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BILYCHNI5
RIVISTA MENSILE DI STUDI RELIGIOSI
Anno IX. - Fasc. XII ' ROMA - DICEMBRE 1920 Volume XVI. 6
SOMMARIO
C. FORMICHl: Paul Deussen . . . . [Ritratto di Paul Deussen tra le pag. 420-42l|
U. BRAUZZI : La contraddizione di domani
B. BRUNELLI : Bernard Show e la religione Per la cultura dell’anima :
J. JOERGENSEN : Verità e amore............
C. WAGNER : Caratteri cuteinetto . . . , .
Note e commenti:
M. VINCIGUERRA : W. Booth e la 'Salvation Array’
• * * Il Convegno di Lambeth e la stampa
G. COSTA: Sensualismo religioso...........
Cronache:
Q. TOSATTI: Politica vaticana e azione cattolica .
417 Rassegne :
M. PUGLISI: Storia e psicologia religiosa (Vili) . ,459
428 Tra libri e riviste:
433 G. COSTA: Un apostolo moderno d'una religione antica (a proposito dello* Scetticismo1 di G. Rensi) 467
442 . XXX : Le presunte affermazioni di primato della Chiesa
443 • romana nei primi tre secoli..........................470
Recensioni :
I Psicologia religiosa - Archeologia - Filosofia e religione 473
450 : Fra Chiese e cenacoli.......475
I Letture ed appunti ........ 480
452 | Nuove pubblicazioni. ....... 482
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RH YCHNIS RIVISTA mensile di studi religiosi
Dllu I V/lHVlO < « « « FONDATA NEL 1912 , > > * >
CRITICA BIBLICA STORIA DEL CRISTIANESIMO E DELLE RELIGIONI PSICOLOGIA - PEDAGOGIA -FILOSOFIA RELIGIOSA - MORALE - QUESTIONI VIVE LE CORRENTI MODERNE DEL PENSIERO RELIGIOSO - LA VITA RELIGIOSA IN ITALIA E ALL' ESTERO
REDAZIONE: Prof. LODOVICO PASCHETTO, Redattore Capo; Via Crescenzio, 2, Roma.
D. G. WH1TT1NGH1LL, Th. D., Redattore per l’Estero; Via del Babuino, 107, Roma.
AMMINISTRAZIONE: Via Crescenzio, 2, Roma.
Vedere annunzio speciale per le condizioni d'abbonamento per il 1921
Corrispondenti e collaboratori sono pregati d'indirizzare quanto riguarda la Redazione impersonalmente alla
Direzione della Rivista “ BILYCHNIS ” - Via Crescenzio 2, ROMA 33
Gli articoli firmati vincolano unicamente l’opinione dei loro autori.
I manoscritti non si restituiscono.
I collaboratori sono -pregati nel restituire le prime bozze di far conóscere il numero degli estratti che desiderano e di obbligarsi a pagarne le spese. Per il notevole costo della carta e della mano d’opera la Rivista non dà gratuitamente alcun estratto.
Alcuni giudizi della stampa su “BILYCHNIS”
Il GIORNALE D’ITALIA: «.Bilychnis va diventando sempre più... una nobile palestra di studi religiosi e di discussioni filosofiche ».
VOLONTÀ: «Una rivista protestante delle più squisitamente italiane per la grande larghezza di criteri e la ricca collaborazione di studiosi anche liberi ».
DIRITTO e POLITICA: «Dotta e diligente rassegna».
REVUE DE L’HISTOIRE DES RELIGIONS : « Nella produzione scientifica italiana, così ricca di tentativi interessanti c spesso fruttuosi, la Rivista Bilychnis, edita dalla facoltà teologica battista di Roma, si è falla un posto importante e assai personale in ciò che concerne la critica biblica, la storia e psicologia religiosa, la pedagogia, la filosofia religiosa, la morale, la vita religiosa in Italia e all'estero.
« Essa si tiene c tiene i suoi lettori al corrente di tutte le questioni vive, non ignora alcun campo del pensiero religioso ed è là dovunque si discuta un problema morale. Non occorre dire che le polemiche dottrinali trovano in essa un'eco, ma penetrando in Bilychnis prendono un tono attenuato e prossimo alla quieta armonia della storia ».
DIE CHRISTLICHE "WELT : « Da nove anni i Battisti di Roma pubblicano la rivista mensile Bilychnis — la doppia luce della fede e della scienza — che è attualmente la più ricca (die bestaùsgataUele) rivista teologica del mondo.
« Dove si trova un periodico illustrato di questa specie ? Restando questa rivista nel giusto mezzo essa è scientifica per specialisti, e religiosa per lettori di media coltura. Essa ha tentato sin dal principio di superare per lettori e collaboratori i confini del confessionalismo e di rimanere imparziale tra i contrastanti interessi ».
Come BILYCHNIS è giudicata in Francia (dal fase, di maggio-giugno 1920):
« Ce qu'ils remarquent aussi c'est l'abondance des collaborateurs distingués que la Revue parvient à grouper, avec un latitudinarisme doctrinal qui n'est peut-être pas toujours bien compris chez nous, mais qui n'en demeure pas moins un effort sincère de fraternisation chrétienne dans la recherche de la Vérité... ».
« Il nous arrive souvent de comparer Bilychnis à Foi et Fie, la première étant pour- le public cultivé italien ce que la seconde est pour le public intellectuel français, avec cette différence, que la reçue italienne üoÜ grand et large, tandis que la nôtre a réduit son formai el est en peine de collaborateurs...».
«... je I ai proposée en exemple a Foi cl Fie. Mais celle-ci parait s’orienter autrement, timidement et étroitement ».
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“Bilychnls” nel 1921
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SKI. 192T la nostra rivista entra, osiamo dire, trionfalmente nei suo X anno di vita, lì nostro proposito di segnare tal data apportando alcuni miglioramenti al nostro pregiamma i quali, mentre non muteranno affatto il nòstro antico indirizzo spirituale cui vogliamo rimaner, fedeli, ci permetteranno di renderla Sempre j>iù bene, accetta ad ogni genere di ’ lettori. Mentre stiamo concretando una sistemazione di tutta la nostra parte informatiyar^rasségne ;©■ bibliografia),-un-ampliamento-del servizio delle cronache,-un rinvigorimento della « cultura dell’anima », cKe dovrebbe èssereco. dell'espressione religiosa di tutte lè anime, ma sopratutto di quelle italiane, una più popolare forma degli articoli • fondamentali della rivista e ci proponiamo di espórrò le litico di questo lavoro in uno dei prossimi numeri con elementi sicuri che costituii anno il nostro programma redazionale —; riteniamo1'opportuno preparare i lettori é gli abbonati sin d’ora ai mutamenti di forma che là rivista assumerà col 1921 appunto per corrispondere ai nuovi intenti ai quali crediamo destinarla. ' ‘
• Finora abbiamo dato ai nòstri abbonati una serie di fascicoli che costituivano all fanno nii complesso di 2 volumi in-8°'grando di 480 pagine ciascuno,' ossia .960 pagine. In questi 2 volumi abbiamo offerto, accanto all una notevole messe di notizie e di dati oggettivi, una 'abbondante, c ^copiosa serie di studi, non di. rado illustrati, costituenti una parte assoluta-ménte originale. 11 fatto però die non dì rado o abbiamo dovuto respingere scritti lunghi meritevoli di ‘pubblicazione o’dar luogo a continuazioni che non erano consentite dall'indole dèlia rivista, ci à indotto a-pensare ad una nuova distribuzione dèlia materia .di queste 960 pagine. Per dar luogo cioè a questi studi originali -che non possono e non e debbono essere esclusi, noLci proponiamo di dedicare solamente 768 pagine alla rivista propriamente detta e di destinare il rimanente ad una serie di Quaderni, in cui anche con *-raggruppamenti tali da costituire ¿dei fascicoli assolutamente- .completi, siano pubblicati gli studi di .maggior complessità e di caràttere più scientifico, che non dovrebbero trovar .posto nella rivista, alia quale'rimarrebbero quindi gli articoli più brevi e più popolari.'
I Quaderni, per maggior comodità..saranno editi in-8® piccolo.e si pubblicheranno, a . puntate .Bimestrali di-64 pagine l’uno, eventualmente" anche; con illùsti azioni, o formeranno volumettldi maggior mole, nini tiplidi di 64, secondo se né sentirà il bisognóf Annualmente infogni mòdo saranno'pubblicati sei Quaderni sciolti, b legati a gruppi,* <?he costituiranno un insieme di 384 pag. in-8° piccolo. '
. Gli abbonati perciò non perderanno nulla da questa nostra iniziativi, anzi ci guadagneranno perchè óltre ai 2 voi. della rivista,, corrispondenti ai 2 semestri dell'Anno; di pag. 384 in-8® grande riceveranno i Quaderni, pubblicati elegantementòsuila stéssa carta della rivista, illustrati/all’occorrenza, è costituenti volumi» in-8° piccolo per tùi insieme di 384 pagine. .
Non per- effetto della nuova fórma che intendiamo dare alla rivista, ma^per le. ragioni di. aumento della carta e detfc speso tipografiche che costringono tutte le Amministrazioni ad elévare il prezzò ¿’abbonaménto» aumèntcrcmo^àblJonamonto annuo dà !.. io a L..16
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con'diritto naturalmente ai Quaderni i quali si venderanno ancÿe a parte ad'un prezzo che varierà secondò la loro mole e le loro illustrazioni, ma che sarà .sempre superiore alle lire
* Siamo sicuri che gli abbonati, che ci Xnno fin qui fedelmente’ accompagnato nella nostra opera fattiva dì bene, non ci negheranno il loro appoggio e — mentre piepariamo il programma redazionale che pubblicheremo quanto prima, .dimostrando ne’ nomi dei collaboratori e redattori, negli articoli chp daremo, nei Quaderni che pubblicheremo tutta' la nostra fede c tutto il nostro impegno di essere oggettivi e sereni informatori della vita religiosa d’Italia c dell’estero — vorranno inviarci subito la tenue quota, di ablx>na-mcnto per facilitarci il lavoro di Amministrazione.- r
LA DIREZIONE
Abbonamenti pel 1921
Gli abbonati riceveranno nel 1921:
• i 12 fascicoli mensili di “BILYCHNIS”, di pag; 64 l’uno in-8° grande, illustrati, formanti 2 volumi di pag.*384 l'uno;
i 6 fascicoli bimestrali dei Quaderni di Bilychnis, eleganti volumetti in-89'piccolo di pag. 64 (o, se raggruppati, multipli di 64), illustrati, formanti un’ insieme di 384 pagine annue. . '
Gli abbonati potranno inoltre ottenere a prezzo ridotto:
l’abbonamento cumulativo col “TESTIMONIO”, rivista mensile delle chiese battiste italiane ;
il bel volume del CHI Mi NELLI, “Il Padre nostro „ e il mondo moderno;
l'interessante opera da noi edita, La Chiesa e i nuooi tempi.
Condizioni :
“ BILYCHNIS " e i Quaderni . . . L.
“ BILYCHNIS ”, i Quaderni e “IL TESTIMONIO”.................... . »
"BILYCHNIS”, Quaderni, "IL TESTIMONIO” e i due volumi suindicati »
IN ITALIA ESTERO PER 1 ANNO
PER 1 ANNO SPER~6 MESI
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-,.»
18,50 10,50 40 —
24 — 16- 45,50
Direzione e Amministrazione di “BILYCHNIS”
Via Crescenzio, 2 - ROMA, 33
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Libreria Editrice BILYCHNIS - Via Crescenzio 2 - ROMA, 33
PUBBLICAZIONI IN DEPOSITO
Delle nuove pubblicazioni, appartenenti al ciclo degli studi di cui si occupa la .rivista, faremo un brevissimo cenno nel * darne 1* annuncio, qualora gli editori alle copie da tenere in deposito aggiungano una in omaggio. Solo pubblicando questo, cenno bibliografico assumiamo là responsabilità dell’indicazione dell'opera.
I prezzi segnati non subiscono aumenti e le spedizioni sono franche di porto. Per gl’invii sotto fascia, raccomandati, aggiungere cent. 30.
La libreria si incarica di qualsiasi ordinazione di libri in Italia ed all'estero. Essa è l’unica rappresentante in Italia della University oj Chicago Press, il cui catalogo viene spedito gratis a richiesta.
Delle opere segnate con asterisco esistono ancora pochissimi esemplari.
KKKBaasaMHR.wrri n—massra~—e=kaB
CULTURA DELL’ ANIMA ' Ferretti G. : L’Alfabeto e i fan- ’ Ciarlantini: Problemi dell’Alto dulJi. . , .’ .....................................2 — ; Adige............. . 3,50
Borsari R. : Guardando il sole Lombardo Radice G.. Clericali Ghelli S.: La maschera del-, 2 — e massoni di fronte al pròf t l’Austria . . . . 6 —
Burt \V.: Sermoni e allocu- blema della scuola. . ; 2 — ! Kolpins.ka A.: 1 precursori zioni. ...............2 — Losacco M.: Razionalismo e; della rivoluzione russa 6 —
GRATRY A.: Le sorgenti, con prefazione di G. Semeria 5,40 Monod W.: L’Èva ngile du Royaume ..............6,50
— Délivrances . . . . 6,50 — Il régnera ...... 6 — — Il vit ....... . 6 —
— Silence et prière ... 6 — Vienot J. : Paroles françaises
Emoncées a. 1’. oratoire du uvre ...... 2,5a Wagner C.: L’ami ... 8 — —- Justice ,.........6 —
Rivista Propheia (Unica an-nàta 1914) ..... 5 —
Intuizionismo . . 1 — Maranelli e Salvemini: La que- ;
Martinelli: Per la vittoria mo- ; stione dell'Adriatico. 6 — tale .................\ 3,50 ¡.Murri R. : L’anticlericalismo
Panini -G.: Il tragico quoti-1 (origini, natura, metodo e ■ diano................; 5,50: scopi pratici) . ... 1,25
— Chiudiamo le scuole a — MURR1 R. : Guerra e religione, — Crepuscolo dei filosofi 3,50 1 Voi. I. Il sangue e l’altare 2 — Rensi G.:aSic et non (metà- MURRIR. : Guerra e religione.
fisica e poesia) . . . 3,50 ' Voi. II. L’imperialismo eccle-Scarpa A.: La scuola delle siastico e la democrazia relinjummie ..... 1 — giosa ........ 2 —
Tagliatatela E.:'Giovartni Lo- — Dalla democrazia cristiana-cke educatore. Studio criti- ■ al partito popolare ital. 5 — co seguito da 2 opuscoli pe-i Puccini M.: Come J10 visto il dagogici del Locke (per la ! Friuli . .•............ 5 —
prima volta tradotto in ita- ; Scarfdglio : L’Italia, la TugoslaFILOSOFIA
Della Seta U. : G. Mazzini pensatore ., i. . . . ; 15 — Della Seta U. : Filosofia 'morale (Voi. J e II). .... 15 — Del Vecchio G.: Effetti morali del terremoto in Calabria secondo F. M. Pagano .2-4-Ferretti G.: Il numero e i fanciulli, capitolo d’una didattica delf’lnventività. 2 —
liano) ..................4 —• via e la questione dalmata o,25
Von Hflgel F.: Religione ed Senizza G.: Storia e diritti di
illusione ...... ti— Fiume italiana ... x —
< Soffici A.: Kobilek (giornale di
GUERRA E ATTUALITÀ battaglia) • ■ • • • 3.5° Stapfer: Les leçons de la guerre
Andreief L.: Sotto il giogo _ _ . 4 —
della’ guerra .... 3,50 *omeo F.: Per l'evoluzione reBois H.: La guerre et la bonne | ahg«osa del dopo-guerra 4-conscience.............0,70 : Wilson : Un soldat sans peur et
Brauzzi U.: La questione so- j sans reproche (en mémoire de ciale .................. 1 — i André Cornet-Auquier). 1,30
Sui prezzi de! presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese -generali.
(Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Itai. 15-IV-20).
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— IV
Libreria Editrice BILYCHNIS - Via Crescenzio, ROMA 33*
Sui prezzi aefr presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali. (Deliberazione dell'Ass. Tip. Lib. Ita!. 15-IV-20).
ZANOTTI-BIANCO e CAFFI A.» La pace di Versailles, note e documenti (con 20 carte' etnografiche c politiche) ' ro '-L
La Chiesa e 1 nuovi tempi 3,50 Racco!la di scritti originali di Giovanni. Pioli - Romolo Murri -Giovanni E. Meille - Ugo lanjai - Mario Falchi - Mario RosSi I CHIM1NELLI P. : Gesù di Na- I X. La Bibbia e la Critica. 2 — zare,h • • • • lettere di un prete n>o
; —Il Padrenostro e il mondo mo-1 dernista
3.50
derno . . ; . ’. . . 3— Bibbia (Versi Diodati Edi-Bibliografia della Storia dei-’ • >*one 1919) ' “
la Riforma religiosa in Italia ‘Nuovo Testamento, tradotto'e
2,50
I Costa G. :- Diocleziano
■“ Qui Quondam,, Antonino
■De Stefano - Alfredo'Tagliatatela, j
(Profili). Etite. Formiggini.
Politica e religione nell’ impero romano.
2 —
corredato di note e, di prefa-; zioni dal prof. G. Lu zzi 1,80
LETTERATURA
Arcati P.: Amie) : Brauzzi U.: I Luciferi . Bonavia C. : La tenda . notte,. . . ; . .../ .
Chini M. : F. Mlstral . '.
2
e la
3.50
■ Cumont F.: Le religioni orientali nel paganesimo romano . . . . 6,50
• Di Soragna A.: Profezie di Isaia, figlio di Amos. 7,50
! Dofllingcr I.: Il papato dalle origini fino ài 1870 . 30 '—
Nuòvo .Testamento e Salmi, (e-dizioneKFìdes et Amor) 3
Nuovo Testamento e Salmi ad uso dei vecchi . ; . >»*-2—
1 Vangeli e gli Atti ¿degli Apostoli (edizione Fides et A
mor)
. . 1,80
I Sahni (Edizione Fides et
Amor)
_ | Janni U.: Il dogma dell’EucariDella Seta U.: Morale, Diritto e Politica internazionale nella mente di' G. Mazzini.
1,50
Dell'Isola M.: Etudes sur Monstia e la ragionecristiana 1,25 La reîigïone cristiana: Ma-.
Giobbe,, tradotto da G. tozzi 1,80 .
Ianni U.: il .culto«crisliano rivendicato controda degene-, ■
. HgiMH«.-vnatuuirt. .»W. razione romana . . . . 1 — nualé d istruzione religiosa. Taglialateia E.? L’educazione ! LOIS Y A.: Jesus et la tradiUon i nC,,a Chie^ Primi ^èoli
taigne
2,5©;
F. Momigliano-.TScintille dell Roveto di Stagliene . io — J Gallarati Scotti T.: La vita di’ • A. Fogazzaro. .' . . . io — ' Jahier K: Ragazzo . . 3,50’ Lanzillo A.: Giorgio Sorel. 1 — ! Papini G.: Esperienza futurista.)
évangélique ...... 4 — — Mors et vita .... 2,25 — Epitre aux Galates. • 3,60 — La paix des nations -. 1,50 Ottolenghi R.: I farisei antichi e moderni . ... 4— PETTAZZONI R. :. La religione primitiva in Sardegna
3.5P
Taylor. G. B.: Il Battesimo 0,50
VARIA
I Alinanaccco dei «ragazzi. 5,50 ^Beatrice E.: Origini filosòfiche .ed economiche .dèli’attuale.
letta di jetasse ;..
4
• 3>5° 1 Salvatorelli L.: Introduzione
Fanzini A.: Il libro di lettura) bibliografica alla scienza del-per le scuole popolari. 2•-?- ! le Religioni. ... .* 5 —'
le Religioni
5 “
Bar Jonari Ite rii issa èst. 5'— Carletti A. : Con quali sentimenti son 3 tornato dalla '
Papini G.: Parole e sangue. I—,I-a.B>bbia»Introduàor,e al-r a, ® ; UAntico e Nuovo I estamen
Sheldon C.: Crocifìsso!
3.50 i tò
20 —
ro
manzo religioso sociale tradotto da E.Taglialatela. 2 —
- Il significato di «NazaTeno
1,50
Che farebbe Gesù? . .
2
Soffici A.: Scoperte .e mas-' sacri- (Scritti sul]'arte) 5■— '
Vitanza C.: Spiriti e forme del • divino nella poesia di M. Ra- ’ pisardi (conferenze). 1,59 j
TYRREL G.: Autobiografia1 e
Biografia (per cura di M.
D. Petre)
*5
guerra
1/50
Majér Rizzoli E: Fratelli e sorelle (Libro di guerra 19x5-’•19.1'8)' . .. . . .... 4,50
Meriano Fri Croci di legno 3^0 Niccolini E.:'I contadini e la terra ... ; . . . ; . 2,50 Pioli G.: Educhiamo *i nòstri
RELIGIONE E STORIA
Buonaiuti È.: S, Agostino 2,70 5 » » 9. Girolamo 2 — J
Cappelletti: La Riforma 6— J
A i nostri abbonali non morosi L, 10,50 franco d.t porlo. Tyrrel G.: Lettera confidenziale ad ifh professore d'an- ■ tropologia ..... . 0,50 ;
Vitanza C.: La leggenda del ! ■ Descensus Christi ad in-• feros > . •. ; . . . .1,50 ' Wenck F.: Spirito e spiriti, nel Nuovo Testamento. 0,75;
padroni •
• ■ 2.50
LIBRI RARI
‘ Calogero Bona via [Corso. Pisani 192/'Palermo) offre' una BIBBIA riccamente •illustrata, rilegata* in .pergamena. ’ stampata •• tx>yanii anno 1547 r.<?
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I
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V
ESTRATTI DELLA RIVISTA “ BILYCHNIS „
= ISerle
T-Amendola Ev4: ìì ’pen-' xè. Crespi Angelo: L’evoìù-! 32. Lanzillo Agostino: Ì! sol-sièro religioso è filosofico di J zione della religiositànell’iri-’ dato e l’eroe ¿/(Frammenti 1. im«tA>Avcv., .-dividilo. 1913. P- 14. 0.50 a di psicologia di guerra).
17' De Stefano Antonino: Le f 1918, p. 25. . ’. Esaurita
origini dei Frati Gaudenti, j 33’ Lattea Dante: Il filosofo 1915,0.26. . z . . -1,50; del rinascimento spirituale f. De ¿ Stefano Antonino: I l ebraico. 1918, p. 21. 1,25 , Tedeschi e l’eresia medie-134. Lonzi Furio: L’autocefa-do 1 insegnamento di Gesù.’ vale .in Italia. 1916, pa-' lia della Chiesa di Salona °-8oi g*ne. X7 1—- (Con unditù illustrazioni).
3» Biondolillo Francesco*. M 9. ¿D£,Stefano.Antonino: Del-1 1912, p. 16^ . . 1
religiosità di Teófilo Fifek le'origini dei «pòvferi iòni-; 35. Lenzi. Furio: Di alcune lengo (con k diségno). 19x2^’ ¿bardi » 'e di alcuni gruppi, medaglie religiose del ivsé7. P» • • • • 0,401 T.valdesi. 1917, p. 23. 1—j colo (con una tavola e
4. Biondolillo Francesco: Per 20. Fallot T.: Sulla soglia ■ quattro disegni). Ì913, pala religiosità di F.’Petrarca ' (considerazioni sull’«/ di là) \ gine 21 . 1,50
(con una tavola). ^9x3, pa- j (con una tavola f. t., dise- 36. Leopo.d H.: Le memorie
gine 9 • \ , ’/ . 0,40 < gno di P. Paschetto); 19x6, apostoliche'à Roma e i re5. Cappelletti Licurgo: Il | p. 14 . . ................0,50 centi scavi di S. Sebastiano
Conclave del 1774 e la Satira ' 21. Fasulo Aristarco: Pel IV a Roma. 19x8, p. xol 0,501 cerftenario della Riforma.
0. Cento Vincenzo: Oolioquio 1917,'p: 18 .... . x
con Renato Serra. 1918, ; 22. Fasulo Aristarco:
P- 11 . . ... o,6o i motivi d’una
7. Chiappelli Alessandro: Con . ___
tro^ridentificazibné della fi-1 1918, p, 16 . .... 0,50 losofia-e delia storia e pei : 23/ Formichi Carlo: Cenni sul-dintti della critica. 1918,1 J “ ”
F. Dostoievsky- (con tavola luoptesto: ritratto delD. di2
segnato da P. Paschètto). ; 1917. p. 40 . . Esaurito.
!. Bernardo (fra) da Quin-'*18. tavelle: L’avvenire sccoh-1
nia
/i d'una grande sinio-(Della Provvidenza).
(con una tavola). 1916, pa: ghie X4. ; . . . 0,40
• °’5O i 37. Luzzi Giovanni: L’opera* Brevi ( • Spenceriana. 1912,. - pagi-ne 7 o . . • 0,30
0,50
38. Masini Enrico: La liberazione di Gerusalemme.
Salmo. 1917, p. 2 . -.
,. rwruiiviii vano: vennrsui* Salmo. 1917, p. 2 . -. 0,25 le più antiche religionL.dél- MeiUe Giovanni E.: Il cri-! VY?Ia suggerimenti stiano nella vita pubblica, bibliografici). 1917, pagi- .
j>- 12 . . . . . ... . 0,601 ì bibliografici). 1917. • pagi-j 1913, p. 31 in-32<>.‘ ; 0.25
(ChnI8ia 1aPl?az.x.0^ ’ x5 • • x! 40.. Meille Giovanni c Ada:
P9 pLAa!? v or,8,nan dl 24. Fornan F.:-Iriumazionc. e Gianaveilo. Scene valdesi
ino pa-J • cremazione (con-quattro.ta-; jn quattro atti. (Disemi
o° C«™ V.« ’i • T Esa.urj!° vo’c)- X9I2; p. 6 . Esaurito c xilografie di P. A. Pa~
stwd,o i25- Gabelhni-M. A.: Olindo ! schetto), 1918^.67 ; . 2,50
X?- nuz,ah- X9I7<. pa-1 Guernni: ! uomo e l’artista. : 4 v Minocchi Salvatore: I miti rn Cayc/ P; 17 • • ' ' • °-5° ! babilonesi e le origini della
10. Corso Raffaele. Deus Piu- 26, Gambaro Angelo: Crisi; gnosi. 1914, p. 43 . . 1,50
^onoJrMg^ATR^ mitologia* Contemporanea., 1912, pa- ! Momigliano Felice: Il giu* TIV CostJ Ciò a8, ••7’ l0’7? • 5*^ 7 • • • • • '• 0,30 ì da«smo di ieri e di domani.
IXL r ?J°YanB,: 1 27. Ghfgnom P. A.: Lettera a 1 Xöi6, p. 16 . . . . . 0,60
taglia di Costantino a Ponte j R. Murri (A propositddi Cri- > 'irni ài « *
Milvio (con due tavole e due | stidnesim^ e ¿rra). 1916, 43- Mùner.AJphons Victor:Ar djsegni) 19x3, p. X4.; 1,50 i p. 9 . • •> • • . Esaurito T2-. Costa Giovanni: Critica c ! 28. Giretti Edoardo: Perchè tradizione. Osservazioni sul-J sonò per la guerra. 1015,! la politica e sulla religione' - — '
di Costantino. ]
.....o----- p. li ..... Esaurito
1914, \pa- 29. Giulio-Benso Luisa: « La •
*1,50I vita è uri sógno, »'dì Arturo
gine 23"..:.
13. Costa Giovanni: Impero i Farinelli. 1917, p.’ 16. 0.50 SSSS Ì ÌÒ0,fl 3°- Giulio-Bènso- Luisa: . Ladite tav.Jj'b io, p. 40> 2—- uiéónais ? Mazzini (con una
14. Costa Giovanni: Il « Chri-, tavola f. ti: ritratto del La' stus » della « Cines ».. 1917, ? mennais).-i9i8, p. 40. 1,50 p.’* “ \ ' ?’3° J 3i.. Giulio-Benso Luisa: Il sen15. Crespi Angelo,: Il problema.! timento religioso nell’opera *- dell’educazione (infroduzio-1 di Alfredo Oriani. 1918,
pe). 1912, p. xi. Esaurito! p. 43 . , . . . . . x,5o
gostino Favaroni (f 1443) (generale dell’ordine Agostiniano) e. la teologia di Luterò. X914, p. 17... 0.50 44. Murri RomoloL L’individuo e la storia (A proposito di Cristianesimo e gnor à);
j9?5î P- 12
0.50
.45:, Murri Romolo:'La reli* ¿iòne nell’insegnaménto pub blico iii Italia. 19x5. paginé 22 .
0.75
146'.::Mnrri Romolo: La > Religione •: di Alfredo Loisy; •
. 1918, p. 16 ..... 1,25
• * * * a 2*' ’ J ** Z • ”*
Sui prèzzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali.
(Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Itai. 15-IV-20).
8
Sui prezzi dei presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali. (Deliberazione dell’Ass. Tip. Ub. Ital. 15-IV-20).
—
47. Murrl Romolo: Gl'Italiani e la libertà religiosa nel secolo xvit. 1918, p. io. 0,50
48. Muttinelli Ferruccio: 11 ^.profilo intellettuale di San Agostino. 1917, p. 8. 0,40
49. Nazzari R.: Le concezioni Idealistiche del male. . 1918, p. 16 ....... . 1 —
50. Neal T.: Maine de Biran.
1914. p. 9 . • • • • 0.50 51. Orano Paolo: La rinascita ^dell’anima. 1912. p. 9. 0,50 52. Orano Paolo: Dio .in Giovanni Prati (con una lettera autografa inedita ed un ritratto). 1915, p» 19. • 1 —
53. Orano Paolo: Gesù e la Guerra. 1915, p. <1. 0,50
54. Orano Paolo: Il Papa a Congresso. 1916, p. 12 0,75
55. Orano Paolo: La nuova coscienza religiosa in Italia.
1917.-p/ 19 • • • • ■ 0.50
56. Orr James: La Scienza e la Fede Cristiana (secondo il punto di vista concillató-« rista). 1912, p. 25 . . 0,25 57. Pascal Arturo: Antonio Caracciolo: Vescovo di Troyes.
■ »915. p. 39 • 1 —.
58. Pioli Giovanni: Marcel Hé-bert (con ritratto ed un autografo). 1916. p. 23. 1 —
59. Pioli Giovanni: Inghilterra di ieri, di oggi, di domani. Esperienze e previsioni (con sgi tavole). 1917, p. 57 1,50
60. Pioli Giovanni: La fede e l'immortalità nel a Mors ' et vita » di Alfredo Loisy (con ritratto del Loisy). 1917. P- 22 . . . . . 0,60
61. Pioli Giovanni: Morale e religione nelle opere di Shakespeare (con cinque tavole) 1918, p. 46 . . . ‘ . 2 —
62. Pioli Giovanni: II- catto-licismo tedesco e il « centro cattolico ». 1918, p. 21 1,25
63. Pioli Giovanni: Lo spirito della Riforma e quello della Germania contemporanea.
19 re, p. 11 . . . : . 0,50
64. Pons Silvio: La nuova crociata dei bambini. 1914) p. 6 ...... Esaurito
65. Pons Silvio: Saggi Pa-scaliani. I. Il pensiero politico e sociale del Pascal. II. Voltaire giudice dei
« Pensieri del Pascal » III. Tre fedi (Montaigne, Pascal, Alfred de Vigny) (con due tavole fuori testo). 1914. Pa* gine 30 ...... . 1,50 66. Provenzal Dino: Gipoco fatto. 1917, p. 12 . . 0,40 67. Provenzql Dino: L'ànima religiosa di un eroe. 191&. t p. 12 . . . . . . . 0,75 68. Puglisi Mario: Il’problema moiale nelle religioni primitive. 1915, p. 36 . . . 1 — 69. Puglisi Mario: Le fonti religiose del problema del male. 1917, p. 97 Esaurito 70. Puglisi Mario: Realtà e idealità religiosa (a propof Sito di un nuovo libro di A. Loisy). 1918, p. 13 1 — 71 Quadrotta Guglielmo: Religione Chiesa e Stato nel pensiero di Antonio Sa-landra (con ritratto e una lettera di Antonio Salan-dra). 1916, p. 31 . . *1 — 72. Qui Quondam: Visione di
Natale. Frammento (con otto disegni di P. Paschetto) 1916, p. 7........Esaurito
73- Qul Quondam: Carducci e
il Cristianesimo in un libro di G. Papi ni; 1918, pagine 11 ... . . 0,50
74. Qui Quondam: La Car-' .dola (La bruette) Dalle Mu-sardises di Rostand (con due disegni di Paolo Paschetto). 1918/ P.J5 . 0,40 75. Re-Bartlett: Il Cristianesimo e le chiese. 1918, pagine io . . . . Esaurito 76. Rendei Harris: I tre «Misteri » cristiani di Wood-brooke (Introduzione e note di Mario Rossi) (con un disegno di P. Paschetto). 1914 p. 27, in-32® . . °. . 0,50 77. Rensi Giuseppe: La ragione e la guerra. 1917, pagine 27 ..... . 0,75 78. Rosazza Mano: Del metodo nello studio della storia delle religioni. 1912, pagine 7.............. Esaurito
79. Rosazza Mario:- La reliSione del nulla (Il Bud-ismo) (con sei disegni).
1913............. Esaurito
80. Rossi Mario: Verso il Conclave. 1913, p. 4 . . . 0,25
81. Rossi Mario: La chimica del Cristianesimo (conferenza religiosa). 1916, pagine 9 . . . . . . ’. 0,50.
82. Rossi Mario: Esperiènze religióse contemporanee. 1918, p. 13 . . . . . 0,50
83. Rossi Mario: La « Cacciata della morte » a mezza quaresima in un siriodó boèmo dèi '300 (Nòte folkjónché). 1918. p. 8 . . ... . 0,50
84. Rossi Mario: I sofismi sulla guèrra e la difesa della nostra latinità (Guerra di . religióne' o guerra economi-Óa?). 1918, p. 17 . ., . 0,50
85. Rostan C.: Lo stato delle ànime dopò là morte secóndo H libro XI dell'Odis-sea, 1912, p. 8 . Esaurito 86/ Rostan- C.: Le ‘idee religiose di Pindaro. 1914. pagine 9. ... Esaurito
87. Rostan C.: ‘L’oltretomba nel libro VI dell’« Eneide ». 1916, p. 15.............0,50
88. Rubbiani Ferruccio: Mazzini, e Gioberti. 1915,-pagine 15 ... , Esaurito
89. Rubbiani Ferruccio: Un ‘ modernista del Risorgimento (Il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga)“’1917, pagine 23 . . . . . 0,60
90. Rutili Ernesto: Vitalità
e Vita nel Cattolicismo (I c II). Cronache Cattoliche per gli anni 1912-1913 Esaurito 91. Rutili Ernesto:. Vitalità
e Vita nel Cattolicismo (III, IV, V). Cronache cattoliche per gli anni 1913 e 1914 (tre fascicoli di pagine complessive 52) . . . . . . 1,50 92.- Rutili Ernesto: Là soppressióne dèi gesuiti nel X773 nei versi inediti di uno di essi. 1914, pagine. 6 . . . ... .. . . . 0,40 93. Sacchini Giovanni : . Il
‘ Vitalismo.,1914, p. 12 0,50 94. Salatiello Giosuè: Il misticismo di Caterina da’ Siena (con una tavola). 1912, p. io . . . . . 0,50 95. Salatiello Giosuè : L'uma.nesimodi Caterina dà Siena
1914, p .io, . . . , 0,50
9
*- Vii —
96; Salvatorelli Luigi: La I io 1. Tagliatatela Eduardo: Lo storia del Cristianesimo ed I insegnamento religioso secondo odierni pedagogisti italiani.'1916, p. 9.. - °.5° i
102. Tanfani Livio: Il fine ! dell’educazione nella scuola :
i suoi rapporti con la stona civile. 1913. p. io Esaurito 97. Scaduto Francesco: Indipendenza dello Stato e libertà della Chiesa. 1913, p. 25 in-32®. . . .. . 0,25 98. Tagliatatela Alfredo: Fu
il Pascoli poeta cristiano £ (con -ritratto del Pascoli e 4 disegfìt di P. Pasclietto). 1912, p. 11 . . . . . 0,75 99. Tagliatatela Alfredo: eIl sogno di Venerdì Santo e il sogno di Pasqua (con 4 disegni originali di Paolo Pa-sonetto). 1912, p. 8 . 0,25 100. Tagliatatela Eduardo: Morale e religione. 1916. p. 40 11. Fattori' Agostino: Pensieri dell’ora (Leggendo il « Collo* ?uio con Renato Serra » di
incerizo Cento). 1919, pagine 13. . . ... . . o;5O
2. Di Rubba Domenico: La fede religiosa di Woodròw .Wilson. 1919, p. 29 ; . . 0,50
3. Fra Masseo da Pratoverde : Intermezzo sacramentale (A proposito di Untone delle Chiese Cristiane). 1919, pagine 17 . ■. \ .. . 0,75
4. Dell'Isola M. è ProvenzalDino: C’è una spiegazione logica della vita? 1919, p. 12 0,60
5. Billia Michelangelo: Il vero ùomo. 19x9. P- 7 - • °.5<>
p. Rossi Mario: Religione e religioni in-Italia secondo l’ultimo censimento. 1919. pagine 13 . . . . ... 0,50
7. Cadorna Carla: I ritrovi spi-[ rituali di Viterbo nel 1541.
1919. P- 7■ • • • ■ 0.50 J. Masini Enrico: Epistola ai fratelli di buona volontà. 1919. p. 11 . . . . . ; 0.50
>. Màrchi Giovanni: Il • Confiteor • dei giovani. 1919, p. 8 . . ... . . . 0,50 o. Qui Quondam: Dopoguerra
nel clero. 1919, p. 14. 0,60
1. Tucci Paolo: La guerra eia pace nel pensiero di Intero. 19x9, p. 31 . . 1,50
2. Pavollni Paolo Emilio: Poesia religiosa polacca, 1919, pagine 8 ; . . . . •. 0,50
dei gesuiti. 1918, p. 27 0,75 ! 103. Tosatti Quinto: Giordano ’
Bruno (con ritratto del Bru-1 . no: disegno di P. Paschetto). I 1917. p. 19 • • • - 1,—
104. Trivero Camillo: La ragione e la guerra. 19x7. p.»5O,4O 105. Tucci Paolo: La guerra nelle grandi parole di Gesù.
19.16, p. 27 . .... 1 — io6> Tucci Paolo: Il Cristianesimo e la storia (A proposito di Cristianesimo e guerra); 1917, p'. 9 . 0,50
= II Serie =
107. Vitanza Calogero: Studi Commodianei. I. Gli Anticristi e l’Anticristo nc 1 «Carmen apologeticum » di Com-modiano. Il; Commodiano Doceta? 1915, p. 15 . . 0,75
108. Vitanza Calogero: L’eresia di Dante. 1915, pagine 13 . : Esaurito
109. Vitanza, Calogero: Satana nella dottrina della redenzione. 1916,. p. 19 1 —
no. Wigley Raffaele: I metodi della speranza (Psicologia religiosa). 1913, pagine 14 ... . Esaurito
ni. Wigley Raffaele: L’autorità del Cristo (Psicologia religiosa). 19x5,;?. 39 • 1 —
13. Pioli Giovapni: In memoria del P. Pietro Gazzola. 1919, p. 15 . . . . . . 4. 1,50
14. Provenzal Dino: Ascensione eroica. 1919, p. 14. 0,80
15. Rensi Giuseppe: Metafisica e lirica. 19x9. P- 15 • • 1 —
16. Falchi Mario: C’è una spiegazione logica della vita? 19x9 p. 8 . . . . ; . . 0,40
17. Costà Giovanni; Giove ed Ercole (contributi allo studio della religióne romana nell'impero), con quattro tavole- X919, p. 27 . . 2 —
18. (•••) Mancanze di garanzie nello Schema e nel nuovo Codice* di diritto canonico: e sag^S^sit Te fonti. 1920 p- 5« ...... - 3 —
19. Della Seta Ugo: La visione morale della vita in Leonardo da Vinci. 1919, pa, glhe 31 . ... . . . (2 —
20. Lesta Giuseppe: Sensi e pensieri religiosi nella poesia di Arturo Graf (con due tavole). 1914-1919, pagine 40
2 —
21. Nazzàri Rinaldo: intelletto e ragióne. 19x9. P- x.5. 1 —
22. Ferretti. Gino: Le fedii le idee è la condotta. 19x9, pagine 50 .'.... . 2 — !
23. Cento Vincenzo: L’Essenza del Modernismo p. 52 3—
24. Minocchi Salvatore: Un disinganno della scienza biblica? (I papiri aramafei di' Elefantina) pag. u . . . 1 —
25. Corso Raffaele: La. rinascita della superstizióne nell’ultima guerra, p. 20 . 1.50
26? Colonna di Cèsarp G. A.: La guerra europea dal punto di vista spirituale, p. 15 1,50
27. Arcati P.: Atteggiamenti della pittura religiosa’di Eugenio Burnand, p. 14 . 1,50
28. Luzzi G.: A uno studente . del sec.'XX è egli ancora possibile d’essere cristiano? pag. 12. . .. ..........1 —
29. Momigliano F.: I momenti del pensiero italiano (dalia' Scolastica alla Rinascenza)' pag. 12 ....... . x.50
30. Thompson Fr.: Il veltro del cielo (Versione di M. Praz) pag. 8 . . ..... 1.50
31. Tucci G. : A proposito dei rapporti fra Cristianesimo e Buddhismp p. 12 . . . 1,50
32. Mueller V. A.: G. Perez'di Valènza O. S. A. vescovo- di Chrysopoli e la teologia di Lutero, pag. 15. . . . . x;5°
33, Troubetzkoi. E. : L'utopia bolscevica ed il movimento religioso in Russia, p. 15 1,50
34. Momigliano F.: L’ educazione religiosa di G. Mazzini, pag. io . . . . . . . . 1,50 35.,Formichi C.: La dottrina idealistica delle«Upanishad», pag. 16 . . . . - - 2 —
36. Corso Raffaele: Folklore Biblico, pag. 16 . . . 2 —Sui prezzi del presente Catàlogo aggiungere il 10 % per le aggravate- spese generali,. (Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Itai. 15-IV-20). •
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Anno IX - Fasc. XII.
