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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
pnsjxzo DMWKoriAzio:^'»
(A domirìlio)
Torino, per un anno L. C,00 1,.7,00
— per sei mesi « 4,(H) » 4,50
Per le provincie e l’eslero franco sino
ai conimi, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, « 5,20
A'irj6fjovZi( Sì tv iyaniì
Soguomlo la verilk nella cari'tii.
Efes. IV. ^5.
La Direzione della BUONA NOVELL.^ è
in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del lie, N 12, piano 3 '.
Le associazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e dal Libraio G. SER[$A,
contrada Nuova in Torino
Gli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
Il buon capo d’anno. — Relazione e reazione di Spagna. —- La Chiesa Evangelica
Itoltaca nei Grigioni 111.— La lettera del Pnpa e la dicbiarazionci dei Vescovi II.
— Pii desiderii de* clericali. — Ancora dei Matrimonii di Carlo Magno. — Cronacbetta politica.
IL mvs CAPO D’ma ciustlvao
La festa de’ primo gennaio è di origine pagana, e si solennizava presso
i Romani con rili inleramenle pagani;
gli imperatori cristiani cercarono di
togliere da tali feste lutto,quanto vi
era di superstizioso; ma restò non
ostante quanto vi era di profano; i
giuoclii, i bagordi, le orgie, le immoderate allegrie erano la sostanza di
tale festa; e perciò i dottori e vescovi
zelanti declamavano contro tali usanze. Lasc iamo, cari lettori, a dii vuole
imitare i pagani di occupare il primo
giorno del nuovo anno in tali anticristiane consuetudini, e- noi invece
«
occupiamoci di qualche serio pensiero
che produca nell’animo nostro quella
consolazione che non possono produrre i divertimenti animaleschi.
Siamo per incominciare il 1853;
ma ci siamo noi esaminati sullo scorso anno 1852? Siamo noi interamente contenti del come lo abbiamo
passalo ? Oh che Dio ci conceda di
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essere più contenti alla fine dell’anno
che andiamo ad incominciare !
Il 1852 è stato un anno nel quale
si sono compiute tante cose che non
si potevano assolutamente da noi prevedere; chi sa quante cose che noi ora
non prevediamo , avverranno nel
1855! Noi che sappiamo tutto essere
nelle mani di Dio, e tutto essere diretto dalla SUA sapienza e bontà infi
nita, senza perderci in inutili prognostici ci auguriamo per noi, e per voi,
cari lettori, tutte le benedizioni del
uostro Padre celeste.
Auguriamo alia cara nostra patria,
l’Italia, la pace; non già la gelida pace
del sepolcro, ma la pace, retaggio di
una nazione amata da Dio. Che piaccia al nostro buon Dio di annullare
in mezzo di noi quelle fazioni che
spirano da ogni lato sangue e persecuzioni ; 0 se per noslro castigo debbono ancora durare qualche tempo,
che voglia Dio volgere i loro sforzi
contro loro stessi, e che dalle loro
persecuzioni ne venga un insperato
bene alla patria nostra. Che le oneste
libertà sieno accresciute nel noslro
paese, ed ove non sono, sieno create,
sicché tanti esuli possano in queslo
anno riabbracciare i natii focolari.
Che siano spezzate le catene di tanti
nostri compalriotli, rei non d’altro che
di avere amata la cara patria. Chc la
più sublime e la più innocente di tutte
le libertà, la libertà di coscienza sia
solennemente riconosciuta sul nostro
suolo, e non si veggano più come
nel isr»2 imprigionati e condannati
onesti cittadini, rei non di altro che
d’aver letto il Vangelo.
Noi auguriamo sul capo del nostro
amatissimo Re Vittorio Emanuele e su
tutta la sua augusta famiglia abbondanti le benedizioni divine, affinchè
progredendo nella via delle oneste
libertà, divenga sempre più l’amore
de’ suoi sudditi, e ci guidi alla felicità
terrena in luUa pace e tranquillità.
Gli auguriamo fortezza e coraggio
per abbattere i suoi nemici che sono
pure i nostri : gli auguriamo lumi da
Dio per conoscere le perfide mene di
coloro, che sotto spoglia di agnelli nascondono natura e cuore da lupi
rapaci.
Noi auguriamo al Ministero lunga
durata al potere, e forza gigantesca
per abbattere gli ostacoli che gli si
parano d'innanai. Se Dìo è con loro
ogni ostacolo saràdissipalo, come una
pagliuzza al soffiar del veuto; ogni trista mena sarà sventata; 11 retto ed il
giusto sarà sempre innanzi ai loro
occhi; la libertà progredirà, il paese
prospererà nella pace e nell’abbondanza, e le benedizioni dei presenti e
del futuri coroneranno l’opera loro.
Noi auguriamo al Parlamento e al
Senato quella sapienza che viene da
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Dio, per la quale si guarda solliinlo
alla giustizia ed alla verità, senza lasciarsi trasportare da passioni, senza
voler favorire una casta a spese della
verità, della giuslizia e della pace: e
così i Ire poteri uniti in Dio mostreranno quell’accordo che è nelle opere
di Dio.
A voi, 0 leltori, auguriamo per il
nuovo anno quella pace di Dio che
supera ogni inlendimeuto; quella pace
che il mondo non può dare, e che
non è conosciuta che da coloro i quali
salvati dal sangue di Gesù Cristo hanno viva fede in Lui, e lo accettano
qual unico e perfetto Salvatore, Dio
manifestato in carne. Che Fanno che
incomincia sia per voi fecondo di celesti consolazioni in Gesù Cristo, che
ci è stato fatto da Dio sapienza, giuslizia, santificazione e redenzione.
« Nel rimanente, fratelli, pregate
per noi, acciocchèla paroladel Signore
corra, e sia glorificata, come fra voi! »
2 lessai. Ili 1.
