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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Vite
16!22 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - N’im. 47 ■ABBONAMENTI | L. 3.000 per rinterno ■Sped, in abb. postale - I Gruppo bis/70 ] TORRE PELLICE - 27 Novembre 1970
Una copia Lire 70 L. 4.000 per l’estero Cambio di ndirizzo Lire 1 Amm.: Via Cavour 1 - 1UU66 Torre Fellice • c.c.p. ^/'33oy4
Chi
lese a meta
La conferenza tenuta di recente a
Torino e Milano dal prof. J. Moltmann
dell’Università di Tubinga (Germania)
— ne pubblichiamo in questo numero
le parti più significative — riprende,
arricchendolo notevolmente, un tema
molto dibattuto e tuttora controverso
nella cristianità odierna: quello dei
rapporti tra fede e impegno politico.
Il prof. Moltmann, come i lettori potranno constatare, tratta l’argomento
in maniera originale sia perché indica,
per linee essenziali, i principali antecedenti storici della questione (chi penserebbe, ad esempio, che la dottrina
della Trinità ebbe ed ha tuttora dei risvolti politici molto precisi?) sia perché riconduce l’intero problema alla
croce di Cristo, che è il centro dell’Evangelo ed « è da sola tutta la nostra teologia» — diceva Lutero.
Sono numerose le affermazioni di
Moltmann che possono suscitare in
noi e nelle nostre chiese utili ripensamenti, e che quindi occorrerebbe segnalare e sottolineare. Una delle più
notevoli, su cui merita soffermarsi un
istante, è quella secondo cui « vi è una
duplice fraternità di Cristo nel mondo:
una è la fraternità visibile dei credenti, l’altra è la fraternità latente dei poveri. Perciò la comunione cristiana
non è nella piena verità di Cristo, a
cui si richiama, finché non realizza in
se stessa questa duplice fraternità di
Cristo e finché essa stessa non è costituita di credenti e di poveri... ».
L’idea, in sé non nuova, di una particolare fraternità di Cristo con i poveri (termine ampio che comprende i
miseri, gli infelici, i sofferenti, gli oppressi, gli sfruttati, e in generale tutti quelli che patiscono nel mondo), si
fonda, come è noto, sul celebre passo
di Matteo 25 in cui Gesù riconosce i
suoi « minimi fratelli » negli affamati
e assetati, negli ignudi, nei forestieri,
nei malati e nei carcerati, cioè nei
membii più deboli e indifesi della comunità civile, negli esclusi e nei segregati. in tutte le vittime della sventura o dell’indifferenza, dell’ingiustizia, della rapacità degli uomini. Esiste
una misteriosa ma vera fraternità tra
questi « minimi », o « ultimi », e Gesù.
Quali implicazioni bisogna trarne per
la chiesa, per la sua vita e la sua costituzione?
Il prof. Moltmann sostiene che la
fraternità di Gesù con i poveri deve
risultare dalla composizione o almeno
dal comportamento della comunità
cristiana; bisogna che nella chiesa si
manifesti non solo il rapporto tra Gesù e i credenti («dove due o tre son
radunati nel mio nome, quivi son io
in mezzo a loro »), ma anche il rapporto tra Gesù e i più miserabili e
sventurati membri dell’umanità («in
quanto l’avete fatto a uno di questi
miei minimi fratelli, l’avete fatto a
me »). Com’è da intendere questo rapporto? Non nel senso di una presenza
di Cristo nei poveri — come oggi sovente, e a torto, si crede — ma nel senso di una solidarietà unica e incomparabile del Cristo con i poveri, solidarietà tanto profonda da far sì che quel
che vien fatto ai poveri vien fatto a
Gesù. Liberamente, sovranamente Gesù coinvolge la sua persona nel destino dei poveri, si lega a loro come con
nessun altro. I minimi, i miserabili,
gli infelici, coloro che vengono ignorati o scartati o maltrattati o depredati, Gesù li dichiara, tra la sorpresa
generale, suoi fratelli, e lo sono in un
modo talmente reale che quel che facciamo (o non facciamo) a loro, lo facciamo (o non facciamo) a lui.
La fraternità di Gesù con i poveri
non è dunque soltanto metaforica —
una fraternità per modo di dire. Al
contrario, è vera ed efficace. È in gioco la fraternità di Gesù non solo nel
rapporto di fede ma anche nel rapporto con i poveri. Fratelli in Cristo lo si
è nella comunione della fede, ma anche in un certo comportamento con i
poveri. Comunque, una chiesa verace,
cioè fedele alla sua vocazione, non può
non essere determinata in maniera decisiva dal rapporto così stretto esistente tra Gesù e i poveri, gli ultimi, gli
esclusi. In particolare essa è chiamata
a vivere le due fraternità di Cristo nel
mondo: quella dei credenti e quella
di coloro che nel nostro tempo son
stati chiamati « i dannati della terra ».
L’una e l’altra son necessarie perché si
realizzi una piena comunione cristiana.
Se ora confrontiamo la realtà delle
nostre comunità con il modello di chiesa appena descritto, è facile vedere dove sta la differenza. La differenza sta
in questo, che le nostre comunità sono — per riprendere una formula fortunata di H. Marcuse — « a una dimensione »: conoscono la dimensione
della fraternità dei credenti ma ignorano o conoscono in modo epidermico e frammentario quella della fraternità con i poveri.
UN'INTERUISTA DEL PROF. ARTHUR RICH
Gesù e la giustizia
I lettori ricorderanno — ne abbiamo parlato a
svariate riprese — l’iniziativa della « Dichiarazione
di Berna », un documento che, redatto nel marzo
1968, ha ormai raccolto ottomila hrme, spesso di
personalità di rilievo, nella Confederazione elvetica. La Dichiarazione domanda che le relazioni politiche, economiche e culturali che la Svizzera mantiene con il Terzo mondo siano progressivamente
modiheate in modo da non risultare più in contrasto — come spesso avviene — con la cooperazione
tecnica che pure viene ricercata e praticata. Nel
1968 si diceva, con una cerca fiducia: lo sviluppo è
il nuovo nome della pace. Ma pochi anni di riflessione e di analisi hanno dimostrato l’ambiguità della formula, malgrado gli elementi di verità che con
serva. E sono stati ora diffusi, dal Comitato della
Dichiarazione, « Nuovi obiettivi per il secondo decennio dello sviluppo », nei quali si considerano in
tei'mini realistici e coraggiosi molte questioni collegate con il problema dello sviluppo: gli investimenti oltremare, la partnership del Terzo mondo, la
cooperazione tecnica e le sue strutture, l’insegnamento troppo centrato sull’Occidente, la spese per
la difesa nazionale, l’esportazione di armi, ecc. Ritorneremo su questo documento. Pubblichiamo intanto un’intervista raccolta da un redattore de « La
Vie protestante» (20-ll-’70), al prof. Arthur Rich,
docente di etica presso la Facoltà di teologia dell’Università di Zurigo.
red.
Vi sono molti, oggi, i quali pur
non avendo ciò che chiamiamo la
fede in Gesù Cristo, si richiamano
a lui come a una specie di guerrillero che ha lottato per la giustizia
sociale contro « il disordine costituito ». Che cosa pensa di questa
immagine di Cristo?
Arthur Rich; Quest’immagine è evidentemente in contrasto con quella
che convenzionalmente è stata coltivata e secondo cui Gesù non avrebbe
nulla a che vedere con la ricerca della
giustizia nel mondo. Quest’affermazio
ne riposa a sua volta su un’altra tesi:
Vamore del quale Gesù è stato il testimone e la giustizia non avrebbero in
fondo alcun rapporto fra loro.
A mìo avviso ci troviamo qui di fronte a una gravissima amputazione dell’Evangelo, che limita al settore strettamente personale il compito affidatoci (si veda, in Lutero, la dottrina dei
due regni). Nel Nuovo 'Testamento (la
prima lettera ai Corinzi, la lettera ai
Filippesi) l’amore congloba invece l’esistenza nella sua totalità; è una vita
nuova in funzione della quale dobbiamo giudicare ciò che è giusto e ciò che
è ingiusto per l’insieme della società.
Detto questo, devo però anche fare
una riserva riguardo al modo troppo
esclusivamente emozionale in cui i rivoluzionari si richiamano a Gesù. La
giustizia della quale Gesù parla (« cercate prima il Regno di Dio e la sua
giustizia... ») è una giustizia per noi
irraggiungibile. Né le evoluzioni, né le
riforme, né le rivoluzioni potranno
realizzarla. I rivoluzionari devono dunque fare attenzione a richiamarsi a
Gesù. La nostra giustizia è sempre fragile, zoppicante, anche quella che costituisce la mèta delle migliori rivoluzioni.
Resta il fatto che in nome di questa
giustizia assoluta dobbiamo far evolvere le nozioni del diritto, le quali sono sempre in movimento, denunciare
le ingiustizie, le oppressioni — e scopriremo presto che quasi tutte le ingiustizie sono fondate su una pretesa
giustizia formale.
Ha detto che il diritto è in movimento costante. Qual è la Sua_ posizione riguardo alla Dichiarazione
dei diritti dell’uomo, ad esèmpio?
Arthur Rich: Anche in questo caso
la giustizia definita nei Diritti dell'uomo non è e non può essere una giustizia perfetta. Ma i credenti devono lavorare con i non-credenti a promuovere questa giustizia assai generale, senza la quale non avremo assolutamente
alcuna giustizia.
Aggiungo che i diritti dell’uomo, così come sono stati elaborati nel secolo
dei ’lumi’, stanno evolvendo anche verso i diritti sociali, cioè verso una concezione meno strettamente individuale.
Secondo Lei la fede cristiana porta a una opzione politica piutto.
sto che a un’altra?
Arthur Rich: I cristiani sono stati
sempre tentati (anche il Barth ’prima
maniera’) di considerare relativamente indifferenti le scelte politiche di questo mondo; e, questo, spesso in nome
di una visione escatologica, in nome
Perciò, se è vera — cioè rispondente
alTEvangelo — l’idea delle due fraternità di Cristo nel mondo che devono
entrambe trot'ar riscontro nella chiesa, e se è vero che le nostre chiese attuano in genere una sola di queste fraternità, dobbiamo concludere che le
nostre son chiese a metà.
Forse che anche la nostra fede e
una fede a metà?
Paolo Ricca
del Regno che viene. È un errore. Dobbiamo cercare, con tutta la precisione
possibile, quali sono le forme politiche più convenienti, quelle che meglio
rispondono al criterio dell’amore. Mi
pare che la co-umanità (in tedesco Miimenschlichkeit) è ciò che dobbiamo
cercare in primo luogo, e dobbiamo
giudicare le dot L ine politiche in base
alla loro volontà e alla loro capacità
di promuovere questa co-umanità.
Ad esempio, la dittatura, che si presenta come un sistema definitivo (e
non transitorio) e che rimette la totalità del potere nelle mani di alcuni soltanto, contraddice la co-umanità. Qpto
quindi per la democrazia e, nella democrazia, per ciò che mi pare più atto
a corrispondere a questo criterio dell’amore.
Sul piano politico la democrazia
svizzera funziona, diciamo, abbastanza bene. Ma siamo ancora ben
lontani da u’'? vera democrazia
industriale.
Arthur Rich: Sul piano delle grandi scelte economiche del paese, vi è
una certa partecipazione di tutti. Possono pronunciarsi non solo il Vorort
delTindustria e del commercio, ma anche l’Unione svizzera degli agricoltori,
l’Unione sindacale svizzera ecc. A questo livello, fino a un certo punto, il sistema funziona. Ma non ci siamo ancora a livello di aziende. La situazione è evoluta, dal XIX e dal principio
del XX secolo, nel senso che il proprietario e l’imprenditore non sono più,
nella maggior parte dei casi, confusi
in un’unica persona. Chi dirige sono
i managers; essi sono però nominati e
controllati unicamente dal capitale.
Anche in questo caso non pretendo
che la partecipazione (la co-gestione)
sia il Regno di Dio nell’industria. Ma
dico che la partecipazione risponde
meglio di un altro regime al criterio
dell’amore.
Come devono prepararsi, i cristiani, al compito che in tal modo
assegnate loro?
Arthur Rich: Nella Chiesa la fede
e ¡’accostarsi razionalmente alla realtà
sono stati spesso contrapposti. La fede non è la ragione, e la ragione non
è la fede. Eppure un medico cristiano
che vuole far passare nella sua pratica
qualcosa della sua fede deve in primo
luogo essere il miglior medico possibile. Le Chiese falliranno, affrontando
i problemi dello Stato, della società e
dell’economia, se considereranno Veducazione permanente uno hobby, un modo un po’ migliore degli altri per occupare il proprio tempo libero. Infatti,
se si vuole la partecipazione, occorre
formare uomini che saranno chiamati
a prendere delle decisioni: la partecipazione riuscirà soltanto se questi sono gente capace.
Dovremo pure abbandonare la concezione individualistica che considera il pastore il solo portavoce autorizzato della comunità. Il sacerdozio
universale è stato concepito e immaginato fin dal tempo della Riforma:
occorre ora applicarlo, imparare a vivere e a pensare insieme. Bisognerà
trovare forme di dialogo nel culto, nell’insegnamento religioso. Tutta la crescita educativa dev’essere già contrassegnata da questo lavoro in gruppo,
fino alle scuole professionali, nelle quali non si deve imparare soltanto la
pratica del mestiere, ma Fassunzione
generale delle responsabilità in questo
mestiere.
Vi è un settore defila vita nel quale l’opinione pubblica sta passando
dalla «carità» — nel senso angusto che Lei combatte — alla giustizia. Ed è il settore delle nostre
relazioni con i paesi in fase di sviluppo. Trade, not aid, si dice oggi:
bisogna permettere loro di commerciare e non ci sarà più bisogno
di aiutarli.
Arthur Rich : Ritengo che la politica dello sviluppo sia il problema fondamentale della nostra epoca. A seconda di come vi avremo risposto, vedremo se il mondo è capace di risolvere
le pi'oprie contraddizioni o se si condanna da sé all’annientamento.
In questo campo i cristiani sono
sempre esposti alla tentazione di affrontare questa questione soltanto con
la ’carità': danno il loro superfluo ai
paesi in fase di sviluppo. Non dico che
ciò non valga nulla, lungi da me il pretenderlo. Ma la partecipazione non
vuol dire far beneficiare gli altri del
nostro superfluo. Vuol dire creare relazioni giuste nel commercio, nella politica doganale, sui mercati mondiali;
e questo è possibile soltanto se i rapporti di forza lo permettono effettivamente. Infatti la ’partecipazione’ di
uno che sia molto forte e di uno che
sia molto debole non è partecipazione: è un modo eufemistico ed euforico di esprimere uno stato di dipendenza.
A questo proposito saluto i ’nuovi
obiettivi’ della Dichiarazione di Berna
che sono stati ultimamente resi di
pubblica ragione: rtìi pare che vadano
nella direzione giusta. Il 'pane per il
prossimo’, infatti, è un’ottima cosa;
ma non è che una parte del nostro
compito: occorre infatti anche la giustizia per il prossimo.
Essere e benessere
della Chiesa
È un nostro preciso dovere, che
ci qualifica o ci squalifica nell’uso
del nostro tempo, il diffondere
l’unità di misura di ogni vita individuale, collettiva, sociale, politica: la Bibbia. La vitalità di
quel mondo cristiano che troppo
facilmente indichiamo come “settario" non è certo dovuta alla
sua unità, alla sua influenza sulla cultura. Essa è tutta nella forza della Parola, nonostante una
certa miseria del suo benessere
teologico e dogmatico, a giudizio
degli altri protestanti. La missione della Chiesa ha ragione d’essere solo nella trasmissione della Parola... Preparare la Chiesa
di domani significa riscoprire la
Bibbia, tradurla in un linguaggio
comprensibile e diffonderla a tutti... Troppi giornali, troppi programmi e troppi scritti, troppo
denaro speso, troppo tempo messo da parte per il "benessere”
(della teologia e della Chiesa) in
proporzione di quanto si fa per
“Vessere", cioè per la vera missione della Chiesa nel mondo.
Si può, per esempio, tenere la
Bibbia nelle sale d’attesa del luogo in cui si esplica la propria attività o sul tavolo da lavoro... Si
può farne omaggio agli amici al
posto di altri regali; questo esperimento è stato fatto con successo in un altro paese latino europeo e si è così riscoperto la necessità di una stretta collaborazione tra Chiese e Società bibliche. Qggi la Bibbia interessa più
di quello che noi pensiamo.
Renzo Bertalot
A TORINO
Con una rallegrante partecipazione
da varie comunità evangeliche cittadine, soprattutto battiste e valdesi, lunedì 23 novembre si è aperto a Torino
un « Centro di formazione cristiana e
di preparazione ai ministeri ». NeÜa serata inaugurale il past. Paolo Ricca ha
presentato il lavoro del comitato preparatorio e il programma del Centro;
quindi il prof. Michele Sinigaglia ha dato la prima lezione: « Per una rinnovata ricerca del messaggio dell’Antico Testamento ». Una cinquantina di iscrizioni sono l’indice dell’interesse e delTimpegno suscitati da una iniziativa
sulla quale riferiremo più ampiamente
nel numero prossimo.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniMiMmimiiiiiiiMiiiiiiiiiMiiiiiMiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
La diaconia deila chiesa
verso coloro che sono al margine della società
Riunito a Torre Pellice il secondo Gruppo di
lavoro della Conferenza delle Chiese Europee
Dal 16 al 19 novembre ha avuto luogo a Torre Pellice la riunione del secondo gruppo di lavoro della Conferenza delle Chiese Europee, in vista della
prossima assemblea, che si terrà a Nyborg, in Danimarca, dal 26 aprile al 3
maggio 1971. La Conferenza delle Chiese Europee è l’organizzazione ecumenica che collega Chiese di ogni paese
d’Europa. Il secondo gruppo di lavoro
si occupa della diaconia della chiesa.
