1
Anno 126 - n. 42
26 ottobre 1990
L. 1.000
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a : casella postale - 10066 Torre Pellioe
delle valli valdesi
Insieme per la via comune
L’Assemblea-Sinodo è chiamata ad esprimersi su un progetto di impegno di base e non su un’operazione di politica ecclesiastica: i problemi e le speranze
L'incontro congiunto del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste con l'Assemblea generale dell'Unione cristiana evangelica battista d'Italia ( UCEBI ), che si svolgerà a Roma dal 1° al 4 novembre 1990, segna una tappa storica nei rapporti fra queste chiese. Si tratta infatti di un'assemblea deliberativa, in cui i delegati del Sinodo (gli stessi della sessione del 26-31 agosto 1990)
insieme con quelli dell'Assemblea generale dell'UCEBI
(che si svolgerà dal 29 al 31 ottobre) adotteranno una
serie di mozioni, con votazione contemporanea ma distinta.
Le deliberazioni riguarderanno i quattro punti
illustrati dal documento preparatorio che le singole chiese hanno esaminato nel corso di quest'anno : riconoscimento reciproco delle chiese, dei pastori, dei membri
di chiesa; collaborazione sul territorio; evangelizzazione comune ; progetto di un settimanale unico per le tre
denominazioni evangeliche italiane.
« Il ’’fatto” che l’Assemblea generale dell’UCEBI e il Sinodo delle
Chiese valdesi e metodiste si riuniscano congiuntamente costituisce senza dubbio un evento che va riguardato con molta attenzione, preparato
nella preghiera e atteso con fiducia.
E’ la prima volta che accade un avvenimento del genere in Italia fra metodisti, valdesi e battisti: ’’insieme”
per trovare una via ’’comune” », dice Franco Scaramuccia, pastore battista a Chiavari. « Da un punto di
vista ecumenico, ci troviamo in presenza di un ’’fatto” nuovo: di fronte alle chiese non c’è una prospettiva
istituzionale (unione, integrazione o
federazione che sia) ma un progetto
di lavoro comune per l’Evangelo, che
nasce dal riconoscimento reciproco di
avere a che fare non con dei concorrenti ma con degli altri ”se stesso”.
Se le chiese lo vorranno, inizia un
impegno a livello di base, un lavoro
comune nella pastorale, nella stampa
e nell’evangelizzazione. Si deve sottolineare che è un’operazione di base,
dal momento che esula da ogni velleità di integrazione, di fusione, di
unione. E’ un tentativo di dare più
incisività all’opera di evangelizzazione dell’area riformata italiana».
A questa tappa i battisti, metodisti
e valdesi sono giunti dopo un lungo
percorso di collaborazione e di riflessione eomune, che è stato familiarmente denominato BMV. Dal 1979,
infatti, gli esecutivi delle tre chiese
si sono incontrati periodicamente per
una maggiore informazione reciproca
e per affrontare insieme temi specifici
di riflessione. Quell’anno è uscito un
primo documento su « una riflessione comune sulla situazione delle chiese battiste, metodiste e valdesi »; le
risposte delle chiese sono state poi
analizzate nel 1980 in un secondo documento: « Estratto della relazione
sull’indagine conoscitiva condotta
presso le chiese». Vi si chiariva il
rapporto tra chiese locali e le rispettive assemblee generali (i battisti hanno infatti una tradizione « congregazionalista », che sottolinea l’autonomia delle chiese locali); la natura e le
funzioni delle assemblee generali, degli organi esecutivi e del ministero
pastorale in rapporto agli altri ministeri nell’ambito delle chiese; la natura, il significato e le implicazioni del
battesimo (che nelle chiese battiste
viene amministrato ai credenti adulti,
mentre metodisti e valdesi ammettono
anche il battesimo dei bambini). Un
punto, quest’ultimo, di grande rilevanza, cui è stato dedicato nel 1981
un terzo documento su « Rapporto,
approfondimento e chiarificazione
delle varie comprensioni del battesimo presenti nelle chiese battiste, metodiste e valdesi ». Un quarto documento, sempre del 1981, trattava del
« Significato del Patto d’integrazione
tra le chiese valdesi e metodiste ».
L’operazione BMV non è infatti considerata dai suoi promotori come un
tentativo di allargare l’integrazione
valdese-metodista alle chiese battiste,
e l’Assemblea/Sinodo 1990 non è inquadrabile in questo schema.
La collaborazione fra le tre chiese
ha già una sua storia: rappresentanza reciproca nel Sinodo, nell’Assemblea generale e negli organismi regionali; impegno comune in alcune importanti commissioni di lavoro: Commissione relazioni ecumeniche. Commissione rapporti chiesa-stato. Commissione liturgica. Dipartimento/
Commissione evangelizzazione. Commissione giustizia, pace e salvaguardia del creato; raccordo tra le redazioni dei rispettivi giornali (La Luce
per metodisti e valdesi. Il Testimonio
per i battisti).
11 documento preparatorio mette in
luce il senso del riconoscimento reciproco tra le chiese, «per cui una chiesa riconosce che un’altra chiesa, diversa da sé, è anch’essa pienamente Chiesa di Cristo». Di qui discende il riconoscimento reciproco dei pastori, che
possono operare in una chiesa diversa da quella di appartenenza, e il riconoscimento dei membri di chiesa,
che possono reciprocamente entrare a
far parte a pieno titolo di una comunità locale diversa da quella di origine. « Il passaggio al reciproco riconoscimento — è scritto nel documento preparatorio — è un passo biblicamente fondato e parte del lungo
e faticoso cammino ecumenico. Chi
lo fa, lo fa perché crede che l’unità
della chiesa, sussistente nell’opera di
Cristo e in Cristo, deve trovare anche
una reale consistenza storica. Non
stiamo, in altre parole, coltivando
rapporti di buon vicinato, né stiamo
giocando a fare politica ecclesiastica.
Al contrario, vogliamo rispondere
positivamente e realmente alla sfida
che ci viene dall’Evangelo di Gesù
Cristo e dalla testimonianza degli
apostoli». Quanto al problema delle
varie prassi battesimali, il documento afferma: « E’ evidente che la differente prassi battesimale non sottintende diversi significati, ma una diversa
accentuazione di elementi comuni: il
battesimo dei credenti per immersione sottolinea la comunione con la
morte del Signore, quindi la conversione e la confessione di fede, e punta alla nuova nascita e alla novità di
vita; il battesimo dei fanciulli per
aspersione sottolinea invece la grazia
preveniente del Signore, l’incorporazione nella chiesa e quindi la responsabilità di questa verso la nuova vita
che si confida evolversi verso la fede e la comunione con il Cristo crocifisso ».
(altre informazioni a pagina 8)
GERMANIA
Rabbia e delusione
Rabbia e delusione sono i sentimenti di Friedrich
Schorlemner, pastore a Wittenberg, che rivive i momenti trascorsi dalla caduta del muro di Berlino
alle elezioni nella RDT, all’unificazione avvenuta all’inizio di ottobre.
Nell’oppressione conseguente al regime assolutistico di Honecker vivevano tuttavia gruppi culturali, incontri, movimenti d’opinione e d’amicizia; il processo, forse troppo rapido, deU’unifìcazione rischia^ di
travolgere le forze più vive ed autentiche che 1 ex
RDT aveva saputo suscitare fra i suoi cittadini.
a pagina 2
I CRISTIANI E GASTROLOGIA
Com’è il tuo oroscopo?
Gli oroscopi dilagano, la RAI 2 ce ne propina uno
tutte le sere a mezzanotte, i grandi giornali e i settimanali li pubblicano, si vendono computer con programmi per il nostro oroscopo quotidiano. C’è un
revival deU’astrologia, soprattutto di quella a buon
mercato, che possiamo comprare al self-service. Eppure l’astrologia è una « scienza » di duemila anni.
E’ nata a Babilonia 2 miia anni fa. Con essa hanno
fatto i conti la Bibbia, i padri della chiesa, i riformatori.
Noi oggi cosa diciamo?
a pagina 4
LA TORRE DI BABELE
Unità
nella diversità
« ...tutta la terra parlava la stessa lingua e usava
le stesse parole...» (Genesi 11; 1).
Dov’è finito il pluralismo di lingue, nazioni, culture di cui parla il capitolo 10 della. Genesi? Sepipre
nello stesso capitolo si parla di Nimrod, che commciò ad essere potente sulla terra e «il principio del
suo regno fu Babel» (Genesi 10: 8. 10). Babele, dunque, è un esempio di come questo potente si costruìSC6 un ptoptio regno, una. civiltà a misura delle pròprie ambizioni e dei propri interessi.
A Babele tutti parlano la stessa lingua e usano le
stesse parole. E’ ciò che oggi definiamo col termine
« omologazione ». Questa è l'unità di Nirnrod.
Ma si tratta realmente di unità, o è solo un fittizio consenso, un abile e sottile gioco di propaganda.
Nimrod fa anche costruire una «ziqqurat», una piramide a gradoni, simbolo di potere e di gloria, che
deve urrivure iìno al ciclo. Come tutti i grandi tiranni che ieri come oggi, hanno sventrato città, eretto palazzi dallo stile inconfondibile, ma anche determinató un appiattimento culturale e povertà spirituale. . 7. .
Ai nostri giorni Vomologazione percorre altre sirade. Tutto va vèrso un « villaggio globale », una « casa,
comune». Ma la stampa afferma che l’unità si fara
secondo il modello occidentale. E un consenso che
mortifica le individualità, snatura le diversità culturali e umane, soffoca doni e disponibilità. Questo^ tipo
di unità provoca inevitabilmente conflitti, perché non.
può prescindere dal controllo e dall egemonia sugli
altri. . .
L’unità di Nimrod è l’unità dei cinici.
Ma vediamo le reazioni di Dio. Secondo l autore
biblico il Signore scende e confonde quel linguaggio
comune, e disperde la gente su tutta la faccia della
terra. . . .
Dio non è geloso del fatto che l’uomo si organizzi
per vivere meglio. L’arroganza, che Dio disperde, è
quella dei potenti. La confusione del linguaggio e la
dispersione sono avvenimenti positivi, perché significano il recupero della diversità, della varietà culturale dei popoli e dei paesi, contro l’egemonia di Nim
rod. . ,
L’umanità è tale solo quando la dignità, l intelli
genza, la creatività e l’identità di ciascuno ^sono salvaguardati in un quadro di vita pluralistico. Stati,
individui, forze economiche, politiche, sociali e religiose possono collaborare insieme per il bene dell’uma
nità. .
Il pluralismo comincia a livello personale. Non
vuol dire annacquare la propria identità, ma ascoltare ed accettare l’altro o l’altra nella sua diversità:
un colpo di piccone a quella falsa unità che è l’omologazione.
L’unità voluta da Dio non è quella di Nimrod e
dei potenti che hanno solo l’ambizione di salire sempre più in alto, eredi del «sarete come Dio» (Genesi
3: 5). L’unità di Dio è un’unità che scende, non un’unità che sale. Un’unità che ci viene donata e che ci
rende liberi, che ci restituisce la dignità dei figli di
Dio, senza snaturarla.
Il nostro nuovo giornale vuole anche essere uno
strumento di quell’unità che ci dà libertà, perché è
l’unità del Dio creatore e salvatore.
Valdo Benecchi
DOMENICA DELLA RIFORMA
L’uomo nuovo
« L’uomo cerca di conquistare il mondo, ma chi,
liberandolo, potrebbe dargli la padronanza di sé? ».
A questo interrogativo la Riforma ha risposto « Soli Deo gloria » e ha fornito una specificazione ulteriore nei concetti del « Sola gratia, sola fide, sola Scriptura ».
Di fronte all’agire umano ciò che conta è una valutazione secondo la scala di vaiori che è di Dio. In
occasione della Domenica della Riforma proponiamo una pagina di Georges Casalis, pastore e teologo
dell’Eglise Réformée di Francia, scomparso nel 1987.
a pagina 7
L
2
commenti
26 ottobre 1990
GERMANIA
Rabbia e delusione
L’abbraccio all’insegna del « grande
marco »; è salvo il diritto dei popoli?
A Friedrich Schorlemner, pastore a Wittenberg, era
stato richiesto, nell’ottobre delT89, di diventare il sindaco della città. Non aveva accettato. Oggi scrive la sua
delusione su come è finito il processo iniziato un anno fa.
razione con la Repubblica
federale tedesca (RFT).
Cosa rimane di tutto ciò
e cosa dovrebbe rimanere? Nessuna trasfigurazione postuma, nessuna malinconia. Lo stato che festeggiava il suo 40o anno
di vita era giustamente
crollato perché non èra capace di rendere produttiva
la sua contraddizione e rifiutava di criticarsi. Non
riusciva a comprendere
che esclusivamente attraverso il libero consenso poteva ricevere una legittimazione ad esistere e non
attraverso il muro.
Ma di una parte della
mia libertà per la quale
ho dovuto lottare sono debitore anche a questa intransigenza. Lo sono anche
nei confronti dei miei avversari che imparavo a capire e a rispettare senza
per questo cancellare le
differenze.
Eravamo riusciti a creare « unioni di amicizia »,
« interessi culturali », « incontri tra popoli » proprio
da una situazione di emergenza. Ed ora? Tutto si
disperde in mille rivoli e
siamo divisi davanti alla
promessa di felicità del
mondo « luccicante ». Molto tempo è passato prima
che io mi sia convinto che
era tardi, troppo tardi. Il
coraggio che ieri mancava
si manifesta oggi con la
rabbia.
Questa rabbia ha con sé
qualcosa di malato, patologico, pierché invece di interrogarsi, di mettersi in
discussione, cerca sempre
un oggetto, una resjxinsabilità. Dal poco coraggio
è nata tanta rabbia!
Non mi sono mai sentito cittadino della RDT,
ma un tedesco che vive
nella RDT. Sono davvero
stupito, dunque, che ora i
miei concittadini insistano
molto sull’« essere prima
di tutto tedeschi », senza
riflettere prima cosa significhi, cosa sia veramente la
Germania, cosa potrebbe
essere. Il cliché dell’ovest
ricco pieno di benessere
sarà considerato realtà?
I partiti accompagnavano il popolo con i propri
« organi », come madri amorevoli e come padri che
Sono un figlio della Repubblica democratica tedesca (RDT), uno bruciato,
rimasto e cresciuto. Io rimango così anche se questo paese non esiste più.
Questo paese arbitrariamente diviso ci rimarrà
ancora a lungo sullo stomaco! Non potremo liberarci così presto della RDT.
Abbiamo dietro di noi
molte esperienze che ci
hanno fatto soffrire, prima di tutte l’ultima; proprio quando le nostre speranze prendevano rapidamente una forma politica
noi cominciavamo a barcollare. Sono finiti oramai
i giorni meravigliosi, non
abbiamo più la maggioranza per costruire il nuovo.
Non abbiamo lasciato tempio a noi stessi. Ciò che
era iniziato bene è finito
malamente. Una Repubblica democratica è veramente esistita solo dall’ottobre
1989 fino al marzo 1990.
Ci eravamo presi il diritto di mischiarci nelle nostre faccende interne, su
peravamo passo dopo passo la nostra paura del muro.
Non lasciavamo alcun
pretesto alla violenza dei
singoli per farci guidare
nelle nostre battaglie. Il
popolo seguiva finalmente
i « provocatori » e dava
voce (per breve tempo)
alla richiesta di una p>erestrojka nella RDT. Era
nata una speranza nella
quale anch’io trovavo gusto e volevo impegnarmi.
Una nuova Repubblica democratica tedesca in un
rapporto stretto di coope
Abbonamenti 1991
ITALIA
Ordinario annuale L. 46.000
Semestrale L. 25.000
Costo reale L. 70.000
Sostenitore annuale L. 85.000
ESTERO
Ordinario annuale L. 80.000
Ordinario (via aerea) L. 140.000
Sostenitore L. 150.000
Semestrale L. 45.000
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P. - via Pio
V, 15 - 10125 Torino.
■ A chi si abbona per la prima volta. gratis il settimanale
fino alla fine del 1990. -
■ Chiedete tre copie saggio gratis telefonando al n. 011/
655278 0 inviando un fax al n. 011/657542.
puniscono, creando così,
nell’insieme, un comportamento passivo che diventa
un modo di essere per i
16 milioni di cittadini della Repubblica democratica
e mina la costruzione di
una democrazia.
Il gioco si ripete: la
maggioranza si getta nel
paterno abbraccio del marco tedesco. La prima e più
alta capacità umana nella
RDT era la capacità di
adattamento. La mentalità
del blandire le coscienze,
la mancanza di autostima e
di rispetto per ognuno ci
hanno in questi anni deformati. Noi ci riconosciamo
ora come i rivoluzionari
della domenica, che hanno
avuto in poco tempo successo e che hanno astutamente atteso fino a che
la rivoluzione fosse decisa.
Così sono di nuovo spalancate le porte al rischio di
una dittatura in Germania,
se non riusciremo a diventare una coraggiosa democrazia fatta di democratici coraggiosi.
Con tutte le forze che
abbiamo a nostra disposizione dobbiamo impedire
che i becchini dello stato
socialista, che hanno protetto i delinquenti del partito e che hanno rovinato
un grande numero di donne e uomini, accedano di
nuovo a posti e cariche
di responsabilità. Ciò che
abbiamo subito rimarrà
nella memoria del popolo
per lungo tempo.
La RDT, così come era,
non è un valore da conservare, ma ci sono conoscenze ed esperienze nella
scienza, nell’educazione,
nella cultura, nella politica
estera che vanno riprese.
Purtroppo molte cose non
ci saranno più, nel nuovo stato tedesco: né i prezzi popolari degli affitti, né
il sistema della sicurezza
sociale, né i tanti asili nido, né i pari diritti conquistati dalle donne, e, infine, neanche i diritti del
lavoro. Molte di queste cose sono valori che andrebbero ripresi dalla Repubblica federale tedesca. Nel
nostro paese non era tutto sbagliato, come anche
nella Repubblica federale
tedesca non è tutto giusto.
Non è dunque da escludere che la Germania unificata risulti una variante
peggiore della RFT.
In questi giorni è finita
con la RDT. I miei amici
ed io non siamo proprio
entusiasti. Non verso lacrime per la RDT di Honecker, ma sono triste per
la scomparsa di una Repubblica democratica tedesca che poteva nascere con
consapevolezza e autocritica, dopo 40 anni difficili
attraversati da speranze e
fallimenti, piccole e grandi tragedie, da un popolo
che, senza lo squallido rituale del passato, aveva
veramente iniziato a discutere collettivamente.
L’euforico volo nell’unità è diventato una caduta,
un precipitare. Era troppo
grande rimpazienz.a; la situazione economica era disastrosa ed i desideri di
consumo dei cittadini irrefrenabili. Ma è sufficiente
distribuire banane e grossi
wiirstel per congiungere
due parti divise? Il diritto dei popoli, una unità
politica ed economica che
non discrimini, la possibilità di un accordo reciproco sono ancora tutte questioni da realizzare.
Friedrich Schorlemner
(trad. di Manfredo Pavoni)
IMMIGRATI
La legge e r«ordine»
Le difficoltà per ottenere il permesso di soggiorno e gli
arbitrii del meccanismo giuridico per la regolarizzazione
L’applicazione della legge 39 sul soggiorno degli extracomunitari, affidata alle circolari in libera uscita, determina confusione e incertezza di diritto. Alla fine negli immigrati e in noi ha ingenerato una
valutazione molto sfavorevole della stessa legge.
Da circa un anno, volontari italiani e
stranieri sono assorbiti dalle mille difficoltà che bisogna superare per far ottenere il permesso di soggiorno. E’ indubbio un fine importante: la carta per la
cittadinanza sociale.
Ma quanti altri problemi da risolvere!
La casa, il lavoro, l’inserimento, l’integrazione, la cultura come identità, la qualificazione o riqualificazione professionale,
la messa a frutto della professionalità.
Tutto questo vasto campo di interessi e
di interventi è messo da canto, e non solo
da noi, ma anche dagli Enti locali e dal
governo nazionale.
In verità anche il meccanismo giuridico
della regolarizzazione, che doveva servire
a rendere « visibili » gli immigrati, a liberarli dal peso della clandestinità e del
lavoro nero, a dare in mano alla polizia
uno strumento umano e delicato, alla fine
si sta rivelando arbitrario e ingannatore.
Arbitrario, perche la flessibilità di cui
parlano anche le circolari ministeriali,
nel concedere il permesso di soggiorno è
divenuta sensibilità verso certe parti politiche, a cui aderiscono determinate asr
sociazioni, abilitate, più di altre, a collaborare e a certificare condizioni e requisiti per l’ottenimento del permesso di
soggiorno.
In fondo chi amministra questa legge,
nel bene e nel male, ma più nel male che
nel bene, è la polizia. Non sfugge a nessuno il peso di questa sconsolata constatazione.
