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Asso IX — N. 9. H SERIE 15 Maggio 18G0.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Segueado la verità nella carità. — Efes. VI 1&.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE S LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____£. 3 00 J In Torino airUffizlo del Giornale, Tia del Principe
Per la Svizzera e Francia, ìd........... „ 4 25 ^ TommaHO dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... ,, 5 50 \ Nelle PaovisoiE per mezzo di franco-bolli po
Per la Germania id................... „ 5 50 { siaZ», che dovranno essere inviati franco al DJ
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. \ rettore della Budka Novella.
All’estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Attualità: La Religione ed i Governi — Libertà religiosa: La libertà religiosa in Toscana — Fariciù;
Una visita a Préfargier, III — Corrispondenza della B. Novella — Notizie religiose: Livorno —
Veneto — Ungheria.
ATTlAIilTA
LA KELIGIONE ED I GOVERNI *
Infatti, volevo dire l’altra sera, figuriamoci che rm cer to numero
«li famigl'e per bene vadano, come più volte è accaduto, a piantare
ima colonia, cioè a stahilirRÌ in un’isola disabitata. Si trovano là
padrone di fare quel che vogliono, perchè in quel luogo non ci sono
nè leggi, nè governi; bisogna riarsi da capo ad ogni cosa.
Eccoti che ne’primi gionji 'tutti i capi di casa si radunano insieme, e stipulano dei patti ai quali ognuno possa stare; fissano come
ihì deve far testamento, e com|«-are e vendere, e far donazione; e poi
* Togliamo questo squarcio, uel quale la grave questione della separazione della
Chiesa e dello Stato vien trattata in modo quanto stringente altrettanto originale,
dalla Veglia settima del Priore Luca, sotto il quale pseudonimo nascondesi uno degli
scrittori più arguti ed assennati della gentile Toscana. Red.
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di pagare uu tanto a te.sta per aprire e mautenere le strade ; pensano
ai tribunali ; e se vogliouo essere democratici, fanno una repubblica;
•se trovano un perfetto galantuomo, che abbia la testa con sè, lo fanno
primo impiegato, dandogli il titolo di re, d’imperatore, o altro, con
patti e condizioni ; e tutto a modo.
Un giorno fra gli altri, in una di quelle sedute, scappa su uno di
loro, che finallora era stato zitto, e dice : “ Tutto va bene, ma nessuno di noi ha ancora pensato alla religione, che in somma è la cosa
più es.senziale. ” Ciò detto, si quieta ; e tutti per un po’ di tempo se
ne stanno zitti, riflettendo: Senti iu che gineprai vuol entrare costui:
che gl’interessa a lui della nostra religione ?
Quel tale ripiglia : “ Bisogna concertare una buona legge sulla
religione, soprattutto fissare quale dev’essere la religione dominante,
cioè quella dello Stato.
Nuovo silenzio, ed alzate di spalle e di ciglia. Finalmente un altro
dimanda: “ Scusi, cosa c’entra questo? ”
— Come ! soggiunse un po’ scandalizzato il primo, cosa c’ entra
la religione ? Non è essa, quel che più importa ^
— Rammenti, signor mio, che qui siamo nuovi di tutto, in tutto
e per tutto, e faccia grazia di sapermi dire : che cosa intende per
religione ?
— Eeligione, prosegue il primo, abbassando la testa, viene da religare, parola latina che vuol dire legare, attaccare insieme; e sigrdfica
quel legame di amore e di timore che unisce l’anima con Dio.
Secondo : Dio ed anima, ha detto ; e mi piace. Ora, come si può
fare una legge che abbia la forza di stringere, o rallentare un legame
di quella sorta? Dove son gli occhi, dov’è la lente per vederlo? E
chi ha le mani o gli arnesi per acchiapparlo ?
Primo : Sì, ma c’ è anche il culto, ci sono le cerimonie, le fuuzioni.
Secondo : Va benissimo, ma come mai un governo potrebbe occuparsi di certe cose ? Si metta le mani al petto, lei, e mi sappia
dire ; se un re, per esempio, le ordinasse : Tu non devi adorare Dio
a modo tuo, ma a modo mio, e devi cantare, genufiettere ed incensare precisamente come piace a me, che direbbe ?
Primo : Ma la religione che intendo proporre io è l’unica vera ; e
fuor di quella non c’è salute.
Secondo : Tanto meglio per lei, che l’ha trovata. E quando a noi
non piacesse, che ci farebbe ?
Primo: Vi con vicerei tutti con buone ragioni.
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Secondo : E se non rimanessimo convinti, e durassimo a dire
che non ci piace, che non ne vogliamo saper nulla, allora ?
Primo ; Eh ! non riuscendo colle buone, si potrebbe tentare qualche altro mezzo.
Secondo : Le cattive, insomma : la prigione, le nerbate, e via discorrendo, eh ! Ed eccoci a forzare l’anima.
Primo : No, il corpo.
Secondo : Dunque a lei basterebbe il corpo, senz’anima.
Primo ; Questo, no.
Secondo ; Dunque ? — Non si confonda, la forza in qualunque
modo usata, avrà il cor[»; l’anima non si costringe; ed il corpo senz’anima, in religione, legame appunto dell’anima, non vai nulla.
Mettiamo che in un gran tempio ci sia qualche migliaio di persone,
e per ogni dieci di loro uno sbirro colla frusta ; ed a tutte sia comandato di cantare ; chi non canta botte da orbi, e chi canta più forte, o
si picchia il petto, una borsa di quattrini : bella religione, eh ! Bel
legame fra l’anima e Dio ! Il legame sarebbe o fra il corpo e la frusta, 0 fra l’anima e la borsa. Commedia, che a lasciare il braccio
libero a que’ frustatori, potrebbe facilmente diventare tragedia.