RELIGIO.M; fi REAZ!0.\E
IM SP.AGW
Grazie alla più polente delle nazioni evangeliche d’Europa sono rotte le
fila che sotto maschera e color di Religione avea teso alle libertà costituzionali di Spagna la sacerdotale politica
di Roma. Una potenza che si fa sga
bello del crocifisso a salire sul collo
de’ popoli non vuole e non può tollerare libertà. Parlatele della libertà di
pensare, che pur è il maggior dono che
ci sia stato largito da Dio, ed, essa la
chiama un disordine; parlatele della
libertà di coscienza che rende sì spontanee e volonterose le nostre supplicazioni aH’AItissimo, cd essa la condanna quale pretensione di Satana;
parlatele della libertà di culto, ed essa la maledice per la pessima piaga e
calamità della terra; parlatele della libertà della stampa, ed essa la scomunica quale invenzion di demonii.
Il vangelo non ha una sillaba nè
solo un iota che osti a tutte codeste libertà, ma sopra il vangelo ella ha innalzato un codice che dentro la più
vasta biblioteca non cape, codice scritto da vescovi da papi e da monaci,
composto ue’barbari lempi del medio
evo, sanzionato da’ concilii del medio
evo, insanguinalo per secoli dalla Inquisizione, sempre mantenuto in vigore da’papi, ed oggi più cbe mai sospirato e invocalo dalla fazion clericale di Parigi, di IJrusselle, di Madrid,
di Firenze, di Torino, e di Roma.
Questo codice dell’ umana politica
steso e santificato dal sacerdozio che
siede in Valicano, pur troppo si è in
più parti della Cristianità usurpato il
luogo del Santo Evangelo. Non più ivi
si consulta la Parola di Dio per sape-
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re se abbiasi o nò il dovere di compiere, o d’impedire un’azione; ma s’interroga l’oracolosibillino d'un vescovo,
d’un gesuita, o d’un prete; ma si ricorre ad anliche abitudini di tempi superstiziosi e infelici; ma s’interpella il
parere di qualclie scrittore trasumanalo da titoli che sarebbero solameute
buffi, se non avessero pur tioppo sul
volgo numeroso degli ignoranti e dt-i
semplici esercitato un’autorità che si
appartiene alla sola potenza e parola
di Dio. Voi vi udite citare un teologo
domenicano col nome à' Angelico, e
un teologo francescano con quello di
Sottile, e un teologo gesuita conquello
di Poderoso. Qui vi confondono con
una sentenza d’un Castropalao, là con
quella di unCarainuello,orcon s. Antonino di Firenze, or con s. Alfonso
Liguori di Napoli; e voi siete a così
dir palleggiati da uomo a uomo, da
dottore a dottore, da scuola a scuola,
da convento a convento, da vescovo
a vescovo, senza che mai vi si consoli
colla Parola della verità che è la sola
Parola di Dio.
Di qui le quistioni perpetue di scuole contro scuole, di teologi contro teologi, di casisti e canonisti contro canonisti e casisti; di qui citazioni di
papi, e di vescovi contro citazioni di
vescovi e papi; determinazioni di concilii contro concilii, e tale un tramestìo
di opinioni ortodosse, eterodosse, sco
lasliclie, or applaudite e abbracciate,
or condannale e ritrattate che voi vi
trovate in uu caos d’ogni luce muto.
Nè altrimenti può andar la bisogna
dove si lascia la Parola di Dio per
quelladell’uomo c si protende che una
coscienza timorata di Dio debba ad
occhi bendali affidarsi alla scorta d'un
cieco, qual è sempre l’uomo che mette se stesso innanzi a Dio, e grida alle
genti che i suoi giudici sempre infallibili in terra sono di fatto e di dritto
confermali in cielo.
Or paragonate i popoli die riconoscono per vera la sola religion del vangelo senza mescolanze umane con quelle che hanno in seno a loro ancor potente e rispettata una fdzione che lascia i secondi onori al vangelo, tributando i primi all’autorità pontificia. I
primi non hanno mai a contrastare coi
rispettivi governi percausa di religione; lasciano che il poter civile imprenda lutto che al benessere de’ cittadini
crede opportuno, e i doveri di religione li adempiono tranquillamente con
Dio. In quella vece i secondi sono sempre in lizza coir autorità governanto
ora per concordati con Roma, ora per
giurisdizioni di vescovi, ora per immunità clericali, ora per drilli cosi chiamali di chiesa ec. ec. Qual n’è la cagione? Secondo noi è che i primi tenendo per regola di religione e di fede la Parola di Dio non si turbano
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giammai per la parola dell’uomo, e se
come cittadini son pronti ad accorrere
per sostenere le leggi c la patria, non
sono mai, come cristiani, disposti a
levare in alto il vessillo della sedizione, ed aizzare gli animi a fraterna
guerra civile.
Osservatelo difatti nel mondo; i popoli che professano la fede evangelica,
sono tulli liberi come l’Inghilterra e
l’America, o prossimi alla libertà come
la Germania, dove le stesse monarchie
assolute sono temperate da libertà che
nei paesi cattolici vengono tuttavia impedite con mille rigori, o perseguitale
con rabbia, come a cagion d’ esempio
la libertà della stampa. In fin dai primi lempi n’andò in possesso la Germania, e lutlocchè retta a monarchia divenne il paese ove piii che in altra parte
spaziò sempre libero il pensiero dell’uomo. La Spagna e con essa, il Portogallo, eia nostra Italia, e in proporzione anche la Francia non seppero
fin qui stabilirsi in libertà perfetta,
benché ne avessero più volte il destro
e la volontà. Perciocché educate e avviluppate nel sistema sacerdotale di
Roma portano in se stesse un verme
che rode continuo ogni seme di libertà e fluisce ad ucciderla. Se il Piemonte e la Spagna sapranno come alla fine ha fatto l’Austria stessa e la
Francia separare totalmente l’alta-e
dal trono, e rendere il potere civile e
politico affatto indipendente da qua*
lunque Ingerenza ecclesiastica, riusciranno a debellar la reazione che li insidia e per mezzo de’ clericali ancor
li minaccia.
Il mezzo forse unico di ottenere io
paese libero un tale intento è di favorire la piena libertà di coscienza, che
portando con se la libertà di consultare il vangelo è tardi o tosto cagione
di quello spirito d’indipendenza politica, di cui gode in Inghilterra ed in
America ogni privato individuo, e di
cui vive ugualmente sicura e prospera
la monarchia costituzionale della prima, e la Repubblica democratica della seconda.
LA CHIESA EVA^^.EL1CA ITALIANA
m GUir.lOM.