Nella riunione di Torre Pellice, a cui
partecipava una trentina di rappresentanti provenienti da undici paesi, compresi alcuni paesi dell'est europeo, sono
state presentate e discusse quattro relazioni, sulla diaconia verso coloro che
vivono ai margini della società (Prof.
Von Brück, DDR), la diaconia tradizionale (Past. Molander, Consiglio Ecumenico), la diaconia politica (Prof. Nagy,
Ungheria), e sul rapporto tra diaconia
della chiesa e servizi sociali dello Stato
(Sig.na Magness, Gran Bretagna).
SHDAERICA
Chiese e Governo
Pretoria (bip) — Il sinodo della Chiesa riformata olandese del Sud Africa,
riunito a Pretoria, ha nominato una
commissione incaricata soprattutto di
studiare i problemi riguardanti il SudAfrica e la Chiesa riformata, posti dalle questioni razziali. Questa commissione è composta da nove professori universitari e da alte personalità religiose, fra cui il fratello del primo mini
stro, il dottor J. D. Vorster, nominato
recentemente « grande moderatore »
della Chiesa riformata.
D’altra parte, in una risoluzione adottata dal Sinodo, Vorster chiede al governo e alla Chiesa di « combattere i
mali provenienti dal sistema del lavoro di migrazione ».
La risoluzione del sinodo esprime «la
profonda preoccupazione della Chiesa
riformata olandese » davanti « alle separazioni forzate delle famiglie, alla
decadenza morale e all’indifferenza religiosa » derivanti da questa politica.
Riconoscendo che il sistema del lavoro di migrazione non può essere
« abolito completamente senza determinare delle gravi conseguenze economiche e sociali », il sinodo chiede al governo « di eliminare, quanto più è possibile, le spiacevoli conseguenze di questo sistema ».
D’altronde, la politica dello spostamento della popolazione nera è stata
ugualmente criticata da un membro
della Chiesa metodista, il rev. J. Fouric, che ha ricordato ad un congresso
di questa Chiesa riunito a Johannesburg, « il crescente risentimento » del
la popolazione di colore della Repubblica Sudafricana riguardo al « modo
di vita sudafricano ».
Città del Capo (bip) — Il reverendo
Mercer, uno dei due pastori anglicani
di Stellenbosch, che hanno ricevuto il
mese scorso un ordine di espulsione
dal Sud Africa, si è visto ritirare la
cittadinanza sudafricana dal ministero
delTInterno del governo di Pretoria.
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pag. 2
N. 47 — 27 novembre 1970
L’ATTUALITA’ TEOLOGICA
« Se un pastore si serve del pulpito
per tenere discorsi politici, anziché annunciare la Parola di Dio affinché crei
la fede, o se d’altro lato un uomo politico si serve dei discorsi elettorali per
fare dei bei discorsi pii, anziché presentare al popolo un chiaro programma
politico, ci sentiamo a disagio. Ma fra
i teologi e i politici vi sono, nel mondo, anche i cristiani. Essi ascoltano sia
i teologi che i politici, vivono sia nella
chiesa sia nella società. Essi devono
ricondurre a un denominatore comune
la loro fede personale e il loro interesse
politico pubblico; e la cosa riesce loro
particolarmente difficile, oggi. Sicché
gli uni abbandonano il loro interesse
per la politica e ritirano la fede nel settore privato della loro religiosità e dell’educazione ricevuta da bambini; la
politica appare loro una "sporca faccenda". Gli altri perdono ogni interesse per la fede e per la chiesa, non trovandovi alcun aiuto per risolvere i problemi politici; la religione appare loro
un’illusione che non possono permettersi ».
Così Jürgen Moltmann iniziava la sua
conferenza, dichiarando che la “teologia politica" di cui si va in cerca oggi
è « la riflessione teologica dei cristiani
che per motivo di coscienza soffrono
della pubblica miseria della società e
lottano per vincerla ». Ricordando l’appassionato appello di Dietrich Bonhoeffer alla chiesa nel III Reich — « Soltanto chi alza la voce in favore degli ebrei
ha diritto di cantare canti gregoriani »
— il Moltmann affermava: « Una teologia responsabile si pone coscientemente nel pubblico processo in atto fra
l’annuncio di libertà portato dall’escatologia cristiana e la realtà politico-sociale. Essa deve quindi sottoporre ad
analisi le istituzioni, le parole, i simboli
della chiesa, per vedere se per mezzo
loro essa trasmette al popolo un oppio
religioso o un reale fermento di libertà; se diffonde la fede o la superstizione; se presenta il Cristo crocifisso o se serve gli idoli dei potenti. La
teologia politica, quindi, non è semplicemente un’etica politica; va più a fondo, pone in questione la coscienza politica della stessa teologia cristiana. Il
suo intento non è fare dei problemi politici temi centrali della teologia, né dare un appoggio religioso a ordinamenti
e movimenti politici. La teologia politica è piuttosto il campo, l’ambiente —
e il mezzo — in cui la teologia cristiana
dev’essere oggi coscientemente formulata. C’è una teologia politica cosciente
e ce n’è una ignara, ma non c’è una
teologia a-politica. Anche la chiesa è
sempre politica; il problema è: fa una
politica buona o cattiva? ».
Trono e altare, l’essenza
della religione pagana
di ieri e di sempre
Stando così le cose, la teologia politica incontra nella società oppositori
che spesso portano il suo stesso nome:
infatti la religione politica non è stata
davvero un’invenzione cristiana, essa
è piuttosto « l’essenza stessa dell’antica
religione pagana » per la quale era inconcepibile uno Stato senza divinità e
una divinità senza Stato. Perciò «fin
dal principio la fede cristiana nel Cristo crocifìsso ha dovuto costantemente lottare per ragioni politiche con le
religioni politiche delle nazioni ». Qui
l’oratore presentava un ampio excursus
storico documentando con molti esempi significativi lo stretto connubio trono-altare che in un primo tempo ha
portato i cristiani a subire — fieramente accettata! — l’accusa di essere “atei”
rispetto alla ragion di Stato religiosa,
ma che dopo Costantino e Teodosio, divenuto a sua volta il cristianesimo religione di Stato, ha subdolamente inserito la chiesa, proprio quando poteva
considerarsi trionfatrice, nella situaz.ioiie contro la quale essa aveva lottato
ai giorni della sua fedeltà aposto ica. E
così avvenne perché questa è una tentazione umana costante, non certo
scomparsa neppure oggi, in epoca "secolarizzata”. « La religione politica è
ovunque una società si integra con
l’aiuto di simboli, ovunque una nazione o una classe presenta in racconti
mitici il suo sorgere, la sua lotta per la
vita e il suo destino, manifestando così quale coscienza ha di sé. Ritroviamo
questa religione politica nei monumenti e nelle feste nazionali, nei cimiteri e
nei simboli di maestà, nei discorsi che
i presidenti rivolgono alla nazione e
nei libri scolastici. La religione politica
può presentarsi in forme diverse: quella confessionale, come in Spagna e nelrirlanda del Nord e forse in Italia;
quella genericamente cristiana, come
nella Germania occidentale; quella biblico-religiosa, come negli USA; quella
islamica, buddista, shintoista; infine anche quella dell’ideologia atea di Stato,
come nell’URSS. Si confrontino i simboli e i miti dell’URSS — il mausoleo
di Lenin e la rivoluzione d’ottobre —
con i simboli e i miti degli USA; un
confronto eloquente ».
Pax Christi
e pax romana
A questo punto, il Moltmann si è rifatto ampiamente a un'opera importante di Erik Peterson, Il monoteismo,
problema politico (1935), nella quale
questo studioso documenta e analizza
10 stretto rapporto, sul piano di una
“teologia naturale”, fra il monoteismo
metafisico (ma è pur caratteristico che
11 Dio vivente e operante, non il “prin
Per una teologia politica
determinata dalla croce
I problemi politici di una teologia cristiana - dice Jürgen Moltmann - consistono
essenzialmente nel confronto fra la fede cristiana e la religione politica di una nazione
cipio monoteistico'’ costituisca l'anima
del messaggio biblico!) e la struttura
politica monarchica, assoluta: il vertice
religioso dell’unico Dio ha come parallelo il vertice politico dell’unico sovrano e ne costituisce la legittimazione superiore, filosofica e religiosa. Purtroppo i teologi cristiani hanno assai presto
accettato questo schema, tendendo a
collegare, se non a identificare, il regno
di pace di Cristo con la “pax romana”.
Eppure, 'nota il Peterson, proprio la fede cristiana ha espresso la forza capace di distruggere questo monoteismo
politico-religioso; e precisamente due
punti essenziali della fede cristiana: la
sua dottrina della Trinità e la sua escatologia.
La dottrina della Trinità, con il suo
annuncio che Dio il Padre è uno con il
Cristo crocifisso, nello Spirito Santo,
rendeva il concetto cristiano di Dio
inutilizzabile quale appoggio e consacrazione di autorità, principati, poteri.
« Questa critica alla religione politica
dei poteri terreni è — mi pare — la
funzione politica che la dottrina della
Trinità ha tuttora. Il cristianesimo non
è "un tipo di fede monoteistica”, come
pensava Schleiermacher, esso è una
fede trinitaria. L’abbandono della dottrina della Trinità, da parte della teologia liberale, è il preannuncio dell’inconscia dissoluzione della fede cristiana
nella religione politica di un "mondo
cristiano”. D’altro lato l’identificazione
fra la pax Christi e la pax romana s’infranse contro il carattere infinito della
speranza cristiana. La pace di Dio non
è garantita da alcun Cesare e da alcuna
ideologia del potere, ma unicamente da
Gesù crocifisso. Essa è perciò una fede
che supera ogni ragione, anche politica.
Inoltre la pace di Dio è una pace universale e non può Quindi essere delimitata dai confini della pax romana o di
un mondo cristiano. Mi pare che questa speranza, che va sempre oltre i limiti umani, dovrebbe condurre anche
oggi i cristiani a distanziarsi criticamente dalle concezioni di nace sia tecnocratiche sia rivoluzionarie ».
Mentre per il Peterson tutto questo
porta alla scomparsa di ogni teologia
politica dal cristianesimo, il Moltmann
pensa che proprio partendo da qui cominciano i problemi politici di una teologia cristiana, che consistono essenzialmente nel « rapporto fra la fede cristiana e la religione politica di un paese ». E il teologo di Tubinga ha esempli
fiicato, con l’appoggio di due studiosi
americani di sociologia della religione,
Robert Bellah e Peter Berger, riferendosi alta situazione statunitense e
più precisamente al « fenomeno della
religione civile americana ».
La religione civile
americana (e di
certo ecumenismo?)
Il BeUah, citando i discorsi d’insediamento dei presidenti americani, ha dimostrato « che nel paese della rigorosa separazione fra Chiesa e Stato v’è
una singolare, nuova religione politica,
con la sua dignità e le sue miserie, con
il suo sviluppo autonomo. È messianica, richiamandosi ai "padri pellegrini”;
l’esodo, il popolo eletto; è critica verso
la società e " rivoluzionaria ’’ come
J. F. Kennedy sottolineava, richiamandosi alle profezie dell’Antico Testa>T^ento. Nella venerazione per Abramo Lincoln ha il suo "tipo” del martire: « I
morti sono morti affinché la nazione
viva »; e niù recentemente il "tipo” del
nemico: il comunismo. Ma è una religione che non è né protestante né cattolica né giudaica. È atta a mobilitare
nuove energie del popolo, come nel
New Deal di Roosevelt, nella "nuova
frontiera” di Kennedy e nel movimento
per i diritti civili ». La speranza che sostiene questa “religione civih’" è il sogno americano di farne la “religione
mondiale”, nota Moltmann, domandandosi se non vadano nella stessa direzione parecchie dichiarazioni ecumeniche recenti.
La croce e la cultura
del successo
e del benessere
Ma. rifacendosi a un’opera di P. Berger, Il rumore delle solenni adunanze,
il Moltmann considera che il compito
dei cristiani è tutto l’opposto: il « di.sestablisment », il rifiuto di questa religione borghese che convalida la realtà
esistente. Questo è « il significato della
croce in una cultura che glorifica il
successo e il benessere ».
« Se infatti vi è un elemento inconfondibilmente cristiano, questo è il fatto che tutte le affermazioni teologiche,
anche quelle escatologiche, sono riferite alla croce di Cristo. Ed è singolare
che la croce di Cristo sia l’unico punto
realmente politico nella vicenda di Gesù: essa dev’essere quindi l’aggancio e
la pietra di paragone di una teologia
politica cristiana ». È .sintomatico che
Gesù non sia stato condannato alla
pena religiosa della lapidazione (l’esempio di Stefano ci mostra che era ancora praticata a quel tempo), ma a quella politica della crocifissione, che i Romani riservavano agli schiavi fuggiaschi e ai ribelli contro l’Impero. « Indubbiamente Gesù non è stato un combattente zelota per la libertà, contro
la potenza occupante romana; mancava quindi un solido fondamento giuridico alla sua esecuzione per ordine di
Pilato. Ma nella sua predicazione escatologica della libertà per i peccatori e
del Regno che viene per i poveri non si
nascondeva, implicitamente, un attacco assai più vigoroso allo Stato divinizzato? In tal modo non ha forse portato
"rivolta” nella religione politica di Roma in modo assai più radicale di quanto facessero gli zeloti giudei? In questo
senso la sua crocifissione aveva una
coerenza politica, non era un fatto casuale né un errore. Ben lo sapevano i
martiri cristiani gettati nelle arene. Essi sapevano pure, come ci mostra l’Apocalisse, quale potenza repressiva "Roma” poteva essere. E allora la teologia
politica non avrebbe forse il compito di
spiegare il fatto politico della crocifissione in modo da riaprire il pubblico
processo: aut Caesar— aut Christus? ».
La croce contro
l’idolatria politica
La croce significa il capovolgimento
dei valori: « Per coloro che riconoscono in Gesù crocifisso il Cristo di Dio,
la gloria di Dio non risplende più sulla
corona dei potenti, ma unicamente nel
volto del Figlio dell’uomo martirizzato.
Ciò significa che viene ritirata dall’alto
la diretta giustificazione teologica dei
poteri politici » e la fede cristiana diventa « la potenza critica di liberazione ». Questo era giti il senso del comandamento veterotestamentario: « Non
farti scultura né immagine e non adorarle! »; esso vietava non soltanto l’idolatria religiosa, ma anche quella politica; e in Romani 1, 18 ss. Paolo riprende questa critica e la ritorce anche contro le opere della Legge: « L’uomo non si limita a "farsi” ì suoi idoli,
ma spinto dalla volontà di giustificare
sé stesso, divinizza tutto ciò che "fa”,
le sue buone azioni e le sue grandi imprese. L' giustizia per opere è "idolatria” perché rende l’uomo schiavo delle
proprie opere costringendo i creatori a
inginocchiarsi davanti alle loro creature », per usare una frase di Marx,
formalmente non così lontana (ma
quanto, nel fondo!) da un’affermazione
di Lutero: « Ciò a cui leghi il tuo cuore
e in cui riponi la tua fiducia, quello è
il tuo dio! ».
Come si presenta, in campo politico,
questa idolatria? Ci troviamo alle prese con il problema della rappresentanZ. 'I politica: necessaria, perché un popolo possa vivere, essa racchiude sempre
in sé un elemento di alienazione, che
genera nel popolo l’apatia; e questa è
« un sintomo di idolatria: il rappresentante diventa il padrone, la funzione che uno assume per conto e in favore di altri diventa un’autorità con
cui l’uno domina l’altro ». In qual misura viene mai rispettato l’ideale democratico che si esvrime in queste belle
parole di John Quincy Adams, il quarto presidente degli US.-\: « La democrazia non ha monumenti. Non conia me
daghe. Non reca la testa di un uomo
sulla sua moneta. La sua vera essenza
è la lotta iconoclasta »? Pure, solo una
democrazia di questo genere osserva il
secondo comandamento. « La fede cristiana chiama Gesù crocifisso "Timmagine dell’Iddio invisibile”. Se vuol
essere coerente, sarà, con la libertà che
le è stata dischiusa nella croce di Cristo, una permanente lotta iconoclasta
per spezzare gli idoli di ogni genere: i
culti politici della personalità, le religioni nazionali, il feticismo economico
del denaro e delle "cose”. A mio avyi.so
i cristiani dovrebbero essere oggi in
prima fila sulla via della desacralizzazione e della democratizzazione dei poteri politici; sarebbero così nella linea
delle loro tradizioni autentiche. E m
la! senso penso che oggi sarebbe compito delle Chiese diventare istituzioni capaci di libertà critica anche nei
confronti della società. Dico "anche”,
perché l’uomo è in realtà asservito alla
paura e la liberazione dalla paura è data soltanto mediante la fedC’
stano i miglioramenti sociali.
« Ma la teologia politica della croce
ha dimensioni anche più profonde. Sarebbe miope fermarsi al rapporto Stato Chiesa, facendo di que.sto connubio
un rapporto dialogico di libera critica
reciproca. Se prestiamo attenzione alla
tradizione biblica, la Chiesa che vive in
uno Stato ha sempre a che fare anche
con coloro con i quali non si può "fare”
né uno Stato né una rivoluzione. Malgrado la sottolineatura del Patto e del
popolo, già la tradizione dell’Antico Testamento sa: «Tu sei un Dio dei poveri, il rifugio degli oppressi, il sostegno dei deboli, lo scudo degli abbando
nati, il salvatore dei disperati ». Secondo il Magnificat di Maria (Luca 1, 46-54)
questo Dio rovescia i potenti dai loro
troni e innalza gli umili. La predicazione e gli atti di Gesù si rivolgevano a
tutti gli uomini proprio in quanto egli
prendeva appassionatamente le parti
dei deboli, dei poveri, dei discriminati:
egli prendeva, per così dire, la società
umana dall’estremità inferiore, cominciando dai sofferenti e dai disprezzati.
