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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sig. FEYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Una copia Lire 70
Anno 97 X m 7
MENTI
Eco; L. 2.500 per Tinterno
L. 3.500 per Peítern
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
luioui di indirizzo Lire od
TORRE PELLICE - 13 Febbraio 1970
Amili. : Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
«XUll febbraio» : le vere dimensioni del consenso e del dissenso
I credenti e gli altri
Passata la crisi febbrile, la malattin permane, latente ma non troppo
17 FEBBRAIO 1970
REPRESSIONI E LIBERTA’
La piccola teinj)e.sta .sascitata lo
scorso anno dalla « lettera » pubblicata qui, nella quale si proponeva
da parte di alcuni giovani, e meno
giovani, un ripensamento in merito
alla celebrazione del XVII, è ormai
lontana. La stessa conferenza autunnale del I Distretto, convocata
proprio per affrontare il problema
della vacanza scolastica del XVII,
ha rivolto un invito alle comunità
perché facciano di quella ricorrenza una giornata di meditazione e di
esperienza comunitaria. Dal canto
suo il prof. Gino Costabel, che non
s; può accusare di estremismi rivoluzionari o di contestazione gratuita, prosegue la sua paziente e documentata analisi delia « festa » attraverso il secolo che ci separa ormai da quel primo XVII febbraio
1848. Tutto per il meglio dunque:
la festa si farà come tutti gli anni,
un richiamo alla fedeltà evangelica
è stato dato, le acque si sono placate e tutto sembra tornato come prima, come sempre.
In realtà la battaglia — piccola
battaglia invero, che non meritava
tanta pubblicità — ¡ler il XVII tradizionale o per un XVII più evangelico è solo uno dei sintomi della
malattia generale della nostra Chiesa. È stata come un piccolo accesso
di febbre, passalo il quale si dice:
il malato è guarito. In realtà si potrebbe dire: la crisi è passata; il malato non è guarito e la Chiesa Valdese non è salva perché la contestazione del XVII è sormontata. Tutto
è come prima, sì : la malattia perdura. Ed è determinata semplicemente dal fatto che ci sono alTinterno delle nostre comunità due correnti, due fronti, due schieramenti,
si potrebbe quasi dire due partiti se
la parola non sembrasse troppo abusata: i credenti disposti a vivere per
Gesù Cristo e i valdesi che tengono
alla loro religione, cioè al loro nome.
Il contrasto che da anni, da decenni, dagli inizi del 1800, esiste fra noi
non è affatto tra conservatori e rivoluzionari, comunità e pastori fedeli e seri da una parte, gruppetti
di scalmanati e pastori degeneri dall’altra. La sola, vera e seria linea
di demarcazione è tra cristiani e
non cristiani. IXon penso di dire cose rivoluzionarie affermando che un
valdese non è necessariamente crist;ano perché è nato alle valli o perché ha fatto la confermazione a 16
anni e ha una famiglia valdese. Che
hanno detto i pietisti per decenni.
Se non questo : bisogna convertirsi,
bisogna ravvedersi, bisogna nascere
di nuovo? Tutti i nostri problemi
dal XVII al Collegio, dalla gioventii
alla predicazione domenicale sono
determinati da questo contrasto: essere cristiani o essere del mondo,
seguire Gesù Cristo o seguire le ispirazioni del mondo.
Ci sono naturalmente fra i credenti dei giovani e dei meno giovani, degli uomini con .sensibilità diverse, con modi diversi di esprimere la projiria fede; non esiste, e va
detto chiaramente, nessuna frattura
sulla comune vocazione.
Anche fra i non credenti vi sono
giovani e meno giovani, uomini con
educazione diversa e diversa sensibilità che si esprimono in modi diversi; sono però sostanzialmente
uniti nella comune indifferenza alle
realtà evangeliche.
Chi fa la divisione nell’altro senso e dice: tutti i vecchi sono uniti,
tutti i giovani sono gli stessi, è in
mala fede e va denunciato perché
semina confusione, div'sione, disordine.
È a questa c liarifi'azione che
dobbiamo giungere se vogliamo parlare da fratelli in Cristo. I credenti
ajjpartenenti alle generazioni del
passato devono fare molta attenzione a non lasciarsi sedurre dalle paure e dalle calunnie (si devono pur
chiamare le cose col loro nome) dei
loro coetanei atei. Non chiunque ha
6i) anni e dice: io son valdese, tengo alla mia chiesa, difendo la causa valdese, è credente. Un uomo di
6:) anni juiò avere il nome valdese
che vuole, abitare alle valli, partec'pare al jtranzo del XVII: se non
è convertito, se non medita la sua
Bibbia, non prega ed è disonesto,
non è cristiano più di un turco. Devono imparare cioè a guardare con
occhio critico la propria generazione perché quella generazione ha
prodotto fior di liberali (in senso
teologico, s’intende), di indifferenti,
di spiriti acri e sterili che parlano
delle cose della fede e di Dio solo
per avvelenarle con la loro acredine; e, va pur detto, fior di massoni
perché nessuno mi farà credere che
l'ultimo valdese delle valli a far
parte di questa istituzione sia stato
il sottoprefetto Pietro Geymet, ve
nerabile (cf. PiTTAV.iNO, Storia d
Pinerolo e del pinerolese, p. 325)
Che sia questa gente a poter dire
che cosa debba essere la Chiesa Val
dese oggi e come debba agire, sareb
be ridicolo se non avesse le tragiche
conseguenze che vediamo.
Lo stesso discorso vale certo anche 2^6r i giovani: i credenti delle
nuove generazioni necessitano di altrettanta jirudenza spirituale e di
egual discernimento per non soam
biare le istanze della jjropria generazione con un appello di fedeltà
evangelica. Anche qui, chi non vive
in spirito di autentico servizio riferito a Cristo, chi trascura e meditazione e jireghiera, non è cristiano
jiixi di un turco.
La contestazione non fa fede e
quanti amici di marcia della generazione dei dissenso risultano altrettanto sordi alla Parola quanto i
loro jiadri? ()uanti, dopo un jirimo
dialogo, rispondono come risposero i filosofi ateniesi a Paolo: sulla
questione di C.risto e della risurrezione ti ascolteremo la volta prossima?
Se il jjroblcma sta in questi termini, la questione è ben jiiù radicale
del f-.re o no il XVII: si tratta di
scoprire la vera comunità di credenti, esigua senza dubbio ma reale in
mezzo ad un jtopolo valdesizzato
finché si vuole ma parecchio scristianizzato. Di quella comunità fanno parte vecihi e giovani, pietisti e
innovatori, nella misura in cui si
riferiscono a Gesù Cristo. Il popolo è quello che è: indifferente e tradizionalista, religioso e superstizioso, critico ed interessato come lo è
sempre stato e lo sarà sempre anche
se si dice valdese ed è in buona fede convinto di c, erlo. Non renderemo però, come chiesa, un servizio ai nostri fratelli valdesi secolarizzati e indifferenti continuando a
fare quello che facciamo: lasciandoci cioè dividere dalle istanze del
mondo in vecchi-giovani, conservatori-innovatori, mentre la sola divisane che dobbiamo accettare e rendere chiara fra noi è fede-incredulità.
Giorgio Tourn
La ricorrenza del 17 Febbraio
cade quest’anno in un clima politico-sociale che molti osservatori
descrivono col termine piuttosto
lugubre di « repressione ». I dati
in appoggio a questa diagnosi, purtroppo, non mancano. Si possono
certo avere pareri discordi circa
l’entità del fenomeno (che apparirà più o meno allarmante, secondo le diverse sensibilità politiche e morali delle persone), e si
può anche discutere se il termine
« repressione » sia il più indicato
a caratterizzare il momento che
stiamo vivendo in Italia. Ma è innegabile che vi sia stata e sia tutt’ora in corso un'azione intìmidaioria e persecutoria da parte del
potere costituito, avente come bersagli principali esponenti e attivisti del mondo sindacale e la cosiddetta sinistra extra-parlamentare
in blocco. A. Galante Garrone, in
un articolo di questi giorni apparso sul mensile « Resistenza », parla di « un diluvio di denunce, perquisizioni, arresti, sequestri di volantini, processi », e rileva « l’inaudita severità di alcune sentenze »,
come quella pronunciata contro il
giornalista Tolin, direttore di « Potere Operaio »: di fronte a questi
fatti « non si può non restare turbati ». E anche più che turbati.
Le nostre comunità stentano,
probabilmente, a riconoscere la
realtà di questa ondata reazionaria sia perché le fonti di informazione maggiormente diffuse tra i
loro membri tendono a ignorare o
negare o sdrammatizzare il fenomeno, sia perché i rapporti tra le
nostre chiese e gli ambienti più
direttamente e duramente colpiti
dall’ operazione poliziesca sono
molto tenui o del tutto inesistenti,
sia perché le chiese, comprese le
nostre, non sono fra le vittime dell’operazione: e non provandone gli
effetti, esitano a credere che sia
Il iiniiiiiiiiiiiiiiiHiiniimimiiHiMiiiHi
UOMINI E COSE NEL LONTANO 1848
Che disse il prime Sinodo dp l'emancipezione?
Lealismo riconoscente e ingenuo e responsabilità nuove di cittadini - La prima guerra e il
primo voto - Beckwith sottolinea l importanza capitale delle scuole ~ L’italiano nelle comunità
« Parlate ancora del 17 febbraio? Dopo tutte le caotiche noterelle... ».
A prescindere dal fatto che il caos,
come osservava giustamente un mio
dotto ed acuto giovane amico, è connaturato al tatto stesso, questa volta
non parleremo della festa; ma daremo
la parola al « fatto »: ad alcuni protagonisti, alle cose, agli istituti del periodo 1848-49.
Il sinodo della Emancipazione.
Un sinodo deludente, a giudicare dagli Atti conservati, e pubblicati dal nostro Teofii.o Pons in un prezioso volume: Actes des Synodes des Eelises
Vaudoises (1692-1854).
L’r sinodo che « siede » 4 giorni (1-4
agestj .848 a La Tour) e che affronta
anzitutto una lunga serie di problemi
amministrativi e finanziari: i Comuni
non pagheranno più le spese dei membri del Sinodo — ripartizione del sussidio nazionale inglese — inquadramento delle parrocchie in due ruoli
(di h e 2“ classe) — deficit delle spese
di Moderatura — pensioni — immobili, ecc. ecc.
E TEmancipazione?
Atti scarni: n. 3. Il delegato regio —
che per legge allora doveva assistere
al sinodo — esprime la sua soddisfazione ed il benvenuto « nella grande
famiglia italiana ».
N. 30. Il 17 febbraio « sarà per tutti
i Valdesi un giorno di festa nel quale
sarà celebrato le Service divin... ».
N. 34. « La Tavola è autorizzata a favorire l’adozione della lingua italiana
per l’istruzione pubblica e la predicazione... ».
Deludente? Fino a un certo punto!
Siamo sempre troppo proclivi ad
aspettare dai Sinodi la soluzione, la
parola d’ordine per le Chiese, le quali
sono singolarmente incapaci di trovare una soluzione, una parola d’ordine,
ed aspettano dal Sinodo la soluzione,
di Gino Costabel
la parola d’ordine; e sono stupite, e
scandalizzate forse, di ritrovarsi di
fronte alla loro miseria, alla loro incapacità, ai loro problemi.
E così, tutto sommato, il sinodo
1848 non è deludente: è un quadro fedele di un’assemblea ecclesiastica che
si trova di fronte a problemi nuovi,
che non ignora, ma che non è preparata ad affrontare: cadono vecchie barriere (anche se non tutte), si apre una
nuova frontiera: il Piemonte oggi, fra
poco l’Italia. È interessante notare che
Piernonte e Italia già sono un tutto
per il buon valdese. Un’assemblea che
deve prender coscienza di essere l’organo supremo della Chiesa, e non può
ancora dimenticare che la Tavola ed
i Pastori sono anche stati la guida del
“ *• popolo che ha molte
plici interessi materiali che non sempre coincidono con quelli spirituali.
Chiesa e politica.
Se gli « Atti » sinodali sono scarni,
la corrispondenza, pure scarsa, è interessante. Si è tanto parlato del lealismo sabaudo dei Valdesi, che il toccare ancora questo tasto ci sembra
stucchevolmente antistorico. Lascieremo anche qui parlare i testi.
Nonostante l’amarezza della delusio
ne di cui si fa portavoce il pastore
A. Beri in una lettera del 10 febbraio
’48 (era già stato informato a Torino
del contenuto della « Emancipazione »)
la Tavola, in data 2 giugno 1848, ritiene opportuna una manifestazione solenne; con una circolare sono invitati
i pastori come segue:
« ...Tutti questi lieti avvenimenti (vittoria di Coito — resa Peschiera! —
sconfitti gli Austriaci) ci impongono
indubbiamente il sacro dovere di presentarci davanti al Re dei Re, l'Eterno,
il Dio degli eserciti, per presentargli le
nostre umilissime fervide azioni di
grazie, e benedirlo dal più profondo
dei nostri cuori, per aver fino ad oggi
protetto col Suo potente Scudo il Grande Guerriero ed il Suo valoroso esercito, concedendogli di continuare coraggiosamente la bella opera della indipendenza della Patria Italiana ».
E per il primo anniversario della
Emancipazione, la Tavola vuol mettere un po’ d’ordine! Nella preghiera che
precede il sermone, suggerisce di introdurre le seguenti frasi;
« ...Ma noi ti lodiamo in modo particolare insieme a tutti i nostri fratelli di queste Valli oggi riuniti in culto
speciale, perché Tu hai mandato il tuo
Figlio nel mondo per salvarci, perché
dopo averlo dato per le nostre offese
lo hai risuscitato per la nostra giustificazione. Sopra tutto, ti rendiamo grazie in questo giorno perché hai reso il
cuore del Monarca Augusto e Magnanimo al quale hai affidato il governo
di questo popolo, incline a proclamare solennemente in un giorno come
questo la nostra emancipazione civile
(continua a pag. 3)
realmente in corso, dato che, istintivamente, non si crede se non a
ciò che si prova.
Ciò nondimeno, proprio la data
del 17 Febbraio, che ricorda la
(parziale) emancipazione religiosa
e civile dei Valdesi ottenuta dopo
durissima lotta e immensi sacrifici ricorda anche, per contrasto, la
plurisecolare repressione cattolica
e sabauda di cui i Valdesi sono stati vittima. Una repressione ora
aperta ora subdola, ora sanguinosa ora incruenta, ora brutale ora
vellutata; comunque una repressione sistematica e spietata, tesa a
un unico fine; l’eliminazione -fìsica
dei Valdesi o almeno la loro completa neutralizzazione, in modo da
soffocare e ridurre al silenzio l’unica voce protestante del paese. La
repressione anti-valdese si prefiggeva, come risultato ultimo, la
soppressione dell’eretico irriducibile e irrecuperabile. E così è sempre; ogni repressione tende a diventare soppressione. Chi reprime,
in realtà vuole sopprimere. Perciò
ogni azione repressiva è un attentato non solo alla libertà ma, in
fondo, all’esistenza stessa dell’erequalunque tipo esso sia.
11 17 Febbraio, tra le altre cose,
CI ricorda anche questa: che le nostre chiese, se in questo momento
non sono bersaglio della repressione (e varrebbe la pena domandarsi perché), lo sono state a lungo nel passato, e non devono mai
dimenticare di esserlo state.
Il fatto che la protesta che ieri
si è tentato, in tutti i modi, anche
1 piu diabolici, di sopprimere fosse di natura religiosa, mentre la
protesta che oggi viene colpita è
di natura sindacale e politica, non
cambia la sostanza del problema.
Infatti, la libertà è indivisibile:
libertà religiosa, libertà di pensiero e di espressione, libertà civili,
libertà politiche e sindacali sono
interdipendenti: sono come tanti
rami di una stessa pianta. Tagliare
un ramo significa mutilare tutta la
pianta. Tutti i rami sono ugualmente belli e necessari. Chi ama
una libertà, deve amarle ugualmente tutte.