BILYCMNI5
RIVISTA di sTvdi religiosi
EDITA- DALLA-FACOLTÀ* DELLA-SCVOL A SS^KTEOLOGICA- BATTISTA -DI-ROM A
ROMA - DICEMBRE 1920
VOL. XVI. 6
PAUL DEUSSÈN
i sei di luglio del 1919 s* spegneva in Kiel uno dei più forti e produttivi ingegni filosofici che abbiano onorato ed illustrato la Germania moderna. Paolo Deussen era nato ad Oberdreis il sette gennaio 1854: la morte lo colse .dunque a 74 anni mentre Egli era ancora nel pieno vigore delle sue energie spirituali e fisiche. Due giorni prima di morire tenne l’ultima lezione alla Università di Kiel nella quale era professore ordinario di Storia dèlia Filosofia, ma insieme dettava importantissimi corsi di
Sanscrito, tali che solo Lui, ad un tempo insigne filologo e filosofo, poteva e sapeva
dettare. Di Paolo Deussen m'accingo a scrivere con la riverenza e l’affetto d’un
discepolo che oggi si gloria più che mai d’avere attinto alla fonte inesauribile della dottrina di Lui leggendone e studiandone non solo le numerose e monumentali opere, ma ascoltandone la viva parola ammaestratrice per due semestri a Kiel e quasi ogni anno in Italia, dove in autunno o in primavera, l’illustre uòmo veniva costantemente a passare le vacanze e a rivedere gli amici. La lunga amichevole consuetudine avuta con Lui mi consente l’invidiabile privilegio di pubblicare sulla sua vita e sulla sua fede filosofica notizie che forse resterebbero ignote, e che servono a completare il suo ritratto morale e a far sì che la sua figura originalissima non scompaia, ma permanga sempre viva dinanzi ai nostri occhi. Sorvolerò, o, tutt’al più, accennerò di sfuggita a quei particolari che altri potrà facilmente conoscere mediante la lettura dei numerosi scritti di Lui, fra i quali alcuni hanno carattere biografico, segnatamente quello intitolato Erinnerungcn an Friedrich Nietzsche (1);
(1) Leipzig, F. A. Brockhaus, 1901.
[28]
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BILYCHN1S
e di preferenza m’indugierò su quanto io solo posso avere raccolto dall'intime conversazioni e dalla vita in comune passata col Maestro indimenticabile. Aneddoti, che per avventura a taluno potranno sembrare insignificanti, troveranno posto in queste pagine, come quelli i quali mi sembrano i più adatti a conservare integra la caratteristica fisionomia del grande Estinto.
Fibra robustissima, memoria d’incredibile tenacia, resistenza mentale alle più lunghe e-sottili analisi ed illazioni, capacità miracolosa di lavoro, culto entusiastico dell'ideale, furono doti del Deussen fino dall'infanzia. Eppure tutte poteste doti non sarebbero valse a formare un grande uomo se la fortuna benigna non avesse decretato di far avere al giovinetto Deussen come compagno di scuola Federico Nietzsche. « Che cosa sarebbe accaduto di me », scrive il Deussen (i). « se non avessi avuto lui (il Nietzsche), non riesco ad immaginare. L'ammirazione, anzi l’eccessiva ammirazione d'ogni cosa grande e bella, ed il corrispondente disprezzo per tutto ciò che servisse solo ad interessi materiali, erano in me innati; se non che, questa debole scintilla, mercè la quotidiana consuetudine con Nietzsche, divampò in una fiamma di entusiasmo unilaterale per ogni idealità, nè mai più si spense, nemmeno dopo che i miei sentieri si separarono da quelli dell'amico ».
Tant’è: la presenza al mondo d'un grande uomo non si limita al vantaggio inestimabile che il mondo trae dalle opere di lui, ma crea altri grandi ravvivando scintille che altrimenti si spegnerebbero, alimentando fiamme alle quali sta per mancare il combustibile, riparando altre da folate insidiose. Fortunatamente non soltanto il vizio, ma anche la virtù è contagiosa: l’esempio di Federico Nietzsche spinse irresistibilmente il Deussen ad uscire dalla volgare schiera ed a salir sublime. Quali sieno state le relazioni fra i due eminenti filosofi, tutti possono conoscere mediante la lettura delle già citate Erinnerungen, libro di grande interesse e prezioso per la luce che irradia sulla nobile figura morale del cantore di Zarathustra. Dai colloqui che ebbi col Deussen riguardo al Nietzsche mi convinsi della grandezza indiscutibile del genio di quest’ultimo. «Quando mi cimentavo a discutere con.lui sentivo sempre di essere il più debole, ero come soggiogato da una forza demoniaca, e la mia ammirazione per lui non poteva dissociarsi da una specie di patimento ». Queste parole che il Maestro mi ripeteva non debbono essere interpretate nel senso che egli accogliesse nel cuore sentimenti d’invidia pel condiscepolo prodigioso. L'invidia è una passione bassa e vile, mentre ciò che il Deussen sentiva in presenza del Nietzsche era una nobile emulazione, il bisogno irresistibile d’una sorgente di luce, di dar luce e di scansare la vicinanza troppo immediata d’un altro astro luminosissimo che minacci di sopraffare e rendere inutile ogni altro chiarore. Nelle alfe sfere del pensiero e dell’ideale anche le più volgari passioni si nobilitano e trasumanano;
Nietzsche esercitò sul Deussen un influsso presso che tirannico: fu lui a distoglierlo dagli studi teologici e a sospingerlo verso quelli filologici; fu lui a suggerirgli
(j) Erinnerungen an Friedrich Nietzsche, pagg. 8, 9.
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PAUL DEUSSEN 419
di cercare e meditare le opere di Schopenhauer; fu lui che lo persuase ad abbandonare l’insegnamento secondario, accettare un posto di precettore in una ricca famiglia russa, e procacciarsi il tempo e il danaro necessari a conseguire la libera docenza in filosofia e a percorrere così la nobile carriera dello insegnamento universitario. « Una lettera di Nietzsche era per me sempre un avvenimento. Nè riuscivo a rispondergli senza aver prima abbozzato e lacerato parecchi fogli. Gli è Che in lui sentivo il mentore » (i).
I sette anni trascorsi dal Deussen qual precettore d’un viziato giovane patrizio russo (il quale pose fine violenta ai propri giorni nè mai dette retta ai »aggi consigli e ammonimenti dell’insigne uomo che la fortuna gli aveva messo al fianco), gli consentirono di praticare i circoli aristocratici di Ginevra ed Aquisgrana, di viaggiare in Russia e conoscere i costumi e la lingua di quel misterioso paese. Quasi padrone assoluto del proprio tempo il Deussen dal 1872 al 1879 gettò le basi della sua enorme coltura approfondendosi nello studio delle lingue classiche, delle lingue moderne, dell'ebraico e del sanscrito. I classici greci e latini gli erano familiari in modo tale che difficilmente passava giorno senza che lo si udisse recitare passi e sentenze di Omero, Eschilo, Sofocle, Platone, Virgilio, Orazio, Cicerone, ecc. ad illustrazione di qualche pensiero o evento ; e si faceva spesso e volentieri una magra figura quando non si riusciva a suggerirgli il verso o la parola che gli mancava per fare integralmente la citazione. Nè c’era speranza che rinunziasse a ripetere con esattezza il passo, perchè tanto pensava e frugava nella memoria che infine l'esametro o il pentametro, l'alcaico o il saffico zampillava fluente e sonoro dalla sua bocca. Conosceva stupendamente il greco, e non posso' dimenticare il suo sdegno quando, trovandoci insieme ad Atene nel 1912 per partecipare al Congresso degli Orientalisti, e non riuscendo egli a farsi capire da un vetturino al quale rivolgeva una serie di domande in un linguaggio non meno elegante e forbito di quello che avrebbe adoperato Platone redivivo, « ebbene », mi disse, « quest’asino non capisce la lingua di Platone; parlategli voi, mio caro amico, nel degenerato greco che. si suole ora parlare qui ». A sentirlo conversare in francese sembrava un francese, in inglese un inglese, in russo un russo. Altrettanto non si può dire dell’italiano ch’egli conosceva benissimo letterariamente ma che parlava a stento e foggiando in modo assai buffo vocaboli inesistenti costruiti in base alla regola che il vocabolo latino messo allo ablativo diventa vocabolo italiano. Tale norma se in un- numero di casi gli permetteva di dar nel segno, come in stella, cervo, cespite, in molti altri lo faceva spropositare come in sagitta, auxilio, vulture.
Leggeva la Bibbia nell’originale e degli studi biblici, vuoi del lato linguistico, vuoi dal lato storico e filosofico, fu sempre appassionato e profondo cultore, come eloquentemente sta ad attestare il dotto volume « Die Philosophie der Bibel » apparso a Lipsia nel 1913 nei tipi di F. A. Brockhaus.
(0 Op. cit.. pag. 37.
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BILYCHNIS
Mentre si trovava a Ginevra all'inizio della sua missione pedagogica presso il ribelle giovane patrizio russo, Deussen dettò in francese all’università un corso libero di filosofia, il quale gettò le basi e dette origine all'opera « Die E!ementedcr Me-laphysic » tradotta in inglese, in francese e perfino in sanscrito. Una buona versione italiana sulla quarta edizione tedesca ci ha dato Luigi Suali (i). Frattanto andava maturandosi sempre più nel giovane filosofo il proposito di dedicare la maggiore e miglior parte della sua operosità allo studio di quel sanscrito che fino allora era stato come il frutto proibito, un’aspirazione infelice, un lusso intellettuale concesso soltanto a chi, fornito di beni di fortuna e padrone del proprio tempo, non è costretto a lottare per l'esistenza ma può nel miglior modo provvedere al perfezionamento del proprio spirito senza preoccupazioni di lucro e tutt’al più col desiderio di rinomanza e di gloria. Quale impresa più sicuramente meritoria del penetrare nei pensiero degli antichi filosofi indiani e rivelarlo con metodo scientifico all’Europa? Prima d’accingersi alla grande opera, il Deussen volle sentire il parere del suo amico Nietzsche, ed ecco come questi gli rispondeva (2):
« Se veramente le cose stanno così come tu le rappresenti, la tua vita promette di assumere in alto grado il carattere di ciò che è ben ponderato ed utile all’universalità. Non puoi figurarti quale fu la mia indignazione allorché un professore di sanscrito, nell’atto di mostrarmi alcuni manoscritti filosofici aggiunse questa osser-nazione: strano che questi indiani hanno continuato a filosofare indefinitamente, ma sempre a sghimbescio. Questo a sghimbescio mi par caratteristico della scarsa intelligenza che i sanscritisti portano con sè nel loro compito. "Ovo; Trpò? Xuptv dovetti pensare tra me. Ma certo senza Kant e Schopenhauer è impossible penetrare a fondo in cotesta filosofia indiana. Tu hai scoperto un bel modo di mostrare la tua riconoscenza ai tuoi Maestri ».
Il Deussen non volle sentire altro, e da quel momento in poi, con la doppia tenacia di tedesco e d'uomo superiore, stabilì di consacrare per sempre le sue forze all’esplorazione di quel campo ignoto o imperfettamente conosciuto che era allora la filosofia degli antichi brahmani. Bisognava innanzi tutto diventare un sanscritista, e Deussen diventò un sanscritista in quanto riuscì a rendersi padrone perfettamente dell'organismo grammaticale del sanscrito e ad addestrarsi nell’ermeneutica mercè la continua e più varia lettura di testi poetici e prosastici. La sua preparazione filologica fu tale che egli, più che ad aspirare ad una cattedra di filosofia, bramava poter essere nominato un giorno professore di sanscrito. Non è già che anteponesse la Filologia alla Filosofia; anzi, al pari di Nietzsche, derideva i filologi che si perdono in minuzie e diventano incapaci ad una vista d’insieme. A tal proposito mi confidò un epigramma che gli venne fatto di comporre una mattina in cui
(x) Biblioteca di Filosofia e Pedagogia, n. 6. Gli Elementi della Metafisica. Pavia, Mattei, Speroni e C. Editori, 1912.
(2) Op. cit., pag. 88.
15
I
Paul Deussen
C. FORMICHI, Paul Deussen.
(VI-XH-1920)
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PAUL DEUSSEN
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la pigrizia gl'impediva d’alzarsi dal letto. L’epigramma è inedito, ma merita d’essere conosciuto:
Zwei Kunstlerscclcn gluterfùilt Betrachtcn eincs Meisters Bild.
• Wic wcnig sehcn die beiden doch! »
Die Fliege sprach’s die auf dem Bildc kroch;
« (eh, ich bin Kennerm vor alien! »
So sagte sic ùnd lìess^dabei was fallcn (1).
2 dez. 1882 zpw; iv xliw?
Deussen.
Se c’era spirito largo sintetico genuinamente filosofico era quello del Deussen; eppure egli avrebbe preferito occupare una cattedra di filologia. Gli è che in Germania sono persuasi che la filosofia è come il sale senza del quale nulla ha sapore e che perciò entra in ogni pietanza, ma che nessuno si sognerebbe mai di mangiare come pietanza in se e per sè. Il Deussen quindi giustamente voleva essere ed era in realtà prima un filologo e poi un filosofo.
L’opera. che subito gli assicurò la fama di grande scienziato e gli aprì le porte della carriera dell’insegnamento superiore fu Das System des Vedànta » (2) ossia l’esposizione dell’idealismo delle Upanishad così com’è stato sistematizzato ed illustrato dall’immortale Qankara. A proposito di questo poderoso lavoro ecco quanto gli scriveva Federico Nietzsche nel gennaio del 1883 (3):
« Così va bene, caro antico amico! Così bisogna fare: sviluppare separatamente tutte le sette forze che possediamo e infine raccoglierle e con sette cavalli procedere verso una sola meta. Per potere rivelare a noi altri europei una dottrina tale qual’è il Vedànta occorreva che nello stesso uomo confluissero molte e molte doti; nè la mia lode minore è, mio antico amico, che non hai dimenticato a lavorare con diligenza. Una delle tre Muse non si chiamava forse MsXé-m? Sa il cielo che senza onesta diligenza cresce nient’altro che gramigna dai talenti più belli. Visto da vicino l’artista più insigne non deve differire dall’operaio. Odio la canaglia che rifiuta d’aver un mestiere e considera l’ingegno come una leccornia ».
In altra lettera scritta nell’autunno del 1886 Nietzsche aggiungeva (4):
« Questa estate ho parlato spesso di te con Leskien. Egli mi raccontava che Bòhtlingk ha una stima enorme del tuo lavoro; e aggiungeva che, secondo lui, ti dovrebbe riuscire più agevole procacciarti una cattedra di sanscrito anziché una cattedra (sofà) di filosofia (5). Che inoltre, col tuo doppio talento, ti sei messo fra
(1) « Due anime artistiche stanno ad osservare, colme di fervore, il quadro d’un grande pittore. ' Quanto poco questi due vedono ’ disse la mosca che rampicò sul quadro: ' io, io me ne intendo più degli altri c ciò dicendo lasciò per giunta cascare qualche cosa ».
(2) Leipzig, Brockhaus. La prima edizione rimonta al i8Sx la seconda è del 1899
(3) Op. cit., pag. 89.
(4) Ibidem, pag. 91.
(5) Nietzsche qui scherza sull'assonanza dei due vocaboli tedeschi Lehrstuhì che. vuol dire cattedra e Lchnstuhl che significa so/tì.
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due cattedre: secondo la vecchia abitudine dottorale si da valore soltanto alla specialità, non è lecito servire due padroni, massime se sono due femmine, come la filologia e la filosofia ».
A Berlino Deussen, svolgendo un corso libero di sanscrito e ormai noto nel mondo .scientifico ufficiale, aspettava che o i filologi o i filosofi si decidessero a coronarlo e mitriarlo uno dei loro. I filòlogi rappresentati dal Weber indugiarono, ebbero i soliti scrupoli; i filosofi, più pronti e di maggiore spirito, non si lasciarono sfuggire l’uomo, e per mezzo del loro illustre rappresentante Zeller fornito di pieni poteri, decretarono al Deussen la cattedra di Storia della Filosofia nell’università di Kiel. Di qui il Maestro non si mosse più nè mai, ch’io sappia, gli venne da Università maggiori l’invito di trasferirvisi. Gli è che la sua filosofia idealistica non era di moda in Germania e trionfava il materialismo ed il nietzschismo. Ben gli aveva scritto Nietzsche a proposito del volume sul Vedànta: « il caso vuole che proprio ora viene stampato un mio manifesto, il quale con quasi altrettanta eloquenza dice sì.', là dóve il tuo libro dice no! Roba da ridere; ma forse ti fa dispiacere, ed io non so risolvermi ancora se mandartelo ovvero no. Per fare il tuo libro, potesti non meditare su ogni cosa come ho pur dovuto fare io; e inoltre dovevi fare il libro (i) ».
Parole aspre coleste e vanagloriose che tuttavia non valsero minimamente a scuotere, 'ma piuttosto a rafforzare, la fede di apostolo con la quale il Maestro evangelizzò il suo Verbo fino agli ultimi giorni della vita mediante una serie non mai interrotta di articoli, opuscoli, poderosi volumi, lezioni, comunicazioni ai Congressi, pubbliche conferenze. Mi limiterò a citare per ordine cronologico le opere di maggiore mole che videro la luce dal 1887 fino ai giorno in cui la morte venne a dargli l’immortalità:
I. Die Sùtra’s des Vedànta. Leipzig, Brockhaus, 1887.
II. Sechzig Upanishad's des Veda. Leipzig, Brockhaus, 1897. La-seconda edizione è del 1905.
III. Vier philosophische Texte des Mahdbhäratam. Leipzig, Brockhaus, 1906.
IV. Outlines of Indian Philosophy. Berlin, Karl Curtius, 1907.
V. Die Geheiwlehre des Veda. Leipzig, Brockhaus, 1911.
VI. Der Gesang des Heiligen. Leipzig, Brockhaus, 1911.
VII. Allgemeine Geschichte der Philosophie in quattro volumi. Leipzig, Brockhaus; 1906-1911.
VIII. Die Philosophie der Bibel. Leipzig, Brockhaus, 1913.
IX. La monumentale edizione delle opere complete di Arturo Schopenhauer in dieci grossi volumi di cui il primo apparve nel 1911 e il decimo nel 1913 (R. Piper, München).
Le opere menzionate nei numeri I-VII costituiscono una mole enorme di materiale raccolto elaborato e sistematizzato in modo così magistrale, così metodicafi) Op. cit., pàg. 89.
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mente e scrupolosamente scientifico, da mettere fuori discussione il posto eminente che il Deussen occupa tra gli orientalisti moderni. Altri potrà dissentire profondamente da lui nella fede filosofica, su questa o quella questione, questo o quel particolare, ma dovrà pure far capo ai suoi lavori e considerarli massima autorità in' materia di filosofia indiana. Segnatamente i tre primi volumi della AUgemeine Geschichte der Philosophie hanno portato una profonda rivoluzione nel modo di concepire la storia della filosofìa. Dopo la pubblicazione di essi non è più lecito ignorare o finger d’ignorare che i germi della speculazione sieno da cercare altrove che nei presocratici e che l’india deve prendere il posto della Grecia nel primo capitolo d’una storia della filosofia. Capisco che chi è già invecchiato sulla cattedra e s’è assuefatto a cominciar dalla Grecia, manca dell'agilità mentale, del modo e del tempo necessari a dominare il ricco materiale ammannito dal Deussen agli studiosi. Ma la nuova generazione, i futuri concorrenti alle cattedre di storia della filosofia potranno avere più l'ombra d'un pretesto a scusare l'ignoranza della stupefacènte fioritura speculativa dell’india antica ? Bisógna che essi facciano i conti col Deussen, o si metteranno ipso facto al bando d’ogni progresso, d’ogni illuminata informazione delle nuove conquiste scientifiche.
Se non che, il Deussen oltre ad aver fatto opera di scienza, cioè di raccolta ed elaborazione di materiale nuovo, ebbe pure, come ho già più volte accennato, una fede filosofica. In altri termini, egli non s’appagò di raccogliere, sistematizzare ed illustrare oggettivamente i dati di fatto, ma da una potente sintesi di questi ultimi tentò di trarre un ammaestramento che valesse di norma e di conforto a sè e agli altri. Egli era uno spirito profondamente religioso, deplorava l'imperante e dilagante materialismo dei suoi Contemporanei in Germania, e più si vedeva dimenticato e non curato, più in lui si radicava la persuasione che il suo credo avrebbe un giorno trionfato, sarebbe stato il Verbo dell’avvenire. Conosciamo già gli elementi della sua cultura: una profonda conoscenza del mondo classico e del biblico, una assimilazione completa delle idee kantiane e schopenhaueriane, il dominio di tutta la produzione speculativa dell’india dal Veda al Buddhismo, l’esperienza di uomini e cose acquistata nei suoi lunghi e frequenti viaggi in ogni nazione d’Europa, in Egitto ed in India. Questi elementi culturali passati attraverso un cervello speculativo di prim’ordine crearono una fede filosofica che sono in grado di riassumere in grazia ai lunghi e frequenti colloqui avuti col Maestro. Le Upanishad, Kant e Schopenhauer ripetono, sebbene in diversi modi, la stessa verità: il mondo che noi percepiamo è una illusione. Questa che è una semplice intuizione nelle Upanishad acquista la sua dimostrazione scientifica mediante la scoperta di Kant che spazio tempo e causalità sono mere forme del nostro intelletto. In altri termini, le cose noi non possiamo vederle che nello spazio nel tempo e in una genesi progressiva di causa ed effetto, ma le cose in sè e per sè sono fuori di queste tre categorie limitatrici proprie del nostro intelletto. L’esistenza d’una metafisica è quindi innegabile.
Quanto al lato etico il Deussen vede in conflitto due grandi concezioni: la pagana e la indo-biblico-schopenhaueriana. La prima addita all’uomo come norma di
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assecondare la natura e cercare la felicità nel soddisfacimento dell’egoismo. La seconda rivela all’uomo il tranello che gli tende la natura, egli segnala come suprema meta l’estirpazione dell’egoismo. Le parole già citate del Nietzsche acquisteranno in questo punto e insieme getteranno massima luce: « il caso vuole che proprio ora viene stampato un mio maniesto, il quale con quasi altrettanta eloquenza dice si! là dove il tuo libro dice noia. È appunto così: la concezione pagana è affermazione, la indo-biblico-schopenhaueriana è negazione, rinunzia della vita. Tra queste due concezioni il Deussen non esita ad abbracciare la seconda.
Perche mai è necessario emanciparsi dalla vita? Perchè, risponde la Bibbia, essa è il regno del peccato; perchè, rispondono le Upanishad, essa è il regno dell’errore. La Bibbia scorge la magagna nella volontà, le Upanishad neH’intelletto dell’uomo; quella esige quindi un mutamento del volere, queste un mutamento del sapere. Risultando l’uomo di volontà e d’intelletto la palingenesi si otterrà prestando ascolto alla Bibbia e alle Upanishad, ossia da una parte rendendo capace il cuore, indurito nell’egoismo, di giustizia amore e abnegazione, e dall’altra parte rivelando alla mente la verità che questo ordine cosmico altro non è se non una illusione, una m&y&, e che in realtà esiste un solo Essere fuori dello spazio e del tempo, del molteplice e del divenire, un Essere che si manifesta soltanto parzialmente in questo e in quel fenomeno della Natura, ma che integralmente possiamo sentire e scoprire nel nostro io. La massima evangelica: «ama il Ino prossimo come le slesso a fa appello al cuore, e diventa razionale solo dopo che le Upanishad dimostrano che amando il prossimo si ama in realtà se stessi, perchè mera illusione è ciò che ti fa credere qualche cosa di diverso dal prossimo.
Sono questi i punti cardinali della fede filosofica del Deussen. la quale è originale solo in quanto fonde in un sol tutto, sintetizza ed armonizza i più alti concetti metafisici ed etici del Vedàntà, del Vangelo, di Emanuele Kant e di Arturo Schopenhauer. Nuovi orizzonti speculativi il Deussen non ha scoperto nè credeva si potessero scoprire, perchè lo stillato della sapienza filosofica l'umanità già’lo possiede nelle rivelazioni di quelle quattro grandi sorgenti di luce spirituale. Con gli scritti e la parola cercò di dare il massimo impulso d'idealismo all’indirizzo del pensiero del suo paese, d'opporsi alla crescente marea di materialismo, di ricondurre gli spiriti alla religiosità. Negli ultimi anni fondò una Società intitolata a Schopenhauer, la quale continua a fiorire e si appresta a rendere degne onoranze al suo grande ed immortale fondatore.
Che il Deussen fosse un uomo superiore si persuadeva agevolmente chiunque lo avvicinava e conversava con lui una mezz’ora. Si aveva l'impressione di sta»* vicino ad un uomo gigante: se due ore di cammino vi stancavano, occorrevano sei ore di cammino per stancar lui; due tazze di thè bastavano a dissetarvi mentre dieci erano ancora poca cosa per lui. Poteva far propria la risposta data una volta da Schopenhauer a chi gli rimproverava il suo vorace appetito: « è vero, mangio tre volte più di voi, ma penso anche tre volte più di voi ». Se misuravate la vostra con la sua memoria, la vostra inferiorità diventava palese. In tutto insomma egli era più
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forte, e così come le sue gambe non conoscevano stanchezza, il suo cervello non trovava mai posa, era in continua combustione, apprendeva, digeriva o dava. Stanco morto tornavo dalle passeggiate fatte con lui, durante le quali m’imponeva 'di riassumergli in tedesco la lezione che avevo udito sulle categorie kantiane e m’incitava ad affrettare il passo dicendo: motus quo velocior eo magis motus.
Un’altra volta, non più in Germania, ma in Italia, ci rechevamo insieme in velocipede da Pisa a Marina, e per tutta la strada il Maestro volle far esercizio di coniugazione verbale italiana ripetendo: se io fossi ricco sarei felice, se tu fossi ricco saresti felice, se egli fosse, ecc. Guai se sbagliava c lo riprendevo, chè allora per punire sè stesso ricominciava daccapo da se io fossi, ecc. posto anche che avesse errato nell’ultima frase se eglino fossero ecc. Questo bisogno di far lavorare continuamente il cervello degenerava talora in manìa, ma in una manìa rivelatrice del genio. Giunti in fondo alla scalinata della mia abitazione, il Maestro mi chiese un giorno il numero preciso dei gradini. Non glie lo seppi dire, e allora risalì in cima della scala per contarli. Una sera osservavamo dal mio terrazzo i fanali accesi cósteggianti in fila le due sponde del Lung’Arno pisano. «Quanti sono?» chiese il Deussen. Non seppi rispondere, e lì lui a contare con la massima cura.
Aveva delle ingenuità ed eccentricità deliziose: quasi una lezione sull’importanza della filosofia delle Upanishad gli udii fare all’ancella d’un suo vicino di casa per persuaderla a rimuovere dall'orto confinante col suo studio le galline che co) loro chiocciare lo interrompevano e turbavano nelle sue meditazioni. Quasi tutti i capi-stazione dei borghi situati tra Pesto ed Ascea seppero dal Deussen chi era e che cosa aveva fatto Parmenide. Egli infatti interrogandoli circa la stazione in cui gli convenisse smontare per recarsi con me in pellegrinaggio ad Elea entrava in troppi particolari sulla scuola eleatica e la grandezza del suo fondatore (1). A Londra, sempre che gli riusciva, prendeva posto imperiale accanto al cocchiere per far amicizia con lui e rivolgergli ogni sorta di domande sugli edifici, le strade, i costumi della gente. A teatro mai era più soddisfatto come quando arrivava in tempo a procacciarsi una poltrona nella fila confinante con l’orchestra affin di potere, negli intervalli tra un atto e l'altro, appiccare discorso coi sonatóri. In casa il Maestro aveva un magnifico busto di Schopenhauer, e davanti a questo busto egli aveva insegnato alla sua bambina Erika, di appena due anni, a fare tutte le mattine l'inchino, anzi, in termine sanscrito, il namaskàra. La stessa bambina un giorno s’era addormentata nella carrozzella che la balia spingeva per una pubblica via di K'iel. Il Deussen s’imbatte nella coppia e si ferma compiaciuto a contemplare il sonno placido dell’innocenza, quand'ecco sbocca da un'altra strada
(1) Di questo nostro pellegrinaggio ad Elea il Deussen scrisse ampi ragguagli nei Westermanus Illuslrierten Deutsche¡1 Monalshdten, Nr. 601. Oktobcrheft, Braunschwcie 1906.
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un reggimento preceduto dalla fanfara la quale d’un tratto dà fiato ai pifferi e fa rullare i tamburi. Deussen non sa frenare uno scatto di sdegno, e imponendo silenzio, esclama: «sw schläft » (dorme). Il Maestro s'era proposto, se mai avesse dovuto nascergli un maschio, di dargli il nome di Wolfgang in onore di Goethe. Il caso volle che la sua consorte fosse presa dallé doglie qualche giorno prima che ricorresse l’anniversario della nascita di Kant, sicché il Deussen chiese all'ostetrico so fosse possibile differire il parto in modo che il bambino potesse veder la luce sotto la stessa stella che aveva presieduto alla venuta al mondo del grande filosofò di Königsberg.
Siffatte ingenuità ed eccentricità sono proprie dei filosofi, ed ho voluto indugiare su quelle del Deussen per comprovare quanto egli appunto fosse un genuino filosofo.
Un'altra non dubbia caratteristica del Deussen fu l’avversione che egli sentì per tutta la vita all’esagerato militarismo del suo paese. Da giovane rimproverò amaramente al sesso gentile di lasciarsi prendere piuttosto dal luccichio d'una Spallina anzi che dalle doti intellettuali e morali d’un uomo. Arruolatosi il Nietzsche nel 1870 come infermiere volontario nell’esercito prussiano, il Deussen non potè nè capire nè ammirare questo gesto che più tardi designò col nome di accesso di patriottismo (1). Altrove scrive che alle sue proteste contro il sempre più dominante militarismo in Germania Nietzsche rispose che il tedesco è unicamente tollerabile come soldato, perchè quanto al resto c’è poco che valga in lui (2).
Tutte coteste dichiarazioni però debbono accettarsi cum grano salis in quanto che, militarista o antimilitarista, il Deussen era, come la schiacciante maggioranza dei suoi connazionali, un buon tedesco che altro non ambiva se non di vedere la patria grande e prospera trionfare sui nemici. Indubbiamente l’epilogo del recente conflitto mondiale dovette scuotere la gagliarda fibra del Maestro ed accelerarne la morte.
Egli era tanto tedesco che quando insieme ci trovammo a Parigi dinanzi alla tomba di Napoleone, si rannuvolò tutto nel vedere l'entusiasmo dal quale ero preso pel vincitore di Austerlitz e di Jena, e in tono di rimprovero mi disse: « la vostra origine di latino oggi si tradisce a chiare note ». Gli risposi naturalmente per le rime, e fu la prima volta e anche l’ultima che una nube oscurasse il cielo della nostra diuturna e sincera amicizia fatta di ammirazione e devozione da parte mia, di benevolenza e profondo consenso intellettuale da parte sua.
Di speciale e notevole vena poetica non fu dotato il Deussen, ma certo una delle poesie più felici e spontanee che gli sia uscita dalla penna è quella dedicata alla sua grande amica Henriette Hertz, alla quale aveva dato il soprannome piali) Op. cit.. pag. 78.
(2) Ibidem, pag. $7.
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PAUL DEUSSEN 427
tonico di Diotima. Gentilmente autorizzato a pubblicare i versi tuttora inediti, ne riproduco qui il testo' tedésco e la traduzióne italiana:
An Diotima,
In Indien waren wir zuerst zusammen
Vereint in reiner Liebe ew’geri Flämmen.
Dann vor zweitausend und dreihundert Jahren Als wir in Griechenland geboren waren Gabst du das Wissen mir vom ein: Darin will ich auch heut dein Schüler sein. Wie jetzt in Rom und vormals in Athen, Wo werden wir demnächst uns Wiedersehn?
Deussen (1).
Roma?-5, 4,03.
E con senso nostalgico domando anche io a me stesso: dove e quando rivedrò il Maestro dotto, affettuoso, deliziosamente socievole?
Roma, giugno del 1920.
Carlo Fornichi.
(1) « A Diotima. Fummo dapprima nell’india insieme uniti nelle sempiterne fiamme del puro amore. Poi duemila e trecento anni fa, quando nascemmo in Grecia, tu m inculcasti la scienza dell’Eros: in essa voglio essere anche oggi il tuo scolaro. Cóme ora in Roma e una volta in Atene, dove ci rivedremo la prossima volta? Deussen. Roma. 4, 5. 03 ».
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A contraddizione di domani, poiché ormai è evidente l’avvento del socialismo nelle forme e — speriamolo — nell’essenza stessa della vita sociale, consisterà da un lato nel fatto di esser pervenuti a tale avvento a traverso aH’esaltazione del materialismo storico, dall’altro nell’impossibilità di permanere e, meglio, di migliorare quello stato al quale ci avviamo senza negare il materialismo stesso donde il -socialismo marxista si è mosso.
Il principio di giustizia, perciò, secondo il detto materialismo che in ultima analisi confondesi con l’opportunismo, se poteva affermarsi invocato dalle plebi misere affine di elevare il proprio stato, non potrà ugualmente venir prescelto a fondamento della vita sociale di domani quando i proletari irrequieti cercheranno, ed invano, la soddisfazione simultanea di tutti i loro bisogni e avidità concorrenti e perciò tra loro in contrasto.
Occorre anche considerare il fatto che - dovendosi procedere, in un momento di crisi sociale, spirituale e materiale, a un radicale mutamento, in ¡specie delle forme del possesso, a un mutamento per cui saranno necessarie più alacri volontà e più ab bendante fatica — per il fatto medesimo del comunismo che si cercherà di attuare, avremo una confusione di beni prima e un illecito accaparramento dei medesimi, una notevole dispersione di essi poi, ed indi, nella tentata uguaglianza dei guadagni, delle ore di lavoro, della possibilità medesima di acquisto sul mercato, un ristagno e una diminuzione di lavoro complessivo, la dispersione degl’in traprendi tori non allettati più dalla speranza della ricchezza e impauriti dalle minaccie, l'annichili-mento insomma di tutte le energie motrici della società attuale senza che altra energia ponderabile ad esse si sia fin d’ora sostituita, capace di sollecitare rapida-
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LA CONTRADDIZIONE DI DOMANI
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mente la società nuova sulle vie della maggior produzione, che pure è indispensabile per sovvenire il popolo di quanto bisognerà domani al consumo, straordinariamente aumentato nell’illusione di migliorate condizioni economiche, nell’ansia anelante di procurare a sé stessi il massimo possibile dei beni.
