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ECO
DELLE VALU VALDESI
biblioteca valdese
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Nam. 17-18
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TORRE PELUCE - 4 Maggio 1973
Amm.; Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Gesù e i discepoli dopo la risurrezione
“Egli vi precede
Durante ij suo ministero Gesù ha
sempre preceduto i discepoli. Essere
discepolo significava non solo andare
con lui ma andare dietro a lui. Diceva: « Se uno vuol venire dietro a
me... » (Marco 8: 34). E ancora: « Se
uno mi serve, mi segua » (Giov. 12:
26). Gesù dunque andava davanti. Sulla croce, poi, ha la precedenza assoluta: lì più nessuno lo segue, sul momento. A Pietro che domandava: Signore, dove vai? Gesù risponde: « Dove io vado non puoi per ora seguirmi,
ma mi seguirai più tardi» (Giovanni
13: 36). Solo più tardi Pietro seguirà
Gesù subendo egli pure il martirio
(Giovanni 21: 18-19).
Gesù ha dunque la precedenza fin
sulla croce. L’avrà anche dopo? L’ha
avuta lungo le vie della Palestina.
L’avrà anche lungo le vie della storia?
Oppure Gesù, come tutti gli uomini di
lutti i tempi, resterà anche lui prigioniero del passato?
L’annuncio dell’angelo alle donne
convenute al sepolcro è che Gesù precede i discepoli in Galilea, dove apparirà loro secondo la promessa. « Egli
vi precede in Galilea » (Marco 16: 7).
Quali sono le implicazioni di questa
precedenza di Gesù risorto sui discepoli?
La prima è che Gesù non resta prigioniero del passato. I discepoli non
sono autorizzati a pensare a lui come
a un personaggio di una volta, come
a qualcuno che è reale solo nel ricordo di chi l’ha conosciuto. Gesù non
diventa ricordo ma resta presenza —
ecco il latto decisivo, e inatteso, che
i discepoli dovranno constatare. Perciò ai discepoli non si chiederà di avere memoria ma di aver fede e cristiani saranno non quelli che vivono nel
ricordo di una persona assente ma
quelli che vivono nella fede in una
persona presente. Certo, la fede non
è smemorata; essa sa e deve ricordare. Ma ricorda a partire da una presenza e non per colmare una assenza.
Ma la presenza di Gesù non accompagna solo i discepoli, li anticipa.
« Egli vi precede »; Gesù giunge prima
dei discepoli e davanti a loro. Non sta
dunque nel loro passato ma nel loro
avvenire. Lo potranno incontrare non
ripercorrendo a ritroso le tappe del
loro itinerario di prima ma andando
avanti per un cammino ancora da
compiere sul quale Gesù già li aspetta. « Quivi lo vedrete »: non guardando indietro ma guardando avanti i discepoli vedranno il Risorto. Gesù non
resta indietro rispetto al cammino
della storia, al contrario sta avanti,
più avanti dei discepoli.
La precedenza di Gesù esprime e illustra bene il suo primato sui discepoli; è sempre lui che ha e mantiene
l'iniziativa. Egli riprende in pieno la
sua posizione di Signore e « capo »
(Ebrei 12; 2), non lascia alcun vuoto.
Gesù non è da sostituire: i discepoli
non hanno da prendere il suo posto,
da parlare e agire in vece sua, non
hanno da porsi come suoi rappresentanti. Poiché Gesù prece^de i discepoli
non si tratta per loro dì ‘ sostituirlo o
di rappresentarlo, ma sempre ancora
e sojtanto di seguirlo.
Proprio loro lo devono seguire
loro che lo avevano abbandonato? Sì,
(Marco 16, 7)
La responsabilità delle chiese e quella della Facoltà di teologia
per la preparazione teologica dei ministri delia Parola
Verso un pasturato a tempo parziale?
doppio
^ Di fronte alla croce di Cristo — il Venerdì santo e non solo allora — si trema a parlare di « prendere su di se la croce ».
Pure, è un messaggio di cui non abbiamo noi
l’iniziativa, ma che ci viene da colui che è
stato sulla croce, dopo averla portata, e non
solo quel giorno, per noi.
Ma malgrado l’intenzione simbolica, non
convince, anzi sfiora la parodia blasfema il
pontefice romano che, presentandosi quale vicario di Cristo, porta per un tratto la croce,
verso il Colosseo, sotto le luci della tv (e la
sera prima aveva lavato lindi piedi di seminaristi in Laterano).
Testimonianza più seria ci è venuta, la sera
del sabato, dalla trasmissione televisiva centrata sulla figura del domenicano polacco M.
Kolbe, che ad Auschwitz non ha preso su di
se la croce di Cristo ma ha seguito il Cristo
prendendo su di sé l’angoscia e la morte di un
compagno, padre di figli, c entrando al suo
posto nel bunker della morte.
0 Su un altro piano, nell’atmosfera in cui
viviamo, in Italia, e che noi pure contribuiamo a creare, si ha voglia e bisogno di ricordare in modo sommesso, schivo, tutto in
profondità, il 25 aprile. La retorica patriottarda ha completamente digerito la Resistenza,
proprio loro, e non altri, sono chiamati per primi a seguire il Risorto. Gesù
precede i discepoli, ma non li distacca.
Al contrario li manda a chiamare.
Manda a chiamare quelli che lo avevano tradito e abbandonato. « Andate
a dire ai suoi discepoli e a Pietro »: a
dire che cosa? Che hanno tradito e
quindi non servono più? Che hanno
rinnegato Gesù e quindi Gesù li rinnega come aveva predetto (Matteo 10:
33)? No, è un messaggio di speranza
che dopo Pasqua giunge ai discepoli
che pure, come discepoli, hanno fallito. S’è detto prima che i discepoli
non hanno da sostituire Gesù, ma ora
bisogna aggiungere che Gesù non sostituisce i discepoli. Anche questo è
evangelo! S’è detto prima che Gesù
non resta indietro rispetto al cammino della storia, ma ora bisogna aggiungere che egli non lascia indietro
neppure i suoi discepoli, non li perde
per via. C’è un futuro con Gesù, e non
senza di lui, per questi discepoli falliti, che tutto potevano attendersi
tranne che di essere ancora chiamati
da colui che essi avevano tradito e
abbandonato.
Ma appunto: il Risorto non rievoca
i nostri tradimenti, non ritornq sui
nostri fallimenti ma semplicemente
ripropone la sua chiamata. Gesù, insomma, non ci risospinge indietro nel
nostro passato infedele ma ci chiama
avanti da oltre la frontiera della morte — egli è risorto — sulla via della
vita con lui.
Paolo Ricca
Nello scorso febbraio, in un servizio sulla Facoltà, L'Eco/Luce
pubblicava anche questa affermazione: « Ora si dice che il pastorato a pieno tempo non sia più di
moda e di conseguenza, se si segue questa idea, lo studio teologico sarà dimezzato ».
Non esamino, qui, la teoria del
pastorato a tempo parziale, che
può avere delle giustificazioni di
vario genere (conoscere meglio il
mondo del lavoro; essere più vici
6 maggio 1973
Domenica della Facoltà
ni ai problemi e alle difficoltà dei
membri di chiesa) o può essere imposto daH'eventuale inaridirsi delle contribuzioni delle chiese che
obbligherebbe i pastori a procurarsi il loro sostentamento con un
impiego. Vorrei piuttosto soffermarmi sulla deduzione che viene
fatta nella frase citata — cioè che
così lo studic; teologico sarebbe
dimezzato.
La mia convinzione, invece, è
che un pastor ¡io a tempo parziale
- Y
richiederebbe uno studio teologico uguale o persino superiore al
presente, e un maggior numero di
pastori o di altri « addetti ai lavori » con preparazione teologica
completa.
1. Il «team» pastorale
Ammettendo l’ipotesi di un pastorato a tempo parziale, è impossibile richiedere a un uomo solo
di aver un impiego (in fabbrica,
nella scuola o nell'impiego privato) e contemporaneamente accollargli tutto il lavoro pastorale
svolto attualmente da un pastore
a tempo pieno. Me ne appello all’esperienza dei collaboratori laici: quanti di loro si sentirebbero
di tenere una, due o tre predicazioni settimanali, vari corsi di catechismo, più la cura pastorale sia
pure ridotta alle esigenze più gravi? Anche se qualcuno può averlo
fatto temporaneamente, questo
abbinamento non è pensabile senza che sopravvenga un esaurimento delle persone e uno scadimento del lavoro: dove troverebbero
il tempo e la forza per prepararsi
convenientemente ?
In un documento pastorale
indirizzato ai cattolici in occasione delia Pasqua ebraica
I vescovi francesi rìconoscono al pepalo ebraico, come a quello palestinese,
il diritto a una "esistenza politica propria"
JJn passo netto oltre il documento conciliare sull’ebraismo — Finora nessun commento vaticano — Mollo positivi, naturalmente, i commenti ebraici e israeliani, fortemente critici quelli arabi e dei cristiani
antisionisti che rifiutano come gli arabi l’esistenza dello Stato d’Israele — Il documento vuole affrontare il problema teologico più che quello politico, ma trattandosi della complessa realtà di Israele è difficile distinguere i piani — E’ prevedibile un riaccendersi nelle chiese della polernica su Israele
Il 16 aprile il Comitato episcopale
francese per le relazioni con l’ebraismo ha reso di pubblica ragione degli
i Orientamenti pastorali sull’atteggiamento dei cristiani nei confronti dell’ebraismo ». Il documento, che ha già
suscitato in Francia e nel mondo numerose teazioni positive e negative,
religiose e politiche, ci è finora noto
solo dal testo — incompleto — pubblicato da «Le Monde» (18.4.’73). Poiché
i perduranti scioperi postali non fanno prevedere l’arrivo a breve scadenza. del testo completo, riprendiamo
quello pubblicato dal ’ quotidiano parigino.
Il Comitato episcopale afferma che
« non è possibile considerare la ’religione’ ebraica semplicemente come
taglio
questo grande momento di cui ci si chiede
quante braci restino ardenti sotto cumuli di
cenere.
Senza sminuire la lotta partigiana, è tuttavia — oggi più che mai — all’antifascismo
degli inizi che occorre rifarsi, quando essere
convinti che il fascismo aveva gli anni contati
voleva dire andare contro l’evidenza..
Per questo si può essere grati alla nostra
televisione, e in particolare ai curatori della
trasmissione, per la rievocazione della fine di
don Minzoni, Delitto di regime. Malgrado 1
limiti della rievocazione, si è evitata l’agiografia e soprattutto non si è concentrata tutta
l’attenzione sul parroco antifascista ma si è
riusciti a far vivere l’atmosfera dell’epoca, le
infinite, crescenti collusioni, i compromessi
con il fascismo trionfante e la resistenza di
pochi, quando si era ancora a tempo.
Qualcuno ha fatto giustamente notare che
le rievocazioni antifasciste della tv prediligono
le figure di preti antifascisti, auspicando che
venga pure il momento in cui si ricordino i
molti ’’laici” che hanno combattuto quella
battaglia. Al riguardo, non si capisce perché
la riduzione televisiva del Diario partigiano di
Ada Gobetti Marchesini sia passata in una
trasmissione pomeridiana per ragazzi. Atten{continua a pag. 6)
una fra le religioni oggi esistenti sulla terra ».
D’altra parte, dichiarano i vescovi,
« è urgente che i cristiani cessino definitivamente di figurarsi l’ebreo in base alle immagini forgiate da una secolare aggressività; eliminiamo per sempre e combattiamo con coraggio in
ogni circostanza le rappresentazioni
caricaturali e indegne di una persona
onesta, a maggior ragione di un cristiano; ad esernpio quella di un ebreo
che si dichiara ’non come gli altri’
mettendovi una sfumatura di disprezzo o di avversione, quella dell’ebreo
usuraio, ambizioso, cospiratore o quella dell’ebreo ’deicida’. Queste qualifiche infamanti, che purtroppo hanno
corso oggi ancora in modo diretto o
larvato, le denunciamo e condanniamo con forza. L'antisemitismo è una
eredità del mondo pagano, ma si è
ulteriormente rafforzato in clima cristiano con argomenti pseudoteologici.
L’ebreo merita la nostra attenzione e
la nostra stima, spesso la nostra ammirazione, talvolta — senza dubbio —
la nostra critica amichevole e fraterna, ma sempre il nostro amore. Ed è
quello che forse più gli è mancato e
di cui la coscienza cristiana si è resa
più colpevole ».
« È un errore teologico, storico e
giuridico considerare il popolo ebraico indistintamente colpevole della passione e della morte di Gesù Cristo »,
precisano gli autori della dichiarazione, i quali proseguono: « È errato contrapporre ebraismo e cristianesimo
come religione di timore e religione
d’amore. L’artìcolo fondamentale della fede ebraica, lo Shèma Israel, comincia con le parole: 'Amerai il Signore tuo Dio' e prosegue con il comandamento dell’amore del prossimo. (...)
I cristiani avrebbero torto di credere
di non aver più nulla da ricevere, oggi ancora, dalla spiritualità ebraica».
« Contrariamente a riflessi ben consolidati, bisogna affermare che la dottrina dei farisei non è l’opposto del
cristianesimo. I farisei hanno cercato
che la Legge divenisse vita per ogni
ebreo interpretando le sue prescrizioni in modo da adattarle alle diverse
circostanze della vita. Le ricerche contemporattee hanno messo in luce che
i farisei non ignoravano affatto il senso interiore della Legge, come non lo
ignoravano i maestri del Talmud. Non
sono queste disposizioni che Gesù ha
messo in discussione, denunciando l’atteggiamento di alcuni fra loro o il formalismo del loro insegnamento. Sembra del resto che i farisei e i primi
cristiani si sono combattuti talvolta
così vivacemente proprio perché sotto molti aspetti erano vicini ».
Dopo aver chiesto ai cristiani di acquistare « una conoscenza vera e viva
della tradizione ebraica », il Comitato
episcopale giunge al problema della
raccolta del popolo ebraico: « Lungo
la storia, l’esistenza ebraica è stata
costantemente divisa fra la vita in seno alle nazioni e il voto di un’esistenza nazionale su questa terra. Questa
aspirazione pone parecchi problemi alla stessa coscienza ebraica. Per comprendere in tutte le loro dimensioni
questa aspirazione e la discussione che
ne deriva, i cristiani non devono lasciarsi trascinare da esegesi che disconoscano le forme di vita comunitarie
e religiose dell’ebraismo o da prese di
posizione politiche generose ma affrettate. Devono tener conto dell’interpretazione che danno della loro raccolta
intorno a Gerusalemme quegli ebrei i
quali, in nome della loro fede, la considerano una benedizione ».
« Questo ritorno e le sue ripercussioni hanno messo allq prova la giustizia. A livello politico si affrontano
esigenze diverse di giustizia. Al di là
della legittima diversità di opzioni politiche, la coscienza universale non può
rifiutare al popolo ebraico, che tante
vicissitudini ha subito nel corso della
storia, il diritto e i mezzi di un'esistenza politica propria fra le nazioni.
Questo diritto e questa possibilità di
esistenza non possono d’altra parte
essere rifiutati dalle nazioni a coloro
che, in seguito ai conflitti locali risultanti da questo ritorno, sono attualmente vittime di gravi situazioni d’ingiustizia. Volgiamo quindi con atten
(continua a pag. 2)
Un team di due o tre pastori potrebbe invece alternarsi per la pre, diceizione, in modo da lasciare
tempo sufficiente per la preparazione mediante esegesi del testo
biblico e letture, e suddividersi i
corsi di catechismo nonché la cura pastorale (per quartieri, o per
categorie).
2. Preparazione teologica
completa
Un altro presupposto dell’eventuale ministero a tempo parziale è
la preparazione teologica completa. Perché dovrebbe essere dimezzata? Il pastore a tempo parziale
dovrebbe essere diverso dal pastore a pieno tempo su un punto solo: la fonte del suo sostentamento.
Ma non su ciò che riguarda la preparazione teologica.
Infatti, dovendo dedicare tutto
il loro « tempo libero » allo svolgimento delle attività pastorali e
alla preparazione immediata delle
medesime, è lecito supporre che
ben poco tempo rimarrebbe ai pastori a tempo parziale per coltivare la loro preparazione teologica
generale. Bisognerebbe quasi dire,
capovolgendo Taffermazione citata all’inizio di quest’articolo, che
un eventuale ministero pastorale
non a pieno tempo esige uno studio teologico doppio! Il pastore,
preso per la maggior parte del
tempo da un lavoro secolare, dovrebbe dipendere in misura anche
maggiore di adesso dalle conoscenze acquisite durante la sua
preparazione alla Facoltà.
