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ECO
DELLE VALLI VALDESI
SìiT. FEYROT Arturo
Via c. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 97 - Nom. 11
Una copia Lire 70
f Eco: L. 2.500 per Tinterno
i L. 3.500 per l'estero
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
i:ino di iodirizzo Lire 50
TORRE PELLICE - 13 Marzo 1970
Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Una religione per il Duemila
Un quotidiano milanese ha recentemente organizzato un ideale
dibattito a più voci sul tema « Una
religione per il Duemila ». Sono intervenuti alcuni scienziati (tra cui
il padre della missilistica e dei
voli spaziali Wernher von Bratm),
un filosofo (Vittorio Mathieu, dell’Università di Torino), uno dei più
autorevoli studiosi di marxismo
(Lelio Basso), e uno storico delle
religioni (Paolo Brezzi, dell’Università di Roma).
La domanda di fondo soggiacente all’intero dibattito era: Le ultime conquiste del pensiero umano
contraddicono le religioni tradizionali? Bibbia e Apollo 11, angeli e
galassie, anima e biologia, paradiso ed elettroni, possono vivereinsieme nella mente di un uomo
moderno? Le scoperte della fisica
e della genetica, le ricerche condotte fin nel cuore della materia,
i voli spaziali e l’esplorazione del
cosmo costitui-scono una minaccia
per la fede?
In genere, le risposte contengono previsioni ottimistiche sull’avvenire religioso dell’umanità. In
base a quanto affermano gli studiosi interpellati, appare inconsistente l’ipotesi, avanzata da molti,
che ci stiamo avviando verso un’epoca di ateismo integrale. Altrettanto infondata l'isulta l’idea, ancora largamente diffusa, secondo
cui tra scienza e fede c’è un contrasto insanabile e la cosiddetta visione scientifica del mondo deve
necessariamente scalzare e prima
o poi sostituire quella religiosa. Al
contrario il filosofo Mathieu sostiene che « la scienza non solo è
compatibile con una fede religiosa, ma può predisporre l’animo ad
accoglierla », e conclude il suo intervento con questa acuta osservazione: « la scienza avvicina l’uomo a Dio se lo aiuta a non credersi Dio: soltanto che non sempre ci
riesce ».
Lelio Basso riprende il tema così controverso dei rapporti tra
marxismo e religione. Quest’ultirna è proprio una sovrastruttura
che un radicale mutamento dei
rapporti sociali potrebbe far cadere? Basso ritiene di sì, pur non
escludendo che anche in una società socialista possano verificarsi,
per motivi diversi, fenomeni di reviviscenza religiosa. Maggiori novità si riscontrano a proposito della celebre (e spesso mal compresa)
teoria marxista della religione come oppio dei popoli. Basso si rifiuta di applicarla alle forti correnti di cristianesimo rivoluzionario
particolarmente diffuse in America
Latina ma vive anche nelle frange
dissidenti della cristianità europea
e nord-americana. Insomma: non
ogni religione è oppio del popolo.
La teoria di ieri è stata in parte
corretta e il giudizio marxista sulla religione si va facendo più sfumato, più articolato e meno negativo di un tempo. (In un articolo
apparso sul numero del novembre
scorso della Rivista Ulisse, Basso
aveva sostenuto la stessa tesi:
« Certo nessun serio marxista oserebbe dire che la religione cristiana, così come la professano queste energie fresche ed entusiaste, è
l’oppio dei popoli... Quanto all’oppio dei popoli potremmo affermare, proprio d’accordo con queste
nuove correnti cristiane, che esso
è il riformismo, il rifiuto della rivoluzione »).
Con Wernher von Braun ritorna il problema dei rapporti tra
scienza e fede. Ecco qualche sua
significativa affermazione. « Taluni sono turbati dal fatto che non si
possa provare scientificamente l’e
sistcnza di Dio. Ma dobbiamo veramente accendere una candela
per vedere il sole? » Anche secondo von Braun tra scienza e religione non v’è incompatibilità o
contraddizione ma, al contrario,
« coesistenza pacifica » e un’unità
di fondo ancora nascosta ma già
esistente. « La scienza nel suo sforzo di comprendere il creato e la
religiotte nel suo sforzo di comprendere il Creatore hanno molti
obiettivi in comune ». Stupisce, infine, e rallegra udire questi che è
imo dei padri della cosmonautica
e uno dei massimi scienziati del
nostro secolo dichiarare: « in questa èra di voli spaziali... la Bibbia
— questa grandiosa, emozionante
storia della graduale rivelazione
e spiegazione della legge morale —
resta in ogni senso un libro aggiornato ».
La religione, dunque, non è finita né sta agonizzando. Le risultanze del dibattito concordano nel
concludere che la generazione del
Duemila sarà ancora religiosa e
che la scienza non celebrerà i suoi
trionfi a scapito della religione, si
affermerà senza scardinare o cancellare la scienza religiosa dell’uomo.
Eppure queste prospettive sostanzialmente rassicuranti non
possono davvero soddisfare una
coscienza cristiana né possono reggere il confronto con la parola dell’Evangelo. Come conciliare le rosee previsioni ora evocate con l’inquietante domanda di Gesù:
« Quando il Figliuol dell’uomo verrà, troverà egli la fede sulla terrà? » (Luca 18: 8)? Ma a parte questo, la Bibbia ci insegna che Dio
può restare sconosciuto in una
città e in una civiltà molto religiosa (cfr. Atti 17: 22-23). Cioè: molta religione non significa necessariamente molta fede. Ci può essere molta religione, e poca o nessuna fede. Il latto che la generazione del Duemila sarà presumibilmente religiosa non significa ancora che sarà credente. Perciò, in
una prospettiva evangelica, il problema non è se ci sarà ancora religione nel Duemila, ma quale religione ci sarà.
Il vero dibaftito che occorrerebbe organizzare dovrebbe avere come tema non già « Una religione
per ih Duemila », ma « Quale religione per il Duemila? ». E la risposta evangelica a questo quesito potrebbe non essere altro che
un commento idla parola di Gesù:
« I cieli e la tn ra passeranno, ma
le mie parole non passeranno »
(Luca 21: 33). Neppure nel Duemila.
Paolo Ricca
UNA LETTERA AUTOGRAFA DEL CARD. AGAGIANIAN
Nel '67 la RAI ha donato al Vaticano
oltre cento milioni raccoiti per i’India
Non sono lettore abituale di « ABC »;
ma questa volta in edicola la copertina del settimanale recava, sulla razione consueta di epidermide femminile,
Sacra Congregazione
“De Propaganda Fide"
Prot. N. 4536/67
Roma, 26 settembre 1967
Eccellenza,
Si è qui appreso con grande piacere che
l'Eccellenza Vostra e gli illustri Componenti degli uffici amministrativi della RAI
hanno deciso di devolvere il residuo degli
aiuti raccolti per la fame delVIndia (oltre
100 milioni) in favore di opere missionarie esistenti in quel Paese.
Tale decisione, mentre costituisce un significativo attestato dei nobili sentimenti
di vostra Eccellenza e dei Suoi collaboratori nei confronti delle missioni cattoliche,
rappresenta altresì una nuova, valida testimonianza di quel contributo che la RAI,
in varie forine e da molti anni, non manca di dare, generosamente, alla migliore
comprensione dell’attività missionaria.
Desidero, pertanto, esprimere all’Eccellenza Vostra, che quale degno e autorevole
Presidente regge le sorti di sì importante
organismo, la sentita gratitudine di questo Sacro Dicastero per il generoso gesto e
il suo vivo apprezzamento per la collaborazione finora prestata.
Mi è propizia la circostanza per confermarmi con sensi di alta stima e del più distinto ossequio,
devotissimo G. P. Card. Agagianian
Pref.
A Sua Eccellenza
rAmbascìatore Piero Quaroni
Presidente deUa R.A.I.
iiiiiiiiiiiiimmiiii
■limi.........
Tulio è dunque possibile, nel noslro paese?
Minacciato di esproprio
VUiaggio "Speranzo", a Vita!
Come è stato a suo tempo reso noto,
per iniziativa del « Servizio Cristiano »
della Chiesa Evangelica Valdese di Palermo c sotto gli auspici della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, di enti assistenziali all’estero (Diakonisches Werk in Hessen und Nassau, HEKS/EPER Svizzera, Wilde
Ganz, Olanda) e della Radio TV Suisse
Romande (Chaîne de bonheur) e con
doni di privati è stato costruito dopo
il terremoto del 15 gennaio 1968, a Vita, in provincia di Trapani, il Villaggio « Speranza », costituito da venti
case prefabbricate ed assegnate ad altrettante famiglie terremotate che le
abitano hn dall’estate del 1969. A differenza della maggior parte delle baracche costruite nelle zone terremotate, le case del villaggio si compongono di 4 stanze, disimpegnate da un
corridoio, della cucina e servizi igienici con boiler e doccia. Le case, fornite da una ditta austriaca specializzata, sono di costruzione anti sismica,
refrattaria agli agenti atmosferici e risultano così ben rifinite da costituire
un vero modello di tecnica edilizia. La
disposizione delle case è stata fatta rispettando la configurazione naturale
del terreno e in modo da costituire un
« Villaggio » con tutti i servizi essenziali per un civile centro abitato: strade e raccordi stradali, piazzale, pubblica illuminazione. Centro Sociale, rete idrica e fognante. Ogni casa dispone di un piccolo giardino antistante
per uso familiare. Oltre 200 alberi sono
stati piantati per il rimboscamento del
terreno scoperto. Il Villaggio è organizzato in « Centro Comunitario » di
sviluppo agricolo e sociale e rappresenta una realizzazione di avanguardia.
Il Villaggio è stato costruito con criteri di stabilità e di comodità, onde
assicurare alle famiglie, cosi duramente provate dal terremoto, una casa degna di questo nome che servisse ad
elevare il loro tenore di vita e a dare
un segno nuovo di fiducia e di speranza a chi aveva, per dolorosa esperienza, perduto ogni fiducia e ogni speranza.
Le case sono state assegnate a famiglie terremotate di Vita, senza alcuna
discriminazione religiosa o politica,
senza raccomandazioni o favoritismi
clientelari, o pressioni di alcun genere,
ma solo in base ad obbiettivi criteri
di necessità.
La stampa e l’opinione pubblica hanno espresso il loro plauso e il loro apprezzamento.
Ciò premesso, dobbiamo ora informare l’opinione pubblica che purtroppo a questa azione di solidarietà umana e fraterna, per cui non abbiamo
chiesto riconoscimenti ufficiali, né titoli di benemerenza, si risponde da
parte degli organi preposti alla ricostruzione, con la minaccia di un esproprio del terreno e con la prospettiva
di una demolizione del villaggio. Nella
elaborazione dei piani di ricostruzione,
resistenza del Villaggio è stata completamente ignorata, a tal punto che
il nuovo insediamento urbanistico di
Vita verrebbe a sovrapporsi sull’area
del Villaggio, le cui case dovrebbero
essere demolite per lasciare il posto
ad altre progettate e per la cui costruzione bisognerà attendere.
Teniamo a precisare che il progetto
di costruzione del Villaggio fu reso
noto a distanza di poche settimane
dall’evento sismico alle autorità comunali che avevano prima messo a disposizione per questo scopo due appezzamenti di terreno che poi, per un
motivo o per un altro, risultarono indisponibili. La « Tavola Valdese », ente morale di culto, di istruzione e di
assistenza, per procedere ad una più
sollecita realizzazione del progetto, acquistò (a prezzo di esosa speculazione
di privati!) fin dalla data del 21 maggio 1968, il terreno su cui è poi sorto il
Villaggio.
Quando i tecnici dell’I.S.E.S. iniziarono i primi rilievi, il Villaggio era in
costruzione ed è cosa davvero stupefacente che i piani di ricostruzione siano stati eseguiti ed approvati — come
sembra — ignorando questa realtà.
Nessuno inoltre potrà mai credere che
l’esigua estensione di terreno occupata dal Villaggio sia, in tutto il vasto
territorio del Comune di Vita, la sola
disponibile o reperibile per la parziale
ricostruzione del paese. Un eventuale
esproprio non potrebbe essere fatto
senza arrecare un incalcolabile danno
morale oltre che materiale non solo a
chi ha dato un così encomiabile esempio di solidarietà, ma anche a tante
famiglie che si vedrebbero di nuovo
strappate a forza da quelle case nelle
quali, dopo tante tribolazioni, hanno,
finalmente, trovato una abitazione.
Nessuno può inoltre comprendere in
base a quale criterio di sana economia
amministrativa si pretenda che, per
costruire delle case per i terremotati
si debbano prima demolire quelle che,
per lo stesso scopo, sono state appena
ultimate ed edificate per durare e non
certo per essere demolite a breve scadenza.
Pietro Valdo Panasela - pastore valdese. Servizio Cristiano di Palermo.
Neri Giampiccoli - Moderatore della
Tavola Valdese. Vice Presidente
della Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia.
Francis Gschwend - Segretario dell’EPER - Svizzera.
Walter Rathgeber - Direttore del Diakonisches Werk Hessen und Nassau - Germania.
una scritta che ci ha attirati; Gli italiani derubati: 100 milioni dalla RAITV al Vaticano. Perbacco.
Il settimanale riporta la copia fotostatica di una lettera scritta il 26 settembre 1967 dal card. G. P. Agagianian,
prefetto della Congregazione vaticana
« De Propaganda Fide », aH’allora presidente della RAI, Pietro Quaroni. Pubblichiamo qui accanto il testo della lettera, che su « ABC » viene ampiamente commentato in un articolo di Anna
Maria Rodari, la quale ricorda l’antefatto.
Nel gennaio 1966 andarono incalzando le notizie sempre più drammatiche
di un’ondata di siccità quale l’India
non aveva conosciuto da cinquant’anni, apportatrice di una carestia terribile, soprattutto nello Stato del Kerala. Il premier indiano Indirà Gandhi, poi U Thant per l’QNU, Sen per
la FAQ, il pontefice romano lanciarono
appelli successivi alla solidarietà; il 13
febbraio il presidente Saragat lanciò a
sua volta un appello televisivo e aprì
la sottoscrizione con 10 milioni, segui
subito il PCI con 5 milioni, e fu una
gara di solidarietà: ventiquattr’ore dopo la RAI aveva già raccolto 123 milioni 935.000 lire, alla fine del 1966 si
era giunti a 6 miliardi di lire. Poi calò
il silenzio, rotto quando Indirà Gandhi
ringraziò cortesemente, ma chiese che
si cessasse l’invio di derrate alimentari, che giungevano guaste. Ci fu chi
s’indignò per l’ingratitudine o la boria, ma ci fu anche chi sentì nascere
sospetti. Le merci arrivavano marce
a Calcutta o partivano già marce dai
nostri porti? La giornalista di « ABC »
ricorda che il settimanale fu già allora fra i primi a denunciare la cosa. Lo
scandalo fu soffocato, ma nel 1967 eccone un altro: durante « il boom benefico » — così la Rodari — « il presidente della RAI, Pietro Quaroni (presidente anche dell’annesso Comitato
di Aiuti all’India), fece un lungo discorso per dire che la RAI-TV avrebbe reso pubbliche le sue scelte circa
l’impiego dei 6 miliardi raccolti. Disse
che, per esempio, si era deciso di acquistare ingenti quantitativi di riso
birmano, perché questo costava meno
ed era più simile al riso che gli indiani mangiano abitualmente ». Poi si seppe che non solo la RAI aveva scelto il
riso di qualità più scadente, ma che
in realtà non aveva affatto comperato
riso birmano; d’altra parte, non aveva
neppure acquistato il riso italiano offerto a basso prezzo dai produttori
vercellesi: aveva preferito acquistare
centomila quintali di riso al prezzo favoloso di L. 12.800 il quintale dall’Ente
Risi (fra Enti ci si capisce...).
Ecco dunque un miliardo e mezzo;
poi le derrate marce; ma il resto dei
(continua a pag. 4)
iiiiiiiiiiimiilNiniiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiimimi
RIUNITI A SÉTE
I rappresentanti del pretestantesimn latine d'Enrnpa
Dal 3 al 5 marzo si sono riuniti a
Séte, sulla costa francese meridionale,
una quarantina di rappresentanti delle Chiese protestanti dei Paesi latini
d’Europa. Al termine della Conferenza, di cui riferiamo a pag. 3, è stato
votato all’unanimità questo documento.
I rappresentanti delle Chiese protestanti dei Paesi latini d’Europa, riuniti a Séte il 3, 4 e 5 marzo 1970, esprimono la loro gratitudine ai membri
del Comitato di continuazione per il
lavoro che ha svolto, e in particolare
al presidente, il past. H. Capo, e al
segretario, il past. E. Louis.
