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Anno IX - numero 12-23 marzo 2001
lEDITORIALEI
ÿifffjfolitica italiana
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di EUGENIO BERNARDINI
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BIBBIA E ATTUALITÀ ■
PER DIO, TU SEI
IMPORTANTE
«Quando io considero i tuoi cieli,
I opera delle tue dita, e la luna e le stelle
che tu. hai disposte, che cos’è l’uomo
perché tu lo ricordi? (...) Eppure tu
l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio,
e l’hai coronato di gloria e di onore»
Salmo 8, 3-5
IN un giorno di festa, Israele canta
la sua gioia e la sua riconoscenza al
Dio della creazione. Pensando alla
grandezza della natura e del creato,
l’autore di questo salmo si pone la
grande domanda: che cos’è l’essere
umano? Cos’è l’uomo, cos’è la donna? Esseri piccoli, fragili, deboli, destinati ad apparire per un tempo su
questa terra e poi scomparire mentre
la luna, le stelle, il creato continuano
la loro marcia che sembra eterna. Eppure egli afferma con audacia che
l’uomo e la donna hanno un grande
valore, sono «di poco inferiori a
Dio». Perché? Non grazie alla loro
natura, alla loro intelligenza, alla loro
vita, ma perché Dio li ha fatti così. È
Dio che garantisce la nostra importanza, il nostro senso, il significato
della nostra vita in ogni sua stagione.
SE ci guardiamo intorno vediamo
un mondo nel quale si trovano
spesso due atteggiamenti contrapposti: da una parte incontriamo persone che sanno o pensano di valere
qualcosa per quello che sono, che
hanno realizzato o pensano di realizzare qualcosa nella vita. Alcuni subiranno delle delusioni, altri andranno
avanti cercando di rimuovere l’idea
del tempo che passa, e continueranno a inseguire l’idea che bisogna
«farsi da soli». Dall’altra parte incontriamo i delusi dalla vita, le persone
amareggiate, stanche. Quelli che
pensano di non valere nulla o di non
valere più nulla. Che pensano sia
tutto inutile, lottare, amare, fare progetti, persino sperare. A tutti Dio dice: tu per me sei importante, io ho
deciso di amarti, di restare al tuo
fianco fino in fondo. Quanti guai sarebbero stati risparmiati alla storia
del mondo se i «grandi uomini» che
l’hanno percorsa avessero più spesso
pensato che a essere importanti non
erano le loro scelte, le loro realizzazioni, le loro battaglie, ma il fatto di
essere membri di una umanità che
Dio aveva deciso di eleggere e amare.
E quante sofferenze sarebbero ri
sparmiate a tutti coloro che, oggi come ieri, pensano di non contare nulla, di non potere nulla. Dio ti ama,
per lui sei e resti importante.
ECCO perché quando tu cristiano
ti occupi di un essere umano
non autosufficiente, o sconfitto dalla
vita, non lo devi fare per dovere, per
, I pietà o perché pensi di fare una buo
' " na azione. Lo fai perché davanti a te
hai un tesoro: un essere che Dio ha
scelto e al quale ha fatto una promessa di amore, davvero eterno. E
quando, col tempo che pas.sa, ti accorgerai che non riesci più a fare le
cose di prima, puoi comunque sen
tirti sicuro dell’importanza che Dio
ti ha dato e puoi essere certo che egli
non ti ha scelto sulla ba.se della tua
capacità di produrre, ma sulla base
sua volontà di amare. E se ogni
'.Aanto hai la tentazione di considerart>jhl ti irnportante, pensa che sei importante per lui, come lo sono tutti
I tuoi fi-atelli e le tue sorelle.
Claudio Pasque!
Una nuova recrudescenza di massacri ha caratterizzato i primi mesi dell'anno
La sporca guerra algerina
Diversamente da quanto accaduto in Italia durante gli «anni di piombo»,^ in Algeria
la «strategia della tensione» ha avuto successo. Le responsabilità dell'Europa
lEAN-IACQUES PEYRONEL
jt.
Quando finirà la carneficina algerina? E quando verrà posto fine cdl’impunità di cui hanno goduto
finora i responsabili dei tanti massacri che da nove anni a questa parte
si stanno verificando sull’altra sponda del Mediterraneo? Dopo le speranze suscitate dall’elezione alla
presidenza della Repubblica di Abdelaziz Bouteflika nell’aprile di due
anni fa e dal suo progetto di concordia civile, i primi mesi dell’anno
hanno registrato una nuova recrudescenza dei massacri, riproponendo il tragico dilemma nel quale si sta
dibattendo il paese magrebino.
In questi ultimi mesi però sono
successi alcuni fatti che gettano una
nuova luce su un conflitto che, nono
stante la sua ferocia, non ha quasi
mai avuto l’onore delle prime pagine
dei giornali: nell’ottobre scorso è
uscito in Francia uh libro scritto da
Nesroulah Yous, uno degli scampati
alla strage di Bentalha del 22 settembre 1997, Qui a tué à Bentalha? (Chi
ha ucciso a Bentalha?). L’autore afferma che quella notte, a massacrare
quei 400 uomini, donne e bambini,
non furono soltanto i fanatici del Già
(Gruppo islamico armato) ma anche i
circa 200 militari algerini appostati a
pochi metri dal luogo della strage.
Un altro libro, uscito l’8 febbraio
scorso, La sale guerre (la sporca guerra), scritto da Habib Souaidia, un ex
ufficiale delle forze speciali dell’esercito algerino, conferma le enormi responsabilità delle forze di sicurezza
algerine. Appena uscito, il libro è sta
to esaurito in poco tempo, comprato
in anticipo dagli stessi generali algerini che tremano di fronte alle accuse
così circostanziate fatte da un loro ex
collega. Infine, l’8 novembre scorso è
stato pubblicato un ampio rapporto
di Amnesty International che, nel
maggio 2000, dopo anni di divieto di
accesso nel paese, è stata autorizzata
a svolgere un’inchiesta sul posto. Il
rapporto, intitolato «La verità e la
giustizia occultate dall’impunità»,
denuncia ripetutamente la corresponsabilità delle forze armate, delle
milizie parallele armate dallo stato
algerino e dei gruppi armati islamici.
Pur riconoscendo un sensibile calo
del numero dei morti dopo reiezione di Bouteflika, il documento affer
Segue a pag. 6
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Otto per mille
Smentite le
previsioni 2000
Il 16 marzo l’ufficio Otto per mille
(Opm) della Tavola valdese ha ricevuto una comunicazione del Ragioniere generale dello stato da cui risulta che il gettito Irpef 1996 non è di
lire 178.000 miliardi, ma di 166.000
miliardi: ne consegue che TOpm totale non è di 1.424 miliardi ma di
1.327 miliardi. Dato che le scelte
espresse a favore della Chiesa valdese sono Tl,58% e che il dato definitivo della percentuale delle scelte
espresse è del 39,21% anziché del
41,15%, come indicato in precedenza, ne consegue che TOpm del 2000
della Chiesa valdese è di lire 8.224
milioni anziché 9.250 milioni. La differenza di 1.076 milioni è da considerarsi come anticipo del 2001. Sul
prossimo numero pubblicheremo un
comunicato dettagliato della Tavola.
Germania
I trecento anni
della Prussia
Nel 1701 nasceva la Prussia, il nucleo sul quale si formerà la Germania,
una nazione protagonista, nel bene e
nel male, della storia europea. Alle
celebrazioni a Berlino, l’attuale presidente della Repubblica federale tedesca, e predicatore laico evangelico,
Johannes Rau, ha parlato di un «Giano bifronte», dove «illuminismo e
guerra, coscienziosità e presunzione,
senso del dovere e spacconeria» erano «strettamente collegate insieme».
Speriamo che dell’eredità prussiana
rimangano solo il senso dello stato,
l’amore per la scienza, la filosofia, la
teologia e le arti, e che non ricompaia
mai la passata disponibilità a farsi
braccio armato di avventure nate nella furbizia e morte nella tragedia.
Giorgio Bouchard a pagg. 4-5
Valli valdesi
Le sinergie tra
gli enti locali
Patti territoriali e «sportelli unici»
sono strumenti che rispondono a
un’esigenza sempre più diffusa fra le
amministrazioni di enti locali. Si tratta infatti, per i Comuni, di fare fronte
a diverse esigenze pratiche che risultano ingestibili per un singolo ente.
Di questa situazione ha trattato un
convegno, il 15 marzo a Pinerolo, nel
corso del quale è stato preso come
punto, di riferimento il caso degli
sportelli unici del Canavese. L’orientamento, per chi si trova a operare in
strutture di questo genere, è fare sì
che il territorio venga inserito appierio e nella sua totalità nei piani di sviluppo e di partecipazione: ci guadagnano le amministrazioni locali e
quindi anche i singoli cittadini.
Apag. Il
LA CADUTA
DEI GIGANTI
I due giganti disarmati e innocenti
sono caduti sotto i colpi dei cannoni
dei talebani. Eppure i due Buddha di
Bamiyan non costituivano una minaccia. Non erano stati scolpiti nella roccia
per incutere paura, bensì per accogliere
benevolmente chi veniva loro incontro.
Erano stati rappresentati nella classica
«abhaya mudra», la mano destra dritta
e aperta con il palmo rivolto in avanti,
un gesto che serviva a rassicurare, a benedire chi si accostava a loro.
1 Buddha giganti, come l’intero
complesso archeologico di cui facevano parte, erano un monumento alla
tolleranza che rivelava l’incontro pacifico di culture diverse. In quel luogo si
erano infatti mescolate le arti indiana,
iranica, greca e centroasiatica. In quella valle relativamente fertile, posta
sulla via deUa seta come luogo ideale
di riposo dopo la traversata dell’Hindu Kush, erano fioriti a partire dal II
sec. d.C. tutta una serie di monasteri
buddisti e le varie correnti religiose e
artistiche che vi si erano intersecate
avevano finito poi per convivere. Qui
avevano visto la luce le due statue: la
più piccola, alta circa 37 metri, intorno
al III sec. d.C. e la più grande, alta poco più di 53 metri, intorno al \ secolo.
E ne avevano vista di storia: dal terribile Gengis Khan, che secondo una leggenda aveva passato a fid di spada la
popolazione locale, al famigerato Tamerlano, dalle guerre con gli inglesi a
quelle con i russi. A tutto questo le due
statue erano sopravvissute.
Non vogliamo prendere spunto da
questo episodio per pronunciare giudizi sommari sull’Islam e sappiamo bene
che non pochi ulema (teologi islamici)
e perfino gli ayatollah iraniani si sono
pronunciati contro l’episodio. Non
possiamo però non rilevare la cecità e
l’assurdità di una comprensione della
fede che da un lato sembra rifiutare la
tecnologia, imponendo a uomini donne
e bambini un salto all’indietro di quattordici secoli, e dall’altro non esita a
preferire alla spada di quattordici secoli fa i ben più efficaci fucili, cannoni e
carri armati del nostro tempo.
Non che il mondo occidentale sia
stato immune da simili contraddizioni.
Se vogliamo fermarci alla questione
dell’iconoclastia non ci sarà bisogno di
andare troppo indietro nel tempo, fino
all’epoca deUa Riforma o addirittura fino all’VIII o al IX secolo, per scoprire
anche in casa nostra il fanatismo iconoclasta. Non ne furono immuni i laicissimi comunardi francesi, se è vero
che essi volevano dar fuoco a Notre-Dame di Parigi, non ne fu immune Stalin,
che fece saltare in aria la chiesa del Cristo redentore di Mosca, non ne furono
immuni altri dittatori, atei o religiosi
che fossero. Sempre e ovunque una fede cieca, accettata o imposta che obbedisce senza discutere, che ha tante risposte ma non sa porre domande, finisce per mortificare la spiritualità, così
come la cultura, l’arte e le migliori
espressioni dell’animo umano.
I due Buddha di Bamiyan, ultime testimonianze di una comunità religiosa
pacifica e tollerante ormai scomparsa
da tempo immemorabile dall’Af^ianistan, accoglievano i viandanti con il
loro gesto che invitava a non temere. I
talebani, invece, hanno temuto e li
hanno abbattuti sotto i colpi dei loro
mortai. Era in fondo una questionò di
statura spirituale e ancora una volta il
paradosso è accaduto: che dei giganti
siano caduti sotto i colpi dei nani.
Sergio Manna
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PAC. 2 RIFORMA
All’As
VENERDÌ 23
marzo 205
«‘®/Z Signore è vicino
a quelli che hanno
il cuore afflitto,
salva gli umili di
spirito. Molte sono
le afflizioni del
giusto; ma il signore
lo libera da tutte.
^°“Egli preserva tutte
le sue ossa»
(Salmo 34,18-20a)
(^Benedetto sia
il Dio e Padre del
nostro Signore Gesù
Cristo, il Padre
misericordioso
e Dio di ogni
consolazione,
HI quale ci consola
in ogni nostra
afflizione, affinché,
mediante la
consolazione
con la quale siamo
noi stessi da Dio
consolati possiamo
consolare quelli
che si trovano
in qualunque
afflizione; ^perché,
come abbondano
in noi le sofferenze
di Cristo, così
per mezzo di Cristo,
abbonda
anche la nostra
consolazione.
^Perciò se siamo
afflitti, è per la
vostra consolazione
e salvezza;
se siamo consolati,
è per la vostra
consolazione,
la quale opera
efficacemente nel
farvi capaci di
sopportare
le stesse sofferenze
che anche noi
sopportiamo.
^La nostra speranza
nei vostri riguardi è
salda, sapendo che,
come siete partecipi
delle sofferenze,
siete anche
partecipi della
consolazione»
Poiché vi ho
scritto in grande
afflizione e in
angoscia di cuore
con molte lacrime,
non già per
rattristarvi,
ma per farvi
conoscere l’amore
grandissimo
che ho per voi»
(2 Corinzi 1, 3-7; 2, 4)
SOFFERENZA E CONSOLAZIONE
La croce posta in noi è una presenza che trasmette la Parola di consolazione
Il messaggio di guesta parola non sempre combacia con le nostre vedute
PAWEL GAJEWSKI
Quindici anni fa, in Polonia,
ho fatto una breve esperienza di volontariato in una struttura ospedaliera destinata al ricovero dei malati inguaribili. La
logica dell’amministrazione sanitaria polacca dell’epoca ha
creato, in ogni regione del paese, strutture con centinaia di posti letto, per concentrare i malati
le cui possibilità di guarigione
erano pressoché scarse. Tale
prassi voleva essere un rimedio
all’intasamento degli ospedali di
zona. L’effetto collaterale di tale
operazione, però, è stata la quasi totale frustrazione professionale e umana degli operatori sanitari assegnati a queste particolari case di cura.
11 mio personale senso di impotenza nasceva dalTimpossibilità di instaurare con i malati alcun tipo di contatto; le parole
non riuscivano a penetrare la
barriera del silenzio che avvolgeva la loro sofferenza, una carezza, una stretta di mano sembrava
non trasmettere nulla, non avevo
nessuna possibilità di esprimere
tutto ciò che di solito racchiude
in sé la parola «consolazione»,
intesa come sollievo, conforto o
compassione. Il termine «consolazione» è la vera trama dell’esordio della Seconda Lettera di
Paolo ai Corinzi: il suo discorso
sulla consolazione nasce da una
sofferenza estrema realmente
sperimentata dall’apostolo al
punto tale di fargli disperare perfino la vita (cfr. 2 Cor 1,8).
La consolazione
Preghiamo
Salvaci, Signore, e abbi pietà
degli anziani e dei giovani,
dei poveri,
degli orfani e delle vedove,
di coloro che sono malati
e dei tuoi servi che sono nel dolore,
nella disgrazia e neU’afflizione,
in prigione, in detenzione,
neUa reclusione,
e anzitutto di quelli che sono
perseguitati a motivo
del tuo Nome.
Ricordati di loro,
visitali, fortificali,
dona loro la libertà e la liberazione.
Salva, Signore, e abbi pietà
di coloro che mi odiano,
che mi offendono,
che mi perseguitano,
e non lasciare che si perdano a causa mia.
Salvami Signore e abbi pietà
di me che sono peccatore.
F»reghiera di intercessione
tratta dalla litur^a ortodossa
(da Enzo Bianchi, Il libro delle preghiere,
Einaudi, Torino, 1997, p. 203)
CHE cosa racchiude in sé il
termine così spesso usato da
Paolo in questo brano breve e
molto personale? Dal punto di
vista prettamente filologico il
termine greco «paraklìsis» potrebbe essere tradotto come «esortazione» o «sollecito». È un significato piuttosto lontano dal
nostro immaginario comune. 11
suo significato diventa, invece,
più chiaro e più esplicito quando
il discorso di Paolo viene letto
nel suo insieme. Prima di tutto,
la fonte della consolazione predicata e testimoniata dall'autore
dello scritto è Dio. L’azione di
Dio può essere vista come cambio radicale della situazione di
Paolo, dal suo discorso si evince
che il pericolo di morte non lo
minaccia più e la liberazione
operata da Dio è stata efficace. 11
ragionamento sembra tuttavia
oltrepassare questa dimensione
della consolazione, affinché mediante la consolazione con la
quale siamo noi stessi da Dio
consolati possiamo consolare
quelli che si trovano in qualunque afflizione (2 Cor 1, 4b). Tale
visione contempla non solo
l’azione di Dio ma anche l’esortazione o sollecito. È un messaggio: è la parola affidata a Paolo in
situazione di grave afflizione.
l’isolamento, o meglio la paura
della solitudine e dell’isolamento caratterizzano invece la sofferenza; questi elementi sono la
vera afflizione. La richiesta di
conforto, di consolazione è dunque una richiesta di solidarietà,
il tentativo di abbattere il muro
di solitudine, reale o immaginaria qualsiasi essa sia. Gli altri entrano dunque nell’orizzonte del
pensiero come possibili soccorritori, coloro che possono
aiutare la persona sofferente a
sentirsi meno sola. È dunque abbastanza curioso notare che
Paolo menzionando molto chiaramente le proprie sofferenze
non cerchi nessuna compassione né soccorso presso la comunità di Corinto, verso la quale dichiara un legame di particolare
intensità: «Poiché vi ho scritto in
grande afflizione e in angoscia di
cuore con molte lacrime, non
già per rattristarvi, ma per farvi
conoscere l’amore grandissimo
che ho per voi» (2 Cor. 2,4).
delle mie visite pastorali, incontro persone in condizioni simili:
inchiodate al letto dalla vecchiaia oppure staccate completamente dalla realtà a causa di
un danno cerebrale irreversibile.
In queste situazioni, oltre alla
sofferenza fisica, bisogna anche
affrontare il muro di nonsenso
che spesso è stato costruito intorno alla persona malata. La sua
vita apparentemente non ha senso, la sua morte, non di rado sospirata e invocata, diventa paradossalmente qualcosa di sensato. Sono queste le occasioni nelle
quali si dovrebbe portare sollievo
e conforto a chi è afflitto, direttamente 0 indirettamente, dalla situazione di sofferenza. Pensando
L'identificazione con Cristo
SI tratta sempre di una dimensione molto interiore resa con l’espressione «in noi».
Nella stessa dimensione avviene
anche l’identificazione con Cristo, le cui sofferenze abbondano
nell’intimo più profondo di Paolo. Non si tratta dunque di un
solo fatto, di un solo pericolo
scampato bensì di uno stato
piuttosto permanente, quasi una
condizione esistenziale dell’apostolo. Questa condizione esistenziale non si esaurisce in una
specie di comunione di sofferenza con Cristo; per mezzo di Cristo abbonda anche la consolazione. Una simile visione indica
dunque la relazione, le cui parti
sono ben distinte, l’apostolo è in
rapporto con Dio per mezzo di
Cristo; è un processo di relazione intenso e continuo.
La relazione è il contrario della solitudine. La solitudine e
La parola creatrice
La consolazione che Paolo ha
ricevuto da Dio per mezzo di
Cristo si esprime in un desiderio
di trasmetterla alla comunità di
Corinto, nella piena consapevolezza che anche i membri di questa comunità, sia singolarmente
sia nel loro insieme possono essere tormentati da molte afflizioni. Il vero desiderio dell’apostolo
sofferente non è dunque quello
di ricevere bensì di donare e
questo grazie all’abbondanza
inesauribile del dono ricevuto
per mezzo di Cristo. È un discorso che supera di gran lunga la situazione storica e la condizione
esistenziale di Paolo. Quasi marginalmente la consolazione è
identificata con la salvezza.
L’identificazione è però tutt’altro
che secondaria: l’esortazione di
Dio, la sua Parola affidata all’apostolo e incarnata nel Cristo
sofferente, diventa una parola
creatrice. L’afflizione si trasforma in un inno di adorazione e di
lode, la solitudine in una relazione profonda ed eterna. In questa
visione la consolazione si protende verso la sofferenza non per
alleviarla ma per trasformarla,
chi soffre viene raggiunto dalla
Parola della consolazione per
trasmetterla agli altri.
Le immagini, gli odori e il silenzio della sofferenza incontrata in quella casa di cura in Polonia in così alta concentrazione
tornano con particolare intensità
soprattutto quando, nel corso
a queste situazioni mi ritorna in
mente un’usanza comune alle
terre del Nord. All’incrocio delle
strade tracciate attraverso le
sconfinate foreste dei nostri paesi si usava costruire semplici croci di legno: nessun crocifisso ma
piuttosto due massicci pezzi di
legno, appena levigati e protetti
dalle intemperie con una semplice soluzione di resina. Non ce
n’erano due uguali e, grazie a
questa diversità, le croci diventavano le più affidabili indicazioni
stradali in quell’ambiente affascinante ma ostile.
La croce di Cristo
Le sofferenze di Cristo menzionate e sperimentate da
Paolo potrebbero essere sostituite, senza stravolgere il senso
del messaggio, con la parola
«croce». La croce di Cristo operante «in noi» diventa in questo
modo una guida e una chiara indicazione per trovare il senso
della sofferenza sugli incroci tra
tutti i possibili nonsensi che attraversano la nostra mente,
spesso tormentata da numerose
afflizioni. Non si tratta, però, di
una croce di legno delle foreste
polacche. La croce posta in noi è
una presenza che trasmette la
Parola di consolazione. Questa
parola non è di facile comprensione e il suo messaggio non
sempre combacia con le nostre
vedute. Per cogliere il suo vero
senso e per trasmetterla a chi ne
ha bisogno, non servono tanto
la ragione oppure il sentimento
bensì quella particolare capacità
di vedere ciò che trascende l’aspetto fisico e morale della sofferenza. Tale capacità può essere espressa soltanto con il termine «fede».
(Prima di una serie
di quattro meditazioni)
Noté
omiletiche
La Seconda Lettera
Corinzi può essere def«
ta il più personale de i
scritti paolini. Il dialo :
che si instaura tra Paoi,
i destinatari della letteo»
è vivace, drammatico
polemico al tempo ste|
so. L'apologia del prop!
ministero è il tema cej
trale del corpo dell'e»
stola. Alcuni studiosi,'
tengono che lo scritt,
possa essere una raccob
di diverse brevi lettere
Tale ipotesi nasce sopra),
tutto dalla grande diveÌ
sità di toni usati da Pao^
nei capitoli 1-9 e 10-13.
L'esordio della lett¿[,
(1,3-11) è un particolari
inno di lode a Dio. Qi^
sto esordio sostituisca
l'abituale ringraziartienta
con il quale di solito Pao,
10 apre le sue lettere, ij
ragione di tale sostituzio.
ne andrebbe cercata nel.
la comunità che nonof.
friva all'apostolo motiii
validi per ringraziare Dio.
Al di là di questa supposi
zione risulta chiaro il fa),
to che Paolo intenda
denziare le ragioni inte
riori del suo inno di be
nedizione e far parted
pare i membri della comunità alla sua condizione di un uomo non solo
liberato e consolato
Dio ma anche consolatore dei suoi interlocutori.
11 verbo «benedire» (euloghe) è il denominatore
principale delle intenzioni e dei sentimenti
Paolo. Egli benedice Dici
consolatore degli afflitti
(vv. 3-7), in particolare
per essere provvidenzialmente sfuggito a un noi
meglio precisato pericolo
di morte (vv. 8-11).
cabolario della consolazione ovvero il sostantivo
paraklésis e il verbo paraklein sono una specied
trama del nostro passo
blico. Al V. 6 il sostantivo
«otaria» e messo in una
posizione parallela rispetto a paraklésis. Nella
conda parte del brano
(vv. 8-11) l'azione di Dioè
invece espressa direttamente con il verbo hiytsthai (strappare, salvare
L'apostolo si riferisce
alla sua esperienza personale espressa con la forma del «noi» epistolare.
Tuttavia per mezzo
«voi» dei vv. 6.7.11 egli
coinvolge anche la comunità in questa sua esperienza. L'intento è chiaramente quello di ricuperare la chiesa di Corinto
la comunione (koinóniiì
con sé (cfr. v. 7), affen
mando uno stretto legame con essa o anche una
reciprocità, come appare
nei w. 6-8,10-11. Lo stesso motivo di afflizioneconfronto si ripete in 1,)
16, è una piuttosto manifesta inclusione con 1,3'
11.1 temi principali dell'esordio della lettera; '
sofferenza e la consola;
zione, offrono numerosi
e forti spunti per una
flessione soteriologioo
tema dell'intervento s
vifico di Dio è d'altronde
uno dei temi principali
dello scritto (cfr. 2 ‘
5,21; 6,14-18; 12,1-10)
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- G. Barbaglio, La tfl
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forma epistolare, Edizi®'
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1999, pp. 211-239. f
- E. Bosio, Le fp/sf® I
al Romani, I e II Corirh
Claudiana, Torino, 1^
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Paolo. Studi di esegesi
teologia. Edizioni Paob®
Cinisello Balsamo, 1991-,
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10)
E Spiritualità
L'impegno spirituale e sodale della rock-band piiù famosa del mondo
Quei quattro irlandesi degli U2
{\lello loro musica cantano anche di Dio e del suo Regno, delle sofferenze e delle speranze
de! mondo, cantano contro le dittature e l'apartheid, contro la guerra, la povertà e la fame
PAG. 3 RIFORMA
SìEfANOMElONI
-rfrt anche tu. Il doppio
11^ senso seminascosto
nel nome della rock-band
-Bgj più famosa nel mondo,
svela lo spirito circolare,
coinvolgente, dinamicci della
loro musica. I quattro irlandesi di Dublino, di famiglia
popolare, sono il nome più
quotato nello «star System»
Musicale internazionale. Un
loro concerto arriva a costare
alcuni miliardi di lire solo
per il cachet degli artisti e i
loro album vendono (nonostante i cd costino tanto in
tutto il mondo!) milioni e midoni di pezzi. A tutte le latitudini si intona appassionati
'Vith or without you, o All I
mntisyou, che non sono
sdtanto canzoni d’amore o
di solitudine, oppure si canta, accalorati in uno spirito
Ideale forse ormai disperso
nei meandri della glaciale soptà della nuova economia,
con le parole di Sunday Blooày Sunday o di Pride, o ancora ci si ritrova trascinati, in
¡ad, dall’immagine musicale
dell’abisso dell’eroina.
teché questo successo plaBétario? Perché questa forza
Ivctcativa straordinaria che
daama alla presa di coscienza
‘Stdividuale e collettiva e rag|iunge cuori di differenti e^erienze culturali, religiose,
pierazionali? Perché riconoscere loro una autenticità di
parole e valori (?) non più
itìncessa a chiese, partiti, isti%èioni? Come fanno a dire e
ad essere ascoltati, creduti,
attesi? Quando cesserà la tensione emotiva che li accom
Ena, il fuoco indimenticaacceso nelle generazioni
che hanno, in questi ultimi
;tot’anni, amato la musica?
' «{...) La musica degli Anni
® che mi ha ispirato era parte di un movimento che ha
antribuito a fermare la guerlain Vietnam, e non c’è motivo per cui la musica di oggi
non possa avere lo stesso impatto. Ho sempre pensato
che il rock’n’roll potesse aiutare a cambiare le cose come
parte di un movimento di
piotesta costruttiva». Così,
agli inizi degli Anni 80, si
esprimeva Bono Vox, madre
protestante, padre cattolico,
cantante e band leader degli
U2. Da allora, in questi vent’
etini, le parole e la musica di
questo quartetto hanno accompagnato i percorsi individuali e collettivi delle generazioni che, a ritmo serrato, si
sono succedute, interpretandone le aspirazioni, dando
noce e suono alle rivendicazioni, suggerendo parole
d'amore. In un quadro di deMlaiite perdita del senso delle strutture di riferimento,
delle «ideologie», in uno spazio senza direzioni privilegiate e perciò più libero da vincoli ma più complesso e dispersivo, ciò che partiti e
chiese non riescono più a dite lo dice la musica. E lo dice
con quei pochi artisti (Sprinpsteen negli Usa, Bob Marl®y> De André in Italia) che
sono apparsi autentici nei loZo lavori in studio e nel rapPOno con il pubblico.
Nella musica plastificata
1 „ni- B (nna già nel ’67
log ■ Frank Zappa parlava di Pla
.foii n^P®®p/e), i quattro dubli'orindi portano una sonorità di
Jire
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tterei
1,199H'
La te«-l
oozzii^ì
Edizi“’
>
testimonianza e all’impegno
sociale e politico inusitato in
quegli anni di rampantìsmo.
Con loro il rock si immerge in
un bagno purificatorio che ritrova l’innocenza e l’intensità
emotiva che si fanno canzone, che chiamano a raccolta,
che legano con un filo il sogno e il desiderio del giovane
e della giovane.
Ed è sorprendente, per chi
come noi evangelici vive la
chiesa in modo ravvicinato,
osservare la potenza della
canzone che parla di Dio (ricordate la missione per conto
di Dio dei cattolici Blues
Brothers folgorati dal canto
frenetico nella Baptist Church?), la canzone che cita senza timore Gesù, che si immerge in una dimensione
spirituale e la ridistribuisce,
se messa a confronto con la
capacità e la possibilità di
ascolto {soprattutto proprio
verso quelle giovani generazioni, sostanzialmente assenti dai nostri luoghi cultuali)
che offrono le nostre parole
bibliche, e i nostri canti.
Gli U2, Bruce Springsteen,
Nick Cave, capaci più degli
addetti ai lavori di testimoniare la Parola biblica? Questi
stessi artisti più incisivi dei
movimenti e delle chiese (anche quella cattolica, certo,
non facciamoci del male inutilmente!) nel segnalare le ingiustizie del mondo in cui viviamo? Razzismo, debito dei
paesi poveri, intolleranza religiosa, guerre di religione, dittature, inquinamento dell’ambiente. Non sono proprio
i temi sulla cui attualità decli
305'
:f0H|
'^rtuoi
niamo la nostra offerta religiosa? «...Ho atteso con pazienza il Signore, lui si è chinato e ha udito il mio lamento. Allora mi ha preso e mi ha
condotto a sé fuori dall’inferno, lontano dalle sabbie mobili» [Forty, da War 1983, citazione del salmo 40).
La tensione emotiva e spirituale della We shall overcame degli Anni 60, la voce e le
parole che nei Settanta danno corpo alle aspirazioni di
una società diversa da quella
che l’occidente propone per
il mondo intero, l’urlo lacerato di un gospel strumento
di denuncia e testimonianza
di sofferta speranza nel Dio
che salva, comunque: la musica si è prestata a dar voce a
chi non ce l’ha o non l’ha
mai avuta. La musica non è
mai stata solo di qualcuno,
ma chiunque la può fare propria e usarla, sentirla come
luogo di condivisione, strumento di protesta, seme gettato perché dia frutto.
Così gli U2; «Il fuoco indimenticabile», Unforgettable
fire, è la canzone dei testimoni di Hiroshima, Mothers of
disappeared contro le dittature latinoamericane, One tree
hill racconta delia croce del
Golgota e di tutti quelli che
sono morti a causa dell’apartheid, Bullet the blue sky
contro la guerra imperialista.
Peace on earth di come è oggi
ancora urgente dire una parola forte per la pace e la salvaguardia della creazione, Silver
and gold dove si sopravvive
alla prigionia di un campo di
concentramento osservando
L’albero di Joshua
la follia dei carcerieri e sperando contro speranza nella
giustizia dell’amore, I stili haven’t found what l’m looking j|
for in cui la fiducia nel regno
dei cieli accompagna la nostra corsa quotidiana alla ricerca di senso, One e Please
sul rispetto delle identità individuali cancellate dall’avanzare impietoso della civiltà
moderna, Wake up dead man
contro la pena di morte. E
ancora altro.
Non sembran tematiche
che ci sono care e che caratterizzano la nostra testimonianza di credenti evangelici? Certo che sì. E dovremmo, pure,
rallegrarci se qualcuno, indubbiamente con un carisma
invidiabile e da un palco che
raggiunge agli estremi confini
chi è in ascolto, riesce a cantare di Dio e del suo regno,
dei mondo e delle sue sofferenze come delle sue speranze. Niente paura, non sono
solo delle rock star. Bono e il
suo gruppo, cattolici irlandesi, politicamente idealisti, forse ideologicamente confusi,
ora certamente benestanti,
sono soltanto lo specchio di
intere generazioni cresciute
nello smarrimento collettivo,
nella perdita di direzioni privilegiate, nella debole e ripetitiva'proposta di senso che
partiti, movimenti e chiese si
sforzano di replicare. Essi rappresentano per noi una sfida
di credibilità, una sfida a ritrovare nel profondo quel
fuoco interiore che non si
estingue mai.
«È il 4 di aprile, presto di
mattina uno sparo echeggia
nel cielo di Memphis. Alla fine si sono sbarazzati di te, ti
hanno carpito la vita perché
non erano riusciti a toglierti
l’orgoglio. Un uomo è rimasto intrappolato nella rete,
uno invece ancora resiste,
uno è stato sospinto a riva su
una spiaggia deserta, un uomo venne tradito da un bacio. Nel nome dell’amore cosa si deve fare di più? Nel nome dell’amore, nel nome
dell’amore un altro uomo è
venuto». [Pride, da Unforgettable fire, 1984).
Un disco da portare
con sé sull'isola deserta
GIACOMO PANI
‘p/st«;;; nesi'
'or/ii"i rotto" rr--------------------------
1989, ; e vibrante pur se non
sa, una visione probleggesi li responsabile della
’aolii'®'| spiritualità esplicita
1991. I ^ linguaggio biblico ormai
CriM negli armadi dei fru
1^, fratelli maggiori dopo le
nd fPT liberatorie e fumose
“®t:®nnio precedente e
I “Strano una attitudine alla
Quando nell’estate dell’82 mio cugino Riccardo
mi fece sentire, dalla sua autoradio, tutto di seguito il
primo [Boy) e il secondo (Octoher) album degli U2, mi resi conto che il periodo di lutto musicale dovuto allo scioglimento dei Led Zeppelin
(1980) poteva considerarsi
concluso. Basterebbe infatti
sentire il primo brano dei
due album / will follow e
Gloria, per capire l’impatto
che la band irlandese ebbe
nel panorama musicale rock
del periodo.
Se devo essere sincero,
qualche anno prima (’79-80)
l’uscita di Outlandos d’amour, Reggatta de blanc e di
Zenyatta Mondana dei Police di Mr. Sting segnò in modo profondo il gusto musicale a cavallo fra i Anni Settanta e Ottanta, ma era troppo
forte il dolore per la perdita
dei miei amati «Led» che riuscii soltanto qualche anno
dopo ad affezionarmi alle
canzoni dei tre «poliziotti».
