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Anno 126 - n. 39
5 ottobre 1990
L. 1.000
Sped. abbonamento poetale
G'uppo II A/70
In caso di mancato reca;nio rispedire
a : casella postale - 10066 forre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DAI CULTI MATTUTINI DEL SINODO
Cogliere Vattimo,
vivere il tempo
« Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte
le tue forze, poiché nel soggiorno dei morti, dove vai, non c’è
più né lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza».
(Ecclesiaste 9: 10)
Questa parola dell’Ecclesiaste ha tutte le caratteristiche del
« carpe diem »; c'è la concentrazione sull’afferrare il presente,
ma c’è anche la dichiarazione che il futuro appartiene al non
senso e alla morte; cioè c’è l’invito a cogliere il senso della
vita ora, senza rimandare a domani, a un domani che chissà
per quale motivo dovrebbe essere meglio dell'oggi.
«Cogli l’attimo fuggente» può essere anche una parola empia, non tanto netta versione un po’ vecchia del « Godi quel poco che c’è da godere nella vita perché presto tutto finirà », ma
nella versione verso cui sembra dirigersi il nostro testo, cioè nella questione del costruire tu un senso che la vita non ti può
dare. Questa versione empia del « carpe diem » è quella dell'attivismo, della produzione, di una visione economica della
vita, per cui tu sei costretto ad acquisire maggiori livelli di
sicurezza sociale nell’angoscia, nella convinzione che il futuro
non porta niente e che quindi il presente si presenta così
com’è e tu devi afferrarlo con tutte le tue forze perché questa
è l’unica dimensione della vita e tu sei ciò che riesci a costruire,
ciò che gli altri non ti strappano e che tu, viceversa, riesci a
strappare alla vita degli altri.
Questa visione negativa del cogliere l'attimo fuggente è il
contesto stesso della nostra vita. Netta vita non c’è niente di
gratuito, non c'è nulla che si possa ricevere, produci tu, in
assenza della dimensione del dono!
Però c’è anche un’altra possibilità di leggere il nostro testo;
ed è la possibilità della speranza e della grazia di Dio. Possiamo vedere in questo testo un « carpe diem evangelico ». Mi
viene in mente il discorso di Gesù sulle sollecitudini ansiose:
non ti preoccupare del domani perché il domani sarà sollecito di se stesso, ma invece cerca anzitutto il Regno di Dio.
La pienezza della vita non è nell’ordine del produrre, del conquistare, del durare, del resistere, dell’avere, ma è nell’ordine
dell’essere, e netta Bibbia l’unico essere che ha un senso è
l’essere ricevuto, l’essere donato, è la scoperta di ciò che ricevi.
Secondo quest’altra visione una vita betta e piena non è
una vita appagata e goduta di straforo oggi, perché domani
la morte porta via tutto, ma una vita bella è quella che scopre
oggi quel senso e quella grazia che un domani avranno invece
la loro pienezza.
Quindi, secondo questa visione, c'è la possibilità di non
assumere il « carpe diem » della rimozione, cioè di non sfuggire al domani, ma di costruire tu il domani; c’è la possibilità
di cogliere, di discernere quella realtà che Dio ti fa la grazia
di dischiuderti nel tempo detta tua vita. Insamma, quando
l’Ecclesiaste dice: « Fai con tutte le tue forze quello che la
tua mano trova da fare », dice anche che ognuno di noi ha
davanti a sé una manciata di anni e che questo tempo detta
nostra vita, che è limitato, è però tutto quello che noi abbiamo
per comprendere, scoprire la grazia di Dio, e che questo tempo è sufficiente.
E’ in questo tempo che ci è dato di scoprire che Dio dà alla
vita degli uomini e dette donne, ma anche alla vita dell’intera
terra un senso della pienezza che la morte non può annientare. L’affermazione che netta morte non ci sono più progetti,
né sapienza, né lavoro, cioè quelle azioni che caratterizzano
la nostra vita attiva, non è una minaccia, ma è l’affermazione
consapevole di chi ha capito che netta morte riposiamo in Dio;
che non è più affar nostro, che non dobbiamo più agire, non
dobbia.mo più pensare, ma è Dio che pensa a noi; la morte
che porta via tutto è la serena consapevolezza di chi, come
l’Ecclesiaste (basta leggere tutto il capitolo che precede il
nostro versetto} ha esaminato la vita, ha visto che ci sono i
giusti che soccombono e i malvagi che prosperano, ma coglie
la realtà della vita e vede come è possibile discernere l’irruzione
delle cose di Dio e di quello che Dio compie; e allora non
sprecate questa vita — questo è l’annuncio che viene dal
nostro testo —; non mancate l'occasione preziosa dei vostri
anni per fare con tutte le vostre forze ciò che è alla vostra
portata.
Questo tempo detta nostra vita (non ha importanza quanto
duri, trenta, cinquanta o settant’anni) è l’unico tempo che abbiamo, ma è anche sufficiente per rendere lode a Dio. E’ possibile che questi anni non siano un’occasione mancata, ma siano il luogo, il posto in cui, con libertà, possiamo servire Dio
e gli uomini con tutta la disponibilità, l’energia, la fantasia
che ci saranno date.
Maria Bonafede
I
tempo della divisione è finito.
Le due Germanie, fino a ieri
divise, sono oggi uno stato
unico, uno stato più protestante e
meno ricco (il prodotto nazionale
lordo è passato da 19 mila a 16
mila dollari per abitante).
E’ l’ora della gioia e della festa,
ma anche della paura. Per questo
le campane delle chiese, protestanti e cattoliche, non hanno tutte
suonato a festa, come il cancelliere Kohl ha chiesto. Gioia e festa
per una giornata particolare ■— il
3 ottobre — in cui finalmente è finita per i tedeschi la seconda guerra mondiale, ed oggi possono ritrovarsi in un unico stato. La divisione è stata il prezzo che i tedeschi hanno pagato agli orrori
della seconda guerra mondiale.
Una guerra non come tutte le altre. Una guerra combattuta dal
mondo contro chi — il nazismo ■—
voleva imporre un nuovo ordine
mondiale. Una guerra che è costata milioni di vittime nei campi di
battaglia e nella quale si è consumato il massacro di ebrei e zingari in nome della presunta superiorità della razza ariana.
Per questi orrori i tedeschi hanno pagato.
Il 3 ottobre è anche una giornata di paura. L’unificazione non
avviene all’insegna di un atto di
presa di coscienza di quanto era
stato fatto — come chiedevano
gli ebrei tedeschi, il congresso
ebraico europeo e gli esponenti
della « chiesa confessante » di
Bonhoeffer — ma di voluta rimozione del passato. I tedeschi
si vogliono vedere forti e ricchi da subito, l’unificazione è
stata fatta all’insegna del marco.
Non esistono, per ora, atteggiamenti revanscisti, né tendenze patriottiche pantedesche che siano
preoccupanti, ma è indubbia la
diffusa rinascita di uno spirito nazionale che assegna un nuovo ruolo storico alla Germania nell’Europa e nel mondo.
Per questo le campane di molte chiese non hanno suonato.
Lo stato che nasce sarà protestante. La nuova Germania
unita nasce infatti dal lavoro
di opposizione e di creazione di
spazi di democrazia che le chiese
protestanti dell’Est hanno saputo
compiere in questi 40 anni. Nasce anche dall’opera di riconciliazione che numerosi protestanti dell’Est e dell’Ovest hanno svolto
perché, nonostante muri e difficoltà, i credenti si ritrovassero uniti
in una chiesa che si è voluta sempre unica. Il nuovo stato lo si deve
anche a quei pastori protestanti
che hanno accettato, all’Est, di diventare sindaci, parlamentari, ministri, assumendosi difficili compiti politici perché questa transizione, e in tempi così brevi, fosse
possibile. Ma domani cosa sarà di
loro?
Lo si deve anche a quegli altri
pastori e membri dei consigli di
chiesa che in questa situazione
hanno preferito restare al loro
posto, continuare a fare i pastori e i monitori nelle loro chiese. A quei credenti che dal pulpito e nelle riunioni hanno cercato
di spegnere quel fuoco che loro
stessi hanno attizzato qualche tempo fa a Dresda con le manifestazioni per la pace, e ricordano ora
che i tedeschi dell’Est sono come
gli ebrei all’uscita dall’Egitto; so
Dal 3 ottobre 1990 la Repubblica democratica tedesca ha cessato di esistere.
E* nato un nuovo stato che si chiama
Repubblica federale di Germania. Ha la
stessa Costituzione, ha lo stesso cancelliere, Helmuth Kohl, lo stesso presidente, Richard Weizsdcher,
della precedente Repubblica federale.
Il nuovo Parlamento sarà eletto il 2 dicembre
E nato
uno Stato
protestante
L’apporto protestante nelle file della CDU di
Kohl può causare profondi mutamenti politici
no nel deserto. Un deserto che ha
la faccia della disoccupazione massiccia, di un futuro incerto. Lo si
deve a quei vecchi credenti dell’Ovest e dell’Est che ricordano
oggi ai giovani che non sono nati
il 9 novembre del 1989, il giorno
dell’apertura del muro, e che la
storia non può essere dimenticata
nella costruzione del futuro.
Anche nei numeri lo stato sarà
protestante. Finora, all’Ovest, la Chiesa cattolica
e la Chiesa evangelica si equivalevano; 27 milioni di aderenti ciascuna. Oggi, con la nuova Germania, i protestanti diventano 35 milioni e i cattolici 28 milioni. Intendiamoci, non c’è concorrenza,
più di tanto, tra le due confessioni. Professori cattolici e protestanti insegnano insieme nelle facoltà
di teologia e l’ecumenismo è una
cosa seria, vissuta in una ricerca
di fedeltà al messaggio evangelico.
Il prevalere dei protestanti non
scatenerà guerre sul piano sociale,
ma potrebbe avere importanti riflessi sul piano politico.
La CDU (l’unione democristiana) occidentale è in mano ai cattolici e la cultura politica di Kohl
ne è un chiaro segno. La nuova
CDU nazionale vedrà però l’ingresso massiccio di protestanti.
Lothar de Maizière, leader della
CDU orientale e primo ministro
della RDT, è anche il vicepresidente del Sinodo delle chiese
evangeliche.
1 protestanti tedeschi non hanno
finora mai visto nel partito « cristiano » l’unico loro partito e non
hanno mai chiesto ai loro fedeli di
votare « cristiano ». L’ingresso nel
partito di un numero consistente
di protestanti porterà comunque
rilevanti cambiamenti nella politica del divorzio, dell’aborto, della tutela della famiglia.
In Germania cresce la secolarizzazione, molti oggi si fanno
cancellare dalla lista dei credenti, specie all’Est. Appartenere
alla chiesa e pagare la tassa ecclesiastica non è più una sfida al regime.
In questa nuova situazione però
i protestanti sono più « attrezzati » e si pongono, per il ruolo
svolto, come la guida « spirituale » della nuova Germania. Dalla
loro hanno poi la scoperta di
« una nuova militanza politica ».
La realizzano nella CDU, ma
anche nella SPD, tra i Verdi.
Le chiese evangeliche si apprestano a svolgere un ruolo trasversale di confronto sui problemi, a
partire da quelli della « giustizia,
della pace e della salvaguardia del
creato ».
Propongono un’ottica politica
nuova, una proposta paneuropea
(a livello ecclesiastico è la proposta del Sinodo europeo) e non di
semplice integrazione comunitaria.
Avremo perciò in Germania democristiani più protestanti e più
protestanti in politica. E questo
— per il ruolo che la Germania
eserciterà — non potrà non riguardare anche la politica nel nostro
paese.
Giorgio Gardiol
Grave attentato alia Cooperativa tipografica dei battisti
di Altamura (Bari).
Nella notte del 2 ottobre
ignoti hanno fatto esplodere
delle bombe nei locali della
cooperativa, provocando ingenti danni. Sconosciute le
cause di questo grave e preoccupante atto.
A pagina 4 un primo servizio ed una dichiarazione del
pastore Paolo Spanu, presidente dell’UCEBI.
Sulla Germania vedere ancora:
a pag. 3 un nostro servizio
su Berlino;
a pag. 12 preoccupanti sintomi di un clima di restaurazione circa la legge sull’aborto.
2
commenti e dibattiti
5 ottobre 1990
UNA PROPOSTA DAGLI USA
il
Columbus day
La fama di Cristoforo Colombo non ha superato
l’esame della storia; ed oggi sappiamo che egli non scopri rAmerica più di quanto il capo indiano Pocaonte
abbia scoperto la Gran Bretagna. Gli indigeni americani
avevano dato vita ad una grande civiltà nella quale si
muovevano milioni di persone, assai prima del tempo in
cui Colombo vagava sperduto nei Caraibi.
Il viaggio di Colombo ha per l’America del Nord un
significato ancora minore di quanto non ne abbia per
l’America del Sud, perché egli non posò mai il piede sul
nostro continente e non lo aprì ai commerci con l’Europa. I vichinghi provenienti dalla Scandinavia avevano già
stabilito alcune basi da queste parti neU’XI secolo, ed
è possibile che pescatori britannici abbiano battuto le
spiagge canadesi decenni prima di Colombo.
Il primo esploratore europeo di cui sia possibile documentare una visita nel Nord America fu l’italiano Giovanni Caboto, il quale navigava al servizio di Enrico VII
re d’Inghilterra (in America lo conosciamo come John
Cabot). Questi giunse nel 1497 e pose il Nord America
sotto la sovranità inglese, mentre ancora Colombo andava in cerca delle Indie nel mar dei Caraibi. Dopo tre
viaggi in America e più di 10 anni di studi. Colombo pensava ancora che Cuba facesse parte dell’Asia, che l’America del Sud fosse soltanto un’isola e che le coste dell’America Centrale non fossero lontane dal Gange.
Vista l’impossibilità di cantare le esplorazioni di Colombo come una grande scoperta, alcuni apologeti si affannano oggi a celebrarle come im incontro di cidture.
Di Colombo essi fanno un genio illuminato, capace di
g^uardare di là dal suo tempo nello sforzo appassionato
di cercare e di capire, la verità storica è, anche in questo caso, un’altra.
A differenza di ciò che comunemente si pensa, non fu
Colombo a provare che la terra è rotonda. Le nazioni civilizzate lo avevano acquisito da secoli. Lo scienziato
greco-egpziano Eratostene, che lavorava ad Alessandria e
ad Assuan, aveva già nel III sec. a. C. misurato il diametro e la circonferenza della terra. Gli scienziati arabi
avevano sviluppato un sistema complesso di misurazioni
geografiche, e già nel X sec. d. C. Al Maqdisi aveva calcolato 360° di longitudine e 180° di latitudine. Nel monastero di Santa Caterina, sul monte Sinai, si trova
un’icona — di 500 anni più vecchia di Colombo — che
raffigura Gesù come Signore di una terra di forma
sferica.
Malgrado ciò, gli americani hanno imbastito tante e
tali leggende su Colombo da fame, per i bambini che
vanno a scuola, un pezzo di mitologia resistente ad ogni
usura. E’ ben difficile che in una qualsiasi scuola elementare passi l’autunno senza che si siano costmiti modellini di carta delle tre caravelle con cui Colombo salpò per
l’America, o senza che si sia disegnata la regina Isabella
mentre si spoglia dei suoi tesori per finanziare U viaggio.
Questo mito serve a nascondere la realtà, ben più
sinistra, di come Colombo finanziò la sua impresa. La corona di Spagna aveva, si, fatto un investimento a questo
scopo, ma alle precise condizioni che l’investimento fmttasse grazie all’oro, alle spezie e ad ogni tipo di mercanzia che Colombo avrebbe riportato dall’Asia.
Il bisogno pressante di pagare U suo debito si evince
dai farneticanti diari di viaggio, in cui Colombo registra
il suo vagare da un’isola caraibica all’altra, mbando tutto
ciò che avesse qualche valore.
Non essendogli riuscito di incontrare llmiieratore
della Cina, né i mercanti indiani o i trafficanti giapponesi, Colombo decise di ripagare il suo debito con la sola
merce che aveva trovato in grande abbondanza: vite
umane.
Egli strappò 1.200 indiani Taino dalla loro isola di
Hispaniola, ne stivò come acciughe quanti più potè sulle
sue navi e li spedì in Spagna, dove furono esposti nudi
per le strade di Siviglia e venduti come schiavi nel 1495.
Colombo privò i genitori dei figli, le mogli dei mariti.
Sulle sue navi i deportati morirono a centinaia: i marinai ne gettarono i corpi neU’Atlantlco. E poiché era riuscito a catturare più schiavi di quanti le sue navi potessero trasportare, mise gli altri a lavorare nelle miniere
e nelle piantagioni che lui stesso, i suoi familiari e i suoi
seguaci impiantarono nell’area caraiblea. Le sue orde di
predoni cacciavano gU indiani per sport e per guadagno,
frustavano, violentavano, torturavano, uccidevano, usavano i cadaveri come cibo per i loro cani da caccia.
Nell’arco di 4 anni daU’arrlvo di Colombo a Hlspaniola, i suoi uomini uccisero o esportarono un terzo dei
300.000 indigeni residenti. Nei 50 anni successivi, gli indiani Taino erano completamente estinti: primo esempio dell’olocausto degli indiani d’America. I proprietari
di piantagioni sì rivolsero poi alle terre più interne e all’Africa stessa a caccia di nuovi schiavi, che avrebbero
percorso lo stesso calvario dei Taino.
Questo è stato il grande « incontro di culture » promosso da Cristoforo Colombo. Questo è l’evento storico
che noi celebriamo ogni anno nel Columbus Day.
Gli Stati Uniti fanno l’onore di una festa nazionale
dedicata a una persona specifica soltanto a due uomini.
Nel mese di gennaio commemoriamo la nascita di Martin Luther King, colui che ha lottato per abbattere le
barriere del pregiudizio sociale e per eliminare le forme
di schiavismo ancora presenti in America. Oggi (9 ottobre, n.d.r.) onoriamo Cristoforo Colombo, l’uomo che ha
inaugurato il commercio degli schiavi e che ha promosso
una delle maggiori ondate di genocidio ricordate nella
storia.
Jack Weatherford
St. Paul University - Minnesota
(traduzione S. Ricciardi)
L’APPELLO CONTRO LA MAFIA
La posta in gioco
L’appello promosso dalla Commissione di studi sul
Mezzogiorno della FCEI^ è nato nella tensione dei giorni seguenti l’assassinio del giudice Livatino e culminat'i con la dichiarazione del Presidente della Repubblica : « Lo Stato si avvia a perdere il controllo di
parte del territorio a favore della criminalità organizzata ». Ci è sembrato che questa frase mettesse finalmente a fuoco il punto a cui è giunta la questione
meridionale. Oggi più che mai essa è questione nazionale, perché la crisi del Mezzogiorno non solo coinvolge tutta ritaUa nello squilibrio dello sviluppo, dell’economia, della crescita civile, ma investe la questione stessa della sovranità deUo Stato, minandone la
capacità di esercitare i poteri costitutivi della sua autorità. Sembra di vivere dentro un processo inverso a
quello del Risorgimento: proprio ciò a cui non avremmo mai voluto assistere, convinti come siamo che
solo con una salda cultura unitaria si può riqualificare
il ruolo dell’Italia nel consesso europeo e mondiale.
Di fronte all’emergere di subculture antirisorgimenta^
li e separatistiche che mietono persino successi elettorali, vogliamo riaffermare con forza che la nostra
battaglia è per il reinserimento del Sud nel processo
di sviluppo democratico nazionale.
Come dice chiaramente questo appello, siamo consapevoli della parzialità delle nostre iniziative. Innanzitutto, siamo parziali perché scegliamo di stare dalla
parte di quei milioni di italiani che pagano ogni giorno
con l’emarginazione, la subordinazione, l’indebolimento della libertà e della vita democratica la colpevole
inerzia o addirittura la complicità deUe classi dirirìel Paese. Riteniamo che sia un grave errore
frapporre aUa battaglia per riconquistare R Sud alla
\ivu, ucmocratica gu interessi di parte o anche ogni
pur legittima dialettica interna ai partiti. Ad esempio, non ci consideriamo per forza di cose difensori
della politica di Orlando o del ruolo dei gesuiti a Palermo, se ci dissociamo da chi misconosce l’impegno
che essi hanno comunque profuso contro la mafia.
