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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
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VENERDÌ 21 LUGLIO 1995
ANNO 3 - NUMERO 29
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LA LETTERA DEL PAPA ALLE DONNE
UNA VISIONE
ARCAICA
LUCIANO DEODATO
Non mi pare che la lettera
inviata dal papa alle donne del mondo intero in vista
della IV Conferenza mondiale
sulla donna indetta dall’Onu a
Pechino per il prossimo settembre contenga elementi
nuovi, rispetto alle posizioni
rese note più volte dalla Santa
Sede sulla questione femminile. Nuovo, caso mai, è il tono affettuoso, direi paterno e
per alcuni versi paternalistico
del papa, le espressioni di stima e considerazione, il riconoscimento del loro ruolo nella storia e nel progresso umano, ma nulla è immutato riguardo a due problemi di fondo: il sacerdozio e le questioni legate alla maternità. Né ci
si poteva attendere qualcosa
di nuovo su punti sui quali
più volte e in maniera ferma
questo pontefice ha ribadito il
pensiero del magistero della
chiesa romana.
Il primo punto della lettera
è un inno di ringraziamento
per la donna-madre, la donna-sposa, la donna-figlia, la
donna-lavoratrice, la donnaconsacrata. C’è il riconoscimento di un difficile cammino
della donna, misconosciuta
nella sua dignità (...) ridotta
in servitù. E il papa dichiara:
«Se in questo non sono mancate, specie in determinati
contesti storici, responsabilità
oggettive anche in non pochi
figli della Chiesa, me ne dispiaccio sinceramente». E già
qualcosa, ma certamente ancora troppo poco, troppo generica espressione a fronte di
ingiustizie e sofferenze di secoli e secoli.
Il papa poi affronta il problema della necessità di una
effettiva uguaglianza della
donna nel campo dei diritti
della persona e dunque della
parità di salario, della parità
di lavoro; in una parola della
parità nel campo sociale, in
quello economico e politico,
ma non va oltre, anche se scopre un non meglio identificato
genio della donna, tace del
campo religioso. O meglio, in
questo amWto non c’è parità,
ma distinzione di ruoli e complementarità. Infatti il papa
afferma: «Cristo con libera e
sovrana scelta, ben testimoniata nel Vangelo e nella costante tradizione ecclesiale, ha
affidato soltanto agli uomini il
compito di essere “icona” del
suo volto di “pastore” e di
“sposo” della Chiesa attraverso l’esercizio del sacerdozio
ministeriale». E poco più oltre
aggiunge: «In questa complementarità “iconica” dei ruoli
maschile e femminile vengono meglio poste in luce due
dimensioni imprescindibili
della Chiesa: il principio “mariano” e quello “apostolicopetrino”». Dunque gli uomini
«icona» (immagine) di Cristo,
le donne «icona» di Maria.
Non per nulla la lettera si
conclude: Vegli Maria, Regina deir amore, sulle donne...
C’è da domandarsi come
questo discorso che espone
quella che è la dottrina della
Chiesa cattolica romana, ma
che non entra in dialogo effettivo sulle enormi tematiche
della donna, possa interessare
«tutte le donne del mondo intero», la maggiore parte delle
quali cattolica non è. Ma per
rimanere sul piano degli
Evangeli, com’è possibile che
il papa non conosca acquisizioni elementari evidenziate
dalla teologia femminista (ma
non solo) del ruolo di «discepole» svolto dalle donne della
cerchia di Gesù? Presentare
l’uomo, il maschio, «icona»
del Cristo è del tutto privo di
fondamenti neotestamentari.
Per esempio il discorso di
Efesini 4 sull’uomo nuovo,
immagine di Cristo, a sua
volta immagine di Dio, non è
certamente rivolto solo ai maschi, ma a tutta la chiesa, della quale fanno parte maschi e
femmine.
Il discorso del papa, insomma, rimane tragicamente ancorato a una visione arcaica,
maschilista della società e a
una lettura, ormai superata,
degli stessi dati biblici; un discorso che, per le reticenze e i
silenzi più loquaci delle parole, e al di là del linguaggio, in
realtà corrisponde a un disegno di restaurazione, incapace
di dialogare con il mondo moderno e raccogliere le sfide
della rivoluzione femminista.
Basta coti la
«Dulizia» etnica
La nostra impotenza di credenti trova aiuto nell'azione di Dio nel mondo
Dìo onnipotente^ cioè Dìo per gli umili
FRANCO GIAMPICCOLI
«Il Signore non si affatica e non si
stanca; la sua intelligenza è imperscrutabile. Egli dà forza allo stanco e accresce il vigore a colui che è spossato»,
(Isaia 40, 28-29)
A volte percepiamo acutamente il disagio della nostra esiguità numerica
come protestanti italiani. Ci sentiamo una
quantità trascurabile, schiacciati sotto il
peso numerico del cattolicesimo o appiattiti sulla sua immagine, perennemente
paralizzati dalle nostre ristrettezze economiche. Per altro verso, come cittadini del
mondo, ci troviamo in balìa dei potenti
della terra. Sentiamo con angoscia la nostra impotenza di fronte ai piccoli prepotenti che disseminano di morti la loro terra, come nell’ex Jugoslavia, o ai grandi
potenti che, affascinati dalla propria immagine, non esitano a fare danni politici
e ambientali, ostentando indifferenza nei
confronti dello sdegno dell’opinione pubblica, come fa il nuovo grande di Francia.
Ancora, navigando in mezzo al mare
di indifferenza dei più, vediamo che intorno a noi il vento della superstizione
alza improvvisamente ondate di paura e
sentiamo con sconforto la difficoltà della nostra fede riformata che passa accanto ai bisogni religiosi popolari e non intacca la morsa della paura superstiziosa.
Tutto questo può fare crescere in noi sfiducia e stanchezza e tentarci con l’impressione che Dio stesso sia sfiduciato e
stanco di reggere questo mondo impossibile o che il nostro dibatterci avvenga
lontano dalla sua consapevolezza o dalla
sua volontà di intervento...
È bene in tal caso leggere una pagina
del Secondo Isaia (Is. 40, 12-13) che a
queste attuali e antiche ragioni di
sconforto risponde con straordinaria forza e ironia. I numeri della maggioranza
rappresentano una grandezza infinita,
soverchiante? Ma per il Signore sono
come una goccia che cade dal secchio
pieno, hanno lo stesso peso che ha un
granello di polvere sulla bilancia. Il peso dei potenti della Terra è opprimente,
intollerabile? Ma per colui che siede al
di sopra della cupola del cielo e di là vede gli uomini come microbi, i potenti
sono come pianticelle appena germogliate che il suo soffio rovente fa seccare in un niente. Il potere della superstizione appare spaventoso, invincibile?
Ma tutte le forze presenti nel creato so
no al servizio di Dio: egli le domina
chiamandole per nome e nessuna di esse
si sogna di non rispondere all’appello.
È una risposta tagliente, sprezzante,
incurante di ogni evidenza contraria.
Eppure, insieme, piena di delicatezza e
sollecitudine; il confronto non avviene
solo ai livelli irraggiungibili dell’onnipotenza di Dio e della imperscrutabilità
del suo piano. Dio si china su chi è stanco e tiene conto della debolezza di chi è
sfiduciato; nel lasciare intravedere qualcosa della sua instancabile attività alle
redini del carro dell’universo, ristora e
dà forza a chi è stanco, assicura un nuovo vigore a chi è spossato.
Chi ci garantisce che queste assicurazioni valgano anche per noi? Nulla, nessuno. Se non il ricordo, individuale e
collettivo, dei tempi in cui abbiamo conosciuto questo rinnovamento di forze,
sperimentando che al seguito di Gesù il
giogo è dolce e il carico diventa leggero. O dei momenti in cui abbiamo toccato con mano che la forza di Dio si dimostra perfetta nella nostra debolezza.
Senza garanzie, la nostra speranza, l’attesa e la preghiera di quelli che sperano
nel Signore, è che questo si ripeta per
noi nel nostro presente.
Commento
La parzialità
del papa
FRANCA LONG
La lunga lettera alle donne
di Giovanni Paolo II alla
vigilia della Conferenza mondiale di Pechino esprime un
riconoscimento della dignità
e del ruolo pubblico delle
donne è certamente di grande
novità per la Chiesa cattolica
romana ma non altrettanto,
direi, per la cristianità nel suo
insieme che in molte sue
componenti, in Italia e nel
mondo, è da tempo impegnata su questo fronte, con attenzione ai percorsi di autonoma
definizione della soggettività
delle donne nelle chiese e
nella società. Basti pensare al
«Decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le
donne», indetto nel 1988 dal
Consiglio ecumenico delle
chiese, con un impegno di
estensione mondiale.
Nonostante la timida autocritica, contenuta nella lettera,
il papa ribadisce l’esclusione
delle donne dal sacerdozio;
mi sembra che in questo modo egli tolga forza al riconoscimento della piena umanità
della donna creata, come l’uomo, ad immagine di Dio.
I silenzi inoltre sono vistosi:
è assente il tema della maternità come scelta libera e responsabile; non c’è alcun ripensamento sul divieto della
contraccezione, neppure nell’
ottica della prevenzione dell’
aborto e dell’Aids. Sono silenzi gravi in vista di Pechino,
perché è appunto su questi temi, sanciti dal documento finale del Cairo nonostante
l’opposizione vaticana, che si
aspettava una parola di apertura. Il messaggio papale, sia
pure con accenti alti e «avanzati», sembra ancora una volta voler comporre i conflitti
sotto il suo ministero universale, non riconoscendo la propria parzialità di credente e di
uomo. Questo è ancora il
«nodo» che rende difficile un
approccio realmente ecumenico ai grandi temi della vita,
della pace e della giustizia.
La sessione del Sae
alla Mendola
pagina 2
La sequela del Cnsto
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CULTUIGA
LI tempio
dei <picapere»
a Piedicavallo
pagina 8
2
RIFORMA
VENERDÌ 21 LUGLIO 1995
La 33^ sessione del Sae si svolgerà al Passo della Mendola dal 29 luglio al 5 agosto
impegno ecumenico tra storia e profezia
EMMANUELE PASCHETTO
Per la 33" volta il Segretariato attività ecumeniche
(Sae) organizza la sua sessione annuale di studio. Anche
quest’anno sarà al Passo della
Mendola, al confine tra le
province di Trento e Bolzano,
dal 29 luglio al 5 agosto.
Certo, le prime sessioni tenute all’inizio degli anni Sessanta, a Concilio Vaticano II
ancora aperto, avevano ùn taglio diverso. Il Sae si muoveva con le dovute cautele: la
partecipazione era aperta ai
soli cattolici, su invito. Ma la
vocazione del Segretariato e
della sua fondatrice e tuttora
animatrice. Maria Vingiani,
era ben più ampia e puntava
all’incontro fra le diverse
confessioni cristiane, con un
occhio di riguardo verso i
«fratelli maggiori» ebrei e il
desiderio di ampliare i contatti e ascoltare la voce delle altre religioni viventi.
Man mano che passavano
gli anni il Sae è cresciuto e si
è irrobustito, rimanendo fedele al principiò base che lo definisce un movimento interconfessionale di laici: in esso
sacerdoti, religiosi, pastori
ecc. sono i benvenuti, elemento insostituibile per il
contributo alla riflessione e al
dibattito, ma non possono esserne soci, hanno la funzione
di consulenti. Dai 50 partecipanti selezionati della prima
sessione di studio siamo
giunti ora ad oltre 500 presenti, provenienti da diverse
confessioni cristiane e religioni, anche dall’estero, mentre per mancanza di spazio si
devono respingere le richieste
di iscrizione dei ritardatari.
«Urgenze della storia e pro
La Mendola: durante una pausa dei lavori della sessione 1993
fezia ecumenica» è il titolo
dell’imminente raduno. Si
passeranno in rassegna, nel
momento storico in cui viviamo, i numerosi conflitti ancora aperti e che continuamente
si aprono, dove i motivi etnici, politici, economici, sociali
vengono rivestiti e maldestramente «nobilitati» dal manto
della superiorità religiosa che
ogni contendente pretende sia
riconosciuta alla sua fazione.
La storia preme, non perché siamo ormai giunti alla
svolta del mitizzato e del tutto innocuo 2000 (semplicemente un anno come un altro) ma perché la richiesta di
pace, giustizia, rispetto della
creazione sale come un grido
sempre più forte dall’intero
globo. La Scrittura ci testimonia che Dio ascolta questo
grido, e interviene quando
vede che la giustizia non viene ristabilita. Così, per l’assassinio di Abele Dio dice a
Caino: «La voce del sangue
di tuo fratello grida a me dalla terra» (Genesi 4, 10); per
le iniquità di Sodoma e Gomorra: «Scenderò e vedrò se
hanno veramente agito secondo il grido che è giunto
fino a me», (Genesi 18, 21);
per le sofferenze di Israele
schiavo in Egitto: «Ho udito
il grido che gli strappano i
suoi oppressori... sono sceso
per liberarlo» (Esodo 3, 7-8)
e tanti e tanti altri passi biblici ci parlano di un Dio sensibile alle vicende umane, che
sta dalla parte del più debole.
Oggi, per l’intera cristianità, c’è l’esigenza di alzare
ancora di più la voce per denunciare le ingiustizie subite
dai nostri «minimi fratelli», e
di organizzarsi per intervenire in loro soccorso. Se le
chiese non sapranno fare questo verrà il giorno in cui il Signore le punirà duramente
per la loro ostinatezza nel
non seguire il suo comandamento. Su questo nodo epocale e sui modi per scioglierlo rifletteranno i convenuti
alla Sessione, senza presumere di avere in mano la soluzione dei problemi della società ma sforzandosi di passare dalle teorizzazioni e dalle parole ai suggerimenti pratici per accelerare il processo
conciliare e proporre un impegno concreto che coinvolga
le diverse confessioni cristiane, allargandosi a tutti coloro
che sentono le urgenze della
storia e desiderano rispondervi profeticamente, ecumenicamente e con i fatti.
Rinviata sine die la pubblicazione della traduzione fatta da uno zingaro ungherese
Niente Nuovo Testamento in lingua zigana
La pubblicazione della prima edizione completa del
Nuovo Testamento in una
delle principali lingue zigane
è stata rinviata sine die perché la Chiesa cattolica romana non riesce a trovare nessun esperto capace di verificare la sua esattezza. Una traduzione del Nuovo Testamento in lovari, frutto di otto
anni di lavoro portato avanti
da uno zingaro ungherese,
Jozsef Daroczi Chola, con la
collaborazione di consulenti
cattolici romani, era stata presentata a papa Giovanni Paolo II durante la sua visita in
Ungheria nel 1991.
Il nunzio apostolico a Budapest, arcivescovo Angelo
Acerbi, ha confermato che le
autorità ecclesiastiche non
possono concedere l’imprimatur perché non hanno trovato un esperto che conosca
sufficientemente il lovari e
l’esegesi biblica. L’arcivescovo Acerbi ha precisato che
non si sa ancora se e quando
la traduzione otterrà l’approvazione della Chiesa, il che
permetterebbe la sua diffusione come testo autorizzato.
Tra le varie difficoltà di traduzione incontrate nella lingua lovari figura la parola
«Dervla», che significa Dio e
diavolo allo stesso tempo.
Gli zigani d’Europa orientale sono 4,8 milioni e rappresentano la metà della popoltizione zigana nel mondo:
sono la minoranza più importante, meno organizzata e più
disprezzata della zona. L’origine del nome slavo per designare gli zigani (o «intocca
bili») risale al XIII secolo:
circa 500.000 zigani, vale a
dire metà della popolazione
zigana d’Europa orientale al
tempo della seconda guerra
mondiale, sono stati sterminati dai nazisti. Soltanto nel
1993 questa tragedia (il Porajmos) è stata commemorata
ufficialmente per la prima
volta. Dopo la caduta del comunismo, l’alto tasso di disoccupazione fra gli zigani si
è accompagnato a una ostilità
crescente nei confronti di
questi ultimi in vari paesi
d’Europa orientale.
La maggior parte degli zigani ha adottato la religione
predominante nel paese in
cui risiede: l’ortodossia in
Romania e in Bulgaria, il cattolicesimo romano in Slovacchia e in Polonia. Circa il
70% dei 700.000 zigani
dell’Ungheria, che nello scorso aprile sono stati i primi
della comunità zigana d’Europa orientale ad eleggere un
Consiglio direttivo nazionale,
è principalmente cattolico romano, anche se diversi sono
membri delle chiese riformate e greco-cattolica.
Mentre in maggioranza gli
zigani ungheresi parlano l’ungherese o il rumeno, meno
del 50% conosce una delle tre
grandi lingue zigane, come
afferma il noto sociologo
Miklos Tomka: «Ogni lingua
conta circa 700 parole zigane
autentiche, che derivano dall’indostano o dal sanscrito,
mentre altre vengono prese in
prestito da altre lingue. In
ogni caso il numero totale di
circa 2.500 parole è insufficiente per assicurare una traduzione normale della Bibbia». Il sociologo ha sottolineato i problemi dovuti alla
mancanza di precisioni teologiche, di molte parole zigane
che possono applicarsi tanto
al mondo cristiano quanto a
quello della stregoneria, (eni)
Singapore: la congregazione è stata sciolta d'autorità nel 1972
Caccia ai Testimoni di Geova
Sin dagli anni ’40, molto
prima che Singapore ottenesse l’indipendenza dalla Gran
Bretagna, esistevano in quello,
stato dei Testimoni di Geova.
Nel ’72, senza alcun preavviso, la congregazione di Singapore veniva sciolta e ciò comportò anche la confisca della
loro proprietà. Una coppia di
missionari presenti in città da
circa 20 anni fu espulsa e furono vietate tutte le pubblicazioni della Watch Tower. Ciò
nonostante l’art. 15 della Costituzione della Repubblica
garantisca la libertà religiosa.
Da allora è stato sempre rischioso per i Testimoni di
Geova radunarsi, anche privatamente per studiare la Bibbia
nella traduzione del Nuovo
Mondo, e ogni tanto vi sono
stati degli arresti. Ma da tre
anni a questa parte la repressione si è intensificata. Nel
1992 una persona è stata arrestata per possesso di pubblicazioni dei Testimoni, 6 persone
sono state arrestate l’anno dopo, 8 nel 1994.
Il 24 febbraio 1995 la polizia giudiziaria ha perquisito
quattro case e ha arrestato 69
persone che stavano studiando la Bibbia in una edizione
«vietata». Alcuni stranieri sono stati espulsi, ma gli altri ri
schiano una multa fino a
3.000 dollari e pene detentive
fino a tre anni. Fra loro ci sono anche due ragazzine di 15
anni che saranno processate
dal tribunale dei minorenni.
La richiesta di quattro Testimoni, già condannati, di
poter adire la Corte d’Appello, è stata respinta dallo stesso
presidente del tribunale il
quale ha affermato che la libertà di culto non è stata violata, e che la condanna è perfettamente legale essendo i
Testimoni di Geova una minaccia alla sicurezza nazionale perché si rifiutano di prestare servizio militare.
DalM
Metodisti in Estonia
una presenza significativa
TALLINN — L’Estonia è l’unico paese dell’ex Unione Sovietica dove il metodismo è sopravvissuto alla luce del sole.
Per anni e anni i metodisti hanno formato i loro quadri con
l’insegnamento individuale di persone, come Alexander Kuum
e Hugo Oengo, che si spostavano da una località all’altra. La
Chiesa metodista dell’Estonia è riuscita a superare momenti
durissimi, come l’incarcerazione e l’esecuzione del suo Sovrintendente per opera del Kgb, durante l’epoca staliniana.
Dopo aver resistito per decenni, convinti che Dio li abbia chiamati alla missione e all’evangelizzazione, i metodisti estoni
hanno finalmente realizzato il sogno di avere un loro seminario teologico. Così nel settembre del 1994 si è inaugurato a
Tallinn il primo semestre del Seminario teologico del Baltico,
alla presenza di diverse personalità metodiste, tra cui il pastore
Olav Parnamets, Sovrintendente della Chiesa metodista estone, e, il vescovo Hans Vaxby, segretario regionale per il Nord
Europa del «World Evangelism», l’organizzazione evangelistica metodista che opera a livello mondiale. Gli studenti iscritti
al primo corso sono 52, di cui 29 di lingua estone e 23 di lingua russa. La scuola insegna in tre lingue e prepara leader per
l’Estonia, per gli altri paesi baltici e per gli stati dell’ex Unione Sovietica. Il preside è il prof. Andros Norak, proveniente
dagli Stati. Uniti. Contemporaneameiite procedono con alacrità, sempre a Tallinn, i lavori per il Centro missionario del
Baltico, da cui sarà organizzata l’opera di evangelizzazione
che punterà anche verso i paesi circostanti. (wp)
Il Consiglio della Federazione
luterana mondiale in Namibia
WINDHOEK — Il presidente della Namibia, Samuel Nujoma, ha reso omaggio alla Federazione luterana mondiale (Firn)
per il ruolo che ha giocato durante gli armi di lotta del suo paese per l’indipendenza, ottenuta nel 1990. Nel corso della sessione di apertura del Consiglio della Firn a Windhoek, il 20
giugno scorso, il presidente Nujoma ha ricordato al segretario
generale Ishmael Noko gli sforzi messi in atto dalla Firn per
porre fine all’apartheid, alla colonizzazione e alla violazione
dei diritti umani in Namibia. Il presidente ha sottolineato che,
durante gli anni di lotta per l’indipendenza, la Firn aveva dato
aiuti per oltre' 18,5 milioni di dollari. La Swapo (Organizzazione del popolo del sud-ovest africano), guidata da Samuel Nujoma fin ded 1959, iniziò la guerra di indipendenza contro l’occupazione sudafricana nel 1966. Nelle elezioni svoltesi prima
dell’accesso all’indipendenza, la Swapo ottenne oltre la metà
dei voti. Nujoma ha inoltre dichiarato: «Il governo, le chiese, le
organizzazioni non governative e i cittadini devono collaborare
e mettere in comune le loro risorse per risolvere problemi quali
la disoccupazione, l’Aids, la criminalità, il degrado dei principi,
morali, il deterioramento dell’ambiente e la povertà. Le nostre
Chiese, in Namibia e nel mondo, devono ricercare la riconciliazione. Esprimo la speranza che le chiese risolveranno le loro
divergenze e mostreranno il cammino all’umanità», (spp/eni)
Prosegue il dialogo
tra i metodisti e gli ortodossi
DURHAM (USA) — La Commissione preliminare per il
dialogo fra il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e il Consiglio metodista mondiale, si è incontrata dal 29 marzo al 3
aprile 1995 negli Stati Uniti, alla Divinity School della Duke
University di Durham, nella North Carolina. Si è trattato del
terzo incontro stabilito per mettere a fuoco gli argomenti che
verranno discussi e per valutare i vantaggi che potranno avere,
sia i metodisti che gli ortodossi, nell’iniziare conversazioni ufficiali fra le due comunioni mondiali. Ora sono i massimi organi delle due denominazioni che devono pronunciarsi sull’inaugurazione di un dialogo pieno. Da una parte il Patriarcato ecumenico e, attraverso di lui, le tredici chiese ortodosse autocefale, dall’altra il Consiglio metodista mondiale, che ascolterà il
rapporto della Commissione preliminare a Rio de Janeiro,
prendendo le sue decisioni nell’agosto del 1996. Nel frattempo
è stato pubblicato un opuscolo che dovrebbe aiutare la presentazione della famiglia metodista a quella ortodossa e viceversa.
In esso vengono illustrate le due forme di culto, il tipo di organizzazione, la storia delle due confessioni, la loro consistenza e
la dislocazione della loro presenza. (World Parish)
I battisti della Cambogia
PHNOM PENH — Nel marzo scorso, grazie ad una crescita
notevole, i battisti cambogiani si sono costituiti in Convenzione. In un paese di circa 10 milioni di abitanti, dove la popolazione è compattamente buddista e i cristiani sono poco più di
15.000, i battisti sono passati in tre anni da zero a 43 chiese e
contano 1.400 membri. Nella chiesa Russey Keo di Phnom
Penh, oltre cento persone hanno eletto un comitato di coordinamento della Convenzione, formato da sette membri, scegliendo
come presidente Toun Kakda, pastore della chiesa. (Bwa News)
Delegazione battista in Cina
NANCHINO — Il presidente dell’Alleanza battista mondiale
(Wba), Knud Wiimpelmann, e il segretario generale, Denton
Lotz, hanno guidato una delegazione intemazionale di 34 persone che si è recata a Nanchino (Cina) per incontrare alcuni leader
cristiani cinesi. La delegazione ha avuto contatti con il vescovo
K. H. Ting, capo del Consiglio cristiano cinese, con Han Wen
Zhao, presidente della fondazione Amity, e con studenti e fa®glie del Seminario teologico di Nanchino. (Baptist World)
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venerdì 21 LUGUO 1995
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
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Valdesi, metodisti, battisti e Fratelli insieme in un locale del centro storico cittadino
Perugia: aperto un nuovo Centro polivalente
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Se per alcuni la provincia
di Perugia è considerata «terra della meditazione» (Benedetto da Norcia, Francesco
d’Assisi) e «terra dai tanti
luoghi sacri», quindi molto
legata alla Chiesa cattolica
romana; per altri è «laica» e
si cita l’amministrazione regionale, provinciale e comunale di sinistra. E inoltre Perugia conta una forte presenza massonica.
Tavola valdese
Appello
La Tavola valdese ha accolto la richiesta di un
gruppo di evangelici abitanti a Perugia, sostenuta
dall’11° circuito, e ha deciso l’acquisto di un locale
multifunzionale nel centro
storico a Perugia, per un
progetto di evangelizzazione. Il locale a nostra disposizione dal 1° luglio servirà
quale luogo di culto per
l’attuale gruppo di valdesi,
metodisti e battisti a Perugia e come sala di lettura e
punto di riferimento per gli
studenti italiani e stranieri
iscritti alle due Università
di Perugia.
Il costo totale del progetto (acquisto, sistemazione,
tinteggiatura, arredamento)
si aggira sui 150 milioni.
Di questi è urgente reperirne almeno 100. La Tavola
lancia quindi una colletta
speciale, finalizzata a questo progetto, certa della generosa risposta delle chiese
evangeliche italiane.
Le offerte e i doni possono essere inviati direttamente alla Tavola, tramite
conto corrente postale (ccp
27964105) o bancario (Cariplo. Torre Pellice, cc
56761-Cab 31070.6-Abi
6070.7, intestati a Tavola
valdese, precisando la destinazione «Progetto evangelizzazione a Perugia»).
In questi due punti di vista,
diversi ma entrambi veritieri,
sorge la presenza evangelica.
Nel 1863 il comitato di evangelizzazióne invia a Perugia
il candidato al ministero Emilio Comba, che riesce in brevissimo tempo a raccogliere
attorno a sé un folto gruppo
di ascoltatori, tanto da allarmare l’allora arcivescovo
Pecci (futuro papa Leone
XIII) che pubblicò un «Avvertimento al popolo di Perugia» che invece di scoraggiare spronò i perugini ad andare
ad ascoltare la predicazione
dell’evangelo fatta da Comba. Purtroppo la permanenza
di Comba a Perugia fu soltanto di alcuni mesi e nessun altro continuò l’opera.
Dal 1911 al 1926 vi fu una
presenza metodista con un
locale di culto nella centrale
via dei Priori. L’Assemblea
dei Fratelli è presente a Perugia dagli anni ’40 e dagli anni ’50 cominciò a svilupparsi
tanto che oggi c’è una numerosa e fiorente comunità. Nel
dopoguerra i battisti cercano
di essere presenti a Perugia,
ma senza successo. Dagli anni ’70 i valdesi sono tornati a
Perugia tenendo delle pubbliche conferenze al centro «Aldo Capitini» e usando le radio locali per trasmettere dibattiti e messaggi evangelici:
il gruppo veniva curato da Firenze, da Roma o da Forano
Sabina. Si era presentata
l’occasione di comprare un
locale ma, vuoi per la titubanza vuoi per la spesa da affrontare, si perse tanto tempo
che la notizia giunse alle
orecchie della Curia che (si
dice) fece capire ai proprietari che non era bene vendere il
locale ai protestanti.