III.
Il villaggio di Bondo ricevè la dottrina evangelica per la predicazione
di Guido Zanca da Verona. Eran pochi giorni dacché Guido aveva abbandonala la Chiesa romana e la patria
per cagione del Vangelo; era così
povero che ancora non aveva potuto
cangiare gli abili ecclesiastici in abili
da borghese j ma persuaso che non
l’abito fa il monaco, sotto gli abiti
del prete si nascondeva un cuore veramente evangelico. La Provvidenza
lo condusse a Rondo in un giorno
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- m —
appunto nel quale si celebrava una
festa della Vergine. Vi era un concorso straordinario di popolo, e si attendeva il predicatore che dovea celebrare le lodi della Vergine. Allorché si
presentò Guido ognuno credè cli’egli
fosse il predicatore aspettato. Guido
vide dove Dio lo chiamava, sali sul
pulpito e predicò : ma anziché eccitare quei terrazzani a ricorrere alla
Vergine, dimostrò Gesù Cristo essere
l’unico mediatore tra Dio e gli uomini,
e rovesciò la dottrina della ¡invocazione dei santi. Dio benedi la sua predicazione; da quel momento il popolo
di Bondo si diè a meditare il Vangelo; poscia accettò la riforma, Fauca
ne fu il primo pastore, e cosi tutta la
valle di Bregaglia fu convertita al
Vangelo.
Stabilita così la riforma, gl’illustri
esuli che avevano travagliato a stabi-'
Urla, consultarono sui mezzi di mantenerla. L’ignoranza e l’indifferenza in
materia di religione, inorpellata dallo
specioso sofisma di dover morire nella
religione nella quale si è nato, erano
i due potenti mezzi che la fazion clericale di quei tempi usava per impedire il proselitismo evangelico. I riformatori si diedero ad abbattere i due
colossi, fondando da per tutto scuole,
ed occupandosi giorno e notte indefessamente ad istruire quei poveri
contadini ; inguisachè qualche tempo
dopo non vi era più alcuno che non
sapesse leggere. Per togliere l’altro
pregiudizio della indifferenza religiosa,
oltre le prediche che facevano su tale
soggetto, fondarono una stamperia a
Poschiavo, nella quale si stampavano
opere religiose di opportunità e adattate alla capacità ed ai bisogni di
que’ terrazzani. Il bene che produsse
codesta tipografia, che fu la prima
stabilita nel paese dei Grigioni, fu tale
che dopo pochi anni il papa ed il re
di Spagna domandarono formalmente
e con minaccie la distruzione della tipografia di Poschiavo, tanto la stampa
spaventava la fazione clericale di que’
tempi !
Fino alla metà del secolo xvii le
chiese di Bregaglia furono rette da
italiani esuli a causa di religione, e
fino a quel tempo quelle chiese non
vollero accettare nulla delle dottrine protestanti ; esse avevano per
guida il solo Vangelo, ed amavano
chiamarsi Chiese Evangeliche Italiane;
i riformatori italiani avevano insegnato a quegli alpigiani, che dopo di
aver rinunciato al papismo non dovevano attaccarsi a veruna dottrina
umana, ma che dovessero contentarsi
di essere cristiani nè più nè meno di
quello che lo erano gli Apostoli. Non
avevano neppure adottata alcuna professione di fede nelle chiese riformate,
ma si contentavano della Bibbia, e
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del simbolo degli Apostoli. Mentre da
un lato 1 riformatori della Bregaglia
avevano respinto il papismo, daH'altro
respingevano qualunque dominazione
si volesse introdurre sopra la loro
fede per parie de’ luterani, de’ calvinisti 0 dei zvingliani, e respingevano
perfino con ¡sdegno il nome di protestanti. Ma allorché cessarono i pastori italiani, il popolo di Bregaglia
onde aver pastori fu costretto ad assoggettarsi alla Chiesa nazionale di
Coira, e ad accettare la sua professione di fede ; conservò però la sua
quasi totale indipendenza, ed il nome
di Chiesa Evangelica Italiana.
La valle di Bregaglia è un paese
nel quale la natura è stata avarissima; non bellezze, non orrori; insomma nulla si trova iu essa di straordinario per attirarvi il forestiero curioso.
Il paese è povero, eppure la mendicità è colà incognita: evvi in ciascun
villaggio un fondo per i poveri amministrato dal pastore e dai diaconi ;
ma serve per lo piii per gl’infermi e
per le vedove. Ognuno di quei terrazzani sa leggere, scrivere e fare de’
conli : l’inverno che impedisce i lavori campestri si occupa nelle letture
e nelle scuole. Vivendo in que’ paesi
ti sembra veder rivivere l’antica semplicità patriarcale: non bettole, non
ridotti, non giuochi di carte. Le case
sono semplici, ma pulite ; l'aulorità
paterna è rispettata; in tutta la valle
non esiste un carabiniere, non un
saldato, perchè i delitti sono rarissimi; la religione di quei buoni alpi.giani è tutta nella Bibbia: in Bregaglia si conservano ancora le Bibbie
n foglio di Diodali colle annotazioni
dello stesso autore, edizione magnifica
e rara, contro la quale i preti mossero la crociata, e la distrussero quasi
intieramente.
La domenica è poi una delizia passarla iu que’paesi: i villaggi sembrano
prendere un nuovo aspetto; le strade
sono nette, i terrazzani vestiti alla
miglior manieia, fan mostra del collo
e maniche di una camicia bianca
come la neve ; le donne vanno ad
attinger l’acqua, ma tutte messe a
gala ; a gala sono messi i fanciulli e
le fanciulle ben pettinate e la testa
rilucente; essi sembrano tutti preparati
ad una festa. Non appena la campana
della parrocchia dà i tocchi, che in
pochi minuti la chiesa è piena, e
non resta un’anima nel villaggio. Il
canto dei salmi messi in versi ed in
musica da Giovanni Diodati, risuona
con una melodia che ti rapisce in
quelle chiese; il solo sermone italiano
pronunciato con accento tedesco da
que’ buoni pastori , che fanno per
quanto è in loro ogni sforzo per parlar bene una lingua non loro, quello
solo, per chi non è accostumato, prò-
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duce un suono alquanto disaggradevole. Tre volle d’ordinario si radunano in cliiesa la domenica, e niuno
giammai manca. Allorché si ritirano
in casa, la moglie ed i figli domandano al padre o al marito la spiegazione di qualche passo della Bibbia, ed egli conoscendo gli obblighi
del suo sacerdozio domestico è felice
di vedersi contornato dalla sua famiglia, alla quaffe distribuisce quel pan
di vila, chc non fa aver più fame a
chiunque ne mangia. Giov. vi.
