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ABBOJSÌAMENTI : Interno ed Eritrea, anmo L. 3 ; semestre L. 1,50.
■Estero: anno L. 5; — semestre L. -3. — Per .ittserzioni, prezzi da conveniirsi.
filrettofe e flmministiatoi'e: 6eov«nuto Celli, Via magenta N. 18, ROmii
-Homa, 4 ..(Sennato 1910 = 1,11
‘ Luce — Il eoprannaturide
♦ _ Una eonlerenza del ¡pnof.
Minoceùi— Topografia biblica — Brevi imeditazioni .d’un laico —In su lo sguardo— Eacoo,gliele, i pezzi — La dottrina cristiana spiccata
al popolo — La settimana di preghiere — Alleanza evangelica universale — Biella peniisola
e nelle àsole — Dalle antiche provimee — A :un
generoso anonimo — Corriere gerimanieo — Adolfo Jalla e il re Lewanika — Leggendo e aainotando — Tolleranza e intolleranza ~ La.cinace
— Sotto l’incubo!
^"Ila^ijucìb
lEstìe 'Vestita a ifesta ad augurare ai nostri Collaiboratori, ai nostri Abbonati, ai nostri Lettori as'Sidui, de più soavi ¿benedizioni del Signore.
La muova testata ■ del periodico si deve alk mano
del nostro carissima amico, Alessandro Mairet, fer'vente cristiano e vailente pittore svizzero.
'Vorremmo però che non la testata solamente, ma
tutto il ¡periodico fosse più attraente in questo Anno
H9il0, chcè il terzo anno di vita che la nostra Luce
ancomincia.
Ai Collaboratori raccomandiamo brevità, suceorità,
■ohiareiza.
Mrwvità mon significa strozzamento. Ohi tra i mostra Lettori -so^na un gioirnale tutto pieno di arti'Golasci di paahe righe ; dii desidera invece na
giornale ad articoloni da quattro o cinque colonne
l’uno!! .Sbagliano gli uni e gli altri, poiché gli ani
e gli Altri tengono conto solamente dei loro gusta ipersonali. La Luce deve iflnire col diventar
gradita non a questo o a quel lettore, ma a tutti ;
pereiè la Luce dov,rà contenere articoli brevi, brevissimi e ;afticoli lunghi, e fors’anefce lunghissimi.
Qiiantii articoli tuttavia si potrebbero riassumere
e ridurre in ¡poche parole più fadlmente leggibili
e più efficaci soprattutto. Non bisogna mai esser gelosi dei propri scritti, 'bisogna invece averii coraggio di amputarli o di lasciarli amputare. Le notizie,
specialmente, quanto rieseirebbero piacevoli, se fossero molto più copiose e redatte in rapidi e sintetici periodetti, che direbbero più di lunghe tirate.
Succosità non significa astruseria !
JBadate però ; la Luce vuol essere il giornale di
tatti : non dei poco colti solamente, ma anche dei
dotti ; e la Luce ha infatti dei dotti tra i suoi assidui lettori. Chi non capisce un articolo, abbia pazienza, lo salti, e vada a cejcare più in là il cibo
adatto al suo cuore e alla sua mente.
Chiaressa non significa prolissità. Certo, meglio
assai UH articolo diluito che un articolo che nessuno
capisce.
Alle qualità accennate, se ne aggiungano delle
altre ancora, specialmente una discreta purezza di
lingua e italianità di stile. Non si tratta di scrivere in quinci e quindi ; no, poiché non v’é nulla
di più freddo né di più antipatico dello scrivere
lezioso e leccato; ma da Awee «deve progredire an■ cora e assai per 'Ciò che concerne laiforma, la quale
iibà la sua brava iimportaaiza.
Non crediate die noi vediamo i difetti negli altri
'ie non in noi medesimL 'Sbagliereste;! "Quante volte
(«i siam sentiti tomnendare dal ¡pensiero che la Luce
i®on é quel che dovrebbe essea*e., non solo per colpa
idei Collaboratori, ma |>er colpa nostra:; e come ci
sembran ridicoli quei periodici che si contentano
idi I ¡quel che sono, e càe vanno dm brodo di giuggiole
iacanzi a un giudizio benevolo espresso da questo a da quel Lettore !! Abbiamo anche noi ricevuto congratalazioni e no,a poche, che serbiamo
con , gioia gelosa e qualche volta rileggiamo con
piacere e conforto. Ma non però ci sentiamo sodisfatti, tatt’altro. Quante volte ci siamo chiesti se
eravamo veramente al nostro posto, o se non sarebbe
stato imsglio tornare alla predicazione e lasciare quest’nfficio.a un altro. Insomma, se non s’è fatto di più,
incolpatone la nostra debolezza e pochezza, non già
il .nostro desiderio, che é meno pago ora che non
ifosse dodici mesi or sono. Secondo il nostro desiiderio, la Juuce avrebbe ad essere come ano squillo
Ai tromba a raccogliere tutti i nostri Lettori -— credenti.o increduli, cattolici romani o cristiani evangeiici — attorno al Cristo, ad nn Cristo non intellettualistico e aieppur sentimentale, ad un Cristo
vivecte e pronio ad operare negli nomini e con gli
uomw.
Se fion l’avete ancora indovinato, ve lo diremo
chiaro i il Cristo per noi non è un filosofo, non an
socialista, non un maestro di morale ; ma un salvatore, che ci ottiene il perdono dei peccati (ci sentiamo infatti peccatori) e ci dà la forza d’incominciare nna vita nuova, tutta interiore, nascosta con
Lui in Dio, come direbbe S. Paolo. Se non che questa vita nascosta si palesa in qualche maniera di
fuori : di personale diviene sociale; si che, in grazia del Cristo, tutti i problemi che travagliano l’amanità potrebbero trovare la loro vera soluzione.
Noi predichiamo nna religione. Consideriamo i bisogni spirituali come bisogni fondamentali.— Non dovremmo occuparci del « pane quotidiano », della qnistione economica? Oh, perché mai? Se dal socialismo si togliesse via ciò che sa di incrednlità stolida
e ciò che sa di sogno da matti e ciò che sa di corruzione, noi saremmo dispostissimi a gridare : Viva
il socialismo! Sarebbe anzi desiderabile che i cristiani nel senso vecchio della parola (che é il più
giusto) e i cristiani sociali si unissero in questo medesimo periodico, e — lasciando da banda le esagerazioni che costituiscono un muro divisorio tra gli
uni e gli altri — come nn solo esercito compatto
scendessero a combattere le battaglie per la salvezza
del nostro popolo. Noi non avremmo la minima difficoltà ad accogliere articoli d’argomento sociale, anzi .
socialistico, se questi articoli non ci dicessero ; Fin
qui r Evangelo nessuno l’ha capito a dovere ;, con
.quel che segue sempre in articoli come quellit- Deinuffiziare le iniquità del presente sistema economico
è dovere sacrosanto. Nel Mantovano alcuni anni or
sono le donne facevano 12 chilometri, lavoravano
lunghe ore neH’acqua delle risaie per 54 centesimi
il giorno ! 1 Ma, o signori ! degli opeiai d’un’altra
regione d’Italia, che non vogliamo nominare, guadagnano adesso fino a 14 o 15 lire per giorno, e
non hanno mai un soldo in tasca e si ubbriacano
con le donne e coi figlioli (come vedemmo moltissime volte coi nostri occhi) bestialmente. Ecco un’ah
tra iniquità non meno grande.
Il rimedio a questi mali non si può trovare che
neU’Evangelo preso in tutta la sua profondità spirituale. Eimpastate il cuor degli uomini — dei ricchi, dei gaudenti, ma anche dei lavoratori, dei proletari — allora soltanto il problema sociale sarà risoluto. Conversione ! conversione ! sia questo il grido
echeggiante per bocca nostra da l’un de" capi all’altro d’Italia, e anche fuori, poiché i nostri fratelli italiani ormai sono per tutto.
Che questo grido echeggi forte nel nuovo anno
1910 ! Collaboratori, Lettori, cooperiamo tutti insième
per la conversione d’Italia I Sia questo Túnico scopo
per cni viviamo, parliamo, scriviamo 1
La Direzione
Il soprapQaturale
La questione della realtà dei miracoli e dell’esistenza
del soprannaturale è più che mai una di quelle intorno alle quali si discorre molto, senza molto curarsi
di precisare i termini del problema medesimo. Anzitutto che cosa s’intende per soprannaturale ? La parola stessa ci avverte che bisogna anzitutto intenderci
su ciò che designarne come natura. Ora, Tantitesi tra
naturale e soprannaturale risale ancor più in là del
secolo XVII, quando i primi trionfi delle scienze fisico-matematiche condussero a contrapporre al vecchio concetto dell’universo come regno di volontà gerarchicamente coordinate e subordinate alla divina,
quello d’un regno dì leggi uniformi e necessarie, e
a scindere la realtà in : natura, o regno delle leggi, e
in soprannatura, o regno dello spirito ; scissione questa
nella quale il regno dello spirito appariva identico
con quello delTarbitrio. Dal secolo XVII in poi la continua e trionfale espansione della scienza, soprattutto
fisica e biologica, ha condotto molti a formulare l’induzione che anche il regno dello spirito sarebbe stato
progressivamente ridotto sotto la sovranità delle leggi
della natura. Ed indubbiamente, se questa induzione
fosse giustificata, l’eliminazione del soprannaturale sarebbe compiuta. Ma dal dire al fare c’è di mezzo il
mare, e da Kant in poi è sorta la critica del sapere
e la filosofia delle scienze, che in diverse guise e per
diverse vie mostra che il concetto della natura come
di un sistema di leggi non è un prodotto ed un dettato dell’esperienza che Tuoino abbia subito dal di
fuori per l’azione sul suo spirito dei fenomeni esterni;
ma è una necessità del suo pensiero, un ideale della
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L A LUCE
ragione che è occasionalmente suscitato dai fenomeni e
ohe egli usa come chiave d’interpretazione. E’ perchè
senza un ordine costante non è possibile nè pensare
nè operare che l’uomo è condotto a concepir^ la natura come un ordine costante cercando nei fenomeni
l’espressione della realtà dell’ideale d’ordine ch’ei va
perseguendo. Ed allora è impossibile non venire alla
conclusione che l’ordine naturale concepito, rintracciato e constatato dalla scienza, cioè dall’attività conoscitiva dello spirito umano, è relativa a questo e
non ad esso superiore: è parte del mondo dello spirito e non suo creatore ; e lungi dal dare esso la spiegazione del mondo spirituale, è da questo che attende
la propria. La realtà conosciuta presuppone la priorità del principio che conosce ; la natura presuppone
un mondo che è superiore alla natura: il mondo dello
spirito (volontà, sentimento, pensiero) ; le leggi naturali sono solo il fenomeno, la veste sensibile di leggi
spirituali (pratiche e logiche); e tutto il sistema delle
realtà naturali è il fenomeno e la veste d’un sistema,
o piano, di realtà ideali o soprassensibili o trascendenti
o soprannaturali che dir si vogliano.
Il mondo sensibile non è tutta la realtà ; ne è solo
una parte, il di fuori ; il corpo non l’anima, la vita,
che è Dio, E d’altra parte il trascendente, il soprannaturale, Dio, non è la negazione della natura, non è
fuori di essa ; ne è la ragione e la fonte ed il cuore
perenne; è da più, non da meno, non la nega ma la
supera ed include. E, inoltre, a questo punto è chiaro
che non è specialmente nella natura (sebbene anche
in questa), ma soprattutto nella storia e nella vita
personale che Dio si rivela ; nella natura esso appare
solo come oggetto ; è solo nell’umanità che esso appare anche come soggetto a cui il primo si riferisce.
Quello che, come postulato delle scienze della natura,
è solo un ordine razionale costante, nelle scienze storiche e nella vita morale si rivela anche come ordine
Otico : tutta la vita morale e sociale presuppone la
realtà di un ordine etico che non si lascia violare;
è dalle sue esigenze che pullula, nelle anime dei profeti e degli apostoli, l’aspirazione verso un volere puro
ed eterno, immutabile ne’ suoi fini che è il germe
etico della religione. Questo germe ha poi il silo pieno
sviluppo nella vita religiosa propriamente detta, che
è la vita di Dio nell’uomo e dell’uomo in Dio, il culmine di tutte le precedenti fasi dell’esperienza, il
punto di vista da cui l’uomo vede il mondo, in parte
almeno, come Dio lo vede : ed è questa la vita per eccellenza soprannaturale.