Vennero così i tempi di War
(’83) e di The unforgettable
fire (’84) inframmezzati da
quello che considero uno dei
migliori album live di sempre
«Con 0 senza di te
io non posso vivere»
STEFANO ROBERTO MOUJCA
Agosto dei 1987. Ero uno
dei cadetti al campo estivo. Ascoltavamo Madonna,
Cindy Lauper, i Talking Heads, Peter Gabriel, i Simple
Minds, i Queen e i Police...
ma quell’estate ci fu un piccolo terremoto nelle nostre
vite. Le serate si chiudevano
con i balli e tra questi c’erano
sempre i «lenti», splendida
opportunità per corteggiare
le «pischelle». Peter Gabriel e
Kate Bush la facevano da padroni con la grande Don’t give up, ma qudeuno tirò fuori
dal cilindro un Lp di un nuovo gruppo rock irlandese: gli
U2! Grandi! Insieme a ballate
esaltanti c’era la mitica With
or without you e i lenti non
furono più gli stessi. «Con o
senza te, io non posso vivere». Forse non tutti sanno che
quelle parole tanto romantiche sono state scritte da Bono pensando a Dio.
Da quella estate la passione per gli U2 è cresciuta, siamo andati a scoprire i vecchi
Lp e abbiamo comprato i
nuovi Cd. Leggete il testo di
God part II, {«...io non credo
nel diavolo, non credo nel
suo libro, io, io credo nell’amore...») oppure il testo di
Pride (dedicata a Martin
Luther King), e ci crediate o
no, in un campo a Santa Severa preparammo un culto
con il video musicale di Pride
e tentammo di cantare altre
loro canzoni. Ancora oggi
quando rivedo la videocassertta di Rattle and Hum, un
misto di commozione e fervore mi fa tremare quando il
leader del gruppo, Bono Vox,
mentre la musica pulsa in
sottofondo, si ferma a parlare
e invita la folla oceanica che
riempie lo stadio dicendo:
«...for the reverend Martin
Luther King... sing!» e in una
grande unica voce lo stadio
risponde: «In the name of love... what more in the name
of love». Quando Dio mi parla, il mio cuore scoppia... forse non dovremmo avere paura di «esaltarci» un po’ quando lodiamo il suo Nome, e
certe canzoni per me sono
delle meravigliose preghiere.
La musica ma anche la militanza religiosa
MASSIMILIANO PANI
(la versione di Sunday bloody
sunday live è letteralmente
da brivido) dal titolo Under a
blood red sky. Mi rendo conto che quanto detto finora mi
potrebbe far sembrare un ultrà della band, ma se ripenso
a quegli anni mi sentivo esattamente così.
Per non farla troppo lunga
vi dirò che nel 1987 l’uscita
di The Joshua tree consacrò
gli U2 a livello mondiale e
questo portò quelTalbum ad
entrare di diritto nei cinque
dischi da portare nella mia
isola deserta. Se vi dicessi
che Rattle and Hum, che
commemorava lo sbarco del
gruppo in America, fu il primo film che io e la donna che
poi è diventata mia moglie,
andammo a vedere da freschi fidanzatini; sicuramente
penserete che stia scherzando, in realtà andò proprio
così... e poi si dice che la
musica non cambia la vita di
nessuno! Gli ultimi dieci anni
ve li risparmio, ma voglio
dirvi un’ultima cosa. Sembrerà retorico ma alla soglia
dei mitici quaranta, ascoltare
la voce di Bono mi fa ancora
sentire una sensazione unica
che non riesco a spiegare e,
forse, non è neanche necessario. In god’s country.
HO iniziato ad ascoltare
gli U2 a metà degli Anni
80, come del resto la maggior
parte dei miei coetanei. Certo
molti hanno poi detto di
averli scoperti prima, magari
ai tempi di War o October, ma
in realtà il gruppo irlandese
ha fatto breccia nel mondo
della musica con The Joshua
tree nel 1987, irrompendo in
un contesto musicale dove
accendendo la radio, bene
che ti andasse, potevi ascoltare i Level 42 o i Pet shop boys.
Alla nostra generazione,
cresciuta appunto in quel decennio «famigerato» dove tutto era (o almeno si è poi detto
che fosse) immagine e apparenza, i nostri fratelli maggiori hanno sempre rimproverato di non avere veri valori, di
fare attenzione solo alle cinture LI Charro e alle nuove
Timberland, Certo chi ascolta Material girl di Madonna o
Wild boys dei Duran Duran
non pensa a fare la rivoluzione e a mandare la fantasia al
potere. In certa misura avevano sicuramente ragione, e ciò
si rifletteva, fatalmente, anche nel tipo di musica che si
ascoltava: testi anonimi, ripetitivi e futili; musiche terribilmente commerciali e scontate e addirittura (orrore!) con
suoni elettronici.
Con i Led Zeppelin ormai
all’ospizio e i Police che erano
durati solo il tempo di farsi
rimpiangere, la scoperta degli
U2 fu una specie di liberazione, almeno per me. All’inizio
mi colpì solo la musica, devo
ammettere. Scoprire poi nei
testi tanto spessore e «militanza» religiosa e civile fu ancora più bello. In The Joshua
tree alcuni brani hanno proprio il sapore della preghiera
(penso a / stili haven’t found
what Tm looking for, ma anche alla celeberrima With or
without you), e poi tornando
indietro negli album scoprire
la denuncia politico-sociale di
Sunday, bloody sunday, o le
copertine di Wdr e Boy in cui
sguardi di uno stesso bambino ti fissano inquisitori, e ti
chiedono: perché?.
Gli U2 hanno parlato di
Dio, della questione irlandese, dell’amore e di tanto altro
a una generazione che forse,
anzi sicuramente, per molti
di noi, non aspettava altro.
Infatti dì quel decennio loro
passeranno alla storia, e non
gli Wham! o gli Spandau Ballet. Poi gli Anni 80 sono passati, e così anche gl i Anni 90,
e il gruppo di Bono Vox ha
smesso di fare rock per proporre robetta"anonima e anche un po’ «trendy», come si
usa dire. Ma questo è solamente un mio parere e, soprattutto, è un’altra storia.
Discografia essenziale
Boy (1980)
October (1981)
Under a blood red sky (1983) ) ,
War (1983)
The unforgettable fire (1984)
Wide awake in America Ep. (l984)
The Joshua tree (1987)
Rattle and Hum (1988) . ,
Achtuhg baby (1991)
Zooropa (1993)
. Pop (1997) .. . '
* The best of 80-90 (1998)
Ml0mti^ucan*tj^^ behind(2000)
4
PAG. 4 - VENERDÌ 23 MARZO 2001
La casa dello scrittore Johann Gottfried Herder a Mehrungen
M Tentativo di un bilancio
Dalla Prussia di ieri
alla Germania di oggi
GIORGIO BOUCHARD
Esattamente vent’anni
fa il fratello Weissinger,
che tanto faceva per sostenere la testimonianza evangelica in Italia, mi convinse (per
non dire mi costrinse) a fare
una visita ufficiale alle comunità della Kirchenprovinz
Sachsen, una chiesa regionale che copriva un bel pezzo
di Germania orientale: anche
quei fratelli erano fortemente sostenuti dalla chiesa dello
Hesse-Nassau, di cui Weissinger era un energico e appassionato dirigente. L’aereo
atterrò a Berlino Ovest, ed
ebbi alcune ore per visitare
quella metropoli terribile e
affascinante: la mia prima
sorpresa, e in quei giorni ce
ne furono tante, fu di vedere i
muri della città tappezzati da
manifesti che annunciavano
l'imminente apertura di una
grande mostra commemorativa della storia prussiana:
Preussen, Versuch einer Bilam;. (la Prussia, tentativo di
un bilancio). Ma che bisogno
c’era di tirare il bilancio di
un’esperienza ormai morta e
sepolta? Morta almeno dal
giorno in cui il Terzo Reich si
era arreso di fronte alla vittoria degli alleati, per non dire
dal giorno in cui il feldmaresciallo Paulus aveva firmato
a Stalingrado la resa della Sesta Armata?
E invece di questo bilancio
ce n’era proprio bisogno: me
ne resi conto il giorno dopo,
appena entrato nella «Repubblica democratica tedesca»: nel bel mezzo di Berlino
Est, vicino ai palazzi del potere, chi ti ritrovo, bello e ripulito sul suo piedistallo? Federico 11 di Prussia, il conquistatore spregiudicato e «moderno» e, sotto, intorno al ba
samento, l’effigie dei suoi generali, dei suoi ministri (e, temo, anche dei suoi ecclesiastici): il mio accompagnatore
mi spiegò che dopo la guerra
gli occupanti sovietici avevano rimosso questo monumento, simbolo della Wehrmacht appena sconfitta, ma
che recentemente il governo
lo aveva rimesso al suo posto;
anzi, mi disse, il regime stava
rivalutando gli aspetti positivi della storia prussiana: non
solo i grandi modernizzatori
come Scharnhorst e Gneisenau (di cui riparleremo) ma
proprio anche lui, Federico
II. Gli confessai che l’avventura prussiana mi aveva sempre interessato e lui mi rispose, con un sorriso sornione: si
rallegri, il nostro governo edifica il socialismo con uno stile prettamente prussiano...
Mi ero dunque sbagliato: la
Prussia non era morta. Qualcosa di quell’esperienza grandiosa e contraddittoria era rimasto nello spirito, e forse
nel cuore, delle due Germanie. E ambedue cercavano di
padroneggiare e reinterpretare quel passato, per trovarvi
una sorta di paradossale legittimazione. Vent’anni sono
passati, e la Germania si è definitivamente riunificata:
metà dei classici «territori
prussiani» (Pomerania, Prussia orientale, Slesia) appartengono ad altre nazioni (Polonia e Russia) e sono abitati
da popolazioni slave. Ma proprio quest’anno cade il terzo
centenario della proclamazione del regno di Prussia: e
la nuova Germania ha deciso
di celebrare con la dovuta solennità questa ricorrenza. Ha
fatto bene? Penso di sì e cercherò di dimostrarlo ripercorrendo brevemente i secoli
dell’awentura prussiana.
Nel 1701 Federico Guglielmo diventava Federico I di Prussia: nasceva così il nucleo (j^iura
1 trecento anni della Prussii«^
«Illuminismo e guerra, coscienziosità e presunzione, senso del dovere e spacconerla»
presidente della Repubblica federale tedesca, e predicatore laico evangelico, alle celebro^
Servi della gleba
Cominciamo dal nome: la
parola «Prussia» non è di origine tedesca, ma proviene da
una popolazione slava (i Borussi) che nel Medio Evo abitava una zona compresa tra il
Mar Baltico, la Vistola, i laghi
Masuri e il fiume Njemen. Poco dopo il 1200 questa regione venne invasa dai Cavalieri
dell’Ordine Teutonico: erano
dei monaci guerrieri, i quali
cristianizzarono sulla punta
della spada i poveri Borussi e
aggiunsero loro un bel numero di contadini tedeschi provenienti dalla Sassonia: dalla
mescolanza delle due popolazioni nacque un nuovo gruppo umano, che parlava un
dialetto di tipo tedesco, ma
portava il nome degli sconfitti: i Prussi. Gli uni e gli altri
ebbero però una sorte molto
slmile: erano, e restarono per
secoli, sostanzialmente dei
servi della gleba. Intanto
(1226) il dominio dei Cavalieri teutonici veniva pienamente legittimato da un decreto
dell’imperatore Federico II (il
celebre nipotino del Barbarossa) e si estendeva a tutti i
paesi baltici (senza però germanizzarli così largamente
come la Prussia).
Due secoli dopo (1415) un
aristocratico proveniente
dalla Germania meridionale,
Federico di Hohenzollern, riceveva il titolo di Margravio
del Brandeburgo: governava
così una regione («Marca»)
situata intorno all’attuale,
Berlino, e aveva diritto al titolo di Principe elettore: era
cioè uno dei sette potentati
che eleggevano l’imperatore
di Germania: la terra era poca, ma il prestigio era grande.
Per un secolo il Brandeburgo venne governato dagli
Hohenzollern con patriarcale saviezza nella più piatta
normalità. Ma intanto la famiglia si era divisa in due rami: il ramo principale regnava, il ramo cadetto si divideva tra le armi e la Chiesa, secondo l’uso del tempo. Qualcuno poi univa il servizio militare al servizio della Chiesa:
tale fu il caso di quell’Alberto
di Hohenzollern che si trovò
ad essere Gran Maestro dei
Cavalieri Teutonici al momento della Riforma: Alberto
secolarizzò l’ordine Teutonico, diventò luterano e si fece
riconoscere come Duca di
Prussia col titolo di Alberto I,
accettando di esser formalmente un vassallo del re di
Polonia. Intanto anche i suoi
cugini del Brandeburgo diventavano luterani, e con loro lo divenne l’intera popolazione della Marca.
I discendenti di Alberto I
governarono il ducato di
Prussia fino al 1618, quando
l’ultimo di loro morì: l’eredità passò perciò, con tutta
naturalezza, a Giovanni Sigismondo margravio di Brandeburgo (1608-1619): questo
Sigismondo era particolarmente abile e fortunato in
fatto di eredità, perché proprio in quegli anni riuscì ad
acquisire un discreto territorio in Renania: il ducato di
Cleves. Erano però anni difficili: si preparava la Guerra dei Trent’anni e in tutta
Europa le posizioni si radicalizzavano. Sigismondo reagì
a questa radicalizzazione
passando dal luteranesimo
al calvinismo: un sovrano di
confessione riformata si trovò così a governare uno sparso gruppo di territori dove
abitava una larga maggioranza di luterani (Prussia, Brandeburgo) ma anche una minoranza cattolica (Cleves).
Federico Guglielmo
Il suo successore, Giorgio
Guglielmo (1619-40) debole e
incerto, assistette quasi passivamente alla devastazione
di questi territori durante la
terribile Guerra dei Trent’anni (1618-1648). Ma, e qui comincia la vera storia della
Prussia, suo figlio Federico
Guglielmo (1640-88) era un
uomo di tutt’altra tempra:
cresciuto alla corte svedese di
Gustavo Adolfo, e poi nell’Olanda degli Grange, aveva
capito che stava arrivando la
modernità: approfittò così
delle ultime battute della
Guerra dei Trent’anni per
prendersi un altro pezzetto di
Pomerania (e più tardi l’ambita città di Magdeburgo),
ma dedicò le sue migliori
energie a risollevare i suoi
domini dalle tremende rovine della guerra: incoraggiò la
ricostruzione e le iniziative
economiche, unificò amministrativamente e legalmente
Prussia, Brandeburgo e Cleves (ottenendo per questo
una particolare autorizzazione imperiale: lo jus foederationis). Approfittando della
cosiddetta «guerra del Nord»,
riuscì anche a liberare dal
vassallaggio polacco la parte
orientale dei suoi domini, ricevendo il titolo di «Duca sovrano di Prussia». Ma soprattutto, temendo che l’emergere della Francia (Luigi XIV) significasse nuove devastazioni per gli stati tedeschi, organizzò un poderoso esercito (il
secondo dopo quello dell’imperatore): i nobili vennero
spinti a diventare comandanti militari, i contadini vennero costretti a obbedire come
soldati. Ogni cosa al mondo
ha un prezzo, e il prezzo di
questa operazione fu una
specie di «compromesso storico» con l’aristocrazia terriera, i cosiddetti «lunkers»: per
molto tempo il loro dominio
sui contadini della Prussia,
della Pomerania e del Brandeburgo fu sostanzialmente
garantito. Ma lo stato era amministrato con scrupolosa
onestà da una burocrazia tutta imbevuta di etica luterana.
Intanto, in Francia, Luigi
XTV poneva mano alla distruzione della Chiesa riformata:
Federico Guglielmo, un riformato lui stesso, non poteva
assistere passivamente a
questa tremenda operazione:
con l’editto di Potsdam del
1685 egli aprì i suoi stati a
tutti quei rifugiati francesi
che volessero stabilirvisi: arrivarono in 20.000 (con loro
alcuni valdesi), fondarono industrie, iniziative commerciali, attività culturali. Tanta
era l’ostilità di Federico Guglielmo verso Luigi XIV, che
mandò perfino le sue truppe
a difendere l’arcivescovo di
Colonia (principe elettore
pure lui) dall’esercito francese che avrebbe dovuto destituirlo. Con questo, Federico
Guglielmo entrava nella
grande politica europea, e si
quindi si meritava il titolo
con cui è passato alla storia:
«Grande elettore».
Per un po’, i suoi successori si limitarono a continuare e
sviluppare la sua politica,
con i consueti alti e bassi: Federico III (1688-1713) in cambio della sua partecipazione
alla guerra contro la Francia
ottenne dall’imperatore il titolo di re: il 18 gennaio 1701
egli diventava così Federico I
di Prussia. Per il resto, non
fece quasi nulla, salvo crearsi
una corte fastosa e una bella
«Accademia delle Scienze» e
benché la «residenza reale»
restasse a Koenigsberg, nella
Prussia, egli si creò una città
di rappresentanza nel cuore
del Brandeburgo, unificando
un borgo chiamato Berlino
con vari altri villaggi: era nata
una delle future capitali d’Europa. Suo figlio, Federico Guglielmo I (1713-40) era uomo
di ben altra tempra: aveva
ereditato la durezza professionale degli antenati calvinisti, ma sul piano religioso
preferiva il pietismo, di cui
protesse l’Università (Halle):
del resto non aveva mai digerito la dottrina della predestinazione. Sempre preoccupato, come suo nonno il Grande
elettore, della debolezza politica tedesca, dedicò i suoi
sforzi maggiori all’esercito,
tanto da meritarsi il nomignolo di «Re sergente». Quanto a lui, preferiva considerarsi
il «primo servitore dello stato»: rese obbligatorio l’insegnamento elementare ma
non osò sfidare i privilegi degli Junkers: troppo importante era avere dei buoni ufficiali
e dei battaglioni disciplinati.
Letture filosofiche
Questi battaglioni serviranno soprattutto a suo figlio Federico II (1740-1786), uno dei
più grandi paradossi della
storia: il padre aveva voluto
piegare il suo carattere ribelle
con delle punizioni di durezza inenarrabile, ottenendo un
solo risultato: il pieno rifiuto
di tutta l’eredità evangelica
pietista (salvo l’odio contro il
dogma della predestinazione!) e una sconfinata ammirazione per la cultura illuministica che si andava allora
diffondendo in Europa: del
resto questa ammirazione era
reciproca: Voltaire, alla sua
ascesa al trono, lo celebrò come «Salomone del Nord», come «il filosofo che diveijta
re». Che Federico II amasse la
filosofia non c’è alcun dubbio: fin dall’adolescenza leggeva di nascosto Bayle e
Locke, con l’aiuto d’un profugo ugonotto un po’ liberale si
era organizzato (sempre di
nascosto) una formidabile biblioteca, scriveva in francese,
studiava e lavorava con borghese metodicità; era favorevole alla libertà religiosa anche se, come il suo maestro
Voltaire, non mancava di
qualche accento antiebraico.
Da re, sviluppò l’agricoltura
seguendo gli insegnamenti
dei grandi economisti francesi, e applicò all’industria le
dottrine mercantiliste. Da
giovane aveva perfino trovato
il tempo, prima di salire al
trono, di scrivere un libro in
cui denunciava tutte le contraddizioni di Niccolò Machiavelli; e lo intitolò, appunto, V Antimachiavel
Ma appena salito al trono,
questo «Salomone» si trovò
di fronte alla bruta realtà dei
fatti; il regno di Prussia era
Peflerlco i
{^involti
jtani flit
ji Russi!
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diviso in tre tronconi, e (ac^
va parte di una Germania aj,
cora troppo sottomessa all'j,
gemonia degli Asburgo
stria, la dinastia a cui ne;
no riusciva a togliere la cq]
na imperiale. Bisognava dii,
que'-allargare i domini ptù
siani e diminuire l’impoi ™
za dell’impero; a questo
po, Federico II dispone
d’un solo strumento, il foi
dabile esercito creato
Grande elettore e potenziai
da suo padre. Dimenticane!
(0 rimuovendo) la sua filoso,
fia, Federico decise di giocan
questa carta, e con essa tutti
la sua fortuna, alla primi
buona occasione. L’occasione si presentò pochi mesi dopo la sua ascesa al trono;
l’imperatore era morto,
sciando come erede sua
Maria Teresa: una successione che molti, in Europa, intendevano contestare. Anelli
Federico la contestò, ma eoo
modi alquanto spicci: mandò
i suoi battaglioni a occupai!
la vasta regione della Slesia,
poi ordinò ai suoi giuristi di
illustrare al mondo i fondamenti giuridici di questa di- .
sinvolta iniziativa Ne sega
una lunga guerra (detta «di °
successione d’Austria»), ma
nessuno riuscì più a strappare la Slesia alla Prussia, clit
vedeva così quasi raddoppiato il suo territorio.
Chi serhina vento raccogjit
tempesta: e infatti il «Saiomone del Nord» si trovò presto coinvolto in una nuovi
guerra; anzi, vi si precipitò
capofitto. Se da una parte gl
era amica l’Inghilterra dovi
regnavano gli Hannover suoi
cugini, dall’altra Austria
Russia si stavano rapidamente riavvicinando: la prima voleva riprendersi la Slesia e li
seconda, ormai quasi padrona della Polonia, cominciava
a occhieggiare in direzioni
della Prussia Orientale. AncO'
ra una volta, dunque. Federi’
co attaccò per primo, dandi
inizio alla Guerra dei Setti
anni (1756-63: consacrerà definitivamente la supremazii
inglese nel mondo): sempti
alla testa dei suoi soldati come un condottiero antico,
Federico riportò alcune celebri vittorie, tra cui ricordiamo quella di Leuthen (175Ì,
dove sul campo di battaglii
un esercito luterano com®
dato da un miscredente intonò solennemente (ma noti
saprei quanto a proposito)!
celebre corale luterano
danket alle Goti (rendiaitw
grazie a Dio col cuore e col
le menti). Ma austriaci e russ
messi insieme erano troppi
forti, e Federico finì per essere travolto: solo la morte della zarina Elisabetta e lo spinto filoprussiano del nuoti
zar salvarono in extremis Fe
derico dalla completa rovini
La Prussia usciva strema'
dalla guerra, ma conservi
va la Slesia e aveva ormai al
quisito lo status di grand
potenza europea. Il grani
Kant, suo suddito, dirà chc’700 poteva essere considet
to «Il secolo di Federico H
Ma a Federico era rimasta
cuore la paura dei russi: n|
potendo sperare di sconii]
gerii in guerra, pensò di coH
volgerli in una specie di Pj
tum sceleris: la prima spaw
zione della Polonia (1772):^,
tre a neutralizzare i russi, m
derico otteneva un bel ted
torio (abitato da polacc"
sulle due rive della Vistoli
poteva finalmente dare cOj
tinuità territoriale a buoj
parte dei suoi stati. Nel
di 25 anni la Polonia ven'
gradualmente liquidata, 6®
interessante ricordare
queste spartizioni furo«'
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5
VENERDÌ 23 MARZO 2001 - PAG. 5
(jjLra Germania, una nazione protagonista, nel bene e nel male, dell'intera storia europea
[{(Giano bifronte» d'Europa
.ierizzato la vita di questa nazione; lo ha schiettamente affermato Johannes Rau, l'attuale
Orlino, di nuovo capitale della Germania riunificata. Le radici protestanti della sua cultura
iìSl
istii'
andata di’
segii
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0,ma
appall che
)ppia
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imanIte inla noi
ff^rìco Guglielmo con sua moglie, Federica Enrichetta d’Orange
Naturalmente, al centro di
tutto questo stava un saldo
potere monarchico appoggiato da un esercito completamente riorganizzato: Clausewitz, Scharnhorst e Gneisenau hanno legato il loro nome a questa operazione. E il
successo arrivò ben presto: a
Lipsia (1813) i prussiani erano di nuovo nel campo dei
vincitori, e due anni dopo la
battaglia di Waterloo venne
decisa dall’arrivo delle divisioni di Blücher, von Biìlow,
Zieten: e, singolare coincidenza, furono proprio i reggimenti della Slesia a decidere
la giornata... Non c’è dunque
da stupirsi se al Congresso di
Vienna la Prussia fece la parte del leone: il piccolo ducato
di eleves fu ingrandito fino a
comprendere la Renania dove stava nascendo la grande
industria, e l’Austria non riuscì a ricostituire il Sacro romano impero che era stato
dissolto da Napoleone.
Intanto la Germania era
percorsa dal movimento romantico, su tutti i piani: anzitutto su quello religioso: per
iniziativa di Federico Guglielmo III (1797-1840) le chiese
luterane e riformate della
Prussia si univano nel terzo
centenario della Riforma (nel
1817). Che non si trattasse di
una mera imposizione dall’alto è dimostrato dal caso del
Palatinato, dove l’Unione fu
approvata a grande maggioranza dal voto di tutti i capifamiglia. Ma il romanticismo fu
anche l’incubatrice del nascente nazionalismo tedesco:
la guerra contro Napoleone
era stata vista come una guerra di liberazione nazionale, si
cominciava a pensare che la
civiltà germanica fosse, tutto
sommato, superiore a quella
latina. Gradualmente, la potenza della Prussia diventò il
simbolo di questa superiorità.
Si è molto criticato Hegel a
motivo della sua tardiva ammirazione per lo stato prussiano: ma era uno stato davvero ben funzionante, che
mandava all’estero ambasciatori di prima classe: si
i i tre più celebri sonàni illuministi: Caterina II
di Russia, Giuseppe II d’Austria e Federico stesso.
Il bene delio stato
L'illuminismo di Federico
(adunque finto? No: sem
f lente veniva subordii supremi interessi del0. Questo era però lo
nussiano: nulla di più
0 dalla mente di Federico che l’intenzione di dar
vita a un nazionalismo tedesco: questo nazionalismo
|ergerà, prepotente, molti
anni più tardi, dopo lo scontro Con la Rivoluzione francesee il regime napoleonico.
Élnizio, i governanti prussiani assistettero tranquilli alle^petute sconfitte che il
ndOvo esercito francese inJi^eva alle truppe delle monjttchie europee, a cominciaAU’odiato impero austriacoSa la disillusione venne
benpresto: a Jena (1806) i suKtbi battaglioni prussiani
Émero interamente disfatti
dalle truppe di Napoleone:
Hegel, professore a Jena, credette di vedere nella figura
del condottiero corso che
|ssava a cavallo l’incarnalone dello Spirito della Stonauniversale; la classe diritte prussiana, forse meno
soflca ma certo molto attota, capì che la Prussia, se
(leva sopravvivere, doveva
irte in atto un processo di
pietà modernizzazione:
giunta l’ora dei «riformalóri». L’esercito e la burocra,! da, le scuole e le amministradoni vennero completamentrasformate nel giro di po■ 'anni: Karl von Stein, giuIstaliberal-moderato, delióóò le forme di uno «Stato di
tetto», i contadini vennero
j“to)l teincipati, gli ebrei quasi
Mficati, venne riconosciuta
Idiitonomia del potere giudizio e l’amministrazione fu
“«entrata. Nel 1810 a Berli« Veniva organizzata una
tòta e propria università che
Ptesto attirò alcuni dei geni
dal secolo: Humboldt, Hegel,
“teeiermacher.
pensi al ruolo politico, culturale, religioso che hanno
svolto gli ambasciatori prussiani a Torino (protezione dei
valdesi), a Firenze, a Napoli, a
Roma (promozione dell’archeologia) ecc. Ma il modernizzato e accorto regno di
Prussia era pur sempre una
monarchia: se da una parte
riusciva a canalizzare il nazionalismo tedesco verso la
creazione di una «piccola
Germania» da cui l’impero
d’Austria fosse definitivamente escluso, dall’altra fu
duro e freddo nei confronti
delle correnti liberali, contribuendo in modo determinante al fallimento della celebre
assemblea tenuta nella Pauluskirche di Francoforte (1849):
il re Federico Guglielmo IV
(1840-61) più d’una volta fece
ricorso, dentro e fuori della
Prussia, all’uso puro e semplice della forza militare.
Maggioranza liberale
La Costituzione che egli
emanò prevedeva che il primo ministro, nominato dal
re, potesse restare al potere
anche se il Parlamento prussiano lo metteva in minoranza. Le correnti liberali continuavano però a crescere, e
nel 1862 ottennero la maggioranza in Parlamento. La
risposta del re Guglielmo IV
(1861-88) fu di chiamare al
potere un uomo di ferro. Otto
von Bismarck: questo tipico
esponente del mondo degli
Junkers, per decenni capo del
governo prussiano (1862-70)
e poi cancelliere dell’impero
(1871-1890), prima mobilitò il nazionalismo tedesco
con una guerricciola contro
la Danimarca (1864: «liberazione» dello Schleswig-Holstein), poi decise di escludere
militarmente l’Austria dalla
Germania: la battè a Sadowa
(1866) regalando così anche
il Veneto all’Italia, sua debole
alleata. Infine provocò un attacco francese (1870) a cui rispose avanzando fino a Parigi, annettendo l’Alsazia e Lorena e, suprema superbia,
proclamando nel salone degli
specchi di Versailles il «secondo impero» tedesco (18
gennaio 1871): tutti i principi
tedeschi riconoscevano come
imperatore il re di Prussia
Guglielmo I (1858-88).
Questo insieme di prepotenze e di furbizie venne allora chiamato Realpolitik: ma
non era poi tanto realistico. È
vero che dopo la vittoria sulla
Francia Bismarck passò alla
difensiva e ripiegò sulla diplomazia: ma ormai il demone del nazionalismo tedesco
era scatenato: nel 1890 il vecchio cancelliere veniva bruscamente congedato dall’imperatore Guglielmo li (1888
tlco Guglielmo presenzia agli esami di una scolaresca
1918). Ma il giovane imperatore era minacciato da molti
pericoli: anzitutto pericoli interni. Sulle ceneri dello sconfitto movimento liberale era
sorta una delle più grandi
proteste sociali della storia: la
socialdemocrazia tedesca. Invano Bismarck aveva tentato
di tagliare le ali ai socialisti
inventando un gioiello di stato sociale: la II Internazionale
continuava a mietere successi. E la vecchia etica luterana,
che aveva tenuto in riga i
contadini (e i soldati) prussiani, non convinceva più la crescente classe operaia. E poi
c’erano i pericoli esterni: la
Francia covava la rivincita e
l’Inghilterra, vero impero
mondiale, si sentiva minacciata dal prepotente sviluppo
dell’industria tedesca.
A tutti questi pericoli, la
classe dirigente tedesca rispose con una spericolata politica di iniziativa: l’ultima, e tragica, avventura, fu la prima
guerra mondiale, lanciata in
concorde alleanza con il nemico di ieri: l’Austria-Ungheria. Il resto è storia nota: ma
fino a che punto è storia prussiana? Certo, la Wehrmacht è
rimasta a lungo nelle mani
degli Jùnkers: ma il nazismo è
nato a Monaco di Baviera a
opera di un austriaco. Lo storico cattolico Franco Cardini
ha scritto su Avvenire (2-101): «Il severo spirito prussiano, tutto austerità protestante
(con un forte influsso morale
calvinista)... non legò mai
troppo col populismo di massa dei nazionalsocialisti; e a
torto si tentò di collegare propagandisticamente nazismo e
prussianesimo»*. Effettivamente Berlino (come Amburgo) fu per anni una città dove
Hitler veniva ben poco applaudito. Del resto, dal 1920 al
1932 la Prussia fu governata
dal socialdemocratico Otto
Braun, poi abbattuto da Von
Papen con un colpo di stato.
La classe dirigente
Ciò- nulla toglie alle pesanti
responsabilità della classe dirigente prussiana nella seconda guerra mondiale: quelli
che persero la vita nel tardivo
tentativo di uccidere Hitler
(1944) erano, certo, quasi tutti
degli ufficiali prussiani, ma
non rappresentavano che una
piccola minoranza di un corpo disciplinato ma incapace
di aggiungere aU’indubbio coraggio personale anche il coraggio civile: la capacità di dire «no». Così il risultato della
guerra fu che i tedeschi della
Prussia orientale vennero in
teramente espulsi, e lo stesso
accadde in quella Slesia per la
quale Federico II aveva fatto
tante guerre.
In occasione del centenario
del regno (gennaio 2001) le
parole più schiette le ha avute
Johannes Rau, predi-catore
laico evangelico e presidente
della Repubblica: la Prussia fu
un «Giano bifronte», dove «illuminismo e guerra, coscienziosità e presunzione, senso
del dovere e spacconeria»
erano «strettamente legati insieme». Queste parole, Rau le
ha pronunciate a Berlino, di
nuovo capitale della Germania unificata. Voglia il Signore
che dell’eredità prussiana rimangano solo il senso dello
stato, l’amore per la scienza,
la filosofia, la teologia e le arti, un po’ di illuminismo (non
troppo) e che non ricompaia
mai la passata disponibilità a
farsi braccio armato di avventure nate nella furbizia e morte nella tragedia.
(♦) Analoga opinione è stata
espressa sul n. 4/2001 del settimanale Der Spiegel da W. Bartoszewski, storico e ministro degli
Esteri polacco.
Federico Guglielmo, re di Prussia
L'ultimo film di Nanni Moretti
L'esperienza del dolore
e la scoperta dei limiti
ALBERTO CORSANI
Quando, vent’anni fa,
partecipavo alle manifestazioni pacifista nell’epoca
dei missili da installarsi a Comiso, un versetto di riferimento per gli evangelici italiani, in corteo con i fazzoletti
viola, era quello del Salmo
44: «Poiché non è nel mio arco che io confido, e non è la
mia spada che mi salverà».
Per il salmista, per il credente, in Dio solo è la vittoria, e
quindi la salvezza. Fuori
dall’immagine poetica e storica del salmo, resta in ogni
tempo e in ogni luogo l’importanza di dare un limite alle proprie risorse, di accettare come giusto questo limite,
di saper confidare in qualcosa che viene da fuori di noi.
Sono pensieri che vengono
spontanei alla visione dell’ultimo film di Nanni Moretti*.
Lo psicoanalista Giovanni
Sormonti, interpretato dal regista stesso, con la moglie e i
due figli, vive un’esistenza
come quella di molti: intellettuali lui e lei, ma spiritosi
entrambi: scanzonati ma generosi i figli. La quotidianità
del lavoro, che lo mette a
confronto con le sofferenze
di uomini e donne in crisi,
sembra offrirci un’immagine
di serio professionista, umano e comprensivo, ma pur
sempre ingessato in un ruolo
che presuppone una certa
maschera di distacco nei
confronti degli altri. Quando
il dramma scoppia all’interno della famiglia (il figlio
muore per un incidente subacqueo), la professionalità,
la capacità di tranquillizzare
gli altri, e anche solo quella di
ascoltarli vanno in crisi. Va in
crisi la spigliatezza della moglie, e così la dolce e forse
prematura saggezza della figlia, adolescente fino a quel
momento «con la testa sul
collo», che durante una partita di basket scatena una rissa,
con conseguente sua squalifica dal campionato.
Esplodono, come hanno rilevato in tanti, le contraddizioni: di fronte al dolore estremo, anziché aiutarsi a vicenda, si rischia di finire tutti
contro tutti. E proprio qui il
film rivela la propria qualità
morale. Moraìe, non moralistica. Perché mostra senza
indulgenze uno spaccato di
vita, senza dare giudizi sulle
persone: ne mostra gli slanci
e i muri, più o meno fittizi,
che ognuno costruisce per
proteggere le proprie sicurezze. C’è in particolare un’attenzione al rapporto fra le
due diverse generazioni (e
quanto attuale sia il problema lo dimostra, in maniera
tragica, la cronaca nera): una
al culmine delle aspettative
(professionali, sociali, anche
personali: il mestiere, l’agiatezza, la famiglie e anche lo
sport fanno parte dell’armamentario di Sermonti per sopravvivere), l’altra, quella dei
figli, nel periodo degli slanci
ideali e delle disillusioni.
