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editoriali
jUbertà religiosa e Intese
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■ BIBBIA E ATTUALITÀ ■
LA TEMPESTA
«Il vento cessò e si fece gran bonaccia»
(Marco 4, 39)
L> ESPERIENZA che fanno i disceI poli di Gesù va dalla tempesta
alla quiete. Noi spesso cerchiamo la
quiete per la nostra vita, un luogo di
pace e di tranquillità. Cerchiamo di
procurarci tutto questo, evitando di
trovarci nel luogo della tempesta. Rimaniamo sulla riva a guardare la
barca su cui altri vivono l’esperienza
del caos minaccioso per la vita: colpa
loro se sono saliti sulla barca. A volte
ci convinciamo di vivere nella bonaccia, o pensiamo che le nostre barche siano solide. Le guerre sono lontane, la questione dell’uranio e della
mucca pazza saranno sicuramente
allarmi frutto di strumentalizzazioni,
noi italiani anche se alcuni esagerano
siamo fondamentalmente non razzisti, anzi accoglienti. Noi vogliamo la
bonaccia senza dover passare attra
verso la tempesta.
La Giornata della memoria dell’Olocausto, che si celebra in
questa settimana, ha il pregio di ri
portarci a considerare l’esposizione
dell’umanità alla tempesta. La memoria di quei giorni lontani che non
tutti abbiamo vissuto direttamente,
ci può aiutare a vedere che ancora
oggi le nostre barche sono fragili di
fronte alla minaccia della tempesta,
cioè che siamo veramente esposti al
caos e che i nostri strumenti non sono robusti e invincibili.
SEMPRE di nuovo ci agita e ci
scuote la tempesta e a noi le lezioni del passato non sono servite, le
nicchie non ci servono, chiudere gli
occhi neppure. Ma dobbiamo vivere
sempre nel sospetto, nella rimozione, nella paura, con l’impressione
deU’impossibilità di sconfiggere il
male? I discepoli hanno trovato la
quiete grazie alla parola creatrice di
Gesù, che ferma il caos. Questo risuona come un invito a non chiamarsi fuori e a non illudersi di poterlo fare. Significa ammettere che la
nostra vita è minacciata, che abbiamo bisogno di guarigione nei conflitti e di fronte al male, ma anch^
che la calma proviene dalla fiducia in
Dio che protegge i suoi figli e le sue
figlie in mezzo al mare infuriato.
SE però ci chiudiamo nella paura,
nell’isteria o nella rimozione, rischiamo di cadere nella tempesta in
balia dell’odio e dell’impotenza. Tenendoci stretti alle promesse di Dio,
possiamo sperare di sperimentare la
bonaccia che sperimentarono i discepoli. Nulla è scontato, l’esperienza della quiete dopo la tempesta non
è un’esperienza a buon mercato, ma
è un’esperienza possibile, se crediamo veramente che l’essere umano
non è semplicemente nelle mani del
caso o necessariamente in quelle del
male. Un cantante italiano ha scritto
una canzone il cui ritornello dice «il
mio nome è mai più»; questo è ciò a
cui aspiriamo anche celebrando la
Giornata della memoria dell’Olocausto. NepPjUrp questa aspirazione è a
‘btiofi mèrcafo. Richiede impegno nel
campo urtiano e costanza, ma, anche
la riscoperta di un rapporto vivente
con Dio che ci permette di vivere
confrontandoci con i nostri errori, la
nostra paura, le nostre fughe. Anche
^‘T davanti a noi;Sfa la proméssa della
bonaccia, ma non dèi quieto vivere.
V , .0 ' " : • ErikaTomassone
SETTIMANALE
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HIESEI
La lotta contro la lebbra
di ARCHIMEDE BERTOLINO
Lire 2200-Euro 1,14
IVILLACGIO CLOBALEBWir^ ^
L'apertura del Decennio ecumenico
«Vincere la violenza»
Anno IX - numero 4 - 26 gennaio 2001
ECO DELLE VALLIMH
SiOemare l'alveo tkl CMsone
di DAVIDE ROSSO
1127 gennaio del 1945 veniva liberato il campo di concentramento di Auschwitz
Il Giorno della memoria
Con una legge dello scorso luglio, Il Parlamento italiano ha voluto istituire questa
giornata in ricordo delle persecuzioni e stermini nazisti. Perché non accada mai piu
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iiíliífcii
ISISiiSSPw
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Qui sorgeva una delle baracche di Dachau
PAOLO NASO
POTREMMO dire che questa volta
il bicchiere è mezzo pieno. La
Giornata della memoria voluta dal
Parlamento nel corso di questa legislatura che volge al termine, ha prodotto qualche risultato: in molte
scuole si sono organizzate assemblee
e iniziative didattiche tese a ricordare quel 27 gennaio in cui fu aperto il
campo di Auschwitz; varie amministrazioni locali hanno promosso seminari di approfondimento e hanno
deciso di dedicare una seduta istituzionali a ricordare la tragèdia della
Shoà; in questi giorni molti gioriiali
hanno dedicato spazi importanti al
dibattito sui valori culturali ed etici
connessi con la celebrazione di questa giornata. In molte occasioni si è
I Terremoto Salvador
Sottoscrizione
tramite la Fcei
La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) comunica che
per suo tramite è possibile inviare
aiuti alle popolazioni colpite dal violento terremoto del 13 gennaio in
America Centrale, e nel Salvador in
particolare. Gli aiuti vengono canalizzati tramite l’agenzia ecumenica
Action by Churches Together (Acy),
imniediatarnente intervenuta dopo il
sisma. Le offerte possono essere in- ■
viate con versamento sul contò corrente postale n. 38016002, ihtestàto
alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, via Firén2e 38,
00184 Roma; oppure mediante’bonifico bancario sul conto n. 502060,
.(medesima intestazione) presso-la.
Banca popolale,etica, Abi 05018, Cab
1210Ò. Specificare nélia taiisale: «prò
terremotati Salvador». ' (nev)
dato spazio a testimoni ebrei; talvolta, correttamente, li si è posti in dialogo con esponenti di altre comunità
che subirono la deportazione e lo
sterminio: testimoni di Geova, antifascisti, omosessuali, minoranze religiose come, a esempio, i pentecostali. Solo nei prossimi giorni potremo
trarre un bilancio complessivo di tutte queste iniziative ma già oggi, sfogliando programmi e inviti, ci pare
che la Giornata della memoria non
sia passata inosservata. Tutto bene
allora? No, e infatti a nostro avviso il
bicchiere è mezzo pieno, non è colmo sino all’orlo. Non è una questione di pessimismo o di eccesso di spirito critico, al contrario.
Siamo infatti convinti che la celebrazione di una Giornata della memoria della Shoà abbia un forte si
(foto P. Romeo)
gnificato culturale e civile che richiama alcune fondamentali verità: innanzitutto che alcuni stati democratici (l’Italia non è la sola a ricordare il
27 gennaio) sentono il bisogno di fare memoria di un fatto vero e tragico
che ha lasciato la sua orribile traccia
su un secolo che sarà pure stato
«breve» ma che ha raggiunto punte
estreme di violenza e di delirio antisemita e razzista. In tempi di revisionismo storico teso a negare quella
traccia od a giustificarla collocandola nello scontro necessario contro il
comunismo, non è poca cosa.
La seconda importante verità è
che anche l’Italia ebbe parte in quella vicenda, con le sue leggi, i suol intellettuali, le sue benedizioni e i suoi
Segue a pag. 8
Anno giudiziario
Gli evangelici
e la messa
Il Consiglio delle chiese evangeliche (apostolica, battista, valdese, metodista, pentecostali, libere. Esercito
della Salvezza) di Napoli e dintorni
ha espresso «stupore e amarezza» nel
constatare che, ancora una volta, nella cerimonia di inaugurazione deh
l’anno giudiziario 2001 predispósta dalla Corte d’appello di Napoli sia
stata inserita una messa cattolica e
contemporaneamente quest’anno sia
stata negata, con procedura Inattesa
e insolita, la possibilità a un proprio
rappresentante di prendere la parola
nel corso del dibattito. Nella dichiarazióne si sottòlinea là rilevanza siadeh
le Intese stipulate fra Rejiubblica italiana e varie confessióni religiose sia
il conseguénziale superaménto della
nòzioné 'dél cattolicésimo come «religione tifficiale dello Stato». ’
; Valli valdesi
Ora riparte
l'ecumenismo
Dopo la fine del Giubileo e dell’Anno Santo, anche nel Pinerolese (e
quindi nel territorio del I distretto
delle chiese valdesi) sono riprese le
iniziative ecumeniche. In occasione
della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani abbiamo sentito il
parere di tre donne che vivono nella
zona ma sono originarie di paesi diversi. iPerché loro tre? Perché le donne vivono in maniera tutta particolare la loro presenza e il loro ruolo nelle chiese e perché, inoltre, la loro
provenienza fa si che èsse védgno
con oCchi diversi le peculiarità della
situazione religiosa nél nòstro pàeSè:
una situazione anbmalaf a cui anche
il rhbndó della cultura e dell’lnformazidrie sembra conformarsi.
Àpàg-li
L'OPINIONE
LE PAURE SULLA
NOSTRA SALUTE
In queste settimane l’informazione
sull’evoluzione del morbo della mucca
pazza e le notizie sulle malattie e sulle
morti che hanno colpito alcuni soldati
reduci daUa Bosnia occupano uno spazio superiore a quello dedicato al terremoto che ha devastato l’America Centrale o al dramma del conflitto fra arabi e israeliani. Perché eventi di portata
tutto sommato limitata generano tanta
angoscia nell’opinione pubblica? L’encefalite bovina, in tutto il mondo e nella più pessimistica delle ipotesi, ha causato un numero di vittime inferiore a
quello delle nostre autostrade in un
esodo di Ferragosto, che pure tutti affrontiamo a cuor leggero, e non vi sono
previsioni di una ulteriore diffusione.
Le malattie che colpiscono i reduci dalla Bosnia riguardano un numero molto
ristretto di persone. Guardiamo con
terrore agli organismi geneticamente
modificati, eppure non esiste alcuna
segnalazione di pericoli per chi si alimenti con cibi transgenici: l’unico possibile rischio potrebbe riguardare
un’allergia verso i prodotti dei geni introdotti, come le proteine delle noci,
ma è facile prevederlo ed eliminarlo,
sfruttando invece gli enormi vantaggi
in termini di arricchimento del valore
energetico, di valore incalcolabile nei
paesi poveri. Tuttavia, essi sono considerati come uno dei maggiori pericoli
corsi dalla nostra salute.
Le nostre paure sono amplificate
dal venire meno della fiducia nel metodo empirico, non ci chiediamo che
cosa la scienza è in grado di dimostrare ma piuttosto ci lasciamo afferrare
da timori irrazionali. Ancora una volta
l’antica irragionevolezza, mai completamente eliminata dalla conoscenza
scientifica, muove il nostro sentire e le
nostre scelte. D’altro lato che cosa ci
aspettiamo dalla medicina, quali sono
. i rischi reali che corriamo oggi? La
donna e l’uomo in Occidente godono
della vita media più lunga mai registrata e la qualità della nostra vita è di
gran lunga migliore di quanto lo sia
mai stata in passato. Nonostante ciò,
l’aria che respiriamo nelle città e il fumo di tabacco nel quale non ci facciamo scrupolo di avvolgere noi e i nostri
familiari sono infinitamente più pericolosi di tutta la carne bovina che
mangiamo. Siamo di fronte a evidenti
abbagli nell’individuare i pericoli reali
e probabilmente alimentiamo delle
aspettative irrazionali, come la scon-'
fitta completa del cancro, magari l’eliminazione di tutte le malattie e forse,
alla fine, la vittoria sulla morte.
Ma non è questo un traguardo impossibile per la ragione e affidato alla
misericordia divina per la fede? Alla
medicina si deve chiedere ragionevolmente di chiarire le cause delle malattie, aiutandoci a rimuoverle, siano esse ambientali oppure genetiche, a diagnosticarle in tempo e a curarle. Poiché l’invecchiamento e la malattia
sembrano bagagli che dovremo portarci appressp ancora per qualche
tempo* si ^«(ichiedere ai medici soprattutto ài prendersi cura dei malati
e di eliminare il dolore e l’umiliazione
conseguenti all’ammalarsi e all’invecchiare, conservando la dignità dell’essere umano. A tutti noi spetta di accettare .1 risultati della riéerca scientifica
senza preclusioni ideologiche e religiose, mettendo in conto la possibilità
del permanere dei dubbi e sfacendo
alla tentazione di risolverli affidandosi all’autorità o ad miracolo.
' Gianni Pomari
2
PAG. 2 RIFORMA
All’A;
Della Parola
venerdì 26 GENNAIO 2Q(i; VENERDÌ 26
Subito dopo,
Gesù obbligò
i suoi discepoli a
salire sulla barca
e a precederlo
sull’altra riva,
mentre egli
avrebbe
congedato la
gente. ^^Dopo
aver congedato
la folla, si ritirò
in disparte sul
monte a pregare.
E, venuta la sera,
se ne stava lassù
tutto solo.
^*Frattanto la
barca, già di molti
stadi lontana da
terra, era sbattuta
dalle onde, perché
il vento era
contrario.
^^Ma alla quarta
vigilia della notte,
Gesù andò verso
di loro,
camminando
sul mare.
i discepoli,
vedendolo
camminare
sul mare,
si turbarono
e dissero:
“È un fantasma!”.
E dalla paura
gridarono.
^^Ma subito Gesù
parlò loro e disse:
“Coraggio, sono
io; non abbiate
paura!”.
Pietro gli rispose:
“Signore, se sei tu,
comandami
di venire da te
sull’acqua”.
^^Egli disse:
“Vieni!”. E Pietro,
sceso dalla barca,
camminò
sull’acqua e andò
verso Gesù.
^°Ma, vedendo il
vento, ebbe paura
e, cominciando
ad affondare,
gridò: “Signore,
salvami”.
Subito Gesù,
stesa la mano, lo
afferrò e gli disse:
“Uomo di poca
fede, perché hai
dubitato?”.
^^E, quando
furono saliti
sulla barca,
il vento si calmò.
Allora quelli che
erano nella barca
si prostrarono
davanti a lui,
dicendo:
“Veramente tu sei
Figlio di Dio!”»
(Matteo 14, 22-33)
IL SIGNORE CI VIENE INCONTRO
Gesù non è di quelli che rimangono sulle alture. Egli d viene incontro ma noi
abbiamo difficoltà a distinguerlo dai nostri fantasmi Prima ci salva poi ci ammaestra
STEFANO MERCURIO
DOPO la moltiplicazione dei
pani Gesù «obbligò», possiamo dire, invitò calorosamente i suoi discepoli a lasciarlo da
solo e a dirigersi dall’altra parte
del lago di Gennezaret; egli congedò pure la folla che aveva
mangiato con lui i pani e i pesci,
dopo di che si ritirò in disparte
sul monte a pregare.
Gesù ricercava degli spazi da
dedicare alla preghiera. Perfino
Gesù aveva bisogno di pregare.
Il Figlio di Dio fa sua la consuetudine di ogni buon israelita:
quella di pregare più volte al
giorno. Se persino Gesù aveva
bisogno di invocare il Padre, potremmo allora chiederci quanto
ne avremmo bisogno noi, che
non siamo Gesù! Ma questo racconto non smette di stupirci per
la ricchezza dei suoi particolari:
i discepoli lontani dal Maestro si
imbattono in una tempesta.
La preghiera di Gesù
Questa volta però, diversamente dall’episodio raccontato al capitolo 8, Gesù non
è sulla barca con loro a dormire. I discepoli si trovano da soli
quando si abbatte sulla loro
barca questa seconda burrasca.
Egli è lontano fisicamente, è in
un altro posto, non c’è; ci sono
loro soli nel bel mezzo del vento e delle onde grosse. Perché il
Maestro non li ha accompagnati? Poteva in fondo mettersi in
un angolino della barca a pregare oppure a dormire, come
aveva già fatto la volta precedente. Perché non è andato con
loro? Forse perché Gesù in
quell’occasione stava allenando
i suol discepoli a riconoscerlo
per mezzo della sua sola parola
senza più la sua presenza corporale. Li stava allenando per il
giorno in cui sarebbe stato tolto
alla loro vista dopo i fatti di Gerusalemme.
Dall’altra parte, Gesù non rimane ignaro del pericolo che si
sta addensando sui suoi discepoli: il vento si alza, ma pure Gesù si alza; le onde sbattono contro la barca ma pure Gesù va incontro alla barca, camminando
verso di loro. Possiamo allora
supporre che la preghiera di Gesù al Padre non comportava una
sorta di isolamento mistico, di
alienazione dalle cose che accadono sulla terra, perché se è vero che Gesù in quel momento
sta pregando il Padre, questa
preghiera tuttavia non gli impedisce di vedere cosa sta accadendo nel frattempo ai suoi
amici. Gesù è col cuore in cielo
ma con gli occhi ben saldi sulla
terra, e in questo caso anche sul
mare. Ecco perché Gesù non è
un mistico, perché riesce a tenere contemporaneamente gli occhi in cielo e sulla terra.
Stranamente il primo motivo
di turbamento dei discepoli
non è il mare in tempesta ma la
confusione che si crea attorno
alla presenza di Gesù: «È un
fantasma». I loro spettri prendono il sopravvento e non è importante quello che c’è davvero,
ma quello che i loro occhi vedono. Spesso alla base di molte
nostre paure e crisi sta anche la
nostra incapacità a distinguere
l’azione misericordiosa di Dio
che ci viene incontro.
più concreto di una semplice
parola di incoraggiamento. Qui
c’è la richiesta che la liberazione
si realizzi mediante un miracolo
di una potenza inaudita: camminare sull’acqua. L’apostolo
vuole affrontare la minaccia non
nel segno della promessa ma riportandola sotto il suo controllo ■
anzi sotto i suoi piedi. È sotto il
segno del controllo razionale e
non della promessa, che Pietro
vuole risolvere il problema della
tempesta! Forse questo testo potrebbe aiutarci ad avere più fiducia nelle promesse di Dio e
meno nel nostro controllo razionale. Certo, detto così sembra
banale, ma lo è poi veramente?
La reazione di Pietro
Preghiamo
- Domanda 116a: Perché ai cristiani è necessaria la
preghiera?
- Risposta: Perché è l’espressione principale della gratitudine che Dio ci domanda e perché Dio darà la sua
grazia e lo Spirito Santo solo a coloro che, sospirandoli
vivamente, glieli chiedono senza tregua in preghiera e
gliene rendono grazie.
(da II mtechismo di Heidelberg
Claudiana, Torre Pellice, 1%0, pag. 81)
IL nostro Signore non è di
quelli che rimangono sulle alture o sui monti. Egli ci viene incontro ma noi, come i discepoli,
abbiamo difficoltà a distinguerlo
dai nostri fantasmi. Riusciamo a
tenere sotto controllo le nostre
fissazioni e i nostri spettri? Oppure sono questi ultimi a tenere
sotto controllo noi? Lo spettro
della fame, della miseria, della
carestia sono stati debellati
dall’Italia, quali altri spettri hanno preso il loro posto in noi e
nella nostra società?
La reazione di Pietro alle parole, «coraggio, sono io; non abbiate paura», è quanto di più significativo ci possa essere per
dipingere compiutamente la nostra realtà umana: «Signore se
sei tu, comandami di venire da
te sull’acqua». Pietro sta chiedendo un segno, vuole essere sicuro e cerca qualcosa di molto
La risposta di Gesù
La risposta di Gesù alla richiesta del discepolo mi ha sorpreso un poco, mi sarei aspettato un rimprovero. Forse l’avrei
pure preferito un bel rimprovero
per Pietro, un bel richiamo severo per questo discepolo così
sfacciato. Gesù invece gli dice:
«Vieni». Questa risposta mi dà
l’idea di un Signore che non corre mai il rischio di esaurire tutte
le sue carte, cioè Gesù non viene
messo all’angolo per cui è obbligato di dire: «No! Così non vale,
ritorniamo al punto di prima».
Qui, ciò che egli può mettere a
disposizione va ancora nel senso
di ciò che il discepolo si attende.
Questo «vieni» è in fondo molto
di più del massimo che noi possiamo o osiamo richiedere.
Il punto è se la fede di Pietro è
pronta a volare così in alto. Pietro è pronto ad essere nutrito di
«cibo solido», tanto per usare
un’espressione paolina, oppure
no? Dio ha preparato per noi anche il piano della visione, l’ultimo piano per eccellenza, ed è
proprio questo quello che ora
Gesù, con questa parola «vieni»,
sta anticipando a Pietro. Qui Gesù sta parlando a Pietro non con
un discorso di tipo carnale ma
spirituale, come direbbe ancora
Paolo. Qui viene proposto il piano della visione, quello del «faccia a faccia», quello della manifestazione in gloria di Gesù Cristo. Ma Pietro è pronto per questo passo? È pronto per questo
piano in cui la promessa cede il
passo al compimento e la fede
viene assorbita 'dalla visione?
Pietro, i discepoli e anche noi
con loro, tendiamo verso quel
passo ma non ci appartiene an
Prima la salvezza
poi l'ammonimento
Gesù ha il potere di stendere
la sua mano per salvarli.
Mano tesa da una parte e ammaestramento dall’altra: prima
la salvezza e poi l’ammonimento. Non è data la prima senza la
seconda e neppure la seconda
senza la prima. Anche questo è
un modo tutto particolare della
relazione che il Signore ci fa conoscere e ci offre. Noi siamo abituati piuttosto ad ammonire prima e poi eventualmente a perdonare dopo (se non spesso a
condannare, o ad abbandonare)
qui invece le cose vanno al contrario. Gesù fa precedere la sua
mano tesa, aperta, capace di afferrare per non lasciare cadere,
prima di ogni cosa; ma a questa
fa seguire il suo ammaestramento: «Perché hai dubitato?».
Buoni propositi e cadute, intenzioni fermamente credute e
discontinuità croniche, fede e
dubbio, certezza e paura, questo siamo noi; ma tutto ciò non
è ancora sufficiente affinché il
Signore ci abbandoni alle nostre contraddizioni, perché l’ultima parola non è data da quello che siamo noi ma dalla bontà
che dimora in lui.
cora; ecco perché Pietro, nonostante le buone intenzioni, cominciò ad affondare. Il testo lascia intendere che fu ancora
colpa del vento, di questa potenza incontrollabile che, metaforicamente inteso, esercita la
sua influenza sui discepoli e sugli esseri umani in generale. Il
nostro piano è ancora quello in
cui c’è il vento, la minaccia, le
preoccupazioni, le paure, l’angoscia, eventi ostili che remano
contro e che sfuggono al nostro
controllo, alle nostre buone intenzioni e perfino alla nostra fede sincera. Ma proprio perché
Cristo possiede qualcosa di più
ancora del massimo che noi
osiamo sperare, il destino di
Pietro non fu quello di essere
inghiottito dall’oscurità del mare né dai flutti violenti. Esiste
ancora una manche che Cristo
riserva per sé e che mette a disposizione dei suoi discepoli
per amore: «Stesa la mano lo afferrò e gli disse: “O uomo di poca fede, perché hai dubitato”».
(Seconda di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletiche
Il racconto si trova, quj
si identico, anche in Maro
6, 45-56 con l'omissioni
però dell'episodio di Pi^
tro. Il genere letterario
quello dei miracoli epif^
nici, in cui Gesù si manife
sta come personaggio si
prannaturale. Il racconti;
inizia con l'informazioiif
che Gesù si ritira da solo
su una montagna. Di que,
sto silenzioso rapporto dj;
Gesù con il Padre per me;,
zo della preghiera, Mat
teo parla soltanto raramente, contrariamente a
Luca (5, 16; 6, 12; 9, 18;
28s; 11, 1). La preghiera!
non era un momento ec!
cezionale nella sua vitama una compagna fedele,!
Il riferimento alla barci
potrebbe avere un valori
simbolico sottinteso: la
barca, nelle intenzioni di
Matteo, sarebbe l'immagine della comunità. Qualcuno ha fatto notare comi
non a caso la barca sia sta
ta poi presa come simboli
della chiesa (per esempli
dal Consiglio ecumenico
delle chiese): la barca corrisponderebbe alla situa-!
zione della comunità dii
Gesù che avanza nei mondo con la fragilità di una!
barca nella tempesta. ì
Cè nel testo una sotto-j
lineatura della distanza fi-j
sica tra Gesù e i suoi discepoli: il primo si trova sul
monte rtientre i secondi
sul mare. Questa situazione di separazione non
può essere certo attribuita a una colpa dei discepoli che anzi sono invitati
espressamente dal maestro ad andare da soli verso l'altra riva. Il testo anzi
lascia capire che Gesù dovette insistere perché i discepoli partissero da soli:
li obbligò! Qualcuno ha
detto che Gesù volesse ta-:
gliare corto all'entusia-j
smo dei discepoli suscitato!
dalla moltiplicazione dell
pani, di cui si parla nel testo precedente. Si delinea
comunque, già anticipatamente rispetto all'ascensione, una relazione coni!
suoi discepoli all'insegna
della separazione corporale. «Colpa» dei discepoli, semmai, è che essi non
siano capaci di riconosce-,
re la presenza del Signore,
quando egli si avvicina a
loro, anzi cadono vittima
di un malinteso quando,tentano di spiegarla ser-!
vendosi di categorie ra-ì
zionali o superstiziose: èi
un fantasma.
Ciò contribuisce però a
sottolineare che Gesù non
si presenta in modo spettacolare, bensì attraverso
la sua parola. La salvezza:
prima di venire realizzata,
(nel senso concreto di sai-;
vezza dalle onde che vo-‘,
gliono inghiottire la barca) viene promessa, affinché possa in essa esserci
un margine per la fede
dei discepoli. La figura di,
Pietro qui viene proposta
come momento rappresentativo di tutti i discepoli, come al versetto 15
del cap. 15: «Spiegaci la
parabola». La parte conclusiva del racconto è
quella in cui, per così dire,
Gesù prende in mano le
redini della faccenda o, se
vogliamo, il timone della
barca. Una volta che il
Maestro sale sulla barca II
panorama cambia. La paura dei discepoli viene così
messa in contrasto con la
forza del loro Signore che
ha potere sul vento, di
fronte al quale, invece, I
discepoli sono compietamente vulnerabili.
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Grafici
Per
approfondire
Cito il sintetico ma efficace paragrafo di B. Corsani, «Le epifanie sul mare» in Testimoni della verità. Marco, Matteo, Luca,
Claudiana, Torino, 1982,
pp. 141-144.
Inoltre i commentari su
Matteo di E. 5chweizer e
J. Schniewind.
Firmi
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gl-^ Nel dicembre scorso 15 primati ortodossi si sono riuniti al Phanar, a Istanbul
Dichiarazione storica di 15 chiese ortodosse
Celebrata la liturgia di Natale il 26 dicembre nella chiesa di Santa Sofia a Iznik, l'antica Nicea
Era assente il patriarca russo Alessio ii, capo della più grande chiesa ortodossa del mondo
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I responsabili di 15 delle 16
chiese ortodosse nel mondo
si sono impegnati a rafforzare la loro cooperazione e a
fare sentire la loro voce a livello internazionale sulle
questioni morali ed etiche.
Nel corso di un incontro
svoltosi il 24 dicembre scorso
al Phanar, a Istanbul, sede
del patriarca ecumenico di
Costantinopoli, Bartolomeo,
i responsabili di 15 chiese
autocefale e autonome ortodosse si sono impegnati a
rafforzare la loro cooperazioue, organizzando incontri regolari per dibattere le questioni ortodosse sul tappeto,
creando una federazione interortodossa di scuole di teologia nel mondo, e istituendo
una commissione interortodossa sulla bioetica.
Il patriarca Bartolomeo,
considerato come «primus
inter pares» nella gerarchia
ortodossa, è noto a livello internazionale per il suo appoggio aU’ecumenismo e per
la sua preoccupazione per
l’ambiente. Ma il primate
della Chiesa ortodossa russa,
la più grande chiesa ortodossa del mondo, il patriarca
Alessio II, non era presente
alla riunione e non ha assistito alla storica liturgia che ha
segnato la fine delle celebrazioni del millennio cristiano,
celebrata a Iznik, in Turchia.
L’assenza del patriarca Alessio è legata al conflitto tra i
patriarcati di Mosca e di Costantinopoli circa la delicata
questione della giurisdizione
sui cristiani ortodossi in paesi ex sovietici, come l'Estonia
e l’Ucraina.
Natale nell'antica Nicea
La liturgia di Iznik, celebrata il 26 dicembre, è stata salutata come uno degli eventi
più importanti della recente
storia ortodossa, non solo
per via della presenza di tanti
primati ortodossi ma anche
per il suo svolgimento nell’ex
chiesa Santa Sofia, a Iznik,
l’antica Nicea, dove si sono
tenuti il primo e il settimo
dei Concili ecumenici della
chiesa cristiana indivisa, rispettivamente nel 325 e nel
787. Oggi, la chiesa di Santa
Sofia è un luogo controllato
dal governo turco il quale ha
deciso in via eccezionale di
autorizzarvi la celebrazione
della liturgia di Natale. Questo viene interpretato dai responsabili della chiesa come
un segno di apertura delle
autorità turche nei confronti
della Chiesa ortodossa, la
quale incontra spesso grandi
difficoltà in Turchia dove in
maggioranza i cittadini sono
musulmani. Manifestando
una più ampia tolleranza nei
confronti delle chiese locali
la Turchia, che aspira ad aderire all’Unione europea, dimostrerebbe di essere pronta
ad accettare i principi democratici occidentali.
Firmata una dichiarazione
I 15 responsabili ortodossi
hanno sottoscritto una dichiarazione di sette cartelle
rivolta ai «fedeli ortodossi, alle sorelle e al fratelli cristiani
di tutto il mondo, e a tutte le
persone di buona volontà,
con la benedizione di Dio e
un messaggio di amore e di
pace». La dichiarazione incoraggia l’ecumenismo e il dialogo con altre chiese, ma
gran parte del testo è centrata sulla necessità di unità
all’interno della comunità ortodossa mondiale, e sulla
preoccupazione di fronte alle
divisioni nella chiesa (probabile allusione ai «vecchi-calendaristi» nei Balcani, alla
Chiesa ortodossa russa in esi
DAL MONDO CRISTIANO
S Isole Maurizio e della Riunione
Il Consiglio delle chiese protestanti
dell'Oceano Indiano
ISOLE MAURIZIO — Nel novembre 1999 la Chiesa presbiteriana di Maurizio (Epm) e la Chiesa protestante della Riunione (Epr), ambedue membri della Cevaa-Comunita di
chiese in missione, decisero di cretire una struttura comune,
il Consiglio delle chiese protestanti dell’Oceano Indiano
(Cepoi). Il Cepoi si è dato come obiettivo principale di
rafforzare i legami tra queste due chiese e di promuovere la
presenza protestante nella zona. Riunito il 12 e 13 diceinbre
scorso, a Saint-Denis, nel centro parrocchiale dell'Epr, il Comirato del Cepoi ha riffettuto alla redazione di una carta comune e ai diversi progetti avviati insieme: incontri tra i bobini delle scuole domenicali, campo internazionale per adolescenti, azione di evangelizzazione. (cevaa/epm)
Gran Bretagna
Un pastore anglicano diventa pastora
BRISTOL — Ha risolto i suoi problemi («Ogni sera pregavo di potermi svegliare come donna») il pastore anglicano
Peter Stone, 46 anni, quando il 29 novembre è salito sul pulpito della chiesa di Saint Philip a Bristol, come Carol Storie,
con una toga azzurra, una nuova pettinatura, tacchi alti e
rossetto. Il cambiamento di sesso, peraltro incoraggiato dal
vescovo di Bristol, Barry Rogerson, ha comunque suscitato
animati dibattiti nella comunione anglicana, già divisa
sull’accettazione del sacerdozio femminile. (nev/icpj
■
Gran Bretagna
Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, durante un’udienza al Patriarcato di Istanbul
lio, e ai gruppi di dissidenti in
alcuni paesi come l’Ucraina,
la Bulgaria e il Montenegro
dove ci sono chiese rivali,
fondate soprattutto per ragioni politiche].
«Preoccupati di preservare
l’unità di tutti coloro che
credono in Cristo, e impegnati nella lotta per l’unità,
noi (cioè coloro ai quali è
stata affidata la direzione
della Santissima Chiesa ortodossa) non ignoriamo affatto la necessità e l’obbligo
di preoccuparci della salvaguardia e dello sviluppo dell’unità all’interno della nostra Chiesa ortodossa», sottolineano i responsabili.
In alcuni paesi dell’ex blocco sovietico, la fedeltà alla
versione locale dell’ortodossia è stata sfruttata da leader
politici desiderosi di attizzare
i sentimenti ostili. La dichiarazione può anche essere un
ammonimento lanciato alla
Chiesa ortodossa russa affinché non si allinei troppo sugli interessi nazionali. Ma
nessun paese viene menzionato nel documento, che afferma: «La diversità delle nazioni e delle culture è benefica e benedetta da Dio. La nostra Santa Chiesa ortodossa
la benedice e la santifica.
Tuttavia, proprio per sua natura, la chiesa può costituire
un mezzo per facilitare o
propagare interessi politici,
nazionalistici o razziali».
La questione estone
Il messaggio è anche un
appello indiretto all’unità riguardante la questione della
giurisdizione sui cristiani ortodossi dell’Estonia. Negli
Anni 90 il conffitto aveva portato la Chiesa ortodossa russa ad annunciare «la rottura
della comunione» con il Patriarcato ecumenico. Il conflitto era stato risolto ma, dopo la visita del patriarca Bartolomeo in Estonia nell’ottobre scorso, il Sinodo della
Chiesa russa ha annunciato
la rottura delle relazioni con
il patriarca Bartolomeo e ha
dichiarato che la Chiesa non
sarebbe stata rappresentata
agli importanti incontri che
si sarebbero tenuti al Phanar.
