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DELLE
snuk
/alde®
S e 11 i m a n a 1 e
della CUeia Faldese
Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Anne LXXXVIII - N. 46
Una copia L> 30
ABBONAMENTI
}
Eco; L. L200 per Tinterno | Eco e La Luce: L»;1.800 per riateme
L. 1.600 per l’eatero
L. 2.500 per Featero
Spediz. abb. poetale - tl Gmppe^
Cambio d'indirizzo Lire 40,—
TORRE PELOCE, 21 Novembre 1958
Anunin. rì«inH»iia Torre PdBee • (LC.P. 2-175S7
Il libro non ha fortuna di noi
Lo staiistlohe dicono ohe noi siamo un popolo cho spo^O'pairimonl
favoiosi ai oinoma, alio stadio sportivo, in {sigarottoim0[ponsMO’’
riamo ii iibro una spasa di oui si può^anché faro bonissiaao a mono
Il grande scrittore Giovanni Papini scrive in proposito che la maggior parte delle case italiane, in latto di libri, contengono soltanto: 1)
un libro da messa — 2) un libro dì cucina («L’arte di mangiar bene»
« Il re dei cuochi », ecc.) — 3) un almanacco o lunario — 4) qualche
vecchio libro di scuola sgualcito e scarabocchiato — 5) la cabala del
lotto, il manuale dello scopone scientifico o un trattato di canasta, secondo l’ambiate — 6> un vocabolario della lingua italiana e a volte
un dizionarietto france.se-italiano e inglese-italiano — 7) qualche romanzo (quasi sempre traduzioni di opere straniere) — 8) qualche opera classica (Divina Commedia o Promessi Sposi), ma non sempre — 9) l’elenco
telefonico — 10) l’orario delle ferrovìe.
Basta, tutto qui. Ánche chi ha qualche libro in più lo tiene in genere
per dare .un certo tono al salotto buono, nonr,5*waiè esso sia per lui
una còsa viva dalla quale trarre succo ed esperienza.
Con qualche opportuna sostituzione, magari la Bibbia «della confei>
mazione », l’Innario, il « Più presso a
Te, Signor», il negletto Calendario
bìblico, e... Valli nostre, ho l’impressione che il quadro corrii^nda, ed
anzi in modo ancora ottimistico, al-'
la nostra situazione valligiana. Ci
pensavo proprio questi giorni, di
ironte ad im fatto di cronaca. Come
i nostri lettori sanno, si è chiusa —
o meglio è passata in mani cattoliche — una libreria di Torre Pellice,
che assumerà probabilmente un carattere diverso. N<wi intendo qui entrare in discussione su questo «passaggio », tanto più che non ne conosco le effettive condizioni. Ma un
semplice ragionamento mi pare imporsi: se un libraio’, che ha una libreria avviata da molto tempo, si vede costretto a cederla, è per lo meno probabile che la ragione sia che
non riusciva a sostenersi. §i dice: ci
sono a Terre Pellice troppe librerie
o cartolibrerie perchè possano tutte
lavorare. Mi chiedo se sia proprio così vero. Su Torre Pellice gravita, in
questo senso, tutta l’alta Val Pellice
oltre la Valle d’Angrogna. Eppure...
Eppure, qui cerne ovunque, il libro
non ha fortuna.
Al di là del fatto di cronaca singc*
lo, che può essere valutato in modo
diverso, e che è qui solo uno spunto
resta il problema che non esito a de
Poichè vorremmo lanciare una
inchiesta, mediante un referendum, sul posto che il libro ha (o
non ha) nella nostra vita valdese, particolarmente alle Valli, saremo assai grati a quanti, interessandosi in modo particolare
alla cosa, vorranno scriverci la
loro opinione e i loro consigli
in vista della stesura del questionario per questo referendum.
finire doloroso dell’assoluto disinteresse che in trop^ larghi strati della nostra popolazione avvolge il mondo del libro. E, si badi, non si tratta
sempre di ima stratificazione sociale, per cui la borghesia mostrerebbe
tutta im maggiore interesse per il fibre ; nè si tratta si una stratificazi<>
ne economica, perchè vi sono famiglie che si possono permettere (e fatino bene) gli ultimi ritrovati tecnici
e che hanno tutt’al più la suddetta
biblioteca di figura, nel salotto, mentre famiglie economicamente assai
meno abbienti conoscono ancora,
per fortuna, la passione del libro, della lettura. In ogni caso, da noi come ovunque in Italia, si legge assa’,
poco; e quel che si legge, lo si legge
spesso male, poiché non si può chiamare «leggere», nel senso più alto e
formativo' del termine, quel che facclamo con tante pile di rotocalco, per
molti dei quali mi pare il posto piu
adatto quello in cui finiscono...
Quali le cause di questa situazione.
Il prezzo. Senz’altro, il prezro del
libro è, almeno in Italia, assai alto
Un buon libro costa, in generale, tra
le l.OOD e le 3.000 lire (anche se ci sono tante brevi opere che in poche pagine racchiudono im mondo) ; una.
somma non indiffeirente per molte,
delle nostre famiglie. Eppure, e una,
causa che non ha un valore assoluto
se si confronta questo costo con le
somme che anche molte nostre fa
miglie spendono, diciamo mensilmente, in rotocalco, cinema, spettacoli
sportivi, televisione, gite, eoe. Non si
pensi, per carità, che io consideri tut
to questo come da buttar vial Ma
la nostra vita non è equilibrata. E
se aboiamo bisogno dello svago d
un'era di spettacolo, se il nostro fisico ricava gran benessere da un bagno della natura (a condizione che
ucn s:a per addizionare km., motorizzati o a piedi, senza guardare la zolla fiorita o godere '.a serena maestà
ai un tramonto), questo non può sos',i:ulre ciò ohe cna buona Jettuu
può darci. Un libro: una finestra sul
mondo... E come si riesce, specie fra
i giovani, a girare vrr PO’ il mondo,
come si riesce, a volte, a «farsi» la
moto, come si riesce a installarsi in
casa il televisore, come si va spesso
al cinema, cosi si potrebbe — se si
volesse — far entrare il libro nella
propria vita. Del resto si è di fronte
ad un circolo vizioso; non inganni
la sovrabbondante produzione librarla: se il libro costa tanto, è perchè
la tiratura (salvo i^r alcuni best-seller, del resto non séifipre meritevoli
della loro fortuna) è in fondo abbastanza bassa, e quindi, dati gli alti
costi della carta e della mano d’opera, il prezzo risulta rilevante.'
il tempo. Vale lo stesso ragionamento dì qui sopra. Certo, nella nostra epoca cosi affrettata il tempo
sembra sempre più prezioso. Ma è
tanto più strano’, tristemente grotte
SCO che noi lo sprechiamo.’Contiamo
le ore «libere» della nostra settimana che non sono state utili, che non
ci hanno dato o lasciato nulla!
La maturità. Può anche essere impegnativo. leggere un buon libro •
lauto più impegnativo per coloro ch.=“
hamio avuto tutto il giorno a che fa
re con una macchina o col bestiame
0 con la terra; e la stanchezza p^a.
Pure, quanti ritagli della nostra settimana potrebbero essere meglio am
ministrati e fatti fruttare! E se
non si trova una buona volta il coraggio di incominciare, di dare questa impronta alla propria vita, e alla propria famiglia, risulterà sempre
piu difficile riuscirci.
Le cause cui ho accennato sopre
(e ce ne sono altre) sono dunque
cause seconde; la causa prima è la
generale incultura tristemente caratteristica del nostro popolo, ancora
incoraggiata, nella nostra epoca, dal
ritmo affrettato e facilmente superficiale della vita. Ed è triste vedere
come nelle nostre Valli il «popolo del Libro» non è più neppure
un popolo che legge dei libri. Pmiso
a tante (non tutte!) biblioteche parrocchiali, desolatamente vecchie. E
non è certo un male che comincia solo con l’ultima generazione, spesso ingiustamente accusata della totale
responsabilità di una situazione eh"-,
è invece frutto deiratteggiamento
dell’educazione di chi fi ha precedo
ti. Anzi c’è forse, specie nelle scuoi
uno sforzo più intenso per far prendere amore alla lettura, da parte dr
bambini; e a questo proposito vorrei
ricordare — con la mia per nulla autorevole voce! —tutta la grave e stupenda responsabilità che fi Corpo insegnante delle nostre Valli porta nei
confrcmti della giovane generazione
che le è- affidata, malgrado le condizioni spesso così dure del suo lavoro.
« Fissazione » culturale? No. Vorrei
che qualche insegnante affrontasse
il problema dal punto di vMa scolastico; per conto mio, la mia ancora
assai ridotta esperienza pastorale e
di lavoro fra le Unioni, qui alle Valli, mi ha portato a vedere le difficoltà che si incontrano nellfinsegnare
e nell’assimilare il catechismo, le difficoltà che tante Unioni quartierali e
non quartierali hanno nel vivere una
loro vita indipendente, intehsa e feconda; la debolezza culturale (in
senso lato, naturalmente) di certa
pur volenterosa testinumianza laica
nel nostro ambiente (la miseria della polemichetta nelle nostre convmsazioni...). Ài laici, poi, il libero giudizio suU’incultura loro pastori!