Attualmente il gruppo, formato da una maggioranza
valdese (con presenza battista
e metodista) si riunisce in una
casa privata e viene visitata
da Temi dal pastore Bertolino, ma si vuole uscire e avere
più contatti con la realtà cittadina e perciò è necessario un
Battisti della Lombardia a Casorate
Punti per Punità
CARMELO INGUANTI
In una luminosa giornata di
fine primavera il 18 giugno
le chiese battiste facenti parte
dell’Associazione della Lombardia si sono trovate a Casorate: rincontro ha avuto luogo
alle prime ore del pomeriggio,
ma già un drappello della comunità di Varese, guidato dal
nuovo pastore Mario Ciotola
e dal fratello Antonio Della
Putta è arrivato in mattinata e
ha partecipato attivamente al
culto. Il Convegno ha avuto
inizio con canti di gioia e di
spiritualità che volevano significare la fraternità e la presenza del Signore.
Il pastore della chiesa ospite ha rivolto un caldo benvenuto ai fratelli e alle sorelle
delle due chiese di Milano, a
quelli di Varese e a quelle di
Lodi e Bollate nonché ai rispettivi conduttori. Poi, in
questo clima di fraterna gioia,
che è quella di fratelli e sorelle redenti dal Signore, ha preso la parola il pastore Paolo
Spanu, presidente dell’Associazione.
Una parte dei presenti, data
la bella giornatadi sole, è andata nel giardino all’aria aperta per trascorrere qualche
ora fraternamente, mentre
un’altra {>arte è rimasta a di
scutere il problema dei due
ordinamenti, congregazionalista e sinodale.
Il pastóre Spanu ha fatto
una esauriente esposizione
dei due ordinamenti, che erano stati inviati alle chiese in
vista dell’Assemblea straordinaria delle chiese battiste
convocata a Torre Pellice dal
1° al 3 settembre. Inoltre
Spanu ha distribuito un accuratissimo riassunto dei due
ordinamenti e della bozza di
ordine del giorno, indicando
alla fine tre possibili sbocchi.
I responsabili delle chiese
hanno esposto, chi per iscritto e chi oralmente, la posizione delle loro rispettive
chiese. Pur in modo diverso
tutti hanno sottolineato l’importanza della collaborazione
fra le congregazionaliste e le
sinodali, in quanto nonostante le diversità degli ordinamenti vi sono punti di convergenza. Certo le identità
delle due opere sono diverse,
ma la diversità è un arricchimento e non costituisce un
impedimento alla collaborazione se ci si lascia guidare
dallo Spirito Santo e lo si lascia agire.
Un rinfresco ha chiuso il
convegno nella gioia e nella
gratitudine a Dio che ci ha
rallegrati con la sua presenza.
Napoli: Chiesa cristiana del Vomero
Oltre Í pregiudizi
confessionali
Il pastore Archimede Bertolino e Franco Ciuchi, anziano della Chiesa dei Fratelli, nel momento della consegna della chiave della sala
locale pubblico per una presa
di contatto con gli studenti
delle due università (quella
statale e quella per stranieri in
modo particolare) cittadine e
con le molte signore straniere
di origine evangelica e sposate con perugini per un lavoro
ecumenico.
La Tavola valdese ha già
siglato un compromesso per
l’acquisto di un locale situato
nel centro storico della città,
di proprietà dell’Assemblea
dei Fratelli. Pensiamo che il
locale debba avere uso polivalente ed essere sala di lettura, spazio per i culti e studi
biblici, e altro ancora.
Ora abbiamo un locale (che
necessita beninteso di qualche
piccola modifica di arredamento), un programma (anche
se di massima), e quindi occorre darsi da fare. Esistono
perplessità e interrogativi ma
con dei chiari segni ci è stata
aperta la porta: non chiudiamola con i nostri dubbi ma
entriamoci fiduciosamente e
pensiamo piuttosto alle parole
di Gesù ai discepoli: «Date
voi qualcosa da mangiare a
questa gente» (Marco 6, 37).
Non pensiamo alle nostre poche forze, al poco che abbiamo, ma ubbidiamo all’ordine di Gesù che ci dice di dare quello che abbiamo ricevuto con gioia e fedeltà.
Servizio cristiano di Riesi
Appello per un nuovo
gruppo residente
________GIANNI BOSTAN*________
Con i primi di settembre al
Servizio cristiano di Riesi inizierà il passaggio delle
consegne fra il pastore Giuseppe (Zizzi) Platone e la pastora Erika Tomassone, nuova
direttora del Servizio cristiano
e Klaus Langeneck, marito di
Erika e nuovo pastore delle
chiese di Riesi, Caltanissetta,
Agrigento e Grotte.
Cinque anni di duro lavoro
lasciati alle spalle per Zizzi e
Daniela Platone, con la previsione di iniziarne altri a Torino corso Vittorio (magari un
po’ meno stressanti) e l’inizio
di un periodo impegnativo
per Erika e Klaus e per i loro
due figli, Sophie di tre e Joachim di sei anni. Un salto, da
Prarostino e Pinerolo alla Sicilia, affrontato con grande
disponibilità ed entusiasmo.
Il gruppo che Erika e Klaus
avranno attorno a loro è costituito solo in parte: manca tuttora una coordinatrice per la
scuola (o un coordinatore),
mancano due insegnanti volontarie per la scuola elementare e manca anche il responsabile per i corsi di formazio
ne (ingegneria del territorio,
ecc.) che hanno rappresentato,
negli ultimi anni, una fonte di
grande interesse per molti
giovani siciliani e calabresi
(ed anche di altre regioni).
Vogliamo quindi rinnovare
l’appello già lanciato su queste pagine per completare il
gruppo residente. Sono già
state assicurate le presenze di
un’infermiera diplomata a Firenze e che sta per ultimare il
Corso del Centro di formazione diaconale, di un giovane che si occuperà dei gruppi
di visitatori e della foresteria
e, forse, quella di un segretario plurilingue.
L’appello è rivolto anche ai
molti amici di Riesi e del Servizio cristiano per rinnovare
doni e contributi finanziari al
Servizio cristiano nel momento, sempre un po’ delicato, dell’inizio di una nuova
squadra. Chi non può essere
presente di persona, lo sia almeno con un dono. Sono certo che questo appello non cadrà nel vuoto. Buon lavoro a
Erika e a Klaus, e a tutto il
nuovo gruppo.
* Moderatore della
Tavola valdese
«...abbiamo il settarismo
come peccato originale del
nostro evangelismo italiano.
E una colpa grave che ha
ostacolato l’opera di testimonianza in questo paese, vanificato la nostra predicazione,
disperso le nostre forze, che è
suonata come uno scandalo
alle orecchie di coloro ai
quali volevamo annunciare
l’Evangelo della riconciliazione, e ha ridotto in deserto
le nostre chiesa Veramente
quel poco o molto che c’è,
dobbiamo riconoscere, è opera del Signore che nella sua
misericordia non c{ ha abbandonati del tutto». E un brano
di una nota elaborata dai Consigli della Chiesa cristiana del
Vomero e della Chiesa metodista di Napoli sul sesto Documento Bmv, distribuito alle
chiese in vista della prossima
Assemblea-Sinodo.
Il Documento, che a causa
dei ritardi postali non ha potuto essere esaminato dalle assemblee di chiesa, non ha suscitato grande entusiasmo nei
membri dei due Consigli sia
sotto l’aspetto formale, sia per
quanto riguarda la sostanza:
essi, per esempio, non hanno
gradito l’uso dell’aggettivo
«ecclesiale», «la cui origine osservano - è stata quella di
negare e contemporaneamente non negare la qualifica di
chiesa a realtà diverse dalla
Chiesa cattolica romana: un
linguaggio e un metodo inqualificabile che non appartiene alla chiarezza evangelica, dove il sì è sì e il no è no».
Non è piaciuto neanche l’aggettivo «cattolico», che in origine vuole dire «universale»:
«...possiamo forse ignorare
che nel tempo esso ormai indica una ben precisa chiesa,
con la quale non abbiamo voglia di confonderci e all’abbraccio della quale cerchiamo di resistere? Sarebbe dunque meglio - suggeriscono i
Consigli di chiesa - a evitare
illusioni e a allontanare il rischio di sospetti, non usare in
un nostro documento un aggettivo inquinato e deviante».
Tuttavia, al di là di questi
rilievi di forma, i Consigli di
chiesa si sono domandati se la
tesi di fondo del documento,
mirante a dimostrare che non
vi è sostanziale diversità tra
un’organizzazione della chie
L’uscita della Chiesa del Vomero
sa in senso presbiteriano sinodale (come sono quelle metodiste e valdesi) e una congregazionalista (come sono quelle battiste) sia utile alla causa
di una maggiore collaborazione tra le chiese Bmv. Pur sapendo che «le differenti ecclesiologie non appartengono alle cose principali, non si può
neanche negare che esse ci
qualificano così come siamo
nella storia in cui viviamo sottolinea la nota -. Sono le
nostre caratteristiche somatiche, per cui esistiamo in una
certa forma e non in un ’altra
(...). Dietro alle diverse ecclesiologie ci sono carismi diversi, vocazioni diverse. Relativizzare le differenze rischia di
essere un’operazione che si
rifiuta di riconoscere la varietà e la diversità dei doni
del Signore. Non è questo
l’ecumenismo».
Il cammino da percorrere
non consiste nello smussare le
diversità tra le chiese in modo
che esse coincidano senza frizione, ma riconoscere che
«per una serie di pregiudizi
confessionali, sia pure determinati da un complesso di situazioni storiche, anziché riconoscersi come sorelle in
Cristo, le nostre chiese hanno
voluto percorrere strade spesso in concorrenza».
Il primo passo su questa via
di Damasco è stato già compiuto con l’Assemblea-Sinodo
del ’90. Si tratta ora di andare
avanti, proseguendo sul cammino iniziato insieme, con il
giornale comune, la collaborazione territoriale e quante
altre iniziative saranno volute
nel prossimo incontro di Torre Pellice e potranno essere
messe in campo.
Movimento cristiano studenti
A Torre Pellice
perii r centenario
In occasione dei 100 anni
della Federazione mondiale
dei movimenti cristiani stu^
denti, si terrà a Torre Pellice
il 24 agosto, presso la biblioteca della Casa valdese, un
incontro degli amici e delle
amiche del Movimento italiano, una giornata articolata in
due sezioni.
La mattina sarà dedicata a
una serie di relazioni che faranno il punto e il bilancio
sull’attività fin qui svolta dal
movimento. Alla relazione di
Milan Opocenskij sulla «Federazione in Europa dal dopoguerra agli anni ’60» seguiranno quelle di Mario Miegge
(«La Federazione in Italia nel
secondo dopoguerra»), Francesca Spano («Il Mcs in Italia
negli anni ’70»), Emidio
Campi («La Federazione degli anni ’70 in prospettiva
mondiale»).
Nel pomeriggio si terrà una
presentazione della situazione attuale della Federazione e
della prossima Assemblea
mondiale che inizierà a Yamoussoukrou (Costa d’Avorio) il 28 agosto. Alle 16 si
terrà l’ultima parte dei dibattito, organizzata congiuntamente al Centro culturale valdese, che riguarderà le responsabilità culturali dell’
evangelismo italiano.
Chi desidera partecipare e
ha necessità di pernottare
può mettersi in contatto con
Roberta Peyrot tei. (0121901586) oppure con Debora
Spini (0564-980164 o, dopo
il 14 agósto, 0121-932675).
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
■
VENERDÌ 21 LUGUO 1995
Verso l'assise delle chiese battiste, metodiste e valdesi a Torre Pellice - 5
Il pastore Piero Bensì: «Il documento è un
esempio di obiettività e onestà intellettuale»
EMMANUELE PASCHETTO
Abbiamo chiesto al pastore Piero Bensi, uno dei
fondatori del Bmv, un giudizio sul documento preparatorio del prossimo incontro Assemblea-Sinodo e su alcuni
punti specifici in esso trattati.
- Pastore Bensi, abbiamo
già pubblicato, qualche mese
fa, il suo parere sulla storia
dei rapporti tra battisti, metodisti e valdesi. Vorremmo ora
sapere che cosa pensa del documento in distribuzione.
«Ne penso molto bene: ottima l’impostazione della materia, chiari i concetti, ben
comprensibile il linguaggio
(pregio non certo secondario). In particolare mi ha colpito il grande sforzo di obiettività e di onestà intellettuale
dei compilatori nell’esprimere concetti talvolta delicati.
Ottimamente azzeccata la citazione di Barth (p. 43)».
- Può darci alcuni esempi
di questa obiettività?
«Un primo esempio è la
chiarezza con cui è definito il
ruolo della comunità locale,
pur in un ordinamento sinodale come quello metodista e
valdese. Che i valdesi si vedano come un’“unione di
chiese” (p. 31) è un concetto
ignoto a molti e sempre caro
a Giorgio Bouchard. Il Sinodo rimane tuttavia “la massima autorità umana nella chiesa” (p. 29), il che significa (e
mi fa piacere) che anche in
seno alle chiese metodiste e
valdesi esista una dialettica
fra centro e periferia, che non
è quindi una prerogativa
esclusivamente battista.
Un secondo esempio è rappresentato dall’affermazione
(p. 23) che il nuovo ordinamento battista non ha recepito
un articolo del vecchio ordinamento in cui era detto chiaramente che una chiesa è libera di non accettare una delibera dell’Assemblea generale
(§ 37). Il mancato inserimento
di questa norma nel nuovo ordinamento è stato un piccolo
“golpe” interno da parte di
una mentalità centrista più
che congregazionalista; finora
nessuno ne aveva mai parlato
ufficialmente. Scrivere sul documento che il problema dovrà essere ripreso e ristudiato
è stato un atto di obiettività,
che apprezzo molto».
- Quali altri problemi
avrebbe volentieri visto trattati nel documento?
«Penso al battesimo. A pagina 13 è detto che “la questione battesimale non è né risolta né accantonata”. Forse
era questo il momento per riparlarne, particolarmente in
merito all’amministrazione
del battesimo».
- Che cosa intende dire?
«Se ci si incammina verso
uno scambio pastorale, i pastori battisti con cura di una
chiesa valdese o metodista si
troveranno di fronte a un problema di coscienza nel caso di
richiesta di battesimo di un
neonato e (Lutero ci insegna)
“agire contro la propria coscienza non è senza pericolo,
né onesto”. Nel caso contrario, invece, non si avranno
problemi, in quanto i riformati
accettano le due forme di battesimo. Il problema merita di
essere affrontato seriamente».
- Qual è la sua opinione su
questi incontri Sinodo-Assemblea?
«Li ritengo senz’altro validi, come tutto ciò che può
aiutare a una maggiore conoscenza reciproca. Personalmente preferisco incontri a li
vello di comunità locali, che
sono più aperti e danno risultati più consistenti in termini
di reale conoscenza e fraternità. Tuttavia anche SinodoAssemblea hanno la loro ragione d’essere, a condizione
che nessuno cerchi di scimmiottare l’altro. Assemblea e
Sinodo sono due realtà molto
diverse: proprio riunendosi
possono scoprire differenze e
complementarità. Sarebbe
impensabile che valdesi e
metodisti tentassero di trasformare il Sinodo in una sorta di Assemblea battista, ma
altrettanto inaccettabile sarebbe il contrario.
Il pericolo, ovviamente, è
molto più forte da parte battista, i valdesi infatti hanno un
ordinamento sinodale consolidato da una lunga tradizione. I
battisti italiani, viceversa, vivono le loro Assemblee generali (nella forma attuale) solo
dal 1947. Non tutti i battisti si
rendono conto che l’Assemlea
non è un Sinodo, che i membri dell’Assemblea non sono
dei “delegati” con specifici
mandati (tranne in occasioni
eccezionali), ma dei rappresentanti fraterni che votano
secondo coscienza su problemi di ordine organizzativo e
generale, che non possono
toccare la vita interna delle
comunità. Non esiste per noi
una “gerarchia di assemblee”
e se mai volessimo stabilirla
TAssembla generale avrebbe
una valenza inferiore a quella
di ogni singola comunità loca
li pastore Piero Bensi
le. Questo deve essere chiaro,
per non ingenerare equivoci
quando si riuniscono insieme
Sinodo e Assemblea».
- Qual è, secondo lei,, il
maggior contributo che i battisti possono dare in questo
momento negli incontri bilaterali?
«Credo che tutti abbiamo
qualcosa da ricevere e qualcosa da dare. I battisti hanno
ricevuto un aiuto dal senso, di
disciplina e di ordine che offre una chiesa di tipo sinodale. D’altro lato i battisti possono ancora offrire la loro visione fortemente congregazionalista della chiesa. Ogni
comunità riceve dal Signore
tutti i doni spirituali necessari
per governare se stessa, senza
ingerenze esterne. Attraverso
questi quattro secoli, dal loro
sorgere, le chiese battiste sòno sempre state tenacemente
gelose della loro autonomia.
Tuttavia (e ciò rende interessante la lorò storia) hanno
sempre manifestato un gran
desiderio, quasi un’ansia, di
entrare in contatto con altre
comunità battiste, sul piano
regionale e nazionale, per la
gioia della comunione fraterna e per stabilire piani comuni di lavoro, proposti (mai
imposti) alle comunità.
Questo è il “genio” battista:
chiese che sanno essere
“unione” senza rinunziare alla
loro autonomia e senza suscitare il caos. A questo proposito, il documento in esame dice cose molto belle ai paragrafi 60, 61 e 62, mentre fondamentali sono le cose indicate al paragrafo 63. Aggiungo
che per noi gli organi centrali
(Comitato esecutivo, dipartimenti ecc.) sono realtà amministrative necessarie e non essenziali alla vita della chiesa.
Devono sempre ricordarsi che
sono al servizio e non al governo delle chiese. Nella sua
Dogmatica, Barth dice che
dobbiamo chiedere al Signore
di darci dei buòni amministratori. E questo facciamo».
- Ha un augurio per il
prossimo incontro?
«Certo: che ogni cosa sia
fatta tenendo sempre presente
lo scopo ultimo per cui il Signore ci ha voluti in Italia: annunziare la libertà di Cristo.
Tutto ciò che serve a questo
scopo è sempre benvenuto; il
resto può anche essere bello,
ma non è indispensabile».
La Chiesa valdese di Torre Pellice approva un documento
Colmare le lacune del progetto
dì riconoscimento recìproco
A Torre Pellice un gruppo
di studio appositamente formatosi ha preso in esame il
sesto Documento Bmv che
sarà presentato al Sinodo valdese e all’Assemblea generale deU’Ucebi che saranno riuniti a Torre Pellice stessa dal
1® al 3 settembre prossimi. Il
gruppo ha formulato un ordine del giorno che l’assemblea
di chiesa del 2 luglio ha discusso e poi approvato.
«La Chiesa evangelica valdese di Torre Pellice, riunita
il 2 luglio 1995, ritiene valido
l’orientamento di detto documento. Esprime tuttavia l’esigenza che, al fine di giungere
al riconoscimento dei rispettivi ordinamenti ecclesiastici,
vengano preventivamente
colmate alcune lacune e sostituite affermazioni improponibili che renderebbero problematico e ambiguo tale riconoscimento.
a) È necessario colmare le
numerose lacune che si riscontrano nel Documento. In
esso non si fa alcun cenno del
carattere multitudinista delle
chiese valdesi. Inoltre vengono taciuti alcuni aspetti essenziali e prioritari delTordinamento valdese, quali ad esempio: origini e principi informatori; originarietà dei propri
istituti fondamentali e loro indipendenza da ogni altro ordinamento; la realtà unitaria
delle chiese valdesi della zona
europea e rioplatense; disciplina dell’autonomia delle
chiese locali; disciplina delle
attività di settore e delle strutture spirituali e organizzative
Il tempio valdese di Torre Pellice durante un culto sinodale
intermedie (circuiti e distretti); avvenuta integrazione tra
chiese metodiste e chiese vaidesi e garanzie riconosciute ai
metodisti e alle loro chiese
per assicurarne l’autonomia,
lo sviluppo e l’apporto dei valori del metodismo; l’inserimento nell’ordinamento valdese, mediante convenzioni e
accordi diversi, di chiese di
varia origine [di confessione
elvetica (Bergamo), battista
(Catanzaro), evangelica autonoma (Napoli Vomero), protestante interdenominazionale
di lingua inglese (Torino inglese), pentecostale (Chiesa
apostolica di Firenze-Prato),
azione apostolica comune
(Comunità cristiana protestante di lingua francese, Roma),
chiese libere (chiese cristiane
evangeliche libere di Avellino, Napoli Berlingieri, Torre
del Greco e Volla, Chiesa
evangelica di lingua italiana
di Vevey, chiese libere di Bologna e Nuoro-Sassari)]; la
posizione delle chiese valdesi
di fronte alla società civile
(13/SI/1943).
b) Il rapporto tra le chiese
locali e la “volontà generale
delle chiese” (meglio sarebbe
dire “riconoscimento della
volontà del Signore, espresso
nell’assemblea generale o nel
Sinodo”) non è sufficientemente chiarito. Improponibile
è ùn “diritto all’obiezione di
coscienza di una comunità”
(p. 40). Si può al massimo
ammettere un diritto alla riapertura del dibattito in vista
di una nuova decisione».
L'azione ecumenica verso l'unità
L'importanza del
dialogo tra le chiese
_______RENZO BERTALOT_____
L9 ultima assemblea anglicana di La'mbeth (1988)
aveva tracciato una marcia a
tappe per il cammino ecumenico. Il suggerimento fu accolto con entusiasmo per la
sua praticità e pér la sua contrapposizione ai sostenitori
del «tutto o niente». I recenti
accordi di Porvoo 1994 (Finlandia) tra le chiese anglicane
e quelle luterane del Nord Europa, che si rifanno alla successione episcopale, rappresentano un notevole passo
avanti in questa direzione. Si
tratta di un riconoscimento reciproco della fede comune e
del ministero, compreso quello episcopale.
Occorre ora passare alla fase esecutiva risistemando lo
scacchiere delle confessioni
in base al principio della
«unità nella diversità»; in auge da ben ottancinque anni,
in modo da evidenziare la
«koinonia», la comunione, e
dare un assetto concreto alla
più ampia collaborazione
possibile. Certamente il vescovo anglicano Charles
Brent, iniziatore del movimento di Fede e Costituzione
(1910) e il vescovo luterano
svedese Nathan Sòdérblom,
grande animatore del movimento «Vita e azione» che
portò alla conferenza di Stoccolma del 1925, vedrebbero
premiate le loro fatiche, i loro progetti e le loro intuizioni,
in chiusura del secolo XX.
Mentre si sta costituendo
questa fascia unitaria nell’
Europa del Nord molti problemi incalzano. Quali sono
le conseguenze per rincontro
con i cattolici, con gli ortodossi, con gli altri luterani
che non si rifanno alla successione episcopale, con le
chiese della Concordia di
Leuenberg (1973) e con il resto delle chiese che fanno
parte del Consiglio ecumenico delle chiese?
A prima vista rincontro
con gli ortodossi può sembrare più facile, ma in quanto sostenitori della successione
episcopale i luterani del Baltico e gli stessi anglicani dovranno fare i conti con Roma
come punto fondamentale
della tradizione comune. Si
hanno le prime avvisaglie con
la presenza in San Pietro di
due vescovi luterani scandinavi in occasione della festività
di santa Brigida. Non così per
gli ortodossi che non hanno
bisogno di questo passaggio
obbligato per farsi sostenitori
della successione apostolica
di carattere episcopale.
Se cattolici e ortodossi non
possono ancora partecipare
alla stessa eucaristia ciò è dovuto al fatto che non v’è ancora una comunione «perfetta» e non vi potrà essere se
qualche dogma della tradizione cattolica dovesse perdere
la sua forza e venisse relativizzato in nome della diversità (Convegno di Bari 1994).
Ma gli ortodossi non si ritrovano negli ultimi tre dogmi
sanciti da Roma (Immacolata
concezione nel 1854, Infallibilità papale nel 1870 e Assunzione di Maria nel 1951).
Non è infondato il timore di
un «ritorno» all’unità come
«uniformità» che punta oltre
alle prospettive ecumeniche
con Roma (cum Petro) per riproporre anacronistici richiami al sub Petro (tesi respinta
non solo dalla storia ecumenica del XX secolo, ma anche
dalle precise reazioni di molti
esponenti del Consiglio ecu
menico delle chiese, «never»). Non dimentichiamo
che già nel 1920 il Patriarca
di Costantinopoli proponeva
una koinonia di chiese nonostante la diversità. È un discorso impossibile per Roma?
Le stesse perplessità sollevano le discussioni e gli accordi
sulla nozione di «transustanziazione» che si riscontrano
nei «dialoghi bilaterali» e nei
«chiarimenti» tra cattolici e
anglicani. Tuttavia le due ultime encicliche papali, in modo
particolare la «Ut unum sint»
aprono nuove prospettive di
collaborazione e d’incontro in
cui rivive il «Par cum Dari»
del Concilio Vaticano lì.
Se è vero che i dialoghi
sembravano aver raggiunto un
momento di stanca è pur vero
che ora sembrano raggiungere un momento scottante in
quanto sulle agende future e
non più rinviabile si prospetta
il problema del «primato» del
papa. Ci troveremo a un punto
morto con l’alternativa tra il
«tutto ò il niente»? Può darsi
che l’ecumenismo a tappe
possa fare un passo avanti e
non necessariamente nella direzione voluta dall’integrismo
tradizionale delle chiese. Dopo aver insegnato per decenni
alle nazioni la necessità del
dialogo come alternativa alle
trincee potrebbe darsi che le
chiese possano imparare di ritorno qualcosa dal mondo secolare, per esempio dal Parlamento europeo. Si potrebbe
veramente dare concretezza
ad una profonda intuizione
ecumenica (Lundt 1952), cioè
fare insieme e non più separatamente tutto quello che può
essere fatto insieme. Nel Filamento europeo si può e si
potrà sempre più lavorare insieme superando le barriere e
gli ingorghi tradizionali. Ma
nessuno chiederà ai monarchi
europei di iscriversi a partiti
repubblicani e nessuno chiederà a i presidenti delle repubbliche europee di proclamarsi re 0 imperatori. Allo
stesso modo, in vista dèi tanto
auspicato Concilio veramente
universale, organizzato insieme da tutte le chiese, (Uppsala 1968 e Nairobi 1975) si
possono congiungere le forze
senza esigere che le confessioni di tipo monarchico diventino di tipo repubblicano e
viceversa.
Il nostro secolo ci porta a
fare un’osservazione che mi
sembra fondamentale. Il termine «fascismo» è diventato
oggi anche parte di un vocabolario psicologico (così Giovanni Jervis). In questo senso
si può dire che il contrario del
fascismo non è l’antifascismo, (anche Stalin era antifascista), ma il dialogo (una voce che ha gridato nel deserto
per tutto l’arco del nostro secolo, dalla prima Sarajevo alla seconda) così come è altrettanto vero che il contrario
del dialogo è il fascismo.
La dove il dialogo tra le
chiese ha avuto qualche ripercussione sociale, è stato
possibile vedere cadere la di'
scriminazione razziale, Ta;
partheid e le contrapposizioni
varie di carattere integrista.
Pensiamo naturalmente agli
Stati Uniti, al Sud Africa e
airirlanda. Dove il dialogo
non è diventato sangue nuovo della società sono ritornate alla ribalta le trincee e gh
esclusivismi. Il popolo è rimasto senza voce profetica e
ha chiuso nel silenzio dell
emarginazione quelli che cercavano riconciliazione nell
unità e nella diversità.
5
VENERDÌ 21 LUGLIO 1995
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
14° incontro delle coppie interconfessionali a Torre Pellice
Le «strane famiglie» ecumeniche
_______ALBERTO CORSAHI________
Per la 14° volta dal 1970 le
coppie interconfessionali
che fanno capo ai gruppi di
Pinerolo, Torino e Mi,lano
hanno ospitato pastori, preti,
religiosi e religiose provenienti da realtà svizzere e
francesi oltre, naturalmente, a
alcune coppie di quei paesi.
Ma rincontro di quest’anno
(8-10 luglio a Torre Pellice)
si è arricchito anche della
partecipazione di Ruth Reardon, anglicana, moglie di un
cattolico.
L’orizzonte si è allargato
dal punto di vista delle esperienze nazionali, ma soprattutto si è espanso nel senso
della profondità dell’indagine. Si trattava di affrontare il
rapporto tra coppie interconfessionali e chiese locali, rap' porto non facile, certamente
più problematico in Italia che
i:, in altri contesti. Il quadro che
■ ^ è emerso attraverso i resoconti di esperienze vissute è risultato improntato a una
S" , grande varietà delle strategie,
' delle sensibilità e degli àtteg'. giamenti, di fronte alle tappe
che segnano la vita di ogni
foyermixte.
