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Anno 119 - n. 50
23 diceimbre 1983
L. 500
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Nella partita a pocker giocata
quest’anno al tavolo degli euromissili gli Stati Uniti hanno rilanciato forte per cercare di sbaL
lare l’avversario, ma l’URSS ha
detto « vedo ». E mentre i due
giocatori stanno per calare sul
tavola le carte, una cosa è certa;
TEurojía .si trova a ritirarsi dai
tavolo (a cui in realtà non si è
potuta neppure accostare) avendo in mano un misero « tris »
perdente: Inghilterra, Germania,
Italia, i ire paesi che stanno
procedendo ali’installazione dei
Pershing « Cruise.
Perché perdente? Perché chiunque vinca la mano tra USA e
URSS ■— neiia speranza che non
sia r«!tirna per tutti — tre dei
maggiosi coHtponenti dell’Europa stanno ijerdendo la loro sovranità. Urta volta instaUati i
missili, questi tre paesi avranno
perso la pos.sibilità di decidere
sovranameritc, per ciò che riguarda i loro popoli e i loro territori, sulla questione che oggi separa l’essere dai non essere: la
guerra nucleare. Su questa questione la decisione sarà ormai
solo nelle mani del presidente
degli Stati Uniti.
Si è parlato di « doppia chiave », poco dopo la conclusione
della partita di Ginevra, quando
è stato ormai inevitabile tirare
le conseguenze per l’Europa. In
un sussulto — quanto tardivo! —
di dignità si è rivendicato il diritto di condizionare l’uso dei
mìssili al consenso dei governi
dei paesi che li ospitano. Ma è
stato solo il soprassalto di un
momento. C’è chi infatti ha spiegato pazientemente che la cosa
non è tecnicamente possibile:
con i tempi brevissimi che ormai nell’area europea separano
un allarme dalla decisione da
prendere se rispondere o meno
premendo il bottone, una consultazione equivarrebbe a non disporre più dei mlssiU. Perciò una
chiave sola, in mano altrui; una
decisione sola, presa altrove.
Anche senza addentrarsi nella
analisi delle carte costituzionali
interessate (cosa che per l’Italia
ha fatto il recente convegno tenutosi in Sicilia con la partecipazione di Magistratura democratica), è intuitivo che una delega
di sovranità di questo genere è
incostituzionale perché sottrae
ad un popolo la massima responsabilità riguardante il proprio
essere.
Perciò, se il 1983 è stato l’anno in cui i governi hanno ceduto
un elemento inalienabile della
sovranità che non appartiene a
loro bensì ai popoli, il 1984 deve
essere l’anno in cui i popoli riconquistano la loro sovranità.
Nel nostro paese si sta allargando il consenso intorno alia proposta di legge costituzionale che
istituisca un referendum nazlona.
le suU’installazione dei missili.
Prendiamo la decisione di sostenere con ógni mezzo quest’iniziativa denunciando il carattere politico e non miUtare della « necessità » dei missili e rivendicando ai popoli europei il diritto di
mantenere la loro sovranità nazionale. Per rinunciarvi se mai
per un’Europa unita. Non già
per un’Europa succube di qualsiasi altra potenza deU'Ovést o
dell’Est.
Franco Giampiccoli
MESSAGGIO DEL SEGRETARIO GENERALE DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
Un figlio è stato dato aH’umanità
In Cristo nato per noi e donato per noi, crocifisso e risorto per noi, noi pure siamo nati per
fede e donati al mondo affinché viviamo insieme nella libertà, nella pace e nella giustizia
Ancora una volta celebriamo
la vita che Dio ha dato in Gesù,
nato da Maria. Una volta ancora la celebriamo nel momento
in cui la vita intorno a noi è minacciata, negata, distrutta. La
nostra celebrazione è una farsa?
Ha un senso?
Più di settecento anni prima
della nascita di Gesù, il profeta
Isaia descrive l’invasione di Israele da parte deH’implacabile impero assiro. Egli evoca il martellare degli stivali che calpestano, i vestiti intrisi di sangue. Le
tenebre e la morte hanno ricoperto la terra. Eppure il profeta
afferma: « Un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato »
(Isaia 9: 1-17). Per lui questo
bambino della speranza è il se
gno che Dio continua a regnare
e che manifesterà la sua meravi^ifOsa luce in colui che verrà
chiarnato Consigliere ammirevole, Dio potente. Padre eterno.
Principe della pace nella giustizia.
Oggi come allora, l'oscurità e
la morte scendono su di noi
quando la saggezza umana barcolla e inciampa sulla pietra di
intoppo della falsa sicurezza invece di rimettersi alla decisione
di bontà voluta da Dio. Oggi come allora, il potere e la forza sono considerati come degli strumenti di oppressione e di conquista e non come mezzo per costruire insieme una comunità di
condivisione. Oggi come allora,
il mondo è im terreno in cui pro
liferano la tirannia, la paura e
l’indifferenza, e non il luogo ospitale in cui il padre, la madre e
i figli, con tutti coloro che ci
circondano, sono legati gli uni
agli altri da legami d’amore e di
sollecitudine. Oggi come allora,
la pace è percepita come una
condizione imposta dalla forza
o come un equilibrio del terrore
e non come il frutto di una sicurezza comune vissuta nella libertà e nella giustizia.
E tuttavia, la promessa, che
Dio ci fa per mezzo di Isaia segna profondamente la coscienza
umana. Malgrado l’oppressione
e la guerra, la tirannia e l’ingiustizia, l’egoismo e l’insicurezza,
un bambino è nato, un figlio o
una figlia è dato in ogni momen
VII CONGRESSO DELLA EGEI
Annunciare la parola vivente
contro gli idoli di morte
« Annunciare la Parola vivente contro gli idoli di morte » : in
questo fine anno 1983, anno dei
missili ma anche anno di numerose e grandiose manifestazioni
pacifiste, il tema del "VII Congresso nazionale della PGEI —
svoltosi a Ecumene dall’8 all’ll
dicembre — non poteva essere
più a proposito. La lotta per la
pace infatti ha costituito l’impegno maggiore, e qualificante,
dei gruppi e membri FGEI in
questi due ultimi anni. E non è
certo un caso: la lotta per la
pace e il disarmo è per i giovani evangelici degli anni ’80 ciò
che è stata la lotta per il socialismo per quelli degli anni ’70,
il che non significa che Luna
escluda l’altra, anzi; piuttosto è
il segno di una coerenza nel saper cogliere i segni dei tempi,
rendendo in ogni tempo e in
ogni luogo testimonianza al Dio
della pace e della giustizia, al
Signore della Storia.
Oltre 200 giovani, delegati e
osservatori, tra i 18 e i 25 anni,
hanno affollato il Centro di Ecumene durante i quattro giorni
di quello che, a parere degli
fgeini della prima generazione,
è stato il Congresso più bello,
più numeroso, più vivo e partecipato. Il cambio generazionale, avviato con il V Congresso di
Santa Severa nel 79, affermatosi al VI Congresso di Adelfia
nell’estate ’81, si è ormai pienamente consolidato, in modo positivo e promettente. Anche il
Consiglio, con reiezione di due
nuovi membri, Paolo Ferrerò e
Erika Tomassone, rispecchia
perfettamente il cambiamento
avvenuto.
Questa nuova fisionomia della FGEI si è evidenziata con un
nuovo stile di lavoro che segna
un felice cambiamento rispetto
al passato; non più congressi
gestiti da due o tre teste pen
Al Congresso di Ecumene il pastore Tullio Vinay partecipa
alla serata dedicata al tema della pace, presieduta dal segretario Paolo Naso.
santi che monopolizzano il dibattito e la stesura delle mozioni, ma una coralità di interventi, una partecipazione attenta e
vivace, un numero cospicuo di
mozioni e documenti, espressioni di numerosi gruppi di lavoro
che hanno impegnato un’intera
giornata: tre gruppi sulla pace
(rapporti col movimento, riflessione teologica, ambiente e uso
delle risorse), uno su « ricerca
teologica e soggettività », uno su
« diaconia e volontariato », un
altro su « i gesti e le parole della fede».
La prima giornata è stata dedicata alla lettura e discussione
della relazione di gestione del
Consiglio uscente: una relazione ampia e dettagliata che ha
puntualizzato i terreni sui quali
i giovani della Federazione sono
impegnati, vale a dire: il movimento per la pace e il disarmo
(presenza attiva nei comitati lo
cali, partecipazione alle azioni
dirette nonviolente alla base di
Comiso, riflessione biblico-teologica, contributi per un’educazione alla pace, contatti internazionali, ecc...), l’impegno per la trasformazione del Mezzogiorno
(volontariato nelle zone terremotate, Centro di documentazione e iniziative per la pace di
Catania, gestione di Adelfia, collaborazione col Servizio Cristiano di Riesp, la riflessione sulla
soggettività, l’identità personale
e i rapporti interpersonali (riflessioni delle donne FGEI del
Nord Italia, seminari e campi
di Agape).
Non meno intenso è risultato
l’impegno nelTambito delle chiese, caratterizzato soprattutto
dall’inchiesta nazionale sul catechismo, la quale dovrebbe costituire la premessa ad un priJean-JacqUes Peyronel
(continua a pag. i)
to da qualche parte sulla terra.
L’immagine di Dio rivive di nuovo senza fine. La grazia della saggezza e della forza, della fraternità e della maternità, della pace e della giustizia ci è di nuovo
data. Milioni di persone mettono al mondo dei figli nella speranza che domani la vita sarà
migliore. Milioni di altri hanno
paura di dare la vita a causa dell’insicurezza e della mancanza
di sneranza che pesano sulla sopravvivenza delTumanità. Altri
ancora vedono i propri figli morire di malattia, di fame e di
guerra.
_ Ma tra il tempo della profezia di Isaia e il nostro tempo
travagliato, un bambino è nato
a Betlemme, un figlio è stato dato all'umanità. Il piano e l’essere di Dio sono stati rivelati in
questo bambino, Gesù, affinché
noi sappiamo una volta per tutte cosa vuol dire essere fatti a
sua immagine. Al momento in
cui il bambino è presentato per
la benedizióne, il vecchio sacerdote Simeone dice alla sua madre: « Egli è stabilito perché
rnolti in Israele cadano e siano
rialzati e per essere un segno
di contestazione. A te stessa una
scada trapasserà l'anima. E così saranno svelati i pensieri di
molti cuori » (Luca 2: 34-35).
In verità è Gesù che, facendosi uomo, ci ha rivelato la nostra
vera condizione, la condizione di
coloro che vivono neiroscurità
della morte. Lo ha fatto offrendo in se stesso, nelle sue natole
e nei suoi atti, la luce e la vita
di Dio nell’amore. La sua offerta
è stata anche un giudizio contro
coloro che. nella loro malvagia
decisione, la loro forza distruttrice. la loro tirannia e la loro guerra, ali hanno imnosto le tenebre
e la morte. Ma Dio, il Padre onninotente. nel suo progetto di
bontà, l’ha riportato alla vita e,
per mezzo di lui. ha fatto della
pace sulla terra una realtà per
coloro che accettano la sua offerta.
In onesto tempo di Natale, siamo chiamati a nascere di nuovo
in ouesto figlio. Gesù, crocifisso
e risorto per noi. Una volta ancora siamo invitati a diventare
simili a niccoli bambini e a presentarci affinché egli ci benedica, per aver parte, nella nostra
piena fedeltà, alla sua forza di
bontà, al suo amore paterno e
materno, alla sua pace e alla sua
.giustizia.
E’ stata Questa l’esperienza di
quanti hanno partecipato alla
PhiUp Potter
(continua a pag. 12)
AUGURI
Con questo numero — l'ultimo del
1983 — inviamo a tutti I nostri lettori l’augurio di un Natale sereno e
dì un nuovo anno benedetto dal Signore. Le pubblicazioni riprenderanno col primo numero del 1984 che
porterà la data del 6 gennaio.
2
2 fede e cultura
23 dicembre 1983
EDIZIONE CRITICA DI UN NOTEVOLE TRATTATO DEL ’500
Una tappa nella marcia verso
la libertà di coscienza
Il senese Mino Gelsi (1514-1575)
appartiene a quella vasta diaspora di esuli italiani del Cinquecento per motivi religiosi, i quali si sparsero per l’Europa alla
ricerca di una dimora, dove vivere la loro fede e la loro libertà
di coscienza.
La fuga da Siena nell’estate
del 1569, quando egli godeva la
fiducia di Cosimo I, che lo aveva nominato nel 1561 capitano
ducale di Massa Marittima, non
fu una scelta maturata come
quella di Giulio Cesare Pascali
o di Galeazzo Caracciolo, ma fu
dovuta al processo di Aonio Paleario allora nel pieno sviluppo.
Il timore di rivelazioni del vecchio professore, suo amico, dopo
un anno di prigionia romana e
di interrogatori (rivelazioni che
non furono mai fatte!) lo spinse
aH’abbandono della numerosa
famiglia e della promettente carriera politica. Si rifugiò dapprima a Piur nei Grigioni e poi errò fra Basilea, Vienna, Francoforte, per ritornare poi a Basilea, in cerca di una sistemazione
dignitosa, che gli evitasse di ricorrere all’aiuto dei fratelli di
fede. A Basilea, dove s’immatricolò nell’università nel ’71 con
il titolo di « secretarius senensis », si legò con l’ala liberale dei
riformati, Curione, Basilio Amerbach, Teodoro Zwinger, contrari
al calvinismo rigido e assertori
della libertà di opinione e di
coscienza. Il Gelsi, in possesso
di una vasta cultura umanistica
e di una notevole esperienza di
governo (era stato parecchie volte membro della Balia senese),
con una non comune sensibilità
per i bisogni della povera gente, come la gran parte degli esuli italiani, fu impressionato dalle dure condanne approvate dalle chiese della Riforma contro
gli anabattisti, gli antitrinitari, i
dissenzienti in genere.
