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Anno 113 — N. 34
3 settembre 1976 — L. 150
Soedizione in abbonamento postale
I Gruppo /7C
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL DIBATTITO SU FEDE E POLITICA
La responsabilità politica della chiesa
La Chiesa non può sottrarsi al compito di annunciare la parola di Dio di fronte alla realtà del
mondo - Ma questo annuncio dev’essere accompagnato da un fraterno confronto di posizioni
Della discussione sinodale su
fede e politica, la stampa quotidiana ha dato una versione per
lo meno deformata. L’esito della discussione è stato presentato come la schiacciante vittoria
di una linea progressista su di
un’ala tradizionalista uscita isolata dal confronto. Questa versione non rispecchia Tefiettivo
andamento dei fatti. Nel Sinodo
vi è stato, e non poteva mancare, l’atteso confronto di posizioni. Ma deliberatamente si è
scelto di non considerare questa
discussione come conclusiva, ma
piuttosto come l’inizio di una ricerca comune sul significato della Chiesa e la sua responsabilità
nel mondo di oggi. Le posizioni
sono abbastanza bene delineate,
ma i sostenitori di una e dell’altra posizione non si sono considerati come due gruppi contrapposti, che non abbiano più nulla da dirsi e non possano far altro che procedere separati. Al
contrario, si è riconosciuto che
occorre mettere in luce quelli
che sono i veri problemi della
Chiesa nel tempo che stiamo vivendo, e su questi problemi cercare di avere un confronto fraterno.
IL «CASO VINAY»
La discussione ha avuto diverse fasi, com’era naturale data la diversità dei problemi in
gioco. Vi è poi stata una certa
confusione, forse inevitabile, dovuta al fatto che una parte della discussione è avvenuta in sinodo congiunto (valdesi e metodisti), e una parte durante la
seduta del sinodo valdese. Ma
argomenti che si sarebbero dovuti discutere con i metodisti
sono stati affrontati nella seduta pomeridiana del mercoledì,
che interessava soltanto il sinodo valdese. Mentre nella seduta
di sinodo congiunto si sono affrontate questioni che sarebbero
state di competenza del sinodo
valdese. Non era possibile tuttavia prevedere in anticipo l’andamento della discussione.
Il primo importante argomento di cui si è occupato il sinodo
congiunto, nella seduta di mercoledì, mattina, è stata la candidatura di pastori valdesi nelle
liste del Partito Comunista. Ad
aprire la serie degli interventi è
lo stesso Tullio Vinay, eletto senatore indipendente nella lista
del PCI, e per questo al centro
di un accanito dibattito nella nostra Chiesa.
«43 anni fa sono stato consacrato pastore — ha detto Vinay
interrompendosi subito per un
momento di commozione — oggi mi si domanda di rendere conto della mia vocazione ». Racconta come sono andati i fatti;
la richiesta di Raniero La Valle
di dare il proprio contributo
nella campagna elettorale insieme con esponenti del mondo
cattolico, per una politica più
umana, la febbrile consultazione con il Moderatore e il Vicemoderatore, con la comunità del
Servizio cristiano, con la Chiesa
di Riesi.
Non è stato facile accettare.
« La debolezza della carne ci
chiede di riposare sotto il ricino e non affrontare Ninive ». Ma
quando si è predicato per anni
il nuovo mondo di Cristo non è
possibile sottrarsi a un impegno
concreto.
La campagna elettorale è stata un’esperienza positiva. Ha offerto la possibilità di «predica
La tattica degli « opposti estremismi »
Come eliminare
«caso Franzoni»
il
La curia romana
si acquista il titolo di « progressista »
Ci scusiamo con i lettori
se questo numero esce a
sole quattro pagine deludendo forse le aspettative
di molti abbonati che
avrebbero desiderato un
sunto completo del dibattito sinodale.
Il comitato redazionale è
stato in parte impegnato
nei lavori sinodali ed è
mancato il consueto coordinamento a causa di una
improvvisa malattia del direttore, pastore Giorgio
Tourn. Rivolgendo un augurio di pronta guarigione
al past. Tourn speriamo di
poter uscire a 8 pagine sin
dal prossimo numero, completando l’informazione sul
Sinodo e la Conferenza
metodista.
Marcel Lefebvre, il vescovo
« scismatico » tradizionalista, è
arrivato al momento giusto per
togliere dai pasticci la Curia romana. Dopo le batoste subite un
po’ dapertutto e in Italia specialmente col referendum del ’74 e
le votazioni del 15 giugno del ’75
e del 20 giugno del ’76, la Curia
romana aveva bisogno di una riscossa. Il punto più basso della
impopolarità V aveva raggiunto
con le elezioni del 20 giugno,
quando alcuni tra i più validi
rappresentanti del progressismo
cattolico avevano dato il loro
appoggio aperto al PCI, contro
le direttive deirepiscopato italiano. La Curia romana avverte la
pericolosità del fatto, soprattutto perché questi uomini sono i
portavoce del nuovo indirizzo
iniziato nella base della chiesa
cattolica col Concilio Vaticano
II, perciò decide di eliminare
moralmente uno dei più popolari sostenitori del nuovo corso,
Giovanni Franzoni, riducendolo
allo stato laicale. Ma l’operazione è pericolosa, perché richiama
chiaramente il clima dell’Inquisizione che la Curia romana vorrebbe far dimenticare. Quale ripercussione avrà il provvedimento sulla base cattolica, tenuta
buona proprio con l'illusione di
un rinnovamento da parte della
Curia stessa?
A questo momento scoppia il
caso Lefebvre, così meschinamente paradossale da mettere in
sospetto chiunque voglia guardare a fondo gli avvenimenti.
Che nella chiesa cattolica ci fossero i « tradizionalisti puri », i
nostalgici del « latino », lo si sapeva fin dalla chiusura del Concilio Vaticano IL Era anche evidente che si trattava degli ambienti cattolici più conservatori,
non sodano dal punto di vista
dommatico, ma anche dal punto
di vista politico. Lo stato d’anima di disagio provato da un certo numero di cattolici per il repentino cambiamento nella liturgia è stato strumentalizzato per
garantirsi una forza reazionaria
da utilizzare in contrapposizione
ai progressisti. Il movimento del
Lefebvre, in se stesso, non ha
alcun contenuto di pensiero o di
azione, tale da giustificare uno
scisma, si tratta di merce di antiquariato che nessuno avrebbe
tirato fuori dai musei se non fosse servita a chi è in alto. I seguaci di Lefebvre potevano tranquillamente salmodiare in latino,
senza che nessuno li disturbasse.
Ma in realtà sotto la copertura
della nostagia per la tradizione
si celava la spinta reazionaria
della estrema destra europea.
Nel momento in cui la base cattolica si manifestava chiaramente molto più avanzata della gerarchia e si apriva al dialogo col
mondo protestante e con quello
laico, la conservazione non aveva altra possibilità di recuperare
una qualche credibilità che
crearsi un avversario a destra;
ecco il caso Lefebvre. Ora la Curia romana può proclamarsi
« progressista » e può colpire gli
Alfredo Sonelli
(continua a pag. 4)
re l’Evangelo ai Gentili ». Proprio quelli che chiamiamo i
« non credenti » si sono dimostrati i più aperti a ricevere il
messaggio. Vinay parla degli incontri avuti con il popolo di Casale, che gli hanno fatto ricordare la parola di Gesù ; « Neanche
in Israele ho trovato cotanta fede ».
Le ragioni dell’accordo con il
PCI sono essenzialmente di due
tipi; la garanzia che non vi saranno condizionamenti, e la presenza di un gruppo di indipendenti, tutti su posizioni che Vinay sente vicine alle proprie. Ma
la decisione di Vinay corrisponde soprattutto a un atto di sperala ; « La campagna DC è stata impostata sulla paura. Io non
voglio avere paura, voglio avere
speranza. Muoviamo le energie
della speranza del nostro popolo, bisogna portare nel dibattito
il respiro della speranza».
Vinay conclude citando un»
lettera che Niemòller gli ha
scritto dopo aver saputo della
sua decisione : « So che lotftrai
per la pace, per abbattere i muri, gli steccati ». « Non vorrei essere causa di divisione nella
Chiesa. Se così; fosse, preferirei
chiedere l’emeritazione, ma non
posso rinunciare, davanti a Cristo, alla posizione che ho preso ».
