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Roms, 13 Giugno 1909
I.
Si pobbllca ogni Sabato
ANNO II N, - 24
Propugna gl’interessi sociali, morali e religiosi in Italia
s.
s
ÀBBONAMKNTTI
Semestre L. 1,50
* « 3,00
Italia : Anno L. 5,00
Estero : » » 5,00 — «
Un numero separato Cent. 5
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1 manosoricti non sì restituiscono
INSERZIONI
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per avvisi ripetuti prezzi da convenirsi.
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Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
6
Ernesto Naville
Benché avesse oltrepassati i 92 anni da qualche
pese, siccome la sua mente si conservava sempre
limpida e lavoratrice ed il corpo vegeto ancora, la
sua dipartita non era aspettata dai suoi cari figli e
numerosi nipoti e pronipoti, che sempre attorno a
lui si dilettavano del suo conversare brioso, del suo
buon umore saporitissimo e della vivacità del suo
spirito.
La sera di giovedì 27 maggio, il venerando vegliardo Ernesto Naville, il filosofo e cittadino illustre di Ginevra rendeva a Dio che glielo aveva dato
altissimo e geniale‘il suo spirito. Gli avevo scritto
pochi giorni dianzi, riferendogli il 1® art. del * La
Luce » snir « ipot>si scientifica » ben sapendo
quanto egli amasse l’Italia, la nostra scuola filosofica
spiritualista, e come si rallegrasse per ogni studioso
e buon giornalismo atto a cooperare al rinnovamento
morale ed intellettuale, nell’ordine del pensiero cristiano puro, del nostro popolo, poiché é sempre lecito il ridire, benché trite e ritrite, le parole del
cavalier Massimo : « Ora che l’Italia é fatta, bisogna
fare gl’ italiani ». Quando vedremo che realmente
governo, istituti educativi e religiosi si accingano
all’ardna impresa di fabbricare dei buoni italiani,
colti, scevri di fanatismo e di superstizione, morali,
punto amici del coltello, della camorra, della frode
in grande ed al minuto, allora non le ritriteremo
più quelle parole. Intanto repetita juvant.
La quercia annosa benché coperta da bianchi licheni era pur tuttavia robusta, ergendo verso il
cielo rami fronzuti. Essa é caduta al suolo. Il pensatore illustre é morto. La sua dipartenza stenderà
un velo di luttuosa mestizia sulle feste universitarie
del p. V. Luglio, in occasione del quattrocentesimo
anniversario della nascita di Calvino, ma il suo pensiero inciso profondamente nelle opere del suo fecondo ingegno e rivolto con incessante cura alla
difesa della verità cristiana contemplata nello specchio della sua purissima sorgente, il sno pensiero
sano e corroborante vive e vivrà — anche quando
il tempo edace avrà consumate glorie che al mondo
moderno piuiono immortali. — A lui che mi fu maestro ed amico venerato nella mia vita di studente
in Ginevra e di ministro Valdese in Italia, desidero
consacrare, con cuore ammestato e riconoscente,
questo breve cenno sulla sua vita e sulla sua mente
eletta, ripetendo le parole dell’antico salmo del sabato (XCII, 12-15):
« I giusti crescono come i palmizi.
Si ergono come i cedri del Libano.
Piantati nella casa del Signore,
Essi prosperano nei Cortili deh nostro Dio ;
Essi fruttano ancora nell’estrema vecchiezza
Sono pieni di succhio e verdeggianti,
Per far .conoscere che il Signore è ginsto.
Egli é la mia Rocca e non vi è alcuna iniquità in Lui.
. E tutto ciò è tanto vero che nel p, p. Gennaio,
■'in età di 92 anni compiuti, il Sig-.'E. Naville pnb
■ .%
I hlicava coi tipi .di F. Alcan di Parigi, un importante volume nella « Bibliothèque di philosodhie
contemporaine », sui sistemi di filosofia ossia le
filosofie affermative. Basterebbe la lettura della
vibrata prefazione a- provare la gagliardìa di spirito
del venerando vegliardo e l’instaneabile virtù sua
indagatrice di sapienza.
Ginlio-Ernesto Naville nacque a Chancy, cantone
di Ginevra, li 13 dicembre 1816 e fece tutti i suoi
studi! nella città di Calvino che appunto in quell’epoca era assai infedele alla dommatica del grande
riformatore per seguire le teorie di un arianismo 1
anacquato con le idee di Voltaire e di G. G. Rousseau. Il padre sno, celebre pedagogo, era ministro
evangelico ed il figlio conseguì pure come lui la
licenza teologica e la consacrazione al ministerio
evangelico nel 1839. La sua tesi di licenzi trattava
del « sacerdozio nella chiesa cristiana ». Fu in
quell’epoca eh’ egli venne in Italia, in un istituto
di Firenze e vi rimase sei mesi ricercando la società
ed il commercio dei dotti di Toscana e specialmente
quello dì Angusto Conti, che fino alla morte di questo
ei mantenne con fedele amicizia, benché non ammettesse l’inimicizia del Conti contro gli evangelici
d’Italia. Invero più tardi quando i Madiai ed i Guicciardini dovettero soffrire pel vangelo egli, che fu
sempre, come A. Vinet, fra i più ardenti apologisti
della libertà di coscienza, uni la sua alle migliaia
di voci di protesta contro le iniquità del governo
granducale. Più tardi tradusse in ottima lingua
francese i due lavori pregievolissimi del Conti : « Il
camposanto di Pisa (1863) e : La filosofia italiana
contemporanea (1865). Come contraccambio cortese
il Conti tradusse in italiano o, sotto la sua direzione, fece tradurre gli splendidi volami del Naville
« La vita eterna * ^ Il Padre celeste ».
Tornato in patria nel 1840 si consacrò all’insegnamento anziché alla teologia e fu fra i direttori
delle scuole municipali che in allora erano confuse
con quelle della Società dei catecumeni e delle altre
scuole del cantone dipendenti tutti dal consiglio di
Stato. Erano i tempi del Risveglio religioso nella,
chiesa che in parte bramava ritornare all’ austera
dottrina calvinista e che soprattutto anelava ad una
tita cristiana più spirituale e più pura ; ed erano
pure tempi d’intensità di stndii, in ogni ordine di
discipline scientifiche ed il giovane professore chia-,
mato nel 1844 alla cattedra di filosofia fin da quel
momento segnava i limiti del campo e del metodo
della scienza sperimentale come pur quelli del campo
e del metodo delle speculazioni metafisiche, morali
e teologiche o religiose ; nel 1846, subito dopo la
rivoluzione ginevrina, egli abbandonò la direzione
delle scuole cittadine e si ricusò di entrare nel
clero della nuova chiesa' ufficiale ; e siccome i governi radicali o ra^icaleggianti non sono dissimili
dagli altri in fatto d’intolleranza, quello di James
Fazy decretò la destituzione del giovane professore
che affollava le aule accademiche colla sua eloquenza
e la sua dottrina^Eglí soleva dire, con fine sorriso.
che quel tantino di persecuzione gli era ries'cito
assai giovevole per formare il suo carattere ; il
quale invero fa sempre leale, adamantino, in tutte
le burrasche politiche della piccola ma irrequieta
repubblica.'Ardente fautore della indipendenza universitaria per la serietà e la tranquillità degli studi
che non devono mai venire turbati dalle baratterie
e dalle passioni.politiche, egli ch’era stato elevato
alla cattedra di apologetica nella Facoltà di teologia,
nel 1860, già si dimise da quell’ufficio nel 1861,
non volendo sopportare un sopruso del Consiglio di
Stato che a sé solo avocava la nomina dei professori
supplenti senza l’avviso o l’approvazione del Collegio dei professori. ,
• La sua fama di oratore e di pensatore originale
ed erudito- erasi fatta grande intanto ed egli scelse
di essere libero da ogni ufficio accademico onde
senza inutili ed inconiodi pesi il sno genio potesse
aleggiare .e librarsi in alto nelle serene sfere della
scienza e della cristiana religione. Cominciò per lui
una vita nuova d’investigazione in tutti i rami delle
scienze che stanno a base della filosofica e cominciò
pure allora quei viaggi o giri di conferenze filosoficoapologetiche, nelle quali le più ardue qnistioni che
travagliano la mente ed il cuore dell’ uomo assetato
di giustizia e di verità sono presentate con dottrina
ineccepibile, con forma ed eloquenza popolari impareggiabili e spesso con humour e ricordi letterarii
squisiti che strappavano applausi, ovazioni entusiastiche ed anche sovente furtive e benedette lagrime
agli affollati uditori. Quelle conferenze durarono fino
al ] 882 quando la già grave età non gli concedeva
di parlare troppo di frequente in pubblico. Nel 1891
la città di Ginevrà celebrò con affluenza di dotti di
tutti i paesi e di tutte le università del mondo, il
suo giubileo universitario e fece coniare una grande
medaglia d’oro in sno onore. Se non erro in quella
occasione l’On. Branialti, delegato d’Italia, gli consegnò a nome di Re Umberto, le insegne di Commendatore della Corona d’Italia. Era pure ufficiale
del San Salvatore di Grecia, della Legione d’ onore
ecc., ma pare che non concedesse soverchia tenerezza a questi gingilli.: gli sorridevano maggiormente i titoli di « socio forestiero dell’ Istituto di
Francia, membro o corrispondente delle Accademie
di Savoia, del Belgio, di Palermo, di Rovereto (degli
Agiati) di Messina (Peloritana) di Lucca e' dellAteneo di Venezia.
{Continua) Paolo liongo
^QLI
Repetita iuvant, e noi ci affrettiamo a
ripetere che non teniamo nessun conto
dei cambiamenti d’indirizzo per l’Italia
che non ci siano partecipati su cartolina
con la risposta (la quale risposta
in rninimaparte a compensarci del disturbo).
Chi passa da VItalia all’Estero deve spedirci in ragione di 5 centesimi il numero,
da qui al Bi dicembre;. j
2
LA LUCE
!l FROBLEIHa DELL'ESISTEHZa E19 FEDE
{Continuazione V. num. precedente).
Contro il positivismo
Dal magnifico edifizio della scienza, che come*-fu
già detto—porta scritte due solenni parole Esperienza!
Fede ! i positivisti s’attenterebbero a cancellar una di
queste parole, per lasciare solo l’altra : Esperienza.
L'edifizio, non pure della Scienza sperimentale, ma
d’ogni sapere ha per fondamento la Fede. Se non che
i positivisti vorrebbero soppresso questo naturai fondamento. Ciò basta a dimostrare che i positivisti errano, che il sistema loro è sbagliato. Il positivismo
(che ora, a ver dire, passa per una crisi, ch’io m’auguro salutare) non ammette che un mezzo solo per
conoscere il mondo esteriore : i sensi ; e sbandisce la
Fede, come se la Fede fosse la più futile e la più inutile delle bagattelle. Come noi, il positivismo in genere sostiene che il mondo esteriore esiste. Ma su.che
si appoggia egli a sostener che esista il mondo esteriore? — Si appoggia sui sensi.
Lo scettico Montaigne obietterebbe nel suo saporoso
e piccante francese, ch’io riporto qui tal quale, e più
sotto traduco ; < Les sena ne peuvent arrestar notre
dispute, étant pleins eulx-mémea d’ incertitudes, il
■fault que ce soit la raison ; aulcune raison ne s’éstablifa sans una autre raison ; nous voylà à reculons
jusques à l’infiny ».Cioè: » Isensi non hanno.potenza
di troncar la quistione, poiché ànch’essi son pieni d’incertezze, bisognerà ricorrere alla ragione ; ma nessuna
ragione apparirà valida, se non sia comprovata da
un’altra ragione : e così ecco che s’anderebbe a ritroso
in infinito ».