Tuttavia, a differenza del
1996, questo non è stata una
rottura della comunione. Il
conflitto è particolarmente
delicato per la Chiesa russa
in quanto il patriarca Alessio
è nato in Estonia ed è stato
vescovo in quel paese prima
della sua elezione al Patriarcato di Mosca nel 1990.
Il problema che sta alla base della controversia circa la
giurisdizione sugli ortodossi
dell’Estonia è complesso
perché molti ortodossi di origine russa vogliono mantenere legami con il Patriarcato
di Mosca e quelli di origine
estone vorrebbero essere autonomi sotto la giurisdizione
del patriarca ecumenico. Nel
1996 era stato convenuto che
le parrocchie estone potrebbero liberamente scegliere
sotto quale giurisdizione intendevano porsi, ma nella
sua dichiarazione deU’8 novembre scorso il Patriarcato
di Mosca ha accusato il patriarca ecumenico di avere
rotto l’accordo del 1996 con
le sue dichiarazioni e con la
sua visita in Estonia.
La reazione di Bartolomeo
In una dichiarazione di nove cartelle del 29 novembre
scorso, il patriarca Bartolomeo ha respinto le accuse di
Mosca denuncianti «una intrusione sul territorio canonico russo» e ha precisato che,
dato che c’erano parrocchie
sotto la sua giurisdizione in
Estonia, egli era libero di visitarle. Bartolomeo ha poi sollevato un’altra questione: il
principio secondo il quale
ogni regione può avere un solo vescovo ortodosso. Pur sottolineando l’importanza di tale principio, il patriarca ha
espresso la volontà di tollerare questa situazione in Estonia finché non sarà trovata
una soluzione definitiva, e ha
suggerito che il Patriarcato di
Mosca nomini una delegazione per dibattere della questione con rappresentanti del Patriarcato ecumenico. Un incontro dei rappresentanti dei
due Patriarcati dovrebbe aver
luogo fra breve.a Zurigo, (eni)
Se la Chiesa d'Inghilterra vende le sue
azioni di una fabbrica di armamenti
LONDRA — Ripercussioni anche alla Borsa di Londra per
alcune indiscrezioni secondo le quali la Chiesa d Inghilterra
avrebbe intenzione di vendere la propria partecipazione alla Gkn, il gruppo aerospaziale britannico, le cui azioni simo
successivamente scese del 3,6%. Secondo il quotidiano The
Guardian, la Chiesa anglicana vuole disfarsi delle azioni
(quotate circa 15 milioni di sterline, oltre 48 miliardi di lire)
«a causa del crescente coinvolgimento della Glm nel settore
degli armamenti». La decisione, scrive il quotidiano londinese, sarebbe conseguenza di una revisione etica dell intero
portafoglio azionario della chiesa, valutato in oltre 5 miliardi di sterUne (16.500 miliardi di lire). (nev)
Soprattutto nell'Europa (Jell'Est
20.000 organi di chiese in pericolo
VARAZDIN — Oltre 20.000 organi delle chiese europee rischiano entro pochi anni di superare ogni possibilità di restauro e resteranno per sempre muti. Il grido di allarme viene
da un incontro che ha riunito a Varazdin, in Croazia, 140 organisti e maestri costruttori sotto il tema «L’organo, eredità culturale europea». Restaurare un organo antico richiede
specialisti e forti somme di denaro, è stato detto, cosa che
rende ancora più difficile il recupero di strumenti storici specialmente nell’Europa dell’Est, dove le chiese versano in gravi
condizioni economiche. La proposta è che l’Unione europea
e TUnesco sponsorizzino un’apposita fondazione, (nevleni)
' Federazione delle chiese evangeliche svizzere
Nonostante la causa giudiziaria intentata da un'altra chiesa
La Chiesa del Pakistan ordina due diacene
La Chiesa del Pakistan ha
ordinato le sue due prime
donne diacene, nonostante
la causa intentata da un’altra
chiesa che ritiene che la Bibbia vieti alle donne di diventare membri del clero. La
Chiesa del Pakistan è la prima chiesa di quel paese ad
ammettere donne nel proprio clero. I cristiani rappresentano una piccola minoranza, circa il 2%, in quel
paese musulmano di 140 milioni di abitanti. La Chiesa
del Pakistan, che conta circa
800.000 membri, è urta chiesa unita fondata nel 1970 che
riunisce anglicani, metodisti,
presbiteriani, luterani e altri
protestanti.
«Abbiamo fatto quello che
ritenevamo giusto», ha detto
il vescovo Samuel Azariahs,
presidente della chiesa, dopo
le ordinazioni che hanno
avuto luogo il 21 novembre
scorso nella sua diocesi di
Raiwand, a 25 km a nord di
Labore. Una delle nuove dia
cone è moglie del vescovo. Le
due nuove diacene e i due
nuovi diaconi, lavoravano
per la chiesa in quanto catechisti. «Nessuna delle grandi
chiese si è opposta anche se
ufficialmente queste chiese
possono non essere affatto
d’accordo con me», ha detto
il vescovo. «Non ci si può
aspettare l’unanimità su simili iniziative», ha aggiunto
dicendo di e’ssere «triste nel
vedere che una chiesa dissidente ha intentato una causa
contro questa decisione».
La causa è stata intentata
da un ufficiale in pensione,
Timotheus Nasir, che è presidente e segretario della
Chiesa presbiteriana unita
del Pakistan (Upcp), chiesa
dissidente di tradizione presbiterianà. Secondo Nasir
«Torditiazione delle donne
non è autorizzata dalla Bibbia». L’Üpep «crede nella
teologia della Bibbia, e non
segue la teologia moderna afferma Nasir - ed essa lot
terà finché il vescovo non si
sarà pentito e non sarà stato
condannato dal tribunale
conformemente alla legge».
La Bibbia contiene «un ordine, lanciato dall’apostolo
Paolo e confermato dall’apostolo Pietro, secondo il quale
le donne non hanno il permesso di parlare nelle assemblee», ha proseguito.
Nasir ha precisato che un
tribunale di Labore aveva
emesso un avviso «di oltraggio alla Corte» contro il vescovo Azariahs per queste ordinazioni. Ma Azariahs ha
obiettato che l’Ucpc aveva
sottoposto il caso al tribunale
dopo la celebrazione delle
ordinazioni e che non aveva
ricevuto alcun avviso di oltraggio alla Corte. «L interpretazione delle Scritture
non spetta al tribunale... C’è
un mandato molto chiaro
nella Bibbia che permette di
associare le donne al ministero della chiesa», ha preci
sato il vescovo. (eni)
Per l'adesione della Svizzera all'Onu
BERNA — «La Federazione delle chiese evangeliche svizzere (Fces), che si riconosce come chiesa anche al di là del confini nazionali, sostiene l’adesione della Svizzera alTOnu». E il
parere del Consiglio della Fces, che risponde così alla consultazione lanciata dal Dipartimento federale per gli affari esten
della Confederazione. «Attraverso la sua adesione - dice un
comunicato degli evangelici svizzeri - la Svizzera potrà esprimere la sua volontà di contribuire all’impegno delTOnu per
la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato». (nev)
I Nigeria (del Norid
Un Consiglio interreligioso per
fronteggiare la violenza
LAGOS — Un Consiglio interreligioso (cristiani e musulmani) per fronteggiare l’esplosione di violenza che ha colpito
lo stato del Gombe (Nigeria del Nord). Scaturiti dall’opposizione dei cristiani all’introduzione della legge islamica (sharia) i disordini hanno già causato dieci morti e notevoli
in varie città del distretto. La proposta è del governatore dello stato che cerca così di placare l’opposizione cristiana (75%
dei circa 3 milioni di abitanti). Secondo esponenti cristiani
(cattolici e protestanti) l’introduzione della sharia renderebbe i cristiani «cittadini di seconda classe». (nev/eni)
Pakistan
Protestanti e cattolici chiedono
l'abolizione del <<voto separato»
ISLAMABAD — Ci sono forti proteste in Pakistan da parte
delle chiese cristiane (protestanti e cattolica) che chiedono
l’abolizione del «voto separato», un sistema elettorale introdotto dal governo militare nel 1979 che prevede che le minoranze religiose possano votare solo per candidati della loro stessa fede. Nel Pakistan (140 milioni di abitanti) il 96%
della popolazione è musulmana e, secondo l’attuale lepslazione, dei 217 seggi senatoriali solo 10 sono riservati alle
minoranze religiose (4 ai cristiani). (nev/eni)
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 26 GENNAIO 2O0i VENERI
A più di trent'anni dalla sua uscita, il film di Stanley Kubrik continua a interrogarci
2001: odissea nello spazio
ALBERTO CORSANI
A più di trent’anni.dalla
sua uscita, 2001: odissea
nello spazio continua a interrogarci: realizzato prima della grande stagione degli «effetti speciali» e della tecnologia computerizzata, conserva
il proprio fascino mentre film
più sorprendenti al momento
della prima visione cominciano a mostrare i segni del
tempo; carico di domande
che investono il mondo e la
cultura di massa (l’esplorazione dello spazio, il rapporto uomo-macchina, il vero o
finto progresso), ha mischiato l’avventura e il mistero con
la giocosità di un valzer che
accompagna con le sue note
il procedere dell’astronave.
2001, gran film d’autore, ha
aperto una stagione del cine
ma «di genere», bloccandone
al tempo stesso l’evoluzione
ed esaurendo in anticipo la
fertilità di quel filone: i film
successivi, in qualche modo,
hanno tutti copiato.
Certo alcune domande o
alcuni temi sembrano scontati, e sono quelli a cui già si
accennava. È perfino banale,
nell’epoca di Internet e dell’automazione della fabbrica,
nella civiltà che ha celebrato
un anno e mezzo fa il trentennale dell’allunaggio dicendo in pratica che della Luna non sapeva più che fare,
farsi sfidare dal desiderio di
conquista di altri pianeti, di
mondi sconosciuti, e farsi
aiutare da macchine come il
supercalcolatore «Hai 9000»,
protagonista tecnologico
dalla voce umana, destinato a morire e a catturare mol
Legami poco usuali
con i testi biblici
Se 2001: odissea nello spazio ha fornito il pretesto per
varie interpretazioni moraleggianti, non è escluso che
invece si possano trovare nel
film dei richiami biblici, più
che altro a livello di visioni
immaginifiche. Se infatti è
semplicistico individuare nel
discorso del ritorno eterno
del monolite un accenno
all’Ecclesiaste («Ciò che è
stato è quello che sarà...:
niente di nuovo avviene sotto il sole», 1, 9); se d’altra
parte il prologo del film ci
mostra un mondo popolato
di scimmioni, in perfetta
consonanza con la teoria
evoluzionista e in contrasto
con i racconti della creazione, altre immagini possono
essere suggestive proprio in
relazione alla Genesi.
Se il film è costruito sul
rapporto dell’uomo con il
tempo (con buona pace del
titolo, che si riferisce allo
spazio), è illuminante il testo
che ci mette a confronto con
le enormi dimensioni dell’eternità: «Finché la terra durerà, sementa e raccolta,
freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte mai più
cesseranno» (8, 22), anche se
il discorso deve essere esteso
anche agli altri pianeti e agli
spazi interplanetari. Un’altra
affascinante analogia si può
scorgere dopo i 5’ di cinema
astratto che segnano l’ingresso del protagonista in un’altra dimensione: sono minuti
fatti di colori, schizzi di lapilli
visivi, forme geometriche in
rapidissima e quasi insostenibile successione, una vera
tempesta di stimoli ottici; paragonando questi ultimi al
diluvio, e rifacendosi anche
al racconto della creazione,
nelle sequenze che seguono
(riprese aeree di monti, valli.
fiumi poi elaborate in sede di
montaggio) si può richiamare
il racconto della grandiosa
separazione delle acque dalle
acque (1, 6; 9-13 e 8, 13).
Il film ha poi la particolarità di farci vedere per contrasto quelle che nel testo
della Genesi sono annunci
relativi al futuro dell’umanità. L’astronauta scopre «a
posteriori» quello che è stato
il cammino dell’uomo nella
storia e nel tempo e cerca,
forse senza riuscirvi, di capire
quale sia il suo posto sulla
terra (e nello spazio): invece
di andare incontro al destino
prefigurato nella visione di
Giacobbe a Betel («Io darò a
te e alla tua progenie la terra
dove tu giaci»; «ti estenderai
a occidente e ad oriente, a
settentrione e a mezzogiorno, e in te e nella tua progenie saranno benedette tutte
le nazioni della terra», 28, 1314), l’uomo di 2001 torna indietro in una condanna a un
nuovo inizio. (a.c.)
te simpatie fra gli spettatori.
In realtà, in perfetta coerenza con la ricerca che il regista Stanley Kubrick ha condotto in tutti i propri film,
2001 si interroga e ci interroga sui limiti dell’uomo. Non
per dire, sarebbe moralismo
abbastanza scontato, che
l’uomo deve stare al suo posto senza sostituirsi a Dio,
oppure che non deve esagerare nel manipolare la meccanica e l’intelligenza artificiale, ma piuttosto per manifestare, dell’uomo, lo sconcertato stupore di fronte alla
propria immagine. La vera
esplorazione non è quella rivolta all’universo, il vero antagonismo non è quello con il
computer ribelle.
L’esplorazione la conduce
l’essere umano su se stesso e
l’antagonismo è quello con il
male che c’è in lui. E il dramma sta nel fatto che scorgere
(non dico esplorare, né interpretare) le nuove frontiere dà
sì la percezione dell’incommensurabile ma lascia l’insoddisfazione di non poter
arrivare a conoscere la realtà
per intero. L’ansia eterna, insomma, deU’Ulisse dantesco.
Attraverso un controllo raffinato e implacabile sui mezzi espressivi, l’autore smorza
per tutto il film il pathos e
l’emozione: quando sembra
suggerire una svolta drammatica, subito la congela
prendendone le distanze:
con primi piani sui volti insignificanti degli astronauti,
con le loro azioni meccaniche e ripetitive, condotte nella noia; con il valzer del Da
Il misterioso monolite
e il computer parlante
La vicenda di 2001: odissea
nello spazio è divisa per capitoli. Nel prologo («L’alba
dell’uomo»), aH’interno di un
gruppo di uomini-scimmia,
uno di essi scopre che un osso animale può servire come
arma per soggiogare i propri
simili. Compare un misterioso monolite nero, che si ritroverà nel primo capitolo, ambientato 4 milioni di anni dopo. Esso compare nei pressi
di Clavius, base lunare sede
di ricerca scientifica, e su di
esso si iterrogano specialisti
di varie discipline. La spiegazione di questa misteriosa
presenza è nel secondo episodio (Diciotto mesi dopo: in
missione verso Giove) lo scopo del viaggio di due astronauti e tre scienziati (questi
ultimi ibernati per poter rendere il più possibile al momento giusto): la meta è Giove, da cui si ritiene poter spiegare la presenza del monolite.
L’astronave è guidata dal
calcolatore elettronico «Hai
Stanley Kubrick fra generi e film d'autore
li regista Stanley Kubrick
(1928-1999) è nato a New
York da una famiglia di origine ebraico-centroeuropea,
ma dopo gli inizi americani
ha lavorato ai film più importanti in Gran Bretagna, dove
ha sempre risieduto. La sua
opera taglia trasversalmente
un gran numero di «generi»
cinematografici: dagli esordi
nel gangster-thriller (Il bacio
dell’assassino, Rapina a mano
armata del 1955) al kolossal
(Spartacus, 1960) alla fantapolitica (Il dottor Stranamore, 1964) e alla fantascienza
sociale (Arancia meccanica,
1971), passando per il film
di guerra (Orizzonti di gloria,
1957, e poi Full Metal Jacket,
1987); dalla fantascienza
tout-court (2001: odissea nello spazio, 1968) al film in costume (Barry Lyndon, 1975)
all’horror (Shining, 1980) fino alla commedia oniricaerotica dell’ultimo Eyes Wide
Shut (1999), il regista ha interpretato in maniera personale le varie codificazioni
narrative e spettacolari, per
trasformare i canoni di un
prodotto abitualmente inteso come prodotto di serie in
un discorso d’autore: esprimendovi cioè la propria visione del mondo.
Il film pone domande fondamentali sui limiti dell'uomo rispetto al suo desiderio onnipotente
Il vero conflitto non è tra l'uomo e la macchina, ma tra l'uomo e la propria immagine
nubio blu, che indica al tempo stesso vacuità (il ballo è
per definizione un movimento che non conduce altrove, è
un «girare attorno», fare chilometri restando nello stesso
ambiente) e svuotamento
delle aspettative (l’accompagnamento di una melodia arcinota lascia prevedere quanto durerà quella scena).
Allora non è dalla vicenda
che può venire una risposta,
ma dal confronto dell’uomo
con la propria immagine: ciò
avverrà alla fine, nell’ambiente settecentesco (omaggio all’esercizio sovrano della
Ragione sul mondo) dove
l’astronauta Bowman si trova
di fronte uno specchio. E si
scopre vecchio, e si rivede in
un feto; sempre uguale e
sempre diverso, non sapendo
più quale immagine di sé sia
quella giusta, al pari dei protagonisti di altri film: il parvenu di Barry Lyndon, che cerca di diventare nobile per
matrimonio; lo scrittore e potenziale assassino di Shining,
il brillante medico di Eyes Wide Shut che, marito modello,
si lascia precipitare a un passo dal vizio e dalla perdizione. L’uomo (la donna) del
2001 esercita una signoria
forse spropositata sul mondo
e sulle altre creature (quanti
documenti, quante assise
ecumeniche ce lo hanno ricordato e ce lo dicono ancora) ma, quel che è peggio, pur
trovandosi sotto gli occhi
molti segnali che questa signoria non varrà per sempre,
non sa far tesoro di questa lezione. Scusate se è poco.
Lo stralunato protagonista del film
9000», il quale si rivolta agli
ordini dell’equipaggio facendo morire gli scienziati. Sopravvive solo uno degli astronauti, David Bowman,
che, scorto ancora il monolite intorno a Giove, vince la
battaglia con la macchina
trasferendosi però in un’altra
dimensione spazio-temporale (Giove e oltre l’infinito, terzo episodio): dopo 5 minuti
di vero e proprio cinema
astratto, puri impulsi visivi
che promanano dallo schermo, ritroverà infatti se stesso
vecchissimo in una stanza
ammobiliata secondo uno
stile settecentesco modernizzato: qui si ritrova il monolite, ma anche un feto che non
è altri che l’astronauta stesso
protagonista del film.
La sceneggiatura del film è
stata scritta da Stanley Kubrick in collaborazione con
Arthur C. Clarke, scrittore di
fantascienza e autore dei tre
racconti a cui si ispira il soggetto del film.
Stanley Kubrick dietro la macchina da presa
LIBRI
L'Italia di Carlo Levi
NÜÍ-UH’ATfUÍ
L’editore Donzelli ha avviato la pubblicazione degli scritti
vari in prosa di Carlo Levi, lo scrittore torinese, senatore dal
1963 al 1972, autore di Cristo si è fermato a Eboli e del romanzo
di impegno civile L’orologio che affronta
la fine del governo Farri agli albori della
Repubblica. Le mille patrie. Uomini, fatti,
paesi d’Italia a cura di Luigi M. Lombardi
Satriani (pp. XXIII-259, £ 35.000) è dunque il primo volume della collana, ed è
dedicato a saggi, interventi politici e reportage realizzati dall’autore incontrando
personalità e gente comune, girando il
paese e cogliendone con grande capacità
visiva le sfaccettature più inconsuete.
\.
RADIO
Culto radio
Ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo canale
“ radio Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano e estero, appuntamenti e commenti di attualità.
TELEVISIONE
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmesse
a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente alle ore 24
circa e alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 21 gennaio, ore 23,50 circa, andrà in onda: «Medio Oriente: le donne
dietro il conflitto»; «Shafique Keshavjee: scrivere per dialogare»; «Chiaroscuro: un fatto, un commento». La replica sarà
trasmessa lunedì 22 alle ore 24 e lunedì 29 alle 9,30 circa.
PROTESTANTESIMO IN TVI
Il filo rosso del dialogo
DAVIDE ROSSO
O ENZA pace non c’è fu
«i3
turo». Questa frase
così semplice e immediata
emergeva forte nel servizio
preparato dalla redazione di
Protestantesimo sulla situazione mediorientale dal titolo «Medio Oriente: le donne
dietro il conflitto» andato in
onda la sera di domenica 21
gennaio (replica lunedì 29
gennaio, ore 9,30). Le immagini che accompagnano le
varie interviste e testimonianze che costituiscono il
filo del discorso sono di
«guerra» certo ma anche di
una quotidianità fatta di dibattito, di scontro verbale
non solo fra due popoli divisi ma anche di istanze diverse portate avanti in modo
anche dialettico aU’interno
dei due schieramenti. Non
solo un muro contro muro
fra due realtà unitarie ma un
processo dinamico all’interno delle due fazioni che
sembrano in ricerca anche
di un loro equilibrio. Ci sono
le associazioni dei familiari
delle vittime israeliane che
cercano un dialogo con l’associazione similare palestinese, c’è la posizione della
parte di sinistra israeliana
che manifesta pubblicamente il suo disagio per le posizioni della destra e c’è chi in
Palestina manifesta per la
pace nelle strade. Ma è un
mondo difficile in cui, semplificando molto per motivi
di tempo così come si è co
stretti a fare in un servizio televisivo, a immagini di dialogo e di confronto sorridente
se ne contrappongono altre
di scontro e di distruzione.
La spinta per la pace però
sembra emergere forte in
parte della popolazione sia
israeliana che palestinese
ma si scontra con la politica,
con gli interessi. C’è la volontà di manifestare in maniera pacifica i propri diritti
accantonando la violenza e
rifacendo emergere la lotta
parlata su quella guerreggiata al fine di raggiungere un
compromesso. All’interno
delle varie dinamiche in gioco vi sono poi quelle dei palestinesi cristiani, minoranza
significativa schierata per la
pace ma anche impegnata a
spiegare che «Islam non è
uguale a terrorismo»: termini che troppo spesso si tende, soprattutto in Occidente,
non solo ad affiancare ma a
far coincidere. La trasmissione poi continua con un altro
servizio sul dialogo interreligioso e con una riflessione
del prof. Paolo Ricca sulla
Settimana di unità dei cristiani. Si viene quasi a creare
un filo tematico comune fra i
tre servizi che attraverso
realtà territoriali e religiose
diverse vede nel dialogo e
nel confronto con l’altro una
via privilegiata non solo di
risoluzione dei conflitti ma
anche di umanizzazione della vita passando attraverso la
comprensione e l’accoglienza del diverso da noi.
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10 2001 VENERDÌ 26 GENNAIO 2001
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La vicenda di Peppino Impastato raccontata da un film di Marco Tullio Giordana
Cento passi contro la mafia
Con i compagni di Peppino Impostato, ucciso dalla mafia nel 1978, ha lavorato negli Anni 80
anche un gruppo della Chiesa valdese di Catania. La lotta contro lo criminalità organizzata
«»«
FEDERICA TOURN
La storia è quella di un ragazzo che a Cinisi, un
paese a due passi dall’aeroporto di Punta Baisi, a Palermo, si ribella all’ambiente
mafioso che lo circonda, agli
intrallazzi politici ed economici gestiti da mafia e istituzioni alle spalle dei cittadini,
fino ad essere ammazzato dagli stessi mafiosi che combatte apertamente con ironia feroce e precisione di analisi. È
la storia di Peppino Impastato, trovato morto l’8 maggio
1978, fatto a pezzi da un’esplosione vicino ai binari della ferrovia Trapani-Palermo e
subito classificato come un
terrorista malaccorto, o meglio suicida, viste le idee comuniste che coltivava e una
lettera di molti mesi prima, ritrovata in casa della zia, in cui
parla della difficoltà di vivere.
È quindi una storia vera,
quella raccontata da / cento
passi, il film di Marco Tullio
Giordana premiato a Venezia
lo scorso settembre per la sceneggiatura, scritta da Claudio
Fava, Monica Zapelli e dallo
stesso Giordana; una storia
che finora era stata già raccontata dalla madre di Peppino, Felicia Bartolotta, in un libro dell’86, La mafia in casa
mia' ma che solo oggi, forse,
ha l’occasione per essere conosciuta da molte persone. In
particolare adesso, che è finamente in corso il processo
a Gaetano Badalamenti (il
«Tano Seduto» così strenuamente sbeffeggiato dai microfoni di Radio Aut, la radio
fondata da Peppino e dai
suoi) e a Vito Palazzolo come
mandanti dell’omicidio, dopo
22 anni di apertura e chiusura
delle indagini, rinvii a giudizio, insabbiamenti, depistaggi (è del 6 dicembre del 2000
l’approvazione all’unanimità,
da parte della Commissione
Per certe regioni dei Sud è ormai storica, ma non di per sé risoiutiva, ia necessità di presidiare ii territorio
parlamentare antimafia, della
relazione sul caso Impastato
in cui si riconoscono le re
sponsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini).
Tutto questo tempo per arrivare a istruire un processo:
se può dare un’idea dell’Italia
di questi anni, a maggior ragione illumina la Sicilia di allora, la Sicilia di Peppino, che
era poi la Sicilia di due boss
come Cesare Manzella e di
Nick Impastato. E il fatto che
fossero tutti e tre nella stessa
famiglia non è un caso, ma
un altro drammatico esempio dell’intreccio fitto di
chiaroscuri della società siciliana, che è la stessa di Peppino e suo padre Luigi, gregario
di Badalamenti, o di Riina
e Falcone, se vogliamo. Ed è
sicuramente la Sicilia dei
depistaggi e al contempo dei
compagni di Peppino che
continuano, mese dopo mese, a organizzare convegni, a
raccogliere prove, a sostenere
la necessità di un processo
contro i mandanti e a impegnarsi nella complessità dell’azione antimafia.
Con i compagni di Peppino, negli Anni 80, ha lavorato
anche il gruppo della «comu
ne» che viveva nella casa pastorale della Chiesa valdese
di Catania, in particolar modo con la creazione del Cedip, il Centro di documentazione e iniziative per la pace,
attivo dal 1982 al 1988: «Il Cedip era nato sull’onda del movimento per la pace, dopo i
missili di Comiso - racconta il
pastore Bruno Gabrielli, uno
dei partecipanti a questa
esperienza - ed è stato proprio sul terreno della battaglia
per la pace che abbiamo incontrato sin dalT82 Umberto
Santino e la moglie, Anna Puglisi. La nostra collaborazione
con il Centro Impastato non
riguardava in modo specifico
la mafia, quanto piuttosto lo
studio del fenomeno della
militarizzazione del territorio
e le sue implicazioni mafiose.
Con il Centro Impastato facemmo uscire anche un bollettino comune, il Cin, “Cedip Impastato Notizie” voleva essere uno strumento di
lavoro capace di fornire studi, dati e aggiornamenti, a
volte anche dei dossier, che
curavamo noi del Cedip».
È anche delT82 una lunga
intervista a Umberto Santino
sul fenomeno mafioso, pubblicata su La luce. «La mafia.
per Santino, non è un bubbone cresciuto su una società
sana, ma capitalismo all ennesima potenza - spiega Bruno Gabrielli - il capitalismo
tende strutturalmente a cadere nelTillegalità, e la rnafia
è la forma che il capitalismo
ha preso in Sicilia innestandosi sul persistere dei rapporti feudali; un’interpretazione assolutamente convincente, che Santino ha ben
espresso nel suo libro L’impresa mafiosa»".
Il mafioso non è mai stato
un «uomo d’onore», quindi,
come invece spesso viene
rappresentato nell’immaginario popolare, ma un imprenditore che si rafforza all’ombra (e con la collaborazione)
di uno stato autoritario. Come reagire? Con quell’azione
complessa delTantimafia che
cerca di attraversare nel profondo la società e che ha alla
base la convinzione che la
mafia non è un evento ineluttabile, ma un fenomeno storico-economico preciso, tenuto
in piedi da persone con volti e
nomi, che si possono dire e
anche storpiare, come faceva
Peppino con «Tano Seduto».
Con una avvertenza però: se
si è da soli a farlo, si muore; e
a compensare queste morti
non basta alzarsi in piedi e
applaudire, continuando a
non scegliere perché la storia
di Peppino è anche un atto di
accusa. E allora si esce dal cinema dopo aver visto I cento
passi con la sensazione di
aver avuto un fratello migliore di noi, e di non averlo saputo proteggere.
(1) Felicia Bartoloita Impastato: La mafia in casa mia. Intervista a cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, Palermo, La Luna,
1986 (in ristampa).
(2) Umberto Santino-Giovanni
La Fiora: L’impresa maliosa.
Dall’Italia agli Stati Uniti. Milano, Franco Angeli, 1990.
Importante convegno a Venezia
Il fattore religioso nel
pensiero di Kierkegaard
Il Centro culturale Palazzo Cavagnis ha collaborato strettamente con l’Associazione italiana per gli studi kierkegaardiani,
costituitasi lo scorso anno, per organizzare un importante convegno scientifico di respiro internazionale sul tema II religioso
in Kierkegaard. Il convegno si è svolto a Venezia nella njagnifica
sala di Ca’ Dolfln, l’aula magna dell’Università di Co,’ Foscan,
nei giorni 14, 15 e 16 dicembre. Hanno patrocinato l’iniziativa
l’ambasciata di Danimarca, The Danish Research Council for
thè Humanities, Augustinusfonden, i Dipartimenti di filosofia
delle Università di Venezia e di Padova, lo Studium cattolico veneziano, la Fondazione Rubettino e l’assessorato alla cultura del
Comune di Venezia. Ben 21 sono state le relazioni, molte delle
quali tenute da alcuni dei maggiori studiosi italiani ed europei
dell’opera filosofica, teologica e letteraria di Kierkegaard. Basti
ricordare i danesi!. Cappeloern, J. Garff, J. B. Jensen, J. S. Oausen, I. Z. Soerensen, Inge Lise Rasmussen e il docente alla Cambridge University George Pattison. Gli atti saranno pubblicati
quanto prima. In concomitanza con il convegno è stato presentato il primo numero della rivista kierkegaardiana Notabene.
principi del protestantesimo in un libro del teologo André Gonnelle
Più dei sacramenti è importante l'ascolto della Parola
GIUSEPPE PLATONE
La vocazione del protestantesimo è duplice.
Protestare per Dio, contro le
superstizioni religiose che lo
sfigurano, e protestare per
l’uomo contro ciò che lo corrompe e l’offende. Questa
duplice protesta, secondo
André Gonnelle, coincide
e si confonde con la fedeltà
all’Evangelo. La tesi di Gonnelle, nel suo piccolo ma pregevole libro sui grandi principi del protestantesimo', è
chiara non soltanto per quel
che riguarda il compito essenziale del protestantesimo
ma anche per le argomentazioni che costituiscono l’ossatura del testo. I punti che
Gonnelle tratta sono certamente quelli chiave: la Bibbia, la gratuità della salvezza,
la chiesa, il culto, la predicazione, la santa cena. E proprio a proposito della Cena
viene fuori una delle tante
caratteristiche dell’essere
protestanti che spesso restano sullo sfondo. Alludo al carattere secondario della Cena
nel culto. Posizione che fa riferimento a quella espressa
dal Nuovo Testamento.
Scrive Gonnelle: «Un culto
senza Cena non è un culto
incompleto, mutilato o imperfetto. Il Cristo si trova altrettanto, se non di più, nella
predicazione dell’Evangelo
che nel sacramento. I sacramenti costituiscono per la vita del cristiano un aiuto pre
zioso ma non sono indispensabili, mentre l’ascolto della
Parola, questo sì, è assolutamente necessario (...) la Riforma ha voluto sostituire
una fede centrata su un insieme di riti con una fede centrata sull’ascolto dell’Evangelo. Non compiamo il cammino inverso» (p. 56). Leggendo
questi passaggi mi è tornato
in mente la domanda che
Karl Barth rivolse a padre
Congar durante il Concilio
Vaticano II «Come potete attribuire così tanta importanza all’eucarestia visto lo scarso rilievo che essa ha nel
Nuovo testamento?»^ A parte
la crescente eucaristizzazione nel corso dei secoli, la tentazione del ritualismo, del
magico misterico, della mediazione con la divinità è latente anche nel protestantesimo, sicché l’energico richiamo all’essenzialità della
Riforma, ai suoi fondamenti
biblici da parte di Gonnelle si
rivela prezioso anche nell’attuale confronto ecumenico.
Il libretto si conclude con
l’invito a lottare nel presente.
E qui emerge la necessità per
le chiese riformate di continuare a riflettere, studiare,
analizzare la realtà contro
ogni convinzione fanatica, assolutista, oscurantista. La Riforma oggi significa ancora
una volta un cristianesimo riflessivo, tollerante, senza scivolare in un vuoto intellettualismo. Un cristianesimo, quello che emerge dall’opzione
riformata, che vuole nutrirsi
di cultura biblica e intende
dialogare a tutto campo con
la società moderna senza
confondere i ruoli e quindi rispettando la laicità delle istituzioni pubbliche. Poche pagine, quelle di Gounelle, estremamente chiare, che per
noi costituiscono un ottimo
biglietto da visita nei confronti di chi vuole conoscere la
struttura portante del protestantesimo. E per chi protestante lo è già da sempre o lo
è diventato da poco costituisce un ripasso necessario. Siamo diversi e lo resteremo soprattutto di fronte all’omologazione imperante. Ma per
resistere occorre che questa
diversità affondi le proprie radici in Cristo, compagno insostituibile di questo itinerario.
Chiuso il libro viene da
chiedersi: ma di che protestantesimo parla Gounelle?
Del nostro? Magari fossimo
veramente un popolo democratico, che quotidianamente
si nutre di letture bibliche e di
forte impegno nel sociale.
Forse lottiamo per diventarlo.
