1
f
★
*1’'
ECO
DELLE WU VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. 20
Una copia Lire 90
ABBONAMENTI
L. 3.500 per Tinterno
L. 4.500 per l’estero
Spcd. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 100
TORRE PELLICE - 19 Maggio 1972
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Lo Spirito Santo, Dio “in noi” ConsUtrazioni postelettorali
Chi potrà dire di conoscere Iddio di una conoscenza sicura e rispondente alla sua vivente e profonda realtà? Come è possibile la
fede, come è possibile la Chiesa, la
predicazione, la teologia? Dio si è
rivelato, ma si può dire che l'uomo sia stato reso partecipe di
questa rivelazione, se rivelazione
non equivale a una nozione sulla
divinità, a un concetto, a una dottrina, a un insegnamento, a una
verità, ma significa incontrare Lui,
l’Iddio vivente: non sentire più
parlare di Lui (Giobbe 42: 5), non
imparare più una lezione su di Lui
(Isaia 29: 13), non volteggiare più
nei nostri cervelli un nome vuoto
di Dio senza virtù né effetto, come
diceva Calvino proprio a proposito della dottrina trinitaria, ma
ascoltare Lui con la Sua voce parlare di se stesso, rivolgersi come
un « Io » a un « tu », entrare in
colloquio con noi, stabilire una comunione con noi. Lui personalmente, Lui nella realtà non più
mediata, ma immediata, non più
indiretta, ma diretta, della sua presenza stessa?
Come è possibile che i profeti,
gli apostoli, la Bibbia, i predicatori, i catechisti esauriscano la loro
funzione di trasmettere il messaggio su di Lui, giungano al limite
del loro compito e che Colui di cui
hanno testimoniato. Colui che hanno predicato e insegnato e spiegato metta da parte finalmente tutti
i mediatori e si presenti Lui stesso
in tutta la sua maestà, nella sua dimensione escatologica, davanti alla quale non è più concepibile discutere e distinguere e sofisticare
e porre domande e impostare problemi, ma è soltanto più possibile
piegare le ginocchia e adorare, dire con Giobbe: « il mio orecchio
aveva udito parlare di te, ma ora
l’occhio mi ti ha veduto » (Giobbe 42: 5); esclamare con Isaia:
« O Eterno, noi ti abbiamo aspettato! »... e ora « grazie a te solo noi
possiamo celebrare il tuo Nome »
(Isaia 26: 8 13); sussurrare col Salmista: « Io ho pazientemente
aspettato l’Eterno ed Egli si è in
clinato a me ed ha ascoltato il mio
grido » (Salmo 40: 1); voltarsi di
colpo come Maria Maddalena
quando si sentì chiamare per nome dalla voce di Colui che era venuta a cercare, senza trovarlo, nel
sepolcro e gridare con lei: « Rabbunì! » (Giovanni 20: 16); sentire
che i propri occhi si aprono e riconoscerLo, come avvenne ai due discepoli di Emmaus mentre erano
a mensa, nell’atto di spezzare il
pane (Luca 24: 21); dire con Toma
a Colui che è entrato nella stanza
dalle porte chiuse e che ha nelle
sue mani il segno dei chiodi e nel
suo costato il segno del colpo di
lancia: « Signor mio e Dio mio! »
(Giovanni 20: 28); affermare con
teso stupore e con calma certezza,
come il discepolo che Gesù amava,
a Pietro e agli altri compagni che
non potevano più tirar sulla barca
la rete piena di pesci: « E’ il Signore! » (Giovanni 21: 7); dopo aver
pregato con i credenti di tutti i
secoli: « Vieni! » (Apocalisse 22:
17), constatare che la preghiera è
e. sapere che sarà^ esaudita, scoprire che la chiusa passione di
amore per Lui trova e troverà
adempimento e essere ripieni di
ogni allegrezza?
Questa possibilità per cui Dio
supera il carattere mediato e contradditorio della sua rivelazione e
rivela ciò che la carne e il sangue
non possono rivelare, può essere
ed è di fatto ancora una volta soltanto opera di Dio stesso: ma in
una maniera di essere che si distingue dal Dio che si rivela essendo diverso da se stesso (il Figlio) e
che si distingue dal Dio che si rivela essendo uguale a se stesso (il
Padre). Questa possibilità, in cui
si realizza il congiungimento —
impensabile sul piano logico — tra
la consapevolezza di una piena,
personale e responsabile e attivamente impegnata partecipazione e
la consapevolezza che il profeta
esprime con l’alta parola: « ogni
opera nostra sei tu che la compi
in noi » (Isaia 26: 12); questo avvenimento per cui le ossa secche
diventano delle creature vive, per
cui i sordi diventano udenti e i
ciechi diventano veggenti e i paralitici diventano viandanti; questo
avvento del mattino di Pasqua dopo l’interminabile Venerdì Santo
di tenebra e di morte della storia;
questo comparire della Pentecoste
con la sua potenza creatrice e rigeneratrice, questa realtà della fede
■— costituiscono una nuova, una
terza maniera di essere di Dio, per
cui Dio non è più soltanto una
realtà oggettiva, ma una realtà
soggettiva, non ci parla più dal di
fuori ma dal di dentro, non dando
una nuova rivelazione di sé ma
rendendo effettiva la rivelazione
che Egli ha già dato di se stesso,
non scartando i .suoi testimoni ma
conferendo alla loro parola l’autorità della testimonianza che Egli
stesso rende su di sé, costituendo
degli uomini concreti effettivamente partecipi della sua propria
rivelazione, cioè di se stesso, e impegnandoli per la vita e per l’eternità in una comunione indissolubile con Lui.
'Questo modo di essere di Dio,
per cui Dio, dopo averci dato la
possibilità di conoscerlo diventando uguale a noi ma pur rimanendo uguale a se stesso, opera in noi
nella sua libera grazia la realtà
della sua conoscenza e, oltre che
essere Dio « con noi » e « per noi »,
è Dio « in noi », è la maniera di essere di Dio come lo Spirito Santo.
■V i jQ ORIO SUBILIA
(Questa pagina è tratta dal capitolo
«Il Dio trinitario » de 1 tempi di Dio,
ediz- Claudiana).
Alla valutazione che Roberto Peyrot dà, a
pag. 8, dei risultati elettorali e a quella che
Ermanno e Raimondo Genre danno, a pag. 6,
con particolare riferimento alle Valli, mi permetto di aggiungere alcune considerazioni :
accanto alla massa di commenti che i lettori
hanno letto e fatto, nei giorni scorsi, il nostro non vuol essere che il modesto contributo di alcune riflessioni.
Tre sono le considerazioni che vorrei fare.
La prima : la Democrazia Cristiana ha più
che mai tenuto. A tutt’oggi, 39 italiani su
100 continuano a votare lo scudo crociato, il
più mistificante — almeno in prospettiva cristiana — fra i simboli in lizza. Malgrado la
scelta socialista delle AGLI, malgrado la formazione del Movimento Politico dei Lavoratori guidato da Livio Labor, soprattutto malgrado i fermenti del dissenso cattolico, il seguito del grosso partito non è stato minimamente scalfito. Dunque quasi il 40% dei nostri concittadini non ha, sostanzialmente, ancora accettato né forse capito l’esigenza che lo
Stato italiano sia uno Stato laico. Chi ha seguito la riflessione che da parecchi anni siamo andati facendo, su queste colonne e più
largamente nelle Chiese evangeliche italiane,
sa che questa constatazione amara non è dettata da un laicismo negativo, mangiapreti,
ma al contrario dalla convinzione di fede che
l’Evangelo di Cristo, che dovrebbe essere lo
scopo ultimo e la passione di chiunque porta
il nome cristiano, non solo non è servito, ma
è gravemente diffamato da un partito ’’cristiano”, da una politica ’’cristiana”, tanto più
se è al potere e del potere si vale come mezzo d’impósizione, sia pure indiretta, velata,
’’morale”. Se la Democrazia Cristiana ha riportato una vittoria elettorale, la Chiesa di
Cristo si è ulteriormente diffamata e prostituita, nel nostro paese. Le voci che al suo interno
hanno levato una protesta, sono state di fatto
trascurate. Forse di fronte a questa pesante,
totale non rispondenza, esse dovrebbero seriamente, in prospettiva evangelica, domandarsi
se per avventura la ragione non vada ricercata nel fatto che, nel complesso, non si è andati abbastanza in profondità, teologicamente,
e se con tutto il radicalismo di molte posizioni
di punta non si è in realtà « curato alla leggera il male del popolo » : la conversione politica (che del resto non si verifica) del 40%
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiimiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimii
Verso una nuova etica
Un rapporto rotato dal Sinodo dolía Chiesa Riformata di
Olanda affronta in modo insolito il problema dell’entanasia
iiiiiiiiiiiiMiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii<'''":iiiiiMiiiiiiiiiiiiiii!iMiiiiiiiiiiiiimiiiiii
Messaggio di Pentecoste
Il regno di Dio è pio grondo
I cristiani non scorgono più molta fede, sia attorno a loro che in sé stessi.
Per questo motivo pregano per invocare lo Spirito Santo.
II Regno di Dio è più grande di qualunque altra visione possiamo avere dell’avvenire. Di già lo Spirito frantuma il nostro immobilismo e le nostre speranze timorose. Nel darci il potere di cessare di sfruttare e di inquinare la nostra
terra, Egli ci consente di utilizzare tutta la nostra saggezza e le nostre risorse
affinché le generazioni future possano vivere in modo responsabile.
Il Regno di Dio è più grande di qualsiasi politica umana. Di già lo Spirito
ralTorza i nostri incerti tentativi per limitare la guerra. Egli ci dà il potere di
soffrire per la pace, una pace nella quale la differenza e le tensioni fra le razze,
le generazioni, i sessi, le culture, le classi sociali e le nazioni aiutano tutti gli
uomini a riavvicinarsi in una unità e in una maturità più complete.
Il Regno di Dio è più grande della nostra comune vita di cristiani. Di già,
lo Spirito rompe l'isolamento che separa i cristiani fra loro, e i cristiani dagli
altri uomini. Egli ci dà il potere di pentirci della nostra buona coscienza e fa
di noi gli strumenti migliori dell’amore di Dio per il mondo.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite quest’anno chiama tutti gli uomini a
lottare contro l’inquinamento che distrugge il nostro pianeta. In questo stesso
anno il Consiglio ecumenico delle Chiese invita i cristiani di ogni continente a
scoprire che cos’è « la salvezza oggi ».
Anche noi, in questa Pentecoste 1972, dobbiamo comprendere in una nuova
prospettiva ciò che Paolo ci dice dello Spirito, primizia del Regno, e come egli
trasmette la notizia di questa speranza:
« La creazione... conserva la speranza, perché anch’essa sarà liberata dalla
servitù della corruzione, per partecipare alla libertà e alla gloria dei figli di
Dio. Noi infatti lo sappiamo: tutta la creazione gerne adesso ancora nei dolori
del parto. Essa non è la sola: anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente, nell’attesa dell’adozione, della redenzione del nostro
corpo. Perché siamo stati salvati, ma nella speranza » (Romani 8: 21-24, traduzecumenica).
I presidenti del Consiglio ecumenico delle Chiese:
pastore W. A. Visser ’t Hocft, presidente onorario, Ginevra
sig.ra Kiyoka Takeda Cho, Tokyo
patriarca Germano di Serbia, Belgrado
vescovo H. Ltue, Hannover
pastore E. A. Payne, Pitsford
pastore J. C. Smith, New York
vescovo A. H. Zulu, Eshove, Sudafrica
Nel corso dell’aprile 1972 la Chiesa
Riformata d’Olanda (Nederlands Hervormde Kerk) ha pubblicato un rapporto su « Eutanasia, senso e limiti
di una cura sanitaria »; esso vuol essere una guida pastorale, il cui testo
è stato approvato aH'unanimità dal
Sinodo generale della NHK, riunito
nel febbraio scorso.
Il rapporto accetta l’eutanasia pastiva mentre discute apertamente quella attiva. Con eutanasia passiva si intende la non applicazione di talune
cure sanitarie volte a prolungare la
vita di malati incurabili; in particolare quando si tratti di rianimare vittime le quali, grazie alla scienza medica moderna, possono essere tenute in
vita per anni, per quanto sia stato accertato che la corteccia cerebrale è
morta e che quindi il paziente non
riacquisterà mai più la coscienza.
Per eutanasia attiva s’intende il problema se sia lecito abbreviare la vita,
sia come effetto collaterale di una cura necessaria per limitare le sofferenze del paziente, sia con lo scopo diretto di affrettare la morte. Tuttavia il
rapporto dichiara che, in pratica, può
essere difficile tracciare la linea divisoria fra l’eutanasia passiva e quella
attiva. Vi è però una differenza, rilevante, fra il non far nulla e il fare
qualcosa, al riguardo.
Un comitato di studio composto di
medici, di teologi e di studiosi di etica
ha lavorato per anni a questo rapporto, ora approvato dal sinodo. La Chiesa d’Olanda aveva ricevuto ripetute
richieste da circoli di medici affinché
si pronunciasse sul problema dell’eutanasia, perché in seguito ai progressi della scienza medica i sanitari sono
messi a confronto con problemi etici
che diventano sempre più complessi.
Stendendo questo rapporto il sinodo
ha mostrato di essere pronto, sulla
base delTEvangelo, a riflettere con altri su questi problemi.
Dopo un’introduzione sul problema
dell’eutanasia, quale si è presentato
in epoca moderna, e dopo una descrizione sanitaria ed etica della situazione nella quale la vita finisce e inizia
la morte, vengono affrontati questi
temi: 1) il medico e il paziente moren
te; 2) il neonato gravemente deforme;
3) vittime di incidenti stradali; 4) il
malato anziano e cronico; 5) la ’terra
di nessuno’ fra la vita e la morte;
6) la responsabilità personale del paziente; 7) il suicidio come forma di
eutanasia; 8) eutanasia attiva.
Nel terzo capitolo del rapporto, sotto il titolo « Considerazioni bibliche »,
si nota che è vano cercare nella Bibbia indicazioni ben definite per la condotta etica dell’uomo. La Bibbia non
fornisce un’etica belTe pronta più di
quanto fornisca una dogmatica a tutta prova. Taluni problemi erano specifici e significativi per gli antichi, ma
non lo sono più di noi. Prese di posi-,
zione come quelle che ci sono domandate oggi, erano allora sconosciute.
Non c’è quindi da stupirsi che la Bibbia non affronti la complicata problematica connessa con la questione dell’eutanasia. Soltanto negli ultimi anni siamo stati messi di fronte a questi problemi, in conseguenza dei progressi della scienza medica, spettacolari e al tempo stesso tali da togliere
il fiato. Purtuttavia, prestaiido ascolto al messaggio della Bibbia, si illuminano in parte i problemi odierni,
determinando la condotta etica.
Contributo al dibattito
Il sinodo della Chiesa riformata di
Olanda considera il suo rapporto un
contributo in vista del dibattito sull’eutanasia:
1. Siccome non soltanto la vita ma
anche la morte ha un senso, la guida
sanitaria del processo letale dev’essere
tale da mettere il paziente in grado
di sperimentare questa fase critica
della sua esistenza come un fatto significativo. Ciò può implicare che si
somministrino medicinali che sopprimano la sofferenza — con il minimo
effetto narcotico possibile —, anche
quando essi possano contribuire ad
abbreviare la vita. D’altro canto, questo effetto collaterale di abbreviazione della vita, proprio di taluni farmaci, com’è noto, si sta facendo gradualmente sempre minore e sempre più
dubbio. In molti casi si dovrà evitare
(continua a pag. 5)
democristiano degli italiani è altra cosa dalla
loro conversione evangelica. Tanto più viva
la stima per i pochi per i quali il ’’dissenso”
ha radici e prospettive più profonde, più
evangeliche. So bene che queste parole possono suonare boriose e farisaiche; credo tuttavia che, certo preservato dalla sua condizione
esiguamente minoritaria, ma non solo per
questa ragione, il protestantesimo abbia nell’insieme un senso più evangelicamente limpido della propria responsabilità cristiana
nello Stato laico (cioè di tutti). Ed è con tristezza che, trascurando ovviamente gli ipocriti e i mercanti, penso a tutti coloro che,
mal guidati da guide miopi o peggio, hanno
creduto sinceramente di servire Cristo votando un blasfemo scudo crociato, quasi che la
croce potesse mai diventare, senza radicalmente snaturarsi, simbolo di potere. Tanto
più grande resta la responsabilità di coloro
che, cristiani, nel nostro paese hanno da portare una testimonianza diversa, più fedele;
tanto maggiore la nostra responsabilità di
evangelici, e di valdesi in particolare (purtroppo non con tutti gli evangelici è stato
finora facile condurre avanti di pieno accordo questa linea di pensiero e di condotta), nel
riproporre senza stancarci, senza lasciarci scoraggiare un’alternativa cristiana circa il modo di considerare i rapporti fra la Chiesa e lo
Stato, fra la comunità cristiana e queUa civile; e per farlo lucidamente e seriamente, dovremo essere noi stessi bene al chiaro, ben
saldi sui fondamenti evangelici di questa alternativa. Con la coscienza di combattere una
battaglia che è e dovrebbe apparire anacronistica : ma purtroppo quante eose sono anacronistiche in tanti settori (non tutti) della
nostra vita nazionale.
La seconda considerazione riguarda la scoticertante affermazione neofascista: percentualmente modesta, la crescita del MSI resta pur
sempre preoccupante, con il milione di voti in
più rispetto al 1968; del resto il neofascismo,
più o meno esplicito, non si riduce alle sole
schede elettorali missine, il vecchio fermento
corruttore lavora nel nostro corpo sociale :
è stato ad esempio, largamente documentato,
anche su queste nostre colonne — molti genitori avranno potuto constatarlo in certi libri dei loro figli — quale tipo di (dis)informazione e di (de)formazione i ragazzi italiani
spesso ricevano, sulla storia contemporanea e
in particolare sul periodo fascista e sulla Resistenza, da numerosi manuali scolastici. Ed è
noto che il neofascismo non è un movimento
di anziani nostalgici e caparbi, ma può contare su una base giovanile non indifferente, ha
quindi un suo prevedibile futuro. Ora, non si
tratta di cercare dei capri espiatori; il fascismo non è l’unico, ma è il più tipico, l’estremo e peggiore frutto del pathos ignorante e
irrazionale anziché deUa ragione critica, dell’egoismo pauroso anziché della solidarietà convinta, della volontà di potenza anziché della
volontà di corresponsabilità. E’ il nemico numero uno che abbiamo davanti a noi, ma non
senza complicità in noi stessi. Che una certa
classe o un certo gruppo, a un dato momento
(come nel primo dopoguerra), se ne serva ai
propri fini, non ne esaurisce la torbida e multiforme profondità, e ne constatiamo la sconcertante vitalità nel mutare delle situazioni.
Perciò occorre vegliare e resistere, resistenza
quotidiana, capillare, vigilante, più difficile
del disturbo a un comizio o corteo missino.
La terza considerazione riguarda l’indebolimento e in certi casi il crollo (o la totalmente
mancata affermazione) delle formazioni politiche minori, ad eccezione del MSI. Ora, è
vero che un eccessivo frazionamento —- in Italia abbiamo una profusione di scissioni e sottoscissioni! — crea debolezza e disorientamento, oscurando le grandi alternative con tante
piccole o pseudo-alternative. Ed è vero che
parrebbe auspicabile *che anche da noi si venissero a formare due o tre grandi forze politiche che raggruppassero i sostenitori delle
grandi opzioni odierne, analogamente a quanto avviene in Gran Bretagna e in altre nazioni nordiche (il modello USA è poco probante, perché il partito repubblicano e quello
democratico paiono oggi più due colossali clientele che forze impersonanti due linee politiche ben distinte; spunti politici più vivi si
trovano oggi piuttosto ai margini o all’esterno
di quei partiti); da questo punto di vista
l’indebolimento del PLI può essere lamentato come indebolimento di una delle non molte
posizioni nette, non ambigue del nostro schieramento politico. E tuttavia bisogna tener
conto delle particolarità della situazione italiana attuale: essa mi pare caratterizzata 1)
dalla presenza massiccia di un partito a molte facce come la DC, che si fa passare per interclassista (lo è forse in parte alla base, non
certo a livello di dirigenza e nella politica
effettivamente perseguita, malgrado le ambiguità donatcattiniane); 2) dalla amara realtà
di una democrazia sempre più formale : il nostro popolo dimostra in molti modi e a tutti ì
livelli di essere al di qua di una vera maturazione democratica qual è quella che si respira, pur con tutte le sue magagne, quando si
varcano certe frontiere; questo è vero per i
partiti che si richiamano più o meno esplicitamente, con maggiore o minor ragione, all’antic.a democrazia liberale, oggi palesemente invecchiata e insufficiente di fronte alle situa
Gino Conte
(continua a pag. 3)
2
pag. 2
N. 20 — 19 maggio 1972
♦ PARQUA DI DIO ♦ (PAROLE DELL’UOMO ♦
Per-rivelarsi Dio ha scelto la via più difficile - La più antica confessione di fede su Gesù ■ 11 commento biblico: "La terra è
mia,, dice il Signore > Ciò che speriamo: la signoria del Dio dei viventi - La Chiesa non si deve sistemare nei luoghi privilegiati
Capire rAntico Testamento: DÌO llfiHO ROStPO StOPiO
Giunti a questo punto, sembra necessario soffermarci per un istante e
cercare di effettuare un primo tentativo di sintesi. La Bibbia, o anche soltanto l’Antico Testamento, che cos'è
dunque dopo tutto? Cos'è che trasmettiamo al mondo come espressione della nostra fede? Anche qui le risposte possono essere parecchie: lo
storico delle religioni risponderà: « Si
tratta dei libri sacri dell'Ebraismo o
dell’Ebraismo e del Cristianesimo », a
seconda che parliamo dei due Testamenti o di uno solo soltanto. L'affermazione non è errata evidentemente,
ma ci riconduce alla Chiesa (o alla Sinagoga) come istituzione, con i suoi
riti ,i suoi dogmi, i suoi libri sacri; e
noi non ci sogneremmo neanche di
trasmettere al mondo una testimonianza composta di riti, di dogmi e di
libri sacri. Abbiamo visto che si risponde alla domanda: « È la Parola
di Dio agli uomini », naturalmente ricevuta e trasmessa da altri uomini,
ispirati dallo Spirito però, il che, se
non li tòglieva dal loro tempo e non
impediva, quindi, che testimoniassero
in termini inadeguati da un punto di
vista scientifico moderno, li metteva
però in condizioni di comprendere il
piano di Dio riguardo all’umanità e di
riòonoscere nella storia degli uomini
gli atti di Dio. Abbiamo visto anche
che per accettare questa proposizione, è necessario essere anche noi, come lettori, ispirati dallo Spirito Santo, esattamente come lo sono stati gli
antichi autori che chiamiamo « sacri ».
La Bibbia è dunque anzitutto un libro
di storia, ma di una storia specialissima, di quelle che a scuola proprio
non s’imparano: si tratta della storia
dei rapporti tra Dio e l’umanità prima, della stona dei rapporti tra Dio
ed il suo popolo eletto, Israele, poi.
Una storia scritta certamente in una
epoca in cui si sapeva meno degli avvenimenti di quella che ne sappiamo
oggi, una storia che più che proporsi
una versione esatta dei fatti che narrava, intendeva spiegare all’uomo le
sue origini ed il suo scopo, i propri
rapporti con Dio nonché la loro rottura ed il loro ristabilimento per la
misericordia di Dio, il proprio futuro
nello sviluppo del piano di Dio, nell’annunzio e nella realizzazione del
Regno di Dio. Ed è così che questa
storia diviene di fondamentale importanza per l’uomo di oggi come lo è
stata per l’uomo di ieri e come lo sarà per quello di domani. L’uomo che
perdesse questa dimensione corre il
rischio di vedere tutta la propria opera, per quanto sincera e nòbile possa
IIIIIIIIIIIIIIIIIIUIIIMIIIIIMIIIIIII<I>II«I»«II>'"''*""""""
essere nelle intenzioni e nell’azione
concreta, resa vana proprio dalla mancanza dell’elemento più importante:
il suo essere legata a quanto Iddio sta
facendo nella storia. Ñon che noi come credenti siamo esenti da questo
pericolo: anche la nostra opera in
quanto credenti può risultare vana
perché ugualmente -priva del riferimento all’opera di Dio; l’apostolo Paolo commenta questo fatto quando esamina nel capitolo primo dell’Ep. ai
Romani le relazioni tra i pii Ebrei ed
i pagani del suo tempo e constata
che, qualitativamente parlando, le differenze non sono poi così grandi come avremmo il diritto d’immaginarci.