Il fatto poi che l’azione intimidatoria e persecutoria dei nostri giorni sia settoriale e non generale, riguardi cioè solo una frangia della
popolazione e non l’intera cittadinanza, non ha alcun rilievo. Son
sempre le minoranze a esser perseguitate. Anche i Valdesi erano
una piccola minoranza. I denunciati, comunque, sono quasi diecirnila; molti, troppi. Di questi diecimila molti, senza dubbio, sono
perseguitati solo per le loro idee,
non per dei misfatti che abbiano
commesso. Come i Valdesi prima
del 1848 venivano perseguitati per
delitto d eresia, cosi molte persone
nel nostro paese sono oggi denunciate per delitto ideologico. E se
anche non fossero molte, ma poche; se anche una sola persona dovesse essere stata denunciata o
imprigionata per delitto ideologico, l’obbrobrio non sarebbe minore. Al totalitarismo cattolico di
ieri corrisponderebbe oggi un totalitarismo ideologico latente, altrettanto pernicioso e liberticida.
Il 17 Febbraio, alba di libertà
dopo secoli di repressione, impegna le nostre chiese a ricordarsi
che sono state anch’esse vittime di
una lunga e feroce repressione. La
lotta dei Valdesi per la nostra libertà deve continuare in una nostra lotta per la libertà degli altri,
in primo luogo di quelli che oggi
sono vittime della repressione, anche se non per motivi religiosi. Le
loro libertà e la nostra sono legate
a filo doppio. Paolo Ricca
2
pag
N. 7 — 13 febbraio 1970
“DIO RICONCILIA E UBERA” : VERSO [/ASSEMBLEA RIFORMATA
E CONGREGAZIOxNALISTA DI NAIROBI (AGOSTO 1970)
LA LIBERTA’
Tutti gli uomini cercano la libertà, ma essere liberato dall’asserviraento
ad altri e dalla costrizione esterna non implica automaticamente una liberazione interiore. Essere liberato da non significa neccessariamente essere
libero per. La vera libertà è un dono della grazia e implica una vita di servizio
Esodo 6: 2-9
Galati 5
Il nuovo dizionario mondiale
Webster definisce la libertà « l’esenzione e la liberazione daH’autorità
di un altro o da un potere arbitrario ». Una definizione negativa, cbe
è però largamente confermata dai
fatti. Proprio per questo su tutta la
superficie del globo si organizzano
ogni giorno marce e proteste, dimostrazioni e campagne per la libertà;
bisogna essere liberati dalla fame,
dallo sfruttamento, dall’oppressione.
Questa definizione negativa sembra
applicarsi perfino ai neonati, perché
pare che uno dei rari tratti comuni
a tutti gli infanti, alla nascita, è il
fatto che s’infuriano quando si tengono loro le mani o i piedi in modo
che non possano muoversi. È l’amore per la libertà o l’odio per la costrizione? Poco importa. In tutti i
casi l’odio per la costrizione può servire da trampolino all’amore per la
libertà, che pare così diffuso in tutte le epoche e in culture così diverse che lo si può giustajnente definire universale.
Nel 1320 i nobili scozzesi, dichiarandosi decisi a non sottomettersi
alla dominazione inglese, affermavano; « Non lottiamo per la gloria né
per le ricchezze né per gli onori, ma
unicamente per la libertà che ogni
uomo dabbene non perde che con la
vita ». Parole che sembrano tanto
attuali e universali che si sarebbe
potuto usarle centinaia di volte
quando, in tutto il mondo, si è lottato per la libertà nazionale e combattuto il colonialismo o l’imperialismo. Il desiderio di autodeterminazione dev’essere un istinto politico altrettanto fondamentale quanto
la collera del neonato quando gli si
impedisce di muovere le membra.
Nella libertà vi è però un paradosso. (luando nessuno s’impiccia
dei nostri affari e quando siamo al
sicuro dalla costrizione, ciò non vuol
dire che siamo liberi di fare quel
che vogliamo. Un lattante lasciato a
sé stesso non sopravviverebbe. Un
adolescente che rifiuti 1 autorità paterna e abbandoni la sua casa per
volare con le proi)rie ali vivrà forse
in condizioni assai più diffìcili di
quelle conosciute prima. Una giovane nazione liberata dal colonialismo
j)uò conoscere un livello di vita assai inferiore a quello a cui viveva
alTejioca deH’occupazione straniera.
Deve esserci una libertà diversa da
« l’esenzione o liberazione dall autorità », e deve avere un significato
positivo; il potere o la capacità di
fare qualcosa e di essere qualcosa.
Non basterebbe l’abolizione di legsi che vietassero, ])oniamo, di suonare il pianoforte, per rendermi libero di suonarlo; né bastera una diminuzione di tensione nella guerra
fredda per rendermi libero di parlare il russo; bisogna prima che impari il russo e a suonare il piano.
D’altro lato si può essere liberi da
ogni costrizione esterna e da ogni
servitù, eppure essere vittime di timori, angoscio, condizionamenti interni; inversamente ci si può trovare in carcere e godere della liberta
interiore. Rinchiuso in una cella nazista e condannato a morte, Dietrich
Bonhoeffer ha jiotuto scrivere;
...Spesso, mi dicono
che dalla mia cella esco
dist.e.so, fermo e sereno
come un gentiluomo dal suo castello,
mentre parecchi dei suoi guardiani
erano sicuraTiiente in preda a paure
e angosce ossessive.
f: evidente, la libertà riveste aspetti diversi; si è liberati da e liberi
per; c’è una libertà esteriore e una
libertà interiore. Uno degli aspetti
]>iii interessanti della liberta e la relazione fra libertà individuale e libertà collettiva. Un uomo può essere libero ila solo o può esserlo anche in compagnia dei suoi simili?
Più si insiste sulla liberazione da,
piii .sembra che Robinson Crusoe,
solo sulla sua isola deserta, sta
ruotilo più libero di tutti, poiché la
sua libertà non è limitata da nessun
altro. Da questo punto di vista ogni
individuo che si jiresenta ad un altro ne minaccia la libertà, imponendo<di limiti e doveri e imprigionan
dolo in una rete di obblighi sociali.
Di fatto, per parafrasare Sartre, l’asservimento, sono gli altri.
Se però si parte dal principio della libertà in vista di un obiettivo,
piuttosto che dalla liberazione da
una costrizione, il caso di Robinson
Crusoe si presenta sotto tutt altra
luce. È libero di pescare e cacciare
e vedersi invecebiare, ma d’altro lato la scelta delle sue attività è assai
limitata. Con moglie, figli e vicini
sarebbe in grado di godere di una
vita assai più ricca di quella che mai
riuscirebbe a condurre solitario e
gli altri, anziché portargli schiavitù,
sarebbero altrettante porte d’accesso al fiorire della sua personalità in
una vita più ricca e più bella.
Va da sé, la libertà in società esi
coraggio e con la fortuna,
jmò sopravvivere
Robinson
parecchi
Crusoe
anni, ma le sue libertà sarebbero limitate e oscurate dalla prospettiva
di una morte solitaria. La libertà è
un fatto più sociale di quanto non
sembri a prima vista e le libertà alle quali teniamo maggiormente —
come la libertà d’espressione e la
libertà di culto, la libertà conseguente all’assenza di miseria e alla
assenza di jiaura — sono libertà delle quali non possiamo godere se non
siamo pronti a condividerle con altri
e a utilizzarle per gli altri.
Come, a volte, pensiamo che i nostri simili siano talvolta i nemici
della nostra libertà, così alcuni vedono in Dio un despota. Nietzsche,
Sartre e numerosi altri scrittori con
Come è già stato segnalato, nell’agosto prossimo si terrà a Nairobi, nel
Kenia^ una Assemblea unita dell’Alleanza Riformata Mondiale
(ARM) e del Consiglio Congregazionalista Internazionale (CCI), assemblea che dovrà sancire la fusione dei due organismi confessionali, dopo
che entrambi, udite le Chiese che li costituiscono, hanno già approvato
tale fusione. La Chiesa Valdese sarà rappresentata a Nairobi dal pastore Paolo Ricca. Tema dell’Assemblea sarà; «Dio riconcilia e libera» e
affinché sia preparata nelle Chiese i’ARM e il CCI hanno pubblicato
una guida di studi biblici, curata dal prof. D. M. Mathers del Queen’s
Theoiogical College della Chiesa unita del Canada. Poiché non è stata
possibile una pubblicazione in italiano (l’opuscolo è stato pubblicato e
diffuso in 8 lingue fondamentali euroamericane, africane e asiatiche),
offriremo ai nostri lettori, durante alcune settimane, la traduzione dei
sei studi biblici; dopo il primo, pubblicato qui, che affronta la questione
di fendo della libertà, seguiranno ; La riconciliazione — Dio — Dio riconcilia e libera i forti e i deboli — i ricchi e i poveri — i giovani e i
vecchi. Si tratta di studi che ci paiono molto felici come aderenza biblica e come riferimento alla realtà odierna. red.
ge flairinilividuo certi sacr fici. Deve essere pronto a cercare la libertà
non solo per sé, ma con gli altri e
per gli altri e rindiviilualista più arrabbiato (leve porsi il problema se
apprezza maggiormente le libertà
(Ielle (juali gode da solo o quelle di
cui può godere in compagnia dei
suoi simili. Senza dubbio possibile,
questi due tipi di 1 berta ■— individuale e collettiva — hanno ciascuno il suo valore, ma alla fin fine la
società pare la più forte, perché
l’individuo non può sopravvivere
troppo a lungo da solo e ancor meno godere di una libertà reale.
Un lattante abbandonato non vivrebbe abbastanza a lungo da conoscere il gusto della libertà. Con il
siderano Dio come un tiranno celeste il quale impone agli uomini legil che a loro ripugnano, per privar
li della loro libertà. Pensano che
agli uomini spetti rivoltarsi contro
questa tirannia, rivendicare la propria libertà e porre le condizioni
della propria vita. Nietzsche e Sartre hanno senza 4ubb'o ragione di
dichiarare che l’umanità ha molto
sofferto per opera delle tirannie ecclesiastiche e delle oppressioni puritane, ma desumiamone una lezione;
i falsi dèi ^ religiosi o politici
sono sempre tirannici. Il vero Dio è
sempre colui che da la libertà.
Se possiamo supjiorre che la libertà è essenzialmente una liberazione da...: da altri, da leggi, da co
strizioni morali, possiamo pure sup
porre che se riuscissimo a domina
re perfettamente le nostre vite sen
za essere costretti a ubbidire ad al
tri, alla società e a Dio stesso, sa
remino allora realmente liberi. Ab
biamo però visto che la libertà è an
zitutto una libertà in vista di qual
cosa e non una liberazione da e cht
le libertà im])ortanti sono quelle che
dobbiamo condividere con altri e
utilizzare per gli altri. In un certo
senso la libertà è un dono, cjualcosa
che riceviamo in compagnia dei nostri simili e che non creiamo per
noi. Ma chi dà la liberta? Lo Stato
o i nostri genitori? Chi ci accorda la
libertà di essere e di fare ciò che siamo e vogliamo nell’int ino nostro.^
In fin (lei conti non può essere altri
che Dio, colui che ci dà la vita, a
darci la libertà. In altri termini la
libertà per noi deve significare Faccettare i doni di Dio, rallegrarcene e
utilizzarli in vista della realizzazione del suo disegno nel mondo.
La storia della liberazione d’IsraeIt' dall’Egitto, come ce la riferisce
il libro dell’Esodo, sembra un’illustrazione della 1 berazione da, ed infatti così è stato; il popolo d’Israele
è stato liberato dalla schiavitù e dall’oppressione. Ma, come Israele ha
scoperto lentamente e laboriosamente, questa libertà implicava fin dal
principio uno scopo: la libertà di
vivere nel patto con Dio, la libertà
di essere il suo popolo, la libertà di
fare la sua volontà nel mondo, la libertà di essere ciò che gli uomini
possono essere nel disegno di Dio.
Quand’ebbero dimenticato la schiaV tù d’Egitto e, per degli anni, le
tribolazioni nel deserto furono per
loro la realtà quotidiana, gli Israeliti mormorarono contro Mosè e non
seppero considerare né libera né
gioiosa la loro nuova vita. Tuttavia,
gettando come fa il salmista uno
sguardo indietro, potevano considerare questa nuova vita come il dono
generoso della libertà, come il grande appello a un avvenire pieno di
itioia. Lungo tutta la storia d’Israele
l’avvenimento dell’esodo appariva
come il grande principio. Non si
tratta soltanto della liberazione dalla
schiavitìi nel paese d’Egitto, che fu
semplicemente un compimento, ma
(Iella libertà di essere il popolo di
Dio, di servirlo e di servire tutta
l’umanità, di accettare gioiosamente
una vocazione di servizio.
La lettera di Paolo ai Calati è stata chiamata la « lettera della libertà
cristiana », perché l'apostolo vi dichiara che quando Dio chiama gli
uomini al suo servizio, li chiama a
una vita di libertà. Il problema che
si poneva era di sapere se i pagani
che si erano convertiti al cristianesimo dovevano seguire le prescrizioni ecclesiastiche giudaiclie, farsi circoncidere, obbedire alle norme del
sabato e osservare altre usanze israelite. La risposta di Paolo è (( no »;
queste sono semplicemente vecchie
prescrizioni ecclesiastiche (;he non
possono avere forza di legge per i
cristiani ; (juesti sono liberi di fronte ad esse.
Paolo non avrebbe insistito tanto
se si fosse semplicemente trattato di
liberazione da... Vuole che si sappia
che la liberazione del cristiano ha
uno scopo... il cristiano è libero di
vivere per lo Spirito e di camminare per lo Spirito, di dar prova d’amore, di gioia, di uno spirito sereno, di pazienza, di bontà. Non è una
libertà che permetta di soddisfare i
desideri della carne, poiché questi
ci riconducono alla schiavitù e distruggono la liberta; tanno parte
delle catene dalle quali dobbiamo
liberarci. È la libertà di essere nulla meno che umano, ma anzi pienamente uomo, di ripetere il (c sì » di
Dio alla vita, ma anche di ripetere
il suo (( no » a tutto ciò che ostacola
e diminu'sce l’uomo. È la libertà di
entrare nel patto di Dio con l’uomo
e di accettare la vocazione al discepolato che egli ci rivolge.
Se crediamo a Paolo e a Martin
Lutero, che spesso si è curvato sull’epistola ai Calati, la libertà cristiana non significa moralismo, sottomissione a una serie di obblighi
morali e religiosi nella speranza di
conseguire la salvezza, ma neppure
significa anarchia e disordine. È la
accettazione gioiosa della qualificazione; discepoli di Cristo; è, da parte nostra, una lieta ricerca, in compagnia di altri, di come compiere la
volontà di Dio nel mondo, per umanizzare la vita dell’uomo e per amare il nostro pross mo e glorificare
Colui che ci dona la liberta.
Donald M. Mathers
PAGINE DI STORIA VALDESE
QUEL TERRIBILE 1686
Il 18 ottobre 1685 il famoso e cristianissimo Re Sole revocava l’Editto di
Nantes (1598), che aveva assicurato
agli Ugonotti di Francia un lungo
periodo di relativa tranquillità; fu la
più grossa corbelleria che egli potè fare in nome della Santa Fede, che arrecò danno non tanto alla Riforma
quanto alla Francia, che ne uscì impoverita e minacciata dalla reazione
protestante europea.
Il suo zelo religioso lo spinse ad agire con ogni decisione sul dicjiottenne
nipote Vittorio Amedeo II di Savoia,
onde misure analoghe fossero prese
nei riguardi dei Valdesi delle Valli.
Cosi purtroppo avvenne, e il 31 gennaio 1686 il Duca emanava un editto
che ricalcava in pieno le misure della
Revoca dell’editto di Nantes e che taluno ha anche chiamato tollerante
per il solo fatto che non minacciava
feroci repressioni. In realtà 1 ipocrisia,
aveva dettato norme di genere tale
che avrebbero determinato in poco
tempo la fine del valdismo ; cessazione immediata di ogni forma di culto
valdese, demolizione di tutti i templi
o luoghi di riunione, cattolizzazione
di tutti i pastori o loro aUontanamento entro 15 giorni, battesimo cattolico
di tutti i neonati.
I Valdesi, sgomenti per 1 entità delle misure intolleranti, iniziarono una
lunga serie di trattative tendenti a
mitigare le norme dell’editto. non li
si poteva accusare di nessuna ciplpa o
ribellione, ma solo di una religione
diversa da quella dello stato.