Sulla scia di Erasmo, di Sebastiano Castellione, di Aconcio, di Lelio Socino, del Curione
e dell’Ochino, si pose il problema della libertà di coscienza, già
affrontato da Castellione nell’opera antologica: De haereticis an
sint persequendì (Se gli eretici
debbano essere perseguitati), apparsa a Basilea nel 1554. Scrisse
un’opera dapprima in italiano e
poi tradotta in latino dal titolo:
In haereticis coèrcendis quatenus
progredi liceat (Fino a che punto sia lecito procedere nel punire gli eretici), apparsa postuma
a Basilea nel 1577. Il trattato in
quattro libri non era rivolto soltanto a polemizzare con la chiesa papistica e con i sostenitori
della liceità della punizione corporale dell’eretico, oramai approvata da luterani, calvinisti e
zwingliani, atterriti dal ricordo
ancora vivo deU’anabattismo rit'oJuzionario di Thomas Müntzer
e del fanatismo sanguinario di
Giovanni da Leida, ma intendeva affrontare la questione di principio: può la chiesa di Cristo fare qualcosa di diverso da quanto
ha insegnato con la parola e con
l’esempio Gesù Cristo? No davvero!
L’opera di ben 450 pagine si
apre con questo assioma: « Ogni
azione di Cristo e similmente
ogni parola è nostra dottrina e
norma ». Da qui la confutazione
di ogni interpretazione arbitraria della parabola delle zizzanie
e di qualsiasi altro insegnamento tendente a rifarsi alla legge
rnosaica per giustificare la punizione dell’eretico fino ad arrivare alla pena di morte. Mino Gelsi si rese conto del tremendo
nodo da sciogliere per le chiese
della Riforma, se non volevano
cadere nell’inquisizione papista:
come conciliare la difesa della
purezza della dottrina e dell’unità da avversari interni, spesso
accaniti e irriducibili, e dai cattolici, senza adottare i metodi
terribilmente repressivi del diritto penale allora vigente. Avvalendosi di tutti gli argomenti di
quanti si erano occupati della
questione sostiene la netta distinzione della chiesa dallo stato. La chiesa può intervenire soltanto con mezzi spirituali, dei
quali l’estremo è la scomunica,
nel caso di propaganda ostile e
pregiudizievole alla vita della comunità. Spetta allo stato intervenire, ma non per punire l’eretico per le sue opinioni, spesso
sostenute in buona fede nel desiderio di trovare la verità oppure per ignoranza, ma solo
quando si commettono delitti
contro l’ordine e la costituzione
della società.
Il trattato ebbe una lunga elaborazione e non è privo di contraddizioni helTultimo libro, dove si afferma il dovere del magistrato di tutelare lo svolgimento regolare dell’attività della
chiesa riformata con il rischio di
sconfinare in una sfera non sua,
anche se si fa riferimento solo
al magistrato credente e ammaestrato nella parola di Dio, liberato dalla crudeltà e rivestito
della mansuetudine di Cristo
(IV, p. 400). Tuttavia è evidente
che l’esule senese è animato dal
rispetto della coscienza individuale e dalla convinzione che
nessuno ha il diritto di comminare la pena di morte per il delitto di opinione. Egli vuole aiutare le chiese della Riforma a
liberarsi dalle concezioni medievali di emarginazione e di con
danna del dissenziente e del diverso praticando la « tolerantia
Christiana », insegnata e adempiuta da Gesù Cristo.
L’opera di Mino Gelsi viene ora
tolta dall’oblio e costituisce, assieme alle lettere e ad altri documenti, il terzo volume del
Corpus reformatorum italicorum, riapparso dopo un decennio nella stessa bellissima veste
tipografica dei primi due volumi,
per i tipi della casa editrice Prismi di Napoli e della Newberry
Library di Chicago * sotto il patrocinio dell’Istituto italiano per
gli studi filosofici di Napoli. Il
curatore Peter G. Bietenholz offre allo studioso un’edizione critica encomiabile per la ricostruzione del testo, la ricchezza e la
precisione delle note. Ammirevole la ricerca puntuale di tutte le
fonti e di estrema utilità il rinvio alla stessa opera per il confronto delle argomentazioni. Una
sola osservazione si può avanzare per questo contributo indispensabile alla conoscenza del
pensiero degli esuli italiani: la
mancanza nella Nota critica di
un breve schizzo biografico, la
quale costringe il lettore a leggere la voce del Dizionario Biografico degl’italiani (voi. 23, pp.
478-482), curata dallo stesso Bietenholz.
Salvatore Caponetto
^ Mino Gelsi, In haereticis coercendis quatenus progredi liceat, a cura di
P. G. Bietenholz, Napoli-Ghicago 1982,
pp. 663.
Ascoltare lo Spirito
Una lettrice scrive ancora sul
tema “Fede evangelica e rapporti interpersonali” riferendosi all’intervento di Francesca Spano.
Di solito, nelle nostre sedi, si parla più volentieri di
etica ovvero di morale, cioè in
sostanza di usi e di costumi, senza domandarsi mai abbastanza
quanto il « buon senso comune »
o, se si vuole, la cultura che li
avalla corrisponda ad un’ottica
schiettamente cristiana ed evangelica. La nostra lente, invece,
deve poter focalizzare con severa onestà le diverse situazioni.
E, soprattutto, una buona volta,
i credenti e le credenti devono
imparare ad assumersi, nei rapporti interpersonali, tutta la propria responsabilità, senza ricorrere, in una maniera o nell’altra,
al beneplacito di « padri » o
« maestri » che si sostituiscano
alla loro coscienza. Certo, vi sono sempre intorno a noi i « deboli » che mangiano legumi ed
ai quali si dovrà il necessario riguardo. Ma la « debolezza », almeno, non dovrà mai essere incoraggiata a radicarsi ancor più
come debolezza.
L’Evangelo è un annuncio di
libertà. E un’autentica pastorale. che impegna tutti quanti i
cristiani maturi, non solo i pastori, è quella pastorale che aiuta a « crescere » e ad aprire gli
occhi.
A questo punto, mi sembra
che si debba ritornare a quella
che, se non erro, fu la base di
partenza proposta da Franco
Giampiccoli. Intendo riferirmi al
pregevolissimo studio di Helmut
Gollwitzer, intitolato « Il poema
biblico dell’amore tra uomo e donna: Cantico dei Cantici » (Claudiana, 1979). Mi sembra che si
debba ritornarvi, e non solo per
quanto riguarda l’amore tra uomo e donna, ma proprio per
quanto ritarda i rapporti interpersonali in genere, ai quali questo dibattito si è allargato. Se ne
EREDITA’
AUSTRIACA
Gentile Direttore,
in queste settimane di risveglio luterano e di particolare attenzione della cultura laica e di quella cattolica alla figura di Lutero, mi sono trovato a
leggere sulla stampa quotidiana testi
che per una ragione o per l’altra mi
hanno lasciato perplesso e mi spingono a presentare I problemi che hanno
sollevato in me alla sua considerazione
e magari a quella dei lettori de La
Luce.
La prima perplessità mi ha preso
alla lettura di alcune dichiarazioni del
pastore luterano della Chiesa di Milano dr. Carmonte, il quale, intervistato
dal "Corriere della Sera" dichiara candidamente: per antica tradizione, anche sulla scia della lunga proibizione
soprattutto sotto il dominio della cattolicissima Austria, non facciamo proseliti, non facciamo opera missionaria».
Non posso nascondere la meraviglia
per queste dichiarazioni. Intanto non
so bene come entri nel discorso oggi
ia passata proibizione della cattolicissima Austria, ma la parola scatenata
di Lutero si è talmente quietata ohe
consegnata come privilegio al signore
che abbiamo citato non ha più niente
da dire al mondo?
rileggano, infatti, le pagine dedicate all’« agàpe », e vi si sottolinei in particolare come « ogni
incontro interumano sta sotto
l’interrogativo dell’agàpe » (pag.
96).
L’agàpe, dunque, cioè l’amore
verso Dio che non si vede attraverso il prossimo che si vede, rimane l’unico criterio infallibile
per la sanità dei rapporti interpersonali: sanità psicologica
mente intesa, che rientra poi nel
piano della salute più autentica
ed integrale, cioè della Salvezza.
Con questo non voglio certo
dire che le nostre scelte e le nostre determinazioni, a proposito
di rapporti interpersonali, siano
di lieve portata. Anzi, come accennavo, sono molto d’accordo
con Francesca Spano, specialmente sulla difficoltà di capire
se stessi, la propria identità individuale, prima di qualsiasi relazione.
Però, fratelli e sorelle carissimi, e lo Spirito santo che ci sta
a fare? Mi si passi, qui, l’espressione estremamente familiare,
ma d’altronde noi siamo là famiglia del Signore. E ricordiamoci che, se non tutte le cose sono
attualmente alla nostra portata.
Io Spirito di verità al momento
opportuno ci guiderà in ogni verità (Giov. 16: 12-13).
Dunque, se mai, rinfranchiamoci nella preghiera. Anzi, nutriamoci di preghiera che è come dire della volontà di Dio. E
che la nostra preghiera (come
sembra raccomandare tanto bene Paolo Ricca nel sermone
inaugurale dell’anno accademico
1983-84 della Facoltà Valdese di
Teologia: vedi « La Luce » n. 44)
non sia tanto un gran parlare né
vocale né mentale: non sia un
suggerire a Dio quelle che magari sarebbero le nostre difese nevrotiche (brava Francesca Spano!). ma sia invece piuttosto un
silenzioso ascolto della « verità »
che lo Spirito suggerisce.
Haydée D’Àbramo
il testimonio
Mensile dell’Unione
cristiana evangelica
battista d’Italia
ANNO 1984
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L.
L.
L.
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1.000
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2.500
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C.C.P. n. 16551509 intestato a:
Il Testimonio - Borgognissanti, 6
50123 FIRENZE
ne del centenario di Lutero per fare
conoscere il suo pensiero e la sua
parola.
Qualche conferenza in giro, interventi ad alto livello di carattere scientifico, una serata televisiva, ma alla
gente che non va alle conferenze, non
frequenta l'università, non legge la
terza pagina dei grandi quotidiani, che
alla televisione cambia canale per vedere il film, cosa è arrivato del messaggio di Lutero e della Riforma? (Annoto fra parentesi ohe nel ciclo di lezioni di "Milano per voi” che da alcuni anni impegna con rapidi corsi di aggiornaimento tutta la cultura milanese
con grande partecipazione, non compare per quest'inverno nessuna lezione
su Lutero, la Riforma, H Protestantesimo ecc. Pare incredibile!).
Ma non esiste un problema che si
chiama evangelizzazione sul quale si
dibatte da sempre?
il proselitismo è una attività proibita nelle chiese protestanti?
Al polo opposto si colloca una lettera
di un lettore di "Repubblica". Scrive
lamentandosi dell’Italia, naturalmente,
(come si fa a non lamentarsi?) e conclude affermando che per una seria modernizzazione dei nostro paese occorre
una conversione in massa al protestantesimo.
Posso anche condividere la filosofia
di questa affermazione la quale tuttavia mi lascia perplesso (come la
"quiete” del pastore Carmonte) prer il
suo taglio efficientistico, per la visione
da imprenditore che è sotto quelle parole.
Penso che fra questi due poli deve
esserci una strada equilibrata che accoglie la parola di Lutero e la fa diventare esperienza di vita vissuta con
la grande aspirazione a parteciparla ai
fratelli. Ma mi pare sia questa una
strada estremamente difficile da imboccare. Perché accenni simili a quelli del
pastore Carmonte mi pare di averli
colti anche fra il popolo valdese.
Mi chiedo quale sia dunque la prospettiva, non dico dell’ampliarsi, del
crescere (ma perché no!) deH'accogl'imento della visione protestante del
mondo, ma della stessa sua sopravvivenza, almeno in Italia. Perché questo
alla fine è il problema centrale, pena
la scomparsa e il silenzio.
A questo punto, perdoni la lunghezza della lettera ma mi pare problema
di non poco momento, mi sono chiesto
come sia stata utilizzata dal protestantesimo italiano la eccezionale occasio
Forse chi ha contribuito di più a suscitare interesse o almeno a incuriosire è stato proprio il Papa la cui parola
ha certamente lasciato un segno, o il
Cardinale Martini con il suo bell'articolo sul "Corriere delia Sera", Eppure
la sensazione ohe l’etica protestante
potrebbe muovere qualche cosa in direzione di un profondo rinnovamento
delle coscienze è latente e lo testimonia la lettera a "Repubblica”. Voglio
dire che la congiuntura morale è oggi, proprio oggi, particolarmente sensibile e pronta a recepire messaggi di
un certo tipo I quali però vanno forniti,
diffusi, proclamati, quotidianamente
proposti e non chiusi nella cassaforte
di un vivere quieto e soddisfatto... per
restare fedeli alle disposizioni della
cattolicissima Austria...
Non mi si dica poi che il migliore
modo di portare la testimonianza di
questo spirito è quello deiresempio: la
vita integerrima, la rigorosa morale
Sono regole certamente importanti, ma
come annotava il giornalista del "Cor
riere della Sera”, sono virtù che onora
no molto anche i milanesi non prote
stanti. Mi pare troppo poco e non
nascondo che spesso, a mio parere,
la proclamata virtù deiresempio pare
essere una sorta di eufemismo, un pretesto per godere in solitudine di presunti privilegi e lasciare le cose come stanno: per non assumere responsabilità alcuna.
Con viva cordialità.
suo Carlo Bassi, Milano
A GUARDIA
LOMBARDA
Egregio Direttore,
Ho letto su ■< L'Eco delle Valli Valdesi » 2 c.m. l'articolo di Giovanni Gönnet sul gemellaggio Torre-Guardia e
sono rimasto allibito. Dopo gli articoli
de « La Stampa » del 14.1.83 e di « Arnàssita Piemontèisa » dei 25 ottobre
u.s. viene da chiedersi: ma in che mondo vive questo signor Gönnet? Forse
guardando troppo al passato non vede
più il presente?
Faccio notare che a definire la zona
di Guardia Lombarda (come convenientemente preferiscono denominarla alcuni studiosi occitani ai quali vanno i
miei ringraziamenti per il più appropriato aggettivo) « mafiosa, difficile » è
stato un Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, nato al sud, che certamente
conosce II paese, ed il sud, assai meglio di noi e del signor Gönnet.