Il miracolo consiste per l’appunto neH’accesso dello
spirito umano^a questa vita;,, lungi dall’e^^e upa
eccezione alle leggi dell’essere, esso avviene^, precisamente mediante l’intima compenetrazione del nostro
essere col cuore dell’Essere che pone legge a se medesimo e delle cui leggi intime ed autonome quelle
della natura sono solo l’eco e la veste esteriore. L’ordine costante della natura sensibile ha la sua perenne
ragion d’essere nella volontà pura ed immutabile che
s'identifica con la volontà dell’uomo ohe s’è reso più
simile a Dio. Il miracolo non è così tanto un arbitrario intervento di Dio nell’ordine della natura»
-quanto un trascendimento della natura sensibile da
parte dell’uomo, che aprendo l’anima sua a Dio vive
e vede dal livello stesso di Dio e come parte di Dio.
Se Dio esìste e se la creazione divina è atto d’amore,
non solo i miracoli sono possibili, ma sono essenziali
al processo di ascensione spirituale dell’uomo verso
Dio; e diventa perfino assurdo il pensare che vi possa
«ssere creatura che non debba passar per questa esperienza. Una creatura che non incontra sulla sua vìa
il miracolo è un’anima perduta, è un atto di Dio abortito ; ammetterlo è negare Dio stesso ed il suo amore,
che nel miracolo, cioè nell’atto di accesso della creatura al livello divino della realtà, trova il proprio fine
« il proprio compimento. Dio ci crea perchè viviamo
in lui e come organi suoi, ed il miracolo è'^solo l’ultimo termine di un processo pedagogico che ci conduce a Dio attraverso tutti i livelli inferiori di vita
<lai più bassi ai più eccelsi. Un universo in cui Dio
non si rivela alle sue creature è un universo senza
Dio ; un universo che sia veramente divino ha la rivelazione e il miracolo per suoi momenti essenziali e
culminanti. Dio e l’uomo ad un tempo trovano nel
miracolo il momento della loro massima pienezza dì
vita; è il bacio del finito e dell’Infinito, la legge per
eccellenza di tutto l’essere.
Potrà a taluno parere che questo modo di vedere
sia in contraddizione col fatto che neH'esperienza religiosa il miracolo è sempre dato come un atto di Dìo
e non come un trascendimento dell’ordine naturale
da parte dell’uomo. Ma la contraddizione è, per altro,
solo apparente. I due aspetti non sì escludono ma si
integrano a vicenda.
V’è da parte dell’uomo un elevarsi, un arrendersi,
un aprirsi a Dio a cui corrisponde da parte di Dìo
una discesa, una incarnazione nella finitezza, della
natura umana.
V’è da parte dell’uomo un atto di libertà, che coin
cide con un atto dì grazia da parte di Dio, che rivela
così la presenza e potenza per mezzo dell’uomo divenuto degno d’essere suo veicolo e simbolo, e questo
secondo atto si chiarisce come fondamento e condizione del primo. Nell’esperienza del divino l’uomo
s’accorge che la stessa sua libertà, lo stesso suo potere
di trascendere la natura gli è dato per un atto di
grazia creatrice | precisamente alfine ch’egli divenga
consapevolmente e di sua scelta organo del divino
medesimo. Visto dal basso è l’uomo che conquista la
vita dello spirito; visto dall’atto è lo spirito, che a
un tempo urge l’uomo a salire, gli dà la forza di salire e discende in esso assidendosi nel cuore del suo
volere. Dio dà a un tempo la prima spinta e l’ultimo
tocco all’intero processo e nell’intervallo tra l’una e
l’altro lascia agire la libertà da lui creata pur accompagnandola con la visione ideale che le fa da guida
e sprone. E così avviene che il miracolo è al termine
del processo perchè lo costituisce lungo tutto il suo
percorso, perchè il volere divino misteriosamente e
sempre^jostituisce irtlTore delì’umano con la sua stessa
libertà pur senza sostituirglisi.
Ond’è che, religiosamente considerata l’affermazione
del miracolo, in ciò che essa ha di più importante,
non è un’affermazione d’ignoranza assoluta, come
spesso si crede. AU’qpposto : il miracolo ha per suo
centro la visione d’una realtà positiva, ed il mistero
e l’ignoranza ne costituiscon« solo ì contorni e lo
sfondo, e son dovuti a ciò che nessun’altra realtà sperimentabile a qualsiasi altro livello d’esperienza, può
essere impiegata ad esprimere, altrimenti che in via
simbolica, la realtà e la vita centrale donde tutte le
altre procedono ed irradiano. Il rapporto tra il finito
e l’infinito non può che essere, in questo senso, misterioso e il senso di questo mistero-miracolo è il
cuore stesso della religione.
Ciò posto quanto assurda si rivela l’opinione di coloro che, modernisti o positivisti, negano il miracolo in
nome della scienza o della critica storica! Anzitutto
essi identificano il soprannaturale con l’arbitrario anziché con l’immutabile e l’eterno; e in ciò mostrano
di non avere penetrato la concezione religiosa del
miracolo. Tutt’al più essi compiono funzione utile
contro la concezione volgare e materialistica del soprannaturale e del miracolo, qual’è propugnata, ad es,
da Padre Gemelli. Ma in ciò facendo essi non dimostrano di intendere meglio di lui che il miracolo è,
eisenzìalmente, l'ascesa ad un punto di vista e livello
d’esistenza superiore, un evento inferiore, un orientamento definitivo della volontà verso la vita nell’Etorno. In secondo luogo essi trascurano di penetrare,
oltre il linguaggio, figurativo alla realtà voluta significare.
Essi prendono alla lettera descrizioni in termini
fisici di eventi spirituali. Che direste voi di uno che
si mettesse a confutare in nome della scienza l’inno
garibaldino nella sua visione iniziale :
Si scopron le tombe, si levano i morti?
Pur nel nostro linguaggio quotidiano adoperiamo
i verbi vedere ed udire non solo per designare percezioni visive ed uditive, ma ancora per designare
verità matematiche, storiche, eco. Peary, scrisse di
avere visto il Polo; Tizio ha visto la caduta del potere temporale dei papi; noi parliamo di nazioni risorte, ecc. Anche se si ammette ohe il miracolo abbia
concomitanza e conseguenze fisiche, è certo che non
sono queste che gli conferiscono portata religiosa e
che importano alla coscienza religiosa ; il miracolo
che importa alla coscienza religiosa è quello che consìste nel sentirsi sottratti alle forze del male, nel sentirsi per sempre radicati in Dìo, nel vedere in sè od
in altri il segno d’un trionfo del Bene sul male, una
trasformazione nella sostanza e nell'orientazione del
proprio volere, che ci porta alla soglia d’un nuovo
mondo e trasfigura la nostra scala dei valori. Ebbene;
la critica storica constata che qua e là vi furono persone a cui furono attribuiti miracoli di questa o quella
natura, o che ne furono i testimoni. Essa constata il
il fatto di questa fede e cerca spiegarlo psicologicamente; ma essa nè pretende nè ha competenza per
giudicare del valore della sua constatazione del fatto
di tal fede. Essa constata la fede nella Resurrezione
di Cristo; ma il problema del valore di questa fede
per la coscienza religiosa, il problema del significato
della frase « Cristo è risorto » è un problema che le
sfugge e che è di spettanza della epistemologia e della
filosofia della religione. La critica storica constata
gli effetti storici e documeutariì d’un avvenimento interiore che ha dato origine a una data fede. Spetta
alla filosofia della religione il mostrare che tale fede
è ben fondata nell’affermare la possibilità, anzi la
realtà e la necessità di rivelazioni e miracoli in un
universo che sia veramente divino.
E’ così del resto in tutti i campi del nostro sapere ;
noi intendiamo le idee, i sistemi, l’arte, le istituzioni
degli uomini solo quando e se con intelletto d’amore
cerchiamo di penetrare fino al punto di vista di coloro che le elaborarono, rivivendone noi stessi dal di
dentro la storia; dal di fuori non ne coglìam mai
che le rovine e lo scheletro.
Una realtà qualsiasi non è mai spiegata che dalla
sua funzione vitale, da ciò ohe l’ha creata e la mantìen viva nonostante le sue deficienze e perversioni ;
epperciò anche le categorie della vita religiosa (Dio,
l'Anima, il Miracolo, la Rivelazione, ecc.) non si spiegano già applicando loro i metodi di punti di vista
extra-religiosi, ma sibbene solo mediante le esigenze
della vita religiosa. Prima di scartare Dio, l’Anima,
il Miracolo, la Rivelazione ecc., noi dobbiamo far di
tutto per capire che cosa questi concetti significhino
per chi è religioso, quali funzioni vitali essi compiano,
quali bisogni resterebbero senza di essi inappagati,
quali, eventualmente, sarebbero meglio appagati in
loro assenza. Io credo che la filosofia della religione
e la metafisica debbano la più parte delle loro difficoltà a ciò ohe noi siamo troppo inclini a prendere
la nostra esperienza personale come misura di ogni
esperienza, come completa e non già come sempre in
formazione ; e così avviene che invece di proporsi di
comprendere l’esperienza propria e degli altri, ogni
filosofo a un certo punto del suo lavoro diventa impaziente e vuol correggere aggiungendo arbitrariamente del suo. Io credo invece che occorra anzitutto
comprendere amando e che l’ideale della perfetta filosofia sarebbe realizzato da chi sapesse vedere il grado
dì verità dì tutte le possibili esperienze personali compresè nella esperienza propria, sì che ognuna vi possedesse piena tutta la sua verità vitale e nessuna si
sentisse dichiarata illusoria od inutile. Ma un tal filosofo godrebbe la divina gioia di dir con Dio che
tutto è bene. Anzi un tal filosofo non può essere che
Dio medesimo.
ñíigelo Crespi
Una conleranza iel Prof. Minotthi
Salvatore Minocchi ha ripetuto a Firenze, il 26 dicembre, la prolusione da lui letta nell’università di
Pisa ,su « L’idea- messianica ».
Avevo, alcuni anni fa, seguito all’Istituto di Studi
Superiori un corso di lingua ebraica del prof. Minocchi.
allora direttore indisturbato degli « Studi Religiosi »
Un giorno, toccando incidentalmente del movimento
della critica biblica, ebbe a dirci che tali indagini erano
molto più pericolose per il Protestantesimo, perchè ne
scrollavano il fondamento, la Bibbia, mentre gli studiom cattolici potevano attendervi con piena libertà e
serenità di spirito. Ho dovuto spesso ripensare a questa
vantata libertà cattolica, quando vennero il Sillabo e
l’Enciclica contro i Modernisti, e quando più tardi il
Minocchi stesso fu oggetto di un provvedimento disciplinare, col quale gli si voleva mettere il bavaglio, e
contro cui egli sdegnosamente si ribellò.
M’interessavo quindi di ascoltare di nuovo una volta
il neo-professore di Pisa. Intervenni perciò nella sala
della « Società Filosofica », ove il Minocchi, non più
nella veste talare in cui ero abituato a vederlo, ma
borghesemente in giacchetta grigia, come in un crocchio
di amici, ci lesse il suo manoscritto.
Sono rimasto deluso della sua conferenza. Non già
che io ignorassi la posizione critica del Minocchi, nè
che mi spaventi soverchiamente delle arditezze dei critici dì parte radicale. Sono anzi persuaso che, anche
alla luce della ricostruzione moderna della storia d’Israele^
si può leggere l’Antico Testamento con pietà ed edificazione. Ma nell’esposizione del Minocchi non solo
mancava originalità di vedute, consistendo essa in un
mero riassunto sul profetismo d’Israele, ma difettoso
altresì quel calore comunicativo, quell’entusiasmo, che
avrebbe dovuto ispirare l’oratore di si grande soggetto.
Il conferenziere, con una insistenza irritante, ripetè più
volte che l'errore fondamentale della religione ebraica
era la personificazione della morale e della giustizia
in Yahwé, il dio nazionale, poi concepito come unica
divinità, che si credeva intervenisse miracolosamente
a salvare il suo popolo, e distruggere i suoi nemici.