Su questo punto però noii erano disposti a cedere ; per tutti scriveva
Stefano Bertin, uno dei maggiorenti
delle Valli; Sino al presente ho sempre obbedito agli ordini di S. A. R..
e lo voglio fare in avvenire.... purché
non mi parlino della coscienza e della
mutazione di religione ; questo non
io si deve pensare.
Infatti, persa ogni speranza di accordo, anche dopo l’intervento, nQ
mese di marzo, di una ambasceria
svizzera, i Valdesi si apprestarono a
difendersi, come già avevan fatto al
Pagine troppo dimenticate, oggi, eppure dalle bgrime e dal sandi quei credenti è cresciuta la nostra libertà di coscienza
gue di quei
tre volte, nella vaga speranza di aiuti
dai confratelli e di spingere il Duca
alla clemenza. Purtroppo non tutti
erano d’accordo su questa linea di
azione, e mancò loro anche un grande
capo ; Arnaud, che organizzava la resistenza, non godeva allora di sufficiente prestigio.
Rimasto inutile l’editto ciucale del
9 aprile che consentiva l’esilio volontario, alla fine del mese ebbero inizio
le ostilità, coordinate tra un forte
contingente di truppe sabaude, che
operavano in Val Pellice e quelle francesi condotte dal Catlnat, che agivano in Val Chisone e Germanasca.
Resistenza disp'rata dei Valdesi,
come ci dice un testimone oculare
cattolico ; « ..mon si può sempre vincere pochi ostinati senza dispendio di
sudore e di sangue, e la disperazione
in chi si difende prevale assai sulle
armi e sull’ardire di chi assalisce ».
Tutti i mezzi di difesa erano buoni ;
((Si erano i ribelli rifugiati sopra
l’eminenza che porta il nome di Grande Aguglia, di dove si diedero a precipitare con tanta furia si copiosa
quantità di pietre di grandezza ri°^
ordinaria, che artificiosamente perciiò
avevano accumulato, che parve piovessero dal cielo scogli spezzati... ».
La preponderanza degli assalitori, il
tradimento e la mancanza di un piano organico di resistenza ccindussero
però i Valdesi al disastro; distruzioni
in grande stile, uccisioni eci esecuzioni ( « gli alberi erano tutti pieni di impiccati»), i superstiti cacciati come
bestie nelle carceri di Luserna e di lì
n'^i vari castelii del P’emonie. Nelle
Valli non doveva rimanere nessuno;
« ...le genti, come truppe di cacciatori,
andavano per la montagna in cerca
dei ribelli (racconta sempre il nostro
cronista) e si pensò ad un altro espediente; fu una specie di battuta come
caccia generale, che riuscì, molto profittevole, poiché quelli che venivan
cacciati da una parte, andavano a incontrarsi nell’altra, giusto a guisa di
fiere che volendo ritrarsi dalle reti
che hanno a fronte, si inviluppano in
quelle che non disc^rnono al fianco...
sicché vari furono di nuovo costretti
ad arrendersi, vari rimasero presi, e
non pochi anche furono uccisi... Dal
che si venne a calcolare e comprendere non essere possìbile rimanere
nelle Valli poco più oltre di un ceritinaio di uomini che andavano dispersi per le più impraticabili pendici
di quei disastrosissimi icolli... ».
La conclusione del racconto ruotava ; « ...nella distruzione di questi religionari vien tolta una macchia al
Piemonte e a tutta l’Italia... e le radici della setta valdese, ora, grazie a
Dio, si credono svelte ed annientate ».
L’autore non poteva ancora prevedere l’audace e disperata resistenza dei
2C0 invincibili, la liberazione dei superstiti dalle prigioni..., e più tardi il
rimpatrio. , .
Intanto, però, in maggio i dodi(:i
mila valdesi superstiti (un paio di migliaia erano stati uccisi o erano fug;
giti) erano rinchiusi in quattordici
carceri, a soffrire di inedia, di stenti,
di malattie, che ne avrebbero poi ridotto il numero a un terzo ; meno di
quattromila avrebbero raggiunto ai
principio del 1687 l’ospitale terra sviz
Lasciamo ancora un momento la
parola al cap. Salvagiotto, il rorengo
che narra con estrema immediatezza
la disperata sorte dei
già era stato rinchiuso nei sotterranei del palazzo di Luserna, quaniio
vi fu condotta anche la moglie ; « e le
fecero credere che io ero già cattolizzato : ma non lo poteva credere, e
cos'( le dissi che no e che si desse ben
guardia di cattolizzarsi... ; e beato colui che poteva avere una pietra sotm
il capo per dormire, tanto i ministri
come gli altri...; e vi era poco tempo
che io ero in Luserna, che ho visto arrivare 400 persone di Frali, tant(3 donne che fanciulli e vecchi, uomini in
misero stato che facevano orrore a
vedere...; e tutti i giorni menavano
della nostra povera gente in prigione
da quei monti e strappavano d’entro
le braccia delle madri i loro bambini,
come lupi rapaci, e gridavano; ma
non vi era umanità da quella gente,
e ne impiccarono in quel tempo molti..., e avanti che sortissimo di quella
sala i vermi camminavano tutto intorno delle muraglie..., e non potevamo aver acqua per bere... E poi si fece
partire per Torino 160 persone circa,
e vi era 27 coppie di uomini tutti legati a due a due... e al sortire dalla
porta di Luserna vi era una grande
moltitudine che guardava, e
molte bestemmie, e diceva; Andate,
andate eretic’ ; razza del diavolo, e
guardate ancora una volta le vostre
montagne, poi mai più. E cosi andavamo in mezzo di quei soldati come
povere pecore in mezzo ai lupi... ».
A Torino. Salvagiot fu rinchiuso nel
mastio della cittadella; quivi sua moglie diede alla luce una bambina, che
fu subito battezzata cattolica... << e per
la volontà di Dio la piccola figlia mor di qui a un mese circa, ed io rimasi con la mia altra figlia Maria». Infatti anche la moglie, a seguito del
parto, era morta; nella napazione di
quel momento la penna di Salvagiot
è di straordinaria efficacia ed umanità ; <( ...e di qui a due giorni essa mor'„ e io le misi un lenzuolo, e quella
camicia di lino ben bianca, e le feci
io accomodare la testa, e poi la feci
seppellire... ». *
Oggi non si parla più molto di queste pagine di storia : eppure, è da
quelle lagrime e da quQ sangue che
è cresciuta la nostra libertà di coscienza, ed è quella gente che, con
l’aiuto di Dio, ci consente oggi di ricordare il 17 febbraio, giorno consacrato a meditare sulla fede dei padri
e sulla nostra.
Augusto Armand Hugon
3
13 febbraio 1970 — N. 7
pag. 3
Che disse il |ii'iiiifl Sinodo do|io l’eiiiiiiiei|i¡izioiie? M.OIÌSÌQlìOrB e profeSSOre
/ 1 ^ Ac. \ r»<-\nfìni r^ì^rrrirrVìii»
(segue da pag. 1)
e politica ed a permetterci così di godere dei nostri diritti così preziosi e
così dolci per chi sente che essi derivano direttamente da te, l'autore di
ogni grazia eccellente e di ogni dono
perfetto ».
Sempre per il buon ordine del culto,
suggerisce ancora:
« il canto si potrebbe prendere nel
Salmo 118 ».
L'inno della riconoscenza aH’Eterno,
senza nessuna contaminazione umana:
« Grazie a te per avermi risposto —
La mia salvezza per essere stato —
La....
Dal Signore questo è venuto
Mirabile cosa ai nostri occhi
Questo è un giorno di gesta di Adonai
Felici siamo e tripudiamo con lui ».
Con l’azzurra coccarda sul petto...
Non è più il Salmo! L'abbiamo già
detto: c’è pure Carlo Alberto, « l'italo
Amleto » discusso e discutibile, ma che
dovette apparire ai Valdesi come un
protettore terreno contro le mene dei
clericali retrogradi e conservatori, in
un momento particolarmente delicato
Una lettera interessante del dinamico pastore A. Bert, cappellano delle
ambasciate protestanti a Torino, in da
ta 12 aprile 1848, al pastore 7. J. Bon
¡Olir (S. Germano), ci presenta un qua
dro interessante di questo periodo
Egli riferisce le voci che circolano ne
gli ambienti bene informati che è so
lito frequentare; voci poco simpati
che: si dice che i Valdesi vorrebbero
approfittare della libertà concessa e
della critica situazione politica per
rappresaglie ai danni della popolazione cattolica, i cui esponenti sarebbero
stati estromessi dalle [unzioni direttive delle milizie comunali. La Gazzetta
Piemontese e La Concordia deplorano
queste voci che vengono diffuse da
« calunniatori e tristi ».
11 nostro cappellano, comunque, si
fa ricevere dal ministro degli Interni,
marchese Ricci, il quale conferma la
esistenza di queste voci, ma riafferma
anche la piena fiducia del Re e del
Governo, i quali non avrebbero nulla
in contrario a dare le armi ai Valdesi
per difendere il colle La Croix c d’Abries per impedire eventuali penetrazioni di forze nemiche.
E il Bert suggerisce una dichiarazione di lealismo alla Casa Sabauda e di
piena disponibilità per la difesa della
patria italiana; presenta anzi alla Tavola una bozza tii dichiarazione, di cui
diamo l'ingenua conclusione (così cora’è scritta):
« Viva nostro Buon Padre ed Augusto Re Carlo Alberto —
Viva lo Statuto c le Camere —
Viva la comune Patria, Italia, Piemonte ».
Con « l’azzurra coccarda » di Casa
Savoia « sul petto » i Valdesi si preparano a morire nella Prima guerra d'Indipendenza.
A morire, ma anche a vivere da uomini liberi che devono esercitare il
loro primo diritto democratico: il
voto.
E così, nel giugno 1848, ancora il pastore A. Bert sollecita il Moderatore
a... muoversi, se lo ritiene opportuno,
in favore della costituzione di un
« Collegio elettorale » che dovrebbe
comprendere tutti i comuni valdesi
della Val Pellice e Germanasca: una
popolazione di 20 a 22 mila abitanti.
Per conto suo ne ha già parlato, al solito, col Ministro degli Interni, marchese Ricci, che non è sembrato del
lutto ostile.
La Tavola e Beckwith.
Il sinodo del 1848 avendo votato
(atti 46) la sua più viva riconoscenza
al Maggior Generale Beckwith, questi
rispose con una lettera di cui diamo
la seconda parte (tradotta, come del
resto tutte le citazioni che abbiamo
dato fin qui). Due semplici fogli di carta da lettere comune, modestamente
firmati Charles Beckwith.
« ...Continuate a camminare nella Via
antica, in tutta semplicità e integrità
di cuore. La medesima luce che ha
brillato nelle tenebre del nono secolo
illuminerà i vostri passi in mezzo alle
cose che stanno per far tremare la
terra sotto i nostri piedi, e vi renderà
sempre più facile di giocare il vostro
ruolo negli avvenimenti che la Provvidenza ci riserva. Siate costanti e fermi; non dandovi ai cambiamenti, ma
senza rifiutarvi ai mutamenti richiesti
dai tempi, dalle cose e dalla carità verso coloro con i quali avrete rapporti.
Siate uniti fra di voi; agite come avete fatto dall’inizio di tutto quello che
accade, con buon senso, moderazione,
dimenticando le offese passate.
La vostra Chiesa è bene organizz.ata, la vostra educazione pubblica compie il suo dovere; portate la vostra attenzione principalmente sulle scuole
di quartiere; il benessere dei vostri ragazzi dipende in gran parte dalla loro
efficacia. In questi vivai vengono gettati i primi germi di quelle grandi verità sconosciute a Socrate e Platone.
Lì s’innesta sui teneri virgulti la parola di quella Regola di fede immutabile
che annunzia Gesù Cristo crocifisso,
unico Mediatore fra Dio e gli uomini...»
E il nostro Beckwith passa all’azione. Il 7 settembre 1848 egli scrive al
Moderatore per presentargli un suo
progetto di attuazione di un deliberato sinodale che è di capitale importanza: l’autorizzazione alla Tavola di
favorire l’uso della lingua italiana nelle parrocchie dove ciò è possibile.
Per il Beckwith l’interpretazione deve essere estensiva e radicale. Egli ve
de oltre i confini delle parrocchie, e
l’istruzione è solo uno strumento per
annunziare l’Evangelo. Perciò a sue
spese egli offre di mandare a Firenze
e Pisa quattro « Pasteurs et Recteurs »
per imparare l’italiano. Inoltre, a La
Tour, durante tre mesi gli insegnanti
delle « grandes Ecoles » — sempre a
sue spese — saranno convocati per seguire un corso « d’italien » tenuto da
competenti con un programma di 30
ore settimanali!
Il programma prevede lettura, grammatica, componimento, analisi, conversazione e 6 ore per il Culto italiano.
E qui ci dobbiamo fermare; senza
commenti, perché gli uomini nella loro fede semplice, parlano; bisogna
osare, uscire dal ghetto, esser preparati; affrontare coraggiosamente i nuovi tempi, senza rifiutare quei mutamenti che essi richiedono: un cammino che non era facile allora (lo è forse oggi?), ma che è stato posto all’attenzione della Chiesa, sia pure con
dubbi e contraddizioni, nel lontano 1848. Gino Costabel
Rettifica. — Caro direttore, nell’ultimo numero delle mie Noterelle, devo
segnalare due piccoli infortuni:
1) Bisogna leggere: prof. Liizzi e non
Ruzzi; tanto per la pace del nome suo
a Eirenze.
2) La discussione «vive, dénuée d’intérêt » è diventata logicamente « vide »; invece è proprio « vive »: allora,
si potevano avere discussioni vivaci,
ma prive di qualsiasi interesse!
Cordialmente Gino Costabel
Non siamo più ai tempi di Galileo, dice un docente dell’Gniv e esitò Cattolica di Milano
Franco Cordero, che attualmente ha
41 anni, insegna dal 1962 filosofia del
diritto all’Università Cattolica di Milano. O meglio, insegnava: quest’anno
l'incarico non gli è stato rinnovato, dopo un dibattito epistolare in due battute con Monsignor Carlo Colombo, consigliere teologo del Papa. I documenti
di codesto dibattito (una lettera di Carlo Colombo a Cordero, e la parte conclusiva di un pamphlet intitolato Risposta a Monsignore con cui il professore
ha contrattaccato) sono comparsi su
« L’Espresso » (1-2-1970). Poiché nel collaborare a questo giornale mi sono andato scegliendo, come argomento, Tosservazione di alcuni aspetti del Cattolicesimo, mi pare di non poter passare
sotto silenzio questo dibattito, anche
se, dal momento che desidero dialogare direttamente con quella parte
della Chiesa romana che ha l’autorità
c il potere, l’esprimermi francamente
su di esso potrà forse crearmi qualche
difficoltà.
Per chi non avesse ietto il periodico
riassumo la questione: Cordero ha pubblicato nel 1967 un trattato di filosofia del diritto, Gli osservanti. Fenomenologia delle norme, che non era tale
da riuscire gradito a chi governa l’Università Cattolica, anzi era tale da riuscirgli alquanto sgradito; l’anno scorso,
sebbene già si fossero manifestate del
le reazioni sfavorevoli e Monsignor Colombo, il quale è presidente della fondazione Toniolo, da cui dipende per
statuto la Cattolica, avesse fatto sapere al preside dell’Università che sarebbe stato bene pensare alla nomina di
un titolare per la cattedra di filosofia
del diritto (che Corderò teneva per incarico), titolare che evidentemente sarebbe stata un’altra persona, tuttavia il
docente ha scelto come libro di testo
per il suo corso 1968-69 quel suo trattato.
Il 14 settembre dell’anno scorso Colombo ha scritto al professorino una
letterina al ghiaccio secco, in cui l'eloquio ecclesiastico e la chiusa, con l’accenno alle preghiere in cui Monsignore
ricorderà il Professore e la sua famiglia, non tanto attenuano, quanto evidenziano, con bagliori che fanno pensare alla pittura del Seicento, un preciso ultimatum, che espresso in lingua
discorsiva e piccoloborghese di oggi
suonerebbe così: o la pianti, o ti butto fuori.
Il Corderò si è seccato assai della cosa ed ha risposto con durezza ed anche, direi, con brillantezza di cui è possibile avere un’idea parziale (perché
nel periodico è riprodotta soltanto la
chiusa del pamphlet, come ho detto),
che tuttavia colpisce e fa riflettere.