L’ampio scambio di vedute al quale
abbiamo proceduto ha mostrato che
le relazioni e la concertazione esisten.
ti devono continuare fra le Chiese
protestanti dei Paesi latini d’Europa,
per i seguenti motivi:
1. - l’esistenza di innegabili affinità in seno alla latinità;
2. - la nostra testimonianza comune in seno a una società generalmente influenzata dal cattolicesimo romano;
3. . i problemi che ci vengono posti dalla Chiesa cattolica romana in
piena evoluzione e, d’altro lato, dalle
comunità informali che appaiono e si
sviluppano anche in alcune delle nostre Chiese;
4. - l’indispensabile solidarietà nelle nostre situazioni di isolamento e di
povertà ;
5. - la possibilità d’incontro fra
Chiese che sono membri del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) o
della Conferenza delle Chiese europee (KEK) e Chiese che non lo sono ».
Tali constatazioni determinano per
le Chiese protestanti dei Paesi latini
d’Europa le seguenti responsabilità:
1. - la riflessione teologica comune in vista di una nuova presa di coscienza della loro vocazione;
2. - la preoccupazione di rendere
una testimonianza comune di fronte
alla Chiesa cattolica romana, in seno
al movimento ecumenico e nei confronti della società contemporanea;
3. - l’esame del problema della comunicazione dell’Evangclo per il tramite delle lingue latine;
4. . l’organizzazione di uno scambio d’informazioni;
5. - l’incoraggiamento a pubblicare e a diffondere una letteratura teologica appropriata alle necessità di
ogni paese;
6. - l’intensificazione di un programma di visite reciproche, di formazione comune in vista dei ministeri e di una messa in comune di questi
ministeri.
La Conferenza riconosee che un
certo numero di responsabilità comuni devono essere vissute in un quadro più vasto. Di conseguenza raccomanda alle sue Chiese-membri di prestare attenzione particolare ai lavori
della Conferenza delle Chiese europee.
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pag 2
N. 11
13 marzo 1970
VERSO L’ASSEMBLEA RIFORMATA
E CONGREGAZIONALISTA DI NAIROBI (AGOSTO 1970)
Dio riconcilia e libera
i ricchi e i poveri
Luca 16, 19-31
La natura sembra volere che si dia a chi ha e
che a chi non ha si tolga anche quello che ha. In sé
il sistema internazionale dei mercati comporta una
tendenza a favorire i ricchi, in modo tale che i ricchi si arricchiscono e i poveri s’impoveriscono ulteriormente. Il sistema dei mercati non implica responsabilità morale, ma gli uomini sono moralmente responsabili. La parabola del ricco e di Lazzaro
costituisce una sorta di ’romanzo nero’, che si ripete però costantemente sul piano nazionale e su
quello mondiale. Eppure, come la tecnica offre agli
uomini il potere di fabbricare ricchezza, l’evangelo
permette loro di sfuggire alla spirale dell’accrescersi della ricchezza e della povertà e di essere riconciliati gli uni con gli altri.
La storia del ricco e di Lazzaro
non è fra le parabole pili popolari
di Gesù. Non ha « happy end ».
Gontiene particolari imbarazzanti
suiriiades e sulle fiamme dell’inferno, che è così difficile di spogliare
deireleinento mitologico che racchiudono e armonizzare con la nostra concezione attuale — più confortevole — del mondo. D’altra parte questa parabola presenta seri pregiudizi contro i ricchi e a favore dei
poveri, il che può essere consolante
per molti, ma mette forzatamente a
disagio la maggior parte dei cristiani bianchi di oggi.
Bisogna ammettere che la Bibbia
mantiene una linea abbastanza uniforme nell’atteggiamento che assume nei confronti dei ricchi e dei poveri. « È più facile per un cammello
passare per la cruna di un ago, che
per un ricco entrare nel regno di
Dio» (Matteo 19: 24). «Beati voi,
che siete poveri, perché il regno di
Dio è vostro» (Luca 6: 20). «Dio
non ha forse scelto coloro che sono
poveri agli occhi del mondo, affinché siano ricchi nella fede e eredi
del regno che ha promesso a coloro
che lo amano...? » (Giacomo 2: 5).
Essa parla talvolta dell’uomo ricco
come di colui che Dio ha henedetto,
ma non è questo il suo punto di vista
abituale. Generalmente, secondo la
Bibbia, i poveri sono particolarmente vicini a Dio e sensibili alle realtà
spirituali: poiché non hanno nessun
altro su cui contare, ripongono la loro fiducia in Dio. Il nome del povero della parabola. Lazzaro (Eleazar), significa «colui che Dio aiuta».
Possiamo forse trovare la chiave
di questa posizione: Israele considerava il tempo durante il quale aveva
errato per quarant’anni nel deserto
e tutti erano uguali e non esistevano
distinzioni fra ricchi e poveri, come
una specie di modello di vita. ()uando l’organizzazione sociale d’Israele
si fece più complessa e quando la
classe dei ricchi e quella dei poveri
si separarono, si pensò che ci si stava
allontanando dagli ideali della vita
nazionale. D’altro lato, siccome proprio alcuni dei poveri erano i meglio
disposti ad ascoltare i jirofeti e attendevano con pili fervore la venuta
del Messia, il termine stesso di « poveri » finì per designare nel Nuovo
Testamento non soltanto coloro che
mancavano di risorse materiali, ma
anche coloro che erano spiritualmente umili e v:cini a Dio.
La Bibbia non idealizza la povertà? La povertà rende davvero sempre, o anche solo nella generalità
dei casi, umile, sens bile, virtuoso,
indipendente? Non sembra che così
avvenga oggi, nel mondo. Forse le
cose tanno altrimenti nel quadro di
un’economh rurale, nella quale
l’uomo senza lavoro e senza denaro
può sjiesso sujiplire alle ne"essità
della sua famiglia pescando, cacciando e coltivando il proprio giardino,
conservando così la propria dignità
e la propria indipendenza. Invece in
una città moderna un uomo senza
lavoro e senza denaro non ha assolutamente altra scelta che quella fra
l’assistenza e la delinquenza — e di
sicuro né l’una né l’altra contribuiranno molto a rafforzare le sue virtii o il risjietto che deve a sé stesso.
Malgrado tutto, è forse ancora vero che gli uomini i quali hanno ]>oc.a sicurezza nella vita, dijiendono
dall’assistenza e hanno scarse possibilità di forgiare il proprio destino,
saranno tendenzialmente più sensibili dei ricchi aH'ingiiistizia e più
realisti a jiroposito dell’ordine delle
priorità.
In un libro intitolato The Great
Ferir in Latin America (La grande
paura nell’America Latina) il giornalista .lohn Gerassi riferisce, una
conversazione con una donna incinta, nella favelas sulle colline intorno
a Rio :
« I miei primi due piccoli sono
morti pochi mesi dopo la nascita.
Adesso spero che questo sia un ra
gazzo, che cresca e diventi forte e
possa vendicare la morte di suo fratello e di sua sorella ».
Le ho chiesto chi, secondo lei, fosse responsabile della situazione. La
risposta non si fece asjiettare:
« Lei! e tutti gli altri come lei,
che possono pagarsi queste scarpe e
quest’abito. Il solo denaro che ha
speso per la sua stilo, sarebbe bastato a salvare uno dei miei figli ».
La donna era ingiusta? Che le
aveva fatto, il giornalista? Nulla,
probahilinente. E il ricco della parabola, che ha fatto a Lazzaro? Nulla.
Sapeva che Lazzaro esisteva, come
molti di noi sono vagamente coscienti del fatto che c’è povertà e avvertono un certo disagio. Non ha fatto
nulla, ed è stato condannato perché
non ha fatto nulla.
Con la sua descrizione delle fiamme dell’inferno, la parabola presenta un carattere spiac^'volmente apocalitt co, co.sì come c’è qualcosa di
spiacevolmente apocalittico nella
ricchezza e nella jiovertà del mondo
moderno. La tecnica stessa, la quale
ha talmente avvilito la condizione
dei poveri nelle città, ha reso i ricchi più ricchi che mai, nel corso della storia. Sul piano nazionale com i
a livello internaz'onale il fossato c!ie
separa ricchi e poveri sembra allargarsi piuttosto che diminuire: ed ecco dove sorge il problema mora'e.
Se fossimo tutti poveri o tutti ricchi
insieme, la situazione sarebbe diversa. Ma quando i ricchi e i poveri vivono fianco a fianco nello stesso
mondo, bisogna affrontare la questione dell’ingiustiz'a. Ed è quel che
ci è successo.
Nel settembre 1968 il Consiglio
economico canadese ha pubblicato
un rapporto che ha sorpreso e sconvolto la maggior jiarte di coloro che
riiauno letto. Considerando indigenti le famiglie che devono impegnare
il 70% del loro reddito per le spese
di ])rima necess tà (cibo, alloggio,
abbigliamento), il Consiglio dichiara
che, secondo tale metro il 29% del
Canadesi vivono in povertà, «in condizioni pietose risultanti da una cattiva salute e da alloggi inadeguati —
e soffrono di insuccessi, di alienazione e di disjierazione accumulati e
spesso tragicamente ereditati da una
generazione aH’altra. In un’epoca in
cui l’insieme dei Canadesi gode di
uno dei livelli di vita più alti nel
mondo, il persistere di tale situazione costituisce un disonore ».
Ciò che qui importa è definire
realisticamente la povertà; una definizione che varierà da cultura a
cultura. Non è necessario che la gente vada a piedi nudi nella neve, per
essere povera; se, per ragioni economiche, hanno perso il controllo della propria esistenza e la possibilità
di vivere una vita dignitosa e indipendente, sono poveri e ci si deve
occupare di loro.
Se è già abbastanza grave che anche nelle nazioni sviluppate un fossato separi i ricchi e i poveri, questa disuguaglianza si fa assai più accentuata fra nazioni sviluppate e
paesi in fase di sviluppo. Lester
Pearson, attualmente presidente della Commissione per lo sviluppo internazionale creata dalla Banca mondiale, c'ta statist'che illustranti il
fossato sempre più profondo che si
scava fra i paesi ricchi e quelli poveri. Fra il 1960 e il 1962 il reddito
pro capite è aumentato di circa cento dollari nei paesi sviluppati, di
cinque dollari nei paesi in via di sviluppo. Pearson dichiara: «Il persistere di tale disuguaglianza non è
jirobabilmente tale da favorire la
pace nella famiglia umana. Le aii niosità che ne risulteranno sono incalcolabili ed esplosive, tanto più
che i problemi sono, oltre che economici, jiolitici ».
Il mondo straordinario e appassionante della scienza e della tecnica olire forse ai privilegiati del mondo un ambiente nel quale regna la
abbondanza, la salute migliora e i
redditi salgono; ma per il rimanente — l’80% dell’umanità — si tratta di un mondo nel quale regnano
il sovrapopolamento, la fame e una
jiovertà degradante. La situazione
jiare aggravarsi piuttosto che migliorare. C’e tuttavia qualcosa da
fare, e possiamo farla.
Al l’Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese, a Uppsala, la
economista cattolica Barbara Ward
ha presentato un’analisi all’incirca
in questi termini: non vi è ragione
che un sistema economico produca
nscessariamente risultati morali;
non è stato concejiito per questo e
non può raggiungere tale scopo. Il
sistema internazionale dei mercati
racchiude in sé un vizio di fondo:
arricchisce i ricchi e impoverisce i
poveri. E’ un fatto della vita. Ma
se i sistemi economici non hanno responsabilità morale, gli uomini sono invece moralmente responsabili e non hanno da prendersela con altri che con sé stessi se
permettono che i loro sistemi economici generino l’ingiustizia e la
sofferenza. Tali flagelli non sono inevitabili. Solo un secolo fa Disraeli
descriveva l’Inghilterra come una
POSIZIONI DEL DISSENSO CATTOLICO
Documento sul divorzio
La Comunità cattolica dissidente del Vandalino, di Torino, costituita e
curata dal sacerdote Vittorino Merinas, ha elaborato e diffuso un documento sul divorzio che reca la data del 25 gennaio 1970 e che riproduciamo integralmente.
Nella nostra ricerca sul problema
del divorzio suscitata dall’attuale momento legislativo in Italia, ci pare di
poter tenere presenti i seguenti punti
come stimolo per una ulteriore riflessione:
1) Rifiutiamo qualsiasi tentativo
palese o larvato operato da una struttura religiosa per imporre mediante
una legislazione civile un comportamento che ha la sua motivazione nella
fede. In tale senso ci pare operi la gerarchia ecclesiastica italiana nella volontà di impedire, attraverso un partito politico cd adducendo motivazioni
di apparente salvaguardia del bene e
deH'integrità della famiglia, l’approvazione della legge sul divorzio.
2) Rifiutiamo l’opinione secondo
la quale il divorzio aggrava i problemi della famiglia. Esso è semplicemente il riconoscimento giuridico della dissoluzione di fatto di un precedente legame coniugale con la possibilità
di nuovo matrimonio. T problemi della famiglia sono antecedenti e indipendenti dal divorzio e come tali devono essere affrontali e risolti.
3) Riteniamo che l’impossibilità di
un rapporto affettivo-sessuale pieno e
quindi di per sé duraturo sia dovuto
più che alla cattiva disposizione della
coppia, alle contraddizioni interne al
sistema in cui viviamo. Basato sul profitto e sul consumo, esso è, per sua
natura, portato allo sfruttamento non
solo delle cose, ma anche della persona. Essa è svilita e asservita alla produzione, resa incapace di veri rapporti
umani; strappata alla sua terra e alla
sua famiglia per anni o per troppe ore
al giorno,, assopettata a ritmi di lavoro deprimenti, diventata macchina
per produrre e da sfruttare, non ha
più né capacità né tempo per vivere
e sviluppare in sé gli autentici valori
umani.
In tale situazione la sessualità è sottratta al suo vero significato di comunione per diventare bene di consumo
e valvola di sicurezza di un sistema
alienante che in tal modo trova ingannevoli soluzioni alle sue contraddizio
ni più profonde onde continuare a sopravvivere e sfruttare l’uomo.
Per questi motivi denunciamo l’uso
ambiguo che di tale legge fa una società come la nostra, legge che agli occhi
dei più appare liberalizzante mentre
di fatto è al servizio delle classi sfruttatrici.
4) Riteniamo che questa legge, in
sé, sia rispettosa della libertà della
persona. Il credente che ritiene il matrimonio indissolubile non è impedito
di vivere secondo la sua coscienza; cosa che finora non è stata possibile al
non credente.
Nonostante quanto sopra (cfr. n. 3)
riteniamo che appoggiare tale legge è
amore per quei fratelli i quali ritengono più ragionevole ritentare un'altra esperienza coniugale. Sarebbe invece moralistico voler imporre dal di
fuori un’unità che di fatto è già venuta a mancare poiché mancano i presupposti elementari per sostenerla.
5) Come credenti ci sembra di dover affermare che l’indissolubilità del
matrimonio cristiano debba essere ripensata con maggior serietà e profondità alla luce della parola di Dio e della pratica secolare della Chiesa nelle
.sue diverse esperienze storiche.
L’indis.solubilità della coppia è sicuramente proposta nel messaggio biblico e ripresa dal Cristo, come un ideale a cui l’uomo deve tendere nella luce e nella forza di Dio, Amore e Alleanza che non vien meno.
La stessa Bibbia però, interpretala
anche dalla tradizione ecclesiastiea,
tiene presente la condizione storiea
deH'uomo per aiutarlo a maturare verso l’ideale.
Essa rivela che Dio resta Amore misericordioso e liberante anche per chi,
nelle contraddizioni umane, non è più
in grado di rispecchiare pienamente la
fedeltà totale di Dio.
Le nostre conclusioni, per il momento, sono dunque le seguenti:
1“) crediamo all’ideale d’amore fedele rivelatoci da Dio e che ha un suo
segno e impegno particolare nella coppia uomo-donna. In tal senso voglia
Alla messa, ua parraco
preseata la fidaazata
Durante la mes.sa domenicale, il 1° marzo don Pio Ottone, parroco della frazione
S. Stefano di Monlemajino d‘Asti e fin dal
principio membro del Gruppo preti e laici
solidali dei Piemonte, ha presentato ai suoi
fedeli la fidanzata. Sospeso dall'incarico. a
giorni lascerà la canonica nella quale ha
vissuto riscuotendo la viva simpatia della
parrocchia. AI giornalista de « La Slain])a » che rintervislava. ha fatto tra Paltro
queste dichiarazioni significative: «Come
ho detto ai miei parrocchiani, ho una fidanzala e preferisco dirlo chiaramente,
senza mezzi termini, lo sono deWidea che
s? uno vuole sposarsi, deve farlo alla luce
del sole ». Nella parrocchia « nessuno ha
{'ridato allo scandalo. Le reazioni peggiori
si sono avute alVintevno, fra i preti (...) ».