» In infinito »,'no, avverto lo ; ma bensì fin là dove
s’incontri la Fede !
Ora i positivisti fan divorzio completo da la Fede.
Ed eccoli in un bell’impiccio! Le impressioni del
mondo esteriore si hanno per mezzo dei sensi : siamo
d’accordo. Ma ammettendo i sensi solamente, i positivisti in realtà mi provano coi sensi quel che i sensi
attestano : circolo vizioso più perfetto dell’O di Giotto !
Teresa dice : « È morto il papa ».— « Non è vero ! »
esclamo io : « provatemelo ». — Mi si risponde : « Ma
se l’ha detto Teresa !... »
lì Secolo racconta che l’Imperatore del Giappone
sta male. — * Non ci credo » ribatto io; € i giornali
ne inventan tante... » — » Oh bella !» mi si risponde :
« Lo racconta il Secolo !... »
— I sensi attestano che il mondo esiste.
— Fuori le prove dì quest'esistenza — grido io.
— Le prove? — rispondono i positivisti.—Le prove ?...
Ma se l’attestano i... sensi !
Fareste scappar la pazienza a un santo 1 Provare coi
sensi quel che dicono i sensi è come provare con Teresa quel che dice Teresa, e col Secolo di Milano le
notizie date dal Secolo di Milano ! Oh, se soggiungeste : « Dei sensi bisogna fidarsi » sarebbe un tutt’ altro par di maniche. Sicuro ! Anch’ io dico così : Bisogna fidarsi. Ma rieccovi allora la fede ; quella fede che
voi, positivisti, fate professione di ripudiare. Cacciata
per la porta, la Fede rientra da la finestra! Del mondo
esteriore abbiamo conoscenza per mezzo dei sensi. Perciò non è possibile provar resistenza del mondo medesimo per mezzo dei sensi. Tentarlo equivale a rinchiudersi in un circolo vizioso, come in un carcere.
E da questo carcere è impossibile uscire, se non raccomandandosi alle ali della Fede. « Voi stabilite la
realtà esteriore, l’esistenza obiettiva delle cose e del
mondo... Con qual diritto ? Chi mai vi prova questo
mondo reale, obiettivo? I vostri sensi? Nient’affatto.
I vostri sensi vi somministrano delle percezioni, delle
percezioni che avvengono in voi, dentro di voi per
l’appunto {des perceptions qui vous appartiennent
et qui n'appartiennent qu"'à vous) cioè delle percezioni interamente subiettive. La sensazione è una continua creazione della vostra facoltà di sentire ». {Castone Frommel).
Prevedo un’obiezione.
Mi si dirà : E il consenso universale, non lo contate
per nulla? Quando il positivismo, in nome dei sensi,
senz’altro afferma che il mondo esiste, intende parlare
non in nome dei sensi d’un uomo solo, ma di tutti
quanti gli uomini: consenso universale! ».
Come se l’illusione d’un individuo non potesse estendersi indefinitamente 1 Se i sensi del signor Giovanni
non servono da sé a dimostrare quello di cui essi testimoniano, cioè l’esistenza del mondo, serviranno i
sensi del signor Pietro, del signor Paolo, del signor...?
e nominatemi pure tutti i mille e cinquecento milioni
d’esseri umani che vivono su la faccia della Terra.
Avete un bel moltiplicare i sensi ; ma sensi via sensi
fa sempre sensi. Il consenso universale non è che
un atto di fede colfettivo, e la sua importanza è grandissima, ma non per questo cessa d’essere un atto di
fede.
Il positivismo è falso, non perchè s’appoggia sui sensi.
ma perchè nega la fede; * Ogni certezza che ci venga
dai sensi si fonda sur una fiducia. Nessuna percezione
si dimostra da sè vera, nessuna percezione prova la
realtà del suo oggetto : bisogna credervi ». {Frommel).
Se così è, e se — d’altro lato — i positivisti come la
maggior parte degli uomini ammettono che il mondo
che li circonda esiste, ne viene in conseguenza che i
positivisti inconsapevolmente ritengano ciò che dicono
di voler sbandire: cioè la Fede. Il positivismo, che
nega la Fede, in verità muove anch’esso da la Fede.
Il positivismo, senza confessarlo, presuppone questa
fede : « i sensi, quantunque facciano de’ brutti tiri, generalmente parlando non ingannano : c’è da fidarsi ».
Tant’è vero che la Fede è come l’aria e che si caccia anche là ove le si tiene costantemente il broncio I
Crede anche chi dubita !
Le parole che ho scritte qui sopra, come titolo, han
tutto l’aspetto d’essere un bisticcio, ma non sono. È
proprio così : crede anche chi dubita. E ve lo mostro.
Gli scettici dubitano. Quest’è certo. Cameade dubitava delle percezioni, sostenendo ohe non è possibile
distinguere il limite che separa le percezioni vere da
le percezioni false, ossia da le allucinazioni. Pirrone
dubitava dell’obiettività del mondo esteriore, della
« cosa in sè » come direbbe Kant ; dubitava di tutto
ciò che eccede il mondo interiore, subiettivo, di tutto
ciò che « eccede la coscienza ». Hume faceva suo il
dubbio di Pirrone e forse lo esagerava. « Non esiste
vera scienza. La ragione dà alle matematiche il proprio assentimento, senza poter tuttavia affermare se
esse corrispondano a una realtà. I fatti, i fenomeni
potrebbero essere o non essere ».
Dunque gli scettici dubitano. Scetticismo e dubbio
sono fratelli gemelli.
Ma gli scettici non dubitano di ogni cosa. Tutti gli
scettici a qualche cosa credono ; e in pratica poi credono a gran parte di ciò che in teoria mettono in
dubbio. Così (per riaccennare solamente e quei tre
scettici or ora richiamati in causa) Hume, se negava il
principio di sostanza e di causa, ammetteva i fenomeni, la loro successione, la loro concomitanza ; Pirrone non dubitava dei dati fornitigli dai sensi, non
era • senza fede » — come nota il Saisset —, e in ogni
modo credeva ai € fenomeni subiettivi » cioè credeva
al mondo che si agita qui dentro ; e in pratica, così
Pirrone come Hume, come Cameade, il personaggio
misterioso a don Abbondio, si comportavano come si
comi ortano tutti gli altri mortali, cioè credevano. Di
Cameade, appunto, il Saisset dice ch’e’ fece « une réserve pour la pratique »: scettico in teoria, non era
tale in pratica ; di modo che, se Cameade vivesse ai
nostri tempi, dubiterebbe bensì — per esempio — dell’esistenza delle automobili, sebbene esse sollevino un
polverone asfissiante e malsano e diffondano per l’aere
un profumo di benzina o di spirito da ardere tutt’altro che piacevole ; ma, in pratica, Cameade crederebbe
alle automobili, e, incontrandone una per 1’ affollata
Via Nazionale, si trarrebbe prudentemente in disparte
nè più nè meno come facciam noi che non siamo scettici : * Sento rumore... alcun s’appressa...: è meglio che
me ne vada !... »
Dunque è vero che crede anche colui che dubita.
« Nemmeno allo scettico è dato di spogliarsi d’ogni
certezza ». (E. Bois).
In teoria, il dubbio, ma neppur sempre; inpratica,
la fede. Il dubbio e la fede sembrano inconciliabili,
e invece si conciliano magnificamente. € Una qualche
affermazione assoluta la si fa sempre, anche da chi
nega o dubita nel modo più universale ; una sola cosa
può sottrarci a tale condizione, il silenzio e l’astensione
completa da ogni giudizio. Ma qual è l’uomo che ciò
possa fare? » ((7. Cantoni).
Il positivista, che nega, in realtà è credente. Lo
scettico, che non nega ma dubita, — se vuol vivere
— deve cessare d’essere scettico, deve credere : e infatti anche lui crede !
Nel prossimo numero comparirà l’ultimo articolo.
Affrettare le prenotazioni all’opuscolo La Fede è
come l’aria, 4 centesimi la copia ; chè, per ragioni di
economia e nonostante il consiglio di un caro ed
egregio Amico, lo faremo subito tirare a sodisfar
solamente le richieste che avremo avute non più tardi
del 22 giugno corrente.
I nostri Lettori americani potranno facilmente farci pervenire il prezzo del loro abbonamento, versandolo al nostro
Amministratore per l’America
Signor
prof, pastore J^iberto dot
86 Romejn Str. Rochester N. T.
I beni ecclesiastici
La questione della proprietà ecclesiastica è assai
complessa e, perciò, irta di difficoltà ; motivo questo
per il quale forse lo Stato non dimostra nessuna
fretta per risolverla, secondo i moderni principi che
devono regolare i rapporti tra la Chiesa e lo Stato.
Invero la stessa legge delle guarentigie nel suo art.
18 ha promesso il riordinamento di tutta la proprietà
ecclesiastica esistente nel regno. Però fino ad ora,
non si è fatto nulla in questo senso.
Intanto giova avvertire-due ordini di fatti che
spesso sono ignorati da quelli che vogliono, ad ogni
costo, la separazione dei due poteri.
Spesso, invero, si legge, o si sente dire, che lo
Stato paga le spese per il mantenimento del culto cattolico, la qual cosa è ingiusta, poiché deve ora essere
in vigore il principio : chi vuole il culto se lo paghi.
Ora si dovrebbe sapere che nel bilancio dello Stato
non figura alcun onere o sussidio, nemmeno in favore del culto cattolico. Altra cosa è il Fondo per
il culto, di cui parleremo in appresso. Che se lo
Stato assegna al mantenimento delle case generalizie degli ordini religiosi la somma annua di 400.000
lire, ciò è a carico dei beni delle corporazioni religiose soppresse in Roma. Così ancora se lo Stato
assegna all’incirca lire cinquemila a favore delle
antiche parrocchie Valdesi del Piemonte, questo tenue
assegno fu sempre considerato quale compenso dei
beni che in danno loro vennero incamerati nell’anno
1814. (Vedi le interessanti di.scussioni che si fecero
intorno a questo sussidio nel Parlamento Subalpino
nell’anno 1855, e nel Parlamento italiano nell’anno
1868, in Rignano : Della ugnagliama civile e della
libertà dei culti).
Inoltre, per tutto quello che si riferisce ai beni
patrimoniali della Chiesa e degli enti ecclesiastici è
da notarsi che rilevante è la giurisdizione che lo
Stato ha sulla Chiesa. Quindi a questo riguardo la
Chiesa e lo Stato non sono separati, ma la prima
è soggetta allo Stato. Cosi questo interviene nel
conservare quelle istituzioni ecclesiastiche, da cui
possono derivare utilità per i suoi interessi, come
ad esempio l’opera detta di Terra Santa incaricata di
raccogliere le offerte dei fedeli per il mantenimenta
dei religiosi in Oriente, la quale è tutelata dai Regi
Economati, perchè la suddetta opera può giovare
a tenere desta nei paesi dell’Oriente il sentimento italiano. Cosi ancora lo Stato esercita un diritto quasi di
proprietà, come è quello che spetta al sovrano sulle
chiese palatine, conserva mediante gli economati la
regalia dei benefizi vacanti, con la facoltà di appropriarsene la rendita e di concedere il regio assegno
alle nomine beneficiarie, mediante Yexequátur e il
placet, fatta eccezione per la città di Roma e le sedi
subnrbicarie.