Bazzicando in ambienti
radicali ben
im CRISTIANO MANCATO ^
BERTRAND RUSSELL
Sete di amore, ricerca di conoscenza e un’intollerabile pietà per le soflerenze degli uomini: queste le sue tre passioni
Amore verso il prossimo e ricerca costante della conoscenza
sono stati alla base della vita e
dell'opera di Bertrand Russell,
spentosi nei giorni scorsi a 97 anni nella sua casa del Galles del
Nord, a seguito di un attacco influenzale.
Egli viene consegnato alla storia come uno fra i più importanti
ed illuminati matematici, filosofi,
moralisti, letterati del nostro
tempo.
Come matematico e filosofo, ricordiamo i suoi Principi della matematica, coi quali, staccandosi
dall idealismo hegeliano, riprende
la^ tradizione pitagorico-platonica;
L’analisi della mente, L’analisi della materia, La conoscenza umana:
suoi scopi e suoi limiti: con queste sue opere e tante altre, si evidenzia sempre più il suo senso
analitico e logico-matematico che,
a parere di molti esperti, ha segnato una nuova tappa nell’ambito
della filosofia matematica e della
scienza.
Come moralista, la personalità
di Russell — illuminista e volterriano — si è affermata nel respingere tutte le frustrazioni delle dottrine morali e religiose tradizionali. Di conseguenza si batté, nel
corso di tutta la sua lunga vita
— da buon pragmatista anglosassone — contro tutte quelle che ritenne deviazioni e deformazioni
della logica e della ragione.
fianco alla sua attività
più “scientifica" vi è quella "umana , quella cioè che maggiormente ci interessa e ci fa sentire più
"nostra” questa grande personalità, se si vuole escludere il suo
agnosticismo religioso (espresso
nel libro Perché non sono cristiano, in cui nega l’esistenza dell’anima e la vita ultraterrena) e certe
sue teorie molto spregiudicate sul
sesso e sulla vita matrimoniale
(Matrimonio e morale).
Egli infatti, parallelamente alla
pubblicazione dei suoi scritti, che
ammontano ad una settantina di
libri e ad oltre mille articoli e saggi, ha testimoniato sempre coll’azione — e pagando di persona
col carcere e con varie umiliazioni — ciò in cui credeva.
Si batté così via via con instancabile energia per l’emancipazione
della donna, per un socialismo libero, per I’anticlericalismo, contro
le dittature, contro il razzismo,
contro la guerra.
Conobbe per la prima volta il
carcere allorché, insegnante a
Cambridge, durante la prima guerra mondiale, e precisamente nel
1918, scrisse contro la coscrizione
obbligatoria e difese l’obiezione di
coscienza. (Ricordiamo che oggi in
Gran Bretagna non esiste più il
servizio militare obbligatorio. Sono però stale rese note proprio in
questi giorni le preoccupazioni del
governo inglese per la crescente
carenza di... vocazioni in campo
militare).
Viaggiò moltissimo — cosa che
fece con gran piacere in quanto
era "cittadino del mondo”—; andò
pure in Russia ed in Cina dove,
nel 1920 insegnò anche presso
Fin dal 1937, con humour tipicamente britannico e con spirito autocritico, B. Russell areni preparato il
necrologio di sé stesso, poi incluso nei
suoi « Saggi impopolari «;
« ...La sua vita, pur con tutta
la sua perversità, ebbe una certa anacronistica coerenza, che
ricorda quella degli aristocratici ribelli dell’inizio del secolo
diciannovesimo. I suoi principi
erano bizzarri, ma essi comunque governavano le sue azioni.
Nella vita privata non dimostrò affatto quell'acerbità che
deformava i suoi scritti, ma fu
un conversatore geniale e non
privo di umana simpatia. Egli
ebbe molti amici, ma era sopravvissuto a quasi tutti. Nondimeno, a coloro che rimanevano,
egli appariva, anche nell’estrema vecchiezza, come un uomo
contento e soddisfatto, e ciò senza dubbio era dovuto in larga
misura alla sua eccellente salute, giacché politicamente, durante i suoi ultimi anni, egli era
non meno isolato di Milton dopo la Restaurazione. Fu Tuttimo sopravvissuto di un’epoca
ormai morta ».
l’università di Pechino. Si recò poi
negli Stati Uniti, da cui venne
espulso nel 1940 per le sue teorie
sul sesso e suH’educazione sessuale nelle scuole, ritenute immorali.
Nel 1944 fu richiamato a Canibridge; nel 1949 venne insignito
della più alta onorificenza inglese,
1’« Orcler of merit » (che ci stupisce abbia accettato); nel 1950 gli
venne conferito il premio Nobel
per la letteratura.
Venne arrestato un’altra volta
nel 1961 allorché inscenò, col Comitato dei Cento da lui fondato,
una grande dimostrazione pacifista a Londra, davanti al Parlamento: aveva quasi novant’anni e fu
lenuto "dentro” per una settimana.
Nel 1962 si occupò attivamente
della crisi cubana ed ebbe scambi
epistolari con Kruscev, Kennedy
ed il segretario delle Nazioni Unite, Thant. Nel 1966, come conse
guenza alla sua decisa opposizione
alla guerra americana in Vietnam,
formò il tribunale a lui intitolato
che processò gli Stati Uniti per crimini di guerra, dichiarandoli colpevoli di genocidio. Altrettanto decise sono state successivamente le
prese di posizione contro l’invasione della Cecoslovacchia da parte
delle truppe del Patto di Varsavia,
e contro il trattamento riservato
dal governo sovietico agli scrittori
dissidenti.
È nota a tutti la sua posizione
contro il pericolo degli armamenti atomici: in un primo tempo, in
effetti, egli ritenne che l’arma atomica potesse essere un utile deterrente, ma poi, con la creazione
deH’organizzazione detta « Campagna per il disarmo nucleare », di
cui fu eletto presidente, egli rifiutò radicalmente la teoria dell’equilibrio del terrore.
Per parecchie persone, specie
della classe borghese, Russell è
stato simbolo di contraddizione, di
incoerenza, di trasformismo politico, di utopismo, mentre i marxisti a loro volta lo hanno in certi
momenti strumentalizzato. A noi
invece pare che egli abbia dato
prova di una esemplare e coraggiosa continuità di azione, battendosi contro ogni dogmatismo e
schematismo, con quello spirito libero e indipendente che per noi
credenti non è senza analogie con
« la libertà del cristiano », sebbene
sganciata dal riferimento a Cristo.
Egli ha saputo respingere etichette di qualsiasi genere: ha condannato l’aggi'essione cecoslovacca, ma prima aveva denunciato
quella americana in Vietnam; ha
protestato contro le repressioni
sovietiche come contro quelle del
sistema capitalistico.
Bertrand Russell ò morto di
morte naturale: egli ha già avuto
questo "privilegio”, se si pensa alle tragiche fini di Gandhi e di Martin Luther King, alle cui attività
quella del filosofo inglese è stata
per tanti aspetti così alfine.
Malgrado la sua tarda età era
più che mai "giovane” ed il suo
costante contatto con la gioventù
rimane uno dei lati positivi della
sua testimonianza. Anche in questo caso egli ci ha dato prova del
suo anticonformismo "logico”:
c’è da augurarsi che tutti i "giovani” di spirito e di età non lascino
cadere il suo messaggio, volto in
definitiva al desiderio del sapere,
all’amore, alla pace fra gli uomini
in un mondo più giusto.
Roberto Peyrot
so che le meglio e più azzeccate polemiche anticlericali le sanno fare quelli che hanno frequentato da studenti
(ma talvolta, è chiaro, anche da professori) le scuole dei preti. Fra le altre stoccate portate con molta giustezza contro la volontà repressiva delle
autorità ecclesiastiche, che disprezzano, quando si va al dunque, le sottigliezze dei pennaruli, e preferiscono
l’elementare logica del potere che, si
esprime in certi aut aut come quello
che ho dinanzi tradotto, fa molto effetto la formula d’abiura che il S. Uffizio fece sottoscrivere al tramortito
Galileo Galilei, « giudicato uehementemente sospetto d’heresia, cioè d’hauer
tenuto e creduto che il sole sia centro
del mondo et immobile e che la terra
non sia centro e che si muova ».
A questo punto può darsi che qualche lettore benpensante obbietti mentalmente: ma la storia di Galilei la
sanno tutti, fa parte del vecchio arsenale anticlericale; chi lavora in una
istituzione cattolica deve sapere a priori che in quel piatto potrà trovarsi
qualche ossicino di Galilei, di Bruno,
Campanella e compagnia; come mai
costui se ne accorge solo adesso? Si
vede che ci saranno sotto altre beghe,
altri fatti personali che non sappiamo.
A un certo punto verrà fuori forse, da
qualche parte, l’arcano, una ragione
non lodevole di questa contestazione
rabbiosa, e chi si è compiaciuto di aggregare il Cordero (che fa riferimento,
nel suo scritto, alle conquiste del laicismo, dalTilluminismo in poi) fra i cavalieri della libertà di coscienza, farà
la figura dello sciocco.
Sento dirmi da un altro benpensante; fare il contestarore, oggi, è un affare d’oro. I borghesi vanno a frotte a
farsi pigliare a pesci in faccia, a pagamento, da Fo in teatro e da Pasolini al
cinema. Cohn-Bendit si faceva un bel
po’ di talleri col suo libro mentre qualche disgraziato borghese, magari piazzista di coloniali e scatolami, si doveva
ricomprare a sudatissime rate l’automobile sfasciatagli dagli studenti nel
maggio francese. Questo signore, facendo pubblicare le sue tirate, non può
non pensare alle tirature soddisfacenti
che assicura in tal modo ai suoi libri,
che altrimenti avrebbero talora, in ipotesi, potuto prendere a un certo punto
la via del Remainder.
Sono obbiezioni che non trascuro, ma
prima di rispondere ad esse, vorrei fare una considerazione di carattere vagamente sociologico.
Come gli anticlericali dell’ottocento
(fra i quali mi vado aggirando in questo periodo per una mia ricerca storica) facevano fuoco e fiamme contro
1 oscurantismo papista, ma non gli dispiaceva che con questo fuoco e fiamme ci uscisse anche un bel po’ di fumo
per nascondere la politica di tipo crispino che favorivano in campo sociale, beneficiari di .una repressione laicoborghese non meno dura di quella ecclesiastica; così oggi periodici e giornali di un certo establishment non vanno talora del tutto esenti dal sospetto
che, proiettando una luce piuttosto sinistra, e sia pure ben diretta, sulle
strutture in cui la realtà della storia e
della società ha collocato il gregge cristiano, si compiacciano talora di un sottile calcolo sui possibili rimbalzi successivi della loro azione pubblicistica.
Infatti, se le strutture, che coordinano
la parte delTumanità che ha una fede
religiosa, sono suscettibili di applicarsi al rinnovamento della società anziché
alla conservazione, questo rinnovamentC' diventa assai più probabile; se risulta chiaro e indiscusso che tali strutture sono e saranno sempre, perché tale è la loro natura organica, fattori di
conservazione retriva, il dialogo si chiude, prendiamo atto che le cose stanno
così e non si possono cambiare, non
discutiamo più. E questo, a certuni, farà molto piacere.
Passando ora a rispondere alle obbiezioni del lettore benpensante, vorrei dire che ne riconosco il carattere
realistico, ma tuttavia le rifiuto.
Le rifiuto, perché quand’anche in questo scandalo le cose stessero in modo
che chi lo ha suscitato meritasse la
sorte spiacevole di cui in Luca 17, 2
(ma da quanto leggo deduco invece che
Cordero è una di quelle coscienze scomode, inquiete e dirette che non hanno vita facile), sarebbe bene che lo
scandalo avvenisse, e che gli argomenti che in questa occasione vengono rispolverati non siano dimenticati.
Questo purché il sospetto (ma come siamo sospettosi oggi) a cui accennavo, risulti infondato, e che l’effetto della polemica non sia, conclusivamente, di scoraggiare il dibattito e
squalificare la contestazione.
Sappiamo benissimo che il caso del
potente che, per essere aggregato alla
centrale del potere, può permettersi
di disprezzare il suo interlocutore, per
ragioni che abbia colui, non è peculiare né di questa né di quella istituzione
c può rappresentare una situazione ovvia e quotidiana anche in istituzioni laiche come la FIAT o il PCI. Ma non
può, non deve lasciarci indifferenti che
ciò avvenga in una istituzione cristiana, appunto perché cercando per conto nostro di essere cristiani, presupponiamo che il dialogo che essa ci propone debba essere un dialogo fra cristiani.
Augusto Comba
4
pag. 4
N. 7 — 13 febbraio 1970
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
E Una pagina di
Leonhard Ragaz
Come possiamo distinguere Ira credenti
e non credenti, tra devoti e atei? Con la
stessa distinzione usata per i credenti e la
gente di Chiesa: dai frutti. Dobbiamo rinunciare all’abituale distinzione, non dobbiamo incasellare l’uomo nelle solite categorie di credenti e non credenti, di devoti e atei. Nessun uomo è senza Dio. Se
egli lascia Dio, Dio non lo lascia sfuggire.
Come uomo egli appartiene a Dio. Questa
Ci la posizione di Gesù e deve essere la
nostra. Così dobbiamo vedere l’uomo, dal
punto di vista di Dio, Signore e Padre.
Non con gli occhiali del Credo, ma con
rocchio di Dio, Signore e Padre. Dio Signore si riserva il suo diritto. Fede e incredulità gli sono sottoposte; perciò egli
non ne dà il metro in mano all’uomo. Dio
Padre ci abbraccia con tutti gli uomini
come figli e fratelli.
Una profonda lacerazione attraversa la
Cristianità già da molto tempo. Gli uni
credono in Dio, ma non nel suo Regno
cioè non alla giustizia, gli altri credono
nel Regno, cioè alla giustizia, ma non in
Dio. E le due cose sono collegate: gli uni
non credono nel Regno, perché gli altri
non credono in Dio; questi non credono
in Dio, perché quelli non credono nel Regno. Il mondo perisce in questo contrasto, mentre rivive nel suo superamento. Ma l’ora viene, anzi è già venuta, in cui i figli di Dio credono nel Regno e i figli del Regno credono in Dio, da cui il Regno proviene. , 1
Leonharu Racaz nacque il
28 luglio 1868 a Tamins, nei
Grigioni, da famiglia rurale.
Avviato agli studi, la sua formazione religiosa c politica avviene fra il 1895 e il 1914 e riflette i problemi iniziali del movimento sociale che in Svizzera,
per una serie di eircostanze amluentali e politiche, era in ritardo sul rimanente dell’Europa.
Cura pastorale di un gruppo di
comunità grigionesi, insegnamento di religione in una scuola
di Coira, pastorato nella comunità della cattedrale di Basilea,
intensa attività di conferenziere; nel 1909 accetta una cattedra di teologia ssistematica e di
etica airUniversità di Zurigo,
mentre si la determinante l’influsso esercitato su di lui da
Christoph Blumhardt; nel 1912
partecipa alle prime lotte sindacali elvetiche, nel 1913 si iscrive al partito socialdemocratico;
nel 1921 rinunzia alla cattedra
e si dedica interamente a un’opera di educazione popolare e
di predicazione sociale, sempre
centrata sulla realtà del Regno :
quest’opera fuori dei quadri ufficiali della Chiesa e dell’Università occuperà tutta la seconda parte della sua vita, fino alla
morte, il 6 dicembre 1945.
La pagina che qui pubblichia
mo è tratta da II sermone sul
monte, un commento al testo
evangelico tradotto in italiano da
Giovanni Miegge (Ed. di Comunità, Milano 1963), il quale
ha scritto pure la bella introduzione: Il socialismo religioso
di L. R.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
il Culto evangelico
radiodiffuso daiia RAI
Stavamo per prendere la decisione di sospendere la pubblicazione (stampa e spedizione) de II Culto Evangelico radiodiffuso dalla RAI a causa di un sensibile disavanzo alla
chiusura dell'esercizio ! 969, quando ci è provvidenzialmente giunta una generosa offerta
da parte di un fratello di Alessandria che
insieme con altre giunteci in seguito ci ha
permesso di avvicinarci al pareggio e ci ha
incoraggiato a continuare la pubblicazione.