Non è di cultura libresca che parlo,
d^lormido la nost^ generale incultura. ma di quella apertura sul « va;
sto mondo » (ironia di certi notiziari
dei nostri giornali?); apertura che
solo il buon libro ci può dare, permettendoci di uscire un poco dalle postre quattro mura, dall’angustia ;
per altre solenne è cara — delle postre valli, portandoci pCT il mondo ¡alla scoperta del prossimo, iacendjrci
rientrare in noi stessi e sentire Ifintensità, la riccheái» della vita che
abbiamo in dono con itutti i nostr
simili Jn questo terrenp, il seme dell’Evangelo potrà prùdurre la pianta
di ima fede tanto più intausa, ricca,
profonda. i Gino Conte
Dal 23 al 30 novembre
TlII SETTIMAMA
del libro evangelico
In questo periodo tutte le pubbikaxioni della Edftrke Claudiana
verram» cedute een lo sconto del 20% sul prezzo di copertina. Qualora
le ordinazioni raggiungano almeno la cifra di L. 20.000 di listine, verrà
praticato un soprasconto del 10% sol fatturato.
Nello stesso periodo, le librerie e le Chiese godranno dello sconto
del 40%, purché te ordinazioni raggiungano almeno la somma di Lire
25.000 di listino.
Tutte le spedizioni indistintamente verranno gravate di assegno
delle sole spese di posta, imballo e tassa generale sull'entrata (lOE).
SEMPRE ^iCr NUMEROSE, LE VOCI |
li mal della pietra
Su « L’Europeo » del 26 ottobre
‘scorso, in una rubrica di risposta ai
lettori, un redattq^^ha pubblicato un
« pèzzo »■ di, pàfir^are interesse, dichiaratamente iconoclastico.
Era stato chiesto un pirere suH’ofmai dilagante frenesia edilizia della
religiosità ufficiale italiana (ed anche
di quella che ufficiale non è), che ha
seminato, dalle Alpi alla Sidlia (ed
anche nelle inrofondità del golfo di
Genova, come hanno riferito tempo
fa i giornali) statue di Madonne, croci colossali con crocifissi Sidvatori,
cappelle, edicole,, iconi, lapidi sacre,
e chi più ne ha fàù ne metta! Ultimamente. il « fanatismo clericale » (la
espressione non è nostra: è del lettore dell’« Europeo ») si è spinto perfino sulle cime ddfie montagne alpine,
dove croci e madonne sono state portate, con gran fatica, e cementate alla
viva roccia.
Tra parentesi, sembra che l’usanza
cominci anche a prender piede — se
abbiamo capito bene — nella gioventù valdese delle Valli di Pinerolo,
poiché SI è potuto leggere la cronaca
di un’analoga impresa, sia pure destinata a collocare sulla cima di qualche Boucier, o Roux, o Manzol, una
le marcife dei saponi e a quelle dei
marmorea Bibbia aperta, o un bronzeo candeliere, o che so io. Siamo assai lontani dalTusanza. coltivata nel .
mimo b* le * parere che una. smale fili^ca V
dme delle nostre montagne del « libro be dovuto formularsi già da molti an
purganti ».
Cbncof diamo : anche se siamo del
Monumento cd colono Veddese.
Vedere in terza pagina la cronaca
della visita del Moderatore.
dell’Alpe ». iniziativa che era lodevole sotto ogni rispetto.
L’altra, invece, francamente —
ognuno è naturalmente libero di pensarla come erede, e non meno degli
altri il sottoscritto — non ci piace.
C3ie non ci sia più bisogno, oggi, di
« cementare » la Bibbia nei cuori, di
fondare negli spiriti la Parola di Dio?
Sarebbe, cari giovani, un’oj^ra assai
più opportuna che quella di « monumentare » le nostre già monumentali
montagne!
Tornando all’« Europeo ». il redattore di turno risponde al suo lettore
con assennatissime parole, che varrebbe la pena di riprodurre per esteso.
In sostanza, egli sostiene che il moltiplicarsi di monumenti edilizi, grandi o minori, di carattere ecclesiasticoclericale, ha coinciso con la decadenza della fede aristiana, di quella vera,
che non ha bisogno nè di cemento nè
di bronzo (avviso ai vari Giuffrè!). Ci
guadagnò forse l’arte — si fanno i nomi di Michelangelo e di Raffaello —
ma « il buon Dio ci rimise ». Prosegue facendo « un raffronto tra le nude, austere e assorte basiliche del Medio Evo. quando la gente viveva davvero nel timore deH’Infemo e nella
speranza del Paradiso e l’Italia pullulava di santi e di eretici... » (l’accostamento, qui, è geniale, e presuppone
una concezione della vita dello spirito tutt’altro che conformistica: non
possiamo non sottolineare, nella gran
palude del giornalismo italiano, l’eccezione veramente sim|»tica ed originale) « ...e le pompe rinascimentali
e postrinascimentali, quando la coscienza religiosa italiana si addormentò ». E conclude con una serie di
interrt^tivi di cui ricordiamo i seguenti : « se ii nostro paese fosse realmente cristiano, sarebbe diventato democristiano? se il cattolicesimo fosse
solidamente ancorato nella coscienza
della nazione, avrebbe esso cercato
un aggancio nella politica? se gli Italiani- avessero Dio nel cuore,, l’a'vrebbero cercato nel marmo e nella pietra? » Poiché « un paese che crede nel
Signore non ha bisogno di richiamarselo alla memoria ad o^i passo con
monumenti die ffinno concorrenza al
ni, nelPambiente cattolieoi e non soltanto orai che tutti riconoscono aver
il cattolicesimo pCTdnto una. ventennale battaglia. Concordiamo: anche
se non concordiamo, invece, con la
conclusione pessimistìca di una impossibile riforma rdigiosa. Il male della pietra — di tanto in tanto lo abbiamo- avuto anche noi Valdesi, questo male —- h un rivelatore scandcAoso: poiché mostra come Tuomo senza fede cerchi nella pietra il surrogato della fede che non ha più. E dei
surrogati, gli italiani sono genialissimi inventori. Sì pensi-, oltre alla monumentomania religiosa, alle miriadi
di santi, di venerabili, di angeli, di
Marie, che popolano Tanpireo cattolico! Quante madonne esistono nel
mondo? Svariate centinaia, certamente: il loro elenco costituirebbe un dizionarietto non meno ampio di quello dedicato ai mille e più epiteti di
Giove Olimpico! Quanti precetti ecclesiastici, quante norme canoniche al
posto dei dieci Comandamenti, o, se
si preferisce, dello schematico ma assoluto Sommario della Legge? Quante le varietà della superstizione, del
feticismo, dell’agnosticismo alla moda
o dell’incredulità classica, del buon
senso scettico o dell’indifferenza pacchiana ed ignorante, che allignano,
come tante erbacce, in quella che fu
la « fides catholica » dei popoli mediterranei, fin troppo religiosii come diceva l’Apostolo Paolo ai Greci di
Atene?
B discorso si farebbe lungo. Piuttosto, non dimentichino, coloro che ancora hanno intatta la facoltà del giudizio e della fredda critica oggettiva
come il redattore dell’« Europeo »,
non dimentichino che anche qui ed
in quest’era atomica, l’uomo ha disfatto e vuol continuare a disfare l’opera di Dio. Poiché mentre Dio ha
tratto degli uomini vivi daUa polvere
della terra, e figli di Abtamo dalle
pietre, la demoniaca potenza del Separatore Antico ha lavorato e lavora
a cambiare i cuori in freddi marigni
e la vivente adorazione degli spiriti
in una levigata insensibile parete di
malta e di marmo.
r. Bedma.
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L'ECO KLLE VALU VMOBI
Vili SETIIHAM
del libro.'ew|elÌN
MoÌ«lssinii .Mniié che cosa è la Claudiana. Esm è^na casa editriee specializzai^nelfè pubblicazioni evangeliche. Mo\ü sanno pure che è la Casa
editrice evangelica pii) antica d'Italia :
essa fu fondata nel 1855. Alcuni sanno ancora che la Claudiana bandisce
ogni anno una Settimana di propaganda del libro evangelico italiano,
con lo scopo di una maggiore e più
intensa penetrazione del libro fra gii
Italiani, evangelici e no ; e sanno pure che anche quest'anno la Settimana
del Libro — che avrà luogo dai 23 al
30 novembre prossimo — richiede la
loro fattiva collaborazione. Ossia che
acquistino e facciano acquistare libri !
AAa quanti sanno che i libri della
Claudiana valicano le Alpi, passano
i mari? Forse lo sanno uno o due soltanto. Eppure, la Claudiana è una
casa editrice ben nota in Inghilterra,
in Scandinavia, in America ( USA e
Canada ), in Argentina, in Australia I
Essa manda i suoi libri fin laggiù...
I nomi di Giovanni Miegge, Vittorio
Subilia, Giovanni Gönnet, Ernesto
Comba, Virgilio Sommani, Giovanni
Rostagno, per limitarci a questi, sono noti ed apprezzati a migliaia di
chilometri di distanza dalla patria, come quelli di storici, di teologi, di pastori le cui pubblicazioni edificano,
istruiscono, consolano, fortificano...