L’idea messianica apparve pertanto come l’ansiosa, secolare speranza di un avvenire glorioso, sempre creduto imminente e sempre dileguantesi ; i profeti, banditori di questo ideale, dei sognatoiù smentiti dai fatti ;
il gruppo dei loro seguaci, poveri illusi degni di compassione.
Nell’ultima fase del suo svolgimento l’idea messianica,
sempre secondo il Minocchi si concretò uell’aspettazione
di un Messia personale, investito da Dio della suprema
missione di giudice delle nazioni e salvatore del popolo
eletto. Quando i tempi sono maturi l’idea tende a realizzarsi, e cosi avvenne anche per quella messianica nella
persona di un oscuro operaio dì Galilea, Gesù di Nazaret. Ma allora, ci chiediamo, questo punto d’arrivo
3
LA LUCE
non ei servirà dì chiave per giudicare dell’origine e del
valore di tutto il movimento profetico, che prepara il
Cristo od a Lui teude? Se non che qui il Minocchi
s’affrettò a raccogliere le vele, non senza però esclamare
terminando : « Abbiamo fede, signori, nella virtù creativa delio spirito umano! »Naturalmente, bandito dalla
storia lo Spirito dell Eterno, non rimane che a prosternarsi davanti alle manifestazioni creative dello spirito
umano !
Che peccato che una personalità dotta come il prof.
Minocchi, chiamato a insegnare lingua e letteratura
ebraica, nell’università pisana, tratti le grandi questioni
bibliche con spirito cosi profano, mentre a lui si presenterebbe cosi splendida occasione di cooperare al risveglio dell’interesse religioso in mezzo alla gioventù
studiosa.
T. liongo
Jopografia bìblica
Il Corriere della Sem del 1-corrente riportava dalla
rassegna inglese Week-end, delle scoperte fatte in Mesopotamia dal famoso egittologo Sir William Willcocks,
le quali gittano nuova lucesulla topografia della Genesi e, se non persuadono del tutto, sono assai interessanti. Le trascrivo per chi non le avesse lette.
Il teatro degli avvenimenti narrati nei primi cap.
della Bibbia è sempre stato molto incerto. La tradizione e pretese scoperte lo ponevano ora in Mesopotamia, ora in Armenia, ora nell’altipiano centrale dell’Asia, ma nessuna di codeste ubicazioni era del tutto
convincente. Lo sarà di più quella proposta dal Willcocks? Giudichi il lettore.
Nel territorio che dal golfo Persico s’interna per
sei o settecento chilometri nel continente, il W. trova
dati abbondanti che spiegano e commentano le croniche primitive dei giudei. Egli afferma anzitutto di
« avere scoperto il luogo preciso dov’era il paradiso
terrestre, nel distretto di Hairlah, circa 250 chilometri al nord di Bagdad, sulle rive dell’Eufrate. È una
specie d’oasi che verdeggia nel centro di una vastissima pianura desolata. Jl tutta fresca d’ombra e mormorante d'acqua, ed attraversata dail’ Eufrate, dal
quale si dipartono i quattro fiumi del Paradiso terrestre. Tra gli alberi ohe vi abbondano, il più diffuso
è il dattero, il biblico albero della vita ».
La storia di Caino e di Abele e il diluvio non sono,
secondo il W.., che .qpisodi connessi alla quistione
dell’irrigazione del suolo. . La lotta fra Caino ed Abele
è la cristallizzazione iniforma leggendaria delle discordie fra gli agricoltori -che coltivavano le terre in riva
al fiume e i pastori che avevano bisogno di pascoli
irrigati, per le loro immense gregge. Se il fiume era
lasciato scorrere nel suo letto, prosperavano gli agricoltori; se lo si faceva straripare, s’arricchivano i pastori. Nella lotta, vinse Caino, vinsero cioè gli agricoltori : ciò che del resto ,è avvenuto in tutte le società primitive ».
Per il diluvio, avvenne semplicemente questo : « essendosi abbattute le immani dighe che facevano argine alle acque delPEitìfrate-e del Tigri, i due fiumi
strariparono e l’acqua, tutto alil’intorno, raggiunse un
livello, come dice la Bibbia, di circa sette metri, sufficente a far perire la densissima popolazione della
Mesopotamia di quell' epoca. Noè, che si era accorto
in tempo che le dighe stavano per cedere, costruì
P arca che fu trascinata verso il golfo Persico e si
fermò su un piccolo altipiano, prossimo al mare, chiamato Ararat. L’altro Ararat, il monte segnato nei manuali di geografia, non ricevette quel nome che parecchi secoli più tardi »,
Se codeste spiegazioni non danno ragione di tutto
il racconto biblico, esse sono parò altrettanto e più
plausibili di tante altre avanzate finora; e tali rimarranno, finché non se ne propongano altre migliori. Una- oosa però a me pare doversi tener salda,
ed è che la culla delle cronache primitive degli Ebrei
ha da ricercarsi in Mesopotamia, il loro luogo d’origine, e non altrove.
Hnnieo f^lvolve
state
foglie nitidi ed esatti come se queste fossero
chiuse con ogni cura tra le pagine di un libro.
Le foglie cadute — chi sa quanti anuí fa ! — hanno
lasciato r impronta loro inalterata, e si scorgono le
nervature principali e le secondarie, il frastaglio caratteristico del margine, e con piccolo sforzo il naturalista conoscitore vi dirà da quale antica pianta un
giorno il vento autunnale le ha staccate. Volteggiarono qua e là leggere, rapite per l’aria, si deposero sull’umida fanghiglia, presto la sottilissima pagina scomparve, non fu più.
Non fu più ? Eccone l’impronta salda ed esatta tra
le mie mani, e potevano passare migliaia d’ anni che,
se una speciale circostanza non lo staccava dal suolo,
il tenue lembo della foglia sarebbe rimasto quale elemento costitutivo della roccia.
Quale impronta lasceremo noi nella vita?- Perchè
nella stratificazione di energie, ' dalle quali risulta la
società umaua di una data epoca, non può una vita
umana non lasciare la sua impronta. La lasciamo nel
carattere dei nostri figliuoli e nel carattere di quei
che vivono e vivranno al nostro contatto.
Ponete mente, anche se la vita nostra sarà stata
attiva ed esposta alla vista di molti, dieci anni dopo
la nostra uscita da questa casa terrena, pochi si ricorderanno ancora di noi. E cinquant’ anni dopo, passata
la generazione che ci conobbe, nessuno probabilmente
ripeterà il nostro nome ; eppure l’impronta nostra sarà
là; ese anche si avesse avuto cura di contrassegnarla
col nostro nome, questo ai venturi significherà meno
che niente.
Ma se di chi produsse l’impronta si dovrà dire « si
riconosce che è stato con Gesù » ; se essa apparirà il
tentativo, per quanto rozzo, di riprodurre la fisonomía
del Cristo, che importa che la personalità sia dimenticata? L'impronta un nome l’avrà sempre, si chiamerà
benedizione !
Molti vivono come se la loro vita non dovesse lasciare impronta alcuna. Anzi, a giudicare dal modo con
cui sorvegliamo noi stessi, si direbbe che tutti siamo
persuasi che sia cosL Le conseguenze di nn atto, di
una parola, di una fedeltà o di una infedeltà alla legge
perfetta, di ima lotta morale sostenuta, o subito terminata col cedere le armi, quelle conseguenze che Iddio
ci aveva preannunziate, la scienza viene via scoprendole comò dati di fatto per spiegare il presente quale
figlio del passato.
Che dico, atto o parola? Anche il pensiero, anche il
pensiero richiede la sua parte, e l’impronta di esso, ■
per vie e in eoudizioai ancora molto misteriose e solo
intravvedute, passa alle generazioni che vengono sotto
forma di maggiore o minore fibra dì resistenza nelle
lotte morali o spirìtualL
Quale impronta lascierà la mia vita ? Formidabile e
solenne quistione che mi opprime!
Rammento di avere letto di un gentile e grave augurio che si fa in tale parte dell’Indostan intorno alla
culla del neonato ; « piccolo faacinllo, tu vieni al mondo
piangendo mentre intorno a te si sorride, vivi in modo
che tu possa morire sorridendo mentre intorno a te si
piangerà ». x. X.
IH SU LO SeUR7\t)0 !
BREVI MEDITAZIONI D’OH LAICO
Iv’ improota
< Riconoscevano bene che
erano stati con Gesù ».
Atti IV, 13.
Ho una pìccola raccolta di minerali e fra questi un
campione di travertino della regione alpina. L’acqua
che conteneva in soluzione la roccia calcarea, deponendo
particella per paiticella in lungo volgere di anni e
di secoli, ha dato origine al minerale che ora volgo
e rivolgo tra le mani. Ma dalle sfaldature della stratificazione appariscono qua e là dei graziosi disegni di
Le realtà esteriori in quanto sono abbracciate dal
nostro sguardo entrano in noi come demoni od angeli e ci s’insediano. Perciò è di capitale importanza il domandarci su quale oggetto ei convenga
posarlo.
Alessandro Magno avea disposto che le sue ceneri riposassero nella città creata dal sno genio.
Laonde dopo la sna morte il suo corpo venne trasportato in Alessandria, deposto in nn sepolcro degno
di Ini, in mezzo ad nn tempio consacrato alla sua
memoria. La polvere del conquistatore è andata a
confondersi nel deserto colle ceneri di Pompeo. Il
suo sarcofago, dinanzi al quale sacerdoti egizi bruciavano incensi, è ora spolverato dai custodi del
Museo Britannico, nel salone egizio e porta il numero 101
Cosi passa la gloria umana, semplice fantasma ;
la sua storia è .scritta sui mari di sabbia, è intiera
compresa in queste parole, cadute dalla bocca di un
savio : « Vanità delle vanità e tutto è vanità ! • La
sua sorte fatale non potrebbero in nulla mutare nè
le nostre filosofie, per quanto profonde, nè le nostre lagrime, per quanto numerose. Perciò più in
su gli sguardi !
Antica leggenda orientale narra che quando la
notte fn scesa. Abramo nsci all’aria aperta, guardò
nel cielo ove, tra le altre innumerevoli, brillava una
stella: « Ecco il mio Signore! », diss’egli esaltante ; ma allorché la vide impallidire e dileguarsi
soggiunse sospirando : « Non amo ciò che si dilegua ». Quando poi la Inna apparve in sul firmamento, egli gridò, risollevandosi : « Ecco il mio Signore ! ». Ma allorché essa si avvicinò all’Occidente,,
egli proruppe in queste parole : * Non voglio
un Signore che mi abbandona tra le moltitudini,
nella notte e neH’errove ». Quando infine vide sorgere il sole glorioso dichiarò, rapito daH’ammirazione ; « Ecco il mio Signore ! », Ma quando lo vido
tramontare, esclamò trionfante : « Oh, popolo mio,
mi dichiaro sciolto dalle divinità che adorate ; io
volgo lo sguardo a colui che ha creato i cieli e la
terra.
Anima mia, colomba del Signore, perchè ti abbatti ? Lo scoraggiamento rassomiglia all’orgoglio,
conduce al sepolcro. Anima mia. che ti manca per
essere felice ? Cerca, guarda al disopra dei monti
.sui quali non giunge piede umano, più insù della
terra a cui aderisce lo spirito volgare ; al di là
delle stelle, della luna e del sole rivelatrici a Kant
di nna volontà sovrana ; al di là di quanto nasce e
muore, dello spazio e del tempo che col loro silenziofreddo ed infinito spaventavano il Pascal; sollevati
al di là di questo scintillìo sterminato e misterioso
fino alla gloria di Colai che tatto mnove bacia riverente gli estremi lembi del Sno manto tempestatod’astri, inginocchiati pieno di fervore ai Suoi piedi,
stringiti in santa estasi più vicino a Lui, raccogli nel
tuo sguardo una scintilla divina, nella tna menteun pensiero eterno, nel tuo cuore palpitanti potenze
celesti ! Oh, Dio mio, i cieli raccontano la Tna gloria..
Tu sei il mio primiero ed il mio altimo e non vi è-;
alcuno fuorché Te ; Tu solo sei Colai che mi può
rendere felice !
Giovanni Grilli.
“ Raccogliete i pezzi „
Il grande Origene, e i saggi della sua scuola, usarono ricercare in ogni passo biblico cinque o sei modi
d interpretazione ; modi che non ho mai saputo praticare, ma che una volta sapevo almeno enumerare ; ora
non. lo so più, l’ho scordato, e forse non ho fatto male.