« Il Culto Evangelico » sarà quindi ancora
stampato e inviato, speriamo per tutto il 1970!
iNe ringraziamo il Signore e quanti nelle sue
mani sono stati strumenti di fraterna liberalità e solidarietà.
Pensiamo che se, oltre alle offerte personali, ogni Comunità Evangelica dedicasse a questo scopo anche una benché minima parte di
una colletta domenicale durante Panno, non
ci sarebbe problema di bilancio per « Il Culto
Evangelico ».
Nella speranza che molte siano le persone e
^ ‘ Comunità sensibili a questo invito.
Pastore Guido Mathieu
Via IV Novembre, 107 - Roma
c.c.p. 1/31379
I DONI ECO-LUCE
~ Luigi Costa, Prosinone, 500; M. T. Fiorio,
3 Sanremo, 1.000; Edvige Schmidt, Palermo,
= 500; Mario Rizzato, Rovigo, 500; Livio Go
= dillo, Canada, 2.350: Beniamino Calvi, Galla
= rate, 500; Franco Calvelti, Casablanca, 500;
E fam. Romano, Vercelli. 500; Gemma Perug
E già, Arezzo, 500; N. N. 1.500; Armando Vin
= drola, Villardora, 1.000; Bonin, Villar Perosa,
= 200; Luigi Coucourde, Inv. Pinasca, 200;
E N. N., S. Secondo, 1.850; Lino De Nicola, San~ remo, 1.500; Cinzia Tassoni, Parma, 300; Sa= vino Paradiso, Foggia, 500; Ida Palmieri,
= Borrcllo, 500; Elena Viglielino, Riclaretto,
E 1.000; G. J. Pontier, Olanda, 500; Tullio Mar
= chini, Sermide, 500: Giordano Bensi, Urbino,
= 500; Paolo Gay, Chìavari, 500; Lillina Bert,
E Francia, 500.
E Da Roma: Alfredo Giocoli, 2.500; Eros La= la, 2.500; Ines Fasulo, 500; Fausta Fiorilli
= Capparucci, 1.000; Rosa Giuliani, 500.
Grazie. (continua)
LA PROTESTA DI UN SACERDOTE
lllllimilUHIIIIK
iiiinmiiiiiiiimniiiiiiiiiiMmiiiiiiiiiiiiiimmiiiitiiiimimiiiii
Tre mesi di attesa ansiosa?
Rimangono tre mesi, prima della chiusura
dell'anno finanziario e, come ogni anno, molti
membri delle comunità sentono come un peso un'angoscia nell’incertezza del risultalo
finale? Perché dovrebbe ripetersi, quest’attesa
ansiosa?
In media se ogni persona iscritta come
membro attivo facesse la sua offerta (c annuale» (non mensile!) di L. 5.000, senza difficoltà,
non solo si giungerebbe alla quota globale
ma la si sorpasserebbe. Se tutti, pur non
dando come in altre denominazioni la decima delle loro entrate, si decidessero a fare offerte più generose, non ci sarebbero problemi
terribili ogni volta che s’impongono lavori di
restauro. Non si avrebbe da raccomandare
collette speciali per la diaconia, per la Missione, per la fame del mondo.
Non si starebbe in sospeso, chiedendoci se
le nostre scuole private potranno andare
avanti.
Non si penserebbe solo alle istituzioni delle
Valli, ma ci sarebbe di che sostenere anche
Riesi, Palermo, Napoli, le Puglie.
Non ci sarebbe un disavanzo di circa un
terzo tra le entrate e le uscite ed i servitori dì
Dio, al servizio della Chiesa Valdese, riceverebbero il loro stipendio senza che la Tavola
viva neH'assillo e senza clie la Chiesa s’ingolfi nei debiti.
Il Nuovo Innario
Genova, 2 jebhraio 1970
Signor direttore,
le porto a conoscenza che le Assemblee
di Chiesa delle Comunità Battìste di Genova, Savona, Albissola, Varazze e Sestri
Levante, dopo attento studio del Nuovo Innario, hanno deciso di continuare ad usare e sostenere il vecchio Innario più rispondente ai bisogni spirituali delle Comunità e alla manifestazione della loro
fede.
Sono rimasti particolarmente dispiaciuti
per il cambiamento della melodia di tanti
inni di risveglio e per Tinfelice sostituzione di espressioni poetiche così vive e belle
nel Vecchio Innario.
Con tante benedizioni del Signore mi
dico
Emidio Santini
Questa lettera mi rattrisla profondamente. anche perché so che tale reazione non
e del tutto isolala, nel mondo battista; \
d'altra parte voci di rincrescimento e di
dissenso si fanno sentire pure in altre
Chiese, benché ci sia stato chi ha voluto,
del tutto fuori luogo, fare del vittimismo
denominazionale: la decisa virala di bordo verso Vinnologia della Riforma, opera- i
io dalla Commissione, ha turbato molti an- \
che nelle comunità piu calviniste (quali \
dovrebbero essere quelle valdesi) per il
semplice fatto che il Risveglio ha segnato !
lutto l'evangelismo italiano. |
Le critiche essenziali cui il Nuovo In- \
nario presta parzialmente il fianco sono a ¡
mio modo di vedere una eccessiva sfronda- |
tura degli inni del Risveglio e la quasi '
nulla presenza di inni moderni, quali pure
se ne ritrovano in innari evangelici stranieri (ricordo di averne, cantali non di ra- \
do durante il mio anno di studio in Ger- '■
mania, già quindici anni or sono). La concentrazione sull epoca della Riforma pub :
farmi personalmente il massimo piacere, 1
ma era prevedibile che sarebbe stata avvertita come una ‘ violenza da parte di
molti fra noi. D'altro canto, permane carente. nei testi piu ancora che nelle melodie. l'espressione della sensibilità e dei
problemi della fede come oggi idene avvertita e vissuta specie dalle giovani generazioni, ma non solo da quelle. Sono due
critiche non indiferenti, e non è qui il
luogo — né sta a me — di vedere in che
misura ne porta la responsabilità la Commissione del Nuovo Innario e in che mi
sura la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la quale ha patrocinato questa nuova edizione.
Tuttavia, detto questo, é pur sempre con
profonda gratitudine che ripenso al lungo,
perseverante e sensibile lavoro di questi
fratelli e sorelle, e con gioia rinnovata
prendo il mano il Nuovo Innario, ogni
volta che preparo un culto o lo vivo con i
fratelli della comunità. Tanti nostri membri di chiesa devono pure rendersi conto
che per molti di noi il vecchio*' Innario
era un vestito troppo stretto o troppo largo, non so, comunque inadatto; troppi degli inni che vi erano raccolti, o per la melodia o per il testo, risultavano abbastanza
estranei alla nostra fede, ci facevano cantare melodie che non corrispondevano ai
nostri sentimenti e soprattutto ci facevano
dire parole e frasi che non avremmo pronunciato nella nostra preghiera. Circola
ora nel Nuovo Innario, malgrado scompensi e salti di livello, una tutt'altra aria, più
vigorosa e non meno gioiosa, quaVe appunto l'atmosfera e la spiritualità degli
uomini della Riforma e dei loro immediati
successori. Di questo grande lavoro sono,
con molti altri, profondamente lieto e
grato.
Indubbiamente, la soluziofie deU'appendice è infelice (e fa, lo si voglia o no. del
Nuovo Innario un testo della Commissione più che della Federazione): mentre ci
si impegnava in questo lavoro e in questa
spesa, si poteva — penso — pubblicare
una raccolta più ampia. Sono considerazioni e critiche che andranno tenute presenti in un'ulteriore revisione che fra un
po' di anni (non 50, speriamo.'/ si renderà
opportuna e che certo non parrà disdicevole ai membri dell attuale Commissione i
quali si sono accollati il duro compito di
un rifacimento abbastanza radicale. Ma la
soluzione del rifiuto mi pare ingiustificala
in quanto sproporzionata: non potrà che
accentuare l'isolamento, e potrebbe anche,
nella stessa comunità, Isolare fra loro le
generazioni.
Certo, è triste che un Nuovo Innario,
anziché diffondersi nella gioia di un canto che esprime la fede comune, determini
al suo uscire dissensi e tensioni; e un segno serio e penoso che la nostra fede, non
è poi così ulVunisono, nelVambito dell evangelismo italiano, certo meno che nel 1922,
quando uscì il precedente. Il mio augurio
è però che contribuisca a plasmarlo, questo
unisono: ed è un augurio fiducioso.
Gino Conte
“Paolo VI cl riporta al medioevo”
Troppi sono coloro che non frequentano il
culto domenicale né le adunanze e si dimenticano delle loro offerte.
In ogni famiglia ci dovrebbe essere la « cassetta per il Signore ». Se coloro che guadagnano ci mettessero L. 500 ogni mese senza nessun fastidio, alla fino dell’anno, avrebbero le
loro quote. Due etti dì grissini valgono L. 120.
Come mai siamo diventati tanto poveri, da
non potere offrire ai Signore, questi 2 etti,
ogni settimana? *»!(
Una tazza di caffè vale da 60 a 70 lire, chi
non si farebbe un piacere di offrirla se il Signore fosse ospite in ca>a nostra? non una
volta all'anno ma ogni giorno?
Perché non provare ]>er questi ultimi tre
mesi tanto precari, per le finanze ecclesiastiche, di dare la decima del nostro guadagno,
in uno slancio di riconoscenza verso il Padre
che ci rinnova le forze giornaliere, per lavorare e guadagnare, ma anche col sentimento
profondo del nostro peccalo, del nostro oblio,
della nostra indifferenza?
Ogni qualvolta cambierete un biglietto di
L. 1.000, provate a nascondere una moneta
di 100 lire nella scatoletta del Signore, e sarete stupiti del bel inucchietto che potremo
offrire gioiosi a Colui che ci ha .salvati col dono di Gesù suo unigenito figliuolo.
Graziella falla
Scuola Latina
di Poaiaretto
Doni ricevuti dal ]-12-’69 a! 31-1-70
dalla Direzione che, sentitamente, ringrazia:
Ida e Guido Baret (Pomaretto), lire
30.000; Massel Fiorella (id.) 20.000; Ribet Ines (id.) 10.000; Lageard Annamaria (Inverso Pinasca) 10.000; Beux Ugo
(Pomaretto) 10.000; Pascal Donatella
(Perrero) 20.000; Poet Laura (Pcrrero)
10.000; Vinçon Silva c Danila (Dubbione) 20.000; Henri Ghigou (Perrero) in
mem. sposa 5.000; N. N. (S. Germano
Chisone) 5.000; Bleynat Elena (Lausa)
10.000; Pons Ilario (Pomaretto) 20.000.
Su « La Stampa » (7 febbraio 1970),
nella rubrica 'Specchio dei tempi' abbiamo letto questa lettera di un sacerdote romano. Ci è parsa notevole e degna di sottolineatura in quanto rappresenta una aperta {nome e cognome) e pubblica {il quotidiano torinese
e letto da molte centinaia di migliaia
di persone) messa in discussione dell autorità pontificia. Ritroviamo qui,
tn bocca, a un sacerdote, la medesima
recisa libertà di pensiero e di parola
che, come ci ricorda in altra pagina
un collaboratore, ha affermato con tanto vigore polemico un professore della
Università Cattolica di Milano, il Cordero. Naturalmente il dissenso assume
un rilievo particolare venendo da un
sacerdote. Sempre meno si comprende come mai il pontefice regnante si
sia cacciato in un vicolo cieco, con
tutta l'autorità di un'enciclica, giocando su una questione profondamente
controversa — che non è neppure per
il cattolicesimo una questione di fede, ma di disciplina — l'autorità stessa del Magistero ecclesiastico. Sarebbe
paradossale se il cattolicesimo, dopo
avere per secoli preteso di squalificare
la Riforma facendola risalire al desiderio di sposarsi da parte di un mo
naco irrequieto, conoscesse oggi o domani uno scisma o vedesse scardinata
l'autorità magisteriale come contraccolpo dell'irrigidimento disciplinare su
di una questione teologicamente secondaria qual'è il celibato ecclesiastico obbligatorio.
Un lettore ci scrive da Roma:
« Sono un sacerdote. Mi pare di avere una discreta conoscenza della Storia della Chiesa per poter affermare,
senza tema di smentita, che la Storia
del magistero ecclesiastico è ricca (forse troppo) di errori e di contraddizioni.
« Ero presente domenica scorsa 1“
febbraio in piazza San Pietro e ho potuto ascoltare la presa di posizione di
Paolo VI sul celibato ecclesiastico. Le
prese di posizione suU'argomento oggi
non si contano più. Chi pro, chi contro, chi adducendo serie motivazioni,
chi meno, chi giostrando con i soliti
mulini a vento. Che il Papa abbia le
sue idee al riguardo (scontate del resto) come le hanno i cattolici olandesi,
non mi irrita.
« Sono estremamente rispettoso delle idee altrui ed evito, nei limiti consentiti alla volontà di potenza che è in
ogni uomo, di imporre le mie a chicchessia. Ciò che mi ha raggelato domenica scorsa è sentire affermare categoricamente da Paolo VI (cito L'Osser
vatore Romano del 2-3 febbraio, testualmente), che la legge del celibato
"metterla in discussione non si può".
« 11 che, a mio modesto avviso, significa imbavagliare la bocca e il cervello deU’uomo e precipitare di colpo
nel più vieto Medio Evo. Corrono tempi bui! Alla fede, forse, non è rimasta
che un'unica salvezza: rifugiarsi nella
Chiesa dello Spirito e li attendere tempi migliori ».
Sac. Giuseppe Cestari
L’essenziale non è
nei vetri colorati
Gli innovatori non sono sovente che dei conservatori illuminati e attivisti. Le loro chiese
sono degli esperimenti di architettura contemporanea e non assomigliano affatto a quelle orribili stanze fatte per allontanare
chiunque che siamo abituati a
vedere in Italia, tranne che in
qualche rara eccezione.
La chiesa moderna non è in
fondo più altro che un comodo
luogo di relazioni sociali. Perciò
bisogna che tutto ciò che richiama il luogo di culto sia messo
in un angolo e sia facilmente
dimenticabile e di nuovo facilmente reperibile. Una finestra
strana con dei vetri colorati, un
arazzo che richiami la solidarietà umana e qualche altro oggetto diventano i simboli del sacro:
bisogna che ci siano se no non
sarebbe più una chiesa.
La chiesa di oggi costa meno
e rende di più, è cattolica ed è
protestante nello stesso tempo.
E’ possibile farne anche qualcosa
per la predicazione?
Predicazione? — mi risponde
il moderno uomo di chiesa — ne
abbiamo abbastanza di parole,
abbiamo predicato troppo; facciamo un digiuno per il terzo
mondo; questo sì che si può fare
oggi in una chiesa! Cosa dice
Gesù per quelli che parlano e
non fanno?
Desidererei che la chiesa fosse
fatta di persone e la predicazione
avesse un senso. Questa chiesa
esiste ma non la vediamo.
Vie Rabel
ASSOCIAZIONE
«AMICI DELLA SCUOLA LATINA»
L’Associazione « Amici Scuola Latina » ringrazia vivamente quanti, a tutto il 31-1-1970, hanno inviato offerte:
G. Botturi L. 50.000; Lucilla e Laura
Mathieu 10.000; E. c Itala Beux 10.000;
Hilde Diefenbacher - Mannheim 45.000;
Salmo 121: 1 per Borsa di studio 5.000;
Id. pro Campana 5.000; Emilio Rostagno - Torino 10.000; Letizia e Giovanni
Grill 10.000; Epiphaniaspfarrei Freundeskreis - Mannheim 70.000; Kirchengemeinde Siinsheim - Dekan Glöckler
10.000; Prof. Frida Gardiol 5.000; Maria
e Luigi Martina! - Liori in memoria
dei nostri cari amici O. Bounous c Aug.
Pascal 10.000.
Ricorda a quanti, amici ed ex-alunni, volessero dimostrare in modo concreto il loro interesse per la Scuola
Latina di Pomaretto, che il n. di c.c.p.
è 2/20928 intestato a « Associazione
Amici Scuola Latina ».
Spazio tiranno: anche questa settimana dobbiamo rinviare parecchio
materiale, in particolare la 2" parte
dell’articolo sulle Chiese in Giappone.