Primo: Dunque, a detta sua, religione a piacere: si serva chi
vuole. Allegri, signori ! Se volete erigere un altare a Satanasso, padroni ! Ed allora si piglia la sbornia per devozione ; e per devozione
si ruba......
Secondo : Adagio ! Queste son bricconerìe, ed il tribunale ci è
apposta : non confondiamo le cose. Se ci fosse una religione che
avesse per comandamenti :
Disobbedisci al babbo ed alla mamma ;
Ruba ;
Ammazza ;
Piglia quante mogli tu vuoi, vendile, barattale, e trattale come ti
piace ; quella religione, se pure potrebbe chiamarsi così, il governo
la dovrebbe buttar giù con tutta la sua forza ; ma una religione tale
non vi è mai stata, credo, e non vi sarà mai. Per le altre, basta che
non si dieno noja fra loro, ce ne siano a migliaja. —
L’opinione di questo secondo è giusta; e così la penserebbero tutti
gli V omini, se gli arzigogoli e gl’interessacei non avessero storto il
buon senso e la giustizia.
Dice : eccovi una religione che fa santi, anzi santissimi tutti
quelli che c’entrano, e nessuno al mondo ne può abusare ! — Venga
pure, rispondo, noi l’accetteremo a braccia aperte, e la faremo obbli-
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gatoria colla spada, e col bastone : ma nna religione tale, dov’ è ? A
parole, magari ! Chi però volesse giudicare l’albero dai frutti, starebbe fresco !
Sentite un fatto successo a me, la prima volta che andai da scolare a Livorno. Era d’estate. Arrivai tardi. Sceso dall’omnibus (allora
il vapore non si sognava), entro con un mio amico nel caffè della
Jlinerva. Mentre si prendeva un gelato, udiamo fuori una piccola
rissa. Preso il sorbetto, esciamo, e ce ne andiamo là per una strada
alla ventura. Mi accorsi di essere nèl quartiere degli ebrei; si faceva
lì un gran chiacchierìo sul subbuglio appena allora acquietato.
Scai>pa una donna, parlando di uno dei rissanti e dice : Hai sentito,
Eachelina, il tuo Mone? Che vergogna ! Bestemmiava come un cristiano ! —
Quelle parole mi fecero un’impressione profonda. Strinsi il braccio
all’amico, e soffermandolo, a mezza voce gli dissi : Sentenza terribile ! Chi di noi avrebbe il coraggio di andar lì da quella ebreina, e
dirle : Cagna d’infedele! Bada come tu parli, sai ! Tu sei una bugiarda sfacciata: non è vero niente che i cristiani bestemmino... —
£ non fo celia ! Per tutte le strade cattoliche, apostoliche, romane,
specialmente nelle città, non si sente altro che parolacce e bestemmie dalla mattina alla sera! E nel romano, anzi a Roma, proprio
nel centro della religione, peggio che per tutto.
Che che! fratelli miei, la prima pietra non la può tirar nessuno ;
è meglio tenerla in tasca per serbarla a Dio ; e questi quattro giorni,
che si ha a star di qua, vivere in pace e d’accordo. Nel mondo di là
poi, chi ne buscherà saranno le sue.
Dunque, direte, saremo indifferenti sulla religione? No: tutt’altro:
per essere di questo sentimenta dovrei, in certo modo, annientare
l’anima mia : la religione, per me, è il vero pon-o unum, vo’ dire la
vera cosa essenziale. Tu lo vedi, mio Dio, nel più intimo del mio
cuore, se io sono attaccato alla santa religione cattolica, e se darei
la vita stessa perchè fosse davvero, come lo porta il nome, universale ; ma questa fermissima fede mia, se anche avessi, per così dire,
il braccio regio a mia disposizione, non costringerei nessuno a professarla: dentro, io sono intollerante, esclusivo, inespugnabile; fuori,
in tutto quel che riguarda le azioni, tollero, anzi rispetto ognuno ;
perchè Christus, ubi liberta^, Gesù regna dov’è libertà. — Ed il governo pure, se vuole operar bene, dee regolarsi in tal modo.
Infatti, sentite le ragioni.
La religione, quando la debba entrar nel governo, o bisogna che
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gli stia sopra, e lo comandi a bacchetta, o che ci stia sotto c lo
serva : non se n’esce. Quanto a starci sotto, io sarei il primo a risentirmi ; fra noi cristiani, il decoro de’ sacerdoti, e specialmente quello
de’ Vescovi e degli Arcivescovi, sparirebbe del tutto : io per me non
ci posso neppur pensare, e non posso raccapezzarmi, per dirne una,
che il clero superiore della Lombardia e della V^'enezia non protestasse con tutta la forza contro la scellerata ed impertinente circolare del principe di Schwartzemberg. Tedesco birbone ! Glie l’avrei
data io, se fossi stato un Arcivescovo, od un Vescovo; e quel che mi
fa più rabbia, gli austriaci si vantavano difensori della religione ;
sfacciati !
lia religione sottoposta al governo sarebbe Io stesso che dire ; >Saiwte ? Non è mica Dio che ha creato l’uomo, ma bensì l’uomo chc
ha creato Dio, e lo tien su finche gli torna conto ; si può sentir di
peggio ?