Questo eqidvarrebbe a lasciar soli, una volta di più,
gli uomini che non hanno abbandonato il fronte più
esposto, e in ultima analisi a delegittimare qualunque
iniziativa, individuale o delle istituzioni, invece di incoraggiarla e promuoverla. Una sola cosa, a proposito delle polemiche interne alla DC, ci sentiamo di
dover dire con fermezza, come evangelici: che consideriamo inaccettabile qualsiasi «richiamo all’ordine»
( tanto più se fatto dalle autorità garanti dei diritti costituzionali repubblicani), che speri di usare l’autorità gerarchica della Chiesa cattolica in funzione del
controllo delle coscienze, rovesciando (e quindi confermandola per altre occasioni!) la triste pratica di
fare dello Stato il braccio secolare della chiesa. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un’influenza in più
della gerarchia romana nei problemi del paese, sotto
un pontificato che, come qualcuno ha ironicamente
scritto, somiglia sempre più a quello di Giulio II.
Riconosciamo poi di essere parziali perché tutto il
nostro impegno nel Sud, lavoro diaconale, chiese, iniziative culturali, questo stesso appello fatto ancora
una volta di parole, è un impeg^no limitato a poche
forze, pochi mezzi, pochi uomini. E tuttavia non abbiamo il diritto di svalutarlo, tanto meno di abbandonarlo, perché sappiamo che esso ha pur prodotto dei
frutti, ed è il luogo della nostra vocazione. Nostra:
non solo di quegli evangelici che vivono nel Sud, ma
di tutta la chiesa; per questo ci siamo rallegrati di
una adesione a questo appello così ampia da aver
scavalcato confini geografici e denominazionali.
Sergio Aquilante /Silvana Nitti
DIBATTITO
^ Pubblicato a pag. 3 del n. 38 di questo settimanale.
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Un altro Evangelo
Due interventi sulla posizione TEV
sulle Assemblee ecumeniche montdiali
Oltre lo scandalo del finanziamento, e gli obiettivi contestabili di simili manifestazioni, sono i mezzi preconizzati
per raggiungerli ad essere biblicamente inaccettabili.
Si tratta di un Vangelo aggiornato, che fa della Chiesa
il consigliere di Cesare, e che
consiste nell'unirsi a poteri secolari e nel militare per nobili
cause che fanno l’unanimità:
giustizia, pace, ecologia...
Basilea, Seoul tengono un
discorso generico, rassicurante e poco impegnativo, che permette di scaricare le colpe su
astratte entità, e di aspettare
ipotetiche soluzioni risultanti
da sforzi e azioni collettivi.
Il Vangelo, invece, esige ravvedimento e impegno personali,
nonché immediate e costose
rinunzie nella propria vita, e
perciò disturba e suscita ostilità.
Basilea, Seoul parlano di Dio
aH’uomo per un suo improbabile domani.
Il Vangelo parla da parte di
Dio agli uomini nella concretezza del loro oggi.
Ecco tutta la differenza tra
chi vuol cambiare il mondo e
chi confessa il proprio peccato per esserne liberato.
La società è soltanto la somma dei nostri atteggiamenti individuali, e l’opera di Dio non è
di migliorarne il funzionamento
con adeguate riforme, bensì di
fare scendere il suo regno nel
cuore di ogni peccatore redento
in Cristo.
Solo nuove creature possono formare una nuova società,
con un nuovo stile di vita, ed
essere fonte di giustizia, pace...
per i propri simili.
Questa è la Chiesa, e per esserne partecipe bisogna nascere
di nuovo, mediante la potenza rigeneratrice di questo vangelo che non è stato annunziato a Basilea e Seoul.
La Chiesa non può dunque aver alleati, e non si deve mescolare con i tanti cianciatori che
fanno balenare all’umanità una
felicità da scoprire dentro di sé
e l’utopia di un paradiso terrestre da costruire tutti assieme.
Se tale redenzione fosse possibile, Cristo sarebbe morto invano.
Basilea, Seoul,,. sono tutti
fermenti di un altro Vangelo, la
religione sincretista che sostituisce, alla pazzia della croce
che divide, l’equivoca bandiera
di ideali universalmente condivisi da tutti gli uomini di buona volontà.
Ma Dio ha parlato: se qualcuno annunzia un altro Vangelo,
sia anatema; esserne invece
complici significa esporsi a
diventare i Giovanni Battista dell’anticristo che viene.
Michel Trouvot, San Remo
Ritengo che sia giusto e doveroso informare le chiese sugli
appuntamenti mondiali più significativi nei quali esse si trovano coinvolte.
Tuttavia mi sembra che silo
slogan « Giustizia, pace, salvaguardia del creato » sia stata
data eccessiva importanza, e
proprio nei suoi aspetti più superficiali e caduchi.
Desidererei che tutto ciò
venisse presentato non con la
assolutezza del dogma e con
la frequenza delle parole d’ordine, che in ogni tempo sono
state propinate dai dirigenti al
popolo-chiesa, ma con equilibrio e giusta considerazione:
anche questa parola d’ordine è
prodotto dell’uomo e passerà.
Solo la Parola di Dio permane
in eterno.
Nel sottolineare la centralità della Parola si deve specificare che il messaggio di Cristo non riguarda solo questa
terra, come spesso porta a pensare l’hic et nunc barthiano,
ma soprattutto l’aldilà: « Se
abbiamo sperato in Cristo per
questa vita soltanto, noi siamo
i più miserabili di tutti gli uomini » (Paolo, r Cor. 15: 19).
E’ proprio la totale assenza
di tensione escatologica e metafisica che rende il messaggio
di Basilea e di Seoul un morbido cuscino sul quale tutti si
adagiano comodamente.
La Parola di Dio suscita altre
vocazioni, altri impegni, altri
stimoli, altre conversioni.
A vent’anni dal ’68 l’approccio alla lettura della realtà, da
parte della nostra dirigenza ecclesiastica, è rimasto sostanzialmente invariato: gli incontri di Basilea e di Seoul sono
la testimonianza più indicativa
della cattolicizzarzione, intesa
nel senso di politicizzazione
mondana, subita dal protestantesimo.
Daniele Macris, Messina
AGAPE
Colonizzazione
o conquista?
26 dicembre -1° gennaio
Il tradizionale campo invernale di Agape è dedicato, quest’armo, alla riflessione sulle celebrazioni colombiane previste per il centenario della « scoperta » dell’America.
Adulti e « cadetti » lavoreranno sullo stesso tema,
con momenti comuni e separati.
Vi saranno relazioni di José Ramos Regidor, Del
Rojio, Alfredo Somoza, studi biblici, uno spettacolo
di musiche afro-cubane.
Per informazioni e iscrizioni: tei. 0121/807514 fax
0121/807690.
3
5 ottobre 1990
attualità ^
RIUNIFICAZIONE TEDESCA
Dopo il «muro» non crescono le rose
Oggi si chiude un capitolo di storia aperto 45 anni fa - I primi segni del cambiamento e i problemi emergenti: aumento di prezzi e tariffe - La razionalizzazione dei servizi produrrà, per ora, disoccupazione e forme di speculazione
Alcune settimane fa, un incendio quasi certamente doloso ha
danneggiato in modo serio il castello di Cecilienhof, a Potsdam,
presso Berlino, nel territorio che
ormai tutti in Germania chiamano
dell’« ex DDR ». Cecilienhof, che
più che un castello è un’enorme
villa dell’inizio Novecento, è il
luogo dove, alla conclusione della
seconda guerra mondiale, le potenze vincitrici decisero i destini della
Germania, dell’Europa e del mondo, dando pratica attuazione agli
accordi presi ancora durante il
conflitto a Yalta. L’attentato (per
ora di matrice politica incerta) è
immediatamente diventato uno degli aneddoti che l'eiTiciente guida
del castello offre alla folla dei visitatori, al pari delle schermaglie
e delle facezie di Stalin e Truman
45 anni fa; e invero, non del tutto
a torto.
11 capitolo della storia aperto
dai « Tre Grandi » 45 anni fa, infatti, si chiude definitivamente in
questi giorni con la riunificazione
tedesca; e l’incendio di Cecilienhof, in fondo, non fa che sottolineare, in modo inaccettabile ma
fortemente simbolico, questo dato
di fatto.
Fino a ieri capitale divisa di
una nazione divisa in un continente diviso, ovviamente Berlino vive
la fine del dopoguerra in modo più
intenso di qualunque altra città
europea. Berlino, una quindicina
d’anni fa per Lucio Dalla città
«un po’ triste e molto grande»,
era in effetti piuttosto angosciosa,
specialmente all’Ovest. C’sro stato
l’ultima volta nel 1981, in occasione di una grande manifestazione
contro i missili Pershing e Cruise
in occasione della visita del generale americano Haig (quello che
disse: « Ci sono cose più importanti della pace »), e allora la tensione, il clima di assedio, si potevano osservare, toccare, annusare.
Il Muro sembrava destinato a durare in eterno, e i quartieri occidentali nelle sue vicinanze, ridotti
a periferie senza hinterland, andavano svuotandosi di tedeschi, perlomeno di quelli « normali », e si
riempivano di immigrati turchi e
di giovani «alternativi». Per un occidentale, una visita a Cecilienhof, a quei tempi richiedeva un
visto da attendere per mesi, infiniti
controlli presso l’unico passaggio,
aperto attraverso il Muro, a Friedrich strasse, e un pazzesco giro intorno ai confini del settore occidentale, quasi 100 km. fra andata
e ritorno, necessaria una giornata
intera. Oggi ci si va in metropolitana, senza nessun controllo, in
mezz’ora, per la via più breve.
Per quanto possa essere banale,
il cambiamento più evidente, dopo
la caduta del Muro, riguarda proprio il traffico; finalmente ci si può
spostare senza i lunghi giri viziosi imposti dal grande monumento alla guerra fredda, sono state
riaperte linee e stazioni della metropolitana chiuse da 30 anni, autobus dell’Est percorrono le strade
dell’Ovest e viceversa. Con lo stesso biglietto si circola sulla metropolitana in entrambi i settori, ma
questo non è ancora possibile per
le ferrovie suburbane, e qui si nota un primo segno delle differenze
sociali e economiche che rimangono fra le due Germanie: all’Ovest
la corsa costa DM 2,70, all’Est vige ancora il prezzo politico di DM
0,20 (circa 150 lire). Onesto dei
trasporti e dei servizi pubblici in
generale è uno dei settori nei quali l’unificazione costerà cara ai cittadini dell’Est.
Su un piano più generale, il costo dell’unità si chiama disoccupazione: all’inizio di settembre erano quasi 400.000 i disoccupati nella DDR, e circa un milione e mezzo i lavoratori precari con contratti a termine. Uno shock, per
gente cresciuta nella certezza del
posto di lavoro.
Naturalmente, le angustie non
sono uguali per tutti; nei settori
più esposti alle leggi del mercato,
come l’industria, le preoccupazioni sono maggiori, perché la terribile macchina economica della Repubblica Federale, in alcuni campi ormai superiore agli stessi Stati
Uniti, non può che fare un boccone solo della relativamente fragile
DDR. C’è chi, invece, ha prospettive diverse, come certi professionisti, come i medici che, fino a
ieri penalizzati dal relativo egualitarismo vigente nella DDR, vedono oggi la prospettiva di un adeguamento dei loro redditi a quelli
occidentali, senza peraltro dover
essere necessariamente soccombenti nei confronti della concorrenza.
L’arte di arrangiarsi
Le difficoltà economiche presenti e del prossimo futuro hanno
peraltro sviluppato nei berlinesi
dell’Est uno spirito di adattamento e un’« arte di arrangiarsi » che
stridono con l’idea che spesso abbiamo della Germania. Ne è una
manifestazione la bella ragazza
bionda che presso Brandenburger
Tor vende ai fratelli occidentali e
ai turisti stranieri schegge di Muro: 2, 3, 5, 10 DM secondo la
grandezza, tutte munite di certificato che ne attesta l’autenticità; e
per gli amanti dei souvenirs ci sono anche bandiere e distintivi dell’esercito della DDR e della SED,
il partito al potere, fino a un anno
fa. Al mercato delle pulci del fine
settimana sulla Strasse des 17 funi
un venditore (occidentale) esibisce
addirittura, fra due Bibbie del Settecento e dischi degli anni ’50,
un’autentica uniforme da parata
da generale delTArmee della
DDR, completa di stivali, berretto,
decorazioni, spadino. Prezzo, piuttosto caro: 2.000 DM (1,5 milioni
di lire). Più modestamente, altri
berlinesi (dell’Est) offrono con cartelli scritti a mano se stessi e le loro Wartburg e Trabant per un giro turistico della città: durata 90
minuti, ampia possibilità di fotografie, partenza e arrivo sulla Unter den Linden, prezzo 15 DM. Sicuramente competitivo, per costo
e feeling, rispetto alle stereotipate Stadtrundfahrten in pullman di
lusso proposte dalle agenzie del
Kurfùrstendamm, pochi chilometri
più a ovest.
Un altro aspetto curioso di questa Berlino che cambia si poteva
cogliere sempre sulla Unter den
Linden, al Museo di storia tedesca, dove per alcuni mesi hanno
convissuto la vecchia e la nuova
interpretazione di questi 45 anni.
Il museo, infatti (ovviamente) leggeva la storia del dopoguerra tedesco nell’ottica del gruppo dirigente brezneviano-stalinista della
DDR. A questa storia ufficiale è
stata affiancata — fino a settembre non sostituita — 1’« altra »
storia, per esempio quella dei socialdemocratici berlinesi dell’Est
che negli anni ’50 rifiutarono di
confluire coi comunisti nella nascente SED e che per questo furono progressivamente emarginati
dalla vita politica e sociale della
DDR fino allo scioglimento della
Nelle lunghe settimane che hanno preparato i cambiamenti politici nella DDR, molti sono stati gli incontri del movimento d'opposizione ospitati dalle chiese.
loro organizzazione, nel 1951; o
quella delle vittime della repressione, non solo oppositori politici, ma
anche persone semplicemente vittime dei sospetti di poliziotti troppo zelanti; o ancora, la ricostruzione della coraggiosa azione di
denuncia di brogli elettorali ad
opera di un gruppo di giovani
evangelici che, un anno e mezzo
fa, accese la miccia della protesta
popolare.
Il contrasto fra la storia ufficiale di ieri e la « controstoria » di
oggi è evidenziato anche dalla
semplicità spartana del racconto
di quest’ultima, in gran parte battuta a macchina su pannelli di cartone. Non manca neppure un discreto ma utile richiamo a ciò che
accadeva « di là », dove, almeno
negli anni ’50, non è che fosse un
trionfo di libertà e democrazia
(vedi per esempio la messa fuorilegge del partito comunista nella
Repubblica Federale nel 1956).
Preoccupazioni per la democrazia, per la verità, non mancano
neanche oggi, a Berlino Est, anche
se ora, rispetto al passato, si gioca a parti invertite. E’ il caso di
Marzahn, quartiere della periferia,
dove decine di insegnanti elementari sono stati licenziati da Herr
Unger, socialdemocratico, assessore comunale all’istruzione, per
« pressanti esigenze di servizio ».
Caso strano, tutti ex membri della
SED. La sinistra denuncia il Berufsverbot per il fatto che si starebbe cercando di introdurre nella DDR. Ma c’è anche dell’altro,
come la cessione improvvisa da
parte del governo delle frequenze
di DT 64, la radio più amata dai
giovani della DDR, a un’emittente
di Berlino Ovest. Per quanto (o
chissà, forse proprio per questo)
DT 64 sia una radio « apolitica »,
il fatto ha suscitato un’incredibile
ondata di proteste: manifestazione di piazza spontanea a Dresda,
sciopero della fame di alcuni giovani a Berlino Est presso la sede
del governo, prese di posizione infuocate delle formazioni di sinistra e di ambienti vicini alle chiese evangeliche, tanto che la decisione è stata ritirata in alcuni giorni e DT 64 ha riavuto le sue frequenze. Il tutto però è significativo del clima che una parte dei democristiani e dei socialdemocratici
della DDR stanno cercando di
creare.
L’unica consistente forza di opposizione è, all’Est, il PDS (Partito del socialismo democratico),
che alle elezioni di marzo ha raccolto circa il 17% dei voti, ma che
a Berlino ha sfiorato il 30%. Nato dalle ceneri della SED di Honecker, lo screditato Partito comunista al potere fino a un anno fa, il
PDS è però tutt’altro che una formazione « nostalgica ». L’8 settembre ha tenuto una grande manifestazione, nel centro di Berlino,
sui temi della smilitarizzazione del
territorio della DDR e della difesa delle conquiste del « welfare
State » tedesco orientale. Difficile
sarebbe stato concepire volti e
umori più lontani dalle parate dei
regimi del « socialismo reale » : al
contrario, nel Lustgarten, proprio
di fronte alla sede del Parlamento della DDR, si è raccolta una
folla che così, « a occhio », si situava per parole d’ordine (difesa
dei diritti sociali, ma anche molto
pacifismo e ecologia) e come look
fra l’immagine che abbiamo dei
militanti del PCI e quella degli
attivisti verdi. Poche le bandiere
rosse, tante invece quelle della
DDR, nero-rosso-gialle con martello e compasso; tanti gli slogans
critici per il carattere di annessione da parte del « grande fratello »
tedesco federale che sta prendendo la riunificazione tedesca. Lo
striscione più eloquente: « Abbiamo 1000 buoni motivi per essere
orgogliosi di questo Stato ».
Sul palco, un rimorchio di camion coperto di bandiere, si alternano dirigenti del partito, come il
leader Gregor Gysi, avvocato eterodosso oggi non meno di ieri,
quando era uno dei pochi che accettavano di difendere i dissidenti, ma anche un’anziana rappresentante della Conferenza cristiana
per la pace, che fra gli applausi
annuncia che si è costituita la sezione del PDS di Berlino Ovest, e
il pastore di una Studentengemeinde (comunità studentesca universitaria).
Anche ad Ovest
arriva il cambiamento
Se la parte orientale della città è
in fermento, all’Ovest l’imminente
riunificazione si nota di meno, ma
anche questa parte della città va
incontro a cambiamenti importan
ti. Per esempio la città, fino a ieri
divisa, ha doppioni in tutti i campi: istituzioni, musei, infrastrutture. La riunificazione porterà a dei
processi di razionalizzazione che
libereranno risorse e energie, ma
sconvolgeranno le condizioni di vita e di lavoro di migliaia di persone. L’unica decisione finora presa
riguarda la sede dell’amministrazione cittadina, che sarà nel municipio di Berlino Est. Inevitabilmente, la razionalizzazione porterà a una perdita di posti di lavoro,
anche se si spera di poterli recuperare nei prossimi anni con nuovi insediamenti produttivi attirati
dalla nuova collocazione della città nel quadro di una Germania e
di un’Europa non più divise.
Ancor più profondi, anche se
per ora si intravedono appena, saranno però i rimescolamenti di
carte nei quartieri, occidentali e
orientali, a ridosso del Muro. Finora degli autentici ghetti, degradati
e fuggiti dai berlinesi, questi quartieri si ritrovano oggi a essere terre vergini nel centro della città,
ghiotte prede nel mirino della speculazione immobiliare. Il caso più
emblematico è Kreuzberg, a Berlino Ovest, fino a ieri quartiere degli immigrati turchi e degli « alternativi », fatto di vecchie case fatiscenti, le facciate qua e là decorate da incredibili affreschi trompe
i'oeil, è il più clamoroso, ma non
certo l’unico. Problemi ce ne saranno ma, nei caffè e nei night
clubs aperti fino al mattino, i berlinesi sembrano aver soprattutto
voglia di festeggiare. Ma ai nottambuli Berlino offre in queste
settimane anche una possibilità diversa: è la grande mostra su Bismarck e il suo tempo al MartinGropiu Bau, anch’essa come tutto
aperta fino a ore incredibili. Vi si
racconta la storia della prima unificazione tedesca, nel XIX secolo.
Anch’essa fu, nei fatti, un’annessione: quella della Germania occidentale e meridionale da parte della Prussia. Oggi il vento soffia in
direzione contraria.