Ma il fatto che noi dovremmo essere
consci di questo pericolo mentre il
non credente non lo è ci rende ben
maggiormente responsabili di lui.
Abbiamo dunque detto che la Bibbia è anzitutto un libro di storia. Che
cosa vuole dire quest’affermazione per
noi ed in generale? Vuol dire che Iddio ha scelto il nostro terreno per rivelarsi, che è sceso tra noi per operare qui, e non è restato in un cielo più
o meno remoto ed in ogni caso a noi
inaccessibile. Per questo nell’A. T. Iddio parla, agisce, soffre come un essere. umano, un fenomeno che chiamiamo « antropomorfismo » e che alcuni hanno trovato alquanto rozzo,
poco spirituale. Ma si tratta dell’unica maniera perché Iddio operi fra noi
e da noi venga capito, e per ottenere
questo scopo è bene che abbia rinun
ciato alla spiritualità e si sia rivestito dei nostri panni. < Vuol dire che
quello che Iddio ha fatto può essere
sottoposto a verifica; non è un caso
che Gesù faceva dei segni (il N. T.
non usa mai il termine « miracolo »,
ma solo quello di «segno»)', che la
sua parola fosse quindi una parola
potente, e non come quella degli Scribi e dei Farisei, consistente spesso in
chiacchere (un altro pericolo dal quale dobbiamo guardarci!). Vuole anche
dire che Dio non ha avuto timore di,
entrare nelle nostre contraddizioni,
così come la storia è piena di contraddizioni, di incongruenze, anche d’ingiustizie. Vuol dire che Iddio ha scelto una via certamerite tra le più difficili, nella quale è possibile, anzi, frequente sperimentare il dubbio o addirittura, come Gesù, la sensazione che
Iddio ci abbia abbandonati, lasciati a
noi stessi: « Perché • Iddio permette
certe cose? » affermiamo frequentemente di fronte ai molti e mostruosi
fatti che riempiono i nostri giorrtali e
le immagini dei nostri televisori. Sarebbe stata semplice-, un’autoritaria rivelazione dall’alto A vi sono casi, nei
quali Iddio ha seguito questa via: Mose, la vocazione di alcuni profeti. Ma
in genere egli ha chiamato con voce
autorevole sì, ma non autoritaria, lasciando al chiamato la. libertà di scegliere. Ed è di questa storia passata
e futura che la Bibbia ci testimonia,
offrendoci i materiali per le nostre
scelte di oggi, non escludendo neanche per noi la scelta errata, visto che
non ce ne impone alcuna.
Alberto Soggin
Una proposta: la teologia della speranza - 3
Attendere che il Dio fedele venga
Una domanda che ci poniamo frequentemente è questa: chi è Dio? Difficilmente riusciamo a dare una risposta; pensiamo che Dio è, cioè esiste, e
che la sua caratteristica è la perfezione, senza movimento, senza vita.
Ma il problema per noi rimane perché Dio non può essere senza vita,
proprio Lui che è il Dio dei viventi.
Così questo problema si trasforma in
un dilemma e non sappiamo più che
cosa dire né che cosa fare di fronte a
un dio che è senza vita, un dio di cui
sentiamo parlare ma che non incontriamo mai.
Facendo un ragionamento simile a
questo, molti sono giunti alla conclusione che parlare di Dio non ha senso. Ma intanto, il problema sussiste
e la domanda « chi è Dio? » si ripresenta a noi con insistenza.
La Bibbia, la quale narra la rivelazione di Dio al suo popolo, può darci delle indicazioni per risolvere questo quesito, aprendoci nuovi orizzonti
che vanno ben oltre alla affermazione, un po’ banale, che Dio è.
La Bibbia parla di Dio in modo storico: parla del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e parla del Padre di
Gesù Cristo. Lega strettamente il discorso su Dio al ricordo di persone
storiche. La teologia cristiana, riprendendo il pensiero biblico,parla di Dio
come di colui che, in prima persona,
La lettera e lo Spirito
Quest'affermazione del Levitico tradotta in
termini moderni e italiani suonerebbe così :
la FIAT è mia, la Pirelli è mia, e vìa di
questo passo, dice l'Eterno. La terra era
. l'unico mezzo di produzione e è stalo detto
a Israele che li suo possesso apparteneva a
Dio stesso. Così gli appartengono i mezzi di
produzione oggi e la conseguenza, oggi come allora, è che non possono essere usati a
scapito del fratello. In questo capitolo del
Levitico è spiegata la liturgia dell'anno sa*
batico e del giubileo. In quel'ultima occasione, poiché la terra era dì Dìo, i campi venduti dovevano tornare al loro primitivo proprietario. In questo modo nessuna famiglia
doveva restare nella miseria per sempre.
Noi abbiamo presente la divisione della Terra Promessa secondo la tradizione del libro
di Giosuè e il ritornello scandito in capo a
ogni tribù : « Questi sono ì territori toccati
alla tribù di..., secondo le famiglie dei suoi
Levitico 25, 23
di Claudio Tron
figliuoli ». Ad ogni giubileo la situazione
avrebbe, devoto tornaré così. Sappiamo che
questo non accadde quasi mai, o forse mai,
ma ciò non toglie che questa fosse la volontà di Dio. Ogni suono’ di tromba ( in ebraico yóbel, da cui « giùbifee », perché l'annunzio dell'anno giubiliare era dato con questo strumento), avrebbe dovuto dare cattiva
coscienza a Israele.
Un altro aspetto del'giubileo era l'affrancamento degli schiavi;'Il culto in questo
preciso aspetto aveva, dunque, ampie conseguenze sociali, anzi, doveva esprimersi
attraverso il ripristino di una realtà sociale
che doveva fare della Terra Promessa una
terra che valesse veramente la pena dì essere promessa e non udì terra dì nessuno,
cioè del più 'prepotente.
Se i mezzi di produzione di oggi sono di
Dio come la terra di Giuda, la conseguenza
è che il loro uso ha come scopo l'affranca
mento degli schiavi di oggi e l'equa distribuzione della ricchezza disponibile a tutti
« secondo le loro famiglie ». Questa predicazione sociale va fatta; però non possiamo
farla che con cattiva coscienza, anche noi.
Quando siamo stati in passato una chiesa e
un popolo agricoli, non abbiamo usato la
terra come terra di Dio : non ci siamo comportati semplicemente come amministratori,
ma come padroni. Le liti per la terra, per i
confini e per le eredità di cui testimonia lo
spezzettamento — antieconomico oltre che
antisociale —- dei campi e dei prati delle
Valli, sono il sintomo di questa distorsione
nell'uso delia terra che ci era stata affidata
da Dio. Adesso che le terre sono In via di
abbandono alle Valli, si pone II problema
del lòré’' prossimo uso possibile che tenga
conto che sono di Dio. Uguale problema si
pone a chiunque dispone di qualcosa, anche
fuori dalie Vaili.
Capire II Rleoiio Teslaaienlo: " COSO 6 II SìflOOPO
Abbiamo visto la settimana scorsa
una testimonianza antichissima su
Gesù, che parlava della sua morte e
della sua risurrezione, incastonata in
ima lettera paolinica (I Cor. 15: 3-5).
Una testimonianza altrettanto evidente si legge in I Cor. 11: 23 e seguenti.
Non è sempre così facile scoprire
negli scritti del Nuovo Testamento
queste testimonianze del periodo precedente, degli anni fra la risurrezione
e la composizione delle lettere di Paolo. Nella maggior parte dei casi devono essere diventate parte integrante del linguaggio religioso dei credenti, un po’ come certe espressioni bibliche fanno parte del nostro modo
di esprimerci, e dovevano venire spon-,
taneamente nella penna (o nella dettatura) degli autori sacri e forse anche essere riconosciute dai loro lettori, senza bisogno della formula « Io ho
ricevuto... ». Noi possiamo scoprirle
facendo tesoro di indizi offerti dal
contesto, o dal carattere ritmico di
talune affermazioni particolarmente
incisive, o ancora dall’analisi linguistica che a volte rivela un sottofondo aramaico e consente di pensare a
formule diffuse nelle comunità palestinesi.
Queste antiche testimonianze di fede in Cristo possono essere di due tipi, che sono menzionati in una parola di Paolo ai Romani: « Se con la
bocca avrai confessato Gesù (come)
Signore e avrai creduto col cuore che
Dio l'ha risuscitato dai morti, sarai
salvato » (Rom. 10: 9).
Il primo tipo è quello composto dal
nome (Gesù) e da un titolo che proclama ciò che egli è per la fede. Questo tipo di testimonianza è la vera e
propria « confessione di fede » o omologia. La parola viene dal verbo greco
homologhéo, che vuol dire « io riconosco », « io dichiaro », cioè « io confesso » — in questo caso, la fede in
Cristo. Il termine è rimasto nel linguaggio sportivo del nostro tempo,
dove omologare significa appunto riconoscere, dichiarare e proclamare
pubblicamente come valido e vero un
risultato sportivo.
Il secondo tipo di testimonianza è
quello che riepiloga brevemente quello che Dio ha fatto in Cristo, e a questo si dà il nome di « credo ». In Rom.
10: 9 c’è un brevissimo « credo »: « Dio
l’ha risuscitato dai morti ». Il passo
di I Cor. 15: 3-5 che abbiamo esami
nato la scorsa settimana è un « credo » un po’ più sviluppato, perche
menziona anche il valore della croce
in relazione ai nostri peccati, e la corrispondenza della morte e della risurrezione di Gesù con l’insegnamento
dell’Antico Testamento.
Le più frequenti testimonianze a
Gesù che hanno la forma dell’omologia lo proclamano Signore, Cristo e
Figlio di Dio.
Gesù Signore è la testimonianza più
breve e forse la più antica. La troviamo in Rom. 10: 9, in Filipp. 2: 11, m
1 Cor. 12: 3. Due volte in questi pasS' è preceduta dal verbo « confessare », la terza volta dal verbo « dire ».
Questo conferma che l’affermazione
« Gesù (è) Signore » è oggetto di prc>
clamazione, è il segno di riconoscimento della fede cristiana, che va dichiarato pubblicamente da tutti coloro che noti vogliono nascondere la loro qualità di fiscepoli di Gesù, f Primi credenti non chiamavano Gesù
« Signore » per riferirsi a quel che
egli era stato o aveva fatto in passato, né per alludere alla speranza di
quello che avrebbe fatto in futuro; lo
proclamavano « signore » con riferimento al presente, alla sua sovramta
attuale. E chiamandolo « signore » si
dichiaravano implicitamente suoi sudditi.
Gesù (è il) Cristo è anche una testimonianza antica, radicata nel linguaggio biblico, dove Cristo (in greco) ha
il significato dell’ebraico « Messia » l’Unto, l’inviato del Signore. Ne troviamo l’eco in I Giov. 2; 22, in Me.
8’ 29; presto però il termine «cristo»
non viene più riconosciuto nel suo significato biblico di « messia », perche
i pagani convertiti lo prendono un
po’ come secondo nome di Gesù. E interessante osservare che i più antichi
scritti del Nuovo Testamento lo adoperano soprattutto quando menzionano la morte e la risurrezione di Gesù
(Rom. 5:8; varie volte in I Cor. 15).
Gesù (è il) figlio di Dio affiora in
I Giov. 4: 15, Ebr. 4: 14 e in Atti 8: 37
(solo in una parte dei manoscritti).
Vedremo prossimamente in quale
situazione queste testimonianze antiche su Gesù possono avere avuto la
loro origine.
Bruno Corsani
Ricercaldella Chièsa; Il SUO postO è al
centro della vita, non alla periferia
La vocazione della chiesa è di essere
« il posto che Dio occupa nel mondo »,
lo spazio della parola di Dio fra gli uomini. Ma questa vocazione è stata tradita dalle chiese storiche. Due fatti, in
particolare, lo documentano.
Il primo è che la. chiesa « si è sistemata nei luoghi privilegiati » dell’umanità, e cioè — precisa Bonhoeffer ■—
« nella borghesia » che nel 18° secolo fu
una classe rivoluzionaria mentre oggi
è la classe conservatrice. Per questa
sua collocazione la chiesa vive « in un
conservatorismo inautentico che si aggrappa a ciò che appartiene al passato » e conosce soltanto « le miserie del
piccolo borghese » mentre « ignora la
distretta dei capi dfindustria, degli intellettuali, dei nemici della chiesa, dei
rivoluzionari ».
Il secondo fatto è che essa non sta al
centro ma alla periferia della vita. Dio
non è mai periferico, può solo essere
centrale. La chiesa invece è diventata
periferica quando ha accettato di occuparsi dei momenti culminanti dell’esistenza ( nascita, confermazione, matrimonio, morte) più che della vita di
ogni giorno e dei suoi problemi. La
chiesa è diventata periferica quando ha
preferito legarsi alle occasioni solenni
della vita anziché all’esistenza comune,
ordinaria. Malgrado la crescente secolarizzazione della mentalità e quindi anche del costume sociale, oggi ancora la
grande maggioranza delle persone gradisce le « celebrazioni ecclesiastiche
della natura» ed accetta la chiesa se
essa si presta (e si limita) a solennizzare le grandi svolte della vita di un uomo. « La chiesa diventa l’eccezionale in
rapporto alla vita quotidiana; essa diventa solennità; la si ricerca e la si desidera per rompere il quotidiano ». Ci
si aspetta dalla chiesa che essa offra un
diversivo rispetto al-tran-tran quotidiano, una parola di elevazione al di sopra
della grigia e monotona banalità di tutti i giorni. In questo modo la chiesa diventa significativa nei momenti eccezionali della vita e irrilevante nei suoi momenti ordinari; la fede è chiamata in
causa soltanto nelle cosiddette grandi
occasioni anziché accompagnare e determinare il corso quotidiano dell’esistenza. Dio non è più giornaliero come
nella Bibbia, ma il Dio di qualche giorno; le sue rare presenze sono cancellate
da lunghe eclissi. Un Dio collegato con
gli eventi eccezionali anziché con il corso ordinario dell’esistenza è un Dio solo
apparentemente importante; è in realtà
un Dio relegato ai margini dell’umanità, un Dìo episodico senza rapporti con
la vicenda quotidiana dell’uomo.
Per ridiventare fedele alla sua vocazione e quindi essere davvero il posto
che Dio occupa nel mondo, la chiesa
dovrà muoversi in due direzioni.
In primo luogo dovrà rinunciare alla
sua sistemazione nel mondo e lasciare
che sia Dio ad assegnarle una nuova
collocazione. « La chiesa attende la parola che farà di lei il luogo che Dio occupa nel mondo. Aspettando la scelta
di Dio, la chiesa rinuncia a sistemarsi
nei luoghi privilegiati ». Per secoli la
chiesa ha cercato e ottenuto privilegi,
credendo così di onorare Dio e di poterlo meglio servire. Oggi molti cristiani si sono accorti che la chiesa che gode di posizioni privilegiate non è la
chiesa di Dio, ma la sua contraffazione
mondana. Ma quale sarà la nuova collocazione della chiesa? Sarà nel proletariato, come ieri fu (e oggi largamente è) nella borghesia? Bonhoeffer non
risponde in maniera esplicita, si limita
a precisare che la chiesa deve occupare i luoghi non privilegiati dell’umanità e che questi luoghi devono essere
scelti da Dio, non dalla chiesa. Inizialmente la scelta può essere negativa: rinuncia a sistemarsi nei luoghi privilegiati, o a rimanervi se già li si occupa.
Poi Dio indicherà positivamente quale
luogo la chiesa è chiamata a occupare.
La seconda direzione in cui la chiesa
dovrà muoversi per ridiventare il posto che Dio occupa nel mondo è la ricerca della « sfera del quotidiano », della « realtà quotidiana del mondo », come ambito in cui Dio si manifesta e
agisce. O la chiesa riesce a cogliere e
ad esprimere il nesso tra Dio e la vita
quotidiana oppure essa accetta di annunciare un Dio, per così dire, emarginato e quindi di essere una chiesa
emarginata. Il quotidiano, il terrestre, il profano costituiscono il luogo
che Dio occupa, nel quale lo si può trovare. « Chi fugge la terra per trovare
Dio trova soltanto se stesso ». .Abbiamo
oggi ancora estrema difficoltà a collegare Dio, la sua parola, la sua promessa, con la vicenda ordinaria, quotidiana
dell’uomo. Il binomio "Bibbia-giornale”, sovente citato, è ben poco attuato.
Ma se la chiesa deve stare al centro e
non alla periferia della vita deve passare per la realtà quotidiana anziché, come al solito, scavalcarla. Paolo Ricca
ha liberato il popolo di Israele dall’Egitto, e così ha pure risuscitato Gesù dai morti. Nello stesso tempo, però, la teologia cristiana parla di questi avvenimenti storici guardando non
al passato ma al futuro; essa sottolinea il fatto che il Dio di Abramo è il
Dio che promette la benedizione di
tutti i popoli e un avvenire nel quale
tutti i paesi della terra saranno ripieni della sua gloria; che Dio è il padre
di Gesù, il solo Dio di tutti gli uomini
e che il suo regno verrà come liberazione per ogni creatura che soffre nella sua angoscia.
Queste sono le caratteristiche speciali e uniche del discorso biblico su
Dio: non si tratta di un discorso
astratto sull’« essere supremo » ma
procede dalla storia di Israele. Il modo con cui la Bibbia ci parla di Dio
è quindi quanto mai concreto: si fonda sulla testimonianza di fatti che sono realmente accaduti e ci invita a
sperare nel compimento della promessa divina; per questo il parlare di Dio
diventa una cosa che ci tocca da vicino, ci dà delle indicazioni per la nostra vita; nell’attesa del compimento
della sua promessa, la Parola di Dio
dà inizio per noi uomini a una storia
nuova e a una libertà nuova.
L’esperienza di Abramo ci può aiutare a comprendere che cosa vuol dire che « la parola di Dio dà inizio a
una nuova storia ».
Abramo, riponendo la propria fiducia in Dio, parte; la sua partenza non
è senza sacrifici: rinuncia alle sue abitudini e ai suoi costumi, si allontana
dalla sua famiglia, rinuncia alle garanzie che gli danno i suoi dei tutelari. Abbandona la casa di suo padre e
diventa uno sconosciuto e uno straniero; lascia i suoi dei della « natura » che gli garantivano la pace e la
fecondità e diventa un senza-dio, seguendo solo l’appello affascinante del
Signore. La Bibbia dà il nome di fede a questo comportamento: vuol dire lasciare i confini della realtà dove
c’è sicurezza e serenità e mettersi per
strada, sul cammino della storia, sul
cammino della libertà e del pericolo,
sul cammino della delusione e della
sorpresa, lasciandosi guidare dalla sola speranza in Dio. Così, malgrado
molte sofferenze. Abramo segue l’appello di Dio il quale mantiene poi la
sua promessa: Dio stesso guida la
vita di Abramo.
Come nel caso della vicenda di
Abramo, la presenza di Dio nella storia del popolo di Israele è sempre determinante; la Bibbia sottolinea con
insistenza l’azione di Dio quasi come
se la storia degli uomini fosse quella
di Dio stesso.
La presenza di Dio è così determinante per il popolo di Israele che,
quando qualcuno voleva parlare di
Dio, di quel Dio senza nome che promise e compì la liberazione dall’Egitto, si esprimeva con le parole del primo comandamento: « Io sono il Signore, il tuo Dio che ti ha liberato dal
paese di Egitto, dal paese di schiavitù. Non avere altri dei al mio cospetto ».
Questi riferimenti alla storia del popolo di Israele ci aiutano a comprendere la potenza della promessa di Dio
e il modo in cui Egli si rivela al suo
popolo. Certamente, è vero che Dio è,
tanto nel passato quanto nel presente e nel futuro; ma il modo in cui
Dio si manifesta è quello del suo divenire, del suo futuro che prevale sul
passato e sul presente e che contribuisce a formare la storia degli uomini: i suoi interventi nella storia preparano la sua venuta e ricevono così
significato in vista del suo ritorno.
Dio è presente nella misura in cui il
suo avvenire è metro e giudizio del
presente per mezzo della promessa e
della speranza.
Ma che cosa è una promessa? E una
dichiarazione che annuncia una realtà nuova che è già presente come parola. La promessa di Dio ci indica il
suo divenire e inoltre che questo nuovo avvenire è frutto delle capacità
creatrici di Dio. Promettendo un avvenire nuovo, la promessa sprona contemporaneamente l’uomo a ricercare
questo avvenire e lo spinge sulla strada della storia. Questa caratteristica
la distingue dalle profezie umane sul
2000. Le promesse annunciano e la
speranza attende il compimento della
fedeltà di Dio.
Dove nasce questa speranza che trascende tutte le esperienze della storia? Alla base della speranza umana
non c’è solo una terra promessa, come per Abramo, o una protezione come nell’episodio del Mar Rosso, ma
è presente l’avvenire stesso di Dio: la
sua signoria sulla creazione intera, il
suo regno, la sua magnificenza. Così
la promessa riguarda la venuta di
Dio alla fine dei tempi; l’adempirsi
delle promesse di cui si ha testimonianza nella Bibbia e nella storia è
solo una prefigurazione di quell’unico
e ultimo avvenire di Dio, quando Dio
stesso abiterà in mezzo agli uomini.
Per questo spesso si legge nei Salmi:
« Noi speriamo in Dio ».
Andrea Ribet
3
19 maggio 1972 — N. 20
pag. 3
I LETTORI CI (E SI) SCRIVONO I AGENDA
i
f
i
=
E
J
=
E
E
A che servono
i pastori
(e i “laici,,)
Un lettore, da Sanremo:
Caro direttore,
la nostra buona signora Enrichetta Clot,
la cui lettera hai pubblicato nel n. 16 del
giornale, dimostra di avere, purtroppo, un
concetto della Chiesa che, per essere tradizionale, non è meno contrario, secondo me,
ai principi fondamentali della Scrittura.
Dunque, per la signora Clot, la Chiesa
deve servire solo a seguire, e forse dare una
sensazione sentimentale, ai fatti più appariscenti della vita umana. Quando abbiamo « celebrato » battesimi, matrimoni e
funerali ci siamo dimostrati « cristiani »,
ed i pastori, quando hanno « officiato » con
dignità e compostezza, quando hanno « parlato bene », possono essere soddisfatti, come funzionari che hanno compiuto tutto il
loro dovere. Sì, possono e devono anche
« fare visite », ricompensate con « una buona tazza di tè », quando i membri di chie-sa
si trovano comodi per riceverli ed ascoltarli, senza che queste visite contengano un
invilo ad impegni seri.
A me pare invece che il compito dei credenti sia soprattutto quello di « annunziare l’Evangelo ad ogni creatura », e che
questo compito debba essere adempiuto da
ogni uomo o donna che abbia creduto all’Evangelo, e non da una classe di persone
a ciò particolarmente destinata. La Chiesa
serve a tenere insieme e ad alimentare con
la predicazione della Parola di Dio tutti coloro che, essendo stati rigenerati da questa
Parola, devono essere resi sempre più adatti al loro compito di evangelizzatori, per
farla conoscere « fino alle estremità della
terra », e questo si può e si deve fare anche senza muoversi da casa : abbiamo intorno a noi milioni di persone le quali, anche se « battezzate » e regolarmente inscritte nei registri di qualche chiesa, non hanno ancora conosciuto rEvangelo, I pastori
poi servono a predicare la Parola ed a seguire la sua retta comprensione da parte
di coloro che li hanno chiamati a questo
servizso.
Fra coloro che hanno creduto si stabiliscono vincoli che li portano a. rallegrarsi
ed a rattristarsi insieme per ogni vicenda
della loro vita, non per i soli battesimi,
matrimoni e funerali — una volta quelli
che credevano avevano tutto in comune •—
e questo li porta certamente a compiere insieme taluni atti per rendere di pari consentimento gloria a Dio in ogni cosa. Ma
questi atti, che siamo soliti chiamare liturgici, devono essere in perfetta armonia con
la Parola predicata, e quindi soggetti a contìnuo esame per vedere se ciò avviene;
quindi possono essere anche cambiati,
quando non appaiano aderenti alla Parola.
