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Anno 127 - n. 15
12 aprile 1991
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
REPRESSIONE IN IRAQ
Curdi; un genocidio programmato
Ora tutti ne parlano, ora scattano gli aiuti umanitari: ma la storia e le sofferenze del Kurdistan erano note da
anni - Diritto internazionale e popolazioni mediorientali - Il « nuovo ordine internazionale » saprà occuparsene?
Ora, soltanto ora, i giornali
parlano in prima pagina del genocidio dei curdi. Ma la tragedia che si sta consumando ai
confini tra l’Iraq, l’Iran e la Turchia non è iniziata in questo dopoguerra del Golfo. Già nell’immediato dopoguerra della prima
guerra del Golfo, quella tra
Iraq e Iran, nella primavera e
nell’estate del 1988, Saddam Hussein aveva tentato la « soluzione
finale » nei confronti dei curdi
iracheni, con il ricorso all’uso
delle armi chimiche — che provocarono la morte di oltre 5.000
persone nella sola cittadina di
Halabja — e alla politica della
« terra bruciata », con la distruzione sistematica di interi villaggi (oltre 3.000) e di immensi
campi agricoli, bruciati con acido solforico. Allora, 120.000 curdi fuggirono in Turchia ed altrettanti in Iran, mentre diecine di migliaia vennero deportati nel sud dell’Iraq, al confine
con il Kuwait.
La sesta guerra
dei Kurdistan
Ma questa non era che la sesta guerra del Kurdistan iracheno. Le altre cinque non furono
meno cruente, a cominciare dalla prima, quella scatenata da
Kassem nel 1961 in cui, come
nelle successive, venne impiegato il napalm. Eppure, nel ’58, il
« Partito democratico del Kurdistan iracheno », fondato nel ’46,
aveva appoggiato il colpo di stato di Kassem, ottenendo che la
nuova Costituzione garantisse ai
curdi i diritti nazionali.
In realtà, la tragedia del popolo curdo è iniziata molti anni prima, nel ’23, con il trattato di Losanna, il quale rimise
totalmente in discussione le decisioni e gli orientamenti del
trattato di Sèvres (1920) che
sanciva la fine dell’impero ottomano e si impegnava a creare
uno stato curdo indipendente.
Senonché, nel frattempo, vennero scoperti importanti giacimenti di petrolio nel sottosuolo del
territorio curdo e le potenze coloniali dell’epoca (Francia e
Gran Bretagna), insieme alla
Turchia, decisero di ridisegnare
a tavolino una mappa del Medio Oriente a loro favorevole.
Da allora, il territorio naturale
del Kurdistan venne suddiviso
tra cinque stati: Turchia, Iran,
Iraq, Siria, URSS.
Un popolo dalle
ricche tradizioni
Eppure i curdi sono un popolo di antiche origini, discendenti
dai medi, di lingua indoeuropea.
Un popolo con una ricca cultura e una forte identità. Inoltre
è, dopo l’Iran, il popolo più numeroso del Medio Oriente (circa 30 milioni di persone, di cui
13 milioni in Turchia, 8 milioni in Iran, 6 milioni in Iraq,
1 milione e mezzo in Siria e
circa 500.000 in URSS). Proprio
per questo esso non si è mai
lasciato assimilare dai paesi che
occupano il suo territorio, e que
sti paesi, benché rivali fra loro,
hanno almeno un punto in comune: l’odio per il curdo, con
la conseguente deliberata volontà di cancellarne l’identità. In
Turchia, fino a un mese fa, i
curdi non esistevano ufficialmente: venivano chiamati « i turchi
della montagna ». In Iran sono
considerati come « infedeli » (la
maggioranza curda è musulmana sunnita) e Khomeini, appena giunto al potere, dichiarò
contro di loro la « guerra santa ». Ma è l’Iraq di Saddam Hussein che conduce contro di loro la lotta più feroce e spietata; o lo sterminio o l’arabizzazione forzata, come sta avvenendo da 20 anni nella città curda di Kirkuk, principale centro
di produzione petrolifera dell’Iraq.
Isolamento
internazionale
Da circa 70 anni il popolo curdo conduce una resistenza fiera
ed eroica, tramite i suoi partigiani, i « peshmerga » («coloro
che vanno incontro alla morte »).
Ma è una lotta che finora non
è riuscita a trovare un’eco sulla scena internazionale. Perché?
L’isolamento geografico spiega
solo in parte un tale isolamen
^ Regione abitata dal popolo curdo
to politico. La questione curda,
benché diversa nei suoi termini, non è meno drammatica di
quella palestinese che ha il suo
epicentro a poche centinaia di
chilometri di distanza. E i palestinesi sono quattro volte meno numerosi dei curdi. La verità è che nessun paese della comunità internazionale è interessato alla soluzione della questione curda, tanto meno in que
sto dopoguerra del Golfo in cui,
di questioni irrisolte, ce ne sono già tante; da quella palestinese a quella libanese, a quella
cipriota. Questa guerra, fatta in
nome del diritto dei popoli e
che doveva essere foriera di un
nuovo 01 dine internazionale, ha
sì restituito il Kuwait ai suoi
700.000 cittadini ma non ha cambiato in nulla la sorte di altre
decine di milioni di persone del
IL DISCEPOLATO
Seguire il risorto
« Ed essi gli dissero : Rabbi... dove dimori? Egli
rispose loro : Venite e vedrete » (Giovanni 1: 38-39).
Una persona si volta e fissa il suo sguardo su
di noi. Ci giunge inaspettata una domanda: che
cercate? Se lo devono esser chiesto varie volte i
due uomini interpellati: cosa cerchiamo veramente.^ Spiriti inquieti che non si accontentano. Prima,
sentendo parlare di un personaggio scomodo e severo che predicava il giudizio e il ravvedimento,
avevano cercato Giovanni Battista, avevano accolto il suo battesimo ed erano diventati parte della
sua cerchia; poi, ormai senza più dimora e senza
più radici, avevano d'istinto cominciato a seguire
Gesù che era stato loro indicato come « l’agnello
di Dio ».
Cosa avessero capito di quell'espressione è difficile dirlo, forse non molto, ma quell’intuizione di qualcosa d’altro, di qualcosa di più li aveva sfidati, forse un po’ già conquistati. Cosa cercavano dunque?
Cercavano se stessi, cercavano la vera umanità, la
felicità, cercavano di entrare nel futuro di Dio, di
partecipare al suo Regno. Chissà. E noi cosa cerchiamo?
In una realtà talmente sazia che in realtà non
cerca altro che essere lasciata tranquilla, come dicono alcuni cartelli fuori delle porte di tanta brava
gente, in un mondo in cui la pace, quella vera, è un
bene raro e in cui i rapporti interpersonali come
quelli politici ed economici sono spesso.falsati e avvelenati dall’interesse, cosa cerchiamo noi? « Rabbi,
dove dimori? ». E’ di più della richiesta di un indirizzo per l’evangelista Giovanni che ci ha lasciato
questa testimonianza. Signore, vogliamo sapere di
te ancor prima di capire bene noi stessi. Ci hanno
detto di cercarti nei templi, nei grandi santuari, ci
hanno insegnato ad investigare le scritture antiche,
ti abbiamo udito parlare per bocca dei grandi sacerdoti. Ma tu. Signore, dove sei?
« Venite e vedrete ». Andarono e impararono, non
senza riluttanza, che Gesù era soprattutto per le
strade, impolverandosi i piedi; era lì che incontrava
la gente. Per prima la gente che stava per le strade,
quelli che non avevano fissa dimora, ladri, mendicanti, lebbrosi, prostitute, e poi nelle piazze dove
incontrava quelli che amavano farsi vedere in tutta
la loro religiosità, e poi girava per le case dove trovava le donne. A volte faceva loro togliere il grembiule e insegnava loro le cose di Dio. E poi stava
con i pastori, gente disprezzata, allora come oggi,
e paragonava Iddio proprio ad uno di loro. Osservava i contadini e svelava loro attraverso le fasi
della crescita del grano la realtà del Regno di Dio.
E poi era anche nelle sinagoghe e con i rotoli della
legge in mano parlava del grande progetto di Dio
per l’umanità. A volte stava anche nel tempio ma
per scompigliarne gli affari, oppure nel cortile dei
laici a raccontare del Padre suo.
« Venite con me... ». Quelle parole dovevano aver
risuonato per Pietro anche nel freddo pungente del
primo mattino, quando cercava di scaldarsi nel
cortile delle guardie fuori del Sinedrio. Ecco'dove
era giunto per seguire Gesù. E poi aveva smesso di
andare con lui. Solo poche donne avevano osato seguirlo nel luogo dove avrebbe dimorato per l'ultima volta, appeso a una croce, e poi nel sepolcro della sua umiliazione. I discepoli andarono e videro.
Avrebbero fatto tanta strada, avrebbero dovuto capire tante cose, imparare a vedere oltre il visibile,
camminare verso l'ignoto. Avrebbero visto la notte
del Golgota ma anche l’alba del primo giorno quando li sorprese l'annuncio incredibile: il Signore è
risorto.
Il discepolato è un’avventura che comincia il
giorno in cui Gesù voltandosi ci guarda dritto negli occhi e ci chiede cosa stiamo cercando. Diciamogli con i suoi primi incerti discepoli: Maestro, dove
sei? E quando lui ci invita: Venite e vedrete, andiamo con lui e non lo lasciamo più.
Anna Maffei
l’area mediorientale. Anzi, la tragedia del popolo curdo, di cui
alcune potenze della coalizione
portano una responsabilità storica (Francia, Gran Bretagna,
Turchia, Italia, URSS), suona
come un funesto richiamo alTingiustizia della storia, o meglio,
della politica degli uomini.
Ma gli USA hanno una responsabilità del tutto particolare. A
chi pensava il presidente Bush
quando, a più riprese, ha incitato il popolo iracheno a sollevarsi contro Saddam? Ignorava
a tal punto la storia dell’Iraq
da non prevedere che sarebbero stati i curdi i primi a dargli retta per realizzare il loro
sogno di autonomia e di democrazia? E come poteva illudersi che un Saddam non totalmente disfatto non avrebbe scatenato il massacro al quale stiamo
assistendo? Il presidente americano sembra essere stato colto
di sorpresa, sia dalla facilità
con cui i curdi hanno liberato
il loro territorio in un primo
tempo, sia dalle conseguenze della repressione di Saddam. E ci
sono volute le critiche e le pressioni sempre più ampie dell’opinione pubblica, dei partiti e dei
mass media americani per convincerlo ad intervenire.
Manca ancora
l’appoggio politico
Ora, sull’onda dell’emozione
suscitata dal massacro e dall’esodo di massa verso terre non
certo amiche, vi sarà l’indispensabile aiuto umanitario. E ciò è
doveroso. Ma quel che chiedono
i curdi, da 70 anni, è l’appoggio
politico internazionale alla loro
causa. Chiedono soltanto due
cose, sancite dalla Carta delTONU: l’autonomia politico-amministrativa nell’ambito della
nazione irachena e il rispetto
della democrazia parlamentare
rappresentativa. Due richieste
elementari che forse, ora, dopo
l’ennesimo massacro, verranno
iscritte nell’agenda dei lavori della prossima (?) conferenza internazionale sul Medio Oriente.
« I curdi non hanno amici »,
dice un vecchio motto popolare
curdo. C’è da sperare che il loro martirio non cada nel dimenticatoio del « nuovo ordine internazionale » per le esigenze
della « real-politik ». Quel che è
certo è che — come dicono loro con forza — « non ci sarà
pace in Medio Oriente senza la
soluzione anche della questione
curda ».
Jean-Jacques Peyronel
In questo numero
A pag. 12: le principali decisioni del X Congresso della Federazione giovanile evangelica.
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marta e maria
12 aprile 1991
TRA PIANO PERSONALE E PIANO COLLETTIVO
Le donne riflettono sul conflitto
Due persone (gruppi, popoli?) entrano
in relazione. In questa relazione si esprimono due diversità, un contrasto di interessi, di punti di osservazione, di richieste;
la tensione interna al rapporto ne costituisce la vitalità, ma anche la potenziale rottura.
La riflessione del collettivo donne di
Confronti è partita da qui: dalla definizione del conflitto, dei conflitti, come esperienza relazionale. Ed è un terreno questo
su cui le donne, tradizionali mediatrici dei
conflitti familiari, tra padre e figli, tra figlio
e figlio, si muovono con antico sapere. Sanno da sempre l’ambivalenza dei rapporti, la
nascita di un figlio come massimo del
coinvolgimento affettivo e del protagonismo
e massimo della dipendenza; conoscono la
conflittualità sommersa e anche la paura di
far emergere il non-detto, di incrinare una
immagine, un ruolo, il rapporto stesso.
Nefl’ambito del femminismo, nel discusso orizzonte della differenza di genere, le
donne hanno cominciato ad elaborare questo antico sapere e ad indagare negli spazi
dei conflitti rimossi. E’ maturata così la consapevolezza della parzialità di ogni esperienza, anzi di ogni sapere, segnato appunto da una visione del mondo, da un punto
di vista differente, di parte. Non è un pensiero nuovo, ma nuovi sono il contesto e
forse le implicazioni. Riconoscere la differenza come valore significa assumere il conflitto, non solo quello tra donna e uomo,
come un rapporto di incontro/scontro, capace di produrre cambiamento. Non più
rimozione del conflitto, ma una sua riproposizione positiva che tracci un solco tra
perra e conflitto. Nella guerra il nemico
è colui/colei che voglio distruggere o allontanare o rendere simile a me; nel conflitto
l’altro, il nemico è — può essere — la persona che amo, di cui voglio la compagnia,
la vita, la diversità.
Sono pezzi di riflessione non generali, né
generalizzabili a tutte le donne, ma ci sem
bra che comune e antica sia l’esperienza
quotidiana di questo tipo di conflittualità
articolata, complessa, di cui vorremmo tenere conto.
La domanda è: è possibile considerare
questo modo di stare dentro un conflitto
come paradigma di altri conflitti?
La trasposizione dal piano della soggettività interpersonale a quello sociale e politico è tutt’altro che automatica, forse addirittura ambigua. Eppure l’analogia induce
a cogliere la complessità di ogni relazione
umana, l’accettazione del conflitto come sua
componente costitutiva, la necessità di creare le condizioni perché ogni conflitto — di
interessi, di cultura, di etnia, di religione,
di potere — sia vissuto come relazione tra
soggetti di pari dignità, diritti e opportunità, In ambedue le prospettive i rapporti di
forza tra le parti (uomo/donna, ma anche
europei/extracomunitari, Nord/Sud...) incidono in modo determinante sulla possibilità di vivere il conflitto in modo costrut
tivo. Per questo l’impegno prioritario è
ancora costruire (lottare per) rapporti più
giusti ed egualitari sia sul piano personale
che collettivo; ma in questo impegno ci
sembra urgente favorire una cultura del
conflitto che sia in grado — e non è un paradosso — di dare vita ad una rete di relazioni di pace.
Per i credenti le parole di Gesù, « Amate i vostri nemici » (Matteo 5: 44), così lontane se riferite ad un buon sentimento, ad
un atteggiamento del cuore, sembrano
dare senso e ricchezza ad un percorso possibile se dell’agire si tratta: se amare vuol
dire prendere l’iniziativa, stabilire una relazione, dare e chiedere attenzione. Perché
il « modello » di intervento nei cento e
cento luoghi della disperazione e della violenza non sia quello della prevaricazione e
del dominio e tanto meno della repressione armata, per chirurgica che possa essere.
Franca Long
UN «8 MARZO» DI DOPOGUERRA
La scelta pacifista delle donne
Il conflitto uomo-donna: un paradigma che può estendersi ad altri fenomeni - Le donne e la cultura della guerra Jn un progetto di pace si deve aprire un processo di nuova nascita, ma l’inventore di questo rinnovamento è Dio
Quest’armo l’8 marzo è una
giornata di dopoguerra che le
donne vivono in un’atmosfera di
particolare partecipazione alla
costruzione di progetti di pace,
senza enfasi festose e celebrative, ma nella piena consapevolezza dell’imjportanza del momento
storico. In questa direzione si
sono mosse le relatrici che, partendo dal tema comune di un
invito alla riflessione sul conflitto, hanno proposto le loro rispettive tesi su tre piani differenti
di analisi. Maria Grazia Minetti,
psicanalista, ha elaborato un’analisi psicologica del soggetto donna; Silvana De Geronimo, del
movime.rto « Donne in nero contro la guerra », si è mossa prevalentemente in un ambito socio-politico, ripercorrendo a grandi linee un itinerario ideale attraverso gli atteggiamenti delle
donne nei confronti di pace-guerra; Gianna Sciclone, teologa, ha
esaminato infine e appi'ofondito
i risvolti teologici della riflessione femminile sul conflitto.
Proprio da questa analisi delle
donne sul significato della parola conflitto ha avviato il suo
discorso la Minetti, soffermandosi sul senso della relazionalità quotidiana nella rete dei rapporti: tra donne, con l'uomo,
con il prossimo. La donna è mediatrice di conflitti per sua
natura, e questo ruolo è socialmente assunto. La donna ha coscienza del suo limite: « L’oggetto del mio amore è il limite
della mia vita ». Infatti il proprio
punto di vista è parziale rispetto al genere, bisogna che ella
riconosca che esiste qualcuno
diverso da sé; l’uomo. Quindi
deve pervenire ad un’assenza di
giudizio, ad un pensiero neutro,
nel processo di assunzione del
conflitto come momento di incontro con l’altro, anche nel punto di massima tensione.
Il conflitto uomo-donna è un
paradigma che può allargarsi in
altri conflitti di tipo interpersonale, sociale, di lavoro, Nord-Sud.
Infatti il concetto di parità può
essere messo in discussione se
tra i due uno è diverso, oppresso rispetto aH’altro. Il conflitto
in psicanalisi non è necessariamente il preludio della nevrosi;
la conflittualità è intrinseca alTessere umano: dalla scoperta
dell’inconscio in poi, l’uomo e
la donna sono divisi, scissi nel
conflitto tra sistemi (conscio c
inconscio). L’opposizione tra
Da alcuni anni, seguendo l'esempio di gruppi di donne israeliane, anche in Italia scendono in piazza <de donne in nero ».
istanze ripropone la distanza tra
principio di piacere e principio
di realtà; quel che vale per il primo non vale per il secondo, ad
esempio il conflitto tra pulsioni
diverse: amore-odio, vita-morte.
Queste due forze pulsionali
sono necessarie alla vita psichica
umana ma non sono in valutazione, cioè non sono in se stesse
né buone né cattive, né positive
né negative. L’aggressività nelle
donne viene repressa come momento di identità di geni (l’attivo
è maschile, il passivo è femminile), secondo un pregiudizio ancora esistente. Spesso questa aggressività repressa dell’io opera
a livello inconscio e sfocia in
nevrosi e fobie che si riversano
sufl’altro (l’uomo). Altro esempio di autorepressione avviene
nel rapporto madre-figlia: quando la madre vede se stessa in
modo negativo, la figlia può
avere difficoltà a separarsi dalla madre, poiché non riesce a
percepire la differenza tra i loro
corpi, pur nell’identità sessuale.
Secondo Silvana De Geronimo
tutte le donne hanno un comune
senso di estraneità nei confronti della guerra, pur scegliendo
posizioni individualmente e socialmente diverse: di assente
neutralismo, di adesione ideologica, di totale rifiuto. Ma a
monte deU’intrinseco significato di ogni singola scelta c'è
l'esigenza di indagare sui concetti di pace e di guerra. Le donne
si oppongono con più forza alla
guerra, come mogli, madri e
come mediatrici di conflitti. Il
senso materno si oppone alla
violenza, in quanto il concetto
di madre quale generatrice di
vita non può aderire al principio di guerra, quale procacciatrice di morte.