Nel dibattito si susseguono
una ventina di interventi. Molti
riconoscono che Vinay ha risposto alla sua vocazione, che è di
predicare « fuori del tempio »,
dove sta la gente. Alcuni chiedono delle precisazioni; Alberto
B. Rostagno
(continua a pag. 2)
Il silenzio è complicità con i carnefici
Dove si
il nome
bestemmia
Cristo
Il Sinodo, di fronte alla
esplosione della più brutale
violenza quale si manifesta
oggi in molte parti del mondo, fino a raggiungere, come in Rhodesia, nel Sud
Africa o nel Curdistan, i limiti del genocidio,
— richiama l’attenzione
di tutte le chiese, al dilà delle loro denominazioni o di
particolari orientamenti politici, sulla tragedia del Libano, dove non solo si perpetua la distruzione del popolo palestinese ma la si
compie coprendosi col nome di cristiani, bestemmiando in tal modo il nome di
Cristo;
— chiede alle chiese di
non limitarsi alla deplorazione distaccata dei fatti
ma di impegnarsi nei modi
e con i raggruppamenti ecclesiastici o politici che esse ritengono opportuni per
sbarrare la strada allo sterminio del popolo palestinese, collaborando, anche attraverso un’azione sui governi, perché la pace sia
ristabilita tra le parti contendenti, appellandosi anche
alla comprensione degli « ebrei » che sono stati, nel
passato recente, oggetto di
un analogo tentativo di genocidio;
— ricordando la parola
che Cristo ha detto, e dice
a chi lo ascolta, « Beatti coloro che procacciano la pace, perché saranno chiamati figli di Dio », chiede ai
credenti di impegnarsi perché questa parola diventi
oggi effettiva nella politica
internazionale, e quindi non
si fermino, come chi è senza speranza, di fronte a
quanto avviene, ma gridino
forte la loro protesta per
poi tradurla in azioni concrete; tacendo essi si schiererebbero con tutti i carnefici del mondo d’oggi.
— Il Sinodo infine chiede alla Tavola di prendere
in considerazione le varie
risoluzioni dell’ultimo Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese,
riunitosi dal 10 al 18 agosto a Ginevra, su varie situazioni politiche del mondo d’oggi e ne trasmetta il
contenuto alle chiese.
La verifica
aiie chiese
Al termine dei lavori di una
assemblea sinodale sempre ci si
pone la domanda: « come ha lavorato questo sinodo? ». E questo sia sotto il profilo della quantità che sotto quello della qualità dei lavori.
Mentre nelle pagine interne
diamo un primo resoconto dei
lavori, permettendo così ai lettori che non hanno avuto la possibilità di seguire i lavori della
assemblea di formarsi un giudizio sui temi trattati, cerchiamo
di esprimere una opinione di insieme.
Per quanto concerne la quantità di lavoro svolto, anche quest’anno (pare ormai essere una
malattia cronica!) molto è rimasto da fare e non è certo mancata la corsa più o meno affannosa dell’ultima mattinata per
cercare di recuperare il tempo
perduto ( il che non significa
sprecato) nelle giornate precedenti.
Forse sarà opportuno pensare
se non sia possibile organizzare
almeno una parte dei lavori in
maniera diversa, per esempio
per "commissioni di lavoro" che
snelliscano almeno in parte lo
svolgimento del Sinodo.
Per quanto concerne invece la
qualità dei lavori, le impressioni
che si sono potute raccogliere
qua e là sembrano essere positive. Era un Sinodo che si annunciava “caldo” ed ha saputo, anche grazie alla presidenza, mantenersi entro limiti di correttezza ed ha manifestato uno sforzo
effettivo di comprensione reciproca. Certo le decisioni che sono state prese dovranno essere
controllate nella vita delle chiese.
È lì, e lì soltanto, che si può avere un confronto quotidiano tra
fratelli e sorelle ed un confronto
comune con la Parola vivente di
Colui che è il Signore della Chiesa. In sostanza il Sinodo ha preso in considerazione la situazione che si presenta nelle nostre
chiese, senza pronunciare condanne né assoluzioni, senza scomuniche e senza anatemi, indicando la linea sulla quale le
chiese devono affrontare questo
discorso: la linea dell'amore
(agape), di cui parla l’apostolo
Paolo nella sua prima lettela ai
cristiani di Corinto (cap. 13).
Anche i lavori della sessione
congiunta con la Conferenza metodista hanno manifestato la volontà di proseguire nel cammino intrapreso, ed anche qui è
stato chiaro che la maggior parte del lavoro da farsi in questa
direzione deve essere fatto nelle
chiese locali, a livello di circuiti
e di distretti integrati. È stato
fatto notare, in un incontro
post-sinodale, che finora le due
assemblee (sinodo e conferenza) nei loro lavori congiunti non
sono mai giunte a decisioni difformi; non si è cioè mai verificato il caso di un ordine del
giorno approvato da una assemblea e respinto dall’altra. Ciò è
indubbiamente positivo e indica
che di fatto, concretamente, la
linea di azione e di pensiero in
cui si muovono le due assemblee
è identico. Tuttavia il Sinodo e
la Conferenza rappresentano in
qualche modo la parte più responsabile e più informata delle
due chiese e si sente profondamente l’esigenza che questa responsabilità e questa informazione giungano a tutti i credenti.
I prossimi mesi diranno come
le chiese reagiranno a questo invito di procedere in un lavoro
di chiarezza teologica e operativa.
Bruno Bellion
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3 settembre 1976
Dibattito sinodale su fede e politica
(segue da pag. 1)
Taccia chiede perché Vinay ha
optato per il Senato, dove è stato eletto con i voti garantiti dal
PCI, anziché per la Camera, dove pure era stato eletto con i
voti dei valdesi. Giorgio Peyrot
rivolge una domanda pungente:
Vinay non deve diventare il « senatore dei valdesi » ; saprà rispondere di no quando gli chiederemo di appoggiarci? Per Umberto Bert il « caso Vinay » è
chiuso : « Gli faccio i miei auguri, affinché possa tradurre in
pratica i suoi bei propositi ». Ma
perché la Tavola ha mantenuto
un « inquietante silenzio su tutta la questione? In futuro tutti
i pastori potranno candidarsi e
offrire i locali della Chiesa per
comizi politici? ». Ora comunque
la Tavola non può permettere
che Vinay divida il suo tempo
tra Roma e Riesi; deve renderlo libero perché possa dedicare
tutto il suo tempo alla missione
in Parlamento.
Anche molto critico l’intervento di Gustavo Bertin: ora Vinay
non potrà più parlare a tutti;
si è legato a un partito, anche
se come indipendente. Comunque, « se Vinay ha ricevuto questa vocazione, deve compierla
con l’indipendenza del profeta,
senza coinvolgere la Chiesa ».
Bertin propone quindi un ordine del giorno, che sarà poi discusso e votato nella seduta serale, secondo cui « il ministero
di pastore è incompatibile con
l’attività politica ».
Interviene poi il Moderatore
Aldo Sbaffi, il quale si assume
la responsabilità della risposta
data a Vinay : i tempi erano corti, non si potevano consultare
tutte le Chiese; d’altra parte è
il Sinodo che deve valutare la
scelta di Vinay, la Tavola non
aveva motivo di intervenire :
« non siamo la curia romana ».
Predicazione
e militanza politica
Una seconda fase del dibattito si è imperniata sul tema della compatibilità o incompatibilità della predicazione con la
militanza in un partito. In questa fase sono intervenuti anche
i metodisti, che prima si erano
astenuti dal parlare, perché il
dibattito si era troppo personalizzato intorno al « caso Vinay ».
Gino Conte ricorda intanto
che il problema delle candidature di pastori non riguarda soltanto Vinay, ma anche Gianna
Sciclone. Dopo avere osservato
che il parlamento non ha nulla
a che vedere con il dono della
predicazione, ma con la competenza, Conte chiede ; « La predicazione è compatibile con la militanza in un partito? La mia risposta è no. I profeti dell’Antico Testamento operavano nel
quadro di una teocrazia, la loro
opera non si può trasporre nel
nostro tempo, anche se ne riceviamo indicazioni. Il pastore può
scegliere di militare in un partito, ma in questo caso non può
più predicare ».