Troppo sovente il nostro essere protestanti è un fatto d’abitudine, una sorta di aristocrazia religiosa. Forse un po’ più
di autocritica da parte dell’autore avrebbe dato il senso
di quella precarietà in cui
realmente viviamo. Tuttavia
indirettamente Gounelle propone all’interno del nostro
mondo evangelico una sfida:
diventare ciò che realmente e
non solo idealmente vogliamo essere. Un popolo di testimoni coraggiosi dell’Evangelo
che su un effettivo piano di
parità, senza clericalismi e
giochi di potere, vive con generosità la propria esperienza
di fede. Una chiesa libera di
uguali, senza tonache, senza
gerarchi, senza potentati. Ma
non ne siamo forse ancora
lontani? Il seguire nudi un
Cristo nudo è un’eredità parzialmente utilizzata. Tuttavia
qui entra in gioco il nostro essere protestanti italiani, che
non coincide esattamente
con la realtà protestante francese di cui Gounelle è credibile portavoce.
(1) André Gounelle: I grandi
principi del protestantesimo.
Torino, Claudiana, 2000, pp. 70,
£ 10.000.
(2) André Gounelle: La Cène,
sacrement de la division. Paris,
Bergers et Mages, 1996, pag. 200.
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I grandi principi
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FRANCO NIACCHI
NELL’APRILÈ del 1963 a
Gopenaghen, in occasione del conferimento del premio Sonning, Karl Barth tenne un discorso molto importante con il quale tracciava la
storia del suo rapporto con
Bderkegaard. Dopo aver ricordato come, dopo una iniziale
profonda sintonia con il pensatore danese, si fosse distaccato progressivamente dal
suo modo di presentare il cristianesimo, in modo particolare per evitare il rischio dì rimanere imprigionato in una
concezione antropocentrica
della fede, Barth concludeva;
«Alla luce di queste intuizioni
posteriori io sono e rimango
grato a Kierkegaard, ora come
prima, per le immunizzazioni
che grazie a lui ho acquisito...
Lo considero un maestro alla
cui scuola ogni teologo deve
essere andato almeno una
volta. Guai a colui che abbia
mancato di andarci! Basta solo che non voglia rimanere lì o
addirittura ci voglia tornare!...»'. È tenendo conto di
questo giudizio che il Centro
culturale Palazzo Cavagnis ha
collaborato strettamente con
l’Associazione italiana per gli
studi kierkegaardiani, costituitasi lo scorso anno, per organizzare il convegno su II religioso in Kierkegaard (Venezia 14-16 dicembre).
Si è trattato di un avvenimento importante: è stato infatti possibile fare un bilancio della presenza del pensiero di Kierkegaard in Italia e
capire in quali direzioni potrebbe spingere i filosofi e i
teologi italiani una rilettura
critica delle opere del pensatore danese. Per averne una
idea è consigliabile scorrere
le pagine del primo numero
della rivista di studi kierkegaardiani NotaBené e leggere, quando usciranno, gli atti
di questo convegno. Anche se
in termini nuovi, si è prima di
tutto riproposto a livello
strettamente filosofico il problema del rapporto fra il pensiero di Kierkegaard e una filosofia fondata sulla metafisica. A chi ha voluto sostenere
ancora questa possibilità, come i professori Possenti, Melchiorre e Sequeri, ha opposto
una critica inesorabile, credo
in modo difficilmente falsificabile, l’argomentazione informata e rigorosa di una serie di interventi, fra i quali si
§ono segnalati quelli dei professori Penzo, Periini e Anna
Giannatiempo Quinzio.
Per questi ultimi è evidente
che Kierkegaard non può
essere assolutamente riconducibile alla tradizione filosofica aristotelica e tomistica.
È più facile scorgere nel pensatore danese un precursore
di Nietzsche e di tanta filosofia esistenzialista o addirittura post-moderna, che non un
epigono nostalgico del «dottore angelico». Per i lettori di
Riforma è sicuramente più
interessante sapere se si è
parlato anche di cristianesimo, di fede e di teologia. Questa problematica non poteva
mancare ed è stato importante che il convegno prevedesse
anche relazioni di studiosi
che si collocano in tradizioni
culturali diverse da quella italiana, come quella danese e
inglese, e cattolica. È emerso
con chiarezza che Kierkegaard, pur nella sua riflessione complessa, talvolta ambigua, non è certamente utilizzabile per una teologia cristiana che voglia porre il fondamento del messaggio evangelico su dei presupposti razionali. La lettura delle opere
del pensatore danese non legittima alcun tentativo di
sganciare il cristianesimo dalla sua vera radice, cioè dalla
rivelazione biblica; non permette di elaborare una teologia che elimini il paradosso, o
meglio la follia della croce, e
che quindi non fondi la fede
nell’iniziativa gratuita, misteriosa e sconvolgente di Dio.
Dagli interventi e dalle discussioni che si sono sviluppate durante i tre intensi giorni del convegno è emerso anche un altro tema teologico
fondamentale sviluppato da
Kierkegaard e che è sempre di
estrema attualità, quello della
netta distinzione fra cristianesimo e cristianità. Non si tratta di un tema puramente teorico, ma di un’esigenza evangelica irrinunciabile, che pone il cristiano in costante atteggiamento di critica radicale nei confronti non solo della
società, ma anche delle chiese
e della cristianità (ecclesia
semper reformanda).
In chiusura è doveroso sottolineare infine quanto abbiano pesato la presenza di studiosi di area protestante e la
corposa relazione che il pastore Renzo Bertalot ha tenuto sul tema: Kierkegaard e la
teologia dialettica.
(1) Kierkegaard oggi. K. Barth,
in «Humanitas» n. 6,1999, p. 985.
(2) NotaBene. Quaderni di studi kierkegaardiani n. 1: Isabella
Adinolfi (a c. di), Leggere oggi
Kierkegaard. Roma, Città nuova,
2000, pp. 224, £ 30.000.
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PAG. 6 RIFORMA
venerdì 26 gennaio 200) yENERDl26
, I Riflessioni a partire da una mostra antologica presentata nei giorni scorsi a Roma
Kandinskij: ¡1 mondo neH'astrazione
Al di là delle apparenze, la pittura astratta permette di cogliere nelle linee, nei volumi
e nei colori tutta la spiritualità di un autore che si nutrì di cultura anche religiosa
PAOLO FABBRI
Nelle prime ore di un assolato pomeriggio estivo
del 1958 me ne andavo passeggiando per Monaco, dove
mi trovavo per un Sommerkurs presso l’Università
della capitale bavarese, tentando di fare programmi, che
stentavano a emergere. La
città era già stata percorsa in
lungo e in largo, parecchie
ore avevo trascorso alla Alte
Pinakothek, l’Englischer Garten, senza adeguata compagnia, non mi attraeva, non restava che la Städtische Galerie (o Museo Kandinskij), che
non mi attirava per niente. La
mia cultura artistica era ferma ai divisionisti, a Van Gogh
che adoravo, allo splendente
fauve di Gauguin, agli espressionisti tedeschi della Brücke; intuivo il cubismo di Picasso e di Boccioni, in fondo
una evoluzione della forma,
coglievo le tensioni energetiche del futurismo di Marini,
Balla ecc, ma l’astrattismo
riti era totalmente estraneo,
non mi riusciva di entrarvi in
sintonia. La mancanza di alternative e una certa curiosità intellettuale di fondo mi
spinsero comunque verso i
quadri del pittore msso e del
Blaue Reiter.
1 primi paesaggi, decisamente /aui/e, mi risultarono
subito comprensibili, con
uno straordinario senso del
colore, dai colori emanava
come un’emozione che, nelle
prime Improvvisazioni andava accentuandosi, mentre la
forma si nascondeva, quasi a
lanciare in primo piano le
sensazioni intime dei pittore:
seppi più tardi che proprio un
quadro di Claude Monet (in
cui un covone di fieno non si
riconosceva ma, forse proprio
per questo, vi si accentuava la
emozione incredibile dell’insieme cromatico, che andava
al di là della forma) aveva
spinto Kandinskij a negare
l’importanza dell’oggetto in
sé. Fu però più oltre, davanti
alla Improvvisazione «Senza
titolo» detta «11 diluvio», del
1914, che provai per la prima
volta in vita mia la sensazione indescrivibile di essere risucchiato dentro il quadro.
Nella vasta superficie di
95x150 si scatenava un contrasto di forze in cui i valori
cromatici si associavano sobriamente alle linee, alternandosi i cupi neri macchiati
di blu 0 di verde con gialli
caldissimi sfumanti nel bianco, un’inquietante macchia
verde, come un sole malato,
in alto a sinistra, mentre sulla
destra una linea sinuosa invita a guardare oltre, dove si
accenna un’atmosfera vagamente più serena. Un appa
«Macchia nera I»
rente caos, in realtà un ragionato e meticoloso equilibrio,
che lascia intuire una regia
sovrastante ogni cosa.
Seppi poi che Kandinskij
aveva scritto che «creare un’
opera è creare un mondo» e
nel quadro che mi stava davanti c’era veramente la tragedia del mondo. Uscii molto
tardi dal museo e portavo la
spiritualità di Kandinskij nel
cuore. La mostra ora organizzata a Roma da Comune, Provincia e Regione, in collaborazione con la Fondazione
Mazzetta di Milano, offre la
rara opportunità di ammirare
alcune delle opere più significative del periodo che va dagli inizi fino al 1926, quello
che ha prodotto le opere più
intense, e in particolare la
Composizione VII, detta anche Giudizio universale, giudicata il capolavoro dell’artista, con la Composizione VI,
detta Diluvio universale e con
Resurrezione (non presenti alla mostra), insieme ad altre
che dimostrano come la sacralità espressa dalle icone si
sia trasferita nella spiritualità
dell’astratto. Si noti a esempio
Tetro del 1917, dove sulla destra una piccola figura sarcastica sembra pensare a una
tentazione nei confronti della
figura umana che gli volge le
spalle, la cui sagoma viene
drammaticamente ripresa nel
centro giallo del quadro (quasi sempre si può individuare
un centro nei quadri di Kandinskij), con una piccola pennellata di rosso che collega le
due figure, mentre tutto il
creato sembra precipitare in
una nera geenna.
Una forzatura interpretati
va? Può darsi, ma certo non
priva di fondamento. L’opera
Macchia nera I, richiama 1’
idea di un Luna Park ma
quella macchia nera, centro
del quadro, non assurge forse
a simbolo del Male, tanto più
con quella linea neroverde
sottostante che richiama
l’idea del serpente, che sta
sempre pronto a inghiottire
chiunque, con le figure umane che si fanno più scure in
vicinanza della zona buia è
diventano più solari allontanandosi sulla destra? E che
dire dell’acquarello Composizione G del 1915? La figura
centro del quadro non richiama l’idea della Madonna che
guarda in distanza la croce,
destino di suo figlio, mentre a
lato stanno gruppi di figure
che potrebbero essere farisei
oppure discepoli che, nel momento della verità, hanno lasciato sola la madre del maestro a contemplare la croce e i
chiodi? Infine la composizione VII del 1913, considerata
da molti il capolavoro del
maestro, con quel vago simbolo posto al centro e tutto
intorno un universo, con forze maligne sulla destra del
quadro e una miriade di altri
simboli dove Kandinskij ha
cercato, per approssimazioni
successive (hen 13 bozzetti
per arrivare all’opera definitiva) di esprimere per intero la
sua anima, nella quale c’è
evidentemente ben più di un
semplice ricordo della religiosità popolare appresa dai suoi
studi etnografici?
La Composizione VII, come
la V7 e altri quadri esprimono
in qualche modo il dialogo
con Dio di un’anima tormen
tata. Per quanto riguarda il
linguaggio, a noi pare che lo
smaterializzarsi dell’oggetto
e la ricerca di un collegamento con il linguaggio musicale
possa collegarlo ad Augusto
Giacometti: si pensi a esempio al trionfo cromatico del
suo Mattino di maggio (1910)
0 Fantasia cromatica (1914)
fino alla splendente Figurazione II (1918) e al più tardo
Mercato delle arance (1933),
non solo per l’importanza del
colore che supera il fauve, ma
per quelle tessere che Giacometti aveva ricavato partendo dalle ali delle farfalle e che
altri ha collegato con le note
della musica.
Giacometti però si è fermato, mentre Kandinskij è andato oltre, esplorando e inventando in termini pittorici
un linguaggio pre-sintattico,
una parola a monte del concetto, della definizione, che
rappresenta l’indirizzo su cui
si sta orientando la ricerca
sul linguaggio poetico negli
ultimi 20 anni. Un precursore, come in modo diverso lo è
stato Jean Dubuffet con il suo
Hourloupe. Proprio in questa
direzione va cercato il contenuto semantico della parola
spirituale in Kandinskij. Sarebbe certo banalizzante
proporre l’identità spirituale=religioso, però non riteniamo banale affermare che
nello spirituale del creatore
dell’astrattismo c’è una tensione verso Dio, tensione
che si esprime con linguaggio artistico perché parlare
di Dio significa dire l’ineffabile. Come del resto hanno
fatto in larga misura gli
estensori della Bibbia.
Composizione Vii. oiio su tela, 1913, detta anche «Giudizio universale»
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I La biografia dell'aitista russo
Dalle scienze naturali alla
ricerca di micro-oggetti
Vasilij Kandinskij nasce a
Mosca nel 1866 da un agiato
mercante di tè e fin da piccolo impara il tedesco. Pochi
anni dopo i genitori divorziano e Vasilij, ancora bambino,
trascorre molto tempo con
una zia materna, che sarà
fondamentale per la sua educazione artistica. Dopo il liceo a Odessa, il giovane si
trasferisce con il padre a Mosca, dove si iscrive alla facoltà
di Giurisprudenza, occupandosi anche di etnologia, in
particolare con un viaggio a
nord-est di Mosca come
membro della Società imperiale di scienze naturali, che
lascerà tracce notevoli sul
suo futuro di artista. Pervenuto alla laurea, gli si apre la
possibilità della carriera universitaria e per alcuni anni
egli sarà assistente alla facoltà di Giurisprudenza. Nel
1896 però rifiuta una cattedra
e, con il sostegno economico
della famiglia, con la cugina
Anya, da poco sposata, si reca a Monaco, uno dei più noti centri artistici europei,
all’epoca in piena temperie
Jugendstiel (Art nouveau).
Gli inizi
Nel 1900 frequenta un corso di pittura insieme a Paul
Klee, Hans Purrmann, Eugen
Spiro; dipinge i primi guache
e i primi oli su tela, poi partecipa alla fondazione dell’associazione artistica Phalanx, presso cui sarà insegnante e con cui farà le prime mostre. Nel 1904 Phalanx
si scioglie e Kandinskij divorzia per accompagnarsi a Gabriele Munter, che per molti
anni sarà sua compagna e sodale artistica. Viaggia recandosi in Italia e a Parigi, partecipa alla mostra della «Secessione» a Berlino e a quella
degli espressionisti della
Brücke a Dresda. Continua a
produrre xilografie e icone
russe. Le icone e il sacro saranno sempre un elemento
basilare nella sua pittura.
La Neue
Kunstlervereìnigung
Nel 1909 partecipa alla
fondazione dell’associazione
Neue Kunsteiervereinigung
(Nkvm) a Monaco, inizia a
dipingere la serie delle Improvvisazioni. Nel 1910 incontra Franz Marc, con cui
comincia a elaborare YAlmanacco del Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro), e il grande
compositore Arnold Schòn
berg. Inizia la serie delle
Composizioni. Il Blaue Reiter
Kandinskij e Marc lasciano
la Nkvm e organizzano la
prima mostra del Blaue Reiter. Nello stesso anno viene
pubblicata l’opera programmatica fondamentale di
Kandinskij: Lo spirituale
nell'arte e ha inizio la serie
delle Impressioni. Questo è
un anno fondamentale nella
vicenda artistica di Kandinskij: è in questo periodo che
prendono avvio le ricerche
verso l’astrazione, le cui basi
spirituali e simboliste erano
già state evidenziate nel testo sopra citato. Ormai ciò
che attrae il pittore è la capacità evocativa del colore,
mentre la forma tende ad allontanarsi sempre più dal
reale. Nel 1911 Kandinskij
dipinge il suo primo quadro
astratto Dipinto con un cerchio. Scoppia la guerra e l’artista torna a Mosca, dove la
nuova situazione politica gli
offrirà incarichi e prospettive di rilievo; entra in contatto con il movimento del costruttivismo russo, ma la sua
arte non sarà mai compresa
pienamente.
Il Bauhaus
Nel 1922 II grande architetto Walter Gropius gli offre
una cattedra al Bauhaus di
Weimar e Kandinskij lascia la
Russia per stabilirsi in Germania, dove il movimento
del Bauhaus influenza la sua
ricerca indirizzandola verso
una progressiva geometrizzazione del segno: quest’ultimo
troverà una sua formulazione
teorica in Punto, linea, superficie ,che sarà pubblicato più
tardi in occasione del suo 60°
compleanno. I suoi quadri
vengono esposti a New York
e in molte città europee.
Parigi
Nel 1933 il nazismo proscrive i Bauhaus e Kandinskij
si trasferisce in Francia dove
frequenta Marcel Duchamp,
Joan Mirò, Piet Mondrian e si
entusiasma per la musica, di
cui intravede i contatti con la
pittura. Continuerà sempre
la sua ricerca, interessandosi
anche alla scenografia e, negli ultimi tempi, guardando
quasi all’interno delle cose,
in un mondo di micro-oggetti o micro-organismi, che appartengono ormai decisamente alla dimensione onirica. Kandinskij muore nel
1944 a 78 anni.
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!001 venerdì 26 GENNAIO 2001
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Vita Delle Chiese
Il 28 gennaio è la Giornata mondiale per combattere questa antica malattia
La Missione evangelica contro la lebbra
Sembrava una patologia debellata, invece è ancora lì, dunque bisogna continuare la cura
con i farmaci e la riabilitazione e soprattutto con il monitoraggio della popolazione a rischio
PAG. 7 RIFORMA
Campo teologico al Centro di Agape
Quale atteggiamento
nei confronti della morte?
__ARCHIMEDE BERTOUNO
L^ORGANIZZAZIONE
, mondiale della sanità
(Oms) aveva stabilito, durante la sua Assemblea generale
nel maggio del 1991 che entro l’anno 2000 la lebbra sarebbe stata completamente
debellata. Questa decisione
era giustificata dal fatto che il
numero dei casi di lebbra nel
mondo, grazie anche ai nuovi farmaci (la polichemioterapia, usata già dal 1982) erano fortemente diminuiti. Si
pensava quindi che continuando così nel 2000 la lebbra non sarebbe stato più un
problema di rilevanza sociale. Ma questa data, come si
suol dire, stabilita a tavolino,
fu subito contestata daH’llep
(la Federazione degli enti che
lavorano per eliminare la
lebbra i quali, impegnati direttamente in questo lavoro,
toccavano con mano la situazione e si rendevano conto
che non sarebbe stato possi
bi le rispettare la previsione).
Il «contrasto» tra l’Oms e
rilep consisteva in questo:
per rOms una zona è dichiarata non più endemica, e
quindi non rientra più nelle
statistiche, se i casi scendono
al di sotto di uno su 10.000.
Per l’ilep invece valgono i seguenti ragionamenti: a) la
lebbra va combattuta siilo
all’ultimo caso. Inoltre occorre pensare alle tante zone
non raggiunte dalle profilassi, e quindi ai tanti casi che
ancora devono essere scoperti e ai quali somministrare
la polichemioterapia; b) la
maggioranza degli ammalati
di lebbra ha bisogno di assistenza anche dopo la guarigione clinica. La lebbra lascia
nell’ammalato guarito uno
stigma: menomazioni fisiche,
perdita della sensibilità, necessità di successivi controlli
e la necessità del reinserimento nella società. Come la
nostra Missione sottolinea, i
malati non sono dei «casi».
Che cosa succede.
Che cosa succede se la lebbra viene trascurata, o non è presto diagnosticata? I pazienti vengono trascurati, la malattia
rifiutata, le invalidità aumentano e lo stigma va avanti. La
lebbra si diffonde maggiormente. Che cosa succede invece se
gli operatori sanitari sono ben istruiti sulla malattia, ed essa
è presto diagnosticata? la prevenzione continua, le cure aumentano, la dignità dell’ammalato è rispettata, la riabilitazione si avvia, la verità messa in luce. Allora, avremo fatto dei
veri progressi nella lotta contro la lebbra. ___________
ma delle persone con la loro
dignità, e come tali devono
essere trattati anche dopo la
guarigione; c) i nuovi casi sono in continuo aumento. Nel
1985 essi erano circa 500.000,
nel 1999 circa 850.000, e in
certe zone superano il numero dei guariti: quindi non solo la lotta deve essere indirizzata verso la guarigione degli
ammalati, ma è necessaria
la prevenzione e la ricerca
scientifica nei laboratori.
Che cosa succede ora? Nel
1999 è stata formata una «Al
Alcuni dipendenti deil’ufficio di Deihi della Missione
leanza globale per combattere la lebbra». Vi hanno aderito l’Oms, l’Ilep ( e quindi la
nostra Missione) e la Fondazione giapponese. Questa Alleanza si è impegnata a fornire gratuitamente i farmaci per
curare la lebbra, e a spostare
la data del 2000, stabilita nel
1991, al 2005. Ora le priorità
variano tra i paesi secondo le
loro condizioni. La lotta contro la lebbra.deve essere sostenuta, integrata dalla medicina generale e dalla situazione socio-economica; inoltre
la riabilitazione non deve essere trascurata. Allo stesso
tempo occorre lavorare per
cercare i nuovi casi e assicurare loro le cure necessarie
con la polichemioterapia.
La lotta contro la lebbra
deve essere estesa nelle zone
che sinora è stato difficile
raggiungere (come i villaggi
sperduti tra le montagne o le
foreste tropicali). Prevenire
le menomazioni e aiutare la
riabilitazione devono essere
parte integrante del programma, che deve avere un
punto focale nelle regioni
dove la lebbra ha un più alto
tasso. Monitoraggio e valutazioni della situazione della
lebbra non devono cessare.
Inoltre la mentalità locale
deve cambiare: occorre fare
capire alla popolazione che
la lebbra si può curare.
FEDERICA TOURN
Dal 1884 al servizio degli ammalati
La Missione evangelica
contro la lebbra è una delle
più antiche: infatti sorse in
India nel 1884 e allora jl suo
servizio consisteva nel dare
cibo e indumenti agli ammalati portando loro, allo stesso
tempo, l’annunzio della Parola. Altro non si poteva fare
perché non vi erano a quei
tempi medicine per curare la
malattia. Oggi il lavoro è esteso in 34 paesi africani e asiatici. Nella sola India (piaese
che ha il più alto tasso di ammalati di lebbra) la Missione
opera in 68 centri con 85 medici specializzati in leprologia, oculistica, ortopedia e
chirurgia, 380 tra infermieri
diplomati e fisioterapisti, oltre a una schiera di paramèdici. Inoltre sostiene scuole
elementari e professionali
con 36 insegnati e 900 studenti. Queste scuole sono situate nei vari Centri della
Missione.
Sempre in India nel 1999 la
Missione ha ricoverato nei
suoi centri 74.126 ammalati di
lebbra per lunga degenza, per
interventi chirurgici e cure di
piaghe perforanti, e 27.716 a
breve degenza. Sono stati dichiarati guariti 29.724 ammalati. Ambulatorialmente sono
stati seguiti 246.812 casi, e sono stati assistiti economicamente 45.574 ammalati guariti per poterli reintegrare nella
società. Con queste cifre non
vogliamo fare una bella statistica ma vogliamo dire che
dietro i numeri ci sono delle
persone che hanno sofferto o
che continuano a soffrire a
causa della lebbra; che queste
persone sono amate, quanto
noi lo siamo dal Signore Gesù
Cristo. Egli si è chinato verso
di loro, ne ha avuto compassione, li ha toccati e quindi
preso su di sé la loro sofferenza. Noi, suoi discepoli, dobbiamo scorgere dietro queste
cifre i volti di queste creature
che ci guardano silenziosamente chiedendo il nostro
aiuto affinché siano guarite e
conoscano e accettino la salvezza in Gesù Cristo.
La Missione sorse per aiutare dei poveri ammalati come azione caritatevole. Oggi
il lavoro non parte più dal
La principessa Diana in visita alla Missione a Calcutta (1992)
l’alto verso il basso, ma è orizzontale. Si vuole cioè aiutare il fratello bisognoso insegnandogli «ad aiutarsi» e
ad aiutare gli altri. Non più
«maestri benefattori», bensì
fratelli che aiutano i fratelli e
insegnano loro ad aiutarsi.
Come qualcuno ha detto,
«non dare più il pesce da
mangiare, bensì dare l’amo e
insegnare a pescare». Per fare questo sorgono delle
scuole nei vari Centri (specialmente in India) per la
preparazione del personale
medico che ormai in maggioranza è locale.
La Missione è sostenuta da
24 Comitati nazionali. Uno di
questi è quello italiano, che
pubblica un notiziario trimestrale, e materiale vario per
fare conoscere il lavoro della
Missione. Inoltre è stata realizzata una videocassetta (durata 23’). Questo materiale
viene inviato gratuitamente
su richiesta a: Medi, via Adda
13 05100 Terni. Nel novembre
1999 la nostra Missione ha assunto una giovane italiana diplomata in fisioterapia e dopo
più di un anno di preparazione l’ha inviata in Sudan, dove
si trova attualmente e sta imparando la lingua araba, poi
entrerà in servizio. È Claudia
Ferrandes, della Assemblea
dei Fratelli di Pavullo (Mo).
Uno dei compiti del Comitato è raccogliere le offerte:
durante l’anno 2000 abbiamo
potuto inviare alla sede centrale in Inghilterra circa 150
milioni. Inoltre daH’otto per
mille le Assemblee di Dio
hanno contribuito con 30 milioni, e la Tavola valdese con
70 milioni. (a.b.)
E*' possibile una buona morte? O la morte è invece
«l’ultimo nemico», da temere
e odiare con forza? Se ne è
parlato al Centro ecumenico
di Agape, dal 5 al 7 gennaio,
durante il campo teologico
che pur avendo come tema
«Vita, morte e resurrezione»,
si è concentrato soprattutto
su di lei, «la grande consolatrice» da cui fupiva per mari
e per terre (inutilmente) il soldato di Samarcanda.
«È come un cambiamento
di abiti, non deve intimorirci
- ha detto la buddista Antonella Comba - se vogliamo
una morte serena, dobbiamo
coltivare la pace nel nostro
pensiero durante la vita, perché lo stato mentale quando
stiamo per morire può influenzare la vita successiva».
Completamente diversa l’impostazione di Claudio Canal:
«La morte è scandalo perché
mi insegna che non mi appartengo; allora devo odiarla, per
rendere meno mortifero il suo
effetto su di me e riconoscere
la ricchezza della vita». L’intervento del pastore Claudio
Pasquet si è invece spostato
sulla resurrezione: «Di fronte
alla morte tutto è nelle mani
di Dio e noi non possiamo
che affidarci. Però Cristo risorto è primizia per tutta
l’umanità, ci dice che è lui la
resurrezione e la vita e che la
nostra individualità di viventi
è amata e quindi preservata
anche dopo la nostra morte».
Come risorgeremo? L’apostolo Paolo usa Fimmagme del
seme e della pianta: noi oggi
vediamo il seme, ma non sappiamo come sarà la pianta. E
in quanto credenti non dobbiamo costruirci la vita in vista della morte, ma di Cristo.
«La morte è l’altro da noi,
l’elemento che non può mai
essere ricondotto al piano
dell’essere - ha detto Manfredo Pavoni spiegando il pensiero del filosofo francese
Emmanuel Lévinas - ma se è
la fine del tempo per me, e
anche l’apertura del tempo
per Valtro, e così la fine delle
mie possibilità diventa 1 inizio di altre possibilità». Ne
deriva, secondo Pavoni, una
forte tensione etica che porta
«a un ambito di fede anche
senza pensare a un finale di
salvezza, individuale e collettiva: io credo che essere cristiani sia condividere la sofferenza di Dio nel mondo».
La discussione tra i partecipanti al campo è continuata
anche in momenti diversi,
dalla visione del film Biade
Runner di Ridley Scott alla
lettura di brani sull’argomento, per poi confluire nel culto
finale preparato insieme. Alcuni hanno lamentato una
certa «egemonia culturale
valdese» (ms. i numeri erano
quelli) ma nel complesso è
emersa una soddisfazione
diffusa per avere almeno tentato di aggredire una questio■ ne così complessa e ambigua.
«Chi fa opere di misericordia,
le faccia con gioia»
(Romani 12, 8)
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8
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 26 GENNAIO 2O0|
Iniziative della Chiesa battista di Mortola per inizio d'anno
In scena il sogno di Giuseppe
Per iniziare una recita dei bambini sull'annunciazione, poi grandi
e piccini hanno interpretato il noto episodio dell'Antico Testamento
NUNZIA NOTARISTEFANO
Anche quest’anno, come
di consuetudine, il 6 gennaio si è svolta la festa della
scuola domenicale della comunità battista di Mottola.
Finalmente, dopo giorni di
prove, i bambini e le bambine hanno potuto dimostrare
a parenti e amici il risultato
degli sforzi fatti nei giorni
precedenti. La scuola domenicale ha presentato una recita dal tema natalizio che ha
visto come protagonista principale l’angelo Gabriele che
appare prima a Maria per
darle l’annuncio della nascita
di Gesù e che poi chiede al
Signore di poter trascorrere
le vacanze di Natale in una
casa dei giorni nostri.
L’ angelo aiuta così la famiglia protagonista a risolvere
piccoli problemi quotidiani,
portando nella casa gioia e
serenità, ma nonostante ciò
fra i componenti della famiglia c’è un attimo di riflessio
ne sulle tristi vicende che accadono nel mondo come la
fame, la guerra, la povertà, il
razzismo. Il messaggio che
l’angelo ha comunicato ai
presenti è che ognuno di noi
si impegni in prima persona
ad essere messaggero di Dio
non solo nei giorni di festa
ma tutti i giorni dell’anno. Il
tutto è stato frammezzato da
canti natalizi attinenti alle
varie scene. A conclusione
della serata gli adulti della
comunità hanno voluto regalare a tutti un momento particolare danzando sulle note
di un brano musicale tratto
dal film «Sister act»; per finire
caramelle e cioccolata per
tutti distribuite dalla oramai
millenaria Befana.
La sera del 7 gennaio è stato riproposto il musical «Il
sogno di Giuseppe» tenuto
insieme da adulti e da giovani della comunità. La storia è
quella di Giuseppe, figlio di
Giacobbe che, venduto dai
fratelli e ritrovatosi a vivere
in Egitto, diventa così potente da disporre della vita dei
suoi fratelli quando questi,
ignari di tutto, si rivolgeranno a lui nel periodo di carestia. L’intera storia si svolge
in Israele, con l’accampamento di pastori, e in Egitto,
con i suoi maestosi palazzi.
I personaggi, che si sono cimentati anche in balletti,
hanno tenuto tutti col fiato
sospeso fino a quando Giuseppe, perdonati i fratelli,
riabbraccerà suo padre. La figura che si muove da una
scena all’altra facendo da filo
conduttore è Asenat, moglie
di Giuseppe che cantando
narra le vicende. La storia di
Giuseppe è una delle storie
bibliche che racchiudono in é
molteplici temi: il peccato, il
perdono, l’amore, i sogni;
proprio i sogni che per alcuni
servono a sperare e la speranza è l’anticamera della salvezza, perché ognuno di noi ha
bisogno di sperare nella salvezza di Dio nostro Signore.
Lo saluta e lo ringrazia la Chiesa battista di Pordenone
Il pastore Castellucdo va in Canada
ARMANDO DE COLÒ
ELENA DE MATTIA
DOPO dieci anni di ministero il pastore Pasquale
Castellucdo lascia la Chiesa
battista di Pordenone per trasferirsi in Canada, dove si
prenderà cura di una comunità italiana nella città di
Montreal. Dopo aver trascorso un così lungo periodo assieme, condividendo tanti
momenti importanti, lieti e
tristi, e collaborando assiduamente alla diffusione dell’Evangelo, non è facile salutarsi;
ma nella consapevolezza che,
anche se il cammino della vita
ci porta per strade divergenti,
la vicinanza nel Signore ci tiene uniti e varca qualsiasi distanza, un saluto non può mai
essere un addio, ma un arrivederci. E può diventare anche un’occasione festosa, come è accaduto domenica 17
dicembre; dopo un culto allietato da momenti musicali, la
comunità si è riunita insieme
a tanti altri amici per un momento di convivialità e comunione fraterna, che ha coinvolto tutti in un’atmosfera allegra, seppur con qualche nota di commozione a fare capolino qua e là.
La comunità e il pastore si
salutano guardando al futuro
con occhio sereno, coscienti
che in questi anni sono state
poste buone basi perché la
comunità continui a crescere
e a farsi conoscere: accanto
alle attività storiche della
chiesa, quali la corale, la
scuola domenicale e lo studio
biblico ne sono sorte altre,
come il gruppo «Nonsologiovani», che coinvolge diverse
fasce d’età in progetti volti a
far conoscere la comunità e a
UNIONE CRISTIANA EVANGELICA BATTISTA D'ITALIA
Ricerca del/della responsabile
del Servizio amministrativo
Caratteristiche e competenze richieste:
Titolo di studio: diploma di ragioneria o laurea in economia, o titolo
equipollente
Competenze professionali
• capacità di assicurare la tenuta della contabilità e la produzione del
bilancio e dei suoi allegati secondo i principi contabili adottati ed alle
scadenze previste: qualità delle informazioni e tempestività;
• capacità di coordinamento del personale amministrativo e contabile
favorendo il lavoro di gruppo, l'acquisizione delia conoscenza globale della contabilità, lo sviluppo professionale delle persone;
• capacità di analizzare i processi amministrativi e contabili e di organizzarli in modo lineare ed efficace;
• conoscenza delle leggi fiscali, tributarie ed altre attinenti alla corretta
tenuta della contabilità ed alla redazione del bilancio;
• conoscenza di programmi e procedure informatiche, padronanza
nell'uso del personal computer.