3. Programmare
significa prevedere
L’eventualità di dover affrontare un giorno il problema del ministero pastorale non a tempo pieno dev’essere presa molto sul serio, e non si può lasciare che le
chiese siano colte di sorpresa e si
facciano trovare sprovvedute. Bisogna dunque programmare con
molto anticipo le misure più adatte a evitare gli inconvenienti più
gravi. Ma programmare significa
prevedere gli inconvenienti. Ho
cercato di indicare quello più appariscente, cioè la drastica diminuzione del tempo che i pastori
potranno consacrare al loro lavoro.
Per ovviare a questo inconveniente, non basta programmare
una preparazione sempre più solida, comunque non inferiore a
quella attuale; bisogna anche prevedere una più larga assunzione
di responsabilità per il lavoro pastorale da parte delle chiese. Esse
dovrebbero favorire nel loro seno
il sorgere di vocazioni pastorali
(sia pure a tempo parziale) in misura doppia o tripla rispetto ad
ora. Ogni pastore a tempo pieno
potrebbe allora essere sostituito
da due o tre a tempo parziale, ciascuno con preparazione teologica
completa (Licenza in teologia).
Questo significherebbe — per
ciascuno di loro, ma ancora di più
per le comunità interessate, e per
la Facoltà di teologia — non una
riduzione dello studio teologico,
ma un suo aumento considerevole.
Bisogna pregare fin da ora perché, verificandosi la necessità, lo
Spirito susciti le volontà di servizio occorrenti, e le chiese si dimostrino all'altezza della loro responsabilità.
Bruno Corsani
2
pag. 2
N. 17-18 — 4 maggio 1973
IJinwÉuiiiiitjii'iiiitico e al Nimvo Testamenio
Doa è un binarìo nana dagli stadi biblici
La Claudiarm, che fin dalla sua fondazione ha inserito nel suo catalogo opere di Introduzione biblica,
ha iniziato la pubblicazione di una sintesi ampia, aggiornata e scorrevole, scritta dal prof. Bruno Corsani, sui problemi del Nuovo Testamento
Una parola di giustificazione va detta innanzi tutto ai lettori del nostro
giornale ed all’autore, il prof. Bruno
CoRSANi, della nostra Facoltà di Roma
per il ritardo con cui viene presentato
il suo volume di Introduzione al Nuovo Testamento. Un banale disguido redazionale sta all’origine di questa dimenticanza, o di questo ritardo, e ce
ne duole perché l’opera andava segnalata sin dalla sua pubblicazione
L’Introduzione è una materia del
corso di studi teologici che ha avuto
grande sviluppo nei secolo scorso e fino ai primi decenni del nostro e permane, anche se un po’ meno seguita
ed appassionante, una delle discipline
fondamentali. Si applica allo studio
dei singoli libri della Bibbia e cerca
di individuarne l’autore, l’epoca di redazione, i caratteri fondamentali ecc.
Lo studio dei libri del Pentateuco, ad
esempio, e tutta la questione della loro composizione sono stati per molti
anni una delle grandi questioni della
teologia, così pure quello della redazione degli evangeli, la così detta
« questione sinottica ».
Anticamente ci si occupava in primo luogo dei problemi di autenticità:
sapere se un libro biblico era realmente dell’autore a cui l’attribuiva la tradizione o una menzione specifica, costituiva una questione fondamentale,
così pure i problemi di derivazione,
di influenze reciproche, le interpolazioni (passi inseriti più tardi in un testo) impegnavano parecchio gli studiosi. Si trattava in genere di questioni così dette « critiche », riferite allá
critica del testo, cioè al suo esame
spregiudicato.
Oggi le questioni critiche risultano
indubbiamente meno irnportanti perché parecchie sono state da tempo risolte e perché ci si è resi conto che
esse non esaurivano l’interesse degli
studi; altri problemi altrettanto e forse più significativi per la fede cristiana meritavano di essere trattati. Un
esempio soltanto per illustrare questo
spostamento di accenti: il problema
sinottico. Ogni lettore del Nuovo Testamento si può rendere conto molto
facilmente del fatto che i tre primi
evangeli sono molto simili nel modo
di presentare la vita di Gesù ma hanno fra loro delle diversità; come si
spiegano le une e le altre? Questo è
il problema: forse derivano tutti da
un unico scritto che poi Marco, Matteo e Luca hanno modificato? derivano
uno dall’altro? quale è il primo dei tre
ecc.? Molti di questi interrogativi appaiono oggi meno acuti di un tempo e
ci si preoccupa invece di comprendere il senso generale di ogni singolo
evangelo. Cosa dice Marco, perché narra le cose in un certo modo, a chi si
rivolge? Quale è insomma il messaggio che alla comunità dei suoi lettori
egli intende dare, pur con le sue caratteristiche, anzi, proprio in virtù delle sue caratteristiche?
L’Introduzione non è dùnque un binario morto degli studi biblici anche
se molte sue pagine possono apparire
poco stimolanti ed attuali: Io studio
dei codici, delle varianti, gli elenchi di
dati, i raffronti, le tabelle ecc. Si trab
ta di un primo passo necessario per
penetrare nel significato più profondo
del testo sacro che non può essere evitato o fatto frettolosamente, ma deve
essere condotto con pazienza ed attenzione per evitare di far dire alla Bibbia quello che a noi pare essa debba
dire, interpretando le sue parole secondo le nostre esigenze del momento.
La Claudiana ha sin dalla sua fonda
Bruno Corsanì, Introduzione al Nuovo
Testamento, voi. I, Vangeli e Atti,
Claudiana, Torino 1972 p. 333, Lire 3.800.
Illlllllllllllllllllllllllllll[llllllll|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il corriere
del cuore?
Come scrivere un « bel » foglio evangelico? Come fare un « bel » sermone?
ÌDei sinceri credenti chiedono queste
cose, e confesso di essere a volte tentato di dargliele; poi penso che durante tutta la vita ho cercato onestamente
di liberarmi da questo atteggiamento,
a mio avviso disonesto. O meglio: disonesto se lo usassi io. Mi spiego: niente
è più facile che scrivere o parlare con
l’intento di « commuovere », di toccare
« le corde sensibili » del sentimento
religioso, umanitario, ecc. Se poi a questo unto di sacrestia (laica) mescolate
dei versetti, ma di quelli che « toccano », avete una formula perfetta di successo: siete un’anima bella. Ma (’Evangelo non si presta a essere contrabbandato come un corriere del cuore, è un
fuoco acceso sulla terra, una spada,
non una candelina o un pulisciunghie.
Esso è annunzio di morte e resurrezione, è sovvertimento e beatitudine
nella sofferenza e nella lotta. Se lo
scrivere e il predicare non dicessero
questo, daremmo oppio, non speranza.
L. S.
zione inserito nel suo catalogo opere
di Introduzione, più o meno ampie ed
estese; una delle maggiori è stata la
collana di cinque volumi della « Storia
letteraria della Bibbia » dovuta alla
penna V dei prof.' Longo e Comba della
Facoltà di Roma, testo su cui tutti gli
studenti in teologia hanno fatto le loro prime ricerche. Si tratta di un lavoro accurato ma ormai decisamente
invecchiato di cui si auspicava da anni la sostituzione. lì volume del prof.
Corsani esaudisce questa richiesta in
modo davvero eccellente. Si tratta del
primo dei due che si occupano del
Nuovo Testamento ed esamina gli
evangeli ed il libro degli Atti. 300 pagine fitte di note e di documentazione,
che, lungi dall’essere difficili ed aride,
costituiscono invece una affascinante
lettura per chiunque si interessi di studi biblici. La prima parte del volume
tratta in una ottantina di pagine le
questioni così dette testuali: problema
dei manoscritti, metodi della critica,
breve storia della indagine in questo'
settore. La seconda parte affronta la
storia della tradizione evangelica, il
passaggio cioè dalle parole di Gesù, da
lui pronunciate nel suo ministero, alle
raccolte scritte. Nella terza parte si
esamina la questione sinottica secondo le ultime indagini, e nella quarta
1 singoli libri biblici, unendo, come è
logico, gli Atti al vangelo di Luca di
cui costituisce il proseguimento.
Non resta che formulare un duplice
augurio: che il prof. Corsani completi
presto la sua fatica aggiungendo anche il II volume sulle lettere, e siano
numerosi i lettori del volume già apparso perché sarebbe davvero peccato
non approfittare di strumenti così preziosi per approfondire la propria conoscenza biblica dopo aver chiesto per
anni dei libri scritti in italiano e di
facile lettura.
Giorgio Tourn
Un approccio diverso
al testo biblico
G. L. Archer - La Parola del Signore, 1. Intraduzione all’Antico Testamento. Traduz.
di Fausto Salvoni. Ediz. Voce della Bibbia,
Modena 1972, p. 640, rii., L. 6.500.
E. F. Hahrison - La Parola del Sig rtore,
2. Introduzione al Nuovo Testamento. Traduz. di Edoardo Labanchi, Ediz. Voce della
Bibbia, Modena 1972, p. 526, rii. L. 5.000.
Le Edizioni « Voce della Bibbia » hanno,
nel giro di pochi mesi, compiuto il tour de
force di pubblicare i due grossi volumi, che
presentiamo, di introduzione all’Antico e al
Nuovo Testamento. Ci si può forse domandare
se la traduzione di queste opere di due studiosi anglosassoni, statunitensi, fosse la più opportuna, in questo momento in eui la lacuna
di una introduzione protestante moderna alle
Scritture, nella nostra lingua, si è colmata
per quel che riguarda l’Antico Testamento
(l’Editrice Paideia ha pubblicato i due voludel prof. J. Alberto Socgiiv) e si sta colmando per quel che riguarda il Nuovo (la Claudiana ha pubblicato il I volume delVIntroduziozne al Nuovo Testamento del prof. Bruno
Corsanì e si attende il II fra breve). In realtà, si tratta di opere del tutto diverse : accanto alle opere dei due studiosi valdesi, che senza affatto cedere ad estremismi critici si valgono con libertà di ricerca, non disgiunta da
responsabilità ecclesiastica, dei più aggiornati
criteri d indagine filologica, storica e teologica,
i due volumi de Là Parola del Signore Aono
un buon esempio di lettura fondamentalista
della Bibbia o, come dice la presentazione editoriale, «in base a criteri Coerentemente conservatori », Il confronto fra i due tipi di opere
può essere estremamente interessante, e illuminante per chi vuol chiarire, nella concretezza dei fatti, il confronto fra approccio fondamentalista e approccio critico alle testimonianze scritturali. Il confronto può essere tanto più interessante in quanto i lavori delI’Archer e dell’HARRisoN, passati entrambi,
per un periodo più o meno lungo, per il noto
Theological Seminar.y di Princeton (l’Archer
è pastore presbiteriano, l’Harrison ha, fra l’altro, insegnato alcuni anni in un seminario
teologico in Cina), mostrano, almeno a un conoscitore generico qual è il sottoscritto, che i
loro autori sono al corrente dell’indagine critico- teologica anche recente : le due opere originali sono apparse negli USA nel 1964. Non
si tratta dunque di un ’’fondamentalismo”
dozzinale e, diciamo pure, ignorante; bensì di
una posizione coscientemente conquistata e
perseguita, non senza sospetto di a priori,
nella discussione delle tesi critiche affermatesi e chiaritesi da molti decenni, ormai, a oggi.
Risulta chiaro, insomma, che si tratta veraniente di due approcci diversi al testo biblico,
di due modi diversi di intendere il rapporto
fra Parola di Dio e Scrittura, di credere l’ispirazione divina della testimonianza biblica, di
rice^vere la rivelazione, di considerare l’incarnazione della Parola divina. Per questo, non si
tratta affatto di doppioni che una piccola minoranza come la nostra non può permettersi,
bensì di un utile strumento di confronto .—
che è desiderabile avvenga — e di conoscenza
e di approfondimento reciproci fra le due famiglie ’’avversarie” e comunque diverse e lontane dell’eyangelismo italiano.
Quando lo Archer attribuisce, dopo ’’confutazione” dettagliata delle tesi contrarie, la
paternità del Pentateuco a Mosè, o idéntifica
il Giona del libro biblico con il profeta ricordato in 2 Re 14: 25 situando cosi il breve libro fra i più antichi profeti e attribuendogli
valore storico e non parabolico; o quando lo
Harrison contesta tutto il lavoro della scuola
morfologica (Formge'schichte) nella ricerca sul
formarsi degli Evangeli, o ribadisce l’attribuzione tradizionale delle Pastorali, cosi come
sono, o delle epistole di Pietro ,— sempre si
sente che gli autori partono dall’a priori della
ispirazione letterale e della inerranza storica
del testo biblico : affrontando i risultati della
ricerca scientifica in corso da oltre un secolo
(ma anche sostenendo una dottrina dell’ispirazione letterale delle Scritture che non è stata
quella dei Riformatori, di Lutero in particolare) i due studiósi discutono in base a questo
presupposto intangibile le tesi avverse e finiscono sempre per ’’smontarle”, con giudizi che
però non convincono chi, al di fuori o anche
dal di dentro della fede cristiana, non accetta
quei loro presupposti.
La Bibbia unisce e divide : dinanzi ad essa
siamo in un rapporto dialettico che continuamente sperimentiamo, ' fra cristiani; sia nei
confronti dei cattolici, sia all’interno stesso di
quello che chiamiamo, con un’espressione inclusiva perché vaga, l”’evangelismo”. Eppure
è un rapporto dialettico che non dev’essere rifiutato : nella misura in cui in tutti vi è il
rispetto della testimonianza scritturale e la ricerca di ascoltare in essa la Parola di Dio.
Gino Conte
r P'^bbltcato alcune serie di brevi meditazioni di
L. De Nicola, anziano della chiesa di Sanremo: si tratta di brevi
conversazioni registrate e diffuse da « Voce amica », servizio di
brevi messaggi telefonici chs^ la chiesa di Sanremo e in particolare il pastore Roberto Nisbet curano da tempo, quotidianamente mutano messaggio; a tale testimonianza collabora questo
laico, e iniziamo alcune brevi meditazioni sulle parabole del Regno; SI tenga conto del quadro. red.
Le parabole (del Regno
I mali del mondo non sono irreparabili: lo scopo dell’evangelo, quello per il quale possiamo chiamarlo davvero la buona
notizia per eccellenza, consiste nel far sapere agli uomini che
tutto sarà riparato, tutto sarà rimesso a posto, tutto il male sarà
annullato, persino la morte. Anzi l’evangelo ci dice che questa
opera di restaurazione generale del cosmo e delle, nostre vite singole è già coitipiuta in Gesù Cristo. Ma noi possiamo conoscere
quésta trionfale verità, qui ed ora, solo, per la fede; e ciò non è
poco: chi crede ha già la vita eterna. Ma la fede è l’anticipazione
delle cose sperate, l'attestazione di quelle che non si vedono ancora. Il grande fatto è già avvenuto: noi lo vediamo per ora solo
per fede, ma un giorno apparirà anche alla vista dei sensi.
Questo è il progresso della salvezza: dapprima annunziata e creduta dai pochi, poi rivelata agli occhi di tutti, come il lampo risplende dal levante al ponente. Questo nuovo ordine, che distrugge e sostituisce il presente guasto, è chiamato dagli evangeli il regno di Dio, Esso non è definito nelle sue forme sensibili: sarebbe
inutile. E non è neppure rivelata la data della sua manifestazione: questo annullerebbe la fede. Ma gli evangeli ce ne dicono abbastanza perché noi possiamo già comprenderlo anche con la nostra ragione. È un modo di governare gli uomini contrario a quelli che la storia ha conosciuto e conosce. È esercitato e retto da
una potenza diversa e contraria a quelle che hanno imperversato
finora. Ma proprio per questo è reale; è la manifestazione politica più realistica che possa esistere. Il vero buon governo è il
regno di Dio.
Lino De Nicola
I vescovi francesi riconoscono ai popoio ebraico
ii diritto a nna "esistenza poiitica propria'
La pressione statale
sulle Chiese cecoslovacche
Il 17 aprile, in un discorso pubblico a Bratislava, Gustav Husak, segretario
generale del P. C. cecoslovacco, ha dichiarato: « In quattro brevi anni il Partito comunista cecoslovacco, appoggiato da quattro milioni di lavoratori, ha portato la nostra società a giorni tranquilli e fin soleggiati, nei quali è possibile
considerare i problemi concreti senza rischio... »
(e.p.d.) Le Chiese ci tutte le confessioni hanno dovuto subire, nel corso
del 1972, una pressione crescente; lo
spazio vitale conquistato nel 1968 dev’essere abbandonato, brano a brano.
Da parte protestante si riferisce che
sono quotidiane le difficoltà crescenti
opposte alla vita ecclesiastica. Si fanno forti pressioni sui genitori, perché
non inviino i figli all’istruzione religiosa. Le comunità incontrano gravi
ostacoli quando devono provvedere
alla sostituzione di un posto pastorale.