Come è lecito aspettarsi,
non sempre il dialogo è facile,
così come non è facile, anzi è
ostico, con i pazienti. A tratti
si deve parlare di vera e propria incapacità comunicativa,
e questo è un dato reale. Ma,
a differenza di quanto avveniva nel cinema dei primi Anni
60, da Bergman a Antonioni, il
disagio comunicativo non è
vissuto come una condanna,
un valore dirimente su cui investire tutta la vita, un discrimine su cui si va avanti o si
cade. Moretti considera questa difficoltà come una delle
difficoltà della vita, e ha ragione. Qualcosa nelle nostre
relazioni con gli altri rimane
inespresso? E sia. Fa parte dei
limiti degli uomini e delle
donne. Uomini e donne che
non avessero di questi limiti
non sarebbero su questa terra. È presuntuoso e magari
anche blasfemo pretendere di
avere la chiave assoluta per
risolvere appieno tutte le incomprensioni. Come cantava
un cantautore belga, «gli uomini e le donne sono dei capolavori in pericolo». L’accettazione del limite non è una
sconfitta: è, per Moretti, una
forma di umanesimo. Per il
credente, abbiamo detto, è la
consapevolezza che altrove
sta la verità.
Infatti, senza anticipare
troppo circa la conclusione
del film, sarà proprio un fattore «esterno» che consentirà
di ritrovare non la serenità
(impossibile nella circostanza del lutto estremo, quale è
la perdita di un figlio), ma almeno la solidarietà familiare.
Un fattore esterno determinato, e questo è ancora più
morale, dalla capacità di accettare la felicità degli altri: e
che cosa c’è di più difficile
nel momento di un dolore
così intollerabile?
11 film è dunque disperato e
disperante nel suo svolgersi,
ma non incarna una visone
negativa dell’esistenza; è fiducioso, anzi, nella capacità
umana di dare un senso alle
nostre azioni e alla nostra
quotidianità; lo dice senza
esasperare i toni, senza aggiungere dramma al dramma
raccontato (questo sì, peraltro, impietoso). Moretti fa incarnare la propria riflessione
su una struttura narrativa lineare, nonostante i suoi pensieri ogni tanto si materializzino in situazioni immaginate; articola i propri pensieri in
un racconto coeso e consequenziale alla portata di ogni
sensibilità, dove la commozione non ottunde il ragionamento. E permette di sperare.
(*) La stanza del figlio, regia di
Nanni Moretti; con Nanni Moretti, Laura Morante, Silvio Orlando.
6
PAG. 6 RIFORMA
• ' ^‘ Continua un dibattito che coinvolge anche i vari istituti scolastici evangelici
No ai finanziamenti alla scuola privata
Nonostante le argomentazioni a favore espresse su questo giornale da Elio Canale, occorre
dire un no incondizionato ai vari provvedimenti già varati o in corso di preparazione
NICOLA PANTALEO*
HO letto con l’attenzione
che merita la riflessione
del preside del Liceo di Torre
Pellice, Elio Canale, su questo
tema [Riforma del 23 febbraio, pag. 6) perché proviene
da un addetto ai lavori, onesto e competente, e perché riflette un’opinione più diffusa
di quanto non si pensi anche
in ambienti evangelici. E delle
due cose non si può non tenere conto. Rimango tuttavia
dell’idea che occorre dire un
no inequivoco e incondizionato ai provvedimenti già varati e a quelli certamente in
cantiere a favore degli istituti
scolastici non statali. E proverò ad argomentare in cinque «tesi» la mia posizione, in
parte a ridosso delle ragioni di
segno opposto addotte dal
fratello Canale.
1) Si potrebbe sempre, in linea di principio, invocare la
visione separatista che storicamente ha caratterizzato i
rapporti delle nostre chiese
con lo stato e le sue istituzioni, sia pure con qualche isolato strappo come è accaduto
su questioni delicate e controverse quali la previdenza
estesa ai pastori, lo status speciale di alcuni enti ecclesiastici, incluse forme di esenzione
fiscale, le quote dell’8 per mille e la stessa politica delle Intese. Ma appellarsi a tale argomentazione potrebbe legittimamente apparire come un
arroccamento su vecchi e
astratti ideologismi che non
riescono più a misurarsi con
le esigenze della modernità.
Lasciamola dunque da parte.
2) La singolarità del problema dei finanziamenti alle
scuole private, rispetto agli altri citati «sconfinamenti» nella
sfera dell’intervento statale
consiste nella particolare
temperie politico-culturale
che la circonda e nelle attese
molto più forti che ha provocato nella pubblica opinione
rispetto alle risposte che sono
state date. Dire che è anche
una questione di «immagine»
potrebbe sembrare riduttivo e
prestarsi a interpretazioni
fuorviami. Meglio è allora
parlare di «messaggio». Cedere su questo punto, sia pure
con tutte le ottime ragioni di
bilancio da pareggiare e di
concorrenza da fronteggiare,
potrebbe per lungo tempo
compromettere un’identità
laica conquistata con merito e
mantenuta con grandi sacrifici, della quale ci viene peraltro dato atto in ogni occasione e che costituisce una parte
consistente di quell’alternatività alla mentalità cattolica
che ci viene riconosciuta da
molti. Ma anche qui mi rendo
conto di potere prestare il
fianco a un sospetto di purismo idealistico.
platea delle scuole cattoliche,
di quelle create dalla Confindustria nell’ultimo quinquennio in particolare e di
quelle, sia pure meno numerose, istituite da privati con
mero scopo di profitto, con la
stessa mentalità, per intenderci, di chi apre una scuola
di danza, un gabinetto di
estetica o un supermercato.
li risvolto politico
3) Vediamo allora quale è il
risvolto più propriamente
«politico» della posta in gioco. Non sono evidentemente
in discussione i casi rari, pur
se significativi, di scuole costruite con sacrificio da minoranze religiose o etniche e
che spesso costituiscono un
modello di pluralismo culturale .e innovazione pedagogica, come è giustamente sottolineato dal fratello Canale a
proposito del Liceo di Torre
Pellice, ma si può dire altrettanto delle scuole materne ed
elementari di Portici, Palermo o di Riesi, terra mafiosa
sfidata da Tullio Vinay.
L’aspetto più inquietante
della legge 62 approvata dal
Parlamento l’anno scorso è
invece rappresentato dalle
attese e pretese della grande
Un ghiotto boccone
È davvero una battaglia di
libertà, di difesa di identità
minoritarie contro la macchina livellatrice e le smanie dispotiche di uno stato accentratoro e prevaricatore quella
che si combatte sul terreno
della parità scolastica? A me
non pare proprio. Come ben
dicevano Lami e Mauceri nel
numero citato di Riforma, su
questo ghiotto boccone si sono gettati famelicarnente sia i
cattolici di tutti gli schieramenti, pur se con diverse accentuazioni e motivazioni, in
obbedienza all’alto monito
del Vaticano, sia le destre sia
ancora i leghisti esattamente
con le motivazioni della salvaguardia di un presunto «legame con realtà e interessi
locali». Ne deriva così un attacco concentrico alla laicità
della politica statale (chiesa e
organizzazioni cattoliche), ai
valori egualitari e antifascisti
della Costituzione (le destre)
e allo stato nazionale (la Lega). Come non comprendere
quanto sia pericoloso per lo
stesso avvenire democratico
del nostro paese un disegno
di questa natura? Qui le Regioni e gli enti locali di varia
ispirazione politica hanno attinto un forte terreno di autonomia programmatica, ma in
alcuni casi hanno legiferato
in modo discutibile, accarezzando illusioni separatiste
non del tutto lontane dalla
Ipotesi secessionista di Bossi
e dei suoi. Il «modello lombardo» di Formigoni ha fatto
rapidamente proseliti.
In effetti, con il pretesto dei
buoni scuola per tutti, una
formula ipocrita che cela il
proposito mai sopito di aprire varchi sempre più grandi
alle iniziative dei suoi amici
della Compagnia delle Opere,
longa manus di Comunione e
Liberazione, su cui peraltro
sta indagando la magistratura, e dei suoi grandi elettori
_ confindustriali, i finanziamenti alle private hanno raggiunto proporzioni impensabili, rovesciando il rapporto
originario di maggiore sostegno per l’istituzione pubblica
a vantaggio dell’iniziativa
privata, in funzione non tanto di posizioni ideali, sempre
rispettabili, quanto di più
concreti calcoli di potere. La
legge 62, punto di equilibrio
tra posizioni divaricate, ha
dunque tutta l’aria di proporsi come un cavallo di Troia
per ben altre espugnazioni
dell’ordinamento scolastico
pubblico. Si può ben immaginare quali sviluppi ulteriori
e probabilmente incontrollabili si potrebbero determinare, specialmente all’indomani di un diverso assetto governativo. Questo discorso è
frutto di pessimismo radicale
o una forzatura propagandistica? Si vorrebbe sperarlo
ma siamo sicuri che le cose
non stanno così?
Libere scelte
e agevolazioni economiche
4) La scelta della scuola è
diritto inalienabile delle famiglie e nessuno, credo, lo mette in discussione, pur se vi è
da dire che le motivazioni
della scelta delle private non
sono sempre nobili e «culturali» (orari più convenienti.
omogeneità sociale, inesistenza del diritto di sciopero e
di manifestazione, servizi e
prestazioni più efficienti,
niente dibattiti e burocrazia
scolastica ecc.) e non sempre
sono al primo posto le esigenze formative dei figli. Nell’immaginario comune, però, la
scuola privata è, a torto o ragione, una scuola di élite e,
pur con le debite eccezioni,
ciò sembra in larga misura
corrispondere alla realtà. Da
qui l’idea che si è fatta strada
nei sostenitori della parità di
«aprirla» anche a chi della élite non fa parte perché non ha
le necessarie risorse economiche. Sarebbe dunque una
rivendicazione di egualitarismo nelle opportunità, una
questione di democrazia sostanziale. Libera scelta deve,
in questa ottica, concretizzarsi in agevolazioni economiche per i non abbienti.
È un ragionamento che
sembra non fare una grinza,
anche perché evoca altro
(ben altro, per la verità) tipo
di uguali opportunità, quelle
del lavoro. Però nella scuola
le cose stanno diversamente.
Solo una scuola che nasce
per così dire «interclassista»,
nel senso che è statutariamente pluralista e aperta a
ogni contributo, che ha la
forza di riformarsi profondamente, come sta avvenendo
sia pure tra mille contraddizioni, può rispondere alle più
autentiche esigenze di una
formazione libera e democratica. Le opinioni degli insegnanti e l’influenza che essi esercitano sulle giovani
menti sono «rischi» che si
corrono dovunque la libertà
di insegnamento è garantita.
Ma per evitare ogni eccesso
ci sono le rappresentanze dei
genitori e degli studenti, gliorgani collegiali, luoghi pubblici di dibattito dove è possibile far valere le piroprie ragioni. Ciò non è possibile nelle scuole di tendenza, dove
peraltro il controllo sull’insegnamento è ovviamente esercitato dall’alto: e non credo
che un adeguamento agli or
dinamenti della scuola statale, pur postulato dalla legge
sulla parità, basti a modificare sostanzialmente le cose.
La laicità della scuola
5) Infine la laicità. Considerare il persistente deficit di
laicità nella scuola statale,
per la presenza e la possibilità di ulteriore espansione,
come effetto della riforma
dei cicli, dell’insegnamento
della religione cattolica, come una ragione per mettere
in discussione il suo intero
progetto educativo mi pare,
per la verità, un po’ azzardato. Non credo che gli auspicati rigorosi controlli sugli
standard formativi delle
scuole parificate siano una
garanzia sufficiente a evitare
l’indottrinamento cattolico
(o confindustriale) che ha
mille modi di essere perpetrato e molta più libertà di
dispiegarsi, anche perché in
gran parte desiderato dai genitori. Oggi sull’ora di religione e sulle varie forme di
culto, contrabbandate come
complementi formativi, è ancora possibile sviluppare
battaglie e lavorare, assieme
a molti cattolici democratici
che dissentono da esse, in direzione di un insegnamento
non confessionale e non
ideologico.
Questa transizione può
passare, anche se non necessariamente, per una revisione
del Concordato. Ma intanto
ciò non mette in questione la
Costituzione, anzi ne rafforza
quei principi di libertà e
eguaglianza che ne sono il
fondamento. Altra cosa è
spingere sulla parità scolastica. La mia preoccupazione è
che una vittoria degli integralisti cattolici, fuori e dentro il
Vaticano, sul terreno dei finanziamenti alle private rischia di compromettere anche la sopravvivenza di quei
pochi spazi laici che ci sono
rimasti. E sono certo che nessuno di noi lo desidera.
DALLA PRIMA PAGINA
La sporca guerra algerina
* vicepresidente
dell’«Associazione 31 ottobre,
per una scuola laica e pluralista»
ma che negli ultimi due anni
il numero medio di morti è
stato di circa 200 persone
Ogni mese. Denuncia inoltre
le esecuzioni sommarie compiute dalle forze armate e
dalle milizie e le «scomparse»
(oltre 5.000 accertate dall’organizzazione ma probabilmente molte di più), che non
manca di ricordare quella dei
«desaparecidos» nel Cile e
nell’Argentina degli Anni 70.
No airimpunità
Il documento è molto severo nei confronti della legge di
amnistia voluta da Bouteflika.
Essa infatti ha significato l’estensione dell’impunità anche a membri dei gruppi islamici colpevoli di gravissimi
violazioni dei diritti umani.
Non è possibile, afferma Amnesty International, parlare di
riconciliazione nazionale finché si continua a sottovalutare la centralità dei diritti umani e finché non sarà instaurato un effettivo stato di diritto.
A questo riguardo, il libro
La sale guerre assume una notevole importanza anche per
la lunga prefazione di Ferdinando Imposimato, l’ex magistrato italiano noto per le sue
inchieste sul terrorismo e sulla mafia di casa nostra. Ritenendo plausibile la testimonianza dell’autore del libro,
Imposimato denuncia l’uso
politico che l’élite politicomilitare ed economica ha fatto del terrorismo islamico,
non per difendere lo stato di
diritto, inesistente dopo il golpe militare del gennaio 1992
che pose fine al processo elettorale vinto dalle forze islamiche nel dicembre 1991, bensì
per mantenere il proprio potere. Contrariamente a quello
che non si è verificato in Italia
durante gli «anni di piombo»,
in Algeria l’intreccio occulto
tra potere politico, potere
economico, servizi segreti e
alcuni ambienti islamici e
mafiosi, ha portato al successo di quello che in Italia venne chiamata la «strategia della
tensione». Nell’attuazione di
questa strategia, una parte del
potere militare, quella dei cosiddetti «sradicatori», sostenitori cioè della lotta a oltranza
contro il terrorismo islamico,
non ha esitato a ricorrere a un
controterrorismo che non so
Un'opportunità di «adozione a distanza»
Aiutare bambini e bambine del mondo
ALBERTO TACCIA
Molte famiglie e molti
membri delle chiese
evangeliche italiane ricorderanno con riconoscenza quei
contributi regolari inviati, nel
periodo del dopoguerra, da
famiglie svizzere, denominati «Pattinati svizzeri». Lo scopo era rivolto soprattutto al
sostegno di bambini, bambine, ragazzi e ragazze al fine
di contribuire alle spese scolastiche o ad altre necessità
familiari. L’aspetto positivo
di questi «pattinati», oltre
all’aiuto finanziario consisteva nelle relazioni dirette che
si stabilivano tra le famiglie
per mezzo di rapporti epistolari o, in parecchi casi, in visite reciproche per una più diretta e personale conoscenza.
Reach Italia
A tutti coloro, sia tra i beneficiari dei pattinati svizzeri sia
tra altri che desiderano impegnarsi, è data la possibilità di
compiere un’azione di solidarietà rivolgendola a favore di
famiglie e di bambini che oggi
si trovano in grave situazione
di indigenza nei paesi sottosviluppati. L’Associazione
Reach Italia [Render effective
Aid to Children, rendere effettivo l’aiuto ai bambini) è sorta
in Italia nel 1988 collegata alla
Chiesa evangelica awentista,
al fine di compiere, anche nel
nostro paese, un importante
servizio di intermediazione
per rendere effettive azioni di
«adozione a distanza» a favore di bambini, sia che si trovino in famiglia sia che siano
accolti in orfanotrofi a causa
di situazioni di abbandono o
solitudine. Le zone di intervento sono essenzialmente il
Congo e il Niger.
Il bambino adottato continua a vivere nel proprio villaggio e, grazie al contributo
del suo tutore, riceve assistenza medica, vestiti, attenzione e una alimentazione
corretta. Ha la possibilità di
essere iscritto a una scuola,
ricevere libri e quaderni, imparare a leggere e scrivere
nella sua lingua o in francese,
seguito da insegnanti locali al
fine di conservare la sua cultura originaria. Ogni bambino potrà imparare un mestiere o una professione che gli
permetterà di inserirsi nella
vita sociale del suo paese.
Aiuterà chi viene dopo di lui
a raggiungere un livello maggiore di autonomia e una situazione alimentare meno
precaria, contribuendo allo
sviluppo e a un futuro migliore per il suo paese.
Chi desidera orientarsi verso questo servizio si metta in
contatto con Reach Italia, via
Aquileia 6, 20092 Cinisello
Balsamo, tei. 02-66040062. Riceverà, in dettaglio, tutte le
informazioni necessarie. Gli
sarà richiesto un contributo
di £ 30.000 mensili (detraibile
dalle tasse) e gli sarà trasmessa la «Carta,personale» del
bambino con tutti i dati necessari alla sua conoscenza e
per corrispondere con lui.
lo usa gli stessi metodi vioW
ti del nemico ma anche qui
che usarono i militari fi-^, *
tra il ’54 e il ’62, ossia esea
zioni sommarie, detenzioM
arbitrarie, la tortura, malto
tamenti di ogni genere.
Ora, scrive Imposimato
l’opinione pubblica interna!
zinnale non è più disposta,
tollerare i crimini contro IV
manità né ad ammettere ràj!
punirà per quelli compiuti»
passato, come in America la.
tina. Per questo sono stati
creati i tribunali penali intet,
nazionali per il Ruanda e p®
l’ex Jugoslavia, per questo ntl
luglio del 1998, a Roma, 135
stati hanno approvato lo statuto della futura Corte pena
internazionale (Cpi), chepu
diventare operativa devi
aspettare che 60 stati ratificli.
no la convenzione chela
adottato lo statuto. Finora
l’hanno fatto solo 27 stati,
quali l’Algeria!
:Coi
giovo
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rione di
turali», è
rio cheh
nadal22
Illiitoini
Serv
toti (S
ne delle (
ItriialFc
conlaFr
Che fare?
La questione algerina è stata segnata finora dalla sost®.
ziale indifferenza della conunità internazionale e in partìcolare dell’Europa che
sempre ad allinearsi sulle pòsizioni francesi, implicitamente favorevoli all’oligarchia militare ed economi,
ca che ha sequestrato il potere politico. Che fare allora!
Istituire un tribunale interro
zinnale speciale, come peri
Ruanda e l’ex Jugoslavia,
attesa che la Cpi diventi ope
rativa? Una petizione pubMcata dal giornale Le Monde'ii
febbraio scorso chiede all'
Onu di istituire una comnrissione d’inchiesta internazionale, mentre Amnesty International chiede che sia il g0‘
verno algerino a creare uni
commissione d’inchiesta ili
dipendente e imparziale. Se
condo Imposimato, l’Unioni
europea dovrebbe «condizionare i suoi aiuti all’Algeria al
rispetto dei diritti umani nella
lotta antiterrorista»
Purtroppo, riconosce Imposimato, l’assegnazione ai
Algeri, nel gennaio 2001
un aiuto di 8 milioni di euro
nell’ambito della cooperazione internazionale per la Iota
antiterrorista, non ha previsto nulla di simile. Eppure,
sostiene l’ex magistrato, rUt
può e deve esigere daH’attuale governo algerino che i suo
futuri aiuti «siano condizionati all’invio di una comrtuasione internazionale apolitica di esperti super partes
caricati di stabilire i fatti sulle
violazioni dei diritti umanie
sui loro autori, chiunque ess
siano». E conclude affermaudo che non si tratterebbe
nessun modo di una “inge
renza”, bensì di un dovere^
solidarietà con le vittime». 0
auguriamo che questo appo*'
lo venga appoggiato dal g®’
verno italiano che, qualuti'
que esso sia, ha una precisi
responsabilità nella defiW’
zione della politica meditef
ranea dell’Unione europeaJean Jacques PeyronH
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tarlo d
UNIONE CRISTIANA EVANGELICA BAHISTA D'ITALft
L’Ente patrimoniale dell’Unione
cristiana evangelica battista d’Italia
con sede in Roma, piazza S. Lorenzo in Lucina 33
ricerca:
due addetti/e (personale ausiliario)
da coliocare part-time presso la Casa di riposo «Villa Graziai"
ma» di Avigliana (To) via Umberto I n. 8, con inquadramenW
nel contratto nazionale Uneba.
Si prega di inviare domanda con attestato e curriculum detti
ìrogran
riilessio
so labo
fonti di
Con «
del disc
sfiato all’Ente patrimoniale dell’UCEBI, piazza San Lorenzo '
Lucina 35, 0Ò186 Roma (tei. 06/6876124-6872261; fa*
06/6876185; e-mail: ucebit@tin.it) entro il 20 aprile 2001La sraduatoria dei candidati/e verrà fissata da una comn'l*’
sione esaminatrice.
Costituisce titolo preferenziale la conoscenza dell’ambiente*
delle chiese evangeliche in Italia.
Per informazioni rivolgersi all’Ente, agli indirizzi indicati
il
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Seminario in Albania del Servizio rifugiati e migranti della Fcei con la Fgei e l'Ics
Partecipazione e democrazia
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MARZO 2001
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Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA
l'obiettivo è stato quello di incoraggiare i giovani operatori dei Centri di aggregazione
giovanile della rete Ics a essere protagonisti della ricostruzione della società civile albanese
EVA PAGLIA
ORNELLA SBAFFI
Partecipazione democratica alla rlsolu
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done di problemi socio-culturii». è il titolo dei seminario che ha avuto luogo a Vaiola dal 23 al 25 febbraio 2001.
Ijèniinario, che ha visto la
ecipazione di circa 22
ne, è stato organizzato
Servizio rifugiati e minuti (Srm) della Federaziole delle chiese evangeliche in
¡(dia (Fcei), in collaborazione
con la Federazione giovanile
jp0ngelica italiana (Fgei) e
con il Consorzio italiano di
gilidarietà (Ics). Questo iniontro, indirizzato ai giovani
operatori dei centri di aggregazione per i giovani della rete Ics in Albania, nell’ambito
del progetto «Reconciliation
byeducation Albania 2001», è
llprimo del tre «workshop»
Jseriti nel progetto, che è
pto pensato quale prosecudone dei progetti preceden|mente attuati dalla Fcei in
e Kosovo.
-^l’obiettivo dei seminari è
pello di incoraggiare i giovapLoperatori a essere attorifetagonisti delia costruzione
Ma propria società civile,
[Ostante il contesto, qual è
^Uo albanese, di fragile crepolltica, sociale e culturale. Nel corso di questo pritocontro sono stati realizzati momenti di riflessione ina Patos Lubonja, un appzzato scrittore e giornaliitaalbanese tra i più impegnati nella crescita sociale e
Ciiturale del proprio paese.
Icentri giovanili, 11 in tutta
Mbania, sono stati creati
dall’Ics e da associazioni
jtembro in un momento delicato della società civile albanese. Sono stati avviati nel
1998 con l’obiettivo di creare
dei luoghi di aggregazione, di
ftnnazione e di espressione
per i giovani, ma anche luoSÌti di impegno sociale e culturale nel rispetto dell’identità culturale albanese. Con
la collaborazione di due rapI* psentanti della Fgei, Massimo Gnone e Silvia Blaszczyk,
«con il contributo del segretario della stessa, Sandro
^anu, è stato elaborato un
Pgramma tale da favorire la
Hessione comune attraverso laboratori pratici e conftonti diretti.
Con «Radio-raccontiamoci»
ilséminario è entrato nel vivo
del discorso sin dalla prima
giornata, con un’attività ludica e nello stesso tempo impegnativa dal punto di vista cognitivo, di sintesi delle informazioni e anche emotivo-affettivo. I giovani operatori
hanno ideato un ipotetico notiziario radiofonico in cui raccontare la propria città, il proprio Centro giovanile e la propria nazione nell’arco di soli
cinque minuti. Ogni operatore ha avuto poi il suo momento di registrazione radiofonica
in cui ha espresso le proprie
capacità di sintesi delle informazioni acquisite negli anni
di operatività .dei Centri. Non
sono mancati momenti di pura ironia verso i protagonisti
della scena politica e criminale locale e le tante contraddizioni che li caratterizzano.
Al termine della registrazione sono stati riascoltati
tutti i notiziari; ne sono risultati diversi spunti di discussione sulla personale visione
della realtà sociale, politica e
culturale, sul modo di viverla
e sul proprio contributo a un
suo sviluppo e cambiamento.
I giovani partecipanti hanno
dimostrato di saper essere i
protagonisti principali dei
positivi cambiaménti delle
realtà locali raccontati nei
notiziari radiofonici. I Centri
giovanili sono stati presentati
come le rare realtà locali in
cui i giovani sentono di essere presi in considerazione e
come un polo di attrazione
importante in cui trovare lo
spazio e i mezzi per esprimere le proprie idee e capacità.
La seconda giornata di lavoro ha visto come protagonista lo scrittore e giornalista
Patos Lubonja, che ha espresso il suo pensiero critico rispetto alla società civile albanese e ha stimolato il confronto e il dibattito con i giovani. Lubonja sostiene che in
La Foresteria valdese di Torre Pellice
organizza per l’estate 2001 dei
soggiorni per famiglie
e persone singole
nelle seguenti date;
dal 1° al 15 luglio 2001
dai 21 loglio al 4 agosto 200
ilal S al 20 agosto 2001
^®trà data precedenza alle famiglie evangeliche ed agli ospiti
®^ituali degli anni precedenti.
le famiglie con bambini sono previsti prezzi agevolati,
informazioni supplementari telefonare al n. 0121piSOl, nei giorni feriali dalle 8.30 alle 12.
‘ri prenotare scrivere, inviare un fax o una E-mail a:
C.S.D.- Foresteria valdese di Torre Pellice
via Arnaud 34 - 10066 Torre Pellice (TO)
fax (39) 0121 950049
E-mail: foresteria@tpellice.it
Al di fuori delle date sopra indicate verrà data ospitalità
*riondo le disponibilità; precisiamo che, come da statuto, siario tenuti a privilegiare nella nostra programmazione le attività
rrilesiastiche ed i gruppi provenienti dalle chiese evangeliche
girane e straniere.
Albania non vi è la cultura del
dialogo, del confronto su basi
democratiche forti, ne risulta
dunque il bisogno di costruirla, per una società civile che
nasca dai bisogni interni reali
piuttosto che dall’imposizione di un modello politico e
culturale straniero.
Lo spirito di volontariato,
di attenzione al bene comune, di condivisione delle idealità, di impegno, che contraddistingue generalmente la società civile come tale, non sono ancora vissuti in Albania
come modo per rispondere,
con forza e partecipazione ai
tanti problemi sociali. Continua a mancare il senso della
comunità dimostrato dalla
scarsa comunicazione tra le
associazioni è dalla diffidenza
che ancora accompagna la
maggior parte delle azioni dal
valore sociale, culturale e politico. Nel suo intervento, Lubonja ha fatto riferimento al
ruolo dei giovani nella società
civile, tentando una definizione provocatoria con una
frase dello scrittore Konica;
«Non ci sono giovani, ci sono
alcuni nati prima, altri nati
dopo». Solo con la destrutturazione del clan e del regime
dittatoriale di Enver Hoxha, si
è iniziato a prendere in considerazione una nuova categoria di persone, i giovani appunto, e a definirli corrie interlocutori con cui avviare un
dialogo costruttivo. I giovani
stessi sono in fase di costru
zione della propria identità
come tali e, come attori primari nella propria società,
necessitano di più tempo per
riuscire a essere quella voce
distinta che possa contribuire
concretamente al cambiamento del paese.
«Costruiamo la nostra società civile» è stato il secondo
laboratorio. I ragazzi, utilizzando un enorme poster rappresentante un edificio rinascimentale hanno dato vita
alla rappresentazione di una
società civile secondo la propria visione reale e ideale. Ha
fatto seguito un vivace dibattito dai toni convinti ed energici. Nella giornata finale, Fatos Luborija ha tratto alcune
conclusioni e insieme ci si è
soffermati a riflettere sull’elaborazione di possibili «progetti» che potessero rispondere ai bisogni rilevati nelle
proprie realtà locale.
Tali progetti dovrebbero
essere elaborati e realizzati
nell’arco dei tre mesi che separano dal prossimo incontro formativo, previsto dal
progetto nel mese di giugno.
Quest’ultima fase non è stata
colta, in realtà, come occasiona per condividere una
programmazione costruttiva,
le idee sono state poche e abbastanza povere nei contenuti. I ragazzi hanno chiesto
più tempo per riflettere. Il
«workshop» si è infine concluso con un importante momento valutativo da parte dei
partecipanti. Questa prima
occasione di incontro e riflessione è stata colta dai partecipanti come un momento di
formazione e di crescita nella
definizione comune del proprio ruolo e delle possibili
azioni di cambiamento all’interno della realtà sociale, politica e culturale in cui vivono
e lavorano. È stato inoltre
molto apprezzato, come momento prezioso di confronto,
l’incontro con una parte di
quella generazione degli
adulti, rappresentata dallo
scrittore e giornalista Patos
Lubonja, desiderosa di conoscere i giovani e le loro idee.
Ili Unione validese ó\ Ginevra
Giornata comunitaria
per il XVII Febbraio
Domenica 25 febbraio i vaidesi di Ginevra si sono riuniti
nella cattedrale di Saint-Pierre
per un culto con la comunità
locale celebrato dai pastori
Henry Babel e Claudio Pasquet. La giornata è poi proseguita cori il tradizionale pranzo in una sala del municipio.
Il pastore Pasquet ha raccontato il suo viaggio a Valdese (Usa), paragonando le
chiese d'Italia a quelle del
Nuovo mondo. Jacques Picot
ha evocato un episodio del
villaggio di Waldensberg
(Germania), paese gemellato
* All'Asilo dei vecchi di San Germano
Un Centro diurno
per persone anziane
Casa Materna dì Portici
ricerca per selezioni
laureato/a
discipline umanistiche, Scienze politiche, Economia e
Commercio, max. 35 anni, con precedente esperienza, minimo triennale, nel mondo scolastico o sociale,
per lo direzione dello propria Scuola materno ed elementare parificato.
Inviare dettagliato curriculum entro il 15 aprile
2001 o; Casa Materna, corso Garibaldi 235,
80055 Portici (Na).
Novità in vista all’Asilo di
San Germano Chisone; dal 23
aprile si aprirà un Centro
diurno, per ospitare in forma
semiresidenziale persone anziane, che sarà articolato in
due sezioni. La prima è destinata ad anziani parzialmente
autosufficienti e non autosufficienti, ai quali saranno offerte prestazioni assistenziali,
sanitarie, riabilitative e di
animazione con piena fruibilità di spazi e attrezzature comuni, Alcuni dei posti disponibili saranno convenzionati
con l’Asl di Pinerolo. La seconda sezione invece è prevista per anziani autosufficienti. Ne potranno usufruire
quanti desiderano trascorrere parte della giornata in un
Centro con la possibilità di
prendere un pasto predisposto con cura e di vivere in un
ambiente confortevole che
offre,occasioni di svago e socializzazione.
Il Centro funzionerà dal lunedì al venerdì (esclusi i giorni festivi) dalie 9 dei mattino
alle 16,30 del pomeriggio e la
sua apertura fa parte di un
programma articolato (iniziato già nel gennaio 2000
con l’avvio di un servizio domiciliare in collaborazione
con i servizi sociali dell’Asl)
con il quale si intende riqualificare in parte la Casa di riposo, offrendo servizi diversificati a sostegno degli anziani
e delle loro famiglie e tentare
di dare una risposta alle numerose domande del territorio. Oltre al Centro diurno integrato si pensa infatti di av
viare quanto prima anche
una forma dì ricovero temporaneo e un servizio di accoglienza notturna.
Per l’avvio del servizio
diurno l’Asilo ha, fra l’altro,
acquistato un pulmino attrezzato anche per carrozzine, con il quale, quando necessario, provvedere al trasporto degli anziani. Per gii
anziani residenti nei Comuni
della bassa vai Chisone il trasporto sarà a carico dell'Asilo. Quanti sono interessati a
un posto convenzionato devono presentare domanda al
servizio sociale della Comunità montana valli Chisone e
Germanasca, oppure direttamente al servizio sociale dell’Asl di Pinerolo. Per i posti
non convenzionati e per avere maggiori informazioni circa il funzionamento e le rette
ci si può rivolgere direttamente alla direzione del. l’Asilo (tei. 0121-58855). Nei
mesi passati è stato distribuito in valle un volantino illustrativo; dalle risposte già
pervenute e da quelle che ancora giungeranno sarà possibile stabilire una lista di priorità e predisporre i tempi dei
vari inserimenti.
Non v’è dubbio che se il
progetto incontrerà una accoglienza favorevole si compirà un ulteriore piccolo passo avanti nella direzione di
una vita più vivibile per il no’stro territorio e l’Asilo diventerà (come è giusto che sia)
sempre di più un punto di incontro, di scambio, di dialogo per molti.
L'Asilo di San Germano
con Bobbio Pellice, che celebra quest’anno il tricentenario dell’arrivo del primo pastore (Jean Roman). 11 pastore Babel ha portato un messaggio da parte della parrocchia di St.-Pierre Fusterie. Infine Olivier Cairus, presidente dell’Unione valdese, ha
donato un ricordo a due
membri che lasciano il Comitato dopo lunghi anni di lavoro. L’assemblea ha molto
apprezzato la giornata e ha
salutato la presenza di una
sorella valdese di Losanna e
di tre nuovi membri, (o.c.)
U Dai bollettini óeWe chiese
In costruzione la chiesa
ortodossa russa in Roma
La comunità, voce della
comunità valdese di piazza
Cavour di Roma, informa che
sabato 13 gennaio sono iniziati i lavori per la costruzione della prima chiesa ortodossa russa, che sostituirà la
piccola cappella di via Palestro; finora unico luogo di
culto ortodosso nella capitale. La decisione è stata presa
dal Patriarcato di Mosca dopo che il papa aveva rifiutato,
alcuni anni fa, la donazione
della chiesetta di San Basilio
agli Orti sallustiani. La nuova
chiesa sorgerà all’interno di
villa Abamelek, residenza
dell’ambasciatore russo, che
si trova accanto a villa Boria
Pamphili; in posizione dominante, si fa notare non senza
compiacimento, rispetto alla
basilica di San Pietro.
Diaspora evangelica, bollettino delle chiese evangeliche di Firenze, ripercorre
brevemente le tappe della
formulazione, da parte della
Commissione sinodale per la
!
diaconia, di una «carta della
diaconia», documento considerato necessario a indicare
e a ricordare alle chiese le
motivazioni e le finalità fondamentali di un servizio che
la Commissione stessa, nell’introduzione, rammenta essere ispirato all’insegnamento e all’esempio di Gesù Cristo. I punti fondamentali della vocazione diaconale vengono riconosciuti neH’impegno a combattere ogni sistema politico o economico che
si fondi sull’esclusione e sulla
discriminazione; nella lotta
allo scoraggiamento, che è
sempre in agguato di fronte
ai problemi e alle difficoltà;
nel proposito di assicurare la
trasmissione delle culture,
dei valori, della promozione
delle persone; nell’impegno
infine a portare sollievo nelle
situazioni di sofferenza psichica, fisica e morale. Concetti non nuovi, ma che giova
rimeditare.
