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Anno 123 - n. 50
31 dicembre 1987
(ultimo numero dell'anno)
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
CAPODANNO
Il nuovo per noi
Il 37 dicembre di 40 anni fa
veniva promulgata Tattuale Costituzione. Si concludeva così
quel primo atto della nuova Italia iniziatosi il 2.6.1946 con il referendum per la Repubblica e
l’elezione della Costituente.
la nuova Costituzione fu definita un felice compromesso tra
le diverse od opposte posizioni
poiiiiche che in 18 mesi ne elaborarono il testo. Al momento
dei voto definitivo, La Pira propose' che la Costituzione venisse proclamata dal popolo « in
nome di Dio ». Questo marchio
cattolico, però — con cui, come r! tempo della crociata, si
vole'. ii usare il nome dell’Eterno
invaso — fu evitato dai misurati
interventi di Togliatti e deU’amico Piero Calamandrei; due voci diverse che indussero l’Assemblea a restare nei limiti delle
cose umane.
Anche le nostre Chiese avevano dai < un contributo, nel quadro drile loro competenze. Con
alcuni documenti rivendicarono
per tutti quei diritti di libertà
nel csfiipo religioso ed ecclesiastico che, almeno, in parte« la
Assemblea volle riconosciuti e
garantiti. Certo il testo costituzionale non convinse del tutto
per il richiamo ai Patti lateranensi. per certe lacune e per
varie soluzioni abbozzate o non
chiare, foriere di inconvenienti
in sede applicativa. Tuttavia anche gii evangelici furono allora
fiduciosi che i governanti ne avrebbero con alacrità attuate le
norme e compiuto il dettato
con le leggi previste e dovute.
Vi fu invece un quindicennio di
ignobile intolleranza religiosa,
in cu? l’arroganza della DC contro i «culti ammessi» fu pari alla
carenza nel dare attuazione alla Costituzione.
Ma la lista delle norme inattuate, delle riforme sbagliate,
delle leggi non fatte si è trascinata sino ad oggi, a prescindere
dal colore dominante i susseguenti governi e 10 legislature.
Smarritosi il senso dello Stato,
oggi i partiti — singolari società private vettovagliate col denaro statale — esercitano di fatto il potere lottizzando ogni cosa.
Le loro dirigenze sfanno e rifanno i governi a capriccio ed
impongono agli elettori solo gli
eleggibili di loro gusto. Su di esse non v’è controllo.
Ora i dirigenti emersi in questi ultimi anni fanno un gran
vociare di riforme istituzionali.
Le istituzioni però, e da sempre,
hanno il valore delle persone
che le fanno funzionare. Il nostro G.P. Meille, già nel 1872,
aveva avvertito che: « Ogni sistema è suscettibile di portare
buoni frutti quando garantisce
alla società quei due elementi
essenziali di stabilità e prosperità che sono: l’ordine e la libertà ». E questo risultato la
Costituzione Tha dato. « Se, esistendo tali condizioni, il sistema
non riesce, — nota il Meille —
è il modo con cui è applicato
che bisogna soprattutto rivedere. Questa è l’opera da intraprendere prima di ogni altra ». Questo penso sia il contributo che
l’ambiente valdese può dare ai
concittadini in vista delle necessarie riforme.
Giorgio Peyxot
L’anno nuovo che nasce è occasione per riflettere sul significato della novità che Cristo ha
portato e per assumere decisioni in vista di un cambiamento delle nostre situazioni chiuse
Gesù diceva ancora ai suoi discepoli: Un uomo ricco aveva un
fattore, il quale il quale fu accusato davanti a lui di dissipare i
suoi beni. Egli lo chiamò e gli disse: Che cos’é questo che sento
dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché tu non
puoi più essere mio fattore. Il fattore disse fra sé: Che farò, ora
che il padrone mi toglie l’amministraziqne? Di zappare non son
capace; di mendicare mi vergogno. So bene quello che farò, perche qualcuno mi riceva in casa sua quando dovrò lasciare l’amministrazione. Fece venire uno per uno i debitori del suo^ padrone, e
disse al primo: Quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento bati d’olio. Egli disse; Prendi la tua scritta, siedi, e scrivi presto:
Cinquanta. Poi disse a un altro: E tu, quanto devi? QueUo rispose:
Cento cari di grano. Egli disse: Prendi la tua scritta, e scrivi: Ottanta. E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con
avvedutezza; poiché i figli di questo mondo, neUe relazioni con quelli
della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce »
(Luca 16: 1-8).
Gesù costruisce la parabola su
un personaggio in verità insolito: un amministratore imbroglione. Ma non esulti né si esalti
il « mafioso »: non c’è qui alcuna legittimazione di quella « filosofia », tanto cara a certi ambienti, per la quale il fine, in
particolare il proprio fine, giustifica in ogni èasò il mezzo. Ss
Ge.sù non condanna, in modo palese, neanche assolve: al centro
del suo ragionamento non ci sono le truffe, gli imbrogli, le menzogne dell’amministratore. L’in
tento di Gesù, in questa parabola, è un altro: egli vuole condurre a leggere in profondità U
fatto.
Nell’esistenza dell’amministratore arriva il momento della
« crisi »: il padrone, con la decisione di licenziarlo, entra nella
sua vita in modo determinante.
Per lai è la rovina: non ha più
il suo lavoro, non gli va di fame
altri, né probabilmente riuscirebbe a farli, ammesso che qualcuno glieli offra, e non se la sente
di chiedere l’elemosina: il suo
avvenire è oscuro davvero.
Ma egli ^afferra tutta la criticità di questa sua situazione, e
si mette all’opera: compie delle
azioni che pongono le premesse
per una modificazione profonda
dello stato in cui si trova. E’
quanto vuole sottolineare Gesù:
il fattore, nell’ora della « crisi »,
ha saputo agire con tempestività ed avvedutezza.
Gesù si serve di questo fatto
e del suo protagonista per dire
ai suoi ascoltatori (a quelli di
ieri e a quelli di oggi): «Nella
mia persona il Regno di Dio bussa alla vostra porta, entra nella
vostra vita; questo costituisce
per voi un giudizio, segna una
"crisi”; anche per voi c’è l’urgenza di assumere una decisione, di agire ».
« Anno nuovo, vita nuova », abbiamo gridato, ancora una volta,
in questi giorni. Ma può capitare, come già è capitato, che questo augurio e questo intento si
traducano in urta riproposizione
del buon « tempo passato », appena verniciato di una qualche
modernità, ovvero in una fuga
nei modelli offerti dalla imma
ANCORA UN NATALE DI VIOLENZA
La collera dei giovani palestinesi
La questione palestinese non sembra oggi trovare una soluzione
Da una ventina di giorni il
sangue scorre in Palestina.
E’ quello dei giovani palestinesi che sfidano i soldati e i poliziotti israeliani per riaffermare il loro diritto ad essere un
popolo con una sua terra. Quest’ondata di violenza, proprio
nei giorni del Natale cristiano,
non è cosa nuova per quei territori: l’occupazione israeliana
dei territori arabi di Gaza e della Cisgiordania dura da una ventina d’anni. Questa volta, però,
l’intensità degli scontri e il numero delle persone coinvolte sono maggiori ed il mondo occidentale si interroga. Si ristudiano e si riscrivono le risoluzioni deirOnu in materia, ci si mobilita.
Si scopre così la realtà di una
occupazione militare israeliana
fatta di misure preventive e
repressive contro la popolazione araba, specie quella giovanile, di « detenzioni amministrati-'
. ve » senza processo, di « espulsioni selettive ». Le autorità
israeliane, usando abilmente il
bastone e la carota, sono riuscite
per una ventina di anni a governare territori a loro politicamente ostili: oggi però questo
non basta più, la Cisgiordania
e Gaza sono profondamente diverse da vent’anni fa. Economicamente si sta meglio; l’apporto di denaro degli 80 mila lavoratori palestinesi che ogni giorno vanno a lavorare in Israele
permette livelli di vita certa
Cisgiordania. Ragazzi guardano ciò che è rimasto dopo un blitz
della polizia.
mente migliori di quelli di pura sussistenza di 20 anni fa. La
istruzione dei giovani è maggiore. Con l’istruzione sono cresciuti anche il sentimento dell’identità nazionale dei palestinesi, che
è all’origine delle manifestazioni di questi giorni, la collera
contro roblio nell’opinione pubblica intemazionale della questione palestinese.
Ma in Israele c’è chi non ha
mai smesso di agire e pensare
perché alla questione palestinese venga data una soluzione ne
goziata: è il movimento di « pace adesso », che in questi giorni sta manifestando dall’altra
parte, contro il proprio governo. Nella dialettica tutta ebraica tra il « popolo del libro » e
« il popolo della terra », c’è in
Israele chi tenta un’unificazione dei poli. La speranza di pace sta qui. Al di fuori non c’è
che una prospettiva di sangue
e violenza in una terra che
ne ha vista fin troppa.
Giorgio Gardiol
ginazione, dalla fantasia. E’ qui
il « nuovo »?
Abbiamo all’orecchio i testi di
Natale: ci commuovono, come
sempre, con la loro poesia, ma
anche ci colpiscono e ci impressionano, come sempre, con il loro annuncio dell’avvenimento del
Regno che Gesù inaugura, portando il futuro di Dio nel nostro
presente, il quale diventa, così,
il tempo in cui accade un fatto
che provoca una « crisi » e richiede una decisione. Parecchi
« sapienti » vanno attorno cercando di convincerci che noi, in
pratica, siamo condannati ad abbandonarci, anima e corpo, al
nostro « secolo » (alle sue strutture, alle sue logiche, ai suoi eventi); che il nostro domani (il
nostro « destino » individuale e
collettivo) sia determinato da
questo o quell’evento, in un rapporto meccanico di causa ed effetto.
La nostra parabola, viceversa,
ci annuncia che, con le nostre
scelte tempestive e le nostre azioni avvedute, noi abbiamo la
possibilità di non appiattirci sul
« secolo », di « non conformarci »
ad esso (direbbe Paolo); che il legame tra il nostro mondo, i fatti che vi accadono, la creazione
che oggi « geme ed è in travaglio »
(Rom. 8), e U nostro «destino»
non è affatto inscindibile: esso
può essere sciolto, è già nella
storia.
Per la vicinanza del Regno, noi
dunque possiamo muoverci tra
le vicende della vita, non nella
pura e semplice attesa che esse
finalmente ci parlino, non in un
loro ascolto passivo per imparare da esse la sola verità possibile, addirittura per attendere
da esse la spinta che soltanto
consente di pensare, essere quali ci vogliono, ma tra queste vicende noi possiamo muoverci con
occhi che vedono, con « sensi esercitati a discernere» (Ebrei),
con menti e cuori che colgono
«la differenza delle cose» (Romani).
Noi indubbiamente siamo e viviamo in una contraddizione:
quella tra le realtà abituali delle nostre giornate e le realtà nuove del Regno che, nella fede, as^saggiamo; ma noi possiamo vivere in questa contraddizione
con responsabilità e speranza attiva. In questo nostro presente,
penetrato dal futuro di Dio, possiamo deciderci ed agire per un
« domani » che non è la semplice ripetizione di cose accadute,
o il posto delle favole.
Ed in questi giorni, decidere
di agire, nel corso dell'anno che
si apre, con rinnovata consacrazione, per il cambiamento delle
nostre situazioni chiuse e, a
prima vista, immutabili; di proseguire la « corsa verso la meta »
(Filip.), e contribuire a trasformare in « luogo di fonti » ogni
« valle di Boca » (salmo 84) attraverso cui dovrà forse passa- ^
re il nostro cammino anche nel
1988, a livellare i tanti «luoghi
erti » e a fare dei « luoghi scabri» (Isaia) una pianura verdeggiante.
Sergio AquQante
2
2 commenti e dibattiti
31 dicembre 1987
IL PARERE DI UNA PSICHIATRA
TESTI TEATRALI
Educazione e violenza
Il sottile inserimento della guerra nella storia - L’illusione dell’immortalità e la ricerca delle emozioni - Quale futuro per i figli?
Opinioni su tutto ormai sono
state espresse; tutto può essere oggetto di dibattito, di disputa e di accordo. Anche la guerra diventerà, o è già, oggetto da
soppesare, guardare, e su cui
dire qualcosa. La psicologia è
stata presa, anche dai mass
media, usata per tutti gli scopi;
è diventata per molti un fantasma che serve a giustificare tutto, visto che è intelligenza, riflessione e senso critico. Essere
storicistici è ormai una conquista, può essere usato per
guardare, soppesare, dire, dire
ancora qualcosa; finché c’è vita,
o’è qualcosa di nuovo da dire,
qualche lato nuovo da scoprire,
per poter dire anche: sono stato
il primo.