Se oggi cogliamo questa "partigianeria” di Dio e dell’Evangelo, riscopriremo il carattere sovversivo e rivoluzionario della Bibbia. Soltanto per i poveri la predicazione della croce è un
lieto annuncio; per i ricchi, per coloro
che bastano a sé stessi con la propria
giustizia esso è invece severo e spiacevole. Infatti, come dichiarano le Beatitudini, il futuro di Dio comincia in questo mondo dai poveri, da quelli che
piangono, dai perseguitati, dai puri. La
speranza cristiana non glorifica le cime
del progresso e dello sviluppo umano,
ma è legata a coloro con i quali il
Cristo crocifisso è stato fraternamente
solidale: sono gli "altri”, quelli che una
società tesa a consolidarsi e ad accrescere la propria omogeneità respinge
fin sull’orlo del nulla, e spesso ve li
sprofonda. Secondo la dialettica interna alla speranza cristiana, in fondo non
sono i ricchi a salvare i poveri, ma sono invece i poveri a salvare i ricchi.
Soltanto i poveri conoscono realmente
l’oppressione rappresentata dall’esclusivismo della ricchezza. Soltanto coloro
che sono odiati conoscono la miseria
determinata dall’odio. I ricchi, gli oppressori, coloro che odiano, anche
quando sono pieni di buona volontà,
sono sempre un po’ ciechi alla sofferenza che causano. Perciò sono gli oppressi che tengono in mano la chiave della liberazione dell’umanità dall’oppressione. Se essi sono ripieni di speranza
cristiana, i servi non devono diventare
padroni né gli oppressi devono diventare oppressori, come afferma il millenarismo politico; essi vengono invece
resi capaci di eliminare dal mondo,
secondo le loro possibilità, il rapporto
padrone-servo e i meccanismi oppressivi. Per Camus il principio umano della rivolta non è l’inversione del rapporto padrone-servo, bensì la sua eliminazione.
Il Cristo solidale
con gli emarginati
irrecuperabili alio Stato
e alla Rivoluzione
« Che significa, questo, per la comunità cristiana? Un detto antico afferma che la vera chiesa è là dov’è Cristo: ubi Christus, ibi ecclesia. Ma
dov’è presente Cristo? Nel Nuovo Testamento troviamo due serie di promesse relative alla sua presenza:
1. Chi vi ascolta, ascolta me. La Parola, il sacramento, la comunione dei
credenti rendono Cristo presente nel
mondo.
2. Ciò che avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, lo avete fatto a
me. Penso che queste parole di Matteo
25 non rientrano soltanto nell’etica sociale, ma anzitutto nella ecclesiologia.
Vi è una duplice fraternità di Cristo
nel mondo: la fraternità visibile dei
credenti e la fraternità latente dei poveri. La comunione cristiana non vive
dunque la verità piena di Cristo, alla
quale si richiama, fino a che non realizza in sé stessa questa duplice fraternità e non è costituita di credenti e
di poveri, di vecchi, di malati, di prigionieri. Ma la chiesa, quand’è religione
borghese, è soggetta al principio dell’omogeneità. Soltanto quando è comunione di diversi, unita in forza dell’agape, cioè deH’accettazione dell’altro, essa diventa la vera chiesa, sacramento
della speranza dell’umanità rinnovata.
Allora si ritrovano in essa, come proclamava la comunità corinzia, "ebrei"
e il suo opposto "pagani”, "greci” e il
suo opposto “barbari”, "padroni” e
"schiavi”, "bianchi” e "neri” ecc. Le
Chiese di razza, di classe, di ceto, di
popolo hanno sempre, strutturalmente, una connotazione eretica. Ma se le
Chiese cristiane, a causa della fraternità di Cristo, si legano a coloro che in
una data società sono gli "altri”, esse si
svincolano allora effettivamente dalle
loro alleanze con coloro che declassano
quelli facendone degli “altri”. Soltanto
allora nei frammenti terreni della chiesa sarà dato di intuire qualcosa della
bellezza del Regno veniente e di riconoscere in essa il segno della speranza
di una umanità libera, nuova.
« La "teologia politica" che siamo
andati cercando non intende dissolvere
la fede cristiana in politica, né sostituire al cristianesimo l’umanesimo. Se
trasformassimo la religione in politica,
come ce lo chiedono i nostri amici di
"sinistra” e i marxisti, la politica diverrebbe la nostra religione. Lo Stato
0 il Partito diverrebbero il leviatano, il
dio mortale in terra. Ma così sarebbe
di nuovo abolita la desacralizzazione,
la secolarizzazione e la democratizzazione della politica, operate dal cristianesimo. Una simile divinizzazione
della politica è una superstizione che il
cristiano non può permettersi!
« Una “teologia politica” cristiana
vuol condurre i cristiani a essere tali,
cioè liberatori, là dove sono attesi dal
Cristo crocifisso. In coloro che sono
sofferenti e condannati su questa terra.
Cristo attende i suoi s la loro presenza.
Il punto focale della speranza cristiana non è il semplice futuro aperto, ma
il futuro dei senza speranza. La luce
della risurrezione splende nella notte
della croce e vuole illuminare tutti coloro che oggi sono finiti sotto l’ombra
della croce. “La croce sola è la nostra
teologia” — diceva Lutero. La nostra
tesi è stata: la croce è la nostra lotta
politica iconoclasta contro gli idoli e
1 tabù della religione borghese, la croce
è la nostra speranza per la politica delti liberazione. Il ricordo scottante del
Cristo crocifisso costringe i cristiani a
sviluppare e a vivere una teologia politica; nello Stato, nella società e, non
ultima, nella chiesa ».
JÜRGEN Moltmann
II testo riportato in questa pagina è un nostro condensato della conferenza che il prof.
Jürgen Moltmann ha tenuto recentemente a
Torino e a Milano, come abbiamo riferito nel
numero scorso. Ricordiamo che è uscita in
questi giorni, per i tipi della Queriniana
(Brescia 1970. L. 4.000^. la versione italiana
della Teologia della speranza. Topera principale del Moltmann.
IMIIIIIIilll(lillllllMiTIIIIIIMIIIIIIIIIMMIII1lllllIli:illllllllllllMlllilIIIMIIIIIIIII|||||||{||||||||i:i]t||)||||||| IMIIill!llllll!tlllilN
Un Quaderno Biblico di «Eoi et Vie»
I racconti di guarigioni
Annualmente la rivista « Foi et Vie »
ospita, dedicandovi uno dei suoi quaderni, il
lavoro delle Equipes de recherche bibliqiie. A
poco a poco si è così costituita una pìccola biblioteca di questi f|uaderni, per lo più monografici. con il deliberato intento divulgativo di
guidare la ricerca bìblica di gruppi di studio
nelle comunità, ma al tempo stesso fondati su
di una solida base teologica. Gli studi presentati hanno per lo più carattere ecumenico,
nel senso che si alternano teologi cattolici e
protestanti; e spesso, a livello dì esegesi, è
diiTicile distinguerli.
L'ultimo Quaderno uscito è dedicalo allo
studio dei racconti biblici di guarigioni. Un
primo articolo confronta Giiérisons pdiennes et
guérisons évangéliques (A. Duprez). esaminando prima i culti pagani di guarigione, semitici ed ellenistici, mettendoli poi a raiTronto con le guarigioni quali si presentano nelFAnlico Testamento prima, nel giudaismo poi,
e infine fermandosi sul racconto evangelico
dì Giovanni 5; la conclusione: « I lesti evangelici mostrano che Gesù è slato, al principio,
considerato un guaritore dalle folle e <lai rabbini. Più progredi.sce la conoscenza di quelTepoca, più questo aspetto di "guaritore" mi
pare un segno di autenticità. Altrimenti Gesù
mi parrebbe, una specie di meteorite incomprensihile c anacronistica. L'uomo moderno
ragiona così : se Gesù fa miracoli, vuol dire
che è dio: ma il miracolo è diificihnenlc credibile. Per Puomo biblico il fatto che Gesù
faccia miracoli non c in sé un caso unico:
altri operavano delle guarigioni: ciò prova
che Gesù è davvero un uomo religioso del suo
tempo. Per Tiiomo biblico il vero problema
non è tanto lo stupore nel vedere Gesù fare
miracoli, ma piuttosto sapere quale significalo
ciò potesse avere. 1 Giudei del temjjo non
contestavano tanto i suoi miracoli in sé. quanto piuttosto le Cimdizioni nelle quali li fa
ceva (sabato, eec.) o il potere al quale si richiamava per compierli: il vero probb'ma era
quello deH'origine e del significato di questo
potere : per loro veniva da Beelzebul, per
Gesù e per i suoi discepoli viene dal Padre.
Prima di porre il problema del miracolo secondo la problematica moderna, è essenziale
averlo posto prima nei termini in cui si poneva per i contemporanei di Gesù. Per farlo il
lettore moderno deve accettare di compiere
una "conversione di mentalità", un rovesciamento nel suo consueto modo di pensare ».
A questo studio di base segue il resoconto
estremamente interessante della discussione da
esso suscitata, dopo essere stalo presentato in
un gruppo di lavoro.
Nel Quaderno si possono poi leggere:
Uisloire de la giiérison et de la conversión de
Naarnan (F. Smyth-Florentìn), La giiérison
de Taveugle (des aveugles) de Jériclw (A.
Paul), L« violalion du Sabhat. une letture de
Marc .'L 1-6 (P. Geoltrain), Matthieu. interprete des récits de miracles (J. IL Hei.d. in
una riduzione dì L. L'Eplatlcnicr): e ancora
un resoconto stenografico di una discussione
su guarigioni, miracoli e fede; quindi una
bibliografia essenziale. Un quaderno di grande utilità su un tema lascialo troppo in ombra, anzi su una realtà troppo abbandonata ad
deuni movimenti cristiani (p. 1.30. 6 F.).
llllllllllllMItlllllllllllIMMIinillilMIIIlMIIIIilllllllllinilill
RICHIESTA
La Biblioteca della Facoltà Valdese
di Teologia cerca urgentemente « Protestantesimo » 1964, n. 1. Rivolgersi al
prof. Soggin, via Pietro Cossa 42,
00193 Roma, indicando il prezzo.
3
pag. 4
N. 47 — 27 novembre 1970
NOTIZIARIO EVANGELICO ITALIANO
Con i Battisti di Roma
A Rocca di Papa...
Rocca di Papa è un paese del Lazio
che sta ai piedi del M. Cavo a circa 700
metri di altitudine. Una ripida strada
sale dal paese verso le falde del monte
coperto di castagni e, proprio dove comincia il bosco, sorge la casa dei Battisti. Davanti c’è un grande prato, dietro il bosco in pendio; si entra nell'ampia sala dove si fanno i pasti e si tengono le riunioni, con il grande camino,
i tavoli e le panche. Una cucina e una
parte retrostante con i dormitori completano il fabbricato. Questa casa serve ai Battisti per campi e riunioni: quest’estate è servita anche per il « campo
Borgate Romane ». Dal 13 al 31 agosto
ha ospitato ragazzi della periferia romana, quasi tutti del Tiburtino, e sono
state le sorelle delle Unioni Femminili
a organizzarlo. Come hanno raccolto
questi ragazzi? In parte fermandoli per
la strada, nel vederli così abbandonati
nelle movimentate, polverose vie della
periferia romana, con l’estate che si
avvicinava, per loro senza villeggiatura.
Il campo è ben riuscito e alcune famiglie hanno chiesto di essere visitate
durante l’anno, perché i loro figli possano ancora sentir parlare dell’Evangelo. Le madri dicono; « Noi conosciamo
solo la Madonna e Santa Lucia: vorremmo sapere qualche altra cosa ».
Auguriamo ai Battisti che questa opera, cominciata tra gli operai del Tiburtino, possa concretarsi e svolgersi pienamente durante l'anno.
Inoltre, durante i campeggi estivi, i
Battisti hanno fatto la conoscenza di
alcuni giovani di Rocca dì Papa e hanno avuto con questi degli incontri e dei
colloqui, in modo di non essere soltanto una comunità che viene a passare
l’estate in quel luogo, ma di stringere
un rapporto con gli abitanti e cercare
di risolvere con loro alcuni loro problemi. Uno di questi problemi è l’istruzione, e si è deciso di istituire un centro culturale per adulti e un doposcuola per i bambini che vivono nei Campi
di Annibaie, una zona molto disagiata.
Questa attività si svolgerà in stretta
collaborazione con i giovani del paese:
le comunità battiste di Roma, che si
chiamano Garbatella, Teatro Valle, Lungaretta. Monte Sacro, Via Urbana, Centocelle. Piazza in Lucina, sono chiamate a impegnarsi in questo servizio
d’amore verso il prossimo, aiutando
con la collaborazione, il denaro, la preghiera.
Ancora a Rocca di Papa, organizzato
dal Movimento Femminile vi è stato,
nei primi giorni di novembre, un campo di lavoro per il riassetto della casa:
vi hanno partecipato tra gli altri i padri dei ragazzi del Campo Borgate, tutti operai, che hanno voluto così esprimere la loro riconoscenza.
...e a Centocelle
Centocelle è un quartiere molto popolare alla periferia di Roma. Se si
pensa che poco più avanti c’è il Quarticciolo con il Borghetto Alessandrino,
zona di baracche, vergogna della capitale, si può dire che Cristo si è fermato a Centocelle. A Centocelle, via delle
Spighe 8, c’è una « oasi di pace ». Un
complesso di quattro edifìci, una chiesetta con un campanile e due campane,
un orto, un giardinetto, delle piante e
due ampi cortili; è l’Istituto Taylor, orfanotrofio e casa di riposo per vecchi.
Fondato nel -1923, è l’unico istituto
battista per ragazzi nel nostro paese, e
i Batùsti di tutta Italia contribuiscono
cento ottanta persone tra ragazzi, vecchi e personale. La Direttrice è la Signorina Marylù Moore, con la valida
collaborazione nel personale.
I ragazzi provengono per lo più dalle
Chiese battiste di ogni regione d’Italia,
ma ve ne sono anche di altre confessioni evangeliche e anche cattolici. A tutti
viene impartita l’istruzione religiosa
La chiesa battista di Centocelle
per sostenere quest’opera, che si regge
sulla spontaneità delle offerte, sui doni
di amici, ma senza aver; un’entrata
fissa. Una palazzina ospita la direzione,
1.1 segreteria, il refettorio, le camere dei
ragazzi, un asilo d’infanzia pubblico;
un’altra ospita le bambine; la terza la
casa di riposo, dove i vecchi con le loro camerette e l’ampia cucina-refettorio trovano un ambiente sereno sotto
b direzione della Signora Alice Moore.
Nella quarta palazzina abita il pastore
della Comunità di Centocelle e vi sono
stanze per affittare e un’ampia sala per
riunioni.
Un giardinetto, un orto, due grandi
cortili offrono possibilità ai ragazzi di
giocare, ai vecchi di prendere il sole.
La grand; famiglia del Taylor ospita
Le bambine delTIstituto Taylor
nella scuola domenicale e nello « studio
biblico ». Sono bisognosi di assistenza
e nell’Istituto trovano casa e cibo, vestiti, studio e svago, una vita serena di
cui ogni bambino ha diritto. E soprattutto ci si preoccupa di preparare questi ragazzi a una vita onesta, di creare
intorno a loro una famiglia.
Quest’anno vi è stata una nuova iniziativa, presa in accordo con le unioni
femminili di Roma; si chiama: « domenica in famiglia » e consiste in questo: ogni prima domenica del me'se
ciascuna famiglia che lo desideri ospita
uno o più bambini per tutto il giorno.
L’iniziativa ha avuto molto successo,
sia per i piccoli che per gli ospitanti i
quali così possono partecipare in modo
più diretto alla vita dell’Istituto.
Una delle manifestazioni più significative del Taylor è la corale. È composta di giovani dai dodici ai ventun anni, che si riuniscono per lo più la sera
e preparano i cori che poi vengono
cantati nelle varie Comunità, ai culti
oppure in altre svariate occasioni. Essi
cantano senza conoscere la musica ed
il loro canto è una gioia per chi ascolta, per loro un servizio alla gloria dì
Dio.
* * *
A Roma-Monte Sacro è stato chiuso
l’istituto Battista “Betania”. Questa
scuola biblica femminile si occupava
di quelle giovani che volevano prepararsi per un lavoro di testimonianza,
nelle comunità come monitrici o aiuto
di Pastori. Dall’istituto, che i battisti
sono costretti con rammarico a chiudere, sono uscite ragazze che sono andate missionarie o infermiere in Africa,
mogli di pastori che dedicano la loro
vita al lavoro nelle comunità.
Auguriamo ai Battisti di Roma che
la sede dell’istituto possa riaprirsi in
futuro a un’altra attività.
Inda Ade
lllllllllliliiillllillllliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiliiiiiiililiiliiiili
Contro la fame
degli altri
Diamo qui sotto un nuovo elenco di
sottoscrizioni pervenute in questi ultimi giorni. Notiamo con piacere che
nuovi nomi si aggiungono ai vecchi e
fedeli sottoscrittori ed invitiamo anco
ra una volta tutti i lettori a meditare
seriamente sulle loro responsabilità
nei riguardi di quei fratelli che sono
costretti a vivere in condizioni disumane a causa dell’egoismo o dell’intolleranza criminosa di chi li "comanda".
