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Anno 126 - n. 1
5 gennaio 1990
L. 1.000
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
L’ANNO CHE INIZIA
CELEBRAZIONI, RIVOLUZIONI. CONTRADDIZIONI
Il rinnovo del patto 1989: annus mutationis
Rispondere al progetto che Dio ha per noi - 4.- l u 4.^ ■ . .
La speranza che ci è stata offerta in Pri^tn Y. vissuti in presa diretta, rievocati, auspicati - Il pro
blema del divario Nord-Sud caratterizzerà il prossimo decennio
«L’Eterno, l’Iddio tuo, ti ha
scelto per essere il suo tesoro
particolare...; ha riposto in voi la
sua simpatia...; ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri
padri.
L Eterno vi ha tratti con mano potente e vi ha redenti dalla
casa di schiavitù » (Deut. 7; 6 ss.).
«Voi siete un popolo che Dio
si è acquistato affinché proclamiate le virtù di colui che vi ha
chiamati dalle tenebre alla sua
meravigliosa luce. Ora avete ottenuto misericordia » (1« Pietro
2: 9 ss.).
In questo particolare momento storico è bello riandare a quei
passi biblici che ritornano nella Uturgia del ’’rinnovamento
del patto” celebrata dalle chiese
metodiste in un culto tutto dedicato al rapporto tra Dio e le
sue creature.
Oggi alla creatura di Dio viene richiesto di rispondere al progetto che in Cristo ha il suo
culmine. Ed è liberante sentirsi
interpellati e chiamati come
« popolo consacrato » a Dio, oggetto del suo amore e della sua
simpatia. Nessuno di noi è destinato a essere risucchiato dagli eventi per i quali, al di là
di alcune novità, si assiste a ripetitivi balletti o sceneggiate
che rendono immutabili, eterne,
situazioni che generano ricchezza e povertà, aperture e grandi
indifferenze.
Quando Dio interpella, anche
in modi inediti, la creatura umana è coinvolta nell’esperienza liberante dell’esodo. Sei cosi chiamato da Dio stesso ad attuare nella vita quotidiana una
solidarietà critica per la quale
incontri sì la storia, ma scorgi
anche chi in questa storia è dimenticato, emarginato, distrut
to fisicamente e spiritualmente.
Nel momento in cui Dio stesso ti afferra ’’con mano potente” non puoi lasciare dietro di
te quelli che sono le vittime del
nostro mondo. Si impone insamma per tutti noi una scelta
di vita, un’opzione nei confronti dell’umanità sfruttata, resa
povera, espropriata della propria terra per mantenere alto
il nostro modello di sviluppo,
la, nostra ricchezza. La presenza
di migliaia di lavoratori del Terzo Mondo nel nostro paese, Taurnento di azioni violente di razzismo, sono oggi il terreno in
cui attuare la prassi evangelica
deH’accoglienza, della solidarietà, della conversione a cui Cristo ci chiama con queste parole: « ...in quanto l’avete fatto ad
uno di questi miei fratelli. Tavole fatto a me » (Matteo 2540).
Proclamare oggi le virtù di
colui che in Cristo ci chiama alla sua eterna luce significa sconfiggere le tenebre della schiavitù
in cui siamo posti. Significa seguire il suo itinerario: da potente è diventato debole, da divino
è diventato umano, da ricco
povero. Dio stesso è diventato
altro da se stesso e questo con
immensa misericordia per noi.
Questa misericordia ci coinvolge in un’azione che cambia radicalmente pensieri ed azioni
che si orienteranno d’ora in poi
verso la giustizia. Azioni che sottolineano il Rispetto del diritto
e della digli-'.'à umana.
Sul piano concreto delle cose
da lare l’ordine del giorno del
nostro ultimo Sinodo, dedicato
ai temi della povertà, ci presenta
una serie di azioni impegnative
per contrastare la violenza, la
Franco Carri
(continua a pag. 2)
Sì, il 1989 è stato un anno di
mutazioni. Abbiamo visto gente in
fuga. Soprattutto giovani. Abbiamo visto gente che ha lottato contro il regime di stato sulla piazza
Tien an-Men, o in Germania
orientale, o in Romania. C’è ormai
nel mondo intero un popolo che
marcia verso la libertà. I credenti
sanno — e « in primis » lo sanno
quei pastori protestanti a Berlino
o a Timisoara che hanno dato in
questi ultimi quarant’anni un contributo essenziale al crollo del socialismo di stato — che fede e
liberazione vanno sempre insieme.
Il 1989 è stato un anno di grandi liberazioni. Alcune vissute in
presa diretta, altre rievocate.
Tra queste ultime la più nota
è stata senz’altro quella francese
del 1789 che pose, duecento anni
fa, il fondamento a successivi sviluppi della storia del mondo. Ma
il ricordo di passate liberazioni
che più ci ha afferrato, come popolo evangelico italiano, è stato
quello del rimpatrio dei valdesi.
Nel 1689 un piccolo gruppo di
montanari sfidò la potenza del più
grande signore del mondo, il Re
Sole, e vinse l’incredibile battaglia. Si tratta di una pagina indimenticabile di storia che può essere letta come un atto di liberazione di Dio, che compie cose
grandi usando strumenti minimi,
inadeguati, risibili.
Dopo un’estate in cui si è parlato, in lunp e in largo, di antiche liberazioni, con l’autunno è
iniziato il tempo in cui nuove libertà si sono velocemente avviate. Il vento della perestrojka sta
ripulendo i cieli dell’Est. Solo TAl
»
Cercare nuove strade: .sembra questa l’indicazione per il 1990.
bania sembra ancora irraggiungibile; essa resta lontana come la
Cina, o l’Iran, o la Libia, o altri
paesi in cui democrazia e autocritica politica non hanno ancora acquisito diritto di cittadinanza.
11 1989 ci ha regalato molte
nuove dinamiche, ma non tutte
tese alla libertà; per tutte valga
l’invasione di Panama, finita in
una americanata. Anche in questa
occasione si contano centinaia di
vittime tra i civili.
Altre tragedie, in altre parti del
mondo, sono continuate imperterrite in questo trascorso 1989. Il
Sud Africa, per esempio, dove ■—
malgrado si siano aperte le porte
del carcere per alcuni leader an
14 GENNAIO: DOMENICA DELLA CEVAA
Un banchetto per tutti i popoli della terra
« Sul monte Sion il Signore dell’universo preparerà per tutte le
nazioni del mondo un banchetto imbandito di ricche vivande e di
vini pregiati. AlTimprovviso farà sparire su questa montagna il velo
che copriva tutti i popoli. Il Signore eliminerà la morte per sempre'
Asciugherà le lacrime dal volto di ognuno e libererà il suo popolò
dalle umiliazioni che ha sofferto in tutto il mondo. Il Signore ha
parlato! ». (Isaia 25: 6-8).
Il testo di Isaia apre davanti ai nostri occhi una visione meravigliosa: sul monte Sion, il monte che simboleggia per Israele la presenza di Dio in mezzo al suo popolo, quivi, assieme al Signore
tutti i popoli della terra .sono riuniti per un ricchissimo banchettò
enorme e senza fine! ’
Tutti i popoli della terra, questo vuol dire che ci sono anche i
kanaki della Nuova Caledonia assieme ai tamil dello Sri Lanka i
denka del Sudan, i turkana del Kenia, senza dimenticare i kurdi i
palestinesi, i sioiix ecc. ecc. Tutti, proprio tutti, hanno il loro posto
riservato con tanto di cartellino e di biglietto di invito.
E’ il banchetto messianico di cui parla Gesù nelle sue parabole
del Regno, immagine della piena felicità e della piena beatitudine
che Dio ha progettato per tutti i popoli della terra.
Quanta strada separa questa visione dalla realtà che conosciamo
fin troppo bene, nella sua drammaticità e nella sua crudeltà: il banchetto delle risorse del mondo è oggi riservato soltanto ad un terzo
dell’umanità, mentre gli altri due terzi stanno fuori della porta a
guardare, e molti di loro a morire di fame.
C’è un fìtto velo che copre ed allontana questa realtà. Un velo
che oggi si chiama apartheid in Sud Africa, bandidos armados in
Mozambico, neocolonialismo, multinazionali, mafia, traffico della
droga, corsa agli armamenti, lebbra, carestie, fame del mondo e la
lista potrebbe allungarsi di molto.
Ma la volontà di Dio è che questo velo sarà tolto. Tutto il piano
di Dio per la salvezza del mondo intero è infatti volto a togliere
quella cortina di egoi.smo, di violenza, di odio e di morte che impedisce agli uomini di guardarsi in faccia e di riconoscersi come
fratelli.
E di tanto in tanto ci è già dato di vedere dei brandelli di questa
cortina cadere, degli strappi farsi nel cupo velo e lasciare filtrare una
luce di speranza. Ultimamente si è sgretolato il muro di Berlino, si
sono accese molte speranze di libertà per diversi paesi dell’est europeo, è crollata, purtroppo in un mare di sangue, la dittatura di Ceausescu.
Ma non possiamo rimanere a guardare da lontano, aspettando
con le mani in mano. Il Signore ci chiama a collaborare con lui alla
distruzione di questo velo.
Questa collaborazione ha però un costo che dobbiamo mettere
in bilancio. Come dice un proverbio dell’Africa del Sud: «Non si asciugano le lacrime di chi piange senza bagnarsi le mani ».
La costruzione del nuovo mondo della fraternità e dell’amore
implica una profonda revisione del nostro modo di vivere e di pensare, affinché tutte le barriere che sempre e di nuovo sorgono fra gli
uomini, siano definitivamente abbattute e cancellate, e noi possiamo
tntti i popoli dell’Asia, dell'Africa, delle Americhe e
dell Qceania una sola famiglia, la famiglia di Dio.
La visione di Isaia, la promessa di Gesù, sono così belle che vale
proprio la pena di incamminarsi su questa strada.
Renato Coisson
tisegregazionisti — il giorno in
cui bianchi e neri potranno vivere insieme in pari dignità e libertà è ancora lontano, o la tragedia
palestinese in cui, malgrado le
pressioni internazionali e T« intifada » — la rivolta con le pietre
di un popolo espropriato — la
persistente rigidità del governo
israeliano non lascia intravedere
soluzioni positive a breve termine.
La tragedia più grande di tutte,
che continua ad attraversare immutabile la fine di questo secolo,
è quella del Sud del mondo che
vede milioni di esseri umani morire d’inedia, di fame, di malattia,
schiacciati dalla miseria che alimenta la nostra ricchezza.
Le dittature venute dal freddo
lasciano — in questa fine degli
anni ’80 — il posto a nuove democrazie e nuove progettualità
che mutano gli scenari futuri.
11 1989 non è stato solo un anno di libertà politiche; è stato un
anno di nuove speranze ecumeniche nelTambito del cristianesimo.
Basti ricordare l’assemblea di Basilea, che ha dato un fortissimo
contributo sul piano dell’impegno
dei cristiani per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato.
A questo punto c’è solo da sperare che il 1990 non segni un arretramento degli sforzi compiuti
e che il cammino di libertà possa essere continuato con la stessa
energia di questo anno trascorso.
Quale augurio, dunque, formulare dopo l’incredibile 1989, anno
di libertà, di mutazioni, di speranze? Vogliamo qui far nostro l’augurio di Habacuc, profeta del 600
a. C. che, nella crisi epocale che
vide il crollo del grande impero
assiro, prega Dio di far conoscere la propria opera a tutte le genti: « O Eterno, da’ vita all’opera
tua nel corso degli anni » (Habacuc 3: 2). Cogliere nelle grandi
e rapide mutazioni del nostro tempo l’opera liberatrice di Dio è difficile. Ma non per questo rinunceremo a farlo.
Giuseppe Platone
2
commenti e dibattiti
5 gennaio 1990
AUGURI
DAGLI USA
Caro Direttore,
in occasione della fine d'anno il
comitato della American Waldensian
Society mi ha incaricato di scrivere
ai valdesi e ai metodisti italiani quanto segue.
A nostro avviso il motivo conduttore del centenario dell'89 è stato la
conversione al futuro che appartiene
a Dio (come hanno sottolineato Garrone, Spini, Comba, Ricca, Martelli), intesa come passione per il discepolato al seguito di Gesù (Giampiccoli).
Così avete arricchito l’autocomprensione di tutta la chiesa. Per questo sia
lode al Signore.
A nome delle vostre chiese la Tavola recentemente ha inviato, tramite
l'AWS, una somma generosa per assistere le chiese di San Francisco nel
loro ministerio tra i terremotati. Un
momento di conversione ai poveri che
soffrono nel concreto. Per la vostra
solidarietà sia lode al Signore.
In questi giorni di trasformazioni
continue nell'Europa orientale, il New
York Times ha titolato un articolo con
solo tre parole che ricordano Martin
Luther King: « Let freiheit ring ».
Colleghi nel discepolato di Gesù
Cristo, tenete alta la passione per
l'abbattimento delle mura! Ribelli, esiliati, testimoni, militanti per la libertà, cercate una patria migliore (Ebrei
11), un'Europa trasformata, una ecumenopoli globale, che scelga con passione la giustizia senza barriere. Per
tale promessa sia lode al Signore.
Ed ora due parole a titolo personale. In questi anni ho assistito a 6-8
repliche del Nabucco all'Arena di Verona. Quest'estate è successo qualcosa
che mi ha molto emozionato, un fatto
che segnala al credente la promessa
della « città della giustizia » biblica.
Tutti gli spettatori aspettano il coro
del « Va' pensiero », il grido de profundis degli esiliati e della loro speranza per la promessa « patria migliore ». Alla fine del coro tutti in piedi
ad applaudire, a chiedere il bis. Poi
il maestro Daniel Oren, ebreo, ha chiesto al coro di lasciare il palco e di
scendere in platea. Si è voltato ed ha
chiesto agli spettatori (25 mila persone) di diventare un coro di massa. Con
le spalle al palco, il maestro ha infine diretto quella massa di persone nel
coro del bis.
Ho riflettuto sul fatto. Per il credente cosa simboleggia lo scendere
dei coristi in mezzo alla gente se non
. JHWH shema » (Là è il Signore,
Ezechiele 48) con una passione sincera (Zaccaria 8) per la "patria migliore”?
E cosa significa la chiamata di tutta quella gente se non l'invito di Cristo ad agire come suoi testimoni
fino alle estremità della terra per la
causa della promessa, "città fedele ',
e la sua giustizia "alle periferie”?
Che Iddio vi porti sulle ali delle
aquile per amore della patria migliore, del regno che viene per amore del
nuovo mondo in Cristo, come dice
Vinay.
Siate forti e convinti che Dio è capace di fare tutto quello che ha promesso.
Frank G. Gibson jr.. New York
LA CONTRIBUZIONE
ALLE CHIESE
Spesso capita di sentire: « Non darò più la contribuzione » oppure « La
chiesa non fa niente o non ha fatto
siente per me » oppure « Non andrò
più in chiesa» e si potrebbe continuare:
• Perché quelli che vanno in chiesa sono peggio degli altri; perché posso
pregare a casa » ecc.
Queste espressioni nascono o da
presunti torti ricevuti, o da dissensi
su alcune impostazioni, o da dissensi
sull'amministrazione economica, o forse perché il concetto di chiesa popolo di Dio, e chiesa istituzione non
è abbastanza chiaro o perché si pensa alla chiesa quale dispensatrice di
sevizi e beni.
Ed allora bisognerà correre ai ripari a cominciare dalla scuola domenicale, dal catechismo a spiegare II
senso e significato di chiesa.
La contribuzione piccola o grande
che sia è un dovere ed una responsabilità che ognuno si assume nel
momento in cui chiede di far parte
della chiesa (chiesa-istituzione). La
predicazione si fa attraverso questo
umile servizio fatto da uomini peccatori che si servono di questa imperfetta istituzione, anche se sappiamo
che la predicazione si fa anche in
mille altri modi.
Quando si dice: » Darò alle opere
ciò che dovrei dare per il culto » bisognerebbe tener presente che culto e
opere sono legati fra loro e non si
può privilegiare l'uno o le altre, sottrarre all'uno ciò che è per le altre. I
pastori ai quali abbiamo imposto le
mani e tutti i dipendenti che in qualche modo, anche se in modo imperfetto, mandano avanti l'istituzione chiesa “ sono degni del loro salario » ed
allora non si può essere latitanti lasciando a pochi il peso e l'onere perché il denaro non si trova per strada. Se ognuno pensasse a questo
modo dovremmo avere il coraggio di
annullare ogni cosa e non so con quali conseguenze.
Fortunatamente ognuno può esprimere le sue perplessità, i suoi dissensi, anche se non sempre sono giusti (alcune cose possono anche essere chiarite) o non sempre si viene ascoltati. Bisogna continuare ad
esprimersi. Quando ci lamentiamo ohe
la chiesa non fa niente per noi, possiamo anche domandarci che cosa
facciamo noi per la chiesa, come se
la chiesa fossero gli altri e non gli
altri più io; io più gli altri in un vincolo creato dal Cristo stesso e che
non ci è dato di spezzare.
Questo può essere un messaggio
da trasmettere da ognuno di noi a
coloro che sono più dubiosi e perplessi.
Alba lazeolla, Torre Pellice
SABINA, NON
CIOCIARIA
Nel n. 46 avete commesso un errore. Forano Sabino, città nella quale
esiste una chiesa valdese che nel
1989 ha compiuto 100 anni, non è in
« Ciociaria ». La Ciociaria è in provincia
di Frosinone, invece Forano è in provincia di Rieti. Il titolo dell'articolo
avrebbe perciò dovuto essere • L'Evangelo nel Reatino » o L'Evangelo
in Sabina ».
Cordiali saluti.
Giovanni Caruso, Roma
GLI EVANGELICI
AD ASTI
Facciamo riferimento all'articolo
Ricominciamo da venti » pubblicato
sul n. 47.
Siamo rimasti stupiti nel leggere testualmente; « Asti non figura nelle nostre cartine geografiche come luogo
di una chiesa evangelica ».
Dobbiamo pensare a questo proposito che le vostre cartine geografiche
sono vecchie di oltre cento anni? E'
infatti nel secolo scorso, precisamente nel 1857, che nacque la testimonianza della nostra chiesa evangelica
in Asti ed è esattamente dall'anno
1941 che ci si riunisce regolarmente
in via Parini 6, fino al « dì » di oggi!
Per inciso citiamo anche la chiesa evangelica pentecostale, presente nella
nostra città da più di quarant'anni.
Q dobbiamo forse pensare che soltanto le chiese valdesi e metodiste
sono considerate chiese evangeliche?
In questo caso ci sarebbe una macroscopica contraddizione denominazionale di fondo; per esempio non
capiremmo i criteri usati per giungere alla scelta del nome della nuova
realtà comunitaria: Comunità cristiana ecumenica, oggetto appunto dell'articolo in questione.
Nell'amore del Signore Gesù Cristo
vi chiediamo di rettificare le inesattezze e rendere chiare le ambiguità contenute nel suddetto articolo.
Desideriamo rassicurarvi che non
abbiamo la minima intenzione di creare « un caso » ma, semplicemente ,ameremmo che ciò che si afferma corrisponda al vero, sempre! E in modo particolare quando si parla o si
scrive dell'opera di Dio!
Adino Genta
Chiesa cristiana evangelica. Asti
LUCE
NELLE TENEBRE
Una riflessione riassuntiva da una
meditazione di J. Chopineau (tradotta
dal francese).
Sta scritto; Per la tua luce noi
vediamo la luce » (Salmo 36: 9). Di
quale « luce » parla il salmista? Trattasi della luce che brilla da lontano
e verso la quale come per un avvertimento divino si muovono i Magi,
come sta scritto: « A proclamare le
virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce» (1 Pietro 2; 9).
Riconducendoci all'avventura dei Magi essi dicono: « Noi abbiamo veduto
la stella in Qriente » (Matt. 2: 9) come la luce che vedeva; - Il popolo
che camminava nelle tenebre e vede
una gran luce » (Isaia 9: 1).
L'esperienza ci fa affermare che la
luce indica la direzione dello sguardo;
la nostra naturale tendenza ci porta
verso la luce ma, attenzione!, sul nostro cammino possiamo intravedere
molte luci ma realizziamo tosto la differenza fra la luce — come la stella
d'Qriente — e le false luci. Ed allora come facciamo a riconoscere la
vera luce?