« Ho perso la parrocchia... Ma tutto questo
non mi turba. Da tempo noi preti “contestatori" andiamo dicendo che il sacerdote
è un uomo come tutti gli altri, che deve
lavorare per vivere, può crearsi una famiglia, deve avere le noie, i grattacapi, le
delusioni e. la felicità di tutti. È finito il
tempo in cui il prete si trincerava nella
chiesa, al di fuori del mondo. Perciò l'aver
dovuto rinunciare alla parrocchia non mi
spaventa. Troverò un lavoro per vivere ».
mo testimoniare aiutandoci, come comunità di fratelli, a portarne il peso
e la responsabilità:
2°) lo stesso Dio-Amore vogliamo
testimoniarlo nei confronti di chiunque, anche fratello di fede, debba decidere in coscienza e possibilmente
aiutato dalla comunità, in senso diverso dairideale delPindissolubilità matrimoniale;
3°) la nostra fedeltà radicale alTAmore ci obbliga a denunciare e a
lottare contro una struttura economico-sociale che rende difficile all'uomo
essere se stesso e conseguentemente a
vivere autenticamente e pienamente i
valori umani, tra i quali emerge quello airettivo-scssuale.
Comunità del Vandalino
Torino
Quattrogatti
Quattrogatii è il nome, davvero originale, di una nuova pubblicazione
(anch'essa ciclostilata) del Cattolicesimo del disscn,so. Il sottotitolo suona:
« Mensile friulano di informazione e
dialogo ecclesiale ». Sia l’informazione
che il dialogo sono di tipo contestatario, e comunque non sono addomesticati. Si può richiedere questo foglio
presso la redazione: « Gruppo dei
Quattro Gatti - Via D'Artegna 65/7 33100 Udine»,
Il nome della pubblicazione evoca
l’esiguità numerica degli adepti (ma
saran poi così pochi?). Non dice però
nulla uel coraggio e della vivacità delle loro posizioni: esse risultano già
dall’editoriale « Siamo con Baldassarri » (lo scomodo vescovo di Ravenna
attualmente sottoposto dal Vaticano a
un regime di sorveglianza speciale) e
dagli altri articoli tra cui spicca quello sui Patti Latcranensi, dove tra l’altro si dichiara che « il superamento
del regime concordatario si presenta
assolutamente indispensabile ».
Quattrogatti è dunque una nuova
voce nel già vasto coro del Dissenso
cattolico.
nazione di ricclii e una nazione di
poveri. Il duca di Westminster aveve un reddito annuo imponibile di
due miliardi e mezzo di lire, mentre iin docker guadagnava circa
1.400 lire la settimana. Ma noi non
aeoettiamo più la legge del mercato
irreformabile, abbiamo abbandonato
Samuel Smiles, siamo a Lord Keynes. Il nostro sistema fiscale prevede imposte progressive e, se non le
paghiamo volentieri, sappiamo però
che Olivier Wendell Homes aveva
ragione di dire: « Con le imjioste
che pago, acquisto civiltà ». Lo Stato investe forti somme nell’insegnamento e nella formazione professionale, affinché il lavoro dei propri
membri produca un reddito migliore. Queste spese non hanno distrutto
l’economia dei nostri rispettivi paesi, anzi hanno largamente contribuito ad accrescere la ricchezza e a diminuire la povertà. Abbiamo operato in tal modo dei mutamenti all’interno della nostra società. Perche
non introdurli nell’economia internazionale? Ci accontenteremo di vivere come i duelli dell’èra vittoriana, mentre il resto de! mondo vive
come gli indigenti di allora? I cristiani non possono accettare questo
stato di cose. Se volessero difenderlo, dovrebbero riscrivere da capo a
fondo la Bibbia. I progressi enormi
della scienza e della tecnica ci hanno dato la possibilità di dare un
nuovo volto alla terra, di far crescere cinque cliicclii là dove un tempo
non ne cresceva che uno, a meno che
diventiamo completamente pazzi e
facciamo saltare il pianeta. Possiamo vincere i problemi della povertà,
se siamo pronti a lavorare all’istituzione di una tassa mondiale: l’l%
del prodotto nazionale lordo per i
diseredati del mondo. La cosa non
comporta alcuna difficoltà, da nn
punto di vista intellettuale; si tratta semplicemente di una questione
morale.
Il Consiglio ecumenico ha pregato
le Chiese di incoraggiare i governi
dei paesi industrializzati ad accrescere l’ammontare del prodotto nazionale lordo consacrato all’aiuto ai
paesi in fase di sviluppo, in modo
tale che entro il 1971 raggiunga PI
per cento, e a intervenire presso di
loro in tal senso. D’altro lato, in
merito alla povertà presente all’interno dei ])ae.si sviluppati, anche gli
economisti conservatori affermano
attualmente la necessita di .superare
lo stadio dell’imposta sul reddito,
olire alla previdenza sociale, adottando invece jirogrammi di imposta
’negativa’ sul reddito, o di reddito
annuo garantito, i quali permetterebbero di jirocedere a una ridistribuzione della ricchezza nazionale, a
favore dei jmveri. (Queste questioni
comjiortano molti aspetti tecnici sui
quali solt'iiito degli economisti possono validamente pronunciarsi; ma
le questioni fondamentali sono di
ordine morale. Esse concernono tutti coloro che hanno il senso delle loro responsabilità e nessun cr.stiano
|iuò restarvi indifferente.
Domai.i) M. Mathf.rs
N.d.r. : su lutto questo complesso di problemi. quali si pongono alla responsabilità cristiana, ricordiamo Tollera di Hei.IVIUT Goi.LWITZER. / ricchi cristidiii e il povero Lazzaro.
recentemente publilicala in versione italiana
dalla Claudiana, nella collana « Nostro tempo », e ohe ba già avuto un notevole .successo.
3
13 marzo 1970 — N. 11
pag. 3
I cristiani arabi e Israele
La rivista « Idoc » nel suo primo numero del 1° gennaio 1970
a pag. 19 ss. riporta il documento
finale del Congresso degli studenti cristiani, riunito a Brumana
(Libano) dal 10 al 16 luglio 1969.
il documento, estremamente interessante perchè prende posizione concreta, si indirizza « a tutti
i movimenti giovanili e di studenti cristiani e non-cristiani, alle
nostre Chiese e a tutte le forze
nazionali » per aver appoggio e sostegno.
La speranza rivoluzionaria
I presupposti del documento
sono enunciati all'inizio e sono
quelli comuni alla contestazione
globale quale si presenta entro
l'ambito delle chiese: « La salvezza
dell'uomo passa anche attraverso
la sua salvezza sociale, politica ed
economica. E il cristiano, per il
fatto stesso della sua fede nei valori più elevati dell'umanità, l'amore e il sacrificio disinteressato,
deve assumere un' azione politica
nella lotta contro l'oppressione e
lo sfruttamento, in favore di ciò,
che dà aH'uomo e alla società maggiore giustizia, libertà e dignità »
ipag. 19),
Questi presupposti inducono j
« cristiani arabi » a fare propria
la causa araba e ad esaminarne le
condizioni di risoluzione rivoluzionaria. Il grande nemico è l'imperialismo identificato con il capitalismo occidentale e, in particolare, con gli Stati Uniti. In questo
quadro « lo Stato d'Israele è la
base militare dell' imperialismo,
allo scopo di opporsi ad ogni movimento di liberazione araba »
(pag. 20),
II movimento giovanile cristiano arabo si propone, quindi, una
azione concreta, perchè « la vera
liberazione della collettività araba
deve (...) passare per la via di una
rivoluzione radicale che sopprimerà tutti i conflitti del passato e
realizzerà il socialismo, il progresso e l’unità, e anche per la via di
una lotta diretta principalmente
contro la classe sfruttatrice, intesa
a spezzare gli interessi dell'imperialismo e a sopprimere le strutture dello Stato d'Israele » (p. 20).
I cristiani arabi abbracciano in
pieno la causa panaraba. Hanno
sì la preoccupazione di opporsi al « confessionalismo, al tribalismo » che sarebbero mantenuti dafl'imperialismo, ma l'unità araba appare come un valore non
discutibile: « Questa rivoluzione
non può non tendere verso l'unità
araba, Questa unità non soltanto
esprime l'appartenenza ad una medesima civiltà, ma è necessaria per
realizzare la base materiale ed economica che consentirà ai paesi arabi di realizzare una vera indipendenza politica attraverso la loro complementarietà economica e
10 sviluppo dell'industria pesante». C'è la ricerca di una componente dell'unità araba che non sia
la tradizione religiosa mussulmana, ma non è spiegato quale essa
sia né è escluso che sia di carattere razziale.
Dopo un esame dei progressi che
si sono compiuti nei paesi arabi
negli ultimi anni, il documento
passa ad un insieme di considerazioni sulle linee di trasformazione
che dovrebbero essere perseguite
al fine di raggiungere una condizione socialista « senza tuttavia cadere nella burocrazia e nel capitalismo di stato » (pag. 21). Questa
precisazione differenzia l'indirizzo
dei cristiani arabi (come in genere
della « contestazione globale ») dal
blocco sovietico. Il mezzo per evitare quelle degenerazioni è « l'autogestione in campo economico,
amministrativo e politico » (p. 21).
Lo Stato d’Israele,
11 grande nemico
Particolare importanza è data dal
documento alla necessità di fare
causa comune col movimento rivoluzionario palestinese. Il punto
base del programma è la distruzione dello Stato d'Israele: « L'unica soluzione della questione palestinese sta nella lotta armata
che conduce il popolo palestinese
e che non può avere termine prima della soppressione dello Stato
d'Israele in quanto stato aggressore e imperialista » (pag. 23). Non
si tratta di proporre il « genocidio », il che sarebbe evidentemente
troppo per dei « cristiani », anche
se « arabi ». La soluzione concreta
sta « nella creazione di una Palestina democratica in cui tutti gli
abitanti coesistano; qualunque sia
la loro confessione, con uguali diritti e doveri, senza nessuna distinzione di razza, di religione e che
riassuma il suo ruolo storico in seno alla nazione araba » (pag. 23).
Un’utopia di sangue
Con questa presa di posizione,
i cristiani arabi si schierano con i
raggruppamenti arabi di estrema
sinistra (il Fronte Popolare di Liberazione Palestinese e suddivisioni), il cui intento precipuo è di
trasformare la guerriglia nazionalista palestinese in guerriglia socialista. Ben consci della dubbia
autenticità socialista dei vari nazionalismi arabi e delle forze che
li manovrano, il loro intento è di
sostituire un discorso classista alla
copertura nazionalista degli altri
movimenti. Di fatto, tuttavia, non
solo si devono alleare con le altre
forze nazionaliste arabe, ma perseguono con particolare violenza
una politica antisionista, sostenendo anche la tattica del terrorismo
diffuso, che gli altri movimenti
sembrano ora scartare.
Se la prospettiva di un incontro
di popoli al di là delle divisioni
e degli odi razziali e di una struttura socialista del Medio Oriente
può trovarci solidali in linea di
massima, la via scelta per raggiungere tali scopi ci trova del tutto
dissenzienti.
1. Il fatto dello Stato d’Israele
non va risolto con una valutazione
di un marxismo estremamente
semplificato. Dietro la creazione
dello Stato d’Israele sta il fatto
storico straordinario della persistenza di un popolo durante quasi
due millenni di dispersione e il
fatto tragico dei 6 milioni di ebrei
trucidati nei lager nazisti. C’è la
paura di altri genocidi e l’aspirazione al mettersi in condizioni
di sicurezza o almeno tali da vendere cara la propria pelle. Per gli
israeliani e per moltissimi israeliti l’esistenzà dello Stato d’Israele
ha queste motivazioni e non potranno essere superate se non
quando condizioni obiettive le renderanno superflue.
2. Il conflitto palestinese non
può essere considerato un fenomeno di guerriglia. Nella guerriglia
un popolo combatte contro una
minoranza che detiene il potere;
Israele, al contrario, è uno Stato
che, almeno entro i confini precedenti la guerra dei sei giorni, è etnicamente compatto, perciò la lotta armata sarà di un popolo contro altri. Il terrorismo afl’interno
dello Stato d’Israele potrà aggravare la condizione della minoranza
araba e spingere a ridurla sempre
più nella consistenza numerica,
rendendo più acuta la lotta, ma
non risolvendola.
3. I cristiani arabi si rendono
conto che il conflitto è stato strumentalizzato; il problema locale è
assorbito nel più ampio schema
dello scontro egemonico tra le due
maggiori potenze. Nessuna delle
due, tuttavia, spingerà le cose oltre
i limiti della reciproca convenienza. Nessun conflitto nel quale ci
siano stati in gioco gli interessi
concorrenziali dei due grandi blocchi ha potuto finora avere una soluzione militare; al contrario, si è
ridotto ad essere il terreno sul
quale le due superpotenze sperimentano la capacità distruttiva
dei loro apparati bellici.
4. L’idea che la crisi palestinese
vada risolta con la distruzione dello Stato d’Israele mediante la lotta armata comporta altre terrificanti conseguenze. Anzitutto i piani di rinascita sociale ed economica dei paesi arabi vengono subordinati alle esigenze militari; enormi ricchezze che potrebbero permettere la ricostruzione economi
ca e morale delle popolazioni vanno dissipate nella guerra. Invece
di creare strutture socialiste si
creano strutture militari; invece
di liberare gli uomini dai pregiudizi razziali, si è sempre più costretti ad accettarli e a favorire
la loro forza emotiva onde mantenere la tensione dell’odio e della
combattività. Israele stesso subisce sempre più questa involuzione.
5. Non ci si deve nascondere anche la possibilità che le potenze
egemoniche inducano arabi ed
israeliani ad una soluzione diplomatica del conflitto e che gli stessi
attuali governi arabi finiscano con
l’invocarla, quando l’azione dei
gruppi rivoluzionari diventasse
per loro pericolosa. In tal caso il
movimento rivoluzionario palestinese verrebbe isolato e messo in
quarantena; allora la pace sarebbe
ben lungi dall'acquistare strutture
socialiste. Sottovalutare le forze
dell'avversario è un errore irreparabile pei v^gni movimento che non
si esaurisca nella narcisistica compiacenza del proprio estremismo
t che miri a un risultato concreto
per la liberazione degli oppressi.
Utopia per ytopia
Se c'è un’utojna del sangue e
della guerra e se c’è chi afferma
che l’utopia è una forza rivoluzionaria, è lecito a! he proporre una
utopia della paci Ci rendiamo ben
conto che i mc" finenti rivoluzionari arabi mirano a strumentaliz
zare il conflitto con Israele per avere il pretesto di organizzare una
forza militare rivoluzionaria da
imporre anzitutto ai governi arabi,
ma il gioco non è tanto semplice,
come abbiamo visto. Si apre,
quindi, una diversa prospettiva,
quella della trattativa con Israele
e della formazione di uno Stato
arabo palestinese di struttura socialista. Il FPLP potrebbe presentarsi come l’interlocutore d'Israele, liberando gli israeliani stessi
della tensione nazionalista e ridando forza ai movimenti socialisti
interni allo Stato d’Israele. Se la
prospettiva di una Federazione
araba-israeliana, da più parti avanzata, può essere ora prematura, la
coesistenza su un piano socialmente avanzato di due Stati palestinesi ha sostenitori anche in Israele, specialmente tra i giovani.
Ci rendiamo conto delle estreme difficoltà di questa prospettiva,
quantunque un’analisi più profonda della realtà potrebbe farla apparire non molto più utopistica
della lotta ad oltranza, dove una
danza di miliardi dissipati negli
armamenti e una strage di vite umane vengono sacrificate all’irrazionalità di miti disperati. D’altra
parte, quale funzione può avere
una presa di posizione di « cristiani », se essa si lascia integrare senza nessuna riserva critica nella
prospettiva della distruzione e dell’odio?
Alfredo Sonelli
iiiiimimiiiimiiiiiiiiiiiitmiii
ZOOMATIC
Preoccupazioni
da ricchi
L’attuale ecumenismo in gran
parte è l’ecumenismo degli aiuti
ai popoli sottosviluppati. Qui si
incontrano l’attivismo protestante con la misericordia cattolica.
Il fatto su cui tutti dobbiamo
convenire è che la carità cristiana non può esser esercitata in
concorrenza. Perchè un controsenso così evidente creerebbe
nelle coscienze dei popoli, che ultimamente si sono sviluppate assai bene, dei traumi inutili.