Naturalmente questa ingerenza dello Stato sul
patrimonio ecclesiastico verrebbe a mutarsi, quando
si desse esecuzione alla legge con la quale si dovrebbe provvedere al riordinamento, alla conservazione aU’amministrazione delle proprietà ecclesiastiche del Regno.
Abbiamo già osservato che una parte del patrimonio della Chiesa venne ad essere proprietà delle
corporazioni, principalmente monastiche. Ora questi
ecclesiastici, arricchitisi oltre misura, vennero a
turbare grandemente gli interessi morali ed economici della nazione, e inoltre non si trovarono più
essere corrispondenti all’indole deU’odierno diritto,
di qui la necessità della loro soppressione da parte
dello Stato, il quale, per far ciò, non ebbe bisógno
che di revocare il riconoscimento a tali enti, col
togliere loro la esistenza giuridica, il che fece con
la legge 7 luglio 1866. Dunque, secondo il diritto
vigente, le cosidette corporazioni religiose hanno
cessato di essere civilmente riconosciute, e perciò
non sono più considerate come persone, e non godono
inconseguenza dei diritti chele leggi concedono, ad
erempio, quello di po.ssedere, cioè di essere proprietarie. Di guisa che non rimane ai religiosi che servirsi delle facoltà consentite dal diritto cornane^
3
LA LUCE
3
unendosi in formi! di associazioni. E invero gli ordini religiosi sono risorti a vita nuoia, ma trovano
modo di sussistere mediante intestazioni a persone
private.
Di qui la grande discussione che si fece in Parlamento nei giorni scorsi, quando l’Estrema Sinistra
domandava a grandi grida che il governo provvedesse contro siffatto ordine di cose^ per impedire le
« frodi pie ». Ma francamente, se il concetto della
libertà non deve essere settario, crediamo abbia
avuto ragione Fon. Orlando nel rispondere come ha
risposto. Invero, Fon. ministro dichiarò che il diritto
vigente italiano nega la personalità giuridica alFassociazione religiosa ma non ne vieta l’esistenza
come associazione di fatto. Che se si dovesse limitare
il diritto di associazione, queste limitazioni dovrebbero essere estese a tutte le associazioni, non soltanto a quelle religiose. E secondo noi, non ha torto
il ministro Orlando. Una politica informata ai principii di libertà è sempre da preferirsi alle odiose
persecuzioni.
Ma tornando alla legge del 1866 che represse le
corporazioni religiose dobbiamo dire che i loro beni
vennero a costituire in massima parte il patrimonio
del Pondo per il culto, che sostituì la cassa ecclesiastica soppressa nel 1866, ed ha per iscopo di
di assicurare alla parte del patrimonio ecclesiastico
a ciò destinato, l’erogazione in scopi di culto e' di
religione.
Ed ora quale è la soluzione da darsi al problema
della proprietà ecclesiastica ?
I beni ecclesiastici non possono ridiventare proprietà della Chiesa, la quale, d'altronde, non è riconosciuta come ente dalle leggi civili, sebbene la
legge canonica consideri come proprietaria la Chiqsa
universale, rappresentata dal papa. Nè, d’altra parte,
si deve incamerare tutti i beni della Chiesa, con la
conseguente formazione di un bilancio dei culti, il
che favorirebbe il costituirsi di una Chiesa nazionale,
con grave offesa al principio della separazione dei
due poteri.
La soluzione più radicale sarebbe quella della
istituzione delle associazioni cultuali, le quali direttamente amministrassero i beni ecclesiastici, cioè
quelli necessari alFeserciziu del culto, lo Stato dovendo attribuire a sè una data quota che, secondo
Fon. Orlando, sarebbe di tre quinti.
Certo il problema è formidabile, al quale sarebbe
pure annesso quello della riduzione delle diocesi,
. poiché l’Italia ne ha un numero veramente superiore
al bisogno.
Che se il regime delle associazioni cultuali è prematuro, lo Stato non dovrebbe indugiare sulla necessità di una revisione e di un riordinamento della
proprietà ecclesiastica costituendo un’unica e autonoma amministrazione sotto l’alta sua vigilanza.
Ora qualunque possa essere la soluzione da darsi
al problema delle proprietà ecclesiastiche, ci sembra
che una parte delle medesime debbano essere devolute, in misura equa, alle Chiese evangeliche, una
parte dei seguaci delle quali si convertirono e si
convertiranno dalla Chiesa cattolica. Non c’è nulla
in questo che possa offendere il diritto, poiché questi
beni avrebbero sempre per iscopo di sovvenire ai
bisogni dei culti, sebbene si tratti dicnlti acattolici.
Lo stesso Ruggero Bonghi già aveva proposto che lo
Stato facesse una legge, per la quale la unanimità
0 la maggioranza dei cittadini di un comune che si
risolvesse di convertirsi a Chiesa riformata, avesse
diritto di chiedere che la congrua del parroco passasse da questo al pastore, o almeno la si dividesse
fra l’uno e l’altro. E. Pietro Sbarbaro, a sua volta,
si domandava: « Perchè il governo del Re non concede agli acattolici, la proprietà o F uso gratuito
delle chiese che più non servono al rito cattolico, e
che spesso si vedono abbandonate agli usi più indegni e remoti della loro primitiva destinazione ? »
Certamente per raggiungere questo scopo, nella futura legislazione non converrà inserirvi un articolo
che assomigli al famoso articolo quarto della legge
francese, il quale non permette lo scisma, con grande
soddisfazione delFon. Luzzatti. (La Libertà di coscienza e di scienza pag. 48).
In conclusione, il riordinamento delle proprietà
ecclesiastiche si impone, e forse da esso potrà pure
dipendere, in parte il rinnovamento della coscienza
religiosa della nazione.
Hnttiso JWeyniet»
35tituto biblico paticancsco
Osservatore .ffowzù-wu ha ragione : d’ora innanzi
non si potrà più ripetere la calunnia che la Chiesa
romana è nemica del progresso e della scienza ; nè
anche nel campo degli studi biblici. Difatti, dopo la
costituzione della pia Società di S. Oirolaìko, sorta
per la diffusione delle S. Scritture, e di cui non si
sente più parlare da un pezzo, ecco ora le lettere
apostoliche di Pio X che stabiliscono in Roma l’Istituto biblico, inteso a dar nuovo impulso a quest’altissima scienza che ha per oggetto i documenti
della Rivelazione ! !
Qualche maligno incontentabile potrebbe osservare
che il Vaticano entra un po’ tardi nel nobile arringo,
percorso già cosi nobilmente e con tanta mole di
lavoro dai protestanti e anche dai razionalisti ; e che
per deciderio ci è voluto tutta la pressione dell’esempio e dell’opinione pubblica mondiale. Si potrebbe
pensare che l’accusa diuturna giustamente rivolta
al clero romano d’ignorare tutte le più importanti,
quistioni della critica biblica, abbia finito col dare
sui nervi alle superiori autoritè ecclesiastiche e le
abbia spinte a colmare la vergognosa lacuna. Non
guardiamo troppo pel sottile e prendiamo atto del
fatto : meglio tardi che mai.
In che modo è il nuovo Istituto inteso a provvedere al bisogno ora finalmente sentito ? Egregiamente. Udite : vi sarà annessa una biblioteca che
dovrà raccogliere tutte le opere più importanti di
critica biblica antiche e moderne ; esso deve preparare i chierici che sono già dottori in teologia o che
hanno seguito un corso di filosofia scolastica a sostenere gli esami davanti alla Commissione degli
studi biblici.
Il metodo sarà rigorosamente scientifico, anzi quella
che s’insegnerà là dentro sarà la vera scienza, come
dicono i fogli clericali. E ne fanno garanzia : lo scopo
dell’Istituto che ha per funzione specialissima di combattere il modernismo, e l'indirizzo didattico che esporrà fedelmente la dottrina ufficiale della Chiesa.
E’ assicurata la più ampia libertà d’indagini e di
opinione. Infatti, il rettore, nominato dal papa, sarà
un gesuita e i professori saranno nominati dal generale dei gesuiti, con F approvazione della Santa
Sede. Ora, nissuno ignora come la celebre Compagnia sia fautrice di libertà e d’indipendenza. Ben a
ragione adunque si può aspettare dal nuovo Istituto
un glorioso irradiamento di scienza e di progresso
proiettato sul campo già tanto mietuto della critica
biblica ; e come la Società di S. Girolamo doveva
spargere largamente tra i fedeli il documento della
Rivelazione, cosi l’Università biblica di Pio X e dei
gesuiti dovrà stabilirne su basi granitiche F integrità e l’autenticità.
E’ strano però ; pensando agli statuti di codesto
nuovo Istituto di scienza religiosa, la mia mente
ricorre irresistibilmente alla libertà di cui il Figaro
di Beanmarchais godeva in Madrid : « purché io non
parli ne’ miei scritti nè dell'autorità, nè del culto,
nè di politica, nè di morale, nè della gente altolocata, nè dei corpi accreditati, nè dell’Opera, nè degli altri spettacoli, nè di alcuno che occupi una posizione ufficiale, io posso liberamente stampare quel
che mi pare e piace, sotto l’ispezione di' due o tre
censori ».
Tale a un dipresso è la libertà che si gode all’ombra di S. Madre e sotto al governo dei segnaci
di Loiola.
Emrleo ^ivoire
IL RIXHOVj^mENTO
Anno III fase. 2.
Al posto d’ onore, un articolo di Giorgio Tyrrell in
difesa dei modernisti contro gli assalti deU’ea: prete
Minocchi. Costui rigetta il modernismo perchè non crede
nella trasformabilità della Chiesa. Badi il lettore : neppure della Chiesa evangelica. Le chiese — disse a Roma,
settimane fa, in una conferenza che io udii — hanno
bisogno del domma. Questo, o è un fattoi o è un’idea
(giustissimo). Mai fatti evangelici, come ha dimostrato
Loisy (sic) non sono storici ; le idee, una volta oltrepassate, sono fritte : dunque il domma è spacciato e con
esso lui le Chiese... Menzióne questi placiti non per
confutarli, ma per mostrare con quale incosciente disinvoltura il Minocchi si appresta a cantare le esequie
della Chiesa cristiana... Tyrrell osserva aU’e.v prete fiorentino che l’atteggiamento di lui, le sue lucubrazioni
sulla irreformabilità della Chiesa provengono dal non
avere il Minocchi una esperienza diretta (come quella
che egli, il padre Tyrrell, possiede) della vitalità che
hanno, al confronto del Vaticanismo, le altre forme di
Cristianesimo... L’ex-gesnita inglese non punto subordina al papato le sue speranze'di rifoima per la Chiesa
romana. Anzi..., alla domanda di Minocchi — « finito
il papato che oggi si identifica con la Chiesa romana,
che cosa rimarrebbe della Chiesa? » — Tyrrell risponde
cosi ; « Tutto ciò che del cattolicismo precedette questo
esperimento di governo assoluto ; tutto ciò che di cattolicis-mo sopravvive nelle Chiese orientali ; e, quando
questo residuo si sia trasformato, tutto ciò che si intende
per Chiesa, vale a dire un corpo che esiste per attuare
nei suoi inembri lo spirito di Cristo ». A tal fine, il
padre Tyrrell opina che l’esperimento modernista dev’essere tentato fino all’ultimo... Il dotto inglese — contrariamente ai Minocchi — è profondamente scettico non
solo intorno a ciò che rimane della natura umana quando
sia soppresso l’istinto suo più profondo, che è l’istinto
religioso, ma anche intorno all’influenza di principii religiosi di coi sia soppressa la sorgente, che è la Chiesa ;
nè ha alcuna speranza in un secolarismo esclusivo, in
un socialismo irreligioso. Minocchi aveva detto che la
Riforma, non riuscita nel secolo XVI, molto meno può
riescire oggi... Eh ! La Riforma sottrasse al papato mezza
la cristianità, e fu tale avvenimento che da esso la civiltà moderna deriva. Un Minocchi che parla di fallimento della Riforma, fa semplicemente sorridere... Tyrrell gli risponde che la Riforma ripulì un poco i rami
dell’albero, laddove il modernismo mette la scure alla
radice. Eh ! qui sta il guaio. Perchè il modernismo confonde con la radice stessa della buona pianta qnella
dell’edera parassita. Perciò il tentativo modernista sembra già avviato al fallimento...
