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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 3 SETTEMBRE 1993
ANNO I - NUMERO 33
CONCLUSO IL SINODO VALDESE
CON IMPEGNO
E PASSIONE
GIOVAHNA PONS
La Parola predicata dal pastore Bruno Bellion nel
culto di apertura del Sinodo ci
ha seguiti/e nelle discussioni
sinodali, là dove si sperimenta
quanto sia avvincente seguire
Gesù dove pare impossibile
avventurarsi e, nello stesso
tempo, quanto sia pericolosa
quest’avventura se solo distogliamo lo sguardo da lui.
Il Sinodo infatti ha dedicato
parte del suo tempo al dibattito sulla cristologia. Sono
emerse posizioni diverse dovute alla riflessione teologica
delle donne, le quali hanno
sperimentato che la cristologia elaborata dalla teologia
classica considera la maschilità di Gesù come un universale. Il fatto che siano state
eseluse per lungo tempo dal
ministero pastorale e che ancora oggi incontrino delle difficoltà nell’esercitarlo è dovuto alla pretesa maschile di
voler mediare il rapporto che
Gesù instaurò direttamente
con le donne? Cristo solo è
l’universale, le nostre cristologie non sono che relative.
Ed è solo guardando a lui che
non affonderemo, nel momento in cui ci allontaneremo
dalla barca dell’ortodossia e
ci avventureremo sulle acque
del nuovo contesto storico,
culturale e teologico con cui
siamo oggi confrontati/e. Le
donne hanno discusso in una
riunione presinodale alcuni
dei temi più importanti per
poter intervenire nelle discussioni. Ha preso corpo così un
ordine del giorno che richiama «le chiese e ogni credente a una maggiore sensibilità e responsabilità contributiva» in vista di un miglior trattamento economico
nei confronti dei pastori/e
emeriti/e e dei vedovi/e degli
stessi/e.
In un altro ordine del giorno si chiedeva di «favorire,
nelle nomine dei comitati e
delle commissioni, nelle elezioni dei Consigli di chiesa e
dei Concistori, una crescente
partecipazione delle donne tenendo conto del loro contributo reale nella vita della
chiesa e della loro consistenza numerica». Rileviamo con
soddisfazione che la solidarietà che si è instaurata fra le
donne partecipanti al Sinodo
ha dato buoni risultati sia per
la loro maggiore partecipazione al dibattito sinodale che
per l’incremento delle nomine in comitati e commissioni.
Donne e uomini stanno imparando ad essere «Sinodo insieme». Il rapporto tra deboli
e forti si è purtroppo ancora
evidenziato quando il Sinodo
non si è ritenuto pronto a sostenere «di fronte all’Inps e
agli organi dello stato in genere che le persone a servizio
diaconale sono “ministri di
culto’’». Troppi i temi presi in
esame così che documenti
importanti, come quello
sull’ecumenismo, non hanno
potuto essere presentati per
mancanza di tempo. Il Sinodo
ha ritenuto valido il dialogo
Cei-Sinodo, ma sarebbe auspicabile allargare la riflessione ai matrimoni interreligiosi. Nella società multiculturale che sempre più si va
delineando saremo chiamati/e
a confrontarci con il problema cristologico anche in questo ambito.
Un Sinodo faticoso, ma vivo e coinvolgente, ben condotto da un Seggio che esercitava l’autorità con simpatia
e provocato da una Commissione d’esame che sapeva
mediare con grazia. Siamo
contenti/e di averlo vissuto
con impegno e passione, una
passione che qualche volta si
è mutata in animosità facendo
emergere di nuovo la legge
del più forte. Ma il Signore ci
sostiene con la sua mano. Gli
siamo grati anche perché il
momento del passaggio delle
consegne tra i due moderatori, il pastore Franco Giampiccoli uscente e l’ingegnere
Giaimi Rostan appena eletto è
stato una serena testimonianza fondata sul sacerdozio
universale dei credenti.
La responsabilità dei credenti nella crisi economica, sociale e politica
Il Signore ascolta il grido del suo popolo
_____________MASSIMO APRILE _____________
«...Mosè ed Aronne vennero a Faraone e gli dissero: “Così dice l’Eterno,
l’Iddio di Israele: lascia andare il mio
popolo perché mi celebri una festa nel
deserto’’. Ma Faraone rispose: “Chi è
l’Eterno che io debba ubbidire alla sua
voce e lasciar andare Israele? Io non
conosco l’Eterno e non lascerò affatto
andare Israele”. Ed essi dissero: L Iddio degli Ebrei si è presentato a noi; lasciaci andare tre giornate di cammino
nel deserto per offrire sacrifizi all’Eterno, che è il nostro Dio, onde ei non abbia a colpirci con la peste o con la spada”.
E Faraone rispose: “Ecco, il popolo è
ora numeroso nel paese, e voi gli farete
interrompere i lavori che gli sono imposti” . E quello stesso giorno Faraone dette quest'ordine agli ispettori del popolo
e ai suoi sorveglianti: Voi non darete più
come prima la paglia al popolo per fare
i mattoni; vadano essi a raccogliere della paglia. E imponete loro la stessa
quantità di mattoni come prima, senza
diminuzione alcuna».
(Esodo 5, 1-8)
Tutto viene descritto senza sfumature
di grigio in questo testo della Bibbia. Faraone sta dalla parte del male, il
popolo, sfruttato oltre ogni misura, è allo
stremo. Staremo perciò attenti a non
compiere frettolose applicazioni che risulterebbero ingiuste sia rispetto al testo
che al momento che stiamo vivendo. Il
pregio però della parola che abbiamo letto è evidente. Esso non si sottrae al rischio della parzialità. Non solo la parzialità del popolo ebraico che conserva la
memoria di questa pagina della sua epopea di liberazione, ma una parzialità di
Dio stesso che non si sottrae alla scelta
di campo.
Il ragionamento di Faraone, cinico e
brutale quanto si vuole, segue una preoccupazione il cui fondamento è scritto
nelle leggi stesse dell’economia e della
politica. In tempo di crisi bisogna aumentare la produttività anche se questo
richiede, ahimè, la sospensione dei più
elementari diritti delle persone. E d’altra
parte il malcontento diffuso nel popolo
genera dei pericoli di ordine pubblico
che possono essere evitati solo con la
mano ferma e facendo sapere a chi si ribella che lo stato è presente e pronto a
reprimere ogni iniziativa avventurosa.
E così la richiesta del popolo di potersi
riprendere l’integrità della propria vita
spirituale, andando ad adorare il vero
Dio, riceve una risposta dura ma sicuramente sincera di Faraone; «E chi è
l’Eterno?». Faraone non conosce Dio. E
strutturalmente impossibilitato a conoscerlo, per il fatto che egli stesso si reputa tale. Ogni altra soluzione che non
sia quella dell’esercizio del suo potere
non può che essere sbagliata. Peggio, essa esprime una trama di ribellione che va
repressa, soffocata sul nascere.
Gli italiani passano alla cassa. È venuto il momento di saldare l’altissimo conto lievitato oltre ogni possibile misura
per ingrassare le faraoniche pretese di
una classe politica la cui avidità è paragonabile solo alla sua incapacità.
Non si tratta delle tasse che abbiamo,
tutto sommato, disciplinatamente già pagato. Il prezzo da pagare è ben più alto:
è quello della disoccupazione. Da queste
parti ormai un cittadino su tre è a spasso.
Col crescere della disoccupazione cresce
anche l’ostilità verso gli extracomunitari,
per cui siamo passati in pochissimi anni
da un paese in cui si registravano episodi
di intolleranza a una nazione che vive di
ordinario razzismo. Aumentano le nuove
forme di lavoro nero come il caporalato
della Puglia, che riemerge di tanto in
tanto alla ribalta della cronaca con le sue
tragedie. La situazione è nota a tutti, le
conseguenze tangibili anche nelle nostre
piccole comunità. I rimedi proposti ci
paiono inadeguati: liste di mobilità, ordine pubblico ecc.
Come evangelici abbiamo confessato
«l’universalità del peccato» che ricorda
la complicità e corruzione non solo della
classe politica ma del popolo stesso.
Questo però non può essere un alibi per
non riconoscere i diversi gradi di responsabilità. L’esilio dorato di un politico
che ha rubato miliardi non può essere
messo sullo stesso piano della devastante
crisi che comporta la perdita del posto di
lavoro di un operaio o di un impiegato.
Quali sono le soluzioni possibili?
Il testo biblico ce ne suggerisce tre in
una: farla finita con Faraone; bisogna
mettere «un mare» fra il futuro del popolo e la vecchia maniera di fare politica. Il
popolo deve assumersi la responsabilità
di un cambiamento radicale che comporta un lungo e faticoso pellegrinaggio nel
deserto; la libertà ha il prezzo di una rinnovata coscienza che deve essere di tutti.
La fiducia nel Signore che non abbandona; egli ascolta il grido del suo popolo
l’esodo a cui egli lo chiama inaugura un
nuovo patto per la giustizia.
Tre proposte. Ciascuna col suo valore
e la sua urgenza. E se... ricominciassimo
da tre?
Valdesi e metodisti
Gianni Rostan
nuovo
moderatore
Il Sinodo delle chiese
evangeliche valdesi e metodiste ha eletto il nuovo moderatore della Tavola valdese, in sostituzione del pastore Franco Giampiccoli,
che ha concluso il suo mandato settennale. Il nuovo capo dell’esecutivo valdesemetodista, eletto con 137 voti su 165, è (per la prima volta nella storia di queste chiese) un laico, Gianni Rostan.
Nato a Milano nel 1933,
Rostan è sposato, ha tre figli
e ha lavorato come ingegnere in un’industria elettronica
fino al 1992; ha già fatto
parte della Tavola valdese
dal 1981 al 1987 (dal 1982
al 1987 come vicemoderatore). In gioventù ha partecipato alla costruzione del Centro ecumenico di Agape, ha
fatto parte del Movimento
cristiano studenti e della redazione della rivista «Gioventù evangelica». Attualmente è membro della Commissione esecutiva distrettuale del II distretto delle
chiese valdesi e metodiste, è
attivo da molti anni nel «Servizio cristiano» di Riesi
(Caltanissetta)), ed è presidente del Centro culturale
valdese, con sede in Torre
Pellice.
Il Sinodo ha inoltre confermato come vicemoderatore la pastora Gianna Sciclone, e come membri della Tavola Maddalena Giovenale,
Sergio Ribet, Marco Rostan,
Aurelio Sbaffi; nuovo eletto
nella Tavola il metodista Luca Zarotti. Nel Consiglio
dell’Opera per le chiese metodiste in Italia (Opcemi) sono stati eletti il pastore Claudio H. Martelli (presidente),
il pastore Giovanni Anziani,
Luciano Cirica e Maria Grazia Sbaffi. (Nev)
Sinodo Valdese
Il sermone
del culto
di apertura
pagina 2
/ credenti
e la crisi italiana
pagina 3
Il documento
sui matrimoni
interconfessionali
pagine 6-7
Gli ospiti stranieri
pagina 12
2
PAG. 2 RIFORMA
" ■ ......:
Valdese
venerdì 3 SETTEMBRE 1993
Mm
RISCHIARE OGNI COSA
PER CRISTO
BRUNO BELLION
L5 evangelista Matteo ha
uno spiccato interesse
ad analizzare il rapporto di
Gesù con i discepoli. Egli li
propone alla chiesa del suo
tempo in modo tale che essi
diventano esempio e modello
della chiesa con la sua vocazione, i suoi compiti, la sua
comunione col Signore, ma
anche con le sue esitazioni, i
suoi dubbi, la sua paura.
Quando Gesù si rivolge ad
una persona e le dice: «Vieni!», non si limita a rivolgere
un invito o esprimere un ordine. Egli mette contemporaneamente il suo interlocutore nella condizione di seguire l’invito o eseguire l’ordine che gli
ha rivolto. Egli cioè non chiama lasciandoti poi solo con te
stesso, ma dà la capacità di rispondere in maniera adeguata.
Questo equivale a dire che
Gesù non sceglie e chiama le
persone in base alle loro qualità innate o alle esperienze
professionali acquisite, non in
base all’abilità o allo studio. È
vero anzi il contrario: coloro
che egli chiama vengono resi
idonei allo scopo per cui sono
chiamati.
L'impossibile possibile
Pietro non è di per sé persona capace di camminare
sulle acque del lago, non ha
acquisito questa capacità con
un duro e pesante allenamento. Ma neanche osa lanciarsi
nell’avventura senza sollecitare l’invito esplicito di Gesù,
senza chiedergli: «Comandami di venire».
Anzi, la richiesta di Pietro è
più precisa, non chiede il miracolo di camminare a piedi
violentemente e ti fa vacillare.
Tanto più quando i tuoi piedi
non poggiano solidamente
sulla terra, ma sono su
quell’elemento fluido e insidioso che è l’acqua. E Matteo
sembra voler dire: se il tuo
sguardo è volto verso Cristo,
non vedi il vento; se vedi il
vento è perché non guardi a
Cristo. Aver paura e cominciare ad affondare coincidono,
sono una e medesima sensazione, perché Pietro ormai vede solo se stesso e il pericolo
che lo circonda, valuta le sue
piccole forze e dimentica il fine che lo aveva mosso all’inizio, che lo aveva spinto a
scendere dalla barca.
Io credo che nella storia
della nostra piccola chiesa,
come nella storia della chiesa
nel suo insieme, possiamo
leggere molti momenti in cui
dei credenti hanno avuto il coraggio di dire: «Comandami
di venire da te» e hanno iniziato un percorso, a viste
umane assolutamente folle,
ma che è stato sostenuto dalla
stessa forza che ha reso Pietro
capace di camminare sulle acque.
Credo che quando Tullio
Vinay iniziò quell’avventura
che portò lui e i suoi amici alla costruzione di Agape fu un
camminare sull’acqua, e come
tale ritenuto (e non da pochi)
una follia. Ma penso anche al
percorso travagliato e spesso
incompreso dell’ecumenismo,
alle diffidenze e talvolta all’ostilità che lo ha accompagnato (e che in parte ancora
sussistono).
Penso a Basilea e Seoul e
all’impegno di tanti per la giu
«...i discepoli, vedendolo camminare sul mare, si
turbarono e dissero: È un fantasma! E dalla paura
gridarono. Ma subito Gesù parlò loro e disse: State
di buon animo, son io; non temete! E Pietro gli rispose: Signore, se sei tu, comandami di venir da te
sulle acque. Ed egli disse: Vieni! E Pietro, smontato dalla barca, camminò sulle acque e andò verso
Gesù. Ma vedendo il vento ebbe paura: e cominciando a sommergersi, gridò: Signore, salvami! E
Gesù, stesa subito la mano, lo afferrò e gli disse: O
uomo di poca fede, perché hai dubitato?»
(Matteo 14,25-31)
asciutti sull’acqua. Comandami di venire da te. Ciò che
Pietro chiede è focalizzato su
Gesù, è di essere accanto a
lui. Questo, dice Matteo alla
chiesa, è il vero discepolato:
essere orientato alla persona
di Gesù ed è precisamente
questo orientamento che rende possibile l’impossibile, è
questo orientamento che fa sì
che le leggi della natura (ma
certo anche le leggi degli uomini) non pos.sono fermarti.
Nulla e nessuno ti può fermare quando tu vuoi andare a
Cristo.
Questo viene illustrato molto puntualmente dal seguito
del racconto: Pietro vide il
vento, ebbe paura e cominciò
ad affondare. Nel momento
stesso in cui la sua attenzione,
il suo sguardo si discosta dal
fine che aveva dichiarato di
voler perseguire, egli vede il
pericolo, prende coscienza
della situazione folle in cui si
è cacciato e la forza che lo
reggeva viene meno. Il vento
è forte e impetuoso, ti sbatte
stizia, la pace e la salvaguardia del creato. Abbiamo motivo, come comunità di credenti, di essere riconoscenti al Signore che ha suscitato degli
uomini che hanno avuto questo ardente desiderio di avventurarsi su un terreno sconosciuto, contando sulla sua forza, cercando di essere vicini a
lui e di portare tutta la chiesa
vicino a lui. E sono certo che
la stessa forza sostiene e sosterrà tutti coloro che questo
coraggio hanno e avranno.
Ma, appunto, «venire da te».
Il miracolo della vocazione
Se la catastrofe non si compie, se Pietro non affonda,
se Pietro non viene meno alla
sua vocazione, è unicamente
perché il Signore Gesù interviene stendendo la mano e lo
afferra. Il vero miracolo non è
forse che Pietro sia riuscito
per un tratto a camminare
sull’acqua, ma il fatto che Gesù lo rimette in piedi, che Gesù gli consente di rimanere di
scepolo. Ed ecco emergere
una caratteristica fondamentale: il discepolato non è qualcosa che ricevi una volta per
sempre, un bene che tu possiedi e amministri a tuo piacimento. No, è un dono che ti
deve essere rinnovato di giorno in giorno. È dono e va ricevuto (e richiesto) come tale
sempre di nuovo.
Una preghiera autentica
Sì, anche richiesto. Pietro
gridò: Signore, salvami!
Ecco una preghiera autentica,
una preghiera che esprime ciò
che ogni preghiera deve esprimere: la conversione. Perché
nel momento in cui si sente
affondare, Pietro toma a guardare a colui verso cui il suo
sguardo era diretto all’inizio
del nostro racconto: verso Gesù. Non è la richiesta di continuare nella sua impresa, ma di
essere mantenuto nell’impresa
del Signore. Non è richiesta di
continuare nell’impossibile,
bensì riconoscimento che senza il dono di Cristo non si può
nemmeno fare il possibile,
non si può, letteralmente, vivere. Questa è la preghiera
che ha la forza di salire oltre il
tetto delle nostre chiese.
Con la salvezza, viene anche messo in evidenza il peccato. Prima quella e poi questo. Pietro viene rimproverato
per la sua poca fede (o per la
sua non-fede), per il suo dubitare. Ma si tratta veramente di
un rimprovero, di un rinfacciare un errore o una debolezza, quel rinfacciare che ci è
abituale e che ricaccia indietro
l’altro? O non si tratta ancora
una volta di un generoso dono
del Signore che, dopo averci
afferrati e salvati, ci ricorda
che non in noi, ma in lui è la
nostra forza? Non si tratta forse di una parola che ci ricorda
che su quella forza che salva
noi possiamo contare anche
oggi?
L’ultimo elemento che questo racconto mi pare evidenziare è il fatto che mentre
Pietro cammina sul mare, gli
altri discepoli rimangono sulla
barca. La vocazione non è
uguale per tutti, o meglio: la
vocazione è la stessa, ma i
compiti sono diversi.
Due specie di credenti?
Questo è un problema che
ha certamente agitato la
chiesa fin dalla seconda generazione e nelle generazioni
successive si è ripresentato
sempre come un inquietante
richiamo: è possibile che ci
siano credenti di due specie,
quelli a cui è dato di camminare sull’acqua e quelli che si
spezzano la schiena a remare,
in un lavoro logorante e che
qualche volta può apparire
piuttosto noioso? Vi sono credenti particolarmente vocati al
discepolato impegnato al punto da trasgredire le leggi della
natura e credenti puri e semplici, a cui non si richiede altro che avere un atteggiamento recettivo, passivo? E ancora, questa tensione è costitutiva della fede cristiana o è determinata storicamente? Non
credo che questo testo ci spinga a dire che è costitutivo
dell’essere chiesa una divisione di questo genere: non esistono una chiesa normale e
una chiesa super! Non è costitutivo della chiesa che vi sia
una chiesa che insegna e ha
poco o nulla da imparare e
all’opposto una chiesa che ha
solo da imparare. Ma credo
nello stesso tempo che questo
testo ci inviti a non discono
■ J-.l'/r. ,.ft.-t
I ■ 'f'jijE - .■*
scere la tensione che storicamente si è prodotta e al cui
superamento siamo invitati a
contribuire.
La dignità di un popolo
E fin troppo evidente che
una chiesa «di popolo» o
«di massa» rischia di diventare una «religione» del popolo
o della società, con tutte le
conseguenze che derivano.
Eppure, non mi pare che nelle
intenzioni di Matteo vi sia alcuna valutazione negativa nei
confronti di quelli che erano
nella barca. E forse questa può
essere una indicazione anche
per noi: riscoprire la dignità
piena di un popolo di credenti
che vive la sua fede forse in
maniera molto diversa da
quella che noi pastori talvolta
vorremmo, che sembra essere
timido e timoroso, che non
sempre ha il coraggio di chiedere: «Signore, comandami di
venire da te», con tutti i rischi
che questa coraggiosa confessione di fede comporta ma che
pure sa rimanere aperto, con
gioia e con riconoscenza, agli
stimoli che vengono continuamente posti da chi questo coraggio ha, da chi sente impellente e irresistibile l’invito a
«camminare sulle acque».
Le persone e i gruppi che
sanno riscoprire la bellezza di
una vocazione coraggiosa sono necessari alla chiesa perché questa mantenga vivo il
suo orientamento a Cristo e al
suo regno, perché non rimanga insensibile all’appello alla
libertà e al servizio. Ma le
persone o i gmppi che sentono
questa particolare esigenza di
essere più vicini, più fedeli a
Cristo, rischiano di non avere
rapporti se non con se stessi e
di non poter far giungere la
loro voce al mondo, se non
mantengono un rapporto vivo
e preciso con gli altri credenti.
Nel corso dei secoli la chiesa ha molte volte tentato di
bloccare e di isolare i gruppi
che proponevano qualcosa di
nuovo, tacciandoli di dissidenti, gruppi che pure si richiamavano a Cristo e non
avevano altro desiderio che
quello di essere fedeli e obbedienti fino in fondo agli stimoli evangelici, e questo è come se i discepoli avessero voluto impedire a Pietro di rientrare nella barca. Talvolta invece le persone o i gruppi
hanno ritenuto che la massa
fosse una massa di perdizione
e non valesse la pena di sollecitarla, di invitarla a svegliarsi, di richiamarla ad una mag
giore fedeltà, come se Pietro
non avesse voluto tornare a
salire sulla barca.
Ma Matteo ci dice che
«quelli che erano nella barca
si prostrarono davanti a lui dicendo: Veramente tu sei Figlio di Dio». L’episodio movimentato e travagliato si conclude dunque con una confessione di fede. La massa è stata
sensibile al richiamo del singolo. La sua indicazione «se
sei tu, Signore» è stata colta.
Ci vuol dire, Matteo, che la
massa può diventare chiesa
confessante? È la mia viva
speranza. Ci vuole ricordare,
per rimanere nell’immagine,
che senza l’azione di Pietro
non vi è confessione di quelli
della barca, ma anche che il
gesto di Pietro parte proprio
dalla barca?
E anche se fino ad ora abbiamo visto gli aspetti «ecclesiastici» che questo brano mi
pare indicare, faremo bene a
non dimenticare che il nostro
episodio è, e non credo che la
cosa sia casuale, inserito proprio tra due altri episodi che
non sono per nulla «ecclesiastici»: la cosiddetta moltiplicazione dei pani e una serie di
guarigioni. Ai suoi discepoli
Gesù ha detto: «Dategli voi da
mangiare!». Potrebbe essere
un’indicazione; voi che avete
timore di non poter rispondere
all’invito che vi ho fatto: dategli voi da mangiare, sappiate
che io ve ne darò la capacità!
Annunciare la speranza
Parlando qualche giorno fa
con un amico della situazione in cui ci troviamo a vivere, sia in campo nazionale
sia in campo internazionale,
egli mi diceva che in questa
apertura del Sinodo delle
chiese valdesi e metodiste
debba risuonare anche una parola capace di indicarci la via
su cui camminare. Credo di
non esserne capace. Ma una
cosa so per certo: questo
Evangelo ci dice che possiamo sperare e che questa
speranza possiamo annunciare
al mondo.
Non solo, ci dice che vale la
pena di spendere le nostre
energie e di rischiare ogni cosa nell’impegnarci per il mondo nuovo di Cristo. Il discepolo di Gesù non è e non può essere un conservatore, mai.
Egli è chiamato a non conservare ma a condividere, non a
vivere per sé ma per gli altri, a
dare gratuitamente come gratuitamente ha ricevuto. In
questo nostro tempo in cui i
fenomeni di frantumazione
sembrano dominare la scena,
come appare tragicamente
evidente nei territori della ex
Jugoslavia, ma di cui sembrano avvertirsi inquietanti segnali anche sulla scena italiana, è quanto mai necessario
che i discepoli sappiano proporre modelli di ascolto
dell’altro, di accettazione del
diverso. E l’ascolto, l’accettazione sono possibili perché
noi siamo stati ascoltati, perché siamo stati accolti, perché
siamo stati amati, perché la
mano di Cristo ci ha ripescati
quando stavamo affondando.
Rimane molta strada da fare
perché ancora noi impariamo
ad amare l’altro, veramente,
anche se è molto diverso da
noi per la sua storia, la sua
cultura, la sua religione.
Crescita nella libertà
So per certo che il credente
è chiamato a impegnarsi
perché la vita umana, di tutti
gli uomini e di tutte le donne,
sia piena di dignità, sia degna
di essere vissuta; perché la libertà di ciascuno non sia disinteresse per gli altri e mero
egoismo, ma occasione di crescita nella libertà di tutti, non
nella frantumazione ma nella
comunione. Con umiltà, ma
con coraggio, il credente ha
da opporsi a tutte quelle forme
di sopraffazione che negano
agli uomini e alle donne di
oggi la loro dignità, si tratti di
forme mafiose, di forme di
corruzione, di sopraffazione
anche legalizzata dei ricchi
sui poveri. Non è rirnanendo
ciascuno chiuso nel suo guscio, timido e timoroso, che si
è discepoli. Questo impegno
può essere oggi l’equivalente
del camminare sull’acqua
di Pietro, se noi sappiamo
guardare a Cristo. Siamo poca
cosa, sappiamo di non avere
forze sufficienti per il compito
enorme che ci sta davanti, ma
sappiamo anche che il Signore
non ci lascerà affondare!
Cari candidati, non so se a
voi verrà richiesto di «camminare sull’acqua» o di «rimanere nella barca». Il Signore lo
sa. Ma certamente sulla sua
forza voi potete contare e se
anche, a voi come a tutti noi,
il Signore dovrà rinfacciare la
«poca fede», pure ci vuole donare di rimanere discepoli,
proprio come a quel Pietro di
cui abbiamo oggi letto l’avventura sull’acqua.
Sermone tenuto al culto di
aperture del Sinodo 1995
(Nella foto il pastore Bellion)
3
UENERDÌ 3 SETTEMBRE 1993
PAG. 3 RIFORMA
La discussione sinodale sulla corresponsabilità dei credenti nella crisi italiana
Dairautocrìtìca airìmpegno per la democrazia
_______MICHELE ROSTAN________
COSÌ come, ai primi di settembre del 1943, il Sinodo si riuniva in un momento
drammatico segnato dalla caduta del fascismo e dall’incertezza per quel che stava
per accadere, il Sinodo del
1993 ha tenuto le sue sedute
in un altro momento di passaggio della storia del nostro
paese caratterizzato dal crollo
del sistema delle tangenti e da
una forte crisi economica. Allora, il pastore Subilla presentò un ordine del giorno,
che non fu votato, in cui si
chiedeva al Sinodo di umiliarsi «davanti a Dio di non
aver saputo proclamare in
ogni contingenza e a costo di
qualsiasi rischio il messaggio
di Cristo, il Signore, in tutte
le sue implicazioni».