(a cura di Susanna Corda)
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clauaiana
via Principa Tommaso, 1 -10125 TORINO
Tal. 011-6689804 ■ Fa» 6504394 ^ittp;//www.claudlana.lt
8
PAG. 8 RIFORMA
5S5« Vita
venerdì 23 marzo
Nel sito Internet anche un gioco sul Glorioso Rimpatrio
Per effettuare una visita interattiva
sui luoghi storici della storia valdese
Si arricchisce il sito Internet
del Comitato luoghi storici
valdesi, curato da Daniele
Gardiol, che può essere visitato all’indirizzo www.geocities.com/luoghistorici e che è
stato dotato anche di una versione in inglese. Vi si trovano
numerose «visite interattive»
che riguardano per ora: la
Balsiglia, la Ghieisa d’ia tana,
il Coulege di Barba, Chanforan, Sibaud, Rocchamaneut,
la Gianavella, il Vallone degli
invincibili, il colle Lazará, il
tumpi Saquet. Sono in preparazione (in parte già disponibili) le visite guidate ai luoghi
legati alla difesa di Rorà durante le persecuzioni delle Pasque Piemontesi, che videro
protagonista Gianavello insieme a un pugno di compagni,
e inoltre la visita al museoscuola degli Odin-Bertot.
Il sito permette anche di
vedere una serie di itinerari
periodicamente guidati per
una visita ragionata ai luoghi
storici: da Lione all’Europa (i
luoghi del valdismo medioevale), Chanforan e la Riforma
La Gianavella superiore
(disegno Marco Rostan)
protestante («nulla sia più
forte della vostra fede»), i luoghi della sofferenza, il doloroso esilio e il Glorioso Rimpatrio. Anche la serie completa
dei templi delle valli valdesi,
disegnati da Marco Rostan, è
visibile sul sito, mentre per i
più piccoli è disponibile il
gioco (scaricabile via rete) del
Glorioso Rimpatrio.
Sono inoltre disponibili file
sonori e documentazione legata ai luoghi storici. Il sito
viene periodicamente aggiornato con nuove pagine e nuove visite. Per ulteriori informazioni ci si può rivolgere a
Daniele Gardiol, Osservatorio
astronomico di Torino, str.
Osservatorio 20, 10025 Pino
Torinese (Italia), tei. 0118101954, fax 011-8101930, email: gardiol@to.astro.it
Animazione musicale alla comunità battista di Livorno
A confronto con il nuovo Innario
SHANTI HACEN
Dal 2 al 4 febbraio scorso
si è svolto presso i locali
della comunità battista di Livorno, in via Cesare Battisti,
un seminario con gli animatori musicali dell’Unione
battista Carlo Leila e Marta
D’Auria. L’incontro, organizzato dall’Associazione delle
chiese evangeliche battiste
della Toscana, si è incentrato
sul ruolo della musica nella
liturgia e nella testimonianza
evangelica. Oltre ai membri
della nostra comunità, hanno partecipato venerdì sera e
sabato pomeriggio anche alcuni fratelli e sorelle delle
chiese battiste di Livorno via
Vecchio Lazzaretto, di Pistoia
e della locale Chiesa valdese.
Partendo da una riflessione
sulla figura dell’animatore
musicale per la liturgia, Carlo
Leila ha fatto un breve excur
sus sulla storia dell’innologia
partendo dal corale fino ad
arrivare alla nuova innologia,
di cui molti canti provenienti
dall’ecumene internazionale
sono riportati nella nuova
pubblicazione «Cantate al Signore», curata dal Grume
(Gruppo musica evangelica)
della Fcei. Lo scopo di questa
prima parte teorica è stato
quello di far conoscere le nostre radici, il nostro patrimonio culturale in campo musicale che non vanno abbandonate ma conosciute per poter
costruire un «ponte» con la
nuova innologia. Il secondo
momento del seminario si è
basato principalmente sulla
presentazione del nuovo Innario cristiano, pubblicato recentemente dalla Claudiana,
e sui cambiamenti avvenuti
nel passaggio dagli innari del
1922, del 1969 fino all’ultimo.
È stato poi riservato un mo
mento all’apprendimento di
alcuni canoni e nuovi inni,
accompagnati da alcuni strumenti musicali della tradizione africana e latinoamericana
a noi poco conosciuti. Si è
creata una bella atmosfera di
allegria e di entusiasmo. Il
momento conclusivo del seminario è stato poi il culto
domenicale, in cui naturalmente la musica ha avuto
una parte rilevante e dove abbiamo messo in pratica tutto
ciò che avevamo appreso. È
stato un incontro breve, ma
di grande fratellanza e calore
per la comunità che è rimasta
entusiasta. La visita di Carlo e
Marta e il lavoro svolto insieme a loro ci hanno ricordato
che la musica e il canto sono
momenti di predicazione e
testimonianza dell’amore di
Dio. A noi il compito di rispondere a questa vocazione
nella città di Livorno.
È scomparso a Torino un ecumenista concreto
Don Perotto e la via verso l'unità
ANNA GONTIER
CI ha lasciati Luigi Perotto:
un uomo che ha saputo
coniugare intelligenza e bontà
straordinarie. L’ho conosciuto
circa trent’anni fa, un giovane
sacerdote che mi aveva subito
colpito per la sua grande capacità di ascolto, di tenerezza,
di acutezza intellettuale. La
sua attenzione si è sempre
prevalentemente rivolta alle
situazioni delle persone più
umili, quelle che di solito non
contano soprattutto di fronte
ai così detti benpensanti, rischiando spesso anche la sua
buona reputazione. È stato
accanto a noi un uomo vivo e
vitalizzante, e le sue parole a
commento dei testi biblici, di
cui costantemente si nutriva,
aprivano scenari nuovi, inesplorati e coraggiosi, rivelan
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do aspirazioni lontane dal
pensiero comune. Era consapevole di non essere spesso
compreso e guardato perciò
con sospetto da superiori,
confratelli e da tutti coloro
che faticavano a pensare e a
sperare forme inedite di vita.
Soffriva in silenzio.
Nei dodici anni e mezzo in
cui si è ritrovato a convivere
con una malattia fortemente
invalidante, ha dovuto il più
delle volte fare i conti con un
contesto per niente preparato e quindi inadeguato alle
sue esigenze. Ha superato
grazie alla sua grande tenacia
e fede i grandi momenti di
sconforto da cui è riuscito
sorprendentemente a riemergere con una carica vitale
esplosiva. In questi ultimi anni viaggiava instancabilmente: riteneva doveroso portare
i suoi interventi riguardanti
soprattutto la realtà dei movimenti ecumenici.
Luigi ha tanto desiderato
che tutti fossimo «uniti» e lo
faceva nel suo piccolo cercando di mettere in contatto
tra loro tutte le persone che
conosceva, stimava e amava
profondamente, qualunque
fosse la loro tradizione religiosa. Ci ha lasciati così, con
una grande voglia di vivere.
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di comunicare vita, di parteciparla. La sua dipartita è un
grande dolore per noi che viviamo nella speranza che
l’interruzione riguardi solo il
modo di essere con lui e non
la realtà. Con Carlo Molari ripeto: «Se noi non portiamo a
compimento il dono che abbiamo ricevuto, rendiamo
vano l’amore che lo ha alimentato. Se invece lo facciamo rifiorire in forme nuove
di fraternità, di servizio, di
amore, cioè di vita, diamo un
senso nuovo all’esistenza che
ce lo ha offerto». L’impegno
in questa direzione è ora
l’unico vero grazie che possiamo dire al nostro grande
amico e fratello Luigi e a Colui che ce l’ha donato.
Mottola
Giornata
mondiale
di preghiera
VIRGINIA MARIANI
Giovedì 1° marzo, per il
sesto anno consecutivo,
la comunità battista ha condiviso la Giornata mondiale
di preghiera ecumenica con
le sorelle e i fratelli cattolici. Il
tema portante della celebrazione è stato «Una preghiera
consapevole conduce all’azione...» e tutto il programma, preparato dalle sorelle
delle isole Samoa, si è svolto
all’insegna dell’accoglienza
reciproca e del ringraziamento al Signore. La liturgia, condotta da Julia Yablokova, ha
visto la partecipazione di numerose sorelle e l’awicendarsi nei momenti di meditazione di don Antonio Schena,
sul libro e la figura di Ester, e
poi di Elisa Spada sull’episodio dell’incontro di Gesù con
la donna cananea così (Matteo 15,21-28), ■>
Alla fine è stata effettuata
una colletta che quest’anno
sarà devoluta alla Croce Rossa delle isole Samoa. Come è
stato sottolineato dalle testimonianze iniziali sulla storia
mondiale e sulla storia locale
della Giornata mondiale di
preghiera ecumenica rincontro, nato come la Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani dalla sensibilità femminile nel 1812 e diffusosi in Italia dagli Anni 50-60, è un importante momento di informazione, condivisione e di
preghiera-di intercessione per
quei paesi e per quelle donne
che di volta in volta preparano la liturgia, preghiera che
poi si traduce nell’atto concreto della colletta e al quale
deve seguire di necessità l’individuale conduzione di un
nuovo e diverso stile di vita.
Negli anni, sia a livello mondiale che a livello locale, è stata percorsa molta strada ma,
così come anche denunciato
dall’inaugurazione del «Decennio contro la violenza»,
molti altri passi ancora bisognerà fare, e fare insieme, affinché i deboli della società,
soprattutto donne e bambini,
trovino giustizia, riconoscimento e pace.
G Roma
Missionari
metodisti
SIMONPIETRO MARCHESE
Dal 24 febbraio al 1° marzo presso la Domus Mariae a Roma si è svolto un
«Ritiro in preparazione della
quaresima» a cui hanno partecipato 130 fra missionari e
cappellani militari metodisti
del General Board of Global
Ministries che operano in
Europa, Nord Africa, Medio
Oriente e nelle regioni del
Sud dell’Asia. La serata del 26
febbraio è stata dedicata in
modo specifico alla presentazione delle chiese evangeliche italiane. Sono intervenuti
Valdo Benecchi per le chiese
metodiste: Gianna Urizio
della rubrica televisiva Protestantesimo; Luca Maria Negro, segretario esecutivo della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia; Annemarie Dupré del Servizio rifugiati e migranti della Fcei;
Thomas Noffke per le chiese
valdesi: Italo Benedetti per le
chiese battiste; Terry Finseth
per la rivista Confronti.
Il gruppo Fgei ha presieduto il culto offrendo una meditazione sulla parabola dei
«lavoratori delle diverse ore».
AGENDA
23 marzo
CINISELLO BALSAMO (Mi) — Alle ore 21, al Centro Jacopo
Lombardini, inizia un ciclo di incontri di studio biblico su)
tema «Viaggio fra le leggi sociali dell’antico Israele». Argo,
mento del primo incontro «L’immigrato e lo straniero».
24 marzo
PADOVA — Alle ore 16, alla chiesa metodista (corso Milano
6), il dott. Damiano Canale parla su «Etica e globalizzazione».
25 marzo
IVREA — TUle 15,30, al Castello di Albiano, si tiene un incontro sul tema dell’ecclesiologia a cui intervengono il past.
Gregorio Plescan, il teologo cattolico Piero Maglioli e il padre
ortodosso Giorgio Vasilescu. Modera Emmanuele Paschetto.
ROMA — A partire dalle 10,30, all’istituto Taylor (via delle
Spighe 8), si tiene la festa delle scuole domenicali. Per informazioni S. Marchese, tei. 06-86328335 - 0339-5011218.
MESTRE (Ve) — A partire dalle 9,30, alla casa Cardinale Urbani (v. Castellana 16/a), il Sae organizza il convegno del Triveneto sul tema «La chiesa: realtà attuale e prospettive future». Intervengono i proff. Angelo Pellegrini e Paolo Ricca.
TORINO —Alle 17,30, nel tempio di corso Vittorio, per «Musica e preghiera», l’organista Walter Gatti esegue musiche di J,
Speth, S. Marckfelner, C. P. E. Bach, D. Buxtehude, M. Sawa.
26 marzo
TRIESTE — Alle ore 18, alla chiesa di San Marco evangelista
(strada Fiume 181), il Gruppo ecumenico organizza una
conferenza del prof. Stefano Romanello sul tema «Lettera ai
Romani: cristiani ed ebrei».
TORINO — Alle ore 21, all’Unione culturale (v. Cesare Battisti 4b), per il ciclo di incontri su laicità e democrazia. Franco
Pizzetti, Rossana Rossanda, Pietro Rossi e Gian Enrico Rusconi discutono il tema «Laicità dello stato democratico e
pluralità delle culture».
MANTOVA — Alle 21, alla sala Isabella d’Este (v. Romano 13),
il prof. C. Di Sante parla sul tema «Lo straniero nella Bibbia»,
ROMA — Alle ore 17, all’Associazione Amicizia ebraico-cristiana (via Calamatta 38), Paolo Naso parla sul tema «Protestantesimo e fondamentalismi del XX secolo».
27 marzo
'■Ö
BOLOGNA — Alle 20,45, alla chiesa metodista (v. Venezian
3), per il ciclo di incontri sulla lettera agli Ebrei, lon Rimboi
parla sul tema «Lo Spirito Santo nell’ortodossia».
28 marzo
ROIMA — Alle ore 16,15, alla chiesa metodista (v. Firenze 38),
il prof. Daniele Garrone parla sul tema «Dire la salvezza alle
donne e agli uomini del nostro tempo; la speranza».
ROMA — Alle ore 20,30, nella sala valdese di via Marianna
Dionigi 59, Simonpietro Marchese parla sul tema «Crisi dell’identità maschile come progetto di liberazione».
29 marzo
SARONNO (Va) —Alle ore 21, nell’Aula consiliare della
scuola «Aldo Moro», l’Associazione culturale protestante organizza un incontro sul tema «Libere chiese in libero stato:
pensiero laico e democrazia oggi», relatori il pastore Eric
Noffke e lo storico Stefano Levi della Torre.
30 marzo
MILANO — Alle 15, all’Università Statale (via Festa del Perdono 7, aula 113), per iniziativa del Centro culturale protestante, si tiene una conferenza sul tema «Filippo Melantone,
umanista e riformatore» a cui partecipano i proff. Anna Morisi Guerra, Fiorella De Michelis e Mario Miegge. Presiede il
prof. Attilio Agnoletto.
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RIESI — Al Servizio cristiano si svolgono i festeggiamento
per i 40 anni dell’opera. 11 29, alle 18,30, concerto dell’ensemble vocale «Freedom Sounds» di Catania; il 30, ore 18,
proiezione del film «Riesi. Alcune impressioni» di Arnaldo
Panasela e a seguire incontro con Jean-Jacques Peyronel,
Giuseppe Platone, Eliana Briante e Paolo Naso; il sabato a
partire dalle 9,30, giornata sul tema «L’impegno sociale a
Riesi», con Giuseppe Miccichè, Salvatore Cardinale (min.
Poste), Gianni Gente, Michele Figurelli, Marco Jourdan.
Gruppi di lavoro su «Diaconia oggi. Come? Perché?», «Diaconia e scuole», «Meccanica srl.»; «Uliva srl.»; «Sicilia oggi. Problemi e chances». In serata Assemblea degli Amici. La domenica alle 9,30, nella chiesa valdese (via Farad 63), mostra fotografica «Celebrazione di Riesi» e festa delle corali. Alle H
culto in piazza presieduto dai pastori Eliana Briante e Ulrich
Eckert con predicazione del pastore Gianni Gente. Dopo il
pranzo al Servizio cristiano, incontro con Piera Egidi.
30marzo- T
aprile
VELLETRI — Al Centro Ecumene si tiene un week-end di ricerca sul tema «La progettualità di Ecumene nel movimento
evangelico», è in seguito l’Assemblea degli Amici di Ecumene e il Comitato generale del Centro. Informazioni allo 069633310, fax 06-9633947; e-mail: ecumene@allnet.it
Le segnalazioni devono giungere con 15 giorni di antieijm.
TELEVISIONE
Protestantesimo
Dì) Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Fceli
trasmessa a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente alle ore 24 circa e alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 1“ aprile, ore 23,50 circa, andrà in onda.
«Filippo Melantone, riformatore suo malgrado. Biografia del
grande umanista del ’500». La replica sarà trasmessa lunedi
2 aprile alle ore 24 e lunedì 9 aprile alle 9,30 circa.
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MINISTRATORI NELLA «SICCITÀ»
ICome Giuseppe in Esitto, siamo chiamati a darci da fare per una Fsei forte
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a Fgei è debole, ma non è in crisi. L’ho già scritto e lo ripeto volentieri. La storia di Giuseppe raccontata dal capitolo 37 al capitolo
50 della Genesi e quella di Abraamo narrata dal capitolo 12 al 22
dello stesso libro della Bibbia hanno
da dire molte cose alla Fgei.
La Fgei si trova nella condizione di
¡Giuseppe che deve dire al Faraone
che il suo sogno è un incubo. Anche
noi, in questi due anni e mezzo abbiamo dovuto dirci che è la Fgei ha i
,caratteri dell’incubo. Come in quello
di Faraone, anche il nostro incubo
racconta la siccità dei nostri gruppi,
la pochezza dei nostri numeri e delle
nostre forze. Ma non basta. Così come Giuseppe, ci è chiesto di non lasciare Faraone nella sua angoscia,
ma anzi di farci amministratori della
siccità che si abbatte sull’Egitto.
Chi ci ha preceduto nella Fgei ha
saputo mettere a frutto l’abbondanza donando a noi ragioni e metodi
per sostenere il lavoro della Federazione, ora tocca a noi gestire il tempo della siccità.
Giuseppe è stato un sognatore e
per i suoi sogni è stato cacciato dai
•fratelli e spacciato per morto agli occhi del padre. In Egitto egli ha smesso di sognare ed è diventato un abile
Imministratore, tanto che le cose alle quali mette mano portano molto
frutto. Chissà se la ricchezza dei suoi
sogni è diventata l’abbondanza delle
cose che egli sa far fruttare?
Anche a noi oggi è chiesto di essere desti, di essere dei saggi am■Uìnistratori della Fgei. Essere intelligenti nel far sì che il gruppo locale
nel quale siamo abbia una vita ricna di iniziative e di relazioni profon*le, essere saggi nel far sì che la
^gei non venga smontata e che
possa essere una componente vivane e stimolante delle nostre chiese.
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Come Giuseppe, fare cose concrete, sollecitare maggiori iscrizioni alla Fgei, un numero di gruppi più
grande ed attivo.
Di più. Essere di più è la grande
promessa che Dio ha rivolto ad
Abramo. Una promessa così bella
che ha addirittura allungato il suo
nome in Abraamo, quasi a dire che
il padre di molte persone aveva bisogno di un nome più lungo.
La promessa di essere di più è rivolta anche oggi alla Fgei. Vera per
Abraamo è vera anche per noi, perché riconosciamo in essa la ragione
di quanto ci muove, la ragione per
la quale spendiamo il nostro tempo
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' CoNqRESSo ^eì: 17'16 ApRÌU
PER ¡NfoRMAzioNi E ìscrìzìonì: SancIro SpANu, teI 02-6599605
il PROGRAMMA A pAq. 4 <
' PRECONqREsso SìcìIìa: 8 APrUe
(Sara Crasso, teI. 0M9-8082850)
PRECONqRESSO PuqliA: 51 MARIOLI® aprìIe
___ (ManueIa Lops, teI. 0885-4851 78; 0885/500944)
e le nostre energie per la Fgei.
Perché viviamo questa promessa,
oggi noi possiamo denunciare la
nostra debolezza alla quale tuttavia
non corrisponde una crisi, uno
smarrimento degli obiettivi.
Alcuni sono già emersi dai pre
congressi e ritengo utile indicarli in
vista del XIV Congresso.
Ciò che siamo, le azioni che, promuoviamo, le relazioni che stringiamo sono determinate dalla promessa di essere di più. Il nostro rapporto con Dio è ciò che muove la Fgei.
È secondario che esso abbia la forma della ricerca, dell’irrequieta domanda, o dell’affermazione; anzitutto esso dà ragione del nostro impegno nella Fgei, Qual è lo stato di
questa relazione?
Rispondere alla promessa che saremo moltiplicati come la sabbia
del mare significa uscire dall’alternativa tra essere di più o essere
polverizzati, perché possiamo impegnarci ad essere di più in un
cammino di aperturà e collaborazione con altri soggetti, gruppi, movimenti che sono disponibili a fare
un pezzo di strada con noi. Su questa strada è interessante che la Fgei
si confronti - anche criticamente con i soggetti presenti a Porto Alegre e con gruppi e federazioni connotate da una ricerca di fede, come
ad esempio l’Clgei (Clnione giovanile ebraica italiana), con cui abbia
mo già dei contatti.
In questo cammino ha molta importanza diventare con maggior determinazione una Federazione di
persone che vengono da paesi diversi. L’accoglienza e la presenza
nella Fgei di fratelli e sorelle che
vengono da altri paesi è la sfida da
giocare rispondendo alle promesse
di moltiplicazione. Far sì che i nostri
gruppi siano sempre più fatti di persone provenienti da molti paesi
cambia la Fgei e le chiede di interrogarsi sulle ragioni che determinano
dolorose migrazioni e sradicamenti.
Queste sono alcune indicazioni
soltanto. La Fgei sta tra l’incubo della siccità e la promessa di moltiplicazione. II XIV Congresso della Fgei
è l’opportunità per scegliere di uscire
dalla terra secca dell’incubo di Faraone e camminare in direzione delle
promesse di Dio che ci sono rivolte.
Perché questo avvenga è urgente
che ciascuno di noi, ciascuna di noi
si dia da fare. Darsi da fare affinché
la Fgei non sia più in crisi né debole.
Sandro Spanu.
n° 2
marzo
2001
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LA PAURA DELLA SCIMMIA DELL’IGNOTO
Il preconsresso del Nord-Ovest a Villar Perosa a febbraio
Il titolo di questo articolo prende
spunto da una frase che ramico
Paolo Censi ha pronunciato in fase di
valutazione: «Non lasciamoci prendere
dalla scimmia dell’ignoto!». Ora è molto
difficile imbarcarsi in tentativi di interpretazione di un simile concetto, ma la
sostanza del discorso invitava a tenere
duro, prendeva atto della situazione di
crisi della Fgei ed esortava ad andare
(se ho capito bene) verso un’altra fase,
senza arenarsi nella paranoia, nella
paura del futuro o peggio ancora, nella
«scimmia dell’ignoto».
«Poche persone» erano presenti a
questo pre-congresso; una trentina circa (compresa la staff il cuoco e l’aiutocuoco) ma tutte determinate e con una
gran voglia di esserci.
La mattina del 24 dopo una notte
passata nelle camere della foresteria
valdese di Villar Perosa, è iniziata la
prima parte di questo incontro un po’
pre-congresso e un po’ campo-formazione. Cln «testolinguaggio» e un fotolinguaggio ci hanno portato nel mondo
del « se mi vedo in un gruppo mi vedo
così...»: dopodiché la nostra strada di
mattoni gialli ci ha fatto affacciare sulla «mia vita attraverso un gruppo...» e
la mattinata si è conclusa con la rete o
«ragnatela» dei gruppi di cui siamo stati parte. In sostanza, nel corso della
mattinata è stata proposta (e qui uso
le parole di Sandro Spanu) una «autobiografia di gruppo». Partendo da
esperienze vissute, abbiamo cercato di
capire il nostro cammino come persone appartenenti ad un gruppo. Nei pomeriggio invece siamo passati a confrontarci sul «qui ed ora» sul o sui
gruppi di cui attualmente facciamo
parte, su ciò che pensiamo adesso
della nostra vita di gruppo. Nella giornata di domenica ci siamo misurati
ancora su questi temi, ma cominciando a parlare espressamente della
F.g.e.i., dei suoi difetti delle sue mancanze, delle cose che ci piacevano e di
come l’avremmo voluta.
Resto convinto che si è dipinto un affresco interessante delle nostre esperienze collettive e del loro modo di influire
sul livello soggettivo. Ci siamo scoperti/e fragili e al tempo stesso determinati/e, ci siamo trovati/e ad essere meno
folli ma un po’ più liberi/e da schematismi manichei, ci siamo detti disposti/e a
partecipare al confronto delle idee ma
non alla guerra fra ideologie.
Per quanto riguarda la F.g.e.i., le
critiche sono state franche . Ne è venuta fuori l’immagine di una federazione debole, ma non in crisi profonda.
Le idee e le persone per intraprendere
un nuovo cammino mi è sembrato che
ci fossero. È stato proposto di ridiscutere il «chi siamo» ripartendo dal locale
e dal quotidiano, in modo da dare una
struttura, dei compiti, degli obbiettivi
chiari e concreti alla federazione. 11 lavoro su fede e politica è stato giudicato come una delle attività più importanti e più riuscite. In questo ambito è
utile continuare ad approfondire a raschiare a sperimentare, a mettersi in
discussione cercando di contaminare
e farsi contaminare da altre persone o
altri soggetti sociali. È stato inoltre
proposto di ricominciare a battere il
sentiero della differenza di genere, con
altri contenuti ed altre modalità rispetto al passato. Mi sembra insomma,
che ci siano scenari per ricominciare,
in pochi/e o in tanti/e, a tessere un filo
che può essere importante per le chiese, forse anche per la società italiana,
ma soprattutto per le donne e per gli
uomini che, pur facendo parte di quella generazione che come dice Erri De
Luca «non si è fatta compagna di se
•81
stessa», ritengono ancora fondarnei
le confrontarsi, parlarsi, accarezza^
litigare, fare l’amore, presentare tuo,
zioni, combattere per un orientanrient)
o per un altro, dentro una struttura
un’esperienza collettiva, dentro
qualcosa che chi ha avuto a che fai,
con la filosofia chiamerebbe un «noi»,
Me ne sono andato dal pre-congrej,
so con la sensazione fortissima di av®
incontrato persone interessanti , inte|
genti, sensibili. Sono consapevole die
può sembrare una banalità, ma spato
di rivederle presto e soprattutto di noi
rimanere mai succube della «scirtitni)
dell’ignoto».
Un’ultima cosa: solo da un anno
mezzo frequento la F.g.e.i. e potrei ava
scritto cose trite e ritrite, di questo
scuso con tutti.
Maurizio Bartol'm
IL CONFLITTO
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Dal preconsresso del Centro a Santa Severa
urante il fine settimana del 24-25
febbraio si è tenuto a S. Severa il
precongresso Fgei Centro. E importante
sottolineare la numerosa presenza della
realtà romana accompagnata da un’esile partecipazione napoletana.
Prima di affrontare l’aspetto relativo
alla preparazione al Congresso, ci siamo soffermati sul tema del conflitto. Abbiamo visto come un conflitto possa essere simmetrico o asimmetrico, cioè come possa riguardare persone o gruppi
posti su uno stesso livello, con pari possibilità oppure posti in una gerarchia
particolare che implica già in partenza
lo svantaggio di una delle parti. Esistono varie tipologie di conflitto come an
che vari modi di risoluzione di esso. Con
un’animazione che presentava una dinamica di gruppo di tipo conflittuale abbiamo provato ad analizzare la situazione e a risolvere i problemi proponendo
diversi modi di procedere. L’adattabilità
della situazione proposta (una situazione di conflitto in un gruppo giovanile di
una chiesa evangelica) ha fatto sì che
tutti, chi più e che meno, si sentissero
chiamati in causa e si impegnassero per
la risoluzione del conflitto facendo riferimento alle proprie esperienze passate
ed attuali. È stato anche uno spunto per
riflettere sulle proprie realtà di gruppo e
sui problemi ad essa collegati.
Per passare alla parte relativa al con
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di lei.
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DAL LABORATORIO POLITICO
Eia biblioteca della Facoltà valdese
di Teologia a ospitare la riunione
romana del Laboratorio politico Fgei
nel fine settimana del 10 e 11 marzo.
Lina riunione allargata, e molto affollata, che ha visto la partecipazione di
Alberto Castagnola, rappresentante
della Rete di Lilliput. 1 Cantieri Sociali,
quelli del mensile Carta, purtroppo latitano, anche se invitati.
Poco importa: Castagnola ha tempo
e modo di ben soffermarsi sull’urgenza
e la necessità di impegnarsi, mettendosi in rete per un obiettivo comune: denunciare le contraddizioni e le mancanze dell’attuale sistema economico (nulla di nuovo, fra l’altro), che costano
quotidianamente milioni di vite, e discutere delle proposte alternative al
modello neoliberista. Più o meno quanto si cerca di fare con la costituzione di
associazioni, o associazioni di associazioni, come Rete di Lilliput e Attac, oppure in sedi più «globali»: un esempio
per tutti, il Forum sociale di Porto Allegre in Brasile. Sindacati, commercio
equo e solidale, comunità religiose,
partiti, singole e singoli... Il movimento
è frammentato, ha le sue differenze irriducibili, ma il tentativo esiste e occorre
prenderlo in considerazione. Prossimo
appuntamento, anche per le chiese,
sarà il controvertice di Genova a inizio
estate (fra i promotori anche la Rete di
Lilliput), organizzato parallelamente alla prossima seduta del G8 nella città ligure. Questioni aperte che si potranno
e si dovranno discutere in sede di Congresso Fgei, durante il quale saranno
disponibili materiale e documentazione
preparati dal Laboratorio.
gresso abbiamo ricostruito una mappi
degli incontri principali organizzati durante l’ultimo mandato, provando a valutai!
il nostro grado di coinvolgimento e parta
cipazione nei principali appuntamenf
della Fgei di questi ultimi due anni
mezzo. Abbiamo quindi provato ad ana
lizzare la situazione passata, presente
futura della Fgeil, concretizzando il tut
in delle proposte per il prossimo mandato. Ci siamo concentrati su molti aspeti
della vita della Federazione, ma su
punti in particolare abbiamo fatto proposte concrete in vista del Congresso.
In primo luogo, il precongresso Centro ha espresso la volontà di approfondire il tema che ruota intorno al processo Essere chiesa insieme - che ci è parso un aspetto fondamentale della vita
delle chiese -, con una attenzione particolare agli aspetti teologici e spiritual
che nascono dall’incontro con i fratellia
le sorelle straniere: la proposta del pr«'
congresso è dunque che il prossimo
Campo studi nazionale della Fgei si occupi di questo tema.
In secondo luogo, il precongresso iti
mostrato particolare attenzione al Do
cennio per sconfiggere la violenza, lati'
ciato quest’anno dal Consiglio ecumeni'
co delle chiese. Sappiamo che la Fedi'
razione delle chiese è già attiva in qo®
sto ambito, ma vorremmo che anche I
Fgei trovasse le forme e i modi per inst
rirsi concretamente nel dibattito. In ps'
ticolare, la questione della violenza con
tro le donne e della «tratta» costituisci
un aspetto su cui si vorrebbe lavorai,
possibilmente intrecciando contatti od
il progetto «Ruth» (sulla tratta e la proi
tuzione) già avviato dal Servizio rifugi*
e migranti Fcei. Al Congresso si porto'
una proposta specifica in questo senso
Giada La Fata, Lula n*
e ne
cerca
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do Redazione Riforma
via Pio V, 15 10125 Torino
tei. 011-655278
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GIOVANI E ANZIANI
Il culto Fgei a Susa (Torino) lo scorso 11 marzo
¡0 esorto dunque gli anziani che sono fra voi, io che sono anziano con loro e testimone delie sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe della gloria che ha da esser
manifestata: / Pascete il gregge di Dio che è fra voi, non forzatamente, ma uoienterosamente secondo Dio; non per un vii guadagno, ma di buon animo; / e non come
signoreggiando quelli che ui son toccati in sorte, ma essendo gli esempi del gregge.
/E quando sarà apparito il sommo Pastore, otterrete la corona della gloria che non
appassisce. / Parimente, voi più giovani, siate soggetti agli anziani. E tutti
rivestitevi d’umiltà, gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia
agli umili. / Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché Egli vi innalzi a
suo tempo; /gettando su lui ogni vostra sollecitudine, perch’Egli ha cura di voi. / Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno a guisa di leon ruggente,
cercando chi possa divorare. / Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze si compiono nella vostra fratellanza sparsa per il mondo.
I Pietro 5:1-9
[ elle ultime due settimane si è parlato molto di dialogo e di difficoltà di
rapporto tra generazioni diverse, tra giovani e adulti. L’evento di cronaca che
ha scatenato queste discussioni è tristemente noto a tutti: è la tragedia di Novi
Ligure: sembra che una ragazza e il suo
giovane fidanzato abbiano ucciso con ripetute coltellate la madre e il fratellino
di lei. Fatti del genere non possono non
sconvolgere e lasciare senza parole, anche se poi di parole ne sono state dette
e ne saranno dette tante, troppe; si ricerca il commento degli amici dei colpevoli, dei professori, degli psicologi, alla ricerca di un motivo, uno solo, che
possa spiegare quanto è avvenuto.
La caccia ai responsabili indiretti
verte, come sempre, su famiglia e
scuola: a chi spetta il compito di educare? Di dialogare con i giovani per capire cosa pensano, quali difficoltà hanno? Agli adulti che li circondano, e
quindi in prima istanza ai genitori e agli
insegnanti: pascete il gregge di Dio che
è fra voi... volonterosamente... non come signoreggiando... ma essendo gli
esempi del gregge dice Pietro agli anziani della comunità, e la comunità a
cui si riferisce non è una comunità specifica, il suo è un messaggio universale, rivolto a tutte le comunità, perché il
rapporto giovani-anziani è da sempre e
ovunque un rapporto problematico.
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UNA CHIESA «IN BLUES
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La sera del 24 febbraio è fredda, nevica, eppure la chiesa valdese di Pinerolo è aperta.
La serata è di quelle speciali, tre ragazzi della facoltà valdese di teologia
(Michel Charbonnier, Stefano D’Amore
e Alessandro Esposito) hanno organizzato un concerto; le indiscrezioni giunte
da Roma, dove hanno già suonato, ci
dicono che i concertisti sono di qualità!
Poco dopo le ore 21 il concerto ha
inizio: un presentatore d’eccezione.
Paolo Morlacchetti, introduce il gruppo
«The Keys». Sono bastate poche note
per capire che le voci arrivate da Roma
erano vere, così è partito il primo applauso di un pubblico numeroso ed
eterogeneo per età.
Un repertorio musicale di tutto rispetto: brani degli anni ‘60-’70 di cantanti come Crosby, Young e Nash, scusate se è poco!
E stata una serata davvero piacevole, ma ciò che ha dato un sapore particolare all’iniziativa è lo scopo del concerto: raccogliere fondi per il progetto
«Famiglia Multietnica» sostenuto dalla
Cisv, una associazione di volontariato
internazionale, che in Brasile, a Teofilo
Otoni, si propone di sostenere, attraverso diverse iniziative integrate tra loro, i soggetti più deboli; barnbini, giovani a cui viene insegnato un mestiere,
ragazze madri, giovani senza famiglia.
Se qualche sfortunato che non ha
potuto ascoltare della buona musica
volesse comunque contribuire all’iniziativa, non si stracci le vesti!
È possibile contattare la Cisv attraverso E-Mail (cisv@arpnet.it) o consultare il sito internet all’indirizzo
http://www.arpnet.it/cisv
Le offerte possono essere versate sul
Conto corrente postale n. 26032102
intestato a:
CISV- Corso Chieri 121/6- -10132
TORINO
indicando nella causale;
PFM Teofilo Otoni.
Per la buona musica, invece, non resta che attendere il prossimo concerto
dei «The Keys»! e.p.
Da un lato ci sono gli anziani, con la
loro esperienza di vita e con il dovere di
educare i giovani: educare, tuttavia, significa non solo trasmettere conoscenze, ma anche insegnare a rispettare le
norme che regolano la convivenza sociale. Cosa deve caratterizzare però
l’atteggiamento degli adulti cristiani?