Quindi anche quando il conflitto diventa guerra (per l’uomo), la donna cerca il rapporto
con l’altro, non la distruzione
del nemico. La conclusione è evidente se trasponiamo il concetto
di conflitto tra i Sessi a quello
di guerra tra i popoli. Il pacifismo non è più un atteggiamento
generico verso una mera pacificazione, è maturato nelle coscienze come forza di propulsione attiva che spinge in direzione di
una graduale assimilazione del
concetto di pace totale. Bisogna
solidarizzare con tutti i soggetti
implicati nel conflitto, senza
entrare nel merito delle ragioni
politiche ed economiche e facendo valere, in modo assolutamente imparziale, solo le convinzioni
umanitarie, civili o religiose. In
questo senso agiscono « le donne
in nero », movimento pacifista
nato nel 1988 daH’incontro di
donne palestinesi, israeliane e
islamiche, che hanno adottato
la strategia del silenzio, della
gestualità, del linguaggio del
corpo contro quello della parola,
riscoprendo il nero come momento di lutto sociale. Quanto detto
finora spiega, almeno in parte,
la scelta pacifista di molte donne.
L’atteggiamento neutrale potrebbe motivarsi come una non
scelta, una posizione di comodo
rifugio, di assenza di giudizio.
Più difficile è far conciliare un
atteggiamento guerrafondaio della donna con il suo ruolo di mediatrice; esso potrebbe spiegarsi
con motivazioni di carattere
politico, sociale, razziale o di
patria, nel rispetto che questi
valori possono assumere oggi.
Gianna Sciclone ha offerto una
vasta gamma di opzioni, non già
facilmente precostituite, ma tutte da elaborare alla luce di esperienze già vis-sute (la storia, la
Bibbia) e in vista di ciò che è e
che sarà nel futuro delle donne.
La partecipazione delle donne
alle guerre è stata storicamente
attiva e diversificata: crocerossine, giornaliste, donne pilota o
direttamente impegnate nei ranghi degli eserciti. E non dimentichiamo gli esempi biblici, come
Deborah, profetessa, sostegno e
condottiera di eserciti.
Partendo dafl’analisi di questa
casistica bellica tutta al femminile, si potrebbe avviare, un processo di costruzione di progetti
in difesa della vita, come la
riconversione delle industrie militari in vista di una fase di graduale smilitarizzazione. Occorre,
pertanto, una ricerca sul progetto della nascita; chi è portatore
di nuova nascita?
Quali sono i piani che confluiscono in questo processo di rinnovamento? Riandiamo all’incontro di Maria ed Elisabetta: le
due donne sono future madri,
la prima per miracolo, la seconda
dopo un lungo periodo di sterilità. Nel Nuovo Testamento esse
sono le ultime menzionate come
madri, generatrici di vita. Le
donne andate ad ungere il corpo
di Gesù nel sepolcro diventano,
invece, annunciatrici del nuovo
tentativo di divinizzazione della
natura, mentre nell’Antico Testamento questa possibilità viene
negata alla donna, considerata
come madre che parla solo per
bocca del Signore. La donna è
procuratrice di vita, non attrice.
In questo processo di nascita,
l'inventore è Dio. Nella fase definitiva di morte e resurrezione,
c’è una nuova categoria, quella
del rinnovamento .Le donne possono divenire protagoniste della
creazione? Si può partire da questa o da altre domande sulTargomento per avviare ed approfondire una riflessione teologica; il
discorso non ha la pretesa di
concludersi qui, ma si apre ancora a possibili quesiti e ad istanze
innovative.
Elisabetta Pagano Würzburger
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12 aprile 1991
commenti e dibattiti
PASQUA IN URSS: LA PERESTROJKA IN CHIESA
VERSO LA PACE
Sulle tombe dei martiri
risorge Costantino
Contrastanti giudizi sull’epoca comunista: tutto da dimenticare o occasione
di ’’purificazione” per le chiese? - C’è una ricerca dei privilegi perduti?
Gli anni delVateismo di stato sono finiti. Dopo il Natale, anche
la Pasqua ortodossa, celebrata domenica 7 aprile, ha visto la partecipazione delle massime autorità sovietiche alla festa cristiana.
Domenica, nella cattedrale dell’Epifania a Mosca, Boris Eltsin
era in prima fila e reggeva un grande cero. Dietro di lui c’era il
primo ministro Valentin Pavlov, anche lui col cero in mano, e decine di altri responsabili del governo sovietico.
Officiava il rito il patriarca di tutte le Russie Alexij II coadiuvato da altri 10 pope.
La presenza delle più alte autorità sovietiche alla Pasqua ortodossa e un chiaro segnale dell’evoluzione in materia di rapporti
chiesa-stato in URSS, ma anche di un atteggiamento neocostantiniano delle chiese ortodosse russe.
Pubblichiamo su questo argomento un’interessante analisi di
Luigi Sandri, corrispondente dell’Ansa da Mosca.
A chi volesse approfondire l’argomento consigliamo la lettura
di un volumetto curato dallo stesso Sandri: Dio in Piazza Rossa,
Torino, Claudiana, 1991, 108 pp., lire 10.000.
L’Unione Sovietica sta vivendo un momento particolarmente tormentato. Lo
ha testimoniato lo stesso
Shevardnadze nella sua recente visita in Italia. Problemi internazionali (il dopo-Golfo, con i contraccolpi
per la non riuscita mediazione di Mikhail Gorbaciov), economici (il travagliato e contraddittorio
"passaggio alla economia
di mercato”), sociali (le tensioni inter-etniche, con il
loro corollario di morti e
devastazioni), istituzionali
(lo scontro tra Boris Eltsin
e Gorbaciov ed il difficile
rapporto tra ’’centro’’ e ’’repubbliche sovrane") provocano una miscela che può
esplodere con conseguenze
gravi.
In questa situazione, che
cosa fanno .le chiese e le
confessioni religiose delrURSS? Da un punto di vista giuridico la ’’perestrojka” ha già dato i suoi frutti, per quanto riguarda appunto la regolamentazione
dei diritti-doveri delle confessioni religiose nella società. Infatti, il primo ottobre 1990 il Soviet supremo (parlamento) dell’URSS
ha approvato una legge
sulla libertà di coscienza e
le organizzazioni religiose
che, innovando radicalmente rispetto alla legislazione
precedente, riconosce il pieno diritto dei non credenti
di non credere e dei credenti
di credere, senza che l’ateismo o la fede costituiscano
per nessuno privilegio od
ostacolo. La legge, ancora,
prevede la personalità giuridica delle comunità religiose (sia pure con norme
non del tutto soddisfacenti
per le alte gerarchie ecclesiastiche) e dà loro libertà
di azione nelle attività caritative, oltre che pastorali. Insomma, anche se su
questo o quel punto la nuova legislazione non è giudicata — dai credenti — perfetta, essa costituisce, a conmne giudizio, una pietra
miliare della « nuova »
URSS e volta pagina rispetto ad un passato oscuro e drammatico.
Ma, nella nuova situazione de iure e de facto creata dalla ’’perestroika’’, come
si pongono le chiese? Volendo riassumere in poche.
Schematiche righe una questione complessa, si potrebbe forse dire — per limitare il discorso ai cristiani;
più articolato ragionamento andrebbe fatto, per esempio, per i musulmani
dell’Asia centrale e dell’Azerbaigian — che le chie
se sono percorse, e divise,
da un ”a priori" di cui poco si parla, ma che pende
su tutti, ineliminabile: che
si deve fare, che si deve dire, degli anni che vanno
dal 1917 alla ’’perestrojka”?
Alcuni cristiani ritengono
una disgrazia ed una vergogna la Rivoluzione d’ottobre e tutto quello che ne
è seguito. Costoro pensano
che occorre mettere tra parentesi, e praticamente cancellare dalla storia e dalla
memoria, gli anni del ’’socialismo reale”, per tentare
di innestare la realtà e le
possibilità di libertà attuali sullo status quo ante la
Rivoluzione del 1917 (o per
i baltici, ’’incorporati" alrURSS nell’agosto del 1940,
sullo status quo ante questa fatidica data).
Altri, invece, ritengono
che la storia non si può
cancellare. Non solo, ovviamente, perché quello che è
accaduto è accaduto, anche
se spiacevole e non voluto;
ma, più profondamente,
perché in quello che è accaduto si può e si deve tentare di trovare un senso,
un messaggio, un filo che
possa anche ora essere recuperato, per interrogare e
per dare risposte, o tentativi di risposte alla domanda di sempre, per delle
chiese ("ekklesìe”, "assemblee”) di cristiani; << E voi
chi dite che io sia? Tu sei
il Cristo, il figlio del Dio
vivente ».
A me pare che il rapporto, ed il giudizio da dare
sulla Rivoluzione di ottobre e sui 73 anni che ne
sono seguiti (se vogliamo
fissare uno spartiacque con
la legge del primo ottobre
’90), sia il punto, il problema, il passaggio che oggi
più che mai divide le singole chiese (ortodosse, cattoliche e protestanti) al loro
interno e tra di loro. Si
tratta — sembra a me —
di uno spartiacque di solilo non detto, non esplicitato. Ma esso si intravede, in
filigrana, in molti discorsi
ed in molte scelte.
E’ difficile trovare, al
mondo, situazioni complessive paragonabili a quelle
che hanno dovuto affrontare chiese e professioni re)igio.se nel paese nato dalla
Rivoluzione di ottobre. Oggi si vede che l’esito di
tante sofferenze e di tante
tragedie non è affatto scontato. Vi sono dei credenti e
delle comunità che da 73
anni di deserto hanno imparato, o intuito, quanto
poco basti, ad una chiesa,
per essere chiesa e per po
ter annunciare l’Evàngelo e
darne testimonianza. Questi credenti e queste chiese (analogamente a Giovanni XXIII che ringraziava la provvidenza per i fatti del 1870 che avevano privato il papato dello stato
pontificio, anche se ai suoi
tempi Pio IX aveva pur
scomunicato i Savoia) ritengono che in questi 73
anni sono stati ’’liberati”
di molte scorie, e come purificati nel fuoco, per essere
ora più liberi nel loro annuncio. Insomma, la Rivoluzione di ottobre con quel
che ne è seguito sarebbe
stata una "felix culpa’’ della storia, o del comuniSmo,
per riformare le chiese.
Ma altri cristiani ed altre comunità — al contrario — pensano che, grazie a
Dio, è giunto il momento di
riammassare quello che la
bufera del comunismo ha
disperso, rinviando a data
da destinarsi quella conversione, quel ravvedimento e quella riforma che
eventi, per quanto drammatici, avevano porto su
un piatto d’argento. I 73
anni di deserto, pensano
costoro, possono aver fatto
dei martiri, nelle chiese,
ma queste ora debbono rafforzarsi non tanto e non
solo per annunciare l’Evangelo ’’sine glossa", quanto
per riprendersi privilegi
perduti. Da tanti martiri,
insomma, dovrebbe risorgere Costantino.
Questo esito sì che sarebbe la vanificazione di
quella nuova chiesa che,
per grazia di Dio, avrebbe
potuto e potrebbe sgorgare tra i cocci, ed il sangue,
dell’ottobre.
Luigi Sandri
IL CONCISTORO CATTOLICO
La società
non è cristiana
Dal 4 al 7 aprile si è riunito in Vaticano un Concistoro straordinario delia Chiesa cattolica. Si è trattato del primo Concistoro dopo sette anni ed è stato dedicato a due problemi che travagliano la Chiesa cattolica, « le minacce contro la vita umana » e
la « proliferazione delle sette ».
Nella dichiarazione finale i cardinali affermano
la volontà di « difendere rinviolabilità sacra della
vita » minacciata dall’aborto, dalle manipolazioni genetiche, dall’eutanasia, daUo sfruttamento dei bambini, dal sottosviluppo e dalla fame, da varie forme
di vioienza, dal commercio delle armi, dalla droga.
I cardinali hanno rivolto inoltre un appello alla coscienza morale degli uomini politici perché sappiano conformare iniziative legislative e politiche al
rispetto della vita umana.
Infine i cardinali si preoccupano del « femminismo » ed auspicano il « sorgere di un vero femminismo, che riconosca alla donna, assieme al suo legittimo inserimento nella vita sociale, anche la sua
vocazione specifica di custode della vita umana ».
Sul problema delle sette i cardinali riconoscono che esse « sono una delle maggiori sfide, che la
Chiesa cattolica deve affrontare con carità evangelica e coraggio apostolico ». La risposta che la Chiesa cattolica deve dare passa per una ripresa di
evangelizzazione che risponda alle esigenze dell’uomo moderno e che faccia riscoprire ai cristiani la
ricchezza della loro fede in Cristo, unico Salvatore.
Evangelizzazione che deve essere il più semplice possibile e effettuata in forme comprensibili alle culture popolari.
Due sono stati i punti sollevati dai cardinali:
l’etica e l’annuncio cristiano.
Sono questioni fondamentali e non possiamo non
essere d’accordo con loro quando sottolineano queste come centrali per la missione della chiesa cristiana. Dove non siamo assoliitamente d’accordo con
i cardinali è nella richiesta alla politica (al braccio secoiare, come si diceva una volta) di farsi strumento
delle iniziative etiche e missionarie della chiesa. Viviamo — in Occidente come in molte parti del Terzo Mondo in una società fortemente secolarizzata. Non credo sia possibile tornare indietro e proporre una sorta di nuova società teocratica. Occorre
accettare ia situazione di diaspora e di minoranza
in cui vivono i credenti e riconoscere umiimente che
non abbiamo — né è desiderabile avere — il monopolio dell’etica e nemmeno quello della predicazione. Le proposte etiche sono moite, il nostro compito
di cristiani è quello di aiutare la gente a discernere
il loro significato, condividere le situazioni limite, condividere i pesi di chi è posto di fronte
alla drammatica decisione dell’aborto e non condannare la persona, ma annunciare a tutti la grazia
del Signore.
Solo così risponderemo alla chiamata che il Signore ci rivolge di essere suoi testimoni nel mondo.
Solo così daremo voce alle vittime e agli ultimi
della società che abbiamo contribuito a creare.
Giorgio Gardiol
Sogno
In un negozio
un giovane si mette a sognare.
Dietro il banco c’è, come commesso,
un angelo.
Il giovane gli chiede:
« Cosa vendete? ».
L’angelo gli risponde:
« Tutto quanto potete desiderare ».
Allora il giovane
comincia a fare il suo elenco:
« Se voi vendete
tutto quello che posso desiderare,
allora io desidero
la fine delle guerre sulla terra,
la fine delle favelas
in America Latina,
l’integrazione nella società
di tutti gli emarginati,
lavoro per tutti i disoccupati,
amore e maggior vita comunitaria
nelle chiese... ».
L’angelo allora lo interrompe:
« Mi scusi, signore, avete capito male,
qui noi non vendiamo i frutti,
vendiamo soltanto la semenza ».
da «Mission» 3/1990
Cambiare mentalità
E’ forse un sogno più difficile, perché ci impegna.
Mentre si scrive, pare che
ci si awii alla pace; ma
quale pace? Il costruirla insieme significa un « cambiamento di mentalità »,
creare dei rapporti nuovi
cominciando da noi e da
chi ci circonda. Pur rispettando chi pensa che le guerre possano essere più o
meno giuste, bisogna avere
il coraggio di affermare:
Cristo non la pensa così. E
se ci diciamo cristiani,
dobbiamo lavorare per costruire nel mondo quella
pace che Cristo ci ha lasciato; non quella che il
mondo propone, ma la sua,
che è amore, tolleranza, abbattimento delle barriere,
comprensione reciproca. Se
abbiamo un « seme », perché non coltivarlo?
Giovanni Carrari
La Casa valdese
di Guardia Piemontese
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4
4 vita delle chiese
12 aprile 1991
TORINO
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
la collaborazione
territoriale con i battisti
Lo scambio delle predicazioni e la loro preparazione comune - Il lavoro -ecumenico - Convergenze e attriti nel settore dei matrimoni
Gli ebrei e noi
Le conclusioni operative della
seduta congiunta Sinodo-Assemblea UCEBI del novembre scorso hanno contribuito a intensificare la collaborazione già in atto tra le comunità valdesi e battiste di Torino e cintura. La
Chiesa valdese dispone in Torino di quattro luoghi di culto in
diverse zone della città e le chiese battiste sono ben cinque: tre
in Torino (via Passalacqua, via
Viterbo, via Elvo) e due nella
cintura (Rivoli e Venaria).
Un incontro degli esecutivi di
queste chiese, avvenuto il 18
marzo, ha stabilito le seguenti
linee di lavoro: uno scambio di
predicazioni tra pastori e predicatori valdesi e battisti; la redazione comune di un dépliant
informativo in vista di una larga diffusione con una breve presentazione delle chiese, indirizzi, orari, attività svolte, ecc.; lo
studio di un comune bollettino
interno con l’informazione su
tutte le attività delle chiese interessate; l’organizzazione comune di corsi di formazione per
ministeri (predicatori locali, monitori, catechisti, collaboratori
vari, ecc.).
Intanto ogni mercoledì mattina ha luogo un incontro dei pastori battisti e valdesi a cui si
aggiunge il pastore avventista, il
conduttore della comunità ecumenica di Asti, il pastore valdese di Susa e il pastore di una
comunità evangelica di Alpignano; una dozzina di partecipanti
dunque per discutere insieme,
dopo una presentazione esegetica e omiletica fatta a turno, il
testo biblico per la predicazione domenicale.
Ecumenismo
Ma la decisione più importante è stata la creazione di una
Commissione evangelica per
l’ecumenismo costituita da rappresentanti delle chiese battiste
e valdese di Torino, allo scopo
di creare un organismo ufficiale
di interlocuzione con la Chiesa
cattolica a livello diocesano e in
particolare con la Commissione
ecumenica diocesana.
La CERE dovrà « favorire e
promuovere un confronto ecumenico ispirato a chiarezza e
apertura e una conoscenza reciproca libera da pregiudizi ». Inoltre la CERE si prefigge di concordare direttamente l’organizzazione di eventuali attività di
caràttere ecumenico e discutere
problemi che implicano dissensi
o difficoltà di rapporti, come ad
esempio il matrimonio interconfessionale.
Matrimoni
interconfessionali
Gli esecutivi delle chiese battiste e valdese, sempre nella seduta del 18 marzo, hanno vota
to una dichiarazione a proposito del recente decreto sul matrimonio canonico emesso dalla
GEI, con una protesta contro
l’unilateralità con cui è stata ancora una volta trattata la questione della dispensa per un matrimonio interconfessionale, con
incremento di richieste di adempimenti formali a carico della
parte evangelica. Gii esecutivi
delle chiese invitano a questo
proposito « i membri delle loro
comunità che intendono conseguire un matrimonio interconfessionale con richiesta di dispensa da parte del coniuge cattolico a valutare con attenzione e prudenza l’opportunità di
formulare dichiarazioni, produrre testimoni e firmare impegni
finché l’intera materia non trovi adeguata e soddisfacente soluzione in rapporti bilaterali tra
le chiese ».
Intanto sempre sulla questione riguardante la diversa concezione del matrimonio nel cattolicesimo e nelle chiese evangelicne SI è costituito un gruppo
di lavoro tra teologi cattolici,
pastori valdesi e battisti con la
presenza di membri delle rispettive chiese. La discussione, sulla base di relazioni presentate
e scritte dall’una e dall’altra parte, mette in luce le convergenze ma anche le difficoltà, costituite essenzialmente da parte
cattolica dalla concezione sacramentale del matrimonio e dalla
sua rigida applicazione in sede
giuridica e, da parte evangelica,
dall’ammissione della possibilità
della « morte » di un matrimonio e dalla conseguente possibilità di rinnovare il vincolo con
altro partner.