...E in Italia? Vogliamo scuotere la
ridicola apatia e indifferenza degli
italiani riguardo alla religione — e
riguardo alla salvezza dell'anima loro — sforzandoci, stavolta, di presentare il messaggio evangelico attraverso lo strumento della cultura
biblica, della conoscenza della verità, della fede matura e consapevole
che ha elaborato i dati del pensiero
e li ha trasformati in pane per lo spirito? L'VIII Settimana del Libro Evangelico, con le sue eccezionali facilitazioni di acquisto è lì, a portata...
di mano. Adoperatela, servitevene, e
l'Evangelo troverà la sua strada anche attraverso il messaggio scritto di
un credente, di uno studioso che ha
scritto il suo libro alla gloria di Dio.
La Claudiana è a disposizione di
chiunque per ulteriori chiarimenti sul
modo di dare la propria opera alla
riuscita della Settimana. Scrivetele,
anche con semplice cedola di commissione libraria.
, Iscrivendosi ad una Facoltà universitaria, gli studenti della Germania òiientale devono, quest’anno, fare un « giuramento socialista ».
y Nella Germania orientale tutti
gli studenti al di sopra degli 11 anni dovranno dare allo Stato un
giorno di lavoro per settimana, in
fabbriche o in fattorie.
^ Il 43Vo dei ragazzi italiani non
va a scuola dagli 11 ai 14 anni,
contro le norme costituzionali.
I LETTORI
SCRIVONO
'TX.
Discussione sì, ma fruerna e a fin di bene
Povero me! Quel che temevo è avvenuto. Ho commesso l’imprudenza di chiamare
in causa il Collepo in difesa di FosterDulles e l’ho pagata cara. Un severo professore, con là visiera abbassata — non son
riuscito a individuarlo — mi è volato ad-,
dosso con la' lancia in resta e con una
dottrina incrudelita da dotte citazioni di
Michele Cervantes, mi ha messo a terra.
Però...
Lo ringrazio per aver decifrato nel mio
scritto proprio^ quel problema della posizione del credente cristiano di fronte alle
esigenze dello stato che mi stava a cuore
e prego i nostri gentili lettori di volergli
consacrare ancora un po’ di attenzione.
La soluzione del problema, così a prima vista dovrebbe essere uguale in tutti i
tempi e per tutti i credenti, ma in realtà
essa muta assai secondo i tempi e le circostanze.,
Cinquant’anni or sono, le scuole delle
nostre Valli e quelle della nostra opera di
evangelizzazione, non si sarebbero mai sognate di solennizzare con una vacanza la
morte o la incoronazione di un papa. Oggi
le nostre scuole delle Valli, passate alle
dipendenze dello Stato e il Collegio diventato « Pareggiato » hanno dovuto farlo. Forse, fra cinquant’anni, mutate alcune altre
circostanze, quando sarà incoronato un
nuovo papa, vedremo gli alunni del nostro
Collegio, impeccabilmente inquadrati, attraversare le vie di Torre per andare nell’altra Chiesa ad assistere ad una messa
solenne.
Non è dunque completamente senza motivo se qualche Valdese già infastidito da
varie solennità religiose del culto cattolico
che sono imposte dal calendario dello Stato
anche alle nostre scolaresche evangeliche,
ha avuto l’impressione, questa volta dinanzi aH’omaggio dovuto dare non solo alla
morte ma soprattutto alla incoronazione del
cosidetto « Vicario di Cristo », che fosse
raggiunto un limite massimo. Quel limite
che la coscienza protestante non può varcare neppure se lo Stato glie lo impone.
11 fatto di solennizzare con una festa o
con una vacanza un giorno che ha uri significato religioso ha una efficacia fòrtemente formativa e pedagogica sul popolo e specialmente sulla nuova generazione.
Non per nulla il Decalogo insiste così fortemente sull’osservanza del settimo giorno
che è « sacro all’Eterno », e gli Evangelici
sulla santificazione della domenica, e i Sabatisti su quella del sabato e i Cattolici su
quella delle « Fèste ». E proprio noi, debbiamo nelle nostre scuole, centro ispiratore di tutta la nostra vita sociale Valdese,
ammettere' questa predicazione di giorni
festivi apertamente contrastante con quella dell’Evangelo?
— Non ha importanza per la mia fede
ch’io faccia vacanza con gli altri ü giorno
di San Giuseppe, imparano a dire oggi i
nostri studenti...
— Non ha importanza, diranno domani
quando saranno saliti a posti di responsabilità, se io partecipo a questa o quella cerimonia Cattolica... Non ha importanza dirà un altro, se celebro il mio matrimonio
di qua anziché di là...
— Non ha importanza. E grazie a questa
parola il nostro protestantesimo perde il
suo vigore e cessa a pòco a poco di essere
sé stesso.
E’ tempo perciò, poiché oggi sono all’ordine del giorno le feste scolastiche, che il
problema sia considerato dalla Chiesa e
che, se possibile, attraverso le Conferenze
distrettuali od il Sinodo essa precisi il suo
intendimento.
Certo è evidente che non possiamo pretendere dalla Presidenza del Collegio che
cambi nulla alla situazione e neppure forse dalla Tavola. Probabilmente dispiace
anche ai nostri professori — e forse più
che a noi — di doversi sottomettere ad un
calendario cattolico «he é loro imposto. Ma
legati dalPobbedienza dovuta ai regolamenti, non é loro facile di sottrarcisi. Tocca piuttosto a noi, come Chiesa e come
fratelli che li circondano di dir: « NO »
allo Stato e di sopportare quelle sanzioni
con le quali eventualmente egli ci potrà
castigare.
Ma lo Stato Italiano iion lo farà. Noi
abbiamo nella nostra Patria una fiducia
fondamentale. Noi corniffendiamo che come
Stato Cattolico ci inviti a solennizzare quelle feste che per lui sono di ovvia ragione.
Ma nutriamo pure la sicura fiducia che
quando gli avremo fatto presente che questo non é possibile per la nostra coscienza
religiosa, esso accoglierà i nostri voti e
farà si che in aweriire, né il nòstro Collegio, né le nostre scuole elementari debbano più solennizzare con la vacanza delle cose e delle dottrine alle quali la nostra
stessa ragion d’essere si oppone.
Ma perchè questo avvenga tocca a noi
di fare il primo passo. Saremmo davvero
troppo pretenziosi je. esigessimo che lo
Stato, prima di prwlamare una vacanza
per i suoi quaranttè milioni di cittadini
dovesse venire a strSiare le dottrine reli
giose di poche decine di migliaia di pro
testanti per sapere sé essi gradiranno que
sta vacanza o meno. Tocca a noi di far pre
sente le nostre esigenze. In altre occasioni
(vedi per es. il 17 febbraio) esse sono state
soddisfatte. E’ ragionevole sperare che dove e quando sia materialmente possibile
saranno soddisfatte anche questa volta. Una
riserva, certo, ci vuole perchè se sarà molto
facile alle Autorità scolastiche di accontentarci per quel che riguarda il Collegio
che è un Istituto Valdese e stipendiato dalla Chiesa Valdese, lo sarà molto meno
per le scuole elementari dello Stato dove
spesso la scolaresca è mista o dove forse
dinanzi ad una scolaresca tutta Valdese c’è
invece un insegnante Cattolico. Anche qui
tuttavia qualcosa potrà essere fatto e in
quelle classi almeno, dove è ammesso l’insegnamento della religione Evangelica Valdese, sarà forse possibile ottenere che sotto la responsabilità dello stesso insegnante
di religione, sia evitata quella vacanza alla quale la coscienza Valdese non può consentire.
— Perchè cercarci altri fastidi, dirà qualcuno, non potremmo lasciare le cose andare per il loro verso?
— Evidentemente lo potremmo, ma daremmo cosi una testimonianza negativa e
conformista mentre che noi esistiamo per
dare una testimonianza evangelica e protestante.
Pensa d’altronde, caro lettore, al giorno nel quale vedrai per le vie di Torre
Pellice gli studenti del nostro Collegio inquadrati per recarsi ad assistere ad una
messa solenne perchè è stato incoronato un
nuovo papa...
Enrìco Geymet
Utilità di uDa discussione
Evidentemente, paiva favilla con quel
che segue; non pensavo certo che la mia
lettera iniziale, di natura privata nell’intenzione, snscilerebb| sì nutrita polemica
con interventi di tono talvolta acceso ma
indubbiamente sincerò.
A difesa del mio pùnto di vista sulla questione di principio non credo aver nulla
da aggiungere, altri avendolo già fatto, ampiamente, con estensione anzi a più Vasto
campo (ed anche qualche colorito riavvicinamento, alquanto dècessivo a mio avviso, del caso specifico;,4 precedenti storici e
biblici di tenzoni di, parte), sia pure in
forma meno scheletrica e certamente di apparenza più... vellutata.
A questo proposito!Sposso anche riconoscere che qualche mja- espressione suonava
un po’ duramente senza alcuna lon
tana parentela con la contumelia, egregio
Signor Jalla; :ringrfl^ con, l’occasione di
cuore per il Suo ricoipò del passato) e non
ho difficoltà a sèusarlttène, in via definitiva.