Ecco cosa è la Chiesa Italiana fra
i Grigioni ! E questi sono gli eretici?
Questi sono gli aposti^ti? Dio volesse
che tutta Italia fosse eretica ed apostata come Io sono i nostri fraleili
evangelici della Bregaglia.
LA LETTEKA DEL PAPA
K LA
DICHIARAZIONE DEI VESCOVI
n.
È celebre il detto di Vincenzo di
Lerino, quella esser dottrina cattolica,
la quale sempre, da tutti,e dappertutto
fu osservata; ma tale è la dottrina del
matrimonio considerato come sacramento? Vediamolo.
Il papa e i vescovi della provincia
di Torino sostengono essere dottrina
cattolica, che il matrimonio sia celebrato in faccia alla Chiesa, senza di
cbe non si dà vero matrimonio, ma
pretto concubinato. Sembrerebbe dunque, se si volesse credere alla loro asserzione che Gesù Cristo avesse così ordinato, che gli apostoli avessero operato in tal guisa, e che la Chiesa sempre e dappertutto avesse tenuta una
tale dottrina. Ma disgraziatamente per
i dottori piemontesi è avvenuto precisamente tutto il contrario.
Sebbene fino dai primi lempi della
Chiesa , siccome abbiamo osservato
nell’ articolo precedente, i preti avessero incominciato ad arrogarsi il diritto di benedire i matrimonii fra i
cristiani, una lale benedizione però non
era riputata come sacramento, né obbligava alcuno a riceverla sotto pena
di nullità di matrimonio. Il dottissimo giureconsulto Selden nella sua famosa opera Uxor hebrea nel lib. II,
cap. 19, dice che nel Diritto Cesareo,
nel digesto, nell’uno e nell’altro codice, moltissime leggi si trovano intorno
al matrimonio, ma non si fa menzione
alcuna dell’ intervento del prete. Si
trova, é vero, continua questo autore,
il titolo de ritu nuptiarum nel digesto;
ma ve lo introdusse Treboniano, il
quale lo trasse dal rito dei Pagani, e
di là trasse origine il diritto pontificio
sul matrimonii. Ma gl’imperatori crisliani abolirono quei rito in tal guisa
che Teodosio e Valentiniano imperatori, vietarono perfino di celebrare il
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matrimonio nelle basiliche, cioè in
luoghi sacri. Non neghiamo però che
ben sovente si eseguisse un rito sacro, ma a beneplacito dei contraenti
e senza verun obbligo., Nel capo 28
dello stesso libro, secondo confessa
l’autore citalo, spiegando un passo di
Tertulliano intornoalla benedizione ecclesiastica del matrimonio, è dello che
riguardo alle vedove che a’preti domandavano marito, i vescovi, i proli, o i
diaconi si prestavano a tali matrimonii ; ma la loro benedizione non apparteneva per nulla alla sostanza o
alla validità del matrimonio.
La prima legge che noi troviamo
per obbligare i coniugi a ricevere la
benedizione ecclesiastica sotto pena di
nullità di matrimonio, è del secolo ottavo. Carlo Magno fu il primo il
quale nel 780 slabili in Occidente chc
il matrimonio celebrato senza la benedizione sacerdotale fosse iiullo; questa legge è nei Capitolari di Carlo Magno al^ libro Vili, cap. SG3. Nell’ 0rienle però uua tal legge non fu promulgata che 120 anni dopo, cioè nel
900 da Leone sopracchiamato il Sapiente , come si può vedere nella Novella 89. Ma la ragione che Leone
imperatore aggiunge alla sua legge,
dimostra che ciò era determinato per
semplice devozione, non già perchè si
credesse il matrimonio essere sacrameato : ecco la ragione della legge :
« Siccome per mezzo delle sacre preci
vogliamo che si faccia I' alto di adozione, così ancora ordiniamo che i maIrimonii sieno confermati per la teslimonianza della sacra benedizione ».
Fino dunque all’ anno 900 di Cristo,
il matrimonio era ritenuto per valido
senza la benedizione del prete : e se
poi non lo fu più, ciò non accadde
perchè fosse credulo sacramento; ma
perchè gl'imperatori cosi ordinavano.
Passiamo ora al diritto di stabilire
gl’ impedimenti matrimoniali ; diritto
che si è Sempre esercitato dal potere
civile senza che mai la Chiesa reclamasse contro gl' imperatori.
E qui a togliere la confusione che
nascerebbe dalle moltiplici e contraddittorie leggi stabilite dai concilii, e
dalle asserzioni dei padri, osserveremo
che la Chiesa fin dai primi secoli a
veva vietali fra i cristiani alcuni ma
i
trimonii; ma la proibizione ecclesiastica si limitava a vietare ai preti di
benedire tali matrimonii, a dichiararii
peccaminosi ; non già a dichiararii
nulli e di niun valore per gli effetti
civili. Il cristianissimo Costantino dichiarò nullo il matrimonio che un senatore,-un prefello, o un magistrato
di provincia contraesse con una schiava, con una liberta, o con una commediante, e sottopose il contraente
alla nota d’infamia (cod. Juslin. lib. V,
lil. 25 de natur. liber. leg. 1). Gl’im-
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peralori Valentiniano e Marciano rinnovarono una tal legge e l’ampliarono
fino alle figlie di tali donne riputate
infami (cod. Just. lib. V, tit. V. de
incesi, et inulii. nupt. leg. VII). Valentiniano e Teodosio dichiararono nullo
il matrimonio contratto fra un cristiano ed una giudea e viceversa (cod.
Theod. lib. III. ili. VII de nupt. Icg.
II. et lib. IX tit. VII ad leg. Jul. de
adult. leg. V. de Judaeis leg. VI): lo
stesso aveva già ordinato l'imperatore
Costanzo.