■Noi non sapremo purtroppo mai se
la faccenda della villa costruita dalle
Guardie Forestali per l'egregio Signor
Sindaco di Guardia Lombarda corrisponde a verità, perché — guarda caso! —
Il Brigadiere è stato trasferito e il fascicolo dell'Inchiesta finito in man
opportune (!), ma gradirei sapere dal
l’esperto signor Gönnet se sono quest
I « Valde.i » (più valdesi dei valdesi) a
quali vanno i suoi apprezzamenti. Certamente il Sindaco di Torre, persona
che io stimo, non risulta si sia costruito ville a sprese dello Stato e nemmeno del Comune. Non vorrei fosse
per questo motivo che è giudicato
meno <■ valdese » del suo collega di
Guardia Lombarda.
Allora, Signor Gönnet, vogliamo guardare dietro la facciata?
Con i più distinti saluti.
Franco Costa, Torino
3
23 dicembre 1983
fede e cultura 3
SCOMPARSO UNO DEI MAGGIORI INTERPRETI DELLA TRADIZIONE PROTESTANTE FRANCESE UNA PAROLA PER TE
André Chamson, un testimone Preghiere
Quando si parla di protestantesimo nel mondo della letteratura contemporanea francese si
pensa subito ad A. Gide che con
il suo stile spoglio ha saputo trasportare nel mestiere dello scrittore gli scrupoli della coscienza
morale protestante; ma accanto
a Gide che è il vero rappresentante del temperamento protestante nella forma, vi è anche
André Chamson, scomparso recentemente (8 novembre 1983),
che rappresenta non solo il temperamento protestante nella forma, ma anche nel contenuto.
Nato a Nîmes nel 1900, trar
scorre la sua infanzia e la sua
adolescenza fra le montagne delle Cévennes, che corrispondono
in Francia a quello che per noi
sono le Valli valdesi. Sulla sua
infanzia domina la figura della
nonna calvinista, la pratica e la
familiarità con la lettura della
Bibbia; dalle Cévennes assorbe
tutto lo spirito degli ugonotti, la
montagna diventa il fondamento
naturale della sua morale, la
montagna gli insegna ad odiare
le cose facili, la pigrizia, gli insegna a resistere, a non arrendersi mai come i suoi antenati
Camisa rds. Il clima spirituale
della riforma ha dunque trovato
delle solide basi nel clima fisico
della montagna.
« Resister » è la parola incisa
dalle donne delle Cévennes sui
muri della Torre idi Costanza a
Aigues-Mortes, quando vi furono rinchiuse durante gli anni
della repressione cattolica. Si
può dire che questa parola « ré
sister» è il motto delle Cévennes, ma è anche il motto del
pensiero e della vita di André
Chamson.
Questo spirito ci appare in
tutte le sue opere : quando ci
parla della sua infanzia in « Le
chiffre de nos jours» (Salmo
90), quando fa rivivere la sua
terra e gli abitanti delle Cévennes in « Roux le bandit » nella
«Suite Cévenole» (L’homme de
la route - Le crime des justes Histoire de Tabusse - Les quatre éléments). In queste opere
la resistenza è verso tutto quello
che può minacciare l’essenza degli elementi quotidiani, l’essenza
della vita stessa, come le inutili
preoccupazioni o gli orgogli distruttori.
Nelle opere seguenti; « L’homme qui marchait devant moi»,
«Comme une pierre qui tombe»,
«Adéline Venician», «La neige
et la fleur », « Rendez-vous des
espérances» troviamo una resistenza a ciò che può contribuire
alla diminuzione e all’abbassamento dell’uomo, una resistenza
a tutto ciò che può impedire od
ostacolare la marcia ascendente
deH’umanità, una resistenza a
tutto ciò che vuole sopprimere
la libertà di coscienza e di
conseguenza il rispetto dell’uomo per l’uomo. Prima ci troviamo di fronte a una resistenza
« quotidiana », poi la resistenza
avrà qualche cosa di eroico, dato che Chamson vuole gridare
la sua opposizione verso il disordine e i mali del suo tempo.
Nelle sue ultime opere, «La
Superbe », « La Tour de Constan
ce », « Castenet le camisard de
l’Aigoual», ritorna alle fonti e
racconta l’epopea e il martirio
dei suoi antenati ugonotti perseguitati per il solo crimine di appartenere alla religione riformata.
Chamson ha considerato la
sua vita come una partecipazione concreta e totale a tutte le
situazioni che il destino gli offriva. La sua morale e la sua tradizione protestante non hanno
fatto di lui un uomo staccato
dalla vita, un uomo timoroso di
sporcarsi le mani, al contrario
10 hanno spinto a tradurre le
sue idee in azione. Il suo bisogno di lottare per la giustizia e
la libertà è evidente nella sua
partecipazione alla lotta contro
11 nazismo (come collaboratore
di Candide e Gringoire), nella
sua presenza a Madrid durante
la guerra di Spagna, nel suo concreto impegno nella guerra partigiana a fianco di Malraux, nella brigata Alsazia-Lorena.
Chamson manifesta lo stesso
rigore e senso di responsabilità
nel suo lavoro nel dopoguerra
quando viene nominato direttore del Petit Palais prima, e direttore generale degli Archivi di
Francia, poi. Nel 1957 è eletto
all’Académie Française e anche qui prende il suo incarico
con grande serietà.
Dalla sua vita e dalle sue opere traspare un protestantesimo
primitivo, giovane e vigoroso,
che rinchiude in un certo senso
i germi della rivolta e della non
sottomissione. Per meglio definire il suo protestantesimo si può
dire che è un protestantesimo
morale, profondamente sincero,
inteso come modo di vivere, di
pensare, di scrivere e lontano da
ogni aspetto dottrinale. Lui stesso diceva: «il protestantesimo ha
deposto in me la necessità del
ricorso alla coscienza e si è trasformato in una specie di umanesimo dove la lezione della salvezza si fonda sulle opere, su ciò
che si chiama l’ideale laico ».
La lezione morale dei suoi romanzi non è mai in termini
apertamente dichiarati, ma scaturisce dalla pittura della realtà
e dalla messa in rapporto di
questa con le sue idee e la sua
coscienza.
Chamson ha preso molto sul
serio la sua vocazione di scrittore impegnato, non ha mai voluto divertirsi o divertire il lettore, non è per sua soddisfazione personale o per raggiungere
la gloria che scrive, ma per trasmettere un messaggio.
Benché fosse staccato dalla
fede e dalla pratica protestante
fin dall’età di 14 anni, Chamson
è rimasto tuttavia fedele agli insegnamenti della sua gioventù.
Quel protestantesimo così evidente nei suoi primi romanzi e
in seguito meno visibile, ma
sempre presente sotto una forma o l’altra è stato la costante
della sua vita, della sua opera e
del suo pensiero. E’ certamente
grazie a questa costante che
Chamson ha saputo mantenere
una grande coerenza in tutto
quello che ha scritto e fatto.
Marcella Giampiccoli Bogo
MANIFESTAZIONI DIVERSE IN VARIE CITTA’
Lutero continua a far discutere
Ormai alla fine dell’anno celebrativo del 5° centenario della na-scita di Lutero notiamo ancora
un vivo interesse nella città.
L’università popolare e la associazione italo-tedesoa hanno orga.
nizzato a Venezia ben sei incontri che vertono sia sulla vita e
il pensiero del Riformatore sia
sull’arte di Luca Cranach sia sulla architettura delle chiese dopo
la Riforma. La comunità valdese-metodista è stata presente ancora, il 13 novembre, a una meditazione comune con i luterani
e i cattolici, nella chiesa luterana. H 2 dicembre due classi della Scuola Magistrale N. Tommaseo si sono recate alla vicina
chiesa valdese per discutere insieme al pastore e a Tony Rigopoulos su Lutero.
Mercoledì 30 novembre all’Ateneo Veneto i pastori J. Kleemann luterano, A. Berlendis e
don Germano Pattaro hanno tenuto una conferenza sul Riformatore. Erano presenti oltre duecento persone. Del colloquio ha
dato notizia il quotidiano veneto « Il Gazzettino » del 4 dicembre con una lunga relazione di
Giuseppe Campolieti. Sabato 10
dicembre il pastore ha parlato a
oltre un centinaio di studenti dell’Istituto Sperimentale Stefanini
di Mestre, e a vari loro docenti,
su Lutero: la Chiesa, io Stato.
Il pensiero di Lutero è stato
studiato in tutti i gruppi di incontro della chiesa (sei) per un
arco di incontri abbastanza ampio. Varie conferenze su Lutero
sono state tenute anche dal fratello prof. Donini di Treviso e
dal fratello Dr. Mario Busetto.
Per la comunità si è trattato di
una buona occasione per ripensare la Riforma, per la città una
possibilità per conoscerne qualche aspetto.
Finisce il 5° centenario luterano
mentre il lavoro prosegue; continuerà l’approfondimento della
Riforma con l’analisi del pensiero di Calvino e si spera di mettere in cantiere lo studio di Ü.
Zwingli, lo ’’sconosciuto” della
Riforma, di cui ricorre nel 1984
il 5° centenario della nascita. Un
lavoro lungo e non facile che ci
può condurre alla radice del pensiero rifomiato: con Lutero, Calvino. Zwingli all’ascolto della
Parola di Dio.
A. B.
Da diverse altre parti ci sono
giunte relazioni su manifestazioni avvenute soprattutto nel mese
di novembre. Per esigenze di spazio siamo costretti a darne notizia in forma abbreviata.
Convegno ecumenico
A Mantova il 27 novembre ha
avuto luogo un convegno nell’aula magna dell’I'’tituto teologico
S. Francesco sul tema « Il cristiano e la giustizia di Dio », organizzato in collaborazione con il
gruppo mantovano per Tecumenismn e le Chiese valdesi di Mantova e Felonica Po. Presente il
vescovo mons. Carlo Ferrari, che
ha introdotto il convegno, tre relazioni sono state al centro del
convegno: «Radici e novità del
pensiero di Lutero », relatore il
dr. Renzo Bertalot, pastore valdese; «Giustizia di Dio, angoscia
o gioia del cristiano?», relatore il
prof. Frithijof Roch, pastore luterano; e « Il Dio che salva, la
posizione luterana e cattolica »,
relatore il prof. Michele Cassese,
cattolico. Gli interventi che hanno fatto seguito alle relazioni,
specialmente nel pomeriggio, sono stati numerosi e vivaci tanto
da costringere gli organizzatori
a prolungare la chiusura di im’ora oltre il previsto. Accanto ad
una persistente incomprensione
sui motivi della scissione e all’at
tribuzione della stessa al carattere focoso dell’ex monaco agostiniano, molti altri interventi
hanno dato una valutazione positiva di Lutero apprezzandone
non soltanto l’indubbia pietà religiosa personale ma anche la
theologia crucis e la giustificazione per grazia, dottrina biblica e cardine del protestantesimo.
Niente comunque ha avuto il
sapore idi una riabilitazione d’ufficio né della commemorazione
di un defunto. In tutti è stata
la sensazione di un Lutero vivo
da cui c’è ancora molto da imparare.
Vietato il dibattito
A Genova la spiegazione della
riforma luterana a partire dalla
vieta tesi della spinta sessuale è
stata riproposta in una conferenza del card. Giuseppe Siri a cui,
coerentemente con l’ecclesiologia
cattolica (come osserva un comunicato del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche della Liguria) non potè seguire un dibattito. Per questo
motivo la Federazione ha incaricato il pastore Gino Conte di dare ima risposta scritta che è stata inviata alla stampa cittadina
(«Il secolo XIX» e «Il Lavoro»)
che l’hanno ignorata.
Le Chiese evangeliche hanno
comunque risposto pubblicamente il 20.12 in occasione della presentazione del Lutero a fumetti
di Umberto Stagnare nel quadro
della «Fiera del Libro» con una
introduzione del prof. Domenico
Maselli.
________ POZZUOLI
Martin L. King
In occasione del 15° anniversario
della morte di Martin Luther King la
Chiesa battista di Pozzuoli invita ad un
incontro sul tema • M. Luther King:
una vita per la pace », patrocinato dal
Comune di Pozzuoli, con l’intervento
del coro polifonico del Conservatorio
di Napoli. Giov. 29.12 ore 17.30 Hôtel
S. Giuseppe, via Domiziana 86.
NOVITÀ’
ENRICO AUGUSTO BEUX
IL NIDO DELL'ORSO
Rivisto e aggiornato da Edi Morini
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Le appassionanti vicende di un ragazze di Feumian sullo
sfondo delle guerre antivaldesi del 1686-87 e del « glorioso
rimpatrio». Per giovani (8-14 anni).
Il noto racconto, iniziato sulle pagine dell’« Eco delle Valli » e del « Penice » e mai portato a termine, che esce ora
per la prima volta nella sua interezza.
Un bel libro regalo per ragazzi, ampiamente illustrato.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO
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Signore, nostro Dio e nostro
Padre, dai a tutti gli uomini e
perciò anche a noi, di poter festeggiare Natale, andando con
riconoscenza, umiltà, gioia e fiducia a colui che ci hai mandato e nel quale sei venuto tu stesso a noi.
Al momento giusto, vieni a
prender posto in noi. rigettando
tutto ciò che è chiamato a sparire quando tuo Figlio, nostro
Signore, entra in casa nostra e
ci mette ordine.
Abbi pietà di tutti quelli che
non ti conoscono ancora o cono;
scono male te e il tuo Regno, di
quelli che forse un giorno hanno saputo tutto questo e lo hanno dimenticato, o rinnegato.
Abbi pietà di questa umanità
così tormentata e minacciata,
afflitta da tanta irragionevolezza.
Metti sulle labbra di quelli che
devono predicare in questo tempo di Natale, le parole giuste, le
frasi necessarie e soccorritrici e
apri le orecchie e i cuori degli .
uditori.
Consola e conforta quelli che
sono malati nel corpo e nell’anima, i prigionieri, gli afflitti, gli
abbandonati e i disperati.
Soccorrili con le sole cose che
possono veramente aiutarli: la
luce della tua Parola e l’azione
silenziosa del tuo Spirito Santo.
Ti rendiamo grazie perché sappiamo di non pregarti mai invano.
Ti rendiamo grazie perché tu
sei il nostro Dio e perché ci hai
permesso di essere il tuo popolo. Amen.
Padre celeste,
ti preghiamo di darci, a tutti,
il tuo Spirito Santo e di ridarcelo semnre di nuovo, affinché
ci risvegli, ci rischiari, ci incoraggi. ci faccia passare dalla consolazione per noi stessi alla speranza in te. Distoglici da noi per
farci volgere verso di te. Irripediscici di sottrarci al tuo sguardo. Non permetterci di cercar di
cavarcela senza di te. Rivelaci la
tua magnificenza e mostraci come affidarci a te ed obbedirti.