Ma so di una donniccinola che senza avere in alcuna maniera seguita la scuola d’Origene, senza avere
giammai probabilmente sentito il nome di lui, era però
stata capace di trovare una interpretazione, o almenn
un’applicazione nuova e commoventissima di quella parola di Gesù : « Raccoglietene i pezzi, chè nulla se ne
perda ».
Vi ricordate ? fu dopo la moltiplioazìone dei pani.
Gesù-«’insegna a non disprezzare le piccole cose e specialmente a non disprezzare i doni di Dio. Non è già
che, come qualche commentatore gli fa dire, Gesù Cristo
intendesse insegnare l’economia o il risparmio con relativa cassa di risparmio e accumulazione di capitali.
In quella parola di Gesù : « Raccoglietene i pezzi »
ci sono molti belli e santi ammaestramenti ; ma assolatamente non credo ch’egli volesse raccomandare l’esempio del ricco stolto, nè quello di Carnegie, nè quello
della formica della favola. Quasi qnasi crederei che
Egli, in altre occasioni, abbia dato insegnamenti affatto contrari al risparmiare e all’accumulare ; e certo
Gesù non s’è. mai contraddetto.
Preferisco la interpretazione della mia buona donnicciuola. Era irlandese ed aveva un marito che, come
tutti gli Irlandesi, si chiamava Patrick. Non si poteva
dire cattivo quell’uomo, anzi aveva qualche buona qualità, qualche poco di sentimento e di cuore nei suoi
momenti buoni ; ma aveva il vizio, troppo sparso tra
i suoi connazionali ed oramai, ahimè, anche tra i nostri,
di bere vino e liquori, e senza misura, al punto che
gli succedeva assai spesso di rimanere ubbriaco. Ed
allora non era più lui : volgare, violento, collerico, brutale talvolta, e stavo per aggiungere qualche aggettivo ancora più brutto. E la sna povera moglie soffriva, grandemente soffriva, soffriva quanto è più facfie a voi l’immaginare che a me il descrivere.
Poi la sbornia passava ? Patrick ridiventava sopportabile ; e la moglie faceva quanto poteva per curarlo,
4
LA LUCE
per indarlo al bene, per guarirlo ; ma disgraziatamente
^ male era vecchio e i rimedi non giovavano. A capo
di pochi giorni ecco un’altra solenne, anzi schifosa uhhriacatnra. **
C’era una signora che abitava non lungi da quella
povera casa, e che vedendo quanto vi succedeva non
potò far a meno dì concepire una grande simpatia e
compassione per la disgraziata moglie di Patrick. L’andava a trovare, la confortava, l’aiutava, la consolava;
pregava con essa e*oòn essa sperava che l’irlandese si
sarebbe corretto. : ^
Ma quando in capo a mesi ed anni dì triste prova
si fu ben convinta che la guarigione diveniva ogni
giorno più improbabile, un giorno non potè trattenersi,
sia pur imprudentemente, dal dire alla povera donna:
< Ma infine, voi non potete continuare a star con lui !
Non dico che sia fondamentalmente cattivo, ma certo
la vita con lui è insopportabile. Voi dovete lasciarlo!»
E la buona donnicciuola, asciugandosi le lagrime col
rovescio del grembiale, rispose: « Oh signora! potrei
io fare una cosa sìmile ? In lui c’è qualche cosa di buono,
ed io dovrei abbandonarlo agli istinti cattivi? No,
buona signora, Gesù Cristo non ha Egli detto : Eaccoglietene i pezzi che nulla sene perda? Egli parlava
di pane ; non l’avrebbe egli detto con maggior simpatia ancora a proposito dei pezzi d’nn’anima umana ? >
Ecco una nuova interpretazione, ma quanto bella,
commovente e santa ! Certo Gesù non la sconfesserebbe.
Se non è sua, è del suo Spirito. QaeH’ottimìsmo della
donna irlandese, ottimismo che possiamo mettere accanto e forse al di sopra di quello del Papà numero
dodici di cui vi parlavo alcune settimane or sono, quell’ottimismo è naturale e logico frutto d’amore. E’ nello
spirito di quel Gesù che al disotto o al disopra della
miseria materiale e morale dell’uomo vide lo splendore
e la elevatezza dell’ orìgine e dei destini di esso ; di
quel Gesù che nel masso bruto, vide, come Michelangelo, il cherubino che vi stava nascosto ; di quel Gesù
di cui una espressiva leggenda narra quanto segue :
Gesù camminava coi suoi discepoli per l’aperta campagna, quando sull’orlo della strada videro la carogna
d’un cane già mezzo imputridita e ricoperta di mosche.
Noi avremmo volto il capo con orrore e schifo. E Gesù
riguardato l’aaimale osservò ai suoi discepoli : Vedete
che bella dentatura bianca che aveva!
In ogni eosatcercate e scoprirete-qualche teto buono.
Ciò è effetto d’amore, ed ha per conseguenza un accrescimento di felicità.
Gias. Sanehetti
La Dottrina. Cristiana spiegata al popolo
La Qiustificazion«.
D. — Che cosa è la gimtifieaeione ì
R. — Dal momento che l’uomo accetta la redenzione
che è in Gesù Cristo, e viene al Salvatore per essere
partecipe di questa redenzione, è ristabilito, tra l’uomo
e Dio, il legame che il peccato aveva rotto. Cristo ristabilisce questo legame con l’ingresso ch’egli fa nel
cuore dell’uomo che viene a lui. Per questo fatto, la
riconciliazione virtuale del mondo, compiutasi in Cristo,
diviene attuale in queiruomo. Questa è la giustificazione.
D. — Qual è il mezso pel quale siamo giustificoti ?
R. — E’ la fede, cioè il dono di tutto l’essere nostro a Dio per mezzo del Cristo.
D. — Qual è l'oggetto della fede giustificante ?
E. — E’ Gesù Cristo. Noi non abbiamo meramente
la fede di Gesù Cristo, ma la fede in Gesù Cristo, cioè
l’abbandono fiducioso della nostra vita al suo amóre ed
alla sua potenza trasformatrice.
D. — Gesù Cristo è la meta suprema della nostra
fede ?
R. — La meta suprema della fede giustificatrice è
Dio. Noi andiamo a Cristo affinchè ci conduca a Dio ;
la fede ohe abbiamo in Cristo è dunque, innanzi tutto,
l’aibandono alla direzione di una guida sicura. Più ancora : noi andiamo a Cristo, perchè in lui. Uomo, il
Verbo immanente nel mondo (cioè il divino) trova la
più alta manifestazione, anzi la piena manifestazione
che è attuabile in una vita umana. Sicché, comunicando
col Cristo, noi comunichiamo con la divina vita umana
E comunicando con essa ne diventiamo partecipi ! La
nostra umana vita (virtualmente divina) comunicando
col Cristo nell’abbraceio trionfale della fede, comunica
oon il suo proprio ideale attuato ; dal quale fluiscono
su di lei le forze che la abilitano a riprodurre ed estendere cotesta attuazione della vita umano-divina. In altri
vocaboli, la nostra fede nel Cristo è fede nel Mediatore
tra Dio e noi.
D. — Donde emerge la necessità del Mediatore ; e
qual è il senso della mediazione ?
E. — Se, conforme alla fllosofia individualista, l’individuo fosse completo per se stesso, e l’umanità non
fosse che un’associazione di individui ; se, in altri termini, l’individuo fosse alla base del fatto umano non
lasciando alla umanità, socialmente considerata, che la
mera significazione di una super-struttura quand'anche
utile e necessaria, allora il fatto del Mediatore tra gl’individui umani e Dio a noi apparirebbe quale un artificio e quasi diremmo un non-senso. Ma ben diversamente va la cosa se si tiene presente il fatto che gli.
individui sono bene simboleggiati da quegli scogli che
emergono fuor dell’acqua, l’uno distinto dall’altro, ma
che vanno a ricongiungersi nella base in quel suolo
unico di cui essi sono emergenze. Gl’individui sono
centri di coscienza dell’umanità. Voglio dire che c’è
un’anima dell’umanità -che non è semplicemente la collezione delle anime individuali, ma una vera anima dell’umanità, di cui le anime individuali sono modi di essere. Ora, il Cristo é un germe di vita nuova innestato
nell’unico organismo umano per trasformarlo. Ne segue
che i vari membri di quest’organismo, aventi in esso
comunione di vita, non possono essere risanati individualisticamente (non dico individualmente), astraendo
cioè dall’organismo di cui sono membri e centri di coscienza. Anzi, soltanto nell’organismo in cui hanno vita
potranno ritrovare la salute. E la ritroveranno nella
misura in cui si approprieranno le virtù emananti da
quel germe di vita nuova innestata neU’organismo e
circolantevi per entro mediante le virtù che da esso si
sprigionano. Tale è la ragione profonda della virtù terapeutica del Cristo ; e tale è il senso della mediazione.
D. — Se la giustificazione dell’uomo è per fede^
che ne sarà di quelle creature umane che pur incorporate al regno della riconciliazione non giunsero
all’età in cui la fede personale è possibile ?
R. — Ogni anima che appartiene alla Chiesa, per
divina dispensazione (diciamo così perchè non è a caso
che si nasce dentro o fuori della Chiesa, bensì per ragioni di profonda giustizia che a noi sfuggono, ma che
appartengono a Dio), è oggetto dell’azione dello Spirito
Santo, di quella grazia rigeneratrice che è appunto il
dono che fa lo Spirito, la parte di Dio nella salute :
grazia di cui il battesimo è pegno. Ma questa grazia
rigeneratrice non giustifica che virtualmente, e per
esplicare in atto la sua virtù essa ha bisogno della libertà umana che si appropri la grazia, l’amore, la riconciliazione del Figliuol di Dio. Questo atto della libertà è la fede. Una morte precoce non sopprìme la necessità dell’atto della fede per la giustificazione, ma lo
trasporta in altra sfera, cioè nella vita intermedia.
Prima o poi esso deve aver luogo per metter capo alla
giustificazione. Se no, no.
D. — Non vi pare egli che il fare derivare la
giustificazione dalla fede sia qualche cosa di magico e di artificiale ?
R. — Lo sarebbe se per la fede il credente ricevesse
la giustizia di Cristo come qualche cosa imputatagli
arbitrariamente, appiccicatagli dal di fuori. Ma non
è cosi. Per la fede, il credente riceve Cristo nel suo
cuore, e da quel momento : « non io vivo, ma Cristo
vive in me ». L’anima che possiede il Cristo interiore,
il Cristo immanente e aderisce fortemente a lui possiede il Cristo all’opera dentro di lui. Quest’opera di
Gesù è principio e pegno della trasfigurazione di quelVanima. Quindi — per dirla col grande teologo evangelico Martensen — « la giustificazione non consiste in
una dichiarazione esterna per la quale Dio ci terrebbe
per giusti senza che nell’interno della coscienza umana
intervenisse un principio di vita nuova ». Quando' la
fede nostra aderisce al Cristo — aggiungiamo noi —
Dio imputa a noi la giustizia di Cristo non benché
Cristo sia esteriore, perchè egli è là interiore all’anima
e v’ha incominciata l’opera sua. Mentre questo procedimento diviene, ed appunto, perchè diviene, Dio si compiace riguardare l’individao come ancora non è pienamente, ma come a diventare nella comunione del suo
Figliuolo, si compiace. riguardarlo come rientrato nelle
ruotale della sua vera destinazione. La giustificazione
non rampolla dunque da una transazione per cui Dio affetti di vedere ciò che non è, ma bensì da una giustizia
in divenire che l’atto della fede inizia in noi. In altre
parole, la giustificazione non è indipendente dalla vita
nuova, ma rampolla da essa. L’immanenza del Cristo
glorificato ed operante nell’anima del credente è la
chiave di volta per intendere a dovere la giustificazione per mezzo della fede. « La fede — dice ancora
Martensen — può essere paragonata al granello di frumento quasi impercettibile nella sua picciolezza, ma la
cui fecondità contiene una pienezza di avvenire. Col
suo sguardo misericordioso, Dio scorge la salate avvenire come il fratto di questa semenza divina, e la libertà attuante già l’ideale della volontà santificata ».
u. i.