Per questo ho paura di aggiungere anch’io una «opinione»
al grande chiasso. Vorrei dire
qualcosa usando un tono che
rientri In un ordine etico-morale,
anche se parlare di morale è
fuori moda. Vorrei alzare la
mia bandiera, per esempio, contro il fatto che spesso, senza
che quasi si renda evidente, aumenta il livello della violenza
nella nostra vita. Ciò ha un var
lore già grave e concluso in se
stesso, inoltre si raggruma in
una possibilità di guerra: anche
quella entra via via nella nostra
storia, come già è entrata in
quella delle altre generazioni.
Abbiamo dentro questo germe
di violenza a cui cominciamo ad
abituarci, come dei bambini che
si annoiano e per dare nuove
emozioni alla vita si danno un
tocco di violenza? La morte e
la malattia sono sempre più allontanate dalla vita e dalla mente, facciamo finta di essere immortali, sempre sani e forti e
buoni e poi ci si annoia, non si
sa più come riempirsi di emozioni. Nasce a poco a poco dentro a ciascuno un germe di violenza: ci si sveglia un mattino
e ci si trova quel germe già bello florido che abita dentro di
noi, senza sapere come mai lo
abbiamo addosso. Allora, per
esempio, non facciamo più caso
al fatto che i nostri figli, i bambini « innocenti », si nutrono di
immagini violente alla televisione. Per far piangere un bambino
spegnedogli la televisione è una
violenza? In certi casi sì, in
altri no; dipenderà da tante cose, può anche darsi che lo spettacolo dei genitori sia ancora
più violento dei programmi televisivi, oppure no.
Per « scientiflcizzare » questo
articolo, se ce ne fosse bisogno,
aggiungo che esistono ricerche
sul cambiamento della mente
dei bambini, dopo l’esposizione
ai potenti stimoli televisivi di
tipo violento: viene infatti alzata la soglia delle reazioni agli
stimoli violenti. Mi sembra vasto quello che si può immaginare come conseguenza. Per immagini violente intendo l’esibi
zione di sangue, di tensioni molto forti, di morte, di urla, « facce cattive » ecc. Esibire vuol dire mettere l’accento su qualcosa che altrimenti poteva anche
non essere notato, quindi accentuarlo rispetto ad uno sfondo.
Questa esibizione può servire a
« sfogare » rabbie interne, più o
meno coscienti?
Rabbie dirette ad obiettivi diversi, forse molto vicini, ma per
tanti motivi non esplicitabili?
Si mettono in circolo, quindi,
milioni di immagini, sugli schermi o nella realtà, che poi diventano un mondo indipendente
da noi stessi; a sua volta diventa come un corpo estraneo che
ha influenza su di noi ,e sulle
prossime generazioni; come germi creati da noi e poi diffusi al
mondo; in piccole quantità questi germi non sono patogeni o
portatori di male, superata una
soglia diventano molto nocivi e
colpiscono indiscriminatamente.
E’ come un meccanismo che
poi ti sfugge dalle mani. Eventualmente ci si può pensare: sarà mica meglio riflettere per
esempio a chi era diretta, in
primis, quella rabbia, e perché?
E magari confrontarci su queste
ipotesi sempre personali e quindi molto diverse tra loro ed
esprimerle, mettendo in circolo
idee e non solo immagini di violenza, anche a costo di un po’
di dolore?
Livia Gay
ALLA COMUNITÀ’ ISRAELITICA DI TORINO
Due lettere di solidarietà
Dopo la presa di posizione del cardinale Ratzinger e dello stesso
papa Woytjla circa il dialogo ebraico-cristiano, abbiamo ricevuto due
lettere (dai pastori della chiesa valdese di Torino, e dalla Comunità
di base di Pinerolo) in solidarietà con la comunità ebraica di Torino
che ha deciso di interrompere il dialogo con la chiesa cattolica.
Le pubblichiamo qui di seguito.
Cari amici,
nelle ultime settimane abbiamo
a più riprese pensato a voi e
alla riflessione che siete stati
portati a fare in seguito a una
serie di interventi da parte di
varie personalità del mondo cristiano. Vorremmo scrivervi questa lettera per comunicarvi alcuni di questi pensieri.
Innanzitutto vi diciamo che
non condividiamo gli interventi
pubblici del cardinale Ratzinger
e di Papa Giovanni Paolo II a
proposito delle relazioni fra cristiani ed ebrei. Tra le tante cose che si potrebbero dire a questo riguardo ne sottolineiamo
una: ci sembra che debba essere
lasciato a ogni ebreo dire che
cosa significhi essere veramente
e profondamente ebreo.
Pesa su di noi, ogni volta che
vi incontriamo, il senso della
storia dei rapporti tra ebrei e
cristiani: qualunque sia lo stato
dei rapporti di oggi, non ci possiamo dimenticare che moltissime creature nel passato (e anche in un passato abbastanza
recente) sono state messe a morte semplicemente perché erano
ebree — e le chiese cristiane
troppe volte sono state silenziose ad ascoltare o a guardare come se questo fatto non le interessasse.
Vogliamo esprimervi quindi,
con questa lettera, la nostra solidarietà. Il giornale delle chiese valdesi e metodiste italiane.
La Luce, ha già preso posizione pochi giorni fa — in prima
pagina — sugli interventi pubblici che vi hanno dolorosamente
colpito. Ci permettiamo di allegare alla nostra lettera questa
presa di posizione, firmata da
Daniele Garrone, professore alla
Facoltà valdese di teologia di Roma. Anche da questa nota risulta però chiaro che il dibattito
fra noi dovrà ancora continuare.
Ci sembra importante creare
degli spazi di discussione e di
confronto con voi — allargando
quelli che già esistono, come ,per
esempio gli incontri di ogni anno nel Centro ecumenico di Agape o le pubblicazioni della Claudiana (Incontrarsi dopo Auschwitz. Ebrei e cristiani a confronto).
In questo spirito vi salutiamo
molto cordialmente.
I pastori della
chiesa valdese di Torino
8 dicembre 1987
Cari fratelli della comunità
ebraica di Torino,
abbiamo letto con dolore ed indignazione le recenti affermazioni di Ratzinger e di Giovanni
Paolo II. Condividiamo la vostra
decisione di interrompere temporaneamente ogni dialogo ecumenico con la chiesa cattolica.
Leggendo le espressioni del cardinale Ratzinger abbiamo stentato a credere ai nostri occhi.
Questa è una ideologia della violenza, vera e propria cultura di
Invito
alle filodrammatiche
Il presente invito non è... per
un congresso, ma per un servizio alle filodrammatiche (vaidesi e non) in cerca di lavori teatrali da rappresentare in un
prossimo avvenire. Chi scrive
queste righe offre il contributo
di una collezione non modesta
di opere, che indubbiamente potranno essere utili ai giovani (e
meno giovani!) filodrammatici in
cerca di materiale da portare
sulle loro scene, particolarmente in occasione della ricorrenza del XVII febbraio.
Purtroppo, la collezione a cui
si allude sopra è fatta di copie
uniche! Pertanto, quei gruppi
filodrammatici che ricorressero
all’offerta sopra accennata, riceveranno delle fotocopie (al prezzo di costo-). Ma pensiamo
che questa non sia una difficoltà. La difficoltà sta invece nella conoscenza dei testi, nella loro scelta, e soprattutto nelle
particolarità di ciascun gruppo
richiedente. A questo proposito, si pregano gli interessati di
riempire accuratamente il questionario qui sotto pubblicato,
e di inviarlo sollecitamente all’indirizzo seguente: past. Teodoro Salma - Casella postale 22
- 6951 CARNAGO (Lugano) - Svizzera, da dove verrà inviato un
elenco di titoli, in base ai dati
ricevuti, titoli di lavori teatrali
noti e meno noti, composti da
autori celebri e meno celebri, che
saranno successivamente messi a
disposizione.
Con auguri di successo!
6.
7.
Questionario
(da far pervenire al pastore Teodoro Salma)
La FILODRAMMATICA richiedente..è composta di circa.
attori, di cui.giovani e..anziani. Ha una esperienza teatrale di_anni.
Essa preferisce - non preferisce opere di ambiente religioso.
Essa preferisce testi in italiano - o in francese.
Essa preferisce lavori teatrali in 3 atti - in 2 atti - in 1 atto.
Essa non ha nessuna difficoltà per la messa in scena di quel tipo
di lavori. Essa preferisce lavori che non necessitano di costumi
storici, messe in scena costose.
Indicare, al fine di agevolare una prima scelta di lavori drammatici, qualche lavoro drammatico già rappresentato, ed eventualmente il maggiore o minore successo conseguito.
Indicare se si preferiscono autori valdesi, oppure evangelici italiani non valdesi, oppure riformati (dal tedesco, dal francese, dal
danese, dalFinglese).
guerra che viene diffusa come ortodossia. Purtroppo noi cattolici
ci portiamo dentro un triste e pesante fardello di arroganza, ma
la grazia deH’Unico Dio, che voi
e noi insieme cerchiamo di amare e servire, sta convertendo i
cuori di molti.
Chi di noi oserebbe pensare
oggi che la nostra fede ha qualcosa di più della vostra? Chi di
noi sosterrebbe che le Scritture
ebraiche sono inferiori a quelle
cristiane? Siamo, invece, pienamente convinti in questa comunità di base che la vostra fede e
la nostra stanno sullo stesso piano di dignità e di valenza salvifica.
Da tempo, lentamente e profondamente, Dio ci guarisce dal
complesso di superiorità che, invece, torna a giganteggiare nello
scritto del cardinale Ratzinger. I
cristiani, e anche moltissimi cattolici, la pensano ben diversamente. Da tempo abbiamo abbandonato quella forma di dialogo che si svolgeva secondo le regole del gioco tipiche di un rapporto tra gatto e topo. Troppo
s’iesso noi, come il gatto si mangia il topo, abbiamo inteso il nostro colonialismo missionario come la negazione deH'esperienza
altrui e il tentativo di « convertire » l’ebreo, l’islamico, il credente di altra religione. Ci vorrà
ancora del tempo perché le chiese cristiane si convertano e passino dal vecchio ’’codice della
missione " al ’’codice della testimonianza” nella gioia della reciproca accoglienza. L’Altissimo, il
Signore, l’Unico Dio ci aiuti!
Per la comunità cristiana
di base di Pinerolo
Franco Barbero
10 dicembre 1987
ARGOMENTI (da indicare a titolo di preferenza)
A) argomenti religiosi, tipicamente protestanti (soprattutto del tcvnpo di questo secolo);
B) argomenti ispirati alla storia valdese (drammi storici, che possono finire in ’’bene” o in ’’male”, a seconda del carattere degli
autori!);
C) argomenti di storia valdese moderna, e cioè:
— testimonianza di fede,
— episodi della cosiddetta ’’evangelizzazione” del XIX-XX secolo,
— a carattere schiettamente biblico, magari con personaggi tratti
dalla Bibbia.
Rispondere con precisione e spedire a: Teodoro Balma - Casella
postale 22 - 6951 Carnago (Lugano, Svizzera).
LA DATA
DEL SINODO
Caro direttore,
-neirinserto sul terzo centenario
del Glorioso Rimpatrio, pubblicato nel
n. 47 dell'11.12, leggo a p. 2 che il
Sinodo del 1989 si terrà dal 27 agosto al 1° settembre. Chi conosce I regolamenti delle chiese valdesi e metodiste — che fissano la data del
Sinodo con inizio nella domenica precedente l’ultimo venerdì di agosto —
si sarà chiesto chi abbia deciso di
posticipare di una settimana il Sinodo
deli'89. Vorrei precisare che una proposta in tal senso è stata avanzata
dalla Società di Studi Valdesi, con l’intento di coordinare i vari elementi del
Nuovi numeri
telefono
Ci pregano di portare a conoscenza dei lettori questi due numeri di
telefono:
Past. Gianni Gente (Ivrea) n. 0125/
43887.