Sicuro, la celebrazione dei Natale può anche essere spostata, perché la Scrittura non
dice in qual giorno il Signore sia nato; i
funerali possono anche essere senza corteo,
perché non sempre il corteo rappresenta
una sincera partecipazione al dolore dei
fratelli; i bambini possono anche non essere battezzati — e. per conto mio, sarebbe
desiderabile che non lo fossero — perché
non è ancora chiarito, nelle chiese e nei
singoli, il vero significato del battesimo •—
è questa una realtà innegabile che dovrebbe farci arrossire —; il matrimonio non
dovrebbe essere celebrato in chiesa, come
non lo è nella realtà dei fatti, perché la
Chiesa benedice, invoca la grazia, ma non
sanziona quello che non si sa se la fede
abbia eostituito; e eosi via.
Occorre che meditiamo attentamente su
tutto quello che facciamo in chiesa e fuori, per vedere se è realmente in armonia
con la Parola o non sia piuttosto determinato da tradizioni umane : queste possono
soddisfare al nostro sentimentalismo, ma
essere contrarie alla verità; e noi solo di
questa dobbiamo vivere, della verità della
fede « che è stata una volta per sempre
tramandata ai santi ».
Lino De Nicola
Una lettrice, da Roma:
Ho letto quanto pubblicato nel n. del 21
aprile nella rubrica « I lettori ci scrivono ».
Sono pienamente d’accordo con Enrichetta
Clot: la Sua esperienza, è la mia esperienza.
Con viva cordialità
Alma Meille Calvino
Lettera aperta
al past. Paolo Ricca
(sul caso
Wurmbrand)
Un lettore, da Roma:
Caro pastore Ricca,
La Sua lettera (aperta) al sig. xxx (n. 12
de L’Eco-Luce) sotto il titolo « Se un membro soffre... » ^ mi ha profondamente deluso sia per quanto attiene alla sostanza delle Sue argomentazioni e critiche al past.
Wurmbrand, sia per il modo col quale le
ha formulate, prive come sono non solo di
« carità cristiana » e di solidarietà evangelica, per una persona che ha cosi terribilmente sofferto per la sua fede, sia per la
scarsa aderenza alla verità da parte Sua.
Innanzi tutto — se ho capito bene — è
da rilevare che il sig. xxx — amico e collaboratore del Wurmbrand, Le aveva chiesto una « presentazione » — certamente
autorevolissima — sulle colonne del giornale (s’intende o favore del W.). A me pare
che non potendo o non volendo aderire alla richiesta nel senso desiderato, sarebbe
stato assai più corretto che Lei si limitasse a rispondergli privatamente, per moti
vi... che mi sembrano assolutamente ovvii.
Ma questo è un appunto marginale.
Veniamo al sodo:
1) Lei non mette in dubbio che W.
abbia subito t*ondanne;-persecuzioni e torture (da lui descritte nel libro « Torturato
per Cristo ») e con lui molti altri credenti,
ma insinua (non trovo altro termine più
consono) che « non si può escludere » che
ciò sia avvenuto anche per il suo (del
Wurmbrand) a anticomunismo indiscriminato e grossolano »... conseguenza di un
« anticonformismo cieco e ottuso »!! (Veramente questi aggettivi si potrebbero agevolmente ritorcere verso di Lei),
Ora, a prescindere dal fatto che questo
« anticomunismo grossolano » è da attribuirsi, molto verisímilmente, alle persecuzioni subite (in un rapporto di causalità
che lei disinvoltamente inverte) posso chiederLe in base a quali elementi di giudizio
Le è consentito di impostare cosi la questione? È forse in grado, Lei, di sostenere
con ragionevole fondatezza che il W. ed in
genere i cristiani perseguitati nell’Est europeo abbiano dato prova di « ostilità attiva » al regime politico dominante e che ciò
sia stato il vero motivo della persecuzione
e non invece, come afferma il W. e con lui
tanti altri (compreso un certo Solgenitzin)
perché professavano apertamente e coraggiosàmente la loro fede evangelica?
Certo il W. non fa un’analisi scientifica
e completa della realtà comunista, delle sue
origini e dei suoi sviluppi. Non si è mai
prefisso tale scopo. Non è un sociologo, né
un politico, né un filosofo. È semplicemente un cristiano che ha subito, come tale,
persecuzioni indicìbili e fa sentire la sua
voce di protesta e di condanna per un regime liberticida.
2) Lei sostiene che il W. — alla denuncia delle persecuzioni anticristiane dei
Paesi comunisti — avrebbe dovuto aggiungere un cenno su quelle, non meno esecrande, perpetrate da regimi anticomunisti o non comunisti, come in Brasile ed in
altri Paesi. Ma, egregio amico, il W. la galera l’ha fatta in Romania e le notìzie sul
conto della Chiesa clandestina dell’Est egli
le ha avute di prima mano. Non può « denunciare » ciò che avviene in Brasile perché in Brasile non c’è stato mai. Come potrebbe essere creduto se testimoniasse di
cose che non conosce, se non lo si crede
neppure per ciò che ha visto e subito di
persona?
3) Lei sostiene che il W., nel dare
pubblicità alle sue denuncie circa le persecuzioni anticristiane dei regimi comunisti,
si presta ad una dannosa « strumentalizzazione » politico-elettorale... a tutto vantaggio della D.C. e del M.S.I. e che « da un
anticomunismo come quello di W. è facile
passare al fascismo »! (Ma che bel ragionamento).
Innanzi tutto, D.Q. e M.S.I. Qon sono i
soli partiti dichiaratamente e decisamente anticomunisti (perché non citare anche
i liberali, i socialdemocratici, i repubblicani?). Non capisco, poi, il motivo di tanta
fobìa di questa a strumentalizzazione ».
Questa viene tirata in ballo ogniqualvolta
si teme che il P.C.I. ed i suoi alleati o caudatari possano ricevere danno : però, nel
caso inverso, quando cioè esso partito può
trarre vantaggio dalla notizia di fatti di
cronaca interna o internazionale (inutile esemplificare) nessuno — almeno dalle colonne di (( Eco-Luce » — si affanna a lanciare l’allarme della <c strumentalizzazione »
che ne vien fatta.
In. conclusione, trovo che le Sue considerazioni, riserve, consigli sulla persona e
sugli scritti del W. siano non solo oggettivamente infondati ma dovuti principalmente a ragioni politiche contingenti che
non si ispirano ad un sincero desiderio di
verità.
Gradisca — ugualmente — i migliori
saluti dal Suo affezionato
Aldo Long
Dopo aver fatto interviste solo a gruppi
di estremisti di sinistra abbiamo anche dovuto subirci poesie esaltanti la violenza c
l’odio.
Così facendo continueramw a portare le
comunità verso una lenta ma progressiva
disgregazione.
Giovanni Mourglia
^ Ho avuto notizia del Suo scritto solo
in questi giorni perché il n. 12 del settimanale non mi è pervenuto.
Omissione
di aggettivo
Una lettrice, da Pinerolo:
Signor direttore
nel « Notiziario » che ha seguito il Culto Evangelico-Radio di domenica 7 maggio ho notato, e con me molte altre persone, che parlando della Facoltà Valdese
di Teologia è stato omesso l’appellativo
« Valdese » e ciò per ben due volte! vorrei sapere da Lei a cosa ciò è dovuto. Forse è cambiato anche quello? Grata di una
Sua risposta La saluto molto cordialmente
Sandra Ghigo Theiler
Non sono in grado di risponderLe, e
aspettiamo la risposta dei responsabili del
Servizio. Ritengo personalmente — e spero — che si sia trattato semplicemente di
sforzo per esser rapidi; ma "a ognuno il
suo”! C.
Indignazione
e comprensione
Un lettore, da Torre Pellice:
Signor direttore,
la mia prima reazione dopo aver letto
l’ultimo numero (18) deU’Eco-Luce è stata
quella di rimandare il giornale.
Sono indignato perché ritengo che molti articoli pubblicati sono inaccettabili per
un settimanale che ancora si definisce organo ufficiale della Chiesa Valdese e che
dovrebbe quindi predicare l’amore di Dio,
la comprensione fra fratelli e non già farsi portavoce di attacchi personali tendenziosi e meschini.
Avevamo spiegato che intervistavamo
MPL e Manifesto perché i soli esclusi, ingiustamente, da « Tribuna elettorale ». Non
tutto ciò che pubblichiamo, poi, esprime
le nostre opinioni: si tratta di documenti,
discutibili fin che si vuole, ma che ci pare
non inutile far conoscere. G. C.
“I lettori,
che non sono
sciocchi...,,
Un lettore da Pomaretto:
Signor direttore.
Gli ultimi numeri de a. L’Eco-Luce »
hanno trattato argomenti controversi in
quantità tale che neppure il lettore più ribelle riesce ormai a reagire con interventi
tempestivi.
Desidero comunque esprimerLe il mio
incondizionato consenso per la Sua risposta
alla lettera aperta del Pastore Giorgio
Tourn, pubblicata su « L’Eco-Luce » del
14 aprile. La Sua chiara affermazione « I
lettori, che non sono sciocchi, leggono e
valutano, senza che sìa necessario che qualcuno pensi per loro che cosa è educativo e
che cosa diseducante » ben si addice, non
solo alla lettera aperta in questione, ma a
molti articoli ed a varia corrispondenza.
Hanno torto, a mio avviso, i lettori che,
dissentendo dalla linea assunta dal settimanale, disdicono l’abbonamento (e non
sono pochi, si pensi solo a quanti si limitano tacitamente a non rinnovarlo). Perché non scrivono a chiari caratteri il loro
dissenso? Per il momento, grazie alla imparzialità del Direttore, questo ci è ancora
consentito. Forse, in breve volgere dì tempo, potrebbe anche darsi che ci venga imposto il silenzio, visto che qualcuno invoca
già la censura per escludere dalla pubblicazione gli argomenti ritenuti « diseducanti ». Se non ci sarà più concesso di far sentire la nostra voce, saremo comunque sempre in tempo a scegliere fra lavaggio del
cervello o disdetta dell’abbonamento in
massa.
Quanti lettori potrebl.e^o trovare ’a scu
sa della goccia che ha fatto trabocca.e .1
vaso : per il sottoscritto, potrebbe essere
stata, per esempio, la notizia apparsa, con
troppi sottintesi, nella rubrica « BREVISSIME » del numero del 21 aprile, secondo
la quale « Il dirigente della FIAT argentina Sallustro è stato trpyato ucciso dopo
uno scontro a fuoco tra l’e^rcito e ì guerriglieri ». . ‘
I particolari dell’assassinio del Dr. Sailustro, ampiamente trattati dalla stampa
qi otidìana, hanno provocato esecrazione rsgomento in tutto il mondo civile : cc L’EcoLuce » poteva ignorare l’argomento oppure trattarlo con un po’ più di serietà. A
proposito, perché questi notizie non vengono firmate?
D’altra parte, anche la pagina dei commenti sugli avvenimenti politici è scritta
(( a senso unico »; ma questo è noto a tutti e, fatta questa constatazione, nessuno
ci vieta di prendere visione delle notizie
con beneficio d’inventario o addirittura di
voltare la pagina.
A proposito di lettere educative, non mi
pare possano qualificarsi come tali quelle
nelle quali gli interventi di chi dissente
vengono gratificati con espressioni quali
« critica demolitrice, discorso calunnioso,
ecc. ». E neppure mi pare educativo squalificare una catecumena per il solo fatto
di aver ricordato, nel giorno della sua confermazione, un defunto, con un atto « pagano », portando im mazzo di fiori al cimitero. Certo se avesse inscenato una gazzarra per protestare, mettiamo, contro il
tenore di vita borghese, non rinunciando
né disdegnando naturalmente affatto per sé
le comodità che la vita borghese offre (sono fatti ricorrenti, per cui ormai nessuno
fa più caso a queste incoerenze), allora sì
che avrebbe « santificato » il giorno della
sua confermazione!
Se prendiamo poi in esame la controversia sui funerali, a me pare che gli intenti non siano affatto di richiedere funerali meno pagani, ma piuttosto di non volerli più fare del tutto. Se mi sbaglio, ci
dicano i nostri teologi una buona volta in
cbe cosa consiste il paganesimo dei nostri
funerali e formulino delle proposte concrete, ma si decidano a farlo!
II Pastore Tourn afferma che i membri di chiesa hanno paura di Gesù Cristo.
A maggior ragione dunque, se vogliamo un
rinnovamento nella vita spirituale ed un
risveglio nelle nostre comunità, chi si assume la responsabilità della predicazione,
pastore o laico, dovrebbe predicare Cristo
e le Sacre Scritture: sono convinto che la
grande maggioranza dèi membri di chiesa
è ancora sensibile alla predicazione biblica. Le ideologie politiche del predicatore,
con relative divagazioni, possono anche
non interessare affatto. Comunque,. chi si
accinge a trattare argomenti in questo campo, abbia il coraggio di farlo con la massima imparzialità, denunciando tutto ciò
che non va, senza il reverenziale timore di
andare anche contro corrente, se occorre.
A proposito di problemi sociali, un lettore che dimostra indubbia competenza in
latto di cause della crisi economica in campo internazionale, eselude che da noi la
crisi nelle industrie possa attribuirsi, oltre
alle cause che egli espone, anche alle ore
perse per scioperi ed assenteismo. Le ore
perse per sciopero, egli afferma, sono nel
’71 diminuite del 30%. Ma purtroppo
questo non impedisce all’Italia di continua
re a poter vantare, in tale campo, un non
invidiabile primato. A questo punto, non
ritengo superfluo ricordare un altro primato detenuto dall’Italia ed è quello delle festività pagate : Ltali^jl7.,Germania 13,
Svezia 11, Belgio 10, Svìzzera 8, Danimarca 7, Gran Bretagna 6, Francia 5.
Lo stesso lettore attribuisce la causa dell’assenteismo unicamente ai ritmi di lavoro. Il guaio è che le assenze nelle fabbriche
sono aumentate in modo impressionante
negli ultimi anni sia là dove i ritmi sono
cambiati sia dove sono rimasti invariati.
Non sarebbe quindi più onesto ammettere
che l’assenteismo è anche una conseguenza della disonestà dilagante? D’altra parte,
10 sanno anche ì paracarri (e gli stessi lavoratori più onesti, disgustati dall’abuso
che viene fatto della mutua, hanno più
volte denunciato all’opinione pubblica questo deplorevole stato di cose) che la mutua
paga le assenze di comodo di tutti, salvo
poi privare dell’assistenza i malati veri
quando la malattia o il ricovero si protraggono oltre i limiti riconosciuti.
Questa può essere una dimostrazione di
come provvidenze dettate giustamente dal
progresso ed attuate con seri propositi possano favorire, per la disonestà dilagante, a
spese della comunità, il comodo dei peggiori.
Per evitare a a qualcuno il disturbo di
scrivere al giornale, dichiaro io stesso di
riconoscere un carattere « diseducante » a
questa mia lettera; non rinuncio tuttavia
del tutto alla speranza di essere riuscito a
convincere qualche corrispondente che, se
è lodevole l’impegno di scrivere lettere educative ad un giornale d’ispirazione evangelica, un po’ di imparzialità tuttavia sarebbe pure ben accetta a molti lettori.
Ma! a pensarci bene, forse hanno ragione i lettori che non scrivono al giornale e
disdicono l’abbonamento; forse sono quelli
i migliori dei nostri fratelli, coloro che
rifuggono la polemica violenta, che vorrebbero un giornale veramente permeato da
spirito cristiano, coloro nei quali l’insegnamento evangelico ha lasciato un’impronta
duratura che non è venuta meno col mutar dei tempi.
Cordiali saluti
Guido Baret
Due paréte ai lettori
Non entro nel merito delle singole questioni toccate dal fratello pomarino. La
sua lettera (insieme ad altre, pubbliche o
personali) mi sollecita piuttosto a fare alcune considerazioni con i lettori circa il
nostro lavoro redazionale, che e sottoposto
a critiche ■— pare — crescenti.
Dev’essere anzitutto chiaro che tale lavoro è condotto da un comitato di redazione, nominato dalla Tavola Valdese nelle
persane di Gustavo Bouchard, Gino Costabel, Roberto Peyrot, Paolo Ricca, Bruno
\Rostagno, Tullio Viola e Gino Conte, direttore; questo comitato risponde annualmente del suo operato alla Tavola e al Sinodo;
quando Bruno Rostagno, trasferitosi ad
Agape, non ha più potuto curare la « Cronaca delle Valli » abbiamo chiesto a Ermanno Genre di sostituirlo. Questo per
chiarire che nel suo lavoro redazionale Ut
nostra équipe ha, in gruppo, un investitura da parte degli organi responsabili della
Chiesa e ad essi regolarmente risponde.
Dunque il nostro periodico, sia pure affidato in un modo particolare alla responsabilità del direttore, è — dinanzi alla Chiesa — condotto da un gruppo di fratelli
che condividono questa responsabilità e
verso i quali la Chiesa è in debito non
solo di critiche (utili e necessarie se sono
costruttive, se cioè sono dettate da quella
fraternità vissuta che consiste nello sforzo
schietto di comprendere l’altro nelle sue
vere intenzioni e ragioni, pur nel dissenso
più esplicito) ma anche di gratitudine, soprattutto quando si tratta di « laici » che
settmanalmente sacrificano tempo e energie strappate al loro lavoro o al loro tempo libero: non sono certo i soli a farlo, è
chiaro, ma lo fanno e lo si deve riconoscere;
e vuol dire non conoscerli ritenere, come
forse qualcuno ritiene, che perseguano nel
loro servizio secondi fini politici.
Nel gruppo redazionale, salutarmente
ampio e abbastanza diversificato, le opinioni in campo socio-economico-politico, in
campo ecclesiastico ed ecclesiologico, anche
in campo teologico differiscono. Dico le
opinioni, non le competenze: perché tutti
noi riconosciamo apertamente che non solo siamo dei modestissimi autodidatti in
fatto di giornalismo, ma che le nostre competenze, in moltissimi settori, sono quelle
dell’uomo della strada o, diciamo, del
membro medio delle nostre comunità. Con
11 senso molto vivo dei nostri limiti, lavoriamo dunque insieme; e non di rado, su
questo o quel tema, divergùtmo o comunque ci differenziamo, e non temiamo di
dirlo. Questo può essere ed è un « peso »,
umanamente parlando, per la nostra amicizia e la nostra solidarietà, ma — credo •—
è anche un utile per la comunità dei lettori: a condizione che essi — tutti — non
ascoltino e non approvino soltanto gli scritti dei redattori (come del resto di tutti i
collaboratori e corrispondenti) con i quali concordano, ma ascoltino seriamente,
con la fraternità onesta cui accennavo prima, anche e forse soprattutto gli altri. Noi
speriamo che la « linea » secondo cui cerchiamo di condurre il settimanale non si
riduca a questo: ne è comunque parte integrante questo pluralismo, non facile fra
noi come non lo è in nessuno degli aspetti
della vita della Chiesa che anche nelle nostre colonne, in qualche misura, si riflettono. E come tutta la Chiesa siamo/dobbiamo essere in ascolto dello Spirito, perché ci guidi, secondo le direttrice della
Scrittura, in tutta la verità.
Gino Conte
Feste di canto
delle Scoole Domenicali
DOMENICA 21 MAGGIO
Ore 15: nel tempio di Bobbio Pellice:
Festa di Canto delle Scuole Domenicali della Val Pellice;
Ore 15, nel tempio di San Secondo di
Pinerolo: Festa di Canto delle Scuole Domenicali della Val Chisone.
Le prove d'insieme avranno luogo
alle ore 14,15 nei locali che saranno
tempestivamente indicati.
Il pubblico è cordialmente invitato.
Due concerti
di musica sacra
a TORRE PELLICE, la Société du Chant
Sacré di Ginevra con la Camerata
Gabrieli.
Sabato 20 maggio, alle ore 21, nel
tempio di Torre Pellice si terrà un concerto corale e strumentale offerto dalla Société du Chant Sacré di Ginevra
con la collaborazione della Camerata
Gabrieli.
a LUSERNA 5. GIOVANNI, la Fanfara
evangelica di Mannheim.
Sabato 27 maggio, alle ore 21, nel
tempio di Luserna S. Giovanni la Fanfara evangelica di Mannheim darà un
concerto di musica per ottoni.
Convegno giovanile
al Castagneto
di Fillar Pellice
Domenica 28 maggio si terrà al Castagneto di Villar Pellice un incontro
giovanile a cui sono invitati tutti quariti i gruppi del Piemonte. Vedere il
programma sull'ultimo numero del
giornale.
iTiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiitMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimmmiiiiiiiiiiiiimMimiii
i “Utopia e fede
I davanti al futuro,,
E Dna conferenza di P. Baldncci a Torino
= Sotto gli auspici del Centro cristia= no « Maran Atà », del Seminario Mag= giore delTArchidiocesI di Torino e del
E Centro Evangelico di Cultura, p, Er
E nesto Balducci terrà a Torino, merco= ledi 24 maggio, una conferenza sul te= ma: « Utopia e fede davanti al futu= ro ». La conferenza si terrà alle ore 21,
E nel Salone dell’Istituto S. Paolo, con
= ingresso da Via S. Teresa O. Un cor
É diale invito a partecipare alla confe
= renza e al dibattito che seguirà.
E Enrico Paschetto
E iiiiiimmiiiiimiimmiiiiiiiiimiiiimmiiiimmimiiiinii
¡ Considerazioni
I postelettorali
E (segue da pag. 1)
H zìonì socioeconomiche nuove e alle loro dimenE sioni dilatatissime, mentre risultano le difficolE tà ideologiche e politiche oggettive che i par= titi marxisti incontrano neU’adattarsi alla de~ mocrazia di stampo occidentale e di . eredità
1 liberale; 3) dalla palese incapacità, da parte
E degli apparati dei partiti più eonsistenti, di ac= cogliere le istanze critiche che sorgono all’in= terno dei partiti stessi. Ci si può domandare
E — è un interrogativo — se in questa situazioE ne un’affermazione, sia pure relativa e modeE sta, di queste istanze critiche (dal MPL appog= giato dai radicali, al Manifesto, alle argomenS tazioni economiche del repubblicano La Mal
= fa) non avrebbe portato qualche elemento nuo
E vo sulla scacchiera politica dominata dai vecS chi padroni del gioco, e al tempo stesso se non
= avrebbe costituito un campanello d’allarme e
= ■ un richiamo per i suddetti apparati, rivelando
= sensibilità e insofferenze inattese neU’eletto= rato; se, infine, la volontà di avvicinarsi alE l’elettorato coinvolgendolo a livello locale,
E quartierale ecc. in una presa di coscienza dei
E problemi polìtici, volontà che è manifesta e
= sentita in vari di questi raggruppamenti anche
E se spesso in prospettive critiche a senso unico,
E non risulterebbe positiva ai fini di una matuE razione cìvica capillare. Ma, allo stato delle riE sultanze, è una domanda retorica, inutile,
E Vuol dire, allora, come parecchi pensano, che
E l’iniziativa politica comincia a esulare del par= lamento prigioniero dei suoi giochi, e a trasfeE rirsi nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartìeE ri? Con quali risultati?
S Gino Conte
PERSONAUA
5 Domenica scorsa si sono sposati, a Frali,
= Claudu} Boèr e Cristina Sereno; diciamo loro
2 il nostro augurio fraterno.
E Cambio di indirizzo
= Si noti il cambio d’indirizzo del past. Gino
E Conte: Via Luigi Colli 24, 10129 Torino;
E telefono (invariato): (011)53.12.98.
I AVVISI ECONOMICI
E AFFITTASI per tutto l’anno, Luserna San
E Giovanni, Via Masel 11, alloggio in palaz= zìna : 5 camere, servizi, garage, termocen
trale, vasto giaridino. Telefonare 71763 Pinerolo o rivolgersi in Via Masel 11.
4
pag- 4
N. 20 — 19 maggio 1972
A Trieste, dalla centrale piazza Silvio
Benco si diparte una strada ^stretta e
tortuosa fra vecchie case ove occhieggiano ancora alcune botteghe di artigiani: è la via del Monte che sale verso
il colle di S. Giusto. A lato dell’indicazione stradale sono scritti alcuni versi
di Umberto Saba che dicono: « A Trieeste ove son tristezze molte / e bellezze
di mar e di contrada / c’è un’erta che
si chiama via del Monte ».
L’espressione « tristezze molte ». può
giustamente riferirsi alle alterne vicende politiche della città in questo travagliato secolo XX e particolarmente
connesse con l’ultima guerra e questo
incerto dopoguerra.