Pietro dice volenterosamente... secondo Dio: volenterosamente significa non
perché forzati, costretti, ma perché lo si
vuole fare, perché lo si considera importante, e di conseguenza impegnandosi a farlo bene, dedicandoci tempo ed
energie; secondo Dio è invece l’espressione che qualifica l’agire cristiano:
senza queste due parole, l’esortazione
di Pietro avrebbe potuto essere rivolta a
qualunque educatore o capo; al posto
di secondo Dio potrebbe esserci «secondo la legge», o «secondo il volere del
Re» e così via, invece Pietro dice secondo Dio, cioè secondo la Sua volontà, i
Suoi insegnamenti, che ha manifestati
al popolo d’Israele attraverso la Legge e
i Profeti e al popolo tutto attraverso
l’esempio e il sacrificio d’amore di Gesù
Cristo, Gesù che sapeva ascoltare e
amare senza giudicare.
'Subito dopo inizia l’esortazione ai
giovani, ed è un inizio duro, che può
suscitare immediatamente una reazione di chiusura, di rifiuto: siate soggetti
agli anziani. Che pretesa assurda! Si
parla tanto di giovani ribelli, che non
sanno più neanche ascoltare, figuriamoci ubbidire! E perché, poi? Essere
anziani non vuol necessariamente dire
essere saggi, e poi i tempi sono cambiati, sono cambiate abitudini ed esigenze, spesso gli anziani pretendono di
darci consigli senza capire qual è la
realtà in cui viviamo.
Viceversa gli anziani si lamentano
che «non ci sono più i giovani di una
volta, rispettosi e lavoratori»; i giovani
d’oggi trascinano gli studi, rimangono a
casa con mamma e papà fino a 40 anni, non si interessano di politica e sono
indifferenti a ciò che capita attorno a
loro.
Stereotipi inutili dall’una come
dall’altra parte.
Ho sentito in un’intervista una socioioga, a cui è stato chiesto quando si diventa maturi, rispondere che il concetto di maturità nasce'con l’affermarsi
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della borghesia, per spiegare (o giustificare?) il nuovo stile di vita di giovani
di condizione economica agiata, che
non hanno più bisogno di iniziare a lavorare fin da bambini, e che quindi si
responsabilizzano dopo. Certo è che la
difficoltà di dialogo non caratterizza solo i giovani immaturi, l’incapacità di
entrare in relazione con l’altro accomuna tutte le età e genera solitudine, quella solitudine che alcuni definiscono la
«malattia» del nostro tempo. E cosa
ostacola la comunicazione? Pietro ci
suggerisce che uno degli atteggiamenti
che limita le relazioni è la superbia, la
convinzione di essere migliori degli altri, allora ci ammonisce e si rivolge ad
ognuno dicendo: e tutti rivestitevi
d’umiltà: anziani e giovani siate umili;
non cercate di signoreggiare gli uni sugli altri; non agite per apparire, per essere osservati e applauditi; siete tutti
fratelli, tutti uguali innanzi a Dio; sarà
Lui ad alzarvi alla gloria, quando sarà il
tempo. Condannate e fuggite la superbia, perché Dio resiste ai superbi. Eppure è difficile non peccare di superbia,
è difficile non vantarsi di qualcosa che
ci è riuscito bene, ma nella superbia si
annida il diavolo. La similitudine con il
leone ruggente che si muove lentamente, con circospezione, ma pronto ad assalire con un balzo la preda rende molto bene l’idea. Quale mezzo di difesa
abbiamo, noi facili prede? L’umiltà di
riconoscere in ogni nostra azione che
ha successo la presenza di Dio, ma anche l’umiltà di accettare la nostra finitezza, i nostri limiti, perciò di rivolgerci
a Lui nei momenti di dolore, di tristezza
e delusione, perch’Egli ha cura di voi.
Dice Giacomo (4:7-8): sottomettetevi
dunque a Dio; ma resistete al diavolo,
ed egli fuggirà da voi. Appressatevi a
Dio, ed Egli si appresserà a voi.
Spesso però dimentichiamo che appressarci a Dio significa anche, e soprattutto, appressarci agli altri, avvicinarli, ascoltarli, renderci disponibili, e
per questo non ci sono limiti d’età, abbiamo tutti lo stesso dovere di testimoniare l’amore di Dio.
Domenica 25 febbraio, sempre sulla
scia del duplice omicidio di Novi Ligure, i telegiornali hanno riferito questo
messaggio del papa ai giovani (cito testualmente): «la Chiesa vi offre il dono
più prezioso: lo Spirito Santo per distinguere il bene dal male». Noi non
crediamo che lo Spirito Santo ci venga
dato dalla Chiesa, ma ci rivolgiamo a
Dio affinché con Esso ci illumini e ci
guidi nei nostri percorsi individuali e
comunitari.
Alberta Mozzato
Paolo Benvenuti
Gostanza da Libbiano
febbraio 2001, con Lucia Poli - Valentino Davanzali - Renzo Cercato
Siamo nel 1594, nel Granducato di Toscana: una contadina di sessantanni,
Gostanza, a causa della sua professione di guaritrice viene accusata dalle autorità
ecclesiastiche locali di stregoneria.
Molti giorni di estenuanti interrogatori e insopportabili «tiri di corda» fanno cedere la donna: Gostanza, piegata, cessa di proclamare la sua innocenza. Dalla sua
fantasia emergono delitti, pratiche magiche, voli notturni e viaggi nella città del
diavolo.
Gostanza ribalta la scena: ora è lei, con le sue confessioni sempre più esasperate, a tenere prigionieri gli inquisitori, raccontando loro ciò che vogliono sentirle
dire.
Il film è coinvolgente, la pellicola in bianco e nero rende la recitazione di Lucia
Poli ancora più suggestiva.
È un film poco pubblicizzato ma, a mio avviso, da non perdere!
Elia Piovano
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IL CONCRESSO,
QUESTO
SCONOSCIUTO!
9''®sso è Tambito in cui la Fgei si incontra e riunisce per valutarsi e
scegliere gli indirizzi del proprio lavoro e del proprio essere una rete
condivisa di giovani evangelici.
Gli strumenti di questo incontro sono il dialogo democratico e la discussione,
quindi l’approvazione mediante votazione.
11 congresso si riniusce normalmente ogni 30 mesi, cioè fra ogni durata di mandato del consiglio.
Al congresso vi sono, con voce deliberativa (cioè con facoltà di voto):
i segretari regionali o locali, i rappresentanti dei gruppi giovanili, i revisori, i
membri del consiglio uscente.
Per quanto riguarda i gruppi, essi possono inviare un delegato con facoltà di voto
ogni loro dieci membri di gruppo (ad esempio, ogni gruppo i cui membri siano meno di dieci avrà diritto ad Inviare un delegato con facoltà di voto; se il gruppo ha un
numero di componenti superiore a dieci potrà inviare due delegati con facoltà di voto, etc.).
I revisori sono eletti in numero di tre dal congresso con il compito di osservare e
valutare, durante i 30 mesi che intercorrono tra un congresso e l’altro, il ruolo e l’at
tività del consiglio e degli altri organi della federazione, oltre che la vita globale di
essa, alla luce degli indirizzi e delle mozioni prodotti dal congresso. In congresso essi presentano una relazione in cui sono riportate le conclusioni di tale attività ed
eventuali proposte. Questa relazione è oggetto di riflessione e confronto con quella
del presentata dal consiglio uscente.
II consiglio è composto da sette membri eletti dal congresso, il cui incarico dura
30 mesi. Essi non possono essere eletti più di quattro volte consecutivamente. 11
ruolo del consiglio consiste nell’eseguire le deliberazioni del congresso, amministrare i fondi della federazione.
Al congresso il consiglio uscente presenta un rapporto della propria attività in
forma di relazione.
11 congresso è inoltre costituito, con voce consultiva (quindi con facoltà di intervento ma non di voto):
dai direttori e rappresentanti della Fgei presso i centri giovanili, dai responsabili
presso i movimenti giovanili internazionali, dal rappresentante della Fgei alla Federazione delle Chiese (Fcei), da osservatori ed ospiti.
11 congresso, oltre ad esaminare e discutere le relazioni dei revisori e del consiglio
uscente, riflettere su tematiche specifiche, propone, tramite la presentazione e votazione di mozioni e documenti, indirizzi e mandati al consiglio e alla federazione.
Mozioni e documenti, così come le candidature, possono essere proposte da
chiunque partecipante al congresso.
11 congresso è inoltre un momento ricco di incontri, conoscenza, divertimento,
gioia.
(a cura di Paolo Montesanto)
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Venerdì 13 Sabato 14 Domenica 15 Lunedì 16
1 Mattina Mattina e Pomeriaaio Mattina
i Plenaria j Gruppi Tematici Plenaria
• Relazione Consiglio • Il mantello colorato della FCEI / F
• Relazione Revisori/e • Dio@mercato.globale
• Emigriamo ì C
Pomeriaaio Pomeriaaio • Scienza e fede Pomeriaaio \
Arrivi Plenaria • ...e io pago? Elezioni
• Chi ha paura della teologia ?
Laboratori • lo Tarzan, tu Jane: autorità e Culto finale
• Musica identità di genere
• Notiziario Partenze
• Conflitti Plenaria
• Formazione
• Liturgia •
Sera Sera Sera
Plenaria Intervento Recuperi
•Apertura XIV Congresso Concerto Festa con Grande Baratto 1
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REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15,10125 Torino (tei, 011/65520787; fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via f
LREDATTORI/TRICI: a Torino Anna Bottari, Massimo Gnone, Paolo Montesanto,Elia Piovano, Loredana Pecchia, Pietro Romeo, a Napoli Marta D u a ( ),
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Fascicolo interno a RIFORMA n. 12 del 23 marzo 2001. Reg. Trib. Pinerolo n. 176/1951. ResponsaSlte ai sensi di legge: Piera Edizioni Protestanti srl, viS
Fotocomposizione; AEG - Mondov). Stampa: La Ghisleriana - Mondovì.
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i/PMERDI 23 MARZO 2001
PAG. 9 RIFORMA
Tutte le cifre in sintesi della gestione pubblica relativa agli anni 1991-2000
Lo stato e il suo Otto per mille
le somme gestite dallo stato sono modeste, tanto che le scelte non espresse relative a valdesi
fnetodisti costituiscono il 6% della quota statale. Finanziamenti diretti e indiretti ai cattolici
7
EUGENIO BERNARDINI
COME è noto il Sinodo del
1991, approvando l’in(jesso delle chiese valdesi e
Metodiste tra i destinatari
delle quote Otto per mille
(Opm), aveva posto due limi¡. no ai finanziamento al cul3 no alla gestione della quoj’relativa alle scelte non
¡spresse. Questa quota «non
espressa» veniva esplicitamente destinata dal Sinodo
allo stato. È quindi lo stato, e
solo lo stato, il destinatario di
quella quota di scelte non
espresse attribuibili alla
Chiesa valdese di cui si sta discutendo dal Sinodo dell’anscorso. Ma quale uso fa lo
stato del «suo» Opm?
Criteri e procedure
deiio stato
otto anni dopo l’entrata in
Igore del sistema Opm, con
JDpr 10 marzo 1998, n. 76,
Regolamento recante i criteliele procedure per l’utilizzazione dell’Otto per. mille
feU’Irpef devoluta alla diretta
gestione statale», sono stati
introdotti i criteri per la valutaàone dell’ammissibilità degli interventi e le procedure
per l’utilizzo delle risorse. Prima di tutto, si è confermato
che gli interventi statali sono
destinati a interventi «straordinari» (la normativa insiste
sul fatto che gli interventi
non devono sostenere «l’attività di ordinaria e corrente
aita degli interessi coinvolti») per combattere la fame
nel mondo, in caso di calamitànaturali, per l’assistenza
ai rifugiati e per la conservazione dei beni culturali. I soggetti che possono accedere
alla ripartizione di queste
quote sono le pubbliche amiMinistrazioni. le persone giuridiche, gli enti pubblici e privati, purché non abbiano fine
di lucro. Sono poi elencati i
lequisiti.soggettivi e oggettivi
thè devono avere i richiedentidiversi dalle pubbliche amainistrazioni (si tratta di re(uisiti assolutamente ragiotevoli in quanto garantisco10 un corretto e trasparente
uso delle risorse), e le proceper la concessione deldella quota Opm.
Dal 1991 al 1997
Prima dell’entrata in vigore
lidia normativa del 1998, lo
stato ha così destinato la
nuota Opm di sua spettanza;
1991: 150 miliardi interauiente destinati a favore dei
profughi albanesi.
1992: 200 miliardi intera®ente destinati per emerJanze di calamità naturali.
1993:180 miliardi destinati
«Fondo per la protezione ci^6 (35 miliardi), a «varie esigenze relative al comparto
rial culto, dei beni culturali e
quello sociale» (105 miliarnon ulteriormente specificali) e per calamità naturali
WOmUiardl).
1994: 152 miliardi destinati
comparto dei «beni cultual comparto sociale e al
® mantenimento di
uinci di culto» (100 miliardi:
Passiamo fare le stesse considera;
dfti ''indennizzi per Invali3 da Vaccinazinni nhhlìpalonei
Jde
®^di, destinati a enti e istituti
(tori 'raccinazioni obbliga
'J"?’>,(34mld),perilcom
j. dei beni culturali (17,6
1996: 150 miliardi destinati
al corpo nazionale dei vigili
del fuoco (15 miliardi), per
interventi di protezione civile
(40 miliardi), agli enti lirici
(15 miliardi) e al comparto
dei beni culturali e ambientali e al settore dello spettacolo
(80 miliardi, di cui 700 milioni al Fondo edifici di culto).
1997: 183,6 miliardi destinati all’intervento in Albania
(65 miliardi), al patrimonio
culturale (20 miliardi), alla
protezione civile (30 miliardi)
al Corpo nazionale dei vigili
del fuoco (10 miliardi), ai beni culturali e ambientali e al
settore dello spettacolo (58,6
miliardi, di cui 8,6 miliardi
per beni culturali che, in
quattro interventi sui sei
elencati, riguardano chiese,
conventi, edifici religiosi di
«interesse storico-artisticoreligioso», e 500 milioni al
Fondo edifici di culto).
Dal 1998 a oggi
Dopo l’entrata in vigore
della normativa del 1998, lo
stato ha così destinato la
quota Opm di sua spettanza:
1998: 175 miliardi destinati
a zone terremotate o colpite
da altre calamità (35 miliardi), alla ricerca oncologica (5
miliardi), al dissesto idrogeologico (100 miliardi), a 39
progetti (su 495 presentati)
«meritevoli di accoglimento»
(35 miliardi). Tra i progetti
approvati, 2 sono di parrocchie: uno per la creazione di
un centro di assistenza per rifugiati (650 milioni), l’altro
per il restauro della chiesa
(circa 1 miliardo). Dei 33 progetti restanti, 5 sono di vari
enti pubblici per il restauro
di chiese (per un totale di circa 3,4 miliardi) e uno al Fon
do edifici di culto della Direzione affari di culto del ministero dell’Interno (2,5 miliardi) per «interventi di manutenzione straordinaria» di 6
chiese (a Roma, Palermo e
Prosinone).
1999; 201 miliardi destinati
alle missione di pace nei Balcani (140 miliardi), a interventi di protezione civile
(26,5 miliardi), a 66 progetti
(non è fornito il numero totale dei progetti presentati) approvati (34,5 miliardi). Tra
questi, 10 sono di parrocchie
0 enti ecclesiastici cattolici
(per un totale di 7,1 miliardi),
11 di enti pubblici per il restauro di chiese e di edifici
religiosi cattolici (per un totale di 5,2 miliardi), 2 al Fondo edifici di culto della Direzione affari di culto del ministero dell’Interno (per un totale di 1,7 miliardi) per «interventi di manutenzione
straordinaria» di 2 chiese (a
Roma e Padova).
2000: 193 miliardi destinati
alle missioni internazionali
di pace (110 miliardi) e a 89
progetti (su 910 presentati)
approvati (83 miliardi). Tra
questi, 13 sono di parrocchie
o enti ecclesiastici cattolici
(per un totale di 7,2 miliardi),
20 di enti pubblici per il restauro di chiese ed edifici religiosi cattolici (per im totale
di 15,7 miliardi), 1 al Fondo
edifici di culto della Direzione affari di culto del ministero dell’Interno (1,2 miliardi)
per «interventi di manutenzione straordinaria» di una
chiesa a Palermo, e 1 alla Comunità ebraica di MeranoBolzano (89 milioni) per il
«riordino e inventariazione
archivio storico della Comunità ebraica».
Il confronto
con la Chiesa cattolica
Al di là dei commenti che
ciascuno può fare rilevando
l’ulteriore finanziamento diretto e indiretto alla Chiesa
cattolica, c’è un altro dato
che colpisce; è l’esiguità delle
cifre gestite dallo stato. Questo dipende certamente dal
fatto che lo stato non ha mai
promosso una campagna né
per la firma in generale né
per la firma a proprio favore.
Fatto sta che, per prendere il
dato del solo anno 2000, la
quota di Opm gestita dallo
stato è composta per circa il
6% da quella delle scelte non
espresse relative alla Chiesa
valdese (circa 12 miliardi).
Una percentuale significativa, viste le piccole dimensioni della quota valdese.
Come ulteriore termine di
paragone, negli stessi anni la
Chiesa cattolica ha avuto: 406
miliardi (1991 e 1992, si tratta
di acconti), 587 (1993), 702
(1994) , 870 (1995), 1.454
(1996), 1.383 (1997), 1.328
(1998), 1.463 (1999), 1.229
(2000). In questi anni la Chiesa cattolica ha riservato le
maggiori risorse al «sostentamento del clero» (è la voce più
consistente negli anni 19901995; l’Opm doveva sostituire
prima di tutto gli assegni di
congrua che lo stato pagava ai
sacerdoti cattolici fino al
1989) e alle «esigenze di culto»
(questa voce supera la precedente solo a partire dal 1996),
mentre gli «interventi caritativi» oscillano mediamente intorno al 20% del totale annuo:
88 miliardi (1991) 93 (1992),
105 (1993), 126 (1994), 195
(1995) , 283 (1996), 283 (1997),
261 (1998), 266 (1999).
No all'Otto per mille?
Allora diamo la decima
Sull’8%0 e sui «rèsti» si è
detto di tutto. Su Riforma è
stato scritto tutto e il contrario
di tutto. Si sono anche «spaccate» le comunità, soprattutto
perché la regola della democratica maggioranza non è accettata da chi preferisce pregare: «Grazie Signore perché
non sono come quel pubblicano». Non è ancora stato evidenziato però che tutti coloro
i quali sono contrari all’otto
per mille e resti non si sono
mai contestualmente dichiarati decimisti coerenti con la
personale contribuzione.
Poiché tutti sappiamo molto bene come vengono impiegati i soldi dell’otto per
mille ed eventuali resti, solo
con la scrupolosa osservanza
della decima le innumerevoli
e filosofiche affermazioni dei
contrari all’otto per mille potrebbero non apparire ipocrite come sepolcri imbiancati.
Suggerimento: contiamoci
serenamente e accettiamoci
democraticamente; sempre
salva la singola libertà di coscienza.
Roberto Mollica
San Mauro Torinese
La gestione è stata efficace, dunque più fondi per aiutare i più deboli
zioni di cui sopra) e ai
p °^®dimenti contro gli inboschivi (52 miliardi),
ina!’ ^^^>3 miliardi destiij, J ® interventi per l’alluvio; |,® Piemonte (30 mld) e per
®J^6ndi boschivi (34 mld).
;&*?'ici e privati e 12,7 miVa7i 5*P''i®iino e conseriRf di beni culturali non
nórmente specificati).
Credo che la gestione dell’Opm (otto per mille) sia uno
degli strumenti più efficaci
per comunicare al resto del
paese non solo l’identità e i
valori di fondo delle chiese
valdesi e metodiste, ma anche la loro apertura al dialogo e la disponibilità a unire le
forze con gli altri soggetti della società civile che perseguono obiettivi comuni.
Ferma restando l’importanza degli aspetti valoriali e
teologici, il dibattito in corso
sull’Opm dovrebbe partire innanzitutto da alcune considerazioni pratiche che, ribadite
anche dalla Commissione,
non possono non essere condivise: la gestione è stata corretta, trasparente ed efficace;
la gestione ha mantenuto una
forte attenzione ai costi, valore aggiunto che non va assolutamente trascurato, tenuto
conto che gli standard e i criteri di eccellenza internazionali si posizionano su una
percentuale di spesa del 7%
(più del doppio).
In base a queste considerazioni, la gestione dell’Opm
della Tavola meriterebbe ben
altri fondi rispetto agli attuali, considerato anche come si
comporta la «concorrenza»; a
questo proposito, per aumentare l’efficacia dell’intervento complessivo a livello
nazionale, bisognerebbe a
mio avviso introdurre un
meccanismo oggettivo di redistribuzione di quelle risorse per le quali non viene
espressa la preferenza, per
poterle affidare ai gestori che
lavorano meglio in modo da
favorire sempre più i beneficiari finali di questi fondi.
Nel dibattito che si sta svolgendo non va infatti dimenticato che l’obiettivo non do
vrebbe essere puntato né sulla chiesa (o sulle sue opere),
né sul pubblico dei contribuenti possibili «donatori»,
né sugli altri soggetti che gestiscono rOpm, bensì sulle
fasce deboli che vengono assistite e accompagnate grazie
anche al gettito derivante
dall’Opm. E qui forse si può
trovare una prima risposta
all’osservazione di Gianni
Rostan: «Il vero problema è
sapere perché, eventualmente, si cambia idea. Lo si fa per
noi stessi o per gli altri?».
Aumentano i poveri
diminuiscono le risorse
Sono d’accordo sul fatto
che non guasta affatto avere
più umiltà nel mettere a fuoco la questione, altrimenti si
finisce nell’esagerare con la
purezza, con il rischio di essere considerati, come ha già
detto qualcuno, egoisti e
snob; non si tratta qui di ragionare considerando in via
prioritaria la sopravvivenza
delle opere (che, come afferma giustamente Marco Jourdan, non dipende certo dal
gettito dell’Opm) o il valore
della testimonianza della
chiesa: queste sono questioni
che andrebbero valutate in
altre sedi più opportune, come del resto già avviene; secondo me la decisione se accettare o meno anche la quota relativa alle scelte non
espresse dell’Opm va presa
tenendo conto che nel mondo 1 poveri e i deboli aumentano sempre più mentre le risorse naturali disponibili sono sempre meno; pensiamo
che rOpm, gestito come viene gestito dalla Tavola, sia
uno strumento efficace per
sostenere gli ultimi oppure
no? Pensiamo che le chiese
debbano effettivamente cominciare a impegnarsi per
diffondere, anche con esempi concreti, una concezione
diversa dell’economia che sia
più rispettosa delle persone e
dell’ambiente oppure no?
È fondamentale ricordare
come siano trascorsi già dieci
anni dalla prima delibera del
Sinodo che nel ’91 dava il via
libera all’Opm, dieci anni che
hanno cambiato il mondo
ben più dei venti precedenti,
dieci anni che hanno allargato il divario tra ricchi e poveri
e abbassato la soglia di povertà anche nei paesi industrializzati. Allora, in una società come l’attuale, sempre
più egoista, intollerante e
chiusa, bisogna cercare strumenti che permettano concretamente di portare a compimento azioni di elevato impatto sociale.
Immagine e identità
Credo inoltre che Faccettare la ripartizione della quota
dell’8 per mille dell’lrpef relativa ai contribuenti che non
hanno operato alcuna scelta,
non incida negativamente né
sull’immagine, né sull’identità: piuttosto vedo più consistente il rischio che, con la
scelta opposta, si possa fare
la figura dei puristi snob; infatti, per i nostri concittadini
quello che conta in questi casi è dove vanno a finire i soldi, con quale rapidità vengono erogati i fondi (che non rimangano «parcheggiati» a
lungo presso le banche), e
quanto sobria è la gestione
(costi contenuti in modo che
nessuno si arricchisca).
Sono d’accordo che si debba attentamente valutare da
. dove, da chi e come arrivano
questi soldi, ma è possibile
farlo fino in fondo con questo
strumento? Bisognerebbe
avere la lista di tutti i contribuenti (nome, cognome, indirizzo, professione ecc.) che
esprimono preferenza per la
Tavola. Ma il fatto che la preferenza sia esplicita garantisce forse la «tranquilla» provenienza del denaro? Non potrebbe annidarsi anche tra coloro che scelgono la Tavola
qualche fabbricante di armi o
qualche imprenditore che inquina o qualcuno che non rispetta le leggi ecc.? E siamo
proprio sicuri che chi sceglie
sappia sempre veramente che
cosa viene fatto con i soldi e
scelga convinto la Tavola perché la conosce e si fida?
Da quanto detto sino a qui
si può intuire anche il mio
pensiero sull’aspetto che tocca le opere, che sono al servizio di tutta la comunità civile
e non solo di quella protestante: perché dovremmo
preoccuparci se una parte dei
ricavi dell’Opm (soldi dello
stato) venisse destinata, per
esempio, al pagamento delle
rette di chi non può farcela
da solo? In questo caso non si
crea dipendenza delle opere
da questi fondi, dato che si
potrebbe fare a meno di accogliere chi non se lo può
permettere; ma è quello che
vogliamo? Non credo ci sia
una differenza sostanziale rispetto al caso in cui i ricavi
derivano da una convenzione
con gli enti locali, dato che in
entrambi i casi chi paga è
sempre il settore pubblico.
Come ultima osservazione,
vorrei invitare la gestione
dell’Opm a investire in futuro
sempre più risorse per comunicare, informare e quindi
raggiungere meglio i contribuenti, considerato che la
bassissima percentuale attuale di spesa (3%) lo consentirebbe; probabilmente questo farebbe diminuire la percentuale di coloro che non
scelgono e aumentare le preferenze verso chi lavora meglio degli altri; mi permetto
di dire che questo garantirebbe, più in generale, una maggiore visibilità alla bella identità delle chiese valdesi e metodiste in Italia, paese dove
sta aumentando la fame di
cristianesimo autentico.
Matteo Passini - Padova
Meglio
limitarsi
Caro direttore,
ho letto la relazione della
commissione per l’estensione
dell’Otto per mille, che ringrazio. Il principale argomento per accettare anche la parte di coloro che non scelgono,
mi sembra sia che così possiamo meglio aiutare chi ne
ha bisogno. Trovo debole
questo argomento. A me pare
meglio sapersi limitare, sapendo che siamo comunque
limitati nel nostro impegno e
che non potremo mai arrivare
a tutto. Tanto vale mantenere
il principio fin qui seguito.
Sergio Rostagno - Roma
'T^adìo
abbonamenti
interno L. 10.000
estero L. 20.000
sostenitore L. 20.000
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 25 MARZO 20,11
GEOPOLITICA
ITALIANA
GINO LUSSO
Dopo un’eclissi di mezzo secolo, imputabile al peccato
d’origine di essere stata strumentalizzata da nazismo e fascismo, anche nel nostro paese si
torna a parlare di geopolitica,
cioè dell’analisi delle strategie
che le unità politiche perseguono, vagliate alla luce delle caratteristiche delle classi dirigenti,
del sistema politico, delle strutture territoriali, del potenziale
economico, dell’ubicazione spaziale e così via. L’indagine geopolitica è particolarmente interessante nelle fasi storiche segnate da forti cambiamenti e
l’attuale, seppure non toccata
da eventi traumatici, è sicuramente una delle
fasi più complesse, sia a livello mondiale
che nazionale. Il
nostro paese,
come molti altri,
ne è coinvolto in
maniera profonda. Le ultime decisioni in ambito europeo, per
esempio, hanno
creato le condizioni per un non
ritorno a situazioni precedenti.
L’adesione aUa moneta unica, di
fatto, ha ristretto le autonome
politiche fiscali nazionali, l’adesione all’Europa di Schengen ha
ridisegnato i sistemi di controllo interni ed esterni, la difesa
comune europea ha posto un ulteriore limite alla nostra modestissima autonomia militare, la
politica agricola è ormai di totale competenza europea.
Questa nuova situazione, discutibile sotto alcuni aspetti, ha
tuttavia risvolti ampiamente positivi: rende desuete e ridicole
molte pretese strategiche dei decenni passati, pone fine all’era
delle concorrenze nazionalistiche tra paesi europei, crea un
nuovo soggetto economico e finanziario di livello mondiale.
Sotto l’aspetto geopolitico planetario, cioè, ci troviamo inglobati
entro una situazione molto rigida che possiamo definire di
«multipolarità condizionata a
conflittualità attenuata», che risponde alle scelte imposte a livello planetario dalla potenza
egemone. La situazione di attenuata importanza internazionale dell’Italia ci aiuta a riflettere
sui nostri parametri interni, magari modesti ma sicuramente alla portata delle nostre possibilità
nazionali. Tra questi, vai la pena
di riflettere almeno su tre gruppi
di temi: gii obiettivi che l’Italia
vuole raggiungere, i gruppi dirigenti preposti al raggiungimento, le risorse disponibili.
Quali saranno gli
obiettivi della
prossima legislatura?
E con quali risorse
li raggiungeremo?
I nostri obiettivi nazionali devono riguardare sostanzialmente: il sistema economico, che ha
un moderato potenziale autoproduttivo, comunque non incentrato su un’alta innovatività e
una variegata distribuzione sul
territorio, dove a un’Italia centro-orientale attiva si contrappone un Ovest in declino industriale aggravato e un Sud torpido nel
suo sviluppo economico; il sistema infrastrutturale territoriale e
la sua interconnessione con la
vasta area europea, fondamentalmente ancora improntato alle
opere eseguite nella seconda
metà dell’Ottocento; i sistemi sociali e fiscali, sovente visti in
_________ funzione elettorale più che come
strumenti per
manovre economiche. Per quanto attiene alla
struttura politica,
l’attenzione dovrebbe essere posta: sulla classe
politica, oggi pletorica, sovente
professionalmente modesta e con limitato senso
dello stato; sulle burocrazie, demotivate, frequentemente scelte
da mere motivazioni clientelali e
carenti sotto l’aspetto etico; sul
sistema politico, confuso, oggetto di scontro tra gruppi e gruppuscoli; sull’organizzazione statuale, oggi sfrangiata in un numero eccessivo e scoordinato di
Regioni, con enti di multiforme
origine e funzione, come le Province, da abolire al più presto, e
con 8.000 Comuni territorialmente difformi, con competenze
farraginose e ambigue.
A queste tematiche, la classe
politica nazionale dovrebbe prefigurare, entro il sistema Europa, linee di politica internazionale che tengano presente la nostra posizione nel Mediterraneo,
la nostra forte dipendenza energetica verso l’estero e la nostra
vicinanza ai sempre inquieti Balcani. Con la chiara visione del
nostro modesto peso internazionale (si veda la recente vicenda
delle nomine negli organismi
dell’Onu) e della vitale esigenza
di potenziamento economico'e
di superamento delle divisioni
sociali e territoriali interne al
nostro paese. Ovviamente il nostro modestissimo peso specifico internazionale non ci vieta,
all’interno degli organismi di cui
facciamo parte, di far valere problemi significativi come il debito
del Sud del mondo, i drammatici
problemi africani, la débàcle
ambientale, e una visione solida
ristica dell’unità europea.
L Ea) ^J*S
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
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Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Maria D'Auria, Massimo Gnone, Jean-Jacques Peyronei, Davide Rosso, Piervaldo Rostan (coordinatore de L’eco delle valli)
Federica Toum. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Pawel Gajevxski, Giorgio Gardiol, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino. Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa
Nilti, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetto, Giuseppe Platone, Giovanna Pons,
Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan. Mirella Scorsonelli. Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE; Piera Egidi
REVISIONE EDITORIALE: Stello Arm'and-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia: ABBONAMENTI: Daniela Actis.
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_ . r*N otUIrtarlo; L. 175.000; v. aerea: L. 200.000; semestrale: L. 90.000;
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valli valdesi) E 30.000. Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Riforma-L’Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L’Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. t75/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
Il numero 11 del 16 marzo 2001 è stato spedito dall’Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 14 marzo 2001.
2001
AMociato alla
Unione stampa
periodica Italiana
i Si tratta di uno dei problemi più complessi del conflitto
Israele e i profughi palestinesi
Ogni guerra crea i suoi profughi, una parte dei quali non riesce mai
a rientrare a casa propria. Meglio una pace «ingiusta» che la guerra
ALBERTO SOCGIN
Da qualche tempo Riforma si è occupata del problema palestinese e specialmente di quello posto dai
profughi. Una richiesta recente da parte palestinese,
quella che ha fatto fallire le
trattative di pace prossime
alla conclusione, è stata quella di un rimpatrio dei profughi del 1948-49 e del 1967 attualmente ospitati nei campi
gestiti dalle Nazioni Unite. Il
loro numero, calcolato in più
o meno 3 milioni di persone,
viene considerato dagli israeliani un ostacolo insormontabile alla richiesta: come inserire e integrare, infatti, una
cifra di tali dimensioni in un
paese che non arriva ai 6 milioni di abitanti?
Se le trattative, portate a
termine, avrebbero o meno
condotto a una pace ingiusta,
è materia opinabile; un palestinese intervistato dalla corrispondente di Riforma afferma che lo sarebbe stato; d’altra parte le trattative tra
israeliani e palestinesi, ormai
in corso da una decina di anni, non hanno mai sostenuto
che le proposte concordate
dalle due parti avrebbero
condotto a un’ingiustizia. E
del resto una pace ingiusta
(o, diciamo piuttosto, che lasci scontente le parti) non è
forse meglio di una guerra
fredda o guerreggiata che dura ormai da più di 50 anni?
Le conseguenze delle guerre
Tra le conseguenze più tragiche di una guerra troviamo
senza eccezioni la creazione
di profughi. Solo pochi di essi
possono tornare al paese
d’origine a guerra finita, in caso di una situazione politica
favorevole; i più devono subire la propria sorte di rifugiati
e vengono sistemati nei paesi
ospiti o altrove, in coordinamento, talvolta, con le organizzazioni internazionali. Così è accaduto con i tedeschi
della Prussia, della Pomerania, della Slesia e dei Sudeti;
con gli italiani della Venezia
Giulia, di Fiume, della Dalmazia e dei territori africani, con
milioni di abitanti dell’India e
del Pakistan. In quest’ultimo
caso molti sono stati i morti
da ambo le parti. Un’unica
eccezione appare essere formata dai rifugiati dalla Palestina araba degli anni 1948-49
e 1967, che sembrano insistere sii un rimpatrio incondizionato; le Nazioni Unite, visto il
fallimento del progetto della
fondazione di uno stato ebraico e di uno palestinese, ponevano a suo tempo la condizione per il rientro dei profughi
che volessero vivere in pace
con i propri vicini, ma un’in
1967: distribuzione di latte in
un campo profughi
dagine in questo senso non è
mai stata compiuta. L’Onu
continua a gestire i campi
profughi, e tollera che nelle
scuole da essa finanziate vengano insegnati slogan chiaramente antisemiti, e lo stesso
avviene in quelle gestite dall’Autorità palestinese.