Past. Laura Leone (Marsala) n. 0923/
951505.
programma senza dover schiacciare sul
15 aposto la settimana dedicata al ripercorso del Rimpatrio e dover staccare nettamente il Sinodo dal Congresso
storico, che potrà aver luogo solo all’Inizio di settembre. La Tavola ha
considerato valide le ragioni di questa proposta e ha deciso di raccomandare questo cambiamento al Sinodo dell'88, l'unico organo che può
prendere la decisione in merito. Nel
frattempo, ovviamente, la programmazione non può non andare avanti. Penso sia bene farlo senza ipocrisia
(pretendendo ohe si tratta solo di una
proposta), ma anche senza dare per
scontato ciò che scontato non è.
Moderatore F. Giaimpiccoli
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 10 GENNAIO
ore 23 ca. - RAI 2
LA LEGGENDA
DEL QUARTO RE
Tappe di un viaggio verso
il Cristo.
3
31 dicembre 1987
fede e cultura 3
GINEVRA - 12 DICEMBRE
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
L’Escalade e il Rimpatrio
Come Carlo Emanuele cercò di occupare la città e il ruolo degli ’’stranieri” nel difenderla - Culto di ringraziamento e corteo storico
Torre Pellice: Natale
a via Angrogna
Il sabato 12 dicembre 1602
Carlo Emanuele di Savoia, dopo
aver ammassato truppe lungo la
frontiera in pieno tempo di pace, tentava di impadronirsi di
Ginevra con un colpo di mano.
In una delle notti più oscure
deiranno un distaccamento di
soldati scelti riempiva il fossato e dava la scalata alle mura,
col progetto di aprire le porte
della città e fare entrare il grosso delie truppe. Ma una sentinella diede l’allarme.
La leggenda vuole che una
certa « Mère Royaume » abbia
versato sulla testa dei savoiardi
attaccanti la sua pentola di bollente minestra di verdure. Il regalo che volentieri ci si fa a
Ginevra, in quest’epoca dell’anno, sono pentolette di cioccolato
piene di dolciumi in forma di
verdure.
Riforma e libertà
Ginevra era la chiave per il
dominio del Lago Lemano, era
un mercato importante verso cui
convergevano da secoli le mire
dei Savoia, che proprio per controllar’a avevano sempre cercato di mettere qualche loro
creatura sulla cattedra vescovile delia città non ancora riformata. Adottando la Riforma
ed avvicinandosi ai Cantoni protestanti, Ginevra accettava la fede evangelica e al tempo stesso
difendeva la sua libertà politica.
Fallita la sorpresa dell’« escalade », tutto il progetto savoiar
do crollava. Ginevra era definitivamente libera. Sembra che il
Savoia, informato degli eventi,
abbia dato in escandescenze tali da fare arrossire Cambronne.
Ma nella difesa della città vi
furono anche delle vittime: una
ventina di caduti.
Qualche anno fa, nel corso
di una delle ricorrenti campagne « anti-stranieri », Edmond
Perret, segretario generale dell’Alleanza Riformata Mondiale,
parlando a un’associazione patriottica piuttosto conservatrice, aveva tenuto a ricordare che
un buon numero di coloro che
caddero per difendere Ginevra
nella notte dell’« escalade » erano stranieri: gente che si era sacrificata per la città che aveva
avuto il coraggio di offrir loro
rifugio e libertà.
Tra ’’escalade”
e ’’glorioso rimpatrio”
Tra la fallita « escalade » e l’esilio e il «glorioso rimpatrio» dei
valdesi passano più di ottant’anni. Ma non ci sarebbe stato né
rifugio né rimpatrio se Ginevra
fosse stata ri-cattolizzata dai Savoia nel 1602. Partecipando in
St.-Pierre al culto di ringraziamento insieme con la « compagnie des pasteurs » mi sentivo
non come un ospite che assiste
a una cerimonia altrui, bensì
come chi fa suo, con intima ed
esistenziale convinzione, il ringraziamento per queirantica liberazione.
Del resto il culto è stato di
una grande semplicità. Le autorità civili e religiose, seguite
dalla « compagnie des pasteurs »
in toga (bianca o nera), formavano il corteo che ha attraversato la cattedrale gremita di
pubblico. La banda municipale
ha accompagnato gli inni, il moderatore della « compagnie des
pasteurs » ha ricordato gli eventi del 1602 e predicato sulla riconoscenza per le liberazioni divine.
Anche Calvino
Il giorno seguente, al tramonto, ha avuto luogo il tradizionale corteo storico commemorativo. Quest’anno una cinquantina di cavalieri, sei carri e seicento pedoni hanno percorso il
centro cittadino, concludendo la
manifestazione sul sagrato di
St.-Pierre con un falò di gioia.
Nel corteo i membri delle associazioni patriottiche, in costumi
delTepoca, rappresentano i magistrati, i soldati, i borghesi, il
popolo cittadino e i contadini;
non manca neppure chi rappresenta gli scolari, gli insegnanti,
i pastori: tra questi ultimi, casostrano, è anche rappresentato
Calvino il quale, per la verità,
al momento dell’« escalade » era
morto già da vari armi.
Una festa gioiosa, partecipativa, che di anno in anno attira
più gente; una festa, per fortuna, tra le meno commercializzate. . .
Aldo Comba
Ho sempre vivo, tra i miei ricordi di ragazzina sfollata a Torre Pellice, quello delle feste di
Natale all’Orfanotrofio di via Angrogna. Erano i giorni bui della
guerra e quelle recite accuratamente preparate, quei canti, quel
calore nella sala che sapeva di
abete e mandarini, ci faceva sentire vivi e ci dava un filo di speranza mentre, fuori, ci si uccideva e si aveva fame. Sono trascorsi ormai molti anni e la grande casa di via Angrogna non
ospita più le « orfanelle » ma la
Comunità-Alloggio, con diciassette bambini e ragazzi e diversi
educatori. Sono tutti giovani e la
festa di Natale del 22 dicembre
è stata allestita da tutti, insieme, all’insegna della creatività.
I lunghi tavoli intorno a cui si
fraternizza con chi ci capita accanto, i festoni colorati, l’albero,
la cena e i giochi in comune, danno veramente l’idea della vita di
una piccola comunità. E’ rm mondo diverso da quello dell’Orfanotrofio di tanti anni fa, così come è diversa l’epoca e il contesto
sociale in cui si svolge, ora, la
nostra vita. Ma una cosa c’è, in
comune: la mancanza o la fragilità di una famiglia, o addirittura la violenza esercitata nei suoi
vari aspetti, spingono bambini e
giovanetti fra quelle mura che
per loro saranno la casa, la famiglia. Se, allora, nel vecchio
« Orphelinat » ricevevamo un
messaggio di speranza di cui si
aveva un gran bisogno e non ci
si soffermava a considerare i
problemi delle ospiti perché
CORRISPONDENZE
Nelle brume del basso Piemonte
ALESSANDRIA e BASSIGNA
NA — Dalla fine di settembre
le due chiese hanno un nuovo
pastore - Renzo Turinetto - con
residenza a Bassignana. Nei due
Consigli di chiesa (estesi a quanti volevano prendervi parte) si
è data una prima impostazione
al lavoro:
— i culti hanno luogo la domenica mattina in entrambe le
località, e con molto piacere
vediamo la presenza costante
di persone di estrazione delle
Assemblee dei Fratelli; si tratta di fratelli e sorelle che frequentano (in qualche caso, da
anni) ma non sono, per loro
scelta, membri iscritti;
— gli studi biblici hanno preso il via in ambedue i luoghi;
— lo stesso per la Scuola domenicale, con la preziosa cura di
una sorella a Bassignana e di
due ad Alessandria;
— il catechismo, a Bassignana,
è convogliato nel gruppo dei giovani (un po’ eterogeneo, circa
una dozzina dai 16 ai 28 anni,
alcuni dei quali sposati), nientre nell’altra chiesa non esiste
attività giovanile (l’ultimo Sinodo ha ratificato il passaggio di
Alessandria a chiesa in formazione a causa della diminuzione
dei membri);
— sporadicamente a Bassignana si programma una serata
informale di conversazione, preghiera, canto, con lo scopo di
conoscerci fuori dello schema
ecclesiastico vero e proprio, ma
anche per indagare su eventuali
proposte operative;
— sul versante del cattolicesimo, ad Alessandria un gruppo
comunitario (sacerdoti e laici)
di una parrocchia cittadina ci
ha subito richiesto di collaborare a tre serate sulla pace, insieme con altri movimenti: le
nostre due chiese vi hanno preso parte con una ventina di presenze complessive;
— visite: si è effettuata la prima quindicina di visite, dando
precedenza quasi totale a persone anziane, oppure a simpatizzanti o membri di chiesa sposati a coniugi cattolici. Un incontro cordiale continua alla
Casa di riposo di Bassignana,
dove già il past. Nigro si recava
un paio di volte al mese in visita
a una sorella che ha vissuto
quasi sempre negli Stati Uniti,
e dove altre due donne cattoliche ospiti della Casa avevano
chiesto di partecipare al momento della lettura biblica e
della preghiera;
— come nota a margine si segnala che una televisione privata ha trascorso una giornata in
Bassignana riprendendo il paese in molti suoi aspetti (comprese le brume di queste umide
zone della Padania fluviale!); la
popolazione era invitata la sera
nella sala del Comune per una
sintetica panoramica sulla storia passata e odierna, mentre le
varie organizzazioni locali informavano sulle loro attività
civili e sportive. Poiché la nostra Chiesa metodista è ben nota quale parte integrante del
contesto locale, siamo stati interrogati separatamente e abbastanza a lungo sulla nostra
presenza, le radici storiche e
dottrinali e così via;
— infine si sommano i collegamenti col Circuito e la Federazione' Liguria-Basso Piemonte.
Ora di religione
FELONICA PO — Nelle scorse settimane si è tenuto un dibattito sull’ora di religione a
scuola, relatore il pastore Salvatore Ricciardi. Pubblico non
molto numeroso e presenza di
alcuni esponenti di partiti di
sinistra, del PRI, del Sindaco di
Felónica Po e del mensile Sermidiana.
La panoramica legislativa e
concordataria tracciata dal pastore è stata precisa ed esauriente e non sono certamente
mancati i motivi di riflessione
sia sulle attuali norme stabilite
nel nuovo Concordato fra Stato
e Chiesa cattolica, sia nella Intesa con la Tavola Valdese. Il
pastore Ricciardi ha ribadito il
no all’insegnamento religioso
cattolico e il no alle attività alternative. Ha sottolineato come
la battaglia che le chiese evangeliche stanno conducendc non
riguarda solo la nostra libertà,
ma la libertà di tutti. « Noi chiediamo che chi non vuole avvalersi abbia il diritto di farlo
in modo non discriminatorio,
che non siano posti degli impedimenti all’esercizio di questo
diritto. Le chiese evangeliche,
su richiesta, sono disponibili a
intervenire nelle scuole, a titolo
gratuito e non come contraltare dell’ora cattolica ». Il mensile
Sermidiana ha pubblicato un
articolo sulla conferenza, usando toni positivi.
« Bisogna dare atto agli evangelisti (!) italiani di avere condotto una battagliera ed incisiva lotta per separare maggiormente i poteri dello Stato e
quelli confessionali della Chiesa cattolica. Lo testimonia il
contenuto della Intesa fra la
Tavola Valdese e il Governo
italiano, i cui valori laici assumono una pregnanza diffusa
e contribuiscono concretamente ad aumentare con efiìcacia la
visione moderna ed avanzata dello Stato ».
« Concorde e diffusa è pure
l’opinione che quel 90'>/o circa
di frequentatori dell’ora di religione non è la quantificazione
di un livello di convinzione religiosa ferma o la misura di un
bisogno di conoscenza e approfondimento di temi della fede.
In gran parte è scelta di convenienza, conformismo, bisogno di
non sentirsi diversi o non apparire tali ».
« C’è bisogno pure che i protestanti, insieme ad altre forze,
non si stanchino di battere il
chiodo ».
c’era chi ne aveva la responsabilità, ora, più direttamente coinvolti dalla conduzione comunitaria della piccola « Comunità » riceviamo un appello alla nostra
responsabilità nei confronti di
tanti ragazzini buttati allo sbaraglio, soli, in una società ambigua
che, con le sue contraddizioni e
la sua ipocrisia, non sa se aiutarli o considerarli indegni della
propria stima.
Nella festa di Natale dell’altra
settimana ci si sentiva tutti coinvolti in una realtà dura che tanto contrasta col benessere e la
felicità apparente della nostra
società: ben vengano queste festicciole, questi momenti d’incontro a cui tutti, prima o poi,
dovremmo partecipare non per
sentirci più « buoni » o migliori
degli « altri » ma per vedere, in
quei grandi occhi che non harmo
mai avuto im’infanzia, la nostra
colpa di tm’indifferenza e di un
rifiuto del più debole, diffìcili da
sradicare.