La vera luce conduce verso la sorgente mentre le false conducono e si
disperdono nel mare, come sta scritto:
«Tutti i fiumi corrono al mare» (Eccl.
1: 7).
La grande rivelazione al credente
proviene dall'esperienza che per mezzo della luce noi vediamo la luce
perché sta scritto: « Lo spirito dell'uomo è una lampada dell'Eterno che
scruta tutti i recessi del cuore » (Proverbi 20: 27). Per questa luce parallelamente io vedo e sono visto. La
luce è conoscenza poiché sta scritto: « L'Iddio che disse: splenda la
luce fra le tenebre è quel che risplende nei nostri cuori affinché noi facessimo brillare la luce della conoscenza che rifulge nel volto di Gesù Cristo » (Il Cor. 4: 6), Nel mondo turbato
e stordito da innumeri pretese luci,
la verità sta solo in Cristo che è la
luce del mondo.
Domenico Abate, Torre Pellice
SOSTENERE
VILLA OLANDA
Caro Direttore,
sono grata sia alla sig.ra Elsa Rostan sia al pastore A. Deodato per le
loro precisazioni su Villa Qlanda. Concordo pienamente col pastore Deodato sulle ragioni per cui è necessario
tenere in attività Villa Qlanda — spe
Il rinnovo del patto
(segue da pag. 1)
povertà, la crescente ingiustizia
in cui siamo spesso immersi. Nella progettualità di Dio c’è una
chiamata per tutti. C’è una promessa che vede in primo luogo
Dio stesso impregnato nei nostri
confronti.
NeU’avvenimento liturgico del
’’rinnovamento del patte” — che
interessa e coinvolge altre confessioni cristiane — la tradizione metodista si rinnova e si reinnesta in quella progettualità
di Dio pattuita e stabile per diventare dono a tutti. La nostra
relazione con il Dio della Bibbia, salvatore e creatore, deve
realizzarsi nel cuore dei problemi sociali e politici del nostro
eie in una prospettiva che fa prevedere un aumento di popolazione anziana e in particolare di persone « sole ». Non so esattamente che cosa si
intenda per « sodalizio » e quali siano
precisamente le sue funzioni. Già alcune persone qui a Genova mi hanno
interpellata dichiarandosi disposte a
contribuire alla raccolta di fondi e una
mi ha telefonato per chiedere se «si
intendeva costituire un’associazione
del tipo « Amici del Collegio » a cui
ella già contribuisce. Sarebbe perciò
necessario sapere al più presto, sia
pure approssimativamente, a quanto
ammonta la cifra totale per i lavori
di ristrutturazione della Villa, per l’estinzione di antichi debiti (a cui accennava il moderatore) e per la creazione di un fondo di gestione.
Personalmente sono pronta a versare — non appena sarà costituita una
associazione o sodalizio — un primo
contributo di lire cinque milioni, :ad
impegnarmi a ricercare fondi e —
qualora fosse ritenuto utile — a venire un sabato o una domenica in
gennaio .a Torino o a Torre Pellice
per discutere con altri « amici » il miglior modo di mettere in atto le varie proposte di sostegno dell'opera che
verranno fatte.
Mi scuso per la pubblicità data a
questa mia offerta, ma mi sembra il
modo più concreto di rispondere all’appello del pastore Deodato e di dimostrare la volontà di fare che, sono
certa, è sentita da molti altri.
Cordialmente,
Mary Oorsani, Sori (Ge)
VILLA OLANDA:
CIO’ CHE VA FATTO
Caro Direttore,
una volta ancora chiedo un po' di
spazio per parlare di Villa Qlanda, ma
credo doveroso da parte mia anzitutto
ringraziare tutte le numerose persone
che mi hanno espresso la loro soM
darietà e poi fare il punto della situazione. Abbiamo cercato in un primo
tempo i fondi per l’acquisto e forse,
a costo di molta buona volontà e tenacia, ci saremmo riusciti, ma non tutti
i donatori erano disposti a dare grosse somme senza interesse o a fondo perduto e non potevamo certo gravare la casa con un affitto perciò, seppur a malincuore, abbiamo dovuto rinunciare e la nostra proposta ora è
questa: la Tavola deve rinunciare a vendere lo stabile, cercando altrove il denaro di cui abbisogna e formeremo
un'«Associazione Amici di Villa Qlanda » (tipo quella creata a suo tempo per
l'Qspedale di Torre Pellice) che cerchi i fondi per migliorare la casa che,
se mantiene la sua funzione di casa
di riposo per autosufficienti, non ha bisogno di grosse trasformazioni. L'impianto di riscaldamento è a posto
come pure il sistema antincendio, l'impianto elettrico è a posto per l’80%:
esistono un montalettighe e un ascensore funzionanti, ci sono 25 belle camere con bagno e un tecnico di tutta
fiducia che ha visitato accuratamente
la casa l’ha giudicata idonea per persone autosufficienti e anche per persone dimesse da case di cura. Le spese
indispensabili ed urgenti sono: impianto di campanelli in tutte le camere con istituzione di guardia notturna, imbiancatura generale e alcune
migliorie (nuovi bagni, arredo ecc.),
con una spesa prevista di 200 o 300
milioni. Certo non è una casa lussùosa, ma l’esperienza insegna che le case
di riposo che vanno avanti bene sono quelle che mantengono un tono
modesto e familiare (vedi Miramontil).
Ripeto che Villa Olanda non ha deficit, e il debito di cui parla la Tavola
è un debito verso la CIOV ohe risale
a quando a Villa Olanda fu imposto
di ospitare le dimesse dal Padiglione
deirOspedale e riguarda le spese fatte a tale scopo: questo debito fu contestato e non accettato dal Comitato
di Villa Olanda di quel tempo. Ma è
inutile continuare a polemizzare: ho
fatto e farò per Villa Olanda quanto
posso perché credo nella validità di
quesfoperd e nella necessità di case di riposo alia portata anche dei
meno abbienti e spero, con l'aiuto del
Signore, nel suo futuro.
Ade Theiler GardioI, Torre Pellice
delie valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato. Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein. Valdo Benecchì. Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri. Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
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tempo proprio per realizzare una solidarietà critica capace di
richiamare noi stessi e gli altri
a reagire a qualsiasi impostura
e parzialità storica. AH’inizio di
questo nuovo anno penso che il
nostro tempo e il nostro spazio di vita debbano essere caratterizzati da uno zelo che ci
faccia giungere alla pienezza
della speranza. Qui ed ora ci è
dato di vivere le primizie di
« nuovi cieli e nuova terra » per
i quali Dio stesso in Cristo ha
già fatto e fa molte per tutti
noi. In questo quadro noi celebriamo il ’’rinnovamento del
patto”, speranza che ci è offerta gratuitamente in Cristo.
Franco Carri
EDITORE: A.I.P. - via Pio V. 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Costante Costantino (presidente), Adriano
Longo (vicepresidente). Paolo Gay, Giorgio GardioI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
ABBONAIMENTI 1990
Italia
Qrdinario annuale
Semestrale
Costo reale
Sostenitore annuale
Da versare sul c.c.p.
10125 Torino
Estero
L. 42.000 Qrdinario annuale L. 75.000
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L. 80.000 rea) L, 130.000
1. 20936100 intestato a A.I.P. ■ via Pio V. 15
Il n.50/'89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli delle valli valdesi il 22 dicembre 1989.
Hanno oollaborato a questo numero: Teofilo Pons, Paolo Ribet, Aldo Rutigliano. Franco Taglierò.
3
5 gennaio 1990
commenti e dibattiti
LA RIFORMA DELLA SCUOLA ELEMENTARE
Un passo indietro
Troppe le modifiche apportate al testo di legge in Senato: rischia
di snaturarsi il progetto di lavoro didattico con diversi docenti
PROTESTANTESIMO IN TV
Chi pensava che la riforma degli ordinamenti della scuola elementare, con il superamento del
maestro unico, fosse ormai alle
porte e che poco mancasse all’approvazione definitiva, visto il
sostanziale consenso sulla proposta in Commissione, è rimasto
deluso dalle recenti modifiche apportate al testo da parte del
Senato, il che equivale ad una
sostanziale ridiscussione e ripatteggiamento, stando alle varie e
incrociate prese di posizione. Ritengo che non poco abbia pesato la riluttanza delle scuole
non statali di fronte all’articolo
che ne prevedeva l’adeguamento
all’ordinamento statale, senza altra contropartita ad un evidente
accrescimento di spese per l’aumento del personale.
Non a caso, su questo punto,
si sono trovati d’accordo dapprima i liberali, con a capo Valitutti, e gli stessi proponenti
democristiani (Falcucci). « assaliti » da buona parte dell’elettorato, e poi i socialdemocratici.
E così un testo atteso, frutto
di un lavorio lungo e calibrato,
appena in grado di cogliere le
istanze più sentite di rinnovamento e, soprattutto, tale da
consentire una regolare applicazione dei « nuovi » programmi,
viene criticato dai più, esposto ad
emendamenti e modifiche che lo
snaturerebbero e, per ora accantonandolo, non si consente neanche ai più impegnati e disponibili di realizzare quell’adeguamento ai tempi e all’apertura
europea reclamato ad ogni piè
sospinto.
Superare il
« docente unico »
Uno degli elementi innovativi
proposti — e più fortemente attaccati — è quello del superamento del docente unico, con
l’introduzione di più figure e,
precisamente, una in più per le
due classi del 1® ciclo e due per
le tre classi del 2» ciclo. Il pericolo paventato è quello della
perdita di una figura di riferimento, in questa fase evolutiva
assai delicata, e della presenza
di troppi docenti che causerebbero disorientamento, se non disordine.
Pur considerando fondata la
richiesta di limitazione per un
gratuito aumento del numero dei
docenti e richiamando che ciò
avvenga con precisi obiettivi comuni concordati e metodologie
coerenti, vorrei qui fare presente almeno due ordini di rilievi.
Il primo di carattere istituzionale, e cioè che nessuno grida
allo scandalo perché nella scuola
rnaterna (e, quindi, con bambini ancora più piccoli) ci sono
due docenti che ruotano nella
medesima sezione e, di conseguenza, due figure di riferimento. Oui come altrove, i problemi nascono e sono seri quando
c’è conflittualità tra gli insegnanti, ognuno teso al conseguimento dei « propri » obiettivi e impojpiato a lavorare con la «'propria » metodologia, senza volontà di confronto o tentativo di
raccordo. Ma si tratta di un proolema generale che investe, peraltro in maniera massiccia e addirittura deleteria per le sorti
dello studente, la scuola secondaria, ancora ben lungi dall’avere resolto questa situazione. Un
Serio lavoro in équipe, attorno
ad obiettivi definiti c scanditi
in una programmazione in continua messa a punto collegiale,
può dare buoni risultati, valorizzando tutto l’apporto che più
figure possono dare all’insegnamento; certo, la pura « giustapposizione » di persone non ha
alcun significato pedagogico c rischia di non averlo neppure dal
punto di vista psicologico.
Il secondo rilievo lo vorrei fare muovendo da quella che è
un’esperienza ormai pluriennale
svolta nelle scuole dell’alta vai
Penice, e cioè quella dell’introduzione, all’intemo del « tempo
pieno » (che ci si augura che la
nuova riforma non voglia cancellare), di attività di laboratorio aflfiancate alle normali attività di classe o curricolari. La
conduzione dei laboratori, per
ragioni pedagogico-didattiche che
sarebbe lungo qui approfondire,
è affidata a personale scolastico
qualificato, ma diverso da quello di classe; i ragazzi trascorrono nei laboratori con i rispettivi conduttori molte ore per settimana, con generale interesse e
profitto, venendo così a contatto
con una pluralità di docenti e,
senza per questo, avere danno
o confusione, anzi arricchendosi
di altri stimoli culturali e venendo a contatto con linguaggi diversi.
Itinerari pedagogici
complementari
Anche su attività fondamentali come la lettura e la scrittura, il poter disporre di almeno due ambiti distinti in cui operare, con docenti diversi e secondo itinerari pedagogici complementari, è diventato a mio avviso un buon sistema per garantire a tutti prestazioni adeguate al livello raggiunto, secondo
strategie di ricerca e di espressione non identiche a quelle di
classe. I due laboratori citati (ma
ce ne sono anche altri) sono diventati il luogo dove, appresa in
classe e lì irrobustita la tecnica
del leggere e dello scrivere, ognuno può trovare spazi, tempi, strumenti, strategie e, soprattutto,
persone « calibrate » ai propri bisogni, in un contesto forse meno rigido di quello della classe,
anche a motivo del numero ridotto di allievi presenti nel laboratorio. Se è vero che la televisione è vissuta spesso come un
concorrente ai compiti dati dalla scuola e può esercitare un’influenza negativa sugli apprendimenti, forse però bisogna cominciare a vederla non più e soltanto come controparte da combattere (ma con quali armi valide? non basta il moralismo),
bensì da sfruttare in positivo per
gli spunti che, come mezzo di
comunicazione, ci può offrire. Nei
laboratori si sta attualmente riflettendo su quest’ipotesi, peraltro avvalorata da ricerche teoriche e da numerose esperienze
pratiche, nella convinzione che
qualcosa si può fare.
Ma ciò è condizionato dall’avere più tempo a disposizione (l’orario prolungato o « a tempo pieno » è indispensabile e appena
sufficiente) e dal poter intervenire con figure professionali preparate, in continua interazione
con i collcghi e con l’insegnante di classe che, comunque, con
serva la sua funzione di referente.
Arricchimento
In questo tipo di organizzazione, la pluralità di docenti non
è sicuramente un limite; anzi, si
tratta di un arricchimento per
il ragazzo che — com’è stato detto — esperimenta linguaggi specifici e mirati, oltre che, soprattutto nel secondo ciclo, compiere
un’esperienza utilissima di avvio
alla media, con la sua organizzazione basata su un insieme di
docenti per classe. Le difficoltà
esistono e sussistono, ma i dati
positivi sono di gran lunga superiori rispetto a quelli negativi.
Nel più ampio dibattito sulla
questione della riforma, se veramente gli interlocutori vogliono discutere per il bene e il futuro della scuola, le referenze dell’esperienza maturata non' dovrebbero essere sottostimate e,
tanto meno, essere bloceate da
faziose giustificazioni. Come avviene in altri campi e settori,
l’esperienza desunta dalla sperimentazione dovrebbe servire a
stabilire le linee di tendenza
da proporre e da generalizzare.
Roberto Eynard
Direttore del circolo didattico
di Torre Pellice.
La sera del 24 dicembre alle 23,15, in anticipo sull'orario
annunciato, è andato in onda
il « culto evangelico » celebrato presso il tempio di Torino,
con la predicazione di Franco Giampiccoli e la partecipazione delle corali di Morges,' Pinerolo, San Germano,
Torino, Ivrea.
Renato Maiocchi ha introdotto la « speciale trasmissione resa possibile da RAI 2 »
come « culto di Natale ». E'
se stessi questo capovolgimento di valori nella scoperta di
Cristo, speranza non effimera
dell’umanità. Si è trattato di
un chiaro invito a mettersi al
seguito di Gesù ver condividere il modo di agire di Dio.
Tecnicamente la trasmissione ci è parsa ottima. Bellissime tra l'altro le quattro immagini finali in parallelo e la
chiusa con le note dolcissime della corale. Si potrà ora
discùtere se non rischia di ur
Il culto di Natale
stato un gran bel culto, ricco
di canti natalizi e sostenuto
da una densa predicazione sul
«Magnificat» (Luca 1: 51).
Nel corso del culto si è celebrata la santa Cena presieduta dal pastore Adelaide Lupi in toga, come gli altri due
pastori, mentre il commento
di Maiocchi sottolineava che
chiunque può presiedere il culto e la Cena del Signore, purché sia riconosciuto dalla comunità dei credenti.
Con passione Giampiccoli ha
scavato nelle parole evangeliche di Maria: « Ha tratto giù
dai troni i potenti ed ha innalzato gli umili »; al di là
di una interpretazione spiritualista o sociologica del testo occorre — ha sostenuto
il predicatore — applicare a
tare la nostra sensibilità registrare una settimana prima
il culto che verrà presentato
come celebrato la sera stessa
in cui lo vedi. Tutto sommato si poteva registrare, con
un po’ di accorgimenti (così
come si era fatto per il culto
in eurovisione del 3 settembre), un culto in diretta. Evidentemente questa trasmissione era indirizzata non tanto
a noi quanto a quegli italiani,
e sono tanti, che non hanno
mai visto cosa fanno i protestanti quando vanno in chiesa. Discutiamone pure, ma evitiamo quella superbia capace
di distruggere ogni progetto
che vuol essere buono (come
insegna il Magnificat).
Giuseppe Platone
LETTERA
Culto, non teatrino
Di fronte alla lettera di Giorgio Peyrot, relativa al culto televisivo del 24
dicembre 1989, pubblicata sul numero
del 22 dicembre scorso, non sappiamo
che cosa apprezzare maggiormente:
se le doti di chiaroveggenza deH’autore, che descrive un avvenimento
prima che esso sia compiuto, ovvero
la decisione del giornale di dare spazio anticipato a tale chiaroveggenza.
Peccato che nella fattispecie la realtà abbia smentito alcune delle profezie. Le « inevitabili prove ripetitive »,
per esempio, sono pura fantasia, a
meno che con questo si voglia alludere alle ovvie, quanto discrete,
prove tecniche per regolare i livelli
dei microfoni e delle telecamere, ovvero alle prove di movimento delle
corali dai banchi al fronte del tempio, tutte cose che accadono comunque prima del culto, e 'non solo di un
culto televisivo. Il culto in quanto
tale, infatti, si è svolto linearmente,
dall’invocazione fino alla benedizione,
senza interruzioni e interferenze. Il
consenso del nostro Servizio all'operazione è stato dato, tra l'altro, proprio
a condizione che i mezzi tecnici di
ripresa fossero quelli necessari per una
trasmissione in diretta, in modo da
escludere qualsiasi interruzione.
Altro esempio: la « normale trasmissione » di «Protestantesimo» prevista
da tempo per ii 24 dicembre era proprio
un culto di Natale, per il quale avevamo già contattato una comunità del
sud. In questo senso non abbiamo
cambiato niente. Abbiamo invece accettato, e su questo si può ovviamente discutere, di collocare questo evento a conclusione delle celebrazioni per
il rimpatrio dei valdesi, realizzandolo
quindi in Piemonte e invitando una corale svizzera.
E’ vero viceversa che abbiamo invitato ad assistere anche dei fratelli e
delle sorelle di comunità cattoliche
ed anche un vescovo, che ha declinato
l'invito con dispiacere, a causa di impegni già assunti. Il che fra l’altro dimostra, se mai ce ne fosse bisogno,
che si trattava di una possibilità, non
di una condizione impostaci. A parte
il fatto che i culti ecumenici non li ha
certo inventati « Protestantesimo », ed
è accaduto ed accade nelle nostre
chiese che quando si organizza un
culto ecumenico si invitino dei fratelli cattolici e — perché no? — anche un vescovo. Naturalmente ad assistere, non a « concelebrare »!
Che un culto televisivo rappresenti
una « messa in scena » per la tv,
oppure un momento di lode e di lascolto della Parola ripreso dalla tv,
non dipende a nostro parere né dal
giorno né dall'ora né dall'occasione,
abituale o inusuale, ma dallo spirito
con cui tale momento viene vissuto.
In questo senso troviamo smisurata
l'arroganza con cui si dà per certo, da
parte di chi non c’era, che un migliaio
di fratelli e sorelle, convenuti ,a Torino
il 17 dicembre, abbiano recitato il
« teatrino di Dio ».
Comunque, tralasciando le note di
arroganza e di disprezzo, la lettera del
fratello Peyrot mette in questione non
soltanto il culto del 24 dicembre, ma
tutto il nostro impegno nei mass media. Per esempio, secondo una visione
siffatta, dal 1944 in poi ogni domenica
alla radio va in onda un « teatrino di
Dio » (cioè un « culto evangelico » in
cui non ci sono heanche le « comparse », compiacenti o meno, realizzato
nel vuoto di uno studio di registrazione) .
