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Anso Vili - N. 6.
n SERIE
31 Maezo 1859.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Seguendo la verità nella caritEi. — Efes. VI. 15,
PREZZO DI ASSOCIAZIONE > LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £. 3 OO S In Toeiko all’Ufflzio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 ; Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per r Inghilterra, id................... „ 6 60 J Nelle Peoti.n-ci* per mezzo di francobolli po
Per la Germania id..................... 5 50 i staZi, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno, s rettore della Buona Novella.
AU'estero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalia libreria C. Meyrueis, rue Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMABIO
L’Italia religiosa, ijapresaiom e giudizj d’un sacerdote cattolico romano. — Meditazione biblica: che
c’è di nuovo? — La Volgata. — Cronaca della quindicina. — Notìzie compendiate. — Annunzi.
..L’ITALIA RELIGIOSA
IMPRESSIONI E GIUDIZJ D UN SACERDOTE CATTOLICO ROMANO
Fra le pubblicazioni in senso diverso, cui ha dato luogo,
da alcuni mesi a questa parte, la quistiom italiaìia, meritevole di speciale considerazione è parsa a molti la pregevole
opera intitolata: Y Italie politique et religieme, dettata da
un prete francese, l’abbate G. E. Miclion. Acutezza, lealtà,
schiettezza rara, sovratutto in un prete chiamato a ragionare
delle cose della sede romana a cui si dichiara attaccatissimo,
una moderazione esemplare non disgiunta dalle aspirazioni
liberali più sincere, e per sopi-appiù una intelligenza delle
cose italiane, cui non fa punto velo il grande affetto ch’ei
porta alla nostra causa, tali sono alcune fra le doti principali
che spiccano in questo libro, e lo fanno guida preziosissima a
chiunque brami d’internarsi alquanto addentro nelle nostre faccende, e farsi una vera idea della questione oltre
modo intrecciata, che è diventata, con ragione, la gran qui-
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stione del giomo, ed una quistione che non si può ormai ne
sottintendere nè posporre, ma alla quale è necessario venga
dato pronto e decisivo scioglimento. Vietandoci l’indole del
nostro foglio di occuparci della parte di quell’opera che si
riferisce alla pohtica, quella soltanto che è consecrata alla
religione faremo oggetto della nostra considerazione, avvertendo di nuovo, che l’uomo, i giudizj del quale stiamo per trascfivere, non è nè uno scettico, nè un’empio, neanco un
protestante ostile alla chiesa romana, e come tale disposto
a sorprenderla in fallo o acerbamente rimproverarle le sue
pecche, ma un prete, che dice messa, che viene annoverato
fra i più distinti predicatori della chiesa cattolica-francese,
che si dichiara figlio ossequioso e riverente della romana
sede e del suo pontefice, del quale in tutto il corso dell’opera non gli accade mai di parlare che ne’ termini del rispetto più profondo, di uno scrittore infine, che fa omaggio del suo scritto ad un porporato romano, il cardinale
di S. Andrea. Vediamo adunque, come da un uomo tale
venga la fisionomia religiosa della nostra patria delineata.
La prima volta che nel suo libro egli ci mette in disparte
delle sue impressioni religiose, si è al suo arrivo a Lucca.
« Io trovavo spesso, lungo la strada, iscrizioni dettate dal clero, ad uso del
popolo, sia appiè delle croci, sia sulla facciata delle cappelle, e con rincrescimento costatavo, che nissuna tra quelle si riferiva ai grandi pensieri del
Cristianesimo. Quasi tutte raccomandavano atti esterni di religione; pochissime ricordavano la pm-a ed elevata sostanza dell’Evangelo. In ogni paese,
ma sovratutto in Italia, il popolo è assuefatto a non vedere della religione
che le forme, e a persuadersi che, osservate queste egli ha adempiuto i
suoi obblighi. Una tale disposizione deplorabile non andrebbe secondata, e
mezzo potente di reazione contro la medesima sarebbe il ricordare di continuo,
sì nei discorsi che nelle iscrizioni dei monumenti, che vengono poste sott’occhio al popolo, la grandezza d’una religione che ci mostra Iddio leggendo
ad ogni ora nel cuore dell’uomo. Dms aidem intuetur cor. Dovrò rimproverare al clero italiano che da tanti secoli sta in^astando le generazioni a
suo talento, di non essere riuscito che ad un formalismo di nissun valore, e
che, al primo giorno, lascierà che crolli la fede, a guisa d’un edificio logoro,
quando vengono meno i sostegni destinati a sorreggerlo. I fatti confermano
nel modo più tristo questi miei pensieri. Senza parlare del pudore facile
che tira la tendina sopra la Madonna, e non bada che Iddio vede, il bandito
che va a fermarvi sulla strada publica, si crederebbe dannato, qualora non
si segnasse passando davanti ad una croce. v> p, 47.
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Le impressioni dell’autore giungendo a Civita-Vecchia
e prima di riprendere il viaggio alla volta di Napoli, non
furono nè più liete, nè più consolanti.
« Le prime parole, egli dice, che mi toono dette da un’uomo grave, i di
cui capelli canuti nascondevano l’ardente patriottismo, suonarono triste
al mio orecchio. Quando gli parlai di religione, egli quasi m’interruppe: « la
religione, signore, ei mi disse, non esiste più. Ella non ne vedrà da noi che
l’apparenza. Di giomo in giorno essa veniva meno; oggi si forzano di tutt’uomo di ucciderla affatto.
— Voi mi fate stupire, io soggiunsi. E come può la religione cadere, in
questo modo, nel centro stesso della cattolicità ?