I profughi palestinesi
Perché i profughi siano
partiti non è finora stato
chiaramente accertato. In alcuni casi sono stati evacuati
d’autorità dalle zone d’operazione, altri sono fuggiti per
semplice paura di quel che
avrebbe potuto accadere (la
storia del vaso di coccio in
mezzo a vasi di ferro, come
diceva don Abbondio), altri
erano stati abbandonati dalla
propria dirigenza e non sapevano a che santo votarsi (dove i dirigenti sono rimasti,
per esempio a Nazaret, nell’alta Galilea e altrove, i palestinesi sono ancora là), altri
sono partiti, come nel caso di
Haifa, nonostante gli inviti a
restare formulati dagli israeliani. È in questo periodo che
nasce la leggenda secondo la
quale le radio arabe avrebbero esortato i palestinesi a fuggire, per poi tornare trionfanti al seguito dei vincitori, leggenda frattanto sfatata e di
origini sconosciute, ma che
per decenni ha favorito la
propaganda israeliana. Il
problema dei profughi del
campo di Gerico, comprendente oltre 100.000 persone,
tutte fuggite durante la guerra del 1967, costituisce un caso a sé stante: nella zona non
si.è combattuto e gli israeliani hanno però trovato il campo abbandonato.
Dopo la guerra vittoriosa
del 1967 il governo israeliano
ha tentato di entrare in trattative con i paesi arabi limitrofi ma si è scontrato con
quello che veniva chiamato il
«fronte del rifiuto» o, con formulazione più elegante,
«fronte della fermezza». Israele era disposto a restituire la massima parte dei terri
tori conquistati, salvo alcune
rettifiche di frontiera, ma la
cosa non ha interessato i governi arabi di allora. Fu così
che iniziò da parte di alcuni
gruppi ultranazionalisti israeliani la politica degli insediamenti nei territori fino allora soltanto amministrati. I
governi laburisti erano più o
meno contrari, ma non facevano nulla per impedire questo sviluppo; i governi conservatori erano invece favorevoli credendo che Israele
avrebbe avuto così una buona merce di scambio in caso
di trattative di pace.
Che si sia trattato politicamente parlando di un errore,
è facile da constatare oggi
con il senno di poi. Secondo i
palestinesi, questi insediamenti si sarebbero poi sviluppati in modo abnorme,
anche se una verifica di questa affermazione è tutt’altro
che facile. All’interno di Israele vi sono state, e ’vi sono,
molte e autorevoli voci critiche, tanto che l’ultimo governo laburista era disposto
ad abbandonare per un trattato di pace gran parte degli
insediamenti. Ma non se ne
fece nulla per la richiesta,
formulata nelle fasi conclusive delle trattative, di un rientro dei profughi e per l’inizio
della nuova Intifada. Fino a
che punto questa rifletta, insieme al terrorismo, la volontà della popolazione palestinese, è tutto da accertare;
certo è che in una società
fortemente patriarcale come
è quella palestinese, sembra
per lo meno strano che le famiglie lascino che dei ragazzi
combattano con strumenti
inadeguati uno dei più moderni eserciti del mondo. E
non si tratta peraltro solo di
pietre e di fionde: chi ha visto le scene in televisione
avrà notato l’uso di frombole, un’arma da guerra in epoca romana e ancora in uso
presso i pastori arabi, capace
di sfondare un muro e quindi
di uccidere o storpiare un essere umano.
Un problema complesso
Come si vede, non serve fare il tifo per l’una o l’altra delle due parti. Non siamo allo
stadio, dove molte manifestazioni sono deteriori. Quando
esisteva ancora l’Unione Sovietica era di moda negli ambienti di sinistra fare il tifo
per i palestinesi e condannare Israele, e la cosa coincideva con la persecuzione degli
ebrei nell’Europa orientale.
Oggi siamo rinsaviti e ci rendiamo conto che problemi
complessi non possono essere risolti mediante frasi propagandistiche 0 raccolte di
firme. Ci vuole hen altro.
Nella rubrica della corrispondenza con i lettori,
sono apparse lunedì su un
giornale quattro lettere di
giovani donne di quattro diverse città d’Italia, le quali si
lamentavano per le molestie
subite (in un caso addirittura
un tentativo di violenza) da
parte di uomini italiani, nel
rientrare a tarda notte da sole
dopo essere state in discoteca
o a una festa. Il responsabile
della rubrica rispondeva deplorando ovviamente l’accaduto, aggiungendo però che
le giovani donne non dovr ebbero rientrare a casa da sole a
quell’ora di notte e soprattutto non usare abbigliamenti e
atteggiamenti che potrebbero
essere provocatori. Una risposta oltremodo infelice e
scioccamente paternalistica,
che ha suscitato le giuste reaziopi di una giovane lettrice.
-uii'ù' ÙCilù
Molestie sessuali
PIERO bensì
che scrive: «Viviamo in una
società cosiddetta civile e io
devo poter camminare per la
strada all’ora che più mi piace, anche da sola, senza correre il rischio di vivere molestata. Le madri di questi molestatori si ricordano di essere state donne quando educano i loro figli?».
Quest’ultima frase mi ha
fatto pensare. Certamente le
donne devono essere libere,
senza timori di vestirsi come
Hsm»
Ginevra italiana
In uno degli ultimi numeri dell’anno 2000 (n. 3.586),
un quiz propone la seguente
domanda: «Quale cittadina
è stata definita “la Ginevra
italiana?’’». Le risposte possibili, oltre alla veritiera Torre Pellice, sono anche Chàtillon e Luino. Nella soluzione, a motivare la risposta
esatta è scritto: «Torre Pellice, nella provincia di Torino; l’appellativo le fu dato
da De Amicis, per l’atmosfera ordinata che vi si respira
e che ricorda le città svizzere, ma soprattutto perché è
il più importante centro della vita religiosa valdese protestante, così come Ginevra
lo fu del calvinismo».
CORRIERE DELLA SERI
Le battaglie dei cristiani
Il 5 marzo il quotidiano
milanese ha celebrato con
un ricco supplemento i propri 125 anni di vita, e ha ripubblicato una serie di articoli di firme prestigiose: ex
direttori, scrittori, corsivisti.
In particolare colpisce per
attualità di impostazione
uno scritto del critico letterario cattolico Carlo Bo sulla
sconfitta del referendum
voluto da una parte del
mondo cattolico sulla legge
istitutiva del divorzio. «Il divorzio - scriveva Bo il 15
maggio 1974 - non avrebbe
senso ih una società veramente religiosa (e la nostra
è religiosa solo per tradizio
ne) ma in una società che
mostra i segni devastatori di
una crisi spirituale senza
pari fare del divorzio il punto capitale di questa deca
denza è per lo meno ridicolo. Il male non si cura alla fi
ne, bisogna prenderlo alle
origini, quindi se si pensa
alla recristianizzazione della
società è sul senso, sul significato, sui valori stessi del
cristianesimo che occorre
lavorare (...). Ci sono ben altre battaglie da fare perché
il cristianesimo non sia più
soltanto un paravento, una
convenzione o, peggio, lo
schermo della rinuncia e
dell’abbandono. Il voto ha
voluto dire anche questo, e
cioè che tutta una parte
dell’elettorato cattolico non
crede più alle restaurazioni
(...) ma invece ha sete di novità sulla via della giustizia e
verità. Ci auguriamo che lo
capiscano non soltanto i responsabili dell’interpretazione bloccata e antistorica
del cattolicesimo ma tutti glj
altri del fronte divorzista, i
laici per intenderci, cbiantati a prendere atto dellanuova situazione generale».
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Patto t
Senta
Mauro
sorzio
vogliono e di uscire quando
vogliono. Ma questa sicurezza non la daranno le volanti
della polizia o dei carabinieri,
che non sono in grado di pattugliare tutte le strade di una
grande città. La sicurezza
verrà soltanto da un’educazione capillare dei giovani al
rispetto della persona altrui,
indipendentemente dal sesso
o dal colore della pelle. Famiglia, scuola e chiesa sono i
luoghi dove si impara questo
rispetto, se viene insegna®
Nella mia lunga esperienS
pastorale ho talvolta notais
che le mamme sono più ®
dulgenti verso i figli masc®
che non verso le femmine-^
statistiche, poi, ci dicono cW
la maggioranza delle violeu»
sulle donne avviene entro!
mura domestiche. Conti*
queste cose dobbiamo lotta®)
Gesù, ancora una volta
stro incomparabile, ha se®1
pre avuto un rispetto assol® |
verso le donne, andando 00®!
tro le consuetudini del sfj
tempo. Alla donna accusata
adulterio Gesù dice: «Donf^
dove sono i tuoi accusato®
Nessuno ti ha condanna®
(...) neppure io ti condan®
va e non peccare più».
(Rubrica «Un fatto, uncoj
mento» della trasmissione «>
diouno «Culto evangelico»
dalla Fcei di domenica 18
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i Scuole domenicali in gita-studio a Prali
Una festa per cantare
Domenica 18 marzo le scuole domenicali del 2° e del 3“ circuito, dunque riguardanti le chiesa valdesi del Pinerolese e
della vai Chisone e Germanasca, hanno avuto la loro seconda
Festa di canto a Prali, giornata che ha visto riuniti più di 100
partecipanti, tra ragazzi e animatori. 11 mattino è trascorso in
compagnia della comunità di Prali, con la partecipazione al
culto; per il pranzo le scuole domenicali si sono trasferite nelle
strutture del Centro di Agape e il pomeriggio è stato dedicato
al canto.I ragazzi sono stati divisi in diversi gruppi, a seconda
dell’età, e hanno lavorato sul testo di alcuni canti tratti dal
nuovo Innario e dal libro Cantate al Signore della Fcei, per poi
presentarli a tutti i presenti con varie animazioni.
M La vai Pellice su Rai2 venerdì 50 marzo
In tv con «Sereno variabile»
Torre Pellice e il mondo valdese sono stati al centro di una
puntata della popolare trasmissione «Sereno variabile» condotta su Rai2 da Osvaldo Bevilacqua. La troupe ha «girato» in vai
Pellice già durante la scorsa settimana e poi, domenica pomeriggio, c’è stata la festa in piazza della Libertà, con musiche e
danze eccitane, una rassegna di prodotti tipici, alcune interviste del conduttore, tanta folla richiamata dalTawenimento.
Così, dopo «Linea verde» di qualche anno fa ecco una nuova
occasione per il mondo valdese per apparire in tv e per far parlare di questo angolo delle Alpi. La trasmissione sulla vai Pellice andrà in onda venerdì 30 marzo alle 15,30. Bevilacqua e la
sua troupe hanno visitato anche Cavour, Pinerolo e Avigliana.
Riforma
De
- <1 7 VA
A
Fondato nel 18481
Sono in aumento le formule per fornire insieme servizi poco gestibili dai singoli enti
Associati per poter lavorare meglio
Un convegno tenutosi a Pinerolo ha esaminato le funzioni e le caratteristiche del Patti territoriali
e degli «Sportelli unici», che risultano uno strumento di facilitazione per i Comuni e per i cittadini
DAVIDI ROSSO
Associarsi per fare
sistema e attraverso
la concertazione arrivare
a fornire al territorio
l’impulso giusto per il
suo sviluppo. Da un po’
di tempo questa sembra
essere la parola d’ordine
delle amministrazioni locali, stimolate in questa
direzione anche dalla
normativa nazionale e
dalla necessità di fornire
servizi che spesso sono
ingestibili dal punto di
vista tecnico ed economico per i singoli Comuni. In questa ottica si
muovono i Patti territoriali, gli Sportelli unici
per le imprese ma anche
le strategie di gestione
associata dei servizi offerti per esempio dalle
Comunità montane.
Di tutto questo si è
parlato in un convegno
che si è tenuto giovedì 15
marzo a Pinerolo, e che
ha visto la partecipazione di rappresentanti desienti locali, dello Sportello unico di Pinerolo e
della rete di Sportelli
tmici del Canavese. Nel
corso dell’incontro è etùerso, partendo dalla tetnatica dello Sportello
ttnico, come le strategie
di gestione siano sempre
più orientate verso l’associazionismo tra enti
pubblici e tra pubblico e
privato. «Quello che il
ratto territoriale rappresenta - ha detto Loris
Mauro direttore del Consorzio per il distretto tecnologico del Canavese - è
soprattutto un fatto culturale. Il ruolo propulsore del Patto è innanzitutto quello di andare oltre i
particolarismi per cercare, attraverso la concertazione, di creare una logica di sistema che coinvolga tutto il territorio e
non solo una sua parte».
L’esperienza Sportello
del Pinerolese che offre
assistenza agli imprenditori nei rapporti con le
amministrazioni e dovrebbe intervenire nella
semplificazione e nello
snellimento delle pratiche, si situa in quest’ottica di aggregazione sovra
OfOtogerla - oreficeria - argenteria
rvraUo - perle australiane
gioielli
Croci
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comunale (al solo Sportello di Pinerolo sono associati 22 Comuni) così
come gli Sportelli della
vai Pellice e vai Chisone,
ma il problema è andare
oltre le parole e realizzare
in pratica quanto viene
previsto dalla legge. Se
infatti nelle valli l’associazionismo è una realtà
consolidata non è così
nei Comuni della pianura. Ecco allora la necessità di lavorare su quella
creazione di cultura e di
sistema di cui si parla nel
Canavese dove gli Sportelli sono 7 e, lavorando
all’interno del Patto territoriale si sono messi in
rete fra di loro garantendo un sistema integrato
che agisce oltre che sulla
semplificazione anche
sull’uniformità.
Alla fine del convegno
quello che sembrava rimanere era la consapevolezza che se la strada
dell’unificazione delle
realtà amministrative più
piccole è da accantonare
la via che sembra segnata è invece quella dell’associazionismo fra enti:
risposta concreta, attuabile attraverso la concertazione, all’autonomia e
soprattutto alla globalizzazione che paradossalmente porta sempre più
a ragionare sulla realtà
locale proiettando però
quest’ultima in una dimensione certamente
lontana da quella a cui sì
era abituati anni fa.
Case di riposo in vai Pellice
Ci saranno tagli
alle integrazioni
Le Case di riposo della
vai Pellice sono in una situazione non facile. Nel
2001 la Comunità montana è costretta a tagliare
250 milioni dal bilancio
nel settore socio-assistenziale e il colpo di forbice si abbatte sugli istituti per anziani con un
totale di circa 60 milioni
di contributi in meno.
Una somma che vale la
riduzione del 20% delle
«integrazioni sociali»,
cioè quelle quote che appunto servono a «completare» le rette degli
ospiti con difficoltà economiche. «Questi tagli
sono dovuti ai mancati
trasferimenti dagli enti
superiori - spiega l’assessore Ezio Borgarello - ma
il taglio sulle esigen-ze di
quest’anno, che sarà
messa a bilancio nel
prossimo Consiglio di
Comunità montana, non
significa una grande differenza rispetto al 2000 e
potrebbero arrivare delle
nuove somme per la legge 328». Rilevante l’intervento dei Comuni della
vai Pellice, che «hanno
fatto sì che il taglio sul
ICONTRAPPUNTOI
LA SANITÀ REGIONALE
E LE CHIESE
MARCO ROSTAN
bilancio si fermasse a 250
milioni, con un contributo ulteriore di 10.000 lire
per ogni abitante».
I direttori degli istituti
non nascondono la propria preoccupazione. Alla Casa delle diaconesse
di Torre Pellice ci sono
due persone che beneficiano delT«integrazione
sociale» e da quest’anno
ci sarà una riduzione del
20% rispetto ai contributi ottenuti dalla Comunità montana nel 2000.
«Già l’anno scorso abbiamo avuto delle difficoltà - commenta la direttrice, Judith Elliot - e
per quest’anno dovremo
giocoforza trovare degli
altri finanziamenti, integrando privato e pubblico. Sia da parte valdese
che cattolica non è possibile richiedere ulteriori
contributi dalla popolazione che ha già grandemente sostenuto queste
strutture nel corso delle
ristrutturazioni precedenti. D’altra parte l’ente
pubblico non può tirarsi
indietro e nemmeno si
può confidare soltanto
sulT8 per mille».
Quale sarà il futuro della
sanità in Piemonte? Mi sono pazientemente letto
tutto il dibattito avvenuto
in Consiglio regionale. Per
mettere sotto controllo
una spesa che rischia di
affossare la stessa struttura regionale, U governo ha
posto dei tetti precisi da
non superare e a loro volta le Regioni
hanno tagliato
i fondi alle
Asl: di più a
quelle che non
si erano attenute alle disposizioni fin
qui emanate.
La parola d’ordine del presidente della
Regione Piemonte, Enzo Ghigo, e
dell’assessore D’Ambrosio
è razionalizzare, senza diminuire i livelli assistenziali: fare una precisa gerarchia fra gli ospedali, separare gli acquirenti (cioè le
Asl, con prevalenti compiti
di prevenzione e lettura dei
bisogni sanitari della popolazione) dai produttori (gli
ospedali che erogano i servizi), puntare sulla mobilità del personale prima di
indire nuovi concorsi.
Le opposizioni accusano
la maggioranza di aver accumulato in questi sei anni
un deficit di circa 750 miliardi nonostante il governo abbia aumentato i suoi
contributi, di aver peggiorato i servizi, allungato le
liste di attesa, sfruttato il
personale. Mancherebbero
inoltre 1.500 infermieri
(cosa che, però, è un problema acuto in tutta Italia),
oltre a pediatri, radiologi e
anestesisti ma la Regione
punterebbe ancora troppo
suil’ospedalizzazione. Anche l’assessore ha riconosciuto che Tunica voce inferiore alle previsioni è stata
quella delle cure domiciliari, che costano assai meno
dei ricoveri.
Nel documento di programmazione sanitaria
2001, per TAsl 10 (quella
del Pinerolese) vi è poi
un’affermazione preoccupante: si dice che, dal punto di vista organizzativo,
«la maggiore criticità è stata la presenza di tre presidi
ospedalieri, di cui due gestiti dalia Tavola valdese,
che pur se parzialmente integrati fra di loro, svolgono
funzioni anche analoghe
con conseguente duplicazioni di ruoli e maggiori
costi». La Commissione per
gli ospedali valdesi (Ciov)
si sta orientando sulla di
versificazione (vedi Riforma del 19 gennaio, pagine
8-9): nessuna concorrenza
con Pinerolo, maggiore
coordinamento e sinergia
con l’Ospedale valdese di
Torino e specializzazione
in diagnosi e cura come
«ospedali di comunità» per
Torre Pellice e Pomaretto,
appoggiando così sul nostro territo
Hon solo difesa
degli ospedali
valdesi ma anche
proposte per una
sanità efficiente
rio l’assistenza domiciliare, che finora
non ha fatto
grandi passi
avanti. Quindi non ci si limita a difendere gli ospedali valdesi
ma, di fronte
a una situazione economicamente difficile, che come cittadini
non possiamo ignorare, e
nella convinzione che la salute è un fondamentale diritto delle persone (che non
si monetizza), si cerca di fare delle proposte concrete
alla Regione e all’Asl su come organizzare al meglio la
sanità, compatibilmente
con i limiti economici imposti, ma con la massima
attenzione alle persone, e
dunque individuando dove
e come realizzare delle eco
nomie e diminuire gli sprechi. Mi sembra che questo
compito di testimonianza
all’interno del sistema sanitario italiano, da rendere
mediante proposte che scaturiscano dalla gestione dei
nostri ospedali e dalla nostra visione diaconale, sia
stato anche una delle ragioni forti per cui, a suo tempo, si decise di mantenere
degli ospedali valdesi nel
servizio pubblico.
Purtroppo nella chiesa
non c’è abbastanza consa
pevolezza e discussione di
questi problemi. Sembra
che nella chiesa ci siano gli
addetti agli ospedali, la
Ciov appunto, oppure la
Commissione sinodale per
la diaconia (Csd), o per la
cultura il Centro culturale,
o per la teologia la Facoltà,
e si dimentica che il centro
vero dove discutere di tutti
questi aspetti è l’assemblea
dei credenti, quella locale,
quella territoriale, il Sinodo. Stranamente si avverte
la necessità dì una forte
proposta valdese in occasioni particolari, ma anche
episodiche, come le Olimpiadi, ma si rischia di dimenticarla per questioni
gravi e permanenti come
appunto la sanità, l’occupazione, la scuola, le povertà vecchie e nuove.
16
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle Yalu \àldesi--------:
VENERDÌ 23 MARZO 200i
CRONACHE
PINEROLO: SI AMPLIA LA DISCARICA — La discarica attualmente in funzione al Torrione di Pinerolo entro pochi giorni sarà completata; ecco
perché, da alcune settimane, sono in corso i lavori di sopraelevazione di uri sito adiacente da
alcuni anni non in funzione. È in atto la creazione di rilevati di contenimento che vengono a loro volta impermeabilizzati: la nuova area entrerà in attività nel mese di aprile. Durerà da tre
a quattro anni, almeno agli attuali ritmi di conferimento: quando entrerà in funzione il nuovo
sistema di smaltimento, con la separazione
dell’umido e del secco lo spazio occupato dai rifiuti in discarica sarà ridotto ad un decimo. La
fine delle discariche del Torrione vedrà una specie di «panettone» verde.
IL MERCATO SI SPOSTA IL 30 MARZO — Da venerdì 30 marzo il mercato di Torre Pellice verrà
rimodellato secondo quando deciso dal Consiglio comunale della scorsa settimana. In piazza
Cavour, oltre al settore ortofrutta, saranno ospitati anche diversi banchi non alimentari: formaggiai e altri alimentari andranno in piazza Gianavello. Nell’isola pedonale di via Amaud troveranno collocazione i banchi dei prodotti agricoli tipici della valle. Altri non alimentari saranno dislocati in via Amaud, zona Foresteria valdese.
PROBLEMI AT T A LATTERIA DI BOBBIO — Rischia
di tramontare il progetto di collegamento fra le
cooperative lattiero casearie della vai Pellice, della vai Chisone e di Prarostino. L’ipotesi di raccogliere tutto il latte delle valli e di trasformarlo nel
centro di Bobbio Pellice è incappato negli anni in
vari problemi, dal non pagamento del latte agli
elevati costi di gestione. La vai Chisone sembra
sul punto di chiudere, la Latteria di Bobbio ha già
chiuso e recentemente ripreso una parziale lavorazione del latte senza vendita sul posto. Intanto
molti produttori di latte ormai conferiscono il
proprio latte ad altri caseifici piemontesi.
DOPO ALLUVIONE: IL RUOLO DEL MAGISPO —
«L’aspetto di maggior insoddisfazione non è riconducibile agli interventi di oggi ma alle responsabilità del passato del MagisPo che con la
sua lentezza operativa ha rallentato le operazioni per prevenire i disastri provocati da un clima
impazzito». Così Giorgio Merlo a commento degli interventi previsti nel Pinerolese (e di quelli
non previsti). Se sono stati impegnati 20 miliardi
sulle aste del Pellice e del Chisone molti interventi restano al palo e con l’imminenza della primavera con le sue prevedibili piogge, cittadini e
amministratori sono giustamente preoccupati.
TORRE: AL VIA I LAVORI NELL’ISOLA PEDONALE
— È fissato per lunedì 26 marzo l’inizio dei lavori nell’isola pedonale di via Repubblica a Torre
Pellice. Il centro si rifà il look e vengono rifatti
anche i tratti di illuminazione pubblica della zona. 1 residenti hanno ricevuto una nota informativa sui lavori che comunque incideranno per
diversi mesi sulla mobilità dell’area.
NATURALIA ET ARTIFICIALIA — Un titolo curioso
per una mostra che sarà inaugurata lunedì 26
marzo alle 17,30 all’Ipssar «A. Prever» di via Carlo Merlo a Pinerolo. L’esposizione è divisa in
due parti principali: una relativa alle testimonianze antecedenti alla comparsa dell’uomo
sulla terra e una seconda sulle tracce lasciate
durante la preistoria dai primi esseri umani.
Apertura: dal 27 marzo al 6 aprile, solo giorni feriali, ore 9-12, e il mercoledì e venerdì anche 1417. Per informazioni tei. 0121-72402.
Dal prossimo ottobre sostituirà quello lesionato
Nuovo ponte a Miradolo
In previsione anche una variante alla strada provinciale
161, perennemente congestionata dall'intenso traffico
MASSIMO GNONE
La decisione è presa.
Sarà nuovo di zecca, e
ACQUA E VAL PELLICE — Il Lions Club Luserna
San Giovanni-Torre Pellice propone un incontro
per discutere di gestione, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio idrico e naturale della
vai Pellice. L’appuntamento, con gli interventi
fra gli altri dell’assessore regionale alTAmbiente
e ai Lavori pubblici, Ugo Cavallera, è previsto
per sabato 31 marzo, alle 9,30 alla Casa valdese
di Torre Pellice.
definitivo, il ponte fra Pinerolo e Miradolo. Nel
frattempo, forse, saranno
sostituite anche le vecchie indicazioni sulla statale 23 in direzione vai
Chisone che continuano
a indicare l’uscita per San
Secondo. Il vecchio ponte, danneggiato dall’alluvione dell’ottobre scorso,
sarà completamente sostituito e già in autunno
le automobili potranno
transitare da Pinerolo alla
frazione di San Secondo
senza lunghe deviazioni.
È la promessa fatta dall’assessore alla viabilità
della provincia di Torino,
Luciano Ponzetti, nel corso delTincontro pubblico
di venerdì 16 marzo in
un’affollata sala consiliare di San Secondo.
«Il nuovo ponte sarà
lungo 80 metri invece dei
60 attuali - spiega l’ing.
Fegatelli, incaricato del
progetto - e sarà largo 14
metri invece dei 6 e mezzo del vecchio ponte:
questo consentirà la costruzione di due marciapiedi laterali e permetterà il passaggio di ca
mion e mezzi pesanti».
Sei mesi per la costruzione, al termine dei quali
sarà aperto al traffico, e
altri sei per le opere di difesa e la sistemazione definitiva, che comprende
anche la realizzazione
del ponte sul canale Chisonotto e il ripristino della traversa per la presa
d’acqua della bealera di
Osasco. L’opera costerà
circa 10 miliardi, iva inclusa, e inizierà a marzo.
Intanto il proprietario
di un’abitazione di Miradolo colpita dalla furia
del Chisone si lamenta:
«Sono passati cinque mesi daU’alluvione - dice - e
non è stato fatto nulla,
non abito più nella mia
casa perché non mi sento
assolutamente sicuro: se
succede qualcosa chi sarà
il responsabile?». Gli fanno eco altri abitanti di
San Secondo. «È inutile
costruire un nuovo ponte
se non si fa manutenzione degli argini del Chisone». La parola passa al
MagisPo: «La Provincia
non è competente in materia», risponde Ponzetti.
È ufficiale anche la
realizzazione della nuova
rotonda sulla provinciale
161 al bivio per San Se
condo e Osasco. Avrà un
diametro di 18 metri,
passaggi pedonali e marciapiedi, per una spesa di
260-280 milioni. Le dimensioni relativamente
modeste consentiranno
di dare avvio ai lavori
senza toccare le recinzioni circostanti e quindi
senza espropri. «Entro 8
o 9 mesi si potrebbe arrivare al cantiere», sostiene Ponzetti, che ritorna
anche sulle prospettive
di realizzare un nuovo
asse di collegamento con
la vai Pellice: una vera e
propria variante alla provinciale 161, che partirebbe dalla circonvallazione di Bibiana, opera
che sarà realizzata in
tempi molto brevi, passando per Cappella Merli, Garzigliana, Macello e
attraverso la nuova circonvallazione di Osasco,
in fase di studio, possa
installarsi nella circonvallazione di Pinerolo.
Una proposta che piace
anche all’assessore alla
viabilità della Comunità
vai Pellice, Giorgio Odetto: «Lavorare sulla 161
sarebbe molto difficile dice Odetto - per la presenza di traffico e la
mancanza di spazio».
Il percorso naturalistico
Come valorizzare
la «Ghiandaia»
Un chiarimento sugli interventi del dopo alluvione
Il MagisPo rassicura i Comuni
DAVIDE ROSSO
LOU DALFIN A RADIO BECKWITH — Venerdì 23
marzo dalle 16,15, Sergio Berardo, fondatore,
cantante e ghirondista dei Lou Dalfin, sarà ospite degli studi di Radio Beckwith nel corso della
trasmissione di dj French, per presentare il nuovo album del gruppo: La fior Do lo Dalfin.
PINEROLO: RAPINATA AL BANCOMAT — Nuova
rapina, dopo quella di qualche mese fa a Luserna, a uno sportello Bancomat, questa volta in
corso Torino a Pinerolo. Un malvivente, con il
volto coperto da una sciarpa e armato di pistola,
si è fatto consegnare le 200.000 lire appena prelevate da una ragazza 23enne di Pinerolo.
DOPO il grande sconcerto vissuto a Pinerolo la settimana scorsa
per la notizia che fra gli
interventi finanziabili da
parte del Magistrato per
il Po relativi alla messa in
sicurezza del Chisone dopo gli eventi alluvionali di
ottobre non vi siano quelli di arginatura in zona
Torrione, Galoppatoio e
ponte Chisone, la situazione sembra chiarirsi, figurando ora nuovamente
questi interventi fra quelli
finanziabili. 11 9 marzo i
sindaci di Pinerolo, Macello, Vigono, Cavour e
San Germano hanno avuto un incontro con il presidente del MagisPo a Torino, in cui hanno chiesto
chiarimenti in merito ai
«non finanziamenti». Il
Magispo ha rassicurato i
rappresentanti pinerolesi
dichiarando di impegnarsi nella progettazione da
subito dei tre interventi
su Pinerolo e che per la
realizzazione di questi si
attingerà ai ribassi d’asta
complessivi e poi all’inizio di questa settimana
ha fatto sapere di aver
trovato i fondi necessari
agli interventi relativi alla
zona di ponte Chisone e a
quella del Torrione.
Intanto il 22 marzo è
previsto un nuovo incontro a Torino tra i rappresentanti dei Comuni e
quelli di Regione e Provincia sempre in merito
agli interventi spendali e
alla messa in sicurezza
del Chisone. La settimana scorsa poi si sono riuniti anche i sindaci delle
valli Chisone e Germanasca che hanno affrontato
a loro volta il tema arginature e finanziamenti
del Magispo. «La situazione - ha detto Roberto
Prinzio, presidente della
Comunità montana valli
Chisone e Germanasca e
sindaco di Villar Perosa
vede finanziamenti per
circa 10 miliardi complessivi nel nostro territorio (dei 20 richiesti) ma ci
rendiamo conto che la
“coperta” era corta e che
tagli erano necessari.
Non possiamo tuttavia
dare un giudizio definitivo non avendo conoscenza ancora dei dettagli degli interventi ma solo indicazione di località».
La posizione si fa meno conciliante invece
quando il discorso si
sposta sul problema del
ponte di Villar Perosa
trascinato via dalla piena
del Chisone. «Ci avevano
avvertito - dice ancora
Prinzio - di una possibile
conferenza dei servizi sul
ponte che si sarebbe dovuta tenere il 7 marzo invece non se ne è fatto
nulla. Mi pare sia ora che
la conferenza venga convocata e che una decisione venga presa».
Un progetto per quattro filoni d’intervento: il
recupero delle aree percorse dal fuoco, la manutenzione dei corsi d’acqua, la pulizia dei sentieri e lo sviluppo agricolo.
L’area coinvolta è quella
del percorso naturalistico «La ghiandaia», che si
estende nei boschi dell’inverso di Torre Pellice
e Luserna San Giovanni e
per la quale la Provincia
di Torino ha pronto un
finanziamento di 165 milioni. «L’interesse di valorizzare quest’area è partito dai due Comuni nell’estate 2000 - spiega
Piervaldo Rostan, consigliere delegato all’agricoltura, all’ambiente e alla
montagna della Comunità montana vai Pellice
-: nella zona sono presenti due agriturismi, ma
anche la Gianavella, coinvolta in un progetto naturalistico e di accoglienza..
Così abbiamo risposto a
un bando provinciale, interrogandoci su quali fossero le caratteristiche e le
peculiarità da valorizzare,
per un’area già interessata dal percorso naturalistico istituito dal Comune
di Torre Pellice nel 1990».
Il progetto sarà operativo entro la fine di marzo. Il primo settore d’intervento riguarda il ripristino delle zone percorse
dal fuoco, quindi la realizzazione di riserve
d’acqua e il recupero nei
prossimi 5 anni delle
piante carbonizzate, con
la collaborazione di sog
getti privati ai quali saranno devoluti dei contributi. Di concerto con
il Comune di Torre Pelli,
ce che interverrà nella
parte bassa con i fondi
per l’alluvione, si potrà
procedere a una serie di
opere di manutenzione
sui corsi d’acqua. Lo
stesso vale per segnaletica e pulizia di sentieri e
mulattiere che hanno bisogno di manutenzione
per essere transitabili:
due su tutti, la mulattiera per a Pian Pra e il sentiero della Gianavella.
«Una parte particolarmente importante del
progetto - continua Rostan - riguarda l’intervento sui castagni presenti nella zona: complessivamente 300 alberi
su una superficie di
ettari nei comuni di Torre Pellice e Luserna San
Giovanni. La potatura di
risanamento di questi
esemplari secolari sarà
eseguita dalla Comunità
montana con delle im
prese specializzate e i lavori saranno effettuati
con contributo in conto
capitale deH’80% delle
spese. Il rimanente T
resta a carico dei privati»,
I proprietari o conduttori
dei castagneti possono
rivolgersi alTufficio tecnico della Comunità montana entro il 2 aprile per
la presentazione delle domande di contributo.
Lungo il percorso della
«Ghiandaia» saranno affissi degli avvisi informativi dell’iniziativa.
POSTA
Il teatro
della Resistenza
Nell’ultimo numero de «La beidana», il n. 40 di febbraio 2001, è
uscito un articolo su «Il teatro della Resistenza» dove ho trovato alcune notizie che vorrei chiarire. Si
parla della scoperta casuale di un
altro dattiloscritto «dimenticato»
in vai Pellice dall’autore. Poi a pagina 13 si legge: «Il testo fu scritto
certamente negli anni 1946-47 da
Antonio Prearo. Una copia venne
consegnata dall’autore alla signora Niny Frache e mai reclamata.
Nel 1994 questa signora ha ritrovato il testo consegnandolo a Enzo Prearo, figlio dell’autore...».
Io preciso che questo testo, alla
fine del 1947, non venne consegnato a me, ma a mio marito Aldo
Frache, alla presenza di altri tre
amici partigiani. Il Prearo aveva
desiderio di presentare una sua
commedia che aveva scritto e voleva conoscere il parere di alcuni
amici. Il parere fu che lo scritto
doveva essere rivisto in alcune
parti. Il dattiloscritto fu lasciato a
casa nostra dove il Prearo tornò
altre volte per esaminarlo. Che io
sappia non fece ulteriori cambiamenti. Forse l’ultima visita presso
di noi fu quando ci portò in dono
una copia del suo libro «La Sacra
di San Michele», cioè nel 1966 o
poco dopo. Rinnovò il desiderio di
lasciare il testo, che sarebbe venuto a prendere, con la preghiera di
non divulgarlo.
Alla morte di mio marito aspettai la visita del Prearo, o almeno
un suo cenno riguardo al suo la
voro. Cercai anche di rintracciarlo, ma invano. Quando venni a conoscenza della morte del Prearo,
non volli tenere presso di me ciò
che non mi apparteneva e, appena mi fu possibile, consegnai il testo al figlio Enzo. «Vita di ribelli»
non fu né dimenticato né ritrovato, semplicemente non fu divulgato per desiderio dell’autore.
La foto di pag. 13, che così bene
si inserisce nelle vicende descritte,
è stata per caso trovata da me recentemente e distribuita tra i familiari e amici per rinnovare la
memoria. Abbiamo anche l’elenco
completo dei nomi, impegno non
facile dopo 50 anni.
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Torre Pellice
Festa di canto
La «Festa di canto» delle corali
valdesi a Torre Pellice, è stata una
bella occasione di incontro e di
comunione fraterna. Questo aspetto è stato messo in luce soprattutto dall’esecuzione degli inni d’insieme, quando circa 300 voci, di preparazione e direzione differenti, si sono unite in perfetto
accordo per presentare gli inni del
nuovo Innario proposti alle chiese.
