vangelo di s. Marco, cap. 7, v. 8, si espresse con dire ;
« la tradizione (paradosis) degli uomini ». Ora da così fatta
« combinazione insidiosa di terminologia quale effetto dee
« seguire.^ Eccolo: i lettori dolla versione del Diodali tro« vando nella loro Bibbia, che la tradizione è nominata sola tanto e sempre in senso riprovevole, vengono indotti a
< conchiudere, che tutte le tradizioni sono da ripudiare, in
« opposizione alla Chiesa cattolica, che ammette le legittimo
« od autorevoli. Questa illazione non è già una nostra fan
< tasia 0 congettura, ma positiva realtà ».
La giunteria adunque, di cui l'Apolagista appunta il Diodati, consisterebbe, se abbiamo ben letto, in questo, che mentre il vocabolo greco paradosis, viene senza eccezione, egli
dico, tradotto dalla Volgata colla parola corrispondente traditio, e dal Martini, con quella tradizione, il Diodati rende
tal vocabolo ora colla parola tradizione, ora con quella insegnamento, riserbando la prima ad accennare alle tradizioni
« farisaiche, condannate », e la seconda ad esprimere la
a tradizione buona, apostolica » , inducendo così i lettori a
considerare tutte le tradizioni como ugualmente riprovevoli,
« in opposizione alla Chiesa cattolica che ammette le legit« time ed autorevoli ».
Lasciamo stare per ora (che non è questa la quistione) il
servizio buono o cattivo che rendo alla Chiesa romana la volgarizzazione del Diodati: che pretende l’Apo/ogrista con questo suo primo appunto che abbiamo riportato ?
Due cose: la prima che, a pena di essere dichiaralo giuntatore 0 peggio, un dato vocabolo dell'originale debba venir
sempre tradotto colla medesima parola: il che oltre all’es-
10
sere un grave sproposito di ermeneutica, è la condannazione
più flagrante che dir si possa delle versioni stesse ch’egli
intende difendere ; la seconda, che a questa regola si conformarono in riguardo al vocabolo paradosis cosi la Volgata,
come il Martini, mentre vi fu infedele, per fini eretici e malvagi, il solo Diodati ; il che è una solenne menzogna.
Abbiamo detto deila prima di queste asserzioni àeWApologista, che oltre all’essere un grave sproposito in ermeneutica, essa è la condanna piìi flagrante delle stesse versioni
ch’egli imprende a difendere. Infatti ben lungi che, così la
Volgata come il Martini si sieno conformati ad una tal prescrizione, egli è il contrario affatto che emerge da un esame
anche superficiale di queste due traduzioni. Vuole il lettore
la prova di ciò che affermiamo? — Si prenda a modo di esempio, il vocabolo greco musterion che trovasi adoprato 27 volte
dagli scrittori del Nuovo Testamento. Come vien tradotto
questo vocabolo dalla Volgata ? — 19 volte colla parola misterium, e 8 volte con quella sacramentum! Ed il Martini di
cui la traduzione , come tutti sanno, fu fatta sulla Volgata,
porge egli almeno l’esempio di quella fedeltà di cui \'Apologista rimprovera il Diodati di essersi allontanato? Ben all’incontro , chè degli 8 passi in cui la Volgata avea reso il
vocabolo musterion colla parola sacramentum, il Martini
traduce una sola volta (di ciò diremo un giorno il perchè)
colla parola sacramento! Ora se il non rendere sempre lo
stesso vocabolo dell’originale colla stessa parola nella traduzione è giunteria per parte del Diodati, come asserisce
VApologista, per quale singolare eccezione non avrà da dirsi
tale per parte della Volgata e per parte ancora del Martini ?