I ragazzi di via Angrogna attendevano con trepida ansia il
Babbo Natale, pur sapendo che
era uno di loro, volevano, tuttavia, protrarre quell’illusione di
un mondo fantastico in cui, forse, non hanno mai potuto credere ma a cui si aggrappano per
sentirsi, in qualche modo, ancora
bambini: e su quei visi già adulti e già segnati dalla sofferenza,
c’è un attimo di gioia infantile
non molto diversa da quella che
vedevo nei grandi occhi azzurri,
solitamente troppo pensosi, della
più piccola delle « Orphelines »
alle quali forse noi, fuori dall’orfanotroflo, abbiamo sempre guardato troppo poco.
Festa all’Asilo
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Gli ospiti dell’Asilo Valdese
hanno vissuto giovedì, 24 dicembre, l’allegrezza del Natale,
in un simpatico pomeriggio di
festa che ha visto riuniti con gli
ospiti numerosi membri della
nostra comunità.
Anche le autorità locali erano
presenti e con i loro messaggi
hanno sottolineato l’importanza
di questo istituto, congratulandosi con la direzione e il personale per il loro prezioso e
apprezzato servizio.
Dopo un breve programma di
canti e di recite, anche Babbo
Natale è arrivato con il suo
carretto pieno di doni ed è stato accolto con applausi calorosi.
La tradizionale tazza di thè
ha chiuso in bellezza questo
incontro che ogni anno porta
agli ospiti dell’Asilo l’affetto e
la solidarietà di tanti fratelli e
sorelle.
Domenica 17 gennaio
n III CIRCUITO
INCONTRO CONCISTORI
PERRERO — Alle ore 14.30 nei locali della chiesa valdese si tiene un
incontro dei concistori del MI circuito
(Val Germanasa) sul tenna " Il ruolo
del pastore nella vita della comunità ».
Introduce il past. Daniele Bouchard.
Domenica 10 gennaio ~
□ ASSEMBLEA
CORALI VALDESI
PINEROLO — Alle ore 15 presso
la Chiesa valdese si tiene l'Assemblea delle Corali valdesi.
Lutto
POMARETTO — La comunità
si è raccolta intorno alle famiglie di Alice Alessandrina Reynaud, deceduta all’età di 80 anni presso l’Asilo dei vecchi di
S. Germano, e di Marianna Grill
ved. Gardiol, deceduta all’età di
97 anni presso l’ospedale di Pinerolo.
# Hanno collaborato a questo
numero: E. Ravazzini Corsani, Fabrizio Zerbini, Renzo
Turinetto, Luigi Marchetti,
Dino Gardiol, Lucilla Peyrot.
4
4 ecumenismo
31 dicembre 1987
Il mondo evangelico italiano è, in genere, molto sensibile ai grossi problemi di
oggi: la fame nel mondo, le ingiustizie
create dagli squilibri fra nazioni ricche e
povere, i diritti dei più deboli ed emarginati e le minoranze, l’apartheid, le tragedie
della carestia, dei terremoti e di altre calamità naturali.
I nostri giornali, pur nella limitatezza dei
mezzi, portano avanti un costante lavoro di
informazione, con notevoli sforzi di obiettività, approfondendo spesso le problematiche che stanno dietro le varie situazioni.
Sinodi, Conferenze Distrettuali, e spesso
anche assemblee di chiesa, hanno votato ordini del giorno di condanna di questa o
quella ingiustizia e di solidarietà verso questa o quella vittima delle ingiustizie stesse.
Al di là delle parole, questa solidarietà si
è concretizzata in collette o sottoscrizioni, e
la risposta ha sempre dimostrato una notevole sensibilità.
II Fondò di Solidarietà del nostro giornale ne è un esempio, con il suo silenzioso
servizio che da anni ormai propone ai lettori sempre nuovi progetti. Tutto questo è
molto bello e importante anche, e soprattutto, tenendo conto dei limiti delle nostre
forze e delle nostre possibilità. Mi sembra
però che possiamo fare un passo avanti.
Questo interesse episodico, il più delle
volte sollecitato da fatti eccezionali e diversi, ha infatti i suoi limiti. I problemi del ter■ zo mondo non sono purtroppo eccezionali
ed episodici: è tutta una realtà che ci coinvolge in prima persona, date le grosse responsabilità del nostro mondo cosidetto
’’sviluppato”. Noi rischiamo inoltre di dipendere, più di quanto non vorremmo, dai
grandi mezzi di informazione di massa che,
spesso, privilegiano questo o quel problema per motivi non sempre chiari e puliti.
Molti e gravi fatti sono stati del tutto ignorati per anni, senza che si riuscisse a rompere questa cortina di silenzio. Un esempio
IO GENNAIO - DOMENICA DELLA CEVAA
Colletta o impegno?
Il silenzio che copre alcuni problemi del Terzo Mondo Aiuti e contatti con realtà politiche e sociali diverse
significativo è stato quello dell’Eritrea, per
il quale il nostro giornale è stato uno dei
pochi a prendere posizione.
E’ di questi tempi inoltre l’uso scandaloso di situazioni di povertà e di misericordia con fini propagandistici per attori e attrici che partecipano ’’gratuitamente” (purché il loro nome sia strombazzato ai quattro venti) a grandi show televisivi, p la
trovata di una grande ditta di detersivi di
far leva sul notevole senso di generosità
degli italiani invitandoli a contribuire, dando mille lire di più a fustino, alla costruzione del villaggio di Kiongwani nel Kenia, il
tutto da realizzare entro la serata finale di
« Fantastico ’87-88 ».
E’ difficile avere informazioni autonome
e di prima mano e pochi sono gli organi
di stampa di cui ci si può fidare. E’ dunque
per noi importante sfruttare al massimo
quelle possibilità che ci sono offerte dalla
nostra partecipazione ad organismi ecclesiastici internazionali, quali la CEVAA.
La CEVAA vuole infatti stabilire dei
contatti diretti fra chiese di culture e realtà
.sociali e politiche diverse, rendendo così
possibile un confronto tra queste realtà con
la convinzione che ne possa scaturire uno
scambio interculturale di grande portata.
Sviluppare questi contatti ci aiuterebbe,
nel nostro interesse per il Terzo Mondo, ad
uscire dall’episodico e dal saltuario per es
sere legati a queste situazióni in grande
evoluzione, e a condividere, con fratelli e
sorelle di altre chiese, le speranze e le delusioni.
Nella realtà della vita di molte chiese
della CEVAA troviamo infatti presenti in
modo vivo, e spesso drammatico, i grossi
problemi del Terzo Mondo: fame e carestie in Mozambico, Madagascar e in certe
zone dello Zambia; profughi e migranti in
quasi tutti i paesi dell’Africa; neocolonialismo in Nuova Caledonia; apartheid e politica razzista in Sud Africa, in Lesotho, in
Zambia; problemi legati agli esperimenti
nucleari in Polinesia; problemi dello sviluppo e della formazione dei quadri, comuni a tutti i paesi del Terzo Mondo.
Tutto il lavoro comune di riflessione e di
incontri portato avanti dalla CEVAA mira
all’approfondimento di questi legami ed alla
costruzione, un po’ utopistica, di una comunità multiculturale. Questo si riflette anche
nell’aiuto materiale che possiamo dare.
Nell’ultimo Sinodo è stato fatto notare
che, come chiesa valdese, troppo abituata
a costruire i suoi bilanci sui ’’doni dall’estero”, è forse giunto il momento di dare spazio ai ’’doni per l’estero” prendendo sul serio le domande di solidarietà che da più
parti ci vengono rivolte.
Nel bilancio della CEVAA veniamo coinvolti nei progetti delle chiese locali dei pae
si del Terzo Mondo che riguardano la totalità della loro vita: dalla costruzione del
tessuto ecclesiastico, con la formazione di
pastori, evangelisti e catechisti, all’immenso campo delle opere sociali, mediche e di
istruzione, ai progetti di sviluppo agricolo
e sociale. Tutto questo viene poi fatto sotto
la diretta responsabilità degli interessati,
che redigono i loro piani, fanno le loro richieste e gestiscono gli aiuti che ricevono.
Si cerca in questo modo di permettere a
queste giovani chiese di crescere in modo
autonomo, evitando qualsiasi rapporto paternalistico, triste pericolo, che crea dipendenza e non permette una piena maturazione degli interessati.
Molti progetti fatti a tavolino in comodi
studi dall’aria condizionata in città europee
e nord-americane sono risultati vere e proprie ’’cattedrali nel deserto”, poco rispondenti alle necessità, pur avendo assorbito
enormi capitali. Vi è inoltre una pericolosa
volontà di controllo che, se in parte si può
anche giustificare (il dover rendere conto
ai donatori di come sono spesi i loro soldi),
diventa però una mancanza di fiducia ed
una limitazione dell’autonomia dei riceventi.
Nella domenica della CEVAA noi cerchiamo di concretizzare la nostra comunione e la nostra solidarietà con la colletta. E’
forse giunto il momento anche qui di fare
un passo in avanti: anziché una colletta
episodica un impegno preso dalle nostre
assemblee locali per il Terzo Mondo, stabilendo forse anche una percentuale del nostro bilancio.
Penso che tutti si rendano facilmente
conto del grande valore che questo gesto
assumerebbe: nella vita normale della nostra comunità c’è uno spazio, ben definito,
per il problema del Terzo Mondo: una finestra aperta su realtà che non ci lasciano
indifferenti.
Renato Coisson
Durante le sedute del Consiglio CEVAA tenutosi a Vaidense
(Uruguay) dal 17 al 29 giugno ---------
scorso, è stato dedicato notevole
spazio al problema delle sette:
definizione di setta, rapporti tra
chiese e sette, ruolo della CEVAA,
sono stati i temi delle tre serate
di discussione. L’espansione delle sette è vista con preoccupazione, soprattutto dalle chiese j^g
UNO STUDIO DELLA CEVAA
Cosa sono le sette?
africane; da qui l’esigenza dello
studio in ambito CEVAA, che Le
cerchiamo di sintetizzare.
caratteristiche che le differenziano dalle
promesse di affermazione nella società e i
altre chiese cristiane bisogni di « religioso »
mini, come il prossimo di cui si
condanna la dottrina, ma che
non si vuole discriminare.
La libertà religiosa è compresa nella Dichiarazione dei diritti umani, ma se una setta diventa un pericolo reale è neces
serio chiedere l’intervento della
legge, così come si deve difen
dere le sette quando sono minacciate.
Come definire
una setta?
Una setta è composta da un
gruppo di persone legate da
una stessa fede ed è situata parallelamente o in opposizione alle altre comunità religiose. Poiché il termine « setta », usato in
Europa, ha una connotazione negativa che non corrisponde ad altre culture (Tahiti), sembra più
corretto usare la definizione di
« movimenti religiosi ».
Questi si differenziano dalle
chiese cristiane:
— per una tendenza all’uso del
passo biblico estrapolato dal contesto;
— per un modo di vivere moralizzante, di carattere quasi carcerario, dagli aspetti talvolta erotici, prevalentemente imposto
agli adepti;
— per ima tendenza al mistero, che non contraddice la prassi del passare di porta in porta
per cercare proseliti;
— per l’infiuenza della guida spirituale sulla personalità,
sulla vita, sulle sostanze degli
adepti;
— per il fatto di dare la certezza di essere nella verità, mentre tutti gli altri sono nell’errore;
— nel fornire agli adepti una
nuova identità culturale che li
strappa completamente al loro
passato;
— nel rispondere ai bisogni
di impano, di dono di sé, di
religiosità, di coerenza tra fede
e vita.
Bisogna tuttavia stare attenti
a non confondere con le sette
certe piccole chiese africane, un
po’ chiuse a causa del loro forte
carattere minoritario, e a non
confondere con chiese alcuni
movimenti religiosi (« RoseCroix » o « Scientology ») che dichiarano di essere confraternite universali capaci di dare la
vera spiegazione del messaggio
biblico, con un insegnamento
suadente e penetrante. Altri movimenti sono particolarmente
pericolosi a causa del loro potere economico, finanziario e politico; così è per la chiesa elettronica, che si caratterizza anche per non avere comunità o
parrocchie.