Purtroppo, un piccolo e marginale episodio ha amareggiato e
tolto a qualcuno il piacere di stare
insieme: una signora che era entrata con i suoi due bambini è stata invitata da una persona del
pubblico a uscire, perché i piccoli
«disturbavano» l’ascolto. Al contrario, durante il culto del mattino
al Serre di Angrogna, al quale ho
partecipato con le corali della vai
Germanasca, due altri bambini
hanno potuto ritagliarsi un loro
spazio tra i banchi, muovendosi
liberamente in silenzio, senza che
nessuno sembrasse farci caso.
Mi rendo conto che la presenza
dei bambini ai culti o ai concerti
causa reazioni contrastanti nelle
comunità: alcuni sostengono che
a qualsiasi età bisogna rispettare!
diritto dei partecipanti all'ascolto^
altri invece che escludere i bambe
ni da simili occasioni toglierebbe
loro per sempre la voglia di seguirle in futuro. Quale possa essere l’opinione di chi leggerà queste
poche righe, vorrei soltanto rilevare come un gesto di insofferenza
può rattristare un momento di fO'
sta che una famiglia della nostra
chiesa si aspettava certamente
molto più simpatico e cordiale.
Ada Poèt- Perrerc
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Festa della donna
8 marzo, festa della donna viS"
suta in fraternità nella comunri
dei credenti ad Angrogna. Grazi
di cuore ad alcuni fratelli, e tralO'
ro il pastore, che hanno prepara'
e servito la cena a delle sore'
all’insegna della semplicità e deh
comunione che ha donato in
sto conviviale incontro serenità,
gioia. Grazie soprattutto allo Sp>
rito che ha suscitato tanta le'i^'
nei nostri cuori e che ci spins^
continuamente avanti nel servii
che siamo tutti e tutte chiama"
svolgere.
Un gruppo di sorelle inP
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venerdì 23 MARZO 2001
E Eco Delle Yaui Aàldesi
PAG. 13 RIFORMA
Il Centro dell'Esercito della Salvezza vede aunnentare le presenze
In vacanza a Bobbio PelUce
Dopo i lavori di ristrutturazione, i servizi più moderni e i costi contenuti attirano
un numero sempre maggiore di ospiti nei locali delle ex «casermette»
____hervaiporostan
IN cinque anni (dal ’95
al 2000) le presenze sono salite del 325%. A contare su cifre così positive,
un vero e proprio boom,
è il Centro vacanze dell’Esercito della Salvezza
di Bobbio Pellice, affidato
aiia direzione di Emanuele Pavoni che appunto da cinque anni è arrivato in alta vai Pellice
con la moglie per occuparsi di quelle che nel
linguaggio popolare vengono ancora oggi definite
le «casermette». In questi
anni sono stati effettuati
importanti lavori di ristrutturazione passando
dalle camerate a più consone camere (60 i posti
letto in questa sistemazione) e ad alloggi da due,
4 e 6 posti letto. In totale
121 i letti a disposizione.
Malgrado i lavori le tariffe
sono contenute e alla
portata di tutti: si va dalle
24.000 alle 30.000 per il
soggiorno, cifra che al
massimo raddoppia con
la pensione completa.
«Pagate le spese di gestione - precisa Emanuele Pavoni - gli utili vengo
no destinati al Centro sociale di Roma che si occupa di emarginati, immigrati, barboni (Pavoni
ha prestato proprio là il
suo servizio prima di arrivare a Bobbio, ndr), oppure vengono indirizzati
ad interventi di evangelizzazione».
Pavoni spiega la crescita così elevata nelle presenze: «Quando giungemmo a Bobbio il centro aveva una forte necessità di rinnovarsi e in
questa linea abbiamo
operato - racconta i
nostri ospiti arrivano, oltre che dall’Italia, dalla
Svizzera, dalla Francia,
dalla Germania e dall’
Inghilterra. Si tratta in
maggioranza di evangelici con una tendenza all’aumento dei gruppi ma
anche delle famiglie. Il
“passaparola” è la nostra
miglior pubblicità».
Oltre 12.000 presenze
nel 2000, di cui la metà
fra luglio e agosto, ma la
grande diversità nelle
presenze non pare causare problemi di gestione: «Oltre a me e a mia
moglie - puntualizza il
direttore - abbiamo due
impiegati, uno nella manutenzione e uno per la
pulizia. Per la gestione
della cucina ci affidiamo
alla cooperativa “Guide
d’Oc”». Siamo in presenza di un centro evangelico; in che cosa l’ospite si
avvede di ciò? «Quando
gli ospiti arrivano facciamo loro presente la storia del Centro e presentiamo loro le attività di
studio biblico che vengono condotte, con assoluta libertà di parteciparvi
o meno - spiega ancora
Pavoni -. Ci sono poi i
tradizionali campi famiglia in agosto e i campi
artistici (musica, canto,
recitazione) che l’anno
scorso hanno richiamato
persone anche dagli Stati
Uniti». Il 15 agosto abbiamo poi un raduno evangelico; nel 2001 ospiteremo per un week-end
dei giovani soldati (studenti dell’Esercito della
Salvezza) del Nord Italia
in formazione».
La struttura deve le sue
fortune anche alla capacità di relazionarsi con il
territorio e di cogliere al
volo determinate occasioni. Da alcuni anni vi si
organizza un torneo internazionale di calcio (il
Centro vacanze di Bobbio Pellice ha una «sua»
squadra), l’anno scorso
ha collaborato con l’accoglienza dei bambini
bielorussi arrivati in valle
grazie all’attiivtà del Sassolino bianco; quest’anno sono previste quattro
settimane di scuola calcio organizzate dal Barcanova (società vicina al
Torino calcio) che porterà nel paese dell’alta
vai Pellice 40 bambini
per settimana.
E cqn i piccoli calciatori
arriveranno anche le famiglie, creando sul paese
un bell’indotto economico. Unico problema il
campo di calcio, in parte
asportato dall’alluvione e
che il Comune si è impegnato a ripristinare. E
grazie a questo costante
rapporto col mondo giovanile si è costruita la crescita del Centro vacanze
che unendo la serenità
della fede alla tranquillità
dell’ambiente dell’alta vai
Pellice ha saputo realizzare una cultura dell’accoglienza e anche un
buon ritorno economico.
M Torre Pellice
Studiare
i servizi
______SERGIO RIBCT
Gianluca Barbanotti ci ha informato (v.
Riforma, 9 marzo, pag. 6)
sulle linee principali della nuova legge approvata
l’8 novembre 2000, nell’articolo «La riforma dell’assistenza in Italia».
Mi ha fatto molto piacere leggere un apprezzamento al lavoro della
«Bottega del possibile», e
credo debba essere segnalato il duplice incontro che la Bottega offre,
il sabato 24 marzo (alle
ore 9-17,30) e il sabato 7
aprile (ore 15-19) su «La
nuova legge n 382-2000
per la realizzazione del
sistema integrato di interventi e servizi sociali».
Gli interventi previsti, a
cura di Franco Dalla Mura, Franco Vernò, Mauro
Ferino e Amalia Neirotti,
fanno prevedere un aggiornamento approfondito e competente. Spero
che gli amministratori
delle nostre valli sappiano cogliere l’occasione.
Sarebbe troppo sperare
che vi possa essere anche
qualche pastore/a, qualche diacono/a, qualche
amministratore delle nostre opere non timoroso
di informarsi?
Tot
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Un prowedimendo causa polemiche a Luserna
Liei e il Piano regolatore
Due sedute di Consiglio comunale in una settimana per Luserna San
Giovanni. La prima, martedì 13 marzo, è stata
contraddistinta dall’approvazione, con i voti
della maggioranza, del
preliminare per la variamone del Piano regolatore nell’area industriale.
Un’operazione che, per il
vicesindaco Paolo Gardiol, finalmente «dovrebbe consentire ai coltivatori di non pagare Pici».
Eppure è proprio su questo punto che si sono accesi gli animi, sulla scia di
SGcuse e polemiche sollevate dal capogruppo di
«Alternativa per Luseraa», Danilo Colomba, che
ba minacciato denunce ai
carabinieri e sottolineato
la presenza di interessi
personali: «Un’azione
pretestuosa - commenta
Cardio! -, una strumentalizzazione politica».
In questo clima teso, il
Consiglio si riunisce di
nuovo martedì 20 marzo, a giornale già in
stampa, per la l’approvazione del bilancio preventivo 2001, che pareggia a 12 miliardi e mezzo, con una spesa corrente che supera gli 8
miliardi. Resta invariata
Pici che si ferma al 6 per
mille, con la detrazione
di 250.000 lire per la prima casa, mentre bisogna
registrare l’aumento di
circa il 20% della Tarsu,
per i costi crescenti sostenuti dall’Acea per raccolta e conferimento in
discarica dei rifiuti. Da
quest’anno Luserna applica anche l’addizionale
Irpef, contenuta allo
0,2%. Sale a 48.000 lire
per abitante (nel 2000
scorso era di 38.000) il
contributo del Comune
al settore socio-assistenziale della Comunità
montana. Dovrebbe esserci un avanzo di amministrazione di 230 milioni, ma per la cifra esatta
occorrerà aspettare la
chiusura del consuntivo
2000. Tra i maggiori investimenti previsti quest’
anno ci sono: la sistemazione dell’area marcatale,
con opere per 150 milioni
parzialmente coperti proprio dall’addizionale Irpef, la manutenzione di
via Fuhrmann, in direzione Torre Pellice fino a Villa Olanda, l’intervento
nell’area della stazione
ferroviaria in via Marconi
e il riabbassamento e la
riasfaltatura di via Malan.
Angrogna, Consiglio connunale
Il bilancio risanato
Non sono emersi particolari problemi nel Consiglio comunale di Angrogna tenutosi mercoledì
14 marzo chiamato ad
approvare il bilancio e la
relazione programmatica
2001-2003. La discussione è stata costruttiva e il
bilancio, risanato dalla
amministrazione Sappé
rispetto alla difficile situazione di qualche anno
fa, pareggia sulla cifra di
1.808 milioni, con circa
mezzo miliardo di contributi dagli enti superiori e
923 milioni di spese correnti. È stato possibiie
non aumentare l’addizionale Irpef e riaccendere
finalmente un mutuo per
l’acquisto di un nuovo
pulmino, visti i 15 anni di
età dell’attuale. L’autolinea, fra l’altro, sarà prolungata fino all’ospedale
di Torre e, dagli Stalliat,
scenderà fino ai Nazzarotti servendo così una
parte degli abitanti di San
Giovanni. Inoltre si è costituita una associazione
sportiva di pesca e il Comune ha avviato la pratica perché i giovani in età
di servizio militare o civile possano essere utilizzati come coadiutori del
personale ad Angrogna.
Il Consiglio poi ha approvato una protesta
contro l’inefficienza del
Magistrato del Po nella
ricostruzione degli argini
dei fiumi e dei ponti. Infine è stato ascoltato il
presidente dei neonato
Consorzio vai d’Angrogna. Eli Peyrot, sulla situazione delle bealere e
sulle ipotesi di miglioramento e valorizzazione
della bealera Peyrota.
•i È scomparsa a 100 anni
Clementina Grand
PAOLO RIBET
Il marzo è mancata,
I aPinerolo, Clementina Grand vedova Revel.
arala decana della comunità e un senso di tristezza ha colto tutti coloche la conoscevano e
a apprezzavano. La nojra sorella era molto anana, è vero: aveva comPteto cento anni solo pomesi fa. Ma proprio
questo traguardo da lei
'®8giunto, unitamente
0 spirito sempre molto
ace e l’amore che ha
5 portato per la
a chiesa la rendevano
di e un punto
^ferimento per molti.
Luserna San Gioo^'^nell’estate del ’900,
onderà ancora bambir ® ®ua famiglia si recò,
Cawn Valli a
i due secoli, in
aiw’® n Nizza, fu
niessa in chiesa nel
1914. Tornata in patria
per lo scoppio della guerra, non si mosse più. Si
sposò, ebbe una figlia, rimase vedova ancora giovane; ma con la figlia
strinse un sodalizio molto bello e forte che è durato fino all’ultimo. Con
lei condivise lavoro, gioie
e dolori. Negli anni della
costruzione di Agape a
cui Nella, la figlia, partecipò molto attivamente,
la sua casa fu un punto di
incontro per tanti giovani
e il loro negozio di modista, in cui collaborava,
dava la possibilità di
esprimere il senso del
bello e l’estro artistico.
Ecco, l’impegno attivo
per la chiesa e la capacità
di cogliere la bellezza
della vita sono i segni
della testimonianza della
vita umile ma piena di
questa sorella che con fedeltà ogni domenica ascoltava il culto radio.
Incontro sindacati-Comune
Da Beloit a Pmt
Ha avuto un primo effetto la lettera inviata dai
dipendenti dell’ex Beloit
Italia, ora Pmt, nelle settimane scorse alla nuova
proprietà e alle forze politiche. Infatti martedì 13
marzo una delegazione
di lavoratori Pmt e di
rappresentanti dei sindacati ha incontrato in
Comune a Pinerolo il
sindaco, Alberto Barbero
e l’assessore al Lavoro,
Giampiero Clement, che
li avevano invitati per discutere delle questioni
evidenziate nella lettera e
avere uno scambio di
informazioni sulla situazione della fabbrica.
Nel comunicato i dipendenti ex Beloit avevano espresso preoccupazione soprattutto per la
situazione dell’azienda,
sempre più, sostenevano, indirizzata verso il
«terzismo», ma anche
per la necessità di chia
rezza nei rapporti fra le
parti; per questo nel corso dell’incontro in Comune si è affrontata in
particolar modo la questione relativa al terzismo e alla necessità di
chiarezza in materia ma
anche la situazione delle
pratiche relative alla variante al Piano regolatore
per la zona ex fonderie
Beloit che la proprietà
vorrebbe trasformata in
residenziale per poter
vendere e quindi ottenere fondi investibili.
Al termine della riunione l’amministrazione
di Pinerolo ha manifestato l’intenzione di convocare al più presto anche
la proprietà dell’azienda
per verificare quali siano
le sue intenzioni e cercare di arrivare a una soluzione che permetta un
reale ritorno alla normalità degli stabilimenti di
via Martiri del XXI.
Perosa
1100 anni
di Albina
Albina Bertalotto di Perosa Argentina, vedova di
Luigi Costantino, compie
100 anni. Nata il 22 marzo del 1901, è originaria
di Prageria di Perosa, ed
è quasi sempre vissuta in
vai Chisone dove ha allevato tre figli, due maschi
e una femmina, lavorando assiduamente la campagna fin da ragazza e
poi aiutando anche il
marito, bidello per molti
anni alle scuole di Perosa. Attualmente la signora Albina vive con la figlia Iris a Perosa Argentina. È in perfetta salute,
legge tutti i giorni il giornale, segue gli avvenimenti alla televisione e
racconta volentieri episodi della sua vita. Unico
suo rammarico: non avere più le forze per arrampicarsi in montagna per
raccogliere i funghi.
NELLE CHIESE VALDESI
AGAPE — A partire da giovedì 15 marzo, è possibile
iscriversi ai campi estivi di Agape, tei. 0121807514, fax 0121-807690. Dal 16 al 18 marzo,
week-end uomini.
INCONTRO PASTORI, VISITATORI, CIOV — Giovedì 22 marzo, alle 17,15, all’ospedale di Torre
Pellice, incontro tra pastori, visitatori e responsabili della Ciov sulla cura d’anime e visite in
ambito ospedaliero.
BOBBIO PELLICE — Culto in francese domenica 25
marzo. Martedì 27 marzo, alle 20, riunione quartierale a Campi.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 25 marzo,
assemblea di chiesa. Riunioni quartierali: venerdì 23 marzo, alle 20,30, agli Airali, lunedì 26
marzo a Bricherasio, martedì 27 marzo, alle Vigne. Martedì 27 marzo, alle 20,45, studio biblico.
MASSELLO — Domenica 1° aprile, alle ore 11, è
convocata l’assemblea di chiesa sulla relazione
morale, elezione del deputato/a al Sinodo e alla
Conferenza distrettuale.
FERRERÒ-MANIGLIA — Domenica 25 marzo, assemblea di chiesa (sulla relazione finanziaria),
alle 10, con culto unico a Ferrerò.
PINEROLO — Giovedì 22 marzo, alle 15, incontro
dell’Unione femminile; parteciperà Ettore Serafino, che presenterà il suo libro «Quando il vento le pagine sfoglia», tutta la comunità è invitata.
Domenica 25 marzo, alle 10, culto a cura
dell’Unione femminile, al termine vendita di
torte, i cui proventi sono destinati all’Uliveto.
POMARETTO — Incontro al Centro anziani di Perosa, venerdì 23 marzo, alle 16. Riunione quartierale mercoledì 28 marzo, alle 20,30, ai Maurini.
FRALI — Giovedì 22 marzo, incontro dell'Unione
femminile. Martedì 27, riunione quartierale a Orgere, alle 20, mercoledì 28, riunione ai Giordano.
PRAMOLLO — Giovedì 22, alle 20, riunione quartierale al museo dei Pellenchi; lunedì 26, alle 20, al
presbiterio, incontro del comitato del museo.
PRAROSTINO — Domenica 25 marzo, alle 9, culto
al Roc, alle 10,30, culto a Pralarossa. Riunioni
quartierali: mercoledì 28 marzo, alle 20,30, al
Collaretto, giovedì 29, alle 15, alla borgata Gay.
RORA — Giovedì 22, alle 20,30, riunione alle Fucine.
SAN SECONDO — Domenica 25 marzo, alle 10, culto con assemblea di chiesa, alTodg: le scelte non
espresse dell’8 per mille. Documento a cura della Commissione ad hoc nominata dalla Tavola.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 23
marzo agli Appiatti, martedì 27, all’Inverso. Lunedì 26 marzo, alle 20,45, al presbiterio, inizio
del 5° ciclo di studio biblico su «Le lettere di
Paolo e gli altri scritti del Nuovo Testamento».
VILLAR PELLICE — Venerdì 23 marzo, alle 20,30,
riunione quartierale al Ciarmis; sabato 24, alle
21, nella sala valdese, serata di diapositive presentate da Micaela Fenoglio su «Immagini, colori
e suoni della Nuova Caledonia». Domenica 25,
alle 20,45, nella sala valdese la filodrammatica di
Villar Pellice ripresenta «I sagrin ’d don Taverna»
di Luigi Oddoero e la farsa «Attenti a quei sordi».
Martedì 27, ore 20,30, riunione quartierale ai Garin e venerdì 30, alle 20,30, riunione al Serre.
Visite di turisti malgrado la neve
La Ghieisa d'Ia tana
Neppure la copiosa nevicata di marzo è riuscita a
fermare i visitatori dei luoghi storici della vai d'Angrogna. L’accesso alla Ghieisa d'ia tana è stato tempestivamente reso praticabile dall’infaticabile Adriano
Chauvie, onnipresente in qualsiasi circostanza e animatore nei luoghi della storia valdese in vai d’Angrogna. L’impegno del Comitato luoghi storici (nella suggestiva foto il pannello indicativo sotto l’abbondante
coltre nevosa) si esprime anche in altri punti, a cominciare da Pradeltorno con nuove iniziative legate
al Coulège dei barba. Questi veri e propri «musei
all’aperto» sono meta di migliaia di persone ogni anno e la scorsa settimana anche la troupe di Rai2 ha effettuato delle riprese per «Sereno variabile».
18
PAG. 14 RIFORMA
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VENERDÌ 23 MARZO 2|¡j|
SPORT
CAMPIONATI STUDENTESCHI
DI SCI
Si è svolta a Sestriere lo scorso
14 marzo la giornata promozionale studentesca, categorie scuola
media di I grado, nel corso di
un’intera settimana dedicata alla
promozione delle attività sciistiche tra gli studenti delle scuole di
Torino e provincia. Nel corso della
gara, 2° trofeo «Verso Torino
2006», si sono comportati molto
bene alcuni allievi dell’istituto
comprensivo di Torre Pellice «Rodari» che sulla pista «Sises FI»
hanno disputato lo slalom gigante, piazzandosi ai primi posti sia
tra i ragazzi che tra le ragazze.
Nella categoria femminile Martina
Poèt (seconda media) è arrivata
terza, a 69 centesimi dalla seconda. Tra i maschi, primo posto per
Alex Pasquet (prima media), secondo per Alain Janavel, a 96 centesimi dal primo, terzo posto per
Davide Ricca.
Gli ottimi posti degli allievi
dell’istituto Rodati hanno fatto assegnare alla scuola il secondo posto assoluto tra le medie presenti.
La giornata è stata un successo di
partecipazione, al di là della gara,
con la presenza di centinaia di
giovani sportivi, tra i quali molti
alle primissime armi, assistiti da
tutta la squadrq di maestri e maestre di sci del Sestriere.
VOLLEY
Ancora un successo per il Body
Cisco Pinerolo che, vincendo ad
Asti con il Voluntas per 3-1, conferma la propria terza posizione in
B2, allungando il passo sulle dirette inseguitrici.
Nel campionato di terza divisione femminile il 3S Pinerolo è stato
battuto dal Carignano per 3-0
mentre in terza divisione femminile junior il 3S Luserna ha superato il Pap Piossasco per 3-0.
Nel torneo «Giocavolley Monviso» under 13 il 3S Pinerolo ha superato i cugini del 3S Luserna «A»
per 2-1, il Porte ha battuto 3-0 la
Piscinese e il Volleinsieme Orbas' sano ha superato la Pallavolo Pinerolo per 3-0. In classifica guida
il Porte con 11 punti.
TENNIS TAVOLO
Settimana assolutainente positiva per la polisportiva Valpellice
che ha trionfato a tutti i livelli. Venerdì 16 i neopongisti Paolo Geu
na e Matteo Pontet che frequentarlo la scuola elementare Rodari di
Torre Pellice si sono classificati 1°
e 2“ al trofeo «Teverino» (ex Topolino) a Torino, prova unica provinciale su 43 partecipanti per le
classi 4“ e 5“ elementare.
Sabato 17 nell’ultimo turno di
campionato la Valpellice ha vinto
in serie CI a Biella per 5-1 con due
punti di Davide Gay e Fresch e
uno di Malano; la serie C2 ha vinto a Cambiano per 5-4 con due
punti di Girardon e Ghirardotti ed
uno di Picchi. Per la DI la squadra
«A» si è imposta a Torino sul Fiat
per 5-3 con due punti di Odino e
Peracchione e uno di Picchi mentre la squadra «B» ha vinto a Cuorgné per 5-1 con due punti di Piras
e Rossetti e uno di Del Pero. Nel
master Piemonte e Valle d’Aosta
nella categoria Nc Girardon e Alberto Picchi sono giunti 3“ e 4°.
CALCIO
Sconfitto per 1-0 a Centallo, il
Pinerolo si vede raggiunto al secondo posto nel girone B del campionato di Eccellenza, proprio nel
giorno del pareggio della capolista
Trino. Domenica a Pinerolo arriverà il Castellazzo.
X A Cavour
Settimana
della carne
Dopo il successo della
«giornata della carne» di
Luserna tenutasi domenica 18 marzo ecco affacciarsi a Cavour la seconda
edizione della «Settimana
della carne». La manifestazione, che aprirà i battenti il 25 marzo, presenta un calendario ricco di
appuntamenti, si va da
quelli gastronomici agli
spettacoli, dalle mostre
agli spazi per discutere.
La manifestazione cade
nel pieno di un momento
difficile per il comparto,
dopo «mucca pazza» e
l’epidemia di afta.
L'ultimo libro di Giorgio Tourn presentato a Porosa
L'autore si identifica con Daniel?
CLAUDIO TRON
Doveva nascere l’albero della libertà:
invece è nato «Daniel, il
valdese giacobino». Questo è uno dei segreti emersi nell’incontro di
presentazione del già
ben noto libro di Giorgio
Tourn a Perosa Argentina, sabato 10 marzo. Il titolo doveva far riferimento agli alberi della libertà nata con la Rivoluzione francese del 1789 e
al ciliegio di Daniel. Poi
ragioni di cautela nella
situazione dell’abuso
con cui si tratta la parola
libertà da parte di uno
schieramento politico
italiano hanno consigliato il titolo poi adottato.
L’albero della libertà
resta, intrecciato, come
ha ricordato Clara Bounous, con la vita e col
rapporto di tipo agricolo
che Daniel vive con la
natura. Sergio Ribet, proseguendo il discorso, ha
ricordato alcune delle
possibili letture del testo:
Daniel, quanto assomiglia proprio a Giorgio
Tourn? Quanto pesano
nella sua vita e nelle sue
scelte i problemi della fine del XX secolo? Giorgio
Tourn non ha negato
questo peso, pur ricor
dando che alla base del
suo libro sta una documentazione anche testualmente riportata.
Certamente la Rivoluzione francese ha significato un rivolgimento paragonabile a quello della
«interculturalità» di oggi.
L’estromissione dei palestinesi dallo Stato di Israele si è ripetuto in Libano e potrebbe ripetersi da qualsiasi parte nel
mondo. L’ottica della libertà resta difficile oggi
come nel 1789 e il compito della generazione
che gestirà l’avvio del III
millennio è arduo come
quello di Daniel.
L’Acea ha inaugurato l’impianto il 3 marzo, dopo la sperimentazione
L’impianto di compostaggio
Situato accanto al depuratore di Pinerolo, il compostatore trasformerà
i residui degli stralci e delle potature ma anche I fanghi di depurazione
Dopo una prima fase
di sperimentazione, sabato 3 marzo è stato
inaugurato il nuovo impianto di compostaggio
dell’Acea, che sorge accanto al depuratore di
Pinerolo e avrà nei pressi il nuovo impianto di
valorizzazione dei rifiuti
in frazione secca-umida,
ora in fase di realizza
zione.
Con l’inaugurazione
deirimpianto di compostaggio, dunque, l’Acea
pone un nuovo tassello
di quello che è destinato
a diventare un polo altamente tecnologico per il
sistema integrato per il
trattamento dei rifiuti, e
cioè l’organizzazione
della gestione globale
dei rifiuti, così da poter
rispettare gli obiettivi fissati dal «decreto Ronchi» che prevedono di
raccogliere in modo differenziato, entro il 2003,
almeno il 35% del totale
dei rifiuti urbani prodotti,
per avviarli al riutilizzo e
al riciclaggio.
L’impianto di compostaggio, che ha assorbito un costo di circa 9
miliardi di lire di cui 4 finanziati dalla Regione,
trasformerà in compost
di qualità gli sfalci verdi
e i residui di potatura, i
fanghi di depurazione
disidratati provenienti
dal depuratore e in futu
ro anche quelli provenienti dalla digestione
della frazione umida
dell’impianto in via di valorizzazione.
Il compost di «qualità»
non è una qualificazione
generica priva di reale
significato. Con il termine di «qualità», infatti, si
indica un tipo di compost particolarmente apprezzato dal mercato (a
differenza del comune
compost) perché la sua
composizione chimica e
fisica rispecchia rigide
tabelle previste dalla
normativa vigente e perché vista l’equilibrata
presenza di metalli e altre sostanze, si dimostra
particolarmente fertile.
La potenzialità dell’impianto è di 3.500 tonnellate annue di fanghi di
depurazione disidratati e
6.530 tonnellate l’anno
di rifiuti verdi per un totale di 10.OOp tonnellate.
Intanto, nei suoi pressi, sono iniziati i lavori
per la realizzazione deirimpianto di valorizzazione dei rifiuti in frazione secca-umida, la cui
attivazione è prevista
entro la primavera 2002.
Con questa nuova struttura, tecnologicamente
all’avanguardia e pressoché unica nel suo genere in tutta l’Europa del
Sud (nel mondo esistono tre impianti simili: in
Svezia, Finlandia e a
Tokyo), si potrà ridurre
del 90% la quantità di rifiuti ora conferiti in discarica. Una riduzione sorprendente, che permetterà di risolvere in maniera sostanziale e decisiva la problematica ambientale. Dalla frazione
umida, digerita secondo
un processo anaerobico
e prima ancora selezionata così da privarla di
tutti i materiali «pesanti»,
verrà prodotta energia
che servirà ad alimentare lo stesso impianto e
fanghi che, come si è
detto prima, verranno
destinati aH’impianto di
compostaggio. La frazione secca, invece, dopo
la selezione e l’essiccatura, verrà trasformata in
combustibile.
Il nuovo impianto, la
cui spesa di realizzazione si attesta attorno ai
40 miliardi di lire, rivoluzionerà interamen- te
l’attuale sistema di
smaltimento e raccolta
dei rifiuti. Anche i cittadini, però, dovranno cambiare le loro abitudini,
suddividendo già nelle
loro abitazioni i rifiuti
prodotti quotidianamente in materiale umido e
secco. Per «testare»
l’intero sistema, è già
stata avviata a Frossasco una fase di sperimentazione. Questa fase permetterà di valutare, in modo corretto, le
difficoltà e le esigenze
dei cittadini, così da poter «tarare» il sistema
nella maniera più facile
e accessibile. Nei prossimi mesi, la sperimentazione verrà avviata
anche in un quartiere di
Pinerolo.
informazione pubblicitaria
APPUNTAMENTI
SERVIZI
VENERDÌ:
lAl
22 marzo, giovedì
TORRE PELLICE: Alle 15,30, nella biblioteca della
Casa valdese, conferenza di Giorgio Gualerzi su «Giuseppe Verdi e la sua opera: la trilogia popolare, il Trovatore, Rigoletto, la Traviata».
PINEROLO: Nell’auditorium di corso Piave, alle ore
21, presentazione di «Polvere, sale e ghiaccio», cronaca di un viaggio ciclo-alpinistico sulle Ande boliviane,
con Marco Berta e Grazia Franzoni.
23 marzo, venerdì
TORRE PELLICE: Assemblea ordinaria dei soci del
Cai, sezione della vai Pellice, nella sede di piazza Gianavello.
CANTALUPA: Alle 21, nella villa comuriale, incontro su «Riflessi dei quattro temperamenti tra vita e
musica», con Sergio Pasteris, professore di musica
corale e direzione del coro al conservatorio Giuseppe
Verdi di Torino.
TORRE PELLICE: Nell’ambito della Semaine du
français, cena con menu francese da Flipot, a cura del
Lions Club di Luserna San Giovanni e Torre Pellice.
PINEROLO: Nella chiesa di San Giuseppe, alle 21,
concerto di ritmi, canti e danze del Senegai, con il
gruppo di percussionisti e cantanti «Ceddo».
TORRE PELLICE: Al teatro del Forte, alle 21,15, va
in scena «Cuccarne uno per educarne cento», con
Brunella Andreoli. Ingresso lire 10.000, ridotto 8.000.
24 marzo, sabato
SAN GERMANO CHISONE: Alle 21, nella sala valdese, va in scena «Adam eterno, il Signore del tempo»,
con Maurizio Babuin. Ingresso lire 10.000.
CUMIANA: Nella sala incontri Carena, alle 21, va in
scena «Una strana coppia».
PINEROLO: Alle 17, nella saletta del Borg, corso Torino 27, inaugurazione della mostra collettiva «Pinerolo, le chiese, i monumenti, le piazze».
RINASCA: Concerto di primavera organizzato dalla
biblioteca comunale, alle 21, nel salone polivalente.
26 marzo, lunedì
~ PINEROLO: Nella sala al primo piano del seminario
vescovile, alle 20,45, incontro su «Un minerale dalle
mille sfaccettature: il talco», con la partecipazione di
Silvano Biasio, della Luzenac Europe.
27 marzo, martedì
CAVOUR: Alle 21, al palazzetto dello sport, va in
scena «L’eredità ’d magna Ninin», con la compagnia
Piccolo varietà.
PINEROLO: Alle 21, all’Accademia di musica, concerto con Andrea Lucchesini.
28 marzo, mercoledì
TORRE PELLICE: Alle ore 20,45, nella biblioteca
della Casa valdese, tavola ronda su «L’evoluzione del
pensiero nelle chiese valdesi dal dopoguerra ad oggi»,
con interventi di Davide Dalmas, Sergio Ribet, Giorgio Tourn e Anita Tron.
29 marzo, giovedì
TORRE PELLICE: Nella sede di via Roma 7, alle 21,
assemblea straordinaria della Cooperativa di consumo su: modifica dello statuto sociale, varie.
TORRE-PELLICE: Alle 15,30, nella biblioteca della
Casa valdese, conferenza di Giorgio Gualerzi: «Giuseppe Verdi e la sua opera: la prima maturità (1855--62)».
BRICHERASIO: Alle 21, nella sala Aldo Moro, serata
con l’associazione «Il sassolino bianco»: proiezione di
diapositive e resoconto sul vissuto dei bambini di Radun, Bielorussia. L'associazione è impegnata a sostenere iniziative a favore dell’infanzia.
30 marzo, venerdì
PINEROLO: Nella chiesa di San Giuseppe, alle 21,
concerto del duo arpa e violoncello, con Ilaria Vivian
e Antonino Puliafito. Ingresso libero.
TORRE PELLICE: Alle 20,45, nella Casa valdese, per
il gruppo studi Val Lucerna, conferenza del professor
Ferruccio Corsani su «Bach, il multiforme».
CANTALUPA: Nella villa comunale, alle 21, incontro su «Specchi di suoni, immagini, parole: conversazioni; ritratto da e per la musica», con Guido Donati,
professore di organo e composizione organistica al
conservatorio Giuseppe Verdi di Torino.
31 marzo, sabato
TORRE PELLICE: Nella sede delTassociazione Libera officina, via Angrogna 20, laboratorio sull’assemblaggio della plastica.
1“ aprile, domenica
TORRE PELLICE: Alle 15, nella casa delle attività
dell’associazione «Amici dell’ospedale», via Beckwith
5, assemblea annuale ordinaria dei soci.
GUARDIA MEDICA
notturna, prefestiva, festivi
telefono 800-233111
Dio,
• GUARDIA FARMAC
(turni festivi' con orario 8^22
DOMENICA 25 MARZO
Bobbio Penice: Moselli..
Maestra 44, tei. 92744
Perosa Argentina: Termiij
via Umberto I, telef. 81205
Pinerolo: San Lazzaro
so Torino 196, tei. 393858
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domenica alle ore 15,1] «mbra c
17,40, 20 e 22,20. AUasa fennazio
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in visione Amici Ahrafi Se le coi
ra; feriali ore 20,15 pperare
22,20, sabato 20,15 Satana»,
22,30, domenica 16,li possiamr
18,10, 20,15 e 22,20.
a: Torre Pellice
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Coppa Italia a Pinerolo
Arriva il curling
«Verso Torino 2006» si
avvicina alla chiusura
della seconda edizione.
Durante i due mesi di
promozione nei luoghi
dove fra cinque anni si
svolgeranno gli eventi
olimpici, oltre 9.000 ragazzi hanno avuto modo
di confrontarsi e conoscere molte delle discipline che saranno protagoniste. Sabato e domenica prossimi è in calendario, al Palaghiaccio, la
sesta e ultima prova di
coppa Italia di curling.
Saranno ospiti gli atleti
delle società storiche ita
liane a partire dal club
Tofane Cortina, al gruppo Pieve di Cadore, al
gruppo di Feltre.
In questo sport, che è
nato nel Nord Europa, il
Piemonte non ha tradizione e si tratta della prima gara ufficiale sul nostro territorio: la federazione ha avviato in collaborazione col 3S e i Draghi Torino, un programma di conoscenza e diffusione a Torino e Pinerolo. Sabato dalle 12 inizierà la fase di qualificazione; domenica dalle 8
alle 12 le finali.