LA RISIERA DI S. SABBA
I giornali ne hanno parlato, in questi
giorni, in occasione dell’avvio della costruzione di im monumento, in quella
località periferica della città a ricordo
ed ammonimento di quanto successo
nell’ultimo anno di guerra quando, da
uno stabilimento industriale fuori uso,
i nazisti ricavarono l’unico campo di
sterminio, con relativo forno crematorio, esistente in Italia.
II « monumento della Resistenza »,
iniziativa dell’Amministrazione Comunale, ha come scopo di « ricordare
quanto è avvenuto perché non avvenga più » e di far conoscere ai giovani
« ciò che ha rappresentato il tragico
ventennio fascista nel nostro paese e
il significato di riscatto morale della
lotta di Liberazione » come afferma la
dichiarazione di un partito politico.
Il complesso che ha funzionato dapprima a rilento poi sempre più rapidamente a misura che la fine della guerra si avvicinava, pur essendo stato minato e poi fatto saltare al momento
della ritirata, è ancora oggi un’eloquente testimonianza della barbarie
iiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiii
ùmana. I calcoli fanno ascendere a circa 6 mila il numero delle persone incenerite dopo le torture e Timpiccagione. Erano ebrei di Trieste, della Slovenia, della Croazia, alpini ribelli, antifascisti di Trieste e della Venezia Giulia.
Uomini di razze diverse, di fedi diverse, tutti accomunati nella sofferenza
e nel martirio.
I PROFUGHI
A pochi passi da uno stupendo belvedere sulla città, ai limiti di un’immensa
foresta di pini, sorge un lindo villaggio
di cui si può dire che ospita anche
« tristezze molte ». E il campo profughi che ha sostituito le baracche di legno, quelle povere* costruzioni deprimenti che vanno lentamente in rovina
ai margini della città. Padriciano ospita i profughi dell’est europeo. Trieste
in questo ritrova il suo ruolo « di prima grande porta della libertà, specie
per l’area danubiano-balcanica che subisce tuttora concretamente l’influenza
societica ». Così si esprime il settimanale Il Meridiano di Trieste dal quale desumiamo alcune statistiche.
Padriciano è un centro di raccolta di
profughi stranieri con funzioni istruttorie di prima istanza. Sono centinaia
di drammi che ancora oggi, purtroppo,
fanno notizia. I giornali hanno parlato,
alcuni mesi fa, di quella tribù di polacchi calderai (71 persone) giunti a Padriciano alla spicciolata dopo le incredibili avventure di un lungo viaggio:
erano tutti evangelici. Hanno chiesto
ed ottenuto di potersi trasferire in
Svezia ove già vivono e lavorano altri
connazionali e correligionari. In questo caso possiamo pur dire che la burocrazia di alcune nazioni ha fatto stupire per la sua celerità e precisione: i
71 polacchi sono partiti, tutti insieme,
daH’aeroporto di Ronchi, su un aereo
iiiiiiiiimiiiiiMiiinniiiiiiiimimiuiiiMiiiiiiiimminiimiin
LA BIBBIA NON LETTA
Un governatore credente
(IL LIBRO DI NEEMIA)
Non tutti gli Israeliti deportati all’epoca della distruzione di Gerusalemme avevano approfittato dell’editto di
Ciro (vedi no ter ella precedente) per
tornare in patria. Parecchi di coloro
che erano riusciti, in qualche modo,
a procurarsi un posticino al sole, sia
pure in terra d’esilio, avevano preferito il certo all’incerto ed erano rimasti. Con la prima carovana di reduci,
guidata dal principe Zorobabele, erano tornati i più accesi di zelo religioso e nazionalistico e, forse, con loro,
non pochi dei più disperati, che non
avevano nulla da perdere. Altri erano
tornati, in seguito, alla spicciolata, ed
altri ancora, come abbiamo visto, con
una seconda spedizione, guidata dallo
scriba Esdra. Anche allora, però, alcuni di quelli che avevano trovato in esilio una sistemazione soddisfacente,
avevano continuato ad esitare e rinviare.
Chiamato a ricostruire
le mura e la fede
Tra costoro c’era un certo Neemia,
il quale, non sappiamo per quale fortunata vicenda, s’era trovato un impiego nella casa reale dell’Imperatore
dei Persiani, a Susa. Qui, grazie alle
sue capacità, era saUto al grado di
« coppiere » del re, funzione che gli
permetteva quotidiana dimestichpza
con il monarca (Artaserse Longimano). Orbene questo Neemia, pur continuando a mescere vino nella coppa
del sovrano, viveva col cuore rivolto
alla patria lontana e si rendeva conto
della insostenibilità morale della sua
posizione di « imboscato », mentre i
suoi compatrioti e correligionari penavano a ricostruire Gerusalemme. Finalmente un giorno, impressionato
dalla notizia delle difficoltà che rallentavano l’opera delta ricostruzione,
decise di partire e di far tornare all’utile della sua gente la sua posizione di dimestichezza presso il re (cap.
1 e 2). Chiese un periodo di congedo
(ne otterrà poi un secondo più tardi:
cap. 13: 6-7) e ottenne dal re lettere
commendatizie che lo investivano della necessaria autorità presso i satrapi della zona. Munito di tali credenziali, che gli conferivano autorità di
governatore, Neemia portò al suo popolo, in Gerusalemme, un aiuto di decisiva importanza. Tutta la prirna metà del suo libretto (in parte scritto da
lui, in parte da qualche scriba, su
suoi appunti) racconta della ricostruzione delle mura di Gerusalemme, a
dispetto delle mene ostili delle popolazioni vicine (cap. 6), gelose di questa ri affermazione della presenza
ebrea in Palestina.
La seconda parte del libico, dal cap.
8 in poi, parla della ricostruzione religiosa, ossia della restaurazione delle cerimonie (festa delle capanne) e
delle varie riforme tendenti a correggere gli abusi e le rilassatezze della
vita ecclesiastica e sociale.
Neemia si faceva forte dei poteri
che gli conferivano le credenziali regie, ma più ancora dell’ascendente
che' gli meritavano la sua integrità di
amministratore e la sua generosità.
Per dare il buon esempio, aveva in
fatti rinunciato a percepire i tributi
che gli sarebbero spettati per la sua
carica, anzi provvedeva egli stesso, di
tasca sua, alla mensa di 150 persone
« perché — diceva — il popolo è già
abbastanza gravato dai lavori »!
La storia
si è ripetuta?
La prima cosa che colpisce il lettore di queste pagine è indubbiamente
la rassomiglianza di certe situazioni
politiche del tempo di Neemia, con la
storia palestinese degli ultimi decenni: liberati dalla cattività (deportazione e lavori forzati) dopo la rovinosa
caduta dei loro oppressori, i superstiti ebrei tornano in Palestina, sotto
la protezione politica di una grande
potenza vincitrice. La ricostruzione
dello Stato di Israele è però ostacolata in ogni modo, sia con le armi che
con gli intrighi diplomatici, dalle popolazioni arabe locali che li vedono
con gelosia e timore. I reduci debbono pertanto ricostruire la loro patria
« lavorando con una mano, mentre
con l’altra tenevano la loro arma »
(4: 17). « Cosi continuavano i lavori,
mentre la metà della mia gente teneva impugnata la lancia» (4: 21). Non
c’è bisogno di scomodare le teorie del
Vico, per rimanere pensosi sul ripetersi di certe situazioni a distanza di
secoli.
Tornare
al Dio fedele!
Ma c’è un altro aspetto, ancor più
interessante, ed è quello religioso. Limitiamoci ad alcuni accenni, che
ognuno potrà approfondire leggendo
il testo:
1. - Il motivo che ispira Neemia, anche nelle sue attività politiche, è sempre chiaramente religioso. Che si tratti del lavoro materiale della ricostruzione o delle trattative con i potenti
(amici o nemici) o di promuovere leggi sociali che rendano più umana la
fatica dei lavoratori, Neemia vede, e
fa, ogni cosa mirando a risvegliare la
fede del suo popolo e il rispetto della
legge del suo Dio.
2. - NeH’azione di Neemia il preminente aspetto religioso si ispira sempre a due concetti: la necessità del
ravvedimento e la fede nell’aiuto onnipotente di Dio. Basti leggere la bellissima preghiera riferita al cap. 9
(dal V. 5 alla fine) che è tutta un inno
d; riconoscenza al Signore per le sue
opere meravigliose e un cantico di
confessione per le infedeltà del popolo e dei suoi capi.
3. - A parte le modalità, legate alle
concezioni religiose del tempo, quella che rimane la pietra angolare
della fede di Neemia, e della sua conseguente opera, è l’idea di un « Patto »
che Dio ha stipulato con il suo popolo Un patto al quale Dio rimane fedele, di qui l’adorazione e la lode, ma
che, purtroppo, l’uomo ha spesso
infranto, per cui deve continuamente
ravvedersi e riconvertirsi al Signore.
Ernesto Ayassot
noleggiato appositamente per loro. Un
caso umano risolto sollecitamente e
con chiarezza! E doveróso aggiungere
che il quotidiano di Trieste ha avuto
parole di elogio per'questa numerosissima famiglia-comunità che, nel breve
periodo di permanenza fra noi, ha saputo dare un’ottima testimonianza.
Il settimanale già citato ha preso in
considerazione gli anni che vanno dal
1961 al 1971 ed afferma che hanno sostato al centro profughi di Padriciano
51.000 persone e ne sono state respinte
altre 21 mila. Il periodo storico preso
in esame non è certamente uno dei più
travagliati. Pur sapendo che esistono
profughi e profughi e che non tutti sono vittime di avvenimenti politici, risulta tuttavia che dopo la rivoluzione
ungherese del 1956 ed i tristi fatti di
Praga del 1969 Trieste rappresenta pur
sempre la prima tappa verso la libertà
e la speranza di ricostruirsi una vita.
Abbiamo spesso avvicinato questi
profughi: persone anziane stanche della vita ma decise a lottare ancora per
l’ideale della libertà , giovani coraggiosi che non immaginavano tuttavia di
incontrare sul loro cammino tante difficoltà...
Alcuni di questi profughi dichiarano
immediatamente quale è la loro fede e
dicono di voler prendere contatto con
una comunità evangelica, richiedendo
anche l’assistenza di un pastore. Quest’Opera che si compie senza differenziazioni denominazionali, consiste nel
manifestare il calore del vincolo che ci
unisce, esaudendo alcune piccole richieste di assistenza materiale. Dal canto
nostro, non possiamo non essere edificati nel constatare l’amore che quelle persone hanno per la chiesa istituzione, per,il culto domenicale, per la
comunione fra credenti. Non possiamo non meditare sul fatto che anche
noi, nel tempo della Resistenza, abbiamo ricercato nella chiesa la comprensione, l’aiuto di cui tanto avevamo bisogno.
* * *
Se oggi si delinea chiaramente un
movimento sempre più vasto di contestazione alle strutture ecclesiastiche
non dobbiamo per questo scoraggiarci.
Come ben dice J. M. Chappuis, in un
suo editoriale, siamo in un tempo in
cui forse l’istituzione ecclesiastica deve accettare di seminare, seminare ancora, seminare sempre, in mezzo ad innumerevoli difficoltà... ed accettare, al
tempo stesso, ohe altri abbiano la gioia
di mietere. „
Umberto Bert
AL COLLEGIO VALDESE DI TORRE PELLIGE
Mtività de^li studenti del Hinnasie-Liceo
Continuiamo, dal n. scorso,, la pubblicazione
di una relazipne suU’attività dell'anno, preparata dall’assemblea del gruppo di lavoro.
red.
CQRO E AUDIZIONI
Durante le nostre visite alla Casa
delle Diaconesse ci è pervenuto l’invito a cantare in coro... abbiamo provato, però con risultati un po’ deludenti. Abbiamo capito così che un coro non si improvvisa, che sono necessari organizzazione seria e lungo esercizio. Ci siamo quindi trovati regolarmente due sere per settimana nei
locali’ per i giovani della Casa Unionista: Carletto Arnoulet, ben noto a
tutti gli appassionati di canto, ci ha
guidati ed organizzati nella preparazione del nostro coro. Intendiamo vivamente ringraziarlq per ciò che ha
fatto e continua,ilutfora a fare per noi.
Il 9 aprile, a Pomaretto, abbiamo
intercalato alle letture di Brecht dei
nostri amici del gruppo teatrale, alcuni « spirituals »: ora abbiamo in programma altre rappresentazioni, prima fra tutte quella presso la Casa delle Diaconesse, dove è nata l’idea di
una attività in questo senso. Pensiamo che il canto, e la musica in genere, siano insostituibili strumenti di
formazione, troppo sovente ignorati
dai programmi scolastici e dalla cultura ufficiale. Molti di noi si sono trovati alcune volte in un’aula del Collegio per sentire buona musica: alle audizioni sono seguite discussioni e riflessioni.
ATTIVITÀ’ TEATRALE
Abbiamo già accennato, parlando
del coro, all’esistenza di un gruppo
che si interessa di teatro. Esso è nato
dalla scelta della IV ginnasiale di dedicare alcunè ore del proprio doposcuola alla preparazione di un’attività
filodrammatica: l’iniziativa ha richiamato l’interesse delle altre classi: è
nato così un vero e proprio gruppo,
che si è ritrovato regolarmente per lo
studio di testi, per esercizi di dizione,
per allestire e preparare insieme le
rappresentazioni. Il nostro è stato un
utile ed efficace lavoro di équipe, all’interno della quale ha posto a nostra
disposizione la sua maggiore esperienza il sig. Giorgio Mathieu, che intendiamo qui ringraziare per il lavoro
che ha svolto con noi.
« teatrale »
praticamente concretizzata in tre occasioni: la sera del 17 febbraio, presso la Foresteria Valdese di 'Torre Pellice, abbiamo letto alcune testimonianze e documenti particolarmente
significativi di storia valdese; in quella occasione la Corale di Torre Pellico, diretta dal prof. Ferruccio Corsani, ha alternato i propri canti alle nostre letture.
Il 9 aprile, a Pomaretto, e il 14
rnaggio ad Angrogna, abbiamo recitato alcuni brani tratti dalla produzione teatrale e poetica di Bertold
Brecht: ' abbiamo scelto insieme questo autore, per il suo messaggio di alto impegno politico e civile; riteniamo che il significato della produzione
brechtiana possa e debba valere anche per dei cristiani consapevoli di
non poter ormai più realizzare la propria fede, senza tener conto delle
strutture sociali, politiche ed economiche in cui essi e le loro chiese sono inseriti e senza, quindi, incidere in
esse; abbiamo perciò intenzione di riproporre i temi brechtiani in alcune
altre località delle Valli.
Intanto stiamo preparando una
commediai d,i Jean Bernard Lue, « Il
complesso di Filemone », che rappresenteremo all’Àula Magna del Collegio
Valdese, presumibilmente entro la
prima quindicina di giugno: il denaro
già raccolto e che raccoglieremo con
le collette al termine delle nostre rappresentazioni, verrà conglobato con la
cifra delle riunioni quartierali e devoluto allo stesso scopo: in parte al
Convitto Femminile di Torre Pellice
ed in parte all’Uliveto.
LAVORQ
IN BIBLIQTECA
Una diecina di noi ha svolto una regolare attività, due ore alla settimana,
presso la Biblioteca Valdese, dove sono in corso dei lavori di riammodernamento e di ristrutturazione; ci siamo
dedicati, in modo particolare, alla
schedatura dei libri: è in corso, infatti, il rifacimento del vecchio catalogo
per autori, accanto al quale sorge
quello a soggetto, indispensabile per
la funzionalità di una biblioteca moderna; ogni volume — e sono 50.000!
— dovrà quindi avere due schede;
speriamo di avere dato un contributo
a questo grosso lavoro che si sta svol(continua a pag. 7)
iiiiiiiniiminimnnni
La nostra attività « teatrale » si e
iiiiiimmiimiiiiiiiimiiiiMiiiiMiniiiiiMiiMiMiiiiiiiiiiiii'ii'iii'""""""""""
Notiziario Evangelico Italiano
Il convegno di maggio
Riunito a Villa S. Sebastiano (L’Aquila) a cura del Servizio Sociale della
Federazione
A Villa S. Sebastiano, presso il Centro di assistenza sociale della Chiesa
Metodista, si è svolto nei giorni 10 e
11 di questo mese un Convegno organizzato dal Servizio Sociale della Federazione delle Chiese Evangeliche.
Questo convegno, a cui hanno partecipato circa settanta persone, convenute per lo più da Comunità centromeridionali, si proponeva uno scambio di esperienze tra gruppi di servizio o intere comunità che svolgono un
lavoro sociale nell’ambiente circostante, un lavoro che possiamo chiamare
« di quartiere ».
Presiedeva il Convegno il Pastore
Sommani di Firenze. Tra i convenuti
— oltre i relatori di cui diremo il
Presidente Sbaffi, il Moderatore Giampiccoli, la Direttrice dell’Qspedale di
Ponticelli, il Past. Gay, il direttore di
« Nuovi 'Tempi » Girardet, i membri
del team ecumenico che lavora a varie opere sociali delle chiese evangeliche italiane.
L’ospitalità presso il Centro di Villa è stata ottimamente curata dal
gruppo di giovani che si occupa delle
attività del Centro e i partecipanti
hanno potuto constatare lo spirito di
servizio altamente sviluppato in quella comunità.
Mario Miegge faceva una relazione
introduttiva sulla Marsica (zona dell’Abruzzo intorno al Fucino), nel quadro dello sviluppo economico italiano.
Egli ha parlato dei problemi della regione, della riforma agraria, della
mancata industrializzazione e ha dato
qualche indicazione sul problema del
Sud e sulle aree emarginate, cercando
di individuare lo spazio in cui le Chiese si possono muovere con iniziative
sociali. j ,
Seguiva il rapporto delle Chiese della Marsica: quella di Villa, con il Past.
Aquilante, quella battista di ^ Benedetto dei Marsi con il Past. G. Foligno;
quella di Taranto, battista, con il gruppo di giovani che opera con un centro
culturale in un quartiere operaio della città; quella valdese di S. Giovanni
Lipioni dove c’è una cooperativa agri
Per l’opera di Napoli (Qspedale di
Ponticelli, Casa Mia) hanno parlato il
Doti. Teofilo Santi e il past. Paolo
Sbaffi. Il past. Berutti ha riferito sul
lavoro nel quartiere Villa Seta ad Agrigento. C’è stata una relazione del
C.E.S.E. che si occupa degli emigrati
siciliani. Infine una relazione sul cen
tro di Cinisello del past. Bouchard.
Alle relazioni sono seguite discussioni interessanti, volte particolarmente
sulle cooperative e loro significato e
sui rapporti tra le iniziative illustrate
e le altre opere delle Chiese, quelle di
tipo tradizionale, come orfanotrofi,
ospedali ecc. Riguardo a queste ultime si è cominciato ad affrontare il
problema della loro esistenza nell’ambito del futuro nuovo ordinamento
regionale.
Attraverso le relazioni e le discussioni si è notato che, nonostante la
diversità delle varie iniziative, vi è tra
i gruppi di servizio una notevole omogeneità di intenti e, costante, 1 orientamento verso un lavoro al difuori
delle comunità che ne rompe l’isolamento e le porta ad avere rapporti di
collaborazione con altri gruppi, come
le ACLI, i partiti di sinistra, i cattolici del dissenso.
Da molte relazioni è anche emerso
che è sentita — nell’operare — l’esigenza di una preparazione teologica e
dello studio biblico.
Inda Ade
RIUNITQ A RQMA
Il primo Congresso
Evangelico Femminile
Interdenominazionale
Il primo Congresso Evangelico Femminile Interdenominazionale d’Italia
ha avuto luogo a Roma il 14 maggio
nell’Aula magna della Facoltà Valdese
di Teologia.
Sono state presentate le relazioni
dai Consigli delle tre denominazioni
evangeliche — battista, metodista, valdese — ed è stata fatta la relazione
del Consiglio di collegamento. Sono
state tenute due conferenze (past. M.
Sinigaglia, prof. E. Ponzo) seguite da
discussione. A chiusura del Congresso
le delegate hanno avuto un incontro
con le Comunità di Roma.
Notizie dettagliate del Congresso saranno date in un prossimo numero
del giornale a cura delle Unioni femminili. I- A.
Evangelici a Viering
I partecipanti al convegno dell'Ascensione, in Val d'Aosta, hanno inaugurato l'edificio rinnovato che sarà un
utile centro d’incontro
Il convegno dell’Ascensione, a Viering, paesino della bassa Val d’Aosta, ha avuto quest’anno un carattere particolare, se non per
la partecipazione (una cinquantina di evangelici intervenuti, dalla Valle, Ivrea, la diaspo
ra di Chivasso e Torino), per il fatto che si
sono, in sobria semplicità, inaugurati i locali rimessi a nuovo. Viering è stato, fin dal
secolo scorso, uno dei centri d’evangelizzazione valdesi e la popolazione locale anziana ha
fatto gli studi elementari nella scuola valdese. L’edificio era andato deteriorandosi, e
precedenti convegni avevano sollecitato la rimessa a nuovo, in vista di una migliore utilizzazione. E’ ora cosa fatta: le chiese di Aosta e di Ivrea si sono impegnate in una raccolta di offerte; i lavori sono stati guidali e
direttamente compiuti dall’Anziano Carlo Monaya e dal Diacono Ercole Marzone, di Aosta;
altri fratelli hanno offerto lavoro e oggetti;
l’Unione Biblica il materiale per l’impianto
elettrico. Ora l’edificio si presenta nitido e
piacevole, all’ingresso del borgo; non appena
si sarà potuta completare l’attrezzatura (brande, tavoli e sedie, cucina) potrà accogliere una
ventina di persone. Le spese, sostenute in loco,
non sono stale ancora coperte interamente (se
qualcuno vuol contribuire...), e altre ne comporterà il completamento dell’attrezzatura;
l’impegno locale va comunque additato ad
esempio. Si comprende quindi la gioia di ritrovarsi, al convegno, nella linda sala e sul
bel prato antistante, in una giornata sfolgorante, spazzata dal vento.
Il culto del mattino è stato presieduto dal
pastore Ermanno Rostan. il quale ha rivolto
una vigorosa predicazione al gruppo raccolto.
Quindi il pastore Giovanni Peyrot, salutando
i partecipanti, ha ricordato le tappe dei lavori e ha invitato a visitare i locali. Dopo il
pranzo al sacco, ci si è nuovamente riuniti
nella sala per la presentazione e discussione
del tema : « L’Evangelo per il nostro tempo :
che cosa dire di Gesù all’uomo di oggi? come
ci collochiamo come testimoni di Cristo? ».
La presentazione è stata fatta con brevità ed
efficacia, a due voci, da Franca Peloso Monaya e da Elena Marconi; e meritava che la
discussione ne seguisse più ordinatamente le
linee, anziché spaziare troppo e poi concentrarsi in modo unilaterale sul problema fedepolitica, con le consuete polarizzazioni scarsamente feconde. Ciononostante il dibattito è
stato fraterno e, almeno in parte, utile; e il
ritrovarsi e il parlarsi, cercando insieme, magari a tastoni, come vivere la nostra vocazione, è un elemento d’importanza fortissima per
famiglie e gruppi dispersi in una vasta ed
esigua diaspora.
Prima di separarci, l’Anziano Carlo Monaya ha riferito sui lavori, dal punto di vista
tecnico e finanziario, concludendo con l’appello a una intensa utilizzazione di questo
bello strumento rimesso a nuovo; si è associato. a nome della Tavola, il pastore Gàio
Conte, esprimendo pure la viva gratitudine e
l’apprezzamento per l’impegno assunto dalle
comunità locali. Infine i fratelli di Viering
hanno offerto, come di consueto, il tè ai partecipanti al convegno.
C’è da augurarsi che questo centro rinnovato, a un’ora di macchina da Torino, possa
essere attivamente utilizzato per incontri, retraites di gruppi di lavoro (monitori, giovani, catecumeni ctc.) evangelici del Piemonte.
5
19 maggio 1972 — N. 20
pag. 5
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Verso una nuova etica
Un rapporto al Sinodo della Chiesa Riformata d''Olanda accetta
V eutanasia passiva - L’eutanasia attiva in aperta discussione
(segue da pag. 1}
un intervènto chirurgico dal quale
non ci si attende che Un miglioramento minimo. Inversamente, si giustificherà un intervento chirurgico, se esso comporti sollievo, anche se i rischi
impliciti nell’intervento crescono fino
a prospettare la possibilità di affrettare la morte. Tutti questi casi di cosidetta eutanasia indirètta — che cioè
non tendono ad abbreviare la vita, ma
possono produrre quest’effetto secondario nel perseguire altri scopi umanitari — possono essere pienamente
giustificati.