Nel caso specifico, stiamo raccogliendo fondi per i profughi de’l’Angola, in
Africa, dove, a causa della repressione
religiosa-razzista, parecchi negri subi
scono angherie e violenze di (¡gni genere, anche la morte. Diversi di loro so
no ora profughi in Congo Kinshasa,
ove è stato istituito dall’Eper, l’ente
assistenziale delle Chiese svizzere, un
Centro di Sviluppo Comunitario, sorto
per ridare a questi disgraziati nuova
fiducia nella vita e nella dignità
umana.
Attendiamo le vostre responsabili e
generose offerte, che preghiamo inviare al conto corr. postale n. 2/39878 intestato a questo scopo a: Roberto Peyrot, corso Moncalieri, 70 - Torino.
Da vaiar Fellice; N.N., L. 1..500.
Da Udine: P. Grillo 1.000.
Da Forano Sabino (Ri): E. Scarinci 1.000.
Da Roma: G. Conti 10.000.
Da S. Germano Chisone: N.N. 13" ver.«, con
.«impalili 5.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Borrello (Ch): 1. Palmieri in mem.
del marito 2.000.
Da Pinerolo: R. Breuza 10.000.
Da Venezia: D. Lspodamia 2.500: G. Ispodamia 2.500: fam. Zecchin 3.000: fam. Viti
1.000.
Da Torino: E. G. 10.000: M. fon Scotta
2.000: P. Cilernesi 5.000; E. e A. Raima
5.000.
Da Ivrea: P. Longo 10.000.
Da Bergamo: Un lettore 50.000.
Totale L. 123.500: prec. 1.459.237: in cass.i L. 1.582.737.
Congrssso Battista a Tokio
LA PARTECIPAZIONE ITALIANA
A Tokyo, dal 12 al 18 luglio, si è svolto il XII Congresso Mondiale Battista,
con migliaia di rappresentanti e delegati venuti da ogni paese. 1 rappresentanti Italiani erano il past. Inguanti (il
quale è stato nominato membro del
Comitato esecutivo deH’Alleanza Mondiale Battista), la signora Alice Moore,
l-a signora Betty Moore-Guarna, e la
prof. Luisa Rossi per il Mov. Femm.
Battista. Per la prima volta il Congresso è stato tenuto in Asia, in questo continente oggi fremente di guerre e di rivoluzioni, ed il suo t;ma, non a caso, è
stato: « Riconciliazione per mezzo di
Gesù Cristo », ispirato a II Cor. 5: 19.
Questo tema è stato sviluppato sul
piano teologico e ancor più nei suoi
aspetti pratici, affrontando i più importanti problemi attuali, come appare dai
vari ordini del giorno votati. La voce
del Congresso si è Levata contro i conflitti asiatici, contro la discriminazione
razziale, contro gli errori passati e presenti che portano alle ingiustizie economiche e sociali. Il Congresso ha invitato i Battisti a cooperare a un programma di giustizia economica e di solidarietà con i popoli più sofferenti, a
lavorare per la pace.
Notizie più ampie sul Congresso sono state pubblicate sul n. 26 di « Nuovi
Tempi » e sul n. 8-10 de « Il Messaggero Evangelico ». LA.
Echi del campo famiglie 1970 ad Agape
Uomo, chi sei?
N;H’articolo precedente (n. 33-44) si
è spiegato il concetto dell’uomo nell’Antico Testamento e nel pensiero dei
Greci con riferimento alle influenze negative che la concezione pagana ha
ha avuto sul pensiero cristiano. Cerchiamo di chiarire l’idea dell’uomo nel
pensiero deU’Evangelo, soprattutto di
Paolo.
Premettiamo che il Nuovo Testamento segue la linea di pensiero del
mondo ebraico, anche se la forma, le
immagini sono tratte dal contesto culturale greco. Difatti si parla di corpo,
carne, anima, spirito, ma .sempre intendendo l’unità dell’uomo che vive o
rifiuta la sua comunione con Dio e col
prossimo. Sì parla della creatura tutta
protesa a glorificare il Signore oppure
della creatura che lo disonora nello
spirito, nelle sue membra. Inoltre nel
pensiero di Paolo come in quello ebraico c’è una pronfonda unità tra l’uomo
e la comunità dei credenti, per cui non
è pensabile il credente solitario, che
vive la sua fede in casa sua, che cura
il giardino della sua pietà personale.
I significati particolari dei vari elementi costitutivi dell’uomo sono: l’anima che normalmente si indica nel testo con la parola « psiche » ed esprime
spesso la vita, la persona, l’io; _« l’uomo psico » è la vita naturale dell’uomo
contrapposta a quella spirituale, la
Caro direttore*.
Nel 11. 41 del giornale ha letto due arlicolì — firmati rispettivamente da Roberto Peyrol e da « pierre )>, sui quali vorrei presentare qualche osservazione.
11 sìg. Peyrot, dopo aver recensito il
film (( La Confessione)) (sottotitolo: Processo allo stalinismo) fa seguire il commento che cito testualmente; « sarebbe assai edificante poter assistere, in parallelo,
a simili autocritiche nel mondo occidentale nei riguardi, ad esempio, delEimperialismo, del colonialismo, del razzismo ».
Ma come? Siamo — da anni, da decenni ormai — frastornati, travolti, sommersi
da una plètora, un'alluvione, una marea
di critiche, di contestazioni, di denuncie
intese a stigmatizzare i grandi mali del
mondo occidentale (in primis, appunto.
Eimperialisrao, il razzismo, il colonialismo)
ed il sig. Peyrot non se n*è accorto? Teatro. cinema, televisione, libri, giornali, riviste di ogni scuola e tendenza fanno a
gara « a qui mieu\ mìeux )) nel divulgare
opere del genere — talvolta feroci e persino eccessive — e noi vorremmo presentare questa « autocritica )) di un comunista (che tuttavia rimane tale!) come un
esempio da additare al mondo libero!
Il fatto è che. da noi. opere simili circolano, da sempre, liberamente, mentre
al dilà della famo.«a cortina nessuno può
formulare critiche ancorché timidissime
al sistema dominante, pena la galera (ora)
o la pelle (all'epoca stalinista), tanto è
vero che A. London (l'aulore del libro dal
quale è stato tratto il film) ha potuto far
sentire la sua voce di protesta solo perché
ha « scelto la libertà », trasmigrando in
Occidente.
Il secondo articolo torna, ancora una
volta. suU'ormaì muiFo tema della « repressione )) da parte della polizia e della
Magistratura italiana che. secondo « pierre », si ostinano ad applicare integralmente talune norme del Codice penale. Questo
perché il direttore di un periodico (« Il
bolscevico ») ha subito una condanna —
con la condizionale, naturalmente! — per
un « reato di opinione » non meglio da
« pierre » precisato. (Si tratta, probabilmente. di istigazione a delinquere o di
apologia di reato).
Non mi attarderò — per brevità — sull'aspetto giuridico della questione pur convinto che la lesi sostenuta da « pierre »
sia priva di reale fondamento giuridico.
Vorrei solo far notare che mi pare strano
che sì voglia ad ogni costo consentire ai
fautori e propugnatori di un regime di oppressione e dì tirannia assoluta, totale e
permanente (qual è appunto il bolscevismo) di incitare la gente all'odio e alla
violenza al dichiarato fine di scardinare
le istituzioni democratiche per instaurare
un regime siffatto.
Perché si possano perpetrare — anche
da noi — gli orrendi crimini dello stalinismo sui quali si piangono ora — solo
ora! — tante lacrime di coccodrillo nei
cosiddetti « ambienti di sinistra » dove, a
suo tempo, venne esaltato e osannato fino
alla nausea il l)affuto tiranno del Cremlino?
E che ne direbbe il bravo « pierre » se
fosse consentito a individui o gruppi neonazisti di propagandare impunemente le
nefaste teorie hitleriane, facendo aperta
apologia del razzismo e del genocidio?
Per concludere, vorrei invitare sia Peyrot che « pierre )) a meditare un po' meglio sulle sorti del nostro paese (e del
mondo) qualora reversione marxistica —
o, comunque, totalitaria — dovesse prevalere sulla democrazìa rettamente intesa :
livellamento e appiattimento conformistico e integrale di tutti, e abolizione di ogni
libertà politica, civile, religiosa, culturale,
sociale, sindacale, ecc.
Perfino i nostri coccolatissimi capelloni
avrebbero la vita dura! Niente più criniere al vento, barbe cespugliose, baffelti a
salice piangente, bascltonì alla ceccobeppe e... niente più unisex! Ma queste re
strizioni di ordine, diciamo cosi, esteticomoralistico non ci procurerebbero eccessiva angoscia!
Aldo Long
Cordialmente
Hobkhto Pf.Yhot
Lei certamente ricorderà chi fu il senatore repubblicano Joseph MacCarthy (da
non confondersi coU'attualc omonimo senatore democratico): era quello della « caccia alle streghe ». era quello che combatteva con demagogica violenza contro coloro che non erano disposti a rinunciare
alla propria libertà di pensiero contro l'anticomunismo viscerale degli anni 50 in
America. Ebbene la sua convinzione che
«reversione mar.xistica » (tra parentesi,
se le interessa saperlo, non sono comunista) sia paragonabile alle teorie naziste mi pare appunto degna della miglior
tradizione maccarthista.
1) Prendo atto che. secondo lei. Vanto- ^
critica di A. London nel suo libro « La
confessione » non è un esempio da additare al mondo (cosiddetto ) libero in quanto
« rimane tuttavia un comunista ». Ma allora lei non ha compreso lo spirito del mio
articolo. La validità della sua critica sta
appunto nel fatto che egli è rimasto tale!
Ecco perché mi auguravo — come mi auguro — che nel settore in oggetto, e cioè
in quello cinematografico, dall'interno del
sistema, non dai suoi oppositori (altrimenti sarebbe pura propaganda). sorga qualche seria opera di autocritica, lasciando
stare le buffonate di films tipo « Mash »
o altre amenità del genere, e questo a
parte i « frastornamenti » da lei tanto deprecati.
2) Prendo nota che per lei il tema della repressione (relativo allo scritto da me
siglato pierre) «è oramai muffo». A me
pare invece più che mai di piena attualità
dato che viinamo in una nazione che. proclamando a parole la libertà di opinione, la
nega nei fatti. Nel caso da me citato il
direttore del periodico esponeva le teorie
della lotta di classe che saranno criticabili
fin che vuole ma che. secondo le norme
(fasciste) vengono considerate come apologia di reato e istigazione a delinquere.
Lei pare ignorare la conclusione di quel
mio scritto che mi permetto trascrivere,
non desiderando che i lettori si facciano
un'idea errata su questo scambio di opinioni: « Si potrà obbiettare che i suddetti
processi, e le relative pene erogate, non
sono paragonabili, ad esempio, a quelli che
rVnione Sovietica intenta contro gli scrittori e gli intellettuali dissidenti. Certo, là
si cerca con più rigore di **scoraggiare**
certe posizioni, ma non dimentichiamo mai
che il "furto** compiuto dallo Stato sulla
libertà di espressione di un individuo, non
fosse che di un solo giorno, è .sempre un
furto w.
Per concludere vorrei fermarmi un attimo al concetto, da lei enunciato di « democrazia rettamente intesa ». Dov è: nella
libertà di parola (« parlate, parlate, ma
poi fate come dico io »)? Nella libertà di
migliaia e migliaia di lavoratori meridionali che al cenno di un viceré nostrano o
straniero si scaraventano al nord per non
morire di fame a casa loro e vivono in
ghetti degni del « miglior » razzismo? NelVindegno sfruttamento del terzo mondo do
parte delle nazioni occidentali. Stati Uniti
in testa, che negli ultimi ¡0 anni hanno
ricavato il quattrocento per cento dagli
"aiuti" inviati in America Latina? NelPainto o nelPassistenza delVoccidente agli
stati razzisti e colonialisti? Mi fermo qui
per non « frastornarla » oltre.
ABBIAMO RICEVUTO
In memeria di Matteo Prochet.
nel centenario 1870,1970, per il Col
legio Valdese, da Lilian Pennington de Jongh, Roma; L. 50.000.
Ringraziamo e trasmettiamo.
vita intesa nella sua umanità e carnalità. Lo spirito che di solito si indica
col termine « pneuma », esprime la vita dell’uomo aperta alla voce, all'iniluenza di Dio. Il corpo, indicato col
termine « soma », esprime tutta la persona dell’uomo che può diventare dimora dc-4 Signore ed anche corpo di
morte, a causa della disubbidienza. Il
termine carne, indicato con la parola
« sarx » è per lo più riferito allo stato
di debolezza dell'uomo, alla sua vita
decaduta.
Di questi vari termini l'apostolo si
serve con una certa libertà, proprio
perché sono strumenti atti ad esprimere il pensiero sull' uomo nei suoi
rapporti con Dio e col prossimo, nel
suo stato di ubbidienza e disubbidienza.
La domanda del titolo può ora essere sostituita con questa: uomo, chi sei?
Difatti l’Evangelo, e particolarmente
l'apostolo Paolo ci annunzia che Cristo
è il vero uomo, il vero calco di Dio nell'amore e nel servizio. Egli è l'uomo
indicato da Pilato al mondo, che nella
sua morte e risurrezione eleva la creatura alla dignità di vero uomo, di figlio
di Dio, adottato dal Padre, per cui può
balbettare con gioia per mezzo dello
Spirito il nome di Padre. Perciò l’uomo
non è più un oggetto, una cosa, un numero, un individuo separato dagli altri,
diverso dall’altro per colore, ricchezza
o posizione sociale. Il credente è l'uomo che Dio vuole, esigendo da lui la
stessa visione nei confronti dell'altro,
uomo o donna che sia. Difatti in Cristo
non c’è più né schiavo né libero, né maschio né femmina, né meridionale né
settentrionale, ma una creatura che
vive nel clima dell'amore gioioso per il
Signore e le sue creature.
Per esemplificare l'uomo guarderà alla donna, sua compagna, non in funzione della bellezza, degli elementi sessuali, come strumento di commercio,
di pubblicità, di sfruttamento comodo,
ma come ad una creatura vista nella
sua totalità, amata e redenta da Dio.
Purtroppo lo spirito greco è penetrato
nella nostra mentalità « cristiana », per
cui si vede solo il corpo e non la vera
vita per la quale Cristo è venuto a compiere la sua missione.
Parimenti, Tuomo non lo vedrà nei
confronti del suo stesso corpo, quale
strumento di passione, ma strumento
di glorificazione di Dio negli atti, nel
comportamento, nei rapporti più normali del tessuto quotidiano dell'esistenta. L'apostolo Paolo poteva esprimere questa profonda unità di tutto
l'essere umano col Suo Signore quando diceva: « Non sapete voi che siete
il tempio dello Spirito di Dio? ».
Gustavo Bouchard
(IIIIIIilMIMMIMIIIIMIIIMIIIIIimillllMlinilillllllllllIIIIIIIII
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Collette raccolte nella
Domenica dell’emigrante
(1° elenco)
Chiese Battiste: Bari L. 5.000: Pavia 5.000.
Chiese Metodiste: Genova Seslri L. 8.000:
Intra 11.285; Novara 17.000: Rapolla 3.000:
Roma 18.000: Venosa 3.000; Vicenza 4.000:
Scicli 3.500.
Chiese Valdesi: Angrogna e Serre L. 10
mila; Bergamo 80.000; Brescia 26.000: Brindisi 8.680: Galvano 1.450: Campobasso 4.000:
Napoli (Via dei Cimbri) 5.000: Napoli (Vomero) 8.660; Palermo 15.000; Roma (Via IV
Novembre) 33.500: Sampierdarena 8.000: Torino (C.so Oddone) 46.740: Torino (Via Nomaglio) L. 10.000.
Totale L. 396.815.
Mentre ringraziamo le Comunità che ci
hanno fatto avere tertipestivamente Eimporlo
delle loro collette in occasione della « Domenica deirEmigrante », attendiamo con fiducia
h rimessa di tali collette dalle Comunità che
ancora non lo hanno fatto.
.4 nome del Consiglio dei Pastori delle Chiese evangeliche di Genova, il .suo presidente,
past. .ilfredo Scorsonelli. ha inviato alla stampa cittadina, per pubblicazione, la seguente
dichiarazione su un avvenimento che ha turbato la città: era risultato che in un istituto statale superiore l insegnante di religione indagava e riferiva alla Curia arcivescovile sulle
posizioni degli altri insegnanti.
« Il Consiglio dei Pastori delle Chie.se Evangeliche dì Genova, nella sua riunione del 26
ottobre, ha ritenuto di dover assumere una
nella posizione sulla vicenda aperta dalle dichiarazioni rese alla stampa dal Preside e dal
Collegio dei professori del Liceo Artistico statale di via Digione — sezione .staccala delr.\ccademia Albertina di Torino —. dichiarazioni che denunciano resistenza di indagini
ìn<|iiìsìtorie su alunni ed insegnanti da parto di organi dell'Arcidiocesi di Genova.
« La questione sollevata da tali indagini
non può e.ssere considerala meramente interna alla Chiesa Cattolica locale, ma come
avente dirette e gravi implicazioni in materia di rapporti fra Sialo e Chiesa c, in particolare. di libertà garantite ai cittadini dalla
Co.«liliizione della Repubblica Italiana.
« Perciò questo Consiglio dei Pastori delle
Chiese Evangeliche di Genova ravvisa neirepisodio una ennesima prova dell'urgenza di radicale revisione della legislazione riguardante
rinsegnamento religioso nelle scuole ])ubbliche
e del Concordato del quale aus{>ica i'abolizionc ».