DaU’altra parte converrebbe egli che la religione dominasse, ed il
governo fosse il suo umilissimo servitore ? A guardar la cosa dal
tetto in su, e se il Capo della religione fosse un angelo, e tutti s’accordassero a credere il Papa un Dio in terra, e noi sacerdoti fossimo
come m’intendo io, sarebbe un gran bene ; ma il Sommo Pontefice
è uomo anch’egli, pur troppo ; e quanto a noi preti, come siamo
ridotti ora, appena si comparisse sul teatro d’Europa a fare i sopracciò, ed i padroni dei padroni, tutta la platea ci farebbe rientrar fra
le quinte a forza di fischiate.......
Dunque se la religione sotto ai governi non ci si deve mettere, e
sopra non ci può stare (ed in questo crederei che preti e secolari,
liberali e codini, fossero d’accordo) una delle due : o bisogna che il
governo secolare ed il clero vengano a patti, e facciano, come si dice,
un concordato, o bisogna che il governo si dichiari separato affatto
dalla religione. I concordati, Dio liberi ! Se il governo è devotone,
sfigura, fa pigliare il sopravvento ai preti, che tornano a tenere il mestolo in mano, ed ingrassare, e per conseguenza a imbirbonire, e addio
sentimento religioso, addio buona morale, addio tutto ! Se il governo
è senza religione, ma furbo, fa di tutto per accileccare il prete, lo fa
f?alire sul pinnacolo perchè si metta bene in vista, e quando meno il
povero gnocco se lo as[)etta, gli dà un calcio, e giù in fondo, col
male, il malanno e la mala pasqua; se egli è baccalà, e corto di cervello poi, son due ciechi, uno per avarizia e per albagìa, l’altrcS per
asinaggine, che cascano insieme rotoloni nella fossa. In ogni modo
«accede un tira tira, brutto e scandaloso. Ora specialmente che non
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si può fare mi sospiro senza che il popolo ed il comune lo sappiano,
e si vive tutti, per così dire, in mezzo di piazza con mille occhi a
guardare, e mille trombe a pubblicare, que’ tiritessi e quei pettegolezzi fra preti e governo, sarebbero un grandissimo guaio : e l’autorità che, pur troppo non ha bisogno di spintoni e di colpi, ne soffrirebbe. Dunque? Dunque si amva da ultimo al punto dove eravamo
da principio : Christus, ubi libertas, libertà intiera. Per la religione,
la più bella legge è quella d’America, che non parla nè punto, nè
poco di religione.
Ma, diranno: noi non siamo in America, e ci son troppe cose fatte
che non si possono disfare in un attimo. Il prete, continueranno a
dire, entra per tutto: almeno almeno non si può nè entrare, nè uscire
dal mondo, nè unirsi in matrimonio senza di lui. E poi ci sono i
benefizj, i lasciti, il gius canonico, le prebende e che so io: tanti e
tanti nodi che non si possono tagliare con un solo colpo di accetta.
Pur troppo è così. Ebbene. Il governo cerchi per quanto può di
strapparli o scioglierli ad uno ad uno ; intanto illumini a modo il
popolo a veder le cose come le sono, onori la religione dove la trova;
e soprattutto levi ai preti la voglia di puntellare le cose temporali
colla forza spirituale. Occhio alla penna, buona fede, e perseveranza,
e, ai tempi nostri, è impossibile che non si riesca. Oramai in tutta
Europa i gattini hanno troppo aperto gli occhi; e quel che più conta,
coi giornali, coi telegrafi, coi vapori, e con tante altre cose li tengono
spalancati, stanno sempre all’erta, e la verità va a vele gonfie.
lilBGRTA REIildlOSA
LA LIBERTA' RELIGIOSA IN TOSCANA
L’opposizione alla libera manifestazione delle convinzioni religiose
continua aspra e tenace per parte delle autorità governative di Livorno, 0 a meglio jiarlare, della sètta di San Vincenzo di Paola che
annovera, in questa città, potenti e numerosi affigliati. I due documenti che siamo in grado, mercè la gentilezza dei nostri corrispondenti, di porre sott’occhio ai nostri lettori, varranno a dare loro una
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giustii idea di questa lotta, e del come venga da ambedue le parti
sostenuta.
Pisa, li 7 maggio 1800
Caro signore e fratello.
... 135 ...
ve
Pisa, li 7 maggio
Pur troppo, le autorità di Livorno, sembrano decise a non u.scir di carreggiata, e ad agire, sotto il Governo attuale, esattamente come se regnasse
ancora Leopoldo.
Alcune settimane or sono, un colportore fu arrestato in un caffè di Piazza
del Casone, dal luogotenente dei R. Carabinieri, sig. Caprilli, e condotto,
quindi, da alcuni soldati della medesima arma, dal Delegato di S. Benedetto. Questi lascio il colportore in libertà, ma sequestrò le sue Bibbie.
Quasi in risposta all’indirizzo inviato al Barone Ricasoli dai membri
della Chiesa di Livorno, ed ai passi eh' io feci, sia presso il Governatore
Ricasoli, sia presso il Direttore del dicastero dei culti sig. Nelli, onde otte
nere l’autorizzazione di riaprire, quanto prima, la nostra cappella, il Delegato del Terriere S. Leopoldo fece notificare al signor Vigo cd a me, un
decreto, che mi astengo dal qualificare, ma che vi rammenterà, ne son certo,
i più bei tempi del Governo granducale. — Eecovelo qui in extenso.