Strade,diverse vengono se. guite per la celebrazione dei
matrimoni, strade diverse per
la celebrazione dei battesimi;
forme inconsuete vengono in^ ventate per l’educazione alla
fede dei figli. Particolarmente
significativa l’esperienza realizzata questi ultimi anni presso il centro Saint-Irénée di
Lione, dove opera padre René
Beaupère, organizzatore fin
dal primo degli incontri; i
bambini di alcune famiglie so
Padre René Beaupère
no stati preparati in quella comunità (che non deve sostituire comunque quelle di appartenenza dei genitori), dapprima dai geiiitori stessi poi da
catechisti (un pastore e soeur
Odile Hermann, anch’ella presente) che harmo fornito ai ragazzi le chiavi di preparazione
alla prima comunione, vista
come tappa significativa ma
non come un obbligo di scelta
di campo. È stato simpatico
avere un resoconto «diretto»
dalla voce (e dai disegni) degli stessi ragazzini.
La varietà delle strade e
deJIe strategie non deve far
pensare a un panorama anarchico o improvvisato: dietro a
ogni coppia e dietro a ogni
scelta c’è in generale profonda riflessione, a cui contribuiscono tenaci preti, pastori e
anche fratelli e sorelle che
non sono componenti di coppie ma sono loro vicini e fanno loro sentire la prossimità
della chiesa. Allora anche
queste diverse forme di cele
brazione di preparazione, di
avvicinamento alle scadenze
fatidiche sono soluzioni che
richieste sì dalla necessità di
ovviare a possibili incomprensioni (fra le famiglie di
provenienza, le comunità, le
gerarchie codificate o meno,
e le burocrazie) ma sono anche contributi in ternìini di
fantasia creativa alla riscoperta di nuovi modi di affermare
la vita comunitaria.
I partecipanti (una trentina
circa) hanno anche affrontato
una lettura critica del documento proposto due anni fa da
padre Beaupère e dal pastore
Jacques Maury alle chiese
francesi (in cui si profila un
ruolo di avanguardia e stimolo alla pratica ecumenica da
parte delle coppie), mentre
nella mattina di lunedì preti
della diocesi di Pinerolo e pastori delle chiese del 1° distretto si sono confrontati sui
problemi che le singole comunità possono avere di fronte a
queste «strane famiglie».
Battisti a,Rovigo
Celebrati
due
battesimi
Domenica 18 giugno la
chiesa battista di Rovigo, insieme a tanti ospiti, inclusi
diversi credenti da Ferrara,
ha trascorso una giornata
particolarmente felice. Sono
stati battezzati la sorella Elena Braga e il fratello Nicola
Scabbia. Elena è cresciuta
nella nostra chiesa e la testimonianza resa alla comunità
e agli ospiti presenti al culto
ha evidenziato la naturalezza
con la quale Elena passa dalla
scuola domenicale all’impegno nella chiesa. Nicola
Scabbia, di Ferrara, ha invece
percorso un cammino molto
travagliato: dall’ateismo è
passato all’induismo, al buddismo, alla filosofia yoga e
solo mentre preparava gli
esami di maturità si è imbattuto nel protestantesimo
(mentre facevo una ricerca
sugli eretici, per comprendere
meglio il libro «Il nome della
rosa»). «L’accoglienza della
comunità, i continui dialoghi
sulla fede, e finalmente la
gioia di scoprire che Cristo
mi ama e mi perdona e che io
posso ricevere la salvezza
senza intermediari, mi hanno
convinto, dopo molti anni, a
chiedere il battesimo».
Data la limitata capienza
della chiesa il culto, in un clima di collegialità, con un predicatore proveniente da Poggio libertini, ha avuto luogo
all’aperto e l’intera giornata si
è svolta gioiosamente fra canti, giochi e picnic sullo splendido prato che circonda la casa di una nostra sorella, (e.m.)
16° incontro «Fede e omosessualità»
Le corazze
deindentìtà maschile
LETIZIA TOMASSONE
Oltre la tolleranza. Agape
isola felice, almeno una
volta l’anno per chi, gay e
cattolico, si sente in parte rifiutato dalla propria confessione religiosa. Al centro
ecumenico valdese, dal 3 al 9
luglio, un centinaio di omosessuali cristiani (in prevalenza cattolici) si è dato appuntamento per l’annuale
campo, il 16° dal 1980 ad oggi!. Il tema dell’incontro della serie «Fede e omosessualità» era Le corazze deìl’identità maschile, corazze a
cui spesso i gay sono estranei
ma delle quali possono anche
essere schiavi. Il campo si è
articolato in quattro laboratori: «La spiritualità: un percorso tra le immagini di Dio e la
mia fede»; «I modelli creativi
del maschile; la percezione di
me stesso»; «Mass media:
modelli di comunicazione di
un’omosessualità autentica»;
«Espressione corporea e resistenze nella comunicazione
) maschile» (biodanza). I laboratori hanno avuto come conduttori i pastori Daniele Bouchard e Klaus Langeneck, gli
psicologi e psicoterapeuti
Roberto Del Favero e Maurizio Palomba, Gianni Pozzi
(Università di Bologna), il
giornalista Stefano Campagna, e gli istruttori di biodahza Angelo Palfrader, Dario
Bianco e Nicola Franceschiello. Si trattava di rispondere alla crisi dell’identità
maschile con un percorso af
fermativo di crescita. I gay
hanno una propria esperienza
e una propria ricchezza da offrire e di cui spesso non sono
consapevoli, una «diversità»
■di cui possono riappropriarsi
ed essere orgogliosi.
Il gruppo della spiritualità
ha tracciato un percorso che
ha permesso di capire quanto
le immagini di Dio che ci
portiamo dentro possano
rafforzare o rompere le corazze della «maschilità», mentre
le diapositive del dottor Pozzi
hanno indicato, anche attraverso quadri, i disagi del maschio nei panni dell’«uomo».
Il laboratorio sui media ha
prodotto alcuni consigli per
gli operatori del settore, e in
particolare l’invito a offrire
una visione globale e differenziata dell’omosessualità
invece di appiattirla su quella
«eccentrica» molto chiaramente più legata agli anni ’70
che ai nostri giorni.
Chiesa battista di Genova
Tempo dì lode
tempo di gioia
ERMINIO PODESTÀ
Domenica 2 luglio nella
chiesa battista di Genova
si è conclusa l’attività giovanile annuale con un culto
condotto dai giovani delle
chiese battiste di Genova e di
Sampierdarena, che durante
l’anno si sono incontrati ogni
settimana, guidati dai pastori,
e hanno riflettuto su alcuni
argomenti biblici. Inoltre
quattro giovani hanno iniziato
con entusiasmo il corso per
predicatori locali.
Il tema del culto è stato:
«Tempo di lode, tempo di
gioia»: tempo di lode perché
il Signore ha benedetto questo lavoro in comune ed è
stato presente per un cammino di fede; tempo di gioia
perché il Signore ha offerto
la possibilità di raccogliere in
abbondanza la quota necessaria perché il piccolo Ruben
Ramirez possa effettuare il
trapianto necessario alla sua
sopravvivenza. Al termine
del culto una sorella ha letto
una commovente lettera del
comitato prò Ruben; si è però
pregato perché ora il Signore
faccia il resto, assistendo Ruben nell’intervento.
All’inizio del culto è stato
letto il versetto 3b del salmo
110 che dice; «Come rugiada
sui monti santi, i giovani
vengono a te fin dall’aurora».
Il gruppo giovani ha eseguito
un bellissimo inno che ha dato lo spunto a uno di loro per
dire come sia molto importante che una corale canti
per dare impulso ed entusiasmo alla chiesa; infatti la corale è la chiesa, perché al termine dell’esecuzione i coralisti si confondono di nuovo i
mezzo a tutti gli altri. Cinque
giovani hanno espresso la loro testimonianza, mettendo in
rilievo il momento importantissimo della «chiamata» e la
risposta che ha rappresentato
un cambiamento nella vita di
tutti i giorni e un modo diverso di valutare le cose.
Alice e Alessia, due ragazze molto giovani, hanno eseguito un canto commovente
composto da loro stesse, come ringraziamento per quanto il Signore ha fatto per il
piccolo Ruben. Dopo la cena
del Signore c’è stato un abbraccio sincero e fraterno
che ha unito tutti i presenti,
anche quelli di altre comunità, in un impegno di reciproca fraternità e la conclusione è stata ancora di benedizione; «Benedetto sia Dio,
il Padre del nostro Signor
Gesù Cristo, che nella sua
grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza
viva mediante la resurrezione
di Cristo dai morti, per un’
eredità incorruttibile, senza
macchia e inalterabile».
Si è trattato di un momento
forte per le chiese battiste di
Genova e Sampierdarena che
hanno dato speranza a tutti i
membri delle due comunità
per vivere autenticamente la
propria fede ed esprimere
sempre più concretamente la
testimonianza cristiana.
Chiese di Sampierdarena e Sestri
Saluto al pastore
Valdo Benecchì
MARIO CAMPAGNOLO
SARO SOLARINO
La Chiesa valdese di Sampierdarena e quella metodista di Sestri Ponente hanno
concluso, la loro attività
dell’anno 1994-95 con due
momenti di vita comunitaria
molto intensa e partecipata.
Domenica 18 giugno a Sampierdarena, è stata confermata
la sorella Maria Zanperi Piccolo e si sono riunite le due
chiese in un’agape comune
per salutare il pastore Valdo
Benecchi e sua moglie Piera
Carla che, dopo soli quattro
anni di permanenza a Genova,
si trasferiranno a settembre a
Roma, dove il past. Benecchi
assumerà la cura della Chiesa
metodista di via Firenze.
Domenica 25 giugno durante il culto a Sampierdarena
è stata battezzata la piccola
Giorgia Lasco ed è stata invocata la benedizione del Signore sul matrimonio, già celebrato il giorno prima col rito civile, di Ilaria Quartino e
di Massimo Marottoli, candidato pastore in prova nella
Chiesa metodista de La Noce
a Palermo. Ai numerosi partecipanti la parola del Signore
(Osea 2, 16; 18-20; I Giovanni 4, 7-12) è stata predicata
dal pastore Benecchi. Hanno
rallegrato il culto la corale
della comunità di Sampierdarena e quella della comunità
latinoamericana di via Assarotti (presso la Chiesa valdese
Il pastore Valdo Benecchi
di Genova centro) che nei
suoi costumi tipici ha cantato
in lingua spagnola e suonato
con strumenti andini. In seguito le due comunità si sono
ritrovate nei locali della chiesa di Sestri per festeggiare gli
sposi, insieme a parenti e
amici, venuti da vicino e da
lontano. A tutte le sorelle e a
tutti i fratelli che si sono adoperati così generosamente per
la buona riuscita di queste felici giornate di testimonianza
cristiana e di fraternità un vivissimo grazie.
Il pastore Valdo Benecchi
parte portando con sé queste
immagini e voci di festa. Potrà così ricordarsi delle due
comunità a cui per un tempo
purtroppo breve ha dedicato
il suo fedele e infaticabile
ministero. Grazie Valdo.
Buon lavoro a Roma, con
l’aiuto del Signore.
POMARETTO — È nato Luca Vanin, di Mauro e di Maura
Collet. Auguri. Si sono sposati il 24 giugno, nel tempio,
Danilo Bertolino e Michela Ribet.
• Molte volte, nell’arco di un mese, abbiamo accompagnato
al ciinitero sorelle e fratelli che ci hanno lasciato; al piccolo
cimitero di Fontane o al tempio crematorio di Torino, al cimitero di Pomaretto o a quello del Vivian, a Inverso Pinasca. Qualcuno è, morto, come direbbe la Bibbia, «sazio di
giorni», altri nel fiore degli anni, altri dopo lunghe sofferenze; chi in ospedale chi a casa propria. La comunità si è raccolta intorno alla parola di Dio, e per dire la sua solidarietà a
parenti e amici. Ogni morte è prematura, anche per chi si appoggia alla promessa divina di vita eterna; questo sentimento lo abbiamo vissuto con particolare intensità al funerale di
Sabrina Ribet, deceduta a 29 anni in seguito a incidente
stradale, e si è rinnovato ai funerali di Mario Ribet, Gustavo Pascal, Cesare Baret, Filiberto Baret, Enrico Pons.
SAN GERMANO — Domenica 2 luglio Laura Orsolini, di
Marco e di Norma Peyronel, è stata presentata al battesimo.
La comunità chiede al Signore di benedire abbondantemente i genitori, a cui augura di mantenere fedelmente le loro
promesse, e la piccola Laura, affinché possa crescere serenamente sotto lo sguardo di Dio.
• La nostra sorella Nelly Rostan non è più tra noi; dopo un
lungo periodo di sofferenza, il 7 luglio, si è addormentata
nel Signore. La comunità, ricordandola con profondo affetto e con grande riconoscenza per quanto ha dato nell’ambito della chiesa che ha servito con vero spirito fraterno,
esprime ai familiari tutti, in particolare alla sorella Amilda,
la sua sincera simpatia cristiana nella certezza della resurrezione e della vita eterna in Gesù Cristo.
PRALI — Al fratello e ai familiari di Franco Grill, prematuramente scomparso all’età di 61 anni, vada la solidarietà
cristiana e l’affetto fraterno di tutta la comunità.
TAVOLA VALDESE
Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste
Il Sinodo, secondo quanto disposto dall’atto
n. 133 della sessione sinodale europea 1994, è convocato
per
DOMENICA 27 AGOSTO 1995
I membri del Sinodo sono invitati a recarsi nell’Aula sinodale della Casa valdese di Torre Pellice alle ore 15.
II culto di apertura avrà inizio alle ore 15,30 nel tempio di
Torre Pellice e sarà presieduto dal pastore Bruno Rostagno.
Il moderatore della Tavola valdese
Gianni Rostan
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 21 LUGLIO 199R
LA SEQUELA DEL CRISTO
ANTONIO ADAMO
Avrei voluto predicare su
un testo più gaio, che
potesse attirare la vostra benevola attenzione; avrei voluto scegliere una pericope che
esprimesse gioia e levità, anche per smentire il luogo comune sulla macerazione dello
spirito, che sarebbe fenomeno
peculiare del protestantesimo.
Avrei voluto offrirvi un pensiero lieve. Non è stato possibile. Queste parole del Vangelo di Marco si sono fissate
alla mia mente con prepotente tenacia. Questo testo mi ha
preso per mano e mi ha con'dotto, attraverso i suoi itinerari, alla scoperta di prospettive nuove anche per me, che
sono entrato nell’età pastorale
in cui talvolta si comincia ad
essere smaliziati manipolatori
della Bibbia. Il testo ha aperto davanti a me diverse porte
che, una dopo l’altra, hnmettono in realtà spirituali forti e
sconvolgenti. Qui la sequela è
espressa con concisione e durezza. A nulla valgono i nostri tentativi di rendere più
blando il messaggio. Seguire
Gesù pone alla nostra esistenza delie pesanti condizioni.
Le parole di Marco 8, 3438 sono dei detti («loghia»)
che possiamo far risalire a
Gesù, pur tenendo conto del
lungo processo redazionale
dei Vangeli. Disponendo in
modo armonioso questa piccola raccolta di detti. Marco
ha composto una «didaché»
(insegnamento) molto efficace rivolta ai discepoli. L’insegnamento è incastonato tra il
primo annunzio della passione e l’episodio della trasfigurazione. Riprendendo il motivo morte-risurrezione, testimonianza dei discepoli e «pa
greco è molto forte e indica
negare, rinnegare, misconoscere, negare di appartenere,
mettere fuori gioco ed è il
contrario di confessare, cioè
sconfessare, togliere credito.
Il primo movimento è una revisione di sé alla luce del Cristo: rinunciare a ciò che siamo secondo la nostra autocomprensione più profonda
per farci carico della croce, di
una vocazione che dall’esterno ci invita ad uscire dai nostri rifugi individuali. È l’invito ad abbandonare ogni difesa per impegnare forza, intelligenza, creatività, passione
e quanto ci caratterizza bene
al nostro sentire, per seguire
l’uomo di Nazareth, il crocifisso, il perdente.
Una realtà debole
Nel secondo movimento
siamo ancora di fronte a
una realtà debole. La salvezza
passa attraverso l’esperienza
della perdita della sicurezza
della propria vita; il ritrovamento del sehso della nostra
umanità è subordinato allo
smarrimento della vita per
giungere alla condizione di
persone inermi di fronte al
mondo. Questa perdita è la
premessa di un guadagno infinitamente alto: la nuova
identità di creature illuminate
dall’agape.
La parola greca «psyche»
indica la realtà della vita sia
in senso naturale sia in senso
spirituale. La vita ritrovata
per amore del Cristo e dell’
Evangelo è il risarcimento
qualitativamente superiore a
qualsiasi altra realtà. L’anima
dell’uomo è in questo contesto la vita dell’uomo, la sua
persona vivente.
«Poi cominciò ad insegnare loro che era necessario che il Figlio dell’uomo sojfrisse moke cose,
fosse respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risuscitasse. Diceva queste cose apertamente. Pietro lo prese da parte e cominciò a rimproverarlo.
Ma Gesù si voltò e, guardati i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: “Vattene via da me. Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini”.
Chiamata a sé la folla coi suoi discepoli, disse
loro: “Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a
sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché
chi vorrà salvare la sua vita, la perderà, ma chi
perderà la sua vita per amor mio e per amore del
Vangelo, la salverà. E che giova all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde la vita sua? Infatti,
che darebbe l’uomo in cambio della sua vita?
Perché se uno si sarà vergognato di me e delle
mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà
di lui quando verrà nella gloria del padre suo coi
santi angeli”. Diceva loro: “In verità io vi dico
che alcuni di coloro che sono qui presenti non
gusteranno la morte, finché non abbiano visto il
regno di Dio venuto con potenza”»
(Marco 8, 31-9, 1)
rusia» (ritorno del Signore e
avvento del regno), Marco
evidenzia la realtà della testimonianza tra i due tempi:
promessa del regno e suo
adempimento; in mezzo, tra
la croce e la gloria, sta il tempo della testimonianza, che è
tempo di prova e di attesa.
Questo tempo è anche il nostro tempo, una realtà colma
di difficoltà, tuttavia rivolta
verso il futuro di Dio. Nella
pericope sono individuabili
quattro movimenti. Il primo
movimento è rinunciare a se
stessi. Non si tratta soltanto di
trascurare se stessi, il verbo
Vanità del potere umano
Il terzo movimento (vv. 3637) inizia con due interrogativi di natura sapienziale in
cui si cela la minaccia della
vita dell’umanità. Si tratta di
un richiamo al Salmo 49, 7-8,
15, in cui è esposta la vanità del potere umano di fronte
alla morte e di fronte a Dio:
«Nessuno però può in alcun
modo redimere il fratello, né
dare a Dio il prezzo del riscatto d’esso. Il riscatto dell’anima dell’uomo è troppo caro e
farà mai sempre difetto... Ma
Iddio riscatterà l’anima mia
dal potere del soggiorno dei
morti».
Anche se l’uomo possedesse il mondo, il cosmo intero,
egli non potrebbe liberare la
propria vita dai lacci della
morte e della vanità. L’uomo
non possiede una merce di
scambio cosi preziosa da poterlo riscattare: non esiste religione o nobiltà d’animo in
grado di elevarlo oltre questa
radura di vuoto e di dolore.
Da soli gli uomini e le donne
sono prigionieri del silenzio e
dell’oblio del nulla.
L'allontanamento da Dio
Quarto movimento. Nel
mondo che ha voltato le
spalle a Dio, chi teme l’inefficacia del messaggio dell’
Evangelo, considerandolo fallimentare, e perciò lo nasconde e lo nega, negli ultimi tempi sarà a sua volta nascosto,
dimenticato e negato. Con il
richiamo al motivo veterotestamentario che definisce
l’allontanamento da Dio come adulterio, la generazione
di Gesù (ma possiamo dirlo
di tutte le generazioni, compresa la nostra) è definita
adultera e indicata come il
luogo in cui ci si vergogna di
Gesù e delle sue parole.
Qui si pone l’identità Figlio
dell’uomo-Figlio di Dio. Il
Figlio dell’uomo, che ha inaugurato il Regno, si identifica col Signore veniente. Nel
tempo della delusione del
mancato avvento finale del
Regno Marco, superando tutte le evidenze, pone l’urgenza
dell’attesa del Regno. Egli riporta i suoi contemporanei alla necessità di considerare il
Cristo vicino e veniente.
Il Signore ci chiama
Tutti i movimenti precedenti hanno aperto la
porta che ci pone di fronte al
Signore che ha vissuto fino in
fondo il radicale dono di sé,
fino all’annientamento: egli
ha provato l’abbandono e
l’elezione, la sconfitta e la
vittoria; dalla sua santa eternità ci chiama a percorrere
l’itinerario della testimonianza evangelica nella transitorietà della nostra storia. La
creatura che ha ricevuto la
vocazione alla sequela deve
vivere l’esperienza fondamentale della conversione:
congedarsi da ciò che si era
prima, rinnegare se stesso,
còme fa Pietro con Gesù
(Matteo 26, 72). Karl Barth
descrive così l’atteggiamento
del chiamato: «Egli era il
prossimo di se stesso. Proprio
in quanto tale egli si lascia
chiamare a seguire Gesù, si
lascia perdere fino in fondo».
Barth riporta un’affermazione
molto espressiva di Zwingli:
«Per l’amor di Dio, fate dunque qualcosa di intrepido!».
Barth commenta così: «Egli
non ha detto “Sentite! Pensate! Considerate! Esaminate!’’.
Neppure: “Agitate delle idee
nel Vostro cuore e nella vostra
testa” ma “fate!”».
Non si tratta tanto di sapere
navigare nella vita oppure di
compiere chissà quale azione
eroica, quanto di accogliere
l’invito a mettere in discussione pienamente la nostra vita, assumendosi responsabilità e agendo con fermezza,
secondo l’esempio degli uomini e delle donne della Bibbia. Decidersi per la sequela è
fare qualcosa di intrepido,
non riconoscendo vero e buono il vecchio uomo di prima.
Decidersi per la precarietà
della croce, questo è il vero
atto intrepido. Decidersi per
andare dove? Dove mai potranno andare donne e uomini
e chies^ che si lascino con
Villaggio della Galilea del Nord nei pressi dei Goian
durre fuori delle proprie sicurezze, puntando tutto su Gesù,
colui che il mondo considera
un perdente? E giunto il momento di esaminare il nostro
essere nel mondo, non ponendoci in concorrenza con i modelli di vita che riscuotono
successo, non inseguendo un
ideale di chiesa che competa
col mondo in immagine esterna, in fascino del sacro, in seduzione religiosa, in grintoso
e aggressivo atteggiamento
verso l’umanità.
La potenza della croce
In un tempo di prepotenti e
di nuovi sepolcri imbiancati non è forse giunto il momento di affermare con tenacia i valori evangelici della
potenza della croce, vittoria
della fragilità sul potere violento? Nel tempo della nuova
retorica religiosa non è forse
la sobrietà l’autentico valore?
Di fronte al mito del giubileo
del secondo millennio, che
appare come la fiera universale del vanto religioso, non sarebbe il caso di esprimere una
sincera e semplice confessione di peccato per l’amore che
non abbiamo vissuto in questi
due millenni? La mitizzazione
dell’avvento del terzo millennio è il tentativo di affermare
ancora una volta l’egemonica
centralità della chiesa nella
storia. Le attese superstiziose
rispetto ad un semplice scorrere del tempo, celano un equivoco pericoloso: la confusione tra «kronos» (lo scorrere del tempo) e «kairòs» (tempo della rivelazione di Dio,
denso di eventi ultimi e decisivi). I tempi di Dio non dipendono dalle nostre convenzioni cronologiche.
Abbiamo veramente difficoltà a stare in silenzio davanti a Dio, per lasciarci interpellare dalla sua Parola,
senza riempire l’interno con
le nostre troppe parole. Prendere la propria croce significa
assumere la mitezza del Cristo, che si oppone al male
senza arroganza e animosità.
L’atto intrepido potrebbe essere proprio questa intrepida
mitezza della croce, segno di
contraddizione e di salvezza.
La mitezza intrepida non tre
ma di fronte al mondo, non lo
teme, perché non lo riconosce
come divino. La mitezza intrepida accoglie la grazia di
Dio e con le armi dell’amore
percorre le vie del mondo. La
croce non è segno di lutto del
supplizio, ma premessa e promessa di una nuova qualità
del nostro essere uomini e
donne in attesa attiva, mite e
intrepida nel nostro tempo.
(sermone tenuto in occasione
della Conferenza del II distretto)
Preghiera
Signore e nostro Dio,
non permettere che i nostri passi
siano rapidi verso il male e lenti verso il bene.
Non permettere alle nostre voci di coprire la tua voce.
Non permettere che la nebbia del dubbio ci avvolga
e ci confonda, nascondendoci gli uni agli altri.
Accogli i pensieri semplici delle creature limpide.
Accogli le contorte e sofferte espressioni
di chi vive un ’esistenza tormentata.
Accogli l’invocazione della creatura perduta
nella notte del tempo presente.
Donaci la tua pace, oggi,
nei violenti contrasti della storia.
Donaci la tua sapienza, oggi, nell’ottusa presunzione
di un tempo di maestri a buon mercato.
Donaci la tua Parola, quella rara e preziosa,
verità che non sappiamo cercare.
Illumina il sentiero buio della nostra esistenza.
Illumina l’angolo remoto della coscienza in cui
celiamo a noi il dovere, la responsabilità e l’amore.
Illumina la vita con la tua gioia.
Rallegraci col suono della tua grazia.
Rallegraci con la speranza fiorita
nel deserto di cuori aridi e soli.
Rallegraci per il tempo che viene,
per il tempo felice del tuo regno vicino.
Signore e amico, sincero e solidale, sta con noi,
che aspettiamo diffidenti un gesto di pace
che non sappiamo compiere.
Abbi memoria di ognuno di noi, di chi è dimenticato
a immemore solitudine alla deriva della vita.
Crea, per questa umanità dal cuore di pietra,
un nuovo pensiero e un sentimento alto.
Trai, dal nostro io frantumato, comunione.
Trai, dalla morte, la vita.
Trai, dal dolore, la gioia.
Offrici ancora il tuo tempo.
Tempo per amare.
Tempo per ascoltare.
Tempo per i buoni discorsi.
Tempo della fede e della verità.
Rimani accanto a noi e la paura svanirà, il nostro
animo sarà abbastanza forte per sostenere la croce
della vocazione alla sequela del tuo figlio Gesù.
Donaci l’ardita mitezza dell’agape
che vince il male con il bene.
Signore e nostro Dio, amen!
7
Spedizione in abb. postaie/50 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere
il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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Il museo valdese della Balziglia
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VENERDÌ 21 LUGLIO 1995 ANNO 131 - N. 29 LIRE 2000
Tempo fa sulle colonne di
questo giornale Giorgio
Toum ricordava come per la
sua generazione i rapporti
con il protestantesimo francese fossero stati fondamentali
e concludeva: «Lavorare insieme diventa indispensabile
per il domani». Invece Giorgio Bouchard affermava, nel
suo libro I valdesi e l’Italia;,
che «conclusa l’epoca nella
quale la cultura francese ha
egemonizzato la nostra chiesa, oggi si guarda a Vienna e
Heidelberg e meno a Parigi».
Due tesi che ritornano alla
mente alla vigilia dell’incontro del Colle della Croce.
E difficile in questi giorni
guardare alla Francia prescindendo dalle decisioni che
paiono irremovibili del suo
L'INCONTRO AL COLLE DELLA CROCE
NUOVI STIMOLI
ITALO PONS
presidente in materia militare:
divergenze profonde sembrano allontanarci dalla Francia;
sappiamo che in quel paese
non tutti condividono le scelte della sua dirigenza, ma
questa è forte di un consenso
trovato nelle recenti elezioni
presidenziali. Malgrado la
nostra protesta si debba levare forte, sarà necessario accogliere l’invito di Toum di dialogare con il protestantesimo
d’oltralpe perché è vero che
al di là delle montagne esiste
un protestantesimo con cui
diventa importante il confronto e lo scambio, sia per le affinità storiche sia per quelle
specificità di testimonianza e
riflessione che ci possono solo far bene. Un anziano professore, André Dumas, mi diceva poco tempo fa; «Noi
francesi guardiamo sempre la
vostra chiesa perché essa sa
Università a Pinerolo
I corsi sono
rinviati
al 1996
. Sono stati presentati giovedì 13 luglio i corsi di diploma universitario di prossima istituzione a Pinerolo; un
còrso di diploma in Economia e un altro in Amministrazione delle imprese.