A cinquant’anni di distanza,
la Commissione d’esame
(Cde) ha voluto richiamare
queirodg per introdurre il dibattito sulle chiese nella società che cambia con lo scopo
di sottoporre all’assemblea sinodale il tema della nostra responsabilità nei confronti dei
modi, spesso illegali o extralegali, in cui sono stati governati e amministrati nel nostro
paese la cosa pubblica e quella privata. Secondo la Cde,
anche noi abbiamo cercato di
ritagliarci uno spazio nel sistema, non abbiamo saputo resistere alla logica della lottizzazione, l’abbiamo subita e talvolta favorita, siamo stati
cointeressati e siamo corresponsabili per il sistema che
ora ci crolla addosso.
Alla relazione della Cde
hanno risposto gli interventi di
9 deputati e di 10 pastori (2
donne e 17 uomini). Il dibattito è ruotato attorno a quattro
temi: la necessità di una nostra confessione di peccato per
essere stati compartecipi del
sistema che ora crolla; la necessità di una confessione di
peccato per non aver denunciato con la dovuta forza ciò
che andava succedendo nel
nostro paese; la natura della
crisi che investe l’Italia; i
compiti che ci stanno davanti
in quanto evangelici.
Molti interventi hanno giudieato generiche le affermazioni della Cde invitando a indicare fatti e avvenimenti che
potessero sostenere la tesi di
una compartecipazione delle
nostre chiese ai comportamenti illegali 0 extralegali che
hanno caratterizzato il sistema
delle tangenti, della corruzione, della spartizione.
Altri hanno negato che nelle
attività degli organismi delle
chiese e delle opere si siano
registrati episodi o pratiche di
malcostume simili a quelle riscontrate nel mondo politico e
imprenditoriale. Anzi, è stato
ricordato, in alcuni casi, come
quello dell’ospedale «Villa
Betania» di Ponticelli, una nostra opera ha subito discriminazioni proprio per non essere
entrata nella logica dello
scambio occulto di favori. È
stato difficile determinare in
cosa sia consistita la nostra
partecipazione «al sistema» in
quanto chiesa. Un esempio di
questa difficoltà lo si è avuto a
proposito dell’unico caso concreto citato del nostro «ritagliarci uno spazio nel sistema» o del nostro adeguarci
«alla logica della lottizzazione»: il tema dei finanziamenti
pubblici alle nostre chiese (8
per mille e defiscalizzazione).
Interpretare un modo di regolare i rapporti tra chiese e
stato come un cedimento alla
logica della lottizzazione è infatti possibile, ma questo non
dice nulla sull’eventuale par
Un momento dei lavori sinodali
tecipazione delle nostre chiese
a comportamenti illegali. Anzi, dare e ricevere finanziamenti legali, determinati in
base alle scelte dei contribuenti, noti al pubblico nel loro ammontare e nella loro destinazione è l’esatto contrario
della partecipazione al sistema
delle tangenti. Se a proposito
della nostra responsabilità in
quanto Chiesa valdese è stato
detto poco, qualche parola in
più è stata spesa sulle nostre
responsabilità individuali. A
questo proposito la maggior
parte degli intervenuti si è riferita al problema della corruzione.
La corruzione
In Italia, come negli altri
paesi europei, accade che un/a
protestante nella propria attività economica o politica, in
questo caso sono stati citati
diversi esempi concreti, venga
a conoscenza o si trovi coinvolto in episodi di corruzione.
Di fronte a questo fatto sono
state proposte diverse osservazioni. Si è fatto riferimento
a un problema pastorale: cosa
dire all’imprenditore evangelico che chiede consiglio perché si trova di fronte alla scelta tra cedere e comportarsi illegalmente 0 ritirarsi dagli affari? È stato osservato che
molto spesso, non essendo
partecipi di episodi di corruzione, ci sentiamo la coscienza a posto solo perché lasciamo ad altri (colleghi di lavoro
o di partito) l’onere di sporcarsi le mani.
È stato suggerito che il nostro peccato assomiglia molto
al peccato del fariseo che pregando ringraziava il Signore
per «non essere come loro». E
stato poi aggiunto che raramente la nostra chiesa sa che
cosa dire a chi vive nel mondo
degli affari, mentre alcune
esperienze (i commercianti di
Capo d’Orlando) dimostrano
che problemi quali il racket, le
tangenti ecc. possono essere
affrontati. Raramente come
evangelici pratichiamo il diritto di fare politica personalmente e spesso siamo critici
con i fratelli e le sorelle che
invece fanno o hanno fatto politica. Raramente la chiesa è di
aiuto e di sostegno nei confronti di coloro che hanno la
responsabilità di piccole opere
o iniziative evangeliche nel
loro rapporto con l’ente pubblico.
Le nostre responsabilità
Quasi tutti gli interventi
hanno convenuto sulle omissioni e sulle mancanze che
hanno segnato la nostra azione
negli anni passati di fronte a
ciò che stava succedendo nel
paese. Un intervento ha ricordato la confessione di peccato
espressa dal Sinodo in occasione della strage di Bologna
del 1980.
Allora come oggi il senso di
una confessione pubblica di
peccato è chiaro: pur non essendo direttamente responsabili di un dato evento, non ci
sentiamo irresponsabili di
fronte a una società che pro
duce tale evento; ieri la strage,
oggi le tangenti.Tale responsabilità è stata declinata in vari modi: mancato esercizio
della vocazione profetica della
chiesa; incapacità di leggere e
interpretare ciò che ci accadeva intorno; rinuncia a denunciare anche quando sapevamo
benissimo ciò che accadeva;
appiattimento sul lassismo etico che caratterizza la vita pubblica del nostro paese.
Più in generale ci si è chiesti se negli ultimi cinquant’anni abbiamo veramente saputo
amare questo paese, se abbiamo saputo sperare e pregare
per esso come Geremia richiedeva agli esuli in Babilonia, in
altre parole se il nostro impegno personale e collettivo sia
stato all’altezza della responsabilità che pure sentiamo di
avere. In un contesto di esame
critico del nostro impegno come chiesa, sarebbe stato bello
e utile - ma non lo si è fatto
nell’Aula sinodale - ascoltare
qualche testimonianza personale sul proprio impegno civile. Avremmo potuto ascoltare
una parola autocritica su questi ultimi quindici anni dei fratelli e delle sorelle che hanno
militato nei partiti di governo
o hanno sostenuto la loro
azione o hanno dato loro un
consenso al momento del voto; avremmo potuto ascoltare
una parola altrettanto autocritica, anche se per motivi diversi, di coloro che si sono riconosciuti nei partiti di opposizione e, infine, una parola
autocritica dei fratelli e delle
sorelle che non occupandosi
di politica hanno lasciato fare
agli altri.
Una riflessione autocritica
nella chiesa, dall’assemblea
generale a quelle locali o viceversa, sulla politica e sul
rapporto tra fede e politica, è
assai auspicabile per evitare
di trovarci immobilizzati nelle
polemiche tra riformisti e radicali, nell’indifferenza o nel
disgusto per la politica mentre
alcuni potrebbero nel frattempo ritenere o illudersi di trovare una soluzione ai problemi del paese votando per le
leghe.
Chiediamo perdono
In questo momento di gravissima crisi politica ed economica il Sinodo guarda con preoccupazione alia crescente
sfiducia nelle istituzioni democratiche che induce molti a
rinchiudersi nella difesa di interessi particolari a scapito del
bene comune;
chiede perdono a Dio perché come credenti evangelici abbiamo troppo poco contribuito al rinnovamento delle coscienze, rendendoci di fatto corresponsabili del deterioramento della vita sociale;
chiede l’aiuto del Signore perché egli ponga un argine allo
spirito di sopraffazione, fortifichi le nostre sorelle e i nostri
fratelli impegnati in una testimonianza coerente, e susciti in
ogni regione del nostro paese donne e uomini che nella vita
pubblica sappiano difendere il diritto di tutti allo studio, al lavoro, alla casa, alla salute;
nel nome del Signore Gesù, che si è fatto servo per dare a
tutte le creature umane la dignità di persone amate da Dio,
invita tutti i membri di chiesa ad una solidarietà, che deve essere costante e può essere costosa, verso i più deboli e colpiti
nella società, tanto più se provenienti da altri paesi o
appartenenti ad altre culture;
esorta le chiese a indirizzare e a sostenere quei credenti che
nel lavoro si trovano esposti a decisioni lontane dallo spirito
dell’Evangelo, e le invita a riprendere la riflessione sulla vocazione e sul lavoro, nella prospettiva biblica.
La situazione italiana
Alcuni interventi hanno richiamato l’attenzione dell’assemblea sulla situazione del
paese e sulla natura dei cambiamenti che sono in corso. La
crisi italiana, è stato detto criticando l’impostazione suggerita dalla Cde, non è solo tangentopoli. Per capire cosa è
successo e cosa sta succedendo è necessario prestare attenzione alla pluridecennale esistenza di un sistema politico
bloccato che non ha permesso
un’alternanza di soggetti politici diversi nell’esercizio del
potere; alla trasformazione dei
rapporti di forza tra i partiti;
alla fine del consociativismo;
alla trasformazione dei partiti
stessi. A questi temi ne sono
stati accostati altri altrettanto
urgenti. Il problema, è stato
aggiunto, è quello di capire
come sta cambiando la società
italiana e di prendere posizione nei confronti di questi cambiamenti. In particolare ci si è
riferiti all’aumento della disoccupazione, disoccupazione
sempre meno congiunturale e
sempre più strutturale, e allo
smantellamento dello stato sociale che, si è ricordato, è uno
dei cardini dell’etica protestante.
La ricostruzione
Infine, il Sinodo si è interrogato sui compiti che come
Messaggio alle chiese
Care sorelle e fratelli.
Il momento che stiamo vivendo ci sgomenta; rabbattimento di storici steccati
ha portato aU’innalzamento di nuove barriere; la speranza di libertà si infrange di
fronte a tragiche forme di violenza.
La corruzione è presente in forme diverse in tutti i paesi, ma in Italia il sistema politico non è stato in grado di
contrastarla, anzi avrebbe continuato a
servirsene per il proprio consolidamento
se la fine degli equilibri politici non
l’avesse travolto. Ih questo sistema tutti
hanno creduto che fosse concesso adeguarsi all’illegalità diffusa, nelle grandi e
nelle piccole cose, come se fosse vero
che se tutti sono peccatori, non lo è nessuno.
La disoccupazione, la progressiva erosione delle conquiste sociali, la xenofobia, le varie forme di illecita speculazione finanziaria, la ricerca del massimo
profitto bruciano la vita di migliaia di
persone. Si osserva un po’ dappertutto
una crescente mancanza di solidarietà e
di accoglienza, in particolare nei confronti dei più deboli, mentre si diffondono idee di chiusura e di particolarismo.
In questo imbarbarimento della vita
siamo stati trascinati anche noi. Non ci
siamo opposti con sufficiente costanza
alia cultura della mediazione e della delega che ha bloccato la nostra democrazia.
Dobbiamo inoltre ammettere di aver
mancato di vigilanza. Al di là di alcune
pur importanti battaglie di libertà, non
abbiamo saputo denunciare con forza il
marcio che stava sotto un diffuso benessere: disonestà, illegalità, sfruttamento
dei deboli, occupazione e strumentalizzazione delle strutture democratiche da parte di grappi di potere. Il «rigido calvinismo», che molti ci rinfacciano, avremmo
dovuto affermarlo con molto maggior rigore non solo sul terreno della morale individuale, ma anche e particolarmente
nel campo della vita pubblica.
Sarebbe ridicolo che pretendessimo di
fare la «mosca cocchiera». È invece corretto porci questi problemi in vista di un
apporto originale, meditato, non improvvisato, per contribuire efficacemente alla
rinascita della nostra democrazia che appare oggi paurosamente appannata.
Neirimmediato, il Sinodo ritiene di suggerire alle chiese alcuni orientamenti.
In primo luogo la speranza. La crisi è
grave, ma noi non siamo disperati. Con
la fine del sistema che ha prevalso in
questi ultimi decenni emergono, da parte
di molti cittadini, nuove prese di responsabilità che desideriamo condividere e
incoraggiare. Non è dunque il caso di lasciarci andare ad atteggiamenti pessimistici, rinunciatari o di chiusura nel proprio interesse privato. Sappiamo che il
futuro non è nelle nostre mani, ma nelle
mani del Signore: possiamo perciò affrontare miche i tempi difficili in modo
positivo e creativo.
In secondo luogo la solidarietà. Come
nell’impero romano un autore pagano
capì la novità del cristianesimo dicendo:
«Guardate come si amano!»* cosi nel
mondo di oggi la nostra testimonianza
può manifestarsi nella difesa non dei particolarismi, ma della libertà di tutti. Se
l’interpretazione prevalente dell’economia di mercato si esprime nel fatto che il
pesce grosso è libero di mangiare il più
piccolo, noi affermiamo che il pesce piccolo ha diritto alla libertà di non essere
mangiato.
La decisione di andare controcorrente
non è facile, e alti possono essere i prezzi
da pagare. La certezza che Dio promette
e dona pace nei momenti di crisi dà alla
comunità dei credenti la forza per rendere concreto il rapporto fraterno e per
testimoniare l’amore a chi si trova in difficoltà. Così si può comprendere e far
comprendere che «nell’amore non c’è
paura» (I Giovanni 4,18), anche nel contesto di un nuovo modo di vivere. L’annunzio di questa realtà si attua mediante
la predicazione dell’Evangelo e mediante
i segni che ne possiamo dare con la nostra attività sociale e politica.
È contro la cultura della sopraffazione
che dobbiamo reagire in noi stessi e attorno a noi, nella società, nell’economia,
nella politica. Il detto evangelico «I primi
saranno gli ultimi e gli ultimi primi» non
è un incitamento alla vendetta degli
esclusi contro i potenti, ma il preannunzio di un modo di vivere in cui i termini
«primi» e «ultimi» non avranno più nessun significato.
Con affetto, in Cristo
// Sinodo delle Chiese valdesi
e metodiste
Torre Pellice, 27 agosto 1993
evangelici italiani abbiamo di
fronte. Anche a questo proposito è stato ricordato il Sinodo
del 1943: se l’odg Subilia fu
ritirato, un altro odg venne
invece votato. Si trattò di una
deliberazione che diede un
indirizzo all’azione della
chiesa da allora fino alla firma delle Intese. La decisione
fu presa e diede i suoi frutti
perché l’assemblea dimostrò
di possedere un’analisi della
situazione e un progetto per
la chiesa.
Messo in guardia dal costruire un facile parallelo tra
la situazione di allora e quella
di oggi, il Sinodo ha registrato
la difficoltà di darsi oggi
un’analisi e un progetto al
passo col tempo presente. Alcune indicazioni sono comunque state date. Si è innanzitutto detto che il problema principale del nostro paese è la ricostruzione e il problema dei
protestanti è di saper individuare i modi e i terreni di una
nostra partecipazione al processo di ricostruzione.
Per quanto riguarda i modi,
i criteri d’azione più citati sono stati quelli della giustizia,
della solidarietà e della responsabilità. I campi d’azione
maggiormente indicati sono
stati quelli della cultura e della predicazione. Ci si è infatti
riferiti sia al problema della
critica alla cultura della delega sia all’invito dell’Assemblea di Budapest affinché le
chiese si adoperassero a favore della democrazia.
Per quanto riguarda il rapporto con la politica, è stato
ricordato il difficile equilibrio
tra fede e impegno civile; la
scelta, ben radicata anche nella nostra storia, di non ritirarsi
dal mondo per rifugiarsi nella
religione; la necessità di dire
una parola originale e autonoma come protestanti nel nostro e sul nostro paese.
Quest’ultima osservazione
porta con sé più problemi di
quanto non appaia a prima vista. Essa rimanda a due modi
alternativi di concepire l’impegno politico degli evangelici italiani. Da una parte c’è la
posizione, espressa maggiormente negli anni ’70, di chi
ritiene che il nostro impegno
si giochi nella partecipazione
personale alla vita di organizzazioni e movimenti (partiti,
sindacati, organizzazioni di
categoria ecc.). Dall’altra c’è
chi ritiene che si debba agire
in quanto protestanti attraverso una posizione autonoma,
un po’ come è successo durante gli anni ’80 in occasione
della nostra partecipazione al
movimento per la pace.
A conclusione del dibattito
il Seggio ha incaricato una
commissione di redigere un
ordine del giorno. La commissione ha preparato un odg
e un messaggio che sono stati
successivamente discussi e
approvati e il cui testo trovate
riprodotto in questa pagina.
4
PAG. 4 RIFORMA
MM
Sinodo Valdese
VENERDÌ 3 SETTEMBRE I993
L'organizzazione delle chiese è da cannbiare? Il Sinodo si interroga sul ruolo dei membri
L'impegno: essere sole e luce del mondo
EUGENIO BERNARDINI
Lentamente, molto lentamente, sta maturando la
consapevolezza che se le nostre chiese non riusciranno a
invertire la tendenza al ridimensionamento numerico
(che ha portato le chiese di
Massello e Rodoretto alla
perdita della qualifica di
chiesa autonoma e quella di
Napoli-via dei Cimbri a perderla se nei prossimi cinque
anni non recupererà i numeri
minimi previsti dal nostro
ordinamento) ci ritroveremo
fra 20 o 30 anni ad essere una
ancor più piccola e del tutto
insignificante minoranza religiosa del nostro paese.
I dati portati quest’anno
dalla Commissione d’esame
dimostrano una progressiva
diminuzione di membri (negli
ultimi 15 anni: 7,4% in meno
tra i metodisti e 5,4% in meno tra i valdesi), un aumento
di chiese e gruppi (negli ultimi 60 anni: 42% in più) e un
aumento di pastori (negli ultimi 60 anni: 54% in più), i
quali però sono destinati a diminuire perché i pastori più
giovani non sono numericamente in grado di sostituire
coloro che nei prossimi anni
andranno in pensione.
Appare perciò sempre più
urgente rivedere il modo in
cui ci concepiamo e ci organizziamo come chiese; occorre rivedere la distribuzione delle risorse economiche e
pastorali; occorre valorizzare
maggiormente i ministeri dei
laici e il pastorato locale; occorre riprendere la passione
per l’Evangelo come movente principale del nostro essere
chiesa.
Certo, di fronte alle speranze di Gianni Rostan che
ha chiesto di osare di più,
cioè di osare sognare che fra
trent’anni dovremo passare
da trentamila a trecentomila,
e fra cento anni da trecentomila a tre milioni, c’è chi,
come Giorgio Tourn, ha ricordato alcune caratteristiche
specifiche della nostra chiesa
tra cui quella di concepirsi e
di viversi come una frontiera, e una frontiera non evangelizza, anche se è vero
che si evangelizza su una
frontiera; e la nostra chiesa si
concepisce come una frontiera perché ritiene che l’unico
progetto per il quale valga la
pena di spendersi è quello di
una chiesa in cui le diversità
siano riconosciute e rispettate e la libertà realmente praticata.
Questo progetto, difficile
da vivere e da proporre per
ché molto più esigente degli
altri, non ci esime però dalla
responsabilità evangelica di
essere sale e luce del mondo,
e di porci quindi con serietà e
responsabilità anche la questione della nostra crescita
numerica.
In questa direzione va l’accoglienza nel nostro ordinamento della piccola chiesa di
Ottaviano che faceva prima
parte della chiesa del Nazareno: la comunità e il suo pastore ora fanno parte delle
nostre chiese con la qualificazione di chiesa costituita metodista.
C’è da chiedersi se e quando e come le nostre chiese sapranno o vorranno tradurre a
livello locale le riflessioni sinodali che propongono un
cambiamento di mentalità in
senso più dinamico, creativo
e fondato sul servizio dei laici e non dei pastori.
Dopo l’elezione, il moderatore Gianni Rostan parla al Sinodo
Il Sinodo fa il punto sulla situazione finanziaria delle chiese
Siamo ancora lontani dal pareggio
RUGGERO MARCHETTI
Dopo due anni di «intervallo» questo Sinodo è
tornato ad esprimersi sulle finanze. Lo ha fatto attraverso
un dibattito nel quale si è da
un lato constatato con soddisfazione e riconoscenza come
tutte le chiese abbiano compiuto dei passi avanti significativi per quel che riguarda le
loro contribuzioni alla cassa
centrale, e dall’altro lato si è
però notato come siamo ancora lontani dal conseguimento di quel «punto di equilibrio» che consentirebbe alla
Tavola di avere un bilancio in
pareggio, senza bisogno per
questo di far ricorso ai doni
provenienti dall’estero che
potrebbero essere impiegati
per dei progetti ben definiti.
Occorre allora fare un ulteriore grosso sforzo per raggiungere questa piena autosufficienza, anche perché
l’afflusso di doni dalla Svizzera o dalla Germania, per la
situazione economica intemazionale che tutti conosciamo,
minaccia di essere radicalmente ridimensionato in breve tempo.
Alle cifre si sono affiancate
nel dibattito sinodale due immagini molto significative:
quella degli anziani, poiché ci
siamo richiamati a vicenda a
Il presidente del Sinodo, pastore Claudio Pasquet, nel momento che
precede lo spoglio delle schede
fare il possibile per consentire alla Tavola di garantire un trattamento dignitoso ai
pastori e alle pastore emerite
e alle loro vedove o vedovi:
per questo, le chiese debbono
aumentare le loro offerte al
Fondo emeritazione. Poi c’è
stata l’immagine dei giovani.
Ci è stato detto che in Germania molti ragazzi, sensibilizzati dai Comitati che operano
a favore delle nostre chiese,
si preoccupano di raccogliere
in occasione della confermazione dei soldi da inviare in
Italia. Se pensiamo a come
per molti ragazzi e ragazze
delle nostre comunità la confermazione o il battesimo siano diventati un’occasione per
farsi fare dei regali quasi «degni» di un matrimonio, c’è un
po’ da arrossire...
Resta in ogni caso vero che
l’offerta alla chiesa è una spia
sempre validissima della nostra fede. Chi crede, offre. In
questa prospettiva, il presidente del Sinodo ha voluto
molto opportunamente che il
dibattito sulle finanze si chiudesse con il canto della terza
strofa dell’inno 67 dell’Innario cristiano, che dice: «Prendi l’oro mio, l’argento: tutto,
o Padre, t’appartien; e divengan tuo strumento nella lotta
per il ben».
IL MODERATORE
BENEDICI
ANIMA MIA
L'ETERNO
GIANNI ROSTAN
Se non sono completamente sbalordito da quello che
aveté deciso, come dovrei giustamente essere, lo devo a
un amico. Ero andato a trovarlo dopo l’ultima delle sue
operazioni e lui mi raccontava quello che aveva detto su di
lui la scienza degli uomini; e non erano cose sempre facili
né da sentire né da capire. Io cercavo di parlargli e di raccontargli della scienza di Dio che sapevamo, come sappiamo, che è più forte è più sicura della scienza degli uomini.
Avevo appena incominciato questo discorso (che faccio
sempre con un po’ di fatica) quando lui mi ha detto: «Gianni, tu dovresti fare il moderatore»; e poi giù, con una bella
risata. Se voi conoscete, come penso. Massimo Rocchi sapete il rumore, il fracasso, il frastuono che fanno le sue risate. Naturalmente io gli ho detto che era matto, per gli
stessi argomenti che ho usato con voi mercoledì sera. Poi
naturalmente abbiamo cambiato discorso, ma Massimo è
una persona tenace e tutte le volte che ci siamo visti da allora non ha mancato di ricordarmi questo suo pensiero, che
io ho accettato sempre non tanto per la cosa in sé, quanto
perché dietro c’era quel discorso sulla scienza di Dio che è
più forte della scienza degli uomini.
E questo sarebbe l’augurio che farei a tutti noi: a noi con
gli incarichi che abbiamo appena avuto, a voi che tornate
alle vostre case, a tutti quelli che sono qui, a tutti gli amici
e fratelli, alle sorelle e, perché no, ai figli e alle figlie che
sono qui o che sono lontani.
L’altro giorno pensavo di fermarmi qui (come sapete i
miei discorsi sono sempre brevi) ma mercoledì sera,
nell’incontro che abbiamo avuto, i due dottori delle due accademie che abbiamo mi hanno detto: «Bisognerebbe forse
aggiungere qualcosa in più». Io dicevo che la linea del moderatore, della Tavola ecc. non è una linea delle persone,
ma è una linea del Sinodo. Credo che ci siano ancora poche
cose da dire. In primo luogo mi avvarrò della esperienza
che ho fatto con altri due moderatori, della cui statura abbiamo parlato mercoledì sera. Con questi due moderatori
ho lavorato alcuni anni e quindi seguirò quello che ho imparato e andrò anche magari a chiedere loro qualche consiglio.
Posso solo dire quello che farò subito (quello che farò
dopo penso che sarà bene deciderlo con la Tavola): farò
quello che ho sempre fatto quando ho avuto un incarico
nuovo, cioè incontrare le persone con le quali lavoro. Questo vuol dire incontrarsi con tutti quelli che sono iscritti nei
ruoli della Tavola, le persone degli uffici, in modo tale da
conoscersi a fondo.
Ringrazio chi mi ha votato e chi non mi ha votato. Non
so ovviamente chi sono gli uni e gli altri, so solo che avrò
bisogno di tutt’e due le parti. Non so neanche se i miei migliori amici siano dall’una parte o dall’altra: comunque
avrò bisogno di tutti voi. Già alcuni mi hanno detto che potrò contare su di loro e questo mi fa molto piacere. Vorrei
ringraziare ancora Franco e Danielle per quello che hanno
fatto in questi anni, perché è stato difficile anche per loro.(...).
Non credo che ci siano tante altre cose ancora da dire;
vorrei solo finire con una parola, che prendiamo da questo
libro che mi è stato appena regalato. Vorrei rileggere con
voi alcuni brevi versetti: «Benedici anima mia l’Eterno e
tutto quello che è in me benedica il nome suo santo. Benedici anima mia l’Eterno e non dimenticare alcuno dei suoi
benefici. Egli è quello che ti perdona tutte le tue iniquità,
che sana tutte le tue infermità, che redime la tua vita dalla
fossa, che ti corona di benignità e di compassione, che sazia di beni la tua bocca e che ti fa ringiovanire come l’acqua».
Discorso pronunciato al Sinodo dopo l’elezione
ALI SULLA VITA DELLE CHIESE - LE D
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Finanze
- Il Sinodo approva il conto economico e lo stato patrimoniale presentato dalla Tavola valdese per l’anno 1992.
- Il Sinodo approva il preventivo presentato dalla Tavola valdese perl’anno 1994.
- Il Sinodo, preso atto che
le contribuzioni delle chiese
hanno registrato in questi ultimi anni un incremento
incoraggiante, che peraltro il
punto di equilibrio (uguaglianza fra la voce «contribuzioni» nelle entrate e la voce
«campo di lavoro» nelle uscite) non è ancora stato raggiunto, invita la Tavola,
l’Opcemi, le Ced e la Commissione finanziaria a continuare a sostenere le chiese
fornendo materiale informativo e consulenze onde il problema finanziario venga ri
preso a livello locale in tutti i
suoi aspetti;
invita le chiese a rivedere i
loro impegni entro il
31.10.1993 per la copertura
della somma mancante di 100
milioni per il pareggio del
preventivo 1993;
invita le chiese a considerare quale una delle priorità per
il prossimo anno ecclesiastico
il riconsiderare il proprio
livello di capacità contributiva al fine di poter dare positive risposte ai problemi urgenti di autosufficienza dei bilanci di Tavola e Opcemi tenendo presenti i possibili benefici
derivanti dalla defiscalizzazione.
Autonomie
Il Sinodo, informato della
perdita dei requisiti per l’autonomia da parte delle chiese
di Massello e di Rodoretto;
considerando che i relativi
Concistori sono dotati della
personalità giuridica per antico possesso di stato;
dà mandato alla Tavola
valdese di predisporre, d’intesa con la Commissione per
le discipline, una regolamentazione idonea al mantenimento in ogni caso della predetta personalità giuridica e
di riferirne al prossimo Sinodo.