— Sono i preti, signore, che la perdono! Li meno di dieci anni, se vi saremo ancora, ella me ne darà delle notizie, tanto il male si affretta. » p. 7.3.
Le sue riflessioni a petto della tomba di Gregorio VII,nella
chiesa cattedrale di Salerno, degne sono di con.siderazione.
Dopo aver, con molto stento, ottenuto dal sacrista di essere
condotto verso quella tomba alla quale pareva che desse il
dabben’uormo pochissima importanza, molto minor importanza che a parecchie reliquie giudicate dal sig. Michon
perfettamente false,
« Eccomi, egli dice, davanti alla fredda polvere di quel grand'uomo, che
sì fortemente commosse il mondo ! La Chiesa ne ha fatto un santo, ed ha
avuto ragione, poiché egli si compiacque nella di lei gloria, e volle che i
potenti della terra, l’orgoglio dei quali era irrefrenabile, s’inchinassero ad
essa davanti. Senza dubbio egli andò errato, col voler attribuito al papato
il doppio potere sul mondo temporale e sullo spmtuale. Questa strana confusione... fu la cagiono fatale della decadenza di questo. Ei sarebbe stato per la
verità, che procede da Dio e che è imperitura, un funesto antecedente,
qualora avesse potuto un’errore operare un bene. Non così ha Iddio costituita le opere potenti emanate dal suo volere. Un’usurpazione .del potere
temporale, anche sotto l'apparenza della legittima difesa della república
cristiana contro l’insolenza dei suoi tiranni, ad onta della popolarità che si
godeva neU’età di mezzo, non poteva riuscire propizia al papato. Era questo
un’atto di scaltrezza politica; era, se .si vuole, il liberalismo dell’epoca riparando sotto il potente usbergo del solo pensiero che valesse a soggiogare la
forza, ma non era la gran politica dell'Evangelo : « il mio regno non è di
questo mondo. » E quando questo regno eifettuerassi visibilmente sulla
terra, la spada che uccide, non avrà bisogno di essere piegata sotto la teocrazia: da secoli essa sarà stata rosa dalla ruggine, nella guaina...... Io rimasi che il culto di Gregorio VII fosse così poco popolare a Salerno. L’umile martire decapitato sopra il fusto di una colonna di inanno, vi è l’og-
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getto di una commovente venerazione. In quello stesso giorno erasi trovata
una pia donna la quale avea ornato di fiori il ceppo macchiato di sangue.
Lampade mantenute dai fedeli ardevano giorno e notte, sulla tomba del
S. Apostolo (S. Matteo di cui si venera U corpo nella cattedrale). Nulla di
simile scorgevasi sulla tomba del fondatore del dominio assoluto dei papi. Ad
ogni ora del giorno, facevansi voti e preghiere nell’oscura critta, e nissuno
che venisse ad inginocchiarsi, nella chiesa stessa, davanti all’altare di Gregorio VII. » p. 98, 99.
Ecco ora il giudizio che porta il nostro autore sulle persone e sulle cose attenenti alla religione, nel regno delle
Due-Sicilie :
« n Clero di Napoli ha una tenuta irreprensibile. Ho saputo che il
Clero supcriore non da appiglio, inquanto a condotta morale. Non così del
Clero inferiore. Quello delle campagne appartate dal regno vive con una
libertà (sans-géne) estrema. Farebbe bene Gregorio VII a ridestarsi dalla
tomba, per riprendere l’opera sua contro coloro che disonorano il santuario.
Disgraziatamente il clero è poco istruito. Con nature così intelligenti,
ogni anno don-ebbero uscire dalle file del clero uomini che occupassero un
posto onorevole in tutti i rami della letteratura e della scienza. La stessa
Napoli non annovera predicatori di qualche grido... Mi fu nominato il più
famoso... il P. Domenico Scotti Pagliara.....Mi recai a senth-lo... la sua
predicazione era appena al disopra del medioere..... Ogni sera, nel mese
mariano, udiva, in varie chiese, gli oratori popolari. Confesso che una tal
predicazione è del tutto impotente a vivificare le anime. Essa consiste in
un’impeto fittizio, quasi febbrile, in un misticismo senza serie applicazioni,
in molte esclamazioni, in quel patetico di convenzione che non ha effetto
che sull’orecchio e lascia freddo il cuore, in una mimica teatrale e una povertà d’idee impossibile a dirsi, p. 110, 111.
Vuole il lettore sapere qual giudizio faccia l’abbate Michon di quel tempio primario del mondo cattolico, che è
S. Pietro di Roma ? — eccolo :
« Io non conosco in tutto l’orbe cristiano un monumento meno di questo
religioso____ Con profondo rammarico ho costatato, che non v’ha chiesa in
cui si venga meno a pregare che in S. Pietro di Roma. Si direbbe che il
Cattolicismo non ne vuole più sapere e l’abbandona agl’inglesi che vi passeggiano e vi mangiano come iu casa propria, agli artisti e forestieri d’ogni
razza che ne percorrono l’immensità. »
« La tomba di S. Pietro è di tutte le tombe di santi quella suUa quale
non scorgete mai fedeli che vi vengano a pregare. Io fui umiliato, per questa
nobile fisionomia, per questa grande aiiima alla quale il Cristo disse : « Simon, m’ami-tu più che costoro ? » nel vedere l’mnil sua sepoltura confusa
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con molte altre nella critta inferiore. E la guida ve la mostra in atto di
persona convinta che innanzi ad essa non avrete da spendere che una misura ordinaria di curiosità... » p. 143 e seg.