Nella loro introduzione gli
amministratori comunali e il
dott. Dario De Bernardi, della Confapi, che hanno promosso la nascita di questo
polo decentrato, hanno sottolineato sia il contesto generale di un’area che ha bisogno
di un rilancio della formazione, sia l’impegno del Comune che ha già individuato i
locali e deliberato la loro ristrutturazione. Una doccia
fredda è venuta dal preside
della facoltà di Economia,
Daniele Ciravegna, che ha
aimunciato un rinvio al 1996
per l’inizio dei corsi; il piano
degli studi infatti non è stato
ancora approvato dal ministero per l’Università. Esiste un
formale impegno per l’approvazione in autunno, ma partire in queste condizioni potrebbe voler dire iniziare subito male Tesperienza, con
un numero ridotto di iscritti e
con incertezze.
Per la gestione del corso (è
previsto il numero chiuso di
50) è stata individuata la formula dèi consorzio fra Università, enti locali e privati.
Per il primo anno il totale
delle spese di gestione è ipotizzato in 280 milioni dei
quali 100 arriverebbero dagli
studenti e 180 dal consorzio;
a regime, dopo tre anni, i costi totali sarebbero di 760 milioni, ripartiti in 260 a carico
degli studenti e 500 per il
consorzio. Lo statuto è già
stato approvato dal Consiglio
comunale di Pinerolo; toccherà ora agli altri enti locali,
molti dei quali avevano a suo
tempo espresso parere favorevole all’istituzione dei corsi,
a passare ora alla fase dell’
impegno concreto.
I piccoli Comuni alle prese con l'erogazione di servizi dai costi a volte proibitivi
Più ch^ gli accorpamenti servono i consorzi
PIERVALDO ROSTAN
La recente proposta della
Regione Piemonte che,
prendendo spunto dalla legge
142 del ’90 sulle autonomie
locali, propone Taccorpamento fra piccoli Comuni creando
entità Comunali di dimensioni
più significative, almeno a livello delle nostre Valli non
riscuote consensi, anzi suscita
preoccupazioni: è però vero
che le risorse sono scarse e
comunque determinati ruoli o
uffici sono totalmente antieconomici. Ma se parlare di
accorpamento fa storcere il
naso ai più, perché non rivalutare il ruolo delle Comunità
montane o dei consorzi già
esistenti superando qualche
campanilismo?
Ci sono settori che senza un
ente di gestione dei servizi
non potrebbero neppure fornire il livello minimo di risposte; l’Acea di Pinerolo,
•consorzio fra i Comuni pinerolesi che si occupa di acqua,
energia, ambiente e rifiuti, è
indubbiamente l’azienda più
significativa per servizi erogati e per fatturato. Le recenti
polemiche che hanno accom
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Lo smaltimento dei rifiuti può essere organizzato in consorzii
pagnato l’elezione del nuovo
Consiglio di amministrazione
hanno evidenziato un’intromissione della politica nelle nomine non certo nuova
ma sempre pesante. Così la
rielezione di Franco Santiano
alla presidenza è avvenuta
con pesanti interventi politici,
magari nemmeno dei partiti
quanto di lobby interne ad essi: «La scelta dei membri del
Consiglio di amministrazione
- lamenta il sindaco di Porte,
Giancarlo Griot, dimessosi
appena rieletto presidente dei
sindaci - è avvenuta più sulla
base delle amicizie o delle
garanzie che una persona poteva dare a un certo Comune
piuttosto che sulla competenza tecnica». Ma l’Acea ha
delle alternative? «Assolutamente no - aggiunge il sindaco di Porte -; si tratta di
un’azienda indispensabile per
tutta una serie di servizi,
dall’acqua potabile alla raccolta e smaltimento rifiuti.
Nessun Comune, ora che è finito il tempo dei mutui a tasso zero per acquedotti «e fognature, potrebbe intervenire
con centinaia di milioni per
rimettere in sesto un acquedotto. L’Acea fornisce a noi
tutti una garanzia sull’acqua
erogata grazie a periodici
controlli e ad interventi mirati». Anche altri sindaci confermano l’importanza del
ruolo dell’Acea come quello
di altri consorzi: «È la strada
da privilegiare - dice ad
esempio Jean-Louis Sappé, di
Angrogna - per offrire ai piccoli Comuni determinati servizi; in certi casi questo ruolo
di consorzio potrebbe svolgerlo direttamente la Comunità montana».
Il sindaco di Torre Pellice,
Marco Armand Hugon, ricorda che «anche per strutture sportive si va verso una gestione di valle poiché questi
impianti rivestono una valenza che supera 1 confini di un
paese». Da Lusema San Giovanni invece sembra venire
un parere di segno diverso:
pochi giorni fa infatti il
vicesindaco, Mignola, ha
chiesto all’Acea cosa comporti l’uscita dal consorzio:
evidentemente un investimento di un miliardo e mezzo
in un anno non ha soddisfatto
gli amministratori lusemesi.
Per l’intera collina di Prarostino-San
Secondo, l’Accordo di Cavour (1561)
consentiva il culto riformato unicamente
nella borgata più alta e fuori mano di
Roccapiatta, ai Godini (m. 986). È naturale che, approfittando dell’occupazione
francese del Lesdiguières, i Valdesi abbiano voluto ridurre la distanza e costruire un Tempio ai Rostan , a 750 m.
In questo Tempio di Roccapiatta, il 14
aprile 1686, i Valdesi, convinti da Arnaud, presero la fatale decisione di resistere con le armi agli iniqui decreti del
Duca che imponevano l’abiura immediata. Durante le guerre che ne seguirono, il
Tempio fu distrutto, ma già nel 1700 appare ricostruito; in seguito fu abbandonato per la «capanna» abusiva costruita
nel Cimitero di S. Bartolomeo e nel
1744 crollò sotto il peso della neve. Per
ricostruirlo fu necessario ottenere un
nuovo permesso del re, ma questo venne
subordinato ad una ispezione del luogo
per accertare che l’Accordo di Cavour
IL FILO DEI GIORNI
FABRICHÈ
BELE-SÌ
fosse rispettato, A tale scopo, nel luglio
1754, giunse il castellano Bruera con
l’ordine sovrano di riportare il Tempio a
Pralarossa, alla stessa altezza dei Codini. Ma faceva molto caldo e il Bruera era
grasso e ben pasciuto. Soffiando e sbuffando, dopo una salita faticosa giunse ai
prati dei Rostan (m. 750) e chiese, con il
poco fiato che gli restava, dov’era Pralarossa. Gli indicarono il punto più alto
della collina. A quella vista il castellano,
sfinito, si lasciò cadere sull’erba all’ombra di un castagno, e non potè dire altro
che: «fabrichè bele-sì, che mi vad pi nen
lassù» (costruitelo pure qui, perché io
fin lassù non ci arrivo). Fu così possibile
ricostruire il Tempio di Roccapiatta sulla
stessa area del precedente.
Ma i Valdesi non perdettero la speranza di poter avere un Tempio decente anche a Prarostino al posto della vecchia
«capanna» il cui tetto volava via ad ogni
colpo di vento. Ma si dovette attendere
ancora fino al 1812, in periodo napoleonico. La direzione dei lavori fu affidata al
capitano Antonio Gay, il personaggio più
influente dell’epoca, che usava venire a
cavallo a controllare il procedere dei la,vori. Fece perciò costruire una piccola
stalla accanto al tempio, che poi sopraelevò con una tribuna da cui poteva assistere al culto come da un palco privilegiato. Ancora nel 1928 la questione non
era risolta e il Concistoro dovette cassare
questo privilegio anacronistico.
(da Come vivevano. Pinerolo, Val
Chisone e Germanasca 1880-1920.
Torino, Claudiana, 1981)
indicarci degli stimoli che a
volte ci mancano». Però aggiungeva anche: «Tra le nuove generazioni la conoscenza
della vostra chiesa è fortemente in crisi: me ne sono accorto personalmente, mi sono
trovato a dover spiegare che i
valdesi non sono abitanti del
cantone svizzero di Vaud né
valdostani». L’incontro del
Colle, nella sua storia, ha
mantenuto viva, in tempi anche molto difficili, la comunione delle nostre chiese. Oggi che vi saliamo senza vedere grandi progetti alT orizzonte, l’iniziativa sembra quasi
una metafora della fragilità
dei nostri contatti: facciamola
diventare anche segno di un
impegno che dovremo costantemente rinnovare.
In Questo
Numero
Lingue straniere
L’insegnamento delle
lingue straniere è stato al
centro della discussione di
un folto gruppo di insegnanti convenuti a Torre
Pellice dalla Francia e dalla provincia di Torino.
L’iniziativa («Università
estiva») è stata organizzata dal Collegio valdese-Liceo europeo.
Pagina II
Comunità montane
Si sta completando il
quadro dei Consigli delle
Comunità montane vai
Pellice e valli Chisone e
Germanasca nonché del
Pinerolese pedemontano.
Tuttavia probabilmente si
dovrà attendere settembre
per conoscere la composizione delle giunte e il nome dei rispettivi presidenti.
Pagina II
Marchio comune
La Comunità montana
vai Pellice e gli amministratori del Queyras hanno
presentato il marchio che
contraddistinguerà i prodotti originali dei due versanti alpini. Il progetto investe anche il settore naturalistico. Nell’occasione è
stata fatta la storia della
colonia di stambecchi che
popolano l’alta valle.
Pagina Hi
Prarostino
La viabilità iè al centro
delle preoccupazioni degli
amministratori di Prarostino, come di quelli di tanti
altri Comuni, Il sindaco,
Costantino; espone il suo
sogno più grande, quello
di incentivare i residenti a
non abbandonare la località: per questo fra l’altro
occorre salvaguardare la
scuola e promuovere attività che possano creare
nuovi posti di lavoro.
Pagina III
8
PAG. Il
t Eco Delle vai.o aàldœm
venerdì 21 LUGLIO 1995
Una veduta del tempio di Pradeltorno
CHIUSO PER LAVORI IL PONTE SULL’ANGROGNA
— Proseguono i lavori di ampliamento del ponte sull’Angrogna a Torre Pellice ed entro pochi giorni dovrebbe essere ripristinato il doppio senso di marcia. Nel corso della settimana si registrerà però un ulteriore motivo di disagio: per
poter posare i lunghi travi in cemento armato che amplieranno la carreggiata la strada verrà chiusa completamente al
traffico nella giornata di martedì 25 luglio, dalle 12 alle 18.
L’unico collegamento da e per l’alta vai Pellice sarà costituito dalla strada secondaria fra l’Inverso Blando e Lusema
Alta, peraltro transitabile solo dalle autovetture.
INCONTRO REGIONE-GOVERNO SUL DOPO ALLUVIONE — Semplificazione delle procedure per la rimozione e lo smaltimento degli inerti accumulati nei fiumi e individuazione delle misure per un rapido avvio dei lavori per il
ripristino definitivo delle opere pubbliche danneggiate
dall’alluvione del novembre 1994 sono gli argomenti discussi nel corso di una riunione alla quale hanno partecipato
il sottosegretario alla Protezione civile. Franco Barberi, il
capo dipartimento della Protezione civile. Luigi Manfredi,
il presidente della giunta regionale, Enzo Ghigo, l’assessore
regionale all’Ambiente e alla tutela del suolo, Ugo CavaUera, il segretario dell’Autorità di bacino del Po, Roberto Fassino, il presidente del Magistrato del Po, Emilio Baroncini,
il direttore dell’Anas, Francesco Ferrazin, le prefetture di
Torino, Cuneo, Asti e Alessandria. Per quanto riguarda gU
inerti; Regione e Magistrato per il Po hanno garantito che
per la metà di agosto, nei limiti previsti dalla legge, procederaimo all’identificazione e all’assegnazione degli appalti
per la loro messa in sicurezza, in modo che gli interventi
siano conclusi entro l’autunno prossimo.
400 NUOVE ASSUNZIONI IN PROVINCIA — È iniziato
rii luglio l’iter per l’approvazione, da parte del Consiglio
provinciale, del «Regolamento organizzativo degli uffici,
dei servizi e delle piante organiche». Il documento è stato
trasmesso ai membri della VII Commissione consiliare.
Con il provvedimento, ha spiegato l’assessore Mario Rey,
si pensa di creare fra l’altro le condizioni necessarie per migliorare il funzionamento dell’ente, ovviando alle attuali carenze di importanti servizi. Inoltre sarà possibile, una volta
approvato il Regolamento, procedere ai concorsi per l’assunzione di nuovo personale assicurando posti di lavoro,
anche qualificato. È prevista l’immissione nei ruoli di 140
nuovi laureati, che innalzeranno la qualità delle risorse
umane impiegate e quindi anche dell’attività dell’ente.
ESEQUIE CIVILI A PEROSA — Venerdì 30 giugno si è
svolto, in forma civile, il funerale di Renzo Sina. Non accade spesso che una persona, che ha vissuto laicamente la sua
vita, venga accompagnata laicamente anche al cimitero;
questa scelta coerente ma non facile è stata raccolta nelle
orazioni funebri, pronunciate da Paolo Ferrerò, della segreteria nazionale di Rifondazione comunista, che ha ricordato
il militante politico e sindacale, e dal sindaco di Perosa Argentina, Silvano Bertalot, che ha sottolineato la proposta di
rito civile come proposta «per», e non «contro»: per una visione di apertura, di tolleranza e di civismo e civiltà.
CONSIGLIO REGIONALE: COSTI RADDOPPIATI —
Costerà circa 1 miliardo l’anno in rimborso spese il funzionamento del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari. Lo
ha deciso il Consiglio di presidenza di palazzo Lascaris che
ha assegnato molti più fondi ai gruppi consiliari. Proteste
dei popolari e dei verdi.
LA CONSULTA FEMMINILE CAMBIA INDIRIZZO —
La Consulta femminile regionale non è più a Palazzo Lascaris ma in via Santa Teresa 12 a Torino. Tel. 011-5757316.
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Torre Pellice: un confronto sulla didattica delle lingue
Università estiva per insegnanti
CABMELINA MAURIZIO
Si è appena conclusa a Torre Pellice la prima edizione dell’Università estiva, iniziativa curata e coordinata dal
Collegio valdese-Liceo europeo di Torre Pellice e dal
Centre Culturel Français di
Torino, con il contributo dei
Comuni di Bobbio Pellice,
Rorà, Torre Pellice e Villar
Pellice. Dal 9 al 13 luglio i
partecipanti all’università
estiva si sono incontrati per
discutere in italiano e francese
di insegnamento delle lingue
e pratica degli scambi nella
scuola elementare e in zona
interfrontaliera. «L’iniziativa
è stata accolta con interesse e
ha visto la partecipazione di
oltre 41 insegnanti provenienti dalla Francia e per quanto
riguarda l’Italia dalla provincia di Torino - spiega Elio
Canale, preside del Liceo europeo, nonché uno degli organizzatori - e questo ci ha permesso un vero confronto e ha
promosso in tutti i sensi la
cultura dello scambio, soprattutto tra due paesi confinanti e
storicamente assai uniti come
Italia e Francia».
Gli insegnanti e gli operatori scolastici presenti, seppur
legati dal tema conduttore
che riguardava soprattutto la
scuola elementare, si sono
trovati comunque a incontrarsi sulla politica degli scambi
in generale, sulle legislazioni
vigenti in ciascun paese e sulle opportunità, spesso diverse
Luserna S. Giovanni
Donatori
in festa
Sabato 29 e domenica 30
luglio a Lusema si svolgerà la
tradizionale festa sociale
dell’Avis, associazione volontari italiani del sangue.
Sarà ancora una volta un’occasione, oltre che per stare insieme e divertirsi, anche per
riflettere sulla situazione attuale del mondo della donazione del sangue. «Una situazione - ha affermato il presidente nazionale dell’Avis,
l’avvocato Mario Beltrami che vede rincorrersi in modo
disarticolato e contraddittorio
notizie che rendono il sistema
trasfusionale italiano assai
fragile. Le incalzanti notizie
sul cattivo uso del sangue potrebbe disorientare e demotivare i moltissimi donatori che
negli ultimi 70 anni hanno
dato la loro parte nell’opera
del volontariato del sangue».
Da parte dei donatori arrivano ora richieste di tutela e
l’Avis, come precisa il presidente della sezione di Luserna, Enrico Malan, non può
che riaffermare che tutte le
sue componenti dirigenziali
si sono sempre prodigate,
purtroppo inascoltate, per ottenere le massime garanzie
sul controllo del sangue e sul
suo utilizzo. Anche a Lusema
il gruppo dei volontari è
particolarmente attivo: «Nel
1994 - aggiunge Malan - abbiamo realizzato 446 prelievi, di cui 35 di plasma mediante plasmaferesi. Quest’
anno la tendenza è stata costante sui prelievi di sangue
intero mentre sono in aumento quelli di plasma. Ogni volta che ci viene data la possibilità rinnoviamo l’appello,
per le persone in buona salute, ad avvicinarsi alla donazione, a partire dal prossimo
appuntamento previsto per
venerdì 1° settembre».
Il gruppo dei partecipanti ai lavori
da stato a stato, che vengono
offerte ai bambini e alle scuole. Durante le giornate si sono
inoltre svolti diversi laboratori nei quali a piccoli gruppi
sono stati messi sul tappeto le
varie esperienze, i problemi
legati ali’insegnamento delle
lingue, le diverse modalità di
affrontare le esperienze di
scambio. «Sono emersi dati e
valutazioni molto interessanti
- dice ancora Canale - che
testimoniano l’utilità di giornate di lavoro come quelle
promosse da questa università
estiva. Da parte nostra abbiamo potuto constatare come i
colleghi francesi abbiano daL
la loro una legislazione più
favorevole alla cultura dello
scambio e una buona disponibilità; credo altresì che i francesi presenti abbiano potuto
capire i nostri sforzi nel promuovere iniziative che favoriscano le relazioni europee
in senso lato».
Tutti i partecipanti hanno
avuto anche la possibilità di
conoscere più da vicino la
realtà locale, sia dal punto di
vista culturale, visitando i
luoghi storici del valdismo,
sia dal punto di vista dell’ambiente e delle risorse naturali.
«L’interesse con il quale
l’iniziativa è stata accolta conclude il preside del Liceo
europeo - ci fa ben sperare
per il futuro di esperienze simili, che secondo chi ha organizzato queste giornate di
incontro tra operatori scolastici italiani e francesi, danno
un contributo assai valido per
favorire la mentalità e la cultura europea».
Comunità montana vai Pellice
Da Luserna: Grand
Caffaro e Peyrot
PIERVALDO ROSTAN
Nettamente ultimo, e con
piccolo colpo di scena
finale, il Consiglio comunale
di Lusema ha nominato mercoledì 12 luglio i propri rappresentanti in seno al Consiglio della Comunità montana
vai Pellice. In concomitanza
con la chiusura delle trattative per la giunta di comunità
la maggioranza ha indicato in
Marco Grand e Maurizio Caffaro i propri rappresentanti e
la minoranza di sinistra (fuorigioco la minoranza federalista con la sola Daniela Magra) ha votato Bruna Peyrot;
illustre escluso dunque l’ex
Pei Ernesto Rivoira, a suo
tempo indicato come un candidato a questo ruolo e invece
abbandonato dai suoi compagni di lista dopo averne fatto
un elemento determinante in
sede di formazione delle liste.
Rivoira non ha partecipato alla votazione: se ne era andato
alcuni momenti prima.
Fra gli altri argomenti affrontati dal Consiglio, col voto contrario di Magra e
l’astensione di Charbonnier,
è stato votato l’adeguamento
dei gettoni di presenza a sindaco, assessori e consiglieri:
il sindaco percepirà mensilmente più di due milioni e
ogni assessore quasi un milione di lire; i consiglieri introiteranno per ogni seduta di
Consiglio o commissione
30.000 lorde. La votazione
ha innescato un dibattito, che
dovrà essere ripreso, sulle
continue assenze del sindaco
Ghibò, spesso in viaggio per
il mondo per motivi personali
che di fatto lo sottraggono alla vita amministrativa.
Col prossimo anno scolastico le scuole di San Giovanni
e di Lusema Alta vedranno la
presenza esterna di quello che
è stato definito il «nonno vigile»; le persone verranno
scelte dopo una attenta valutazione e al termine di un corso di formazione. E prevista
una indennità giornaliera di
12.000 lire, un’età minima di
55 anni e massima di 70. Si è
parlato di partecipazione a
margine delle modifiche al
regolamento delle commissioni comunali, limitate ai soli consiglieri; le cinque commissioni dovranno essere
composte da cinque o sette
consiglieri? Su questa opzione ha discusso il Consiglio alla fine rinviando l’approvazione del regolamento. E stata invece approvata l’istituzione di un Centro sociale per
anziani, iniziative culturali e
giovanili nella casa dell’eredità Dezzani, dietro le attuali
scuole medie. Un apposito regolamento stabilirà le modalità di utilizzo; per intanto il
Comune ha stanziato 45 milioni per la manutenzione.
Val Pellice
Cotta
di nuovo
presidente?
Malgrado la nuova legge
elettorale imponesse dei tempi assai precisi, la nomina dei
nuovi esecutivi delle Comunità montane del Pinerolese
tarda ad arrivare, anzi in certi
casi sembra proprio che tutto
sia rimandato a settembre.
Poche anticipazioni arrivano
dal Pinerolese pedemontano,
la Comunità montana con pochissimi dipendenti e un bilancio limitatissimo, qualche
indicazione giunge dalla vai
Chisone. Qui soltanto 5 o 6
consiglieri nominati nella Comunità montana dai rispettivi
Comuni hanno già avuto
esperienze in questo ente; tra
loro l’ex presidente Erminio
Ribet, l’ex assessore al Lavoro Renato Ribet e l’ing. Piergiuseppe Daviero. Fra i più
accreditati per la presidenza
resta dunque il presidente
uscente Erminio Ribet, già
sindaco di Inverso Rinasca.
Alla riconferma pare invece
quasi sicuramente avviato
l’avv. Giorgio Cotta Morandini in vai Pellice; sul suo nome c’era stato, fin dall’inizio
delle trattative tra i due gruppi che governeranno la Comunità montana (Popolari di
Bianco e Laburisti da una
parte e Indipendenti di Sinistra e Pds dall’altra) un sostanziale accordo. Dove la
quadra è stata più difficile è
stato sugli assessorati e sulla
vicepresidenza: gli appetiti
erano molti e in alcuni casi è
stato raggiunto un accordo
che affida a un consigliere un
incarico su un settore o progetto specifico (Protezione civile, viabilità, parco macchine, politiche comunitarie).
Dovrebbero restare fuori, come negli ultimi cinque anni,
le maggioranze di Bricherasio
e Bobbio Pellice, che più o
meno apertamente avevano
avanzato richieste di essere
inserite nell’esecutivo; con
loro a fare opposizione ci saranno le minoranze di Angrogna e Torre Pellice. Per quanto riguarda la giunta raccordo raggiunto la scorsa settimana assegna al polo di centro, oltre alla presidenza per
Cotta Morandini, gli assessorati alla Sicurezza sociale per
Elda Bricco di Bibiana, i Trasporti e grandi infrastrutture
per il sindaco di Lusernetta
Giorgino Cesano, l’Urbanistica per l’architetto Marco
Grand di Luserna San Giovanni; alla sinistra andranno
Turismo, Sport, Cultura per
Bruna Peyrot (Luserna San
Giovanni), Agricoltura e Foreste, nonché vicepresidenza,
per Mauro Pons (Bricherasio)
e Ambiente per Marco Tumminello (Villar Pellice). Non
è invece passata l’ipotesi, pur
prevista dallo statuto, di avere
un assessore esterno (si erano
fatti i nomi di Ezio Borgarello e di Mauro Suppo); per la
prima volta dopo molti anni il
Pds non avrà rappresentanti
iscritti nell’esecutivo della
Comunità montana.
RIFUGIO RE CARLO ALBERTO
Lusema San Giovanni (To)
GIORNATA DEL RIFUGIO
301ugUol995
ofé 10; culto (past. Pasquet)
, ore 11,30; riunione Amici Rifugio
ore 12,30: ptmm comunitario
ore 14: bazar * gara bocce
ore Ì6: estrazione sotujscrizione.
9
E Eco Delle %lli moESi
PAG. Ili'
Ufficializzate le iniziative fra le amministrazioni della vai Pellice e del Queyras 1 Intervista al sindaco, Renzo Costantino
Collaborazione sotto il segno dello stambecco Prarostino vuole
tenersi i suoi abitanti
PIEBVALPO ROSTAN
Alla presenza di autorità e
di esponenti del mondo
ambientalista è stato presentato ufficialmente venerdì
scorso il marchio che verrà
utilizzato per pubblicizzare i
prodotti e le iniziative della
vai Pellice e del Queyras. Il
simbolo, un cuore scolpito
nella roccia tratteggiando i
due versanti transfrontalieri
lambiti dal sole, è opera del
grafico eporediese Galliano
Gallo che è stato premiato
nella circostanza, ma il logo
non è stata la sola occasione
di incontro. Marisa Bigo, responsabile del settore ecologia della Comunità montana,
ha ricordato gli elementi che
sono stati base di partenza
del progetto Interreg in una
zona transfrontaliera «caratterizzata da una comune integrità dell’ambiente alpino e
da una complementarità di risorse naturalistiche, culturali
è storiche».
Il progetto, sviluppato negli
anni ’94 e ’95, ha permesso
di raggiungere alcuni importanti obiettivi naturalistici
quali la reintroduzione dello
stambecco sul versante francese rafforzando la piccola
colonia creata negli anni in
vai Pellice, il primo studio internazionale sulla grande
salamandra nera presente unicamente sul massiccio del
Monviso, la realizzazione
della carta fitoecologica della vai Pellice e l’allestimento
del giardino botanico alpino
Bruno Peyronel al colle Barant (2.290 m) sul territorio di
Bobbio Pellice.
Di pari passo si sta sviluppando la cooperazione transfrontaliera che porta a periodici incontri fra operatori turistici, studenti, creazione di
mostre e rassegne; nella collaborazione fra le due aree il
presidente della Comunità
montana. Cotta Morandini, ha
ricordato la proposta di collegamento viario con tunnel,
prontamente smentita dal direttore del parco naturale del
Queyras sig. Grossat.
Alla giornata sono intervenuti quattro rappresentanti
■ del Consiglio regionale del
Piemonte; oltre al consigliere
ERICA BONANSEA
valligiano Marco Bellion,
erano infatti presenti gli
assessóri al Turismo, Angeleri, e alla Montagna, Vaglio,
nonché il vicepresidente del
Consiglio, Foco; da tutti sono
venute parole di apprezzamento per l’esperienza realizzata in vai Pellice, evidentemente poco Conosciuta dai
neoamministratori che hanno
definito il progetto «capace
di concretezza e ricco di opportunità da valorizzare nel
rispetto del rapporto uomo
ambiente, esempio di una
montagna che unisce e non
divide».
L’iniziativa (uno dei pochi
esempi di stretta collaborazione fra un ente parco e una
Comunità montana, come è
stato da più parti sottolineato)
ha vissuto uno dei momenti
più significativi con la presentazitìne della mostra «Le
meraviglie dello stambecco»
da parte di Roby Janavel, appassionato ricercatore che ha
dedicato moltissimi anni
all’osservazione e al rilancio
dello stambecco come «re
della catena alpina».
«La storia dello stambecco
- spiega Janavel - ha radici
lontanissime, a oltre 15 milioni di anni fa quando nel
tardo Miocene popolava
l’Asia centro occidentale; il
suo arrivo in Europa risale
all’epoca delle glaciazioni
ma nel tempo, con il mutare
delle condizioni climatiche, si
installò prevalentemente nelle Alpi alla ricerca di zone
più fredde. Tuttavia dal 17°
secolo è iniziata una lenta ma
inesorabile scomparsa: nel
1821 nel Gran Paradiso restava un unico nucleo destinato alla sopravvivenza di
circa 100 esemplari; da lì è
ripartita nel 1900 una vera e
propria campagna di reintroduzione, creando colonie in
Svizzera, in Austria, in Germania. Anche in Italia è stata
programmata la reintroduzione di una ventina di colonie tant’è che oggi, nel solo
Gran Paradiso, vi sono circa
6.000 esemplari su un territorio di 70.000 ettari».
Come nasce l’idea della colonia in vai Pellice? Janavel
cita Jean Leger, che nel 1669
dedica un paragrafo della sua
Histoires generales des Eglises Vaudoises alle «Merveilles des bouchetins» descrivendo lo stambecco, le sue
capacità, la sua maestosità:
«Dunque un animale che viene da lontano - prosegue -.