Anzianità
di pastori e
diaconi
Il Sinodo delibera che ai
pastori e diaconi provenienti
da altra chiesa vada ricono
sciuta, in base ai nostri parametri, l’anzianità maturata
nella chiesa di provenienza.
Emeriti
e vedovi
Il Sinodo, essendo riconoscente ai/alle pastori/e e diaconi/e in emeritazione e
ai/alle vedovi/e per aver dedicato la loro vita al servizio
della chiesa e affermando il
diritto di ogni persona a vivere la propria vita in maniera dignitosa, richiama le
chiese ed ogni credente a una
maggiore sensibilità e responsabilità contributiva, ed
invita la Tavola e il Comitato
permanente Opcemi a riservare particolare considerazione alle esigenze di questi
fratelli e di queste sorelle ne
gli adeguamenti del trattamento economico.
Tirocinio
pastorale
Il Sinodo, preso atto del
processo per l’«organizzazione del tirocinio dei candidati al ministero pastorale»,
approvato dal corpo pastorale
il 23.8.1993, lo accoglie e incarica la Tavola di nominare
una Commissione permanente per la formazione pastorale
secondo le linee indicate dal
citato progetto, il cui testo allega al presente atto (Appendice n. 4);
incarica altresì la Tavola di
predisporre un regolamento
per la predetta Commissione
che ne indichi il compito e il
funzionamento.
Allo studio
delle chiese
Il Sinodo invita le chiese a
studiare i testi seguenti:
1) un dossier di articoli riguardanti gli interrogativi
posti dal dibattito sulla cristologia attualmente in conso,
segnalati dalla Tavola;
2) la lettera su chiesa e società di cui all’art. 112 dei
presenti atti;
3) il documento sui matrimoni interconfessionali di
cui all’articolo 44 dei presenti atti
Tavola
Il Sinodo approva l’operato
della Tavola e ne ringrazia 1
membri per il lavoro svolto.
5
v/FNERDÌ 3 SETTEMBRE 1993
Valdese
PAG. 5 RIFORMA
1 lavori del Sinodo sono iniziati quest'anno con un dibattito sulla cristologia
Chi è Cristo per noi nel tempo presente?
LUCIANO DEOPATO_______
1 lavori sinodali sono cominciati quest’anno con un dibattito sulla cristologia; un
modo inconsueto, perché in
genere il Sinodo si occupa di
questioni amministrative.
D’altra parte la commissione
d’esame ha ritenuto opportuno
segnalare questo problema
che costituisce il centro della
nostra confessione di fede cristiana, per due motivi.
Anzitutto perché in quest’
ultimo anno è divampato anche nelle nostre chiese il dibattito sulla figura di Cristo.
Giovanni Miegge scriveva vari anni fa in «Per una fede»:
«L’apparizione di Gesù Cristo
non è soltanto una tappa provvisoria, transitoria della storia
dei rapporti di Dio con l’uomo; ma è la manifestazione
stessa di Dio; definitiva e insuperabile; il punto centrale
della storia da cui il passato
viene rieonosciuto nella sua
giusta prospettiva, e il futuro
può venire atteso con legittima speranza. E in tempi più
recenti Sergio Rostagno ha
scritto: «Non possiamo capire
il suo [di Gesù] messaggio altrimenti che come chiave per
comprendere la realtà intera»
(La cristologia contemporanea, pag. 433).
Oggi questi assoluti sono
stati messi in discussione per
l’effetto combinato di due variabili che non facevano parte
del nostro orizzonte di cultura:
le fedi viventi da un lato, con
la loro talvolta alta spiritualità, e la teologia femminista
dall’altro eon l’inquietante interrogativo se la costruzione
teologica non sia determinata
da una eultura profondamente
maschilista; e da qui dunque
una revisione globale della
teologia con l’assunzione anche di un linguaggio diverso
(parlando di Dio al femminile:
Dio = «Lei»).
Ma c’è di più: questa discussione è scoppiata in un
momento storico quanto mai
complesso e che, forse, non è
esagerato definire di passaggio epocale. La caduta del
«Muro» è diventata un po’ il
simbolo di questo mutamento
e i conflitti regionali (nei quali però sono coinvolte decine
e decine di nazioni) in varie
parti del globo sono da vedersi come profonde crisi di assestamento di un mondo alla
ricerca di un suo nuovo equilibrio, che si spera possa essere meno iniquo del precedente, ma un sano pessimismo
impone di non nutrire eccessive illusioni.
In ogni grande epoca di trapasso la cristologia è stata al
centro della riflessione.
All’alba del 1200, quando la
cristianità occidentale si trasformava in potenza imperialistica, il nucleo degli amici di
Valdo elaborava la cristologia
del discepolato, seguendo
«nudi un Cristo nudo».
Tre secoli più tardi, nel trapasso tra Medioevo e l’età
moderna, Lutero e gli altri
riformatori scoprivano che
«Cristo ci è stato fatto da Dio
sapienza e giustizia e santificazione e redenzione, affinché, com’è scritto: “Chi si
gloria, si glori nel Signore’’»
(I Corinzi 1, 30).
Per venire a giorni più vicini a noi, nella grande crisi del
nazifascismo, deH’orrore della Shoah e con tutto ciò che
ne è seguito la chiesa confessante in Germania ha capito
(e ci ha fatto capire) «il costo
della grazia» secondo la limpida espressione di Dietrich
Bonhoffer. Quale sarà oggi la
nostra cristologia, che ci metterà in grado di affrontare i
grandi cambiamenti dell’ora
presente?
La risposta che sembra profilarsi è quella di un «Dio debole», di un Dio che ha rinunciato alla sua «onnipotenza»,
e quindi anche di un «Cristo
debole», «umano», che ha bisogno della creatura umana,
del nostro amore. Ma a questo
punto non possiamo non porci
la domanda: se Dio diminuisce e Cristo è debole, chi occupa lo spazio lasciato vuoto?
L’essere umano e il suo amore, o l’essere umano con i
suoi mostri e i demoni che lo
agitano e lo sconvolgono?
Un Sinodo ha da occuparsi
di questioni amministrative.
Ma esso è anche, com’è chiaramente scritto nelle discipline generali delle chiese
valdesi e metodiste, all’articolo 27, «l’assemblea generale
che esprime l’unità di tutte le
chiese evangeliche valdesi.
Il Sinodo, nello svolgimento della sua attività, agisce
nell’obbedienza della Parola
di Dio come assemblea di credenti, che ricerca la guida dello Spirito Santo. Il Sinodo è la
massima autorità umana della
chiesa in materia dottrinaria,
legislativa, giurisdizionale e
di governo».
Discutendo della cristologia, il Sinodo ha dunque in un
certo senso ritrovato una sua
collocazione centrale nella vita delle chiese. In questo possono farsi strada, giustamente,
opinioni diverse; ma, secondo
le regole che ci siamo dati,
per procedere insieme come
chiesa, è necessario che siano
confrontate, elaborate e se del
caso accolte dal Sinodo.
In Sinodo sono emerse posizioni interessanti: vari interventi (Sergio Ribet, Gianna
Sciclone, Bruno Corsani) han
no sottolineato la necessità di
tenere in considerazione il
contesto storico, sociale e religioso del paese.
Il rischio di ogni cristologia
è quello dell’astrazione e
dell’universalizzazione, esulando dalla contingenza storica in cui è nata. La questione
fondamentale che percorre i
quattro Vangeli è la domanda
di Gesù ai discepoli: «Chi dite
voi che io sia?». Marco Rostan ha ribadito con forza la
centralità di Gesù Cristo come
unico mediatore tra Dio e
l’umanità ed ha espresso i
propri dubbi su una soggettività senza limiti.
Letizia Tomassone e Daniela Di Carlo hanno contestato alla Cde il fatto di appellarsi al Sinodo quale
«massima autorità in materia
dottrinaria» e hanno riaffermato che ciò che fa problema
nella comprensione della cristologia è proprio la maschilità di Gesù. Maria Bonafede
invece ha concordato con la
decisione della Cde di demandare la questione al Sinodo, in quanto assemblea illuminata dallo Spirito, e sottoli
nea la diffusione dei dubbi
all’interno delle chiese. Anche Teodoro Fanlo Y Cortes,
Ruggero Marchetti e Alfredo
Berlendis hanno insistito su
questo punto, affermando che
alcune problematiche cristologiche fondamentali sono
state dimenticate e non sufficiente approfondite, in particolare la teologia della luce di
Cristo.
Gianna Sciclone e Letizia
Tomassone hanno sottolineato che la croce di Cristo è un
muro che è crollato e non un
muro che deve dividere i credenti. Giorgio Girardet, richiamandosi al problema
dell’autorità del Sinodo, ha
invitato all’apertura degli
orizzonti dopo il monopolio
della cultura barthiana. Per
Giovanna Pons il problema
della maschilità di Gesù è
marginale: ha ribadito la centralità di Cristo come centro
della fede e della ricerca. Per
Eugenio Stretti, si tratta di un
dibattito segnato non dalla
«confusione» ma dal «pluralismo», un dibattito appena
avviato che deve proseguire
in tutti i luoghi possibili.
Dopo l'Intesa del gennaio scorso
Ancora ritardi
nell'approvazione?
MASSIMO AQUILANTE
11 25 gennaio scorso il presidente del Consiglio allora in carica, Giuliano Amato,
e la vicemoderatore Gianna
Sciclone (in sostituzione del
moderatore Franco Giampiccoli, in visita negli Stati Uniti
e nell’area rioplatense) hanno
firmato l’Intesa in materia finanziaria tra la Repubblica
italiana e la Tavola valdese.
In base al nuovo testo (che
integra l’Intesa del 1984), chi
intende versare contributi in
denaro alle chiese valdesi e
metodiste potrà ottenere la
deduzione dal reddito imponibile della somma corrispondente, fino a un massimo di 2
milioni. I contribuenti avranno, inoltre, la possibilità di
destinare l’otto per mille
dell’Irpef alle stesse chiese
per fini assistenziali, sociali e
culturali.
La fase della trattativa si è
dunque conclusa e il Sinodo
ha approvato l’operato della
Tavola, dando una valutazione positiva del testo
dell’Intesa. È stato, infatti,
riaffermato il «principio della
bilateralità» (per il quale qualsiasi trattativa tra la Repubblica italiana e le chiese rappresentate dalla Tavola valdese deve svolgersi attraverso
due commissioni paritetiche,
una di nomina governativa e
una di nomina della Tavola)
e, inoltre, il contenuto dell’Intesa appare pienamente corrispondente alla linea approvata
dal Sinodo 1991, avendo la
commissione governativa recepito il testo proposto dalla
La (discussione sull'Opera per le chiese evangeliche metoidiste in Italia
Passato, presente e futuro dei metodisti
L’Opcemi (l’Opera per le
chiese evangeliche metodiste
in Italia) è governata da un
Comitato permanente di cinque membri (Claudio H. Martelli, presidente; Mirella Scorsonelli, vicepresidente; Maria
Grazia Sbaffi Palazzine, Luca
Zarotti, Gianna Sciclone). Tra
i suoi compiti la gestione del
patrimonio, il mantenimento
dei rapporti ecumenici e, più
in generale, l’attenzione ai
problemi che riguardano più
direttamente le chiese metodiste.
Nella relazione al Sinodo il
Comitato permanente ha messo in rilievo come i rapporti
con r«ecumene» metodista
mondiale si siano intensificati
e lo scambio con le varie
realtà metodiste sia proficuo.
Le chiese metodiste in Italia
danno accoglienza ai migranti: a Bologna si è formato un
gruppo filippino, una congregazione cinese si riunisce
presso la chiesa di Firenze, a
Milano lavora tra gli immigrati Ronald Schooler inviato dal
Consiglio mondiale metodista,
a Palermo operano due predicatori africani per stimolare il
lavoro di aggregazione attorno
alle chiese.
Una chiesa, quella «del Nazareno» di Ottaviano, ha deciso di diventare una chiesa locale metodista ed è stata accettata dal Sinodo.
Nonostante questo sviluppo
dell’opera metodista in Italia,
il numero dei membri di chiesa, nota il comitato perma
nente, è diminuito negli ultimi 15 anni del 9%. È necessario dunque riflettere sulle
ragioni di questa diminuzione
e soprattutto sviluppare una
politica di formazione per far
fronte alle nuove esigenze in
Italia. Per questo, nota sempre la relazione del comitato
permanente, va valorizzato di
più il lavoro del centro di
Ecumene. La «controrelazione» della Commissione d’e
same ha messo in rilievo
l’opera svolta dal Comitato
permanente nel risanamento
finanziario dell ’Opcemi e
nella ristrutturazione dell’archivio storico.
Si è chiesta se non fosse necessario rilanciare la conoscenza della storia metodista
mondiale e italiana. Quanti
conoscono i «44 sermoni» di
Wesley? La breve discussione
ha sottolineato il contributo
positivo del metodismo alla
storia dell’emancipazione democratica ed è servita a puntualizzare alcuni aspetti della
gestione patrimoniale.
Alla fine il Sinodo, dopo
aver approvato l’operato del
Comitato permanente, ha rieletto presidente dell’Opcemi il
pastore Claudio H. Martelli, e
nel Comitato permanente Maria Grazia Sbaffi, Giovanni
Anziani e Luciano Cirica.
Ottaviano: nuova chiesa metodista
In un tempo nel quale le nostre chiese metodiste e valdesi
soffrono di una diminuzione
percentuale, il Sinodo si è rallegrato per l’accoglimento di
una nuova chiesa nell’Unione
delle chiese valdesi e metodiste, la chiesa di Ottaviano, in
provincia di Napoli, già appartenente alla Chiesa del Nazareno e alla grande famiglia
metodista mondiale.Una chiesa alla quale può essere riferita la parola dell’epistola ai
Corinzi «Non ci sono fra voi
molti potenti secondo la carne»; però una chiesa impegnata nella predicazione e nella
testimonianza evangelica attraverso modesti quanto significativi strumenti: un locale di
culto nella zona centrale della
città, un Centro culturale intitolato a D. Bonhoffer.
Un pastore guida questa
chiesa da diversi anni, svolgendo anche la professione di
maestro elementare. Dunque
un «pastore locale», come affermano i regolamenti, e in tal
modo ben radicato nella vita
sociale della città.
Ottaviano, cittadina posta
sulle pendici del monte Somma, duramente segnata sia dal
degrado ambientale che dalla
criminalità camorrista (è il
paese natale di Raffaele Cutolo), un tempo teatro di feroci
conflitti sanguinosi; oggi questo paese vive una situazione
di profonda rassegnazione,
quasi ripiegato su se stesso.
Visitando Ottaviano, anche
come distratti turisti, è possibile percepire la grave mancanza di speranza e di avvenire fatto di pace e di giustizia.
In questo paese la presenza
di una chiesa evangelica è se
gnale di speranza e di vita nel
rinnovamento. In questi fratelli e sorelle vi è la profonda
convinzione di dover assumere la responsabilità, gioiosa e
grave, della predicazione della
parola di Dio quale parola di
liberazione, una liberazione
che a Ottaviano vuol dire
qualcosa di più di un’adesione
religiosa alla fede evangelica;
significa la possibilità di pensarsi e di progettarsi per una
vita piena di gioia, di pace e di
giustizia.
La chiesa, da anni ben inserita nel protestantesimo napoletano, è in continua espansione (entro quest’anno altre cinque persone saranno accolte
come membri di chiesa) e siamo certi che darà un nuovo
impulso evangelistico nelle
chiese valdesi e metodiste del
XIII circuito.fg.a.)
delegazione della Tavola.
Tuttavia, se da una parte possiamo rallegrarci per il buon
esito della trattativa, dall’altra
dobbiamo stare ancora con il
fiato sospeso a causa dei ritardi che l’iter del disegno di
legge di esecuzione dell’Intesa sta incontrando in sede parlamentare.
Infatti, dopo l’approvazione
della Camera, avvenuta lo
scorso 7 luglio, il disegno di
legge è passato al Senato, che
però non lo ha ancora esaminato. Si corre quindi il rischio
che, se la situazione non si
dovesse sbloccare entro le
prime settimane di settembre,
l’Intesa diventi operativa con
il ritardo di un anno. Per questo motivo il Sinodo, a conclusione del dibattito sulla
materia, ha votato un ordine
del giorno in cui si «invita la
Tavola valdese ad attivarsi
affinché il Senato della Repubblica italiana approvi nel
più breve tempo il disegno di
legge».
Come è ovvio, in mancanza
della legge di esecuzione, il
Sinodo non ha ritenuto opportuno entrare nel merito della
questione concernente i criteri
con i quali si dovrà procedere
nel futuro alla ripartizione
delle entrate dell’otto per mille. Per quanto riguarda la defiscalizzazione, la Tavola e la
Commissione chiesa e stato
hanno predisposto un manuale che sarà distribuito ai cassieri di tutte le comunità; a
questo proposito, c’è stato chi
ha fatto notare la complessità
del manuale. Comunque, se
tutto dovesse procedere rapidamente, i membri delle chiese valdesi e metodiste e gli altri cittadini potranno, sin da
quest’anno, dedurre dal reddito imponibile l’ammontare
delle offerte.
- Il Sinodo, dato atto della conformità dell’integrazione dell’Intesa stipulata
tra la Tavola e la Repubblica italiana in data 25-1-1993
al mandato contenuto
nell’atto 36/SI/91, approva
l’operato della Tavola e allega al presente atto il testo
firmato il 25-1-1993;
considerato che l’iter
parlamentare del disegno di
legge di esecuzione dell’Intesa ha subito ritardi che rischiano di rinviarne di un
anno l’attuazione;
rilevato che in tal caso
verrebbero lesi i diritti di
quei cittadini i quali, avendo
versato nell’anno 1993 contributi in denaro alle chiese
valdesi e metodiste, intendono ottenere la correlativa
defiscalizzazione e di quegli
altri che intendono destinare l’8%c deU’Irpef alle
stesse chiese valdesi e metodiste per fini assistenziali,
sociali e culturali;
invita la Tavola ad attivarsi affinché il Senato della
Repubblica italiana approvi
nel più breve tempo il disegno di legge di attuazione
dell’integrazione dell’Intesa;
invita la Tavola a vigilare
su tale procedura e a compiere ogni altra attività necessaria affinché sia assicurata la decorrenza dell’anno
1993 dell’esercizio dei diritti
nascenti dall’intesa stessa.
- Il Sinodo ringrazia la
Commissione per la trattativa con lo Stato in materia finanziaria per l’esecuzione
puntuale ed efficace del servizio richiestole, secondo le
indicazioni del Sinodo.
6
PAG. 6 RIFORMA
«a
VENERDÌ 3 SETTEMBRE I993
Le attività ecumeniche per il 1993-94 dei valdesi e dei metodisti italiani
All'esame delle chiese molti documenti
in vista del dialogo interconfessionale
GIORGIO GARDIOL
Le Chiese valdesi e metodiste, attraverso le loro
rappresentanze in materia
ecumenica (la Tavola valdese e il Comitato permanente
deirOpcemi) mantengono
numerose relazioni ecumeniche a livello ufficiale. Sono
membro del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e
partecipano alle sue iniziative. Aderiscono poi alla Conferenza delle chiese europee
(Kek), e alle varie organizzazioni intemazionali denominazionali: a quelle presbiteriane aderiscono le chiese
valdesi, a quelle metodiste le
chiese metodiste. Poi vi sono
i numerosi dialoghi bi o plurilaterali.
Durante l’anno trascorso
molte delegazioni delle chiese valdesi e metodiste si sono recate all’estero per incontrare altre delegazioni di
chiese. La vicemoderatore,
Gianna Sciclone, è stata eletta vicepresidente della Kek.
Due metodisti partecipano
alle riunioni dell’esecutivo
del Consiglio mondiale metodista.
Non è sempre facile seguire tutto quanto avviene in
campo ecumenico così il Sinodo, qualche anno fa, si è
dotato della Commissione
consultiva per le relazioni
ecumeniche che lavora in
continuità durante l’anno e
svolge lavoro di consulenza
degli organi esecutivi in materia ecumenica. Della commissione, presieduta da Maria Sbaffi Girardet (gli altri
componenti sono Italo Benedetti, Renzo Bertalot, Gino
Conte, Daniele Garrone, Anna Maffei, Paolo Ricca, Aurelio Sbaffi, Alfredo Sonelli
e Teodora Tosatti), fanno
parte anche i battisti, come
del resto accade per molte altre commissioni.
Alla Commissione consultiva per le relazioni ecumeniche (Cere) sono sottoposti i
documenti del dialogo tra le
confessioni cristiane. Così la
Cere ha redatto e inviato alla
Tavola un parere sul documento, intitolato: «Verso la
koinonia nella fede, la vita e
la testimonianza», preparato
in vista della quinta Conferenza mondiale di Fede e Costituzione, convocata dal 3 al
14 agosto 1993 a San Giacomo di Compostela (Spagna),
alla quale ha partecipato il
pastore Fulvio Ferraio. Il documento verteva sulla descrizione del mondo di oggi e
del possibile ruolo delle chiese, sulla confessione della fe
de condivisa e sulla condivisione della vita (sul piano liturgico ed etico) e sulla testimonianza comune, prospettando la possibilità di un riconoscimento reciproco delle
chiese e indicando gli ostacoli che ancora si frappongono a una piena koinonia delle
chiese.
La Commissione ha rielaborato la conclusione del
Documento riformati-cattolici secondo le indicazioni
espresse dal Sinodo 1992.
In febbraio la Commissione ha inviato alle chiese una
guida per lo studio del quinto
Rapporto sul dialogo tra cattolici e metodisti (Rapporto
di Singapore) sulla «tradizione apostolica», accompagnato da un questionario. Soltanto alcune chiese hanno inviato il loro parere sicché il
Sinodo ha rinviato l’esame
dell’importante documento a
quando si avranno maggiori
risposte.
La Commissione ha poi redatto per la Tavola un parere
sul documento del Gruppo
ecclesiologico dei Colloqui
dottrinali di Leuenherg, «La
chiesa come comunità chiamata e inviata da Gesù Cristo - Il contributo delle chiese della Riforma al dialogo
ecumenico sull’unità della
La vicepresidente dei Sinodo, Leda Rocca, iegge ie schede deiie votazioni coadiuvata dal segretari
chiesa». Il testo del documento, che verrà rivisto in
base ai pareri espressi dalle
chiese, verrà presentato
all’Assemblea generale delle
chiese firmatarie della Concordia di Leuenberg che avrà
luogo nel maggio 1994.
La Cere ha inoltre organizzato nell’anno trascorso un
importante convegno (2 novembre 1992) sul tema della
«politica» degli evangelici
italiani in materia ecumenica. Al convegno, oltre a battisti, metodisti e valdesi erano presenti anche luterani
italiani e la Federazione delle
chiese evangeliche in Italia.
Nel corso del convegno si è
discusso dei temi di due importanti assemblee ecumeniche (Kek e Fede e Costituzione) e dell’ipotesi di costituire anche in ìtalia un «Consiglio di chiese cristiane»
Sulla base di queste esperienze la Cere ha anche presentato al Sinodo una bozza
di un nuovo documento
sull’ecumenismo che aggiorna quello del 1982 e che tiene conto degli sviluppi del
dialogo con il cattolicesimo,
con l’ebraismo e le altre fedi
viventi. Il Sinodo non ha potuto discutere il documento e
lo ha rinviato a un prossimo
Sinodo.
La discussione sinodale sull'ecumenismo
Pìccolo passo avanti
nel dialogo con la Gei
_______FULVIO FERRARIO________
Il dibattito sinodale in materia di ecumenismo è stato
totalmente dedicato alla discussione del documento sui
matrimoni interconfessionali
preparato dalla Commissione
mista nominata dal Sinodo
valdese e dalla Conferenza
episcopale italiana.
Si tratta di un parto sofferto.
L’idea di avviare un dialogo
ecumenico a livello rispettivamente di Sinodo e di Cei risale
al 1988; il tema dei matrimoni
interconfessionali fu scelto sia
per la sua obiettiva urgenza,
sia perché le sue implicazioni
riassumono bene molti nodi
centrali del dialogo ecumenico
e delle sue difficoltà.
Iniziato nel 1989, il dialogo
è proseguito a ritmo sostenuto;
in vista del traguardo, tuttavia,
la Cei è intervenuta presso la
Commissione, sostenendo che
ogni ulteriore passo andava
sospeso in attesa della pubblicazione di importanti documenti del magistero cattolicoromano (tra cui il Direttorio
ecumenico); in seguito però il
presidente della Cei, Ruini, ha
sfumato la propria posizione, e
il testo è ora in attesa di essere
esaminato anche dalla Conferenza episcopale.
Dopo una breve introduzione il documento, illustrato
all’assemblea da Maria Sbaffi
Girardet, comprende tre parti:
Ciò che come cristiani possiamo dire insieme sul matrimonio; Differenze e divergenze;
Indicazioni e orientamenti circa la pastorale dei matrimoni
interconfessionali. Il dissenso
dottrinale e le conseguenti difficoltà risultano ovviamente
confermati, ma occorre segnalare interessanti novità come il
riconoscimento, da parte cattolica, del matrimonio interconfessionale celebrato davanti all’ufficiale di stato civile.
Certo, l’obiettivo di partenza era più ambizioso, per
esempio sul drammatico problema dell’impegno del coniuge cattolico in ordine
all’educazione confessionale
dei figli. Il documento (2. 4)
cita il pesante canone 266,
par. 2, del Codice di diritto
canonico, che chiede formalmente alla parte cattolica di
«fare quanto è in [proprio]
potere perché tutti i figli siano
battezzati ed educati nella
Chiesa cattolica»; di questa
promessa deve essere informato il coniuge evangelico. Si
sottolinea però che lo spirito
UN «TESTO»
PER IL DIALOGO
Il Sinodo, ricevuto il
«Testo comune di studio e
di proposta per un indirizzo
pastorale dei matrimoni
interconfessionali», predisposto dalla Commissione
nominata dal Sinodo insieme all’analoga Commissione nominata dalla Conferenza episcopale italiana:
approva l’operato della
propria Commissione, sottolineando che il «Testo comune» nell’attuale formulazione rispecchia un difficile
punto di equilibrio tra le esigenze tra loro diverse e talvolta divergenti delle chiese
che hanno partecipato alla
sua elaborazione;
considera il «Testo comu
ne» una base per continuare,
attraverso un’apposita commissione nominata dal Sinodo, la trattativa con la Cei
per concordare con essa il
modo e i tempi con cui rendere operative le indicazioni
pastorali contenute nel «Testo comune»;
invita le chiese locali vaidesi e metodiste ad utilizzare il «Testo comune» nei
contatti con le comunità cattoliche in vista della celebrazione e della cura pastorale dei matrimoni interconfessionali, come base per un
fruttuoso dialogo e per futuri sviluppi della normativa
sui matrimoni interconfessionali.
ecumenico è imprescindibile e
che entrambi i genitori hanno
il diritto-dovere «di testimoniare la propria fede con la
parola e con l’esempio», anche se «un indirizzo omogeneo e non confuso comporterà
rassunzione di un impegno
particolare da parte di uno
dei due genitori».
Franco Giampiccoli ha parlato di «un mezzo passo avanti»: da un lato infatti non mancano aspetti molto problematici; dall’altro il testo costituisce un possibile punto di partenza per affrontare situazioni
delicate. Numerosi interventi
hanno sottolineato la scarsa
«digeribilità» del linguaggio
utilizzato: Paolo Ricca ha
però fatto presente che il linguaggio ecumenico ha le sue
regole, e bisogna imparare a
interpretarle.