Ingannatore, perché il meccanismo di
regolarizzazione dipende dall’esperienza
materiata dal racconto, dalle richieste, a
volte dallo sgomento degli immigrati. C’è
stata, in prossimità del 29 giugno (termine ultimo per la regolarizzazione) una
propaganda sempre più insistente rivolta
verso gli immigrati giunti in Italia dopo
il 31.12.89. La promessa allettante era la
concessione di un normale permesso di
soggiorno.
Ora per tutta risposta fioccano i decreti di espulsione per mancanza di requisiti o addirittura per motivi attinenti
all’ordine pubblico, o si concedono permessi di soggiorno inutilizzabili, perché
recano la scritta « ingresso in Italia in
data.... 1990 », quando la legge lega la possibilità di lavoro degli extracomunitari e
apolidi alla condizione che siano « presenti in Italia alla data 31 dicembre 1989 ».
Alla fine tutte queste alchimie, che hanno il sapore dell’ipocrisia, mettono a dura
prova la tua ferma convinzione che la
terra è di tutti e che le leggi, pur necessarie, devono confrontarsi con questo
principio, che dovrà funzionare quale
pietra angolare della politica della interdipendenza e della cooperazione internazionale.
Con ciò si perdono tutte le migliori attese che si erano fatte strada. Si spera
di recuperarle nell’ambito della legislazione regionale, che, per quanto riguarda
la mia regione, la Sicilia, tarda a venire.
Alfonso Manocchio
DIBATTITO
Le critiche a Seoui ’90
Il dibattito del nostro
settimanale mi coglie mentre sono impegnato in un
approfondimento del significato e del messaggio dell’epistola di Giacomo. E
mi è venuto spontaneo un
accostamento a ciò che si
legge in Giacomo 2: 14:
« A che serve, fratelli miei,
se uno dice di avere fede
ma non ha opere? ». Lo so
che la domanda, in questo paragrafo dell’epistola,
è formulata in modo provocatorio: già l’uso della
nozione di giovamento lo
dimostra. Avere o non avere fede è qualcosa che non
può essere determinato da
considerazioni di utilità,
perché basterebbe la presenza di questo secondo fine a snaturare compietamente la « fede ». Inoltre
il V. 14 non parla di uno
che ha fede, ma di uno
che dice di avere fede —
si potrebbe anche parafrasare, tenendo conto del carattere provocatorio della
domanda: Se uno pretende di avere fede...
L’ipotesi del v. 14 è che
a questa pretesa di fede
non si accompagnino « opere ». Da Lutero in poi siamo abituati a prendere con
diffidenza ogni menzione di
« opere », formati come
siamo dal linguaggio paolino che usava quasi sempre « opere » nel senso di
« opere della legge », e
spesso lo precisava, mettendo proprio le parole
delia legge dopo opere (cfr.
Romani 3: 28: « L’uomo è
giustificato per fede, senza
le opere della legge »). Paolo predicava e scriveva nel
quadro di una ricorrente
polemica con credenti che
sostenevano: « Se voi non
siete circoncisi secondo il
rito di Mosè, non potete
essere salvati » (Atti 15: 1)
e che rimproveravano gli
apostoli — non solo Paolo, ma nella fattispecie anche Pietro — dicendo: « Tu
sei entrato in casa di uomini non circoncisi, e hai
mangiato con loro » (Atti
11: 2. Per un esempio nella vita di Paolo, cfr. Galati 2: 11-13). In questa situazione Paolo sottolinea
che invece è soltanto la
grazia di Dio in Cristo, e
la fede in lui, a salvare.
Quando Giacomo invece
usa il termine « opere » lo
usa piuttosto nel senso della solidarietà e carità descritte da Gesù in Matteo
25: 35 e 40. Oppure in Matteo 5: 16. Ciò è precisato
in Giacomo 2: 18 (fine del
versetto): « con le mie opere ti mostrerò la mia
fede » — la fede che ho,
non solo quella che pretendo di avere. D’altra parte, però, « ti mostrerò la
mia fede » e soltanto la
mia fede — non la mia
« giustizia che viene dalla
legge» (Galati 2: 21; 3: 21;
Romani 10: 5). Nella situa
zione di Matteo 25: 35 e
40 la testimonianza di fede è data mediante « opere » come in Matteo 5: 16
e Matteo 11: 4-6. Opere che
non vogliono né devono
essere nulla più che testimonianza, e che non vogliono né devono avere nulla da spartire con il tentativo o l’illusione di « salvarsi per opere » — ma
opere che sono indispensabili per non commettere
Terrore descritto in Giacomo 2: 15-16: « Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del
cibo quotidiano, e uno di
voi dice loro: Andate in
pace, ecc., ma non date loro le cose necessarie al
corpo, a che cosa serve? ».
Penso che a Seoul la solidarietà era un’opera di
necessità più immediata
che non la stesura di un
perfetto documento teorico — purché quella solidarietà mostrasse la nostra fede.
Bruno Corsani
l
9
OTTOBRE 1990
COSTITUENTE PCI. INCONTRO CON PETRUCCIOLI:
FEDE E DMCITÀ. CRISI DEL GOLFO. LE RISPOSTE INCERTE DEL PACIFISMO CRISTIANO. ISLAM. MOSCHEA
A ROMA PER QU/CE TESTIMONIANZA? ETICA. FILIALITÀ, RELAZIONE CHE INTERROGA MADRI E PADRI
Una copia lire 5.000. Abbonamento annuo lire 50.000. Sostenitore lire 10C.000.
Versamento sul c.c.p. 61288007 intestato alla Cooperativa Com Nuovi
Tempi, via del Banco di S. Spirito, 3 ■ 00186 Roma. Tel. 06/6864733-6893072.
3
26 ottobre 1990
prospettive bibliche
LE ORIGINI DI UN CONCETTO COMPLESSO
La «guerra santa» nella Bibbia ebraica
L’espressione « guerra santa » è
estranea alla Bibbia ebraica, che rion
conosce l’idea di una guerra di religione da condurre contro gli infedeli
e neppure la concezione quasi sacrale della guerra come luogo dell’espressione del valore e dell’eroismo.
Vi sono però numerosi testi, a cominciare da Es. 14 e 15, in cui Jhwh
appare con i tratti del guerriero (Es.
15: 3) e che presentano le guerre che
Israele ha combattuto, per occupare
e poi per mantenere la terra promessagli da Dio, come guerre di Jhwh.
In Deut. 20 vi è addirittura una regolamentazione riguardante il modo
di condurre queste guerre, di cui
Jhwh è il protagonista a fianco, anzi
alla testa, del suo popolo.
Problemi di natura storica
La presenza di questa massiccia
teologizzazione della guerra pone
molti problemi, innanzitutto di natura storica. Che parte ha effettivamente avuto la guerra nell’insediamento
degli israeliti in Canaan? Considerazioni di vario tipo (in particolare il
confronto con l’archeologia e l’esame
attento delle fonti bibliche, in primo
luogo del cap. 1 dei Giudici, che testimonia una penetrazione limitata
alle zone meno abitate dell’altipiano)
hanno portato la maggioranza degli
studiosi a pensare che il progetto di
conquista militare di tutto Canaan
da parte di tutto Israele sia la rilettura posteriore di eventi assai più
modesti, cioè la penetrazione lenta,
iniziata dai territori più poveri e spopolati.
L’occupazione di Canaan
come insediamento
Solo in un secondo tempo si sarebbe giunti a scontri con la popolazione
cananea, certamente più limitati di
quanto non appaia dalla Bibbia. L’occupazione di Canaan non. sarebbe
dunque una conquista, ma un insediamento, favorito anche dal decadere delle città-stato. Il problema della
« conquista » è assai complesso, e vi
sono perciò vari altri tentativi di ricostruzione storica. C’è chi vede dietro ai racconti biblici della conquista
il ricordo di una rivoluzione (di gruppi già sottomessi al dominio delle
città-stato); altri attribuiscono i nuovi insediamenti riscontrabili nel passaggio dall’età del bronzo a quella
del ferro (XIII-XII sec.) in larga parte a mutamenti sociali interni alla
società cananea; c’è chi pensa che
l’occupazione di Canaan da parte dei
nuovi venuti sia stata preceduta da
un periodo, anche lungo, di simbiosi fra gruppi che praticavano un nomadismo già gravitante intorno alla
terra coltivata. Tutti questi « modelli », per quanto diversi fra loro, hanno in comune il rilievo nullo che attribuiscono ad una conquista bellica.
Se anche la realtà storica non ha
conosciuto guerre di conquista, e se
le « guerre di Jhwh » appaiono allora piuttosto opera di una rilettura
posteriore, rimangono comunque aperti vari altri problemi. Innanzitutto c’è da chiedersi chi e perché ha
operato questa rilettura del processo di sedentarizzazione come guerra
di Jhwh. Per non parlare poi dell’interrogativo più radicale: non è francamente inaccettabile un discorso
che connette così strettamente Dio e
la guerra?
11 riacutizzarsi del conflitto arabo-israeliano porta con sé il rischio
che gruppi opposti ne radicalizzino gli aspetti integralisti. Lo studio di
Daniele Garrone, presentato a due convegni di monitori (a Milano e a
Mestre, nello scorso settembre) affronta, nella consapevolezza dei rischi
del caso, la problematica del concetto di «guerra santa» ; viene così sgombrato il campo da banalizzazioni o interpretazioni semplicistiche, (red.)
Ma prima di affrontare queste questioni occorre richiamare brevemente i termini in cui la Bibbia ebraica
parla delle guerre di Jhwh, a partire
da un famoso studio di Gerhard von
Rad, nel quale egli ha delineato i tratti ricorrenti di un vero e proprio
schema della guerra di Jhwh. L’esercito che combatte queste guerre viene costituito, di volta in volta, al suono del corno (es. Giud. 3: 27) o con
rinvio di un pezzo di carne (es. Giud.
19: 29ss). Una volta costituito, l’esercito è chiamato « popolo di Jhwh »
(es. Giud. 5: 11-13) e si sottopone a
regole di purità e di ascesi (es. Gios.
3: 5). Prima della battaglia, dopo
aver eventualmente pronunciato voti
e offerto sacrifici, si richiede un oracolo divino. La risposta, comunicata
in genere dal capo o da un profeta,
ha la forma: « Jhwh ha consegnato
NN nelle vostre mani » (es. Gios. 2:
24 o 6: 2, 16). A questo punto l’esercito può partire, sapendo che Jhwh
marcia davanti a lui (es. Deut. 20: 4)
0 combatte per lui (es. Es. 14: 4, 14,
18). L’esercito perciò non deve avere paura, ma credere in Dio (es. Es.
14: 13 e Deut. 20: 3). Saranno i nemici ad essere presi dal terrore (es.
Es. 15; 14-16), che potrà addirittura
essere un panico (Gios. 10; lOss.) o
una confusione che li porta ad uccidersi fra loro (es. Giud. 7: 22). Dopo
la vittoria, viene praticato l’interdetto: uomini e animali vengono sterminati, oro e argento sono posti nel
tesoro di Jhwh; cioè non si fanno né
prigionieri, leggi schiavi, né bottino;
1 frutti della vittoria non sono trattenuti, ma destinati e « simbolicamente » consegnati all autore della
vittoria. A questo punto, l’esercito è
congedato con le parole « Alle tue
tende, Israele! » (es. 2 Sam. 20; 1).
L'istituto della guerra e
la lega delle 12 tribù
Per von Rad, sebbene in nessun
testo siano presenti contemporaneamente tutti gli elementi dello schema
ora delineato, questo tipo di conduzione della guerra rivelerebbe un vero e proprio istituto della guerra di
Jhwh. Sarebbe questo il modo con
cui furono effettivamente condotte
non le guerre della conquista — qui
von Rad concorda con gli storici
menzionati sopra — ma le guerre
dell’epoca dei Giudici. Il tipo di coscrizione e di combattimento e la relativa « ideologia » sarebbero propri
della lega delle 12 tribù, prima della
monarchia. L’avvento della monarchia, interessata ad eserciti stabili e
addestrati, avrebbe accantonato questa concezione della guerra di Jhwh,
che sarebbe poi stata rispolverata
solo nel VII secolo, dal re Giosia, che
avrebbe visto nella vecchia leva popolare un possibile strumento per la
sua politica territoriale.
Appare qui un elemento indubbio,
cioè la distanza tra la concezione della guerra propria della monarchia e
la visione carismatico-popolare delle
guerre di Jhwh. Tuttavia, oggi, nessuno ravvisa più nella guerra di Jhwh
una istituzione peculiare ad Israele.
A parte che oggi non si conta più
sulla possibilità di ricostruire atten
dibilmente le forme di esistenza dell’Istraele prestatale (e quindi è caduta l’ipotesi dell’anfìzionia, la lega sacra delle 12 tribù), vi è poi il fatto
che i testi che presentano lo schema
della guerra di Jhwh sono tutti recenti e appartenenti alla scuola del
Deuteronomio. La guerra di Jhwh è
dunque una finzione letteraria, una
ricostruzione « ideale », una interpretazione di fatti, non un istituto preciso.
Oggi si è poi molto più coscienti
del fatto che, anche in questo campo,
Israele condivideva molte delle concezioni tipiche della sua epoca e del
suo ambiente. Il tutto il Vicino
Oriente, vittoria o sconfitta militare
hanno a che fare con la divinità. La
« teologizzazione » della guerra è un
dato comune a tutto l’antico Vicino
Oriente. Ciò che invece appare peculiare ad Israele è il modo in cui viene
presentato l’interdetto: secondo lo
schema della guerra di Jhwh non si
tratta di un voto particolare fatto in
determinati casi, ma della norma.
Ogni vittoria dev’essere per così dire disinteressata; nulla deve rimanere in mani umane di ciò che Dio
stesso ha conquistato.
€f Non con la loro spada...
né per il loro arco »
Un’altra differenza ci aiuta a capire che cosa si proponeva l’ideologia
della guerra di Jhwh in Israele, perché appunto di ideologia, di rilettura si tratta. Nell’antico Vicino Oriente, l’attribuzione di una vittoria ad
un dio serve di norma a legittimare
il re che a quel dio è legato. Nella
Bibbia ebraica questa funzione di
legittimazione della monarchia non
è presente, anzi; la guerra di Jhwh è
proprio la guerra del periodo prima
della monarchia e senza monarchia,
senza esercito stabile e addestrato, è
la guerra di un popolo che vince per
miracolo, senza istituzioni preposte
alla sicurezza. « Non con la loro spada... né per il loro arco » (Sai. 44: 4):
la rilettura del passato premonarchico d’Israele in termini di guerra di
Jhwh è lo sviluppo narrativo di questa idea. Se dunque l’ideologia della
guerra di Jhwh intendeva legittimare
qualcosa, allora si tratta non della
monarchia ma della teocrazia, cioè di
una concezione secondo cui Israele
deve contare solo su Dio, a cui deve
consacrarsi con zelo totale, sapendo
che egli proteggerà i suoi. A ben
guardare, la guerra di Jhwh non legittima affatto le guerre che normalmente si combattono, è talmente
« ideologizzata » che nessun generale
la vorrebbe combattere; senza preparazione, spesso a forze impari, attendendo solo che Jhwh intervenga col
suo terrore, sapendo che dalla vittoria non si trarrà alcun beneficio materiale.
Ricordando che si tratta di una rilettura, possiamo cogliere altri elementi. Il risultato delle guerre di
Jhwh è la tranquillità e sicurezza
d’Israele. Se gli ultimi decenni della
storia di Israele e Giuda sono segnati, stando alla testimonianza biblica,
dal tentativo di avere sicurezza tramite il calcolo politico e la strategia
delle alleanze, l’esilio ne è il tragico
epilogo. La rilettura del passato remoto in termini di guerra di Jhwh
mostra come avrebbe potuto e dovuto comportarsi Israele, cioè aspettandosi la pace da Dio e non da una
strategia realistica. Inoltre, l’intransigenza di una conquista che spazza
via senza pietà gli abitanti cananei
(gli adoratori degli dei, non dimentichiamolo) è l’esatto contrario di ciò
che di fatto avvenne; sincretismo, integrazione dell’intransigente Jhwh
deirEsodo con le forme e le divinità
del politeismo deU’ambiente.
Dall’ideologia
verso la rifondazione
La « ideologia » della guerra santa
è dunque la rivisitazione in termini
teocratici, carismatici e intransigenti
della storia passata d’Israele, in vista di una rifondazione su basi fideistiche ed esclusiviste. Per capire che
cosa si volesse dire non basta fermarsi al semplice fatto che si attribuiscono a Dio le vittorie del passato: questo fa parte dell’orizzonte culturale in cui Israele è inserito. Ciò
che va colto è il come questo avviene: tutto è attribuito all’azione di
Dio, slegata dal concorso delle istituzioni umane e capace di annullare
ogni opposizione.
E’ innegabile il carattere ideologico assai totalizzante che la teoria della guerra santa riveste. Essa non intende soltanto rileggere in chiave teocentrica la storia d’Israele o proporre
una ideale concezione carismatica del
popolo di Dio, ma anche fornire una
identità monolitica e intransigente,
quella che serve a sostenere il ritorno dall’esilio e la ricostruzione. Non
è escluso che l’intransigenza contro
i cananei delle guerre di Jhwh abbia
di mira la contrapposizione con i samaritani o con gli abitanti di Giuda
discendenti dei giudaiti non esiliati,
cioè con i gruppi già presenti nella
terra d’Israele al momento del ritorno dall’esilio e poco sensibili al radicalismo « ortodosso » dei nuovi venuti. Ma anche se si scegliesse una
data più alta, prima delTesilio, la
valenza di legittimazione di una politica religiosa militante ed intransigente rimarrebbe ugualmente.
Il quadro non sarebbe però completo se trascurassimo un altro elemento. La Bibbia ebraica applica anche contro Israele l’idea di una guerra di Jhwh. Così ad esempio in Gios.
7: 2-4, per punire la violazione della
legge sull’interdetto, cioè per aver
voluto gestire in modo umanamente
interessato una guerra di Jhwh. Oppure in Ger. 6: 1-6 o Is. 48; 28 o Lev.
26: 35 ss. In Ger. 21: 1-7, il profeta,
richiesto dagli inviati di re Sedekia
di consultare il Signore per sapere
se farà, contro i babilonesi, uno dei
suoi interventi liberatori, annuncia
da parte del Signore; « Io stesso
combatterò contro di voi con mano
distesa e braccio potente, con ira,
con furore, con grande indignazione » (v. 5). Basta ricordare che la
metafora che parla di « mano distesa e braccio potente » è solitamente
usata per i prodigi dell’Esodo, cioè
per la liberazione per eccellenza, per
capire la drammaticità del rovesciamento di prospettiva contenuto in
questa parola di Geremia.
Anche nel caso della guerra di
Daniele Garrone
(continua a pag. Il)
4
4 cultura
26 ottobre 1990
UN « BUSINESS » DILAGANTE
Com'è il tuo oroscopo?
Dal giornali alla televisione, al computer: si diffonde sempre di più la richiesta di spiegazioni sul proprio futuro - Oroscopo, metafora della vita?
« Continua il soggiorno di logia. Dall' oroscopo del
Marte nel vostro segno, che giornale si può poi andare
riguarda in particolare i na- avanti e, studiando, diventi nella seconda decade. Sia tare astrologi. La tecnolofisicamente che psicologica- già, come sempre, segue.
mente siete in gran forma, Oggi sono disponibili soft
e avete voglia di novità.
Nell’amore potete ottenere
il successo che desiderate,
soprattutto se saprete comportarvi nel modo giusto
per il partner... ». E’ il mio
oroscopo della settimana in
corso secondo Horus, l’astrologo del "Venerdì”, il
supplemento di Repubblica.
L’oroscopo è il nostro
contatto quotidiano con l’astrologia. Gli astrologi seri
non cessano però di ripeterci che una cosa sono sii
oroscopi, un’altra cosa è il
colloquio con l’astrologo.
Ammettiamolo pure. Sta di
fatto però che l’oroscopo
del giornale, che viene confezionato con le stesse regole della consultazione
personale con l’astrologo, è
il primo contatto che una
persona oggi ha con l’astro
ASTROLOGIA E MONDO MODERNO
Il bricolage della fede
Denis Muller, professore
di etica alla Facoltà di teologia dell'Università di Losanna (Svizzera), ha appena pubblicato un pregevole
opuscolo sull’astrologia '.
Intervistato, risponde cosi;
— Il fascino dell’astrologia non è senza legami con
lo scoraggiamento di molti uomini e donne a capire
la ricerca della fìsica moderna. In secondo luogo il
fascino dell’astrologia si
spiega per il nuovo interesse verso il destino dell’uomo. L’essere umano
cerca spesso nelle predizioni di tipo astrologico
una risposta alle questioni
che si pone sul senso degli
avvenimenti tristi o gioiosi
della sua vita.