Un prossimo incontro affron
terà il problema del matrimonio interconfessionale e, in particolare, l’esame del recente decreto sul matrimonio canonico
emesso dalla GEI a cui abbiamo già accennato.
Umanizzazione
delTospedale
A livello di collaborazione interdenominazionale segnaliamo
anche l’organizzazione di un incontro, avvenuto all’inizio dell’anno presso la scuola infermieri dell’Ospedale civile di Rivoli,
allo scopo di informare gli allievi sulle diverse comprensioni
della malattia da parte delle differenti realtà religiose presenti
sul territorio. Hanno partecipato rappresentanti della comunità ebraica, della chiesa avventista, della chiesa cattolica, dei testimoni di Geova e delle chiese
valdesi e battiste. Mancava il
rappresentante dell’Islam per
impossibilità di partecipare.
^’iniziativa, forse unica nel
suo genere in Italia per l’ampiezza dell’arco di presenze, ha
suscitato notevole interesse tra
gli allievi che hanno posto numerose domande al fine di consentire da parte di tutti un ulteriore approfondimento delle
proprie posizioni. Lo scopo delTesperimento, che dovreobe essere ripreso da altre scuole, è
quello di sensibilizzare gli operatori sanitari ad un maggior rispetto e comprensione verso la
situazione spirituale dei degenti,
ai fini di quella maggior umanizzazione degli ospedali da tutti auspicata.
Alberto Taccia
BMV A CAMPOBASSO
Lavoro comune
Nel primo trimestre di quest’anno le nostre comunità hanno intensificato il rapporto di
collaborazione, peraltro già consolidato da anni.
Da tempo, il collega Mannelli
ed io coltivavamo l’idea di isti-,
tuire sedute congiunte dei Gonsigli di chiesa per razionalizzare le attività comuni.
L’occasione immediata per realizzare ciò si è presentata in seguito all’incidente occorso al
collega Mannelli, costretto così
ad un « riposo forzato » per 80
giorni.
In una riunione congiunta, in
gennaio, abbiamo elaborato un
programma, esteso fino a Rasqua, che assicurasse i culti per
entrambe le comunità e la cura
della diaspora. « E questo ci
siamo studiato di farlo », direbbe a ragione l’apostolo Raolo,
COMMISSIONE PERMANENTE STUDI
AVVISO
A titolo orientativo, per favorire le
programmazioni individuali, comunichiamo sin d’ora le prossime date per sostenere esami presso la CPS che sono le seguenti:
20 aprile 1991 alle ore 10 presso
la Chiesa metodista di Gorizia:
30 aprile 1991 (nel corso della
mattinata) presso la « Casa valdese
per ferie di Rio Marina (Isola d’Elba) in occasione dell’Assemblea UPL;
1° giugno 1991 a • Ecumene ■>, Centro per la gioventù, Velletri (Roma)
delle
nel corso della Consultazione
chiese metodiste;
15 (o 16) giugno 1991 presso la
Casa valdese per la gioventù di Vallecrosia, nel corso dell’Assemblea distrettuale del II distretto;
25 agosto 1991, ore 9, a Torre Pollice presso la Casa valdese prima che
abbia inizio il Sinodo.
Per informazioni telefonare al pastore Bruno Costabel a Padova, tei, 049/
650718.
poiché una buona partecipazione
corale c’è stata. Rersonalmente
ho avuto il piacere di presiedere alcune volte il culto nel tempio valdese e di conoscere la
diaspora di Rescolanciano.
Da notare anche il clima di
armoniosa partecipazione che
ora anima le riunioni della scuola domenicale. Giò è dovuto sia
al fatto che dall’inizio dell’anno
i bambini battisti e valdesi svolgono quest’attività insieme, per
cui essendo più numerosi vengono più volentieri, sia all’impegno e alla pazienza che Gabriella e Dario profondono.
Rer quanto riguarda lo studio biblico, quest’anno verte sull’Antico Testamento. Finora abbiamo trattato la problematica
teologica sviluppatasi in concomitanza dell’esilio babilonese.
Ma, nel quadro di un progetto
di controinformazione agli eventi della guerra del Golfo, qualche giovedì sera è stato dedicato a temi di attualità quali le
matrici storiche dell’islamismo
e la questione israeliano-palestinese. Questi incontri sono stati curati dal fratello Gimini.
Vale la pena ricordare le varie attività svolte in opposizione alla guerra: manifestazioni
cittadine, conferenze, volantinaggi ed altro. Attività alle quali
non sempre si è vista una convinta partecipazione dei membri
delle nostre chiese. Ricordiamoci di non t’-ascurare quest’aspetto perché è in gioco la credibilità della nostra professione di
fede. Speriamo di poter continuare sempre meglio, insieme,
alla gloria del Signore.
Sergio Tattoli
SAN GERMANO — E’ stato
un tempo di Rasqua particolare; accanto ai momenti di gioia
per la confessione di fede dei
catecumeni, abbiamo sperimentato il dolore e la tristezza di
dover dire addio alla sorella Luigia Pontet ved. Geninatti .Roman, di 90 anni, ed al fratello
Enrico Comba, di 65 anni. Martedì 2 aprile, in occasione del
loro funerale, si è ribadita la
certezza della resurrezione.
In questo tempo abbiamo avuto anche l’opportunità di approfittare della pres-enza del prof.
Daniele Garrone, il quale ha tenuto il culto del venerdì santo e, giovedì 4 aprile, una conversazione sul tema: Gli ebrei
e noi. La richiesta di approfondire questo tema era nata nel
corso di un dibattito tenuto nella comunità durante la guerra
del Golfo, ed il prof. Garrone
ci ha aiutati a comprendere il
rapporto sempre diffìcile tra occidente cristiano ed ebrei ed ha
delineato alcune possibilità di
lettura dell’intricato groviglio
mediorientale.
• Domenica 7 aprile, poi, abbiamo avuto il battesimo della
piccola Barbara MaUica. E’ sempre impegnativo, il battesimo
dei bambini, sia per la famiglia
che per la comunità: nel momento in cui invochiamo sulla
piccola Barbara la benedizione
del Signore, richiediamo per noi
la forza di diventare testimoni
coerenti nei confronti dei nostri
figli.
• Rer il futuro, segnaliamo
l’importante appuntamento del
bazar di beneficenza che si terrà domenica 14 aprile, con inizio alle ore 15, a cura dell’Unione femminile. Il bazar è un momento di incontro per i fratelli e le sorelle della comunità:
è un peccato non approfittarne.
• Desideriamo infine ringraziare Aldo Garrone e il gruppo
giovanile della EGEI che hanno
tenuto i culti del 3 e del 17 marzo. La comunità ha accolto il
loro messaggio con gioia.
Domenica della
Facoltà
BOBBIO PELLICE — In oc
casione della domenica della Facoltà, lo scorso 7 aprile abbiamo avuto ii piacere di ascoltare la predicazione dell’Evangelo
da parte dello studente Maurizio Abbà; molto rallegranti anche le notizie sulla nostra Facoltà di teologia, sia per i 12 studenti iscritti al primo anno, sia
per la vita accademica in generale.
Nel pomeriggio è avvenuto Rincontro fra i confermati e le sorelle dell’Unione femminile a cui
sono stati invitati, per la prima
volta, anche i padri; l’Unione
femminile ha fatto dono ai giovani dell’innario cristiano.
• Domenica 14 aprile, alle ore
14.30, si svolgerà l’annuale bazar; il culto si svolgerà nel tempio.
• Domenica 21, alle ore 10, si
svolgerà l’Assemblea di chiesa
che dovrà esaminare l’impegno
finanziario verso la cassa centrale per il 1992 e la questione
dell’8 per mille.
Confermazioni
VILLAR PELLICE — Nel cor
so del culto della domenica delle Palme sono stati accolti come membri comunicanti, attraverso il battesimo o la confermazione del battesimo ricevuto,
i seguenti giovani: Sergio Bouissa, Gianpaolo Charbonnier, Alain
Frache, Fabrizio Gardiol, Cinzia
Geymonat, Andrea Ghisleri, Alessandro Gönnet, Ivano Gönnet,
Adriana Janavel, Robi Lausarot,
Annalisa Pascal.
Il Signore guidi e fortifichi
questi giovani nella fede e li aiuti a mantenere con fedeltà la
promessa di servirlo.
• Nelle ultime settimane ci
hanno lasciato, dopo lunga e penosa malattia, la sorella Costanza Negrln ved. Mondon all’età
di 87 anni ed il fratello Paolo
Cogno di 82 anni.
Ai familiari ed a tutti i parenti la nostra fraterna solidarietà nella fede in Gesù Cristo.
Assemblea di chiesa
PRALI — Domenica 14 aprile, alle ore 20.15, si terrà l’Assemblea di chiesa sull’otto per
mille. Il culto sarà, come tutte
le domeniche, alle ore 10.30.
Matrimonio
SAN SECONDO — Sabato 6
aprile nel nostro tempio Fiamma Armellino e Fulvio Doglio
si sono uniti in matrimonio.
Fiamma è membro della nostra comunità, Fulvio di una comunità cattolica romana, è stato quindi un matrimonio interconfessionale presieduto dal pastore A. Bertolino mentre don
M. Polastro, a nome delle due
comunità, ha offerto loro una copia della Bibbia (traduzione interconfessionale) come segno
concreto di ecumenismo. Agli
sposi, che si stabiliranno nel Canavesano, rinnoviamo l’augurio
di vivere con riconoscenza nell’amore di Dio.
• Durante il culto di domenica 7 aprile è stato battezzato
il piccolo Kristian Coucourde di
Giorgio e Matilde; il Signore
aiuti sempre i genitori a mantenere fedelmente le promesse
fatte.
• Sempre durante il culto è
stata insediata come anziana del
quartiere Combe Paola Gente in
Morero. Il Signore ch’è fedele
la renda lui stesso fedele in ogrii
cosa per la potenza del suo Spirito.
Immigrati
TORRE PELLICE — Si svol
gerà domenica 14 aprile una
giornata con gli immigrati evangelici di Torino; dopo il culto,
alle ore 10, animato da un gruppo di ospiti, vi sarà un pranzo
comunitario alla Foresteria (prenotare telefonando a: Sergio
Franzese, 933047, oppure past.
Rostagno, 91305).
L’incontro proseguirà nel pomeriggio.
Jìiovedì 11 aprile
□ GIUSTIZIA, PACE,
SALVAGUARDIA
DEL CREATO
PINEROLO — Alle ore 20.30, presso
il convento dei padri Cappuccini, si
svolge un incontro del collegamento
permanente su Giustizia, pace, salvaguardia del creato; si discute di tematiche inerenti iniziative di pace, l'assemblea di Canberra e di occupazione e lavoro.
Domenica 21 aprile
□ CONVEGNO MONITORI
1° CIRCUITO
PRADELTORNO — Il Circuito organizza presso la Foresteria • La rocciaglia » un convegno di formazione per
monitori delle Scuole domenicali. Test:
Rivista della Scuola domenicale gennaio-aprile 1990. Inizio ore 9,30; gradite le prenotazioni per il pranzo.
per la stampa dì
libri, giornali, riviste,
locandine e manifesti,
lavori commerciali
in genere
Coop.TIPOGRAFICA
SUBALPINA
Via Arnaud, 23 - S 91334
10066 TORRE PELLICE (To)
5
12 aprile 1991
vita delle chiese 5
TAURIANOVA
ASSEMBLEA AEV
E nata Radio M. L King Al servizio
Un luogo di stimolo e di comunicazione in un territorio oppresso da 061 prOSSIIT^O
criminalità organizzata e disservizi - In sintonia con ¡’Evangelo
Un sabato dello scorso dicembre le scuole elementari e medie
inferiori di Taurianova (RC)
erano presenti al completo alla
premiazione di componimenti e
poesie sul tema: « Insieme per la
pace ». Alle scuole superiori non
era stato permesso di partecipare
ma Se avessero potuto, probabilmente, avrebbero dato un maggiore peso alla manifestazione.
L’iniziativa era stata promossa
da « Radio Martin Luther King »
e fatta conoscere sia tramite
queiremittente sia con manifesti
nei quali era evidente il riferimento alla radio. La partecipazione degli alunni e degli insegnanti ha avuto un momento di
viva emozione quando a leggere
la propria poesia sulla pace è stata chiamata una bambina il cui
padre era stato ucciso dalla
’ndrangheta.
Cominciai a capire cos’è « Radio Martin Luther King »: un
punto di riferiménto per una porzione di umanità ridotta al silenzio, ma che sente un grande desiderio di partecipazione, di comunicazione e di pace.
Conduttore della radio è Lino
Mirotta, una persona di eccezionale sensibilità e disponibilità,
che ha alle spalle una lunga ricerca di Dio. Oggi egli lancia
messaggi di fede e di pace e crea
comunicazione, in una zona dove
ancora regnano molti silenzi imposti. Il collegamento che tramite la radio si è stabilito fra tante
persone desiderose di pace e di
verità e già il segno di una possibile inversione di tendenza.
Un esito che
non è scontato
Vengo ospitato più volte a casa
di Lino, dove la fraterna accoglienza della moglie Stella e dei
tre bambini mi fa sentire come
a casa mia. Siamo nella periferia di Taurianova. Fra le famiglie
dello stesso palazzo, diversi mesi
fa, una persona è stata uccisa.
Un’altra ha paura e illumina a
proprie spese l’ingresso del palazzo, per vedere chi si avvicina
di notte.
In un giorno di pioggia, devo
autenticare la firma per assumere la responsabilità di « Radio
Martin Luther King » a termini
di legge. E’ un problema attra
versare la strada perché a Taurianova le fogne non funzionano,
e se piove bisogna aspettare il
naturale deflusso ’dell’acqua sulle
strade.
Di ritorno a Taurianova qualche mese dopo, incontriamo un
giovane che Lino si affretta a
salutare. Era tornato in libertà
dopo qualche anno di carcere. In
un’altra località della Piana di
Gioia Tauro incontriamo un altro
ex carcerato che ci saluta con affetto, come se fossimo vecchi
amici che non vedeva da tempo.
Siamo però fra le poche persone
che oggi entrano nella sua casa.
Per non cadere nella disperazione, in carcere scriveva poesie; un
giorno di Pasqua scrisse: « Anch’io Un giorno risorgerò... ». Ora
ha un secondo bambino. E mentre la moglie vende biancheria di
porta in porta, lui che è agli arresti domiciliari fa il baby-sitter,
insieme alla figlia più grande, di
cinque anni.
Insieme a questa realtà umana
più drammatica, incontro diverse
persone desiderose di una partecipazione e di una comunione
costruttiva, da contrapporre al
peso della malavita e dei poteri
ingiusti che regnano nella zona,
più o meno occulti, ma molto
presenti ed efficienti. La radio,
certo, non fa tutto, ma è un luogo di stimolo e di comunicazione.
Nel tempo che compio il mio
giro, la ’ndrangheta ha fatto un
altro dei suoi morti. Ritorno a
casa, e nella stessa settimana si
hanno due nuove uccisioni. E’
sempre la stessa manovalanza,
che ora uccide e ora muore, per
volere dei capicosca che si combattono a vicenda e che puniscono gli sgarbi con sbrigative condanne a morte.
In questo giro finiscono alcuni
fra i tanti disoccupati della Piana, o coloro che un lavoro non
10 vogliono perché hanno scelto
di fare soldi in altre maniere. Se
uno di loro dice che fa il camionista, non bisogna chiedere cosa
trasporta. E’ solo per dire che
talvolta si allontana dal paese...
11 resto si fa, ma non si dice!
La struttura di « Radio
Martin Luther King »
La radio è proprietà dell’Associazione « Presenza cristiana e
FCEI
Aiutiamo i curdi
La Federazione aderisce alla manifestazione
In un appello inviato dal segretario genei'ale del Consiglio ecumenico delle chiese al segretario
generale dell’ONU, Pérez de Cuellar, manifestando la grave preoccupazione delle chiese per il massacro del popolo curdo, si assicura che le chiese membro del Con
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sigilo ecumenico sono pronte a
sostenere gli sforzi dell’ONU e
a rispondere alle richieste di assistenza umanitaria ai civili della
regione curda e di altre regioni
dell’Iraq in questo periodo di
grave crisi.
La Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, che nei
giorni scorsi aveva inviato una
lettera al ministro degli Esteri
Gianni De Michelis, chiedendo
un intervento del governo italiano per far cessare il massacro,
ha aderito alla manifestazione
promossa dall’ARCI, d’intesa con
le organizzazioni curde in Italia,
per il 10 aprile a Roma e che si
concluderà in Piazza Montecitorio, a favore della causa del popolo curdo, per far cessare la
sanguinosa repressione portata
avanti da Saddam Hussein, per
sostenere la causa della pace,
della democrazia, dei diritti umani e dei popoli.
vangelica Martin Luther King »:
una struttura minimale messa in
piedi da Lino Mirotta e dal past.
Salvatore Rapisarda con pochi
altri, per dare la necessaria veste legale alla sua struttura. L’associazione, in ogni caso, si è data
un ampio ventaglio di scopi sociali: « La diffusione del messaggio evangelico e la cultura che
dall’Evangelo trae la sua ispirazione: cultura della pace, della
giustizia, della salvaguardia del
creato, dell’accoglienza ai migranti, del recupero dei drogati, del
rifiuto della violenza e della criminalità, con particolare radicamento nel comprensorio calabro
che ha il suo epicentro nella Piana di Gioia Tauro di cui mira a
valorizzare, con riferimenti e documentazioni storiche e attuali,
il patrimonio umano e culturale ».
Dopo essersi data questi scopi
sj:^tutari, « Radio Martin Luther
King », che opera in maniera continua dal marzo 1990, nell’ottobre
seguente ha potenziato la propria
voce dotandosi di un trasmettitore di 1000 watt, con il quale
può raggiungere la costa tirrenica della Calabria da Paola fino a
Reggio Calabria e fino alla punta
nord-est della Sicilia.
Il Mirotta ha potuto fondare
questa radio dopo aver fatto
I esperienza dell’emittenza privata, lavorando per qualche tempo
presso un altra radio della zona.
II successo che riscuote è dovuto però non solo alla sua esperienza tecnica ma soprattutto al
personale impegno di Mirotta,
che è conosciuto in tutta la Piana come un evangelico militante
e combattivo, che si impegna a
tondo per la causa che ha fatto
propria. Con il suo impegno ha
impresso all’emittente un carattere di chiara ispirazione evangehca. Il volto proprio di questa
tede e presente nella radio attraverso I culti domenicali, gli studi
biblici e meditazioni e la testirnonianza di una fede militante
che costituisce il punto di partenza dell informazione e dell’impegno nei problemi concreti.
pur qualificandosi come evangelica, non fa
ne favorisce il proselitismo, né
mira tanto meno a scopi di ordi
essa si
avvale di apporti pluralisti da
parte di cattolici, laici, evangelici
denominazioni, sindasfri c; uomini politici della sinistra,^ anibientalisti, esponenti dei
movimenti per la pace, ecc. « Rm
dio Martin Luther King » diviene
risonanza
per voci diverse, che hanno in
comune un grande amore per
umanità piu emarginata: dal pastore della Chiesa avventista al
senatore Tripodi tPm • j ^
di Pnlicto„Ì %mCI), sindaco
di lohstena, dagli esponenti locah del movinaento per la pace a
Kero (fratello di
Fiero Pratesi), un salesiano che
ha alle spalle una lunga condivi
sione dj situazioni di marginalità
dai bcyaccati di Roma ai tossicodipendenti della Calabria.
della sua atbyita, « Radio Martin Luther
King» SI e distinta per aver fa
DoÌiUn'^ Partecipazione sociale e
politica e la comunicazione fra
''uoto spirituale
dell ambiente m cui opera rende
uiai necesaria. Infatti, essa si inserisce nel
proprio ambiente senza appoggi
politici occulti ma con la sola
forza della sua parola libera e
aula sua fede cristiana. Quella
liberta e quella fede sono il contiibuto della radio per una qualità diversa dei rapporti umani
e sociali nella Piana di Gioia
Tauro.