Abbiamo detto della seconda delle asserzioni A^W’Apologista che è una solenne menzogna, e anche questo a provare
ci costerà poca fatica. In fatto il vocabolo paradosis, di cui
si tratta, trovasi nel Nuovo Testamento adoprato per ben 13
volte. Ora su queste 13 volte la Volgata traduce 12 volte
colla parola traditio, ed 1 volta colla parola proeceptum (1
Cor. XI. 2) ; il Martini 11 volte colla parola tradizione, 1
volta con quella documento (1 Cor., xi. 2) ed una con quella
dottrina (2 lessai., ni. 6) ; il Diodati 10 volte colla parola
11
tradizione, 1 volta con quella ordinamento (1 Cor., xi. 2)
e 2 con quella insegnamento (2 Tessal., n. 14 e in. 6)! — Ora
se si noia per soprappiù, che nei tre passi in cui il Diodati
non traduce paradosis colla parola tradizione, due sono gli
stessissimi (I Cor. xi. 2, e 2 Tessal. iii. 6) che nemmeno il
Martini traduce con quella parola, la giunteria che si pretendeva del Diodati, di chi sarà ella il fatto?
Ciò posto, la questione, come ognun vede, invece di quel
carattere di generalità che si era sforzato di A&tIcVApologista,
diventa questione tutta particolare, limitata ad un sol passo,
e si riassume nel sapere: chi il crateite tas paradoseis del
v. 15, cap. II della 2“ ai Tessalonicesi, l’abbia tradotto piìi
esattamente, del Martini che dice: ritenete le tradizioni, o
del Diodati che dice ritenete gl'insegnamenti ? La qual cosa
volendo decidere, il mezzo più ovvio, o meglio l’unico mi
paro sia quello di esaminare quale sia di tali parole il nesso
col rimanente del capitolo da cui sono tolte. Ora di che
discorre San Paolo in quel capo II della sua 2“ lettera ai
essalonicesi?—Alludendo a certi seduttori che li conturbavano
col dipingere loro come imminente l’avvenimento di Cristo,
l’Apostolo esorta i suoi corrispondenti a non lasciarsi trarre
in inganno da costoro, dichiarando loro che tal giorno non
sopraggiugnerà prima che sia apparso l’Anticristo, ch’egli si
fa quindi a descrivere dopo aver detto : « Non vi ricordato
«voi che, essendo ancora appo voi, io vi dicera queste cose?
« (v. 5) ».Ed egli è dopo questo, e dopo aver ancora espressa
la sua ferma fiducia che i Tessalonicesi erano stati da Dio
eletti a salute ch’egli esclama: «Perciò, fratelli, state saldi,
e’ritenete le paradoseis, {tradizioni secondo Martini, insegnamenti secondo Diodati) che avete imparate o per parola o
per epistola nostra ». Ora, noi lo domandiamo senza timor
di sorta a tutti gli uomini sinceri e spregiudicati, chi —tenendo conto di questo contesto, tenendo conto specialmente
di ciò che Paolo ha scritto più sopra: « Non vi ricordate che
queste cose vi diceto » ; e ancora della parola : « o per
epistola nostra » confrontata colla circostanza che questa era
la 2* lettera che scriveva ai Tessalonicesi — chi ha reso più
fedelmente il pensiero delI’Apostolo, del Martini cho traduco
12
ritenete le tradizioni, col senso sovratulto che intendo
ì’Apologista si dia a tale parola , o del Diodati che traduce
ritenete gl’insegnamenti?
Ma si domanderà da taluno : perchè quello straordinario
accanimento (che non è deìVApologista , ci affrettiamo a riconoscerlo, il poveretto non facendo che ripetere la lezione
del Seminario) contro il Diodali, a cagione di questo passoj?
— Rimanendoci poco spazio noi lo diremo in breve ;
La Chiesa romana, fra le sue dottrine costitutive, è stata
indotta, quasi per fatale necessità, a dare il primo posto a
quella della Tradizione, tenuta da essa per altrettanto autorevole quanto la stessa Parola di Dio. Una tal dottrina, come
ciò avviene per le dottrine tutte peculiari di detta Chiesa, è
stata ideata, ha preso radice e si è svolta senza che l'Evangelo fosse menomamente consultato, nè vi entrasse per
nulla. Ciò non per tanto l’Evangelo è pei cristiani autorità
abbastanza rispettabile ancora perchè sia naturale il desiderio che non manchi del tutto la sua sanzione ad una dottrina, che si pretendo sia creduta come divina. Che fare
adunque?