Te lo chiediamo per tutti gli
uomini. Che i popoli e i governi
si sottomettano alla tua Parola
e così possano promuovere la
pace e la giustizia sulla terra.
Che tutti i poveri, i malati, i
prigionieri, gli afflitti, .gli oppressi, gli increduli imparino realmente a conoscere la tua Parola,
che Faccettino, la capiscano e
trovino in lei la risposta ai loro
sospiri e alle loro grida.
Che i cristiani di tutte le Chiese e confessioni abbiano una
nuova conoscenza della tua Parola e imparino a servirla fedelmente. Che fin da oggi e da
Quaggiù, la tua verità appaia e
dimori attraverso gli erramenti
e le confusioni della nostra umanità. fino al giorno in cui infine illuminerà tutti gli uomini
e tutte le cose.
Sii lodato, o Padre, perché in
Gesù Cristo ci hai dato la libertà
di attenerci a questa testimonianza: noi speriamo in te.
Amen.
(preghiere di K. Barth)
Protestantesimo
in TV
LUNEDI’ 26/12 - RAI 2
Ore 23 circa
Martin Luther King; un sogno
svanito?
Il sogno del leader nero riguarlr.ra l’smaneipazicne dei
neri ma anche l’emancipazione di tutti gli oppressi e la
costruzione di una casa comune per tutta l’umanità.
A 20 anni di distanza quel
sogno sembra svanito. Ma a
una rilettura odierna certe
sue intuizioni acquistano una
attualità ancora più vibrante.
%
4
4 vita delle chiese
23 dicembre 1983
IL DOCUMENTO DI LIMA
Ecumenismo tra la gente
Mi pare che proprio un anno
fa a Torre Pellice, nel corso di
un dibattito ecumenico con i pastori Toum e Bellion il vescovo
ortodosso Tìmiadìs, a proposito
del documento di Lima, su Battesimo Eucaristia e Ministeri —
prodotto dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio
delle Chiese di Ginevra — ebbe
a dire: « è importante che le
chiese studino a tutti i livelli possibili di ogni organizzazione ecclesiastica questo testo ecrunenico che pone, per la sua straordinaria importanza, molti interrogativi alla coscienza dei credenti ». Il colloquio dei pastori delle valli valdesi — un appimtamento mensile di studio e fraternità — Irmedì 19 ha affrontato
per la seconda volta alcune sezioni "scottanti” del documento
di Lima, ormai denominato semplicemente « BEM ». « E’ evidente — afferma il pastore Bruno
Rostagno, presidente della Commissione esecutiva distrettuale
— che là dove si è cominciato a
studiarlo l’interesse si è immediatamente acceso. Il documento di Lima richiede un grosso lavoro di chiarifleazione e dibattito, ma siamo pronti a farlo. Nel
colloquio pastorale abbiamo anche cercato di capire insieme ai
predicatori lcx;ali qual è il modo
migliore di presentare ai nostri
membri di chiesa questo testo
ecumenico ».
Articolato in tre grandi sezioni,
provvisoria piattaforma d’incontro tra le chiese cristiane il
« BEM » cerca di riformulare in
modo teologicamente nuovo i
grandi nodi della fede e della
vita ecìclesiastica. Ed è proprio
quest’ultima, almeno pare ad alcuni — a prevalere siri dato biblico, più semplice e meno "fumoso” di talune tradizioni ecclesiastiche che aU’intemo del
« BEM » cxwupano uno spazio, a
volte, eccessivo. Per le comunità
in cui non esiste un lavoro ecnimenico sarà più difficile affrontare questo documento. Ma anche lì, stando all’invito del nostro Sinodo, bisognerà fare uno
sforzo di comprensione e dibattito al fine di arrivare ad una
presa di posizione rappresentativa. Dalle prime, provvisorie reazioni pare che molti lamentino
lo studio del « BEM » come un
momento di chiusura. « Il nostro
impegno pw la pace è ancora
scarso, i giovEini hanno dei problemi con la chiesa e di fronte
a tutto questo — sbotta un giovane pastore appena arrivato alle Valli — noi chiediamo alla
nostra gente di affrontare documenti ecumenici ». Insomma per
alcuni bisognerebbe fare più evangelizzazione e meno ecumenismo. Meno docmnenti e più
azione nel concreto soprattutto
sui grandi temi angosciosi di oggi: droga, disoccupazione. Ma
non si può esaurire tutto in prassi. Né possiamo concederci il
lusso di essere tagliati fuori dal
dialogo ecumenico. Per starci
dentro, con una certa autorità,
occorre che si sia informati sugli ultimi sviluppi. Non che siano informati soltanto gli specialisti. Informata dev’essere anche
Tassemblea di chiesa, la gente
dei quartieri. E’ la strada più
difficile ma è il prezzo che dobbiamo pagare per la nostra democrazia, anche in chiesa.
Giuseppe Platone
ABBONAMENTI
ANNO 1984
In questo numero del giornale,
l’ultimo dell’anno 1983, gli abbonati
dell’Eco delle Valli troveranno il nostro conto corrente postale per il
rinnovo del loro abbonamento per
il 1984.
Le tariffe sono:
Annuo L. 21.000
Semestrale L. 12.000
Estero (via di superficie) L. 40.000
Estero (via aerea) L. 64.000
Sostenitore L. 40.000
(ai sostenitori verranno inviate due
litografie di Marco Rostan).
Chi non l’avesse ancora fatto si
affretti dunque a rinnovare. Chi invece volesse disdire oe lo faccia
sapere al più presto; ci consente
di evitare spese inutili.
Questo avviso ovviamente non
riguarda chi ha già rinnovato ed in
particolare gli abbonati di PramoMo
che hanno tutti già rinnovato M loro abbonamento. Grazie e auguri a
tutti i nostri lettori.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Incontro con i ragazzi dell’Uliveto
Come ogni anno i catecumeni
del quarto anno di Pomaretto
hanno passato una giornata alrUliveto VII dicembre. Ecco la
loro relazione:
L’Uliveto è stata un’esperienza
positiva che ci ha permesso di
focalizzare il problema degli
handicappati. Molti di noi, pur
vedendoli ogni tanto per la strada, in televisione, sui giornali
non si erano mai effettivamente
resi conto del bisogno che essi
hanno di una presenza costante
affettuosa ed indispensabile come quella dell’educatore. Spesso
la carenza di personale diventa
un problema difficile da risolvere in soccorso al quale viene
l’aiuto dato dai volontari che pur
non essendo tutti in possesso di
cognizioni a carattere psico-pedagogico vivono giorno dopo
giorno al ffanco di questi ragazzi imparando daH’esperienza. La
Villa Uliveto non è certo l’ideale
per i bambini con handicaps fisici in quanto le barriere architettoniche sono per loro un problema costante. Essi dovrebbero vivere in luoghi costruiti appositamente per loro e per tal motivo si sta iniziando a ristrutturare la villa, ma le disponibilità
economiche creano grandi difficoltà.
In conclusione possiamo dire
che se inizialmente noi eravamo
un poco imbarazzati e temevamo
di non essere all’altezza di un
incontro disinvolto con loro abbiamo poi dovuto ricrederci vivendo una costruttiva e significativa giornata. Se la confermazione rappresenterà per noi un avvicinamento a Dio questo piccolo
passo che abbiamo fatto è molto
importante per il lungo cammino che ci attende.
Tempo di Natale
POMARETTO — Si è svolta
domenica 18, durante il culto, la
festa di Natale delle scuole domenicali. Il programma dei
bambini era collegato al lavoro
svolto fino ad ora su Abramo.
Il filo conduttore delle scene
partiva dalla chiamata di Àbramo, per giungere alla nascita di
Gesù e poi ai giorni nostri. I dialoghi e le letture dei bambini,
accompagnati da canti, sono stati seguiti attentamente dalla comunità presente, che vuol ancora dire un grazie, per tutto il
lavoro svolto, alle monitrici. La
colletta al culto e le bustine portate dai bambini in occasione
del Natale saranno date per il
centro evangelico di S. Salvo negli Abruzzi.
I prossimi incontri sono i seguenti :
Domenica 25, Natale : ore 9
culto all’Ospedale con Santa Cena; ore 10 culto con Santa Cena - Corale nel Tempio; ore 20
riunione natalizia ai Cerisieri.
Lunedì 26: ore 14,30 festa di
Natale a Inverso Pinasca (Clot).
Sabato 31: ore 20,30 culto con
Santa Cena nel tempio.
• Ancora lutti nella nostra
comunità. La morte è venuta a
recare dolore in due famiglie.
Sono deceduti: Clot Emilio, di
Pomaretto, quartiere Clot-Boular, morto all’ Ospedale Valdese
di Pomaretto all’età di anni 63;
era oriundo dell’Albarea.
Bounous Margherita ved. Ribet, dei Masselli di Pomaretto,
morta improvvisamente nella
sua abitazione all’età di anni 77.
Anche lei era oriunda dell’Albarea.
Ai familiari del nostro fratello e della nostra sorella la simpatia cristiana della comunità
tutta.
Visita della CED
VILLAR PELLICE — Nel corso della settimana dal 4 all’ll i
componenti la Commissione Esecutiva Distrettuale hanno preso contatto con la realtà della
nostra Chiesa partecipando anche a riunioni quartierali e cor
A 50 metri dalla spiaggia — ambiente familiare — ottimi i
servizi e il trattamento.
si di catechismo. Hanno poi anche incontrato il Comitato della casa per persone anziane « Miramonti », il Concistoro insieme
ad alcuni responsabili delle attività settoriali e presieduto il
culto e un’Assemblea di Chiesa.
Una parola di gratitudine a
questi fratelli ed alla sorella
C. Beux in Longo ed al pastore
B. Rostagno per il messaggio
rivoltoci nel culto di domenica
11 c. m. e per le successive informazioni dateci durante l’Assemblea di Chiesa.
• Domenica 18 c. m. s’è svolta
nel tempio la festa di Natale della Scuola Domenicale. Dopo la
parte introduttiva del pastore,
le ragazze ed i ragazzi delle tre
sezioni in cui è suddivisa la
Scuola Domenicale (piccoli,
grandi e Inverso) hanno presentato al numeroso pubblico il
messaggio di Natale attraverso
un ricco programma di poesie,
dialoghi e canti. Un sentito ringraziamento a chi ha donato il
bell’abete, l’ha tagliato, trasportato ed ornato nonché alle monitrici ed alla Sig.ra Lidia Frache, che hanno curato la preparazione dei bambini, ed a quanti
altri hanno collaborato alla riuscita di quest’incontro comunitario.
• La solidarietà nostra e della Chiesa alle sorelle ed ai fratelli degenti in ospedale o a casa ed il fraterno augurio per un
pronto ristabilimento con l’aiuto del Signore.
Festa di Natale
TORRE PELLICE — I bambini delle Scuole Dom. hanno avuto il loro culto di Natale domenica 18. Essi si ritroveranno per
la vera e propria festa con i loro monitori lunedì 26 alle ore
14,30 ai Coppieri e al Centro,
mentre agli Appiotti la festa ha
avuto luogo sabato 17. Anche
per i ragazzi dei primi anni di
catechismo (I, II, ni media) sarà organizzata la festa di Natale
giovedì, 29 alla Casa Unionista.
• La Corale di Torre Pellice
ha offerto domenica 18 un riuscitissimo pomeriggio musicale
con canti, letture bibliche e musiche all’organo e al flauto, intitolato « Armonie di Natale ». Il
pubblico ha dimostrato di gradire questo concerto che ha avuto un seguito comunitario alla
Foresteria, dove i coralisti hanno offerto una tazza di tè. La comunità esprime la sua riconoscenza ai fratelli della Corale
per questo tradizionale concerto
natalizio e per il suo impegno,
che si concretizzerà ancora durante il mese di gennaio con la
partecipazione alle riunioni quartierali.
• I membri elettori sono convocati per l’Assemblea di Chiesa
di domenica 8 gennaio per reiezione del pastore titolare (riconferma dopo 7 anni).
• L’Unione Femminile ospiterà domenica 1° gennaio Domenico e Niny Sereno che presenteranno il film girato durante il
loro viaggio in Israele. Anche le
sorelle dell’Unione saranno impegnate a gennaio in un giro di
riunioni quartierali.
Culti di Natale
ANGROGNA — Culti di Natale : ore 10 Capoluogo, con grandi e piccini: Santa Cena e Corale; ore 20: Pradeltorno, nella
scuoletta, culto. Santa Cena e
immagini di Israele.
Sabato 31: Culto di fine d’anno nel Tempio del Serre alle ore
20,30 con Santa Cena. Partecipano i trombettieri valdesi.
• Il Concistoro s’incontra venerdì 30 dicembre alle ore 20 al
Presbiterio.
• Le riunioni riprendono il 9
gennaio sull’argomento della pace nella valutazione del Sinodo.
L’istruzione
religiosa
SAN GERMANO — L’assemblea di chiesa di domenica 4 dicembre è stata, per una volta,
una vera assemblea, nel senso
che i presenti erano relativamente numerosi ed hanno attivamente partecipato alla discussione. Il tema era: l’istruzione religiosa dei ragazzi nell’ambito di
una vita comunitaria degna di
tal nome. Purtroppo sono mancati all’appello molti dei genitori che erano direttamente interessati alla questione. Ce ne
rammarichiamo perché avremmo cosi potuto prendere delle
decisioni che sono state chiaramente indicate da vari interventi
nel corso dell’incontro. In particolare si è sottolineato come
l’ideale sarebbe di effettuare la
scuola domenicale durante il
culto, permettendo così ai genitori di partecipare a quest’ultimo.
Subito dopo Natale, le monitrici faranno un giro di visite
nelle famiglie dei ragazzi per far
conoscere ì risultati dell’assemblea e per avviare una soluzione
che permetta di lavorare con
nuovo impegno in questo campo. Nel corso dell’assemblea è
stato sottolineato l’impegno con
cui le monitrici lavorano, senza
essere sempre confortate dalla
frequenza regolare dei ragazzi e
dal sostegno dei genitori. Si era
cercato di fare, della giornata
del 4, un momento veramente
comunitario : per i ragazzi è stato proiettato un film nella sala.