♦
«
A. Galletti continua e termina il suo studio su « Le
idee morali di A. Manzoni ». Il processo del pensiero
manzoniano ricorda il metodo apologetico di Pascal. Per
Pascal, la ragione abbandonata a sè è malsicura, debole,
inappagante. Quindi, il segreto del destino dell’uomo è
in quel bisogno del soprannaturale che lo stiugge e
che soltanto l’Evangelo soddisfa appieno. Il Manzoni
s'accorda in più cose con Pascal. Ma, invece di guardare in primo luogo alla debolezza della ragione, considera prima di tutto la coscienza. Trova che questa è
la parte migliore dell’uomo; giudica difettosi! sistemi
di morale senza sanzione religiosa, e perfetta soltanto
la morale cristiana. Tale perfezione non può essere
umana : è divina. E poiché la morale cristiana è stretta
indissolubilmente al domma (non c’è un insegnamento
morale del Redentore che non si espande in un insegnamento dommatico) anche il domma è rivelato. La
ragione sragiona quando vuol disgiungere le due cose
rifiutando di riconoscere motivi soprannaturali di ^recef/i egualmente soprannaturali... Ammiratore della Stael,
protestante, « uno dei più splendidi intelletti che si sieno
in ogni tempo occupati nella contemplazione dell’uomo,
che abbiano portata negli scritti la parte più intima, più
sottile, più spirituale del pensiero », il Manzoni è, nondimeno, avverso al protestantesimo. Perchè ? Per un banale
equivoco... La sua requisitoria contro il protestantesimo
non tange il principio di questo, nè la Chiesa evangelica, bensì l’individualismo che non è il protestantesimo,
ma un malanno da cui il protestantesimo tende a liberarsi ; e le sètte, che non sono la Chiesa Evangelica
ma pianticelle parassite cresciute attorno ad essa...
In politica, conservò le idee democratiche della prima
giovinezza. L’errore più grave che la religione possa
commettere è il diventare strumento di corruzione nelle
mani delle classi aristocratiche e dominanti. Fu nemico
4
LA LUCE
del potere temporale e volle Roma capitale del nuovo
Regno italico. Ammiratore dei giansenisti, fu nn po’
giansenista egli pure, specie nel concetto che ha dei
rapporti tra la Chiesa e lo Stato. Contrariamente alla
leggenda, non fu un romantico, molto meno il capo dei
romantici, sebbene si trovasse d’accordo con alcuni ro:
mantici. I suoi compagni d’arme per la tradizione cristiana ei li riconobbe soltanto nei grandi apologisti
francesi del seicento, e, fra i contemporanei, in Lamennais. Contrariamente a ciò che dissero Cantò e Tomasseo, il Manzoni non disapprovò affatto Lamennais quando
questi si ribellò ai decreti del Vaticano. In realtà v’è
— nel pensiero del Manzoni — qualche cosa di troppo
audace agli occhi-delia rigida ortodossia; e, se,in luogo
di disseminarle in pagine frammentarie rimaste quasi
tutte inedite, avesse esposte le sue idee in un’opera organica, egli sarebbe certo incorso in un’aperta condanna.
*
* «
Dopo un articolo di Giulio Dolci sopra « Le città di
S. Paolo », a proposito del recente volume di W. M.
Ramsay « The cities of St. Paul » (articolo in cui TA.
dà alcuni saggi dell’importanza che può-avere lo studio
dell’ambiente per intendere lo sviluppo della propaganda
cristiana primitiva), un altro scrittore, che firma H.,
continua, ma non termina, il suo studio su * L’abate
Loisy e il problema dei Vangeli sinottici », studio cominciato nel « Rinnovamento »del 1908 (voi. HI e IV).
Nell’articolo contenuto in questo volume, TA. esaminaquesti tre argomenti : a) I preliminari della passiofie.
— ò) La passione stessa. — c) Il sepolcro e la vita
del Cristo risorto.
I capitoli del Loisy relativi ai preliminari della Passione ed alla Cena sono quelli le cui conclusioni maggiormente perturbano la pietà cristiana. Il Loisy distingue due correnti di idee e due gruppi di parole;
idee e parole messianiche, e idee e parole sacramentali ;
le prime in rapporto con la parousia, le seconde con
la Chiesa. E cerca — il Loisy — di dimostrare che le
idee e le parole messianiche sono primitive e di Gesù
stesso, mentre le idee e le parole sacramentali sono
interpretazioni paoliue. Cosicché, nelTultifiia Cena, Gesù
nè alluse alla sua passione, nè istituì l’eucaristia. L’A.
si distacca alquanto dal Loisy. Anch’egli ritiene che
attenendoci ai soli testi sinottici e paoliai è difficile
non ammettere che anche le brevi parole che richiamano l’idea di passione sieno sviluppi paolini ; ma ritiene in pari tempo che il problema storico è assai più
vasto del problema testuale; e dimostra contro Loisy
che gravi ragioni critico-storiche esigono qualche accenno di Nostro Signore alla possibilità, almeno, delia
sua passione vicina, durante l’ultima Cena.
I capitoli sulla passione, benché sollevino molte difficili questioni, riescono meno penosi dei precedenti —
secondo T A. — al sentimento tradizionale. Il Loisy
recide a destra ed a manca tutti i Cosidetti sviluppi
paolini. Per dare un esempio della disinvoltura con cui
procede a tale bisogna, ricorderemo che T abate francese nega il valore primitivo delle parole Í « lo spirito
è pronto, ma la carne è debole ». (Marco V. 38, Matt.
V. 41). E perchè ? Perchè San Paolo è quegli che presenta la contradizione e il conflitto attivo tra la carne
e lo spirito. Orbene, siccome nel citato passo v’è un’idea
di contrasto tra carne e spirito, essa deve per forza
essere uno sviluppo paolino, e quindi esser privo di valore storico 1... Questa la logica loisista. L’A. non se
la sente di seguire in tutto il maestro, sebbene lo segua in quasi tutto... L’A. dichiara che il Loisy non è
appieno convincente nel suo capitolo assai radicale sul
sepolcro ; ma si affretta a soggiungere che ci conviene
di non fondare la fede nella Risurrezione sui documenti
in quel capitolo discussi, ma sulla testimonianza di
San Paolo. L’A. ha una bella pagina intorno al concetto che San Paolo aveva del corpo risorto ; punto
questo — dic’egli — «stranamente trascurato dal Loisy ».
Una vita umana è concepibile senza « carne », inconcepibile senza « corpo ». Il « corpo » può cambiare il
suo sustrato materiale dal pesante sarx (carne) terreno,
alla luminosa, eterea dòxa (gloria), e tuttavia rimanere
10 stesso. Questa dottrina di San Paolo fu abbastanza
presto sostituita dalla concezione popolare secondo cui
11 sarà; risuscita insieme col sow«. Ma TA., secondo me,
ha torto quando vuol vedere questo concetto popolare
nella descrizione di Lue. XXIV. 39-43. Oh ! non conosce egli le temporanee materializzazioni del corpo etereo, provate dalla moderna pneumatologia sperimentale ?
«
« *
Segue un lungo articolo di F. Bellonì-Filippi sul Veda;
R
nel quale si studia il
lo studio delle idee reli
porti con la scienza del
« Libri e Riviste », se,
bliografiche », si chiudè
CONFERENZE DEL
. G. Veda, la sua importanza per
giose dell’umanità e i suoi rupia religione. E con la rubrica
Ignita dagli « Appunti e note biil volume.
Ugo Janni
PADRE DARTOLI A SIENA
Anche Siena ha avuto il piacere di udire il professore Bartoli, il quale,
nei sei giorni che ha passato
in questa colta e gentile città, ha tenuto, nel Tempio
Valdese, non meno di ¿ef conferenze.
il caldo talvolta opprimente,
ipendo, tanto che la Chiesa si
è trovata troppo piccola per la circostanza. Quel
che soprattutto ci ha ra llegrati è il vedere l’attenzione
sostenuta colla quale ili pubblico, composto in buona
parte di studenti e di ])ersone colte, ha ascoltato l’egregio conferenziere.
L’impressione è stata eccellente in tutti ; e ciò è
dovuto specialmente al fatto che il prof. Bartoli si è
sempre tenuto nella sfera elevata dei principii, trattando ogni argomento con molta dottrina e con gran
facondia di parlare. Queste conferenze hanno attratto
Tattenzion} di numerosi uditori sulla quistione morale
e religiosa, e sul Vangelo come la più alta e più perfetta espressione della Verità.
Al termine dell’ultima conferenzaAl pastore locale,
dopo aver ringraziato a nome della Chiesa e del pubblico il dotto professore, mise in rilievo due punti che
risultano chiaramente dalle predette conferenze. Il
primo è che gli evangelici non desiderano altro se non
di essere cristiani secondo il puro Evangelo, tolte le
aggiunte e le superstizioni che non fecero mai parte
del Cristianesimo primitivo. Vi secondo è che una delle
maggiori differenze fra la Chiesa romana e le Chiese
evangeliche è questa : ].,a Chiesa romana dice oggi : o
credi come voglio io, o sei dannato, come altra volta
diceva : o credi come voglio io, o per te c’è tortura, patibolo e morte ; le Chiese ISvangeliche dicono : prendete il
Vangelo base comune della fede vostra e nostra, leggete,
studiate, meditate, pregate, e poi decidete come vi detta
la coscienza. i
Il Popolo di Siena, giornale clericale, non sapendo
a che appigliarsi, se T^ presa, indovinate un po’ con
che cosa? Non lo indoi|inereste mai, per cui ve lo dico.
Se Tè presa coi manifesti affissi sulle cantonate e distribuiti a mano, nei qjiali del resto non v’era che il
puro annunzio della cònferenza, e il prof. Bartoli vi
era menzionato come redattore della Civiltà Cattolica. Il giornaletto troya che « la verità non ha bisogno di queste frasche !►. 0 come si deve fare quando
si vuole annunziare ch|e una persona tiene delle conferenze ? Si deve forse jlirlo in segreto ? 0 lasciare che
il pubblico T indovini ? jSaremmo curiosi di saperlo !
j Un assiduo uditore.
i
Pigli scriffàri del giornale
« Il Popòlo di Siena ??
Sempre cosi questi giornaletti clericali ! Quando
sono a corto di argomenti contro la verità, la quale
come sole novello picchia alle finestre della casa
loro, le sbattono le iniposte in faccia e ingiuriano
colai che tenta a suo ^rischio di tenerle aperte o di
spalancarle loro malgrado.
I mólti uditori che |mi hanno ascoltato con religioso silenzio nella Chiesa di Viale Cartatone possono certificare che non mai uscì dal mio labbro
una parola che suonasse di offesa a chicchessia. Io
combatto gli errori, npn gli erranti e preferisco
essere ingiuriato che itigiuriare.