Fino al tempo di Teodosio erano
permessi i matrimonii fra cugini, ma
sant’Ambrogio persuase l’imperatore a
fare una legge che li vietasse : e sebbene sant’Agostino, contemporaneo di
sant’Ambrogio non fosse dello stesso
sentimento, dicendo che nò la legge
divina, nè alcuna legge umana aveva
mai vietali tali matrimonii, ciò non
ostante riconosce l’autorità civile nei
porre tale impedimento (*4ug. de-civ.
Dei lib. XV, cap. 16). La quale legge
fu poscia revocata da Arcadio senza
che i preli ne facessero il minimo lamento; e Giustiniano permise per legge perpetua i matrimonii fra i cugini
(Justin. instit. lib. I, tit. X).'Costantino aveva stabilito che secondo le
leggi degli antichi imperatori, un tutore non potesse prendere in moglie
la pupilla da lui amministrata se non
fosse giunta ad un’età nella quale fosse
stata perfettamente libera, e se non
fosse dimostrato che il tutore non avesse per nulla abusato della fanciulla ; Giustiniano fece una eccezione a
questa legge, ammettendo il beneplacito del principe. Lo stesso Giustiniano stabilì per il primo l’impedimento
della parentela spirituale, e vietò al
padrino di togliere in moglie la fanciulla che aveva levata al sacro fonte
(cod. Just. lib. V, tit. IV de nupt.
leg. 26). È queslo un piccolo saggio
di quello che facevano gl’ imperatori,
che pure a giudizio della stessa fazione clericale erano cristianissimi,
intorno al matrimonio. Che se quegli
imperatori erano accarezzali dai vescovi , dai papi ; se erano pregati a
far quelle leggi; perchè ora se un governo , se un principe vorrà imitarli,
anche in lontananza, sarà scomunicato ? E questa è quella Chiesa che si
vanta di non aver cambiato e di non
cambiar mai la sua dottrina?
Ma andiamo innanzi: gl’imperatori
i più amici della fazione, e che hanno
immensamente contribuito a renderla
ricca e potente, han fatto ben altre
leggi sul matrimonio, senza che la
fazione facesse una sola protesta. Costantino ammetteva il ripudio per queste tre ragioni. II marito poteva ripudiare la moglie se la trovava infedele,
0 avvelenatrice {medicamentariam) o
lenona [conciliatricem) : la moglie po-
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leva ripudiare il marito se era omicida , avvelenatore o violatore di sepolcri (cod. Theod. lib. IH, tit. XVI
de repud. leg. I). Tanto è vero che il
determinare i matrimonii si teneva
per cosa appartenente esclusivamente
al potere civile, che il cristianissimo
Imperatore Onorio estendeva la legge
del divorzio a qualunque grave delitto, e permetteva a colui chc aveva
ripudiala la moglie con sentenza del
giudice laico, di toglierne un’ altra in
legittimo matrimonio ( cod. Theod.
lib. Ili, tit. XVI de repud. leg. 2).
Teodosio il Giovane abrogate le due
leggi suddette intorno al divorzio, richiamò in vigore le antiche leggi romane (Theod. Novella XVII ad calc.
cod. Theod.): ciò accadde l’anno 429;
ma dieci anni dopo promulgò un’altra
legge sul ripudio, nella quale stabilì
come cagioni di legittimo ripudio per
parte della moglie le seguenti, cioè :
che la moglie potesse ripudiare il marito, e tòme un altro se lo avesse provato adultero, omicida, avvelenatore,
falsario, reo di lesa maestà, violatore
di sepolcri, ladro sacrilego, fautore di
ladroni, plagiario, se frequentasse cattive donne, se avesse in qualunque
modo allentalo alla vita della moglie,
se l’avesse percossa. Ed il marito poteva ripudiare la moglie e tòme un’altra per le stesse cagioni, alle quali la
legge aggiunge 1’ aver passala una
notte fuori di casa senza il consenso
del marito, e avere assistito ai giuochi
circensi, o ai spettacoli senza licenza
del medesimo (cod. Justin. lib. V,
tit. XVII de repud. leg. VII! ). Che
se, dice la stessa legge, la moglie ripudierà il marito senza una di queste
ragioni, jierda la sua dote, e i doni nuziali, e non possa rimaritarsi se non
che dopo cinque anni : che se prima
che passi il quinquennio si rimarita ,
sia dichiarata infame, e il secondo matrimonio sia nullo. Anastasio imperatore , nell’ anno 497 richiamò in vigore le anliche leggi romane che stabilivano il divorzio per mutuo consenso, e stabilì che dopo un anno di
divorzio potessero legittimamente passare a seconde nozze ( cod. Justin.
lib. V, tit. XVII de repud. leg. 9 ).
Giustiniano nell’anno 528 aggiunse a
tutte le cause di divorzio stabilite dai
suoi predecessori, l'impotenza (leg. X):
poscia colla legge undecima permise
il divorzio nel caso che la moglie volontariamente abortisse, ovvero frequentasse i pubblici bagni insieme cogli uomini ; e nella Novella 117 permette al marito di ripudiare la moglie
per farsi monaco.
Eppure nessuno di questi imperatori è sialo scomunicato per tali leggi -,
perchè neppure uno aveva immaginato
di dire che non appartenesse esclusivamente alla polest<à civile di stabilire
12
i'(O —
leggi sul maìrimonio. Eppure quegli
imperatori erano cristiani; erano per
la più parte i favoriti dei preti. Ci si
mostri dunque un reclamo della sanla
sede contro tali leggi, e non ci si venga dopo tali fatti a dire che « la santa
sede ha sempre reclamato contro queste leggi ». La Chiesa stabilisca pure
le sue leggi per i suoi sacramenti; vi
ammetta chi essa credo a riceverli; ne
escluda pure chi essa crede ; ma non
oltrepassi il foro della coscienza. La
legge civile non si mescoli nei sacramenti, perchè non è di sua competenza il mischlarvisi. Il matrimonio sia
sacramento o non lo sia, la legge non
deve incaricarsi di questo; non è come sacramento die il matrimonio è
l'game sociale; non è come sacramento
che il matrimonio conserva la società.