Anche qui il numero dei partecipanti avrebbe potuto essere
maggiore. Siamo comunque grati all’anziano Garrone ed a quanti, con lui, hanno preparato ogni
cosa per allietare il pomeriggio
dei ragazzi.
Intanto, la Scuola domenicale
continua la domenica mattina
alle ore nove, in attesa di una
nuova assemblea di chiesa che
prenda una decisione definitiva.
Archimede Bertolino
nuovo pastore
SAN SECONDO — L’assemblea
di chiesa di domenica scorsa ha
eletto quale pastore della comunità il past. Archimede Bertolino,
attualmente pastore a Palermo,
che inizierà il suo ministerio nella nostra comunità nel mese di
ottobre 1984.
# Hanno collaborato a questo
numero: Alfredo Berlendis,
Michele Campione, Giovanni
Conte, Bruno Costabel, Anna
Maria Giachino, Enos Mannelli, Luigi Marchetti, Teofilo Pons, Giacomo Quartino,
Franco Taglierò, Anita Tron.
« ...e la luce splende nelle tenebre »
(Giovanni 1: 5)
LA CORALE VALDESE DI ANGROGNA
VI INVITA
la sera della vigilia di Natale, sabato 24 dicembre
alle ore 20,30 nel Tempio d3l Serre
a partecipare ad un incontro con canti, testimonianze,
letture, messaggi e immagini della natività di
Rembi'andt.
Per un Natale di pace e solidarietà nella luce di Cristo.
5
23 dicembre 1983
vita delle chiese 5
UN CONGRESSO EGEI PARTICOLARMENTE VIVO E PARTECIPATO
La parola vivente contro gli idoli di morte
(segue da pag. 1)
mo passo in direzione dell’auspicata riforma della Chiesa.
Puntuali ed attenti, i revisori
hanno svolto con diligenza e
spirito critico il loro delicato
compito, rallegrandosi da un lato per la crescita numerica e territoriale della PGEI, ma rilevando dall’altro certi limiti e nodi
presenti al suo interno: scarsità di « quadri », mancanza di iniziative a livello locale e regionale, con corrispondente preponderanza del ruolo del Consiglio in
funzione supplettiva, debolezza
dell’analisi politica — anche rispetto ai temi della pace e del
Meridione — e della riflessione
teologica. Secondo i revisori, la
FGEI attuale non è sufficientemente legata a progetti di lavoro a livello locale e regionale,
e si assiste a una separazione tra
formazione e lotta per la trasformazione. Da qui il richiamo fatto ai gruppi di radicarsi maggiormente nei loro rispettivi contesti, di recuperare e sfruttare
la memoria storica della FGEI,
di rafforzare la riflessione e l’elaborazione politica e teologica,
poli della dialettica propria della PGEI.
Pace e disarmo
I vari temi e problematiche
emersi dalle relazioni e dalla discussione plenaria sono stati affrontati e approfonditi nei vari
gruppi di lavoro i quali hanno
dato vita a dibattiti attenti, vivi
e molto partecipati. Come già
detto, i gruppi hanno espresso
parecchie mozioni e documenti
di lavoro che costituiranno la
base dell’impegno dei gruppi
FGEI nei prossimi anni. (Pubblichiamo una parte di queste mozioni in questo numero del giornale).
Ovviamente, l’argomento più
discusso è stato quello della pace e del disarmo; il dibattito ha
messo in luce la particolare sensibilità e responsabilità che i
giovani evangelici sentono rispetto a questo problema. L’impegno per la pace, per loro, non
può in nessun caso ridursi ad
un fuoco di paglia. E’ un problema che interpella direttamente
la loro fede e la loro testimonianza alla Parola. L’urgenza del
problema li spinge a sviluppare
un’approfondita riflessione biblica e ad elaborare una seria
teologia della pace. E’ stato ribadito con forza il nesso inscindibile che intercorre tra pace e
giustizia, il che implica, sul piano politico pratico, la necessità
di spostare l’attenzione dai rapporti Est/Ovest a quelli Nord/
Sud. In quest’ottica nasce l’esigenza di un nuovo impegno internazionalista ( solidarietà col
Nicaragua e con il popolo palestinese, in particolare) e di una
apertura alle tematiche poste dal
movimento ecologista (rapporto
con l’ambiente, uso e ripartizione delle risorse, termini di scambio tra mondo ricco e Terzo
Mondo, qualità della vita, riconversione dell’industria bellica,
ecc...). L’impegno per la pace e
la giustizia è pertanto un impegno a lunga scadenza che richiede uno sforzo notevole di formazione e d’informazione sui
processi economici e politici che
portano alla spirale del riarmo
da un lato e all’oppressione economico-sociale daH’altro. Sul piano etico si pone il problema
dell’obiezione di coscienza e della disubbidienza civile come forma di ubbidienza a Dio.
Servizio volontario
Un altro tema a cui il Congresso ha dedicato ampio spazio è stato quello su «diaconia
e volontariato ». Molti giovani
evangelici infatti sono stati o sono impegnati nelle zone terremo,
tate, altri lavorano nei centri giovanili (Agape, Adelfla, Ecume
Al I tavolo della presidenza del Congresso, da sinistra. Debora
Spini, Ermanno Genre e Michele Campione dirigono i lavori.
ne), altri in progetti comunitari
(Catania). L’esigenza di approfondire la riflessione sul rapporto tra fede, servizio e lavoro volontario è quindi reale, anche
perché risponde ad una particolare sensibilità di questa generazione desiderosa di impegnarsi praticamente in progetti significativi sul piano sociale, politico e della testimonianza. Segno
che il riflusso egoistico nel privato che ha caratterizzato questi ultimi anni volge al termine?
Può darsi. In ogni caso è rallegrante constatare che i giovani
evangelici non solo sentono il
bisogno di formazione ma anche di impegnare la propria vita
al servizio degli altri, perché vuol
dire che l’essenza del messaggio
evangelico è stata recepita.
Una particolare attenzione è
stata dedicata, anche da parte
del Consiglio, al futuro del Servizio Cristiano di Riesi giunto,
dopo 22 anni, ad una svolta: nel
giro di un anno e mezzo dovrà
essere costituito un nuovo grup
po residente il quale dovrà, da
un lato, assicurare la continuità
degli attuali settori di attività,
dall’altro cercare di riqualificare il proprio intervento inserendosi attivamente nelle nuove
problematiche peculiari della Sicilia degli anni ’80 (lotta contro
la mafia, contro i missili e la
militarizzazione del territorio,
trasformazione sociale ed economica del Mezzogiorno, problemi
dell’emigrazione e dell’immigrazione nord-africana, la testimonianza evangelica in questo contesto, ecc...); il Servizio Cristiano potrebbe quindi diventare un
« laboratorio » di sperimentazioni varie (dal campo agricolo/
cooperativistico a quello della
educazione), costituendo un
punto di riferimento stabile per
i vari movimenti presenti nella
società meridionale ed essendo
nello stesso tempo un ambito
di formazione per volontari e
diaconi delle nostre chiese. In
questo quadro, che ridimensiona almeno in parte le critiche
espresse a suo tempo dalla FGEI
nei confronti del Servizio Cristiano, il Congresso ha dimostrato interesse per il futuro
di quest’opera, impegnando il
Consiglio « a seguire con attenzione e solidarietà la costituzione del nuovo gruppo residente ».
Il Congresso infine si è soffermato su tematiche più interne
(catechesi, rapporti con le chiese, con la FCEI, con gli organismi internazionali) e interiori
(la soggettività: tematica sviluppata soprattutto dalle donne in
questi anni ma che ora desta l’interesse dei maschi; le parole e
i gesti della fede, ossia come tradurre ed esprimere la nostra fede oggi sia verbalmente, sia corporalmente).
Testimonianze
Non è mancato il momento
pubblico del Congresso; la serata di venerdì è stata dedicata
ad una « passerella » di una dozzina di ospiti che hanno presentato una breve riflessione partendo dal versetto biblico che
costituiva il motto del Congresso : « Poiché non è nel mio arco
che io confido e non è la mia
spada che mi salverà» (salmo
44). Da Tullio Vinay a Paolo
Ricca, da Giovanni Franzoni a
Martin Köhler, anziani e giovani, uomini e donne, ognuno ha
dato una forte testimonianza della propria fede e del proprio impegno per la vita di questo mondo.
Il Congresso si è concluso domenica mattina con un culto
presieduto da Giuseppe Crucitti
e Francesca Spano, membri
uscenti del Consiglio, e con la
condivisione del pane e del vino della Cena, quale segno della
comunione col Cristo Risorto.
Jean-Jacques Peyronel
Lotta
per la giustizia
Le mozioni finali
Il VII Congresso della FGEI individua nei processo di trasformazione in corso in Nicaragua un segno di speranza per chi, come noi,
in questi difficiii anni ’80, lotta
per la giustizia sociaie. Rileva inoltre come il tentativo del governo
sandìnista di non legarsi a nessuna delle due superpotenze stia
procedendo positivamente, sia pur
nelle inevitabili contraddizioni presenti. Ritiene che, per potere continuare sulla strada intrapresa, Il
Nicaragua ha estrema necessità di
una concreta solidarietà internazionale, sia politica che materiale.
A questo riguardo, il Congresso
decide che:
1) I gruppi FGEI utilizzino questa occasione per avviare (dove
possibile) o proseguire una collaborazione concreta con le Comunità
di base, molto sensibili su tutte
le questioni riguardanti le lotte di
liberazione in America Centrale e
del Sud. Questa iniziativa può anche essere un modo per riprendere
i rapporti con le C.d.B. che si possono e devono sviluppare anche su
altri temi.
2) Il Consiglio verifichi la possibilità di aderire all'associazione
« Italia-Nicaragua » e che la stessa
cosa facciano i gruppi delle città
ove questa organizzazione esiste.
3) Il Consiglio lanci una sottoscrizione nazionale a favore del Nicaragua. Tale sottoscrizione dovrà
essere gestita in prima istanza dai
gruppi locali, con particolare attenzione ad utilizzare questa iniziativa per sensibilizzare sul tema
della solidarietà ed informazione sul
Nicaragua le nostre comunità.
Pace nel movimento
Il Congresso, preso atto della partecipazione attiva e caratterizzata
di membri della FGEI a numerosi
comitati per la pace locali e della
esigenza di collegamento e di confronto espressa da molti di questi
fratelli ed altri fratelli,
, — invita i gruppi FGEI a proseguire su questa linea, contribuendo elio sviluppo dei comitati ad
adesione individuale e favorendo
un coinvolgimento delle chiese in
questo impegno;
— dà mandato alle segreterie regionali FGEI di nominare ciascuna
e far pubblicare sul Notiziario il
recapito di una persona che funga
da punto di riferimento, sia all'interno delle singole regioni, sia al
di fuori di esse per quanti desiderino scambiare idee, informazioni,
materiali sul movimento per la pace;
— allo stesso fine dà mandato
al Consiglio di organizzare un incontro a carattere nazionale riservato agli evangelici più attivamente
impegnati nelle strutture del movimento per la pace;
— invita la redazione della rivista
« Gioventù Evangelica » a stimolare
contributi su questo specifico aspetto della questione pace.
Riconoscendo da una parte nell'informazione, nella documentazione e nell'educazione alla pace, dal
l'altra nei rapporti con ! movimenti
per la pace all'estero, i contributi
maggiori forniti dalla FGEI al movimento italiano. Il Congresso;
— invita i gruppi a scambiarsi e
a diffondere i materiali prodotti o
acquisiti e a collaborare con I monitori alla ricerca di una linea di
educazione alla pace nelle scuole
domenicali;
— ribadisce ad ogni modo la centralità che i paesi del Mediterraneo
rivestono nella fase politica attuale
e la necessità che la FGEI incrementi le sue relazioni con le realtà consorelle dell'area in questione;
— invita pertanto il Consiglio a
verificare la possibilità di nuovi
momenti d'incontro analoghi a quelli dell’estate '81 e dell’estate ’83
ad Adelfia e di un loro allargamento
ad altri paesi dell'Europa latina, del
Nord Africa e del Medio Oriente.
Sìgonella
e Comiso
Il Congresso invita il Consiglio
e i gruppi FGEI ad aderire formalmente e a partecipare alla settimana per la pace in Sicilia indetta dal
Coordinamento Nazionale dei Comitati per la pace dal 24 dicembre
1983 al r gennaio 1984, in particolare alle due giornate di azione
diretta nonviolenta del 28 (Sigonella) e del 30 dicembre (Comiso) e
alle iniziative analoghe che I comitati stanno preparando per marzo 1984, mese in cui è previsto II
trasferimento dei missili dalla base
NATO di Sigonella a quella di Co
Diaconia
e volontariato
Il Congresso, sulla base delle
relazioni presentate dal Consiglio,
dai revisori, e sulla base del documento finale del gruppo « Diaconia
e volontariato » pone in particolare
evidenza questo problema scaturito
dalle indicazioni e dalle iniziative
sorte negli ultimi mesi di dibattito
ail'interno della Federazione; ritiene necessario allargare la riflessione sul problema al fine di promuovere i'inserimento in progetti che
si condividono e che costituiscono
un'esperienza di lavoro significativo.
Il Congresso propone:
a) la necessità che la Federazione mantenga i rapporti già stretti
con l'Associazione Evangelica di
Volontariato. Tale Associazione costituisce un fondamentale strumento
di verifica e di crescita di cui si
approvano le intenzioni e gli scopi, in particolare per quanto riguarda i servizi di informazione, consulenza, assistenza e di collegamento tra i volontari e tra questi e
le opere. Al di là dei tempi relativamente ristretti (tre anni) previsti
dalla Associazione, si sottolinea la
importanza del ruolo diaconale che
si sta definendo e che assume importanza soprattutto per il suo carattere vocazionale. Occorre edu
care alla diaconia per poter portare avanti un tipo di impegno prolungato nel tempo. Tutte queste ragioni rendono necessario che il Consiglio continui a imantenere vivo
l’interesse su queste tematiche
promuovendo e rinnovando, tramite
convegni e campi, il dibattito ali’intemo della Federazione.
b) il Congresso Invita il Consiglio a promuovere un campo studi
su « Volontariato evangelico a quattro antti dal terremoto » (titolo indicativo), nel quale valutare il lavoro svolto dai volontari delia
FGEI dal 23 novembre deH'80 ad oggi, i rapporti che sono intercorsi
con i responsabili delle opere, per
tracciare delle linee di lavoro nell'ambito della collaborazione necessaria per evitare uno scollamento
tra questi organismi e gli operatori
del posto.
c) Sulla base delle indicazioni
proposte nella relazione introduttiva circa il « Servizio Cristiano » di
Riesi, il Congresso fa propria la posizione del Consiglio e lo impegna
a seguire con attenzione e solidarietà la costituzione di un nuovo
gruppo residente.
d) Il Congresso, valutando positivamente gli attuali rapporti con le
organizzazioni di volontariato internazionale (in particolar modo sviluppatisi sul tema della pace), chiede al Consiglio di proseguire su
questa linea in quanto motivo di
crescita ed approfondimento per
tutta la Federazione.