Voi, invece, non potendo e non sapendo rispondere alle mie argomentazioni, vi attaccate alle frasche del manifesto. Sej sono frasche, perchè ci date
tanto peso ? Lasciate porrere I Attaccatevi al sodo I
Mostratemi che sbaglio|! Ditemi che erro! Confutatemi con argomenti tìuoni, saldi, inconcussi ! Ma
no ! Voi non lo fate, non lo sapete fare, non lo potete fare I La Sacra Scrittura è contro voi ; la
teologia biblica, la storia, il buon senso anche sono
contro di voi I E allora voi vi appigliate al solito
mezzo d’ingiuriare colpi che non sapete confutare !
Voi affermate che la i^ia mutazione non è sincera ;
voi asserite, in altri termini, che io sono un ipo-^
crita e un mentitore. Come, fate voi a saperlo, in
nome del cielo? Chi vi dà diritto a pensar tanto
male del prossimo ? Ecco ! Se il Newman dalTànglicanesimo passa fra le vostre fila, gridate a squarciagola alla sua sincerità; al suo eroismo, alla fermezza del suo carattere, alla sua coerenza e lo alzate a cielo ; se altri si sottrae alla vostra tirannia
e cerca rifugio nella santa libertà del Vangelo, sciamate all’ipocrisia e alla menzogna ! E tutto questo
fate voi, voi che professate di parlare in nome di
Cristo e dell’unica vera Chiesa di Gesù Cristo !
Alle vostre ingiurie io rispondo con una parola
sola. Non mi curo nè punto nè poco di quel che
dicono gli nomini di me ; a me basta la stima e
l’amore di quelli che mi conoscono a fondo e il
buon testimonio della mia coscienza. Quanto alle
controversie che formano il fondo della differenza
fra me e voi, vi accaso formalmente di falsare il
V angelo, di dare a vedere al pòpolo lucciole per lanterne, e di condurre i vostri dipendenti non a Dio,
ma lontano da Lui; Io ho sempre predicato il Vangelo e nient’altro che il Vangelo. Quando Roma me
lo probi, io rivolsi a lèi le fiere parole degli Apostoli ai membri del Sinedrio giudaico che loro proibiva di predicare il Vangelo : « Giudicate voi, s’egli
è giusto nel cospetto di Dio di ubbidire a voi anzi
che a Dio ». Cosi io dico anche a voi. A voi non
piacciono le mie prediche e conferenze: si capisce.
Ma che volete farci ? Viviamo nella libertà. C’è la
libertà di coscienza I Non potete impedirmelo, nè
colle scomuniche nè colle torture della Inquisizione.
Rassegnatevi al vostro fato ! Il vostro sole cade al
tramonto ! Ogni menomo progresso nella coltura di
un popolo segna del pari un progresso nella religione del Vangelo ; e la coltura si accresce, si allarga e si spande. Dio lo vuole, e cosi sarà.
Giorgio fiaftoli
|(<IU ywlsola e «elle ];ok~
CoxaunicaBioiie niilolale
Il Presidente del Comitato con circolare del 1° giugno
corrente invitava i Signori Pastori ed Evangelisti a
commemorare il IV centenario della nascita di Giovanni
Calvino, scegliendo preferibilmente le Domeniche 11 e
18 luglio p. V. Avendo di poi avuta comunicazione d’una
circolare della Tavola alle parrocchie delle Valli, in
cui la commemorazione è fissata per Tll luglio esclusivamente, esprime ora il desiderio che nella misura del
possibile, questa data venga scelta pure nel nostro campo
missionario a preferenza della seconda indicata. Otterremo cosi tnaggiore unità ed imponenza nella comune
dimostrazione. (1)
(1) Ognuno da sè avrà notato che venne stampato
erratamente il 18, anziché 10 luglio, qual data anniversaria della nascita di Calvino.
Roma.
Giovedì della scorsa settimana, al culto della sera a
cui presiedeva il signor Luigi Rostagno, membro del
Comitato, battesimo dell’ultima bimba dei nostro Presidente.
Alla piccola graziosa « Roma, Alba, Giuseppina » e
ai genitori di essa i nostri ciistiani affettuosissimi
auguri.
La Maddalena (Sardegna).
(Lux) — Il ministro evangelico signor Virginio Clerico, avendo annunziato una sua conferenza su « Giovanna d’Arco », da tenersi nella nostra piccola
ahimè! troppo piccola sala di culto, un Comitato di
egregi cittadini di questa bella isoletta, chiesero al Consiglio Comunale di conceder loro a questo scopo la vasta
Aula Comunale, ed il Consiglio, con gentile premura,
la diede.
Fu in questa sala bellissima e tale da contenere più di
cinquecento uditori, che il signor Clerico potè proferire la sua conferenza, il giorno 23 maggio.
L’Aula era gremita di persone appartenenti ad ogni
classe sociale, dal signore alTumile operaio ; e le gentili signore non mancarono. Non trovando tutti postò
nell’Aula, molti si affollarono sulle scale.
L’oratore fa salutato in fine da calorosi applausi. La
Chiesa di Maddalena ringrazia l’egregio Comitato e la
5
LA LUCE
liberale Amministrazione Comunale, degni veramente
di quella terra ove riposa 1’ « Eroe dei Due Mondi ».
Sanremo
{Matazìo). — Abbiamo avuta l’annua assemblea di
Chiesa, la quale ha eletto nostro rappresentante alla
Conferenza Distrettuale di Torino nella persona de
Colonnello Cav. Carboni ; ha deciso di far rivivere la
Società di cucito fra le signore della Chiesa ; ha ordinato la stampa per esteso di uno dei due formularii
liturgici in uso nella Chiesa, oltre quello della Santa
Cena, d inaugurare il nuovo anno ecclesiastico con una
solenne adunanza di preghiera il primo lunedi di luglio.
Parecchi fratelli sono già partiti per l’estate. Con
tutto ciò, il culto di Pentecoste fu molto solenne ; ' il
Tempio era pieno ; tutte le sedie occupate. La nostra
sorella signorina Eina Visetti cantò, prima della Cocomunione, edificando la Congregazione, un Assolo del
Baci : « Io sono il buon Pastore, ecc. »
Speriamo di avere un periodo estivo fatto di attività
e fecondo di buoni risultati.
Milano
(P. d. R.) — Domenica sera-6 giugno alle ore 20 1\2
vuoi dietro invito fatto dai pastori ai ipembri delle
rispettive congregazioni, vuoi per aver letto un gentil,e
«enno di cronaca cittadina nel « Corriere della Sera »,
il nuovo locale in, via Fabbri 9 era gremito di popolo,'
■che mentre aspettava l’àpertura ,¡della .seduta leggeva i
passi biblici di cui una scelta ben fatta o con„ sobrietà
costituisce Fornamento delle pareti : «'Noi predichiamo
■Cristo e Cristo crocifisìo ». — « Iddio ha tantp amato il
mondo ch’egli ha dato l’unigenito suo figliuolo, affinchè
chiunque crede in lui non perisca ma,afìbia vita eterna ».
— « Io non mi vergogno delL’Evangelo di G..C. ecc. »
« G. C. ci è stato fatto da Dio sapienza, giustizia,
santificazione e redenzione » — « Venite a me voi tutti
che siete travagliati ed oppressi ecc. ».
Quella sala, nella grande sua semplicità, fa peròonore all architetto sig. Eegondi, per le proporzioni indovinate a perfezione e per aver egli saputo al disopra
della porta d’ingresso collocare una galleria o cantoria
secondo il disegno del sig. Daniele Borgia, dove ben
cinquanta persone posson trovar posto.
Dei pastori di Milano abbiam notato il sig. Behrmann della chiesa tedesca, il sig. P. Cervi dei Metodisti,
oltre ai Valdesi B. Eevel, Borgia, Em. Eivoir di Brescia,
P. Calvino di Lugano e il candidato Corsani.
Alle 20 3i4, dopo un preludio sull’armonio in cantoria
eseguito dal sig. Taisch, gentilmente a ciò invitato, sali
in pulpito il sig. Calvino e pronunziò l’invocazione, indicò l’inno « Nel tempio del Signore » poi egregiamente
eseguito dal coro e dall’assemblea, quindi rivolse un
breve e cordiale salnto agli intervenuti correligionari
ed amici e pronunziò la preghiera di consacrazione.
Dopo il canto dell’inno 248 : « Signor discendano su
noi potenti » (parole di Ern. Giampiscoli, musica di
Beethoven) il Sig. B. Eevel salì in pulpito, vi depose
la Bibbia, secondo la formula di rito e, letti alcuni
brani del Salmo 119, rivolse all’assemblea un’ottima
allocuzione sull’importauza della parola di Dio, togliendo
gli esempi dalla storia Valdese (Valdès propagatore
della Parola, il colportore valdese degno discepolo del
Maestro, il Sinodo dei Cianforan (1532) e la colletta di
mille scudi d’oro per la traduzione e pubblicazione della
Bibbia).
Prese poi la parola il Sig. D. Borgia e, con quel suolare serio e brioso ad un tempo e sempre popolare, alla
portata dei più umili, seppe ad onta dell’ora avanzata,
interessare l’uditorio che pendeva dalle sue labbra, in
sistendo, a mo’ di santo ritornello, sulla importanza
della lettura del Vangelo e -sulla sua necessità pel rialzamento del livello morale del nostro popolo.
All’amen di Borgia credevasi la festa sarebbe finita
quando un anziano della sua Chiesa, sig. Vidosich domanda la parola, sale in pulpito e legge un accurato
discorsetto che costituiva un breve sunto della storia
della congregazione del Sig. Borgia ed esprimeva a>ome
di tutti i membri la più sincera gratitudine verso il
degno pastore, nonché verso il sig. B. Eevel, il quale
tanto si era adoperato insieme col Sig. Borgia, onde venisse appagato il desiderio della congregazione di
possedere un locale destinato all’ Evangelizzazione di
quel quartiere popoloso di Milano. Qual attestato di
gratitudine venne ad ognuno dei pastori offerto, a nome
di tutta la cougregazione, una pergamena artistica che
per ambedue resterà, non solo qual prezioso ricordo
ma altresi qual prova lampante che non in tutti i cuori
la gratitudine è spenta.
Un canto e la benedizione impartita dal Borgia
posero fine a quella festa di famiglia evangelica, la
quale lascerà in tutti coloro che vi han preso parte
un benefico ricordo.
Il pubblico non evangelico, che per lodevole curiosità
volle assistere a quella Serata, si comportò in modo
degno davvero della capitale morale del Eegno d’Italia.
Como.
~ Dopo l’istruzione religiosa del passato inverno e l’esame fatto davanti al Consiglio di Chiesa,
esame che riuscì soddisfacentissimo, furono ammessi a
far parte della Chiesa di Como i giovanetti Federico ed
Cavando Helbing, Adriano Silva, Eugenio Sala e le giovanetto Elsa Carstanjen ed Angelina Borsalino. La cerimonia della Confermazione ebbe luogo il giorno della
Pentecoste e riusci commovente. Il pastore predicò Sul
Versetto 29 del V Cap. Dentoronomio: « Oh! avessero pur sempre un tale animo per temermi e per osservare tutti i miei comandamenti, acciocché fosse bene
a loro in perpetuo ! ». I Confirmandi fecero dono alla
Chiesa di una poltrona da mettersi davanti alla Tavola della Santa Cena. Che Iddio benedica i nuovi ammessi, e dia loro la grazia di non venif- mai meno ai
loro santi propositi.
Torrepellioe.