Signor Conte. .' f
Riconduciamo l’epi|odio alle giuste proporzioni; si è trattaA® essenzialmente di
valutazione dell’oppoirtunità di diffusione o
meno, a mezzo del giornale della Chiesa,
di casi determinati; 'e TAmministrazione,
amico Geymet, ha mòdo, se lo ritiene, di
intervenire direttamei;te anche senza l’ausilio daU’esterno di Cavalieri con lancia in
resta, che possono àiiche pensare con la
propria testa. I
Ma, per venire al p^blema di fondo (che
è altresì quello della:, giustamente auspicata maggior partecipaifione dei lettori alla
vita dell’Eco), ' mi pare opportuno mettere
in luce un fatto sintomatico; per giungere
alla animata discussione di argomenti di
più alto interesse (quale ad esempio quello
dei seri problemi poBentisi per la Chiesa
valdese in tema di ripartizione e miglior
utilizzo dei mezzi disponibili in funzione
della qualità dell’opera da svolgere, come
egregiamente accennato dal Pastore Geymet) è stata necessaria una polemica iniziale di portata circoscritta, originata da singoli interessi locali; il che sta a dimostrare una volta di più, se ancora occorresse,
che la natura umana è pur sempre fondamentalmente quella di alcuni millenni or
sono,' anche in più selezionato ambiente
di secolare tradizione evangelica; e che
continua ad avverarsi quanto mai illusoria,
se pur per certo verso comprensibile, la
pretesa del nuovo ad ogni costo e del tanto oggi invocato anti-conformismo, che in
effetti finisce sempre e soltanto col dar
di capo contro l’eterna realtà delle cose,
bella o brutta, lo si voglia o no.
Cordialmente. E. Bonnet
Avvertiamo che non pubblicheremo, almeno per il momento, altre corrispondenze
relative'al ’’caso” di Ivrea e a quello del
Collegio. E nessuno potrà accusarci di
esser troppo rigidi censori! Preghiamo,
per il futuro, che si cerchi di evitare ogni
gonfiatura di problemi marginali, che si
conservi sempre un sano senso di humour
(naturalmente, verso noi stessi, che verso
gli altri ci riesce abbastanza facile!...), che
si eviti —• per amore dei lettori non direttamente interessati nella tenzone — ogni
verbosità inutile: il ’’povero” redattore
potrebbe anche esser spinto ad una pericolosa pigrizia, fra gli accesi duellanti di
cui dovrebbe rappresentare il giusto —
o ingiusto — mezzo...
IL MESSAGGIO DELLA PAROLA
Io non mi vergogno dellEvangelo
Romani 1 : 16
E invece sì !
Oh, beninteso, noi lo riconosciamo spesso come la parola di vita
che può dare nuovo vigore alle nostre forze stanche, alla nostra speranza indebolita; come il conforto della nostra intima vita di fede. E,
beninteso, quando ci chiedono se siamo Evangelici non ci tiriamo certo
indietro; ci pare, anzi, quasi di essere degli originali, diversi da tutti
gli altri, siamo fieri della nostra libera fede protestante.
Eppure, ancor più spesso, nell'intimo nostro, noi ci vergogniamo
dell'Evangelo. Perchè esso appare così debole e fragile, nel mondo
della scienza e della tecnica atomica; così umile e semplice a paragone
con la saggia e smagata filosofìa dei nostri giorni ; così vanamente utopistico a confronto con la effettiva realtà della nostra vita ecclesiastica;
così spesso tristemente contraddetto, dal di fuori e dal di dentro, nella
nostra personale vita cristiana. Proprio come Gesù di Nazaret era un
ben piccolo uomo nel mondo romano e in quell'inquieto angolo giudaico della civiltà mediterranea; come Gesù era un ben debole capo,
un ben misero Messia, uno sconcertante Signore che eccelleva soltanto
nel servire; come il successo umano della sua opera fu l'ignominiosa
croce dei reprobi.
Paolo sapeva bene che l'Evangelo è scandalo e follia, che esso è
scandalosamente esposto alla contraddizione, allo scherno, tutt'ai più
alla bonaria, indulgente ironia. Quante volte ne aveva fatto l'esperienza, nella sua predicazione, qua e là per il mondo, negli ambienti più
diversi! Proprio per questo, e in appassionata polemica, egli afferma
che non si vergogna, malgrado e contro tutto, dell'Evangelo.
Testardo « bastían contrari »? No, ma testimone del Cristo Risorto,
il Servo di Dio, sofferente nel mondo, caricato dei peccati e delle malattie di ognuno, sprezzato e deriso, eliminato nel modo giuridicamen
te e religiosamebte più iniquo, « fallito » nel modo più totale e miserevole, ha vinto. « Iddio lo ha risuscitato, e di questo noi siamo tutti
testimoni ! », ecco il gioioso coro degli apostoli, coscienti di tutta I immensa portata di ciò che hanno visto e di ciò che riferiscono ad ogni
generazione, fino alla fine. Era il Signore, era veramente il Signore.
E il Signore regna.
Per questo Paolo non si vergogna dell'Evangelo: perchè non è più
soltanto scandalo e follia, è la potenza di Dio, è il lievito nascosto nella
pasta, il seme fecondo sepolto nel gran campo del mondo, la dinamica
carica di energia pronta a scattare nella massa inerte e stanca della
vecchia creazione, e a fare ogni cosa nuova.
Evidentemente, ora, l'Evangelo è potenza di Dio soltanto per chi
crede in Gesù Cristo crocifìsso e risorto per noi, per il mondo. Per chi
crede che in lui Dìo è stato all'opera nella nostra vita e nella nostra storia,
ed ha compiuto l'unica opera che — nel passare di ogni cosa dura,
valida, in eterno, Per chi crede che attraverso il suo Spirito Santo Dio
è ancora, in modo altrettanto reale e ricco di promessa, all'opera nel
nostro mondo, nella nostra vita. Per chi ha ricevuto il dono di andare
oltre gli idoli appariscenti della scienza e della tecnica d'oggi, oltre la
nostra orgogliosa anche se triste sapienza e il nostro smagato scetticismo, oltre il pur serio e grave turbamento per la miseria morale, di
fede, della Chiesa e di noi stessi. Per chi ha ricevuto la grazia di deporre
l'umana vergogna dell'Evangelo, di poter credere, ogni giorno di nuovo che esso è lo strumento dell azione sovrana di Dio nel mondo, che
nessuna forza potrà mai fermare : nemmeno I incapacita e la debolezza
dei messaggeri che Dio si e scelto in noi tutti, può smussare la punta
di quell'annuncio che giunge là dov è destinato, sempre. E porta la
forza e la vita. Gino Conte
Ici, notre bon
vieux français!
Î2m La t/ueailon Ibrûlantam
Quelques évènements ont nouvellement posé la brûlante question de la
justice humaine, en particulier de la
justice en Italie. Une maîtresse d’école faussement accusée d’avoir volé
du bois destiné au chauffage, est acquittée et son accusateur condamné à
6 mois de prison. Mais, sur ces entrefaites, elle se tue Elle n’a pu supporter — disait-elle — le regard de
ses écoliers au fonds duquel elle a cru
entrevoir l’ombre d’un doute...
Autre épisode. Le Proviseur aux
études de Coni a été reconnu responsable de plusieurs irrégularités touchant les appointements de ses dépendants, ainsi que de certaines appropriations malhonnêtes. Il a été démi de sa charge, congédié, et a perdu
tout droit dans l’administration de
l’école (pension y comprise). Or, voici qu’à la distance de 2 ans, la Cour
de cassation accueille le pourvoi du
Proviseur et le proclame innocent et
calomnié. Il sera réintégré dans sa
fonction, touchera 3 ans d’appointements, etc., etc. Détail troublant:
l’accusation principale était contenue
dans un rapport d’un prêtre de l’endroit; le pourvoi est fondé sur un
deuxième rapport de ce même prêtre.
Voilà donc, de nos jours — depuis
toujours, hélas! — ce que fait la
justice humaine. L’humanité jouit
d’un progrès scientifique et intellectuel
qui tend à lui assurer, sur ce globe,
une existence on ne pourrait plus
agréable. Les guerres, fatales erreurs
entre des peuples persuadés de ne
pouvoir résoudre leurs différends qu’avec la violence, sont cependant mises
hors la loi, du point de vue moral
(nous laissons la distinction entre
guerres justes et guerres injustes à la
fantaisie d’un cardinal Ottavianü).
Mais la justice des hommes est orgueilleuse et faillible. « La loi est égale pour tous », mais — disait-on l’autre jour — tous ne sont pas égaux
devant la loi! Ou, pour mieux dire, la
justice est une déesse impassible et
aveugle, qui distribue aux üûs le bon
droit et l’absolution, et aux autres
l’injuste condamnation et la honte publique. L’erreur judiciaire est d’hier,
d’aujourd’hui, de toujours. On souhaiterait presque l’application universelle d’un sérum de la vérité: bien
entendu, aux témoins surtout!
13» AcoeptatÊoum
Je dis, nous disons: il faut se résigner. D’autres disent: il faut accepter.
La résignation concerne les évènements, les faits bruts. Et par conséquent, on ne peut pas ne pas se résigner. Tout comme on ne peut pas ne
pas dire, devant la nuit: il est nuit:
devant l’orage, il pleut; devant la
mort: vois ce cadavre. La résignation est une constatation.
L’acceptation est une méthode,
mieux encore: c’est une façon d’apprécier, de juger. C’est à dire que l’acceptation précède l’évènement, le fait
brut; elle pose un principe, une règle;
c’est une loi de l’esprit que l’esprit a
formulée avant l’évènement. Son application pourra être pénible; il arrivera parfois que la nature humaine,
de chair et de sang, n’ose pas l’appliquer.