Solo, nel 1978 riesce il primo
tentativo di reintroduzione
dello stambecco nell’oasi del
Barant con animali provenienti dal Gran Paradiso: sono pochi esemplari, alcuni
vengono uccisi dalla neve e
fino al 1985 non se ne parla
più. Anzi c’è chi crede morti
tutti gli animali e vorrebbe
abbandonare il progetto;
successive ricerche approfon
dite danno la possibilità di
censire 12 esemplari presenti, il che consente di riprendere slancio e di arrivare a
successive immissioni. Gli ultimi animali introdotti sono
dotati di radiocollare che
consente di individuarne i
movimenti: quest’inverno uno
è sceso fino al Castelluzzo di
Torre Pellice. Naturalmente
lo stambecco si sposta e di
parecchio, così ne abbiamo
individuati intorno al Monviso e in Francia».
E così è nata l’idea dell’introduzione anche nel Queyras... «Con gli amici del Parco del Queyras il rapporto è
stato naturale e di grande
collaborazione - racconta
ancora Roby Janavel -; constatata la comparsa alla fine
degli anni ’80 di alcuni animali presso le sorgenti del
Guil si è fatta strada l’idea
dell’introduzione che legasse
di fatto le due colonie. Il ritorno dello stambecco in
Queyras ha inizio il 23 maggio ’95 con un primo nucleo
di 12 animali dotati di radiocollare prelevati dal parco
della Vanoise (Savoia). E
stato un giorno di gran festa,
con oltre 400 persone ad assistere all’immissione: in
qualche modo questo atto ha
segnato un’altra importante
tappa delle azioni comuni
transfrontaliere per la valorizzazione delle ricchezze naturali dell’area».
ITA
I processi
dopo la
Liberazione
Caro direttore,
nella vita vi sono casi che
lasciano angosciati e perplèssi. Mi rivolgo a lei e ai suoi
lettori ritenendo che alcuni
elementi di riflessione possano essere di un qualche interesse anche sul piano locale,
delle valli valdesi. Essi sono
collegati, in vario modo, alla
Resistenza e alla guerra di Liberazione dei quali stiamo celebrando il cinquantenario.
1 fatti; lo scorso mese di
aprile viene pubblicato su
«Eco mese», mensile diretto
da Pier Giovanni Trassero, un
clamoroso «scoop» circa un
eccidio commesso 50 anni or
sono da partigiani locali, cioè
subito dopo il loro ingresso in
Pinerolo, ad opera di un «Tribunale del Popolo» diretto
dall’ex ufficiale Giovanni
Costantino, allora comandante delle formazioni gielliste
della valle Germanasca. Tale
Tribunale avrebbe emesso
circa 40-50 condanne a morte
al giorno, fino ad un totale di
400-500. Il tutto sarebbe stato
certificato senza esitazione da
autorevoli sacerdoti della diocesi di Pinerolo.
Nel successivo numero di
maggio lo stesso mensile
pubblicava precisazioni e
smentite da parte del comandante la Divisione autonoma
Val Chisone, avv. Ettore Serafino. Presa di distanze avveniva da parte di uno dei sacerdoti citati, don Granero.
La risposta veniva lasciata al
solo autore dell’articolo, il
quale comunque riaffermava
che in quelle giornate «le
condanne piovevano a decine». Personalmente avevo
suggerito che si andasse fino
in fondo nell’accertamento
della verità. Si preferì stendere un pietoso velo.
Lo'stesso mese di maggio
(28/5), r«Eco del Chisone»
dedica un’intera pagina a un
«illustre studioso», il prof.
Sacco, centrata su violentissimi quanto, indimostrati attacchi ai partiti antifascisti,
alle bande «colorate», a una
«lottizzazione» di valli contrassegnate solo da distruzioni, razzie e veri e documen
tati eccidi. Denuncia la minaccia di insurrezioni, mentre i partigiani scenderanno
nelle «città già liberate».
Non viene risparmiata la Repubblica che «oserà» proclamarsi con frase blasfema
«nata dalla Resistenza». Tralascio altre «opinioni da discutere». Il «salutare dibattito», dopo un sereno quanto
rigoroso intervento dello storico Gianni Oliva e un mio
breve scritto di appoggio in
quanto protagonista politicamente impegnato, viene dallo stesso Sacco dichiarato
chiuso, il 29/6, con un articolo su cinque colonne in cui
sono riproposte le stesse tesi,
con l’aggiunta di Moranino.
Scrivo poche righe per rilevare quanto sopra. Non,vengono pubblicate.
A una settimana di distanza
altro «scoop». Questa volta
viene pubblicato un importante documento storico, ricavato da scritti del vescovo,
mons. Binaschi, nel quale
vengono indicate «in circa
una sessantina» le condanne a
morte emanate non più da un
«Tribunale del Popolo» ma
da un «Tribunale partigiano»
I il quale, anche su precise
A differenza della vicina
San Secondo, Prarostino
alle amministrative di aprile
ha scelto nuovamente il sindaco uscente, Renzo Costantino, che abbiamo incontrato
per chiedergli quali punti del
programma siano i più importanti e stiano focalizzando
l’attività della giunta.
«Essenzialmente cerchiamo
di fornire ai prarostinesi buoni motivi per non emigrare;
quindi uno dei progetti principali è quello di ampliare la
Cooperativa agricola estendendo le attività e coinvolgendo maggiormente i produttori. Tramite l’aiuto di
fondi dell’Unione europea si
cercherà anche di ingrandire e
migliorare il negozio che
smercia i prodotti della cooperativa. Un’altra questione
importante è poi quella della
scuola: quest’anno abbiamo
rischiato un taglio di classi
che siamo riusciti a rimandare. L’accorpamento della
scuola con quella di San Secondo sarebbe una grave perdita per il paese, anche perché abbiamo creato intorno
all’istituzione scolastica dei
servizi che funzionano, come
la mensa gestita da un’associazione dei genitori».
- Un altro problema è
quello della viabilità: il terri
torio comunale conta Circa
40 km di strade e la provinciale è ancora interrotta da
una frana che risale ai tempi
dell’alluvione; per iniziare i
lavori però si stanno aspettando i finanziamenti statali e
il nullaosta regionale. Nel
frattempo ci sono altri progetti in vista ?
«I fondi dell’Unione europea dovrebbero anche servire
all’attuazione di un progetto
per l’incremento del turismo
nella nostra zona e nel Pinerolese in generale. Si vorrebbe aprire un ufficio di informazione turistica nell’edificio
del Museo della viticultura,
così da poter promuovere al
meglio le risorse turistiche e
ambientali di Prarostino e
delle Valli».
- Sono ipotizzabili nuovi
posti di lavoro?
«Stiamo lavorando alla
creazione di una casa di accoglienza per anziani nón autosufficienti, che dovrebbe
creare posti di lavoro; parallelamente cerchiamo di incrementare la produzione del
“Prustinenc”; il vino prarostinese ha avuto un relativo
successo nel 1994 riuscendo
a vendere 5.000 bottiglie. Per
il 1995 si spera di ampliare
l’iniziativa portando sul mercato 7-8.000 bottiglie e aumentare il numero di produttori aderenti all’iniziativa».
Un viaggio in bicicletta
Un libro scolastico
illustra la vai Pellice
ROBERTO EYNARD
pressioni del presule, viene
integrato con professionisti
della giustizia.
Personalmente ritengo altamente positivo che tale documento sia venuto alla luce.
Lascia, invece, quantomeno
perplesso e preoccupato il
fatto che esso sia stato tenuto
nascosto per mezzo secolo,
per uscire solo dopo la morte
del comandante Costantino, e
probabilmente di tutta la giuria di allora, i quali non sono
più messi in condizione di rispondere a accuse tanto infamanti, a precisare quando,
come e chi è stato condannato, distinguendo ovviamente
fra quanti ritenuti criminali di
guerra in base alle leggi allora vigenti e dalle disposizioni
delle superiori autorità militari e chi, invece, è stato oggetto di un feroce atto, di vendetta personale.
Mi auguro che sia ancora
possibile rintracciare altri atti
0 documenti tale da consentire lo scioglimento di questo
crudele nodo così da poter disporre di una memoria storica
vera in tutti i suoi aspetti.
Carlo Polliottì (Nemo)
San Pietro Val Lemina
Le operazioni di adozione
dei libri di testo per il
prossimo anno scolastico sono ormai terminate e le scelte
sono state fatte, a tutti i livelli, con la pubblicazione degli
elenchi dei libri considerati
più adatti e funzionali all’insegnamento.
Nella sempre più copiosa
varietà di volumi presentati
dalle diverse case editrici (gli
studenti diminuiscono ma aumenta il numero dei libri) mi
è capitato sotto mano un corso di geografia per la scuola
media intitolato appunto Geografia, per le edizioni Signorelli di Milano. Senza entrare'
nel merito delle qualità didattiche e dell’aderenza dei bisogni cognitivi degli studenti,
sono stato piacevolmente sorpreso da alcuni passi riportati
per la classe prima, là dove si
presentano nel dettaglio le
varie regioni d’Italia, alla voce «Piemonte».
Come in molti altri testi, la
regione è presentata sotto il
profilo del territorio fisico e
umano, delle risorse e delle
attività, e si conclude con una
breve carrellata di tipo più turistico e folcloristico. Ebbene, proprio in quest’ultima
rubrica, accanto a «cartoline»
su Villa Taranto a Verbania,
alla Valle di Lanzo, alla cascata del Toce, appare come
quarto invito alla ricerca e al
viaggio un «In bicicletta nella vai Pellice», con tanto di
cartina e di distanza (23 km
circa di percorso andata e ritorno). Riporto per intero il
testo, perché è significativo
di una sensibilità non comune verso aspetti da altri soli
tamente trascurati o taciuti:
«Il percorso parte da Pinerolo (Torino). Si esce dalla cit- ■
tadina in direzione sud sulla
statale 589. Dopo 2 km si abbandona la statale con'una
deviazione verso Lusema San
Giovanni.. (...) Il paèsaggio è
ricco di vegetazione e di colture, ondulato, con vecchie
cascine sparse. Quando da
Lusema si sale verso la vai
Pellice, il paesaggio si fa meno dolce, con caratteristiche
più alpine. Appena dopo Luserna, una deviazione sulla
destra porta ad Angrogna,
dove si può visitare la Ghieisa d’ia Tana: è una caverna
naturale seminascosta da
grandi massi, dove sembra si
riunissero i fedeli della religione valdese, molto diffusa
in questa zona, durante le
persecuzioni che subirono alcuni secoli fa».
Anche fra le «Proposte di
ricerca», a conclusione di tutto il capitolo sul Piemonte, la
seconda su quattro si riferisce
alle valli valdesi; «La comunità valdese, nata per motivi
religiosi nel 1100, nelle valli
Pellice e Chisone, è tuttora
attiva e consistente».
Lo studente italiano dovrebbe approfondire questa
affermazione: speriamo che
trovi del materiale esauriente
e, soprattutto, che il professore lo sappia guidare in maniera corretta.
(«vpio '
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10
PAG. IV
E Eco Delle mLLi mora
Alimentazione e mangiare sano
La ciotola
d^argilla
VALERIA FUSETTI
Lo yogurt
Dall’inizio del secolo
molti studiosi si sono
dedicati alla ricerca scientifica delle proprietà dello
yogurt. Il primo, il biologo
russo Metschnikoff, riuscì a
isolare, presso l’Istituto Pasteur di Parigi, il bacillo
chiamato «bulgarico». L’
incremento commerciale in
occidente data dalla seconda guerra mondiale e di pari passo aumentano gli studi, e la relativa letteratura
scientifica sull’argomento.
I cosiddetti microrganismi
«buoni» contenuti nello yogurt svolgono compiti preziosi per la salute del nostro
ecosistema intestinale: sintesi delle vitamine K (coagulazione del sangue) e del
complesso B (funzionalità
del fegato e del sistema nervoso); miglioramento di digestione e assimilazione di
glucidi e proteine; inibizione dello sviluppo dei germi
patogeni; sintesi di sostanze
antibiotiche. Una vasta letteratura scientifica, italiana
e straniera, lo indicano quale elemento indispensabile
durante la cura delle malattie gastrointestinali, della
cistite e di molte affezioni
cutanee, come l’acne. È
evidente che un uso costante dello yogurt costituisce
un efficace sistema di prevenzione, e più è consumato fresco di produzione più
risulta salutare.
Da alcuni anni in casa abbiamo ormai sperimentato
tutti i metodi conosciuti di
produzione casalinga dello
yogurt, e il più pratico è
senza dubbio l’uso della yogurteria elettrica. Per le situazioni di emergenza, come
in campeggio, potete usare
un semplice termos. Mescolate un vasetto di yogurt
contenente «Lactobacillus
bulgaricus» con 1 litro di
latte tiepido e mettete il tutto in un capace termos (accuratamente sciacquato con
acqua bollente) per 6-8 ore.
E bene conservarlo al fresco
in un contenitore chiuso. In
questi giorni il caldo intenso
quanto improvviso può far
calare l’appetito a grandi e
piccini, perciò vi dò alcune
ricette di appetitose salsine
adatte sia alle verdure cotte
al vapore che a insalate di
pollo. L’ultima, invece, è
per gli amanti della tintarella: una crema nutriente ed
emolliente per la pelle, veramente efficace.
Salsa al cetriolo: una tazza di yogurt, 1 cetriolo piccolo, alcune foglie di menta,
il succo di mezzo limone, 12 cucchiai di olio d’oliva
extravergine, sale e pepe.
Sbucciate e affettate il cetriolo. Cospargetelo di sale
e lasciatelo riposare per 20
minuti. Scolate l’acqua in
eccedenza. Tritatelo finemente con la menta e poi
mescolatelo allo yogurt.
Aggiungete il limone, sale e
pepe a piacere. Mettete la
salsa in frigorifero almeno
un’ora prima di utilizzarla.
Salsa aromatica: 1 tazza
di yogurt, 1 cucchiaio di
borragine tritata, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato
con alcune foglie di basilico, 2 cucchiai di cipolla novella tritata molto finemente, sale e pepe. Dopo aver
mescolato gli ingredienti,
lasciate in frigo almeno una
mezzora prima di servire.
Crema nutriente alla
banana (ottima anche dopo
sole): 1/2 banana matura, 1
cucchiaio d’olio di mandorle ( o di oliva), 1/2 tazza di
yogurt. Schiacciate la banana con una forchetta, mescolatela l’olio allo yogurt e
spalmate la crema sulla pelle pulita del viso.
Alcune proposte in tema di borgate alpine
Impegni precisi
per tutti gli enti
MARCO ROSTAN
Collaborazione e coordinamento fra Comuni,
Usi e Comunità montana per
poter dare avvio concreto a
qualcuno dei punti indicati
come urgenti nel recente convegno sulla tutela e recupero
delle borgate di montagna:
questo è lo spirito di una lettera inviata dal gruppo organizzatore del convegno stesso
agli enti citati. Dopo aver
riassunto le tre dimensioni
sottolineate nel convegno,
culturale, economica e legislativa, la lettera propone:
- che si awii, dopo averne
ricordato le modalità, un censimento-inventario dei luoghi
precedentemente abitati in
valle, per individuare quali
borgate siano suscettibili di
recupero e per quali usi;
- che si definisca, tra Ufficio di piano della Comunità
montana e uffici cómunali,
una sorta di protocollo su
«come si può intervenire»
(comprensivo di tutti i requisiti) che possa costituire parte
dei regolamenti edilizi comunali, prevedendo anche poche
e chiare norme relative alle
forme costruttive, ai materiali, ecc.
- di individuare una o due
borgate in vai Pellice dove
progettare e realizzare concretamente una sorta di intervento-pilota che possa essere
di riferimento per altri interventi;
- la messa in efficienza da
parte del futuro governo della
Comunità montana dell’Ufficio di piano e la riconsiderazione di alcuni aspetti del
Piano regolatore intercomunale, evitando che i vincoli
assumano sempre e soltanto
un aspetto negativo, stimolando in tal modo i danni prodotti da chi li vuole aggirare a
modo suo.
ESTATE: TEMPO DI CICLISMO — Rampichini e normali biciclette: sono questi gli «attrezzi» di uno sport tipicamente estivo. Spuntano qua e là gare di ciclismo o corse non
competitive; domenica 16 luglio in 200 sono andati al Pra, in
alta vai Pellice, in mountain bike rinnovando l’esperienza di
una scalata fra larici e freschi corsi d’acqua già attuata con
successo l’anno scorso. Sabato 22 luglio sarà la volta del decimo «Gran premio Gran Faetto», cronoscalata ciclistica individuale da Castel del Bosco a Gran Faetto su una distanza di 8
km; il 30 luglio a Torre Pellice sarà la volta di una corsa in
mountain bike organizzata dal Grappo Amici Santa Margherita e dal Grappo Sportivo Pronello.
CALCIO: AMICHEVOLE PINEROLO-AVELLINO —
Il Pinerolo affronterà la prossima stagione del campionato nazionale dilettanti con una formazione che ricalcherà a grandi linee quella che ha ben figurato nell’ultimo torneo. Le finanze sono quelle che sono e dunque tali da non consentire particolari
sogni; è annunciato l’arrivo dell’attacante Bava dal Venaria
mentre qualche biancoblù affermatosi nella scorsa stagione potrebbe anche lasciare Pinerolo. Confermato come tecnico Bortolas, la squadra pinerolese sarà in ritiro nelle prime due settimane
di agosto e ha in previsione alcune gare amichevoli: una dovrebbe essere nei primi giorni del mese contro l’Avellino che ha
scelto Villar Perosa come sede del suo ritiro precampionato.
Confermato infine l’arrivo a Torre Pellice, nelle prime due settimane di agosto, della formazione Primàvera del Torino.
Da Bobbio al Pra in mountain bike
Il percorso di una vita nella fede
L'impegno della
sorella Nelly Rostan
ANNA MARIA MUSSO BERTALMIO
Se fossi una storica o una
biografa dovrei percorrere
un lungo cammino per ricordare Nelly Rostan. Come segretaria del titolare del Cotonificio Widemann, coralista,
organista col dono di far amare il canto a diverse generazioni di ragazzi, animatrice
dell’Unione cadetta, colonna
della filodrammatica, membro del Concistoro con mansioni di cassiera, catechista e
responsabile, nel vero senso
della parola, dell’Unione
femminile.
Con il cuore rileggo le sue
parole di benvenuto al pastore Ribet alla sua venuta a San
Germano quasi undici anni
fa: «Ho visto partire e arrivare molti pastori, ho assistito a
molti cambiamenti anche nel
paese, nel campo civile e in
quello del lavoro, e benché
tah cambiamenti abbiano provocato a volte gioia e a volte
anche sofferenza, oggi, alla
mia età, mi sento di dire che
tutte quelle esperienze hanno
fatto sì che la nostra personalità di credenti non arrugginisse ma si mantenesse sveglia e ci hanno aiutato a capire meglio i nostri errori e le
nostre lacune. Sono le esperienze che aiutano a progredire e rimanere giovani anche
quando l’età non lo è più».
Accettare il suo male è stata una di quelle esperienze,
forse la più sofferta. Ricordo
Per la pubblicità su
L’Eco DELLE VALLI VALDESI
tei. 011*655278, fax 011-657542
il dolore di dover abbandonare «le comuni raunanze»
e di non poter più partecipare
per brevi incontri alle riunioni delle sorelle deH’Unione.
Mi disse di sentirsi come
Giosuè Gianavello in esilio
che iniziava le sue «Istruzioni per il rimpatrio» con delle
parole che le si adattavano
benissimo: «Poiché il Signore non mi permette, a causa
delle mie infermità, di potervi seguire, con grande rincrescimento, ho creduto di non
dover trascurare nulla per il
bene della patria» e poi ancora «io spero che voi costituirete ancora il piccolo numero
di cui Iddio si vorrà servire
per accendere il vero candeliere». Un’altra esperienza il
dover lasciare per sempre la
sua bella abitazione nell’ex
scuola Beckwith del capoluogodi S. Germano.
Oggi che Nelly Rostan ci
ha lasciati, in punta di piedi,
nella più grande semplicità
per evitare di disturbare, siamo in tanti a ricordare con riconoscenza quante volte siamo stati noi a «disturbare» lei
e con quanta disponibilità si
póneva al servizio della sua
chiesa. E mentre lascia l’Asilo e l’inseparabile sorella
Amilda, accompagnata nel
suo ultimo viaggio, per sua
espressa volontà, soltanto dai
familiari, ricordiamo una breve preghiera che le piaceva
ripetere alla fine di particolari
lavori, a chiusura di relazioni
e di anni di attività: «Insegnami, Signore, a lodarti per
quanto nella mia vita mi hai
concesso di spendere utilmente. Ma allontana da me
l’orgoglio di ciò che ho fatto,
l’orgoglio di aver potuto dare
ciò che fu dono tuo. Amen».
21 luglio, venerdì — US
SEAUX: Alle 21,30 per
«Musica sul lago» concerto
di musica jazz con il Lew Tabackin Trio, ovvero sax, flauto, batteria e contrabasso, per
un jazz potente e di classe.
21 luglio, venerdì — PINEROLO: Alle 21,15, a Palazzo Vittone, verrà presentato il libro di Dario Gariglio e
Mauro Minola «Le fortezze
delle Alpi occidentali»; verranno proiettate diapositive.
22 luglio, sabato — MASSELLO: Alle 15,30 sarà
inaugurata presso la scuola
Beckwith di Capolasalsa la
mostra dedicata alla figura di
Teofilo Pons, di cui ricorre il
primo centenario della nascita. La mostra sarà aperta tutti
i giorni fino a tutto settembre.
22 luglio, sabato — PINEROLO: Alle 21,15, presso
Palazzo Vittone, avrà luogo
un concerto del «Gianni Coscia Trio» che grazie ai suoni
di fisarmonica, batteria, percussioni, contrabbasso, proporrà rivisitazioni di brani di
Cole Porter, Henry Mancini,
George Gershwin.
22 luglio, sabato — PRAMOLLO: Alle 21, nel tempio, si svolgerà un concerto
del grappo «Architorti».
22 luglio, sabato — FENESTRELLE: Alle ore 21,
presso il campo sportivo,
concerto «Festival rock».
22 luglio, sabato — TORRE PELLICE: Alle 21, con
il ballo pubblico, prendono il
via i festeggiamenti a Santa
Margherita che vedranno serate musicali anche i giorni
23, 25, 27, 29 e 30 luglio.
23 luglio, domenica —
SAN GERMANO CHISO
NE: Si svolge la tradizionale
«Festa d’ia Valaddo».
22-23 luglio, sabato e domenica — PERRERO: Gare
di triathlon (corsa, pesca e
bocce) sabato pomeriggio a
cura della Pro Loco e della
Società pesca e sport della vai
Germanasca. Domenica, al
mattino, gara di bocce a coppie e mercatino delle pulci;
serata danzante con il trio «Il
rovescio della medaglia».
23 luglio, domenica —
FROSSASCO: Alle 21,30 al
Palatenda, concerto di «The
Whisky priest» da Durham,
con musica folk e rock tipica
del nord-est dell’Inghilterra.
Ingresso lire 5.000.
24 luglio, lunedì — BOBBIO PELLICE: Presso il
Centro vacanze dell’Esercito
della Salvezza inizia il campo
giovani-musica che durerà fino al 3 agosto (costo di iscrizione £ 250.000).
27 luglio, giovedì — BARGE: Alle 20,45, presso il Parco della Vittoria, concerto di
musica folk con il gruppo
«The scavengers» della Gran
Bretagna, che eseguirà musica rock e folk coinvolgente e
divertente.
29 luglio, sabato — PERRERO: Alle 21, in borgata
Maniglia, presso il Centro
d’incontro, verrà presentato,
con diapositive, il libro «I
sentieri dei partigiani», di
Gian Vittorio Avondò.
VENERDÌ 21 LUGLIO IQqc
Colle della Croce
Incontro
italofrancese
Domenica 23 luglio si
svolgerà il tradizionale incontro al Colle della Crocealle 11 ci sarà il culto presieduto dal pastore Jean-Paul
Brune! e poi interventi vari;
nel pomeriggio scambio dì
opinioni sui problemi della
vita di chiesa di q uà e di là
delle Alpi. Si rinnova così
questa bella esperienza di incontro fra giovani italiani e
francesi, a cui intervengono
sempre numerosi partecipanti
di molti altri paesi d’Europa.
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma giovedì, ore 20,30, II
Re Leone; venerdì, ore
21,15, S.P.Q.R.; sabato, ore
20 e 22,10, The mask con
Jim Carrey; domenica, ore 20
e 22,10 e lunedì, ore 21,15
Pronti a morire, con Sharon
Stone.
BARGE — Il cinema Comunale è chiuso per ferie.
RODORETTO-FONTANE — Domenica 23
luglio, alle ore 9, ci sarà il
culto a Fontane.
LVIZI
VALy
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 23 LUGLIO
Villar Perosa: Farmacia De
Paoli - Via Nazionale 29, tei.
51017
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica;
DOMENICA 23 LUGLIO
Bricherasio: Farmacia Ferraris - via Vitt. Emanuele 83/4,
tei. 59774
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
servizio ftflFERMUBRISTlCO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
PRIVATO acquista mobili vecchi-antichi e oggetti
vari: tei 0121-40181.
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Torino corso Bramante 14, 8°
piano, composto da ingresso,
salone, camera, bagno, cucina, veranda (mq 95). Tel.
0121-58741 (luglio) e 0122843068 (agosto).
L'Eco Delle Valli Valdesi
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non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Qhlsleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
11
m ,\ÆNERDÎ 21 LUGLIO 1995
PAG. 7 RIFORMA
I
Le radici di un orribile conflitto a 400 km dalle coste dell'Adriatico
La guerra ¡n Bosnia è davvero inarrestabile?
W
%
■f
I
IC
Dei cinque stati che si sono
costituiti dopo la fine della
Repubblica socialista e federativa di Jugoslavia, tre sono
stati riconosciuti dalla comunità internazionale (Croazia,
Slovenia, e Bosnia-Erzegovina), mentre il riconoscimento
della Macedonia è bloccato
dall’atteggiamento ostile della Grecia e quello della Repubblica federale di Jugoslavia (formata dalla Serbia e
dal Montenegro) è osteggiato
da buona parte della comunità internazionale. E in questo contesto politico intemazionale che si è sviluppata e
sembra inarrestabile la guerra
civile in Bosnia-Erzegovina.
La storia di questo secolo è
iniziata con Sarajevo, con
l’assassinio, il 28 giugno
1914, dell’arciduca Francesco
Ferdinando: è stato l’inizio
della prima guerra mondiale.
Questo secolo terminerà con
la divisione in due di Sarajevo, dopo una guerra particolarmente feroce? L’Ovest ai
serbi e l’Est ai musulmani di
Bosnia?
‘ Dopo le elezioni del no,j vembre-dicembre 1990 il potere in Bosnia-Erzegovina,
una delle sei Repubbliche
' fondanti la Jugoslavia (vedi
scheda in questa pagina) era
■ Stato affidato a una coalizione
composta dal Partito musulmano per l’azione democratica (il cui leader. Alia Itzebegovic, era diventato presidente della Repubblica) il Partito
democratico serbo (presieduto da Radovan Karadzic e che
aveva ottenuto con Momcilo
Karadjk la presidenza dell’
Assemblea nazionale) e il
partito della Comunità democratica croata (che aveva ottenuto il primo ministro Jure
iPelivan). Si trattava di un
> «compromesso alla libanese»
che in qualche modo doveva
evitare un rottura drammatica
della Bosnia-Erzegovina. La
Bosnia-Erzegovina fino alla
fine del ’91 voleva essere
parte della Federazione jugoslava a condizione che la
Croazia vi rimanesse.
La secessione della Croazia
(riconosciuta dalla Cee nel
gennaio del ’92) ha avuto come conseguenza lo sviluppo
di sentimenti di indipendenza
nazionale delle «nazioni»
musulmane e croate della Bosnia-Erzegovina. La richiesta
di indipendenza non poteva
però non scatenare una violenta opposizione dei serbi di
Bosnia-Erzegovina (circa un
terzo della popolazione totale). Nonostante questo la pace sembrava regnare tanto
che il 28 luglio 1991 una imponente manifestazione plurietnica di più di 100.000 persone chiedeva la pace e l’integrità della repubblica. Il 15
ottobre 1991, però, la maggioranza croato musulmana
(cioè islamico-cattolica) votava a favore dell’indipendenza
e della sovranità della BosniaErzegovina. Allora i deputati
serbi lasciarono il Parlamento
e furono proclamate tre «Repubbliche autonome serbe»:
una a nord della Bosnia vicino a Banja Luca, una in Erzegovina orientale e un’ultima
in «Romanija» all’est di Sarajevo. Ben presto queste tre
repubbliche serbe si sono
estese (per l’adesione dei comuni) fino a ricoprire i due
terzi del territorio della Bosnia-Erzegovina.
