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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PnS'^ZZO U*.tKSOCl.l£IO\'E
(J domicilio)
Torino, por un anno L. 6,00 1 L.7,00
— per sei mesi » 4,00 | » 4,SO
Per le provincie e l’estero franco sino
ai coDlìni, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » S,20
A/rOsjovTs; Sì è'jàyinn
Sp|jm.'nilo la veiilii nella carili
Efes. IV. i:;.
L’UfTicio della RUONA ¡NOVELLA è in
Torino, presso la libreria Evangellru
di GIACOMO BI.WA, via Curio Alberlo,
dirimpetto a! Culfè Uilei.
Le associazioni si ricevono in Torino allo
stesso L’ilìcio.
Gli Associati delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla libreria Iliava.
Mmogna e verità. — IUÌE<ion! evangeliche nella Cina nel XIX secolo. — Espoiicione Evangelica. I libri apocrifi. Ili. — Lettere «critte da Genova I. — Notizie
reli($io9e, — Cronachetta politica.
MENZOGNA E VERITÀ
È doltrina ornai troppo conosciuta
dei clericali, è principio da essi tenuto in luogo di dogma, che la menzogna può talora contribuire alla
maggior gloria di Dio, e che, per nuocere al suo avversario, è lecito snaturarne le opinioni e falsificare ia
storia. Conseguentemente a questo
principio, i gesuitizzanti adoperano
una loro particolare dialettica, coll’aiuto della quale, facil cosa riesce
loro il provar ciò che vogliono. Espa
consiste principalmente nel dedurre
da un fatto eccezionale una regola
generale. Vuoisi, a cagion d’esempio?
disonorare una famiglia, e perderla
nella opinione del pubblico? Non si
ha che a renderla solidaria di un fallo
commesso, fosse anche qualche secolo passato, da uno de’ suoi ipembri. Vuoisi screditare una Chiesa di
Gesù Cristo, quella, per esempio, di
Ginevra? Un gesuita si recherà nella
filtri rii Calvino, vi squadernerà tulti
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gli archivi del Consiglio di Stato, e
se in alcun angolo di quelle pagine
gli riescirà di trovare un fatto meno
che onorevole sul conto di qualche
pastore, ne addebiterà non solo la
Chiesa di Ginevra, ma tutla la religione del Vangelo, ch’egli chiamerà
solidaria di un atto puramente personale, e cosi andrà ragionando; Un
pastore della Chiesa riformata di Ginevra prevaricò nel decimosesto secolo , dunque prevaricarono tutli i
pastori di quella Chiesa; e se prevaricarono costoro, prevaricò tulta la
Chiesa di Ginevra; ma la Chiosa di
Ginevra è protestante, dunque prevaricò, prevarica, e sino alla fine del
mondo prevaricherà tutta la Chiesa
protestante. Quest’ argomentazione ,
la stessa che faceva l’anno scorso
VArmonia contro di noi, fu fatta non
ha guari, da certo padre Corboy in
un discorso sulla Eucaristia recitato
airilavre nella chiesa di san Francesco, nel quale Foratore, con fior di
logica da suo pari, sforzavasi dimostrare che ne’ paesi dove si è rigettato siccome falso il dogma romano
della Eucaristia , non s’incontrano
che uomini impotenti a ben fare, ed
opere colpite sin dal loro nascere da
sterilità e da morte. Ed a provare il
suo assunto addusse un esempio di
diserzione davanti al flagello della
peste, avvenuto in Ginevra ne! 1562
per parte (secondo lui) di alcuni pastori di quella comunione.
Il gran miracolo di eloquenza fu
portato alle stelle nel Courrier du
llavre, per opera di coloro che, ministri di menzogna, non trascurano
alcun mezzo per combattere la verità.
Ma i buoni cristiani videro in questo
un’accusa offensiva alla religione cristiana, ed avvezzi a rispondere coi
fatti alle asserzioni gratuite e calunniose; avvezzi a non credere alla
cieca e senza esame alla parola dell’uomo, sempre, e senza eccezione,
soggetto a fallire, ad obbedire alle
proprie passioni ed a servire ai suoi
particolari interessi, vollero esaminare se vere fossero le asserzioni dell’oratore gesuita, e loro interprete fu
il zelante loro pastore signor Poulain,
il quale, dirigendosi al signor Gaberel, pastore a Ginevra, e uomo conosciuto pe’ suoi importanti lavori sulla
sloria di quella repubblica, il pregò
di voler fare diligenti ricerche nei
registri del Consiglio di Stato, per
vedere se veramente il clero protestante ubbia nel 1562 tenuto la condotta, di che si è voluto addebitare.
E noi, sempre lieti, quando ci si dà
l’occasione di poter mettere in mostra
la verità, a confusione di chi si aiTatica a trasfigurarla o a nasconderla
agli occhi degli uomini, riportiamo
qui, letteralmente tradotta, l<a risposta
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del pastore sig. Gaberel al suo confratello deirilavre.
« Caro fratello,
Ginevra li 26 febbraio, ISSi.
X L’asserzione del reverendo Padre
Corboy non ha se non l’apparenza del
vero. Ecco i falli :
'I Prima che la Riforma fosse stabilita
a Ginevra, i nostri registri coniengono
amari lamenti conlro i preli caltolici cììft
ricusano di assistere gli ii|)pestali. Nessuno di loro cadde viitima del llagello, e
i magistrali parlano della loro vigliaccheria con termini assai duri. Per esempio, risulta c.hc alli 2 di maggio del
li9i, i signori Sindaci fanno istanza
presso i sette parroci della citlà per
trovare un cappellano, attesoché nessun
prele vuol andare all’ospitale. Quello che
vi fu mandalo ne fu obbrobriosamente
discacciato alli 2 di settembre. — Ai 18
novembre 1 i9-l vi fu condotto per forza
un frate chiamalo fra Pietro. — Alli óO
dicembre 1313, vi sono doghanze pel
troppo breve soggiorno che i preti fanno
appresso i peatiferati.
« Finalmente alli 30 aprile l.'joO, dopo
un terribile processo, il prete dell’ospilule degli appestali fu condannalo alla
ruota insieme co’ suoi servi per aver propagato il flagello, affine di appropriarsi
le spoglie e i beni delle vittime.
« Voi vedete che prima di gettare la
pietra contro i suoi avversari, egli è ben
futto d’esaminare se la sua propria casa
sia ben netta.