— Tu sei un teologo, perché ti interessi all’astrologia?
— Come cristiano non
posso cancellare l’astrologia dalla storia. Come teologo mi sento interrogato
sia a livello antropologico
che storico. L’astrologia
pone interrogativi sul rapporto con il destino, con il
cosmo, con l’infinitamente
grande. La discussione è
inevitabile perché questi
interrogativi rappresentano una sorta di trascendenza anche nell’astrologia.
Anche se l’astrologia non
sembra porre problemi alle chiese, osservo che essa
ci pone una sfida. In ogni
caso i pEistori sanno sicuramente che alcuni dei loro parrocchiani trafficano
un po’ con l’astrologia.
Mi sembra poi necessario per dei teologi aver una
chiara consapevolezza di
cosa ha rappresentato l’astrologia sul piano storico,
per poi criticarla. I teologi, secondo K. Barth, sono
la coscienza critica delle
chiese.
— Oggi osserviamo un
intreccio crescente tra fede cristiana e credenze astrologiche. Perché?
— I sociologi parlano og
gi di « ricomposizione delle credenze ». Io preferisco
la formula di Edgard Morin che parla di « credenze
ad intermittenza ». Secondo le circostanze della vita,
l’uomo ha una fede più o
meno forte. Si assiste ad
un certo « bricolage » religioso; si prende a destra e
a manca ciò che fa più
comodo; un culto protestante oggi, un discorso
etico cattolico, una previsione astrologica. L’epoca
in cui si apparteneva ad una chiesa e si partecipava
alle sue attività condividendone gli insegnamenti
sta finendo. E’ una illusio
ne credere che la gente
segua gli insegnamenti di
un sinodo, del papa. Oggi
poi non ci sono più i legami di secoli fa tra astrologia e religione panteista.
La gente utilizza metodi e
credenze a suo piacimento.
— Quali sono i limiti deli’astrologia?
— L’astrologia può essere alienante, essere una
sorta di droga, un alibi
piacevole per i più deboli.
Essa spinge ad un individualismo molto diffuso
‘ Denis MULLER, Fascinante
astrologie, Labor et Fides, Genève. 1990, pp. 110.
wäre per farsi da sé gli
oroscopi in modo scientifico.
Analizziamo questi oroscopi. Partiamo dal mio sopra citato. E’ sicuramente
un testo abilmente congegnato. Sembra preciso;
« Marte è nel segno »; allo
stesso tempo è vago: « avete voglia di novità » (sì ma
dove, in che campo?), e molto prudente nei consigli:
« potrete ottenere il successo che desiderate, se saprete comportarvi nel modo giusto ».
Frasi abilmente studiate
per far sì che ciascuno si
riconosca e possa trovare
nell’oroscopo del giornale
la sua immagine riflessa come uno specchio.
Quando consultiamo l’oroscopo vi cerchiamo rassicurazione circa le cose che
vogliamo che accadano.
Nella vita quotidiana la
lettura degli oroscopi è poi
molto spesso im mezzo indiretto eli comunicazione interpersonale. Li si consulta
sovente in gruppi, in famiglia e la loro lettura è spesso utilizzata per comunicare qualcosa che altrimenti
rimane nascosto. C’è dunque anche un uso sociale.
Il testo che viene letto è
interpretato dal lettore che,
nella sua interpretazione,
prende coscienza di alcune
realtà esistenziali che fino
ad allora aveva trascurato.
A ben guardare, questo
meccanismo psicologico
funziona anche se si legge
l’oroscopo di un altro segno, non il proprio. Non
importa cioè la capacità
predittiva dell’oroscopo. In
fondo, come scrive Milan
Kundera, « che si creda o
no alle previsioni astrologiche, l’oroscopo è una metafora della vita ».
SCHEDA
L’astrologia
Astrologia e potere. La regina Elisabetta I racchiude
tutto il cosmo.
L’astrologia è nata a Babilonia. Nelle 22.000 tavolette d’argilla che si conservano al British Museum,
tra i più antichi documenti al mondo che ci rimangono e che costituiscono l’archivio del re assiro Assurbanipal, si possono leggere predizioni astrologiche,
basate sulle osservazioni
astronomiche e meteorologiche che vanno oltre l’anno 1000 a. C. I primi veri
astrologi sono stati i sacerdoti caldei che scrutavano il cielo e il verificarsi delle eclissi per predire
il futuro.
L’astrologia tradizionale
considera i dodici dei del
pantheon dell’epoca come i
simboli dei dodici mesi dell’anno, Ed è proprio per
questo panteismo che i
profeti della Bibbia se la
prendono con gli astrologi. Il dualismo con ZoroL’età di maggior svilup
GIOVANNI CALVINO E L’ASTROLOGIA
Una superstizione diabolica
Giovanni Calvino, il riformatore
ginevrino, ha pubblicato nel 1549 il
suo « Avertissements contre l’astrologie judiciaire » (Avvertimenti contro l’astrologia predittiva, diremmo
oggi).
Alla base delle sue riflessioni, troviamo la distinzione classica tra
l’astrologia naturale (la nostra astronomia) e l’astrologia giudiziaria.
Mentre nei confronti della prima
Calvino è positivo, nei confronti della seconda si esprime ritenendola
una superstizione.
Seguendo gli scienziati del tempo,
Calvino ammette l’idea di una influenza dei corpi celesti sui corpi
terrestri, idea che era già di Tommaso d’Aquino. Calvino chiede però di fare un uso assennato dell’astronomia in campi come la meteorologia e la medicina.
La sua critica è molto severa nei
confronti dell’astrologia giudiziaria.
Essa è una « folle curiosità » che
pretende di « giudicare dagli astri »
tutto ciò che dovrà accadere agli
uomini. Essa è una « superstizione
diabolica ».
Calvino se la prende anche con
gli astrologi che pensano di conoscere il carattere e il comportamento degli uomini sulla base della data di nascita, deH’influenza degli
astri. Calvino distingue tra il dominio del cosmo e la « nuova nascita » degli uomini. Classicamente fa
una distinzione tra « creazione » e
Spirito Santo. Per lui gli astri non
influenzano il mondo; è lo Spirito
di Dio che dà senso all’esistenza
e all’agire dell’uomo. L’astrologia
opera dunque nel campo della creazione e non in quello della salvezza.
Attraverso la sua riflessione sullo Spirito Santo, Calvino pone limiti precisi alla libertà cristiana e
alla vocazione degli uomini. All’azione dello Spirito è riservato il rinnovamento spirituale degli uomini.
La « nuova nascita » si oppone radicalmente alla speculazione dell’oroscopo.
Il riformatore ginevrino discute
poi, ampiamente, la teoria ermeneutica dei « segni ». Per lui anche
quando la Bibbia ricorre agli astri
per dare significato a un messaggio, si tratta sempre di un segno
miracoloso, che oltrepassa il semplice segno della natura fisica.
Il centro della critica di Calvino
all’astrologia predittiva è costituito
dalla opposizione netta tra la « curiosità » e la « fiducia ». La curiosità non è solo superflua, ma può
anche essere nociva. Calvino affer
ma che si può rifiutare la curiosità
soltanto se si ha fiducia nell’azione
di Dio. La curiosità astrologica ci
svia dalla fede in Dio e contemporanearnente dall’impegno verso gli
uomini. L’astrologia predittiva è
dunque sbagliata teologicamente ed
eticamente perversa.
E' sbagliata teologicamente perché permette all’uomo di fare astrazione da Dio e di interrogarsi in
maniera autonoma sul senso della
propria vita e sul proprio avvenire. Essa testimonia il rifiuto di Dio
o, in forma più sottile, l’indebolimento e l’indifferenza verso la fede in un Dio vivente.
Essa è eticamente peiwersa perché la predizione astrale non tiene
in alcun conto gli altri fattori, sociali e storici, che condizionano il
nostro agire. Infatti l’astrologia non
dà spiegazioni che ci aiutino a capire appieno l’ambiguità della libertà umana. Essa deve mettej-c
necessariamente tra parentesi il problema del male e la confessione di
peccato.
L’astrologia prescinde dunque da
Dio, non risolve l’enigma della libertà, del male e del peccato.
Ecco l’attualità del pensiero di
Calvino.
po dell’astrologia si situa
tra il 30 a. C. e il 100 d. C.
« In quel periodo — nota
H. Stierlin, studioso defla
materia — l’astrologia mm
è una semplice moda. Per
la classe dirigente essa è
il mezzo per ottenere e
conservare il potere. E’
uno strumento di governo.
L’astrologia è alla base della architettura, dell’arte,
delle forme di pensiero.
Per i "grandi" dell’epoca,
essa è l’indispensabile mazzo con cui si guarda all’avvenire ».
Certo ci sono state fe:oci critiche aH’astrologia.
Basta ricordare Cameade
e Cicerone, Giovenale, Clemente Alessandrino, i cui
argomenti saranno ripresi
dai Padri della chiesa nella loro polemica. Ma grandi filosofi e scienziati gre
ci deH’epoca vi credevano:
Pitagora, Eraclito, Platone, Aristotele, Aristarco,
Ipparco.
Alla fine del medioevo e
fino al Rinascimento l’astrologia è accettata e insegnata nelle università,
anche se Tommaso d’Aquino si era ferocemente scagliato contro e Calvino la
aveva definita una superstizione diabolica. Keplero
poi farà la distinzione tra
astrologia e astronomia.
Nel 1670 l’astrologia viene
cacciata dalle discipline
universitarie. Da materia
colta diventa materia popolare.
Oggi però si assiste ad
una « riscoperta » colta dell’astrologia. Lo psicanalista
C. G. Jung afferma: « Se
le persone poco istruite
hanno creduto sino ad oggi di burlarsi della astrologia, considerandola una
pseudoscienza, ormai liquidata, questa astrologia si
presenta di nuovo oggi alle porle delle università
che aveva abbandonato tre
secoli fa ».
In altre parole c’è chi,
nel mondo scientifico, pensa che l’astrologia faccia
conoscere aspetti della nostra personalità che potrebbero restare ignoti, che
fornisca elementi preziosi
allo psicologo e allo psicanalista, che ci insegni a
comprendere gli altri.
Pagina a cura di
Giorgio Gardiol
5
26 ottobre 1990
protestantesimo 5
CONGRESSO DELL’ALLEANZA MONDIALE BATTISTA
Impegno per la pace,
la giustizia, l’ambiente
Approvato il « Patto di Seoul »: un impegno per i battisti di tutto il mondo
che riguarda l’evangelizzazione - Un’assise di confronto e di collegamento
Ha concluso i suoi lavori a Seoul (Corea del Sud)
il Congresso dell’Alleanza
mondiale battista, che si è
svolto dal 14 al 19 agosto,
nel complesso olimpico che
ha ospitato le Olimpiadi
del 1988. Tema del Congresso: «Insieme in Cristo».
Vi hanno partecipato oltre
diecimila delegati provenienti da 148 paesi di tutto
il mondo. Più forte del solito la partecipazione sovietica, con 150 delegati, mentre erano presenti numerosi delegati delle chiese battiste dell’Europa dell’est,
che presentano situazioni
di espansione diversificate.
Una grande concentrazione
di battisti è presente in
Romania, con 300.000 membri. Vi è stata ovviamente
un’aita partecipazione delle chiese battiste coreane.
La festa di apertura del
Congresso si è svolta nello
stadio olimpico, con oltre
cinquantamila partecipanti
e duemila battesimi. Altri
ottomila battesimi sono
stati amministrati l’ultimo
giorno del Congresso. I la
vori del Congresso si sono
poi svolti nel palazzetto del
basket. Ha portato ai partecipanti il suo saluto il
primo ministro coreano,
che ha sottolineato la partecipazione delle chiese coreane agli sforzi per la riunificazione delle due Coree.
I giorni del Congresso
coincidevano con i 45 anni
dell’indipendenza coreana,
avvenuta nel 1945. Numerose le testimonianze della
forte espansione dei battisti, soprattutto in Asia, e in
particolare in Corea, Birmania, nel nord-est dell’India, in Africa.
II Congresso aveva anche
lo scopo di rinominare il
Comitato esecutivo dell’Alleanza mondiale battista. Il
danese Knud Wumpelmann
ha sostituito come presidente l’australiano Noel
Vose e come segretario generale è stato eletto Denton Lods.
Il Congresso ha svolto i
suoi lavori dividendosi in
50 seminari su vari temi,
dalla fame nel mondo all’apartheid, alla collabora
L'ingresso allo stadio olimpico di Seoul.
zione tra le chiese, avvalendosi delle testimonianze
dai paesi che vivono situazioni particolarmente critiche. Alla fine dei lavori è
stato letto e approvato il
« Patto di Seoul » in cui
tutte le chiese battiste del
mondo si danno un orien
UN’ESPERIENZA
Il composito mondo battista
La cerimonia di apertura ha inizio alle ore 19 del
14 agosto quando il presidente Noel Vose dichiara
aperti i lavori della 16“
Assemblea dell’Alleanza
mondiale battista. Sulle
gradinate dello stadio ci
sono almeno 10.000 persone e per avere un’idea della varietà del mondo battista basta guardarsi attorno.
Tra gli anonimi abiti occidentali, spiccano i brillanti colori dei costumi asiatici ed africani, mentre
mi pare di vedere nei volti attenti alle parole dell’oratore tutte le razze della terra.
Sopra le nostre teste,
dominante tutta la sala, il
motto del congresso: « Together in Christ » (Insieme in Cristo). I lavori duranno dal 14 al 19 agosto.
La musica occupa un posto rilevante nel programma. Ogni giorno si possono ascoltare brevi concerti di solisti, quartetti, e di
almeno due corali, alcune
di queste ultime venute apposta anche dall'estero per
l’occasione. Il 16« congresso sarà sicuramente ricordato per la presenza dell’Europa al gran completo, russi, polacchi, romeni, bulgari, ungheresi e tedeschi dell’est hanno preso posto forse per la prima volta, dopo molti anni, in questo consesso mondiale.
Per altri nostri fratelli
partecipare a questo incontro non è stato cosa facile. I battisti libanesi, ad
esempio, hanno lasciato il
loro paese sotto il fuoco
dei bombardamenti ed i loro racconti hanno rievocato in me lontane esperienze mai dimenticate. Pochis
simi anche i nostri fratelli del Centro America, che
hanno scosso la tranquilla
routine della nostra vita
con il racconto drammatico del calvario dei loro popoli.
Poi battisti del Sud America e del Nord America,
australiani, neozelandesi,
giapponesi, indiani, ed infine come non citare i nostri fratelli coreani, che ci
hanno prima sommersi
con il loro numero e poi
sbalorditi con la straordinaria vitalità delle loro
chiese?
L'Unione battista coreana ha fatto gli onori di
casa ed ha curato l’organizzazione così complessa
della convention in modo
ineccepibile.
Le relazioni vengono presentate divise per continente o per grandi aree geografiche: Europa, Sud America, Nord America, Sud
Pacifico ed i grossi problemi non riescono ad emergere.
Tutto viene presentato
in modo molto generale e
molto sintetico. Anche nei
gruppi di lavoro, dove il
numero dei partecipanti è
molto ridimensionato, non
c’è tempo per dibattere
tutti i gravi problemi che
vengono presentati.
Questo piccolo universo
battista nel quale mi sono mescolata, questo campione così vasto e così indicativo che ho avuto sotto gli occhi mi ha lasciata di volta in volta sorpresa, sbalordita, interdetta e ammirata.
Ho, ad esempio, parte^
cipato ad una riunione di
preghiera che sarebbe durata l'intera notte. La chiesa (la più grande chiesa
battista del mondo) eonta
15.000 posti ehe erano tut
ti oecupati. Buona parte
dell’assemblea radunata
era eostituita da donne giovani ehe avevano portato
con loro i bambini piccoli,
i quali dormivano placidamente sul pavimento ai loro piedi.
Durante i culti ho spesso sentito migliaia di persone che all’invito del pastore iniziavano a pregare
tutte insieme ad alta voce, ciascuna per proprio
conto. Alcune chiese coreane hanno questa abitudine, Ho ascoltato pastori
neri urlare letteralmente il
loro messaggio tra gli applausi della congregazione.
Ho partecipato sulle rive del fiume ad una riunione battesimale con 10
mila catecumeni. Mentre i
pastori battezzavano, la
gente passeggiava sull’argine scambiandosi saluti,
abbracci, sorrisi in un’atmosfera di grande festa.
Anche nella celebrazione
della Santa Cena ci sono
delle diversità. In Corea,
ad esempio, dove il pane
è sconosciuto nella dieta
del popolo, si usa al suo
posto una piccola ostia fatta di farina di riso ed invece del vino si beve succo d’uva.
Nella Righetti
(da ij Barhèt)
tamento per i prossimi dieci anni, fino al 2(K)0, partendo da una seria riflessione teologica. Il documento sottolinea la chiamata a evangelizzare e formula delle affermazioni su
giustizia, pace e salvaguardia del creato che ricalcano quelle dell’altra grande
assemblea che si è svolta
a Seoul nel marzo scorso,
quella convocata dal Consiglio ecumenico delle chiese.
Trattandosi di un patto
tra battisti, si insiste su
una specifica identità propria del movimento battista, ma vi è consonanza sui
problemi generali con le
altre chiese del mondo.
Il Congresso, così come
l’Alleanza mondiale battista, non ha potere decisionale, ma piuttosto una
funzione di collegamento
tra le chiese battiste nel
mondo (per un totale di 35
milioni di membri), in coerenza con il principio di autonomia che regola le chiese battiste. Il Congresso di
Seoul ha avuto quindi anche il carattere di una
grande festa, con la partecipazione di cori da tutto il
mondo e espressioni delle
varie culture. Questa grande manifestazione è stata
interamente finanziata da
tutte le chiese battiste del
mondo, con uno sforzo particolare da parte delle chiese della Corea, che contano oltre 3(K).000 membri.
Dall’Italia hanno partecipato al Congresso il pastore
Paolo Spanu, presidente
dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, e
Elena Ramírez, in rappresentanza del movimento
femminile battista, ed altri
osservatori a titolo personale. Il prossimo appuntamento del Congresso, che
si svolge ogni cinque anni,
è per il 1995 in Argentina.
(nevi
Il Cenacolo
MEDITAZIONI PER OGNI GIORNO
L’abbonamento :
L. Itt.OOO per l’Italia e L. 12.000 per l’estero
sul ccp n. 26128009 intestato a :
« IL CENACOLO » ■ via Firenze, 38 - 00184 ROMA
Chi lo desidera può ottenerne una copia in saggio.
URSS
Nuova legge sulla
libertà religiosa
MOSCA — La legge sulla « libertà di coscienza e
sulle organizzazioni religiose » approvata dal Parlamento sovietico tra il 26
settembre e il 1“ ottobre va
più lontano dei precedenti
progetti. Dopo decenni di
persecuzioni religiose in
URSS, essa afferma ormai
la separazione tra chiesa e
stato, autorizza l’insegnamento religioso nelle scuole di stato e sopprime il finanziamento della propaganda antireligiosa da parte dello stato, mettendo anche fine ai controlli delle
istituzioni religiose da parte dello stato stesso.
Il progetto di legge sulla
religione attualmente in discussione al Parlamento
della Repubblica socialista
federativa sovietica russa
(RSFSR) va ancora più in
là, e prevede l’accesso del
clero all’esercito e nelle
prigioni, proponendo inoltre di rendere Pasqua e
Natale giorni festivi. Sarà
interessante sapere quale
dei testi di legge sarà poi
applicato.
La nuova legge sovietica
dichiara uguali di fronte
alla legge tutte le religioni.
1 gruppi religiosi sono ormai liberi di organizzare
dei corsi, di inviare studenti all’estero e di accogliere degli studenti nel
quadro degli scambi. Possono anche fondare delle
società, delle fratellanze,
delle associazioni e altre
forme di organizzazione.
Alexis II, patriarca della
Chiesa ortodossa russa, ha
dichiarato che la chiesa è
soddisfatta di questa legislazione e spera che tutte
le scuole statali autorizzino
l’istruzione religiosa. Egli
ha inoltre proposto la creazione di un organismo che
aiuti il restauro delle innumerevoli chiese in rovina o utilizzate come magazzini o officine dai precedenti governi.
(BTP/SOEPI)
LIBERTA’ RELIGIOSA
Scuola domenicale
in Unione Sovietica
MOSCA — Subito dopo
la presentazione del decreto del Soviet supremo che
ristabilisce la libertà religiosa in URSS, una donna
pastore protestante ha aperto, in ima parrocchia
ortodossa a 100 chilometri da Mosca, la scuola
domenicale con la prima
lezione. E’ successo, alla
presenza di molta gente,
domenica 30 settembre a
Volokolamsk. Dopo 72 anni di interruzione riprendeva la scuola domenicale. Decine e decine di ragazzi e ragazze, circondati
dalle loro famiglie, sono
stati accolti nella parrocchia. Casualmente si trovavano laggiù anche una quindicina di rappresentanti
dell’Associazione mondia
le per la comunicazione
cristiana (WACC), che tenevano a Mosca la seduta annuale del Comitato
permanente per la regione
europea.