Le numerose reliquie di Roma papale non occupano che
poco spazio nelle rimembranze del nostro viaggiatore ; ma
quel poco stesso ch’egli ne scrive, mostra la niuna fede
ch’egli pone nella loro autenticità. Parlando del chiostro
‘ di S. Giovanni in Laterano, egli così si esprime :
« Colà sonvi da costatare le più singolari aberrazioni in fatto d’arte e di
tradizioni religiose, che sia possibile d'imaginare. È quel chiostro un museo
di monumenti del medio evo, di cui la visita riuscirebbe curiosissima, senza
che l’uomo illuminato ne provasse sensi penosi, se un cartellone a caratteri cubitali prevenisse i visitatori, che la maggior parte dei monumenti
ch’ei racchiude sono apocrifi. » p. 153.
Di già parlando della crita della cattedrale di Salerno,
e di un pezzo di colonna che dovea aver servito di ceppo
por la decapitazione di un martire, egli avea scritto :
« Disgraziatamente, il prete venne a dirmi che scorgeasi ancora nel
marmo il taglio profondo della scure che avea mozzo il capo al martire.
Guardai. Era il buco di suggellamento che univa quel pezzo agli altri
della colonna. » p. 97.
Ma la sua poca fede, come alla maggior parte delle reliquie, così ai miracoli più clamorosi, appare più evidente ancora dal modo in cui egli parla del miracolo di S. Gennaro.
« Fin che le ampolle del reliquario di S. Gennaro, non saranno state
depositate nelle mani di chimici, i quali dichiarino chc non contengono nè
bianco di balena colorito, nè mescolanza d’ingredienti, ma veramente del
sangue umano, e ciò dopo aver prima verificato lo stato di dissccazione e
la liquefazione, senza che le ampolle sieno passate in altre mani, non bisogna sperare che il secolo nostro presti la menoma fede a quel miracolo.
Il clero napoletano sarebbe egli disposto a sottoporsi ad una tal prova, che
sarebbe pure semplice e del tutto concludente? Si può dubitarne. Convien
però riconoscere che quel clero non pare che dia, al giorno d’oggi, molta
solennità a quella esibizione. È probabile chc la parte illumintita di esso
vedrebbe con piacere il giorno in cui, senza inasprire troppo il popolaccio,
si potrebbe confinare le ampolle di S. Gennaro, colle ampolle contenenti il
preteso latte della Vergine. Forse non è lontano un tal giorno: in questo
secolo, si cammina così presto... Agli occhi di chi pensa fatti come questo
hanno un significato importante. Essi dipingono lo stato delle menti. Evidentemente esiste ima lotta: l'umanità è in uno stato di crisi. Acconsentirà
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ella ad indietreggiare verso quell’età in cui era tenuta sotto tutela dalla
ierarchia, ed ove la si conduceva abbagliandola? — Certo cbe no. Si
abusano grandemente, così in Italia come in Francia e nell’Europa tutta,
coloro che non vogliono accorgersi, che quel sistema, per sè stesso poco
degno e poco onorevole, non è men logoro delle baratterìe pagane ai tempi
di Orazio. » p. 109.
Lo stato religioso della Toscana viene nel seguente modo
apprezzato dal nostro autore :
« Il clero conta pochissimi uomini eminenti. Gran parte d'esso attigue i
suoi principj religiosi e politici nella Civiltà Cattolica e xiaWUnivers......
Le conseguenze degli avvenimenti politici si sono fatte sentire nella religione. Le classi colte han visto con rammarico il clero farsi stromento aUa
reazione. Egli trovasi compreso nell’odio che portasi al partito dei neri.....
E da temersi che quest’errore venga, come altrove è accaduto, caramente
espiato... Il basso ceto si mantiene sempre fedele osservatore deUe forme
esterne del culto. La classe media è indifferente. Il razionalismo la corrode,
come ovunque. Lo stesso dicasi della nobiltà, meno alcune famiglie che
fanno chiasso, spendono molto danaro e si mostrano. Il protestantesimo non
ha potuto allignare a Firenze. Per cambiar religione è necessario di credere
a quella che si accetta; e quando si crede poco, si seguita machinalmente la
religione buona o cattiva in cui si è nati... Le chiese sono convegni festivi.
Vi si guarda; vi si prega poco... Si può assserire che in questo paese,come
nel centro dell’Italia, la religione nell’atto stesso che conserva il suo dominio esteriore, ha perso immensamente del suo influsso sugli animi, E se
aspetta il paese la sua politica indipendenza, aspetta con più impazienza la
religione contristata il rinnovamento delle credenze, » p. 197.
Il sig. Michon dice del papa che trovavasi a Bologna
quando egli stesso vi giunse :
« Egli era in carrozza, scortato da carabinieri a cavallo. L’umile successore di Pietro circondato dai suoi gendarmi, mi facea un’effetto singolare...
Gli tenni dietro col popolo accorso nelle vie.....La folla era silenziosa, e
nulla lasciava trasparire dei suoi sentimenti... Il santo Padre nell’atto di
risalire in carrozza, con un segno, diede la benedizione. Non vi fu che
un viva Pio IX ! profferito a poca distanza dal luogo ove ero, e che non
sentii neanche. » p. 198, 299.
Disgraziatamente per noi, e per i nostri lettori, l’abbate
Michon non ci ha partecipato quasi nulla delle sue impressioni sul Piemonte religioso. Ma il silenzio ch’ei serba in
proposito ci pare più eloquente delle molte parole, a fronte
sopratutto della calda ed affettuosa simpatìa ch’ei non perde
occasione di testimoniare per il Piemonte politico. L’egregio
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viaggiatore tace, probabilmente perchè quanto egli ha detto
6u tal riguardo di altre provincie itiiliane è più che bastante
a farci noto il suo pensiero sopra questo aspetto importantissimo della nostra vita come nazione.