Cesare Milaneschi
Nei giorni 16 e 17 marzo si è
tenuto a Firenze, presso l’Istituto Gould, l’annuale incontroassemblea dei soci dell’Associazione evangelica di volontariato
(AEV).
Fondata nel 1983 in seguito ad
una riflessione avvenuta nell’ambito della commissione diaconale del primo distretto (valli valdesi) che ha coinvolto la
Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), la Federazione donne evangeliche
(FDEI) e la Federazione giovanile evangelica (FGEI), tale associazione ha tra i suoi scopi la
promozione del servizio volontario di ispirazione cristiana evangelica ed il collegamento tra i
soci inseriti in opere evangeliche. L’AEV garantisce inoltre ai
volontari in servizio la tutela
assicurativa e un « argent de poche ». Il consiglio direttivo, eletto ogni anno daH’assemtalea, cura l’aspetto amministrativo e segue i rapporti tra volontari e
opere e tra i volontari stessi.
Per il 1991 è stato riconfermato il consiglio uscente nelle persone di Adriano Longo (presidente), Sergio Nisbet (vicepresidente), Giuseppina Menna (tesoriere), Manuela Davit e Marco
Fraschia (consiglieri) ed i revisori Marco Jourdan e Franca
Recchia; vi sono poi tre membri con voce consultiva: Pierina
Mannucci (FDEI), Bruno Colombu (FCEI), Davide Arca
(FGEI). Nel 1990 sono state versate 173 quote annuali e 22 opere sparse in tutta Italia hanno
ospitato volontari dell’associazione.
L’incontro di Firenze ha offerto ai partecipanti momenti di
carattere culturale come la visita guidata al bellissimo capoluogo toscano, curata dal signor
Cola Mannucci, e una sosta a Pisa per chi rientrava alle Valli
e momenti di riflessione aH’in
terno dell’assemblea vera e propria. Erano anche stati preparati dei giochi di animazione per
stimolare la discussione in gruppi di lavoro, poi non realizzati
a causa dell’esiguo numero dei
partecipanti.
Della relazione annua, fatta
dal consiglio, va ricordata la segnalazione di due iniziative realizzate nel corso del 1990, la
creazione di un bollettino di informazione e la preparazione di
un questionario per i volontari che terminano il servizio. Con
la prima si è voluto rispondere all'esigenza di maggiore informazione e contatto tra i volontari fornendo uno strumento
che raggiunga non solo le persone in servizio ma anche i soci « congedati ». Con la seconda,
attraverso l’analisi dei questionari, il consiglio pensa di poter avere un quadro più reale
delle diverse situazioni nelle varie opere; uno strumento che
stimola il volontario a riflettere sul servizio svolto, esprimendo critiche, perplessità e proposte, utili sia al consiglio sia all’istituto convenzionato e, soprattutto, ai volontari stessi.
Sempre nella relazione annua
il consiglio lamenta la scarsa
partecipazione dei volontari alle
attività dell’associazione: agli
incontri, alle gite organizzate, alle assemblee. Questa mancanza
di contributi attivi e propositivi da parte dei volontari e da
parte dei rappresentanti delle
opere si riflette sull’operato del
consiglio, che si sente un po’
incerto nel promuovere nuove
iniziative, costretto ad immaginare e indovinare aspettative ed
interessi altrui.
Del resto i dati relativi all’incontro-assemblea sono sintomatici di una situazione più generale: pochi 1 volontari, assenti
i rappresentanti delle opere.
M. F.
QUACCHERI
Quale fede, quale azione?
Nei locali del convento francescano di Verbania (Novara) daH’S
al 10 marzo si è tenuto il III
meeting dell’Associazione degli
amici dei quaccheri italiani. Erano presenti una trentina di persone provenienti dall’Italia e dall’estero: Svizzera, Francia, Inghilterra, Lussemburgo.
Le sedute per i lavori si sono
immancabilmente svolte dopo la
preghiera silenziosa del culto
quacchero tradizionale. Con le parole, infatti, si può ingannare, essere parziali o insufficienti e divisi, ma nel silenzio che viene
dallo Spirito la presenza deH’uomo è totale; nella responsabilità
del silenzio la persona umana è
presente anima e corpo.
Dopo la lettura dei messaggi di
saluto provenienti dai Movimenti
per la pace e contro l’emarginazione e da amici assenti giustificati, tema discusso dal meeting
è stato: ’’Quale fede? Quale azione?”, soprattutto alla luce dell’esperienza dolorosa della guerra
del Golfo. Il coordinatore dimissionario Davide Melodia ha quindi relazionato sulla situazione
del l’Associazione degli amici dei
quaccheri italiani. « La nostra
associazione — ha detto Melodia
— malgrado alcuni scossoni di assestamento, è in fase nascente.
Anche solo due o ire nuove adesioni ci confortano. Sentiamo forte la chiamata del Signore e in
questo sentimento è cresciuta la
nostra responsabilità. Possiamo
dire di rappresentare ufficialmente una società (la Società religiosa degli amici) internazionale e
non possiamo fare le cose in mo
do superficiale. Ci impegniamo,
pertanto, a far crescere il nostro
gruppo nella luce di questa responsabilità, davanti a Dio e al
mondo che ci guarda con fiducia ».
Dopo le consuete vive espressioni di vita • comunitaria, linfa
della democrazia assemblare
della tradizione ’’quaker”, domenica 10 i partecipanti al meeting
si sono raccolti nella chiesa metodista locale per proseguire i lavori e, quindi, partecipare al culto evangelico durante il quale il
’’pastore quacchero” Jean Boulet
dell’Assemblea di Francia, in bell’italiano, ha tenuto un sermone
su Giovanni 2: 25: « Cristo vero
uomo. Cristo l’uomo per antonomasia ».
Dalla discussione nel corso del
III meeting dell’Associazione degli amici dei quaccheri è uscito
questo nuovo organigramma:
Davide Melodia, presidente;
Mario Romano Bernardini, coordinatore per il Nord Italia e tesoriere unico; Angelica M. Meletiou, coordinatore aggiunto per i
rapporti con l’estero; Lorenzo
Porta, coordinatore per il Centro/
Sud; Mario Gnech-Verdini, redattore del servizio interno di collegamento e informazione ’’Lettera
quacchera” (agenzia stampa).
Si può richiedere il numero zero di ’’Lettera quacchera”, con
sintesi degli atti del meeting, inviando lire 5.000 in vaglia postale
a Mario Verdini, via Col di Mazz
21, 32020 Fras.senè (Belluno) Il
denaro sarà devoluto al ’’Fondo
attività amici italiani”.
M.V.
6
6 prospettive bìbliche
12 aprile 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Le tentazioni nei Nuovo Testamento -1
Introduzione
Nell’Antico Testamento, a quanto pare,
il termine ebraico tradotto di solito con
« tentazione » non viene mai inteso nel
senso di « incitamento al male », di tentazione delTuomo da parte di Dio. E’ quindi
preferibile renderlo con le parole prova, test
o tentativo. In compenso, quando si tratta
di una tentazione di Dio da parte delTuomo, come nell’episodio di Massah (Es. 17:
1-7), la traduzione « tentazione » è del tutto legittima. Si può dire che, per mezzo,
della prova delTuomo, Dio cerca di farlo
diventare più pienamente se stesso mentre,
con la tentazione di Dio, l’uomo vuole che
Dio rinunci ad essere se stesso. Questo può
guidarci per capire meglio la tentazione nel
Nuovo Testamento. (...)
Gli uomini « mettono
Cristo alla prova »
Iniziamo con le « prove » che gli uomini infliggono a Cristo, sia ponendogli domande insolubili per ridurlo al silenzio, sia
cercando di metterlo in imbarazzo per portarlo a commettere un errore (per esempio
ad opporsi a Mosè o a Cesare), sia portandolo a trovarsi in una situazione difficile o pericolosa per permettere agli interlocutori di affermare che Cristo dimostra
così che egli non è colui che pretende di
essere. Si potrà allora contestare e negare
la sua messianità. Non dobbiamo però confondere gli episodi in cui la parola « prova » viene usata con la tentazione di Cristo vera e propria. Bisogna anche guardarsi
dal pretendere che tutti gli episodi in cui
TE vangelo ci dice: « Per metterlo alla prova, egli (essi) gli pose (posero) questa domanda », vadano interpretati sullo stesso
modello, prestando così a tutti i protagonisti le stesse (basse) intenzioni. Per
esempio, nella parabola del « buon Samaritano », in Luca 10: 25 — « Un certo
dottor della legge si levò per metterlo alla
prova » (per tendergli una trappola) — il
dottore in esegesi cerca veramente egli
stesso, prima di cercare di far cadere Gesù.
Egli pone prima una vera domanda, la sua
propria domanda, in due tempi. Ha già la
risposta alla prima parte della sua domanda (v. 25: « Che dovrò fare per eredar
la vita eterna? »). Ma non ha ancora la risposta alla seconda parte (v. 29: « Chi è
il mio prossimo? »). Egli interroga quell’uomo, che chiama però « Rabbi » con la
speranza, seppur tenue, di ottenere una risposta. Il versetto 37, in cui Cristo gli fa
scoprire che aveva già la risposta in se
stesso (il prossimo delTuomo è « colui che
gli usò misericordia »), dimostra che era
In varie traduzioni del Nuovo Testamento troviamo la parola « tentazione » mentre sarebbe più esatto parlare di « prova », secondo il senso israelitico del termine che troviamo nell’Antico Testamento. In alcuni passi, tuttavia, il termine va inteso nel suo pieno significato di « tentazione ». In questa serie di studi, pubblicati dai settimanale francese
« Réforme » nella rubrica « Vocabolario biblico », il noto commentatore
biblico Alphonse Maillot cerca di guidarci in una migliore comprensione
della tentazione nel Nuovo Testamento. Si tratta di studi molto didattici a cui, forse, siamo poco abituati. Proprio per questo essi ci possono
aiutare a capire meglio il testo biblico, traendone un’interpretazione corretta e utile per la nostra vita. (red.)
venuto non per intrappolare ma per apprendere. Gesù Tha capito. Anche lui « ha risposto rettamente » (v. 28). In questo caso,
il verbo (peirazò) va pertanto tradotto con
« sottoporre ad un test », e non con « tendere una trappola ».
In altri episodi, invece, si deve proprio
tradurre con « mettere alla prova » e anche
« tendere una trappola ». Così, in Marco
12: 13: i farisei cercavano di « sorprendere », di prendere in trappola Gesù « con
una domanda »; al versetto 15, la TOB traduce proprio così: « Perché mi tendete una
trappola? ». La trappola, d’altronde, funzionerà perfettamente, ma contro quelli
che pensavano di averla tesa (Marco 12:
17: «Rendete a Cesare quel ch’è di Cesare e
a Dio quel ch’è di Dio »), cfr. Marco 12:
18-27 dove sono i sadducei a porre a Gesù
una domanda trappola a proposito della
« risurrezione dei morti »). Anche nell’episodio della « donna adultera », in Giovanni 8: 2-11 (in particolare al v. 6), gli scribi
e i farisei « mettono alla prova » Gesù,
gli « tendono una trappola » (trad. TOB)
cercando di chiuderlo nel dilemma: « O
confermi Mosè e sei soltanto un altro Rabbi, o infermi Mosè e devi temere il peggio » (cfr. Marco 10: 2).
Occorre però stare attenti: anche se l’intenzione di quelli che tendono la trappola
è cattiva, essa mira soltanto a mettere Cristo in contraddizione con se stesso; non
cerca di fargli commettere una colpa. Non
« lo incita al male ». Certo, notiamo che
ogni volta Cristo si comporta in modo temibile: scarta la trappola, rompe il dilemma, inventa una terza via, e assistiamo
allora alla scena dell’« innaffiatore innaffiato ». Tuttavia, questa stupenda abilità
di Cristo, anche se ha lasciato tracce durevoli, non sembra, per lo più, avere convintoAsuoi avversari.
In compenso, negli episodi come quello
del miracolo richiesto, in Marco 8: 11, Cristo non è soltanto preso in trappola, è tentato, veramente tentato, come Dio lo era
stato nel deserto con la preghiera del popolo (cfr. Matteo 12: 38 e Luca 11: 16).
Infatti, i farisei chiedono a Cristo un segno-che-viene-dal-cielo, cioè una prova di
ALPHONSE
MAILLOT
I miracoli
di Gesù
ALPHONSE MAILLOT
i MiRACOLI DI GESÙ’
Torino, Claudiana, 1990, L. 19.000
Alphonse Maillot, pastore della Chiesa
riformata di Francia, è uno specialista
di divulgazione biblica e noto predicatore. I suoi commenti, spesso pubblicati
su giornali e periodici vari, uniscono
una solida esegesi, seriamente documentata, ad una vasta leggibilità; sono
animati da una profonda spiritualità e
da uno humour acutissimo che li rende
memorabili.
Il presente è il primo libro di A. Maillot
tradotto in italiano.
vina e irrefutabile della sua messianità.
Ora, se egli la desse, cesserebbe ipso facto
di essere il Messia. E gli uomini si allontanerebbero dalla fede. Qui, il procedimento
è simile a quello che aveva iniziato il demone nel deserto. Quest’episodio dimostra
che la tentazione di Cristo di dare un segno decisivo della sua messianità durerà
fino alla croce.
Dobbiamo quindi concludere che « peirazò », il verbo che ci interessa, può e deve, a seconda delle situazioni, essere tradotto con « sottoporre ad un test », « mettere alla prova », intrappolare o cercare di
« prendere in trappola » e infine « ten
II Diavolo tentatore
degli uomini
Se leggiamo con attenzione i passi in cui
molti esegeti e traduttori pensano di trovare la tentazione da parte del demonio,
rimaniamo spesso perplessi. Per esempio in
Luca 22: 28-32 tutti esitano, probabilmente a ragione, al v. 28, nel tradurre: « Or
voi siete quelli che avete perseverato meco nelle mie tentazioni », per rendere « peirasmois » con la parola « prove ». Ma, in
compenso, molti esegeti vedono subito dopo, al v. 31: « Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il
grano», l’annuncio delle «tentazioni» e
del rinnegamento di Pietro. Certo, Pietro
sta per rinnegare il suo maestro per tre
volte, ma è curioso però che tutto il racconto del rinnegamento eviti i termini « tentare », «tentazione». Parliamo quindi di
vigliaccheria, o più esattamente di disperazione, di disillusione e di incomprensione totale, dato che non c’è qui tentazione
in senso stretto. La vera tentazione di Pietro è proprio quella che egli ha esercitato
nei confronti di Cristo, chiedendogli di
strapparsi in anticipo alla sua croce per
manifestare la sua gloria. Perché questa
tentazione fosse rotta era bene che, con il
Cristo indebolito, spogliato, schiaffeggiato
e presto crocifisso, fosse rotta l’immagine
di un maestro trionfatore e che un Pietro
rinnegatore fosse iscritto nella propria memoria. Infatti, soltanto allora può cominciare il regno del Crocifisso, perché il malinteso che ostruiva la sua strada viene tolto con la sconfitta del Signore e col rinnegamento del servitore.
C’è però un testo, Matteo 26: 41, in cui
si ritrova un’espressione molto vicina a
quella del Padre Nostro. Di solito si traduce: « Vegliate e orate, affinché non cadiate in tentazione ». Anche qui il testo
merita un po’ di attenzione. Le traduzioni
comuni aggiungono molto e quindi travestono un testo che, letteralmente, dice:
« Pregate (al fin) di non entrare in... tentazione ». I verbi « soccombere a », « cadere
in balia di » oppure semplicemente « cadere in » sono pure interpretazioni per rendere il verbo » « entrare in ».
Se prendiamo la versione di Luca (22:
40 e 46), ci chiediamo di quale tentazione
o prova si tratti. Molto semplicemente, gli
apostoli stanchi soccombono al sonno, mal
grado i loro buoni propositi e la loro grande promessa di andare fino al martirio; la
stanchezza più sciocca e più comune ha
avuto ragione di loro. Senza alcun dubbio,
Gesù chiama gli apostoli a trarne una lezione di modestia: quella di essere più vigilanti quando altri nemici che non il sonno li minacceranno. Vi aggiunge una specie di avvertimento: « Che ne sarà quando vere prove giungeranno e quando dovrete attraversare vere difficoltà? ». Però,
ancora una volta, otteniamo un significato
vero e coerente con la parola « prove ». Il
termine dunque è generale: « Pregate per
non dovere attraversare prove (troppo dure) ».
In compenso, il verbo « tentare » nel
senso di « incitare al male » sembra adatto
in 1 Corinzi 7: 5 : « Mariti e mogli, non
vi private l’un dell’altro, onde Satana non
vi tenti a motivo della vostra incontinenza », anche se « tendere una trappola » non
si può escludere. Da notare che, secondo
Paolo, Satana potrebbe tentare (intrappolare) i Corinzi con la loro continenza sessuale
e la loro impossibilità ad assumerla. L’apostolo raccomanda loro vivamente di non
restare troppo a lungo senza il loro sposo
(o sposa), perché questa ascesi è il terreno
prediletto di Satana, al quale piace far credere agli uomini di essere forti, prima di
imporre loro la prova della loro estrema
debolezza. Ritroviamo qui l’appello alla
modestia. La sessualità non deve certo colpevolizzarci, ma può insegnarci l’umiltà. E’
l’unica volta in cui, nel Nuovo Testamento,
la « tentazione » viene messa in rapporto
chiaro e diretto con la sessualità, o piuttosto con la dimenticanza della sessualità!
Troppo spesso gli esegeti hanno parlato
di « tentazione » mentre bastava « prova ».
Per esempio, in Apocalisse 3: 10-11 (lettera all’« angelo » della Chiesa di Filadelfia): « Perché tu hai serbata la parola della
mia costanza, anch’io ti guarderò dall’ora
del cimento che ha da venire su tutto il
mondo, per mettere alla prova quelli che
abitano sulla terra», il termine «prova»
non sembra del tutto abbastanza forte, perché si tratta dell’annuncio delle calamità,
descritte più avanti, che schiacceranno il
mondo intero. Ma si può parlare di « prove catastrofiche » piuttosto che di « tentazione ». Infatti, si tratta prima di tutto di
non lasciarsi fuorviare, di resistere e di perseverare nella fede in Cristo. Se vogliamo
assolutamente parlare di tentazione, il termine potrebbe solo designare quello stato
di minore resistenza nel quale si trovano
quelli che sono schiacciati dalle prove:
tentazione esterna, oggettiva, di abiura, di
rinuncia e di apostasia, conosciuta dai martiri o dai perseguitati; il suo primo autore
è il Diavolo, anche se si serve di vari intermediari come la Bestia (o l’impero romano).
Però, in altri testi, la traduzione « tentazione » sembra obbligata. Per esempio, in
Calati 6: 1 (« Fratelli, quand’anche uno
sia stato colto in qualche fallo, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. E bada bene a te stesso, che
talora anche tu non sii tentato »). Paolo
utilizza l'eventuale tentazione dei Calati
per esortare ancora una volta alla modestia.