“ Delegazione “ TI Delegato di Governo del Terziere
<lel Terziere S. Leopoldo S. Leopoldo di Livorno ’
Livorno ”
“ Attesoché gli consti, che il Sacerdote Evangelico-Valdese, Giovanni
“ Ribetti, dimorante in Pi.sa, siasi varie volte condotto in questa città, e
“ senza che ne ave.sse riportato il debito permesso, vi abbia tenute varie
“ Congreghe, onde istruire nella sua Confessione religiosa varie persone, si
“ Protestanti che Cattoliche;
“ Attesoché siagli noto che, venuto ciò in cognizione del pubblico, siasi
“ generalmente mal’inteso, come che contrario alla Religione Cattolica, che
“ per lo Statuto, che dietro la fortunata annessione della Toscana al Regno
“ Sardo, ha ora vigore presso di noi, è quella dello Stato ; e che taluni
“ bene affetti a tal Religione, che è quella degli Avi nostri, avessero in
“ animo di commettere qualche violenza, qualora dette Congrèghe avessero
“ continuato, in danno dello stesso Ministro Evangelico, non che di coloro
“ che vi prendevano parte, c forse qualche serio inconveniente si sarebbe
“ potuto verificare, se per mezzo della pubblica forza non fosse stata fatta
“ sciogliere l’ultima, che fu fatta in uu Locale posto nella Via degli Scali
“ di Porta Murata, nella sera del 28 (?) marzo prossimo caduto, stante che
“ vi si era al di fuori adimata una quantità di cittadini, che mostravano
“ essere nella intenzione di commettere delle violenze contro i Congregati.
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“ Attesocchè, ad onta che l’Autorità politica locale abbia ripetutamente
fatto intendere sì al Ribetti che a due suoi principali fautori delle divisate Congreghe, ed in ispecie Pasquale Vigo, mezzano di questa Città
(chc sarebbe come il custode di detto locale), che non potevano essere da
essa permesse, senza l’approvazione deUa superiore autorità dello Stato,
si sappia che in questo giorno voglia tenersene un’altra ;
“ Attesoché sia nel dovere dell’aulorità di Polizia amministrativa di prenenirc, con le mimre che la legge ha poste a sua disposizione, non che quahtvque delitto, qualsiasi fatto che possa essere causa di pubblico disordine,
per cui faccia d’uopo adottarne una che valga ad impedire che frattanto,
per quest’oggi e per alcuni appresso, abbia luogo la divisata Congrega,
che però ;
“ Veduti gli articoli 13 e 27 del Regolamento di Polizia Amministrativa,
del 22 ottobre 1849 ;
“ Intima al prenominato Giovanni Ribetti di allontanarsi immediatamente da questa Città, ed a non farvi ritorno pel corso di giorni otto; ed
a Pasquale Vigo, l’arresto nella propria abitazione per ore dodici da quella
della notificazione della presente ordinanza, con la comminazione a ciascuno non obbedendo dell’arresto e carcere per altrettanto lasso di tempo
— E tutto. ”
Li 29 Aprile 1860.
“ D. Vannuccini D. "
Per copia conforme
D. Vannuccini Delegato ”
Crederei impossibile che un’uomo serio, come deve esserlo il sig. Vanimccini, fosse l’autore d’un simile decreto, se non l'avessi nelle mani, firmato,
bollato ecc. — Non ignora il signor Delegato, che s’io ho tenuto varie Con
greghe a Livorno, senza averne riportato il permesso, la colpa non è mia.
ma di chi non rispose alle mie reiterate domande. Il permesso in discorso
fu richiesto, per iscritto, all’ex-ministro dei culti, signor Salvagnoli, ed al
Barone Ricasoli ; ed oralmente, al signor Giacone, che faceva le veci del
sig. Salvagnoli, quando costui era ammalato, ed al Governatore di Livorno.
Non ricevendo risposta, e sapendo che gli Evangelici, negli Stati Sardi, non
hanno bisogno d’un permesso speciale per celebrare il loro culto, che, dallo
Statuto è tollerato, continuai a predicare in Livorno due volte ogni settimana.
Il Delegato di S. Leopoldo, -come autorità di Polizia amministrativa, è
incaricato dell’esecuzione delle leggi nel suo Terziere. Or bone, “ lo Statuto,
“ che dietro la fortunata annessione della Toscana al Pegno Sardo ha ora
'• uigore, ” dichiara (Art, 1) che i culti acattolici sono tollerati, e (Art. 32)
chc sono lecite le Assemblee pacifiche de’ cittadini senz’armi.
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Il dovere del Delegato, la sera del 27 marzo, era dunque, non di far
sciogliere la nostra pacifica radunanza, ma di proteggerla contro quei cittadini troppo zelanti, che, onde far conoscere “ la loro affezione per la Reli“ gione degli Avi, avevano in animo di commettere qualche violenza, in
“ danno dello stesso Ministro evangelico, nonché di coloro che prendevano
“ parte alle sue Congrèghe. ”
n signor Vannuccini sa, probabilmente, che s’egli avesse chiamato al suo
TTfiicio il sig. F. C. T., e gli avesse proibito di suscitare un tumulto popolare (vedi B. N. n. 6° ecc.), non sarebbe stato necessario l’intervento dei
R. Carabinieri, nè per sciogliere la radunanza evangelica, nè per proteggerla contro i tumultuanti. — Ma invece di adempiere il suo dovere, che è
“ di prevenire nonché qualunque delitto, qualsiasi fatto che possa essere causa
“ di ptd)blico disordine, ” il Delegato lasciò che la libertà dei culti fosse
conculcata da due dozzine di giovinetti, capitanati dal sig. C. T. ; e, ciò che è
di maggior rilievo, la conculcò lui stesso, col mezzo della pubblica forza.—
Egli convertì questa in istrumento di disordine, invece di servirsene per
tutelare la libertà, e richiamare all’ordine “ coloro che avevano in animo di
“ commettere delle violenze. ”
Il sig. Vannuccini cadde quindi in due altri errori gravissimi, secondo
il parere di tutti gli uomini che hanno un po’ di senno, facendo arrestare il
sig. Pasquale Vigo ed esiliandomi da Livorno.