Per non parlare di tutte le occasioni
in cui, in questi 17 anni di « Protestantesimo », abbiamo trasmesso momenti
di culto, culti interi e persino, già nel
primo anno, un culto (ecumenico!) celebrato appositamente per il giovedì
santo e trasmesso in differita.
Ma allora, se la contestazione riguarda tutto il nostro impegno nei mass
media, e insegue il sogno nostalgico
di una vita ecclesiale che si tiene
lontana dai rischi (reali, sia ben chiaro!) deH'immagine, del « farsi vedere »,
del farsi strumentalizzare, la cosa richiede una riflessione ben più ampia,
che non può trovar posto in una lettera, e su questo ci ripromettiamo di
tornare.
Servizio Teievisione
della FCEI
Per i vostri acquisti
• Giovedì 11 gennaio — Torino:
alle ore 20.45, presso la Sala valdese di via Pio V, 15 (I p.), Daniele
Garrone, professore di Antico Testamento presso la Facoltà valdese di
teologia, e Stefano Levi della Torre,
della redazione della « Rassegna mensi.
le di Israel », parleranno sul tema:
« Ebrei e cristiani: un rapporto ancora difficile, perché? ».
• Domenica 14 gennaio — Roma:
per il corso di formazione ecumenica
organizzato dal SAE sulla riscoperta
ecumenica della festa. Elio Toaff, rabbino capo di Roma, parla alle ore
16.15, in via Giusti 12, sul tema «Il
sabato ».
• Gi'ovedr 18 gennaio — Torino:
presso il Museo nazionale del Risorgimento (Pai. Carignano), per il ciclo
di conferenze sulla Rivoluzione francese e il Risorgimento italiano, il prof.
Narciso Nada parla alle ore 17 sul
tema: « L'eredità della RivoluzDane francese e dell'epoca napoleonica nel Risorgimento italiano ».
Librerie Claudiana
• TORRE PELLICE - Piazza della Libertà, 7
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fede e cultura
5 gennaio 1990
TRA RELIGIONE E POLITICA
CONVEGNO A SANTA SEVERA
La questione uniate
Una vicenda che sta avendo e avrà il suo peso nel clima di riforme
in atto neirURSS di Gorbaciov - Occorre dire no alle scorciatoie
Temi di bioetica
Vorrei aggiungere all’articolo
di Carlo Papini sugli uniati (numero dell’8.12.1989) qualche precisazione e qualche considerazione.
Lo credo opportuno perché non
è difficile immaginare che questa « vecchia querelle » avrà in
futuro una rilevanza politica (e
religiosa) sempre più insistente;
e penso di doverlo fare perché
— non so se in « termini corretti » — ho già posto il problema
storico su «la Repubblica» (15.
6.1988), anche se non mi stupisco più che tanto che i mass media abbiano continuato a « disinformare » in materia.
1 ) La dizione « Volynja » (e
più « Rutenia ») rischia di aggrovigliare l’attuale questione: «terre rutene » erano dette quelle
abitate da slavi-orientali nel
Granducato di Lituania (che nel
XVI secolo s’unì organicamente
col Regno di Polonia, dando vita alla Rzeczpospolita, Respublica, polacca), cioè insieme le
attuali Bielorussia e Ucraina sovietiche.
Effettivamente, l’Unione di
Brest (1596) si attuò là dove più
erano presenti « ruteni » ortodossi; ma con la spartizione della Polonia, alla fine del XVIII
secolo, non solo le terre dell’attuale Bielorussia, anche quelle
orientali dell’attuale Ucraina (la
« Volynja », appunto) entrarono
a far parte dell’Impero russo:
in queste zone, i’Unione venne
revocata (per ragioni politiche,
forzosamente, si dirà: ma non
diversamente da come si era imposta) già nel 1839, sotto Nicola
I. La Galizia (con Leopoli) toccò invece all’Impero asburgico
(poi, dopo la prima guerra mondiale, passò alla Repubblica polacca): è qui che l’Unione sopravvisse fino al 1946, quando con il
Sinodo di Leopoli (voluto questa
volta da Stalin) essa fu riassorbita dalla Chiesa ortodossa o, per
essere più precisi, dal Patriarcato di Mosca.
2) In questo senso, è giusto
dire che Stalin portò a termine
un’impresa iniziata dagli zar; a
patto, s’intende, di specificare:
a) che la Chiesa cattolica di rito orientale è frutto della politica controriformistica, che pensò di recuperare a Oriente quel
che aveva perso ad Occidente; e
b) che non genericamente di
« ucraini » si tratta (né di ruteni, tampoco di volyniani), bensì
di galiziani.
3) La Polonia (intesa come
somma del Regno di Polonia e
Granducato di Lituania) non fu
mai « a maggioranza protestante », nemmeno nel « ceto colto »;
vi fu, per un breve periodo nella
seconda metà del XVI secolo, una
maggioranza « dissidente » nelyaristocrazia polacco-lituana: in
ciò sta la peculiarità del protestantesimo « polacco », e insieme
la sua debolezza storica.
4) Vero è dunque che gli uniati rappresentarono il successo dei
gesuiti tra i « ruteni » della Po
lonia d’allora; ma è anche vero
che fin dal secolo XVII i più accaniti avversari degli uniati non
furono i protestanti (delle diverse confessioni; del resto, sbaragliati anche sul campo alla metà del secolo), e nemmeno gli
ortodossi « ruteni », ma proprio
i cattolici polacchi di rito latino,
che vedevano in essi un pericoloso inclinare verso gli « scismatici ». In un libro recente {Rome
et Moscou, Paris, 1987), un cattolico come Antoine Wenger si
augurava che fosse proprio un
« papa polacco » a restituire libertà religiosa agli uniati, anzitutto come risarcimento per quel
che i cattolici polacchi avevano
fatto loro passare.
5) La peculiarità dei cosiddetti « cattolici ucraini » sta dunque in primo luogo nel rito, non
nella confessione: cattolici di rito latino ne esistono in URSS,
e nella fattispecie in Bielorussia
e in Ucraina: nessuno ha mai
impedito a quelli di unirsi a questi; semmai avranno avuto le
stesse difficoltà operative dei credenti di qualsiasi altra confessione; da un punto di vista protestante, mi sentirei di dire che
la questione ha risvolti più clericali che di fede.
6) Non c’è dubbio, tuttavia,
che nei fenomeni religiosi di
massa (e anche non di massa)
è storicamente difficile distinguere Luna cosa dall’altra; come non
c’è dubbio che la questione degli uniati investe oggi politicamente molto di più che le tradizioni religiose dei fedeli galiziani, ma la stessa identità nazionale ucraina.
7) Qui si cela però anche un
risvolto assai delicato, che Papini (per magnanimità, suppongo) non tocca: assunto che —
con le debite precisazioni — il
quadro storico offerto è sostanzialmente corretto, che ne fu degli uniati tra il 1939 e il 1946?
Presto detto: uniti forzosamente
(questa volta non al Vaticano,
ma all’URSS) dall’infame patto
nazista-sovietico, durante la seconda guerra mondiale si trovarono in zona d’occupazione tedesca, e in grandissima parte
videro nel Terzo Reich il « male minore ». Insomma: ha gravato e grava su di loro, proprio come « nazione » più che
come « chiesa », l’infamante accusa di collaborazionismo. Il più
recente libro sovietico che conosco sulla questione (’K. Dmitruk,
I crociati uniati. Ieri e oggi, Mosca, 1988) proprio su questo tasto insiste per motivare avversione, e anche disprezzo. Non c’è
dubbio, d’altro canto, che per
tutto quanto ricordato, nell’URSS
di oggi la polemica anti-uniate
rivesta panni « conservatori »,
mentre un atteggiamento liberale nei loro confronti sia più in
linea con la politica della perestroika.
8) Ma chi sono, concretamente, gli uniati oggi? Chi aveva
vent’anni nel 1946 è probabilmente nonno o nonna di ohi ha oggi
vent'anni: come si fa a dire che
i manifestanti di Leopoli delle
scorse settimane sono semplicemente dei « fascisti »? In questi
casi, la memoria storica, l’identità nazionale e religiosa, s’avvale degli elementi più nobili e
formalizzati: non certo dunque
le propensioni filo-tedesche negli
anni della guerra (ancor meno,
naturalmente, la consapevolezza
di ciò che fu la Controriforma),
ma le persecuzioni subite, l’attaccamento al papa come simbolo e capo della Chiesa universale, ecc. Certo: anche i russi
e gli ucraini orientali, ortodossi,
hanno una memoria storica, e
delle loro « ragioni ». Politicamente parlando, per Gorbaciov
è una bella patata.
9) E quanti sono gli uniati,
oggi? E chi lo sa, in un paese
in cui da più di mezzo secolo
non si fanno rilevamenti demologici che prendano in considerazione la confessione religiosa?
I circa « 4 milioni » di cui parla
Papini si riferiscono agli ultimi
censimenti, in quelle terre, prima del 1939; poi c’è stata la
guerra, l’emigrazione, la secolarizzazione... Ma forse, per via
dell’identità nazionale, oggi sono
forse anche più di 4 milioni disposti a dichiararsi « cattolici di
rito orientale ». Almeno in questo, l’ipotesi che è stata avanzata d’una soluzione che preveda una qualche forma di consultazione popolare (per quanto
imperfetta) non può essere che
salutata con favore (sarebbe un
bell’esemipio di glasnost’ nel senso più autentico: di dire ad alta
voce il proprio parere). Quanto
alla fede, non s’è mai misurata
da nessuna parte con i censimenti.
Gli aspetti « tecnici » e
punto di vista teologico
quelli giuridici - Il
- Indicazioni etiche
10) Come che siano andate le
cose, non c’è dubbio che la libertà religiosa degli uniati (come di chiunque altro) sia una
nobile causa; per tutti. Il come
sono andate le cose tuttavia può
metterci suU’awiso su due versanti: che la libertà (religiosa,
come qualunque altra) degli uni
finisce dove comincia quella degli altri; e che la natura tendenzialmente « clericale » della querelle può indurre ancora una
volta a una scorciatoia di tipo
politico (che è. per così dire, il
« peccato originale » degli uniati), affossando le istanze confessanti.
Il non lontano esempio dei
cattolici lituani (di rito latino,
questi), che appena ne hanno avuto la possibilità hanno sottolineato la propria identità religiosa e nazionale reintroducendo
l’insegnamento religioso cattolico
nelle scuole di stato, è un precedente che deve far riflettere.
Cesare G. De Michelis
Organizzato dal Villaggio della
gioventù si è tenuto a Santa Severa, dall’8 al 10 dicembre, un
convegno dal titolo: « Dialogo tra
fede e scienza: temi di bioetica ».
Sessanta persone provenienti
da regioni diverse, da realtà sociali diverse, credenti e non credenti, si sono confrontate sul difficile tema del rapporto tra fede
e scienza. Sono stati tre giorni
di dialogo serrato, senza scontri
o pretese di superiorità, ma con
un intenso desiderio di conoscere e capire le diverse posizioni.
Il convegno si è aperto con una
relazione dal titolo « Dio, Signore della storia, è il soggetto della nostra fede » nella quale il pastore Scaramuccia ci ha reso attenti che nella nostra concezione di Dio siamo influenzati dalla nostra cultura occidentale e
perciò molto spesso siamo più
portati a credere a Dio anima del
mondo anziché, come ci insegna
l’esperienza del popolo d’Israele,
ad un Dio conoscibile attraverso
l’opera di liberazione del suo popolo.
Il prof. Silvestro Dupré, docente di chimica biologica dell’Università di Roma ci ha quindi condotto con semplicità nell’affascinante mondo della scienza con
una relazione dal titolo: « Bioingegneria e manipolazione genetica, applicazione ai microrganismi, piante e animali » dandoci
una serie di informazioni scientifiche e presentando i seguenti
sipunti alla discussione:
a) necessità e rischi di un informazione obiettiva e fedele da
parte degli scienziati;
b) richiesta di conoscere il
pensiero della chiesa e dei teologi sulla responsabilità nei confronti dell’ambiente, del mondo,
della qualità della vita;
c) responsabilità del credente
nei confronti della vita del concepito, del discendente, del singolo nelle generazioni future;
d) come applicare a questo
campo la ricerca del bene e del
•naie.
Il prof. Sergio Stammati, docente di Diritto pubblico dell’Università di Napoli, ha poi relazionato su « Legislazione internazionale e prospettive italiane »,
presentando una panoramica legislativa sull’area della maternità assistita e sull’area della sperimentazione su piante, microrganismi, ecc.
Sono poi seguite alcune comunicazioni del pastore Adriana Gavina su « Bioetica e tecniche di
fecondazione umana - il punto
di vista cattolico », del dott. Enzo Canale su « Il trapianto degli
organi » e della dott.ssa Gioetta
Zeni ancora sul problema dei trapianti.
I pastori Blasco Ramirez e AL
fredo Berlendis si sono occupati
della parte teologica; il primo
con una relazione dal titolo « Riflessioni teologiche: confronti e
prospettive » ci ha presentato in
primo luogo alcuni presupposti
teologici circa la vita:
a) il senso della vita non è
la sua presunta santità, ma « l’alleanza » tra Dio e il suo popolo;
Il Cenacolo per la stampa di biglietti da visita, carta e buste intestate,
Meditazioni per ogni giorno locandine e manifesti, libri, giornali, riviste,
La pubblicazione, il cui titolo originale è « The Upper Room », è bimestrale e contiene meditazioni provenien- dépliants pubblicitari, pieghevoli, ecc.
ti da tutto il mondo. Chi lo desideri può ottenerne una copia in saggio. Abbonamento — L. 10.000 per l’Italia e L. 12.000 per coop. tipografica subaipina
l’estero — sul c.c.p. n. 26128009 intestato a « Il Cena- colo » - Via Firenze 38 - (X)184 Roma. VIA ARNAUD, 23 - S 0121/91334 - 10066 TORRE PELLICE
b) la vita non comincia, ma
è trasmessa;
c) deve essere la qualità a
servire la vita e non la vita a
servire la qualità, cioè si deve
stare attenti a non accogliere come criterio fondamentale ed assoluto quello della « qualità della vita ».
Ha poi cercato di definire un
criterio guida che sappia orientare una teologia capace di dialogare con la manipolazione delle strutture viventi. Il principio
base che deve orientare l’intervento su ciò che è vivente deve
essere il rispetto dell’integrità
delle strutture, principio ben espresso da Baolo: « Ogni cosa mi
è lecita, ma non ogni cosa è utile ». Questa libertà ha il suo scopo, e quindi anche il suo limite,
nel glorificare Dio nel nostro corpo (I Cor. 6: 20).
Il pastore Berlendis nella sua
relazione ha riconosciuto che fino ad ora la teologia in questo
campo è stata totalmente assente anche perché è mancata totalmente la pluridisciplinarità. Ci
ha richiamato al concetto biblico
di umanità, interpretata in uno
schema vocazionale che reca con
sé anche la necessità di una profonda trasformazione dell’uomo
e del mondo. La mera realtà biologica in sè non fonda alcuna
etica cristiana, i principi di un’etica storicamente evolventesi e
responsabile del presente si fondano non sull'essere dell’umanità, ma sul divenire della stessa.
L’etica trova fondamento quindi
non solo in ciò che naturalmente e creazionalmente siamo, ma
in ciò che dobbiamo diventare
alla luce della dottrina della salvezza. La via indicata per una
teologia che sia valida per i credenti ed inutile per il mondo è
quella del dialogismo, della mediazione fra le culture. Sarà quindi importante porre la nostra elaborazione etica, senza pretese di
superiorità, al servizio di un comune pensiero e di una comune
prassi.
Il problema dell’etica è stato
anche affrontato da Silvia Rutigliano in una relazione dal titoto: « Aspetti etici: fondamenti
dell’etica; etica naturale; contrapposizione naturale ! artificiale; sacralità e qualità della vita ». Ritengo importante sottolineare soprattutto il concetto della « visione globale dell’etica » ed il
« criterio della coscienza del limite »: quando non è più possibile prevedere le conseguenze di
un determinato intervento è necessario darsi un limite.
L’etica del limite è stata anche
suggerita da una relazione scritta del prof. Sergio Rostagno, della Facoltà valdese di teologia, dal
titolo: « Scienza, limite, rispetto,
persona, criterio: teologia cristiana e scienza nella prospettiva della contingenza ».
II pastore Adriana Gavina ha
infine presentato un’interessante
relazione sulla prospettiva delle
donne nel campo dell’etica.
I vari momenti del dibattito
sono stati vivaci, interessanti e
proficui. Ci siamo resi conto che
per molti di noi questo discorso è appena all’inizio, dobbiamo
essere disponibili a metterci continuamente in discussione avendo
la consapevolezza della limitatezza di ogni conclusione. Saranno
presto a disposizione gli atti del
convegno, che certamente potranno essere un utile supporto per
la discussione nelle nostre comunità.
II Villaggio della gioventù, il
Dipartimento teologico e il Consiglio pastorale battista hanno
posto — con questo convegno
— le premesse per una discussione che dovrà continuare.
Erica Maselli
5
5 gennaio 1990
ecumenismo
UN’INCHIESTA CURATA DALLA CEVAA
GABON
Come evangelizzare:
cosa ne pensano le chiese
Le iniziative che si prendono localmente - Occorre ricordare che questo è un compito primario nella vita della chiesa, e anche che non se ne facciano carico solo gruppi isolati
Nel corso del 1988 alcune équipe della CEVAA avevano svolto un’inchiesta sull’evangelizzazione, visitando tutte le chiese
membro. Ne era nato un dossier
voluminoso che aveva evidenziato non solo le iniziative prese
dalle chiese per diffondere l’Evangelo nella società odierna, ma
anche i problemi, le difficoltà e
i fallimenti dovuti sia alle situazioni socio-culturali, sempre in
trasformazione, sia ai diversi modi di concepire la chiesa e i suoi
compiti.
Le relazioni molto dettagliate
e talvolta critiche che le équipe
hanno prodotto sono state analizzate da un ulteriore gruppo
di lavoro che ne ha sintetizzato
e sottolineato gli aspetti più importanti e controversi, con lo
scopo di fornire alle chiese
CEVAA uno strumento di studio
e di riflessione.
Una delle tesi emerse è la seguente; « La chiesa prepara ogni
credente ad essere evangelizzatore attraverso la sua propria vita di tutti i giorni ». Tuttavia,
nella realtà, il lavoro di evangelizzazione interessa e coinvolge
essenzialmente alcuni gruppi particolari (donne, giovani, cappellani, commissioni apposite) e opere diaconali e caritative (ospedali, scuole e collegi, centri agricoli). Sembra dunque che l’evangelizzazione sia delegata a persone in qualche modo specializzate: c’è una grande difficoltà
nell immaginare Tevangelizzazione come compito della chiesa
nel suo complesso, tanto più che
i gruppi o le opere sono spesso
marginalizzati ed essi stessi stentano ad inserirsi nel progetto comunitario .generale.
Ma allora c’è da chiedersi quale sia la funzione principale della chiesa. E’ indiscutibile che essa ha come compito centrale
quello di insegnare, di vivere e
di manifestare l’Evangelo. L’evangelizzazione necessita di queste
tre dimensioni che la chiesa concretizza nel suo ruolo di edificazione e aggregazione (formazione
e incontri comunitari), nel suo
ruolo pastorale e diaconale (accompagnamento, consolazione,
guida) e nel suo ruolo profetico
(esortazione, resistenza, contestazione). La chiesa non ha tra i
suoi compiti quello di essere sufficiente a se stessa, di rinchiudersi e di tracciare i propri recinti. Essa è il luogo in cui bisogna instancabilmente trovare
il modo di far convivere persone
diverse, di dare complementarità a opinioni diverse senza provocare divisioni o esclusioni. La
chiesa è il luogo in cui la Parola di Dio continua ad incarnarsi nel nostro mondo; è dunque
proprio Tevangelizzazione il suo
compito fondamentale.
Nel documento CEVAA non si
registrano grosse novità rispetto
ai dibattiti che anche nella Chiesa valdese si sono fatti in questi anni sull’evangelizzazione. Ma
è certamente importante che certi punti fermi e imprescindibili
siano messi nero su bianco, fornendo un punto di partenza per
lo sviluppo della riflessione e dell’azione di evangelizzazione.