La società borghese lascia in eredità a quella proletaria lo spirito d'imprevidenza — come reazione alla eccessiva previdenza con cui essa ha voluto cautelarsi avidamente ed aridamente contro qualsiasi infortunio privato — lo spirito di imprevidenza collettiva che, nei momenti critici, lascerà al caso la risoluzione dei più ardui problemi. È, in fondo, un senso fatalistico, una cieca fiducia nelle forze della natura, è il convincimento che la necessità, dettando legge, ristabilirà poi, comunque, l’equilibrio turbato. Ora non si vuol negare che, in ultima analisi, appunto la ferrea legge della necessità ristabilirà meccanicamente l’ordine naturale qualora l’uomo, abdicando alle caratteristiche per cui distinguesi dai bruti, cioè supinamente lasciandosi trasportare dal ritmo del vortice collettivo che chiede solo godimento, si sarà, nella vana e assillante ricerca di questo, imbestialito tanto da non aver più luce da accorgersi di quel che gli sia utile o nocivo; ma è certo che se l’uomo vuole usare delie sue facoltà per uscire dalle strette che han posto a mal partito ogni unilaterale concezione o partigiana, deve per l’appunto far uso della ragione e, conformemente all’esperienza, negare o modificare praticamente quei principi da cui si è dichiarato e si dichiara animato e che; viceversa, rigidamente applicati, lo porterebbero al fallimento di ogni vita sociale.
Gli organizzati alla lotta di classe sotto la fredda luce del materialismo storico saranno necessariamente tratti — allorché ogni margine di ricchezza, ancora detenuta dalla borghesia, sarà scomparso — a lottare fra di loro: ossia le organizzazioni di talune determinate categorie contro le organizzazioni di altre categorie, e dentro la medesima società l’individuo intelligente e pensante a lottare contro la massa amorfa, ripristinando a lungo andare, con quegli equilibri che la reciproca diffidenza detterà, un assetto economico non dissimile, almeno in parte, da quello attuale. Non vi sarà forse più la proprietà privata in forma assoluta perchè il nome di proprietà diverrà odioso come ai Romani quello dei re, ma pulluleranno i nuovi Cosimi de’ Medici che deterranno la ricchezza senza sciorinarne i titoli finché, infine, non si avrà paura di documentarne il possesso.
* ♦ ♦
Si obbedirà così alla gran legge della vita, che vuole per intuibili ma non dimostrabili fini, la diversità delle condizioni anche economiche in Cui uomini differenti per altezza spirituale e per levatura mentale debbono essere posti?
Allora dovremmo abbandonarci, al Fato. Noi invece cederemo alla neces-Isità sol quando questa ci avrà vinti.
Ed appunto missione nostra riteniamo quella che eviti, o attenui almeno, le illusioni, le violenze senza scopo, che riconduca alla retta valutazione degli avÀ
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venimenti, che riporti gli spiriti a rivedere i vantati postulati scientifici e morali che portano poi ad errori incommensurabili quanto più di essi ci fidiamo nel nostro calcolo.
Il principio del materialismo storico è una legge che, se posta tardi in evidenza, si è sempre applicata, più o meno integralmente nei diversi tempi e fra razze diverse: ma esso da solo non basta a spiegare la storia; anzi, se tutta la vita dovesse venir determinata soltanto dal materialismo storico, essa, dopo un breve decorso, sarebbe condannata alla stasi. Si può soggiùngere che il materialismo storico — pure innegabilmente tanta parte della vita — è per l’appunto. elemento essenzialmente conservatore e materialistico, escludente ogni idealità e perciò ogni elemento per natura sua rinnovatore e rivoluzionario.
Ora, invece, mai tanto quanto in una società democratica e socialistica, è assolutamente necessario l'individuo a cui le folle possano affidare le delicate gestioni dei propri sindacati e delle proprie comunità; mai come quando, per la differenziazione e specializzazione dei lavori, ciascuno è obbligato a cedere al suo vicino la direzione o la fabbricazione o la conservazione delle infinite macchine che servono alla vita, è necessario che questo compagno sia dotato dei principi morali che gl’intòiscano per l’appunto di approfittare — secondo la legge materialistica - della fiducia in lui riposta dalla società, di approfittarne pei propri fini particolari ed egoistici.
La società, da tanti preconizzata e desiderata, o sarà una società fondata su saldi principi religiosi e morali che prescrivano l’amore fra gli uomini, e conseguentemente il regno della giustizia fra di loro, sbandendo appunto il principio del materialismo donde gli odierni moti si dicono originati, o, dopo un rapido caotico som-movimento, è destinata a modificarsi radicalmente contraddicendo il sentimento di giustizia da cui è stata ideata.
Questo il dilemma. Tutti i giuochi di parole, tutti i tentativi di equilibrismo fra le forze egoistiche per determinare una giustizia dettata dàlia legge ferrea della materialità piuttostochè da un saldo convincimento ideale, sono castelli in aria, fantasie senza fondamento, negate dalla storia, dalla vita, dalla conoscenza dell’uomo, delle sue attitudini, delle passioni sue.
Gli economisti non han voluto e non han saputo studiare il valore economico della morale, non han considerato quanto il progresso mondiale sia stato sollecitato dagli eroi della religione, della morale, del pensiero, di quanto ad essi, non determinati all'azione da alcun vantaggio materiale, vada debitrice la società.
La legge del materialismo storico, è quella secondo la quale, di solito, si governano il più degli uomini, non però quelli superiori e che, per la lor forza d’irradiazione, possono avere seguaci numerosi. In genere bisogna però riconoscere che la società si è condotta secondo norme egoistiche, e che, appunto per ciò, essa materialmente soltanto ha mutato, e di poco, il suo animo, ed evidentemente peggiorerà se stessa se vorrà applicare, come norma assoluta di vita, la legge del ventre.
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La idea socialistica, comunistica anzi, non è, se ben considerata, che una negazione continua dell’egoismo, una negazione, se attuata pienamente, del materialismo storico. Essa presuppone l’uccisione dell’io, del sentimento di proprietà, del sentimento del dominio; per essa il più intelligente, il più forte deliberatamente si pongono a servizio della società non per, sfruttarla, ma per elevarla, non a fine di vanagloria, ma per svolgere la missione affidatagli nel consorzio umano.
Dunque i ben pensanti e leali assertori del comunismo dovrebbero porre a base di tutta la loro costruzione ideale e positiva non l'egoismo ma solo l'altruismo, non la negazione della scintilla divina in noi, ma la sua accettazione e fecondazione, dovrebbero cioè ispirarsi al concetto della comune nòstra destinazione nel di là al nostro avviamento alla perfezione cioè, che sempre meglio ci polarizzi verso il foco luminoso della coscienza direttiva del cosmo e che, in anticipo a questa nostra perfezione, ci rimorda il cuore con pruno lacerante se noi ci vogliamo approfittare, comunque, della fortuna per condurre una vita più agiata di quella dei nostri fratelli, o, peggio, a spese dei fratelli nostri.
La teoria che oggi prevale è quella della violenza: eppure essa è stata e sarà ancora sconfitta dalla realtà. Nonostante le ipocrite dichiarazioni pacifistiche, di cui idillicamente la politica si deliziava, la Germania, pervenuta a quel grado di potenza per il quale pareva permesso ogni libito, non ha esitato a stracciare i trattati per schiacciare le nazioni rivali, ma più deboli di lei, nel momento che ritenne opportuno; e cozzò, essa che aveva preveduto, contro un imponderabile che distrusse il suo sogno cannibalesco, che la condusse alla Sconfitta e alla dissoluzione; le potenze dell'Intesa, piagnucolanti fraternità e giustizia, fintantoché furono costrette a tenersi sulla difensiva, non esitarono poi, con incoerenza e futilità indegne, a vendicarsi odiosamente sulle potènze vinte e a perpetrare gli stessi delitti di cui s’eran macchiati gl’imperi Centràli; e lacerarono anch'esSe gl'ideali da cui ipocritamente si professavano animate; ma un imponderabile, il popolo internazionale e gli avvenimenti di Russia, sempre più travolgenti e dilaganti, minacciano l’architettato castello faticato a Versailles e invano rattoppato a Londra, a S. Remo, a Spa, a Boulogne, e lo distruggeranno; il proletariato oggi — con la rozza franchezza della sua ancor vergine natura, su cui oggi splende fervido il sole dell’avvenire ammaestrato dalla sorniona ipocrisia altrui, ostenta animo di guerra Contro le classi privilegiate e sfruttatrici e, poiché si sente più forte, si dichiara pronto a vendicarsi delle patite sofferenze; e forse una sofferenza più atroce gli è riserbata perchè la sua battaglia cela fin d’ora anche per lui un imponderabile che potrà frustrarne la vittoria, un imponderabile che sfugge alla stretta vendicatrice del suo pugno: lo spirito.
Ma, ad evitare la contraddizione di vedere disfatta la società comunistica dagli stessi... comunisti, basterebbe infondere nelle folle il senso veramente religioso
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della fraternità degli spiriti, della destinazione comune, della necessità che noi tutti ci prepariamo ad una vita migliore, superiore alla nostra quaggiù: ciò che non esclude, anzi impone la nostra vita terrena in armonia agli ideali dallo spirito nostro prescrittici poiché sorti spontaneamente dai principi di giustizia e di amore da cui sentcsi ispirato; cosicché l’ideale comunistico, se anche praticamente imperfetto — per la materialità dei congegni sociali che non potranno pienamente applicarlo — comunque attuato, non verrà distrutto dalla arida e avida febbre del materialismo storico, ma perfezionato, e con duttile e plastica adattabilità applicato, secondo le norme d’amore, l’unico dittatore le cui leggi non sian mai venute meno.
Allora — anche ammesso e non del tutto concesso che il materialismo storico abbia sospinto individui e classi alla organizzazione dell’attuale società — l’organismo dei lavoratori, dopo la vittoria sulla società egoisticamente borghese, non dovrebbe più condursi con pesante inerzia sulle direttive del materialismo per non ricadere nelle vecchie forme superate, ma dovrebbe agilmente ispirarsi ai principi della solidarietà umana secondo i quali il movente dell'interesse materiale non scatenerà più gruppi d’individui contro gruppi ad una guerra incessante, ma subordinerà il mondo materiale a quello ideale: e, come tutti siamo figli della Coscienza direttiva del cosmo, tutti ci sentiremmo veracemente fratelli e sem plicemente attueremmo la legge del cuore secondo il comune materiale interesse, riflesso di quello dello spirito.
Umberto Brauzzi.
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BERNARD SHAW E LA RELIGIONE
N una delle più originali commedie di Bernardo Shaw, L'altra isola di John Bull — oggi di una singolare attualità — sono messe in luce le profonde differenze etniche fra Irlandesi ed Inglesi, fra l’isola dei sognatori c quella degli uomini pratici. Shaw, irlandese, si sente naturalmente più vicino ai suoi connazionali, pur preferendo godere la più comoda e più libera vita londinese.
.. Ma le caratteristiche dei due popoli si determinano prin
cipalmente nel modo diverso di considerare la religione. L’anima irlandese è più direttamente dominata dal clero, che esercita sull’individuo una profonda seduzione mistica. In Irlanda il protestantesimo è reale: vi è proprio una chiesa protestante, benché questi due vocaboli —\phiesa protestante — appaiano contraddittori. La chiesa inglese, che è una chiesa riformata anglicana — cattolica — antiprotestante, è tutt’altra cosa, secondo Shaw. Le classi dominanti protestanti potrebbero un giorno vedersi sopraffatte da quelle masse popolari cattoliche, che non potranno mai piegarsi ad ossequiare l’Inghilterra, c la chiesa cattolica romana potrebbe diventare la chiesa irlandese ufficiale. « È forse un sogno da pazzi quello di uno Stato che sia una chiesa e di una chiesa che sia il popolo: tre cose in una e una in tre». Dove si vede che Shaw scherza paradossalmente sulla lotta delle chiese, che è una delle prime ragioni per cui l’Irlanda non volle mai chinare il capo alla dominatrice. Shaw vuol provare la differenza fra il protestantesimo irlandese e quello inglese, perchè non può dimenticare di essere protestante per nascita e per tradizioni familiari. L’inconciliabile dissenso fra le due isole deriva principalmente dal fatto che l’Irlanda cattolica fu sempre considerata con diffidenza e come una inferiore dell’Inghilterra protestante, che si illudeva di dominarla accarezzando i puritani dell'Ulster. L’antico contrasto di religioni determinò le differenze di co-
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stumi, di tradizioni, di cultura. Ma appunto perchè l’irlandese, pur non abbandonando un senso della realtà che manca assai spesso all’inglese, conserva, come il Keegan di Shaw, un ideale più alto, che non si piega sempre alle convenzioni de la vita: esso è stato finora superato dall’elemento inglese invasore. Disse il De Bosdari (i) che sembra l'autore voglia arrivare ad ogni costo al paradosso; Shaw rovescia il concetto altrui con una tranquillità e una sicurezza uniche. Ma egli sdoppia il gioco delle forze che dominano l’anima irlandese: da un lato il prete, il pastore, che vede dovunque superstizione e non comprende la propria, dall'altra un sognatore, un idealista, un nuovo S. Francesco d’Assisi. Il popolo si lascia trascinare dall'illusione e da chi lo avrà saputo avvincere. L'altra isola di John Bull ripete il difetto comune a molte commedie shawiane: molto si discorre intorno alla politica, alla nazionalità, prendendo in giro tutti, a destra e a sinistra, inglesi ed irlandesi, smarrendo spesso, rispetto allo spettatore, il concetto direttivo, che soltanto ad un’attenta lettura delle commedie, e specialmente delle prefazioni, può meglio apparire.
Ne La conversione del capitano Brassbound Shaw pone in luce le forze che hanno maggiore potere sugli uomini: sono l’Amore, la Giustizia, la Religione. Al solito, egli non dà la più bella parte al ministro di Dio sulla terra. In venticinque anni di dimora al Marocco, il missionario reverendo Renkin ottenne una sola apparente conversione, quella di un briccone inglese che lo prende in giro e lo sfrutta: gli altri lo avvicinano soltanto per chiedergli medicine quando sono malati. « Mi chiamano il cristiano che non è ladro: è già qualche cosa ». Ma lady Cicely indurrà alla menzogna pure quest’onest’uomo, un ministro della religione!
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Già a proposito de La professione della signora Warren, dove è pure una figura di .pastore che non fa certamente una bella figura, Shaw aveva lottato contro il censore. Ma parecchi anni dopo egli volle scrivere una commedia, che più ancora della prima potesse dare appiglio al veto. E apparve allora lo Smascheramento di Bianco Posnet (1909). Bernardo Shaw non fu mai alieno dal chiasso e da qualsiasi altro mezzo per ottenere il risultato di épater le bourgeois. Il quale buon borghese, stupito da tanta insistenza da una parte e dall’altra, avrebbe finito col rivolgere lo sguardo con una certa curiosità, se non con interesse, contro l'autore che ripetutamente batteva alle porte della fama. Potete immaginare quanto fosse poco difficile alla penna dell’irlandese di riuscire nell’intento desiderato, aizzando la decrepita istituzione della censura, che egli odia perchè rappresenta la difesa dell'abitudine, quindi l’iinmobiiità. In una sua conferenza Bernardo Shaw diceva: « Non si è mai detta la vera ragione per cui la censura deve sparire. Questa vera ragione è che essa impedisce alla immoralità di esporsi. E un paese dove l’immoralità non
(1) Nuova Antologia, 16 ottobre 1911.
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può esporsi è un paese stagnante... « Quindi soggiungeva: « Quanto alla morale le mie commedie non sono di alcuna utilità. La loro immoralità costituisce il valore loro. Naturalmente c’è in esse una certa dose di moralità e mi dispiace. Faccio dei mio meglio per sopprimerla... ». Paradossi: perchè, proclamando egli stesso la necessità di un fine didattico della commedia, Shaw dimostrava che quella sua voluta immoralità aveva uno scopo morale. Sia pure immorale rispetto ai pregiudizi, alle frasi fatte della morale corrente e dell’opinione pubblica, ma morale per Shaw e per quanti desiderano con lui una società meno avvinta da menzogna, da convenzioni, da falsità, dalle brutture che le sue commedie espongono alla gogna.
Ma nella prefazione a Lo smascheramento di Bianco Posnel egli ritorna implacabile sull’argomento, dichiarando che se quell'infame istituto della censura, affidato al criterio di un individuo, senza la parvenza delle leggi dietro a cui è trincerata l’autorità di un giudice; gli avesse impedito di essere quello che egli voleva essere alla ribalta, uno specialista in commedie immorali ed eretiche, egli avrebbe lasciato il teatro per continuare la sua missione dal palco del conferenziere o dalle pagine del libro. L’immoralità deve essere protetta, non la moralità, perchè la moralità, rafforzata dall’opinione pubblica e dall'accumularsi di vetusti pregiudizi sociali, è responsabile di persecuzioni e di martiri.
Ne Lo smascheramento di Bianco Posnel, Shaw mosse la guerrà più accanita alle istituzioni, agli idoli odiati: famiglia, proprietà, autorità, giustizia, religione. Ma non .basta. La signora Warren era stata colpita alla censura per la sua professione invisa agli occhi dei revisori, per certe crude verità che la consuetudine non vorrebbe fossero recate sulla scena; ed ecco che in Bianco Posnel Shaw porta alla ribalta una volgare prostituta, una folla dal linguaggio brutale, abitata dalle passioni più violente, uno dei più bassi ambienti fra i pionieri del Far West dell’America, e dalle passioni di quella comunità volgare fa sorgere ad un trattò il concetto della Divinità superiore ad ogni fede stabilita,il concetto di Dio, che esce.dalle profondità dell’anima umana, e, più dei riti, delle preghiere, di ogni interessata interpretazione o pretesa religione, parla all’uomo come alla folla. La vecchia Anastasia ne restò scandalizzata.
Quest’atto unico trattava insomma dell’intervento divino nelle cose dell’umanità: era la rappresentazione della forza del destino, inevitabile, invincibile superiore ad ogni altra. L’Hamon osserva come « il destino trionfatore, malvagio in Sofocle, appaia buono in Shaw ».
Colui che pronuncia in questo dramma, o piuttosto, come dice Shaw, melodramma, la parola di una fede semplice, ingenua è proprio Bianco Posnet accusato di aver rubato un cavallo dal campo, delitto meritevole della pena di morte fra quegli esseri primitivi. Egli deride ¡'Anziano che viene a parlargli di Dio e di Virtù cristiane per prepararlo alla morte. Quegli che vorrebbe essere l’interprete della parola divina non è se non un vizioso, indegno di interpretare quanto non conosce. Più vicino a Dio è lo stesso Bianco Posnet, il preteso delinquente. Si è formato in quel
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« clan » una giuria presieduta da uno sceriffo, designato ad amministrare la giustizia. E la giuria scopre che Bianco Posnet è mondo di ogni colpa perchè il cavallo rappresentava il compenso di un debito insoluto di suo fratello, e che egli. Bianco, si vergognava a rivelare. Durante la fuga egli ha lascieto il cavallo ad una donna perchè potesse recare ad un medico la sua creaturina morente. Perciò Posnet fu arrestato facilmente. Egli lesse allora nel cielo un messaggio divino. Ed ecco quella gente vedere in lui un profeta, l’interprete migliore della parola divina. Egli aveva preferito affrontare coraggiosamente una vita d’avventure piuttostochè fare pigramente il noviziato per diventare un angelo, sprecando il suo tempo in questa valle di lacrime. Chi la domenica parlava di Cristo a quegli uomini li consigliava talora a non lasciar impunite le offese e ad accumulare denaro. Ma quel giorno si è manifestata a Bianco, allo sceriffo, a tutti una forza superiore; vane sono le parole dell’Anziano sul bene e sul male di fronte a ciò che ha determinato gli eventi, vane non sono le parole di Bianco. Un fremito agita quelle anime basse e volgari per ciò che è stato, per la rivelazione di una forza che è al di sopra di loro, e che si è manifestata pure alle loro anime, assetate di interessi come i loro corpi sono assetati di vino.
Il divieto di rappresentazione, su cui l’autore contava, e che colpì il Tree, direttore dell’J/Zmwow Theatre, non si fece attendere. Al divieto fece seguito la pubblicazione delle proteste dell’autore, che indirizzò persino una lettera aperta al Re. Era un passo verso la fama, se non verso la popolarità, ed aprì a Shaw le porte di altri teatri inglesi, allargando più tardi il suo successo oltre i teatri mondani del « West End », nei teatri dei sobborghi, persino nei « music halls ».
Intanto i due illustri autori, direttori del « Teatro nazionale irlandese », lady Gregory e W. Butler Yeats, tentarono di rappresentare il breve dramma in Irlanda. Ma ecco sorgere chi, protestando, assicurava si sarebbero ripetuti i baccani che avevano accompagnato il dramma del Synge II furfantalo dell’Ovest. Ma i due direttori riuscirono a vincere ogni opposizione ed a portare il dramma alla ribalta. Fu accolto con approvazioni, senza suscitare disordini. Lady Gregory e lo Yeats presentarono quindi Lo smascheramento di Bianco Posnet a Londra al pubblico limitato della « Stage Society ». E in seguito a ciò l'autore sottopose ancora il suo lavoro al Lord censore. Questi finalmente concesse la rappresentazione pubblica, purché dal dialogo fossero tolte tutte le battute dove era nominato Dio. Shaw naturalmente non si valse di un tale permesso, dichiarando che « vi sono oggi abbastanza cose oscure permesse nei nostri teatri senza che ne aggiunga una io pure ».
Ma già prima a Shaw non era mancata l’occasione di trattare il problema religioso, sia pure più discretamente nei caratteri e nella situazione principale di Candida.
* « *
La differenza di maggior rilievo fra Candida e Mofell sta appunto nell’idealismó religioso del pastore, una specie di misticismo socialista-cristiano. Essa non lo comprende, tanto da piegarsi piuttosto per un istante verso l’idealismo poetico, ma vago
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di Eugenio Marchbancks. Essa non è credente: le prediche del marito le fanno effetto di lugubri frasi, di un seguito di parole vuote di senso; non resterebbe presso di lui se non ci fosse fra di loro quell'attrazione sessuale, con. cui Shaw giustifica l’amore. Candida vorrebbe liberare dai pregiudizi l’anima di prete di « vero prete « di Mordi, costretta fra legami meschini, chiusa in una piccola cerchia di superstizioni e di frasi fatte. Non la morale delle prediche, la solita morale convenzionale, rattiene Candida, ma l’amore per quell’uomo sano e forte, che è suo marito. Essa gli dice: « Riponi la tua fiducia nel mio amore per te perchè se quello se ne andasse m’importerebbe ben poco dei tuoi sermoni fatti soltanto di frasi, colle quali inganni te stesso e gli altri quotidianamente ». Ma essa ad ogni modo non saprebbe riedificare un’altra fede sulle rovine, perchè la sua anima non ha sete d’ideale, d’un ideale che sia al di sopra della vita. Immagine di molte anime umili, ella s'appaga della piccola felicità che l’ambiente familiare le può dare. Non seguirà March-banks e il mistero, che, secondo Shaw, Eugenio porta con sè allontanandosi.
La stessa forza della vita e della natura ha condotto verso il suo destino il Don Giovanni moderno nella nuova sua evoluzione. In quella stranissima commedia che è Uomo e Superuomo, e specialmente nel sogno del terzo atto, Shaw non lascia in pace alcuno dei pregiudizi religiosi .Ed ha buon gioco, a dir vero, nella fantastica scorribanda di Don Giovanni all'inferno. A chi si stupisce come gli sia possibile passare così facilmente dal regno terreno all'ultraterreno, Shaw risponderà che è cosa assai semplice, come è facile passare « dal concerto classico, ove ci si annoia nobilmente, al music-hall, dove ci si diverte ignobilmente».
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Nel Discepolo del diavolo il protagonista si lascia condannare, salvando così il vero colpevole, il ministro di Dio, sfuggito alla punizione. Parrebbe dapprima che lo Shaw avesse gravato apposta la mano sul pastore, ma poi questi diventa un va loroso per salvare chi si era per lui sacrificato. Fra i due uomini egli pone la bella Giuditta nella cui anima si agita, per poco, ma intensamente, un oscuro e terribile dramma, quando la pietà verso il salvatore del marito, ed uno slancio che essa credeva di amore, e che forse era soltanto reazione ad una delusione, l’hanno piegata per poco verso « il discepolo del diàvolo >». ...Ma non andate a cercare un movente d’amore nell’atto di Dick che si sacrifica per il pastore Anderson, l’essere che egli più ha odiato, perchè rappresentava la regola, l’inerzia, per lui tutto azione e ribellione. L'autore ne sarebbe indignato. Quante cose non accadono nella vita senza una ragione? Perchè non dovrebbe essere così pure sulla scena? A vete mai chiesto ad un agente di polizia, ad un pompiere, ad un individuo qualunque, premiato con medaglia al valor civile, perchè egli abbia compiuto l'atto che gli meritò l’ambito onore? A che cercare una ragione romantica al gesto di Dick? All’autore sembra vedere in chi sospetta tale ragione una di quelle nature critiche, dominate da una certa „ routine professionale, che le fa vivere sempre nella finzione, smarrendo ogni contatto fra il teatro e la vita reale.
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Ma in mezzo al solito ripetersi di teorie possiamo raccogliere una delle tante morali della commedia, che si riannoda al concetto preferito della forza della natura, superiore ad ogni altra: la religione tradizionale non potrà impedire ai sentimenti di farsi una strada diritta, la strada che spetta loro, attraverso ad ogni apparente impaccio di fedi. Crollano così i destini creati dall’uomo. Colui che si credeva « un discreto ministro del vangelo di pace » ha scoperto — un po’ tardi, a dire il vero: a cinquant’anni — di essere nato per diventare un uomo di azione; colui che si vantava di essere il discepolo del diavolo è un uomo capace di sacrificarsi per gli altri e di vivere santamente.
Un sottile senso d’ironia ha ispirato la penna di Shaw nello sfiorare i formalismi delle religioni, sia pure idolatre, di Cesare e Cleopatra. È delizioso quell’accenno al sacro gatto bianco, che, recato da Cleopatra per un sacrifizio, non ha saputo resistere al richiamo di un gatto nero ed è fuggito dalle braccia della regina!
Tocca pure il problema religioso.il Maggiore Barbara: c nella prefazione a questa commedia Shaw afferma che attualmente non una sola delle religioni professate è degna di fede.
Nelle ultime pagine di Matrimonio Shaw accenna alla forza sociale della religione, che dev’essere una convinzione dell’individuo al di sopra delle sette e al di fuori’dei piccoli interessi. Tutte le religioni si equivalgono: e vi è una sola fede al mondo, quella che l'anima di ciascuno di noi ritiene essere vera. È una delle idee più semplici e più vere balzate dall’ingegno dell'autore irlandese. In Mésal-liance Lina Szcoepanowska, per quanto artista di circo, dopo l’incidente aviatorio, ha chiesto per primo conforto una Bibbia e sei arancio. Essa assicura che il volgo non prega ma chiede, e a chi la interroga stupito: « Allora perchè pregate? » essa risponde: « Per ricordare a me stessa che ho un’anima ».
Ma Shaw non rispetta neppure il libro sacro dei suoi compatrioti e correligionari, la Bibbià, che non manca mai in una casa inglese, e non risparmia ad esso le frecciate per dire che è noioso, che fa inutilmente parte di quel complesso di torture che si chiama « scuola ». I giovani non amano quanto li annoia, e perciò si allontanano assai spesso dal libro sacro, come accadde di Tarleton (Mesaillance}, il quale lo trascurò per quarant’anni, e una volia, in viaggio, vi gettò per caso una occhiata, nulla avendo da leggere, per aver dimenticato tutti i suoi giornali nel treno; e si accorse che non era affatto una cattiva lettura, migliore certo di quella di molti quotidiani.
. ■ ♦ ♦ »
Shaw sembra riprendere il tema religioso in Androcle e il leone, a cui premette uno dei soliti trattati, questa volta sugli intenti del cristianesimo, dove, dopo avere studiato i vari aspetti della religione e della persona di Cristo, ne ricostruisce rapidamente la vita seguendo i Vangeli, e considerandoli umanamente, senza la sprezzante incredulità che guasta il sangue agli atei o la cieca credulità del gregge fedele. Shaw, nell’accostarsi ai testi dei quattro evangelisti, non dimentica
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— e non potrebbe dimenticarlo — di essere l’autore più originale e paradossale che vanti il Regno Unito. Perciò vi troviamo i più inattesi riferimenti alla vita moderna, e un fiorire di paradossi e di strane similitudini, che conferiscono alle pagine di Shaw la solita scintillante vivacità.
Ad esempio, quando egli vuol dimostrare come il Vangelo di Luca sia più lontano di quello di Matteo o di Marco dalla versione primitiva, perchè scritto a maggior distanza di tempo dagli eventi e raffinato da un letterato, quale era evidentemente Luca, il quale vi aggiunge un colorito più vivave e più ricco, derivato dalla sua anima d’artista, egli accenna all'episodio della donna che versò l'unguento sul capo di Cristo, e osserva che la scena posta da Matteo e da Marco nella casa di un lebbroso, si muta nella versione di Luca nello sfondo sontuoso di un ricco Fariseo, mentre la povera peccatrice riveste l’aspetto di una specie di dame aux camelias. E tutta la scena .narrata da Luca appare un adattamento romantico per un palcoscenico parigino. E, accordandosi coi selezionisti naturali come Weismann, Shaw si beffa dei teologi che concepivano Dio come un magnate che tiene gli uomini e gli angeli come Lord Rothschìld tiene i bufali a Tring. E chiama la crocifissione « un completo successo politico ». Considera Stefano un intollerabile e noioso predicatore, che ebbe appunto il torto di troppo annoiare e di insultare i suoi uditori, e perciò fu lapidato.
Tutto ciò rivela ancora una volta come la ricerca — sia pure spontanea — del paradosso abbia per conseguenza uno scarso rispetto della realtà storica. I teologi non convengono oggi che la peccatrice di Luca e la donna di Matteo e di Marco (che è poi Maria sorella di Lazzaro) sono due persone assolutamente distinte, nonostante il nome comune dell’ospite e la somiglianza di molte circostanze ?
Quando Shaw in Androcle e il leone rievoca la storia del povero sarto, che nella jungla ha liberato da una spina la zampa d’un leone, e viene poi condotto a Roma come schiavo, e quando coi cristiani affronta la morte nel Colosseo viene riconosciuto dal leone ch’egli salvò, si potrebbe credere che Shaw voglia soltanto rievocare un episodio per dare a modo suo un’interpretazione delle persecuzioni dei romani contro i cristiani. Ma Shaw assicura che non intende limitare la sua visione all'urto di due fedi: egli piuttosto ha voluto rappresentare genericamente la solita persecuzione di ogni nuovo ideale che minaccia di turbare le leggi vigenti, da parte di coloro che sostengono di essere i soli interpreti della religione e della giustizia. Costoro hanno sempre in riserva contro i novatori due armi: la persecuzione che è ispirata appunto dall’orrore per tutto ciò che distoglie dall'ordine stabilito, o l’eccitazione delle turbe, ridestandone l'innato senso pugnace che fa dimenticare le più care pubbliche libertà e i privati interessi. Shaw non fa alcuna distinzione fra il contegno dei seguaci dell’imperatore romano verso i cristiani, e quello dei policemen verso gli individui delle inferiori classi sociali. Perciò i suoi martiri sono i martiri di tutti i tempi, e i suoi persecutori i persecutori di ieri come di oggi. Nella campagna romana o sotto le volte del Colosseo l’autore presenta un’ardita libera pensatrice (nel significato primitivo della parola),
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un violento, male domato dalla nuova dottrina, pronto a mutare di nuovo parere e a ritornare ai suoi istinti non appena si ridesti in lui lo spirito feroce di combattente, un briccone pavido del castigo: vari aspetti di una stessa ribellione contro la religione ufficiale. Quel Ferrovius che a un certo punto, sceso nell’àrena, non si rassegna al martirio, ma si difende e vince i gladiatori, e ritorna al culto di Marte e si arruola fra le guardie imperiali, ha uno slancio di sincerità che corrisponde a quello del pastore Anderson nel Discepolo del diavolo. Sono sue combattenti creati per la lotta.
Nella commedia è qualche sprazzo di luce, come i dialoghi fra il Capitano e Lavinia al primo e al secondo atto, dove veramente si toccano corde di umanità e si sale ad altezze che avvicinano al cielo, pur senza commuovere, chè Shaw pare incapace di commozione. Altrove, vi sono cupe ombre, come certe battute di spirito, non meno umane perchè rappresentano alcuni concetti propri delle piccole menti cristiane, che vedono sicura espiazione nella confessione del male, e perciò non si preoccupano troppo del peccato, sapendo di poter ottenere l’assoluzione, e di avere assicurata in ogni modo la salvezza eterna. Ci sono delle note di realismo di effetto teatrale, diremmo quasi da drammone popolare. Ma c’è innanzi tutto e sopra tutto l’autore stesso, il quale traccia un profilo di caricatura là dove più riesce inatteso, sia quando coglie l’occasione di ritcssere la satira del militarismo, movendo un capitano romano e le sue guardie, sia coll’immaginare, con discutibile buone gusto c troppo scarsa verisimiglianza, che i cristiani stessi si preparino al martirio componendo una specie di menu per i leoni, offrendosi l’uno per antipasto, l’altro per portata di pesce, un altro per l’arrosto, un altro per il pasticcio, mentre il centurione suggerisce l’ignobile Spyntho per... emetico. Pennellate troppo lontane da qualunque verità, anche adombrata dalla satira, e di troppo dubbia specie perchè l'umorismo macabro di quei martiri possa trovare una rispondenza nel pubblico. Ed è ancora proprio lo stesso autore che immagina il vallzer di Androcle col leone alla fine del prologo nella jungla, innanzi a Megera, la moglie di Androcle, irritata contro il marito perchè in tanti anni non l’ha fatta mai ballare. Shaw fa ripetere la danza ad Androcle e al leone, il suo caro lommy, nell’ultima scena, nell’androne del Colosseo, sotto gli sguardi attoniti di Cesare e dei suoi.
Farsa e tragedia si alternano in questo originalissimo lavoro. Dopoché il martirio di qualcuno di loro ha fatto passare fra i cristiani aspettanti un fremito tragico, Lavinia respinge ancora una volta le offerte del Capitano, e parla di Dio con una sicurezza superiore ai bassi calcoli di qualche suo compagno; essa dichiara di morire in nome di Dio, e al Capitano che interroga: «Cos’è Dio?» risponde: «Se lo sapessimo, Capitano, saremmo divinità noi stessi». Inutilmente egli la richiama alla terra: l’anima di lei spazia già al di sopra dei mortali. Un vero terrore agghiaccia la folla quando Androcle e il leone entrano nell’androne; e quando il cristiano persuade lommy a rispettare l’imperatore, questi si fa bello della forza altrui, mentre gli altri diventano mansueti: nessuno di loro, sotto l’incubo della
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paura, è padrone delle proprie azioni, e seguono con ansia ogni gesto di Androcle e del leone. E dall’imperatore che gli largisce una pretesa libertà, e perdona a lui ed ai suoi compagni, Androcle si allontana col leone, sicuro finché è accompagnato dal suo fido lommy, di non diventare schiavo.
.Attraverso alle ombre della tragedia e agli sprazzi di buffoneria, G. B. S. non segue, secondo il suo solito, alcuna linea definita. Androcle & il leone è uno dei suoi tanti atti di ribellione contro la società odierna, le credenze e le istituzioni di oggi. E che cogliesse nel segno lo indica il contegno del Kronprinz alla prima rappresentazione del dramma a Berlino: il principe si alzò a metà spettacolo lasciando con ostentazione il teatro.
• ♦ ♦
Che ci è dato dunque ricavare dall’esposizione delle idee shawiane in materia di religione? Non un concetto chiaro, non una decisa linea di condotta; ma una ribellione aperta, veramente shawiana, contro ogni legame che inceppi le aspirazioni dello spirito, e quindi contro ogni forma rigidamente chiesastica, contro ogni costituzione dogmatica. E frequenti accenni alla fede indipendente, che sprizzano dal dialogo, malgrado, forse, l’autore stesso, e malgrado l’abito paradossale che riveste inesorabilmente il pensiero shawiano.
Bruno Brunelle
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PER15G/E1VRA DELL’ÀNIMA
VERITÀ E AMORE
La gioia è ormai insed ata in me, la sola gioia reale, la gioia d’essere nella Verità e nell’Amore. Mi pare sia Ruskin il quale dalla sua madre aveva imparato questa semplice e bella preghiera: « Verità e Amore, non abbandonatemi! » e per tutta la sua vita aveva continuato a ripeterla. Con quella preghiera non possiamo ingannarci, con essa viviamo sicuri e muoia-mo tranquilli: perchè nessuno è in grado di recitarla che non si trovi sulla buona via, sulla via del bene!
« Verità e Amore, non abbandonatemi' t Qualsiasi preghiera deve rivolgersi a queste due grandi forze. Chi non possiede l’amore non è in condizioni da poter possedere la verità: perchè del continuo egli cerca e trova il suo particolàre interesse e, invece della verità, incontra l’errore. E chi possiede la verità deve anche possedere l’amoie; chè, se non lo possiede, ciò significa o che la sua verità è errore o che
essa non è giunta ad essere, per lui, quella verità per ecceilenza di cui l’uomo ha bisogno per vivere: la verità vivente.
« Verità e Amore, non abbandonatemi !»
Davanti a questa pura preghiera, tutte le tentazioni, tutte le angosce, tutti i dubbi, tutte le gioie e tutti gli spaventi scompaiono. Dio non può esigere da noi altro che questo, che la volontà nostra sia pronta ad inchinarsi davanti all’amore e che il nostro pensiero sia disposto a lasciarsi condurre dalla verità. Nella ricerca di queste due forme superiori del bene consiste quella « buona volontà » che Dio liguaida con piacere; e di tale preghiera sempre è assicurato l'esaudimento. È questo il santo «stato di grazia» in cui l’uomo ottiene la pace sulla terra e può, con tutta fiducia, vedere avvicinarsi la morte, certo d’avere scelto la parte migliore, la quale giammai gli sarà tolta!