Soltanto una quantità minima di carta è messa a disposizione dell’attività
editoriale ecclesiastica, attività che
non è mai sufficiente alle effettive necessità. Giovani che hanno concluso
il corso di studi teologici sono spesso
impediti dalTintraprendere la vita pastorale e devono cercarsi un altro la
voro. Per la prima volta nella storia
cecoslovacca, una riunione pastorale
è stata vietata alTultimo momento, di
recente. Nel centro ecclesiastico’ di
Chotebor, costruito nel 1968 con l’aiuto di' ambienti ecclesiastici svizzeri,
avrebbero dovuto tenersi, la scorsa
estate, parecchi campi successivi per
ragazzi; un giorno prima dell’apertura dei campi, l’autorizzazione era stata annullata.
Il pastore David Hataway, cittadino britannico, che scontava una pena di due anni di
carcere, è stato espulso dalla Ceeoslovacchia
il 16 aprile. Arrestato nel giugno 1972 alla
frontiera per aver tentato d’introdurre clandestinamente pubblicazioni religio.se e stampati
giudicati « anticecoslovacchi ». era stato condannato il 27 ottobre. (A.F.P.).
(segue da pag. 1)
zione gli occhi a questa terra visitata
da Dio e rechiarrio in noi la viva speranza che essa sia un luogo nel quale
potranno vivere in pace tutti i suoi
abitanti, ebrei e non ebrei. Si tratta
di un problema fondamentale, per i
cristiani come per gli ebrei: sapere se
la raccolta dei dispersi del popolo
ebraico, avvenuta sotto la pressione
delle persecuzioni e per il gioco delle
forze politiche, sarà infine o no, malgrado tanti drammi, una delle vie della giustizia di Dio per il popolo ebraico e, al tempo stesso, per tutti i popoli della terra. Come potrebbero, i
cristiani, restare indifferenti a ciò che
attualmente si decide su questa terra? ».
Questi « orientamenti » erano stati
preparati dall’episcopato e sono stati
indirizzati ai cattolici il giorno della
Pasqua ebraica; si tratta di un adocumento pastorale che si pone esclusivamente sul terreno religioso ». Tuttavia
— e c’era da aspettarselo — è sul piano politico, soprattutto, che esso ha
cominciato a far correre fiumi d’inchiostro.
Il documento ha, in effetti, un carattere di novità; anche se non è « rivoluzionalo » come l’ha definito un
commentatore ebreo, si comprende
che il gran rabbino di Francia abbia
potuto dichiarare di vedervi « un atto
grandissimo » della Chiesa cattolica,
al quale « l‘ebraism.o è estremamente
sensibile ». Non è giunto finora alcun
commento vaticano'. Di fatto, il documento episcopale francese rappresenta un netto passo oltre la combattuta dicìiiarazione del Vaticano IL Si
ricorderà che la dichiarazione conciliare «Nostra Aetate », pubblicata il
28 ottobre 1965 dopo lunghe esitazioni, aveva incontrato l’opposizione sia
degli ambienti più conservatori sia
quella dei vescovi del Vicino Qriente
che ne temevano i contraccolpi nella
convivenza di comunità cristiane in
paesi arabi. Le negazioni esitanti e
reticenti del testo conciliare sono diventate nel documento episcopale francese affermazioni nette, esplicite. Mentre il Vaticano II aveva considerato
l’ebraismo soprattutto nella sua storia, i vescovi francesi insistono sull’ebraismo attuale e sul valore che la
sua teologia e la sua spiritualità hanno per i cristiani. Colpisce poi la singolare riabilitazione del farisaismo.
Questo ci pare anzi, l’elemento più discutibile, in una prospettiva teologica
cristiana, del documento episcopale.
Se infatti o vero che gli studi recenti
hanno fatto giustizia della squalifica
gropolana e superficiale che a torto
s; è desunta dalla polemica antifarisaica del Nuovo Testamento, e hanno
riconosciuto il nerbo spirituale di questo gruppo giudaico (malgrado le ipocrisie e il formalismo che lo funestavano), è anche vero però che la polernica di Gesù, e al suo seguito quella
di Paolo, teologicamente più riflessa.
' « L Unità » è stato il solo quotidiano italiano che ha menzionato (domenica 22 aprile)
il documento episcopale francese, citando le
proteste provenienti dal mondo arabo.
attacca proprio alla radice, nel suo
nerbo,^ la fede e la prassi farisaica (le
’opere’!). Farisei e cristiani si sono
combattuti (i primi, anche col braccio
secolare, i secondi fortunatamente
non ne disponevano ancora) perché,
inalgrado vicinanze, erano su posizioni teologiche e spirituali inconciliabili, come l’appassionata testimonianza
di Paolo ha evidenziato in modo pieno e definitivo, nella sua polemica
sulla Legge e nella sua contrapposizione fede-opere.
Anche se protesta il proprio carattere pastorale e religioso, e se del tutto fortuita è la concomitanza con un
rincrudirsi della tensione israelo-palestinese, era impensabile che questi
« (Drientamenti » non fossero letti in
chiave politica. Del resto, quando si
tratta di Israele — il popolo, la terra, lo Stato — è oggettivamente difficile, se non impossibile, anche a livello teologico, prescindere dagli aspetti
politici della questione.
Sul piano più strettamente politico,
mentre i commenti israeliani (oltre
che ebraici, anche se probabilmente
non della totalità delTebraismo) sono
largamente positivi, nettamente contrari sono quelli arabi, da Beirut ad
Algeri, alla sede della Lega araba a
Parigi. Poiché nel testo è detto chiaramente che anche i Palestinesi hanno diritto alla loro terra, le reazioni
confermano il rifiuto arabo dell’esistenza ste.ssa dello Stato d’Israele.
Analoghe, molte prese di posizione sia
di cattolici libanesi, siriani, egiziani,
sia di cristiani avversari del sionismo
e dello Stato d’Israele, come la Conferenza dei cristiani per la Palestina
(con sede a Parigi) e il settimanale
cattolico « Hebdo-TC » (Témoignage
chrétien) che di quell’organizzazione
si era fatto promotore. Accanto alle
discutibili e partigiane argomentazioni strettamente politiche, riaffiora vigorosa — e, senza dubbio, proseguirà
— alTinterno delle Chiese la polemica
sulla valutazione teologica , delTebraismo (sua realtà di popolo, suo nesso
con la terra promessa, rapporti Stato-Diaspora etc.). Ne riparleremo, dopo più approfondita documentazione.
g. c.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiii
Collegio Valdese
Siamo spiacenti di dover comunicare
che per impegni inderogabili sopraggiunti il prof. Valdo Vinay non potrà
tenere il corso di lezioni teologiche, in
precedenza annunziato per la settimana 30 apriIe-6 maggio.
Mentre ci rammarichiamo di non
poter contare nell’anno in corso su
questa specifica collaborazione del professor Vinay, prezioso amico e sostenitore del Collegio, formuliamo i più vivi auguri per il suo lavoro.
Speriamo tuttavia di poter concludere il ciclo dei Corsi di teologia con
una conferenza domenicale, da tenere
nel corrente del prossimo mese di maggio e di cui verrà data notizia tempestivamente sul settimanale.
Comitato C. V. e S. L.
3
4 maggio 1973 — N. 17-18
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NET. MONDO
pag. 3
UN CORSO ALL’ISTITUTO ECUMENICO DI BOSSEY
Comunità nuove
chiesa marginale?
orga
« Comunità nuove, chiesa marginale? », questo il tema di un corso per
pastori, sacerdoti e missionari che
1 Istituto ecumenico di Bossev
nizza dal 14 al 27 giugno p. v.
Punto di partenza, la constatazione
della contraddizione fra la perdita di
Chiese, pur 'fondamentalmente aperte al mondo
crescita di
e la rapida
1- ■ . gruppi religiosi o parare
cS’ aT "he, L non
caimentp' sono almeno ’radico Hi nel loro orienta
mento di fondo, sia esso più religioso
smo**^ e radicali
smo, COSI potrebbero essere definiti
spetti^^ti .sociologia politica, i rispettivi atteggiamenti di questi due tiP di raggruppamenti socio^religiosi.
un altro modo, più classico di disa contrapposizione chie
sa^etta (e, fino a un certo punto, la
differenziazione protestante fra chiesa
Volkskirche — e chiesa di professanti, etc.). In questo ca
g^lzatabene organizzata e strutturata per coprire
reggere per un tempo
ri possibile (i caratte
di cattolicità e di 'apostolicità') a
mode^H'^'d”^ o meno
modesti, di comunità dalla durata più
"he hanno la loro sorgente nella spontaneità, in uno slancio o in un azione precisi ma limitati,
c Cile esplodono in modo improvviso
" sporadico (i caratteri dell’ispirazionc entusiastica, effimera e d’impegno
^ disunpegno assoluto, immediato).
Ora, e indubbio — forse ancor più
sui piano religioso che su quello politico — che questa forma di fede e
eli pratica religiose, incarnata nei piccoli gruppi e nelle comunità di vita
Cile negli ultimi anni e forse decenni
sorgono un po’ ovunque nel mondo, a
un ritmo crescente e con caratteristiche varie quanto nuove, trova impreparate le Chiese costituite, offrendo ai
toro membri, come pure a quelli che
non ne lanno o non ne fanno più parte, certezze e un’autenticità che mancano spesso e gravemente nelle loro
comunità d’origine.
Naturalmente non bisogna confondere queste nuove comunità con le
sette religiose più antiche, che sono
espressione religiosa di un’altra epoca. Queste comunità non hanno, come
le sette, un'unità fra loro, nemmeno
di convinzione religiosa. E soprattutto
esse non sono, a rigore, ’contro’ le
grandi Chiese. Esistono all’interno di
esse come al di fuori di esse. Sono intei ioi mente o esteriormente marginali. Il che è, senz’altro, meno grave e
più grave al tempo stesso. Sono, intatti, il risultato più spesso della stanchezza che di un’ostilità, e portano anelile all’indifferenza nei confronti delle
Chiese. Sono le Chiese a preoccuparsi
di questi gruppi (frustrazione? ricupero?) piuttosto che viceversa.
Il movimento ecumenico è anch’esso interessato a questo fenomeno. In
che senso? Il Consiglio ecumenico del^ Chiese rappresenta ufficialmente le
Chiese e la loro ecclesiologia. Ha una
data teologia dell’unità. In relazione a
questi gruppi spontanei, a queste comunità nuove, può sembrare al tempo stesso più aperto, poiché l’unità alla quale esso lavora include il tempo
della tradizione alla quale ci si riferisce e lo spazio del mondo al quale
le Chiese aspirano; e più chiuso, più
’legato’, poiché ’tradizione’ e ’Chiesa’
impongono limiti e orientamenti dottrinali ed ecclesiastici precisi.
Ma il movimento ecumenico supera
le istituzioni ecumeniche. E chiama
costantemente a confronto istituzione
e moyimento. Certo, il rischio di irrigidirsi e di deformarsi è inerente alle
manifestazioni antiistituzionali. Inoltre le comunità non sono neppure esse esenti dalle deformazioni che pesano sugli istituzionalismi di qualunque
tipo, soprattutto se vogliono durare e
approfondire il loro messaggio o la
loro azione, tendenza normale in chi
è convinto della sua autorità e autenticità. A questo stadio, non si tratta
di ricuperare, ma di condividere l’esperienza e la riflessione comune.
Chiesa marginale? Perché questa
espressione? Che cosa evoca? In un
senso, chiama ogni Chiesa, le ricorda
che essa, come ogni cristiano, è marginale, eccentrica. Tutto dipende in
rapporto a che cosa, a quale centro.
Inoltre questo margine non è un punto, né una linea retta, ma una specie
di circonferenza. E vi sono varie marginalità possibili; volta al passato, una
marginalizzazione conservatrice, volta
al presente una marginalizzazione fuori della società, volta al futuro una
marginalizzazione utopica. E se ne potrebbero segnalare altre. Le comunità
nuove occupano indubbiamente ogni
sorta di ’margini’. A confronto, le
grandi Chiese si dispongono all’interno, su zone più vaste e incerte, avendo anch’esse le loro polarizzazioni,
più discrete, più equivoche, più intricate.
Per tentare un dialogo fra i rappresentanti di questi due tipi, se non di
vita ecclesiastica, per lo meno di ricerca di autentica vita cristiana comune, questo corso organizzato dall’Istituto ecumenico di Bossey vorrebbe permettere rincontro di membri
non soltanto di varie ’confessioni’ e
’Chiese’, ma anche di diversi tipi di
comunità e gruppi. Si tratta di un abbozzo: sarà ricevuto con gràtitudine
ogni suggerimento per un orientamento d’insieme più preciso o su temi
particolari da non trascurare.
Alain Blancy
direttore aggiunto
dell’Istituto ecumenico
di Bossey
Nel Ruanda, cristiani
indigeni ed eurepei
fra le lotte tribali
(s.p.p.) Il Ruanda vive nuovamente
ore diffìcili: anche se non sembrano
per ora raggiungere la gravità delle
lotte e del massacro che un anno fa
insanguinavano il vicino Burundi, le
lotte tribali sono esplose nelle scuole,
nelle aziende e nelle amministrazioni!
Gli Hutu, che costituiscono il 90% della popolazione, esigono Tallontanarnento dal paese della minoranza Tutsi, che ha dominato il paese fino al
1959 (ed è riuscita a mantenere il potere nel contiguo Burundi, sotto il feroce pugno di ferro di Micombero) e
che rimane un elemento dinamico nella vita del paese.
Nel collegio di Kigali (la capitale),
di cui è responsabile la Chiesa presbiteriana del Ruanda, sostenuta dalle
Chiese della Svizzera romanda, i professori e gli animatori giovanili, fra i
quali sono vari Svizzeri, sono stati
fraintesi, mentre desideravano conservare l’ordine e la pace fra i 350 allievi, per lo più adolescenti. Il governo
ha deciso di sostituire il direttore, uno
svizzero, con un collega mándese. Le
lezioni sono state interrotte per varie
settimane e gli animatori tutsi hanno
abbandonato il collegio. Parecchi insegnanti svizzeri stanno per rientrare in
patria, ritenendo che le condizioni di
lavoro non permettano più loro di assicurare il buon funzionamento della
scuola.
Pure difficile la situazione nella scuola tecnica femminile di Remerà, che
formava 260 giovani. Per il momento
gli insegnanti svizzeri fronteggiano le
difficoltà, attendendo giorni migliori.
Da ogni parte si auspica che il governo permetta la reintegrazione degli
alunni e dei professori tutsi.
CBUoquifngK Avventisti e il CEC
Manca al movimento la pretesa settaria dell'esclusività — Un confronto che pone alle Chiese del CEC interrogativi sulla loro speranza e sulla loro attesa, e
agli Avvventisti interrogativi sulla loro lettura biblica — Con Roma, nessun
colloquio è possibile
(epd) — Nel 1965 si è avuto a Ginevra il primo colloquio non ufficiale fra
una delegazione degli Avventisti del
Settimo Giorno europei e una rappresentanza del Consiglio ecumenico delle Chiese. Da allora si sono ripetute
annualmente delle sessioni di tre giorni convocate congiuntamente dagli Avventisti e dal Segretariato della Commissione Fede e Ordinamento del CEC.
L’ultimo incontro si è avuto a fine novembre 1972, a Ginevra, intorno al tema: « La Chiesa, il suo mandato, la
sua missione ». Se ora, momentaneamente, i colloqui a livello internazionale saranno interrotti per due anni,
ciò non è dovuto al fatto che non si ha
più nulla da dirsi o che non ci si può
accordare; lo scopo è invece quello di
intensificare i contatti ecumenici a livello nazionale e locale.
Già questi contatti mostrano che gli
Avventisti del Settimo Giorno non possono essere semplicemente definiti una
« setta ». Le sette, infatti, si separano
dagli altri ed evitano colloqui sulla fede con « gente di altra fede ». La caratteristica tipicamente settaria della
pretesa di esclusività manca agli Avventisti, i quali vengono anche chiamati Sabatisti poiché celebrano, come
gli Ebrei, il ’sabato’ dal venerdì sera
al sabato sera. Il loro tipo di vita è
sano: a tutt’oggi i loro membri rigorosi evitano l’alcool, la nicotina e spesso anche la carne.
Il movimento, iniziato circa 130 anni fa in America del nord, conta oggi
in tutti i continenti oltre 2 milioni di
membri. Assai marcata è l’attesa escatologica; ma rispetto ad altri gruppi
determinati da questa attesa e volti
alPawenire trascurando i compiti
odierni, gli Avventisti rivelano una
esplicita responsabilità etico-sociale. In
tutto il mondo essi mantengono un
gran numero di ospedali, case per anziani, scuole e altre istituzioni caritative. La lettura della Bibbia è fondarnentalista, biblicista con un'accentuazione un po’ legalista (la santificazione
del Sabato ha un valore quasi indispensabile alla salvezza) e l’accento
fondamentale è posto sulla speranza
cristiana, che troverà presto il suo
compimento.