Paolo Florio
* Divieto di professione; da una
legge tedesco-federale che consente di
allontanare dalFamministTazione pubblica i « nemici della Costituzione ».
Utilizzata negli anni ’70 per colpire la
sinistra (compresi socialdemocratici
« scomodi »), da tempo di fatto inapplicata.
4
vita delle chiese
5 ottobre 1990
ALTAMURA: BOMBE CONTRO TIPOGRAFIA BATTISTA
Gravissimo attentato
Bombe incendiarie nella notte: semidistrutto il macchinario - Probabile la matrice mafiosa - In cooperativa lavoravano sette persone
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Riprendono le attività
Nella notte del 2 ottobre una
o più bombe incendiarie hanno
distrutto i locali della Litotipografìa Filadelfia di Altamura (Bari), gestita da una Cooperativa
fondata nel 1975, i cui 25 soci
sono tutti membri della locale
chiesa battista. Le esplosioni sono state più d’una e hanno provocato danni gravissimi al macchinario, modernissimo, e hanno incendiato il deposito, che
conteneva circa 30 quintali di
carta e le copie di materiali
stampati dalla tipografia. E’ certa la natura dolosa dell’incendio e i carabinieri hanno già iniziato le indagini. Secondo il presidente della Cooperativa, Nicola Nuzzolese, probabilmente gli
incendiari sono venuti da fuori,
date le buone relazioni che esistevano anche con altre tipografìe della zona, e le prime ipotesi
sono che l’attentato, che appare
di stampo mafioso, sia dovuto a
motivi di concorrenza.
Oltre a servire vari organismi
delle chiese evangeliche, la Codperativa aveva infatti ottenuto
anche appalti con enti pubblici,
e dato che era in grado di praticare prezzi bassi, può aver suscitato l’ostilità di società più
forti, che però praticavano prezzi più alti, ostacolando il loro
inserimento nel mercato della
zona. La litotipografia si trova
nel seminterrato di im edificio
che ospita nei piani superiori un
centro sociale e i locali di culto. L’edificio è di proprietà della
Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI), ma la
Cooperativa è gestita dalla locale
comunità battista. Non vi è un
pastore in loco, ma la comunità
è curata dal pastore battista che
risiede a Gravina, a pochi chilometri da Altamura, e che la mattina, alle 5, è stato svegliato da
una telefonata che gli annunciava l’incendio della tipografia. I
danni sono tutti concentrati nel
seminterrato, mentre i piani superiori sono stati risparmiati
daH’incendio.
La distruzione della tipografìa
mette sul lastrico i sette soci lavoratori con le loro famiglie.
Erano state queste sette persone che avevano consentito lo
sviluppo della tipografia, una
delle poche della zona ad avere
un bilancio in attivo, accettando
di lavorarvi nei primi anni senza
uno stipendio regolare.
La tipografia stampava anche
un giornale locale di sinistra,
ma non sembra attendibile l’ipotesi di un movente politico.
(nevi
LA DICHIARAZIONE
DEL PRESIDENTE DELL’UCEBI
Appena venuto a conoscenza dell'atto di sabotaggio e intimidazione il presidente dell'UCEBi, past. Paoio Spanu, è intervenuto con una
dichiarazione di cui pubblichiamo qui i tratti essenziali.
(...) L’Unione battista d’Italia, nella quale la cooperativa
aveva parte attiva e dalla quale aveva ricevuto sempre incondizionato sostegno, protesta contro questo attentato che
ha tutti i connotati di un sabotaggio teso ad intimidire e
distruggere anche il più piccolo tentativo di dare alle popolazioni del sud fiducia e speranza in un mondo e in una società rinnovati dall’amore.
Facciamo appello alle istituzioni democratiche del nostro
paese, a tutte le forze sensibili alla rinascita sociale del sud
e alle chiese cristiane impegnate nel nome della comune fede
evangelica contro la criminalità organizzata perché rinnovino il
loro impegno di vigilanza e gli sforzi tesi a continuare insieme
la lotta per la decontaminazione del nostro popolo dai fermenti
di corruzione e di degenerazione del tessuto sociale del nostro paese.
Paolo Spanu
presidente dell’Unione
delle Chiese evangeliche battiste in Italia
EDUCAZIONE ALLA FEDE
Riprende la Scuola domenicale
La testimonianza e l’educazione evangelica richiedono un sempre
più stretto collegamento tra la famiglia e la comunità dei credenti
Riprende, in queste prime settimane di ottobre, l’attività della scuola domenicale e del catechismo. Trovo discutibile che ci
si debba esprimere così. Il calendario scolastico ci ha abituati a una separazione tra vacanza e scuola, e tale separazione
si riflette anche sull’educazione
alla fede; ma si può interrompere questo tipo del tutto particolare di educazione? Si può
prendere vacanza dal testimoniare? Trovo giusto che l’istruzione biblica data nella chiesa
abbia dei ritmi e conosca delle
pause; tuttavia questo sistema
presenta alcuni problemi.
L’istruzione biblica (chiamiamola così, anche se resta inteso
che dovrebbe essere il meno autoritaria possibile) segue un andamento parallelo al calendario
scolastico generale; anzi, si permette di iniziare dopo la ripresa
Scolastica e di andare in vacanza un po’ prima. Non è detto che
debba essere sempre così; soprattutto non è detto che non
dobbiamo in futuro pensare di
utilizzare, per l’istruzione biblica,
proprio i periodi di vacanza scolastica. In un certo senso lo si
sta già facendo con i campi estivi nei nostri centri; ma l’idea
potrebbe essere estesa con iniziative locali, non in concorren7.a, ma in collaborazione con i
centri e con il Servizio istruzione della Federazione evangelica. Infatti il sistema di seguire il calendario scolastico, se è
senza dubbio il più comodo, vincola l’istruzione biblica ai ritmi
dello studio: quando lo studio
è più intenso, la frequenza al
catechismo ne soffre; inoltre durante la scuola si fa più acuto
il problema degli orari, anche
perché gli spazi lasciati liberi
dalla scuola vengono sempre più
occupati dall’attività sportiva o
da attività culturali; il che è rallegrante da un lato, ma dall’altro mette non poco in crisi la
nostra attività.
Torniamo alla questione iniziale: la testimonianza si può interrompere? Se è testimonianza,
no, perché è legata alla fede, e
la fede può conoscere crisi, trasformazioni, progressi, ma non
vacanze programmate. E’ ovvio
che questo discorso riguarda in
primo luogo i genitori. L’educazione alla fede nasce lì, nel rapporto con i figli, che non ci devono vedere soltanto come genitori, ma come credenti. Se c’è
un segno desolante nelle nostre
chiese, è proprio il disimpegno
dei genitori e Tindiflerenza con
cui molti di loro guardano al
lavoro dei monitori e dei catechisti. Non dovremmo permetterci di sottovalutare il senso di
isolamento e di frustrazione che
tale atteggiamento fa nascere in
monitori e catechisti.
Ma i genitori potrebbero rispondere che nelle famiglie di
oggi l’educazione in genere, e
quella alla fede in particolare,
è cosa estremamente difficile. Un
caro amico che risiede in una
zona di diaspora mi ha riferito
il seguente discorso di una madre: « Ho fatto battezzare mio
figlio, ma se dovessi averne un
altro non lo battezzerei più, perché non mi sento più di prendere l’impegno a dare un’educazione evangelica ». C’è indubbiamente un equivoco in questo discorso, perché l’impegno di educazione alla fede non è una conseguenza del battesimo, anche se
viene dichiarato in occasione del
battesimo di un bambino; se,
per ipotesi, uno decide di lasciare che il proprio figlio chieda
il battesimo in età adulta, non
per questo è esonerato dall’impegno di educare alla fede, che
nasce dal fatto di essere genitori credenti.
Ma, a parte questo, il discorso della madre denota un disagio vero, un’amarezza profonda.
Vorrei dire a questa madre, e
a tutti i genitori che provano
una simile angoscia di fronte
al fallimento della propria educazione, che il fallimento non è
soltanto loro, ma semmai di tutta la chiesa. Non vorrei che si
esagerasse nell’altro senso, con
l’impegno dei genitori: la formazione della personalità non
avviene soltanto nella famiglia;
a un certo momento, l’ambiente esterno può avere un peso
maggiore, sia in senso positivo,
sia in senso negativo.
Dal nostro punto di vista, è
senz’altro negativo il peso de!
mito che rinasce nello sport, nello spettacolo o nella moda. Ma
la cosa più sbagliata è reagire a
queste influenze in forma isolata, come stiamo facendo. E’ sbagliato sia assumersi l’intero peso dell’educazione, sia scaricarlo sugli altri, per esempio sulle
rnonitrici. I problemi dell’educazione evangelica sono delicati, e
vanno affrontati insieme. Più
collegamento, quindi, tra la famiglia e chi lavora nella scuola
domenicale e nel catechismo.
L’evangelo ci dice che la promessa è per noi e per i nostri
figli. La testimonianza resta tutto sommato un impegno gioioso.
Bruno Rostagno
FRALI — Domenica 7 ottobre,
con il tradizionale culto per la
Scuola domenicale e per il catechismo, inizieranno le attività
della comunità. Al termine del
culto ci incontreremo per decidere gli orari del catechismo.
Le rnonitrici si riuniranno giovedì 11 ottobre.
• La comunità di Frali si rallegra con la famiglia di Sara
Pascal, battezzata domenica 30
settembre.
• Il nostro paese è stato colpito da un grave lutto e allietato da una nuova nascita: infatti
è scomparso Piergiorgio Domard, di soli 31 anni, in un incidente sul lavoro, ed è nato Marco Richard, di Luciano e Anna
Bergero. Davanti ai due più grandi misteri della vita, la nascita
e la morte, non possiamo che dire: «Vieni, Signor Gesù », asciuga le nostre lacrime e riempi di
significato i nostri giorni!
Lutti
RORA’ — Dopo lunga malattia
è mancato aH’afletto dei suoi cari
Guido Durand di anni 74 (ex
cantoniere). Esprimiamo alla famiglia in lutto i sentimenti di
simpatia cristiana di tutta la
chiesa.
TORRE PELLICE — Si sono
svolti mercoledì 3 ottobre i funerali del giovane ventenne Marco Poet, deceduto in seguito a
un tragico incidente d’auto mentre rientrava, con la sua auto,
nella caserma nei pressi di Cremona dove stava prestando il
servizio militare.
Ai familiari nel dolore la comunità esprime il suo sentimento di fraterna solidarietà.
• Riprenderanno nei prossimi
giorni i corsi di istruzione religiosa. Sabato 6 ottobre, alle ore
14.30, inizierà la scuola domenicale sia al Centro che ai Coppieri; 'giovedì 11, alle ore 14.30,
si ritroveranno alla casa unionista i catecumeni dei tre anni
delle scuole medie.
I catecumeni degli altri tre anni si riuniranno invece sabato 6,
alle ore 16, presso la casa unionista.
Battesimo
SAN SECONDO — Domenica
9 settembre hanno ricevuto il
battesimo le bimbe Elisa Demin
di Rinaldo e di Ivana Ricca e
Valentina Fornerone di Franco e
Carla Gardiol. Il Signore benedica queste famiglie e le guidi
sempre con il suo Spirito.
• 7 ottobre, « domenica della
ripresa ». Dopo il culto sarà fissato l’orario dei corsi di catechismo.
O Domenica 21 ottobre. Il culto, presieduto dal past. T. Noflke,
avrà inizio alle ore 10 e subito
dopo avremo l’assemblea di
chiesa con all’o.d.g. la riconferma del pastore.
Orario dei culti
ANGROGNA — L’orario estivo
dei culti è stato prorogato anche
a tutto ottobre; i culti domenicali avranno pertanto luogo: 7
ottobre, capoluogo; 14 ottobre.
Serre; 21 ottobre, capoluogo; 28
ottobre Pradeltorno. L’orario
di inizio è, come di consueto, le
10.30.
Nuovo pastore
BOBBIO PELLICE — Dome
nica 7 ottobre avrà luogo il culto di insediamento del nuovo
pastore, Aldo Rutigliano, proveniente dalla chiesa di Villasecca.
Grazie!
VILLAR PELLICE — Un vivo
ringraziamento al past. emerito
Gustavo Bouchard ed al predicatore locale Umberto Rovara
per i forti messaggi offerti nel
corso dei culti da loro presieduti.
• Dopo una dura malattia ci
ha lasciati il fratello Giovanni
Luigi Fontana di 74 anni; rirmoviamo ai familiari, nella certezza della resurrezione in Cristo,
la fraterna solidarietà nèl dolore.
Calendario
Domenica 7 ottobre
□ FCEI-VALLI
TORRE PELLICE — La FGEI-Valli
riprenderà le proprie attività con un
incontro che si svolgerà presso la
casa unionista.
L'incontro è stato fissato alle ore
9.30, seguirà poi la partecipazione al
culto della comunità di Torre Pellice,
il pranzo comune e nel pomeriggio, alle
ore 14.30, ci si ritroverà per discutere
sulla situazione dei gruppi giovanili e
per le elezioni della nuova giunta;
alle 17.30 un momento sportivo.
Per il pranzo è necessario telefonare a Marco Cisoia (ore19-19.45), 0121/
932518 entro giovedì 4 ottobre.
________Lunedì 8 ottobre_________
□ INCONTRO PASTORALE
TORRE PELLICE — Dalle ore 9.15
alle 16 presso la Casa unionista sì
tiene l'incontro mensile dei pastori e
dei predicatori locali del I Distretto.
Programma:
Mattino: meditazione a cura del pastore
Franco Davite; discussione sul tema: catechesi e critica biblica. La
discussione prenderà come punto di
partenza la scheda n. 5 delle schede bibliche « Chiamati alla libertà e la scheda n. 6 di « Crescere nella
fede », entrambe sulla creazione.
Pomeriggio: informazioni varie e discussione delle proposte di strutturazione dei colloqui pastorali per
il 1990-91.
Informazioni tei. 0121/500765.
Domenica 14 ottobre
□ INCONTRO
DI CORALISTI
VILLAR PELLICE — Presso il Castagneto si svolge un incontro delle corali, con inizio alle ore 9.30.
Al termine della giornata è prevista
l'elezione della nuova giunta.
Sabato invece prosegue, a partire dalle ore 15, il corso per direttori
dì corali, condotto dal prof. Korn.
Per le iscrizioni ad entrambi gli incontri telefonare al n. 0121/930779.
PROTESTANTESIMO IN TV L’Asilo di S. Germano cer- ca giovani disposti a svolgere un periodo di volontariato
DOMENICA 7 OTTOBRE (4-6 mesi) al servizio degli anore 2'3.30 circa - RAIDUE ziani.
Replica Gli interessati possono seriLUNEDI’ 15 OTTOBRE vere o telefonare per informaore 10 - RAIDUE zioni a: Asilo - Via C. A. Tron
« PROTESTANTI 13 - 10065 S. Germano Chisone
IN CECOSLOVACCHIA» (To) - Tel. 0121/58855.
5
5 ottobre 1990
vita delle chiese 5
RICORDANDO ALDO SBAFFI
VIAGGIO NELLE CEVENNES
La chiesa è sempre
andata avanti
Una predicazione e un ministero pastorale svolto in un dialogo con
i movimenti, le correnti culturali, le tragedie del nostro tempo
Eravamo nell’agosto 1942, la
guerra infuriava nelle steppe cosacche e nel deserto egiziano, le
bombe piovevano su Torino e il
pane cominciava a mancare, ma
in casa mia c’era scopertamente
un’aria di festa: tra pochi giorni,
al Sinodo, sarebbe stato consacrato il primo pastore della famiglia
— Gustavo Bouchard — e la « tribù » si raccoglieva intorno a lui
con fede, ma anche con orgoglio
e soddisfazione. Tra poco, nel tempio di Torre, avremmo tutti pianto come vitelli, sicuri che, in un
mondo in cui tutto crollava, la
tradizione valdese fosse ancora capace di dire una parola valida, di
aiutare la gente a vivere e a morire; di più: di aiutarla a capire
e a decidere.
Una sera — credo fosse un sabato — il mio papà stava sfogliando la grande Bibbia Martini
su cui — chissà perché — aveva
fatto la mia educazione religiosa,
quando la mamma annuncia:
« Arriva lo zio Gustavo ». Ma lo
zio Gustavo non era solo: con lui
c’era un trentenne snello e simpatico. Si vedeva subito che non
era un valdese, nulla in lui della
nostra tradizionale legnosità, della nostra perpetua identificazione
tra Legge ed Evangelo: egli emanava una evidente « gioia di vivere ». Posò il suo sguardo magnetico sulla « Martini » e disse:
« Com’è bello vedere la Bibbia al
centro di una famiglia ».
Cominciammo a chiedere se sarebbe stato consacrato pure lui;
ci rispose di no, perché era già
pastore della chiesa metodista (ma
cos’è? pensai nella mia ignoranza): aveva predicato a Napoli, nei
« quartieri spagnoli », ora aveva
deciso di passare alla chiesa valdese (approvazione generale), perciò sarebbe stato semplicemente
presentato al Sinodo. Mia mamma, che era stata a Napoli come
domestica, si accalorò subito nella discussione; a me rimase il
ricordo di quest’uomo impegnato
ma cordiale, rigoroso ma caldo:
era tutto in quello sguardo magnetico che aveva posato sulla
Bibbia.
Parlare
alla cultura
Ho ritrovato quello sguardo —
quell’atteggiamento — molte altre
Volte nella vita: a Torino, quando Aldo Sbaffi, giovane pastore
sull’orlo dell’esaurimento nervoso,
discuteva sul bollettino parrocchiale la grande cultura subalpina ritemprata dalla Resistenza e
dalla libertà; a Genova, quando
parlava della sua comunità, dell’ospedale, dei giovani che tanto
amava; negli anni ’60, quando
«delegato della Tavola» ascoltava pazientemente le sfuriate di
noi « giovani arrabbiati » e, qualche volta, alquanto intolleranti,
per non dire intollerabili.
Ma lo ricordo soprattutto nella
grande Milano degli anni ’60: io
lo chiamavo «vescovo», e lo
prendevo in giro perché secondo
me era troppo ecumenico, dunque
non abbastanza calvinista: era
amico di David Maria Turoldo,
di Camillo De Piaz, del biblista
Galbiati e anche di monsignor
Pizzagalli della curia; frequenta
va la Corsia dei Servi, voleva che
certi libri fossero pubblicati dalla Rizzoli, e non dalla Claudiana, che pure amava come la
pupilla dei suoi occhi: credo sia
stato lui a rivolgere vocazione a
Carlo Papini. Ma lo sguardo
era sempre quello; e quando predicava, non mancava gente che
lo sapeva raccogliere; ne ricordo
centinaia, ma ne vorrei menzionare due: Renato Giuntini (che allora scriveva sulla Luce sotto lo
pseudonimo di « Marco ») e Harry Rosenthal, industriale e scultore, due « convertiti » dalle origini molto diverse (la laicità italiana e l’ebraismo mitteleuropeo),
due uomini sofferti che sapevano
cogliere in quello sguardo, in quella parola, la traccia della Parola
di Dio. Ricordo anche alcuni dei
membri più « esposti » del gruppo di Cinisello, che avevano imparato ad amarlo come pastore
e lo rimpiansero dopo la sua par
La contestazione del
’68 e la moderatura
Ma il ricordo più intenso è anche il più divertente: eravamo nel
’68 e in una infuocata assemblea di
chiesa gli studenti contestavano.
A un certo punto una ragazza
pronunziò una sentenza lapidaria:
« La chiesa non va mai avanti».
Sbafiì allargò le pupille (sempre
quello sguardo) e con tono solenne disse: « Signorina, lei si sbaglia: la chiesa è sempre andata
avanti ». Me ne tornai a Cinisello
arrabbiato con la studentessa e
deluso del « vescovo » : « Il povero Sbaffi », dissi arrivando, « ha
ancora delle illusioni ». E invece « il povero Sbaffi » aveva ragione: la chiesa stava andando
avanti, a Milano e in tutta Italia
e proprio grazie a uomini come
lui. Sotto la sua copertura spirituale si aprivano contemporaneamente la Libreria Claudiana di
Milano — una « Corsia dei Servi » evangelica — e il centro J.
Lombardini: in tutte queste cose.