Le reazioni dei governi davanti all’espandersi dei movimenti
religiosi sono diversificate: in
certi paesi esiste libertà religiosa quasi totale, in altri vi sono
limitazioni solo per le sette che
promuovono l’obiezione al servizio militare o il rifiuto di aderire a partiti politici. In Nuova
Caledonia le sette non possono
avere trasmissioni radio o televisive. In Togo praticamente
tutti i movimenti religiosi sono
fuori legge.
propaganda che promette loro sicuri mezzi per affermarsi nella
società. In Africa risultano a
rischio le élite intellettuali, suggestionate dalla possibilità di
dominare le forze occulte e di
appartenere a confraternite più
o meno segrete. Ma sono vulnerabili anche le persone anziane, i marginali della chiesa istituzionale, gli insoddisfatti, coloro che si ritengono vittime di
ingiustizie. Talvolta ci sono defezioni persino tra i pastori,
attirati da un diverso modo di
leggere la Bibbia, ma anche da
allettanti stipendi.
Chiese e sette
I movimenti religiosi sanno
utilizzare ogni piccola debolezza delle chiese per infiltrarsi.
In genere sono molto vulnerabili le donne, bisognose di
una spiritualità fuori degli schemi, ma anche perché il ruolo di
predicatrici, profetesse, guaritrici, dà loro una notevole possibilità di realizzarsi; altre sono alla ricerca di una guida forte e rassicurante, di « un vero
uomo ».
Vengono poi i giovani, sempre
più attratti dalle religioni orientaleggianti, ma anche da una
I movimenti religiosi risuitano particolarmente forti dove
e quando la società vive periodi di secolarizzazione, di razionalizzazione. C’è in genere un
bisogno di religioso, di mistero,
di trascendentale che le chiese
storiche trascurano. La nostra
società occidentale risponde a
domande riguardanti il corpo, la
salute, i divertimenti, ma si dichiara incompetente per ciò che
concerne il fenomeno religioso.
Allora sono organismi di tipo
privato che cercano di rispondere a queste esigenze massificate. Nascono così gruppi dal
carattere episodico, legati come seno alla figura del leader
carismatico, ma dalla rilevanza
numerica così notevole che, per
esempio in Sud Africa, il governo di Botha cerca di portarli
dalla propria parte!
In Camerún e in Mozambico
i Testimoni di Geova sono perseguitati: le chiese evangeliche
non sanno quale atteggiamento
assumere davanti al problema.
In Ghana e in Nigeria, invece, le
sette si dimostrano più vicine
ai problemi della popolazione, in
particolare per quanto riguarda
la poligamia: una prima conse
guenza è stata l’apertura della
chiesa anglicana ai poligami! In
Madagascar sono nate due nuove sette: ima è stata vietata dal
governo (la « setta della vita in
Cristo » dalle manifestazioni erotiche), l’altra lavora segretamente all’interno delle chiese
cristiane, i suoi membri cercano di ricoprire incarichi di
responsabilità e di formare una
gerarchia alternativa.
Nel corso del Consiglio della
CEVAA si è cercato di indicare
alle chiese membro una linea di
comportamento generale, che
parta dall’impegno a trattare i
membri delle sette come uo
Le chiese devono agire non
tanto « contro » le sette, quanto
« in favore » della difesa dei diritti umani, di fronte all’imper
versare di quei movimenti religiosi che utilizzano mezzi economici e politici per estendersi (Moon, chiesa elettronica). La
cosa più importante è divulgare
il maggior numero possibile di
informazioni, sia a livello locale
che a quello generale della
CEVAA. Se ciò risulta problematico, vista la segretezza di
cui si circondano le sette, è tut
tavia necessario. In questo può
essere individuato uno dei ruoli della CEVAA, attraverso i segretariati all’informazione e alla
animazione teologica.
Franco Taglierò
Nuovo consiglio della CEVAA
Il nuovo comitato esecutivo della CEVAA: Lambert N’Cho (Costa
d'Avorio), Mario Dabalà (Rio de La Piata) vicepresidente, Jean Piguet (Svizzera) segretario, Jacques Terme (Francia) presidente,
Michel Marlier (Francia), Emmanuel Mbongue Eboa (Camerún)
Samuel Dossu (Benin).
5
i:
31 dicembre 1987
obiettivo aperto 5
PROBLEMI DEL CONTATTO QUOTIDIANO CON LA MALATTIA E LA SOFFERENZA
La verità non è
una cartella clinica
Intervista al pastore François Rochat, cappellano negli ospedali di Montpellier - Di fronte
alla sofferenza l’importante è saper accompagnare il malato restando sempre al suo livello
«
— Neila sua relazione Lei ha
detto che il malato, attraverso
un periodo di crisi, può giungere ad acquisire una nuova identità. Vorrei parlare un momento di questa nuova identità, che
mi fa pensare ad una specie di
resurrezione. E’ possibile vedere
un rapporto tra malattia, guarigione, resurrezione? O, in altri
termini, di che cosa fa parte la
nuova identità?
— La malattia apre sempre un
grande punto interrogativo. Di
essa non conosco il « perché »;
non so neanche se ci sia un « perche »; non è neppure detto che
se ne possa dare un senso, del
tipo: « sono malato perché... ».
Tutto è molto difficile, e l’Evangelo in questo non ci aiuta. Ma
nella malattia, che mi coglie all’improvviso, della quale sono
sempre più o meno vittima, e
che in ogni caso orienta la vita di una persona, c'è una
prima fase di reazione, dovuta
£i¡ tatto che uno non ha alcuna
voglia di entrare nella malattia;
poi c’è una seconda fase, di abbaitimento, che assomiglia ad
una specie di morte. Sono molto colpito nel constatare che, se
a questo punto c’è un futuro per
la persona che si trova in questa fase di depressione, questo
futuro è dell’ordine ideila resurrezione. Ogni resurrezione passa
aip averso una forma di morte.
La morte è praticamente necessaria perché vi possa essere una
re.surrezione. La resurrezione si
trova quindi in questo passaggio,
in questa Pasqua attraverso la
morte, da cui nasce una possibilità di vita: sboccerà, come un fiore, in una nuova identità. Ma
credo, effettivamente, che sia un
passaggio come una resurrezione. Si pensa generalmente alla
molte come all’ultima parola, per
cui la resurrezione sarebbe un
di più. Oppure c’è la tendenza
a considerare la resurrezione come l’ultima parola,' dopo, non ci
sarebbe più nulla. Mi colpisce
e mi interessa invece pensare alla resurrezione come ad un rilancio della vita. Essa non è la
fine di tutto, ma è la possibilità
di una vita rinnovata. La resurrezione non è rultima parola della storia. Mi pare che in questo
siamo al cuore dell’Evangelo. E
poiché credo nella resurrezione
oggi, in questa mia esistenza, posso vivere diversamente; malato
o no, ho voglia di vivere già ora
la resurrezione.
— Ma questo non rischia di
produrre una specie di rassegnazione di fronte alla malattia ed
alla morte? Perché non bisogna
rimpiangere la vita passata?
— Rassegnazione! E’ una parola della quale ho orrore! E’
rassegnato chi si lascia cadere.
Accettare è invece completamente un’altra cosa. Franca Pastorelli spiega bene cosa sia « accettare »: è una tappa necessaria per prendere coscienza di
quanto sta succedendo, magari
che si sta per morire. Ma è una
tappa di vita, per rilanciare la
vita. E' un atteggiamento positivo, lucido, rispetto alla malattia.
Non è certo Tatteggiamento della vittima. D’ora in poi sono responsabile di tutto quanto mi
capita. La mia vita mi appartiene; agisco non come vittima, ma
come uno che gestisce la sua
vita. Anche se, dopo la crisi, sarò segnato definitivamente, tuttavia non sarò impedito dal vivere. Sono stato molto colpito
dalla risposta di un paraplegico
al quale avevo chiesto: « Ma per
te guarire, che cos’è? ». Lui mi
disse: « Guarire, per me, è fare
della vita in questa mia nuova
situazione ». Aveva accettato di
aver perso l’uso delle gambe, ma
non rinunciava alla vita, anzi,
aveva voglia di fame.
— Ma una tale autoKmitazione non può essere considerata
come una sconfitta?
— Non è detto. Certo devo
rinunciare ad alcune cose; devo
fare cordoglio per alcuni progetti che avevo. Ma questo non
vuol dire che la vita sia morta.
Ho l’opportunità di scoprire altre possibilità, che forse prima
ignoravo. Sì, devo prendere il
lutto; ho perso una certa immagine di me. Il lutto è un’operazione difficile, ma necessaria; altrimenti avrei un atteggiamento
conservatore.
— Ma Lei, come credente, come pastore, cosa dice nelle situazioni di malattia?
— La prima cosa è porsi la
domanda: « Cosa sta succedendo? ». Come credente ho certo
qualcosa da dire in nome di Gesù Cristo e dell’Evangelo. Ma
non è sempre facile trovare il
modo di dirlo. Dopo tutto l’Evangelo non ci dice granché sulle
cause della malattia. Ogni volta
che hanno posto a Gesù la do
Le tecnologie, il sapere scientifico sono necessari per la cura, rna il
rapporto col malato ha bisogno anche di relazioni umane autentiche.
manda sul perché uno fosse malato, egli ha mantenuto un pmdente silenzio, ha avuto un atteggiamento di prudente saggezza. Ma ogni volta ha accettato
la malattia, ne ha preso atto, e
quindi si è posto la domanda:
« Cosa facciamo; qual è la vita
che può nascere, partendo di lì? ».
Nelle situazioni di malattia sono i malati che mi fanno riscoprire l’Evangelo, loro sono i maestri che mi fanno ripetere l’Evangelo. Cosa si può dire? Si può
dire che c’è una speranza, la
speranza della resurrezione, per
la (iuale vale la pena di vivere la
vita, anche se c’è una crisi. E
per vivere questa speranza abbiamo un compagno, e questo
per me è molto importante. Io
lo chiamo Dio. Et un Dio che
si è impegnato ad essere presente con nod tutti i giorni. E’
un Dio d’amore. Ecco, questo
potrebbe essere il riassunto della teologia che cerco di vivere
con la gente: presenza incondizionata di un Dio che libera e
che ama, di un Dio che apre
alla vita.
— E' una cosa molto difficile
da dire, soprattutto se non ci
sono prospettive per il futuro...
— E’ sempre la solita questione. E.’ vero chei quando sppraggiunge una malattia quel Dio,
che noi diciamo essere un Dio
d’amore, entra in contestazione,
e oi si pone la domanda sul perché io sia malato. Si dice: « Cosa
ho fatto al buon Dio? Perché
mi capita questo? ». Ho l’impressione che in tal modo caschiamo in una trappola. Poniamo
una domanda alla quale non c’è
risposta. Contestiamo Dio, o
l’idea implicita che ce ne siamo
fatti? Credo che dobbiamo porci la domanda: « Chi è questo
Dio, del quale parliamo? ». Cerchiamo allora di riscoprirlo, ma
non più attraverso le idee che
ne hò, o le accuse che gli rivolgo. Il Dio nel quale io credo,
e che costituisce per me tutta
una serie di riferimenti, non è
probabilmente quello che devo
proporre alla persona che incontro. Possiamo riscoprirlo insieme. E io penso che Dio si lasci
riscoprire, se lavoriamo con l’Evangelo e prendiamo atto della
malattia. E’ vero che non lotto
contro la malattia di una persona, ma io accompagno quest’ultima. E’ una persona che
soffre. Io non giudico la sua sofferenza; credo che gli sia permesso soffrire e, cosa difficile per la nostra società, anche
esprimere la sua sofferenza.
Se io accetto ch’egli soffra, e
condivido la sua sofferenza, il
malato si sente riconosciuto per
ciò che egli è realmente. A questo punto potrà cominciare a
camminare, dato che non è più
costretto a restare nella sua sofferenza, perché è stato capito,
e potrà anche uscirne, perché è
stata riconosciuta quella che è
la sua situazione.
— Nella Bibbia troviamo molti esempi di contestazione di Dio.
Giobbe, per esempio, contesta
Dio. Talvolta scopriamo un Dio
debole...
— Effettivamente penso che
con noi Dio giochi in perdita.
L’angelo di Dio, quando lotta
contro Giacobbe (Gienesi 32: 24
ss.), dapprima aggredisce, ma alla fine risulta p>erdente: dà il
Di fronte all’handicap, alla sofferenza, è possibile trovare una nuova
identità, il senso autentico della vita.
suo nome a Giacobbe. Questi
porterà il suo nome come promessa. Perciò Giacobbe dice:
« Sono salvato, sono liberato ».