Qui, la traduzione adeguata è proprio
«tentare», nel senso di «essere sul punto
di commettere una colpa». Ma il contesto
mostra anche che la prima tentazione degli « spirituali » è di dimenticare che possono essere tentati anche loro, e la seconda che rischiano costantemente di soccombere al peccato di giudicare e condannare i loro fratelli. Paolo li sorprende qui
in flagrante delitto di peccato di orgoglio
spirituale, il peggiore che ci sia.
Alphonse Maillot
Traduzione di Jean-Jacques Peyronel
7
12 aprile 1991
obiettivo aperto
INTERVISTA AL FILOSOFO MICHEL SERRES
Dio è il nostro pudore
Le scienze fisiche e le scienze umane non riescono a spiegare perché l’uomo abbia bisogno di riconoscere che ha
un padre « sotto la volta del cielo » - Le riflessioni di un pensatore che interroga la coscienza di tutti i credenti
Poche personalità hanno, in
modo così marcato, Famore per
la solitudine e il gusto del rapporto umano. Possiamo immaginare, oggi, un allievo di Michel
Serres nello stesso modo in cui
si poteva pensare, una volta, ai
giovani formati alla scuola di Rabelais o di Montaigne. Un uomo
che saprebbe tutto e che sarebbe
sempre disposto a dimenticare
tutto per un nuovo sapere. Quest’uomo di sessant’anni è infatti
uno scienziato sempre pronto a
chiudere i suoi libri per partire
in mare aperto — egli fu ufficiale
di marina — o per camminare in
montagna. Un uomo di vette e di
spazio che la televisione ci ha reso familiare, mentre i suoi libri
non sono certo così accessibili.
Ecco quindi un incontro con un
filosofo al tempo stesso limpido
e segreto, popolare e, a modo
suo, aristocratico. Questi brani
di conversazione danno solo una
idea ridotta dei campi attraversati da Michel Serres durante la
sua lunga carriera. Filosofia delle
scienze e della comunicazione
{Hermès, Editions de minuit), del
diritto {Le contrat naturel, Editions François Bourin), della storia {Rome, Grasset); meditazione
sul mondo sensibile, o per dirlo
più semplicemente, sulla golosità
{Les cinq sens, Grasset), sulla
letteratura {Zola, in Feux et signaux de brume. Grasset, e Jules
Verne in Jouvences, Editions de
minuit); infine l’educazione, argomento del suo ultimo libro,
uscito nel momento stesso in cui
il suo autore veniva accolto all’Académie Française {Le tiers
instruit, Editions François Bourin),
Questo lungo viaggio, che attraversa la cultura e la storia, si
apre verso l’alto. Michel Serres
evoca costantemente una fede
cristiana che è allo stesso tempo
la sua eredità e la sua domanda.
Interrogazione che dobbiamo
guardarci dall’affrettare o dal ricuperare. Non dice egli stesso:
« Dio è il nostro pudore :
Egemonia della
scienza: i rischi
sione; e non è certo lo spettacolo
del XX secolo, con i suoi immensi progressi scientifici e le sue
regressioni arcaiche, che mi darà
torto.
— Lei non distingue, come fanno alcuni, tra scienza e tecnologia, tra scoperte e loro applicazioni?
— No. E’ una falsa distinzione.
Tutto è concatenato. 'Potrei darne
mille esempi: la tecnologia e la
scienza camminano con lo stesso
passo. Già le scoperte di Lavoisier, ad un livello del tutto teorico, sono dovute al fatto che egli
aveva bilance molto più precise
dei suoi predecessori.
I crimini
imprescrittibili
— Filosofo delle scienze, la
sentiamo però preoccupato di
una egemonia scientifica troppo
assoluta. Lei scrive in Le tiers
instruit: «La scienza diventerà
saggia quando lei stessa si tratterrà dal fare tutto ciò che può
fare... ».
L
— Sono di una generazione per
la quale il progresso dell’umanità doveva essere essenzialmente
scientifico. Ma anche di una generazione che, a partire da Hiroshima e da alcuni altri guasti di
questo genere, ha cominciato a
porsi delle domande. Non nego
che la scienza sia un fattore di
progresso, dico che, se c’è progresso, bisogna pagarlo in qualche modo.
Sono stato n lungo amico di
Jacques Monod e sono stato uno
degli ultimi a vederlo. Sul letto
di morte, cali mi confidava che,
all’epoca di Hiroshima, lui, che
era diretUme dcH’Instilut Pasteur, aveva buona coscienza rispetto ai suoi amici fisici: loro
avevano più o meno direttamente
collaborato ad un’opera di mol te,
lui a dei vaccini che salvavano la
vita. Ma ormai si chiedeva: « Il
boom demografico non è dovuto,
anch’esso al progresso della ricerca, della ricerca medica in
particolare? ». Prendeva coscienza che i nrogre.ssi più difendibili
dovevano anche loro essere pagati. Ho l’intuizione, senza potere
del resto farne la dimostrazione
rigorosa, che ad ogni progresso
corrisponde una certa regres
— Lei scrive, in Le contrat naturel: « Per la prima volta da trecento anni, la scienza .si rivolge
al diritto, c il nuovo processo di
Galileo, la terra si commuove ».
Cosa significa?
— La nostra generazione è la
prima a considerare la terra nel
suo insieme. Nel fatto che l’uomo
vada sulla luna non è la scoperta della luna ad es.sere più importante, è il fatto che egli possa
osservare la terra intera. E tutta
la nostra generazione vede la terra insieme ai cosmonauti. La scopriamo, c scopriamo anche che il
minimo nostro atto, ad esempio
l’uso di bombolette spray, può
mettere in pericolo, con un atto
locale e circoscritto, un enorme
equilibrio globale. E questo è del
tutto nuovo. La filosofia deve tenerne conto. Ciò che viene chiaiTia*n la fine delle ideologie — e
che io aspettavo con impazienjra — è la fine delle filosofie fonda>^e sulle scienze umane: sociologia, psicologia, ecc. Tutte le filo
sofie fino ai giorni nostri erano
fondate sulle scienze umane ed
erano « critiche ». Ciò che Ricoeur esprime molto bene quando parla dei « maestri del sospetto »: Nietzsche per la morale,
Marx per l’economia, Freud per
la psicanalisi.
Ecco due punti che mi mettono
in disaccordo con la mia generazione: la mia riflessione non si è
fondata sulle scienze umane, e
non è critica. Essa è fondata sulle
scienze pure, la fisica ad esempio,
ed è costruttiva.
— Lei che scrive in Rome:
« Raramente il vincitore vince »
cosa si aspetta, cosa teme a proposito del conflitto del Golfo?
— Ha appena evocato le violenze del XX secolo. A più riprese i suoi libri presentano la nozione di « prescrizione ». Ora molti
temono che la violenza sia dovuta alla dimenticanza e vogliono
che certi crimini cosiddetti « contro l’umanità » siano imprescrittibili...
— La parola « prescrizione » è
un termine di diritto. Di diritto
civile: dopo un anno, ciò che avete trovato vi appartiene. Di diritto penale: doipo un certo numero
di anni, un processo non è più
possibile. C’è anche il significato
letterale della parola. « Prescrizione » è ciò che viene scritto in
capo al testo, non è quindi scartato dalla memoria, ma si dichiara che il processo è concluso.
Quando Cristo paria del « buon »
samaritano, egli attua questo tipo
di prescrizione. Non si può immaginare quanto odio implicas.5e
l’immagine dei samaritani per
gli ebrei al tempo di Gesù. Gesù
non chiede che essi vengano dimenticati. AI contrario, ce ne ricordiamo grazie a questa parabola. Ma egli sopprime il carattere odioso collegato alla memoria del samaritano. E’ un po’
come in Tintin nel Tibet: 1’« abominevole » uomo delle nevi si rivela ospitale e caritatevole. In
questo senso vi è prescrizione. Dimenticanza e ricordo nello stesso
tempo. Ci vogliono tutt’e due; se
ci si ricorda di tutto o se ci si dimentica di tutto, nei due casi si
diventa pazzi. Per quanto mi riguarda, penso che Gesù è morto
perché ha detto: il « buon » samaritano. Scrivo, in Le tiers instruit: « Il giorno in cui un qualunque racconto dirà: ”11 più
abominevole è buono” il Messia
avverrà ». Di fatto, il Messia è già
venuto poiché ha detto questo, e
r.e è morto!
— Ho concluso il mio discorso
di ricevimento all’ Accademia
francese più o meno in questi termini: « Ditemi, voi che siete riuniti qui, ditemi, se la sapete, la
ricetta per vincere senza crimine ». E’ molto semplice, vinceremo questa guerra. L’abbiamo vinta fin dalla prima notte. E in
quanto al bilancio, si sa già che
farà apparire uno squilibrio tremendo delle perdite: qualche decina di morti da un lato, centinaia di migliaia dall’altro. Abbiamo vinto questa guerra, vale a
dire, in fin dei conti, che Fabbiamo persa. L’ho ripetuto dappertutto. Facciamo questa guerra se
lo volete, ma o la perderete e la
perderete; o la vincerete e la perdere. In ogni caso perderete.
Il vincitore vince
raramente
— Questo riferimento religioso
come potrebbe ancora "funzionare ? IjCì stesso dice: «Inventate
le scienze umane, non avrete più
religione ». Le abbiamo inventate. La modernità è pertanto condannata all'incredulità?
Non si deve isolare questa
citazione dal suo contesto. Dico
questo a proposito dell’analisi
del nome Jupiter. In Jupiter c’è
« ju », il giorno, e « piter », il padre. Giorno del padre, o luce del
cielo^padre, o ancora Padre dei
cieli. Due parti: da un lato il
giorno, la luce; dall’altro il padre.
Le scienze fisiche hanno soppresso il carattere divino del gior
— Lei, che è così dedito a scoprire i grandi miti nascosti nei
conflitti passati, cosa vede in atto oggi?
— La parola « primitivo » ha
due significati in francese: significa originario, ciò che è accaduto all’inizio; e anche bestiale, selvaggio e violento. Ebbene, la prima notte, abbiamo buttato diciannovemila tonnellate di bombe tra il Tigri e FEufrate. Mi
sembra che tra il Tigri e FEufrate c’è un luogo chiamato Eden,
il luogo cioè dal quale i tre monoteismi, che si affrontano in
questa guerra, sono d’accordo nel
dire che l’umanità ha iniziato.
E’ un luogo primitivo e vi facciamo prova degli atti più primitivi. E’ una regressione nel senso sia cronologico sia animale.
Bombardare il paradiso, che simbolo! Da quel paese è nata la
nostra storia, la scrittura alfabetica, chissà cos’altro ancora! E’
la nostra origine assoluta! E ci
permettiamo la regressione più
fantastica del secolo portandovi
la violenza più arcaica. Ciò che
succede laggiù può certo essere
interpretato in termini di « mito » ma, soprattutto, possiamo
leggerlo attraverso ciò che ci dice
la no.stra propria religione: è il
simbolo del « paradiso perduto ».
Evidentemente l’abbiamo perduto. Abbiamo perso.
no e quindi « che sei nei cieli »
non si capisce più. Non c’è più
religione dal lato del giorno. Da
un secolo e mezzo analizziamo la
relazione paterna, sia essa autorità civica o autorità familiare,
e sappiamo ora di che si tratta.
Sappiamo quel che diciamo quando diciamo il nome del padre.
Dunque: fate delle scienze fisiche e non avrete più religione.
Fate delle scienze umane e non'
avrete più religione. Ma vado
avanti chiedendomi: d’accordo,
conosco molte scienze fisiche e
non ho più religione. Conosco le
scienze umane e non ho più religione. Ma non c’è scienza che
mi spieghi perché c’è un trattino
tra i due, tra « ju, il giorno, e
« piter », il padre. Nessuna scienza per spiegarmi perché ho un
padre sotto la volta del cielo!
Tutta la religione sta nella virgola tra « Padre nostro » e « che
sei nei cieli ». Tra, da un lato, le
scienze umane e, dall’altro, le
scienze fisiche. Qggi, nel 1991, tutta la religione è lì, tra questi due
massicci. Sembra completamente
cancellata, non la si vede più, ma
rimane.
è questo, d’altronde, che spiega
lo sviluppo delle scienze.
— Ma la mentalità scientifica
non inizia con Gesù Cristo?
— Prima, non c’era scienza.
C’era la matematica, non c'era,
per essere esatti, quel rapporto
equazione-sperimentazione che
spiega il fenomeno. Il vero procedimento scientifico implica
l’uscita dal sacro. E questa uscita dal sacro è stata possibile
solo ne! cristianesimo, e ciò in
ogni campo. Ha mai viaggiato in
paesi dove tutto è ancora sotto
il regime del religioso? Tutto:
mangiare, curarsi, consultare un
avvocato!. Che servitù! Per il
diritto, l’uscita dal sacro è san
Tommaso d’Aquino a realizzarla,
stabilendo il diritto civile distinto dal diritto canonico. Egli inventa la laicità ed è una liberazione straordinaria...
— Per lei, cos’è un filosofo?
Pongo la domanda in modo più
brutale: a che cosa serve?
Dio è infinitamente
fragile...
— Lei ha detto: « Dio è il nostro pudore...».
— Infatti, credo che Dio sia
infinitamente fragile. E che dobbiamo proteggerlo. Non credo
che egli sia infinitamente potente.
Ciò che ha di infinito è la sua fragilità. Per questo può essere protetto soltanto in ciò che c’è di
più nascosto in noi.
— Lei dà molto spazio alla poetica cristiana. Penso a ciò che
dice della Cena, dell’immacolata
concezione, ecc... Per lei, questa
poetica si distingue davvero dalle mitologie antiche di cui parla
abbondantemente?
— Ma certo che si distingue!
Il cristianesimo non è in alcun
modo una mitologia fra altre.
Anzi, è la fine delle mitologie. A
partire dal cristianesimo, non ne
vediamo più nascere. E’ la risposta che do a Nietzsche quando si
lamenta del fatto che il mondo
moderno non è stato capace di
inventare mitologie. Se non ne
abbiamo inventate, è perché il
cristianesimo ne ha ucciso perfino la possibilità. Credo che le
scienze umane si sbaglino radicalmente quando considerano il
cristianesimo come una mitologia
fra altre. E’ invece l’uscita dalle
mitologie, l’uscita dal sacro. Ed
— Ci sono due domande possibili, A che cosa serve un filosofo, ma anche « cosa » serve e
« chi » sei-ve? Non serviamo a
nulla, vendiamo vento. Ma credo
anche che l’umanità sarebbe ancora più misera se noi non fabbricassimo del vento o, se si
vuole, del senso. La guerra del
Golfo alla televisione, alla radio,
nei giornali non è proprio nulla.
E questo nulla tutti si battono
per dirlo e ascoltarlo. Lei mi ha
posto una domanda sul Golfo.
Le ho risposto: è il « paradiso
perduto ». Non è la soluzione del
problema, ma questo crea senso.
Ecco a cosa serviamo: a dare
un senso. E poi serviamo ai piccoli! A questi giovani sedicenni
o diciassettenni ai quali insegniamo. Insegniamo loro che la
vita non è soltanto la guerra,
che essa può avere un altro senso. Allora, sì. non serviamo a
nulla. Ma può darsi che fuori
della filosofia si cada, nell’abbrutimento, nel discorso che
sentiamo oggi: noi abbiamo il
diritto, lui è il male, lo ho provato questo per l’Algeria, per
l’Indocina, per la seconda guerra mondiale. Ho sempre sentito
lo stesso discor.so. E’ lo stesso
fin dai tempi di Atene e di Roma.
E’ il discorso più ripetitivo della Storia. Noi ci permettiamo
una regressione allo stadio... (si
succhia il pollice), capisce cosa
voglio dire. La filosofia serve ad
evitare la stupidità universale.
Intervista a cura di
Jean-Pierre Manigne
(Traduzione di
Jean-Jacques Peyronel)
8
8 fede e cultura
12 aprile 1991
NOVITÀ’ CLAUDIANA
PADOVA
Regime fascista
e chiese evangeliche
Un lavoro profondo e meticoloso su archivi e documenti ci restituisce l’atmosfera di quegli anni di soprusi e discriminazioni diffuse
La migliore presentazione di
un’opera quale quella di Giorgio
Rochat ( 1 ) consiste nel farne
conoscere l’indice, che è il seguente:
Le chiese evangeliche all’inizio
degli anni ’20; Il mutamento del
quadro nazionale; Chiese evangeliche e ordine pubblico negli anni
’20; L’YMCA e gli interventi diplomatici anglo-americani; L’occhio della polizia sui pastori; I
pentecostali negli anni’20; La
legislazione sui culti ammessi;
I rapporti con il governo
fascista,. alcuni casi concreti; Le
Valli valdesi; Le chiese evangeliche a nord di Roma negli anni
’30; Le chiese evangeliche del
Lazio e dell’Italia meridionale
negli anni ’30; Il mancato riconoscimento dell’Esercito della
salvezza; La proibizione del culto
pentecostale; Il rilancio della repressione dei pentecostali; I testimoni di Geova; Gli anni di
guerra 1940-1943.
Ciò premesso, va detto della
particolare capacità di Giorgio
Rochat di portarci in casa un
archivio essenziale e ragionato
dei documenti concernenti la materia considerata, frutto di una
ricerca meticolosa, innestata su
un’ampia visione storica. Se poi
la materia si trova ad essere
relativamente vicina a noi nel
tempo e prossima p>er l’ambiente
è come se un film, girato in
bianco e nero, fosse, per la partecipazione dei lettori alle vicende
che vi scorrono, quanto meno
come spettatori, proiettato a colori.
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11
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Dagli anni '20 al ’43 le angherie-piccole e grandi, locali o di
più vasta e differenziata area
geografica, del regime fascista
nei confronti delle chiese evangeliche vengono descritte nelle loro
sfumature, con opportuni riferimenti alle situazioni giuridiche
e politiche dei tempi ed alle disuguali esigenze del regime sia
in rapporto alla Chiesa cattolica
sia di fronte al contesto intemazionale.
TI comportamento burbanzoso
sino al grottesco dei capetti, la
supponenza del duce e degli alti
gerarchi, la servilità dei ministri,
Te iniziative dei prefetti, talora
ridimensionatrici di denunzie
‘ Giorgio ROCHAT, Regime fascista e
Chiese evangeliche, Torino, Claudiana,
1990, pp. 345, L. 38.000.
Sarà quella dell’umorismo
l’idea guida della quarta edizione del Salone del libro di Torino. Lungi dall’identiñcarsi con il
disimpegno; la faciloneria e con
l’etichetta di letteratura di consumo, il genere comico-umoristico permette di ripercorrere e
scoprire modi diversi di affrontare e interpretare la realtà che
ci circonda.
Non a caso, nell’ambito dei
convegni e dei seminari che caratterizzano ogni anno la « mostra-mercato » del libro ci sarà
proprio un confronto a distanza, una serie di interviste immaginarie con alcuni grossi calibri
della letteratura mondiale. Essi
saranno abbinati a scrittori di
oggi, critici, studiosi che per un
verso o per l’altro interpretano
lo scrivere sotto il segno dell’umorismo.
Cosi avremo, per esempio, Alberto Arbasino che terrà la sua
lezione su Gadda, Umberto Eco
su Achille Campanile, il regista
Nikita Michalkov su Cechov,
mentre Evgenij Popov, scrittore
originario della Siberia, affronterà l’umorismo (magari sardonico, magari agghiacciante, ma intellettualmente ricchissimo) di
Franz Kafka.
Altre iniziative saranno quella
del convegno su « Europa-America; due civiltà a confronto », che
affronterà il tema della conquista e dell’incontro con 1’« altro »;
la presentazione dei migliori risultati dell’esperienza « La scuola che scrive »; l’esposizione di
una ricerca scientifica sull’industria del libro in Italia; gli « incontri-scontri » tra autori e critici; un dibattito sul libro nell’Europa unita.