4
27 novembre 1970 — N. 47
pag. 3
LA CHIESA NEL MONDO
Si va precisando l'Azione Apostolica Conione
il marxista
e i protestanti
Nei giorni 31 ottobre e 1 novembre
s’è riunita a Parigi nei moderni e funzionali locali della Chiesa Riformata di
Passy la 142“ Assemblea della Società
delle Missioni Evangeliche. Parteciparvi è indubbiamente un’esperienza interessante: vi si vive la grande missione
della Chiesa nel mondo con i suoi problemi molto diversi da nazione a nazione, se si pensa alle Chiese di Francia,
della Svizzera Romanda, dell'Africa, del
Madagascar e del Pacifico rappresentate con i loro delegati; si avverte una
sola volontà di testimonianza e di servizio nel nome dello stesso Signore ed
un'intima comunione sentita, oltre che
nella partecipazione al culto ed alla
Santa Cena nel tempio di Passy con la
comunità locale, anche nel corso delle
discussioni.
Apre i lavori il Signor Jean Courvoisier, Prerndente della Società, con la
lettura biblica (I Cor. 12; 12-27) e con
un’allocuzione in cui sottolinea che siamo tutti membra del Corpo di Gesù
Cristo, che è la Chiesa; corpo vivente
di uomini e di donne, chiamati a continuare la missione di Cristo non rinchiusi in sé stessi ma operando in mezzo
agli uomini. Le nuove strutture della
Società serviranno perciò alla testimonianza cristiana nella misura in cui sapremo ritrovarci insieme in Cristo per
irradiare la Sua luce fuori, nel mondo.
Quest’opera di testimonianza e di servizio appare chiara dal Rapporto del
pastore Maurice Pont, nominato nel
1969 Vice-Direttore della Società ed attuale Direttore. Egli presenta una visione panoramica del lavoro non sempre
tacile che si svolge nelle nove Chiese
d’Africa, del Madagascar e del Pacifico
verso le quali, nel corso dell’ultimo anno, sono partiti 20 nuovi missionari:
pastori, insegnanti, infermiere, medici
e tecnici vari, per collaborare nella missione della Chiesa che, attraverso molteplici forme di azione, è sempre missione di liberazione e di edificazione
dell’uomo per mezzo ed in Gesù Cristo.
Un altro aspetto del lavoro' del Comitato Direttivo è la molteplicità delle relazioni con le Chiese al di qua ed al di
là degli Oceani e con i Comitati Ausiliari in Francia ed altrove.
Nel suo Rapporto il pastore Charles
Bonzon, Direttore della Società dal
1950 ed ora in emeritazione, fa la cronistoria di quanto ha preparato e reso
La recente Assemblea della Società delle Missioni evangeliche di Parigi — alla quale hanno partecipato quali rappresentanti italiani il
pastore Teofilo Pons e le missionarie Anita Gay e Laura Nishet — ha
segnato una tappa decisiva nella ristrutturazione del suo lavoro, nel
quale le Chiese europee e quelle del Terzo Mondo saranno integrate
pienamente e alla pari.
possibile l’attuale progetto di integrazione della Missione e delle Chiese di
Francia, Svizzera Romanda, Africa, Madagascar e Pacifico. È un’azione missionaria mondiale che deve diventare multilaterale e che è opera comune di Chiese che, sia pur appartenenti a nazioni,
continenti, razze e culture diverse, sono però unite in una stessa passione:
annunziare l’Evangelo del Signore Gesù Cristo nel loro proprio paese e fino
all’estremità della terra con altrettanta fede, amore, consacrazione e coraggio degli artefici dello sforzo missionario del passato.
Ma in che cosa consiste questo progetto di nuove strutture di azione missionaria? Perché questa trasformazione?
La Società delle Missioni Evangeliche
si costituì a Parigi nell’anno 1822, organicamente indipendente dalle Chiese
di Francia, con lo scopo di portare l’annunzio dell’Evangelo tra le popolazioni
pagane. Trasformandosi del continuo
sul piano delle sue strutture, della sua
strategia, dei suoi metodi e del reclutamento del personale missionario, la Società è diventata un centro ecumenico
che riunisce una ventina di Chiese e
dove sono coordinate ogni specie di
azioni missionarie che hanno cessato
di essere a senso unico: dalle Chiese
dell’Occidente verso i paesi pagani.
L’obiettivo della missione era di costituire delle Chiese capaci di dirigersi,
finanziarsi e svilupparsi da sé. Questo
obiettivo è stato raggiunto. Le nove
Chiese dipendenti dalla Società sono
diventate autonome tra il 1957 ed il
1963 missionarie a loro volta, fermamente decise ad evangelizzare non soltanto il proprio paese, ma ad inviare
missionari lontano dal loro paese d’origine. Già nell’Assemblea Generale del
1954 l’allora Presidente della Società,
pastore M. Boegner, affermava: « Non
è più possibile concepire l'evangelizza
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiimmiimmmimmimiiimmi
Progeno di regolamento per l'organizzazione I
internazionale che dovrebbe sostitoire
la Società delle Missioni Evangeliche di Parigi I
Nota. Il nome non è ancora stato concordato e provvisoriamente il futuro organismo è chiamato « Azione Apostolica Comune » (A.A.C.). Anche la sede della futura direzione non è ancora stata scelta.
Art. 1 - Le Chiese Evangeliche di vari
continenti menzionale alTarticolo 2. riconoscenti a Dio che ha
rivelato loro in Gesù Cristo il
suo amore per il mondo intero,
riconoscono di dover testimoniare di questo amore e partecipare
alla sua azione per il rinnovamento di ogni uomo; convinte
che superando i legami storici
creati tra loro daH'attìvità delle
Società Missionarie, il Signore
le chiama a impegnarsi in nuove relazioni, decidono di costituire TA.A.C. per assumere insieme alcune delle responsabilità che incombono loro per compiere la missione che Gesù Cristo ha assegnato loro.
Art. 2 - Le Chiese che Iianno fondato
TA.A.C. sono.... (lista provvisoria e ancora aperta).
Art. 3 - Le Chiese di una stessa regione
possono costituire un organismo
missionario che le rappresenti
nelTA.A.C.
Art. d - Altre Chiese e organizzazioni
possono unirsi alle Chiese elencate alLarl. 2 se accettano questo regolamento e se sono ammessi dalla Consultazione (articolo 7).
Art. 5 - Ogni Chiesa o organizzazione
conserva la libertà di assumere
responsal)ilità che le sono pròprie o che ha in comune con
Chiese o organizzazioni che non
partecipano alTA.A.C.
La responsabilità delTA.A.C. si
estende a lutti i compiti che
ognuna delle Chiese desidera
.siano annoverali fra i compiti
decisi in comune (si tratti di
evangelizzazione, di formazione
del personale, di servizio o di
aiuto reciproco).
Art. 6 - L'A.A.C. ha una triplice responsabilità :
a) promuovere una riflessione
continua sul significato delTEvangelo e sulla missione della
Chiesa, stabilire una politica
generale di azione apostolica e
assicurare una unità neirazione;
b) stabilire Telenco dei compiti che saranno assunti, tenen
do conto da una parte delle richieste e delle necessità espresse da ogni chiesa e organizzazione, e daH'altra delle disponibilità in uomini e denaro;
c) decidere i modi e i mezzi
per Tesecuzione di quei compili, sia affidandoli a Chiese o organizzazioni, sìa assumendoli in
proprio, e seguendone Tesecuzione.
Art. 7 - La Consultazione è formata dai
rappresentanti delle Chiese o
organizzazioni in ragione di un
rappresentante per ogni Chiesa
e uno per ogni organizzazione.
Art. 8 - La Consultazione siede una volta aH'anno. Può riunirsi su domanda di un terzo dei membri
o del seggio.
Art. 9 • La Consultazione nomina un
Seggio che rimane in carica per
tre anni, composto da un Presidente, due Vice Presidenti, un
Segretario e un Cassiere.
Art. 10 - La Consultazione nomina un
Segretario Generale e dei Segretari Associati, che operano collegialmente sotto la responsabilità del Segretario Generale e
.sotto rautorìtà della Consultazione. I segretari partecipano
alle sedute del Seggio e della
Consultazione.
Art. 11 - La Consultazione indica le linee
di politica generale e prende le
decisioni che assicurano rimi là
della azione.
Art. 12 - La Consultazione stabilisce una
previsione finanziaria alla quale
ogni Chiesa e ogni organizzazione partecipa secondo le sue possibilità.
Art. 13 - La Consultazione stabilisce il
programma di azione e procede
alTe.same dei compiti e.seguitì e
alla creazione di nuovi compiti.
Art. 14 - 1 rappresentanti delle Chiese o
organizzazioni membri, si spartiscono i compili da eseguire,
procurando il personale necessario. La Consultazione può decìdere di assumere in proprio
quei compiti.
Art. 15 • La Consultazione .sorveglia l’esecuzione di quei compiti e controlla la loro realizzazione.
Art. 16 - La Consultazione ha sede in.......
Art. 17 - Questo statuto sarà sottoposto a
revisione dopo tre anni. Può anche esserlo su richiesta di un
terzo dei membri della Consultazione.
zione del mondo in termini occidentali
e considerare la Missione come un prolungamento delle Chiese d’Occidente.
Tutto il problema deve essere ripensato
su scala mondiale ». Ma fu nell’Assemblea del 1964 che il pastore Jean Rotto
(Cameroun) dichiarò: «L’azione missionaria non può basarsi sulla nozione
di un movimento a senso unico: l'Europa che manda e l’Africa che riceve...
Anche l’Africa può partecipare all’azione missionaria. Così Negri e Bianchi,
Malgasci e Polinesiani andranno insieme, mano nella mano, a recare il messaggio della salvezza a coloro che non
lo conoscono ancora ed a coloro che
corrono il pericolo di essere sopraffatti
da opinioni non cristiane ».
Le Chiese dell’Occidente come quelle
del Terzo Mondo hanno insieme un’opera missionaria ed evangelizzatrice da
svolgere sia nel Terzo Mondo che in
Occidente. Nacque così l’Azione Apostolica Comune. Comune alle Chiese di
Francia, della Svizzera Romanda, ma
anche alle Chiese d’Africa, del Madagascar e del Pacifico, nonostante le distanze e le differenze, ognuna delle quali vi
partecipa con uomini e denaro. Attualmente i gruppi missionari plurirazziali
sono due: uno lavora da tre anni nel
Dahomey (Africa) e l’altro da sei mesi
nel Poitou (Francia Occidentale). La
loro esistenza ed il loro lavoro dimostrano che l’unione nella stessa azione
missionaria è possibile e reale e ci pongono davanti alla visione d’una Missione che, « va de partout vers partout ».
Il pastore Henry Bruston, incaricato
di coordinare e preparare lo studio del1 ‘ nuove strutture missionarie della Società, nel suo Rapporto all’Assemblea
Generale 1969 indicava i motivi della
riforma proposta ed i suoi orientamenti ed affermava: « Un organismo missionario non può essere che un organismo che permetta alle Chiese, che si
sentono unite le une alle altre, di essere insieme al servizio dei popoli a cui
appartengono ». Alla luce di questo suo
rapporto, delle risposte dei « gruppi di
studio » costituitisi in Francia ed in
Svizzera, dei contatti con le Chiese di
Europa e di oltre Oceano e dell’incontro col Comitato Direttivo della Società, a cui parteciparono i rappresentanti
di tutte le Chiese interessate, il pastore
Bruston presentò all’Assemblea Generale 1970 il progetto delle nuove strutture di azione missionaria per la sua
approvazione.
Tale progetto parte dalla Chiesa locale e si basa su di essa. La Missione,
nata dal Risveglio in alcune Chiese,
non può nè deve vivere alla periferia
delle Chiese: ogni chiesa deve sentire
ed assumere la sua precisa responsabilità. Così per ogni Sinodo regionale o
nazionale, che avrà un Comitato di
Azione Apostolica Comune, che riferirà sul lavoro svolto. In ogni Chiesa locale ci sarà un « Comitato di animazione » per risvegliare l’interesse e suscitare le offerte per l’opera missionaria.
Questo Comitato potrà essere interconfessionale riunirà quanti s’interessano ai problemi del Terzo Mondo ed all’Azione Apostolica Comune: amici, missionari in emeritazione, tecnici, medici, insegnanti... pensone che hanno o
no lavorato nei paesi del Terzo Mondo
e pronte a mettere i loro doni al servizio dell’opera missionaria. Dalla fede,
dall’entusiasmo e dal lavoro di questi
gruppi, nella chiesa locale e poi sul piano regionale e nazionale, dipenderà il
successo della nuova concezione della
Missione e dell'Evangelizzazione, che
dovranno integrarsi in una sola azione.
Per la Francia tutto farà capo ad un
Segretariato Generale con sede a Parigi, associato ad un segretario che risieda a Strasburgo, a causa della particolare situazione delle Chiese dell’Alsazia
e della Lorena, le quali, oltre alla Società delle Missioni di Parigi, aiutano
l’Azione Cristiana in Oriente, la Missione di Basilea e le Missioni Luterane, fra
cui quelle di Hermansburg. Il progetto
prevede l’integrazione di queste attività e, se questa avverrà, il Segretariato
Generale potrà coordinare tutti gli sforzi in uomini ed in denaro per le diverse
Società missionarie attualmente sostenute dal Protestantesimo francese.
Questa trasformazione sul piano nazionale mira a far capire che la collettività è missionaria e non solo il singolo individuo, perciò dovrà servire la collettività nella sua opera di testimonianza, mettendo in comune le proprie possibilità in un dialogo continuo sul come vivere e proclamare l’Evangelo.
Quest’organismo francese, il cui nome sarà: « Dipartimento Evangelico
Francese d’Azione Apostolica » (D.E.F.
A.P.), non agirà tuttavia in modo indipendente, ma sarà al servizio del più
grande Qrganismo Internazionale con
cui collaborerà in tutti i modi. Questo
Qrganismo che sarà probabilmente denominato: « Azione Apostolica Comune » o « Azione Evangelica Mondiale o
Universale » e di cui Strasburgo sarà la
probabile sede, riunirà le Chiese Protestanti di Francia, il Dipartimento Missionario della Svizzera Romanda, le
Chiese di Africa, del Madagascar e del
Pacifico, nonché Qpere come « Amitiés
Tiers Monde », la Cimade ed altre. Potrà avere una visione globale dell’opera
da compiere e dei mezzi necessari; deciderà sulla priorità delle cose da farsi, affidandone l’esecuzione agli Qrganismi nazionali, e metterà a loro disposizione i mezzi di cui avranno bisogno.
Le Chiese che vi partecipano e ne riconoscono l’autorità avranno il duplice
vantaggio di decidere insieme su un
piano di uguaglianza e di contribuire
ad eliminare l’inevitabile tensione tra
un’Europa ricca ed altri continenti o
paesi poveri. Sarà un centro di riflessione comune, d’incontro e di impegno, nel
quale dei fratelli lavoreranno insieme
in tutti i campi, non ultimo quello concernente il reclutamento e la formazione del personale, perché la mancanza
di vocazioni è un problema che preoccupa seriamente tutta la Chiesa.
L’Assemblea, dopo ampia discussione a gruppi ed in sessione plenaria, ha
approvato le linee generali delle nuove
strutture della Società delle Missioni
definite dal progetto presentato dal Comitato. L’o.d.g. votato dice infatti:
« L’Assemblea approva il principio della creazione d’un organismo internaz.ionale in cui le Chiese si uniranno in vista di un Azione Apostolica Comune.
Approva altresì il principio dell’integrazione della Missione nella Chiesa di
Francia, sia a livello delle diverse istituzioni che a quello dei diversi gruppi
d’animazione missionaria ».
Le Chiese e gli Organismi interessati
dovranno tuttavia pronunziarsi nel corso del prossimo anno su tale progetto
di riforma, che l’Assemblea Generale
dell’autunno 1971 accetterà definitivamente. Perciò l’Assemblea di quest’anno decise di prorogare di un anno il
mandato dell’attuale Comitato Direttivo della Società.
Il progetto delle nuove strutture di
azione missionaria ha indubbiamente
costituito il centro dei lavori dell’Assemblea; però abbiamo anche potuto
ascoltare alcune notizie del pastore S.
Raapoto sull’opera della Chiesa a Tahiti e soprattutto il bilancio finanziarió
della Società, presentato dal cassiere
sig. Philippe Àkar, che si aggira sui cinque milioni di franchi francesi, al quale ha fatto seguito l’appello alle Chiese
perché si assumine la loro precisa responsabilità missionaria ed aumentino
la loro liberalità per la Missione.
Un valido richiamo anche per noi,
membri della Chiesa Valdese, in quanto il Sinodo di quest’anno, in suo ordine del giorno, « considera come opera
propria il servizio che i missionari Veddesi compiono in vari campi ed invita
la Chiesa a sostenerlo in tutti i modi ».
Mentre il nostro pensiero va a tutti coloro che lavorano in vari campi della
Missione ed in particolare ai fratelli ed
alle sorelle della nostra Chiesa, non
possiamo dimenticare che la loro è
un’opera che concerne tutti e che dobbiamo portare avanti insieme per la
gloria di Dio e per la salvezza del mondo, uniti in un medesimo spirito, in
uno stesso amore ed in una stessa fede.
Teofilo Pons
N.d.r. - Ci rincresce di dover rimandare, al
prossimo numero, per ragioni di spazio, le
“note” che il missionario Roberto Coisson ci
ha dato in margine alVAssemhlea parigina
della S.M.E.P. reti.
Come si sono comportati i pentecostali cileni nelle elezioni vinte da
Salvador Allende?
Com’è noto il Cile occupa un posto
a parte nel panorama politico latinoamericano e la stampa se n’è occupata
e se ne sta occupando con insistenza
particolare, dopo la vittoria di Salvador
Allende nelle elezioni presidenziali; forse è pure noto ai nostri lettori che il
Cile è la nazione che conta la maggiore
Chiesa pentecostale del mondo. È interessante leggere le riflessioni pubblicate .su “La vie protestante” da Walter J.