Ora, noi domandiamo, il quadro che ci è stato finquì abbozzato, da mano evidentemente amica, rassomiglia egli
quello che tuttodì ci fanno delle condizioni religiose d’Italia,
e dell’Italia meridionale segiiatamente, YArmon ia e consorti ? E quale spettacolo sovra ogni dire spaventevole non ci
sarebbe offerto, .se come in altri paesi, tutto quello che vi
ha d’incredulità nei cuori avesse campo di manifestarsi ? IC
molto tempo che pensiamo — ed ogni giorno ci conferma
in quell’opinione — che non v’ha forse paese nella cristianità
in cui vi sieno, ad un tempo, e più apparenze religiose e
assenza più totale di vera religione che in Italia, e ciò,
grazie alla compressione religiosa che, per opera del clero
sorretto dal poter civile, ,si è da secoli e secoli esercitata
sulle coscienze. L’incredulità repressa diilla foi-za materiale
anziché esser vinta, acquista nuove e più spaventevoli
proporzioni. Questa verità che parecchi fra noi cominciano
a travedere, fra non molto, e per opera dei fatti che stanno
per compiersi, sarà diventata assioma irrefragabile.
MEDITAZIONE BIBLICA
CHE O'È DI NUOVO?
“ Il Signore ha creato una cosa nuova nella terra ”
Ger. XXXI, 22,
Cìie c’è di nuovo? Ecco in qual modo si assalgono oggidì gli uomini delle
città e delle campagne, nella vaga aspettazione dell’avvenire, e quando riportano ai loro amici qualche notizia inattesa ed insolita, pensano aver fatto
buona caccia, e sono beati di poter interrompere la monotonìa dell’esistenza per una novità, e di condire d'alcuni grani piccanti di sale il pane
insipido della vita quotidiana. Oggi è la guerra ohe fa rimbombare all’orrizzonte i lontani rumori delle sue folgori ; domani è la pace, colle sue speranze
di felicità e di prosperità: talora son la rivoluzioni, tal'altra le reazioni, le
vittorie, le sconfitte, ed ogni volta gli uomini, sperando dairavvenire ciò’
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che il presente rifiuta loro, coU'occhio fisso verso il nuovo sole che si leva,
coH’orecchio al vento, si chiedono l’un l’altro —che c’è di nuovo? — E poi
dopo avere lungo tempo aspettato, lungo tempo sperato, scoprono alla fine
che il carro della felicità non avanzò d’unpasso,e che la di lui ruota,fissa ad un
punto immobile, gira eternamente sovra sè stessa. Allora, queglino lasciano
a coloro che non hanno ancora fatta la scoperta il piacere di chiedere
sempre, — che c’è di nuovo ? — Si burlano della illusione che non dividono
più con loro, c dicono coll’Ecclesiastei «Ewi cosa alcima, della quale altri
« possa dire, vedi questo, egli è nuovo? già è stato nei secoli, che sono stati
« avanti noi. Il vento trae verso il mezzodì, e poi gira verso il settentrione;
« egli va sempre girando, e ritorna a’ suoi giri. Tutti i fiumi corrono nel
« mare, ed il mare non s’cmpie: i fiumi ritornano sempre a correre al
« luogo dove sogliono correre. Quello che è stato, è lo stesso che sarà: e
« quello che 6 stato fatto, è lo stesso che si farà. »
Così il mondo è in un perpetuo travaglio di parto, gravido d’avvenire,
promettendo sempre U desiderato rinnovamento, ed in ultima analisi è simile ai venti, ai fiumi ed al sole che ritornano in una inflessibile orbita. B
tuttavia l’uomo rimane là colla sua domanda, e chiede ancora, — che c’è di
nuovo? — C’è che lo stato in cui giace non può soddisfarlo; si sente che in
lui e fuori di lui tutto invecchia e passa, e per una dolorosa esperienza impara ohe ogni frutto rinchiude un verme, ogni speranza terrestre una illusione, ogni prato verdeggiante un serpente, e la più fresca giovinezza un
germe di morte, e senza potere appieno rendersene conto, prova ¡nel fondo
del cuore il disgusto o la paura della vecchia morte, del vecchio peccato,
della sua vecchia miseria, e ad onta di tutti i disiaganni egli chiede ancora
con angoscia,—chi mi fa vedere qualche cosa di nuovo?—Ma Jobbe ha già
detto nei secoli passati: «chi trarrà il puro dall’impuro? nessuno:» chi
trarrà il nuovo dal vecchio, e la vita dalla morte, ed il rialzamento dal seno
della miseria ? nessuno. 0 uomini agitati ed inquieti, che aspettate senza
posa l’indomani ciò che la vigilia vi prometteva e che il giorno presente vi
nega, voi che, simili a Prometeo suUa rupe, vedete sempre rinascere il
tormento che vi divora e il cuore che ha sete di vita, di forza, di speranza,
cessate adunque dal cercare sotto il sole qualche cosa di nuovo; è da più
alto che dee venire il soccorso, è da lui soltanto ohe ha creato il vecchio
che può venire il nuovo, da Lui del quale è detto ; « Tu fondasti già la terra;
« ed i cieli son l’opera delle tue mani : Queste cose periranno, ma tu dimo« rerai : ed esse invecchieranno tutte come un vestimento ; tu le muterai
« come una vesta, e trapasseranno » (Salmo cii). Quegli solo che non ha
nè passato nè avvenire e ch’è il Re dei secoli; quegli solo può, nel tempo,
far cose nuove : aspettare d’altra parte checchessia di nuovo, è condannarsi
in anticipazione a ripetere una volta di più l’adagio del savio — non v’ha
nulla di nuovo sotto il sole. —
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E voi, Cristiani, che sapete esservi alcun che di nuovo, di eternamente nuovo, che non invecchia mai e ringiovanisce sempre, non andate cercando altrove il rinnovamento. Salutate le speranze di libertà che s’aprono per la patria, andate a combattere, se Iddio vi chiama, sotto le bandiere dell’indipendenza, ma levate in alto le vostre teste ; sappiate che il giorno della vostra
liberazione s’awicina, ma che non può venire se non da Dio, e che bisogna
chiederglielo con raddoppiamento d’ardore ; quindi, penetrati di questa
gloriosa speranza, sapendo che siamo appellati ad essere il sai della terra,
andate a dire al mondo, ai vostri vicini, ai vostri compagni d’armi, ai vostri parenti, aU’uomo qualunque sia, ch’havvi ancora alcuna cosa di nuovo
sotto il sole, una creazione tutta novella, un mutamento che non è mica un
nuovo giro della ruota della felicità sopra il suo perno' immobile, ed è « che
4 Dio ha tanto amato il mondo, ch’egli ha dato il suo unigenito Figliuolo,
« acciocché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Giov.