Caratteristiche personali
• precisione, tempestività, rispetto dei tempi, comunicativa e chiarezza
nell'esposizione, volontà e capacità di mantenere aggiornato il sistema contabile nel tempo.
Costituiscono titolo preferenziale
• la conoscenza dell'ambiente e dell'organizzazione delle chiese evangeliche in Italia;
• la conoscenza dell'inglese.
Si offre
• la gestione di un settore importante con un organico di 2 persone
Sede di lavoro: Roma
Inquadramento: da concordare
Le domande, accompagnate dai rispettivi curriculum vitae, vanno indirizzate a: UCEBI - piazza San Lorenzo in Lucina, 35 - 00186 Roma
tei. 06/6876124 - 6872261 - fax 06/6876185 - e-mail: ucebit@tin.it
e dovranno pervenire entro il 20 febbraio 2001.
Ulteriori informazioni vanno richieste agli uffici sopra indicati.
creare maggiori contatti con
le realtà locali. A tal fine è stato anche avviato un proficuo
rapporto di collaborazione
con la stampa locale, che ha
portato alla pubblicazione a
puntate della storia della
Chiesa battista di Pordenone.
A supporto di tutte queste iniziative la comunità si è dotata
di un computer che consentirà, tra le altre cose, di riordinare l’archivio storico e fotografico della comunità e di
realizzare il sito della chiesa.
Claudiana
Edda Tron
36 anni
di dialogo
Con 36 anni di lavoro alla
libreria Claudiana di Torino
Edda Tron ha senz’altro stabilito un record: nessun altro
dipendente della Claudiana
(editrice e librerie) può vantare un così lungo servizio:
Carlo Papini ha diretto l’editrice dal 1965 fino al 1998, e
Odoardo falla totalizzò 35 anni dirigendola, a Firenze, dal
1890 al 1925. Il dato statistico, di cui da qualche tempo
si sussurrava nell’ambiente,
si è propagato la mattina del
18 gennaio, quando si sono
ritrovati in tanti, su invito di
Edda stessa, a salutarla con
una «bicchierata» condita di
paste e salatini nei locali della libreria, fra gli scaffali, le
novità e i commentari biblici. Un’iniziativa simpatica,
che ha riunito i suoi colleghi,
la redazione di Riforma, e
quanti (pastori, diacona, volontari, custodi) lavorano per
la Chiesa valdese di Torino,
ma anche i titolari della Fotocomposizione che ha sede
nello stesso palazzo, quelli di
una casa editrice sita «girato
l’angolo», redattori di una
delle più note riviste librarie
italiane: sembra strano, eppure in pochi metri di questa
città ingiustamente dipinta
come grigia, si concentrano
non solo fedi diverse, ma anche tante iniziative culturali.
Ma allora c’è un altro, più
importante, elemento che ha
caratterizzato il lavorò di Edda, e che va considerato al
momento del suo pensionamento: come si è visto anche
durante la festicciola, quando non si riuscivano a distinguere gli invitati dagli ignari
clienti, a loro volta coinvolti
nei brindisi, la libreria è stata
per tutti questi anni un luogo
di apertura e dialogo. Apertura ai clienti abituali (molti,
magari per esigenze scolastiche, in un quartiere popolare
come San Salvario, denso di
etnie, fedi e anche problemi,
ma tutto sommato ancora a
dimensione umana), ma anche a quelli occasionali e anche a chi cliente non era, ma
capitava in libreria per i più
svariati motivi: questi ultimi
hanno sempre ricevuto, da
Edda e dai suoi colleghi, risposte a domande che fino a
quel giorno magari non si ponevano. Perché alle domande
bisogna certo rispondere (e
ciò non avviene in tutti i negozi), ma le domande si pongono più volentieri a chi ci
ispira fiducia e manifesta disponibilità con gli sconosciuti. L’incontro, informale e affettuoso, è stato anche occasione di auguri a Lucilla Tron
che subentra a Edda, (a.c.)
Chiesa battista di Bisaccia
Serata di animazione
musicale e liturghica
LUCIA CASTELLUCCIO
Nella chiesa battista di
Bisaccia (Av) l’anno si è
concluso con una straordinaria serata di animazione musicale e liturgica da parte del
cord «Ipharadisi». La folta
presenza di bisaccesi (e non
solo), sabato 30 dicembre,
per un attimo ha ricordato a
tutti la comunità di 30 anni fa
quando la gente, stipata,
ascoltava in piedi il messaggio cristiano.
Spiritual e letture toccanti
sono stati un equilibrato connubio che l’animatore Carlo
Leila ha diretto con appassionata dedizione. Il pubblico
eterogeneo (cattolici, protestanti e liberi pensatori) ha
mostrato di gradire e di apprezzare l’atmosfera di gioia
e di lode emersa dal coro.
Classico e rap si sono fusi in
una sintonia spiccatamente
spirituale attraverso le voci
melodiose. Un’agape fraterna ha condito egregiamente
la serata per non tradire l’accoglienza che caratterizza la
comunità di «resistenza» come quella bisaccese. È grande motivo di gioia per noi
aprire le porte a predicatori e
coristi, consapevoli del fatto
che «dovunque due o tre sono riuniti nel nome mio, quivi son io in mezzo a loro».
Il Giorno della memoria
silenzi. Per decenni il mito allegro e rassicurante degli italiani «brava gente» ha teso a
relativizzare le responsabilità
istituzionali del nostro paese
nella schedatura, nella deportazione e nella collaborazione
allo sterminio.
A proposito; tra i luoghi simbolici di questa responsabilità vi è, a Bossoli di Carpi, il
campo di concentramento in
cui, con il valido sostegno dei
militari italiani, si gestiva un
campo di concentramento:
l’ultima tappa prima della
deportazione, via passo del
Brennero, verso i campi di
sterminio in Germania o in
Polonia. Nonostante qualche
intervento e un bel progetto
di recupero, quel campo versa
da decenni in un sostanziale
abbandono. Recuperare a
pieno quel campo, proporvi
mostre permanenti, condurvi
gli studenti, organizzarvi seminari internazionali sui temi
della Shoà, del razzismo e
dell’antisemitismo, come già
accade a Dachau o Mauthausen, sarebbe un modo di assumere con responsabilità il
peso della collaborazione italiana al nazismo.
La terza verità, forse la più
importante, è che c’è bisogno
di ricordare: quella memoria
del passato che un po’ retoricamente dovrebbe aiutarci a
evitare gli errori del passato
ha bisogno di essere alimentata; abbandonata a se stessa
si estinguerebbe. E il rischio è
gravissimo negli anni in cui ci
lasciano gli ultimi testimoni
di quei fatti e di quelle tragedie. Occorre insomma una
«cultura della memoria», che
non sia pura retorica delle
atrocità del passato ma che ci
aiuti a intuire le sfide e i rischi
del presente. Con ogni evi.
denza sono soprattutto le mi.
noranze a coltivare la memo,
ria, convinte come sono che
per difendere la loro identità
hanno bisogno di radici, del
ricordo forte della loro storia,
delle loro sofferenze e delle
loro epopee.
Da qui il rischio di trasfor.
mare la storia e la memoria in
«mito»: ma questo è appunto
un rischio evitabile e da evita,
re, la degenerazione ideologi,
ca di un atteggiamento mentale in sé sano e vitale. Ed è a
questo riguardo che avvertiamo qualche preoccupazione
che ci fa vedere il bicchiere
pieno soltanto per metà. Il ri.
schio che abbiamo di fronte è
quello di una memoria astratta, priva del suo contesto culturale, politico, religioso di ieri e di oggi.
L’Europa del 1938 non è
ovviamente quella del 2001;
eppure, proprio mentre ci
consolidano nuove istituzioni e crescono società democratiche multiculturali e multireligiose, tornano politicamente attuali piattaforme e
programmi esclusivistici, illiberali, persino un po’ razzisti.
Haider certo, ma non è che in
Baviera, in certi cantoni svizzeri, nel Midi francese, in
ampie fasce padane siano
banditi temi e suggestioni del
revisionismo storico e quindi
del razzismo e dell’antisemitismo. Al contrario: in molte
regioni la sfida dei flussi migratori, della costruzione della società multiculturale, del
pluralismo etnico e religioso
deciderà i prossimi equilibri
politici. La Giornata della
memoria deve servire anche
a questo: a pensare l’Itaiia e
l’Europa di domani.
CRONACHE DELLE CHIESE
BOBBIO PELLICE — Un soffio di internazionalità aleggiava
alla riunione del 9 gennaio nella sala unionista. Dopo un
momento di riflessione e preghiera il pastore Franco Taglierò ha illustrato alla comunità il percorso e l’evoluzione della Cevaa: la proiezione di diapositive su paesi diversi, e geograficamente lontani, ha aiutato tutti noi a
comprendere l’importanza di confrontarsi con modi differenti di vivere la fede, nella comune luce dell’Evangelo.
In tale senso un’occasione importante anche per la comunità di Bobbio sarà l’iniziativa «Ripensare la nostra testimonianza in un mondo in continua evoluzione» che
vedrà un’équipe internazionale della Cevaa soggiornare
alle Valli per due mesi l’autunno prossimo, con l’intento
di trasmettere una parola di fratellanza e di condivisione
che ci aiuti a guardare il mondo con occhi diversi (m.f.)
CERCASI IMPIEGATO/A
La Csd-Foresteria valdese di Torre Pellice ricerca
per ufficio, con funzione di sportello informativo, di
prossima apertura in via Arnaud un impiegatola con
buona conoscenza di almeno 2 (meglio 3) lingue
atraniere tra tedesco (quasi indispensabile), francese
inglese e spagnolo, buona conoscenza della Chiesa
valdese e del territorio delle Valli; titolo preferenziale
aver frequentato il Liceo valdese e i corsi per accompagnatori organizzati dal Ccv.
Inviare domanda entro il 10 febbraio prossimo venturo a:
Foresteria valdese, via Arnaud 34,10066 Torre Pellice
tei. 0121-91801 - fax 0121-950049
IV Assemblea nazionale
della Rete evangelica di fede e omosessualità
Sabato 3 febbraio 2001 dalle ore 10 alle 17
via Marianna Dionigi, 57 - 00193 Roma
Programma;
ore 10
ore 13
Valutazione attività anno sociale bilancio e programmazione
Approvazione statuto
Elezioni commissioni e segreteria
Pranzo organizzato dal gruppo Refo romano
ore 14,30 «Di che Genesi sei?»
Animazione biblica con il prof, di Antico Testamento
della Facoltà valdese di teologia Daniele Garrone
Per informazioni tei. 0347-1175935 o 0339-5011218
email: henry@itelcad.it o simonpm@tin.it
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TESTIMONIANZA ED ECONOMIA
Il rapporto sempre più stretto tra due temi che creano conflitti
ella Fgei di oggi si tende a declinare il classico binomio «fede» e
_ «politica» in nuovi modi, tra cui
«testimonianza» ed «economia» (il titolo
dell’ultimo incontro del Laboratorio Politico, il 14 ottobre a Cinisello). Perché
questa scelta di termini tra altre possibili? Non avendo partecipato, per motivi di età, alla più recente elaborazione
fgeina, provo a dare le mie risposte.
Mentre la fede, anche al di là della
nostra volontà, può ridursi a fatto privato e individuale, la testimonianza è
per forza pubblica e collettiva. Nella
scelta della parola «testimonianza» vedo quindi la sfida a superare il cattivo
individualismo e il silenzio, e a riscoprire e ridefinire uno spazio pubblico, e un
linguaggio comune, tanto per cominciare tra noi.
La teologia politica degli anni ‘60 e
‘70 si appoggiava, oltre che su movimenti reali e all’offensiva, su un patrimonio di idee, che si poteva accettare
0 rifiutare, in modo più o meno ortodosso. Più che un «marxismo», c’erano
tanti marxismi, ma nessuno dubitava
del fatto che il compito storico fosse
l’emancipazione degli oppressi, che
esistesse una scienza dell’emancipazione, con categorie e coordinate abbastanza comuni. Ovviamente poi ognuno aveva la propria variante e ci si
scontrava anche aspramente. In questa
situazione la prima Fgei e i suoi precursori erano riusciti a costruire una propria posizione molto italiana e molto
protestante: non una teologia della rivoluzione, non una fusione tra una filosofia marxista e una filosofia cristiana,
non un Marx padre della chiesa e un
Gesù socialista. Si diceva; ci confessiamo cristiani e ci dichiariamo marxisti,
non siamo cristiani che fanno, in astratto e quasi dalle nuvole, la scelta dei
poveri, ma persone situate nella lotta di
classe che a un certo punto ricevono
l’interrogazione della Parola di Dio. 11
marxismo ci dava l’immagine di un
mondo diviso in due, tra classe operaia
e borghesia capitalista, tra blocchi militari, tra imperialismo e paesi dipendenti, una frattura dalla quale non ci si po
teva chiamar fuori con preghiere e liturgie, né si poteva essere neutrali o
sopra le parti. Da che parte stai? Si
doveva scegliere. Oggi
non è tanto la
scelta
che è
in dis c u s sione
ma l’immagine
del mon
do. Alcuni
dicono che
in realtà viviamo in
mondi parai
leli, ognuno
ha la sua visione, spesso
incompatibile
con quella anche
dei compagni c
dei fratelli più vi
cini, e spesso non
si vuole, spesso si
ha paura di confron
tarsi e di scoprire
che vediamo il mondo con occhi diversi e
diamo nomi diversi alle
stesse cose e dietro lo
stesso nome vediamo
cose diverse. È difficile
persino tracciare la mappa dei propri dissensi. Siamo sicuri che esistano an
cora degli oppressi? Chi è
«oppresso», oggi, nel mondo? E cosa intendiamo per
emancipazione? Siamo sicuri
che sia un obiettivo desiderabile e realistico? C’è una scienza, una teoria e una prassi, di
questa emancipazione, o non ci
troviamo piuttosto a improvvisa
re? A proceder^ per tentativi ed
errori, per alti e bassi, flussi e riflussi? Anche se sei un militante,
puoi trovarti a manifestare con persone
che hanno una filosofia di base del tutto diversa dalla tua, oggi per
DaI 24 aI 25 febbRAio: Preconqressì FGEI
1M6 ADRiU, S. Sivc«a:1 4° CONGRESSO FCEI
Per 'mfoRMAZiONi e
iscRizioNi: SANdRO SpANU, teI. 02^6^99ó0J (veóì r. 4)
quest’obiettivo, domani per queiraltro. Ti
puoi trovare con il laico liberista a
sostenere il Gay Pride, poi col cattolico
un po’ bacchettone a marciare contro il
debito del Sud, col monaco buddista o
col professionista dello scontro di piazza, col campesino centroamericano e
col cugino hacker. Quel che manca è
una Theory of Everything, come dicono i fisici, una Teoria del Tutto che tenga insieme i frammenti del pro e del
contro, che individui alleati e avversari,
obiettivi primari e secondari, blocchi
sociali e soggetti centrali. Cioè, posso
anche decidere che una teoria ce l’ho,
ma sia chiaro che è la mia e magari
quella dei miei amici, non è «la» teoria
rivoluzionaria. Anche se (specialmente
dopo Seattle) si intravede un terreno di
lotta abbastanza definito (contro i poteri non legittimati democraticamente
che dominano l’economia e svuotano
la politica), la realtà della frammentazione resta.
La tentazione più facile per i cristiani
è quella di fare le due parti in commedia, di fare tutto da soli, in termine tecnico; l’integrismo, di destra o di sinistra. C’è chi ritiene che l’unica ricetta
per l’economia sia la dottrina sociale
della Chiesa (cattolica), chi pensa che
la chiesa possa essere il nuovo soggetto rivoluzionario, che possa fare
da supplente, o più modestamente
che possa farsi maestra di politica,
insegnare a partiti, sindacati, classi
dirigenti, cittadini, le virtù democratiche. Non facciamoci illusioni;
se la crisi della politica è una cosa seria e radicale, se trae le sue
origini in trasformazioni strutturali dell’economia e della società, non possiamo pensare
che le chiese e i cristiani ne
siano esentati (tra le tante
promesse che il Signore ci
ha fatto questa non c’è). Al
massimo, possiamo enunciare criteri generali che
possano aiutarci a valutare le situazioni (ad esempio, guardare agli indici
di sviluppo umano e
non al Prodotto interno
lordo, o agli indici di
Borsa). Al posto di
una mappa dettagliata della palude, o
di sostegni forti e
solidi, abbiamo ancore e bussole.
E la testimonianza? 11 caro
vecchio Dizionario Biblico mi dà
qualche spunto di partenza per
definirla. Dietro l’astratto c’è il concreto, la testimonianza presuppone il /la
testimone. 11 testimone è, in un senso
più largo di quello giudiziario, «una
persona assolutamente certa di un fatto e che l’afferma solennemente»; che
invoca Dio stesso a sostegno della
sua affermazione; che si prende la responsabilità di «scagliare la prima pietra» (Deut. 17;7), cioè di sporcarsi le
mani con le conseguenze della propria
testimonianza. 11 testimone è pronto
anche a pagare di persona nel caso la
testimonianza si dimostri falsa (Deut.
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2001
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DOPO 85 A^NI PENSIAMO AL FUTURO
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Lo scorso ottobre a Ecumene il Consìslio Europeo Giovani Metodisti
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enticinque anni di vita. Lo Eiiropean Methodist Youth Council si
riunisce in Italia, ad Ecumene, e
festeggia l’anniversario della sua fondazione. L’Emyc si ritrova per parlare
di sé, per analizzare criticamente la
propria struttura e formulare nuove
idee su cui investire le proprie energie,
che sempre più sembrano provenire
dai giovani stessi, ragazzi e ragazze. Il
corpo del Consiglio è infatti formato dai
responsabili e dalle responsabili del lavoro con giovani e bambini negli Youth
Departments dei singoli paesi e da rappresentanti giovanili, che tendono - negli ultimi anni in misura crescente - ad
assumere su di sé incarichi di sempre
maggiore responsabilità all’interno del
Consiglio.
«Il futuro dell’Emyc» è stato il leitmotiv che ha legato tutti i momenti della
settimana, ben oltre quell’unico, primo
giorno, a cui si limiterebbe la discussione sul tema prescelto. La necessità di
trovare nuove modalità di lavoro, per
agire con maggior efficacia nei singoli
contesti, si era posta con forza già
quattro anni fa, nell’incontro di Varsavia, che aveva indicato proprio nel
2000 un possibile momento di riflessione e di cambiamento. L’anno scorso
questa esigenza è stata ulteriormente
sostenuta da una lettera della Chiesa
Metodista Inglese, preoccupata per un
lavoro impegnativo e oneroso, ma forse
poco incisivo su ragazzi/e e bambini/e.
La discussione sul tema, avviata tramite una sorta di brainstorming guidato, per l’individuazione di Forze, Debolezze, Opportunità e Pericoli ( SWOT
analysis ), ha portato all’identificazione
di numerosi elementi su cui lavorare,
riconducibili ad una serie di nodi cen
cotinua dalla prima
19:8). La testimonianza non è un affare solitario. «Un solo testimone non è
sufficiente» (Deut. 19:15); per condannare, e più tardi per ogni tipo di
causa, occorrevano almeno due testimoni, concordi tra loro. Questo distingue il testimone dal profeta, che spesso e volentieri è un solitario. Spesso si
parla di «testimonianza tra me e te», o
di «testimonianza contro di noi», si dice «questo servirà da testimonianza».
La testimonianza è come la traccia,
l’impronta (qualche volta è qualcosa
di molto màteriale come una pietra), il
segno, il ricordo, di un conflitto. CJn
conflitto tra un uomo e un altro, ma
spesso anche il conflitto tra un uomo
e Dio, o tra Dio e il suo popolo. Dove
c’è testimonianza c’è conflitto. Nel
Nuovo Testamento dove si parla di testimonianza c’è sempre di mezzo, in
un modo o nell’altro, Gesù di Nazareth. Egli testimonia di Dio, oppure il
Padre o lo Spirito testimoniano di lui,
infine i discepoli, le donne e gli uomini
che hanno visto il Risorto, e più tardi
la chiesa, testimoniano di lui. Anche
qui testimoniare è un’attività coinvolgente, comunitaria, rischiosa: il testimone si trova direttamente di fronte
alla violenza del potere (cfr. i «due testimoni» di Apocalisse 11): testimone
e martire sono, in greco, la stessa parola. La testimonianza non è obbligatoriamente verbale; Gesù testimonia,
e poi la comunità testimonia, anche
con le azioni, dalle guarigioni alla condivisione dei beni. Non si «testimoniano» princìpi astratti o dogmi, ma sempre una «verità» di cui si è fatta espe
trali interconnessi: Formazione, Informazione, Finanziamento.
Da tempo si avverte l’esigenza di
rendere il lavoro delle Commissioni
(Bambini, Evangelizzazione, Chiesa e
Società, Scambi Giovanili, Preparazione di Consigli e Conferenze) meno dispersivo e maggiormente focalizzato
sull’elaborazione di progetti concreti.
Importanza straordinaria riveste quindi
la formazione dei partecipanti e delle
partecipanti, che devono poter arrivare
al Council Meeting già ricchi di una
preparazione preventiva, ottenuta anche grazie ad una corretta e cospicua
informazione sull’evento, trasmessa dal
proprio Youth Department.
Sembra inoltre necessaria una ragio
nevole continuità dei ruoli, per evitare
che ad ogni incontro dell’Emyc si debba affrontare il disorientamento della
maggior parte dei/lle presenti. CJn aiuto
al riguardo è costituito dalla possibilità
di far circolare informazioni tramite Internet. Questo percorso non deve però
essere sostitutivo di un’opportuna rete
di comunicazione tra i vari membri del
Consiglio, che sentiamo necessaria per
rendere finalmente effettivo lo scambio
di idee e suggerimenti che non ha senso limitare agli scarni giorni dell’incontro annuale.
Per quanto riguarda la questione
economica, abbiamo analizzato la possibilità di accedere ai fondi deU’Clnione
Europea. L’EO contribuisce al finanzia
rienza. «Quel che abbiamo udito, quel
che abbiamo visto coi nostri occhi,
quel che abbiamo contemplato e che
le nostre mani hanno toccato (...) noi
ne rendiamo testimonianza» (I Giovanni 1:1-2).
Dove c’è testimonianza c’è conflitto,
e anche l’economia è terreno di conflitto. Tutte le scelte economiche sono fatte da qualcuno, possono essere discusse e cambiate, chi decide può e deve
essere richiamato alle sue responsabilità. La «mano invisibile» del mercato
deve essere resa visibile, e i rapporti di
potere devono essere resi palesi. Anche la «globalizzazione» è il frutto di
scelte economiche e politiche, e non un
processo naturale e inarrestabile, il che
non vuol dire che si possa rimettere il
dentifricio nel tubetto, o fermarne le
conseguenze negative solo con proclami e proteste.
Anni fa, a sinistra si contrapponeva
la «sterile testimonianza» alla politica.
Solo la politica cambia le cose, e per
politica s’intendeva: organizzarsi dalla
fabbrica, dalla scuola, dal quartiere,
costruire il sindacato, costruire il partito, prendere il potere (per via insurrezionale o parlamentare) e una volta
preso il potere cambiare o gestire in
qualche modo dall’alto, la macchina
economica. Questa è stata la politica
del Novecento, comunista e socialdemocratica, riformista e rivoluzionaria,
una storia gloriosa e tragica. Oggi
questa politica, proprio con la sinistra
al governo in quasi tutti i grandi paesi,
si rivela impotente a contrastare il
neoliberismo, il dominio dell’econo
mia sulla società, l’espropriazione della democrazia ad opera di istituzioni
non elette e di un sistema di attori privati fuori controllo. E allora, se per testimonianza intendiamo pagare di
persona, prendersi le proprie responsabilità, parlare e fare gesti concreti,
affermare con forza quello in cui si
crede, e farlo almeno in due (meglio
comunitariamente), allora la testimonianza è politica, e soprattutto lo è la
testimonianza nel campo dell’economia. In particolare, nel campo del
consumo e degli stili di vita. Non è
una bizzarria, roba da hippies, da
punk, da scout. Non ho bisogno di
spendere molte parole per dire quanto
stan diventando importanti, e quanto
potrebbero esserlo ancora di più, il
consumo critico, il commercio equo e
solidale, l’uso etico (ma sul serio) dei
propri risparmi. La loro efficacia è legata alla diffusione di una nuova figura di soggetto economico: il consumatore (e risparmiatore) consapevole.
Possono, e se sì come, le chiese contribuire a «produrre» questo nuovo
soggetto economico? ^
Secondo molti teologi infatti i
compiti della chiesa sono tre: testimonianza, servizio, comunione. Anche questi ultimi due suscitano domande e proposte di
lavoro.
«Servizio» evoca la realtà diaconale delle nostre chiese. Se
avessimo più forze potremmo
promuovere o proporre un lavoro
d’«inchiesta» su come si vive, si
lavora, ci si rapporta con l’uten
mento di progetti anche in relazione alla loro visibilità e alla relativa efficacia
.degli stessi. Per questo motivo viene
data ulteriore rilevanza all’esigenza, già
avvertita, di costruire un sito Web
dell’Emyc, nonché alla necessità di
puntare sulla formazione, sia a livello
locale che internazionale.
E stato molto bello parlare per giorni
di quello che siamo, dei nostri timori e
dei nostri entusiasmi, senza mai perdere di vista i limiti che ci caratterizzano,
L’Emyc è un organismo denominazionale europeo, che al suo interno accoglie identità e culture profondamente
diverse, che hanno reagito ai grandi e
periferici eventi della nostra storia degli
ultimi venticinque anni in modi diversi,
a volte persino opposti.
E questo, nonostante il forte senso di
unione che deriva dall’appartenenza ad
una medesima fede, seppur vissuta con
diversa sensibilità nei vari paesi.
Trovo che sia una grande ricchezza
continuare a crescere nell’ascolto, talvolta faticoso, delle nostre reciproche
differenze. Certo, dovremmo saper cogliere la sfida di questo continuo e stimolante confronto con umiltà, senza
l’arroganza dì imporre la propria visione, e senza quell’ansia di ottenere risultati immediati, tipica di una cultura occidentale e capitalistica.
Per adesso procediamo senza troppa
fretta in questa lettura a più voci delle
nostre esigerize.
Torno a casa con una visione piccola piccola, di una speranza lieve, che
mi piace dire con le parole delle strisce
di Charles M. Shulz: «Felicità è trovare
finalmente quel pezzo rosa con l’angolo
di cielo e la cima del veliero».
Beatrice Passerini
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za, nelle nostre opere, quali sono (se ci
sono) le differenze con opere di altra
ispirazione ideale. Anche noi facciamo
parte (se pur piccolissima) di questa
nebulosa chiamata «terzo settore», o
«nonprofit», uno dei terreni su cui si gioca lo Stato sociale di domani. Come si
muovono le nostre opere in questo
contesto? E cosa potremmo fare noi?
«Comunione»: se è vero, come sostengono alcuni sociologi, che la «socialità» sta diventando un «bene scarso», allora è importante capire chi la
può produrre. Ci sono già all’opera altre agenzie «fornitrici di senso», di appartenenza, che s’inventano la Padania, o il «Nord produttivo», o la civiltà
cattolica da difendere contro l’invasione dei musulmani. Le nostre chiese
possono produrre socialità? E di che
tipo? E come? Possono contribuire a
dare regole, o identità, o punti di riferimento, almeno a qualche fetta minoritaria della «moltitudine» in mezzo a
cui viviamo?
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via Pio V, 15 10125 Torino
tei. 011-655278
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nani
er il secondo anno consecutivo il
campo invernale di S. Severa
(28/12-2/01) è stato organizzato
all’insegna deU’intemazionalità, garantita
dalla presenza di alcuni giovani africani
che si trovano in Italia per diversi motivi.
Quest’anno purtroppo non abbiamo
potuto godere della presenza degli amici e amiche della Croazia; per motivi
contingenti hanno dovuto rinunciare
all’ultimo momento al loro viaggio. Il
campo, comunque, ha funzionato così
come era stato progettato e costruito
sulla base della presenza di giovani di
culture diverse che hanno potuto conì frontarsi e approfondire la conoscenza
reciproca. L’attenzione dei/delle partecipanti si è soffermata su alcuni aspetti
della nostra vita di giovani: la famiglia,
la chiesa, la scuola, il lavoro e il tempo
; lìbero. Tra gli argomenti trattati quello
della famiglia ha stimolato la discussione, soffermando l’attenzione sulla composizione della famiglia. Al giorno
d’oggi si tende a costituire nuclei ristretti a pochi elementi (genitori e un figlio/a), ma sono anche sempre più freI quenti situazioni meno tradizionali. Si è
sottolineato anche come diminuiscano
velocemente le famiglie in senso allargato, quelle cioè che comprendono anche altri parenti, come nonni zii, cugini,
ecc. La famiglia comunque resta per
tutti, italiani ed africani, un punto di riferimento essenziale per la propria vita.
Altra discussione che ha coinvolto è
■ stata quella sulla chiesa, in particolare
’ riguardo alla contrapposizione tra fede
e istituzioni e tra fede e ragione. Quello
in cui si crede non sempre è spiegabile
con le categorie del ragionamento umano. Spesso si accetta quello che si sente senza sapere esattamente il perché e
soprattutto senza riuscire a spiegare
agli altri quello in cui si crede. Credere
in Cristo (e nella sua Chiesa), poi, non
significa necéssariamente riconoscersi
in una particolare chiesa, intesa come
istituzione umana. Questa anzi è spesso
fonte di disagio e di distacco: ci si sente
demotivati di fronte alla chiusura e alla
mancanza di spazi che spesso i giovani
incontrano nelle nostre comunità. Forse
questo è uno dei motivi per cui questi
ultimi sono sempre meno entusiasti della vita delle comunità e hanno sempre
meno voglia di incontrarsi ed impegnarsi. Ed è quello che si è visto chiaramente in questo campo.
Contando la staff lavoro e il direttore, i
partecipanti sono stati 18 (11). 11 clima
instaurato è stato molto intimo e famigliare, alcuni hanno avuto difficoltà a
rendersi conto che si trattava di un campo giovanile. Questo non ha però impedito di giocare, cantare, divertirsi insieme, anche durante la festa di fine anno
trascorsa con gli ospiti che tradizionalmente scelgono di soggiornare al Villaggio per questi ultimi giorni dell’anno.
Certo, probabilmente per molti Capodanno è una festa che va celebrata
in maniera diversa, indimenticabile,
trascorrendo le ultime ore dell’anno
che va via facendo qualcosa che esca
dall’ordinario... O forse altri ritengono
che vada trascorsa insieme agli amici,
divertendosi.... Evidentemente molti ritengono che comunque non vada trascorsa partecipando ad un campo giovani... Forse adesso è il momento giu
sto per cominciare a chiedersi seriamente perché i/le giovani non abbiamo
più voglia di incontrarsi e stare insieme
durante i campi (siano questi estivi o
invernali). O se invece non si tratti di
«comodità»: è più facile non essere
coinvolti, non discutere con gli altri,
non doversi esporre e mettersi in gioco.
Oppure c’è qualche altro motivo?
Potrebbe essere interessante confrontarsi su questo aspetto, per capire se ha
ancora un senso trovarsi insieme, organizzare convegni e campi in cui poter
incontrarsi e scontrarsi con 1 altro/a,
esprimere liberamente le proprie opinioni senza paura del giudizio altrui. In una
società che ci vuole sempre più omologati, dove diminuiscono gli spazi in cui
poter esprimere le proprie opinioni, i nostri punti di vista, i nostri campi, i nostri
centri giovanili (e per certi versi le nostre comunità), costituiscono delle oasi
in cui riprendere fiato e ritrovarsi. Da
più parti si avverte sempre più forte la
necessità di mantenere questi luoghi e
rafforzarli, perchè sono gli unici spazi di
vera libertà e democrazia che ci sono
concessi. E questo scopo si può raggiungere solo sfruttandoli attivamente e
partecipando in prima persona.
Noemi La Fata
QUALE AUTORITÀ?
Campo formazione ad A^ape
I
J
utorità, potere, autorevolezza,...
alcune tra le tante parole che han|no fatto da filo conduttore all’ultlfno campo formazione di Agape («Vietato l’accesso alle persone non autorizzate», 7-10 dicembre 2000), campo
intensamente partecipato e sentito
nonostante la difficoltà di andare a scavare nel proprio vissuto, di lavorare
sulla materia incandescente di cui sono
fatti le emozioni e i pensieri, alla ricerca
, deH’autorità che c’è dentro di noi e di
«luelle autorità significative per il nostro
percorso formativo così da renderci
conto che per stare responsabilmente
9l mondo occorre autorizzarsi ed essere
9utorizzati/e.
Nonostante i diversi significati cui la
Perda autorità ha rimandato, taluni anche piuttosto negativi poiché legati
ell’aggressività, al dominio, all’imposizione, si è riusciti a far parlare le proprie esperienze, riconoscendo loro
^ùeH’autorità che le rende degne di esistere e di incrociarsi con le parole e i
‘desideri degli altri/e. Essendosi sofferteti molto sul proprio intimo, sul proprio percorso individuale, è stato poi
difficile tentare di astrarsi dal vissuto a
favore di una definizione e concettualizzazione del tema in questione; del resto
la stessa autorità non si presta ad essere ingabbiata in rigide strutture di pensiero, ma basandosi su pratiche di relazione, non si dà una volta per tutte
bensì viene messa in discussione ogni
secondo. Allora ecco che forse 1 autorità non è più quella che si può ostentare, di cui ci si può vantare, ma quella
che ci legittima e che ci è necessaria
per capire noi stessi e ciò che ci sta intorno. Autorità come forza mediatrice,
dunque, parola che libera e dona spazi
d’azione in uno scambio reciproco fra
gli individui così da riconoscersi capaci
di occupare spazi di responsabilità migliorandosi e rendendo le nostre vite
luogo di occasione per altri/e.