Peu importe. L’acceptation n’est pas
mise en question par son opposé, le
refus. Elle n’est pas l’habit du dimanche! Elle reste loi, inviolée et souveraine.
L’acceptation se compose de deux
éléments :
à) le sens du mystère. C’est ce
que nous soulignons quand nous disons « je ne sais pas ». Devant cette
confession d’ignorance, il y a un point
d’interrogation qui n’est pas négatif.
C’est le mystère.
b) le sens d’une différence qualitative entre nous et Dieu. C’est ce
que nous soulignons quand nous disons « ...mais Dieu sait pourquoi ».
Nous ignorons, mais Lui sait. Nous ne
distinguons guère, mais D voit. Nous
ne comprenons pas, mais Dieu a agi.
Pour nous, le mystère, ce qui est sombre; pour Lui, la clarté éblouissante
d’une source de lumière eternelle.
Poser ces certitudes, ancrées sur la
foi, ce n’est pas se résigner, c’est accepter. De tout son coeur meurtri,
mais aussi de toute son âme.
Petit Valdo
3
L'ECO DELLE VALLI VALDESI
— 3
Il Moderatore continua la relazione suiia sua visita alie Chiese sudamericane
Con un taxi óereò
ai confini del Chapo
Alférez, 7 novembre 1958.
Uno dei problemi più gravi e difficili
per la cura pastorale dei Valdesi disseminati neirArgentina è quello delle distanze. I mezzi di comunicazione migliorano
a poco a poco, ma le distanze spno immense e certe strade, quando piove, sono
chiuse al traffico a causa del fango impressionante.
Fino ad ora sono stato favorito da un
tempo buono; la stagione è avanzata. Testate in tutta la sua pienezza è vicina. Non
mi par vero di dover tra poco lasciare
tanta abbondanza di vegetazione e tanti
fiori e tornare, Dio volendo, in un breve
lasso di tempo nell’Italia Settentrionale
dove il freddo si fa sentire.
Non volevo tornare in Italia senza visitare le chiese a nord di Buenos Aires, fin
sui confini col Paraguay. Col treno o in
autobus non avrei certo avuto il tempo di
fare un lungo giro; d’intesa col Prof. Soggin abbiamo adottato uno dei mezzi più
moderni, cioè il Taxi aereo, un piccolo
aeroplano a quattro posti molto strettì, capace di atterrare nelle campagne e, tuttavia, con un’autonomia di volo limitata a
poche ore.
Siamo partiti da Buenos Aires il 1 novembre accompagnati dal Past. W. Artus,
Presidente della Commissione Distrettuale.
Dopo mezz’ora di volo ci siamo trovati
sull’immenso estuario del Parana, uno dei
fiumi più grandi del mondo, che lungo il
suo percorso e specialmente verso la foce
si divide in una infinità di altri piccoli fiumi e canali. Grazie a Dio, tutto procedeva
bene, col tempo favorevole. Quando siamo
giunti sulla città di Rosario, abbiamo lasciato il corso del fiume per spostarci verso l’interno, volando ad una quota dì
800-1000 metri, in cerca del villaggio di
^e/grano. Sotto di noi la campagna era
piatta, immensa. Anche la temperatura era
più calda che nell’Uruguay, perchè il grano che costituisce uno dei prodotti principali di questa terra era maturo e in certi
luoghi s era già fatta la mietitura. Avevaino percorso 500 km. quando il pilota (un
simpatico giovane) ci fa passare sopra un
« pueblo »; scorgiamo delle case e ad un
tratto i colleghi Soggin e Artus riconoscono la chiesa, davanti alla quale ci attende
la gente per il culto. Facciamo i soliti giri
sulla campagna vicina per trovare un campo di atterraggio, non arato e senza bestiame, s’intende. Quando vediamo un terreno più o meno adatto ci abbassiamo e
atterriamo' non senza scosse. Alcune per
J?v Perxtshfm y.engojtto..,a
cercarci con delle macchine.
Le colonie di Belgrano e S. Carlos hanno un’origine valdese e svizzera al tempo
slesso. Nei primi anni di vita, quelle colonie furono assistite spiritualmente da
conduttori in giro di visita o temporanei.
Nel 1894 la chiesa di Belgrano fu anche
visitata dal Past. Matteo Prochet, Presidente del Comitato di Evangelizzazione.
-NtJ 1898 la Tavola Valdese designò quale
Pastore di Belgrano il sig. Enrique Beux
die si era preparato culturalmente in Eulopa e che da poco si era sposato con la
sift.na Maddalena Long, originaria di Pramollo. Come già ho detto un’altra volta,
1.1 Signora Beux è ancora in vita ed ho
avuto il piacere di salutarla in questi giorni passati. Il ministero del Past. Beux
duro 27 anni ininterrotti e si sa che cosa
significhi un tale ministero dal punto di
vista della vita ecclesiastica e sociale. Oltre alla sua vasta parrocchia egli visitava,
con i mezzi rudimentali di allora, gli importanti gruppi di Alejandra, Caldaquì,
Las Garzas e S. Gustavo, nelle provincie
di Santa p^. Entre Rios e Cordoha.
Alla partenza del Past. Beux, la Chiesa
venne affidata all’evangelista C. A. Arnoulet (1923-1927), al Past. Levy Tron (19271933), al Past. L. A. Griot (1939-1949). Il
Past. D. Perrachon che la dirige attualmente ci conduce subito in chiesa per il
culto. Predico e saluto molte persone; ma
non abbiamo molto tempo a disposizione,
perchè subito dopo il pranzo bisogna ripartire. Ho comunque avuto l’occasione di
vedere la chiesa e parlare con molte persone. Più che altrove, a Belgrano si parla il
« patois » della Val Germanasca. La signora Alessandrina Bounous de Sinqnet
lo parla perfettamente; è nata a Combagarino ed è venuta in Argentina a otto anni.
Ricorda esattamente le trincee del Lazará,
« las areza, las amaretta, la ilour di broehets ». Mi parla di Villasecca e del Past.
Micol, per lunghi anni Pastore di quella
parrocchia; ricorda il cantico che fu loro
cantato la sera prima della loro partenza:
« Je dois voyager au monde... Chrìst est
ma vie, il est mon Boi, tonjours II prie
notre Pére ponr moi ». Ho parlato con
Bounous Umberto, Poet Alessandro (di
Perrero); la signora Amandina (o Alessandrina) Poet fa salutare la signora Elisa
Lantaret, mentre Juan Menusan (di Traverse) saluta tutti i parenti.
Avremmo voluto trattenerci più a lungo, ma era impossibile. Il Past. Perrachon
ed altre persone ci accompagnano all’apparecchio. Un po’ alla volta riusciamo ad
alzarci sul prato e puntiamo verso il nord,
in realtà verso il caldo. Altri 500 km. di
volo su territori piatti e spesso deserti;
solo segno di vita il bestiame, presente
dovunque, con l’erba o senza pascolo, generalmente attorno a piccoli ruscelli, dato
che qui non piove da sette mesi: a migliaia e migliaia i capi di bestiame, senza
pastore, in aperta campagna.
Verso le 17 stiamo cercando dall’alto
El Sombrerito, sni confini del Chaco. Nessun operaio della Chiesa è mai rimasto a
lungo in quella località; fu quasi sempre
visitata per poche settimane o per pochi
mesi; il Past. Ganz vi rimase dall’aprile
del 1931 al febbraio del 1932. Due volte
^all’anno la visita il Past. Perrachon con
un viaggio in macchina di più di 500 km.
Eppure ho trascorso a El Sombrerito alcune fra le ore più belle di questo viaggio. Siamo atterrati con alcune emozioni
a causa degli enormi formicai duri come
pietre che non avevamo scorso dall’alto.
Ma che accoglienza calda, fraterna, da parte di quella gente semplice, dove l’elemento locale indigeno si mescola già con
quello valdese! E quanta gioventù e che
bei bambini! L’ambiente è popolare, ma
con quale avidità ascoltano la predicazione
della Parola di Dio e come cantano anche
se non conoscono la musica! Tutti sono al
culto; le madri hanno i piccoli bambini
in braccio, i giovani hanno il loro grosso
innario. Qui la responsabilità totale è dei
laici; i membri del Concistoro presiedono
un culto al mese, le raonitrici fanno ogni
domenica la Scuola Domenicale, l’Unione
giovanile si raduna due volte al mese. Si
cantano inni popolari tradizionalmente noti alle Valli, ma nella versione spagnola:
« Le temps s’en va, l’heure s’écoule... ».
A causa della notte non possiamo più
ripartire e siamo lieti di trascorrere la serata con quei fratelli, m^lto lontani dalle
Valli, vicino ad un « raneho » dove ceniamo, parlando dei problemi della Chiesa.