2. La vita, in termini biblici, presuppone la possibilità di comunicazione.
In casi nei quali, dopo accurato esame medico, è stato appurato che tale
possibilità è stata eliminata senza alcuna prospettiva di ricuperarla, la
frontiera della ’terra di nessuno’ fra
la vita e la morte è stata superata. In
quel momento il paziente finisce di
essere un uomo storico con una sua
individualità personale e con la capacità di comunicare, in un qualche futuro, con il mondo esterno. Si deve
quindi ritenere giustificato, da un
punto di vista etico, interrompere la
cura medica in questo caso, dato che
continuarla non presenta alcuna prospettiva di risultato. Analogamente
può essere pure giustificato non iniziare una cura qualora la prognosi
non lasci dubbi sulla nullità dei risultati conseguibili.
3. Non può, poi, essere ritenuto giusto prolungare, mediante intervento
chirurgico, la vita di bimbi nati con
gra\'i malformazioni e che saranno incapaci di vivere una vita di comunicazione.
4. Inoltre non può essere considerato giustificato fare il possibile per
prolungare la vita contro il desiderio
dell’interessato, e a qualùnque costo
0 in ogni caso, quando si thàtti di persone anziane sazie di ciò che la vita
poteva offrire loro.
5. Le ultime tre considerazioni concernono la cosidetta eutanasia passiva, nella quale si rinuncia a un intervento medico, teso a prolungare per
quanto possibile la vita. Inoltre, tutto
•ciò ha pure una dimensione sociale. Il
paziente non ha legami soltanto con
la sua famiglia, con i suoi parenti e
amici, ma è pure parte di una comunità. Per assistere malati incurabili,
la cui vita è prolungata per qualche
tempo con diversi mezzi tecnico-sanitari, senza che vi sia la minima possibilità di ricupero, la società fa grossi sacrifici, e medici e infermieri prestano il loro tempo. In questo contesto occorre, però, dire che è cosa normale e positiva che la società, se necessario con grande sforzo, si prenda
cura dei malati e degli handicappati.
Nessun sacrificio è troppo grande
per sollevare questi gruppi dai pesi
particolari che portano. Tuttavia accade spesso che non vi siano, per coloro la cui vita può essere salvata, tempo, posti di degenza ospedaliera e medicinali, in conseguenza del fatto che
tante energie e tanti mezzi sanitari
sono usati per malati incurabili. Si
impone allora una scelta! Perciò sarebbe illogico affermare che si debbano usare tutti i mezzi, in qualsiasi circostanza, per assicurare il prolungamento della vita di un malato, sia pure soltanto per un breve tempo. 'Talvolta medicinali e attrezzature sanitarie per costoro sono estremamente
costosi e dovrebbero essere disponibili in quantità tali che la società dovrebbe gravemente impoverirsi in altri settori, per rendere questo possibile. Se la vita fosse un idolo, nessun
sacrificio potrebbe essere ritenuto
troppo grande. Ma se non è così, possiamo domandarci: vi è un limite a
ciò che va fatto a favore di pochi soltanto?
Eutanasia attiva
6. Si pone ora il problema se possa
giustificarsi l’eutanasia attiva.^ In primo luogo si deve notare che è spesso
difficile dire dove finisce l’eutanasia
passiva e comincia quella attiva. Malgrado tale difficoltà, nella pratica, possiamo distinguere fra il « non far nulla » e il « fare qualcosa ». Allora, però, va data risposta all’interrogativo
se, da un punto di vista etico, si possa e si debba fare una distinzione di
fondo fra le due forme di eutanasia.
1 due casi hanno in comune il fatto
che si è responsabili nell’affrettare
una morte inevitabile, sia se si interviene attivamente sia se si lascia passivamente che il processo segua il suo
corso. La differenza è probabilmente
più di carattere psicologico che di
fondo. Infatti, se è vero che uno è altrettanto responsabile di ciò che non
fa quanto di ciò che fa, purtuttavia
per molti — soprattutto per la famiglia del malato — c’è differenza fra il
lasciare che certi processi biologici
non procurati seguano il loro corso e
il compiere un intervento sanitario
che abbia per effetto l’abbreviamento
della vita umana.
L’esperienza pratica mostra che, a
proposito dell’eutanasia attiva, i pareri differiscono. Per molti essa, in
qualunque circostanza, è ingiustificabile. Essi ritengono, in qualche modo,
che sia sempre indebito e-ar>bitrario,
da parte nostra, mettere le mani
su realtà smisurate, sulle quali non
sta a noi decidere. La vita è un mistero che abbiamo da rispettare profondamente fino a che è presente. Anche
la morte è una realtà smisurata che
non ci è lecito darci da soli o che dobbiamo lasciare accadere senza resistenza. L’uomo è tenuto ad accettare
questi limiti e a non manomettere ciò
che è e deve rimanere più grande di
lui. Altri, invece, ritengono che del
parere sopra esposto non si debba fare una legge da applicarsi in qualunque caso. Dio ha fatto l’uomo responsabile di procreare o meno la vita,
quindi anche di metterle o no fine.
Ma questo implica che egli non attenderà passivamente la morte. Secondo
quest’orientamento, sussistono una o
più delle seguenti possibilità:
a) L’eutanasia attiva può giustificarsi qualora il malato sia entrato
nell’ultima, irreversibile fase del processo letale, sì che la continuazione
delle cure non abbia alcuna prospettiva di conseguire qualche risultato, e
qualora si possa ritenere seriamente
che l’applicazione dell’eutanasia non è
contraria al desiderio e alla concezione etico-religiosa del malato.
b) Alcuni fanno un passo ulteriore e sostengono che anche una persona gravemente handicappata — ad
esempio, in seguito a un incidente
stradale — con una vita fisica e mentale fortemente ridotta, la quale continui a vivere essendo però tenuta in
vita unicamente grazie a mezzi tecnici rari ed estremamente costosi e a
molta assistenza umana, può sicuramente desiderare di morire, nella fede, e può anche chiedere che le sia
data la morte, una richiesta che può
essere accolta.
c) Molti pensano che non si debba eludere la discussione sul problema se a un neonato gravemente handicappato e che, nella migliore ipotesi, sarà in grado di vivere una vita
assai primitiva, può essere data la
morte al momento stesso della nascita.
d) Essi ritengono inoltre che possiamo riflettere sul problema se una
persona anziana, sazia di ciò che la
vita poteva offrirle e le cui condizioni
intellettuali vanno deteriorandosi e
che va diventando una preoccupazione e un peso per altri, possa decidere,
nella fede, che è meglio morire, nel
qual caso l’aiuto di altri a tale scopo
sarebbe giustificabile. Il fatto di porre questo problema e di prenderlo sul
serio non può, secondo coloro che
hanno quest’orientamento, esser fatto
cadere sotto una condanna cristiana
di questo o quel tenore, perché questo
problema dev’essere ancora in buona
parte sottoposto ad esame e a discernimento.
Va da sé che coloro i quali, secondo quest’orientamento, avanzano ipotesi di eutanasia attiva, lo fanno in
ogni caso con grande prudenza e cautela. Essi realizzano, anzi, che in pratica devono essere prese in considerazione molte difficoltà. Le questioni
legali e le implicazioni sociali devono
essere esaminate sotto ogni aspetto.
Coloro che così pensano capiscono
perfettamente quei fratelli cristiani
che ritengono che l’eutanasia attiva
non possa essere presa in considerazione. Ma finché in proposito vi saranno opinioni diverse, nella vita pratica dovrà esserci posto per tutti e,
possibilmente, anche per prassi diverse.
7. Il malato porta la responsabilità
primaria, quando è pienamente cosciente. Ma anche il medico ha la sua
parte di responsabilità, pure nei confronti di malati responsabili delle
proprie azioni.
Il compito pastorale
della chiesa
In questo campo la cura pastorale
della chiesa ha un ruolo importante
da assolvere, e non solo nei confronti del malato e del morente, ma soprattutto quando la vita funziona regolarmente. È serio il pericolo che i
grandi problemi connessi con i profondi misteri della vita e della morte
siano ignorati così a lungo che, quando la morte colpisce improvvisa, è
sperimentata come una catastrofe.
Sarebbe auspicabile, nel caso di malati gravi con prognosi sfavorevoli,
una stretta collaborazione fra il medico e l’équipe infermieristica da un
lato, e il pastore dall’altro. Le due parti dovrebbero considerare proprio
compito guidare il malato in modo tale che egli sia mentalmente preparato
al processo della morte e possa sperimentarla come una fase significativa della sua vita. Il pastorato aiuterà
il membro della comunità a condurre
una vita buona, il che impUca che non
idolatri la vita né tema la morte come un tabù pagano. Né la vita e la
morte dovrebbero essere considerate
realtà'trattabili in modo arbitrario o
commerciale. Il membro di chiesa dovrà manifestare profondo rispetto, alla luce del giudizio e della grazia di
Dio, per la vita e per la morte. Il pastore lo aiuterà a vivere la sua vita
con coraggio, anche quando la vita è
gravata da turbamento e sofferenza, e
a morire con coraggio, anche quando
ancora si gode della vita; partendo, in
un caso come nell’altro, dalla fede in
Gesù Cristo, nella fedeltà di Dio in vita e in morte.
Tuttavia il pastorato ha pure a che
fare con persone afflitte da pene e tentazioni e che si trovano in altre situazioni avverse. Il pastore deve prestare ascolto a una persona così sazia di
ciò che la vita può offrire e così stanca di soffrire, da sperare che venga la
morte, anche se essa prega che la
morte venga, e se pensa di procurarsela. Insieme a lui il pastore dovrà
cercare una risposta alla domanda:
questa speranza, questa preghiera,
queste considerazioni derivano da
una carenza di fede o da un’impazienza ingiustificata, oppure possono essere associate alla fede? Questo rapporto è stato scritto anche tenendo presente questo compito pastorale.
Colui che impara a vedere il senso
della vita in una prospettiva fondata
sulla Bibbia e che la riceve con riconoscenza dalla mano di Dio, accetterà,
dopo essere stato saziato di vita, anche il senso della morte, sarà preparato a restituire la sua vita^qHa mano
di, Dio e, così facendo, a far^posto alla
generazione seguente.
Perciò l’eutanasia non è soltanto un
problema medico, ma anche pastorale
e anzi largamente sociale, che non si
presenta nel momento in cui il malato
si trova davanti alla terra di nessuno
fra la vita e la morte, ma prima.
Nella predicazione e nella cura pastorale la chiesa dovrà fare i conti
con la realtà vittoriosa dell'atto salvifico rivelatoci il giorno di Pasqua.
ascolto della Parola del Signore: vorremmo, di fronte a questo rapporto
sconcertante, che si sviluppasse e si
approfondisse una riflessione e una discussione che ci dia, alle prese con
questi problemi nuovi, di “crescere
nella fede” anziché fare astrazione dalla fede o chiudere gli occhi sulla realtà. Vi sono fra noi molti che hanno
dedicato la loro vita al servizio sanitario come medici, infermieri, diaconesse; la realtà della malattia incurabile, come quella della rhalformazione
congenita, non sono ignote nelle nostre comunità e nelle nostre case. Saremo molto riconoscenti ai fratelli e
alle sorelle che vorranno pensare nella fede a questo problema e scriverci
i loro pensieri, per l’edificazione della
fede di tutti. Verso una nuova etica: il
Sinodo Valdese ha abbozzato un discorso e indicato un Cammino in questo senso, per ciò che riguarda il matrimonio (e il divorzio). I campi sono
molti. red.
Ililliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Luterani e cattolici romani
Un nuovo « Gruppo Misto di lavoro » costituito da 6 luterani (designati dalla Federazione Luterana Mondiale) e 6 cattolici romani
(designati dal Segretariato per l’unità dei cristiani) inizierà la sua attività il prossimo mese di ottobre. Sono previsti incontri sull’arco
di tre anni. Il Gruppo di lavoro precedente fu
costituito nel 1967 ed è durato in carica fino
alla primavera del 1971 : al termine di questa
prima serie di conversazioni, centrate sul tema
generale « L’Evangelo e la Chiesa », è stato
annunciato che « si è raggiunta una nuova
comprensione in parecchi settori che sono stati all’origine di divisioni secolari tra luterani
e cattolici ».
11 prezzo
delle questioni di principio
Il più diffuso settimanale cattolico
indiano, il « Sathyadeepam », ha deciso di non pubblicare alcun annuncio
pubblicitario governativo che intenda
propagandare la politica di controllo
delle nascite, nonostante trovasse finora negli annunci del governo una
notevole fonte di finanziamento. Infatti, col rifiuto annunciato, tutti gli altri annunci governativi sono stati tolti al gipruale. (ANSA)
iiiiiiiiiiiiiimiiiimimiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiii!
Il CEO per il Sudan
Ginevra (soepi) — Il Consiglio ecumenico
delle Chiese ha già ricevuto oltre 200 milioni
di lire — già versati o sotto forma di impegni — in risposta al suo appello per la ricostruzione in Sudan . (Al riguardo si veda quanto scritto su Eco/Luce del 17/3 a pag. 3 e
nella rubrica Uomini, fatti, situazioni. Coll’occasione precisiamo inoltre che gli accordi
di pace fra le due parti sono stati definitivamente ratificati. N.d.r.).
Per i primi soccorsi è già stato inviato un
acconto di circa 30 milioni di lire. Una esatta
valutazione delle necessità della popolazione
del Sudan meridionale — vittima di una guerra civile che è durata per 16 anni -— deve ancora esser fatta, ma nel frattempo l’invio di
questi primi fondi contribuisce ad aiutare il
Consiglio delle Chiese del Sudan.
Questo Consiglio, comprendente chiese cattoliche, protestanti e ortodosse, ha creato una
commissione di aiuto e di ricostruzione che organizzerà anzitutto i soccorsi per i profughi
deU’interno; verranno poi stabiliti dei piani
per il reinserimento e per lo sviluppo a lungo
termine.
iiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiii
FONDO DI SOLIDARIETÀ^
Contro la lebbra del razzismo
Pubblichiamo con vivo interesse, riprendendolo dal servizio-stampa della
Chiesa riformata d’Olanda, questo rapporto; con vivo interesse, perché esso
affronta apertamente e dice coraggiosamente problemi che a livello sanitario, ma anche a livello personale si
vanno ponendo sempre più intensamente alla nostra generazione; anche
con un senso di turbamento, come
ogni volta che si tratta di “disporre”
in qualche modo della vita. Vita e
morte: come e dopo tutti gli altri
"valori”, anche questi sono attaccati
e scrollati, oggi; si badi, non solo né
anzitutto da estremisti insofferenti,
ma dall’oggettivo procedere della ricerca scientifica e tecnica in campo
sanitario. I cristiani non stanno comunque a guardia di “valori”, ma in
Pubblichiamo qui sotto un nuovo
elenco di sottoscrizioni giunte in questi ultimi tempi per il « fondo di solidarietà » che, come i lettori ricorderanno, è attualmente rivolto ad appoggiare il Consiglio ecumenico delle
Chiese nel suo programma di lotta
contro il razzismo (PLR).
Questa iniziativa del CEC ha sollevato le più disparate reazioni fra le
Chiese aderenti, anche se (come abbiamo più volte comunicato) la maggioranza-delie Chiese stesse ha dato
la sua adesione.
Altre chiese invece, e anche singole
persone — pur approvando in linea
di principio questo impegno contro il
razzismo — dissentono da come il
CEC conduce la sua azione attualmente, con particolare riferimento al
suo appoggio in danaro (sia pure molto modesto) ai movimenti di liberazione, come quelli che combattono il
colonialismo-razzismo portoghese nei
« suoi » territori africani dell’Angola,
della Guinea e del Mozambico. Noi
rispettiamo i dubbi di chi afferma
non essere compito della Chiesa dare
dei mezzi per aiutare e alimentare
conflitti, senza per di più pagare di
persona (e questo anche se gli aiuti
del CEC vengono dati colla reciproca
miiiiiMiiiiiihmiiiiiMiMiiiiimiMiiiniiiMiiiiiimiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
VIENE RESA ORA DI PUBBLICA RAGIONE
Una leñera aperta di cristiani mmeni
al segretaria generaie deii'0.N.U.
(sepd) Rappresentanti dei battisti,
pentecostali, avventisti e di altri raggruppamenti ecclesiastici romeni non
ammessi dallo Stato, alla fine dello
scorso anno — ma la notizia viene
diffusa solo ora — hanno rivolto al
segretario generale dell’QNU, Kurt
Waldheim, una lettera aperta con la
quale essi chiedono un intervento
presso il governo romeno in considerazione della diffìcile situazione nella
quale si trovano. Nella lettera essi
fanno presente che da quando è stata votata, nel 1970, una legge che sancisce pene pecuniarie contro la pigrizia e lo sperpero del tempo, numerosi credenti membri delle comunioni
ecclesiastiche non riconosciute dallo
Stato sono stati condannati a forti
pene in denaro, fino a 5000 lei (circa
190.000 lire), dei pastori sono stati destituiti, chiese non registrate sono
state chiuse, abitazioni private sono
state perquisite, Bibbie e libri cristiani sono stati confiscati. Nell’ottobre
1971 la persecuzione religiosa ha raggiunto l’acme con un’ondata di arresti di pastori e di predicatori di raggruppamenti non ufficiali. Nella lettera aperta al segretario generale delrONU è detto testualmente: « La supplichiamo, in nome dell’umanità, di
usare del suo potere e della sua autorità affinché le autorità romane siano
costrette a riconoscere le norme della nostra Costituzione e i diritti umani che anche la Romania ha sottoscritto ».
Questa lettera aperta è stata resa
nota da rappresentanti della « Missione cristiana all’est », con sede nella
Repubblica Federale Tedesca. Essi
hanno aggiunto che si può a ragione
parlare di una « chiesa non ufficiale »
sofferente, ma non di una « chiesa sotterranea » in opposizione allo Stato.
UimillllllllllllIMmilllllMlllllllllillAIIIIIIIIIIIIIIIMIIMIIII
Il Consiglio Nazionale
delle Chiese negli USA
e l’azione politica
Charlotte (Relazioni Religiose) — La
Assemblea generale del Consiglio Nazionale delle Chiese (NCC) americano
ha sottolineato che l’impegno politico delle Chiese in .America potrebbe
costare a queste l’esenzione dalle tasse di cui ora godono. Nel corso della
riunione, alla quale hanno preso parte i rappresentanti di 33 Chiese protestanti ed ortodosse, i delegati delle
Chiese hanno affermato all’unanimità
che l’impegno politico fa parte del
« libero esercizio della religione ». La
Lega per l’Azione Cristiana del South
Carolina, unica organizzazione interecclesiastica dello Stato, ha perduto
ii privilegio dell’esenzione delle tasse.
Il direttore del comitato del NCC per
le relazioni con il governo, ha affermato che è stato compilato un rapporto di 15 pagine, dal Servizio Investigazioni, sulle attività delle organizzazioni ecclesiastiche.
intesa che essi devono solo servire a
scopi sociali). Condividiamo anche la
osservazione che, almeno per ora, si
tratta di un programma parziale e
non universale (vedi razzismo in Unione sovietica contro gli ebrei, anche se
questo razzismo ha origini e scopi diversi, quali il fattore religioso e quello politico).
Ci pare però — e questo lo diciamo
nella più meditata convinzione— che
il PLR del CEC si sia intanto rivolto
in quelle zone (con particolare riguardo all’Africa australe) dove il razzismo assume le sue forme più bestiali
e anti-umane, in totale contrasto e
dispregio della Parola di Cristo che è
venuto sulla terra per l’uguaglianza e
la liberazione dell’umanità tutta intera. Inoltre, non ci pare che il CEC si
ponga come fomentatore e istigatore
di lotte cruente: il CEC si trova di
fronte a una situazione di fatto che
purtroppo è una triste e insostenibile
realtà da decenni, da secoli, realtà che
le sue precedenti esortazioni e dichiarazioni (e certamente anche contatti
« diplomatici ») non sono valse a mutare lo stato delle cose o a suscitare
una certa volontà dal’altra parte. Di
fronte a questa situazione di fatto il
CEC ha ritenuto di doversi schierare
con chi soffre, con chi è oppresso, con
chi è privato dei più elementari diritti civili e sociali ed è perciò intervenuto verso quelle organizzazioni che —
in territori già da loro liberati e occupati — cercano di riorganizzare una
nuova forma di vita civile e sociale,
basata sul principio « sacrosanto » che
la terra ed i suoi beni appartengono
alle popolazioni locali e non a coloro
che, affidandosi unicamente alla forza
e alla dovizia dei mezzi (forniti in
rnassima parte dal capitale intemazionale) hanno imposto unilateralmente le loro « regole », per di più in nome di una superiore civiltà, e purtroppo anche in nome del cristianesimo.
Invitiamo i lettori a riflettere su
queste poche e incomplete note, mentre ci riserviamo di elencare nei prossimi numeri le attività e gli scopi delle organizzazioni beneficiarie del PRL.
Intanto, attendiamo sempre le vostre
sottoscrizioni, veramente lieti se anche questa iniziativa darà il modo ai
lettori di partecipare oltre che con le
loro offerte, anche con scritti che diano modo di scambiare utilmente impressioni e considerazioni.
Ricordiamo che scritti e offerte possono essere inviati a: Roberto Peyrot,
corso Moncalieri 70, 10133 Torino, conto corr. postale n. 2/39878.
Da Torino: Colletta sala Lingotto L. 4.000:
fain. Caruso (due vers.) 1.000.
Da San Germano Chisone: Inno 135 L. 5.000;
N. N. con simpatia (due vers.) 10.000; V.
Vinçon Viti 2.000.
Da Frali: Colletta 17/2 L. 28.600,
Da Campobasso: P. Corbo (due vers.) L. 4.000.
Da Pomaretto: G. Laetsch L. 5.000.
Da Udine: P. Grillo (due vers.) L. 4.000.
Da Venezia: C. Bocus L. 1.000; sor. Zecchin
3.000; fam. Viti 1.000.
Da Torre Pellice: S. Cornelio L. 5.000.
Da Como: T. Bongardo L. 3.000.
Da Riclaretto: E. Viglielmo L. 5.000.
Totale L. 81.600:
L. 542.075.
prec. L. 460.475; in cassa
6
í’
TJag. <1
N. 20 — 19 maggio 1972
Cronaca delle Valli - Risultati e valutazioni delle elezioni del 7 maggio
Le preoccupazioni preelettorali non sono
svanite dopo le elezioni. 1 mbsini non hanno
ottenuto i risultati sperati e le profezie del
leader Almirante alla TV non* si sono avverate; ciononostante il pericolo del neofascismo
rimane. Lo slogane DC : « Avanti al centro »
ha retto ancora una volta; l'anticipazione delle elezioni ha certamente favorito la DC.