Alberto Taccia ha rilevato
che decidere di dialogare implica la necessità di prendere
sul serio l’interlocutore così
com’è e non come noi vor
Maria Sbaffi Girardet, relatrice
della Commissione
remmo che fosse: stupirsi del
fatto che il testo riporti elementi della posizione cattolica
che gli evangelici ritengono
inaccettabili significa attendersi dal dialogo più di quanto
esso possa offrire. Resta il fatto che inquadrare la propria
posizione in uno spirito ecumenico costituisce la premessa per un eventuale approfondimento, le cui potenzialità
devono essere esplorate.
Ancora Ricca ha insistito
(con successo, come emerge
dall’ordine del giorno) perché
il Sinodo evitasse di bloccare
il dialogo, bocciando sbrigativamente il documento. E stato
anche fatto presente che la
commissione dovrebbe comprendere anche persone direttamente interessate al problema: spesso l’esperienza fornisce indicazioni ulteriori rispetto alla dottrina.
Purtroppo è mancato il tempo di discutere ie linee del documento generale suH’ecumenismo che il Sinodo dovrà valutare nel 1994: il progetto
della Commissione consultiva
per le relazioni ecumeniche è
comunque stato distribuito, e
è auspicabile che venga esaminato il più ampiamente possibile e per tempo, in modo
che la Cere possa tener conto
delle osservazioni di singoli e
comunità.
COMMISSIONE
DIALOGO
Il Seggio rinnova il mandato alla Commissione per
il dialogo con il cattolicesimo sui matrimoni interconfessionali nelle persone di:
Maria Sbaffi Girardet, relatrice; Valdo Benecchi,
Gianni Long, Paolo Ricca,
Alfredo Sonelli, Alberto
Taccia.
7
Spedizione in abb, post, Gr li A/70
In caso di mancalo recapito rispedire a:
CASELLA POSTALE 10066
torre PELLICE
Fondato nel 1848
I'
E Eco Delle Yaui Yalbe
L VENERDÌ 3 SETTEMBRE 1993
U ’ _-------------------
ANNO 129-N. 33
URE 1200
Il turismo nelle strutture delle valli valdesi
Solo pensionati?
1945 - Una suggestiva immagine dei partigiani che entrano in Torino fra la folla festante
A colloquio con i «ragazzi di cinquantanni fa» per rievocare quell'esperienza
8 settembre 1943: il clima e l'ambiente
che preparò la Resistenza nella vai Pellice
FEDERICA TOURN
Cinquant’anni fa anche in
queste valli cominciava
un periodo storico che doveva
portare nel giro di due anni alla liberazione del paese dal nazifascismo. Con l’8 settembre
si può affermare che iniziò la
lotta partigiana.
Nel territorio delle valli vivevano allora circa 35.500 persone, e se è vero che una considerevole parte di esse era dedita all’agricoltura coltivando
segale, patate, frumento e
granturco, è altrettanto certo
che l’economia locale poteva
contare su una forte caratterizzazione industriale. Nel 1943,
nei due stabilimenti Mazzonis
di Luserna e Torre Pellice,
lavoravano circa 1.800 operai,
cifra oggi impensabile per un
polo industriale delle valli.
Un’intera generazione di
giovani, assorbita dalla guerra,
era assente dal panorama culturale, produttivo ed economico; intanto, però, a causa dei
bombardamenti su Torino, stava aumentando il numero di
sfollati e fra questi c’erano anche dei giovani che assieme ai
ragazzi locali cominciavano a
ragionare criticamente sulla
guerra in corso. Dal 25 luglio,
giorno deH’improvvisa caduta
del governo Mussolini, attraverso l’8 settembre ci si avviò
dunque alla Resistenza. «La
prepararono spiritualmente,
prima del ’43, e anzi prima ancora del 1940, dei protestanti
- ha scritto Leo Valiani i
professori e pastori Giovanni
Miegge e Francesco Lo Bue e
l’istitutore del Convitto valdese, Jacopo Lomhardini, agirono in tal senso per propria iniziativa senza che la chiesa alla
quale appartenevano si identificasse, anche solo segretamente, con loro».
La vai Pellice, e Torre Pellice in particolare, ospitavano
riunioni segrete di giovani dissidenti, luoghi come il bar Italia e la tipografia Subalpina,
che allora si chiamava «L’alpina», la casa Rollier, ebbero un
ruolo centrale nella Resistenza.
Dopo cinquant’anni di democrazia italiana, che così
indegnamente hanno fatto seguito al coraggio e al sacrificio
di tanti partigiani, vogliamo ricordare i giorni che precedettero 1’8 settembre con alcuni dei
ragazzi di allora.
«È difficile ricordare con
esattezza qual era il clima di
quei giorni - esordisce Giulio
Giordano - noi ragazzi del
cajfè d’Italia capivamo soltanto che qualcosa doveva succedere; in genere la gente delle
valli continuò a vivere in modo
abbastanza normale, nonostante i tumulti e gli scioperi di
Torino, fino ai bombardamenti
dell’agosto ’43: allora si cominciò a parlare di resistenza
ai tedeschi, anche sotto la
spinta dell’indignazione per
l’ambiguità tenuta dal governo
Badoglio. Anche prima, però,
una certa aria di tensione
nell’ ambiente valdese si avvertiva: anche al Sinodo si parlava della preoccupazione dei
pastori di non riuscire a rientrare nelle loro sedi in caso di
qualche grosso rivolgimento
politico».
Diversa era la situazione per
Roberto Malan, che alla vigilia
dell’8 settembre si trovava a
Pinerolo come sottotenente del
3° Alpini: «Noi eravamo preparatissimi a quello che stava
per accadere, anche se ovviamente non sapevamo né il
giorno né l’ora. Lo strappo
dell’8 settembre ha portato
molta gente a svaligiare le caserme per un tornaconto personale: si rubavano materassi,
forme di formaggio, in un’assurda atmosfera di festa. Solo
alcune persone più lucide capirono che la guerra non era
finita e si affrettarono a cercare armi per poter sostenere la
prossima opposizione».
«La Resistenza è nata anche
in appoggio ai valligiani che
sapevamo deportati nei campi
di concentramento - aggiunge
Paolo Favout - Si sentiva la
necessità di intervenire politicamente e militarmente per
contrastare i fascisti che si
stavano riarmando. L’impegno
morale dei giovani di allora
era un sentimento di coerenza
e dignità che coinvolgeva chi
era stato colonnello tanto come il ragazzino che si muoveva forse per uno spirito di avventura e prendeva in mano
un’arma per la prima volta.
Tutti ci sentivamo uniti da un
grande senso di solidarietà,
più che dalla disciplina, peraltro necessaria. Dopo T8 settembre cominciammo a riunirci, ma fuori dal paese per non
allarmare la popolazione; anche perché sapevamo quello
che volevamo ma non quello
che potevamo fare».
Al gruppo di «Giustizia e
Libertà» aderirono un po’ tutti,
da quelli più «intellettuali»
agli studenti e ai giovani di
estrazione operaia o più ancora
di tradizione contadina, e il loro affiatamento si rivelò subito
buono. «Avevamo tutti la stessa età - conferma Giulio Giordano - e, quel che è più importante, lo stesso ideale e la stessa determinazione di portare a
termine il compito che ci eravamo assunti. Non c’era distinzione di grado, fra di noi,
quello che contava era l’esperienza: tutti, dall’ex colonnello
all’artigiano, facevamo la
stessa corvée e le decisioni le
abbiamo sempre prese in
gruppo».
«Non dimentichiamo il ruolo
fondamentale che hanno avuto
le donne - sottolinea Paolo Favout - erano loro l’ossatura
del movimento partigiano:
pensiamo a quelle che ogni
giorno rischiavano la vita portando in bicicletta le armi fino
a Pinerolo e Torino per aiutare i nostri compagni».
La Chiesa valdese che ruolo
ha giocato nell’opposizione al
fascismo? «La chiesa in quanto tale non si può certo dire
che abbia fatto molto - dice
Roberto Malan hanno collaborato alla resistenza delle
singole persone, specialmente
nell’ ambiente del Collegio, come il professor Lo Bue e la
professoressa Marullo. Per al
tri, se non in presenza di simpatie per il fascismo penso si
debba parlare almeno di ignavia. Si trattava di persone rispettabilissime, ma in altri
campi».
«Le famiglie dichiaratamente fasciste erano tuttavia poche. - dice ancora Favout gli
altri, in generale la piccola
borghesia valdese, erano silenziosi e quindi di fatto conniventi col partito fascista». In
molti hanno scritto o parlato di
un «unicum» della resistenza
nelle valli valdesi; eppure episodi e testimonianze di lotta
per la libertà ce ne sono stati
anche altrove, nel Cuneese per
esempio. «Da noi c’era - continua Malan - quello che oggi
diremmo un humus particolare, una base culturale che da
un lato ci indicava la necessità
di una lotta per la libertà e la
giustizia, dall’altro ci impediva di avere al nostro interno
dei gradi di comando». E la
popolazione locale in generale
collaborava, aiutandovi nell’
approvvigionamento? «Sotto
questo aspetto siamo stati fortunati - racconta ancora Paolo
Favout - vivevamo in una zona
fertilissima e potevamo contare sull’ appoggio del 90% della
popolazione. Grazie alle giunte clandestine potevamo noi
stessi rifornire di cibo e sale,
allora preziosissimo, chi era in
difficoltà».
«Abbiamo cercato spesso di
stimolare il coinvolgimento
della gente nella nostra lotta
con riunioni pubbliche, anche
se pur sempre durante incontri
clandestini - conclude Roberto
Malan -, e non sempre era facile ottenere l’aiuto concreto
delle persone. Ricordo una
volta che, in una di queste riunioni, Paolo Favout si sentì rispondere da uno a cui aveva
appena chiesto del cibo che lui
dava volentieri tutto il suo cuore per la nostra causa ma più
di questo non poteva; Paolo rispose che con il suo cuore non
faceva neanche una frittata per
due uomini e quindi era meglio
che tirasse fuori le tome».
______PIERVALPO ROSTAN____
Cena al ristorante; un’occhiata al menù della casa e poi la richiesta: «Mi può
portare mezza trota bollita?».
Al tavolo un paio di anziane
signore, ospiti in vai Pellice
nel mese di agosto. Erano
giunte al ristorante portate
dallo stesso titolare che le
aveva prelevate in auto alla
loro dimora estiva. Ovvio il
diritto di ordinare qualunque
tipo di piatto, compresa anche mezza trota lessa, tuttavia l’episodio che di per sé fa
sorridere può produrre altre
considerazioni.
Quale turismo arriva oggi
alle valli? Cosa trova? Cosa
si fa per migliorare la situazione di lento declino su cui
sembriamo avviati? E infine:
si è risentito dell’aria di crisi
che c’è in giro?
Partendo da quest’ultimo
interrogativo abbiamo sentito
alcuni albergatori della zona.
Complessivamente bene il
periodo estivo, sempre più limitato a metà luglio e agosto.
Questo, in estrema sintesi, è
quanto affermano tutti gli albergatori di Torre Pellice.
Addirittura un significativo
incremento, fin da giugno,
dicono quelli delle Alpi di
Prali ma attenzione: se sono
andati meglio i soggiorni (famiglie per pochi giorni) non
altrettanto si può dire per il
ristorante o il bar.
Tornando in vai Pellice, dal
Du Pare al Centro o al Gilly,
tutti segnalano la consueta
affluenza estiva di pensionati; su quelli di un certo
livello la crisi si fa evidentemente sentire di meno. Al
Gilly si lamenta inoltre un
forte calo nelle presenze negli altri periodi dell’anno; dei
consueti stages di formazione
molti sono venuti meno, le
aziende tagliano anche su
questo. Ma il problema, anche secondo gli albergatori, è
quello di inventare qualcosa
di nuovo, iniziative che da un
lato migliorino i servizi offerti e dall’altro creino momenti di aggregazione e di
passatempo.
«Provate però ad organizzare qualcosa che non sia
gratuito - dicono alla Pro Loco —; la gente piuttosto di pagare anche solo 5 mila lire
sta ai margini dei giardinetti
senza però entrare». E allora?
Occorre uno sforzo di fantasia, certo, ma anche risorse
economiche (possono essere
gli operatori del settore a dare una mano?) e soprattutto
umane: qualcuno che coordini, proponga e valorizzi la
stagione. In caso contrario
continuerà sempre più la
scelta della «mezza trota bollita».
Giunta comunale di Luserna S. Giovanni
La crisi pare risolta
Crisi lampo al Comune di
Luserna San Giovanni. Il
Consiglio comunale convocato per il 24 agosto ha preso atto di una situazione sempre
più ingarbugliata; di fronte alle dimissioni dell’assessore
De Merlo anche il sindaco ha
comunicato il proprio abbandono, lasciando il consigliere
anziano Ermanno Revel a gestire il dibattito sulla crisi.
Nel giro di pochi giorni
però l’accordo cercato invano
per mesi è stato raggiunto fra
la De e alcuni consiglieri «indipendenti». Rapida convocazione per il 31 agosto e nuova
giunta: al posto di Merlo entra
l’ex capogruppo De Colomba;
va via Forneron, mai molto
amato dallo scudo crociato, ed
entra Rivoira, ex Pei-Pds che
da anni agognava l’assessorato allo Sport; Mauro Vignola
sostituirà il dimissionario Canale; Revel viene promosso
vicesindaco: la lealtà paga.
Durerà questo accordo?
L’assemblea del 24 ha evidenziato difficoltà ben radicate: alcuni consiglieri si sono
di fatto eclissati dalla scena
politica, altri non paiono giocare fino in fondo un molo di
opposizione mordace.
Il solo Sandrone ha chiesto
con forza e chiarezza le elezioni anticipate; è chiaro che
la Lega Nord sarebbe probabilmente l’unica a trarre immediato vantaggio da un ricorso alle urne, ma è anche
vero che questa tomata amministrativa a Luserna è stata caratterizzata da ricorrenti crisi e
dimissioni. Se ne sono andati
dal consiglio Carla Maurino
(De) Duilio Canale e Livio
Gobello (Psi); Vincenzo Fedele e Marco Merlo hanno lasciato la poltrona di assessore,
Piercarlo Longo e Claudio Badariotti quella di sindaco.
Progetti e iniziative importanti, ad eccezione dell’affidamento all’Acea dell’acquedotto (che ha spaccato verticalmente la maggioranza) non si
ricordano. Eppure la vai Pellice avrebbe bisogno che il Comune più importante, almeno
sotto il profilo demografico,
fosse in grado di dare un ben
diverso contributo ideale, politico e anche economico.
^Vbeìlle
Assioirazioiii
Arnaldo Prochet
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
via Repubblica 14 - tei. 0121 /91820
8
PAG. Il
L* Eco Delle Aàlli Aàldki
VENERDÌ 3 SETTEMBRE I993
Perosa Argentina: la sede della Comunità montana valli Chisone e
Germanasca
Cronache
IL PIANO REGOLATORE TORNA IN PUBBLICO — Il
piano regolatore di Pinerolo, in parte rivisto dopo le polemiche della scorsa primavera, sarà ripresentato al pubblico in varie assemblee: giovedì 2 settembre alle 21 presso il
Centro sociale di via Podgora e nel salone della Tabona in
via Gianni; venerdì 3 settembre, alle 21 nel Centro sociale
di S. Lazzaro e lunedì 6 settembre, sempre alle 21, all’auditorium comunale di corso Piave. La cartografía del piano
è inoltre esposta alla rassegna dell’artigianato in corso di
svolgimento all’ex caserma Fenulli.
CONCORSO CASEARIO — È stato indetto un concorso
caseario fra i casari delle valli alpine che avrà come centro
il Comune di Acceglio, in alta vai Maira; quanti in vai Pellice sono interessati a parteciparvi devono mettersi in contatto con gli uffici tecnici della Comunità montana. Dovranno essere indicati il tipo di latte impiegato, il tipo di
caglio, il tempo di coagulazione e una serie ulteriori di parametri relativi alla lavorazione.
FESTA DEL RITORNO A SCUOLA — La Cooperativa
operaia di consumo di Torre Pellice organizza come di
consueto la «festa del ritorno a scuola». La consegna del
pacco dono ai figli dei soci iscritti alla scuola dell’obbligo
e la proiezione di un film per ragazzi avrà luogo il 14 settembre, alle 20,15, presso il cinema Trento.
GIOVANE TROVATO MORTO A RORÀ — Sarà l’autopsia a stabilire con certezza le cause della morte di un giovane rorengo, Clides Morel, deceduto malgrado il pronto
intervento dell’ambulanza. Il giovane, che da tempo soffriva di epilessia, pare avesse anche avuto problemi di
tossicodipendenza.
SOTTOSCRIZIONE A PREMI DI RADIO BECKWITH
— Nel mese di agosto è avvenuta anche l’estrazione dei
biglietti vincenti della sottoscrizione a premi a favore di
Radio Beckwith. I premi possono essere ritirati, entro il 30
settembre, presso il negozio Sibille Hifi di Torre Pellice.
Questi i numeri estratti: 2636; 2164; 1128; 2599; 2221;
2107; 908; 199; 5932; 670; 5511; 5024; 768; 1113; 1261;
5826; 2209; 4894; 5735; 2420; 2564; 195.
IL SOFFIO DELLA VITA — Col problema della scarsa disponibilità alla donazione di organi si trovano a fare i conti
centinaia di persone ogni anno anche solo nella nostra regione. Nel 1991 c’erano in lista d’attesa per un trapianto di
reni 780 pazienti: solo 62 sono stati i trapianti effettuati;
per quanto riguarda le cornee sono stati effettuati 87 interventi su 188 pazienti in lista d’attesa. C’è dunque ancora
molto da fare. Domenica 5 settembre a Pinerolo, in piazza
Vittorio Veneto dalle 11 alle 17, ci sarà una manifestazione di sensibilizzazione promossa dalla Regione Piemonte
che si avvarrà della possibilità di volare con una mongolfiera.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
L'archivio storico di Torre Pellice
Al di là di quel ponte
________AUGUSTO COMBA_________
Le incisioni del primo
’800 che ci mostrano
l’ingresso dell’odierna Torre
Pellice (allora Torre Luserna), raffigurano il ponticello
di legno che allora varcava
l’Angrogna. Di lì, come si è
giunti alla realtà attuale? Lo
sa chi ha visitato la bellissima
mostra di documenti dell’Archivio comunale di Torre Pellice ordinata dalla dottoressa
Daniela Fantino Baltieri nella
sala consiliare (purtroppo
aperta per un breve periodo:
dal 21 al 29 agosto), e ha visto una grande pianta a colori
assai suggestiva: il progetto
del 1814 col vecchio ponte,
di sbieco rispetto al progetto
del nuovo; e con una grossa
isola subito a valle, che si dovette eliminare per scavare il
corso profondo e diritto che
oggi vediamo.
Insieme con i disegni del
Mulino sul Pellice, che mise
in moto dal 1854 la filanda di
«San Chiodo» di Alessio
Comba, poi assorbita dalla
Mazzonis, e le piante che ci
mostrano l’evolversi dell’abitato, dal 1832 al 1871 al piano regolatore del 1914 (che
prevedeva molte cose solo in
gran parte realizzate), la parte
grafica della mostra ci erudisce sulla crescita della nostra
città, dilettando l’occhio. Ma
chi si è soffermato a leggere i
documenti di vario genere,
scritti a mano o stampati,
esposti nelle varie bacheche
con criterio tematico, ha capito un sacco di altre cose.
Ha visto nel ’700 l’agricoltura saldarsi all’industria nascente con la coltura del gelso, oggetto di varie disposi
zioni; le questioni amministrative documentano l’articolato strutturarsi di una comunità. Fra l’altro, l’organizzazione della posta e quella
della sanità (un elenco mette
insieme dottori e droghieri),
che dal 1820 recepisce la
grande novità del vaccino.
Mentre su terremoti e alluvioni non pochi testi burocratici
ci dicono che sin dal ’600
non mancarono i guai: storico
il terremoto del 1808, quando
era prefetto Pietro Geymet.
Altre bacheche su aspetti
assai vari: l’energia, fornita
fisicamente nel ’700 anche
dai cittadini con le roide
(corvées), fa passi da gigante
finché compaiono le prime
due automobili private, quelle
dei dottori Paltrinieri e Quattrini; la ricettività alberghiera,
certo di dimensione artigianale, comunque nel 1925 comprende 55 «alberghi» di prima categoria e 82 di seconda.
Ma soprattutto l’istruzione riserva sorprese, e viene trattata da documenti che andranno
rimeditati: dal bell’opuscolo
di Amedeo Beri sulle scuole
di Torre Pellice (1870), al
verbale del dibattito quanto
mai elevato, che addì 8 di luglio 1908 si tiene in Consiglio comunale, e risolve in
termini semplici e chiari un
problema che oggi è tornato
un garbuglio: quello della
laicizzazione delle scuole.
Chi ha visto la mostra ha in
breve letto vari libri sullo sviluppo in tre secoli di una piccola comunità urbana. Ed è
grato alla dottoressa Fantino
e al Comune per questo assaggio di un pregevole cibo
culturale che abbiamo in dispensa.
A margine del libro «Vite discrete)
Donne valdesi
CARLA BEUX
Man mano che l’auto si
inerpicava lungo i tornanti mi sentivo sempre meglio, sempre più a casa. Stretta sul sedile tra le mie due
compagne di viaggio, stavamo salendo a Frali per la
Conferenza distrettuale, quasi non aprii bocca tanto ero
occupata a captare l’atmosfera di compiutezza dalla quale
mi sentivo circondata. Non
ho riflettuto molto allora su
questo fatto. Mi sono limitata
a «sentire». Al ritorno dalla
Conferenza, bella e stimolante, di nuovo guardando intorno a me i ripidi pendii della
vai Germanasca sono stata
ripresa da quella sensazione
di appartenenza, di serena
calma.
Mi sono allora sorpresa a
chiedermi i perché di quello
stato d’animo nel quale ero
ripiombata a distanza di un
giorno. Perché le mie montagne le sentivo così mie, più
mie di qualsiasi altra cosa?
Perché immediatamente dopo
mi tornava alla memoria mia
madre, le mie nonne, le loro
parole, i loro atteggiamenti?
Perché mi veniva in mente la
predicazione domenicale, la
Bibbia che mia madre leggeva? A tratti mi pareva di capire, ma subito dopo tutto mi
sfuggiva di nuovo.
Poi un altro pensiero: le
mie figlie provano anch’esse
la stessa sensazione? E mia
madre l’ha provata?
A casa, sulla mia scrivania,
trovai il libro di Bruna Peyrot
e Graziella Bonansea «Vite
discrete, corpi e immagini di
donne valdesi». Lo aprii con
curiosità, come sempre con
Il corso di pittura murale sta cambiando il volto del paese
A Usseaux sono tutti pittori
_______MILENA MARTINAT_____
..]r\el verde? No, mi diNv J-/ spiace, quel verde è
finito». Ma come faccio senza
il verde? Sono due battute
scambiate fra due partecipanti
al corso di pittura murale che
si è tenuto a Usseaux nell’ultima settimana di agosto.
Usseaux è molto ricco di
verde: ma su cosa può basarsi
oggi un’economia di tipo
montano che non sia una stazione invernale? Il turismo
verde è una risposta che danno in molti; un turismo legato
agli aspetti della cultura locale, creando delle attività inserite in modo stretto al territorio. Ma l’attività deve attirare
turisti per buona parte dell’anno, altrimenti per chi vi è impegnato a tempo pieno è difficile riuscire a far quadrare il
bilancio.
L’idea dei corsi di pittura
murale ad Usseaux, in quest’
ottica di turismo alternativo, è
venuta quattro anni fa ad Anna, gestrice del locale agriturismo, a suo marito Claudio,
falegname del paese, e a un
loro amico pittore, Piero Figus. D’altra parte, sono ormai
quotidiani i casi di persone
che salgono a Usseaux solo
per ammirare i lavori di questi
aspiranti artisti; ne nasce una
micro-economia di cui usufruiscono il bar e il centro
agrituristico.
«Abbiamo pensato che vivacizzare i muri di questo
paese, che ha mantenuto ancora un’architettura tipica spiega il pittore - poteva esse
re simpatico e nello stesso
tempo diventare un’attrazione
turistica. Il corso dura una settimana, i partecipanti alloggiano all’agriturismo e sono seguiti da me nelle loro
realizzazioni. Essere seguiti
significa che nel primo giorno
spiego loro le nozioni base
della pittura murale e della luce e poi, dopo la scelta dei
soggetti, ognuno lavora per
conto proprio; io dò consigli,
trasporto scale e ponti».
Che rapporti avete con i
proprietari dei muri delle case? «Il primo anno (oggi siamo al quarto) qualcuno era un
po’ restio - continua Figus adesso capita che siano loro
stessi a chiederci di dipingere
un loro muro, indicandoci il
soggetto e preparandoci una
base più o meno liscia di intonaco».
Fino ad oggi vi è stata molta attenzione nella scelta dei
soggetti, in modo da armonizzarli con il paesaggio; ma non
bisogna dimenticare che Usseaux è un «paese-laboratorio». Non sono infatti artisti
che dipingono per professione
ma persone le più disparate.
Ogni anno sono una decina,
con storie molto diverse. Un
maresciallo dell’aeronautica
in pensione con la passione
per gli acquerelli die per la
prima volta ha realizzato un
murale e assicura che tornerà
il prossimo anno «perché questa esperienza mi è piaciuta».
Enrico, 26 anni, fa il fattorino e ama disegnare fumetti.
«Non ho avuto successo come
fumettista, c’è troppa concor
renza - spiega - la pittura murale mi attira molto, sono venuto per affinare la mia tecnica, sperando di poter lavorare
in questo campo. Ho dipinto
un uomo con la capra perché
ci è stato richiesto dalla proprietaria della casa che ci ha
anche fornito la foto di suo
padre perché fossimo facilitati
nella riproduzione sul muro».
Altri invece non avevano
mai preso un pennello in mano, ma hanno ottenuto dei
buoni risultati dipingendo un
paesaggio montano con un’
aquila che sta per acchiappare
una lepre, un prato fiorito.
Una ragazza impegnata nel
terminare la sua betulla dice
«è la prima volta che dipingo,
è un’esperienza interessante e
divertente; poi, la sera ci ritroviamo tutti alFagriturismo a
chiacchierare e scherzare. Ora
scusa, devo andare a cercare
del verde per terminare la mia
betulla, pare che il verde sia
quasi finito...».
un libro nuovo con cui dialogare, e mi ritrovai a leggere
del rapporto tra le donne vaidesi e le loro montane. Lessi... «impervie, aspre, in alcuni punti irraggiungibili, queste montagne hanno avuto
una funzione fondamentale
proteggendo, celando e impedendo al nemico di penetrare
(...). Ambiente che accoglie e
contiene così come il tempio
riunisce i fedeli e accoglie la
predicazione». Era una pista,
una parziale risposta ai pensieri che mi avevano accompagnata nella mia discesa
da Frali.
Sono andata nei giorni seguenti, leggendo il libro, alla
ricerca di altri pensieri, altre
piste, altre sensazioni. Ne ho
trovate moltissime, tutte interessanti e spunti per riflettere,
anche criticamente. Quello
che mi sembra importante è
la costante attenzione al rispetto delle fonti, sia orali
che scritte; alla volontà di
non forzarle per dare una interpretazione ma di lasciarle
parlare. Tuttavia, contemporaneamente, dal libro emerge
chiaramente un respiro più
ampio, un tentativo di portare
il lettore di oggi a lasciarsi interrogare dalle fonti e per
questo c’è la necessità di immergersi sia nel presente sia
nel passato.
L’idea di impostare un lavoro di ricerca sulla donna
valdese da parte di due studiose con appartenenze differenti, valdese Bruna, cattolica
Gabriella, rende il libro estremamente vivo e interessante.