Hollenweger, segretario per l’evangelizzazione del Dipartimento Missione ed
Evangelizzazione del CEC e oggi il maggiore studioso del pentecostalismo (H.
Vaccaro ha recentemente presentato
qui la sua grande opera sul movimento
pentecostale, mentre in passato abbiamo più volte pubblicato scritti di questo pastore, egli stesso di origine pentecostale); nella loro brevità, pongono
anche a tutti noi un grosso interrogativo.
La data del 24 ottobre 1970 deve rimanere impressa nella memoria dei nostri contemporanei. In quel giorno, infatti, Salvador Allende è stato eletto
presidente del Cile. E questa elezione
contesta l’idea ben radicata, secondo la
quale un marxista convinto non può
essere portato alla testa di uno Stato
o di un governo attraverso il gioco di
elezioni libere.
Quale ruolo hanno avuto, i protestanti, in questa scelta? cioè, in pratica, i
pentecostali che costituiscono circa un
quinto degli elettori cileni? Pare, secondo i dati a nostra disposizione, che essi hanno votato chi per questo chi per
quello dei tre candidati, a seconda della concezione che hanno della società:
per il comunista Allende, per il cattolic ) conservatore Alessandri o per il candidato democristiano. Che significa questo; dei cristiani che si sforzano di
trarre indicazioni dalla vita e dall’insegnamento del loro maestro, quando si
trovano di fronte all’impegno concreto
del voto, non possono decidersi chiararamente fra una scelta cattolica e una
scelta comunista, fra una visione capitalista e una visione socialista della società?
Walter J. Hoi.lenweger
iiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Preghiere moderne
chiedono i gioveni
Gontndini haveresi
I (( Giovani contadini » cattolici di Baviera
chiedono |)reglii€ire più moderne. Nei libri di
l)reghìere diirusì in campagna sì parla Infatti
spesso del contadino che semina, della dipendenza angosciosa dalla natura (intemperie,
ecc.), ma non appaiono affatto le preoccupazioni esistenziali né i problemi deiragricollura moderna. Essi non asj)cttano che sia la
Chiesa a prendere rinizìativa : a partire da
quest'inverno, nelle università popolari contadine della Baviera ci si sforzerà di formulare
preghiere attuali.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIlllilllllllllItllllItllllllllllIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIilllllllllllllllllliltllllllllll
Annuncio deli’Evangeldlnel x/ivo della realtà
Il secondo sinodo della Chiesa di Gesù Cristo
in Madagascar [F.J.K.M.]
Tananarive (bip) ■— Recentemente si
è svolto il secondo sinodo nazionale
della Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar (F.J.K.M.).
Ricordiamo che l’assemblea costitutiva della F.J.K.M., che ha unificato la
Chiesa Evangelio, la Chiesa del Cristo
e la Chiesa degli Amici, ha avuto luogo
nel 1968.
I lavori dei 137 delegati si sono particolarmente orientati verso l’organizzazione interna e gli impegni finanziari. I regolamenti sono stati modificati
nel senso di una maggiore unità organica ed un trattamento uniforme por
tutti i pastori ed insegnanti è stato
accettato.
La Chiesa del Madagascar deve soprattutto occuparsi della edificazione
della famiglia e dell’iniziazione dei giovani in vista delle nozze. Il sinodo ha
riconosciuto il sentito bisogno del rinnovamento della Chiesa, affinché essa
sia veramente al servizio degli altri.
L’impegno per lo sviluppo della Nazione ha avuto ampio spazio nelle discussioni. Il Sinodo Nazionale ha
chiesto ai Sinodi regionali (ne esistono 18 che rappresentano 5 delle 6 province dell’Isola) di « formare ognuno
una commissione per lo sviluppo ».
Queste commissioni regionali potranno quindi lavorare con la Commissione Nazionale per lo Sviluppo, creata
in seguito alla riunione di Abidjan dalla Federazione protestante.
In un messaggio diretto alle Chiese
di Francia, della Svizzera e dell’Inghilterra, il Sinodo si augura che l’attualità dello sviluppo non faccia dimenti
care il ruolo specifico della Chiesa, che
è l’annuncio dell’Evangelo.
Questo stesso messaggio esprime il
desiderio della Chiesa di Gesù Cristo
in Madagascar di mantenere la reciproca collaborazione con le Chiese sorelle di Europa.
In una dichiarazione sugli alTari nazionali ed internazionali, il Sinodo afferma che la Parola di Dio non permette alla Chiesa di tacere davanti a
ciò che è contrario all’Amore c alla
Giustizia.
Punti principali riguardanti gli affari internazionali:
— La F.J.K.M. crede che la più grande minaccia per la pace provenga dalle attività delle grandi potenze, che
cercano di imporsi sulle altre nazioni.
— La F.J.K.M. rifiuta l’alfermazione
del Governo degli Stati Uniti secondo
la quale la guerra del Vietnam è una
difesa della religione cristiana.
— La F.J.K.M. condanna la discriminazione razziale ed il colonialismo
(Africa del Sud, Portogallo, Rhodesia,
U.S.A....).
— La F.J.K.M. rifiuta le relazioni diplomatiche c commerciali con gli Stati che praticano la discriminazione
razziale ed il colonialismo.
— La F.J.K.M. approva il dono di
200.000 dollari del CEC alle Qrganizzazioni che combattono la discriminazione razziale ed il colonialismo.
— La F.J.K.M. considera questo dono come una partecipazione della Chiesa alla liberazione di tutti coloro che
sono ancora prigionieri dell’ingiustizia.
5
27 novembre 1970 — N. 47
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Predicazioni suiia pubblica piazza: a Catania, dopo un assassinio
Pinerolo
L'8 ottobre Giovanni Cuflisch. membro detla nostra comunità catanese. era aggredito per
rapina e ferito mortalmente; tre giorni dopo,
dopo una lunga agonia, cessava di vivere. Aveva 28 anni. Orfano di jxidre all'età di sei anni,
voleva dare ai propri figli db che non aveva
avuto e faceva di tutto per essere un padre
presente. Il 13 ottobre, sul piazzale del cimitero di Catania, in occasione del funerale il
pastore S. Giambarresi ha pronunciato questa
predicazione, che riprendiamo dal bollettino
della chiesa etnea.
red.
Giovanni Caflisch è stato assassinato. L’ondata di violenza, che prima
sembrava esserci lontana, ora ci ha
raggiunti. Non possiamo rassegnarci
ad accettare questa situazione, non
possiamo subirla come una fatalità e,
soprattutto, non possiamo vedere in
essa la volontà di Dio. Questa, infatti,
non è la volontà di Dio. È la volontà
di un assassino, è un delitto. E, nel delitto, non si esprime la volontà di Dio.
Il delitto non ci aiuta a conoscere l’agàpe di Dio che si rivela in Gesù Cristo.
Paolo, che pure era un apostolo del
Signore, quando considerava i mali
della creazione e i delitti della società
del suo tempo, non si rassegnava, anzi
reagiva. E, nel passo citato dell’Epistola ai Romani, possiamo vedere in quale modo.
* * *
In primo luogo, si stringeva alla comunità dei credenti. Anche noi, di
fronte al delitto, siamo sospinti gli uni
verso gli altri in un moto di solidarietà che sarebbe commovente, se non
fosse determinato da sentimenti di orrore, di compatimento e, persino, di
paura.
Ma il correre di Paolo verso la comunità dei credenti era determinato,
soprattutto, dall’esigenza di dire subito, pubblicamente e ad alta voce ciò
che nessuno può dire da solo. Si tratta, infatti, di quel che sappiamo insieme a Dio che l’ha rivelato in Gesù Cristo e insieme allo Spirito Santo che ce
l’ha fatto credere e sentire. Nessuno
dei credenti può tirarsi indietro. Tutti
coloro che sono stati battezzati nel nome di Gesù Cristo e che hanno ricevuto le primizie dello Spirito del Signore, in qualunque parte del mondo si
trovino e comunque si chiamino (cattolici, ortodossi, protestanti), sono impegnati a levarsi in piedi, per dire, insieme all’apostolo delle genti, quel che
sanno e che devono dire insieme:
« Sappiamo che fitto ad ora... ».
Questo sapere non è frutto di fantasie o di profonde riflessioni teologiche. È il dono della grazia di Dio a
quanti costituiscono il corpo del Cristo crocifisso in questo mondo e sanno che, fin dal tempo di Caino, la terra si è sempre ribellata all’assurdo di
essere bagnata con sangue umano. Nel
corso dei millenni, la situazione non
è mai cambiata. Non c’è stato mai un
momento di rassegnazione, mai un
momento di riposo e di pace, mai è
sorto il', dubbio che la violenza e l’assassinio possano essere accettati come
espressióne della volontà di Dio. Ma,
fino ad ora, « tutta la creazione geme
insieme ed è in travaglio... ».
Chi ha saputo tendere abbastanza
l’orecchio e acuire lo sguardo fino al
punto di cogliere il modo in cui la
creazione reagisce di fronte all’assurdo dell’uomo che prende il posto di
Dio e vuol dimostrare che tutto ciò
che Dio ha chiamato male invece è bene e bisogna chiamarlo all’esistenza?
Chi è arrivato a tanto, sa che vi è
un gemito nell’Universo, un lamento
come di creatura che non ha più forza di gridare, una preghiera senza parole che pui'e è consapevole di ciò che
rifiuta e di ciò che domanda, essendo
mossa dalla certezza che la redenzione
verrà dalla mano di Dio.
E scritto nell’Evangelo che, in occasione della morte di Gesù, si fecero tenebre per tutto il paese da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio e la
cortina del tempio si squarciò in due
da cima a fondo e la terra tremò e le
rocce si schiantarono. Era questo il
gemito della creazione che non poteva rassegnarsi ad accettare come normale incidente l’assassinio del Figlio
di Dio cd era il travaglio dell’Universo
che rifiutava la corruzione della morte
e si protendeva verso la luce radiosa
del giorno di Pasqua.
Il gemito esprime sofferenza, ma
non rassegnazione e il travaglio è proprio di chi soffre intensamente, mentre aspetta un lieto evento ed è proteso verso qualcosa che muterà la situazione presente, in modo tale che
dove c’era la morte ci sarà la vita e
dove c’era il dolore ci sarà la gioia.
* * *
È vero che anche i non credenti soffrono per i mali della creazione e per
i delitti della società del nostro tempo.
Ma vi è spesso una passiva accettazione dello status quo, un continuo chinarsi sotto i colpi del cosidetto « destino », un ostinato chiudersi nel silenzio e nel dolore, come se non ci
fosse più alcuna speranza.
Ed è per denunziare questi atteggiamenti che la Chiesa deve parlare.
La verità non può essere più taciuta.
Diceva Gesù Cristo: « ...se costoro si
tacciono, le pietre grideranno » (Luca 19: 40).
Ma, per grazia di Dio, sappiamo anche questo: Le pietre non grideranno
mai da sole. Dice l’apostolo Paolo, riguardo alla creazione: « ...non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, anche noi stessi
gemiamo in noi medesimi, aspettando
l'adozione, la redenzione del nostro
corpo ».
Se potessimo accontentarci della redenzione dell’anima, allora potremmo
anche rassegnarci a lasciare che il nostro corpo vada pure in perdizione.
Ma, che cos’è un’anima senza corpo e
un corpo senza anima? Noi respingiamo la consolazione che potrebbe venirci dalle dottrine spiritualiste e ci
atteniamo fermamente alTEvangelo
che ci annunzia non la sopravvivenza
dell’anima, ma la redenzione del nostro corpo, dell’intero essere. Quel che
chiediamo è di essere simili al Cristo
che è uscito fuori dalla tomba con la
sua anima e col suo corpo. Quel che
aspettiamo è la redenzione del nostro
corpo. E non solo questo. Ma vogliamo che acquisti dimensioni storiche
Tatto di adozione, mediante il quale,
per la grazia di Dio che ci è stata fatta in Gesù Cristo, noi uomini mortali
e peccatori siamo stati proclamati figliuoli di Dk).
Non ci accontentiamo di parole. Vogliamo che sul piano della storia sorga l’uomo nuovo di cui si parla nelTEvangelo e vogliamo che vi siano nuovi
cieli e nuova terra dove ci sia finalmente giustizia e libertà per tutti. In
altri termini, vogliamo che la volontà
di Dio sia fatta in terra come è fatta
nel cielo e che un nuovo intervento di
Dio nella storia determini al più presto l’inizio del mondo nuovo di Cristo.
Perciò non ci rassegnarne ad accettare lo status quo e proclamiamo ad
alta voce la nostra speranza, pur gemendo a motivo delle sofferenze e dei
lutti che siamo costretti a subire nell’attesa che venga anche per noi quel
terzo giorno che segnò la vittoria di
Cristo sulla morte.
Vi è una preghiera che si pronunziava nel culto della Chiesa antica e
che ci è stata trasmessa in aramaico
nel Nuovo Testamento. Si tratta di
una preghiera che consiste in due sole
parole ed esprime tutta la speranza e
i gemiti della Chiesa in questo tempo
di crisi. Quando tutto sembrava finito,
i cristiani speravano ancora e dicevano: « Maràn-atà! » (1 Corinzi 16: 22) e
significa: « Vieni, o Signore! ».
Noi non possiamo che far nostra
questa preghiera. In un mondo che
corre precipitosamente verso la propria rovina, in un momento in cui non
si sente che il gemito di chi è stato rovinato e non si vede che il travaglio
dell’intera umanità non possiamo che
volgerci a Dio, nella rinnovata consapevolezza che Tul lima parola dovrà essere ancora detta.
Gesù la disse per il figlio di una vedova, morto in giovane età: « Giovinetto, io tei dico: Le\ati! » (Marco 7: 15).
E noi comprendiamo che la nostra vita, ormai, avrà senso solo nell’attesa
di quella parola e nella ricerca dell’Iddio che la pronuncerà per Giovanni
Caflisch e per l’intera umanità. Amen.
a Reggio Calabria, in una dimostrazione
Sono ormai tre mesi che a Reggio Calabria v’è l’atmosfera della rivolta civile. Tutto è cominciato molto blanda
mente, dopo che la città di Catanzaro
veniva designata come la probabile
candidata a diventare il Capoluogo della Regione. I primi moti di protesta
non erano certo sostenuti dalla maggioranza, anche se in tutti i reggini si
manifestava un risentimento ed uno
stupore indignato. Ma via via che nessuna smentita o presa di posizione veniva dagli organi competenti, il malumore è andato sempre più prendendo
forma, fino ad esplodere nelle tragiche
giornate di luglio e di settembre, che
hanno visto scorrere il sangue nelle
strade della città.
Molti sono stati gli elementi che hanno contribuito a creare la sfiducia nell’animo dei reggini: la sottovalutazione
dei fatti da parte della RAI-'TV, la confusione e la mancanza di iniziativa da
parte dei partiti popolari, i metodi di
repressione che rammentavano le soluzioni di forza dell’epoca coloniale, gli
arresti spesso ingiustificati e le manganellate indiscriminate. Tutto questo ha
reso compatto un popolo nella lotta e
nella protesta, in una specie di fronte
comune, che ha raggruppato gli elernenti più eterogenei, la cui speranza
era tutta nella propria persuasiva forza e non più nella risoluzione democratica del problema.
Si è detto e si è scritto molto in merito. Ma a quanti ci leggono da lontano,
desideriamo fare una domanda, che in
questi mesi molti nella città di Reggio
sono andati ponendosi. È giusto che
una città che da sempre è stata la più
illustre ed il capoluogo di una regione,
che certo è più importante per storia,
per posizione e bellezza, che a grande
fatica ha trovato sempre la forza di
risorgere dalle calamità naturali e belliche che Thanno colpita, che non possiede industrie, né scuole od ospedali
a sufficienza, che ha pochissime sedi di
enti pubblici, che è priva anche di una
Corte di appello, che come sfogo alla
sua economia conosce solo l’emigrazione — è giusto, dicevamo, che le si
sottragga anche quest’unica briciola
rappresentata dal Capoluogo, ora che
l’Istituto regionalistico è stato attuato
secondo la Costituzione? E fra tutte le
Regioni italiane perché questo verrebbe attuato solo in Calabria? Forse perché è la più povera e negletta?
A quanti però ci leggono da vicino
desideriamo porre un’altra domanda.
In questa situazione travagliata come
si inserisce la testimonianza del Credente?
Molti di noi hanno assunto la loro responsabilità di cittadini solidarizzando
col risentimento e con i metodi di lotti assunti nella città. Anche quando
non si è scesi dove la mischia era più
fervida, molti hanno, se non condiviso,
almeno giustificato le sassate, gli incendi, i furti ai negozi d’armi e tutto
ciò ha creato nelle nostre comunità
evangeliche una certa tensione interna,
poiché per taluni la testimonianza di
una chiara protesta, ma nel rifiuto categorico d’ogni metodo di violenza, rimaneva un elemento inderogabile per
qualificare la nostra posizione cristiana. Altri infine sono rimasti meravigliati perché l’impegno politico, più
volte invocato su problemi quali quello
dei baraccati, dei disoccupati o degli
emigranti e quasi mai assunto, è invece
esploso in questa circostanza in modo
generale. . •
Qui non si tratta di criticare, gli uni
agli altri, i vari atteggiamenti assunti.
Questi, sono tutti stati caratterizzati
dalla buona fede. Si tratta di rispondere alla nostra domanda.
Molti sanno come un giorno di settembre alcuni di noi, nella strada centrale di Reggio hanno compiuto una
manifestazione per i diritti della città,
invocando però il metodo di lotta non
violenta. Si sa come sono andate le cose: cartelli spezzati, insulti, minacce.