Che ognuno quindi si curi i
propri campi missionari, ma con
un minimo di coordinazione. E
poi ci sono i campi dove bisogna
intervenire insieme. Perchè se
uno dei due non interviene dovrà
vedersela con i suoi bigotti che
chiederanno: perchè il consiglio
ecumenico sì e noi no? (e viceversa).
Ma questa corsa alla carità ha
ancora altri risvolti: non è più
facile ai protestanti abituati alle
grandi collette mettere insieme
il denaro liquido sempre necessario? Non è più facile psicologicamente chiedere a chi ha già
sempre dato per gli scopi missionari, che chiedere a chi è convinto che la chiesa possegga montagne di azioni di cui non può e
non vuole disfarsi?
L’ecumenismo è fatto anche
delle preoccupazioni delle chiese
ricche.
Vie Rabel
SAPETE CHE...
la Corea conta 3 milioni di cristiani
(2.250,000 protestanti e 800.000 cattolici), il 10% dela popolazione (dieci anni fa il )?
la Chiesa presbiteriana in Brasile,
che conta circa 130.000 membri, negli
ultimi due anni ha creato 49 nuove
comunità e costruito 47 templi?
Riunita a Séte la Conferenza delie Chiese protestanti dei Paesi latini d’Europa
Un caRinino che si vuol conUnuare insilane
Più che della latinità” - elemento teologicamente ambiguo anche se sociologicamente sensibile - il Protesiuntesimo europeo latino è unito nella testimonianza da rendere, in situazione
minoritaria, in un ambiente nel complesso segnato dal cattolicesimo di mossa - Ecumenismo
di poveri espresso da una struttura volante - Tener presente il Protestantesimo latino africano
e sudamericano, senza estraniarsi dalla ricerca più ampia del CEC e di tutte le Chiese europee
Nella Maison familiale che la Chiesa
riformata di Francia ha nell’antico
« Lazaret » di Séte, in riva al Golfo del
Leone e ai piedi della collina su cui
sorge, in faccia al mare, il pittoresco
Cimetière marin nel quale Paul Valéry
ha voluto riposare, una quarantina di
rappresentanti delle Chiese protestanti
dei Paesi latini d'Europa (CCPLE) si
sono raccolti per la periodica Conferenza (dopo quelle di Torre Pellice, del
Chambon-sur-Lignon, di Leysin e di Séte I), dal 3 al 5 marzo. Fra tutti i rappresentanti (per lo più presidenti e segretari generali di Chiese) belgi, francesi. portoghesi, spagnoli e svizzeri, romandi, sparutissima la delegazione
italiana ridotta al past. Mario Sballi,
presidente della Chiesa Metodista d’Italia e della Federazione evangelica, nonché membro attivo del Comitato di
continuazione della CCPLE, e al sottoscritto che sostituiva in extremis più
alto personaggio della Chiesa Valdese;
lamentata, l'assenza dei battisti nostrani.
Si trattava di una Conferenza importante, perchè dopo le tappe precedenti
e nell'evolvere delle situazioni si era di
fronte alla decisione: continuare l’attività comune, o cessarla? si giustifica
resistenza stessa di una Conferenza
delle Chiese protestanti dei Paesi latini
d’Europa? 11 problema, posto in precedenti sedute del Comitato di continuazione, era stato affidato allo studio delle
Chiese, e in particolare a quelle italiane: una "tavola rotonda”, risultata un
po’ ridotta nella partecipazione, era stata riunita a Roma il 3 febbraio e vi
avevano partecipato Neri Giampiccoli,
Giorgio Girardet, Giorgio Peyrot, Ma
rio Sbaffi e Vittorio Subilia. Sui risultati di questo incontro, diffusi alle
Chiese, la Conferenza ha ricevuto alcuni ’’pareri” — per lo più alTultìmo
momento — di ’’esperti” regionali: W.
Hoyois (Belgio), G. Crespy (Francia),
A. Pinto Ribeiro (Portogallo), D. Vidai
(Spagna) e J.-M. Chappuis (Svizzera romanda); in precedenza H. Capo, il pastore spagnolo presidente (e vero animatore) della CCPLE, aveva a sua volta
diffuso alcune maturate « riflessioni ».
I lavori sono stati intensi. Ogni giornata iniziava con un ampio studio biblico — una vera lezione di esegesi —
del prof. Vilhelm Vischer, docente di
Antico Testamento nella vicina Montpellier, oggi emerito, ma sempre attivissimo. Egli aveva scelto opportunamente, per le nostre piccole Chiese minoritarie (con la sola eccezione di alcuni Cantoni romandi), il testo « Non
temere, piccolo gregge, poiché al Padre
vostro è piaciuto darvi il Regno » (Luca
12: 32) al quale è giunto però solo nell’ultima giornata, dopo un’efficacissima
preparazione centrata sui capitoli 6 e 7
del libro dei Giudici (Gedeone e il suo
pugno di uomini di fronte ai Madianiti). Personalmente, ho trovato queste
ore i momenti più belli e ristoratori
di queste pur simpatiche giornate d’incontro e di discussione su problemi largamente comuni.
Le serate sono state dedicate a una
presentazione e discussione di alto interesse sulla situazione e sui problemi
delle Chiese nei vari paesi: un panorama assai diversificato, che va dalle
Chiese di popolo (anche lì, però, in erosione) dei Cantoni svizzeri romandi
(senza però dimenticare le piccole mi
La Giornata mondiale di preghiera
delle donne, alle Valli
La sera del venerdì 6 marzo, si è
riunito nella Cappella evangelica di
Porte un folto gruppo di sorelle, accompagnate dai mariti e dai figli, per
celebrare la Giornata Mondiale di Preghiera. La saletta, gremita, accoglieva
dei rappresentanti di Porte, San Germano, Pramollo, Villar Penosa, Torre
Pellice, e dell’Esercito della Salvezza.
L’assemblea ha partecipato con fervore alla liturgia preparata dal Comitato Internazionale.
Il Pastore falla, nel suo messaggio,
ha messo l'accento non tanto sull’aiuto
reciproco che i pagani di Ciro si davano per farsi coraggio, ma sull’aiuto
e il coraggio che soli vengono da Dio.
Dopo la preghiera finale, ed alcuni
inni cantati ed accompagnati dalla chitarra e dalla fisarmonica dai fratelli
dell’Esercito della Salvezza, l’assemblea si sciolse.
La colletta a favore del Centro di assistenza agli Emigrati di Palermo verrà mandata alla Cassiera della F.F.V.
per l’inoltro.
Peccato che questa giornata, da anni celebrata in tutte le Chiese evangeliche d’Italia e del mondo intero, sia
stata totalmente ignorata dal Gazzettino evangelico radiotrasmesso la domenica successiva!
noranze riformate friburghesi e vallesane nè quelle ticinesi e grigionesi,
queste ultime assenti a Séte), al protestantesimo spagnolo, minoritario e
frammentato, in un paese dominato dal
non ancora chiaro nuovo corso delT-0pus Dei; dal vivace protestantesimo belga, che ha conosciuto quest’anno la fusione di due delle maggiori Chiese evangeliche del paese in una Chiesa Protestante Belga, alla nostra Federazione
evangelica, che per altro tocca meno
della metà dell’evangelismo italiano;
dalla forte minoranza protestante francese, ricca di possibilità, ai gruppuscoli
del frammentato ma pur vivace protestantesimo portoghese, in una nazione
nella quale il passaggio della dittatura
da Salazar a Caetano non ha portato
sensibili miglioramenti.
Qual è il filo comune che lega, in una
solidarietà particolare, queste Chiese
pur immerse nella fraternità dell’ecumène? La “latinità" che le accomuna è
un elemento che non ha vera rilevanza
teologica, un elemento evangelicamente
ambiguo, come quello della nazionalità;
è un dato sociologico — una certa affinità di lingua, di cultura, di storia e,
specie nella fascia mediterranea, il comune confronto con una situazione ambientale pesantemente determinata dal
cattolicesimo romano di massa — che
ha una sua rilevanza, sia pure secondaria, quale ’’luogo” nel quale si innesta
storicamente la nostra vocazione di
Chiese della Protesta. Sebbene non
manchi un certo riserbo battista, le
Chiese unite nella Conferenza (che è però, allo stato attuale, più un incontro
d’ vertici, ecclesiastici o tecnici, che
una manifestazione latina della nostra
fondamentale struttura presbiterianosinodale) si richiamano tutte alla Riforma, mentre — così è in Italia per la
Federazione evangelica — non vi è alcun contatto con tutto il resto di quello
che si conviene chiamare 1’« evangelismo », spesso numericamente più forte
e spiritualmente più battagliero e appassionato della tranche riformata.
■Vi è dunque questo elemento della
"latmità": ma che non sia determinante lo dimostra il fatto che mancano fra
noi i protestanti romeni, per non parlare di tutto il protestantesimo latinoamericano, con il quale i contatti sono
rappresentati solo indirettamente dalla Chiesa Valdese, nella sua seconda
branca, quella rioplatense. Nemmeno il
fatto di essere Chiese europee di minoranza è decisivo, in quanto dovrebbero
allora essere fra noi i fratelli protestanti polacchi, cèchi, slovacchi, ungheresi, jugoslavi, greci (a questi ultimi ci
dovrèbbe legare il comune carattere
Gino Conte
(continua a pag. 4)
4
pag. 4
N. 11 — 13 marzo 1970
Un laminilo tlin si ïuoI conflnnaro insiemn
{segue da pag. 3)
mediterraneo e il confronto con un cattolicesimo di stato — per i greci, un
cattolicesimo non romano, l’ortodossia). Anche il confronto con un cattolicesimo maggioritario è tutt'altro che
una nostra esclusiva. Queste incertezze,
che si sono in qualche misura manifestate già nell’attività degli anni passati,
non avevano finora intaccato la coesione effettiva, anche se un po’ ’’lenta”,
della Conferenza: fino a un passato recente la lotta per la difesa della libertà
religiosa aveva costituito un elemento
di coesione molto sentito e molto forte.
Oggi, benché la situazione sia lungi dall’essere luminosa ovunque, è però sostanzialmente mutata nella maggior
parte dei casi, almeno a livello di diritto, un diritto che a poco a poco andrà traducendosi sempre più nei fatti,
salvo là dove la componente politica
dittatoriale frappone un altro tipo di
ostacoli.
Dopo lunghi dibattiti si è giunti alla
stesura del documento pubblicato in
prima pagina. Esso riafferma anzitutto
il desiderio, unanime, di conservare
questo legame particolare fra le nostre
Chiese, nella convinzione che esistono
fra loro « innegabili affinità in seno alla
latinità »; che esse hanno una responsabilità comune nel rendere testimonianza in « una società generalmente influenzata dal cattolicesimo romano » e
nell’affrontare « i problemi che ci vengono posti dalla Chiesa cattolica romana, da un lato, e dall’altro dalle comunità informali che appaiono e si sviluppano anche in alcune delle nostre
Chiese »; che va mantenuta e rafforzata
« l’indispensabile solidarietà nelle nostre situazioni di isolamento e di povertà »; infine, che deve sussistere ed
essere meglio sfrutttata « la possibilità
di incontro fra Chiese che sono membri del Consiglio ecumenico delle Chiese e/o della Conferenza delle Chiese
europee e Chiese che non lo sono » (si
pensa anzitutto a talune Chiese battiste, ma anche a cerehie ’’evangeliche”
più ampie).
Qualcuno ha insistito sul fatto che —
a parte Ginevra, Vaud, Neuchâtel e Giura bernese — le nostre sono, qual più
qual meno, tutte Chiese povere', è una
situazione di fatto, anche se c’è un diffuso desiderio di superarla... C’è invece
da domandarci se, nell’ambito di un
movimento ecumenico (CEC, KEK etc.)
nel quale il « peso » delle Chiese forti e
ricche si fa sempre più determinante
e si attenua la tensione teologica, spirituale, la nostra povertà economica e
strutturale U) deve spingerci — si veda
il 1° punto del « programma » — a concentrare la nostra attenzione su « la riflessione teologica comune ». In tal senso si è salutato con vivo piacere l’avvio
d: un lavoro d’équipe fra le facoltà teologiche protestanti europee di espressione latina.
Gli altri punti del programma parlano da soli; si è insistito in modo particolare sia sul lavoro di ricerca e potenziamento dei ministeri (già in atto,
la collaborazione fra le Commissioni
Scuole Domenicali del protestantesimo
latino), sia sul potenziamento della letteratura teologica (qui, nella sua mo
(1) Qualcuno ha però lamentato che siamo
Chiese minoritarie con strutture tipiche di
Chiese maggioritarie...
destia di possibilità, la nostra Claudiana non sfigura; ma il collegamento con
altre editrici andrebbe potenziato, pur
tenendo conto che le due grandi Case
elvetico-francesi, Labor et Fides e Delachaux et Niestlé, sono Case commerciali indipendenti da Chiese e tendenti
attualmente a un certo numero di coedizioni con editrici cattoliche francofone), sia infine sulla « intensificazione
di un programma di visite reciproche,
di formazione comune in vista dei ministeri e di una messa in comune dei ministeri ». Quest’ultimo punto rappresenta un appello particolare a Chiese più
ricche di uomini (Svizzera, Francia) affinchè aiutino in modo più ampio e sistematico quelle più povere, mentre le
informazioni su queste ultime e i contatti con membri di esse sono sempre,
a detta dei fratelli elvetici e francesi,
stimolanti per loro.
Tuttavia, contro il rischio — poco
reale, invero — di rinchiuderci in un
ghetto ’’latino-europeo”, il documento
finale afferma, concludendo, che « un
certo numero di responsabilità comuni
devono essere vissute in un quadro più
vasto » e più particolarmente nell’ambito del CEC e della KEK (buffo, ma
ci si abitua alle sigle...). Si pensi in modo particolare ai problemi dei migranti,
del turismo e, last but not least, alle
responsabilità delle Chiese europee nei
confronti di quelle di altri continenti.
Per le nostre Chiese protestanti di
espressione latina, il protestantesimo
di lingua francese, spagnola e portoghese, in Africa e in America latina,
rappresenta un ’’prossimo” particolarmente vicino, malgrado le distanze geografiche. Ed io lì ad abbassare la testa
pensando ai vincoli effettivi in fondo
così ’’lenti” che uniscono la branca europea e rioplatense della Chiesa valdese...
Concludendo, si è chiesto esplicitamente che la CCPLE non muoia, ma
continui a vivere; però, anche in ragione della nostra povertà ma non solo
per questa ragione, si è rifiutata l’idea
di creare un organismo di più, una
struttura di più; si è preferito rizzare
una tenda volante, provvisoria, una
’’struttura” limitatissima ed elastica; e
il futuro dirà se la scelta è stata felice,
o piuttosto se avremo saputo servirci
con intelligenza e passione di questo
minimo dei minimi: la Conferenza si
riunirà almeno ogni tre anni; ogni Conferenza fisserà il programma di quella
successiva (stavolta non è stato però
possibile e occorrerà una consultazione
fra le Chiese) e affiderà alle Chiese di
un dato paese la preparazione di detta
Conferenza. In pratica, siamo riconvocati entro il 1973 in Belgio, e le Chiese
protestanti belghe sono incaricate non
solo dell’organizzazione ma della preparazione della Conferenza. Intanto, si
costituirà al più presto presso un ’’centro” elvetico (forse quello di Cartigny?)
un centro di documentazione CCPLE,
cui dovrà essere inviata tutta la documentazione relativa alle varie Chiese e
che ne curerà la diffusione. Le Chiese
(in questo caso, belghe) incaricate del
prossimo round, nomineranno al loro
interno un Comitato di continuazione
d; tre responsabili, i quali saranno coadiuvati dal past. Humberto Capò, per
molti anni valido e convinto president.’ della CCPLE. Tale Comitato non dimenticherà di stimolare, ove necessario, la collaborazione settoriale: se
guendo i punti del programma, la riflessione teologica è particolarmente affidata all’Italia; la riflessione sulla testimonianza comune nell’ambiente cattolico e secolarizzato, al Portogallo (in
particolare al Centro ecumenico di Fìgueira da Foz); il problema della comunicazione dell’Evangelo attraverso le
lingue latine, alla Spagna; l’organizzazione dell’ informazione e documentazione e la sollecitazione del servizio
tramite la stampa periodica e non, alla
Svizzera; la cura delle visite reciproche
e la ricerca sui ministeri, alla Francia.
L’ospitalità dei fratelli francesi è stata delle più cordiali, nè il vento gelido
che soffiava dai Pirenei ha potuto raffreddarla; e ce ne siamo tornati alle nostre Chiese con in cuore il senso della
fraternità vissuta e negli occhi la luminosità stupenda del Midi de la Franco.