La signora Favatier de Olivera fa salutare
il cand. Nestor Tourn che si trova alla
nostra Facoltà di Teologia. Il silenzio è
profondo ; le campagne sono coltivate a
canna di zucchero e cotone. Ad un tratto
giunge un trattore che Irascina un grosso
carro agricolo. Sul carro c’è già una ventina di persone, ma saligmo anche noi ed
altri ancora. Mi domando dove ci portano
(continuai ia i.a pagina)
V ' ■ M, /*. ^ '
Dopo il culto del 12 ottobre a Colonia Vaidense. In prima fila da sinistra: I Past. Berton, D. Rostan, Negrin, G. Tron, E. Rostan, Maggi, Ribeiro; (in seconda fila) i Past. Griot, Bertinat, Soggin, Giulio Tron,
U. Artus, S. Long, due Pastori Svizzeri, il cand. N. Rostan.
Dai pascoli urugnayaiii aDa metropoli ar^enlina
Scrivo questa corrispondenza mentre l’aereo che mi sta riportando in
patria vola a cinquemila metri di altezza suirOceano, tra l’isola del Sale
e Lisbona. L’intensa attività che ho
dovuto svolgere nel Sud America in
mezzo ai nostri fratelli Valdesi non
mi ha permesso di scrivere con regolarità; ed ora devo completare le mie
corrispondenze dal Rio de la Piata approfittando delle lunghe ore di volo
che mi rimangono.
Dopo il rapido eppur così utile viaggio nel Nord dell’Argentina, di cui
ho parlato nella mia ultima lettera,
sono rientrato nell’Uruguay, fermandomi una sera a Colonia. Veramente
la destinazione era un’altra, cioè San
Pedro, uno dei gruppi che costituiscono la parrocchia di Colonia affidata al
Past. Silvio Long; ma, per la prima
ed unica volta nel mio viaggio, il
maltempo mi ha impedito di inoltrarmi per le vie di campagna ed ho dovuto rinunziare a quella visita talmente attesa dai Valdesi e particolarmente da don Enrico Gönnet, uno dei
pellegrini sud americani in Italia. Il
giorno prima, infatti, avevamo toccato
i 36 gradi di calore all’ombra in Argentina; ed ora un fòrte vento proveniente dalle zone polari ci costringeva
a rimanere a Colonia con indumenti
di lana! Ne ho approfittato per trascorrere la serata col Past. Long in
casa del Past. Giulio Tron e della sua
Signora. Abbiamo naturalmente rievocato le Valli, specialmente Torre Pellice, ed essi mi hanno incaricato di salutare con cordialità i loro antichi parrocchiani ed amici.
Di ritorno a Colonia Vaidense ho
dedicato una intera serata ai Valdesi
emigrati nell’Uruguay in questi ultimi
anni. Sono andato a ricercare in aperta campagna una mia ex catecumena
di Pramollo, Elena Bounous in Rivoira, di Pomeano, e l’ho trovata in mezzo ai suoi tre bambini, rinchiusi in casa perchè fuori la terra era fangosa.
Poi, la sera, ho presieduto una riunione nella sala delle attività; i convenuti erano un’ottantina. Dopo il culto e
durante un servizio di ristoro ho parlato con molte persone e tutte naturalmente m’incaricarono di salutare qualcuno alle Valli, come se al mio ritorno a Pinerolo per pochi giorni potessi
visitare tutte le parrocchie! Debbo limitarmi a dire che i presenti stavano
bene e cantavano gli inni e le canzoni
delle nostre Valli Valdesi. Ho parlato
con Alberto Long fu Daniele, dei Pellenchi di Pramollo, emigrato 31 anni
or sono; il sig. Cattaneo fa salutare il
Past. Deodato; la signora Geymet saluta i Past. R. Jahier e E. Geymet e
così pure la signora Albertina Favout
Bonnet e tanti altri, non escluse le famiglie Rivoira Ruben, Sibille Carlo
ecc. ecc.
Anche i nuovi venuti si stanno acclimatando in Uruguay; il lavoro non
manca per chi vuol lavorare, specialmente se si adatta a lavori di campagna e, a giudizio di molti, la vita non
è così dura come in Italia. Le condizioni di vita di quanti sono sul posto
da molti anni ne sono la prova. Evidentemente c’è un grande vantaggio
a stabilirsi vicino ad una comunità
costituita, perchè allora non soltanto
c’è il conforto di un incontro regolare
con i credenti, ma la gioia e l’incoraggiamento di un contatto fraterno di
cui sono privi o qut^i i disseminati.
Il giorno dopo mi sono messo in
movimento per compiere un lungo
viaggio ad Alferez, nella zona orientale dell’Uruguay, non lontano dal
confine col Brasile. L^ esiste un gruppo di Valdesi provenienti per lo più
da Cosmopolita, i quali dal 1941 ad
oggi hanno dato vita ad una prospera colonia, visitata periodicamente dal
Past. Giov. Tron, di Montevideo.
Sono partito nellq ,i macchina del
Past. Bertinat, accompagnato dall’evangelista E. Maggi. Un viaggio di 600
Km. tra andata e ritorno, attraverso
il dipartimento di S. |osè e poi quello di Rocha. In quest’ultimo territorio
il panorama è completamento diverso
dal resto dell’Uruguay; vi sono delle
colline di 500-600 metri di altezza, che
rappresentano le montagne uruguayane. Ma, in quella z^à verde e colli
I - - • vf
terno. Le case sono isolate nella campagna, ma tutti erano presenti, compresi i bambini giunti dalla scuola. E
che bambini sani e robusti in quelle
famiglie! All’aperto, tutto era semplice e spontaneo; molti mangiavano in
piedi, le donne provvedevano a tutto.
Ho ancora rivolto un messaggio a quei
fratelli lontani, capaci di mantenere
in vita la loro chiesa, anche se il Pastore viene soltanto una o due volte
al mese. Funzionano ugualmente la
Scuola Domenicale, l’Unione delle Signore, ed i laici assumono la loro responsabilità nell’insegnamento del catechismo ai giovani. In Italia abbiamo
qualcosa da imparare da questi Vaidesi molto vicini a noi eppur lontani
da noi nello spazio. Prima di partire
hanno circondato la macchina per un
ultimo saluto; poi, ci siamo lasciati
per riprendere il viaggio verso Colonia Vaidense!
La mia visita ai Valdesi del VI Di
II gruppo della Facoltà Valdese di Teologia. (Da sinistra) Baret David,
Prof. A. Soggin, Geymonat Violetta, Delmonte Carlos, Berta Barolin,
Melly Negrin, Signora Soggin, Iris Rostan, Livia Sinquet.
nosa, ho veduto il bestiame più bello
e più numeroso di tutto il paese. Migliaia e migliaia di bovini al pascolo,
liberamente, di giorno e di notte, in
immense proprietà terriere. Finalmente, verso sera, siamo giunti a destinazione.
Il Past. Tron ci attendeva fuori della casa del sig. Umbefto Gönnet e della sua signora Elvira Baridon. Abbiamo cenato assieme con loro e con la
loro bella famiglia, poi ci siamo recati nella chiesetta costruita in questi
ultimi anni in aperta campagna. Al
mio ingresso sono stato salutato dal
canto di un coro diretto da una figlia
del sig. Gönnet; a qimttordici anni dirigeva per la prima volta e per la mia
visita una piccola valente corale. Ho
rivolto ai presenti il messaggio della
Parola di Dio; quindi ci siamo trattenuti fino a tardi per contemplare le
proiezioni a colori sulle Valli Valdesi
che quasi tutti vedevano per la prima
volta. Ho passato la notte in casa dei
sigg. Gönnet Alfredo e Maria Baridon;
accanto a loro ho visitato la famiglia
di Pons Attilio e Mariuccia, giunti da
Angrogna alcuni anni or sono; ho incontrato anche la famiglia di Bonnet
Aldo, il quale manda cordiali saluti
alla famiglia Costantino di Pinerolo.
Il giorno dopo, la comunità si è riunita sotto gli alberi per un pranzo fra
stretto stava per volgere al termine.
Domenica mattina, 9 novembre, ho
partecipato al culto di confermazione
dei catecumeni a Colonia Vaidense:
la chiesa era piena di gente, i catecumeni, salvo uno, avevano dei nomi tipicamente valdesi: Artus, Dalmas,
Bonjour, Sibille, Maurin ecc. ecc. Il
Past. Artus mi aveva chiesto di incaricarmi della predicazione; ho fatto
tradurre il mio messaggio e, per la
prima volta nella mia vita, ho predicato in lingua spagnola! Insieme al
Pastore ho distribuito la S. Cena; venivano attorno al tavolo a gruppi di
venti o trenta persone alla volta; il
Past. Artus distribuiva il pane, io i
calici. E dopo la benedizione, ho dovuto immediatamente partire per Buenos Aires.
Nella macchina gentilmente messa a
mia disposizione dal sig. Enzo Gilles
(saluta il Dott. De Bettini di Torre
Pellice) sono giunto a Colonia e di là
per mare a Buenos Aires. Alle ore 16
dovevo partecipare al culto della comunità Valdese nella cappella della
Facoltà di teologia. H Past. Soggin
mi attendeva per presiedere il culto;
dopo la predicazione ho avuto modo
di stringere la mano a molti presenti.
Nella sala dove è stato servito il tè
ho parlato con varie persone: i sigg.
Clemente Beux di S. Germano Chiso
ne, membro del Concistoro e collaboratore laico, suo fratello Luigi Beux,
il sig. Rocchi-Lenoir, pure membro
del Concistoro e collaboratore, il sig.
Revel Michel di Luserna S. Giovanni
(i due bambini sono stati battezzati
durante il culto), la signora Jahier e
il dott. Berger, membri del Concistoro, la signora Carla Codino Szaler con
le sue figlie e tanti altri sparsi nell’immensa metropoli sud americana. II
giorno dopo ho visitato la famiglia di
Luigi Rostan di S. Germano Chisone;
e, servendomi ancora una volta di un
aereo taxi, accompagnato dai sigg.