0 La Riforma , come ognun sa , si è
stabilita a Ginevra nel 1ÌÌ35. Cbe avvenne
dopo que) fatto? Lacittii fu desolala datla
peste a varie epoche : nel 1 — 1560
-1570—1574 —1013 — 1617. Il fatto
dal quale si è voluto trarre una si
grave accusa contro il protestantesimo,
si deve, senza dubbio, riferire all’anno
1543. Or ecco alcuni estratti dei registri
di quei tempi ;
— 1 maggio iHió. —La peste imperversando crudelmente, dei selte pastori
presenlan.si .spontaneamente Giovanni Calvino, Chaslillou c Pietro Blanchet, i quali
domandano di tirare a sorte qual di essi
debba consolare gli ammalati. Il Consiglio dichiara che il signor Cah ino avendo
fallo ie sue prove due anni prima nella
peste di Strasburgo, dove ha curali e
cnnsobili gli appestali, non sarà impiegato, essendo d’fflironde troppo utile allo
Slam. La sorte cade sul pastore Pietro
Blanchel, ohe si chiude insieme agii appestali, e muore in capo a un mese vittima del suo zelo.
— 5 giugtio 1343.— Il Consiglio domanda uu pastore in luogo del sig. Pietro
Blanchet, il quale é andato a Dio facendo
il suo dovere. Allora quattro paslori ,
Luigi cd Amato Cbampereaux, Filippo
de Ecclesia ed Abele Poupin dichiarano
che non si sentono il coraggio di avvicinarsi agli appestati. I signori Calvino, De
Geneston eChastillon si offrono di nuovo.
La sorte essendo caduta sul signor De
Geneston, questi entra nell’ospitale insieme con sua moglie, la quale si consacra essa pure al servigio degli ammalali, e in capo a sei settimane muoiono
tulti e due di peste.
n I quattro pastori sopranominali erano frati, ammessi al santo ministero, ma
che nou erano in modo alcuno proprii a
quella vocazione, imperocché tre anni
dopo, i due Chaniperaiìx venivano han-
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diti per cattivi costumi, Ecclesia per usura
e Poupin per ateismo.
« Furono surrogali da pastori sinceri
venuti di Francia, tra i quali sì trova
Giovanni iMacard di Laon, che nel 1560
accetta la carica di consolatore degli appestati, c dopo due mesi di servigio,
muore di febbre pesliknziale, confessando
sino al suo ultimo singhiozzo la santa
fede che aveva professala.
«Nel l;i08, sta nel registro : «11 sig.
Periot, pastore e professore di teologia
fu nominato consolatore all’ospitale degli
appestati. La malattia era terrihile ; delle
file intiere di ammalati cambiavano giornalmente. 11 terrore impediva che si trovassero infermieri in numero sufficiente,
e il sig. Perrot prestava le sue mani alla
cura degli infermi. Per due mesi continui
non abbandonò mai le sale, e Iddio gli
fece la grazia di conservarlo in mezzo al
pericolo.
«Nel 1S74, il pastore Chausse viene
attaccalo dalla peste, dopo di aver curati
gli ammalati per ben tre mesi. I suoi colleghi essendo andati a dargli l’ultimo addio, ei disse loro; Finalmente sono colpito a morte, e ringrazio Iddio che mi ha
ritirato a sè. I tempi sono sì miseri, che
spesso la fede viene meno dinanzi all’opera. Io me ne vo tranquillo, non già
pel ricordo di quanto ho procurato di
fare, ma per la certezza della remissione
de' miei peccati in Gesù Cristo nostro Salvatore.
« Nel 161S, il pastore Gaulhier, uomo
ricco e in brillante posizione, si rinchiude
nell’ospitale con sua moglie, che non
vuoleabbandonarlo.n Essi, dice il registro,
si moltiplicano in elemosine, e vogliono
che i poveri sieno cosi ben traltall come
¡ricchi. Furono attaccati dal morbo, e
morirono entrambi a tre ore di distanza
l’uno dall’altro. Gaulhier, gli diceva un
collega , voi morite viitima del vostro
sacrifìcio. — In nome di Dio rispose il
pastore moribondo, parlatemi di Gesù e
non venite a guastare con un elogio il
moménto che mi ravvicina al mio Salvatore.
«Nel 1617, Antonio La Faye, capo
della Chiesa, e successore di Teodoro di
Beze, veniva dalla sorte destinato a consolare gli appestati. La sua compagna
non volle separarsi da lui. Io capo a tre
mesi la loro opera fu compiuta; e ritiratisi nella loro abitazione, ricevettero le
congratulazioni degli amici. Mail giorno
susseguente si appalesano iu essi i sintomi mortali ; la loro malattia è di breve
durala; e come gli amici di La Faye
lamentavano di vederla di lui carriera si
miseramente recisa : Kingraziamó Iddio
ei rispose, che ci giudica degni di essere
chiamati ad un'opera difficile\in questo
mondo.
« Voijavete qui, mio caro fratello, materia onde rispondere ecc.
Sottoscritto Gabefiel, pastore.
E i noslri lettori hanno materia
onde convincersi:
1" che se nel servizio »legli appestali di Ginevra, nelle varie epoche
che qnella città fu desolala dalla peste, vi fu mai motivo di querelarsi
della poca carità dei pastori d’anime
ciò fu prima della Riforma, e perciò
il solo clero Romano se ne trova nel
pubblici registri accusato ;
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2“ che il clero protestanle di Ginevra, in lutte quelle occasioni, non
ha mai indietreggialo davanti al pericolo della vita stessa , ed ha sempre mostralo un eroismo, di cui solo
è capace il soldato di Cristo;
3° che se nel 1543 (e non nel
1562, come diceva il p. Corboy), trovasi negli archivi ginevrini un esempio di viltà, se ne devono accusare
quattro frati, furtivamente introdottisi nell’ovile di Cristo, lupi in veste
di agnelli, i quali, poiché furono riconosciuti, vennero, con loro grande
ignominia, discacciati dalla chiesa e
banditi dalla città;
4° che nei falli riportati nella lettera del sig. Gaberel si ha onde vittoriosamente rispondere a coloro i
quali non cessano di asserire, che le
ajfezioni di famiglia devono paralizzare,, nel prete o nei Pastore ammogliato, lo spirilo di sacrificio, e
l'amore del prossimo.
E noi rendiamo grazie a Dio che
si è valso di un avversario della nostra fede per farla più bella risplendere nelle opere de’ suoi ministri, e
ci ha dalo occasione di dimostrare
col falto la falsila degli umani ragionamenti , quando sono ispirali da
puro spirito di sella. — V oratore
gesuita si è sforzalo di distruggere,
e a Dio è piaciuto di convertire quegli
sforzi insensati in altretlanti materiali
di edificazione per la sua Chiesa, conciossiachè per essi siamo venuti a
discoprire la verità, e a convincerci
viemaggiorrnente di quanta abnegazione di sè, di quanti generosi sacrifizii sia capace l’uomo che dimora
nella carità per la fede in Gesù Crislo nostro Salvatore.
mmw EVA^GELifflE \m m
Nel XIX Secolo
SECONDO PERIODO
l^a Cina aperta all’ETan^elio
(18i2-I8o2).