Il 22 febbraio rUnit fate chi
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VFNERDI 23 MARZO 2001
PAG. 15 RIFORMA
Ip Alcune donnande sull'episodio biblico delle tentazioni di Gesù (Luca 4,5-7)
pio. Satana, il potere di questo mondo e noi
Sarei molto riconoscente se
Qualche sorella o fratello
avesse piacere di aiutarmi trovare una risposta sul nostro
settimanale a una questione
teologica che non so come risolvere. In Luca 4, 5-7 leggiajjo: «Il diavolo, condottolo in
alto, gli mostrò in un attimo
«tl tutti i regni del mondo e gli
' disse: “Ti darò tutta quanta
questa potenza e la gloria dì
questi regni: perché essa mi è
stata data, e la dò a chi voglio.
Se dunque tu ti prostri ad
adorarmi, sarà tutta tua”». Nel
versetto successivo Gesù, a
cui queste parole sono rivolte,
non smentisce le affermazione del diavolo, ma gli risponde soltanto: «Sta scritto: Adola il Signore Iddio tuo e a lui
solo rendi il culto». Da questo
testo, dunque, sembra si possano trarre due insegnamenti:
i) noi abbiamo da adorare il
Sgnore nostro Dio indipen
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tere» in senso costituzionale
democratico derivante da un
sistema di leggi che ricevono
un ampio consenso, ma è
quel «potere» dei regni dell’antichità dominate da padroni assoluti, proprietari
della vita stessa dei loro sudditi, e che quasi ovunque pretendevano di essere addirittura adorati come divinità.
Dunque, oggi si dovrebbe dire che chi abusa di un potere
pubblico o privato per soddisfare la sua propria sete di
«potenza» personale, è un
adoratore di Satana. L’osservazione pratica della vita
però ci dimostra cbe chiunque gestisca un potere, alla fine sempre si ammala di «potenza», e cioè che «il potere»
(anche quello istituito democraticamente) con il tempo
inevitabilmente «corrompe»,
e questo fatto ci lascia intuire
che il «potere» (qualsiasi po
tere) è veramente del diavolo.
E non abbiamo dubbi sul fatto che l’unica forma di «gloria» che la nostra fede può accettare di riconoscere è quella che vogliamo rendere solo
e unicamente a Dio e a nessun altro uomo.
Ma c’è un altro fatto: mi è
stato fatto notare che Luca 4,
6 cita delle parole che sono di
Satana non di Gesù, e noi
non abbiamo da credere a
quello cbe dice Satana, poiché è un bugiardo e dice cose
false per indurci in fallo. E
comunque noi non possiamo
«fare teologia» sulle dichiarazioni di Satana (che, tra l’aitro, usa frasi riprese da Daniele 4, 31-32). La domanda
«da chi viene l’autorità e il
potere degli uomini» è di non
poco conto, considerando
che su questo punto c’è una
grande differenza culturale
tra riformati e luterani: per i
luterani «l’autorità» è istintivamente avvertita come un
valore positivo e protettivo,
non tanto a causa dell’insegnamento di Lutero quanto
soprattutto per il fatto che
nel corso dei secoli i luterani
hanno quasi sempre solo vissuto sotto la signoria di capi
politici di fede luterana (siano essi stati i re scandinavi o i
principi tedeschi) che hanno
professato e difeso il luteranesimo. I riformati invece
(salvo poche eccezioni) hanno vissuto per secoli quasi
sempre solo sotto la signoria
(o in stato di ribellione contro la signoria) di autorità politiche fanaticamente cattoliche (o anglicane) che hanno
cercato con ogni mezzo di
sterminarli e la cui «autorità»
certamente non era altro che
la maschera di un potere
«che viene da Sàtana».
Alberto Romussi - Amburgo
de possa essere il potere di
latana in questo mondo e da
guanto penetrante e vincente
'possa essere l’uso che egli sia
in grado di farne: 2) chi ha
«potere» in questo mondo, è
un adoratore di Satana perché
è una «cosa di Satana» che
egli dà a chi lo adora.
L’osservazione disincantata
del mondo e delle sue leggi
lAiembra confermare questa afAllass fermazione. Appaiono anche
del tutto bibliche ed evangeliche le conseguenze del nostro
L'autorità e l'origine del suo potere
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Ahrati
20.15 sperare: 1) se «il potere» è «di
20.15 Satana», l’unica cosa che noi
116,01 possiamo fare è combatterlo
20. romperlo, spezzarlo, sparpar
^arlo: in altre parole impedirgli di crescere e di accumularsi: 2) il credente che viene
eletto a una magistratura civile 0 politica qualsiasi non ne
assume l’incarico per «esercitare un potere» (e godere della sua «gloria») ma per «rendere un servizio» alla collettività che lo ha eletto; 3) il crerUnii (dente che si trova ad avere un
: ha tri determinato «potere» nelia
■za voi Ma vita, se non vuole divenoniliB tare un adoratore di Satana,
lancili, deve dedicare questo suo po; a cadi tere a Dio e usarlo solo per fa! diti telavolontàdiDio.
liti non i Da un punto di vista teorireilp» co si dovrebbe comunque rio: 30 jjfevare, che la «potenza» di cui
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Alberto Romussi propone
un problema di grande interesse: la valutazione dell’autorità e l’origine del suo potere. Mentre Paolo in Romani
13 concepisce l’autorità come
una funzione o un servizio
(Rom. 13, 4 applica all’autorità il titolo greco di diakonos)
che ha la sua origine in Dio,
Luca 4, 6-7 sembra vedere la
sua origine nel diavolo: da lui
l’autorità riceve il suo potere,
e a lui rimane ovviamente debitrice. È chiaro che tutta la
problematica sollevata da Romussi è imperniata sul valore
da dare a Luca 4, 6: «Ti darò
tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché essa
mi è stata data, e la dò a chi
voglio». In cambio (e in precedenza) Gesù dovrebbe prostrarsi davanti al diavolo e
adorarlo (versetto 7).
Non credere a Satana
Che valore bisogna dare a
queste parole? Romussi osserva giustamente che non abbiamo da credere a quello che
dice Satana, né fare teologia
sulle sue dichiarazioni. Il valore relativo di queste parole
sul potere è dimostrato anche
dal fatto che esse mancano
ditaès
ione,
vanep!
IUSÌC3
Dino:
a cura di Ferruccio Corsani
Nel mondo della musica
esistono tre categorie di
persone: compositori, esecutori,
ascoltatori. Gli ascoltatori si
pongono (o vengono posti) damanti al fatto musica nei più
'’ari ambienti e nelle più diverse occasioni: durante le funzioOr sacre o i balli campagnoli;
nelle celebrazioni civili o nelle
Sale da concerto; in piccoli
pnijJpi o cenacoli di appassio"nh ài musica da camera o nei
^ji’^nerti delle bande musicali
nial" hiñese, e via dicendo.
Sempre, la musica e l’ascoltatote
studi
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nJI i’’"'un incontro;
a «PfJl "Scolto di un concertoi solisti
2» dii
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^ 0 sinfonico, operistico o di
otganistica, è quasi la
eelébrazione di un rito; è un
che non si ripeterà;
esecuzione dei pezzi programnti, sia piaciuta o meno, è dentata a essere solo un ricordo;
Concetto è un momento ma^trel quale la tensione degli
che cercano di dare il
J| ht ài sé, si trasmette
a ' ascoltatore che ne è in un
I, senso rapito, talvolta fino
m^ticare se stesso; l’ap®o finale è quindi ringrazia'lilJ"'°’ approvazione, e anche
uscire da un
' sconvolti (in senso
- c vivere per giorni nel
l’incanto dell’atmosfera in cui
si è vissuti per brevi momenti...
A un certo punto, c’è stata
una svolta nel mondo della
musica: l’invenzione del fonografo, e via via dei dischi sempre più perfezionati, in una parola della «musica riprodotta»
ha creato un nuovo modo di
porsi davanti al fatto musica.
Chi ama veramente la musica
(e può permettersi di crearsi
anche una piccola raccolta di
dischi) ascolta e riascolta dettagli e sfumature, paragona diverse esecuzioni e scopre quella
da lui preferita, spiegandosene
a poco a poco i perché, si impadronisce del linguaggio musicale dei vari generi e stili; in un
certo senso, pur non sapendo
per lo più suonare, diventa anche lui una specie di «esecutore», che crea in se stesso e solo
per se stesso, un’idea ragionata
e meditata del brano.
Quel tipo di ascoltatore mi
ricorda la figura di credente
che il Salmo 1 dipinge così:
«Colui il cui diletto è nella legge del Signore, e su quella legge
medita notte e giorno». Qualcosa di simile può dirsi dell’ascoltatore appassionato che
«medita» la musica e non la
considera solo uno svago o un
sottofondo per le sue giornate.
nel racconto della tentazione
fatto da Matteo: i due racconti, quello di Luca 4 e quello di
Matteo 4, sono rigorosamente paralleli, dunque sono ricavati da una medesima fonte
(comunque la si voglia immaginare e denominare) anche
se l’ordine della seconda e
terza tentazione non è il medesimo nei due Vangeli maggiori (Marco 1, 13 ha solo un
breve accenno, senza entrare
nei particolari). Come spiegare quest’aggiunta lucana?
È possibile che sia una parodia di qualcosa che spetta
in realtà soltanto a Dio. In Geremia 27, 4-6 leggiamo: «Così
parla il Signore degli eserciti,
Dio d’Israele: Ora io dò tutti
questi paesi in mano a Nabucodonosor re di Babilonia».
Che questa prerogativa spetti
a Dio soltanto è riconosciuto
anche da Daniele 4, alla fine
del V. 32: «L’Altissimo domina
sul regno degli uomini e lo dà
a chi vuole». Dunque Torigine
biblica della frase (peraltro riferita a Dio e non al diavolo) è
evidente. Ma perché Luca
l’attribuisce a Satana a questo
punto del racconto?
Gesù non cede
al baratto diabolico
Se osserviamo lo stile del
brano che contiene il racconto della triplice tentazione,
possiamo definirlo uno stile
catechetico: è un po’ come se
la fonte di Matteo e Luca vivacizzasse il brevissimo accenno di Marco 1, 13 a scopo
didattico. Luca sviluppa questa tendenza della sua fonte
per pronunciare un giudizio
negativo sulle autorità del
suo tempo. Non dimenticbiamo che l’autore del terzo
Vangelo è anche l’autore degli Atti degli Apostoli, dunque
era al corrente delle angherie
compiute dalle autorità di
questo mondo ai danni delle
piccole comunità cristiane. E
in questo passo si sente ispirato a dire ai suoi lettori: le
potenze di questo mondo
hanno un’origine satanica,
ma Gesù se ne rende conto e
non cede al baratto diabolico
che gli viene proposto. Nella
visuale cristiana c’è posto solo per una autorità concepita
come «servizio», come «diaconia». Non come «potere»
da distribuire ai propri accoliti per tenerli buoni, o ai propri avversari per corromperli.
Gesù si definisce in Luca 22,
27 come «colui che serve» e
insegna ai discepoli: «Il più
grande fra voi sia come il minore, e chi governa come colui che serve» (Luca 22, 26).
Se l’autorità è ricercata solo
per sete di potere, è un rinnegamento di Dio e del suo Cristo, ai quali soltanto appartengono il potere e la gloria.
Luca fa propria, in questo
versetto, una concezione as
solutamente negativa e pessimistica dell’autorità, dello
stato. È una concezione molto
vicina a quella dell’Apocalisse: cfr. per esempio Ap. 13, 2 e
tutti i passi dell’Apocalisse
che si riferiscono a Roma (ma
anche Paolo parla molto negativamente dei «dominatori
di questo mondo», 1 Cor. 2,
8); quanto a Satana, Giovanni
lo chiama «il principe di questo mondo» in 12,31 e 14,30.
La tentazione del dubbio
Senza entrare in spiegazioni psicologiche del racconto
delle tentazioni, la fonte di
Luca pensa forse che Gesù
possa essere stato tentato di
dubitare di essere Figlio di
Dio e possa aver desiderato
ricevere qualche segno oggettivo che glie lo confermasse:
ma ha avuto la forza di superare il dubbio senza conferme
di dubbia origine (Luca 4, 3).
Potrebbe per un istante essere stato tentato di compiere la
sua missione e stabilire il suo
regno sulla terra facendo uso
di mezzi che Dio avrebbe disapprovato (Luca 4, 5-8). Ma
anche questa tentazione è
stata superata. È anche possibile che nel racconto delle
tentazioni si rispecchino accuse mosse a Gesù e al suo
movimento da parte di certi
ambienti del giudaismo: di
farsi passare per figlio di Dio
senza esserlo o senza poterlo
dimostrare, e di appoggiarsi a
movimenti politici considerati di origine diabolica (lo zelotismo fanatico): la comunità
primitiva rigettava queste accuse facendo ricorso all’Antico Testamento, cioè alle
Scritture giudaiche.
È noto che i Vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca) hanno una relativa uniformità nel
riferire parole di Gesù, ma sono molto più liberi nel riferire
particolari di un episodio o
parole di altri interlocutori
(per esempio nei racconti di
miracolo). Questo dev’essere
accaduto nel racconto lucano
delle tentazioni, specialmente
se lo scopo della narrazione
era didattico-catechistico.
Con questo racconto i Vangeli
di Matteo e di Luca insegnano
che non è vero, come si dice,
che il fine giustifica i mezzi, e
che non si deve sperare di arrivare al traguardo vendendo,
come dice il proverbio, l’anima al diavolo.
Bruno Corsani
Errata corrige
Lucietta Tenger, di cui abbiamo pubblicato la lettera
«Acquistare fiducia» (n. 9 di
Riforma), precisa che la trasmissione di Radiouno a cui si
riferiva era andata in onda in
«notturna» dalle 1 alle 5.
POSTA
Berlusconi
nel pallone
Chi l’ha detto che occuparsi di calcio significhi essere
qualunquisti in politica? Certo ci sono torme di ultras cretini e violenti negli stadi e altri sedentari fanatici della domenicale tv sportiva che, seduti in poltrona con il telecomando, credono di essere
sportivi. Per molti altri però il
calcio non è alienazione, anzi. Lo sappiamo bene noi del
Toro che da sempre vediamo
intrecciarsi la vita quotidiana
e le vicende della sinistra con
i suoi problemi, le sue carenze, sconfitte e i suoi dolori,
con le sorti per nulla «progressive» del nostro Toro, anche se nelle ultime domeniche sembriamo stranamente
baciati anche da un po’ di
fortuna. Sappiamo però che
quando sembra andar bene,
si avvicina il disastro.
Berlusconi invece, oltre
che essere del Milan, è di tutta altra pasta. Tempo fa su la
Repubblica, Claudio Rinaldi
ha intelligentemente illustrato i temi su cui, in caso di vittoria del Polo, si può temere
la sua pericolosità: dal desiderio di cambiare anche la
prima parte della Costituzione, alTannunciato ribaltone
sulla scuola, alla voglia di far
fuori un bel po’ di leggi e di
cambiare il codice, al Parlamento da tenere al guinzaglio, come già voleva Craxi,
ecc. ecc. Ma ora, con le sue
dichiarazioni all’indomani
delTeliminazione del Milan
dalla Champions League, lo
temiamo di più. Come è noto
il Cavaliere si è molto adirato
per tale risultato e ha licenziato sui due piedi l’allenatore affermando che il suo relativo distacco dalla squadra a
causa degli impegni politici
doveva cessare e che sarebbe
tornato a fare il presidente.
Fin qui tutto normale.
Il grave è che, quando il Milan andava bene, il merito era
tutto suo: non a caso giorni fa
ha affermato «Non c’è nessuno sulla scena mondiale che
può pretendere di confrontarsi con me», ovviamente,
pensiamo, anche in campo
sportivo e tecnico. Del resto
anche il povero Zoff è stato
duramente contestato dal Cavaliere dopo una finale persa
per pura sfortuna con la Francia a 30 secondi dalla fine.
Adesso che il Milan perde, la
colpa è dei suoi collaboratori:
ma non li ha scelti lui e non
sono suoi i miliardi spesi per
rafforzare la squadra? Brutta
immagine per un imprenditore che su questa sua capacità
fa leva per proporsi come salvatore della patria dagli orrendi comunisti. Infatti, se
l’allenatore Zaccheroni era
Nuovi indirizzi
Il pastore Antonio Cammisa comunica il proprio nuovo
indirizzo: via fV Novembre 8,
10051 Avigliana (To); telefono 011-9342665.
Il pastore Enos Mannelli
comunica il proprio indirizzo
e-mail: mannle@libero.it
Il pastore Paolo Ribet comunica il proprio indirizzo email: posribet@libero.it.
Passatempo
Soluzione del cruciverba dei
numero scorso
T E S T A M
E S T I V I
N E E M I A
Ili F O D
A^ A R 0
Z 0 N E W
I s 0 M 0
0 E F U R
N P E R M
E L E M 0 s
In T o
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L E
U
iTn
D
insoddisfacente, perché non
Tha cambiato in tempo? Risposta di Berlusconi: per non
irritare tifosi e giornalisti che
lo difendevano...
E proprio qui si scopre l’ulteriore pericolo di un Berlusconi presidente del Consiglio: se facciamo un parallelo
con la politica potrebbe verificarsi che un domani i suoi
ministri facciano cavoiate
economiche, tipo ridurre in
modo irresponsabile le tasse,
e che il nostro Cavaliere, anziché muoversi in tempo per
evitare il disastro, se ne stia
zitto per non dispiacere ai
suoi tifosi, cioè i cittadini a
cui ha fatto promesse da marinaio, per timore che gli si rivoltino contro. Se in politica,
come con il Milan, pensa che
quando va bene è merito suo
e quando va male o c’è da fare qualche sacrificio è colpa
degli altri, c’è da pensarci bene prima di votarlo. Noi che
siamo del Toro non abbiamo
problemi, ma ci pensino
quelli che tifano Milan, e anche Roma, Lazio, Parma e via
dicendo!
Marco Rostan
Luserna San Giovanni
■ PARTECIPAZIONI ■
RINGRAZIAMENTO
«Ho combattuto il buon
combattimento, ho finito
la corsa, ho serbato la fede»
Il Timoteo 4, 7
Il Signore ha chiamato a sé
Giulio Martinat
di anni 89
Nella certezza della resurrezione lo annunciano: il figlio Pier
Paolo con la moglie Maddalena e
la figlia Irina; la nipote Milena; la
sorella Orlina e parenti tutti. I funerali si sono svolti nel tempio di
San Germano Chisone venerdì
16 marzo. Ringraziamo il pastore
Luciano Deodato e tutti coloro
che hanno voluto esserci vicino.
San Germano Chisone
16 marzo 2001
RINGRAZIAMENTO
È mancato
Elvino Buffa
di anni 91
Lo annunciano, a funerali avvenuti, i familiari tutti. Un ringraziamento particolare alla direzione, al
personale e agli ospiti della Casa
Miramonti di Villar Pellice, a Dario
Tron e al pastore Taglierò.
Angrogna, 23 marzo 2001
«... Giacobbe continuò il
suo cammino, e degli angeli
di Dio gli si fecero incontro»
Genesi 32,1
Le famiglie Pizzo e Morando
sono riconoscenti a Dio per le dimostrazioni di affetto e per il conforto ricevuti per la dolorosa separazione dal loro caro
Antonino
Torino, 23 marzo 2001
RINGRAZIAMENTO
«L’Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà»
Salmo 23, 1
I familiari di
Domenica Griii
ringraziano quanti in ogni modo
hanno preso parte al loro dolore.
Un sentito ringraziamento al pastore Winfrid Pfannkuche e alla
dottoressa Taraselo.
Frali, 14 marzo 2001
Personalia
La comunità metodista di
Udine si rallegra con il neodottore Samuele Pigoni che
si è brillantemente laureato
in Filosofia con una tesi sul
rapporto tra fede e politica in
Paul Tillich.
La famiglia si rallegra con
Roberto Di Bernardini che
ha conseguito, con votazione
108/110, la laurea in Scienze
della formazione e educazione, con una tesi su sviluppo,
cooperazione e formazione in
un mondo globale.
20
PAG. 16 RIFORMA
VENERDÌ 23 MARZO 2001
Impressioni di un breve soggiorno in Albania per un seminario organizzato dal Srm
Ricostruire la società civile albanese
Secondo il giornalista Patos Lubonja, la società albanese è come un albero rovesciato che ha le
radici all'esterno e non riceve nutrimento dal terreno. La forte dipendenza economica dall estero
Nuova Delhi: conferenza internazionale
«Il sistema delle caste è un
crimine contro l'umanità»
MASSIMO GNONE
IMPRIGIONATI dalle immagini e dagli odori. La
forza di una sceneggiatura
impossibile scritta a più mani
da Ejzenstejn, Rossellini e
Kusturica, che abbiano perso, per un abbaglio o coniune
delirio di onnipotenza, il loro
rigore formale. Tutte queste
cose, e molte altre ancora,
costituiscono l’Albania di oggi, o almeno le visioni che
potenti scaturiscono dai ricordi confusi di questo breve
soggiorno. Il gusto del kitsch,
le onnipresenti Mercedes, il
grigio sincretismo architettonico, sono i primi contorni
catturati dallo sguardo al
porto di Durazzo, quando ad
aspettarci troviamo il furgone
bianco dell’Ics che sarebbe
diventato familiare nei quattro giorni successivi.
Il Servizio rifugiati e migranti (Srm) della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia (Fcei), con la Federazione giovanile evangelica
italiana (Fgei) e il Consorzio
italiaiio di solidarietà (Ics), ha
organizzato, dal 23 al 25 febbraio, questo primo seminario sulla «partecipazione democratica ai processi di risoluzione dei problemi sociali»:
un programma dai contenuti
ambiziosi indirizzato agli
operatori degli 11 centri di
aggregazione per i giovani
della rete Ics. Il progetto, che
continuerà nei mesi di giugno e settembre, fa seguito
aU’esperienza del Srm, maturata anche con la Fondazione
battista in questi anni.
Tirana, centro città
sticceria (dal nome paradigmatico «Valle verde»), con
consumazioni, prezzi e sorrisi, tipicamente italiani. I cornetti sono fragranti, la gente
chiacchiera, beve il cappuccino; non sembra di stare «nel
Sud del Nord» dell’Europa. La
porta automatica a vetri ci separa dall’esterno, l’aria condizionata fa il resto.
Infrastrutture precarie
La capitale dista 40 chilometri. Un’ora di viaggio per
scoprire la velocità media che
avrebbe contraddistinto gli altri spostamenti in terra albanese. Così sono necessarie tre
ore e mezzo dalla capitale a
Valona: 140 chilometri. Oltre
nove ore per percorrere l’Albania da Nord a Sud: 350 chilometri. Questi tempi esemplificano bene le condizioni
delle infrastrutture e dei servizi pubblici: dalle strade alle
ferrovie, agli autobus cittadini
(dismessi da Atac e Atm). A
Tirana entriamo in una pa
Tirana
Là fuori, nella polvere delle
strade, si intravede la fisionomia della città. I marciapiedi
sinistrati e senza tombini, le
linde e irraggiungibili ambasciate italiane e americane
protette dal filo spinato, i
mercati colorati di frutta e
verdura, i cartelloni pepsi e
sprite e coca-cola, 1 tanti
bambini con lo sguardo da
adulti che giocano a calcio
nelle vie e il minareto della
moschea. Gli scheletri architettonici del regime in piazza
Scanderbeg: la dittatura quarantennale di Enver Hoxha
con l’imperversante «realismo socialista» e gli oltre
700.000 bunker sparsi sul territorio a difendere il paese da
un’inverosimile invasione sovietica o americana. L’attualità dell'ultimo regime: la rapida transizione verso la democrazia e l’economia di
mercato hanno consegnato
l’Albania all’individualismo e
all’abusivismo diffusi, le cui
tracce di violenza hanno deturpato il paesaggio, in città,
lungo le splendide coste e
nelle campagne.
Come gli intellettuali di un
tempo, Fatos Lubonja lo incontriamo in un caffè del
centro, il Plaza. Alle spalle 17
anni di carcere del regime
per motivi politici, un presente di editorialista e scrittore: Lubonja vive a Tirana,
dove collabora allo Shekulli,
il più importante quotidiano
albanese: ha pubblicato alcuni libri ed è fiero fondatore di
una rivista culturale, Perpjekja, un po’ «impegno» e
un po’ «tentativo», come ama
sottolineare spesso. Con i
suoi modi sempre tranquilli,
quasi malinconici, ci racconta l’Albania di oggi.
L'Albania oggi
«La società albanese - dice
Lubonja, commentando un
suo articolo - è come un albero rovesciato, che ha le radici all’esterno e non riceve
nutrimento dal terreno. La
società civile europea è nata
dal bisogno, come risultato di
una cultura e di una pratica,
mentre in Albania, non solo
come idee, ma anche come
appoggio finanziario, la società civile è nutrita dall’Ovest. Bisogna far sì che la società civile metta radici in Albania, dai bisogni, dai problemi degli albanesi».
Un’operazione difficile,
perché, come scrive Luca Zarrilli, nel suo Albania, geografia della transizione (Franco
Angeli, Milano, 1999), «la dipendenza dell’èconomia albanese dall’esterno continua
ad essere molto forte». A giugno ci saranno le elezioni politiche, per il rinnovo di Par
lamento e governo ora in mano al Partito socialista che
governa dal 1997; all’opposizione c’è il Partito democratico di Sali Berisha. «Le relazioni fra questi partiti - sostiene
Lubonja - sono molto conflittuali, è mancato il dialogo,
il consenso anche sui principi. Non so chi potrà vincere
nelle elezioni di giugno, ma
secondo la mia valutazione
l’opposizione che abbiamo
oggi non è un’alternativa credibile: d’altra parte 1 politici
che sono al potere sono abbastanza corrotti. La gente si
trova a dover scegliere il male
minore. Secondo me i socialisti sono il male minore, ma
hanno bisogno di un’opposizione costruttiva, che non è
ancora nata. Così l’Albania rimarrà ancora sotto la tutela
degli occidentali».
Valona
A Valona sono le ragazze e i
ragazzi del seminario a raccontare le proprie esperienze
nei Centri giovanili, presentati come le rare realtà locali
nelle quali sentono di essere
presi in considerazione, in
una società civile dove continua a mancare il senso della
comunità. Resta una domanda, che è anche il titolo di un
video realizzato dai giovani di
Vcilona; «Ka drita?», «c’è luce»
per la società albanese? Crediamo di sì, anche se spesso
in Albania la corrente si interrompe e per vederci bisogna
ricorrere al generatore diesel,
rumoroso e puzzolente.
La conferenza internazionale sul sistema discriminatorio delle caste in India, che
si è svolta a Nuova Delhi dal
1“ al 4 marzo, ha lanciato un
appello alle autorità indiane
e alla comunità internazionale al fine di «porre fine a questo crimine contro l’umanità». La conferenza, organizzata dalla Campagna nazionale per i diritti dei Dalit
(Ncdhr), ha chiesto inoltre
che questo problema venga
messo all’ordine del giorno
della conferenza dell’Onu sul
razzismo, che avrà luogo in
Sud Africa a'fine agosto. In
India i pregiudizi nei confronti dei Dalit sono molto
diffusi. In molte regioni del
paese, essi vivono lontani
dalle caste superiori, anche
se le caste agiate hanno bisogno di loro per i compiti servili e umilianti.
Nella dichiarazione finale
della conferenza, «i delegati
condannano Ú sistema discriminatorio delle caste (basato
sul mestiere e sulla nascita)
nonché la pratica dell’intoccabilità, che sono la causa di
terribili sofferenze umane e
di flagranti violazioni dei diritti umani». Patrocinata da
una quarantina di gruppi indiani e internazionali, tra cui
il Consiglio nazionale delle
chiese dell’India, la conferenza è stata organizzata in vista
della Conferenza mondiale
dell’Onu contro il razzismo, la
discriminazione razziale, la
xenofobia e altre forme di intolleranza (Wcar). «Il nostro
obiettivo è di attirare l’attenzione internazionale sulla sorte dei Dalit - ha spiegato Martin Macwan, coordinatore
della Ncdhr, laico cattolico e
militante Dalit, ai 200 delegati
di cui 40 venuti dall’estero -.
Siamo rinnegati dalla nazione
e dallo stato e lo deploriamo».
Una delle più eloquenti è stata quella di un ragazzo di u
anni, Sanjay Dangia, dello
stato del Gujurat, nell’Ovest
dell’India, che ha perso un
occhio due anni fa. «Avevo
tanta voglia di guardare la televisione che mi sono avvicinato troppo ad un dhaba (ristorante lungo la strada). Il
proprietario (di casta superiore) mi ha messo della pasta di limone verde nell’occhio», ha raccontato ai delegati. Un altro Dalit, Gummalla Nandiraju, del distretto di
West Godavari nello stato di
Andhra Pradesh, nel Sud dell’India, ha raccontato che suo
padre Kannaiah lavorava nella residenza di un sarpanch
(capo villaggio) di classe superiore. Nel luglio 1999 un
parente del sarpanch lo colpì
a morte perché, per sbaglio,
aveva messo i suoi sandali
quando aveva lasciato la residenza. «Anch’io rischio la vita venendo qui - ha dichiarato Nandiraju -: rischiano di
attaccarmi se vengono a sapere che ho parlato di questi
incidenti alla conferenza».
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Un problema che l'Onu
deve affrontare
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La spiaggia di Vaiona
Una équipe del Cec prepara la sessione straordinaria dell’Onu sul problema
Il contributo specifico delle chiese alla lotta contro l'Aids
I governi devono lavorare
in stretta collaborazione con
le comunità religiose se vogliono portare a buon fine
programmi efficaci di lotta
contro l’Hiv-Aids. È quanto
ha dichiarato un’équipe del
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec) ai partecipanti
ad una riunione organizzata
sotto gli auspici deirOnu. Le
chiese, ha fatto notare l’équipe ai rappresentanti dei governi, occupano un posto
centrale sia nelle cure alle
persone colpite dal virus sia
negli sforzi tesi a prevenire la
diffusione dell’infezione. I
quattro membri dell’équipe
hanno trascorso una settimana a New York, dal 26 febbraio al 2 marzo, per partecipare a una serie di discussioni informali in vista della sessione straordinaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si svolgerà
dal 25 al 27 giugno. Il dottor
Christoph Benn, coordinatore del Gruppo di lavoro del
Consiglio ecumenico sull’
Hiv-Aids, guidava l’équipe.
Una dichiarazione pubblicata a New York è stata approvata dalla Conferenza
mondiale sulla religione e la
pace e dall’agenzia evangelica protestante World Vision;
«Dopo avere osservato per
vent’anni l’evoluzione della
pandemia dell’Aids ovunque
nel mondo, dobbiamo riconsiderare fondamentalmente i
mezzi che usiamo per farvi
fronte», si legge nella dichiarazione. Quest’ultima evidenzia il fatto che oltre l’80%
dei membri della popolazione mondiale hanno legami
con una comunità religiosa e
che ogni programma efficace
di lotta contro l’Aids deve basarsi sulla presenza di queste
comuniità in tutte le zone
abitate.
L’équipe ha riconosciuto
che «troppo spesso» le comunità religiose mantengono un «malaugurato silenzio» sul modo di trasmissione dell’4y(dS> ma ha sottolineato che* queste comu^tà
sonp anche c^aci di suscitare cambi amenti compor
tamento in quà^ò «il compofÌaBnento sessuaÌè é profondamente influenzi dalle convinzipìbi morali e Migio^>. Ha inoltre ricordato
che gli effetti devastanti
dell’Aids sulle persone e sulle
comunità creano «bisogni
spirituali» ai quali le organizzazioni a base religiosa sono
particolarmente qualificate
per rispondere.
Christoph Benn constata
che molta gente che si occupa dell’Aids considera le organizzazioni a base religiosa
«come un problema piuttosto che come un atout», e
questo «principalmente a
causa della questione dei
preservativi». Secondo lui, ridurre la discussione sulla
prevenzione dell’Aids a un
problema di preservativi è
controproducente, e la dichiarazione dell’équipe costituisce un tentativo di fare
uscire il dibattito da quella
impasse. La dichiarazione
chiede un approccio globale
della prevenzione, insistendo
sulla fedeltà reciproca dei
partner spósàti, è’Sùll’àslinenza fuori del matrimonio.
Ma incoraggia anche l’uso
dei preservativi per le persone che si ritengono incapaci
di seguire questi principi o
che non sono pronte a farlo.
Infine insi ste sufl’impórtanzà
dei test volontari e dei consi
gli, considerati come mezzi
per portare a un comportamento più responsabile.
Le discussioni sono state
incentrate su un rapporto del
segretario generale dell’Onu.
Pur elogiando il rapporto,
l’équipe ha affermato che esso non dà attenzione sufficiente alle organizzazioni a
base religiosa e tende a metterle nella stessa categoria
delle altre organizzazioni non
governative, senza riconoscere il loro carattere specifico.
Inoltre, il capitolo sulla prevenzione si limita a chiedere
una più ampia diffusione dei
preservativi, senza insistere
sull’approccio globale. Il contributo dell’équipe fa riferimento agli sforzi ecumenici
portati avanti dagli Anni 80
per lottare contro l’Hiv-Aids.
Un opuscolo educativo pubblicato nel 1987 all’intenzione degli agenti sanitari è stato tradotto in 55 lingue e ampiamente diffuso. Nel 1996 il
Comitató centrale del Cec ha
pubblicato una dichiarazione
che sfida le chiese ad affrontare francamente il problema
e a prendere provvedimenti
al riguardo. (enO
Le critiche al governo
La dichiarazione «condanna gli sforzi fatti dal governo
dell’India affinché il sistema
discriminatorio delle caste
non venga messo all’ordine
del giorno della Wcar». Essa
rimprovera inoltre alle autorità il loro rifiuto di accettare
le conclusioni del Comitato
delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (Cerd) secondo
le quali «la situazione delle
caste e delle tribù enumerate
è di competenza della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forze
di discriminazione razziale»,
che l’India ha sottoscritto.
«L’intoccabilità è un crimine
contro l’umanità», afferma la
dichiarazione, che aggiunge:
«11 sistema delle caste, come
base di segregazione e di oppressione in funzione della
nascita e del mestiere, è una
forma di apartheid».
La dichiarazione si basa su
una serie di testimonianze
presentate da alcuni Dalit
all’inizio della conferenza.
Martin Macwan, al quale è
stato assegnato il Premio dei
diritti umani 2000 della Fondazione Robert Kennedy per
la sua azione fra gli spazzini e
altri Dalit nello stato del
Gujurat, ha dichiarato: «Esigiamo che il nostro paese sia
retto dal diritto e non dalle
caste. Il governo deve riconoscere questo problema alla
conferenza mondiale dell’
Onu. Esigiamo che venga
messo all’ordine del giorno».
Secondo Macwan la «mentalità» del sistema delle caste è
profondamente radicata e si
ritrova perfino nel sistemo
giudiziario del paese; recentemente un giudice ha assolto
un uomo di casta superiore
accusato di stupro adducendo
che un «membro di una casta
superiore non va mai a letto
con una donna Dalit».
Due anni fa, ad Allahabad,
una città del Nord, un giudice di casta superiore ha proceduto a una «cerimonia di
purificazione»: ha spruzzato
acqua «benedetta» attinta nel
Gange nelle aule del tribunale «rese impure» dal suo predecessore, membro di una
casta inferiore. Secondo Martin Macwan, l’oppressione
delle caste inferiori non si limita all’India. «È molto diffusa in tutta l’Asia del Sud: in
Pakistan, in Nepal e nello Sn
Lanka. Ecco perché reclamiamo il riconoscimento di questo problema in tutto il subcontinente, che conta 241)
milioni di Dalit», ha dichiarato. La conferenza ha chiesta
inoltre al governo di «non nfiutare il passaporto» ai militanti Dalit che intendono assistere alla conferenza de
l’Onu in Sud Africa.
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India: un villaggio di baracche nella regione del Kerala