Alla presentazione, avvenuta
nella evocativa biblioteca dell’Accademia delle Scienze il 28 marzo, un giornalista ha chiesto perché manchi dall’elenco delle iniziative una panoramica sull’editoria in materia di pace e di
guerra; sarebbe stato attuale ed
importante in questo momento,
ma i tempi di organizzazione del
Salone non l’avrebbero consentito. Porse si farà in futuro...
Al Salone, che si terrà dal 16
al 21 maggio prossimi, sarà presente anche l’Editrice Claudiana
con il consueto stand.
A. C.
I significati
della preghiera
Non si (deve perdere il legame con l’azione Tendere ad un mondo diverso, da realizzarsi
calunniose, le istigazioni di vescovi e preti alle autorità per richiedere interventi drastici contro
« i protestanti » si intrecciano in
un tessuto di chiaro colore repressivo.
Il diverso trattamento, sia pure
di volta in volta cangiante a seconda del contesto generale nei
confronti delle chiese « storiche », ritenute tutto sommato
costituite da persone « per bene »
e quindi non pericolose, a fronte
di quello riservato a quelle con
maggior presa su strati popolari
e contadini è una caratteristica
dell’epoca, posta in tutta la sua
evidenza dall’autore.
Un’appendice contiene l’elenco,
che riempie ben 9 fitte pagine,
di evangelici e testimoni di Geova condannati al carcere e al
confino nel periodo dal 1927 al
1943; Un «ruolo» di testimoni
deH’Evangelo e della libertà di
coscienza che non si può scorrere senza un fremito di commozione.
Per finire, un’annotazione tratta da una nota alla premessa,
con la quale l’autore avverte;
« Nel testo usiamo il minimo indispensabile di maiuscole ». Mi
pare un piccolo segno di sobrietà... protestante in un tempo di
profluvio di parole e di retorica
velleitaria.
Aldo Ribet
TORINO: A MAGGIO IL IV SALONE DEL LIBRO
La Strada deirumorismo
Il gruppo di attività femminile della chiesa metodista di
Padova ha organizzato nello scorso mese di febbraio una serie di
tre conferenze per un confronto
fra ebraismo, protestantesimo e
cattolicesimo sul tema della preghiera. Il rabbino capo di Padova, dr. Viterbo, ha messo in evidenza nel suo intervento l’impostazione religiosa ebraica, che dà
alla preghiera un significato liturgico collegato non già all’idea
di « richiesta di favori », ma piuttosto alla lode, al ringraziamento, all’inno, alla confessione, alrinvocazione, alla benedizione. La
pastora Erika Tomassone ha riproposto l’idea protestante del
rapporto fra azione e preghiera.
Ha contestato il ritorno a forme
liturgico/ripetitive quali appunto
il silenzio rituale, le invocazioni
e le confessioni di peccato predisposte, l’intercessione per gli
altri. Ha insistito sull’opportunità di dar valore al significato più
autentico della preghiera come
riconoscimento del posto a noi
assegnato da Dio nel suo piano
per questo mondo.
I dubbi su una
vecchia formula
Pregare per gli ammalati, gli
afflitti ed i poveri significa spesso supporre un Dio distratto, incapace di adempiere i suoi doveri. Si finisce così col trasferire
su di lui le nostre insufficienze.
La preghiera deve invece servire
a potenziare la nostra azione per
consentirci im effettivo inserimento nel progetto divino.
La preghiera silenziosa e quella spontanea durante il culto hanno perso il loro valore originario
e hanno finito col generare imbarazzo e prevaricazione nei confronti dei più timidi. Che fare
dunque? Un elemento centrale
dell’originario discorso protestante dovrebbe rimanere fermo:
la preghiera non può essere disgiunta dall’azione; non esistono
preghiere — o veglie di preghiera — sostitutive al fare. Il pregare deve consentire la tensione
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Sabato 13 aprile — ROMA: All'assemblea dei soci della Società biblica
italiana (alle 14.30 presso la sede di
via IV novembre, 107) seguirà una tavola rotonda sul tema: « Esperienze
inerenti la diffusione della parola di
Dio in Italia », a cui intervengono i
professori Corsani e Boggio, il past.
Marrazzo delle chiese avventiste,' e
la sig.ra Clapis (Adi).
Domenica 14 aprile — ROMA: Il secondo appuntamento organizzato dal
SAE sul tema « La "nuova” Europa:
compito ecumenico » si tiene presso
le suore missionarie francescane (via
Giusti, 12) con inizio alle ore 16. Il
teologo ortodosso romeno Petre Coman darà una lettura-testimonianza ortodossa sull'argomento. Riflessione biblica del past. Paolo Marziale.
Lunedì 15 aprile — MILANO: Per
il ciclo « Dio: parola e silenzio », organizzato dal SAE, si tiene il VI incontro sul tema: « Reazione ebraica
all'annuncio cristiano », con Inizio alle ore 18, in via F.lli Gabba, 7/b.
Martedì 16 aprile — MESTRE (Ve):
Alle ore 17, presso la Chiesa valdese, per l'organizzazione del comitato
« Il sostegno », si terrà un incontro
interconfessionale fra pastori, sacerdoti e laici impegnati, guidato dal past.
Alfredo Berlendis, sul tema « L'assistenza religiosa ai malati di Aids e
ai loro familiari ».
Martedì 16 aprile — MILANO: Dalle
ore 18 alle 20, nella sala di via Sforza (1° piano) si tiene il secondo incontro del corso biblico a cura del
prof. Ugo Gastaldi, sul tema: « Dallo
Shed alla resurrezione dei morti. Il
messaggio dell'Antico e del Nuovo Testamento ».
Giovedì 18 aprile — TORINO: L'ultimo incontro sulle donne nella comunità apostolica si tiene alle ore
20.30 nella sala di via Pio V, 15 (1"
piano). La pastora Erika Tomassone
introdurrà il tema: « La chiesa che è
nella casa di lei: la chiesa domestica nel libro degli Atti ».
Venerdì 19 aprile — CINiSELLO B.
(Mi): Il centro « J. Lombardini », nel
quadro dell'iniziativa • La cultura ritrovata » promossa dal comune, ha organizzato a Villa Ghirlanda, via Frova, 10,
ore 21, tre conferenze sul tema: «Tra
centralismo e autonomia: ripensare la
società e la politica ». L'ultimo appuntamento verte sulle « Ragioni di una
protesta e ambiguità di una proposta ».
Intervengono il giornalista V. Moioli e
l'antropologo Michele Straniero.
Sabato 20 aprile — MILANO: Il prof.
Luigi Bonanate dell'Università di Torino parla alle ore 17 nella sala adiacente alla Libreria Claudiana, sul tema « Guerra "giusta": riflessioni sulla violenza e la guerra », che sarà
affrontato dal punto di vista filosoficopolitico.
verso un mondo diverso, sì da
realizzare il divario fra le nostre
insufficienze e l’assoluto del regno di Dio. Per questo, il Padre
Nostro rimane pur sempre esemplare, nella sua tensione fra « il
già e il non ancora ».
Nel dibattito successivo, la pastora Tomassone ha avuto modo di sottolineare la funzione delle donne nel pastorato: esse, anziché accogliere passivamente i
moduli maschili e maschilisti,
hanno dato luogo ad una sorta di
ripensamento e di rivisitazione
« al femminile » non solo della liturgia e della preghiera ma di
tutta la teologia e delle stesse
modalità di educazione dell’infanzia.
Preghiera; una
triplice dimensione
Don Toflfanello (docente del seminario vescovile di Padova) ha
chiarito il ruolo che per il credente cattolico ha la preghiera
nella sua triplice dimensione liturgica, devozionale e privata.
Nella preghiera liturgica è possibile attraverso il sacerdote —
rappresentante della chiesa universale — stabilire un rapporto
diretto e corale con Dio. In quella devozionale la mancanza di assistenza comunitaria genera un
senso di solitudine, a cui si supplisce con il ricorso a particolari
devozioni nei confronti dei santi.
Questo tipo di preghiera ha caratteri spesso ambigui e, se risponde a reali esigenze del fedele, può anche degenerare in forme superstiziose che la chiesa ha
sempre inteso combattere. Anche la preghiera privata si collega all’idea di solitudine, a cui si
sopperisce con la richiesta di una
più alta forma di intercessione:
quella di Maria. In definitiva, il
rapporto non mediato con Dio
per il cattolico si realizza in maniera perfetta solo nella preghiera liturgica.
Il colloquio e le
sue mediazioni
Nel successivo dibattito è stato
fatto notare (P. Rossi) che anche
nella preghiera liturgica il cattolico è costretto a fruire di mediazioni; il colloquio delTanima
con Dio si svolge pur sempre attraverso intermediari (sacerdote,
transustanziazione, liturgia), che
tolgono la gioia del contatto diretto. Qualcuno (S. Guargena)
ha chiesto chiarimenti circa il
valore attribuito dal cattolicesimo attuale alla preghiera penitenziale. Don Toffanello — pur riconoscendo che ancora la preoccupazione penitenziale, viva in
molti cattolici, rappresenta un
serio ostacolo anche per i confessori — ha ammesso che in
un’ottica teologica moderna la
tradizionale commistione fra preghiera e penitenza dovrebbe venir sostituita da un più profondo
e personale convincimento di
conversione e rigenerazione delTanima. Non ha avuto risposta la
domanda sulle motivazioni dello
scarso impegno della Chiesa cattolica nelTeducare i fedeli a questo tipo di preghiera. Una richiesta relativa al ruolo dei chierichetti nel culto cattolico (Riccardo Cristoferi) ha offerto l’occasione per un’informazione più
completa circa il nuovo modo di
celebrare la messa cattolica in
base alle disposizioni del Concilio Vaticano II.
Paolo T. Angeleri
9
F
12 aprile 1991
valli valdesi
TORRE PELLICE
Chiaro
e scuro
C'è voglia di autonomia alle
valli. Gli amministratori dei nostri comuni sono accorsi numerosi all’appuntamento con il progetto di una nuova provincia alpina proposta dal sindaco di Torre Pellice nel dibattito di cui riferiamo qui a fianco.
Nel sentimento comune di persone che si sono impegnate a
fondo per amministrare la cosa
comune, la provincia alpina appare come l’ultima spiaggia di una
battaglia autonomista che sembrava persa.
Con la nuova legge sui poteri
locali la provincia ha competenze definite: difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente, prevenzione delle calamità, valorizzazione delle risorse idriche
e energetiche, dei beni culturali,
viabilità e trasporti, protezione
della flora e della fauna, parchi
e riserve naturali, caccia e pesca, smaltimento rifiuti, àisciplina degli scarichi e delle emissioni in atmosfera, igiene e profilassi pubblica, istruzione secondaria, formazione professionale,
la programmazione territoriale.
Finalmente c’è un ente locale
che può governare il territorio
essendo vicino alla gente. L’idea
della provincia alpina affascina
perciò molti. Non più viaggi a
Torino ed estenuanti attese nella sala di aspetto di questo o
quell’assessore in attesa della
promessa dell’agognato « contributo », ma un ente fatto di amministratori più controllabili dalla gente (e quindi più democratico) che governa i principali
problemi del territorio alpino.
Una provincia alpina, dicono
gli oppositori a questa idea, sarà una provincia povera. Non povera ma diversa, replicano gli
amministratori. Diversa perché i
montanari sanno usare le risorse meglio che nella metropoli dove amministrare vuol dire anche
spartire la torta partiticamente.
In montagna la regola è il servizio verso la comunità, anche
se le eccezioni sono sempre più
numerose. Se si toglie la subalternità al potente c'è la possibilità di amministrare bene. L’esempio delle provincie di Trento e Bolzano è Ti per dimostrarlo.
La provincia alpina mobilita,
ed è giusto impegnarsi perché
nasca. Ma questo vuol anche dire impegnarsi perché gli statuti
dei comuni abbiano contenuti di
libertà, autonomia e democrazia
almeno di pari qualità a quelli
che si richiedono per la provincia. Qui invece i nostri amministratori tacciono. Soprattutto
non fanno sapere ai cittadini, e
delegano all’esperto, al segretario comunale, quasi lo statuto
fosse un atto burocratico.
Se si vuole l’autonomia si cominci dal comune, si faccia crescere la democrazia. Se no la
provincia è solo un sogno.
Giorgio Gardioi
Per la provincia alpina
Ricco e denso il dibattito su un’idea che può essere di svolta nel
rapporto fra cittadini ed enti locali - Le varie ipotesi previste
La sala del Consiglio è piena,
qualcuno è costretto a partecipare al dibattito dal corridoio.
L’argomento è quello della « provincia alpina ». Si farà? non si
farà? quali i confini? quali funzioni?
Sono gli interrogativi che il
sindaco di Torre Pellice pone ai
suoi interlocutori; Luigi Rivalla,
consigliere regionale del PDS,
Enrico Nerviani, assessore regionale agli enti locali (DC), Luigi
Ricca, presidente della Provincia
di Torino (PSI), Nicoletta Casiraghi delTUnione delle provincie
italiane ed ex presidente della
Provincia di Torino (PLI), don
Vittorio Morero, direttore dell’Eco' del Chisone.
I politici torinesi rispondono
considerando la possibile provincia alpina come un esito possibile della « città metropolitana ».
La legge di riforma dei poteri
locali (142/90) impone infatti
alla Regione di deliberare entro
il 13 giugno la città metropolitana di Torino. La città metropolitana — dice la legge — si
sostituisce alla provincia.
Per Nicoletta Casiraghi se la
città metropolitana viene ridotta
a Torino e prima e seconda cintura, c’è il rischio che la o le
provincie restanti non abbiano
le risorse per funzionare meglio
e quindi è necessaria una città
metropolitana coincidente con
l’attuale Provincia.
Per Luigi Ricca invece bisogna
creare Ire provincie: la città
metropolitana, la provincia canavesana « a vocazione meccatronica » e la provincia alpina
di Pinerolo e valli Pellice, Chisone e Susa, con vocazione « turistica ».
Per l’assessore Nerviani la questione è aperta. Non ci sono
soluzioni ottimali, esistono pro
e contro alla città metropolitana
piccola q larga. La Regione sta
consultando i comuni e alla scadenza di legge farà le sue proposte.
Luigi Rivalta è per una città
metropolitana che serva a gestire i problemi metropolitani e per
la creazione di altre provincie
capaci di governare il territorio.
Vittorio Morero invece ribalta
il discorso. La montagna è diversa dalla metropoli. Bisogna tenere conto delle 'Specificità e rispettare l’autonomia della gente eli
montagna. E’ una questione di
democrazia. La provincia alpina
ottimale sarebbe quella con il
Saluzzese e le sue valli, il Pinerolese e le valli, la vai di Susa.
ALLA CARTOCHIMICA DI LUSERNA
Materiali inquinanti :
è ancora un mistero
LUSERNA S. GIOVANNI — A due settimane esatte dalla fuoriuscita di materiale inquinante, con conseguente moria di pesci, dalla
Cartochimica, non sono ancora chiare né le modalità con cui è avvenuto r«incidentè» (ricordiamo che l’azienda ha effettuato una denuncia
contro ignoti per un possibile sabotaggio) né l’esatta composizione
della sostanza immessa nelle acque. I campioni prelevati (nella foto
appunto gli operatori dell’USSL intervenuti sul posto) hanno evidenziato alle analisi la presenza di saponi, ma sono in corso ulteriori verifiche.
Non è stato confermato il divieto di uso agricolo dei terreni adiacenti il rio Gambrero e la gora Doni tuttavia, visto che comunque
i prati circostanti presentano anomalie nella crescita dell’erba, sono
previsti incontri fra amministratori e rappresentanti degli agricoltori.
^Vbeille
Assicurazioiii
AGENZIA GENERALE DI TORRE PELLICE
Via Repubblica 14 - tei. 0121/91820
MOBILIFICIO
esposizione e laboratorio :
via S. Secondo, 38 - tei. (0121) 201712
(di fronte alla caserma alpini)
TI dibattito ha più di una punta
polemica contro la Regione. E’
un organo centralista che non
valorizza le autonomie e costringe i comuni a diventare clienti
secondo logiche spartitorie del
potere (sindaci di Luserna e di
Ostanal. Il MAO (Matteodo e
Bronzât) è favorevole alle provincie alpine.
La Comunità montana vai
Pellice (Cotta Morandini e Borgarello) ha elaborato un documento che, pur non prendendo
ancora posizione sulla delimitazione, è favorevole ad una maggiore autonomia alpina.
Gustavo Malan ritiene giusta
l’idea della provincia alpina, ma
questa deve essere veramente alpina ed escludere la città di Pinerolo.
Alla fine poche le conclusioni
se non la registrazione da parte
deU’assessore Nerviani della volontà degli amministratori di
avere una provincia alpina.
Ma cosa ne pensa la gente non
addetta ai lavori? La proposta
che il MAO fa all'Eco del Chiso^
ne è quella di iniziare una raccolta di firme per sostenere quest’ipotesi. Si vedrà il consenso
che otterrà.
G. G.
PINEROLO
Accoglienza
allo straniero
Il « Gruppo di impegno per
l’accoglienza allo straniero », che
raccoglie in Pinerolo associazioni diverse che lavorano con il
medesimo intendimento a fianco degli immigrati, ha fatto uscire il primo numero del suo bollettino « L’étranger ».
Nelle pagine del ciclostilato si
trovano notizie relative ai vari ambiti di intervento e ai vari aspetti che la questione immigrazione assume nella vita
cittadina: dai corsi di alfabetizzazione all’esperienza della mensa, coi suoi numerosi problemi
(il fatto che non coincidano il
luogo in cui si « producono » i pasti con quello in cui vengono
consumati, da immigrati e volontari, nei giorni di mercato),
ma anche con la ricchezza del
contatto umano, in sedi « Informali » (non solo le riunioni
e i convegni stabiliscono il dialogo, anzi...).
Un immigrato, Mohamed, chiarisce poi le motivazioni che portano in Italia, e soprattutto il
fatto che lo straniero non potrà integrarsi se non trovando'
casa e lavoro.
Completano il fascicolo, reperibile presso la Comunità di base e presso l’Arci, una predicazione tenuta a S. Lazzaro e delle schede sull’Islam e sulle etnie arabe.
Farmaci: sono
tutti necessari?
TORRE PELLICE — Sono ve
ramante tutti necessari i farmaci che vengono acquistati? Se
non vengono utilizzati, siamo
consapevoli che occorre smaltirli in modo differenziato dai comuni rifiuti in quanto classificati pericolosi? A quanto ammonta la spesa farmaceutica dell’USSL 43?
Sono questi alcuni degli interrogativi su cui discuteranno venerdì 12 aprile, alle ore 21, presso la sala consiliare del Comune di Torre Pellice, il coordinatore delTUSSL 43 Giovanni Rissone, il dott. Danilo Mourglia e
l’ecologa della Comunità montana vai Pellice, Marisa Bigo. L’iniziativa si svolge nell’ambito del
mercatino biologico mensile che
si svolge il secondo sabato del
mese.
Oasi del Barant:
riaprire la caccia?
BOBBIO PELLICE — Ogni
tanto c’è chi parla di riaprire
alla caccia almeno una parte dell’oasi di protezione del Barant,
4.000 ettari di territorio, in cui
gli animali sono salvaguardati
secondo le volontà anche dei
cacciatori, espresse negli anni
’60.
Ancora recentemente il Comparto alpino della vai Pellice si
è espresso in modo negativo su
questa ipotesi, ma ora alcuni
cacciatori locali tornano alla carica.