(Dai Pellegrinaggi Francescani di Johannes Joergensen).
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PER LA CULTURA DELL’ANIMA
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CARATTERI
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vetebrrato. Subito notères tc c^c ’c ossa’ *e 9ua’* PUI
^Wv Zv/> «2> sono destinate ad appog-yjW.r^dM. giarsi solidamente le uno KW. i*«} sulle altre, non si toccan y mai. Sempre,, alle loro 049, estremità, dove appunto
deve stabilirsi il contatto cogli ossi vicini, s’incontrano formazioni cartilaginose. Quegli strati intermedi servono da cuscinetti tra i pezzi dell’ossatura: impediscono gli urti tioppo rudi, attutiscono le cadute, procurano una certa morbidezza alia parte resistente dell’organismo. Questo non potrebbe’di certo fare a meno dei pezzi rigidi, più o meno irriducibili; ma la loro stessa rigidità sarebbe causa di disgrazie, di fratture troppo frequenti: essa ha bisogno d’essere corretta dall'elasticità dei cuscinetti intermedi. E queste precauzioni, che sono generali attraverso tutta l’ossatura, non basterebbero; il gioco delle articolazioni le riscalderebbe infallibilmente se non fossero del continuo lubrificate dalla sinovia, sostanza preziosa nella meccanica animale. Coloro che godono della loro salute normale non. pensano — mentre camminano, saltano, corrono, lavorano — a tutti i servizi ch’cssa rende loro. Ma lo s’impara con dolore il giorno in cui qualche guaio contraria la sua produzione e la sua distribuzione.
Non appena gli uomini hanno costruito delle macchine — copie imperfette dei meccanismi organici — essi hanno dovuto ricorrere alle medesime precauzioni. I perni delle ruote, le casse degli stantuffi, le articolazioni delle bielle, i cardini, gl'ingranaggi, i sifoni, sono costruiti sui modelli naturali. Leghe sapienti hanno forniti i metalli cuscinetti; olii di vario genere, sostanze grasse innumerevoli procurano alle macchine i surrogati della sinovia. Basta che una scatola da grasso si prosciughi o che un oliatore funzioni male perchè si producano confricazioni, riscaldamenti, arresti. Un treno può incendiarsi per una ruota arroventata.
Fate la trasposizione di tutti questi fenomeni nel campo dei rapporti umani e ne ricaverete degli insegnamenti troppo dimenticati. Perchè tanto strofinio c ci
golio nella famiglia, nella politica, nei rapporti internazionali? Perchè quel meraviglioso meccanismo dell’industria moderna è desso soggetto a tanti turbamenti, la cui sorgente sta nelle volontà umane? È perchè la funzione dello spirito-cuscinetto il quale impedisce la brutalità degli urti, la funzione di quella sapienza che addolcisce e facilita le relazioni, è troppo grossolanamente misconósciuta. Ora, senza tali coefficenti, nulla va bene. Le tendenze troppo tutte d’un pezzo, gl’interessi arcigni, i principi intransigenti, i caratteri massicci, tutto ciò altro non fa che infrangere e distruggere senza l’aiuto della disprezzata dolcezza.
Occorrono, sì, gli clementi rigidi, incompressibili ed inestensibili, che sono duri come gli ossi. L’opportunismo inva-drebbe ogni cosa; non ci sarebbe nè resistenza, nè forza, nè precisione nell’andatura degli uomini se non ci fosse dell’acciaio nelle anime. Ma c’infrangeremmo come vetro gli uni contro gli altri, se i nostri incontri non fossero attutiti da un certo tatto chiaroveggente che genera l’elasticità e conduce gli opposti concetti ad intendersi. Mi rendo conto del giusto disprezzo professato dalle persone « di principi » riguardo alle tendenze concilianti. Un principio è un cavallo molto aito, dalla fiera e nobile andatura. Coperto di ferro, l’uomo « di principi », è campato sul suo corsiero. Lo spirito conciliante cammina modestamente a piedi. È egli soltanto degno d’essere lo scudiero di quel bel cavaliere? La sua funzione non ha lustro. Spessissimo è ancora sciupato da abusi c da pratiche senza dignità.
Se lo spirito conciliante è solo dello scetticismo che passeggia dovunque, qucl-l’indifferente sorriso in cui s’indovina l’uomo che si beffa di tutto, io gli rifiuto il mio omaggio. Val meglio rompersi la testa gli uni contro gli altri per delle realtà e per delle convinzioni piuttostochè tendersi la mano dicendosi: «(Dopo tutto, come siamo stupidi di riscaldarci: il prò c il contro sono egualmente vuoti di senso ».
Diffidiamo di questa tendenza che riduce tutta la stona umana a una mascherata e a una commedia. Viva la gente che prende a cuore una iniziativa, lavora
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per una causa c non lesina sul suo contributo di azione; vivano gli arditi del bene che sanno amare e odiare, amici fedeli, nemici a faccia scoperta. Io amo quella razza generosa, dalla mano leale per promettere e mantenere, dal pugno vigoroso per picchiar sodo quando occorre...
Ma v’è una verità superiore a tutte le più vive opposizioni, a tutti i conflitti di idee c d’interessi: gli è che l’evoluzione umana è il risultato del gioco normale di forze contrarie c destinate ad equilibrarsi ed a farsi valere pel fatto .stesso della loro lotta. La storia non è una guerra di sterminio, ma. è una collaborazione. Ogni uomo sincero il quale lotta per una causa è in fondo l’alleato c il collaboratore di ogni altro uomo sincero, quand'anche do-vesserocamminare, per un tempo, sotto ad opposte bandiere. E qui appunto interviene lo spirito di conciliazione.
E questo uno spirito non scettico e canzonatore, ma comprensivo e profondamente serio. Esso apprezza le ragioni degl’interessi legittimi e delle idee rivali, attraverso i loro conflitti, vede la possibilità della loro armonia; egli solo è capace di far fruttificare la loro opposizione. Tutti i buoni combattimenti sarebbero inutili battaglie se, una volta scambiati i colpi, la messe, preparata nel dolore, non fosse raccolta nella calma e nell'equità.
Perchè tante discussioni sono sterili, tante campagne senza risultato, tante energie sprecate in pura perdita, tante sconfitte senza speranza e tante, vittorie senza domani ? Perchè lo spirito che mette' ogni cosa al suo posto, ristabilisce i fatti, divide i litiganti, sa render giustizia ai partiti in lotta, non è riuscito ad adempiere la sua funzione. Le lotte degenerano, le discussioni diventano litigi, le passioni si mescolano ai principi, il rancore invade il cuore degli avversari, gli affari — i più piccoli come i più importanti — si inviperiscono, se questo spirito di mansuetudine, di semplice ed umana imparzialità non viene in nostro aiuto: non ne fate voi l’esperienza ógni giorno?
Dovunque dei figlioli vivono insieme al focolare domestico, degli scolari alla scuola, degli operai nelle officine, dei soldati in guerra; dovunque si- esercita un comando, si tratta un affare commerciale, sorge una difficoltà fra capi e dipendenti, fra partiti politici, fra tendenze religiose, se lo spirito conciliante non riesce a farsi strada, succede ben presto la confusione, il disordine, lo scatenamento della violenza.
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Da quando è così? Da Abramo, da Car-lomagno o dalla Rivoluzione? Dov’è colui che ha portato all’esistenza questo stato di cose? Ricerchiamo le responsabilità, determiniamo il colpevole, condanniamo la sua memoria! Perchè dev’essere qualche satellite del demonio il quale prende piacere, a seminare la zizzania, a eccitar gli upmini gli uni contro gli altri e si frega le mani allorquando si sono percossi, feriti, perseguitati, sterminati, per constatare m fin dei conti, ch’ossi stanno peggio di prima. Il colpevole? Certo dev’essere qualche vecchio delinquente dotato d’una longevità eccezionale; poiché la traccia dei suoi misfatti si ritrova lungo tutta la strada percorsa dalla storia umana. In ogni tempo egli ha compiuto la sua triste funzione; folle chi pensa ch’ei cesserà ad un tratto dal proseguire le sue nefandezze.
Ma insomma chi è egli?
Nessuno c tutti quanti. È la nostra ombra, il malvagio che ognuno alberga in sè stesso; il leticone, il provocatore, felice di esumare vecchie liti. Più le società si affinano, più s’allarga il suo campo, più si esaspera il suo talento. Fra i trogloditi, egli appestava le caverne; oggi infesta le nostre città, si vale di tutte le nostre scoperte. In altri tempi provocava i vicini parlando loro all’orecchio; oggi provoca le nazioni per mezzo del telefono e, col telegrafo senza fili, fomenta le dispute durante la navigazione in pieno oceano: ei non s’arrenderà mai. Per questo’ appunto ci occorreranno sempre maggiormente i caratteri-cuscinetti; occorre incoraggiarli, sostenerli; occorre, in noi stessi, far la guerra all’ospite che tutti ingarbuglia e incoraggiare quell'altro che dipana, aggiusta ed accorda.
Intendiamo le lezioni della natura, la sapienza eterna i cui documenti riempiono l’universo; cerchiamo il secreto pel quale si armonizzano le forze contrarie, si organizza, nello sviluppo normale dei particolari, il raggruppamento d’insieme; notiamo il modo m cui, opponendosi del continuo, la molla e il pendolo producono la meravigliosa puntualità dell’orologio. Per mezzo di simili osservazioni, moderiamo i nostri caratteri, diventiamo -capaci di ponderazione e non lasciamo che faccia gli affari nostri lo spirito di prepotenza che spinge ogni cosa all’eccesso e finisce per guastare ogni cosa, intorbidare ogni cosa e oscurare la logica stessa trasformando in ghigliottina la sua spada sottile. « ...
C. Wagner.
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W. BOOTH E LA “SALVATION ARMY”
Di tanto in tanto, per le vie di qualcuna delle nostre maggiori città ci è occorso di vedere un signore, il cui portamento anglo-sassone era reso più palese da un abito scuro quasi militare. Di lontano, a vedere il suo berretto a visiera con sopra qualche cosa di scritto, eravamo tentati a prenderlo per un ispettore degli agenti per la protezione degli animali; ma quando il signore si è avvicinato abbiamo potuto leggere: « Salvation Army », c questo titolo, se avevamo una qualche conoscenza di cose inglesi, non ha mancato di far con-. trarre le nostre labbra ad un lieve sorriso. È destino comune a tutte le istituzioni, che si presentano e cercano di imporsi sulla pubblica opinione per mezzo di clamorose manifestazioni esteriori, quello di essere ricordate e giudicate troppo facilmente per questa sola parte delia loro attività. La Salvation Army meno che ogni altra poteva sfuggire a questo destino ed a questa punizione, poiché effettivamente le sue manifestazioni esteriori hanno superato talvolta quel confine impercettibile, c tanto fatale, che separa l'esagerazione dal grottesco. Cosa che non è sfuggita a quell’ospite maldicente della Inghilterra contemporanea, che è l’irlandese Giorgio Bernardo Shaw, il quale ha trovato nella Salvation Army una miniera di umorismo, 'dalla quale ha estratto Major Barbara, diamante molto ammirabile della sua gioielleria. Ma questo ricordo teatrale aiuta meno che mai noi altri latini a farci un 4 concetto adeguato del significato e dell’importanza sociale di quella istituzione, nel suo paese di origine. A noi riesce quasi impossibile pensare che un movimento religioso, quale è quello della Salvation Army,
possa avere coscientemente e volontariamente manifestazioni di piazza del gènere a cui non dubita di abbandonarsi in alcune circostanze l’Esercito della salute.
Un distinto studioso francese, il Rogues de Fursac, andato alcuni anni or sono nel Paese di Galles, per studiare sul posto il famoso revival mistico di Evan Roberts, fermatosi a Cardiff, al principio del suo viaggio, ebbe occasione di acquistare una larga esperienza anche del movimento religioso-sociale, a cui aveva dato impulso la Salvation army. La prima impressione, per un francese, è impossibile che non sia priva di elementi comici. « Noto un miscuglio di uomini e di donne, gli uni in abito di lavoro, gli altri vestiti di una strana uniforme che riconosco subito pei quello del)'Esercito della salute. 11 corteo si avanza goffamente, condotto dalla nlusica. e si ferma in una piccola piazza, che,-a quest’ora, è il posto più animato di Cardiff... Là, in pieno centro, in mezzo alla strada, ogni volta che il tempo lo permette, i salutisti tengono le loro riunioni. È la riunione ordinaria del-l’Esercito: pezzi di musica suonati dalla fanfara, cantici, preghiere improvvisate: tutto questo senza ciarlatane!ia, ma anche senza rispetto umano. Un vecchio signore con le lenti regge una grancassa ed una rispettabile dama, con in testa una specie di cuffia per bagni di mare, agita con convinzione un tamburino. La folla va c viene intorno, spesso indifferente, talvolta simpatizzante, mai ostile o motteggiai rice. Uno degli ufficiali si mette al centro del circolo, e comincia a fare una piccola allocuzione semplice ed affettuosa come si conviene per povera gente non letterata.
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e che ha soprattutto bisogno d’incor ag-giamento e ai simpatia... Come parecchi uomini della sua razza, egli possiede in alto grado le qualità esteriori del parlatore: atteggiamento dignitoso, senza durezza, gesto sobrio, parola sicura, timbro di voce simpatico. Ed anche, come molti altri compatriotti, ha il senso dell'umorismo, e diverte il suo pubblico.
Viene la volta delle testimonianze. Esse si seguono, banali e monotone per un estraneo, interessanti invece pel testimoniante e per coloro che vivono con lui in comunione d’idee e di sentimenti ». Dopo che se ne sono succedute parecchie, ad un tratto « una povera vecchia rompe il circolo e cade in ginocchio. Nella precipitazione urta la gran cassa, che risuona come un colpo di tuono. In Francia la scena sarebbe parsa grottesca ed avrebbe dato luogo a degli scherzi; qui nessuno lascia trasparire neppure un sorriso. Tutti gli occhi sono fissi sopra questa donna, che singhiozza, la testa tra le mani... 1 salutisti cadono in ginocchio anch’essi, ,e parecchi del pubblico li imitano. Alcuni pregano ad alta voce con straordinario fervore... ».
Queste, nel loro misto imbarazzante di commovente e di comico, le manifestazioni esteriori. Ma il Roguc de Fursac, da studioso obbiettivo, studiando sul posto il fenomeno ed i suoi effetti benefici, non dubita di riaccostare l’Esercito della salute alle antichissime comunità cristiane: « Noi abbiamo davanti a noi una comunità, nella quale i membri simpatizzano naturalmente e vibrano all’unisono. Gl’infelici possono rifugiaryisi, lontano dalle miserie e dalle ingiustizie e gustare quelle soddisfazioni morali che la società rifiuta loro... Giustamente i salutisti si richiamano al cristianesimo primitivo. Tuttavia essi non hanno copiato un passato lontano.. 1 salutisti sono, se si vuole, cristiani primitivi, ma rimodernati, adattati al loro paese cd al loro tempo ».
Nel parlare di » primitivi cristiani » c’è della sopravaiutazione o forse una inesatta valutazione dello straordinario fenomeno religioso delle prime comunità cristiane. In fondo, quantunque ¡’Esercito della salute voglia essere strettamente un’associazione religiosa, esso non ha poi stampata un’orma propria nel cammino della vita religiosa inglese; ma ha piuttosto fatto penetrare un fervore religioso, ammirevole veramente, in un’opera di
epurazione morale, di redenzione sociale. Piuttosto che alle prime società cristiane, la Salvation Army si potrebbe paragonare a qualcuno di quegli ordini monastici sorti tra il cinque ed il seicento con scopi determinati, eminentemente pratici.
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Comi che sia, la figura del creatore e dell’organizzatore indefesso di questa originale e potente associazione non può non attirare il nostro interesse c la nostra simpatia. Anche se non sentiamo di accettare in tutto i suoi metodi, non possiamo non rispettare i suoi nobili scopi, e non ammirare i risultati raggiunti; Mi spiegò perciò il tono apologetico, che si diffonde nel recente libro di Harold Begbie: William Booth and thè Salvation Artny (London, Macmillan), e che può dirsi la prima biografia completa del celebre benefattore e la prima narrazione storica delle origini e delio sviluppo della istituzione.
Come è facile comprendere; una istituzione cosiffatta non poteva rampollare che dal ramo della Chiesa non conformista. Nato a Nottingham nel 1829, il Booth non ancora ventenne viveva già sotto l’influsso di una potente esperienza religiosa. Egli si era risolutamente staccato dalla Chiesa ufficiale, aderendo al meto-dismo wcsleiano; ma già questo non lo soddisfaceva, e dubbi e tormenti di coscienza l’assalivano, quando, non più che ventenne, giunse a Londra. Qui, a misura che la sua esperienza si completava, egli si sentiva sempre più distaccato dalla Chiesa wesleiana e finalmente nel 1850 entrava nella Nuova Chiesa metodista. Ma anche questa non p oteva soddisfare completamente i suoi sempre nuovi bisogni spirituali. Già nella predicazione, alla quale si dedicò col più grande fervore — avendo al suo fianco sua moglie —-egli spiegava un’azione molto individuale. Ma ciò non bastava. Dopo poco più di un decennio, egli si allontanò, insoddisfatto, dal metodismo, e convinto della necessità di cercare da se. Il primo passo fu dunque prettamente religioso. La sua grande ambizione era di fondare una nuova Chiesa non conformista-, e con questo intento aprì una sala evangelica per conto suo, nel quartiere di White-chapel, poi presto alcune altre.
Egli si illudeva di perseguire un bisogno puramente religioso dello spirito, mentre i suoi bisogni spirituali erano più complessi.
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e non si sarebbero potuti appagare attraverso un’azione di pura pietà cristiana. Lentamente, laboriosamente egli raggiunse alla fine lo stadio conclusivo della sua vita, c comprese quale fosse la sua vera missione. Allora necessariamente i suoi progetti furono sorpassati e trasformati dalle radici, quantunque il Booth esteriormente non avesse nulla mutato al carattere religioso della primitiva istituzione. Ma ben se ne accorse sua moglie che per parecchio tempo rimase ferma nell’idea che la istituzione dovesse rimanere una società religiosa, il primo nucleo di úna nuova Chiesa, che avrebbe predicato la purità cristiana in mezzo agli umili ed ai vinti della vita, ma astenendosi dall'entrare nel fitto della vita sociale, con programmi pratici e con l'intento di metterli in atto.
Questa crisi interna nel seno della nascente associazione non poteva essere risolta che secondo l’indirizzo che si presentava oramai abbastanza chiaro davanti alla mente del Booth, e nel 1878, dopo lunga gestazione, sorse l’Esercito della salute, nella forma e con lo spirito che ha poi conservato fino ad oggi. Il successo incontestabile dell’associazione così trasformata, l'interessamento della pubblica opinione, la stessa tempesta di opposizioni, che suscitò per lungo tempo, stanno a dimostrare come il Booth vedesse ormai giusto dentro di sè ed intorno a sè, nella società inglese contemporanea.
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Uno sguardo alle critiche ed alle ostilità contro le quali ebbe a combattere il Booth può riuscire a completare la valutazione della sua opera. Egli si trovò di contro a due sorta di avversari: gli uomini di mondo, gli scettici, i cinici, che sgradevolmente colpiti da certe forme di pietismo morboso che si annidarono nella nuova istituzione, la riguardarono come un covo di mattoidi e di isteriche affetti da umanitarismo delirante. Tra costoro ci furono finanche alcuni, i quali credettero necessario di unirsi in una specie di lega anti-salvazionista, che fu quella Skeleton Artny, la quale si prefisse io scopo di opporsi e disturbare tutte le manifestazioni pubbliche della Salvation Artny, e di diffamarla in privato come un'associazione falsamente umanitaria, ma profondamente immorale. Fu un movimento però che non si elevò al disopra di strati sociali abba
stanza bassi. I suoi aderenti, o almeno i suoi agenti, furono un poco quello che furono i Compagnacci nella Firenze agitata dallo spirito savonaroliano.
Da tutt’altra direzione, con tutt’altro spirito e con maggiore solidità di concetti si opponevano alcuni rappresentanti delle classi elevate e colte della società inglese. Mentre da una parte la Chiesa ufficiale fulminava contro questa che ad essa pareva la più ciarlatanesca profanazione, dall’altra parte la scienza positiva, che proprio in quel tempo aveva conquistato le più elevate posizioni nel mondo accademico, guardala con occhio di sdegno e di disprezzo quella che ad essa pareva una forma di superstizione ridicola e degradante. È rimasta celebre la definizione che dette lo Huxley dell’attività dei seguaci del Booth: « Cristianesimo di coribanti»; e di questo sprezzante disdegno risente, ad esempio, lo Shaw.
Ed effettivamente l’opera del Booth sorgeva, in quel tumultuoso e contraddittorio scorcio di secolo, in antitesi tanto con la Chiesa anglicana — la quale risentiva così fortemente l'influenza del movimento di Oxford e del ritualismo —, quanto col positivismo scientifico spen-ceriano, quanto col liberalismo individualista, che, nelle sue varie sfumature, si appoggiava o a quella o a questo. Contro il conservatorismo anglicano il non-con-formismo radicale del Booth ‘ opponeva forme religiose così in opposizione con ogni tradizione e convenzione chiesastica che apparivano uno strano miscuglio di misteri e sacre rappresentazioni medioevali e di meeting popolaresco d'oggigiorno. Contro il liberalismo individualista ed ottimista, il radicalismo sociale del Booth ^neva una visione tragica della vita se, faceva risalire a galla tutti i miserabili e disgustosi relitti umani di questo oceano grigiastro, c davanti ad essi gridava a gran voce un’invocazione profetica. Perchè il Booth, oltre che essere un organizzatore, un predicatore ed un propagandista, fu anche uno scrittore, e. nel pieno della sua attività, il 1890, pur senza entrare in polemica diretta coi suoi oppositori, egli lanciò contro di essi ir suo libro The Darkest England, che è insieme il compendio delle sue idee sulla società moderna.
Per farsi un’idea del carattere polemico di questo libro*basta considerare bene la portata del titolo. Qualche anno prima iì
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celebre viaggiatore Stanley, di ritorno dal suo secondo viaggio dal centro dell’Africa, aveva pubblicato la narrazione del suo viaggio, sotto il titolo: In thè Darkest Africa — Nell’Africa tenebrosa. Il Booth ' prende a prestito questo titolo, divenuto popolare con la grande diffusione del libro dello Stanley, per designare con un amaro sorriso, fin oal di fuori del suo libro, tutto l’orrore che, al termine del glorioso secolo decimonono, gli producevano le tenebre morali della opulenta e superba società capitalista. Parrà a qualcuno che il frasario sia un po’ più da propagandista Etamentc socialista. Ma nel libro del th c’è più che frasario; ci. sono idee c sentimenti che effettivamente potrebbe fare suoi un propagandista socialista. Eccone qualche saggio: « Parlate dell’/n-ferno di Dante c di tutti gli orrori e le crudeltà ai quali sono soggetti i condannati. Chi è passato con gli occhi aperti e col cuore sanguinante in mezzo alle atrocità della nostra civiltà non ha bisogno delle immagini fantastiche del poeta per cono-' sccre l’orribile. Molto spesso, quando ho visto i giovani, i poveri, gli abbandonati ingolfarsi nella palude che li inghiottiva perseguitati dalle bestie da preda dalla figura umana che si aggirano in questi paesi, mi è sembrato che Dio non fosse più sul mondo, e che al suo posto regnasse un nemico implacabile #come l’inferno, spictatojjfcomc la tomba?.. ». E con più precisione altrove: « Questi industriali che hanno fatto dello sfruttamento una arte raffinata; che, sistematicamente c per proposito deliberato, annientano il guadagno dell’operaio; che accendono la collera sul viso del povero; che spogliano la vedova e l’orfano e che in apparenza fanno professione di grande spirito di umanità; costoro, ai nostri giorni, sono mandati in Parlamento a fare le leggi pei poveri. Gli antichi profeti li mandavano all’inferno; ma noi abbiamo cambiato le cose. Sono quelli che mandano i poveri all’inferno, ed essi sono ricompensati con tutto ciò che la ricchezza può dare di piacere e di benessere ».
Nel libro del Booth manca un qualsiasi schema di ricostruzione sociale; è libro di un predicatore, di un propagandista appassionato, non è libro di un teorico. Perciò non può parlarsi di socialismo che approssimativamente. E però certo che esso risponde a quello spirito di socialismo cristiano, che nell’ultimo trentennio del secolo scorso ebbe i suoi grandi proseliti in Europa. Uno di questi fu il Booth, negli scritti, nella parola c nell'azione, e questo è il significato più sostanziale e più duraturo che lascia la sua opera, nel suo complesso, quando si sfronda della parte più teatrale più « coribantica » c caduca.
E questo ci spiega ancora perchè il momento di maggior fiore dell’esercito della salute ci appare all’incirca l’ultimo ventennio del secolo xix. Nell’Inghilterra ancora fortemente impregnata di spirito individualista, nell’Inghilterra spenceriana il Booth contribuì, insieme coi radicali socialisteggianti e con una parte dei conservatori, a mostrare tutte le deficienze e tutte le insufficienze sociali del liberalismo classico, chiuso in un puro indirizzò politico e indifferente o addirittura diffidente verso qualunque azione sociale.
Nei primi anni del nuovo secolo la battaglia fu definitivamente vinta contro il liberalismo classico, con l’irruzione al potere dei liberali radicali, e con l’incamminarsi, sia pur tumultuoso, dell’Inghilterra per la via della politica sociale.
Col passaggio dei progetti di riforme sociali nel programma legislativo del governo, l’opera della iniziativa privata veniva di per sè stessa a circoscriversi entro confini necessariamente più ristretti, ed a passare pian piano a forme molto più simili a quelle delle associazioni umanitarie del continente. Così la Salvatimi Army fa meno parlare di sè, e si è più rinchiusa in sè stessa.
Di fatto, oggi ha meno cose da dire. Ma può con giusto orgoglio ricordare che parecchie delle cose che ieri diceva, oggi sono leggi dello Stato inglese.
Mario Vinciguerra.
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NOTÉ E COMMENTI
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IL CONVEGNO DI LAMBETH E LA STAMPA
La conferenza tenutasi in Lambeth nei mesi di luglio-agosto, tra 252 vescovi rappresentanti la confessione anglicana, terminò nella redazione di un appello, testò pubblicato dalla « Society for promoti ng Christian Knowledge », al quale la stampa inglese di tutte le gradazioni politiche à fatto la migliore accoglienza. L’appello è rivolto a tutte le Chiese cristiane del mondo ed a tutti i credenti perchè sia raggiunta finalmente quella pacificazione e quella concordia tra i cristiani che il momento storico attuale più che mai rende necessaria.
Noi non crediamo veramente che tale appello possa aver un successo, sebbene alcune delle sue parti si raccomandino non solo per una sincerità di spirito cristiano, ma puranche per un caldo sentimento di unione e di vitalità. Ad onta di ciò, quello che più ci pare debba interessare gli spiriti religiosi è l’attitudine che verso di tale movimento — analogo a quello della World Conference, il cui recente convegno preparatorio a Ginevra ci sembra sia stato poco conclusivo — tiene la Chiesa cattolica o per lo meno la stampa che si crede autorizzata ad esprimerne il pensiero. Nell’attesa di conoscerlo segnaliamo intanto l’atteggiamento di due scrittori cattolici che per molte ragioni ànno alcuni punti di contatto, il Battitoi ed il Buonaiuti.
Alla distanza di pochi giorni questi nel Tempo e quello nella Revue des Jeunes ànno esaminato il documento anglicano e sono venuti a delle conclusioni assolutamente negative dal punto di vista dogmatico e religioso, al quale il Buonaiuti, con la facilità e la cultura che tutti gli riconosciamo, à pure unito il punto di vista politico, dal quale esaminando l'appello, à creduto, di vedervi una manifesta
zione imperialistica inglese, in aperto contrasto con la prassi politica esplicatesi verso l’Irlanda in vessazioni c costrizioni subite persino dalle persone di quella Chiesa.
Per quel che riguarda il lato religioso ambedue gli scrittori ànno respinto il ponte a quadruplice arcata che l’angli-canismo gettava verso il cattolicesimo, rifiutando di riconóscere l’accettazione delle Scritture quale norma fondamentale della fede, l'adesione al Credo di Nicea come compendio delle credenze cristiane, il battesimo e la comunione come uniche manifestazioni divine della vita collettiva della comunità, il sacerdozio come intimamente ispirato dallo Spirito. Essi ànno rifiutato questi punti di appoggio per un’intesa in nome di un unico principio, in fin dei conti, del tradizionalismo cattolico ecclesiastico, che non può essere cancellato e negato.
Ora sebbene, come dice il Munì nella Riforma italiana, gli anglicani abbiano torto nel voler sopprimere quindici secoli di storia per allacciarsi al cristianesimo primitivo meno dommatico e più vitale, {•erchè la storia non si sopprime, sta in atto, com’egli stesso sostiene, che per realizzare la libertà vera dello spirito contro il romanesimo dommatico ed ecclesiastico . non si può non ritornare, come ben Sosteneva il Pioli, nella Riforma stessa, più in là ancora di 15 secoli, anche al di là. dei tre secoli antinicenei, al vangelo ed attuarne in noi ed intorno di noi i fiochi principi che ne assicurano la vìta-ità e r unità.
E gli spiriti più sani sembrano concordemente chiedere questo ritorno con maggiore efficacia dei convegni di Lambeth o di Ginevra. U'
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SENSUALISMO RELIGIOSO
La stampa, sopratutto cattolica, mena un grande scalpore intorno ad un opuscolo recentemente uscito nel quale si esorta l’umanità a liberarsi dalla concupiscenza carnale (A spiritu fornicationis è il titolo difatti del poemetto) ed a rivolgersi a Dio. R. Pascucci, che ne c l’A., è ancora un ignoto; se non che a rendercene accetta l'operetta non solo varrebbe- l’interesse dell’argomento, ma benanche l’armonia dell’endecasillabo molto saldo e molto spedito, lo spirito di vivacità che lo pervade, il sincero senso di bene che lo anima.
Con tutto ciò, anzi perciò stesso io non dirò bene di quest’« appello »; ne dirò male. Ed ecco perchè.
Por staccare l’uomo dalle forti attrattive che la donna esercita su di lui, sopratutto in Sucsto momento di crisi storica e morale,
P. comincia col descriverne le lordure e non trova meglio che dipingerci a foschi e vivaci, molto vivaci colori gli amori... con le bagascie, il disgusto che eccitano, il pericolo non solo morale, ma fisico che si corre con esse. E trova naturalmente che 13 milioni di uomini sono stati condotti al macello dal suo dio biblico per... le colpe di coloro che si perdettero dietro alle cortigiane (io per un rispetto alle lettrici sostituisco con parole « donnesche ■ quelle più... maschili del P.).
E quando per ben 250 versi si è avvoltolato in questo fango non passa ad inalzare la donna, come dovrebbe, sulla femmina da conio, ma l’abbassa ancora chiamandola
la creatura fatta a simiglianza del Mostro, quello che la nostra insania si alto pone sopra il piedistallo della grazia perfetta e...
e via dicendo E per abbatterla la copre dei più volgari ed abusati luoghi comuni quali ad cs. quello della blessure du sexe, ch’egli naturalmente trova biblicamente immonda. Solo quando vuol compiacersi in una forma femminile qualsiasi chiama a
raccolta le teologali Beatrici è il prcraffae-lismo, secondo cui le descrive aggiungendo
sembrano offese immedicabilmente
di quanto è in loro di c rp >rco c vile, non donne propriamente; ma partecipi d’una natura asessuale angelica.
c finisce con una bassezza ed una bruttura di fronte alle quali solo gl’imbecilli o gli uomini di mala fede potranno non trovare che le pretese immoralità di Guido da Verona sono cose moralissime!
E così inizia la seconda parte, la parte ricostruttiva, in cui propone al... pervertito di ricorrere a Dio. A Dio? no, alla chiesa, come tempio, alla chiesa come luogo in cui i sensi, notate bene, eccitati per il desio di peggio, possano trovare requie e consolazione e distrazione. E gliela descrive questa chiesa ricca di tutte le sensualità che appagano l’occhio, l’udito, l’olfatto, gliela offre, perdoni il lettore, come un’altra bagascia, che con l'incenso, con l’organo con le figure dell’arte ne calmi i tesi nervi.
Se ne li occhi è pago
di per le nari - porta empia del Vizio -ardono incensi dentro i belli arnesi.
Oh buono odor di religione, aroma saliente in uno a cadenzate preci che sa di immacolato come i lini dell’altare, e di mese di Maria.
e via dicendo.
* • •
Ora io domando: è questo il verace senso religioso, è questo il modo di ricorrere a Dio, di cercarlo, di ritrovarlo, di contrapporre la calma dello spirito alla febbrile concupiscenza della carne? Non solo abbassare la donna ed abbandonarla al suo destino., animalesco, ma impiegare i sensi eccitati ad un altro godimento altrettanto volgare, se non peggiore, al godimento sensuale della religiosità resa tangibile! Come siete latino, voi, sig Pascucci, con la vostra sensualità, come siete pagano.
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NOTE E COMMENTI
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come non sentite nè Dio, nè la religione! Avete voi mai letto i vangeli e procurato di purificare in essi il vostro spirito di fornicazione ? Avete sentito Dio nel cuore e nello spirito e non nella carne martellata dal desiderio immondo? Ah! come siete pagano voi, come amate sostituire alle carezze femminili, le sensualità dei vostri templi...; se foste religioso puramente, se sentiste Dio, vi ritrarreste nel profondo della vostra coscienza e lì cerchereste Dio o tutt’al più andando con pochi amici là dove non splende fulgor d’arte o allettamento di nari, vi raccogliereste con essi nel nome del Cristo c sentireste echeggiare la sua parola «. Dovunque due o tre sono adunati nel nome mio, ivi sono io in mezzo a loro ■ e sentireste ripetersi l’ammonimento: « Ma tu quando preghi, entra nella tua cameretta, serrane l’uscio, c prega il Padre tuo che è presente nel segreto ».
* • «
Del resto, cristianesimo a parte, perchè ne) poemetto del P. il cristianesimo e la spiritualità sono assolutamente assenti, io sono veramente grato all’A. di aver dotato l’attuale momento storico di una sua nuova forma rappresentativa. Egli ci viene a dimostrare l’inferiorità di senso religioso di cui siamo gli esponenti noi latini, i quali andiamo a cercare nell’arte
e nella sensualità dei templi, nel panteismo della natura l’iddio, che non sentiamo in noi. Egli ci addita una nuova forma di godimento sensuale, se per caso non la conoscessimo; egli rende tangibile, palpabile la religiosità, onde noi traiamo, come non di rado ci avviene, alle splendide basiliche romane e tra le grazie sinuose delle colonne di giallo antico che ci fanno sorgere nelle mani il bisogno della carezza, tra i multicolori riflessi solari delle valliate e gli odori dell’incenso e le armoni? dell’organo noi sentiamo rinnovarsi in noi il bisogno del senso e ardere la concupiscenza della carne.
Ma quando, svanita l’eccitazione, usciremo all’aperto, il nostro spirito, forse non come quello del Pascucci, brucerà dell’inestinguibile sete, gemerà il suo interno bisogno ancora una volta nelle parole: « Deus Deus meus, ecce intus eras et ego foris te quacrcbam ».
♦ » *
Concludendo il Pascucci non è che un volgare sensuale, che profana il senso dell'umano nella donna, del divino nella religione. Ecco perchè con buona pace degli ortodossi io lo trovo molto più dannoso di Guido da Verona. Lo propongo alle meditazioni della Congregazione dell'indice..Giovanni Costa.
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¡CRONACHE]
POLITICA VATICANA E AZIONE CATTOLICA
LA CAMERA FRANCESE VOTA LA RIPRESA DELLE RELAZIONI GOL VATICANO
f I lettori di queste cronache sono già'rn-formati del significato che ha assunto in Francia la discussione per la ripresa delle relazioni col Vaticano. Questa ripresa è giustificata sopratutto con ragioni di politica internazionale, e il Governo francese ha dichiarato più volte che non ne saranno affatto intaccate le leggi laiche e la separazione della Chiesa dallo Stato in Francia.
Nella seduta del 29 novembre alla Camera il Presidente del Consiglio francese I.eygues ha ricordato la rottura con il Vaticano, e ha detto che fra la rottura e la proposta della ripresa non bisogna dimenticare che c'è stata la guerra. Oggi non si discute la questione religiosa, ci sono in giuoco soltanto gli interessi della Francia: c, dopo la guerra, su questo punto, non possono esservi divisioni. Seguono i soliti argomenti: il Vaticano è la forza morale che governa trecento milioni di uomini; la Germania quando volle realizzare la Mitlel Europa moltiplicò a Roma gli ambascia-tori dei suoi Stari. L’unica cosa nuova il Leygues l’ha detta per tranquillizzare coloro che gli hanno chiesto:
— E l’Italia che cosa dirà?
« Per conservare l’amicizia di questa grande nazione — ha risposto Leygues — noi abbiamo fatto quanto è stato in noi. Ad essa ci uniscono tanti legami, sopratutto quelli della comune vittoria. Ma due fatti rassicurano i nostri amici italiani. I passaporti del Vaticano sono vistati dal Quirinale, ed una nave italiana che trasportava in Oriente un cardinale ha issato la bandiera pontifica vieino a quella italiana.
< Perchè, ha chiesto, l’Italia si offenderebbe della ripresa? »
Leygues assicura poi che la ripresa non viola la legge sulle associazioni culturali e cioè la legge di separazione. II Leygues dice inoltre che, per quel che riguarda un eventuale viaggio del Presidente della Repubblica a Roma, la questione particolare è risolta.
Quanto alle cultuali, il Noblemaire — relatore del diségno di legge — ha già risposto: le leggi della repubblica sono intangibili.
Nella votazione che ha chiuso la discussione si è votato dapprima sulla mozione di Aubriot tendente ad aggiornare la discussione fino a che non sia risolta come desidera Briand la questione delle cultuali e di un eventuale viaggio a Roma nel presidente della Repubblica.