Sbaffi era talvolta promotore, talvolta semplicemente leale « sponsor », ma sempre pastore, con lo
sguardo — quello sguardo — alla Bibbia, e l’orecchio attento alle voci del tempo.
Nello stesso spirito Aldo Sbaffi accettò nel 1972 la moderatura. Disse all’amico Paolo Bogo:
m’ha chiamato un’altra parrocchia. Ma non fu un moderatore
« parrocchiale » : poco politico,
molto pastore, celebrò il centenario di Valdo (1974) sponsorizzando tutte le manifestazioni necessarie, ma soprattutto visitando il
Sinodo rioplatense proprio nel
momento in cui il governo militare cercava di imporre una « lista
nera » di gente da non eleggere
nella Mesa; la sua presenza incoraggiò quei valdesi a rispondere
con fermezza e dignità alla pressione governativa. Poi mandò altri a continuare la stessa opera:
ma rimase sempre attentissimo ai
fatti sudamericani.
In quegli stessi anni giungeva
a maturazione la lunga trattativa
per l’integrazione valdese-metodista: e non c’è dubbio che la presenza alla moderatura d’un uomo
d’estrazione metodista (e di pie
Aldo Sbaffi.
Chez Roland
Rivisitata una (densa, gloriosa pagina ó\ storia
tas wesleyana) abbia sbloccato
una situazione di stallo, fatta di
paure reciproche, di inconsci imperialismi e di complessi d’inferiorità. Una volta, nel bel mezzo
d’una infuocata discussione. Sbaffi disse, rivolto ad Alberto Ribet:
« Voi valdesi... » Al che io, gelido,
gli risposi: « Pastore Sbaffi, mi
corre Tobbligo di informarla che
Lei è stato eletto moderatore della Tavola valdese ». Lui esplose
in una sonora risata che, anche
quella, sbloccò tante cose.
La trattativa per
l’Intesa con lo stato
A dire il vero. Sbaffi non si
sentiva affatto « moderatore della
Tavola»: si sentiva moderatore
della chiesa. Ma aveva poi tutti
i torti? Questo atteggiamento gli
permise di seguire con passione
la vita delle chiese, le traversie
dei pastori e delle loro famiglie,
la traiettoria spirituale degli studenti in teologia: la Facoltà (come la Claudiana) era al centro
delle sue attenzioni. Quando nacque la TEV (da cui, come barthiano, dissentiva) seppe assumere un
atteggiamento di ascolto, che alla lunga fu vincente, e comunque
costruttivo; ma fin dal primo minuto egli era stato favorevole alla candidatura di Tullio Vinay al
Senato: « E’ un’occasione di predicazione », disse, e così fu al
di là di ogni « ragionevole » previsione.
Dal 1976 al ’78 gli toccò poi
di sponsorizzare l’ardua trattativa
che Peyrot, Spini e Bianconi stavano conducendo con Gonella,
Jemolo e Ago per la definizione
dell’Intesa: seguì la vicenda con
passione e umiltà, senza mai pretendere di sdottorare nelle cose
di cui non era competente, ma
sempre attento al rispetto dei principi e alla libertà dell'Evangelo.
Poi se ne tornò, serenamente,
al pastorato di quel di Verona,
lasciando anche lì una scia di simpatie e di ricordi costruttivi, di
quella che i nostri padri chiamavano 1’« edificazione ».
« La chiesa è sempre andata
avanti »: non so se ho saputo trovare il tempo di dirgli quanto vera fosse quella frase, quanto bene mi avesse fatto nei momenti
più difficili. Lo dico ora a Florence, che lo ha accompagnato per
tanti anni e che è stata, in un
certo senso, la vera autrice di questo « successo pastorale ».
Giorgio Bouchard
DalT8 al 10 giugno, con quaranta sorelle e fratelli provenienti
da 5 comunità (Biella, Ivrea, Torino, S. Germano e Bergamo),
siamo stati calorosamente ospitati dalle famiglie e nel foyer della chiesa di Saint Jean du Gard,
meta principale della nostra visita nel cuore delle Cévennes, nei
luoghi della resistenza del protestantesimo francese.
Le valli del Gardon de Saint
Jean e del Gardon de Mialet ricordano la Val Penice sia come
vegetazione e paesaggio che come teatro di persecuzioni e lotte per la libertà di religione; sarebbe quindi impossibile non presentare un minimo quadro storico.
Nella prima metà del 1600,
quando erano al potere Luigi
XIII e il cardinale Mazarino, cipca un milione e mezzo di protestanti francesi godevano della libertà di culto e di coscienza.
Con Luigi XIV, dopo decenni
di vita tranquilla, la situazione
andò gradatamente modificandosi. Già nel '61 furono proibiti i
sinodi nazionali e gli ugonotti
vennero esclusi dagli impieghi
pubblici e dalle corporazioni, in
seguito furono vietati j matrimoni misti e le sepolture evangeliche.
NeH’82, in un clima di crescente intollerranza, venne approvato
il sistema delle dragonnades, l'obbligo per le famiglie protestanti di mantenere una ventina di
dragoni che si potevano permettere ogni genere di sopruso per
convertire gli ospiti. Ma il 22 ottobre del 1685 il Re Sole, pressato dalle richieste del clero, revocò l’editto di tolleranza di Nantes, ordinò la distruzione delle
chiese protestanti, diede due settimane di tempo ai pastori per
partire o per convertirsi. Furono
chiuse le scuole riformate e al
grido « un solo re, una sola legge
e fede » venivano battezzati i
bambini secondo il rito romano,
imprigionate le donne e incatenati sulle galere gli uomini.
Così ebbe inizio il periodo detto del deserto, da Apocalisse 12:
14 (la donna che vola con le
ali di un’aquila nel deserto, lontano dalla presenza del serpente); durò ben 102 lunghi anni, fino al 1787.
Mentre, come era inevitabile, si
verificò un esodo incredibile —
più di 350.000 ugonotti emigrarono in Germania, Svizzera, Inghilterra e America — la maggior
parte di loro iniziò una memorabile resistenza. Continuarono a
riunirsi segretamente nelle assemblee del deserto, a predicare
e migliaia si convertirono.
Le Cévennes, grazie alla conformazione morfologica, permisero
una difesa più strenua perché
meglio si adattavano alle azioni
di guerriglia. Erano semplici
mandriani e contadini che applicai'ono la Bibbia al difficile vivere quotidiano esprimendo in dono profetico il loro entusiasmo
religioso.
All’inizio del 1700 divampò tra
questi monti la rivolta dei camisards (nome che deriva dalla
particolare camicia che indossavano); a capo di questi rivoltosi
si distinsero Jean Cavalier e Pierre Roland ed è proprio a casa di
Roland, sul Mas Soubeyran, che
si trova il celebre Museo del deserto: uno spaccato di vita quotidiana nella clandestinità: nel
susseguirsi delle stanze si passa
da nascondigli insospettabili a
botti di vino che con rm meccanismo si trasformano in pulpiti,
da uscite secondarie a immagini
di galere e prigioni.
Una gita per sfogliare una pagina importante di storia protestante, ma anche un valido strumento per avvicinarci alla realtà di queste chiese che soffrono
attualmente di una mancanza di
giovani, fenomeno legato alla crescente disoccupazione nella zona,
dove l’economia è fondata su artigianato, agricoltura e turismo.
Questo aspetto costituisce da
una parte un’importante salvaguardia ambientale, dall’altra un
grave impoverimento di forze
nuove e vitali all’intemo del tessuto comunitario.
Dalla visita al carcere femminile all’interno della torre di Constance fino al culto finale la nostra partecipazione è stata accompagnata e allietata dalla presenza di coralisti delle suddette
comunità che, abilmente guidati
dal fratello Giorgio Crespi, con
il loro canto hanno contribuito
a rendere ogni momento ancor
più vicino allo spirito riformato.
Simonpietro Marchese
22-23 SETTEMBRE A WALLDORF
Waldensertag ’90
Molti di noi sono commossi
quando, vicino al pullman che
deve riportarci a Luserna S.
Giovanni, arriva il momento dei
saluti.
Due giornate faticose ma anche piacevoli ed interessanti durante le quali siamo stati circondati, non è esagerato dirlo, non
soltanto da gentilezze ma anche
da affetto.
Dopo un lungo viaggio notturno, l’arrivo a Walldorf nella mattinata, dove le famiglie ci aspettano per condurci nelle loro case.
Qui una colazione che ricorderemo a lungo e poi subito via,
per la visita guidata, all'aeroporto di Francoforte dove, nei momenti di maggior traffico, atterra o decolla un aereo al minuto.
La visita, perfettamente organizzata, comprende anche il sistema computerizzato di smistamento dei bagagli che, a centinaia, viaggiano su nastri trasportatori a diversi livelli, sopra le
nostre teste. Il distintivo Lufthansa che ci viene detto di applicare bene in vista ci consente di
usufruire gratuitamente del selfservice dell’aeroporto. Nel pome
riggio, nel quadro delle manifestazioni, siamo accolti in municipio dalle autorità per un rinfresco e per i saluti dei vari
ospiti. La giornata si conclude
con una serata nella quale siamo impegnati come Corale e
Walter Gatti come organista.
La mattina seguente, dopo il
culto con la predicazione del pastore Bellion e la S. Cena, nel
cortile della chiesa si scattano
le foto in costume a ricordo di
questo « Waldensertag 1990 ».
La successiva visita al Museo
ci ricorda che qui i primi coloni valdesi si chiamavano Cézanne (Cesan), Tron, Guyot, Coutandin, Vinçon (qui scritto Vinson). Besson (diventato oggi
Zwilling, che in tedesco significa, come in patuà, gemello), ecc.
Il pomeriggio continua con un
fitto programma di discorsi (per
chi non conosce il tedesco è una
dura prova) e siamo di nuovo
impegnati a cantare.
Una serata, trascorsa da ciascuno nel calore della famiglia
ospitante, suggella questa breve
ma intensa esperienza che non
dimenticheremo facilmente.
Enrico Fratini
6
6 prospettive bibliche
5 ottobre 1990
VERSO L’ASSEMBLEA DI CANBERRA — 4
SPIRITO DI VERITÀ’,
RENDICI UBERI
OF CHURCHES
.ASSEMBLY
RRA 199
Calati 5: 1-13, 25
Giovanni 15: 26, 21-, 16: 4-15
Isaia 61: 1-4
Dio, il Signore,
ha mandato il suo spirito su di me;
egli mi ha scelto
per portare il lieto messaggio ai poveri,
per curare chi ha il cuore spezzato,
per proclamare la liberazione ai deportati,
la scarcerazione ai prigionieri.
Mi ha mandato ad annunziare il tempo
nel quale il Signore sarà favorevole al suo
popolo
e si vendicherà dei suoi nemici.
Mi ha mandato
a confortare quelli che soffrono,
a portare loro un turbante prezioso invece
di cenere,
olio profumato e non abiti da lutto,
un canto di lode al posto di un lamento:
gioia a chi è afflitto in Sion.
Tutti faranno quel che è giusto,
saranno come splendidi alberi piantati da
Dio
per rivelare la sua gloria e potenza.
Ricostruiranno le antiche rovine,
rialzeranno le case abbattute,
riedificheranno le città
rimaste devastate per tanto tempo.
La domanda di Pilato a Gesù, « cos’è la
verità? », è conosciuta meglio delle affermazioni che la precedono. « Per questo sono
nato », aveva detto Gesù a Pilato, « e sono
venuto nel mondo, per testimoniare della
verità » (Giov. 18: 37 - 38). A quelli che
credono in lui, Gesù dice: « Se perseverate
nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità
vi farà liberi » (Giov. 8: 31 - 32).
Forse Pilato era un cinico e la sua domanda soltanto retorica, ma non può essere
liquidata come qualcosa di irrilevante. E’
una domanda fondamentale e nei secoli
filosofi e scienziati hanno tentato di rispondervi, ma senza grande successo.
Per noi cristiani la risposta a quella domanda è semplice, sebbene semplici non
siano le sue implicazioni. Conoscere la verità, per noi, vuol dire dimorare nell’amore
di Gesù così come lui dimora nell’amore
del Padre e amarci gli uni gli altri come
egli ci ha amati (Giov. 15: 10, 12). Solo lo
Spirito può guidarci in questa esperienza di
verità che chiesa e tradizione ci testimoniano.
Nel passo di Giovanni leggiamo che lo
Spirito di verità ci rivela la verità su Dio,
su Gesù stesso e sul mondo.
Lo Spirito « convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia ed al giudizio »
(Giov. 16: 8). Come un consigliere e un avvocato lo Spirito discute, svela, giudica,
rendendoci capaci di identificare quelle forze che ci rendono schiavi.
La lettera di Paolo ai Calati è una difesa appassionata della libertà che noi abbiamo in Gesù Cristo. Nel passo che stia
Lo Spirito e la verità. Io Spirito e la libertà, lo Spirito ed il servizio:
intrecciati a queste grandi parole i problemi di una umanità che cerca la
vita, chiamata a libertà, strappata al suo non-essere, per diventare corpo
palpitante di vita nuova. L’antica parola del profeta diventa realtà in Cristo; il futuro comincia già ora. Cambia il segno della nostra esistenza.
Su questa densa tematica si sviluppa il IV studio in preparazione dell’assemblea ecumenica di Canberra (febbraio 1991). (red.)
mo studiando. Paolo si sofferma sul paradosso che la vera libertà si trova solo nel
servizio. La sua tesi è che lo Spirito ci
rende liberi per servire.
Paolo è fortemente cosciente del potere
che schiavizza gli uomini (Gal. 4: 3, Ef. 6:
12). I cristiani galati sono tentati di allontanarsi dalla fede che li ha resi liberi. Essi
preferiscono realizzarsi nelle proprie opere,
nel proprio lavoro piuttosto che nella fede
nel Signore crocifisso e risorto. Lo Spirito li ha fatti pervenire alla verità e la verità li ha resi liberi; ora, insiste Paolo, se
noi viviamo nello Spirito dobbiamo anche
camminare, procedere con lo Spirito.
La libertà che ci viene data dallo Spirito
Santo è allo stesso tempo personale e collettiva. Rinnovati come individui, producendo
i frutti dello Spirito, possiamo essere rigenerati come comunità e come nazioni. Paolo
esorta i Galati a non lasciarsi condizionare
dai desideri della natura umana ma ad essere fermi nella libertà in Cristo, obbedendo alla verità e camminando con lo Spirito;
tutto questo è possibile grazie alla potenza
dello Spirito.
Il « manifesto »
di Nazareth
Il passo su cui vogliamo ora porre la
nostra attenzione è di enorme importanza
per i cristiani, ovunque si trovino a vivere.
Gesù incomincia il suo ministerio leggendo
in pubblico il primo versetto di Isaia 61.
Cerchiamo di richiamare il contesto.
Dopo il suo battesimo, mentre stava pregando, « lo Spirito Santo discese sopra di
lui in forma visibile come se fosse una colomba » (Le. 3: 22) ed egli, « pieno di Spirito Santo, si allontanò dalla regione del
Giordano » e « sempre sotto l’azione dello
Spirito andò nel deserto e là rimase quaranta giorni, mentre Satana lo provocava
con le sue tentazioni» (Le. 4: 1, 2). Ma
Gesù, sotto l’azione dello Spirito, ritornò in
Galilea, e nel giorno di sabato, nella sinagoga, lesse il passo di Isaia 61 concludendo con l’annuncio: « Oggi si avvera per voi
che mi ascoltate questa profezia» (Le. 4:
18,21).
E’ una chiara indicazione di come Gesù
comprendesse il proprio ministerio. Non c’è
da stupirsi che il passo sia spesso citato come il « manifesto » di Nazareth. Esso col
lega all’antico messaggio profetico l’annuncio della buona novella nell’incalzare di un
nuovo tempo, il tempo in cui la volontà di
Dio sarà fatta sulla terra. Questo tempo, i
primi cristiani ne erano convinti come lo
era Luca, è ora.
Gli ultimi undici capitoli di Isaia furono probabilmente scritti dopo le difficoltà e
la riflessione dell’esilio trascorso in Babilonia. Gli esuli sono tornati al loro paese, ma
la loro condizione non è migliorata. Sotto
certi aspetti si è deteriorata. I poveri sono
sempre più poveri e il loro numero aumenta. L’ingiustizia dilaga. La libertà che avevano a lungo desiderato non si è realizzata.
Essi hanno solo visto trasformarsi una
schiavitù esterna in una più insidiosa servitù interna. Non c’è segno dell’atteso Messia. La città santa è ancora in rovina. Cresce la delusione e tra i benestanti la secolarizzazione.
L’Esodo paradigma
della liberazione
Questo è il contesto sociale nel quale l’autore di questo capitolo presenta un’audace
descrizione profetica « dell’anno della benevolenza del Signore ». Rivolgendosi ad un
contesto caratterizzato da una crisi di fede
e di speranza, il profeta, ispirato dallo Spirito Santo, annuncia un messaggio di completa liberazione, che sarà raggiunta con
un processo da cui il popolo uscirà libero e
reintegrato nei propri diritti.
Liberare il popolo è un tema biblico fondamentale. L’Esodo ed il ritorno dall’esilio
babilonese sono pietre miliari nella storia
di Israele, paradigmi di liberazione. Nel
Nuovo Testamento Gesù Cristo è visto come chi ci libera dalla schiavitù del peccato
e della sofferenza. Egli è il Cristo, l’Unto
dello Spirito; egli è anche il servo di Dio
che si identifica col suo popolo. Egli giudica e salva al tempo stesso. Egli proclama
« l’anno della benevolenza del Signore ed
il giorno della vendetta di Dio », Tanno della presenza di Dio e della sua giustizia.
L’anno di cui si parla qui richiama Tanno del giubileo di Levitico 25, che cadeva
ogni cinquant'anni, quando la terra veniva restituita a chi la possedeva in origine.
In questa occasione gli schiavi ritornavano
liberi e i debiti erano estinti. Una misura
che previene una diseredazione permanen
te, una dipendenza senza fine, una pov .rtà
perpetua. Una garanzia di periodica trasformazione sociale.
Questa attesa trasformazione, in questo
caso non periodica ma permanente, è quanto Gesù annuncia con l’affermazione: « Lo
Spirito del Signore è su di me ». Il nostro
ruolo, come uomini cristiani e come chiese
cristiane, è di servire come strumenti a questa trasformazione. Così noi preghiamo:
« Spirito di verità, rendici liberi ».
Promessa e giudizio
Quando Gesù leggeva la parola di Dio
(Le. 4: 16, 22) il popolo nella sinagoga era
lieto di ascoltare quelle parole familiari: ci
fu però un grande stupore quando egli disse: « Oggi si avvera questa profezia ».
Gesù ha portato il testo di Isaia al suo limite, rendendone reali le parole, enfatizzando l’interesse particolare di Dio per i
poveri e gli emarginati. Gesù rende il testo
contemporaneo. Nella sinagoga il senso di
sorpresa si trasforma presto in irritazione.
Tutto questo è scandaloso e blasfemo, bisogna farla finita con costui.
Questo testo non è solo una promessa, ma
anche un giudizio; non solo Taffermazione
dei poveri, ma anche un invito ai poveri a
ricostruire la storia.
E’ buona novella ed è giudizio.
Nancy Pereira - Brasile
Domande per
la discussione
1. Di fronte all’ingiustizia ed alla corruzione che ci circondano, spesso ci scoraggiamo e perdiamo ogni speranza. Quale
messaggio ci viene offerto? Cosa significa
per noi, nella nostra comunità locale, lasciare che lo Spirito di verità ci renda liberi?
2. Si è insistito sulla dimensione sociale della preghiera. Abbiamo affermato
di essere liberi per servire. Dove e quando
siamo testimoni della nostra libertà nello
Spirito con azioni di servizio?
3. Quali esperienze personali abbiamo
di partecipazione all’opera liberatrice dello
Spirito? Conosciamo delle situazioni in cui
uomini, guidati dallo Spirito di verità, si
sono impegnati a proclamare la « libertà
degli schiavi»? Che cosa hanno fatto? che
cosa stanno facendo ora?
a cura di
Angelo Arca, Flavia e Gigi Farricella, Gianni Fornari, Gianni Genre, Anne Pilloud, Guido Rossetti
della Chiesa valdese di Ivrea
7
5 ottobre 1990
storia religiosa
UN MOVIMENTO DA RISCOPRIRE
I catari, questi «puri»: erano cristiani?