Ci sono intrecci, convergenze, differenze; è un continuo
movimento che rende l’opera
affascinante.
Ferrerò
Dove si farà
l'area sportiva?
Dopo la decisione del Consiglio comunale di Ferrerò di
realizzare un’area di impianti
sportivi, ora si pone il problema di trovare il luogo dove
concretizzare questo progetto.
La somma necessaria per acquistare le aree adatte, che sono state localizzate nella zona
«del Valentino», è di venti milioni e la Pro Loco ha avviato
una campagna di sensibilizzazione della popolazione, residenti e non, per costruire
finalmente questo centro sportivo da tanti anni atteso da tutti e soprattutto, come è immaginabile, dai giovani.
Il progetto del Centro prevede la realizzazione di un campo da pallone, un campo da
tennis e polivalente, dei campi
da bocce; senza dimenticare
l’importanza di una buona
illuminazione e di un fabbricato di servizi con docce, spogliatoi, sala per le riunioni e
servizi igienici, a disposizione
degli atleti e del pubblico.
Chi desidera ulteriori informazioni sull’iniziativa, può
rivolgersi a Ferrerò ai signori
Giulietta e Piero Breuza, Nicola Milano, Francesco Boasi
e Gian Franco Vigna.
Per la pubblicità
su L’Eco delle valli valdesi:
Servizi Editoriali m
tei. 0121-32.36.38
9
E Eco Delle Yaui ¥vldibi
Un'occasione per il museo della bambola di Guido e Samy Odin
Il «Piccolo mondo antico»
potrebbe trasferirsi a Parigi
PAG. Ili
I primi visitatori aii’Expo Fenulii
A Pinerolo fino al 5 settembre
Aperta la XVII
mostra delPartigianato
Si è inaugurata all’Expo
Fenulii di Pinerolo, sabato 28 agosto, la XVII Rassegna dell’artigianato del Pinerolese, che sarà aperta al pubblico fino a domenica 5 settembre. All’inaugurazione
haimo partecipato le autorità
locali e regionali fra cui
l’assessore regionale al Lavoro, Giuseppe Cerchio.
Fra gli appuntamenti ancora previsti: giovedì 2 settembre alle 21, presso l’Expo FenuJli, concerto della «Filarmonica vinovese Giuseppe
Verdi» e alle 21,15 a palazzo
Vittone il gruppo autogestito
’L Gat del liceo scientifico di
Pinerolo presenta un lavoro
dal titolo «Non c’entra nulla»
di Diego Mometti; venerdì 3
settembre alle 21, presso
l’Expo Fenulii, serata danzante con il complesso «I 2
più» e alle 21,15, a palazzo
Vittone, il gruppo teatro
J’amis ’d la gabia di Bibiana
presenta «Na duminica al
mar» di Luigi Oddoero.
Sabato 4 settembre alle
15,30 all’Expo Fenulii si tiene il convegno nazionale di
mascalcia organizzato dal
Circolo sociale di Pinerolo;
alle 16,30, sempre all’Expo
Fenulii, ginnastica artistica a
cura della Polisportiva atletica Pinerolo; alle 21, all’Expo
Fenulii, «la Corrida di Pinerolo» con intermezzi di danza
e ginnastica artistica del centro Body System e alle 21,15,
a Palazzo Vittone, il gruppo
teatro Insieme di Carmagnola
presenta «I fisici» di Diirrenmatt.
Domenica 5 settembre alle
10,30, all’Expo Fenulii, arti
marziali a cura della scuola
Dojo Sugiyama di Pinerolo;
alle 21, sempre all’Expo Fenulli, verrà assegnato il premio fedeltà artigiana Cna di
Pinerolo, ci sarà la premiazione degli artigiani della rassegna e del concorso Acca
«Un’idea per l’ambiente».
Seguirà il concerto della banda folcloristica intemazionale
«Rumpe e streppa» di Finale
Ligure e, a palazzo Vittone,
la compagnia Desbela di Bra
presenta «Trama da matrimonio e da riconosiment» di Cechov.
Il rifugio potrà ospitare anche 70 persone
Il «Granerò» rinnovato
In chi saliva sabato sera dal
Pra al rifugio Monte Granerò
per partecipare alla festa di
inaugurazione della nuova
ala si poteva cogliere una
certa incertezza: nebbia,
pioggia e più su la neve. Chi
sarebbe salito il giorno dopo?
Quale inaugurazione sarebbe
stata?
E invece, dopo la neve della notte ecco il vento e il sole; aria pungente sì, ma anche
tanto sole per festeggiare un
risultato atteso dal Cai e da
tutti gli amanti della montagna fin dal 1987, quando si
avviò l’iter del nuovo rifugio.
Sono saliti in alta valle i sindaci di Bobbio, Torre e Angrogna, i rappresentanti di alcuni cori di montagna che
hanno contribuito a ravvivare
l’atmosfera di festa intonando canti a cui si sono uniti
ben presto gli oltre 200 partecipanti alla giornata.
Al Granerò saranno ora a
disposizione cinquanta posti
letto, con la possibilità di salire anche a 60 o 70 in caso
La notizia è nell’aria da
alcune settimane: il
«Piccolo mondo antico», il
museo della bambola che
Guido e Samy Odin hanno
creato a Torre Pellice grazie
alla loro collezione di bambole d’epoca potrebbe presto
trasferirsi all’estero, a Parigi
nello specifico. Un colpo di
fortuna degli Odin, un’occasione da cogliere al volo o
l’ennesima puntata di una vicenda in cui il museo della
bambola ha vissuto nella sensazione di essere poco accettato o almeno poco apprezzato in Torre Pellice?
Le cose stanno a metà, almeno a sentire Samy Odin:
«Ci si è presentata l’occasione di dare una collocazione
stabile alle nostre bambole
presso un altro museo di Parigi in procinto di essere trasferito. La sede è ampia e le
condizioni che l’amministrazione francese ci offre sono
più che buone. Voglio però
aggiungere che questo trasferimento non sarà nel brevissimo termine ma potrebbe
avvenire verso febbraio del
prossimo anno. Fino ad allora il museo della bambola resterà a Torre Pellice».
Intorno a questo museo parigino si ipotizzano anche altre iniziative, da mostre tematiche ad una nuova rivista
sulle bambole da collezione.
«Certo le amministrazioni
pubbliche - precisa Guido
Odin - non ci hanno fin qui
aiutati; ecco che davanti a
questa offerta ci parrebbe
sciocco dire di no. Devo dire
che da quando sono cominciate a circolare le voci circa
un nostro trasferimento ho
cominciato a vedere nel nostro museo più gente di Torre
Alcuni esemplari del museo della bambola
Pellice, quasi che la paura di
perderci li abbia riavvicinati
a noi».
Due anni di attività; con
quali risultati? «Abbiamo ricevuto la visita di collezionisti da ogni parte del mondo,
dalla Nuova Zelanda all’
America al Sud Africa o
all’Inghilterra. Come visitatori siamo nella media di
100-150 al mese anche se il
mese di agosto è stato per noi
abbastanza negativo. Nei due
anni di apertura sararmo passate al Piccolo mondo antico
circa tremila persone».
Sono più numerosi i gruppi
organizzati o i singoli visitatori? «Abbiamo avuto, nel
periodo invernale, una buona
affluenza di studenti, spesso
coinvolti grazie alla buona
collaborazione coi centri
agrituristici. A questo proposito devo dire un grazie - aggiunge Samy Odin - anche
agli albergatori che spesso si
ricordano di noi presentando
ai loro clienti le opportunità
della valle». Dunque, se non
subito, la partenza delle vo
stre bambole dalla valle è cosa sicura?
«Nel tempo abbiamo raccolto oltre 500 bambole; credo che ne porteremo in Francia circa 300, per cui noi saremo molto interessati a che
qualcuno (Comune, altri enti
culturali) decidessero di ospitare in adeguata sede una
parte della nostra collezione.
Questo in fondo è anche un
invito e una richiesta di collaborazione. In questi anni
l’apprezzamento dei visitatori è stato praticamente unanime».
Dunque il destino di questo
museo è ancora una volta incerto; «nessuno è profeta in
patria», sembra quasi voler
dire a volte Guido Odin pensando a ciò che in più si sarebbe potuto fare per far crescere in generale il turismo e
i visitatori in vai Pellice; ora
giunge questa occasione: il
Piccolo mondo antico comunque resta, per alcuni mesi ancora, sicuramente a Torre Pellice. Un tempo anche
per riflettere?
I vecchi lavori della tradizione alpina nelle sculture in legno
La montagna e la miniera:
i modellini di Carlo Ferrerò
MILENA MARTINAT
di necessità. «Il costo di tutta
l’operazione - dice il presidente del Cai Uget Valpellice, Mauro Pons - si aggira
sui 250 milioni. È chiaro che
senza il preziosissimo lavoro
volontario di molte persone
la cifra spesa sarebbe stata di
molto superiore. Durante
l’estate abbiamo avuto quasi
costantemente al rifugio almeno una squadra di 5-6 persone. Ora che praticamente
tutte le spese sono state coperte dobbiamo veramente
dire grazie a tutti quelli che
in qualche modo ci hanno sostenuti. A parte il contributo
regionale di 110 milioni, il
resto arriva dal Cai e dai donatori».
E al Granerò c’è ancora
una novità: l’impianto di illuminazione sarà elettrico;
per ora ci si affiderà ancora
ad un generatore a gasolio,
ma è già pronto il progetto di
una piccola centralina idroelettrica che fornirà alla struttura anche una illuminazione
«ecologica».
opo aver portato da
Poumarat (la più alta
fra le borgate deU’“indiritto”
del vallone di Faetto, ndr) a
Pomaretto tutti gli arnesi che
si usano in montagna e averli
riordinati in una stanza, ho
pensato che dopo qualche anno le persone non avrebbero
più saputo come e per che cosa utilizzarli. Il mio grande
amore per la montagna e per
la mia terra ha fatto sì che
iniziassi, nell’inverno fra il
1979 e il 1980. a costruire i
miei modellini che rappresentano la posizione dell’uomo
nell’utilizzo di ogni attrezzo».
Così Carlo Ferrerò, nato a
Poumarat nel 1910 e ora residente a Pomaretto, descrive
come è nata l’idea di costruire i suoi modellini. In quattro
inverni ne ha costruiti 158
che rappresentano altrettanti
lavori.
«Sono costruiti con legno
di bosso - spiega - un legno
molto duro che ho dovuto lavorare con lima e attrezzi da
ferro. Durante il giorno facevo la persona, ricavata da un
pezzo di legno unico, solo le
braccia le facevo a parte; poi
costruivo l’attrezzo in minia
tura, per lo più in ferro e legno. Al modellino di legno
davo la posizione sull’arnese
da lavoro osservando me
stesso in quelle condizioni.
La sera, quando il modellino
era terminato, mia moglie faceva i vestiti che poi incollavo sulla persona di legno. Il
modellino prendeva così vita».
Il primo modellino rappresenta due uomini che utilizzano la sega grande, la sega da
segatori. Tutti gli altri rappresentano i lavori della terra,
del legno, della miniera. Un
lavoro di miniatura davvero
spettacolare che ripropone
con semplicità e immediatezza che cos’era e come era il
lavoro in valle fino a qualche
decennio fa. Un patrimonio
sicuramente da non perdere.
Sabato 4 e domenica 5 settembre - RORÀ: al Parco montano, dalle 16 di sabato, si tiene
Rock al bric, un motoritrovo di
Harley, Chopper, Custom: l’ingresso è gratuito e il campeggio è
libero; è prevista una proiezione
di un video sul super rally di Murazzano. Sabato concerto dei
Buena Onda, Gipsy Eyes, Pecore
Nere. Per prenotazioni rivolgersi
al 93110.
Lunedì 6 settembre - PINEROLO: alle 21, presso il campo
«L. Barbieri» si terrà un concerto
del gruppo musicale Gen Rosso.
Il gruppo si propone di portare
avanti attraverso la musica un
progetto di indagine sui valori legati alla riscoperta della sfera religiosa: i testi sono spesso incentrati sul rispetto e l'apertura alla
multirazzialità e sull’invito alla
pace come fine da raggiungere fra
le nazioni e i singoli. Il biglietto
d'ingresso costa 10 mila lire ed è
in prevendita presso la Libreria
Tajo, in via Duomo 4, e il Magic
Bus in via Virginio 36, a Pinerolo; il Top Sound in via Torino 10
a Saluzzo e la Libreria Cattolica
edizioni Paoline in corso Matteotti 11 a Torino.
Sabato 11 e domenica 12 settembre - TORRE PELLICE: si
aprirà la prima mostra mercato
di antiquariato minore e
dell’oggetto usato, allestita
nell’area del mercato coperto e in
piazza Cavour. Si potrà visitare la
mostra il sabato dalle 10 alle 24 e
la domenica dalle 8 alle 24.
Mercoledì 15 settembre TORRE PELLICE: in oc
casione dell’inaugurazione
dell’anno scolastico ’93-94, alle
15 al Collegio valdese Vittorio
Pons, ex allievo del liceo, terrà
una prolusione ricordando la propria esperienza di vita. Vittorio
Pons è il fondatore e segretario
della fondazione CoudenhoveKalergi a Losanna, vicepresidente
degli Archivi europei di Ginevra
e direttore del mensile «Paneuropa», fondato nel 1924. Ha svolto
diversi incarichi a Bruxelles e si è
impegnato fino al 1975 come
consigliere presso la commissione della Comunità economica,
per continuare poi la sua azione
di segretario generale dell’Unione
paneuropea. Per il suo lavoro ha
ricevuto la medaglia d’oro al merito europeo, la medaglia d’oro
tedesca al merito paneuropeo e la
commenda al merito della Repubblica italiana.
Domenica 5 settembre - ANGROGNA: In occasione delT8
settembre, al Bagnou (Angrogna)
si terrà un raduno partigiano. Per
chi intende raggiungere il Bagnou
a piedi, la partenza è prevista da
piazza Pietro Micca a Torre Pellice; alle 7,20 dal Serre si prosegue
a piedi per Buonanotte sui sentieri partigiani. Alle 9 si arriva alla Barma e si scopre la lapide in
ricordo della stampa del «Pioniere». L’arrivo al Bagnou è previsto
per le 10,30, con il raduno presso
la lapide di Jacopo Lombardini:
dopo il saluto delle autorità e il
discorso di Valdo Spini, ci saranno alcuni canti del coro «La
Draia» di Angrogna e la lettura di
lettere dei condannati a morte
della Resistenza, con alcune testimonianze del gruppo teatro di
Angrogna. Alle 12,30 si terrà il
pranzo, al sacco o presso la Ca
d’ia Pais, e alle 15,30 il ritorno a
piedi attraverso i sentieri valligiani, con l’aiuto di una guida.
Inoltre, venerdì 10 settembre
alle 20,30, a Torre Pellice, l’Anpi
organizza una fiaccolata dal palazzo comunale al monumento
dei Caduti; alle 21, al cinema
Trento, si terrà una serata animata
dal Coretto valdese.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondavi
Spedizione in abb. post.
Gr 2A770
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 5 settembre, alla cappella dei Jalla, alle ore 18
si terrà il culto; predicazione del
pastore Claudio Pasquet.
10
PAG. IV
E Eco Delle Yallì ¥^ldisi
VENERDÌ 3 SETTEMBRE 1993
Alimentazione, nutrizione e mangiare sano
La ciotola d^argilla
VALERIA FUSETTI
I piatti unici, dato che contengono diversi alimenti,
consentono di avere un apporto pressoché completo di
elementi nutritivi. In essi
vengono di solito abbinati
cereali e alimenti fortemente proteici, come i legumi, le uova o il formaggio, e di solito prevedono
anche la presenza di verdure. Sono piatti fortemente
consigliati nel caso che il
nostro organismo necessiti
di qualcosa di semplice come quando si è costretti a
fare una vita di tipo sedentario. Alcuni piatti unici,
poi, fanno parte integrante
della «cucina regionale povera», essendo il frutto di
una scienza domestica in
cui, per secoli, le donne
hanno profuso la loro creatività per non sprecare niente
offrendo nello stesso tempo
pasti buoni e nutrienti. Personalmente li amo molto
perché sono il frutto duraturo e visibile della creatività,
della fantasia, del senso
dell’economa e dell’amore
di generazioni di donne. Di
nessuna portano la firma, di
tutte portano una traccia.
«Timballo di pane e formaggio»: tagliate a fette
sottili 3 cipolle e stufatele in
una teglia bassa con due
cucchiai di olio e una foglia
d’alloro. Quando sono ben
appassite, stendetele sul
fondo di una teglia da forno
e copritele con uno strato di
fette di pane vecchio di alcuni giorni. Sopra alle fette
di pane mettete scaglie di
formaggio avanzato, anche
di due o tre tipi diversi. Io
uso sempre la toma squisita
e a buon mercato delle nostre valli. L’ultimo strato
sarà di fettine di pomodori
ben maturi. Salate leggermente e cospargete di foglie
di basilico e di prezzemolo
tritati per bene e mescolate
a due cucchiai di pane grattato. Se vi è rimasto molto
pane, e prevedete una tavolata numerosa, potete ripetere gli strati di cipolla-paneformaggio e pomodoro per
almeno altre due volte (ma
non di più). Bagnate con
uno o due bicchieri di brodo
vegetale e qualche goccia
d’olio e spolverate la superficie con poca cannella e
noce moscata. Infornate a
fuoco medio e lasciate la teglia nel forno fino a che la
superficie è ben dorata. Servite tiepida o fredda.
Un’altra ricetta veramente
squisita, e che vi aiuta a non
buttare via il buon pane, è la
«Panzanella». Affettate 500
grammi di pane raffermo e
mettetelo a bagno in acqua
fresca per mezz’ora; mentre
il pane si ammolla, tagliate
a fette un bel cetriolo, senza
levare la buccia (rimane più
digeribile), spezzettate 3-4
pomodori ben rossi di sole e
tagliate ad anelli uno o due
porri, a piacere. Mescolate
le verdure al pane strizzato
in una capace terrina e cospargete il tutto di abbondanti foglie di basilico e due
o tre foglie di menta.
Se vi è possibile fate riposare il tutto in ambiente fresco, o in frigorifero, ma tenendo il recipiente nella zona meno fredda e avendo
cura di coprirlo. Condite il
tutto con olio d’oliva extravergine (se avete l’olio di
Riesi la bontà di questo
piatto sarà insuperabile!),
poco aceto e sale e pepe
quanto basta.
In questo periodo non c’è
giardino nelle valli che non
sfoggi fragranti cespugli di
lavanda. Sono una vera festa sia per la vista che per
l’odorato. Se volete farne
sacchetti profumati per i
cassetti dei comò e i ripiani
degli armadi vi consiglio di
raccogliere le spighe quando i fiori non sono comple
tamente aperti, raccoglierli
in mazzi e appenderli a seccare in un luogo ombroso.
Quando le spighe saranno
ben seccate potrete dividerle e, legate con un bel
nastrino, distribuirle in armadi e comò. Ma se desiderate un profumo un po’ più
ricco, vi dò una ricetta che
10 sperimento da anni con
successo, sia in casa che
presso gli amici a cui ne
faccio dono, in sacchettini
ricamati, in occasione di
compleanni o a Natale.
Quando la lavanda è ben
asciutta sgranatela, separando i fiori dai gambi e dalla
spiga di sostegno; a questi
fiorellini aggiungete foglie
di alloro seccate e spezzettate, alcuni pezzi di scorza
di cannella, due o tre chiodi
di garofano. Se a questa miscela di profumi potete aggiungere anche qualche petalo di rosa del vostro giardino, asciugati all’ombra,
allora il vostro sacchetto
sarà veramente completo.
La lavanda non è utile solo per profumare la biancheria e tenere lontano le
tarme dai vostri armadi: le
sue proprietà sono utili sia
nella farmacia che nella cosmesi domestica. Per uso
interno le tisane di fiori (1
cucchiaino da caffè in 100
mi d’acqua) sono utili soprattutto per calmare la tosse, attenuare gli accessi d’
asma e, soprattutto, contro
11 mal di testa. Gli sciacqui
e i gargarismi servono egregiamente a purificare l’alito
e le mucose della bocca.
Per uso esterno, i fiori di lavanda purificano la pelle, e
sono utilissimi per le pelli
grasse e acneiche. In questi
casi sarà utile la seguente
tintura: 20 grammi di fiori
in 100 mi di alcool a 30°.
Lasciare a macero per 8
giorni e poi applicare sulla
pelle con un tamponcino di
cotone.
Assisi, successo della compagnia
Vincono i balestrieri
di Roccapiatta
Finalmente la compagnia
Balestrieri di Roccapiatta ce
l’ha fatta. Infatti il 22 agosto,
ad Assisi, si è aggiudicata il
titolo di campione d’Italia al
IX torneo di tiro alla balestra
antica, con le compagnie di
Assisi, Terra del Sole (To),
Ventimiglia, Pisa, Gualdo Tadino (Pg).
La compagnia è nata nel
1976, nell’ambito della Pro
Loco di Prarostino, e nel
1987 è entrata a far parte della Litab (lega italiana di tiro
alla balestra antica). È formata da 60 componenti: un portastendardo, 15 balestrieri, 12
tamburini, 12 sbandieratori,
un corteo di dame. Grossa è
la soddisfazione della compagnia perché questa vittoria,
conquistata in Umbria, terra
di balestrieri, è importante e
testimonia la grande professionalità conseguita.
La vittoria del titolo italiano è stata coronata dalla vittoria del balestriere Marco
Rivoira nel trofeo Lippolio
Cinema
BARGE - Il cinema Comunale ha in programma,
con inizio ore 21, giovedì 2
settembre Amore per sempre; venerdì Malcom X; sabato Fuga dal mondo dei
sogni; domenica Qualcuno
da amare; martedì (ore
19,30 e 21) La sirenetta.
PINEROLO - Il cinema
Italia propone la visione di
Dragon ore 20,15 e 22,20.
TORRE PELLICE - Il
cinema Trento propone, venerdì 3 settembre, ore 21,15
e sabato, ore 20 e 22,10,
Scomparsa.
Domenica, ore 20 e 22,10
e lunedì, ore 21,15, Dragon,
la storia di Bruce Lee.
Rimane deserto il bando di concorso emesso dalla Comunità montana
Nessuno vuole la gestione del Palaghiaccio
Il tetto è molto bello, peccato che per un bel po’
non vi si potrà pattinare sotto:
è questo l’amaro commento
di molti sportivi della vai Pellice che dal marzo 1992
aspettano di poter tornare a
calcare il ghiaccio di via Filatoio. La lunga storia della copertura del palazzetto del
ghiaccio di Torre Pellice, iniziata nel 1988, non si è ancora conclusa e benché la
parte più vistosa e ben riuscita (la copertura appunto) sia
ultimata da alcuni mesi ogni
attività futura viaggia ancora
nell’incertezza.
Nel corso dell’estate la Comunità montana, a cui il Comune di Torre Pellice ha ceduto rimpianto in comodato
per 15 anni, ha emesso il bando per l’affidamento della gestione della pista. Due i gruppi interessati in un primo
tempo alla gara (l’H C Valpellice e la Cooperativa culturale La tarta volante) ma al
momento di far pervenire le
proprie offerte nessuna delle
due società si è fatta avanti. I
motivi?
Il bando prevedeva una se
rie di oneri a carico del gestore ritenuti da tutti troppo
elevati in questa fase di rilancio della struttura ma soprattutto, hanno rilevato entrambe le società, a fronte di
un affidamento di soli tre anni
l’ente pubblico non era in
grado di offrire sufficienti garanzie circa i lavori ancora
necessari per rendere apribile
l’impianto. Restano infatti da
costruire la biglietteria, il sistema fognario, la recinzione,
l’asfaltatura intorno alla pista;
forse verranno anche rifatte le
balaustre, ma non è ancora sicuro anche perché i fondi a
disposizione non paiono al
momento sufficienti.
Intanto anche per il nuovo
impianto di illuminazione, almeno in un primo momento,
non è stato raggiunto un risultato soddisfacente. Se nel
conto mettiamo ancora tutti i
lavori di pulizia e verniciatura si può capire come alla fine nessuno abbia scelto di avventurarsi nella gestione della
pista.
Eppure, almeno alla società
sportiva, la patinoire serve
come il pane; nell’ipotesi di
una gestione diretta dell’Hochey Club Valpellice. i
dirigenti pensavano di poter
reinvestire eventuali utili di
esercizio nell’attività sportiva, proprio per dare continuità alia pratica dello sport
del ghiaccio che attualmente
coinvolge un centinaio di ragazzi dai 7-8 ai 20 anni. In
ogni caso entro la metà di settembre la squadra dovrà decidere se iscriversi ai vari campionati e per quella data sarebbe necessario avere qualche certezza in più sulle prospettive di riapertura della pista.
Andata deserta la gara per
la gestione, in difficoltà anche
ad affidare i lavori di ultima
zione dell’impianto, come si
comporterà ora la Comunità
montana? Sembra vi sia l’intenzione di procedere con
l’affidamento della gestione a
trattativa privata, mutandone
le condizioni. Crediamo sia
comunque interesse di tutti arrivare all’apertura in tempi
celeri della pista; ne va della
credibilità di una classe politica, ci sono di mezzo anche le
opportunità ricreative e di socializzazione di molti giovani
della valle e non solo visto
che, almeno finché non sarà
in funzione il palazzetto di Pinerolo, il bacino interessato
sarà come sempre assai ampio
comprendendo il Pinerolese
ma anche il vicino Saluzzese.
tra maestri d’arme, che si è
svolto sabato 21 agosto.
Il prossimo anno il X torneo avrà luogo nel Pinerolese
e già fin d’ora c’è la speranza
di ripetere il successo.
Torino
Caravan
al Lingotto
Dal 18 al 26 settembre si
terrà al Lingotto fiere la diciannovesima edizione di
«Caravan e tendeuropa», unica manifestazione del settore
in Italia. Quest’anno, Caravan
Europa approfondirà l’illustrazione degli aspetti di villeggiatura La fiera è aperta al
pubblico tutti i giorni, tranne
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i/FNERDÌ 3 SETTEMBRE 1993
^ ^ PAG. 7 RIFORMA
Valdese
Un commento di Myriam Marcheselli, di «Foyers mixtes» i II «Testo comune» sui matrimoni interconfessionali
Ora tocca alle chiese
ALBERTO CORSANI_____
TI documento è un pasKKL so avanti - dice Myriam Marcheselli, metodista,
bolognese per nascita, residente a Milano e impegnata
da anni, con il marito Gianni,
cattolico, nei gruppi di coppie interconfessionali - magari al di sotto delle aspettative di alcuni componenti il
Sinodo valdese; ma che la
Chiesa cattolica, a livello ufficiale, abbia accettato questo dialogo, di riconoscere le
divergenze e vedere che potranno essere in buona parte
superabili, è un passo avanti.
Certo ci sono dei grossi scogli: il matrimonio-sacramento e il “modo cristiano di vivere il matrimonio”, ma che
cosa significa tutto ciò, al di
là di queste parole?»
- Quali potranno essere gli
impieghi «concreti» del documento, al di là del fatto
che esso è presentato solo
come un «Testo comune di
studio e di proposta per un
indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali»?
«Il documento - prosegue
Myriam - potrà essere molto
utile in quelle situazioni in
cui pastori e preti non sanno
bene come muoversi; forse
gli evangelici hanno più
esperienza per il fatto di trovarsi come minoranza in
mezzo a una maggioranza,
ma il prete che si trova per
la prima volta di fronte al
problema è sempre costretto
a delegare a qualcuno della
Curia.
Anche l’eventuale rappresentante della Curia avrà
dunque uno strumento in mano, che è un testo prodotto
da parte cattolica. Ora c’è
qualche cosa che dice: si deve procedere in questo modo.