L>a seffimana di Preghiere
La settimana di preghiera del principio dell'anno
deve considerarsi da tutti i cristiani evangelici come
« un tempo di refrigerio da parte del Signore ». Col
Natale, Dio si è dato a noi nel suo Unigenito Figliuolo;
col principio dell’anno noi ci diamo a Lui di cuor
sincero e rispondiamo al suo invito. Questa istituzione
veramente cristiana nacque in Inghilterra, ove nascono tante idee sante, utili, pratiche — e di là rapidamente si estese a tutte le contrade del mondo mercè
l'impulso datole AaWAlleanza Evangelica.
Non vi ha oggi popolo che segue l’Evangelo, il
quale non si associ a questo concerto unanime di lodi
di ringraziamenti, di umiliazioni, di intercessioni, che
santifica al suo inìzio l’anno nuovo. La pia istituzione
ornai ha estese le sue radici per tutta la cristianità,
di guisa che, se non avesse luogo di esplicarsi, tutti
soffrirebbero di tale mancamento. Questa stagione di
generali preghiere risponde a una necessità del cuor
cristiano e ad un ordine di Cristo : Vegliate e pregate ! Se il Signore è presente dove due o tre soltanto
sono radunati nel nome suo, quanto più là dove la
Chiesa intera è riunita, e quanto più ancora là dove
tutte le frazioni del corpo di Cristo si sono unite in
una sola fede, speranza e carità, per ricostituire il
unum corpus di Cristo, la Chiesa di Cristo!
* •
L’unirsi nella preghiera è uno spettacolo bello ed
edificante, ma importa unirsi per uno scopo medesimo, perciocché Gesù ha detto : * Se due di voi consentono sulla terra intorno a qualunque cosa chiederanno, quella sarà lor fatta dal Padre mio che è nel
cielo » (Mat. 18[19.) Bisogna che la mente e il cuore
concorrano con la parola per domandare a Dio di
esaudire le nostre richieste intorno a un dato oggetto,
come se si trattasse di mandare al Signore una petizione rivestita delle firme di tutti i cristiani rrdunati in un medesimo tempo e luogo. Ed è per questo
che vengono stabiliti e concordati soggetti speciali
di ’jèreghiera per ciascuna sera di adunanza e per tutti
egualmente, affinchè tutti possano concentrare in
quelli il pensiero della mente e il fervore del cuore.
Della efficacia che risulta dal pregare in molti per
uno scopo determinato, ce ne porge esempio l’apostolo
Paolo laddove scrive ai Corinti (2. I, 11): « Sovvenendoci ancora voi congiuntamente con l’orazione,
acciocché del benefìcio ohe ci sarà avvenuto per
l’orazione di molte persone, grazie sieno rendute da
molti per noi >,
Pefò non dimentichiamo che non è il programma
che ci deve condurre alla mèta, ma lo Spìrito ; e non
lo spirito nostro ma di Dio e di Cristo, che è veramente quello che ci unisce < in una medesima mente
e in una medesima sentenza ». Ricercare quella unità
dello Spirito » e quell’ « unico Spirito » (Efes 4i3, 4);
metterci sotto la sua divina influenza, lasciarci ispirare e guidare da Lui : ecco quel che dobbiam considerare come condizione indispensabile, perchè le
adunanzè di preghiera dei primi dell’anno riescano
feconde di buoni frutti.
Per quanto sia grande il bene che riceviamo dalla
preghiera offerta a Dio in comunione con molti fratelli, guardiamoci dal credere che quella basti per
tutto l’anno ! Ah noi Noi cominciamo l’anno colla
preghiera : bisogna proseguire, e proseguire nel medesimo Spirito. Tutti quanti abbiamo assunto l’impegno davanti a Dio, e ciascuno davanti al suo fratello, di continuare ad assediare il trono della grazia.
Imperocché, non è soltanto la preghiera pubblica che
Dio comanda e gradisce, ma è quella eziandìo che
deve salire a Lui dalle nostre camerette chiuse, dal
recinto delle nostre chiese, templi, cappelle, oratori,
sale di culto; è quella preghiera perenne costante
che esala dall’anima nostra la mattina e la sera e in
ogni ora del giorno.
Reiteriamo in privato le richieste e supplicazioni
presentate a Dio nella comunanza dei fratelli ; non
rompiamo l’unione spirituale, quasiché avesse bisogno
di quattro mura per esservi contenuta ; portiamoti
nel cuore que’ fratelli e quelle sorelle coi quali abbiam pronunziato in coro la parola Amen, « verità ! »
e dimoriam con essi d’un animo solo. SI, « l’amor
fraterno dimori 1 » Y.
• Favoriteci, ve ne preghiamo, molti indirizzi di
• persone a cui mandare numeri di saggio deila
Luce. E grazie fin d’ora.
5
LA LUCE
ALLEANZA EVANGELICA UNIVERSALE
Programma p&r le radunanze di preghiera
della prima settimana del 1910.
Domenica, 2 gaaaaio. — Testi par aarmoni : Sai. 95 6
65,2 ; Is. 56,7 ; Matt. 18,20. '
Lunedi, 3 gennaio. — 1) . Rendimento di grazie a
Dio. (Motivi ; i benefizi ricevuti come popolo e come
individui ; la pace conservata in Europa ; il risvéglio
manifestatosi in varie chiese) — 2) « Confessione delle
nostre colpe ». (Motivi : il nostro popolo si allontana
da Dio ; ci manca lo spirito di sacrifizio ; son poche
le anime interamente e giulivamente consacrate al
servizio del Cristo).
(Sai. 46 ; Sai. 90 ; Is. 61 , I Giov. 1).
Martedì, 4 gennaio. — « Preghiere per la chiesa universale .. (Scopi : perchè i cristiani sentan meglio il
loro dovere nell’ora che volge ; si sottraggano del tutto
ai costumi mondani ; si stringano in più intima fra.
tellanza ; si lascia guidare maggiormente da lo Spirito di Dio ; offrano, più che non facciano, le loro
sostanze pel servizio del Cristo).
(Sai. 13.3 ; Mat. 16, 13-28 ; Ef. 1 ; Ef. 4, 1-13).
Mercoledì, 3 gennaio. — « Le nazioni ed i rispettivi
governi ». Si preghi ; 1) per le autorità, affinchè Dio
conceda loro saggezza e coscienza della lor propria
responsa’bilità ; 2) per la conservazione della pace ;
3) per una più intensa armonia e fratellanza tra i popoli ; 4) per una percezione più esatta e più rispettosa della giustizia.
(Sai. 2 e 65; Sai. 107, 31-43; Ger. 10, 1-16; Ap. 1
5-18),
Giovedì, 6 gennaio. — « Missioni in contrade pagane ». 1) Ringraziare Dio, per i progressi dell’opera
missionaria e per le anime già strappate all’idolatria;
chiedere a Lui : che i cristiani comprendano quale dovere urgente sia per loro l’evangelizzazione dei pagani ; che aumentino i missionari e le offerte (a benefizio dell’opera promossa da la Società di Parigi ; a
benefizio del Giappone, della Cina e della Corea ecc.;
che le benedizioni celesti scendano sui nostri missionari e sui pastori ed evangelisti indigeni.
(Sai. 115 ; Is. 25 e 40, 1-11 ; Matt. 8, 36-38; Lue. 10
1-20). (
Venerdì, 7 gennaio. — . La famiglia, la gioventù,
le scuole ». — Pregare affinchè i genitori sentano più
vivamente i loro doveri verso i figlioli ; affinchè si
torni tutti a praticar il culto familiare quotidiano ;
affinchè la gioventù eviti l’incredulità e la,corruttela ; affinchè Tinsegnamento religioso — nelle scuole
domenicali, al catechismo ecc. — riesca più stringente,
spirituale, vitale. Pregare inoltre per le Unioni cristiane, per le Società d’attività cristiana e simili, per
le opere a prò della gioventù e dell’infanzia
(Deut. 6; I Sam. 3; Sai. 128 ; IITim. 3,12-17; Tito 2),
Sabato, 8 gennaio. — « L’evangelizzazione in patria ».
1) Preghiere per quel che si fa ad evangelizzare le
nostre città e i nostri borghi ; per che Dio susciti evangelizzatori potenti in parola e in opera, atti a recare
con forza, delicatezza e amore l’Evangelo ai nostri
connazionali. 2) Chiedere con santa insistenza che Dio
non abbandoni l’Italia, anzi salvi il popol nostro da
lè molteplici superstizioni e lo guidi a conoscere la
verità spirituale e morale.
(Matt. 4, 17-25 ; I Cor. 1, 17-31 ; Gioele 2, 23-32 ;
Mal. 3 ; Ap. 22, 12-21).
Kclla penisola c «He Isole ~
I
Messina.
Ogni Italiano ha dolorosamente commemorato in
■questi giorni la tragica sorte di Messina la bella. Noi
Cristiani evangelici abbiamo preso parte vivissima al
mesto ricordo, rievocando specialmente la cara figura
•del nostro pastore sig. Adolfo Chanvie.
fZoxna.
Domenica scorsa all’Associazione Cristiana della Gioventù, il pastore V. Nitti, presentato dal presidente
prof. 6. Nesi, tenne una piacevole conferenza con lanterna magica, nella quale sfilarono molte belle vedute
di Messina prima e dopo il terremoto,
— Ci si annunzia che le radunanze di preghiera della
1- settimana dell’anno avian luogo, in Roma, nei seguenti templi e sale di culto (a ore 19).: Lunedi: Via
Venti Settembre ; martedì : Via Teatro Valle ; mercoledì :
Via della Scrofa: giovedì; Via Nazionale; venerdì:
Piazza in Lucina ; sabato : Ponte S. Angelo.
Ci si annunzia del pari che le radunanze di preghiera
di ogni primo lunedi del mese, a ore 19, dal febbraio
al dicembre venturi, sì terranno nei luoghi di culto seguenti : Via Urbana (febbraio) ; Via Venti Settembre
(marzo); Via Teatro Valle (aprile) ; Via della Scrofa
(maggio) ; Via Nazionale (giugno) ; Piazza ih Lucina
(luglio) ; Ponte S. Angelo (agosto) ; Via Urbana (ìset
tembre); Via Venti Settembre (ottobre); Via Teatro
Valle (novembre); Via della Scrofa (dicembre).
F^iedlc avallo
Riuscitissima la festa dell’Albero di Natale che ebbe
luogo nelle prime ore del pomeriggio di domenica scorsa,
sotto la presidenza del pastore sig, Meynier. I bambini
delle scuole, diligentemente preparati dalla signora Ion
Scotta, recitarono e cantarono molto bene, con evidente
sodisfazione del pubblico che gremiva l’ampia cappella.
Dopo la nota gaia, la nota triste : terminata la
festa dell Albero di Natale la cappella di nuovo si affollò per una cerimonia funebre.
Il vecchio fratello Nicola Giavina era spirato il
giorno innanzi. Fu uno dei primi in questo alpestre vilIsiggio ad accettare con entusiasmo il Vangelo, che
professò sempre di poi con fede costante. Le parecchie
centinaia di persone che presero parte alla mesta cerimonia hanno dimostrato in quale stima il caro defunto
fosse tenuto dai compaesani. E. M.
J)alle antiche province
A Biella le adunanze sono ben frequentate e spesso
si nota la presenza di estranei. Il pastore signor Enrico
Meynier impartisce l’istruzione religiosa a parecchi catecùmeni di cui alcuni saranno D. v. ricevuti l’anno
prossimo in occasione di qualcuna delle grandi solennità cristiane.
Il signor Davide Peyrot recentemente ritornato dalla
Germania, dopo un giro di collette, presiedette a Chivasso
il funerale della vecchia sorella Sappè, nata Sambuga
vedova del nostro Maestro-Evangelista Bartolomeo Sappè.
Essa era nel 90- anno della sua vita, conosceva a fondo
il Evangelo; lo leggeva sempre ed amava cantare colla sua
voce ancora chiara ed abbastanza forte i nostri vecchi
cantici. Abitava in una casa operaia e la sua stanza dava
in una galleria dove andavano e venivano i suoi coinquilini. « Quando facevo il culto con essa, scrive il
signor Peyrot, aprivo l’ùscio della sua stanza e cantavamo in compagnia del colportore Besso alcune strofe
e le vicine stavano ad ascoltare. >
« Alla sepoltura esse, con gentile pensiero, accompagnarono la vecchia loro compagna dì casa fino al Camposanto, ed ho raramente avuto un uditorio più attento
alla predicazione dell’Evangele. Facemmo una ricca
distribuzione di trattati e di porzioni ».