Soggin, mi sono recato nel territorio
di Unire Rios per ricercare i miei parenti, figli di Teofilo Rostan, fratello
di mio padre. Dopo due atterraggi nei
prati in vicinanza di Rosario Tala e
dopo un viaggio in auto ho avuto la
grande gioia di incontrarli e di conoscerli per la prima volta nella mia vita. L’incontro è stato commovente,
nella casa isolata in mezzo ai campi
di grano, dove, in mancanza di un
Pastore Valdese, il gruppo dei credenti si riunisce due volte al mese per un
culto presieduto da un Pastore metodista. Proprio quel giorno era il 71®
anniversario di mio cugino Juan Rostan, partito da S. Germano Chisone
all anni!
Siamo rientrati alla Facoltà di Teologia in serata, dopo un viaggio di 600
Km. in aereo taxi.
La sera stessa ho avuto un ultimo
incontro con i Valdesi del Sud America. Nell’appartamento dei sigg. Soggin abbiamo riunito gli studenti della
Facoltà di teologia e le studentesse che
seguono i corsi per un ministero femminile. C’erano tutti : Carlos Delmonte (Cosmopolita), Nansen Gerard
(Montevideo), David Baret (S. Gustavo), Berta Barolin (S. Gustavo), Nelly
Negrin (Dolores), Iris Rostan (Jacinto
Arauz), Lidia Sinquet (Belgrano), Violetta Geymonat (Colonia Vaidense) e
il cand. Nestor Rostan (Miguelete).
Abbiamo trascorso alcune ore insieme; poi la serata è stata chiusa con
alcune parole di meditazione e di preghiera.
La mattina seguente alle 8, ero già
all’aeroporto di Buenos Aires per
spiccare il gran volo di ritorno. Fino
all’ultimo momento ho potuto rimanere con i coniugi Soggin, l’amico dott.
Mario Jahier e la sua Signora. Anche
a nome della Tavola Valdese esprimo
al dott. Jahier tutta la mia riconoscenza per la preziosa assistenza offertami durante i miei soggiorni nella
capitale argentina. Essa è stata un
vero e valido aiuto per me.
Alle ore 9 del 12 corrente sono salito sull’apparecchio dell’Alitalia; da
Rio de Janeiro, volando per dodici ore
e quasi sempre di notte, siamo giunti stamane all’alba sulla minuscola
Isola del Sale nell’Atlantico, dove siamo atterrati per la colazione. E da
questa piccola isola stiamo ora volando verso il continente europeo, in direzione di Lisbona e di Milano. E alla Malpensa sono atterrato dopo aver
volato complessivamente per 30.(X)0
Km. circa, in un viaggio che considero benedetto da Dio per me e per le
Chiese Valdesi che ho visitate.
Concluderò prossimamente le mie
corrispondenze dal Rio de la Piata.
4
lo conosco le tuo opere e la
tua fatica e la tua costanza...
Ma ho questo contro di te: che
hai lasciate il tuo primo amore.
Apocalisse 2
L'Eco delle Valli Valdesi
lo conosco le tue opere : tu
hai nome di vivere e sei morto.
Ricordati di quanto hai ricevuto
s udito; e serbalo e ravvediti.
Apocalisse 3
MotÊÆiB daÊlo nostro Comunità
MâSSËL
POaiARETTO
Jeudi demi» q eu lieu à Salse
l’enseveUss»ient de Aieytre Alessan
dro (^cédé à de 76 aus. Noui
expiimona/ eu cette occasion, notre
sympathie chrétienne aux membres
de sa famille.
H 18 conrente ha avuto luogo la fe*
sta d’inaugurazione dell’anno scolastico per le Scuole Elementari, introdotta per gli scolari valdesi da un
culto nel Tempio.
L’Union des jeunes a eu sa pren;ière séance dimanche après-midi,
une sorte de résurrection après des
mois de silence. Nous souhaitons que
son activité se poursuive régulièrement pendant toute l’année et que
l’on ne doive pas reparler d’une union du silence comme l’on parle
a'une église du silence! Les quelques
présents ont tout naturellement manifesté beaucoup de bonne volonté
et d’entrain, encourageons ces débuts
pour que ces bonnes intentions puissent se manifester de feu;on concrète.
C’est toute la paroisse qui doit,
dans son ensemble, les encourager et
procurer de leur éviter les obstacles.
Que chacun se souvimne des temps
de sa jeunesse et de ce que Tunion a
signifié pour lui et qu’il procure de
soutenir les efforts des jeunes d’è
présent qui ont tout aussi besœn
qu’autrefois d’apprendre à travailler
ensemble pour leur église.
Les anciens nous appreiment qu’il
ne faut pas entreprendre trop d
choses à la fois, c’est pourquoi nous
avons décidé de tenir les séances seulement une fois chaque 15 jours: le
premier et lé troisième samedi du
mois.
Nei giorni scorsi la nostra comu
nità è stata colpita da due lutti : abbiamo accompagnato all’ultima dimora le spoglie mortali di Jenny Coucourde (Clot dTnverso Pinasca) e Al
berlo Oliva (Combavilla), entrambi in
età già avanzata. Il Signore conforti
con la Sua Parola di vita le famiglia
afflitte, a cui esprimiamo ancora la
nostra simpatia fraterna.
E’ stato battezzato Walter Coucourde di Silvio (Clot d’inverso Pinasca).
Il Signore benedica questo piccolo
che ha aggixmto al Suo gregge ed aiuti i genitori a mantenere le lóro promesse.
¥ILLAR RELLICH
L’Uhion Féminine a repris elle aussi son activité, nous espérons qu’elle
sera fructueuse cétte année aussi, etfréquentée par un bon immbre de
membres.
Toutes les familles de la paroisse
(mt reçu la prmnière enveloppe pour
la contribution, quelques imes ont
déjà effectué leur versement. Nous
insistons comme toutes les années
auprès de ces familles qui lie versent
qu’une seule contribution, ix>ur qu’elles s’effmmit de contribuer le plus
tôt possible sans attendre le printemps, pour que le Consistoire puisse envoyer régulièrement la somme
qui nous est fixée, à la caisse centrale.
Abbiamo gioiosamente assistito alla costituzione di alcuni nuovi focolari:
2 agosto; Adalberto Stuhrmann insegante con Slgrid Stossinger assistente sociale. La unione è stata benedetta dal padre della sposa Ing. e
pastore e la cmmonia è stata ralle:
grata dalla presenza e dal canto di
50 baldi giovani esploratori di Marsiglia.
20 settembre: Eugenio Barus con
Anna Mondon di Bobbio Pellice. Essendo assente il pastore di Bobbio
Pellice, le nozze sono state benedette
dal pastore del Villar che ha potuto
così salutare fin dal primo istante
questo nuovo caro focolftre della sua
comunità.
5 ottobre: Fiore Arduino con Ida
Jourdan di Torre Pellice. Tutto lieto
e bello anche in queste nozze, salvo
il fatto che questa nuova famiglia
si stabilisca per il momento in altra
parrocchia! Speriamo però di poter
le dare un giorno o l’altro il bentornato.
E benedica l’Iddio di amore e di
pace questi nuovi focolari!
Un gruppo di giovani dell’U.G.V. del Centro di Torre Pellice in visita ad A Intese {Val di Suso) al giovane Piero Gallo che recentemente
ha perso la vista in un incidente di lavoro.
Associazione “Enrico Arnaud
Torre Pellice
abtonatem a'
“L’Eco
delle Valli Valdesi,,
VI CHIEDIAMO DUE COSE:
1) — se siete lettori dell’Eco e non ancora abbonati, fate lo sforzo di
abbonarvi; oltre a darci un vivo incoraggiamento, questo ci permetterà di valutare meglio su quanti lettori possiamo contare;
2) — che siate già o non ancora abbonati fate conoscere il giornale
intorno a voi — se ritenete che ne valga la pena — e sollecitate
abbonamenti fra i vostri conoscenti.
A tutti i nucvi abbonati per il 1959 saranno inviati fin d’ora, anche 1
numeri di queste ultime settimane 1958.
Domenica scorsa l’associazione iniziò il corso delle sedute mensili con
buon numero di presenze. Il presidente fece la relazione annua, 1957-19.53,
dalla quale risulta che le sedute furono buone sia per il numero degli intervenuti che per i temi trattati. La
relazione finanziaria essendo buona
vien proposta un’offerta al Collegio.
Dovendosi procedere alla nomina
del Consiglio direttivo su proposta di
Italo Hugon viene riconfermato per
acclamazione. Esso è composto come
segue: presidente, Pontet Ing. Giovanni; vice presidente, Longo Prof
Renato; segretario-cassiere , Hugon
Carlo; consiglieri: Comba Giuseppe,
Jouve Luigi, Paechetto Carlo, Pasquei
Gustavo. Il presidente a nome di tutti ringrazia per,la fiducia dimostrata.
Constatato che una « causerie » del
pastore svizzero Gagnebin sulla Liturgia essendo stata pubblica l’aula
si riempì, viene allora deliberato di tenere una volta al mese ima riunione
extra nella quale il prof. Armand Hugon tratterà un fatto speciale della
storia Valdese o Ugonotta, continuando pure in ogni seduta le interessanti allocuzioni s^la nostra storia.