« Ci sono troppi mufloni e troppi cinghiali — dicono — e bisogna entrare nell’oasi per ridurne la presenza »; sul tema si
è svolta una prima riunione la
scorsa settimana fra alcuni cacciatori e un’altra si svolgerà nei
prossimi giorni; l’amministrazione comunale pare tuttavia contraria, in questo momento, alla
proposta.
Finanziamenti per
i danni dei 1990
TORINO — Entro il 27 maggio le imprese industriali, artigianali, commerciali e turistiche
che hanno ricevuto danni dalle
bufere di vento e dagli incendi
che imperversarono in Piemonte nei mesi di febbraio e marzo dello scorso anno potranno
chiedere un finanziamento per
riparare i danni ricevuti da quelle calamità. Questo è stato deciso dalla giunta regionale che
ha costituito un apposito fondo
con le Camere di commercio e
le associazioni di categoria.
L’intervento vuole consentire
alle piccole e medie imprese che
sono state danneggiate di riprendere a pieno ritmo la propria
attività produttiva.
In tutta la regione sono oltre 200 i comuni interessati alle provvidenze, molti nel pinerolese: Angrogna, Bibiana, Bricherasio, Luserna, Perrero, Pinerolo, Pramollo, Prarostino, San
Germano, San Secondo.
■ La Regione ha previsto, per la
gestione del fondo, una convenzione integrativa con i principali istituti bancari, agli sportelli
dei quali è possibile chiedere anche informazioni circa i meccanismi di finanziamento.
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10 valli valdesi
12 aprile 1991
FRALI
PERRERO
La neve del week-end ll comune e la guerra
Frali. L’irigresso di Ghigo dopo una nevicata.
La carenza delle strutture limita le presenze al solo fine settimana - Valorizzare le attrattive naturali per innescare il rilancio
Gli ultimi due anni di totale
assenza di precipitazioni hanno
provocato, nelle piccole stazioni
invernali di sci, generalmente poco o affatto dotate di impiar,ii
per la produzione di neve artificiale, un vero tracollo econorpico; due anni di incassi mancati
rappresentano un colpo gravissimo per aziende sovente a conduzione familiare.
In alcune località si è cercato
di correre ai ripari con l’acquisto
dei famosi ’’cannoni”, tuttavia,
senza grandi investimenti, anche
le superfici innevate risultano modeste e dunque poco appetibili.
Fra le località che hanno vissuto questi anni difficili c’è sicuramente Frali, in alta vai Germanasca; quest’anno però la neve è arrivata, abbondante e per
tempo; è consuetudine fare dei
bilanci attendibili dopo la settimana pasquale; vi saliamo in una
domenica affollata, complice uno
splendido sole, di turisti sulle piste o semplicemente impegnati a
godersi una delle prime giornate assolate dopo un limgo e freddo inverno.
Che la stagione sia stata favorevole lo confermano il sorriso e
le parole dell’amministratore della società che gestisce la seggiovia,
Giovanni Gay: « Sicuramente una
buona annata dopo le ’’magre"
degli ultimi anni, con la piacevole
sorpresa di questa coda di stagione ancora ottima; grazie alle
ultime nevicate, e se la temperatura non si alzerà troppo, potremo tenere aperte le piste, almeno
quelle alte, per tutto il mese di
aprile ».
Dunque il pienone sulle piste
anche se talvolta, proprio nei fine settimana, quando era ipotizzabile il tutto esaurito, ci si è
messo di mezzo il maltempo a
trattenere i possibili ospiti.
« Proprio sui fine settimana siamo costretti a puntare in modo
particolare — aggiunge il sig. Romano Grill la cui famiglia da oltre 30 anni lavora nel settore alberghiero col Miramonti — ed in
effetti questo è un limite. I tre
alberghi di Frali possono offrire
fino a 130 posti letto, oltre non
si va; se ci troviamo di fronte a
Hchieste per comitive numerose,
scuole, dopolavoro aziendali, magari cento persone che desiderano essere alloggiate nella stessa
struttura (e a me questa richiesta è venuta nel corso della stagione), non siamo in grado di rispondere positivamente e perdiamo delle buone occasioni ».
Frali, oltre 1600 seconde case
utilizzate, se va bene, al sabato e
alla domenica, soffre dunque di
carenza di strutture. « Negli anni ’60 — precisa il sindaco Franco Grill — si è puntato molto,
forse troppo, sulle seconde case,
col risultato di aver impegnato
gran parte delle aree fabbricabili ma con pochi risultati, a parte
il positivo impatto sulle aziende
edili o di artigianato collegate all’edilizia ».
« Una tappa particolarmente
negativa fu la chiusura, negli anni ’70, dell’albergo Malzat — aggiunge Romano Grill — quella
poteva essere una struttura in
Una crescita verso la cultura della pace - La
condanna della guerra e di ogni oppressione
grado di ospitare un centinaio di
persone ma dopo la chiusura è
stata trasformata a sua volta in
alloggi. D’altra parte a quel tempo c’erano anche problemi di viabilità; diverse volte gruppi di turisti furono bloccati da slavine e
dovettero tornare indietro; la gestione di un albergo grande come il Malzat fu caratterizzata da
notevoli difficoltà ».
Oggi dunque 1’« economia della
neve » deve fare i conti con questi problemi; molti addetti alle
strutture e agli impianti fanno
questo come secondo lavoro, i
maestri spesso vengono da fuori;
gli stessi negozi devono fare i
conti con un turismo, nella maggior parte di provenienza piemontese, che saie a Frali con la
spesa già fatta nei supermercati
cittadini. Tanta neve ma anche,
perciò, qualche rimpianto...
« Effettivamente la stagione —
precisa il sindaco — è stata buona, ma non ottima; le ultime annate hanno dirottato gli sportivi
dalle piccole stazioni come la no
stra o altre delle valli cuneesi verso quei centri, penso in particolare a Sestriere, in grado di offrire tutto, a dispetto dei capricci del tempo e a prezzi contenuti ».
C’è quindi necessità di un rilancio; una stagione buona non è
sufficiente. Occorre pensare a
pubblicizzare maggiormente la
località (anche quest’anno Frali
è rimasta fuori dai bollettini che
segnalano la quantità di neve e
l’apertura delle piste, mentre venivano date fruibili stazioni rimaste chiuse!), non solo per il turismo invernale ma anche per le
potenzialità estive. « Ci sono attrattive naturali — conclude il
sindaco Grill — che dovrebbero
essere maggiormente valorizzate;
in questo senso gli imprenditori
locali, la Fro Loco, lo stesso Comune stanno muovendosi per rilanciare il turismo estivo, anche
se per il momento non ci sono
ancora progetti ben definiti ».
Piervaldo Rostan
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Con superfici rispettivamente
di oltre 55 mila ettari e quasi 30
mila ettari le Comunità montane
valli Chisone e Germanasca e vai
Pellice, il cui territorio è totalmente classificato montano, apparentemente non dovrebbero
avere problemi a livello di risorse idriche (tranne nelle annate
eccezionalmente aride come le
ultime) né di purezza delle acque.
In realtà non è cosi e anche
nelle valli sono da tempo in atto
periodici controlli per verificare
la potabilità delle acque, controlli che hanno sovente evidenziato
dei problemi, delle lacune per lo
più legati ai sistemi di distribuzione.
Sono ancora troppe le fonti di
approvvigionamento suddivise
fra comunali, consortili, singole
fontane; nel territorio dell’USSL
42 esistono, più o meno grandi
e dunque con oggettive difficoltà
di controllo, ben 150 acquedotti.
Molte borgate sono alimentate
con piccoli acquedotti di tipo
consortile o con fontane private
di cui non si hanno i certificati
di potabilità.
D’altra parte un decreto del
1988 stabiliva alcune novità in
materia ed in particolare stabiliva l’istituzione di fasce di protezione intorno alle fonti di approvvigionamento che avrebbero
dovuto essere normate da suc
cessivi regolamenti; i regolamenti non si sono visti e la cosa
complica ulteriormente ogni possibilità di definire effettivamente
queste fasce di protezione.
Proprio per garantire comunque delle certezze alla popolazione servita le rispettive USSL
stanno intervenendo, anzitutto
(42) per una mappatura di tutte le fonti, un controllo periodico e la verifica del rispetto
delle zone di tutela. In vai Pellice l'USSL ha evidenziato come
i problemi riguardino generalmente inquinamento batteriologico limitato, collegato alle condizioni strutturali dei piccoli acquedotti, nonché al livello di
manutenzione, talvolta insufficiente.
Il consiglio comunale di Perrero, che si riunirà venerdì 12
aprile, sarà chiamato a discutere su una proposta avanzata da
consiglieri di minoranza e di
maggioranza.
La recente guerra del Golfo ha
fatto molto discutere circa la
sua legittimità, le sue conseguenze dirette ed indirette, dall’inquinamento di vaste àree di territorio al carico di odio e di incomprensione che finiranno per
ritardare ancora di più la soluzione dei complessi problemi dell’area mediorientale.
I consiglieri Claudio Pons e
Raimondo Genre (minoranza) e
Mauro Rostan e Franco Peyronel (maggioranza) hanno proposto un documento contenente
una serie di indicazioni che, se
recepite dall’intero consiglio,
rappresenterebbero un ulteriore
passo verso la crescita di quella « cultura per la pace » che
tutti auspicano.
I consiglieri propongono di deliberare la condanna della guerra e di ogni forma di oppressione dell’umanità; l’affissione di un
cartello metallico all’entrata del
paese con l’indicazione « Questo
Comune ripudia la guerra »; la
fornitura ai giovani di leva, in
sieme all’avviso di precetto alla
chiamata alle armi, di un fascicolo recante materiale informativo sulla opzione di svolgere il servizio civile sostitutivo di
quello militare; la richiesta al
ministero della Difesa per il distacco di un obiettore di coscienza presso il Comune, da inserire come coadiuvante di alcuni
servizi comunali. La proposta di
deliberazione chiede anche di inviare al governo italiano la richiesta di abolire la produzione
e il commercio di armi con ogni
stato estero, di favorire l’inizio
della riconversione delle fabbriche di armi in altre utili alla salvaguardia della vita sul pianeta,
nonché la richiesta di aiuti alle
popolazioni del Terzo Mondo, in
particolare a quelle colpite dalla guerra.
Sempre dal consiglio comunale dovrebbero venire indicazioni
circa quanto l’amministrazione
intende mettere in atto per la
creazione del nuovo statuto comunale, cosa che dovrebbe avvenire entro il prossimo 12 giugno; la discussione sul tema è
sollecitata da un’interrogazione
del capogruppo della minoranza,
Genre.
O. N.
COLLEGIO VALDESE DI TORRE PELLICE
Gli studenti
e la scrittrice
«Ascanio e Margherita» letto e commentato
con l’autrice: metocdo di studio appassionante
Nell’ambito delle numerose iniziative prese dal Collegio valdese di Torre Pellice, al fine di
offrire l’opportunità di completare i corsi scolastici attraverso incontri con personaggi significativi, lo scorso 6 aprile gli
studenti del liceo hanno avuto
la possibilità di un colloquio
con la scrittrice Marina Jarre,
incontro che è stato molto gradito agli studenti.
Dopo la lettura del libro
« Ascanio e Margherita », tenutasi in classe con l’insegnante
di storia locale come approfondimento dello studio delle vicende dei valdesi nel periodo storico che comprende il terribile
episodio delle Pasque piemontesi, questi hanno così avuto la
possibilità di chiarire eventuali
dubbi direttamente con l’autrice.
La Jarre, completamente a suo
agio nell’ambiente del Collegio
da lei stessa frequentato, ha risposto esaurientemente alle domande postò dai ragazzi, fornendo inoltre importanti notizie
sulla vita e sul lavoro di una
scrittrice, senza tralasciare piacevoli e interessanti curiosità
sulle sue esperienze di donna.
E’ stata, infatti, molto interessante la testimonianza riguardo alle sue origini lettoni, la sua
prima formazione in una scuola tedesca, il successivo incontro con la cultura valdese, avvenuto con il trasferimento da
ragazza nelle nostre valli, il suo
approccio con la fede, significativo tenendo conto che in famiglia coesistevano la confessione
ebraica del padre e quella valdese della madre.
Un incontro molto significativo, quindi. Da parte degli studenti la curiosità di un rapporto diretto con l’autrice di un testo su cui si è lavorato, la possibilità di capire le motivazioni
e le ispirazioni, da parte della
Jarre il piacere di tornare nella scuola a cui è legata tanta
parte della sua formazione culturale.
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11
12 aprile 1991
lettere 11
LA LINGUA
NEOTESTAMENTARIA
Dopo aver letto la presentazione
del libro di E. Schuessier Fiorenza
.« In memoria di lei », fatta dalla Nitti (n. del 2.11.1990) e l'articolo di E.
Bernardini « Nel testo, non fuori » (n.
dell'11.1.1991), desidero esprimere
qualche appunto circa l’uso della lingua dei libri neotestamentari, cioè della « koinè diàlektos ».
Premetto che condivido l’affermazione di Bernardini, con la quale conclude il suo meditato articoio.
Il mio appunto riguarda l’esempio
di Romani 16: 1 che definisce Febe
« con la forma grammaticalmente maschile del termine greco diakonos », e
di Tito 2: 3 che usa « il titolo maschile kalodidàskalos per le donne ».
Premesso che l’uso analogico ed
anomalo di una lingua precede nel
tempo la compilazione di grammatiche, di sintassi e di vocabolari della
stessa lingua, si fa presente che non
è esatto ritenere i due suddetti termini greci « grammaticalmente maschili ». Basta consultare un buon dizionario greco-italiano per constatare che
il loro genere dipende dall’articolo ad
essi premesso: se sono preceduti dall’articolo “ 0 », sono di genere maschile: se invece dall’articolo « e »,
sono di genere femminile. Essi possono inoltre assumere il genere del
nome, di cui fungono eventualmente
da apposizione o da nome del predicato. Nei due casi citati di Romani
16: 1 e di Tito 2: 3 essi fungono da
nomi del predicato (il verbo è » elmi »)
di Febe e di vecchie.
Qualora i due suddetti termini non
siano preceduti da articoli né fungano da apposizione e neppure siano
nomi del predicato, in tali casi si
devono considerare di genere maschile in senso inclusivo, giacché includono anche le donne, salvo prova contraria.
identico criterio si deve osservare
anche per le seguenti parole greche:
epìscopos, ànghelos, didàskalos.
Possono essere considerati « inclusivi » i seguenti termini greci di genere maschile: anèr (nel senso di
uomo, non di marito), profètes, adel
fòs (nel senso di fratello della comunità cristiana), àntropos, apòstolos,
presbùteros, egùmenos, acroatès, poietès, mimetès, allèlon, pseudoprofètes,
pseudodidàskalos, àghios, tìs, òstis,
ecc., salvo prova contraria.
Spero di aver dato un modesto contributo linguistico al fine di « una ricostruzione femminista delle origini
cristiane ».
Bruno Ciccarelli, Catania
UNA GUERRA A
TUTELA DELLA PACE
Mi riferisco anche ai contenuti del
» supplemento » al n. 8 de « La Luce » in data 22 febbraio 1991 redatto da Sergio Aquilante.
Senza tanta retorica né eccessivo
sfoggio storico e culturale la questione si riduce a semplici, pratici ed
umani argomenti cristiani.
Anche Gesù, dinanzi ai soprusi, alle prepotenze ed all’arbitrio usò la
violenza per scacciare i mercanti dal
tempio.
Il fratello Aquilante parla, nei suo
scritto, di « ordine politico voluto da
Dio ».
lo non credo che' Dio abbia previsto e voluto un « ordine politico »,
specie di stampo moderno (!) poiché
questo è piuttosto il frutto della u.m.ana disobbedienza alle sue leggi ed ai
suoi comandamenti.
E pertanto è proprio la politica che
ha tanta influenza e colpa anche nel
tragico evento della guerra!
Speriamo che in Iraq sia veramente finita e che non se ne parli più!
!o ho dovuto fare la guerra nelle
truppe combattenti e quindi so cosa
vuol dire. Ed ho perduto un figlio
in un bombardamento, pochi giorni
prima della fine delle ostilità!
Perciò non sono certo un guerrafondaio e conosco bene quale valore
abbia la parola » pace », in quanto,
fra l’altro, non appartengo a nessun
partito politico. E la politica ha tanta colpa nella guerra!
E’ chiaro e ovvio che tutto il mondo vuole la pace, ma se c’è ,« qualcuno » che nega questa parola, la
turba e la tradisce usando la poten
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardioi
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori: Alberto Corsani, Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
Comitato editoriale; Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Franco Carri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa NittI, Gino Conte,
Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli
via Arnaud, 23
10066 Torre
Stampa; Coop. Tipografica Subalpina
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino - telefono
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INSERZIONI
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EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Roberto Peyrot (presidente), Silvio evo
(vicepresidente). Paolo Gay, Marco Malan, Franco Rivoira (membri).
Registro nazionale ideila stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481___________________
Il n. 14/’91 è stato consegnato
delle valli valdesi il 5 aprile.
ili Uffici postali di Torino e a quelli
Hanno collaborato a questo numero: Archimede Bertolino, W^tco Fraschia. Mauro Meytre, Gregorio Plescan, Teofilo Pons, Paolo Ribet, Aldo
Rutigliano, Sandro Sarti, Mario Verdini.
za dei suoi mezzi finanziari e beliici
per scatenarli in azioni di violenza,
di prepotenza, di dittatura e di aggressione per sete di dominio?
Per forza bisogna fermarlo, contrastarlo, impedirlo nei suoi pazzeschi
piani di sopraffazione e di distruzione, adottando, naturalmente, anzitutto
ogni mezzo possibile di persuasione
attraverso la fervente opera tempestiva e paziente degli altri stati.
Ma se questo « qualcuno » fa orecchi da mercante?
Che cos’altro resta da fare, specialmente se ha già cominciato a mettere in esecuzione i suoi delittuosi
piani?
inviargli... delle cartoline illustrate
da tutto II mondo con la timida preghiera di « essere buono » e di ravvedersi?...
Dunque, ci vuole l’impiego delle
forze coalizzate per difendere la pace e cioè la guerra, unica, penosa,
dolorosa e tragica decisione!
Che ne dicono i « facili » obiettori
di coscienza?
Si fa presto a sbandierare il cosiddetto pacifismo ma non deve essere
un vuoto principio etico, morale, umano a carattere unilaterale.
E infatti le Nazioni Unite (organizzazione internazionale per mantenere
la pace nel mondo) sono state costrette a deliberare la guerra, appunto a tutela della pace!
E’ pertanto inutile e assurdo creare disordini e gridare al vento, ciò
che può essere controproducente, presentandosi, in definitiva, come una
specie di appoggio morale all’aggressore!
Non dimentichiamo che tutte !e nazioni civili si sono coalizzate contro
l’Iraq facendo dei grossi sacrifici, anche di vite umane, proprio per difendere la pace!
Quindi, le adunate, gli scioperi, i
comizi, i cortei, gli striscioni e i cartelli non debbono parlare di pace in
senso generico perché ciò significa rivolgersi a tutti e a nessuno... ma
debbono bensì additare e mettere alla gogna colui o coloro che hanno
ideato, voluto e scatenato il conflitto,
rendendosi i soli responsabili di crimini internazionali.
Sono questi che debbono sentire il
peso della loro tremenda responsabilità e colpa che non può certamente
sfuggire alla suprema ed eterna giustizia di Dio!
Ferruccio Giovannini, Pisa
L’ALDILA’
Caro Direttore,
vorrei precisare al fratello Aldo Cianci che nel dibattito tenuto a Padova
non ho affatto voluto aggirare la domanda su quanto succederà dopo la
morte per scarsa fede nella resurrezione.