Se il prete vuol rendere valido egli
solo il matrimonio, se vuole stabilirne
le condizioni, egli diviene 1’ arbitro
della società: la società diviene schiava della sacristía: se il potere civile
vuole imporre le condizioni ai sacramenti, la religione divieae schiava del
potere: che la religione dunque stabilisca pure le condizioni del sacramento , ma non oltrepa.ssi il suo foro che
è quello della coscienza ; non riconosca, se vuole, come sacramento quel
matrimonio che non è fatto secondo
il suo volere; ma non lo dichiari illegittimo; chè illegittimo vuol dire con
tro la legge, e non è la Chiesa chc
debba fare le leggi : e cosi solo sarà
reso a Cesare quello che è di Cesare
e a Dio quello che è di Dio.
PII DESiDEUIl DE’ CLEUIC.ALI
Contenti noi d’essere obliati dall’.lrmonia puWilicavamo in pace ¡I nostro
foglio senza venir distraili da f)iicllc noiose polemiche, le quali sono sempre il
vero flagello de’ lettori, come sono anche
degli scrittori. Ma la clericale effemeride
ha rotto improvvisamente quel beato
silenzio, e volendola far finita colla Propaganda Protestante , come ella dice ,
rovescia sulla Buona Novella, sui Vaidesi , e su tutto il Piemonte un tale
ammasso d’ insulti, che noi ci guarderemo bene dal riempirne il nostro giornale.
Solo ci vogliam restringere a riferire
per sommi capi i desiderii veramente
pii che in tale occasione ella manifesta.
Dopo dunque d’aver detto die il Protestantismo in Piemonte fa progressi
con tre mezzi principali, aringhe, danari
e scritti, e dopo di aver ripetuta l’antica calunnia da noi mille volte smentita, che cioè il dogma evangelico della
salvazione per la fede in Gesù Cristo
importi che l’uomo cristiano si possa liberamente sbizzarrirsi nello sfogo di tutte
le passioni, e dopo d’aver deplorato la
dilTusione di opere che a lei non garbano , come quella della Regula Fidei
(che noi non cesseremo mai di raccomandare caldamente a tutti gli evangelici), intuona un piagnisteo sopra la povpra Torino ohe si è mutata di colore.
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gridando con Geremia: Quomudo mulatus
est color optimus !
Viene i>oi suggerendo alciini suoi consigli iiilssinii soiira i fjuali ci piace, come
abliiani dello, di richiamar l’attenzione
de’ nostri lettori. Sono tutti fedelmente
ricavati dalla storia di Torino nel secolo XVI e tratti dal voi. GUI della Raccolta che si conserva negli archivi della
città. Uno è II I’ ordinalo del felihraio
« 13i2, il quale assegna uno stipendio
<1 a maesli’o (lerolamo Racchia, onde
« legga dal pulpito di S. Domenico in
Il tutti i giorni festi\i le lettere di S.
Il Paolo, spiegandone il vero senso a
Il confutazione de’ Luterani u.
L’allro è un secondo ordinalo del Ili
luglio dell'anno medesimo ove nilcouII siglio deliberava uua supplica al Papa,
• perchè invece di due parrocchie, ue
« stabilisse (luattro, una per i|uartiere,
« e cosi i fedeli venissero più facilmente
Il istruiti nella religione "■
Questi due ordinati noi pure li troviamo lodevoli e pii, perciò che miravano ad istruire nelle massime della fede
evangelica i cittadini, e fin (|ui I nostri
desiderii si accordano perfettamente con
((uelli deir.'lrinoniVi.
Le osserveremo solo che da quanlo
apparisce in questi ordinali, nel secolo
XVI, i laici 0 secolari entravano ancor
per ([ualclie cosa nelle materie ecclesiastiche, e uon ne erano per anche stati
esclusi, come sono oggi dalla fazione
clericale, che sola si arroga il dritto di
reg(dar da sovrana tultociò che direttamente o indirettamente ha qualche
relazione colla Chiesa. Le allegazioni
deir.4n/ioii/a non lasciano alcun dnbliio
su questo proposito, non essendo stati
i preti, ma i cittadini adunati in consiglio chc prescrissero la predicazion dell’e\angelo. K questa una osservazione
importantissima da non dimenticarsi,
massimi oggi che la fazione clericale
contrasta con sì vivo accanimento alla
podestà civile il diritto di regolare il
matrimonio.
Il terzo consiglio è tratto dagli ordinali
dei 15it (iri aprile e 2 giugno) nei (piali
« il consiglio della ciltà richiedeva l’arII civescovo perche fosse più spesso aiiII uunziata la predicazione evangelica
0 nel duomo di S. Giovanni, e s’intiII mavano le pene canoniche c le civili
Il contro i pubblici trasgressori de’ preII celti ecclesiastici «.
Qui conveniamo coll’ Armonia sulla
prima parte dove i cittadini avvisano
l'arcivescovo di rendere più fre(]uente
iu duomo la predicazione del Santo Evangelo, e siamo lietissimi d'avere ([ui
pure la prova storica della ingerenza dei
secolari nello cose di (.hiesa. Ma quanto
alla seconda parte delle pene canoniche
e civili intimate ai trasgressori pubblici
dei precetti ecclesiastici cominciamo ad
accorgerci che per noi si va nei lempi
abbomincvoli dell’ inquisitorio sistema,
che con leggi brutali di persecuzione,
di processi, di sup|dizi e di morte pretendeva, empio e sacrilego ! d’imporre
ia religione dcll’amiu'e.
Se questi sono auch’ oggi i desiderii
dell’/(rmoiii'a, il Ciel ci scampi dalla
sua pietà !
Il quarto consiglio ù un ordinalo del
29 settembre, in cui stabilivasi «che non
li potesse veruno essere ulTiziale senza
Il prima aver fallo professione di fedecatII tolica, e che neppure si potesse ven-
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« dere, nè appigionare case agli eretici,
« onde COSI i cittadini fossero sempre
« preservati da ogni seduzione. »
Vede ognuno, die qui pure è, manifesto lo spirito d'odio e persecuzione contro i cosi detti eretici, tutto proprio e
distintivo di quei tempi in cui predominavano ancora le false idee di cristianesimo, nell’universale ignoranza del medio evo, divulgate dal clero. E 1’.'(?■mania aneli’ oggi (è tutto dire!) avrebbe
il pio desiderio di riaccendere ne’ Piemontesi quel bello spirito! Dovrebbero
anch’oggi non considerarsi più come
fratelli e cittadini d’un popolo solo, ma
dividersi in clericali ed eretici, e a questi ultimi negare perfino un tetto die
li copra dalle intemperie dell’aria; sì neppure vendere , nè appigionare cose agli
eretici'. Cosi brama e così consiglia nel suo
zelo clericalmente cristiano l’Aririonia.