QUA E LÀ
/# oiuffolotto
Martedì: ore 10.
Il vento impazza nel giardino pubblico del mio paesello. Scuote i tronchi
scheletriti, sconvolge le foglie secche,
prova la sua forza contro l’uccelliera.
Fischia soddisfatto: ha aperto la porta.
E’ la libertà per gli uccelli.
E’ la fine del mondo!
Esitano i fagiani superbi, la tortora
timida, il colombo pacifico, il ciuffolotto canoro; poi escono tutti nel giardino, all’aria libera.
* * *
« Brutto affare » dico al custode accorso.
Dice lui: « Mah! Cosa veul! Cosa vuole; questa sera saranno tutti qui per
mangiare, per bere; a san più nen vulè..., non sanno più volare ».
* * *
Mercoledì: ore 10.
Eccomi di nuovo nel giardino.
L’amico aveva ragione.
Son tornati tutti: i fagiani superbi,
la tortora timida, il colombo pacifico...;
manca solo il ciuffolotto.
« Quello non è tornato — dico io —;
ha preferito la libertà ».
« A se sbaglia — dice l’amico ■—; che
lo guardi lì, sopra il ramo dell’abete;
vuole tornare; non è più capace di volare; adess i dreu la porta, gli apro la
porta... ».
Il ciuffolotto saltella giulivo, guarda
a destra, a sinistra, alza la testa, scuote
le ali; in alto, tanto in alto, nel cielo
azzurro due nubi si rincorrono. NelTuccelliera la vaschetta con l’acqua pulita,
nell’angolo il mangime. Senza più esitare il ciuffolotto lancia un gorgheggio,
rientra nelTucceUiera.
Un sorso d’acqua, un po’ di mangime.
Poi, lieto e fiero, saltella su di un ramo
artificiale nell’uccelliera.
* * *
Aveva ragione il custode.
II ciuffolotto è addomesticato: non
sr più volare.
Canta nell’uccelliera, scuote le sue
alette nere, ostenta il grigio e il rosso
delle sue penne; mi sa che faccia perfino il civettone!
Ha le ali, il canto, l’amore, il pane;
ma è addomesticato.
Non può più volare!
Il viandante
UNA LETTERA AUTOGRAF A DEL CARD. AGAGIANIAN
Nel ’67 la RAI ha donato al Vaticano
oltre cento milioni raccolti per l’India
(segue da pag. 1 )
miliardi? La squisita letterina in oggetto illumina sulla sorte di un « residuo » di « oltre cento milioni », versali
generosamente dalla RAI-Tv alle missioni cattoliche, nel quadro di « quel
contributo — scrive il porporato —
che la RAI, in varie forme e da molti
anni^ non manca di dare, generosamente, alla migliore comprensione dell’attività missionaria ».
E gli altri miliardi, fra i primi due
e mezzo e i residui cento milioni, dove
sono andati a finire, quei miliardi destinati a sfamare uomini, donne e barn
bini indiani, miliardi che rappresentavano forse molto ’superfluo’, ma anche non pochi ’spiccioli della vedova’?
E se così stanno le cose, dove sono
andate a finire le somme raccolte per
il Vajont, di cui si continua a non sapere la sorte? E i 4 miliardi raccolti
dalla RAI-TV per i terremotati della
V’alle del Belice, tuttora giacenti nelle
sue casse? Depositati in una banca
qualsiasi, al 5%, quattro miliardi danno 200 milioni d’interessi annui cioè,
dal momento della raccolta, 500 milioni d’interessi a tutt’oggi: nelle tasche
di chi sono andati?
C’è dunque un problema politico,
nella faccenda, con chiari risvolti giuridici, perché non vedo come altrimenti si possa chiamare l’operazione in
questione, se non storno di capitali.
Non si dica che gli « oltre cento milioni » sono finiti ugualmente in India,
attraverso le mani di generosi ed efficienti missionari: quand’anche sia stato effettivamente così, lo storno resta
flagrante e certi capitali hanno cambiato l’etichetta RAI con l’etichetta
POA o simili.
C’è poi un problema spirituale, evangelico, che è quello che più mi turba.
Una organizzazione ecclesiastica non
solo si è prestata, ma ha evidentemente sollecitato — e, dopo, benedetto —
questo storno cosciente; si è mascherata di buone intenzioni per indossare
le penne del pavone, per donare soldi
(offerte di un moto d’amore!) non suoi,
si è sovrapposta a un popolo, con tranquilla ipocrisia, quasi che quel che fa
la Chiesa cattolica apostolica romana
e quel che fa il popolo italiano fossero
un’unica e medesima cosa. E questo
in piena euforia post-conciliare, in uno
dei punti più vicini al vertice vaticano. Senza neppure domandarsi che cosa l’uomo della strada, che non riconosce santa madre chiesa, e soprattutto quello che non conosce l’Evangelo
di Cristo, avrebbero potuto pensare,
di fronte a una soperchieria del genere, del Nome santo al quale i cristiani
si richiamano... Com’è possibile una simile mancanza di sensibilità? Sarebbe
dunque questa la conclamata conciliazione fra Stato e Chiesa? Ma quale
Stato e quale Chiesa? Non lo Stato degli italiani, non la Chiesa di Gesù Cristo, soprattutto.
Lo scandalo politico non deve essere, una volta di più, soffocato; occorre
continuare a denunciarlo e non importa affatto se a denunciarlo per primo
è stato un giornale ’scandalistico’: la
verità resta tale chiunque la dica. E la
verità è che « oltre cento milioni » (almeno) sono stati effettivamente sottratti agli italiani e donati al Vaticano,
che se ne è fatto ricettatore. In questo
caso lo scandalo non sta nel titolo ma
nei fatti.
Ma, da qualunque parte venga, è soprattutto nell’ambito della chiesa che
una denuncia come questa non può essere ovattata di silenzio. Bisogna che
cattolici del consenso e del uissenso
dicano chiaro e pubblicamente che cosa pensano di questa ’pia operazione'
(trascurando qui il problema se sia solo una fra le tante). Riflettano e dicano, cioè, se la considerano un fenomo
no anomalo, isolato e difforme, patologico — nel qual caso va curato drasticamente, fino all’amputazione; ovvero se è un frutto, spinoso e urtarne
all’esterno ma sostanzialmente dolce e
buono, portato naturalmente da un
dato modo di essere chiesa nel mondo. Penso che siamo in diritto di chiedere a tutti coloro che parlano del rinnovamento della Chiesa romana, di
prendere netta posizione su questo
imbroglio, traendone le debite conseguenze teologiche ed ecclesiologiclie,
oltre che morali.
Di fronte a casi come questo, però,
non sento soltanto ribollire in me la
mia vena anticlericale profonda. FTpensando alle lontane e benintenzionate radici storiche cui risale l’atteggiamento che si rispecchia quasi con ca ;
dorè (faccio per dire) nella eletta epi
stola di cui ci stiamo occupando, sento pure confermarsi in me con forza
sempre maggiore l’allergia a mescoiarci — anche nel modo più scoperti: e
legale — al denaro pubblico. Non c!ie
io pensi ci siano molte oggettive probabilità di essere trovati un giorn-j
con le mani nel sacco, come capita
oggi al signor cardinale. Ma in un:, ituazione politica moralmente dis:r,trosa come la nostra attuale, condizionata come si vede dal peggiore c.aitolicesimo, la chiesa di Gesù Cristo farà bene a schermirsi da qualsiasi pmilegio
piccolo o grande che organi pub‘'1ici
possano offrirle, avviandola su un piano inclinato sul quale non dobbiamo
troppo presumere della nostra capacità di resistenza. Se il Signore Iddio
dev’essere il primo servito, la sua chiesa dev’essere l’ultima; qui si dividono
gli spiriti, qui corre il crinale fra cattolicesimo e protestantesimo.
Gino Conte
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I LETTORI CI C ^ Sl> SCRIVONO
1
J
Una lettera di Pio IX
Un lettore, da Torino:
Signor direttore,
Nell'anno in corso, il popolo italiano
si accinge a ricordare con una certa
solennità Tunità italiana. Non è necessario essere molto dotti in materia
di storia per sapere che Tindipendenza
italiana avvenne in odio del Vaticano.
Pio IX. che a detta del pio Manzoni
prima benedisse Tltalia eppoi la mandò
a farsi benedire, disse chiaro e tondo
che avrebbe ceduto solo alla violenza.
Coerente a questo suo principio preparò lo scontro di Porta Pia. Nell'opuscolo scritto da Gino Costabel si leggono
tutte le azioni farraginose sostenute dal
Papa per arginare l'ondata liberaleggiante professata dai popoli europei assetati di libertà e di giustizia. Egli capi
che le idee innovatrici avrebbero « sconquassato » (sono sue parole) la fortezza
vaticana e scardinato la sua autorità.
Perciò corse ai ripari e volle innalzare
una diga teologica per bloccare l'avanzata delle nuove idee. Prima di tutto
si autodefinì infallibile. In secondo luogo creò il dogma della immacolata concezione. Il culto della Madonna doveva
fare da contrappeso alla Cristologia che
un’équipe di missionari evangelici propagandava in mezzo al popolo italiano.
Insomma bisognava pasturare, disorientare quei credenti che si erano gettali
con entusiasmo sulla buona novella. A
completare questo quadro poco felice
si inserisce una lettera che il Papa inviò a Vittorio Emanuele II, scongiurandolo di non decretare Tistruzione obbligatoria per il popolo italiano, altrimenti con la proliferazione indiscriminata
della cultura popolare sarebbe arrivata
una tempesta di idee moderne che
avrebbero portato il gregge alla perdizione. Accludo un ritaglio del giornale.
« L’incontro » pubblicato mensilmenleji
a Torino e diretto daH’avv. Bruno Se-|
gre (Direzione: Via Consolata n. 11).
Questo scritto è tanto chiaro che si
commenta da sé!
Fraterni saluti
Guglielmo Sellari
N.d.r.: il ritaglio in questione e una
« lettera al direttore » de « L'incontro »,
che vale la pena di riprodurre integrai
mente:la dialettica vaticana fra ‘‘tesi
autoritaria e ‘‘ipotesi’* libertaria conosce nelVultirno secolo una tensione impressionante; Roma si è “aggiornata .
ma non convertita, si è trasformata, ma
non riformata.
Egregio direttore,
il 3 gennaio ricorrono 100 anni dalla
stesura della lettera che riporto qui di
seguito.
Fra le carte di Quintino Sella esiste
questa lettera, in data 3 gennaio 1870,
scritta da Pio IX a Vittorio Emanuele II:
« Maestà, non ho dato corso alla
prima lettera qui unita, e che ho diretta a Vostra Maestà, perché il Sig. Ministro del Portogallo mi assicurò di avere scritto in proposito, ma non vedendo
riscontro invio a V. M. la stessa lettera.
Vi unisco poi la pre.sente per pregarla
a fare tutto quello che può affine di
allontanare un altro flagello, e cioè
una legge progettata per quanto si dice, relativa alla istruzione {sic) obbligatoria. Questa legge parmi ordinata
ad abbattere totalmente le Scuole Cattoliche e sopra tutto i Seminar). Oh
quanto è fiera la guerra che si fa alla
religione di Gesù Cristo! Spero dunque che la M, V. farà sì che in questa
parte almeno, la Chiesa sia risparmiata. Faccia quello che può. Maestà, e
vedrà che Iddio avrà pietà di Lei. La
abbraccio nel Signore. Pio IX ».
DeU'autenticilà di questa lettera non
è possibile dubitare. Del resto la copia
dello stesso documento, rimasta negli
archivi vaticani, è stata pubblicata dal
Padre Gesuita Pietro Pirri in ; « Pio
IX e Vittorio Emanuele II dal loro
carteggio privato III: «La questione romana; P. II : I documenti (Roma. Pontificia Università Gregoriana,
1961, pp. 225-226).
Come si vede ratteggiamento clericale, di fronte al problema dell’istruzione pubblica obbligatoria è di caparbia
e radicale avversione. Quello che in
tutti gli altri paesi era sentito come una
necessità sociale era aborrito nel nostro
paese come una tremenda sciagura.
Enrico Mor.selli (Bologna)
Faziosità
Un lettore, da Castellamonle:
Signor direttore,
ho letto sul n. 9 de « L’Eco-Luce »
che Lei si dichiara « mollo curioso » di
sapere quale ideologia politica Le si
attribuisce. Sarebbe così aiutalo nelle
Sue perplessità di fronte al prossimo
round elettorale, non avendo in tasca
la tessera del partito di Cristo.
Consenta dunque, se lo ritiene, a
che un Suo allento lettore Le fornisca
Topportuno chiarimento. Non intendo
con questo costituirmi a falso giudice
o rimproverarLe qualcosa : voglio semplicemente riempire il vuoto lasciato
dalla Sua domanda « retorica ».
Premesso che tutti i Suoi lettori la
stimano un galantuomo e sono pienamente convinti della Sua Fede, non
stupisce che Lei, oggi, pur essendo un
pubblicista di capacità indubbia, non
si accorga da quale ideologia politica è
ormai tutto permeato.
Ha comincialo anni addietro, prima
col simpatizzare a sinistra, poi ospitando sempre più numerosi e scoperti articoli di pastori progressisti, successivamente prendendo Lei stesso la cadenza
dal loro passo, infine trasformando quasi il giornale che dirige in un monotono
bollettino di lotta perenne contro
r America, i colonnelli, i padroni, i
borghesi.
È quasi certo che Lei abbia percorso tale strada in buona fede, convinto
di servire la Chiesa e di aiutare i lettori a darsi una preparazione moderna.
Ma è altrettanto certo che Lei ha reso
e sta rendendo un buon servigio alla
ideologia comunista, senza rendersi evidentemente conto che « il Suo tipo di
lettore », o almeno buona parte di essi,
non tanto si preoccupa delle conseguenze politiche di tale ideologia oppure
della conservazione dei propri beni (chi
non condivide i principi comunisti potrà pur, qualche volta, non essere un
reazionario o un affamatore di vedove),
bensì della deviazione della propria
stampa verso posizioni parziali, faziose
e per nulla illuminate dallo Spirito.
Coi migliori saluti, mi creda Suo
Maurizio Quagliolo
La mia domanda NON era retorica:
glielo dico con quella buona fede che
Lei sembra ancora disposto a riconoscermi. Il Suo giudizio sul mio e nostro lavoro è assai severo: mi permetta
di dirLe che è fortemente unilaterale
e creda che per molti chef fra noi, sono a sinistra io sono — quasi — irrecuperabile.
Fraternamente
Gino Conte
Posizioni chiare
Un lettore, da Roma.
Caro direttore,
Voglia scusarmi se chiedo ancora un
po’ dì spazio sul giornale, ma credo
sia mio dovere replicare brevemente —r
e con ogni possibile « pacatezza » •—
agrinterventi del Moderatore e del pastore Gìrardet in merito alla mia precedente « lettera aperta » pubblicata
sul n. 6.
Scopo della presente non c quello di
polemizzare, ma di chiarire^ visto che
gli interventi di cui sopra sono imperniati quasi esclusivamente sulle « intenzioni » attribuitemi.
1) Escludo, anzitutto, nel modo più
assoluto, che ricorrendo allo « espeiliente » della « lettera aperta al Moderatore », io abbia voluto tendere una
« trappola » alla Tavola o al Moderatore in persona, allo scopo di « coinvolgerli nelle responsabilità » dei direttori dei giornali ecc.
Tale sospetto è, ripeto, assolutamente infondalo.
Sulla prima ipotesi, formulata dal
Moderatore, che cioè io abbia inteso
invocare, sia pure implicitamente, « interventi punitivi » nei confronti dei...
« colpevoli », c'è di vero questo : che
io mi proponevo di ottenere dalla Tavola — qualora non ci fosse già stato
— un qualche « intervento ». Ma non
« punitivo », né in via disciplinare né
amministrativa. Credo che — tra fratelli della comunità dei credenti —
debba esistere qualche altro modo di
(( intervenire », più conforme all’evangelo a cui costantemente ci richiamìa
mo. Non starò a fare citazioni bibliche,
ma credo che termini quali « riprensione fraterna », « esortazione », « consiglio », non siano affatto di.sdieevoli...
Ritengo che la Tavola non possa
comunque trincerarsi nell indiffe
renza e nel silenzio, sia pure con la
scusa della « fiducia » accordala dal Sinodo ai direttori dei giornali, quasi
che il problema della nostra stampa
non la riguardasse!
Se poi, gl'invocali « interventi » ci
sono effettivamente stali, tanto meglio,
ma resta la constatazione che, a mio
parere, hanno avuto ben scarsa efficacia.