Le origini di un ampio fermento religioso che pervade l’Occidente all’inizio di questo millennio - La sua struttura
e le linee teologiche di fondo - Il problema delle analogie e delle differenze con il movimento valdese medioevale
All’alba del secondo millennio,
in Italia — come in Francia, Germania, Belgio, persino in Inghilterra — scoppiano qua e là dei
focolai di dissidenza religiosa, che
presto sono tacciati di eresia e
perciò duramente perseguitati.
Di fatto, verso l’anno 1000, un
grammatico di Ravenna si mette
improvvisamente ad insegnare
« cose contrarie alla fede »; ed in
Champagne, nello stesso periodo
di tempo, un contadino, mosso dai
precetti evangelici, lascia la moglie e si consacra alla predicazione, anticipando di quasi due secoli un gesto simile di Valdesio di
Lione, anche se poi alla fine risultò più radicale del lionese in
quanto praticava l’iconoclastia ed
incitava a non pagare le decime.
Qui ci troviamo nella diocesi di
Chalons-sur-Marne, ma un ventennio più tardi, questa volta in Aquitania, un gruppo di gente rigetta
il battesimo e rifiuta di venerare
la eroce, di mangiar carne e di
sposarsi, e vengono subito condannati come «manichei». Erano contadini, ma ad Orléans nel
1022 ci troviamo di fronte a due
canonici i quali, ben piazzati tra
le persone che contano, si pongono ad insegnare un insieme inestricabile di doUrine, che vanno
dal rifiuto dei sacramenti e delle
opere meritorie alle negazione dei
dogmi della trinità e dell’incarnazione, dal lassismo sessuale all’ostracismo dato agli alimenti carnei, il tutto coronalo dal dono
dello Spirito Santo ricevuto con
l’imposizione delle mani.
Lo stesso avviene, negli anni
successivi e con lo stesso procedimento più o meno sincretistico,
ad Arras, a Liegi, a Monforte in
Piemonte, a Goslar nella Bassa
Sassonia, dove i dissidenti, nella
maggior parte analfabeti, contestano in blocco il potere salvifico
della chiesa ufficiale, « snobbando » i sacramenti, gli edifici di
culto, i cimiteri, soprattutto per
motivi di coerenza tra fede professata e vita vissuta; se il prete
è indegno, perché concubinario o
simoniaco, i sacramenti da lui celebrati non valgono nulla, e questo rilievo spinge tosto o tardi i
contestatori a rimettere in questione tutte le funzioni del clero,
sostituendo all’istituzione vigente
un nuovo tipo di chiesa più spirituale, ad imitazione della comunità primitiva di Gerusalemme,
dove si mettevano anche i beni
in comune.
Se i gruppi fin qui nominati si
possono definire grosso modo precatari, dato il prevalere in essi
di motivi docetici e dualisti (rigetto dell’incarnazione, rifiuto del
matrimonio e del mangiar carne,
preferenza data al battesimo di
spirito rispetto a quello d’acqua,
ecc.), nelle stesse regioni e particolarmente nella prima metà del
secolo XII sorgono eresiarchi ed
eretici che è lecito vedere come
pre-valdesi: non solo i seguaci di
Pietro di Bruis, del monaco Enrico e di Arnaldo da Brescia —
le cui proteste sfoceranno lungo
vari canali, sul finire del secolo
e agli inizi del seguente, nei due
movimenti complementari dei Poveri di Lione e dei Poveri di Lombardia — ma anche quel gruppo
particolare di Colonia sul Reno,
il quale, verso il 1143, fondandosi unicamente sul Nuovo Testamento, asseriva di essere la sola
vera chiesa di Cristo, perché viveva nella più assoluta povertà.
In altre parole, a partire almeno dalla metà del secolo XII, è
possibile delineare due filoni abbastanza distinti: uno evangelico,
che si dice anche «patarino » (dalla « pataria » che nel secolo precedente aveva anch’essa boicottato i sacramenti dei preti indegni,
nella scia della riforma « gregoriana »); l’altro dualista, ad un tempo « manicheo » e cristiano, che,
attraverso il bogomilismo bulgaro
e bosniaco, distinguerà ormai il
catarismo vero e proprio, in Italia e in Francia.
Catarismo
bogomilo-cristiano
Fino a poco tempo fa sembrava innegabile l’origine orientale
dei catari. La cosa era fondata soprattutto sulla testimonianza di un
domenicano, .Anseimo d’Alessandria, il quale, nella seconda metà del secolo XIII, abbozzava una
sintesi storica del propagarsi di
idee dualiste, a partire dalla Persia di Manes, che aveva postulato dieci secoli prima i due principi immortali ed opposti del bene e del male. Dalla Persia all’Anatolia e alla Bulgaria il passo era breve, per cui dei greci
di Costantinopoli, recatisi in Bulgaria, sarebbero stati contagiati
dalle nuove idee, e, di ritorno nella loro città, vi avrebbero fondato una loro chiesa con un proprio vescovo. Lo stesso avrebbero fatto dei bosniaci, poi dei francesi, infine dei provenzali, fondando anch’essi nei loro paesi delle
chiese con i loro rispettivi vescovi. Ora, la storiografia più recente (Duvernoy e Brenon) non solo
contesta, per mancanza di documenti, la fondatezza di questa progressiva espansione dall’est all’ovest, ma rivendica la fisionomia cristiana del catarismo occidentale.
Mentre Jean Duvernoy è dell’opinione che il catarismo non
è che una « forma di cristianesimo che utilizza — anche se pensiamo che li deforma — la Parola e i riti di cui siamo atavicamente impregnati » h per Anne
Brenon (direttrice del Centro nazionale di studi catari di Villegly
presso Carcàssonne) si tratta di un
«cristianesimo senza croce», di
un’anti-chiesa opposta a quella romana, fondata su una lettura dualista dei Vangeli, in altre parole di
una vera chiesa cristiana, con la sua
metafisica, il suo unico sacramento (il « consolamentum »), il suo
clero (i « bons-hommes », detti anche « perfetti ») In fondo, per
l’uno e l’altra, il fondo dualista di
questo catarismo cristiano viene
inteso più in senso antropologico
che cosmico, più come contrapposizione tra carne e spirito che come conflitto eterno tra i due principi del bene e del male.
Catarismo
e valdismo
Quali sono le differenze, o le somiglianze, tra catarismo e valdismo?
Esse sono numerose e, per vederci un po’ meglio, occorre esaminare il fenomeno cataro nei vari campi della teologia (metafisica
e cosmologia), della cristologia.
ddVescatologia, della liturgia, delVecclesiologia e dell’etica, come ha
fatto il Duvernoy nel primo volume della sua « summa » sul catarismo L Prima di tutto vediamo
con lui quale fu l’estensione cronologica e spaziale di quei gruppi
Castello di Mont Ségur (Francia), centro cataro.
che sono definiti grosso modo « catari », tra i quali c’è la tendenza
oggi ad includere anche quelli
che, a parer mio, sono da distinguersi più realisticamente come
bogomili, pre-catari o pre-valdesi.
Ma, per i nostri due autori (Duvernoy e Brenon), non ci sono dubbi: le fonti del catarismo si trovano in Bulgaria nel secolo XI, ad
Qrléans nella prima metà del secolo XI, in Renania verso la metà
del secolo XII ed in Linguadoca e
Italia nel secolo XIII, per finire in
Bosnia all’inizio del secolo XIV.
Ora, se è vero che il catarismo
sarebbe una « religio » (non una
setta o eresia) all’interno della famiglia cristiana, nonché un « ordo » che assicurerebbe la salvezza
ai suoi aderenti, e con essa la
« buona morte », esso si baserebbe su un insegnamento, manifesto
o arcano (essoterismo o esoterismo), che era centrato sull’esistenza dei due principi del bene e del
male, interpretati alla luce di una
lettura dualista delle Sacre Scritture e con l’ausilio di una regola
di vita meritoria per gli obblighi
che imponeva ai seguaci nei vari
settori della continenza sessuale,
delle astinenze rituali, del triplice
divieto di mentire - giurare - uccidere, come della necessità di lavorare con le proprie mani.
Facendo astrazione dalle numerose differenze che passano tra i
dualisti assoluti (il dio del male in
eterno conflitto con quello del bene) e dualisti mitigati (alla fine dei
tempi il principio negativo sarà
vinto definitivamente da quello positivo), la maggioranza dei catari
stimava che dal dio del bene erano stati creati (emanati?) gli spiriti (o anime celesti?) su in cielo,
mentre dal dio del male era stata
forgiata la materia qui in questo
mondo. Il principio del male, geloso di quello del bene (le tenebre
contro la luce), volle portargli danno e, introducendosi nel suo regno
come angelo di luce (Lucifero), gli
rubò gli spiriti e li imprigionò in
corpi, sia d’uomini che di animali. Prima di salvarsi, quegli spiriti dovranno reincarnarsi più volte passando da un corpo all’altro
(metempsicosi) finché, con l’avvento di Cristo (figlio del dio del bene), non venga rotta la catena delle reincarnazioni e non intervenga
la liberazione finale.
A questo punto interviene il
primo rito fondamentale del catarismo, cioè il consolamentum, che
è insieme battesimo, ordinazione
ed estrema unzione. Conferito con
l’imposizione delle mani, era di
due specie: uno, per abbracciare
lo stato di perfezione e diventare
così un membro effettivo della gerarchia catara (diaconi e « perfetti »), l’altro, destinato ai morenti
per assicurare loro la « buona
morte » ; se il « consolato » temeva di poter ancora peccare, lo si
sottometteva ad una specie di suicidio rituale (Venduta), consumato sia col digiuno ad oltranza sia
mediante soffocamento con un cuscino... In questo contesto trova
un posto adeguato anche Vanima:
secondo la tripartizione accennata
in I Tess. 5: 23 (« Qr il Dio della
pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo,
sia conservato irreprensibile per la
venuta del Signor nostro Gesù
Cristo »), essa non sarebbe altro
che il principio vegetativo del corpo, assimilabile al sangue (Lev.
17: 11 e 14) e perirebbe con il
corpo se non avvenisse il suo matrimonio con lo spirito...
Le diverse chiese catare (se ne
sono contate 16 dall’oriente all’occidente) erano indipendenti tra di
loro, sull’esempio delle 7 comunità
cristiane dell’Asia minore ricordate nei capp. 2 e 3 dell’Apocalisse.
Erano composte di uditori, credenti e « consolati ». L’uditore entrava a far parte della comunità con
i riti delVapparelhamentum (o
« servizio », atto di sottomissione),
del melioramentum (omaggio) e
della caretas (bacio di pace). La
comunità, con i suoi « perfetti »,
era l’espressione della chiesa di
Dio, la sola vera, la cui apostolicità era garantita dalla creduta
ininterrotta successione dei « bonshommes »; è una comunità di fedeli che operano la loro salvezza
osservando una regola definita di
« giustizia e verità », i cui capisaldi erano i voti di astinenza (da
ogni cibo carneo) e di continenza
(nel matrimonio), l’obbligo giornaliero delle preghiere (tra cui
quasi esclusivo il Padre nostro),
i divieti di mentire e di giurare, la
non-violenza estesa anche agli animali (sede possibile di anime celesti), la condanna delle guerre e
delle crociate, il non giudicare
(che implicava vari rifiuti, da quello dei tribunali sia civili che ecclesiastici fino alla vendetta privata e alla pena di morte), l’obbligo
di lavorare con le proprie mani
ecc. La predicazione era il legame
essenziale tra credenti e « perfetti », con lo scopo anche di conquistare dei simpatizzanti: fondata
quasi solo sul Nuovo Testamento,
metteva in evidenza la superiorità
della regola di vita dei catari rispetto a quella degli altri cristiani (valdesi compresi).
Le differenze
Ora, in tutto ciò, le differenze
dal valdismo erano consistenti:
a) due divinità (nel caso del
dualismo assoluto), anziché il Dio
solo della tradizione ebraico-cristiana;
b) un Cristo « senza croce »,
e per di più un corpo solo apparente (docetismo);
c) la chiesa ufficiale non riformabile; ne occorre un’altra totalmente nuova, più autenticamente
cristiana, alternativa a quella romana;
d) una lettura dualista delle
Sacre Scritture, con preferenza per
il Nuovo Testamento;
e) esclusivo il battesimo dello
spirito (consolamentum), da impartirsi in età cosciente, col compito finale d’interrompere la catena delle incarnazioni;
f) il pane della santa orazione
(fractio pañis), in sostituzione della santa cena o dell’eucaristia:
Cristo vi era ricordato come il pane « soprasostanziale » del Padre
nostro;
g) oltre alla Bibbia (con le limitazioni di cui sopra), il ricorso
a qualche apocrifo, come la Visione d’Isaia e la Cena segreta (Interrogazione di Giovanni);
h) in sintesi, un miscuglio sincretistico di evangelismo dualista,
di origenismo (preesistenza delle
anime), di logica filosofica e di miti popolari (noti quelli del cavallo, del pellicano e della testa d’asino per spiegare rispettivamente la
metempsicosi, la redenzione dell’uomo e il composto umano tripartito corpo-anima-spirito).
Le somiglianze
Tra i punti di concordanza noto
in particolare;
a) l’osservanza alla lettera dei
precetti del Sermone sul monte,
che costituiscono la « legge nuova » di Cristo rispetto a quella
« vecchia » dell’Antico Testamento: non mentire, non giurare, non
uccidere, non giudicare, non commettere adulterio, non maledire
né bestemmiare, soprattutto amare
il nemico;
b) il diritto-dovere di predicare liberamente (cioè senza la mediazione della chiesa ufficiale) il
Vangelo in volgare, donde la conseguenza di far tradurre le Sacre
Scritture nei vari idiomi volgari e
di poter contare su predicatori, in
genere poveri ed itineranti;
c) la necessità di un noviziato
di preparazione per i futuri responsabili delle comunità catare,
donde l’esistenza di scholae, hospitia, xenodochi, cioè case di preparazione, di rifugio e di riposo, sul
tipo della leggendaria scuola dei
« barba » di Pradeltorno nel vallone valdese di Angrogna;
d) l’opportunità di avere un
minimo di gerarchia, ma di primi
« inter pares », e di riunirsi di tanto in tanto in assemblee generali
(concili o sinodi) per coordinare
l’opera delle varie chiese.
Giovanni Gönnet
' Jean DUVERNOY. Le catharisme:
n La religion des cathares; II] L'histoire des cathares. Toulouse, Privat,
1976 e 1986, pp. 410 e 395 (qui vol. I,
p. 7).
^ Anne BRENON. Le vrai visage du
catharisme. Portet-sur-Garonne, Editions Loubatières, 1988, pp. 312 (passim, in particolare pp. 53, 61, 63-64 e
74).
’ DUVERNOY, op. cit., I (tre parti:
1, Il dogma, 2. La liturgia e la chiesa,
3. Origini e parallelismi).
Per una visione complessiva ctr. Michel ROOUEBERT, L’épopée cathare in
3 volumi, Toulouse, Privat, 1977-'86.
8
8 valli valdesi
5 ottobre 1990
CENTENARIO DEL TEMPIO DI SAN GERMANO
Il tempio e la gente
La costruzione del tempio: sbocco di un lungo e travagliato cammino
verso la libertà - La figura di C. Alberto Tron - La testimonianza oggi
La Chiesa valdese di San
Germano Chisone celebra i
cento anni del suo tempio.
Ciò non significa, tuttavia,
che i valdesi siano presenti in
quel paese, posto allo sbocco del vallone di Pramollo,
soltanto da cent’anni. Tutt’altro. Già nel medioevo si parla di persone di San Germano processate perché valdesi
e durante un’inchiesta un
barba (predicatore valdese)
della Val San Martino afferma di conoscere come valdesi anche delle persone di San
Germano.
I pochi dati che emergono
dai documenti medievali sono comunque confermati dalle risultanze posteriori al
1532, anno in cui i valdesi
aderirono alla Riforma protestante, in quanto da subito un pastore venne a risiedere a San Germano. Si racconta, infatti, che nel 1560 il
pastore Jean Lauvergeat, originario di Bourges, in Francia, fu catturato con un tranello dalle bande armate dell’Abbazia di S. Maria di Pinerolo e condannato al rogo,
mentre coloro che accorsero
per difenderlo furono costretti a portare la legna per
il fuoco che lo avrebbe arso.
L’uscita dal culto domenicale in una immagine della fine del secolo.
Dopo la pace
di Cavour
L’anno successivo, la pace
di Cavour sanzionava il diritto dei sangermanesi di avere
un pastore ed il documento
così recita: « Sarà permesso
a quelli della Parochia di
S. Germano della valle di Perusa et a quelli della Roccapiata... d’haver un Ministro,
il quale potrà un giorno predicare nel luogo di S. Germano, detto V Adormiglius
(Dormigliosi, ndr), et l’altro
giorno a Roccapiatta, solamente nel luogo chiamato
Vandini (Godini, ndr) ».
I ^ Dormigliosi è il nome
dell’ultima borgata del paese, posta in alto sulla vecchia
strada per Pramollo e lì, ancora in tempi recenti, si ricordava un luogo chiamato
« la Gleiso », a testimonianza
del fatto che vi si teneva il
culto nei secoli passati. Le
leggi imponevano che il culto si tenesse nei luoghi più
decentrati, mentre la popolazione voleva la sua chiesa nel
centro del paese. Da questo
fatto nacquero battaglie legali che durarono per generazioni.
Alla fine del ’600 il tempio
si trova a Volavilla, che oggi
è un quartiere periferico, ma
che allora doveva essere il
centro, posto com’è nella piana del Chisone, di fronte al
luogo dove allora sorgeva il
ponte che collegava le due
rive del fiume. E proprio attorno al tempio si accese la
battaglia, nel 1686, con cui i
valdesi cercarono di fermare
i francesi, il primo giorno
deH’attacco che portò alla distruzione delle Valli valdesi
ed all’esilio.
La nuova
chiesa
Dopo il Rimpatrio, nel
1710, una nuova chiesa fu
costruita — non senza opposizioni ! — nel centro del paese, dove si trova adesso. Vari restauri e miglioramenti
furono apportati negli anni,
fino al 1808, quando un terribile terremoto squassa tutta la regione. Molte case sono distrutte o lesionate e con
queste anche il locale di culto, che verrà soltanto restaurato.
Quando, nel 1889, il pastore Carlo Alberto Tron viene
insediato nella parrocchia, si
rende immediatamente conto
della triste situazione: « Nell’ora del culto », egli scrive,
« i serpenti apparivano d’un
tratto strisciando allegramente come in casa loro, ma
non col piacere del pubblico ». In breve tempo il denaro viene raccolto all’interno
della parrocchia e presso amici italiani ed esteri e cosi
un anno dopo, il 23 settembre 1890, il nuovo tempio
può essere inaugurato.
Nato a Massello nel 1850,
Carlo Alberto Tron è uno dei
rappresentanti più noti della
sua generazione, una generazione che, nata dopo ì’emancipazione ed educata nella
spiritualità del Risveglio, è
cresciuta in una Chiesa valdese tesa nello slancio della
predicazione in tutta Italia
ed estremamente attenta alle necessità della popolazione più disagiata.
Nei sedici anni in cui il pastore Tron rimase a San Germano dimostrò questa sua
straordinaria capacità organizzativa costruendo anche
due scuole di quartiere e, soprattutto, dando vita all’Asilo dei vecchi, che fu sempre
l’opera a lui più cara e che
c stato totalmente ricostruito
lo scorso anno.
Per una comunità
rinnovata
Veduta panoramica di San Germano Chisone.
Un fatto va notato: la ricostruzione del tempio non
fu dettata solo dalla volontà
di radunarsi in un locale più
decente, fu un segno visibile
della volontà di edificare una
realtà comunitaria nuova.
Con la sua predicazione, col
suo vigore e la sua energia,
il pastore Tron indicava ai
suoi parrocchiani la strada
di una fede che, abbandonati il conformismo e la routine, si proponesse come lievito per il mondo. Il senso della celebrazione del centenario del tempio sta proprio
nella riscoperta della volontà di testimonianza contenuta nell’iniziativa del pastore
Tron e della sua generazione.