Una nuova èra sta per cominciare; il
governo imperiale, spinto dal desiderio
ben nalurale di porre argine al contriibbando dell’oppio, decreta violenti misure
conlro i mercanti inglesi ; questi ricorrono alla protezione del loro governo, il
quale spedisce vascelli ed uomini armati
per conibaltcre il superbo sovrano del celeste impero nel proprio suo paese. Questi barbari cotanto dispregiati, riportano
la vittoria, e la Cina è aperta. Cinque
porti sono destinati al commercio estero
e al libero stabilimento del missionarii,
che potranno percorrere il paese e spandervi la Parola di Dio, purché non ollrepassiuo una di.stanza di più di ventiquatIr’ore di cammino. Oltre a tutto ciò, un’isola situata all’imboccatura del (lume di
Canlon è dala in pieno possesso agl’inglesi
che vi si staliiliscono, e ne fanno il centro
de’loro lavori missionarii.
Tutto queslo si elTettuò nel I8i2. Non
è più sollanto nel di fuori che si può portar l’Evanaelio ai Cinesi, ma internandosi
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nel loro proprio paese ; uon è più correndo i più grandi pericoli, e come di nascosto, ma palesemente e a scoperto che
si può annunciar* Gesù a quel popolo
idolatra. D’allora iu poi tutte le società
missionarie si mettono all’opera •. primieratnentiì gl’inglesi, poscia gli Americani,
indi i Tedeschi, gli Svizzeri; in uoa parola, tutli i Cristiani evangelici spediscono
successivamente le loro falangi ad occupare l’isola di Hong-Kong e i cinque porti
franchi di Caoton, Fou-tcheou, Amoy,
Niugpo e Shanghaï, lo poco tempo più di
ottanta missionarii sono all’opera ; si erigono cappelle; si aprono ospitali ; si stampa la Bibbia c si diffonde a migliaia e a
centinaia di migliaia di copie; signore
cristiano consacransi all’educazione delle
giovinette e visitano le povere donne confinate nei loro appartamenti; compongonsi trattati religiosi e si distribiiiscono
con profusione dovunque si possono incontrare abitanti del celeste impero. Fermiamoci un istantesu quest’ultimo mezzo,
che è uno dei più preziosi ausiliari dei
lavori evangelici.
Ramentandosi che nel primo secolo
della nostra èra si fu per mezzo di libri
che la religione di Buddha si stabilì in
quel vasto paese, dove tulli sanno leggere
ed hanno in grande venerazione tutto ciò
che sta scritto 0 stampato; sapendo inoltre
che se ciascheduna provincia ha il suo
dialetto particolare inintelligihile alle altre
provincie, la lingua scritta è intesa in
tulio l’impero cinese, ed anche in tutli i
vicini paesi, al Giappone, a Formosa, alle
isole Lieou-Kieou e a Siam, cioè da più
di cinquecento milioni d'abitanti, si può
faciliuente comprendere di quanta importanza fosse il comporre c dislrihuirc Iral
tali religiosi che vanno a parlare alle coscienze ne’ luoghi dove i loro autori non
possono penetrare. Perciò il venerabile
Leang-a-fah ne ha pubblicalo un gran
numero dal 1828 sino ai nostri giorni, e
più lardi vedremo come Iddio abbia benedetto uno di questi trattati del discepolo
di Morrisson. Nell’anno 1832, la Società
dei Trattati ne ha pubblicati nove, composti allora dal dottor Medhurst, uno dei
più antichi missionarii stabiliti nella Cina.
De’ viaggiatori percorrono incessantemente il paese per ¡spandervi questi brevi
scritti, che sono dovunque accolli con allegrezza e letti con attenzione. E mentre
I forestieri non possono oltrepassare certi
limiti dalla legge fissati, somigliante al
granello trasportato dal vento sopra una
terra feconda, dove germoglia, fiorisce e
apporta frutti, ii Trattato religioso è soventi volte trasportato alla distanza di
molle centinaia di leghe. Ma egli è specialmente negli ospitali e ne’consulti dei
medici missionarii che la distribuzione dei
Tratlati raggiunge il suo scopo. L’ammalato guarito 0 sollevalo, accoglie con
gioia un consiglio per la sua anima da
quella stessa mano che fa del bene al suo
corpo.
E tutto questo, sotto la benedizione di
Dio, dà i risultamcDli più consolanti ; o le
cose hanno beu mutato dal tempo in cui
Pioberlo Morrisson si teneva nascosto nella
sua cameretta di Canton ed esponeva la
sua vita per imparare la lingua cinese ;
eppure noa sono ancora scorsi quarant’anni da quell’epoca tenebrosa per la
Gina. Iddio che non « disprezza i piccoli
principii » ha falto per quel paese più di
quello che nei nostri desiderii ardenti
avrenimo potuto sperare.
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TERZA EPOCA
Tu'i'Pluf;, il capo degl’iuKorti,
stampa c ilifTonile ia liibbia.
1852—185i.
Ma non è il tutto. Se il periodo dal
1807 al 1842 ci ha presentate cosi grandi
benedizioni; se quello dal 1842 al 1852
ò stato abbondantemente benedetto, che
ne sarà degli anni ne’ quali entriamo, e
che si annunciano più ricchi ancora dei
precedenti.’
Diffatti grandi mutamenti stanno per
operarsi in quel paese che sembrava più
di ogn’altro consacrato alla immohililà.
Le varie province del vasto Impero, soggette ad un governo debole, incapace e
venale, hanno frequentemente cercalo di
scuotere il giogo del governo centrale. Le
rivoluzioni sono stale, il più delle fiate,
represse; ma qualche volta ancora si sono
avanzate vittoriose, e sì sono estese ad
un gran numero di province. Tanto può
dirsi della rivoluzione incominciala, circa
quattro anni fa, nelle montagne del centro della Cina, guadagnando le più popolose contrade dell’impero. Gl’insorti,
condotti da Tai-Ping, occupano sinora
più di uu terzo dell’impero Celeste; si
sono impadroniti del corso dcH’Yang-TseIviang, principale arteria del paese, e di
•lou-tchou-fou, di Nanking, di Shangai,
e tengono l’imboccatura del Canale Imperiale, per mezzo del quale Pechino riceve
1 suoi viveri; e se vogliam credere alle
più recenti notizie, i rivoltosi non sarebbero più lungi di venti leghe dalla capituie. Ma, si dirà: che importa per l’opera
delle missioni il progresso della insurrezione? Leggete, noi vi risponderemo, ed
aniniirale le vie incomprensibili del nostro Dio.
Nel 1846 , il raissionario americano
Roberts, traendo profitto del soggiorno
a Canton degli studenti colà riuniti per
gli esami letterarj di primavera, distribuì
loro molle porzioni della parola di Dio,
e molte opere composte dal venerabile
Leang-a-Fah. Uno ai questi trattati religiosi, intitolato: Savii cotìsigli pei tempi
presenti, fu consegnato ad nno sludento
chiamato Hang-see-tchuen, il quale abitava in uua provincia dei centro. Questi
non riuscì ne’ suoi esami, e se ne ritornò
a casa sua malcontento degli esaminatori
e del governo imperiale ; e profittando
delle disposizioni ostili de’ suoi concittadini, riuscì a formare un nucleo d’insorti , che di più in più ogni giorno ingrossano, e distruggono tulle le armale
mandale per combatterli, ed ora si trova
padrone di una gran parte della Cina.