Invitati dal metropolita
Pitirim, presidente del dipartimento per la comunicazione del Patriarcato
di Mosca, essi hanno potuto vedere di persona la
situazione e cogliere le aspettative delle chiese in
URSS.
Così Line van Baalen,
pastore di una parrocchia
protestante della cintura
ginevrina, ha inaugurato la
ripresa delTinsegnamento
cristiano. Un piccolo avvenimento, portatore, però,
di una grande speranza.
(BIP)
VI SETTIMANA ECUMENICA PER LA PACE
26 novembre - 2 dicembre
PREGARE INFORMARE AGIRE
PER LA GIUSTIZIA, LA PACE,
LA SALVAGUARDIA DEL CREATO
Una settimana di iniziative e di preghiera,
di informazione e di azione ecumenica
promosse da quarantuno associazioni e
movimenti cattolici, protestanti ed ebraici
in ogni parte d’Italia nello spirito delle
Assemblee di Basilea e di Seul
Richiedere la 'BUSTA SEP al Comitato organizzativo,
do Contro Interconfoeslonalo por la paco, via acciaioli 7,
(X)186 Roma, tei. 06/65.40.661 - ccp. 56.70.2004
costo: L 10.000 (-1 3.000 per spese postali)
6
cultura
26 ottobre 1990
L’IMPEGNO ETICO DEL CREDENTE
Teologia e società
La teologia della croce come « parola di contraddizione » - Andare oltre
etica del pacifismo totale per riscoprire le potenzialità della trattativa
Se si potesse rappresentare con una frase, con un
breve slogan il contenuto,
lo spirito che anima un libro vorrei utilizzare per illustrare l’opera del prof.
Sergio Rostagno' un pensiero di Antonin Artaud,
che suona così: «Non siamo ancora al mondo, non
c'è ancora mondo, le cose
non sono ancora fatte. Tutto si discute ».
Proprio così, questo libro
ha la grande qualità di essere scritto in uno stile interlocutorio di discussione
e confronto aperto con il
lettore, e dunque non solo
discute, pone interrogativi
sottili, ma fa discutere in
modo mai scontato chi lo
legge.
Il libro è diviso in tre
parti principali ed è preceduto da ima presentazione
che chiarisce i presupposti,
le domande, gli incontri
che hanno suscitato l’idea
di scriverlo. Come viene
spiegato nella presentazione, l’interlocutore principale è il mondo moderno.
Non è la chiesa cattolica
o una polemica contro di
essa, ma piuttosto è il rapporto tra protestantesimo
e mondo moderno il binomio su cui si sviluppano i
capitoli seguenti.
Azione ed
enunciazione
Il problema che sta a
cuore all’autore mi sembra
essere quello del rapp>orto ,
tra azione e enunciazione,
tra la severità, la grandezza di alcune affermazioni di
principio (oggi si direbbe
la carta degli intenti) e
ciò che ne deriva nell’agire, nella precarietà delle
nostre scelte. Un libro polemico dunque, che non
può non mettere in discussione il protestantesimo
moderno. Non è un libro
segmentato, o forse lo è
esclusivamente nello stile
con cui è stato scritto, nell’ordinamento dei capitoli.
La linea di continuità c’è,
e si capisce molto bene, ed
è la chiave di lettura non
solo di questo libro ma di
tutta quanta la parabola
evangelica: la teologia della croce. La teologia della
croce è una delle parole
più inflazionate nel nostro
immaginario biblico; si
parla di croce, ma forse
non si sa più che cosa voglia dire. Lo sforzo dell’autore sta nel tentativo di riformulare un’etica partendo dal discorso della croce. In questa operazione è
importante lasciare aperto
il rapporto tra i nostri atti
e la novella dell'Evangelo.
Da un lato c’è l’Evangelo,
dall’altro ci sono io, i miei
atti, ed è bene lasciare,
partendo da Lutero, le due
cose distinte e non tradurre tout court il linguaggio del)’Evangelo nella
prassi dei miei atti.
L’autore però si sforza
di dire di più, di non lasciare le cose semplicemente così enunciate. Esiste un’analogia tra l’Evangelo e la nostra prassi,
come aggiunge l’autore:
« l’essere umano stesso,
criterio per Dio e nello
stesso tempo per me. C’è
qualcosa che dà le vertigini in questa scoperta: anche per il Regno di Dio e
per l’azione divina l’essere
umano è criterio ».
In questa capacità di
scoprirci interdipendenti
gli uni con gli altri, in questo bisogno di relazione e
nell’umiltà di riconoscerci
funzioni gli uni per gli altri troviamo il senso di
questo libro e forse della
teologia della croce. Per
l'autore proprio la diversità, il contrasto, la contraddizione sono il parametro
del Regno di Dio; « Non
perciò un modello eroico e
solitario ma la possibilità
umana di stabilire relazioni va collocata ai massimi
vertici dell’etica ». Allora
la parola della croce non
è solo una parola del « totalmente altro » o delle
scelte radicali e definitive.
Per l’autore non abbiamo
bisogno « di eccessi per
credere in Dio». Al contrario è proprio nel vivere
le difficoltà, nel prendersi
le grane, nel confrontarci
senza riserve con la complessità del mondo che
possiamo recuperare una
autenticità evangelica. Come nel capitolo sulla teologia della croce in Lutero
nel quale l’autore costruisce una critica moderna e
stimolante alla teologia luterana e ne ricerca una interpretazione propria, originale.
In sintesi la teologia della croce è una sfida, un
alt, alla teologia che non
riesce a liberarsi di im
dialogare attraverso messaggi paradossali o « sin
tesi maestose e totalitarie ». Dunque la teologia
della croce è una parola
di contraddizione non facilmente predicabile, una
parola che lascia aperto il
discorso, che non fissa e
stabilisce la verità. Così il
credente non è al riparo
dalla contraddizione, dall’inquietudine, ma vi è inserito.
Interrogare
la complessità
Nei capitoli seguenti, ricchi di spunti e stimoli, l’autore cerca un confronto
con Barth, Marx, Paolo e
Gesù, con la filosofia e la
sociologia moderna, sempre con il metro della apertura, della mediazione,
dell’interrogare la complessità senza risolverla.
Certo su alcune cose è
possibile discutere e forse
è questo il fine del libro.
L’ultima parte per me ha
costituito indubbiamente
una novità che pone dubbi e questioni.
Mi riferisco al problema
della pace e dei credenti
e delle scelte etiche in proposito. Secondo l’autore è
superata, o è superabile,
un’etica del pacifismo totale, della nonviolenza profetica, del martirio. Invece andrebbe rivalutata la
trattativa e la mediazione.
Citando Comenio, l’autore
propone il superamento
della conflittualità attra
verso im tribunale della
pace. Non è possibile ridurre l’intervento del credente nella questione della pace a una confessione
di fede. Per l’autore è necessario un discorso capace di interloquire con i
politici, con i rappresentanti dei governi, capace di
proporre soluzioni reali e
credibili.
Indubbiamente ci sarebbero anche altri esempi,
come quello di Gandhi o
della teologia della liberazione, ma mi pare che la
proposta di essere credibili, di saper dialogare con
tutti, di non essere né al
di qua né al di là della contraddizione umana debba
essere presa sul serio. Allora questo libro non è
esclusivamente indirizzato
agli operatori sociali o ai
diaconi. Il libro è un’occasione di stimolo, di confronto per coloro che, teologi, credenti, persone in
cammino, si pongono in
modo serio il problema di
una ricerca autentica, di
un’etica evangelica sobria,
discreta, seria ma non retorica, profonda ma non
sovrumana, capace di autocritica, di correzioni di
rotta e anche per questo
di speranza.
Manfredo Pavoni
‘ S. ROSTAGNO, Teologia e
società - Saggi sull'impegno etico, Torino, Claudiana, 1989,
pp. 168, L. 22.000.
UN TESTO DI BONHOEFFER
Una pastorale evangelica
Un corso di teologia tenuto segretamente sotto il nazismo - Un capitolo dedicato alla cura d’anime dei pastori
Nella « piccola collana
moderna » l’editrice Claudiana pubblica — e questo
avviene per la prima volta
in lingua italiana — il testo
di un corso di teologia tenuto sotto il nazismo nel
seminario clandestino di
Finkenwalde dal teologo luterano Dietrich Bonhoeffer^
Dopo una breve presentazione di Eberhard Bethge,
a suo tempo presente al seminario, il pastore Ermanno Genre, docente presso la
Facoltà valdese di teologia
di Roma, ricorda nella prefazione che « lungo questa
strada (ndr: del seminario)
mai percorsa, Bonhoeffer
scopre la dimensione comunitaria e collegiale del ministero pastorale ». Questo
luogo diventa così il simbolo di una comunità « orientata unicamente dalla
Parola, dallo Spirito, ma
non si tratta in nessun caso di creare una comunità
ideale ».
Come ricorda ancora
Genre, il testo ora pubblicato, introdotto da una breve meditazione intitolata
« Il mattino », proviene dagli appunti di alcuni studenti di Bonhoeffer: « E’
un testo frammentario, talvolta fin troppo conciso e
lacunoso, ma non privo di
quella originalità e di quella penetrazione del miglior
Bonhoeffer ».
Alcuni temi dei testi raccolti trattano deH’incarico
della cura d’anime, della vita pastorale, del colloquio
cogli indifferenti, degli ammalati, dei morenti, della
confessione ed altro ancora.
E proprio la confessione
tiene un posto importante
nell’insegnamento di Bonhoeffer, che la considera
come un punto focale della
cura d’anime. Si tratta certo di una questione ben nota in campo pastorale, ma
forse meno in quello « laico », specialmente nel suo
aspetto in cui prevede la
confessione del peccato « al
fratello ». Tre, secondo Bonhoeffer, sono le risposte a
favore di questo tipo di
confessione: innanzi tutto,
essa si limita altrimenti a
sola riflessione personale.
In secondo luogo, la confessione al fratello distrugge
la pericolosità del peccato
stesso ed infine, con questo
atto, siccome radice di ogni
peccato è l’orgoglio, ci viene concessa « la liberazione
dalla superbia della carne
e dell’intelletto ».
Concludendo queste note
riportiamo la definizione
della vita pastorale, contenuta nel capitoletto dedicato a « La cura d’anime
dei pastori »;
« La vita del pastore si
compie nella lettura, nella
meditazione, nella preghie
ra, nella tentazione. Il centro è la Parola della Scrittura, colla quale tutto prende inizio e alla quale tutto
deve ricondurre. Leggiamola in modo da poterla meditare in cuor nostro. Ci
porterà alla preghiera per
la comunità, per i fratelli,
per il nostro lavoro, per la
nostra anima. La preghiera
spinge ad uscire nel mondo
in cui la fede deve affermarsi. Li dove predominano la Scrittura, la preghiera e l’affermazione della fede, arriverà sempre anche
la tentazione. Essa è il segno che il nostro ascolto, la
preghiera e la fede sono in
autentico rapporto con la
realtà. Non si potrà trovare
alcun rifugio dalla tentazione se non rivolgendosi di
nuovo alla lettura e alla
meditazione. Così il cerchio
si chiude. Raramente ci sarà dato di vedere i frutti
del nostro lavoro, ma la
gioia della comunione pastorale con i fratelli ci renderà certi dell’ annuncio
della parola e del servizio ».
Una definizione sintetica ed
allo stesso tempo piena di
spunti per la riflessione di
tutti.
R. P.
‘ D. BONHOEFFER, Una pastorale evangelica, Torino, Claudiana, 1990, pp, 105, L. 14.000.
Claudiana editrice
Per conoscere
la Riforma
Manuali di storia generale
K. Heussi, G. Miegge, Sommario di storia del cristianesimo, L. 19.000.
Movimento valdese e Riforma in Italia
J. Gönnet, A. Molnàr, Les Vaudois au Moyen Age. Sto
ria del movimento valdese dalle origini all’adesio
ne alla Riforma, pp. 512, L. 44.000.
A. Molnàr, Dalie origini all’adesione alla Riforma
(1532). Storia dei Valdesi, 1° volume, pp. 372 L
38.000.
A. Armand Hugon, Dal sinodo di Chanforan all’eman
cipazione (1848). Storia dei Valdesi, 2” volume, pp
328, L. 32.000.
Giovanni dalla. Storia della Riforma in Piemonte (fino
alla morte di Emanuele Filiberto 1517-1580). L
35.000.
S. Caponetto, Aonio Paleario (1503-1570) e la Riforma
protestante in Toscana. 256 pp., L. 16.000.
Storia della Riforma
AA. VV., Lutero nel suo e nel nostro tempo, L. 20.000.
G. Ebeling, Introduzione - Lutero, l’itinerario ed ii
messaggio. L. 9.000.
U. Stagnaro, L’uomo di Wittenberg. Lutero e la nascita della Riforma protestante (fumetti artistici) L. 25.000.
Ugo Gastaldi, Storia dell’Anabattismo da Münster
(1535) ai giorni nostri, pp. IX-856, bross. L. 50.000.
F. Schrnidt-Clausing, Zwingli, riformatore, teologo e
statista della Svizzera tedesca, L. 16.000.
Sergio Carile, Il Metodismo. Sommario storico, pp.
214, L. 14.000.
Testi della Riforma
Jan Hus, Il primato di Pietro, 110 pp., L. 7.000.
Le novantacinque tesi di Lutero, L. 3.000,
M. Lutero, Prediche sulla chiesa e lo Spirito Santo,
pp. 182, L. 12.000.
Come si devono istituire i ministri della chiesa (1523)
a cura di S. Nitti, L. 12.000. . ’
L’Anticristo. Replica ad Ambrogio Catarino e il Passionale di Cristo e deU’Anticristo 1521, a cura di
L. Ronchi, L. 19.000.
M. Lutero, Il Padre Nostro spiegato ai semplici laici, pp. 84, L. 6.000.
La confessione augustana del 1530, a cura di Giorgio Tourn, 192 pp., L. 12.000.
Erasmo da Rotterdam/M. Lutero, Il libero arbitrio/
Il servo arbitrio. 254 pp., L. 16.000.
F. Melantone, Scritti religiosi e politici - Il «precet
tore » della Germania. 248 pp., L. 16.000.
G. Calvino, Il catechismo di Ginevra (1537), 72 pn
L. 5.000.
G. Calvino, Il piccolo trattato sulla S. Cena nel dibattito sacramentale della Riforma, L. 17.000.
Jacopo Sadoleto, Giovanni Calvino, Aggiornamento o
Riforma della Chiesa? Lettere tra un cardinale ed
un riformatore del ’500. 108 pp., L. 7.000.
U. Zwingli, Scritti teologici e politici, 400 pp., L. 25.000.
Il Sommario della S. Scrittura e l’Ordinario dei cristiani (XVI sec.) a cura di C. Bianco, L. 16.500.
B. Ochino, I « Dialogi sette » e altri scritti del tempo
della fuga dall’Italia. 208 pp., L. 13.000.
Ivan il Terribile/Jan Rokyta, Disputa sul protestantesimo. Un confronto tra Ortodossia e Riforma
nel 1570. 190 pp., L. 12.000.
Sergio Carile, I Metodisti neU’Inghilterra della Rivoluzione industriale (sec. XVIII-XIX), 365 pp.. L.
33.000.
Saggi sulla Riforma
A. Biéler, L’umanesimo sociale di Calvino. 106 pp
L. 8.000.
Gastaldi, Santini, Campi, Il dibattito su Anabattismo
e Riforma: chiesa e potere. L. 6.000.
S. Biagetti, Emilio Comba, studioso della Riforma e
del movimento valdese medioevale. L. 22.000.
Sergio Carile, Attualità del pensiero teologico metodista, pp. 276, L. 17.000.
Fonti per la storia del movimento valdese
V. Vinay, Le confessioni di fede dei Valdesi riformati, L. 16.000.
G. Miolo, Historia breve e vera de gl’affari de i valdesi
delle Valli (1587). 160 pp., L. 16.000 brossura, L.
20.000 rii.
Anonimo, Histoire memorable de la guerre faite par
le due de Savoye Emanuel Phllibert contre ses
subjects des Vallées (1561), 180 pp. L. 16.000 bross.
L. 20.000 rilegato.
Anonimo, Storia delle persecuzioni e guerre contro il
popolo chiamato valdese (1562), 320 pp., L. 26.000
brossura.
La vera relazione di quanto è accaduto nelle persecuzioni e i massacri deU’anno 1655. A cura di Enea
Balmas, pp. 515, L. 48.000.
FONDATA NEL 1S5i
Via Principe Tommaso, 1 - 10125 Torino
lei 68,98 04 • C C I A. n. E74 48? - C C Posi E0780102
codice fisceift 00601 900012
7
26 ottobre 1990
obiettivo aperto
28 OTTOBRE: DOMENICA DELLA RIFORMA
Dove nasce l’uomo nuovo
L’Evangelo di Gesù Cristo come necessità di scelta tra il mantenimento dello status quo e la ricerca della trasformazione - La giustificazione per grazia mediante la fede - La vita concreta e l’impegno che fu dei riformatori
Per molto tempo la polemica contro le posizioni
spirituali della Riforma si è sviluppata su due fronti: il
cattolicesimo ha interpretato la giustificazione di volta in
volta come una sottostima delle possibilità dell’uomo e
come la riduzione della salvezza ad una dimensione puramente interiore, che non modificherebbe il comportamento personale; l’umanesimo e l’ateismo, d’altra parte,
certo incoraggiati da alcune manifestazioni individuali
o collettive dei protestanti, vi hanno spesso visto un
principio di assenteismo sociale, e la fonte di una « morale dello scacco», della tristezza e della rinuncia, con,
sullo sfondo, un’attività profana di arricchimento e di
austerità che avrebbe favorito la nascita del capitalismo.
Oggi cattolici e protestanti si ritrovano in una comime visione della dialettica della grazia e delle opere
all’interno del messaggio evangelico. Quanto agli atei,
e in particolare a diverse branche della famiglia marxi
sta, dopo aver a lungo dichiarato che il messaggio della
grazia è il « tipo » stesso della parola religiosa alienante,
sono giunti a sfumare il loro giudizio: la tragedia staliniana, l’interrogazione che viene dalla rivoluzione culturale maoista, li hanno condotti a riconoscere che l’iniquità delle strutture non esaurisce la totalità dell’alienazione e che l’uomo deve essere trasformato nello stesso tempo in cui si rinnovano i rapporti di produzione
e le istituzioni sociopolitiche. Scienziati e tecnici, anch’essi, sono sempre di più confrontati al problema dell’uomo, del suo mistero, della sua fragilità, della sua
disposizione a distruggere per incoscienza o per egoismo...
La questione della Riforma (come im uomo nuovo
può nascere, se non là dove risuona il « Soli Deo gloria», come promessa di vita e potenza liberatrice?)
rimane dunque pienamente attuale, altrettanto se non più
che nel XVI secolo, e succede che essa sia formulata ai
protestanti dagli interlocutori più diversi, più imprevisti. L’unico problema, qui, è di sapere se i successori
dei riformatori e delle loro comunità confessanti ne siano anche gli autentici eredi.
Ciò che la Riforma aveva fatto solo scorgere, si vede chiaramente oggi: l’Evangelo di Gesù Cristo, nella
misura in cui non riconosce né privilegi né superiorità,
non potrebbe essere un principio di neutralità politica;
è un’esigenza, una possibilità di scelta lucida tra queUi
che vogliono mantenere ciò che è, difendere i loro vantaggi e le loro posizioni acquisite, e queUi che mirano
a capovolgere o a trasformare senza sosta i regimi in
auge, in nome degli atti liberatori di Dio, di cui la Riforma ha voluto render conto. L’imitazione di Cristo consiste nel prolungare, oggi, e in ogni luogo, U rischio dinamico dell’incarnazione.
I manuali classici dei teologi
della Riforma distinguono due
colonne » della fede e della spiritualità protestanti: un « principio formale » — rautorità « sovrana » della Scrittura in materia di fede — e un «principio
materiale »: la giustificazione per
grazia mediante la fede.
Soli Deo gloria
Questo assunto di Calvino, Lutero non l’avrebbe rifiutato, per
esprimere, se non il suo tormento personale, almeno l’oggetto di
tutta la sua azione dopo il 1517.