Rinviamo al prossimo numero la
pubblicazione di altre mozioni su:
catechesi. Federazione, formazione
e centri.
6
6 obiettivo aperto
23 dicembre 1983
IL POPOLO CHE CAMMINAVA NELLE
Nato e cresciuto nella ricchezza, morì in povertà. Figlio dell'agiata borghesia della Repubblica calvinista delle Provincie Unite
— che copriva all'incirca il territorio dell'Olanda attuale — conobbe oltre a quella protestante, negli anni più difficili della
sua vita, la spiritualità e il pensiero dei Mennoniti e degli Ebrei
olandesi del suo tempo. Un arricchimento determinante che riuscirà a trasmettere nelle sue numerose opere pittoriche. Sopravvisse alla moglie che amava e ai suoi figli. In particolare a Tito,
giovane promessa artistica. Malgrado le avversità seppe conservare la fede nel Cristo degli Evangeli. E come non vedere, in
quasi tutte le immagini di Rembrandt Harmensz van Rijn, morto
a 63 anni ad Amsterdam nel 1669, le tappe della sua stessa vita?
Recentemente il teologo poeta Jörg Zink ha ripercorso alcune opere di Rembrandt, riferite alla natività del Cristo, in una
pregevole pubblicazione, adatta al Natale, pubblicata dalla
Eschbach Verlag. In queste pagine — da cui prendiamo alcuni
spunti, adattandoli — la riflessione teologica di Zink sconfina
nella osservazione artistica e nella rievocazione biografica del
grande pittore olandese. Rembrandt ha testimoniato così la fede
in Colui che illumina la nostra notte.
Del resto ogni testimonianza alla Parola che si è fatta carne
è influenzata dal nostro modo di essere e di esprimerci. Perché
è proprio nella quotidianità della vita che siamo chiamati ad essere, e non solo a Natale, testimoni di questa luce che irrompe
nelle tenebre.
La luce è l'elemento fondamentale nei quadri del pittore
olandese. E particolarmente in questi dipinti, riprodotti in queste
pagine, di cui per ovvi motivi perdiamo la bellezza dei colori, la
luce che sottolinea un volto, una situazione, uno sguardo si trasforma in una lente interpretativa : in un accentuare, insomma,
una tensione o una speranza che fanno parte della vita stessa
di Rembrandt.
Se Lucas Cranach, amico di Lutero, fu il "fotoreporter" della
Riforma, Rembrandt — a cento anni di distanza — ne è l'interprete fedele. Oggi ancora ci parla dei temi biblici che l'appassionarono in un preciso incalzante gioco di luci e ombre attraverso
il quale riesce a comunicarci il contenuto espressivo di ogni soggetto.
Ma Bibbia per Rembrandt non significò soltanto il tema della
natività o della fuga in Egitto o dell'adorazione dei pastori e dei
magi. La sua ricerca pittorica e cristologica è molto più vasta.
Un solo esempio : nel « Cristo che guarisce gli ammalati », un dipinto del 1642, oppure nella «risurrezione di Lazzaro» del 1630
i timidi bagliori di luce legati alla natività diventano un'esplosione luminosa. E il cerchio della produzione artistica e della riflessione teologica si rinchiude.
Anche il vecchio Simeone che, sulle braccia protese verso il
futuro, tiene il Salvatore del mondo è inondato dalla stessa luce
che scaturisce dal volto e dagli occhi del Cristo risorto nella cena
di Emmaus — un dipinto del 1648. E' la stessa luminosità, è lo
stesso argomento. In quella luce che squarcia le tenebre di ogni
dipinto a carattere biblico c'è la risposta che Rembrandt cercava
agli angosciosi interrogativi di una vita di ricchezza e di miseria,
di grande successo artistico e di estrema solitudine e povertà.
E' la stessa luce che anche noi cerchiamo.
« Partiti che furono, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: Levati, prendi
il fanciullino e sua madre e fuggi in Egitto, e sta’ quivi finch’io non tei dica. Egli dunque levatosi, prese di
notte il fanciullino e sua madre, e si ritirò in Egitto; ed ivi stette fino alla morte di Erode » (Matteo 2; 13-14).
Un uomo forte còn un largo cappello e un solido bastone guida un asino daH’andatura stanca.
La donna avvolta in un chiaro mantello ha uno sguardo insicuro. Forse ha paura mentre stringe in
braccio un bambino. Dal bagaglio posto sul dorso dell'asino spunta una sega da falegname. Questa
famiglia in fuga è irradiata da una luce centrale. La luce e le tenebre sono inesorabilmente vicine
come il bene e il male. Il nemico è là dove l’oscurìtà avvolge l’immagine. Ma la luce e le tenebre sono
chiaramente delimitate. Non hanno nulla in comune. Quando dipinge questo quadro Rembrandt ha
vent’anni. E’ l’artista sicuro del proprio talento. E’ lui che illumina il mondo con la forza della sua
arte. Non ha tempo di guardare dentro di sé. Guarda le cose e le dipinge. Proietta il suo intimo verso
l’esterno e, nelle cose che illumina vede, in definitiva, se stesso.
Nel periodo in cui Rembrandt dipinge questo quadro, siamo nel 1627, un ricco signore che ha
intuito l’eccezionale talento del giovane artista, lo invita a proseguire i suoi studi artistici in Italia.
Il giovane olandese risponde dicendo che ciò che cerca non lo troverebbe nemmeno in Italia. « La fuga
in Egitto » è la prima tappa di una lunga stagione di ricerca artistica e biblica.
Su questo gruppo familiare emerge la figura dell’angelo. La luce del dipinto
questa volta proviene dall’alto da dove è venuto anche l’angelo. Ma si può
notare che l’angelo non riceve la luce dall’alto poiché è come se l’avesse
in se stesso. Benché al buio, in questo locale penetra un po’ di luce dappertutto.
Una luce che non è mai afferrabile e che, alla fine, si raccoglie e si concentra
nell’angelo.
Rembrandt dipinge questo quadro dopo la morte della moglie Saskia.
Vent’anni prima aveva dipinto la « fuga in Egitto ». Giuseppe è stanco. Maria
è voltata. L’angelo in piedi tra i due che apparentemente non sono collegati,
toccando la spalla a Giuseppe sembra voler dire; guarda là, c’è Maria, c’è il
bambino. Alzati! E’ un nuovo compito quello che viene indicato. E’ una
chiamata che irrompe insieme alla luce che rischiara il nuovo cammino.
La Maria di Rembrandt non è particolarmente bella (come in certi dipinti
italiani del XVI e XVII secolo). E’ una robusta contadina olandese. Anche
Giuseppe, anche il fanciullino sono persone comuni. In loro Dio si manifesta e in
loro si può percepire la presenza di Colui che rischiara le tenebre.
7
23 dicembre 1983
ohiêttivo aperto 7
LE IMMAGINI DELL’EVANGELO DELLA NATIVITÀ’ NELLA PITTURA DI REMBRANDT
TENEBRE VEDE UNA GRAN LUCE
« E avvenne che quando gli angeli se ne furono andati da loro verso il cielo, i pastori presero a dire
tra loro: Passiamo fino a Betleem e vediamo questo che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere.
E andarono in fretta, e trovarono Maria e Giuseppe ed il bambino giacente nella mangiatoia » (Luca 2: 15-16).
E' un particolare dell’adorazione dei pastori. Sono due uomini in preghiera di fronte al fanciullino.
Possono essere due ebrei di Amsterdam tra i quali, ridotto in povertà, Rembrandt troverà più tardi il suo
ultimo rifugio. In questo atteggiamento di preghiera si riflette la pietà del pittore olandese che non è
più quella della sua chiesa calvinista. Egli era ormai, all’epoca del quadro, più vicino alla spiritualità
mennonita. Cercava la chiarezza con cui la chiesa primitiva aveva testimoniato. In questo quadro si
riflette non un’arte piegata alla morale borghese della sua chiesa ma la confessione di fede rivolta agli
uomini. La fede in Colui il cui volto è simile a quello degli emarginati, dei minimi di questo mondo.
Questa volta la luce che illumina i due pastori in preghiera proviene dal basso dove è posto il
fanciullo. Non sono loro ad essere importanti. Essi sono solo testimoni. Testimoni ed osservatori di un
avvenimento che non comprendono, ma di cui fanno l’esperienza. NeH’aria sembra risuonare l’antica
preghiera ebraica: « Non attendo a cose troppo grandi e troppo alte per me. In verità ho calmata e
quietata l’anima mia, come quieto è il bimbo sul seno di sua madre così è l’anima mia » (Salmo 131).
Rembrandt crea qui un paesaggio immaginario. Egli non
illustra il mondo. Si tratta del mondo dentro di sé. Come
la scena intorno al fuoco si rispecchia nell’acqua così nel quadro
si rispecchiano le sue esperienze, la sua speranza, la sua
volontà e il suo ingegno. La luce proveniente dall’alto è soffusa.
Chi deve vivere sotto questa luce è in pericolo mortale. Se il
bosco è in grado di proteggere chi fugge dagli occhi degli
uomini, non ci si può nascondere a questa luce che ti
raggiunge e illumina le tenebre. E’ un bivacco notturno nel bosco.
Ed è anche un punto di riferimento sicuro per Giuseppe e
Maria in fuga. Sicurezza perché la luce del fuoco illumina i
volti, le persone e gli animali. Speranza perché il buio non è
totale: c’è un riferimento, un luogo a cui approdare. La luce
squarcia le tenebre.
« Ed ecco v’era in Gerusalemme un uomo di nome Simeone; e quest’uomo era giusto e timorato
di Dio, e aspettava la consolazione d’Israele; e lo Spirito Santo era sopra lui, e gli era stato rivelato
dallo Spirito Santo che non vedrebbe la morte prima d’aver veduto il Cristo del Signore. Ed egli,
mosso dallo Spirito, venne nel tempio; e come i genitori vi portavano il bambino per adempiere '
a suo riguardo le prescrizioni della legge, se lo prese anch’egli nelle braccia e benedisse Dio e
disse: “Ora mio Signore lascia andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; poiché gli occhi
miei han veduto la tua salvezza, che hai preparato dinanzi a tutti i popoli’’» (Luca 2: 25-31).
E 1 ultimo quadro di Rembrandt. Ha 63 anni. Quando morirà nessuno intende pagare per una
tomba sicché viene posto nella tomba comune dei poveri. E sul suo cavalletto di pittore viene
trovato quest’ultimo dipinto. E’ il suo testamento spirituale. Quasi un addio: « ed ora Signore
lascia andare in pace il tuo servo poiché gli occhi miei hanno veduto la tua salvezza ».
Un uomo anziano, forse un amico ebreo degli ultimi giorni di Rembrandt, ha in braccio un
bambino. C’è un grande silenzio in questo dipinto. Un senso di pace, di riconoscenza. Non c’è
dubbio che Rembrandt vede nel vecchio Simeone se stesso. Ma la donna che gli è vicino, la profetessa
Hanna, è così accanto, così unita da costituire una sola persona. E’ come se Rembrandt si
rispecchiasse non solo nel vecchio ma anche nella donna: in Simeone che canta le lodi a Dio e in
Hanna, nel suo viso silenzioso da cui trapela il dolore e la solitudine della donna.
Questa volta la luce viene dall’alto. Colpisce Simeone, lo illumina e lo riempie di questa
certezza: questo è il Salvatore atteso, che anche tu attendevi.
Pagina a cura di Giuseppe Platone, Vera Cotsson e Dino Ciesch.
8
8 ecumenismo
23 dicembre 1983
LA ROCHELLE ■ ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE DELLE CHIESE PROTESTANTI FRANCESI
Quand’è che
e comincia ii
finisce la
giorno?
notte
Nella città che fu roccaforte riformata i protestanti francesi in un delicato momento ecumenico e politico intervengono sulla pace, sulla disoccupazione e suH’intolleranza religiosa
Quanti sono i protestanti francesi? Ottocentomila, al massimo
un milione, dicono i responsabili delle chiese dopo aver sommato tutti i loro dati statistici.
Più di due milioni dice il sondaggio effettuato tre anni fa dalriFOP. C’è dunque un grosso
milione, forse uno e mezzo, di
persone che si dichiarano « vicine al protestantesimo » ma che
sono totalmente sconosciute ai
pastori ed estranee alla vita ecclesiastica. A costoro, che simpatizzano con quanto vi è di aperto, di moderno, di liberale
nel protestantesimo, come portare la testimonianza del Cristo
vivente? Questo uno dei primi
interrogativi posti dal pastore
Jacques Maury, Presidente della
Federazione Protestante di Francia, ai quattrocento partecipanti
all’Assemblea Generale della Federazione, tenutasi a La Rochelle
daini al 13 novembre.
E la risposta a quell’interrogativo la indica indirettamente
lo stesso Presidente Maury quando ricorda un episodio recente
che gli è stato raccontato; parlando con il prete di un villaggio
di campagna qualcuno avrebbe
chiesto come mai i protestanti
fossero così poco attivi e il prete avrebbe dato questa sintomatica e tremenda risposta: « Cosa
vuole, i protestanti non leggono
più la Bibbia! ».