La commissione intemazionale «Badinter», che allora si
occupava del «riconoscimento intemazionale» dei nuovi
stati dell’ex Jugoslavia, subordinava questo riconoscimento allo svolgimento di un
referendum che stabilisse il
• volere della popolazione. Il
R. Karadzic e i suoi «ostaggi»
referendum si svolse il 1 marzo 1992: il terzo di serbi si
astenne, ma gli altri si dichiararono favorevoli. La sera
stessa del risultato i serbi cominciarono a sparare. E iniziata così una lunga guerra
che oppone principalmente i
serbi ai musulmani. I croati
inizialmente si sono tirati
fuori, firmando un accordo
segreto con i serbi che lasciava alla Croazia l’Erzegovina
occidentale e così nel luglio
del ’92 nasceva la «Repubblica di Herceg Bosna» con capitale formale Mohstar e con
a capo Mate Boban (m.entre
quella reale perché più difendibile era Crude). Alla fine
del ’92 i musulmani non controllavo più del 10% del territorio della Bosnia-Erzegovi- '
na. Sarajevo stessa era assediata, però anche i croati di
Herceg Bosna erano poi entrati in conflitto territoriale
con i musulmani bosniaci.
Nel maggio del ’93 la Bosnia-Erzegovina era ammessa
airOnu. Stati Uniti, Russia,
Gran Bretagna, Francia e
Spagna presentarono nel giugno dello stesso anno un
«piano d’azione comune» che
sanciva di fatto tutte le conquiste serbe e istituiva 6 «zone di sicurezza» (Sarajevo,
Tuzla, Zepa, Goradze, Srebrenica, Bihac) poste sotto la
protezione dei caschi blu delle Nazioni Unite.
Il presidente bosniaco Itzebegovic in questa situazione
ha sperato in un intervento armato degli occidentali e degli
Usa. La preoccupazione dell’
Gnu e dei paesi occidentali
era però un’altra: quella di
evitare l’estensione del conflitto a tutta l’aera balcanica e
si sono limitati a garantire
«l’azione umanitaria» a favore delle popolazioni. Nel settembre del ’92, novemila caschi blu dell’Onu iniziarono
l’organizzazione e la scorta
dei «convogli umanitari».
Nel frattempo era stato presentato anche il «piano Vance-Owen» cioè Onu-Cee per
la soluzione del conflitto.
Questo piano prevedeva la divisione della Bosnia-Erzegovina in 10 province dotate di
grande autonomia e Sarajevo
capitale. Tale piano favoriva
però i croati, che erano gli
unici ad approvarlo, i musulmani (che vedevano il piano
come un «premio all’aggressore» serbo) e i serbi (che non
trovavano «continuità con la
«madrepatria» ed erano obbligati a restituire il 20% dei territori conquistati) respingevano il piano. I serbi facevano
svolgere anche un referendum
che, al 90% dei votanti, rifiutava il piano.
Da quel momento si è inasprita la guerra che è andata
avanti fino ad oggi e non
sembra avere fine. Uno degli
elementi più odiosi di questa
guerra è la cosiddetta «pulizia
etnica»: cacciata di intere popolazioni, violenze sui civili,
stupri sistematici, esecuzioni
sommarie, campi di prigionia.
Una pratica che ha lo scopo
di liberare il territorio per insediarvi rifugiati «etnici compatibili». Uetnicko ciscenje è
una pratica che nella regione
balcanica si è praticata fin
dalla guerra per l’autonomia
della Serbia nel 1815: tale
pratica è stata però condannata come crimine contro 1’
umanità dall’Gnu il 13 agosto
del 1992 e il 25 maggio del
1993 è stato istituito un tribunale intemazionale per giudicare i crimini contro l’umanità comméssi nel conflitto.
Ma non per questo la pratica
della «pulizia etnica» è cessata, anzi proprio in queste ore
si sta ulteriormente sviluppando.
Si calcola che la guerra ha
causato finora 200.000 morti,
2 milioni di profughi di cui
1,5 milioni all’estero su una
popolazione che contava nel
1991 4 milioni e 350.000 abitanti. I territori sotto controllo
bosniaco sono sovraffollati
per l’afflusso di profughi musulmani, mentre quelli sotto
controllo serbo e croato sono
spopolati per là pratica della
«pulizia». In Bosnia si vive
grazie agli aiuti umanitari intemazionali e all’aiuto che il
mondo islamico offre al governo di Sarajevo.
Per ora non si vede come
far finire questa orribile guerra: tutte le strade del negoziato appaiono chiuse e si sta
constatando 'l’impotenza
dell’Gnu, dell’Unione europea, del pacifismo.
SCHEDA
L'ex Jugoslavia
Fino al 1991 l’ex Jugoslavia era una federazione di sei
Repubbliche e di due Province e vi erano riconosciute sei
«nazioni** e numerose «nazionalità» (minoranze nazionali)^
Ggni Repubblica era più 0 meno «multietnica»:
- la Croazia, popolata essenzialmente da croati (78%) e
da serbi (12%);
- la Slovenia, popolata essenzialmente da sloveni
(90,5%);
- la Bosnia-Erzegovina, popolata essenzialmente da musulmani (43,7%), serbi (31,7%) e croati (17,3%);
- la Macedonia, popolata essenzialmente da macedoni
(64,6%) e albanesi (21%);
- la Serbia, popolata essenzialmente da serbi (66,4%) e
da albanesi (19,6%) era là sola Repubblica che aveva due
territori con l’autonomia amministrativa della Provincia: il
Kosovo (90% di albanesi) e la Voivodina (21% di magiari);
- il Montenegro, popolato essenzialmente da montenegrini (61,5%) e da musulmani (14,4%).
I musulmani pur essendo una religione venivano considerati una «nazione» ed erano considerati appartenenti alla
«nazione musulmana»; gli slavi islamizzati sotto l’occupazione ottomana. ■
Le «nazionalità» più numerose nelTex Jugoslavia erano:
gli albanesi, i magiari, i rom (gli «zingari jugoslavi»), i
bulgari, i romeni,! turchi, gli slovacchi.
Le lingue ufficiali della Federazione erano il «serbocroato» (con questo si designava la lingua parlata dai sèrbi,
dai croati, dai musulmani e dai montenegrini) il «macaone» e lo «sloveno». Le lingue delle «nazionalità» come
l’albanese e l’ungherese erano utilizzate in quelle aree del
paese dove erano maggioritarie.
L’ultimo presidente della Repubblica socialista federativa di Jugoslavia è stato il croato Stipe Mesic (luglio-ottobre 1991). La presidenza federale era composta da otto
membri (in rappresentanza delle sei Repubbliche e delle
due Province) che, secondo un sistema di rotazione, si alternavano per un anno alla presidenza della Federazione.
L’ultimo primo ministro della Federazione è .stato Ante
Markovic, croato di Bosnia, che ha governato dal marzo
’89 al dicembre 1991, data nella quale ha dato formalmente
le dimissioni.
Alla fine del 1990 ciascuna delle sei Repubbliche si era
data dei rappresentanti eletti liberamente che nella loro
grande maggioranza erano dei nazionalisti.
Dopo alcuni referendum popolari quattro delle sei Repubbliche hanno dichiarato la loro indipendenza ; la Croazia e la Slovenia nel giugno dèi 1991, la Macedonia nel
settembre 1991, la Bosnia-Erzegovina nel marzo 1992. La
Serbia e il Montenegro hanno invece costituito una federa
zione (la Repubblica federale di Jugoslavia) che la comu
nità intemazionale si rifiuta di riconoscere.
Il rifiuto delle soluzioni militari non deve significare equidistanza tra le parti in conflitto, ma giudizio
La complessità della guerra e la crisi del pacifismo
LODOVICO GRASSI*
EMANUELE REBUFFINI**
Il conflitto balcanico ha messo spietatamente in luce i limiti, le arretratezze culturali e politiche, le contraddizioni di un pacifismo che troppo
spesso si è limitato a organizzare marce, sit-in, convegni e corsi di educazione nonviolenta, finendo con il risultare spiazzato di fronte a una guerra così complessa. Una «guerra fratricida», prototipo delle guerre di questo
martoriato fine secolo, che non si presta ad essere analizzata secondo gli
schemi in uso prima del 1989.
Certamente di fronte al dramma
dell’ex Jugoslavia i pacifisti non sono
rimasti a guardare: si sono impegnati
nei soccorsi umanitari, nei gemellaggi
con i campi profughi, nell’organizzazione di marce in territori di guerra
(Sarajevo 1, nel dicembre 1992, Mir
Sada...) le quali, nonostante gU aspetti
positivi, si sono rivelate un fallimento
dal momento che hanno mancato
l’obiettivo che i promotori si erano
posti di «fermare le ostilità». Gggi, di
fronte a un conflitto sempre più
cruento e dove non è ravvisabile una
rapida via d’uscita, che cosa dicono i
pacifisti? La loro posizione può essere
così riassunta:
1) No a qualsiasi ipotesi di intervento armato, no ai raid della Nato, perché il pericolo è che il conflitto si allarghi, intemazionalizzandosi, e perché la violenza non fa che generare
violenza;
2) sì alla via diplomatica, mai percorsa in modo convinto dalle diplomazie occidentali che pensano solo al
proprio prestigio e sono da considerarsi le principali responsabili della
guerra balcanica.
Sono queste affermazioni fragili e
ambigue a cui si può rispondere:
1) Non ci sono ragioni sufficienti
per rifiutare a priori ogni ipotesi di intervento militare. Non bisogna essere
prigionieri della «sindrome del
Golfo»: quella balcanica è una situazione assai differente. L’uso della forza militare è qualcosa di ben diverso
dal «fare la guerra», ed è previsto dal
cap. VII della Carta delle Nazioni
Unite. Finora questo capitolo non è
stato mai attuato, per cui l’Gnu non
dispone di forze in grado di intervenire. Allora o si resta a guardare o si riconosce a organizzazioni regionali come Nato, Ueo o la stessa Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce, già Csce) il diritto-dovere di intervento, su autorizzazione o delega dell’Onu, per porre fine all’aggressione condotta contro la
Bosnia-Erzegovina dall’esercito serbo-bosftiaco nel dispregio di tutti i
principi del diritto intemazionale.
Il più grave errore dei pacifisti non
è tanto quello di rifiutare il ricorso alla forza per ragioni etiche o religiose,
bensì il non voler accompagnare questo rifiuto da una chiara, incondizionata, inequivocabile condanna dell’
aggressore, ovvero della dirigenza
politico-militare dell’ autoproclamata
Repubblica di Pale. E immorale la
posizione di chi non vuole distinguere tra gli avversari, ponendosi in
un’illusoria posizione di equidistanza
che porta, ancora una volta, a commettere quello che Simone Weil chiamava il «criminale errore del pacifismo», ovvero il collaborazionismo
con gli invasori.
Itzebegovic non è una «colomba»,
ma non si può mettere sullo stesso
piano assediati e assedianti così come
non si può attribuire tutta la colpa per
questa guerra alla comunità intemazionale. Gli affrettati riconoscimenti
delle dichiarazioni di indipendenza
delle repubbliche dell’ex Jugoslavia
sono stati tra i fattori che hanno con
tribuito a far precipitare la crisi,
l’Gnu si è rivelata impotente, ma tutto ciò non toglie nulla alle gravi responsabilità di Karadzic e del generale Mladic, che dovranno essere giudicati come criminali di guerra. Il rischio di un allargamento del conflitto
è sempre esistito in qualsiasi guerra
(a lungo non si volle intervenire contro l’espansionismo nazista proprio
per questa ragione), ma è solamente
ipotetico, non certo. Ed è un rischio
che non viene meno neppure nel caso
di un mancato intervento esterno: infatti la guerra potrebbe intaccare le
altre repubbliche (come il Kosovo) o
gli stati confinanti qualora non si
esaurisse in Bosnia in tempi brevi.
2) La via negoziale deve essere
sempre perseguita, su questo non c’è
dubbio. Purché non si dimentichi che
l’ultimo progetto di pace elaborato dal
Gruppo di contatto venne approvato
da tutti e respinto solo dal Parlamento
di Pale. Sono i serbo-bosniaci ad essersi resi responsabili del fallimento
diplomatico.
Allora come negoziare con chi non
accetta compromessi? Il negoziato
presuppone la volontà di fare concessioni reciproche; un accordo di pace
che si limitasse a ratificare le conquiste militari di Karadzic non potrebbe
definirsi un «negoziato», sarebbe piuttosto una capitolazione. Inoltre solo la
guerra, e non il ricorso all’uso della
forza entro certi limiti, esclude la mediazione: infatti raid, rappresaglie,
sanzioni, ecc. sono tutti strumenti che
possono essere adoperati per indebolire una parte, renderla più ragionevole
e costringerla a dialogare.
Allora non basta dire «no alla guerra», rifiutando contemporaneamente
la proposta di sollevare l’embargo nei
confronti dei bosniaci impedendo a
questi ultimi, non difesi da nessuno,
di potersi almeno difendere da soli.
Bisogna avanzare proposte concrete e
rèalistiche: qualsiasi posizione che sia
contraria all’uso della forza ma che
non sappia indicare precise soluzioni,
non solo è astratta e inutile ma risulta
moralmente condannabile perché finisce con il favorire gli aggressori;
Tra i pacifisti continua a prevalere
un atteggiamento anti occidentale del
tutto anacronistico. Ci si oppone alla
Nato solo perché è la Nato, anche se
poi di questa problematica che ha rilevanza costituzionale il pacifismo
nostrano si è occupato in modo intermittente, non prioritario e comunque
senza impegnarsi fino in fondo in
un’importante battaglia relativa alla
conformità della politica estera italiana con l’art. 11 della Carta costituzionale. Si accusano gli Usa e le potenze
europee di voler mostrare i muscoli,
militarizzando l’Adriatico, solo per
ragioni di prestigio internazionale,
quando è proprio l’assenza di un interesse valido per intervenire ciò che
spiega l’impotenza della comunità internazionale; si urla contro la Nato
ma non si condanna con altrettanta
chiarezza il carnefice Eltsin, canno-^
neggiatore di Parlamenti e di ceceni;
si chiede di perseguire la strada dei
negoziati e si è disposti, in cambio
delle pressioni russe sui serbo-bosniaci, a sacrificare la Cecenia considerandola «affare interno russo»; si preferisce difendere la purezza di un’
idea anziché schierarsi senza esitazione dalla parte degli oppressi.
Venuti a mancare i «giganti» come
padre Balducci, i pacifisti si ritrovMo
nella condizione dei «nani», privi di
spalle a cui aggrapparsi, incapaci di
guardare oltre il loro misero orizzonte. Incapaci di distinguere il Dio crocefisso degù assassinati da quello portato in trionfo dagli assassini.
* direttore e **collaboratore
di «Testimonianze»
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 21 LUGLIO 1995
Storia di un gruppo di evangelici del Biellese che divenne chiesa e che inaugurò cento anni fa il proprio tempio
Il tempio dei «picapere» e la comunità protestante di Piedicavallo
__________TAVO BURAT___________
Irapporti «moderni» del
Biellese con la Chiesa valdese iniziano nel 1871 quando
il pastore Giovanni Daniele
Revel, da Ivrea, si reca periodicamente a visitare due famiglie di convertiti, trasferitesi
da Bajo' Dora a Andorno per
lavorare nei locali cappellifici. Nel 1873 Revel riferisce di
essersi recato in varie località
«nonché nella valle più renwta di Andorno ove abbiamo
mata la valle di Andorno).
Piedicavallo, l’ultimo paese,
dell’alta valle (localmente
detta La Biirsch) è visitato da
colportori, come il Quara, che
trovano il terreno straordinariamente favorevole. Lassù è
parroco don Giovanni Ferino
(1815-1912), attivo militante
degli integristi cattolici, che
fondò a Piedicavallo nel 1872
il primo giornale cattolico locale, Il Biellese, tuttora esistente. Il suo attivismo non
manca di suscitare la conte
L’ingresso al tempio
un piccolo nucleo di ascoltatori assidui. Se i protestanti di
nascita addetti alle numerosi
fabbriche sparse nelle valli di
Andorno si unissero ai nostri
fratelli, avremmo sin d'ora
elementi sufficienti per costituire una chiesa». '
I primi gruppi
Le numerose visite del pastore Revel sono premiate dal
sorgere di gruppi di simpatizzanti a Pollone, Cavaglià,
Zubiena e Biella stessa, dove
15 anni prima aveva operato
un gruppo delle Chiese dei
Fratelli inviati da Alessandria
dal Rossetti, la cui opera continuava attivamente a Graglia
e a PiveronCi ma si era spenta
in città.
Dove la Chiesa valdese fa
rapidi progressi è nella valle
del Cervo (com’è anche chia
stazione all’interno della comunità, così che si formano
due partiti: il «rosso» opposto
al «nero» clericale. Quel «rosso» non ha alcuna ispirazione
marxista ma rivela piuttosto
quella «radical-repubblicana»
che ha in Bertani, Cavallotti e
Romussi i suoi referenti e, localmente, nell’avvocato Luigi
Guelpa il suo leader. Organo
dei «guelpisti» è La sveglia,
che aveva avuto come antesignano il Corriere biellese
(1875-1881), parimenti edito
a Piedicavallo. Sembra incredibile come un paese di montagna, oggi ridotto ai minimi
termini, sia in quegli anni un
centro di battaglia politica,
giornalistica e poi religiosa.
Dal partito «rosso», formato
anche da muratori e «picapere» (tagliapietre), che nell’
Alessandrino e all’estero han
no avuto la sorpresa di incontrare cristiani diversi, non cattolici, «laici» emancipati dal
prete e da ogni avvilente gerarchia 0 compromissione con
il potere economico, nasce la
comunità valdese, così che a
Piedicavallo si verifica un
piccolo scisma: un gruppo di
una cinquantina di famiglie
lascia la Chiesa cattolica, si
rifiuta di mandare i figli alla
scuola del prete e chiama dalle valli valdesi una giovane
maestra. Elisa Goss, che giunge accompagnata dalla madre
e sposerà poi il geometra Cesare Jon-Scotta. Che la causft,
almeno indiretta, sia l’integrismo di don Ferino, lo si desume dal fatto che i «riformati»
sono, in un primo tempo, tutti
di Piedicavallo capoluogo, e
nessuno della frazione di
Monteasinaro, dove officia un
altro parroco. C’è da ricordare
infine che Andorno nelle elezioni amministrative del 1889
si qualifica a sinistra: così i
neovaldesi di Piedicavallo richiedono un pastore fisso e
nel 1889, proprio nel centenario della Rivoluzione francese, quando si attende da Parigi
una nuova «comune» arriva
dalle Valli Enrico Malan.
Il giovane pastore giunge
dunque nell’inverno 1889 a
Piedicavallo, dove si celebra
per la prima volta la Santa
Cena alla Ca del Bonafous,
nella Contrà fregia, e cerca di
costituire anche formalmente
la nuova comunità, che si costituisce ufficialmente il 26
febbraio 1890 con 41 membri
comunicanti, senza contare
quindi i bambini e i simpatizzanti; il 10 ottobre dell’anno
successivo entrano altri 7
nuovi membri.
Un regime
di «quasi» apharteid
La composizione sociale
originaria è la seguente: 8 picapere (scalpellini), 5 falegnami, 3 impresari edili (tra i
quali il geometra marito della
maestra Goss), un capomastro, un muratore, un albergatore, un pittore, un calzolaio,
una maestra e altre 17 donne
di cui non è indicato il mestiere; nel decennio successivo si
aggiungono 4 muratori, 4
contadine, 4 casalinghe, un
avvocato, una sarta. Ben presto la comunità subisce una
sorta di apartheid: non è facile, a Piedicavallo e in quegli
anni, dichiararsi evangelici...
Si arriva persino a proibire il
passaggio ai protestanti in
certi luoghi, e ai bambini cattolici di giocare con gli allievi
della maestra Goss; in occasione dei funerali si hanno
isteriche rimostranze clericali.
Così, quando nel 1890 muoiono Caterina Ottino e Battista
Peraldo Cech, don «Piripicchio» (com’era chiamato don
Ferino) la spunta riuscendo a
celebrare i due funerali cattolici, malgrado l’espressa volontà degli estinti.
Un comportamento
irreprensibile
Al centro di tutti i commenti del paese, i neovaldesi
sono tenuti a una condotta irreprensibile: risulta dai verbali del Consiglio di chiesa la
sospensione di un fratello e
di una sorella per ragioni morali, secondo i dettami di un
rigido calvinismo. Enrico
Malan abita a Biella, a Porta
Torino, in casa Sormano, e
cura così anche la locale comunità, formata soprattutto
da fratelli residenti nel circondario, in diaspora; anche
a Zumaglia si forma un piccolo nucleo.
Ben presto a Piedicavallo si
fanno progetti per edificare
un vero e proprio tempio. Nel
1893 iniziano i lavori, eseguiti in pratica dalla stessa comunità che poteva contare su
muratori, scalpellini (il tempio è tutto in canton éd pera
dia Balma, come è localmente detta la sienite, un granito
pregiato), falegnami, pittori,
capimastri e geometri.
Il pastore Malan non ha la
gioia di vedere l’inaugurazione; muore infatti a Biella il 10
gennaio 1894 a soli 43 anni.
La tribuna biellese, di tenden
dire di costruirsi il tempio
proprio dirimpetto alla parrocchiale; ma da una fedele e
devota, che pure aveva genitori e sorelle tra i valdesi, è
ammonito con il ricordo che,
scolpita sull’entrata della
chiesa riformata, sta scritto
«Dio è amore», mentre da
quella cattolica escono altisonanti parole di rancore, quando non di odio, incompatibile
con chi si professa cristiano.
Don Ottella rimane colpito
dal richiamo, e modererà le
sue prediche così che, a poco
a poco, cessano anche-le angherie (alle finestre si erano
dovute mettere delle grate di
ferro per proteggere i vetri
dalle sassate...) e la comunità
protestante potrà continuare
la sua testimonianza in un
ambiente più tranquillo.
Procedono dunque i lavori
per la costruzione del tempio
dei picapere, alto tre piani
fuori terra. Nel primo, ultimato nel 1894, si installa la
scuola della maestra Goss, in
competizione con l’altra del
tradizionale monopolio clericale, tant’è vero che direttrice
è suor Valentina (Margherita
Guameri, 1858-1946) che insegnerà a Piedicavallo per
più di 40 anni. Nel secondo
piano è la sala di culto, a cui
si accede da un bel vestibolo,
e al terzo l’abitazione del pastore. Il 13 ottobre 1895 il
tempio è ufficialmente inaugurato; l’avvenimento ha larga eco nella valle e in tutto il
Biellese; la Tribuna ne riporta la notizia in prima pagina.
scendo della reazione crispina antisocialista.
In quel clima c’è un ritorno
di fiamma dell’evangelizzazione, una volta ancora parallelo aH’anticlericalesimo, vera «riforma» popolare; il nuovo Corriere biellese, rinato in
quell’anno, affronta la «questione religiosa in Italia» nel
suo 2° numero; nell’agosto
Rigola, Ferraris, Ròndani e
Scaramuzzi salgono al monte
Rubello avviando quella «rivendicazione» di fra Dolcino
che avrà proprio nel medico
di Piedicavallo Dino Belli,
poeta e filantropo, uno dei
maggiori propagandisti.
L’anno successivo è convocata l’assemblea di chiesa
per procedere all’elezione del
Consiglio per ottenere il riconoscimento di Chiesa valdese
regolarmente costituita; sono
eletti ad anziano Battista Janutolo Gros, nato nel 1830, e
a diacono il falegname Eusebio Peraldo Eusebias, sostituito nel 1901 dal geometra
Jon-Scotta, la cui casa diverrà centro animatore della
piccola comunità evangelica
destinata poco a poco a scemare; l’emigrazione infatti
comincia a corrodere inesorabilmente la compagine protestante.
Le conseguenze
dell'emigrazione
Ai primi del ’900 la vita interiore della comunità è esuberante, ma l’ambiente dopo i
primi entusiasmi è divenuto
; rV;'-.
Una cava di sienite nel Biellese, materiale con cui fu costruito il tempio
Uno stabilimento di cuoio nel Biellese
za radicale, in un partecipe
necrologio informa che egli
era «il secondo pastore evangelico mandato nel Biellese;
era qui da cinque anni, ed in
questo frattempo aveva saputo col suo carattere aperto e
leale crearsi molte simpatie
nel ceto indipendente, come
pure aveva conquistato l’affetto del suo gregge a Piedicavallo, Vigliano, Zumaglia
ed in altri piccoli centri».
Gli strali contro
gli «apostati»
A succedere a Enrico Malan è mandato a Biella e Piedicavallo Giovanni Daniele
Maurin agli inizi del 1894.
Vi è un avvicendamento anche nel «partito nero»: l’anziano parroco Ferino, a cui
forse viene imputato dalla
curia di non aver saputo evitare lo «scisma», è trasferito
ad Augellio di Salussola, ed è
sostituito da don Giovanni
Ottella, che vi resterà mezzo
secolo, sino alla morte, nel
1942. Don Ottella, all’inizio,
tuonava dal pulpito contro gli
«apostati» che avevano l’ar
con un articolo che conclude:
«E così, terminata ogni cosa,
anche i protestanti del Biellese hanno ades.so il loro tempio! Coloro che seguono con
cura il movimento religioso,
troveranno facilmente le intime cause che permettono che
in una regione, come la nostra, cattolica per antiche
tradizioni e per l’impero che
in essa ha conquistato il clero cattolico, i Valdesi pongono salde e certamente durevoli radici...».
L'opposizione cattolica allo stato liberale si è scatenata; già vent’anni prima Quintino Sella, in un discorso a
Bioglio. aveva denunciato
che ad uomini di chiesa,
aperti e tolleranti, succedevano uomini legati alla «setta
dei gesuiti»: «L’internazionale nera tenta di convertire
ogni sentimento religioso in
cieco fanatismo con cui uccidere la libertà, il .sapere, la
civiltà umana». Tuttavia
Quintino Sella e lo stato liberale temono del pari l’internazionale rossa che va
rinforzandosi in Italia: proprio quel 1895 segna il cre
indifferente; nel 1910 l’opera
è stazionaria; nel 1911 chiude
la scuola, nel 1914 l’emigrazione ha portato lontano quasi tutti gli uomini. In questo
1995 è deceduta l’ultima sorella residente in paese, custode della chiave del tempio;
sono tuttora presenti, in valle,
alcuni anziani fratelli e sorelle, figli di coloro che edificarono con le proprie mani il
tempio dei picapere, ora aperto solo in estate.
In una valle già co.sì peculiare come è quella della Biirsch, abitata all’inizio molto
probabilmente da alpigiani
Walser provenienti da Issine
nella vicina valle del Lys, la
presenza del tempio riformato
costituisce pur sempre una
ricchezza in quanto punto di
riferimento e momento di incontro. Aperto ormai solo in
luglio e agosto, il tempio riceve gli oriundi che d’estate
ritornano al paese delle proprie radici, e accoglie per
conferenze, dibattiti e culti
turisti e villeggianti interessati ad approfondire le proprie
conoscenze e disponibili al libero confronto.
13
iff:NERDÌ 21 LUGLIO 1995
■ I
PAG. 9 RIFORMA
Il giurista Gustavo Zagrebelsky affronta i rari aspetti del celebre processo
L'agire di Gesù modello di democrazia?
PAOLO T. ANGELERI
hi è il democratico?
^'^^Gesù 0 Pilato?» si
domanda Gustavo Zagrebelsky nel suo recente saggio su
Gesù*- E risponde: «L’amico
della democrazia - della democrazia critica - è Gesù, colui che silente, fino alla fine
invita al dialogo e al ripensamento» (p. 119).