I colloqui fra Avventisti e le Chiese
collegate nell’Ecumene costringe queste ultime a interrogarsi e a riflettere
sul loro messaggio escatologico. Non
è invece ancora iniziato un colloquio
fra gli Avventisti e la Chiesa cattolica
romana, perché gli Avventisti vivono
a grande distanza da Roma e vedono
nella Chiesa romana una grave falsificazione dell’Evangelo.
UOBÊEZIOME D! COSCIENZA IN ITALIA
Un prêta rinuncia ai suo priviiegio
Torino (Azione Nonviolenta) ' — A
Torino un sacerdote cattolico, Giùseppe La Greca, aderente al MAI (n.d.r.:
Movimento Antimilitarista Internazionale), per potersi dichiarare obiettore
di coscienza ha rinunciato al privilegio dell’esenzione dal servizio militare
di cui godono gli ecclesiastici in virtù
del Concordato. Per effetto della rinuncia, il La Greca è entrato subito
nelle liste di arruolamento. Egli ha
quindi fatto richiesta al ministero della difesa di prestare un servizio civile
sostitutivo in Italia, dichiarandosi
obiettore per motivi religiosi.
Nel motivare la sua scelta ha tra
l’altro dichiarato; « La rinuncia al privilegio del Concordato con susseguente arruolamento, da cui nasce la mia
obiezione, non è stata una decisione
maturata in breve tempo, anche perché sono stato portato a questo da
una serie di avvenimenti quasi indipendenti dalla mia volontà.
« L’anno stesso in cui sono stato ordinato suddiacono (1969) in funzione
della consacrazione sacerdotale, decisi
di entrare in un organismo di servizio civile per il Terzo Mondo. Non
avevo ancora pensato seriamente alla
obiezione, ma non volevo accettare la
esenzione dal servizio militare senza
controbilanciarla con l’unico strumento che ancora mi sembrava possibile:
attuare il servizio civile sostitutivo da
me stesso come se mi fosse concesso
dalla legge Pedini (n.d.r.: si tratta della legge in vigore prima dell’attuale
legge Marcora).
« Frequentai un corso di infermiere
generico e dopo uno stage di cinque
mesi all’istituto di medicina tropicale
di Anversa presentai domanda all’L.V.I.A. di Cuneo per ottenere un
contratto che mi venne promesso per
l’Alto Volta.
« In seguito al test psicoattitudinale
obbligatorio fui giudicato negativo per
motivi che non mi si vollero mai addurre e fui scartato ».
Dopo aver fatto una breve analisi
del Concordato e sottolineato la mancanza di presa di coscienza da parte
della gerarchia ecclesiastica, il La Greca conclude il suo documento dicendo: « Mi sento legato nella mia obiezione a tutti i fratelli atei, anarchici
o di altra confessione religiosa che
con il loro anonimo esempio mi hanno insegnato a denunciare ogni volto
della violenza armata. Appartenendo
alla gerarchia ecclesiastica che, invece
di testimoniare la pace, benedice uomini e strumenti che preparano la
guerra, denuncio lo Stato della Chiesa così oscenamente legato ad appa
rati militari. Tutta la storia della chiesa dal periodo costantiniano ci dimostra quanti e quali svantaggi abbia
subito la chiesa nei riguardi della sua
vera missione spirituale nel mondo.
Denuncio il clericalismo ed il patriottismo che in nome di valori sacri ed
umani hanno inculcato nelle menti di
molti dei miti falsi ed assurdi. Invito
la chiesa a ritirare il Concordato con
lo Stato italiano, per essere veramente libera di esercitare la sua missione.
« Denuncio i più diretti collaboratori e rappresentanti della chiesa nell’esercito, i cappellani militari, che
perpetuano colla loro scandalosa ambiguità di vita le pesanti ombre di
credibilità sui cristiani ».
NEL LIBANO
Centro assistenziale
ecumenico distrutto
da un raid israeliano
(s.p.p.) Il Centro di assistenza delle
Chiese, situato a 600 m. all’esterno del
campo di rifugiati palestinesi a Badawi presso Tripoli, è stato distrutto nel
corso di un recente raid di commandos israeliani nel Libano.
Gestito dalla Commissione ecumenica del Vicino Oriente per i rifugiati
palestinesi, il Centro era stato costruito grazie al Consiglio ecumenico delle Chiese che provvedeva pure al suo
funzionamento.
Il governo israeliano afferma che il
raid aveva lo scopo di annientare un
centro di addestramento di guerriglieri palestinesi aventi la loro base nel
campo di Badawi.
Le trenta giovani che vi ricevevano
una formazione professionale proseguono i loro studi nel Centro di economia domestica, a 4 km. di là; i responsabili si sforzeranno di ricostruire l’opera iniziata.
DALLA CHIESA UNITA DELLO ZAMBIA (CEVAA)
Fino a completa afrìcanizzazione dei quadri
ia Chiesa ha bisogno di operai da oitremare
' Azione Nonviolenta è il periodico mensile del Movimento Nonviolento per la Pace,
affiliato alla War Resisters’ International. A
tutti coloro che sono interessati ai problemi
della nonviolenza ricordiamo che essi possono
abbonarsi a questa rivista inviando l’importo
minimo dell’abbonamento annuo in L. 1.500
al conto corr. postale n. 19/2465, intestato al
Movimento nonviolento per la pace. L’indirizzo postale è: Casella postale n. 201, 06100
Perugia.
coscienza
RICONOSCIUTO DAL SENATO U.S.A.
Il diritto alP obiezione di
del personale sanitario contrario
all’aborto e alla sterilizzazione
Il diritto all’obiezione di coscienza
del personale ospedaliero in materia
di aborto è stato riconosciuto dal Senato degli Stati Uniti. Il testo del provvedimento che era stato presentato dal
senatore democratico dell’Idaho Frank
Church, è stato approvato con 92 voti
favorevoli ed uno contrario. Lo stesso
diritto all’obiezione di coscienza viene
sancito per quanto riguarda la sterilizzazione. Alla base della nuova legge
è posto il principio del rispetto per
« le convinzioni religiose e morali » dei
medici e degli infermieri. L’applicazione del provvedimento è circoscritta al
personale sanitario degli istituti che
partecipano a « programmi predisposti o finanziati, in tutto o in parte, dal
governo federale ». Nella proposta del
senatore Church è stato inserito un
emendamento che vieta agli ospedali
finanziati dallo Stato di praticare discriminazione nell’assunzione di personale contrario all’aborto e alla sterilizzazione. Il provvedimento passa ora
all’esame della Camera.
Il Bollettino Missionario della Chiesa Metodista di Gran Bretagna ha dedicato il suo numero di novembre alla Chiesa Unita dello Zambia. Da quel
numero riproduciamo un messaggio
del Segretario Generale di detta Chiesa, pastore D. M. Musunsa, che fa il
punto sulla situazione attuale e sottolinea il fatto che la Chiesa Unita ha
ancora bisogno di missionari provenienti da al di là del mare, fino a quando venga completato il processo di
africanizzazione dei quadri della
Chiesa. R. C.
La Chiesa Unita dello Zambia opera in sei delle 8 provincie del paese.
E la più grande chiesa protestante
dello Zambia, conta circa 50.000 membri, e opera tanto nelle città che nelle campagne. Ha sei presbiteri (equivalenti ai nostri distretti, n.d.t.) diretti da un Moderatore. Ogni presbiterio
è diviso in Distretti, suddivisi in Concistori (equivalenti alle nostre chiese
locali n.d.t.). La Corte Suprema è il
Sinodo che ha la sua sede amministrativa nella capitale Lusaka.
La Chiesa Unita fu costituita nel
1965, un anno dopo la proclamazione
della indipendenza del paese, e ne fanno parte le chiese fondate dalla Missione Metodista, la Società delle Missioni di Londra, la Chiesa Scozzese e
la Società delle Missioni di Parigi. È
pure aiutata dalla Chiesa Unita del
Canada, sebbene questa non abbia mai
avuto una sua stazione missionaria
nello Zambia.
La Chiesa Unita riceve aiuti finanziari e personale auropeo da quelle cinque organizzazioni e per mezzo
di altri enti in America e in Olanda.
La Chiesa Unita riceve dei contributi
dall’estero per le spese di esercizio e
per altre spese, ma si sforza di educare i suoi membri ad assumere le
proprie responsabilità per l’opera di
Cristo, e aumentare le proprie contribuzioni. Alcuni dei sei presbiteri sono
in grado di contribuire al fondo centrale amministrato dal Sinodo, altre
ricevono aiuti dallo stesso fondo. È
stato fissato un programma che comporta l’aumento annuale del 10% della contribuzione al fondo centrale pagato dai presbiteri e una corrispon
dente diminuzione del 10% dei sussidi
concessi ai presbiteri. Gli aiuti ricevuti dall’estero per spese capitali, sono
divisi equamente tra i presbiteri, e
servono a pagare in parte certi progetti approvati dal Sinodo e le chiese
locali provvedono il rimanente. Per
esempio, se occorre costruire una nuova chiesa la comunità locale provvede
i mattoni e la mano d’opera necessaria, e ciò che non si può avere localmente, come le porte, le finestre, il
materiale per il tetto, viene comprato
dal presbiterio utilizzando la sua parte dei fondi per spese capitali.
La Chiesa Unita ha come meta la
completa indipendenza finanziaria,
e quest’anno uno dei suoi pastori andrà negli Stati Uniti per studiare tutti gli aspetti del problema dell’educazione dei membri di Chiesa a una maggiore partecipazione al finanziamento
dell’opera. Al suo ritorno dedicherà
tutto il suo tempo a questa educazione.
La Chiesa Unita dà grande importanza alla evangelizzazione e con buoni risultati. Dappertutto le chiese i i
riempiono per i culti, particolarmente
nelle città dove la gente vive vicino
gli uni agli altri. Il nostro problema
è come provvedere al ministero pastorale. Abbiamo 75 pastori a pieno
tempo, 49 zambiani e 26 provenienti
dall’estero. Il lavoro nei centri urbani
è pesante, perché i membri di Chiesa
muovono costantemente da un luogo
all’altro. Da un lato questo permette
l’espansione della testinionianza cristiana, dall’altro certe comunità perdono elementi attivi. L’opera nelle
campagne è affidata in gran parte a
dei laici. Le campagne hanno perduto
molti giovani che sono andati a lavorare nelle città e nelle miniere; sono
rimasti nei villaggi soltanto i vecchi.
Questi hanno continuato ad evangelizzare, alle volte senza essere visitati
da un pastore per lunghi periodi. Le
distanze rendono difficili le visite a
tutti i villaggi dove ci sono dei cristiani, essendo sparpagliati in regioni dove non è facile circolare particolarmente durante la stagione delle pioggie, quando i ponti sono asportati e
le strade sono quasi impraticabili.
Nelle zone rurali è stato progettato un
pastorato a mezzo tempo per completare il ministero a pieno tempo.
La Chiesa Unita è pure impegnata
nelle opere sodali, sanitarie e educative. Lavora in collaborazione col Governo, e nel caso dell’opera sanitaria
continua a trasferire gradualmente i
suoi ospedali al governo, pur procurando loro personale qualificato nella
misura delle sue possibilità. Ha quattro scuole secondarie per le quali recluta il personale che viene pagato dal
governo, e una scuola professionale
per l’agricoltura finanziata dal governo, con personale fornito dalla Chiesa. La Chiesa Unita ha prestato due
suoi pastori al governo, perché crede
che un buon governo deve includere
qualche cristiano. Un buon numero
dei membri della Chiesa Unita lavorano alle dipendenze del governo.
La Chiesa Unita non ha mai abbastanza personale, pastori e laici, e sebbene il suo intento sia di zambianizzare i suoi quadri, in funzione dell’avvenire, ci vorranno parecchi anni prima di avere un numero sufficiente di
indigeni ben preparati e qualificati per
compiere l’opera. Abbiamo ancora
grandemente bisogno di pastori e laici nella Chiesa Unita dello Zambia.
Chiesa Unita collabora con altre
chiese, nel Consiglio Cristiano dello
Zambia, che ha come segretario generale un suo pastore. Un altro dei suoi
pastori opera alle dipendenze di questo consiglio come cappellano dell’Università dello Zambia, e un terzo lavora alla radio per tutte le trasmissioni curate dalle Chiese Protestanti.
È stato proposto di avere a Lusaka
una Facoltà di Teologia comune per
la Chiesa Anglicana, la Chiesa Cattolica e la Chiesa Unita dello Zambia.
Infine è stato deciso d’accordo con la
Chiesa Unita del Canada di mandare
un pastore Zambiano in missione nel
Canada per 3 anni a partire dal 1973.
Per la prima volta si stabilirà così tra
le due chiese una collaborazione nelle
due direzioni, invece che sia la Chiesa
Unita dello Zambia che dipenda sempre dall’aiuto fornito da chiese estere.
Doyce M. Musunsa
4
pag. 4
CRONACA CELLE VALLI
N. 17-18 — 4 maggio 1973
1
PRIMO DISTRETTO Nìhio
■* ' ; tfjr
Incontro
dei cassieri
L'incontro dei cassieri dei Concistori, programmato per domenica 8 c. m.,
ha avuto luogo a Pinerolo sotto la direzione del vice presidente della Commissione Distrettuale, intervenuti la
maggioranza degli interessati, il dott.
Gustavo Ribet, membro della Commissione finanziaria della Tavola ed il
past. G. Conte, delegato per il I Distretto, hanno iliustrato il preventivo
di spese che la Tavola sta elaborando
in previsione del prossimo anno amministrativo 1973-74.
L'incontro deve considerarsi nettamente positivo perché ha iniziato un
ripensamento ed un cammino di responsabilità che mette i cassieri maggiormente a contatto con i problemi
amministrativi della Chiesa e li inserisce direttamente in una responsabilità
propria. Molto rimane ancora da fare
anche in questo settore : accrescere
anzitutto l'informazione a livello dei
membri della comunità stessa, accrescere il numero delle contribuzioni
mensili da parte di tutti coloro che lo
possono fare, creare un fondo in ogni
comunità che permetta di iniziare i
versamenti mensili anche durante il
periodo estivo ecc. Soprattutto occorre accogliere a poco a poco l'idea che
ogni comunità abbia il suo preventivo
di spese redatto all'inizio dell'anno ed
approvato dalla sua assemblea per poter disporre di una base sufficiente
mente stabile a cui riferirsi durante
l'anno amministrativo. Si deve a questo riguardo notare che la comunità
di Torre Pellice attua da alcuni anni
questo sistema, preventivando le sue
spese e valutandone l'importo in precedenza con risultati più che soddisfacenti : un esempio che speriamo sia
seguito già quest'anno da parecchie
comunità.
Si ricorda che il C.C.P. della C. D. è
il n. 2/25167 ed è intestato a: Commissione Distrettuale Valli Valdesi 10066 Torre Pellice.
Laboratorio
Analisi
all'Ospedale
Valdese
Colloquio
pastorale
Poeiaretto
Il prossimo colloquio pastorale del
nostro Distretto avrà luogo a Pinerolo lunedì 7 maggio con il seguente o.d.g. ;
ore 9.30 - culto;
ore 10 - prosegue lo studio del
volume di E. Kàsemann ;
ore 13.30 - discussione sul tema proposto nell'ultima seduta :
attività giovanili nella
chiesa oggi;
ore 14.30 - problemi del Distretto:
bollettino unificato, finanze, assembl. di chiesa, conferenza distrettuale.
La Commissione Distrettuale
25 APRILE
Il 28° anniversario della Liberazione è stato celebrato in Valle nel
i^odo tradizionale: raduno di ex-partigiani, amici e familiari, discorsi
ufficiali tenuti da esponenti della Resistenza, pranzo in allegra compagnia. Tutto questo può parere un pò poco nel momento in cui
un nuovo fascismo «strisciante» tenta di impadronirsi delle leve
dello Stato e in cui i nuovi «squadristi» ripercorrono la via della
violenza già tracciata negli anni 20 dai loro « padri »
Giovedì 19 aprile è stato inaugurato il nuovo Laboratorio con la partecipazione del personale dell’Ospedale,
di amici che hanno collaborato e con
la presenza di artigiani che hanno portato a termine la costruzione, gli impianti e l'arredamento.
In questi ultimi tre anni il numero
delle analisi è quadruplicato: lo spazio era insufficente e si rendeva indispensabile l'acquisto di apparecchi i
quali rendessero più agevole il lavoro
del personale addetto.