« A Dio solo la gloria »: potrebbe essere un’altra forma adeguata per descrivere l’avventura della Riforma. Che questo non sia
andato da sé nel XVI secolo è
evidente, perché l’uomo moderno,
di cui alcuni pretendono affermare che sarebbe impermeabile
all’Evangelo, nasce solo allora.
Un’epoca contrassegnata dai nomi di Copernico, Gutenberg e
Colombo non dà più occasioni di
credere rispetto a tempi illustrati da Lenin, Einstein e Picasso:
allora come oggi l’uomo cerca di
conquistare il mondo, ma chi, liberandolo, potrebbe dargli la padronanza di sé?
A questo interrogativo, decisivo ai livelli personale e collettivo, la Riforma risponde Soli Deo
gloria, e precisa: Sola grafia, sola fide, sola Scriptura. Si potrebbe essere forse tentati di intendere in questo tre « no » categorici, opposti all’ottimismo delrumanesimo conquistatore e alla
sofferenza che gli procurano le
« impasses » che si collocano al
centro delle sue più grandi realizzazioni, ma la cosa è più sottile: si tratta in effetti di tre
« sì » pronunciati riguardo all’uomo, ma sono dei « si » che l’uorao non può dire da solo, che
l’uomo non può che udire e ricevere da un Altro.
Soli Deo gloria è Taffermazione che di fronte all’uomo e a
tutte le sue conquiste, per preservarle da esse stesse, conta solo una cosa: il giudizio, l’apprezzamento, la scala di valori di
Dio. Non è questo disprezzo di
quella piccola parentesi che è
resistenza di ciascuno, né delle
ambiguità della storia, ma è un
richiamo salutare a una presa
di coscienza: chi vuol essere padrone di se stesso rischia sempre di essere schiavo delle proprie passioni o illusioni, sempre
tentato di volersi servire d’altri
ipvece di servire gli altri, giungendo così a innescare, intorno
a sé e in se stesso, un circolo
vizioso di multiple alienazioni.
Quindi importa che ci sia un livellamento, un rimettere ogni cosa al suo posto.
E’ là dove Dio è messo al suo
posto, il primo posto, dice la Riforma dopo Giovanna d’Arco, che
l’uomo ritrova al tempo stesso
la misura e la gioia della propria
vita: così la gloria di Dio non
c la distruzione, ma la liberazio
ne, non la divinizzazione, ma la
vera « umanizzazione » dell’uomo.
Se occorre, per arrivare a questa conoscenza, a questa convinzione deH’inteliigenza e del cuore, passare per l’esperienza mortale di un san Paolo sulla via
di Damasco, di un Lutero nella
sua torre, questo significa che
di per se stesso l’uomo è incapace di rendere gloria a Dio, che
occorre che si aprano, in lui e
per lui, le porte della morte e che
la potenza della resurrezione lo
prenda e lo faccia nascere nuovamente.
Sola gratia
Per questo, affinché Dio non
possa essere conosciuto altrimenti che come il liberatore, la Riforma aggiunge: Sola grafia, affermazione che riassume tutto
l’Evangelo, cioè: l’intervento nella storia di Gesù di Nazareth,
iniziativa sovrana di Dio, manifesta che, di fronte a tutte le
volontà di autonomia e di solitudine dell’uomo, Dio non vuole
mai abbandonarlo a lui stesso.
La « grazia » è la fedeltà di un
amore che, per rimanere il più
delle volte senza risposta, non
ama tuttavia di meno; è la presenza nella storia di una Parola
che risuona in mezzo alle illusioni e alle peregrinazioni; è l’offerta di una vita a chi, volendo cavarsela da solo, organizza spesso la morte collettiva; è la possibilità di ripartire da zero, di
entrare in relazione con Tumanità nel prossimo e con il prossimo nell’umanità, è il perdono,
la riconciliazione resi possibili,
che divengono il fondamento di
esistenze liberate in vista di nuove solidarietà.
E’ l’affermazione che non esistono né fatalità né determinismi invincibili, ma che in ogni
momento, per ciascuno, delle
possibilità di vita, delle possibilità di far vivere sussistono e
che si tratta solo di coglierle;
è la promessa che la storia ha
un senso e un termine positivi,
e che vale la pena di operare in
accordo con la dinamica di giustizia e di liberazione che la sottende; è l’offerta di camminare
al seguito di Cristo su tutte le
strade e di incontrarlo servendolo nei « più piccoli dei suoi
fratelli »; è la scoperta che la
vita dell’uomo è dono, regalo, risposta e che, nella riconoscenza,
essa riceve la sua vena colorazione, di disinteresse, di disponibilità, di solidarietà.
Sola fide
La Sola fide sta a sottolineare che la vita nuova non può
essere colta dall’uomo al termine di un processo mistico o intellettuale di cui egli sia l’origine e l’autore: essa non è né un
dato naturale, né una fiammella
divina che sussista in ogni essere umano, ma al contrario dono
che non può essere accettato o
I volli dei riformalori del XVI see. e dei loro antesignani in una antica stampa. Da sinistra a destra: H. Bullinger, M. Bucero, P. Martire, J. Hus, !. Knox, F. Melantone, G. di Praga, U. Zwingli, M.
Lutero, G. Zanchi, G. Calvino, Th. di Beza, J. Wyclif, IV. Perkins, M. Piaccio illirico, G. Ecolampadio.
rifiutato, iniziativa divina a cui
non si può accondiscendere o opporsi, buona novella che non si
può che credere o negare.
La fede è il « sì » dell’uomo
che risponde al « sì » di Dio, la
mano tesa per ricevere la pienezza che viene offerta, con il cuore e l’intelligenza aperti dalla Parola e resi sensibili a questa dimensione nuova e essenziale dell’esistenza.
La fede non è né uno stato né
una possessione, è un atto che
occorre rinnovare continuamente, è l’ingresso nel movimento
di ascolto e di risposta iniziato
dalla Parola, è una confessione di
povertà e un’attesa fiduciosa di
un dono che si rinnova senza sosta.
E’ evidente: parlare di « giustificazione per fede » equivale a
tradire la Riforma, poiché la fede non è che l’organo che coglie l’opera e l’azione della grazia. Tutti i testi dei riformatori
a questo proposito non fan mostra di equivoco, così come quelli del Nuovo 'Testamento, che
non fanno che commentare: è
per grazia, mediante la fede, che
l’uomo è giustificato. (Efesini 2:
8-10: « Infatti è per grazia che
voi siete stati salvati, mediante
la fede; e ciò non viene da voi;
è il dono di Dio. Non è in virtù
di opere affinché nessuno se ne
vanti; infatti siamo opera sua,
essendo stati creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio
ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo »).
Così la giustificazione, cioè il
ristabilimento di relazioni giuste
tra Dio e l’uomo tramite il perdono e Tapertura a una nuova
vita, è l’opera compiuta da Dio
nella sua grazia; ciò che il pec-,
cato dell’uomo, cioè il suo ripiegamento su se stesso e sulla sua
sufficienza, impedisce all’uomo
stesso di intraprendere e di realizzare. « Crediamo che tutta la
nostra giustizia è fondata sulla
remissione dei nostri peccati e
che così è per la nostra felicità,
come dice Davide: per questo rifiutiamo ogni altro mezzo di poterci giustificare di fronte a Dio,
e, senza presumere alcuna virtù
né merito, ci atteniamo semplicemente all’obbedienza a Cristo,
che ci è data tanto per coprire
tutte le nostre colpe, quanto per
farci trovare grazia e favore di
fronte a Dio. E di fatto crediamo che allontanandoci da questo fondamento, per poco che sia,
non potremmo trovare altrove alcun riposo; ma saremmo sempre
agitati dall’inquietudine, più che
mai non saremmo in pace con
Dio finché non saremo ben convinti di essere amati in Gesù Cristo, visto che, da noi stessi, siamo degni di essere odiati » (Confessione di fede di La Rochelle,
1559, par. XVIII).
Tutta l’opera dei riformatori,
tutta la loro vita illustra che non
si tratta in questo caso di passività o di disprezzo per l’azione
umana, ma di una questione radicale che si pone alla qualità
dell’azione stessa, poiché la grazia, ricevuta attraverso la fede,
viene in qualche modo a requisire, per l’amore e per il servizio, tutto ciò che, fuori di essa,
è solo affermazione d’orgoglio e
di volontà di potenza. Così, « sono vere le due formule: opere
buone e giuste non fanno mai
un uomo buono e giusto, ma un
uomo buono e giusto fa delle
buone opere. Delle opere malvagie non fanno un uomo mqlvagio, ma un uomo malvagio fa
delle opere malvagie » (Lutero,
« Della libertà del cristiano », par.
XXIII).
E’ questa l’affermazione che
mai il « fare » potrà sostituirsi
all’« essere », e che, prima di tutto, è l’essere che dovrà essere
cambiato. A modo suo JeamPaul
Sartre conferma questo assunto
fondamentale della Riforma. Nell’opera « Il diavolo e il buon
Dio », egli indica come, accomunati dall’orgoglio, il male e il
bene siano la stessa cosa.
Dietrich Bonhoeffer, teologo
martire, luterano, discepolo fedele dei riformatori, si è particolarmente impegnato nell’indicare
che se le opere non potrebbero
sostituirsi alla grazia, quest’ultiraa mobilita tutta l’azione dell'uomo in direzione di un nuovo
servizio: « La grazia a buon mercato è il nemico mortale della
nostra chiesa. Attualmente, nella
nostra lotta, c’è della grazia che
costa (...). La grazia a buon mercato è la grazia proclamata come dottrina, come principio, come sistema (...); è la giustificazione del peccato e non del peccatore (...); è la predicazione del
perdono senza pentimento (...);
è la grazia che non accompagna
l’obbedienza (...). La grazia che
costa è l’Evangelo che bisogna
sempre cercare daccapo; è il
dono per il quale occorre
pregare (—); essa costa perché
ci chiama all’obbedienza; essa è
grazia perché ci chiama all’obbedienza a Gesù Cristo (...). La
grazia costa caro prima di tutto
perché essa è costata cara a Dio,
perché ha costato a Dio la vita
di suo figlio (■■■), perché ciò che
costa caro a Dio non può essere
a buon mercato per noi » ( « Il
prezzo della grazia », 1937).
E’ l'uomo nuovo — Gesù di
Nazareth e quelli che lo seguono •— la passione della Riforma.
Georges Casalìs
8
8
vita delle chiese
26 ottobre 1990
LE RISPOSTE DELLE CHIESE SUI TEMI DELL’ASSEMBLEA/SINODO
La ricchezza
dell’identità confessionale
Il « Quinto documento BMV », sottoposto allo studio delle chiese nei primi mesi di quest’anno, era accompagnato anche da un questionario. Su circa 200 chiese,
96 hanno fatto pervenire le loro risposte in tempo utile.
Una chiesa su due ha inviato la sua risposta.
Le risposte pervenute sono distribuite in modo per
lo più uniforme per tutte e tre le denominazioni su tutto il territorio nazionale.
In 42 risposte non è specificato il modo con il quale il documento è stato studiato.
In 23 risposte risulta che il documento è stato studiato neU’ambito del Consiglio di chiesa o di un gruppo ristretto della chiesa.
In 22 risposte è stato specificato che le stesse sono
state approvate daU’Assemblea di chiesa.
Riconoscimento
reciproco
Quella del riconoscimento reciproco è senz’altro la
questione più complessa
ed importante posta all’attenzione delle chiese. Non
si tratta, infatti, si badi
bene, di riconoscere validità alle altre denominazioni, ma — come dice lo
stesso termine — di riconoscere se stessi nell’altro,
di poter dire: «Tu sei chicsa di Cristo in quel luogo e in questo tempo, proprio come io sarei là, al
tuo posto e in questo tempo ».
Le risposte delle chiese
su questo punto sono state quanto mai incoraggianti: 2 contrarie, 5 astenute
e per il resto tutte positive. Dunque, su questa questione, fondamentale jjer
proseguire il cammino, s’è
verificato un ampio consenso.
Ma questo consenso ha
incontrato un primo ostacolo quando si è passati
alla questione del battesimo.
La quinta domanda del
questionario sul riconoscimento reciproco suonava
cosi: « Ritenete che la diversa prassi battesimale
presente nelle chiese battiste, metodiste e valdesi
significhi necessariamente
una diversa comprensione
del battesimo? ».
Le risposte delle chiese
sono risultate questa volta molto diverse, divise tra
il sì e il no. Complessivamente 28 risposte sono state affermative e 38 sono
state negative (mancano
all’appello le risposte che
hanno espresso posizioni
complessive o che non si
sono pronunciate su questo punto). Se analizziamo
le risposte delle tre denominazioni, troviamo una
prevalenza di « sì » nelle
chiese battiste (12 sì, 7
no) mentre questo rapporto si rovescia tra i valdesi (8 sì e 18 no) e i metodisti (8 sì, 13 no).
Il sì, soprattutto fra i
battisti, mette in questione la distinzione tra prassi e comprensione del battesimo, che è considerata
« pretestuosa » (Cagliari B),
che appare un espediente
del documento per « attenuare le divergenze » (Meana B), che produce un indebito « annacquamento
delle posizioni » (Rivoli
B). Al contrario in campo
VM il no è accompa^ato
spesso da valutazioni positive della diversità di
prassi, che sono secondarie rispetto all’unicità della comprensione del battesimo a partire dalla Riforma, come rifiuto dell’ex
opere operato (Verona V),
che producono una salutare tensione critica (Milano
V) presente del resto anche all’intemo delle chiese MV (Genova V), che
esprimono diverse sottolineature che possono essere fonte di arricchimento
reciproco (Pachino V, che
peraltro risponde con il
sì!).
Altre due domande riguardavano l’accoglienza
reciproca, sia dei membri
di chiesa, sia dei pastori.
La grande maggioranza delle risposte è stata favorevole. Ciò significa dunque
che, pur continuando ad
avere divergenze per quanto riguarda la questione
del battesimo, le chiese
tuttavia sono pronte ad accogliersi reciprocamente
con gioia.
Evangelizzazione
comune
Evangelizzazione e proselitismo, evangelizzazione
ed ecumenismo, evangelizzazione e liberazione, e così via dicendo. Il termine
evangelizzazione si coniuga con gli altri, o è in alternativa? Il capitolo del
« Quinto documento BMV »
affrontava questo nodo di
problemi; nel questionario
allegato, le chiese erano
sollecitate a pronunciarsi.
Che cosa emerge dalle
loro risposte? L’evangelizzazione è l’annuncio di Cristo, chiama al ravvedimento ed alla conversione, si
esprime in una vita rinnovata, segnata da un’etica
di libertà nella responsabilità e dalla solidarietà
con i poveri e gli emarginati.
L’evangelizzazione delle
chiese deve poi collegarsi
alla concretezza della vita,
evitare il trionfalismo, vigilare a che ci sia coerenza tra i fini che persegue e i mezzi che usa,
non deve essere né settaria, né presuntuosa.
Ma a chi deve essere diretta l’evangelizzazione? All’esterno o anche all’interno delle chiese? La tentazione, che le chiese hanno
evitato nelle loro risposte,
era quella di dividere il
mondo in buoni e cattivi.
L’evangelizzazione è il compito permanente della chiesa. Essa deve annunciare
il giudizio e la grazia, deve far risuonare l’appello
al ravvedimento per ognuno, e ad ognuno deve annunciare l’amore di Dio in
Cristo.
E la figura dell’« evangelista »? La responsabilità
primaria e inalienabile dell’evangelizzazione è dei singoli credenti e della comunità nel suo insieme.
Nessun ministero specifico
può espropriare o attenuare tale responsabilità.
A Roma (piazza Cavour) si aprirà giovedì 1» novembre la
sessione congiunta del Sinodo e dell’Assemblea battista.
Collaborazione
territoriale
Le chiese hanno risposto
favorevolmente all’ipotesi
di una collaborazione sul
territorio. Rimangono, certo, alcuni problemi aperti,
ma che possono in buona
parte essere risolti solo
entrando nel vivo. In primo luogo la questione del
battesimo. Preoccupa soprattutto i battisti, che
chiedono il rispetto della
propria identità, in un duplice senso: che sia riconosciuta « l’obiezione di coscienza » di un pastore battista nei riguardi del pedobattismo e che sia rispettata la prassi battesimale delle comunità battiste.
Preoccupazione, in secondo luogo, per la formazione teologica dei pastori:
rigorosamente accademica
per i pastori metodisti e
valdesi, meno rigida per i
battisti. Le chiese auspicano che vi sia uniformità.
Settimanale unico
L’orientamento generale
delle chiese che hanno risposto a) questionario è
decisamente favorevole alla proposta di un settimanale unico. Le opinioni, però, sono molto articolate
per quanto riguarda i destinatari (una maggioranza pensa ad un giornale
rivolto essenzialmente alle
chiese; una minoranza consistente pensa invece soprattutto all’ambiente esterno) e i contenuti. Per
alcuni deve essere un settimanale di opinione ed attualità, per altri un organo di collegamento, di informazione e dibattito, di
formazione biblica.
Sul nome del nuovo settimanale unico moltissime
sono state le proposte, da
quelle che accentuano il
carattere « protestante »,
« evangelico », a quelle che
invece privilegiano il carattere biblico.
Da alcune parti si chiede una redazione al Sud,
mentre molti si dichiarano a favore del mantenimento de « L’Eco delle Valli valdesi », sotto forma di
inserto.
SCHEDA
Tre modi di essere
protestanti in Italia
VALDESI (XII secolo)
Il movimento valdese nasce attorno al 1175 ad
opera di Valdés (o Valdo), detto in seguito Pietro
Valdo, un mercante di Lione che richiedeva la povertà della chiesa e la libertà di predicazione per i
laici. Il movimento valdese si diffonde nella Francia
meridionale e nell’Italia settentrionale e successivamente in buona parte dell’Europa, dove diviene l’ispiratore di una serie di « dissensi » storici, fra cui
quello di Jan Hus e dei Taboriti in Boemia nel XV
secolo. I valdesi vengono duramente perseguitati;
una parte di loro riesce a sopravvivere nelle valli alpine del pinerolese e del delflnato. Aderiscono nel
1532 alla Riforma protestante (assemblea di Chanforan in vai d’Angrogna). I valdesi di Calabria vengono
massacrati nel 1561. Nelle valli del Piemonte essi resistono ai tentativi di sterminio in massa del 1560’61, del 1655 e del 1686-’89 e si organizzano come chiesa riformata, isolati e discriminati nei domini dei
Savoia, ma in contatto stretto con gli altri protestanti
d’Europa. Ottengono nel 1848 la parità dei diritti civili e, di fatto, gradualmente, la libertà religiosa. Da
allora si diffondono in tutta Italia e fondano chiese
in molte città e nel meridione. La loro dottrina è
espressa dalla Confessione di fede del 1655; hanno
un’organizzazione sinodale rappresentativa. Dal 1975
la Chiesa evangelica valdese è integrata con la Chiesa evangelica metodista d’Italia; è membro del Consiglio ecumenico delle Chiese dal 1948, della Conferenza delle Chiese europee e della Federazione delie
Chiese evangeliche in Italia (FCEI). Valdesi e meto■disti in Italia sono circa 31.000.
METODISTI (1859)
Il movimento metodista è nato in Inghilterra e in
America nel corso del Settecento come movimento di
risveglio religioso, ad opera soprattutto di Giovanni
Wesley. In Italia i metodisti si inseriscono nel movimento di risveglio culturale e religioso connesso con
il Risorgimento. Nell’attuale metodismo è confluita
(nel 1904) anche la « Chiesa Cristiana Libera in Italia », fondata da Alessandro Gavazzi, già cappellano
di Garibaldi. Dal 1975 i metodisti italiani formano
con i valdesi un’unica chiesa, accettano la Confessione di fede valdese del 1655 ed hanno lo stesso ordinamento sinodale rappresentativo. Sono diffusi in
tutta Italia. Nei rapporti esterni conservano la loro
indipendenza confessionale: sono membri del Consiglio ecumenico delle Chiese, della Conferenza delle
Chiese europee e della FCEI.
BATTISTI (1863)
Nati dalla cosiddetta « ala radicale » della Riforma protestante si sono diffusi soprattutto in Inghilterra e in America. I battisti italiani sorgono dalle missioni battiste americana e inglese. Si richiamano alle
dottrine fondamentali del protestantesimo e battezzano soltanto i credenti (quindi non i bambini). La
maggior parte dei battisti italiani è in comunione
con l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia
(UCEBI), che è membro del Consiglio ecmnenico
delle Chiese, della Conferenza delle Chiese europee e
della FCEI. In Italia sono circa 7.500.