Ed in questo anche i comunisti le hanno dato,
contro ogni pronostico, una mano. Dunque se
da un lato lo spazio politico per il MSI resta
chiuso (ma è bene non dirlo troppo forte),
dall’altra, con la DC rafforzata, la musica
continua sulla stessa nota. Se teoricamente è
da escludersi una politica di centro, pur essendo matematicamente po^ssibUe (16 voti di maggioranza alla Camera, 4 al Senato), la sola alternativa possibile sembra ancora quella ormai logora del centro-sinistra. Ancora una
volta i socialisti avranno una parte determinante per la formazione del nuovo governo
(nuovo per modo di dire). I liberali, clamorosamente sconfitti, sono per il momento in
una posizione di secondo piano o comunque di
attesa. Gli slogans elettorali : « E’ tornata l’ora
del liberali a, e Se volete che la DC non dialoghi con i socialisti, date più voti al PLI »,
hanno ricevuto una secca smentita dell’elettorato. I comunisti, pur avendo migliorato
ancora la loro posizione, per il momento continuano a rimanere fuori dal governo, all’opposizione, nonostante i loro sforzi per una politica democratica sulle riforme. Grossa delusione anche per il PSDI; il frazionismo interno nel periodo preelettorale non ha certo
favorito un’ascesa del partito. Rimane pertanto nella stessa situazione del 1968 quando
si presentò con il PSI. Il PRI ha marcato un
Val Germanasca e bassa Val Ch'iseae: CAMERA
(IN NERETTO I DATI DEL 1972, IN CHIARO I DATI RELATIVI ALLE ELEZIONI DEL 1968)
COMUNI Ü al al =i l/i 0.’ ac ai «A Ul li. z ^ al q ^ wi ^ wi ^ ai ai — u, O 5 o S“- Si Z ^ « S ” "1 ~ al u ci
Inverso Pin. 147 12 4 3 17 20 102 5 1 3 1 96
211 25 2 — 26 68 — — 10 89
Massello 19 1 5 5 12 6 47 — — — — 18
35 23 1 — 24 32 — 1 — 17
Perosa Arg. 644 85 91 25 170 165 486 13 5 34 13 1296
798 271 28 — 276 411 — 43 — 1113
Perrero 148 23 32 7 45 50 237 3 — 13 1 318
250 83 12 — 131 117 — — 9 — 329
Pinasca 350 40 43 10 65 100 305 16 2 13 4 993
418 124 8 — 99 212 — — 17 — 867
Pomaretto 242 37 27 7 66 45 240 5 1 16 1 182
249 57 9 — 61 148 — — 22 — 139
Porte 162 11 12 2 21 34 134 5 2 12 — 291
198 27 1 — 31 109 — — 9 — 268
Prali 69 8 4 3 14 16 145 2 — 1 — 81
126 34 1 — 18 121 — — 1 — 85
Pramollo 129 3 8 2 8 18 144 1 1 2 — 51
185 19 — — 20 107 — — 4 — 61
Salza 29 — — 1 7 3 34 — 1 — 35
46 9 — 10 20 — — 4 — 54
S. Ger. Chis. 406 17 61 1 56 SS 364 6 2 13 2 240
470 59 12 — 108 341 — — 6 .— 197
Villar Perosa 667 66 91 17 138 154 431 15 6 36 12 948
836 194 6 259 364 — •— 33 831
1 ) Nel 1968 PSI e PSDI s'erana^presentati assieme nel PSU.
Z) Per H 1968 abbiamo tenuto conto della sómma dei voti riportati da M.S.I
3) Partiti assenti alle elezioni del 1968.
e P.D.I.U.M.
Affermazione dei partiti di centro sinistra
Diremo subito che sostanzialmente
i risultati nella valle ricalcano quello
che è stato l’orientamento deH’elettorato in campo nazionale: notevole
flessione delle estreme sia di sinistra
sia di destra, compreso il MSI; rafforzamento nell’area del centro sinistra con esclusione forse del solo
PSDI. I partiti nuovi come il Manifesto, Servire il Popolo, RDN, MPL,
hanno avuto poco se^ito limitandosi ad indebolire la sinistra.
Ci baseremo sui risultati della Camera confrontandoli anche con quelli
delle elezioni del 1968 e, ove necessario, con quelli del Senato.
Nel complesso dell’area considerata
il PCI ha perso oltre 800 voti conservando le posizioni del 1968 solo a Pomaretto dove ha perso 7 voti e non
aumentando in alcun comune. A giustificazione di questo calo dobbiamo
dire che in passato molti voti della
valle erano confluiti nel PCI grazie all’apporto di candidati « locali ». Lo
stesso discorso si può estendere allo
PSIUP che ha perso oltre 520 voti. La
maggior perdita questo partito l’ha
fatta registrare a Massello dove è passato da 23 voti a 1. Presumibilmente
i voti persi dal PCI e dallo PSIUP sono passati.al PSI, al PRI e in minor
misura ai partiti nuovi.
Sempre nell’area che abbiamo considerato, chi ha aumentato di più i
propri consensi è stato il PSI che ha
guadagnato voti in tutti i comuni. A
questo punto è bene precisare che un
confronto con le elezioni del ’68 è difficile in quanto allora il PSI si era
presentato col PSDI formando il PSU
che aveva raccolto 1729 voti. Ora se
sommiamo i voti dei due partiti abbiamo un totale di 2762 suffragi di
Risaltati elettarall al SENATO
(IN NERETTO I DATI DEL 1972, IN CHIARO I DATI RELATIVI ALLE ELEZIONI DEL 1968)
COMUNI a.
_ q te
e • c q
Ü V» mi 0 (/> ui O! u
ai ai ai z s al oi ai d
INVERSO PINASCA 159 35 5 84 29 10 68
202 47 6 96 1 49
MASSELLO 22 10 1 31 16 10 12
43 31 2 38 1 9
PEROSA ARGENTINA 711 174 31 411 183 162 1127
858 258 29 610 22 984
PERRERO 157 49 11 194 69 45 276
260 156 6 173 6 287
PINASCA 362 70 11 272 117 84 890
480 122 15 279 9 754
POMARETTO 271 66 13 172 70 35 170
241 69 16 174 2 123
PORTE 164 24 9 116 37 21 257
201 45 3 124 1 241
PRALI 77 14 — 110 19 31 64
135 27 — 136 3 69
PRAMOLLO 126 15 2 115 31 16 47
169 19 1 130 .— 55
SALSA 24 2 2 21 4 12 33
50 7 4 15 — 51
5. GERMANO CHISONE 378 64 14 266 102 102 208
431 no 5 423 3 163
VILLAR PEROSA 693 140 39 384 152 244 762
874 299 29 487 17 621
miglioramento rispetto alle politiche del 1968,
mantenendosi sulle posizioni delle regionali
del 1970. Infine il PSIUP che ha subito una
clamorosa debacle, perdendo ogni rappresentanza alla Camera; anche qui va notata una
dispersióne di poco menò di 650.000 voti che
sommati agli altri voti dispersi delle sinistre
sale a eirca un milione di voti.
Ma diamo un’occhiata più particolareggiata
per ogni partito.
HP Forse si sperava troppo in una flessione della DC; la cosa che desta maggior preoccupazione, più ancora della crescita
neofascista, è la persistenza del blocco DC che
non ha subito alcuna incrinatura ma al contrario ha rafforzato ancora la sua posizione. La
politica italiana continuerà a procedere nel
connubio trono-altare; sarà ancora un certo
tipo di religione e un certo tipo di chiesa che
imporrà la sua volontà politica al paese. E
sarà ancora lo stato, la polizia, la magistratura a difendere la politica del Vaticano, grazie
al Concordato. Nessun pericolo per la chiesa
cattolica dunque. La percentuale dei voti è
per la Camera del 38,8%; per il Senato del
38,1%. ■'
PP| Il PCI ha ulteriormente rafforzato la
r MI. sua posizione alla Camera dove conta ora 179 deputati, con l’l,3% in più rispetto alle regionali del 1970 e dello 0,4% rispetto alle politiche del 1968. Ma la grande amarezza del PCI è il fattpj di dover notare che
poco meno di un milione di voti dati alle sinistre (PSIUP, Manifesto, MPL) hanno contribuito, essendo voti dispersi, alla elezione di
una decina di deputati, metà dei quali di destra! La campagna elettorale del PCI contro
ogni frazionismo delle sinistre era dunque più
che mai attenta a questo pericolo che non è
però stato superato. Le accuse dei comunisti
contro i gruppi extraparlamentari si faranno
ancora sentire! '
cui 532 sono andati al PSDI e 2230 al
PSI che si è portato così a ridosso
del PCI che ha totalizzato 2400 voti.
L’incremento maggiore il PSI lo ha
fatto registrare a Perrero, dove ha
più che raddoppiato i propri voti, a
Pomaretto e a Inverso Pinasca, mentre negli altri comuni l’aumento è stato meno vistoso.
La DC ha « tenuto bene » migliorando anzi le sue posizioni in parecchi comuni mentre in altri ha avuto
una lieve flessione. Nel complesso ha
registrato un aumento di 350 voti,
grazie all’apporto di nuovi voti a Porosa, Pomaretto, Inverso Pinasca, Villar e San Germano. È scesa invece a
Prali, Salza, Perrero e Pramollo. A
proposito dei voti DC si deve sottolineare un fatto curioso; infatti in molti seggi il numero dei voti dati al partito « cattolico » è stato superiore al
numero dei cattolici che hanno votato. Ciò conferma Timpressione da
tempo diffusa in valle che parecchi
valdesi votano per la DC.
Notevolissimo l’incremento del PRI
che ha guadagnato oltre 250 voti rispetto alle elezioni del 1968. Ancora
maggiore è stato l’aumento dei voti
PRI per il Senato (721 voti) grazie anche al prestigio del candidato molto
conosciuto in valle e all’appoggio di
alcuni pastori che lo hanno sostenuto. Infatti in tutti i comuni i voti del
PRI per il Senato sono stati notevolmente superiori al numero di quelli
della Camera. Inferiore al previsto la
affermazione del PSDI che ha avuto
532 voti alla Camera, mentre al Senato il candidato dello stesso partito,
molto conosciuto nella zona, ha avuto
Raimondo Genre
{continua a pag. 8)
noi Le previsioni dei socialisti, gli unici
rOli ad aver sostenuto dichiaratamente il
centro-sinistra, si sono rette abbastanza bene.
Nonostante abbiano perso un seggio e la percentuale nazionale sia scesa dal 10,4% delle
regionali del 1970 al 9,6 deUe nazionali del
7 maggio, il PSI ha mantenuto la sua posizione. La linea prevaleptemente di sinistra
che il PSI ha assunto nella campagna
elettorale ha favorito un ritorno di numerosi
voti del PSIUP. I risultati elettorali hanno
fatto cadere le ultime illusioni deUa DC che
contava di scegliere fra più maggioranze.
Come ha detto il segretario del PSI, « il proposito deUa DC di pervenire a un risultato
che le consentisse di scegliere fra più maggioranze, diverse, opposte o intercambiabili,
è nettamente fallito. Agli stessi alleati di
sempre della DC — e in particolare al PSDI
—- oggi duramente chiamato in causa — il
voto del 7 maggio pone problemi di linea politica e di autonomia di indirizzo non facilmente sormontabili ». E dato che il centrosinistra pare l’unica seduzione politica possibile per avere un gqjretno, il PSI si presenta
(e non è la prima volta) quale arbitro della
situazione. Staremo a vedere...
nQ|l| Abbiamo già detto deUa delusione
nOlili (Jel PSDI e dei disguidi verificatisi all’interno del partito poco prima deUe
elezioni eon il cambio delia guardia aUa segreteria del partito. Mentre resta difficile un
confronto con le politiche del 1968, essendosi
presentato con il PSI, notiamo che rispetto
aUe regionali del ’70 è calato, passando dal
7% al 5,1%.
nni I repubblicani avanzano. Dal 2%
rllli deUe politiche del 1968 sono passati
al 2,9%, stessa percentuale delle regionali del
1970. Invece di due senatori ne avranno 5; i
deputati da 9 saliranno a 14. Il PRI ha avuto
una buona affermazione soprattutto nelle
grandi città del settentrione, mentre al Sud
ha subito una flessione a vantaggio della destra.
PSIUP. Nonostante i suoi 648.368 voti
Dal 4,4% della Camera, il 4,6 del Senato,
nel 1968 il MSI è passato al 5,2% nelle regionali del ’70 e all’8,7%-19,2% al 7 maggio.
Complessivamente da 24 deputati sale a 56 e
da 11 senatori sale a 26.
il PSIUP perde tutti quanti i
suoi rappresentanti alla Camera, 23. Dal 4,5
delle politiche del 1968 è sceso al 3,2 nelle
regionali del ’70, aU’1,9 il 7 maggio scorso. Al
Senato, essendosi pre.sentato con il PCI, avrà
11 senatori, due in meno del 1968. Le cause
del crollo del PSIUP vanno ricercate probabilmente nelle « liste. di disturbo » e « dall’azione di alcuni gruppi estremisti che sono
stati seccamente smentiti dal voto », come ha
dichiarato il segretario del PCI. Considerazioni simili sono state avanzate dal segretario
dello PSIUP, dichiarando che il suo partito
« ha pagato il prezzo di una polarizzazione
deUe forze del movimento operaio ». La « erosione di voti del Manifesto e del MPL ha inciso in misura determinante sul crollo dello
PSIUP.
Manifesto e MPL.
La dura cam*
pagna scagliata contro questi movimenti dal PCI, da una
parte, dalPaltra dalla DC e dalla destra, il gioco degli opposti estremismi, hanno impedito
una maggior credibilità presso Telettorato. Si
potrebbe aggiungere Tatto arbitrario della TV
che non ha permesso che questi due movimenti avessero la parola (ma lo si è concesso
ai fascisti!). Ma non sono argomenti sufficienti
per dar ragione all’insuccesso.
E’ prematuro analizzare le ragioni della
sconfitta, ma forse si può dire che l’insuccesso
è dovuto anche alla mancanza di un quadro*
politico e programmatico in cui potessero esprimersi concretamente le idee portate avanti. II
fatto, non secondario, della candidatura di
Valpreda, non è forse stato una buona mossa
polìtica;v;.ed in un paese come il nostro in cui
i problemi umanitari vanno sèmpre a scapitodi quelli politici, questa mossa, per un versointelligente, non ha portato frutto alcuno. La
massima punta del Manifesto è stata registrata a Roma con 31.973 voti, pari alTl% e a
Milano con 24.428 voti, pari allo 0,8%. Il
MPL ha invece ottenuto la maggioranza dei
voti nel collegio di Brindisi, Lecce e Taranto
e a Milano, rispettivamente con lo 0,8% e lo
0,5%. Complessivamente il Manifesto ha ot-^
tenuto 223.789 voti, lo 0,4%; il MPL 119.772,
pari allo 0,7%.
E. G.
Val Penice e cemeei vlcleleri: CAMERA
(IN NERETTO I DATI DEL 1972, IN CHIARO I DATI RELATIVI ALLE ELEZIONI DEL 1968)
COMUNI Ü ai ai d ui ai ac ai Ite z - 15 oi d ^ ^ ui ^ ui ^ ai ^ ai w Ul O ^ o ^ a. OÉ HI ^ fo IO ¿ Z 25 vi -"• s” CL —' s” ti d
Angrogna 95 11 13 8 83 49 75 2 3 6 2 165
139 34 6 — 103 90 — — 9 —: 173
Bobbio 53 3 8 1 125 49 161 3 1 4 4 52
102 36 6 — 98 133 — — 7 — 56
Bricherasio 207 15 38 7 170 104 134 10 7 51 2 1320
163 57 13 — 224 172 — — 44 — 1229
Luserna 703 56 100 24 758 473 673 26 13 115 7 1780
753 217 34 — 903 832 — — 102 — 1497
Lusernetta 23 7 4 — 23 24 28 6 2 2 1 273
28 9 7 ,— 19 34 — — 4 — 287
Rorà 5 2 4 — 7 62 15 Ï — — 40
22 5 1 — 35 83 — — 3 — 13
Prarostino 77 17 63 1 49 67 169 1 8 2 115
145 27 33 — 80 164 — — 5 — 69
San Secondo 167 23 136 5 158 123 174 5 3 33 3 708
161 53 16 — 194 219 — — 11 675
Torre Pellice 513 54 136 35 472 519 713 18 10 59 14 691
544 163 59 ■— 681 811 — — 61 — 690
Villar Peli. 107 11 27 3 141 127 157 5 4 7 1 151
142 36 23 •— 236 182 — — 9 — 117
Pinerolo 4892 344 1083 284 2377 2205 2666 142 85 951 107 10022
4322 1089 273 — 3397 3823 — — 766 — 9297
Altalena fra i partiti di centro e il PSI
I risultati elettorali della Val Pellice sono sostanzialmente differenti
da quelli dell’altra valle ed in parte
anche dai risultati nazionali. Infatti,
mentre nella Val Germanasca e nella
Val Chisone, almeno nei comuni con
una consistente presenza valdese, le
forze di centro-sinistra si sono irrobustite attorno al PSI, pur avendo il
PCI perso voti in tutti i comuni fatta
eccezione per Pomaretto, e così pure
il PSIUP, in Val Pellice i voti sono andati a larga maggioranza alle forze di
centro, PLI, PSDI, che a livello nazionale hanno perso numerosi seggi o si
sono mantenute sulle stesse posizioni
del 1968. Accanto al PLI e al PSDI
che si sono praticamente divisi i suffragi, il PSI ha consolidato la sua posizione alla Camera a Bobbio Pellice,
Villar Pellice, Torre Pellice e Prarostino, mentre per il Senato gli stessi
voti sono confluiti in buona parte al
candidato locale del PSDI.
Mentre in Val Germanasca e nella
bassa Val Chisone si nota un blocco
abbastanza compatto di Comuni in
cui PCI e PSI hanno avuto una netta
maggioranza (Inverso Pinasca, Massello, Perrero, Pomaretto, Prali, Pramollo, S. Germano) sia per il Senato
che per la Camera, nella Val Pellice
c’è un certo spostamento tra PLI,
PSDI e PSI che indica chiaramente
che si è votato il candidato prima del
partito. Per questo si spiega il fatto
che a Torre Pellice il PSI abbia uno
scarto di più di 300 voti tra il Senato
e la Camera; così pure a Villar Pellice. Mentre a Bobbio risulta che il PLI
si è assicurato i voti per il Senato,
mentre ì suffragi della Camera sono
andati al PSI.
Tuttavia la diversità degli orientamenti politici fra le due valli non si
spiega semplicemente col fatto che
nella Val Pellice vi erano diversi candidati locali sia per il Senato che per
la Camera. Infatti alcuni di questi
candidati erano ben conosciuti anche
nell’altra valle. Questa diversità a li
vello politico esprime un dato di fatto; cioè che le Valli sono tutt’altro
che un blocco omogeneo. Lo abbiamo
notato più volte a livello ecclesiologico, nei problemi interni della vita della nostra chiesa; ne ritroviamo la riconferma anche sul piano politico. Un
fatto invece che accomuna le due valli
è che, come nota R. G., il numero dei
voti dati alla D.C. abbia superato, in
alcuni seggi, il numero dei cattolici
votanti, il che significa che un certo
numero di valdesi votano D.C., sia
per ignoranza politica, sia per « clientelismo ». Ma varrà la pena riprendere questo discorso, proprio perché
questo fatto si verifica in alcuni comuni ad economia prevalentemente
agricola (vedi Angrogna, Massello, Prarostino). Il MSI ha fatto registrare la
punta massima a Luserna S. Giovanni dove ha ottenuto 83 voti per il Senato e 115 per la Camera; anche qui
l’elettorato più giovane ha portato il
proprio contributo! Rorà invece è l’unico comune che non abbia dato neppure un voto al MSI.
Il PRI ha avuto successo a Pinerolo
soprattutto ma anche a Prarostino,
S. Secondo; successo che va attribuito al suo candidato al Senato ben noto nel pinerolese. Pinerolo è anche
l’unico Comune in cui si noti una decisa avanzata del PCI.
Il Manifesto e il MPL hanno ottenuto pochissimi voti; il primo ha ricevuto voti in tutti i Comuni tranne
Rorà, mentre il secondo tranne Massello, Prali, Pramollo e Salza.
In questo breve ed incompleto raffronto elettorale fra le due valli, risulta chiaramente che se per la Val
Germanasca e bassa Val Chisone (sempre in riferimento ai Comuni con consistente presenza valdese) è possibile
un governo di centro-sinistra, per la
Val Pellice invece l’orientamento politico è altrettanto chiaramente di centro-destra, il che, a Uvello nazionale,
comporterebbe una sterzata a destra
ancora più brusca. Ermanno Genre
ni I Dopo il successo del 1963 in cui il
rLI. PLI raccolse il 7% dei voti alla Camera e il 7,4 al Senato, il PLI ha cominciato
la sua fase declinante; 5,7% e 6,8% nel
1968, 4,7% nelle regionali del 1970, 3,9% e
4,4% nelle ultime elezioni del 7 maggio. Rispetto al 1968 il PLI perde 10 deputati e 8
senatori. Le perdite più forti si notano in alcune grandi citta: Roma, perdita del 3,6%;
Milano, 3,4%; Genova, 4,1%. Al Sud la perdita dei liberali va di pari passo con la crescita del MSI, mentre al Nord non c’è sempre lo stesso spostamento.
Risanati elettorali al SENATfl
(IN NERETTO I DATI DEL 1972, IN CHIARO I DATI RELATIVI ALLE ELEZIONI DEL 1968)
Mqi La fusione del MSI con i monarchici, il concorso nelle liste, definite
di « destra nazionale », di noti personaggi
della burocrazia militare e civile ha prodotto un considerevole aumento del MSI. L’alta
burocrazia italiana e le alte sfere delle forze
armate sono confluite nell’abile propaganda
del leader missino Almirante che addirittura
ha osato presentarsi come il vero difensore
dei valori della Resistenza.
Mentre da una parte si sente dire che
l’esercito non fa politica, si nota che addirittura un ammiraglio della Nato, Birindelli, assicura il suo elettorato fascista che per lui la
lolla politica che ha scelto non è che la continuazione della sua professione di ammiraglio!
COMUNI al .S ic
. D
* c q _*
lai (/) « 0 ui uj ac Ü
a. ai s s ai ai ai d
ANGROGNA 82 109 4 42 85 16 136
106 139 5 115 4 149
BOBBIO PELLICE 42 196 4 85 60 IO 29
100 120 6 166 5 32
BRICHERASIO 197 304 40 101 116 84 1045
171 267 21 262 18 1054
LUSERNA 5. GIOVANNI 642 1015 89 457 646 106 1458
788 1001 56 958 34 1309
LUSERNETTA 31 43 2 25 38 4 226
22 34 1 74 4 215
PRAROSTINO 66 65 3 102 77 152 58
120 117 5 194 29 37
RORA' 22 45 — — 65 9
21 46 4 88 8
SAN GECONDO 144 157 24 88 127 316 546
164 204 7 282 13 598
torre pellice 468 460 46 351 1007 137 528
556 810 34 859 43 599
VILLAR PELLICE 102 179 8 70 223 21 105
130 301 6 180 9 93
PINEROLO 4697 2442 876 2247 2029 1977 8662
4495 3043 546 5383 221 7652
7
19 maggio 1972 — N. 20
pag. 7
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
t
hsta li canto della Val CMsene
San Germano Chisone ha ospitato
domenica scorsa la Festa di Canto della sua valle alla quale, ospiti molto
graditi, hanno partecipato pure le corali di Torino e Torre Pellice.
Il tempio è subito gremito e i posti
a sedere non bastano.
Anzitutto è invocata la presenza di
Dio, da un supplente, essendo il titolare della comunità ammalato. L’assemblea gli manda un pensiero di cordiale solidarietà, quindi dopo la lettura del Salmo 96 fatta da un giovane
coralista, la preghiera, e l’energica affermazione fatta da un Pastore e dal
presidente del canto Sacro past. Aime
che quanto si sta per fare non è una
esibizione artistica o folcloristica, ma
unicamente e rigorosamente un servizio di Dio, ha inizio il canto dei con'venuti.
Splendidi e possenti come sempre
1 sei canti d’insieme diretti ora dal
Presidente Aime ed ora dal prof. Corsani.
Tra gli uni e gli altri si alternano i
•canti delle singole corali o gli interventi dei Trombettieri presenti. Un
numero fuori programma è offerto
dalla Corale di Torre Pellice col canto di uno « Spiritual » composto dal
prof. Corsani e diretto dallo stesso
in cui gli assoli sono cantati dal tenore Arnoulet con la sua magica chitar'Xa. L’ammirazione è unanime anche se
li per li non si vede subito la possibilità di inserire questi canti negli innari della nostra chiesa... l’avvenire
però vedrà certo cose nuove e non possiamo che augurarci che risuoni sempre più forte quell’« Eccomi, manda
me! » che noi abbiamo udito cantare
da Arnoulet.
Frequenti ed opportuni sono gli interventi del presidente Aime che con
passione si sforza di preservare specialmente le corali piccole dallo scoraggiamento, dal respingere le accuse
•di esibizionismo che risuonano nella
strada e di rivendicare il carattere
di « Servizio di Dio » dell’opera delle
Corali.
Il programma è lungo ma non abbastanza per l’orecchio e per il cuore
di chi ama questo nostro canto. Mentre scriviamo lo udiamo ripetere dal
nostro registratore. Non fa una grinza. Le corali han tutte cantato bene,
molto bene, ma con doni e caratteristiche diverse e v’è in questa varietà
una ricchezza straordinaria, quasi un
simbolo della bellezza della chiesa di
Cristo quando tutti i suoi membri si
studiano di mettere a frutto i proprii
particolari e diversi talenti.
Piange il cuore che l’eco di questi
■canti non possa giungere più lontano,
che non si possano registrare su dei
nastri da mandare a tutti i nostri
fratelli dispersi nell’isolamento della
diaspora e nelle cento piccole comunità dei nostri vari distretti.