Nel corso delle varie animazioni si
sono ripescati situazioni, luoghi, persone nei quali e con le quali la nostra autorità si è giocata regalandoci autonomia e indipendenza di pensiero, basilari
per le nostre esistenze nonostante le
eventuali sofferenze e lacerazioni. Con
piacere si è riconosciuta autorità a figure quali la madre, gli insegnanti, gli
amici, persone dalle quali abbiamo
ammesso la nostra dipendenza in una
relazione che ci è necessaria, che non
ci cancella ma ci fa vivere in sintonia
col nostro essere. Un’autorità che si
configura sempre più come libera adesione anziché costrizione o imposizione, smentendo quella corsa e scalata
per il potere cui spesso nel mondo siamo costretti ad assistere.
E fra le tante autorità discusse, nel
culto fidale del campo abbiamo ritrovato anche quella di Dio e della sua
parola salvifica, potente perché a noi
necessaria nell’affidarci alla sua guida;
un’autorità che sulla croce si è resa
paradossale ma che facendosi forte
della sua stessa debolezza ha permesso che anche gli ultimi e le ultime
avessero voce.
Sono rimasti numerosi interrogativi,
necessità di elaborare un linguaggio comune sul tema, possibilità queste che
troveranno probabilmente spazio nei
campi formazione prossimi, volti ancora a interrogarsi sul medesimo argomento rispettivamente in relazione ai
rapporti educativi e alla politica. Quest’anno siamo partiti da noi e dalle nostre biografie, componendo e ricomponendo pezzi di vissuto, provando a riconoscere quegli spazi di libertà mostratici dalle tante autorità che hanno plasmato la nostra esistenza, nonostante lo
sgretolarsi di alcune di esse, nonostante
la fatica della ricomposizione.
Sabina Barai
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Lars Von Trier
Dancer in the dark
2000, Con Bjork e C. Deneuve
Bjork
Selmasongs
2000, Ed. Polydor
Selma (una Bjòrk perfetta), ragazza
madre cecoslovacca quasi cieca,
lavora duro in fàbbrica nella provincia USA: risparmia ogni cent per
l’operazione che eviterà al figlio la probabile. cecità. Ama il musical: è Maria nelle
prove di Tutti insieme appassionatamente. Canta My favorite things, che la ispira
(«quando sono giù, penso a ciò che preferisco e non mi sento più triste») nel vivere ogni problema sognando di essere
in un musical, dove nessuno si fa male;
«questo è un musical e tu mi prenderai
quando cado». Ma la realtà è un altra:
Selma precipita nel baratro più profondo.
Nonostante le tematiche toccate, il film
parla di una donna sofferente, vittima di
un destino crudele ineluttabile: il suo è un
vero e proprio sacrificio. Il cattolico Von
Trier è un ex protestante: mescola pericolosamente la dottrina cattolica del sacrificio con le peggiori teorie sulla predestinazione. Selma segue le tappe della vita di
Gesù: è amata da tutti/e, che, quando ne
ha bisogno, l’abbandonano o sono impotenti, affronta e vince le tentazioni («Seima, devi lottare per te stessa»), sceglie il
sacrificio e canta un «Nuovo mondo» a venire. Questo è discutibile, visto che, almeno per noi protestanti, il sacrificio non ha
un valore in sé.
La realtà è girata secondo i canoni
spartani di Dogma 95 (telecamera a
spalla, sonoro diretto, montaggio minimo, niente colonna sonora), inventati
proprio da Von Trier. La fantasia è girata
con tecnica e maestria, per creare
un’enorme sensazione di spensieratezza
che, quando la situazione precipita, aumenterà il carico emotivo da trasmettere
sull’uditorio, al punto da non poterlo
quasi sopportare.
Ed è proprio questo il motivo per andare a vedere il film: è raro emozionarsi
in maniera così impressionante al cinema. Inoltre, le scene musical sono semplicemente grandiose.
Nel disco, la voce particolare e la carica dell’islandese Bjòrk si mescolano con
un’orchestra sinfonica e le sonorità del
nostro mondo (la catena di montaggio,
un treno, un carillon, un’aula di giustizia,
dei passi), riuscendo ad emozionare come nel film. Tuttavia va detto che il disco
ha alcune pecche: la durata esigua e
l’assenza dei testi e la mancanza delle
canzoni non originali, come My favourite
things, che Bjòrk canta nel film senza accompagnamento musicale. Struggente il
duetto con Thom Yorke, che le chiede
implicitamente se è cieca. La Ballerina
nel buio risponde «Ho visto tutto: il buio,
la luce, le mie scelte, le mie necessità.
Questo basta: vedere di più sarebbe avidità. Ho visto cosa ero e so cosa sarò.
Ho visto tutto, non c’è altro da vedere!»
Peter Giaccio
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dal Consiglio
Le ultime due riunioni del Consiglio sono state dedicate a due nodi: la preparazione del Congresso e rincontro con la co-direzione di Gioventù EvanI gelica e la redazione del Notiziario. Nodi perché legano temi e problematiche diverse.
in preparazione al Congresso, il Consiglio ha scritto la sua relazione che riceverete a giorni nei gruppi. È necessario che essa sia letta con attenzione l’operato del Consiglio possa essere valutato. A chiusura della relazione trovate
un’appendice nella quale il Consiglio propone sette parole che hanno caratterizzato il mandato e sulla quali vorrebbe discutere il Congresso.
Ge e il Notiziario sono luoghi dove la riflessione e la vita della Egei trovano il
loro spazio pubblico. Esortandovi a seguire la rivista e il periodico, vi chiediamo
di prepararvi alia discussione sulla stampa perché questa possa essere sempre
più letta e sostenuta. 11 Consiglio sta preparando con Ge il cambio della direzione ed è impegnato nel sostegno del Notiziario. Le idee della Egei sulla stampa
sono dunque preziose.
Su questo numero del Notiziario trovate un articolo sui Precongressi al quale
rimando. Rinnovo l’invito a tenere alta l’attenzione sui momenti di preparazione
al Congresso. Nell’arco della prossima settimana riceverete la scheda culto di
quest’anno. Ad essa allego la lettera in cui vi esorto a rinnovare sollecitamente
l’adesione alla Egei. L’adesione dei gruppi e delle persone singole è quanto mai
importante nell’anno del Congresso, poiché esso è costituito in base alle adesione ricevute nell’anno 2001. Tanti più gruppi e tanto più numerosi essi sono,
tanto più ricca è la democrazia della Egei. Vi prego a questo riguardo di spedirmi le schede di adesione diffuse in occasione del Consiglio allargato, al massimo entro marzo. Vi faccio in più cari auguri di buon anno.
Per il Consiglio
Sandro Spanu
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Il 1 Congresso della Egei dura poco. Il Congresso è il momento nel quale si sovrappongono sia la voglia di incontrare vecchie e nuove amicizie, sia la volontà di portare avanti con intelligenza la vita delle Egei, e così il tempo non
basta mai. La disparità tra quanto si vorrebbe fare e ciò che effettivamente si fa
è frustrante. 1 Precongressi hanno la funzione di attenuare questo divario e di
agevolare i lavori del Congresso. In essi si discutono le materie in esame e di
chiariscono le questioni che esse sollevano.
Quest’anno i Precongressi saranno divisi nelle seguenti aree geografiche:
Lombardia e Valli, Toscana e Triveneto, Campania, Lazio e Puglia, mentre la
Sicilia avrà il suo proprio Precongresso.
La data indicata dal Consiglio per i Precongressi è quella del 24-25 febbraio.
Ciascuna delle staff verificherà la compatibilità di quel fine settimana con gli
altri impegni locali.
Il Precongresso della Lombardia e delle Valli si terrà a Villar Penosa, il 24-25
febbraio. In questo mandato il Consiglio non è riuscito a organizzare il seminario Eormazione Nord. Per assolvere, almeno parzialmente, a questa mancanza
il Consiglio propone di dedicare parte dei Precongressi del Nord alla formazione. Insieme alle Giunte regionali e al Laboratorio politico, il Consiglio ritiene
utile dare della formazione alla democrazia, in altri termini, capire cosa sia e
come si scrive una mozione, come agire in una plenaria valorizzando la propria
presenza e le proprie idee.
La vivace discussione congressuale è segnale di salute democratica.
Mi auguro, quindi, che vogliate essere attente e attenti all’appuntamento dei
Precongressi e segnalarli come una delle vostre priorità in agenda.
L’identità di genere è uno dei temi all’attenzione della Egei in questo mandato. Agape organizza nel week-end del 16-18 marzo un convegno in cui gli uomini sono invitati a riflettere sulla propria Identità di genere. Un appuntamento
che arricchisce un dibattito che anche nella Egei è da lanciare e da riprendere,
tenetene conto!
Sandro Spanu
REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15,10125 Torino (tei. 011/65520787; fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Porla 93, 80137 Napoli (tei 081/291185, fax 081/291175),
kREDATTORI/TRICI: a Torino Anna Bottari, Massimo Gnone, Paolo Montesanto, Elia Piovano, Loredana Pecchia, Pietro Romeo; a Napoli Marta D'Auria (tei 081/273194); a Roma: Lula Nitli.
Per laù^ispondei^ anche:j^meo@rifflma.it, opoi^; redaziqjip.torino^iforma.ij
Fascicolo interno a RIFORMA n. 4 del 26 gennaio 2001. Reg. Trib. Pinerolo n. 176/1951. Responsabile ai sensi di legge: Piera Eg13i. Edizioni Protestanti srl, vi!
Fotocomposizione: AEC - Mondovì. Stampa: La Ghisleriana - Mondovì.
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venerdì 26 GENNAIO 2001
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PAG. 9 RIFORMA
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Una recita a più voci nella chiesa evangelica di lingua italiana di Zurigo
Ricordare il miracolo del Natale
Un appuntamento che coinvolge prima I bambini e poi tutti i fratelli e le sorelle
Un lutto: con Marion Römer scompare un pezzo di storia della chiesa e del «Bethaus»
^AOIA DE PAOLA BUniWANN
UN giorno importante
per babbo Martino»,
questo il titolo della recita di
Natale, tratta da un racconto
di Leone Tolstoj e rappresentata il 17 dicembre scorso dai
bambini e dalle bambine della chiesa di Zurigo. Sulle ali
della fantasia siamo volati
tutti in un lontano villaggio
della sterminata Russia di un
paio di secoli fa, dove insieme
a babbo Martino, un vecchio
ciabattino, abbiamo rivissuto
la gioia della nascita di Cristo
ma anche capito che il miracolo di Natale vive solo se noi
lo ripetiamo giorno per giorno nei rapporti quotidiani
con i nostri fratelli e sorelle; è
tramite loro che incontriamo
Cristo in terra e solo in questo
modo l’avvento del Redentore, il Natale, potrà continuare
ad avere il suo vivificante valore e non rischiare di divenire mera e sterile commemorazione di una nascita, avvenuta duemila anni fa, in circostanze certamente particolari e nulla più.
Compito questo certamente non facile da svolgere per
dei bambini, ma anche questa volta ci sono riusciti tutti
egregiamente anche grazie
I alla loro spontaneità e impegno. È a loro ma anche ai loro
genitori che tanto si sono impegnati nella realizzazione
Il «Bethaus» di Zurigo
della recita, che va il ringraziamento caloroso di tutta la
comunità, perché il giorno
della recita di Natale è per
tutti divenuto una festa a cui
non si vuole assolutamente
mancare e a cui partecipano
persone che di solito non abbiamo modo di incontrare
durante Tanno, momento di
comunione fraterna nel vero
senso della parola.
Lo scorso 26 dicembre è
venuta a mancare la sorella
Marion Romer-Spoerri. Quale membro del «Beirat» prima
e rappresentante del Kirchenrat poi era stata per tanti
anni «responsabile» della nostra chiesa; quello che inizialmente era cominciato come
rapporto burocratico aveva
finito per divenire, con il pas
sare degli anni, un rapporto
di affetto e di amicizia, tant’è
vero che spesso era possibile
vedere tra i banchi del «Bethaus» la signora Römer in
qualità di membro di chiesa e
non in veste ufficiale. Aveva
collaborato con i pastori Rogo e Giovanna Pons e in quel
periodo aveva preso molto a
cuore la causa degli emigrati
italiani, offrendo loro il suo
sostegno non solo nell’ambito ecclesiastico ma anche in
quello sociale essendo di
professione assistente sociale. Con passione aveva partecipato alle vicende della nostra chiesa e, si sa, la passione non è sempre scevra da
dolori e incomprensioni per
cui non crediamo di sbagliare
dicendo che la signora Rö
mer ha lottato e anche sofferto con noi e per noi: in particolar modo quando a Winterthur la comunità si era divisa in due gruppi, a lungo si
sarebbe in seguito crucciata
di non essere riuscita a rimettere insieme i cocci. Bisognava conoscerla bene per mettere a nudo questo lato del
suo carattere, perché era rigidamente riformata e quindi
restia a mostrare i sentimenti
ma non per questo meno
compartecipe, anzi...
Con il passare degli anni la
sua presenza ai culti era divenuta sempre più sporadica,
continuava a interessarsi alle
vicende della nostra chiesa
tramite amici comuni e per
noi non poca è stata la sorpresa nel leggere della sua dipartita, perché solo nel novembre scorso si era incontrata con la pastora Pons durante la breve visita di quest’ultima a Zurigo. A rammentarcela ora, oltre alle lotte sostenute per noi in seno
al Kirchenrat affinché la nostra comunità non venisse
più «protetta» dalla presenza
del Beirat ma avesse diritto a
un Consiglio di chiesa amministrativamente autonomo,
ci rimane un quadro che Marion Römer espressamente
volle donare, una volta terminato il suo incarico ufficiale,
«agli emigranti italiani della
chiesa di Zurigo».
li Celebrazioni natalizie alla Chiesa battista di Genova
Una comunità di diverse nazionalità
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Nella chiesa evangelica
battista di Genova si sono svolte alcune manifestazioni religiose imperniate sulla celebrazione del Natale.
Giovedì 14 dicembre, in occasione della Festa delle donne
delle chiese evangeliche liguri, si è esibito il coro «Voci
bianche del Convitto nazionale Cristoforo Colombo».
Questo coro, costituito nel
1994, per merito del maestro
e direttore Paolo Vigo è attualmente in Italia, a parte
quello della Cappella Sistina,
l’unico composto da soli maschi e ha eseguito brani di autori di tutte le nazionalità europee dalla Francia al Portogallo, dall’Italia alla Germania. In due inni è intervenuto
anche il soprano Peccenini
Vigo che si è brillantemente
amalgamata con il coro. Era
presente anche il preside del
Convitto Leonardo Carnevale,
sacerdote cattolico e specialista di Antico Testamento, che
ba partecipato alla stesura
della Traduzione della Bibbia
in lingua corrente.
Sabato 23 dicembre si è tenuto un concerto natalizio
<^on la partecipazione della
corale della Chiesa battista,
bel gruppo Maranatha, e della
sorella brasiliana Soraya. È
stato fra l’altro eseguito un inno composto e cantato da Luca Repetto, un fratello simpabzzante che da poco partecipo alle attività della nostra contunità, appoggiato da Alice,
Messia e da tutto il coro. Domenica, vigilia di Natale, è
stato celebrato il culto alle ore
^b,30, ricordando, con le cannele accese in mano, che il
popolo che camminava nelle
lonebre, vide una gran luce. E
silo scoccare della mezzanotm tutti i presenti all’unisono
nanno esclamato: «E la Parola
c diventata carne e ha abitato
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Stazia e di verità».
La mattina di Natale il culto
è stato allietato da canti di diverse nazionalità: ha fatto
spicco il coro dei giovani del
Camerún ben guidati da
George. Il pastore Mark Ord
nel sermone ha fatto notare
che la venuta di Gesù, ricordata abitualmente a Natale,
pone la domanda: verrà a casa sua per sentire che i suoi
non lo ricevono; che preferiscono le tenebre e il chiacchierare senza significato, oppure venendo sarà ricevuto
da quelli che vogliono essere
figli attenti di Dio? La risposta
potrebbe essere l’inizio o la
continuazione più importante
e più stimolante della nostra
vita. Un’innovazione per la
nostra comunità è stata quella
di presentare proprio il giorno
di Natale, la tradizionale Festa
dell’albero, che abitualmente
si svolgeva in altra data, a cui
hanno partecipato tutti i
bambini della scuola domenicale, ben preparati dalle monitrici. Le celebrazioni sono
terminate con l’arrivo di Babbo Natale che ha distribuito
sacchettini di dolci a tutti.
S Era presidente di Radio Torino Biblica
È morto Marco Alitino
A causa di un incidente
stradale, il 22 dicembre, nei
pressi di Cuorgnè, è morto
Marco Autino, presidente di
Radio Torino Biblica (Rtb).
Marco aveva 44 anni e lascia
la moglie Grazia, la figlia Micol di 14 anni e il figlio minore Andrea di 11. La notizia
della repentina morte di Marco ha lasciato tutti i credenti
della città attoniti e increduli.
Egli era ben noto per la sua
forte volontà di dare vitalità a
Radio Torino Biblica, di cui
era stato eletto presidente, e
per cui aveva sempre lavorato
sodo giungendo anche a pagare di tasca propria quando
le necessità erano gravi. Uomo leale ed «ecumenico» nel
vero senso del termine. Marco è stato capace di mettere
in grado lo staff di Rtb di essere autonomo nel proprio
lavoro. Non ha mai ambito ad
avere posti di spicco, ma è
stato di quelli che hanno lavorato a testa bassa e con sofferenza, pur di raggiungere la
meta del suo sogno: una radio che coinvolgesse più
chiese possibile e che fosse
perciò in grado di spandere la
buona notizia di Cristo.
I funerali si sono svolti a
Torino il 26 dicembre nella
chiesa battista di via Viterbo.
Numerosa la partecipazione
dei fratelli (circa 350-400 persone) che si potevano collocare in tutte le fasce denominazionali presenti nella città,
ad ulteriore testimonianza
del lavoro unificatore di Marco. Il funerale è stato presieduto dal fratello Salvatore Civiletto, pastore della Chiesa
apostolica che Marco frequentava, e sono intervenuti
anche il pastore Emmanuele
Paschetto (pastore della chiesa ospitante), il pastore Luigi
Cesare Sgrò, uno dei membri
dello staff di Rtb, Stefano
Bongiovanni e, per ultimo, il
pastore Elia Landi.
Con la morte di Marco Autino Radio Torino Biblica rimane senza il presidente, ma
soprattutto senza un punto
di riferimento per raggiungere l’obiettivo finale. A breve
sarà necessario trovare un
fratello che possa prendere su di sé questo incarico di
responsabilità. Chi volesse
ulteriori informazioni è pregato di telefonare al 03332233625. Per aggiornamenti
circa le attività della radio si
può visitare il sito www.rtb.it.
Monteforte
Come gestire
i Consigli
di chiesa
CONCEnA MELCHIORRE_
AGENDA
26 gennaio
ALESSANDRIA — Alle 15,30, alla sala Ferrerò del Teatro comunale (viale della Repubblica), nell’ambito delle conferenze del corso di religione delTUnitrè, il past. Maurizio Abbà
parla sul tema «La Riforma: la teologia tra Lutero e Calvino».
TORINO — A partire dalle 9, al Circolo della Stampa (corso
Stati Uniti 27), il Comitato torinese per la laicità della scuola
organizza un convegno di studio sul tema «Il Novecento in
Italia; un secolo laico?». Partecipano Cesare Pianciola, Paolo
Bagnoli, Attilio Tempestini, Marco Brunazzi, Lidia De Federicis, Clotilde Pontecorvo, Carla Rodotà, Loredana Sciolla,
Ermanno Vitale, Adriano Vitelli, Carlo Ottino.
27 gennaio «
GROSSETO — Alle 17, nella sala conferenza del palazzo della Provincia, la Chiesa battista e la Commissione diocesana
per l’ecumenismo organizzano una «Presentazione della traduzione letteraria ecumenica del Vangelo secondo Giovanni». Intervengono Mario Cignoni («L’importanza di questa
nuova traduzione nel processo ecumenico in Italia»), Claudia Angeletti («Il lessico cristologico del Vangelo secondo
Giovanni»), Nino Barile («La figura del discepolo amato»).
Introduce e modera il pastore Claudio lafrate.
GENOVA — Dalle 9,30, nella chiesa battista di via Vernazza
si tiene una giornata di aggiornamento per visitatori sul tema «Teologia pratica-Relazione d’aiuto», per l’organizzazione del 5“ circuito valdese-metodista, del Gruppo di lavoro
bmv e dell’Associazione delle chiese battiste della Liguria.
BERGAMO — Alle ore 17,30, al Centro culturale protestante
(via Tasso 55), il prof. Fulvio Ferrario parla sul tema «L’apostolo Paolo, il profetismo e i profeti».
28 gennaio
SIENA —Alle 16, nella chiesa valdese, viene presentato il libro di Piera Egidi «Sguardi di donne» (ed. Claudiana).
29 gennaio
Nei giorni 9-10 dicembre
si è svolto al Villaggio
evangelico un convegno sulla
deontologia del membro di
Consiglio di chiesa. Relatori
sono stati la pastora Erika Tomassone e il pastore Franco
Becchino. La pastora Tomassone ha spiegato che la partecipazione dei credenti alla vita della chiesa è un servizio
svolto per la comunità, che
però diventa potere nel momento in cui si verifica l’abuso del potere della parola, di
quello della conoscenza, dell’esperienza e delle famiglie.
Inoltre il membro del Consiglio di chiesa deve sospendere il giudizio sugli altri e
trovare delle vie da percorrere insieme agli altri membri
che, pur avendo opinioni diverse hanno però in comune
la stessa professione di fede.
La pastora ha ancora fatto
presente che spesso i membri di chiesa esaltano troppo
la propria militanza senza riflettere sulla possibilità che si
possano innescare i meccanismi del mostrarsi e del sentirsi eccezionali: in realtà il
loro impegno militante è un
servizio alla comunità, ed è il
modo cristiano di essere nel
mondo. 11 pastore Becchino
ha spiegato da un punto di
vista giuridico le nonne
delTord^inamento della Chiesa valdese e di quella metodista. Questo ordinamento è
autonomo e indipendente
poiché la sua esistenza non
deriva dalle leggi dello stato
ma è una legge originaria. Il
pastore ha anche messo in
evidenza i compiti del Consiglio di chiesa e quelli dell’assemblea, essendo la seconda
l’organo di indirizzo generale
di una chiesa mentre il primo
ne è l’organo di governo.
SIENA — In occasione della Giornata della memoria della
Shoà e delle vittime dei totalitarismi, si tiene un incontro al
Palazzo comunale a cui partecipano Taw. Dario Tedeschi
(Unione delle comunità ebraiche) e il past. Giorgio Bouchard.
2 febbraio
TORINO — Alle 18, al Centro teologico (c.so Stati Uniti 11/h),
il past. Giorgio Bouchard parla sul tema «Vivere con Dio». '
3 febbraio
FIRENZE — Alle ore 17, al Centro culturale protestante «Pietro Martire Vermigli» (via Manzoni 19/a), in collaborazione
con la libreria Claudiana, Gino Conte, Giorgio Vola e Marco
Ricca presentano il libro di Salvatore Caponetto «Melantone
e l’Italia» (editrice Claudiana).
5 febbraio
TORINO — Alle ore 18, al Centro teologico (corso Stati Uniti
11/h), le riviste Riforma, Confronti e Ha Keillah organizzano
un incontro pubblico sul tema «La convivenza è possibile»,
con interventi di Luigi Manconi (senatore e sociologo), Oreste Favaro (diocesi di Torino), past. Giuseppe Platone, Silvio
Ortona (Gruppo studi ebraici), Mabmoud Salem Elsheik
(Commissione per l’integrazione della Presidenza del Consiglio dei ministri), Mariangela Falà (presidente Unione
buddista italiana). Franco De Maria (presidente dell’Unione
induista italiana). Introduce Eugenio Bernardini, direttore
di Riforma, conclude David Sorani, direttore di Ha Keillah;
presiede Eugenio Costa, direttore del Centro teologico.
9-11 febbraio
ROCCA DI PAPA (Rm) — Al Centro battista, dalle 14 del 9
febbraio, si tiene il seminario di formazione organizzato dal
Servizio rifugiati e migranti Fcei sul tema dello sfruttamento
delle donne, progetto Ruth. Per informazioni e iscrizioni:
Srm-Fcei, via Firenze 38, 00184 Roma, tei. 06-48905101, fax
06-48916959; e-mail: sm.evangeliche@agora.stm.it
Un convegno del Servizio migranti
Sostenere le donne
L’ultima assemblea della Fcei aveva dato mandato al Servizio rifugiati e migranti di impegnarsi nella lotta contro la
tratta degli esseri umani e di dare sostegno alle donne straniere coinvolte nella prostituzione. Alcune comunità evangeliche sono già impegnate in questo settore, altre sono
state interpellate da donne in difficoltà. Il Srm sta dunque
promuovendo un piccolo progetto per avviare un lavoro
con e per queste donne. Il programma si chiama «Ruth» e
suo primo appuntamento sarà un seminario che si terrà a
Rocca di Papa (Roma) nei giorni 9-11 febbraio.
Il venerdì, a partire dalle 16, si affronta il tema «Combattere la “tratta” e sostenere le donne coinvolte nella prostituzione. Continuità d’impegno delle chiese evangeliche
nell’ambito del concluso “Decennio delle Donne” e dell’attuale “Decennio contro la Violenza”». A seguire dibattito e
scambio di esperienze. In serata: «Raccogliamo le idee». 11
sabato mattina, dopo la meditazione biblica, verranno affrontati gli aspetti legali, politici e sociali della questione.
Nel pomeriggio si discuterà di esperienze territoriali (Nord,
Centro, Sud) e sul tema «Facciamo un piano». Dopo la cena
«Mettiamoci in rete (a livello regionale e nazionale)». La
domenica conclusioni, culto e partenze.
Iscrizioni entro il 31 gennaio presso: Servizio rifugiati e
migranti. Federazione delle chiese evangeliche in Italia, via
Firenze 38, 00184 Roma; tei. 06-48905101; fax 06-48916959;
e-mail: sm.evangeliche@agora.stm.it
Costo del convegno £ 90.000.
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PAG. 10 RIFORMA
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VENERDÌ 26 GENNAIO 200V
•(■' R.\1 -\
LIBERTA RELIGIOSA
E INTESE
GIANNI LONG
La legislatura sta per fìnire, al
naturale termine dei cinque anni. Da tanto tempo non si vedeva una legislatura completa ma
ugualmente si crea l’afíbllamento delle ultime settimane: i progetti che non saranno stati approvati entro il giorno dello
scioglimento del Parlamento
decadranno. Nella prossima legislatura bisognerà ricominciare tutto da capo. C’è quindi la
corsa per approvare le proposte
che interessano e per affossare
quelle che non piacciono.
Tra i progetti in discussione
ce ne sono alcuni che interessano direttamente le confessioni
religiose: il disegno di legge definito sulla «li
bertà religiosa» ........
e le Intese con
buddisti e Testimoni di Geova.
Una valutazione
realistica porta
a ritenere improbabile che
essi possano essere definitivamente approvati
prima della fine
della legislatura: tutti e tre devono essere ancora esaminati in
aula alla Camera e poi passare
al Senato. Tuttavia nei giorni
scorsi il dibattito si è riacceso: i
giornaU hanno riportato alcune
dichiarazioni di esponenti di Alleanza nazionale, della Lega e
del Ccd contrari alle due Intese.
Ricordiamo che nella primavera
scorsa l’Intesa con i Testimoni
di Geova era stata approvata dal
governo a maggioranza, ma con
il voto contrario di alcuni ministri del Ppi e di altri partiti.
Né buddisti né Testimoni di
Geova sono «evangelici», ma la
vicenda delle loro Intese ci interessa tutti, perché la libertà religiosa è indivisibile. Nella vicenda si riscontrano alcuni aspetti
preoccupanti: in primo luogo
emerge di nuovo la linea secondo cui la legge sulla libertà religiosa dovrebbe precedere le Intese e renderle in pratica inutili.
Questa posizione è francamente
inaccettabile, perché incostituzionale. L’articolo 8 della Costituzione dice che i rapporti tra
stato e confessioni religiose sono
regolati «per legge sulla base di
Intese». Questa è la via maestra.
Una legge generale può solo
riempire gli spazi lasciati liberi
dalle Intese: regolando le procedure per stipularle o la condizione delle confessioni ancora
(provvisoriamente) prive di Intesa. All’idea di legge generale,
di cui si parla da oltre un decennio, le minoranze religiose si so
ficava stoppare il processo delle
Intese. In questa legislatura, il
governo Prodi ha presentato la
legge generale, stipulando nel
contempo le Intese con buddisti
e Testimoni di Geova: una linea
di «doppio binario» nel complesso accettabile. E l’elaborazione
della legge generale, da parte del
comitato ristretto guidato dal relatore Maselli, ha portato a significativi miglioramenti. Ma va ribadito che l’attuazione della Costituzione è la strada maestra.
Certo, si può modificare la
Costituzione: le Intese non sono
state volute, nel 1946-47, dalle
minoranze religiose e tutto può
essere rivisto. Ma allora si deve
rivedere tutto il
complesso dei
Si allunga l'attesa per rapp«/«
- e confessioni reli
la legge sulla libertà
religiosa e per le
Intese con buddisti
e Testimoni di Geova
giose, compresi
l’articolo 7 della
Costituzione e il
Concordato. Anche questo tema è
stato riaperto nei
giorni scorsi da
un articolo di E.
Galli della Loggia
sul «Corriere della sera». Parliamone pure: se la Chiesa cattolica
rinunciasse al principio concordatario, anche l’articolo 8 meriterebbe di essere rivisto. Ma è significativo che le varie commissioni che in questo decennio si
sono occupate di modifica della
Costituzione non abbiamo mai
sfiorato questo argomento, evidentemente delicato.
Una seconda constatazione
nasce dalle polemiche di questi
giorni: nel corso dell’esame parlamentare di tre progetti (legge
generale e due Intese), la Commissione affari costituzionali ha
ascoltato un numero elevatissimo di esponenti di confessioni e
gruppi religiosi, nonché di studiosi della materia. Ora, nelle
dichiarazioni citate all’inizio, si
chiedono ulteriori approfondimenti da parte di parlamentari
che a queste audizioni hanno
partecipato in scarsa misura;
mentre è positivo l’atteggiamento diverso dei partiti che
più hanno partecipato a questo
lavoro (dai Ds a Forza Italia). Se
ne può trarre qualche considerazione sulle modalità del lavoro parlamentare, ma si deve anche constatare l’importanza per
le minoranze di fare tutto il possibile per essere conosciute e
per dare di se stesse un’immagine non mediata. L’esperienza
dimostra che la comunicazione
e la conoscenza sono veicoli di
libertà: questo è l’obiettivo più
immediato delle confessioni re
no sempre opposte se essa signi- ligiose di minoranza.
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n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
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L'«orgoglio confessionale» è in crescita in tutte le chiese
Si può essere antiecumenici?
Il nostro essere cristiani è prima di tutto conversione quotidiana a
Cristo; per questo, pur nella diversità, dobbiamo amarci e dialogare
GIOVANNI SARUBBI
IN questo inizio di anno
2001, sembra che il nemico
principale da battere sia l’ecumenismo. Quando la Dominus Jesus se la prende con il
cosiddetto «relativismo religioso», il suo obbiettivo in
realtà è proprio l’ecumenismo, che ha alla sua base il riconoscimento dell’altro fratello per quello che è, come ci
insegna Gesù: «Amatevi come
io vi ho amato. Da questo riconosceranno che siete miei
discepoli». Ecumenismo racchiude in sé concetti quali
l’accoglienza, l’apprezzamento per i sentimenti e la pratica
religiosa di chi si richiama
all’esperienza di Cristo, l’apertura alla comprensione
delle altre religioni dell’umanità che, in ogni caso, sono
l’espressione della continua
ricerca da parte dell’uomo.
Trentacinque anni di pratica ecumenica, dopo il Concilio Vaticano II, non sono bastati per annullare o quanto
meno ridurre le spinte antiecumeniche presenti dappertutto, nella chiesa di Roma, in
quelle nate dalla riforma del
XVI secolo, nell’ortodossia,
nei nuovi movimenti carismatici. 35 anni, del resto, sono ben poca cosa rispetto ai
secoli di divisione e di scontri
feroci che non stanno solo alle nostre spalle ma sono una
drammatica realtà del presente. C’è oggi una voglia di
far prevalere il proprio io su
quello degli altri, la propria
specifica confessione di fede
su quella degli altri, il proprio
«orgoglio confessionale» su
quello degli altri. In questo
senso vanno sia la Dominus
Jesus della Chiesa cattolica,
sia l’analogo documento delle chiese ortodosse russe.
Molti vivono il proprio essere cristiani non come conversione al Cristo, al suo messaggio che se non si incarna
nella vita di ognuno diventa
vuoto parlare, ma a questa o
quella confessione, a questa o
quella organizzazione ecclesiastica che, in quanto tali, sono completamente terrene, limitate, peccatrici, sempre
riformabili nelle proprie istituzioni. È alla chiesa celeste
invece quella a cui bisogna
tendere. La legge dell’amore
è, nei fatti, messa da parte, relegata all’ultimo posto dei doveri di un cristiano.
Dovrebbe far riflettere il
fatto che i fratelli apertamente antiecumenici dicono tutti
la stessa cosa, in qualunque
chiesa essi vivano. Addirittura la Bibbia viene presa a riferimento per opporsi a qualsiasi possibilità di dialogo
ecumenico. «Trovatemi nella
Bibbia dove si dice ai cristiani
che bisogna dialogare e lo
sarò d’accordo con voi», mi
ha detto un prete cattolico
dichiaratamente antiecumenico. «Lo scontro fra Pietro e
Paolo descritto negli Atti e
nella lettera ai Calati, dimostra che l’unità è un’utopia e
non c’è mai stata» mi ha detto, a distanza di pochi giorni,
un pastore protestante anch’egli contràrio ai dialoghi
ecumenici. Entrambi, senza
conoscersi, uniti pur nella diversità della confessione.