Visto che fra i soci manca l’elemento giovane viene incaricato il seggio
di mandar loro un invito speciale.
Una buona discussione suscitò l’argomento in favore del turismo, per gli
affittacamere, invitandoli a fornire i
locali, per quanto è possibile, in modo
corrispondente alle esigenze medeme
Su proposta del pastore Sommarli i
soci sono invitati a procurare nuovi
abbonati a L’Eco delle Valli poiché
il maggior numero di abbonati con
sentirebbe di portare a migliori condizioni il formato e la veste tipografica del giornale, con abbondanti notizie per le quali si raccomanda a tutti
di mandarne il più possibile onde interessare tutti i lettori.
Sabato sera la sala della Casa Unionista era gremita di persone che hanno profondamente goduto delie stupende proiezioni luminose, a colori,
sulla flora alpina, presentate con vivacissimo ed avvincente commento
dal prof. Bruno Peyronel, cui è stato
espresso anche questa volta il più caloroso ringraziamento per esser venuto da Torino ad offrirci questa bella
serata. Ricorderemo le meraviglie variopinte e aggraziate, inquadrate nella maestà della montagna; e forse
più d’uno avrà acquistato un occhio
più attento, per godere ogni aspetto
di una passeggiata o gita su per i
monti. Dopo, con una frequenza
straordinaria e rallegrante, l’Unione
Giovanile ha terminato insieme la serata.
Funerale: Carlo Armand-Bosc.
Con un taxi aeroo ai confìni del Chaco
Pratiche per danni di guerra
(segue dalla 3.a pagina)
nel polverone sollevato dal trattore; intanto le ragazze cantano, i bambini si chiedono cosa significa « Moderador », e viaggiamo sotto un cielo magnificamente stellato. Si arriva ad una casa dove pernotteremo; ma qui tutti si sono dati convegno
per trascorrere la serata con noi.
Nel cortile della casa ci siamo tutti seduti; c’era una quarantina di giovani ai
quali ho parlato della gioventù valdese in
Italia. Intanto il « mate », la bevanda nazionale, era distribuita a turno, soprattutto
al gruppo dei a notabili ». La sig.ra Tourn
Maria ved. Tourn, partita da Torre Pellice
a 11 anni, stringendomi la mano mi ha
detto che ricordava ancora due cantici
francesi imparati alla Scuola Domenicale
di S. Margherita. Ho unito la mia voce
alla sua e tutti ci ascoltavano : « Bon Sauveur, Berger fidèle, conduis-nous par ton
amour... Pai un bon Pére qui m'attend
aux eieux... ». Non mi nascondo che eravamo commossi. Due giovani suonavano
la chitarra ed eseguivano musiche locali;
era impressionante vedere sul loro viso i
lineamenti del montanaro valdese, là sui
confìni del Chaco, a mille chilometri da
Buenos Aires. Poi, prima di andare a letto, una signora giunge con un innario e
lo apre; accenna a cantare e l’aiuto insieme col Past. Arlus. Siamo in tre soli ad
innalzare a Dio le nostre voci col canto
del: « Levez vos mains au del» in francese, nella immensa e silenziosa pianura
argentina...
« a a
La mattina assai presto ripartiamo. I fratelli in fede ci accompagnano e, questa
volta, spingiamo l’apparecchio sulla strada
diritta: la carrettera. Mandiamo avanti alcuni ragazzi per tener la strada libera e
poi ria, lasciando dietro a noi un gran
polverone. Ci alziamo e attraversiamo la
immensa palude del Paraná per entrare
nel territorio di Entre Rios; atterriamo vicino ad un paese per tare rifornimento di
benzina e non ne troviamo; riattraversia
mo il Paraná e scendiamo a Reconquista
in un aeroporto militare. Poi ripartiamo
e di nuovo sorvoliamo il fiume, volando
a 200 km. all’ora verso San Gustavo. E’
domenica e intendiamo giungere per il
culto.
Verso le ore 10 siamo sul villaggio; la
gente ci attende, ma l’atterraggio è difficile, perchè il territorio è boscoso. Finalmente, dopo molti giri, ci abbassiamo e
scendiamo con molte scosse sul prato di
don Pablo Garnier. Due donne si fanno
avanti; sono delle Garnier (qui quasi tutti
sono originari di Villar Pellice) e subito
arrivano altri con le macchine per prelevarci. Andiamo subito in chiesa; qui a San
Gustavo non ci sono pastori e la chiesa
vive e prospera con la collaborazione dei
laici.
Il primo Pastore Valdese che visitò questa colonia fu il Past. Enrico Tron di Villar Pellice nel 1899. Da allora in poi la
chiesa ricevette varie visite ma non ebbe
mai un vero e proprio mmistero pastorale, ad eccezione di quello dell’Evangelista Maggi per cinque anni. Eppure, quale
chiesa vivente ed evangelizzatrice! Il culto è stato presieduto dall’anziano Osvaldo
Eichhorn, di origine svizzera; ogni domenica i membri del Concistoro s’incaricano
del culto la mattina nel vecchio tempio e
il pomeriggio nella bella chiesetta inaugurata nel villaggio in occasione della Conferenza Distrettuale del 1957. Vi rendete
conto. Valdesi delle Valli e dell’evangelizzazione, del significato di quanto ho detto?
Una chiesa senza pastore che trova le forze di costruire un nuovo locale di culto
per l’opera evangelistica e che da sola
provvede ai due culti domenicali?
Si sentiva, nel culto, un’atmosfera di
pietà cristiana. Molti avevano il grosso innario e la Bibbia; dopo la predicazione,
ho salutato molte persone. Il sig. Ciatalin
Giovanni fa salutare la sig.ra Giovanna
Barolin di Pinerolo, sua sorella. Molti salutano il Past. R. Jahier. Sono stato nella
casa di David Garnier di 85 anni, giunto a
San Gustavo nel 1898; è vegeto e arzillo.
Uscendo dalla sua casa ho ancora visto
il grosso carro sul quale, cinquanta anni
or sono, il Vice Moderatore Bartolomeo
Leger aveva visitato questa zona, trainato
da sei paia di buoi! Abbiamo pranzato con
la famiglia Genre - Bert, originaria di Villasecca; il vecchio padre, Genre Bert Giacomo, del Bric di Villasecca, aveva le lacrime agli occhi; a 82 anni era anche al
cuho. i
Nella stanza dove si mangiava c’erano
36 gradi di calOrét Eppure, con quel caldo, alle tre del J^meriggio tutti si recavano di nuovo in .|;hiesa. Vedevo le signorine con il loro innario, liete di cantare
i nostri inni. Ho parlato ad un’assemblea
straordinariamente'■'attenta; c’erano molti
valdesi di origine; ma anche degli indigeni. Era magnifica la comunione cristiana
nello spirito dell’Evangelo. A casa loro ho
visitato due vecchiette: Garnier Marie de
Garnier e Genre-Bert de Catalin, nate nel
1879 ed abbiamo pregato insieme. All’uscita ho salutato tante persone: ricordo Aldo
Bouissa di Villar Pellice.
Poi è giunta troppo presto l’ora della
partenza. Tutti sono saliti su vari mezzi di
locomozione e si sono recati sul prato per
circondare l’aereo e passare ancora alcuni
minuti con noi. Il momento era commovente; ho chiesto loro di cantare un inno
ed hanno intonato in lingua spagnola un
inno della nostra infanzia : « Quale amico
in Cristo abbiamo ». Finalmente siamo
partiti; facendo uno o due giri sul prato
per prendere quota abbiamo ancora salutato quella comunità di credenti ; quindi
abbiamo puntato su Buenos Aires dove
siamo giunti dopo tre ore di volo. Ci attendeva un difficile atterraggio a causa di
una tempesta di terra che giungeva probabilmente dalla Pampa. Ma, grazie a Dio,
il viaggio è terminato bene; rimane in noi
il ricordo di quei fratelli in fede, molto
lontani da noi nello spazio, con i quali
tuttavia dobbiamo rimanere uniti nel vincolo dello Spirito di Cristo e della comune testimonianza valdese.
Ermanno Rostan.
A quanti hanno avviate, e giacenti
presso l’Intendenza di Finanza di TO'
rino, pratiche relative ai danni d’
guerra, viene offerto di mettersi in
comunicazione col Sig. Bruno Ghia
via (Via Passo del Brennero 6 - To
rino - telef. 75.60.08), il quale gratui
tamente cercherà di avere notizie in
proposito e di sollecitarne la definizione.
Direttore: Prof. Gino CostabeJ
Pubblicaz autorizzata dal Tribunale
Il fratello e la cognata del com
pianto
Cario Armand-Bosc
ringraziano quanti hanno preso parte al loro lutto. In modo particolare
ringraziano i vicini di casa.
Torre Pellice, 18 novembre 1958.
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Prof. Dr. Franco Operti
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in Clinica Ortopedica
Specialista in Ortopedia
Traumatologia e Chirurgia Plastica
Visite presso Ospedale Valdese di
Torino: Lunedì e Venerdì ore 16,30
Consulenze presso Ospedale Valdese
di Torre Pellice : previo appuntamento
Prof. Dr. A. Boniscontro
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Redattore: Gino Conte
Coppieri - Torre Pellice
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