2) Non starò a ribattere punto per
punto le critiche rivoltemi dal pastore
Girardet, le quali — tra l'altro — non
sono sempre strettamente jiertinentì.
Per quanto concerne lo « espediente »
o « trucco » di cui mi sono servito od
agii scopi più o meno... inconfessabdi
di esso (la... « fustigazione dei liambini cattivi », la « censura preventiva » e
altre consimili amenità) mi limiterò a
rimandare i lettori a quanto ho scritto al n. 1 della presente, senza ulteriori
commenti che potrebbero indurmi... in
tentazione, e venir meno a quella regola di « pacatezza » alla quale ho accennato in principio. E così sorvolo
sulla mia « presunta incapacità al dialogo », sulle mie letture di quotidiani
« parafascisti » condizionatrici delle
mie valutazioni politiche ecc.
3) Ancora un'osservazione « tutta
per Lei », caro Direttore, circa la spiegazione addotta per giustificare il totale silenzio di « Eco-Luce » sugli episodi terroristici di Milano. « Non sapevamo che cosa scrivere »! Ma, caro signor Conte, non si trattava, ne si tratta ora di schierarsi fra i « colpevolisti »
o fra gli « innocentisti » (rispetto al
gruppo di indiziati) perché non è, difalli, assolutamente sicuro stabilire che
gli autori della strage siano stati proprio loro, questo è vero.
lo ho trovato strano eil equivoco il
vostro « silenzio ».. Credevo, e credo,
che fatti del genere, per la eco vastissima di orrore e di indignazione che
hanno destata, meritassero almeno due
riglie di commento da parte vostra, se
non altro per esprimere la più incondizionata deprecazione e la più aperta
CONDANNA tli simili metodi di lolla
politica bestialmente sanguinari, quale
che ne sia il movente e da qualunque
parte provengano. Tutto qui. Ma voi
avete preferito lacere. E questo tacere,
ripeto, è di per se stesso equivoco, anche se voi non amate gli equivoci e
preferite assumere, in genere, « posizioni » chiare, per quanto discutibili
o fallibili possano essere.
E con questo, credo di avere definitivamente esaurito H mio compito di
involontario... seminatore di zizzania.
Mi creda, con viva cordialità, Suo
Aldo Long
5
13 marzo 1970 — N. 11
pag. 5
Vivono perchè sono nati
COLLEGIO VALDESE
Comitato di Berna (a mezzo Pasto
« Ma quale visione alimentava la coscienza di lutto questo popolo che si
andava trascinando, se esso riusciva a
sopportare il suo destino? Della verità
non poteva vivere, sarebbe morto subito di tristezza, se avesse saputo la
verità sul proprio conto. Eppure gli uomini vivono perchè sono nati e non perchè posseggono intelligenza e verità, e
finché il loro cuore batte, esso stritola
e disperde la loro disperazione e si distrugge, perdendo nella sopportazione
e nel travaglio la propria sostanza ».
Queste parole dal libro Ricerca d una
terra felice di Andrej Platonov mi hanno colpita alcune sere fa, mentre .avevo
ancora negli occhi non i disegni del
Dorè sull'Inferno dantesco, ma la visione delle sorelle e dei fratelli visitati
negli Ospedali Psichiatidci di Torino,
questi fratelli, che « vivono perchè sono
nati », nati come noi tutti siamo nati,
e vivono soffrendo e tribolando.
Molto è cambiato e sta cambiando
lentamente nei « manicomi », ma mancano i mezzi, manca il personale preparato e manca l'amore di noi tutti, i
cosidetti « cristiani ». Quanti fra noi
parlano di « matti », di « folli », ferendo
così e l’ammalato e i suoi familiari! Il
capo infermiere della sezione 12 di Collegno consegna a chi viene a ritirare
un degente per alcune ore un biglietto
per il permesso « all’ospite » ivi ricoverato di uscire fino all’ora .K.
Penso alla folla frettolosa che percorre via Garibaldi o corso Regina Margherita a Torino, la folla che va e viene
liberamente e lì a due passi, in via Giulio, sono accumulate ora persone anziane dai 65 anni in su. Le ammalate
più giovani sono state finalmente trasportate in ospedali nuovi per essere
curate meglio e qui, in questo vecchio
monumento storico tipo prigione... apettano di morire folle di persone anziane ammalate. Fra le 120 donne della
sezione 5 abbiamo cercato le nostre
care due vecchiette, una del 1878, l’altra del 1881, trasportate qui dall’Ospedale di Savonera.
Girando lentamente in questa folla,
le abbiamo trovate, prima una poi l’altra. Vedendo i nostri volti conosciuti
ed amici, vedendo che le avevamo ritrovate, che non erano abbandonate, i
loro occhi si sono riempiti di lagrime,
hanno incominciato a lamentarsi, a raccontare e ci hanno detto che la nostra
visita « aveva aperto il loro cuore ».
Alcune delle' nostre amiche hanno avuto la fortuna di avere il posto nel
nuovo reparto apertosi neH’ambito dell’Ospedale di Torre Pellice. Lassù le
camere sono luminose, non ci sono più
1 dormitori enormi, l’atmosfera 5 calda
di affetto e di premure e speriamo ed
auguriamo a tutte di star meglio.
Anche lassù a Torre Pellice però hanno bisogno del nostro aiuto fraterno,
aiuto morale e anche materiale. .Mancano ancora tante cose utili e necessarie perchè questo reparto possa funzionare bene e speriamo che altre comunità imitino quella di corso Oddone a
Torino, che ha dato una colletta domenicale a questo scopo, colletta risultata
precisamente il doppio delle collette abituali.
Marcella Bertolè
Pietro a Roma ?
Il 22 marzo una conferenza del prof. B. Corsani a Torre Pellice e a Pomaretto
Proseguendo nel ciclo di conferenze
organizzate dal Collegio Valdese, il
prof. Bruno Corsani, decano della Facoltà teologica valdese di Roma, il 22
marzo parlerà a Torre Pellice, presso
la Foresteria valdese alle ore 15, e a
Pomaretto alle ore 20.30, nel tempio,
sul tema: Pietro a Roma? Nel centenario della caduta del potere temporale dei papi. Ovviamente non possiamo sapere quale sarà lo schema della
conferenza del prof. Corsani; tuttavia
il tema ci ricorda argomenti cari al
periodo dell’Evangelizzazione, di sapo
iitiiiiiiiiiimiiiiniiiiiu iiiiiiiiiiiiiiiiiii:
re decisamente polemico, quando non
era di moda come ora un ecumenismo
deteriore. E richiamandoci a quei tempi non possiamo non pensare al venerando pastore Corsani, nonno del professore, ex-alunno del Collegio e artefice diretto delTevangelizzazione.
Siamo certi che sia a Torre sia a
Pomaretto un pubblico numeroso approfitterà di questo contributo che il
prof. Corsani vuol dare all’azione tesa
a che il Collegio torni a essere un centro animatore della cultura religiosa
alle Valli.
Il Comitato C. V.
re Emile Blaser) S.p.A. RIV/SKF - Direzione Ge- 3.049.863
nerale - Torino 250.000
D.A .\MIC1 :
il» memoria del Past. Elio Eynard: D’Ari Ada e Achille, Rimini 5.000
Martone famiglia, Torre Pellice 1.000
Merlili T.. Winterthur (Svizzera) 2.000
Tomasini Cario, Torre Pellice Doni: Armand-Hugon Prof. Ermanno, 10.000
Torre Pellice 10.000
Luca Giuseppe. Roma Madruzza geom. Giulio, Torre Pel- ■150
lice 50.000
Peyronel Dott. Prof. Giorgio - Mi- lano Pennington De Jongh Lilian, 100.000
Roma 15.000
Ribet Doti. Ing. Giovanni, Torino 50.000
Ricca Dott. Alberto, Firenze 10.000
Rivoiro Pellegrini Cav. Ugo, Torino 440.000
Totale del presente elenco Totale elenchi pubblicati preceden- 5.369.668
temente 13.156.133
? OMAR ET T
Tavola rotonda p.r i subnormali
Al Circolo culturale della Cappella di Perosn. giovedì 26 febbraio, le doti. Malati. Lea
Viiiay ed il prof. Fontana hanno esaminato
con competenza e con linguaggio accessibile
al numeroso pubblico il grosso problema dei
subnormali. Per il profondo interesse di questo gruppo, segnatamente per iniziativa della
doti. Malan assessore all’igiene del Comune di
Torino, è sorto il primo consultorio del genere a Torino.
L’urgenza di dover affrontare questo problema è dato dalla statistica di due anni fa
che ha registrato ben 300 casi controllali al
consultorio. Da tutte le parti d’Italia accorrono a Torino e per casi talvolta disperati, per
avere una parola un incoraggiamento e soprattutto trovare una via di salvezza; difatti
molti casi sono stati felicemente risolti.
11 discorso sul tema introdotto dalla doti.
Malan, illustrato dal prof. Fontana, con stupende diapositive ha ccnsenlilo alPuditorio
di valutare l’imporlanza della missione svolta
dal gruppo dì lavoro; la discussione che ne è
seguita con partecipazione attiva di molte
mamme presenti ha consentito dì chiarire
ogni aspetto del problema.
Purtroppo in sede legislativa le malformazioni non sono ancora ficonosciute come malattìa .sociale; ci auguriamo che pre.sto una
Dal Vallone di Angrogna
11 riconlo deiremancipazione civile dei Vaidesi è iniziata ad Angrogna fin dalla domenica 15 Febbraio, con i Culti di Santa Cena
nei tre Templi del Capoluogo, del Serre e di
Pradeltorno. 1 primi due presieduti dai Pastore Coisson e il terzo dal Past. Taccia. Al Capoluogo ha pure partecipato la Corale.
A Pradeltorno. come è consuetudine da alcuni anni, al Culto ha fatto seguito l’agape
fralerna presso la Foresteria « La Rocciaglia »,
che già in occasione della festività natalizia,
aveva messo a disposizione i suoi locali con
notevole spirilo di fraterna collaborazione. Ai
minuscolo gruppo dì Angrognini locali, si
erano aggiunti fratelli provenienti da Torre
Pellice. San Giovanni e altre località. Erano
presenti i membri del Comitato del Collegio e
parecchi « amici del Collegio », tra cui il Dottor Cardio! presidente del sodalizio. La Prof.
Franca Coisson ha illustrato le finalità e la
ragion d’essere del Collegio nel quadro dell’impegno per l’istruzione che è stato fin nei
secoli passati una caratteristica della Chiesa
valdese. Lo stesso discorso fu ripetuto all’agape fraterna del Capoluogo. Molto apprezzato è
stato pure l’intervento del Dott. Enrico Peyrot che ha ricordato la cronaca degli avvenimenti del 17 Febbraio 1848. Altri interventi
e numerosi canti hanno concluso il simpatico
simpo.sio.
lì 17 Febbraio, dopo il tradizionale corteo
(ogni anno più ridotto), con il fatidico incontro ai Vangie dei due gruppi provenienti dal
Serre e dal Capoluogo, con tamburino in testa, un folto gruppo di Angrognini si è riunito nel Tempio. La recitazione dei bambini
h’i illustrato varie situazioni africane, come
espressione di sensibilità e solidarietà verso
popoli non ancora emancipati. È infatti in
questo sen.so che è stalo impostato il siffnificato attuale del 17 Febbraio. La colletta che :iei
tre Templi ha fruttato più di 30.000 lire è stata devoluta per l’opera mis.sionaria e sociale
del Gabon. La novità di fjuest’anno è stata la
partecipazione del gruppo dei cadetti da poco
costituitosi ad Angrogna. Il Pastore ha inoltre ricordato la figura del Moderatore e storico valdese Giovanni Léger. di cui ricorre que.«t’anno il terzo centenario della morte.
Dopo la riunione nel Tempio, una ottantina
di commensali si h riunita nella sala valdese per il pranzo comunitario, in una calda
atmosfera dì fraternità. Abbiamo salutato con
gioia parecchi ex-angrognini. tornali per trascorrere con noi il 17 Febbraio e udito Jivrr.si messaggi e poesie.
La sera, terza manifestazione della giornata. ha avuto luogo la .serata con partecipazione della Corale (che quest’anno ha visto
aumentare felicemente il numero dei suoi
meml>ri), che ha presentato ben otto brani
musicali, cantici della fede, cori valdesi e
canzoni. Il dramma « Il Libro della vita » è
stalo la riesuinazìone di un antico soggetto
della drammatica valdese. Ripudiati da una
ventina d anni questi lavori, con opportune
revisioni, tornano di attualità riproponendo in
un tempo di indifferenza e di disimpegno, il
tema della fedeltà c della coerenza evangelica,
li dramma è stalo presentato, con notevole
efficacia, dai giovani delPunione dei Jourdan,
molti dei quali alle primissime armi. Desideriamo ancora ringraziare vivamente tutti coloro che sia a Pradeltorno che al Capoluogo
SI sono impegnati in una assidua collaborazione per la buona riuscita delle varie manifestazioni. In fatto di recitazione dobbiamo an
cora segnalare l’attività della ben più esperta
« Filodrammatica Valdese di Angrosna » che
ha messo in scena una fortunata cor^medìa
dialettale piemontese : « I vint ani pi brut ’d
pare Michel » di Agostino Fassi. La recitazione spigliata e scorrevole dei bravi attori ha
messo in risalto gli aspetti umoristici della
vivace commedia, come pure il tema di fondo
che ha voluto sollevare, cioè il problema del
perdono e della riconciliazione. La commedia recitata in varie località delle Valli ha
riscosso notevole successo ed è stata pure rappresentata, la prima volta nella storia, nella
sala Parrocchiale di Bibiana, ottenendo vasto
consenso e calorosa approvazione.
Terminiamo questa cronaca segnalando due
lutti che hanno dolorosamente colpito due famiglie molto note della nostra Comunità. Il
3 Febbraio si spegneva serenamente all’età di
85 anni, circondata dai suoi cari, dopo lunga
e dolorosa infermità Clementina Bertin dei
Bouloun, madre del nostro Anziano Stefano
Carlo Bertin. Il 22 Febbraio decedeva quasi
inaspettatamente all’età di 77 anni. Alessio
Buffa della Roccia. Entrambi lasciano un ricordo di operosità e dedizione alla famiglia,
nonché di fede profonda e serena. Ai congiunti rinnoviamo il nostro sentimento di solidarietà fraterna nella gioiosa certezza della
resurrezione in Cristo Gesù.
PIHERQIO
legge potrà coronare gli sforzi dei pionieri in
questo campo.
Inviamo un pensiero ili riconoscenza a questi amici per quanto ri hanno detto sul tema.
Per la domenica 12 aprile, sotto gli auspici dell'Unione Feniminiìe sarà presentalo il
problema dei tumori con la partecipazione d’un
professore di Torino e ilella dott. Malan, al teatro di Pomaretto allo ore 14,30.
Gruppo di Agape a Pomaretto
In occasione della ;;iornata della gioventù
un gruppo della com::nità di Agape è stato
ospite della chiesa di Pomaretto. Renato Maiocclij ha esaminalo c-'O profondità i testi di
Luca, concernenti il . ignificato del « seguire
Gesù ». 11 linguaggio talvolta aspro, duro del
Cristo soprattutto fjuando parla di « odiare
padre e madre » tendo mettere a nudo il nostro
stato interiore, tessi»l- di compromessi, di arrangiamenti; mentre - credente non ha via di
scelta: dovunque egli qiera, nulla deve ostruire l'opera di Dio in ¡a del Suo Regno i cui
segni dobbiamo pone qui nell’amore e nella
giustizia. Perciò: la- o, macchina, famiglia
non debbono mai ìì\k- ■ la precedenza ma lasciare il posto al CrtrÌG che ci domanda l’ubbidienza costosa.
Ringraziamo il fra'vià) Malocchi, per la sua
profonda predicazioni' la famiglia Giampiccolì e Gianna Scicloi? ■ per la loro visita. Un
grazie alle famiglie - ne hanno gentilmente
ospitato.
Riunione di preghiera
La Val Germanasi ome unioni femminili
si è trovata a Pomarei; ’ per l’annuale incontro
dì preghiera. La pasLorossa Sciclone ha presentato lo studio sul testo indicato di Isaia,
rilevando l’impegno • sciale che comporta il
nostro colloquio col Signore. A lei in particolare il nostro grazie per il suo ricco messaggio. Ci auguriamo che la riunione di preghiera non rimanga masso erratico nell’anno ma
sia di stimolo per il sorgere di piccoli gruppi
di riflessione e di preghiera.
L’opera delle Missioni
E stata illustrata dalla signorina Baudraz
che ha presentato il problema del Cameroun;
sin dal mattino del venerdì 6 marzo ha risposto per tre ore alle domande degli alunni,
mentre la sera ha illustrato il problema con
delle diapositive.