Ma Hang see-tchucn, che dopo i prò
digiosi successi de’ suoi partigiani ha
preso il nome imperiale di Tdi-Ping, o
Thien-tee , non ha mai dimenticalo il
Tratlalo di Leang-a-fah e le conversazioni che aveva avute col signor Hobcrts.
Egli nutre un odio violento contro l’idolatria; distrugge le pagode e spezza gl’idoli in tulle le cillà soggelle alla sua
aulorità. Noi non possiamo aflerrnare se
la conoscenza da lui acquistata delle verità crisliaue abbia mutato il suo cuore.
Forse tutto quello che ora fa per propagare le sue nuove credenze proviene piuttosto da motivi politici, da uno spirito di
oslililà contro la religion dominante della
quale l’imperatore Mantchuue è il capo
ufficiale; itnperocchè egli professa aucora
la poligamia, ed applicando falsamente
gli ordini dati da Giosuè di distruggere le
nazioni idolatre , fa strage spietata dei
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sacerdoti e dei partigiani di Mantchouc.
Ma, cilecche ne sia delle sue ragioni che
non si possono conoscere che da Dio, il
quale è solo scrutatore dei cuori, un falto
non è perciò meno reale, e noi dobbiamo
rallegrarcene , ed è queslo, ch’egli professa gran rispetto pel cristianesimo , e
che non lascia passare veruna occasione
di far conoscere alle sue truppe le prin-,
cipali verità dell’antico e del nuovo Teslamento. Fu stampare i dieci comandamenti ne' suoi proclami, e dichiara esservi
un solo Iddio, creatore dei cieli e della
terra. Ricusa cbe gli si rendano gli onori
idolatrici di cui si circonda l’imperator
della Cina; ordina che l’Eterno sia solo
adorato e servito; ed aflìne di pervenire
più sicuramente a questo scopo, vuole
che i suoi sudditi conoscano la parola di
Dio; c perciò sorveglia egli stesso il lavoro
di quattrocento operai, continuamente
occupati a stampare la Bibbia. Di già quattro volumi sono usciti da’ suoi tipi, la Genesi, l’Esodo, il Libro de'Numeri e l’Evangelio secondo san Matteo. Su ciascheduno di questi volumi ha fat.to apporre
il suo sigillo imperiale, colle parole :
Sìampalo per ordine dell’imperatore TaiPing. Non contento di diffondere così tra
suoi soldati la parola di Dio , ha ordinalo rh’essa formerebbe d’ora innanzi
l’oggetto degli esami letterarii per coloro
che aspirano agli impieghi del governo ;
il quale ordine è slato già messo in esecuzione negli esami del mese di maggio
1853.
In ogni esemplare della Bibbia stampala da Tai-Ping, si trova nn elenco dei
libri pubblicati per ordine imperiale ; i
principali sono ; Il calendario o almanacco della nuova dinastia, nel quale le
assurde predizioni che si Irovano nelle
opere di queslo genere stjimpate nella
Cina, come in molti altri paesi, cedono
il luogo alle più serie dichiarazioni sopra
Colui che fa splendere il sole e manda le
pioggie e le stagioni fertili; La spiegazione dei dieci comandamenti, dove si fa
vedere che la trasgressione non consiste
solamente nell’atto stesso, ma nella disobbedienza del cuore. Ma l’opera più imperlante è senza contraddizione, Il libro
dei precetti religiosi della dinastia TaiPing , dove si combattono, ad una ad
una le obbiezioni dei Cinesi conlro il cristianesimo. Vorremmo poter entrare in
maggiori particolari su questo soggetto,
e troveremmo forse più d’ una risposta
alle obbiezioni degli increduli di tutti
i paesi del mondo: imperciocché ii cuore
dell’uomo è dovunque il medesimo, sempre astuto e disperatamente maligno. Ci
basti per ora citare alcuni squarci.di una
preghiera di que’ cristiani cinesi, dei
quali, son pochi mesi, ignoravamo ancora
la esistenza : u Io, tuo debole servitore,
« prostrandomi nella polvere , ti chieggo
« 0 Grande Iddio (Shang-Ti), nostro Pa« drc Celeste, di perdonarmi le nume« rose mie trasgressioni, di darmi il pen« timenlo, acciocché d’ora innanzi io
« meni una nuova vita, e cbe l’anima
« mia possa salire al cielo, lo li prego
« altresì inslantemenle, o mio Dio, di
« darmi conlinuamcnie il tuo Santo Spili rito, e di mutare il cattivo mio cuore!
« Non permeltere che io obbedisca di
« nuovo ai cattivi spiriti ; e se lu getti
« sopra dì ine uno sguardo favorevole,
« non sarò più sedotto dal demonio. Con« cedimi ogni giorno il vitto ed il vesti« lo ; allontana da me ogui calamità, e
9
« dammi uoa vita pacifica in questo mon<1 do ed una felicitii eterna nel Ciclo, per
« I meriti del nostro Salvatore e Fratello
« Celeste Gesù Cristo, il quale ci lia ri« scattati dal peccato. Io ti prego altresi,
« 0 nostro Padre Celeste, che la tua vo« Ionia sia fatta sulla terra come in cieu lo! Getta sopra di me uno sguardo fati vorevolc, ed esaudisci questa preghie•I ra; che tale è l’ardente brama del mio
« cuore )>.
Ed ora, chi può più porre in dubbio la
verilà di quanto abbiamo poc’anzi asserito? Iddio fa grandi cose in quel vasto
impero, e l’ora è suonata per quel popolo « testé giacente nelle tenebre del>1 l’ombra della morte», il quale sino da
queslo punto incomincia a rivolgersi al
Sole di giustizia il quale porta la sanilà
ne' suoi raggi. (Semaine Keligieuse).
ESPOSIZIONE EVANGELICA
I Libri Apocrifi.
III.
La quarta delle nostre ragioni per non
ammeltere la canonicità di quei libri è
che nè Gesù Cristo nè gli Aposloli non ne
hanno giammai citato uno. Chi ha familiare la Bibbia del N. Testamenlo sa che
il Signore e gli Apostoli citavano contiDuameiite le Scritture, e ad esse rimandavano gli Ebrei : ma non si può capire
per quale ragione non sieno mai stati citali nel Nuovo Testamento i libri apocrifi
del Vecchio. Noi mentre scriviamo abbiamo sotto gli occhi una Bibbia romana in
quarlo, ediz. di Venezia del ll'iS presso
Nicolò Pezzana, Superiorum permissu ac
privilegiis : nel .secondo indice di questa
Bibbia vi è un accurato catalogo di tutt’i
passi del Vecchio Teslamenlo citati nel
Nuovo: sono 250 passi del Vecchio Testamento, molti dei quali sono citati in
più luoghi del Nuovo: ebbene, in 250
passi neppure uno è tolto da que’ libri che
il concilio di Trento ha dichiarati canonici : segno evidente che il giudizio di
Gesù Cristo e degli Apostoli, intorno a
quei libri, era diverso da quello dei 53
uomini raunati in Trento.