Si cerchi se, nell’Evangelo, non si troveranno uno o
piìi passi atti quella dottrina ad avvalorare; chè così saranno appagate le esigenze anche dei pili difficili. — Ma se
quei passi, o anche quel passo unico, non vi saranno? —
Pazienza! purché, mediante un certo modo di tradurre, si abbia
il sembiante di esso. —Così, per far ritorno al caso nostro,
si tolga la Bibbia d’in mano al popolo, perchè non conosca
di essa se non quel poco che sarà giudicato opportuno,
quindi si traduca crateite tas paradoseis con ritenete le tradizioni ; e per essere più sicuri dell’effetto si sopprima nel
più dei casi le parole che seguono immantinente : <l che avete
ricevuto ^er parola o per epistola nostra, la quale aggiunta
dimostra trattarsi di tutt’altro che delle tradizioni intese
nel senso romano, e si avrà bel campo di gridare; « Vedete,
se quegh Evangelici non sono più che empii, bestiali di sostenere che la Parola di Dio non ci rimanda mai alle tradizioni, che gl’insegnamenti della tradizione non vanno ritenuti uguali in autorità a quei della Scrittura medesima,
13
quando lo stesso S. Paolo ha lasciato scritto nella sua 2*
lettera ai Tessalonicesi queste precise parole : ritenete le tradizioni'. oh! i giuntatori! oh! i barattieri! » —Ora che ha fatto
il Diodati? Egli traducendo come si doveva il crateite ta.^;
paradoseis dcU’originale; ritenete gl'insegnamenti, ha mandato aH’aria tutto quel bel ragionamento, insieme col partito
che se ne volea trarre : inde irce !
Allo stesso esame cui abbiamo sottoposto il primo degli
appunti deìVApologista contro la Versione del Diodati, c
collo stesso successo, ci sarebbe agevol cosa sottoporre ancora tutti gli altri, e volentieri lo faremmo qualora potessimo supporre nell’Apologista sufficiente amore alla verità
da credersi obbligato di far note le nostre risposto ai suoi
lettori, che certamente non lo sono della Buona Novella. Ma
poiché sarebbe dabbenaggine soverchia per parte nostra lo
sperar tanto, cosi dopo aver con un esempio dimostrato come il
Diodati (che d’altronde non stimiamo infallibile) abbia poco
da temere degli attacchi dell'Apologista, faremo punto per
ora, senza impegno però di non tornare in campo qualora giudicassimo di doverlo fare.
G. P. M.
Notizie Italiane
Chieri. — Altri disordini provocati dai clericali. — Ci eravamo lusingali, che dopo l’accaduto di un mese fa (Vedi la
B. N. n° 3), non avremmo più avuti nuovi disordini e nuovi
attentati-alla liberta di coscienza da lamentare. Ma vana ed
affatto illusoria fu la nostra aspettazione , poiché non paghi
i nemici dell'Evangelo di aver, d’allora in poi, fatto pervenire
al Governo una supplica, firmata, ci si disse , da centinaia di
persone del volgo, e, dopo una filastrocca d'insulse calunnie
all’indirizzo degli evangelici, concludendo acciò ne fosse assolutamente vietato il culto a Chieri; non paghi dico di questo
organizzarono per la susseguente domenica un charivari tale
che il sindaco dichiarandosi impotente a reprimerlo (confes-
14
siamo esserci alquanto sospetta questa impotenza) supplicò il
pastore ivi recatosi, sig. Bert, a celebrare, per quel giorno il
suo culto in altro locale meno conosciuto, che egli stesso s’incaricò di procurargli. Il sig. Bert ha reso conto nei pubblici
fogli dell’accaduto, epperciò non ci faremo qui a ripetere ciò
che ora tutti sanno, e ciò che in quanti sono sinceramente
gelosi del mantenimento delle nostre libertà, ha destato senso
dolorosissimo di meraviglia e anche di sdegno. Solo noteremo come quella lettera, scritta nel tuono più moderato, del
nostro coraggioso fratello, abbia provocato per parte del Campanone un articolo cosi furibondo non solo, ma per soprappiù
cosi ridondante delle più odiose calunnie, che il sig. Bert ha
creduto dover suo di chiedere, pervia giuridica, al tristo giornale l’inserzione di una sua protesta contro le più che false, infami imputazioni a cui egli stesso , un suo collega, il signor Gay e in genere tutti i suoi correligionarii erano fatti
segno. Dolorose sono queste lotte, e doloroso compito è perfino il narrarle. Ma ci conforti la speranza che dall'amaro,
prima o poi, scaturirà il dolce, e che queste lotte gioveranno
non poco al trionfo, in mezzo di noi, dei veri principii di libertà civile e religiosa, e ciò che più ancora importa del cristianesimo attinto alle vere sue sorgenti.