E’ bravo chi ne capisce qualcosa; ma io penso che in effetti
ci sia come un paradosso, per
cui Dio è perdente, ed è in questo modo che ci ama. Quando
ci dà il Suo Figlio è un Dio colpito, ferito; eppure, improvvisamente, diventa credibile... Tempo fa, una donna che visitavo mi
disse una sera: « Non riesco a
capire quello che mi succede ».
Passato un anno, l’ho rivista all’ospedale e mi ha detto: «All’inizio non capivo e mi chiedevo cosa avessi fatto a Dio per
meritarmi quello che mi succedeva. Non era giusto. Ma adesso mi chiedo; perché non io;
perché non anche io, sapendo
che tanti altri soffrono? ». Sono
rimasto sconvolto. Penso che
quella donna avesse scoperto
qualcosa di essenziale, e in ogni
caso l’ha fatto scoprire anche a
me.
— Parliamo un momento della solitudine dell'uomo moderno, della sua accettazione o meno della sofferenza, della incapacità di soffrire.
— Una cosa è la sofferenza,
un’altra è il dolore. Il dolore è
sempre qualcosa di fisico, ed oggi ci sono i mezzi per combattere contro il dolore. La sofferenza è invece l’interpretazione del
dolore, è la difficoltà a vivere
nella situazione nella quale mi
trovo. Soffro perché sono disoccupato, perché ho perso mia moglie, ecc. Credo che tra le sofferenze maggiori vi sia oggi quella della solitudine. In ospedale
ci sono molte persone che soffrono e che sono contente di vedermi, per avere qualcuno con
cui parlare, che li accoglie quali esse sono.
— Cosa dice ad un malato che
sta per morire? Gli rivela il suo
stato?
— Il più delle volte credo che
si debba essere disposti ad ascoltare ciò che il malato ci dice. Nel 90% dei casi lui lo sa
meglio di noi che sta per morire, e non in base ad una diagnosi, ma per i messaggi del
suo corpo. Una volta un malato
mi disse: « Sa, sono ancora giovane ». Poi aggiunse: « Fin ora
me la sono sempre cavata. Ma
questa volta qualcosa mi va storto ». Non disse altro, ma è chiaro che mi parlava della sua morte. Non mi chiedeva risposte;
voleva che fossi il suo confidente. Il suo segreto era diviso con
qualcuno e, per farlo, usava un
linguaggio cifrato. E’ un po’ come giocare a nascondino; si arriva a dei compromessi col vocabolario. Credo che talvolta si
parli della morte come si parla
dell’amore. Non si può sempre
dire: ti amo, voglio fare l’amore ecc. C’è un linguaggio diverso, e così è anche per la morte.
Bisogna essere sinceri col malato, ma la sincerità non è solo
una questione di informazione,
di diagnosi che può suonare come un verdetto, una sentenza di
morte. La verità non è una cartella clinica. Le cose vanno viste in termini esistenziali, non
medici. Il mio rapporto con il
malato non passa attraverso un
sapere o una conoscenza; que-.
sta può essere qualcosa di molto ingombrante. Per questo i
medici hanno spesso paura dei
malati. Loro hanno un sapere,
il malato un vissuto, e le due
cose talvolta non si combinano
insieme. Se io, come pastore, ho
un sapere, lo metto da parte. Le
indicazioni utili sono quelle che
mi fornisce il malato, e non quelle della sua cartella clinica, che
d’altronde non leggo mai. Se si
vuole accompagnare un malato,
non si può avere un sapere superiore al suo. Il problema è
quello di riuscire a comprenderlo in ciò che egli dice e di accompagnarlo, restando al suo livello.
Intervista a cura di
Luciano Deodato
6
6 valli valdesi
31 dicembre 1987
Natale 1987
S^fSèrTìÀevnietu
Pierre Robert OLIVéTAN
La Bible
in folio (25x35 cm, pp. 882
rilegata in pelle
tiratura limitata a 400
esemplari. L. 999.000
□
Wilhelm BEATTIE
Les Vaudois ou les
vallées protestantes
du Piémont et du
Dauphiné
pp. 216 + 70 incisioni a piena
pagina. L. 100.000
□
Edmondo DE AMICI S
Alle porte d’Italia
pp. 419 con 172 illustrazioni
L. 100.000
□
Ettore SERAFINO
Oltre la Soglia
pp. 82. Tiratura limitata a 666
esemplari
L. 12.000
□
Alessandro
GALANTE GARRONE
Padri e figli
pp. 252
L. 20.000
FERROVIA PINEROLO - TORRE RELUCE
La spada di Damocle
L’ultimo decreto ministeriale e gli impegni che devono essere presi
dagli enti locali - Occorre razionalizzare il sistema di trasporto
Una spada di Damocle continua a pendere sul futuro della
ferrovia. Il decreto ministeriale
che, in data 15 aprile ’87, autorizzerà l'Ente FS a tagliare, dal
l/6/'88, una settantina di linee a
scarso traffico su tutto il territorio italiano se non venissero approntate, in accordo con gli enti
locali, nuove forme più economiche di esercizio, rischia davvero
di essere il drastico punto finale
di una vertenza che dura da ormai più di due anni.
La storia di questa vicenda, le
sue tappe e le prospettive future
sono state discusse nel corso di
un’assemblea pubblica svoltasi a
Torre Pellice il 22 dicembre.
Di fronte ad ùna buona partecipazione (in primo luogo di pendolari, diretti interessati alla
questione) sono intervenuti, oltre a Franca Coisson, presidente
del Comitato di difesa della ferrovia e assessore ai trasporti per
la Comunità montana, l’assessore provinciale ai trasporti Cotta
Morandini e ü direttore compartimentale delTEnte FS per Torino, ing. Caprio.
In precedenza, il Comitato di
difesa si era rivolto sia alla Regione Piemonte, sia alla direzione
delle ferrovie per conoscere la
rispettiva interpretazione del decreto in questione. E’ risultato
che si tratta, in effetti, della necessità di mantenere il servizio al
minor costo per la collettività.
Questo comporta una serie di interventi sulla linea ferroviaria,
atti a renderla più competitiva
rispetto al trasporto su gomma,
a cui si farebbe ricorso se non risultasse l’economicità della rotaia; il taglio sarebbe allora inevitabile e definitivo.
I motivi tecnico-gestionali che
rendono incerto e problematico
il futuro sono stati spiegati dall’ingegner Caprio.
Le FFSS hanno svolto un’indagine conoscitiva sul rendimento
della linea, e da tale indagine risulta eccessivo il passivo prodotto soprattutto dall’elevato numero di passaggi a livello, che com
portano l’impiego di numerosi
addetti.
« Le economie ideate un anno
e mezzo fa si sono rivelate non
sufficienti — ha detto Saprio —
occorrerebbe ridurre drasticamente il numero dei passaggi a
livello, e inoltre concordare con
le organizzazioni sindacali un "livello minimo di personale" per
poter far fronte ai costi di esercizio ».
In base al decreto deH’aprile
scorso, inoltre, ed in base ai tagli che la nuova Legge finanziaria apporta al bilancio delle ferrovie, non è proponibile che l’Ente FS si accolli le spese per automatizzazione, soppressione o scavalcamento dei passaggi a livello;
« L’Ente FS può intervenire su
queste linee solo per opere e lavori dettati da situazioni d'emergenza », ha aggiunto Caprio. Toccherebbe agli enti locali e in
primo luogo alla Regione Piemonte di cui peraltro nessun
rappresentante è intervenuto alTassemblea, provvedere a queste
opere.
Altro problema, anche questo
annoso e mai risolto, è quello del
rapporto tra ferrovia e autolinee;
come è stato detto chiaramente
dall’ing. Caprio, ma anche da parte del pubblico, non è ammissibile che si impieghi denaro pubblico per sostenere sistemi di trasporto concorrenziali fra loro;
vanno rivisti orari e concessioni.
Nel corso della serata l’assessore Cotta Morandini ha poi illustrato alcune iniziative dell’amministrazione provinciale, e il
presidente della Comunità montana Longo ha fornito i dati, sicuramente drammatici, relativi
agli incidenti automobilistici nel
pinerolese.
Sul piano delle prospettive, il
direttore compartimentale ^ ha
chiarito che « l'impresa non è disperata: dagli studi preliminari
fatti, la linea sembra avere i requisiti per un possibile salvataggio ». Naturalmente a condizione
che si attuino gli interventi di razionalizzazione del servizio di cui
si parlava. A tale scopo è stato
costituito un gruppo di studio,
comprendente, oltre alle FFSS, gli
assessori provinciale e regionale
ai trasporti, che dovrà individuare le varie modalità d’intervento,
e le ipotesi su cui costruire la difesa della linea, per dimostrare
all’ interlocutore, rappresentato
ora dal Ministro del Tesoro, che
è da preferire, anche economicamente oltre che socialmente, im
trasporto su rotaia per la Val
Pellice.
E’ importante che adesso, a oltre due anni dal primo decreto
di soppressione, l’attenzione della
popolazione e degli utenti resti
alta, e consapevole; è importante
criticare, anche decisamente, eventuali inadempienze, ma a condizione di non generalizzare nella condanna di tutto il sistema
politico italiano e di tutti i livelli
di gestione della cosa pubblica,
come purtroppo il « tira-e-molla »
che ha segnato la vicenda della
ferrovia sembrerebbe autorizzare a fare.
Alberto Corsani
Albert Meynier Editore
Corso Sommeiller, 21
10128 TORINO
I non molti consiglieri della
Comunità Montana Val Pellice
presenti aH’ultima seduta hanno
provveduto all’approvazione de)
rendiconto economico dei cantieri di lavoro svoltisi quest’anno
con la partecipazione di giovani
disoccupati.
I cantieristi hanno lavorato in
due gruppi; uno si è occupato di
forestazione ed in particolare della pulitura di corsi d’acqua dagli
arbusti recentemente cresciuti e
l'altro di indagini conoscitive
sulla situazione di inquinamento
delle acque, fonti di approvvigionamento e depurazione di scarichi.
Questo secondo tipo di attività
aveva a suo tempo causato anche
diffidenze e polemiche da parte
delle famiglie a cui sembrava di
sottoscrivere vere e proprie autodenuncie; successivi chiarimenti
avevano mostrato come i dati ottenuti avrebbero avuto un utilizzo globale, quindi senza « rischi »
per i singoli cittadini. Tuttavia
solo un 35% dei questionari distribuiti nel corso dell’estate sono tornati debitamente compila
Cambio al vertice
CISL
PINEROLO — Beppe Pavan,
segretario confederale della
Cisl di Pinerolo, lascia dal
1° gennaio prossimo il suo incarico per assumere un lavoro
aH’interno della COAP, una cooperativa di consumo nata qualche anno fa anche per spinta
sindacale.
Vademecum
Pinerolese
PINEROLO — E’ uscito un
interessante vademecum di Pinerolo e del Pinerolese. Contiene notizie di carattere generale
relative alle pratiche che i cittadini possono svolgere presso
gli enti locali, indirizzi e numeri di telefono utili (compresi
quelli delle chiese valdesi). E’
distribuito dalla MCM edizioni
nelle edicole. Costa L. 3.000.
Aumenta la tariffa
raccolta rifiuti
PINEROLO — Prima di andare in crisi, il consiglio comunale ha deciso di aumentare dei
50% la tariffa della raccolta ri
fiuti, e del 30% quella delle affissioni e delle altre tasse comunali.
PINEROLO
crisi
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Cantieri: un bilancio
ti, « anche se — ha precisato il
consigliere delegato all’ecologia
Della Donna — ancora oggi arrivano delle risposte ed i dati verranno comunque utilizzati ».
Per quanto riguarda le cifre,
i cantieristi hanno operato in
1252 giornate sulle 1400 previste
a causa, soprattutto, del maltempo; di conseguenza anche i
costi si sono in parte ridotti,
sfiorando gli 83 milioni sui 100
in bilancio.
Lo stesso Consiglio ha deliberato di assumere con la Cassa Depositi e Prestiti un mutuo di 475
milioni da destinare al ripristino
di opere pubbliche danneggiate
dalle copiose nevicate del gennaio 1987 nei vari Comuni della
Valle; il mutuo sarà ammortizzato in 10 annualità e riguarda
principalmente ripristini stradali e coperture di edifici comunali. Va infine rilevato che i singoli Comuni avevano già presentato altre domande sullo stesso
argomento, portando la richiesta
totale per l’intera valle a 2 miliardi 360.000.000 di lire circa.