Un tale argomento è semlirato così forte
ai teologi romani, che han fatto ogni sforzo per trovare nel Nuovo Testamento citazioni di quei libri, e ne citano parecchi.
Ma prima di esaminare quelle citazioni
dobbiamo riflettere: 1° che un libro non
può dirsi citato se non è nominato,o almeno
non se ne parli in guisa che facilmente si
possa capire che si parla di quel libro e
di quell’autore: 2' un libro non può dirsi
citato se non si allega la sua autorità per
dimostrare una qualche cosa, lo tal guisa
Gesù Cristo e gli Aposloli hanno citato
Mosè, i Profeti ed i Salmi. Quindi se per
avventura s’incontrano le parole od i sentimenti di un autore anteriore negli scritti
di un autore posteriore, non dovrà peri'iò
dirsi che l’autore posteriore abbia citato
quel libro perchè uu sentimento di quello
si Irova nel suo: potrebbe benissimo accadere ed accade sovente, che uno scrii
tore usi un sentimento od una frase usata
da uno scrittore anteriore, senza mai
aver veduto quello scritlo, o senza alcuna
volontà di citarlo, e dargli una qualche
autorità. Senza questa regola si potrebbe
facilmente dimostrare che Gesù Cristo e
gli Apostoli hanno citato Cicerone, Virgilio, Omero esimili, potendosi trovare nel
10
Vangelo parole, sentimenti e frasi usate
da quegli autori.
Poste le quali semplicissime e giustissime riflessioci, citiamo i passi die alcuni
teologi pretendono trovare nel Nuovo Testamento, come citazioni dei libri apocrilì. 11 primo è il vers. 42 del capo xxvii di
s. Matteo, quando cioè i crocifissori dicevano <> se egli è il re d’Israel scenda ora
giù di croce; » e dicono che questo passo
è una citazione del vers. 18 del capo ii
della Sapienza. Veramente se in questo
luogo fosse stato citato il libro apocrifo
della Sapienza sarebbe stato citato dai
crocifissori e non da Cristo nè dagli Apostoli : e noi non vediamo come 1’ autorilà
dei crocifissori di Gesù Crislo sia tale da
poterci far ricevere uii libro apocrifo. Ma
la verilÈi è, che neppure è uua citazione
del libro della Sapienza, la quale in quel
luogo dice tutt’altro: e noi invitiamo i
nostri lettori a confrontare quel passo e
convincersi che neppure con venti paia di
buffali si ])uò tirare quella citazione.
Due altri passi citano i teologi come
tratti dallo stesso libro apocrifo della Sapienza ; cioè il v. 45 capo xiii di s. Matteo , che lo dicono una ciiazione del v. 7
del capo in della Sapienza, cd il vers. 34
del cupo XI della leltera dì s. Paolo a’ Roiiiaui, che lo dicono una citazione del v.
13 capo IX dello stesso libro della Sapienza: ma oltreché in niuno di quesli luoghi
del N.T. è nominato il libro della Sapienza; oltreché non si fa menzione di citare
alcun passo di Scrittura; quei passi del
IV. T. hanno rapporti così lonlani con
quello che si dioe in quei luoghi che si
pretendono citati, che non si può assolutamente dire che siano citazioni. Del rc&lo, torniamo a ripeterlo, ci si adducano
passaggi chiari ed allora, se saranno tali
da convincere un uomo di buona, fede ci
daremo vinti, altrimenti amiamo meglio
credere alla Parola di Dio che a quella
degli uomini.
La quinta ragione per cui non possiamo
ammettere la canonicilà di quei libri é il
giudizio che portava su di essi l’antica
Chiesa. Se la Sinagoga nnn ammetteva la
loro canonicilà, se la Chiesa dei primi secoli era dello stesso sentimento, a noi sembra che i S5 del concilio di Trento si sieno
assunti una responsabilità troppo grande
per dichiarare divini e canonici quei libri
che la Sinagoga e la Chiesa primitiva ritenevano per apocrifi.
Melilone vescovo diSardica, scrittore
del secondo secolo della Chiesa è il primo
fra gli autori ecclesiastici che abbia dalo
un catalogo dei libri canonici : ebbene dal
catalogo di Melilone si rileva ehe la Chiesa del secondo secolo non riteneva per
canonici che quei libri dell’Antico Testamenlo che aveva ricevuti come canonici
dagli Ebrei: il catalogo di Miilitone, ossia
quello della Chiesa cristiana del secondo
secolo, è quello stesso della nostra Chiesa
valdese, è quello stesso delle Chiese liformate ; cioè mancano io esso quei libri
dichiarati canonici dai ii3 di Trento ; se
dunque la Chiesa de! secondo secolo nou
riconosceva per canouici quei libri, non li
riteneva nelle sue Bibbie, facendo noi il
simigliante, faremo quello che faceva la
primitiva chiesa , e non saremo mai novatori ; ma lo saranno invece coloro che al
calaiogo dei libri canonici della primitiva
Chiesa ne hanno aggiunti degli altri.
Alcuni teologi cercano di volgere contro
di noi, in parto almeno, l’autorità di Melitone, c dicono che in quel catalogo vi é
11
il libro della Sapienza che noi non ammettiamo per canonico : ma una tale obbiezione uon è cbe un solito appiglio curialesco per trarre in InRanuo i semplici.
Diratti il catalogo di Melitene noi lo troviamo nella sloria ecclesiastica di Eusebio
al lib. VI, capo ma II preteso libro
della Sapienza non è altro che il libro dei
proverbii di Salomone. L’equivoco si vuol
far nascere da un « , che si vuole interpretare per articolo , mentre non è che
particella disgiuntiva ; ecco le parole di
Melitone ia/oftovo; rstpotaia í cofi'x, parole che il tradutlore latino ha rese giustamente Salumonis proverbia vel sapicntia: è proverbio ovvero la sapienza dì salomone. Che la i debba essere tradotta
la (]uel luogo per la particella disgiuntiva
ovvero piuttosto che per articolo apparisce chiaramente dal fatto di non aver mai
Melitene usato l’articolo io tulto quel catalogo per indicare I libri. A’ tempi dunque dì Melilone la Chiesa non riconosceva
altri libri canonici che (juehi che rìconesciuino noi; dunque noi siamo d’accordo
colla primitiva Chiesa.