Paolo Rlbet
Programma
□
Sabato 6 ottobre
Alle ore 21, presso il tempio, concerto della Camerata
corale LA GRANGIA di Torino, dal titolo «Canti
popolari nel vecchio Piemonte »• Le offerte raccolte durante il concerto saranno devolute a favore dell’Asilo
dei vecchi.
□ Domenica 7 ottobre
Alle ore 10, culto con celebrazione della Cena del Signore.
Alle ore 12.30, pranzo comunitario presso la Sala valdese.
Alle ore 15, presso il tempio si terrà la commemorazione ufficiale, col seguente programma:
— Rievocazione storica, a cura dell’arch. Renzo Bounous (coautore del libro « I TEMPLI DELLE VALLI VALDESI », ed. Claudiana).
— Presentazione del libro « LA MEMORIA E L’IMMAGINE», a cura del past. Giorgio Tourn, direttore
del Centro culturale valdese di Torre Pellice.
— Presentazione di alcuni spezzoni di film girati negli
anni ’40 e ’50 dal sig. Edmondo Long, che illustrano
alcuni aspetti della vita paesana.
Nel corso del pomeriggio, la Corale valdese canterà
alcuni inni.
□ Sabato 20 ottobre
E’ organizzato un pullman per recarsi ad Angrogna
ad assistere allo spettacolo «A LA BRUA! (Un grido di libertà) » del Gruppo teatro Angrogna.
UN LIBRO
La memoria
e rimmagine
Tra le iniziative che il Concistoro valdese di San Germano ha
assunto in vista delle celebrazioni del centenario del tempio, due
vanno segnalate in modo particolare.
La prima è la distribuzione di
un piatto decorato, che riporta
l’immagine del tempio, riprodotta da una fotografia dell'inizio
del secolo (vedi il disegno). Lo
scopo di questa iniziativa è anello di lasciare un ricordo nelle
famiglie, tale che possa restare
nel tempo.
La seconda iniziativa è la stampa del libro La memoria e l’immagine. Si tratta di un volume
di 80 pagine, con 115 fotografie,
di cui 94 in bianco e nero e 21
a colori, che ripercorrono la storia (o, se preferite, la cronaca)
dal 1890 ad oggi. Il libro, il cui
titolo completo è: La memoria
e l’immagine. Cento anni di vita
a San Germano attraverso la fotografia (1890-1990), è stato curato da Giorgio Baret, Clara Bounous e Paolo Ribet e compare
sotto l’egida del Museo valdese
di San Germano e Pramollo.
Come detto nell’introduzione,
su San Germano esistono già diversi libri che descrivono il paese, la sua storia od aspetti particolari della sua vita; di qui
l’idea di un libro di fotografie.
Le fotografie, infatti, sono un documento di storia, di costume. ,
Sono la muta testimonianza del
mondo che riproducono. Sono
una testimonianza muta, si è detto. Ed infatti, chi potrà leggere
una fotografia vecchia o antica,
se non un sociologo che ha studiato il mondo del passato, o chi
ha vissuto il tempo che viene
riprodotto dall'immagine? I curatori del libro, tra i sociologi ed
i testimoni, hanno preferito interrogare i testimoni, affinché la
loro memoria potesse « leggere »
rimmagine. Pertanto, le fotografie sono accompagnate da testimonianze o da una breve descrizione-commento.
Le fotografie a colori, infine,
che rappresentano l’oggi (o il passato più recente, come l’inaugurazione del nuovo Asilo dei vecchi del 1989), sono state inserite
proprio come memoria, per ricordare o illustrare a chi leggerà questo libro un domani com’è
1890-1990
la San Germano di oggi.
Di questo libro esistono differenti chiavi di lettura: la prima,
più facile e superficiale, si limita a notare il cambiamento delle mode e dei costumi.
La seconda può scendere più
in profondità e leggere nello scorrere del tempo il percorso che
non solo San Germano, ma tutti
i paesi di montagna hanno compiuto fin qui: dalla società e dall’economia contadina alla società industriale, dal mondo chiuso
del villaggio e della borgata alla
realtà odierna, che vive di spazi
più ampi.
Altri potranno, inoltre, ricercare nuove chiavi di lettura: un dato che comunque jrare emergere
sia dalle testimonianze che dai
commenti che accompagnano le
fotografie è che questa società
contadina (che la Chiesa valdese
ha coscientemente difeso contro
l’invadenza deH’industria) è crollata definitivamente dopo la seconda guerra mondiale. Dopo,
niente fu più uguale a prima. Non
solo e non tanto perché l’Italia
era stata distrutta dalle bombe
(San Germano non ne fu quasi
toccata), quanto piuttosto perché
qualcosa si era incrinato ed era
mutato nelle coscienze e nelle volontà della gente.
Il libro La memoria e l’immagine non è dunque soltanto
un libro da guardare, esso è piuttosto un libro da leggere in profondità. Soprattutto (se si può
dir così) dove non son scritte parole, ma è riportata un’immagine. Un’immagine che diventa viva nella memoria del lettore.
I
9
ottobre 1990
valli valdesi 9
Contrasti in Consiglio
BIBIANA — Buon ultimo in
vai Penice, il consiglio comunale,
nella sua seduta di lunedì scorso
ha eletto i propri rappresentanti
in seno al consiglio della Comunità Montana-USSL 43; si tratta
di Giraudo (PSD, Garnero (PCI)
per la maggioranza, e di Enrico
Pollo per la minoranza democristiana.
In questo modo tutti i rappresentanti dei comuni risultano eletti e si potrebbe anche formare la nuova giunta. Le trattative
fra i gruppi sono da tempo avviate (più sulle formule che sui
programmi) ma la soluzione non
pare dietro l’angolo.
Tornando al consiglio comunale di Bibiana vanno anche rilevate le vivaci proteste della
minoranza, che si è più volte
vista negare copia delle deliberazioni e di altri atti della giunta,
cosa che appare esattamente
contro lo spirito della nuova legge sulle autonomie locali.
Polemiche anche sulTelezìone
della commissione edilizia; per
il posto spettante alla minoranza, la maggioranza ha voluto proporre un nominativo di sua fiducia, situazione non gradita dalla DC che non ha partecipato alla votazione.
Seminari ai Collegio
Premi da ritirare
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 7 OTTOBRE 1990
Perosa Argentina; FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa; Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454.
USSL 44 • PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo; Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 7 OTTOBRE 1990
Bricherasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Penice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
PREVENZIONE INCENDI IN VAL PELLICE
Ancora un anno difficile?
TORRE PELLICE — Il Gruppo LEND (Lingua e nuova didattica) di Torino organizza un
seminario di letteratura francese e uno di letteratura inglese
per Taggiornamento degli insegnanti di lingue straniere e in
preparazione al concorso ordinario, rispettivamente nei giorni
6-7 e 20-21 ottobre 1990.
I seminari saranno ospitati dal
Collegio e dalla Foresteria valdese di Torre Peiiice. Per informazioni e iscrizioni rivolgersi ai
seguenti numeri; (011) 687396 e
(011) 597033,
SAN GERMANO CHISONE
Pubblichiamo l'elenco dei biglietti
vincenti relativi ai premi non ancora
ritirati: 3786, 90, 7475, 4857, 5468, 4402,
1250, 6367, 960, 1309, 2552, 2473, 2592,
5738, 4332, 2900, 1690, 5097, 125, 2425.
I doni sono a disposizione presso
l'Asilo dei vecchi di S. Germano Chisone.
Ambulanza :
CRI Torre Pelllce: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricherasio: tei. 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
Quali risorse, quanti uomini, quali mezzi per un pronto intervento in
caso di nuovi, gravi, incendi? - La stima dei danni deH’inverno scorso
Il mercatino
cambia giorno
Lo scorso febbraio rappresentò per tutto il pinerolese un periodo di grande drammaticità legato ai numerosi incendi scoppiati in diverse zone; Prarostino
fu il comune maggiormente colpito, ma anche altrove i danni
furono ingenti, altre case andarono distrutte, centinaia di ettari di territorio furono percorsi dal fuoco. Secondo le stime
effettuate nel corso dell’estate,
sono quasi 500 gli ettari di bosco distrutti dal fuoco in vai
Penice; altri 300 ettari di prato pascxilo sono stati attraversati dalle fiamme, ma in questo
caso il danno non è da considerarsi rilevante.
Anche per quanto riguarda il
bosco, malgrado l’estate abbia
evidenziato amplissime macchie
brulle in mezzo alle montagne,
i danni, secondo gli esperti forestali, sono stati relativamente
contenuti.
Visto il forte vento, infatti, le
flamine hanno percorso i pendi!
ad una velocità tale da non compromettere troppo la ricrescita
della vegetazione; così il bosco,
prevalentemente ceduo, ha visto
rinascere la vegetazione dalle
ceppaie annerite.
Tempo una decina d’anni, la
copertura verde sarà ripristinata; i problemi derivano invece
dalla difficoltà di ripulire il bosco dagli alberi bruciati (i luoghi sono spesso poco accessibili,
ma soprattutto il legname è poco appetibile e mancano le persone per effettuare i lavori). Il
rischio più grosso è che gli alberi distrutti, con gli anni, diventino pericoloso alimento per
eventuali nuovi incendi.
La mancata pulizia del sottobosco, assommata ai cumuli di
legname annerito da precedenti
incendi, rappresenta dunque un
ulteriore elemento di rischio;
il Corpo forestale aveva invitato, nello scorso giugno, i proprietari di terreni percorsi dal
fuoco ad intervenire, ma cosa
si può fare se il padrone del
fondo ha più di ottant'anni, è
deceduto o semplicemente emigrato?
I problemi per la nuova stagione autunnale sono ormai imminenti; la siccità è perdurata
per tutto l’anno. Da ormai tre
anni le piogge sono scarse e nuovamente si sta riproponendo la
carenza di acqua nelle fontane
o nei piccoli corsi d’acqua di
montagna.
Se possibile; la situazione è
anche peggiore dell’anno scorso;
« ci sono fontane che non ho
mai visto all’asciutto in cinquant’anni e che ora non mandano
acqua », si sente dire in molti
paesi delle valli.
Pur auspicando le abbondanti
piogge autunnali, come ci si prepara ad affrontare una possibile
nuova « emergenza incendi »?
Quante persone sono impegnate
nelle squadre antincendio della
valle? Di quali strumenti si dispone?
A partire da una apposita legge del ’75, sono state costituite,
in tutti i comuni, delle squadre
antincendio; in tutto si tratta
di oltre 180 persone che hanno
affrontato dei corsi di addestramento e che periodicamente si
riuniscono per aggiornamenti ed
esercitazioni; quando intervengono, sono riconosciuti come
operai forestali.
Ogni persona è equipaggiata
con attrezzi manuali e ciascuna
squadra è dotata di una motopompa trasportabile.
Proprio in questi giorni la Comunità montana, che supporta
l’attività delle squadre, sta predisponendo richieste di finanziamento per rinnovo di materiale;
difficilmente però questo si concretizzerà nel breve periodo.
In molti casi si rende necessario l'intervento dell'elicottero.
Per l’approvvigionamento idrico sono a disposizione in tutta
la valle anche dei contenitori
mobili e delle vasche fisse; in
particolare essi servono a rifornire di acqua gli elicotteri che
debbano intervenire nei casi più
gravi (come quest’inverno). Si
tratta di quattro vasche smontabili da 2.500 litri, di una vasca da 25.000 litri collocata sul
territorio di Bricherasio e del
supporto del bacino della fabbrica Vacciago, che viene messo
a disposizione in caso di necessità.
Sarebbe però importante individuare altre zone, creare altri
punti di facile approvvigionamento, il più vicino possibile alle
zone a rischio di incendio.
C’è anche una proposta di un
consorzio irriguo di Bricherasio
per l’ampliamento di un bacino
che potrebbe essere utilizzato, oltre che per scopi agricoli, proprio come punto di rifornimento per mezzi aerei; anche se questa ipotesi dovesse concretizzarsi, è però chiaro che si troverebbe in una posizione poco favorevole rispetto alla celerità degli interventi.
Fin qui le misure prese o quelle in cantiere per far fronte ad
eventuali incendi; se ne parla
all’indomani di un anno particolarmente « pesante » per il pinerolese. Ma la prevenzione passa attraverso altri canali ed è
quasi impossibile di fronte ad
uno spopolamento che non trova alternative credibili.
Piervaldo Rostan
TORRE PELLICE — Il consiglio comunale ha deciso lo spostamento del mercatino biologico dal terzo al secondo sabato
del mese. Quello che è ormai diventato un appuntamento che
porta a Torre Pellice persone anche da Torino alla ricerca di prodotti naturali, deciso circa un anno fa dal Comune, era però in
coincidenza con l’analoga iniziativa di Casale Monferrato. Ciò impediva ad alcuni espositori di essere presenti in vai Pellice e
quindi, di fatto, un ampliamento dell’iniziativa.
Con tutta probabilità lo spostamento di data entrerà in vigore dal mese di novembre.
In ottobre, proprio intorno al
terzo sabato del mese, sono in
programmazione alcuni incontri
legati alla raccolta delle castagne. In particolare , dovrebbero
svolgersi, oltre alla tradizionale
castagnata, una esposizione-vendita di prodotti agricoli, un concerto, una serata informativa sulla situazione odierna della coltivazione del castagno da frutto
e sulle iniziative portate avanti
nelle valli alpine per il recupero
di tale produzione, un tempo
molto più diffusa.
Con l’aiuto
degli utenti
TORRE PELLICE - La strada
che conduce alla Sea è stata riaperta al transito dopo i lavori
di asfaltatura. Contrariamente a
quanto annunciato sullo scorso
numero del giornale, i lavori
hanno comportato una spesa non
di 15 milioni ma di circa il triplo; oltre alla Provincia, sono
intervenuti anche gli utenti del
Consorzio che ha in cura la strada.
CONSIGLIO COMUNALE DI ANGROGNA
Un nuovo acquedotto
Anche la zona orientale del
comune avrà il suo acquedotto;
questa decisione è stata assunta dal consiglio comunale lunedì scorso. Il progetto approvato
prevede una spesa totale di oltre 400 milioni di lire, ma essendo disponibile inizialmente
soltanto la metà della cifra, i
lavori saranno eseguiti per lotti
successivi.
« E’ chiaro — è stato anche detto da più parti — che ogni ulteriore possibile impegno di spesa sarà nei prossimi anni destinato in via prioritaria al completamento dell’opera, in modo
da raggiungere tutte quelle famiglie che inizialmente non potranno ancora disporre del servizio ».
I lavori inizieranno ovviamente dalla captazione alle sorgenti
per proseguire verso il basso;
parallelamente alla condotta
principale verranno eseguite anche le opere per la distribuzione. Il progetto completo prevede la costruzione di vari serbatoi, fino alle Bruere e ai Giovo;
ogni serbatoio sarà dotato di
galleggiante, in modo da evitare
fuoruscite del « troppo pieno »
e di consentire il riempimento
della vasca successiva. Essendo
il nuovo acquedotto collegato al
vecchio, quando tutti i serbatoi
saranno colmi, l’acqua defluirà
verso l'altra condotta.
E’ presumibile che in futuro
anche altre opere debbano rendersi necessarie al vecchio acquedotto che attualmente funziona ma che, a giudizio dei tecnici, non potrebbe sopportare
una pressione maggiore nelle
condutture; inoltre, probabilmen
te, una volta ultimata la rete idrica, sarà importante reperire anche altre sorgenti, pur essendo le
attuali assai ricche di acqua.
Nel corso della serata sono
stati anche approvati tre ordini
del giorno a tutela dei servizi
nelle zone montane.
In particolare anche il Comune di Angrogna fa sentire la sua
voce rispetto alla proposta di
legge, già approvata alla Camera ed ora in discussione al Senato, di riforma delle USSL non
prevedendo più la coincidenza
territoriale tra USSL e Comunità montane, cosa che metterebbe in dubbio il buon funzionamento dei sendzi delle piccole
USSL come la 42 e la 43.
La seconda presa di posizione
riguarda la recente legge sulle
autonomie locali che non contempla più per le Provincie le
funzioni assistenziali, cosa che
potrebbe comportare per i piccoli Comuni spese assolutamente insopportabili per il mantenimento di servizi assistenziali
verso quelle fasce già in particolare difficoltà, come i portatori
di handicap o i giovani abbandonati dai genitori.
Il terzo o.d.g. riguarda l’eventualità che le scuole con meno
di 20 alunni vengano chiuse.
« Non è il caso di Angrogna, fortunatamente — ha detto il sindaco Franca Co'isson —; tuttavia se quest'anno abbiamo in
tutto 20 bambini, sappiamo che
la situazione potrebbe anche
cambiare nel giro di pochi anni ». La legge prevede anche del-'
le deroghe per quei Comuni particolarmente svantaggiati, in cui
il trasporto degli alunni risul
terebbe difficile, tuttavia pare
che da parte del Provveditorato
si tenda a limitare al massimo queste deroghe; ecco ciò che
sta alla base di questa presa
di posizione.
Nel corso della seduta, il consigliere delegato alla cultura J.
Louis Sappè ha infine illustrato
le iniziative previste nell’ambito
della dodicesima edizione dell’Autunno in vai d’Angro^a.
« Non c’è un tema guida —
ha detto Sappè — ma gli appuntamenti sono molti e stimolanti. L’edizione di quest’anno è
più lunga del solito, essendo compresa fra il concerto del coro
La Baita di Piossasco il 7 ottobre ed il concerto del coro locale La Draia il 28 ottobre ».
Non mancheranno i momenti
di dibattito (montagna, pros^ttive di sviluppo, ricerca storica,
agricoltura e salute), il tutto diluito in queste settimane autunnali che vedono sempre impegnati molti angrognini, a partire dai loro stessi amministratori.
P.V.R.
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É:.
10
10 valli valdesi
RELIGIONE A SCUOLA
USSL
Chi non frequenta r«ora»
DUO uscire
i debiti?
In alcune scuole di Pinerolo,
delle valli e del Piemonte sono
sorte alcune difficoltà circa il diritto degli studenti di entrare
un’ora più tardi, o di uscire
un’ora prima, quando l’insegnamento della religione cattolica è
collocata alla prima o all’ultima
ora dell’orario scolastico.
Presidi e direttori scolastici,
trincerandosi dietro la sospensiva, operata dal Consiglio di Stato, della sentenza del TAR del
Lazio che cancellava, in tutta
Italia, le circolari 188 e 189 dell’allora ministro della Pubblica
istruzione, Sergio Mattarella, sostengono che i ragazzi non possono più uscire dalla scuola in
occasione dell’ora di religione
cattolica.
Ai ragazzi che non si avvalgono dell’Irc sono riservate o le
attività alternative, o lo studio
individuale o anche far nulla, ma
— secondo questi presidi e direttori — dovrebbero essere in
scuola durante tutto l’orario scolastico, orario che comprende anche l’Irc.
A questa posizione numerosi
genitori, tra cui alcuni valdesi, oppongono invece la sentenza n. 203 del 1989 della Corte
Costituzionale. Tale sentenza —
che, è bene notare, non è stata
abrogata dal Consiglio di Stato,
che non ne ha i poteri — prevede infatti che « per quanti decidano di non avvalersi » delTlrc « l'alternativa è uno stato di
non obbligo. La previsione infatti di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a costituire
condizionamento per quella interrogazione della coscienza, che
deve essere conservata attenta
al suo unico oggetto: l'esercizio
della libertà costituzionale di religione ».
Queste parole sono chiare e
incontrovertibili. Nessun obbligo
può essere imposto a chi non si
avvale dell’Irc, nemmeno quello
di restare a scuola. Numerosi
pretori italiani, già interpellati in
via d’urgenza da alcuni genitori,
hanno stabilito che i ragazzi possono uscire dalla scuola. Per non
andare troppo lontano così ha
deciso, ad esempio, il pretore di
Asti.
Il Consiglio di Stato ha semplicemente sospeso la sentenza
del Tar del Lazio, osservando
nella sua ordinanza di sospensiva che l’annullamento delle
circolari, operato dal Tar, « determina un vuoto di disciplina
che provoca disorientamento
per il settore scolastico» ed ha
chiesto alla Corte costituzionale
un chiarimento della sua sentenza che dia « profili determinanti
per la risoluzione della vertenza ».