Formato cm. 20 x 12
Copertina e carta di lusso
Pagine 44 con 34 fotografie
Piantina fuori testo a due colori
Una guida pratica
alla conoscenza
della storia
e della vita
delle comunità
protestanti fiorentine
Questo volumetto è uscito con
10 scopo di offrire ai fiorentini
e a tutti i protestanti italiani e
stranieri, una breve guida storico-turistica delle chiese e opere
evangeliche di Firenze.
11 volumetto è di facile consultazione. Molte sono le fotografie
delle chiese e delle opere, nonché di alcune parti turistiche
della città che ricordano la presenza e la testimonianza degli
evangelici nel passato.
È una guida attraverso le strade
principali della città dove si possono incontrare palazzi, monumenti e luoghi che ricordano
fatti e gesta di fedeli servitori
dell’evangelo. È una guida verso
le opere che attualmente esistono in Firenze e che potrebbero
essere visitate, incoraggiate e
aiutate a proseguire la loro azione di solidarietà e di testimonianza cristiana.
Questa pubblicazione che presto
uscirà in tedesco, in francese e
inglese, vuole essere un ulteriore
sviluppo del lavoro dell’ Ufficio
Turistico del « Centro », il quale
è da tempo un punto d’incontro,
di informazioni e di assistenza
per evangelici italiani e stranieri
che si trovano a passare o a sostare ogni anno nella nostra
Città.
A cura del Centro Evangelico di Solidarietà, Via Serragli 49 - 50124 Firenze
c. c. p. 5/20840 ___
Firenze evangelica
Introduzione (Prof. G. Spini)
Itinerario Storico-Turistico (Past. L. Santini)
L’Qpera Evangelica oggi in Firenze
Tutti possono richiedere copie di « Firenze Evangelica » al « Centro » dietro
versamento di una piccola offerta. Tutti sono invitati a dare consigli, suggerimenti e critiche per l'ulteriore miglioramento di questa modesta opera.
5
13 febbraio 1970 — N. 7
pag. 5
Il “Ferretti” ha bisogno di maggior respiro
Llstituto Evangelico Femm. di Firenze progetta l'apertura di un pensionato
Come è già stato più \olte notato,
anche ultimamente, abbiamo continue
richieste da parte di famiglie disagiate e disgraziate per alloggiare altre
bambine e molto spesso si tratta di
casi molto pietosi ed è diffìcile dire di
no. Abbiamo anche richieste di famiglie evangeliche per ospitare studentesse universitarie data la posizione logistica del Ferretti situato in centro
e vicino alle maggiori facoltà; la somzione di un pensionato ci permetterebbe di avere un introito fìsso.
Questo è diventato per noi una necessità poiché le spese aumentano e
le offerte sono in continua diminuzione ed è inoltre diffìcile avere un
quadro esatto della situazione familiare, specialmente per le famiglie molto lontane da Firenze.
Al vecchio concetto di beneficenza
che offre all'orfano o all'anziano il pane quotidiano, deve subentrare opi
una visione più globale dell'attività
che questi istituti svolgono. Oggi si
tratta di dare una educazione ed una
preparazione alla vita a queste bambine e queste giovani che ci sono affidate; con esse si formerà la Chiesa di
domani e il nostro impegno odierno
deve essere proporzionato a quello che
chiederemo loro domani. Sarebbe bello che ogni bambina fosse dotata di
una borsa di ^studio per tutto il periodo che passalo istituto e che tutte le
attività atte ad arricchire la sua personalità e la sua educazione potessero
essere intraprese senza l'angoscioso
assillo economico che purtroppo oggi
esiste.
Tenendo conto di questa realtà nella
quale viviamo, abbiamo compiuto un
atto di coraggio ed abbiamo affittato
una palazzina situata nei pressi della
sede attuale. L'affitto è modico, tenuto
conto del numero dei locali (18), e questo ci permette di realizzare quanto
sopraesposto.
Quello che vi chiediamo è di meditare sulla importanza delle borse di
studio soprattutto per alcune bambine
veramente meritevoli di essere aiutate; vi pregheremmo inoltre di inviarci
anche suppellettili e biancheria, e di
aiutarci nel reclamizzare riniziativa
del pensionato per studentesse sia italiane che straniere; la casa inizierà a
funzionare a Pasqua e sarà aperta tutta Testate per i gruppi che soggiorne
ranno a Firenze. Verrà offerta ogni
possibilità di pensione, dal solo pernottamento alla pensione completa.
Accanto a questa nostra iniziativa
vorremmo segnalarvi che abbiamo iniziato un doposcuola, limitato per il
momento alla seconda media e curato
da un gruppo di giovani volontari, che
presto si estenderà ai ragazzi bisognosi del quartiere.
Siamo certi, che riceveremo ancora
la collaborazione di tanti amici e che
il Signore ci aiuterà in questa nuova
iniziativa.
Per il Comitato,
Nella Greppi
Enrico e Clara Rostan
Èva Werner
Istituto Evangelico Femminile,
Via S. Pellico 2, 50121 Firenze, c.c.p. 5/24933
A Trieste
La comunità ha preso congedo, con Tinìzio di dicembre, dal vecchio Innario che l’ha
accompagnata per quasi mezzo secolo, e ha
iniziato lo studio dì alcuni inni del nuovo Innario, lieta di ritrovarvi anche molte melodie
già note. Alcuni fratelli hanno cominciato
ad offrire copie della nuova edizione e si sper.i che Tesempio sarà largamente seguito.
Il piccolo gruppo della Scuola domenicale si
segnala per una regolare partecipazione, anche dopo Timpegno gioioso per la festa natalizia. I ragazzi, aderendo a un invito del pastore. si sono impegnati con gioia nell offrire
parte dei loro risparmi, e con l’aiuto di alcuni
genitori si è potuto inviare una somma per la
sottoscrizione contro la fame degli altri.
Il deposito di novità librarie, della Claudiana incontra notevole favore fra coloro che desiderano alimentare seriamente la loro fede.
II Consiglio di chiesa valdese ha deliberato
di invitare alle sue sedute un rappresentante
deirUnione giovanile, affinché i giovani si
inseriscano nella vita della chiesa e possano
pure condividerne le responsabilità.
L’II gennaio il fratello Adriano Zorzenon
è stato accolto nella piena comunione della
Chiesa valdese : possa rimanere fedele alla vocazione ricevuta e alla professione di fede
che ha fatta. Egli ha organizzato, in una sala
cittadina, un incontro con un gruppo di giovani cattolici, dando occasione di chiarire la
portata di questi incontri nello spirito ecumenico del nostro tempo.
Presenfafo in un inconfro a Torre Pellice
Servizio per la prevenzione dei tnmori fondai
Organizzalo dal Consiglio della Val Pellice,
il», collaborazione con il Centro Provinciale di
medicina sociale e preventiva del Consorzio
Provinciale antitubercolare c con il Centro
Sviluppo Organizzazione Sociale, ha .avuto
luogo sabato 31 gennaio a Torre Pellice un
incontro in cui è stato presentato il « Servizio per la prevenzione dei tumori femminili » di prossima istituzione.
Erano prCvSenti amministratori, insegnanti
c vari responsabili dei nove Comuni che aderiscono al Consiglio della Val Pellice e che
hanno deciso ristituzione di questo servizio.
L'avv. E. Beri, quale presidente del Consiglio di Valle, ha illustralo il lavoro compiuto
per portare a termine le complesse pratiche
burocratiche, che hanno richiesto un impiego
di tempo, di forze e di... pazienza non indifferenti. 11 prof. Enrico Concilia, direttore del
Con.sorzio Antitubercolare ha illustralo gli
aspetti sanitari e le modalità di funzionamento del servizio.
In Italia siamo ancora molto in ritardo, rispetto ad altri paesi, nel cam])o dell’organizzazione e nella diffusione dei servizi sociali di
medicina preventiva. Deve ancora formarsi e
svilupparsi la coscienza che molte malattie
possono e devono essere prevenute.
Questo è soprattutto valido nel caso dei
tumori femminili la cui localizzazione è frequente negli organi genitali. Con la regolare
analisi di prelievi citologici vaginali, cosa che
può essere fatta con un procedimento molto
facile ed assolutamente indolore, si possono
La Casa Valdese di Vallecrosia
CERCA
cuoco ovvero cuoca per la prossima ripresa delle attività.
Per informazioni scrivere a:
Casa Valdese per la gioventù
Via Col. Aprosio, 194
18019 Vallecrosia (Imperia)
S. 0. s.
In situazione estremamente critica la
CASA DI RIPQSQ
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cerca subito donna per servizi
vari. Salario, vitto e alloggio,
camera per conto proprio previdenza ed assistenza secondo
la legge.
Scrivere alla direzione della Casa.
Via Garibaldi, 60 - 97019 Vittoria
telef. 81161
IMol ciclo di conkienze curato dai Comitolo dal Collogin Voldoso
Israele, il sionismo e le Chiese cristiane
Il prof. J. A. Saggili ha parlato a Torre Pellice
scoprire formazioni tumorali allo stadio iniziale, quando possono ancora venire curate e
guarite.
Là dove questo servizio di prevenzione dei
tumori femminili funziona, ed in certi paesi
come TAustralia le vìsite sono obbligatorie, si
è registrata una percentuale di casi positivi
del 4 per mille, con una maggiore incidenza
nell'età compresa fra i 25 ed i 55 .anni.
Il servizio, quasi certamente, inizierà a
funzionare a partire dal prossimo mese di
marzo presso ì consultori di Torre Pellice e
di Luserna S. Giovanni, sotto la responsabilità
delle ostetriche locali, ed i prelievi verranno
esaminati presso i laboratori del Consorzio
Antitubercolare. Se necessario, ulteriori accertamenti verranno compiuti presso il Dispensario di Pinerolo. Per dare una certa garanzia i prelievi dovranno essere ripetuti ogni
anno.
Siamo molto grati a quanti hanno avuto a
cuore ristituzione di questo servizio, convinti
della sua utilità e .sicuri che tutte le donne
della nostra valle vorranno approfittare di
quanto viene loro offerto per salvaguardare la
loro salute e la loro vita. R.
POMARETTr
Nuovo orario comunale per il pubblico: lunedì 1 Ufficio è aperto al pubblico dalle 8,15
alle 12.30 c dalle 14 alle 18: dal martedì al
venerdì dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16
alle 18: sabato chiusura totale, tranne per gli
atti di stato civile, dalle 9 alle 10.30.
— Esprimiamo la nostra simpatia alla famiglia del compianto Eusebio Barai recentemente deceduto a Fleccia.
Nel pomeriggio di domenica 1° febbraio il prof. A. Soggin della Facoltà
Valdese di Teologia, ha tenuto, nella
Foresteria di Torre Pellice, Tannunciata Conferenza sul tema « Israele, il
Sionismo e la Chiesa Cristiana ». Non
è possibile in una breve nota di cronaca dare un resoconto organico e
completo della interessantissima, documentata conferenza del prof. Soggin, che con grande chiarezza ha esposto le vicende storiche che hanno portato, attraverso persecuzioni, ingiustizie, ribellioni, al formarsi del movimento sionista, il quale, in origine volto alla creazione di un semplice focolare ebraico in Palestina, è stato alla
base della formazione dello Stato di
Israele.
Lo sviluppo di questo stato, il suo
affermarsi attraverso tre guerre vittoriose negli ultimi 20 anni, i problemi
di carattere sociale, politico e religioso ad esso legali sono stati rapidamente illustrati e documentati, con
una esposizione sobria, pacata, quasi
distaccata, come deve essere quando
si tratta di fatti aituali, per la valutazione dei quali è necessario prescindere da atteggiamenti passionali o
precostituiti.
Impostata e chiarita la posizione
dello Stato di Isr-aele, il prof. Soggin
ha posto il problema teologico dei
rapporti della C’niesa Cristiana nei
confronti di qucsio stato costituito da
ebrei provenicnii da ogni parte del
mondo, approdati alle sponde di Palestina tante voli- come resti dei campi di sterminio Con riferimenti al
pensiero di aleni!' teologi, in particolare di Barth, he '(.»ncluso che la Chiesa non può noi' .ssere solidale con
questo popolo, ■ h ■. seppure nel suo
attuale stato s ' ¡arizzato, trova la
base della sua /"ne nella Parola di
Dio.
Concludendo li prof. Soggin ha ripreso la suggestiva immagine con la
quale aveva inizi, ' la sua conferenza:
« La Chiesa ha nv.To attraverso i secoli come sconcci tante compagno di
viaggio il popolo di Israele, con il quale ha in comune almeno i tre quarti
della Bibbia e onr. promessa futura
che per Israele c il giorno delTEterno
e per la Chiesa il ritorno di Cristo:
così ancora ora ossa deve proseguire
la sua via con ciue,sto stesso ■•'ompagno, che dalla dispersione ha riacquistato il suo focolare nazionale ».
Due filmine sono state proiettate al
termine della conferenza.
Ci auguriamo che sulla nostra stampa periodica o non, il prof. Soggin presenti ancora il suo pensiero, con ampiezza e completezza ben diverse da
quelle che si potevano chiedere a questa breve nota. Il Comitato del Collegio
Valdese, mentre è lieto di aver potuto
organizzare una così bella manifestazione — e non solo a Torre Pellice, ma
anche a Milano e a Ivrea dove la con
ferenza è stata ripetuta — ringrazia
molto vivamente il prof. Soggin per la
sua cortese collaborazione.
Il Vice-Moderatore, pastore Deodato,
ha presieduto la riunione e diretto la
discussione. La porzione della Scrittura, indicata per la meditazione, è stato
ii celebra brano di Romani 11.
Pubblico numeroso e attento; atmosfera fraterna e cordiale. La colletta a
favore del Collegio a fruttato L. 81.000.
Il Comitato del C. V.
DONI RICEVUTI DAL COMITATO
DEL COLLEGIO VALDESE
DI TORRE PELLICE
a tutto il 31 gennaio 1970 (5" Elenco)
Da Chiese Valdesi:
Ivrea (1° versamento L. 100.000; Pinerolo
(1“ versamento) 300.000; Sanremo (1“ versamento) 94.300; Torino (7“ versamento) 120
mila.
Da Amici:
«in memoriam » del Pastore Elio Eynard:
Balmas Giulia e Carlo Alberto -Luserna San
Giovanni L. 5.000; Bellion Mathilde - Luserna San Giovanni 1.000; Bert Umberto, pastor,. - Trieste 5.000; Conte Gino, pastore e Lalla - Torino 10.000; Gay Giovanni Emanuele Pinerolo 10.000; Geymonat Chauvie Eynard
Elena e figli - Torre Pellice (2" versamento)
3.000; Inquilini della Casa Eynard - Torre
Pellice 5.000; Jghier prof. Eugenio - Torino
10.000; Ribet Dott. Guido ed Edina - Torino
30.000; Vitaletti Costantino e Lidia - Roma
(impegno quinquennale di L. 20.000 annue,
versato in unica soluzione) 100.000.
« in memoriam » di Marcella Triulzi: Angiolillo dott. Guglielmo, Lucia, Simonetta Roma L. 10.000; Piacentini Bianca e Paolo Roma 10.000.
« in memoriam » di Marcuccio: Pastore Berlot Irene - Roma L. 10.000.
Doni:
Aime Cougu Maria - Torre Pellice L. 5.000;
Albarin Durand-Canton Emilia - Roma 10.000;
Angiolillo Dott. Guglielmo, Lucia, Simonetta
- Roma 4.000; Bianconi Irma e Mario - Roma 4.000; Bressy Carla - Rivoli 10.000; Cavallo Assandra Biancamaria - Torino 20.000;
De Farro Frida - Roma 10.000; De Vito Carmine - Roma 1.000; Fornerone Dott. Alberto
- Torre Pellice 50.000; Gasparotto Maria Roma 10.000; Guarnero Jolanda - Roma
10.000; Holmes Simone Melila - Roma 1.000;
Long Marey Lidia - Roma 1.000; Mattei Emma - Roma 20.000; Mathieu pastore Guido e
Berla - Roma 20.000; Mathieu Luciana - Roma 10.000; Picot Jacques e Dora - Ginevra
20.000; Socci Eugenia - Roma 5.000; Tourn
Alberto e Ada - Roma 2.000; Villa Giovanni
e Janet - Roma 10.000; Zeni dott. Ugo - Roma 5.000; Colletta effettuata a Torre Pellice,
presso la Foresteria Valdese, in occasione della conferenza tenuta dal past. prof. Soggin
sul tema « Israele, il Sionismo e la Chiesa
Cristiana » 81.000.
imiiiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiiniiii'iiiiKiiiiiiiiiii
Si terrà a Riidlingen, nel maggio 1970
Settimana iTineonti'O e di studio
pei' gii evan|eliei di lingua italiana della Svizzera
BORA
Rinnoviamo 1 espressione della nostra simpatia cristiana ai figli e famiglie e a tutti i
congiunti della nostra sorella Lucilla Tourn
ved. Gìusiano deceduta dopo anni di sofferenza al Rifugio Re Carlo Alberto e la cui sepoltura è stata presieduta dal Pastore Sig. Bogo
che ringraziamo. Siamo riconoscenti alla Direttrice e a tutto il personale del Rifugio di
quanto hanno fatto per lei.