La poverina confitta dal dolore, che oggi
impunemente si legga il Vangelo, non si
avvede che quando ella dividesse oggi
in Piemonte i clericali dai non clericali,
l’immensa maggioranza non sarebbe pei
primi; e quindi è indarno per ora sperare
che sieno i secondi trattati come furono
pur troppo i così detti eretici del secolo
XVI, a cui si negava una casa, un tetto,
un ricovero. Ma tiriamo innanzi.
Il quinto consiglio è proprio il distillato e la quintessenza della barbarie inchiusa nel precedente. Rammenta chenei
secolo XVI la città di Torino si stringeva
<nl papa Pio IV, che la lodava perchè avversa agli eretici ed agli apostati-, soggiunge che ebbe ricorso al re francese
Carlo IX contro i molti uomini infetti di
setta luterana, che vituperavano i comandamenti della Chiesa ; e conchiude che
Carlo IX rescrisse favorevolmente, e
0 mercè i suoi ordini, lo zelo del co« mune, il consenso delle associazioni,
(' l'opera de’.sacerdoti, l’eresia era schiac« ciata, e gli eretici partivansi scornati
« dal Piemonte ».
Per chiunque sappia che Carlo IX è
l’autore del massacro de’ Protestanti fatto
proditoriamente la notte famosa del 24
agosto, giorno festivo di S. Bartolomeo,
non ha d’uopo di saper altro per conoscere
1 pii disegni deH’yír/nonía e della sua fazione. Vogliono questi signori assolutamente ripristinare la persecuzione degli
eretici, ossia di tutti coloro che si contentano di salvarsi per Gesù Cristo senza
bisogno di papi e di preti; vogliono l’inquisizione.
Che possiamo noi dire? non altro se
non che sono logici. Posto che si ammetta per unico sistema religioso in terra
la teocrazia, ossia il predominio di una
classe d’uomini, la quale si arroga tutte
le prerogative di Dio, e vuole regnare
colla stessa assoluta autorità che compete a Dio , ne viene per conseguenza
naturale e logica, che si debba trattar
da ribelle chiunque indipendentemente
da lei cammina nelle vie del .Signore.
Se pertanto è desiderio de’ popoli di
uscire dalla gravosa e crudelissima tutela della teocrazia clericale, bisogna si
rivolgano a Dio, e invece della parola
dell’uomo, invece delle decisioni dei
teologi, invece delle bolle de’ papi, invece delle notilìcanze de’ vescovi, si appiglino alla Sacra Scrittura , unica regola di fede, e con essa diverranno religiosi, senza essere perciò teocratici o
clericali.
Questo solo consiglio noi cotitrapponiamo a quelli (hAYArmonia.
15
AM:0UA dei MATKÍMOMI
DI CAlìLO MAGNO
Un foglio clericale si era fntio lecito di
chiamnre falsificalrice la Buona \ovclla
perchè nel suo numero cinipiantesimo dell'annu primo avea riprovai» il ripudi»di
Ermengarda fatio da Carlo Magno istigai»,
come pare, da papa SI fu no MI, ed avea
similmente riprovatoli passagHio a nuove
nozze cuti Ildegarda. Q'iel foglio clericale
per megli» ingannare i suoi gonzi lellori
e prevenirli contro la Buona Novella, si
inveniò la storia , che Carlo Magno non
ehhe mai Krmengnrda pf'r moglie, che i
[ireli lo consigliarono a ripudiare costei,
ed egli da buon crisliano lo fece tornando
in braccio alla sua vera moglie. Orbene,
la Buona Novella a sua difesa non fece
altro che citare la storia , coi rispettivi
documenti. (Vedi anno 11“, num. C.) Disse dunque non essere storicamente provato, die Carlo Magno fosse ammogliato prima di sposare Ermengarda j disse essere
storicamente ver» che jiapa Stefano III
esecrava un tal matrimoni», e tentò di.ssuaderlo con acri parole, non mai degne
d’ un ministro di Dio ; disse essere storicamente vero che Ermengarda fu sposata
da Carlo Magno e dopo un anno ripudiala;
disse essere storicainente vero che Carlo
■Magno dupo Ermengarda non riprese affano la moglie di prima come sognava
quel clericale, ma si maritò con Ildegarda
di casa Sveva; disse infine che era .«toricomeote provato cbe Carlo Magno ondò
l’anno appresso con questa seconda molile a lloma, ed ebbe accoglienze onoriiche da papa Adriano. Per documenti
storici la Buona XovellarMiiva alcuni brani della lettera di papa Stefano 111 chc facevano al caso, citava il cancelliere EyiDardo, che ci lasciò scritta la vila di Carlo
Magno suo [»adrone, citava s. Adelardo
cugino di Carlo Magno, come abbiamo
dal Muratori, Dopo tali documenti storici
cadeva , come ognnn vede, la taccia di
falsilicnirice data alla Buona Novella da
quel clericale, e noi lieti d'esserci giustificati non pensavamo ad altro , qunnda
l’/lnnonia di venerdì scorso se n'esce gridando che noi siamo eretici, e quel clericale ebbe ragione perchè noi non abbiamo riportata tutta la lettera di papa Ste
fano MI, come se nelle citazioni di un libro 0 di un documento gli Eretici, cosi
delli dair/lriHOMÙi, fossero sempre obbligati di riportarli per intero anche quando
non fanno a proposito del soggetto che si
tratta. L’.-lrmonia poi per supplire alla
supposta mancanza nosira, necila un brano che p;irla in genere dcll’empielà di coloro I he menan ()iù donne in moglie, cosa che non chiarisce affatto se fosse o no
ammogliato Carlo Magno, e non distrugge per nulla i lami impruperi che sono
stali cilali da noi. Infine senza darsi alcun
carico nè di s, Adelardo, nè di E-’inardo,
nè di .Muratori, che tutti fanno supporre
per vera moglie Ermengarda, e senza far
mollo del matrimonio celebratosi da Carlo
.Magno con Ildegarda invece di tornare
alla sna prima moglie, come disse quel
clericale, nè del suo viaggio a Koma, nò
di pa[»a Adriano, ha il coraggio di conchiudere che i clericali non (liantan carote, e che noi dobbiamo aver torto perchè siamo eretici.