Ma il popolo, che certo non ci ha fatto
buona accoglienza, ci ha però lasciato
parlare. Per più di un’ora e mezza ho
potuto spiegare alla folla che pur condividendo il loro disappunto era necessario comportarsi pacificamente. Ho
parlato della nuova mentalità del Regno, ho parlato di Cristo, del suo amore e della necessità della riconciliazione. Ridevano molti, ma molti anche
ascoltavano. Io penso umilmente di
aver predicato quel giorno Tevangelo
nelle strade, cosa a cui non sono purtroppo abituato. E non solo ai dimostranti. Perché poco dopo questi mi
hanno indotto a « predicare » anche alla polizia, cosa che ho fatto, parlando
della necessità della non violenza, almeno davanti a sessanta celerini che
attorniavano un commissario e tre ufficiali.
Se vi ricordo questo episodio è solo
perché sono pienamente convinto, in
Cristo, che una presa di posizione attiva, ma pacifica, sia sempre l’ingrato
ma benedetto compito di quanti, in
ogni situazione, desiderano portare la
testimonianza del Regno di Cristo, della sua nuova mentalità, che non deve
essere argomento solo di pie discussioni di chiesa, ma metodo di vita e di lotta contro le ingiustizie nella città e nella vita.
Come credenti noi ora dobbiamo
continuare in questa ricerca del modo
di testimoniare Cristo in ogni situazione. Questa ricerca deve essere compiuta da tutti noi, insieme, ancora, per
il futuro, senza sospetti, preconcetti o
risentimenti reciproci, ma solo nell’impegno di rimanere sempre e comunque
fedeli, alla nostra vocazione di figlioli e
testimoni del Nuovo Mondo di Cristo.
Qdoardo Lupi
Una conferenza a Pinerolo
organizzata dal Centro Diaconale
Che cos’è
la dinamica di gruppo?
Su questo argomento ha parlato il 22
novembre a Pinerolo, nella sala della
Chiesa Valdese, il Prof. Roberto Ey~
nard, Direttore didattico della Val Pellice.
Egli ha esposto lo sviluppo delle ricerche sociologiche sulle forze all’opera nei diversi tipi di gruppi, ed ha
quindi fatto alcuni esempi di applicazioni, soprattutto in campo scolastico.
Pubblicheremo prossimamente un
sunto di questa conferenza, che ha fornito indicazioni assai interessanti per il
lavoro nella scuola e nei convitti.
La conferenza era stata organizzata
dal Centro Diaconale, nel quadro delle
riunioni che si tengono mensilmente
fra i collaboratori dei convitti valdesi.
L'argomento ha attirato anche un discreto numero di insegnanti e la discussione ha permesso un utilissimo scambio dì informazioni sulPimpostazione
del lavoro di gruppo nella scuola (per
es. alla Scuola media statale di Torre
Penice) e suH'uso dei test sociometrici
nei convitti.
Martedì 27 ottobre alle ore 21 ha avuto
luogo nel tempio il concerto della Corale tedesca di Halsjeld (Lippe). I presenti, invero
non troppo numerosi, hanno apprezzato la
perfetta esecuzione e la bravura dei coralìsti,
diretti in modo esemplare.
Continuano, con una buona frequenza, le
varie attività della comunità iniziate lo scorso mese fra cui gli incontri mensili di studio
biblico, prima del culto: sono pure riprese le
riunioni nei quartieri della città e Pattivita
deirUnione Femminile.
Proseguono le riunioni mensili per i monitori delle comunità di Pinerolo, Prarostino,
S. Germano e S. Secondo, con la partecipazione del prof. Eynard.
Durante il culto di domenica 15 novembre
ha avuto luogo una breve assemblea informativa nella quale uno dei delegati, membro
della nostra comunità, ha presentato un resoconto sui lavori dell'Assemblea della Federazione delle Chiese evangeliche, tenutasi dal
1 al 4 novembre a Firenze.
Continua, da parte dei nostri giovani,
un’assidua campagna di propaganda per la
vendita del primo volume della pubblicazione
intitolata « Racconta la Bibbia ai tuoi ragazzi »: questo libro vuole essere una guida ad
una comprensibile e moderna lettura della
Bibbia.
Battesimi: Ezio c Diego Rostan, di Edoardo
e Pons Odetta.
Matrimoni: Giovanni Cobersito e Costanza
Pons.
Funerali: Cirillo Fontana, Edilio Martinat.
Katia, Francesco e Marco Giraud.
S. Germano Chis.
Negli ultimi giorni di questo mese sono
stati accompagnati alPultima dimora terrena
la sorella Ilda Long della Combina ed il fratello Alberto Comba dei Bleynat.
Alle famiglie provate la comunità esprime
la sua simpatia.
— Si sono sposati il 9 novembre Giancarlo
Giraud e Mara Gönnet. Alla nuova famiglia
il nostro fraterno augurio.
— Domenica 15 il culto è stato presieduto
dal Past. Deodalo e la domenica 22/11 dal
Past. Tourn. mentre le domeniche successive
saranno tenuti il 29/11 dal Past. Bertinat, il
6/12 dal Past. Tron ed il 13/12 dal Past.
Bertinat.
— Domenica 15 si è tenuta la riunione dei
monitori, nella quale, con Faiuto del Pasto.
Tourn, si è parlato, oltre alla lezione, sulla
preparazione del Natale.
Pomaretto
I contadini del Podio
discutono di Gesù Cristo
Primo turno di riunioni : Faiola, Masselli,
Pons. Pomaretto, Perosa, Cerisieri. In quest’ultimo quartiere ci sono solo più i superstiti
della montagna: nella vecchia scuoletta ancora ben tenuta, con la grossa stufa in azione,
eravamo in dieci : contadini solidi, isolati dal
mondo, con il provento scarso di alcune mucche su una terra dura, avara, hanno ancora
un sorriso, una speranza. Il tema è l’uomo davanti a Dio ed al suo prossimo. Si discute con
animazione della concezione ebraica e greca,
delle conseguenze che si sono avvertite sia
nel comportamento della vita, sia di fronte
alla morte. La Bibbia è ancora nota, gli episodi riaffiorano e si discutono con criteri moderni. La Bibbia sembra perdere la sua antica
t( sacralità », ma si scopre che Gesù Cristo
anima tutte le vicende ed anima tutt’ora la
nostra vita. Il discorso spazia nella storia, avvince e il tempo passa mentre i contadini del
Podio discutono ancora, perché la Bibbia li
interessa ancora, lì appassiona ancora; mentre altri preferiscono « Canzonissima » e cose
simili.
La breccia di Porta Pia
ed altre breccie
Giorgio Bouchard ricollegandosi all episodio
bìblico della line dì Acab e del trionfo di
Jehu annunziato dal profeta, ha ricordato domenica 22 il momento storico del 1870 con
riferimenti al momento d’oggi. Allora la .situazione storica era tragica : l’arrivo a Parigi
delle truppe germaniche, Fuccisione del più
grande statista americano Abramo Lincoln, lo
sfruttamento dei negri, lo spirito colonialistico, la fine della Comune di Parigi; in quel
contesto Pio IX ha esclamato, con una citazione biblica: «venite a me voi tutti... che
siete travagliati ed aggravati ed io vi darò riposo ». Il Papa applicava alla chiesa oscurantista e oppressiva del tempo le parole che solo Cristo poteva dire e realizzare. Eppure il
Carducci nel suo « Inno a Satana » esaltava le
forze del progre.sso, identificate in Satana,
contro le decadenti forze religiose; i bersaglieri proseguivano con la breccia dì Porta
Pia la linea delFunilà d'Italia in un clima dì
patriottismo nazionalista che preparava le due
guerre mondiali: Pio IX invece vedeva chiaramente la situazione affermando che .solo Roma
papale offriva il riposo e la pace.
Pio IX vedeva bene la situazione del momento. ma non vedeva giusto neìFindicare la
medicina per i mali di quel tempo. Lo hanno
capilo invece contadini e operai evangelici
delle Valli e della peni.sola che hanno saputo
indicare e vivere il messaggio di Cristo, memori della parola di Savonarola : « Io ti avviso. Italia, io ti avviso, o Roma, che ninna
cosa ti può salvare se non Cristo ». Lo hanno capilo quando sono andati incontro alle
masse, quando hanno portalo FEvangelo del
Cristo tra i poveri creando le scuole e opere
concrete di amore fraterno.
La breccia dì Porta Pia ha purtroppo condotto Fltalia verso il nazionalismo ed i nostri padri hanno saputo indicare una via.
Oggi ci sono altre brecce entro le quali si può
entrare : ci sono le mas.se popolari che non
credono a niente, c'è il dissenso cattolico che
lentamente abbandona la Chiesa. Per queste
brecce sapremo passare anche noi come nel
1870 i nostri padri passarono recando la Bibbia? Sapremo noi cogliere Fora che viviamo
per dare una testimonianza concreta e messaggera del Regno di Dio?
Cinisello Balsamo cerca di esprimere per il
mondo operaio il messaggio delFEvangelo :
non si tratta di catturare nessuno al Protestantesimo, ma di far conoscere comunque il Cristo attraverso Fazione, il discorso richiesto da
operai delusi, messi al bando dalla società e
dalla loro chièsa.
Ringraziamo molto Giorgio Bouchard per il
messaggio del mattino, per quanto ha detto ai
catecumeni, per lo stimolo che ha provocato
nella chiesa per un’azione sempre più concreta nel mondo dove si vive per l'onore di
Cristo.
Attività prossime: Mercoledì 5 dicembre
riunione alla Lausa e venerdì 7 dicembre
Maurini. casa del geometra Rostan.
Rorà
La Comunità ha avuto la gioia di rivedere
il suo ex Pastore signor D. Gatto e famiglia,
ora Direttore degli Artigianelli Valdesi di Torino, il quale ha presieduto il Culto domenicale. Ringraziamo il signor Gatto della sua
visita e della sua collaborazione.
Rinnoviamo i nostri ringraziamenti alla
Corale di Hahfeld (Lippe), al Suo Pastore e al
suo Direttore. Con il Pastore e la Professoressa
Geymet, essi ci hanno fatto visita secondo il
ricco programma stabilito e nel Tempio i Coralisti hanno svolto un ricco programma di
canti e di musica con messaggi dei Pastori
presenti.
Insegnanti ed alunni hanno principiato la
loro attività sotto lo sguardo del Signore partecipando al Culto d'inaugurazione dell’anno
scolastico.
Ringraziamo cordialmente il sìg. Carlo Poét,
il quale ha portato e regalato un camion di
legna per il riscaldamento del Tempio.
Croce Rossa Italiana
Sottocomitato di Torre Pedice
Tutte le persone o gli enti che vogliono dimostrare il loro fattivo interesse per il disastro del Pakistan
Orientale sono pregati di dare il proprio contributo in 'Torre Pellice presso
la Signora Toja, con negozio in P.za
della Libertà. Per espressa disposizione della CRI centrale, si raccomanda
di fare offerte di denaro o di tessuti
e indumenti nuovi o mai usati.
Il nostro Sottocomitato ringrazia fin
d’ora tutti i generosi donatori e curerà l’inoltro di quanto riceverà secondo
le norme internazionali.
RINGRAZIAMENTO
Abele Ghigo non è più.
Ha lasciato la sua Ida che ringrazia
profondamente il dott. Gardiol e il
pastore Sonelli che Thanno assistito
fraternamente. La signora Rampa e
il personale dell’Ospedale; le affettuose Susanna Pons, Pierina Costantino.
Rinetta Agli, Nilda Catalin, gli inquilini e vicini di casa per le offerte in
memoria, e tutte le persone che con
presenza o con scritti hanno dimo
srato la loro simpatia.
Torre Pellice, 27 novembre 1970.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Margherita Avorudet
in Avondet
commossi e riconoscenti per la simpatia dimostrata alla loro cara, rin
graziano sentitamente tutti coloro che
hanno preso parte al loro dolore. In
modo particolare si ringraziano : il
dott. Bertolino, i dottori e le reverende suore e il personale tutto dell’Ospedale Cottolengo di Pinerolo. il pastore Marco Ayassot, i vicini di casa
« Chiunque vive e crede in Me,
non morrà mai »
(Giovanni 11: 26)
S. Germano Chisone, 27 nov. 1970.
« O Dio, ascolta il mio grido,
attendi alla mia preghiera,
dall’estremità della terra io grido a Te,
con cuore abbattuto :
conducimi sulla rocca ch’è troppo alta per me »
(Salmo 61: 1-2)
Il Signore ha richiamato a Sé
Ida Simeoni Romano
di anni 87
Lo annunciano con infinita tristezza la figlia Bice con il marito e il figlio; la nuora con le figlie; il genero
e la nipotina; la sorella e la fedelissi
ma Rina.
I funerali hanno avuto luogo nel
tempio valdese di Torre Pellice, sabato 21 novembre, alle ore 15.
Torre Pellice, 27 novembre 1970.
6
pag. 6
N. 47 — 27 novembre 1970
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
La tragedia
del Pakistan
Non vorremmo essere tacciati di retorica se affermiamo, con vivissima
angoscia, di non sapere se siamo più
colpiti dall’immane tragedia del Pakistan orientale, che coinvolge milioni
di vittime, fra morti, sinistrati e condannati a morire di fame, o dal fatto
che i soccorsi hanno avuto una lentezza di avviamento, a dir poco, irresponsabile. Nella capitale, Dacca, si stanno
accumulando le offerte della solidarietà internazionale, offerte che, al momento in cui scriviamo, non possono
essere reinoltrate per mancanza di elicotteri.
Purtroppo questa tragedia, diffìcilmente riscontrabile nella storia come
numero di vittime e per gravità di conseguenze, è ancora una volta originata
dal colonialismo e dalle artificiose
creazioni di stati e confini. Che cos’è
in effetti il Pakistan orientale? Basta
prendere una carta geografica e si vedrà che, pur facendo parte dello stato
del Pakistan è diviso dal Pakistan occidentale da mille miglia di territorio
indiano: fra le due parti del paese non
vi è praticamente comunicazione, e
profonde sono le differenze economicoculturali. In breve, la regione orientale, attualmente disastrata — che da
tempo lotta per l’autonomia regionale
— è trattata dal governo militare che
ha sede in occidente come una specie
di colonia, non solo, ma ne viene sfruttata intensivamente, senza che siano
state adottate neanche delle misure
essenziali a preservarne l’integrità mediante dighe, canali, ponti, stante la
caratteristica alluvionale di quelle
terre.
Ancora una volta assistiamo impotenti alla tragedia di un popolo; tragedia situabile agli albori della umanità,
in un’epoca in cui si va sulla luna, ma
non si trovano elicotteri in tempo per
salvare da morte certa migliaia di
« dannati della terra ».
La Cina
sempre “in castigo,,
La ventesima votazione al palazzo di
vetro deirONU suirammissione della
Cina popolare alle Nazioni Unite ancora una volta ha dato risultato negativo: la Cina rimane sempre « in castigo » anche se rappresenta un quinto
dell’umanità ed anche se la votazione
ha ottenuto la maggioranza semplice
(51 sì contro 49 no) a favore del suo
ingresso all’organizzazione mondiale.
La cosa, paradossale, è dovuta al fatto che, prima di passare alla votazione vera e propria, gli Stati Uniti sono
riusciti a far votare una loro risoluzione che richiedeva, anziché la maggioranza semplice, come richiesto dal
regolamento, la maggioranza dei due
terzi, col pretesto che si trattava di
« questione importante » ma allo scopo reale, dopo opportuni sondaggi e
contatti, di impedire appunto la cosa.
La votazione testé avvenuta ha comunque generato un certo ottimismo per
la prossima — sempre su questo argomento — che avrà luogo l’anno prossimo. Si spera infatti che finalmente
gli Stati Uniti si decidano a valutare
più realisticamente la questione e che
(bontà loro) consentano l’ingresso all’ONU della nazione più numerosa del
mondo.
Da rilevare ancora il comportamento assai ambiguo del rappresentante
italiano: abbiamo « riconosciuto » la
Cina popolare, abbiamo votato per il
suo ingresso all’ONU, però abbiamo
anche votato per la risoluzione degli
USA che si sapeva perfettamente
avrebbe ancora una volta chiuso la
porta in faccia alla Cina.
“No,, al regalo del Papa
La tortura è un fatto certo in Spagna, come in Brasile. Ve ne è stata ulteriore conferma da parte del prete
basco in esilio Maria Arreguy, il quale
si è trovato nei giorni scorsi a Roma
ed ha tenuto una conferenza-stampa.
Fuggito dalla Spagna perché colpito
da mandato di cattura e riparato in
Francia, egli ha distribuito ai giorna
listi le copie di cinque documenti,
scritti in carcere da altrettanti membri del partito clandestino basco ETÀ.
La descrizione delle torture, inferte a
uomini e donne è agghiacciante. I cinque fanno parte di un gruppo di sedici baschi, fra cui due preti e sono
imputati, dinnanzi al tribunale militare di Burgos, di « terrorismo », di
« banditismo » e di « ribellione armata ». Sei di loro ri.schiano la condanna
a morte, già chiesta dall’accusa; non
si sa finora quando e come il processo
avrà luogo.
Padre Arreguy però a Roma non ha
portato solo i documenti di cui sopra.
E venuto anche con una delegazione
di madri e di congiunti dei 16 dete
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo.