ni, 16). Andate, questa novella fa di voi il sai della terra; andate, quelli
che l’udranno in fondo al cuore non vi accuseranno di averli ingannati per
false speranze: un cantico nuovo uscirà dalla lor bocca; canteranno con voi
a Colui che ci ha liberati dalla morte; « Tu sci degno di ricevere il libro...
« perciocché tu sei stato ucciso e e col tuo sangue ci hai comperati a Dio,
« d’ogni tribù, c lingua, e popolo, e nazione, e ci hai fatti re e sacerdoti,
« all’iddio nostro. » (Apoc. v, 9). G. A.
LA VOLGATA
Il seguente cenno storico su quella versione, famosa sovratutto per essere
stata dalla Chiesa romana dichiarata infallibile, togliamo dall’opera intitolata Rome et la Bible, della quale parleremo in disteso fra poco, e che è
dovuta alla penna elegante e feconda del sig. Bunyener di Ginevra:
La Volgata è un composto di due versioni, una del quinto secolo, opera
di Girolamo, l’altra più antica, conosciuta sotto l’appellazione d’Italica.
Fino al 16° secolo, non era stata da nissun decreto consecrata; la Chiesa si
limitava a servirsene. Fu il Tridentino concilio, il quale, nel momento stesso
che il risorgere degli studj vi facea scoprire imperfezioni di ogni genere,
pensò a farla finita con ogni ulteriore richiamo, ufiizialmente addottandola.
« Il Concilio intende e vuole che, sì nelle lezioni, che nelle discussioni,
« predicazioni e pubbliche spiegazioni, sia quest’antica versione avuta come
« autentica, e che nissuno , sotto qualsiasi pretesto, ardisca o pretenda
« rigettarla » Queste sono parole del decreto.
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Quella versione che si dichiarava autentica, e che si vietava di rigettare,
non si poteva neanco dire con precisione dove si trovasse, essendo le
edizioni della medesima assai diverse. Si promise adunque un’edizione la
quale determinerebbe il testo ; una commissione ebbe l'incarico dì determinarlo non solo, ma di accuratamente confrontarlo cogli originali. Misura
molto savia, ma che faceva vieppiù risaltare la stranezza del decreto. Infatti,
si era incominciato col dichiarare la Volgata autentica, o quello che tornava
allo stesso, infallibile — ed ora si poneva mano ad emendarla.
La Conunissione nulla fece. Verso la fine del Concilio, Pio IV ne nominò
un’altra, ma a Roma. Pio V la rinnova, e ad onta di ciò, dodici anni dopo,
salendo al trono pontificio Sisto-Quinto, l’opera era comminciata appena.
Sisto-Quinto vi pone ogni studio e, nel 1589, annunzia, per mezzo di una
bolla, il lavoro essere vicino al suo termine. La nuova Volgata stampasi sotto
ai suoi occhi; egli stesso ne rivede le bozze. L’opera è data alla luce; im« possibile, dice un dotto cattolico, Hug, che quel lavoro non somminitrasse
« materia alla critica ed al dileggio. Furon trovati, sovratutto nell’ Antico
« Testamento, passi in gran numero, ricoperti con strisele di carta, sulle
« quali erano state stampate delle correzioni; altri erano cancellati, o sem« plicemente corretti a penna. Per finire, ne mancava di molto, che tutte le
« copie offrissero le stesse correzioni.
Era lavoro quindi da rifarsi. Il successore di Sisto-Quinto, Gregorio
XIV, si pose di beinuovo all’opera. Dopo di lui, Clemente VIII pubblica,
finalmente, nel 1592, il testo che più non dovea mutare, e cho, infatti, non
si mutò più.