La Chiesa Valdese ha fatto un’altra gravissima perdita, in persona di Eliseo Costabel, già professore a
quel Collegio nostro, poi per molti anni consigliere
9®“i“oale e, in questi ultimi tempi, sindaco di quel comune. ■"
Alla famiglia del piissimo uomo, onore della causa
evangelica, le nostre profonde condoglianze.
Pramòllo.
Sotto un tiglio, che non andava c fremendo » « con
dimesse frondi », ma che doveva piuttosto sorridere di
compiacimento, la Società delle Madri di Famiglia e
.’Unione Cristiana delle Giovani ha tenuta l’annua seduta di chiusura. Discorso del pastore locale E, Eevel;
canti, cori, ecc. Una lieta festa in quella bell’aria sfasciata montanina. Che invidia proviamo noi che siamo
qui a respirare la polvere di Eoma 1
Massello
(Il Pubblico; — Il 20 Maggio le due Unioni cristiane delle giovanette ebbero il loro annuo bazar nella
magnifica sala del nuqvo presbiterio dei Eeynaud (già
casa Tron). La giornata fu deliziosamente bella, qiundi
il concorso del pubblico fu grande.
L'intròito della vendita raggiunse la bella somma
di lire 171,50. Una parte di tale denaro venne destinato
a diverse opere : Missioni L. 10 ; Bifngio Carlo Alberto
15; Foyer 10; Orfanotrofio 15; Evangelizzazione 10;
Facoltà di teologia 10. -Il resto del denaro pare destinato a diverse opere della Parrocchia stessa.
Un grazie di cuore a queste laboriose giovanette ed
un fervido augurio di vita sempre più prospera e bedetta.
Silice plaiigente
Il 9 maggio si spegneva repentinamente, all’età di
36 anni, a Berwlck Pa, il caro fratello Floro De Gregorio.
Da oltre vent’anuL apparteneva alla nostra Chiesa di
Grotte e tutti i pastori che mi hanno preceduto in quella
Chiesa ed i fratelli di Grotte deploreranno assieme a
me l’immatura fine di un giovane sinceramente attac-’
cato all’Evangelo ed alla sua Chiesa, per la quale era
sempre pronto a far qualsiasi sacrificio pecuniario. Le
decorazioni del Tempio di Grotte sono in gran parte
lavoro suo e ricordo ai fratelli.
Appena sapemmo a Eochester l’infausta notizia, il fratello Calogero Salvaggio si recò a Berwick a confortare i parenti dell’estinto che erano venuti in America
da pochi mesi ed assisterono! il loro caro con gran devozione. I funerali, ai quali presiedette il pastorp di
Berwick, sig. D. Grassis, furono imponentissimi, giacché
non un italiano vi mancava.
La Chiesa di Grotte decimata in questi ultimi anni
dall’emigrazione, ma pur forte per il sostegno morale
e materiale che davano gli emigrati, ha perduto uno'
dei suoi membri più affezionati e più attivi. ^
Prof, Alberto Clot
Pastore Waldese.
i
OLTRE LE ALPI E I flflRI >
Svizzera
— In occasione delle feste calviniane, si pubblicherà
un opuscolo in esperanto su l’influenza esercitata da
Ginevra nel mondo, dal XVI secolo ai nostri giorni.
Il giubileo di Calvino è già stato celebrato osta
per celebrarsi in Germania, in Boemia e in Iscozia.
Francia
Nîmes Dall’8 all’ll corrente si è tenuto il sinodo
Nazionale delle Chiese Riformate di Francia.
Parigi Ménégoz, preside della Facoltà di teologia,
ha chiesto il suo collocamento a riposo.
Bruston, già professore di 'teologia evangelica a
Montauban, ha proferito il 7 giugno una conferenza,
trattando delle ricerche su gliultimi anni degli apostoli Pietro, e Paolo.
Il 5 di questo mese, alla sede del gruppo del Libero Pensiero ha avuto luogo un contradditorio tra
due liberi pensatori e due membri dell’ Unione Cristiana dei giovani. Sono stati trattati questi due argomenti : 1)'Dio in cospetto della ragione; 2) Il clero
braccio destro del capitalismo. Non conosciamo ì risultàtì dol contradditorio.
Livron -- Nel recente Convegno fu deliberato di
affidare ai pastori Wagner, Thomas, Babut, Leopoldo
e Wilfred Monod, e Monnier la cura di compilare una
raccolta di brani scelti della Bibbia, una spècie di
antoiogia biblica, ad uso di coloro che non conoscono
punto la parola di Dio.
JBelffio
La Chiesa’ evangelica belga ha fatto una grave perdita in persona del maggiore Poinsot, fervente cristiano. Era nàto nel 1845.
Jemappes — Il Chrétien Belge dà conto delle importanti radunanze di risveglio che hanno avuto luogo
in questa località.
Brusselle — È stata aperta una nuova sala per la
predicazione dell'Evangelo.
Liegi — Idélette de Bure, moglie di Giovanni Calvino — dice il Chrétien Belge — era nativa di Liegi ;
sicché, ricorrendo in luglio venturo il 4» centenario
del grande .^riformatore, la Società di Storia deWEvangelismo belga offrirà alla città di Liegi una copia
del ritratto di Idelette de Bure scoperto nel museo
di Douai.
Spagna
La nostra consorella e omonima spagnola La Luz
(La Luce) nel suo ultimo numero reca ì ritratti dei
Pastori della Chiesa Riformata di Spagna. Sono facce
intelligenti e simpatiche.
— Lo stesso periodico pubblica nello stesso numero
la veduta della c facciata della nuova chiesa evangelica . eretta a Valenza. Stile originale, indefinibile, tra
il quattrocentistico e il bizantino ; non spiacevole
tuttavia.
— Il sig. Moti — che a Roma intervenne al Convegno della Federazione degli studenti — ha dipoi
visitato Spagna e Portogallo.
Scozia
L’Assemblea generale delle chiese presbiteriane scozzesi ha solennemente celebrato il 4- centenario della
nascita di Calvino.
Stati Uniti
Quando il nuovo presidente Taft, entrando in carica,
baciò la Bibbia, lo sue labbra si posarono sul passo
I Re III, 9, ov’è contenuta % preghiera di Salomone:
• Da' adunque al tuo servitore un cuore' intendente,
per reggere il tuo popolo, per discernero tra il bene
e il male ; perciocché chi potrebbe governare questo
tuo popolo ch’è così numeroso ? •
Cile
Nicola Zugniga, canonico di Iquique, ha deposto
1 abito sacerdotale e si e ascritto a una chiesa evangelica.
Ferù
In molti borghi del papistico Perù, una volta l’anno
si conducono vacche, capre e maiali in chiesa, e lì si
lasciano andar sciolti, perchè ricevano la benedizione
del prete.
Giappone
Nelle isole Liou-Kiou, bel movimento verso l’Evangelo. In un luogo più di 100 persone chiesero di venir
ammaestrate nella religione cristiana. In un altro luogo
c’era un sólo cristiano ; ma questo solo^fedel testimone
del Cristo — narrando ai vicini quéllo che il'Salvatore aveva fatto per lui —riesci a condurre a cótfversioné'quelle ànime, le quali ora vorrebbéro 0*11*01101»
il'battesimo. ■ . .p- ! ¡«, <v.
6
6
Gaardaodo attorno
(Noterelle e Spigolature)
L’autorevole Giornale d'Italia ha benevolmente pubblicato il riassunto d’un articolo di recente apparso
nella nostra « Luce ».
♦
m «
Coi tipi F. Mouge e C.ia è uscito a Losanna un librò
di A. Segond su la Sicilia.
• •
Un avvocato torinese se n’è ito a piedi fino al santuario di Lourdes. Ci vuole una bella pazienza !
*
* #
e il Direttore della « Luce » acconsentirono a pubbli
care la prima delle tre parti della mia lettera.
c) Che, parendomi che anche la seconda delle tre
parti corrispondesse nelyhifio all’articolo del sig. Griglio
ho insistito per la pubblicazione « della prima e della
seconda parte », rinunziando senz’altro alla cioè a
9 cartelle su 20.
d) Che il mio manoscritto non è stato ritirato quindi
« perchè io ne abbia preteso la pubblicazione integrale »,
ma perchè non ho potuto ottenere la pubblicazione delle
due prime parti che a me parevano rispondere direttamente al sig. Griglio e che mi sembravano inseparabili ed indispensabili per impostare nel campo evangelico un problema vitale. »
Il Papa ha soppresso gli « avvocati di S. Pietro ».
« Del resto » nota un foglio quotidiano « l’Ordine
era di fatto morto ».
E’ naturale che si sopprima ciò che è « morto »1!
♦
Attiriamo l’atttenzione su la discussione avvenuta
alla Duma russa circa al progetto di legge relativo al
cambiamento di religione, spiacenti di non trovar spazio
per parlarne ampiamente.
* «
Giovanna d’Arco, adesso cho è— boata, pare sì diverta
ad... apparire. De gustibus ! Anche un prete francese
l’avrebbe vista. Fortunato lui ! Ma era proprio Giovanna
d’Arco? .
* *
Secondo il prof. De Gubernatis che quest’anno nelle
sue lezioni non s’è occupato che di Galileo ed ha anche
scritto su Galileo, le vicende di questo sommo scienziato sarebbero state un po’ diverse da quel che si
crede. Noi ne riparleremo a miglior agio.
•
• •
Eoberto Ardigò, il filosofo positivista, dopo tant'anni
d’insegnamento all’Ateneo padovano, è stato collocato
a riposo e incaricato di scrivere la Storia della Filosofia italiana. Egli ha 81 anno. Dev’ essere doloroso
aU’illnstre vegliardo ravvedersi che oramai il positivismo non appaga più le anime più nobili.
♦
Dottissima la conferenza di Don Eomolo Mnrri, al
Collegio Eomano. Dio però era assente,. ^
* », .
Il miliardario americano Carnegie, a quanto pare, va
gridando ; « Pace 1 pace ! pace ! ». Finissero gli armamenti dispendiosi !
*
* *
Il 2 giugno, ricorrendo l’anniversario della morte di
G. Garibaldi, il Giornale d’Italia pubblicava una lettera che l’Eroe scrisse nel 1867 a Pio IX alla vigilia
di Mentana, per indurre il Pontefice a secondare i voti
d’Italia, La lettera, assolutamente inedita, appartiene
al privato archivio del colonnello Cariolato.
* #
Degno di attenta considerazione un articolo pubblicato da lo stesso Giornale di Italia su « La fiamma
sacra della famiglia ». Ne stralciamo le belle parole
seguenti; « Dobbiamo cercare di ricondurre alle sue
origini cristiane la società..., dobbiamo desiderare il ritorno ad una valutazione qualitativa e non quantitativa
della vita. L’amore è il romanzo, il matrimonio è la
storia — ha detto Cfiamfort ; ebbene Gesù Cristo ci
ha insegnato che la nostra vita è tragica come la storia,
e non è frivola come un romanzo ».
♦
♦ 4i
Con piacere apprendiamo dai fogli inglesi che l’illustre Luigi Luzzatti sarà, in luglio prossimo, proclamato
da l’Università di Edimburgo dottor in legge, honoris
causa.
ANCORA DELLA RETTIFICA
Chiediamo venia ai nostri Lettori, se torniamo sur
un incidente che avevamo ogni ragione di ritenere
esaurito ; ma vi siamo costretti, giacché il sig. G. EMelile esige da noi « a termine di legge » la pubblicazione d’nna sua controrettifica. Gli diamo la parola,
contentandoci di far seguire al suo scritto alcune poche
noterelle esplicative.