Claudio Tron critica l’eccessiva enfasi data al fatto che dei
pastori abbiano accettato la candidatura al parlamento. Questa
enfasi sa di clericalismo; d’altra
parte, vietare ai pastori questo
tipo di impegno significherebbe
privarli dei diritti politici. Il rischio è però che si voglia limitare la libertà della predicazione. « Vi è oggi, nella Chiesa, una
specie di terrorismo morale, per
cui molti predicatori si sentono
limitati e si astengono dall’indicare le conseguenze politiche della predicazione, per timore delle reazioni che potranno venire ».
Giuseppe Mollica rappresentante dell’Unione battista, estende il discorso a tutti i credenti
che hanno delle responsabilità
politiche, non solo nel parlamento, ma negli enti locali. La
solidarietà della Chiesa deve manifestarsi nei confronti di tutti
questi credenti.
Nella campagna elettorale, ricorda Gianna Sciclone che prende la parola a questo punto,
molti sono stati coinvolti. È stata veramente una predicazione
in piazza. « Come si può pensare che un tentativo di risposta
ai mille problemi della vita quotidiana non sia lavoro per la
Chiesa? La predicazione non è
compatibile con la militanza? Ma
allora tutti i fratelli che fanno
un lavoro politico non potrebbero testimoniare. In realtà è
proprio in questo impegno che
molti di noi hanno trovato uno
spazio alla testimonianza».
La replica di Vinay risponde
alle questioni poste nel dibattito. È chiaro che non va al Senato per difendere gli interessi
soltanto dei valdesi : « Si lotta
per la giustizia, e la giustizia è
uguale per tutti».
Scelta del collegio elettorale:
« Ho cominciato a chivasso e ho
promesso a quella gente di seguire i suoi problemi ». Il collegio è piccolo, ed è possibile mantenere il contatto con la base.
Possibilità di predicazione :
certo non si tratta di fare dei
sermoni in parlamento, ma di
« vedere i problemi economici e
poltici nella luce di Cristo ». Non
si tratta neanche di tacere la
predicazione della croce. Più l’evangelo è chiaro, più è rifiutato.
« Penso alla rappresentazione
della Cena nel duomo di Naumburg: Cristo con la faccia tirata, stupito che la croce non venga capita. Chi lo ha compreso?
Giuda. Giuda è rappresentato
col volto di un bel giovane, che
ha compreso la verità, e ne ha
paura. Noi non dobbiamo avere
paura della verità».
Il dibattito è proseguito nella
seduta serale, sempre in sinodo
congiunto, sull’ordine del giorno
Bertin. Diversi interventi hanno
fatto notare che l’o.d.g. avrebbe
limitato la libertà della predicazione. Gustavo Bertin ha dichiarato che l’intenzione dell’o.d.g. è
di permettere ai pastori di consacrarsi interamente al loro compito. L’impegno nei vari partiti
porterebbe il corpo pastorale a
una crisi fatale. « Voi respingerete questo ordine del giorno,
ma quando sarete nella confusione, ricordatevi che il vecchio
pastore Bertin vi aveva ammoniti ».
La maggioranza ha ritenuto
che questa non fosse la via migliore per difendere la purezza
del ministero pastorale; quindi
l’o.d.g. Bertin è stato respinto.
La petizione
Il sinodo valdese si è occupato nella seduta pomeridiana del
mercoledì della petizione, firmata da ben 3337 membri di Chiesa, contro l’impegno socio-politico nella Chiesa.
La cornice era degna dei momenti più alti del sinodo: un
pubblico attentissimo gremiva le
balconate, gli atrii, le scale; alcuni applausi, subito zittiti, perché giustamente la discussione
sinodale va considerata come un
momento di culto; qualche timido fischio, da sinistra, immediatamente stigmatizzato dal presidente, e certo inopportuno.
È impossibile qui riportare
tutti gli interventi del dibattito,
circa una trentina. Cercheremo
di riassumere i temi essenziali.
Da parte dei presentatori della petizione, si dichiara che non
si intende negare l’impegno politico della Chiesa : « non lamentiamo che si faccia politica, ma
che se ne faccia una sola » (E.
Ayassot). L’impegno politico in
una determinata direzione, ha
portato a una rottura della comunione fraterna. « Il problema
è questo : se è lecito che una
scelta etica mi sia presentata
come esclusiva, con quell’autorità con cui dovrebbe essermi presentata una scelta di fede » ( G.
Scuderi). La Chiesa deve mantenersi fedele alla testimonianza
dei profeti e degli apostoli; nella Chiesa c’è una predicazione
politica che non può essere accettata da tutti e crea un forte
disagio nelle comunità.
La petizione è stata accolta
con molto favore, che può essere espresso in questa esclamazione di una sorella anziana :
« Finalmente qualcuno si è mosso! » (Guido Ribet). Le risposte
sono state di diverso tipo. Alcune critiche sono state rivolte al
modo in cui sono state raccolte
le firme della petizione. Ai firmatari è stato fatto osservare
che non sono mancate le occasioni in cui avrebbero potuto far
sentire la loro voce: dibattiti
sul sermone, riunioni di studio
biblico, incontri di genitori sul
catechismo, convegno della Federazione sul culto radio e la
rubrica televisiva « Protestantesimo ». Ma in tutte queste occasioni la parte che ha firmato la
petizione è stata assente. « L’impressione è che si voglia semplicemente dire no a qualche cosa
e che non si vogliano affrontare
certi problemi» (A. Taccia).
Alcuni interventi si sono soL
fermati sul tema della emarginazione. Nella Chiesa non si deve emarginare nessuno — ha
detto il Moderatore —, ma spesso sono stati i giovani impegnati politicamente a essere emarginati. Vi deve essere ascolto reciproco, ma non chiedeteci di
imbrigliare la parola di Dio.
Emarginare vuol anche dire
impedire la partecipazione al
movimento vivo del paese. « A
un contadino che per 30 anni ha
votato DC, perché questo gli
sembrava l’unico modo di difendere i propri interessi, e che
nelle ultime elezioni ha cambiato schieramento, ancora una volta si viene a dire : avete sbagliato » (A. Ferrerò). Altri lamentano la sordità di tutta una parte
della Chiesa di fronte alla ricerca che da anni si va conducendo, per esempio nella Federazione giovanile evangelica (E. Nitti). Una parte degli interventi
sottolinea l’urgenza della predicazione politica. « Se avessi dovuto predicare domenica scorsa
— dice Neri Giampiccoli — non
avrei potuto fare a meno di parlare di Teli al Zaatar ».
D’altra parte, come dev’essere
fatta una predicazione politica?
Se il centro dev’essere l’amore
di Cristo, siamo sicuri di intendere nello stesso modo la portata storica dell’amore?
« Le più grandi divisioni — dice Luigi Santini — sono avvenute a causa della Santa Cena.
Oggi è l’agape che rischia di dividerci». Nella predicazione politica, si dovrebbe avere il coraggio di parlare sempre contro
qualsiasi violenza (E. Ayassot).
Paolo Ricca contesta proprio la
convinzione diffusa, che nella
Chiesa oggi vi sia una predicazione politica : « Discorsi politici
fatti dal pulpito ce n’è in abbondanza ; è rara un’autentica
predicazione politica ». D’altra
parte la politica non è oggetto
di predicazione, è oggetto di
confronto. « Non la si predica,
perché è un’opera ». Ciò che veramente ci divide, prosegue ancora Ricca, è che abbiamo un
diverso modo di testimoniare,
perché abbiamo ricevuto l’Evangelo in modo diverso. Non dobbiamo avere il mito dell’unità,
ma possiamo riconoscere che
Cristo ci unisce: dobbiamo fare
un atto di fede.
Al termine del dibattito, l’ordine del giorno proposto con
profonda partecipazione personale da Ugo Zeni, a nome dei
SEMPRE PIU’ NUMEROSI I TEMI COMUNI
Integrazione valdo ■ metodista
Sedute congiunte Valdo-Metodi
ste - Rappresentanza al futuro
sinodo unito.