G. R.
A questa lettera del nostro corrispondente ed aU’annessovI importante documento godiamo di poter unire il Ricorso dal Pasquale Vigo
sporto a S. E. il G-overnatore di Livorno, cavaliere Biscossi, contro
l’ingiusta violenza da cui era fatto segno per parte del Delegato del
Terziere S. Leopoldo. Eccolo nei proprj termini :
A S. E.
Il 8Ì(j. cav. BIhcossì, R. Governatore di Livorno
« Eccellenza,
« Il sottoscritto, valendosi della facoltà conferitagli dall’Art. 20 del regolamento di Polizia amministrativa del 22 ottobre 1849, ricorre all’Eccellenza vostra come capo del Consiglio di Governo in questa città, contro del
Decreto del Delegato del Terziere S. Leopoldo del 29 aprile corrente, notificatogli il giorno stesso, affinchè quel Decreto venga annullato, e ordinata la riparazione del danno e dell’ingiuria sofferta dal ricorrente per lo
ingiusto arresto nella propria abitazione, per oro 12, cui fu astretto nel giorno
di jeri.
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« Il Delegato ha applicato contro il ricorrente T Articolo 13 della citata
legge.
« Quest’Art.“ autorizza le autorità di Polizia amministrativa a prendere
nei casi d'urgenza tutti i provvedimenti richiesti dal bisogno di mantener
la salute, la sicurezza, la tranquillità, la morale e decenza pubblica anche
facendo aeebstabb le persone delinquenti o gravemente e fondatamente
sospette di CRIMINOSI propositi, e rimettendole senza indugio all'autorità
giudiziaria, e rispettivamente sottoponendole al sequestro in Pretorio, all’arresto in casa, od all’allontanamento provvisorio da un luogo determinato. Era
il ricorrente una persona delinquente o gravemente e fondatamente sospetta di
criminosi propositi? Dai fatti stessi narrati nel Decreto del Delegato da cui
è ricorso, risulta, che il ricorrente con altri erano pacificamente e privatamente adunati, per attendere ad argomenti di religione. Questa riunione fu
disturbata da gente estranea e dall’intervento della pubblica forza. Ora pel
disposto di quello Statuto che ci governa, e che è invocato dallo stesso Delegato di S. Leopoldo, la libertà dei culti è ammessa e tollerata; il domicilio
è inviolabile; ed è riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senza
armi. Adunque, il Delegato di S. Leopoldo coH’inveìre contro il ricorrente,
mentre lasciava impuniti i disturbatori della pacifica riunione, violava gli
Articoli 1, 27 e 32 dello Statuto, che lo stesso Delegato confessa essere in
vigore fra noi. .
« Per questi motivi, il ricorrente insiste nel ricorso, nella conclusione
sopraccennata, in ordine al ricorso stesso.
« Dell’Eccellenza Vostra,
« Livorno a’ dì .30 aprile 1860.
« Devotissimo
“ Pasquale Vigo. —Pubblico Mezzano. ”
Lascierà S. E. il Barone Ricasoli che camminino per del tempo
ancora i suoi dipendenti in una via così funesta, e così opposta sì
alla lettera che allo spirito dello Statuto f— Noi'non possiamo supporlo ; ma se ciò dovesse verificarsi (il che Iddio non voglia) noi
non cesseremo di dire ai nostri fratelli livornesi ; per voi stessi, ma
ancora e sopratutto per l’Italia che ha il massimo bisogno di libertà
vera, di quella libertà che dà ad ognuno il diritto di adempiere il
suo doveì'e così verso Iddio che verso gli uomini, non cedete nulla ;
modestamente sì, ma risolutamente rivendicate fino alla fine i vostri
diritti.
P. S. — L’articolo che precede era stampato^ quando ci
giunse da fonte sicura la notizia che da S. E. il sig. Barone
Rica,soli era stato tra,'»messo alle autorità governative di
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Livonioj ordine di lasciare libero l’esercizio del culto valdese in detta città. Era dunque fondata la speranza da noi
esternata, che non sarebbe quest’egregio uomo di Stato per
venir meno alla giusta stima ch’egli ha saputo acquistarsi
presso tutti i sinceri amici della libertà dentro e fuori d’Italia. Lode a lui, e gloria sovratutto a Dio sommo datore
di tutt’ i beni, e quindi anche di questo !
V.4R1ETA
UNA VISITA A PREFARGIER
III
(Vedi il N. 6 e 6)
Ma non ci soffermiamo più a lungo presso quest’ incurabili, ed addentriamoci in quella parte dello stabilimento in cui vivono'quegli ammalati, la
di cui guarigione è scopo di cure quanto intelligenti, altrettanto assidue e
devote. Già vel dissi, che non era mia intenzione di ragionarvi di siffatte
cure al punto di vista medicale, ma sibbene delle manifestazioni morali
delle malattìe, e quindi dei mezzi parimente morali posti in opera, nell’intento di combatterle. Mi si è affacciato come nno dei più efficaci l’obbligo
imposto agli ammalati del vivere in comune. Invece di lasciarli sequestrati
nella rispettiva stanza, dando, in tal guisa, sempre nuova esca alle loro
smanie, vengono il più che sia possibile avvicinati gli uni gli altri, sì
da fare degli abitanti di Préfargier come i membri di una gi’ande famiglia,
attendendo in comune alle loro occupazioni, e prestandosi a vicenda quei
mille piccoli servigi che ammette la convivenza. I 135 ammalati che contiene lo stabilimento, occupano, coi loro infermieri, le due ale del magnifico
fabbricato, il di cui centro è riserbato al personale dell’Amministrazione.