Il fatto, poi, che queste rifles
Jerry Masslo,
il giovane
sudafricano
ucciso a
Villa Literno
nell'agosto
scorso.
sioni, nate in ambito interculturale e interecclesiastico, vengano
condivise tra le chiese che compongono la Comunità evangelica
di azione apostolica (CEVAA), è
oltrernodo significativo, perché
contribuisce anche ad una maggiore comprensione della CEVAA
stessa, che non è realtà esterna
alle chiese né agenzia missiona
ria. né organismo di assistenza
al terzo mondo. CEVVA sono
le chiese che la compongono, che
vivono le contraddizioni di questo mondo e mettono in comune ciò che possono per far avanzare l’opera del Signore in
mezzo agli uomini di ogni latitudine.
Franco Taglierò
Avvenuta
riconciliazione
La Chiesa evangelica del Gabon ha ritrovato la sua unità
con il Sinodo straordinario che
si è svolto a Baraka-Libreville
dal 26 giugno al 4 luglio 1989.
La vita della giovane chiesa,
diventata autonoma nel 1964,
era subito stata difficile a causa dei centrasti interni che trovavano la loro origine in tensioni tribali e di persone.
Dal 1970 vivevano fianco a
fianco due chiese evangeliche
con propri sinodi e organi direttivi, in forte contrasto tra
loro.
Sia la CEVAA che la CETA avevano cercato di favorire una
riconciliazione, senza ottenere
alcun risultato, tanto che nel
1984 il Consiglio della CEVAA
si era trovato obbligato a sospendere la Chiesa evangelica
del Gabon dalla CEVAA stessa,
sospensione ribadita poi ogni
anno fino all’ultimo Consiglio.
La riconciliazione è avvenuta con una energica mediazione
del governo del Gabon il cui
secondo vice primo ministro ha
presenziato ai lavori del Sinodo.
Il Sinodo ha nominato nuovo presidente il past. Mba Nzue
Emmanuel ed un nuovo Consiglio nazionale, mentre i presidenti delle due fazioni, Nang
Essono e Sima Ndong sono
stati destinati a due comunità,
come pastori.
Nella sua riunione del 16 ottobre il nuovo Consiglio ha inoltrato domanda di riammissione
alla CEVAA, domanda che dovrà essere esaminata nel prossimo Consiglio.
E’ questa una bella notizia che
rallegra tutti coloro che hanno
seguito questa triste storia nell’intercessione e nella preghiera.
Ricordiamo che sia Anita Gay
sia Laura Nisbet hanno lavorato in Gabon prima di questa
divisione.
R. C.
Ci sono degli evangelici fra
gli immigrati che arrivano
nel nostro paese. Siamo
lontani dal numero degli immigrati musulmani e anche da quello
degli immigrati cattolici, tuttavia
il numero degli immigrati evangelici è più alto di quello che pensiamo.
Noi evangelici italiani sembriamo non esserci ancora ben resi
conto di questo fatto, anche se
da un po’ di tempo diverse nostre
chiese, soprattutto quelle nei centri maggiori, si stanno accorgendo di questa presenza.
Fra le ragioni per le quali la
presenza degli immigrati evangelici è emersa lentamente, eccone
due. C’è la barriera della lingua.
Come partecipare alla vita di una
comunità evangelica in cui il parlare e l’ascoltare è fondamentale,
quando non se ne conosce la lingua? Si può venire una volta al
culto, ma difficilmente ci si tornerà, a meno che non si trovi fra
la gente una forte carica di umanità e di simpatia e un desiderio
di far posto, in tutti i sensi, allo
straniero!
LJaltra ragione è che in molti
paesi dell'Africa e dell'Asia, l'immagine dell'Italia è
quella di un paese totalmente cattolico, Quando gli immigrati arrivano nel nostro paese sono le chiese cattoliche che vedono e spesso è
in quelle chiese, o in organizzazioni ad esse collegate, che hanno
trovato qualche forma di risposta
alle loro necessità primarie.
Le chiese non cattoliche che
hanno per prime avvertito la presenza di immigrati alle assemblee
UN’AZIONE COMUNE
Una chiesa immigrata a Roma
Consistente il numero di evangelici fra i lavoratori stranieri in Italia Allo studio una proposta di statuto - I rapporti con le altre chiese
Il pastore Bony Edzavé, proveniente dal Togo.
di culto sono state le chiese di lingua inglese (ricordo qui le chiese
battiste e la chiesa metodista di
Roma). Alcune altre nostre chiese hanno ricevuto invece la richiesta da parte di gruppi di immigrati evangelici di potere usare i
locali di culto per riunioni completamente autogestite. Talvolta que
sto « servizio » ha causato inconvenienti ed incomprensioni. Le
assemblee di culto africane (e immagino anche quelle asiatiche)
non sono quelle assemblee « misurate » nel tempo e nella partecipazione a cui siamo abituati noi in
.generale!
Un tipo di risposta diverso •—
che qualcuno si ostina a
definire costruito a tavolino — è quello dato dalla Chiesa evangelica valdese, che nel
1984 decise di avviare una « azione apostolica comune » a Roma
con il concorso della CEVAA.
E’ nata così la comunità di
lingua francese, collegata alla
chiesa valdese di via IV Novembre ma autonoma nelle sue attività. L’azione apostolica comune
ha un gruppo di lavoro di cui
fanno parte Bony Edzavé, pastore
togolese, la moglie Edith e Lucilla
Tron.
Questa piccola comunità (una
sessantina di persone) è diventata
un punto di riferimento importante per gli evangelici africani che
si trovano a Roma. Ne fanno parte non solo immigrati — in senso
tecnico — ma anche impiegati
della FAQ e delle ambasciate, con
le loro famiglie. Dato il tipo di
componenti la comunità ha un ricambio abbastanza frequente. Ciò
nonostante questa giovane comunità (poco più di quattro anni),
formata di persone provenienti da
paesi diversi e da diverse denominazioni, si interroga sulla propria
identità di chiesa e desidera definire la propria via. Ha discusso e
formulato una bozza di statuto (la
Commissione per le discipline
della Chiesa evangelica valdese
l’ha già esaminata), ha stabilito
contatti fraterni con le altre chiese evangeliche di Roma e dintorni,
ha avviato un dibattito teologico
in cui è assistita adesso da una
commissione mista e ha cominciato a prendere coscienza in maniera più definita dell’aspetto sociale
e diaconale del suo lavoro, proprio perché conta fra i suoi membri sia rifugiati politici che immigrati «non regolarizzati »,
Il culto della comunità di lingua
francese ha luogo nella chiesa di via IV Novembre alle
9.30 di ogni domenica (la V domenica del mese è alle 10,30 con
giornata comunitaria). Certamente
sarà per i membri di questa comunità una gioia vedere che al
culto partecipano anche degli italiani. Chi ha occasione di passare
per Roma ne approfitti.
Bruno Tron
INIZIATIVA CEVAA
Uno scambio col Madagascar
Una delle torme per vivere e far
vivere la CEVAA è quella delle visite
e degli incontri, non tanto dei funzionari ecclesiastici, che pure sono un
veicolo di informazione non secondario, quanto di comunità e gruppi comunitari. Finora il comitato valdese
per la CEVAA, per vari motivi, non
ultimo quello economiOo, non aveva
ancora pensato di approfittare di questa opportunità di formazione-informazione sui problemi delle chiese evangeliche africane. Si sta invece aprendo ora la possibilità, sostenuta dal
segretariato parigino, di una visita di
un gruppo di giovani dei 1“ Distretto
alia Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar, Il viaggio dovrebbe aver luo^
nell'estate del 1991: due anni dopo
sarà un gruppo di giovani malgasci a
visitare la Chiesa valdese in Italia.
L'organizzazione è soltanto all'inizio,
ma fin d'ora i giovani interessati possono avere informazioni pressio il pastore Renato Co'isson a Pomaretto o
presso gli animatori giovanili del 1°
e del 3° Circuito.
6
obiettivo aperto
5 gennaio 1990
SCHEDA
La Romania
Superficie: 237.500 ktn'.
Popolazione.' (stima '87) 23.000.000
(97 ab./km^).
Forma istituzionale: Repubblica socialista - Partito unico (fino al
22.12.89).
DivisLiane amministrativa: 40 distretti più la municipalità di Bucarest.
Moneta: leu (plurale lei) diviso in
100 bani.
Al cambio ufficioso svizzero un
leu vale (nov. ’89) circa 13 lire.
Al cambio ufficiale in Romania un
leu vale 150 lire.
Capitale: Bucarest (1.989.800 abitanti nel 1985).
* * *
La Romania è uno dei cinque
paesi per i quali non vengono pubblicate statistiche dalla Banca mondiale (gli altri sono Iran, Iraq,
Kampuchea, Vietnam), nonostante
vi sia l'obbligo per i paesi aderenti
di fornirli. Tuttavia alcune pubblicazioni specializzate hanno reso note le loro stime:
— ECONOMIA
Agricoltura: 23% pop. attiva = 15
per cento del PIL.
Miniere; 10% pop. attiva = 15
per cento del PIL.
Industrie: 32% pop. attiva = 37
per cento del PIL.
Servizi: 35% pop. attiva = 33
per cento del PIL.
Debito estero: 8 miliardi di dollari, con ratei di ammortamento
e interessi pari al 30% del valore delle esportazioni annue in
moneta convertibile.
Riserve: pari al fabbisogno di un
mese di importazioni.
Produzione: allevamento (ovini
19 milioni di capi, suini 15 milioni
di capi, bovini 7 milioni di capi) con
resa molto bassa, 10 volte inferiore alla media della CEE; agricoltura (mais 28% delle terre, grano 20
per cento delle terre, orzo 8%):
anche qui la resa è bassa, attorno
al 50% della media CEE, bilancia
agricola in pareggio, ma i magazzini sono vuoti; miniere (gas naturale, petrolio, lignite, carbone):
nonostante la disponibilità di queste fonti energetiche a cui va aggiunta l'energia idroelettrica ottenuta dal Danubio (il centro di Turnu Severin, in collaborazione con la
Jugoslavia) la Romania non è in
grado di assicurare il fabbisogno
energetico della propria industria
(metallurgica, meccanica, chimica e
tessiie, cementiera). Negli ultimi
anni la Romania ha raggiunto accordi economici con la Francia per
produzione di veicoli su iicenza Renauit e Citroën.
Dall'80 ad oggi il tasso di crescita della produzione è uguale a
quello della popolazione; 0,5% annuo.
La tecnologia impiegata è piuttosto antiquata.
il commercio estero è importante perché rappresenta il 20% circa del PIL e si divide per metà
verso URSS e paesi dell'Est, e per
l'altra metà verso I paesi occidentali, che hanno trovato nella Romania un paese disponibile anche
ad accettare, a costi ridotti, i propri rifiuti tossico-nocivi.
In conclusione si può affermare
che la Romania, da un punto di
vista economico, è un paese molto
vulnerabile e dipendente dall'este
re quali la Transilvania, la Dobrugia, la Bucovina, la Bessarabia e
il Banato. Si costituì così la Grande Romania con il 25% della popolazione formato da minoranze
etniche (ungheresi, germanici, turchi, tartari e zigani).
Negli anni trenta si sviluppò nel
paese un movimento fiiofascista a
cui ii re Carol II oppose un,a propria dittatura personale.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale la Romania si dichiarò
neutrale, ma la crisi politica seguita allo smembramento del suo territorio, avvenuto nel '40 a favore
di Unione Sovietica, Ungheria e
Bulgaria, portò all'abdicazione di
Carol II e all'insediamento del
regime filonazista dei maresciallo
Antonescu, che fece schierare la
Romania nella guerra accanto a
Hitler e Mussolini. Nel '44 il re
Michele, con un colpo di stato, rovesciò Antonescu e firmò un armistizio con l'URSS. Alla fine della
seconda guerra mondiale il paese, occupato dalle truppe sovietiche, passò gradualmente ad un
regime comunista.
Il 30 dicembre del '47 il re Michele abdica e si instaura la Repubblica popolare di Romania. Nel '65,
con l'assunzione della segreteria del
Partito comunista romeno (PCR) da
parte di Nioolae Ceausescu, viene
emanata una nuova Costituzione
che definisce la Romania una Repubblica socialista.
Sulla base della Costituzione il
potere legislativo appartiene all'Assemblea nazionale (369 membri eletti ogni cinque anni sulla base
delle liste del PCR - partito unico). Il potere esecutivo è esercitato di fatto dal segretario del PCR
e presidente della Repubblica, attraverso il Consiglio dei ministri e
il Consiglio di stato (organo deil'Assemblea).
Ceausescu in un primo tempo ha
realizzato una politica di difesa
della sovranità nazionale e di disimpegno dai vincoli verso l'URSS.
Sul piano internazionale Ceausescu
ha aperto all'occidente.
Una disastrosa politica economica ha fatto però crescere II
malcontento popolare a cui si è
aggiunta una dura repressione di
ogni dissenso interno e, soprattutto,
verso le minoranze etniche. Ceausescu si dimostra un dittatore
molto feroce. L'occidente, pago delle posizioni critiche verso l'URSS,
chiude però un occhio sui diritti
umani dei romeni. Nell'87 scoppia
una rivolta per il pane a Bras'ov;
nel dicembre deH'89 la rivolta diventa • rivoluzione ». Ceausescu
viene arrestato, processato, condannato a morte e giustiziato.
— INDICATORI SOCIALI
Gli indicatori sono buoni: l'aspettativa di vita alla nascita è di 70
anni, c'è un medico ogni 600 persone, la scolarizzazione di base è
al 100%, il tasso di istruzione superiore è del 74%, quello universitario dell'11%.
• • *
Da un punto di vista storico la
Romania è uno stato giovane. E'
stato creato nel 1862 dall'unione
dei principati di Moldavia e Valacchia, che assunsero il nome di
Romania a sottolineare l'identità romanica delia regione (l'antica Dacia colonizzata da Traiano),
Durante la prima guerra mondiale la Romania si schierò con i paesi
dell'Intesa e con la sconfitta degli
imperi centrali ottenne nuove ter
Dal punto di vista religioso il
16% dei romeni è ufficialmente
ateo, i cattolici sono il 4,9% della
popolazione, il 62,7% è ortodoss'o,
i protestanti (nelle varie denominazioni: riformata, battista, luterana)
sono il 5,8%, i musulmani l'1,2
per cento, gli ebrei lo 0,5%. In
Transilvania nel XVII secolo si era
sviluppata una Chiesa cattolica
uniate di rito bizantino. Questa
chiesa è stata ufficialmente soppressa, per legge, nel 1948.
Formalmente le chiese hanno libertà di organizzazione, ma la Chiesa ortodossa è la sola ad avere uno
statuto privilegiato, ottenuto nel
1958 grazie all'abile negoziato del
patriarca Giustiniano.
G. G.
PARLA ISTVAN TOEKES
La chiesa confessante
« Non ce peccato più grave che quello di impedire la predicazione
dell’Evangelo » - Un atto che ha iniziato a rompere il muro di silenzio
e di omertà che aveva il suo potere anche aH’interno della chiesa
« ...per più di mezzo secolo ho
predicato la Parola di Dio che
libera, ma ora mi è stato proibito di predicare l’Evangelo di
Cristo! E’ come se ad uno scrittore si togliesse la penna, o a
un pittore il suo pennello!... ».
Così si esprime il pastore Istvan
Toelses, padre di Laszlo, anche
lui pastore, che con la sua resistenza ha fatto scoccare la scintilla della rivolta al regime di
Ceausescu.
Ma parliamo del padre, di
Istvan, 78 anni, già professore
di teologia, congedato a forza
neH’83, una personalità di spicco nelle chiese riformate della
Transilvania dove ha anche rivestito incarichi di responsabilità. La sua consapevolezza è
molto chiara; in un coraggioso
documento, fatto pervenire in
Occidente alcuni mesi prima della rivolta, egli scriveva fra l’altro: « Non può esserci peccato
più grave che quello d’impedire
la predicazione delVEvangelo ».
Ed ancora: « ...il divieto di annunciare l’Evangelo è indicativo
del comportamento distruttivo
della direzione della chiesa ».
Infatti l’ordine di non predicare è giunto al pastore Toekes
dalla direzione della chiesa riformata, ossequente agli ordini
ricevuti dall’alto.
Nell’apparato ecclesiastico, come denuncia con coraggio il pastore Toekes, vi sono uomini della Securitate; sono loro che tengono in mano gli affari delle
chiese. Ma da soli non potrebbero fare nulla; il guaio è che
nella chiesa vi sono anche gli
opportunisti e i pavidi, e nel documento Toekes non esita a fare nomi e cognomi. E’ stato così rotto il muro di silenzio, di
omertà. Toekes non ha detto
nulla che già non si sapesse, ma
ha avuto il coraggio di dirlo, senza tenere in conto le conseguenze alle quali personalmente andava incontro.
Un filo sembra unire l’iniziativa dei Toekes, padre e figlio, con
la vicenda della chiesa confessante dei vari Niemoller, Barth,
Bonhoeffer negli anni cupi del
nazismo: quando lo stato impedisce la libera predicazione delTEvangelo, alla chiesa non rimane altra strada che quella della
resistenza.
Luciano Deodato
La chiesa riformata di Timisoara, città in cui si sono avuti i più
violenti scontri tra Securitate e cittadini.
UNA TESTIMONIANZA
La vita quotidiana sotto il Conducator
Il razionamento degli alimenti, il mercato nero e la disastrata condizione delle strutture sanitarie - Delirante progetto per la natalità
I romeni hanno fame. Nutrirsi
è la preoccupazione quotidiana.
La maggior parte delle conversazioni che si sentono per strada
riguarda questo problema. « Le
restrizioni sono, da quattro anni
a questa parte, sempre più dure
— racconta Mihai, un ingegnere
romeno esule a Budapest —. Nel
1982 Ceausescu ha approvato un
programma per l’alimentazione
scientifica della popolazione che
prevedeva la razionalizzazione dei
bisogni alimentari di ciascuno.
Ma dopo due anni la razionalizzazione è diventata razionamento ».
II razionamento riguarda i prodotti di base che sono inseriti in
una carta individuale per l’alimentazione scientifica. Gli altri
prodotti, dalla carta igienica alla
birra, alla benzina sono anche
essi scarsi.
« La carne e le uova mancano
anche per parecchi mesi — continua Mihai — ma non parliamo
del pesce, del formaggio, dello
yogurt: non se ne trova ».
Per poter mangiare bisogna ricorrere al mercato nero e ognuno
si ingegna per trovarne. Per la
carne bisogna rivolgersi ai cuochi dei grandi alberghi che la vendono a 120 lei al kg. (lo stipendio mensile di un ingegnere è
di 3.000 lei il mese).
Acquistare la frutta invece è
più facile. E’ possibile trovare
agli angoli delle strade dei carretti che — poiché pagano la tangente ai miliziani della Securitate — vendono un po’ di prodotti.
I contadini vendono di nascosto, tenendoli sotto il cappotto,
uova e formaggio. Pressoché im
possibile è l’acquisto del caffè:
al mercato nero vale 1.500 lei
il chilogrammo.
Programma
per l’alimentazione
scientifica
Ogni mese una persona può doinsumare:
— zucchero 500 gr.
— olio 1/2 litiia
— farina 1 kg.
— farina di mais 1/2 kg.
— carne (a seconda dei mesi maiale, pollame, bue) 1/2 kg.
— uova: 10
— verdure (patate, bietole, verze,
ecc.) secondo le stagioni.
Inoltre i romeni possono acquistare qualche giorno prima delle
tre grandi feste nazionali 1 kg. di
carne: le feste sono il 1° maggio
(festa del lavloro). il 23 agosto (festa nazionale romena) e il 26 gennaio (compleanno del presidente
Ceausescu).
Non è però detto che i prodotti
razionati siano messi in commercio, e così può accadere che per
mesi non si possa mangiare carne.
« Non mangiare è terribile —
dice ancora Mihai — ma diventar
malati è peggio. Gli ospedali sono
pieni e la mancanza di medicine
fa sì che i vecchi malati non vengano curati adeguatamente, come
se si volesse sbarazzarsi di loro ».