La complessa materia è stata
dibattuta a lungo, soprattutto
dai giuristi con particolare riferimento alla rappresentanza dei
Pastori emeriti. In linea di massima essi avranno voce consultiva per varie ragioni esposte
nei vari interventi. All’art. F. degli Atti del Sinodo e Conferenza
si dà mandato alla CR, d’intesa
con la CI di proporre opportune
soluzioni ai problemi di regolamento, con particolare riguardo
alla partecipazione dei sovrintendenti dei circuiti alle CD,
nonché alla partecipazione alle
CD dei segretari regionali FGEI,
operanti nel distretto ed alla partecipazione alle AC di tutti i Pastori presenti nel circuito.
Questioni liturgiche
All'art. N. si conferma la precedente commissione alla quale
si dà mandato di procedere alla
stesura definitiva della liturgia
matrimoniale tenendo conto degli emendamenti apportati dal
corpo pastorale.
All’articolo L. la sessione congiunta chiede alla Tavola ed al
Comitato Permanente di provvedere alla sostituzione della
comm. per la Liturgia con lo
scopo seguente: a) procedere ad
un’indagine sulle forme liturgiche in uso nelle chiese, relativamente al culto ordinario e delle
solennità: b) di predisporre una
serie di progetti liturgici da inviare alle comunità in vista della esperimentazione, della discussione in corpo pastorale e
dell’approvazione da parte del
Sinodo e della Conferenza in sessione congiunta.
Il documento di Accra
Il ben noto documento stilato
ad Accra dalla Comm. « Fede e
Costituzione » con la paj'tecipazione di teologi cattolici su « un
solo battesimo, una sola eucarestia, ed il mutuo riconoscimento dei ministeri » è stato ampiamente dibattuto dalle chiese e
dalle assemblee circuitali e distrettuali; ne è nato un documento redatto da un’apposita
commissione valdo-metodista che
esprimeva una posizione di radicale critica. Il corpo pastorale
ha ritenuto di attenuare alcuni
punti del documento mentre il
Sinodo ne ha ripristinato alcuni
onde evitare ogni tipo di compromesso.
Commissione sulla Conciliarità
Il Sinodo congiunto in tema di
ecumenismo ha incaricato la Tavola ed il Comitato Permanente
di costituire una commissione
di studio sul tema della « Conciliarità » in riferimento al problema dei concili ecumenici per
le prospettive future.
« Corpi separati »
Il titoletto si riferisce alle
opere che godono d’una autonomia tale da non essere sottopo
presentatori della petizione, subiva alcuni emendamenti, nella
intenzione di raggiungere l’unanimità dei consensi. Tuttavia i
presentatori ritenevano per correttezza di dover mantenere il
testo originale. Il risultato della
votazione è stato a favore dell’ordine del giorno emendato:
FEDE - POLITICA
Il Sinodo prende atto della petizione che lamenta uno stato di sofferenza e di incomprensione a causa dell'impegno socio-politico che si
verifica neH'ambito della Chiesa e
dopo approfondita e aperta discussione :
afferma che la Parola di Dio non
toglie la Chiesa dal mondo, ma le
offre la libertà di lavorare a prò degli uomini per la loro salvezza e per
la soluzione dei problemi della loro
società ;
sottolinea che ognuno deve sentire la Chiesa come la sua propria
casa, nella quale il prossimo è riconosciuto come fratello anche nel
confronto delle convinzioni politiche ;
chiede agli organi collegiali preposti alle varie attività di tener conto di tali realtà ;
ed esorta i credenti a fare argomento di meditazione e preghiera
la necessità che la Chiesa continuamente rinnovi la vocazione missionaria, che fu dei padri, nella unità
della medesima fede per la potenza
dello Spirito Santo, Dà mandato alla Tavola e ai deputati valdesi alla
prossima assemblea di Bari di farsi
portavoce di queste esigenze in
seno alta FCEI.
Il sinodo ha poi approvato un
secondo ordine del giorno, proposto da Tullio Vinay:
Il Sinodo, dopo la fraterna e proficua discussione sul tema fede e politica, che ha spinto le varie parti
dialoganti ad una maggiore unione
e comprensione, invita le Chiesa a
proseguire la ricerca del nostro impegno di credenti nel tempo presente nel confronto del testo biblico di
^ 1^ Corinzi 13.
Il confronto si sposta dunque
nelle comunità, dove si spera
avvenga nello stesso spirito che
ha animato la discussione sinodale.
B. Rostagno
Elezioni
te al controllo delle commissioni distrettuali e con particolare
riferimento a quelle del quarto
distretto, vedi Palermo e Riesi.
La natura dei regolamenti interni è tale che per ora riesce difficile di esercitare una funzione
di controllo; il dibattito comunque ha consentito di riconsiderare tutto il problema in un
prossimo futuro.
Conclusioni
Il Sinodo e la Conferenza con
Tari. O. accolgono il documento
preparatorio predisposto dalla
Commissione per l’integrazione
e danno mandato alla commissione per le Discipline di presentare alla prossima sessione congiunta il regolamento, in esecuzione dei paragrafi 12 a 22, 49 e
50 del patto d’integrazione dal
cap. III della Disciplina centrale
tenendo conto dei dibattiti e delle direttive indicate.
G. Bouchard
DISTRETTI E CIRCUITI
Il Sinodo valdese e la Conferenza
metodista nella loro sessione congiunta agosto 1976 dà mandato alla
CR d'intesa con la CI di proporre
opportune soluzioni ai problemi di
regolamento sollevati dalle CE nelle
loro relazioni, e in particolare riguardo alla partecipazione dei sovrintendenti dei circuiti alle CD, alla partecipazione alle CD dei segretari regionali FGEI, operanti anche se non
residenti nel distretto e alla partecipazione alle AC di tutti i pastori
presenti nel circuito.
Tavola Valdese:
Aldo Sbaffi, moderatore Giorgio Bouchard, vice-moderatore - Marcella Gay - Marco Tullio Fiorio - Salvatore
Ricciardi - Gino Conte - Guido Colucci.
Commissione d’esame sull’operato della Tavola e della
Facoltà di Teologia:
Valdo Fornerone, relatoreGiorgio Girardet - Oriana
Bert - Giulio Vicentini.
Supplenti; Up Zeni, Ernesto Ayassot, Giovanni Scuderi, Franco Sappè.
Commissione d’esame sull’operato della CIOV :
Bruno Rostagno, relatore Luciano Rivoira - Paolo Ribet
(pastore) - Giovanni Tron.
Supplenti: Marco Ayassot,
Teofilo Pons, Vera Long, Augusta Boer.
Comitato del Collegio;
Poet Alfredo - Guido Baret Daniele Ghigo - Enrica Malan — Ruth Tourn - Sergio
Gay - Giovanni Conte.
Membro della CIOV :
Franco Davite.
Predicatore al prossimo sinodo ; Giorgio Tourn. Il culto
sarà presieduto da un pastore metodista designato dal
C.P.M.
# Nel prossimo numero
pubblicheremo una valutazione e una documentazione sui lavori della Conferenza Metodista. La cronaca dei lavori sinodali continuerà con il dibattito sulla Claudiana e con gli altri
temi di maggiore interesse.
3
3 settembre 1976
LA MENDOLA (TRENTO)
Una riflessione ecumenica
sul Regno di Dio_____________
Particolarmente in estate, tanti sono i campi-studio e gli incontri, e spesso di tale interesse, che non chiederei spazio al
nostro giornale se non vi fossero, a mio parere, ragioni valide
per farlo. Dico subito che sono
andato a questa sessione del
S.A.E. (= Segretariato Attività
Ecumeniche) con non poche esitazioni, e non sono tornato con
l’ardore del neofita.