In altre parole la sentenza sospende Tannullamento delle circolari in attesa di nuove misure
organizzative del ministro della
Pubblica istruzione (per altro richieste con una risoluzione della Camera nel maggio ’89), finora non emesse, e di indicazioni della Corte su come risolvere
la questione.
In attesa di una soluzione governativa al problema, il gran
pasticcio dell’ora di religione è
tornato ai presidi e ai direttori.
Il gruppo dei genitori non ritiene però che l’autorità scolastica possa ignorare la sentenza
203 della Corte e perciò è stato
predisposto uno schema di lettera (che pubblichiamo qui di
fianco) che potrebbe aiutare a
risolvere, in maniera contingente, il problema. La lettera contiene anche una diffida, ma i genitori sperano di non dover ulteriormente ricorrere ai tribunali, che già più volte si sono pronunciati.
Giorgio Gardlol
FACSIMILE
Dichiarazione dei genitori
Il sottoscritto.........................
nella propria qualità di genitore dell’alunno/a
........................ classe .................
preso atto che la sentenza n. 203 dell’11.4.’89 della Corte Costituzionale stabilisce che l’I.R.C. « ...è facoltativo: solo l’esercizio del diritto di avvalersene crea l’obbligo di frequentarlo.
Per quanti decidono di non avvalersene l’alternativa è uno
stato di non-obbligo »
— tenuto conto che per il proprio flglio/a non ha effettuato la scelta dell’I.R.C. (oppure per la scuola media superiore: che il proprio figlio non ha effettuato la scelta dell’I.R.C.)
— verificato che in codesto istituto per la classe . . .
a cui appartiene il proprio figlio, l’ora di I.R.C. si svolge il . !
. . . . dalle ore .... alle ore ....
DICHIARA
che per nessun motivo il proprio figlio/a.........potrà
essere trattenuto a scuola in tale giorno e in tale ora. Il sottoscritto compie la dichiarazione, neU’ambito dell’esercizio
della potestà di cui all’art. 316 c.c., poiché in corrispondenza
dell’orario smndicato non si svolge per l’alunno/a alcuna attività scolastica o parascolastica che richieda la sua presenza
nei locali deUa scuola.
In difetto, l’esponente, in proprio o nella qualità di esercente la potestà di cui sopra, si vedrà suo malgrado costretto
ad adire l’autorità giudiziaria competente al fine di tutelare
i propri diritti e/o interessi legittimi.
Firma
REGIONE PIEMONTE
Timori per l’occupazione
Saranno le piccole e medie
aziende deH’indotto a subire più
profondamente gli effetti dell’attuale congiuntura di calo di vendite delle auto Fiat ed il Consiglio regionale del Piemonte, impegnando la Giunta a seguire
con attenzione l’evolversi della
situazione e assumendo tutte le
iniziative utili, sollecita il Parlamento ad approvare la legge
di incentivazione e sostegno del
settore.
E’ questo il senso dell’o.d.g.
approvato dal Consiglio regionale, martedì 18 settembre, dopo
un confronto in aula tra tutte
le forze politiche per esaminare
gli aspetti di gravità e le ripercussioni che il provvedimento di
cassa integrazione per decine di
migliaia di lavoratori Fiat farà
registrare. Il documento porta
la firma di DC, PSI, PRI, PLI,
PSDI e Pensionati; PCI e DP
hanno votato contro, il MSI si
è astenuto, Piemont non ha partecipato ai voto.
Era stato il vicepresidente del
la Giunta regionale Bianca Vetrino ad introdirrre il dibattito,
tracciando il profilo della situazione economica piemontese senza tralasciare gli aspetti di crisi che colpiscono anche il settore tessile del biellese ed altri
segmenti dell’industria regionale; « Il provvedimento della Fiat
— ha detto Vetrino — costituisce la punta di un iceberg che
rischia di venire presto alla luce rivelandosi più grande del
previsto ».
I problemi dell’indotto Fiat sono stati affrontati nella relazione dell’assessore al lavoro Giuseppe Cerchio: «Come ha evidenziato l'Associazione piccole e
medie industrie — ha sottolineato — si prevede una crescita del
numero di aziende in CIG dalle
attuali 37 a 140 entro la fine del
1990 ».
Cerchio ha aggiunto: « Sarà
bene quindi che l'attenzione delle istituzioni non trascuri questa realtà che riguarda masse
occupazionali complessivamente
ingenti, 45 mila lavoratori della
componentistica, oltre 100 mila
in totale ».
Differenziate le posizioni espresse da tutti i partiti.
11 PCI ha presentato due ordini del giorno ed un terzo insieme ai Verdi, sottolineando i
temi della « qualità totale », chiedendo « la promozione di una
commissione di indagine per la
ristrutturazione ecologica dell’industria piemontese » ed una discussione in Consiglio regionale
sulla « localizzazione del Centro
fieristico internazionale alternativa al Lingotto, dotata di nuove, aggiornate strutture in luogo accessibile ed idonee per rinnovare la realtà urbana torinese ».
I tre documenti sono stati respinti a maggioranza, così come
l’o.d.g. presentato dal consigliere di DP Maggiorotti (per chiedere al Governo di non concedere la cassa integrazione richiesta dalla Fiat).
La prima seduta del Consiglio
regionale del Piemonte, dopo la
pausa estiva, è stata ampiamente dedicata all’esame della grave situazione finanziaria che rischia di venirsi a creare alla luce delTart. 3 del decreto legge
del Governo: « Misure urgenti
per il finanziamento della spesa
sanitaria ».
Il presidente della Giunta regionale Gian Paolo Brizio, in una
comimicazione al Consiglio, ha
parlato di « paralisi inaccettabile » per le Regioni « qualora il
decreto venga trasformato in
legge, in quanto andrebbe a loro carico l'onere delle maggiori
spese per il finanziamento del
Sistema sanitario nazionale nel
1990 ».
« Per il Piemonte — ha precisato l’assessore al bilancio Pier
Luigi Gallarini — l'ipotesi di
sfondamento delle USSL è di
920 miliardi di lire e la previsione, in caso di contrazione di
mutui con onere a carico regionale, si aggira fra i 146 ed i 160
miliardi di lire ».
Dopo aver respinto la possibilità di fare riferimento a mezzi
propri di bilancio e all’alienazione di beni patrimoniali, Tassessore Gallarini ha aggiunto che,
nell’ipotesi di contrazione di mutui, si potrà pensare (ma solo
per il 1991) di introitare 146 miliardi e 350 milioni di lire con
autonomia impositiva ricorrendo all’addizionale sul prezzo della benzina, sulle iscrizioni al Pubblico registro automobilistico,
sui consumi del metano per riscaldamento.
« La cifra sarebbe comunque
insufficiente», ha detto l’assessore al bilancio.
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Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 4 ottobre,
ore 16.45, avrà luogo al Centro d'incontro una riunione con il seguente
o.d.g.: a) Azione urgente: appelli per
5 cittadini dell'Uganda, arrestati dalla
polizia di sicurezza a Kampala il io.8,
di cui si ignora il motivo dell'arresto e
il luogo di detenzione; b) Inizio dell'azione per la Campagna per lo Sri
Lanka; c) Impostazione del lavoro per
il caso di investigazione su un prigioniero del Vietnam: John E Mai Huu Ngbi
(Chuong) arrestato nel 1987 e condannato a 18 anni di carcere. Una delle
accuse: "propaganda contro il sistema
socialista".
Teatro
RORA' — La filodrammatica amatoriale ■' Vianney » di Torino presenta
a Rorà il 6 ottobre, ore 21, presso la
sala teatro la commedia brillante in
tre atti di Franco Roberto: « Arriva
lo zio di Dallas ». Commedia molto
bella e attori molto bravi, consigliabile per una serata in allegria. Ingresso libero.
Autunno in vai d’Angrogna
Sabato 6 ottobre, ore 21.15: Sala
unionista di S. Lorenzo: « A la brua! (Un
grido di libertà) ». Spettacolo del
Gruppo Teatro Angrogna - ultime sepliche - prenotazioni: Libreria Claudiana,
Torre Pellice (tei. 91422).
Domenica 7 ottobre, ore 21; Tempio
del Serre: Concerto del coro alpino
“ La Baita » di Piossasco.
Giovedì 11 ottobre, ore 21: Tempio
di Pradeltorno: ■■ Cammina, non correre:
una proposta di escursionismo in alta
Val d'Angrogna ». Intervengono D. Jalla,
funzionario della Regione Piemonte, F.
Chiaretta, della rivista « Alp », R. Mantovani, della rivista « La montagna ».
Venerdì 12 ottobre e domenica 14 ottobre, ore 21.15: Sala unionista di S.
Lorenzo: « A la brua! (Un grido di libertà) ». Spettacolo del Gruppo Teatro
Angrogna.
Martedì 16 ottobre, ore 21: Tempio
del Serre: Incontro-dibattito su « La
montagna di fronte alle nuove riforme:
quale autonomia, quale assistenza sanitaria? ». Intervengono: A. Di Giovine, dell'Università di Torino; S. Bajardi,
dell'A.N.C.I.-Sanità; E. Martinengo, delrUNCEM; E. Borgarello, consigliere
del comune di Angrogna..
Giovedì 18 ottobre, ore 21: Scuola di
Chiot dI'Aiga: Incontro-dibattito su
"Legge regionale 45/89: vincolo idrogeologico: compiti e competenze ». Introducono M. Dana, funzionario della
Regione Piemonte e L. lacomuzio, del
Corpo forestale dello stato.
______________Cinema_________________
TORRE PELLICE — La cooperativa
« La tarta volante », che gestisce il
cinema Trento di Torre Pellice, organizza anche per quest'autunno una rassegna di cinema d'arte e cultura.
Siamo ormai alla sesta edizione; il
via è previsto per il 12 ottobre, alle
ore 21.15, con la visione dei film
“ Miloii a maggio ».
La rassegna prevede nove serate,
sempre al venerdì; l'ingresso costa L.
5.000, ma sono anche in vendita gli
abbonamenti al costo di 27.000 lire
0 presso il cinema stesso, oppure presso la videoteca Metropolis di Luserna
San Giovanni.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma la visione di: » Sotto shock », sabato 6 ottobre, ore 20
e 22.10 e domenica 7 ottobre, ore
16, 18, 20 e 22.10.
______________Concerti_______________
TORRE PELLICE — Giovedì 4 ottobre, alle ore 21, nel tempio valdese
il coro alpino vai Pellice presenterà
un concerto del coro lettone Dalle in
tournée in tutta Europa. L'appuntamento è particolarmente rilevante e stimolante perché è la prima volta che
un coro sovietico, composto da oltre
50 elementi che si presentano al pubblico nei costumi tradizionali delle
loro terre, si esibisce in valle.
La stessa serata verrà replicata a
Pinerolo il venerdì sera al palasport.
11
5 ottobre 1990
lettere H
non dimenticare
I COLPORTORI
Caro Direttore,
¡n relazione all'incontro, che si terrà a novembre, tra l’Assemblea battista e il Sinodo delle Chiese valdesi e
metodiste, sul quinto documento BMV
che cita, a proposito dell'evangelizzazione, « il riconoscimento, la preparazione e il sostentamento dell'evangelista », gradirei sostenere una tesi personale sull'Identità di evangelista. Non
tolgo nulla di quello che dice il quinto
documento, ma vorrei solo aggiungere
qualcosa di ciò che non dice.
Per evangelista intendo colui che
annunzia o testimonia l'Evangelo conseguente alla lettura della Bibbia, che
costituisce l'unica autorità credibile in
materia di tede. Chi ha redatto il quinto documento ha ignorato compietamente il lavoro di colportaggio. « Colportaggio » deriva dal francese « colportage », che significa vendita ambulante di libri. La storia dei colportori in Italia li vede vittime due volte. Una per le persecuzioni del cattolicesimo; l'unico spazio a loro riservato „era quello di umiliazioni di
ogni genere. L'altra perché le Chiese
evangeliche federate hanno sempre
. snobbato » coloro che hanno avuto
questa vocazione (chissà quante di
queste giacciono impolverate negli angoli delle nostre chiese, senza che
nessuno se ne avveda!).
Con la sola eccezione della « Claudiana », i colportori riuniti che hanno
aperto librerie evangeliche nel nostro
paese dipendono da missioni estere:
C.L.C., Voce della Bibbia, Centro biblico.
Gli altri si sentono abbandonati dalle Chiese federate.
Le tre sedi « Claudiana » non sono
sufficienti per una evangelizzazione a
livello nazionale. Forse per la testimonianza in sede fissa si accontenta qualcuno, ma se parliamo di evangelizzazione bisognerebbe rivedere un po' la
situazione.
notes
La domanda potrebbe essere la seguente; i credenti appartenenti alle
Chiese ■■ B.M.V. » ritengono ancora valida l'affermazione che la Bibbia è
Parola di Dio, vivente ed efficace? (cfr.
Ebrei 4: 12).
Un tempo c'era chi credeva nella
Bibbia e la diffondeva, spinto dalla fede
in Cristo.
Questa azione è ancora valida oggi
per le chiese?
I canali per la distribuzione delle
Bibbie e del libro evangelico (il colportaggio e la libreria) potrebbero diventare centri di iniziativa delle Chiese
B.M.V. per l’evangelizzazione. Riflettiamo.
Saluti fraterni.
Michele Romano, Venaria
INTOLLERANZA
RELIGIOSA
Vorrei dire al sig. Alberto Bertone
(addetto stampa dei Testimoni di Geova) che per avere certi riconoscimenti da Cesare occorre pagargli il tributo.
Ora i Testimoni di Geova evadono il
« tributo » del servizio militare e di
quello civile. Per carità, ognuno ha le
sue idee. Però se c'è da andare nel
Golfo Persico, ci vanno i figli di mamma degli altri (speriamo che tornino tutti a casa) i quali pagano il tributo anche per i Testimoni di Geova.
Un altro “ tributo » evaso è di non
esercitare il diritto-dovere del voto. I
Testimoni di Geova non votano sistematicamente, in quanto asseriscono
che non sono di questo mondo (l'ho
sentito con le mie orecchie). Per carità, ognuno ha le sue idee.
Sig. Bertone, non le sembra che i
Testimoni di Geova pretendano da Ce
sare certe cose senza pagarne il
« tributo »?
La saluto.
Volto Di Gennaro, Coreico
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio GardioI
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori; Alberto Corsani, Adriano Longo, Piervaldo Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia. Franco Carri. Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
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Pellice - telefono 0121/91334
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REDAZIONE e AMMiNISTRAZiONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino - telefono
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Sostenitore annuale L. 85.000 Semestrale L. 45.000
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P. * via Pio V. 15 10125 Torino
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berte Peyrot
EDITORE: A.I.P. ■ via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Costante Costantino (presidente), Paolo
Gay, Roberto Peyrot, Silvio ReveI, Franco Rivolta (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
LA PATENTE
Il n. 38/’90 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 26 settembre e a quelli delle valli valdesi il 27 settembre 1990.
Hanno collaborato a questo numero: Archimede Bertolino, Gregorio Plescan. Teofilo Pons, Jean-Louis Sappé.
Chi scrive è una vittima (come tante) di leggi ingiuste che, invece di aiutare chi è maggiormente in difficoltà
a tirare avanti, lo penalizzano e lo colpiscono.
Sono una donna di mezza età e
vivo in una valle del Piemonte da diversi anni; sono operaia, vivo sola e
sono credente.
Undici anni or sono, per divenire
autosufficiente, potermi spostare, anche d'inverno, senza ammalarmi, recarmi al posto di lavoro, ho ottenuto
la patente tipo « B ».
Del resto nei piccoli paesi, si sa,
non ci sono mezzi pubblici che circolano come in città.
Sfortunatamente da alcuni anni, in
seguito a traumi subiti, ho avuto problemi psichici, alcuni ricoveri, e faccio uso di psicofarmaci per dormire
la notte.
Guido da 10 anni senza mai avere
avuto un incidente stradale né averne
provocati; non ho neppure mai investito un gatto!
Quest'anno però mi è scaduta la
patente.
Dopo aver seguito la trafila burocratica d'obbligo, ho ottenuto l’appuntamento, per il ■■ colloquio », pensavo
io, presso la commissione dell'USSL di
Torino.
Mi hanno fatto fare l’esame della
vista e dell’udito; hanno letto la relazione dello psichiatra ed il formulario compilato dal medico di base. A ciò
ha fatto seguito una specie di interrogatorio di tipo poliziesco, particolarmente centrato su come si manifesta il
mio "star male” e a quando risale il
mio ultimo ricovero.
Mi fanno uscire e, poco dopo, rientrare.
<■ A che cosa le serve la patente? »,
chiedono. « Specialmente per andare a
lavorare », rispondo.
« Torni tra sei mesi ».
Non me l'hanno rinnovata.
lettera firmata
CONTRO LA POLITICA
COMUNISTA
IN CHIESA
E’ cosa nota che la TEV - Testimonianza evangelica valdese - ha deliberato di continuare la sua particolare
opera nel seno delle Chiese valdese e
metodista avendo considerato non raggiunto lo scopo che si è prefisso,
cioè l'estromissione della politica da
ogni attività della chiesa.
A mio parere, questa decisione è
ben motivata.
Non basta aver potuto constatare
che i sermoni domenicali, ed in particolare quelli radiofonici, appaiono oggi
. disinquinati », perché purtroppo in
vari altri modi e in altre sedi continua e si intensifica la collusione di
membri della Tavola e di vari pastori
con partiti politici; gli inquinatori, non
ravveduti, operano ancora. Lo scorso
anno, su questo settimanale, è stato
svolto un dibattito su « Fine del comunismo e coscienza cristiana »; si era
sperato che ne potesse derivare qualche frutto positivo; esso è risultato
Invece assai vago e poco edificante,
ad eccezione di qualche intervento.
Nessuno ha gioito per II fatto che
la fine del comunismo nell'URSS ha
significato la liberazione di 280 milioni di persone da « un regime annientatorio ed oppressorio che non ha uguali
per durata e quantità di vittime ».
Nessuno si è rallegrato nel vedere
la fine del » più grande sforzo, mai
compiuto nei secoli per sradicare il
cristianesimo dalla coscienza dei popoli ».
Ma quello che più colpisce è il fatto che al dibattito non ha partecipato
neppure uno dei grandi sostenitori della tesi che ia chiesa non può fare a
meno della politica ed in particolare
delle teorie di Carlo Marx, stranamente giudicate non contrastanti all’insegnamento di Gesù, anzi ad esso complementari.
Sono chiara conferma della persi
stente invadenza della politica nella
nostra chiesa, oltre al libro « I valdesi e l'ItaRa » del pastore Giorgio Bouchard, le seguenti dichiarazioni apparse lo scorso anno sul nostro giornale.
Il 16.6.89, a firma del direttore;
« Il comunismo rinnovato [la Cosa] può generare nuovamente grandi
speranze umane, grandi progetti su
cui vale spendersi ».
L’11.8.89, a firma del pastore Aquilante;
« Il nome comunista (e avevano
ogni cosa in comune; e vendevano le
possessioni e i beni e li distribuivano
a tutti secondo il bisogno di ciascuno
- Atti 2) suscita ancora nostalgie che
stringono fino alle lacrime e una speranza che apre il cuore a battiti nuovi, gli occhi a terre lontane, inesplorate, e per queste già chiama all'azione ».
Queste belle prospettive, entusiasticamente propinate a noi lettori, mentre
il PCI è in grande travaglio di trasformazione, appaiono politicamente senza
fondamento e denunciano negli autori
scarsa fiducia nell’opera di evangelizzazione.
Non dovrebbe essere permessa questa propaganda sul giornale della
chiesa perché quello che va bene per
i radical-democratici, come li chiama
Giorgio Bouchard, può mettere a dura
prova la pazienza degli altri fedeli.
La citazione di Atti 2 è ingannevole
per l’omissione della frase iniziale del
versetto 44: « E tutti quelli che credevano... ».
Ad ogni modo l’accostamento al comunismo realizzato è da condannare in
modo assoluto perché la comunanza
dei beni attuata nella primitiva chiesa
di Gerusalemme, ad opera e per volontà di coloro che avevano creduto, non
ha nulla a che fare con l’abolizione
della proprietà privata programmata
da Marx e conseguita, con innumerevoli atti di violenza omicida, dai regimi comunisti.