Per la sesta volta, dalle elezioni del 1985, la giunta di Pinerolo
è in crisi. A provocare questa
ennesima crisi è stato il PRI
che ha ritirato il suo assessore
(Stefano Drago) dalla giunta.
Motivo; il mancato approfondimento del problema delTaffìdamento della costruzione del nuovo palazzo degli Uffici giudiziari alla ditta Borini. Come si
ricorderà, per la costruzione degli Uffici giudiziari il consiglio
comunale aveva deciso di procedere ad un appalto-concorso,
con l’intento di ricuperare a questo scopo una parte della ex
caserma « Bricherasio ».
Dei quattro progetti, due erano stati ritenuti meritevoli di
aggiudicazione e, a maggioranza' (7 contro 6), i commissari
giudicanti il concorso avevano
scelto il progetto presentato
dalla ditta Borini. Determinante in questa scelta era stato il
prezzo dell’opera, inferiore di
2,5 miliardi a quello presentato
dalla ditta seconda classificata (Gega di Milano), ed il voto
del sindaco.
Nel corso del consiglio comunale, una parte dell’ex maggioranza si era espressa in modo
contrario alla scelta della commissione giudicatrice, sostenendo che il progetto Borini era in
contrasto, in una sua parte, col
piano di recupero del centro
storico, adottato dal comune.
Era stata l’astensione delle
sinistre di opposizione (PCI e
DP) a salvare la scelta della
giunta e così il progetto era stato approvato dal consiglio comunale, benché alcuni consiglieri di maggioranza avessero
preannunciato ricorsi alla magistratura da parte della Cega.
La mancata compattezza della maggioranza, e il fatto che
la giunta non aveva accolto la
proposta del gruppo repubblicano di rinviare la discussione
della delibera, hanno indotto
quest’ultimo a ritirarsi.
Nel consiglio del 21 dicembre scorso veniva brevemente
discussa la nuova situazione politica ed i socialisti, tramite il
capogruppo Pronello, annunciavano, anche loro, il ritiro dalla
maggioranza. Anche il sindaco
dichiarava poi di dimettersi.
Si apre dunque una nuova fase di trattative tra i partiti per
la costituzione di una nuova
maggioranza. La cosa si presenta molto difficile a causa della
situazione di conflitto esistente
e all’interno dell’ex maggioranza
quadripartito (DC, PSI, PRI,
PSDI), e aH’interno degli stessi
gruppi di maggioranza.
Per ovviare a questa situazione, e per garantire una soluzione numerica più stabile, il capogruppo democristiano Ghibò
ha proposto una « trattativa vera » sul programma, che coinvolga anche le forze dell’opposizione di sinistra.
Il PCI, per contro, ha parlato
della necessità di « voltar pagina » con una nuova formula
politica e di « elezioni anticipate». Per DP, si tratta di « aprire
una nuova fase costituente » per
il programma. Per il PLI è necessario « un governo di emergenza che includa tutti i gruppi del consiglio». Intanto si va
avanti con l’ordinaria amministrazione. C'*
Aumenti
tariffari
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Anche il Comune di Luserna S.
Giovanni ha, nel corso della sua
ultima seduta, deliberato una
serie di aumenti o revisioni tariffari. Ancora una volta le amministrazioni locali si trovano
nella condizione di dover recuperare su alcuni servizi delle
somme per riportare il bilancio
in parità; costeranno dunque
più care la raccolta e lo smaltimento rifiuti, l’elettricità, le
pubbliche affissioni, l’occupazione del suolo pubblico.
Un mutuo di 100. milioni è stato assunto per arrivare alla costruzione di un ascensore che
consenta un facile accesso agli
uffici comunali. Infine il Consiglio ha deciso di affidare alla
ditta SAPAV il servizio di collegamento con i Comuni di Rorà
e Lusernetta; costo dell’operazione; 46 milioni.
7
31 dicembre 1987
valli valdesi 7
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE - USSL 43
Natale al Foyer
In una valle che vede la popolazione invecchiare sempre più, esiste un’alternativa al ricovero
in un istituto per anziani: da alcuni anni sono stati aperti due foyers - « Quasi una casa »
In molti casi, al di là del significato cristiano, la giornata di
Natale ha assunto il significato
della festa, da viversi con la famiglia e con i propri cari in una
atmosfera, si suol dire, raccolta.
Non sempre ciò è possibile, e in
una zona con popolazione particolarmente anziana, come la Val
Pellice, i! pensiero va alle molte
persone ricoverate nei vari istituti presenti. Esiste però un’alternativa alla casa per anziani, per
lo meno nella fase in cui il soggetto in età avanzata, pur non
avendo parenti od amici che possono occuparsi di lui, è ancora
autosufficiente.
Da qualche anno, la Comunità
Montana Val Eellice-USSL 43 ha
attivato due « foyer » case in cui
gli anziani trovano una risposta
approntai,a per chi si trova ad affrontare j inverno in situazioni di
estremo disagio ed isolamento
nelle nosti c zone montane.
« Si cominciò nel febbraio dell'80 — racconta la signora Gaietti, coordinatrice dei Servizi So
ciali
Serre di Angrogna; la
casa, di proprietà del Concistoro
della Chiesa valdese, cominciò la
sua funzione ospitando un primo
nucleo di :> persone. Oggi siamo
intorno ailo decina, con il servizio di tre peratori della cooperativa ’’AIrrare" cui si affianca
la collabo azione di un obiettore
di coscienza al servizio militare.
La carati e ¡stica del foyer è che
Cinema
gli anziani, ospiti d’inverno, tornano alle proprie case nella bella
stagione».
Quale tipo di utilizzo vien fatto
dalla struttura in questo periodo?
« In estate nel foyer vengono
ospitati gruppi di anziani provenienti da altre zone oppure gruppi di portatori di handicap, in
collegamento con altre USSL ».
E’ giusto parlare, a proposito
di un foyer di una vera alternativa al ricovero in istituto?
« Direi che rappresenta proprio
questo — precisa la sig. Gaietti —
questa che vediamo è una
vera e propria casa in cui l'anziano si trova a suo agio, può uscire liberamente, si trova a contatto
con altre persone con i suoi stessi problemi, i nostri anziani si
trovano bene ed il successo del
foyer del Serre ci ha portati a riproporre l’esperienza anche a
Bobbio, dove funziona, dal 1985,
una seconda struttura di questo
tipo. Voglio qui segnalare l’età
media dei nostri ospiti; che supera gli 85 anni, e indica che lascelta del ricovero in asilo avviene soltanto quando la situazione non offre alternative ».
Il foyer di Bobbio, dunque,
opera da circa due anni; situato
nell’ex caserma delle guardie forestali di proprietà del Ministero
Agricoltura e Foreste può ospitare 11-12 anziani. Attualrnente gli
ospiti sono. 6.^più. due abiettori-in
servizio presso l’USSL-Comunità
Montana; vi lavorano due operatori della cooperativa ’’Alveare”
in collaborazione con l’assistente
sociale e la visitatrice domiciliare
del distretto.
Come si vive un Natale al
Foyer?
Per scoprirlo abbiamo trascor
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 31 dicembre, ore 17, avrà luogo al Centro d'incontro una riunione con il seguente o.d.g.: a) Azione Urgente; appelli per il leader dell'Organizzazione
studentesca (SONU) deH'Università di
Nairobi (Kenia), Robert Buke, ancora in
carcere, mentre i suoi compagni sono stati liberati; b) Appelli per II prigioniero di nazionalità turca in adozione al nostro Gruppo; c) Analisi
delle più recenti attività; seminario
sulla pena di morte e « Thè per Amnesty »; d) Varie.
Programmi di Radio Beckwith
____________91.200 FM ___________
TORRE PELLICE — Segnaliamo alcuni programmi di Radio Beckwith,
FM 91.200: Gruenen (ecologia ed agricoltura) ven. ore 18 e lun. ore 15;
A confronto, mere, ore 15 e lun. ore
17; Classicamente lun. ore 17.30; Tacchi alti e gonne al vento, lun. ore
20.30; La settimana sportiva, dom,
ore 20,30; Rendez-vous (interviste),
mart, ore 18 e giov. ore 15; Culto
evangelico, dom. ore 11.30 e mero,
ore 19,30.
Società
di Studi
Vaidesi
TORRE PELLICE — Questi i films
in programma al Cinema Trento: giov.
31, ore 21.15 • Le avventure di Bracio di ferro »; ven. 1° gennaio « Renegade, un osso troppo duro » con Terence Hill; sab. 2 « Le streghe di Eastwick »; dom. 3 « I miei primi 40 anni »; mart. 5 « Oci ciornie »; mere. 6
■■ Roba da ricchi ».
L’ex caserma
della Guardia
Forestale, ora
sede del foyer di
Bobbio Pellice.
so alcune ore con le persone ospitate.
Un albero addobbato, una tovaglia che contribuisce a creare
il clima di questa ’’festa”, su un
tavolo alcuni doni. « Non sappiamo neppure chi ce li ha portati, ma è evidentemente qualcuno che si è ricordato di noi. Ogni
tanto viene qualche gruppo a cantare qui in mezzo a noi, delle scolaresche, e questo è accaduto anche per Natale » — dice un anziano.
L’ambiente è sereno, la vita
trascorre i ritmi normali delle altre giornate, mentre invece
fuori tutto sembra diverso, anche
nella piccola Bobbio. Qualche
ospite, avendo ancora alcuni parenti, ha trascorso la giornata al
paese di origine; è il caso di Remo, una vita passata a lavorare
la pietra a Rorà, cne quest’anno ha avuto la possibilità di passare i mesi più duri deH’inverno
al Foyer: « qui siamo a pochi
minuti dal paese; possiamo andare a fare alcune spese, il latte,
il giornale o la partita a carte... ».
L’incontro prosegue tra racconti di rm passato ancora molto vicino, con i problemi di una montagna che si spopola sempre più,
attività abbandonate c storie
molto più lontane, come spesso
accade in questi casi, ricordando gli anni del periodo bellico;
« molta della vitalità di un tempo
è persa, ma siamo ancora fortunati, siamo qui provenienti da molti comuni della valle, assistiti in
questa che per noi è come una
casa ».
Storie diverse, da quelle appena risentite a quelle di « Ghitin »
93 anni, da oltre 40 a Bobbio, che
dimostra una vitalità quasi sorprendente; storie diverse accomunate da una solitudine comune e dalla ricostruzione di una
nuova, particolare famiglia in
questo foyer.
Piervaldo Rostan
Bollettino 161
E’ in distribuzione in questi
giorni il n. 161 del « Bollettino »
semestrale della Società di Studi valdesi.
In questo numero si possono
leggere studi di Giovanni Gönnet («Muston e Charvaz:.una
memorabile polemica sulle origini valdesi »), di Ferruccio dalla (« Gli scritti di Giosuè Janavel dal 1667 al 1686»), di Cesare De Michelis (« Savorof e i
valdesi »), e di Augusto Comba (« XXVII Convegno di studi sulla Riforma e i movimenti
religiosi in Italia»).
Completano, come di consueto,
il numero recensioni e segnalazioni ed il resoconto della « vita
della società ».
Ricordiamo che l’adesione alla Società di Studi Valdesi costa 30.000 lire l’anno e che i soci
ricevono gratuitamente il « Bollettino », là? « Beidana », e l’opuscolo del XVII Febbraio.
Per maggiori informazioni rivolgersi alla segreteria della
Società, via Roberto d’Azeglio 2,
10066 Torre Pellice. Tel. 0121/
932178.
Bollettino della Società di Studi Valdesi
n. 161, luglio '87, pagg. 80. L. 15.000.
LAVORARE INSIEME
NEL CIRCUITO
Caro Direttore,
ho letto con interesse, nella cronaca di Massello, il resoconto della
giornata del 29 novembre intorno al
« Glorioso Rimpatrio » e alle celebrazioni del 1989 (giornale del 18 dicembre). Mi sono rallegrato della decisione dell’assemblea di gestirsi comunitariamente queste celebrazioni, ed in
particolare l’incontro del XV agosto.
Conoscendo bene la situazione di
Massello, trovo che la decisione è coraggiosa ed impegnativa, dato lo spopolamento della zona.
Quello che però mi ha lasciato perplesso e mi preoccupa è il rifiuto implicito della realtà del Circuito, definito, se capisco bene, con l’espressione « ottica burocratico-ecclesiastica », a cui si riconosce, bontà dello
scrivente, una « efficienza », ma che
rimane realtà • all’esterno della comunità ».