Ospiti del Centro Studi de La
Mandola (Trento), dal 31 luglio
al 7 agosto abbiamo avuto giornate intense: ogni mattina una
« rifiessione biblica », uno studio
ed un breve culto; ogni pomeriggio il lavoro dei nove gruppi,
e delle comunicazioni che a volte erano altri studi ancora. Dei
« nostri » contributi ricordo quelli di Valdo Vinay (« Momenti significativi della storia del cristianesimo in rapporto al Regno
di Dio »), di G. G. Williams
(« La prospettiva del Regno nella prospettiva del movimento
ecumenico »), di R. Bertalot
(«Il tema del Regno nelle principali teologie contemporanee»),
di A. Soggin (« I tempi messianici secondo l’Antico Testamento »), di P. Bensì (« Regno di Dio
e scandalo della croce »). Altri
hanno lavorato, come relatori o
consulenti, nei gruppi di studio.
Ma non possiamo dimenticare
il contributo degli ebrei e degli
orientali, mentre da parte cattolico-romana, oltre all’introduzione e alla sempre amabile direzione del prof. L. Sartori, ab
biamo fruito di studi e ricerche
stimolanti. Ricordo in particolare dei laici: M. Vingiani, la
presidente del S.A.E., la quale
non ha mai introdotto i lavori,
gli oratori, con delle banalità di
occasione, ma con riflessioni che
obbligavano a riflettere ; R. La
Valle, che aveva avuto come tema «Il Regno di Dio che viene
nella problematica della situazione attuale » ; N. Fabbro, che
ha dato una eccellente riflessione biblica su « Regno di Dio e
giudizio di Dio » in Matt. 25.
Mi siano permesse alcune annotazioni svelte. Nove gruppi di
studio forse erano troppi, d’altra parte alcuni gruppi con una
trentina di partecipanti lavoravano a fatica, con poco tempo a
disposizione. Dei temi hanno subito richiamato gente : « Regno
e ideologie », e « Regno e ’Liturgia e preghiera’ », in particolare ;
per altri s’è dovuto ricorrere all’esortazione. Per le relazioni dei
gruppi è mancata un’intesa: chi
ha riassunto l’andamento del lavoro, uno è ricorso a una scena
mimata; chi è stato breve, chi
no. Per la maggior parte giovani
adulti, i partecipanti hanno faticato a inserirsi sia per la poca
dimestichezza con la materia,
sia perché relazioni e studi biblici in seduta plenaria si sono
dimostrati alla lunga affaticanti,
non utilizzati certo nella misura
del loro valore.
Nel bel mezzo della sessione
è venuta la notizia delle nuove
misure prese dalla Curia romana contro dom Franzoni ; poteva
essere una bomba dirompente,
invece due riunioni affollate hanno messo in chiaro uno dei doni del S.A.E.: uno spazio garantito a opinioni del tutto diverse,
a posizioni teologico-politiche
fra loro ben lontane. A dom
Franzoni è stata mandata una
lettera di fraterna solidarietà,
non dal S.A.E. (che non ha né
diritto né veste per farlo), ma firmata da tanti di noi, personalmente. E qui accenno al fatto
« sconcertante » che, in questa
sessione almeno, si sono trovati
conservatori e reazionari — in
teologia come in politica — ed
anche persone del tutto orientate in modo diverso; ognuno ha
espresso le proprie convinzioni,
e non ci siamo sbranati vivi, non
abbiamo decretato ostracismi.
Può darsi che alcuni gruppi di
studio, (penso in particolare a
quello su ;« Regno e ideologie »),
abbiano espresso posizioni assai
più avanzate rispetto alla linea
dominante nel segretariato, che
nutre le cautele che si usano per
una creatura fragile e dalla salute tribolata.
Quello dell’ecumenismo è un
cammino lungo, che ormai non
passa solo fra le Confessioni ma
aU’interno di ognuna di esse. Il
S.A.E. — con tenacia, in umiltà
— dà un contributo per il quale
dobbiamo nutrire stima e riconoscenza. Vive come segno della
carità di Dio.
L. Santini
CRONACA DELLE VALLI
ROBA’
SAN SECONDO Doni per l’Asilo
Buono e generoso è stato l’apporto dato, durante l’estate, alla
vita di questa Comunità da villeggianti evangelici i quali stanno ora già rientrando in sede;
tante grazie e vivi auguri nel Signore.
• Al culto di domenica 29 era
presente anche il sig. Lovato,
brigadiere dell’Esercito della
Salvezza a riposo, il quale ci ha
dato un forte messaggio biblico
e l’Anziano A. Tourn ha riferito
sui lavori del Sinodo al quale ha
partecipato come delegato : li
ringraziamo sentitamente.
• Simpatizziamo di cuore con
nostra sorella Berger Linda in
Tourn-Boncoeur per la dipartita di suo padre Daniele più che
novantenne di Viering, Aosta.
SERVIZIO MEDICO
festivo e notturno
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
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Venerdì 27 agosto un grave
incidente ha funestato la vita
della nostra comunità. La sorella Ines Bourne, mentre si
recava al lavoro, nei pressi di
Rivalla, è stata investita con la
sua « 126 » da un grosso autocarro.
Nel violentissimo urto Ines è
rimasta uccisa sul colpo. Aveva
39 anni. L’incidente ha creato vivissima emozione a S. Secondo :
esattamente un mese prima,
stesso giorno e quasi stessa ora,
perdeva la vita, per un incidente
sul lavoro, il fratello Arturo
Ribet.
Un gran numero di persone
ha preso parte ai funerali avvenuti nel tempio lunedì 30 u. s.
La madre, la signora Melania,
era in Canada presso i due figli
residenti in America, ed ha potuto giungere con loro solo per
il funerale.
Siamo vicini con l’affetto ai
familiari provati da lutti così, dolorosi e ricordiamo le parole di
Gesù : « Io sono la resurrezione
e la vita ».
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Giovanni Meyron
ringraziano tutto il personale e i medici delTOspedale Valdese di Torre
Pellice, il pastore B. Bellion e tutti
coloro che hanno preso parte al loro
dolore.
Bohbio Pellice, 17 agosto 1976
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese di Luglio:
Livio e Dina Gohello, in mem. di
Adele e Alessio JaUà L. 20.000; Gustavo Albarin e famiglia, in mem. di
Bruno Albarin 10.000; Pastore Felice
Bertinat (Verona) 5.000; Iolanda e
Laurenzia Forneron (Prarostino) 20
mila; in mem. di Anna Roman, i nipoti Elsa, Elena, Piero, Bianca e Emilia 100.000; in mem. di Anna Roman,
la cognata Matilde Roman 50.000; Rosetta, in mem. di zia Neta 5.000; sorelle Arnoulet, in mem. di papà, mamma e fratello 20.000; Tifine e Lida
Meynier, in mem. di Italia Gaydou
Meynier 6.000.
Signora Revello 50.000; G.W.B.
10.000; moglie e figlia, in mera, del
caro Oreste Stallé 50.000; famiglia
Bonnet Franco, in mem. di Oreste
,Stallé 6.000; Giovanni e Luisa Cambellotti (To) 20.000; Chiesa di Biella
10.000; Campese Luigi (Pin.) 10.000:
N.N. 30.000; Eliane Bounous et Charles Billard, in memoria tante Jenny
Bounous - Martinat (Cartigny - Genève)
6.600; Rochon Pietro 10.000.
Alessandro e Laura Funduklian, in
mem. Contessa Guarienti-Funduklian
Lucrezia (Torino) 300.000; Calia Venere (Mi) 25.000; Società di cucito
« Le Primtemps » Luserna S. Giovanni 200.000; Carolina e Lidia Giordan,
in mem della mamma, sorella e fratello (T.P.) 40.000; sorelle Corlando,
in mem sorella Elisabetta ved. Aiotti
(GePegli) 100.000; Romano Alberto
(S.S. Pinerolo) 10.000.
Grazie!
( continua )
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Precisiamo
Neirarticolo intitolato « Perché voler far da sé ciò che si può fare insieme? » scritto da Eugenio Stretti, in
relazione all’ Assemblea delle Chiese
Battiste, pubblicato sul giornale « La
Luce » del 21/5/’76, si legge: ...il Movimento Femminile Battista, senza alcun deliberato Assembleare, chiedeva
alle Comunità di detrarre dal contributo per il ministerio pastorale già insufficiente, una quota per l’uomo a
pieno tempo per il Centro giovanile
(aperto due mesi all’anno) di Rocca di
Papa».