Il signor Maurin aveva visitato pure la defunta all’Ospedale Civico di Chivasso, dove fu degente qualche
giorno. Ecco il racconto della sua visita :
« Appena entrato, le suore fecero uscire tutte le ricoverate che erano alzate e non rimasero nella corsia
che quelle che erano a letto. Una suora sembrava indugiarsi, forse desiderava osservare quanto accadeva, o
più probabilmente voleva vegliare alla sicurezza delle
ammalate rimaste. Prevenni il suo desiderio di rimanere
invitandola ad accostarsi al letto della Sappè. Lessi alcuni passi, ne citai altri a memoria, e fui colpito di
vedere che questa suora conosceva benino la Scrittura.
Indi pregai, oltreché per l’ammalata e per gli ammalati,
per le suore, per i dottori e per gli amministratori.
Quando a preghiera finita, apersi gli occhi, quale non
fu la mia sorpresa gradita di vedere una squadra di
suore, capitanata dalla superiora, e dal direttore laico dell’Ospedale tutti intenti e raccolti ad ascoltare. Mi ringraziarono e mi strinsero la mano, dal direttore all’ulTnltima monaca, lasciandoci completamente lìberi dì
visitare la nostra ammalata anche durante la visita medica, per udire dai dottori stessi come stava la veneranda vecchia. »
Onore a chi dirige l’Ospedale di Chivasso ! L’idea di
libertà progredisce in mezzo al nostro popolo.
A Casale dà parecchi mesi a questa parte le adunanze sono numerose. .
Durante l’assenza del signor Peyrot esse furono regolarmente presiedute dal signor Mathieu di Pietra Murazzi,
il quale oltre al lavoro della scuola, che dirige alla
Pietra, e ai culti che vi presiede si sobbarcò di buona
grazia ad un aumento non indifferente dì lavoro.
Lo spirito cristiano di libertà di cui diedero un cosi
bell’esempio coloro che sono alla direzione dell’Ospedale
Civico di Chivasso non é ancora disgraziatamente penetrato nelle popolazioni della valle di Aosta. Eccone
le prove, tolte dalla relazione del pastore G. Marauda :
Il sindaco di Allein avendo chiesto all’unica famiglia evangelica del Comune la tassa che si suole pagare per le candele della chiesa e avutone un rifiuto
« Nel mese scorso mori a Gressan, scrive il sig. Marauda, un giovanotto diciassettenne, proveniente dal1 Ospizio ed affidato ad una famiglia che lo considerava
e trattava come figlio. Il padre, quantunque non evangelico, non volendo il prete e tenendo conto delle idee
del figlio e specialmente del fatto che egli aveva frequentato le adunanze evangeliche, invitò il pastore à
presiedere i funerali. Dopo il servizio fatto in casa, il
corteo sì avviò verso il Camposanto, ma il cancello ne
era stato chiuso per ordine del sindaco. Invano si ricorse al sottoprefetto di Aosta, che non volle neppure
dai e udienza ai reclamanti, nè udire le loro ragioni.
Ultimamente il giornale dei preti eccitò le popolazioni
di Jovenpan contro un nostro fratello che aveva distribuito dei fogli evangelici in quella località, e quando
quel fratello andò a lagnarsi dal Delegato, costui gli
lispose che lasciasse la gente tranquilla, quasiché fosse
inteso che i preti sono i padroni del paese e che si
deve evitare di suscitare loro delle noie.
La settimana scorsa il vescovo lanciò una circolare
a tutti i preti della valle per proibire a loro ed a tutti
i fedeli di « leggere il Mont-Blanc, giornale protestante,
sotto pena di peccato mortale e di censura riservata al
vescovo. » E cosi più che mai si acuisce la lotta del
cleiicalismo contro quanto si fa per illuminare il popolo e specialmente contro l’opera nostra. Potesse almeno
l’intolleranza clericale scuotere l’apatia di molti evangelici e svegliare i bisogni religiosi ! »
F. Bostan
A
un generoso anonimo
Ella mi rimette una vistosa somma, indicandomi
in qual modo deve essere adoperata ; al che mi atterrò
scrupolosamente. Mi permetta di citare dalla sua lettera le seguenti parole:
« Superata una penosa infermità, sento il dovere di
manifestare la mia gratitudine verso la Provvidenza,
contribuendo a lenire, come posso, le sofferenze di chi
ha bisogno di assistenza materiale o spirituale ».
Espressa a Lei viva e sentita gratitudine, desidero
proporre il santo e nobile suo agire ad esempio ad altri,
che si sono trovati nelle identiche sue circostanze, ma
che, ottenuta la liberazione, non si sono più ricordati
del Lil^tore e degl’interessi della Sua càusa.
Roma, 28 dicembre 1909.
Arturo Muston
dal pater familìas, minacciò di farlo citare; affermando
che dovrà pagare oltre la tassa anche la citazione.
©orriere^l^maiiìco
La corte bavarese piange la morte di un principe,
i poveri piangono sulla tomba di un insigne benefattore. Il Duca Callo Teodoro di Baviera quantunque
capo della linea ducale non fece mai parlare di sènei
campo della politica. Rimasto vedovo dopo pochi anni
di matrimonio all’età di 30 anni ei voile farsi studente
in medicina e, ad onta di tutte le difficoltà che gli facevano nella sua famiglia, ei riuscì nell’intento e dopo
gli studi regolari fatti nelle Università di Zurigo e di
Monaco, aperse una clinica per le malattie degli occhi.
Ottenne risultati rimarchevoli neH’operazione della cateratta. Migliaia e migliaia di sudditi del suo Signor
Cugino gli vanno debitori della riacquistata vista e
quello ch’è anche bello egli è che il « Signor Duca *
curava specialmente ì poveri e gratuitamente, s’intende^
— Dalla Relazione annua del «Verein zur Hebung der
Sittlichkeit » in Stuttgart (Società pel rialzamento della
moralità) rileviamo con intima sodisfazione i progressi
fatti da quel benemerito sodalizio nella lotta contro
la letteratura immorale contro l’alcoolismo e contro il
carnevale che alcpnì buon temponi volevano a tutta
forza far fiorire nella gentile capitale sveva come fiorisce pur troppo nella papista Colonia e nell’Ambrosiana.
Milano. '
Servizi eminenti hanno reso alla buona causa le società della croce azzurra e quella dei giovani cristiimi
colla distribuzione di trattati ad hoc fra gli stnd«i|[
ed i soldati nonché coll invitare ad assistere a coù’l^^
renze speciali tenute da Autorità indiscutibili su vari
argomenti.
Atrettanto rallegranti sono i risultati ottenuti dalla
Lega elvetica contro la letteratura immorale. LlbtL'
giornali, cartoline, disegni caricature insomma ogni e
qualsiasi produzione che sotto il nome di arte sia un
incentivo al vizio viene confiscata e gli autori o spacciatori di simil merce verranno qui^innanzi puniti a
termine di legge, secondo la legislazione, che varia da:
un cantone all’altro, con multa da 50 a 100 fr. od.
anche col carcere da 6 giorni a 6 mesi.
6
6
LA LUCE
— Quando incontriamo un qualche bell’esenapift di fratellanza tra pastori evangelici e preti romani non possiamo &re a meno di rallegrarcene con tutto il cuore:
cosi leggiamo nel Volksbote di Basilea che a Gnrtnellen,
sulla linea del Gottardo, quel pochi Evangelici si ra■dunauo ogni tanto nella scuola comunale gentilmente
concessa, per ricevere l’istruzione da un pastore che
viene da lontano. Chi però si fa un piacere di preparare e adornare la sala è nientemeno che il bravo carato del paese.
In un altro paesetto cattolico romano mori un servo
ch’era il solo protestante in tutto il paese. In attesa
del pastore chiamato pel funerale il parroco, all’uscita
dalla messa annunziò il funerale dell’Evangelico e fece
suonar la campana per invitare i suoi parrocchiani ad
assistervi.
In un altro luogo trovavasi in punto di morte un
Evangelico, in seguito ad un accidente. Il parroco corse
al telefono più vicino per chiamare un pastore il quale
giunse ancora in tempo per dar la Santa Cena al moribondo che ben tosto spirò. Allora il parroco e i suoi
parrocchiani fecero quanto era in lor potere per rendere i funerali dignitosi e imponenti. Ai ringraziamenti
del pastore il parroco rispose : Siam chiamati a vivere
insieme ed è cosa ben naturale che ci aiutiamo reciprocamente.
Eegnasse un po’ dovunque questo spirito di vera tolleranza !
— I giornali di Berlino continuano a parlare dell’attività dei Gesuiti nella capitale protestante.
— Morti illustri : Nella grave età di 90 anni Miss
Florence Nigthingall una Eegina, non soltanto nel mondo
della filantropia che dà, tua anche e segnatamente nel
mondo di coloro che sanno dare sè stessi pel trionfo
di ogni buona causa. Era nata a Firenze il 15 maggio
1820. Sin daH’infanzia il suo cuore era rivolto all’esercizio della beneficenza negli ospedali non soltanto per
far del bene ad ogni singolo ammalato ma per osservare i difetti di organizzazione e suggerir migliorie che
condussero alla riorganizzazione degli spedali di Londra
e allá fondazione di uno stabilimento per la preparazione di buone infermiere. A lei venne affidata la direzione degii spedali e lazzaretti inglesi durante la
guerra di Crimea. Eaccontasi che, durante un pranzo
degli ufficiali che avevan preso parte alla guerra, si
ventilava la quistione del merito maggiore o minore
dei personaggi più in vista,
Venne deciso che ciascuno scriverebbe Sur un biglietto
il nome della persona più degna di ammirazione. —
Fatto lo spoglio della votazione tutte le schede portavano il nome di Miss Florence.
Ci auguriamo che qualche lettore della Luce ci somministri un estratto un po’ esteso della biografia di
quella santa donna.
P. Calvino
ñdolfo falla
e il re Isewanika
(0. Jalla). — Col 15 gennaio p. v., il signor Adolfo
Jalla, da oltre vent’anni missionario a Lealnj, capitale
del Barotseland snU’Alto Zambesi, comincerà una serie
di visite aHe chiese evangeliche delle principali città
della patria nostra, secondo l’itinerario che sarà presto
fatto conoscere. — Intanto il nostro commissionario ha
qui tradotto pei nostri lettori l’ultima lettera ch’egli
ha ricevuta dal re Lewanika, quel re cosi intelligente ed interessante sebbene non ancora cristiano
esprime in modo commovente, cosi la sua stima verso
ì missionari e la sua fiducia in loro come il suo vivo
desiderio che nuovi missionari vengano presto ad aggiungersi alla schiera ormai troppo piccola, che evangelizza il suo paese. — Ecco la lettera del re:
Caro amico,
Ho ricevuta con molta gioia la tua lettera; tanto
io, quanto i miei, siamo in buona salute. Soltiinto vi
.sono state quest’anno molte morti. Son periti Letsoele,t
Eamandisa, Hilanga; non parlo che di quelli che conosci. Mokubusa è stato malato una settimana soltanto,
è morto di pleurite. Sugun è stato ucciso da un elefante, nel bo-Nkoia; l’elefante morto con lui, è stato
portato qui dai giovani, che avevano accompagnato il
morto, non avdVa che un dente.
Quanto alla politica, ho capito quel che dici, cioè
che non si tratta pel bo-Eotsi di sottomettersi agli
Stati Uniti (Sud - Africani). Come ne sono contento !
Eon mi piacerebbbe di esser sottoposto ad essi. Con
tinuo a sperare che, Dio volendo, tu e gli altri missionaii salverete il mio paese.
Son,felice di sapere che tu ritornerai nel luglio dell’anno prossimo, poiché altri missionari stanno per
partire.
Spero che Dio ti aiuterà e che metterà il Suo Spirito
nelle chiese, di modo che vi siano altri (missionari)
che vengano a lavorare qui alla Sua opera.
Quanto alla stazione di Sesheke, capisco bene ciò
che tu dici intorno alle ragioni, per le quali i mis.sionari l’abbandonano.