Una riunione di un incontro internazionaie di coppie interconfessionaii
e non in base a schemi ora
superati. Il cammino è tuttavia solo iniziato: chi è da
tempo impegnato nell’esperienza ecumenica poteva
aspettarsi altre cose, ma delle basi sono state messe:
l’aver messo sullo stesso piano i diritti e i doveri dei due
coniugi quanto al “dare testimonianza" (sia verso l’altro coniuge sia verso l’eventuale prole) è molto importante, è un cambiamento di
mentalità: si diventa entrambi credenti responsabili».
- C’è forse, a questo punto, qualche lezione da imparare anche al di là del discorso ecumenico...
«Sì: i coniugi devono “fare
quanto possibile” per l’educazione dei figli: anche per il
coniuge cattolico non è un
obbligo calato dall’alto, ma
un impegno che entrambi devono assumersi.
Anche per il coniuge cattolico ci si trova di fronte a un
impegno: mi domando perché la stessa cosa non sia
prevista nei matrimoni uniconfessionali cattolici... I
matrimoni interconfessionali, come si vede, possono essere utili per approfondire
l’impegno anche per un’unica confessione.
Una cosa che mi sarei
aspettata sarebbe stato l’impegno da parte delle chiese.
È giusto che esse riconoscano l'impegno delle coppie
per la testimonianza, che le
accolgano con benevolenza,
ma ci sarebbe piaciuto vedere un impegno preciso per
quanto riguarda la catechesi. Se il battesimo è “riconosciuto” , sarebbe bello che la
chiesa che riconosce il battesimo fatto nell’altra fosse
anche disponibile ad assumersi la responsabilità di seguire il bambino nel suo
cammino in una catechesi in
forma ecumenica. Dal momento che il lavoro delle
commissioni andrà avanti,
speriamo che questo argomento venga messo all’ordine del giorno».
La Conferenza stampa di presentazione del «Testo comune»
Una base per il dialogo, un aiuto
“''r le coppie interconfessionali
«È la prima volta che, in
Italia, le chiese hanno un dialogo ravvicinato. Per venturi
volte ci siamo incontrati attorno allo stesso tavolo come
fratelli e amici che cercano di
trovare soluzioni in vista del
bene delle coppie interconfessionali e al servizio delle
chiese e del cammino ecumenico». Lo ha affermato monsignor Pietro Giachetti, vescovo di Pinerolo, nel corso
della conferenza stampa svoltasi a Torre Pedice nelTambito del Sinodo, per presentare
il «Testo comune di studio e
proposta per un indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali», sottoscritto
T8 luglio scorso dall’apposita
Commissione nominata dal
Sinodo valdese-metodista e
da un’analoga Commissione
della Conferenza episcopale
italiana.
Monsignor Giachetti, che è
membro della Commissione
Cei sui matrimoni misti, si è
Da sin. il vescovo Pietro Giachetti, Luca N. Negro (agenzia Nev), Maria Sbaffi Girardet, Alberto Taccia, Gianni Long
Cosa possiamo dire
in comune sul matrimonio
NEL PROSSIMO
NUMERO
pubblicheremo, in Riforma
documenti, la versione integrale del documento Testo comune di studio e
proposta per un indirizzo
pastorale dei matrimoni
interconfessionali.
rallegrato per l’accoglienza
riservata dal Sinodo al documento e ha auspicato che, una
volta che anche la Cei si sia
espressa sul documento, si
possa proseguire nel dialogo
fra cattolici e valdesi-metodisti, sia dando attuazione pratica a quanto indicato nel «Testo comune» sia affrontando
altre tematiche di comune interesse.
Il pastore Alberto Taccia,
membro della Commissione
sinodale sui matrimoni misti,
ha precisato che il Sinodo
non ha «approvato» il «Testo
comune», ma lo ha recepito
come base per proseguire il
dialogo, invitando al tempo
stesso le comunità a utilizzarlo fin d’ora nei loro contatti
ecumenici. 11 professor Paolo
Ricca, anch’egli membro della Commissione sinodale e
decano della Facoltà valdese
di teologia, ha auspicato che
si pronuncino sul documento
non solo le chiese, ma anche
le numerose coppie interconfessionali del nostro paese.
A conclusione della conferenza stampa, sia Ricca che
Giachetti hanno auspicato la
creazione in Italia di un
«Consiglio nazionale delle
chiese», sull’esempio di molti
paesi europei.
Il «testo comune di studio
e proposta per un indirizzo
pastorale dei matrimoni interconfessionali», sottoscritto
T8 luglio 1993 dall’apposita
Commissione nominata dal
Sinodo valdese-metodista e
da un’analoga Commissione
della Conferenza episcopale
italiana (Cei), e presentato al
Sinodo il 25 agosto, consta di
una premessa, di tre parti e di
una conclusione.
Nella premessa si riassume
il lavoro svolto dalle due
Commissioni, presiedute rispettivamente da Maria Sbaffi Girardet e da Filippo Giannini, vescovo ausiliare di Roma, e si afferma la comune
persuasione che, anche se
«l’unione delle persone e la
comunione di vita nel matrimonio sono più agevolmente
assicurate quando i due coniugi condividono la stessa
fede», «i matrimoni interconfessionali presentano anche
aspetti positivi» e possono
essere «luogo importante del
cammino ecumenico».
La prima parte riguarda
«Ciò che come cristiani possiamo dire in comune sul matrimonio»: «la creazione
dell’uomo e della donna, nella loro diversità e reciprocità,
è di per sé un invito alla comunicazione, all’incontro, al
dialogo» (1.1); il matrimonio
«vissuto come risposta gioiosa dell’uomo e della donna
alla loro creazione» (1.2); il
riferimento biblico al matrimonio come «parabola
dell’Alleanza tra Dio e il suo
popolo e segno presente
dell’unione tra Cristo e la
Chiesa» (1.3); l’amore coniugale, in cui «i coniugi credenti vivono la propria sessualità
senza esaltazioni né repressioni, rispettando la dignità e
la libertà di ciascuno» (1.4).
La fedeltà, che non è circoscritta «alla sfera sessuale,
ma riguarda i vari momenti
della vita in comune» (1.5);
la durata del matrimonio, che
è un «patto senza scadenze»
(1.6); l’apertura alla vita della coppia coniugale, «ordinata alla procreazione», anche
se l’istituzione matrimoniale
e quella familiare vanno distinte e «il matrimonio si dimostra pienamente fecondo,
oltre che nella procreazione,
anche in modi diversi, sia
nella dimensione familiare
che in quella sociale» (1.7);
la famiglia vista nel suo ruolo di edificazione e coesione
nella società e nella chiesa
(1.8); e infine il matrimonio
interconfessionale, «un matrimonio tra cristiani appartenenti a confessioni diverse
avviene “nel Signore’’ e
quindi nel suo corpo, che è la
Chiesa»; anche se «la diversità e la separazione delle comunità possono pesare negativamente sul rapporto di
coppia», la coppia interconfessionale «può contribuire
ad avvicinare le comunità,
creando occasioni di incontro, dialogo, scambio e, se
possibile, momenti di comunione» (1.9).
Nella seconda parte si affrontano le «Differenze e
divergenze» tra la concezione cattolica e quella evangelica del matrimonio. La prima differenza riguarda la
«sacramentalità» del matrimonio: per valdesi e metodisti gli unici sacramenti sono
il battesimo e la Santa Cena;
la diversa concezione della
natura sacramentale o meno
del matrimonio tuttavia «non
impedisce ad una coppia
interconfessionale di vivere
cristianamente la propria
unione» (2.1).
Una seconda divergenza riguarda l’indissolubilità del
matrimonio; per valdesi e
metodisti la vocazione rivolta
alla coppia è di «essere uniti
in una comunione di vita duratura» (Documento del Sinodo valdese sul matrimonio,
1971): d’altra parte si riconosce resistenza di crisi coniugali che possono sfociare in
situazioni di rottura insanabile, in cui non è più
possibile chiedere ai credenti
«in nome delTEvangelo, la
rinuncia al divorzio» (ibidem). In ogni caso, «la diversità a livello dottrinale e
disciplinare tra la Chiesa cattolica e quella valdese in ordine all’indissolubilità, nulla
toglie alla comune volontà
dei coniugi di una coppia interconfessionale di costruire
un rapporto d’amore che duri
tutta la vita» (2.2).
Terza difficoltà: fecondità
e procreazione. Per entrambe
le confessioni, l’apertura alla
vita è iscritta nella trama
stessa dell’amore coniugale.
Tuttavia, a differenza di
quella valdese, la Chiesa cattolica ritiene che l’esclusione
della prole con atto positivo
di volontà di uno o di ambedue dei coniugi al momento
della celebrazione renda nullo il matrimonio». Diversa
anche la concezione delle
due chiese sui metodi di regolazione delle nascite: questa questione tuttavia «non
riguarda la natura del matrimonio né le sue proprietà
essenziali e, come tale, non
incide sulla validità del matrimonio interconfessionale»
(2.3).
Quarta difficoltà: l’educazione religiosa dei figli; per i
cattolici, i coniugi cattolici
devono «fare quanto in loro
potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella
Chiesa cattolica» (Codice di
diritto canonico), mentre per
valdesi e metodisti «essendo
i genitori gli unici responsabili di fronte a Dio degli impegni che hanno verso
di lui circa i loro figli, ad essi
spetta ogni decisione riguardo al battesimo e all’educazione cristiana dei figli nati
da un matrimonio interconfessionale» (Documento del
Sinodo valdese sul matrimonio). Comunque «per entrambe le chiese l’educazione
dei figli è un diritto-dovere di
ambedue i genitori. Pertanto
ognuno di essi deve tener
presente l’analogo diritto-dovere del coniuge»; «è fondamentale che l’educazione cristiana dei figli nati in un matrimonio interconfessionale
sia svolta con spirito ecumenico» (2.4).
Ultima difficoltà, gli aspetti pratici derivanti dalla divergenza dottrinale e disciplinare delle due chiese: in
particolare, «la Chiesa valdese, pur disciplinando con
proprie norme la celebrazione del matrimonio, non prevede procedure che coinvolgano il coniuge cattolico, e
comunque non condiziona ad
esse la validità del matrimonio», mentre la Chiesa cattolica prevede una «procedura
investigativa prematrimoniale» al fine di verificare eventuali ostacoli alla validità e
liceità del matrimonio. «Nello stato attuale, nonostante la
buona volontà della Chiesa
cattolica e di quella valdese,
non è possibile il riconosci
mento reciproco di tutti i matrimoni celebrati nelle rispettive chiese, a causa del diverso giudizio sulla loro validità.
Così non è consentito
all’Ordinario di dare licenza
al matrimonio di un cattolico
con persona non cattolica se
vi sono impedimenti da cui
egli non può dispensare (ad
esempio: precedente vincolo,
ordine sacro, ecc.) o qualora
emergano altri motivi di nullità secondo la dottrina cattolica (esclusione dell’indissolubilità, della prole ecc.), anche se tali matrimoni sono
consentiti dalla Chiesa valdese. Per converso, la Chiesa
valdese non attribuisce rilevanza ai matrimoni senza effetti civili, la cui celebrazione è espressamente prevista
dalla normativa cattolica»
(2.5).
La terza parte riguarda «Indicazioni e orientamenti circa
la pastorale dei matrimoni interconfessionali». Si auspica
che «si sviluppi un’intesa pastorale che impegni non soltanto i ministri delle due
chiese, ma le stesse comunità» (3.1); che la preparazione del matrimonio avvenga coinvolgendo i ministri di culto di entrambe le
chiese: «I ministri procederanno in pieno accordo alla
preparazione al matrimonio,
nel rispetto delle disposizioni
disciplinari delle proprie comunità, in una atmosfera di
fraterna e reciproca collaborazione», e si prevede che nel
corso dell’incontro preparatorio «in ordine agli adempimenti previsti dalla disciplina
della propria comunità», il
membro dell’altra comunità,
«a garanzia della libertà della
propria coscienza, potrà far
partecipare al colloquio il
proprio ministro» (3.2).
La celebrazione del matrimonio (3.3) potrà quindi avvenire in diverse forme: nella
Chiesa cattolica, con l’eventuale partecipazione, «ammessa e gradita», di «un ministro o di una rappresentanza della Chiesa valdese», nella Chiesa valdese, anche qui
con la partecipazione di un
ministro cattolico, o ancora
davanti all’ufficiale di stato
civile. Per quanto riguarda
matrimoni senza effetti civili,
previsti dall’ordinamento
cattolico, la Chiesa valdese
non «attribuisce rilevanza»
ad essi: ma in questo caso,
come per i matrimoni celebrati secondo l’ordinamento
valdese e non validi per la
Chiesa cattolica (ad esempio
nuove nozze di divorziati),
«la diversità della dottrina e
delle normative tra le due
chiese (...) non preclude l’attenzione pastorale delle rispettive comunità ai nuclei
domestici così fonnati».
L’ultimo punto della terza
parte (3.4) riguarda la «pastorale per le coppie interconfessionali» che deve accompagnare gli sposi non solo in occasione del matrimonio, ma in tutta la loro vita coniugale. In conclusione,
si precisa che il «testo comune» è «un primo concreto
passo nel cammino ecumenico, in un campo particolarmente delicato» e che «esso
viene sottoposto all’approvazione della Conferenza episcopale italiana e al Sinodo
delle chiese valdesi e metodiste, che decideranno di comune accordo come rendere
operative le indicazioni pastorali ivi contenute».
12
PAG. 8 RIFORMA
iiNODo Valdese
VENERDÌ 3 SETTEMBRE I993
Il futuro del Collegio valdese di Torre Pellice è di diventare «Liceo europeo»
Una scuola nuova per rilanciare distruzione
_______FEDERICA TOURN_______
Il Collegio continuerà ad
essere un punto di riferimento per la formazione
scolastica dei giovani evangelici, e in particolare dei ragazzi delle Valli. Almeno è
quanto si augura il Sinodo
che, dopo un lungo dibattito
sulle possibili destinazioni
della scuola, ha deciso di incoraggiare l’attuazione del
progetto proposto dal Comitato del Collegio sulla sperimentazione di un «Liceo
europeo». Questa nuova formula, che dovrebbe essere
avviata già a partire dall’anno scolastico ’94-95, darebbe ai ragazzi, oltre a ulteriori
strumenti di comunicazione
linguistica con altri paesi e
la possibilità di scegliere il
corso di studi fra tre diversi
indirizzi, un diploma riconosciuto a livello comunitario.
Il costo del progetto non è
però indifferente; per l’avvio
del liceo europeo, secondo i
calcoli del Comitato, sarà
necessario un miliardo in 5
armi.
Oltre all’impegno economico, che non è indifferente
inserito nella situazione finanziaria della chiesa, non
sono state poche le perplessità emerse nell’aula sinodale. Innanzitutto la possibilità
di concorrenza di scuole statali con lo stesso progetto in
cantiere, l’ormai risaputa diminuzione di studenti - e di
ragazzi in età liceale - in
valle e soprattutto la necessità di saper rispondere alle
esigenze di un territorio che
si sta trasformando in area
sottosviluppata. Una recente
indagine ha infatti confermato che le valli valdesi
registrano un livello di scolarità più basso rispetto al re
sto dell’Italia in genere e comunque degli altri paesi europei. «Il Collegio, al momento della sua fondazione,
rappresentava un pilastro
culturale ed ecclesiastico per
le Valli - ha detto il pastore
Giorgio Toum - ma dobbiamo prendere atto che quell’
istituto del secolo scorso, legato ad una particolare realtà
storica e politica, è morto: se
non vogliamo fallire dobbiamo pensare ad una scuola
per il Duemila, adeguata ai
problemi e alle richieste di
oggi».
Questa «scuola nuova», secondo la proposta avanzata
in Sinodo da Marco Rostan,
potrebbe essere un dipartimento di formazione polivalente diviso in vari indirizzi
che puntino soprattutto ad
uno sbocco concreto nel
mondo del lavoro, che non si
presenta certo accogliente; i
corsi sarebbero a pagamento
e rivolti a tutti, giovani e
non, e nel reperimento dei
docenti ci si potrebbe avvalere di collaborazioni in gran
parte volontarie.
Il Sinodo non ha però accolto l’idea di questa nuova
struttura convertibile alle di
verse esigenze degli aderenti, ancora una volta restio a
chiudere il Collegio, come
già era successo nella stessa
aula sinodale 24 anni fa. «Il
liceo valdese è l’unica scuola superiore evangelica nelle
Valli - ha ricordato Alberto
Peyrot, presidente del Comitato del Collegio - ed è proprio in questa situazione di
crisi non solo economica ma
culturale che dobbiamo sostenerlo perché non si venga
a creare un ulteriore e dannosissimo vuoto». Il pastore
Franco Giampiccoli ha aggiunto: «Anche in considerazione del fatto che nelle opere si finisce sempre per privilegiare le iniziative per gli
anziani e sottovalutare quelle rivolte ai giovani».
Approvata quindi la sperimentazione del liceo europeo per i prossimi cinque anni, si è deciso di non proporre la doppia iscrizione (essendo il Collegio una scuola
privata, lo studente potrebbe
iscriversi contemporaneamente anche ad una scuola
pubblica, riservandosi di decidere all’ultimo) anche se in
un primo momento era apparsa consona al carattere di
prova del progetto e all’imprecisa sorte del Collegio: è
sembrata un’eccessiva cautela, che sarebbe parsa forse
poco rassicurante agli interessati.
L’ordine del giorno, comunque, non ha esaurito gli
interrogativi: per esempio,
se è vero che invita non solo
la comunità valdese delle
nostre valli ma tutto il mondo evangelico a «cogliere
l’opportunità che viene così
offerta da questa nuova
scuola proiettata verso l’Europa», è altrettanto assodato
che nei pressi della suddetta
scuola non ci sono strutture
adatte ad accogliere studenti
forestieri: un convitto non
esiste e la Foresteria di Torre
Pellice non è fatta per assumersi la responsabilità di
minorenni.
- Il Sinodo approva 1’
operato del Comitato del
Collegio e ne ringrazia i
membri unitamente al personale dell’Istituto per il lavoro svolto.
- Il Sinodo, presa conoscenza del progetto elaborato dal Comitato del Collegio
valdese in vista della sperimentazione di un «Liceo europeo», considera tale progetto valido nella sua impostazione;
invita la popolazione valdese e più in generale il
mondo evangelico italiano a
cogliere l’opportunità che
viene così offerta da questa
nuova scuola proiettata verso l’Europa;
fa appello a tutti gli amici del Collegio a sostenere il
comitato nella predisposizione del piano necessario
per il finanziamento del
progetto e nella sua realizzazione.
La discussione sull'operato della Facoltà di teologia
Verso la revisione del piano di studi
JEAN-JEACQUES PEYRONEL
Il dibattito sulla Facoltà di
teologia si è concentrato
su due questioni: la revisione
del piano di studi e la ristrutturazione della biblioteca. La
commissione nominata dal
Collegio accademico per il
nuovo piano di studi ha appena iniziato il suo lavoro,
per cui il nuovo piano di formazione verrà presentato al
Sinodo 1994.
L’ipotesi di revisione è
però sufficientemente delineata: il conseguimento della laurea dovrebbe avvenire
entro il quarto anno, riducendo il numero complessivo di esami soprattutto
nell’ambito delle discipline
bibliche e della storia del
I i m
cristianesimo e inserendo
lungo i quattro anni altri momenti di verifica.
Vi è inoltre l’esigenza, durante il primo biennio, di un
maggiore approfondimento
delle lingue antiche, ebraico
e greco, e della buona conoscenza di una lingua moderna. L’anno all’estero, sulla
cui obbligatorietà il Consiglio della Facoltà chiedeva il
parere del Sinodo, avverrebbe dopo il conseguimento
della laurea.
Un ordine del giorno che
incoraggiava il Consiglio a
proseguire nella revisione del
piano di studi senza però togliere l’obbligatorietà dell’
anno all’estero è stato approvato con un solo voto
contrario.
Primo colloquio fra II modeartore appena eletto, Gianni Rostan, con
la sua vice, Gianna Sciclone
Altri due ordini del giorno
sono stati discussi: uno su un
corso di storia del metodismo (approvato all’unanimità), uno su un progetto di
«Women studies» (approvato, con 20 astenuti). Alcuni
interventi hanno rilevato la
carenza dello studio sull’ecclesiologia protestante e
sull’etica. Il prof. Ermanno
Genre ha risposto che la cattedra di etica era già stata
pensata ma che, al momento,
è impossibile realizzarla.
Il prof. Daniele Garrone ha
quindi informato il Sinodo
sul progetto di ampliamento
e di ristrutturazione della biblioteca, diventato indispensabile non solo per la vita
stessa della Facoltà ma per la
cultura italiana nel suo insieme. Il progetto esecutivo
sarà pronto per il prossimo
autunno.
Il piano di finanziamento è
stato presentato al Sinodo in
modo convincente: il 13%
del costo totale presunto è
già stato raccolto, il 50%
sarà coperto da impegni con
comitati esteri. Per il restante
37%, il Consiglio ipotizza;
5% a carico di 3 esercizi della gestione ordinaria della
Facoltà; 15%, ovvero 163
milioni, da raccogliersi nelle
chiese su un arco di tre anni;
3-5% da coprire con doni individuali in Italia; 12-14%
da coprire con doni di enti,
ecclesiastici e non, in Italia e
all’estero e con contributi
pubblici. L’ordine del giorno
votato al riguardo è stato approvato all’unanimità.
II Sinodo, preso atto della
revisione del piano di studi
in corso, incoraggia il Collegio accademico della Facoltà
di teologia a proseguire nella linea già tracciata, senza
però togliere all’anno
all’estero il suo carattere di
obbligatorietà per coloro
che intendono esercitare il
ministero pastorale.
Il Sinodo incoraggia la
Facoltà di teologia ad inserire un corso di studi della
storia del pensiero metodista
nel curriculum di studi previsto per il corso di laurea.
Il Sinodo invita il Consiglio della Facoltà di teologia
a studiare l’ipotesi di un
progetto di «womens studies» sull’esempio di quanto
già avviene in molte università italiane ed estere.
Il Sinodo invita le chiese
a sostenere attivamente il
progetto di ristrutturazione
e ampliamento della biblioteca della Facoltà di teologia, con un impegno complessivo che dovrebbe superare i 160 milioni di lire
nell’arco di tre anni.
Il Sinodo approva l’operato del Consiglio della Facoltà di teologia e lo ringrazia.
La discussione su Agape
Un lavoro di frontiera
ALBERTO CORSAMI
.. O e Agape ha voluto fin
dall’inizio proporsi
come una “frontiera”, con la
scelta di non avere una propria cappella ma di essere
luogo di dialogo all’insegna
della croce all’ingresso del
complesso dei caseggiati ha detto Giorgio Tourn questa scelta ha informato di
sé, nel bene e nel male, la
cultura di tutta la Chiesa valdese nei decenni che sono
seguiti all’inaugurazione».
Così Agape non ha voluto
essere Taizé, né si è proposta
come un Kirchentag, così la
Chiesa valdese si trova in
difficoltà ogni volta che deve parlare di evangelizzazione, e si trova ad essere una
realtà più di dialogo, di confronto, che non di proposta.
Come si può vivere oggi
questa eredità, che ha suscitato vocazioni, reso possibili
dibattiti e incontri prima impensabili, ha dato un’impronta notevole al protestantesimo italiano? Dove si colloca, allora, oggi, la frontiera? Forse è una frontiera più
«interna» che non ecumenica o intemazionale.
Gli interventi nel corso del
dibattito hanno posto l’accento sulla necessità di un
maggior rapporto con le nostre chiese, con il III circuito, con il distretto: la relazione della Commissione d’esame parlava del rischio di un
possibile «splendido isolamento»: a qualcuno (Bodmer) questo è parso una bestemmia, se riferito ai rapporti intemazionali; ad altri
(Platone) è sembrato vero,
ma con l’avvertenza che tocca a tutti, e non solo a chi a
Agape vive, di romperlo, in
vista di un maggiore dialogo
Il Comitato esecutivo, nella relazione a stampa, ha fatto rilevare il buon andamento della stagione 1992, in
particolare grazie al rilancio
avuto da alcune tematiche
(come l’immigrazione, il
dialogo interreligioso e il
campo donne). Una maggio
re difficoltà, dice la relazione, sussiste per il campo teologico: d’altra parte «il problema è che le questioni teologiche attraversano naturalmente tutti i campi», e probabilmente è giusto che sia
così.
Per ripensare le linee teologiche di Agape (ma in fondo anche questo è un problema che investe la chiesa tutta) c’è una scadenza importante: il 30-31 ottobre si discuterà del tema «Fare teologia a Agape oggi» Le direttrici su cui la discussione si
indirizzerà sono stimolanti e
ricchissime di spunti: Timmagine di Dio òn collegamento con la riflessione avviata dalla Fgei nel suo ultimo campo studi e nei gruppi), il pensiero della differenza sessuale, le teologie
multiculturali: saprà Agape
coinvolgere le chiese e sapranno queste ultime vedere
Agape come una «scuola di
vita»?
- Il Sinodo, dopo avere
esaminato l’operato del
Centro ecumenico Agape,
lo approva, esprimendo la
propria gratitudine per il
loro impegno a tutte le persone, e al gruppo residente
in particolare, che in questi
anni hanno permesso al
Centro di mantenere e di
sviluppare le proprie attività; ribadisce l’importanza che il Centro Agape riveste nel quadro del lavoro
di formazione che le nostre
chiese svolgono in Italia,
nonché le sue specificità
nell’ambito della proposta
globale del protestantesimo in Italia e nell’ecumene
oggi sul piano culturale:
invita il Centro Agape ad
ampliare ancora il ventaglio dei campi in modo da
coinvolgere utenze e identità specifiche che per il
Centro, in quanto tali, rimangono ancora inesplorate: invita le chiese a vedere Agape come uno dei
centri di formazione più
importanti, laboratorio di
ricerca e scuola di vita.
La discussione sulla stampa
Convegno su «Riforma
entro il 1994
»
ALDO COMBA
Il dibattito sinodale su
Riforma è stato molto breve e praticamente tutto l’essenziale è stato detto nell’ordine del giorno approvato. Se
non c’è stato un dibattito sulla linea del giornale è perché
questo avrà luogo nel convegno di valutazione che dovrà
aver luogo prossimamente.
Vari suggerimenti sono
stati dati su come allargare la
cerchia degli abbonati: ne
occorrerebbero infatti ancora
alcune centinaia per assicurare il pareggio finanziario.
Notiamo ancora che la redazione ha dichiarato di essersi sentita bene appoggiata
dalle chiese; segnaliamo infine che le poche voci levatesi
per commentare il contenuto
e la linea del giornale sono
state favorevoli.
Aspettiamo dunque con interesse il prossimo convegno
di valutazione.
- Il Sinodo invita la Tavola e l’Opcemi a continuare lo sforzo di diffusione
del settimanale comune sia
per quanto riguarda l’allargamento del numero degli abbonati (destinando
per esempio una certa somma per l’invio di numeri in
saggio) sia per il consolidamento e la formazione della
rete dei corrispondenti locali;
invita le chiese a continuare ad impegnarsi nella
raccolta degli abbonamenti, raccomandando ai propri membri la forma
dell’abbonamento di sostegno, e il suo utilizzo come
strumento di formazione
ed evangelizzazione;
invita la Tavola, d’intesa
con Opcemi e Ucebi, ad
organizzare entro il 1994 il
previsto convegno di valutazione del giornale e a
rendere operativo il Comitato dei garanti.