Voglio precisare anche a nome delle
altre sorelle del nostro Comitato, che
quanto è stato scritto sul Movimento
Femminile non corrisponde a verità
poiché :
1) Il Comitato del M.F.M.B. nel
prendere le sue decisioni sulle attività
dei Centro lo ha fatto secondo le deliberazioni dell’Assemblea del Movimento stesso del 1974.
2) Lo stipendio dell’uomo a pieno
tempo non peserà sulle Comunità e
tantomeno intaccherà gli stipendi pastorali, ma verrà corrisposto dalle entrate di un preciso progetto finanziario predisposto dal Movimento Femminile.
3) Il Centro non funziona soltanto nei due mesi estivi come riferisce il
fratello Stretti, ma già da qualche
tempo ospita durante l’anno gruppi
giovanili, corsi di studenti della scuola per assistenti sociali, gruppi di boys
scouts, ecc., e dal mese di ottobre p.v.
funzionerà ininterrottamente e costituirà un punto di riferimento e di
evangelizzazione anche per la popolazione di Rocca di Papa.
Per il M.FM.B.
Elena Girolami
L’arte e la Bibbia
Alla Redazione,
Ho letto l’intervista al Pittore Scroppo. Due punti mi hanno colpito.
Il primo consìste neH’affermazione
dì non aver più continuato lo studio
della Bibbia.
Con questa affermazione il nostro
fratello valdese intendeva certamente
dire che non era più rientrato alla facoltà di teologia. Lo ricordo infatti per
anni nella diaspora di Torino quale
Pastore laico. Ricordo i suoi Sermoni
e vorrei che ci parlasse delle sue esperienze in quel campo.
Il secondo punto riguarda la predilezione del Pittore Filippo Scroppo per
l’arte astratta. Ho il ricordo di alcuni
suoi indimenticabili dipinti figurativi
precedenti il periodo dell’ultima guerra
che il correligionario Mariani si occupava di collocare presso collezionisti.
Ho pure il ricordo ancor fresco di
quegl splendidi disegni presentati dal
Pastore Paolo Ricca per illustrare la
leggenda russa : I quattro re magi.
Ho il ricordo delle personali nel periodo del dopoguerra e credo di aver
capito in parte la sua scelta predilezionale.
Sono però certa, che se la Chiesa
glielo chiedesse, come lo fece prima
che il Pastore Paolo Ricca partisse per
Forano Sabina, se non vado errata, per
il nuovo ministerio, il nostro Scroppo
tornerebbe a predicare il Vangelo e a
illustrare la Bibbia.
Una lettrice
Sul linguaggio
popolare della fede
Signor Direttore,
ho letto gli interventi del dott. Coisson e di G. Buratti sulla controversa
questione della lingua popolare nel
culto evangelico.
Non posso che dichiararmi d’accordo
anch’io con quanto da loro argomentato, vale a dire sulla necessità che la
parlata della vita di ogni giorno entri
anche nella manifestazione di fede collettiva del credente, all’interno della
comunità ecclesiale.
Le scrivo dalla parte più povera e
schiacciata deUa Slovenia dove il fascismo fra le tante cose proibì a suo
tempo con la violenza delle sue istituzioni repressive proprio la Ungua popolare nei culti (qui per la maggior
parte cattolici); ma le scrivo anche da
quella stessa Slovenia dove proprio
l’uso della lingua e la stampa dei libri
in Sloveno permisero a Primoz Trubar
nel ’500 di attuare una modificazione
dei rapporti fra le genti e la religione.
Infatti Trubar ed i suoi collaboratori
erano protestanti ed il loro intento nel
tradurre in sloveno il Nuovo Testamento e nell’usare lo sloveno nelle preghiere fu quello di aprire al popolo la
strada verso una parola divina, non
falsata dagli interpreti papali; operazione questa analoga a queUa di Lutero. Perciò credo che abbia un senso
unire le mie considerazioni (che partono da una realtà in cui da sempre si
può dire la difesa della propria parlata
in cose religiose è sentita e radicata) a
quelle di coloro che già hanno perorato la causa della lingua deUa vita e
del lavoro anche nella Chiesa.
Grato per la pubblicazione, cordiali
saluti.
Roberto Grommo
(segretario di redazione della rivista in lingua slovena
« Nasa Vas » = il nostro
Paese).
Cristiani per ii socialismo
Si è costituita a La Spezia la
segreteria provinciale dei « Cristiani per il Socialismo ». La nuova segreteria si basa su di un
movimento, che vede un buon
numero di metodisti, battisti e
cattolici, cresciuto non soltanto
in città ma anche in provincia
(Lerici e Sarzana). Durante la
recente campagna elettorale 1
« CpS » hanno partecipato ad una tavola rotonda (3(X) persone
presenti) organizzata dalle AGLI
sul tema de : « L’impegno dei
cristiani nella vita politica ». Tra
i relatori, a parte il democristiano che ha parlato in termini di
specifico cristiano, sì è convenuto sulla legittimità ed opportunità del pluralismo dei cristiani
nelle scelte politiche. Nel corso
del dibattito, Eugenio Stretti, a
nome dei « CpS » locali ha ricordato a chi tacciava i « CpS » di
neo-integrismo, come il movimento ha ribadito più volte, la
presenza dei « CpS » si giustifica
come possibilità negata dalla gerarchia, di votare come cristiani
a sinistra. Ha ricordato inoltre
che, contrariamente a quanto si
legge sulla stampa borghese, è
vivo l’interesse nel movimento
per una riflessione di fede, incentrata non sui valori morali
derivanti dallo « specifico cristiano », ma sul dono gratuito
della fede in Cristo Gesù. Molti
degli intervenuti hanno solidarizzato con Don Rosolen sospeso« a divinis » perché candidato
nele liste di D.P.
I « CpS » di La Spezia si sono
riproposti di promuovere, assieme alle forze democratiche della
città, altre iniziative del genere
a carattere pubblico. Nel frattempo il gruppo sta studiando
« Sequela » di Bonhoeffer e « Essere cristiani» di Kung insieme
a « studi bihlico-teologici » con la
partecipazione di militanti ed esperti teologici sulla testimonianza cristiana. E. Stretti
GENOVA
Nella cronaca della chiesa di
Genova apparsa sulla Luce n. 32,
è stato involontariamente omesso il decesso del caro fratello
Annunciato Doria, mancato il 10
luglio c. a.
Negli uomini che incontrava
vedeva il volto del Cristo : la sua
testimonianza non consisteva nel
vantarsi di essere evangelico o
di citare dei versetti ad ogni pie’
sospinto, era nel suo limpido
sorriso che rivelava la sua fede
non finta ma operante nella carità.
Quando, durante i culti od altre riunioni, notava l’assenza
prolungata di qualche fratello,
silenziosamente si informava
perché preoccupato, non incuriosito. Tutti coloro che sapeva
ammalati li visitava.
Sono stata testimone all’apertura del suo testamento: vorrei
ricordare alle opere che riceveranno una parte dei suoi onesti
risparmi, di accogliere quelle
donazioni con quel rispetto e
quel sentimento che animava
Gesù mentre osservava l’offerta
della vedova.
A.M.P.
4
3 settembre 1976
UOMO E SOCIETÀ’
CEC/DOCUMENTI
La mappa della paura i profughi sono un
Sono passati ormai quasi due
mesi dal drammatico scoppio
di Seveso e ognuno di noi ha potuto apprendere) da giornali e
dagli altri mezzi di difEusione
come la situazione, ben lungi
dal chiarirsi, si presti sempre di
più ad una inte^retazione doppiamente pi'fssimistica: una,
per quanto riguarda il futuro ideile popolazioni e delle zone
colpite (con ulteriori possibilità
di allargamento del gravissimo
fenomeno di avvelenamento) e
l’altra, relativa aH’impotenza della scienza e della tecnica odierne
ad offrire un valido rimedio ai
danni provocati. Per di più, a
tutt’oggi non siamo ancora in
grado di sapere (ma lo sapremo
mai?) che cosa effettivamente la
fabbrica di Seveso producesse,
ed in modo particolare se essa
fosse una vera e propria industria bellica di aggressivi chimici, dello stesso tipo di quelli
adoperati dagli Stati Uniti in
Vietnam, con conseguenze che
quelle popolazioni dovranno
scontare per generazioni.