Nel racconto evangelico
Zagrebelsky non cerca aspetti
storici, etici o teologici: punta
su «eventi e personaggi paradigmatici, il cui significato
trascende la storia sacra e investe l’esperienza umana come tale» (p. 11). Partendo da
stazioni scritturali tratte dalla
classica traduzione seicentesóa di Giovanni Diodati edita
Halla Società biblica britannica e forestiera, 1911 («La forza espressiva di questa versione, in uso un tempo nella
Chiesa valdese, non è paragonabile a quelle più recenti,
spesso condizionate da esigenze di equilibrio interconfessionale», pp 3-4, in nota),
il giurista ricostruisce il processo a Gesù. Tre sono i giudici di fronte ai quali il Cristo
viene a trovarsi: Pilato, il Sinedrio, il popolo.
Pilato: l’autocratico e scettico governatore romano, che
nel ricorso al popolo cerca
soltanto un’uscita utile al
consolidamento del proprio
potere. Il Sinedrio: Taristocratico consesso istituzionale con’analoghi problemi di
sopravvivenza. Il popolo, solo in apparenza sovrano: in
realtà puro strumento dei potenti. In buona sostanza «L’
autorità aristocratica del Si
II Sinedrio come è stato raffigurato nel film «Jesus Christ Superstar»
nedrio e quella autocratica di
Pilato, che prima della consultazione popolare traballavano» ’riescono così a rafforzarsi.
Qualcuno ha ritenuto di poter considerare anche Gesù
come uno dei tanti fanatici in
gara per il potere; ma un più
approfondito esame del suo
comportamento dovrebbe togliere di mezzo ogni dubbio.
La sua mitezza e il suo silenzio («è stato menato all’uccisione come una pecora mutola») di fronte ai suoi persecutori possono venir inquadrati
nell’ambito di una caratteristi
ca modalità processuale ebraica. Accanto al giudizio a tre
{mishpat: un giudice arbitro
fra due contendenti alla ricerca di un colpevole da condannare) esisteva il ryb. Un procedimento a due riservato a persone amiche o legate da vincoh di parentela o di affetto.
Nel ryb non c’è giudice,
non si tende alla condanna di
chi ha sbagliato: lo scopo è
quello di indurre al pentimento attraverso la persuasione,
utilizzando pianto e silenzio.
Gesù si rivolge ai suoi persecutori come se si trovasse non
già a un mishpat ma a un
'¡r
semplice ryb. Ha affermato di
essere via, verità e vita - la
via verso la verità che è vita ma il mondo non gli ha creduto, persino i suoi non 1’
hanno compreso. Egli non si
ribella all’incomprensione,
non cerca consensi forzati,
vuole solo gente persuasa: di
fronte all’insuccesso, opta per
il silenzio pronto ad affrontare persecuzione e morte «come un agnello».
Chi ama la democrazia come fine e non come mezzo rinuncia a trattare con la folla
volubile, crudele e irresponsabile. Il comportamento di Gesù è certo un modello anche
per noi oggi; allo scetticismo
opportunistico di Pilato e al
dogmatismo crudele del Sinedrio oppone un atteggiamento
critico e dialogico. Ma, conclude Zagrebelsky, a differenza di lui noi «non siamo così
sicuri che risusciteremo fra
tre giorni e non possiamo permetterci di attendere in silenzio “fino alla fine”. Per questo la democrazia della possibilità e della ricerca, la democrazia critica, deve mobilitarsi
contro chi rifiuta il dialogo,
nega la tolleranza, ricerca soltanto il potere, crede di avere
sempre ragione. (...) Ma solo
il figlio di Dio potè essere mite come r agnello; nella politica la mitezza per non farsi irridere come imbecillità deve
essere una virtù reciproca. Se
non lo è, ad un certo punto
prima della fine, bisogna
rompere il silenzio e cessare
di subire» (p. 120).
(*) Gustavo Zagrebelsky: Il
crucifige e la democrazia.
Torino, Einaudi, 1995, pp 120,
£ 14.000.
Profetismo femminile e vocazione in un volume collettivo curato da Adriana Valerio
Un Dìo che ha bisogno delle donne
______ROSANNA CIARPA______
C? è una singolare contiguità tematica, nonostante l’apparente incongmenZa, tra donna, potere e profezia, un legame bene evidenziato nel nuovo volume miscellaneo*, recentemente
uscito nella Collana «La drac;ma», diretta da Adriana Valerio. In un ampio arco di tempo, dall’ebraismo al Nuovo
Testamento, ai primi secoli
cristiani, attraverso l’esperienza della mistica medievale, del profetismo femminile
tra Settecento e Ottocento,
della vocazione alla parola
profetica nelle dònne della
Riforma, sino alle prospettive
dell’attuale situazione di crisi
e di transizione, si dipana il
filo rosso di un parlare autorevole delle donne, un corto. circuito (donna, potere, profe
zia) legittimato o rimosso, demonizzato o depotenziato
delle sue valenze eversive, in
ogni caso accompagnato da
un imbarazzato disagio per il
potenziale protagonismo che
le donne in esso esprimono.
Tra i contributi, di diverso
taglio metodologico e contenutistico, opera di studiose e
studiosi affermati, che per
brevità non posso segnalare
analiticamente, raccomanderei con particolare calore il
primo, breve, suggestivo saggio di Giacoma Limentani,
Profeti o uteri?, avvincente e
per la scjrittura ricca, nitida,
affascinante e per l’originalità
della tesi proposta: «L’utero è
oggetto misericordioso per
eccellenza: accoglie il seme
(qualunque seme, anche quello di uno stupratore) e lo nutre
e lo lascia crescere in sé, senza pretendere di trattenerlo
quando, ormai individuo indipendente, il seme vuole uscire. Così ai profeti si chiede di
essere misericordiosi ricettacoli, elaboratori ed elargitori
di una Parola che rivela la
propria misericordia cominciando col mettere alla prova
della misericordia loro stessi.
Abramo per primo» (p.l3).
Piuttosto che una sequenza
«agiografica» di medaglioni
femminili, tutto sommato meno interessante dei problemi
che solleva, preferirei fornire
alcune chiavi di lettura di carattere generale lasciando a
ciascuno il piacere della scoperta dei singoli contributi. In
primo luogo si potrebbe dire
che l’impatto col protagonismo femminile vede la necessità di una dilatazione del
concetto di profezia. Se ci si
limitasse infatti a quelle donne che nell’Antico e nel Nuovo Testamento sono designate con l’appellativo esplicito
di profetesse, per i ben noti
processi di rimozione-preterizione che caratterizzano anche la scrittura biblica, l’elenco potrebbe risultare assai
scarno (Miriam, Debora, Huida; Maria Elisabetta, Anna, le
figlie di Filippo). E invece,
come osserva Franca Long
parafrasando il titolo di un
film (p.214) «Dio ha bisogno
delle donne» per raggiungere
l’umanità. Come nell’esperienza della resurrezione.
Il carisma profetico, si direbbe, ha un’accezione più
larga e insieme più determinata: profeta non è solo colui
che parla per conto dell’altro,
di Dio, ma, come è avvenuto
nell’esperienza della Riforma, profezia è vocazione, se
gno di nuova nascita, appello
alla conversione «attraverso
la Parola predicata»: profezia
è vocazione alla predicazione. La seconda osservazione
riguarda il nesso diretto tra
donna e potere come si è storicamente definito attraverso
la parola femminile autorevole: «Nell’alternarsi dei ruoli
mistico e profetico (passivoattivo, personale-pubblico) scrive acutamente Adriana
Valerio - le donne hanno mostrato la propria autoconsapevolezza». Ed è insieme «consapevolezza del proprio niente» (mistica) e «affermazione
della necessità del proprio
ruolo» (profezia).
Una consapevolezza che, in
ogni caso, sia stata essa conflittuale con le istituzioni ecclesiastiche o funzionale a ratificare il loro ordine, sia stata
riconosciuta o negata, omologata 0 respinta ai margini dell’ortodossia, ha avuto sempre
tuttavia una forte valenza politica, suscitando prevalentemente imbarazzato disagio in
quanto testimonianza della
«volontà delle donne di accedere a pieno titolo al ministero della Parola, perché
anch’esse discepole e apostole dell’unico maestro e profeta Gesù di Nazareth».
Va dato atto, credo, all’intuito della curatrice che,
nell’offrirci questa ricca raccolta di saggi, valorizza l’esperienza profetica feimninile, mostrandoci quanto essa
abbia inciso e incida ancora
sul rapporto donna-potere,
nella chiesa e fuori di essa.
(*) Donna potere e profezia,
a cura di Adriana Valerio, D’Auria, Napoli, 1995, pp 292.
Ragazzo soldato in Cecenia
IVISTE
Psicanalista della guerra
«Riportare la guerra alla nozione di delitto individuale», perché essa nasce al rifiuto di sé come fonte del male. La tesi provocatoria è contenuta in un’intervista inedita in Italia che Franco Fomari, psicanalista e pacifista prematuramente scomparso
nel 1985, rilasciò a Madeleine Santschi per la Gazette
littéraire. Il testo è stato ora ripreso, unitamente a alcuni passaggi dai suoi libri più famosi sull’argomento {Psicanalisi della
guerra. La malattia dell’Europa e la raccolta postuma di scritti
Psicanalisi e cultura di pace) e a alcuni contributi critici nel
dossier centrale del numero di maggio di Mosaico di pace*. La
rivista di Pax Christi, ora diretta dal missionario comboniano
Alessandro Zanotelli (che rese famosa e «malvista» Nigrizia
denunciando gli intrighi della cooperazione italiana allo sviluppo e i drammi dei popoli africani oppressi), oltre alle stimolanti pagine dedicate a Fomari (che rappresentano un approccio
del tutto originale ai temi della guerra e della pace), ospita anche uno degli ultimi scritti dell’europarlamentare verde
Alexander Langer dedicato alla crisi cecena, un servizio sulla
delinquenza organizzata al Sud, un’intervista a Antonio Rapisca, docente di Relazioni intemazionali a Padova, alcune riflessioni del pedagogista Daniele Novara sull’educazione alla pace
e un servizio che fa il punto sull’iter del progetto di riforma
della legge 772 sull’obiezione di coscienza.
(*) Mosaico di pace n. 5. Abbonamento all numeri £ 40.000 (ccp.
10475705 intestato a Coop. La meridiana srl, via M. D’Azeglio 46,
70056 Molletta).
Libri
Il poeta stregato
Il poco che si sa della vita di Tito Lucrezio Caro, il poeta seguace dell’epicureismo, autore del De rerum natura, si deve a
san Girolamo, che in due righe lo definisce come perlomeno instabile psicologicamente. Pare addirittura che il poeta attendesse
alla propria opera «per intervalla insaniae», nelle pause che, dice la leggenda, gli concedeva la malattia, forse una depressione.
Sta di fatto che il suo poema può essere inferiore solo &\V Eneide di Virgilio, e che la sua capacità di trasfondere in poesia i
dettami'di una filosofia basata nientemeno che sul materialismo
atomistico hanno pochi eguali. La sua vicenda privata invece
(l’amicizia con Catullo, il legame freddo e viziato dal sospetto
reciproco con Cicerone, che poi farà editare il poema, alla morte
dell’autore in giovane età, le amanti e il maestro epicureo Filodemo) è affrontata da Luca Canali, latinista oltre che romanziere in un’appassionante biografia immaginaria*. L’autore chiarisce che, al di là delle due righe di san Girolamo, le altre notizie
sono piuttosto congetture, e che gli episodi specifici sono clamorosamente inventati: ma sta di fatto che, alla luce de De rerum natura stesso essi sono plausibili e verosimili. Non è un
esercizio accademico, dunque, indagare la sua vita privata, ma è
un particolare commento all’opera di Lucrezio; tutta basata su
quell’angoscia esistenziale che ha dato vita al fondamentale libro di un altro latinista, Luciano Perelli, recentemente scomparso {Lucreziopoeta dell’angoscia, ed. La Nuova Italia).
(*) Luca Canali: Nei pleniluni sereni. Milano, Longanesi. 1995,
pp 173, £24.000.
Le capitali di luvarra
Sarà aperta a Torino dal 6 settembre al 10 dicembre una
grande esposizione dal titolo «Filippo Juvarra architetto delle
capitali. Da Torino a Madrid 1714-1736». La mostra comprenderà dipinti e disegni autografi, molti dei quali erano stati riuniti nel 1994 in una mostra nella capitale spagnola, e molti altri
sono invece conservati nei musei del capoluogo piemontese.
Faranno spicco anche i modelli lignei della Basilica di Superga,
del Castello di Rivoli, della Curia Maxima e della Sacrestia
Vaticana, appositamente restaurati. Filo conduttore della mostra saranno i momenti della costruzione dell’idea di città-capitale, intesa come il più rilevante compito progettuale affidato a
Juvarra in quanto architetto e urbanista, in un lungo percorso
sviluppatosi da Messina a Madrid e visualizzato, per queste due
città, dai disegni dei rispettivi palazzi reali.
14
PAG. 10 RIFORMA
Agenda
I COAZZE — La Chiesa valdese organizza
una rassegna culturale sul tema «Le culture
e la cultura»: alle ore 17 nella chiesa di via
Matteotti, si tiene una conversazione sul tema: «Verso il pluralismo etnico e culturale».
Intervengono Alessandro Zanetti e Giorgio
Gardiol. Informazioni al 011-6508970.
COURMAYEUR — La Chiesa valdese organizza una conferenza pubblica sul tema «Il senso della vita». Relaziona il
pastore Ruggero Mochetti: ore 21, presso la Chiesa valdese
in piazza Petigaz 1. Per informazioni tei. 0165-44345.
COAZZE — La Chiesa valdese organizza
una rassegna culturale sul tema «Le culture
e la cultura». In questo quadro, alle ore 17
nella chiesa di via Matteotti, si inaugura una
mostra su fra Dolcino, aperta fino al 15 agosto. Per informazioni tei. 011-6508970.
LA MENDOLA — Inizia la 32“ sessione di
formazione ecumenica del Segretariato attività ecumeniche (Sae). Il tema di quest’anno è: «Urgenze della storia e profezia ecumenica». Informazioni e programma possono essere richieste al Sae, via Cava Aurelia
8/3, 00185 Roma, tei. 6374033 (dalle 10,30 alle 13,30).
PIEDICAVALLO (Biella) — Nel quadro
delle manifestazioni per il centenario del
tempio dei «picapere» il pastore Giorgio
Toum parlerà sul tema «I valdesi e l’Europa»: ore 21, nel tempio valdese. Per ulteriori
informazioni telefonare allo 015-590112.
AGAPE (Frali) — «Silenzi e parole. Le
donne e la politica» è il tema del campo
donile che vuole analizzare la dimensione
politica delle relazioni tra donne. Nel corso
del campo inoltre le partecipanti avranno la
possibilità di incontrare donne che vivono la
dimensione politica istituzionale. Il campo inizia il 29 luglio e termina il 5 agosto. Informazioni allo 0121-807514.
PIEDICAVALLO (Biella) — Nel quadro
delle manifestazioni per il centenario del
tempio dei «picapere» padre Accursio del
convènto di Betlemme (Ve) parlerà su «La
spiritualità di Francesco d’Assisi»: ore 21,
nel tempio. Informazioni allo 015-590112.
agape (Frali) — «Sud-Nord» è il tema
del campo intemazionale per giovani dai 18
ai 22 anni che si terrà dal 6 all’8 agosto. Il
campo affronterà attraverso la presentazione
di diversi materiali il problema dell’identità
e della cultura del mondo divenuto un villaggio globale. Per informazioni tei. 0121-807514.
LONATO (Bs) — Inizia rincontro ecumenico tra anglicani, evangelici, ortodossi e cattolici che si concluderà il 12
agosto sul tema «Convivenza nella fraternità». Ogni giorno
vi sarà un momento di preghiera e riflessione. Organizza il
Centro ecumenico dell’Abbazia di Maguzzano. Per informazioni tel.030-9130182 (fratei Francesco Guidorizzi).
PIEDICAVALLO (Biella) — Nel quadro delle manifestazioni per il centenario
del tempio dei «picapere» si tiene un incontro ecumenico con la partecipazione di don
Lajòlo (parrocchia di San Michele) e del past. Franco Taglierò: ore 21, presso la chiesa
di San Michele. Per informazioni tei 015-590112.
ASSEMBLEA UCEBI: È convocata per venerdì 1° settembre in sessione congiunta con il Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste. Affronterà e delibererà su materie comuni alle chiese quali la collaborazione territoriale, il settimanale Riforma, e soprattutto affronterà il tema dell’ordinamento ecclesiologico delle tre denominazioni. Per informazioni: Ucebi tei. 06-6876127, fax 06-6876187.
SINODO VALDESE: Si aprirà a Torre Pellice con un culto presieduto dal pastore Bruno Rostagno domenica 27
agosto alle ore 15,30 il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste. I lavori proseguiranno fino a venerdì 1° settembre
quando il Sinodo si riunirà in sessione congiunta con l’Assemblea dell’Unione battista. L’assise di battisti metodisti
e valdesi si concluderà domenica 3 settembre.
STORIA ERETICALE E ANTIERETICA DEL MEDIOEVO: E il tema del XXXV convegno di studi organizzato dalla Società di studi valdesi. Il convegno, sotto la direzione scientifica del prof. Grado G. Merlo, si terrà presso
la Casa valdese di Torre Pellice dal 4 al 6 settembre. Per
informazioni rivolgersi alla Società di studi valdesi, via
Beckwith 3, 1(X)66 Torre Pellice, tei. 0121-932179.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica
mattina alle 7,30 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e conunenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva realizzata dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne da Raidue alle 23,30 circa e,
in replica, il lunedì della settimana seguente alle ore 8. Domenica 16 luglio (replica
lunedì 24 luglio ore 8): «Il futuro in valigia (novità librarie); evangelici e democrazia».
Le segnalazioni si accettano entro il venerdì precedente.
RAIDUE
Vita Quotidiana
I nuovi progetti per l'umanità
I virus sanno fare i virus
GIORGIO PEYRONEL
Due virus stanno flagellando l’umanità: l’Aids e
Ebola. Non sappiamo quali e
quanti altri potranno ancora
infierire, data la facilità e la
rapidità con cui i virus mutano. Il primo virus è stato scoperto nel 1892 in Russia da
Dimitri Ivanoskij: la virologia
è pertanto coetanea della radiochimica. Da allora sono
stati identificati e studiati migliaia di virus, causa di numerose malattie fra le maggiori
che affliggono il genere umano, gli animali e le piante.
I virus sono forme di vita
che non si possono riprodurre
al di fuori di una cellula ospite vivente. Particolare importanza hanno i virus oncogeni,
coinvolti nel processo di formazione dei tumori. Si dice
che i virus costituiscano una
frontiera tra il vivente e il
non-vivente. I più piccoli virus, i viroidi, si riproducono
nelle piante, causando loro
gravi malattie. Il viroide più
semplice contiene solo 240
unità di informazione, circa
dieci milioni di volte meno
dei tre miliardi di unità contenute nel genoma umano.
Quasi tutti i virus sono costituiti da un core, o nucleo,
di acido nucleico, depositario
dell’informazione genetica,
da un capside, cioè da un involucro protettivo formato
dalia ripetizione di subunità
proteiche identiche. In alcuni
casi il capside è ulteriormente
avvolto da molecole lipidiche, il pericapside o peplos.
La particella virale completa
viene detta vinone. L’informazione genetica di un virus
può essere codificata dalVacido desossiribonucleico (Dna),
come nei cromosomi di tutti
gli organismi viventi non virali, oppure àaW acido ribonucleico (Rna). La più piccola unità di informazione contenuta nei cromosomi è il nucleotide, formato dall’unione
di tre molecole: una base azotata, uno zucchero e un gruppo fosfato. La sequenza dei
nucleotidi nel Dna o nell’Rna
specifica e determina la sequenza degli aminoacidi nella
proteina da esso formata nella
sintesi cellulare, e quindi la
forma e la funzione biologica
della proteina stessa.
1 virioni hanno spesso una
struttura sferoidale a guscio
chiuso, basata sulla simmetria
di un icosaedro, un solido delimitato da venti triangoli
equilateri, la cui simmetria è
caratterizzata da dodici vertici, attraversati da un asse di
simmetria quinquenario, da
venti facce triangolari attraversate da un asse di simmetria ternario e da trenta spigoli attraversati da un asse di
simmetria binario. Tale struttura altamente simmetrica fa
«rassomigliare» il virione a
un cristallo, cioè a un corpo
tipicamente non vivente.
Il Dna di un virus che contenga 5.2(M) nucleotidi forma
un polimero lineare lungo diversi micron (il micron equivale a un millesimo di millimetro), mentre la lunghezza
del Dna umano, con tre miliardi di nucleotidi, arriva a
circa un metro. Se si considera ogni nucleotide equivalente a una lettera dell’alfabeto,
la sequenza nucleotidica del
genoma umano occuperebbe
500.000 pagine di un libro
normale. Il diametro di un
piccolo virus può essere di
0,045 micron; quello di un
nucleo contenente il Dna di
una cellula arriva a 7-10 micron, cioè 155-200 volte
maggiore del virus stesso.
I virus non sono cellule ma
parassiti intracellulari che
A B A B
\ A /- \
1. Inizialmente l’energia cinetica me- 2. Solo le molecole veloci possono dia delle molecole è maggiore in A passare da B ad A
A B A B
Ï ì f"
3. Solo le molecole lente possono
passare da A a B
4. Continuando questo processo,
l’energia cinetica media aumenta in
A e diminuisce in B
Rappresentazione del «Diavoletto di Maxwell»
aderiscono alla cellula, penetrano al suo interno attraverso
la membrana cellulare, in alcuni casi sopprimono molte
attività della cellula ospite appropriandosi delle risorse cellulari per la riproduzione delle
particelle virali. Il virus arriva
perfino a sintetizzare enzimi
che scompongono il cromosoma cellulare (Dna) dell’ospite, i cui nucleotidi così liberati
vengono poi riciclati e incorporati nel genoma virale.
Il batteriofago lambda, un
virus lisogeno del batterio
Escherichia coli, ha una testa
icosaedrica, contenente una
molecola di Dna a doppia elica lunga circa 45.000 coppie
di basi, e una coda. In media
un gene del batteriofago
lambda contiene circa 1.000
coppie di basi in grado di
produrre circa 45 proteine di
circa 350 aminoacidi ciascuna. Il batterio Escherichia coli
ha un cromosoma di circa tre
milioni di basi e si pensa contenga circa 5.000 geni codificanti un numero corrispondente di proteine.
I II batteriofago lambda può
attaccarsi a una cellula di
Escherichia coli e iniettarvi,
come da una siringa, il proprio Dna contenuto nella testa
del batteriofago. Il Dna del
batteriofago, introdotto nella
cellula di Escherichia, va a
integrarsi nel Dna batterico,
la cui sintesi viene bloccata
immediatamente dopo l’infezione. Il Dna batterico non
produce più alcuna proteina
batterica: vengono duplicati
ed espressi solo i geni virali,
preservando e concentrando
tutta l’energia cellulare al fine della riproduzione virale.
La duplicazione del genoma
virale prosegue rapidamente
dando luogo a centinaia di
copie del Dna virale in ogni
cellula infettata e la sintesi di
proteine strutturali che ne andranno a costituire la testa e
la coda. Tutte queste parti del
virus vengono poi assemblate
a costituire la particella virale
completa. Dopodiché si ha la
lisi cellulare, con rottura della sua membrana cellulare, e
liberazione della numerosa
progenie virale che andrà a
infettare altre cellule sane.
Un altro problema è quello
della informazione. I virus
«sanno fare i virus»: aggredire le cellule, penetrarvi, neutralizzarne le difese, impossessmsi dei loro meccanismi
vitali per moltiplicare se stessi, e tutto ciò in base a informazioni e procedimenti chimici. Il riduzionismo tende a
ri.solvere la vita nei livelli più
semplici, molècole e atomi,
mentre in una visione olistica
ad ogni livello di «complessità» compaiono proprietà e
attività potenzialmente presenti nel livello inferiore ma
rese attuali solo dalla complessità stessa che si realizza
in un livello superiore. Dice
l’astronomo inglese Fred
Hoyle in L’universo intelligente (Mondadori, 1984):
«Quanto più gli organismi vi
venti si sviluppano, tanto più
diventano complessi, guadagnando informazione piuttosto che perderla» e «mentre
nella fisica impariamo che
processi non viventi tendono
a distruggere l’ordine, il controllo dell’intelligenza è particolarmente efficace nel produrre l’ordine del caos».
A illustrare l’ultima osservazione serve il «diavoletto
di Maxwell». In due recipienti tra loro divisi da una parete
mettiamo in uno un gas A e
nell’altro un gas B, e pratichiamo un piccolo foro nella
parete di divisione. I due gas,
per effetto dell’agitazione termica, si diffonderanno entrambi, attraverso il foro, nei
due sensi, e dopo un certo
tempo avremo un miscuglio
dei due gas perfettamente
identico in entrambi i recipienti. Da una situazione di
«ordine» nel caso dei gas separati e distinti siamo passati
a una situazione di completo
«disordine» nel caso dei gas
unifonnemente mescolati dopo la diffusione attraverso il
foro. Si dice che è aumentata
V entropia del sistema diventato più uniforme. L’entropia
è una tendenza generale e fatale nell’universo.
Se ora nel foro tra i due recipienti poniamo il cosiddetto
«diavoletto di Maxwell» che
sa abilmente manovrare una
«microracchetta» da tennis, sa
riconoscere e distinguere le
molecole del gas A da quelle
del gas B, sa colpirle nel modo giusto perché quelle di A
vadano in un recipiente e
quelle di B nell’altro, dopo un
po’ di tempo l’intelligente e
infaticabile diavoletto avrà rimandato a colpi di racchetta,
separandole, tutte le molecole
di A in un recipiente, e tutte le
molecole di B nell’altro. L’intelligenza del diavoletto avrà
ristabilito l’ordine.
Un chimico-fisico svizzero
ha chiamato ectropia questa
creazione, a partire da fina situazione di disordine, di un
ordine che annulla l’entropia
preesistente, dicendo che l’ectropia è caratteristica dei sistemi vitali. In realtà l’entropia non è diminuita perché
l’ordine creato dal diavoletto
di Maxwell o dagli organismi
viventi è stato realizzato consumando energia prelevata da
qualche altra parte, per esempio bruciando un combustibile, degradandone l’energia a
calore, e aumentando così
l’entropia.
I virus hanno un ordine e
una struttura come i cristalli,
ma la loro complessità, simile a quella dei sistemi biologici, li rende capaci di informazione per poter agire, come fanno, da virus. E l’informazione è una proprietà tipica dei viventi.
• Notizie tecnicamente più
estese e dettagliate possono reperirsi nel volume Virus. Zanichelli, 1988; di Arnold J. Levine, professore nell’Università di
Princeton e direttore del Journal of Virology.
VENERDÌ 21 LUGLIO 19qa
.3
L'aria inglese
Il Regno Unito avvia un’
operazione «aria pulita» e nonostante le passate iniziative
antismog scopre che tre delle
sue più note città superano i
limiti di inquinamento consentiti dalle normative Cee.
Una commissione ha misurato per conto del governo britannico il livello dell’ozono
nei centri urbani e ha così accertato che Glasgow, Manchester e la piccola Cambridge non rispondono agli standard minimi di sicurezza ambientale. L’elenco delle città
dove l’aria non è pulita comprende altri 37 centri meno
famosi ma non include, a sorpresa, Londra che sembra godere di una situazione relativamente tranquilla nonostante il congestionato traffico
automobilistico. Le conclusioni dello studio governativo
non sono affatto rassicuranti:
gli scienziati avvertono che
in Gran Bretagna vi sono milioni di persone che vivono in
aree a rischio ambientale e
che gli ammalati di asma e
cardiopatie e i bambini in
carrozzina sono particolarmente a rischio.
Italiani sonnambuli
Il 15 per cento degli italiani, in particolare bambini,
soffrono di sonnambulismo.
Lo rivela uno studio pubblicato su «Il farmacista». Secondo i dati citati dalla rivista, l’episodio di sonnambulismo inizia nella prima parte
della notte: il sonnambulo si
siede improvvisamente sul
letto, cammina e gesticola. Il
tutto si esaurisce in un quarto
d’ora al massimo, senza che
dell’accaduto rimanga alcun
ricordo. Ma mentre questa
«parasonnia» può verificarsi
nei bambini e negli adolescenti normalmente e senza
conseguenze, spesso può essere associata ad alterazioni
psicopatologiche quando comincia a manifestarsi in età
adulta. «Circa il 15% dei
bambini ha almeno un episodio di sonnambulismo - dice
il prof. Gioacchino Mennuni,
responsabile del reparto di
«medicina del sonno» dell’
Università cattolica di Roma
- mentre l’l-6% ha episodi
frequenti. Il sonnambulismo
inizia per la maggior parte in
età infantile e tocca il massimo fra i 6 e i 12 anni: può capitare facilmente ma spesso,
se si tratta di un solo episodio, viene dimenticato».