La moderna tecnologia consente oggi di semplificare ed automatizzare
certe metodologie di analisi, permettendo un minor sforzo umano ed una
maggior esattezza dei risultati. Per
quanto il nostro Ospedale sia di relative proporzioni, il servizio del Laboratorio è ili ascesa continua, anche per
l’afflusso di pazienti esterni.
Le apparecchiature di recente acquisto permetteranno di semiautomatizzare 14 tipi di esami biochimici, sino alla lettura finale di 100 esami all'ora. Per ora saranno semiautomatizzate le metodiche di 5 esami principali di routine e si procederà nel futuro
a seconda delle esigenze. Il laboratorio è stato inoltre fornito di un contaglobuli elettronico, di un nuovo im
pianto di deionizzazione, e di un lavaprovette, nonché di un arredamento
totalmente nuovo. Nonostante che la
superficie dei banchi di lavoro sia
quattro volte quella del vecchio locale, tutta la loro superficie è ormai oc
cupata dai vari apparecchi e non è
escluso che in un non lontano domadebba utilizzare anche la vecchia
sede per far posto alle future necessita. Le esigenze, sempre in aumento,
di una ^eciicina moderna e le novità
tecnologiche rendono aleatoria la previsione -Ielle necessità future. Ma questo discorso per l’Ospedale di Poma
retto può valere sino ad un certo punto; oggi più di così non si poteva fare, essendo stato l’impegno economico al limite delle possibilità. Non bi.
sogna peraltro dimenticare che da ormai più di tre anni giace presso gli
Uffici della Regione il nuovo progetto
dell’Ospedale. Per questo motivo il
nuovo Laboratorio è stato costruito in
modo che in un prossimo futuro, tutto possa essere recuperato.
Accanto alle novità tecniche e funzionali, si è anche cercato di curare
l’estetica: dato, quest’ultimo che non
deve essere trascurato, in quanto non
si vive solo di lavoro, di stipendio, di
impegno, ma anche di quanto può ap
pagare la nostra condizione di uomini. Ed il bello deve essere tenuto presente.
Una nota finale che non può essere
solo definita come simpatica: la presenza di alcuni artigiani che hanno
creato il laboratorio ed hanno voluto
essere presenti all’inaugurazione.
L’ottima collaborazione dimostrata
è stata un segno di solidarietà verso
l’opera dell’Ospedale. E di ciò si è grati agli artigiani delle Ditte: Imo, Elmo, Allinox, Giovanni Capo, Giovanni
Frutterò, Renato Grassi, Felice Fossati, Bruno Paschetto, Celina Crivelli.
Torre Pellice
la festa del mare a Torre Pellice
Il 25 aprile è deceduta a Torre Pellice, alFetà di 83 anni, Anna Lombardo GuarnoU.
brigadiere dell’Esercito della Salvezza.
Nell’immediato dopoguerra essa è stata, con
il marito, comandante per tutta l’Italia : era il
periodo della ricostruzione dell’Esercito della
Salvezza nel nostro paese, dopo gli anni in cui
esso era stato messo al bando dal regime fascista; il marito, brigadiere Lombardo, era
stato confinato politico a Ventotene,
La Brigadiera Lombardo Guarnoli risiedeva
da alcuni anni a Torre Pellice, pensionata,
ospite della Casa delle Diaconesse.
Il servizio funebre, tenutosi il 26 aprile, ba
raccolto, con molti membri di chiesa, nume
rose personalità salutista.
iiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
U.D.A.V.O.
Bisogna comunque riconoscere che
si è fatto e si è scritto qualche cosa
di nuovo per questo 28” anniversario;
a Lusema S. Giovanni l’Aw. Valdo
Fusi, membro del C.L.N. Piemontese,
miracolosamente scampato all’eccidio
del 5 aprile 1944, ha rievocato i tragici e dolorosi avvenimenti di quella
primavera, il sacrificio degli otto componenti del primo C.L.N. Piemontese,
fucilati al Martinetto a Torino; l’avvocato Fusi ha altresì ammonito i presenti a stare in guardia ogni giorno,
m ogni luogo, perché lo spirito antidemocratico, settario ed autoritario
su cui germoglia facilmente ogni fascismo permea ormai ogni attività politica ed amministrativa, spesso indossando a parole la divisa della deinocrazia e della libertà; il fatto però
più positivo della riunione nel salone
di via Roma è stato la distribuzione
ai giovani presenti, ai ragazzi delle
scuole, del libretto « Fiori rossi ai
Martinetto »; la presenza di queste
nuove leve ed il fatto che possano domani rileggersi nei particolari gli avvenimenti tristi, sì, ma assai istruttivi del Marzo '44, sono il risultato più
promettente della celebrazione; non
sappiamo invece quale risultato abbia
dato un’altra iniziativa, assai lodevole
però, e cioè la raccolta di firme per
una petizione popolare tendente ad
ottenere lo scioglimento di tutte le organizzazioni fasciste.
Costoro intravedevano nel futuro delle loro patrie la realizzazione di una
società più giusta e più libera ma purtroppo (continua il manifesto) « i problemi come l’emigrazione, il pendolarismo, lo .spopolamento della montagna, le pensioni da fame, l’assistenza
sanitaria, la casa, la scuola, non sono
stati affrontati seriamente per cui il
fascismo trova facile terreno per riah
zare il capo ». La gente è sfiduciata,
non crede più alle promesse di questa democrazia fatta di sole parole,
vede che nessuno vuole e può opporsi con decisione alle forze reazionarie
ed agli interessi costituiti che hanno
ogni interesse a che le cose vadano
male: lo scontento, manovrato abilmente dalla stampa cosiddetta « moderata », porta agli estremismi, alla
violenza e alla dittatura.
Nella prospettiva di realizzare invece una nuova società, più giusta e serena « la lotta della Resistenza è ancora e più che mai attuale ». Questo
messaggio della giunta torrese è senz’altro valido e speriamo che anche
nei fatti quotidiani gli amministratori lo tengano ben presente.
I discorsi ufficiali sono stati tenuti
a Luserna San Giovanni da Moretti
Michele, esponente dell’A.N.P.I. e a
Torre Pellice dal Prof. Mussa Ivaldi
meglio noto in Valle come « Carletto ».
R. Gay
A Torre Pellice, per la seconda volta orniai, l’amministrazione comunale ha rivolto un messaggio ai cittadini,
con un manifesto murale, il cui contenuto ci sembra meritare citazioni e
commenti. Dopo aver ammonito a non
fare del 25 aprile un momento di sola
« commemorazione » l’appello invita a
riflettere sulla scelta politica ed ideologica che ha spinto milioni di resistenti in tutta Europa a sfidare e a
subire deportazioni, torture e morte.
L’atmosfera del soggiorno marino
invernale per persone anziane, che ha
avuto luogo nella Casa Valdese di Vallecrosia in due turni dalla fine di febbraio a marzo, è stata rivissuta in una
simpatica riunione che ha avuto luogo nella Foresteria di Torre Pellice,
giovedì 12 aprile. Un incontro realizzato all’insegna dell’entusiasmo, dell’amicizia e della spontaneità: sono state queste infatti le note che hanno caratterizzato il soggiorno di Vallecrosia. Vi hanno partecipato una settantina di ultrasessantenni dei Comuni di
Torre Pellice, Angrogna, Rorà, Lusema
San Giovanni; per molti di essi si trattava della loro prima vacanza, per uno
di essi era la prima volta che vedeva
il mare! Oltre ai vantaggi di ordine fisico, il risultato più positivo del soggiorno di Vallecrosia è stato proprio
questo recupero di energie, di entusiasmo, di volontà di vivere da parte di
anziani, molti di essi duramente provati dalla vita, chi giunti alla « terza
età » tendono alla depressione e alla
stanchezza fisica e morale.
L’iniziativa del soggiorno marino di
Vallecrosia, nata nell’ambito degli incontri del Centro Diaconale, è poi stata realizzata dal servizio sociale del
Consiglio della Val Pellice.
Una simpatica e briosa relazione
presentata all’incontro di Torre Pellice dalla Sig.ra Gaietti, l’insistente promotrice di iniziative nuove a favore
Da HI lislta Iti Dniiras, a taillac
iniltazjaal sDmlaaD par le aosn Vali
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
RORA’
Siamo riconoscenti al Pastore E. Genre delle
sue visite e di avere presentato il libro del
Prof. Rochat « L’antimilitarismo oggi in Italia » ad un gruppo di giovani; cosi pure al
Pastore F. Bertinat che ha presieduto il funerale di Umberto Odin, Beda, di anni 73,
Roucas. Ha pure avuto luogo la sepoltura di
Perside Tourn ved. Tourn, Peyret, di anni
77: «Io sono la risurrezione e la vita... »
(Giovanni XI : 25).
La domenica delle Palme è stato battezzato
Emidio Martina di Alfredo e di Elena Benech;
« Lasciate i piccoli fanciulli venire a me »
(Me. X;14); e sono stati confermati nell’alleanza del loro battesimo: Ada Pavarin, Edy
Rivoira e Walter Martina delle Fucine : « Sii
fedele... » (Apoc. 2: 10).
L. C.
Un magnifico mattino di tardo inverno ci
accoglie in un trionfo di sole e di cielo all’inizio del nostro viaggio al di là dei monti. Per
due giorni il tempo ci darà tutta la sua migliore eollaborazione. Il gruppo disseminato in
varie macchine, procede con speditezza; al
Monginevro ci si ritrova tutti ma per breve
tempo. Documenti e visti non idonei attardano qualcuno per cui solo a Briançon ci si ritrova nuovamente. Il paesaggio alpino Piemonte^Delfinato, apre alla nostra attenzione e
al nostro occhio, le sue pagine più belle e
più valide.
A Guillestre abbandoniamo la strada del
Colle Izoard e c’inoltriamo nella Valle del
(^il, in questo poco noto e particolare Queyras '
che al Colle della Croce e per lungo tratto ci è compagno di boina.
CeiUac ci apre le sue porte verso mezzogiorno, un gruppo di case accostate, divise da
strette viuzze coperte di neve gelata; una piccola piazza, una fontana, la Chiesa, il Comune. La città di Dio e quella degli uomini stanno di fronte, ci è stato riferito che la seconda
aggiusta i muri e i tetti della prima. Più a
monte e più distante, il gruppo residenziale
nuovo; il grande complesso turistico, modernissimo 5 piani, ascensori, ingressi da Costa
Azzurra, sfilate di terrazze e verande in pieno
sole, popolate di turisti lucertola. Annidato ai
piedi della montagna questo complesso non
svetta verso il cielo una nuova istanza di contestazione, non turba il paesaggio, ma anzi si
adatta armoniosamente al medesimo, ne diventa un elemento complementare.
In questa cornice noi volevamo vedere, esaminare il fenomeno socio economico in atto,
farne l’esatta valutazione positiva o meno, ed
in seguito realizzare uno studio comparato
con le eventuali possibilità di casa nostra.
Cosi, in aggiunta alla minuziosa monografia
già a nostre mani, una guida molto gentile ci
ha condotto in giro e spiegato a voce il tenace desiderio di questa gente che vuole stare
nel paese natio, non vuole emigrare, abbandonare il lavoro e le tradizioni delle passate generazioni.
L’assenza totale di fabbriche, sia grandi che
piccole per un vasto raggio, ha costretto questa popolazione agricola a rimanere forzatamente tale, non è stato assolutamente possibile
{continua a pag. 5)
degli anziani, ha presentato un quadro
generale del progetto, dalle sue motivazioni alla sua pratica attuazione, con
un ricco programma, in cui le gite sulla Costa Azzurra si sono alternate alle conversazioni su problemi di attualità (difesa della natura, speculazioni
edilizie, pensioni, servizi sociali in Val
Pellice, ecc.), ai momenti di puro divertimento (in cui tutti sembravano
essere ritornati bambini) all’incontro
con un coro folcloristico locale e con
varie personalità in visita alla Casa. Vi
era pure un gruppo di anziani da Chiaverano che hanno portato una simpatica nota di allegria. Positiva soprattutto la carica che parecchi di loro
hanno riportato e che ne farà degli attivi partecipanti ai vari centri d’incontro che si sono aperti e si apriranno in
Val Pellice, al fine 'di comunicare anche agli altri questa volontà di inserimento e di partecipazione ad una attualità da cui non debbono sentirsi
estraniati, anche se la società tende
ad allontanarli ed emarginarli.
Il soggiorno marino di Vallecrosia è
dunque il prirno di una serie a cui
molti altri anziani saranno chiamati .=i
partecipare. Esso si affianca e si coordina agli altri servizi aperti a tutti gli
anziani che in Val Pellice si stanno attuando al fine di sviluppare concrete
possibilità di assistenza e di reinserimento nella vita della comunità.
All’incontro di Torre Pellice, oltre alla Sig.ra Gaietti, animatrice e leader
dell’impresa, alle sue dirette collaboratrici Angela, Bianca e Carla (ABC), a
Suor Ermellina, infermiera del soggiorno marino, erano presenti l’Arch.
Longo, Vice-presidente del Consiglio di
Valle, i Sindaci di Luserna S. Giovanni e di Angrogna, l’Assistente sociale
della Regione Piemonte, il sig. Daponte dell’U. P. dell’A.A.I. di Torino, l’Assistente sociale del Comune di LusernaS. Giovanni e ancora FA. S. di Nichelino, le future animatrici del centro di
incontro di Chieri, i rappresentanti del
Cons. Comunale e i funzionari ECA di
Casale, che, incoraggiati dall’esperienza della Val Pellice, desiderano iniziare una analoga attività nel loro Comune, il Sindaco di Chiaverano, con cui
già da tempo si sono stabiliti scambi
e contatti, il Maestro Pons di Bricherasio, ove presto si inizieranno servizi
per anziani, e infine, figura di notevole
rilievo per il soggiorno di Vallecrosia,
lo chef, o meglio il cuoco della Casa
Valdese a cui sono stati riservati applausi speciali per le sue apprezzate
prestazioni. E stato espresso un voto
di ringraziamento alla direzione della
Casa Valdese di Vallecrosia, agli amministratori della Val Pellice, all’A.A.I.
di Torino per il contributo finanziario
erogato ai fini del progetto e a tutti
quelli che hanno collaborato per la
buona riuscita dell’esperimento.
0.d.g. sulla tutela
del patrimonio
linguistico e culturale
L’U.D.A.V.O. riunita in assemblea gc
nerale in Torre Pellice, considerato che
I approvazione della proposta di legge
Regionale n. 41 « Tutela del Patrimonio
Linguistico e Culturale », presentatori:
Calsolaro, Fonio, Nesi, Simonelli e Viglione, in data 14 settembre 1972, sarebbe il primo modesto passo per il
riconoscimento delle minoranze linguistiche della Regione Piemonte,
constatato che, dopo ben otto mesi,
nulla è stato fatto in questa direzione.
deplora tale atteggiamento di indifferenza dei pubblici Amministratori
che, a parole, sollecitano la partecipazione popolare ma che, a fatti, sembrano non tenerne conto;
sollecita, ancora una volta, a nome
di tutta la popolazione dell’arco alpino
della Regione Piemonte una pronta discussione ed approvazione della suddetta legge, anche con le proposte da
noi a suo tempo suggerite, nella riunione U.D.A.V.O. del 10 dicembre 1972.
per rU.D.A.V.O.
il segretario generale
Attilio Sibille
Torre Pellice, 27 marzo 1973.
AVVISI ECONOMICI
FAMIGLIA professori in Parigi cerca ragazza
alla pari per bambino, inizio settembre. Camera indipendente centro città, iscrizione
corso commerciale o culturale. Scrivere SALA, 32 rue Vineuse, Paris XVP.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Clelia Avondet
ved. Meynier
ringrazia sentitamente il dr. G. De
Bettini e tutti coloro che di presenza, con scritti e fiori hanno preso
parte al suo immenso dolore.
S. Germano Chisone, 18 aprile 1973.
a. t.
5
4 maggio 1973 — N. 17-18
Esaminando con i catecumeni
i testi sceiastici di storia
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 5
Queste considerazioni pastorali, lette sul bollettino della chiesa fiorentina, hanno validità e interesse generali:
Con i catecumeni, che studiano ora
la Kitorma, stiamo esaminando i testi
scolastici di storia, e vengono fuori
delle cose interessanti.. E evidente al
lettore aUento che, accanto a testi dovup a giovani autori attenti aH’obiettivita, restano vecchi testi residuati del
clerico-fascismo e spuntano anche le
nuove leve del conformismo d'oggi.
Questo aumenta la preoccupazione
che abbiamo per questi bambini che
frequentano le scuole elementari, o sono alle medie dell’obbligo. La situazione diventa addirittura drammatica
negli asili infantili, dove s’è annidata la
crema deU’intolleranza e della miopìa,
amministrata da donne uscite in gran
parte da scuole gestite da monache.