Ma la nube tossica della Brianza è a sua volta portatrice di
un’altra drammatica domanda
che coinvolge tutti i paesi industrializzati ed in modo particolare il nostro: quante sono le
industrie nocive alla salute dell’uomo, degli animali e delle coltivazioni? Alcune Regioni hanno
iniziato una ricerca in tal senso,
ma le cose procedono a rilento,
sia per gli scarsi mezzi e sia per
la inadeguata competenza delle
persone a ciò preposte.
Alcuni settimanali (fra cui
l’Europeo e l’Espresso) hanno
tracciato una mappa dei veleni
in Italia ed il quadro che ne esce
è veramente impressionante.
Non starò qui a dare i dettagli
delle centinaia di industrie e di
It^alità coinvolte in questa indagine e mi limiterò a ricordare
dei dati a carattere regionale.
In testa viene ovviamente la
Lombardia, vera e propria « cappa tossica » in cui milioni di persone vivono in un’area avente un
tasso di rischio, non solo per la
salute, ma anche per la stessa
sopravvivenza umana sette volte maggiore che in ogni altra zona d’Europa. Il Piemonte (che
viene subito dopo) è più fortunato: esso supera « solo » quattro
volte il livello massimo di rischio accertato nelle aree più
sporche del vecchio continente.
Il terzo gruppo (comprendente
un rischio che è da un terzo alla
metà di quello della Lombardia)
comprende quasi la metà del
Paese: Veneto, Emilia, Romagna
e Liguria al nord; Toscana e Lazio al centro; Campania e le isole al sud.
Nel quarto gruppo i rischi sono minori ma sempre inaccettabili e vi sono compresi il Trentino-Alto Adige e la Calabria, con
la tendenza, per le Puglie ed il
Friuli, a passare nel terzo raggruppamento.
Soltanto quattro regioni si collocano su valori europei e cioè:
Marche, Abruzzi Molise e Basilicata, unicamente per il fatto che
di industrie nocive ne hanno poche o nessuna.
A questo punto sorge logica una domanda: come mai in Italia,
che certamente non è più indu
Comitato di Redazione : Bruno
Bellion Valdo Benecchi, Gustavo
Bouchard, Niso De Michelis, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Viola.
Direttore; GIORGIO TOURN
Dir. responsabile: GINO CONTE
Amministrazione; Casa Valdese,
10066 Torre Pellice (To) - c.c.p.
2/33094 intestato a « L'Eco delle
Valli - La Luce » - Torre Pellice.
Abbonamenti: Italia annuo 5.000
- semestrale 2.500 - estero annuo
7.500.
Una copia L. 150, arretrata L. 200
Cambio di indirizzo L. 100.
Inserzioni : prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 col.: commerciali L. 100 - mortuari 150 - doni
50 - economici 100 per parola.
8 luglio 1960
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice
strializzata della Francia o della
Germania o delTInghilterra il rischio delle aziende nocive supera così tanto i livelli europei? La
risposta è a sua volta inequivocabile: solo un’industria italiana
su otto — secondo una recente
statistica dell’ONU — ha dispositivi di sicurezza e di antiinquinamento conformi agli standard
internazionali, mentre due terzi
del totale non hanno alcun dispositivo.
I motivi di questa grave situazione sono molteplici, ma credo
che siano essenzialmente riportabili a tre fattori: le gravi mancanze degli imprenditori (pubblici e privati) nell’adottare le va
rie misure di sicurezza, per cui il
nostro paese ha il record delle
malattie professionali, degli infortuni, della mortalità industriale (il quadruplo della Germania
e della Francia). Segue l’inadeguata azione preventiva e repressiva degli organi sia locali che
statali, ivi compresa la magistratura. Infine, mi pare che gli stessi sindacati non svolgano una
azione sufficientemente energica
(in parecchi casi gli operai non
sanno neppure che lavoro stanno facendo!) allo scopo di tutelare sia le maestranze che gli
abitanti delle zone circostanti
Eppure, l’art. 32 della Costituzione è chiaro: « La Repubblica
tutela la salute come fondamentale diritto deH’individuo e interesse della collettività... ». Anche
1 art. 9 dello Statuto dei lavoratori dice che essi « mediante
loro rannresentanti, hanno diritto di controllare l’applicazione
delle norme per la preservazione
degli infortuni e delle malattie
professionali e di promuovere la
ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a
tutelare la loro salute e la loro
integrità fisica ».
Gli esperti affermano che basterebbe un periodo di sei mesi,
un anno per impiantare tutti i
dispositivi necessari in qualunque fabbrica, ivi compresa la rinascita dei fiumi e dei laghi ormai morti. Evidentemente, si
tratta di un problema di volontà
politica, oltre che un nreciso dovere civile dei poteri economici
ed amministrativi.
Roberto Peyrot
problema mondiale
L'amhiente sotto Gontrollo
Mettere in opera un sistema
mondiale di controllo permanente dell’ambiente: questo lo scopo di un centro di ricerche istituito presso il Chelsea College
dell’Università di Londra.
A scadenze regolari si ritrovano presso il centro scienziati di
tutto il mondo per confrontare
1 risultati delle loro ricerche e
promuovere nuove iniziative.
Quello che importa, dice il direttore del centro prof. Goodman, è che si stabilisca una valutazione sistematica dei dati, in
modo da poter prevedere quando i limiti massimi di tolleranza
stanno per essere superati.
Uno dei problemi allo studio
del centro è la diffusione e lo
spostamento della nube di frèon,
il gas usato per le bombolette
spray, gas che, allo stato attuale
delle ricerche, non è degradatane.
Una delle interessanti conclusioni su cui il Centro lavora attualmente è stata formulata dal
Dr. P. Coarry (Canada) che si
occupa particolarmente dell’inquinamento da sostanze radioattive, nella visione della genesi
del cancro.
Non c’è inquinamento senza
conseguenze, né esiste un limite
di sicurezza assoluto. Occorre
sapere il prezzo che si è disposti a pagare per un megawattora o per ima tonnellata di cloro. Il rischio deve essere esaminato in funzione dei vantaggi
Nello scorso numero abbiamo
presentato ai lettori alcune risoluzioni che il comitato centrale
del C.E.C. ha preso in occasione
della sua ultima riunione. Ritorniamo oggi su quella relativa ai
profughi e ne diamo più ampia
notizia.
Il c.c. ha anzitutto preso atto
del documento dal titolo : « I profughi : un problema a scala mondiale » e ne raccomanda lo studio alle chiese. Allo stesso tempo esso esprime riconoscenza a
tutte le chiese e relative istituzioni per l’appoggio che esse danno
ai profughi ed ai programmi del
CEC in loro favore.
Il c.c. inoltre formula le seguenti raccomandazioni :
— Il CEC continuerà a stimolare l’impegno delle chiese nel
loro lavoro per i profughi, sottolineando il loro ruolo pastorale
unico e la loro missione di aiuto permanente presso coloro che
cercano un rifugio;
— il CEC, in stretto contatto
colle chiese-membro cercherà
di approfondire la comprensione
delle cause e degli effetti della
situazione dei profughi. In modo particolare cercherà di intensificare i contatti colle chiese dei paesi di origine dei profughi per discutere:
1) Le condizioni che hanno
costretto queste persone ad abbandonare i loro paesi, collegando ad esse la preoccupazione
delle chiese per i diritti dell’uomo a quella che esse manifestano per i profughi;
2) come queste chiese possano impegnarsi collaborando e
riflettendo colle chiese dei paesi
ospitanti ;
3) come le chiese possano lavorare all’ eliminazione delle
cause del problema;
4) come il CEC e le chiesemembro possano aiutarsi a vicenda in questo campo.
il CEC e le chiese-membro
insisteranno presso i governi
affinché facilitino il rimpatrio
dei profughi che desiderano rientrare nei loro paesi e che diano il loro pieno appoggio all’Alto commissariato delle Nazioni
Unite creato a questo scopo;
— il CEC inizierà una riflessione teologica sulla responsabilità
che hanno le chiese ricordando
che fin dai primi tempi esse
hanno sempre considerato l’offerta di asilo come parte integrante della loro responsabilità
spirituale e morale;
il CEC e le chiese-membro
continueranno a richiedere ai
governi di adottare politiche più
liberali di ammissione e di sostegno ai profughi ;
CEC e le chiese-membro
adropreranno la loro influenza
a livello nazionale ed internazionale per promuovere l’adozione
di una Convenzione sul diritto
d asilo e per lavorare per l’attribuzione all’Alto commissariato
delle N.U. di un mandato più liberale che estenda la sua protezione ed il suo aiuto ai profughi
de facto che attualmente non ne
beneficiano.