Il concilio di Laodicea, celebrato verso
la metà del quarto secolo, nel canone 59
che è r ultimo, lesse il catalogo dei libri
CiinoDÌci del Vecchio Teslamenlo che la
Chiesa riconosceva per tali: il catalogo del
concìlio di Laodicea è in tutlo e per tulio
simile al nostro. Ei>pure il cardinal lioronìo pone questo concilio fra i più celebri dì tutta 1' antichità. Gli atti del concilio dì Laodicea furono approvati circa la
metà del vii secolo dal concilio Costantino|)olilano seslo generale. Quindi di queste due ipotesi una deve essere la vera, o
hanno erralo i 55 infullìbilì di Trento, o
ha erralo il concilio generale vi: scelgano
i clericali quella delle due ipotesi che credono la migliore, che sempre la infallibilità dei concilii sarà rovesciata; ina noi
che non ammettiamo una tale infallibilità
ritenendo l’autorilà del concilio di Laodicea, e quella del Coslanlinopolitaoo VI,
soltanto come autorilà isterica, diciamo
che la Chiesa fino al settimo secolo riteneva per apocrifi quei libri che piaccpie
ai 53 di Trento di dichiarare canonici ; e
quindi la nostra credenza ha per garante
la testimonianza dell’antica Chiesa.
Ma passiamo alla testimonianza dei Padri la quale parimente esclude la canonicità di que' libri.
Origene, s. Ilario, (’iregoriodiNaziunzo
nel suo carme sulle Scritture, Eusebio
nel libro terzo della sua storia ecclesiastica e nella cronaca, e parecchi altri Padri danno il catalogo dei libri canouici
del Vecchio Teslamonto, ed escludono da
quel catalogo (juelli che escludiamo noi.
iiiiflìno nella esposizione del simbolo dopo
avere enumerati i libri canonici, siccome
lo souo nelle nostre liibbie, dice così: t
da sapersi che vi sono ancora allri libri
che i nostri maggiori non hauno mai chiamati varumici , ma solo ecclesiast ici ; siccome la Sapienza, i’Ecclesiastico, Tobia,
Giuditta, cd i libri dei Maccabei; quali
libri han volulo che si leggessero nella
chiesa, ma mm già che si mettessero innanzi per confermare l’autorità della fede ». Negli stcs:-i sensi parlano il grande
Atanasio nel libro chiamato Synopsis, c
Gregorio 1 nei commentarli sopraGiobl«*.
Quest’ultimo volendo ne’ suoi comnicntarli allegare un passo tolto dai libri d<'i
Maccabei, si protesta ch’egli cila « un libro nou canonico, ma scrilto unicamcnlo
per la edilicazione dei fedeli u. E per tu-
12
cere di altri Padri citeremo rautorilù del
dotlore s. Girolamo, che in queste materie epecialmente è tale da dover far tacere
anche i più ostinati. Questo dottore nel
prologo chiamato sahato, esclude totalmente dal canone tali libri, e tesse un
catalogo di lihri canonici nel quale non vi
sono che quei lihri che noi riteniamo come tali. Il prologo galeato di s. Girolamo
col catalogo dei libri canonici è impresso
nella noslra Bibbia romnna che abbiamo,
solt’occhio mentre scriviamo. Noi dunque
escludendo dal canone quei libri abbiamo
conlro è vero i 33 di Trento, ma abbiamo
per noi I concilii generali deH’anlichità,
i Padri, ed i più grandi Dottori, fra’ quali
s. Girolamo : ecco quanto è vera la calunnia dei clericali, che gli evangelici han
mutilato la Bibbia! (Continua).
lETTEIlE SCRITTE DA GF^OVA
I.
Caro fratettol
Voi aspettate forse qualche lettera dj
me intorno alla recente Pastorale di Monsignor Charvaz ? Ma vi sarete accorto che
dee essere stata scritta con qualche vecchia penna degli anni addietro: ancor di
quelle di Pinerolo; egli parla di avventurieri, di merciaiuoli e di simili bellezze ,
c ci crede incapaci di alcuna buona fede.
Ebbene, poiché, grazie a Dio, i tempi
passati non souo più, e che la luce non è
più tenuta sotto II moggio, gli uomini
sinceri potranno accertarsi dei fatti, conoscere se siamo di buona fede, se siamo
quali ci dipinge Monsignore, cd agli altri
è inutile far parole. D’altronde noi vene
riamo l’elà e la dignilà del prelato, cui
non vorremmo dirigere parola che non
fosse rispettosa. E poi a pensarla bene,
dobbiamo rallegrarci della sua Pastorale;
poiché parlando dell’ evangelio , prò o
contra, egli porta sempre l’attenzione di
molti sovra quell’importante quistione, e
desterà qualche animo sincero, che verrà
alla luce della verilà.
Vi scrivo invece per trattenervi di alcune prediche d’un prete fatto venire da
Ginevra (non so se a questi di Genova e
d’Italia non si voglia più prestar fede) il
quale predica in francese (l’italiano forse
non conviene a questo popolo) uella chiesa
dei Gesuiti. Mi parea cosa tanto strana
che, menlre in Ginevra SO cattolici abiurano il papismo nella chiesa protestante,
il vice-parroco di quella citlà venisse a
predicare io Genova, che supposi naturalmente avesse cose nuove da insegnarci ; e non sono mai per ¡sdegnare alcun insegnamento, giusta l’esortazione
dell’apo.stolo:' « Esaminate ogni cosa, e
ritenete ciò ch’è buono ».
Con vivo soddisfacimento 1’ abbiamo
udito provare la divinità di Gesù Cristo,
se non colle migliori ragioni, almeno con
dignitoso ragionamento ; e veramente
quando sentiamo un prete annunziarci
semplicemente Gesù Cristo, vero Dio e
vero Uomo, e S:ilvator nostro, siamo così
edificati che ci scordiamo delle divergenze gravi che ci dividono. Perchè non
predicano sempre quella dottrina che
tanto solleva la mente e conforta i cuori!
Perché non dire come S. Paolo: lo non
m’era proposto di saper altro fra voi, se
noo Gesù Cristo ed esso crocifisso? (1 Cor.
11.2). Perchè essendo Gesù Cristo la via,
la verità, la vita, non si contentano di
condurgli le anime? Se si tratta di essere
13
con Gesù Cristo, noi siamo con loro, siamo amici, siamo fralelli, lor servitori se
vogliotio. Ma con loro si tratta d’altro.
Quello non è che il primo punto di un’argomentazione colla quale si vuole introdurre altri elementi nell’opera della redenzione.
Ecco infatti, sin dal giorno seguente,
una proposizione ehe non tiene più conto
alcuno d’ogni più sincera adorazione di
Cristo fuori del sistema romano. Non v’è
che la Chiesa romana, secondo il predicatore della chiesa dei Gfsuiti, ove Gesù
Cristo sia creduto ed amato.