Nel Tein])io è stato celebrato il matrimonio di Tourn Amalia dì Oreste e di Albina
Pavarin. e dì Rivoìra Guido fu Federico e fu
Ernesta Malan di Luserna San Giovanni. Che
i) Signore sìa sempre I Ospite invisibile ma
benedetto e benedieente del loro focolare.
Per la ricorrenza del 17 febbraio, a Dio
piacendo, avremo la domenica 15 alle ore
10.30 Cullo con Santa Cena c alle ore 12.30
pranzo in comune dai nostri fratelli Gìusiano.
Belvedere. Più avanti avremo, Dio volendo,
una serata preparala dai giovani della Chiesa
diretti dal nostro fratello Roberto Morel.
La Conumilà ringrazia cordialmente l'Anzìano-Cassiere A. Tourn di avere presieduto
un Culto domenicale.
Da alcuni anni si tiene nel Centro di
Riidlingen, gentilmente offerto dalla Chiesa di
Sciaffusa. un incontro di più giorni nel quale
numerosi evangelici di lingua italiana residenti in Svìzzera si ritrovano per trascorrere in
sieme un periodo di studio e di riposo in
comunione fraterna. La « settimana » ha segnalo, lo scorso anno, un successo particolare,
sia nella partecipazione che nella formula
adottata; e sarà ripetuta quest'anno nella settimana di Pentecoste (18-23 maggio 1970),
nella fiducia che anche quest'anno la risposta
sarà buona. Si avvertirà la mancanza del pastore Elio iìynard.
In questi giorni viene diffuso un primo invito, che propone un programma di massima. chiedendo che come per il passato siano
Í partecipanti stessi a precisarlo ulteriormente: prenotazioni e desiderala vanno inviati
entro il 16 marzo al Fasi. Franco Ronchi
(per il Consiglio dei Pastori di Zurigo). Friedackerstr. 4. 8953 Dietikon/ZH. Sono naturalmente invitate le famiglie, a condizioni
])articolari.
Il programma seguirà la « formula 1969 )) :
vi sarà un incontro sul cattolicesimo del dissenso patrocinato dall'ACELIS (Ass. Chiese
Ev. di lingua ital. della Svizz.); un incontro,
rivolto particolarmente ai colporlori. patrocinato dalla Società Biblica: rincontro pastorale con relazioni e discussione (giornata teologica) e tavole rotonde (discussioni su argomenti prescelti): per la giornata teologica e
le tavole rotonde rinvilo preliminare propone
una serie di temi (Zwingli. Lutero. Calvino,
rniich, Barth. Rahner. il problema di Dio. i
matrimoni misti, l'anabattismo, ecc.) c solleella altre rìeliiesle.
L incontro, in cui s'intrecciano e fondono
un convegno pastorale e un incontro di comunità. non avrà un programma giornaliero
eccessivamente ])csante, per lasciare tempo,
oltre che al rìjioso. alla conoscenza c comunione fraterna.
Un lutto a Corato
Il giorno 13 gennaio tutta la Comunità si è stretta intorno alla famiglia
Anelli, duramente provata per l'improvvisa morte del padre, Anelli Luigi. Aveva conosciuto l'Evangelo e su questo
aveva basata la sua vita e l'educazione
dei suoi figliuoli, tutti inseriti nella vita della nostra Comunità.
Alla vedova, ai figli, a tutti parenti,
la Comunità esprime la propria simpatia cristiana, e dà assicurazione che il
ricordo del loro caro rimarrà vìvo in
tutti.
Totale del presente elenco L. 1.153.300.
Totale elenchi precedentemente pubblicati
L. 10.373.973.
Totale doni pervenuti a tutto il 31 gennaio
1970 L. 11.527.273.
I doni e le offerte a favore del Collegio Valdese possono essere versati al Comitato Collegio Valdese di Torre Pellice - Via Beckwilh
n. 1 - 10066 Torre Pellice, sul conto corrente
postale n. 2/32709 o sul conto corrente bancario n. 56760 presso Istituto Bancario Italiano - Torre Pellice.
AVVISI ECONOMICI
CEDESI avviatissimo negozio tessuti, mercerie, confezioni, in Torre Pellice, posizione
centrale. Rivolgersi al giornale.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Irene Charbonnier
ringrazia vivamente tutti coloro che
hanno preso parte al suo dolore e, in
particolare, il pastore Bruno Rostagno, i dottori, il personale dell’Ospedale Valdese, le care amiche e la comunità di Prarostino.
« Quanto a me griderò a Dio
e l’Eterno mi salverà»
(Salmo 55: 16)
Il 23 gennaio il Signore ha richiamato a Sé
Silvia Grill V. Grill
di anni 74
Certi della resurrezione e della vita
eterna, i familiari ne danno il doloroso annunzio ringraziando quanti
hanno preso parte al dolore di questa
separazione, i medici, il personale delrOspedale Valdese di Pomaretto e
quanti sono stati loro vicini durante
il periodo della malattia.
Prali, Malzat, 25 gennaio 1970.
« Non temere, solo abbi fede »
(Marco 5: 36)
Il 3 febbraio 1970 ci ha serenamente lasciati, chiamato improvvisamente
dal Signore, il
Rag.
Feiderico Avondetto
che fu per oltre 40 anni Anziano della Chiesa Valdese di Torino. I figli
Laura e ing. Ferruccio con la moglie
Elisabetta Peter e le figlie Elena e
Laura con la sua famiglia, comunicano, a funerali avvenuti, la dolorosa
dipartita del loro Caro.
Commossa profondamente dall’affettuosa partecipazione al suo lutto,
la famiglia ringrazia con la più profonda riconoscenza i Pastori A. Sonell!, M. Ayassot, G. Bertin e A. Genre, tutti gli intervenuti alle esequie e
tutti coloro che hanno prestato all’Estinto premurose cure durante le
ultime sue giornate terrene, in particolare il Dott. De Bettini e la Direzione ed il Personale di « Villa Elisa ».
Torre Pellice, 5 febbraio 1970.
Livio e Dina Gobello Jalla con Tatiana e Edoardo ricordano la loro
buona e cara Amica
Lucilie Tourn
ved. Gìusiano
e nel contempo ringraziano la Direttrice ed il personale del Rifugio per
tutto l’amore cristiano rivolto alla cara scomparsa.
« Ma ora Cristo è risuscitato
dai morti, primizia di quelli
che dormono »
(Paolo ai Corinzi I: 15, 20)
Dai Jalla di S. Giovanni, 7/2/1970.
Per un inve.stiinento stradale in borgo Sollier, quasi dinanzi all’ingresso del tempio, la
sera del 1° febbraio, è rimasto sfracellalo il
nostro raro fratello Giovanni Pontet. di anni 68.
Capo di una famiglia numerosa e favorevolmente conosciuto in paese, la stia scomparsa
desta un'eco generale di cordoglio. Ai funerali
.seguiti nel pomeriggio del 3 febbraio, malgrado il tempo inclemente, partecipò una vera folla la quale non potè essere accolta che in
minima parte nella nostra angusta cappella.
Nel messaggio fraterno pronunzialo accanii al feretro, dopo aver rilevato come il « Siate pronti » di Matt. 24-26 possa in qualunque momento a.ssumerc Taspetto del dramma,
trovò posto un'espressione di sincera simpatia
per la Vedova, essa pure mollo apprezzata
nella comunità e per i numerosi e cari figliuoli e parenti, ma, soprattutto, di cordoglio della
comunità per il suo jiosto che rimane vuoto
presso i familiari tra i quali egli era un tipico sostegno della fede, .sollecito dcirinleresse
religioso di ciascuno. Con la simpatia della
ehic.sa. rivolgiamo loro un appello, affinché
<|uaIeuno prenda il .suo posto.
La vedova addolorata, il fratello e
le sorelle del compianto
Fienry Alberto Piston
con i loro familiari, commossi per la
dimostrazione di affetto tributata, ringraziano quanti sono stati di conforto con la presenza o gli scritti, particblarmente il pastore P. Couard.
Nizza (Francia), dicembre 1969.
I figli; Ernesto, Alfredo, Bruno e
Anna Erica Ruhoff con le rispettive
famiglie ringraziano commossi i cari
amici che sono stati loro di conforto
in occasione della dipartita della signora
Anna
Ruhoff-Scherrer
spentasi serenamente in Zurigo il 1“
febbraio 1970, nel suo centesimo anno
di età.
Zurigo - Cornano - Torre Pellice,
9 febbraio 1970
6
pag. 6
N. 7 — 13 febbraio 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
le Chiese in America latina
Ginevra (soepi) - Attualmente, le
Chiese dell’America latina cominciano
ad impegnarsi nella lotta a favore delle riforme sociali e diversi preti e laici,
per aver partecipato a questa lotta, sono stati arrestati, torturati, imprigionati ed anche deportati. Cifre sempre
più rivoltanti illustrano la storia della
miseria nella quale vivono milioni di
persone (in prevalenza contadini) in
America latina.
Gli aspetti più sordidi della vita in
quel sotto-continente sono spaventosi;
fame, analfabetismo e alta mortalità
infantile regnano fra quelle genti la cui
gran maggioranza dispera di raggiungere un livello di vita accettabile.
I rapporti fra Chiesa e Stato sono regolati, da vari anni, da concordati, mentre le masse subiscono sempre l’oppressione dell’aristocrazia che tiene le
leve di comando della politica, della
chiesa e degli affari.
Ma un vento di riforma si è alzato
suH’America latina. Il prete colombiano Camillo Torres, sociologo e cappellano universitario, prima di morire ucciso scrisse nella sua « Lettera ai Cristiani »: « Ho rinunciato ai doveri ed ai
privilegi del clero ma non ho rinunciato al sacerdozio. Io credo di aver
raggiunto il campo dei rivoluzionari
per amore per il prossimo ». Egli ha
sempre affermato che questa decisione
gli è stata ispirata dai versetti 23 e 24
del capitolo V dell’evangelo secondo
Matteo.
Anche dei laici cattolici — come ad
esempio il noto educatore Paulo Freire
— seguono questa ventata di riforma.
Egli ha lanciato a favore dei contadini
del Brasile, delle vastissime campagne
di alfabetizzazione ed ha fatto nascere
ad una nuova concezione di vita graridi
quantità di persone per le quali la vita
fino ad allora non era che bestiale fatica.
La Chiesa i^ntecostale, che ha formato dei predicatori del tipo di Manuel
de Mello {di cui ci siamo già interessati) ha risvegliato nell’ambiente contadino il desiderio di recepire qualcosa
di più che non una semplice educazione
rudimentale. Coll’adattare il culto e la
partecipazione parrocchiale alle condizioni locali, essa ha creato importanti
possibilità di insegnamento in seno alle
comunità.
Le Chiese missionarie tradizionali
create dalle principali confessioni dell'America del Nord e dell’Europa ebber agli inizi un ruolo assai meno evidente. In realtà l’azione sociale era ridotta a ben poca cosa finché alcune di
queste Chiese non acquisirono una certa indipendenza e, nello stesso tempo,
il diritto di avvalersi di forme che meglio rispondessero all’ambiente latinoamericano.
In una relazione della Chiesa presbiteriana unita degli USA viene rilevato
che la causa principale degli scacchi
subiti nel lavoro missionario in America latina è dovuto al fatto che essa
non si rende conto del ruolo essenziale
dell’intercomunicazione. . , . *
Altro fattore negativo e dato dal tatto che vi sono pochi incontri ecumenici ufficiali. .
Le Chiese potrebbero essere divise
in tre gruppi: la Chiesa cattolica, le
Chiese missionarie protestanti e le
Chiese locali che sono soprattutto pentecostali. Ma se si escludono da questo
elenco i luterani del Brasile, a prevalenza germanofona, quasi nessuna di
NOVITÀ
Mario Miegge
Il protestante
nella storia
L’efficacia della parola predicata
Da Calvino al capitale
« Psicanalisi » delTecumenismo
Kierkegaard e Bultmann
(collana « nostro tempo », 6)
8®, pp. 176, sovraccop. plasticata,
L. 1.600
Elemento costante nella storia
del protestantesimo è la fiducia
nella potenza e nell’efficacia della parola predicata. Ma nessun
discorso può sottrarsi all’inevitahile dimensione politica della vita quotidiana, coinvolti — come
siamo — in una struttura di
classi, in un mondo di disuguaglianza in cui occorre continuamente sapere da che parte si sta
e a quale delle parti giova ciò
che andiamo facendo e dicendo.
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
c.c. post. 2/21641
queste chiese apartiene ufficialmente al
movimento ecumenico.
Vi sono peraltro movimenti d’avanguardia nei riguardi dell’ecumenismo,
quale il Movimento degli studenti cristiani e la Commissione per la Chiesa
e la Società in America latina: questa
ultima cerca di adottare apertamente
una posizione cristiana dinamica nel
grande dibattito in corso a proposito
delle questioni sociali che si pongono
alla nostra epoca.
I GESUITI GESTISCONO
NEL MONDO 4672 SCUOLE
Roma (Relazioni Religiose). - Secondo le
ultime statistiche della Curia Generalizia dell'Ordine Gesuita, informa l’Agenzia Relazioni
Religiose, i gesuiti gestiscono nelle varie partidei mondo 4672 scuole di vario tipo. Tali istituti scolastici sono frequentati da 1,3 milioni
di studenti.
NAZZARENO FABBRETTI
AUSPICA L’ABOLIZIONE
DEL CONCORDATO
Venezia (Relazioni Religiose). - Il noto
scrittore francescano italiano Nazzareno Fabbretti ha pubblicato nei giorni scorsi sul
0 Gazzettino » di Venezia una interessante nota, nella quale auspica non la revisione, ma
l'abolizione del Concordato tra il Vaticano e
l’Italia : « ...Come cattolico, prima ancora che
cittadino, auspico l’abolizione vera e propria
del Concordato. Questo, naturalmente,e il mio
parere personale, e vale poco quanto il sottoscritto; ma, per fortuna, suffragato dal parere
dei maggiori teologi del nostro tempo. Nessun
concordato giova alla Chiesa più che ai regimi che lo offrono o l’accettano, siano di destra
0 di sinistra. Finché la Chiesa non avrà superato completamente le implicazioni politicodiplomatiche in cui si articola ancora parte
della sua evidenza nel mondo e nella storia,
concordati ce ne saranno sempre. Questo è
comprensibile. Quello che non è comprensibile, nei cattolici, al vertice come alla base,
sarebbe che non facessero ciò che debbono e
possono per superare queste remore e liberare
la Chiesa dalle pastoie del passato. Un concordato, pur restando un fatto sostanzialmente
negativo nei confronti della Chiesa come “sacramento di salvezza" per tutti gli uomini,
era storicamente comprensibile più ieri di oggi. Ieri era comprensibile. Oggi comincia ad
essere intollerabile... ».
Alcuni cattolici e protestanti torinesi
ripensano 1'«autunno caldo»
Tontando un annlisi della situazione in una prospettiva cristiana - Un grave ritardo personale
e comunitario (si ripensa dopo quel che non si è aiFrontato prima) che ridette il ritardo se~
colare delle Chiese - Occasioni mancate dalle Chiese del silenzio, incapaci di libertà e
di autorità evangelica - I\Io alla Chiesa di classe, si a un interclassismo reale, dinamico
Quest’anno, nella nostra città, la "settimana dell’unità" è passata nella sordina più assoluta, quale riflesso della
situazione ecumenicamente non vivacissima che appunto la contraddistingue; da noi non si sono mai avute
fiammate liturgiche, ma finora neppure un impegno d’incontro e confronto
molto serio e ampio, non soltanto con
i! cattolicesimo del consenso (anche
critico) ma neppure con quello del dissenso.