13
\/P.NERDÌ 3 SETTEMBRE 1993
Valdese
PAG. 9 RIFORMA
V Ki. 41- '•l't
Importante novità nell'organizzazione delle chiese valdesi e metodiste
Nasce la Commissione sinodale per la diaconia
JEAN-JACQUES peyronel
T^T on bisogna bastonare
troppo l’asina di Balaam». Così ha esordito il
moderatore uscente nel presentare al Sinodo la nuova
bozza di statuto della Commissione sinodale per la diaconia (Csd). Con ciò intendeva dire che a volte i più bei
progetti possono essere bloccati dall’angelo dell’Eterno
quando questi ritiene che la
strada che abbiamo scelto sia
contraria alla sua volontà. La
riorganizzazione della diaconia infatti è da tre anni un
progetto fortemente voluto
dalla Tavola uscente, nonché
dalla Ciov, la Commissione
sinodale che gestisce gli
ospedali valdesi di Torre Pellice e di Pomaretto e il Rifugio Carlo Alberto.
Nel Sinodo dello scorso anno, in cui Tavola e Ciov avevano presentato per la prima
volta il «Progetto di Commissione sinodale per la diaconia», erano emerse alcune
perplessità rispetto alla costituzione di un organismo «che
coordini, sostenga e accompagni opere ed istituti nella
loro attività» che non fosse la
Tavola stessa, come è stato
finora, salvo per gli istituti
gestiti dalla Ciov. Ma il progetto maturato tre anni fa nasceva appunto dalla necessità
di scaricare la Tavola dai
compiti sempre più gravosi e
complessi che riguardano le
opere diaconali delle chiese
valdesi e metodiste.
I timori emersi lo scorso
anno che la nuova Csd diventi una seconda Tavola, una
specie di «Tavola delle opere», sono stati nuovamente
La nuova Commissione sinodale per la diaconia. Da sin. Paolo Sbaffi, Marco T. Fiorio, Carla Beux, Bruno Mathieu, Laura Leone, Gisella
Costabel, Paolo Ribet
espressi da alcuni, e l’esame
puntiglioso della nuova bozza
di statuto, predisposta tenendo conto delle osservazioni
dei comitati delle opere
interessate e sottoposta al vaglio della Commissione per le
discipline (CR), ha dato origine a qualche tensione. Il prof.
Giorgio Peyrot, deputato della chiesa di Torre Pellice, noto per essere pugnace assertore del principio della piena
autonomia dell’ordinamento
valdese rispetto allo stato, ha
abbandonato l’aula dopo che
il Sinodo aveva respinto la
sua proposta di cassare la seconda parte dell’art. 1 che, riferendosi appunto all’ordinamento valdese, precisava;
«...della cui autonomia e indipendenza si dà atto con legge
11 agosto 1984 n. 449». Per
Gianni Rostan, eletto l’indomani nuovo moderatore della
Tavola valdese, l’approvazione dello statuto era
necessaria ma distinguendo
bene le funzioni di coor
dinamento e di direzione.
Mentre quella di coordinamento è essenziale per la
Csd, quella di direzione andava lasciata interamente, a suo
parere, ai comitati di gestione
delle opere. Il Sinodo però ha
dato ragione alla Tavola
uscente che non solo non vede una contraddizione tra le
due funzioni ma che, con il
progetto della Csd, mira appunto esplicitamente ad un
controllo molto maggiore delle singole opere, pur nel rispetto della loro autonomia.
Anche Piero Trotta, metodista di Palermo, ha ribadito
le sue profonde perplessità.
Trotta ritiene che se la Csd ha
anche il compito di nominare
i comitati di gestione e di
controllarne l’attività, significa che essa ha un potere di
assoluta direzione che toglie
l’autonomia alle opere. Ha
proposto quindi di sopprimere i punti 1 e 2 del secondo
comma dell’art. 2 (nomina
dei comitati e nomina dei di
rettori). Proposta respinta a
larga maggioranza da parte
dell’assemblea.
Dopo un dibattito travagliato, l’assemblea sinodale ha
approvato lo statuto a larghissima maggioranza (2 contrari,
4 astenuti). L’indomani sono
stati quindi eletti i sette membri della nuova Commissione
sinodale per la diaconia, commissione alla quale faranno
capo, per ora, solo le opere a
carattere sanitario (ospedali),
assistenziale (case per anziani) e pedagogico-assistenziale
(comunità-alloggio per minori). È stata inoltre eletta la
Commissione d’esame sull’
operato della Csd che, a partire dal prossimo anno, sarà
l’organo attraverso il quale il
Sinodo eserciterà il proprio
controllo sull’attività della
Csd. Come è stato rilevato da
molti, il compito della nuova
commissione sarà molto impegnativo e questa avrà bisogno della collaborazione attiva e fraterna dei comitati di
gestione. Il pastore Alberto
Taccia, ex presidente della
Ciov e convinto sostenitore
della nuova Csd, ha detto in
conclusione del dibattito;
«Inizia così una nuova tappa
nel cammino della nostra diaconia». Ma, ha aggiunto, la
diaconia rimane ancora divisa
in tre parti; a) le opere che
continuano a dipendere direttamente dalla Tavola (Agape,
Servizio cristiano di Riesi, La
Noce di Palermo, le foresterie); b) le opere che fanno capo alla nuova Csd; c) le opere
che fanno capo a Concistori
locali. Ha proposto quindi
che la Commissione d’esame
della Csd esamini anche
l’operato delle altre opere.
Statuto della
Commissione
sinodale per
la diaconia
Il Sinodo approva articolo
per articolo lo statuto della
Commissione sinodale per la
diaconia nel testo allegato ai
presenti atti (Appendice n.
1).
Il Sinodo dispone l’immediata entrata in vigore dello
statuto della Commissione sinodale per la diaconia e delibera pertanto di eleggere alla
fine della presente sessione
sinodale la Commissione sinodale per la diaconia e la relativa Commissione d’esame.
Il Sinodo delibera che le
seguenti opere facciano capo
alla Commissione sinodale
per la diaconia;
- gli Ospedali valdesi di
Pomaretto e di Torre Pellice
- Ospedale evangelico valdese di Torino
- Rifugio Re Carlo Alberto
di Luserna S. Giovanni
- Casa valdese delle diaconesse di Torre Pellice
- Asilo per vecchi di San
Germano Chisone
- il Gignoro di Firenze
- Asilo per anziani di Vittoria
- Comunità alloggio di
Torre Pellice
- Istituto Uliveto di Luserna S. Giovanni
- Istituto Comandi-GouldPestalozzi di Firenze
Il Sinodo approva lo statuto della Ciov nel testo allegato ai presenti atti (Appendice n. 2).
Il Sinodo, in riferimento
all’approvazione dello statuto
della Commissione sinodale
per la diaconia (Csd) e di
quello della Ciov, decide in
via transitoria che, fino alle
relative variazioni da apportare ai Rr.Oo. e ai regolamenti delle singole opere che facevano capo alla Ciov e alla
Tavola e ora fanno capo alla
Csd, di sostituire al rappresentante della Tavola e della
Ciov in ogni singolo comitato, un rappresentante della
Csd; decide inoltre di eliminare la rappresentanza della
Commissione esecutiva distrettuale.
Il Sinodo dà mandato alla
Commissione sinodale per la
diaconia di intervenire presso
gli Istituti che ad essa fanno
capo affinché siano predisposte le opportune modifiche
dei relativi statuti.
Il Sinodo dà incarico alla
Commissione per le discipline di predisporre le modifiche regolamentari e le armonizzazioni necessarie conseguenti alla modifica dell’articolo 35 delle Discipline vaidesi e all’approvazione degli
statuti della Commissione sinodale per la diaconia e della
Ciov.
Centro servizi
Il Sinodo, consapevole
dell’importanza della funzione del Centro servizi per il
rapporto contabile alle opere
e per l’approccio coordinato
ai problemi amministrativi
che esse e la chiesa nel suo
complesso debbono affrontare;
vista la mole del lavoro
svolta nel corso del prece
dente anno;
ritiene che l’attività del
Centro servizi debba essere
potenziata al fine di metterlo
in condizione di rendere il
suo servizio alle opere in
modo sempre più qualificato
e consono ai loro bisogni;
ritiene altresì che tale potenziamento possa avvenire
solo ampliando il numero
delle opere aderenti;
invita perciò tutte le opere
valdesi e metodiste ad
avvalersi del Centro servizi,
prendendo gli opportuni accordi con i responsabili del
Centro.
Ospedali
valdesi
in Piemonte
Il Sinodo, in considerazione del processo di
cambiamento nel settore sanitario a seguito del decreto
legislativo 502/1992 e delle
norme di applicazione in
corso di emanazione da parte
delle Regioni;
richiamata la premessa alla
convenzione vigente fra la
Regione Piemonte e la Tavola valdese, la quale riprendendo gli alti 56/SI/1988 e
60/SI/1989, recita testualmente che è «volontà della
Chiesa valdese di mantenere
gli ospedali di Torre Pellice,
Pomaretto e Torino come
strumenti di servizio evangelico, integrati nella pubblica
programmazione con la salvaguardia della propria autonomia giuridico-amministrativa e della libera applicazione del carattere evangelico
del servizio, in pari dignità
rispetto alle strutture pubbliche senza alcuna possibilità
di confinamento in ruoli meramente sussidiari»;
nella convinzione che il
riordino delle strutture sanitarie di competenza della
Regione non possa prescindere dall’assicurare adeguati
servizi di diagnosi e cura in
una dimensione umana di rispetto e accoglienza delle
persone malate e che pertanto le persone, nella loro
complessità di esigenze e bisogni, vadano viste come riferimento prioritario e come
soggetto centrale della programmazione sanitaria e della progettazione delle nuove
strutture;
consapevole che deve essere comunque ricercato un
rapporto economicamente
equilibrato tra costi e prestazioni quali-quantitative;
ritenuto che la funzione
svolta dagli ospedali di Torre Pellice, Pomaretto e Torino quali ospedali territoriali
integrativi od ospedali di
comunità con un elevato
profilo tecnologico e qualitativo, possa contribuire a
rispondere a queste esigenze
in stretto collegamento funzionale con le realtà sanitarie di riferimento, assicurando al malato un corretto inquadramento clinico delle
problematiche sanitarie presentate;
dà mandato alla Tavola,
alla Commissione sinodale
per la diaconia e agli organi
di gestione degli ospedali di
condurre con la Regione Piemonte trattative per l’aggiornamento della convenzione
secondo i principi sopra
enunciati, con particolare attenzione alle modalità di finanziamento e al ruolo assegnato ai nostri ospedali.
Le decisioni su Villa Olanda
Il futuro è al servizio
degli anziani
Il Sinodo, dopo aver ampiamente discusso le prospettive
future di Villa Olanda, ritiene che questa casa possa avere
un avvenire nel settore dell’ospitalità agli anziani;
chiede alla Tavola di studiare le misure idonee a
raggiungere tale scopo, coinvolgendo nella ricostruzione e
nella gestione della casa sia gli amici di Villa Olanda, sia altre chiese evangeliche;
autorizza la Tavola, qualora le ipotesi sopra indicate si rivelino non praticabili, ad operare le scelte più opportune
circa la destinazione dello stabile.
ECISiONI SINODALI IN
E
Casa delle
diaconesse
Il Sinodo incarica la Commissione sinodale per la diaconia di predisporre una
completa revisione dello statuto della Casa delle diaconesse, in armonia con gli statuti delle altre opere similari,
in particolare per quanto riguarda la presidenza del relativo comitato. In deroga
all’attuale statuto autorizza la
Csd a nominare come presidente del comitato una persona non facente parte della
Tavola.
Regolamenti
Il Sinodo, in riferimento
all’approvazione degli statuti
della Commissione sinodale
per la diaconia e della Ciov
stabilisce che fino alle relative variazioni da apportare ai
Rr.Oo. e ai regolamenti delle
singole opere, per «esame
delle relazioni morale e amministrativa degli istituti ed
opere» da parte della Conferenza distrettuale (RO 5 art.
13 d) si intende quello degli
istituti ed opere del distretto
non facenti capo alla Commissione sinodale per la diaconia.
Operato Ciov
Il Sinodo, cosciente del lavoro svolto con impegno, serietà e spirito di servizio da
tutti coloro che operano negli
istituti gestiti dalla Ciov,
membri dei Comitati di gestione, personale e volontari,
li ringrazia.
Il Sinodo è anche occasione di Incontri: i pastori Carlo Gay e Gino
Conte a colloquio nel giardino
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 3 SETTEMBRE IQQcì
Le chiese valdesi e metodiste continuano l'impegno
Solidarietà con gli immigrati
e le vittime della guerra
Il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, di fronte al
perdurare della guerra nella
ex Jugoslavia, impotente ad
alleviare il dolore di milioni
di sofferenti nel corpo e nello
spirito;
rilevando come si presenti
difficile percorrere le strade
della riconciliazione e del
perdono e vengano preferite,
anche dalla comunità intemazionale, quelle apparentemente più praticabili che assecondano la divisione tra le
popolazioni secondo criteri
etnici e religiosi;
rivolge un invito alle chiese
affinché proseguano nella
preghiera e nell’azione di sostegno materiale e spirituale
per tutte le vittime della violenza e si impegnino in ogni
possibile testimonianza per la
ricerca e la costruzione di una
pace basata non sui rapporti
di forza ma sull’amore e la
solidarietà.
- Il Sinodo, pur consapevole della difficoltà di trovare
una equa risposta ai movimenti migratori (conseguente
a uno sviluppo ineguale e ingiusto nel mondo), in accordo
con le dichiarazioni delle
Chiese evangeliche di Francia e del Consiglio delle
Chiese di Gran Bretagna e Irlanda, impegna le chiese ad
adoperarsi affinché siano rispettati i diritti umani degli
immigrati, dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Italia, e in
particolare:
- che siano rispettate pienamente le norme della Costituzione e della Convenzione di Ginevra in materia;
- che la «Convenzione europea dei diritti umani» sia
applicata a favore di tutte le
persone presenti sul territorio
italiano indipendentemente
dal loro status legale;
- che sia rispettato il diritto
al ricongiungimento familiare
degli immigrati regolarmente
presenti in Italia;
- che siano rispettate le
leggi contro ogni tipo di
discriminazione razziale;
- che il diritto costituzionale di libertà alla espressione
della propria fede nel rispetto
dei diritti degli altri, sia garantito anche agli immigrati.
Il Sinodo chiede alla Tavola e alle chiese di adoperarsi,
insieme alla Fcei/Servizio rifugiati e migranti, affinché
questi diritti diventino operativi.
Il saluto fraterno dei battisti italiani presenti al Sinodo
Partecipiamo a pieno titolo
DOMENICO TOMASETTO
Rispettando la forma, dovrei esordire con un solenne «Venerabile Sinodo»; ma
questa solennità e questi paludamenti formali non appartengono più da tempo né a voi vaidesi e metodisti né, tanto meno,
a noi battisti. Quindi vi dico
molto semplicemente «care sorelle e cari fratelli metodisti e
valdesi». È infatti sul piano
della fraternità, innanzitutto,
che si è impostato il nostro comune discorso sul riconoscimento reciproco fra le chiese
battiste, metodiste e valdesi.
La delegazione battista presente a questo Sinodo in rappresentanza deirUcebi risulta
«decapitata»; non sono presenti
il presidente (che si trova in
congedo per malattia) né il vicepresidente (che ha assunto le
funzioni di presidente ma è assente perché ha appena lasciato
la chiesa di Mottola per trasferirsi a Napoli e si sta occupando della precedente chiesa e di
quella nuova). Ma la delegazione è composta di quattro membri del Comitato esecutivo: non
saranno i numeri uno ma pur
sempre i responsabili collettivi
deirUnione battista. Si tratta di
un segnale che vuole indicare
tutto il nostro interesse nei confronti di questo Sinodo e la nostra piena partecipazione a
quanto vi avviene.
La nostra delegazione, così
come avviene per voi metodisti
e valdesi alla nostra Assemblea
generale, non è presente come
«invitata» ma come parte del
Sinodo. È questo uno dei risultati a cui siamo pervenuti mediante il riconoscimento reciproco fra le chiese battiste, metodiste e valdesi nell’Assemblea-Sinodo del 1990. Le decisioni assunte in quell’occasione
costituiscono per noi battisti un
punto di non ritorno sul cammino interecclesiastico; questo
lo diciamo con senso di responsabilità per la funzione che siamo chiamati a svolgere nell’
Unione battista italiana. Come
tutte le cose umane, anche la
nostra collaborazione ha bisogno di trovare i suoi equilibri
ottimali, ma in linea generale
viene sentita come positiva in
tutte le nostre chiese, anche se
non è sempre vissuta nelle sue
potenzialità presenti o ancora
inesplorate.
Abbiamo ascoltato con vivo
piacere, net Sinodo luterano
italiano della primavera scorsa,
la volontà espressa di fare qual
Domenico Tomasetto
che passo insieme a noi; ciascuno cammina con marce diverse
e con velocità diverse, ma la
volontà di fare un pezzo di strada insieme, associandosi all’iniziativa Bmv, è un segnale prezioso per tutti noi. È stato detto
che così avremo una Bmvl, cioè
una Bmv di lusso: è certo un segnale molto forte, che riecheggia anche nell’Europa protestante e che non può che rallegrarci. Come sempre una commissione, nominata da tutti e
quattro i nostri esecutivi congiunti, è al lavoro e vedremo a
quali risultati approderà. È un
passo spiritualmente importante
che le piccole chiese della nostra diaspora protestante europea cercano di vivere e poi lanciare come segno alle chiese
consorelle europee di maggiori
dimensioni.
I nostri esecutivi, in attuazione dei mandati dell’AssembleaSinodo ’90, hanno cercato di
elaborare progetti a vari livelli
sia per quanto riguarda le persone nelle chiese, sia per quanto riguarda la collaborazione
sul territorio. Ci auguriamo che
la fase di studio possa sfociare
presto in formule sperimentali,
almeno in alcune regioni campione, così da dare concretezza
a quelle deliberazioni fortemente volute dalle nostre Assemblee.
II frutto più visibile dell’Assemblea-Sinodo ’90 è appunto
il settimanale comune delle nostre chiese, «Riforma». In verità il giornale era stato concepito come segno esterno di un
progetto più consistente, il reciproco riconoscimento fra le nostre chiese e la collaborazione a
vari livelli. Il giornale doveva
svolgere il ruolo di «bandiera»
di questo progetto più generale;
oggi esso si è trasformato nello
strumento trainante del progetto
più generale, viene a svolgere
un autentico maieutico della
collaborazione Bmv.
Per noi battisti va bene anche
così: le tappe storiche di un
progetto complesso hanno
spesso tempi diversi da quelli
ipotizzati a livello di proposta.
Bisogna porre la massima cura
a che «Riforma» non venga
isolata dal tessuto delle nostre
chiese e che non voglia assumere un ruolo di avanguardia
solitaria in un territorio inesplorato. Certo, il giornale ci ha
permesso di conoscerci più da
vicino e ci ha fatto constatare
che le nostre diversità non ci
sono poi così reciprocamente
estranee: su questa base sarà
più facile procedere insieme.
Ancora l’Assemblea-Sinodo
’90, proprio nel documento sul
reciproco riconoscimento, aveva parlato di due momenti che
meritavano l’attenzione delle
chiese battiste, metodiste e vaidesi sui quali si concentravano
le maggiori diversità: la concezione del battesimo e l’ecclesiologia. Mentre nel ’90 abbiamo discusso a fondo sul battesimo, tanto da arrivare a un riconoscimento reciproco come
chiese del Signore, era rimasto
in sospeso il tema dell’ecclesiologia; gli esecutivi Bmv
hanno nominato una commissione di studio, affiancata anche da un membro luterano,
con lo scopo di presentare un
documento parallelo a quello
sul battesimo che ci permetta di
fare, con maggior consapevolezza, ulteriori passi avanti nella nostra collaborazione ai vari
livelli.
Quello che voi fate ci interessa e ci riguarda, siete dei maestri in molte cose. Avete fatto
una buona Intesa e noi abbiamo
imparato da voi; potevamo siglarla almeno dieci anni fa se
non avessimo avuto riguardo
alla pariteticità delle due commissioni, ma riteniamo di aver
siglato un’Intesa dignitosa e rispettosa della nostra identità.
Mentre ci rivedremo nelle
nostre Assemblee denominazionali, ci siamo già dato un
nuovo appuntamento, che vuole ripetere quello di Roma ’90.
Guardiamo con speranza a
quella data e alle cose che il Signore della chiesa ci indicherà.
Faremo la nostra parte affinché
i nostri desideri possano diventare un impegno comune: con
questo spirito l’Unione battista
vi saluta e vi dà appuntamento
all’Assemblea-Sinodo 1995.
Arrivederci a tutti e buon lavoro nel nome del Signore.
Il Sinodo dice
Grazie!
Tra i ringraziamenti più
sentiti che il Sinodo ha voluto
fare quest’anno vi sono quelli
a due fratelli e una sorella che
hanno servito le chiese alle
massime responsabilità esecutive.
Così il Sinodo ha ringraziato chi è stato negli organismi
esecutivi dal 1986 e che per i
regolamenti della chiesa non
poteva più essere chiamato
allo stesso incarico: Franco
Giampiccoli, moderatore della Tavola valdese, Gian Paolo
Ricco, membro della Tavola
valdese, e Mirella Scorsonelli, vicepresidente dell’Opce
Franco Giampiccoli
Giampaolo Ricco
Mirella Scorsonelli
IL SALUTO DELLA MESA VALDENSE
ATTENZIONE
Al VINCENTI!
HUQO R. MALAN*
Cari fratelli e care sorelle,
a nome delle Chiese valdesi del Rio de la Piata, vi facciamo pervenire questo messaggio come membri della
Mesa Vaidense.
Mentre ogni giorno siamo scossi da notizie di ogni tipo, che arrivano rapidamente nei punti meno immaginabili della terra, la comunità di fede è chiamata a dar ragione del suo credere.
Viviamo in un mondo i cui cambiamenti, conflitti e
lotte riguardano anche la chiesa tutta. A volte ciò è un
bene, altre volte non tanto.
Stiamo vivendo un momento molto particolare nei
rapporti tra i popoli. Da un lato il sistema economico
che «momentaneamente» sembra onnipotente, con la
sua capacità di abbattere barriere e di ignorare le frontiere nazionali, sembra l’unica alternativa per l’umanità.
Dall’altro sentiamo sulla pelle come un prurito, provocato ddle lotte tra etnie e tradizioni che, al momento di sederci a parlare di giustizia e pace, non possiamo ignorare.
Constatare questa realtà in cui i «trionfatori» nel campo dell’economia e deU’ideologia sembrano non aver limiti ai loro appetiti e progetti, dev’essere un compito
che la chiesa non deve tralasciare. E non può trascurarlo
perché insieme a questo avanzare dei vincenti, constatiamo l’esistenza di popoli e di milioni di esseri umani (in
particolare bambini e donne) che restano emarginati dalla possibilità di sfruttare i benefici del lavoro umano e
della generosità della creazione.
Siamo immersi in un sistema, un ordine mondiale che
in realtà, dalla prospettiva e testimonianza dell’amore di
Dio, è un disordine, un caos, una non possibilità di vita.
Questa realtà in cui viviamo è anche una sfida per i
cristiani. Non è il momento di lamentarci, è l’ora di animarci, è l’ora di individuare le forze della vita che Dio ci
oflre nella proposta del suo Regno. Quando i trionfatori
impongono il loro senso del valore, che è quello di possedere cose, di consumare, sprecare, sparare, noi dobbiamo riscoprire i valori profondi della vita: onestà, etica,
solidarietà, giustizia. Valori questi che negli atteggiamenti dei maggiori rappresentanti di questo sistema dominante hanno perso importanza.
Per questo nel salutare l’Assemblea sinodale desideriamo esprimere questo sentimento insieme alla convinzione che non possiamo nasconderci nella confusione o
nella paura. Con umiltà e semplicità, radicando con più
forza la nostra testimonianza nella vita del Maestro di
Galilea dobbiamo, tutti insieme e nelle nostre realtà rispettive, introdurre la forza dell’«ordine della vita» che
nasce nell’amore di Dio, nella sua giustizia, nel suo piano di liberazione.
Che la misericordia del creatore sia con voi in questi
giorni di incontro e di decisioni.
Con profondo affetto in Cristo e i sentimenti di comunione e fraternità, vi saluto a nome della Mesa Vaidense.
* Moderador de la Mesa vaidense
•>
Il messaggio del vescovo di Pinerolo al Sinodo
Lo Spirito spinge l'ecumenismo
PIETRO OIACHETTI______
Caro fratello nel Signore, la
prego di accogliere il mio
ormai tradizionale messaggio
di fraternità e di augurio che
invio al Sinodo delle Chiese
valdesi e metodiste, che si celebra a Torre Pellice, dal 22 al 27
agosto 1993. Invio il messaggio come vescovo della Chiesa
cattolica che è in Pinerolo e come vescovo delegato per l’Ecumenismo e il Dialogo nelle regioni Piemonte e Valle d’Aosta.
Con alcuni membri della
Diocesi di Pinerolo, partecipo a
titolo personale al culto di
apertura del Sinodo. Con voi
lodiamo e ringraziamo il Signore, con voi invochiamo la
grazia dello Spirito Santo sui
lavori del Sinodo.
Desidero dirvi con semplicità
e franchezza che la nostra partecipazione al culto è motivata
dalla nostra convinzione che,
pur nelle differenze e divergenze che esistono tra le nostre
Chiese, viviamo già nella
profonda comunione di fede
nell’unico Signore Gesù Cristo.
Il movimento ecumenico, suscitato dallo Spirito Santo, nel
quale le nostre Chiese sono irrevocabilmente impegnate, ha
fatto maturare l’esigenza insopprimibile che nel mondo di oggi, secolarizzato e lacerato da
profonde ingiustizie, la testimonianza comune dei cristiani
è la via necessaria per la credibilità stessa delTEvangelo.
Il cammino verso l’unità dei
cristiani è segnato sempre da
difficoltà di vario genere, da
ostacoli e da rallentamenti. Anche oggi una visione pessimistica parla di autunno dell’ecumenismo. Occorre vedere i segni di una vitalità ecumenica
che continua a dare frutto in
tutte le Chiese. Accogliamoli
con gioia e riconoscenza. Lo
Spirito Santo è all’opera sempre! In Lui riponiamo tutta la
nostra fiducia e speranza per il
futuro dell’ecumenismo.
Tra questi segni desidero segnalarne uno, a mio avviso
molto importante per il movimento ecumenico in Italia. È il
recente accordo, presentato al
Vostro Sinodo, per un comune
indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali, che
viene ora sottoposto all’approvazione delle Chiese.
La VII Assemblea del Cec a
Canberra (20 febbraio 1991).
nel suo messaggio invita le
Chiese a un profondo rinnovamento nello Spirito: «La riconciliazione fra le chiese non e
ancora compiuta. Tuttavia, H
movimento ecumenico ci ha
permesso di uscire dall’isolamento per entrare in una comunità solidale; nella gioia come nella sofferenza ci sentiamo
sempre più solidali gli uni verso gli altri. Condotti dallo Spirito Santo cerchiamo di essere
più franchi gli uni con gli altri
e nei confronti di Gesù Cristo,
nostro Signore, che interceda
affinché "tutti diventino uno ■
Sappiamo, perciò, che la riconciliazione piena è dono di Dio.
Sappiamo di essere chiamati a
entrare in questa riconciliazione trasformati e santificati dallo Spirito Santo».
Cordiali auguri e fraterni saluti.
15
'/FNERDÌ 3 SETTEMBRE 1993
PAG. 1 1 RIFORMA
Il rinvio
Mi riferisco alla lettera a
firma Bruno Colombu pubblicata su Riforma del 23 luglio.