Questa mozione è stata respinta con 387 voti contro 195 su 582 votanti.
Con voti 400 contro 212 su 612 votanti la Camera décide di procedere alla discussione dell’articolo unico del progetto di legge. Questo articolo prevede la costituzione di una regolare Ambasciata presso il Vaticano.
Il deputato Avril ha proposto un emendamento inteso ad assegnare all'ambasciatore un ufficio momentaneo e straordinario e ciò per impedire che vi sia reciprocità. In somma un rappresentante francese presso il Vaticano sì, ma un nunzio papale no.
Questo emendamento è stato respinto con 375 voti contro 229. Dopo breve discussione sull’articolo unico si è passati alla votazione di insieme che ha dato questo risultato: 397 voti favorevoli; 232 contrari.
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IL PROTETTORATO FRANCESE IN ORIENTE
Così la réfirise alla Camera dei Deputati è stata approvata.
Al Senato si prevede che le opposizioni saranno molto maggiori, ma tutto fa ritenere che la legge finirà con essere approvata.
È interessante però rilevare alcuni incidenti che hanno accompagnata la discussione. Poiché alcuni oratori di estrema sinistra avevano vivamente attaccato il contegno del Papa, durante la guerra, Mandel, ex-capo di Gabinetto di Clémen-ceau, dichiarò di avere in suo possesso dei documenti dimostranti le buone disposizioni della Santa Sede verso la Francia durante la guerra, documenti i quali (se il Governo del tempo ne avesse permesso la pubblicazione) avrebbero contribuito a correggere la falsa impressione che il pubblico francese ebbe sul contegno della Santa Sede verso la Francia. Ora il Gaulois pubblica i documenti di cui Mandel parlò. Il più importante di essi che però non era del tutto inedito, è una lettera diretta dal cardinale Gaspani, Segretario di Stato del la Santa Sede, a Denys Cochin allora ministro del Gabinetto Ribot. Dalla lettera risulta elle il Vaticano dava le assicurazioni più complete alla Francia che « la Santa Sede non avrebbe modificato in nulla il suo contegno benevolo osservato fino ad allora nei riguardi della Francia ». li Cardinale Gaspaui soggiungeva pascolarmeli te questo: < È inutile ricordare che il protettorato francese in Oriente riposa sopra un triplice fondamento: i. Le capitolazioni, 2. L’ordine dato dalla Santa Sede alle comunità religiose di Levante di dirigersi per il loro protettorato alla Francia; 3. alcune prerogative accordate dalla Santa Sede alla nazione francese a causa dei meriti acquisiti dalla Francia in Oriente nel corso dei secoli ». E circa la situazione del protettorato francese dopo la guerra il Cardinale aggiungeva: « Mi affretto a dire che la Santa Sede non farà, per quanto le concerne, nulla per abolire o diminuire il protettorato della Francia. La Santa Sede lo ha dichiarato francamente nel passato e voi potete darne di nuovo l’assicurazione ai vostri colleghi del Governo ». Questo documento Ribot, presidente del Consiglio, non volle permettere venisse pubblicato nei giornali non solo, ma nemmeno comunicato ai suoi colleghi di gabinetto da Cochin che Io aveva ricevuto. La lettera
comparve un anno dopo, quando cioè l’opinione pubblica francese era stata persuasa con un lento lavoro quotidiano della opposizione assoluta tra le disposizioni della Santa Sede e i sentimenti dei Francesi in guerra.
Il divieto opposto da Ribot alla pubblicazione fu tra le ragioni che determinarono il ritiro di Denis Cochin dal Ministero.
È evidente però che col nuovo regime dei mandati in Oriente stabilito dalla Conferenza di Parigi, i privilegi concessi dalla Santa Sede alla Francia vengono automaticamente a cadere, e formeranno oggetto di contestazione tra la Francia e le altre potenze mandatarie.
LE LEGGI DELLA SEPARAZIONE
Durante la discussione Briand ha dichiarato che egli si è risolto a votare la ripresa delle relazioni col Vaticano, ma non vuole che nascano' equivoci. Egli afferma di ritenere sempre che non esiste alcuna contraddizione tra i principii della separazione e i rapporti con la Santa Sede. Considera sempre che la diplomazia deve essere adoperata dove si agitano grandi problemi internazionali.
Roma è uno di tali punti. Briand ricorda che dinante la guerra la Francia dovette parlare con Roma e quelle conversazioni non hanno dato cattivi risultati. Non bisogna, aggiunge Briand, che si ripetano incidenti simili a quelli del viaggio di Lou-bet a Roma, che provocò la separazione; bisogna evitare per sempre equivoci sull’atteggiamento del Vaticano e del clero.
L'oratore ricorda l’interdetto pronunciato contro la legge di separazione. Io voglio, aggiunge Briand, votare con conoscenza di causa. Alcuni vescovi francesi sono preoccupati essi stessi della situazione che risulterebbe dal fatto che l’interdetto non sia stato levato. Bisogna regolare questa causa di conflitto futuro.
Questo lato della questione ha dato occasione a un grande discorso dell’abate Lemire. Tra l’altro egli ha detto: « Perchè le chiese di Francia abbiano uno statuto legale bisogna andare a Roma a far conoscere la legge di separazione. Se ci furono dei malintesi e delle difficoltà di interpretazione, bisogna spiegarsi. I negoziati sot-terianei sono indegni del Parlamento e del Governo. Se si va a Roma, io ho fiducia che tutte .le nostre leggi saranno accettate > Lemire ricorda le fasi attraverso le quali passò la Chiesa troppo legata in certi secoli col potere civile. Oggi il problema del
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concordato è finito. Il diritto esige che la coscienza di ciascuno sia libera e rispettata. l.c questioni di religione debbono dipendere da quelli che professano questa religione. Bisogna lasciare loro il diritto di organizzarsi c di associaisi. I.a Repubblica francese ha fatto delle leggi; domandiamo alla Santa Sede di non opporvisi più e di dire la parola di ordine e di pace religiosa a tutti i vescovi di Francia.
«...Quelli che tentavano di far ci edere che la legge di separazione non era accettabile dai cattolici perchè non abbastanza liberale, quelli che tentavano di turbare il Papa nella sua convinzione su questo punto sono responsabiii della miseria attuale del clero francese. Se io fossi stato uno dei consiglieri della resistenza, voi mi vedreste andare oggi a Canossa — io, non la Repubblica — con la corda al collo c :n ginocchio, per espiare il mio errore ».
Tuttavia, nonostante le dichiarazioni governative e l’ottimismo dell'abate I.emire, la questione delle Cultuali è ben lungi dall’essere risolta; anzi formerà l’oggetto prin- , cipale delle prime pratiche’ diplomatiche tra la Francia e il Vaticano.
Sulla votazione della Camera francese ¡.'Osservatore Romano si è limitato a pubblicare il resoconto diramato dalla Stefani, poiché l’organo ufficiale della Santa Sede deve aver creduto opportuno non ingolfarsi in un commento che avrebbe dovuto o spiegare o negare alcune affermazioni del Governo francese su! riconoscimento di fatto, da parte del Vaticano, del regime di separazione.
È noto che contro tale riconoscimento si pronunziarono i Vescovi francesi quando convennero a Roma per la santificazione di Giovanna-D’Arco e tale pronunciamento fu la causa principale, c forse unica, della sosta che allora ebbe la procedura della legge.
Anche recentemente abbiamo avuto un saggio della opposizione dei cattolici francesi alle Cultuali nella voluta diplomatica correttezza in uno studio stampato nella Revue des Dcux Mondes, favorevole, cui si contrappose poco dopo un altro della Revue ¡¡ebdomada’,re contrario a qualsiasi cessione sul punto fondamentale che concerneva la padronanza dei laici consacrata nella celebre legge.
Dalle parole che ha detto alla Camera Leygues si comprende che il Vaticano si è impegnato a non contrastare l’attuale stato di latto è quindi nei riguardi della separa
zione mantenere un atteggiamento di assoluta passività; di ciò si è contentato il Governo francese sebbene esso sappia che per ristabilire le relazioni di cordiale amicizia, le dure leggi dettate dall'anticlericalismo sorte per il dubbio di avere il Vaticano meno amico, debbono necessai ¡amento essere interpretate con molta moderazione.
Più strano capovolgi mento di situazioni a riguardo non si sarebbe potuto immaginare. Si ricorda come Pio X condannò recisamente l’esperimento delle cultuali contro l’avviso della maggioranza dell'episcopato francese, scorgendovi un attentato pericoloso all’unità della gerarchia e preferendo arditamente l’indigenza e l'isolamento ad una forma di organizzazione economica ecclesiastica che sembrava poter menomare la supremazia del potere ecclesiastico nella chiesa cattolica francese.
Un quindicennio di regime separazioni-sta ha mostrato in Francia che le preoccupazioni di Pio X erano esagerate. Praticamente gli organi dello Stato in Francia chiamati a giudicare l’applicabilità degli articoli della legge del 1905, alle controversie sorte dalla formazione delle cultuali han mostrato che i diritti della gerarchia non hanno mai corso rischio di essere sacrificati. Oggi meno che mai si delinca un pericolo di questo genere, date le buone disposizioni del Governo della Repubblica verso il Vaticano.
Perciò la Santa Sede sembra disposta a recedere dall'intransigenza di Pio X, c ad adottare un modus vivendi che permetta alla Francia di andare a Roma senza passare per Canossa.
Però dai tempi di Combes ad oggi l’episcopato francese si è trasformato secondo uno spirito che non è quello naturalmente de! regime concordai alio. L’episcopato francese, favorevole nel 1905 in maggioranza all’esperimento delle cultuali, è oggi invece in maggioranza sfavorevole. Roma contraria nel 1905 è oggi disposta ad una oculata e vigilante acquiescenza.
La situazione sembra in verità senza uscita. Avendo di recente un’alta personalità cattolica francese espresso su la Revue des Deux Mondes le ragioni che militano a favore dell’accettazione delle cultuali, l’arcivescovo di Lione f»i è affrettato a ricordare agli ecclesiastici della sua diocesi che la condanna di Pio X conserva integro il suo valore. Così di fronte alla intransigenza di un episcopato che si avvale delle decisioni pontificie di un quindicennio or sono
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per organizzare un sottile ostruzionismo contro disposizioni suggerite da una situazione diplomatica completamente diversa, tanto il Governo della Repubblica quanto la Segreteria di Stato finiscono col trovarsi nel più singolare degli imbarazzi.
IL P. P. I. E LA COSCIENZA CATTOLCA IN UNA INTERVISTA DI ROMOLO MURRI
Il Giornale d'Italia de) 21 novembre ha Subblicato una intervista con Romolo lurri sul Partito Popolare Italiano.
Murri afferma che il P. P. I. è la derivazione diretta della democrazia cristiana di un tempo, massa fermentata da ..quel lievito. Il programma e, per molta parte gli uomini, a cominciare da Don Sturzo, sono gli stessi.
Murri ha detto testualmente: « Parecchi oggi pensano: se Don Murri non si fosse mosso, se avesse avuto pazienza, questa sarebbe l'ora sua. E non riflettono che l’autonomia politica non poteva venire ai cattolici se non attraverso il sacrificio di chi l'aveva primo affermata e tenacemente, rivendicata, egli prete, in conflitto con l’autorità ecclesiastica, quando gli stessi laici, che oggi primeggiano, erano così timidi, a dir pcco.
« Del resto dà allora io ho fatta la mia strada; la stessa strada che il nuovo partito dovrà anche percorrere a tappa a tappa se vuol fare opera di autonomia politica e di rinnovazione spirituale insieme.
« Il Partito popolare ha ereditato i frutti di una grande battaglia combattuta e vinta, non ostante le .vittime dalla D. C.; ma ha lasciato fuori di sè il modernismo. E il partito si è potuto costituire, con il consenso del Vaticano, appunto quando — dopo il regime del terrore di Pio X — pareva che la sua D. C. fosse definitivamente liberata da ogni germe di modernismo. E, infatti, gli uomini che oggi dirigono il partitosi occupano di politica, astenendosi da ogni sconfinamento in questioni religiose, di critica, di libertà e di autonomia spirituale. Modernismo è appunto questo bisogno dialettico, ideale, di integrare l’autonomia politica in una organica concezione della autonomia, c quindi in una nuova concezione, che ne discende, delle funzioni così della Chiesa che dello Stato, c dei rapporti fra. i due istituti.
■ I popolari, come uomini politici, hanno tutto l’interesse a trattenersi in un loro
concetto provvisorio ed ambiguo, di autonomia politica combinata conia disciplina religiosa, quale è oggi intesa e praticata dalla Chiesa; ma, come uomini, come coscienze, non possono non tornare ad agitare dentro di sè il problema e cercarne una soluzione ».
Il modernismo, cioè la seconda fase, riflessa e critica, della democrazia cristiana, implicava conseguenze politiche di grande importanza. Per \lir .tutto in breve, esso conduceva a svincolare la funzione sociale e civile delle idealità cristiane dal controllo gerarchico della Chiesa, trovandone la sanzione nella stessa coscienza del cittadino credente; con ciò si riconduceva lo Stato ad una funzione di cultura e di vita morale propria autonoma, della quale cioè esso avrebbe trovato le ragioni nella stessa coscienza del cittadino, senza chiederle ad un intervento ecclesiastico autoritativo. che lo avrebbe inesso in necessaria dipendenza dalla Chiesa.
Quando il P. P. parla di spirito cristiano di morale cristiana, tacendo del cattolici-smo ed aprendo le sue file anche a non cattolici, esso si muove appunto, benché con consapevolezza solo parziale, in questo ordine di idee. Esso ha, in due anni di vita, fatto già l’amara esperienza del terreno mobile e insidioso sul quale si svolge la vita politica italiana. Il paese si aspettava da esso un più energico appello ai valori ä«rituali: ed esso non lo osa, perche, pur iccndosi aconfessionale, ha di questi valori una concezione prettamente confessionale. Qui è il suo equivoco e il suo cruccio.
Murri ha ricordato alcuni interessanti episodi dei rapporti suoi e della D. C. con l’autorità ecclesiastica, pei- poi affermare che il P. P. nel suo nucleo centrale continua sostanzialmente la democrazia cristiana, salvo, ripeto, le applicazioni del principio democratico, che è di origini e di essenza cristiana, allo stesso istituto ecclesiastico.
E, per questa mutilazione, illogica e provvisoria, il partito offre il fianco al sospetto di essere al servizio della Chiesa e del Vaticano, nel loro programma di supremazia e privilegio politico: programma che, del resto, subisce anche esso le vicende dei tempi. Io son persuaso che la logica dell’autonomia, attraverso vicende di contrasti e sconfessioni che potrebbero anche tornare ad essere drammatiche, prevarrà. E prevarrà con molto vantaggio della Chiesa stessa, come società religiosa.
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Nelle ultime elezioni il Partito popolare ha seguito, come criterio generale, l'intransigenza. E le eccezioni sono state assai poche: di quelle che, come dice un vecchio proverbio, confermano la regola. « Il fatto è tuttavia che questa intransigenza è parsa piuttosto un interesse tattico di partito che non una esigenza vitale di programma. Vedere una differenza sostanziale, permanente e generale, nel campo amministrativo, fra i popolari e gli altri gruppi, è difficile. Una ce ne sarebbe: l’affermazione vigorosa delle autonomie locali, comuni e regioni, contro la soffocante uniformità della burocrazia statale e contro le invadenze parlamentaristiche. Ma questa, fatta valere sul serio, esigerebbe una opposizione netta allo Stato, ’anche sul terreno parlamentare; e invece i popolari sono al potere con l’onorevole Giolitti; prigionieri assai più che collaboratori ».
Secondo Murri la lettera del cardinal Boggiano contro il P. P. è espressione dello spirito e del pensiero di Pio X. Anche egli appartiene ad una generazione di cattolici coevi della controriforma e stagnante nella pigrizia spirituale che gli interessi del papato, pauroso della libertà nordica, imposero agli Italiani. Ce ne sono ancora molti, nella Chiesa. E il paradosso vero del Partito popolare è qui: che esso ha ancora alle spalle, nelle file ecclesiastiche, una forte opposizione conservatrice; e che questa opposizione si allea, al momento buono, e fa causa comune con quell'altra opposizione, liberale borghese, che si trova di fronte. Problema strategico in cui si acuisce ora l’ingegno e l’abilità di don Sturzo, ma che è di quasi disperata soluzione.
« Conosco don Sturzo dal 1899. da prima cioè, che cominciasse a lavorare. Ed abbiamo sino alla mia condanna, lavorato insieme, di pieno accordo. Sono stato anche l’editore di taluni suoi scritti.
« Venuta la bufera modernista, egli si mise in disparte; non per calcolo, sono certo, ma perchè egli non sentì mai, credo, preoccupazioni e crisi di pensiero c di animo religioso. È un uomo tutto volto verso i problemi esterni, un temperamento nato di uomo politico e di amministratore; e q uin-di, anche, come sono tali uomini, un semplificatore.
« In questa lacuna del suo spirito è la sua forza, perchè egli non porterà mai il partito su di un terreno pericoloso nei rapporti con il Vaticano. Ma poi, infece, appunto in questo limite sta la debolezza radicale del partito. Questo, per dire davvero in Italia una parola nuova e suscitare energie rinnovatrici, avrebbe bisogno di un
popolo in cui la fede religiosa fosse assai più sincera e intima e praticamente vissuta; per restare nel campo della laicità o della aconfessionalità, avrebbe bisogno di una Chiesa che non si proponesse in alcun modo di servirsi della fede dei credenti per fini politici suoi, istituzionali, diversi quindi necessariamente, da quelli di un partito politico laico. Per questo il cattolicismo che vuoi essere modernità e valore sul terreno della laicità, ha due compiti da assolvere: fare la Chiesa democratica nello spirito e nelle forme, far religiosa la democrazia. Uno solo di essi è troppo, per le condizioni presenti degli animi, è troppo poco per l’avvenire ».
Al termine della sua intervista, Murri ha così concluso: « Veggo le ragioni gravi, ma passeggere del presente accordo dei popo lari con l’on. Giolitti. Ma, pensando al compito dei popolari per l’avvenire, non posso vederli che all’opposizióne, per parecchi anni. Ogni lotta che li obblighi ad uscire dalle presenti reticenze, ad affermare e svolgere il principio della autonomia nella sua inevitabile dialettica, a diventare ad essere davvero religiosi e insieme laici, come porta il loro assunto, farà bene ad essi, al Paese e, sopratutto, allo spirito italiano ».
UNA RISPOSTA CATTOLICA ALL’INTERVISTA DI MURRI
A questa intervista di Romolo Murri ha risposto Don Giulio De Rossi sul Corriere d'Italia.
Il De Rossi osserva che l’idea animatrice dell’antico movimento democratico cristiano, nella sua parte sana e vitale, è stata nient’altro che il concetto fondamentale di tutto il movimento del cattolicismo sociale, anzi, più ampiamente, dei cristiani-sociali, in tutto il mondo.
« Questa maturazione politica della stessa idea sociale cristiana è apparsa possibile la prima volta all’epoca della democrazia cristiana — del cui fallimento del resto Romolo Murri deve essere ampiamente informato — e una seconda volta, in tempi più maturi, dopo l’armistizio, quando gli uomini, che nella loro austera disciplina morale avevano saputo ritrovare la pazienza delle sublimi ed eroiche attese, credettero giunto il momento di lanciare il programma del Partito Popolare Italiano
« Nessuna meraviglia che alla ripresa dell'antico progetto, maturato però ormai in condizioni di mentalità e di ambiente ? rotondamente diverse, molti uomini dei-antico movimento entrassero a vele spiegate nel secondo: nessuna meraviglia che
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al centro di questo si trovasse proprio quel D. Luigi Sturzo che nel suo discorso del 1905, pubblicato anche in Cultura Sociale e poi riprodotto nelle Sintesi Sociali, chiudendo il periodo democràtico, cristiano segnava senza tentennamenti quelle fondamentali direttive sulle quali si è potuto assiderò il Partito popolare italiano ».
Murri invece insiste nel confondere il movimento democratico cristiano col mo. vi mento modernista, tendendo così a dare a quello una posizione antitetica al concetto religioso della Chiesa cattolica e sembra affermare che il tocca-sana sarà ottenuto dalla spiritualizzazione dei valori laici della democrazia e dalla laicizzazione e democratizzazione della Chiesa. È questo un suo vecchio errore per cui essendo‘.deputato alla Camera e vestendo ancora da prete si fece il rappresentante del più puro Giuseppinismo e del più puro Giurisdizionali smo, sostenendo a fondo l'intervento dèlio Stato in materia ecclesiastica.
Su questo terreno gran parte degli antichi collaboratori di Murri nella democrazia cristiana non fu mai disposta a seguirlo.
■ Il nesso che Murri vede fra democrazia cristiana e modernismo appare destituito di qualsiasi fondamento quando si rifletta che proprio nel momento culminante della campagna antimodernista, quando usciva la enciclica Pascendi si riuniva a Pistoia la prima Settimana Sociale, sotto la presidenza del card. Maffi, con la benedizione del Sommo Pontefice, con la presenza di numerosi Vescovi, con l'adesione di numerosissimi altri per riaffermare a fondo i prin-cipii più arditi del Cristianesimo sociale e spronare i cattolici italiani a lavorare in quel senso.
« È proprio questo stesso pensiero so-ciale-cnstiano quello che è statò assunto come anima etica e spirituale dal Partito Popolare Italiano: il quale del resto si è preclusa fin dal principio la possibilità a cadere nel vecchio errore modernista di Romolo Murri, appunto col dichiarare la propria aconfessionalità, e deliberando di agire con forze proprie c responsabilità propria nel campo strettamente politico ».
Il De Rossi termina difendendo il collaborazionismo dei popolari e dice che mentre il P. P. è in opposizione netta, recisa, forte contro la Statolatria dei liberali e contro la statolatria dei comunisti, viceversa non può chiudere gli occhi risolutamente di fronte alla realtà della Nazione, c sabotare per questo la vita dei suoi organi costituzionali e indebolire artificialmente la compagine dello Stato all’unico scopo di impinguarsi, come partito, delle sue spoglie ».
UN P ROFILO TEDESCO DI BENEDETTO XV.
La Deutsche Rundschau ha pubblicato il mese scorso un importante articolo del noto scrittore di cose politiche Leo Schwering-KSln, dedicato alla politica di Benedétto XV, in cui sono contenuti importanti Svezzamenti sulla situazione internazio;, l’Italia c la questione romana.
Inutile aggiungere che mentre riproduciamo l'articolo che ha acute osservazioni, non intendiamo affatto dividerne gli apprezzamenti; avvertenza d'altronde superflua per i lettori che seguono questa nostra rassegna.
« Alla morte di Pio X la Chiesa si trovava in un vero'isolamento. L’anima battagliera del Papa aveva in breve resi quasi insostenibili i rapporti con tutte le potenze. Benedetto XV invece è un vero figlio della tradizionale politica vaticana, come il suo maestro Rampolla. Egli ha metodi riservati, per non dire occulti: è innanzi tutto prudente, e si attiene so-Sratutto a una severissima imparzialità.
on segue però troppo alla lettera gli insegnamenti del- Rampolla, ma sa adattarli allo spirito e àgli avvenimenti dei nuovi tempi.
« Nella sua politica si distinguono due direttive principali: l’atteggiamento verso le grandi idee moderne, e l'attività diplomatica. Egli combatte sopratutto per l'idea della pace; la Società delle Nazioni, il miglioramento sociale del proletariato, e contro il comuniSmo e il nvoluzionarismo. Il capolavoro diplomatico della Curia ¿stato senza dubbio quello di rivolgersi durante il conflitto a tutti i popoli, in nome degli ideali comuni, rivendicando questi ideali al cristianesimo.
■ La grande attività svolta dalla Curia in favore della Società delle Nazioni era ispirata dalla speranza di farvi assumere il Pontefice come Sovrano riconosciuto. Un grande successo in questo senso fu rappresentato dal colloquio fra Wilson c Benedetto XV in Valicano, avvenuto quando il presidente aveva ancora l’aria di rappresentare dei puri ideali. Questo progetto naufragò in seguito alle stipulazioni del Trattato di Londra, che impegnavano i contraenti a non riconoscere la sovranità del Pontefice; ma la stessa preoccupazione italiana, consacrata in quel trattato, dimostra quanto forte c importante era divenuta la posizione internazionale che Benedetto XV aveva saputo conquistare.
« Il compito della diplomazia vaticana, alla morte di Pio X era particolarmente
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difficile; bisognava riallacciare le relazioni con quasi tutti gli Stati europei, che la politica di Pio X aveva allontanato dal Vaticano. Benedetto XV si propose come primo programma un riay vicinamente» generale, che fu senza dubbio facilitato dalla situazione creata dalla guerra. Il primo passo, importantissimo, fu compiuto dalla Gran Brettagna, che forse si riprometteva maggiori vantaggi di quanti in realtà abbia ottenuti. L’Inghilterra, in mano di Benedetto XV, divenne il mezzo per riavvici narc la Francia al Vaticano. Ad onta di tutto, la Repubblica ò considerata ancora come il centro del mondo cattolico; c qui forse meglio si manifesta l’influenza di Rampolla sul suo discepolo.
.1 Dell'appoggio della Francia ¡1 Vaticano ha bisogno per raggiungere il suo massimo scopo che è quello di liberarsi delle catene italiane. Ciò che non ha potuto dare al Papa la Società delle Nazioni, lo deve dare l’influenza morale della Francia, la sua influenza nel mondo cattolico. L’occulto aiuto concesso dal Vaticano ha giovato enormemente alle potenze reazionarie, come s’è visto nelle ultime elezioni francesi ed'anchc qui trionfa la scuola di Rampolla. Così la Francia ha sentito efficacemente l’aiuto del Vaticano in Siria c in Palestina, persino contro la Gran Brettagna; e gli ostacoli che avrebbe potuto trovare in Cina furono prudentemente rimossi. Di questa nuova intesa franco-vaticana, l'Italia che è molto indebolita da quando non si può più poggiare sulla Triplice Alleanza, deve risentire necessariamente il contraccolpo.
« Per quanto riguarda la questione romana Benedetto XV va per vie tutte personali, molto diverse da quelle del Rampolla. Le ultime tendenze antivaticane in Italia avevano trionfato nel paragrafo 15 del Trattato di Londra: ma la ferita del 20 settembre si può dire in gran parte dimenticata. Il riavvicinamento va realizzandosi da anni, per mezzo di una serie di cortesie che mostrano un gran desiderio di conciliazione, forse anche maggiore nel Vaticano che nella Consulta. Anche le trasformazioni nella politica interna italiana hanno contribuito a questo risultato. La partecipazione dei cattolici alla vita statale, autorizzata dal Vaticano, è stata coronata dalla fondazione del P. P., il quale, col suo rapido aumento di forze, ricscirà in breve a realizzare la riconciliazione fra Benedetto c il Quirinale. {Quest’ò forse il mento più grande della accorta politica della Curia.
«Se la Curia cerca l’unione con l’Italia, lo fa anche per scopi che trascendono la Sucstionc romana. Italia e Inghilterra sono ella massima importanza per l’avvenire dell’Oriente; e qui gii scopi politici si uniscono a un grandissimo programma religioso, che è quello della catto!icizzazione dell’Oriente. Benedetto guarda sopratutto verso Est: in Polonia, in Armenia, in Palestina, troviamo già intessuta una fitta rete politica, che mira a estendersi sopra la Russia e i Balcani. La parola d’ordine di questo movimento è: l’Oriente ortodosso appartiene alla Chiesa cattolica. La scomparsa dell’Impero czarista apre al Vaticano la via attraverso tutta la Russia, Attraverso la Russia diviene possibile l'unione degli ortodossi con Roma».
L’articolo conclude mettendo in evidenza il leale contegno del Vaticano verso la Germania durante la guerra. r< In quanto alla scomparsa dell’Austria, che il Pontefice cercò in tutti i modi di salvare, non si può dire che sia di gran danno per il Vaticano, il quale ha ora libertà d’azione verso la Russia, da cui gli Absburgo lo avevano sempre separato ».
UN ATTO DI RIBELLIONE DEL CLERO BOEMO
Telegrafano da Praga al Resto del Carlino:
« L’Unione del clero parrocchiale ceko-slovacco che aveva a suo tempo presentato alla Curia pontificia un memoriale sulle riforme ecclesiastiche, ò stata interdetta dall'Episcopato ed il suo ricorso a Roma è stato respinto.
« 11 segretario di Stato Gasparri aveva chiesto lo scioglimento di questa Unione, e l’arcivescovo di Praga ha seguito le direttive di Roma, permettendo al clero soltanto organizzazioni circoscritte ai limiti di ciascuna diocesi.
« L'assemblea generale dell’unione tenutasi il 26 ha deciso, con 345 voti contro 60, malgrado gli ammonimenti dei deputati cattolici, di non conformarsi all’ordine dell’arcivescovo e di mantenere l’Unione.
« Il Ccch, organo cattolico nazionale, rileva in questa occasione che su i 2500 membri dell’unione, la maggioranza si era già dimessa spontaneamente. Il giornale lascia intendere che si userà la più grande energia contro i preti recalcitranti per giungere ad una purificazione indispensabile nel seno della Chiesa cattolica nella Cekoslovacchia ».
Quinto Tosai ri.
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STORIA E PSICOLOGIA RELIGIOSA
vi ir.
Tradizioni popolari e Storia Sacra. —-Alla ricerca delle sopravviventi tradizioni popolari penetrate nell'A. T. è dedicata la nuova opera di J. G. Frazer, Folklore in thè old Testament. and Law, 3 voi. Macmillan, London 1919. L’utilità di questo lavoro non è solo per la storia della letteratura sacra e per la psicologia religiosa, ma anche per la conoscenza della natura della religione e dei suoi rapporti con la morale. Non a caso, Frazer, ricercando le tradizioni popolari nel V. T. incontra qua e là quelle rifcrcntcsi ai costumi e alle leggi. Ma voglio qui accennare solo alla importanza di questo lavoro per la storia e psicologia religiosa. Per la storia in quanto vengono qui illustrati quegli elementi formativi della letteratura sacra, elementi che si ritrovano nel fondo scuro ed anonimo delle tradizioni popolari e che vengono troppo spesso trascurati. Per la •psicologia in quanto i materiali, qui-raccolti con signorile ricchezza, lumeggiano, come rare volte l’aspetto psicologico dello sviluppo della religione nel V. T. Queste indagini non ànno alcuna intenzione.irriverente; esse servono, al contrario, a delucidare e render più terso e più puro ciò che per sè à un valore altissimo. In questa opera sono esaminate le tradizioni che si riferiscono alle prime età della terra, alla creazione e caduta dell’uomo, al diluvio universale, all’età patriarcale, al tempo dei giudici, dei re e della legge. La ricerca assai difficile dell’origine delle tradizioni po-Elari e delle loro tradizioni nel corpo delle
terature sacre, in genere e nel V. T. in
¡specie à fatto con quest’opera un notevole passo. L’A., come in altri suoi precedenti lavori, à raccolto materiale immenso e in esso si muove con singolare sicurezza. Si possono notare difetti c confutare conclusioni, ma Frazer conferma ancora una volta, con questo suo poderoso lavoro, la gloriosa tradizione della scuola di Cambridge nello studio delle religioni comparate.
Manicheismo. — 1. Uno studio, a proposito della recente scoperta fatta di un manoscritto manicheo, in latino, in una grotta algerina, e ora depositato nella Biblioteca nazionale di Parigi, pubblica Prosper Alfaric nella Revue d’Histoire et de Littérature religìeuse (marzo 1920). Questo manoscritto fu oggetto di una comunicazione fatta il 19 luglio 1918 da M. H. Omont all’Accademia delle iscrizioni e belle lettere. Di poi, nella tornata del 30 agosto, il dotto Benedettino Wilmart fece una lettura per dimostrare che quei frammenti africani fossero resti di una critica del manicheismo e precisamente di una critica della distinzione fatta da Ma-netc tra « Uditori » ed « Eletti ». Questo manoscritto, secondo Wilmart, sarebbe o-pcra di un cattolico seguace della critica agostiniana contro il manicheismo. Ora invece P. Alfaric, dopo uno studio diligente, è venuto a conclusioni contrarie a quelle del benedettino Wilmart. Il manoscritto africano, lungi dall’essere una critica, sarebbe, secondo Alfaric, un'apologia del manicheismo. È curioso, anzi, vedere l’ingegnosa argomentazione di Alfaric per dimostrare che si tratta qui
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nientemeno che di un'opera dello stesso Ma-nete, la prima che si sia scpoerta in Oriente. L’importanza che verrebbe ad assumere in questo caso la scoperta di quel manoscritto è evidente; e l'analisi che ne à fatto P. Alfaric nella tornata del 4 luglio 1919 aìVAcadémie des Inscrip-tions e che ora riassume nel citato fascicolo di marzo u s. della Revue d’Histoire ci Littérature religieuse è, in ogni modo assai interessante per gli studi sul manicheismo.
2. Lo stesso P. Alfaric, nel 1918, aveva fatto due pubblicazioni: una su Les. Ecritures manichiennes (Paris; E. Nourry, voi. I, pagg. 154: voi. Il , pagg. 240), e un’altra su VEvolution inteUectuclle de Saint Augusti»: Du Maniche isme au Nioplatonisme (Paris, E. Nourry, un voi. di pagg. 556) (r). A proposito di queste due pubblicazioni Fr. Cumont scrive un notevole articolo nella Revue de l'Histoire des Religione (gennaio-febbraio 1920). L'A. vuole qui approfondire di più la questione delle scritture manichee, esaminare e valutare le scoperte fatte, prospettare quanto si può ragionevolmente sperare dal progresso di queste ricerche.
Buddismo. — Le pitture e sculture buddistiche delle grotte di Tuen-Hqang, che ànno giustamente attirato l’attenzione degli studiosi sono state recentemente og-Ì;etto di descrizioni e spiegazioni in un vo-ume pubblicato dalla libreria P. Gcnth-ner di Parigi. Questa pubblicazione fa parte di una interessantissima collezione contenente le opere linguistiche, storiche, archeologiche raccolte dalla missione Pel-liot nell’Asia Centrale dal 1906 al 1909. La' collezione conterrà riproduzioni e interpretazioni di monumenti, testi cinesi, sanscriti, iranici, turchi, mongoli, tibe-tiani ecc. con fac-simili, traduzioni, co-mentari, ricerche storiche, geografiche, religiose e filosofiche. Il volume contenente le spiegazioni e descrizioni .delle pitture e sculture buddistiche ora rammentate, è il primo di questa collezione.
Il misticismo di Laotze. — Sul misticismo di Laotze scrive un articolo F. Cook (The Open Court, n. 7, 1919), per vedere come si deve intendere la parola mistica che spesso nei libri di storia reli(x) Di queste opere pubblicheremo tra breve la recensione [N. d. p].
S;iosa cinese viene adoperta come appel-ativo di Laotze. A differenza dei mistici cristiani che ànno fatto dell'unione con Dio l’aspirazione suprema, Laotze tende a negare questo fine e i risultati della unione. Perciò, secondo l'A., il misticismo di Laotze è imperfetto. Inoltre, Laotze cerca la pace interiore, diremo così, come mezzo per quella esteriore. E conseguentemente manca in lui il subiettivismo e l’introspezione, necessari ad un sistema mistico bene sviluppato. Una descrizione degli stati successivi verso l’unione mistica manca in lui e però l’A. conclude che il misticismo di Laotze è imperfetto.
Sikhismo. — La religione dei Sikhi, fondata da Nanak (1469-1538) mira a ravvicinare indù e musulmani. Nanak diceva che l’AUah dei musulmani, l'Isyara degli indù e il Dio dei cristiani era la stessa persona con nomi diversi e si ingegnò di scegliere da queste religioni quanto meglio credette per formarne una nuova, la religione dei Sikhi. Il suo sforzo principale consistette nel persuadere musulmani e indù che per il loro meglio essi dovevano eliminare le difficoltà religiose. In un recente articolo di Surendra Karr, pubblicato in The Open Court, Nanak viene paragonato al Budda che, come lui, dichiarò guerra contro ogni distinzione di casta e ogni formalismo della classe sacerdotale. L’A ascrive lo sviluppo del sentimento della solidarietà e lo spirito guerriero dei Sikhi alle oppressioni e persecuzioni da essi sopportate. Ora gli iniziati (Kahlsa) fanno voto solenne di difendere sino alla morte la loro fede, e seguendo essi lo esempio di Gurn Gownid — che introdusse questo sistema di iniziazione — i sikhi non fqmano nè bevono. Sikhi in origine significò < discepoli ». Il sikhismo si diffuse ràpidamente in tutta l’india nel v, vi e vii secolo. La loro Bibbia (Granth Sahib) contiene passi di santi (Bhayals) indù e musulmani. I sikhi non ebbero in origine intenzioni militaristiche. Oggi i contrasti tra indù e musulmani sono spariti e i due gruppi, dice l’A-, sono uniti per dare all’india unità nazionale» progresso e cultura, e si deve ih ‘parte alla loro opera se oggi maomettani pregano nei templi indiani e indiani nelle moschee per la protezione dei loro diritti e interessi nazionali.