La risposta che ho dato e che darei anche ora concludeva, almeno da
parte mia, il dibattito dopo le relazioni sul come era « l’aldilà »; paradiso/premio, inferno/punizione, modalità, ecc... Continuo a ritenere che tutto quanto possiamo dire sulla « nostra sorte dopo la morte » si esprime comunque con le nostre categorie umane, finite, in cui sono impliciti i nostri giudizi umani comunque
limitati.
Ripeto che il tema della resurrezione non è stato sfiorato ma tuttavia è più che possibile che, a questo riguardo, ci siano tra gli evangelici divisioni così come senza dubbio ne esistono a riguardo delle implicazioni etiche e sociali « della nostra fede ». E allora? Lo sappiamo
benissimo, I importante è confrontarsi fraternamente, senza giudìzi affrettati (scarsa fede, risposte poco meditate frutto di stanchezza).
Cordialmente.
Maddalena Giovenale Costabel, Padova
C’E’ BISOGNO DI
UN MOVIMENTO?
Leggo da qualche tempo sempre più
frequentemente su questo giornale
opinioni espresse a nome di un movimento denominato « Testimonianza
evangelica valdese ». So che questo
movimento esiste ormai da diversi anni, ma indipendentemente dalle idee
che esprime, confesso francamente
che ho sempre avuto perplessità sul
significato della sua stessa nascita.
Vorrei che le domande che seguono non venissero interpretate polemi
camente, ma considerate come animate da una sincera volontà di comprensione e di dialogo.
A questi fratelli vorrei chiedere
perché hanno ritenuto necessario mettersi insieme, come per distinguersi,
in una chiesa che mi pare aperta
alle idee ed agli apporti di tutti.
C’era bisogno di creare un movimento per esprimere dissenso sulle varie questioni? Non si corre così II
rischio di creare una chiesa nella
chiesa, i cui membri si sentano più
cristiani o più fratelli degli altri?
E’ evangelicamente giusto dividere
una chiesa cristiana in raggruppamenti diversi e magari in lotta tra loro
(ma in lotta per che cosa?), che ricordano tanto fazioni di altri contesti e di altre matrici?
A mio modesto parere un movimento di questo tipo può nascere solo dall’esigenza di ribadire principi ritenuti i soli giusti in contrapposizione ad altri principi ed idee non solo
da combattere come errati, ma da
mettere al bando.
Se fosse così (ma spero vivamente di essere smentito e di ,'ivere
spiegazioni diverse), i membri della
TEV dovrebbero seriamente interrogarsi su questa intransigenza alla luce
dell’evangelo e del significato di far
parte oggi di una chiesa protestante;
scomuniche, condanne e roghi ne abbiamo avuti già troppi.
Aldo Cianci, Polizzi Generosa (Pa)
ONU: I TESTI
ORIGINALI
Nell’ultimo numero è saltata la pubblicazione della scheda bibliografica
acclusa aH’articolo su Palestina e Onu.
La pubblichiamo ora, per i lettori interessati a informarsi direttamente
sull’argomento.
I testi inglesi di tutte le risoluzioni Onu sulla questione della Palestina (sono centinaia) sono raccolti, per
il periodo 1946-1986, in tre volumi che
possono essere ordinati alla Revue
d’études palestiniennes, c/o Les Editions de Minuit, 7, rue Bernard-Palissy, 75006 Paris. Nel numero 38 (Hiver
1991) della stessa rivista è stato pubblicato un sostanzioso » dossier » panoramico sulle più importanti risoluzioni Qnu.
Per un’informazione di base sugli
aspetti giuridici e di diritto internazionale della « questione Palestina » si
veda il compatto, assai dettagliato tascabile (216 pagine) di un gruppo di
giuristi italiani: Domenico Gallo, Roberto Maggia, Marco Rivetti, Agnello
Rossi, Cristina Tani, Israele e Palestina, diritto e giustizia, Roma, Ediesse,
1989. Indirizzo: Ediesse ed., via Goito 39, 00185 Roma.
Sa.
Mostre
che fanno discutere; parteciperà l’on.
Angela Migliasse.
PINEROLO — « Stiamo assistendo in
questi giorni ad un conflitto di ruoli
tra i vertici istituzionali che ha come protagonista il presidente della Repubblica italiana; (...) non sarà forse
in atto un’operazione restauratrice che
va nella direzione della fondazione di
una seconda Repubblica, più consona
agli interessi dei gruppi finanziari ed
industriali? ». Partendo da questi interrogativi è organizzato un incontro pubblico per lunedì 15 aprile, alle ore
21, presso il centro sociale di via
Lequio: interverranno Amos Pignatelli
e Claudio Canal.
Cantavalli
VILLAR PEROSA — Sabato 13 aprile, alle ore 21, nella palestra comunale, neH’ambito del Cantavalli, il
gruppo «Tre martelli» presenterà musica tradizionale di Langhe, Roero,
Monferrato.
RINGRAZIAMENTO
Il Signore dice: « Le sofferenze
del passato saranno dimenticate,
svaniranno davanti ai miei occhi »
(Isaia 65: 16)
I figli ed i familiari della cara
Luigia Pontet
ved. Ceninatti Roman
ringraziano di cuore tutti coloro ohe
con presenza, scritti, fiori e parole di
conforto hanno preso parte al loro dolore.
Torino, 30 marzo 1991
RINGRAZIAMENTO
La moglie, i figli ed i familiari
tutti del caro
Enrico Comba
(Richetu)
di anni 65, commossi e riconoscenti
per la grande dimostrazione di stima
e di affetto tributata al loro caro,
ringraziano di cuore tutti coloro che,
con presenza, scritti, fiori, parole di
conforto e opere di bene, hanno preso
parte al loro dolore. Un ringraziamento
particolare al pastore Paolo Ribet, al
dottor Vincenzo Della Penna, al professor Fasano di Torino, ai medici e al
personale dell’Ospedale valdese di Pomaretto, agli amici ex partigiani ed ai
vicini di casa.
San Germano, 31 marzo 1991.
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TORINO — « Le Alpi In scala », è
Il titolo di una mostra sull’immagine
della montagna, nella tecnica cartografica, che verrà inaugurata il 18 aprile
presso il Museo nazionale della montagna « Duca degli Abruzzi ». La mostra resterà aperta fino al 23 giugno.
PINEROLO — Sabato 13 aprile, alle
ore 19, Giuliano Giuman presenta nei
locali di ES Galleria d’Arte, la nuova
performance multimediale Transparent
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una fase della ricerca artistica che
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TORRE PELLICE — Venerdì 12 aprile, ore 17, avrà luogo una riunione
(via Repubblica 3, 2“ piano). Qdg; a)
appello per l’Azione urgente in favore del cittadino egiziano Handam Sabahi, giornalista, arrestato il 27.3.'91
per la sua opposizione alla guerra del
Golfo; b) lettera al presidente della
Commissione per gli affari religiosi
in Vietnam per il monaco cattolico
John Nghi; c) rendiconto dei risultati
del tavolino deila fiera primaverile
svoltasi a Torre Pellice il r aprile.
Incontri
LUSERNA SAN GIOVANNI — Venerdì 12 aprile, alle ore 21, nell’aula
consiliare, si svolgerà una serata sul
tema « Donne e lavoro », i tempi, le
pari opportunità: due testi di legge
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Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tei. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, (estiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
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Bibiana: FARMACIA GARELLA - Via
Pinerolo, 21 - Telef. 55733.
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Maestra 44 - Tel. 92744.
Ambulanza :
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SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
12
12 fgfei
12 aprile 1991
ECUMENE, 29 MARZO-1« APRILE
Le principali decisioni del X Congresso
La condizione del Mezzogiorno è un problema nazionale che impegna tutti gli evangelici: una priorità anche per i
giovani - Il percorso di fede dei singoli e dei gruppi di fronte a una domanda: «Chi è il Dio in cui crediamo?»
Iniziamo in questo numero la pubblicazione dei principali ordini del giorno approvati dal decimo congresso della Federazione
giovanile evangelica italiana.
In questa pagina riportiamo infatti le
mozioni che si riferiscono all'identità della
FGEI (che si manifesta nella volontà di andare « al cuore » della fede, con la proposta
del Campo studi « Chi è il Dio in cui crediamo »), all’opzione per il Mezzogiorno, al rapporto tra la Federazione e le comunità, al
protestantesimo italiano, alla questione dell’immigrazione, al cattolicesimo.
Nel prossimo numero riporteremo alcune
mozioni che sono vere e proprie « prese di
posizione » su problemi politici e sociali.
La condizione del|Mezzogiorno
Nello scorso decennio la FGEI ha
visto crescere la presenza di gruppi
giovanili evangelici nelle regioni meridionali, ha partecipato, attraverso
l'impegno di soreile e di frateili, ad
avvenimenti importanti della vita dei
Mezzogiorno come l'intervento nelle
zone colpite dal terremoto del 1980,
ha risposto positivamente, nella persona di alcune sorelle e alcuni fratelli, alla richiesta fatta nel 1983 per
la costituzione di un nuovo gruppo
residente al Servizio cristiano di Riesi, ha riflettuto, come testimoniano gli
articoli pubblicati su « gioventù evangelica », sulla questione meridionale.
Queste esperienze sono state valutate in modi diversi, anche in modo
critico.
Negli ultimi anni nuove generazioni
di giovani evangelici e di giovani evangeliche sono entrate a far parte della Federazione. Durante questo Congresso abbiamo constatato che gran
parte dell'elaborazione e dell'esperienza passate delia FGEI e delle nostre
chiese sul Mezzogiorno sono poco o
per nulla conosciute.
Oggi, l'espansione e il consolidamento di organizzazioni criminaii e di
poteri iliegali nel nostro paese, e la
creazione del Mercato unico europeo
alla fine del 1992, riportano anche alla nostra attenzione di cittadini e di
credenti la situazione del Mezzogiorno.
Questa attenzione è politica perché
siamo convinti che ia condizione del
Immigrazione
Il Congresso
considerata la crescente rilevanza del
fenomeno dell'immigrazione dal sud
del mondo e dall'Europa dell'est nel
nostro paese,
individua nello studio e nell'impegno
sul problema una priorità per il lavoro della Federazione;
invita i gruppi locali che già non lo
stiano facendo ad impegnarsi su questa tematica, in collaborazione con ie
chiese e con le altre organizzazioni
già attive nel campo;
dà mandato al Consiglio:
a) di nominare un gruppo di lavoro che prepari un convegno sul tema da svolgersi in tutte le regioni
interessate;
b) di ricercare i contatti necessari allo scopo di attuare uno scambio bilaterale con almeno un paese,
da scegliersi nelle aree di maggior
emigrazione in direzione dell'Italia;
invita i gruppi, le giunte regionali e
il Consiglio a collaborare più strettamente con il Servizio migranti della
FCEI.
Approvata all'unanimità con 1 astenuto.
Mezzogiorno sia un problema nazionale, ma riguarda anche la nostra fede perché siamo chiamati a predicare un evangelo di speranza e di solidarietà proprio dove queste sono negate ogni giorno.
Ci siamo chiesti come tradurre questa attenzione in un programma di
lavoro che impegni tutta la Federazione per i prossimi due anni e mezzo. Siamo consapevoli dei nostri limiti di conoscenza e di esperienza,
sia come singoli sia come Federazione. Riteniamo però che la rete dei
nostri gruppi possa essere uno strumento valido di riflessione critica e
di lavoro sulla questione meridionale
e sulla presenza evangelica nel Mezzogiorno. Pensiamo anche che siano
alla portata dei gruppi azioni concrete, come un lavoro volontario in situazioni di svantaggio economico, sociale o culturale, che promuova l'affermazione di diritti negati e non si
riduca a semplice assistenza.
Il Congresso indica quindi all'attenzione dei gruppi e del Consiglio tre
aree di impegno:
1. Le opere diaconali delie chiese evangeliche battista, metodiste e
valdesi nel Mezzogiorno.
Si tratta, anche a partire dali'esperienza dei fratelli e delle sorelle che
si sono impegnati nelle diverse opere delle chiese nel Mezzogiorno, di
comprendere quale sia la collocazione delle opere delle nostre chiese
nella realtà sociale del Mezzogiorno,
di conoscere l'attività deile singole
opere esistenti, di valutare la loro
efficacia, di capire come si collegano
il volontariato e un impegno professionale motivato vocazionalmente. Tutto questo per poter ridefinire il rapporto tra FGEI e opere. Come programma minimo il Congresso chiede
a GE di aprire una sezione di informazione e di discussione sulle opere evangeliche nel sud.
2. La mafia.
il Congresso ritiene che per capire la situazione del Mezzogiorno sia
necessario, anche se non sufficiente,
capire cosa sia oggi la mafia. Pertanto dà mandato al Consiglio;
a) di organizzare un convegno sulla mafia che possa essere replicato
in diverse regioni del sud come del
nord;
b) di preparare un progetto di lavoro realizzabile da un gruppo locale sullo stesso argomento.
3. Le Leghe.
Le Leghe propongono una visione
delia situazione del Mezzogiorno che
non condividiamo ma che trova consensi presso molti, anche tra evangelici. il Congresso invita, soprattutto i
gruppi del nord, a studiare il fenomeno delle Leghe e a riferirne a tutta la Federazione; chiede alla redazione del nuovo Notiziario di prevedere
una rubrica su questo argomento.
Approvata con 53 favorevoli e 2
astenuti.
FGEI e cattolicesimo
Il confronto fra la FGEI ed il cattolicesimo si è in questi anni svolto
sulla base di battaglie comuni (pace. disarmo, ecc.). Questo confronto
ha privilegiato essenzialmente gruppi
come Scout e CdB. evidenziando alcune posizioni critiche nei confronti
dell'operato della chiesa cattolica sia
a livello dottrinale che politico. Ci
siamo resi conto di come queste iniziative a livello di gruppi locali siano
state sporadiche (ora di religione,
ecc.). Neil'ambito dei cattolicesimo esistono arcipelaghi che si contrappongono ad altri. Il mondo del cattoli:
cesimo non è così granitico e compatto come forse ad alcuni può apparire. In realtà, da parte nostra, non
risulta ancora superato un atteggiamento di diffidenza o addirittura di pregiudizio nei confronti di tali iniziative.
Viene ritenuta fondamentale questa
scelta preferenziale nei rapporti ecumenici e si auspica un suo approfondimento con, ad esempio, la preparazione di studi biblici a cui partecipino sia gruppi evangelici sia gruppi cattolici « aperti », per la conoscenza delle proprie specificità e teologie.
Quello che si cerca non vuole essere un confronto con l'intera chiesa
cattolica, confronto ritenuto non costruttivo e fine a se stesso. Anche
se, come è stato rilevato nella relazione del Consiglio, il dialogo con
gruppi come ad esempio le CdB si è
in questi ultimi due anni e mezzo rarefatto (fa eccezione il gruppo FGEI
di Pinerolo con la locale CdB), sembra opportuno riprendere questo confronto.
Il X Congresso
1) chiede al Consiglio di dare una
puntuale informazione sulle agenzie,
gruppi, organizzazioni ecumeniche impegnati sui temi oggi all'attenzione dei
gruppi FGEI;
2) chiede ai gruppi di prestare
attenzione a tutte quelle realtà ecumeniche con le quali è possibile un
efficace confronto laddove si presenta
l'occasic.ie di un impegno comune;
3) raccomanda ai gruppi l'utilizzo
ed il sostegno del mensile ecumenico Confronti, in cui individua uno strumento di lavoro e di informazione particolarmente utile;
4) chiede al Consiglio di continuare a seguire e a sostenere la rivista;
5) raccomanda ai gruppi di considerare la SEP (Settimana ecumenica
per la pace) come un'occasione concreta di impegno ecumenico sui temi
della pace.
Approvata aH'unanimità con 38 voti.
Priorità per il lavoro
dei prossimi anni
Il Congresso, avendo individuato nei
temi della ricerca di fede, del Mezzogiorno e deH'immìgrazione le proprie
priorità di lavoro invita i gruppi a;
— sviluppare la discussione e l'azione su questi temi in rapporto con
le proprie comunità;
— aprire la discussione sui modi
dei rapporti FGEI/comunità.
Dà inoltre mandato al Consiglio di
individuare le forme in cui la riflessione sul rapporto FGEI/comunità possa essere approfondito e ridefinito.
Approvata all'unanimità.
Il Dio in cui crediamo
Oggi la nostra ricerca di fede sia
come percorso individuale che collettivo incontra, ci piacerebbe dire inciampa, in un interrogativo fondamentale: «Chi è il Dio in cui crediamo? ».
Domandarsi qui e ora in chi crediamo significa molte cose: ad esempio comprendere il rapporto fra fede
individuale e comunità, tra azione e
predicazione e, come ci segnala la ricerca teologica delle donne, fare i conti con le immagini che noi abbiamo di
Dio.
Le difficoltà che incontriamo nel pregare ci fanno dubitare dell'adeguatezza di immagini come quella di Dio
Padre. Quando sperimentiamo o incontriamo da vicino la sofferenza ci sentiamo a disagio con l'immagine di Dio
Onnipotente.
Il confronto con la Scrittura nel
quadro di una riflessione teologica è
alla base della nostra ricerca di fede
in quanto uomini e donne impegnati
nelle lotte per la pace, la giustizia
e per l'integrità del creato.
in que.sto co.nfronto ie immagini che
abb.amo dì Dìo vengono messe coniir;:;amente in questione.
Per questi motivi il Congresso dec:de che il prossimo campo studi naz onaie sia dedicato al tema; « Chi è
il Dio in cui crediamo? ». Un campo
i;i cui la ricerca di fede in atto nella Federazione si confronti con il pensiero di quelle teologhe e di quei
teologi che possono fornirci gli strumenti per arricchire tale ricerca.
Chiediamo inoltre al Consiglio di costituire un gruppo di lavoro che:
1) raccolga tutto il materiale prodotto;
2) fornisca stimolo e sostegno al
lavoro dei gruppi e delle regioni;
3) elabori materiale preparatorio
ai culti della domenica FGEI sui temi individuati nel corso di questa riflessione come le immagini di Dio,
la sofferenza, il peccato, i gesti e le
parole della fede.
Approvata con 48 favorevoli e 6
astenuti.
Protestantesimo italiano
Il decimo Congresso sì rallegra per
gli esiti raggiunti dalle assise congiunte dell'Assemblea generale delle chiese deiruCEBI e del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, svoltesi a
Roma nel novembre del 1990; riconosce la rilevanza storica dell'evento nel
quadro di un importante cammino del
protestantesimo italiano verso l'unità,
la cooperazione e la testimonianza nel
nostro paese, nel rispetto delle specificità che le diverse denominazioni
esprimono.
Il Congresso ritiene che la FGEI
sia un soggetto importante in questo
percorso e che possa dare per il futuro un contributo essenziale. Si individuano, a questo proposito, due li
velli di intervento;
1) il primo livello consiste nel
mettere a disposizione delle comunità battiste, metodiste e valdesi la nostra esperienza di confronto e di collaborazione tra diverse realtà denominazionali presenti sul territorio nazionale:
2) il secondo livello è quello della riflessione, per la quale si individuano due possibili tracce:
— la questione del battesimo, con le
sue implicazioni teologiche;
— la questione dell'evangelizzazione,
con i suoi risvolti teorici e pratici.
Approvata con 53 favorevoli e 2
astenuti.
Qui sopra il presidente del Congresso, Stefano Meloni. In alto: mani
alzate per la votazione di un ordine del giorno. Nella foto a fianco
Dehora Spini, neoeletta nel nuovo Consiglio nazionale della FGEI-