Renato Paschetto, Milano
L’HANDICAP E NOI
Non si è mai parlato tanto di handicap come in questi tempi. Eppure le
persone in difficoltà esistono da sempre. E’ cosa buona, parfarne. Altrettanto buona, il fare, lo, che ci vivo
in mezzo, ho tanti dubbi.
E' molto difficile entrare nel mondo
dei « diversi ». Ci vuole molta sensibilità per sentire chi non parla, molto rispetto, lo credo che tutto questo
parlare di handicap sia un paravento
dietro a cui nascondiamo la nostra
angoscia, il nostro dolore di fronte alla sofferenza altrui. Ma quanto di tutto questo parlare si traduce poi in
. sentire » la verità, il significato di
un handicappato? Per entrare nel loro
mondo bisogna togliersi le scarpe, come in una moschea. Ci si dovrebbe
avvicinare alla sofferenza in punta di
piedi.
Non facciamo, invece, un po’ troppo
fracasso?
Nella società odierna che riconosce
e premia solo il rendimento e l’efficienza, quale comprensione riceve chi
non sa fare nulla?
Guanto orgoglio e vanità devo lasciare da parte per sintonizzarmi con un
handicappato?
Il guaio è che, spesso, si fanno le
cose per averne poi un riconoscimento.
Quanto mi ammireranno gli altri se
farò loro vedere quante cose belle faccio fare agli handicappati?
Non intendo distruggere il positivismo di alcuni. Voglio solo riflettere
su ciò che sto facendo. Quante volte
ho forzato la volontà di una di queste
persone per fargli fare ciò che io
pensavo e volevo?
Quanto so ascoltare il silenzio di un
altro essere umano, senza sopraffarlo?
Quante attività e programmazioni farei, se sapessi con certezza che nessuno me ne riconoscerà mai il merito?
Mi avevano insegnato l'umiltà, in un
tempo molto lontano. Ora che sarebbe il momento di tirarla fuori, mi ricordo ancora cos’è? Forse è vero che,
una volta entrati in questo mondo di
sofferenza fisica e mentale, si guarda
fuori con molta diffidenza e tristezza.
Il mondo dei forti è duro e spietato e,
a volte, ci inganna con un sorriso falsamente comprensivo.
Idana Vignolo, Torre Pellice
CAMBIO INDIRIZZO
PER TRASFERIMENTO
Past. Ruggero Marchetti
Chiesa valdese - 10060 Angrogna
(TO) - Tel. 0121/944144.
Past. Aldo Rutigliano
Via Sibaud, 3 - 10060 Bobbio Pellice
(TO) - Tel. 0121/92731.
Past. Franco Davite
Viale dei Tigli, 15 - 10062 Luserna
S. Giovanni (TO) - Tel. 0121/902502.
Past. Eugenio Stretti
Via Carlo Alberto, 43 - 10063 Pomaretto (TO) - Tel. 0121/81736.
Prof. Claudio Tron
Chiesa valdese - 10060 RiclarettoChiotti (TO) - Tel. 0121/808817.
Ludwig Schneider
Chiesa valdese - 10060 RiclarettoChiotti (TO) - Tel. 0121/808817.
Margot Hennig
Via Beckwith, 10 - 10066 Torre Pellice (TOj - Tel. 0121/932857.
Past. Teodoro Fanlo y Cortes
Via Curtatone, 2/10 - 16122 Genova
- Tel. 010/891402.
Past. Gino Conte
Via Manzoni, 21 - 50121 Firenze ■
Tel. 055/2477800.
Past. Eugenio Rivoir
Via del Passeggio, 8 - 02044 Forano Sabino (Rieti) - Tel. 0765/570018.
Past. Franco Carri
Via Monte Amiata, 2 - 71042 Cerignola (FG) - Tel. 0885/429177.
Past. Odoardo Lupi
Via Gen. Messina, 71 - 74100 Taranto
- Tel. 099/331017.
Past. Pietro Santoro
Via Trento, 9 - 89100 Reggio Calabria.
Past. Mauro Pons ^
Via Luigi Sturzo, 6 - 95030 SantAgata Li Battiati (CT).
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Via I Maggio, 89 - 93016 Riesi (CL)
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LUSERNA SAN GIOVANNI — Gli a
mici porgono auguri vivissimi alla signorina Rosina Poliedro, da alcuni anni ospite a Villa Olanda, che 11 10
ottobre prossimo festeggerà il suo
centesimo compleanno.________________
RINGRAZIAMENTO
« Per me il vivere è Cristo e il
morire guadagno »
(Filippesi 1: 21)
11 mattino del 29 settembre ha risposto alla chiamata del suo Signore
Maria Enrichetta Bounous
(Mariuccia)
di anni 86
presso l’Asilo per anziani di Luserna
San Giovanni.
I nipoti, familiari tutti e conoscenti,
nella certezza della resurrezione, la ricordano con affetto per la sua dedizione e ne additano l’esempio di laboriosità.
Porgono olla direzione e al personale
lutto un sentito apprezzamento per la
consacrata assistenza dedicata con dolcezza nei molti anni trascorsi alTAsilo,
a cui potranno essere devolute le offerte
di circostanza.
Luserna S. Giovanni, 29 settembre ’90.
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fatti e problemi
5 ottobre 1990
IL RAPPORTO DEL SIPRI
POLONIA
Armamenti e povertà “Ora” facoltativa
Spesi nel 1989 ben 31 miliardi di dollari in armi - 30 guerre combattute - Più di un miliardo di persone vivono nell’indigenza estrema
Il numero di settembre del
mensile « Nigrizia » pubblica i
dati relativi a due rapporti —
rispettivamente sugli armamenti
e sulla povertà nel mondo — riferiti all’anno 1989. Pur essendo
questi rapporti indipendenti
l'uno daH’altro dal punto di vista statistico, non è difficile il
rilevare ancora una volta come
gli stanziamenti a scopi bellici
abbiano gravi conseguenze sulla
povertà del mondo sottosviluppato: c’è da augurarsi che la
diminuita spesa per le armi consenta di destinare maggiori risorse allo sviluppo.
Il rapporto SIPRI (l’istituto
svedese di ricerche sulla pace)
denuncia anzitutto la tendenza
all’awicinamento fra nord e sud
del pianeta nelle spese belliche:
16 miliardi di dollari per il sud
rispetto ai 15 dei paesi industrializzati. Se però si considera
l’ultimo quinquennio, i paesi poveri hanno speso 106 miliardi di
dollari contro i 67 del nord. Il
terzo mondo rappresenta il 60%
deU’immenso ammontare del
commercio mondiale di strumenti di morte.
I più grossi acquirenti sono
stati nell’ordine l’India, l’Iraq,
l’Arabia Saudita, la Siria, l’Egitto e la Corea del Nord: questi
sei paesi rappresentano la metà
della spesa totale. Come già notato in occasione del rapporto
precedente, la riduzione di spesa è da addebitarsi essenzialmente alla saturazione del mercato
e non certo alla volontà pacifista dei governi.
I principali fornitori sono i
soliti: Unione Sovietica (in leg
gero aumento); Stati Uniti (in
calo). Al terzo posto si trova sorprendentemente l’Olanda, seguita dalla Cecoslovacchia e da
Israele.
Un’altra grossa novità riguarda l’Italia che, mentre nell’anno
precedente occupava il settimo
posto della classifica, nel 1989
avrebbe venduto solo per 30 milioni di dollari di armi. Questa
valutazione — sottolinea « Nigrizia » — lascia però alquanto perplessi, dato che qui non si è
avuto sentore di un simile arretramento (che siamo tentati di
chiamare «progresso»): è comunque auspicabile che il Parlamento dibatta al più presto
le varie proposte di legge volte
ad incentivare i processi di riconversione.
Delle 35 guerre combattute nel
1988, ne sono rimaste 32 nel 1989,
di cui 30 fra Africa, America Latina ed Asia: un progresso veramente troppo modesto.
* * ^
Quest’anno la Banca mondiale ha dedicato il suo annuale
« Rapporto sullo sviluppo nel
mondo » alla povertà. Occorre
innanzitutto intendersi sul concetto di povertà. Nel caso specifico il rapporto considera povero chi ha a disposizione meno di
Un dollaro al giorno. Ebbene, tenendo conto di questa misura —
che è ovviamente quella estrema
— i poveri sono un miliardo e
centosedici milioni: un terzo della popolazione del terzo mondo.
In Asia ve ne sono 800 milioni, di cui più della metà nella
sola India (420 milioni). Segue
la Cina con 210 milioni, mentre
nell’Africa ve ne sono 180 milioni a sud del Sahara.
Le maggiori percentuali di poveri si trovano nelle campagne:
ad esempio, in quelle della Costa d’Avorio e del Kenia (Africa) si trovano rispettivamente
l’86 ed il 96% della popolazione
povera di quei paesi. A questa
situazione è strettamente collegato il fenomeno del sovrappopolamento urbano, nella speranza di trovare una qualsiasi occupazione.
Il rapporto sottolinea anche
la forte discriminazione fra i
sessi, specie nel campo dell’educazione. Inoltre viene affermato
che i poveri restano tali in quanto non hanno voce e strumenti
politici per farsi sentire.
Purtroppo la Banca mondiale,
nel suo rapporta, si sofferma
maggiormente sulla descrizione
della povertà che non sull’analisi
delle sue cause. Non un cenno
infatti sulla questione dei crediti concessi dalla stessa Banca,
sui sistemi di potere dei paesi
debitori e sui meccanismi perversi che regolano l’economia
mondiale, che si risolvono in un
sempre maggiore arricchimento
dei paesi già ricchi.
Un’altra lacuna è data dal fatto che, pur venendo inclusi fra
i poveri quelli dell’est europeo,
non si fa cenno alle sacche di
povertà dei paesi « opulenti ». A
tal proposito « Nigrizia » conclude: « Ciò avrebbe consentito di
gettare uno sguardo meno parziale sulle cause interne ed internazionali di un fenomeno per
il quale nulla di concreto viene
realmente fatto ».
Roberto Peyrot
L’ABORTO IN GERMANIA
Vento di restaurazione
Il problema dell’interruzione della gravidanza nella «nuova» Germania - La posizione delle donne nella chiesa evangelica tedesca
Si continua a discutere con
toni accesi, nella Germania unificata, a proposito dei contenuti
della nuova legge sull’interruzione della gravidanza.
Nell’ambito delle chiese la discussione si concentra ora sui
dissensi, ora sui consensi che
giungono alla proposta di legge
elaborata dal ministro e presidente del Parlamento tedesco
Rita Sussmuth.
La proposta di legge si muove
sostanzialmente su due piani. Da
un lato elimina il carattere repressivo presente nella vecchia
legge ancora in vigore nella Germania federale e dunque vanifica il paragrafo 218, che rendeva perseguibile la donna e il
medico che praticava l’interruzione della gravidanza (pensiamo soltanto a un grande processo tenutosi due anni fa in una
piccola città della Baviera, dove
al banco degli imputati sedevano
ben quaranta donne!). Da un altro lato rafforza in modo sostanziale il cosiddetto dovere del colloquio di preparazione che la
donna dovrebbe sostenere prima
di compiere una scelta.
Una legge
unificata
Nei confronti di questa proposta di legge sono da registrare
le reazioni positive di Helga
Trosken, responsabile delle
chiese evangeliche di Franco
forte, che « accoglie con gratitudine » l’abolizione della punibilità nei confronti delle donne. Un
appoggio di massima arriva anche dalla responsabile del Consiglio delle donne tedesche, Brunilde Fabricius, anche se, secondo la Fabricius, sarebbe importante ottenere una legge che garantisca uguali diritti a tutte le
donne in tutte le varie regioni
tedesche. « Sarebbe inoltre scandaloso », aggiunge la Fabricius che è anche membro del
presidio del Sinodo delle chiese
evangeliche, « se uno dei paesi
più ricchi'del mondo tentasse di
risparmiare sui contributi da
destinare alle donne che scelgono la gravidanza ».
Una presa di posizione giunge anche dalla Federazione donne della Chiesa evangelica tedesca, che concordano con la proposta di Rita Sussmuth, chiedendo però maggiori finanziamenti per le donne in gravidanza e strutture adeguate per i
bambini piccoli.
Le donne della Chiesa evangelica auspicano che, in ogni caso,
siano le dònne a decidere su
questa questione e che gli uomini, una volta tanto, si astengano dal prendere posizione o
dal lanciare facili scomuniche.
Una nota negativa arriva dai vescovi cattolici e da quelli luterani, che chiedono maggior attenzione e protezione dei diritti
del feto, se necessario, anche con
mezzi repressivi.
La discussione dunque si pre
senta diffìcile e, forse, sarebbe
bello sapere cosa ne pensano le
donne non credenti, non legate
alle chiese. Da una prima lettura
di queste notizie emerge una
realtà, anche ecclesiastica, non
proprio entusiasmante. C’è forse
ancora una difficoltà ad accettare il diritto elementare all’autodeterminazione.
Ogni anno muoiono, secondo
recenti statistiche pubblicate dai
movimenti intemazionali delle
donne, duecentomila donne per
aborto clandestino, un numero
elevatissimo si toglie la vita piuttosto che portare avanti una
gravidmza nella solitudine e disperazione. Nei paesi ricchi mancano spesso strutture e finanziamenti per chi decide autonomamente di portare avanti una gravidanza e, in questi paesi, sono
in assoluto gli uomini a decidere tutto ciò. Questi dati abbastanza agghiaccianti fanno pensare, per il numero delle morti
e per la continuità con cui accadono, ad un vero e proprio
conflitto che dura da troppo
tempo.
Speriamo che nelle tìvecisioni finali, per quanto riguarda la nuova legge nella Repubblica tedesca, prevalga la richiesta delle
donne secondo la quale siano
proprio le donne a poter decidere in un clima di condivisione, di
solidarietà e di accoglienza libero da ricatti e da spirito di persecuzione.
Manfredo Pavoni
In Polonia è tornato l’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole pubbliche: a partire dal primo settembre, per l’inizio del nuovo anno scolastigo,
gli studenti delle scuole pubbliche primarie e secondarie hanno due ore settimanali di insegnamento religioso.
La decisione è stata presa dal
Ministero dell’ educazione nazionale dopo discussioni condotte da rappresentanti dell’episcopato polacco e del governo
presieduto dal cattolico Tadeusz
Mazowiecki. E’ stata presa in piena estate, senza discussioni in
parlamento e senza dibattito all’interno del governo.
Una « Istruzione » emanata dallo stesso Ministero dell’educazione precisa che le due ore settimanali di insegnamento cattolico sono destinate a tutti quei
ragazzi e quegli adolescenti per
i quali i genitori ne avranno fatto esplicita richiesta. Non si tratta di un insegnamento obbligatorio e le autorità scolastiche
devono vigilare per la piena libertà di pensiero e di scelta sia
per quelli che desiderano seguire l’insegnamento religioso, sia
per quelli che preferiscono non
seguire tale insegnamento.
Gli insegnanti della religione
cattolica sono scelti e inviati dai
vescovi. Circa 16.000 sono sacerdoti o religiosi, circa 10.000 sono
laici. Gli insegnanti laici sono
stipendiati dallo Stato, mentre i
sacerdoti e i religiosi sono a carico della Chiesa cattolica. Tutti
gli insegnanti di religione, sacerdoti, religiosi e laici, fanno parte dei consigli scolastici, ma non
sono equiparati «in toto » agli
insegnanti delle altre materie
scolastiche.
L’Istruzione precisa ancora
che non solo la Chiesa cattolica.
ma qualsiasi confessione religiosa ha il diritto di organizzare il
suo insegnamento nelle scuole
pubbhche. Aggiunge che «nelle
classi in cui la maggioranza dei
ragazzi assiste all’insegnamento
religioso, sarà ammesso che sia
presente una croce e che si reciti una preghiera prima e dopo
le lezioni ». Tuttavia, se dovessero nascere dei conflitti con coloro che non scelgono l’insegnamento religioso o con insegnanti
di altre materie, sarà opportuno
rinunciare sia alla croce che alla preghiera.
_ La decisione del Ministero del1 educazione nazionale di ripristinare rinsegnamento religioso —
che era in vigore prima della seconda guerra mondiale e che era
stato soppresso dalle autorità comuniste dopo la fine della guerra (con una ripresa dal 1956 al
1961 ) — ha suscitato vivaci discussioni sia in ambienti aperti
della Chiesa cattolica polacca,
che auspicano una società veramente democratica, aperta e tollerante, sia negli ambienti governativi e nei fedeli sostenitori del
primo ministro.
Il programma dell’insegnamento religioso, secondo l’Istruzione,
ha la durata di un armo e dev’essere approvato dalle autorità religiose. Per l’anno scolastico 19901991 il programma è lo stesso
dell’insegnamento catechistico
già approvato nelle parrocchie.
Mons. Alojzy Orszulik, che è stato uno dei rappresentanti ecclesiastici durante il negoziato, ha
definito la decisione del ministero un « compromesso », ma è in
realtà una vittoria della Chie.sa
cattolica, che si è battuta per riconquistare lo spazio nelle scuole pubbliche e far sentire il suo
peso nelle strutture dello Stato.
(ADI STA)
NONVIOLENZA VISSUTA
Quaccheri
e militarismo
A partire dal fondatore dei
quaccheri George Fox. il rifiuto
quacchero del militarismo è di
natura spirituale. Tratto dalla
prigione di Derby, i commissari
del Commonwealth gli offrirono
un comando nell’esercito a motivo del suo valore (virtue), ma
lui declinò l’offerta dicendo: «Ho
vissuto nel valore di quella vita
e di quella potenza che ha eliminato ìe cause di ogni guerra,
sapendo donde nasce ogni conflitto, dalla cupidigia... ». Al che,
rigettato in cella, pagò con altri sei mesi di carcere duro.
Dal 1650 al 1990, la risposta
quacchera alla violenza militare
è rimasta la stessa, « testimonianza » coerente e costante della lede in una « potenza » diversa.
Ma è lentamente cresciuta, dai
primi del ’700, sul piano della
prevenzione della guerra, con
una lotta alle cause che la favoriscono: l’ingiustizia, la schiavitù, la miseria, l’emarginazione,
con un’opera costante e umile
in tempo di pace nelle carceri,
negli ospedali, nei manicomi, nelle sacche urbane di povertà, nel
campo dell’istruzione; in tempo
di guerra intervenendo nei luoghi di conflitto per soccorrere
popolazioni disastrate, profughi,
disperati, e nei dopoguerra per
portare aiuti materiali e raggi
di speranza.
Quanto all’obiezione di coscienza, la Società degli amici
divide con i mennoniti il record
dei rifiuto di prepararsi inquadrati e armati a partecipare al
la guerra, sostituendo ogni attività nefasta con altra fausta, benefica e edificante.
L’obiezione di coscienza alle
spesi militari è stata attuata in
tutti i luoghi e i tempi in cui
vi è stata una presenza quacchera, perché questa obiezione
coinvolge ben più dei giovani di
leva e del momento bellico. Ha
a che vedere con le cause di
guerra, svolge opera di prevenzione, impegna chiunque crede
nella pace e nel rispetto della
vita in qualsiasi momento. Risponde perfettamente ai dettami dell’Evangelo dell’amore, della verità, della giustizia e della
salvaguardia del creato.
I quaccheri del Palatinato
(Germania) nel 1657 rifiutarono
di pagare non solo la decima alle
chiese riconosciute, ma le imposte militari: gli stessi che emigrarono in Pennsylvania nel 1686
e contribuirono a (ondare Germantown dove, nel 1688, presentarono un memoriale contro
la schiavitù!
Ricordiamo anche un’azione
che rese l’obiezione alle spese
militari perfettamente inutile:
parlo del sacro esperimento in
Pennsylvania, che durò dal 1681
al 1756, circa tre quarti di secolo. Iniziato con William Penn,
fondatore della colonia e della
città dell’« Amore fraterno » (Philadelphia), in cui bianchi e indiani avevano gli stessi diritti,
tale storico esperimento non prevedeva un esercito, né tasse per
mantenerlo, finché durò.
Davide Melodia