Quale è il valore di questo testo ?— Già confessava il cardinale Bellarmino
nella prefazione, che i revisori eransi afifrettati, che alcuni passi avrebbero
potuto nuovamente rivedersi; oggidì è facil cosa aU’erudizione anche la più
elementare, il rilevare a centinaja, specialmente neU’Antico-Testamento,
gli errori della Volgata. Nel Testamento-Nuovo, ovunque il testo offriva
qualche difficoltà, la Volgata non può realmente più considerarsi come una
traduzione: sono parole latine soprapposte alle parole greche; e formando
una frase qualunque ; egli è evidente che, in tali casi, si è cercato a non impegnare la risponsabiUtà della Chiesa, o che fu deUborato proposito, il non
adottare senso veruno. Finalmente, in molti luoghi, ove chiarissimo era ü
senso, ma pericoloso per la chiesa romana, si è cercato ad oscurarlo od a
sviarlo ; in altri, sonsi introdotte parole atte questa o quella idea romana a
secondare. « H sig. Bungener nota alcuni esempj di queste falsificazioni
diverse, quindi egli soggiunge :
« Tutto questo, un cattolico è condannato a non vederlo, o, se lo vedo,
a negarlo, vietandogli il Tridentino concilio di rigettare la Volgata sotto
qualunque siasi pretesto, e conseguentemente anche quando la scorgerà
essere nel falso. Ecco dove va a riuscire il sistema dell’infallibilità. Ciò che
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la romana chiesa ha una fiata determinato, essa deve, a pena di rinnegare
ae stessa, mautenerlo per sempre, e voi dovete, a pena di dichiararla fallibile,
rimanerle sottoposti, perfino in quelle cose in cui essa errò nel modo più
manifesto ».
CRONACA DELLA QUINDICINA
I fogli clericali, e sopratutto lo spirito dei dignitaij della chiesa Romana,
essendo tutto rivolto all’acquisto e conservazione del dominio temporale,
presentarono scarsi avvenimenti in questa quindicina da poter esser registrati nella nostra cronaca religiosa. Ma volgendo però attento lo sguardo
alle loro mene politiche, o semi-religiose, vi troveremo d’ammirare e compassionare ad un tempo il pervertimento della chiesa di Cristo, riducendo
la religione sgabello principale per salire al dominio dei popoli. È nota ormai a tutto il mondo la querela dei popoli Italici contro la dominazione
austriaca in Italia; e come l’imperatore Francesco Giuseppe si volse al Papa
ed ai vescovi per ottenere valido appoggio al suo potere. A tal fine formò un
concordato col Papa, e ressegnò all’ambizione vescovile del suo impero parte
di quel potere secolare, che i suoi antenati avevano a forza strappato dalle
mani del clero. Nè s’ingannò nel suo proposito. Fattasi più viva la questione
fra l’iinpero Austriaco, ed il Piemonte, e movendosi le truppe per affrontarsi in guerra, i vescovi di Germania diressero pastorali ai parrochi esortandoli ad eccitare lo spirito guerriero dei popoli, e fargli correr di buon
grado all’esterminio dei Piemontesi. L’Arcivescovo d’AoBAM, capitale della
Croazia Austriaca, si distinse specialmente fra tutti, e con discorsi e pastorali, egli scagliò lo più indegne invettive contro il Piemonte, e contro il suo
re Vittorio Emanuele ii; e parlando della guerra disse che « lo scricciolo
(il Piemonte) voleva opporsi al volo dell’Acquila; ma la nemesi non tarderà a colpirlo, come colpi il suo re Carlo Alberto, che fece una guerra ingiusta, criminosa al suo migliore vicino ». Quasi consimile fu la condotta del
vescovo di Bergamo, sebbene si trattasse di popoli italiani conculcati dallo
straniero, ed animò i giovani a correr volenterosi alla distruzione del Piemonte. In tal modo la religione di pace e di carità, servì di stimolo ai suoi
falsi seguaci per animare i popoli al sangue.
In Roma da che il Gesuitismo in Francia proclamò, che il Papa non poteva conservare la sua dignità senza un principato, tutte le cure papali rivolte furono a formar note e contro note ai due imperatori di Francia e di
Germania, ora dimandando lo sgombro delle loro truppe dagli stati romani,
ora richiedendone una dilaziono; e fingendo la navicella di Pietro in gran toni-
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pesta, si ordinarono pubbliche preci, perchè il Dio degli eserciti si degni
di non farla affondare ; mentre poi coll’opera di cardinali e monsignori si
tentano le tortuose vie deU’umana politica, onde nulla si rinnovi neU’amministrazione e nel governo del regno del Papa. — E perchè a tante ambagi
del secolo siavi pure qualche opera religiosa frammista, ed annebbiare così
gli occhi ai loro creduli settarj, si pubblicò la santificazione del Beato Giuseppe Labbre. Era questi un francese, che passò la sua vita peregi'inando,
col fare frequenti viaggi a Eoma. Privo d’ogni mezzo di fortuna e d’industria correva elemosinando sì i piani che i monti d’Italia, e preconizzava ai
popoli al di qua delle Alpi i moti francesi, che si preparavano poco prima
dell’89, moti che minacciavano l’esterminio dei Papi e dei Re. Egli Imido
e cencioso, rigettava il danaro contentandosi del vitto che giornaliero gli
necessitava. Fin dal 1821 principiossi in Roma a trattare della sua santificazione. Si fecero collette in proposito, e si aprirono sottoscrizioni. Ma il
danaro essendo scarso, dicevano non potersi il beato Labbre santificare, perchè mancavano prove che avesse annualmente sodisfatto al precetto pasquale. Tolta però la prima dfficoltà di mezzo, per quanto pare venne meno
anche la seconda, e Labbre fu posto sugli altari alla venerazione dei popoli.