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice iTo
miti che desideravano ardentemer.>4e
essere ricevute da Paolo VI per averne conforto e soprattutto aiuto, dati i
suoi particolarmente cordiali rapporti
colla cattolica Spagna e dato anche
che i vescovi spagnoli si sono rifiutati
di interessarsi della cosa. Ma Paolo VI,
troppo occupato nei suoi preparativi
del viaggio in Asia, non ha avuto la
possibilità di trovare un momento per
riceverli. Ha però assicurato — tramite un incaricato — di aver ottenuto
che il processo fosse pubblico e non
a porte chiuse od inoltre, in segno
« della sua preoccupazione e solidarietà », ha inviato alla delegazione dei rosari. Le donne pur facendo uno sforzo
su sé stesse, data la loro forte tradizione religiosa, hanno respinto il dono.
Padre Arreguy, partendo con quegli infelici ha detto: « Le madri e i familiari partono sconfortati e convinti che
le gerarchie della Chiesa sono alleate
dei potenti di questa terra ».
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
MARTIRIO DEL POPOLO BASCO
II vescovo di Santander, mons.
Cirarda, ha fatto sapere che domenica
22 c. sarebbe stata letta una lettera
pastorale dedicata al « Consiglio di
guerra » di Burgos.
Tale consiglio « deve giudicare sedici militanti dell'ETA (movimento rivoluzionario basco), fra i quali due preti. La data del processo non è ancora
fissata. Il procuratore militare chiederà la pena di morte contro sei degli
accusati.
Mons. Cirarda disapprova le “occupazioni di chiese" fatte, sempre più
frequentemente, da certi fedeli, per
protestare contro il detto processo.
Egli denuncia anche la "fraternità sacerdotale di S. Ignazio di Loyola” (integrista), associazione non ufficiale
che, giorni fa, ha violentemente attaccato i preti della provincia basca di
Guipúzcoa che, dal pulpito, fanno una
campagna contro il detto Consiglio di
guerra. Egli chiede infine ai fedeli “di
non lasciarsi impressionare” dai volantini largamente diffusi nel paese
basco, nei quali si parla del processo
dei nazionalisti ».
Ma intanto « appelli e manifestazioni si moltiplicano in tutta la Spagna.
A Barcellona il consiglio presbiteriale
dell’arcidiocesi ha lanciato un appello
perché sia fatta clemenza agli accusati, che rischiano la pena di morte. A
Oyarzun (Guipúzcoa), sconosciuti hanno piantato una bandiera basca, decorata di falde e martello, sul monumento eretto in memoria dei morti franchisti della guerra civile. A Miravalles
(Bilbao), sei giovani sono stati arrestati per aver distribuito, durante la
messa di domenica 15 c., dei volantini
richiedenti l’amnistia per i detenuti
baschi.
Nella città universitaria di Madrid si
moltiplicano gl'incidenti. Quasi ogni
giorno, la polizia fa evacuare facoltà e
scuole tecniche, mentre gli scontri con
gli studenti sono sempre più violenti.
Mercoledì 18 c. i poliziotti hanno finito col tirare alcuni colpi in aria. In diversi punti dell’università sono apparsi dei manifesti con la scritta: “Viva i
patrioti baschi!” ».
Nel frattempo « una delegazione di
madri e mogli dei sedici detenuti baschi s’è recata a Roma, nella speranza
d’esser ricevuta dal papa e d’ottenere
da lui “una parola di verità, di giustizia e di libertà per il popolo basco e
per i detenuti, i quali rischioìto d’esser
condannati sulla base delle confessioni loro estorte con la tortura”.
Tale è la dichiarazione fatta da un
prete basco, certo Don Arroegui, che
ha accompagnato la delegazione e ha
tenuto a Roma una conferenza stampa. Don Arroegui è andato in Vaticano il IO c., ed ha insistito che le madri
e le mogli dei detenuti baschi vengano ricevute dal papa. Egli ha incontrato due prelati della Segreteria di Stato, che gli hanno detto che Paolo VI
era stato informato di quella domanda d’udienza, ma che egli era molto
occupato nella preparazione del suo
viaggio in Estremo Oriente. (...) Malgrado le insistenze di mons. Gremillion, segretario della commissione pontificia “Giu.stizia e Pace”, e quelle del
segretario del consiglio dei laici presso il sostituto della Segreteria di Stato, il rifiuto è stato mantenuto. E stato tuttavia precisato che Paolo VI aveva chiesto ed ottenuto dal governo
spagnolo che il processo di Burgos abbia un carattere pubblico, e non si
svolga a porte chiuse (com’era stato
previsto inizialmente). Ma le madri e
le mogli dei detenuti hanno giudicato
questo intervento pontificio del tutto
insufficiente, ed hanno rifiutati i rosari che uno dei prelati aveva fatto
recapitare in dono da parte del papa.
Nella sua conferenza stampa. Don
Arroegui ha descritto l’attività dei movimenti nazionalisti baschi e il clima
di terrorismo e d’intimidazione che regna in Spagna. Egli si è soprattutto lagnato del “clero ufficiale spagnolo",
che si disinteressa delle rivendicazioni dei baschi. Eppure questi chiedono
al clero semplicemente d’intervenire
contro le torture e le repressioni... ».
Ma giovedì 19 c., mons. Federico
Alessandrini, direttore della sala stampa del Vaticano, ha poi dichiarato che
« il papa non ha ricevuto le famiglie
dei sedici detenuti, perché egli non
vuole esser politicamente implicato in
quell’affare (...). “Quelle famiglie volevano ottenere dal papa non già quello
che il papa ha sempre fatto e continua
a fare, cioè d’interessarsi a chiunque
soffra in un modo o in un altro, ma
che si esprima, in modo meno religioso che politico, in favore del popolo
basco. La Santa Sede non può fare un
tal gesto”. Questa è stala la dichiarazione dell’Alessandrini ».
(Da « Le Monde » del 20 e del 21 novembre 1970).
LIBERAZIONE
DA UN INCUBO?
Dopo tante brutte notizie, in campo politico e sociale del nostro paese,
una finalmente buona: la sentenza a
favore dei dodici generali accusati dal
De Lorenzo di falsa testimonianza (durante il precedente processo contro
1’« Espresso » querelato per le pubblicazioni di Scalfari e Jannuzzi).
« In questi giorni è stata infatti depositata la motivazione della sentenza
del giudice Cairo. È un documento ammirevole, sia per la franchezza dei giudizi, sia per la logica linearità del ragionamento e delle ccnclusioni giuridiche, sia per l'accurata, minuziosa
analisi dei fatti quali risultano dalle
relazioni Beolchini e Lombardi, che
sono i documenti di base. Qccorre subito aggiungere l’effetto moralmente
benefico di questa severa e pur serena
requisitoria, che riconosce fondate le
accuse e meritoria l’azione di quegli
ufficiali che avevano osato levarsi contro l’onnipotente De Lorenzo, e perciò
furono isolati, accantonati, messi qua
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si in stato di accusa dalla casta militare, indulgente con De Lorenzo, ostile
agli accusatori, essendo colpa imperdonabile lavare pubblicamente i panni sporchi, e provocare uno scandalo
dannoso al prestigio delle forze armate, inteso come prestigio della casta.
L’esempio di magistrati così indipendenti da ogni considerazione non di
giustizia, da ogni subordinazione ad
un regime ed alle tesi politiche, è di
conforto per le speranze, che non vogliamo abbandonare, di un rinnovamento civile e morale della società italiana, tanto più da segnalare in quanto sembrano sempre prevalenti, soprattutto nei gradi superiori della magistratura, lo spirito conservatore, e le
sentenze politiche o d’interesse pubblico che rivelano spesso (rilievo ormai antico) ossequio alle autorità costituite, e l’abito mentale di chi si pone come termine d’una difesa dell’ordine anch’esso costituito, che ha al
primo gradino il poliziotto ed il carabiniere. Erano questi giudici che occorrevano per il processo del Vajont,
di prima e seconda istanza, scandalose per la morale pubblica. (...)
Resta acquisita comunque la motivazione Coiro, che fa testo coi suoi
semplici e non contestabili accertamenti. Confrontati con le conclusioni
della Commissione d’inchiesta, daranno luogo ad un nuovo rie.same pubblico e politico di tutta la faccenda che
cercherà di far qualche luce sugl’interrogativi di sottofondo, lasciati intonsi
anche dal secondo processo, limitati
dai fatti che avevano provocato la contesa giudiziaria. Se sarà un riesame
approfondito e non fazioso, potrà essere una lezione esemplare per la democrazia italiana e le insidie che da destra la possono così facilmente ed inopinatamente minacciare ».
(Da un articolo dell’« Astrolabio »
del 22.11.’70; titolo: «L’incubo del
SIFAR »).
IL VIAGGIO DI PAOLO VI IN ASIA
Filippine, uomini in fermento
Come noto in questi giorni, salvo imprevisti, il pontefice romano effettua un viaggio nel sud est asiatico ed in Oceania. Fra le mete del
suo nuovo « pellegrinaggio » vi sono le isole Filippine, che sono state
definite da Giovanni XIII come il « faro di luce cristiana del1 CIriente ». Approfittiamo dell’occasione per dare un colpo d’occhio a queste 7.100 isole, di cui 2.800 più o meno abitate e cerchiamo di vedere di quale luce brilli questo faro. Ci aiuteranno
alcuni giornali e riviste che abbiamo letto, fra cui « Le Monde », la rivista trancconfessionale « Idoc internazionale », nume
10 20 e la rivista cattolica « Mondo e missione » di novembre.
« Denunciamo con decisione i seguenti fatti:
— Corruzione ed estorsione, perché
sono la radice degli abusi e della corruzione nel governo;
— Traffici illegali di armi e loro uso
per opprimere i deboli e gli indifesi,
perché ciò distrugge la libertà dalla
paura;
— Sfruttamento dei poveri e dei deboli, perché ciò costituisce una violazione della loro dignità come persone
e come figli di Dio;
— Usurpazione ingiusta e talvolta
violenta delle terre ai contadini che le
hanno rese feconde per lunghi anni col
sudore della loro fronte e la forza delle loro braccia, perché ciò significa privarli dei soli loro mezzi di sussistenza;
— Vde distruzione e saccheggio delle case come manifestazione di forza
o di vendetta, perché è un metodo sadico per opprimere gli innocenti e dissacrare il santuario della loro casa;
— Sottrarsi alla giustizia con stratagemmi politici, perché ciò priva il cittadino della sua ultima possibilità di
ricevere giustizia.
« ...E dovere del cittadino cristiano
di preoccuparsi di tutto ciò che riguarda il benessere comune. E dovere del
cittadino cristiano collaborare coscienziosamente alla vita politica del paese.
E suo dovere rompere il silenzio della
’maggioranza silenziosa’ quando viene
commessa un’ingiustizia, quando quelli che hanno incarichi pubblici mancano al loro dovere ».
Questa ferma e coraggiosa denuncia
nei riguardi del pote-re filippino è un
comunicato dei vescovi cattolici riuniti in occasione della Conferenza episcopale delle Filippine sulla responsabilità civile e firmata da tutti i 63 vescovi presenti.
Un altro messaggio della gerarchia
cattolica, questa volta indirizzato al
presidente Marcos in occasione della
sua rielezione nel gennaio 1970, dice
fra l’altro: « ...La parola del Signore è
verità e la verità vuole che si chiami
spada una spada... Tutti noi sappiamo
che la guida politica ed economica del
nostro paese si configura ancora prevalentemente non come un servizio disinteressato, ma come un servizio verso i propri interessi; non nell’interesse nazionale, ma nel proprio interesse.
« La parole di Dio è verità, e la verità vuole che chiamiamo distorto un
ordine sociale distorto e corrotto un
governo corrotto... Abbiamo bisogno
di un capo che non tolleri gli abusi e
la corruzione, l’arricchimento egoistico, il commercio dei voti e le armi illegali, che sono una beffa alla democrazia, gli sperperi profusi nelle canipapié elettorali che sono un vero crimine sociale in un paese povero come
11 nostro ».
Le cose evidentemente non vanno
molto bene nelle Filippine. In effetti,
dietro la facciata di un’apparente democrazia (esistono due partiti politici: il liberale ed il nazionalista nei quali o dai quali entrano od escono i vari
uomini politici a seconda della personale convenienza), eredità della lunga
colonizzazioni americana, si scatenano
le lotte per le baronìe dello zucchero.
del riso, della terra di cui il 42% già
nel 1956 era posseduto dallo 0,36% della popolazione. Il sottosviluppo, pur
non toccando i livelli disumani di altre parti del mondo, è una piaga cronica, se si tien conto che, come ammette lo stesso Marcos, il 70% dei filippini ha meno di 100 dollari all’anno.
« A causa di questa situazione — egli
ha precisato in un recente discorso —
viviamo su un vulcano sempre pronto
a scoppiare ».
Altro aspetto impressionante, quasi
incredibile, di questo paese, è il constatare il numero enorme di gente che
gira armata di tutto punto. E le armi
sparano: sono particolarmente atti\e
le «milizie private» degli uomini politici e degli industriali che quando
non riescono a risolvere con le buone
i loro problemi ricorrono appunto alle
armi. Il lasso di incremento della criminalità in tutto il paese è del 4,7%
annuale: nel 1967 si è avuta una media
nazionale di 21 assassini al giorno!
Vi è naturalmente un movimento di
rivolta a questo stato di cose, sia da
parte dei contadini che degli studenti,
i cosiddetti « Huks », che sono gli eredi dei resistenti all’occupazione giapponese dell’ultima guerra, ma bisogna
dire, da quanto ne sappiamo, che al
momento non sono in grado di creare
seri fastidi al governo.
Vi sono anche molti motivi di malcontento nei riguardi degli americani:
le basi militari nelle Filippine, gli accordi economici fra i due paesi che
danno all’America un nettissimo posto
di privilegio nei riguardi delle altre
nazioni, gli investimenti capitalistici
americani con gli enormi guadagni che
tornano in USA ed infine l’impegno
militare in Vietnam.
Accanto all’opposizione civile vorremmo ora rapidamente accennare a
quella religiosa. Il paese (38 milioni di
abitanti) è all’83% cattolico: non dimentichiamo che esso è stato posseduto per tre secoli dalla Spagna. Successivam.ente, coll’occupazione americana, l’afflusso dei missionari cattolici è
stato frenato ed ora vi è una minoranza religiosa protestante del 3%.
Occorre precisare che il vertice della gerarchla cattolica nelle Filippine,
che non è di origine locale ma « importato » si è molto compromesso cogli ultimi governi e coi notabili di turno, non solo, ma ha mantenuto il più
alto « segreto » possibile sulle encicliche sociali papali.
Per contro (e ne abbiamo dato l’esempio più sopra) una gran parte dei
vescovi e del clero si sono schierati su
posizioni decisamente chiare, inequivocabili contro le degenerazioni del
potere filippino.
Saprà, o vorrà, Paolo VI in occasione della sua visita incoraggiare e appoggiare al massimo queste nuove forze che chiedono giustizia ed umanità
per una popolazione che è alla così difficile ricerca della sua personalità, cancellata da secoli di occupazioni e sfruttamento stranieri, oppure sarà una visita più o meno diplomatica (per intenderci, tipo Bogotá) che lascierà le
cose come stanno?
r. p.
ii"'i!!!!i!iiiiii;iiiiiiiiiiiniimiiiiiiiiiiiMiiiiMiimiiimiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiit
GRECIA
Il governo ha sospeso
della Croce Rossa
Ginevra (A.F.P.) - Tutte le visite a
detenuti politici da parte di delegati
della Croce Rossa Internazionale sono
praticamente sospese in seguito al mancato rinnovo dell’accordo firmato il 3
novembre 1969. Quest’accordo, che è
stato denunciato dalle autorità greche,
era stato applicato senza interruzione
dopo che era stato messo in vigore, il
24 novembre dello scorso anno.
Il governo greco ha espresso l’auspicio di vederlo proseguire « su nuove
basi », ma queste « basi » non sono state ufficialmente precisate.
La Croce Rossa Sovietica ha indirizzato un telegramma al presidente del
Comitato internazionale della Croce
Rossa, chiedendo « con insistenza » che
« siano prese tutte le misure possibili
per salvare i prigionieri politici greci,
la cui vita e la cui salute sono .seriamente minacciate ».
Nel suo telegramma, la Croce Rossa
Sovietica sottolinea che l’epidernia di
colera di cui si segnala l’apparizione
nell’isola di Leros « minaccia di estendersi a tutti i prigionieri politici a causa della mancanza di tutte le più elementari condizioni sanitarie e d’igiene
nel campo di concentramento nel quale
Si trovano avversari politici dell’attuale
regime ».
le visite dei deiegati
ai detenuti poiitici
APPELLO PER PANAGULIS
Roma (adìsta). - « Alekos Panagulis, reroU
co resistente condannalo a morte dopo rallentato a! capo del regime fascista greco Papadopnlos. è in fin di vita nel penitenziario
militare di Boyali a trenta chilometri da
Alene.
« Le condizioni di Panagulis. imprigionato
in una cella-tomba dal novembre del 1968 —
informa un comunicato della F'ederazione iti
Italia deirilnione di Centro — dopo il rinvio
“sine die” delPesecuzione, sono pericolosamente peggiorate. Il disegno criminale della
dittatura nei confronti del nostro valoroso quadro è di dargli la morte, rendendo sempre più
inumane le già intollerabili condizioni di detenzione.
« La dittatura che avrelibe preferito chiudere nel sangue il conto subito dopo il processo-farsa. ne è stata impedita dal fermo atteggiamento deiropinione pubblica mondiale
ed italiana, la cui pressione è valsa- ogni volta che si è manifestata, a rendere meno intollerabile. seppure per brevissimi periodi di
tempo, la durissima prigionia. La stessa sopravvivenza (li Alekos è ora legata — conclude il comunicato — alle pressioni dei democratici. temute dalla dittatura che invano
cerca di costruirsi aH esterno una facciata di
rispettabilità ».