Nelle case il riscaldamento è limitato a 14° gradi in inverno,
Tacqua e l’elettricità sono razionate e fornite solo qualche ora il
giorno. Le malattie polmonari e
quelle dovute alla denutrizione
sono perciò molto numerose.
In questa situazione il governo
Ceausescu ha lanciato una politica della natalità. Ogni donna
deve mettere al mondo almeno
cinque figli. Le famiglie che non
lo fanno entro i quarant’anni della donna devono pagare una forte tassa allo stato. Ogni due mesi
le donne devono presentarsi al
ginecologo per un controllo di
gravidanza. Ovviamente aborto e
contraccezione sono vietati dalla
legge.
In questa situazione, due anni
fa, a Brasov era scoppiata una
rivolta operaia. « Latte e pane
per i nostri figli! Abbasso la dittatura! » avevano gridato gli operai nelle manifestazioni che erano
poi state represse duramente dalia Securitate.
11 risultato di queste manifestazioni è stato il rafforzamento
dell’organizzazione informativa
della Securitate. Ogni romeno è
diventato sospettoso nei confronti del suo vicino, anche dei suoi
parenti. La tessera del Partito comunista romeno è poi indispensabile per ogni tipo di pratica burocratica e per far carriera.
La sola speranza di cambiamento per i romeni è « nella
morte di Elena e Nicolae Ceausescu ».
G. G.
(informazioni raccolte a Budapest
il 20 novembre 1989)
7
5 gennaio 1990
obiettivo aperto
IL « PIANO DI DISTRUZIONE DEI VILLAGGI »
In difesa del popolo
Una politica brutale e repressiva, che ha cercato di isolare
comunità etniche - La « caccia al contadino » e gli squallidi
popolazione ad abbandonare i luoghi di residenza - Quale il
e sconvolgere le differenti
trucchi per costringere la
coinvolgimento della chiesa?
Perché dovremmo essere pietre nella costruzione del muro
di silenzio? Io credo che dobbiamo invece dare una grossa
spallata a questo muro. Sento
come pastore una precisa responsabilità nei confronti del
popolo, le cui anime mi sono affidate; una responsabilità ancora più grande, se considero che
la maggioranza dei miei colleghi tace.
parire davanti al vescovo. Li
abbiamo! trovato fra gli altri
anche un ispettore statale per
le chiese. Il vescovo Laszlo Papp
ha con veemenza condiviso il
progetto della distruzione dei
villaggi, affermando che sarebbe
stato vantaggioso per noi se alcune nostre comunità si fossero
sciolte e la popolazione fosse
stata trasferita.
Sono pastore della Chiesa riformata romena. I pastori e soprattutto i vescovi si sono nella loro quasi totalità allineati
alla politica che, fra l’altro, va
sotto il nome di « Piano di distrxizione dei villaggi ».
Quando nello scorso settembre
abbiamo indirizzato ai vescovi
la richiesta di im loro intervento nella questione dei « villaggi », siamo stati tutti citati a com
Bisogna d’altra parte dire che
romeni ed ungheresi, nel protestare contro la « regolamentazione degli stanziamenti » (come
si chiama ufficialmente questo
progetto), pongono l’accento su
cose diverse. I romeni avversano soprattutto il proposito di distruggere e disperdere la popolazione contadina. Questa infatti è l’unica parte sociale che isi
oppone alla politica attuale, e
dispone nella sua azione di opposizione di una base morale e
materiale. Gli ungheresi vedono
in questo l’atto finale di un lungo processo. Negli ultimi decenni le nostre istituzioni, la nostra
cultura e il nostro sistema scolastico sono stati distrutti poco
per volta, secondo un disegno
preordinato. Dapprima è stato
condotto un attacco contro il
nostre modo di vivere, la nostra
etica e le nostre comunità civili. Penso che ora sarà la volta
della chiesa. Anche contro la
chiesa sarà sferrato un attacco.
Un processo che
dura da molto tempo
Timisoara, dicembre ’89. La polizia affronta la folla che chiede libertà e democrazia.
L’attacco ai villaggi significa
dunque solo l’ultima fase di un
processo che dura ormai da
tempo. Negli ultimi decenni infatti le città del Siebenburg, abitate da ungheresi, oppure da
una maggioranza di lingua tedesca, sono state romenizzate.
Non si possono dare cifre precise, ma da tre a cinque milioni
di romeni sono stati trasferiti
al di qua delle montagne. In
questo modo l’equilibrio delle
nazionalità è stato del tutto
sconvolto. Secondo la mia opinione ora, colpendo i nostri villaggi, si vuole raggiungere l’obiettivo di disciogliere definitivamente questo blocco irriducibile di unità etnica.
C’è un silenzio totale, come
se la cosa non ci interessasse
affatto, su ciò che avviene in
cento e cento chiese e comunità, su dove viene mandato il
nostro popolo, su che cosa accadrà alle nostre chiese e alle
persone. I miei colleghi e le nostre comunità hanno timore di
far udire la loro voce, sebbene
sappiano di essere prima o poi
colpiti essi stessi, dal momento
che dovranno abbandonare le
loro comunità e i luoghi nei
quali ora risiedono.
La distruzione dei villaggi è
una faccenda assai complessa.
Per far sparire un insediamen
IL REPARTO CHE FINO ALL’ULTIMO HA APPOGGIATO CEAUSESCU
La Securitate
Proprio come l’apparato del
Partito, la Securitate lavora nel
.segreto più assoluto. Non è solo
discrezione professionale, propria
di ogni tipo di polizia ma, syprattutto, è il tentativo di creare
un settore impenetrabile nella
piramide del potere, una sorta
di posto di guardia da dove si
possa controllare la città intera.
La Securitate ha come suo
compito anche quello di sorvegliare l’apparato del Partito comunista, le organizzazioni amministrative dei distretti, le ambasciate, perlìno il Comitato centrale stesso: essa non riceve ordini che dal capo del partito in
persona. Sapendosi vulnerabile, il
potere totalitario si sottopone
permanen 1 em cn te all 'autoconfrollo, si basa sulla sorveglianza generalizzata.
I
AH’interno dell’apparato totalitario i funzionari della Securitate occupano i posti chiave, anche
.se non possono sempre avere i
massimi benefici finanziari. Essi
centralizzano le informazioni relative ai loro connazionali e ai
loro colleglli del Partito c dell’amministrazione statale, essi
esercitano il monopolio della violenza in tempo di pace e sono la
sola istanza che conosca gli orientamenti, le decisioni, la situazione
reale del potere in ogni momento.
La Securitate non è solamente
al di sopra delle leggi, ma è anche al di sopra dell’apparato del
Partito; essa condivide i privilegi della informazione e della impunità solo con un ristretto numero di persone della più alta direzione politica.
Non c’è da stupirsi se queste
persone usano le loro funzioni
per vendette personali, per ottenere il massimo dei vantaggi materiali sia con mezzi legali che illegali.
A sua volta la direzione del Partito si assicura la fedeltà dei pretoriani attribuendo loro alloggi
lussuosi, salari esorbitanti e
« missioni » all’estero.
La gerarchia del sistema attribuisce ad ogni grado un certo livello di partecipazione e di complicità nel terrore: più ci si avvicina al capo, più i quadri saranno al corrente dei metodi e dei
reali scopi del potere, e meno saranno sottoposti ai rigori della repressione. 1 funzionari di base,
che invece sono meno responsabili, rischiano di essere semplicemente dei capri espiatori se
qualcosa non va. Alla sommità
della piramide si concentrano
le responsabilità della repressione, ma anche il disprezzo
(da C.D., La Cité totale, Editions
du Seuil, 1980).
to bisogna far trovare pronto
un nuovo posto per gli abitanti. I piani originari, a noi sconosciuti, sono stati probabilmente
cambiati, dopo le vivaci proteste. Però hanno cambiato solo
il metodo, non il proposito originario, che viene camuffato
con piccole manovre, trucchi,
attese, per essere alla fine realizzato. Negli ultimi mesi, per
esempio, si è cominciato col minacciare piccoli villaggi. Due, tre
villaggi, in genere quelli destinati alla distruzione completa,
vengono aggregati ad un comune più grande e in tal modo perdono importanza. Poi nel villaggio vengono inviati funzionari dello stato che convincono la
popolazione dell’oppcrtunità di
chiedere essa stessa la distruzione del villaggio designato. In
che maniera? Per esempio il
medico abbandona il villaggio,
la scuola viene distrutta, l’energia elettrica viene tagliata, gli
altri servizi sospesi, i negozi di
alimentari chiusi. La situazione
degli abitanti è senza prospettive.
II pastore Laszlo Toekes. Il suo
arresto è stato il detonatore della
rivoluzione romena. Il pastore Toekes ha dichiarato : « Mi hanno proposto come ministro, ma io sono
in primo luogo un uomo di chiesa,
un pastore, non un uomo politico.
Tuttavia, se il popolo lo vuole, sono pronto a farlo per un periodo ».
Circa la morte di Ceausescn,
Toekes ha detto : « La pena di
morte è stata giusta, ma il modo
con cui la televisione ha mostrato
i corpi è crudele e indegno ».
Le persone non hanno alcuna
possibilità di esprimersi. La risposta di quelli che hanno un
po’ più di iniziativa, come di
chi è scoraggiato, è quella di
abbandonare la propria terra.
(...) In un tale sistema totalitario il singolo non ha alcuna
possibilità di protestare per i
diritti umani. I diritti umani qui
vengono offesi e calpestati nel
modo più brutale giorno dopo
giorno.
Laszlo Toekes
(Da un’intervista trasmessa dalla TV ungherese il 24 luglio 1989)
Laszlo Toekes, fiftlio del prof,
di teologia Istvan Toekes, ha 37
anni, appartiene alla minoranza
ungherese in Romania ed è pastore riformato nelle chiese del
Siebenbürgen.
IL CASO TOEKES
La solidarietà
delle chiese protestanti
Subito dopo la notizia che la
polizia si era recata a casa del
pastore Laszlo Toekes per arrestarlo e trasferirlo alla sua nuova destinazione e che, a partire
da questo fatto, si erano fatte
pacifiche manifestazioni represse
nel sangue, le chiese protestanti
di tutto il mondo si sono mobilitate con telegrammi e lettere
di protesta.
totale per la coerenza dell’ideologia comunista, 1’iniziazione ai
complessi meccanismi del totalitarismo, e l’impunità.
Certo, nessuno nella « Città totale» gode dell’impunità assoluta,
ma per i capi le possibilità di
morire nel proprio letto sono più
alte che per chiunque altro.
Il genere di azioni che la direzione impone costantemente ai
funzionari di Partito e all’apparato repressivo comporta l’assoggettamento completo di chi vi fa
parte. Per poter effettuare la repressione — sia per ordine dei
superiori, sia semplicemente interpretando le intenzioni dei capi
— i quadri della Securitate sono
addestrati a lasciar da parte ogni
onestà intellettuale, ogni coscienza civica, ogni scrupolo morale:
devono rompere le loro relazioni
sociali. Senza dubbio, questi strumenti del totalitarismo ne sono
essi stessi le prime vittime. La
dispensa morale, politica, persino
ideologica che la direzione accorda agli incaricati dei lavori più
.sporchi, in cambio della loro sottomissione, comporta una disumanizzazione e una regressione
antropologica inimmaginabile.
Costantin Dumitresco
Il Consiglio ecumenico delle
chiese, la Federazione luterana
mondiale, l’Alleanza riformata
mondiale, la Conferenza delle
chiese europee hanno immediatamente scritto, il 18 dicembre, all’allora presidente N. Ceausescu
il seguente telegramma: « Profondamente impressionati dall’intervento dell’esercito contro la
popolazione civile di Timisoara,
vi preghiamo di prendere tutte
le misure necessarie perché sia
garantita la sicurezza della popolazione e perché i problemi siano risolti in via pacifica. Attiriamo la vostra attenzione sul caso
del past. Laszlo Toekes e di sua
moglie, di cui siamo senza notizie ».
Tra i molti messaggi di protesta ricordiamo quello del segretario della Federazione protestante di Francia che chiedeva
(il 20 dicembre) di « porre fine
agli atti di violenza » e di dare
« alla minoranza di lingua ungherese la possibilità di vivere liberamente e di godere dei propri diritti nella Repubblica romena ».
Per quanto riguarda l’Italia il
past. Giorgio Bouchard, presidente della Federazione delle chiese evangeliche (FCEI), ha telegrafato alle chiese protestanti ed
ortodosse della Romania, il 19
dicembre, la solidarietà delle
chiese evangeliche. « A nome della Federaz.ione delle chiese evan
geliche in Italia — ha scritto il
past. G. Bouchard — ed avendo
riguardo ad un messaggio del
Presidente della Repubblica italiana che abbiamo ricevuto, vi
esprimiamo la nostra cristiana
solidarietà e preghiamo per tempi di pace e giustizia ».
Il Presidente della Repubblica
Francesco Cossiga aveva, infatti,
lo stesso giorno, inviato alla
FCEI il seguente messaggio:
« Come europeo, come democratico e come cristiano esprimo la
mia fraterna solidarietà alla Federazione delle chiese evangeliche italiane e alle Chiese evangeliche d’Europa tutte per la brutale violenza esercitata, a motivo della sua fede, contro il pastore Toekes della Chiesa riformata della minoranza magiara
della Romania. Mi auguro che anche quel paese possa entrare nella nuova stagione delle riforme ».
Anche il moderatore della Tavola valdese. Franco Giampiccoli,
ha inviato — a nome delle chiese valdesi e metodiste — un messaggio di protesta a Ceausescu
in cui chiede « la fine della violenza e il riconoscimento dell’autodeterminazione e il rispetto
dei diritti del popolo, compresi
quelli delle minoranze etniche e
religiose ». Il moderatore Giampiccoli ha inoltre inviato un messaggio di solidarietà alle chiese
riformate romene.
Un’ulteriore lettera di protesta è stata inviata il 20 dicembre dal past. Bouchard all’Ambasciata di Romania in Italia.
La FCEI, in accordo con le
chiese ohe ne fanno parte, ha poi
lanciato una sottoscrizione a favore del popolo romeno (vedi appello a pag. 8).
G. G.
8
8 vita delle chiese
5 gennaio 1990
UN TENACE TESTIMONE DELL’EVANGELO
Marco Ayassot
Una vita dedicata all’annuncio della speranza cristiana nelle tappe di Catanzaro e Bethel, e successivamente a Prarostino e Pinerolo
Il 24 dicembre aveva ancora
trovato la forza di partecipare
al culto. « Sai — mi aveva detto
nel suo letto d’ospedale — sono
contento che mi abbiano dato il
permesso di andare a casa, perché c'è il culto dei bambini della scuola domenicale. Forse non
sturò sino alla fine... ». Ed invece era stato fino alla fine, poi
aveva ancora salutato tutti, stretto le mani, fatto gli au^ri. Nel
cuore di ognuno il pensiero inespresso, impossibile ad esprimersi, che forse non ci sarebbe stata più un’occasione simile. E’ stato il suo congedo, triste, di una
tristezza cupa e profonda, ma
anche vissuto in un’atmosfera di
serenità irreale. Poi aveva dovuto d’urgenza tornare in ospedale: il male aggrediva con tenacia disumana le sue ultime resistenze. E’ entrato in agonia, breve e dolorosa, e infine ha dovuto arrendersi. « Ho pazieijtemente aspettato l’Eterno, ed egli
s’è chinato su di me e ha ascoltato il mio grido », canta il credente del Salmo 40.
Così se n’è andato Marco Ayassot, 52 anni, pastore. Un uomo
nel pieno delle forze, e che avrebbe potuto dare ancora molto alla chiesa. Da circa tre anni combatteva contro im cancro che, un
passo dopo l’altro, invadeva il suo
fisico robusto. Lui lo sapeva; lo
aveva saputo prima ancora che
i medici facessero le loro diagnosi; sapeva che il dilagare del male poteva essere tamponato, ma
inai arrestato; sapeva che la partita avrebbe avuto un solo risultato. Ma non ha ritenuto inutile lottare e, giorno dopo giorno,
tentare di strappare frammenti
di vita a un nemico inesorabile
e spietato. « Paura di morire? »,
si è chiesto Giorgio Tourn in
occasione del funerale. « Non più
di altri, certamente », ha risposto.
Per uno, come Marco, aduso
alla lettura quotidiana della
Bibbia, non poteva mancare di
prendere significato una narola
come quella dell’apostolo: « Portiamo sempre nel nostro corpo
la morte di Gesù, perché anche
la vita di Gesù si manifesti nel
nostro corpo » (II Cor. 4: 10). E
così in questa situazione che gli
era stata assegnata di debolezza e fragilità, di confine tra vita e morte, egli ha scelto di vivere fino in fondo, letteralmente
fino all’ultimo respiro, la sua vocazione di pastore. « Dio mio, desidero fare la tua volontà, e la
tua legge è dentro il mio cuore.
Ho proclamato la tua giustizia
nella grande assemblea; ecco, io
non tengo chiuse le mie labbra,
o Eterno, tu lo sai. Non ho tenuto nascosta la tua giustizia nel
Torre Pellice: il pastore Marco Ayassot nel corso di una seduta del
Sinodo.
mio cuore; ho raccontato la tua
fedeltà e la tua salvezza; non
ho celato la tua benevolenza, né
la tua verità alla grande assemblea » (Salmo 40: 8 ss.).
Non si è tirato indietro, chiedendo un congedo per malattia,
ma ogni volta che le forze glielo concedevano è salito sul pulpito, confessando in tal modo
che l’evangelo della liberazione e
della vita è più forte delle potenze del male che lavorano intorno e dentro di noi; piegato
in due dal dolore ha continuato
ad andare nelle case per le riunioni quartierali, a visitare ammalati, a celebrare funerali; lui,
che nel volto portava i segni del
suo male devastante, trovava la
forza di annunciare la resurrezione e di consolare gli afflitti.
« Egli ha messo nella mia bocca un nuovo cantico a lode del
nostro Dio. Molti vedranno questo e temeranno e confideranno
nell’Eterno... » (Salmo 40: 3j).
La folla immensa che il 31 dicèrnbre, in una fredda e limpida
giornata d’inverno, si è raccolta
muta e triste nel tempio di Pinerolo, ai di là della simpatia
umana e fraterna, e del dolore
che l’accomunava per la perdita
di un fratello amato, esprimeva
probabilmente, forse anche inconsapevolmente, lo stupore per
una testimonianza della verità
dell’Evangelo resa con tenace costanza e vissuta in una situazione di estrema debolezza.
Di Marco possiamo ricordare
tante cose: la chiesa di Catanzaro ne ricorderà certamente il
ministero fresco, entusiasta, la
costruzione di Bethel, centro di
aggregazione dei giovani del Sud;
la chiesa di Prarostino la capa
TAVOLA VALDESE
Cercasi gestore
per la Casa per ferie di Rio Marina (Livorno). Si richiede
volontà di organizzare una casa nello spirito evangelico dell’incontro fraterno e del servizio nell’accoglienza di gruppi
e famiglie dall’Italia e dall’estero; capacità gestionali e spirito di collaborazione con il comitato dell’opera; conoscenza
di lingue straniere; disponibilità a partire dalla primavera
’90; residenza a Rio Marina almeno 8-9 mesi all’anno (alloggio di proprietà della chiesa).
Condizioni da concordare. Chi è interessato scriva o telefoni entro gennaio all’ufficio della Tavola valdese, via Firenze 38 - 00184 Roma (06/474.55.37) fornendo dati personali
e referenze.
Per la Tavola Valdese
Franco Giampiccoli
cità di spiegare in modo semplice l’evangelo; quella di Pinerolo le sue doti di organizzatore; i cadetti di Agape, di Vallecrosia... il dono del canto. Ma
il nucleo della sua predicazione
sta in questi ultimi, duri e sofferti anni nei quali da Marco abbiamo ricevuto la testimonianza
più bella: la potenza di Dio si
dimostra perfetta nella nostra debolezza.