H Clero poi del Piemonte e questo specialmente della Diocesi di Torino
occupossi d’una festa religiosa detta della sant'infamia. Questa nuova istituzione, patrocinata specialmente dai frati ignorantelli, che hanno nelle
mani l’istruzione primaria del popolo, consiste nel raccogliere danari, per
mezzo della solita contribuzione settimanale d’un soldo per ciascun individuo, onde soccorrere i bambini esposti dai Chinesi sulle strade delle loro
popolose città, e salvarli da morte. Chiunque conosca un poco la geografia,
e sia alquanto infarinato della storia chinese e della loro gelosia verso gli
stranieri, può conoscere da se stesso la difficoltà d’esecuzione d'un’opera così
in apparenza misericordiosa, e ne smetterebbe il pensiero. Ma i Frati di
qualunque denominazione, che si professano antesignani del Gesuitismo,
servono al loro istituto, e non aU’unianità. Se così non fosse hawi di che
far uso di misericordia verso i nostri infanti, e verso gli esposti specialmente, di cui due terzi almeno muojono prima di giungere alla pubertà. Ma
il Clero di questa diocesi, ed i fogli Clericali, di cui sono l’espressione, occupansi di politica a preferenza d’ogni altra cosa, e tagliano a dritto ed a
rovescio, come meglio lor torna, i loro awersarj i liberali. In questo stato solamente tre Diocesi, raccomandarono di concorrere con ispontanee od abbondanti largizioni al mantenimento delle famiglie povero di quei soldati,
che nella recente chiamata delle classi doverono abbandonare le loro case,
e ritornare all’esercito, cioè la diocesi di Luni-Sarzana, di Genova, e di Vercelli. Anzi il vicario generale della prima ne dette l’esempio; ma tutte le
altre furono mute ed inservibili ai mali che ci minacciano. Lo Spirito di
parte occupa quei vescovi più che lo Spirito di pace e carità, di cui s’infonua
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la religione di Gesù Cristo, bramando sopra ogni cosa la congiunzione della
spada col pastorale, e quella solo .anelando. A questo mira pure la Civiltà’
Cattolica, noto giornale gesuita in Roma, e provava non ha guari, che tutte
le riforme, e miglioramenti, che dovevansi o potevansi fare nel governo romano fm'ono.già fotti nel 49, al ritorno del Papa nella sua capitale. Appoggiato a tal pretesto dicesi, che il Papa ricusi d'intervenire nel Congresso, che
sta per aprirsi intorno alla qui.stione Italiana. Ma se le cose si avanzano di
questo passo, ed il bagliore di libertà che si accese in Piemonte non verrà
meno, il pensiero di riformare la Chiesa romana, che stà chiuso nel petto
degli uomini colti e benpensanti, sgorgherà fuori impetuo.so, e i raggiri Clericali nulla varranno per istornare la tempesta che loro sovrasta. Alcuni
giornali per ora timidi ed incerti a questo accennano ncUe loro settimanali
pubblicazioni, come VAmico in Genova, la Stella d’Italia in Torino, e la
Libertà Cattolica in Tortona. E se le sorti del Piemonte non rimanessero
ancora incerte per l'avvicinarsi delle battaglie, forse più altamente sarebbesi
già gridato contro la congiunzione della spada col pastorale, e promossa sarebbesi la necessaria riforma. Il continuo afiFacendarsi dei preti nella tortuosa politica mondana, disgustò gli animi dei buoni, e loro manifestò come
mal si coprisse col velo religioso una smodata ambizione.
Nè solo in Italia spiega la chiesa romana la sua politica attività.
In Lisbona l'introduzione delle Suore della carità francesi furono già
causa di tumulto, ed ora si narra che un prete nelle campagne, andando in
cerca di firme in loro favore perchè siano introdotte e tollerate in quel regno,
venne crudehnente ucciso. Le stesse cause producono sempre gli stessi
effetti, ed il più delle volte l’innocente paga il fio dei peccatori. E se le
suore della carità, animate realmente dal desiderio di far bene al prossimo,
seguissero con rettitudine e zelo il loro istituto secondo la legge evangelica
non secondo le idee intolleranti e settarie del gesuitismo, non sarebbero la
causa prossima, sebbene involontaria, di tali crudeltà.
Anche in Francia lo .spirito settario ed intollerante insinuatosi negli animi
di varj prefetti ed altri pubblici funzionar], questi cercavano di vessare, in
ogni modo, le raunanze evangeliche, che in varie località si formavano, ora
approvandole, ora disperdendole, ed imprigionando talvolta anche gli evangelisti che le guidavano. Tale condotta provocò una disposizione governativa,
in virtù della quale maggiore regolarità da qui innanzi verrà osservata nel
libero esercizio dei culti. Queste nuove disposizioni del governo di Francia
confortano l'animo, e danno luogo a sperare, che la libertà di coscienza rimarrà inconcussa in (|uel vasto impero, e che in conseguenza meglio pure
sarà stabilita fra noi. La Francia ai tempi nostri è duce e maestra di civiltà,
il se una tal legge vedrassi ampliata e meglio confermata nel no.stro Piemonte, l’opera dell'evangelizzazione vi prenderà novello sviluppo; e la chiesa
di Gesù Cristo proseguirà lenta, ma sicura l’opera dell'italiea rigenerazione.
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Gli animi dissetati alla viva sorgente di verità, che è Cristo, riceveranno
nuovo conforto nel cammino della virtù. Nè più si rallegreranno che un
cardinale scriva commedie da rappresentarsi in teatro, come ai tempi dol
Cardinal Bibbiena, o scriva romanzi a divertimento degli oziosi. Se il volgo
inglese può ammirar tutto questo nel cardinale Wiseman, non possono al
certo ammirarlo coloro, ohe persuasi delle verità evangeliche, sanno che un
pastore o dottore nelle raunanze cristiane ha tutt’altro dovere da compiere,
cioè quello dell’istruzione e salute degU uomini. Gli evangelici però piuttoso
che ammirare tali produzioni del tutto mondane, si rallegrano di ciò che si
scrive uA Journal de Franrfort, cioè che nel paese di Baden il protestantismo
ha fatto segnalati progressi in questi ultimi tempi. In appoggio di tale asserto
si citano le conversioni all'evangelo di vari curati cattolici, abbandonando
la chiesa romana. Nuove chiese e raunanze protestanti sono stato formate a
Costanza, Fribourg, Baden ecc. E tali pacifiche conquiste del Vangelo si
debbono all’istruzione sparsa in copia nel popolo,ed ai profondi studi teologici
per parte degli ecclesiastici di quelle contrade. L’Evangelio preceduto da
tal copia di lumi e d’istruzione traversa e passa trionfante sopra tutti gli
ostacoli che gli frapposero le tenebre del medio evo, e che invano vorrebbero
sostenere gli oppositori della civiltà.