« In omaggio alla giustizia e alla verità dichiaro:
a) Che la mia « lettera aperta » a Pietro Griglio
fu dal Direttore della « Luce » ces/i«a/a, ossia rimandatami indietro.
b) Che avendo iò pregato il Presidente del Comitato di interporsi amichevolmente, il Presidente stesso
Noi parlammo di giustizia e di verità ; nè possiamo ritrattare. Dicemmo nella nostra Rettifica.
« Per rispetto alla verità ». E infatti non ci fu cestinamento : il Direttore scrisse al sig. Meille le
ragioni per cni non intendeva pubblicare; il sig- Meille
si appellò (usiamo la sua stessa espressione) al Comitato ; il Comitato gli scrisse per proporgli la pubblicazione di quella parte dell’articolo che si riferiva al fatto esposto dal signor Griglio ; il signor
Meille non accettò la proposta, richiese e riebbe il
suo manoscritto. Tutto questo non significa cestinare.
Nella Rettifica anche dicemmo : « Per rispetto
alla giustizia ». E .infatti era semplicemente giusto
distruggere l’impressione che potevano produrre le
seguenti parole dal signor Meille pubblicate nelVEvangelista a cappello della sua Risposta aperta.
« Non credere ad un mio capriccio (1). Alla Luce
avevo mandato questa mia risposta, ma, te lo confesso sensa vergogna (1 ì, sono stato cestinato » ; parole queste, che — oltre che mostrare un certo tal
quale disprezzo — lasciano supporre che le ragioni,
per cui il preteso cestinamento avrebbe avuto luogo,
fossero futili per lo meno.
Spiegate cosi le locuzioni nostre che hanno urtato il signor Meille, jion ci resta se non a mettere
in vista una inesattezza di lui, ed è che la sua Risposta aperta non era divisa in « tre », bensì in
cinque parti.
In seguito alle trattative a cui abbiam accennato
di sopra, eravamo disposti a pubblicare soltanto le
tre prime di queste cinque parti ; mentre il signor
Meille esigeva la pubblicazione delle quattro prime,
cioè — ben può dirsi — la pubblicazione integrale
dell’ articolo, non avendo la quinta parte se non
un'importanza secondarissima.
La Diresione.
nel 1588, ma più ancora sotto il dolore cagionatogli dar
Gesuiti cól rubargli il 2» figlio e mandario alle Indie.
• Sparita la gran figura del padre, ecco non molto dopo
ergersi, quasi a rimpiazzarla, quella più grande ancora
del figlio Pietro Gillio. Nato a Torre il 27 Giugno
1571, egli entra all’Accademia di Ginevra con Giacomo
Gay di Chieri il 31 Maggio 1597 e due anni dopo ne
ritorna con lui pure per esser pastore a Pramollo mentre il condiscepolo è messo a Eoccapiatta. Ei non tarda
a distinguersi fra i colleghi, e chiamato pastore a Torre
già nel 1603 egli farà fino alla fine di questa parrocchia il teatro delle sue gesta insigni. Non gesta guerresche già ; egli è uomo di pace e sarà eroe tutto civile
ed ecclesiastico e letterario. .
Ben la conoscono la sua profonda erudizione e la sua
facondia il Eorengo e quello sciame di Gesuiti e frati
che l’assalgono a pubbliche e private polemiche, orali
e scritte, dalle quali il Gillio emerge come controversista esimio ed efficace.
Ben lo sentono superiore i colleghi che gli affidano
sin dal 1620, colla collaborazione dei pastori Appia e
Gay, Ifincarico di scrivere una storia dei Valdesi più
soddisfacente di quella che il Perrin ha testé pubblicata.
Ben lo mirano eroico salvatore della Chiesa Valdese,
i correligionari di Svizzera e di Francia, quando rimasto quasi solo superstite dei pastori alle Valli nella
spaventevole peste del. 1630, e circondato da un vasto
cimitero popolato anche di figli suoi, ei basta a tutto
e provvede a tutto onde non sian privi i desolati superstiti di tanta strage, del ministero della Parola, facendo venire dall’estero dei pastori anche a costo di
dovere adottare nel culto d’ora innanzi la sola lingua
in cni i nuovi ministri sappian predicare, cioè il francese.
Ben lo proclamiamo a ragione grande noi che ora
eggiamo quella perla di storia Valdese che quel vegliardo settantenne dovè riscriver tutta in francese e
la quale appena uscita dai torchi a Ginevra nel 1644
venne letta anche a Eoma e subito messa all Indice dal
(1) La sottolineatura è nostra.
(A. d. D)
EROINE VALDESI
Nuova Sebik
XVII.
Lucrezia ed Jlnna Qilllo
Degne figlie d’un grande eroe.
Gillio è un nome che campeggia negli annali Val
desi sopra nn secolo di storia ed al popolo Valdese ricorda aue dei suoi eroi, uno dei quali in qualche modo
occupa tutta la seconda metà del secolo 16® e 1 altro
la prima metà del 17®.
Gillio dei Gilli ci riporta all’epoca dei Barba Vaidesi di cui egli fu uno degli ultimi scolari. Lo vediamo sin dal 1550 a compiere il solito giro missionario dei Barba per l’Italia, più d’nna volta, minisGando
ai Valdesi di Calabria e sostando a Genova, a Firenze,
a Eoma, a Venezia, ove i Valdesi avean case loro e
nuclei di discepoli. Assistiamo al suo ritorno all ultima
di queste gito nel 1556 quando scampando, a gravi perigli, ei riesce a condurre alle Valli il giovine ministro Et. Noel. Lo vediamo con Lentolo nella guerra di
Trinità cappellano della compagnia volante Valdese che
alternativamente l’incora e la frena coll autorevole parola. Lo seguiamo nelle parrocchie, onde egli ministrò,
Villar, rinasca e La Torre, e nel carcere che ^iniquo
Castrocaro gli fece partire a Torino nel 1566 finché
un ambasciatore di principi tedeschi ottenne la sua iberazione. E lo miriamo cadente sotto il peso degli anni
papa.
Iddio pietoso lo chiamò a se prima dei giorni orrendi
di sangue che dovean seguir dieci anni anni dopo, nel
1655. Ma il suo nome non manca daila lista delle vittime delle Pasque piemontesi ; un suo figlio Audrea
Gillio, vi consegni la palma del martirio, e due sue
figlie Lucrezia ed Anna Gillio, visi rivelarono eroine.
Furono desse fatte prigioniere dai soldati di Pianezza
nei fatali nltimi giorni d’Aprile, legate e tratte nelle
luride carceri di Torino ove languirono pei quattro mesi;
fino cioè alla conclusione della pace avvenuta il 19
Agosto seguente. Le diciamo eroine perchè avrebbero
potuto coll’abiura esimersi da tanto strazio. Quand io
penso che certuni son consorti di prigionia, come i due
colleghi del lor padre, il Grosso del Villar e 1’ Aghit
di Bobbio, già nel Maggio non reggevan più ai patimenti e se ne liberarono coll’abiura temporanea ; mentr’esse indomite tutto soffrirono anziché rinnegar la
loro fede per un solo istante, non posso frenar la mia
ammirazione per tanta fortezza d’animo in contrasto
coll’abbiettezza degli altri.
Doveano esser vicine alla quarantina se non 1 avean
varcata, giacché già nel 1619 Eorengo parlava della
numerosa prole, cioè dei 10 figli, di Pietro Gillio ; non
mancaron loro lo servizie nè le blandizie usate dal clero
per far cader nelle sue reti i miseri prigionieri, ma le
figlie di Pietro Gillio si mostraron degne di tanto padre, ferma serbando in mezzo alle sofferenze la fede
chegli avea legata loro come divino matrimonio. Lucrezia ed Anna Gillio hanno aggiunto qual cosa alla
gloria del loro illustre genitore, mostrando di quale
eroica virtù furon fatte capaci anche le figlie di lui.
(Vedi dalla e Jahier « Histoire de l’Eglise de La
Tour 161). Teofilo Gag.
Al Bosco Sacro e alle Tombe Latino
(A. d. M.). — Molto ben riuscita, per il numero degli
intervenuti, per l’interesse dei luoghi visitati, per il
brio che vi regnò per tutta la giornata, la gita promossa dall’A. C. D. G. di Eoma al Bosco Sacro e alle
Tombe Latine. Quel simpatico illustratore delle nostre
antichità, che è il prof. Staderini, spiegò a più riprese,.
durante la gita, i monumenti che si incontravano dall’Arco di Costantino alla Via Appia, dall Arco di Druso
alla Chiesa del Quo vadis, dalle Tombe della Via Appia
e della Via Latina alla meravigliosa Chiesa di bantoStefano di cui rimangono i bellissimi avanzi. La comitiva passò il resto della giornata al Bosco Sacro, ser •
bando poi grata memoria delle belle cose viste e udite,,
cosi simpaticamente presentate dal prof. Staderini.
Domenico Giocoli, gerente responsabile________
Tipografia deU’Istituto Gould Via Marghera 2, Roma.
7
LA LUCE
IL TRAMONTO DI ROMA
Sludio di sioria c di psicoio
àia del Prof. G. Bartoli.
— Conoscete la Bice, nipote del Cardinal Turini ?
— Io no — fecero parecchie a una volta.
— Io sì — rispose il donnone.
— Non è una bella ragazza ?
— Bellissima! — dissero il donnone e due altre.
— Ebbene, la Bice è innamorata pazza di D. Ottavio.
— Come lo sapete voi ? — domandò il donnone.
— Io lavo per il Cardinal Turini, e ohi mi conta il
bucato è proprio la Bice.
— Ebbene?
— La Bice parla ed io la faccio parlare.
— E che vi ha detto?
— Che D. Ottavio è uno dei preti più dotti di
Eoma.
— Verissimo ! — sciamò il donnone.
— Che è quanto mai intelligente, buono, cortese.
— Verissimo anche questo ! ripetè l’ospite.
— Come ? come ? — fecero alcune donne. — Avete
dimenticato, monna Teresa, la maniera crudele colla
quale vi trattò a casa sua?
— Basta ! basta ! — gridò la vecchia — lasciatemi
continuare; — La Bice mi disse che D. Ottavio aveva
rifiutato il titolo di monsignore e che di ciò essa era
dolentissima.
— Bene, bene — interruppe il donnone — tutto
questo non prova...
— Prova, prova, perchè, quando una ragazza dell’età della Bice parla tanto di un uomo, nè vecchio,
nè brutto, e pieno delle belle qualità di D. Ottavio, io,
vecchia e furba, dico che quella ragazza è innamorata. La lingua batte dove il dente duole, specie
nel caso della Bice che è di una semplicità, franchezza
e schiettezza a tutta prova.
— Così, per voi, la signorina Bice vorrebbe bene a
D. Ottavio ?
— Non ne ho alcun dubbio.
— ED. Ottavio corrisponderebbe all’amore di lei ?
— Chi lo sa? Pensa male e l’indovini! — dice il
proverbio.
— No! non è possibile! — sciamò la Giulia.
— Sì, sì, è possibile : possibilissimo ! — contradisse
un’altra.
— No, per dina diana! — ribattè il donnone.
— Oh ! che ingenua voi siete ! Già sempre così... Voi
siete...
— Si può entrare? — disseti vecchietto dalla pipa,
da noi veduto in occasione della rissa, mentre bussava ed entrava nello stesso tempo.
— Come, voi qui a quest’ora ? — osservò, un po’ stizzita il donnone.