Luciano Deodato
I funerali si sono svolti domenica 31 dicembre. Il tempio non
è stato capace di contenere tutti gli intervenuti: oltre duemila
persone, a testimoniare l’affetto
e la riconoscenza di molti all’opera pastorale di Marco. C’erano
i membri delle chiese valdesi di
Prarostino e Pinerolo dove Marco era stato pastore, ma anche
delle altre chiese delle valli; numerosi esponenti della Chiesa
cattolica pinerolese, il vescovo
Pietro Giachetti, don Mario Polastro, don Renzo Rivoiro, esponenti deH’Eco del Chisone, don
Franco Barbero e la comunità
di base; c’era il sindaco di Pinerolo, Livio Trombetto, e alcuni consiglieri ed ex consiglieri
comunali; c’era il moderatore
Franco Giampiccoli e altri membri della Tavola; c’era la Commissione esecutiva distrettuale;
c’erano molti colleghi pastori venuti da tutta Italia e dall’estero.
II funerale ha avuto tre momenti: a Torino, all’ospedale delle Molinette, dove il past. L. Deodato ha annunciato la speranza
cristiana della resurrezione, a Pinerolo, dove la liturgia è stata
presieduta dal past. Bruno Tron
e l’annuncio evangelico è stato
portato dal past. Giorgio Tourn,
e ancora al cimitero di Torre
Pellice dove la salma è stata sepolta.
La chiesa di Pinerolo rinnova
la propria solidarietà con la famiglia e ringrazia il Signore per
la grazia che le è stata data offrendole come conduttore e testimone Marco, per 14 anni suo
pastore.
Appello per la Romania
Cari fratelli,
d’accordo con gli Esecutivi
denominazionali, la Federazione ha deciso di aprire una
sottoscrizione in favore della popolazione romena.
Non occorrono molte parole per spiegare questa iniziativa. Sia perché ormai sappiamo come le chiese rispondono spontaneamente, spesso
prima ancora che sia lanciato loro un appello, sia perché in questo ancor più che
in casi precedenti davvero
non occorrono tante parole
per illustrare una realtà che
è sotto gli occhi di tutti, e
per sottolineare la grande
scommessa storica che si gioca in Romania come in altri
paesi dell’est.
Vorrei accennare soltanto
a due elementi che rendono
ancor più importante, in questo caso, la nostra solidarietà. Gli eventi che hanno
scosso le società dell’est europeo, lasciandoci senza flato per la loro rapidità ed ampiezza, hanno messo in evidenza un- fatto che un quotidiano nazionale, titolando
in data odierna un articolo di
Giorgio Girardet, così esprime: «Ad Est la rivoluzione
ha un’anima: il protestantesimo ». Più in generale, anche chi in passato lo ignorava, o lo negava, ha scoperto
che le chiese cristiane di tali paesi, spesso ostacolate
nella loro testimonianza e
talvolta tentate dall’opportunismo, hanno mantenuto
accesa una fiaccola che in
questi frangenti storici ha co
stituito e costituisce un riferimento prezioso per le popolazioni.
In secondo luogo, proprio
i cristiani della Romania
hanno conosciuto le più gravi restrizioni ai contatti con
fratelli e sorelle di altri paesi. Tanto più importante, ora
che un incubo è finito ma
immensi problemi sono alTorizzon-te, è il dimostrare loro la nostra concreta, gioiosa
solidarietà.
Come sempre, le nostre
offerte saranno inviate tramite le organizzazioni ecumeniche (Consiglio ecumenico o Conferenza delle chiese europee), per progetti
specifici che sono in via di
definizione e sui quali, uni
tamente all’elenco delle offerte ricevute, daremo ampio
resoconto sui giornali evangelici.
Vi preghiamo pertanto di
promuovere la sottoscrizione nei modi che riterrete
più propri per la vostra
Chiesa o Unione, e di far
pervenire alla FCEI le somme raccolte tramite il conto corrente postale n. 38016002
intestato a; Federazione delle chiese evangeliche in
Italia - via Firenze 38
00184 ROMA, specificando
nella causale: « Sottoscrizione per la Romania ».
Con un affettuoso augurio
per l’anno appena iniziato,
Giorgio Bouchard
Roma, 2 gennaio 1990
CORRISPONDENZE
Tempo di Natale
BOLOGNA — Attività particolarmente intense e seguite
quelle del periodo natalizie nella chiesa metodista di Bologna.
Si è cominciato con il culto di
domenica 17, tenuto dalla Scuola domenicale, in cui più di
venti bambini, coordinati dai
monitori Manuela Laub, Yann
Redalié, Emanuele e Andrea
Sbaffl, hanno gioiosamente coinvolto gli oltre 70 presenti nella
loro « rumorosa » festa.
Sabato 23 dicembre, alle ore
17, il nostro organista Jolando
Scarpa ha oflferto a noi e ad
altri convenuti un bel « Concerto di Natale », eseguendo brani
di Bach, Buxtehude, J. Brahms
ed alcuni autori italiani del ’700.
Domenica 24 sera il pastore
ed alcuni membri della comunità hanno preso parte attiva alla veglia per il popolo romeno al
Palazzo di Re Enzo ricordando,
fra l’altro, la sottoscrizione indetta prò Romania dalla FCEI.
La colletta di Natale (circa 700
mila lire) è stata la prima somma raccolta per questa sottoscrizione.
Il culto di Natale è stato particolarmente sentito e gioioso
perché, dopo l’ingresso a tutti
gli effetti di due giovani coppie (Bottazzi e Calanchi) a metà ottobre, altri quattro giovani
adulti (Marco Mazzoli, Elena
Montanari Scarpa, Edi e Leonia
Santus) si sono aggiunti alla
nostra comunità confessando
pubblicamente la propria fede.
Il 26 dicembre alcune famiglie
si sono ritrovate per un pranzo comunitario inteso soprattutto a far partecipare (compreso
trasporto automobilistico) fratelli e sorelle anziani o soli all’affetto della loro comunità.
Solidarietà
LIVORNO — Il giorno 17 dicembre si è addormentato nel
Signore Giuseppe Giorgiolè, all’età di 90 anni. Fb sempre coerentemente fedele alla Parola
dell’Evangelo — con una presenza umile, discreta, attenta
ed assidua nella comunità valdese di Livorno — così come
era stato fedele ai suoi impegni
civili e militari.
Lascia la sorella Ester, che lo
ha sorretto e curato fino all’ultimo, nell’abbraccio dei fratelli
in fede che l’amano.
in un mare di verde, in un'oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto l'anno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per banchetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
9
5 gennaio 1990
vita delle chiese ^
INIZIATIVA EVANGELICA SULLA TOSSICODIPENDENZA CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Nasce «Lancera»
Aria di Natale
Un gruppo intordenominazionalG sgqug i risvolti umano, spiritual©,
familiare e sociale del pianeta droga: le speranze e le prospettive
Da alcuni mesi è iniziata a Roma un’attività evangelica nel
campo della tossicodipendenza,
denominata « L’ancora ».
Il gruppo promotore è formato da credenti romani, appartenenti a varie denominazioni, che
hanno particolarmente a cuore il
problema della tossicodipendenza, con le sue implicazioni umane, personali, familiari, sociali e
non per ultime quelle di carattere spirituale e di fede.
Lo scopo principale di questa
iniziativa è di sviluppare tipi di
attività, con il coinvolgimento di
credenti interessati delle chiese
evangeliche, a favore di tossicodipendenti e dei problemi connessi al fenomeno tossicodipendenza. 'Il coinvolgimento che si
richiede non è di carattere finanziario, ma unicamente di operare nell’ambito della propria comunità di appartenenza e con i
doni ricevuti dal Signore per aiutare in qualche modo chi è affetto dalla tossicodipendenza, o
chiede di uscirne, o necessita di
essere reinserito nella società dopo la sua riabilitazione. L’intervento sarà di natura sociale, affettiva, spirituale e di sensibilizzazione di altri al problema, mentre per il recupero si indirizzeranno gli interessati alle comunità terapeutiche evangeliche esistenti in Italia.
Il Signore richiede da noi credenti di oggi un impegno specifico anche in questo campo, oltre che per gli immigrati, i diritti umani, ecc., anche se a volte il campo della tossicodipen
denza ci disorienta e ci trova più
impreparati che mai. Fidiamo soprattutto nella promessa di Cristo che sarà con noi anche in
questa forma nuova di testimonianza che egli stesso ci richiede.
Tra le attività in corso di svolgimento de «L’ancora » segnaliamo;
— il gruppo « L’ancora », che
sta svolgendo un’opera di informazione e sensibilizzazione al
problema con visite alle chiese,
a gruppi giovanili e presenza in
assemblee, convegni evangelici;
— Fulììcio «L’ancora» dotato di
una piccola (per ora) biblioteca
sull’argomento tossicodipendenza,
archivio informativo con video
e diapositive sulle comunità terapeutiche evangeliche in Italia;
— il telefono « L’ancora », di
sponibile a ricevere chiamate da
parte di chiunque sia interessato
direttamente o indirettamente a
casi specifici di tossicodipendenti o voglia avere informazioni,
consigli o altro riguardo ai problemi connessi con la tossicodipendenza.
I componenti il gruppo « L’ancora » finanziano essi stessi le
attività di cui sopra con doni
finanziari e di altro genere.
Tra le attività future, alcune
delle quali in via di realizzazione, segnaliamo:
— una rete di informazioni
nel campo evangelico, tramite
letteratura, video, film, diapositive, seminari, convegni, conferenze sulla prevenzione, cura ed
evangelizzazione nel campo della
tossicodipendenza;
— una « struttura di accoglienza » per i tossicodipendenti
desiderosi, o che hanno già deciso, di essere ammessi in una
comunità terapeutica evangelica;
— una « struttura di supporto » che offra aiuto, dopo la riabilitazione, nel momento del reinserimento nella società, in stretto collegamento con le chiese evangeliche locali.
Come si può entrare in contatto con «L’ancora». Si può chiamare e parlare con una persona
del gruppo « L’ancora » facendo
il numero telefonico 06/5561855,
nei seguenti giorni: martedì dalle ore 10 alle 12; giovedì e venerdì dalle ore 18 alle 20. Altrimenti si può lasciare un messaggio alla segreteria telefonica rispondente al suddetto numero.
Inoltre si può scrivere al seguente indirizzo: «L’ancora» - Via
dei Soldati, 49 - 00186 Roma.
Informazione importante. Si
può richiedere per iscritto o telefonicamente a « L’ancora » l’interessante libro di R. K. Hugles
(uno dei membri fondatori del
gruppo «L’ancora») « Il gioco del
vigliacco » (L. 10.000) i cui proventi vengono devoluti alle comunità terapeutiche de « L’Arca
Teen Challenge ». Il libro parla
della storia di un tossicodipendente che ha trovato, in mezzo
a tante difficoltà, la via della
sua piena riabilitazione attraverso la fede in Gesù Cristo. Ora
egli dedica la sua vita, a pieno
tempo, per l’opera del Signore.
Paolo Marziale
IVREA
Professione di fede
Oggi abbiamo chiesto a questa
assemblea di essere ammessi nella Chiesa evangelica valdese.
In coincidenza con questo giorno di festa per noi e per la chiesa che ci accoglie, ci sembra giusto esprimere alcune delle ragioni che hanno spinto noi, nati cattolici e nel cattolicesimo vissuti
fino all’età adulta, a compiere
questa radicale scelta per una
chiesa riformata.
Essa non vuole essere per nulla una decisione « contro » qualcuno, rna una scelta «per» l’Evangelo. Noi siamo pienamente consapevoli che, con Gesù di Nazareth, tutte le sinagoghe, tutti i
Garizim e i Sion sono stati superati e non crediamo sia importante il distintivo di appartenenza ad una chiesa piuttosto che ad
un’altra. Crediamo, però, che nelle chiese riformate, come questa
in cui entriamo, esistano delle caratteristiche che le rendono, secondo noi, più in sintonia con
l’insegnamento di Cristo. In esse abbiamo scoperto il valore di
liberazione e di giustificazione
dell’Evangelo, distinto finalmente dalle regole morali, la gioia di
poter essere protagonisti del rapporto con Dio, non più mediato
da strutture umane; la fiducia
rinnovata nella Scrittura. Senza
rinunciare al contributo di chi ha
vissuto, pensato e sofferto prima
di noi, ci siamo resi conto di
quanto sia importante ritornare
alla semplicità dell’insegnamento
evangelico.
Con Lutero ed i riformatori,
siamo convinti che sia solo nella
riflessione sulla parola di Dio,
affrontata senza paura e con la
determinazione di leggervi ciò
che oggi dice a noi, uomini del
XX secolo, che noi possiamo de
Ivrea: la confessione di fede dei nuovi membri di chiesa.
cidere, in piena libertà, il cammino da seguire.
In questa prospettiva, la Chiesa assume una funzione di comunità in marcia, i cui membri, i
« santi », secondo la definizione
di Calvino, « uniti da un unico insegnamento, quello del Cristo,
mantengono l’unità della fede insieme alla concordia e alla carità
fraterna, unicamente in virtù del
Suo Spirito ».
Questa è la ragione di fondo
della nostra scelta, dunque : la
ricerca di un comune sentire con
le sorelle e i fratelli che credono
che l’unica ragione dell’essere
cristiani consista nel ricevere ed
annunciare al tempo stesso
l’Evangelo, un Evangelo di libertà e non di costrizione, di giustificazione e non di regole morali.
Le nostre storie di vita e di
fede sono diverse. In comune abbiamo un percorso di ricerca, di
inquietudine, che ci ha portato
alla decisione di oggi. Insieme
siamo convinti che quello di oggi
è un punto di partenza. Per quanto cammino si sia fatto sino ad
ora, l’accettazione dell’Evangelo
nella sua libertà e nella sua funzione liberatrice non può essere
che un punto di partenza verso
una strada difficile di vita e di
testimonianza. Chiediamo a voi,
comunità di cui oggi entriamo a
far parte, e a tutti i presenti, di
pregare con noi perché il Signore
ci sostenga in questo cammino.
Angelo Aimonetto
Flavia e Gigi Farricella
Grazia e Gianni Fomari
Antonella e Guido Rossetti
POMARETTO — «Canto di
Natale » è un lungo racconto
dello scrittore inglese Charles
Dickens, famoso per i suoi romanzi umoristici e di denuncia
sociale; ma più ancora di mr.
Pickwick o di David Ccoperfield, i personaggi di « Canto di
Natale » hanno raggiunto una
notorietà internazionale quando
Walt Disney utilizzò nei suoi
cartoni animati il vecchio taccagno Ebenezer Scroege e suo
nipote (diventati in Italia zio
Paperone e Paperino).
Il moralismo ottocentesco portava alla conversione dell’usuraic senza cuore e alla vittoria
delle anime semplici e buone; il
realismo americano, al contrario, ha creato in Paperino l’eterno
perdente, mentre Paperone ha
dalla sua non solo i fantastiliardi, ma anche una sfacciata fortuna e una totale mancanza di
scrupoli.
I giovani del gruppo teatrale
di Pomaretto hanno sceneggiato
il racconto di Dickens e l’hanno
presentato il 28 maggio a Bobbio Pellice durante un incontro
giovanile. A Pomaretto è stato
ripetuto in clima natalizio il 16
dicembre e il 17 pomeriggio, in
occasione della festa delle scuole domenicali del circuito.
Regista e attori non hanno
certo avuto un compito facile
nel trasferire sulla scena un racconto intricato, pieno di visioni
e di salti nel tempo; la loro giovane età ha dato un tono di leggerezza ad una vicenda fantastica fin che si vuole, ma che
rispecchia situazioni ben reali di
solitudine e di miseria.
C’è solo da augurarsi che l’attività del gruppo continui e che
possiamo applaudirli in molte
altre occasioni.
VILLAR PELLICE — Gli in
contri cultuali del periodo di
Natale e di Capodanno hanno
registrato una ^discreta partecipazione. Una parola di viva
gratitudine alla Corale delle
chiese di Bobbio-Villar Pellice
per rapporto recato al culto di
Natale.
'• Domenica 24 dicembre si è
svolta la festa di Natale della
Scuola domenicale che, dopo la
parte introduttiva del pastore,
ha presentato al numeroso pubblico il messaggio natalizio composto di poesie, dialoghi e canti. Alla sig.ra Lidia Frache, alle
monitrici e a tutti coloro che
hanno collaborato alla realizzazione del programma di quell’incontro il nostro più vivo ringraziamento.
• Per iniziativa della monitrice dell’Inverso e di alcuni giovani del Teynaud sono state aperte le scuole di quei quartieri,
che hanno accolto bambini ed
adulti in un clima di fraternità.
® Sempre nel periodo natalizio le componenti l’Unione femminile hanno visitato le persone
anziane, ammalate o sole della
chiesa, portando loro un messaggio ed un piccolo dono. Anche gli ospiti della casa Miramonti hanno trascorso momenti di fraternità con parenti, amici e conoscenti, ricevendo tra
le altre la visita del Coro alpi
no vai Pellice, delle Corali e
delle ACLI di Torre Pellice.
• Ci ha lasciato il fratello
Alberto Gönnet all’età di 78 anni; ai familiari rinnoviamo la
nostra simpatia.
Successo della
serata di canto
VILLASECCA — Sabato 16 dicembre ha avuto luogo nel tempio di Chiotti la « serata prenatalizia » di canto con la partecipazione delle corali riunite Val
Germanasca di Prali, Perrero e
Villasecca e con la Badia Corale.
Nonostante la concomitanza
con altre attività culturali in valle, il numero dei partecipanti
ha largamente superato ogni più
rosea previsione. Le offerte raccolte sono state devolute a favore dell’Asilo per anziani di S.
Germano.
• A soli due giorni di intervallo ci hanno lasciati i due fratelli
Enrico e Guido Bert. Ai familiari tutti rinnoviamo Tespressione della nostra simpatia umana
e della nostra comunione di fede
nella resurrezione dei morti in
Cristo.
Auguri!
POMARETTO — La comunità
si rallegra con Marco Bounous e
Giorgina Long per la nascita del
piccolo Alessio.
Calendari
Domenica 7 gennaio
n UNIONI FEMMINILI
PINEROLO — Alle ore 15, presso
i locali della chiesa valdese in via
dei Mille, le Unioni femminili del 1°
distretto incontrano il pastore di Marsala e Trapani, Laura Leone.
Lunedì 8 gennaio
n INCONTRO PASTORALE
I DISTRETTO
TORRE PELLICE — Presso la casa
unionista si riuniscono i pastori del
1° distretto. Il programma prevede,
alle ore 9.30, la meditazione biblica
curata dal past. R. Vinti e a seguire
una riflessione sul diaconato introdotta da M. Jourdan.
Nel pomeriggio discussione sul tema: « Una radio per le valli valdesi ».
Domenica 14 gennaio
□ ASSEMBLEA
DELLE CORALI
PINEROLO — Alle ore 15, presso i
locali della chiesa vadese di via dei
Mille, si riunisce l'assemblea delle corali; all'ordine del giorno: festa di canto 1990: corale del Madagascar; varie.
VISUS
di Luca Regoli & C. s.n.c.
OTTICA - Via Arnaud, 5
10066 TORRE PELLICE (To)
Il posto degli occhiali
L’OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C. s.n.c.
Via Roma, 42
10062 LUSERNA S. GIOVANNI (To)
10
10 valli valdesi
5 gennaio 1990
CALCIO: CAMPIONATO DEL MONDO
USSL 43 - VAL PELLICE
Telenovela do BraziI
Una ridda di ipotesi e controfferte costella la marcia del comitato
deciso a portare in valle una fetta della grande torta del campionato
Continua ad essere fitta la nebbia che ricopre l’eventuale avventura brasiliana della vai Pellice. Dopo la « bomba » sco'ppiata due settimane or sono che voleva la nazionale di calcio sudamericana a Torre Pellice in occasione dei campionati mondiali
di calcio, una ridda di ipotesi
e controipotesi per le località piemontesi in ballottaggio scelte per
un evento di portata, appunto,
mondiale, continua a tenere tutti con il fiato sospeso. Tutti, in
quanto si sono formate ormai
due fazioni opposte, pro e contro.
Entrare nel merito della questione non sarebbe altro che allungare di un altro capitolo una
« telenovela » ormai monotona.
L’invocare una « ricaduta d’immagine » positiva per il futuro
della valle.(ma una domanda seria sarebbe: quale immagine?) o
rimpiangere anzitempo ima tranquillità perduta non sarebbe altro che un ragionamento ozioso
di fronte a una partita che si
svolge ormai altrove, giocata nei
campi dorati dei Grand Hôtel,
delle Ambasciate, delle Camere
di commercio e delle Federazioni calcistiche. E dei salotti degli industriali.