Confuclanismo, buddismo e cristianesimo. — In una conferenza fatta da B. K. Sarkar neWAmheret College pub-
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blicata in The Open Court (n. 11, 1919) il confucianismo, il buddismo c il cristianesimo vengono brevemente esaminati dal punto di vista storico e psicologico. L’A. distingue nelle religioni: i° dogmi teologici; 20 corpo di pratiche e nozioni superstiziose; 30 codici e sanzioni morali. Le persone intellettualmente più elevate s’interessano delle dottrine teologiche; quelle meno elevate s’interessano maggiormente della parte superstiziosa; il contenuto morale delle religioni risponde al consenso generale delle opinioni e alle tradizioni delle collettività. In uno studio di storia comparata delle religioni dobbiamo cercare di determinare esattamente quali di queste tre fasi della vita sociale religiosa si prendono in esame; perchè non sarebbe scientifico comparare p. es. le superstizioni c le credenze popolari con le speculazioni metafisiche dei dottori delle chiese. Detto questo per lo studio delle religioni in genere, l'A. applica questa distinzione alla storia e alla psicologia religiosa delle suddétte religioni. Analizzando l’idea centrale di esse egli trova che tutte e tre ànno seguito il medesimo processo di sviluppo. Dalla religione di Zo-roastro si sviluppa il mitraismo;-dalla religione classica della Cina nascono l’adorazione di Confucio e di Laotze; dall’induismo si evolve il culto del Budda, quello di Krishna, di Rama, ecc., ed è nel giudaismo che nasceva il piccolo arboscello del culto cristiano. Nell’esame psicologico l’A. vuol vedere quanto in questi elementi comuni al cristianesimo, al confucianismo e al buddismo sia autoctono, cioè indipendente da ogni mutua influenza. Esame assai difficile e pericoloso questo, dove elementi storici e imaginazione popolare, speculazioni filosofiche tendono a costruire concrete e umane personalità incorporanti nello stesso tempo l’uomo in Dio e il Dio nell’uomo. Riguardo alle concezioni etiche si può dire che sono così inestricabilmente intrecciate con le istituzioni economiche e sociali che possono essere considerate come indipendenti dallo stretto pensiero religioso, dalle dottrine teologiche da quelle riguardanti l’anima e le relazioni dell’uomo con Dio. I sistemi etici di queste tre religioni, riconosce l’A. esser fondati su quasi identiche nozioni del bene e del diritto. La conferenza di B. K. Sarkar vuole render testimonianza alla nota frase di Schleiermacher: nessuna religione è completamente nuova e le medesime idee fondamentali riappaiono in tutte.
Cristianesimo precristiano. — Dei culti pagani dei misteri aventi per oggetto l'idea di un dio sofferente che muore e risorge, e della sua influènza su le origni del cristianesimo, si sono occupati molti studiosi recentemente, e oggi la letteratura intorno alle così dette religioni dei misteri è divenuta assai ricca. A. Camp-meier in un articolo, The Pre-christian Jewsh Crisi, pubblicato in The Open Court (n. 5, 1919), si propone di dimostrare che le origini del cristianesimo non s’intendono senz’aver delucidato il carattere del mito di Cristo esistente nel giudaismo precedente. Gli studiosi ànno in realtà poco curato quel mito giudaico ed è rimasto soltanto pascolo della critica radicale. Questa lacuna vuol riempire A. Camp-meier col suo articolo. Negli esempi citati dall’A. il termine « Messia » e « Cristo » è applicato ad esseri umani, individui e popoli, con cui lahveh sta in intima rola zione, da lui scelti per eseguire o conoscere la sua volontà. Messia o Cristo qui significa servo di Jahvch, termine adoperato spesso dai profeti del V. T. senza che alla parola si ascriva alcun significato soprannaturale. Ma un altro senso à nel V. T. questo termine, secondo la traduzione dei settanta, dove « Messia » significa sì' un essere umano special mene scelto da Jahveh, ma si reputa che esso sia straordinariamente dotato del suo spirito. L’A. rammenta la credenza che i samaritani avevano del futuro messia, come di una reincarnazione di Giosuè della tribù di Efraim, e il nuovo ordine di speranze messianiche con questa credenza sviluppatosi durante la guerra coi maccabei, come appare nel libro di Daniele. Con questo libro si apriva la porta delle speculazioni, intorno al futuro Messia. Per seguire le traccio delle origini c dello sviluppo del messianismo giudaico occorre tener presente non solo la letteratura canonica, ma anche quella Sjudaica non canonica precristiana. Il ibro di Daniele, che nel cap. VII parla di qualcuno che verrà fra gli uomini dalle nubi del cielo, vien messo in confronto con le somiglianti idee zoroastriane che l’A. crede qui tradotte in forma giudaica. Segue il libro di Enoch, sviluppante ulteriormente la figura del figlio dell'uomo che Daniele aveva introdotto. L’idea di Messia viene espressa con reincarnazioni, culminanti nello, specifico Messia futuro, che sarebbe la rivelazione su la terra del figlio dell'uomo, dell'eletto ascoso in Dio: queste le attese giudaiche di un futuro-
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Messia. L’A. esamina quindi la letteratura giudaica precristiana per ricercare ciò che si pensava della vita terrena del Messia. I samaritani credevano che sarebbe vissuto no anni. La stessa età di Giosuè, del quale egli sarebbe la reincarnazione. Il IV libro di Esdra e il Talmud parlano della morte del Messia dopo 400 anni. Secondo l'A. sarebbe un grave errore dire che i giudei anteriori al cristianesimo non conobbero un Messia sofferente, c questo sarebbe il punto più controverso della questione, e cita alcuni passi del Talmud e del Targumin, le interpretazioni e traduzioni aramaiche de) V. T. che sebbene post-cristiane si riferiscono a credenze pre-cristiane. L’A. nel sofferente Messia giudaico pre-cristiano che ammaestra gli uomini, li redime c muore, riconosce un anello di congiunzione che unisce il giudaismo pre-cri-stiano con la prima comunità giudeocristiana. Nè questo risultato sembra sufficiente all’A che vuol cercare anche quanto la concezione paolina debba alla concezione giudaica prc-cristiana del Cristo; e ritrovando le radici della cristologia paolina in parte nella mitologia c mistica pagana, in parte nella tradizione giudaica, e in parte nella storia si spiega come divenne possibile al cristianesimo di nascere e progredire.
La religione di Zoroastro e il Giudaismo. — Vi sono molti punti di somiglianza — e lo sanno gli studiosi di storia religiosa — tra queste due religioni. T. H. Hydc (¡-¡istoria religionis Veterum Persarum, Oxford, 1700), non aveva alcun dubbio che il parsismo fosse una copia del giudaismo. Secondo lui Abramo fu il primo legislatore /lei persiani. Le speranze messianiche sparse negli scritti di Zoroa-strato sarebbero dipendenti dal V. T. che, secondo Hyde, fu ben noto a Zoroastro (quod ei bene notum fuil). Vi sono stati però altri che ànno sostenuta la tèsi opposta, cioè che il giudaismo sia stato più o meno una copia del parsismo. G. W. Carter, nel suo lavoro su Zoroastrianism and Judaistn (The Gordon Press. 1918), tenta una via di mezzo. Se il giudaismo anteriore all’esilio contiene germi che vengono sviluppati dal giudaismo posteriore, come può dirsi che questo dipenda da influenze estragiudaiche? E se il giudaismo post-esilico è sotto l’influenza di queste altre credenze, come può dirsi che sia stato uno
sviluppo della religione d’Israele che precede all’esilio? Le somiglianze tra parsismo e giudaismo dice E. Mey or (Die Entstehung des Judentums) sono molto impressionati, ma si avrebbe torto se si volesse dedurne una diretta influenza del parsismo sul giudaismo. Ciò che è comune a queste due religioni si deve principalmente al loro sviluppo che avviene in condizioni simili e, per qualche dettaglio, alla loro comune dipendenza dalla religione babilonese. Darmestetcr aveva trovato che l’origine dell’Avesta lascia vedere elementi prèsi imprestito non solo dalla Bibbia, ma anche da Filone. Recentemente Sòderblom, nel suo libro La Vie future d'apris le Maz-ddeisme (Paris, 1901), e Schürcr fanno un accurato esame dei rapporti tra giudaismo e parsismo, e vengono alla conclusione che le influenze di quest’ultimo sul giudaismo siano poco importanti. Ma l’A. non segue queste opinioni e non riconosce, a torto, la grande influenza che ebbe la religione babilonese sul parsismo.
San Paolo. — Intorno alle date principali della vita e attività di Paolo, scrive l’olandese dott. D. Plonij una monografia assai dotta e arricchita da tavole e notizie bibliografiche (De Chronologie van het leven van Paulus, N. V. Boek, hadelen drukhcrij voorheen E. J. Brill, Leiden, 1918, un voi. di pagg. VlI-195). Secondo il dott. Plonij la conversione di Paolo avvenne verso il 30-31, data, questa che era stata già proposta da Wcllhauscn c Bengel. Il sito primo viaggio a Gerusalemme sarebbe stato nell’anno 32, ed il secondo nell’inverno del 45-46. 1! Concilio in Gerusalemme sarebbe avvenuto nell’anno 48; l’imprigionamento in Cesarea nel 57-59. C<J >1 suo viaggio a Roma nel 60. Il dott. Plonij si dichiara contrario alla critica radicale olandese e dimostra anzi uno spirito assai conservatore nell’accurato esame che fa del N. T. Egli protesta energicamente contro il suo compaesano Van Manen che, secondo lui, avrebbe in O-landa, ciò che a noi non sembra, pochi seguaci.
San Gerolamo. — Fu eminente filologo ed esegeta, ma fiacco teologo; iracondo e mordace polemista, ma spesso ingiusto e non sempre veritiero; lodatore prima di Origene e amico di Rufino, divenuto poi loro acerrimo denigratore e nemico; asceta e persuaditore di vita ascetica, che ama
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frequentare i salotti delle dame dell’aria stocrazia romana, ortodosso fino allo scrupolo e umile verso la Santa Sede, che non si perita poi di chiamare Babilonia e porporata cortigiana; scrittóre talvolta untuoso con piccole figure amiche, ma che non risparmia ingiuste invettive ad uomini illustri come Origene che chiama «il matto » e Sant'Ambrogio « deforme cornacchia ». La Chiesa fece un santo di questo forte ed ci udito polemista, forse per la sua oitodossia, o per la sua difesa della vita ascetica e celibataria che preludeva al monachiSmo, c per la sua revisione e traduzione del testo biblico ancora in uso nella Chiesa romana, o per tutte queste cose insieme. Di questa che fu certo fra le più interessanti figure del cristianesimo tra la conversione di Costantino e la caduta dell’impero occidentale, scrive un profilo il prof. E. Buonaiuti (San Gerolamo, A. F. Formiggini) uno di quei profili così ricchi di notizie, così vivo, istruttivo e di piacevole lettura che quasi se ne lamenta la brevità [v. anche Bit. gena. p. 71].
L’evoluzione dell’etica cristiana. — Percy Gardner uno dei più valenti esegeti della teologia paciina, à pubblicato un volume su Evolution in Christian Ethics (William and Norgate, 1918) in cui considera l’etica cristiana mettendola in rapporto con gli eventi attuali. L’A. non si propone di tracciarne propriamente la storia, ma d’indicarne le applicazioni in alcuni problemi essenziali dèlia vita moderna. Egli vuole esaminare se il principio essenzialmente cristiano dell’amore verso Dio e vèrso gli uomini, quello della su-Scriorità dello spirito su la carne, c se il esiderio di fare la volontà di Dio nel mondo siano applicabili generalmente e quindi anche al di fuori dei limiti della vita cristiana. Altra questione che P. Gardner vuole esaminare è quella del potere che questi principi potrebbero avere per elevare la moralità della vita individuale e dei rapporti sociali. La casuistica che prende in esame l’A. gli dà occasione di esercitare l'abilità non comune del suo ingegno, e molto interessante., riesce il paragone che egli fa tra etica pagana ed etica cristiana (della quale ci aveva dato saggi nei suoi scritti picccdenti) tra etica naturalistica g positivista. Il prof. Gardner però non à esaminato profondamente le relazioni che passano tra l’etica cristiana ed i problemi economici che attendono in un
prossimo avvenire la soluzione, problemi che possono essere soltanto risoluti da una società le di cui basi economiche siano trasformate.
Il IV Evangelo. — H. Latimer Jackson à pubblicato, col titolo The Problem 0/ thè fourth Gospel (Cambridge, University Press, 1918) più che una seconda edizione, un completo rifacimento di un suo primo lavoro sul IV Evangelo c la recente critica tedesca. L’A. prende in esame il problema sinottico e l’escatologia di Gesù, c ferma particolarmente la sua attenzione su l’intonazione dei discorsi di Gesù e sul suo ritratto, così diverso nel IV Evangelo da quello dei sinottici, e conclude non esser possibile che Gesù abbia parlato come il Cristo giovanneo. Egli vuol trovare sostegno nell'autorità di Clemente Alessandrino che, ascrivendo il IV Evangelo a Giovanni l’apostolo, figlio di Zcbcdeo, dice che questi nel suo li-vangelo non si riferisce più alle cose corporee, e, incoraggiato dai suoi amici e ispirato dallo Spirito, scrisse un Vangelo spirituale. Il volume di Latimer Jackson si può consultare utilmente per la ricchezza di notizie; le sue citazioni superano il centinaio e la profonda conoscenza che egli à dell’argomento è indiscutibile.
Storia dei Papi. — Quasi nello stesso tempo che L. Pastor pubblicava il VII volume della sua Storia dei Papi, sono apparse in Germania altre due pubblicazioni sul medesimo argomento, una di Erich W. Meyer sul concetto di stato del papa Innocenzo III (Staats-theorien Papst Inno-cenz’ III, A. Marcus, Bonn 1920) c un’altra di Ernst Perels su Nicola I e il bibliotecario Anastasio (Papst Nicolaus I und Anastasius Bibliothecarius, Berlin, Weidemann, 1920). Tutte e tre queste opere sono di valore diverso e di diverse tendenze. 11 volume di L. Pastor tratta di Pió IV, zio del famoso Cardinale Carlo Borromeo (Geschichte der Päpste seit dem Ausgang des Mittelalters. VII Band: Geschichte der Päpste im Zeitalter der Katolischen Reformation und Restauration; Pius IV, 1559-1565, Freiburg, i. Br. Herder, 1920), e contiene la storia di un interessantissimo periodo della storia dei papi al tempo della Controriforma, ’'-quando il calvinismo invadeva la Francia, il protestantesimo veniva schiacciato in Italia per opera della inquisizione (pag. 566 e segg.) e quando
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gravi cure incombevano al pontificato per le condizioni religiose della Polonia e per lo scisma d'Oriente. L. Pastor che, come si sa, da molti anni à dedicato la sua attività scientifica alla storia dei papi, si è giovato di molti archivi, nonché di quello segreto del Vaticano e à preso conoscenza di una letteratura straordinariamente ricca. La sua opera à veramente un valore documentario non comune; ma qui e là è visibile la sua preoccupazione di difendere a ogni costo i papi.
I! volume di Ernest Perels su Nicola 1 vuol essere un contributo alla storia del papato nel secolo IX in cui quel papa eccelle. Egli fu certamente tra coloro clxe più alto ebbero il concetto della dignità papale, e questo concetto, espresso nettamente nelle sue lettere, oggi é un caposaldo del diritto canonico. La storia di questo papa è sopratutto interessante per la concezione del posto e della missione del papato e della Chiesa. Che la suprema autorità ecclesiastica romana dovesse assurgere a una teocrazia, avevano espresso, più o meno chiaramente, alcuni vescovi romani del iv e del v secolo. Ma questa concezione è già ben delineata nella mente di Nicola I, per il quale la grazia divina aveva fatto dei papi i successori dello Apostolo, i principi di tutta la terra (Quanto enim Spiritus cameni praecellit, tanto magie ea, quae sunt spiritalia camalibus oportet omnibus anteponi). La seconda parte di questo volume tratta dell’opera del bibliotecario Anastasio rispetto alla politica dei papi del suo tempo, specialmente nei 1 ¡guardi della controversia contro Fozio sotto Nicola I e Adriano II, controversia che doveva finire con la sconfitta di quest’ultimo da parte d'Ignazio. Il volume di E. Perels contiene, come quello di L. Pastor, del quale sopra abbiamo discorso, una ricca fonte di notizie. Esso à però una fede quasi cieca su la parola dello storico Ranke che chiama il maestro della storia, fede che, con ragione (almeno in linea generale) non condivide l’A. della storia di Pio IV, L. Pastor.
Il lavoro di Erich W. Meyer riguarda il K Innocenzo 111, e più precisamente, a concezione di Stato. È un piccolo volume che mostra tuttavia sicurezza di Giudizio e vasta erudizione, un fascicolo, il IX) dei Jaener Historische Arbeiten, pubblicati da A. Cartellicri e W. Judenich. L’A., dopo aver esposto lo stato della questione e descritta brevemente la vita
di Innocenzo III avanti il pontificato, esamina la concezione innocentina del seguace di Pietro e di Cristo, della sua plenitudo potestatis e del suo posto come vicario di Dio su la terra (Cap. Ili) dove tratta della pretesa che questo papa ebbe al dominio del mondo. Passa l’A. nel cap. IV ad esaminare la dottrina delle due potenze, e viene, nel cap. V, alla concezione innocentina del papa come giudice supremo, per concludere, nel cap. VI, con l’esame degli argomenti addotti in sostegno della sua pretesa a cooperare nella elezione dell’imperatore. L'opuscolo finisce con l’apprezzamento della reale potenza che ebbe Innocenzo III in Europa.
Umanismo moderno. — Leggiamo nel-X’Hibbert Journal (october 1919), un articolo di R. K. Wilson dal titolo Umanismo, un'esperienza religiosa, nel quale, aderendo egli al punto di vista prammatistico (Shiller) in quanto riconosce che vi è un ordine morale nell’universo, che il bene tende a prevalere sul male, che vi è una vita futura senza la quale sarebbe imperfetto l'ordine del mondo, l’A. accetta la definizione che dà Murray dell’umanesimo moderno: riconoscimento da parte dell’uomo di qualche potenza più alta, invisibile, dalla quale il suo destino dipende e alla quale è dovuta obbedienza, devozione, adorazione. L’A. fa qualche riserva agnostica, e per l'avvento di una società umanistica suggerisce due precetti: coltivare il più largo altruismo per il benessere di quelli che ora vivono o che sopravviveranno, tendere costantemente, per mezzo di contemplazione e imitazione, ad assorbire in noi stessi c a riprodurre ìe migliori qualità di coloro che sono passati, e che passano nell'ignoto prima di noi. L’A. riconosce che molti mutamenti della società attuale devon esser necessari per realizzare una vita più pura; ma la questione principale, secondo lui, è sapere se à ragione Rénan, quando dice che l’uomo è di sua natura così povero da poter essere buono soltanto se sogna, ed à bisogno di illusioni per fare ciò che invece dovrebbe per amore e per il bene. La fede sarebbe, secondo l’A. indispensabile all’umanismo come lo è ad ogni religione, ma nel senso di lealtà verso i principi di umana fratellanza; anche se il prezzo da pagarsi in personale sofferenza non sia un rischio, ma una certezza. Il risultato di un tale esperimento potrebbe esser del tutto negativo, ma non per que-
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sto si perde d’animo l’A. e anche in tal caso, egli dice, avremo contribuito a estendere in un certo senso ed a purificare la vita di coloro, che verranno. Colombo aveva fede; ciò che egli scoprì non fu ciò che egli aveva sognato; ma se non avesse sognato non avrebbe scoperto nulla. Questa stessa fede dobbiamo aver noi, conclude Roland K. Wilson, in una spirituale ipotesi di salvezza.
Il Tempo, l’Eternità e Dio. —- Nello’ stesso fascicolo Hibbert Journal, or ora citato, scrive un articolo Leslie J. Walter su II Tempo, 1‘Eternità e Dio. Seguendo il consiglio aristotelico di partire, nelle indagini filosofiche, dal senso comune, qual ragione abbiamo di supporre, scrive l’A., che il pensiero umano sia meno esposto ad errare quando è occupato delle più astruse speculazioni intorno ai più astratti problemi filosofici e scientifici di quanto lo sia nell'ordinario esercizio delle attività mentali? Sarebbe assai più savio da parte dei filosofi esaminare e sistemare le credenze del senso comune, anziché dedicare tutta la loro energia e il loro genio speculativo a sovvertirlo e confonderlo. Partendo da questi giusti principi l’A. esamina l’idea che comunemente si à del tempo come misura di cambiamenti reali e obiettivi, e la mette in confronto con la comune nozione di eternità, più vaga e meno accu rata. Non si può dire però che l’A. l’abbia resa più chiara e sicura con questo studio. Noi immaginiamo l'eternità, come un tempo in cui il prima e il poi siano indefinitamente estesi, ma egli ritiene invece esser l’eternità a) di fuori della misura non perchè più grande, ma perchè diversa dal tempo, e tuttavia non cosi diversa da non fare del tempo una imitazione e manifestazione dell’eterno. L’eternità sarebbe in altri termini, per l’A. come per Boezio: interminabilis vitae tota simul et perfecta fossessio. Dalla concezione dell’eternità A. vuol comprendere l’eternità di Dio e la sua conoscenza degli eventi nel finito universo.
Il problema del male. —- Dallo studio delle religioni dell’oriente classico e del cristianesimo H. R. Bcnder à concluso in un piccolo libro (Dewils: Bible Pagan, or The Problem of Ewil, Harrisburg, 1918) che il problema del male non può esser risolto dalla teologia delle Chiese, e perciò egli
offre una teoria dei contrari che permetta meglio di apprezzare il valore della redenzione. L’A. però non ha saputo tenere una posizione netta di fronte al problema del male e mentre vuol risolvere quello che alcune religioni si pongono (la redenzione) da un punto di vista religioso, giudica pur insufficiente la soluzione religiosa del problema del male, ponendosi da un punto di vista estrareligioso. Poco soddisfacente è, d’altro canto, quanto dice l’A. intorno al male morale e a un male estraumano.
La dodicesima lezione delle Gifìord Lectures fatte nella Università di Aberdeen nel 1914-15, trattava del problema del male. Queste lezioni dovute a W. R. Sor-ley appaiono ora raccolte in un volume intitolato Moral Walues and thè Idea of God (Cambridge, 1918). L’A. fa intorno al problema del male alcune considerazioni che, a chi scrive queste righe, sembrano assai giuste. L’errore di Hume e di molti filosofi fu di non aver inteso che lo scopo della vita è il bene e che il raggiungimento del bene richiede la libera attività della persona umana. Da un punto di vista etico la formazione del carattere è il fine supremo. Ma la vita personale non può accrescere il suo valore senz’affrontare le lotte, le asprezze delle circostanze, l’esperienza delle sconfitte. L’A. ritiene perciò che un mondo imperfetto sia necessario per il progresso di esseri morali e non sarèbbe alcun merito a raggiungerlo, se non vi fosse la possibilità di mancare a questo scopo. L’A. conclude che la struttura del mondo non è tale da farci abbandonare la credenza che la bontà stia in fondo alla realtà.
La scuola dì Strasburgo. — L’annessione dell'Alsazia alla Francia, richiama l’attenzione degli studiosi di materie religiose all’università di Strasburgo e al? l’influenza da essa esercitata nel secolo xix. Ad. Lods si occupa nell’ultimo fascicolo della Revue de l'Histoire des Religione (marzo-aprile 1920) di quest’argomento rispetto agli studi religiosi in Francia, Sei quali, a buon diritto, là scuola di trasburgo è un titolo di gloria. Le accademie protestanti del xvi secolo erano state piene di promesse, ma dopo la revoca dell’editto di Nantes, salvo rare eccezioni, gii studi religiosi in Francia erano entrati in un periodo sempre più grave di decadenza, ed è stata la facoltà prote(311
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stante di Strasburgo che, nel secolo xix, à avuto il merito di costituire una scuola in cui i fatti religiosi, quelli almeno che ànno attinenza col cristianesimo e con l'antico Israele, vennero studiati con metodo rigorosamente scientifico. I nomi di Reuss, Celani, Baum, Cunitz, Graf, Kayser, Schmidt sono ben noti agli studiosi. Nel 1870, quando l’invasione tedesca staccò Strasburgo dalla Francia, quella facoltà teologica era nel massimo della sua floridezza. Ma, dopo la guerra, Celani non vi tornò più. A. Sabatier e Carrière ne furono espulsi, la scuola di Strasburgo si sciolse, quantunque in quell’università, anche sotto il dominio-tedesco, continuas
sero ad insegnare professori di alto valore. Ora che l'Alsazia è tornata alla Francia, la facoltà teològica protestante di Strasburgo si è riorganizzata, e nella facoltà di teologia cattolica, e in quella di lettere vengono dati insegnamenti riguardanti la storia delle religioni. Adolfo Lods finisce il suo interessante articolo esprimendo il voto che la nuova scuola di Strasburgo possa rendere alla Francia gli stessi sei-vigi dell'antica, e che applichi allo studio delle religioni gli stessi metodi, la stessa coseenzìosa precisione, e conservi la tradizionale indipendenza, rimanendo nemica dei sistemi esagerati.
Mario* Puglisi.
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UN APOSTOLO MODERNO D UNA RELIGIONE ANTICA
(a proposito dello “scetticismo,, di g. rensi)
Giuseppe Rensi non è solo un meraviglioso scrittore ed un acuto pensatore, è pure un così fecondo lavoratore da non dar tempo ai propri lettori di leggere e meditare l’opera sua...; ne fa seguire tre o quattro volumi in una serie, che sebbene sia ininterrotta e a maglia stretta è pur sempre tale da abbisognare un po’ di tempo per accoglierla tutta nel proprio spinto.
È perciò che mi propongo di parlare del Rensi desumendo i dati e le idee da ben quattro suoi recenti lavori (i) e mi propongo di parlarne proprio io che non ò assolutamente veste di filosofo. È vero che a risolvermi a farlo non è stato tanto l’esplicita confessione del Rensi ch’egli più che per i filosofi scrive per i pensatori « che perseguono in sè e in sé tacitamente dibattono e distillano le idee », quanto la volgare acrimonia con cui i filosofi professionisti ànno accolto l'opera di questo studioso e la più volgare ancora valanga di contumelie con cui ànno tentato di coprirla.
Sarà pregiudizio, ma è mia antica opinione che gli insulti non nascondono mai da parte di chi li emette il possesso del sedicente vero, ma la misera c gretta concezione dell’impossibilità di ribattere le altrui affermazioni. Ecco perchè quindi
(z) La scepsi estetica - Polemiche antidogmatiche — Pr incip ii di politica impopolare (Bologna, Zanichelli) - La filosofia dell’autorità (Palermo, Santiron). [Di alcune di queste opere è stato detto brevemente nella Rassegna di filosofia religiosa}.
del sistema filosofico del Rensi intendo parlare io, che i filosofi propriamente detti riterranno, a ragione, un volgare dilettante.
* * ♦
Ho detto < sistema filosofico >, ma forse ò detto male: l'avvenire della filosofia, mi si passi il paradosso, non è nei sistemi che ancora lancerà, è nella negazione di essi, nella negazione della filosofia, fi giorno in cui tutti filosoferanno la filosofia non avrà più ragion d’essere, ma la cultura sarà materiata di idee, non di frasi. Ora i sistemi non sono che lirismi, come prima ancora del Rensi ha sostenuto l’Unainuno e le liriche si possono amare c far carne della propria carne, ma non perciò sono feconde di Sermi culturali. La cultura è fatta proprio ella loro apalisi, starei per dire della loro vivisezione.
Ora è questo appunto che in filosofia à fatto il R.: à analizzato c vivisezionato i sistemi, le odi, i corpi più in luce e ne à messo in mostra i tessuti di cui son fatti. E quando li à sottoposti agli acidi corrosivi della sua critica li à dissolti facendone penetrare la soluzione negli spiriti più indipendenti. Il metodo glicl’offriva non solo l’antichità, ma quasi tutta la serie dei Fcnsatori più vivi e vitali che abbia avuto umanità, dai sofisti greci ai contemporanei negatori di ogni filosofia, e con quel metodo à sconvolto il mondo del pensiero.
Ma i filosofi? è naturale, ànno strillato e strillano, ànno urlato ed urlano, ma la voce loro si spande nel deserto a tutela delle ruine dei templi freddi, ormai crollati.
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Io non starò qui a ripetere quel che il Rcnsi afferma e dimostra portando la sua sagacia non solo nel dominio della pura filosofia, ma, quel che è più, pur nel vasto campo della vita, della Cultura, della politica. Basterà dire che egli asserisce, ciò che i pensatori più acuti ànno creduto, e talvolta ànno confessato, che la ragione umana è essenzialmente scettica, che essa non può quindi 'conoscere il Vero, che qualunque manifestazione individuale di verità à diritto al rispetto c non può essere respinta. E quest'affermazione egli tenta provarla, saggiarla nella vita c nel pensiero contemporaneo. Naturalmente, ed è bene notarlo per i profani, questo scetticismo del R. come quello di tutti coloro che si sentono veramente scettici, non è il volgare scetticismo che appare alla mente dei più timorati e timorosi come la negazione di ogni luce di Verità, di Bellezza, di Bontà, cómela contraddizione di .ogni religione, come il disprezzo di ogni cosa pura e santa — è lo scetticismo prettamente filosofico, ossia la posizione intellettuale, che nega alla ragione umana qualunque possibilità di afferrare l'assoluto nelle sue supreme manifestazioni. Lo scetticismo degli scettici, diciamo così, propriamente detti, è l’accettazione dell’ii razionate in tutte le sue forme di vita. Noi vedremo tra breve come esso sia l’unica posizione che non ostacoli' anzi favorisca il sentimento religioso e‘permetta l’esistenza di*una fede qualsiasi. [.?£.•
Ora tutti gli articoli più o meno polemici del R.» il suo recente volume sulla filosofìa dell'autorità per l'appunto, o tendono a dimostrare che in qualunque campo si volga il pensiero là suà affermazione è sempre individualmente vera, onde nessuno può avere la pretesa di avere il monopolio della Verità, dichiararla universale e bandirla ai quattro venti come apostolo autentico.
Ne viene di conseguenza che il subbietti-vismo dei nostri giudizi appare luminoso e indiscusso e Vopinio comunis un effetto della violenza con cui in qualsiasi dominio — culturale, politico, morale —si afferma la prevalenza della maggioranza. E se è battuto in breccia il razionalismo che accetta come razionale il verdetto della maggioranza in quanto la ritiene o meglio la fa T'esponente e la depositaria del bene comune, è altrettanto battuto e soffocato
l'idealismo che costituisce, sotto una forma più attraente, un’altra forma di dogmatismo che la mente rifiuta di accettare in linea assoluta.
Così nell’estetica, essendo non solo impossibile stabilire un principio estetico universale, ma pur il formulare d’accordo una definizione dell’estetica—la gloria, la riputazione, la fama della maggior parte degli spiriti che ebbero un « successo » nella vita dell’umanità non deriva da un intimo universale riconoscimento degli uomini — sia pur dei soli pensatori, dèlie sole persóne cosidette colte — ma da un pregiudizio che si afferma e si diffonde grazie ad una specie di violenza spirituale, contro cui spesso indarno si reagisce.
• • *
Prima di proseguire fermiamoci un po’; pure assentendo in massima alla critica scettica del Rensi indubbiamente non tutto quello che egli dice o tutto quello che può far sottintendere è senza pecca. In vari punti dobbiamo dissentire da lui o nell’affermazione o nel metodo. Non abbastanza, p. es., egli mette in luce come la violenza non sia sempre il portato d'una maggioranza, ma, sopratutto nel campo spirituale, sia l’opera d’una minoranza. Ciò sarebbe stato bene approfòndire per dimostrare ancor più c ancor meglio l’illogicità del razionalismo liberale politico.
Altrove ci pare che negando — e giustamente — l'esistenza del < popolo », il Rensi divenga completamente... irrazionale, accettando l’irrazionalità delle punizioni del delitto di pochi, sui molti che costituiscono le masse, come conditio sine qua non di vita (bombardamenti, decimazioni, ecc.).
Nel campo estetico la negazione di Dante come gloria autenticamente sentita da tutti, è forse vera, non altrettanto l'accettazione sulla stessa base di Omero. La stessa ammissione di Leopardi come grandissimo — che io divido pienamente — è certamente discutibile nella coscienza della folla. E così via.
Ma queste sono quisquilie. Più importante prima che si esamini la conclusione cui il Rcnsi giunge col suo scetticismo è la constatazione di un fatto che è quasi la negazione dell’attitudine dello scettico di fronte ai problemi del pensiero, questo: che nell’animo del R. più che la posizione dello scettico vi è quella del credente, vi
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è lo spirito dell’apostolo. Ora chi dice scettico dice, come già il Rensi stesso à ben visto, mentalità che esclude dal dominio razionale qualunque fede, che nega la possibilità di affermarla in una serie di principi che la formi a scienza. L’attitudine quindi dello scettico non potrà essere religiosa nell ’atteggiamento del suo Sensicro, non potrà essere apostolica, ma ovrà essere serena e fredda. E vedremo tra breve come logicamente il Rensi arrivi egli stesso a quest'atteggiamento. Qui intanto occorre affermare che il R. non è così; il suo temperamento di uomo battagliero e religioso — nel senso lato del vocabolo — gli impone una posizione di apostolo che batte e combatte per la sua fede — la fede nello scetticismo — e intende imporla a tutti.
Ora per l’appunto in questo personale dissidio del nuovo apostolo dello scetticismo sta, se ben si consideri, l’illogicità della conclusione cui il R. giunge.
♦ » •
Logicamente, chi sia veramente e profondamente scettico deve accettare, nel dominio del pensiero come nei rapporti sociali, l'imposizione della Fede o della Verità altrui. Lo scetticismo cioè mette chi lo professa in uno stato di inferiorità, apparente almeno, che si estrinseca col subire la violenza degli altri. Ecco poiché dicemmo più su che l’unica posizione mentale veramente religiosa è lo scetticismo. La fede, si voglia o no, impone un dogma. Ora chi in nome della ragione o in nome dello spirito, à pronto il proprio (razionalismo o idealismo) deve necessariamente respingerlo. Lo scettico solo che é antidogmatico può esser dunque credente.
Anche il R. è difatti di questo avviso; però per l’accettazione dell’autorità va più lungi ancora; identificando cioè lo scetticismo col formalismo, giunge ad accettare la dottrina dell’autorità, a porre alla filosofia dell'autorità un fondamento scettico. Il contenuto delle idee di Buono, di Vero; di Bello essendo vario col variare delle imposizioni che vi infondono quanto esse credono buono, vero e bello, non vi è ragione alcuna perchè in queste pure forme lo scettico voglia che siano immessi questi piuttosto che quegli obbietti. Egli è disposto perciò ad accettare, non importa qual si sia, quanto l’autorità prevalente gl'imporrà di ammettere.
Logicamente questa ¿rapacela epicurea, nel senso filosofico del vocabolo usato come è noto, per il supremo attributo degli dei.èindubbiamnteilfìnecui giungiamo noi, tutti scettici, almeno dal punto di vista intellettuale. Se non che per spiegarci la storia dell’umanità da questa visuale, per spiegare quel che avviene nel modèrno apostolo dello scetticismo, occorre ricorrere a qualche cosa che è al di fuori di questa linea. Occorre negare cioè nella vita alla ragione quell’importanza che tutti siamo disposti a. concederle: occorre ammettere cioè con l’Unamuno che vi è una forza che informa, al di sopra e al di là della ragione, la vita e che dessa prevale sulla ragione. È necessario cioè alla irrazionalità della guerra,1 della forza, della rivoluzione, dell’imperio sovrapporre un’irrazionalità suprema, quella dell’individuo, se si vuole spiegare la storia dell’individuo e quella della collettività, se si vuol spiegare la storia della società. La forma mentis cioè degl'individui e dei popoli è sottoposta all’irrazionalità del loro essere.
Così mentre da una parte ci spieghiamo nel R. l’anima dell’apostolo e dell’uomo religioso, che effettivamente avrebbe dovuto mancare se egli, razionalmente scettico, avesse voluto logicamente seguire lo scetticismo — ci spieghiamo pure nella storia dell’umanità la funzione dello scetticismo. Se la società cioè fosse stata per una razionalità matematica quale dovrebbe essere logicamente, noi saremmo ancora sotto l’autorità dei patriarchi c nessuna nuova fede avrebbe arricchito il patrimonio della coscienza. Lo scetticismo dunque non è che un atteggiamento individuale o sociale determinato da cause irrazionali. È scettica cioè l’umanità, lo confessi, o no, in qualunque momento le riesca difficile o impossibile ribellarsi alla violenza o vegga la violenza esser l’unica regolatrice dei fatti umani e non abbia la forza morale o materiale di opporvisi. Ma non appena questa specie di equilibrio si perde, ecco sorgere la fede e con essa la lotta è la prevalenza. Chi ben consideri potrebbe facilmente esemplificale.
Lo stesso cristianesimo che non è affatto una religione sociale, a mio modo di vedere, come sostenni già altra volta, è per l'appunto nella sua visuale sociale scettico: il « date a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio »
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è un ammonimento scettico, su cui è fondata quella dottrina dell’autorità di fronte a cui il Cristianesimo à assunto la medesima posizione degli scettici.
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Il R. conchiude la sua ultima opera col sostenere per l'appunto, in un momento come l’attuale, di disordine la necessità d’una dottrina dell’autorità. E noi siamo con lui. Dove però dissentiamo è sulla possibilità che lo scetticismo nel campo sociale c individuale possa costituire quella linea di condotta che pure il R. crede di poter suggerire. Molti degli scettici troveranno la superiorità del loro atteggiamento, ma è difficile, per poco che siamo attivi, di trovarvi in esso la regola della vita di azione.
Quello che occorre è esprimere dal nostro scetticismo una fede qualsiasi, e non importa come e in nome di chi volgerla all'azione. Al mondo attuale occorre l’autorità: è vero, ma occorre pur l'idealità, quindi la fede, non importa qual
si sia. Se la rivoluzione si farà e sarà rivoluzione di scettici e di autoritari, no» prevarrà; ma se si farà in nome di un ideale qualsiasi e su questo costruirà la filosofia dell’autorità, essa si imporrà ed avrà vita lunga. Ecco, secondo me, il punto centrale del problema.
Giuseppe Rensi come Miguel de Una-numo sono in fin dei conti degli scettici che distruggono e, giustamente, tutto ciò che l’orgogliosa quanto stupida ragione moderna à costruito. Ma chi come me abbia una mentalità identica alla loro e senta il bisogno della vita dell’oggi e di quella del domani, deve convenire che a fondare la società dell’avvenire non basta la filosofia dell’autorità del genovese spirito bizzarro, occorre l’energia calda e fattiva del negatore spagnuolo.
Non si pianta solidamente un edificio sulla pietra di un sepolcro. Si costruisce sicuramente sol quando si sommuove fin dalle viscere il terreno e vi si gettine ben dentro, salde le fondamenta.
Giovanni Costa.
LE PRESUNTE AFFERMAZIONI DI PRIMATO DELLA CHIESA ROMANA NEI PRIMI TRE SECOLI
Sotto questo titolo Luigi Salvatorelli, di cui abbiamo finito di pubblicare nel fascicolo del mese scorso un interessante studio sul pensiero del cristianesimo antico intorno allo Stato, à terminato di offrire ai lettori dell’Athenaeum una im-1>ortante memoria, le cui conclusioni e e cui linee principali ci sembra meriti conto di rendere note anche al nostro pubblico.