SETTIMANALE UNICO
Un supplemento per i giovani
Un inserto autogestito potrebbe essere la nuova veste editoriale del Notiziario FGEI: ne risulterebbe un’informazione diffusa sulla Federazione stessa
La FGEI si sente particolarmente coinvolta e partecipe del processo di avvicinamento tra le chiese
battiste, metodiste e vaidesi, che sta per vedere
un momento molto significativo nell’Assemblea-Sinodo congiunti dei primi
di novembre. Nella FGEI
siamo ormai abituati alla
collaborazione organica tra
le nostre tre denominazioni e ci rallegriamo che anche per le chiese stiano
maturando i tempi per un
lavoro più unitario. Quei
membri della FGEI che
parteciperanno all’Assemblea-Sinodo si preparano
quindi a sostenere le proposte di reciproco riconoscimento, collaborazione
territoriale, evangelizzazione comune e settimanale
unico, contenute nei documenti preparatori.
Il Consiglio della FGEI,
nell’ambito di una riflessione sulla ristrutturazione del - Notiziario FGEI »,
ha elaborato una proposta
che si inserisce bene, a nostro parere, nella prospettiva del giornale unico
BMV. Abbiamo pensato che
il « Notiziario FGEI » potrebbe uscire come inserto
autogestito, a scadenza
mensile o bimestrale, del
nuovo giornale unico. Attualmente il « Notiziario
FGEI » esce come pubblicazione indipendente ed è
rivolto prevalentemente agli aderenti alla Federazione giovanile; nella nostra
proposta si prevede invece
che esso, pur mantenendo
un ruolo nei confronti della realtà giovanile, si rivolga più direttamente ai
membri delle nostre chiese.
Questa nostra proposta
si pone due obiettivi. Innanzitutto garantire una
maggior informazione sulla realtà della FGEI per i
membri delle nostre chiese, che spesso conoscono
solo il gruppo della loro
città e non hanno un’idea
chiara di quello che è la
Federazione giovanile nel
suo insieme. In secondo
luogo ci proponiamo di incentivare gli aderenti alla
FGEI ad abbonarsi e a leggere il giornale delle nostre chiese, col duplice
vantaggio di sostenere il
nuovo settimanale e di aiutare i giovani a sentirsi
maggiormente parte organica delle nostre chiese.
Nelle nostre intenzioni
l’inserto manterrebbe il
titolo di «Notiziario FGEI»
e sarebbe preparato da
un’apposita redazione, costituita di membri della
FGEI, per venire poi inserito nel giornale BMV
prima della spedizione (se
ragioni pratiche lo consigliassero, anche la stampa
potrebbe avvenire in modo unificato).
Naturalmente per il momento si tratta soltanto
di una proposta, che per
essere realizzata implica
innanzitutto l’approvazione da parte dell’Assemblea-Sinodo del progetto
sul giornale unico. Se, come ci auguriamo vivamente, questo progetto sarà
approvato si potrà passare
a verificare concretamente
con la redazione del nuovo settimanale l’attuabilità della nostra proposta.
Daniele Bouchard
9
26 ottobre 1990
vita delle chiese
PROTESTANTI IN ITALIA
Le comunità di
extracomunitari
Casi diversi fra loro: alla base una
stessa fede da cui possiamo imparare
Una indagine della FCEI
sulle comunità di immigrati individua tre diversi modi organizzazione.
Comunità indipendenti
Le Comunità cinesi - Troviamo comunità evangeliche cinesi in 8 o 9 città
italiane. Alcune di esse si
riuniscono in abitazioni
private, ma altre sono così numerose che non bastano neanche i locali messi loro a disposizione da
alcune nostre comunità. Sono ben collegate tra di loro e organizzano raduni
nazionali due volte l'anno.
Una delle comunità tiene le sue riunioni nella
chiesa battista di via della Lungaretta a Roma. Attualmente cerca un locale
per poter organizzare una
scuola domenicale per circa 50 bambini. Un altro
gruppo si riunisce nella
chiesa valdese di Pisa. Esiste un rapporto molto positivo di condivisione e di
scambio tra le due comunità.
La Comunità Rhanese di
Castelvolturno (Caserta) La « Christ Gospel Pentecostal Church » è stata
inaugurata nella prima settimana di maggio 1984 dagli anziani Tate e M. D.
Wyckoff, ■ entrambi di nazionalità americana, che all’epoca prestavano servizio
presso le Forze Nato di
Napoli, e da alcune famiglie ghanesi. In principio
la comunità si riuniva in
casa per gli studi biblici
e per le riunioni di preghiera, poi il Signore permise di affittare un locale
dove si incontravano circa
15 membri. Un anno più
tardi l’anziano Tate fu trasferito nella Germania Occidentale, lasciando qui
l’anziano WyckofE con la famiglia e una comunità di
circa 25 persone.
Grazie agli studi biblici
e all’oipera di evangelizzazione, la comunità è cresciuta fino a raggiungere
il numero di circa 80 membri. Per le spese della chiesa (affitto, bollette del telefono, della luce, ecc.) l’anziano riceve una piccola
somma mensile dalla colletta raccolta durante i culti.
Dopo la prima sanatoria
tutti i fratelli sono partiti
per il nord, dove c'è maggiore possibilità di trovare
dei buoni posti di lavoro.
Dopo la seconda sanatoria,
quasi tutti sono di nuovo
andati via.
Altre Comunità ghanesi
si riuniscono nelle chiese
battiste di Rovigo, Genova,
e nelle chiese valdesi di
Verona, Torino e Palermo.
Le Comunità coreane Esistono comunità della
CONVEGNO FGEI-VALLI
Un buon inizio
Corea del Sud ad Assisi,
Pesaro, Eermo e Roma.
Molti di loro sono studenti e provengono da chiese presbiteriane e metodiste del loro paese. Sono
seguiti da pastori coreani.
La comunità di Roma si
riunisce presso la chiesa
scozzese di via XX Settembre.
La Comunità etiope di
piazza Cavour a Rorna Ogni doménica pomeriggio
si riunisce un gruppo di
etiopi nella chiesa di piazza Cavour a Roma. Si tratta di una comunità mista
di battisti, ortodossi e pentecostali. Il loro culto è
molto vivace, con musica
e canti, e spesso dura più
di due ore.
Comunità all’interno
delle chiese italiane
Questo tipo di esperienza si è avuta a Roma con
la comunità valdese francofona di via IV Novembre e la comimità metodista anglofona di Ponte S.
Angelo. A Milano opera il
pastore Shooler all’interno
della comunità metodista;
a Torino il pastore Houghland nella Chiesa evangelica internazionale. I
membri di queste comunità provengono dai più diversi paesi: Filippine, Pakistan, Sri Lanka, Sud America, Etiopia, Sudan,
Tanzania, Ghana, Togo, Camerún, Mozambico, ecc...
Nelle chiese italiane
La terza via è l'inserimento individuale nelle comunità italiane, un’esperienza che avviene quasi
ovunque e in forme diverse.
Gli indirizzi di queste co-,
munità sono pubblicati a
pagina 11.
Domenica 7 ottobre si è
svolto a Torre Pellice rincontro che dava inizio alle attività dei gruppi FGEI
delle valli.
Per la giornata erano
previste, dopo il pranzo
consumato con allegria,
una discussione c l’elezione dei membri di una nuova giunta FGEI.
La partecipazione è stata numerosa: i presenti all’incontro però non erano
solo giovani appartenenti
a gruppi FGEI, ma vi era
anche una cospicua partecipazione da parte di giovani facenti parte di gruppi non federati.
Infatti alla giornata erano rappresentati i gruppi
giovanili di San Secondo,
Torre Pellice e Luserna oltre ai tre gruppi FGEI di
Pinerolo, San Germano e
Torre Pellice.
Alle valli esistono una
quindicina circa di gruppi
giovanili, che costituiscono
una realtà molto interessante e da non sottovalutare.
E’ importante però che
i gruppi non si rinchiudano in se stessi, ma che siano disponibili all’incontro
e ad un confronto con altri giovani.
Crediamo che tra i gruppi federati e non esista
un’unità di intenti e di volontà, ma vorremmo che
questa unità si concretizzasse in un impegno comune per crescere nella fede quali giovani evangelici in una situazione interessante quale può essere
quella delle yalli.
E’ stato essenzialmente
questo argomento ad animare la discussione che,
partendo da un’iniziale presa di coscienza di quale
sia la situazione giovanile
del distretto, ha occupato
quasi tutto l’arco del pomeriggio.
Verso la fine della discussione è stata chiaramente espressa l’esigenza
che la EGEI si ponga come organizzatrice di incontri ed attività e che cerchi
DIACONI A CASA CARES
Corso di formazione
La Commissione di studio per la diaconia organizza il Corso per operatori nei servizi e nella diaconia, che si svolgerà a
Casa Cares dal 16 al 21
novembre. Come negli anni scorsi sono previsti tre
mementi: attività, storia e
studio biblico. Come organizzare e verificare il lavoro all’interno delle nostre opere, quale coinvolgimento e partecipazione
sono possibili? Queste le
domande su cui si discuterà per la prima parte del
corso (sabato 17 e domenica 18, relazioni di Gianni Rostan e Nedo Baracani su organizzazione, verifica del lavoro e coinvolgi
di coinvolgere il più possibile i gruppi giovanih
del distretto che intendano
aprirsi e lavorare con gli
altri.
La nuova giunta FGEI
che è stata eletta al termine del pomeriggio è rappresentativa non solo dei
gruppi che vi aderiscono
ma anche di quelli non federati, presenti all’incontro
e che hanno espresso il
loro voto.
1 membri che la compongono sono Manuela Davit (che darà ancora la sua
disponibilità fino a gennaio), Claudio Rivoira, Doriano Coisson, Marinella
Lausarot e Pierpaolo Long.
Ci auguriamo che l’entusiasmo e la volontà che
hanno caratterizzato il nostro primo incontro continuino ad accompagnarci
durante i nostri prossimi
impegni.
Monica Godine
-XiPoT
Corso Gramsci 11 - Tel. (0121) 91.236 - 10066 Torre Pellice (To)
mento nelle nostre opere
diaconali). Il corso toccherà poi il '700 nella storia
d’Europa e nella vita delle chiese. La vita e la morte nella Bibbia e nel tempo presente saranno affrontate nella parte biblica.
Lunedì 19, relazioni dei
professori Daniele Garrone
e Ermanno Genre su « La
vita e la morte nella Bibbia e nel tempo presente:
come l’Evangelo ci insegna
ad afi'rontarle? ». Lo studio biblico proseguirà nella mattinata del martedì.
11 pomeriggio, il prof. Giorgio Spini curerà l’introduzione al '700 (L’illuminismo: caratteri generali e
sua diffusione). Mercoledì
21 il prof. Emidio Campi
affronterà « Il protestantesimo nell’età dei lumi: lo
sviluppo del pietismo, l’illuminismo teologico, il
metodismo ».
Per informazioni e iscrizioni: P. e A. Krieg (Casa
Cares « I graffi », 50066
Reggello - Fi, telefono 055/
8652001), oppure M. Jourdan (via Farnese 18 - 00192
Roma, tei. 06/3215362 - fax
06/3211843).
DALLE CHIESE
Insediamenti
pastorali
RIESI — Nella mattinata di domenica 7 ottobre,
prima a Caltanissetta e poi
a Riesi, il fratello Arturo
Panasela, per incarico del
Consiglio di circuito, ha
provveduto ad insediare il
past. Giuseppe Platone ;
per le due comunità si è
trattato di momenti importanti di gioia e riflessione.
La predicazione di Arturo Panasela si è soffermata
su alcuni passi di Efesini
4 e Pilippesi 1 e 3.
Sono stati evidenziati gli
aspetti salienti dell’ esperienza pastorale : centralità
della predicazione, essere
un esempio nella vita della
chiesa, saper sconfìggere
quanti si oppongono all’annuncio dell’Evangelo.
Naturalmente il pastore
VAUMARCUS
Le donne di fronte
alla povertà
Da quarant'anni le donne protestanti svizzere si
ritrovano a Vaumarcus per
i loro incontri. A quello
di quest’anno, tenutosi dal
21 al 23 settembre, hanno
partecipato circa 130 donne, che hanno lavorato su
un tema estremamente
coinvolgente: la povertà
del quarto mondo, quella
di persone che, benché di
classi sociali diverse per
provenienza, sono accomunate dal non aver garantito un minimo indispensabile per la sopravvivenza. Persone, in particolare
gli anziani e le donne (soprattutto quelle che, essendo state sposate, non
vivono più con il coniuge), ancora retribuite in
misura inferiore rispetto
agli uomini.
Tutto questo accade anche in quella Svizzera considerata dagli stranieri come un paese fra i più ricchi: in realtà vi si trova
un sistema di assistenza
insufficiente, l’assistenza sanitaria è a pagamento, e
tutta una categoria di persone, specialmente se prive di una qualche qualificazione professionale, non
può far fronte alle spese
di normale amministrazione.
L’incontro, in cui si è
ravvisata la necessità di
eliminare la povertà (a cominciare da quella di casa propria) era tra l’altro
ben collocato anche all’interno del processo conciliare su « Giustizia, pace,
salvaguardia del creato ».
Ogni partecipante è stata messa di fronte all’eventualità di poter versare
una parte del proprio reddito a qualcuno di bisognoso, e tutte si sono sentite « troppo ricche » di
fronte alla miseria « sommersa ».
Sempre in tema di povertà è stata dedicata una
parte di informazione al
terzo mondo, ed in particolare airindonesia, con
la proiezione di diapositive.
E’ stato chiarito che,
mentre nell’Antico Testamento si proclama beato
l’uomo giusto, buono, nell’Evangelo di Luca sono definiti beati i poveri, gli afflitti, gli affamati. Contrapposti ad essi sono i ricchi, da compiangere quando sono prigionieri delle
loro ricchezze, non avendo
altro scopo che di conservarle o di aumentarle. Per
l'Evangelo di Luca la relazione con i nostri beni è
il test della nostra fede e
del nostro impegno di credenti. La parte dedicata allo studio biblico è stata
completata dalla lettura
dell’episodio di Zaccheo.
Ricorrendo il quarantesimo anniversario degli incontri di Vaumarcus, le
animatrici hanno preparato con grande impegno una
serata ricreativa, rievocando le tappe dell’emancipazione della donna, non solo nella società, ma anche
nella chiesa.
Tale storia si scopre anche scorrendo i titoli degli incontri, che hanno saputo via via rinunciare all’aiuto dei teologi, essendo
nel frattempo apparse le
teologhe.
Si sono succeduti riflessioni e momenti di canto
e di gioco, in giornate che
andavano dalle 7.30 alle 23.
Poi il campo si è concia
so con un culto con Santa Cena, presieduto da un
pastore donna.
Ognuna di noi ha ricevuto molto, e salutandoci prima di separarci, abbiamo
sperato di ritornare l’anno
prossimo.
Mariuccia GriU
deve poter trovare il supporto del consiglio di chiesa, della comunità.
Siciliano, buon conoscitore della realtà locale, il
fratello Panasela non ha
esitato a definire Riesi come « una realtà con tm
orizzonte chiuso », dove la
storia deve rimettersi in
moto mediante l’annuncio
sistematico dell’Evangelo.
Il past. Platone ha a sua
volta voluto esprimere il
proprio ringraziamento, avviando brevi considerazioni
su Giovanni 8: 31-33: « Se
perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi ».
L’accento è stato posto
sulla «perseveranza», sulla « verità » e sulla « libertà»; dobbiamo essere la
chiesa dove ognuno possa
essere se stesso, accettandoci reciprocamente senza
pregiudizi. Verità e libertà
— ha concluso Platone —
vanno vissute nell’agape e
nell’umiltà.
FORANO — Domenica
14 ottobre è stato accolto
con un fraterno e gioioso
benvenuto il nuovo pastore Eugenio Rivoir con la
sua famiglia.
Il pastore avtà un bel da
fare, perché oltre a rispondere ai bisogni della comunità dovrà dedicare
molto tempo anche al servizio «Culto radio» della
Federazione.
Comunque la presenza
del nuovo pastore ha trasmesso un’aria nuova che
ha visto una grande partecipazione dei membri alle
attività. La comunità augura un lavoro profìcuo e
benedetto dal Signore. L’insediamento è avvenuto alla
presenza del Consiglio di
circuito rappresentato dal
consigliere Paolo Scarinci
e dal sovrintendente past.
Giovanni Conte che ha presieduto la parte liturgica
del culto. Predicando su
Giacomo 1: 16-25 il pastore
Rivoir ha messo in rilievo
il dono di vivere che Dio
ci fà continuamente ed ha
ravvivato l’attenzione dei
presenti sul dovere di mettere in pratica la parola del
Signore non limitandosi solo ad ascoltarla.
Dopo il culto si è tenuta
un’agape fraterna alla quale ha partecipato, oltre al
past. Conte, la sorella
Gianna Sabuzi, sempre
benvenuta in mezzo a noi,
fautrice in questi ultimi anni di un movimento ecumenico che ha risvegliato
l’ambiente cattolico della
diocesi sabina sempre chiuso e timoroso nei nostri
confronti.
croci ugonotte in oro e argento
oreficeria - orologeria - argè
di tesi & ddmi
via trieste 24, tei.
pinerolo (to;
10
10
vita delle chiese
26 ottobre 1990
AL VILLAGGIO DELLA GIOVENTÙ’ DI SANTA SEVERA
L’ambiente da difendere
Seconda edizione degli incontri tra scienza e fede - Assolutezza di Dio e ripercussioni nel campo dell’etica
Tre splendide giornate di
sole hanno accompagnato
la seconda puntata degli incontri sul dialogo fra scienza e fede, organizzati dal
Villaggio della gioventù di
Santa Severa con il patrocinio dell’UOEBI e del EMpartimento di teologia della stessa. La concomitanza
con altri convegni ha forse
ostacolato una più ampia
partecipazione, come l’argomento e la scrupolosa
accoglienza riservata dal
Villaggio ai partecipanti
forse meritavano: comunque circa cinquanta persone hanno seguito con attenzione e impegno i lavori
(il primo incontro del 5-9
dicembre 1989 era dedicato
alla bioetica, questo aveva
come argomento la difesa
dell’ambiente).
I pastori Sinigaglia e Tomasetto hanno fissato le
coordinate bibliche del problema nell’Antico e nel
Nuovo Testamento: il rapporto fra il Creatore e la
sua creazione e la tensione
verso il «nuovo» di Dio.
Bruno Gabrielli ha poi illustrato come Basilea e
Seoul abbiano portato la
teologia a fare i conti finalmente con la natura, non
più fonte di rivelazione ma
termine attraverso cui Dio
è passato per rivelarsi.
Il prof. Sergio Rostagno
ha parlato di im ordine
contingente e non assoluto
della natura, di fronte a
cui resta la libertà dell’umanità che è in una situazione di ricerca, il che
esclude ogni « a priori » assoluto. Tutto questo, certo,
comporta un rischio notevole; ma, secondo lui, la
teologia non ha ima bacchetta magica che consenta di risolvere in maniera
definitiva il problema: può
solo rendere conto del fatto che Dio esiste e questo
sicuramente apre ima prospettiva, ma non risolve la
tragicità dell’esistenza umana. Comunque l’assolutezza di Dio non postula
necessariamente anche l’assolutezza in campo etico.
I proli. Ermete Realacci,
Giovanni Arcidiacono, Ezio
Ponzo e Sergio Brofferio
hanno riportato l’attenzione del convegno sull’aspetto pratico della necessità
del rispetto ecologico e dei
limiti dello sfruttamento
dell’ambiente. Angoli diversi di visione ma uguale
preoccupazione hanno tracciato un quadro realistico
dei futuri sviluppi possibili dell’attuale situazione.
Giovanni Novelli ha poi
tratteggiato l’atteggiamen
to del mondo cattolico di
fronte a questo problema.
Quasi in chiusura, una
relazione entusiasmante e
appassionata del pastore
Elizabeth Green ha aperto
una visione diversa, rispetto almeno alle altre voci
sentite nell’occasione : le
donne e il creato coinvolti
insieme in un processo di
liberazione. Un’impostazione stimolante, ben sorretta
biblicamente e teologicamente, ha mostrato la comunanza fra l’esperienza
femminile e la natura: la
scienza, modellata dall’oggettività maschile, ha reso
violenza al creato « oggetto», che ora geme (come
afferma Rom. 8: 18-25). Alla base della scienza moderna vi è un’epistemologia
che separa soggetto da oggetto, che vive la relazione
con la natura come rapporto di potere. Dunque, c’è
solo da sperare in una liberazione che cancelli le
concezioni oggi fissate per
restituircele radicalmente
trasformate in un nuovo
modo di leggere i rapporti
fra uomini, donne e creato : logicamente l’unica speranza è che Dio stesso penetri il nostro modo di pensare e lo « converta ».
Franco Scaramuccia
XVI CIRCUITO
Iniziativa di preghiera
contro la mafia
Richiesto anche un impegno in collaborazione con la commissione per il Mezzogiorno - I problemi (degli immigrati
Essere in preghiera è
porsi nella nudità di se
stessi davanti a Dio. Mettersi dunque in discussione
in rapporto all’ enormità
dei compiti per i quali si
riconosce di non essersi impegnati abbastanza, o forse niente.