Una offerta, giuntaci da parte cattolica, di un incontro cultuale comune
non è stata accettata, mentre ha trovato volenterosa accettazione dalle due
parti un’altra proposta: quella di porci
insieme di fronte a un problema dell’ambiente nel quale viviamo; e quale
problema più immediato che l’autunno
caldo, che ha inciso in modo così forte
sulla vita della nostra città?
Ritardato un poco per ragioni organizzative, la sera del 5 febbraio in una
sala cattolica, in Via Parini, si è tenuto
questo incontro sul tema « I cristiani
ripensano l'autunno caldo ». Era... giovedì grasso! Non sappiamo se la cosa
abbia inciso sulla partecipazione, ma
non è probabile, perché chi festeggiava
questo fausto anniversario certo non
sarebbe comunque venuto a un incontro come il nostro. Una settantina di
intervenuti ha seguito con interesse
vivo le relazioni e la discussione seguita; mancava eia volta di più, quasi
completamente, l’elemento operaio: per
quanto tempo iovremo ancora pagare
i frutti amari di quel disinteresse per
la vita operaia che ha marcato così profondamente Ì! nostre comunità cristiane?
Introdotto unì prof. Ghiberti, del Seminario maggiore di Rivoli, l’incontro
SI è aperto c!;'ii una relazione di don
Matteo Lepori, attivo da parecchi anni
nel lavoro delle AGLI; dalla sua relazione è risulte.' ', quanto egli abbia seguito dal di dentro la lotta dell’autunno scorso, inquadrandola nella più ampia parabola '.ielle lotte sindacali degli
ultimi anni. Dopo aver caratterizzato
questo "episodio”, notando che esso ha
rivelato un salto qualitativo in avanti
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
L’ULTIMO LIBRO
DI MILOVAN GILAS,
il noto scrittore e uomo politico
comunista jugoslavo, il quale già pagò con dieci anni di prigione il proprio rifiuto di pensare e d’agire secondo le regole dettate dal suo partito, porta il titolo « Una società imperfetta ».
« Gilas vede nel pensiero di Marx
una formidabile potenza profetica,
unita ad una cultura estesa e ad una
forza d'evocazione, ad un mordente
che caratterizzano lo scrittore di razza. Secondo Gilas, del pensiero ^ di
Marx resterà essenzialmente: una "attitudine critica" verso la società. Queste tre correnti d’energia: la potenza
profetica, la cultura e la forza d’evocazione, fecero irruzione, all'epoca di
Marx, contro un mondo sottoposto,
nelle sue stutture e nel suo spirito, ai
demoni del potere statale e ai vampiri della classe dirigente. Gilas valuta
così il risultato: “Tutti i demoni che
il comunismo credeva d’aver eliminati
tanto dall’avvenire quanto dal mondo
attuale, si sono insinuati nell’anima
del comunismo e fanno ormai parte
del suo essere".
La passione del potere ha reso questo potere totalitario, e le vittorie delle grandi potenze comuniste hanno
spinto queste potenze sulle stesse vie
delle altre potenze: le vie dell’asservimento dei piccoli paesi. La società che
pretende essere senza classi, ha creato
una nuova oligarchia: quella dei burocrati. Per Gilas, tutto il dogmatismo
ideologico del marxismo è cosa morta, anche se attivo tuttora. Per Gilas
è morto ciò che si colloca al difuori
della libertà di pensare e che impedisce la nascita di nuove idee. E d’altra
parte egli constata che, malgrado tutto, le nuove idee si fanno strada ».
Edmond Beaujon, nell’articolo (pubblicato sul « Journal de Genève » del
7-8.2.’70) da cui sono tolte queste righe, così commenta le idee del Gilas:
« Su tali uomini si fonda l’avvenire.
Per resistere al mondo moderno ed alle sue potenze d’asservimento, occorre una forza psichica che ogni giorno
di più è in pericolo, perché essa si^basa su una “capacità di solitudine” di
cui la nostra società, effeminata e livellatrice, elude con abilità le esigenze. Troppo spesso una certa debolezza
si manifesta nelle invettive che la gioventù lancia alle generazioni che la
precedono: “Ecco lo sporco mondo
che voi ci avete fatto! Ebbene non vi
meravigliate allora se noi fuggiamo da
questo mondo con tutti i mezzi possibili, a cominciare da quelli che sono
più nocivi a noi stessi (evidente allusione alla droga), non alzate la voce
contro di noi, se noi contestiamo ogni
specie d’ordine e di disciplina. Anzi
sorridete con gentilezza, con comprensione, se noi vi facciamo cadere nella
anarchia e nel caos., e siate convinti di
peccato se noi preferiamo il suicidio,
piuttosto che continuare a vivere nel
vostro ergastolo avvelenato! (evidente
allusione alla recente epidemia di suicidi col fuoco in Francia)” ».
L’articolista così continua;
« Un simile linguaggio possiede certamente la virtù di distruggere negli
adulti quel poco di buona coscienza
che vi può restare (e infatti ve ne resta, ogni giorno, sempre di meno). Ma
questo non basta: occorrerebbe qualcosa di più, e cioè che la cattiva coscienza servisse a trasformare la vita.
Occorrerebbero, nelle più svariate ?/iestioni, immaginazione, _ pensiero, ' savoir-vivre" e non “savoir-mourir . Perché il difficile, per l’uomo, non è il morire, bensì il vivere. (...)
Ne “L’homme révolté”, Camus enuncia la seguente definizione: “L’uomo e
la sola creatura che rifiuta d essere
quello che è". Esatto: a differenza del
lupo, l’uomo può rifiutare d’essere un
animale da preda, ed in realtà esserlo
10 stesso ».
UN LUGUBRE PAGLIACCIO
«Il generale William Westmoreland, capo di stato maggiore dell’esercito americano di terra, ha dichiarato,
11 6 c. ad Anahaim, che gli USA dovrebbero mantenere dei contingenti militari nel Vietnam, ancora per molti
anni. . , ,,
Ha aggiunto che l’esito della guerra
dovrebbe dipendere dal rapporto delle
forze che si fronteggeranno, dopo il ritiro delle truppe americane. A questo
proposito, pur ritenendo che i Vietnamiti del Sud subirebbero certamente
delle sconfitte, si è detto del parere
che alla fine essi finirebbero per vmcere ».
Questa notizia appena accennata e,
forse per questo, né del tutto chiara
né del tutto coerente, non meriterebbe neppure d’esser raccolta, data anche la mediocrità dell’uomo. Ma ecco
che « alla fine, rispondendo a una questione proposta, il Westmoreland è
uscito in questa strabiliante confessione: , ,
“Quando assunsi il comando nel
Vietnam, una vittoria militare, nel senso classico della parola, non fu mai
presa in considerazione" (!)».
(Da « Le Monde » dell’8-9.2.’70).
nella presa di coscienza del mondo
operaio (maggiore solidarietà delle faniiglie, resistenza a oltranza, insistenza. sulle rivendicazioni di carattere politico), egli si è domandato quali valori
ne ernergano e quali elementi di contraddizione, accennando rapidamente
ad alcuni problemi; quello del lavoro
che non è solo in funzione del salario
ma della "crescita" umana dell’uomo;
quello dell’emergere della condizione
collettiva odierna, che ha come corollaria l’esigenza della solidarietà; quelle di autorità-autoritarismo; quello del
male, e dove individuarlo (il peccato è
"clima’’ e diventa tentazione; anche il
subire passivamente significa corresponsabilità); infine quello della lotta,
con il caso limite della violenza. In tutta questa esposizione, calda di partecipazione umana, il Lepori ha fatto continuo e diretto riferimento alla rivelazione biblica e alla sua "tipologia”; a
orecchie riformate qualche punto del
discorso sul "piano di Dio” poneva l’interrogativo se la teologia cattolica delVet non sta sostituendo (o affiancando)
all’antica tesi: Bibbia e Tradizione, la
nuova: Bibbia e Storia (tutto il discorso sui "segni dei tempi”: ma questo
sarebbe appunto un discorso "ecumenico”, relativo cioè a un binario che oggi
molti hanno imboccato in tutte le
Chiese).
In ogni caso il sacerdote cattolico ci
ha dato molto, proprio in quanto cristiano che Tautunno caldo l’ha veramente vissuto quotidianamente con gli
operai e, si noti, con gruppi non indifferenti di sacerdoti e laici piemontesi:
questo lavoro di gruppo ha portato all’elaborazione di un documento la cui
larga diffusione inizia in questi giorni.
Ha preso quindi la parola il pastore
Paolo Ricca, partendo dalla constatazione — che aveva un riflesso visibilissimo anche nella sala — del tremendo
ritardo con il quale, anziché affrontare,
ripensiamo (dopo!) l’autunno caldo:
anzi, i problemi umani gravi che trovano nell’autunno caldo soltanto una delle loro ultime espressioni sono ormai
antichi e finora non solo sono stati lasciati insoluti ma non sono neppure
stati mai seriamente affrontati dalle
Chiese nel loro insieme. Dietro il
nostro ritardo personale e comunitario, c’è il ritardo secolare delle Chiese Né si può dire, evangelicamente,
meglio tardi che mai », perché la Parola di Dio dice appunto che si può
giungere tardi, che certi appuntamenti
possono essere mancati definitivamente. 'Voglia dunque il Signore che non
sia troppo tardi, per noi.
Quindi Paolo Ricca ha fatto due considerazioni retrospettive: la prima è
che l’autunno caldo è stato per le chiese, come minimo, un’occasione mancata. Le chiese hanno taciuto, sia nel senso che non hanno preso posizione, come tali e salvo eccezioni che appunto
confermano la regola e sono anzi considerate con parecchio sospetto, sia nel
senso che non hanno saputo annunciare l’incombere del Regno, la crisi del
Regno di Dio nella crisi della storia:
ancora una volta la chiesa è stata prigioniera e vittima del suo isolamento
dal mondo del lavoro, della sua incompetenza, della sua paura di spiacere agli uomini senza essere sicura di
piacere a Dio. È stata una vera e propria chiesa del silenzio, sia alTesterno
che aH’interno; e neppure c’è stato il
minimo dei minimi, il gesto fraterno
di aiuto, come chiesa, a chi affrontava
la prova. E la seconda considerazione:
l'autunno caldo è stato una battaglia
che va vista nel quadro di una guerra:
la lotta di classe. La questione è, allora: questi problemi sono reali? e se lo
sono, da che parte stiamo? come vivere una unità della chiesa che non sia
settaria, e una universalità che non sia
illusoria?
Infine Paolo Ricca ha presentato alcune linee di riflessione per l’azione,
partendo dalle constatazioni, oneste e
centrate, fatte dall’Assemblea di Up;
sala sulla propria composizione: vi
dominavano le classi medie (oltre che
i bianchi, i non-giovani, i dirigenti ecclesiastici). Di fatto, le Chiese appaiono
interclassiste, ma lo sono? e se non lo
sono nei fatti, perché? Inoltre le Chiese
mancano di libertà e sono debitrici delle contrastanti ideologie correnti; e siccome non vive la sua libertà e non sa
dire: « Così parla l’Eterno », la chiesa
è oggi più diplomatica che profetica.
Di fronte al dato di fatto della lotta di
classe Ricca ha dichiarato senza esitazioni che essa è da condurre, con consapevolezza cristiana: cioè ricordando
che non bisogna mai alzare la mano
sull’uomo (il gesto di Caino) e rifiutando di sostituire semplicemente a un
classismo di fatto, qual'è quello attuale, un nuovo classismo, per di più affermato anche di diritto: in questa
scomoda tensione fra l’impegno per la
giustizia, anche nella lotta di classe, e
la libertà cristiana non vincolata ad alcun dato naturale, quale sarebbe la
classe (come la famiglia, la razza,
ecc.), in questo interclassismo reale,
non statico, che cerca non di saldare
le tensioni ma di farle saltare; qui si
situa la nostra vocazione e in questa
contraddizione dinamica dobbiamo vi
vere. Infine, concludeva Ricca, non bisogna affatto credere alla tesi abbastanza diffusa, secondo cui il cuore del
problema sta nella rivoluzione tecnologica; il problema è invece in primo
e più alto grado morale, spirituale e
politico: perciò la soluzione non può
essere puramente tecnica, ma potrebbe
essere espressa in questi terrnini (per
altro teorici): come la democrazia si è
avviata in campo politico (con tutte le
sue deviazioni, mistificazioni ecc., pure, si è avviata), così deve avvenire in
campo sociale, scardinando nelle coscienze (in alto e in basso) e nei fatti
la visione gerarchica nel campo di lavoro. A chiusura P. Ricca leggeva una
bella pagina di Leonhard Ragaz, riprodotta in altra parte del giornale.
Nella discussione che ha seguito, presieduta dal pastore Carlo Gay, si sono
avuti vari interventi vivi, ora più teorici, ora più vibranti di esperienza personale, che però non hanno fatto sostanziamente procedere la riflessione
generale; due interventi di sacerdoti
cattolici hanno riconfermato come una
parte del clero senta fortemente questi problemi e opti decisamente per gli
.sfruttati (a mio modesto parere senza
sempre avere o mostrare chiara quella
ardua tensione fra impegno e libertà
cui si accennava prima). Ci si è lasciati, con l’impegno reciproco che il discorso appena avviato fosse proseguito con regolarità: affinché la confessione di peccato che in questa occasione
tutti — credo — abbiamo fatto verbalmente o interiormente, sia seguita da
un ravvedimento di cui ci appaia la
via, più chiara di quanto non sia allo
stadio attuale della riflessione. Per conto mio, infatti, non mi convincono quei
fratelli che pensano di vederla così
chiara, quella via; abbondano infatti
gli ideologi, i politici, i sociologi, scarseggiano i profeti. So bene di essere
esposto così al rischio del disimpegno
critico, come altri a quello dell’impegno acritico (o unilateralmente critico).
In una chiesa viva, in ricerca ci dev’essere posto per gli uni e per gli altri,
senza che diventiamo a vicenda gli uni
le mosche cocchiere (o i tafani) degli
altri, ma nel mutuo incoraggiamento
e nella mutua riprensione dei fratelli.
Gino Conte
IN BREVE
La Chiesa ortodossa greca degli
Stati Uniti ordinerà dei laici come
« preti a tempo parziale ». Essi potranno amministrare i sacramenti,
ha precisato Tare. Jakovos, capo delTarcidiocesi delle Americhe. Essi
continueranno nelle loro attività normali e lavoreranno per la chiesa
alla sera e nei fine-settimana.
Tre Chiese metodiste dell’.America latina diventano indipendenti e
precisamente quelle della Bolivia,
del Perù e delTUruguay. La Chiesa
della Bolivia è diretta dal pastore
Emilio Castro.
Il vescovo anglicano Robert Mize,
cui è stato interdetto il soggiorno
in Rhodesia, ha dovuto rinunciare
ad occupare il posto di assistente
del vescovo Skelton del Matabeleland, la cui diocesi occupa la Rhodesia occidentale e la repubblica del
Botswana. R. Mize, americano è stato vescovo del Damaraland dal 1960
al ’68, fino al momento in cui il governo rhodesiano gli ha rifiutato il
rinnovo del permesso di soggiorno,
probabilmente a causa della sua opposizione al razzismo.
Nel « giorno degli innocenti »,
centinaia di credenti svedesi hanno
sfilato nelle principali vie del loro
paese con torce e bandiere per protestare contro il progetto di legge
sull’« aborto libero ». Alla fine di
quelle marce pacifiche, hanno presentato delle risoluzioni ai loro rappresentanti in Parlamento. A Upsala
e a Göteborg una folla importante
ha partecipato alle « messe per il
bimbo che non ha potuto nascere ».
E da rilevare che in Svezia « il giorno degli innocenti » è una festa religiosa.
■4- Una delle più notevoli personalità
della cristianità birmana è recentemente morta: si tratta di M. Hla Bu.
Professore, filosofo e consigliere
presso i dirigenti del suo paese, resse per 30 anni il Collegio Judson,
collegato all’università di Rangoon.
Ex Presidente della Convenzione
battista birmana, era attualmente
presidente del Consiglio cristiano
della Birmania. E’ stato leader, nel
mondo ecumenico, del Consiglio internazionale delle missioni.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Eip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (Toì