Chiediamo ai genitori di vigilare, di
non lasciar correre, di protestare senza riguardo presso insegnanti e direzioni didattiche. Vi è sempre il rischio
di fissare nella mente dei piccoli degli
sèiiemi sbagliati, sia per la fede che
per la cultura. Questa è una croce delle minoranze come siamo noi, e dobbiamo saperla portare.
Da uaa visita nei Qnevras, a Ceiiiac
indicaziani stimoianti per ie nnstre Vaiii
(segue da pag. 4 )
un tentativo di economia mista sul binomio :
fabbrica-campagna, né in sede né in forma
pendolare.
Quindi il dilemma : o emigrare e molto lontano, oppure utilizzare tutto il disponibile in
sede, incrementare tutte le produzioni, organizzare eon attrezzature adeguate del turismo
di massa, per non emigrare, per restare al
paese. Questo era ed è il problema e la sua
soluzione è già in atto. L’attività agricola si
è condensata neH’allevamento degli ovini in
grande stile, qualitativo e quantitativo, una
razza da macello che in Francia ha ancora un
grosso mercato di sbocco, occorre molto meno
lavoro e mano d’opera rispetto al bestiame
bovino, si sono curati i pascoli, gli alpeggi e
le foreste.
L apporto economico dato dalle foreste, è
alibastanza considerevole perché il taglio avviene a costi non proibitivi come da noi e viene eseguito in massima parte da grossisti e
impresari italiani che vengono a tagliare in
Queyras perché costa meno che in Italia.
Vi sono molti impianti di salita per sciatori
e lattrezzatura alberghiera esistente indica che
c è anche un turismo estivo abbastanza rilevante. Abbiamo visitato due laboratori artigianali, per la costruzione di mobili e sculture
in legno; macchinario modernissimo, ordinazioni e programmi di lavoro su base annuale,
questa produzione va in tutta la Francia;
aziendine a carattere familiare, non si vuole
giungere a livello di fabbrica anche a dimensione medio-piccola.
La prima ed unica struttura organizzata che
accoglie e amalgama tutto questo è il Comune. Un Comune che affonda le sue radici costitutive nella Rivoluzione francese del 1789,
la « grande bagarre » come dicono a Parigi.
Ln Comune alla cui testa c’è un Sindaco o
meglio un Maire come dicono loro e un Consiglio Comunale a blocco unico, guidato, coorflinato, dal Maire (tutt’altro di « un primus
in ter pares »). Questa élite comunale viene
eletta con pieni poteri delegati per 6 anni e
dopo si rinnova o si rielegge a seconda dei
casi. Per 6 anni, la base, cioè l’elettorato, non
vione consultata, sentita, chi governa non
chiede, non controlla il polso a chicchessia;
J'éliie comunale legalmente eletta, si abbina
con le altre viciniori e sorgono così organismi
intereoiiiunali. guidati, sorretti, stimolati dal
Maire di Ceillac : a livello superiore ed operai! le giungono isstanze su base quasi regionale
e sì può fare la voce più grossa e ottenere
di più.
1 n.sediamenti e investimenti che vengono
realizzati sono tutti intestati al Comune, non
ci sono gruppi privati di potere economico, interessi costituiti, divergenze a titolo vario:
tutto per il Comune, niente al di fuori del Comune. Resta da vedere come la proprietà del
Comune entri a far parte e s’immedesimi con
la proprietà dei singoli cittadini, come profitti
e perdite possano trovare una via di migrazione dal Comune al singolo. Tutte le attività
commerciali nascenti dalle nuove iniziative
turistiche sono esclusivamente in 'mano dei
locali, una sola licenza per ogni tipo di attività commerciale; non si vuole fare dei proletari del turismo ma dei singoli imprenditori
che possano passare con disinvoltura dal gregge al negozio, alThotel, all’attività sportiva.
Abbiamo visto imponenti lavori di sistemazione del terreno e di arginamento del Guil
fatti dopo l’inondazione del 1957; traspare
ovunque la disponibilità e la larghezza dei finanziamenti che quasi tutti i poteri centrali
concedono volentieri per Finsediamento delle
popolazioni nelle zone di confine. In qualche
Comune esiste una pacifica coabitazione confessionale, senza giungere al limite « in partibus infidelium ». Spira un desiderio d’isolamento, una tendenza alla goccia d’olio che
galleggia sostenuta sull’acqua; il traforo del
Colle della Croce non è più desiderato come
nel passato; il motore turba la pace montana,
oppure nuoce alla purezza dell’aria, oppure si
teme, di qua come dì là del Colle, una disturbativa delle correnti di turismo valido in
tutte le stagioni e già stabilito da tempo?
All’imbrunire siamo accolti dal Maire nella Casa Comunale, una sala vecchio stile, disadorna, poche panche e sedie, un tavolo assai
modesto per il Maire. Una parte è dominata
da un enorme armadio del 1700, accanto al
mede,simo e quasi a mò di contrasto un grande termosifone emanante un provvidenziale
calore; siamo in breve tutti raccolti intorno
al tavolo del Maire che tutto solo inizia la
sua conversazione.
Al di sopra della sua testa, la parete è dominata da una più che sobria e vecchia oleografia in cornice sotto vetro, ricorda ed elenca : « Les enfants de la Commune morts pour
la Patrie à la grande gueri‘e 1915-18 »; seguono 26 nomi quasi illeggibili, dato il gran tempo passato. Dell’altra e ultima guerra 19401945 niente, neanche una riga.
Le Maire parla, pacato or si or no : dalla
sua persona si vede che emana un fascino di
potere che va ben al di là dei ristretti confini
comunali, la sorregge la certezza che nasce
dalla convinzione : prima di tutto sulla bontà
delle sue idee, quindi sulla imprescindibile
necessità di portare tutti gli altri allo stesso
punto. Ne viene fuori un insieme di democrazia e corporativismo che hanno attecchito in
un terreno di estrema arretratezza economica,
un gruppo umano , pari a una nidiata di passerini che urlanti e a becco aperto attendono
il cibo dai genitori in cerca.
Philippe Lamour è il Maire portento, l’uomo in senso francese, Partefice di questo risultato che esprime una assolutezza quasi dogmatica ma richiama anche un pessimismo antropologico in senso teologico.
Sorge la domanda: cosa possiamo fare da
noi? Appaiono molte perplessità, abbiamo visto che in Queyras ci sono poche persone ma
competenti decise e determinanti che hanno
fatto giungere forti stanziamenti, parte dallo
Stato a fondo perduto, parte sotto forma di
mutui a interessi possibili a mezzo banche e
istituti vari di credito. Da noi siamo in presenza di un pluralismo di enti vari, scarso se
non inesistente l’elemento persona, pochi i
capitali e i finanziamenti a disposizione, una
eccessiva preoccupazione politica dominante la
parte economica. Enti e leggi non risolvono i
problemi sociali : occorrono persone competenti e fondi, lo vediamo anche da noi con le iniziative a carattere assistenziale per anziani attualmente in atto.
Le popolazioni quando sono stanche di attendere che altri risolvano i loro problemi emigrano. È più facile andare a 50 Km. di distanza, prendere un lavoro presso la grande
industria, avere una paga certa.
Dopo un più o meno lungo periodo di pendolarismo massacrante, scendere al piano nella
grande città, acquistare la macchina in condizioni vantaggiose e alla domenica risalire al
paesello a rivedere il tutto, far aggiustare la
vecchia casa per quando si andrà in vacanza
con i figli e dove ci si ritirerà al momento
della pensione.
Molto, molto più difficile attrezzarsi, resistere, migliorare, cambiare le varie attività agricole, realizzarne altre collaterali, in una parola
restare sul posto. Pur con qualche perplessità
sul come si è raggiunto questo risultato è questa la lezione che il vicino Queyras offre al
suo attento visitatore.
Dobbiamo però dichiarare che non possiamo accettare questa lezione, non per il ragguardevole risultato raggiunto, ma per il modo con cui si è realizzato.
Tutto quello che non viene in luce come
espressione, sforzo comune della base, cioè
l’elettorato, rischia di cadere o finisce per dare
un frutto non buono. Emerge chiaramente la
necessità di una specifica competenza da parte di chi deve operare a nome e per conto
della base. Il potere delegato è una gran bella
cosa ma ci vuole il controllo, la costante diligente attenzione della parte interessata, che
non deve abdicare a quanto le spetta di diritto.
Dopo un cordiale congedo, sfiliamo nuovamente nel buio, ci attende una magnifica
cena per poi uscire nuovamente nella fredda
e limpida notte alpina. In uno sfavillio di luci occhieggia una primitiva patinoire dove
una parte dei nostri si cimenta in ardite evoluzioni, non senza qualche capitombolo, assai
pochi in verità. Lasciamo alle nostre spalle la
parte vecchia del paese, tutta al buio, espressione di un passato ancor valido oggi se ovviamente trasformato, un tessuto di tradizione
che può proliferare ancora e ci avviamo verso
la parte nuova, alla nuova ricca di luci che
procede lenta ma sicura, priva di specchio retrovisore ma certa del suo cammino, del suo
domani. Nelle viuzze strette i nostri passi stridono sulla neve gelata, ridestando echi sotto
le volte e negli androni, come la nostra speranza, le stelle brillano tremule, alte nel cielo.
al. vr.
Federazione Femminile
Valdese
# Si avvertono le unioni femminili
che, a causa di vari ritardi imprevedibili, l'incontro di ricerca biblica
progettato con un gruppo di francesi,
a Torre Pellice, non potrà aver luogo
all'inizio di maggio, ma è rimandato
a quest'autunno.
# Per le Valli, l'incontro regionale
interdenominazionale avrà luogo
domenica 3 giugno 1973, tutta la giornata a Rivoli.
Frali
Il 27 marzo la casa di Guido e Nida Rostan
di Orgiere è stata allietata dalla nascita del
secondogenito Riccardo. Al nuovo pralino porgiamo il nostro « benvenuto » molto sincero.
Fra le notìzie liete ricordiamo ancora il matrimonio di Sergio Peyrot (Ghigo) con Mariella Richard (Villa). Ci rallegriamo con questi
sposi augurando loro una esistenza serena e
lieta.
Il 25 marzo la filodrammatica di S. Secondo
ha presentato nella sala di Ghigo una commedia brillante in tre atti, applaudita dal numeroso pubblico. Ringraziamo questi nostri
fratelli anche per la loro decisione di devolvere una parte dell’incasso per la Missione Evangelica contro la lebbra.
Alla fine di marzo il pastore Bruno Rosiagno ha sostituito il pastore assente presiedendo
la riunione agli Indritti in cui è stato presentato il problema della legge sui culti ammessi.
La decisione della chiesa di Frali su questo
argomento verrà presa nel corso dell’assemblea
di Chiesa del 29 prossimo.
L’t/moue delle madri ha ascoltato con vivo
interesse la Sig.ra Barlnani di Torino, membro della FFV, che ci ha latto visita il 5 aprile. Oltre a informazioni sull’attività del Comitato nazionale, ci ha parlato del lavoro che,
con altre Sorelle di Torino, svolge presso i ricoverati negli ospedali psichiatrici. La ringraziamo non solo di questa visita, ma anche per
i contatti che stabili.sci' con i vari fratelli e
sorelle originari di questa e delle altre Valli
ricoverati negli istituti di cura e per tutto
l’aiuto spirituale e fraterno che questo lavoro
significa per loro.
Durante il culto del A enerdì Santo due giovani della chiesa di Piali hanno chiesto di essere ammessi alla Santa Cena. Sono Paola Grill
di Pomieri e Enzo Richard di Villa, figli di
due membri del Conei.^'oro. Essi hanno espresso la loro fede in un documento redatto durante l’anno con un [moro serio di pensiero
e di discussioni e li riceviamo con allegrezza
in mezzo a noi.
In occasione del culto di Pasqua abbiamo
salutato molti fratelli non solo di Frali, ma
provenienti da varie comunità e denominazioni evangeliche italiane e Straniere. Abbiamo
visto con gioia il past. Giorgio Bouchard ed
un gruppo dei collaboratori di Cinisello, nonché numerosi partecipanti al campo di Agape.
Non vogliamo concludere queste notizie senza inviare un saluto molto fraterno ai vari
Fratelli ricoverati in questo periodo negli
ospedali, augurando loro un pronto ritorno
alle loro case completamenle guariti.
Franco Davite
San Germano
Chisone
La nostra sorella Clelia Avondet ved. Meynier, ci ha lasciati, aU’età di 73 anni, dopo
una breve malattia. Pensiamo con affetto ai figlioli ed a quanti sono stati duramente colpiti
da questo lutto.
La Settimana Santa ha visto la nostra comunità riunirsi a più riprese.
Mercoledì le sorelle dell’Unione Femminile
hanno partecipato al culto di Santa Cena alla
Casa di Riposo.
Giovedì sera il culto di Santa Cena è stato
ben frequentato, malgrado il tempo abbastanza proibitivo. Venerdì SantOy un’assemblea forzatamente meno numerosa ma raccolta ha seguito il culto del mattino^., mentre tutt’attorno la parola d’ordine era « lavorare come se
niente fosse », secondo il nostro cristianissimo
calendario italiano.
Il culto di Pasqua ha visto un’affluenza eccezionale. Per la prima volta da parecchio
tempo abbiamo dovuto utilizzare anche le copp^ comuni per la Santa Cena. Come era stato
annunziato dieci catecumeni sono stati gli
uni battezzati, gli altri confermati. Ecco i loro nomi: Daniela Alberti, Manuela Breuza,
Renata Germanet, Annalisa Rihet, Nella Robert, Marina Salvai, Rossana Sappè, Claudio
Bounous, Rossano Pons, Orley Rivoira. Due
confermande hanno letto i passi biblici nel
corso del culto. Un anziano ad una signora
dell’Unione Femminile hanno offerto rispettivamente la Bibbia e l’innario ad ognuno dei
nuovi membri di chiesa. I confermati e gli
anziani hanno poi partecipato alla Santa Cena
in gruppo, seguiti dal resto della comunità. A
questi giovani che hanno liberamente promesso di essere con noi fedeli al Signore risorto
ricordiamo quanta fiducia abbiamo in loro,
perché siamo convinti che Colui che li ha
chiamati può renderli forti nella loro debolezza. Che questa sia un’occasione per noi tutti
di rinnovare il nostro impegno di credenti.
Infatti, come abbiamo ricordato insieme a Pasqua, non viviamo di alcune preziose « reliquie-ricordi-nostalgie » del passato, di quando
eravamo anche noi pieni di entusiasmo, ma
della comunione sempre rinnovata col Salvatore che ci. chiede ancora oggi di non cercarlo
tra i morti ma tra i viventi.
Il nostro fratello Luigino Urigu ha chiesto
di partecipare alla Santa Cena e di far parte
della comunità. Lo accogliamo con gioia.
Alcuni ci hanno riferito che dei membri di
una strana setta religiosa hanno fatto un giro
per alcune case di San Germano « predicando
contro quella cosa abominevole che sarebbe
l’atto di donare il sangue ». Poveri soci dell’A.V.I.S., avete tutti sbagliato... Naturalmente ci saranno dei bravi versetti biblici all’appoggio di simile affermazione e, purtroppo,
certi si lasciano talvolta paralizzare da una
citazione biblica che non sono magari in grado
dì leggere nel suo contesto ecc. Domandiamo
a tutti, sia che si tratti di Testimoni di Geova (come crediamo), sia che si tratti di una
nuova fantasticheria pseudo scientifica e
pseudo-cristiana dello stesso genere, di non
perdere tempo con queste questioni che non
hanno a nostro avviso una base biblica o cristiana. Piuttosto, se avete dei dubbi, parlatene con qualcuno e fate pervenire al pastore od
agli anziani dei ragguagli più precisi sulla
questione.
Giovanni Conte
LUSERNA SAN GIOVANNI
Offerte per la costruzione
del nuovo Asilo dei Vecchi
Doni per la nuova costruzione pervenuti nel
mese di marzo 1973
Taccia, Torino L. 27,000; Mary e Anita
Long ricord, il compì, della mamma 10.000;
M. e I. AUio, fiori in mem. di Luisa Albarin
5.000; Silvia e Olga Cornelio 2.000; Beux Emma e Edmondo in memoria zia Fanny Grill
Beux (N. Y., USA) 10.000; idem. in mem.
di C. A. Balmas 10.000 Beux Emil e Evelin in
mem. del cugino Predino Balmas (N.Y.) 10
mila; Rivoire Attilia e Henry in mem. di
Pauline Eynard-Rivoira 60.000; Beux Liline
ili mem. della Sig.ra Salvagiot 5.000; Romano
Lidia (Vercelli) 10.000; Reynaud Lea (rie.