Non era meglio che VArmonia seguitasse a lacere senza obbligarci ad imbraltare di polemiche il noslro Giornale,
che può meglio occupare le sue colonne
con altre materie assai più imporlanti?
Qual prò pei nostri lettori di sa[iere adesso (die in fallo di storia anche i clericali
deir^irmoiiia amano più as.«ai le tenebre
che la luce, e all’occasione la sanno scrivere anch’ essi pei gonzi e uon per la
veritii?
Al Dircllorc deli« nio\.\ Novell.i.
Glay, 22 dicembre ISSS.
Chiariss. Sig. e Frat. in G. C.
Biasimando con tutta l’anima la calunnia con cui la Campana (N" del 15 corr.)
cerca di offuscare la fama e la fede cristiana del Ch Sigv Dert, pastore della
Chiesa Valdese in Torino, godo tuttavolta
altamente, che la conosciuta mala fede
del citato giornale mi rinnovi l’occasione
di proclamare chiaramente e solennementi
la mia fede.
La mia lellera delli 8 novembre, inserita
nel N“ o, anno 11 di (iiicsio periodico, è
la mia libera professione di fede, che
scrissi solamente, unicamente per dovere
di coscienza, o meglio, per ispirazione del
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divin Paracielo, il quale mi diede il coraggio di scrivere senza riguardo a nissnna iimana oonsiilenizione, senza leinere
le dicerìe dpi giornali sodicenii religiosi,
che si sarebbero scagliati contro la riiiii
persona.
Protesto in faccia a Cristo mia salute e
mia gloria, che ho scritto la lellera in
queslione sotto Ih sola influenza di Dio,
e cbe ninna raccomandazione, nè consiglio, nè invilo ebbe parlo alla mia dichiarazione.
Ringrazio la Campana del doppio favore che mi ha reso d’avermi dalo nuova
occaiiione di confessare Oe.sù Cristo in
faccia alla mia povera patria, e d'avernii
procurato l’onore rii provare al pubblico,
che la mia fede è quella d’un sapiente,
generoso ed attivo difensor del Vangelo,
col quale è gloria coi:il)altere a fianco
nelle battaglie del Signore, e morire, se
Dio lo vuiile, pel trionfo della sua parola.
Gradile, o Signore, la rispettosa e cordiale affezione colla quale godo ralfermarmi
Di voi, 0 Ch"'“ Sig.
Affez. Fralello
Giova.nni Feriieuo
e,x-prete del pajia ora discepolo
di Gesù Cristo.
CROXACHETTA POLITiCA
Toiuso. — S. .M il f{c con decreto del
23 ba nominato intendente generale di
Genova, il sig. avv. Domenico iiuffii deputato, che ha di sua spontanea volontà
dichiaralo di accellare tal carica senza
che gli debba dar diritio nissuno, nè ad
anzianità, nè a trattenimenlo d’aspettativa, od altro assegnamento qualunque.
— Camkiia dki reputati. Nella seduta
del 27, IVuorevolo depulalo lìroHerio annunzia al presidente dei Ministri, d'avere
a fare interpellanze sulla legge del malrimonio civile e sulla notificanza de’vescovi.
Il Minisiro si dichiara pronto per la prima
seduta. EI)bero dunque luogo le inlerpellanze nella seduta del 28, e il .Ministero
promise di ¡»roporre, come avea già dotto
in Sonalo, un'alira legge dove .'arà esplicitamenie separato il civile dall’ecclesiastico. Circa la notificanza de’vescovi secondo l’inlerpellante siilTicicnle a metterli
iu accusa e rimuoverli dalle sedi ove
fanno aperta guerra alle istituzioni libere
del paese, il Ministero osservò non esservi
a suo avviso motivo o appiglio giuridico
di processo, lienchè le intenzioni di chi la
scrisse siano criminose.
— Continua la discussione sul progetto
di legge per l’ordinamento dell’amministrazione centrale.
— Il Moderato di Domodossola lia, fin
da venerdì 24 del corrente, cessalo le
sue pubblicazioni. La stampa liberale
piemontese perde con queslo periodico
uno de’suoi organi pili rispettabili per assennatezza ed.indipendenza.
iNGHiLTEiiiiA. 11 21 dicembre si pubblicava la lista del nuovo Ministero costituilo da lord Aberdeen nel modo seguente ;
■1“ Presidente del consiglio, lord Aberdeen ;
2o Interno, lord Palmerston ;
3" Esteri, lord Russel ;
4' Guerra, sir Sidney Hebert;
5“ Lord ammiraglio, sir James Graham;
6° Per le colonie, duca di Newcha
slle ;
T"* Cancelliere dello scacchiere; sir
Gtadstonc.
— Lord Derhy ha dichiarato di concorrere con i suoi'amici che sono da 310
nella Cumera dei Comuni a sostenere il
nuovo Ministero a luì succednlo, come
quello che gli sembra il più atto nelle attuali circostanze a reggere la somma delle
cose.
—-1 giornali di Londra sono concordi
in asserire che non si sono mai vedute
tante capacità di prim’ordine quante sono
unite in queslo Ministero.
Austhia. Il maresciallo Radetzky ha
pubblicato una notilìcanzi nel regno l^omliardo-Veneto, colla quale severamente
proibisce ai vescovi, qualsia corrispondenza col papa, se prima non sotlopongono
all’ispezione del Governo il relutuo carteggio, e proibisce pure ai parrochi di
ammettere a predicare nelle chiese ecclesiastici, benché muniti del vescovile pernresao, ove prima non sieno stati autorizzati dalla polizia del luogo.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo BACCHr.rtA perente.
TIP. SOC. DI \. PO.NS E CO.'UP.