La pace
Il tema generale dell’Assemblea — « scegliere la vita » —
richiamava nel suo contenuto il
tema della recente Assemblea
del Consiglio Ecumenico a Vancouver, che suonava « Gesù Cristo, vita del mondo ». Con un tema del genere, e neH’attuale situazione politica, difficilmente la
Assemblea avrebbe potuto esimersi dal prendere posizione sulla questione della pace. Tanto
più che pochi giorni prima i vescovi francesi riuniti a Lourdes
avevano unilateralmente prodotto un loro documento senza tener nessun conto delle conversazioni che erano in corso tra
protestanti e cattolici per vedere
di arrivare a una presa di posizione comune. Dopo uno sgarbo
del genere l’atmosfera ecumenica si è un po’ raffreddata, nonostante la cordialità personale del
card. Etchegaray, presente alla
Assemblea in un modesto « clergyman » nero che lo avrebbe fatto scambiare per un semplice
prete da chi non lo avesse conosciuto.
Il documento dei vescovi, lungo. complesso e articolato è stato interpretato dalla stampa
francese come una presa di posizione « a favore della dissuasione nucleare ». Intuendo che la
posizione dei protestanti sareb
be stata diversa « Le Monde »,
poco prima dell’Assemblea, cercava di attenuarne a priori la
portata dicendo che è facile fare
i profeti quando si è in minoranza e non si hanno responsabilità di governo. Senza lasciarsi
intimidire i protestanti francesi
hanno preso posizione con un
breve documento di due pagine.
Il passo centrale è il seguente:
« Il mantenimento della pace
richiede prima di tutto il rifiuto
di rassegnarsi alla divisione bipolare del mondo tra i due blocchi antagonisti dell'Est e dell’Ovest, e di considerare l’una o
l’altra delle ideologie in causa
come un male assoluto. Richiede parimenti la ricerca di una
maggiore solidarietà e giustizia
verso i paesi del Terzo Mondo,
vittime prime di quella divisione e delle guerre attraverso le
quali essa si manifesta attualmente.
Non si può accettare il perpetuarsi della dissuasione nucleare. Chiediamo pertanto al nostro
paese di avere il coraggio di avviarsi verso un ’congelamento
nucleare’, come primo passo per
una riduzione, anche unilaterale, del sovrarmamento ».
Una proposta di cancellare le
parole « anche unilaterale », è
stata bocciata a grandissima
maggioranza.
La seconda parte del documen
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Ooïsson
Una spada diventa
vomero d’aratro
(EPD Frankfurt) — Al Kirchentag del Wittenberg, nel corso di una serata all’aperto alla,
quale assistevano circa 2.000 persone (soprattutto giovani) davanti alla casa di Lutero, un fabbro ha trasformato una spada in
un vomero d’aratro.
Costano meno i
malati di pelle nera
(SPR) — Nella provincia sudafricana del Transvaal si spende
in media tre volte di più per i
malati bianchi in ospedale che
per i neri. Questa informazione
apparsa sui giornali sudafricani
si riferisce al rapporto annuo
del direttore del servizio ospedaliero. Nei 64 ospedali di stato
e nelle 29 cliniche del Transvaal
13.500 letti sono riservati ai neri e 8.000 ai bianchi anche se la
popolazione nera è quattro volte
superiore alla popolazione bianca. Il tasso di occupazione degli
ospedali per neri è del 95% mentre quello delle cliniche per i
bianchi del 59%. Sempre secondo questo rapporto la situazione più drammatica è quella dell’ospedale Cristiana occupato al
179,3% della sua capacità, cosa
che avrebbe obbligato molti malati a dividere il letto o a dormire per terra. Mentre nel 1982
il numero dei malati ospedalizzati nella provincia è passato da
455.451 a 588.715, il ninnerò dei
nuovi letti è aumentato soltanto
di 409.
Spagna: difficoltà per
i Testimoni di Geova
(BIP) — La sepoltura di una
bambina figlia di Testimoni di
Geova ha suscitato a Abavides
(Spagna) una vera e propria battaglia. La parte cattolica della famiglia (nonni, zii eoe.) ha imposto il rito cattolico, mentre i genitori ed i loro correligionari venivano espulsi dal villaggio a colpi di bastone ed a lancio di pietre. La madre della bambina è
poi stata obbligata a vestirsi di
nero, secondo i costumi del paese. Il prete cattolico romano non
si è opposto alla cerimonia.
La KEK e il BEM
(KEK Inf.) — Il Presidium
della Conferenza delle chiese europee nella sua ultima riumone
ha posto una attenzione particolare al documento « Battesimo
Eucaristia Ministero » inviato
dalla commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico
delle Chiese per uno studio da
parte delle chiese. Il Presidium
ha ammesso che un certo numero di fattori non teologici, propri delle chiese europee, potrebbe influenzare l’attitudine di
queste chiese nella loro riflessione su questo documento. Sono stati impostati quattro pio
to suggerisce in nove punti le
iniziative pratiche che le chiese
dovrebbero prendere per « essere testimoni e artefici di pace ».
La Rochelle,
città della Riforma
Nella serata del ricevimento
ufficiale in municipio Michel
Crepeau, sindaco di La Rochelle
e Ministro del Commercio del governo francese, nel suo discorso
aveva ripreso la frase del presidente Mitterrand secondo cui «loro » hanno i missili e « noi » abbiamo i pacifisti. Il pastore André Appel, Presidente dell'Assemblea, ha cortesemente ma puntualmente risposto che le nostre
chiese conoscono movimenti pa
cifisti significativi per coerenza
e vigore tra i cristiani dell’Est,
specialmente di Germania Orientale. Una risposta che gli ha valso un lungo applauso dei presenti.
.4 La Rochelle, ha ancora spiegato il sindaco, oggi c’è solo un
piccolo gruppo di protestanti,
non superiore alla media nazionale, perché degli antichi abitanti di La Rochelle due terzi morirono di fame nel 1628 durante
l’assedio posto da Richelieu, e
.gli altri fuggirono nel 1685 alla
revoca dell’Editto di Nantes. Tuttavia, ha proseguito il sindaco
che personalmente è un agnostico, « per ragioni che rimangono un po’ misteriose e che derivano da una lunga storia che
ha probabilmente influito sul
nostro inconscio collettivo. La
Rochelle si sente sempre una
città della Riforma, del libero
esame, una città che non è del
tutto come le altre ». Una città,
ha ancora aggiunto il ministro,
accusata « di eresia religiosa, ma
anche di eresia politica, a causa
della sua libertà, e di eresia economica a causa della sua apertura sul mondo... ». Pochi giorni
prima François Mitterrand, in visita a La Rochelle, si era riferito al famoso assedio dicendo;
« In quel giorno la storia di
Francia ha esitato, e penso oersino che si sia un po’ incrinata ».
Aldo e Fernanda Comba
(continua a pag. 12)
I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Un diluvio su Lutero
coli colloqui per discutere queste
questioni per poi avere un colloquio generale nel 1985 o 1986.
Lo scopo non è quello che la
Kek prenda posizione ufficiale
sul documento ma che assista
le chiese nelle loro deliberazioni.
Grande spazio è stato dato alla discussione sul deterioramento
della situazione internazionale
durante gli ultimi mesi e particolarmente alla questione dei
missili. E’ stato riaffermato che
nel quadro più esteso della sua
azione in vista della pace la Kek
si è sempre preoccupata che venisse data applicazione all’Atto
di Helsinki ed è stato nominato
un ristretto comitato per seguire l’evolversi della situazione.
Sindaco vieta
campagna di
evangelizzazione
(SPR) — Per la prima volta
nei 77 anni di attività della Missione Svizzera sotto la tenda un
Consiglio comunale ha proibito
una campagna di evangelizzazione. Il Presidente del Consiglio
Municipale di Lachen nello
Schwyz (85''/Il cattolico) ha indicato come ragione principale di
questo rifiuto la preoccupazione
di « preservare la pace religiosa ». « L’evangelizzazione — ha
detto — non conviene al nostro
paese ». La campagna di evangelizzazione ha comunque avuto
luogo su un terreno privato, ma
la polizia locale ha fatto sparire
tutti i manifesti ed i cartelli indicatori. Gli inviti stampati preparati per essere spediti a tutte
le famiglie di Lachen sono stati
rifiutati dalle poste con il pretesto che non avevano il formato
regolamentare. Il Consiglio Municipale ha inoltre rifiutato di allacciare alla rete elettrica ed a
quella idrica il tendone di 2.000
posti, la roulotte e la tenda per
gli incontri di cura d’anime.
L’abbondanza di scritti in memoria di Lutero nella stampa italiana è diventato un vero e proprio diluvio nel corso del mese
di novembre. Si può dire che non
vi è stato giornale, piccolo o
grande, e rivista, più o meno seria, che non ne abbia scritto. E
ci pare che qui convenga fare
una certa distinzione tra il senso
e il significato delle varie pubblicazioni.
Una larga parte, qui riecheggiata riferendosi principalmente
alla stampa delle due Germanie
(quella dell’Est più che quella
dell’Ovest) ha sottolineato la fun.
zione di Lutero nella creazione
della nazione germanica. Posizione, certo, non priva di una sua
validità storica, ma in qualche
modo inquinata da una apparente rinascita di un nazionalismo
tedesco, fiducioso in una prossima riuniflcazione, che non si sa
quanto bene possa fare all’Europa. E il tono di certe celebrazioni luterane porta acqua a
questo mulino. Vi è poi una non
meno larga messe di scritti, suscitati soprattutto dalla nota lettera papale al card. Willebrands
ed ospitata principalmente nella
stampa cattolica, in cui il ricordo di Lutero e della sua Riforma
viene inquadrato nella concezione trionfalistica della Chiesa di
Roma, propria di Giovanni Paolo II, in cui si tende a dimostra^
re che in fondo Lutero era un
cattolico, che commise qualche
errore per cui fu condannato, e
che il problema di oggi non è
ouello di capire od accettare la
Riforma, ma quello idi riscoprire
e valorizzare quanto di cattolico
era in Lutero ed è rimasto nei
luterani.
Ed infine alcuni scritti in cui
lo spirito ecumenico, inteso come riconoscimento dei valori
nuovi e permanenti della Riforma, si sente vivo. Tra questi il
già ricordato articolo di mons.
Martini sul Corriere, che riconosce a Lutero e alla Riforma il
merito di avere riscoperto la centralità della Bibbia: apertura a
discorsi da sviluppare nel senso
di ricondurre tutte le confessioni cristiane a ricercare nella stessa Bibbia i motivi di unità che
attendono di essere riscoperti,
sia pure attraverso idiversità di
lettura. Numerose anche le partecipazioni di note personalità
protestanti, tra interviste e resoconti di conferenze, alle pubblicazioni commemorative.
Le notizie sulla sesta bozza del
Concordato, e la visita di Craxi
in Vaticano, rilanciano anche il
problema della ritardata pubbli
cazione della nostra Intesa. Pare
che Tostacolo maggiore alla definizione del nuovo Concordato,
sia quello degli aspetti economici, non ultimo fra i quali quello
del contenzioso ancora in essere
sulla responsabilità dello I.O.R.
nel fallimento dell’Ambrosiano di
Roberto Calvi. Il Partito Liberale, comunque, ha chiesto che il
rinnovo del Concordato veda anche la definitiva promulgazione
della nostra Intesa.
Continuando nei suoi articoli
sul Corriere la rivisitazione del
mondo protestante italiano, N.
D’Amico ne dedica uno aH’isola
luterana del napoletano sorta
per iniziativa del past. Poggioli,
ed un secondo ai valdesi delle
Valli, eccellente per informazione, pur con qualche indulgenza
al folklore locale.
Nuovi echi della partecipazione evangelica in Germania e in
Italia alle iniziative per la pace,
su vari giornali. Sul Giorno un
tal Venerio Cattani riprende vecchie notizie circa finanziamenti
di origine russa a tali manifestazioni, ma non riesce poi a far
coincidere con tali notizie la partecipazione romana di frati e
suore (i protestanti per lui non
esistono).
Sullo slancio del centenario luterano, notizie su tentate riabilitazioni di altri famosi scomunicati finiti al rogo. La Repubblica si richiama a Girolamo Savonarola; a Venezia tre giornate
di convegni per Paolo Sarpi.
E spigolando tra altre notizie:
— la costituzione nella buona
società di Pordenone di un « Cenacolo » per iniziativa di un tal
Renato Minozzi, che si presenta
come « parallelo », ma non inserito nella chiesa cattolica;
— un ampio inserto di Jesus
sulla personalità di Paolo, con
ampie citazioni da Barth, ad opera di vari scrittori;
— un eccellente articolo del
pastore Gustavo Bouchard pubblicato dal Gallo, sul valore e il
significato della preghiera.
Niso De Michelis
9
23 dicembre 1983
cronaca delle Valli 9
VAL PELLICE
Pace
in terra
« Stiamo perdendo un’occasione! — dice un fratello di chiesa —. Nell’anno dei missili, non
avremo quest’anno, la vigilia dì
Natale, nessuna manifestazione
per la pace organizzata da credenti nel pinerolese. L’anno scorso di questi tempi stavamo pensando al digiuno e al corteo da
organizzare. 1 fazzoletti viola degli evangelici potevano sfilare
nuovamente per le strade, se
qualcuno avesse preso l’iniziativa.
E saremmo stati in molti... Durante quest’anno abbiamo capito
quanto è importante testimoniare la venuta del Principe della
pace, fuori dalle chiese, sulle
piazze ».
E’ un sentimento diffuso che
trova origine nel fatto che durante tutto quest’anno è cresciuta tra la gente l’opinione favorevole a far qualcosa per la pace,
visto i pericoli di guerra che si
fanno sempre più evidenti.
L’URSS e gli USA hanno iniziato
a dispiegare i loro missili atomici in Europa, i focolai di guerra
di un anno fa sono ancora tutti
accesi e nel frattempo se ne sono
aggiunti di nuovi, i negoziati tra
le superpotenze sono falliti. Il pericolo di una catastrofe nucleare
magari « per errore » è sempre
piti reale.
Perché allora non creare nella
notte di Natale « una catena di
luce e di pace, nella notte della
miseria e della violenza » come
vuole un appello ecumenico lanciato anche quest’anno da un
gruppo di credenti di Ginevra e
che chiedono a ciascuno di noi
di riflettere in famiglia, nei gruppi su questi temi e di accendere
la notte di Natale una candela
sul davanzale delle nostre finestre?
Un gesto che possiamo fare,
che molti nel pinerolese faranno.