Genova. — Stato deirEvangelizzazione. — L’opera della
Evangelizzazione in Genova progredisce lentamente, ma pure,
grazie a Dio, progredisce. Non passa una domenica senza che
si vedano al culto faccie nuove ; e ad ogni comunione vi sono
sempre persone che domandano di essere ammesse a parteciparvi. Ma in questo andiamo molto cauti, e non ammettiamo
nessuno se non se dopo esserci accertati, per quanto possiamo,
ch’egli tiene una condotta veramente cristiana, ed ha una conoscenza sufficiente della dottrina della salvezza.
Le adunanze della domenica sono sempre numerose. Oltre
a quelle, abbiamo tutte le sere riunioni alla cappella od in
case private. Le riunioni tenute in case particolari hanno
questo vantaggio , che vi possono intervenire facilmente coloro che si vergognerebbero sul principio di venire alla cappella.
Nell'anno scorso e nei primi giorni di questo alcuni ci hanno
abbandonati per rientrare nel grembo della Chiesa romana. Ma
essi erano di quelli che ricercano l’Evangelo non già per l’Evangelo stesso, ma colla speranza di ottenere, per tale mezzo,
vantaggi materiali ; imitando quei tali che seguivano Gesù non
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per udire la sua parola, ma perchè avevano mangiato del pane
e speravano mangiarne ancora. Quindi le loro speranze essendo riuscite vane, non è da maravigliarsi che si sieno ritirati, affine di ottenere da altri ciò che da noi non poterono
ottenere : l’Evangelo ci parla pure di un uomo che protestava
di voler seguitare Gesù dovunque sarebbe andato ; ma avendo
udito poi che Gesù non aveva un luogo dove riposare il capo,
si sentì venir meno il coraggio di seguirlo. Tali defezioni sono
dunque state per noi una vera liberazione anziché una perdita.
Cosi la Chiesa si è maggiormente appurata; fu altretanta scoria che si è separata dal metallo.
Cosi pure i fatti sono quelli che poco a poco vanno smascherando e dileguando la calunnia inventata dai preti , che
cioè noi compriamo le anime ; accusa che ci fanno sicuramente,
io penso, perchè si figurano che noi li imitiamo; ma essi sbagliano assai, poiché non ci verrà mai il pensiero di prenderli
per modelli.
Però una simile calunnia era molto radicata, e vi son quelli
che non si vogliono cavare dalla testa che non sia uu fatto
vero; talché taluni, dopo aver frequentate le adunanze alcune
volte, si maravigliano molto di non ricevere ìa.paga. Un membro della Chiesa, cui qualcuno faceva le sue lagnanze a questo
proposito, gli rispose: « Come? non vi hanno pagato? Allora è
da temere che non vi paghino mai; imperciocché io sono stato
pagato fin dalla prima volta che andai alle loro adunanze; fin
dalla prima volta essi mi hanno fatto conoscere la verità, e
quindi sono stato pagato abbondantemente; ecco infatti l’unica
paga che vi possano e vogliano dare ». Si, è quello il tesoro
che offriamo agli uomini in nome di Gesù; non è egli forse il
tesoro dei tesori?....