Come è noto la nazionale brasiliana giocherà come testa di se
Gli impianti sportivi di Luserna ospiteranno la « seleçao »?
rie del girone che verrà disputato a Torino, anziché a Milano
come previsto. Questo fatto ha
spiazzato gli organizzatori che
devono rivedere i programmi,
spostando in Piemonte la sede
di ritiro e allenamento della
squadra. Tre le località in lizza:
l’hôtel Billia di Saint-Vincent (dipinta dai quotidiani come « sede
ricca di tentazioni deleterie per
GLI 80 ANNI DI FILIPPO SGROPPO
Ad multos annos
Nato a Riesi
il 1° gennaio
1910, il «nostro»
pittore Filippo
Scroppo ha
compiuto il suo
80" compleanno. A festeggiarlo saranno
in molti il 6
gennaio all’Hótel du Pare, dove il sindaco di
Torre Pellice
ed il presidente della Comunità Montana
vai Pellice hanno organizzato
i festeggiamenti per l’anniversario del loro
insigne concittadino.
Filippo tiene
molto ad essere considerato
un «artista valdese ».
Nato da famiglia valdese,
era stato attratto fin da
giovane dall’arte e dalla teologia.
I3opo essersi laureato in lettere,
si iscrisse alla Facoltà valdese di
teologia, ma dovette interrompere gli studi a causa della guerra.
In seguito decise di dedicarsi completamente alla pittura
e all’insegnamento artistico. Dal
1934 risiede in Piemonte e per la
sua attività la Regione, nel 1979,
gli ha dedicato una antologia al
Piccolo Regio.
Filippo Scroppo è molto noto
in Italia ed all’estero per la sua
attività artistica ed ha tenuto
mostre nei principali paesi europei e negli Stati Uniti. Dal ’49, e
per quasi quarant’anni, ha organizzato la Mostra d’arte contemporanea a Torre Pellice, che .si
tiene generalmente in concomitanza con il Sinodo valdese. Da
questa attività è nata una collezione d’arte contemporanea unica nel suo genere.
Scroppo ha un desiderio: la
collezione deve diventare una
galleria permanente. Per ora le
opere sono custodite infatti in
alcune stanze del Comune di Torre e non sono fruibili dal pubblico. In un «.¡’accuse» puljblicato qualche tempo fa dal mensile « Ousitanio vivo », Filippo
Scroppo si è chiesto « fino a
quando da parte dei responsabili della cosa pubblica si persisterà in questo inqualificabile errore di impedire ad una comunità di fruire di un bene ad essa
espressamente destinato ».
L’augurio, nel suo ottantesimo
compleanno, è che questo suo
desiderio possa realizzarsi grazie
aH’impcgno di molti amministratori pubblici e non. La costituzione di una Fondazione allo scopo sarebbe il primo passo concreto.
G. G.
L'autoritratto del pittore Scroppo esposto alla Galleria degli Uffizi a Firenze.
la spartanità atletica »), l’hôtel
Hasta di Asti (« triste, monotona
e nebbiosa ») e l’hôtel Gilly di
Torre («austera, bucolica e povera: abbiamo cercato il sindaco,
era nell’orto », forse a seminare
i ravanelli alla vigilia di Natale?).
La vai Pellice si è comunque
mossa, non tanto per contrastare sul piano economico le megalattiche offerte della Vallée che
sembrano aver raggiunto, in questo gioco al rialzo, il miliardo
di lire, quanto per poter offrire
una dignitosa proposta di ospitalità che deve comunque essere tradotta in denaro sonante.
Allo scopo si sono mossi tutti;
enti locali, commercianti, banche,
industrie; la Provincia di Torino
e la Regione hanno promesso formalmente un contributo attraverso le dichiarazioni dei relativi assessori (benché ognuno dichiari cifre diverse — saranno cumulabili?). Il gruzzolo, sulla carta, verrebbe a coprire le spese
dell’alloggio, del vitto, della completa assistenza medica specialistica e ammennicoli vari. E questa è la proposta definitiva che,
attraverso la Camera di commercio e il legale che rappresenta
in Italia gli interessi della nazionale carioca, ha raggiunto i
dirigenti della squadra. Non si
attendono ormai più che le decisioni dei responsabili brasiliani.
Enrico Pollo, del comitato «Pro
BraziI », continua ad essere ottimista. « Non possiamo competere economicamente né con il Billia che ha dalla sua il Casinò e
la Regione Valle d’Aosta — afferma —, né con Asti e i suoi
industriali. Quello che è certo è
che, se il Brasile vuol vincere
il campionato del mondo, deve
venire in vai Pellice. Solo qui
può trovare la giusta atmosfera,
le necessarie strutture sportive,
i veloci collegamenti con Torino » (elicottero e intercity?). Tutte rose e fiori, dunque, ma forse prima di acquistare un corso
intensivo di lingua portoghese ci
conviene ancora attendere la
prossima puntata.
Stello Armand-Hugon
Approvato il bilancio
22 miliardi per il ’90 - L’uso dei «fondi funghi»
Meno di un’ora è durato l’ultimo Consiglio di Comunità
montana vai Pellice, giovedì 28
dicembre scorso.
In esame le proposte di bilancio per il 1990, un bilancio su
cui non sono pervenute indicazioni precise da parte della Regione né per quanto riguarda le
linee, né per quanto concerne
le disponibilità finanziarie.
Il Consiglio, rilevando come i
fondi previsti in via provvisoria sono appena sufficienti a coprire il fabbisogno di otto-nove
mesi, ha ritenuto assai difficoltoso assegnare al bilancio di previsione un valore politico, limitandosi così al ruolo giuridico
contabile.
Se, come detto, la cifra provvisoria di 16 miliardi e 775 milioni di disponibilità è insufficiente al fabbisogno, ancora più
irrisoria sarebbe quella di 212
milioni per il settore socio
assistenziale che in questo caso
significherebbe un grave impoverimento dei servizi in atto.
Lavorando su queste cifre,
sull’esperienza degli anm precedenti e tenuto conto della necessità di continuità di determinati servizi, alla fine il comitato di
gestione ha proposto al consiglio, per l’approvazione, la proposta di bilancio che per la
parte sanitaria pareggia su una
cifra di 19 miliardi e 122 milioni
e per la gestione dei servizi sociali pareggia a 2.740 milioni.
Altro argomento in discussio
ne, il riparto dei fondi funghi derivati dal rilascio dei tesserini
che autorizzano la raccolta.
La cifra di 26.800.000, che deve essere aumentata di 15 milioni derivanti da una somma
impegnata per l’assunzione di
un operatore ecologico che in
realtà non ha ancora potuto aver luogo, di per sé indica, col
semplice confronto con alcuni
anni or sono, un notevole decremento nel numero di aspiranti
cercatori di funghi: sarebbe interessante verificare quanto abbia inciso la stagione di « magra » o quanto la convinzione
diffusa che i controlli siano assai scarsi.
Rispetto all’utilizzo dei fondi
l’indicazione emersa è quella di
erogare il 60% della somma a
disposizione, ai Comuni in parti uguali ed il 40% sempre ai
Comuni ma in proporzione alle superfici. Dati alla mano risulta perciò che il Comune che
otterà la somma più alta è Bobbio (oltre 8 milioni), il più «povero » sarà Lusernetta (3 milioni e 200 mila lire circa); il tutto
naturalmente, secondo quanto
disposto dalla legge regionale
32/82, per opere ed interventi di
tutela e miglioramento ambientale.
Nessuna traccia quest’anno di
tentativo di coinvolgere in questi interventi le associazioni
ambientaliste, che pure nel 1989
avevano prodotto dei progetti
in questa linea. P.V.R.
LUSERNA: CONSIGLIO COMUNALE
La nuova ICIAP
Si è parlato anche del Brasile in vai Pellice
Consiglio comunale con pochi
argomenti « forti » quello svoltosi lo scorso 29 dicembre a
Luserna San Giovanni; se si eccettua la determinazione dei limiti 'di reddito entro cui far pagare, ed in quale misura, l’imposta comunale per l’esercizio
di imprese, arti e professioni
(ICIAP), il resto era la classica ordinaria amministrazione.
Dunque cosa è accaduto rispetto all’imposta più discussa
del 1989?
Va ricordato che da più parti si era arrivati a parlare di incostituzionalità di tale provvedimento, in quanto nella versione ’89 si stabiliva la cifra a carico dei cittadini unicamente in
base alla superficie del locale
in cui veniva esercitata una determinata attività. Ora il governo ha voluto in qualche modo
porre rimedio a tale situazione,
inserendo anche il parametro
del reddito. Vengono anche individuate delle fasce di reddito
che faranno mutare l’entità del
dovuto ai Comuni.
Secondo tali proposte (che i
Comuni potevano in qualche misura variare) i titolari di reddito compreso fra i 12 ed i 50 mi
BOBBIO PELLICE
Arriva il gas?
L'amministrazione comunale
sta trattando con una ditta privata per la distribuzione di gas
ad uso domestico nella zona del
concentrico. Per saperne di più
ò stato indetto un incontro pubblico presso la sala polivalente
di via Sibaud per venerdì 5 gennaio alle ore 21.
Attualmente l’opera di « metanizzazione » ha raggiunto soltanto Torre Pellice e la soluzione
che si prospetta per Bobbio è di
tipo diverso, e cioè l’installazione
di bomboloni in un’area del comune, da cui partirà la rete di
distribuzione.
Secondo le previsioni avanzate,
gli utenti avranno a loro carico
le spese di allacciamento (alcune centinaia di migliaia di lire),
mentre le spese di collegamento
con i serbatoi sarebbero a carico dell’azienda.
boni dovrebbero pagare la stessa cifra dello scorso anno, i redditi più bassi danno il diritto
ad una riduzione del 50%, quelli superiori vedranno un aumento del 100%.
In effetti il Comune, che Tanno scorso introitò una significativa somma da tale imposta, anche in considerazione delle denunce dei redditi degli artigiani o commercianti nel comune, ha deciso, con l’astensione
del gruppo comunista, di abbassare a 10 milioni la soglia delle
possibili riduzioni del 50% e a
45 milioni quella del raddoppio.
Oltre alTICIAP, il consiglio
ha affrontato e discusso a lungo della possibilità che la selezione nazionale di calcio brasiliana trascorra in vai Pellice
un mese di preparazione in vista dei campionati del mondo di
calcio. Dell’intera vicenda riferiamo in altra parte del giornale, tuttavia va rilevato come il
dibattito in seno al consiglio di
Luserna, pur esprimendo una
adesione di massima all’ipotesi,
per i possibili positivi risvolti
a livello turistico sulla zona, ha
rilevato quanto poco le cose siano in realtà note, se non
attraverso le notizie più o meno realistiche apparse su alcuni
quotidiani. Inoltre, accanto ad
alcune preoccupazioni per la
possibile invasione dei supporter brasiliani, alla necessità di
intensificare i servizi di vigilanza e sicurezza, ai possibili mancati introiti derivanti dalla chiusura al pubblico di alcune strutture sportive comunali, da più
parti si è espresso il disappunto perché tutti i giornali, riferendosi alla vicenda, tendono ad
evidenziare Torre Pellice rispetto a Luserna e ciò, ha detto il
sindaco Badariotti, « non per
campanilismo, ma per correttezza di informazione! ».
Piervaldo Rostan
11
i
5 gennaio 1990
valli valdesi 11
COMPARTO ALPINO VAL PELLICE
C'è aria di crisi?
Le recenti dimissioni del presidente motivate con la prevaricazione
regionale e provinciale nei confronti della gestione locale
C’è crisi al comparto alpino
n. 1?
Alcuni segnali farebbero supporre di sì; hanno recentemente dato le loro dimissioni il presidente Mauro Suppo e la segretaria. Probabilmente diverse
le motivazioni, anche se in comune c’è sicuramente la difficoltà a gestire un ente; ci ha
intatti detto Suppo: « La gestione dei comparti ha visto tutta
una serie di indicazioni regionali
prevaricare su quelle provinciali,
che a loro volta avevano smentito o modificato decisioni assunte a livello di comparto stesso La Provincia ha assunto un
ruolo gestionale che di fatto esautorava i comparti dalle loro
peculiarità. Così non mi sono
più sentito di rimanere presidente di un ente che ente non
è, in cui, dopo 8 anni, manca ancora un regolamento (la Regione ile ha in visione uno elaborato dalle Provincie piemontesi,
ma dopo alcuni anni non è ancora riuscita ad approvarlo).
Oggi come oggi non si riesce
ad intervenire sul territorio dal
punto di vista della tutela faunistica in modo efficace, anche
perché non sempre i cacciatori,
o i loro presidenti, accettano le
scelte operate: ad es., recentemente si sono cambiate scelte
fatte dall’assemblea circa il ripopolamento ».
Fin qui, in sintesi, le ragioni che hanno spinto Mauro Suppo a rassegnare le dimissioni da
presidente facente funzioni del
comparto alpino n. 1; in conseguenza di questa decisione, l’assemblea del comparto si riunirà venerdì 12 gennaio, alle ore
21, presso la sede della Comunità montana vai Pellice in corso
Lombardini 2 a Torre Pellice.
Dovranno essere trovati un presidente ed un segretario, ma sarà l’occasione per verificare il
funzionamento dell’ente stesso e
magari anche per puntualizzare
come è andata questa stagione
venatoria, la prima in cui si sia
cercato di abbozzare la cosiddetta caccia di selezione. I cacciatori della valle (più San Secon
TEATRO
Una proposta
per le scuole
Uno spettacolo basato sul racconto popolare
Sotto l’egida della cooperativa
« La tarta volante » è stato presentate, sabato 16 dicembre a
Torre Pellice, uno spettacolo
teatrale in lingua francese dal
titolo «Diableries et apparitions
magiques », recitato dall’attrice
Agnès Dumouchel del « Roy
Kart Theatre ».
Lo spettacolo si è articolato
su tre racconti popolari, tratti
da una raccolta di Henry Pourrat, ricercatore che ha dedicato
anni a documentare il patrimonio del racconto popolare francese.
Matrice comune di queste
storie fantastiche è il momento magico che trasforma in realtà quelle che sono le aspettative
della gente — chi ha fame trova il modo di sfamarsi — chi
è brutto si trasformerà... — e
naturalmente vi sono, in contropartita, delle prove da superare. Bisogna prendere delle decisioni, bisogna affrontare persino il diavolo, sia fisicamente
che nelle sue varie manifestazioni. Questi racconti, che hanno animato le veglie serali per
generazioni e generazioni, ora
nella società dominata dalla televisione hanno perso di interesse, tutt’al più si è tentati di
relegarli alla sfera infantile,
anche se sempre di più i bambini sono spinti e attratti a loro
volta verso nuovi eroi, anche
loro fantastici, superman della terra e dello spazio.
Lo spettacolo è imperniato
suH’incontro fra queste forme di
racconto orale e popolare, che
presupponeva un contatto intenso fra narratore ed uditore, e
sull’espressione teatrale con una
attenta valorizzazione dei mezzi vocali e gestuali. Brava l’attrice, che sa modificare di volta
in volta lo-spettacolo per adattarlo all’età del pubblico a cui
si rivolge, interagendo con esso, per chiarire quelle che sono
le espressioni tipiche o i modi
di dire ed è attenta a stabilire
un « feeling » partecipato per
tutta la durata della rappresentazione.
ì
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in villa signorile ultimo piano con
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KoB Luserna S. Giovanni
Mni Viale De Amicis 3/1
/% TeL (0121) 901.5S4
do e Prarostino) hanno infatti
dovuto scegliere all’inizio della
stagione su quali capi indirizzarsi fra camosci e mufloni (troppi ih valle e non certo storicamente presenti).
Risulta che siano stati abbattuti soltanto 7 dei 35 mufloni
possibili; difficile la caccia a questo ungulato o troppo radicata
nei cacciatori la « cultura del camoscio » rispetto a nuovi obiettivi?
Nel comitato tecnico del comparto alpino sono anche rappresentati gli ambientalisti e a sentir loro, al di là delle posizioni
diverse (mantenimento o chiusura d’ questa attività), da pante
di molti cacciatori manca ancora uno spirito costruttivo ed il
senso civico; i padroni della fauna siamo noi, paiono dire in molti, compresi quelli che sono arrivati ad ipotizzare che fosse stato un pescatore a ferire l’airone
cinerino lungo TAngrogna.
Del resto anche il carico di
cacciatori in vai Pellice risulta
elevato: 466 cacciatori su un’area
che non raggiunge i 30.000 ettari portano il rapporto cacciatore-superficie ad 1/63 ettari, ben
al di sopra del limite di 1/90 ha,
considerato congruo.
Sul tema dell’applicazione della caccia di selezione, il giudizio
di Suppo è « positivo, ^ pur di
fronte a grosse difficoltà gestionali determinate dalla fretta e
dai ritardi di partenza, dalla confusione legislativa. Quando si attiverà compiutamente, e meno
segnali contrastanti filtreranno
ad inquinare i rapporti anche
tra le persone, la caccia di selezione potrà effettivamente dare
dei buoni risultati; del resto questa mi pare l’unica via ».
P.V.R.
Croce Rossa
Proprio per queste caratteristiche di elasticità, lo spettacolo
può essere adattato ad un uditorio di età differenti, dalle
elementari alle secondarie, agli
adulti. E’ in questa prospettiva
che la « Tarta volante » lo ha
proposto, invitando alla rappresentazione anche coloro che per
competenze si occupano di istruzione nella valle e gli assessori alla cultura nei comuni.
Spettacoli
In un incontro che ha fatto
seguito allo spettacolo si è messo in risalto come l’iniziativa,
in una zona con tradizioni bilingui dove vi sono laboratori linguistici in francese con sperimentazioni fin dalla scuola materna, possa essere uno strumento valido da utilizzare nelle
scuole, partendo proprio dalla
flessibilità della Dumouchel, che
ha al suo attivo esperienze di
atelier scolastici di teatro oltre ad essere stata professoressa di lettere in diversi paesi
europei.
La stessa attrice è anche disponibile per organizzare dei fine settimana per gruppi fino a
10 persone con l’obiettivo di impostare correttamente la vocalizzazione e per valorizzare la
gestualità corporea. Per eventuali informazioni rivolgersi alla Coop. culturale « La tarta
volante », via Jenny Cardon 8,
Torre Pellice - Tel. 0121/91880 933031.
Dibattito
Adriano Longo
Comunità montana vai Pellice in corso
Lombardini 2.
Cinema
BR'ICHERASIO — Nellàmbito del ciclo di proiezioni « videoforum » in
corso presso il salone delle scuole
medie, martedì 9 gennaio, alle ore 21,
è prevista la visione del film « Dirty
dance ».
POMARETTO — Riprende dopo la
pausa natalizia il cinefórum presso
il cinema Edelweiss; venerdì 12 gennaio, alle ore 21, si proietta «Pranzo reale ».
TORRE PELLICE — La Croce Rossa
h.a organizzato una raccolta « pro Romanía » di medicinali, alimenti confezionati, indumenti; chiunque voglia collaborare all'iniziativa può recarsi presso là sede ail'ex caserma Ribet in
piazza Gianavello, ogni giorno dalle
ore 9 alle ore 19.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma; « Non guardarmi non
ti sento», venerdì 5 alle ore 21.15 e
sabato 6 dalle ore 16; « Biancaneve » e
« Vìsserb felici e contenti», dom. 7
ore 16 e 18; «Furia cieca», dom. 7
ore 20 e 22.
TORRE PELLICE
Alì è libero
Il Gruppo Amnesty Italia 90
Val Pellice annunzia con molta
gioia che il prigioniero Alì R.
Duman, studente universitario,
arrestato per motivi di opinione
il 1” maggio ’86 a Izmir in Turchia, e condannato il 25 giugno
’87 a 8 anni e 10 mesi di carcere, è stato liberato il 18 novembre ’89. Il prigioniero era stato
affidato in adozione al Gruppo
Italia 90 e al Gruppo Olanda 410
dal Segretariato internazionale di
Amnesty con sede a Londra, perché i due gruppi si adoperassero attivamente per la sua liberazione.
RINGRAZIAMENTO
« Egli ha abbattuto le mie forze durante il mio cammino, ha
accorciato i miei giorni ».