La tragica fine del Libano
■A- Seguiamo, con infinita tristezza e con sentimenti di profonda pietà, i sussulti mortali
del piccolo, sventurato popolo
del M. Oriente, sul quale si è scatenata la più feroce guerra, ad un
tempo civile e contro lo straniero invasore. Quale orrore, poi,
leggere e vedere (documentario
di martedì 24.8, « dossier » del
TG2 alla TV) che la croce di Cristo è innalzata dai massacratori
dei palestinesi, che un’immagine
sacra (o ritenuta tale) viene esibita sul fronte anteriore d’un
gippone falangista (v. fotografia
su « Panorama » del 31.8.76): è
un’immagine di quelle così frequenti anche nelle chiese cattoliche italiane, di Gesù che mostra il proprio cuore sanguinante e irradiante lucei...
Dopo il nostro ultimo articolo
sull’argomento (v. il n. 25 di questo settimanale, in data 18.6.’76),
la situazione è precipitata rapidamente: una vera e propria disgregazione dell’intera società libanese è in atto, accompagnata
da un genocidio, d’inaudita feroria e dalla distruzione, pressoché
totale, degli edifici e delle altre
opere civili.
Da una « scheda » pubblicata
su «L’Espresso» del 31.8, riportiamo le seguenti notizie su quella parte (circa 250 mila anime)
dello sventurato popolo palestinese (circa 3 milioni e 260 mila,
in totale) che, a seguito del massacro già subito per ordine di re
Hussein, emigrò dalla Giordania
al Libano.
« Per il popolo palestinese cominciava una nuova odiessea. Il
Libano fu ospitale. Il presidente
del Libano, Seuliman Frangie
(oggi acerrimo nemico e sterminatore di palestinesi), che pensava di utilizzare i rifugiati nel
complicato gioco politico dei par
tiiti libanesi, finanziò la formazione dei partiti libanesi, finanziò la formazione dei campi, diede armi ai guerriglieri
Il , proletariato musulmano
controllato dal partito comunista libanese e dal partito progressista di Ramai JuMblatt, divenne ben presto un tutt’uno coi
nuovi ospiti.
J Ptitti segreti del Cairo del
ly/O, sottoscritti da tutti i paesi
arabi, stabilivano che i palestinesi potessero servirsi del Libano come base militare per le loro
azioni nei territori occupati da
Israele. Sequestri di aerei, strage di Monaco, clamorosi atti di
terrorismo, azioni di guerriglia
in territorio israeliano, valoroso
comportamento nella guerra del
Kippur, rafforzarono le posizioni
palestinesi, informarono tutto l
mondo della loro questione, riproposero in termini sempre più
drammatici la necessità di una
soluzione.
Nel '73, al vertice di Rabat, tutti i paesi arabi riconobbero nellOlp (= Organizzazione per la
Liberaz.ione della Palestina) l’unica legittima rappresentante del
popolo palestinese e rivendicarono la sua partecipazione al tavolo delle trattative con Israele.
Messi ufficialmente nel gioco poù’tfco, Arafat e la maggioranza,
delle organizzazioni palestinesi
cominciarono a parlare sempre
meno dell’utopistica estinzione
d’Israele, e più realisticamente
puntarono, soprattutto nelle trattative segrete con gli americani
e con Henry Kissinger in particolare, alla nascita di uno Stato
palestinese nei territori occupati
dagl’israeliani nel 1967: Gaza e la
Cisgordania, e attribuiti, da una
risoluzione dell' assemblea dell’ONU, ai palestinesi.
Con una politica moderata.
Yassir Arafat, un politico abile e
spregiudicato, ottenne di parlare,
nel 1975 alle Nazioni Unite. Un
notevole successo politico che insospettì molti arabi, specie la Siria, e i reami più reazionali come
l’Arabia Saudita.
Alle élites monarchiche, militari, piccolo borghesi, che governano nel M. Oriente, l’eventuale formazione di uno Stato palestinese
di tendenza progressista, guidato
da una classe dirigente di origine
proletaria, uscita da una lunga
guerra di liberazione e con una
solida formazione ideologica, dava e dà parecchio fastidio. Occorreva spegnere l’autonomia dei
palestinesi, ricondurre la resistenza a un ruolo subalterno.
“La questione libanese (spiegano all’Olp di Beirut) nasce da
qui, da questo complotto per minimizzarci. Se la resistenza palestinese sarà sconfìtta, decimate,
allora le borghesie arabe al potere potranno governare tranquillamente. I falangisti che ci massacrano a Teli Al Zaatar lavorano in questa direzione".
Secondo l’Olp, il complotto riguarderebbe la Siria e Israele. In
cambio del Golan, Israele permetterebbe la spartizione del Libano, l’occupazione siriana, la
costituzione di due Stati, uno
maronita e l’altro palestinese
musulmano, sotto protettorato
militare siriano, in pratica senza
nessuna autonomia palitica. “In
tal modo eliminerebbe il problema della Cisgiordania, e di Gaza,
e Israele si terrebbe i territori
occupati. I palestinesi però non
vogliono la spartizione del Libano. Qui non è casa nostra. Vogliamo tornare nella nostra terra , dice Faruk Kaddumi, capo
dell’ufficio politico dell’Olp. “Per
questo siamo disposti a morire
oggi come ieri" ».
Come eliminare
«il caso
Franzoni»
(segue da pag. 1 )
uomini di punta con la tattica
degli «opposti estremismi», già
collaudata in Italia dalla D.C
Qualcuno ha paragonato il caso Lefebvre al movimento dei
« vecchi cattolici » del 1870, i
quali si erano separati dalla Cuna romana perché non accettavano Il dogma dell’infallibilità,
del papa. Ma il paragone non calza. 1 vecchi-cattolici rappresentavano un movimento progressista, che non accettava la radicale riduzione in schiavitù alla quale il Concilio Vaticano I riduceva 1 cattolici, mentre Lefebvre
non ha altro da proporre che
una pesante atmosfera da deposito di ferri vecchi.
r romana ha ottenuto
effetto di togliere Franzoni dalla cronaca dei giornali, ma soprattutm ha sviato l’attenzione
dei cattolici e ha messo Franzoni sulla stessa linea di Lefebvre
al punto che il settimanale cattolico di Pinerolo può pretendere che « dom Franzoni non si lasci strumentalizzare da gruppi a
dimensione e orientamento univoco » (L’Eco del Chisone, 26 agosto 1976, p. 1), Così la Curia romana, 1 affossatrice del Concilio
Vaticano II, può presentarsi al
popolo cattolico come sostenitrice della vera linea conciliare tra
gli « opposti estremismi ».
Certamente Franzoni non reagirà come Lefebvre, anzitutto
perche Franzoni è una persona
sena che si pone realmente il
problema della fedeltà all’Evangelo e della sua autentica predicazione nel tempo presente; inoltre perché Franzoni sa che lo
scopo delle tattiche curiali è proprio di fplo apparire scismatico e toglierlo di mezzo: egli si
sente respon,sabile dinanzi a Dio
che Io ha chiamato al ministero
della Parola e al servizio del popolo credente e si regolerà secondo coscienza.
Abboccherà all’ amo la base
cattolica? Gli avvenimenti degli
ultimi tempi ci permette di sperare che il risveglio dei cattolici
continui e che ciò che per essi
ha rappresentato il Concilio Vaticano II si sviluppi contro ogni
manovra della reazione curiale.
Giovanni Franzoni e tutti coloro
che combattono con lui hanno la
nostra solidarietà nel rispetto
delle loro decisioni e con l’augurio che il Signore della chiesa
dia a loro di non venir meno nell’adempimento del mandato che
essi hanno ricevuto.