Ma non vi scoraggiate, non abbandonate il vostro postoLe chiese del bo-Eotsi (Zambesi) sono deboli. I genitori,
allevando i loro figlinoli, non si scoraggiano e non
abbandonano il loro posto, perchè quelli non crescono
rapidamente e perchè finiscono i cibi (mangiando molto)
e perchè causano loro delle inquietudini ; voi pure o
missionari, siate simili ad essi. Te ne prego, fa in
modo che queste mie parole pervengano fino alle Chiese,
per piacere.
Saluto le Chiese, le tue figlie e te stesso, amico mio.
Sono colui che si fida di te.
Il re Lewanika
Leggendo e aoootando
Generalmente gli storici clericali cercano di giustificare o di negare addirittura i delitti della Chiesa
romana, attribuendoli per lo più al braccio secolare.
Ma il braccio secolare da chi era guidato se non dalla
Chiesa ? Su questo punto quegli storici sono più che
mai muti.
Alcuni giornali clericali avendo negato recentemente
le feste solennissime ordinate da Gregorio XIII per
celebrare la feroce strage degli Ugonotti, un collaboratore Ae>\VAvanti ! raccomanda di leggere quanto scriveva Francesco Macanzio — maestro cerimoniere di
Gregorio XIII — il 2 settembre 1572 nel suo diario,
segnato col n. 2145 fra i manoscritti della Biblioteca
Casanatense, ed anche la bolla dell’ll sett. 1572, nella
raccolta di Editti e Bandi della stessa biblioteca, colla
quale bolla Gregorio XIII, indiceva il solenne giubileo ed altre feste di ringraziamento. Ma tutto questo
sarà inutile per gli scrittori ultra-clericali. La Chiesa
non ha mai errato, e di più, aborre dal sangue. Come
si può quindi parlare dei suoi delitti ?
*
♦ *
11 deputato Pompeo Molmenti polemizza nel Giornale d’Italia con la Civiltà Cattolica, a proposito del
noto libro di Luzzatti: Libertà di cos<nenza e di scienza.
La rivista dei gesuiti ha avuto il coraggio di scrivere
che non essendovi che una sola verità, la fede cristiana come la Chiesa professa, e tutto il resto essendo
eresìa ed errore, ne viene la conseguenza che la libertà religiosa si può riconoscere dal cattolicismo in
quegli Stati, dove i cattolici sono in minoranza, ma
dove essi comandano si può e si deve proibire il culto
pubblicamente reso ai falsi Iddìi, (hìc, sic.) Questo si
chiama parlar chiaro. Ora se di questo principio noi dovessimo fare l’applicazione, dovrèmmo arrivare a questo: tutte le minoranze cristiane nei paesi cattolici dovrebbero essere prive della libertà di coscienza. E poi si
vuole che noi non diciamo il vero, quando affermiamo
che la chiesa è nemica della libertà ! È proprio vero
che la Chiesa non si smentisce mai. È sempre stata
nemica della liberta, e lo è ancora attualmente. Fortunatamente i tempi non permettono più la violenza
e la persecuzione contro gli odiati eretici. Ma se pur
lo permettessero, la chiesa non sarebbe persecutrice,
perchè anche la Civiltà afferma ciò per quanto riguarda il passato. Ma chi dunque perseguitava? Naturalmente il braccio secolare. E se oggidì là dove
impera il cattolicismo, fosse vietata la libertà di coscienza, la Chiesa non c' entrerebbe per nulla ! ! Che
balla logica, non è vero!
Ut
Il Momento, con altisonanti parole, denunzia un
complotto anglicano, che s’annida dietro un progettato e probabile matrimonio del giovane redi Portogallo con una principessa inglese, la quale pur convertendosi, senza convinzione intima, (e qui siamo
d’accordo) alla religione cattolica, « sarebbe il simbolo
vivente del pericolo vero e maggiore minante i destini della stessa dinastìa ». Perchè ? Eccolo il perchè:
€ Lo spirito anglicano invadente, intrigante e settario
guata il trono di Portogallo, per farsene superbo sgabello alla sua incessante opera di penetrazione nelle
nazioni sin qui incrollabilmente fedeli alla religione
avita ». E, secondo l’articolista del Momento, tutto
ciò non potrà non accadere dietro l’esempio di quello
che accade in Ispagna. In Ispagna ? domanderà il lettore incredulo. Sicuro! Il matrimonio del re con una
principessa di Battemberg « discendente (come la principessa di Fife, la presunta sposa del re di Portogallo)
di una fra le famiglie dela vecchia aristocrazia an
glicana più intoS oranti e più • chiuse » nel loro fanatismo anti-cattolico > è un attentato alla fede cattolica^
E che fa dunque la regina di Spagna ? Ecco, a parte
il fatto che là madre sua, la principessa di Battemberg, ha ideato una vendita di carità, allo scopo di
raccogliere fondi per la costruzione di un tempio protestante a Madrid, ove fino ad ora lo zelo cattolico
(di quale natura ?) della grande maggioranza dei cittadini aveva reso impossìbile la realizzazione di un
umile progetto, la regina di Spagna « col suo ostentato disprezzo per gli usi, la fede, le 'tradizioni della
Spagna ha offeso un poco tutti laggiù, fuori e dentro
degli ambienti ufficiali ».
Insomma per l’articolista cattolico, il matrimonio del
re di Portogallo con una principessa protestante, non
potrà non essei’e fatale al cattolicismo. « Dopo l’espansionismo anglicano !... >
Francamente se tutto questo è vero, e se i destini
di nazioni cattoliche come la Spagna e il Portogallo
potranno essere ben diversi da quelli del passato, in
fatto di libertà e di progresso sociale, auguriamoci
pure vera la notizia di un possibile matrimonio del
re di Portogallo con una principessa protestante, la
quale, non ostante la commedia dell’abiura, rimarrà
sempre tale, cioè anti-cattolica, perchè Roma per le
famiglie di Fife o di Battemberg, è sempre « il nemico, il nemico maggiore, l’unico nemico vero da combattersi sempre e ovunque ». Fosse pur vero’!
HnPieo NTeyniei?
•
• •
Nel Giornale d’Italia, Goffredo Bellonci pubblica
un buon articolo dal titolo II Sermone del deserto, in
cui dice Gesù Cristo essere il vero fondatore della famiglia, ed essere necessario riporre in onore questa
santa istituzione della famiglia.
♦ •
Di Federico Myers si è pubblicata un’opera postuma
su la t personalità umana e la sua sopravvivenza »
♦
• •
La « Coltura Contemporanea », che ha a collaboratori l'Amendola, Invanoe Bononi ecc. ecc. « Diviene
quindicinale per meglio corrispondere » come dice
una circolare « al suo ufficio di rassegna critica obiettiva e larga della letteratura italiana e straniera ». —
Fascicoli di 20 pag. rlraeno; L. 5 l’anno— Roma, Via
Rasella 14&.
Tolleranza ed Intolleranza
(1)
Un po’ di storia d’una vertenza, ad uso della Battaglia di Palermo,
Esce a Palermo, ed è al suo XII anno di vita un
periodico « La Battaglia », organo del partito Socialista Siciliano, che va soddisfatto del grande, e forse
troppo grave compito per lui, di rappresentare ed applicare alla vita giornaliera dell’isola i principi! sociali del partito, inoltrandosi in un terreno che non è
il suo, il che non approverebbero i più autorevoli parlamentari — Turati, Bissolati, Prampolini e lo stesso
già onorevole Tasca di Cutò, il più forte sostenitore palermitano delle nuove generose idee.— Questo periodico
delizia ogni tanto i suoi lettori con articoli ispirati dal
cosidetto libero pensiero, parola altisonante che nessuno
comprende esattamente nel suo vero significato.
Cosi fece nel numero del 18 ottobre 1908 in un articolo
tutto fiele dal titolo pomposo : « Odium theologicum »,
dove tra l’altro si osava affermare che « i credenti delinquono più dei miscredenti », e non pago di tanto,
chiamava « Geova degli ebrei un vero delinquente pazzo »,
e « Gesù degno figlio di suo padre », e si accingeva a provare ciò con testi staccati dai Vangeli, presi
a casaccio, facendo d’ogni erba un fascio, senza tener
conto del contesto e delle circostanze in cui certe date
parole furono pronunziato. Naturale si presentava la
conclusione ; « Solo il libero pensiero piiò essere tollerante », forse dimenticando l’autore nel suo entusiasmo di neofita le prodezze della Eivoluzione Francese — evento pur tanto glorioso per la storia del*
l’umanità — e del governatore attuale nel Madagascar.
Approfittando del diritto che ogni lettore indipendente ha di protestare direttamente alla Direzione di
un giornale quando trova qualcosa da ridire nel testo,
scrissi indignato per raffronto fatto cosi ingiustamente
a Gesù l’amico del popolo, dal foglio che si dice popolare ;
ed ebbi dall’autore dello scritto da me criticato questa
risposta: « Se Lei è sincero neLa sua fede religiosa,
io sono sincero nella mia convinzione scientifica ; se io
posso commettere errori storici e critici, può commet
(1) Per mancanza assoluta di spazio nei numeri precedenti, quest’articolo purtroppo esce con grave ritardo. , ^
(N. d. D.).
7
LA LUCE
ter li anche Lei ; discutiamo sulla « Battaglia » e potrà
4arsi.che Lei mi convinca, come potrà darsi il caso inverso.
A me non restava che tentare di rispondere a cosi
ampia materia d’accusa contro la religione, in un breve
articolo, tanto da lasciar poi al lettore spassionato l’opportunità d’approfondire i suoi studi in proposito e di
non bere come scientificamente sicura la pozione a lui
preparata.
Quel che [accadde è però facile imaginarlo. La Eedazione del giornale, allegando il carattere sociale e
politico del periodico negò d’avere spazio sufficiente da
consacrare a tale questione, del tutto religiosa; non
volle pubblicare la risposta senza una controrisposta
che assumeva proporzioni ancora più vasti, quindi andò
tutto a monte, e non se ne parlò più.
La sfida era stata ritirata, più o meno cavallerescamente, dallo sfidatore stesso : il pubblico ignorava completamente quel che si era agitato dietro le quinte.
Quale non fu il mio stupore nel leggere nell’ultimo numero del 28 novem. 1909 della « Battaglia » — a più di
un anno di distanza — un articolo intitolato « Tolleranza
ed Intolleranza» a me diretto, e che non era altro che
la risposta ai miei argomenti che erano rimasti inediti ?
In simili circostanze è inutile che io m’accinga a rispondere : basta la concatenazione dei fatti che hanno
preceduto la pubblicazione anti-religiosa del 28 novembre dove ad ogni periodo ritorna il mio nome per
spiegare il coraggio di certi avversari. Esplicare non
posso se solo il mio contradditore ha libero campo di
affermare trionfalmente.
E quando poi lèggo nell’articolo citato che non si
deve discutere e portare fonti storiche « cum grano
salis », cioè con intelligenza e giusta comprensione delle
parole evangeliche addotte a dimostrare « Gesù intollerante e di doppia faccia come Giano bifronte », allora
rinuncio addirittura a farmi vivo.
Mi sia lecita una sola domanda all’autore, che ‘ certo
riconosco esser stato con me nella sua replica d’una
squisita cortesia ; perchè invece di perdere il tempo a
dimostrare con l’evidenza dei fatti Gesù acciecato dalr « odium theologicum », non dimostrò alla luce del
sole e senza ambiguità essere vera l’affermazione dogma
tica che forma il solito immancabile ri
di ogni suo articolo, che cioè « il
solo che può distrarre la intolleranti
l’odio teologico ? »
Co
tornello di chiusa
ero pensiero è il
a e guarire dal
rrado Jalla.
Rivista Cristiana
La Rivista sarà nel nuovo anno dì
professori E. Bosio, G. Buzzi e G. R
coltà teologica di Firenze.
Abbonarsi per il 1910 presso il si
Serragli 51, Firenze.
Ecco il sommario del numero di dicei
Gesù — Cristo — Signore, G. E. A
del Natale^ G. Pellegrini. La creazio
alcune espressioni bibliche erroneau
Banchetti.-Gvonsiesi del movimento reli
Una predica in una Pagoda, G. Ba
teca, X. . .
retta dai signori
.^stagno della fa
g. O. dalla, Via
mbreora scorso:
'ieille. Sulla data
ne, U. Janni. Di
mente intese, G.