Ma se vi sono pur troppo coloro che fingono di abbracciare
l’Evangelo proponendosi un fine temporale, vi sono quelli ancora che lo abbracciano perchè lo riconoscono potenza di Dio
e saviezza di Dio per la salute di ogni credente, e perchè in
esso solo hanno trovato riposo alle anime loro. Potrei citarvene molti esempi in questa città; vi potrei parlare di molti
che non si curano di essere beffeggiati , di soffrire o contrarietà in famiglia, o persecuzioni al di fuori, o privazione di
lavoro, ed in conseguenza strettezza e miseria piuttostochè
deviare dalla professione del puro Evangelo di Gesù Cristo.
Ma questo vi basti per ora intorno a Genova.
^Nostra corrisp.J
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Mbntone addi 24 febbraio 1857. —Una sepoltura evangelica.
— Addi 21 del corrente mese si addormentava in Cristo Gesù
il nostro diletto fratello Luigi Vulliemin da Losanna, in età di
anni 20 ; egli morì della morte del Cristiano giustificato per
fede, lasciando ai superstiti parenti ed amici grandi consolazioni e speranze per la vita avvenire.
Il giorno 23, alle 4 di sera , ora prefissa onde consegnare
alla terra le spoglie mortali del defunto fratello, numerosissima folla di gente d’ogni età , sesso e condizione si adunava
innanzi la casa dalla quale partire doveva il funereo convoglio
per avviarsi curiosa verso il cimitero, ove doveva compiersi
per la prima volta una sepoltura di un Evangelico, in debita
forma. All’ora dunque preacennata il funebre convoglio si dirigeva lentamente e col massimo religioso silenzio verso il
cimitero evangelico, situato nell’interno di quello detto cattolico-; la barra che rinchiudeva il cadavere era coperta da un
drappo nero, e portata da quattro portatori decentemente vestiti; seguivano ordinati di due in due — il padre del defunto
il signor Luigi Vulliemin, i reverendi pastori Pilatte, Turin,
Bersier, venuti da Nizza, con altri amici; due reverendi pastori
inglesi che si trovano 3i residenza provvisoria in questacittà,
il reverendo signor Nusey, ed in seguito , sempre nello
stesso ordine , 25 e più persone tra le più ragguardevoli del
paese, le quali, sebbene appartengano alla Chiesa cattolica,
vollero di buon cuore associarsi a quell’atto di cristiana carità.
Giunti sul luogo ove era la fossa, ed essendo i due cimiteri
pieni di gente accavalcata fino sopra i muri che servono di
cinta, il signor pastore Pilatte prese il primo la parola per
annunziare con forza e purezza evangelica le promesse e le
speranze di una risurrezione e di una vita eterna per i credenti in Cristo Gesù e per coloro che morranno in lui; continuò il signor pastore Turin a svolgere in lingua italiana e
con gran semplicità le verità e le promesse del Vangelo per i
yeri credenti, come pure la pessima condizione in cui si troverà chiunque vive dimentico di Dio e si addormenta nell’ultimo giorno in istato di peccato. Terminava la lugubre cerimonia il signor pastore Bersier con una solenne preghiera, e
quindi dopo avere il signor pastore Pilatte reso grazie alla
SS. Trinità, ciascuno ritiravasi dal cimitero con seria impressione. Eccettuato il solito mormorio dei fanciulli, tutta la
gente ivi presente ascoltò con gran rispetto e colla massima
serietà le verità del santo Evangelo proclamate dai reverendi
pastori nel cimitero di Mentone, per la prima volta.
{Nostra Corrisp.)
Crosiso Doiiieiiico gerente.
Torino. — Stamperia dcU'Unione Tipografico-Editrice.