Gli uomini da un lato, le donne dall'altro, vengono nuovamente spartiti in
quattro divisioni, a seconda delle malattìe, dei bisogni o delle consuetudini.
Scopo principale essendo quello di offrire un'alimento all’attività dei pazienti, non si potrebbe raccogliere in una stessa sala coloro che si divertono
nel disegno, nella musica o nella lettura, e quelli che si compiacciono nel
lustrare scarpe o scernere erbaggi. Dar bando alle idee fisse, non già combattendole col raziocinio, ma sostituendovene delle altre ; stancare il corpo
a segno che ne venga domato l’eccitamento dello spirito, tale è lo scopo
che si sforzano di raggiungere i direttori, con un tatto ed un’ intelligenza
che non possono procedere che dal cuore. Fin dalla mattina susseguente al
mio arrivo tenni dietro alla Direttrice nella vi.sita cotidiana alla sezione
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delle donne. Ogni diiàsione ha il suo refettorio, il suo salone, una lunga
gallerìa coperta che serve al passeggio nei giorni piovosi, ed un gran cortile
circondato da siepi vive e piantato d’alberi, i di cui vasti rami formano,
nell’estate, sale piacevoli di verzura. Quando entrai nel salone elegante
della prima divisione, eranvi raccolte 7 o 8 donne, una delle quali suonava
il piano-forte, due dipingevano, sedute alla stessa tavola, una quarta ricamava vicino ad una finestra, alcune leggevano. Vedendoci entrare, tutte
s’alzarono ; la Direttrice mi presentò a ciascuna di esse, ed uno scambio di
convenevoli, quale si sarebbe potuto aspettare dalla società più scelta, ebbe
luogo fra noi, quindi, con quella facilità particolare alle persone, il di cui
spirito è ammalato, di dar sfogo alle proprie impressioni, non badando alle
altrui, ciascuna mi mostrò il suo lavoro, ovvero mi parlò della lettura cui
attendeva con una semplicità che sapeva alquanto del bambino, senza che
però la benché minima incoerenza nel discorso mi lasciasse supporre con
quale categoria di persone io avessi che fare. Lo stesso avvenne nel cortile
ove erano più numerose le ammalate : alcune annaffiando i fiori, altre lavorando aggruppate sotto un’albero, altre ancora passeggiando con quel passo
concitato, che è indizio di disordine o di agitazione nelle idee. Io fui presentato a tutte ; a tutte rivolsi alcune parole, e da nissuna mi ebbi risposta
tale da svegliare un senso doloroso. Una giovine donna, di cui avevo più
volte osservato Io sguardo attaccato al mio, aspettavami alla porta, e con
grazioso sorriso, mi offerse un mazzo di rose colte a mia intenzione. “ Questa garbatezza mi susurrò sotto voce la Direttrice, è una gran vittoria ripor tata suUa melanconia abituale di quest’ammalata ; è di più la prova che le
andate a genio, e che qualche influenza potreste esercitare su di essa. ” Infatti, eravi attrattiva tra noi due : la giovane donna m’aperse il di lei cuore
travagliato da scrupoli di coscienza più o meno fondati, che l’aveano ridotta
a questo stato. II di lei caso ispiravami una compassione così vera; che la mia
simpatìa, che non mi sforzai di nasconderle, procacciò, così credo, qualche
sollievo alla povera meschina ; ho sentito di poi che è ritornata guarita, iu
seno alla famiglia.
Le impressioni provate nella prima divisione rinnovaronsi nelle altre, in
cui fummo del pari bene accolti, ed ove rinvenni, come nella prima, tutti
occupati, chi a lavori donneschi (poiché la biancherìa tutta dello stabilimento
è dalle ammalate risarcita e soppressata), chi a lustrare con vigorosa mano
i palchetti, così puliti da reggere al confronto con quelli dei più splendidi
palazzi, chi, infine, intorno al bucato, che richiede anche molte braccia. —
Gli uomini sono per lo più occupati al di fuori. Sono essi che, sotto la direzione di un solo giardiniere, attendono alla coltura dei 15 o 20 èttari di
terreno, che circonda la casa; un’orto vastissimo prospera, mediante le loro
cure; e la gran quantità di legna necessaria ai bisogni della casa viene da loro
segata, accatastata c trasportata, Oltre a ciò, ogni maniera di corporali escr-
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zìi, cui possono dar luogo la ginnastica, lunghe escursioni nella campagna,
partite di pesca sul Lago, son posti in opera, con quell’intelligenza di cui
solo il medico-direttore possiede il segreto, e che è tale, che tutto quanto
egli prescrive come rimedio, viene come divertimento accettato. Vero è, che
più che altro sono le di lui prescrizioni un continuo insegnamento, poiché
ovunque lo si vede, o se non è lui, il giovine suo collega, dividendo gli eser
cixj da lui consigliati, e col di lui impulso, aggiungendo l'interesse morale
alla corporale attività. Al ritorno dalla pesca, quando la rete portata iu
trionfo, viene con orgoglio vuotata, ed il contenuto posto in mano all'economo, tu diresti, scorgendo la gioja che brilla su quei visi, una gioconda
brigata volontariamente riunita in un castello, allo scopo di scuotere, per
ali^uauti giorni, le ciu:e inerenti alla vita cittadinesca, e ciò non pertanto
non sono, le persone tutte che la compongono, se non poveri ammalati,
segregati dalla famiglia, incapaci di occupazioni proficue, e dei quali, ad
onta di quell’apparente libertà, ogni moto è sorvegliato, cd accerchiata, per
così dire, la vita, dallo sguardo degl’ intelligenti custodi, che si potrebbero
credere stabiliti per nient’altro, che per dividere i lavori ed i divertimenti
di quegl’individui, che, in realtà, sono incombenzati d’invigilare.