E’ il senso di un ordine
del giorno votato nell’assemblea del XVI circuito,
riunita a Scicli il 13-14 ottobre. Lo spunto è venuto
da una proposta delle chiese battiste della Sicilia : organizzare una settimana di
preghiera contro la mafia
(perché non per la conversione dei mafiosi?!). Il
buon intento delle chiese
battiste è stato corretto
con la definizione di una
manifestazione centrata
sulla preghiera, ma contornata da altre iniziative liberamente messe in campo
secondo la sensibilità e le
possibilità delle chiese locali.
In più l’ordine del giorno chiede un impegno continuo ai credenti, che potrebbe avere un valido supporto nella commissione
per il Mezzogiorno (che
riprenderà il suo lavoro di
analisi indirizzato praticamente, secondo quanto richiesto da un altro ordine
del giorno).
Questi temi appena enunciati, inseriti in un orizzonte più vasto, qual è quello
delineato a Seoul e a Basilea (pace, giustizia e integrità del creato), potrebbero diventare il terreno
di impegno comune delle
chiese della Sicilia, per rispondere al compito dell’evangelizzazione. E’ stata
questa una decisione ampiamente dibattuta, ma alla fine presa all’unanimità.
Il Consiglio di circuito
aveva opportunamente inserito nell’ordine dei lavori
uno scambio di idee e di
notizie « sulla diaconia
svolta a favore degli extracomunitari ». L’introduzione al tema è stata affidata
ad Alfonso Manocchio, che
ha cercato di definire i contesti e di tracciare le coordinate entro cui porre realisticamente, utilmente e
umanamente il grosso fenomeno dell’immigrazione
in Italia.
Il presente e le prospettive danno la forza e lo
slancio per impostare la
diaconia. Perché, per quanto riguarda l’accoglienza,
ci sia una comprensione allargata dei problemi legati
al fenomeno, si rende necessaria — è stato detto —
una visione della complessa diffusione della marginalità nella città del duemila.
Per l’estesa gamma dei
temi, per la difficoltà di
tradurli in azione, ma anche perché si vogliono allargare le esperienze, il circuito si è dotato di un coordinamento. Gli è stato dato
un mandato ampio in rapporto all’estrema mobilità del fenomeno.
A. M.
Protestantesimo
in TV
LUNEDI’ 29 OTTOBRE
ore 10 circa - RAIDUE
(Replica)
INFORMATIVO
Apertura: Quale ruolo
possono svolgere i cristiani palestinesi nella
crisi del Medio Oriente. Seguono altri servizi.
CORRISPONDENZE
Piccoli avvenimenti che edificano le chiese
Corso per
direttori di corale
VILLAR PELLICE —
Presso il Castagneto si è
svolto sabato 13 e dom. 14
ottobre, il 7“ corso per
direttori di corale tenuto
dal m.o Sebastian Korn.
I passati incontri, fissati sempre a scadenze semestrali, in primavera e
in autunno, si proponevano di dare, a coloro che
svolgono attività direttoriale nell’ambito delle corali valdesi, alcune indicazioni di lavoro e metodologiche riguardo a problemi di ordine pratico quali la respirazione, l’intonazione, il ritmo, il gesto e la
comunicativa del direttore
ed ancora l’interpretazione e la scelta del repertorio. Si è notata, tuttavia, una graduale estensione della partecipazione anche a membri delle diverse corali, i quali, superando una iniziale timidezza,
si sono lasciati convincere
e paiono aver apprezzato
queste giornate di studio
comune.
In particolare questo 7°
corso si è proposto la preparazione, fra l’altro, di
alcuni brani adatti ad essere eseguiti durante il
periodo natalizio (sono
stati scelti a questo scopo
due antichi Noël francesi e
il corale « Puer natus in
Bethleem » armonizzato da
Johann S. Bach) e l’invito
è stato rivolto a tutte le
corali e a tutti i cantori:
l’affluenza è stata numerosa e soddisfacente, tanto
da suggerire una riproposta in questi termini del
corso del m.o Kom.
In coda alla giornata di
domenica 14 si è tenuta
la consueta assemblea dei
direttori delle corali, la
quale aveva all’ordine del
giorno la rielezione della
giunta, in parte rinnovata e il tema della prossima
« festa di canto »: quest’ultima dovrà svolgersi presso il centro ecumenico di
Agape (Prali).
Festa battesimale
VARESE — Un centinaio
di persone si è raccolto
nella sala di culto della
Chiesa battista di via Verdi 14, il 30 settembre scorso, in occasione dei battesimi. Sono scesi nelle acque per dare la testimonianza della loro fede nel
Signore le sorelle Simona
e Paola Comodo, i fratelli
Saverio Ferrera e Raphaël
Lasmè Mei, quest’ultimo
proveniente dalla Costa
d’Avorio.
La partecipazione di fratelli della Chiesa metodista di Luino e di amici cattolici ha grandemente rallegrato i fratelli della comunità battista che ha visto, in questi mesi, una ripresa molto bella di tutte
le attività.
Saluto a Habib
IVREA — Domenica 7.10,
dopo il culto di ripresa
delle attività, la comunità si è riunita in un’agape
fraterna durante la quale
ha potuto salutare diversi
amici, a cominciare dai 6
componenti della famiglia
eritrea Habib, che partiranno molto probabilmente a novembre per il Canada. Dopo un anno e mezzo
di permanenza ad Ivrea la
loro partenza ci rattrista
un po’, ma li seguiremo
con il nostro affetto e con
la preghiera, augurando loro una vita serena.
Saluti anche per Luca
Baratto che, terminata la
permanenza a Roma presso la nostra facoltà, sta
per iniziare l’anno all’estero, a Basilea, e per Davide
Ollearo che sta per iniziare
i suoi studi alla facoltà di
teologia di Roma. Anche
per questi due giovani la
comunità, certa che il Signore accompagni chiunque risponda alla sua chiamata, ha espresso gli auguri più affettuosi.
• All’inizio del mese di
luglio la comunità si è raccolta intorno alla famiglia
Vinay in occasione del funerale del fratello Aldo
Vinay, conosciuto anche
nella veste di capace accordatore.
® In luglio Jean Lue
Genre è venuto a rallegrare la famiglia del pastore
ma anche tutta la comunità, che gli dà il più affettuoso benvenuto.
• Nel mese di agosto la
comunità ha ospitato per
una cena nei suoi locali
13 bambine palestinesi, 3
accompagnatrici e diversi amici. Il gruppo era stato invitato in Italia dall’associazione di donne torinesi « Non basta dire basta Visitare luoghi difficili ».
Durante la settimana di
permanenza ad Ivrea, il
gruppo è stato seguito anche da alcune persone della comunità.
E’ stata per tutti una
buona occasione per conoscere altre realtà e per
creare un legame con sorelle che vivono in una situazione molto difficile.
Proiezioni
MASSELLO — Sabato 3
novembre alle ore 20, nella
sala delle attività dei Reynaud, avrà luogo una serata comunitaria con proiezione di diapositive sulla Nuova Zelanda.
Benvenuto
ROBA’ — La comunità
è allietata dalla nascita del
piccolo Tomas di Sergio e
Susy Tourn. Felicitazioni
vivissime.
Festa del raccolto
PRAROSTINO — Dome
nica prossima 28 avrà luogo la festa del raccolto con
un culto di ringraziamento
alle ore 10, a San Bartolomeo, e celebrazione della
Santa Cena.
Nel pomeriggio alle ore
14,30 ci sarà l’apertura del
bazar con vendita di prodotti agricoli. Funzionerà
un simpatico buffet.
Gioia e dolore
VILLAR PELLICE —
Un benvenuto a Debora,
primogenita di Gianfranco
Barolin e di Nadia Geymonat: congratulazioni ai genitori con l’augurio di ogni
benedizione.
• Ultimamente ci ha lasciato un’altra anziana sorella : Maddalena Gamier
ved. Pascal all’età di 94 anni. Alle figlie, ai figli con le
rispettive famiglie ed a tutti i familiari, ma in particolare a Alma, tuttora degente in ospedale, la nostra
solidarietà nel dolore della
separazione ma anche nella
certezza della risurrezione
in Gesù Cristo.
Assemblea di chiesa
LUSERNA S. GIOVANNI — L’assemblea di chiesa è convocata per domenica 28 ottobre, dopo il
culto, nella Sala Beckwith
per l’elezione di sette anziani, di cui due nuovi.
Presiederà il culto in lingua francese il pastore Davite. Il culto delle ore 9 alla
sala degli Airali sarà pertanto sospeso onde permettere a tutti i membri elettori di essere presenti all’assemblea.
Lutti
ANGROGNA — La pri
ma metà del mese di ottobre è stata purtroppo caratterizzata dai funerali :
sono infatti mancati nel
giro di quindici giorni Renzo Benech di 51 anni, Claudio Bertin di 63 anni, residente ad Ivrea ma per
lungo tempo in gioventù
presidente dell’Unione giovanile del Prassuit-Verné e
sempre molto legato ad
Angrogna, e Mario Bertin
di 83 anni.
Ai loro cari va tutta la
simpatia della nostra comunità nella speranza della risurrezione.
• La Giornata dei predicatori locali avrà luogo
nella nostra chiesa domenica 4 novembre.
Il culto con santa cena
sarà presieduto nel tempio
del capoluogo dal predicatore locale Umberto Rovara, ben conosciuto e apprezzato nella comunità.
Solidarietà
POMARETTO — Si sono
svolti il 22 ottobre i funerali del fratello Arturo
Bernard, di 82 anni, dece
duto in seguito ad un grave incidente stradale. Egli
era persona molto nota e
stimata in tutta la valle e
anche fuori. Amava la sua
chiesa e ne partecipava al
culto e alle attività. Alla
famiglia, già duramente
provata in altre tristi occasioni, giunga la simpatia cristiana di tutta la comunità.
• Domenica scorsa si è
svolto, con buon esito, il
tradizionale bazar; si ringraziano ancora tutti coloro che hanno collaborato
all’iniziativa.
Scuola domenicale
VILLASECCA — L’ora
rio della scuola domenicale è stato spostato dalle
9 alle 10 della domenica
mattina, per dare la possibilità ai parenti dei
bambini di partecipare al
culto. Del resto la liturgia
iniziale è comune, cosicché
i ragazzi e gli adulti hanno
un momento comune di
canto, preghiera e di ascolto della parola del Signore.
Domenica 28 vi sarà la
possibilità di scambiarsi
idee fra concistoro, pastore e famiglie su questo
nuovo modo di condurre
l’istruzione religiosa.
Giovedì 25 ottobre
□ COLLETTIVO
BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Riprendono
le riunioni del collettivo biblico ecumenico, presso il centro
d’incontro in via Repubblica 3,
alle ore 21.
11
lettere 1
26 ottobre 1990
INQUINAMENTO
POLITICO
Egregio Direttore,
con interesse ho letto ciò che
ha scritto Renato Paschetto di
Milsno (n. 39 del 5.10.90) a
proposito della Chiesa inquinata dalla politica. Sono d'accordo
con lui e credo di non essere la
sola.
Qualcuno si è mai chiesto
perché le chiese sono diventate
semivuote?
A questa domanda ci saranno
state certamente dotte risposte,
ma la verità a mio avviso sta
nel fatto che gli altri fedeli
hanno perso la pazienza!
Il cristiano va in chiesa per
ascoltare la parola di Dio, trovare in quelle parole conforto
e speranza, sentire che Dio è
misericordia, pietà, giustizia.
Purtroppo spesso gli sembra di
trovarsi in una sezione del partito comunista.
Spero che i pastori d'assalto si ravvedano e ricomincino a
predicare soltanto il Vangelo, unica Verità.
Elena Andriani, Taranto
PUBBLICO,
PRIVATO E
"MANAGERIALE”
A Trento, nella Provincia autonoma di Trento — riferisce • il
Sole-24 Ore » — succede una
cosa singolare, un'anomalia rispetto al resto d'Italia. La sanità pubblica funziona, funziona meglio che quella privata.
La gente, servita bene, è contenta, lo ha rivelato agli intervistatori di un sondaggio d’opinione commissionato al CENSIS dalla Provincia e dal CNEL.
Trento è un’isola felice nel mare di sfasciume e corruzione
del Servizio sanitario nazionale.
Noto che anche qui da noi,
nella nostra piccola USSL di
Val Pellice, la sanità pubblica,
gli ospedali valdesi, i servizi socioassistenziali funzionano. Anche se pare che da un po'
di tempo soffrano di un certo
malessere; qui non c’è provincia
autonoma, e le male gestioni
di fuori si fanno sentire fino a
qui. Se a Trento hanno commissionato una statistica per
vedere che la sanità locale funziona, e un giornale come « il
Sole » gli ha dato risalto, più
modestamente da noi si sono
raccolte 4.500 firme per difendere l'autonomia di una USSL
che ha risposto con passione
ed efficacia gestionale ai principi della riforma sanitaria.
Mi chiedo perché a Trento e
qui le cose hanno funzionato.
Ma non mi sorprendo più di
tanto. E' che in Trentino e qui
ha spirato vento « diverso » che
nel resto d'Italia. Ha fatto il
suo lavorìo una cultura « privatistica ” del servizio pubblico, una concezione « manageriale »
del sociale, dove quello che è il
vantaggio di tutti è il vantaggio di ciascuno e ciascuno, chi
più chi meno, se ne è fatto
carico. Queste cose i mass media non le dicono ma, difendendo la nostra USSL, io credo che noi facciamo male a
non dirle forte.
N. Sergio Turtulici,
Torre Pellice
SERVIZIO CIVILE
E "TESTIMONI”
Caro Direttore,
rispondo al sig. Volto Di Gennaro, a proposito della presunta incongruenza fra la nostra
richiesta d'intesa con lo Stato
italiano e il non esercizio del
voto e del servizio militare (n.
del 5 ottobre 1990).
L'Intesa, da noi auspicata, è
l'istituto costituzionale mediante il quale lo Stato regola i rapporti con i culti ammessi (art.
8: « I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla
base di intese con le relative
rappresentanze ») indipendentemente dal loro dettami di fede. Così la Chiesa cattolica, pur
contraria a divorzio ed aborto,
gode con lo Stato addirittura
di un Concordato.
1 Testimoni di Geova riconoscono lo Stato e danno a Cesare le cose che gli appartengono, ad esempio ciò che Gesù
aveva in mano nel momento
in cui pronunciò la celebre frase;
il denaro di tassa, l'oggetto vero
e proprio su cui la questione
verteva. Questo tributo di riconoscenza ci pone a tutti gli effetti fra coloro a cui si applica
l’articolo 3 della Costituzione;
« Tutti i cittadini sono uguali
davanti alla legge, senza distinzione di... religione », E sono proprio I nostri personali dettami di coscienza religiosa che
c'impongono la neutralità più
assoluta nelle questioni politiche e militari; o per usare la
seconda parte della citazione di
Gesù; • A Dio le cose di Dio ».
Non saremmo comunque contrari ad accettare, ad esempio,
un servizio che sia davvero civile e non sostitutivo di quello
militare, a favore della qualità
della vita nel nostro paese (cosa possibile, anche senza andare
nel Golfo Persico). La proposta
relativa è appunto contenuta
nella bozza d’intesa da noi sottoposta agli organi governativi competenti. Purtroppo, su questo fronte, tutto tace da ormai
quattro anni.
Alberto Bertone, Ufficio
stampa testimoni di Geova
UN RICHIAMO
IMPORTANTE
In una intervista fatta di recente ad André Dumas da Chrisstianisme au XX siede, il giornalista gli ha chiese qual era
secondo lui II miglior progetto
per la chiesa nel futuro; il teologo ha risposto; « I credenti
delle nostre comunità diano l'impressione che la loro fede trasforma la loro vita in modo tale
da renderla concreta e gioiosa;
occorre forse — egli ha soggiunto —■ un progetto diverso
da quello di Gesù quando ci ha
chiesto di essere sale e luce? ».
Purtroppo, ha ricordato Dumas, di fronte al manifestarsi
dell'elemento spirituale e religioso si constata il vuoto nelle
nostre chiese storiche, soprattutto perché si è svalutato il
valore della comunità, del culto
e si è esaltato un certo modo
di testimonianza nel luogo del
lavoro. Certamente, ha soggiunto Dumas, occorre della teologia, ma unita al sentimento ed
all'azione; se non c'è l'elemento affettivo si diventa aridi, secchi. (...)
Il teologo francese coglie nel
segno anche nei riguardi della
nostra chiesa che ogni anno
registra un calo numerico impressionante, ascrivibile sia alla mancanza di slancio evangelistico, sia di ricerca deile pecore smarrite.
Nella relazione della Tavola al
Sinodo, ai paragrafo « domande
sul nostro oggi », è opportunamente rilevato che « l'annunzio
dell’Evangelo ci coglie nella
completezza e nella complessità
della vita •; infatti in riferimento al tema ■■ predicazione e diaconia » si rischia di trascurare
l’essenziale, e cioè di condurre
le persone a quel Cristo « che
è la ragione unica del nostro affannarsi e nel nome del quale
soltanto la nostra fatica non è
vana ».
Il richiamo della relazione della Tavola mi pare rilevante in
riferimento alle nostre opere;
centri giovanili, ospedali, istituti
per minori, per anziani dove, per
dirla con Calvino, non bisogna
mai vergognarsi di rivestire l'uniforme della milizia di Gesù
Cristo.
Gustavo Bouchard, Rorà
La «guerra santa»
(segue da pag. 3)
Jhwh sono presenti le due possibilità: quella dell'intervento di Dio a favore, per liberare, e quella del suo
ergersi contro, in giudizio. Che entrambi i momenti siano possibili,
che dunque la storia del popolo di
Dio sia aperta ad esiti diversi a seconda della scelta di Dio, legata al
comportamento del popolo stesso, è
la radicale serietà della « teologia della storia » sviluppata nella Bibbia
ebraica. E questa radicale serietà è
la condizione senza la quale una lettura teologica della storia diventa fatalmente ideologia legittimante, un
« Dio lo vuole » collegato alle attese
umane.
Da quanto abbiamo detto finora,
appaiono al tempo stesso due elementi in tensione: la condizionatezza umana (anche massiccia) del discorso biblico sulla guerra di Jhwh e
l’intenzione di ricondurre la storia.
al di là della sua opacità, all’azione
sovrana di Dio. Questi aspetti caratterizzano ogni teologia della storia,
e in fondo, pur con tutte le differenze,
anche l’uomo moderno è ancora alle
prese con gli stessi problemi, ed
esposto agli stessi rischi: da Bonhoeffer che prega per la sconfìtta del
suo paese, a quei membri della chiesa confessante che leggono la sconfitta della Germania come un giudizio di Dio, daH’interpretazione del
Rimpatrio alle teologie della liberazione. Parlare della presenza e dell’azione di Dio nella storia è quanto
mai « rischioso », non foss’altro che
per la tentazione di « legittimare »
realizzazioni o programmi umani; ma
rinunciarvi è proprio dello spiritualismo, non della fede biblica; e neppure si può « isolare » il discorso sull’azione di Dio nella storia dal contatto con i lati crudi della storia.
Daniele Garrone
Pubblichiamo un primo elenco di Chiese evangeliche in
Italia formate da immigrati extracomunitari o che hanno presenze di immigrati.
PADOVA
— Chiesa evangelica valdese
corso Milano, 6 - 35139 Padova
Past. Bruno Costabel - tei.
049/650718
VERONA
Holy Fire Pentecostal Church
c/o Chiesa evangelica valdese
via Duomo angolo via Pigna
- 37121 Verona
Responsabile della Comunità ghanese; past. John Baptist Suglo
via Cesare Battisti, 4 - 37015
Donegliara (VR) - tei. 045/
6860567
Victory evangelical ministries
P.O. Box 29 — 37015 Donegliara (VR)
ROVIGO
' Chiesa evangelica battista
via Curiel, 2 - 45100 Rovigo
Past. Giuseppe Luiich - tei.
0425/200014 - 21791
(membri nigeriani appartenenti aila Chiesa metodista
di Nigeria)
TRIESTE
— Chiesa evangelica metodista
Salita Cedassamare, 27 34136 Trieste
Past. Claudio Martelli - tei.