Nella risposta mi limito a
precisare quanto richiesto circa il rinvio del convegno sul
ruolo pastorale. Trascuro invece, volutamente, altre questioni che saranno affrontate,
spero con soddisfazione del
past. Colombu, in sede di Assemblea generale.
C’è però una frase che, proprio per onestà verso le chiese nonché verso i lettori del
giornale, mi sembra valga la
pena di precisare: «Alcune
persone sono venute meno
agli impegni presi al momento in cui era stato affidato loro questo incarico». Non
sfugge a nessuno la complessità del lavoro a cui quotidianamente l’Unione fa fronte:
l’anno 1993 è stato l’anno
dell’Intesa, l’anno della donazione delle ultime proprietà
del Fmb, senza immaginare
quale sia stata la frenetica attività per l’allestimento di
una Assemblea generale
straordinaria e poi la preparazione e la definizione dell ’Intesa; assicuro che la donazione ha impegnato ancora molto di più per il lavoro di ricerca e precisazione degli esatti
dati catastali in tutta Italia.
L’ente patrimoniale sta diventando sempre più fonte di
impegno e questo, si ricordi,
consente di trovare i fondi per
il sostentamento dei ministri
per quanto riguarda la differenza fra le contribuzioni al
piano di cooperazione e la
somma occorrente.
A tutti questi impegni, che
ripeto si rivelano crescenti
giorno dopo giorno l’Unione
fa fronte, oltreché con il presidente, soltanto con un funzionario e quattro impiegati:
un appello del Comitato esecutivo inviato dal presidente
il 23 aprile scorso alle chiese
battiste di Roma per trovare
una sorella o un fratello pensionati disponibili a servire
con un modesto ma apprezzabile compenso nell’ufficio
dell’Unione per un impiego
LA FORMULA DEL BAHESIMO
BRUNO CORSANI*
Nel n. 27 di Riforma il past. Tumbarello
si interroga sulla formula battesimale di
Matteo 28, 19; egli osserva giustamente che
il linguaggio di quella formula è tipico della
comunità post-pasquale. In base alle testimonianze dei Vangeli, Gesù non si esprimeva in
quei termini. Su questo vi è un largo consenso e anche Luciano Deodato, nella postilla
alla lettera di Tumbarello, vi si associa.
Si potrebbe tuttavia porre una domanda interessante: che cosa intendeva significare
l’autore del I Vangelo con quella formula? E
noto che la narrazione del commiato di Gesù
dai discepoli e il suo ultimo comandamento
ai discepoli, quello di dedicarsi alla testimonianza apostolica, all’evangelizzazione, sono
formulati in modi diversi nei Vangeli e
all’inizio degli Atti apostolici.
In Marco 16, 7 prende la forma di un appuntamento in Galilea: dietro di esso si nasconde probabilmente la volontà di ricominciare da lì (dalla «Galilea dei gentili») l’attività di predicazione svolta all’inizio da Gesù
e riassunta efficacemente in Matteo 11, 5ss.
e Luca 4, 18ss. In Luca 24, 48 c’è anche la
missione di testimoniare il ravvedimento e il
perdono connessi alla morte e resurrezione
di Gesù (cfr. vv. 46-47). Giovanni 20, 21s.
insiste soprattutto fra l’analogia fra l’invio
dei discepoli da parte di Gesù e l’invio di
Gesù stesso da parte del Padre.
11 tema dell’invio in missione (che si ritro
va anche in Atti 1, 8) è dunque una costante
di questi racconti. Ma ciascun evangelista lo
ha formulato con parole diverse. L’autore
del Vangelo di Matteo è stato condotto dallo
Spirito a formularlo facendo menzione del
battesimo «nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito santo».
Penso che, come gli altri autori citati, il
suo modo di esprimere il comandamento finale di Gesù fosse particolarmente significativo per la comunità a cui era destinato quel
Vangelo. Probabilmente si voleva sottolineare il fatto che Dio agisce, verso quelli che
credono, non da solo ma in stretta collaborazione con Gesù Cristo e con lo Spirito Santo:
con il Cristo che è venuto a cercare i peccatori per chiamarli a salvezza riconciliandoli
al Padre e perdonando i loro peccati, e con lo
Spirito che è la forza vivificante della loro
fede e della loro nuova vita.
Non si deve dunque pensare che la formula battesimale sia una interpolazione di qualche copista posteriore: la si trova in tutti i
manoscritti di Matteo. È assai probabile che
essa rispecchi il pensiero dell’evangelista, la
sua ispirazione particolare, e forse anche
l’enfasi della sua comunità sull’unione del
Figlio e dello Spirito con il Padre e la sua
azione.
* Docente di Nuovo Testamento
alla Facoltà valdese di Teologia
di fattorino/centralinista non
ha ancora ricevuto nessuna risposta alla data della presente
lettera. Questa è la realtà oggettiva, che le chiese devono
considerare di fronte alle affrettate conclusioni di chi accusa altri di essere venuti meno agli impegni.
È vero: la data del convegno è stata spostata due volte.
Il primo rinvio fu fatto a seguito della richiesta del 4
marzo 1993 della segretaria
del Dipartimento di evangelizzazione, per la convinzione
di non riuscire a impegnare le
chiese dopo così poco tempo
dall’Assemblea stessa. Il secondo rinvio si è ritenuto necessario proprio per venire
incontro alle chiese, perché si
è pensato fosse difficile per
loro la partecipazione a un
convegno (che richiede preparazione previa) che avesse
luogo nel periodo di ripresa
Riforma
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REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Coreani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1° gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le
niodifiche sono state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: La Casa valdese di Torre Peilice, dove da 22 al 27
ài agosto di e svolto il Sinodo valdese
delle attività. Entro il meSe di
luglio tutte le chiese battiste
hanno ricevuto il materiale di
studio, nel mese di settembre
e nelle prime tre settimane di
ottobre potranno agevolmente
studiarlo e perciò la data scelta appare la più opportuna per
l’atteso convegno sul ruolo
pastorale.
Dunque non per venire meno agli impegni presi, ma per
venire incontro ai legittimi
bisogni e attese delle chiese.
Questo è il motivo dello spostamento. Chi sa leggere gli
avvenimenti capirà certamente. Ringrazio per l’ospitalità.
Massimo Aprile
vicepresidente delTUcebi.
Chiesa valdese
e fascismo
Caro direttore,
la pagina di Luciano Deodato su Riforma del 20 agosto, sul Sinodo del 1943, richiede qualche aggiunta. La
Chiesa valdese fu divisa durante il ventennio in due partiti che si scontravano nel Sinodo, vien da dire in Parlamento, distinti come Fgv
(Federazione giovanile valdese) poi Fuv (Federazione
delle unioni valdesi) e Acdg
(Associazione cristiana dei
giovani). Questo accusava
quello, che aveva il potere, di
portare il fascismo nella
chiesa. Ma la distinzione non
era così netta, né coincideva
del tutto con quella fra «liberali» e barthiani. Tra questi
c’era chi solidarizzò con
l’Asse in guerra. Tra gli acidigisti c’erano anche dei fascisti, e il capo delle Acdg,
Mario Falchi, era «liberale»
o barthiano?
Fiero antifascista Falchi,
dopo il 25 luglio, prese in
mano il giornale locale La voce del Peilice e, come poteva,
gli fece esprimere una linea
politica di rinnovamento nel
quasi silenzio della stampa'
propriamente valdese (vedi
L’eco delle^valli valdesi del
23 luglio). È un periodo della
storia valdese da studiare con
precisione e comprensione
che eviti gli equivoci. Bisogna ricordare le riviste* animate da Mario Rollier e ricorderò i ciclostilati basati sui
notiziari del Soepi di Ginevra
coraggiosamente diffusi da
Francesco Lo Bue sotto gli
occhi fortunosamente ciechi
della censura.
Gustavo Malan
Torre Peilice
* Il bimestrale L’appello di
Rollier uscì per tutto il 1943 e
ancora col primo numero nel
1944.
Immagini
sbagliate
Caro direttore,
ti scrivo per porti una domanda a proposito della foto
pubblicata, a pag. 2 del n. 29,
a corredo di un articolo sulle
difficoltà dell’ecumenismo.
In quella foto si vede una
donna che, in un luogo sacro
(la cattedrale di Santiago de
Compostela), sta pregando
con la mano appoggiata su
una colonna sacra (il pilastro
centrale della stessa cattedrale), così come fanno «fin dal
950 - lo leggo nella didascalia - migliaia di pellegrini»!
Qra, la scelta di una foto in
un giornale, anche se dovesse
avere valore solo cronachistico, è sempre dettata dalla volontà di dare un messaggio.
Perciò la mia domanda è que
Assoclazione Informazione protestante
È convocata un’Assemblea straordinaria per il giorno venerdì 8 ottobre 1993 alle ore 9 e in seconda convocazione, sempre venerdì 8
ottobre 1993, alle ore 17 In PInerolo, via Trieste 47, presso lo studio
del notaio Occelli, con il seguente
ORDINE DEL GIORNO
1 ) Approvazione deH'operato del Consiglio e del bilancio di liquidazione per il periodo 1 ° gennaio-30 settembre 1993.
2) Proposta di scioglimento deH’Associazione con passaggio alla liquidazione definitiva.
3) Nomina del liquidatore e determinazione dei suoi poteri.
4) Delibera sulla destinazione degli avanzi di esercizio.
5) Varie.
Il presidente
Roberto Peyrot
sta: qual è il messaggio che il
giornale ha voluto dare?
È giusto che ti dica quale
messaggio io, lettore, ho ricevuto: «Noi di Riforma non
abbiamo niente da annunciare
a chi crede che la salvezza
può essere ottenuta mediante
un pellegrinaggio (specialmente se ha come meta un
“luogo” consacrato dal tempo) e mediante una preghiera
espiatoria (specialmente se si
fa toccando un oggetto convalidato dalla devozione).
Non abbiamo niente da annunciare. Anzi: se questo serve all’ecumenismo, suvvia
fratelli evangelici, non facciamo i pedanti!».
In un’altra occasione, nella
prima pagina del giornale di
Natale, hai pubblicato, senza
commento, un dipinto della
natività. In esso ogni cosa era
messa esplicitamente in ombra, anche il «bambino», mediante un deciso effetto di luce che esaltava la «madonna». Possibile che non ci hai
fatto caso?
In un altro numero hai pubblicato, sempre senza commento, un’icona ortodossa
con l’immagine delle tre
virtù, fede, speranza e carità:
tre fanciulle aureolate come
sante e «altamente spirituali»,
come direbbe un critico d’arte. Ma lo sai che durante un
recente incontro ecumenico il
relatore, ortodosso, ha detto
che le icone hanno la virtù di
contenere «realmente» lo spirito dei personaggi raffigurati?
Caro direttore, io sono perfettamente d’accordo che il
giornale debba essere attento
all’ecumenismo, ma vorrei liberarmi dal sospetto che, pur
di lucrare qualche lettore cattolico o ortodosso, esso rinunci a confessare a chiare
lettere la fede degli evangelici italiani.
Un’ultima questione. A
pag. 8 dello stesso n. 29 ho
letto la recensione dell’ultima
opera di Vittorio Subilia, nel
cui pensiero spesso ho avuto
modo di riconoscermi. Opportuno l’articolo, ma quella
foto che c’entra? In quella foto il prof. Subilia «appare» in
presenza di Paolo VI nell’atteggiamento tipico del pellegrino orgoglioso e grato del
fatto che «Sua Santità gli ha
concesso udienza». Il prof.
Subilia si sarebbe riconosciuto in quel flash? Voglio credere che no. Ma sono sicuro
che non è questa l’immagine
che gli evangelici italiani vogliono costruirsi del loro illustre teologo; e che non ha
senso quella foto a corredo di
uno scritto sulla centralità di
Cristo; e che infine non abbiamo bisogno di consolidare
il prestigio di Vittorio Subilia
facendo sapere che è stato ricevuto dal papa.
Enzo Canale
Reggio Calabria
La foto di Santiago del n.
29 raffigura sic et simpliciter
la realtà della località; la
«Natività» di Dürer ha indubbiamente perso molte sue
caratteristiche nel passare
dal colore a una stampa in
bianco e nero, e questo forse
spiega un’accentuazione della luce sul volto di Maria.
Quanto a Vittorio Subilia,
se egli incontrò Paolo VI,
perché bisognerebbe nascondere questo avvenimento?
Compiere degli atti cercando
di tenerli nascosti (fate pure
purché non si sappia...) non
fa parte della tradizione protestante. E sulla sua posizione nei confronti del cattolicesimo credo che parlino chiaramente i libri dello stesso
Subilia: fra l’altro ciò è stato
ribadito nell’articolo di Gino
Conte (n. 13 del 2 aprile) che
presentava una tesi di laurea
di un giovane studioso sul
suo pensiero: credo proprio
che non si possa equivocare.
Fin qui le possibili spiega
zioni «tecniche». Ma il problema è più ampio e profondo. Le fotografie possono essere cronachistiche oppure
«evocative»: possono riferirsi
a fatti o località precisi oppure suscitare sentimenti e suggerire delle idee più astratte.
Specialmente in questo secondo caso chi le osserva ha
un ampio margine di interpretazione, che è non solo
possibile ma anche auspicabile (l’accesso all’interpretazione è uno dei riferimenti
della cultura protestante), e
che costituisce il fascino del
linguaggio visivo.
Dunque ognuno può dare
un particolare senso alla fotografia, purché il peso
dell’interpretazione non prevalga sul contenuto oggettivo
dell’ immagine, purché mm
siano le nostre aspettative a
farci vedere ciò che «vogliamo vedere»
Alberto Corsani
«Benedici, anima mia, l'Eterno»
Salmo 103
Nel suo ottantanovesimo anno
è mancato all’affetto del suol cari
Max Rostan
Lo annunciano i figli Gianni e
Mit con Michele e Biancamaria,
Martino, Monica; Paolo e Carla
con Stefano, Andrea, Laura, Elena, Alessandra; Anna e Franco
con Paola, Luisa, Cristina, Marco.
La famiglia ringrazia la direzione e tutto il personale della casa
«La Residenza» di Malnate per
l’affettuosa assistenza.
Malnate, 25 agosto 1993
La redazione, i collaboratori e i
tipografi sono vicini a Gianni Rostan e a Marco Schellenbaun e
alle loro famiglie per la perdita del
padre e del nonno
Max Rostan
e ricordano che il «dono di Dio
è la vita eterna in Cristo Gesù».
Torino, 3 settembre 1993
RINGRAZIAMENTO
«Benedetto sia i’Eterno
poiché ha udito la voce
delle mie suppiicazioni»
Salmo 28, 6
I familiari del caro
Giovanni Emanueie Gardioi
riconoscenti, ringraziano tutti
coloro che con offerte, fiori, scritti,
parole di conforto e presenza al
funerale hanno partecipato al loro
dolore.
Un particolare ringraziamento
al pastore Archimede Bertolino, al
dott. Pier Giorgio Griffa, a Lilia
Godine e all’UssI per la costante
e premurosa assistenza.
Prarostino, 26 agosto 1993
RINGRAZIAMENTO
«Il suo sole tramonta
mentre è ancora giorno»
Geremia 15,9
«Vegliate, perché
non sapete né il giono né l'ora»
Matteo 25,13
I genitori e la sorella di
Marco Pontet
profondamente riconoscenti
per la grande partecipazione- al
loro dolore, non potendo farlo individualmente, ringraziano tutte le
persone che hanno dimostrato loro tanto affetto e simpatia.
Un ringraziamento particolare
ai pastori Claudio Pasquet e Giorgio Tourn, e all’amico Giovanni.
Torre Peilice, 28 agosto 1993
L'Ywca-Ucdg è affettuosamente vicina a Elena Pontet, membro
del Comitato nazionale, per la
scomparsa del fratello
Marco
Torre Peilice, 28 agosto 1993
Redattori e collaboratori sono
vicini alla famiglia di
Marco
in questo momento doloroso ricordando che «la Grazia di Dio è
con tutti quelli che amano il Signor nostro Gesù Cristo».
Torino, 3 settembre 1993
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PAG. 12 RIFORMA
liNODo Valdese
VENERDÌ 3 SETTEMBRE 1993
A colloquio con i numerosi ospiti esteri del Sinodo
Una chiesa che sembra non avere confini
GIUSEPPE PLATONE
I lavori del Sinodo sono stati scanditi dai saluti dei vari ospiti stranieri e rappresentanti di organismi ecclesiastici. Un’intera serata è stata dedicata agli ospiti nel quadro
di una cena fraterna alla Foresteria valdese, in cui saluti
e valutazioni si sono intrecciati esprimendo una volta di
più la dimensione di un Sinodo che ha dietro di sé un vasto retroterra intemazionale.
Al di là dei saluti e delle dichiarazioni ufficiali di stima e
fraternità rivolte al Sinodo
abbiamo raccolto, nel corso
di alcuni brevi incontri personali, alcune impressioni, anche critiche. Così per esempio in pastore Pieter Bouman,
della Chiesa protestante unita
del Belgio, nota che «la minoranza metodista è ancora
poco rappresentata nella direzione complessiva della
chiesa. Occorre una maggiore decentralizzazione nei
confronti dei distretti dove affrontare con maggior tempo e
precisione i problemi legati
alle comunità. Inoltre alcuni
temi teologici e politici, prima di arrivare in Sinodo, dovrebbero essere affrontati in
convegni e incontri specializzati per evitare grosse perdite
di tempo».
Inge Bastkaer, pastora della Chiesa luterana in Danimarca, giunta al Sinodo con il
marito e tre figli, è visibilmente soddisfatta: «Torno a
Copenhagen con l’impressione che la Chiesa valdese sia
molto cosciente della situazione di transizione della società italiana e saprà portarvi un contributo di libertà e
speranza. In questo senso,
proprio come popolo protestante, abbiamo le stesse responsabilità».
Secondo Michel Bertrand,
da circa un anno presidente
del Consiglio nazionale della
Chiesa riformata di Francia,
il momento più alto del Sinodo è stato il culto di apertura:
«Sono rimasto impressionato
dalla vostra grande libertà di
parola. Ho notato una grande attenzione sulle questioni
teologiche: in particolare il
dibattito sulla cristologia è
stato molto interessante. E
vero che la Commissione
d’esame ha inquadrato con
cura i principali problemi da
affrontare, ma ho avvertito la
sensazione che il Sinodo è sostanzialmente libero di muoversi anche in direzioni non
previste».
José Leite, della Chiesa
presbiteriana del Portogallo,
in rappresentanza della Conferenza delle chiese europee
(Kek), ritiene che sia il modello di integrazione tra vaidesi e metodisti sia il nuovo,
intenso, rapporto tra il Sinodo
valdese e l’Assemblea battista rappresentino «un modello da esportare». «Forse non
lo sapete - aggiunge Leite ma in fatto di ecumenismo interno al protestantesimo voi
siete dei pionieri».
Dalla Svizzera Paul Vouga,
rappresentante del Comitato
romando per la Chiesa valdese, ricorda che nel suo paese
ci sono ben tre comitati di
aiuto per la nostra chiesa. Il
più vecchio, che compirà cinquant’anni tra poco, è appunto quello romando. «Anche in
Svizzera - ha ricordato Vouga - ci sono oggi problemi
seri di recessione economica
e di disoccupazione ma non
per questo verrà meno la solidarietà nei confronti del
mondo valdese e metodista
italiano». Vouga ha poi notato come, pur nella diversità di
situazioni, il Sinodo abbia affrontato temi che sono di attualità anche nella Confederazione elvetica.
Flurinda Rascher, delegata
della Chiesa riformata dei
Grigioni, ha scoperto nel Sinodo un’atmosfera particolare: «Sono figlia della minoranza linguistica romancia e
noto come molti problemi di
identità e prospettiva tra voi
e noi siano simili, in primo
luogo quello di vivere coerentemente la propria fede in
Cristo».
Raymond de Rham, pastore
a Losanna, delegato della Federazione delle chiese protestanti in Svizzera, si sente
ringiovanire tomando a Torre
Penice dove venne consacrato pastore nel corso del Sinodo 1969: «Sia voi che noi —
afferma - stiamo lavorando
sul tema della diaconia, cercando appunto di coordinare
e orientare meglio il lavoro
sociale e assistenziale nei diversi settori».
Nutrita anche la delegazione tedesca. Dalla Westfalia il
pastore Ulrich Beyer, nel suo
saluto ufficiale (pronunciato
in italiano) ha notato come
«la collaborazione tra la
Chiesa valdese e le nostre
chiese si è sempre più rafforzata ed è diventata un impegno bilaterale. Speriamo che
con l’aiuto dell’Evangelo si
arrivi anche a trovare delle
possibili soluzioni ai proble
mi dell’Italia che sta attraversando una fase di grandi
cambiamenti. Penso in particolare al rinnovamento morale e democratico della società. Sono convinto che la
Chiesa valdese, con la sua
storica esperienza, riuscirà a
dare un validissimo contributo alla vostra vita nazionale».
Gerhard Nölle, delegato
della Chiesa della Renania, è
rimasto colpito dalla vivacità
del dibattito sinodale e dalla
capacità della Commissione
d’esame sull’operato della
Tavola nel riuscire a produrre
in poche settimane un’importante riflessione di critica e di
linea. «Accanto al Sinodo nota Nölle - si sviluppa quotidianamente un piccolo Kirchentag: si discute, si visitano gli stand della Claudiana,
del Servizio cristiano... si
prende un caffè, si decidono
incontri, si chiacchiera. Ho
trovato ricca di calore umano
anche i accoglienza organizzata dal gruppo della chiesa
di Torre Pellice. Insomma, un
insieme di attenzioni che contribuisce a dare al Sinodo
una vasta dimensione umana,
comunicativa, fraterna».
Il pastore Werner Krieg, re-*
sponsabile del «Diakonisches
Werk» dell’Essen-Nassau,
durante il Sinodo ha campeggiato a Torre Pellice con moglie e quattro figli: «Mi sem
hra — afferma — che in questo
Sinodo non ci siano più quei
soliti “raggruppamenti”,
bensì un’assemblea unita che
ha sinceramente cercato una
linea comune di testimonianza. Guardo con grande interesse alla nascita della nuova
Commissione sinodale per la
diaconia, che può rappresentare un salto di qualità nei
tanti impegni sociali e assistenziali che avete intrapreso.
E necessario che ogni opera
diaconale esca dal proprio
isolamento e possa così sentirsi partecipe di un progetto
di presenza protestante e di
testimonianza solidale».
Dalla Svezia il pastore Per
Oesterholm è venuto come
delegato della Chiesa luterana. Ben impressionato dallo
sviluppo dei lavori, si è interessato soprattutto al dibattito
sull’evangelizzazione e
sull’ecumenismo. Su sette
milioni e mezzo di luterani
svedesi, ci fa notare, solo una
minoranza è veramente attiva, il 5%: «Abbiamo anche
noi problemi di “evangelizzazione interna” alle nostre
chiese - spiega Oesterholm -,
In Svezia abbiamo raggiunto
tra luterani e metodisti il reciproco riconoscimento dei
ministri. Da quest’anno è
sorto il Consiglio delle chiese
cristiane in Svezia anche per
affrontare insieme urgenti
Il delegato della Chiesa della Renatila, Gerhard Nölle
Il gruppo di interpreti dei Sinodo
li pastore Platone a colloquio con ii pastore svedese Per Oesterhoim
problemi sociali. Il dialogo
con la Chiesa cattolica, dopo
i problemi insorti con gli anglicani, segna una battuta
d’arresto, tuttavia è significativo che in occasione della
recente celebrazione del 400°
anniversario della Chiesa luterana svedese sia stato tra
noi il cardinale Cassidy. La
sua presenza attesta la volontà da parte di Roma di voler continuare il dialogo in
cui la difficoltà maggiore è
rappresentata dal papa. Non
come persona, ovviamente,
ma come istituzione. Tuttavia
10 Spirito di Dio può cambiare realtà apparentemente immutabili».
A rendere interessante e
proficua la presenza degli
ospiti stranieri ha contribuito
11 lavoro di traduttrici e traduttori «simultanei». Tra questi abbiamo volentieri incontrato la pastora Susanne Labsch, in rappresentanza della
«Gustav-Adolf Werk» del
Baden: gli anni in cui ha lavorato in Italia le hanno permesso di cogliere e dibattere
a fondo i problemi della nostra chiesa. Che, lo diciamo
senza retorica, non sembra
avere confini.
Grazie!
Il Sinodo, preso atto
che anche quest’anno
vari comitati esteri hanno seguito l’impegno
della chiesa e delle opere
non solo sul piano del
sostegno economico, ma
anche come supporto e
conoscenza di una realtà
internazionale, ringrazia
vivamente le chiese e i
comitati esteri per la solidarietà dimostrata nei
confronti dell’opera delle nostre chiese.
Numerosi pastori e diaconi stranieri lavorano in Italia e qualche italiano va all'estero
Arrivi e partenze: l'internazionale delle chiese
Nella storia delle chiese
valdesi e metodiste vi sono
stati sempre alcuni pastori
esteri che sono venuti a svolgere il loro ministero in Italia.
Così al Sinodo di quest’ anno
sono stati presentati alcuni
pastori che lavoreranno nelle
nostre chiese. Essi sono:
- Fenosoa Andriamitandrina (Madagascar) che insieme alla moglie Vololona,
anch’essa pastora, è stato assegnato, nel quadro della
Cevaa, alla chiesa di lingua
francese di Roma.
- John Bremner (Gran
Bretagna) che, dopo un anno
di volontariato ad Agape, lavorerà come pastore nelle
chiese di Cremona e Piacenza.
- Martin Cunz (Svizzera)
che, da quest’anno, cura la
chiesa di lingua italiana a
Sciaffusa.
- Christof Frbschle (Germania) che è stato assegnato
alla chiesa di Palermo-La
Noce.
- Leo Tautfest (Usa) che
ha assunto la cura pastorale
della chiesa di lingua inglese
di Torino.
Quattro nuovi pastori delle
chiese dunque. Ma anche
qualche avvicendamento e
qualche partenza.
Lascia l’Italia per la Francia (Montbéliard) il pastore
Bony Edzavé che ha curato
per alcuni anni la comunità
di lingua francese di Roma.
Lasciano inoltre l’Italia la
coppia pastorale Paola Benecchi e John Hobbins che si
trasferiscono in Usa dove
John ha assunto l’incarico di
docente in una università, e
Giuseppe La Torre che lascia
la chiesa di Palermo-via Spezio per assumere l’incarico
di pastore in Val Bregaglia
(Svizzera)
A quanti sono venuti il Sinodo ha dato un caloroso
benvenuto e a quanti sono
partiti il Sinodo ha espresso
il suo ringraziamento e augurio.
- Il Sinodo saluta fraternamente il pastore Fenosoa
Andriamitandrina e la sua
famiglia augurando loro un
ministero benedetto nella
comunità evangelica di lingua francese in Roma.
- Il Sinodo ringrazia il
pastore Bony Edzavé e la
sua famiglia per il servizio
reso in questi anni nella comunità evangelica di lingua
francese in Roma, ed augura loro di servire il Signore
nella nuova sede con abbondanti benedizioni.
- Il Sinodo saluta i pastori Paola Benecchi, John
Hobbins e Giuseppe La
Torre che hanno deciso di
trasferirsi all’estero per
iniziare un lavoro alle dipendenze di altre chiese; li
ringrazia per il ministero
pastorale svolto in Italia in
questi anni ed augura loro
un proseguimento del loro
lavoro benedetto dal Signore.
- Il Sinodo ringrazia i pastori Giuliana Gandolfo e
Ugo Tomassone per il servizio reso nella chiesa e rivolge loro un saluto affettuoso
nel momento della loro emeritazione.
Al Sinodo, davanti alla rassegna stampa