(la fine col prossimo numero)
CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Soiàetà di Evangelizzazione a prò’ degl’ Italiani e Francesi — Frayer-Mmtiììg —
Morte della signora Vathely—Una Uitur-a sulla Chiesa Valdese.
Dublino 3 maggio 1860.
Caro signor M.....,
Con una mia lettera, l’anno scorso, le promisi di spedirle il rapporto dell’evangelizzazione che si fa qui in Dublino, in favore dei nostri connazionali
e dei francesi. Ora è un po’ tardi, ma però mi reputo felice di essere ancora
in tempo ad adempiere la mia promessa. Il primo rapporto del Comitato,
promotore di quest'evangelizzazione, è uscito soltanto jeri, 30 aprile; in
esso scorgerà che gli ottenuti risultati sono piccoli, ma che la semente
evangelica è sparsa; il farla crescere poi appartiene solo a Colui in nome
del quale si sparge. Preghi eoi nostri fratelli di Torino il Signore, affinchè
tocchi i cuori dei nostri compatriotti residenti in questa città e s'interessino
vieppiù alle verità del Vangelo; la preghiera dei giusti, cioè di coloro che
hanno creduto, è di grande efficacia; ci prestino adunque i nostri cari fratelli
di Torino questo potente soccorso. Qui, ad ogni meeting che si vada, dappertutto si ode indirizzar ferventi preghiere al trono di gi’azie per la re-
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denzione d'Italia. Uomini di tutti i gradi sociali, conti, marchesi, mercanti,
operaj, si alzano in mezzo delle assemblee, e con tutta semplicità, come un
fanciullo s’indirizza al proprio padre, pregano calorosamente Iddio acciocché
liberi l’Italia intiera dalla tirannide, e l’affidi al governo giusto di Vittorio
Emmanuele, e che quindi la luce del Vangelo possa dissipare tutte le tenebre che ancor la cuoprono, affinchè quella classica terra fornisca anch’essa
un’armata di soldati di Cristo, che portino alle nazioni lontane la buona
novella di salute e di pace. L’assicuro che questi così àcttìPrayer-Meetings,
stabiliti in gran numero in tutti punti della città e quasi a tutte le ore del
giorno, presentano un consolante spettacolo. Il modo con cui molte persone
(grandi per dottrina o per posizione sociale) sì raccomandano alle preghiere
dell’adunanza, fa vedere che veramente un gran cambiamento si è operato
in esse; hanno rivestito il carattere del fanciullo in quanto alla semplicità
nel domandare e fiducia di ottenere, ed hanno conservato la virile fermezza
0 tenacità in quanto al perseverare ed operare. Potrei darle altri dettagli
riguardo a questo interessante Risveglio religioso, ma per ora il tempo non
me lo permette; se in caso li desiderasse, favorisca di scrivermi due linee,
so però la salute ed il tempo glielo permettono, ed io con sommo piacere
farò tutto il mio possibile onde sodisfarla. Posso far poco, stantechè conosco
poco la lingua che si parla in questo paese, ma però farò tutto quel che le
mie forze mi permettono di fare.
Caro signor M....., ora deve prepararsi a ricevere una notizia che
molto affiigggerà 1’ animo suo come pure quello degli altri pastori della
Chiesa Valdese, per la grave perdita ch’essa ha fatta. La signora Whately,
moglie dell’arcivescovo di Dublino, che era, se non m’inganno, membro del
Comitato per sussidj alle missioni valdesi, dopo breve malattìa, passò a
vita migliore. La morte di questa santa donna ha messo in lutto non solo la
sua famiglia ma anche gran parte dei poveri di Dublino, i quali ricevevano
da essa caritatevoli istruzioni evangeliche e numerosi soccorsi temporali.
Essa, malgrado l’alta sua posizione sociale, non disdegnava punto di re
carsi in persona nel tugurio del povero, onde assicurarsi del di lui stato di
miseria, « e piangere con coloro che piangono. » La sua vita era intieramente
consecrata al servizio di Dio e dei poveri; molti cattolici stessi ne piangeranno la perdita. Il vuoto che essa lascia nella Lamp-light Society sarà
sentito profondamente da tutti coloro che sono amici della pubblica moralità,
siano essi cristiani o mondani.
Quella società fu da essa istituita, ed in gran parte sostenuta, in favore
di quelle povere disgraziate cadute intieramente nel mondo. Il nome di
Mrs Whately, in questo paese, si vede dappertutto dove sono opere pie; le
società che qui esistono, siano per il sollievo delle vedove, degli orfani, dell’infanzia povera, o di evangelizzazione, hanno perduto un grande appoggio.
Voglia Iddio conservare lungo tempo ai poveri di Dublino cd alle Società
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di beneficenza, le figlie della nobile defunta, le quali sono veramente le
eredi delle materne virtù.
Non voglio chiudere questa mia senza accennarle una letttura data in
Metropolitan Hall, la sera del 27 spirato aprile :
n rev. JP Bluck, pastore presbiteriano, diede la suddetta lettura sui
Valdesi divisa come segue: 1° Opinioni diverse sull’origine della Chiesa
Valdese; 2° è probabile, se non certo, che questo testimonio della verità
sia d’origine apostolica; 3° Geografia delle Valli; 4° Disciplina e fermezza
dei Valdesi; 5° Dottrina loro; 6° Persecuzione dei Valdesi e loro attuale
posizione e missione.