Cucina cancerogena
L’olio di colza non raffinato potrebbe essere la causa
dell’alta incidenza del cancro
al polmone delle donne cinesi. L’istituto di ricerca sul
cancro di Shangai ha analizzato i composti volatili che si
sprigionano dalle padelle cinesi (wok) e ha scoperto un
alto tasso di benzene e formaldeide che si sviluppano a
temperature di 280°.
LA MISSIONE
EVANGELICA
CONTRO LA LEBBRA
via Rismondo 10. 05100 Terni
comunica che il nuovo
numero di ccp è
12278057
15
li IMCRDÌ 21 LUGUO 1995
PAG. 11 Riforma
La bomba
atomica
Erano in molti a ritenere
che la tregua sugli esperimenti nucleari, siglata fra le grandi potenze, fosse duratura. E
stata un’illusione. La Francia,
unilateralmente, ha deciso di
riprendere le sperimentazioni
atomiche, come di recente ha
affermato il suo presidente.
. Dumanità intera si trova di
ì fronte a una minaccia che può
lavere gravi ripercussioni non
isolo immediate, ma anche
^ fffoiettate nel futuro. Le pros
■ sime generazioni, purtroppo,
■ si ttoveranno con una ben triste eredità da gestire.
Non sarebbe quindi il caso
che le realtà evangeliche italiane prendessero posizione
di fronte a un’azione così
permeata di codardia, non
con un semplice dissenso, ma
con l’esercizio di una vibrani te forma di protesta nei confronti di un atto tanto provocatorio?
0 forse si paventa il rischio
. di eventuali ritorsioni per una
esposizione così dichiarata?
Vis
Adriano Dorma
Sant’Antonino di Susa (To)
Evangelici
nelle Marche
A proposito della lettera di
^Stefano Valenti di Treia
(Me), pubblicata su Riforma
del 14 luglio, che mi chiamava in causa, vorrei ricordare che il gruppo di Fermo e
tìntomi («una quindicina fra
membri e simpatizzanti») non
può essere considerato una
. ' «chiesa riformata» presente
nelle Marche.
Valenti non può saperlo,
perché è entrato in contatto
con tale grappo solo un anno
e mezzo fa e quindi molte cose ancora gli sfuggono, ma
personalmente (anche per
motivi familiari, infatti fino a
qualche anno fa le riunioni si
tenevano in casa di mie zie)
DIBATTITO SUL DOCUMENTO DI FIRENZE SULLA SCUOLA
Per un insegnamento non
EUGENIO BERNARDINI
Condivido sostanzialmente l’articolo di Michele Rostan pubblicato il
2 giugno scorso. La nostra avversione
per l’insegnamento confessionale della
religione e delle pratiche culturali nella
scuola di tutti è ragionevole e meditata,
soprattutto se si tiene conto del contesto italiano. Ma dire solo no alla situazione attuale e vigilare e denunciare i
continui soprusi per quanto necessario,
non è più( sufficiente. Allora, quale
obiettivo proporre?
L’orizzonte europeo potrebbe spingerci verso una proposta di presenza
pluriconfessionale nella scuola: oggi
solo i cattolici, domani anche i protestanti e i musulmani, dopodomani anche altri. Ma è questo che possiamo
considerare desiderabile? Al di là dei
problemi pratici, non ci bastano 65 anni
di insegnamento confessionale cattolico
nelle scuole per farci capire che si tratta
di una via sbagliata, che produce quasi
sempre disinteresse, qualunquismo, formalismo religioso? Davvero potremmo
«insegnare» la comprensione evangeli
ca della fede cristiana in un quadro protetto da «programmi ministeriali»,
«ruoli docenti» e altro ancora?
Allora non resta che la terza via, già
ben indicata nel citato articolo di Michele Rostqn, sulla quale ci dovremmo
muovere con convinzione, suscitando
le necessarie alleanze: un insegnamento di religione non confessionale, con
insegnanti qualificati, assunti per concorso come tutti, con un programma
ministeriale che non necessiti di approvazioni ecclesiastiche.
È vero, e lo riconosce anche Rostan,
ci sarebbero tanti cattolici a insegnare
questa materia, non si potrebbero
escludere a priori abusi e atteggiamenti
tendenziosi, ma anche nel mondo cattolico c’è un sincero e diffiiso interesse
per la ricerca religiosa compiuta con libertà e apertura verso tutti. Non solo,
la società italiana ha un gran bisogno
di apertura culturale e religiosa; questo
potrebbe essere anche un solo passo,
ma di un qualche rilievo e, forse, potrebbe essere il grimaldello che apre la
porta del progressivo, ma definitivo,
superamento del confessionalismo reli
gioso nella scuola. E «fintantoché»?
Fintantoché, dovrenomo cercare di essere il più possibile presenti nella scuola: con la presenza qualificata come
genitori, studenti e insegnanti evangelici; con la presenza come «esperti» e
«consulenti» non solo nelle ore di storia, italiano e filosofia, ma anche, ^rché no? in quelle di religione cattolica;
con la promozione da parte dei centri
culturali protestanti di corsi di aggiornamento, riconosciuti dai .Provveditorati, per gli insegnanti di ogni materia e
di ogni ordine e grado. Sono convinto,
tra l’altro, che questo tipo di presenza,
sì confessionale, abbia un futuro anche
nell’ipotesi di «terza via» su delineata
perché consentirebbe alla scuola di tutti di essere aperta alla realtà sociale
pluriconfessionale.
Dunque, sì alla presenza del fatto religioso nella scuola, sia con un insegnamento religioso eurricolare non
confessionale, sia con una presenza
saltuaria e gratuita di esperti delle diverse confessioni, sia con la propria
piena identità di docenti e discenti oltre
che di genitori.
conosco bene la vicenda degli
evangelici di Fermo-Porto
San Giorgio che traggono la
loro origine storica dalla presenza di una famiglia protestante inglese (Welby) giunta
nella zona nel 1833 e collegata con la Chiesa valdese.
Nel 1983 ho tenuto una
conferenza sulle tracce (culturalmente rilevanti) della
presenza valdese nella zona
alla Società operaia di Porto
San Giorgio, di cui una relazione fu pubblicata anche su
«La luce» a firma di Enos
Mannelli che allora, come
ora, curava quell’area. Più recentemente ne ho fatto un accenno su Riforma del 18 novembre ’94. Membri evangelici del Fermano si sono sposati con famiglie delle valli
valdesi (tra cui pastori) e alcuni di loro sono tuttora
iscritti nei registri della Chiesa valdese di Roma, della
quale io stesso faccio parte, e
sono stati regolarmente visitati per oltre un secolo da pastori e anziani di questa chiesa. Solo da qualche anno, per
Riforma
Via Pio V, V5 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
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Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Gian Paolo Ricco, Giancarlo
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Riforma é il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del l'gennaio 1951. responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con onUnanza in data 5 marzo 1993.
il numero 28 del 14 luglio 1995 è stato consegnato per l’inoltro postale all'Ufficio CMP Nord,
via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoled'i 12 luglio 1995.
comodità geografica, il grappo è curato dalla Chiesa
metodista di Pescara.
Grazie dunque di aver ricordato ancora il gruppo di
Fermo che, leggo, continua
con impegno ed efficacia la
sua testimonianza.
Mario Cignoni - Roma
Rione Terra
Ieri, durante i lavori domestici, pensavo a tutte le ingiustizie con le quali dobbiamo
confrontarci. Voglio raccontare un episodio vissuto, in
prima persona; argomento:
rione Terra, Pozzuoli.
Dopo anni di abbandono
totale da parte dell’amministrazione di Pozzuoli, il rione
Terra, l’antica cittadina puteolana, da grigio fantasma di
pietre e contenitore di immondizia, ora ha un suo momento «magico». Improvvisamente i giornali, la televisione ne parlano come scri
gno di tesori unici al mondo,
scoprendone così l’importanza storica: il rione Terra è
tornato a vivere. Pertanto si
organizzano gite e ignobili
spettacolini, tesi a sottolineare una «cultura popolare» a
quanto pare scomparsa. Con
un misto di interesse e curiosità partecipo a una di queste
visite guidate, ma sarebbe
più giusto dire «visita pilotata» in quanto limitata, a un
centinaio di metri circa. Si
tratta di un percorso fra palazzine puntellate e vicoli
chiusi al passaggio. Visitiamo quattro vani risalenti al
periodo romano, all’interno
di vetrine sono schierati in
bella mostra un centinaio di
oggetti risalenti allo stesso
periodo. Alla fine in un altro
vano ci vengono mostrati alcuni progetti di restauro per
il rione Terra.
Il giro finisce. È strano: ripenso a ciò che ho visto; non
sono proprio riuscita ad emozionarmi di fronte a quelle testimonianze storiche celebrate come il trampolino di lan
Casa Materna
ORPHANAGE
235 corso Garibaldi - 80055 Portici
Tel. (081) 475338-475211 - Fax (081) 475338
Cerchiamo
Mamma e Papà
Casa Materna è una casa per ragazzi bisognosi situata nel
centro della città di Portici. Ci sono quasi sessanta ragazzi
provenienti da diverse situazioni sociali. Casa Materna è
proprio un’oasi nella città con grandi giardini, una scuola
materna ed elementare, una palestra, un auditorio e tante
altre attività. Insomma una struttura invidiabile e che spesso ci invidiano. Tutto questo in risposta alle parole di Gesù: «Lasciate che i fanciulli vengano a me».
Cosa chiediamo:
Coppia sposata per fare da madre e padre a un piccolo
grappo di ragazzi. In ogni famiglia potranno esserci da un
minimo di 5 a un massimo di 8 ragazzi.
Requisiti richiesti:
• Diploma di scuola media superiore;
• età non superiore ai 50 anni;
• vitalità ed entusiasmo;
• disposizione a vivere in comunità;
• capacità di guardare le cose in prospettiva e in pòsitivo;
• buon affiatamento di coppia;
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Se volete, potete contattare la Casa Materna scrivendo direttamente al direttore. Luigi Capuano, do Casa Materna,
Corso Garibaldi 235, 80055 Portici, Napoli, o inviando un
fax al 081/475338 o telefonando al 081/475338.
do da cui partirà finalmente
il tanto desiderato «riscatto»
del popolo puteolano. Erano
dunque quegli oggetti il riscatto del rione Terra? Saranno i palazzi restaurati e i futuri uffici il riscatto puteolano? Accanto a me c’erano alcune persone che piangevano
in silenzio, parlavano di quei
«vani», di quelle stanze ora
adibite a temporaneo e discutibile museo, come della loro
abitazione, della loro casa, e
si leggeva chiaramente sui
loro volti tutto il rancore e il
rammarico per una battaglia
mai avvenuta.
Allora sono tornate in me
ben altre immagini di cose
viste e sentite, gravi e drammatiche: anni ’70, il bradisismo, la gente cacciata via,
buttata fuori di casa. Mi sono
documentata sulla legge n.
475 del 19 luglio 1971, che
doveva provvedere al soccorso della popolazione, prevedendo inoltre l’acquisizione e
la restaurazione degli immobili danneggiati dal terremoto. Ma le leggi le fanno gli
uomini, e gli uomini possono
sbagliare. Il rione Terra non
fu distrutto dal bradisismo
ma dall’incuria e dall’egoismo di chi avrebbe poi potatoi attingere a piene mani.
Ecco a che cosa è servito. Era
davvero necessario lo sgombero del rione Terra? Pensate
che in questi 25 anni ben altri
tesori sono stati sottratti al
rione Terra che non quel centinaio di piatti e vasi esposti
con tanta cura. Un popolo è
stato strappato alle sue case,
la sua cultura dispersa, ma di
una cosa sono certa, che in
ogni piccolo angolo di quel
rione, in ogni pietra la più
corrosa, si avverte il battito
del cuore di un popolo che ormai non spera più. Per adesso
sento la mia voce «come la
voce di colui che grida da solo nel deserto».
Alessandra Pascolo
Monterascello (Na)
Pecore nere
Chissà perché dopo il grande entusiasmo per qualcosa,
poco alla volta essa svanisce
nel nulla. Succede che dopo il
battesimo o la confermazione
uno-frequenti spesso la chiesa
e poi se ne allontani.
Così è successo nella nostra
chiesa: dai culti è mancato
anche chi suonava gli inni.
Mi chiedo se è forse una serata di preghiera che manca, visto che la preghiera è il profumo che sale a Dio, a lui
gradito. O forse è il menefreghismo che c’è in giro a condurci a essere così, di fronte
alle autorità che ci prendono
in giro? Evitiamo di diventare
delle pecore nere.
Mara Biondini - Livorno
Errata
Nell’articolo sul Centro culturale Jacopo Lombardini
(Riforma n. 26, p. 5), abbiamo scritto che il Centro è nato
nel 1969, fondato da Giorgio
Bouchard. In realtà è sorto nel
1968, su iniziativa di un grappo di cui faceva parte il pastore Giorgio Bouchard. (jjp)
«E l'Eterno rispose:
Ti accompagnerò
e ti darò riposo»
Esodo 33,14
Dopo lunga malattia
Aline dalla
è serenamente mancata, all'età
di 87 anni.
Nella riconoscenza per l'esempio di bontà e coraggio che ci lascia, ne danno l'annuncio la figlia
Giovanna e I cugini Pons e Peyronel.
Ginevra, 11 luglio 1995
«lo so in chi ho creduto»
2 Timoteo T, 12
È piaciuto al Signore richiamare a sé
Redenta De Regibus Naselli
Addolorati ma fidenti nelle promesse divine lo annunciano II marito Aurelio, la figlia Silvana con il
marito Cario Martinetto e i nipotini
Luca e Fabio, le sorelle Jole con il
marito Arnaldo Vianello, Lucilla
con il marito Giannantonio Bottazzi, i nipoti e i parenti tutti.
Torino, 16 luglio 1995
Il Consiglio di amministrazione
delle Edizioni protestanti, i redattori, il personale amministrativo e
i tipografi sono vicini alla famiglia
e a Aurelio per per la perdita della moglie
Redenta De Regibus Naselli
e ricordano le promesse del Signore della resurrezione.
Torino, 21 luglio 1995
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore dice: Le sofferenze
del passato saranno
dimenticate, svaniranno
davanti ai miei occhi»
Isaia 65,16
I figli e i familiari della cara
Lidia Travers ved. Sappé
riconoscenti, ringréiziano tutti coloro che hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al dr. Valter Broue, al dr. G. Paolo Varaida, ai pastori Vinti e Bouchard e ai vicini di casa.
San Germano Chisone
21 luglio 1995
RINGRAZIAMENTO
Il marito e i familiari della cara
Olga Long Bianclotto
ringraziano di cuore tutti coloro
che con presenza, fiori, scritti e
parole di conforto hanno preso
parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare '
al pastore Erica Tomassone, ai
medici e infermieri dell'Ospedale
valdese di Pomarefto e dell'Ospedale civile di Pinerolo e a tutte
le persone che le sono rimaste
vicino nell'ultimo periodo della
malattia.
Abbadia Alpina, 21 luglio 1995
i nscrotogl Ài acesttano
entro la ora 9 dai lunedi.
TatefoÀara 011*655278 *
faxOII-657542.
16
PAG. 1 2
RIFORMA
Cresce in varie parti del mondo il numero di bambini impiegati come soldati
Quando i bambini imparano solo la guei
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Non solo nell’ex Jugoslavia ma anche in una
trentina di conflitti armati in
tutte le parti del mondo, un
numero crescente di bambini,
ragazzi e ragazze sotto i 18
anni, viene impiegato in azioni di guerra. «Sono fortemente motivati, si fanno dirigere
facilmente, e non danno valore alla vita umana» è la cinica giustificazione di questa
prassi da parte delle fazioni
in guerra. Nella commemorazione del cinquantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, i ricordi dei sessantacinquenni
che presero parte al conflitto
sono fra i più dolorosi: avevano 15 anni quando furono
mandati a combattere. C’è un
film, che non ci risulta sia
comparso sugli schermi italiani, dal titolo «Die Briicke»
(il ponte) che testimonia di
questo insensato e disumano
inserimento dei bambini nella
guerra attiva. Molti sono rimasti marchiati dalle esperienze negative che hanno
passato e che ancora oggi li
perseguitano.
Quelle esperienze traumatiche non sembrano però aver
insegnato molto. Secondo un
rapporto della Chiesa dei
quaccheri del 1993, ci sono
oggi in 27 paesi ragazzi e ragazze sotto le armi. Non si sa
quanti siano in rotale, ma una
stima verosimile indica che
sono parecchie decine di migliaia. Uno dei paesi in cui la
sorte militare dei diversi capi
dipende in misura notevole
dai soldati bambini è la Liberia. n piccolo stato deH’Africa occidentale è sconvolto da
anni dalla guerra civile; l’Onü
ha inviato delle truppe che
dovrebbero controllare un’armistizio segnato a suo tempo,
ma come al solito non possono fare molto.
In questa guerra ci sono
troppe fazioni, troppi signori
della guerra che cercano, se
mai si giungesse alla pace, di
arrivarci da una posizione di
forza. Per questo i bambini
sono utili. Già da tempo non
vi sono più scuole nel paese,
il cibo scarseggia: non è difficile arruolare bambini, dai
12 ai 14 anni, disposti a farsi
addestrare al combattimento.
Nell’esercito si mangia regolarmente, si ha la sensazione
dell’appartenenza, e poi si vive secondo schemi molto
chiari: si determina senza
sfumature chi sono i buoni e
chi i cattivi. È facile far leva
sulla capacità di entusiasmo
tipica di quell’età.
Un bambino sotto le armi è
una delle cose più sconsolanti
del mondo, dice un generale
canadese che comanda il corpo di pace dell’Onu in Liberia. Alla stampa venne data la
notizia che una decina di ragazzi e ragazze fra i 9 e i 17
anni erano stati disarmati nella foresta ma nonostante si
trattasse di un evidente successo nessuno se ne rallegrava. Che sarebbe successo a
quei bambini? Chi garantisce
che il giorno dopo non tornino a farsi arruolare? E che
possibilità hanno per il futuro
visto che sanno soltanto combattere? Sanno maneggiare il
coltello e il fucile automatico,
ma non hanno imparato a leggere e scrivere. In quale integrazione sociale potranno mai
sperare costoro che hanno partecipato a massacri, che hanno ucciso altri esseri umani?
Nelle relazioni di quanti
conoscono la situazione vi è
sempre l’accusa rivolta a coloro che fanno combattere i
bambini per sé e per i propri
scopi. Ragazzi e ragazze ven
Giovani ragazze bosniache in guerra contro i serbi
gono incitati ad andare contro
il nemico con la forza della
propaganda: per rafforzare il
loro odio sono loro somministrate delle droghe e poi vengono mandati afl’attacco.
Questo modo condizionato,
'spietato, crudele di fare la
guerra ha scosso molti che si
Sono trovati di fronte questi
bambini. Non hanno più nulla
da perdere, sono indifferenti e
senza scrupoli.
Per combattere queste aberrazioni, soprattutto, le Nazioni Unité hanno cercato di fare
qualcosa ma i loro sforzi sembrano destinati a fallire. Innanzitutto, prima di disarmare
i soldati bambini per spedirli
in un qualunque campo di
raccolta, occorrerebbe avere
dei programmi alternativi funzionanti. L’art. 38 della Con
venzione deirOnu sui diritti
dei bambini, dice che i bambini al di sotto dei 15 anni non
devono prendere le armi ma
nessuna delle parti in guerra
fa caso a quest’articolo: tanto
più quando scarseggiano gli
adulti, perché i soldati addestrati per lo più sono morti.
La lista dei paesi in guerra
che si servono dei bambini
come soldati è lunga, va
dall’Afghanistan al Sahara
occidentale, comprende i curdi e gli armeni, il Sudan e
r Angola, il Guatemala e il
Perù e tanti altri. Con stupore
vediamo che anche la Gran
Bretagna è segnata nella Usta,
perché permette l’accesso al
servizio militare anche a chi
ha meno di 18 anni. Non solo, già i bambini vengono invitati a visitare l’esercito e a
fare delle esercitazioni di prova. Come ormai spesso accade, la Comunità Intemazionale pare sempre meno capace
di intervenire. Organizzazioni
ecclesiastiche e umanitarie
hanno accresciuto il loro impegno verso questi bambini,
che sono i più poveri fra i poveri, organizzando centri educativi e programmi di reintegrazione. Forse la situazione
si evolverà secondo la tendenza che affiora in Sudan,
dove le parti in guerra sembrano servirsi sempre meno
di bambini soldati. I giovani e
le giovani vengono mandati
alle scuole e università dei
paesi vicini, perché possano
esserci forze disponibili ben
preparate, per guidare la società quando la guerra finirà.
(Reformiertes Forum)
Si è svolto a Ginevra un incontro internazionale sul problema
Bisogna liberare il mondo
dal flagello delle mine antiuomo
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), richiedendo un
forte intervento intemazionale per liberare il mondo dalle
mine antiuomo, ha annunciato che d’ora in poi rifiuterà
ogni rapporto commerciale
con ditte coinvolte nella vendita o nella produzione di tali
armi.
In un discorso pronunciato
nel corso dell’Incontro internazionale contro le mine che
si è svolto a Ginevra aH’inizio di luglio, l’Alto Commissario signora Sadako Ogata
ha dichiarato che «il flagello
delle mine terrestri pone un
serio ostacolo al rientro di
milioni di rifugiati e di sfollati nel mondo: la loro produzione e vendita deve essere
fermata - ha detto a proposito
delle mine antiuomo che indiscriminatamente uccidono e
mutilano decine di migliaia di
civili ogni anno -. Come altre
armi del genere devono essere proibite; da parte mia non
vedo molta differenza tra chi
le usa e chi le fabbrica».
Benché la messa al bando
delle mine richieda un’azione
da parte dei governi, la Ogata
ritiene che l’Acnur possa fare
comunque la sua parte rifiutandosi di trattare con i produttori: «Per quanto riguarda
l’Acnur, non acquisteremo
coscientemente i prodotti di
ditte che vendono o fabbricano mine antiuomo o loro
Sminamento in Mozambico dove vi sarebbe un miiione di mine
componenti - ha affermato -.
Quale che sia la legalità attuale della produzione di tali armi, il pedaggio che fanno pagare a vittime civili innocenti
è un crimine nei confronti
deH’umanità. Chi le fabbrica,
le vende o le esporta ha una
diretta responsabilità che va
riconosciuta e affrontata dalla
comunità intemazionale».
Negli ultimi anni, la diffusione delle mine antiuomo è
cresciuta a tal punto che l’Acnur, in mancanza di altre migliori soluzioni, ha dovuto
coinvolgersi direttamente in
attività relative alle mine, in
paesi come l’Afghanistan, la
Somalia nord-occidentale, la
Cambogia e il Mozambico.
Come se dover ricostruire la
propria vita da zero non bastasse, ha detto la Ogata, i ri
fugiati che ritornano nel proprio paese devono affrontare
la perenne minaccia di queste
mine sparse a casaccio nelle
loro comunità devastate. Sulla base dell’esperienza acquisita, la Ogata osserva che «lo
sminamento deve essere condotto sin dalle prime fasi di
un accordo di pace; le parti in
conflitto responsabili della
posa delle mine dovrebbero
essere coinvolte nelle operazioni di sminamento; le attività di sminamento non possono procedere finché le ostilità non sono completamente
cessate; la presenza delle mine ostacola seriamente gli
sforzi per fornire assistenza
umanitaria ai rimpatriati e limita i loro spostamenti e la
loro capacità di raggiungere
l’autosufficienza». (Acnur)
Brevi
SS)"»"*'“
Il Parlamento sudafricano approva
la creazione della «Commissione verità»
CITTA DEL CAPO — Il 28 giugno scorso il Parlamento sudafricano ha approvato un progetto di legge relativo alla creazione della «Commissione verità» incaricata di indagare sulle atrocità commesse all’epoca dell’apartheid. Questa Commissione sarà autorizzata ad amnistiare ogni persona che avrà riconosciuto di avere violato i diritti umani durante l’epoca dell’apartheid. L’Inkhata e il Fronte della Libertà, unico partito bianco di estrema destra rappresentato al
Parlamento, si erano opposti a questo progetto. L’Inkhata
rimprovera al Congresso nazionale africano (Anc) di volere
utilizzare la «Commissione Verità» per lanciare «una caccia
alle streghe». L’Anc ha respinto queste accuse, affermando
che il progetto mira a promuovere la riconciliazione e l’edificazione della nazione. Il ministro della Giustizia. Dullah
Omar, ha affermato che le disposizioni relative all’amnistia
sono «un atto storico di generosità da parte delle vittime
dell’apartheid».
Zaire: rinvio delle elezioni
KINSHASA — Il Parlamento zairese ha deciso di rinviare di due anni le elezioni generali multipartitiche che dovevano porre un termine al periodo di transizione avviato nel
1990. Le elezioni dovevano svolgersi il 9 luglio scorso, ma
Anzulini Bembe, che fa funzione di presidente del Parlamento, ha affermato che l’articolo 17 della Costituzione era
stato modificato per consenso, prolungando «la durata della
transizione di ventiquattro mesi a partire dal 10 luglio». Il
presidente Mobutu Sese Seko, che ha preso il potere nel
1965, dopo un colpo di stato, ha esercitato una vera e propria dittatura fino al 1990 quando è stato avviato il «processo di transizione democratica». La Costituzione provvisoria
stabilisce che il primo ministro deve essere membro di un
partito di opposizione al capo dello stato. L’attuale opposizione, che contesta la legittimità del governo di Kengo Wa
Dondo, potrebbe presentare di nuovo Etienne Tshisekedi
come candidato al posto di primo ministro.
Germania: nuova legge sulPinterruzione
volontaria della gravidanza
BONN — Dopo lunghi mesi di dibattito, la nuova legge
sull’interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) è stata
votata a larghissima maggioranza dal Bundestag. L’aborto
rimane «illegale», anche se l’embrione presenta un handicap; ma esso non darà luogo a procedimenti giudiziari se
sarà praticato nei primi tre mesi di gravidanza. Per essere
autorizzata a subire una Ivg, la donna incinta dovrà sottopporsi ai consigli di un medico. Essendo illegale, l'Ivg non
sarà rimborsata dalla mutua, eccetto nei casi di stupro o dietro precisa indicazione medica. Nel maggio 1993, la Corte
costituzionale di Karlsruhe aveva respinto un primo testo di
legge sull’Ivg, più liberale.
Zambia: Kenneth Kaunda
riconquista la presidenza dell'Unip
LUSAKA — Kenneth Kaunda, ex capo di stato dello
Zambia, ha facilmente riconquistato la presidenza del Partito unito dell’indipendenza nazionale (Unip) che aveva fondato nel 1958. Kenneth Kaunda, 71 anni, che era stato battuto nell’elezione presidenziale del 1991 da Frederik Chiluba, si presenterà all’elezione del 1996 a capo del principale
partito di opposizione.
L'Albania è stata ammessa
al Consiglio dell'Europa
STRASBURGO — L’Assemblea parlamentare dell’organizzazione dei diritti umani del Consiglio dell’Europa ha
ammesso l’Albania il 29 giugno scorso. L’ammissione è
stata poi formalizzata il 10 luglio dal comitato dei ministri
del Consiglio. In controparte, l’Albania si è impegnata ad
adottare a breve scadenza il progetto di nuova Costituzione,
a garantire l’indipendenza della giustizia e ad abolire la pena di morte entro tre anni.
Brasile: cassa integrazione
per migliaia di metalmeccanici
RIO DE JANEIRO — La General motors, la Ford e la
Fiat hanno deciso di mettere diverse migliaia di operai in
cassa integrazione per via del gonfiamento degli stock. Nel
maggio scorso, la disoccupazione ha raggiunto il 4,5% della
popolazione attiva contro il 5,2% del maggio 1994.
È vietato immergere
piattaforme petrolifere in mare
BRUXELLES — Il divieto di immergere piattaforme petrolifere in mare è stato votato il 29 giugno scorso a Bruxelles durante la riunione degli stati firmatari della convenzione Ospar (Oslo-Parigi) sulla protezione dell’Atlantico e del
mare del Nord. La Gran Bretagna e la Norvegia hanno votato contro. Il divieto entrerà in vigore alla fine di luglio.