Mi preoccuoa questo, perché vi
scorgo un passo indietro nel difficile
cammino di un superamento dei con
RINGRAZIAMENTO
«Nel mondo avrete tribolazione:
ma fatevi animo, io ho vinto il
mondo »
(Giovanni 16 ; 33)
I familiari del compianto
Oreste Beux
di anni 72
commossi per la grande dimostrazione
di affetto e di stima tributata al loro
caro, ringraziano tutti coloro che, in
vari modi, hanno reso più sopportahili
i lunghi mesi di sofferenza del loro
congiunto, e tutti coloro che hanno
voluto essere di conforto alla famiglia con scritti e con la presenza.
In modo particolare ringraziano gli
amici che hanno dato un aiuto concreto e prezioso nell’assistenza; i 'pastori Ribet e Nofflte; i medici ed il personale degli ospedali Maria Vittoria di
Torino, reparto riànimazione, c< E.
Agnelli » di Pinerolo, reparto medicina, valdese di Pomaretto; la corale
valdese di San Germano.
S. Germano Chisone, 22 dicembre ’87.
RINGRAZIAMENTO
Lucilia Beux ringrazia tutti gli amici del suo papà
Fiorello Beux
che hanno devoluto in sua memoria
all’Ospedale Valdese di Torre PeUice.
Torino, 31 dicembre 1987.
RINGRAZIAMENTO
« Io grido a te, o Eterno. Io dico: Tu sei il mio rifugio »
(Salmo 142 ; 6)
I familiari di
Ernesto Buffa
ringraziano coloro ohe sono stati loro
vicini in questa triste circostanza, in
particolar modo il direttore e tutto il
personale dell’Asilo Valdese e il sig.
Taglierò.
Angrogna, 27 dicembre 1987.
RINGRAZIAMENTO
« La mia grazia ti basta »
(II Cor. 12: 9)
I familiari di
Enrico Pons
ringraziano tutti coloro che hanno
espresso simpatia e solidarietà. Eq>rimiamo riconoscenza al medico doti. S.
Meli, a tutto il personale dell’ospedale
valdese di Pomaretto ed al pastore
Lueilla Peyrot.
Massello, 19 dicembre 1987.
fini parrocchiali per una visione più
ampia della realtà ecclesiastica della
valle.
Il Circuito non vuole servire soltanto a superare situazioni di emergenza, quali prolungati congedi pastorali, o copertura del piano dei culti,
ma vuole essere un « lavorare insieme ». Così erano state organizzate
le varie « Pentecoste '80, '82 e '84 » e
l’ultimo XV agosto a Lavai, in Val
Troncea.
Nel lavorare insieme ci si è arricchiti di nuove idee e si sono potuti
realizzare obiettivi al di là delle forze delle singole comunità, e stabilire
dei rapporti di amicizia e di conoscenza che prima non esistevano.
Credo che è in quest'ottica che la
CEO, ormai da anni, affida l’organizzazione dei XV agosto ai Circuiti.
Sono inoltre perplesso sull’impostazione data al problema dello spopolamento della montagna: non è stringendo le file dei superstiti, che così
possono dimostrare di non essere
finiti, ohe si prepara il futuro. Forse
la realtà allargata di una valle senza confini potrebbe aprire delle prospettive migliori.
Renato Co’i’sson, Sovr. Ili Circuito
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica ;
Notturna, prefestiva, festiva: presso Qspedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
VENERDÌ’ 1° GENNAIO 1988
Rinasca: FARMACIA BERTORELLO Via Nazionale. 29 - Tel. 51017.
DOMENICA 3 GENNAIO 1988
Villar Perosa: FARMACIA DE PAOLI
- Via Nazionale, 22 - Tel. 840707.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
VENEDI’ 1° e
DOMENICA 3 GENNAIO 1988
Brlcherasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
VIUar Penice: FARMACIA GAY •
Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice; Telefono 91.996.
8
». • ;_r.
^>,V
9
storia religiosa
31 dicembre 1987J
DIBATTITO]
La celebrazione del rimpatrio
tra passato e presente
La necessità di individuare il « clima spirituale » di quegli anni e di quegli uomini - Il rischio di proiettare a
quel tempo istanze forse successive - La celebrazione del passato come strumento per definire la propria identità
Tr-
L’inserto sul rimpatrio (giornale deiril dicembre) invita al
dialogo. Accolgo volentieri l'invito, richiamandomi al pezzo centrale, « Trecento anni dopo », che
presenta a modo suo alcune critiche e vi risponde.
Per me i problemi sono due:
che uso facciamo della storia e
quali priorità diamo alla nostra
esistenza evangelica in Italia.
L’uso della storia
Si sa che quella che chiamiamo storia nasce dall’incontro fra
i fatti conoscibili del passato e
i nostri interessi e le domande
che poniamo al passato per comprendere il presente: per questo
ci costruiamo griglie di lettura
che danno unità e senso a una
moltitudine di fatti isolati. Ne
fa fede la varietà delle ricostruzioni storiche fatte in epoche diverse e le loro contraddizioni.
Mi rallegro perciò che questa
domanda critica sia presente nel
programma delle celebrazioni e
in particolare nell’impostazione
della mostra di Torre Pellice,
che « si porrà nelTottica delToggettività storica e della soggettività dei valdesi e protestanti italiani ». Mi auguro che i nostri
storici mettano in evidenza gli
aspetti problematici delle vicende di quegli anni e, soprattutto,
il clima spirituale e la sensibilità di quei riformati, i quali
erano tornati manu militari nelle loro terre: la cosa a noi fa
problema, ma probabilmente essi la ritenevano perfettamente
legittima, se non voluta da Dio.
Ora questi reduci, al momento
di insediarsi di nuovo nelle loro
terre, per prima cosa, in un loro sinodo o radimo pastorale del
gennaio 1692, proclamavano im
di^uno collettivo di umiliazione,
« siccome la mano di Dio appare ancora armata d’ira contro
la sua chiesa », in quanto « aph
pare in modo manifesto che Timpenitenza dei pop>oli continua a
provocare la collera di quel gran
Dio vivente che da tempo ha dato inizio al Suo giudizio cominciando da quelli della sua casa ».
Non avendo la competenza per
farlo, vorrei proprio che gli sto
rici mi aiutassero a capire che
cosa pensavano e come vivevano la fede ouelle donne e quegli
uomini travolti dalla bufera e
mi dicessero, testi alla mano, se
essi avevano in mente la presenza protestante in Italia, o il loro diritto alla terra degli avi, o
l’evangelizzazione, o la vittoria
dell'Europa protestante e degli
ideali della democrazia. Se tutti
questi pensieri dovessero invece
essere nati nelle generazioni successive e proiettati su quel temp)o, dovremmo fare grandi sforzi per tenere separati i pensieri
di allora dai nostri. Gli storici
senza dubbio lo fararmo e ci faranno rivivere quei tempi in modo appassionante. Ma non vorrei che la nostra pubblicistica
Spicciola anticipasse quelle risposte e ci offrisse rm quadro storico di maniera, rinnovando le
operazioni romantiche del 1889
e del 1939. O dobbiamo celebrare ogni cinquant’anni un anno
del giubileo alla ricerca di Tura
diversa identità valdese?
I valdesi attraversano la Savoia: una tappa nel cammino verso le valli.
Posso fare allora una domanda precisa agli storici, che nel
nostro piccolo mondo abbondano, più dei teologi? Vorrei chiedere perché quella « gloriosa rivoluzione » ci è così lontana, a
noi europei e italiani; perché è
così poco proponibile, a parte
gli storici di professione. Perché
è così difficile dire ai nostri connazionali: queste cose ti riguardano, è di te che si tratta, mentre la rivoluzione francese di un
secolo dopo, ma anche il Rinascimento e la stessa Riforma e
Controriforma sono punti di riferimento più vicini, più attuali?
E’ solo il destino baro (e « cattolico ») del nostro paese che ha
estromesso dalla nostra coscienza del passato tutto ciò che attiene all’Europa a nord delle
Alpi? O non è forse il fatto che
quegli avvenimenti segnano non
tanto il trionfo del protestantesimo, come qualche volta ci sfugge di dire, quanto piuttosto la
sua fine come soggetto politico,
per dare spazio a un’Europa laica, più tollerante e democratica
ma anche più razionale e, riconosciamolo, più aggressiva verso il resto del mondo?
Le nostre priorità
Certo, anche celebrare il passato è una cosa j»ositiva, quando ci si richiama alle proprie
origini: è utile per definire e
proteggere la propria identità.
E’ un fenomeno generóle, lo fon
no tutti. Le celebrazioni e f centenari si moltiplicano: i mille
anni della chiesa russa, la scop>erta dell’America, la rivoluzione francese e, nel duemila, Gesù Cristo.
Ma per una chiesa cristiana
le celebrazioni del passato si pongono in una luce diversa, non
possono diventare un elemento
centrale della sua identità, in
quanto la chiesa, in ogni tempo,
è sottoposta alla critica della parola di Dio, che chiama gli uomini e le donne nel presente e
ai compiti del presente. Questo è chiaro a tutti, anche al Comitato per il centenario.
Di qui qualche mia perplessità. Difatti, al di là delle priorità
enunciate ci sono quelle effettive, che rispondono ai fatti e che
contano, perché creano un’immagine, mobilitano delle forze,
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possano riconoscere come un
fatto che riguardi tutti? O non
si rischia di creare un nuovo
senso di distanza proprio fra gli
evangelici italiani, in un momento in cui, per ragioni teologiche
e storiche, vi sarebbe la disponibilità per un maggiore a\ vicinamento?
esercitano un’azione educativa,
formano i giovani, ci fanno conoscere nella società: insomma,
finiscono per essere un fattore
essenziale d’identità. Ora, che il
rimpatrio rappresenti, per la
chiesa evangelica valdese, una
grossa priorità può d^ficilmcntc
essere messo in dubbio. I fatti
parlano. Abbiamo celebrato molte ricorrenze, ma per nessuna ci
siamo mobilitati con tanto anticipo, con tanto impiego di forze, con tanto impegno. Non c’è
qui il pericolo che si finisca così per limitare altri nostri impegni e altre iniziative? E che
questa mobilitazione venga presentata come risposta alla nostra ricorrente cattiva coscienza
evangelistica? Siamo davvero sicuri che questa sia la priorità
che ci accredita nel paese come
chiesa che annunzia l’evangelo,
in alternativa al cattolicesimo
romano? Che sia questa la parola nuova da offrire all’uomo e
alla donna di oggi, in cerca di
un senso della vita? Che sia questa la parola ecumenica, nella
quale tutti, o quanto meno gli
evangelici delle altre chiese si
Non possiamo non riflettere
con una punta di amarezza alle
sfide che il nostro protestantesimo ha mancato negli ultimi decenni. E’ vero che siamo una
minoranza solida che si sente
minacciata, e che perci's cerchiamo protezione ed aut'¡protezione. Ma fino a che punto questa
ricerca è legittima? O che non
ci accada così di trascurare anche questa volta l’occasione per
confrontarci con altre sfide del
nostro tempo? Quando il mondo cristiano si confronia^ra con
la secolarizzazione, ed elaborava
nuove ipotesi missionari -, quando le chiese si confrontavano con
i gravi problemi dell’ecumenismo, ai massimi livelli e nella
vita quotidiana, quando esse si
misuravano con le altre religioni, noi siamo stati genei idmente
assenti, inclini più a negare i
problemi che ad affrontarli: a
parte l’impegno per la giustizia
e per la pace, che invece ■ à qualifica e ci caratterizza am be oggi, invece, per celebrare il. no-.
stro passato, siamo stati disponibili e attivi. Questa è l i ventata la nostra priorità leaìe, per
autoproteggerci, o per altre ragioni che mi sfuggono.
Vorrei perciò che il rimpatrio
fosse celebrato con grande so
brietà e non in alternativa ad
altri impegni, come quelli per
il mezzogiorno o l’analisi della
vita delle comunità, il cijsiddetto check-up. Dobbiamo anche esj
sere ben consapevoli dei limiti
di queste celebrazioni. Non sarà
facile mobilitare su questo tema
le chiese evangeliche (anche vaidesi!) al di fuori delle Valli; ne
piotremo proporlo come argomento qualificante della nostra presenza nella società italiana, per
esempio ai cattolici critici, alle
comunità di base, ai « laici ». Potremo invece proporlo e lo proporremo come tema storico e
culturale di interesse non inferiore a quello di altri giubilei, ovviamente per quei settori e quelle persone che con questi temi
possiamo raggiungere.
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