Asilo 10.000; NJV. (rie. Asilo) 1.000; Lascito
Giordan Davide 98.000; Gay Mira (Genova)
5.000; Revel Madeleine in mem. del marito
Bruno Revel (Mi) 100.000; in mem. di Luisa
Albarin le nipoti Ippolito-Ayassot-Allio (Ro)
25.000; Chiesa Apostolica di Torino 10.000;
N. N. in riconoscenza (S. Giov.) 30.000; Pons
Andrea e Livia 15.000; Bouchard Elena e
Enrico (Pramollo) 5.000; Ditta Fratelli Paira
10.000; Besson Malvina (To) 30.000; Jourdan
Maddalena in mem dei genitori e fratelli
(T. P.) 5.000; Lascito di Emma Meister (BR)
140.600; Danna Virginia 10.000; in mem.
prof. Attilio Peyrot la moglie e le figlie 30
mila; Chiavia Stefano 10.000; Besson Enrico e famiglia 10.000; Laura Fraschia-Rivoira
in mem. dei genitori e cug. Guido R. 5.000;
Albarin Alda e Adriana in mem. della cara
mamma 30.000; in mem. della Sig.ra Luisa
Albarin : Henking,Martinengo, Astengo, Turati, Bouchard, Mantelli, Bein, Revel. 40.000;
Beux Giov. Davide e Susanna in mem. di
Long Enrichetta-Beux 10.000; Albarin Emilia
ved. Peyrot in mem. cognata Luise AlbarinArtus (T. P.) 10.000; in mem. di Giovanni
Bruno gli amici 5.000; Pons Giovanni in
mem. della moglie Bonnet Margherita 10.000;
Pons-Rivoir Maria in mem. di Caffare} Federico 5.000; Dina e Livio Gobello in mem.
della mamma Adelina Danna ved. Jalla 25000;
dalla Casa delle Diaconesse (T. P.) 32.500;
Tourn Mélanie in Malan 5.000; Rachele
Bounous-Maggiaròtti in mem. del frat. F.
Bounous e della cognata Alice Long-Bounous
10.000; Frache Giacomina e Ida in mem.
della sorella e zia Alice Long-B. 15.000; Bounous Edda in mem. dei genitori 20.000; Malan Daniele e Lina in mem. di Caffarel Federico 5.000; Lilly Lupo (CO) 10.000; Bertinat Margherita ved. Blanc (Svizzera) 3.600;
Ricordando con gioia il 25-3-73 5.000; Pons
Flora e René 20.000; Raymond Lea (Asilo)
1.000; Pons Giovanni Emilio (Ferrerò) 10
mila; Chiesa di S. Remo 10.000; Missione
dei Fiori 5.000; Boer Margherita ved. Revel
20.000; Bertin Paolo e Lody 5.000; Franco
Angela Peyrot in mem. del papà 10.000;
Bersandi Margherita in mem. della cognata
Irene Rinesi in B. (T. P.) 5.000; in mem. di
Gönnet Emilio, i vicini di casa e gli amici
14.000; Eynard Evelina ved. Peyrot 5.000
Priotto Virginia 10.000; Malanot Lina e Anna
in mem. dei loro cari 20.000; Fraschia Alda
in Jourdan in memoria del padre 5.000;
F.D.A.G.E. 100. 000.
Ringraziamo vivamente per le offerte. Ricordiamo che esse possono essere effettuate sul
c/c n. 2/16947 intestato a Asilo Valdese,
10062 Luserna San Giovanni (Torino).
« Si cercavano dei lavoratori, si sono presentati degli esseri umani » (MAX FRISCH)
LAVORATORI MIGRANTI IN GERMANIA
E’ necessario che il lavoratore riceva in patria una formazione, prima di andare all’estero — L’allargamento del MEC e la conseguente crescita dei migranti impone più che mai l’integrazione dei vari sistemi d’istruzione in Europa, senza che per altro i figli dei ’’Gastarbeiter” perdano il rapporto con la
lingua e la cultura della terra d’origine in modo da poter visi reinserire
La penuria di manodopera nei paesi molto industrializzati dell’Europa
occidentale — Francia, Qlanda, Svizzera, Germania federale — ha provocato
nel corso degli ultimi 15 anni un afflusso considerevole di lavoratori da
paesi meno sviluppati. C’è ora il pericolo che questi lavoratori migranti
costituiscano un nuovo ’sottoproletariato’ che non può godere pienamente
di misure basate sul principio della
uguaglianza delle chances di fronte all’istruzione e all’impiego. Di fatto se i
governi dell’Europa occidentale non
adottano a breve scadenza una politica a favore dei migranti, entro gli anni 70 rischia di porsi un grave problema sociale per l’Europa.
La maggior parte di questi lavoratori non sono, al loro arrivo, qualificati
o semi-qualificati. Durante il loro soggiorno nella Germania federale, circa
un terzo degli uomini e un quinto delle donne raggiungono la condizione di
operai semi-qualificati, mentre soltanto il 6% del totale consegue lo status
di Facharbeiter, operaio qualificato.
Pensione “LA LUCCIOLA”
F.IM Frache
17027 PIETRA LIGURE - Viale della Repubblica, 131 - Tel. 67507
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4 PERSONE ■ CAMERA 4 LETTI » 78.400
prezzi comprendono I.V.A. e riscaldamento
Consideriamo la situazione nella Repubblica Federale Tedesca (RFT). La
condizione degli immigrati vi si è un
po’ migliorata, fna qui come altrove
si giustifica ancora il detto dello scrittore svizzero Max Frisch: «Si cercavano dei lavoratori, si sono presentati
degli esseri umani ».
Secondo il Bundesanstalt für Arbeit,
l’Ufficio federale del lavoro, a fine ’71
si contavano circa 2.241.000 lavoratori
— di cui 30% donne — venuti, in proporzione decrescente, dalla Jugoslavia,
dalla Turchia, dall’Italia, dalla Grecia
e dalla Spagna. Questi operai stranieri costituivano il 10% della manodopera nazionale, rispetto al 4,7% nel
1967. Si valutava che circa mezzo milione di loro erano accompagnati dalle famiglie ma, mentre si dispone di
una massa di statistiche economiche
relative al lavoratore straniero (Gastarbeiter), mancano i dati sociologici.
È difficile ottenere informazioni dettagliate sulle famiglie e sulla formazione scolastica che i bambini ricevono.
Secondo la Conferenza permanente
dei ministri dell’istruzione dei Länder
(KMK) nel 1970 118.120 figli di lavoratori stranieri erano iscritti nell’insegnamento primario e secondario. Confrontando questo con altri'dati, risulta che soltanto il 50% dei figli degli
immigrati in età scolare vanno effettivamente a scuola, sebbene la legge li
sottoponga, come i ragazzi tedeschi,
alla scolarizzazione obbligatoria a pieno tempo durante 9 anni, e a una forrnazione professionale a tempo parziale durante 3 anni. I ragazzi stranieri e i loro genitori godono legalmente
degli stessi vantaggi sociali di cui godono i Tedeschi e dell’accesso ai consigli d’istituto e ai consigli di classe.
Nel 1971 la KMK adottava una risoluzione tendente a migliorare l’istruzione dei giovani stranieri. Essa raccomandava che tutti i ragazzi capaci di
seguire un insegnamento in tedesco
fossero effettivamente scolarizzati. La
loro quota non poteva superare il 25%
degli effettivi di una classe. Coloro che
conoscevano il tedesco in modo insufficiente dovevano frequentare classi
preparatorie, i cui effettivi eran fissati
fra 15 e 24 allievi. Ma questi ragazzi
sarebbero integrati nelle classi normali per lo'studio della musica e del disegno, per l’educazione fisica e i lavori
rnanuali. In linea generale il periodo
di frequenza in una classe preparatoria non doveva superare un anno; un
eventuale insegnamento e aiuto complementare avrebbe dovuto essere dato a domicilio. Inoltre erano previsti
corsi accelerati di tedesco per gli adolescenti stranieri che fossero impediti
a frequentare scuole professionali da
uno handicap linguistico.
STUDIARE
LA LINGUA MATERNA
La risoluzione della KMK riconosce
pure la necessità di insegnare ai ragazzi stranieri la loro lingua materna,
quanto più possibile, e di iniziarli alla
loro cultura nazionale, affinché possano più facilmente reinserirsi, una volta tornati nel paese d’origine. Questo
insegnamento dovrebbe essere affidato
a insegnanti stranieri reclutati dalle
scuole tedesche.
Secondo le ultime valutazioni, la
maggior parte dei lavoratori stranieri
non si stabilisce in modo definitivo
nel paese ospitante; ma 50% dei capi
famiglia restano oltre 4 anni in Germania e 25% óltre 7 anni. Ed ecco porsi un altro problema serio, a più aspetti: la crescita numerica dei lavoratori
immigrati e delle loro famiglie,, l’allargamento della Comunità Economica
Europea e, implicitamente, l’integrazione dei vari sistemi d’istruzione in
Europa. Sicché il problema dell’istru
(continua a pag. 6) ■
6
•pag. 6
MEL 2000, SEt MtLiARDt Di UOMINI
I NOSTRI GIORNI
[0 swlip (e l'anno) eninoniiia, spana agricolo
è piò ònportante dalla politica deonpiica
Lavoratori migranti in Germania
Il Celerò di informizwne economica e sociale delle Nazioni Unite ha riunito a Ginevra un colloquio
internazionale in cui sono stati discussi i rapporti frq sanità, alimentazione e sviluppo
Abbiamo dato notizia, nel numero
scorso, della grave situazione di care
stia determinata dalla siccità in vari
Stati dell’India e dell’Africa occidentale; intere popolazioni sono alle prese con la fame, e si ripropone in fase
acuta, in situazione d’emergenza, una
realtà che almeno in alcune regioni è
costante, anche se non a questo livello
di gràvità. In questo contesto si è riunito a Ginevra, dal 17 al 19 aprile, su
iniziativa del Centro d’informazione
economica e sociale delle Nazioni Unite, un colloquio internazionale che doveva attivamente segnare il 25“ anniversario dell’Organizzazione Mon diale della Sanità (OMS) e il 10“ del Programma
alimentare mondiale (PAM); tema dell’incontro: i rapporti fra la salute, l’alimentazione e lo sviluppo.
Com’è noto, la fame non è solo una
sofferenza di oggi, 'ma ima minaccia
per domani; « La malnutrizione dei
bambini del Terzo Mondo noti può che
contribuire a favorire l'apparizione di
allievi mediocri, cioè una grave ipoteca
sul futuro » ha ricordato a Ginevra il
dott. Candau, direttore generale dell'OMS. Alleviare‘la fame, soprattutto
lottare cóntro le cause della fame significa quindi non sòltanto dare fin aiuto
immediato, ma contribuire a un avvenire migliore.
In questa luce vanno visti i dati relativi al primo decennio di attività dèi
PAM: 550 progetti in 88 paesi per un
costo totale di 1,2 miliardi di doUàri
(oltre 700 miliardi di lire), e 160 interventi d’emergenza, per un costo di 120
milioni di dollari (oltre 70 miliardi di
lire). Coinè si vede, senza trascurare le
situazicmi più gravi che necessitano interventi immediati ed eccezionali, buona parte deH’aiuto del PAM va non tanto in distribuzione di alimenti, ma è investito in attività produttive che contrastino la disoccupazione e il sottoimpiego; irrigazione, pesca, nuove piantagioni, fornitura di semenze, formazione
agraria; raiuto alimentare è dato soprattutto alle donne incinte, alle madri
che allattano e ai bambini in età scolare.
Naturalmente, si tratta di poco più
che gocce nel mare, per ora: il direttore dell’Istituto indiano deU’alimentazione, il dr. Gopalan, ricordava che tuttora il India il 40% dei bambini muoiono
entro il quinto anno di vita, nella grande maggioranza dei casi per carenze
alimentari. Questo non è uno sfato di
emergenza, è la situazione "normale".
Certo, la ’’rivoluzione verde", lo sviluppo della produzione cerealicola e la positiva sperimentazione di nuove e più
produttive specie Cereali, fanno meglio
sperare; ma il dr. Orville Freeman, ex
segretario americano all’agricoltura, ha
fatto notare che i recenti massicci acquisti di grano da parte dell’URSS —
un « avvenimento immenso », determinato da annate di cattivi raccolti —
hanno fatto fondere le riserve mondiali, e che gli USÁ non possono più da
soli assumersi la responsabilità di costituire riserve cereali capaci di fronteggiare i deficit mondiali.
S’imponé, òioè, una effettiva solidarietà internazionale, se si vuole mantenere e intensificare il rnovimento di eccedenze alimentàri dai paesi ficchi verso il Terzo Mondo; e si è fatto notare
che questo vale anche per l’Europa, che
ha eccedenze di burro e di grano. Per
far questo, bisogna però uscire dairatteggiamérito ancora sostanzialmente
paternalistico deWaiuto e passare a
quello solidale della corresponsabilità:
un discorso che da ^nni si va facendo
anche nelTambito degli organismi ’’assistenziali” del CEC. In altri termini,
se si tiene lucidamente conto che nel
2000, fra meno di trent’anni, ci vorrà
una produzione alimentare capace di
nutrire i 6 miliardi di uomini che si
prevedono per allora, a rischio altrimenti di dover affrontare gli immaginabili sconvolgimenti sociali, è chiaro
che la lotta contro le epidemie e la malnutrizione dev’essere considerata come
un fattore di sviluppo essenziale, un investimento vero e proprio, in termini
umani anzitutto, ma anche socio-economici. Troppi invece pepsano tuttora,
a livello individuale e a livello collettivo, che questi aiuti sono spese "a fondo perduto”.
Si tratta di nutrire, crescere e formare i quadri che domani potranno far
rendere le tutt’altro cfie esauste potenzialità terrestri, anche per ciò che riguarda l’aliinentazione. p qui si tocca
il valore déirinsegnamento, e la necessità di collabpràzione sempre più stretta fra l’QMS e ITJNESCQ, T’Oeganisrijo
educativo delle N. U., anche in relazione alFalfrò aspetto del problema alimentale: quello demografico. E indub
bia infatti la necessità di approfondire
e diffondere un’educazione demografica
che permetta un controllo delle nascite
da parte di popolazioni umanamente
evolute, che non esauriscano in una
procreazione intensiva la loro spinta vitale. Al colloquio di Ginevra si è però
fatto notare che si dovrebbe invertire
il ragionamento dei paesi ricchi, più
pronti a stanziare fondi per lottare contro la natalità che per lottare contro
la fame realizzando progetti economici, anche ”a fondo perduto”.
Infine investire, anziché nell’industria, neiragricoltura che, per quanto
industrializzata, serba pur sempre dimensioni e ritmi più umani conservando il rapporto con la terra: può essere
una scelta di enorme importanza per il
Terzo Mondo (a condizione, ovviamente, che avvenga sotto responsabilità indigena, e non di anacronisti ’’piantatori” bianchi). Tale scelta potrebbe, oltre
che combattere la malnutrizione e le
sue conseguenze sociali ed economiche,
frenare in tanti paesi del Terzo Mondo
la tumultuosa "corsa alla città”, che in
pochi anni sta trasformando tante metropoli afroasiatiche e latinoamericane
in agglomerati urbani con immense
cinture di emarginati senza prospettive.
I Nel cofso del primo frimestre 1973 la
produzione industriale delf’URSS è aumentata del 6,4% rispetto al periodo corrispondente del 1972.
pi II giornale « Lituania sovietica », citato
dall’Associated Press, ha dato notizia di
condanne varianti da cinque anni di relegazione in campo di lavoro a pene detentive minori inflitte a nove Testimoni di Geova : « I
testimoni di Geova — scrive il giornale —
haimo una spiccata tendenza a influenzare il
punto di vista politico degli aderenti, fatto,
questo, che li rende particolarmente nocivi e
antisociali ».
I II Dahomey si è staccato dalla Comunità
economica dell’Africa occidentale (CEAO), che gravita nella zona del franco, perché
auspica che ne entrino a far parte anche i
paesi francofoni deU’Africa occidentale; si è
avuto in questi giorni un incontro fra i capi
di Stato del Dahomey e della Nigeria.
I La frode fiscale costa annualmente al governo svedese circa 10 miliardi di corone
(quasi 1500 miliardi ;di lire), cioè un sesto del
bilancio statale. La maggior parte di queste
frodi è responsabilità di uomini d’affari, che
si valgono soprattutto della creazione di società fittizie; tuttavia un’inchiesta ha pure assodato ohe un medico su tre froda il fisco.
JPI Gli industriali tedesco-occidentali investono fortemente in Spagna; nel 1972,
490 milioni di marchi (circa 100 miliardi di
lire); seguono gli investimenti in Francia
(409 milioni di marchi). Svizzera (246 milioni), Belgio (216 milioni).
(segue da pag. 5)
zione dei figli degli immigrati ci obbliga ad adottare un nuovo atteggiamento internazionale.