• • •
Lo studio, che è stato pubblicato nei fascicoli di luglio c di ottobre dell'ottima rivista del Pascal, è naturalmente condotto sull’esame dei «vari episodi della storia della Chiesa romana durante i primi tre secoli in cui questa interviene.
o sembra intervenire negli affari di altre Chiese ». Per primo è esaminato il documento conosciuto sotto il nome di prima lettera di Clemente ai Corinzi, la quale non è una lettera pastorale, ma un semplice atto dal quale si rileva in qual modo «la Chiesa romana intendesse il grado suo nella Chiesa universale » (Hcrgenroe-ther). Essa non è quindi un atto particolare della Chiesa di Roma, un comando, ma una semplice esoifazione, un ammonimento paterno. « Rientra... in una categoria di scritti, che probabilmente saranno stati più numerosi di quello che oggi risulti a noi, e che potremmo qualificare come corrispondenza pedagogica tra le varie Chiese, basata sulla coscienza della fraternità cristiana e dell’ispirazione divina ».
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Segue la « contesa pasquale sotto papa Vittore » dal Renan e dallo Harnack stesso ritenuta come prova del primato romano sulle altre Chiese. Esaminando invece attentamente quest’episodio si giunge a conclusioni contrarie. Vittore non scomunica le altre Chiese, perchè non si sente investito di tale diritto, ma dichiara che — siccome ogni comunità cristiana rappresenta la cristianità totale — la Chiesa di Roma non si sente più in comunione con le Chiese di Asia che volevano celebrare la pasqua contemporaneamente ai giudei. Per dar valore però all’atto di scomunica, appunto perchè ogni singola comunità rappresenta l’intera cristianità, occorre che le altre Chiese vi aderiscano c che riconoscano nell'atto della Chiesa particolare l’estrinsecazione della comune coscienza cristiana, o, per dir meglio, dello Spirito abitante nella cristianità. Perciò Vittore si rivolse alle altre Chiese e poiché questa adesione non fu ottenuta, o non fu se non parziale, la scomunica non acquistò effettivamente valore ecumenico, ma rimase, per questo rispetto, allo stadio di tentativo. Cionondimeno l’atto di Vittore à una notevole importanza: senza avere la pretensione « di agire come giudice supremo della Chiesa cattolica » esso ci si manifesta come il primo documento < di portata ecumenica della Chiesa romana ».
« • •
L’editto di Callisto è un altro atto importante per l’esame che fa il Salvatorelli: esso ammette alla penitenza e quindi alla riconciliazione con la Chiesa i rei di peccati carnali (idolatria, omicidio e peccato carnale costituivano i tre peccati mortali, che escludevano dalla comunità). Da Tertulliano — non esistendo l’editto nel suo testo — parrebbe rilevarsi che Callisto usò per imporre la sua volontà un argomento, per dir così, principe. Egli si sarebbe valso del famoso passo Tu es Petrus, ecc. per attestare il primato proprio, di vescovo successore di Pietro. Esaminando attentamente il luogo si deve riconoscere, invece, ed alcuni critici che credevano altrimenti l’ànno già ammesso, che Callisto aveva visto nel Tu e$ Petrus, con quel che segue, l'istituzione da parte di Costo, di un potere comune a tutti i vescovi, non sólo al vescovo di
una data comunità, potere trasmesso ad essi per mezzo di Pietro, appunto perchè su Pietro era stata fondata la Chiesa. Interpretazione analoga a quella che più tardi darà del passo S. Cipriano.
« • •
Resta così da esaminare « l’episodio culminante per la storia del potere del vescovo di Roma nei primi 3 sec. »: il conflitto, cioè, tra Roma e Cartagine, tra papa Stefano e S. Cipriano, intorno alla validità del battesimo ereticale. Gli episodi che lo precedettero ànno pur una certa importanza, perchè ci dimostrano un intervento della Chiesa di Roma negli affari di quella cartaginese (corrispondenza tra Roma e Cartagine sui lapsi). Cionondimeno quest’intervento non ci si palesa se non come una manifestazione di « precetti comuni a tutto il clero cristiano », che i preti di Roma credono opportuno ricordare a quelli di Cartagine nel momento in cui questi sono senza il loro vescovo. Ma è intervento fraterno, basato, ripetiamo, sulla coscienza del dovere comune c sulla sollecitudine che tutti lo compiano ». Vari altri fatti e documenti ci provano che pochi anni avanti la contesa battesimale « a Roma si professavano ufficialmente intórno ai rapporti fra le varie Chiese, idee perfettamente coincidenti con le teorie di autonomismo episcopale dell’ecclesiologia ci-prianea ».
A proposito della scomunica di papa Stefano nella contesa battesimale — nella quale la Chiesa di Roma sosteneva che gli eretici non dovessero ribattezzarsi — giudicando di tale atto non diversamente da quanto disse per la scomunica di Vittore, il Salvatorelli esamina se piuttosto la sentenza emessa contenesse elementi specifici di teorie « papali ». Anche qui egli non crede di poter giungere a conclusioni differenti. Appoggiato dalla grande maggioranza delle Chiese, Stefano non imponeva la prassi romana alla minoranza, ma piuttosto l’uso della Chiesa universale. E vero però se « non domandava l’osservanza di una tradizione semplicemente romana, -si appoggiava, peraltro, per provarne .il valore, su un argomento specificatamente romano: sull’argomento, cioè, ch’egli era il successore di Pietro e l’erede delle sue tradizioni ». D’altra parte il vero punto della controversia non sta in ciò, perchè se da una parte non si afferma
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il primato di Roma, dall 'altra non vi è nessun rifiuto a riconoscerlo. ■ Invece Roma afferma la necessità che tutte le Chiese abbiano una disciplina uniforme, quella che sia riconosciuta come apostolica; l'Africa e con essa l'Asia Minore di Firmilliano e, inso ni ni a, anche l’Egitto di Dionigi negano l’esigenza di una tale uniformità. Da una pai te abbiamo la centralizzazione, dall’altra il federalismo ».
«Non siamo, dunque, ancora — conclude il Salvatorelli — alla questione del primato. Non si disputa quale debba essere il centro ecclesiastico, quali i suoi poteri: la controversia è sul punto stesso della centralizzazione. Ma neH'una questione è implicita l’altra. Affermando la necessità di una disciplina uniforme.
Roma indica anche quale debba essere il criterio determinante di una tale disciplina: la tradizione apostolica. E allora chi meglio custodisce questa, più potrà alzare la voce per determinare quella. Roma, appunto, possiede la tradizione apostolica per eccellenza: quella di Pietro e Paolo.
« Così, implicitamente, si afferma il principio del primato romano. Non come affermazione di un supremo potere giurisdizionale o dogmatico basato sul Tu es Petrus (testo di cui, in questa ricerca, non abbiamo trovato alcuna utilizzazione papale)', ma come conseguenza del fatto che Roma si considera erede e custode della più pura tradizione apostolica ».
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RJICOI9GIA lRELIGIOJAj
Gennaro Maria Monti, Un laudario umbro quattrocentista dei. Bianchi., Todi, Casa Editrice « Athanòr » (voi. 9 della Biblioteca Umbra). Un voi. in-8° di pp. vm-204, prezzo L. 6.
Sul finire del secolo xiv, si videro turbe di popolo, uomini c donne, laici e religiosi, vecchi e fanciulli, dottori e mercanti e tra di essi anche qualche prelato vestito di bianco, per lo più incappucciati, cinti di corda, con una croce rossa sul petto, sciamare attraverso varie legioni di Italia, flagellandosi, cantando pie laudi, implorando da Dio perdono ai peccati c invitando tutti alla riconciliazione reciproca e alla pace. Dove i Bianchi passavano fiorivano i miracoli e le turbe ammiranti ristavano dal lavoro, si atteggiavano a penitenza, deponevano i rancóri pubblici e privati. In Italia, il movimento penitenziale dei Bianchi, che riproduceva le correrie dei flagellanti e dei battuti che verso il 1260 avevano ^percorso l’Italia, irruppe nella penisola dalla Francia per due vie, attraverso la Liguria dalla Provenza e attraverso il Piemonte dalle Al-Fx Cozie, snodandosi poi pei- la Toscana Umbria, la Sabina, l’Abruzzo, puntando all'Italia meridionale, sino alla Sicilia. Si diceva che il moto fosse nato per divina ispirazione, in Spagna o in Inghilterra e le fantasie più accese affermavano che tutto il mondo, dall'oriente all’occidente, era. teatro di tale mirabile avvenimento! Ma mentre la folla si commoveva, le au
torità pubbliche se ne preoccupavano temendo lo scoppio di moti sediziosi e constatando il diffondersi della peste, che da un paio di anni era apparsa in Europa.
Gennaro Maria Monti che alla poesia popolare religiosa del basso medio evo ha consacrato amorose ed erudite ricerche, Eubblica in questo volume una raccolta di nidi quattrocentesche cantate nelle loro peregrinazioni dai Bianchi.
In un’ampia ed accurata introduzione, egli ritesse la stòria del movimento, cui aveva già accennato il Muratori nei suoi Annali d’Italia e a cui il Lami aveva consacrato la 18* lezione delle sue Antichità Toscane (1766). L’autore, valendosi specialmente delle testimonianze dei cronisti e di documenti contemporanei, rifà, in un primo capitolo, la storia dei Bianchi, passandone in rassegna gli usi devoti e i miracoli che loro si attribuiscono, mettendo in rilievo il loro fervore di pace e l’influsso religioso esercitato sui contemporanei, esaminando le compagnie che ne derivarono agli inizi del ’400 e i ricordi che ce ne trasmisero l'arte e la letteratura
Nel secondo capitolo, l’autore, dopo di aver riportato le varie testimonianze dei con temporanei relative alle laudi dei Bianchi, sottopone ad uno studio minuzioso i manoscritti che le contengono, specialmente quelli lucchesi (n. 107) e chigiano (L. VII, 266), dando uno sguardo complessivo alle laudi c ai laudesi.
Il capitolo terzo è consacrato in particolàre all’esame del codice casanatense (n. 4061), già appartenente ai Bianchi di Assisi, studiandone le poesie dialogiche e liriche in esso contenute.
Nel capitolo quarto, infine, l’autore sottopone a particolare indagine sette laudi del codice casanatense, due del chigiano e una del lucchese, che si riferì-
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scono al comindamente del moto studiandone il valore letterario e la metrica.
A questa introduzione fa seguito la pubblicazione quasi integrale del laudario •asanatense, sinora per gran parte inedito. La riproduzione è condotta secondo la grafìa del codice, rispettandone le assonanze e la varia misura dei versi, che ne tradiscono il carattere popolaresco, solo sciogliendo le abbreviazioni e aggiungendo le interpunzioni. Delle laudi che non sono proprie del casanatense, l’autore dà le varianti degli altri manoscritti e delle antiche edizioni. Un’appendice aggiunta al volume riproduce quattro laudi inedite dei Bianchi, tratte dal citato codice chi-giano, dal vaticano (n 4834) e dal Vittorio Emanuele di Roma (n. 349). Un glossario e due indici dei capoversi delle rime edite c dei manoscritti citati chiudono il volume.
Il lavoro del Monti rappresenta senza dubbio un utile contributo allo studio della poesia religiosa popolare medievale. Disgraziatamente il contenuto delle rime da lui pubblicate è così esclusivamente ascetico che l’indagine storica del ’400 ben poco può avantaggiarsene. Tali rime, * anzi, sono così simili le une alle altre che forse sarebbe stato sufficiente pubblicarne integralmente alcune poche per avere una giusta idea del contenuto ascetico del moto penitenziale dei Bianchi.
Antonino De Stefano.
Francesca Morabito, Il misticismo di Giovanni Pascoli, Milano, Treves, 1920, pp. 263.
Fra i tanti studi sulla poesia del Pascoli, questo della Morabito si raccomanda in singoiar modo per il lungo studio e per il grandissimo amore che alla Morabito ha fatto cercare i volumi del suo autore. L’Autrice tenta di illuminare la poesia di Pascoli col sussidio della realtà biografica, e con questa indagine parallela riesce a spargere non poco lume su certi lati della poesia pasco! iana finora poco esplorati e poco compresi. Il centro della poesia pa-scoliana è, secondo l’autrice, nel suo atteggiamento mistico veiso il mistero dell'universo, nel che ci sembra che abbia torto se per misticismo s’intende, come deve essere inteso, il senso della comunione dell'uomo col divino (in qualunque forma, personale o impersonale, questo divino sia poi concepito), mentre nel Pascoli è, al
contrario, intensa l’angoscia e continuo il brivido dinanzi al mistero infinito delle cose che lo colpisce di paurosa meraviglia di doloroso sgomento. A. T.
•ARCHEOLOGIA
Karl Heinemann, Die tragischen Ge-stalten der Griechen in der Weltliteralur, Leipzig, Dieterich, 1920' 8«, 2 voli, di PP- 163 + 142.
Come il titolo lo indica, è uno studio della fortuna che le grandi figure tragiche dei greci hanno avuto nella letteratura drammatica occidentale. Sono così studiate le elaborazioni successive che la poesia drammatica latina, francese, italiana, tedesca, inglese e spagnuola ha fatto delle figure di Piometco, degli Atridi, di Al-cestc, di Medea, di Edipo e dei suoi figli, di Ercole, di Ippolito, di Ione e degli eroi della guerra troiana (Ecuba, Andromaca, Filottetc, Aiace, Elena). L’autore, che ha portato in questa opera una rara diligenza e dottrina tutta tedesca, giunge nel suo esame sino alle ultime opere apparse specialmente in Germania durante la guerra mondiale. Con questo suo libro, egli ha speranza^di contribuire a quella rinascenza- dello spirito classico^'che e nei suoi voti, e di cui si comincia a'intra-vedere qualche lontano segno anche da noi.
A. Ti
HIQJOHAE RELIGIONE
Carl'TJ’Stange, Die Ethik Kants. Zur . Einführung in die Kritik der praktischen
Vernunft. Leipzig, Dieterich, 1920, 160, pp. 129.
Diligente e precisa esposizione dell'etica kantiana, la quale si segnala fra le innumerevoli altre esposizioni per la correlazione continua in cui l'A. pone la Critica della ragion pratica con quella della Ragion pura.
K. T.
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III.
i. In un articolo di Ed. Patshoff, pubblicato nella Christliche Welt (n. i6-x8) si dà notizia della vita delle Chiese protestanti in Italia prima e dopo la guerra. E sempre interessante il giudizio di stranieri sulle cose nostre, se anche talvolta deve esser corretto. L’A. è deH'opinionc che il protestantesimo in Italia abbia guadagnato dalla guerra. Egli giudica severamente della cultura protestante in Italia. Trova che i pastori italiani siano poco buoni predicatori e curanti meno della cultura che della polemica confessionale. A titolo di lode egli rileva l'interesse che essi mostrano pei le miserie sociali. L’A., che non mostra conoscenza del movimento per l’unione delle chiese evangeliche in Italia, ne lamenta la disunione, assai dannosa in un paese dove la grandissima maggioranza è costituita da cattolici (i).
2. L’Association Protestante pour l’ÉTUDE PRATIQUE DES QUESTIONS SOCIALES, fondata nel 1887, si è unita a V Action Chrélienne Sociale, che aveva iniziato i suoi lavori nel 1910. Le due associazioni insieme si sono fuse sin dallo scorso aprile in una Associalion Chrélienne pour V ilude et 1‘action sociale.
(x) In realtà gli Evangelici italiani sono meno disuniti di quel che si pensi, e del resto l'unione o unità organica che da molti oggi si invoca un po’ dappertutto è forse la cosa meno desiderabile precisamente qui da noi, dove si soffre sotto il peso dei danni causati appunto da quella istituzione che si presenta come il più perfetto tipo di unità organica religiosa. Red.
3. Circa il lavoro missionario cristiano nel Giappone e precisamente in Kyoto (sede centrale del .buddismo giapponese) si ànno, in occasione dei festeggiamenti che ivi ebbero luogo in onore del missionario Emil Schiller, interessanti particolari. I giapponesi, che come si sa non fanno alcuna opposizione al lavoro missionario, ànno accresciuto notevolmente negli ultimi anni le file dei neofiti. Ora oltre che a Kyoto — città di cinquecento-mila abitanti —- vi sono fiorenti gruppi evangelici a Osaka, Otfu, Zeze, Toyohaschi e Issuruga. Splendide sono le case missionarie americane ed inglesi nelle principali città del Giappone.
4. L'organo del Circolo luterano, Eyan%elisch-Lulerisches-Zeitblatt, che per difficoltà economiche aveva dovuto sospendere le sue pubblicazioni durante la guerra, ritorna ora a veder la luce. Le spese occorrenti saranno sostenute oltre che dall’editore tedesco, da svedesi luterani che a questo scopo ànno messo a disposizione dell'editore notevoli somme.
5. In quella parte dell’Ungheria che ora appartiene agli Czechi, gli Slovacchi sfr sono uniti in una chiesa di quattroccnto-mila membri c il nuovo stato si è obbligato a pagare le medesime somme che pagava l'Ungheria.
6. La Chiesa czeco-slovacca si è data provvisoriamente il seguente ordinamento. Come fulcro centrale della Chiesa considerano i suoi capi il Cristo evangelico, e autorevoli interpreti della Scrittura sono per essi Cirillo e Metodi©, maestri Giovanni Hus e i Fratelli Boemi. Si avverte un notevole incremento in questa Chiesa e quasi
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tutta la parrocchia di Radovanz e Jeni-schowitz del prete riformatore Stibor, è passata alla Chiesa czeco-slovacca.
fc, 7. Dall'Unione evangelica czecoslo-VACCA c dall'ASSOCIAZIONE DI LIBERI pensatori di quel paese si è pubblicato un foglio volante in cui si fa un appello al popolo, che à destato l'unanime attenzione della stampa. Si fa cenno alla crociata del papa Martino V contro il popolo czeco e si invita il popolo ad uscire dal cattolicismo; quest’appello è stato diffuso in parecchie centinaia di migliaia di copie.
8. Seicentocinquanta rappresentanti degli studenti cattolici tedeschi, riuniti in una associazione che prende il nome di Nuova Germania (Neue Deutscheland) riunitisi in Fulda vi ànno tenuto il loro primo convegno. Sotto la presidenza del gesuita Esch si sono costituiti 83 gruppi formati da quindicimila membri. 11 ministro del Culto tedesco à dato a questa associazione il suo appoggio in divcise occasioni.
9. Il nuovo governatore della Palestina Samuel, che risiede nei locali dedicati alla imperatrice Augusta Vittòria sul monte Oliveto. à dichiarato, fra i primi atti del suo governo, il sabato giorno festivo. Si pensa in Palestina di riedificare il tempio di Salomone.
io. Nel Sinodo che ebbe luogo recentemente ad Amburgo, composto di cento-ri¡ciotto membri si sono staccati diciotto membri dalle due note sezioni di teòlogi positivi e liberali formando una frazione détta Nuovo Gruppo Ecclesiastico nel quale le due tendenze sono pressoché parificate. Questa frazione si è imposta come programma di dedicarsi sopratutto energicamente al lavoro sociale. Nonostante il numero esiguo dei membri che la compongono, questa frazione sarà rappresentata nel nuovo Consiglio ecclesiastico da due membri come gli altri gruppi.
il. Della vita religiosa in Cina scrive una interessante pagina A. V. Ro-sthqrn, che è stato colà per venticinque anni ambasciatore austriaco, in due brevi pubblicazioni: Das Soziale Leben der Chinesen. e Unser Verhältnis zu China vor und nach dem Krieg (Le pzig, Der neue Geist-Verlag). L’A. mette giustamente in rilievo Ja tolleranza religiosa del popolo cinese in confronto alla intolleranza governativa che rappresentava sino ad ora quella particolare concezione del mondo
su cui si fondava l’autorità dello Stato. Si rammentino le sanguinose persecuzioni contro i buddisti. L'A. però esagera quando parla delle persecuzioni contro i protestanti, c in proposito va ricordata l’accoglienza che tutte le denominazioni protestanti ebbero in Cina, in occasione del loro convegno nel 1907.
12. Durante l’anno 1919, nella repubblica Czeco-slovacca millesettecentono-vantasette cattolici sono passati al protestantesimo e centottanta protestanti al catto’iccsimo. La Chiesa evangelica à guadagnato cosi ottocentoventun membri in più dal 1918.
13. In Dresda si è costituita una libera Associazione di cristiani che si propone ottenere dallo Stato la scuola confessionale e ove mai ciò non sia possibile di istituirla per mezzo di fondi privati.
14. I rappresentanti ginevrini dell'E glise Nationale, Eglise libre e delle Associazioni cristiane lavorano per la compilazione di un piano di unione. Per ragioni economiche le due facoltà teologiche verrebbero riunite in una sola.
15. In Grecia gli Assunzionisti lavorano alacremente per l’unione delle Chiese orientali con Roma. A questo scopo e con l’approvazione della Santa Sede, un certo numero di assunzionisti francesi è passato dal rito latino a quello della Chiesa greca. Anche in Armenia si lavora in questo senso.
16. La stampa proletaria che sin’ora si manteneva in Inghilterra quasi neutrale di fronte alla Chiesa, à cominciato tempo fa un’aspra critica contro di essa. Per rammentare un esempio, in seguito ad una colletta fatta in chiesa per i bimbi d’Europa, in uno dei maggiori periodici quotidiani si diceva: « Noi vogliamo dire in quest’occasione alle autorità ecclesiastiche che stimiamo buono quanto da esse è stato fatto con spirito di fraternità; ma di fronte al poco che ànno fatto, non bisogna dimenticare il molto che ànno trascurato. La Chiesa guarda tranquillamente le potenze cristiane vittoriose che opprimono i vinti e lasciano nell’abbandono immense popolazioni sofferenti. Che cosa à fatto la Chiesa per la libertà, la giustizia e la pietà? Quanti sono ancora i paesi dove i malati non ànno alcuna medicina che possa lenire i loro dolori e dove i bambini muoiono di fame? Cercate la pace, ma non vi è altro impedimento alla pace che la crudeltà dei governi e la vostra indifferenza. 11 mondo giace insanguinato e voi passate
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oltre, e vi lamentate che la religione perda la sua benefica attrattiva » (i).
17. A Londra, in occasione dell'Assemblea annuale degli unitari, il sig. F. Tre-main, dopo aver descritto in un discorso gli sforzi fatti ncH'intcresse di una reale, e non semplicemente nominale lega delle nazioni, con altri intendimenti di quelli dei socialisti sopra menzionati, lamenta la inerzia delle Chiese di fronte a tante ingiustizie e che la grande maggioranza del popolo rimanga in una deplorevole ignoranza dello stato reale della situazione internazionale.
18. Il Comitato "Centrale del Partito SOCIALISTA INDIPENDENTE (U. S. P.) Che diviene in Germania sempre più forte, à pubblicato un programma che non è senza significato pei la vita religiosa di quel paese. Secondo tale programma dovrebbero essere vietate tutte le spese che fanno i Comuni c lo Stato in favore delie chiese. Le statistiche religiose dovrebbero essere abolite e così pure le feste domenicali, quelle di Natale, Pasqua, Pentecoste e in genere tutte le feste ecclesiastiche. Negli uffici governativi e nelle scuole non dovrebbero aver luogo feste religiose, nè dovrebbero esservi promosse. Si dovrebbe negare*alle Chiese il carattere di corporazioni di diritto pubblico; esse dovrebbero essere considerate come qualsiasi altro luogo di riunione, clubs per giuoco.^per conversazione o lettura, e come membri delle Chiese potrebbero solo esser riconosciuti coloro che approvando tali prescrizioni desiderino entrarvi di nuovo. Tutte le proprietà mobiliari delle Chiese dovrebbero esser considerate come proprietà pubblica; beni immobiliari e fabbricati, comprese le chiese medesime, diverrebbero proprietà dello Stato e solo caso per caso si potrebbe concedere temporaneamente a fedéli l’affitto dei locali.
La stampa evangelica tedesca considera questo programma,; per la sua au(1) Questa critica ci sembra sommamente ingiusta; certo se si confronta ciò chela Chiesa cristiana ha fatto con ciò che ci sarebbe da fare per lenire tutti i mali, si deve riconoscere che solo in piccola parte essa ha saputo e potuto recare ad essi i rimedi necessari. Ma domandiamo che si risponda a questa domanda: quanto del bene che è stato fatto in questi anni terribili sarebbe stato fatto, se non fosse esistita la criticata Chiesa cristiana?
Red.
dacia, come un atto che sfida le persecuzioni di Diocleziano e come un saggio di quella dittatura che la U. S. P. vuol raggiungere, e dove nessuna traccia di libertà, rimane, fuorché quella dell’oppressione.
19. Al movimento di attiva propaganda cattolica che si fa in America per raccogliere ingenti somme da offrire al papa, e per diffondere maggiormente il catto! i-cismo colà, fa riscontro un movimento evangelico per la cui preparazione sono stati adibiti centocinquanta segretari e alcune centinaia^di volontari. Ih Atlantic City, millesettecentotrentadue rappresentanti di quarantatrè chiese ànno concluso di elevare entro il 1925 il numero dei missionari da scttcmilacinquecentododici a diciassettcmiladuecentoquaraqtacinque, e nei susseguenti cinque anni di impiegare a tale scopo un milione e mezzo di dollari. Di questa somma, centocinquemilioni dovranno esser destinati alle missioni estere.
20. Una parte di cristiani siriaci (ncstoriani, giacobiti, caldei e suriani) avendo come gli armeni molto sofferto per opera dei massacri turchi, ed essendosi messi in salvo con la fuga, à trovato rifugio nel patriarcato nestonano, ed oía nella regione di Badina, ad est di Mossul, à fondato un piccolo Stato libero cristiano.
21. La Chiesa della Galizia conta, nella sua nuova costituzione, circa quarantamila evangelici, distribuiti in venti-quattro parrocchie. Fondata da molto tempo liberamente su basi presbiteriane, à ricusato unirsi alia Chiesa concistoriale polacca. Essa conta ora sotto la direzione del parroco Zòckler novantuno scuole.
22. Alla Chiesa evangelica j ugoslava vengono ad appartenere quattrocentomila anime. Di esse duecentomila sono in Serbia, cinquemila in Croazia e Slavonia, diecimila in Bosnia Erzegovina, ecc. La persecuzione degli evangelici in Slavonia à fatto si che questi si sono riavvicinati ed ivi il passaggio alla Chiesa evangelica è divenuto più frequente.
23. L’Associazione tedesca Keplcr (Ke-pierbund}. che durante la guerra à continuato la sua attività per mezzo del suo periodico Unsero Welt, c per mezzo di pre-Ì;evoli pubblicazioni scientifiche, corsi di ezioni e conferenze, lottando strenuamente CONTRO GLI ATTACCHI DEL MATERIALISMO, à subito recentemente alcuni notevoli cambiamenti. Anzitutto in causa dell’occupazione militare à dovuto lasciare il suo domicilio di Godesberg sul
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BILYCHNIS
Reno per trasferiisi a Detwald. Il direttore del lavoro scientifico, prof. Dennert, per ragioni di salute, à lasciato il suo posto che è stato ora occupato dal prof. Bawink Questi à anche preso la direzione del suddetto organo dell’associazione.
24. Sempre maggior diffusione acquista in Germania il quotidiano Aufwàrls che, cominciatosi a pubblicare nel gennaio 1920, si propone di fare in articoli affidati a competenti scrittori, Pesame delle questioni POLITICHE ATTUALI DA UN PUNTO di vista cristiano. Il giornale riempie una lacuna che esisteva nella stampa quotidiana, ed è giustamente molto apprezzato.
25. Il Geisteskampf, per mostrare l’indirizzo tutt'altro che supernazionale della curia romana, rammenta la composizione del Collegio dei cardinali. In Francia, su circa 38 milioni di cattolici vi sono otto cardinali, in Inghilterra su circa un milione e mezzo ve ne sono quattro; nel Belgio su sette milioni e mezzo ve ne è uno; uno in Olanda su un milione e mezzo di cattolici ed uno in Germania su ventiquattro milioni di cattolici, nella persona del vescovo Ber-tram di Breslavia. Questi veniva eletto nel 1919 « per le difficili circostanze dei tempi a mentre contemporaneamente venivano e-letti per la Polonia due cardinali.
26. Secondo nuove disposizioni legali, la Polonia accorda solo la cittadinanza a chi abbia tenuto ivi ininterrottamente un domicilio decennale e conosca la lingua polacca. Non essendo così possibile alle antiche chiese evangeliche di Posen di continuare il loro ufficio, queste si sono rivolte alle autorità competenti affinchè sia loro almeno permesso di conservare la indipendenza e di eleggere direttori ed impiegati fra i propri stessi membri. Ma sembra che la interpellanza abbia poca probabilità di riuscita.
27. Sono interessanti alcune notizie che il prof. Deissmann di Berlino pubblica in Evangelischer Vochenbrief (luglio 1920) su le attuali condizioni delle chiese tedesche anche per uno sguardo retrospettivo che egli dà SU LA COSCIENZA RELIGIOSA DURANTE LA GUERRA IN GERMANIA. L’effetto della guerra, egli dice, su la vita religiosa delle masse, non è stato favorevole. Nei primi mesi si notò un risveglio religioso, le chiese erano molto ‘frequentate, i doni abbondanti, un profondo sentimento religioso, specie nella gioventù colta, la rendeva pronta ad ogni sacrificio. Ma in seguito, per le incertezze della sorte, quel
sentimento si affievolì sempre più. Gli antichi dubbi che tormentarono l’umanità si ridestarono conducendo molti alla disperazione, allo scetticismo, all'apatia religiosa. In ¡stretta relazione con l’abbassamento del sentimento religioso era l’inaridirsi del sentimento inorale. Solo in pochi individui l’esperienza della guerra poteva approfondire i sentimenti, e la crudezza del destino avvicinarli a una comprensione più seria della vita e quindi alle credenze religiose.
Secondo il prof. Deissmann, il cattoli-cismo se non è rimasto allo stato di prima, è uscito rafforzato dalla guerra, specie dal punto di vista della politica ecclesiastica. La chiesa evangelica invece, in se-Suito alla separazione tra Stato e Chiesa, à ovuto affrontare non poche difficoltà tecniche, ma oggi in Germania non vi sono in realtà che libere Chiese. Questo vale sopratutto per la vecchia Chiesa prussiana che nella legislazione ecclesiastica, votata nel Sinodo generale della primavera del 1920, • approvata definitivamente nel luglio scorso, ottenne indipendenza assoluta. Le tendenze manifestatesi nel convegno di Dresda (settembre 1919) verso una specie di Federazione delle chiese tedesche, si vanno ora accentuando sempre più.
28. Segno delle tendenze attuali verso un avvicinamento delle Chiese e del desiderio che molti dei loro membri ànno per una maggiore reciproca comprensione, è la rivista thè Christian Union quarterly che vede la luce in Baltimora. Essa vuol prendere in esame le difficoltà ed i problemi che all’unione delle Chiese si oppongono e promuovere simpatie fra di esse.
29. La Società 'degli Amici (Quaccheri) che si è resa tanto benemerita per l’aiuto prestato ai prigionieri durante la guerra, ora pei paesi maggiormente colpiti come la Francia, la Serbia, la Polonia, l’Austria e la Germania (e l’Italia?) à intrapreso anche una speciale missione per aiutare i bambini là dove maggiormente sono minacciati dalla carestia. La missione è composta di 25 membri tra uomini e donne. Il denaro occorrente yiene raccolto da un comitato in Philadelphia.
30. Un nuovo periodico religioso inglese che si pubblica sotto il titolo Onward, espone la tendenza di un gruppo di amici che vogliono fare dell’etica cristiana una forza dominante nella vita dell’individuo e della società. I mezzi proposti sono: cooperazione di pensieri e di opere
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e aiuto personale. I principi adottati sono: inviolabilità, interdipendenza ed eterno valore della personalità umana. Il primo numero apparso in settembre u. s. contiene fra altri un articolo sul nuovo libro del Dr. P. H. Wickstecd. < È il Cristianesimo pratico? ».
31. L'associazione tedesca degli studenti cristiani (Deutsche Christliche Studentenvereinigung) che fa in Germania opera simile alla nostra Federazione Studenti per la cultura religiosa, à eseguito durante quest'anno nelle principali città tedesche un ricco programma di lavoro. Questo comprende conversazioni istruttive, letture e studi biblici, conferenze su varii argomenti di storia e filosofia religiosa, di scienze naturali c sociali, di cultura generale e di questioni pratiche, non escluso il problema sessuale nei suoi rap-Krti con la vita morale. I circoli di Bero, Göttingen, Darmstadt, Heidelberg, Münster, Rostock, Dresden, Erlangen Giessen, Greisswald, Jena. Karlsruhe. Kiel, Könisberg, Stuttgart, Tübingen, Wurtzburg sono stati particolarmente attivi. Anche in Austria, quantunque in più difficili condizioni, l’Associazione degli studenti cristiani (Christokratische Studenten-Vereinigung) à esercitato una certa attività specialmente a Vienna ed à avuto un campo estivo al quale vennero invitati a parteciparvi studenti italiani.
32. Durante la Conferenza generale della Chiesa metodista nord americana è stato concluso di dare ai negri due vescovi con uguali diritti che ai bianchi. E questo un atto di giustizia che tutti approvano e che serve a cancellare un ormai vecchio pregiudizio contro i negri. A questo proposito rammentiamo quale entusiasmo desta attualmente il Dr. Tindlcy di Philadelphia, che vien detto il Demostene nero, con le sue eloquenti prediche. L’Apologeta cristiano di Cincinnati, descriveva nei mesi scorsi con termini entusiastici l’effetto delle prediche del Dr. Tindlcy. Egli è piuttosto brutto, à una voce tutt’altro che armoniosa, ma à una tale ricchezza di idee e di parole che sembra inesauribile e che lascia una durevole impressione in chi l’ascolta. I suoi uditori sono divenuti così numerosi (e fra questi vi sono anche dei bianchi, dotti e incolti) che non si trovano spesso locali abbastanza vasti per contenerli e tutti trovano nella eloquenza del Dr. Tindlcy qualcosa che li istruisce e commuove.
33. Come un buon segno della pacificazione delle anime, fra i nemici d’ieri, noriamo che il Cornili National de /’alliance Belge des Unions chrétiennes Fém-iì 1 nines, à accettato l’invito del congresso mondiale delle associazioni femminili cristiane in Champcry, opponendosi con ciò alle obiezioni che si facevano intorno alla opportunità di attendere ancora prima di incontrarsi ivi con sudditi di nazioni già nemiche. Il Comitato Belga dell’Alleanza de\V Unione Cristiana femminile à giustificato il suo contegno in una pubblicazione in cui dimostra che un tale incontro non è prematuro.
34. Un riflesso del momento agitato che attraversano nei paesi anglosassoni gii spiriti religiosi, si trova nella rivista americana The World Tomorrow, in cui C. Delisle Burns, professore dell’università di Londra, pubblica un notevole articolo su Religione e Rivoluzione. Egli vuol dimostrare che il contrasto .tra atteggiamento religioso e atteggiamento rivoluzionario non è insuperabile come appare a prima vista. ■ L'A. vede nelle ultime implicazioni della religione e nello scopo ultimo della rivoluzione (non scopo a se stesso) un’armonia tra religione e rivoluzione, una forma superiore di vita sociale. Non ci sembra esatto dire, come fa l'A., che l’atteggiamento religioso è tutto rivolto al passato e quello rivoluzionario al futuro. Le attese religiose, in questa e nell'altra vita non possono esser circoscritte al passato. D'altra parte il tradizionalismo è anche un momento dell’atteggiamento rivoluzionario, nè crediamo che l’eroe e il santo siano antiquati. L'articolo del prof. Delisle abbonda tuttavia di osservazioni acute c talvolta originali. Uno spirito religioso tende a un ideale trascendente del quale quello sociale è un riflesso; esso è pervaso da un’aspirazione alla quale la rivelazione deve spianare la via. Religione e rivoluzione non sono idèntiche per natura nè per contenuto, ma vi è nell’atteggiamento del rivoluzionario e del religioso un’espressione di libertà, un'aspirazione verso il trionfo del bene, ed è qui che religione e rivoluzione armonizzano.
35. Abbiamo accennato altra volta ai progressi che fa il behaismo negli Stati Uniti d’America In un convegno avvenuto recentemente a New York, fu decisa la erezione di un gran tempio in Chicago, in cui Abdul Balia Abbas, il capo attuale dei behaisti, è stato invitato a prender la sua residenza. Il Behaismo cerca di unificare tutte le sètte religiose senza distrarre alcun membro da esse in un elevato ideale al cui cospetto tutte le differenze settarie appaiono insignificanti. p.
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Fr. Mcntré nella Revue de Jeunes del io settembre dedica un importante articolo all’abbate Breuil ed ai suoi studi di preistoria, mettendo in evidenza 'so-pratutto secondo le sue scoperte quella che sarebbe stata l’origine preistorica dell’arte. Il Breuil ritiene che l'arte abbia origini superstiziose e quindi sacre almeno nel periodo in cui si può cominciare a chiamare artistici i prodotti delle mani dell'uomo. I popoli cacciatori sopratutto per i loro bisogni di attirare la preda sotto spoglie animali o per richiamarla sotto spoglie di animali oggetto di bramosia, si mascherano e rappresentano quindi le maschere nella loro arte e studiano la realtà per riprodurle. Le maschere poi servono nelle cerimonie, che ànno per scopo di assicurare la moltiplicazione della selvaggina, di rendersi gli animali favorevoli, affascinando il loro « doppio » e quindi nelle caccie rituali, nelle danze mimetiche, nelle mascherate sacre e in tutte le forme magiche. Insemina arte assolutamente religiosa.
Ci sembra che queste conclusioni, .molto discutibili del resto, siano in gran parte quelle che il nostro Della Seta à sviluppatone! suo documentato volume su la Religione e l'arte, in cui à sostenuto l’origine magica dell’arte.
• • «
Nella Rivista di filosofia neo-scolastica (fascicolo di giugno-agosto, testé uscito) A. M. D’Anghian si occupa della filosofia di Leonardo da Vinci; attendendo la fine dell’articolo per vederne le conclusioni notiamo, intanto, che l’A. pare dimentichi l’importante studio da noi pubblicato negli ultimi fascicoli dell'anno scorso su la visione morale della vita in L. Da Vinci del nostro egregio collaboratore prof. U. Della Seta.