— Sì ; ho saputo che il giovedì sulle sedici tenete
circolo. Io ho bisogno di parlarvi... Di mattina, sieté
sempre in chiesa... A mezzogiorno non vengo perchè
non m’invitate mai a desinare..; dunque non mi resta
che il dopo pranzo. Qual giorno ? Il giovedì, perchè
allora mi busco un buon caffè e un bicchierino di
qualche cosa di meglio ancora...
— Sì, sì — disse seccato il donnone — prendete qua !
Ecco il caffè ! — ma, per amor di Dio, spegnete quella
pipacela !
— Zitta ! monna Teresa. La mia pipa è un paradiso 1
— Un focolore d'inferno! — gridò il donnone.
— Questi omacci ci appestano colle loro pipe puzzolenti ! — aggiunse la penitente di monsignor Sbiringoll.
— Ciò vuol dire che siete poco evolute, voi ! Le
donne moderne fumano al caso una sigaretta, e non
sdegnano, all’occorenza nè anche la pipa.
Un grido di orrore partì contemporaneamente da
tutte quelle comari.
— Ah I per bacco ! Non mi fate le inorridite, voi,
peccatrici impenitenti !
— Come sarebbe a dire? — gridò la Giulia.
— Dico che vi scandalizzate per una fumata di buon
tabacco, e poi date di strappo a tutti i comandamenti
del decalogo.
— Non è vero, vecchio birbante ! — sciamò il donnone.
— Boccaccia scellerata ! — fece eco un’altra.
— Vergogna, Giovanni ! — replicò una terza.
— Adagio, adagio con questa litania d’improperi !
—- disse il vecchietto. — È vero o non è vero che voi
siete allo stesso tempo beghina e peccatrici, e che mettete in pratica i versi del poeta : « in chiesa coi santi
■e in taverna coi ghiottoni ?
— Alla taverna ci andate voi ! — disse il donnone.
— Ah ! voi bevete sempre acqua, monna Teresa ? E
pure, anche l’acqua vi ha dato lo sgambetto, qualche
Tolta, non ricordate ?
— A me? Oh ! santa Vergine !
— A voi ! A voi ! E poi mi fate la santarella. Ah !
so ben io le vostre marachelle !
— Non venite ad insultarmi in casa mia — sciamò
imviperita la Teresa.
Le altre sue amiche fecero ooro. Il vecchietto con
tutta tranqillità si mise a sedere e tirò per aria una
gran boccata di fumo.
— Ecco — disse poi fra il serio e il faceto — non
vengo qui ad insultare nessuno, ma a proporvi una
questione della quale domando la soluzione. Voi altre
vi piccate di essere virtuose, le più virtuose donne
della parrocchia...
— E lo siamo ! — gridarono le comari in coro.
— Lo so, lo so ; vi credete virtuose perchè logorate
la grata dei confessionali ; e pure io sostengo che voi
altre non siete migliori di tante altre che non vanno
mai in chiesa.
— No ! no 1 — urlarono le donne in coro.
— Guardate la Menica ! sciamò Giulia. — Essa non
vuol,saper di preti, di chiesa e di confessionale ; poi...
Il vecchietto interruppe la parlatrice con una so^
lenne risata.
— Vi colgo in flagranti, monna Giulia. Eccovi caduta nella rete ! Per provare che voi siete virtuosa,
cominciate a mormorare. Ah ! ah ! ah !
La donna apparve sconcertata.
— Via — ripigliò l’interlocutore — non vi voglio
mortificare. Siete donna e avete la lingua lunga,.,
quindi, un po’ di mormorazione è inevitabile. Ma non
basta... c’è il cicaleccio, la golosità, l’invidia, e peggio...
10 mi guardo dalle donne che esagerano in pietà e
divozioni... per me, o sono delle ipocriti, o delle squilibrate...
— E voi, che non mettete mai piede in chiesa ? —
osservò una delle comari.
— Sono un galantuomo, e sfido voi tutte a provare
11 contrario.
— Andate là : non siete uno stinco di santo, voi !
— sciamò il donnone.
— Chi lo sa ? — fece ridendo il vecchio — avete voi
la bilancia della santità ? Pesatemi e vedrete !
— Bel coso da mandare in paradiso ! — osservò
un’altra. In paradiso con quella pipa in bocca !
— E voi — di ripicco il vecchio — in paradiso con
quella parrucca, con quei denti finti, con quella pazienza, umiltà, e carità finte, ecc., ecc.
— Vecchio birbante, non insultate le mie ospiti 1 —
gridò il donnone. — E poi non appestate il mio salotto con quella vostra pipa. Anzi, levatevi e andate
con Dio !
— Non prima però di aver fatto la mia commissione — rispose sorridendo il vecchietto.
— Bene; ditemi quel che avete a d rmi e poi toglietevi dai miei piedi.
— Debbo proprio dirlo ?
— E perchè no ? Spicciatevi ! È forse un segreto ?
— No, no, ma...
— Che ma ! che ma !... dite quello che avete a dire
e poi portate all’inferno quella vostra pipa male.detta !
— Allora, se bestemmiate la mia sacrosanta pipa,
faccio subito la commissione: mio genero vi manda
a dire, che, se non pagate il conto, non vi dà più nè
anche un grammo di carne. Addio, monna Teresa I —
E la salutò con un grande buffo di fumo che mandò
a volteggiare allegramente per l’aria non più limpida
del salotto.
Un silenzio quasi glaciale tenne dietro alle parole
del vecchietto. Monna Teresa spiegò il suo caso, e
perchè, cosa insolita in lei, doveva al beccaio qualche
liretta. Le ospiti tirarono cento moccoli contro quel
vecchio birbante ; ma la conversazione era stata ferita
a morte. Inlanguidì, quindi si estinse. Il circolo del
donnone era sciolto.
Quando monna Teresa, quella sera, portò il suo corpaccio sul letto amico, sentì di odiare cordialmente
Bice Turini, le pipe pestilenti, i vecchi cialtroni e i
confessori infedeli alle loro penitenti.
IX.
Le prime’avvisaglie.
Non erano ancora passati due anni dal dì che il
cardinale Giuseppe Sarto ascese al trono di S. Pietro,
che già parecchi camerieri gallonati avevano scritto
la vita di lui. Ben si capisce: il Papa non può commettere errori, nè avere difetti. Si scrive la vita del
Papa per gl’ingenui e le beghine, e queste e quelli
non vogliono leggere se non virtù, tratti di bontà,
scienza e, se occorre, anche miracoli. Per quelle gole va
giù tutto, anche un elefante, purché sia vestito in
cotta e stola. Non già che i maligni possano con fondamento dir male del Papa attuale. Giuseppe Sarto
fu sempre, un buon prete, un ottimo prroco di campagna, un vescovo discreto, un cardinale insignificante, e finalmente Papa, più per volei’e di Dio, che
per disegno degli uomini. Se diamo ascolto a coloro
che hanno vissuto con esso lui, la sua scienza è limitata assai. Il suo orologio scientifico si fermò praticamente al 1860. La sua attività anche, come vescovo,
non fu molto notata. Egli deve la sede di Venezia e
il cardinalato alle feste che organizzò, da vescovo di
Mantova, in onore di -S. Luigi nel suo centenar o. Notata in lui, invece, è stata sempre la sua carità verso
i poveri ; e se il pontificato è un premio, ben se l’abbia,
e lo goda per molti anni !
Divenuto Papa proclamò urbi et orbi il suo programma : instaurare omnia in Christo. Belle parole,
se avessero un senso ben definito e sonassero a tutte
le orecchie nello stesso senso. Io non so se egli intendesse applicare questo matto alla pratica : se sì, i suoi
disegni, benché in sè ottimi, andarono completamente
falliti. Prima, uccise a mazzate i congressi cattolici,
stati già la gloria e la forza di Papa ' Leone ; poscia,
fece lo stesso complimento ai democratici cristiani.
Se il Paganuzzi ebbe occasione di piangere, il Grosoli
non ebbe molto tempo da ridere. Nei primi mesi del
suo pontificato. Pio X si accostò al Quirinale ; di poi,
dall’ampia sua finestra vaticana gli scagliò contro mille
scongiuri. Permise al cardinale Svampa di mostrarsi
gentile col Re; pòi, co’ suoi rimproveri gli fece andare a male il desinare regale. I cattolici ingenui,
guardando il Vaticano, credettero udire una voce desiderata : ♦ andate alle urne 1 ». Ma quando stavano
per deporre il voto, si udì un rimbombo come di
tuono : « Pio X non lo permette ! ».
— Ma, e non è morto il non expedit? — No, è
vivo ! vivissimo 1 — Ma, e non ha detto il Papa cento
volte, in privato, che possiamo andare alle urne ? —
Non badate a quello ohe dice il Papa in privato : ponete mente a quello che scrive il Cardinal Segretario
in pubblico ! — Ma, e non è il Papa che governa ? —
Sì e no. — Ma, un giorno fa, l’altro disfa... — Fare
è disfare è pitto lavorare ! — Ma, allora è un opportunista qualsiasi! — Zitto là: purché si sia santi, poco
importa il nome 1 — Papa Leone... — Che Papa Leone !
Papa Leone è morto : parce sepulto ! — Volevo dire
che Papa Leone aprì le braccia, per attirare a sè il
mondo : Pio X... — le chiude per scacciar da sè il
mondo indegno. — Papa Leone si fece amici i nemici. —
Pio X sta facendosi nemici gli amici. Diversi metodi di
governo : vaila tout ! — Pio X aveva promesso di non
voler fare della politica. — Che politica d’Egitto ! Il
capo della Chiesa di Roma non può evitare la politica. Sia che il voglia o no, ha contatti quotidiani
con Palazzo Braschi e col Parlamento, e bisogna striderci. — Ma, allora, si diceva un Papa religioso... —
E non sono tutti religiosi i Papi? Perchè questa domanda ? Sono tutti religiosi e tutti fanno politica :
ma chi in un modo, chi in un altro e buona notte
sonatori. — Ma, Pio X è così amico dei liberali... ne
ammette tanti all’udienza... — È amico degl’individui :
odia e compatte la specie. — Non capisco questa distinzione. — Studiate filosofia scolastica e la capirete. —
Duuque’ non c’è proprio da sperare nella politica di
Pio X? — Molto anzi. Dieci anni di tale pontificato e
la Chiesa di Roma arriverà al suo tramonto. — Ma
è una cosa bella questa? — Bella, se con questo tramonto viene a cessare in Italia il monopolio ingiusto
della religione , brutta, bruttissima, se questo tramonto
dovesse finire nella notte buia dell’ateismo.
Tale il bilancio politico dei primi tre anni del pontificato di Pio X.
Il bilancio morale è più ricco e più importante.
Sotto questo rispetto, gli storici futuri chiameranno
il pontificato di Pio X « un cammino a ritroso ».
Papa Leone era andato innanzi : Pio X è tornato risolutamente indietro ; e pure, di ciò convien lodarlo.
La musica di chiesa era divenuta musica di teatro.
Pio X l’ha ritornata ai ritmi medioevali. Peccato
che non abbia rinnovati i ritmi più semplici, più
popolari, più intelligenti del cristianesimo primitivo !
Peccato che non abbia introdotto nella Chiesa gl’inni,
i canti, i salmi nella lingua del paese ! Ma se i Papi
hanno paura del cristianesimo ammodernato, hanno
anche maggior paura del cristianesimo primitivo!
Anche i Seminari in Italia e fuori d’Italia lasciavano non poco a desiderare.
(11) (Continua).
8
8
INNI
SECOSII)
Grandemente migliorata e in
Ordinazioni al sig. 0. Jalla, = 61
!♦♦♦♦♦♦
:
♦
♦
t
♦
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