SOLUZIONI
INTERNAZIONALI
Sebbene il Trattato di Roma, che
regge la CEE, presenti il problema del1 equivalenza di diplomi, certificati e
altre qualifiche, non affronta propriamente quelli deH’insegnamento. Ma se
1 nove paesi che ora costituiscono la
CEE vogliono uscire daH’improvvisazione in fatto di insegnamento scolastico e formazione professionale, dovranno situare l’istruzione dei lavoratori immigrati e dei loro figli nel più
vasto contesto dell’avvenire dell’istruzione in Europa. Altrimenti il problema sarà regolato indipendentemente
dalle varie autorità nazionali, mentre
esige soluzioni internazionali. I paesi
delia CEE dovrebbero chiedersi se non
convenga elaborare un sistema comune d’istruzione, fondato sul principio
del melting pot, sul riconoscimento
del pluralismo e se, in pratica, è possibile instaurare un tale sistema tendente a « l’unità nella diversità ».
Ci si può pure chiedere se tale riflessione deve limitarsi ai soli paesi
del MEC, e quale potrebbe essere il
ruolo dell’UNESCO al servizio di una
politica deH’istruzione concepita su
scala paneuropea.
Resta il fatto che per i lavoratori
stranieri il problema più grave è quello dell’analfabetismo, sia nella loro
lingua d’origine che in quella del paese che li ospita. Spesso, infatti, devono imparare a leggere e a scrivere contemporaneamente in due lingue. Questo richiede l’elaborazione di programmi speciali. Secondo un sondaggio delrUfflcio federale del lavoro gli operai
che hanno qualche conoscenza di tedesco sono per lo più rappresentati
nei livelli salariali più elevati.
Di fatto il governo federale insiste
sul fatto che è nell’interesse degli imrnigranti cominciare l’istruzione prima
di lasciare il paese d’origine. Essa dovrebbe includere non solo l’insegnamento del tedesco, ma anche informazioni sulla legislazione sociale e sul diritto del lavoro in vigore nella Germania occidentale.
Fin da ora alcuni paesi — l’Italia,
la Jugoslavia, la Tunisia e la Turchia
— offrono corsi di questo genere e altre possibilità di qualificazione, per
dare ai lavoratori che partono per l’estero le migliori possibilità di ottenere
un impiego soddisfacente. La Spagna
sta elaborando un programma analogo, mentre in Grecia, nell’isola Mauritius, in Giordania e in Corea del sud
iiii|iii|i|iiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiliiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiii|ii|m
Spartirsi la preda
Costituita a Rabat una società
franco-marocchina di pesca e di
lavorazione del pesce
Abbiamo accennato la scorsa settimana alla
crisi che la nuova politica peschereccia di varie nazioni causa all’industria della pesca di
altre, fra cui quella italiana. Una indicazione
può venire da un accordo recentemente raggiunto fra U Marocco e la Francia; è stata
costituita a Casablanca una società franco-paarocchina di pesca, la « Société chérifienne de
pêche et de traitement des produits de la
mer », una società anonima di cui il Marocco
detiene, attraverso organi nazionali, il 60%
di un capitale di un milione di dirham, mentre la Francia ne detiene il 40%, rappresentata da due società private. In tal modo gli
interessi francesi non sono esclusi dalla zona
di pesca che il governo marocchino ha portato recentemente a 70 miglia marine dalla
costa, riservandola, salvo accordi, unicamente
ai marocchini.
Pare, questa, una risistemazione che certo
meglio rispetta i diritti indigeni, anche se
non sono del tutto esclusi i rischi del neocolonialismo e se in tal modo è riconosciuto un
posto privilegiato alla vecchia potenza coloniale, al punto che c’è da chiedersi se la decisione governativa precedente, che escludeva
da così vaste acque marocchine i pescherecci
di altre nazioni, non fosse stata in qualche
modo concordata con la Francia. Solo altri accordi analoghi, ad esempio con l’Italia, pur
garantendo come questo una più larga ed equa
partecipazione indìgena allo sfruttamento peschereccio delle acque territoriali, fugherebbe
questo sospetto.
LA LIMITAZIONE
DELLE
LIBERTA’
CIVILI
•A" È questo un
argomento sul qua- ^ _______________
le la maggioranza
degritaliani non ha idee chiare. Crediamo perciò che ai nostri lettori possa
interessare di conoscere « il testo di
un appello che Alberto Moravia (insieme con Giorgio Bassani, Giulio Einaudi,
Natalia Ginzburg, Giacomo Manzù, Eugenio Montale, Indro Montanelli, Goffredo Patrassi, Luchino Visconti) ha
inviato ai parlamentari italiani perché
eliminino dai codici italiani ’’appunto”
gli articoli che limitano le libertà civili ». L’appello si riferisce ad un grave
esempio recente, ma intende affrontare
il problema nella sua generalità. Eccone il tèsto, che riportiamo da ’’L’Espresso” del 15.4.73.
« Onorevoli deputati e senatori, come
è noto il nostro' codice contiene molte
leggi liberticide e repressive emesse durante il veriiennio fascista, che il Parlaménto avrebbe dovuto abrogare fin dalla Liberazione e non l’ha fatto per motivi inerenti alla generale ambiguità
dèlia nostra vita politica.
Di una di queste leggi fasciste da abrogarsi, e comunque per tacito consenso inai applicata negli ultimi trent’anni, si vale adesso la parte più provinciale e retriva della nostra magistratura
per confrontarsi con la cultura. La sentenza della Corte di cassazione sul film
di Pier Paolo Pasolini, secondo la quale un film già assolto dal tribunale deve
restare sequestrato fino a che la Corte
d’appello prima, e la Corte di cassazione poi, si siano pronunziate sul ricorso
del pubblico ministero, questa sentenza
che equipara arbitrariamente la libertà
di espressione ad un corpo di reato di
cui si renda necessaria la confisca, è
un tentativo consapevole e premeditato
d’istituire un vero e proprio regime di
supercensura. I giudici della Cassazione non possono infatti ignorare che tra
l’assoluzione e la sentenza finale della
Corte di cassazione) a causa del marasma in cui versa il nostro sistema giudiziario, corrono sempre molti anni,
ciò che per un’industria come quella
cinematografica vorrebbe dire un inevitabile annientamento. Non soltanto
essi non lo ignorano ma, secondo ogni
apparenza, ci contano sù per sostituire
finalmente la cultura di questo paese
con quel tipo di sottocultura che meglio conviene a certi interessi costituiti.
Non è chi non veda d'altra parte come
l’applicazione di questa legge anacronistica e inquisitoria può esser facilmente estesa al teatro, ai libri, alla
stampa e insomma a tutte le manifestazioni culturali e artistiche con i più
vari motivi e pretesti.
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Onorevoli deputati e senatori, nel
Parlamento tutti i partiti, salvo uno, si
dichiarano, si sono sempre dichiarati,
antifascisti. Noi chiediamo a questi partiti l’abrogazione immediata di una legge la cui applicazione rappresenta un
pericolo mortale non soltanto per la
cultura e l’arte ma anche per le libertà
politiche in questo paese ».
MADRE E FIGLIO
DI FRONTE AI TIRANNI
■A « Athena Panagulis, madre del
condannato a morte Alessandro Panagulis, non ha potuto rivedere spo figlio
nemmeno dopo che sono scaduti i termini della punizione che gli fu inflitta
per aver iniziato una sciopero /fella fame, a titolo di solidarietà con gli studenti universitari greci. Recatasi alla
prigione di Boyqti, la signora Panagulis
s’è sentita dire che Alessandro rifiutava di vedere sua madre. Sono più di
cinque anni che l'attentatore di Papadopulos vegeta in una cella di Boyati,
in stato d'assoluto isolamento. Ultimamente, per punizione, gli hanno vietato
anche la lettura dei giornali. È quindi
inconcepibile che Alessandro abbia rifiutato l'unica possibilità concessagli di
mantenere, attraverso la visita della
madre, un legame col mondo dei vivi.
Comunque sia, le testimonianze sullo
stato di salute di Panagulis sono atlarmanti:lady Amalia Fleming (la vedova
del celebre scopritore della penicillina)
ha detto, per esempio, che cinque anni
di durissimo isolamento sono troppi
per un uomo malato come lui. Il papa
e Nixon, ai quali è stato rivolto un appello, non si son mossi. E del resto alla madre di Panagulis i colonnelli hanno già fatto sapere che "nessun intervento di potenti potrà far cambiare una
decisione ormai irrevocabile". E cioè
quella della morte, anziché davanti al
plotone d'esecuzione, in carcere, per
consunzione ».
(Da ’’L’Espresso” del 15.4.’73).
SILENZIO A PRAGA
il- Sotto questo titolo, ’’L’Espresso”
del ll.^.’TÌ pubblica quanto segue.
« Solo V annuncio dell' improvvisa
morte ha riportato, qualche giorno fa
sui giornali, il nome ài Josef Pavel. Eppure Pavel è stato, durante i pochi mesi
della primavera di Praga» (il famoso
periodo di libertà, nel 1968, quando la
Cecoslovacchia tentò la ricerca d’un
’’socialismo dal volto umano”). « il ministro dell'Interno
del governo Cernik
ed una delle figure
di primo piano del
nuovo corso.
Questa sorte personale comune a tutti i leader cecoslovacchi di quel periodo
(chi sa più nulla di Dubcek, di Smrkowski o di Cisar?) è d’altra parte il simbolo del destino dell’esperimento ch’essi
hanno guidato. A distanza di cinque anni riesce difficile persino ricostruire
mentalmente l’atmosfera di speranza e
d’attesa suscitata dalle iniziative del
nuovo gruppo dirigente praghese: era
come se il gelo della guerra fredda, rimasto sull’Europa anche dopo la fine
delle polemiche più pericolose ed accese del dopoguerra, stesse cominciando
lentamente a sciogliersi.
Ora Pavel muore dimenticato da tutti. E pochi hanno il coraggio di ricordare che con lui scompare uno dei protagonisti di quello eh’è stato forse il solo
tentativo innovatore che l’Europa abbia
conosciuto negli ultimi venticinque anni ».
«NOI NON SIAMO COLPEVOLI...»
■A Nella prima metà d’aprile ha avuto luogo a Gerusalemme un gran dibattito all’interno del segretariato del
partito laburista israeliano, suH’avvenire dei territori occupati. Giovedì 12.4 il
dibattito s’è chiuso con gl’interventi
della signora Golda Meir, del generale
Dayan e del ministro senza portafoglio
Israele Galili. Questi « hanno espresso
il loro pessimismo sulla possibilità di
una pace con gli Arabi, hanno chiesto
l'intensificazione della colonizzazione
ebrea nei territori occupati, e proclamato la loro ostilità al riconoscimento
del diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione. Essi hanno inoltre
espresso la propria profonda inquietudine davanti al sentimento di colpa che
si va diffondendo nella gioventù, nei
confronti dei Palestinesi. Il generale
Dayan s’è detto urtato dalla manifestazione di membri di kibbontzim contro
la confisca di terreni nel villaggio di
Akraba, in Cisgiordania. Il Galili ha
proposto il lancio d’una campagna
"educativa” per orieritare gli scolari, in
particolare quelli dei Licei. Ma soprattutto il primo ministro s'è scagliato
contro il sentimento, che sempre più
s'ingrandisce, che un torto sia stato fatto ai Palestinesi. "Noi non siamo colpevoli (ha esclamato la signora Meir).
Oggi il nostro massimo compito è quello di mobilitare tutte le nostre risorse
intellettuali e morali, per affrontare
questa sfida" ».
(Da ”Le Monde” del 14.4.’73).
si prendono disposizioni per estendere
l’insegnamento del tedesco. Nella Germania stessa il ministero del lavoro c
degli affari sociali finanzia l’organizzazione di corsi di tedesco per i Gastarbeiter, ricorrendo ai metodi audiovisivi.
UN PROGRAMMA PILOTA
Un’importante iniziativa, capace di
fornire un modello nuovo di aiuto allo
sviluppo, è sorta due anni fa, quando
il ministero federale della cooperazione economica ha lanciato, in collaborazione con il governo turco, un programma d’assistenza ai lavoratori che
prevedono di rientrare in patria. Con
il maggio 1971 un primo gruppo di 35
operai turchi cominciava in Germania
uno stage di 9 mesi, al termine del
quale dovevano ottenere il certificato
di mastro artigiano (Meisterprüfung).
Questi slages sono seguiti, dopo il ritorno dei lavoratori in Turchia, da un
corso di tre mesi di integrazione economica. Il ministero si accolla le spese di partecipazione ai corsi e il mantenimento degli interessati e delle loro famiglie. Inoltre, per aiutarli a creare piccole aziejide in Turchia, i migliori candidati possono ottenere crediti
a certe condizioni. Questa collaborazione fra autorità turche e tedesche
permette di tener conto delle esigenze a lungo termine del mercato del lavoro in Turchia.
Klaus Hüfner
(Informations UNESCO)
N.d.p. Pubblichiamo volentieri quest’articolo e ci rallegriamo per le prospettive che delinea. Bisogna però notare che, almeno per
ciò che riguarda l’Italia, si è ben lontani dal
prendere di petto la situazione e l’opera di alcuni organismi è poco più che una goccia nel
deserto. L’integrazione economica europea, poi,
ha anche un altro aspetto, che è emerso cosi
forza nei recenti incontri fra il cancelliere federale Brandt e il governo jugoslavo, a Belgrado; non si tratta tanto di potenziare il Auso migratorio di jugoslavi verso la Germania
occidentale (e ciò può valere pure per altji
paesi ’’d’attrazione”), ma di accrescere gli i;ivestimenti tedeschi nella Jugoslavia. Il discorso può valere per gli altri paesi ”di partenza",
fra cui il nostro, pur senza minimizzare le difficoltà e i problemi di ogni genere che questo
comporta. D’altra parte, anche a livello ecologico è impensabile continuare indefinitamente
la concentrazione industriale in zone limitate.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiNiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiHmi
Petrolio
^ Continua il tiro alla fune fra produttori
e consumatori di petrolio. Da un lato il
presidente della BP (British Petroleum) invita i paesi consumatori a adottare urgentemente politiche energetiche « coerenti, equilibrate
e coordinate » per affrontare la penuria di
combustibile che li minaccia nel prossimo decennio; e il direttore della sezione petrolio
del MEC ha sostenuto la stessa esigenza, chiedendo che i governi incoraggino le esplorazioni delle società petrolifere sul continente, in
alto mare e nelle regioni polari. Dall’alt) i i
paesi produttori, riuniti nell’OPEP, hanno
concordato una richiesta da presentare a una
riunipne con i rappresientanti delle società petrolifere, a Beirut; per compensare la recente svalutazione del dollaro i paesi delFOPEP
chiedono un aumento sul 9,5%; si tratta di
una media, fra l’8,83% deciso dal Venezuela
e l’ll% già ottenuto dalla Libia per il petrolio ceduto airURSS. Quest’aumento del 9,5%
è superiore a quello del 6-7% che sarebbe
stato determinato dalla stretta applicazione
degli accordi firmati a Ginevra nel gennaio
1972.
iP La produzione petrolifera deU’Arabia
Saudita è aumentata del 24,9% durante
i dne primi mesi del 1973, raggiungendo
7.017.000 barili/giorno contro 5.619.000 barili/giorno durante lo stesso bimestre nel 1972.
La produzione dell’ARAMCO (Arabian American Oil Company) rappresentava il 93,3%
del totale.
H Secondo il New York Times, che cita
fonti governative, il fondo continentale
al largo di Long Island e del New Jersey racchiuderebbe assai ricchi, giacimenti petroliferi; i problemi dell’inqninamento (si tratta di
coste fra le più densamente popolale) ritarderanno però i foraggi in programma.
Illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
doppio taglio
(segue da pag. 1)
diamo invece con viva aspettativa il numero
della rubrica « Protestantesimo » dedicato a
Jacopo Lombardini.
^ In occasione della sna visita a Pekino
il presidente messicano Echeverria ha invitato i dirigenti cinesi a firmare il trattato
di Tlatelolco, con il qnale una serie di paesi
latinoamericani si impegnano a bandire ogni
armamento atomico nel continente. Il governo
cinese, dopo aver caldamente lodato per bocca
di Ciu En-Lai lo spirito di Tlatelolco, ha deciso di aderire al trattato. Ridere o piangere,
conoscendo l’intensa preparazione atomica cinese nel Sinkiang? Meglio augurare ai dirigenti pekinesi, con un sorriso che saprebbero
apprezzare, che i paesi asiatici concordino un
trattato di Dacca (o Singapore, o Kabul) contro ogni armamento atonveo in Asia e che
il presidente indiano o afghano, in visita, poniamo, a Parigi, proponga al governo francese
di sottoscriverlo. In nome dell’umanità.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)