Concluderemo questa breve cronaca con l’elenco delle Corali presenti e
degli inni cantati, ma non senza citare ancora e con gratitudine il magnifico ricevimento offerto all’uscita dal
tempio dalla corale di S. Germano
nel salone delle attività, dove i canti
ripresero ad un tratto spontaneamente con slancio e passione instancabili
finché le prime ombre della sera costrinsero anche l’ultimo gruppo a disperdersi: si vede proprio, ci diceva
un amico professore, che qui c’è una
anima che vibra. Questa non è gioia
comune, qui c’è l’allegrezza dei credenti.
Il programma: Trombettieri vald.:
Intrada di Pezelius; Inno d’insieme ri.
42 Innario Cristiano; Corale Prarostino: Salmo 23; Corale S. Secondo n.
2 I. C.; Villar Perosa: « La nostra fede nel canto dei nostri padri »; Inno
d’insieme n. 212 I. C.; Corale Torino
n. 143 I. C.; Corale Torre Pellice n.
Vacanze - corsi estivi
di francese
Per ragazze dai 14 ai 20 anni a
«CASA GAY»
Via Volta, Torre Pellice (Torino)
dal 2 al 23 luglio 1972
L. 2.000 al giorno
Insegnanti francesi - Gite, attività
manuali del tempo libero...
Contemporaneamente è previsto
un corso d’italiano per ragazze
di lingua francese, per facilitare
rincontro.
Convitto maschile
Valdese
10066 TORRE PELLICE (To)
Dal 25 giugno al 31 agosto vacanze organizzate per ragazzi dai
7 ai 14 anni.
Piscina coperta
Periodo minimo di soggiorno:
venti giorni.
Per informazioni telefonare allo
(0121) 91230 o scrivere.
264 I. C.; Corale Torre n. 262 I. C.;
Corale S. Germano n. 162 I. C.; Inno
d’insieme: Forte Rocca; Trombettieri: Fughetta di Pezehus; Corale Torre Pellice: « Spiritual » Eccomi manda me; Inno d’insieme: Forte Rocca;
Corale Prarostino: Inn. francese n. 70
con testo italiano; Corale San Secondo
« Natale dei tempi antichi »; Corale
Villar Perosa: Supplicazione di Kreutzig; Inno d’insieme n. 262 I. C.; Corale
Torino: Corale 45 di J. S. Bach; Cora^
le di Torre Péllice: Frappez dans vos
mains (Salmo con variazioni di F.
Corsani); Corale S. Germano: Maria
Maddalena di F. Jaspers; Inno d’insieme (francese) n. 154; Trombettieri:
Post-ludio Intr. Pezelius. Resta nei
cuori un « Soli Deo Gloria ».
E. Geymet
Torre Pellice Sy||3 yja “dell’UltimO neil1ÌC0”
Invito al
Convitto Femminile
Domenica 28 maggio, alle ore
16, avrà luogo presso il Convitto
Femminile Valdese in Via Angrogna 12, a Torre Pellice, una esposizione di disegni realizzati dalle
ragazze stesse quale espressione
del loro estro e delle loro più o
meno sviluppate capacità artistiche. Agli intervenuti verrà offerta
una tazza di tè, con proventi a
favore deH’Istituto stesso. Vi sarà anche l’estrazione di premi,
messi in lotteria. Tutta la popolazione è caldamente invitata, sia
quale atto di simpatia e solidarietà con il nostro Istituto, sia
come contributo concreto allo
svolgimento del suo lavoro.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii.iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiMimiimiiiiiiiiiiiimi
Attività degli studenti del
Ginnasio-Liceo Valdese
{segue da pag. 4)
gendo; noi, dal canto nostro, abbiamo
imparato molte cose: schedare un libro non è cosi arido come potrebbe
sembrare: vuol dire conoscerlo. Ci
siamo pure resi conto che una biblioteca non è, secondo un luogo comune
superficiale ma molto diffuso, riservata a vecchi pedanti che conducono
ricerche noiose ed inutili; è un luogo
vivo, dove ognuno può trovare ciò che
più gli interessa, dove tutti possono
allargare ed approfondire il campo
delle loro conoscenze, a seconda delle
diverse tendenze e attitudini. Una biblioteca, non è solo per studiosi e per
studenti ai quali è stata affidata una
ricerca: è un bene pubblico à disposizione di tutti, è un momento di riflessione, di incontro e di maturazione.
ALTRE
ATTIVITÀ’ INTERNE
Le attività di cui vi abbiamo parlato, anche se sostanzialmente sono state utili soprattuttto a noi, erano rivolte all’esterno, al di fuori della vita del
Collegio. Abbiamo però cercato di realizzare qualcosa pure all’interno dell’Istituto stesso, qualcosa che servisse
soprattutto a noi.
Doposcuola - Alcune delle ore del
doposcuola della IV ginnasio sono state dedicate alla ripetizione delle lezioni svolte durante l’orario normale: lo
scopo di queste ore era quello di realizzare dei gruppi di studio dove quelli tra noi più portati per una materia
o per un determinato argomento, sì
ponessero al servizio dei meno dotati
e dei meno fortunàti. Questa esigenza
nasceva dalla riflessione che sovente,
coloro che tradizionalmente appaiono
come i pigri, gli svogliati, i meno intelligenti, sono solo i più sfortunati
tra noi, vittime di obbiettive situazioni sociali e familiari.
A questo punto dobbiamo rivolgerci
una autocritica piuttosto severa: coloro che avrebbero dovuto servire gli
altri sovente lo hanno fatto con sufficienza, fretta e poco impegno, coloro
che avrebbero dovuto usufruire del
servizio hanno spesso badato solamente a farsi « rimorchiare »; non è facile
realizzare un « lavoro di gruppo » dove esista veramente il « gruppo » e veramente il « lavoro ». Ci siamo resi
conto di non essere affatto educati —
e forse non è tutta colpa nostra; siamo sempre stati abituati a lavorare individualmente, quasi in competizione
con gli altri — ad un lavoro di questo
genere. Le esperienze negative di quest’anno, comunque, ci sono state utili: insomma, sbagliando si impara;
cercheremo di realizzare, l’anno prossimo, dei veri gruppi attivi di lavoro:
intendiamo, naturalmente, il lavoro
scolastico: per ciò che riguarda le altre attività pensiamo di essere veramente riusciti a realizzare delle « équipes » armoniche nella mutua e sohdale collaborazione.
Lezioni di tedesco - Abbiamo dedicato altre ore di doposcuola all’apprendimento di una lingua straniera
oltre all’inglese ed al francese, già inseriti nei nostri programmi scolastici.
Abbiamo avuto due ore di lezione alla
settimana per la IV ginnasio ed una
per le altre classi del Ginnasio-Liceo,
sotto la guida del pastore Bellion e
del pastore Stollreiter di Berlino: vogliamo ringraziarli e scusarci con essi
se il nostro impegno e la nostra volontà non sono sempre stati pari alla grande cura ed attenzione con la
quale essi ci hanno seguiti. Durante
le lezioni abbiamo avuto in mezzo a
noi i nostri insegnanti, da docenti a
discenti: è stata, per noi e per loro,
un’esperienza utile. Abbiamo iniziato,
nel quadro di questo corso di tedesco,
una corrispondenza con gli allievi di
una Scuola Evangelica di Berlino; speriamo, e pare che la cosa sia senz’altro fattibile, di poter far loro visita
e di poterli, a nostra volta, ospitare
ai più presto.
Attività sportive - Molti di noi hanno cercato di dare nuovo impulso e
nuovo vigore alle attività sportive del
Collegio. Ciò è nato dalla riflessione e
dalla convinzione che lo sport, troppo
sovente in Italia praticato solo a li
vello di « tifoso », sia un importante
momento costruttivo nella formazione dell’individuo. Lo sport è concepito purtroppo come spettacolo, praticarlo è sovente privilegio di pochi:
ovunque mancano attrezzature, palestre, piscine, aree dove potersi muovere; Io sport dovrebbe esser un servizio pubblico, sociale, un bene a disposizione di tutti. Noi siamo più fortunati: le nostre attrezzature, certo,
non sono perfette, ma non ci mancano, e non ci manca lo spaziò. E rinata,
con buon successo, la squadra di calcio; si stanno creando squadre di pallavolo e di pallacanestro. Alcuni di noi
si sono dedicati all’atletica leggera,
sport fondamentale: abbiamo in preparazione delle gare interne che dovranno designare quelli di noi in grado. di partecipare, eventualmente, ai
campionati provinciali studenteschi.
Speriamo comunque di poterci organizzare meglio per il prossimo anno.
Intanto intendiamo ringraziare il Comitato del Collegio che ha voluto fornirci di quelle attrezzature che erano
indispensabili per iniziare e dare slancio ad una tale attività.
Questa relazione è frutto di una
Assemblea di studenti, insegnanti
ed animatori dei i^oposcuola.
Nell’« Eco-Luce » del 21 aprile una
sorella, Enrichetta Clot, della parrocchia di Villasecca, scrive: « C’è chi dice che il corteo, in un servizio funebre,
è cosa pagana... Molti anni fa persi,
nel giro di pochi giorni, due gemelli; si può immaginare lo strazio che
provai e per quanto la mia fede fosse
salda e sicura, non so se avrei resistito al dolore senza la predicazione e la
preghiera del pastore, e la dimostrazione di affetto della chiesa... ».
Può darsi che nei funerali vi siano
talvolta delle manifestazioni di paganesimo, ma che la partecipazione compatta della comunità evangelica e anche della borgata o della città sia cosa pagana, mi sembra un’idea veramente strana, che non ha nessun fondamento nella S. Scrittura.
L’apostolo Paolo dice che la chiesa
è un corpo, e che « se un membro soffre, tutte le membra soffrono con
lui... » (I Cor. 12: 26). La presenza di
fratelli in fede a un funerale è il segno visibile della loro partecipazione
al lutto di chi piange la morte di ima
perdona cara e sente improwisamenie un grande vuoto nella propria esistenza, e anche fisicamente nella propria casa.
Domenica 30 aprile a Colleferro è
stata sepolta Nadia Bongelli in Nuoci, giovane sposa e giovane madre, che
un anno fa cantava « Cristo è risortoci » presso la tomba aperta della
propria madre Stamura. I fratelli e
le sorelle sono venuti da tutto il Basso Lazio, da Valmontone a Prosinone.
Era presente anche la cittadinanza di
Colleferro, la chiesa era insufficiente
ad accogliere tutti. Dopo l’annunzio
del Vangelo un lungo corteo funebre
ha accompagnato la sorella morta al
cimitero fuori della città, alla tomba
scavata presso la tomba della madre.
Tutti erano uniti nel dolore al padre,
alla sorella, al marito di Nadia. Presso la tomba si è cantato insieme l’inno della risurrezione: « Cristo è risorto dal martirio suo... S'ei non risorgeva il mondo si perdeva, ma egli è risorto. Lodiamo Gesù Cristo. Kyrie
eleison » (cioè: Signore abbi pietà). Vi
è qualcosa di pagano in tutto questo?
So di fratelli, operai delle fabbriche
di Colleferro, che talvolta per partecipare a un funerale ed essere vicini a
chi è nel dolore, hanno chiesto un giorno di ferie anticipate; da trascorrere
dunque non al mare o in montagna,
ma in corteo sulla via del cimitero. E
pagana questa solidarietà umana nel
iiiiitim(qiiiiiiiiiiiiutiNhiifiriìiiiiiiiiiiiiiiiiiÌ!iiiiiiiiiliiiiiimiiiiiiiniiiiiiiiiMfiiiiiiiiiiiiiiiiliiiMMii(iiiiiiiiiitiitiiiiiiiiii
Rorà
Sono stati uniti in: matrimonio Roberto
Tourn-Boncoeur e MargHt Rohr; è stata invocata la benedizione sul matrimonio di Mauro
Maino con Valda Morel.\«. Se l’Eterno non edifica la casa, invano vi bi affaticano gli edificatori » (Salmo 172 : l)i
Riconoscenti ringraziamo la Comunità di
Sampierdarena e la CHiesa di Luserna San
Giovanni per la fraterna accoglienza e la generosa ospitalità offerta fi questa Corale diretta dal sig. G. Albarin ìn!,occasione di una gita
al mare e della partecipazione alla festa di
canto delle Corali. ^
I Signori Geymet e la loro filodrammatica
che si è bene esibita ifella presentazione di
due commedie sono stati quassù e ci hanno
dato una bella serata. Ringraziamo i giovani
della Chiesa di Villar Perosa e il loro Pastore
della gradita visita. Ringraziamo l’Anziano A.
Tourn di avere presieduto dei Culti domenicali. 1 L. C.
Villar Perosa
'j
A Mio fi earo Giorgio i
La mano ci trema ancora nel redigere la
cronaca di un fatto quasi unico nel nostro ministero: il funerale avvenuto il 5 u. s. del
nostro giovane fratello Giorgio Rochon di anni
30 il quale due giorni prima a Diano Marina,
dove si trovava per motivi di lavoro, era stato
trovato carbonizzato. In’ luogo appartato, vicino alla sua macchina ; a’era cosparso di benzina, dopo aver riposto gli abiti da un lato e
s’era dato fuoco con fredda, inspiegabile determinazione. Nessun motivo vicino o lontano
poteva spiegare simile gesto: Una mamma devota lo aspettava a casa con la zia e la cuginetta e altri parenti e lassù, nella Val Chisone
attendeva una cara e fedele fidanzata del cui
amore egli poteva dirsi fiero. Il coro unanime
delle voci a suo riguardo era positivo...
Perché, perché?
Tutti accorsero da ogni parte per il funerale ed il tempio per la prima volta apparve
piccolo. La Corale spontaneamente domandò
di cantare un inno e l’impresario di pompe
funebri spontaneamente aveva scelto il testo:
« Non giudicate! ».
Nessuna manifestazione di dolore isterico,
ma tante e da ogni parte le lacrime sommesse e soprattutto l’attenzione e il raccoglimento
come se tutti avessero trattenuto il fiato per
meglio ascoltare.
Certo il suicidio è grave colpa dinanzi a
Dio, se volontario, ma qui, se qualche colpa
si poteva trovare da qualche parte, dovevamo
tutti batterci il petto per averlo lasciato troppo solo quel ragazzo, troppo onesto e debole di
fronte alla ferocità della vita.
Eppoi chi può giudicare?
Cinquant’anni addietro a Torino si svolgeva
una cerimonia come l’attuale : il figlio maggiore di una ottima famiglia di quella chiesa,
amico e parente di chi qui parlava e che con
dolore, questo senso di fraternità in
Cristo?
Gesù ha incontrato un giorno uno
di questi cortei presso la porta della
città di Nain, mentre « si portava a
seppellire un morto, figliuolo unico di
sua madre; e questa era vedova; e
una gran moltitudine della città era
con lei » (Luca 7: 12). Vi era dunque
un lungo corteo funebre. Ma Gesù,
che cacciò i mercanti dal tempio, non
disperse il corteo. Egli, che aveva compassione del popolo (cfr. Matt. 9: 36),
comprese quella partecipazione della
città al dolore della madre. Ed ebbe
egli pure pietà di lei « e le disse; Non
piangere! », e le restituì il fi^iuolo risuscitandolo alla vita.
In quell’ora la sua parola di risurrezione è divenuta un’azione potente.
Oggi noi (pastori e non pastori) siamo chiamati ad annunziare la sua
parola di vita eterna davanti alla morte, affinché la parola divenga azione
potente in noi, divenga risurrezione e
vita, sì che possiamo tornare dal cimitero, certo camminando per fede,
non ancora per visione, come gli abitanti di Nain che glorificavano Iddio
dicendo: « Dio ha visitato il suo popolo » (Luca 7: 16). Dio ci visita oggi
con la parola della risurrezione lungo
la via del cimitero, e il « corteo funebre » ha da ascoltare questa parola e
glorificare Iddio, nella speranza certa
che la morte, « l’ultimo nemico di
Dio e dell’uomo, sarà distrutto » (I
Cor.l5: 26). Valdo Vinay
iiiiiiiiiiiiiimimiiiiMiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiimiiimuim
ZURIGO
lui progettava di entrare tra qualche mese
alla Facoltà di Teologia, giovane lieto ed
« entreneur » se ve n’era uno, aveva scritto ad
un tratto su un biglietto: Una forza misteriosa mi spinge e non posso resisterle, ed era corso al sommo deUa mole Antonelliana per buttarsi giù e sfracellarsi 70 metri può sotto. Anche là il Preside del suo Liceo, Contessi, in
una commovente orazione aveva ammonito :
non giudicate, qui il suicidio non c’entra e cosi
pure aveva detto il pastore Alberto Prochet.
Non giudicate, ma afferratevi all’invito di
Gesù Cristo, venite a me voi tutti. Esso vale
per te Giorgio, per la tua Mamma, per la
tua fidanzata come per tutti noi.
Hai vissuto un momento atroce, caro Giorgio, ma con esso forse. Iddio ti ha concesso di
evangelizzare più di altri con una vita ^intera.
E ci ha forse ricordato il dovere che troppo
spesso dimentichiamo di sentirci responsabili
verso i nostri fratelli di chiesa. La chiesa è
una grande famiglia, in essa nessuno deve
mai sentirsi solo, abbandonato da tutti, nelle
ore oscure della vita. Quando siamo circondati dalle voci gioiose dei nostri fratelli i suggerimenti di 'Sàtaila che ci invita al suicidio non
si odono più.
E. Geymet
Pomaretto
La Scuola Materna
Incontro di bimbi e genitori, domenica 7
maggio, al teatro. Il gruppo di lavoro della
Scuola aveva preparato un ricco programma
di canti, recito, scenette varie con un messaggio. Un gruppo di ex alunne ha letto la Parola di Dio e pregato. Si è parlato del « Questionario » inviato alle famiglie (il resoeonto
sarà pubblicato a parte).
Un grazie a tuttti per il bel pomeriggio
trascorso insieme; particolarmente ricordiamo,
oltre al gruppo insegnante della Scuola, Erica
e Fiorella, Elsa Lageard membro del gruppo
della Scuola, per l’impegno dato per il buffet
e la pesca. Ringraziamo i collaboratori per i
restauri del parco: Aldo Long, Giacomino
Bernard, Riri Rostan, Ugo Zanella e particolarmente Aldo Genre che ha speso parecchi
giorni di lavoro gratuito per la Scuola Materna, consentendo un grosso risparmio. Un
grazie di cuore anche a Ermanno Pastre per
il lavoro eseguito con impegno.
La nostra simpatia alla famiglia Massel ed
alla signorina Lantaret per la dipartenza di
Susanne Massel ved. Clapier. Parimenti inviamo al Pastore Sergio Rostagno la profonda simpatia della comunità per la dipartenza
del papà.
Che il Signore guidi col suo Spirito Federica di Aldo e Alina Zanella che ha ricevuto il
battesimo domenica 14.
Il culto di Pentecoste si terrà domenica 21
con Santa Cena e sarà presieduto dalla Signora Ruth Tourn. Sabato 27 alla cappella, alle
ore 20,30, riunione del Concistoro e dei responsabili.
Ricordo di Adolfo Hodel
Il nostro fratello Adolfo Hodel non è più
fra noi. Siamo certi che la notizia della sua
improvvisa dipartenza rattristerà i numerosi
amici che egli contava in quasi tutte le chiese
evangeliche in Italia, così come la nostra Comunità è stata dolorosamente colpita da questa perdita. Egli aveva 73 anni. Da pochi mesi era entrato in pensione e pensava di poter
quindi dedicare ancora maggior tempo alla
vita della sua chiesa.
Da 25 anni egli faceva parte del Consiglio
di Chiesa, di cui era il ’Vicepresidente; varie
volte.era stato delegato al Sinodo o aUe conferenze distrettuali.
Ma i suoi legami con le chiese evangeliche
in Italia era dovuto soprattutto al fatto che
egli, per molti anni, si era occupato dell’ufficio
.di collocamento della nostra comuidtà.
Negli anni del grande esodo migratorio, soprattutto dal sud dell’Italia, centinaia e centinaia di giovani -0 di padri di famigHa gli avevano scritto per poter trovare un posto di lavoro, ed egli aveva messo a contributo tutte le
sue conoscenze nelle industrie e nelle imprese
svizzere per poter sistemare questi fratelli; la
sagrestia della Bethaus, dopo il culto, si trasformava in un vero ufficio di assistenza sociale, e il frateUo Hodel dava indicazioni, consigli — qualche volta anche deUe paternali a
chi non era mai contento del posto di lavoro
— sempre però cercando di capire la situazione e i bisogni dei lavoratori italiani.
Per conoscerli meglio, egU faceva frequentemente viaggio nel Sud, visitava le comunità
degli Abruzzi e della Puglia ed anche famiglie isolate, i cui congiunti aveva visto in
Svizzera.
Con Adolfo Hodel scompare una delle più
notevoli personalità deUa nostra opera in Svizzera nell’ultimp quarto di secolo.
Lo ricordiamo con gratitudine e simpatia
agli amici vicini e lontani, esprimendo al fratello e ai parenti la nostra cristiana solidarietà. S
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiMiiMiiiiiiiii
Corato
« ...come in una piena... » (Salmo 90: 5).
L’improvvisa scomparsa del dott. Mimi Di
Gennaro, di anni 50, ha determinato profonda
costernazione nella nostra comunità.
Per U funerale U tempio era gremito da
una foljg immensa che ha cosi voluto esprimere l’affetto e la stima da cui l’estinto era
circondato.
L’annuncio del Vangelo è stato ascoltato da
un uditorio attento e raccolto. Rinnoviamo le
nostre condoglianze alla vedova, al figlio ed a
tutti i familiari, chiedendo per loro le consolazioni del Signore.
iiiiiiiiiiiiiiiiinmmiiiiiiiiiuiiiiiiiiimiiummiiimmimi
Per l’Ospedale Valdese
di Torre Pellice
Offerte ricevute in memoria di Lodo Bounous dairOspedale Valdese di Torre Pellice :
'Dott. Knrico ed Ade Gardiol L. 5.000; Signora Luisa Falchi 20.000; Renata Chauvie
2,000; Milani 1.800; Ines Agli 2.000; Ribet
Lucia 5.000; Gönnet Paolina 2.000; Gönnet
Berta 2.000; Congiu Ersilia 2.000;Congiu Antonio 2.000; Irma Rampa 2.000; Renata Pons
2.000; Davide Rostagnol 1.500; Mya Geymonat 5.000; Angioletta Benedetto 2.000; Mirella Bleynat 5.000; E. Geymonat 1.000; Dorella Casini 2.000; Adele Charbonnier 500:
Giuseppina Costa 1.200; Bodello Letizia 1.500;
Garnier Ersilia 1.000; Donatella Jourdan
2.000; N.N. 10.000. Totale L. 80.500.
I soci deWUnione Sportiva Valpellice (i
nomi dei singoli donatori non ci sono stati comunicati) L. 60.000.
Totale L. 140.500.
L’Amministrazione delFOspedale Valdese
ringrazia i donatori e comunica che con parte della somma offerta è stata acquistata una
grande lampada per la sala parto dell’Ospedale.
8
pag. 8
N. 20 — 19 maggio 1972
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
I rapporti economici tra paesi comunisti e fascisti
Dopo le elezioni
Parlare ancora delle elezioni a distanza di due settimane pare cosa
non molto attuale, ma sempre attuali
permangono i problemi e le situazioni ad esse connessi.
In primo luogo, la clamorosa vittoria della DC che ha sostanzialniente
mantenuto le proprie posizioni. Diciamo: clamorosa perché a nostro avviso sembra inconcepibile che un tale
partito, dopo decenni di responsabilità di governo, dopo sbandamenti e
compromessi di ogni genere, dopo il
fallimento p la non effettuazione di
tante riforme così necessarie, così urgenti, abbia ancora potuto ottenere
un tale successo. I giornali parlano di
« voto della paura» (della sinistra, naturalmente). Se così è, si tratta di un
voto passivo: è un partito che è stato
votato per quello che non fa e non
per quello che fa.
Secondariamente la altrettanto clamorosa sconfitta dei liberali, segno
che la più volte conclamata « centralità » del PLI (chi non ricorda lo slogan di Malagodi: « siamo il centro del
centro »?) non è tornata gradita all’elettorato che è un elettorato di destra e che infatti in notevole parte ha
dato i propri voti al MSI. Parallelo, il
notevole regresso del PSDI, la cui politica di divisione e di opposte tendenze fra sinistra e destra ha allontanato
parecchi elettori.