"gioso, U. Janni,
rtoli. In biblio
OKOO
dei
Qui, al punto culminante dei miste
nel sacrificio supremo, la rlconciliazio:
Dio, la Eedenzione, raccogliamoci in
parlare le grandi anime che hanno tro
Croce del Cristo.
Tutto l’antico Testamento è come
del grande dramma redentore. Eicord
di rame inalzato già da Mosè nel
vigliosa profezia di Isaia. Il castigo
è caduto sopra di Lui. Ascoltate TAuiii
crificio Eedentore. Quando istituì la
disse ; « Questo è il mio Sangue, il Se,:
Alleanza, il quale in favore di molti
remissione dei peccati ! »
Ascoltate S. Paolo : « Io non vogl
cosa, Gesù Cristo, e Gesù Cristo ero
Ascoltate Adolfo Monod: « Oh dolè'
riposarci ai piedi della Croce ».
Ascoltate ancora Vinet : « Noi sia:
sguardo, di cui la Croce è l’oggetto
E’ cosi che da tutti i punti della
secoli, tutte le anime, che lo Spirito
buone, hanno istintivamente guardato
ad un testimonio supremo dell'amore
ro, ove SI compie,
ne dell’uomo con
Silenzio e lasciamo
vato la pace nella
ma prefigurazione
atevi ^►serpente
serto e la mera^he ci dà la pace
ore stesso del Samanta Cena, Egli
ngne della nuova
è sparso per la
i o sapere che una
qifisso ».
ezza infinita nel
mo salvati da uno
terra, attraverso i
di Dio ha reso
alla Croce, come
di Dio.
V-5 »,
Proprietà riservata — Eiprodazione proibita ’’
Intanto le festose voci infantili avevano cessato di
Msbigliare di là nelle altre stanze ; anche dalla cu<3ina non veniva più il rumore di piatti e di stoviglie
rimosse. L’uscio si schiuse pian piano e una bella testa
•di donna, tutta bianca, si sporse dentro a guardare
quasi timidamente.
Don Angelo sorrise ed esclamò :
— Vieni, vieni, mamma; vedi che me ne sto qui senza
far nulla ! Ma la sera è così bella e così placida
«he mi son lasciato trasportare sulle ali della fantasia.
— Credevo ohe tu studiassi, figliol mio — rispose
la vecchia signora, avvicinandosi alla scrivania e mettendosi a sedere in una poltroncina bassa e comoda
accanto a quella di Don Angelo.
— No, non studio; questa sera i libri fanno vacanza — disse il prete prendendo con affetto fra le
sue una mano della madre e accarezzandola dolcemente. — Vi sono momenti in cui tutti i dotti della
terra non potrebbero dirmi la milionesima parte di
ciò che mi dice un fiore, o un raggio di luna, o la
voce d’un bimbo. E stasera ho goduto di tali momenti ineffabili. Ora poi che tu sei qui con me...
Gli occhi della vecchia signora si empirono di lagrime.
— Caro e buon figliolo, Iddio ti benedica, come io
ti benedico sempre giorno e notte. Ma quanto mi rincresce, Angelo, di dover turbare la tua pace e la tua
gioia con una notizia che ti affliggerà 1
— Che è stato ? -- domandò il prete rimescolandosi
tutto. —- Qualcuno dei bimbi si sente male ?
— No, no; grazie a Dio i nostri tre piccini non
hanno nulla, e dormono sotto la protezione del loro
angelo custode.
Il prete respirò più liberamente.
— Allora ? di che si tratta ?
Tu sai che già da parecchi giorni il signor De
Frezzi era indisposto...
— Lo so, ma si trattava di così piccola cosa...
— Ebbene, dopo cena, Cecco, passando di qui, ha
fatto capolino in cucina e ha detto a Rachele ch’egli
cila
ad
s’è tanto improvvisàmente aggravato:
vuto chiamare in gran fretta il dotti
Don Angelo aggrottò la fronte e
soprappensieri.
— Soffre di mal di cuore — mor
il capo — e con queste malattie c’è
qualche brutta sorpresa. Tuttavia, s
— Ah ! per quella povera figliò
gran disgrazia ! — disse la signora
ferma.
— Certo 1 e Dio noi voglia, per ora
bambina! orfana... senza parenti... si
Restarono per qualche momento
Angelo fissava lo sguardo, divenuto
e grave, sulla luna che passava len^i
all’ampia finestra spalancata. La sigi
quando in quando.
— Ma non ci mettiamo in capo nji
del tempo — disse il prete rianima
modo. Maria ha in noi degli amici sinò
e in qualunque momento ella dovesm
di conforto, di protezione, diconsiglii
fare per lei quello che faremmo
piccini...
— Senza dubbio. Angelo, io seguiiji
volontà e i tuoi desideri.
— Cara mamma, non dir così; tu
ri mentì del tuo cuore, che è largo e g^i
verso tutti gl’infelici.
— Che penseresti di fare se mai
— Dio tenga lontano quel triste
— Ma che penseresti? — insistè Is
— Non so, non so davvero... Ho d
rina resterebbe senza parenti... ma t
alla fin dei conti bisognerà bene che
cura della fanciulla.
— Chi? 11 vecchio avaro? Il milio
— Certo, non è forse suo zio?
— Ma tu sai ch’egli ha rotto opmpl^
col nipote.
— Pur troppo ! pur troppo 1 Però,
morte il suo cuore si piegherà.
— Non lo sperare. Angelo; tu sai
rottura, e quella cagione sussisterà an
del signor De Prezzi^
— Ah questi odii di religione! Ah
tricide ! Quando, quando finiranno ?
gl
Là, e là solamente, di secolo in secolo, esse hanno
trovato la certezza del perdono e della pace.
E noi con esse ripetiamo, appropriandocele, le parole
ben conosciute :
« Crux, ave, spes unica 1 ».
Sii benedetta, o Croce, nostra sola speranza !
(Vers la Paix di H. Soulié,).
Tito Celli.
A. bbon.anieati pagati:
1909
Cermigliaro Carmelo — Dapples Maria — Del Bufalo Gaetano — Gönnet Costanza — Faithfull — Sciorra Donato —
Ricca Cosmo— Lientenant R. M. Stephens — Rideout Melvin
B. — Buzzetti Guglielmo — Dobler Henri — Knoell J. —
Signorelli Gaetano — Davit Paolo — Sannella Francesco —
George W. Hull — Frau Lejeune — Colsman Bmil — Di
Benedetto G. — Tenti G. M. — Prato Leone — Sim rev. G.
A. , — Miss Collier — Bologna Achille — Semadeni Steffani
Franca — Cocco Nicola — A. C. D. G. (Venezia) — Lanza
Giuseppe — Dr. Lessing — Laurenti Erminio — Guthwasser
Charles —Pejronel C. —Riciliano Gabriele — Varone Francesco — Biseeglia Giovanni — Langmesser B. A. — Scaramucci Costantino — Bricco Martino Sardo — Carievale W.
— Fazio Giuseppe — Migliavacca Giuseppe — Ciambellotti
Oreste — PoSt Augusto — Armati Pio — Molinari Amedeo —
Cesari Silvio — Rampolla Filippo — Pastore Antonio — Oreselin Egidio — Chianelli Raffaele — Altarelli Carlo — Mancini Domenico — Sciaratta Francesca —Messineo Antonio —
Buscaino Nicolò — Santa Cruz F. (I» sem.) — Tittoto Giuseppe— Lucciardelli John — Labanca prof. Baldassarre — Piccolini Michele — Pellegrini U. — Guerrini Giacomo — Benaghi
Corrò B. — Ammonti Anseimo — Setti N. - Meriglio Vigliana
— Vikar Chambon — Porta Giacomo — Wälder Johanna —
Conte Nicola — Monnet P. E. — Troiano Panlìlo — Mahin
T. D. — Orsi Joe — D’Anchise G. J. — Campanella Tranquillo — Nardèlii Alfredo — Ernest Gordon — Renkema Dr.
È. U. — Donini Adamo — Mariani Giovanni. — Angeleri B.
— Lowrie rev. Walter — Faga Felice — Cassini G. B. —
Panozzo G. — Salvatore Giulietta — Dyer J. C. — Peyronel
F. — Paschetto Vitt. — Bancone Vincenzo.
1910
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(I sem.) Biseeglia Giovanni (I sem.) — Carievale W. (I som.)
—- Po6t Angusto (I sem.) — Avondet Paolo — Ciambellotti
Oreste (I sem.) — Mrs. Mìddleton (I sem.) — Sciaecaluga G.
B. — Culla Annita (I sem.) — Lebrecht H. E. —■ Bernini
Luigi — Bernini Giovanni (Due abb.) — Sig.na. Grant (I sem.)
Tröglen E. — Tirotti Luigi — Donini Adamo — Pasqnet
Enrichetta — Di Tiberio G. — Pozzi Carlo — Bruera Agostino — Arias Attilio — Pfarrer Knoell
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia dclPIstituto Gould Via Marghera 2, Roma
che hanno doore.
stette alquanto
morò scrollando
sempre da temere
joeriamo..
la sarebbe una
con ¡voce mal
almeno. Povera
nel mondo...
in silenzio. Don
un tratto triste
a lenta dinanzi
nera sospirava di
alinconie prima
iiidosi. — In ogni
non è vero ?
aver bisogno
aoi sapremmo
pei» uno dei nostri
ieri,
le
io
ò in tutto la tua
seguirai i suggeeneroso e pietoso
n giorno?...
orno...
signora.
etto che la poven parente c’è, e
quello si prenda
nario ?
tamente da anni
^orse dinanzi alla
la cagione della
jshe dopo la morte
queste lotte fra— esclamò Don
AngelòClivàndosi in piedi e movendo per la stanza
alcuni passi concitati, — Perchè non possiamo accordarci e stenderci tutti fraternamente la mano ? Eppure nói amiamo ed adoriamo lo stesso Dio e lo stesso
Salvatore 1
La signora scosse tristemente il capo.
— Ah se tutti la pensassero come tei Però te ne prego,.
Angelo, sii prudente ; con me puoi aprire il tuo cuore,
ma se altri ti udisse...
-T Prudente, mamma ? Credi forse che tutti i bnonì
cattolici non sentano come noi ? Non vi è differenza
di fede fra me e De Prezzi. In sostanza egli crede nel
mio medesimo Dio, perchè dovrei biasimarlo? Egli
ha una fede ardente in Cristo nostro Salvatore, perchè
dovrei sostenere che egli non eroderà la Salvezza al
pari di me ? Egli mena una vita onesta, conforme ai precetti di Dio, perchè dovrei condannarlo ? Ah, madre
mia, sarebbe tempo che certi pregiudizi venissero
sbanditi dalle menti più elette. Dìo non giudica come
gli uomini...
Don Angelo era eccitato, un rossore vìvo gli era
salito alle guance, gli occhi gli s’eran fatti brillanti. La
signora sospirando si avvicinò al figliolo e, dolcemente
prendendolo per mano, lo condusse sul terrazzino delle
rose.
— Ah se tutti la pensassero come te ! — ripetè a
bassa voce. — Ma vedi... io temo... temo che un giorno
o 1 altro le tue idee così nobili, la tua religione così
santa, così sublime... ci sono tanti malvagi a questo
mondo, e una calunnia fa così presto a trovar presa...
Calunnia ? Di che potrebbero accusarmi ?
Non so, non so. Angelo, ma tu parli come De
Frezzi; tu gli sei tanto amico e si potrebbe sospettare che le sue idee...
— Povero e buon De Frezzi ! — sospirò Don Angelo E vero, il suo esempio, le suo parole mi
hanno fatto molto bene ed hanno concorso ad inclinare il mio cuore verso la tolleranza, verso un più
vasto e sano concetto della vera religione di Cristo ;
ma, già assai prima che egli venisse a stabilirsi qui,
le mie idee religiose non eran più quelle d’una volta ;
già da anni l’evoluzione del mio spirito si andava maturando. Ah, mamma, come è bella la religione intesa
com’io l'intendo 1 Essa è amore ! amore ohe è l’essenza
stessa di Dio, amore che ci costringe a benedire Dio.
Ifioniinua)
(2)
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Moreno G. — Compendio di controversie . » 1,—
Stretton A. — 1 fanciulli di Margherita, ili. » 0,75
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