Certo fra i due c’è una differenza: il cattolico, interrogato
in pubblico, farà professione
di fede per l’ecumenismo,
mentre in privato ne dirà peste e corna; il protestante, e
non è una differenza da poco, dirà in pubblico e in privato quello che pensa.
Entrambi questi fratelli con
cui ho parlato hanno messo
l’accento, come elemento
fondante del proprio essere
cristiano, sul concetto dell’invio in «missione» a convertire, alla propria specifica
chiesa, gli infedeli. «Sono protestante perché sono contro il
cattolicesimo», mi ha detto il
protestante; «Sono cattolico
romano perché questa è la vera chiesa», mi ha detto il cattolico. «È un orgoglio per me
essere cattolico e non è peccato»; «I protestanti non fanno più i protestanti e non sono d’accordo». Entrambi
esprimono un bisogno di sentirsi al sicuro, protètti nella
propria casa, cosa che è indubbiamente in contrasto
con «l’invio in missione in terre straniere», dove ci si può rimettere anche la pelle.
Quello della «missione»,
credo si tratti di uno dei classici esempi di interpretazione
letterale di un passo biblico,
attraverso il quale si dà un
valore assoluto a un aspetto
specifico dell’essere cristiano. Ma, chiedo, può esistere
una «missione» in «terra straniera» senza l’attitudine al
dialogo? E allora il dialogo,
l’ascoltare gli altri prima di
proporre loro la propria visione del mondo, è il tratto
caratteristico del cristiano,
che non impone nulla, non
converte con la forza, né della spada né della parola, ma
solo con la testimonianza
della propria vita, della propria profonda conversione
agli insegnamenti di Gesù,
compresa la croce se è necessario. «Le volpi hanno le loro
tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo
non ha dove posare il capo»
(Mt. 8, 20), altro che sicurezze! Può esistere un cristianesimo vissuto come contrapposizione a una qualsiasi altra religione, o a un’altra confessione cristiana? Beninteso,
nulla di male se si vive intensamente anche un solo passo
della Scrittura, ma guai a perdersi nel particolare e soprattutto guai a voler imporre la
propria personale interpretazione a chicchessia.
L’amarsi gli uni gli altri significa, ancora, applicare un
principio di cui si è discusso molto nell’ecumenismo,
quello dell’unità nella diversità o attraverso la diversità,
come dice Oscar Cullmann.
Si tratta di un principio di cui
è impregnata la Scrittura e il
cui rifiuto ha come esito immediato l’apertura di un conflitto, con tutto ciò che un
conflitto comporta in termini di morti, odi, vendette infinite e nuove guerre. Un
principio, quello dell’unità
nella diversità, che le singole
chiese applicano, al proprio
interno, da secoli, perché altrimenti morirebbero. Basti
pensare, per esempio, alla
molteplicità di ordini religiosi della chiesa di Roma, ma
esempi simili si possono fare
anche per quelle nate dalla
riforma del XVI secolo.
Accettarsi per quello che si
è, e quindi amarsi, è una regola senza alternativa per chi
vuole essere cristiano. Da qui
bisogna ripartire se si vuole
far ripartire l’ecumenismo
cristiano e il dialogo interreligioso come elementi fondanti di una nuova umanità che
segua la via della vita e non
quella della morte.
E in pieno svolgimento la
Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani. Le
chiese protestanti italiane, in
grande maggioranza, hanno
compiuto nell’anno del Giubileo cattolico, un «digiuno
ecumenico», vale a dire un rifiuto temporaneo del dialogo
con la Chiesa cattolica. Rifiuto motivato da alcuni aspetti
del Giubileo nettamente in
contrasto con l’Evangelo, come il ritorno alla dottrina e
alla pratica delle indulgenze.
Il documento, poi, del cardinale Ratzinger Dominus Jesus
ha confermato le chiese protestanti nella loro decisione.
Terminato il Giubileo, varie
chiese evangeliche hanno deciso, quest’anno, di riprendere il dialogo.
Credo che sia una decisione ampiamente giustificaia
per almeno tre motivi. 11 pri
PIERO bensì
mo è che un digiuno provoca
sempre un certo appetito. Da
una parte e dall’altra, molti
fratelli e sorelle, cattolici e
protestanti, hanno sentito
questa «assenza» alla quale
non eravamo più abituati ormài da trent’anni. Credenti
semplici, anche fuori delle
gerarchie ecclesiastiche, mi
hanno chiesto; «Ma perché
non ci incontriamo più come
una volta? Ci mancano le riflessioni bibliche, i dibattiti.
üiinu.MU.
IL MATTINO
Come stare con gli altri -1
Non è tanto ravvenimen.
to (ancora un dibattito sulla”
Dominus Jesus) quanto il
linguaggio dell’articolo di
Raffaele Mezza (11 gennaio)
a colpire. Nell’annunciare
una conferenza di monsignor Walter Kasper, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani a Napoli,
si dice che il testo del card.
Ratzinger «ribadiva la centralità della chiesa di Roma
e del primato pettino, gettando acqua sul fuoco degli
entusiasmi, talvolta eccessivi, di coloro che vorrebbero
l’unità a tutti i costi, un “irenismo" senza condizioni. La
"Dichiarazione” vaticana
non piacque, a maggior ragione, agli esponenti delle
altre grandi religioni, cui
qualche teologo “progressista” non nega addirittura
qualità soteriologiche difficilmente compatibili con la
“unicità e universalità del
mistero salvifico di Cristo’’».
«Il relatore - prosegue l’articolo - è noto per la sua spiccata apertura sia verso le
chiese ortodosse e i “fratelli
separati” (come ora si preferisce indicare gli ex eretici
[sic!] e scismatici), sia verso
le altre religioni non solo
monoteistiche».
LA STAMPA
Come stare con gli altri - Il
Enzo Bianchi, della Comunità di Bose, interviene
(13 gennaio) nel dibattito
sui rapporti fra chiesa e politica: «...va preso atto - scrive - che i cattolici oggi in
Italia non sono più la maggioranza, che il regime della
cristianità è finito da tempo
e che quindi i cattolici abitano la polis insieme a cristiani di altre confessioni, a uomini e donne appartenenti
a fedi religiose diverse (...)
oppure professantisi atei». E
più avanti: «I cristiani devono accettare di non essere i
“padroni di casa”, devono
respingere la tentazione di
costituirsi in gruppo di pressione o di asserragliarsi (...
È la parola di Dio che situa i
cristiani come “stranieri e
pellegrini”». Quanto al campo dell’etica, «è il terreno su
cui oggi la Chiesa cattolica
si scontra non solo con la
società civile, ma anche con
le altre chiese: non si dimentichi che lo “scisma
tra chiese della riforma,
chiese ortodosse e Chiesa
cattolica ha assunto recen
temente connotati sempre
più etici che teologici».
MASSIMO
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miei pensieri non sono i vosW
pensieri». Quest’anno, poi, _i| flettorfe d;
ascoltare punti di vista così
diversi, pregare insieme...».
Molti credenti vivono l’ecumenismo in questo modo diretto, chiaro, sincero, senza i
troppi «distinguo» dei teologi, pure a volte necessari.
Il secondo motivo è che abbiamo tutti da imparare gli
uni dagli altri. Forse un pochino di umiltà in più ci farebbe
capire il bisogno del dialogo,
del confronto, dello scambio
dei doni. Nessuno possiede
testo scelto per gli incontrt
ecumenici è di una chiarezza
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cristallina; «Io sono la via, ■» sidgf "
verità e la vita. Nessuno viene cattoliche^
al Padre se non per mezzo di nio maschi
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logo ecumenico: solo così cedeliaca'
possiamo riprendere il caffi' nesse, istiti
mino interrotto.
(Rubrica «Un fatto, un cotf>'
mento» della trasmissione di
diouno «Culto evangelico» curali^
dalla Federazione delle chi^^J
evangeliche in Italia andata iH
onda domenica 21 gennaio)
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15
IO 2no,UERDl 26 GENNAIO 2001
PAG. 11 RIFORMA
• • Pinerolo: corteo «contro» McDonald's
No al ristorante fast-food
«E adesso pasta!». Erano queste le parole riportate sul grande
striscione in testa al corteo organizzato sabato 20 contro l’apertura del nuovo ristorante fast-food McDonald’s. Da parte dei
giovani, circa 300, che hanno percorso le strade del centro, è
arrivato un no secco alle ripercussioni negative della globalizzazione, come la precarizzazione del lavoro, il potere incontrollato delle multinazionali e la cattiva qualità degli alimenti. La
manifestazione, conclusa senza incidenti con una festa sotto i
portici di via Buniva, è stata organizzata da un gruppo spontaneo di giovani pinerolesi che promettono battaglia: «Continueremo con questo genere di iniziative pacifiche, puntando in
particolare sulla sensibilizzazione nelle scuole superiori».
H Al teatro del Forte di Torre Pellice
Il successo continua
Era sembrata una scommessa, quasi azzardata. Un teatro a
Torre Pellice, una sala, quella del teatro del Forte, fino ad allora
gestita senza pretese e basata sul volontariato. E invece le proposte di «Nonsoloteatro» stanno ormai da alcuni anni riscuotendo un crescente successo. La qualità paga, si potrebbe dire,
e trova anche l’adesione del pubblico visto che la sala, 200 posti a sedere, è quasi sempre gremita e occorre prenotarsi per
tempo. E analogamente avviene a Pinerolo dove le iniziative
teatrali alla sala del teatro incontro di via Caprilli vengono premiate da ugual successo. 11 Pinerolese dunque si riscopre terra
di teatro, oltre che di musica e canto; un buon auspicio anche
in vista della ristrutturazione del teatro sociale.
Riforma
Delle ^
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moESi
I Fondato nel 1848
Dopo la chiusura della Porta Santa riprendono le iniziative comuni di cattolici e protestanti
Le donne e l'ecumenismo di base
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Lo particolarità della situazione italiana stupisce chi si stabilisce nel nostro paese proveniendo
dall'estero, e che nei paesi d'origine vive in modo molto diverso i rapporti interconfessionali .
¡CONTRAPPUNTO I
SUL SUICIDIO TANTE
DOMANDE APERTE
STEFANO MERCURIO
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E varie porte sante
sono ormai chiuse,
male strade dell’informazione portano ancora
aRoma, o più precisamente al Vaticano. Giori e tv continuano nella
loro sapiente opera, curata da più 0 meno rodati
vaticanisti, su quanto
quotidianamente accade
Éa fine di via della Conciliazione. 1 titoli e le primepagine sono in questi
giorni dedicati alla recettte nomina di 37 nuovi cardinali. Il porpora
nonè Ü colore nazionale,
eppure così potrebbe
sembrare dalle immagini
àifluse dai media italiani,
sempre puntuali nell'accogliere dichiarazioni
politiche e momenti di
vita spirituale della Chiesa cattolica, incappando
sovente nell’errore semantico, per metonimia,
di associare la parola
«pontefice» e la città di
Roma a «centro di tutta
la cristianità».
La Settimana di prederà per l’unità dei cristiani, è in pieno svolgimento, e si concluderà il
25 gennaio. Quest’anno,
dopo che nel 2000 molte
comunità non hanno
partecipato alla Settima‘'e per le difficoltà suscilate dall’evento giubilate, «si riaprono le porte
dell’ecumenismo», come
dice il documento diffuso dal Consiglio della
i’cei. Probabilmente c’è
afiche un problema di
prospettiva, con l’azione
torte del Vaticano a deiotmare le possibilità di
ogliamo dialogo. Abbiamo incondalla ve- tre persone che arliamo di- da paesi diversi
1 dall’inl- “^U’Italia, ma che vivono
cammi- ®*®vorano nel Pinerolemani del donne, perché so) chiesto è proprio dalle
Lascia- ^®‘'he che è arrivato lo
darci: «I *P“hto per le iniziative
ini vostri f'^'ttneniche «di base»,
^noi il i°Wane dalle luci dei riincontri gori e dall’attenzione
chiarezza ^ cronache. Forse
la via la un caso, se si conino viene ‘^he le gerarchie
mezzo di predomi
^dd dia- "‘?»aschile.
rosi Elliot è direttri
ii ram- Casa delle diaco
^ tiesse, istituto per anzia
Che senso può avere
scrivere su Contrappunto
delle considerazioni sul
«tema» del suicidio? Qui
siamo in un campo talmente misterioso e che suscita
emozioni (e commozioni)
talmente personali, che un
articoletto non credo sia lo
strumento più adatto per
parlarne. Tanto più quando chi scrive »m«—
non ha la cultura e gli strumenti professionali da potere dibattere
il tema. Ma esiste veramente qualcuno in
rientamenti, senza soluzioni che ci vengano a soc- correre. A volte anziché preferire di rimanere in questo
spazio così misterioso noi
ci tiriamo indietro dicendo:
è una sua scelta; ma con
questa frase siamo sicuri
che noi stiamo in un atteggiamento di accompagnamento per chi rimane o
stiamo piut
II contatto umano,
se non spiega
tutto, allevia
il dolore di chi
tosto esprimendo il nostro commiato dai familiari come se
il caso fosse
ormai risolto? Dovrem
resta dopo l'evento Sfi’St
mente? Io non . . ... dietro questa
lo so. Più che seconda solu
Sessione plenaria dell’Assemblea ecumenica europea di Graz
ni di Torre Pellice. È in cattolici alle cerimonie
Italia da 34 anni. «La mia
famiglia viveva in un
paesino di campagna
delTOhio - racconta - e
la prima volta che ho conosciuto un cattolico
avevo 11 0 12 anni: a
scuola ci fu un certo subbuglio quando una nuova bambina chiese di poter mangiare il pesce di
venerdì. Da quelle parti,
regione presbiteriana, i
cattolici erano rari come
le persone di colore». Ma
che cosa è arrivato del
Giubileo romano negli
Stati Uniti? «L’anno scorso mia sorella, che vive
negli Usa, e una sua amica cattolica sono venute
a trovarmi - risponde Judith Elliot -: l’amica si è
poi vantata con il suo
parroco: lei aveva visto il
Vaticano e la Sindone e
lui no! Ma Roma rimane
molto lontana».
Dello stesso parere è
Nelly Jourdan, famiglia
originaria delle Valli, che
è nata a Colonia vaidense
in Uruguay. L’eco del
Giubileo romano è stata
di bassa intensità. Nelly,
dopo 30 anni di insegnamento in Uruguay, dal
maggio dell'anno scorso
vive a Torre Pellice, dove
lavora come volontaria
alla Casa delle diaconesse. «In Uruguay - spiega la maggioranza degli abitanti è cattolica, ma le
istituzioni sono più laiche che in Italia: non si
vedono mai funzionari
civili». Nelly fa parte dell’Unione femminile di
Colonia vaidense e ogni
anno si occupa, con la
sua comunità, di organizzare le iniziative ecumeniche sia per la Giornata
mondiale che per la Giornata latino-americana di
preghiera. «L’anno scorso - dice Nelly Jourdan abbiamo invitato tutti, i
cattolici e le altre confessioni evangeliche, come
avventisti e pentecostali,
e con tutti ci sono sempre rapporti sereni».
Nell’ex Germania dell’
Est la Chiesa cattolica è
una minoranza. Anche
per questa ragione le manifestazioni del Giubileo
non sono sempre andate
giù ai cattolici tedeschi:
in Germania, se non in
Baviera, non si bada molto alle parole del papa.
Christine Ginolas, della
Chiesa riformata, viveva
a Berlino, dal 1969 è in
Italia, a Torre Pellice, dove si è sposata e ha tre figli. «Nel 2003 si vorrebbe
fare un Kirchentag {il più
grande incontro protestante in Europa, che si
tiene in Germania ogni
due anni, ndr) ecumenico - dice - ma la Chiesa
cattolica potrebbe anche
non accettare». Alcuni
settori della Chiesa cattolica stanno lavorando
con i protestanti sul tema
dell’interruzione di gravidanza. Ma permangono
forti resistenze.
Pro Loco di Pomaretto
Per un impegno
sempre rinnovato
Dopo molta incertezza
e un paio di riunioni finalmente sabato 20 gennaio il Consiglio di amministrazione della Pro
Loco di Pomaretto ha
eletto il nuovo direttivo
dell’associazione. Roberto Ribet, vicepresidente
uscente, è stato nominato presidente mentre l’incarico di vicepresidenza è
andato a due giovani, David Giaichecco e Luca
Breusa; confermata Olga
Bleinat alla segreteria. La
nomina del nuovo direttivo arriva dopo che, scaduto il precedente il 31
dicembre, la Pro Loco
aveva in qualche modo
lanciato un appello all’amministrazione e ai
cittadini affinché vi fosse
una maggiore partecipazione e soprattutto maggiore disponibilità ad assumersi degli incarichi
all’interno dell’associazione da parte di tutti.
«Dopo più di trent’anni che una persona ricopre incarichi all’interno
di un associazione - dicono alla Pro Loco - è
normale che abbia il desiderio di farsi da parte. Il
problema è stato che non
vi erano ricambi, nessuno voleva assumersi l’impegno». Per questo i responsabili della Pro Loco
a inizio gennaio hanno
scritto una lettera a tutti i
soci invitandoli a partecipare maggiormente alla
vita dell’associazione. In
una riunione poi che si è
tenuta domenica 14 si è
arrivati alla nomina del
nuovo Consiglio di amministrazione che ha poi
proceduto, sabato 20, alla nomina del nuovo direttivo. «Tutta la vicenda
ci ha insegnato - concludono in Pro Loco - che è
fondamentale lavorare
soprattutto sui giovani al
fine di creare un ricambio. Per questo prossimamente abbiamo l’intenzione di procedere,
come per altro indicato
dal Consiglio, alla nomina di un miniconsiglio
composto da ragazzi con
un età compresa tra i 14
e i 18 anni perché possano già cominciare a discutere e formarsi a quelle che sono le nostre attività crescendo in seno alla nostra struttura».
passare delle ore a scrivere
su questo tema si dovrebbero passare delle ore con
chi più da vicino ha dovuto
subire la morte volontaria
di una persona cara. Non
credo che si possa fare della
«prevenzione» (mi piace ripetere questo concetto) e in
questo credo siamo tutti
sullo stesso piano: familiari, amici, pastori o sacerdoti, assistenti sociali o personale medico. Constato piuttosto un totale fallimento
in questa direzione e credo
che di questo non dobbiamo farcene una colpa.
Nessuno si distingue in
quella incapacità, tutti invece veniamo bruciati sul
tempo e rimaniamo con le
nostre domande, i nostri
sensi di colpa e una buona
dose di rabbia. È legittimo
prestare orecchio e dare
voce alla «rabbia» di chi rimane? Penso di Sì. Condividere, dirci quello che proviamo è positivo, sempre.
Poiché se il silenzio è in
molti casi un alleato crudele, U comunicare può essere invece un amico. Ma
non è facile, perché non è
facile ascoltare e inoltre in
questo tipo di ascolto noi
corriamo sempre il rischio
di formulare spiegazioni,
ipotizzare scenari, presumere cause, insomma semplificare eccessivamente.
E ogni volta che noi semplifichiamo troppo, noi
creiamo spazi di solitudine, cambiamo argomento
o mettiamo il punto e andiamo a capo. Ma quanto
abisso rimane tra quel
punto e quel capoverso?
Quante persone lasciamo
dietro con questa operazione? Non sarebbe invece
meglio rimanere assieme
ai familiari proprio in
quell’abisso di domande
senza risposta, senza o
zione non si nasconda pure
qualcosa che fa paura innanzitutto a noi.
Penso che noi possiamo
dare voce alla rabbia senza
cercare ad ogni costo il colpevole. Esiste un colpevole? Certo nelle malattie fisiche esiste: la leucemia, il
cancro, l’infarto, l’ictus, eccoli lì i killer della nostra
società. Ma nel momento
in cui la morte subentra
come un atto della propria
azione a chi diamo la colpa? A colui 0 a colei che
quest’atto ha compiuto oppure dovremmo considerare che esistono anche dei
killer inafferrabili, indefinibili, oscuri? Che ci sono
perché ci sono, e che possono diventare letali tanto
quanto le più terribili delle
malattie fisiche. Non mi
piace associarli alle malattie psichiche «sic et simpliciter» perché la maggioranza di noi ha, in un modo o nell’altro, disturbi legati a quell’ambito (mi
perdonino i sani della nostra societàl).
I killer di cui parlo credo
corrano trasversalmente,
possono toccare la nostra
psiche, il nostro corpo e le
nostre relazioni in un connubio oscuro. Mi chiedo infine se non esistono anche
dei comportamenti «suicidi» che, se proprio tali non
sono, in parte possono esserlo. Penso per esempio
alla guida pericolosa, all’alpinismo che non vuole riconoscere situazioni oggettive di rischio, ai tuffi in
mare quando questo è in
tempesta, a quei giovani
che rientrano dalle discoteche con un tasso alcolico
molto elevato, a chi è solito
sporgersi sopra i precipizi
anche quando le rocce sono
bagnate e piene di muschio. Domande aperte.
16
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle Vao-t Iàldesi
VENEKDl 26 GENNAIO j, 26 CI
SERVIZIO MEDICO IN ALTA VAL CHISONE — Dal
colle del Sestriere occorre percorrere almeno 40
km per raggiungere l’ospedale più vicino: per ovviare a tale disagio, l’Asl 10 ha avviato un «progetto di integrazione fra le attività di emergenza
territoriale e di assistenza di primo livello». In
pratica in tutti i giorni prefestivi e festivi durante
l’orario di apertura degli impianti sciistici viene
assicurata la presenza aggiuntiva a Sestriere (nei
locali dell’ex municipio in piazza Fraiteve) di un
medico dell’emergenza sanitaria 118. Per le ore
in cui il medico 118 è assegnato al Colle, l’Asl 10
invia un secondo medico alla postazione di Pragelato al fine di garantire la Continuità assistenziale (ex guardia medica). Il servizio avrà durata
fino al prossimo 16 aprile e prevede 854 ore aggiuntive di presenza medica corrispondenti a un
costo complessivo per la stagione in corso a carico dell’Asl 10 di 25 milioni di lire.
VAL PELLICE: RIDURRE IL NUMERO DI ASSESSORI — L’entrata in vigore del nuovo testo unico
degli enti locali porterà entro breve a ridurre il
numero di assessori previsti dagli statuti di vari
enti pubblici; fra questi anche la Comunità
montana vai Pellice che attualmente ha 9 membri di giunta-che si dovranno ridurre a 7. È in
corso il confronto fra le forze politiche.
PARCO ORSIERA: DEIDIER CONFERMATO PRESIDENTE — Mauro Deidier, valchisonese presidente uscente del Parco Orsiera-Rocciavré, è stato
confermato nell’incarico dal Consiglio direttivo
del Parco riunito giovedì 18 gennaio; vicepresidente sarà il valsusino Mario Cavargna. «Proseguirà il lavoro per commissioni» - ha annunciato
il presidente che ha affidato till’ex vicepresidente
Luigi Cugno una delega per i progetti speciali Interreg. Olimpiadi, Docup. Fra le prossime iniziative la creazione di un «nodo ambientale» a Coazze e un campeggio a Pian dell’Alpe a Usseaux.
L’ASL CERCA FAMIGLIE AFFIDATARIE — L’Asl di
Pinerolo ha lanciato un appello per trovare cinque famiglie disponibili ad accogliere in affidamento temporaneo altrettanti pazienti affetti da
lievi problemi di salute mentale. Si tratta di persone fra i 30 e i 50 anni che potrebbero così uscire dagli istituti (e dalla solitudine) in cui si trovano. Le famiglie disponibili verranno contattate
per verificare l’esistenza delle necessarie motivazioni, della disponibilità reale e concreta a occuparsi giornalmente di queste persone. 1 pazienti saranno seguiti dai medici dell’Asl; ai privati andrà un rimborso da 800.000 a 1.800.000
mensili a seconda se l’affidamento sarà soltanto
diurno o anche notturno.
TORNA LA CIOV A RADIO BECKWITH — Nuovo ciclo di trasmissioni dedicate agli ospedali valdesi
e alla sanità sulle frequenze di Radio Beckwith
Evangelica. Martedì 30 gennaio alle 10,15 l’appuntamento è con il dott. Marco Trapani, sul tema «La broncopatia cronica»; il martedì successivo, 6 febbraio, sarà ospite in studio la dott.ssa
Ines Meineri su «Malattie della tiroide». La trasmissione va in replica ogni mercoledì alle 15.11
programma completo degli incontri è disponibile su Internet all’indirizzo: www.rbe.it.
CORSI DI SCI E SNOWBOARD — La Comunità
montana vai Pellice organizza due corsi; il primo
di sci al Rucas con inizio il 3 febbraio rivolto ai
bambini frequentanti le elementari e le medie
per tre sabati consecutivi per un totale di 6 ore di
lezione. 11 secondo corso, rivolto a bambini e
adulti principianti, sarà al Sestriere per quattro
domeniche consecutive dal 4 febbraio e riguarda
sci e snowboard. Le iscrizioni dovranno pervenire a Informagiovani di Luserna (0121-902603),
Cai-Uget Val Pellice diario Merlo 0121-59315) e,
limitatamente per i corsi di Sestriere, presso tabaccheria Passi di Cavour (0121-68222).
PEROSA ARGENTINA: UN ARRESTO — Verso la
mezzanotte di sabato 20 gennaio Michele Biscotti, 51enne di Torino, si è introdotto nella chiesa
di San Rocco in frazione San Sebastiano a Porosa. 1 carabinieri lo hanno fermato, sequestrando
anche il furgone Fiat Fiorino usato per il colpo,
mentre stava rubando tre quadri con raffigurazioni sacre del valore stimato di 20 milioni.
MOSTRA SULLA STORIA SINDACALE DELLE MINIERE DI TALCO — Ripercorrere, attraverso immagini e testi, il percorso di rivendicazioni che
ha caratterizzato negli anni l’attività sindacale
dei minatori della vai Chisone e Germanasca. È
questo l’intento di un’interessante mostra dal titolo «Storia sindacale delle miniere di talco. Appunti sulle lotte principali» che ha aperto i battenti martedì 23 gennaio nei locali del Centro rete di Perosa Argentina. La mostra rimarrà aperta
al pubblico fino al 4 febbraio dal lunedì al sabato
ore 17-19 e la domenica ore 10-12 e 17-19.
Torino: convegno della Confederazione agricoltori
La tutela del territorio
eli operatori agricoli possono svolgere un ruolo importante
soprattutto per la difesa dell'ambiente montano
DAVIDE ROSSO
Gli agricoltori, soprattutto dopo la recente alluvione che ha riguardato praticamente
tutto il bacino del Po, rivendicano un ruolo importante nella tutela e
nella manutenzione del
territorio, soprattutto
quello montano. Lo hanno fatto ancora recentemente in maniera forte
in un convegno nazionale, organizzato a Torino
dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia),
che aveva come tema
proprio «Agricoltura e
manutenzione del territorio», posizione condivisa da molti, a cominciare dai ministri dell’Agricoltura, Alfpnso Pecoraro Scanio, e dell’Ambiente, Willer Bordon.
«In Italia - è stato ricordato - se invece di investire negli ultimi 50 anni
più di 100.000 miliardi
per riparare danni causati dalle calamità si fosse
investito il 20% di quella
cifra per opere di manutenzione, si sarebbero limitati fortemente i danni
alle persone e le perdite
economiche», e in particolare se questi investimenti fossero fatti in prospettiva agricola il beneficio sarebbe in qualche
modo doppio. Infatti gli
agricoltori montani ricordano di essere non solo
dei giardinieri del territorio ma anche degli imprenditori che ovviamente devono mirare allo sviluppo e al potenziamento della montagna. Puntare quindi sullo sviluppo
e sull’incentivazione dell’agricoltura montana
sembra essere la ricetta
degli agricoltori di fronte
a un clima che diventa
sempre più a regime di tipo monsonico e per fare
questo passare magari attraverso una concertazione mirata tra i vari soggetti coinvolti nello sviluppo e nella manutenzione del territorio. Ma
occorre anche che l’agricoltura diventi di servizio
e multiforme, in grado
cioè di collaborare alla
pianificazione della ma
nutenzione del territorio
congiuntamente e al servizio degli altri soggetti
responsabili e per fare
questo necessariamente
sarà influenzata dalle
nuove tecnologie, anche
da quelle informatiche.
Quella descritta nel
corso del convegno di
Torino è un’agricoltura
che cambia, che si adegua ai tempi, che sperimenta. Certo in epoca di
Bse fa quasi paura pensare a un’agricoltura che,
come è stato detto, «sarà
sempre più influenzata
dalla biotecnologia e dall’ingegneria genetica» e
del resto stupisce (anche
se per la verità si stava dibattendo un altro tema)
che nel corso del convegno non sia quasi mai
emerso il problema della
«mucca pazza».
catecumeni di Pramollo visitano un monastero
Vita serena nella preghiera
MILENA MARTINAT
IL monastero delle suore di clausura a Pinerolo è grande e grigio. Si
entra e una monaca attraverso una grata dà la
chiave per aprire la porta
del parlatorio grande. Si
apre da soli e si entra:
una stanza decorosa, pulita, con un tavolo e delle
sedie e una parete con
una grande grata dorata.
Al di là 8 delle 17 monache ci aspettano. L’impatto nel vedere queste
donne al di là della grata
è forte, pare quasi irreale.
Ci presentiamo e anche
loro si presentano; i catecumeni restano un po’
interdetti e osservano, le
monache si raccontano
rispondendo alle domande. Noi siamo 4 (tre catecumeni e la pastora) loro
8 ma non sono, come è
luogo comune pensare,
tutte anziane. Le due più
giovani hanno poco più
di trent’anni e sono lì da
12 e 13 anni; un’ottantenne è lì da 54 anni. Alcune, prima di venire in
monastero di clausura,
facevano parte di ordini
di suore con ruoli attivi:
una era infermiera in un
ospedale, un’altra assistente sociale in una casa
per ragazze difficili. Parlano della loro vocazione
a vivere in clausura, a vivere di preghiera e meditazione e descrivono la
loro giornata fatta di lavoro, preghiera e silenzio: possono soltanto
parlare un’ora al giorno!
Sono serene, affermano. Non hanno né radio
né televisione. L’Osservatore romano e {’Avvenire
vengono letti soltanto
dalla madre superiora
che poi comunica o legge
le notizie principali alle
altre sorelle. Due addette
alla cucina e alle galline,
una sarta, un’infermiera.
Si esce soltanto per esami e visite mediche o per
ricoveri ospedalieri.
La tentazione. Una monaca la ammette; per esempio il desiderio di telefonare a casa ma poi in
se stessa comprende e
torna alle sue attività. Un
clima sereno, dicono,
anche se non usciamo
siamo vicine a tutti in
preghiera. Una grande
vocazione, dicono ancora. I catecumeni di Pramollo sono felici di averle incontrate seppur attraverso la grata, di aver
conversato con loro ma
non riescono a capire fino in fondo la loro vocazione a vivere per Dio
così fuori dal mondo.
Contributi regionali per le spese scolastiche
Il «buono» per le famiglie
Dal 29 dicembre scorso
gli istituti scolastici privati secondari hanno ottenuto la parità con quelli
statali. Il provvedimento
è stato emanato dal ministero della Pubblica istruzione, con il decreto dello
scorso dicembre, in base
a quanto stabilito dalla
Legge 62/2000, ponendo
fine all’era delle scuole
parificate e pareggiate,
per entrare in quella del
sistema formativo integrato della scuola paritaria. In linea con questo
provvedimento, nei giorni scorsi la giunta regionale del Piemonte ha ratificato il disegno di legge
sul contributo regionale
all’educazione scolastica.
Si tratta in pratica del
cosiddetto «buono» per le
famiglie che possono documentare un’incidenza
delle spese scolastiche
superiore aH’1% del proprio reddito e che non superino un reddito imponibile di 140 milioni. Il
contributo va dal milione
e 750.000 lire per le elementari e le medie ai 3
milioni per le secondarie.
Le famiglie con reddito
inferiore ai 50 milioni otterranno il rimborso del
100% e del 75% un reddito fra i 50 e i 100; sopra i
100 milioni il contributo
sarà del 50%. Dal reddito
complessivo si potranno
detrarre otto milioni per
ogni figlio. «Il prowedi
I Edificio scolastico di Prarostinol . ine
Arrivano fondi 20 l
per Tampliamento !,,
DANIELA GRILL
SI respira aria di novità alla scuola elementare e materna di
Prarostino, che vede il
via libera per un necessario progetto di ampliamento; dalla Regione
Piemonte è infatti giunta
conferma di un contributo pari a 90 milioni che
coprirà parte dei 280 milioni di spesa previsti per
la prima fase dei lavori.
La scuola di Prarostino
conta attualmente cinque
aule, più il refettorio e le
aule della scuola materna
nella parte bassa dell’edificio. Per adeguarsi alle
modifiche legislative che
innalzano il numero delle
classi elementari, e per
far fronte anche all’aumento dei bambini che
frequentano la scuola, è
necessaria la realizzazione di altre aule, oltre che
di un locale idoneo per la
mensa; inoltre si prevede
per il futuro la possibilità
di trasferire la scuola materna in un luogo più
adatto, con più luce e più
per lo SIS
DAVIDE
Oltre 20
investin
spazio. Nella prima fajj
dei lavori si prolunghe*
la parte superiore dell’J
dificio, costruendo
nuova aula e la struttnj
per una successiva; cosj
lavori futuri si complete* interventi di
quest’ultima e si sisS ne dell’alveo
merà la scuola materna. I danneggiati
«L’intervento suU’edijj ne di ottobre
ciò scolastico è priori^ rio pineroles
rio rispetto a tutti gli alu tenza del Me
- afferma il vicesinda® U Po (Maglsl
Armando Giay - non anj tratto di tori
pliarla significherebb] da Porosa Ar
perderla e di consegueii a Villafranca
za allontanare i bambiif tutto da reai
dal proprio paese: inve; l’autunno,
stire del denaro nel seti Questo è
tore scuola significa m inerso dall’ii
che investire sui ragaa ¡ecitato dall’
che in futuro abiteraiW zione pinen
a Prarostino, e sul lega! Comune di
me che hanno con il luci Comuni lim
go in cui vivono. Il piani avuto gioved
totale dei lavori si aggd con i rappre
sulla spesa di 600 milioj MagisPo. Ne
ni: è una sfida che dovi settimane i
necessariamente esseil varie ammii
portata a termine, sii quelli del M
con l’impegno deH’am; vederanno a
ministrazione comunali concordare
per cercare i contributi degli interve
sia con il sostegno del e quindi, dii
popolazione».