(Salmo 102; 23)
I familiari di
Silvio Ricca
riconoscenti ringraziano tutti coloro
che con scritti, presenza, fiori e opere
di bene hanno preso parte al loro
dolore. Un particolare ringraziamento
al doti: Roberto Laterza, al past. Platone, alle infermiere del Di.stretto n. 1
deirUSSL 43, ai medici e al personale dell’Ospedale valdese di Torre
Pellice, al sindaco e alLamministrazione comunale di Angrogna.
Angrogna, 21 dicembre 1989,
Anna Menduni
di 56 anni
BOBBIO PELLICE — Sabato 13 gonna o, alle ore 20.30, presso la sala
polivalente di via Sibaud, si svolgerà
una serata ricreativa, con l'esecuzione di brani musicali revival ed una
esibizione del mago Harry Waldis;
l'introito verrà devoluto a favore della ristrutturazione dell'ospedale valdese di Torre Pellice,
AVVISI ECONOMICI
Programmi di Radio Beckwith
91 200 FM
PRIVATO acquista mobili vecchi e antichi, oggetti vari. Tel. 0121/4018J
(dopo le ore 18).
Fra i programmi di Radio Beckwith
segnaliamo « Progetto E », in onda
ogni lunedì alle ore 11.30 ed il martedì successivo .alle ore 15.30 ed un
nuovo appuntamento settimanale: . La
via maestra », in onda dal 4 gennaio
ogni giovedì alle ore 17 con replica
il mercoledì successivo alle ore 10.
TORRE PELLICE — « Una costituente
per una nuova prospettiva della sinistra • ; questo è il tema di un incontro dibattito che il PCI di Torre Pellice ha organizzato per lunedì 8 gennaio alle ore 21 presso la sede della
appartamento ben arredato al 2° piano con ascensore, riscaldamento: ingresso, cucina, camera ripostiglio, bagno, box, cantina. L. 65 m.
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RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Lidia Rivoire in Geymet
ringrazia sentitamente tutti coloro che
con scritti, fiori e con la loro presenza, hanno partecipato al suo grande
dolore.
Un ringraziamento particolare al
maresciallo comandante ed ai carabinieri di Torre Pellice, alla dott.ssa
Paola Grand, alla famiglia Rinaldo Gogne, al CAI di Torre Pellice ed ai
pastori Susanne Labsch e Bruno Rostagno.
Torre Pellice, 28 dicembre 1989.
RINGRAZIAMENTO
Grati e commossi per il vivo ricordo della loro indimenticabile cara e
per l’affettuosa partecipazione al loro
lutto i familiari di
Nora Martinengo
ringraziano di tutto cuore.
Torre Pellice, 28 dicembre 1989.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Enrico e Guido Bort
ringraziano tutti coloro che hanno manifestato solidarietà e partecipazione
nella triste circostanza.
In particolare, il past. Aldo Rutigliano, il prof. Claudio Tron, il Rifugio Carlo Alberto per Tassistenza
triennale a Enrico e il cugino Mimmo Rostagno.
Pomaretto, 28 dicembre 1989.
RINGRAZIAMENTO
<c Quand’anche camminassi nella
valle dell’ombra della morte, io
non temerei male alcuno, perché tu sei meco ».
(Salmo 23: 4)
Il Signore ha chiamato a sé il 29
dicembre ’89
Febe Allosìo in Gherardi
Ne danno il triste annuncio il marito
Mario Gherardi, la sorella Lea Allosio
Odiardo, i nipoti Pia, Rino, Stefania
con Christian, Emanuela Capitanio,
Evelina e Dino Cecchin e figli
Non fiori ma offerte a villa Elisa.
La famiglia ringrazia i medici e il
personale deU’Ospedale valdese di Torre Pellice.
Torre Pellice, 29 dicembre 1989.
(( Ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la
corsa, ho serbato la fede ».
(II Timoleo 4: 7)
Il Signore ha chiamalo a sé il suo
servitore
RINGRAZIAMENTO
« Gesù dice : chiunque vive e
crede in me non morirà mai ».
(Giovanni 11: 26)
E’ mancata airaiTetto dei suoi cari
Marco Ayassot
pastore valdese
di 52 anni
Lo annunciano il marito Cataldo
Ferrara e le figlie Rosanna e Cristina.
Un sentito ringraziamento al prof.
Varese e a tutto il personale medico
e paramedico dei reparti medicina e
dietologia deH’Ospedale valdese di Torino. ai pastori ed agli amici delTOspedale.
Torino, 26 dicembre 1989.
Ne danno il triste annuncio la moglie Marisa; i figli Luca con Doriana. Danilo; il papà Ernesto, la mamma Ernestina; i fratelli e le sorelle:
Giovanni, Paolo, Graziella c Stefa'no
con le famiglie; la cognata Laura e
famiglia; zìi, zie, nipoti, cugini e parenti tutti.
Pinerolo. 29 dicembre 1989.
La Chiesa valdese dì Pinerolo, nella certezza delle promesse del Signore. ricordando la predicazione, la testimonianza e l’esempio del pastore
Marco Ayassot
è vicina a Marisa, ai figli, alla mamma ed al papà «1 a tutti i familiari
in questo doloroso momento.
I
LUSERNA S.0I0VANNII
Il Consiglio di ammini.strazione delTA,s.sociazione informazione protestante esprime la sua solidarietà cristiana
alla famiglia di
Marco Ayassot
e ne ricorda l’impegno e la partecìpazione.
Redattori, tipografi, collaboratori
esprimono la loro simpatia a Marisa
e famiglia per la perdita di
Marco
ricordandone la fedele testimonianza
cristiana, che è esempio e stimolo
per ogni credente.
12
12 fatti e problemi
5 gennaio 1990
COMMERCIO MONDIALE DELLE ARMI
Crisi per le bombe
COME DISTRUGGIAMO IL PIANETA
Numeri per riflettere
Un’inversione di tendenza? No, il mercato è semplicemente saturo Disboscamento indiscriminato, scorie, proble- Produzione di ordigni nucleari in alcune zone calde del Terzo Mondo mi dell’energia: quale futuro ci prepariamo?
L’anno è finito da poco ed è
tempo di bilanci. Come di consueto, anche gli istituti che seguono l’andamento delle vendite di
armi nel mondo hanno aggiornato la situazione di questo mercato della morte.
Secondo il Sipri, l’istituto svedese di ricerche sulla pace — che
ha recentemente edito il Rapporto 1989 (relativo al 1988) — l’acquisto di armi da parte dei paesi sottosviluppati ha subito una
flessione di poco superiore al 20
per cento. Anche l’export verso
i paesi più sviluppati del Terzo
Mondo — africani, asiatici, latinoamericani — ha avuto un rallentamento, passando dal 67 al 60
per cento del totale delle vendite.
Maggior distensione anche in
quelle regioni, analogamente a
quanto succede fra Est e Ovest?
Purtroppo la ragione è un’altra,
anzi è duplice; da un lato le aumentate difficoltà economiche;
dall’altro la saturazione del mercato. Ad esempio, paesi come
Egitto, Israele, Libia hanno gli
arsenali pieni ed hanno quindi
ridotto gli acquisti.
Per quanto concerne i fornitori, al primo posto si trova sempre TUrss, seguita dagli Usa e
dalla Cina. Al quarto posto vi è
la Francia mentre l’Italia (che nel
1987 era al 12<> posto con 250 milioni di dollari di vendite) è ora
risalita al 7« posto della graduatoria con 350 milioni di dollari.
Il mensile ’’Nigrizia”, sempre
molto attento ai problemi relativi agli armamenti, rileva, nel
suo numero dello scorso dicembre. come si assista ad un passaggio di mano dai tradizionali
clienti mediorientali, penalizzati
anche dai ribassi dei prezzi del
petrolio, ai paesi asiatici. Ai primi posti troviamo infatti l’India,
l’Iraq, la Corea del Nord, seguite dall'Arabia Saudita e dalla Siria. Per quanto riguarda il continente africano, l’Angola è l’acquirente numero uno. ’’Nigrizia” fa
anche notare come Africa e Asia
detengano il non invidiabile primato del numero dei conflitti in
corso; delle 33 guerre combattute nel 1988, ben 11 hanno avuto
luogo in Africa e 16 in Asia. Per
contro, positivo il cessate il fuoco fra Iran e Iraq ed il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan, anche se in quest’ultimo caso il conflitto continua come
guerra civile, e viene quasi totalmente ignorato dai mass media.
Anche il Rapporto (Military
Balance 1989-90) dell’IISS di
Londra conferma con toni positivi il calo dei bilanci militari
dei paesi sviluppati, cosa che
av\nene per 'a prima volta dal
1958, anno di nascita di questo
istituto. Inquietanti, per contro,
le informazioni dal Medio Oriente sulla produzione di armi chimiche e di missili terra-terra;
armi che sono ormai gli stessi
paesi del Terzo Mondo a produrre. Fanno testo le fabbriche
chimiche in Libia ed in Egitto,
anche se esse hanno negato scopi bellici. Anche Israele, secondo fonti diverse, possiede una
fabbrica di queste armi nel Negev. Per quanto riguarda i missili, Egitto e Iraq stanno mettendo a punto un ordigno in grado di percorrere distanze fino a
1.200 km.
Mentre siamo in argomento,
non possiamo ignorare, e non
denunciare, rallarmante situazione del cosiddetto « club atomico ». Infatti, accanto ai produttori « ufficiali » (stavo quasi
per dire « autorizzati ») di armi
nucleari, come Usa, Urss, G'an
Bretagna, Francia c Cina, diversi altri paesi sono in possesso
di tali armi o hanno la tecnologia per costruirle. In primis Israele che, in base alle rivelazioni del tecnico « pentito » Mordechai Vanunu — condannato
nel marzo 1988 a 18 anni di reclusione per « aver messo in pericolo la sicurezza dello Stato
Il mercato delle armi sembra conoscere una stasi: in realtà i conflitti non diminuiscono e si continua a morire.
diffondendo informazioni segrete » — risulta essere al sesto poste fra le potenze nucleari con
una disponibilità che andrebbe
da 10 a 200 ordigni di varia potenza. Anche il Sud Africa, in
stretta collaborazione con Israele, è diventato potenza atomica e così pure l’India, l’Iran,
il - Pakistan, il Brasile, il Messico e chi sa quali altri ancora...
Mentre dobbiamo da un lato
constatare con soddisfazione
che, grazie al clima di distensione, si va verso Un ridimensionamento — sia pure molto « prudente » ed incompleto — degli
armamenti nucleari, assistiamo
dall’altro a questa crescita sommersa ed incontrollata, tanto
più pericolosa e gravida di incognite in quanto essa si registra in zone « calde » del mondo ed è gestita da paesi capaci di
« colpi di testa » mentre, per
contro, eventuali misure di verifica intemazionale sono al momento diffìcilissime e spesso impossibili. C’è da augurarsi che
l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (lAEA, organizzazione delle Nazioni Unite), che
ha il compito di controllare gli
impianti nucleari mondiali perché non vengano usati a scopi
militari, venga maggiormente
dotata di tutti quegli stmmenti
più efficaci — in uomini ed in
mezzi — per controllare adeguatamente tale proliferazione. Ma
accanto ad essa deve essere
l’opinione pubblica, devono essere le chiese locali, deve essere
il coraggio civile dei cittadini a
denunciare questi attentati gravissimi al genere umano.
Roberto Peyrot
Come si sa, un ettaro corrisponde a 10.000 metri quadrati.
Ebbene, ogni anno vengono distrutti dai 15 ai 21 milioni di
ettari soprattutto di foresta
tropicale, in pochi anni ridotta
quasi alla metà.
Ogni giorno cioè vengono abbattuti dai 43.000 ai 57.000 ettari
di alberi, al ritmo impressionante di 30/40 ettari al minuto
(300.000/400.000 m^ al minuto),
pari a 40/50 stadi di calcio.
Scrive Piero Angela;
« Le foreste tropicali vengono
abbattute per due motivi in particolare;
l’ignoranza di quanti ritengono che il terreno della foresta
sia adatto all’agricoltura, mentre dopo cinque anni al massimo è già arido e improduttivo;
e il commercio del legno, secondo una logica di sfruttamento immediato e totale.
E’ come se distruggessimo una ’’cassaforte” per trarne il
ferro senza prima sapere se contiene qualcosa di maggior valore.
Nelle foreste tropicali vivono
la metà di tutte le specie viventi del mondo e si ritiene che vi
siano ancora almeno altri 3 milioni di specie che aspettano di
essere scoperte; un immenso
patrimonio per il futuro!
Tra l’altro, questa cassaforte
contiene anche molte potenziali risorse per la medicina; il
40% dei componenti vegetali
dei nostri farmaci proviene infatti da queste foreste.
Inoltre, molti esperti ritengono che la distruzione delle foreste tropicali causerà mutamenti
climatici e un pericoloso aumento dell’anidride carbonica nel
DOPO LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Il futuro deirobiezione
di coscienza
La parificazione della durata
del servizio civile a quella del
servizio militare impone un ripensamento delTobiezicne di co
scienza. La garanzia di un diritto pieno di scelta fra servizio
civile e servizio militare costituisce per tutto il movimento degli obiettori non solo un successo ma anche e soprattutto una
sfida.
Anzitutto nel prossimo futuro
ci sarà un grosso aumento del
numero degli obiettori di coscienza e, anche se la legge di
riforma della 772 ritoccherà un
po’ verso l’alto la durata del
servizio civile, l’obiezione di coscienza non sarà più appannaggio di una minoranza di giovani
così come lo è stato finora.
Al di là delle ipotesi sul numero preciso di obiettori nel futuro, im dato sicuro è che per la
prima volta esiste la possibilità
affinché il movimento degli obiettori di coscienza diventi realmente incisivo sul tema della
difesa del paese, e non solo testimonianza inascoltata di un
modo diverso di concepire la
difesa e la sicurezza del paese.
In sostanza il mutamento
quantitativo potrà tradursi anche in un importante mutamento qualitativo, in termini di costituzione di un soggetto politico capace di influire sulle scelte che riguardano la difesa del
paese.
In ogni caso un mutamento
qualitativo riguarderà sicuramente le motivazioni e i valori
che porteranno sempre più giovani a scegliere il servizio civile.
Lungi dal volere sottoscrivere
l’equazione « 12 mesi di durata
= obiettore imboscato » la scelta del servizio civile sarà probabilmente, nella maggior parte
dei casi, più l’esercizio di un diritto garantito dallo Stato che
non il risultato di una maturata
e cosciente scelta politica. Probabilmente l’obiettore tipo non
sarà identificabile né con il giovane imboscato, che non ha voglia di fare niente, né con il
giovane spinto da forti motivazioni politiche, quanto invece
con colui che sceglie di impiegare 12 mesi (o qualcosa di più)
in un modo più utile e gratificante che non svolgendo il servizio
militare.
Inoltre un’altra considerazione, legata alla sentenza della
Corte Costituzionale, riguarda la
difficoltà che ci sarà nel futuro
nel programmare e nello svolgere un servizio civile incisivo sulla realtà sociale in cui si opera.
Ciò imporrà agli enti un ripensamento delle attività affidate
agli obiettori, un ripensamento
che dovrà a mio parere tenere
conto di due indicazioni; a) non
è più pensabile l’affidare all’obiettore una molteplicità di
mansioni, ma bisognerà concentrare l’attenzione su un unico
e coerente progetto di lavoro; b)
il rapporto, in termini di tempo,
fra servizio civile e obiezione di
coscienza dovrà squilibrarsi a
favore dell’obiezione di coscienza, il cui significato sostanziale
di rifiuto del modo attuale di
difendere il paese dovrà essere
sempre più chiaro.
Quale può essere il ruolo della LOC (lega obiettori di coscien
za) e degli enti convenzionati in una situazione come quella sopra delineata?
La LOC non può permettersi di bruciare le enormi potenzialità che la sentenza dell’Alta
Corte sta liberando.
Un motivo ricorrente del Congresso nazionale di Pisa è stato l’importanza attribuita alla
formazione degli obiettori di coscienza come momento fondamentale di qualificazione del
servizio civile.
La LOC dovrà farsi promotrice, insieme agli enti convenzionati, di corsi di formazione
aH’obiezione di coscienza, alla
nonviolenza e alla difesa popolare nonviolenta. Questi momenti di formazione non dovranno
essere limitati allo spazio temporale, eventualmente previsto
dalla futura legge sull’obiezione
di coscienza, ma dovranno costituire un elemento costante del
servizio civile per tutta la sua
durata. La LOC dovrà cioè fare in modo che siano garantiti
all’obiettore dei momenti di autogestione della formazione durante i quali approfondire lo
studio e l’esperienza della nonviolenza, della difesa e della protezione civile.
Siamo di fronte a una nuova e
più impegnativa sfida rispetto
alla quale dovranno misurarsi
anche gli enti che si dichiarano
favorevoli all’obiezione di coscienza, e solo se sapremo vincerla si potrà parlare nel futuro di un servizio civile qualificato e sperare in un movimento incisivo a livello politico.
Giuseppe Pinto
l’atmosfera ».
Se non si rallenta questo ritmo, fra soli 40 anni avremo un
disboscamento completo.
Alberi e piante
In Italia si producono ogni
anno più di 5 milioni di tonnellate di pasta per carta e cartone.
A seconda della qualità di carta, si abbatte un albero per ogni
170/260 kg. di carta o cartone
(ogni tronco = circa 450-500kg.).
Infatti, ci vogliono circa 2.400
kg. di legno (pari a 5,3 tronclii
di media grandezza) in caso di
carta di prima qualità, e circa
1.700 kg. di legno (pari a 3,8
tronchi) in caso di carta di qualità inferiore, per ogni 1.000 kg.
di carta (1 tonnellata).
Inoltre, per ogni tonnellata di
carta prodotta, occorrono dai
4.750 ai 7.600 chilowattora di
energia elettrica.
Infine, vengono consumate enormi quantità di acque; dai
280 ai 440 mila litri (280.000/
440.000).
Ben diversi sono i consumi
per la carta riciclata;
— non si abbatte alcun albero;
— per ogni tonnellata di carta,
vengono consumati 2.750
Kwh di energia;
— per ogni tonnellata di carta
riciclata, vengono consumati meno di 1.800 litri di acqua.
In Italia, annualmente, buttiamo 16/18 milioni di tonnellate
di rifiuti solidi urbani, di cui il
22% consiste in carta e cartone (circa 3 milioni e mezzo/
4 milioni di tonnellate).
Mentre in altri paesi la percentuale del recupero della carta è arrivata a livelli alti (Olanda 44%, Germania 33%, ecc.),
in Italia la percentuale è ancora
molto bassa.
Se si riuscisse a riciclare almeno il 20% di carta usata (circa un milione di tonnellate), si
potrebbero ottenere molti vantaggi, tra cui;
— salvare 4/5 milioni di alberi;
— risparmiare da 2 a 5 miliardi di Kwh;
— risparmiare da 280 a 440
miliardi di litri d’acqua, ogni anno.
Rifiuti
Nel mondo, viene gettato
annualmente un miliardo di tonnellate di rifiuti industriali, tra
cui molti tossici (cadmio, arsenico, ecc.).
In più, le scorie radioattive
delle centrali nucleari, con la loro temibile pericolosità per molti anni (alcuni elementi per 25
mila anni!), con i loro 10 milioni di trasporti annui a livello
mondiale e le carenti leggi sia
nazionali che internazionali sulTargomento.
Solo in Europa (inclusa l’Unione Sovietica) si scaricano nell’atmosfera annualmente 65/80
milioni di tonnellate di anidride solforosa, provocante inquinamento diffuso e — insieme
all’acido nitrico — il triste e famoso fenomeno della pioggia acida.
La causa principale dell’anidride solforosa sono le centrali a carbone (50%), poi vengono talune industrie chimiche
(30%) e anche gli impianti di
riscaldamento e gli scarichi degli autoveicoli.
Entrambi gli acidi uccidono le
cellule vegetali, facendo invec
chiare più rapidamente gli alberi, che perdono le foglie, si
indeboliscono nei rami e nel
tronco; provocano stragi di pe
sci; attaccano la pietra, il cemento e i metalli distruggendo
abitazioni e monumenti.