Lieto di veder riconosciuta la divinità
del nostro Redentore, io avrei dimenticato che papa Vigilio era monufisita, papa
Ijlierio ariano, e che Gesù Cristo ehbe da
salvare la Chiesa dall’eresia funesta inoltrata sino in quella sede inlluente e dominatrice, come tante altre ohieziooi che
mi venivano in mente, se l’oratore non
avesse continuamente ripetuto che la
Chiesa ha salvato Gesù Cristo. Quale
espressione amhiziosa ! Ma non gli hasta
al prete di dare un tanto vanto alla Chiesa ; nè gli basta conferire alla Chiesa dei
papi la gloria di quella dei padri ; egli ha
bisogno ancora di far credere cbe niuna
altra Chiesa ha sostenuta la divinità di
Gesù Cristo , che le Chiese evangeliche
sono tutte quante cadute nell’arianesimo.
Ma i Valdesi e tutli i veri evangelici che
verrebitero a patti con un cattolico, ma
non con un ariano o sociniano, avrebbero
udito con isdegno una si falsa imputazione. Noi protestiamo e chiediamo di
essere riconosciuti quali adoratori di Cristo. Ne è forse dispiacente il predicatore
della Chiesa dei Gesuiti? Vorrebbe egli
che Cristo non avesse alcun seguace fuori
della sua Chiesa? Perchè farlo credere a
questo popoloinvece di rallegrarlo facendogli conoscere che Gesù Cristo ha ancora , la Dio mercè, più assai adoratori
che nnn si penserebbe? Se egli ha veramente fede in Geiù Crislo, vero Dio e vero
Uomo, darebbe rallegrarsi cheallri molli,
anche quelli che non credono al papa, al»bian quella fede, enontravisari falli per far
crederi! eonlrario. Che sono alcuni ariani
di Ginevra ed i razionalisti dì Germania,
in confronto della generdlità delle Chiese
evangeliche, le quali protestano conlro al
sedicente Vicario di Cristo, ma in nome
di Cristo, vero Dio e vero Uomo, ed unico
Mediatore tra Dio e gli uomini ?
In quanto alle prove dell’ amore della
Chiesa romana per Gesù Cristo voi non
l’indovinereste mai più. lo mi rallegro
di averle imparale dal predicatore della
chiesa dei Gesuiti. Gesù Cristo ha detto;
Chi mi ama, osserva i miei comandamenti ; chi ha i miei comandamenti e li
osserva, esso è quel che m'ama. Giov.
XIV. 21.
Di quella prova d’amore richiesta da
Gesù Cristo, il prete non ne fa parola,
manco per segno. Secondo lui l’amore è
anzi tutto nella liturgia : si vede dalle appellazioni affettuose che vi sono fatte a
Gesù Cristo. Quell’amore però si vede ancora dalle opere: ma non v'immaginale
che sieno quelle opere dell’osservanza dei
comandamenti. No, ecco quali sono:
La Chiesa crea il sacerdozio, 1’ apostolato, due espressioni le quali, non ho bisogno di dirlo, sono sue e non mie. La
prova dunque che la Chiesa romana ama
Gesù Cristo è ch’ella ha dei preti ; e veramente ne ha molli ; sicché a quel conto
si dee credere che ha molto amore per
14
Gesù. Vedete che io non sono incredulo
alle sue prove; anzi dirò .che mi dispiace
che molti forse vi crederanno meno di
me. Noi non siamo di coloro che gridano
contro ni clero come se fosse avido, cupido, insazialMle ; lo gridano i figli deila
Chiesa slessa; e non avremmi^la carità
crisliana se ne gioissimo; ma mi pare lecito l’osservare che, leggendo il Cattolico
e le Pastorali, possiamo rallegrarci che
non tutli i nostri cnnniltadini sieno criFtiani alla foggia loro; poiché sono sì
intolleranti, e pieni di odio contro di noi,
che non possono perdonarci le nostre adunanze di culto reso allo stesso Gesù Cristo, nt! lasciano il Governo in pace perchè
ci tollera conformemente alle leggi. Con
tali sentimenti, il sacerdozio non è più
una prova visibile deH’amore della Chiesa
per Gesù Cristo. Cbi non ama, non ha
conosciuto Dio, dice il Vangelo. Dimostrare l’amore coll’odio non riesce guari!
Ma eccovi un’altra prova d’amore per
.Gesù Cristo : il martirio, il sangue. La
Chiesa dà il suo sangue a Gesìi Cristo.
Benissimo: ma qual Chiesa? La Chiesa
dei papi? A far capo dalle stragi degli
Albigesi ordinate da papa Innocenzo Ili,
a spgiiitare per quelle fatte per secoli
contro i Valdesi all’istigazione dei papi,
passando alla S. Bartolomeo, a venire sino
al lionibardamento di Roma voluto da
Pio IX, ia Chiesa dei papi ha sempre perseguitalo, fatto delle vittime. È forse quei
sangue che ha sparso cosi copiosamente
che è la prova del suo amore per Gesù
Cristo? Il prete non s’è spiegato.
Infine «na terza prova da Ini addotta, e
che v’accenneri') soltanto: è la verginità.
La Chiesa offre a Dio la verginiià, nelle
monache. Per togliere ogni dubbio a que
sto riguardo, egli avrebbe dovuto confutare l’apostolo S. Paolo, che dice, determinando la condizione nalurale e vera
della donna: «Elia sarà salvata partorendo
figliuoli, se sapranno perseverare in fede
e carità, e santificazione con onestà ».
(1. Tim. II. 13). Ma invece di confutare
ii Vangelo, quando non va d’accordo,
non ne parla, e stabilisce le sue idee a
modo suo.
Vostro amico
ÌVOTiZìE nFlIfilOSE
FiiANCu.—Osservanza della domerìica.
Questa questione fece non haguari grandi
progressi a Parigi e in molti dipartimenti.
A Calais, a Boiilogne, a Amiens, a Nancy
già da qualche tempo esistono de’ comitati
composti indistintamente di protestanti e
di caltolici sotto il patronato di ecclesiastici delle diverse comunioni, ed hanno
ottenuto ia chiusura di molti magazzini.
A Parigi un comitato cattolico che ha due
anni di esistenza è riuscito ad ottenere
più di 2,000 firme di negozianti, che si
sono obbligati a non aprire i loro magazzini 0 i loro uffici ne’giorni di domenica.
In questi ultimi giorni, un cristiano inglese (il signor Cochrane), venuto appositamente da Londra ha oltenuto la formazione di un comitato protestante laico,
e l’opera sua infaticabile è stata coronata
di un tal successo, che la differenza delle
transazioni è divenuta mollo sensibile in
alcune contrade della capitale. L'n giornale annuncia che de’comitati speciali si
stanno formando in ogni parrocchia di
Parigi, i quali avranno per missione di
venire in soacorso al comitato centrale
15
dell'Opera della osservanza delle domeniche.