POSTA 1.,
Lo sviluppo nel Pinerolese
Reali, presi
sede centra
del MagisP
giungere al
dei progett
gnazione d
dei lavori,
più felice d
riodo di mai
arrivare a t
Anchi
Ci\
mento va incontro alle famiglie, per questo penso
che sia comunque positivo che lo stato si sia finalmente posto il problema
dei costi dell’istruzione,
ora obbligatoria fino a
quando i ragazzi hanno
15 anni - dice Elio Canale, preside del Liceo valdese di Torre Pellice -;
inoltre il fatto che il provvedimento preveda dei
contributi proporzionali
al reddito è comunque un
segnale di giustizia e favorisce sicuramente l’educazione fiscale del cittadino che, per ottenere un beneficio, deve comunque esporsi a un
controllo della propria dichiarazione dei redditi».
Forse è presto per tracciare un consuntivo di questi
legislatura, dei risultati positivi ottenuti e delle caren
ze emerse in alcuni settori. Il bilancio lo faranno gì
elettori la prossima primavera confermando l’impiaii-!
to riformatore del centro-sinistra oppure individuaido nelle promesse berlusconiane l’orizzonte peni’ simoautuni
governo migliore. j ammi
All’interno di questo scenario, tuttavia, non possi»! nerolesi pn
mo tacere, in questi anni, la crescita e lo sviluppo di contro per ì
Pinerolese, un’area che ha riscoperto la sua identità) clnesto fir
il suo ruolo senza precipitare nel trionfalismo sguai»
to. Attraverso il metodo della concertazione, presso-,
ché sconosciuto sino a qualche anno fa, il nostro terrij
torio ha saputo costruire un progetto di sviluppo culi
minato nel finanziamento del Patto territoriale. Unigirandola di miliardi che rappresentano il volano pei|
dare continuità a un confronto fra il pubblico e il pi
vato che ha prodotto risultati significativi e che costi-:
tuisce il tassello decisivo per evitare di rinchiudersi
nell’isolamento degli Anni 80.
Il Protocollo d’intesa sulla politica del turismo sti
lato recentemente dalle Comunità montane e i Comuni della pianura è un ulteriore passo che conferma un rinnovato protagonismo degli amministratori
locali nel cercare di cogliere le opportunità che inori
deranno il Pinerolese in vista dell’appuntamento
olimpico. La cultura del turismo, infatti, noni,
un’esercitazione accademica né un’operazione banalmente campanilistica. AI contrario, decolla se si
consolida una qualificata sinergia tra pubblico e privato e, soprattutto, se la politica locale è in grado i;
saper progettare il futuro senza limitarsi a gestito
l’ordinaria amministrazione.
Anche su questo versante si è fortemente affinatali
cultura progettuale degli amministratori locali gel
tando le premesse per un salto di qualità ormai non
più dilazionabile. Sotto questo profilo il capitolo dello
infrastrutture viarie e ferroviarie resta il nodo centralo
in vista di un reale decollo reticolare dell’intero terntorio. Ormai è chiara la scaletta degli interventi stradali che caratterizzano il Pinerolese nei prossimi itiO'
si. La recente legge sulle olimpiadi da un lato e il eronoprogramma dell’Ativa sulla realizzazione dell’auto’
strada Torino-Pinerolo dall’altro (dopo il decisivo rinnovo delle concessioni alle società autostradali) contengono i punti salienti del progetto viario pinerolese
I danni provocati dalla recente alluvione necessitano
di interventi altrettanto urgenti: dalla ricostruzion*
immediata di alcuni ponti all’indispensabile riptisl''
no del collegamento ferroviario tra Pinerolo e Torri
Pellice pur recuperando il progetto della Provino*
della cosiddetta metropolitana leggera. Anche s"
questo versante persistono molti punti critici neU^
geografia viaria del Pinerolese, ma i recenti cospW
stanziamenti della Provincia di Torino e la spinta d®
Patto territoriale inducono a pensare che con la pto*'
sima legislatura il mosaico sarà completato.
Esistono alcuni punti critici che necessitali*
un’adeguata e corrispondente azione politica. I
900 posti di lavoro creati dal finanziamento del Pad
territoriale non cancellano affatto le difficoltà
hanno caratterizzato il settore industriale del Pinal
lese in bilico fra i massicci processi di globalizzazioR
e la difesa, peraltro sacrosanta, degli attuali asse!
produttivi. La lista, comunque, sarebbe lunga, coff
plessa e articolata. Malgrado le difficoltà e i timo
che accompagneranno gli sforzi riformatori, non pO’
siamo tuttavia ridimensionare i passi in avanti eh®
Pinerolese ha compiuto in questi anni. Si tratta, ad®
so, di gestire questa fase con intelligenza, determio
zione e coraggio, sapendo che la via è tracciata.
Pinerol*
on. Giorgio Merlo
Le ferii
lesante ;
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loro dran
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Incontro tra amministratori e Magistrato del Po
20 miliardi per il Chisone
eli interventi necessari in seguito all'alluvione di ottobre
per la sistemazione dell'alveo da Porosa fino a Villafranca
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Lippo cé
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:o e il priche costi-;
chiudersi!
Oltre 20 miliardi di
investimenti per 17
interventi di sistemazione dell’alveo del Chisone
danneggiati dall’alluvione di ottobre nel territorio pinerolese di competenza del Magistrato per
il Po (MagisPo), cioè nel
tratto di torrente che va
da Perosa Argentina fino
a Villafranca Piemonte, il
tutto da realizzare entro
l’autunno.
Questo è quanto è einerso dall’incontro, sollecitato daU’amministrazione pinerolese, che il
Comune di Pinerolo e i
Comuni limitrofi hanno
avuto giovedì 18 gennaio
con i rappresentanti del
MagisPo. Nelle prossime
settimane i tecnici delle
varie amministrazioni e
quelli del MagisPo provvederanno a stabilire e a
concordare le priorità
degli interventi necessari
e quindi, dice l’ingegner
Reali, presidente della
sede centrale di Parma
del MagisPo, «si potrà
giungere alla redazione
dei progetti e all’assegnazione degli appalti
dei lavori, nell’ipotesi
più felice durante il periodo di marzo aprile per
arrivare a terminare le
opere nel corso del prossimo autunno».
Gli amministratori pinerolesi presenti all’incontro per altro avevano
chiesto fin dall’inizio
della seduta certezze circa l’attuazione degli interventi stabiliti vista
l’attuale situazione di
stallo dei lavori e in chiusura di incontro hanno
fatto presente la necessità di certezze anche
sulla futura programmazione dell’alveo dal parte
degli agricoltori che, come è stato ricordato,
scontano il problema del
danneggiamento delle
prese d’acqua oltre ai
danni causati dalla piena
di metà ottobre.
Intanto, mentre si aspetta che le parole rassicuranti del MagisPo si
trasformino in atti concreti gli amministratori
pinerolesi calano sul tappeto anche la carta della
concertazione in campo
operativo. La proposta
infatti, che viene dall’incontro di giovedì, è quella della creazione di un
tavolo, esteso a tutti gli
enti che abbiano competenza in materia di ripristino idrogeologico (e
quindi oltre ai Comuni
anche il MagisPo, la Regione e l’Autorità di bacino), per «concertare» insieme gli interventi da
farsi agendo in maniera
congiunta sul territorio e
tenendo conto delle varie esigenze che da questo emergono questo per
evitare di avere conflitti
burocratici o peggio ancora interventi che finiscano per danneggiare,
più che favorire, il ritorno alla normalità nel bacino del Chisone.
"\ÀLLI \ÀLDESI
__Le iniziative nel Pinerolese
Per la Giornata
della memoria
PAG. 13 RIFORMA
Per il Giorno della memoria, a Pinerolo si comincia venerdì 26, alle
16, con lo scoprimento
della lapide alla scuola
elementare «Anna Frank»
in via Serafino; alle 17
il ricordo si fa vivo con le
testirnonianze di Sergio Coalova, deportato a
Mauthausen, e Ferruccio
Maruffi, presidente regionale dell’Aned. Sabato
27, alle 16, dal municipio
partirà il corteo, accompagnato dalla banda musicale Ana di Pinerolo e
dalle letture di Guido Castiglia, con la deposizione della corona al monumento ex internati, in
piazza Marconi. Alle ore
16,30, nel salone della biblioteca civica Alliaudi di
via Cesare Battisti, ci saranno i professori Anna
Bravo e Fabio Levi, do
Incontro a Pinerolo per ricordare un martirio
Nazismo e Testimoni di Geova
A seguito della nomina, il 30 gennaio
1933, di Adolf Hitler a cancelliere della
Germania, ben presto i Testimoni di
Geova divennero uno dei primi bersagli della brutale repressione nazista. Lo
storico Brian Dunn identifica il furore
del nuovo regime nei confronti di questa comunità religiosa con tre ragioni
fondamentali: «L’internazionalità dei
Testimoni, la loro opposizione al razzismo, la loro neutralità nei confronti
dello stato». Dal 1933 Bibbie e altre
pubblicazioni vennero confiscate e
bruciate; diversi Testimoni vennero
picchiati, arrestati, licenziati dai luoghi
di lavoro. Nel 1938 erano già 6.000 i Testimoni imprigionati o internati, con la
loro riconoscibile uniforme completata dal triangolo viola. Molti furono torturati, molti morirono.
In occasione della «Giornata della
memoria», sabato 27 gennaio, alle 21,
all’auditorium comunale di corso Piave a Pinerolo vi sarà una serata dal titolo: «Incontro sulla persecuzione nazista delle minoranze religiose». Interverranno il prof. Antonio Berrò, il pastore valdese Alberto Taccia e Alberto
Bertone della Congregazione cristiana
dei Testimoni di Geova.
centi dell’Università di
Torino, con un incontro
sul tema «Fare memoria
della Shoah». Alle 21, all’auditorium «Medaglie
d’oro della Resistenza» di
corso Piave, è previsto un
secondo incontro su «I
Testimoni di Geova sotto
il nazismo». Domenica
28, alle 14,15, deposizione della corona al campo
sportivo «Luigi Barbieri».
Fino al 30 gennaio alla
scuola media Frignone
in via Einaudi è aperta la
mostra documentaria
«Deportazione» a cura di
Sergio Coalova {da lunedì
a venerdì ore 8,30-12 e
14-17; sabato 8,30-12).
La Comunità montana
vai Penice organizza la
proiezione del film La vita è bella per le scuole
elementari e medie, venerdì 26 alle 10, e superiori, sabato 27 alle 10. In
occasione del film, al cinema Trento interverranno Sergio Coalova e
Felice Malgaroli, ex deportati a Mauthausen. In
vai Chisone, venerdì 26,
ore 21, al Centro incontro di Porte si terrà un incontro sul tema «Non dimentichiamo», con Sergio Coalova e Ton. Rinaldo Bontempi; sabato 27,
al mattino, si partirà dalla villa comunale per arrivare intorno alle 10,30
alla scuola elementare,
che nel corso della cerimonia con la partecipazione della banda musicale, sarà intitolata al
partigiano portese Giuseppe Rossezza.
NELLE CHIESE VALDESI
INCONTRI TEOLOGICI DEL 1” CIRCUITO — Venerdì 26 gennaio, alle 20,30, alla Casa unionista di
Torre Pellice, incontro teologico su «Dire la salvezza agli uomini e alle donne del nostro tempo».
3° CIRCUITO — A Chiotti, venerdì 26, alle 20,30, assemblea di circuito.
ANGROGNA — Riunioni quartierali, alle 20,30: giovedì 25 a Buonanotte, martedì 30 al Martel.
BOBBIO PELLICE — Domenica 28 gennaio, culto in
francese; al pomeriggio, incontro dell’Unione
femminile. Martedì 30 gennaio, alle 20, riunione
quartierale ai Campi.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 26 gennaio,
concerto della corale e del coretto di Torre Pellice,
alle 21, nel tempio di San Giovanni, a favore di
quella chiesa. Domenica 28 gennaio, alle 10, culto
nel tempio, con assemblea di chiesa. Riunioni
quartierali: giovedì 25 gennaio a Fondo San Giovanni, lunedì 29 a Bricherasio, martedì 30 alle Vigne, mercoledì 31 ai Peyrot. Incontro dell’Unione
femminile, martedì 31 gennaio, alle 15.
PERRERO-MANIGLIA — Lunedì 29 gennaio, visita
pastorale alTEirassa, dalle 9,30.
PRALI — Mercoledì 31 gennaio, alle 20, riunione
quartierale a Giordano.
PRAMOLLO — Giovedì 25, alle 18,15, riunione dei
monitori al presbiterio: alle 20 riunione quartierale al museo dei Pellenchi. Sabato 27 alle 20,30, serata di diapositive sulla Bielorussia a cura dell’associazione «Il sassolino bianco». Martedì 30, ore
20,30, riunione quartierale a Garbe e mercoledì
31, alle 19,30, alla scuola Beckwith dei Bocchiardi.
PRAROSTINO — Domenica 28 gennaio, alle 9, culto
al Roc e alle 10,30, a Pralarossa.
SAN SECONDO — Riunioni quartierali ai Brusiti,
mercoledì 24 gennaio, a Cavoretto, martedì 30.
Mercoledì 31, studio biblico.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: martedì 23
ai Simound, venerdì 26 agli Appiotti, martedì 30
all’Inverso, venerdì 2 febbraio alla Ravadera. Lunedì 29 gennaio, studio biblico su Geremia 2,1-13.
VILLAR PELLICE — Domenica 28 gennaio, assemblea di chiesa sul consuntivo 2000 e il preventivo
2001. Riunioni quartierali, alle 19,30: lunedì 29
gennaio alla Piantà, venerdì 2 febbraio al Ciarmis.
VILLAR PEROSA — Riunioni quartierali: giovedì 25
gennaio ai Tupini, giovedì 1° febbraio a Vivian;
inizio alle 20,30.
VILLASECCA — Domenica 28 gennaio, assemblea di
chiesa sulle finanze, con elezione dell’anziano/a
di Riclaretto.
informazione pubbiicitaria —i
Anche l’Acea ha subito ingenti danni in seguito all’alluvione di ottobre
Cospicue ferite al territorio
Ci vorranno oltre 20 miliardi per ripristinare le opere andate distrutte
Le ferite al territorio inferte dalla
pesante alluvione dello scorso ottobre sono ancora evidenti in tutta la
loro drammaticità: ponti abbattuti,
strade devastate dalla furia delle acque, case non ancora ricostruite. Oltre allo sfascio evidente, il funesto
evento ha anche provocato una serie di danni ingentissimi anche se
non evidenziabili a prima vista.
Tra le aziende del Pinerolese
l'Acea, proprio per la sua natura di
erogatrice di servizi sul territorio, è
tra quelle che contano i maggiori
danni, alcuni dei quali ripristinati nei
primi giorni successivi all’alluvione;
per gli altri, invece, i tempi di ripristino sono inevitabilmente più lunghi.
I danni più evidenti sono stati quelli della condotta dell'acqua tra Inverso Rinasca e Pinerolo, che ha causato un interruzione del servizio di
acquedotto; non meno grave è stata
Inoltre l’interruzione del metano in
vai Chisone, dovuta alla mancanza
di erogazione del gas da parte della
Snam e alla rottura dell’attraversamento del torrente Chisone in corrispondenza del ponte Umberto I verso l’abitato di Rinasca. Questa situazio-ne ha richiesto nell’immediato
grossi sforzi economici da parte
dell’Acea. L’azienda infatti ha dovuto
ricorrere all’utilizzo di carri-bombola
per non lasciare gli abitanti e le comunità della vai Chisone al freddo e
senza cucina. Per coprire questo
servizio (il cui blocco è durato una
quindicina di giorni), la Acea ha speso per l’affitto dei carri-bombola circa 50 milioni al giorno.
Enorme è stato anche nei giorni
dell’alluvione l’impegno degli uomini
della Acea; per cinque giorni le squadre dei tecnici e dei manutentori Acea
hanno lavorato ininterrottamente giorno e notte per porre rimedio alla rottura della condotta tra Inverso Rinasca e Pinerolo, situazione che determinava l’interruzione del servizio
dell’acquedotto in gran parte del territorio di competenza Acea. Altro ingente danno è quello avuto dalla asportazione di un tratto di condotta,
sempre dell’acqua della dorsale Pinerolo-Frossasco nella zona dei pozzi della zona Tabona.
Agli interventi eseguiti per il ripristino provvisorio della funzionalità
degli impianti, così da garantire immediatamente il servizio all’utenza,
ne stanno seguendo altri con carattere definitivo, che richiederanno
grossi investimenti.
Il quadro riepilogativo dei costi sostenuti e da sostenere da parte dell’Acea, infatti, ammonta a circa 20
miliardi di lire. Un miliardo e 800 milioni circa sono i costi per gli interventi di emergenza; una voce consistente, oltre 7 miliardi, si ha poi nel
capitolo degli interventi di messa in
sicurezza sia di opere relative al gas
e all’acqua sia relative a quelle
dell’ambito di igiene ambientale.
Inverso Rinasca. Il torrente Chisone ha eroso le spallette
della passerella. Una parte della condotta esistente è ora sita a ridosso dei fabbricati Tecnomaiera distrutti dall’alluvione.
Bricherasio, Pozzi Ghiaie e San Grato. Il torrente Pellice
^3 allagato l'area: i fabbricati degli avampozzi sono stati in'^3si dall’acqua causando danni agli impianti elettrici, che
*^ùvranno essere completamente rifatti.
Fenestrelle, Rio Cordiera. Il rio ha eroso il suo fondo di
scorrimento. La guaina di protezione della condotta si trovava scoperta e danneggiata nel sup rivestimento; il tubo di
scarico del costruendo serbatorio é stato danneggiato. Devono essere eseguite la sistemazione delle sponde e la formazione di una briglia per il ripristino del fondo di scorrimento, oltre al rifacimento del tratto di scarico danneggiato.
Pinerolo, zona Tabona. Il Chisone ha asportato la statale
23. L’area pozzo è stata in parte asportata dalla piena del
torrente e ha causato l’inutilizzo del pozzo: bisognerà risistemare l’area e trivellare per un nuovo pozzo (spesa 600 milio
ni). La condotta è stata divelta per un tratto di circa 200 metri
e sono state demolite le camere di scarico per Pinerolo. Ora
la condotta dovrà essere spostata in una zona più sicura.
18
PAG. 14 RIFORMA
i E Eco Delle Aàlli ^àldesi
venerdì 26CENNAIoJ ^erd|26CS
SPORT
VERSO TORINO 2006
Un piccolo assaggio di Olimpia
di nel prossimo fine settimana a
Pinerolo: allo stadio del ghiaccio
saranno di scena pattinaggio artistico e hockey. L’obiettivo è, ancora una volta, avvicinare i giovani
agli sport del ghiaccio (e della neve), con gli atleti chiamati ad essere di volta in volta atleti e spettatori. «L’iniziativa - spiega Eros Gonio, coordinatore del progetto - è
stata allargata alle scuole elementari e medie e alla disciplina del
curling». Sono annunciati a Pinerolo i migliori atleti italiani al di
sotto dei 18 anni provenienti da
Trentino e Veneto oltre a due partite di hockey femminile di serie A:
sabato alle 18,30 e domenica alle
12,30 si confronteranno le piemontesi All star e il Bolzano. Gare
di pattinaggio sabato mattina e
pomeriggio e domenica mattina.
HOCKEY GHIACCIO
Scarsi risultati per le squadre pinerolesi di hockey su ghiaccio impegnate nell’ultimo fine settimana. La All star Piemonte under 19
è stata travolta ad Alleghe dalle Civette locali per 13-1 (rete del solito
Simone Ottino) mentre la squadra
femminile impegnata in serie A a
Fassa è stata superata per 3-0 al
termine di un incontro ben giocato a dimostrazione dei miglioramenti in atto nella squadra di Pilon. Nel giorno dell’apertura ufficiale del palaghiaccio di Pinerolo,
l’under 16 riesce ad agguantare un
pareggio per 2-2 con i Mastini Varese in formazione rimaneggiata.
Non ha giocato invece il Valpellice
di Chiaretti in C amatoriale; il
prossimo appuntamento è per domenica 28 gennaio alle 20 a Pinerolo contro il Courmayeur.
TENNIS TAVOLO
Fermi i campionati sono di scena i tornei regionali giovaniii; al
Gran Prix di Alba Stefania Ghiri e
Paolo Geuna hanno ottenuto un
buon terzo posto mentre Matteo
Pontet e Alessandro Bosio si sono
fermati nelle qualificazioni. Nel
torneo under 21 ottimo terzo posto per Mauro Cesano mentre Simone Odino nell’under 18 si è fermato alle qualificazioni. In settimana riprendono i campionati;
sabato 27 la CI sarà in trasferta a
Saint Vincent, la C2 a Ciriè e la
squadra «A» della Dia Rivoli.
CALCIO
Dopo un campionato condotto
quasi sempre in testa il Pinerolo
viene raggiunto dal Trino; domenica scorsa i biancoblù sono stati
surclassati a Possano per 3-0; la
contemporanea vittoria del Trino
a Saluzzo ha consentito ai vercellesi di raggiungere il Pinerolo al
comando, con 32 punti. Insegne il
Giaveno-Coazze. Domenica a Pinerolo arriverà la Novese.
VOLLEY
Il Body Cisco Pinerolo perde a
Voltri; la sconfitta arriva al tie
break, segno di una partita giocata con impegno ma i liguri erano
alla portata dei pinerolesi sesti
ma avvicinati dal Borgomanero.
Nelle serie minori l’uncler 15 femminile del 3S Luserna ha superato
per 3-2 il Cerotti Pinerolo, il 3S Pinerolo ha perso per 0-3 dal Val
Noce e 1-3 dal Casati Torino.
Sconfitto il 3S Pinerolo anche in
campo maschile: neli’under 15 i
pinerolesi sono stati superati per
3-0 dal Kappa Torino; unica vittoria invece dai ragazzi dell’under
20: il 3S Pinerolo ha superato il
Moncalieri per 3-0.
L'Agess gestisce congiuntamente le piste di Pinerolo e Torre Pellice
Aperto il Palaghiaccio di Pinerolo
Finalmente. Dopo tanti
anni e molte vicissitudini, il Palaghiaccio di Pinerolo ha ottenuto l’agibilità a seguito del sopralluogo della Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo. E così sabato pomeriggio il sindaco, Alberto Barbero, e
l’assessore allo Sport,
Clement, hanno potuto
aprire ufficialmente le
porte al pubblico. Il sindaco ha ricordato le tappe che hanno portato alla
costruzione dell’impianto, le difficoltà, le prospettive. Perché rimpianto appena aperto,
che oggi ha una agibilità
per circa 2.100 spettatori,
dovrà aumentare la propria capienza in vista
dell’evento olimpico del
2006. Questa pista e quella nuova di Torre Pellice
dovrebbero costituire un
vero e proprio «distretto
pinerolese» dell’hockey.
E la collaborazione è già
avviata: l’Agess (agenzia
per lo sviluppo locale della vai Pellice) oggi gestisce entrambe le strutture,
cercando di razionalizzare e armonizzare l’attività
(prezzi uguali, apertura
concordata in considerazione di gare e allenamenti). Se sarà così anche in futuro potremmo
avere una sene maggiore
(è un’ipotesi che circola
proprio in questi giorni)
di hockey maschile e
femminile a Pinerolo e le
giovanili a Torre Pellice.
Anche i lavori in funzione
olimpica dovrebbero realizzarsi in modo da avere
sempre, a livello pinerolese, una struttura aperta
fra Torre Pellice e Pinerolo. Per Pinerolo c’è anche
un’ulteriore buona notizia: i lavori per la piscina
sono praticamente ultimati, si tratta di trovare
ora le modalità di gestione. L’apertura per il periodo pasquale sembra
un obiettivo concreto e
raggiungibile.
La X edizione della rassegna di musica popolare
La Sardegna per «Tacabanda»
Inizia il prossimo 27
gennaio, con un concerto
di canti a tenores della
Sardegna centro-settentrionale nella chiesa di
Santa Maria a Bricherasio, la decima edizione di
Tacabanda, rassegna di
musica popolare in vai
Pellice promossa dalla
Comunità montana in
collaborazione con i Comuni e la Pro Loco di
Bobbio Pellice, e coordinata sotto il profilo artistico e tecnico dall’associazione «La Cantarana»
di Pinerolo.
La manifestazione conserva il suo carattere itinerante sviluppandosi in
6 serate, in altrettanti Comuni della vallata, con
un biglietto d’ingresso
che resta invariato, a lire
10.000. Si inizia però con
uno spettacolo a ingresso
libero, un concerto di sicura suggestione per 1’
impatto unico che offrono le quattro voci maschili della polifonia a tenores, caratterizzata dalla timbrica gutturale dell’accompagnamento di
bassa e contra, che con la
ripetizione di formule
non-sense (bim-bo-ro,
bi-ram-bai...), costruiscono un tessuto sonoro
su cui spiccano la voce
solista {boché) e quella di
contrappunto (mesa boché); tecnica arcaica, ma
ancora oggi coltivata con
passione nella Barbagia,
in provincia di Nuoro, da
cui proviene il tenore de
Oniferi, che presenterà il
suo ultimo disco, «Su
banzigu» (La culla).
Per gli appassionati del
canto corale, che raccoglie un particolare interesse in vai Pellice, ci sarà
un’altra ghiotta occasione di ascolto nella serata
conclusiva, a Torre Pellice, il 17 marzo, dove si
esibirà L’Escabot (il gruppetto), un insieme di recente costituzione composto da 9 voci miste delle valli Stura e Grana, in
un repertorio rigorosamente occitano.
A Lusernetta (3 febbraio), musiche per due chitarre con Masero, coppia
di strumentisti di Bourgen-Bresse, nella Francia
centrale, dallo stile originale, misto di influenze
diverse, tra flamenco,
blues e jazz manouche:
una nuova tappa di un
percorso che ha portato
alla rassegna in passato
vari chitarristi, rappresentativi di scuole e tecniche diverse. Dopo un
intervallo di due settima
ne ecco due serate di musica piemontese dedicate
alla presentazione di due
nuove incisioni discografiche: domenica 25 febbraio a Luserna San Giovanni La Lionetta di Torino propone il suo nuovo
album, «Ottoni & Settimini», che inaugura un nuovo corso di un gruppo
che ha già oltre vent’anni
di vita alle spalle.
Sempre legati alle proprie radici alessandrine,
tra Langhe e Monferrato,
sono invece i Tre Martelli, che a dispetto del nome sono in sei e formano
un insieme strumentale
e vocale di grande effetto: con «Car der Stelli» il
gruppo allarga la propria
sfera di azione a Biellese e Canavese. Non poteva mancare, infine, una
puntata in terra d’irlanda: nella nuova sala polivalente di Villar Pellice il
10 marzo, entra in scena
una giovane band emergente di Dublino, Calicò,
due violini, cornamusa,
chitarra, bouzouki e voce, un nuovo Cd, il secondo, all’attivo, uno stile vibrante e coinvolgente, grande virtuosismo
strumentale e stile sospeso tra tradizione e nuovi
scenari espressivi.
A Pinerolo
I concerti
del «Gorelli»
Quarta edizione della
stagione concertistica del
civico istituto Gorelli di
Pinerolo; siamo dunque
di fronte a una iniziativa
che si consolida e che
quest’anno godrà anche
di una cornice compietamente ristrutturata: l’ex
chiesa di San Giuseppe,
ora sala concerto dedicata a Italo Tajo, ha riconquistato tutto il suo
splendore ed è veramente un luogo ideale per
manifestazioni culturali.
Un restauro durato un
decennio che restituisce
ai pinerolesi un edificio
che contiene anche tre
tele valorizzate dall’intervento della Sovrintendenza ai Beni artistici del
Piemonte. L’ex chiesa
venne acquisita dal Comune di Pinerolo dopo
che nel 1977 venne meno
l’attività della «Casa del
fanciullo» e di conseguenza, per disposizione
dell’allora vescovo Giachetti la chiesa di San
Giuseppe cessò di essere
«officiata». Dopo l’acquisto l’amministrazione comunale decise la destinazione a sala concerti.
La stagione concertistica è iniziata venerdì scorso con l’ottetto «Fiatinsieme» e prosegue il 26
gennaio con un duo per
pianoforte a quattro mani
quando Daniela Carapelli
e Maura Venturino presenteranno musiche di
Antonio Dvorak, Robert
Schumann, Ferruccio Rosoni e Johannes Brahms.
Entrambe le musiciste
sono docenti di pianoforte al conservatorio «Giuseppe Verdi» di Torino:
collaborano dal 1987. La
rassegna musicale andrà
avanti, ogni venerdì, alle
21 (precise, sottolineano
gli organizzatori) fino al
20 aprile; l’ingresso ai
concerti è gratuito.
25 gennaio, giovedì
TORRE PELLICE: Alle 15,30, per l’Unitrè, nella biblioteca della Casa valdese, concerto con Giovanni
Doria Miglietta al pianoforte: Listz, Bach, Chopin.
27 gennaio, sabato
PINEROLO: Al teatro Incontro, alle 21, «Katharina»,
della compagnia «Instabile Quick». Ingresso 15.000.
CUMIANA: Alle 21, alla sala incontri Carreña, va in
scena «Mia zia, ia baronessa...», della filodrammatica
ex allievi salesiani. Replica domenica 28, alle 15,30.
TORRE PELLICE: Nella sede dell’associazione «Libera officina», via Angrogna 20, laboratorio per bambini e adulti sull’uso dei frammenti industriali, il mosaico, dalle 16 alle 18.
PINEROLO: Alle 21, alla chiesa valdese, via dei Mille,
verrà proiettato il film «Zona 18 limón Guatemala»,
documentario di un prete scomodo, don Piero Nota.
VILLAR PELLICE: Alle 20,30, nel tempio, proiezione di diapositive di Luca Jourdan su «Ciad, immagini
e parole di un’Africa dimenticata».
28 gennaio, domenica
PINEROLO: Al teatro Incontro, alle 16, al compagnia «Pandemónium Teatro» di Bergamo presenta «I
tre porcellini», ingresso lire 6.000.
30 gennaio, martedì
PINEROLO: Alle 21, all’Accademia di musica, concerto del pianista vincitore della XVII edizione del
concorso internazionale di musica Città di Pinerolo.
1" febbraio, giovedì
CANTALUPA: Al Centro culturale, in via Chiesa 73,
alle 21, conferenza su «biotecnologie e manipolazioni
genetiche: esiste un problema etico'?», con Ermis Segatti, teologo, e Gian Enrico Rusconi, dell’Università
di Torino. Ingresso libero.
TORRE PELLICE: Nell’atrio del Centro culturale, fino al 31 marzo, una finestra su «Angoli di memoria.
Achitettura rurale nelle valli Chisone e Germanasca».
TORRE PELLICE: Nella biblioteca della Casa valdese, alle 15,30, conferenza di Piero Ferrerò su «Viaggio
nel teatro napoletano».
2 febbraio, venerdì
PINEROLO: Al Centro sociale di via Michele Bravo
incontro su «Terra madre», saccheggio della natura e
dell’ambiente sotto il peso della globalizzazione.
TORRE PELLICE: Alle 21,15, al teatro del Forte, va
in scena «Avrei bisogno di una controfigura», con Federico Bianco. Ingresso lire 15.000, ridotti lire 12.000.
Istituto «Alberti» di Luserna
Quaderni e cd-rom
sulla Resistenza
Abbiamo scritto la settimana scorsa del prossimo congresso dell’Anpi e
dell’impegno degli ex
partigiani nel trasmettere, soprattutto nelle scuole, la memoria e l’attualità della Resistenza. Un
felice esempio di questa
collaborazione ci viene
da alcune classi dell’istituto Alberti di Luserna
San Giovanni che, coordinate dai loro insegnanti
Luigi Bianchi e Marisa
Falco, hanno concluso
una ricerca triennale con
la produzione di un cofanetto che contiene 6 quaderni multimediali sulla
Resistenza e 2 cd-rom. 11
lavoro rappresenta la seconda fase del progetto
«Scuola e territorio», dopo la pubblicazione della
«Guida turistica multimediale» sulla vai Pellice
realizzata nel 1998.
Il primo quaderno presenta alcuni momenti di
celebrazioni e di vita scolastica, dall'8 settembre al
Bagnoòu, da Pontevecchio al Ticiun e a Montoso, ai canti del Gruppo
teatro Angrogna; gli altri
quaderni, dopo una introduzione storica e geografica di riferimento,
raccontano le esperienze
vissute dai partigiani e
dalla popolazione nell’intreccio tra i ricordi dei
protagonisti e i riscontri
documentali, presentando alcuni percorsi e rifugi dei «ribelli». L’ultimo
quaderno, «Partigiani in
cattedra» riporta le testimonianze dirette di molti
protagonisti, ospiti dell’
Alberti, attraverso la formula dell’intervista registrata combinata con la
lezione di storia e alcuni
manoscritti inediti.