040/415688
(presenza di romeni ed extracomunitari)
CINiSELLO BALSAMO (MI)
— Centro «Jacopo Lombardini»
via Monte Grappa 62/B 20092 Ciniséllo Balsamo (MI)
- tei. 02/6180826
MILANO
— Comunità evangelica cinese
via Pasubio, 8 - 20100 Milano
tei. 02/6595574
— Chiesa evangelica metodista
via Porro Lambertenghi, 28
20159 Milano
Past. Ronald Shooler e Valdo Benecchi - tei. 02/6886612
TORINO
— Chiesa evangelica valdese
via Pio V, 15 - 10125 Torino
Responsabile; Elena Vigliano - tei. 011/6692838
(presenza ghanese - ogni domenica daile 11 alle 14 riunione nelia saia teatro del
corso Vittorio, 23)
— Comunità protestante internazionale
corso Vittorio Emanuele, 28
- 10125 Torino
Past. Ken Hougland - telef.
011/6502601
GENOVA
— Comunità battista cinese c/o
Chiesa evangelica battista
via Vernazza, 14-16r 16121 Genova
Past. Michele Fuligno
— Comunità evangelica boliviana c/o Chiesa avventista
via Chighizola, 1 int. 7
16121 Genova
Past. Davide Ferraro
Responsabile; Helena Selinas - via Bologna, 40,
PORDENONE
— American Pentecostal House of Prayer
via Grossetta, 16c
33074 Fontana Fredda
Past. Michel J. Franklin
BOLOGNA
— Comunità evangelica cinese
via Franco Bolognese, 6
40100 Bologna
tei. 051/371871
___ Past. Anseimo Francesco
viale della Repubblica, 6
40127 Bologna
tei. 051/6340459
(presenza ghanese)
PISA
— Comunità evangelica cinese
c/o Chiesa ev. valdese
via Derna, 13 bis
56126 Pisa
Past. Salvatore Briante
tei. 050/28566
Responsabili: Chin Fey Ng
(Lilly) diacona e responsabile dei vari gruppi cinesi
via Romiti, 4 - 56100 Pisa
tei. 050/502215
Chin Ton Lin, anch’egli membro della Chiesa valdese via dei Paschi 7
56100 Pisa - tei. 050/542340
FIRENZE
— Comunità evangelica cinese
via Toscanini, 62
50100 Firenze
tei. 055/8961112
ROMA
___ Chiesa evangelica valdese
piazza Cavour, 32
00193 Roma
Past. Franco Sommani
tei. 06/3604868
(etiopi, eritrei, un ghanese,
altri singoli)
— Comunità evangelica cinese
c/o Chiesa evang. battista
via della Lungaretta, 124
00153 Roma
Responsabile; Wong Chuang
Liang - tei; 06/460346
— Comunità evangelica cinese
c/o Chiesa evang. battista
(anglofona)
piazza S. Lorenzo in Lucina,
35 - 00186 Roma
Past. Kenneth Lawson
tei. 06/6876652
___ Chiesa evangelica metodista di Ponte S. Angelo
via Banco di S. Spirito, 3
00186 Roma
Past. Robert Marsh
tei. 06/6868314
___ Chiesa evangelica valdese
(francofona)
via IV Novembre, 107
00184 Roma
Past. Sony Edzavé
___ St. Paul's Church
via Napoli, 58 - 00184 Roma
Responsabile; Forest Selvig
tei. 06/463339
___ St. Andrew's Church (Scozzese)
via XX Settembre, 7
00187 Roma
Past. John Ross
tei. 06/4827627
(nei loro locali si riunisce
la comunità evang. coreana)
PESCARA
— Comunità evangelica cinese
viale Riviera, 44
65100 Pescara
tei. 085/31828
NAPOLI
— Chiesa evangelica pentecostale A.D.I.
via S. Maria a Cubito
80019 Oualiano (NA)
Past.; Miele
Vice-anziano; Guarino
(culto in inglese per nigeriani ogni domenica alle 10)
IMPRESA ONORANZE
e TRASPORTI FUNEBRI
geom. LORIS BOUNOUS
Espletamento pratiche inerenti trasporti e sepolture,
vestizioni, esumazioni, cremazioni, necrologie
Autofunebre proprio ,
Sede; Via Trento, 48 • 10064 riNEKOU) • Tel. 0131 794680
Tnità locale n. 1 ■ (abit. e uff.) T'ia Tiro a Segno. :i • PINEUOI.O
Telefono 0131 301.)21 • Servizio continuo (notturno e festivo)
RINGRAZIAMENTO
« Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio »
(Matteo 5: 8)
E’ mancata all’affetto dei suoi
cari
Lina Fornerone
in Subilia
La famiglia ringrazia quanti
hanno preso parte al suo dolore
e la ricordano con affetto.
Ringrazia in modo particolare la direzione ed il personale
dell’Asilo dei vecchi di S. Germano Chisone per le amorevoU
cure prestate. Esprime la sua
viva gratitudine al pastore Thomas Noffke per il suo prezioso aiuto nella triste circostanza.
Villar Perosa, 10 ottobre 1990.
RINGRAZIAMENTO
« A Dio solo sia Vonore
e la gloria »
I familiari di
Stefano Berton
deceduto a Perla l’il ottobre all’età di 85 anni, ringraziano di
cuore tutte le persone che hanno dimostrato loro affetto e simpatia in quella dolorosa circostanza.
Bobbio Pellice, 26 ottobre 1990.
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è il mio pastore: nulla mi mancherà »
(Salmo 23)
Il figlio e i familiari della
cara
Irma Barai ved. Breuza
commossi e riconoscenti per la
grande dimostrazione di stima
tributata alla loro cara, ringraziano parenti, amici e tutti coloro che hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al primario, medici, infermieri del reparto medicina delrOspedale Agnelli, il past. Brano Tron, alle famiglie Cavallo
e De Petra, al dott. Ghigo, alla
dr. Cavallo, al geom. Annovati,
a Carla, Enrico, Giulio, Luisa,
Susanna e a tutti i colleghi del
S. Paolo, alle signore Abis e
Rossella.
Pinerolo, 26 ottobre 1990.
RINGRAZIAMENTO
c( Beato Vuomo che non
cammina secondo U consiglio degli empi, che
non si ferma nella via
dei peccatori, né si siede sul banco degli schernitori ».
(Salmo 1: 1)
La moglie ed i familiari del
caro
Walter Grill
ringraziano tutti coloro che
con fiori, parole di conforto,
presenza e scritti hanno partecipato a questo momento d/
grande dolore.
Un particolare ringraziamento al past. Plescan, all’A.N.A.,
ai dirigenti ed al personale delle Seggiovie 13 Laghi e della
Capannìna, al personale medico
e paramedico dell’ospedale di
Pomaretto.
Proli. 26 ottobre 1990.
Avvisi economici
PRIVATO acquista mobili vecchi e antichi, oggetti vari.
Tel. Pinerolo 40181 (dopo le
ore 18).
OTTIMA e stagionata legna da
ardere, castagno o misto
(quercia • frassino - olmo faggio...) resa a casa segata di
misura. Per informazioni:
Jean e Roberta (tei. 930063),
venerdì di mercato di Torre
Pellice sotto l’ala coperta.
L’eco delle valli valdesi
Via Pio V 15, 10125 Torino
Tel. 0121/655278
Reg. Trib. Pinerolo n. 175
Resp. F. Giampiccoli
Stampa : Coop. Subalpina Torre Pellice
12
12 villag^gío globale
26 ottobre 1990
DIRITTI DELL’UOMO
NeH'universo
dei profughi
La Dichiarazione universale sancisce dei diritti inalienabili a prescindere dalla residenza e dalla cittadinanza
Fra i mali che affliggono
il nostro « villaggio », quello dei profughi è certamente uno dei più estesi: anno dopo anno, le violazioni dei diritti dell’uomo costringono innumerevoli persone — un calcolo delle
■Nazioni Unite le fa ammontare a 15 milioni — a fuggire dai paesi d’origine.
Queste violazioni si concretizzano in vari modi:
massacri; atti di genocidio
(si pensi ai curdi sterminati dai gas iracheni); persecuzioni politiche, razziali o
religiose; negazione dei più
elementari diritti sociali,
economici e politici.
Mentre l’Assemblea delrONU si occupa costantemente del problema dei
profughi dal punto di vista assistenziale, non si può
dire che faccia altrettanto
— secondo una recente denuncia ospitata dalla stessa rivista « Réfugiés », edita dall’Alto Commissariato
delle N. U. per i profughi
(ACP) — per quanto concerne i diritti umani dei
profughi stessi. Tale discriminazione si rivela artificiale e viene a privare queste vittime di violazioni dei
diritti della persona di un
aiuto che sarebbe oltremodo, necessario. La Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo afferma infatti i
diritti inalienabili sopra ricordati nei confronti di
qualsiasi persona, si tratti
opnure no di cittadini residenti.
■La convenzione contro la
tortura ed altri trattamenti crudeli proibisce l’espulsione dei profughi quando
rischiano di essere torturati nei loro paesi. Purtroppo — secondo la circostanziata denuncia del settimanale « Avvenimenti » del 3
ottobre scorso — questo
grave fatto si è verificato
proprio in Italia, quando
parecchie decine di profughi somali richiedenti asilo
politico sono stati respinti,
in diverse riprese, dall’aeroporto romano di Fiumicino. Il servizio del settimanale dà per certo che
quasi tutti questi forzati
passeggeri sono stati accolti a Mogadiscio dai « berretti rossi » del dittatore
Siad Barre ed internati nei
lager riservati agli oppositori politici.
Tornando agli aspetti generali della questione, si
deve purtroppo anche rilevare che alle parziali applicazioni della legislazione internazionale si accompagna
la più grave crisi finanziaria da 40 anni a questa parte in cui sia incorso TACP.
Questa mancanza di fondi
(tanto più stridente quando si pensi alle enormi spese in altri settori, a cominciare da quelle per gli armamenti) ha provocato
JSiV'f.- -Vi)
/ trasferimenti forzati e gli esodi di massa caratterizzano la tragedia quotidiana del profugo.
molte difficoltà per l’AGP
per quanto riguarda il rimpatrio dei profughi in Africa Australe, in Etiopia, in
Nicaragua, in Vietnam ed
in Cambogia causando agli
stessi ulteriori gravi disagi
collegati, per alcuni di questi paesi, alla stagione delle semine.
* * *
Uno degli aspetti forse
più drammatici e delicati è
dato dalla cruciale differenza esistente fra profughi in senso lato (per motivi bellici, economici o demografici) ed i richiedenti
asilo politico. E’ fuori di
dubbio che la vasta maggioranza dei 15 milioni di
profughi è fuggita a causa
di conflitti e di guerre civili e viene accolta a titolo
di soccorso umanitario, ma
nello stesso tempo in modo temporaneo. Purtroppo
però — lamenta l’ACP —
parecchi funzionari doganali sono male informati di
questa distinzione, per cui
un numero importante dei
richiedenti asilo politico
viene respinto senza avere la possibilità di far esaminare le loro richieste in
modo approfondito.
Per contro, se si vuol essere obiettivi, non si possono ignorare le effettive
condizioni di difficoltà in
cui vengono posti i paesi
ospitanti, a cominciare da
quelle a carattere ricettivo.
Dir. propr. : GHINELLI MONICA
Hôtel Fontana
a 50 m. dalla spiaggia
ambiente familiare
ottimi i servizi
e il trattamento
I 47046
MISANO ADRIATICO
via don Minzoni, 4
© 0541/610578
di fronte a movimenti sempre più massicci. E’ noto il
travaglio degli iter legislativi, di cui abbiamo avuto
un esempio recente anche
qui in Italia.
* * *
Un altro grave problema
è poi dato da coloro che si
debbono forzatamente trasferire (specie in casi di conflitti armati) da un’estremità all’altra dei loro propri paesi — a volte molto
estesi — e che vengono definiti « sradicati ». Le statistiche parlano di una cifra
as^girantesi sui 20 milioni.
Solo in Africa si calcolano
in 10 milioni, di cui 3 milioni in Sudan, due in Angola, in Etiopia ed in Mozambico, un altro milione
fra Somalia e Liberia. Altre forti concentrazioni di
famiglie sradicate si trovano in Afghanistan, nel Salvador, nel Libano e nello
Sri Lanka.
Purtroppo la condizione
di questi sradicati è sovente peggiore di Quella degli
altri profughi. Infatti essi
— vivendo alTinterno delle
frontiere dei loro paesi —
non possono beneficiare
della protezione internazionale: nessuna organizzazione all’interno delle Nazioni
Unite ha avuto un chiaro
mandato di difendere i loro diritti. Oltre a tutto, parecchi governi respingono
questa nozione di « protezione internazionale » affermando che ciò costituirebbe una violazione della loro sovranità ed un intervento nei propri affari interni.
E’ proprio forse in questo campo che le chiese,
assieme ad altre organizzazioni non governative, possono avere maggiori possibilità di azione.
Roberto Peyrot
DEBITO ESTERO
Nel dicembre 1989 il segretario delle Nazioni Unite,
Perez De Duellar, ha affidato all’on. Bettino Craxi
il compito di incaricato speciale per il
problema del debito estero dei paesi
in via di sviluppo (PVS). In luglio, a Ginevra,
il segretario del PSI ha presentato
al segretario dell’ONU il suo rapporto.
Situazione esplosiva
che pesa sui poveri
I grandi paesi del mondo si sono impegnati a
versare a favore dello sviluppo l’1% del loro reddito
nazionale. Oggi essi versano e impiegano lo 0,4%.
Se si passasse allo 0,7% si avrebbe a disposizione
una somma utile non solo per azzerare il debito, ma
anche per iniziare ad invertire la rotta del sottosviluppo.
Il rapporto di Craxi
Dopo una introduzione
che fotografa la situazione
di divario crescente tra
paesi ricchi e paesi poveri e la dipendenza di questi ultimi da un commercio mondiale squilibrato
che li penalizza, il rapporto Craxi fa im excursus
storico sulla genesi del
problema del debito.
Dal 1980 al 1990 da circa 600 miliardi di dollari
è passato agli attuali 1.300:
una parabola che ha origine dai petrodollari facili
a tasso negativo degli anni ’70, passa per i crediti
delle banche commerciali
a tassi variabili legati a
monete fluttuanti che determinano una esplosione
della spirale debito/servizio del debito, e arriva al
flusso netto di capitali dai
paesi del Sud verso quelli
del Nord dei nostri giorni.
« Inevitabilmente, la modifica di questa anomalia
e il ripristino di trasferimenti in senso contrario
— conclude Craxi — comporta di accrescere la quota sul prodotto interno lordo degli aiuti allo sviluppo », e ricorda che siccome « ogni 0,1% sul reddito attuale dei paesi ricchi...
è di 16,5 miliardi di dollari », il raggiungimento
della fatidica quota dello
0,75% potrebbe mobilitare
capitali notevoli a sostegno del Piano Brady, che
qualche successo sembra
ottenere, ma che è « underfunded », con pochi soldi a disposizione.
Il problema però non è
solo quello di tagliare i debiti vecchi e il peso degli
interessi, sia a livello pubblico che privato; occorre
ridare fiato a nuovi investimenti che permettano
alle economie dei paesi indebitati non solo di pagare i debiti, ma di riavviare un processo di sviluppo
economico. Le formule
suggerite sono varie e riguardano anche le banche
commerciali, ma si basano tutte sulla filosofia del
coinvolgimento del finanziatore: non bisogna più
prestare solo denaro ma
coinvolgere operatori dei
paesi industriali nell’attuazione dei progetti finanziati; alle imprese dei PVS
le banche forniscano anche
l’assistenza tecnica necessaria ad ottenere prodotti
esportabili sul mercato internazionale; oppure si favorisca la costituzione di
joint ventures fra operatori del Nord e del Sud.
Le difficoltà dei colloqui
dell’Uruguay Round, a livello di GATT, evidenziano poi il « semplicismo delle ricette di puro liheri
smo generalizzato », i pericoli di sfruttamento della
manodopera dei PVS che
si possono trasformare in
una « gara pericolosa al degrado, la necessità di controllo dei poteri monopolistici, nei riguardi dei mercati deboli dei paesi meno sviluppati » laddove si
discute di liberalizzazione
dei servizi ad alto contenuto tecnologico.
Tutto ciò, « porta alla
conclusione che appare più
fruttuoso e più convincente puntare sullo sviluppo
di aree regionali di "mercato comune”, ciascuna configurata secondo le esigenze e le peculiarità locali,
con apposite regole del gioco, anziché puntare su un
indeterminato libero scambio cosmico ».
Raccomandazioni
In considerazione di questo quadro il Rapporto, in
sede di proposte operative, suggerisce anzitutto un
« approccio sistemico » al
problema che coinvolga
« tutti i creditori — non
solo banche, ma anche governi e organismi multilaterali — nonché le istituzioni erogatrici di nuova finanza ».
Il Piano Brady va rafforzato con maggiori risorse e con una gestione coordinata, mediante una agenzia in seno alle istituzioni
finanziarie intemazionali e
con l’aggiunta di banche
regionali per ogni « grande
area ».
Occorre procedere ad un
alleggerimento ulteriore degli oneri del debito, differenziato a seconda del livello di sviluppo e di indebitamento delle diverse
categorie dei PVS, attraverso il riscadenzamento
del debito su un lungo periodo e tassi di interesse
con diverso grado « di concessionalità »; per i paesi
più poveri si impone un
annullamento del servizio
del debito per i crediti di
aiuto. Per ridurre i debiti
bilaterali, si raccomanda
l’utilizzo delle varie formule di conversione del debito per finanziare progetti
di sviluppo e tutela ambientale. Si è riaffermato
l’approccio « caso per caso » e la distinzione tra le
varie categorie di debito.
Le necessarie politiche di
aggiustamento interno ai
PVS « devono avere carattere di selettività » ed essere « orientate a favorire
la crescita ed a proteggere in particolare le fasce
della popolazione meno favorite ».
NUMERI
DISABILI
• Secondo una recente
indagine deH’ISPES (Istituto di studi politici, economici e sociali) sarelDbero
1.600.000 i disabili in Italia;
oltre il 50% di essi, ovvero
quasi 15 casi ogni 1.000 abitanti, è afflitto da handicap motorio. La spesa dello
Stato per la loro assistenza nel 1988 ammontava a
47 mila miliardi, pari al
3,8% del PNL.
• L’incidenza maggiore
di disabili si verifica, secondo la citata indagine
ISPES, nelle regioni centrali e settentrionali, con
la punta massima (28,3%)
in Umbria. Minore l’incidenza nelle regioni meridionali, che registrano il
minimo in Sardegna (9,3
per cento). Problematici i
rapporti con il mondo del
lavoro : solo il 17,8% di motulesi ha un’occupazione
stabile, il 2% la sta cercando ed il restante 80% non
ha attivato nessuna ricerca.
AIDS
• Il numero complessivo
dei casi accertati di AIDS
nel mondo, fino al 1° giugno ’90, è 263.051. Secondo
i dati deirOrganizzazione
mondiale della sanità, di
questi 64.745 sono stati registrati in Africa, 160.619
nelle Americhe, 647 in Asia,
35.021 in Europa e 2.019 in
Oceania.
• L’Organizzazione mon- :
diale della sanità (OMS)
stima che i sieropositivi nel
mondo siano tra gli 8 e i
10 milioni. Particolarmente
drammatica la situazione
dell’ Africa sub-sahariana,
che è passata da 2,5 milioni
di casi nel 1987 a 5 mlliom
attuali: un adulto ogni 40
è sieropositivo. L’OMS prevede che entro il duemila
le persone colpite dal virus
HIV nel mondo saranno
tra 1,5 e 2 miliardi.
DEBITO
• Ammonterebbe a 1.300
miliardi di dollari — secondo la rivista « Volontari
per lo sviluppo » — il debito dei paesi del Sud del
mondo, colmabile lavorando per sei mesi senza consumare nulla. La percentuale di entrate annuali da
esportazione consacrate al
servizio del debito vede, in
America Latina, ad esempio, il Messico con il 48,6
per cento, il Brasile (35,8
per cento) ed il Costa Rica
con il 27,9%. In Asia l’India « investe » nel debito il
33,6%, le Filippine il 27,9
per cento e la Corea del
Sud l’8%.
POVERTÀ’
• Secondo il « Rapporto
sullo sviluppo nel mondo
’90» della Banca mondiale,
più di un miliardo di persone vivono in povertà nei
paesi in via di sviluppo,
con un reddito annuale inferiore a 370 dollari (circa
430.000 lire). Il 71% dei più
poveri vive nel continente
asiatico (in particolare, il
46% nell’Asia del sud ed il
25% nell’est), il 16% nell’Africa sub-sahariana, il 7
per cento in America Latina e nei Caraibi, il 6% si
divide tra Europa, Medio
Oriente e Africa del nord.
TABAGISMO
• 500 milioni di esseri
umani, ovvero 1 persona su
10, hanno buone probabilità di morire per cause legate al tabagismo. Lo afferma l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)
che attribuisce all’uso di
tabacco 700.000 decessi all’anno in Europa, 400.000
negli Stati Uniti e 400.000
in Unione Sovietica.