Londra —Socieià delle Missioni a Londra.—Qmstn Società di più in più illuminata dalla esperienza de’ suoi missionarii sulla necessità di molliplicare in
tutl’ i suoi campi di evangelizzazione il
numero degli agenti missionarii indigeni,
nella sua ultima relazione può constatare
con gioia che que! numero si accresce
con rapidità. Di se¡ giovani lodous di alta
casta ammessi, da due anni, nella chiesa
di Calcutta, quattro hanno volontariamente offerto i loro servigii alla Socielà
per essere impiegati in quel ramo qualunque dell’opera che si crederà più opportuno. Trenta allievi usciti dal seminario di Bengalore prestano l'opera loro
nelle province meridionali dell’india, ed
un più gran numero ancora di giovani allevati nell’istituto di Trarancore sono entrati nella stessa carriera. — A-Taiti sei
od olio giovani indigeni istruiti dai missionarii sono ora pastori di alireltanie
chiese, e disimpegnnno in modo edificante le loro funzioni. — Nelle altre isole
della Polinesia , circa 500 evangelisti indigeni si adoperano alla evangelizzazione,
e molti di essi hanno provalo con ammirabili sacrifizii che sarebbero pronti a dare
la loro vita pel servizio di Gesù Cristo, e
per la salvezza delle anime. 11 seminario
di Uarotonga contiene 18 allievi, e quel
lo di Samoa 08. — Insomma, la cifr.'? dei
giovani dàlia Società mantenuti e futti
istruire in tutl’i seminarii, per formarne
de’coadiutori ai missionarii, o se piacerà
a Dio, dei missionarii, non ascende ora
a meno rii IflO. La Società di Londra non
è la sola che cammini per quesla via.
Tutte le altre Società missionarie fanno
altrettanto, e sin da questo momento si
possono contare a migliaia gli operai indigeni impiegali o preparati per le cure e
lo zelo di quelle Società.
CRONACIiETTA POIITICA
Toniso. — Camera dei Deputati. La
categoria Legazione di Roma del bilancio
passivo degli affari esteri diede luogo ad
una discussione assai vivace. La Mnistra,
rappresentata più specialmente da lìobeccki, Depretis , Valerio , Moia, dimostra
rinuliliiàdi questa categoria fondata sulla
inutilità delle Irattalive con Roma, e sulr incaglio che tali tratlative apportano
alle riforme più urgenti. La maggioranza
ministeriale, per organo di Torelli, Demarchi, Boncompagni, Farini, Ilatlazzi
e Cavour, intorno alla necessità di non
abbandonare tali trallative, mentre lutti,
a cominciare dai ministri, assicurano cbe
per lecoseccclesiastichc soltanto si traila
con Roma , il governo essendo deciso a
serbare tutta la sua indipendenza nelle
cose meramcDle civili. Messa ai voti la
proposta della sinistra di ridurre di 12
mila franchi la spesa della Legazione a
Roma, essa venne rigettata.
PaiNTiPATi Dani’rianj. — 1 fogli francesi pubblicano il seguente dispaccio lelegralìco, ricevuto dal governo francese,
in data di Belgrado, S maggio : « I Turchi
erano io marcia sopra Crajowa. Il vescovo di quesla citlà, accompagnalo dai
principali abitanti , si disponeva ad andare loro incontro. Il comandante delle
truppe ottomane aveva daBoleschli pubblicato un proclama, col quale annunziava
che nessuno sarebbe molestalo pei suoi
alti politici, che l’esercito pagherebbe in
16
contante lutte le provvigioni, e che verranno distribuiti in nome del Sultano
21,000 ettolitri di grano turco a quei
cootiidiai che avranno sofTerti danni dalla
guerra ».
— Secondo le ultime notizie, i Turchi
continuano ad avanzarsi nella piccola
Valacbia, affetlaosamenie accolli dalle popolazioni.
Odessa, 23 aprile. — La Gazzetta delle
Poste di Francoforte dà più minuti ragguagli sul bombardamento di Odessa ,
tolti da una leltera direna a lei da Odessa,
23 aprile. Noi ne togliamo il brano seguente: III Russi, che perderono 200
uomini, si batterono molto energicamente ; 300 sono gravemente ferili ; più
della metà male atta al servizio. Sei magazzini furono preda delle fiamme. La
città ha poco sofferto a paragone; ma
alcune case più in vista, e specialmente
il palazzo Woronzof, furono incendiate.
L’aspetto di Odessa è totalmente cambiato, 11 terrihile cannoneggiamento spezzò lutti i vetri; parecchi campanili furono
malconci >>.
DISP.\CCI ELETTRICI.
Trieste 8 maggio. — Copenaghen. 7,
Tutta la flotta francese del Baltico è enIrata nel Wingosund.
Odessa. Lettere private annunziano la
ricomparsa in quelle acque delle flotte
alleale.
Bukarest, 3. Un proclama russo annunzia che non si sgombrerà la grande
Vnlachia, e che la piccola Valachia sarà
rioccupata più lardi.
— 1 Greci furono sconfini presso Aria.
Pakigi, 9 maggio.—Costantinopoli, 30
aprile. Lord Raglan è giunto il 29. Sono
giunti 13,000 Inglesi. La cavalleria che
si aspetta completerà la divisione.
Giungono 15,000 Francesi per terra e
per mare,
Le flotte erano segnalate il giorno 23
innanzi a Sebastopoli. Una divisione è
stata distaccala verso Cenopa e RedoutKalè.
Dodici bastimenti russi di commercio
sono stali presi innanzi a Sebastopoli. Tre
baslimenli carichi di volontari Greci sono
stati colali a fondo da un battello a vapore francese. Il dissidio fra il generale
Baraguay ed il Divano è appianalo (?).
Atene., 2. Le Camere sono stale sciolte.
L’insurrezione è stala battuta su lulti i
punii. 1 Turchi hanno preso il campo di
Bela nell’Epiro. E stalo tolto il blocco a
Dimoilo in Tessaglia.
La navigazione sul Danubio è ripresa
(ino a Viddino.
Trieste , 9 maggio. — Costantinopoli, 1**.—S. A. I. il principe Napoleone
è arrivato. I Greci non compromessi e
non parlili possono rimanere.
Atene, 2. —Gl’insorti ottennero dei successi presso Tricala e Baoditza. 11 numero dei pirati aumenta.
Cina, 23 marzo. — Disfatte dej?li imperiali, Le truppe del generale HenngGang hanno disertalo le loro bandiere,
Parigi, 10 maggio. — Amburgo, 9. —
Le flolte hanno lascialo Elsnapen : le ostilità sono imminenti: due vascelli inglesi
hanno raggiunto le flotte.
nirettore P. G. 5IEILLE.
Grosso Domenico gerente.
L' ECO
DI SAVONAROLA
Foeiiio
DI LONDRA
Abbonamento annuo per lo Stato L. 6.
Si abbona alla Libreria Evangelica.
Gli anni 1849, 30, 31 e 32 deir£co
di Savonarola si trovano vendibili alla
medesima Libreria.
TIP. soc. DI A. POSS B COMP.