Tra i molti enti privati e
pubblici che hanno reso
Il comandante Favout
possibile questo lavoro, i
ragazzi ringraziano anche quanti, con la vendita della guida sulla vai
Pellice, hanno reso possibile un «autofinanziamento»: da Sergio Benecchio, gestore del bar
Sport e della «biblioteca
di quartiere» di Torre, alla tabaccheria Benech, ai
gestori dei rifugi Jervis e
Barbara. Determinante la
collaborazione dei partigiani: dai presidenti Anpi
di Torre Pellice e Luserna, Giulio Giordano e
Renzo Sereno, al comandante Paolo Favout, al
comandante Vittorio Rostan, al maestro Edo (Edgardo Paschetto), al pioniere Gustavo Malan, alla
«sempre presente» Maria
Airaudo, alla prof, guerrigliera Marisa Diena, al
poeta Minor (Franco Pasquet), al comandante
Meo (Luigi Demaria), al
combattivo Miccu (Bartofomeo Long), al ciabattino-tipografo Giuseppe
Senestro, al pastore Franco Davite, al vitale garibaldino della lOS" Piero
Giachero, al dinamitardo-sabotatore Iso Martinet e a molti altri che troviamo con emozione nelle pagine dei quaderni.
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Errata
Per un errore di battitura, nell’articolo «Pronti
i nuovi minialloggi» relativo all’Asilo valdese di
Luserna San Giovanni
{Riforma n. 3 del 19 gennaio, pag. 13), il numero
telefonico dell’Asilo risulta errato. Anziché 0121900282 si tratta del 0121900285. Ce ne scusiamo
con i lettori e con l’Asilo.
do fermi e p
muovendosi
ne, anche se
caso del papa
Vorrei soj;
Chiesa roma
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peregoica» e
va, e incorni!
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cano/sprivano*
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net gran simpatia, mi permetto importunarvi ancora una
volta per dirvi in breve come
vorrei la Chiesa cattolica nel
prossimo pontificato. Vorrei
anzitutto che il pontefice
viaggiasse meno, prerché si
può cambiare la storia restando fermi e poco combinare
muovendosi in continuazione, anche se non è questo il
caso del papa polacco.
Vorrei soprattutto che la
Chiesa romana incominciasse a essere meno madre «superegoica» e onnicomprensiva e incominciasse a scoprire'quant’è bello essere chiesa
sorella di tutta Tumanità,
non madre severa dei cattolici e matrigna di tutti gli altri:
mi piacerebbe, sempre dal
mio punto di vista laico interessato al fatto religioso, una
chiesa sorella di tutti i cristiani e amica di tutti gli altri
uomini, non meno uomini se
non battezzati, mettiamocelo in testa a tutti i livelli religiosi e culturali: se si dice da
parte cristiana che Iddio
vuole tutti salvi, perché poi
tante muraglie, tante esclusioni e insuperabili preclusioni? È forse anche questo
un mistero della fede, come
l’inferno e il perdono divino,
inconciliabili ma entrambi
predicati?
Che la madre diventi sorella è, per prendere a esempio
il campo umano, desiderio di
ogni madre dolcemente oblativa; che la madre chiesa diventasse sorella chiesa sarebbe, penso, una bella svolta di
questo millennio che se vuol
vedere ancora un fiorente
cristianesimo deve vederlo
operare e sentire in piena
apertura verso tutti, e rinunciare a pretese oggi obsolete
di verità dogmatiche e rigidità pseudomorali, che una
(giusta in sé) battaglia per la
vita, che di continuo travalica
verso settori che non dovrebbero esserle pertinenti, tramutandosi in oppressione
della vita di chi vive e vorrebbe serenamente.
Non è questione di sfumature soltanto, poiché la «sorellanza» porta a maggiore
disponibilità e comprensiva
tolleranza, mentre una rigida
maternità spesso possessiva
e nevrotizzata dal proprio
stesso intollerante ipermoralismo conduce a sterilità e
diffidenza delusa in chi s’era
rivolto a lei. Un pizzico di
psicoanalisi si può a volte
applicare anche agli organismi morali e religiosi. Il «su
per-io» intransigente, avvisa
Freud, è carnefice e soffoca
la 'vita dell’io.
Le rivendicazioni di superiorità e di verità totale di recente esibite e ripetute non
rendono un buon servizio a
quella chiesa che si vuole
servire con questi mezzi tridentini oggi assolutamente
anacronistici, sgraditi, stonati rispetto alla coscienza collettiva, e quindi producenti
l’effetto contrario allo sperato, non adesione ma distacco, non simpatia e interesse
ma diffidenza e disinteresse.
Le altre fedi, tutti gli uomini,
vogliono (ed è un loro diritto) un autentico rispetto senza prediche dogmatiche, manichei moralismi, senza sentir parlare di eresie e di apostasie e di ritorni all’ovile
previa l’abiura ancora richiesta; già i termini esibiscono
una bilancia sbilanciata:
apostata è chi si stacca e
convertito chi, staccandosi
da altre fedi, va a Roma.
Oggi si sta riesumando tutto il lessico che avevamo creduto sostituito da un altro più
aderente ai tempi, ma la chiesa romana crede di difendersi
così, senza pensare che la miglior difesa per essa è l’amore
che rispetta l’amato. Gli atti
del Concilio erano pieni di
questa esigenza, che aveva risollevato a dismisura la credibilità cattolica e acceso speranze di vero dialogo subito
raggelate. Bene aveva fatto il
suo pilota a impadronirsi della voltairiana tolleranza che è
molto più evangelica deU’intransigente «si quis dicat...
anathema sit»; senza tolleranza non c’è dialogo se non
per finta; sì, si possono fare
belle marce della pace, inviti
per aprire porte sante (giustamente declinati, a questo
punto), ma tutto ciò sarà applicare pannicelli caldi.
Il dialogare non deve essere tendenzioso, non deve
cioè tendere a una forzata
unione tra rispettive differenze teologiche dallo scambio delle quali c’è più da apprendere che dal loro azzeramento, differenze formatesi nel tempo, e che nel
tempo lungo certo si configureranno ancora diversamente: e deve smettere di
pensare che l’unità sia condicio sine qua non per la salvezza delle anime. E, per finire, se ci si decidesse in casa cattolica ad affrontare temi come Fobbligatorietà del
celibato sacerdotale, della
confessione auricolare, del
sacerdozio alle donne, quella chiesa non andrebbe certo
all’indietro ma molto avanti.
Almeno, così mi pare.
Fortunato Micate- Messina
5278
Non si può certo dire che il
gusto e l’amore per la musica
organistica sia molto diffuso
nella nostra patria. Da anni (o
decenni?) la Rai non trasmette
più veri e propri concerti d’organo, una volta regolarmente
irradiati, anche se il fatto di esiste programmati solo di domenica conferiva loro una certa
aura di doverosa sacralità; questa invece non c’entra per
niente; molta musica per organo è infatti squisitamente concettistica e «laica».
Oggi troviamo di tanto in
tónto sparuti e isolati brani per
organo nella massa di musica
sinfonica e cameristica della Filodiffusione. Ricordo per contro
di aver seguito, anni fa, con
Stónde interesse una trasmissione in prima serata della Tv svizzera italiana, nella quale si spiegavano in modo chiaro e completo, con un linguaggio comprensibile anche ai non compe
tenti, la costruzione e il funzionamento di un organo a canne.
Lo spunto per queste non liete considerazioni mi giunge da
un opuscolo gentilmente recatomi da persona amica, che illustra il Museo dell’organo situato
a Roche, non lontano da Montreux, in Svizzera. La collezione
di organi, dai più minuscoli ai
«pezzi grossi» delle sale da concerto, è situata in una grandissima fattoria del XV secolo (monumento storico); il «pezzo» più
antico è in realtà il rifacimento
in scala esatta di uno strumento
creato nel 246 a.C. ad Alessandria d’Egitto. Il più grande è un
organo da concerto del 1934
(2.700 canne) che per molti anni fu utilizzato a Radio Losanna.
Ai visitatori sono fomite opportune spiegazioni da guide competenti; a chi ne ha la capacità
è consentito suonare l’organo
che più interessa. A quando
qualcosa di simile in Italia?
Il consumismo è ambiguo e intrigante, ma non possiamo
Riflessioni su «mucca pazza»
PIERO ROnAGNO
Osservazioni di amici al mio articolo apparso su Riforma del 1° dicembre scorso sulla questione «mucca
pazza», mi hanno indotto ad alcune riflessioni per chiarire, soprattutto a me
stesso, certi aspetti di quel discorso. Mi
sono anche posto il problema se queste riflessioni fossero veramente utili e
se fosse utile condividerle. La motivazione più seria e onesta che ho trovato
è: non si sa mai!
La situazione in cui ci troviamo a "vivere, con i problemi, semplificando, del
buco nelTpzorio e della mucca pazza,
non dipende (solo) da uomini cattivi
che pensano unicamente al proprio tornaconto, ma è determinata dal nostro
consumismo. Il consumismo è ambiguo e intrigante. Girare la chiavetta del
gas, ascoltare un cd, scrivere queste note con ùn personal computer e inviarle
attraverso le linee telefoniche, percorrere 100 km in automobile per acquistare
il prodotto biologico che non mi farà
ammalare, sono azioni del tutto ordinarie ma che presuppongono consumo di
energia e produzione di scarti, quindi
hanno un impatto ambientale.
Si tratta, come sempre, di compiere
delle scelte ma ognuno di noi ha un
suo metro di giudizio e, di solito, il
consumismo del "vicino è enormemen
te più biasimevole e pericoloso del nostro. I problemi causati dal corisumismo si sono ormai cronicizzati. È tardi
per dire «scusate* ci siamo sbagliati,
torniamo alla civiltà agricola». Soprattutto non servirebbe. Ecco dove e perché nasce l’esigenza di definire il rischio accettabile. Questo non vuol dire
che dobbiamo abbandonare ogni precauzione, tutt’altro! Dobbiamo però
evitare di creare falsi problemi e perdere tempo per risolverli.
Torno ancora una volta ai temi della
«mucca pazza» e degli organismi geneticamente modificati. Quando si dice
che la causa di tutto è aver alimentato i
bovini con farine di carne, si dice cosa
sicuramente esatta se riferita a una non
corretta tecnica di smaltimento dei nostri rifiuti alimentari, ma fuorviante se
si riferisce a un comportamento giudicato non etico; equivale a dire che la
causa dell’Aids è il sesso. Una frase come «incrociare un salmone con una
fragola è contro natura» pronunciata a
una cena fra amici, dopo il terzo bicchiere, è accettabile; un po’ meno in
bocca al ministro delle Risorse agricole
durante una trasmissione televisiva.
Forse dovremmo utilizzare la forte
scossa che ci stanno procurando gli avvenimenti di questi giorni per imparare
a documentarci di più seguendo gli sviluppi delia scienza e pretendendo che
tornare alla civiltà agricola
e dintorni
la ricerca scientifica sia talmente libera
e pubblica da non essere assoggettata
al volere delle multinazionali; rifiutando ogni guerra di ogni religione, anche
quelle di tipo «alimentare». In una parola «partecipare»; senza, tuttavia, imporre il nostro modello di comportamento come unico possibile.
Per temi come l’eutanasìa o la cosiddetta clonazione penso che prima di affrontarci sul terreno dei nostri singoli
convincimenti dovremmo batterci affinché a chiunque sia assicurata la possibilità di scelta, in piena libertà e autonomia. Dobbiamo rifuggire dalla tentazione di quello che io chiamerei il «rischio
invadenza»; il rischio di considerare, per
esempio, la nostra etica «l’etica» toutcourt. Ci pensano già altri in questo momento in Italia... E per questo che, anche se comprendo la soddisfazione di
Sergio Rostagno [Riforma del 5 gennaio)
per i risultati della Commissione Dulbecco, tremo all’idea di quale potere di
condiziónamento può esercitare sul
Parlamento quella che in commissione
è stata minoranza. Termino con una frase di A. Polito [La Repubblica del 5 gennaio) che mi è sembrata tanto degna di
meditazione da permettermi la scorrettezza di estrarla dal contesto: «Tentare
di sostituire una verità politica preconfezionata a una verità scientifica ancora
da accertare è molto infame».
€ Errori di stampa
Ho letto che l’importante
quotidiano inglese The Guardian ha istituito una specie di
garante per il lettore con l’incarico di dare la caccia agli
errori (e soprattutto agli strafalcioni) contenuti nelle sue
pagine e poi, con autoironia
e quello che fu chiamato
umorismo british, li ha raccolti in un volume intitolato
Correzioni e chiarimenti. Un
amico esperto di computer
mi ha spiegato che la moderna tecnologia in certi casi
prende la mano all’esecutore
e io non ne dubito perché un
computer non so nemmeno
accenderlo. Però, aggiunge
quest’amico, ci sono errori
umani di cui la macchina
non ha colpa.
Libri, giornali, riviste, testi
di ogni genere oggi hanno un
numero crescente di refusi
dovuti a chi opera e non alla
tastiera. Il più comune e irritante è un altro scritto con
l’apostrofo: un insegnante o
un’insegnante non l’hanno
mai spiegato bene o non è
mai stato imparato? Anche
nei nostri fogli evangelici
(guardiamo in casa nostra,
non di fuori) si sono sempre
verificati sbagli o grovigli di
parole non subito decifrabili.
Ricordo un caso da far arrossire il «divin» marchese De
Sade; altri sono semplicemente spassosi, a esempio la
chiesa che riunisce il suo Coniglio. È vero che in ogni comunità si può trovare un coniglio, così come (da noi e
dappertutto) si trova ogni altro esemplare della varia fauna umana, ma non è ciò che
quel bollettino voleva dire.
Nei nostri ambienti coloro
che si occupano di ogni tipo
di carta stampata sono in più
serie faccende affaccendati
che non farsi le pulci addosso, spesso hanno tempi stretti ma talvolta riparano una
svista, e poi fanno credito al
lettore che molti errori li individua da sé e li corregge.
Eppure sarebbe simpatico
se, senza fare un libro come il
Guardian, qualcuno ricordasse con arguzia una gaffe
grave o curiosa (propria, non
altrui), mentre qualcun altro
senza l’apostrofo potrebbe tirare le orecchie con garbo e
senza acidità a chi manda da
pubblicare «pezzi» pasticciati
(magari come questo). Una
certa leggerezza dell’essere
dovrebbe essere sostenibile,
via, se non si pretende di appartenere stabilmente alla
compagnia di giro di coloro
che «non potendo far di meglio, fecero un capolavoro»
(Anatole France). A tutti buona scrittura (e lettura)!
Renzo Turinetto -Torino
iS
Disagio mentale
Ho molto apprezzato l’articolo di Erika Tomassone sul
disagio mentale pubblicato
sul n. del 19 gennaio, soprattutto per il coraggio di porre
il problema apertamente. Rilevo però un pericolo; quello
della superficialità. Nelle nostre comunità "vi sono fratelli
e sorelle che vivono nel disagio, così come nell’esperienza pastorale può capitare di
incontrare persone che si avvicinano a una nostra comunità e che soffrono di problemi simili, magari definiti altrimenti; la riposta che diamo
è però generalmente pasticciata: si pensa che la parola
«accoglienza» e una pacca
sulla spalla siano la medicina
adeguata e sufficiente.
Mi domando invece se l’articolo della past. Tomassone
non potrebbe offrirci uno
spunto per aprire un dibattito
su temi antichi e dimenticati,
ma non per questo risolti, come la preghiera di intercessione, la realtà dei racconti di
miracolo (soprattutto di guarigione) e i doni dello Spirito
Santo, senza delegare tutto alla diaconia («pesante» o «leggera» non importa) e allo
scientismo più o meno consapevole con cui di solito guardiamo al tema della malattia.
Gregorio Plescan - Ivrea
ir L'Utilità
del lezionario
Da alcuni anni conosco di
Un giorno, una Parola e devo
dire francamente che ho molto apprezzato questo dono
della parola biblica, anche se
spezzettata. Ogni anno per le
feste di Natale-capodanno
prendo l’occasione per regalare qua e là ad amici questo
libretto e devo dire che esso
sta suscitando, anche tra gli
amici cattolici, una notevole
sorpresa e un valido aiuto per
ogni giorno. Prima di tutto
per la ricchezza dei passi biblici sia dell’Antico sia del
Nuovo Testamento, e poi della frase commento che, come
testimonianza, fa da riflessione moderna al testo biblico.
Chi ha poco tempo al mattino
per pregare e chi, la sera, vuole avere un attimo di silenzio
dopo la fatica della giornata
davanti al Signore, alla sua
Parola, trova qui un aiuto.
Condivido la perplessità di
Claudio Tron sul fatto di
estrarre delle frasi dalla Bibbia... Certamente la lectio
continua di un libro con il
suo commentario può essere
più consona e più giusta secondo la tradizione dei commentari: tuttavia questo è un
incentivo per riprendere
quando sarà possibile un libro intero della Bibbia. Tuttavia apprezzo la spiegazione
che ne ha dato il prof. Paolo
Ricca e penso alla frase di
Hans Urs von Balthasar; «Il
tutto nel frammento», quasi a
esempio delie pericopi che
vengono presentate; ci si accorge di averne a sufficienza
per un giorno o forse anche
per più giorni.
Oreste Fabbrone
frate cappuccino, Chatillon
Nuovo Innario
La Commisssione operativa per il Nuovo Innario
comunica agli organisti e
direttori di coro delle nostre chiese che, per una
svista, è stato apposto un
solo bemolle In chiave
all’inno 118; pertanto, pur
scusandosi per l’omissione, li invita a scrivere un
bemolle sul 2“ spazio in
chiave di basso e sul 4“ in
chia’ve di violino.
Religione
di stato
Chiedo alla Federazione
delle chiese evangeliche in
Italia, tramite Riforma, di farsi interprete presso il presidente Ciampi del malcontento dei protestanti italiani per
la carenza di laicità nei suoi
discorsi di fine anno, dai
quali parrebbe desumersi
che esista tuttora, nel nostro
paese, una religione di stato.
Mirella Argentieri Bein
Torre Pellice
Errata
Nell’indirizzario allegato al
calendario «Valli nostre 2001»
compare un errore relativamente all’indirizzo di posta
elettronica del pastore Giuseppe Anziani (via Giovanni
Canna 18, 28921 Verbania,
tei. 0323-403912). L’indirizzo
corretto è: anzianipaganotti@libero.it
Cfi L'Esercito
della Salvezza
in Russia
Dall’articolo del The St. Petersburg Times (riportato nel
n. 8 del settimanale Internazionale) risulta che le meritorie attività dell’Esercito della
Salvezza in Russia sono ostacolate gravemente da leggi
discriminatorie imposte dalla
Chiesa ortodossa allo stato
[se ne parla anche a pag. 3
del n. 2 di Riforma del 12
gennaio, ndr].
Una sospensione delle attività assistenziali dell’Esercito
della Salvezza avrebbe «conseguenze gravissime per i poveri e i diseredati», afferma
l’articolo, e stando così le cose
mi pare inevitabile constatare
che lo scarso ecumenismo di
certe circolari vaticane sia
ben poca cosa in confronto
all’atteggiamento degli ortodossi della Russia nei riguardi
degli altri cristiani. Non mi
consta che le sullodate circolari (che certo non difendo)
abbiano conseguenze nefaste
per gli ultimi della Terra.
Enzo Robutti - Roma
Sottoscrizione
prò alluvionati
La sottoscrizione indetta
dalla Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, a seguito delle alluvioni in Piemonte e in Liguria, ha superato i 30 milioni di lire. Facendo seguito
al primo versamento di 15
milioni, sono stati inviati
ulteriori 10 milioni alla
Casa valdese di Vallecrosia
e 5 milioni alla Chiesa metodista di Intra per il progetto di Casa di accoglienza per immigrati.
Nev
notizie evangeliche
agenzia stampa
della federazione
delle Chiese
evangeliche in Italia
e-mail:
fed.evangelica@agora.stm.it
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20
PAC. 16 RIFORMA
Villaggio Globale
venerdì 26 GENNAIO 200]
V
La celebrazione si svolgerà nella «Gedàchtniskirche» di Berlino domenica 4 febbraio 2001
Culto di apertura del Decennio ecumenico «Vincere la violenza»
Il 4 febbraio 2001, nella «Gedàchtniskirche»
di Berlino, si terrà un culto che segnerà l’apertura del Decennio «Vincere la violenza», proposto dal Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec). Pubblichiamo qui di seguito una traduzione della versione francese dell’ordine del
culto, che è stata adattata per essere utilizzata
nelle parrocchie e nei gruppi locali. Ogni chiesa è quindi invitata a farne liberamente uso,
adattandola alla propria situazione.
(Traduzione dal francese di J.-J. Peyronel)
Introduzione
Il Cec ha lanciato un appello ad osservare
un Decennio «Vincere la violenza» dal 2001 al
2010, insieme all’Unesco che ha proclamato
questi stessi anni «Decennio internazionale
per una cultura della pace e della nonviolenza a favore dei bambini del mondo». 11 Decennio si rivolge a tutti e chiama ciascuno:
• a non tollerare più la violenza distruttrice;
• a trovare il coraggio di chiedersi in quale
misura le nostre parole e i nostri atti favoriscono la violenza;
• a manifestare segni che indichino come si
può vivere insieme in modo nonviolento nelle chiese, nei movimenti e nei gruppi;
• a sperimentare metodi che permettano di
risolvere i conflitti in modo nonviolento;
• a impegnarsi attivamente al servizio della
pace, del dialogo interculturale e dell’intesa
tra i popoli.
Molte chiese, gruppi e parrocchie hanno
deciso di partecipare al Decennio. Questo
sarà lanciato domenica 4 febbraio 2001 a Berlino, nel quadro della sessione del Comitato
centrale del Cec, con questa celebrazione
ecumenica. Le chiese e parrocchie locali sono
invitate ad adattare questa liturgia secondo i
loro bisogni e le loro possibilità.
Saluti
Fratelli e sorelle in Cristo,
siamo riuniti per un momento di pausa,
per prendere coscienza della nostra appartenenza al movimento ecumenico mondiale. In
tutto il mondo sta crescendo l’inquietudine
per la violenza in continuo aumento che oppone individui, popoli e religioni. Ogni giorno ci giungono notizie di guerre e informazioni concernenti la violenza fatta alle donne,
ai bambini e agli stranieri. La costante brutalità dei video, dei film e della televisione ci induriscono. Siamo sconvolti dagli eventi violenti che si verificano intorno a noi, nei nostri
quartieri e nelle nostre regioni. 11 Consiglio
ecumenico delle chiese chiama ad osservare
un Decennio «Vincere la violenza» a partire
da quest’anno. Questa celebrazione segna
l’inizio della nostra partecipazione a questo
Decennio. Siamo invitati a costruire una nuova cultura della pace.
La violenza assume molte forme, le sue vittime e i suoi autori sono diversi. 11 Cec ci propone di porre al centro di questa celebrazione i bambini, le sofferenze che patiscono per
via della violenza diretta o indiretta, spirituale o strutturale.
Quelli che sono vulnerabili, i piccoli, quelli
che non hanno né voce né sostegno, non
contano nella società dei potenti che viene
rafforzata dalla mondializzazione dell’economia. Gesù si è opposto a questo tipo di logica.
Durante questa celebrazione, nomineremo
dei bambini che soffrono e daremo loro un
volto. 1 cristiani e l’intera società devono ricordarsi i nomi di coloro che subiscono i’ingiustizia. Durante questa celebrazione, ascolteremo il lamento delle vittime, prenderemo
coscienza della nostra propria partecipazione
alla storia della violenza. Poi ascolteremo il
messaggio del perdono che ci libera dalla nostra complicità con la violenza e ci incoraggia
a diventare messaggeri di pace, a manifestare
segni di vita per vincere la violenza per mezzo di una catena di luce.
Preludio musicale
Benedetto sia il nostro Dio, ora e sempre e
nei secoli dei secoli. Amen.
Lamento
Signore, ricordati
L’oppresso non'sia più disonorato
L’oppresso non sia più disonorato
Signore, alzati
Signore, alzati
Processione con la croce e con candele
Lamento musicale
Durante la musica viene portata una candela per ognuno dei bambini che verranno nominati durante la celebrazione. A Berlino, i
nomi dei bambini morti in seguito a violenze
saranno pronunciati nel corso, di una veglia
che avrà luogo alla vigilia della celebrazione.
Alcuni dei bambini verranno nominati a questo punto della celebrazione. Verranno menzionati il loro nome, il loro paese e la causa
della loro morte. L’assemblea dirà il responso.
È importante mostrare la diversità degli aspetti deUa violenza che subiscono oggi i bambini.
Responso dell’assemblea
dui e nazioni a volere possedere ciò che non
gli appartiene.
Padre, perdona
Di fronte all’avidità che sfrutta il lavoro
umano e spreca le risorse della terra.
Padre, perdona
Di fronte alla nostra invidia del benessere e
della felicità altrui.
Padre, perdona
Di fronte alla nostra indifferenza nei confronti delle situazioni angosciose che vivono i
prigionieri, i senzatetto, i rifugiati.
Padre, perdona
Di fronte alla lubricità che usa come oggetti
i corpi di uomini, donne e bambini.
Padre, perdona
Di fronte all’orgoglio con il quale poniamo
la nostra fiducia in noi stessi e non in Dio.
Padre, perdona
«Siate benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonatevi a vicenda come anche
Dio vi ha perdonati in Cristo» (Efesini 4,32)
Dio di misericordia, ricordati di questi
bambini
Inno (Salmo 130)
Annuncio del perdono
Ascoltiamo la buona notizia:
Lettura di Efesini 2,14-17 e di Isaia 52,7
(Durante questo inno viene portata una
Bibbia e l’icona di Santo Stefano)
Amen
Inno (Dona nobis pacem)
Lettura del libro degli Atti: Atti 7, 54-8,1
Appello al pentimento
«Si è udita una voce a Rama/ un lamento,
un pianto amaro;/ Rachele piange i suoi figli;/ lei rifiuta di essere consolata dei suoi figli,/ perché non sono più» (Geremia 31,15)
Lamento musicale
«Ecco, io grido: Violenza! E nessuno risponde;/ Imploro aiuto, ma non c’è giustizia!»
(Giobbe 19,^)
Larnento musicale 5
«RicòMàtìdhe*iÌ nèitìicò ha oltraggiato il Signore/ e ch,e un popolo stolto ha disprezzato
il tuo npmé./ Non àbbandona;re alle bèlve la
vita dèlia tua tortora,/non dimenticare pei*
sempre il gregge dei tuoi poveri afflitti!/ Abbi
riguardo al patto,/ poiché'i iubghi tenebrosi
della terra spno^piefil di" di viòieni;a./
L’oppresso nÒri se ne^fbM cÒii|fuso;/fa’'cheli '
rniserb è H pòvèfb fddiflòil'ìtìq nome./ Ergiti,
o Dio, difendi la tua éad*iiàl»*(Smmo 74,; 18-22) '
Signorei^rieoidatii ,3-^ -0 ?• !
Saulo, il futuro apostolo Paolo, era con coloro che hanno lapidato Stefano, il primo
martire cristiano. Assistendo a quel delitto,
Saulo era convinto di compiere un’opera santa e buona. I cristiani portano la pesante eredità di una storia durante la quale hanno partecipato alla violenza o l’hanno tollerata passivamente, con le migliori ragioni. Capita che
vittime e oppressi diventino a loro volta dei
boia. A volte siamo noi ad iniziare atti di aggressione, di violenza, di intolleranza, 0 a ferire gli altri, o ad esserne i testimoni passivi e
ad approvarli.
Fratelli e sorelle in Cristo, potremo vincere
la violenza solo se prenderemo coscienza della violenza che si nasconde in ognuno di noi.
Questo riguarda la maggior parte di noi. Nèl
silenzio cerchiamo di nominarla.
. Inno di confessione
Due chiese, una a Coventry (Gran Bretagna), l’altra a Berlino (Gedàchtniskirche), sonò statè bombardate dtirante la seconda ,
guerra mondiale. Con, un gèsto di riconciilq-:,
ziohe notevole, i tedeschi, hanno aiutato a ricòsfruiré la cattedrale di,Cov^ntry e, fino ad
og^, fiéile due chiese, ogni venerdì, a mezzo,- ,
giorno vìehe détta iupà'preghiera. Il responso
; èofiàpileghierà di ÌGesu: «P^dre, perdona»,..
' rii “fiònté all*odio,che,porta la dÌYÌ?Ì9i)e tra,
le’hàiióni, lè'étnie; le cl^^sj;sociali : , ., ; j, i,. j : 1
l^‘j^^i^fe,^èfdÒTia \ ili iiM 0 o:.yr ;
Di Ifrontè alla ciipidigia che spinge: indivi-'
grande misericordia, abbi pietà di loro, da’ loro il desiderio del pentimento; cambia la loro
vita affinché non periscano per causa nostra,
ma che per tua grazia trovino la salvezza.
Ti preghiamo inoltre di avere pietà di noi;
proteggici con la potenza del tuo braccio e liberaci dalla loro cattiveria e dalla loro oppressione.
Te ne preghiamo. Signore onnipotente,
ascoltaci, abbi pietà di noi.
Kyrie eleison
Signore nostro Dio, Dio di compassione,
Dio d’amore, vedi i nostri cuori mancanti di
amore e di unità, imprigionati nelle spine
deH’odio e del peccato. Che una goccia della
grazia del tuo Spirito Santo cada su di noi affinché produciamo un raccolto abbondante
di atti di bontà e che viviamo insieme
nell’amore e nell’unità. Per la grazia del tuo
Spirito Santo, fa’ sciogliere l’odio che abita in
noi e riscalda il nostro cuore con la fiamma
del tuo amore e con l’amore del prossimo. Ti
imploriamo. Signore di ogrii bontà, ascoltaci,
abbi pietà.
Kyrie eleison
Padre Nostro
Lettura dell’Evangelo: Matteo 5,43-48
(Eventuale predicazione)
Preghiere per i nemici (tradiz. ort. orientale)
O Cristo, nostro Dio, tu hai pregato per coloro che ti hanno crocifisso, e chiedi a noi,
tuoi servitori, di pregare per i nostri nemici, di
perdonare a coloro che ci odiano e ci opprimono. Signore, per la tua grazia e per il tuo
amore per l’umanità, cambia le loro vite affinché, anziché commettere il male e atti di cattiveria, essi si mettano ad amare il loro prossimo e a condurre una vita piena di bontà. Che
nessuno di loro perisca per causa nostra, ma
che possiamo piuttosto essere salvati insieme
per mezzo della penitenza. Te ne preghiamo:
Signore, ascoltaci, abbi pietà di noi.
Kyrie eleison
Aiutaci Signore a ubbidire, nella misura del
possibile, al tuo comandaménto di amare i
nostri nemici e di fare del bene a coloro che ci
odiano. Te ne preghiamo: Tu che sei la conipassione, trasforrna le astuzie dei nostri nemici in atti di amore e di riconciliazione; volgi i
■ loro pensieri verso di te e verso la tua santa
, chie^, affinché non periscano commettendo
il male. Te ne preghiamo,. Signore di ogni
compassione, accoltaci,, abbi pietà di noi,
Kyrie eleison , . : ’ ' .
Signore, così Comé Stefàno, il tuo primo
' martire, ha ptegàto per Colóro che lo stavano:,
uccidendo, sanché noi veniamo a te nella preghièra è con' lui ti' iniplofiamo: Signore, Dio,
del soccorso e della sollecitudine, nbn cpntat^
1 re il peccatò dèi nemici che ci odiano.e ci op- /
pribiono, rtik petdònaslofb seconjdo la tua
Inno
Visione di pace
In comunione con quello che vivono le vittime della violenza,
insieme sul cammino che Gesù Cristo ci indica,
forti della testimonianza dei nostri Padri e
Madri nella fede
siamo uniti,
siamo riconciliati.
Ci diamo coraggio gli uni agli altri per mezzo della croce del Cristo.
Con tutta la comunità ecumenica delle
chiese,
ci impegniamo a lavorare per una cultura
della nonviolenza,
a vincere la violenza che incontriamo nella
nostra vita quotidiana.
Insieme, siamo portati dalla visione della
chiesa una
del popolo di Dio in cammino.
Un popolo che contesta ogni separazione
di razza, di sesso, di età o di cultura
che si sforza di operare per la giustizia, la
pace e la salvaguardia del creato.
Troppi bambini hanno subito la violenza!
Aspettiamo ardentemente la venuta del
giorno in cui si realizzerà la profezia di Michea: «Dalle loro spade fabbricheranno vomeri, dalle loro lance, roncole; una nazione
non alzerà più la spada contro l’altra/ e non
impareranno più la guerra» (Michea 4, 3).
La croce del Cristo è il rifugio di coloro che
sono afflitti e feriti,
è fonte di riconciliazione,
è il luogo in cui tutti siamo uniti gli uni agli
altri con il legame della pace.
La potenza della croce porrà dei limiti alla
violenza e la trasformerà.
Diremo insieme una vecchia preghiera della tradizione ortodossa etiopica.
Uniremo le nostre voci a quella dei cristiani
di.ogni tempo e di ogni luogo, nel movimento
ecumenico mondiale.
Ci impegniamo sulla via della croce e chiediamo la forza di camminarci.
Affermazione
La croce
duti.
La croce
La croce
La croce
La croce
La croce
La croce
La croce
La croce
La croce
è il cammino di coloro che sono per
è il bastone degli zoppi,
è la guida dei ciechi,
è la forza dei deboli,
è la speranza dei disperati,
è la libertà degli schiavi,
è l’acqua che annaffia i semi,
è il vestito di colui che è nudo,
è la guarigione dei feriti,
è la pace della Chiesa.
Inno
Amici del Cristo, siete invitati ad impegnarvi personalmente a favore della riconciliazione. Quali sono i passi che Dio vi chiede
di fare oggi per costruire la pace? Durante
l’inno siete invitati a venire vicino alla croce
o all’icona di Santo Stefano e ad esprimere il
vostro impegno ad aita voce o in silenzio. Seguendo la vostra tradizione, potete o toccare
la croce o venerare l’icona di Santo Stefano.
Riceverete una croce della Liberia; è fatta di
una pallottola che è stata trasformata in una
croce, uno strumento di violenza diventato
segno di salvezza. Che questa croce vi accompagni e vi ricordi ciò che Dio attende da
voi durante questo Decennio.
Ascoltiamo l’apostolo Paolo; «Se uno è in
Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutti questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha
affidato il ministero della riconciliazione» (II
Corinzi 5,17-18)
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