Infine, il raddoppio (o quasi) dei
seggi missini. In genere tutta la stampa, sia nazionale che estera, si è trovata d’accordo che, sì, il progresso
missino c’è stato, ma che senza dubbio esso è stato inferiore al previsto.
Personalmente, respingiamo questa
valutazione e diciamo che quest’ultima avanzata è paurosa: ma è possibile che un così gran numero di italiani abbia dimenticato che cos’è il
fascismo e sia nuovamente disposto a
farsi... amministrare da simile gente
che non solo a suo tempo non ha eliminato (ma ha solo nascosto) il dilagare della criminalità e della delinquenza — come le statistiche provano
ampiamente — ma ha privato i cittadini della loro libertà gettando successivamente il paese in un baratro
di lutti e di rovine? E possibile che i
genitori non ne abbiano parlato coi
figli (invero pochi neo-elettori hanno
votato MSI, ma sono sempre troppi),
dato che la scuola ha generalmente
fallito anche a questo specifico riguardo? Indubbiamente la propaganda missina appoggiata da mezzi sproporzionati alla sua realtà numerica, ha saputo fare efficace leva stilla scarsa
educazione politica di una parte dell’elettorato, speculando su elementi di
carattere puramente egoistico e di
falso prestigio.
Un’ultima osservazione: il comportamento della stampa cosiddetta di
informazione che, malgrado il notevole arretramento del centro e la tenu
L’autopsia
E’ stata fatta nei giorni scorsi l’autopsia sulla salma di Franco Serantini,
il giovane anarchico che aveva preso
parte a una manifestazione antifascista
in occasione di un comizio elettorale
del MSI a Pisa. Già si sapeva che egli
era stato preso e duramente percosso
dalla polizia nel corso di una carica e
già si sapeva che, anziché in infermeria, era stato portato in carcere dove è
successivamente morto. Il certificato
medico redatto dallo stesso medico della prigione parla di trauma cranico. In
prigione era stato interrogato dal sostituto procuratore della repubblica, cui
aveva detto più volte di avere forti dolori alla testa. Ciononostante venne cacciato in prigione sotto l’accusa di adunata sediziosa, vilipendio, violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
II cadavere del Serantini presenta :
due fratture della scatola cranica, gravi
ecchimosi su ogni parte del corpo, dal
petto alle braccia, dalla schiena al ventre, dalla regione pubica alle gambe.
Non si sa ancora se il primitivo pestaggio sia continuato nelle carceri : si
deve stabilire questo e si deve stabilire
perche non è stato ricoverato in infermeria. E’ inconcepibile che in un paese
che si dice eivile e democratico le « forze dell’ordine » arrivino a limiti tali e
che le relative autorità avallino un
comportamento del genere lasciando
morire in galera un giovane col cranio fracassato e col corpo straziato.
ta delle sinistre (coll’eccezione del
PSIUP le cui forze peraltro non avranno difficoltà a situarsi in questo àmbito), continua a presentare ai lettori
la duplice possibilità sia di un governo di centro (destra) che di centrosinistra, dando la preferenza al primo, col pretesto dei noti « equilibrii »
del PSI. Basterà per tutti un solo
esempio, quello de La Stampa di Torino e della lettera aperta che N. Adelfi ha indirizzato al socialista De Martino dicendogli che « la DC è stata
premiata per il suo distacco dai socialisti, e per essere portata a fare un
governo con PSDI, PRI e PLI ».
Staremo a vedere a chi la DC concederà le sue preferenze. Ci auguriamo che non dimentichi che a sinistra
c’è una forza politica solidale che rappresenta il 40 per cento déll’elettorato.
I vescovi e Allende
Nel numero scorso di questo giornale è apparsa una notizia secondo
cui i vescovi cattolici cileni, contra
riamente all’atteggiamento della locale democrazia cristiana, hanno assunto una ben diversa posizione nei confronti dell’attuale situazione politica
di laggiù. In un loro messaggio i vescovi hanno affermato che, pur malgrado varie difficoltà, tensioni (a volte artificiosamente create) e incidenti,
non solo viene mantenuta la libertà
necessaria alla espressione del pensiero, della propria fede, alla critica e al
dissenso, ma nel contempo si procede
ad un maggiore sviluppo, verso una
più vasta partecipazione ed uguaglianza.
Questo appoggio alla politica del
governo del socialista Allende da parte dell’episcopato si è ufficialmente
manifestato in occasione della Conferenza episcopale che ha avuto luogo
nei giorni scorsi, sotto la presidenza
del card. R. Silva Enriquez. Il messaggio pone l’accento sulla necessità
di rifuggire dall’odio e dal caos, nell’intento di condurre avanti quella politica che permetta al paese di giungere alle elezioni del prossimo marzo
nelle migliori condizioni per ottenere
ulteriori e più vasti consensi.
È infatti innegabile che, dopo momenti di tragica incertezza e di loschi
complotti, il Cile sta godendo in questi ultimi tempi di una schiarita sia
a livello politico e sia per i nuovi rapporti economico-commerciali che sta
intrattenendo.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il grande successo di Allende contro gli Stati Uniti è storia recente: il
successo gli è stato addirittura proprio riconosciuto dagli ambienti giornalistici della capitale americana. È
infatti nota la denuncia del Washington Post, di cui il giornalista J. An
derson ha pubblicato i documenti segreti in base ai quali risultava certo
il tentativo fatto a suo tempo dalla
CIA (l’organizzazione spionistica americana) in combutta coll’ITT (il monopolio statunitense delle comunicazioni telefonico-telegrafiche) e con altre
società aventi grossi investimenti nel
paese, di impedire l’insediamento nel
paese di Allende e dei suo governo di
Unità popolare, allo scopo di evitare
i previsti esproprii delle proprietà minerali e industriali americane, del valore di centinaia di milioni di dollari.
Non staremo per parte nostra a sottolineare quest’azione volta a cambiare — con un’ingerenza tanto indebita
quanto inconcepibile in una nazione
dernocratica — non tanto un sistema
politico sgradito quanto in definitiva
a proteggere il grande capitale americano che da secoli sfrutta quel paese.
Circa il secondo aspetto, fonti bene
informate di stampa danno per certa
una prossima visita di Allende a Londra il cui governo, nella scia di Mosca, di Pechino e di altri paesi dell’Europa occidentale, sarebbe disposta a concedere dei finanziamenti a
condizioni assai favorevoli per l’industria e l’agricoltura cilene, sostituendosi al capitale americano, canadese e
giapponese.
In sintesi, questi avvenimenti ed altri ancora potrebbero addirittura costituire, più che una schiarita (come
rivela il servizio di un corrispondente del settimanale Tempo) addirittura
una svolta per il governo Allende, basata sulla fine deH’isolamento e delraccerchiamento economico degli Stati Uniti e suH’allargamento di relazioni più egualitarie con altri paesi.
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
A CAMILLA CEDERNA
Com’è noto, la valorosa giornalista e distinta scrittrice è stata al centro d’un dibattito giudiziario, di particolare interesse giuridico e politico,
svoltosi dinanzi al Tribunale di Milano « contro dieci imputati, sotto l'accusa di "diffusione di notizie false e
tendenziose atte a turbare l’ordine
pubblico” ». Le notizie riguardavano
la tragica fine dell’editore Gian Giacomo Feltrinelli. Nella loro dichiarazione, i dieci imputati avevano afferrnato che il Feltrinelli era stato assassinato, « ed avevano indicato circostanze e motivazioni che suffragavano
quella interpretazione. Il Pubblico Ministero Scopelliti ha affermato, nel dibattimento, che spetta al giudice il
potere di stabilire la pericolosità intrinseca ed oggettiva di una notizia,
anzi di un’affermazione opinabile. Il
Tribunale, con una sentenza che ha
fatto molto piacere, ha respinto la richiesta di condanna, pur lieve ma che
avrebbe comunque stabilito un principio assai pericoloso per la libertà
dell’informazione ».
La seguente lettera è stata, inviata
alla Cedema dal sen. Antonicelli in
data n.ì.’ll, ma solo recentemente è
stata pubblicata (su « L’Astrolabio »
del 31.3, n. 3, uscito con notevole ritardo).
« Cara Camilla,
voglio esprimerti la mia solidarietà
col tuo gesto coraggioso, che ti ha
procurato l’incredibile denuncia. La
esprimo per la simpatia e la stima
che ho naturalmente per ognuno che
si appassioni, come te, alla ricerca
della verità, pensando al valore che
tale ricerca assume in momenti torbidi come questi nei quali sembra che
tutta la cosiddetta classe dirigente si
affanni a nascondere le sue responsabilità nelle macchinazioni criminose
che ci hanno turbato e non cesseranno tanto presto di turbarci con qualche loro sviluppo.
Ma non si tratta soltanto di solidarietà.
Conte parlamentare, uomo di cultura, giornalista o come vuoi tu, ma più
semplicemente e fortemente nella mia
qualità di cittadino, io esprimo la più
indignata protesta per il titolo col
quale un magistrato ha osato incolparti, cioè per la propalazione di notizie false e tendenziose, atte a turbare .l’ordine pubblico. Egli è intervenuto a proibirti l’esercizio d’un diritto
di opinione e di manifestazione di
opinione, il diritto, anche, nel fuoco
delle polemiche, di orientare le ricerche della giustizia verso una possibile verità.
Guardiamo tutti al caso di Pinelli e
di Valpreda. Solo oggi, incredibilmente, la magistratura ritrova la strada
giusta (da molti subito indicata) delle piste, dirottate altrove per due anni in direzione così falsa da esser causa di tremende e infami conseguenze
e tale da lacerare la coscienza del
paese.
E che cosa ne sa di più il giudice
per dire che nella nuova tragica vicenda le tue affermazioni sono false e
tendenziose? Forse egli denuncerà, per
lo stesso reato, il perito prof. Maccacaro che ha espresso, su convinzioni
scientificamente fondate, un parere
uguale al tuo? Forse quel solerte magistrato si è preoccupato d’intervenire in merito alle notizie, chiaramente
false, diffuse in questi giorni da certi
quotidiani?
La magistratura spesso lamenta di.
esser discussa e non lo vuol tollerare,
amando confondere indipendenza e
insindacabilità: ma sono proprio gli
uomini, che più vorrebbero alta e intangibile da ogni sospetto e critica la
dignità della magistratura, quelli che
hanno ragione di rifiutare un’interpretazione del diritto disgiunto dalla giustizia e una difesa del prestigio formale privo del sostegno che nasca dall’accordo con la sensibilità della coscienza collettiva.
Quindi, cara Camilla, ti ho scritto
essenzialmente per rivendicare con te
un diritto di libertà che si tenia pretestuosamente di disconoscere, di rendere inoperoso o sterile, e perché, in
un clima di manovre tanto palesi per
oscurare una leale informazione, io
mi vergognerei di tacere. E vorrei che
anche altri negassero a se stessi una
tale vergogna.
E vorrei specialmente che i colleghi giornalisti sentissero così alta coscienza del loro compito da non assoggettarsi al servizio di manipolatori della verità (non parlo naturalmente di chi si abbassa a ingiuriarti personalmente, credendo di dilettare o
liberare da eventuali dubbi o rimorsi
i suoi lettori, o di compiacere a chi
stipendia i suoi scritti).
Sei libera, se lo ritieni, di far uso
pubblico di questa mia lettera.
Cari saluti dal tuo aff.mo
Franco Antonicelli ».
Si riconosce ancora una volta lo stile, forte e conciso, di questo valente
uomo politico italiano (v. il precedente n. di questo settimanale).
LA PERDITA DELL’ONORE
ir II celebre motto attribuito a
Francesco I: « Tutto è perduto, fuorché l’onore » (dopo la disgraziata battaglia di Pavia, 24.2.1525), non potrebbe certo esser ripetuto dagli Americani. Nella guerra del Vietnam essi
hanno perso quasi 50.000 uomini (facendo perdere ai vietnamiti molte
centinaia di migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini, oltre alle risorse essenziali della terra), ma certo
hanno perso ben poco delle loro ricchezze. In compenso però hanno perso certamente il loro onore. E il paradosso, tragicamente grottesco, è
che: alcuni di loro sanno di averlo
perso ma non gliene importa nulla
(anzi forse non sanno neppure che cosa sia l’onore), mentre altri non sanno di averlo perso e credono che solo
continuando la guerra e continuando
a massacrar vietnamiti, possano sperare di salvarlo. Solo una minoranza
(forse piccola) vede chiaro: cioè sa
di averlo perso, se ne vergogna e ne
soffre. Noi siamo, di tutto cuore, con
questa minoranza.
Ma, per entrare in un discorso più
ampio, riportiamo da « Le Monde »
(del 13 c.) quanto segue.
« Che cosa concludere, se non che
gli USA hanno perso, nel Vietnam, il
loro titolo più hello: quello di campioni del diritto, dei popoli e degl’individui, di disporre di se stessi? Ma la
loro immagine non s’è deteriorata soltanto all’esterno. Quanti, fra le centinaia di migliaia di giovani, ben nutriti e meravigliosamente equipaggiati, che son rimasti per un anno a battersi nelle risaie contro quegli uomini, quelle donne, talvolta quei bambini, la cui magrezza e il cui sguardo
carico di rimprovero poneva loro, in
Russia & Spagna soci in affari
Da alcuni anni a questa parte TURSS e gli
altri paesi dell’Est europeo intrattengono ed
anzi incrementano scambi e contatti con la
Spagna franchista e la Grecia dei colonnelli.
Al di là delle dispute ideologiche, peraltro
notevolmente attenuate, comunisti e fascisti
hanno rivelato un’invidiabile dose di senso
pratico. Per le rispettive platee questi opposti
regimi rimangono « irriducibili nemici », ma
intanto i rapporti si rinsaldano ed ampliano:
tanto alla luce del sole, ufficialmente, quanto
e ancor più sottobanco.
Il 26 dicembre 1969, mentre nelle Asturie
e in Andalusia i minatori in sciopero sostenevano l’urto della polizia franchista, a Mosca il ministro degli Esteri spagnolo Lopez
Bravo stringeva cordialmente la mano di alti
funzionari governativi sovietici. In seguito si
diffonderà la notizia raccolta da numerosi giornalisti occidentali, che i sovietici avevano aiutato il regime franchista a stroncare l’agitazione dei minatori con l’invio di massicce
forniture di carbone all’industria spagnola.
È impossibile verificare l’attendibilità di tale notizia dal momento che le fonti ufficiali,
com’è ovvio, tacciono. Si tenga presente che
persino la tappa moscovita di Lopez Bravo fu
ignorata dall’opinione pubblica per ben quindici giorni, cioè fino a quando ne parlò il quotidiano madrileno Pueblo.
I primi contatti tra la Spagna ed i paesi
comunisti dell’Est risalgono al 1958, quando ebbero luogo delle conversazioni esplorative tra gli ambasciatori iberico e sovietico a
Parigi. Il ricordo della guerra civile e la questione dell’oro trasferito in Russia (nel 1936
le riserve spagnole in oro e valuta erano al
sesto posto nel mondo; una parte considerevole, esattamente 7.800 casse d’oro, fu inviata a Odessa dai repubblicani in cambio delle
forniture di armi e perché non cadesse preda
di Franco) non costituirono un grosso ostacolo. Nel 1961 si videro alcuni risultati concreti: ebbero inizio scambi culturali, sportivi
e commerciali tra i due paesi. Il « caso » Grimau, il dirigente comunista fucilato nel 1963
dai franchisti nonostante le proteste di tutto
il mondo, non impedi il proseguimento delle
relazioni ufficiose. Alla fine di quello stesso
anno Kruscev e Franco si scambiarono un
messaggio esprimendo voti augurali e calda
propensione ad approfondire ì reciproci rapporti.
Nel giugno del 1966 Madrid e Mosca conclusero un accordo commerciale in base al
quale l’URSS forniva alla Spagna 2 milioni
di tonnellate di petrolio grezzo in cambio di
prodotti agricoli, camion e trattori. In quell’epoca il balletto di Mosca iniziava un’esaltante tournée nelle principali città iberiche e
il ministro spagnolo della cultura, dal quale
era partito l’invito agli artisti sovietici, poteva dichiarare : cc II nostro anticomunismo non
ha altro scopo che impedire il sovvertimento
interno ». Ergo, l’anticomunismo dei franchisti è solo di comodo; chiarito questo, niente
impedisce all’uno e all’altro di andare a braccetto.
i porti spagnoli costituiscono il migliore appoggio logistico per la flotta da pesca
sovietica. L’accordo marittimo ispano-sovietico annunciato il 24 febbraio 1967 dal governo di Madrid portò aH’insediamento di missioni permanenti dei due paesi a Cadice ed a
Odessa. Un successivo accordo, del 1969, autorizza i pescherecci sovietici a servirsi delle
Canarie. In queste isole 200 navi da pesca
sovietiche hanno la loro base. Nel corso di un
solo anno, il 1969, a Las Palmas si avvicendarono ben 30 mila marinai sovietici.
Meno appariscenti ma di gran lunga più
importanti sono gli scambi commerciali con
rURSS e gli altri paesi dell’Est, scambi il cui
incremento è tale da raddoppiare nel corso degli ultimi 5 anni toccando, secondo stime attendibili, un plafond di 600 milioni di dollari. Nello stesso tempo il governo franchista
h.a ripreso le relazioni consolari e culturali,
recise nel 1939, con l’Est europeo. Rotto il
ghiaccio nel 1957 con un accordo di pagamento tra le banche nazionali di Spagna e di Po
lonìa, è seguita la stipulazione di molteplici
accordi con tutti i paesi del Comecon. È significativo che i turisti dei paesi socialisti in
Spagna furono 44 mila nel 1969 e oltre 200
mila l’anno scorso.
Anche nella storia dei rapporti tra la Grecia dei colonnelli ed i paesi dell’Est c’è la solita visita « a sorpresa » di un ministro degli
Esteri. Questa volta toccò al bulgaro Bashev;
di ritorno da alcune capitali mediorientali, il
capo della diplomazia bulgara fece una tappa
fuori programma ad Atene, dove fu ricevuto
dal suo collega greco Pipinelis. Al termine
della visita venne emesso un comunicato nel
quale si asseriva che « il clima che in passato
ha oscurato i rapporti bilaterali si è ora schiarito ». In quell’occasione fu raggiunto un accordo per l’incremento degli scambi commerciali, finanziari e culturali che dall’avvento
dei colonnelli erano poco più che simbolici efu esaminata la possibilità dello sfruttamento
in comune dei fiumi di frontiera a lungo contesi dall’una e dall’altra parte.
Ma dopo le aspre polemiche che avevano caratterizzato le non-relazioni tra i due regimi,
restava da spiegare ai bulgari ed ai greci il significato delle improvvise dichiarazioni di amicizia del comunicato. L’imbarazzo era evidente
sia a Sofia che ad Atene, ma fu superato con
la disinvoltura dei regimi dittatoriali, ai quali
basta orchestrare una fumosa campagna di
stampa per gettare polvere negli occhi del cittadino sbalordito; e guai a lui se non si affretta
a prendere atto che i « reazionari fascisti » e i
(( senza Dio comunisti » di ieri sono ora degnissimi soci.
Prima ancora della Bulgaria si era fatta
avanti l’Unione Sovietica, offrendo il suo appoggio ai colonnelli greci nel momento più
difficile della loro dittatura. Il Consiglio d’Europa aveva deciso l’espulsione della Grecia dal
suo seno e Atene preferì ritirarsi per evitare
tale onta. Ebbene, due giorni prima che ciù
avvenisse, sul suolo ellenico metteva piede una
delegazione del governo sovietico cui vennerotributati onori particolari.
La delegazione presenziò tra l’altro all’inaugurazione della grande centrale elettrica _ di
Keratsimi, costruita con l’assistenza tecnico-finanziaria sovietica. I rappresentanti sovietici
firmarono pure un accordo per il finanziamento di un’altra centrale, da costruire nella Macedonia Egea, dell’importo di 166 milioni di
dollari rimborsabili in prodotti agricoli ellenici.
Tra lo scorcio di quell’anno, il 1969, e l’inizio del 1970 il regime greco stabilì o avvionuovi rapporti con i paesi comunisti. Trattative commerciali furono condotte con la Cina
Popolare; a Pankow si insediò una rappresentanza commerciale greca (con che gradimentoda parte dell’alleata Bonn è facile immaginare); le relazioni con la Jugoslavia, che si erano
deteriorate, migliorarono nettamente e il governo dei colonnelli non mancò, paradossalmente, di menarne vanto.
Cosa dire poi dell’aceordo commerciale stipulato con l’Albania il 24 gennaio 1970? I
due paesi sono a tutt’oggi, formalmente, ancora in guerra; senza contare che li dividono annose questioni; le ferite della guerra civile alimentata dall’aiuto albanese a Markos, i barnbini greci trafugati a quel tempo in Albania e
mai restituiti, intricate e complesse rivendicazioni territoriali.
Ce n’è abbastanza per dettare l’obbligo di un
certo ritegno. Ma quando i fascisti trovano utile collaborare con i comunisti, e viceversa, non
saranno certo le remore ideologiche a trattenerli dal farlo.
Ruggero Vanni
Abbiamo letto questo articolo suU’ultimo
numero (3/1972) di «Resistenza democratica », Lo riportiamo, perché ci pare giusto che
questi fatti siano resi noti e denunciati. Ci distanziamo invece dalla conclusione, che forse
e la tesi di fondo dell’articolo, se non del pe
ri
possiamo infatti attribuire un papeso specifico umano ai regimi comunisti e
a quelli fascisti, malgrado talune analogie innegabili e i deplorevoli compromessi sopra documentati. ^
rea.
...........'''''''''miiiiiiiiMiiiiiiiiM,¡miii„ii„„„„„i„,„„|,„„
Affermazione dei partiti
di centrosinistra
(segue da pag. 6)
solo 143 voti in più.
Per quanto riguarda i missini, che
rappresentavano l’incognita di questa
consultazione elettorale, si è registrata una flessione di 14 voti. Infatti il
MSI ha perso posizioni a Massello,
Salza, Pomaretto, Perosa, Inverso,
Pramollo; è rimasto stabile a Prali e
ha avuto un lieve miglioramento negli altri comuni. Se si confrontano i
risultati della Camera con quelli del
Senato si nota chiaramente come i
missini abbiano raccolto voti sia tra
i giovani sia tra le persone anziane.
Molto vistosa anche la flessione del
PLI che ha perso 400 voti dei 933 conquistati nelle passate elezioni politiche. Infatti il PLI ha perso in parecchi comuni circa la metà dei voti,
mentre è aumentato di 5 punti a Pomaretto.
Quindi, tirando le somme, dobbia
11111111111111111111111111111111111111111111111 iillliliilliiqimiii'i)
ogni istante, il problema dei motivi
della loro presenza, non sono ritornati a casa cinici, o pieni di rancore e
di rivolta, o drogati: in ogni caso delusi di quel sogno americano nel quale erano cresciuti? Nella crisi profonda che, da alcuni anni, travaglia gli
Stati Uniti, nulla ha avuto un peso
maggiore del Vietnam.
Vi sono molti che se ne rallegrano.
Eppure che cosa c’è di più triste, soprattutto quando si osserva un po’ da
vicino ciò che si cerca di sostituire,
della scomparsa d’un gran sogno... ».
(Da un articolo di André Fontaine).
mo registrare un forte calo della estrema sinistra (PCI-PSIUP) che ha perso circa 1300 voti, ricompensati solo
parzialmente dai voti andati al Manifèsto ed al PSI. Molto forte anche la
flessione della destra (PLI e MSI) che
assieme hanno perso più di 400 voti,
lutti questi voti sono confluiti nei
partiti del centro sinistra che nel complesso hanno avuto 1632 voti in piùRaimondo Genre
Gli Ebrei in Siria
Parigi (Relazioni Religiose) — La
Conferenza degli Ebrei nel Medio
Oriente pubblica nel suo bollettino
« Analisi e documenti », una serie di
documenti che testimoniano la condizione « tragica » degli ebrei in Siria.
Si legge che « Il governo siriano si è
curato di non rendere pubbliche le
leggi speciali contro gli ebrei, datoche l’esperienza ha dimostrato che gli
altri governi arabi che l’hanno fatto,
hanno dovuto subire severe critiche
da parte della opinione pubblica mondiale. Tale politica è dunque applicata nel quadro dei regolamenti interni ». II bollettino parla di giurisdizione speciale, arresti e torture.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Ceop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)