Domenica 22, avremo uiFassemhlea di chiesa
che discuterà alcuni punti sul problema del
matrimonio, la mattina al culto delle 10,30.
Si procederà pure alla nomina dei delegati alla
Conferenza prossima ed al Sinodo.
Prossime riunioni: Mercoledì 18 marzo a
Pomaretto; venerdì 20 marzo ai Pons,
Doni ricevuti dal Comitato del Collegio Valdese di Torre Pellice a tutto il
2 Marzo 1970 (7" Elenco)
DA CHIESE VALDESI:
Rorà (Colletta in oce. 17 Febbraio) 30.000
San Germano Chisone (2“ versam.) 250.000
San Secondo di Pinerolo (Colletta
17 Febbraio 28.595
?. Secondo di Pinerolo (2° versam.) 200.000
DA CHIESE SORELLE:
Garden City Community Church
New York (USA) 117.760
DA ASSOCIAZIONI
ED ENTI VARI
Associazione Amici del Collegio
Torre Pellice versamento) 750.000
Totale dei doni pervenuti a tutto
2 Mar
1970
18.525.801
Si ricorda che i doni e le offerte a favore
del Collegio Valdese possono essere versati al
Comitato Collegio Valdese in Torre Pellice Via Beckwilh n. 1 - Torre Pellice, sul conto
corrente postale n. 2/32709 o sul conto corrente bancario n. 56760 presso Istituto Bancario Italiano - Torre Pellice.
« ERRATA - CORRIGE »
I sigg. Bianconi Mario e Irma, Roma (vedi
n. 7 « Eco-Luce » del 13-2-1970), hanno versato come « dono » L. 5.000 e non L. 4.000
come erroneamente pubblicato. Ci scusiamo
dell'errore di stampa.
iiimiiiKiiiMiiitiiir iiiiMiiriiiiriMiiiMiiiiiiitmtHiiiiiiiiiimiRiti
Anche se la Comunità di via dei Cimbri
di. vari mesi non ha più dato notizie di sè,
pure ha continuato la sua attività normale
ia ogni campo. Avvenimenti notevoli negli
ultimi mesi sono stati:
Il Bazar annuale che, preparato da un gruppetto di sorelle volonterose, ha avuto luogo
nei giorni 22 e 23 novembre con un risultato discreto, tenendo conto anche del tempo
avverso.
I culti di Natale e Capodanno hanno visto
presenti anche fratelli che spesso sono assenti
- che rivediamo sempre con goia. La festa
dell’Albero di Natale ha riunito le tre Scuole
Domenicali di Napoli, Ponticelli e Caivano,
una folta schiera di ragazzi grandi e piccoli,
felici dì esibirsi nelle loro recite e della festa
preparata per loro.
L'opera evangelistica di Ponticelli merita
un cenno speciale. La Scuola Domenicale, nel
pomeriggio della domenica, dalle 16 alle 17,
riunisce una trentina di bambini, quasi tutti
dt famiglie cattoliche dimoranti in questa
frazione sottosviluppata di Napoli. I bambini
ascoltano con piacere la spiegazione delle lezioni bibliche, fatte loro con amore e pazienza dal pastore Cielo, hanno imparato vari
inni che cantano con entusiasmo. Forse non
tutti questi bambini diventeranno poi membri
iscritti della nostra Comunità, ma il seme dell’Evangelo è gettato in quelle giovani anime :
noi lo seminiamo, al Signore il compito di
farlo crescere e portare frutto.
Oltre alla Scuola Domenicale, nel pomeriggio del martedì, il pastore tiene un corso
di Catechismo per giovani e adulti e subito
dopo uno studio biblico abbastanza frequentato.
Dal mese d’ottobre, nei giorni feriali, si è
iniziato un doposcuola per 'le classi elemen
mimitliiiiliiiiiir
ANGROGNA (Cdpolnoan)
Domenica, 8 marzo, giornata dedicata alla
gioventù, il Culto è stato presieduto da cinque giovani che si sono alternati sul pulpito,
guidando la Comunità attraverso le varie part. della liturgia. 11 sermone, preparato in comune c pronunciato da Jean Louis Sappé, era
centrato suU’esìgenza della coerenza tra fede e
opere, partendo dal testo di Matteo 5 : 14-16
cd è risultato un forte e chiaro messaggio,
teso a richiamare la Comunità ad una più
conseguente azione di testimonianza verso il
mondo, fuori da ogni compromesso e ipocrisia.
Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto due gradite visite : Luna la sera del 7 Marzo, dai giovani dell'Unione dì Praro.slino, che hanno presentato con cificacia e incisività il non facile
dramma di V. Calvino: «Creatura umana»;
Tahra. la sera del 10 Marzo ilella .signorina
Violetta Baudraz, Missionaria nel Camerún
che ci ha parlalo dell’opera missionaria e ci
hd mostrato interessanti diapositive.
Martedì, 10 Marzo, nel nostro Tempio si
sono uniti in matrimonio Michelin Salomon
Bruno di Villar Pellice con la nostra Amilda
Pons della Revejiera. Agli sposi rinnoviamo
l’augurio di ogni felicità e pace nel Signore.
Martedì 17 c. m. avrà luogo nella
sala della Biblioteca Comunale gentilmente concessa una tavola rotonda con don 'Vittorino Merinas della
comunità di Via Vandalino a Torino
e con il pastore Paolo Ricca sul tema
Il Cattolicesimo del dissenso e il dissenso nella Chiesa. Tutti sono invitati a partecipare.
La ricorrenza del 17 febbraio è stata una
giornata di gioia e di riconoscenza per la
Chiesa che, con il solito entusiasmo, ha ricordato il 122" anniversario della Emancipazione.
Si sono avute diverse manifestazioni alle quali
hanno preso parte, oltre alla Comunità, anche
alcuni Villaresi lontani, tornati al loro paese
d origine per l’occasione, e diversi amici. Un
culto di ringraziamento e di consacrazione,
con celebrazione della Santa Cena, è stato
tenuto la domenica 15 felibraio. La sera della
vigilia si è rinnovato il caratteristico spettacolo della nostra valle costellala dai tradizionali falò accesi sulle alture dei vari quartieri.
Accanto al falò principale — preparato quest’anno non pili al « Piloun », ma in prossimità del ponte dell’Inverso — si è raccolta
una folla di gente per udire il messaggio del
prof. Loris Bein. che ha ricorilalo l'origine
e il significalo della festa del 17 febbraio.
La mattina del 17. dopo il culto presieduto dal Pastore, gli alunni delle scuole elementari. diretti dai loro rispettivi insegnanti,
hanno presentato un vasto ed interessante programma di canti e di recite.
Il pranzo in comune — svoltosi in una atmosfera di fraternità e di viva cordialità ■—
e stalo preparato e servito da un gruppo di
fratelli e sorelle alla Miranionti. Esso è stalo
al solito mollo affollato. AI termine sono stati
ascoltati alcuni messaggi, fra ì quali molto
apprezzalo quello del Sindaco Ins. Paolo Frache — che ha rievocalo alcuni interessanti
episodi dì storia villarese — e quello portato
dal prof. Loris Bein. che ha parlalo della storia e delPimporlanza del Collegio Valdese.
La giornata si è conclusa con la serata
ricreativa, preparata dai giovani dell’Unione
Giovanile.
Esprimiamo la nostra più viva riconoscenza
a tutte le numerose persone che hanno dato
tempo e fatica alla preparazione del vasto programma e che hanno contribuito alla riuscita
della bella ed interessante giornata.
Hanno concluso la loro giornata terrena :
Enrichelta Janavel nata Chanforan. di anni 78,
de] Barneu; Giovanni Daniele Geymet. di an
ni 91, originario del Ciarmìs e da molti anni
ospite deH’AsHo dei Vecchi di Luserna San
Giovanni.
Ai famigliari di questi Scomparsi presentiamo le nostre condoglianze e rinnoviamo la
espressione della nostra fraterna simpatìa.
Si sono uniti in matrimonio: Roberto Frache (Centro) e Gigliola Dalmas (Teynaud);
Stefano Geymonat (Resse) e Liliana Vigne
(Piantà).
Su questi Sposi e sul loro focolare domestico invochiamo la benedizione c la grazia
del Signore.
Due gentili, piccoli ospiti sono giunti ultimamente ad allietare il loro focolare domestico e ad aumentare la famiglia della Chiesa.
Essi sono: Adi. di Giacinto e Laura Gìordan
(Inverso) e Donatella, di Marco e Ida Pascal
(Centro). Diamo loro il nostro più cordiale saluto di benvenuto.
Una visita mollo gradita ci è stala falla
dagli artisti del Gruppo filodrammatico di
Angrogna. Essi ci hanno presentato con molla
bravura una interessante ed istruìliva commedia in piemontese.
Il pubblico che gremiva la sala ha già loro
— con la sua presenza massiccia —
quanto apprezzala e quanto gradita sìa stata
la loro vìsita.
Desideriamo esprìmere loro ancora il nostro
plau.«!0 e dire a tutti loro il nostro grazie più
vivo.
Domenica 1® febbraio il culto è stato presieduto dal nostro fratello A. Lazìer, Direttore del Castagneto. La Comunità gli è grata
e gli esprìme il suo ringraziamento.
Casa Valdese ■ Vallecrosia
Colonia marina 1970
l^a Casa Valdese di Vallecrosia rende nolo
che si sono ultimate le iscrizioni dì bambini
presso la sua Colonia Marina per raggiunti
limiti di disponibilità.
tari, subito affollato. Per questo lavoro si sono
offerti tre giovani della Comunità : Franco
Viero, di Napoli, Angela Terracciano e Angelo De Marco di Ponticelli.
Questi tre bravi giovani, pur essendo due
d. loro impegnati negli studi medi superiori,
trovano il tempo di dedicare tre ore al giorno
per aiutare nei loro compiti scolastici i ragazzi che altrimenti sarebbero abbandonati a
s; stessi perchè le famiglie non possono seguirli, e si avrebbe il triste risultato di ragazzi
che ripetono più volte una stessa classe o
che interrompono la frequenza scolastica prima della licenza elementare e sono messi a
lavorare per aiutare le famiglie.
Questo doposcuola è pure una testimonianza
/continua a pag. 6)
AVVISI ECONOMICI
AFFITTASI terreno dieci giornate con alloggio, libero subito. Rivolgersi Libreria Claudiana - Torre Pellice.
AFFITTASI, stagione estiva, due camere ammobiliate, bella posizione, altitudine 600
metri. Rivolgersi Libreria Claudiana - Torre Pellice.
PERSONA libera impegni cercasi per governo casa ingegnere invalido, solo, residente
Ceriiusco sul Naviglio - Telefonare Milano 69.33.05.
I familiari della compianta
Adele Grill ved. Peyrot
di anni 63
commossi per la dimostrazione di stima ed affetto ricevuta nella triste
circostanza ringraziano sentitamente
i dott. Peyrot e Vivalda, la signora
Menusan Frida per le affettuose cure
prestate nel corso della malattia, e
tutti quanti hanno preso parte al loro
dolore.
« Siate allegri nella speranza, pazienti neH’afflizione, perseveranti
nella preghiera».
Frali, 6 marzo 1970.
« E Gesù disse : passiamo all’altra
riva ».
11 27 febbraio il Signore ha richiamato a Sé
Alice Rivoir
I familiari, nel darne il triste annunzio, ringraziano tutti coloro che
hanno preso parte al loro dolore.
La salma riposa nel cimitero di
Alassio.
' Genova Pegli - Piazza Bonavino
12 marzo 1970
Il Signore ha improvvisamente richiamato a Sé, dopo breve malattia
Maddalena Genre
ved. Clot
all’età di anni 90.
1 familiari ringraziano quanti hanno preso parte al loro dolore ed hanno manifestato il loro affetto nella
triste circostanza.
« Il dono di Dio è la vita eterna
« in Cristo Gesù, nostro Signore »
(Romani 6; 23)
Chiotti di Riclaretto, 6 marzo 1970.
6
pag. 6
N. 11 — 13 marzo 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
Un incontro fra
rappresentanti dei C.E.C.
e deiia comunità
ebraica mondiaie
Ginevra (soepi) — Nello scorso mese di febbraio si è tenuto a Ginevra
un incontro fra dirigenti e membri del
Cec e una delegazione della comunità
ebraica mondiale.
I problemi di comune interesse sono stati fatti oggetto di una discussione franca e cordiale. È stata particolarmente discussa la Dichiarazione sul
Medio Oriente adottata l'anno scorso
dal Comitato centrale del Cec.
I rappresentanti del Cec hanno preso debita nota delle critiche formulate
dalla delegazione ebraica e la delegazione ebraica delle spiegazioni fornite
dal Cec. Se verrà pubblicata una nuova dichiarazione sul Medio Oriente,
queste ed altre critiche verranno tenute presenti.
I rappresentanti del Cec hanno chiaramente sottolineato che si discuterà
con tutte le parti implicate nel conflitto del M. O. allo scopo di giungere ad
una riconciliazione che conduca alla
giustizia ed alla pace.
È stato anche esaminato l’operato
della Conferenza sul « problema dei
profughi palestinesi » organizzata a Cipro nello scorso settembre dalle Chiese membri del Cec in Medio Oriente e
dalla Divisione Aiuti e Assistenza del
Consiglio.
Questa Conferenza ha dichiarato iri
modo particolare che i programmi di
aiuti e di ricostruzione, per essenziali
che siano, non costituiscono da soli
una risposta adeguata all’ingiustizia
commessa verso la gran maggioranza
dei profughi palestinesi ed alla loro
tragica situazione.
Essa ha inoltre sottolineato che il
principale ostacolo all’azione delle
Chiese deriva dall’assenza di una seria
informazione sul problema dei profughi palestinesi. Per questo motivo si è
raccomandato la messa a punto di un
vasto programma destinato a informare le Chiese delle altre parti del
mondo, programma che verrà elaborato e diretto dalle Chiese del Medio
Oriente.
Altri problemi abbordati a Ginevra;
l’influenza della fede sulla pace e sulle
questioni internazionali che ne derivano; le necessità dei profughi; lo sviluppo; la giustizia razziale e le agitazioni studentesche.
Negli scorsi anni si sono già avute
altre discussioni con dirigenti ebraici,
organizzate da Fede e Costituzione e
dal segretariato del Cec, anche allo scopo di far meglio conoscere e comprendere gli ebrei e il giudaismo alle Chiese membri.
LE STATISTICHE
DELLA CHIESA COPTA
Addis Abeha (Relazioni Religiose) - La
Chiesa Copta conta presentemente in Etiopia
8.35 conventi, 12.319 chiese, 61.698 sacerdoti
c oltre 57 mila diaconi. La maggior parte del
clero si trova in precarie condizioni economiche e si guadagna da vivere con qualche altro
lavoro.
LA FACOLTA*
DI TEOLOGIA CUBANA
L'Avana (hip) - Gli studenti della Facoltà
di teologia protestante di Matanzas sono in
numero di 18 per Fanno scolastico 1969-70.
Siccome la Facoltà è interdenominazionale. la
ripartizione per Chiese è la seguente : 2 studenti appartengono alla chiesa episcopale, 11
alla chiesa presbiteriana (n.d.r.: mancano i
dall sugli altri iscritti). H presidente del Consiglio degli studenti partecipa a tutte le riunioni della Facoltà.
Nuovo rettore del Seminario è il pastore S.
Arce Martínez, già professore di teologia sistematica ed anche segretario generale della
Chiesa presbiteriana di Cuba e |iastore della
parrocchia centrale di Matanza.s. 11 Seminario annovera non solamente degli studenti celibi. ma anche diverse coppie. « .../ bimbi, i
loro giochi e le loro grida danno una nota
PAOLO RICCA
Il Cattolicesimo
del dissenso
Un tentativo di analisi
e di valutazione protestante
Pag. 42, L. 400
Editrice Claudiana - Via Pio V,
18 bis - 10125 Torino - c.c.p.
n. 2/21641.
gioiosa che ja di questa grande casa un luogo dove non manca nulla. Vecchi^ giovani,
bimbi... professori, allievi, impiegati... con un
solo scopo: servire la Chiesa di Cristo ».
11 corpo insegnante della Facoltà è costituito
da un gruppo di 10 professori, la cui maggioranza ha anche incarichi pastorali. Essi appartengono sia alla chiesa metodista che a quella
presbiteriana. Tre insegnanti sono donne.