R. Mondolfo nella Cultura popolare dell’agosto u. s. pubblica una nota molto interessante ed acuta sulla negazione della coltura nella forma prospettata dagli odierni adulatori del proletariato, i quali per vellicarne i pregiudizi, vogliono stabilire il principio dell'inutilità della funzione sociale della cultura e del lavoro intellettuale. Il M. dimostra invece come nell’interesse del proletariato la nuova società dovrà riconoscere la funzione dell'intelligenza e dello studio, procurando di rendere reciproco il rispetto del lavoro manuale e di quello intellettuale tra loro pervadendo quello di spiritualità e accettando per questo il principio del riconoscimento delle diversità individuali di valore sociale in ragione delle rispettive attitudini individuali.
♦ • •
Per i lettori che amano conoscere gli autori da cui traggono le loro letture mistiche e che non conoscano abbastanza Ruysbroeck segnaliamo un articolo in cui E. Baumann nella Revue des Jeunes del io agosto se ne occupa abbastanza a lungo;
• • •
Secondo quel che ne dice J. D. Fol-ghera nella Revue des Jeunes del io agosto ultimo scorso dovrebbe esser piuttosto interessànte il volume di A. Knox: A Spiritual Aeneid (Londra, Longmans) in cui l’A. descrive il proprio passaggio dall’anglicanesimo al cattolicesimo. Leggendo l’articolo del Folghera sembra però che il Knox sia stato sempre, effettivamente, un cattolico ne! fondo del suo spirito e che sia passato al cattolicesimo grazie ad un continuo dubbio che fa di lui un Amleto religioso molto degno di studio.
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LETTURE ED APPUNTI
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Segnaliamo con piacere ai nostri lettori un bellissimo articolo del nostro chiaro collaboratore ,D. Provenzal nella Rivista ài Milano su la filosofia dei ciondoli del quale è superfluo dire l'argomento, come è altrettanto inutile far notare la deliziosa finezza con cui è steso. Se i lettori lo leggeranno ci saranno indubbiamente grati dell’indicazione.
* * «
In Poi et vie del 16 ottobre H. Lichtenberger inizia una serie di studi su la nuova Germania che anche i nostri lettori farebbero bene di leggere, perchè nella prima parte sinora apparsa (stato di depressione economica e morale del paese, movimenti politici) lo studio sembra condotto con diligenza e serenità.
Sullo stesso argomento in termini più brevi, ma non meno interessanti e sotto un punto di vista più religioso che politico ed economico — sebbene anche questi figurino in prima linea — appare nel Goodwill dell'ottobre 1920 un articolo di A. Deissmann che merita conto non dimenticare.
Al convegno internazionale di Beaten-berg, di cui abbiamo parlato nell’ultimo fascicolo, è dedicato in massima parte il numero di ottobre del Student World. Più che altro sono interessanti le impressioni di alcuni congressisti delegati per le rispettive associazioni nazionali: francese, inglese, tedesco, australiano, giapponese, indiano. Essi si dimostrano soddisfatti dell’esito del congresso e ne traggono buoni auguri per il successo avvenire.
Riceviamo in estratto la prolusione al corso di filosofia teoretica tenuta da E. Troilo all’università di Pàdova, sotto il titolò: La filosofia nel momento presente. L’A. vi esamina 'con molta chiarezza e genialità le correnti filosofiche attuali, l’intellettualismo e l'antintellettualismo, propugnando in via di conclusione una filosofia per dir così integrale che affermi « la pienezza della sua essenza e della sua .funzione, nella realtà totale e sempre
dominante dello spirito ». Questa filosofia si risolve nella storia.
< Non si tratta di qualche cosa di qua e di qualche cosa di là; e quindi neppure dell’una contro l’altra; come nel fuoco non è nè separato nè separabile nè opponibile ciò che è combustione e ciò che è combustibile, ciò che è luce e ciò che è calore. Or questo che è la realtà dello spirito, è, infine, la realtà stessa della storia. E così jioi oltrepassiamo i parziali ed erronei punti di vista d’una filosofia per sè e d’una storia per sè. Ed assumendo quello interiore e pieno nel quale vediamo risolversi filosofia e storia, possiamo conoscere ed abbracciare tutti i nostri doveri e tutte le nostre responsabilità, di filosofi e di uomini, nell’ora presente ».
• • *
L’Italia non ha una storia generale della sua musica. Gli Italiani sono costretti a cercare nelle storie straniere i nomi e le glorie dei propri artisti, sistematica-mente misconosciuti e bistrattati, nell’intento di contestare all’Italia il suo luminoso primato musicale traverso i secoli.
Il Primato editoriale, la bella rivista artistica di Milano (Via Palazzo reale, 7) intende colmare questa mortificante e mortifera lacuna. A tal fine pubblicherà la Storia generale della Musica Italiana, con annesso Dizionario dei Musicisti Italiani, opera grandiosa alla quale daranno il loro ingegno e la loro cultura ipiù illustri musicisti e musicologi d’Italia, che all'ardita iniziativa hanno già personalmente aderito.
L’opera consterà di 24 volumi in 8°, ciascuno affidato ad uno specialista e ciascuno di per sè stante, ma collegati per modo da costituire, riuniti, la Storia-generale della Musica Italiana.
All’opera collaborcranno G. Gasperini, E. Romagnoli, G. Silva, G. C. Paribeni, D. Alalcona, R. c R. Bossi, G. e V. Po-drecca ed altri molti.
Il Dizionario dei Musicisti Italiani sarà costituito di due, o più volumi connessi alla Storia, con richiami e riferimenti ad essa, sì da riuscirne l’indispensabile prontuario biografico e bibliografico.
Auguriamo ai coraggiosi editori il mas-giorc successo.
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NUOVE PUBBLICAZIONI
Giullari di Dio, canti scelti e annotati a cura di A. Mori, Milano, « Vita e Pensiero ». 1920, p. 186. L. 5.
Questa raccolta doveva esser fatta ed à indubbiamente il suo valore, anche perchè non à pretese, se non una sola, quella di esser letta da tutti e di fare un po' di bene. Ed è tale da farlo, raccogliendo quanto di meglio conosciamo di S. Francesco, di Fr. lacoponc, del b. Ugo Panzieraedel Bianco da Siena. Anche quando con chi scrive queste linee non si divida il furore mistico-sensuale che à agitato questi spiriti desiosi di Dio nelle sue forme più... terrene, si deve convenire ehe il loro senso religioso si impone a tutti coloro che lo sentono, non solo storicamente, ma incessantemente.
L. Limentani, Studi sopra le valutazioni della condotta: I. Moralità e normalità, Ferrara, A. Taddei e figli, 1920, p. 122.
A. Mentz, Geschichte der griechisch-römischen Schrift, bis zur Erfindung der Buchdrucks mit beweglichen Lettern, Leipzig, Dieterich’sche Verlagsbuchhandlung, 1920, p. 155. M. 28.
Lettere di San Girolamo, a cura dei pp. Girolamini, Roma, Desclée et C., 1920. Voi. due di p. XLVi-647, complessive. L. 14.
L’edizione della traduzione delle lettere che i pp. Girolamini pubblicano in occasione del x$° centenario della morte del grande scrittore e pensatore dalmata non à intenzioni scientifiche, ma semplicemente di edificazione pia, come dice N. Turchi che le à fatte precedere da una buona introduzione su la vita e le opere dell’A. Come tale, la raccolta va quindi giudicata e non si può dirne che bene, sempre che si accetti l’altro criterio di offrire, sia pure una vecchia traduzione (quella del 1794 di un parroco di Nonantola) pur di non lasciare passare l'occasione del centenario per dare a chi non conosce il latino un testo da leggere. Auguriamoci, sia detto tra parentesi, che ben presto un qualche odierno conoscitore di S. Giro
lamo ci dia una nuova traduzione moderna di queste lettere cosi interessanti sotto tutti gli aspetti.
L’edizione dei Girolamini ne contiene 86 ed è condotta sulla edizione del Canisio che più si prestava allo scopo, cui il lavoro tende. Solamente è numerata progressivamente e munita di un elenco cronologico delle lettere e comparativo dei numeri delle edizioni più autorevoli.
In complesso, un buon lavóro, cui è dà augurare larga diffusione.
Fr. Pauihan, Les transformations sociale! des sentiments, Paris, E. Flammarion, 1920, p. 288, frs. 5,75.
L. Bertrand , Sant’A postino, trad. di A. Masini, Milano, « Vita e Pensiero », 1920, p. 413. L. 13,50.
Indubbiamente è stata ottima cosa rendere accessibile anche alle persone meno coite il saggio del B. meritatamente noto per la sua bellezza non solo artistica, ma storica. La chiarezza della esposizione, l’interesse ch’osso desta e la profonda spiritualità con cui è disegnato e scritto, saranno apprezzate da qualsiasi specie di lettori. L’opera è per cosi dire vissuta dali’A., che è anche lui come Agostino un « ritornato» alla chiesa dei credenti e farà certamente del bene, tanto è sentita e calda. La traduzione è discreta: a tutto rigore poteva esser migliore. Sembra affrettata nell’ultima parte, sopratutto.
N. Rodolico, Gli amici e i tempi di Scipione dei Ricci. Saggio sul Giansenismo italiano, Firenze, F. Le Monnier, 1920, p. 241. L. 6,50.
A. Gemelli, Scienza ed apologetica, Milano, « Vita e Pensiero », 1920, p. 359. L. 12,25.
M. Grabmann, S. Tommaso d'Aquino, yers. di G. D. Fabio, Milano, « Vita e Pensiero », 1920, p. 181. L. 5. .
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NUOVE PUBBLICAZIONI
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A. Gemelli, Le dottrine moderne della delinquenza, Milano, « Vita e Pensiero », 1920, p. 212. L. 5.
N. Casacca, Il papa e. l’Italia, Roma, L. Buffetti, 1920, p. 68. L. 3,50.
G. Alomar, La formación de si mismo, Madrid, R. Caro Raggio, 1920, p. 268. ir. 4.
XXX, La religione cristiana, manuale d’istruzione religiosa ad uso delle chiese evangeliche. Torre Pel lice. Libreria « La Luce», 1920, p. 220, L. 4.
E. Doumergue, Móise et la Cinese, d’après les travaux de M. le prof. E. Na-ville, Paris, Foi et Vie, 1920, p. 121.
C. Fouard, San Paolo e i suoi ultimi anni (Le origini della Chiesa), trad. ital. sulla 12» ed. ir. di G. Albera, Torino, Soc. ed. internaz. 1920, p. 381, L. io.
H. Emerson Fosdick, Pourquoi la priire, trad. de R. de Jamac, Paris, Foi et Vie, 1920, p. 273.
F. Momigliano, Scintille del Roveto di Stagliene, Firenze, L. Battistelli, 1920, L. io.
R. P. Mortier, Hisloire abrégée de l’ordre de Saint-Dominique en Franco, Tours, A. Marne et Fils, 1920.
A. Henderson, The lesson of thè Catacombe, London, S. P. C. K. 1920.
G. Damerini, Amor di Venezia, Bologna, N. Zanichelli, 1920, p. 174, L. 6.
Belle queste pagine in cui con sentimento artistico e con pathos di innamorato di Venezia, non nel senso volgare, ma nel senso sano e profondo della parola G. Damerini evoca la Venezia del passato e vede e pensa la Venezia del presente e dell’avvenire come deve vederla chi l’ama. Divisi in due parti (nostalgie e melanconie) questi saggi fanno convergere l’attenzione del lettore anche meno colto sui problemi che più ànno appassionato quanti, e non son pochi, vogliono conservare al nostro spirito più intatta che sia possibile la bel-ezza delle cose.
F. J. Foakes Jackson a. Kirsopp Lake, The Beginnings of Christianity, Part. I The Acts of thè Apostles, voi. I. Prole-gomena I, The Jcwish, Gentile a. Christian Background. London, Macmillan a. Co. 1920, p. 480.
F. Martroye, L'osile et la législalion impèllale du IV au VI siècle, Paris (Estratto des Mém. de la Soc. nat. des antiq. de Fr.), p. 90.
C. Euiart, Villes mortes du Moyen Age, Paris, E. De Boccard, 1920, p. 163 (dessins et photographie de FA.).
F. G. Costa, Meditazióni semplici, Roma, La Speranza, 1920, p. 117.
I. Tixerout, Mélanges de patrologie et d’histoire des dogmes, Paris, I. Gabalda, 1920, p. 279, frs. 7.
P. Battitoi, Le catholicisme de Saint Augustin, Paris, J. Gabalda, 1920, vol. 2, P- 555. frs. 14.
Fr. M. Gualtieri, Canti della solitudine, Roma, La Speranza, 1920. p. 70, L. 4.
Molta buona volontà, ma anche molta povertà in questi canti che non solo non dicono nulla di nuovo, ma non lo dicono neppure in una nuova forma. Auguriamoci che il giovane A. si affermi in qualche cosa di meglio: cosi non farebbe che aumentare la schiera dei mediacre^ poetai.. se pure!
A. Fliehe, Saint Grégorie VII, Paris, J. Gabalda, 1920, p. 191.
E. Jacquier, Etudes de critique et de Philologie dû Nouveau Testament, Paris, J. Gabalda, 1920, p. 515, frs. 10.
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H. Schmidt, Das Weltbild der Relativitätstheorie, Hamburg, P. Hartung, 1920, p. 139, Mk. 12.
Fr. Mauriac, Petits Essais de pyschologie religieuse, Paris, Soc. litt, de Fr., 1920, p. 115.
Fr. Delitzsch, Die Lese-und Schreibfehler in Alten Testament, Berlin, Vereinig, Wissenschaftlich. Verleger, 1920, p. 166.
E. Engelhardt, Johan Gotlieb Fichte, ein deutscher mensch u. Denker, Hamburg, Verlag des Deutschen Volkstums, 1920 (5 quaderni del Ficht e-Lebenslildes). Mk. 33.
P. Hilariuns Felder, Apologetica sive theologia fondamentalis in usu scholarum. P. I. Demonstratio Christiana, p. 278. P. II. Demonstratio catholica, p. 359. Paderborn, F. Schoeningh, 1920. Mk. 52.
E. W. Smith, A. Murray Dale, The Ila-Speaking of Northern Rhodesia, vol. I, p. xxvn-423; vol. II, p. XIV-433. London, Macmillan a. Co. 1920.
80
484
BILYCHNIS
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A. Vi vanti, Naja Tripudians, romanzo, Firenze, R. Bemporad, 1920, p. 470.
Fr. Schleicrmacher, La foi chrétienne d'après les principes de la Réforme, adaptation par D. Tissot, préface de M. Raoul Allier, Paris E. De Boccard, 1920, pagine xxxi-379.
F. Crispolti, Il rinnovamento dell'educazione, lettere pedagogiche, Milano, « Vita c pensiero », 1920, p. 207, L. 7.
E. Fox Howard, Comment les Quakers ont servi pendant la guerre, Soc. Chr. des Amis (Quakers), Paris, p. 48.
A. Ferry, La Guerre vue d'en bas et d’en haut, Paris, B. Grasset, 1920, p. 328, frs. 6.75.
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Fr. Overbeck, Christentum u. Kultur, Basel, Benno Schwabe et Co., 1919, p. xxvi-302, frs. 16.
Chapman Cohen, Determinisms or Free-Will? London, The Pioneer Press, 1919, p. 127.
S. M. Zwemer, The influence of animism on Islam, London, S. P. C. K., 1920, p. 246.
I. Armitage Robinson, Barnabas, Hermas and the Didache, London, S. P. C. K.» 1920, p. 119.
The power of Prayer, being a selection of Walker Trust Essays, with a study of the Essays as Religions and Theological
Document, ed. by W. P. Paterson and D. Russell, London, Macmillan and Co. 1920, p. 643.
K. Umanskij, Neue Kunst in Russland-1914-1919, vorwort von dr. Leopold Zahn. Potsdam, G. Kicpenheuer, 1920, p. 69 e 31 tavole. Mk. 50.
Kirsopp Lake, Landmarks in thè History of early Christianity, London, Macmillan and Co. 1920, p. 146.
E. Rignano, Il finalismo della vita, Bologna, N. Zanichelli, 1920, p. 52, L. 3,50.
G. Vidoni, Sui margini della guerra (pazzia, suicidio, delitto) Ferrara, Industrie grafiche italiane, 1920, p. 132.
P. Chiminelli, Bibliografia della storia della riforma religiosa in Italia, Roma, Casa ed. Bilychnis, 1921, p. 301-vm, L. 5.
G. Glotz, Le Travail dans la Grèce ancienne, historie économique de la Grèce depuis la période homérique jusqu’à la conquête romaine.' Paris, F. Alcan, 1920, p. 468, frs. 14,40.
A. Añile, Nella scienza e nella vita, Bologna, N. Zanichelli, 1920, p. 285, L. 8,50.
Anche questo volume non è che una raccolta di articoli, saggi e memorie sui più disparati argomenti, già dall*A. pubblicati altrove e lasciati nella forma primitiva senza modificazioni, neppur, talvolta, formali. Con tutto ciò il volume nella sua varietà fornisce una buona letturà, poiché, per quanto si possa discutere l’opera dell’Añile, gli si deve riconoscere un tal senso di spiritualità ed un tal sentimento di poesia nello studio della realtà da rendere attraente l’argomento trattato e simpatico lo spirito con cui è dettato.
Il lettore.’
ROCCO POLESE, gerente responsabile.
Róma - Tipografia dell' Unione Editrice - Via Federico Cesi, 45
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BILYCHNIS
RIVISTA MENSILE ILLUSTRATA DI STUDI RELIGIOSI ® « ®
VOLUME XV.
ANNO 1920 - I. SEMESTRE
(Gennaio- Giugno. Fascicoli I-VI)
ROMA
VIA CRESCENZIO, 2
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INDICE PER RUBRICHE
ARTICOLI.
Arcari Paolo: Atteggiamenti della pittura religiosa di Eugenio Burnand, p. 245.
Brauzzi Umberto: Il benessere economico (sua relazione col progresso morale). P- 342Cento Vincenzo: L’essenza del modernismo, p. 114.
Colonna di Cesarò Giovanni Antonio: La guerra europea dal punto di vista spirituale, p. 161.
Corso Raffaele: La rinascita della superstizione nell’ultima guerra, p. 81.
Ferretti Gino: Le fedi, le idee c la condotta, p. 17,99, 174.
Luzzi Giovanni: A uno studente del secolo xx è egli ancora .possibile d’esser cristiano?, p. 27x.
Meille Giovanni E.: Psicologia di combattenti cristiani, p. 33, 196, 358.
Minocchi Salvatore: Un disinganno della scienza biblica? (1 papiri aramaici di Elefantina), p. 8.
Momigliano Felice: I momenti dei pensiero italiano (dalla scolastica alla rinascenza) P- 257.
Müller Alfonso Vittorio: G. Perez di Valenza O. S. A. vescovo di Cbrysopoli e la teologia di Lutero, p. 391.
Pascal Carlo: Superstizioni e magie nella corte neroniana, p. 267.
Pioli Giovanni: L’« Etica della simpatia » nella «Teoria dei sentimenti morali » di Adamo Smith, p. 281, 348.
Provenzal Dino: Un miracolo di Dio, p. 192.
Rensi Giuseppe: Ucronia, p. x.
Rutili Ernesto: Forme di degenerazione religiosa in tempo di guerra, p. 4x6.
Tilgher Adriano : GiorgioDuhamel (profili) p. 448.
Tioubetzkoy Eugenio: L’utopia bolscevica e il movimento religioso in Russia, p. 321.
Tucci Giuseppe: A proposito dei rapport fra Cristianesimo e Buddhismo, p. 332.
INTERMEZZO.
« Senza casa, ma con Dio », pensiero di Michelangelo Billia (con una tavola di P. Paschetto), p. 389.
PER LA CURA DELL’ANIMA.
« Ad excelsa tendo » (Disegno di Paolo Paschetto), p. 132.
Fattori Agostino: Confessione, p. 212.
Il buon Samaritano (Tavola tra le p. 212-213)- a .
Thompson Fr.: Il veltro del cielo (versione di M. Praz), p. 292.
Wagner Carlo: Dio, p. 49.
Idem: L’eroismo. L’ideale, p. 404.
Zellcr Renata: Il calice di gioia, p. 133
NOTE E COMMENTI.
Amanti Italo: Oltre il Rubicone, p. 136.
Berardi C.: La federazione studenti per la cultura religiosa e la Chiesa cattolica, p. 414.
Cento Vincenzo: Sulla questione della scuola libera, p. 215.
Costa Giovanni: Religione e spiritualità al l’esposi zione di belle arti in Roma, p. 299.
G. Mazzini e il Cristianesimo, p. 298.
Morelli Vincenzo: 11 rogo postumo di Arnaldo da Brescia, p. 55.
Pavolini P. E.: Il nome di Dio in ebraico, P- 413- . . .
Puglisi Mario: Cristianesimo esoterico, P- J39- . . . .
Idem: Carlo Puini c i suoi nuovi studi sul Buddhismo, p. 410. *
(♦♦•) Per lo studio delle religioni, p. 219, 4*3CRONACHE.
Tosatti Quinto: Politica vaticana e azione cattolica, p. 57, 141, 221 438.
Idem: 11 secondo congresso del P. P. 1., p. 301. .
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IV
BILYCHNIS
TRA LIBRI E RIVISTE.
A) I libri.
Allason Barbara: Carolina Schlegel, studio sul romanticismo tedesco, p. 234.
Almagià R.: La Geografia, p. 319.
Alta: Saint Paul, traduit sur le grec et commenté, p. 155.
Ardizzone F.: Canti stellari, p. 319.
Arras (vescovo di): La société des nations. Une théorie catholique, p. 235.
Ball Hugo: Zur Kritik der deutschen Intelligenz, p. 307.
Ballerini G.: Matrimonio e divorzio, p. 243.
Bastide Ch.:,La religion et les églises aux Etats-Unis, p. 156.
Benson (mons.): Paradoxes du catholicisme, p. 309.
Bergson: L’énergie spirituelle, essais et conférence, p. 314.
Bergsträsser G.: Hebräische Grammatik, S- 457ois (de) G.:. L’honneur au miroir de nos lettres; Essai de psychologie et de morale, p. 480.
Binet-Sangjé (dott.): L'art de mourir, p. 78.
Brentano Franz: Classificazione delle attività psichiche, p. 69.
Boutroux Emilio: Il valore degli ideali morali, p. 152.
Bright man E.: The sources of Hexatcuch, p. 458.
Buonaiuti Ernesto: San Girolamo, p. 71. Caduto G.: Le trasmigrazioni di un’anima, p. 481.
Carletti A.: Con quali sentimenti sono tornato dalla guerra, p. 75.
Chossat M.: La guerre et la paix, d’après le droit naturel chrétien, p. 242.
Cozzani Ettore: Poemetti notturni, p. 79.
Dakse lohann: Die gegenwärtige Krisis in dei alttestamentlichen Kritik, p. 458.
Da Veiona Guido: Sciogli la treccia, Maria Maddalena, p. 311.
Delbos Victor: La philosophie française, P- 231 • ,
Del Grecò F.: Sulla questione dell’assenza di « rimorso » nei delinquenti, p. 243.
Idem: Gli anormali del « pensiero », p. 243.
Del Vecchio G.: Effetti morali del terie-moto in Calabria secondo Francesco Mario Pagano, p. 242.
Di Rubba Domenico: Giuseppe Mazzini contro la massoneria, p. 157.
Documents illustrative of thè history of thè Church, p. 483.
Ferretti Gino: Il numero e i fanciulli, p. 480.
Giacomelli Antonietta: Vigilie, p. 72.
Giacometti Zaccaria: Die Genesis von Cavours Formel: Libera Chiesa in libero Stato, p. 153.
Gobetti P. I partiti e la realtà nella vita politica, p. 319.
Godchot: La Fontaine et Saint-Augustin, p. 236.
Gosset A.: Une glorieuse mutilée, p. 244.
Hamsun Knut: Pan, p. 73.
Harari H.: Littérature et tradition, p. 147.
Hesseling D. C.: Het offer van Abraham, p. 476.
Huch Ricatda: Luthcrs Glaube, p. 307.
I progrom contro gli Ebrei in Russia e in Ungheria nel 1919, p. 244.
Jackson Daniel: Notions élémentaires sur les religions anciennes et actuelles autres que le Christianisme, p. 66.
Jackson H. Latiraer: Theproblemof fourth Gospel, p. 150.
Jahier Pietro: Ragazzo, p. 237.
Ingemmevi: Astrazioni, odi metafisiche, p. 482.
Lagrange (p.): L Epitre aux Galates, p. 459.
La loro offerta, p. 80.
Langdon S.: Le poème sumérien du paradis du déluge et de lachute de l’homme, p. 148.
Lagendre M.: La paix prochaine et la mission des alliés, p. 242.
Lcncz Geza: Der Aufstand Bocskays und der Wiener Friede (eine kirehenhisto-rischc Studio), p. 308.
Levi Adolfo: Il concetto del tempo nei suoi rapporti col divenire e dell'essere nella filosofia greca fino a Platone, p. 478.
Loisy Alfred: L’Epitie aux Galates, p. 459.
Maggiore Giuseppe: La politica, p. 151.
Martin Charles: John Wyclif. - Les Lol-lards, p. 308.
Mc Glothlin W. J.: The Course of Christian History, p. 66.
Meda Filippo: Storie brevi, p. 243.
Meille Ada e Giovanni: Lettere d’amore scelte fra le più belle, p. 320.
Mollica C.: Faville, p. 79.
Molaioni Pio: Crepuscoli e'bagliori, p. 313.
Mondain G.: Nos indigènes mobilisés, p.244.
Monod A.: Nos sanctuaires dévastés, p. 244.
Morgan G.: The religion and theology of Paul, p. 149.
Nazzari Rinaldo: Psicologia della Volontà, p. 68.
Nyanatiloka: La parola del Buddo (versione del prof. G. B. Penne), p. 478.
Olgiati Francesco: Religione e vita, p. 157.
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INDICE PER RUBRICHE
V
Pansa Giovanni: La pietra bruta nel linguaggio e nella credenza popolare in A-bruzzo, p. 228.
Parazzoli G.*: U male nell’immanenza c n«’la trascendenza, p. 69.
Pascal Carlo; Mater Dolorosa, p. 483.
Pessina E.: Cronografia francescana, p. 242.
Pons A. A.: L’Holocauste, p. 79.
Reischauer August K.: Studies in Japanese Buddhismo, p. 309.
Rossotti A.: Fra i Beduini, p. 481.
Roure Luciano: Lo spiritismo davanti alla scienza e alla religione, p. 236.
R. S.: Pietas adversus Ecclesiam, p. 244. Sabatier Paul: Conclusion au Tome II qui {■eut servir de préface au Tome IH, p. 67.
vernini Gaetano: La politica estera di Francesco Ciispi, p. 243.
Idem: Il ministro della mala vita, p. 243.
Segond L: La guerre mondiale et la vie spirituelle, p. 234.
Soter: La religione del Cristo, p. 139.
Steiner Rudolf: La filosofia della libertà, p. 232.
Toulouse Dr.: Comment utiliser la guerre pour faire le monde nouveau, p. 158.
Touzard (abbé): Mosè e Giosuè, p. 458.
Une voix de Prêtre dans la Mêlée, p. 78.
Valez A.: Nos pasteurs au feu, p. 244.
Vivante Lello: Principi di etica, p. 233.
Weissenhorn B.: Die Universität Halle, -Wittenberg, p. 307.
Zanolini Virgilio: li Vescovo di Trento c il governo austriaco durante la guerra europea, p. 474.
Zanotti-Bianco U. e Caffi A.: La pace di Versailles, p. 243.
B) Le riviste e i giornali.
Alitcha H.: Cristiani e mussulmani, p. 316.
Amalfi Gaetano: La leggenda di Palinuro, p. 229.
Baserga Giovanni: Il culto mitriaco in Angera, p. 70.
Battaglia Raffaello: Il culto dei morti nel tempo e nello spazio, p. 230.
Bellessort A.: Dante e Maometto, p. 467.
Bonté P.: Le simpatie cattoliche di G. Sorel, p. 316.
Breccia E.: Il culto di Cibelc in Egitto, p. 70.
Id.: Osiris-Apis in abito militare romano, p. 70.
Buisson H.: La tolleranza religiosa avant* e dopo Calvino in Francia, p. 64.
Callegari E.: Alessandro Severo, p. 71.
Chiapponi Alessandro: L’ « Eneide » e gli Atti degli Apostoli, p. 70.
Cumont Franz: Astrologi romani e bizantini, p. 70.
Carlisle (vescovo di): Religione sacerdotale e profetica, p. 151.
Coppola Francesco: Il mito democratico e l’imperialismo, p. 456.
Croce Benedetto: L’onestà politica, p. 155.
De Garzani M.: Nomi di città, di paesi, di villaggi, ecc. (toponomastica calabrese), P- 23~’Dione Crisostomo: Il cacciatore dell’isola d’Eubea (traduz. di A. Scarsella), p. 319.
Ehrhardt F.: Le sens de la révolution re-ligieuse et morale accomplie par Luthèr, p. 64. .
Gentile Giovanni: Politica e fi’osofia, p. 455. Giambi Vico: Il protestantesimo in Italia, p. 240.
Il IV centenario della Riforma, p. 62.
Imbart de la Tour: Pourquoi Luther n’a-t-il créc qu’un Christianisme al-lemand?, p. 63.
। Jean F. C.: L’originalità di Geremia, p. 310.
Lesse Emory B.: Il numero tre, p. 71.
1 Milman M.: Noè e la sua famiglia, p. 310.
I Momigliano Felice: La fede religiosa di G. Mazzini, p. 317.
Nallino C. A.: La leggenda della tomba di Davide, p. 74.
Palmieri p. Aurelio: La missione politica e religiosa della Polonia, p. 316.
Papini Giovanni: Il momento storico, p. 76.
Id.: Non esistono cristiani?, p. 241.
Perozzi Silvio: Roma antica c il diritto nostio, p. 453.
Price E. J.: L’Apocalisse giudaica e i misteri, p. 310.
Quadrotta Guglielmo: La Gran Bretagna e la Chiesa cattolica, p. 239.
Scaduto Francesco: La guerra, la coscienza della nostra cultura e delle capacità della donna, p. 75.
Scmpiini G.: La morale nell’« Imitazione di Cristo n, p. 317.
Id.: Il concetto della preghiera nell’« Imitazione di Cristo », p. 317.
Sihlcr E. G. Neoplatonismo e Cristianesimo, p. 71.
Vannucci P.: Il significato primitivo dei Lari, p. 70.
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INDICE GENERALE
Aggadah (letteratura ebraica), p. 147.
Alitcha H., p. 316.
Allason Barbara, p. 234.
Allier Ruggero, p. 196, 358, 364, 366.
Almagià R., p. 3*9Amalfi Gaetano, p. 229.
Amanti Italo, p. 136.
Apocalisse: Intorno all’A. giudaica e ai suoi misteri, p. 310.
Arcari Paolo, p. 245.
Ardizzone Z., p. 319.
Arnaldo da Brescia: Il logo postumo di A. d. B., p. 55.
Ball Hugo, p. 307.
Ballerini G., p. 243.
Barbusse Henry, p. 468.
Baserga Giovanni, p. 70.
Bastide Ch., p. 156.
Battaglia Raffaello, p. 230.
Bellessot A., p. 467.
Benson (mons.), p. 309.
Bcrardi C., p. 414.
Bergson, p. 314.
Bergstràsser G., p. 457.
Bcrnouilli C. A., p. 62.
Bibbia: Un disinganno della Sciepza biblica? (I papiri aramaici di Elefantina), p. 8; Studi biblici; X. (La tradizione letteraria ebraica — I miti Sumeriani — Questioni cronologiche — La teologia c la religione di Paolo — Il problema del IV Vangelo — Tra la religione sacerdotale e quella profetica), p. 47; Religione d’Israele, p. 310; Studi biblici, XI. (Lingue bibliche — L’A. Testamento e la critica — L’epistola ai Galati — G. Bousset), p. 457.
Billia M., p.* 243.
Binet-Sanglé (piof.), p. 78.
Bocskay Stefano, p. 308.
Boismoreau E., p. 239.
Boson Giustino, p. 242.
Bousset G. p. 459.
Boutroux Emilio, p. 152.
Bovel Pierre, p. 242.
Brauzzi Umberto, p. 342.
Breccia E., p. 70.
Brentano Franz, p. 69.
Brightman E., p. 458.
Buber Martino, p. 469.
Buddhismo: Il B. giapponese, p. 309; A proposito dei rapporti fra Cristianesimo e B., p. 332; C. Puini e i suoi nuovi studi sul B., p. 410.
Buisson F., p. 64.
Buonaiuti Ernesto, p. 71, 74.
Burnand Eugenio: Atteggiamenti della pittura religiosa di E. B., p. 245.
Caduto C., p. 481.
Caffi A., p. 243.
Callegari E., p. 71.
Cadetti A., p. 75.
Carpenter Estlin, p. 462.
Casalis Alfredo Eugenio, p. 38, 47, 199, 201, 203, 206, 310, 365, 372, 379, 386, 388.
Cento Vincenzo, p. 114, 215.
Cecchetelli Ippoliti R., p. 469.
Chavanncs P., p. 470.
Chiapponi Alessandro, p. 70.
Chossat M., p. 242.
Colonna di Cesarò Giovanni Antonio, ~ p. 161.
Coppola Francesco, p. 452.
Cornet Auquier Andrea, p. 37, 41, 43, 47- x99- 202, 205, 361, 365, 385,
Corso Raffaele, p. 81, 228.
Costa Giovanni, p. 70, 237, 299, 3x1, 481.
Cozzani Ettore, p. 79.
Cristianesimo: C. esoterico p. 139; A uno studente del secolo xx è egli ancora possibile d’esser cristiano?, p. 271; G. Mazzini e il C. p. 29S; Il C. in due recenti romanzi italiani, p. 31x.
Cuche Adolfo, p. 40, 204.
Cumont Franz, p. 70.
Dakse Giovanni, p. 458.
Dante: D. e Maometto, p. 467.
Da Verona Guido, p. 3x1.
De Bidois G-, p. 480.
De Garzani M., p. 230.
Delbos Victor, p. 231.
Del Greco F., p. 242.
Del Vecchio G., p. 242.
Democrazia: Le origini protestanti della D. e il mondo moderno, p. 65.
De Unamuno Miguel, p. 465.
Dicteilcn Maurizio, p. 42.
Di Rubba Domenico, p. 157.
Duhamel Giorgio, p. 449.
Ebraismo: La tradizione letteraria ebraica, p. 147.
Ehrhardt F., p. 64.
Escande Gustavo, p. 34, 40, 43, 47, 200, 209, 365.
Esoterismo; Le dottrine esoteriche, p. 66; Cristianesimo esoterico, p. 139.
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INDICE GENERALE
▼II
Etnografia: E. e folk-lore (11 mito della pietrificazione — La leggenda dei tesori — La leggenda di Palinuro — Per la toponomastica calabrese — 11 culto dei morti), p. 228; Supeistizioni e magie nella corte neroniana, p. 267.
Fabbricotti C.» p. 315.
Fargnes P., p. 65.
Fattori Agostino, p. 212.
Fcrchand Clara, p. 239.
Ferretti Gino, p. 17, 99, 174, 480.
Filosofia: F. politica III. (La politica — 11 valore degli ideali morali — Le oii-gini della formula « Libera Chiesa in libero Stato »), p. 151; F. morale (La F. francese —■ La F. della libertà — Etica idealistica — Romanticismo — La guerra e lo spirito — La Società delle nazioni), p. 231; I momenti del pensiero italiano (dalla scolastica alla rinascenza)', p. 257; L’« Etica della simpatia » nella « Teoria dei sentimenti morali », di Adamo Smith, p. 281, 348; F. politica, IV. (Nazione c nazionalismo), P- 453- .
Fontaine Vive Giovanni, p. 44, 45, 197, 201, 205, 208, 361, 364, 370, 383, 388.
Formiggini A. F., p. 75.
Fragnito O., p. 482.
Frazer J. G., p. 3x0.
Geremia: Sull’originalità di G., p. 310. Giacomelli Antonietta, p. 72.
Giacometti Zaccaria; p. .153.
Giambi Vico, p. 240.
Gigli Giovanni, p. 480.
Gobetti P., p. 319.
Godchot, p. 236.
Gosset A., p. 244.
Gonnelle Enrico, p. 44.
Gonnelle P„ p. 470.
Groll Giorgio, p. 45.
Hamsun Knut, p. 73.
Harari H., p. 147.
Huch Ricarda, p. 307.
Imbart de la Tour, p. 63. ngemmevi, p. 482.
, ackson Daniel, p. 66. ackson H. Latimer, p. 150.
. ahier P., p. 237.
, alaquier Roberto, p. 367.
, ean F. C., p. 310.*
' eremias A., p. 310. • •
□ingebiel Giovanni, p. 34, 46, 198, 199, 209, 361, 363. 368, 371» 374. 367. 382. Kolpinska A., p. 243.
Laftay Paolo, p. 36, 42, 45, 377, 385.
Lagrange (p.), p. 459.
Langdon S., p. 148.
Lari: Il significato primitivo dei L., p. 67
Lease Emory B., p. 71.
Legendre M., p. 242.
Lcncz Geza, p. 308.
Levi Adolfo, p. 478.
Loisy Alfred, p. 459.
Lowrie W., p. 483.
Lutero: L. e la Germania, p. 63; Rivoluzione religiosa e morale compiuta da L., Si. 64 (V. anche Storia e psicologia re-igiosa, a pag. 306); Giacomo Perez di
Valenza, O. S. A., vescovo di Chryso-poli, e la teologia di L., p. 391.
Luzzatto Leone, p. 470.
Luzzi Giovanni, p. 271.
Macchioro V., p. 219.
Mackinlay G., p. 149.
Maggiore Giuseppe, p. 151.
Magia: Superstizioni e magie nella corte neroniana, p. 267.
Male: Il M. nell’immanenza e nella trascendenza, p. 69.
Maometto: Dante e M., p. 467.
Marini Aurelio, p. 239.
Marino G., p. 80.
Martin Charles, p. 308.
Martin L., p. 470.
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