H giovane pastore esordi con una fervente preghiera a Dio perchè
accenda in tutti i membri della Chiesa universale il fuoco del suo amore,
ed inspiri a ciascuno lo zelo da cui erano animati i Valdesi ; ringraziò
poscia il Signore di aver, appunto nella bella Italia, in faccia al papismo
persecutore, conservato per miracolo un’assemblea di fedeli testimonj, per
mezzo dei quali egli ci tramandò, in tutta la sua purezza, la verità predicata
da Cristo e da’ suoi apostoli. H pio ed eloquente oratore era ad ogni momento interrotto da’ vivissimi applausi del pubblico, ma quando ebbe par
lato de’ pregiudizi del papato di quell'età tenebrosa, allorquando i Valdesi
erano quasi riguardati come non appartenenti all’umana specie, e che il
duca di Savoja volle vedere per curiosità un fanciullo di cotesti eretici, e che
dopo di averlo veduto esclamasse di non aver giammai veduto un così bel
fanciullo, gli applausi erano unanimi e fragorosi oltre ogni dire. Dopo di aver
sviluppati tutti i punti sovrannunciati con quell'ordine ammirabile d'idee
e con quella chiarezza che gli è propria, esortò i cristiani ad interessarsi a
quella Chiesa, e pregare Iddio onde la guidi al compimento del divino
suo mandato, quindi terfninò in mezzo agli applausi del numeroso e scelto
uditorio.
Gradisca, signore, i sentimenti di stima e di cristiano affetto del suo servo
e fratello in Gesù Cristo. A.
NOTIZIE RELIGIOSE
Quanto segue leggesi nell’ UnUà Italiana di Firenze:
« Livorno. — Lo cose sulle quali versa la seguente corrispondenza da
Livorno, furono da noi denunciate nel numero 22 del nostro giornale. Oggi
pubblichiamo particolari che dobbiamo a persona di nostra piena fiducia.
« Nel 27 marzo p. p. il Delegato della sezione del Porto di Livorno chiamava a sè un tal Pinelli, sospetto di avere appigionato una stanza perchè
vi fosse celebrato il culto evangelico Valdese, e lo minacciava di esilio e di
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carcere se l’indomani avesse permesso la riunione Evangelica. Il pastore
valdese Giovanni Ribetti, conosciuto questo fatto andò esso dal Delegato e
disse che si maravigliava altamente di questi ostacoli posti alla libertà del
culto, mentre a Pisa ed a Firenze aveano luogo le predicazioni evangeliche.
« Allora si ricorse ad un’altro mezzo per disturbare questa libertà accordata dallo Statuto. Alcuni giovani di buona famiglia, di cui per ora si tacciono i nomi, tanto ci coglie vergogna del loro operato, se vero è quanto ci
è stato riferito, seguiti da alcuni del popolo tumultuariamente minacciarono
la riunione evangelica, e la polizia allora colto il destro espulse dalla sala
gli adunati pacificamente per celebrare il culto Valdese, messe agli arresti
per 12 ore un tale Pasquale Vigo accusato di aver preso parte a questa
riunione, ed esiliò per otto giorni da Livorno il pastore Valdese. Questo
decreto del Delegato del Ter.iiere di S. Leopoldo di Livorno è stato per
interesse del profato Vigo denunziato al Governo come violatore degli articoli 1, 27 e 32 dello Statuto nostro, che lo stesso Delegato invoca in appoggio della sua straordinaria procedura ! Il giornale della evangelizzazione
Italiana La Buona Novella che si stampa a Torino ne’ suoi numeri 6 e 7
anno 9, 31 marzo e 15 aprile 1860 dà contezza di questi fatti. Quanto al
Decreto del Delegato di S. Leopoldo di Livorno ch’è del 29 aprile p. p. da
cui fu ricorso al Governo locale, siamo in grado di riportarlo per esteso se
alcuno dubitasse della verità del fatto.
Veneto. — La Bihhia e la polizia austriaca. — Scrìvono alla Perseveranza da Udine, 5 maggio: le due tirannìe, austriaca e papale, si danno la
mano dappertutto. In Austria non c’è divieto di leggere la Bibbia, nemmeno
se tradotta dal Diodati. Eppure la polizia, incitata dalle spie numerose che
si cacciano dappertutto, molesta e processa chi la tiene.
« A’ dì scorsi, un tale Don Grisostomo Colman di Tolmezzo, il quale a
Roma fu precettore in casa d’una donna gesuitessa, la contessa di Brazzà,
entrò nel a libreria Gambierasi: adocchiò una Bibbia, ch’era stata chiesta
da un signore, e dopo aver brontolato contro l’impudenza di vendere questo
libro proibito, si recò a fare la sua denunzia.
« La polizia giunse nel negozio Gambierasi, ed andò difilato ad impadronirsi della Bibbia del Diodati.
« Sequestrò puro una Guida d’Italia, perchè avea sul tergo efligiato
Vittorio Emanuele, dicendo, che gli scomunicati sono proibiti.
« Pare che il povero librajo non sia per andare esente da ulteriori molestie. Vi scrivo semplicemente il fatto, perchè si renda il dovuto onoro
all’abate Grisostomo Colman, ed agli altri preti delatori di tal fatta. »
Unoheria. — Debole concessione. — La Gazzetta Ufficiale, del 2 maggio
pubblica un sovrano autografo, il quale ordina che i soldati appartenenti
alle confessioni luterana e riformata, di guarnigione a Vienna, Verona,
Buda, Semberg, Praga e Hermanstadt, debbono avere cappellani della loro
religione. In tempo di guerra due cappellani di queste confessioni, saranno
addetti agli ospedali militari di campo.
Domenico Grosso gerente.
TOKINO — Tipografia CLAUDIANA, diretta rta R. Trombetta.