UNA RAMANZINA
DELL’ARCIVESCOVO DI MADRID
AL CARDINALE ALFRINK
Utrecht (Relazioni Religiose) - Al Cardinale Alfrink è pervenuta una lettera del Cardinale di Madrid, Monsignore Casimiro Morcillo, nella quale il Porporato spagnolo comunic i al Cardinale olandese la sua « profonda
tristezza e il colpo doloroso che ha ricevuto
dall’atteggiamento e dalle raccomandazioni del
Concilio pastorale olandese ». Secondo la lettera di Monsignore Morcillo, « il collegio dei
Vescovi insieme al Papa è il solo organo competente per trattare le questioni così delicate.
In quanto membro del Collegio Episcopale io
sono obbligato a comunicare all'Episcopato
olandese la mia tristezza e la mia protesta ».
Secondo quanto si apprende negli ambienti
episcopali olandesi al Cardinale Alfrink è
pervenuta anche una lettera firmata da 146
sacerdoti di Madrid i quali deplorano quella
inviata dalFArcivescovo Morcillo e affermano
che le recenti dichiarazioni dei Vescovi spagnoli in merito alle cose olandesi cc non tengono conto della coscienza di numerosi credenti, anche spagnoli ».
CONTRO LA FAME DEGLI ALTRI
Il Ceniro di sviluppo cooiuniiario
del Congo Kiosliasa
Come già i lettori sanno, la nostra
iniziativa « contro la fame degli altri » intende sostenere, sia pure assai modestamente, oltre al Centre
familial évangélùjiie del Gabon, anche il Centro di sviluppo comunitario in Congo Kinshasa.
Al lavoro nel laboratorio di sartoria.
(foto EPER)
Il pastore Gscliwend, del segretariato romando dell’Eper (rthue assistenziale delle chiese protestanti
svizzere), da noi avvisato, ci ha inviato altre notizie su questo Centro,
di cui l’Eper appunto è responsabile e che sta nuovamente cc propagandando » in occasione della campagna « pain polir le prochain », pane
per il prossimo.
Alcune centinaia di migliaia di
profughi dall'Angola — che si sono
sottratti alla dominazione coloniale
portoghese - - vivono nella regione
attraversata dal Basso Congo, fra
Kinshasa ed il mare (ca. 600 km.).
In un primo tempo, si è reso necessario un intervento atto a sostentarli. Oggi, la sittiazione è assai migliorata, ma occorre risolvere il problema di una formazione professionale;
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
CINA E ISLAM
« La mattina del 17.2.’70, i mussulmani di Pechino si sono recati in
massa alla moschea di Tongsé, per recitare insieme le preghiere della festa
del Corban (Eid el Séghir). I diplomatici stranieri di religione islamica erano stati invitati, e numerosi ambasciatori di paesi africani ed asiatici erano
presenti. La cerimonia ha permesso ai
mussulmani della Cina di prender contatto coi loro correligionari stranieri,
e di scambiare con questi e fra di loro
gli auguri tradizionali ».
Questa la notizia ufflciale. Su « Le
Monde » del 4 c., Alain Bouc la fa seguire da altre notizie e da un lungo
commento, da cui ritagliamo quanto
segue.
« La ricomparsa dell’“Associazione
Islamica Cinese” era stata segnalata
alcuni giorni prima da “Nuova Cina".
Un candeliere di cristallo, “fabbricato
con grande abilità da artigiani cinesi
e costato un anno di sforzi”, fu offerto
il 29.1 dall’ambasciatore cinese al governo del Pakistan. L’offerta proveniva dalla detta Associazione ed era destinata al mausoleo di Mohammed Ali
Jinnah, il fondatore dello Stato del
Pakistan. Si afferma che il candeliere
“ simboleggia l’amicizia del popolo cinese per il popolo pakistano”.
Non è un caso il fatto che la stampa cinese riferisca simili notizie. La
ripresa delle manifestazioni religiose
conferma la notizia che la rivoluzione
culturale, nella sua forma violenta, è
ormai chiusa; Pechino, che cerca d’incrementare le proprie amicizie nel
mondo arabo, vuol anche ricordare che
esistono dei mussulmani in Cina, fratelli in religione dei combattenti del
Medio Oriente.
La popolazione mussulmana cinese è
generalmente stimata sui 10 milioni di
persone: una buona metà vive nel Sinkiang, nel Turkestan cinese e nella provincia del Kansu. (...) La grande maggioranza dei mussulmani che vivono
in Cina, non appartengono però al
gruppo etnico cinese propriamente
detto, ma al gruppo linguistico di origine turca.
La politica cinese verso l’Islam non
ha nulla di originale. Come nella maggior parte dei paesi comunisti, il regime aspetta che la religione deperisca,
senza esercitare delle pressioni dirette sui fedeli. Nel suo discorso davanti
al Congresso nazionale popolare del
dicembre 1964, il primo ministro Chi
En-lai dichiarava notoriamente: “Noi
continueremo ad applicare correttamente la politica della libertà di coscienza, a realizzare l’unità politica e
la separazione della religione e dello
Stato, a proibire ogni attività che sia
contraria alla legge. Ci auguriamo di
vedere le personalità religiose mantenere una posizione patriottica cinti-imperialista, limitarsi al principio dell’autoamministrazione c dell’indipendenza delle Chiese, rispettare le leggi
e i decreti, rinforzare la propria rieducazione e partecipare attivamente all’opera d’edificazione socialista della
patria” ».
{N. B. La detta politica è coerente
con la teoria marxista, secondo la quale la religione, intesa come so
ciale, è una «sovrastruttura ». Chi però ritenesse che questa parola voglia
necessariamente indicare « una cosa di
cui si può fare a meno », quindi una
cosa destinata gradualmente a scomparire, purché la si contenga e la si
obblighi alla resistenza passiva, sbaglierebbe, poiché esistono delle « sovrastrutture » delle quali non si può
fare a meno. Per es. il vestito che io
porto è certo una sovrastruttura del
mio corpo, ma io non potrei sopravvivere se non volessi più far uso di qualunque vestito).
A noi sembra evidente che, più dei
rapporti politici col Pakistan, al governo cinese stia a cuore una propaganda
contraria a quella alimentata dall’URSS nelle province confinanti col
Sinkiang, cioè contraria all’irredentismo sinkianghese che sta crescendo in
quelle province. Inoltre non ci sembra
improbabile che la Cina voglia prepararsi ad una penetrazione in taluni
Stati arabi, penetrazione che, in concorrenza con rURSS, non potrebbe
non tener conto del fanatismo islamico di quegli Stati (cfr. gli articoli;
« Gheddafi tra Nasser e i guerriglieri
arabi», su «La Stampa» deH’8.3.’70, e
« Il mitra e il Corano » su « L’Unità »
dello stesso giorno).
LE CONTRADDIZIONI INTERNE
D’ISRAELE
La signora Golda Mei'r, capo del
governo israeliano, commentando le
recenti vicende di Pompidou in occasione del viaggio di questi negli USA,
ha detto fra l’altro;
« Il presidente Pompidou conosce
senza dubbio la storia della Francia,
ma non è tenuto a conoscere quella
del popolo ebraico. Perciò sarebbe forse bene ch’egli si astenesse dal darci
dei consigli su ciò che noi dovremmo
essere. (...) Io sono meravigliata d’apprendere che una grande potenza come la Francia possa assumersi il compito di dire a un altro popolo, come
fare a suicidarsi. Ciò che il presidente
Pompidou ci suggerisce, è esattamente ciò che ci suggeriscono gli Arabi:
“Ritornate nelle vostre antiche frontiere, a partire dalle quali noi vi attaccheremo; e se questa volta non raggiungeremo i nostri scopi, faremo meglio la volta dopo” ».
Ma ecco che « mercoledì 4 c., una delegazione di sei uomini vestiti di palandrane nere, con cappelli a larghe
falde, con volti barbuti e incorniciati
da trecce di carta, ha fatto visita al
console generale di Francia a Gerusalemme. Si trattava dello stato maggiore dei “Natorei Kart a”, guidato dal suo
capo il rabbino Amram Blau, desideroso di consegnare al console un messaggio destinato al sig. Georges Pompidou.
In tale messaggio, i Natorei Karta
(= i guardiani della città) esprimono
la propria riconoscenza a Pompidou e
deplorano le manifestazioni di cui questi è .stato oggetto negli USA.
Questa setta fanatica, che conta quasi duecento famiglie, si rifiuta di riconoscere l'esistenz.a d’Israele, perche
questo Stato non è d'essenza divina:
essa esprime la propria opposizione
allo Stato, in quanto istituzione pubblica.
Al giornalista che li interrogava sulle intenzioni attribuite a Pompidou,
secondo le quali effettivamente questi
deplora il carattere religioso dello Stato d’Israele, i capi dei Natoréi Karta si
sono limitati semplicemente a rispondere: “Lei non è altro che un agente
sionista”! ».
(N. B. Numerose e sorprendenti sono le sette interne allo Stato d’Israele.
Pochi sanno ad es. che una di queste
sette è quella dei Samaritani, discendenti diretti dei Samaritani, contemporanei di Gesù e conservatisi ininterrottamente attraverso i secoli!).
(Da « Le Monde » del 6.3.1970).
agricoltori, falegnami, meccanici,
sarti, muratori.
È stata reperita un’area adatta allo scopo fra Kinshasa e Matadi: si
tratta di una zjiia assai fertile, ma
che doveva essere ancora dissodata.
Ora, già da tempo i lavori ili dissodamento e le prime colture sono state iniziate, mentre, parallelamente,
sono stati costruiti degli alloggi, dei
laboratori, una rete di distribuzione
d’acqua. È la prima volta che in
questa regione si costruisce cosi in
fretta.
Gli allievi dei vari corsi, che durano nove mesi, ricevono le basi per
il loro mestiere e sono allo stesso
tempo indirizzati ai principi della
cooperazione. Alla fine dei corsi,
vengono inviati, a gruppi di una decina, nei villaggi congolesi, cui daranno nuovo slancio, e non solo sul
piano delle attività agricole. (Questi
corsi sono frequentati sia dai profughi che dai congolesi : ne deriva un
affiatamento quanto mai utile e producente.
Anno dopo anno nuove « ondate »
di questi gruppi si dirameranno in
altri villaggi di modo che tutta la
regione ne avrà giovamento.
Óltre ai corsi già menzionati per
agricoltori, sarti, falegnami, fcc. col
1970 inizia anche un corso per elet
tricisti dato che ora la corrente elettrica è giunta anche nei villaggi del
Basso Congo.
L’agricoltura locale è essenzial
mente orientata verso il maïs (che
serve anche per l’allevamento del
pollame), poi ci sono i legumi, le
arachidi, la frutta. Contemporaneamente vengono compiuti degli sforzi per migliorare l’igiene nei villaggi, con particolare riferimento ai
servizi igienici, all’acqua potabile,
alle malattie contagiose, alla dietetica, ecc.
Il Centro è perfettamente cosciente del suo compito regionale nella
vita econoniira e sociale. Tutto
quanto esso fa è concepito nella prospettiva di destare e rafforzare, unitamente alla piena personalità degli
allievi, il senso della loro responsabilità per quando essi si troveranno
tanto ad inviare detta somma al Centro del Congo Kinshasa, mentre
preannuncianio fin d’ora che il prossimo milione sarà nuovamente destinato al Centre famUial del Gabon,
per il quale alcune delle sottoindicate offerte — specie le collette delle Valli —- sono state espressamente
dedicate. Infatti, per questo nuovo
impegno, disponiamo già di una
« base » di oltre 200 mila lire. Im 1tiamo pertanto tutti i lettori ad ittiirsi con generosità agli attuali sottoscrittori onde poter ragghingere al
più presto questo nuovo obiettivo.
Preghiamo inviare le sottoscrizioni
al conto corr. postale n. 2/39878 intestato a: Roberto Peyrot, c.so Moncalieri 70, 10133 Torino.
Nel laboratorio di jalepiamer'ia (foto t-PER)
di fronte alla conmnità dei villaggi.
Come abbiamo già sottoliiie-ato in
altre occasioni, la nostra iniziativa
si situa in questo quadro, de! tutto
al di fuori di un superficiale spirito
di beneficenza o di « carità », ma
nell’intento di dare una test nion'anza di solidarietà cristiana (quanto
piccola!) verso dei fratelli vittime,
da lunghi secoli, di inghistizie di
ogni genere.
Dall’elenco pubblicato qui sotto,
si noterà che è stata raggiunta e superata la cifra di L. 1 milione. Nei
prossimi giorni provvederemo per
Da Torino: A. Ribet L. 5.000; M. Sacu»
500; fam. Caruso 500: D.A.A. 500; L. e A.
Peyronel 1.000; fam. Rosselli 2.000; coìletla
22-2 scuole domenicali 22.585: E. Rilri 5
mila; E. Giordano 10.000.
Da Torre Pellice: M. e E. Bein L. 5.0U0:
M Tron 1.000; N. N. 5.000; rinuncia ra^;
zi ai doni del 17-2 40.000; collette chiese iel
17-2 82.635; scuola dom. Appiotti 16.800, C.
Stalle l.OOU.
Da S. Germano Chisone: N. N., 5^’ , ns. con
simpatia L. 5.000.
Da Messina: B. Lupi L. 20.000.
Da Venezia: C. Bocus L. 500; D. Ispodamia 2.500; G. Ispodamia 2.500; fam. Viti
1.000; fam. Zecchin 3.000.
Da Udine: P. Grillo L. 1.000.^
Da Nichelino (To): G. Balsamo L. 500.
Da Milano: P. Zaccaro L. 1.000.
Da Campobasso: P. Corbo L. 2.000.
Da Forano Sabino (Ri): E. Scarinci 1.000
Da Angrogna: Dalle chiese in occ. 17 febbraio L. 33.600.
Da Roma: G. Conti L. 10.000.
Totale L. 285.120: prec. L. 921.051: Uti
cassa L. 1.206.171.
Napoli
(segue da pag. 5)
evangelica resa a Ponticelli, come quella della
Clinica « Villa Betania », Casa di cura interdenominazione e il Centro Sociale Evang 'Vico con un doposcuola per la scuola media
e altre provvidenze di vario genere. Questo
Centro Sociale, pur non appartenendo alla
Chiesa Valdese, merita di essere menzionalo
i-i questa corrispondenza napoletana, perchè
tutti lavoriamo per lo stesso fine: aiutare il
prossimo bisognoso e far conoscere la bontà
del Signore e l’opera redentrice del Salvatore.
Il Concistoro di via dei Cimbri ha avuto
sedute regolari e fra le altre sue decisioni ha
stabilito una divisione in zone di tutta la città
V periferia. Ogni zona è affidata alle cure di
uno o due membri del Concistoro che devono
visitare le varie famiglie, interessarsi ai loro
problemi, mantenere i legami dei vari membri
di chiesa fra loro e con tutta la comunità.
La dispersione dei membri di chiesa è forteQ distanze sono grandi e c'è il pericolo che
la fede si affievolisca.
L.'Assemblea di chiesa si è riunita tre volte:
per Pesame del programma delle attività, per
esprimere il suo parere sulla settimana di
preghiera per Punìtà e la trasformazione approvata dalPAssemhlea, c infine per lo studio
sul matrimonio e divorzio.
Infine l'ultimo avvenimento di una certa
importanza è stata la celebrazione, del diciassette Febbraio fatta la domenica 15. La mattina culto speciale con Santa Cena, al quale
sono intevenuti, ospiti graditi, rappresentanti
delle altre Comunità: per la chiesa Melodista
di Napoli la signorina Mirella Scorsonelli,
pe- quidla di Portici il fratello Sfameli. per
il centro Biblico il pastore Mosher, e per il
centro sociale di Ponticelli il ]:«astore Donald
Me Kay, venuto dal lontano Canadá per dedicarsi a un'opera benefica per amore del prossimo.
Nel pomeriggio si è svolto un simpatico
Iratlenimenlo nei nostri locali, con servizio di
buffet, lotterie ecc. Sempre molta ambita la
bella « torta valdese » guarnita da un bello
sfondo di montagne e con la scritta 17 Febliraio, offerta ogni anno da un nostro fratello
che la fa preparare appositamente.
Battesimo - La domenica 25 gennaio c stalo
battezzato il piccolo Nicola D’Angelo. 11 Signore !o benedica con la sua famiglia.
Decesso - Il 20 febbraio è deceduto dopo
lunghe atroci sofferenze il nostro fratello Giuseppe Marciano, portiere per circa 40 anni del
nostro stabile. E’ stato un fedele cristiano, zelante nel suo lavoro, ben conosciuto neU'ambilo delle chiese evangeliche. Al suo funerale
hanno preso parte molti evangelici delle Comunità Valdesi e di quelle metodiste e moltissimi cattolici, parenti amici e conoscenti
Alla vedova la nostra simjiatia cri.stiana.
F. F.