NOTIZIE COMPENDIATE
Torino. La vendita che, a suo tempo, annunziammo doversi fare, a prò
della nascente Società delle damigelle evangeliche dì Torino per la protezione dell’infanzia povera, ha avuto luogo, ed ha fruttato la somma di circa
mille franchi.
Casale. Con viva soddisfazione partecipiamo ai nostri fratelli ed amici,
che in seguito alla rappresentanza sporta dagli Evangelici casalesi all’Ill.
sig. Intendente dì quella città, e di cui facea cenno la nostra corrispondenza
(vedi N° 5), le raunanze non vennero più menomanente molestate ; prova
evidente, che nel nostro paese, ogni qual volta stia a cuore dell’autorità il
reprimere i disordini, essa lo può sempre e senza gran fatica.
Genova. La V. Tavola Valdese avendo chiamato alla Direzione della
scuola Normale per i maestri elementari, annessa al Colleggio di Torre, il
sig. Charbonnier, attualmente pastore Valdese in Genova, è stato provvisoriamente destinato a surrogarlo, in tale qualità, il sig. ministro Geymonat,
attualmente professore di Teologia nel Colleggio di Torre, e prima Evan-
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gelista a Genova, ove ha lasciata così cara memoria di sè, che l’annunzio
del suo ritorno in quella città è stato accolto con somma gioja dagli Evangelici genovesi.
— Giorni sono, la Corte d’AppeUo di Genova condannava il rev. Giuseppe
Mannoni, già economo della parocchia di S. Terenzio al mare, a sette anni
di reclusione, come reo convinto di aver alterato i registri parocchiali dei
matrimonii e di morte, allo scopo di far partecipare chi non vi avea diritto
alla successione di una Laura Perfetti, morta intestata.
Tortona. Quello ch’era da prevedersi da più tempo, si è finalmente verificato. La Libertà Cattolica colpita d’interdetto dal Vescovo della Diocesi,
sospende le sue pubblicazioni. Novella prova della libertà che concede ai
suoi membri la Chiesa romana 1
Nizza. H Sig. Pilatte, pastore della Chiesa Valdese in Nizza, ha dato
testé alla luce sotto il titolo di:ie Plymouthisr)ie en Italie, lettre au Omnité
étranger d’Evangélisation à Nice, un breve scritto, di 47 pagine, che certamente non piacerà a tutti, ma non per colpa dell’autore, il quale aUa forza
che sovrabbondantemente gli prestavano i fatti, ha saputo associare una moderazione ed una benivolenza rara in chi, non solo la causa che gli è cara,
ma il proprio individuo si trova nel caso di difendere contro infondati
attacchi.
Inqkilterra. L’arcivescovo di Cantorbcry ha conformato la revoca del
Rev. sig. Poole, queU’ecclesiastico Anglicano di Londra, che avea tentato
d’introduiTe la confessione auricolare nella sua chiesa.
Germania. La colletta testé fatta, in seno alle chiese evangeliche della
Germania, per venire in ajuto ai loro correligionarj dispersi in seno alle popolazioni cattoliche-romane, ha fruttato la cospicua somma di 270,000 f.
Stati-Uniti i>’America? È morto ultimamente, in età ancora verde, a
Bo.ìton, uno dei più eminenti cultori delle scienze istoriche, il sig. W.
Prescott autore deUa Storia dei re Cattolici, Fernando ed Isabella, della
Storia della c-onquista del 3Iessico, di quella del Perù, e d’una St(/rra di
Filippo 11, di cui il terzo volume venne alla luce al principio di quest’anno.
Domenico GroBBO gerente.
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ANNUNZI
Al DEPOSITO DI LIBEl RELIGIOSI, via Principe Tommaso, sono vendibili
le seguenti opere :
MATINÉES D’AUTOMNE, nouveaux récits de chasse par U. Olivier,
in-12°.................£. 03 50
SCÈNES ET AVENTURES de voyage par Vulliet, III.' partie :
scènes Asiatiques...............„ 02 00
EXPLORATIONS DANS L’INTÉRIEUR DE L’AFRIQUE
AUSTRALE et voyages à travers le continent par Livingstone
grand in-8° avec planches............. 20 00
SOUVENIR DE LA SECONDE CONFÉRENCE universelle des
Unions chrétiennes des jeunes gens, (Genève, août 1858) in-12°„ 03 00
NOUVEAUX DISCOURS PRONONCÉS A GENÈVE, par
A. de Gasparin in-8°.......... . . . „ 03 00
LES LIVRES DU NOUVEAU TESTAMENT, traduits pour
la .première fois d’après le texte grec le plus ancien, par A. Hilliet
in-8°................... 10 00
PERICLA, in-12°..............„ 02 50
GERTRUDE, par l’auteur de AMI HERBERT, in-12° . . „ 04 00
lÆ
PLYMOÜTHISME EN ITALIE,
LETTRE
AU COMITÉ ÉTRANGER D’ÉVANGÉLISATION à NICE
par L. PILATTE.
Prix 60 centimes
TORINO — Tipografia CLAÜDIANA, diretta da K. Trombetta.