Ma forse questo non basta più.
Occorre impegnarsi nel movimento della pace, che qui da noi
si è sviluppato, si è svincolato
dai partiti politici e che richiede
adesioni individuali. Non aspettare che qualcuno prenda l’iniziativa per noi, ma partecipare
laicamente con tutta la nostra
problematica di fede alle riunioni e alle iniziative di movimento.
Occorre per esempio contribuire a iniziative per la pace e la
giustizia nel mondo quali quelle
di sostegno al popolo del Nicaragua e dell’Afghanistan, che sono al centro della riflessione del
movimento per la pace del pinerolese in questi giorni.
Dobbiamo saperci indignare
quando il Comitato Regionale di
Controllo boccia una delibera
del comune di Rorà che definiva
simbolicamente il proprio territorio « denuclearizzato », perché
la pace è affare dei popoli e non
delle burocrazie, e reclamare che
questa stessa iniziativa venga
presa da tutti i comuni che sono
favorevoli al disarmo nucleare.
Come credenti dobbiamo saper anche pregare per la pace,
perché nella preghiera e nell’impegno che ne segue troviamo la
forza per uscire sulle piazze, a testimoniare di colui che ha proniesso di trasformare le spade
in vomeri d’aratro e le lance in
roncole (Isaia 2: 4-5) e che in
altre parole ci chiede di trasformare le industrie di armi in strumenti di produzione per la pace
e lo sviluppo, che ci chiede il disarmo, magari unilaterale.
Giorgio Gardiol
Disoccupati senza prospettive
Mancano volontà ed iniziative per dar lavoro a 700 giovani della valle
« E’ necessario sollevare U problema della disoccupazione in
vallata, sia a livello di popolazione, sia a livello di autorità».
Cosi ha commentato la situazione in valle il Consigliere Comunale di Luserna S. G. sig. Del
Pero, sinceramente interessato a
questo aspetto della grave crisi
economica che sta imperversando ovunque.
Attualmente in Val Pellice i
disoccupati sono circa 700. Questi dati si riferiscono agli Uffici
di Collocamento di Luserna S.G.
e Torre Pellice, cui fanno capo
anche i Comuni di Lusernetta,
Rorà, Angrogna, Villar Pellice e
Bobbio Pellice.
Con una popolazione valligiana complessiva di circa 15.600
abitanti, 700 iscritti nelle liste
di disoccupazione sono molti; è
questo un dato che dovrebbe
farci riflettere anche perché bisogna tenere conto che la popolazione complessiva comprende
tutti gli abitanti di una zona e
non soltanto coloro i quali sono in condizione professionale.
Evidentemente ci rendiamo
conto che la crisi del settore lavorativo è ormai, generalizzata a
livello nazionale ed internazionale; non dobbiamo comunque accettare passivamente questo dato di fatto, ma, per quanto possibile, sentirci partecipi della situazione di chi non ha lavoro e
reagire al fatalismo che rischia
di incanalarci in una direzione
a senso unico.
Non esiste purtroppo in Val
Pellice la capacità (o la volontà) di sensibilizzare la popola
zione in generale, di organizzare
chi vive direttamente lo statò di
disoccupato, in modo da non
creargli una ulteriore situazione
di isolamento, di studiare, a livello di Enti Locali, le possibilità reali di attenuare, se non risolvere, questo problema.
Come ha aggiunto il Consigliere Del Pero, un uomo che ha vissuto in prima persona anni diffìcili della storia italiana del lavoro, nei momenti di crisi ognuno si ritira nel proprio guscio;
è difficile trovare la forza di organizzarsi, manca lo spirito combattivo.
Prendiamo come esempio la
situazione esistente nel Comune
di Luserna San Giovanni. Nel
locale Ufficio di Collocamento
sono iscritte 406 persone, così
suddivise; Luserna S. G. 110 uomini e 263 donne; Lusernetta 4
uomini e 16 donne; Rorà 4 uomini e 9 donne.
Nel Comune di Luserna San
Giovanni, la popolazione attiva
(occupati, disoccupati, in cerca
di prima occupazione) è di circa 3.000 persone (ultimo censimento); questo ci dà la misura
dell’alto numero di persone senza lavoro che costituiscono oltre il 10% della popolazione in
condizione professionale.
Questi dati si commentano da
soli, ma ci sia permesso di fare
due brevi considerazioni; nonostante sia sorta, sul territorio di
questo Comune, una nuova zona
industriale, questa non ha attenuato i problemi della ricerca di
lavoro ; inoltre possiamo constatare che la disoccupazione
femminile è molto più accentua
ta. Come in ogni periodo di crisi
anche ora, chi fa le spese della
situazione in modo maggiore,
sono gli individui più vulnerabili.
Non c’è stata flnora, per i disoccupati della valle, la possibr
lità di confrontarsi e discutere
la propria situazione; questa divisione e, forse, indifferenza reciproca, è un fatto che deve essere superato perché, chi vive
una situazione così, dura, abbia
la possibilità di non sentirsi solo e verificare con altri ie reali
possibilità di azione.
Ci sembra importante rilevare
anche lo scarso rapporto esistente fra la categoria « occupati »
e quella «disoccupati». Sappiamo che, nell’attuale situazione,
anche chi ha un lavoro, rischia,
in ogni momento, di perderlo
(licenziamenti, chiusura di fabbriche, cassa integrazione) e
quindi è difficile un incontro
reale e produttivo fra queste
« due realtà » ; sarebbe comunque auspicabile un rapporto che
non fosse la reciproca indifferenza.
I giovani (formano la maggioranza degli iscritti presso gli Uffici di Collocamento) sono stanchi di guardare ad un futuro incerto, di ascoltare parole vane
ed assolutamente non costruttive; è forse giunto il momento
che le nostre amministrazioni
prendano coscienza del fenomeno della mancanza di occupazione e porgano una mano, finalmente concreta, a coloro i quali
han molti doveri e ben pochi diritti.
Franco Ferraresi
CONCERTO A TORRE PELLICE
I Madrigalisti di Praga
Concerto di altissimo livello
qualitativo venerdìri scorso nel
tempio di Torre Pellice, intelligenti organizzatori l’associazione
Riky Haertelt in collaborazione
con la Comunità Montana ed il
Comune di Torre Pellice e la Provincia, ospiti di grande fascino e
prestigio i « madrigalisti di Praga».
La prima impressione è stata
per esperti o semplici ascoltatori,
quella di trovarsi di fronte ad
una grande professionalità, e ad
un intenso spirito di ricerca, molto raro da trovare nella maggioranza dei concertisti. Infatti potremmo suddividere i concertisti
in tre grandi specie; i divi, i boriosi incapaci, i musicisti appassionati; delle tre specie solo l’ultima può realmente offrire opere
frutto di ricerca, proporre programmi stimolanti, coinvolgere i
fruitori in operazioni culturali di
ampio respiro. I divi, dal canto
loro, sono prigionieri essi stessi
del loro status e non possono
sfuggire ad un culto della personalità che li costringe ad offrire
sempre la stessa produzione;
quella cioè che li caratterizza e
che il pubblico pretende, i divi,
dunque, non possono essere ormai considerati artefici di cultura musicale, perché i protagonisti assoluti sono loro e non la
musica, nei loro concerti sta più
di casa la psicologia sociale che
la musicologia.
I boriosi incapaci, spesso portati in palmo di mano, hanno normalmente gli stessi difetti sostanziali dei divi senza alcuno
dei loro meriti, quel che è più
grave è che sono in assoluto la
specie più numerosa. Per parlare
della terza categoria tanto vale
parlare direttamente dei nostri
« madrigalisti ».
Il gruppo costituito da 8 vocalisti e 5 strumentisti .con strumenti antichi (viole, cromorni,
cembalo, organo portativo, piccole e grandi percussioni), appartiene alla filarmonica ceca e presenta tutti i vantaggi di un gruppo professionale di ricercatori
finanziati nel loro paese dall’ente
pubblico e certamente scoraggiati dalla natura stessa del loro lavoro da qualsiasi tendenza divistica.
Una direzione scarna (maestro
ed esecutori tranquillamente seduti a « far musica » nella migliore tradizione antica) basata
su pochi pesti essenziali ha restituito tutto il valore originale dei
brani eseguiti. L’estrema naturalezza delle esecuzioni faceva fluire la musica con estrema semplicità anche e soprattutto nei passaggi più complessi. Tale naturalità si intuisce scaturire da una
profonda cultura non solo musicale, ma ben più ampia, vertente
alla comprensione profonda delle
stagioni musicali esplorate dal
gruppo, dal gotico al rinascimento. Con i madrigalisti diventa
concreto il principio per cui interpretare un brano non significa inserire effetti ad libitum, ma
ricostruire dall’interno clima temi e sonorità del brano antico.
I madrigalisti, specie la sezione
vocale, mostrano una grande versatilità cambiando impostazione
e sonorità a seconda del brano e
modificando le voci nei momenti
in cui assumono la funzione di
sezione di coro ed in quelli invece in cui agiscono da solisti.
Fortemente emotiva nella sua
ascetica semplicità è stata la monodia medievale. Pieno di tensione tra musica e contenuto religio
so e poetico, era l’Oratorio di Natale di Schütz, rigoroso è affascinante nella sua compostezza.
Il secondo tempo ha visto l’esibizione piu fantasiosa e articolata carica di mille spunti e fantasie con una serie di brani guerrieri ed amorosi di Monteverdi.
Spiace non aver potuto ascoltare in assoluta tranquillità un lavoro così delicato... purtroppo
per tutto il concerto abbiamo
ascoltato una voce in più molto
meno colta ed educata, quella del
riscaldamento ad aria.
Stupisce infine la scarsa affluenza di pubblico e la scarsissima rappresentanza di operatori musicali; un solo maestro di
corale e pochi sparsi sparuti coralisti.
Prossimo appuntamento della
stagione concertistica dell’Associazione Riky Haertelt a Luserna
San Giovanni (palestra comunale) con la Filarmonica di Ploiesti,
mercoledì 4 gennaio ore 21.
Paolo Cerrato
Coi soldi
dei funghi
PEROSA ARGEN'TINA — Dopo aver introitato circa 59 milioni con la vendita dei tesserini
per la raccolta dei funghi, la Comunità Montana Valli Chisone
e Germanasca ha richiesto ai
singoli Comuni indicazioni sul
modo di spenderli. Dato che i
funghi spuntano in prevalenza
nei boschi, ma molto meno nei
boschi trascurati, sono pervenuti all’ufficio agricolo suggerimenti relativi alla cura e al miglioramento del patrimonio forestale.
Dal dopoguerra, cessata quasi
del tutto l’attività agricola nelle valli, i boschi sono stati sempre più abbandonati e resi quasi impraticabili dalla mancanza
di sentieri e dall’accumulo di
foglie e rami secchi.
Il progetto della Comunità
Montana prevede contributi e
incentivi per la costruzione di
piste forestali, per la conversione di boschi cedui in fustaie, per
i diradamenti di rimboschimenti e di giovani fustaie naturali,
per il miglioramento di castagneti da frutto e per il diradamento di boschi cedui giovani.
Possono presentare domanda
in tal senso entro il 31 marzo
dell’anno prossimo ; Comuni,
Consorzi, proprietari di fondi limitrofi che si mettano insieme
e proprietari singoli.
Esaminate le richieste, la giunta presenterà una relazione al
Consiglio, il Quale dovrà approvare le priorità dei vari interventi.
Festa dei bambini
POMARETTO — Si è svolta
sabato 17, presso le scuole elementari, la tradizionale festa
dei bambini, abbinata quest’anno ad un concorso di disegno
sul tema del Natale. I disegni
sono stati divisi in cinque categorie (I e II elementare; III, IV,
V elementare; I, n e III media); ogni categoria ha visto
premiati, tre disegni, inoltre sono stati dati premi ricordo a
tutti i partecipanti.
Numerosi i bambini e i genitori presenti; la Pro-loco ha ancora ringraziato i professori della Scuola Latina e delle scuole
elementari per la collaborazione
prestata.
Contro la
deindustrializzazione
PEROSA — Si è svolta sabato
scorso nell’aula consiliare del
comune una assembiea pubblica
sulla occupazione nelle Valli Chlsone e Germanasca. Gii intervenuti (forze politiche di sinistra e
sindacati) hanno messo in rilievo come sia indispensabiie rilanciare la programmazione socioeconomica e contemporaneamente difendere gli attuali livelli di
occupazione, pena la definitiva
marginalizzazione della zona.
Per discutere meglio delle proposte la Comunità Montana convocherà un convegno per la fine
del mese di gennaio.
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10
:i :r
10 cronaca delleValli
23 dicembre 1983
PEROSA ARGENTINA
Inaugurato il Centro
socio - terapeutico
PEROSA — Sabato 17-12-83 è
stato inaugurato il C.S.T. (Centro socio-terapeutico) dell’USSL
42 con rintervento del Presidente
dejla Provincia di Torino, dell’Assessore ai Servizi Socio-Assistenziali, del Presidente delTUSSL 42
e delTAssessore all’Assistenza delrUSSL 42.
L’apertura di questo centro è
un ulteriore passo verso la deistituzionalizzazione dei servizi per
i soggetti portatori di handicaps
come previsto dai nuovi piani
socio-assistenziali.
Il CST ha una funzione di rivalutazione delle capacità sociali e
lavorative dei suoi utenti, che
viene esplicata attraverso attività
manuali (laboratori di ceramica,
vimini, tessitura, ecc.), riabilitanti (yoga, ginnastica, nuoto), socializzanti (soggiorni marini e
montani, contatti con la realtà
quotidiana pubblica, ecc.).
Perché questo nuovo servizio
possa avere un futuro valido è
necessario che la ponolazione si
sensibilizzi e accetti il diritto del
portatore di handicap di vivere
e nartecipare alla realtà sociale.
A questo fine nel centro vengono ricercate le massime capacità
di ognuno in vista di un inserimento pilotato nel mondo del lavoro e di conseguenza nel tessu
to sociale come è diritto di ogni
individuo.
Il raggiungimento di questi obiettivi richiede però la rimozione degli atteggiamenti diffusi verso queste nersone (chiusura, diffidenza, iperprotezione, ecc.) che
è da ottenere attraverso una seria riflessione sul modo in cui
ognuno di noi si rivolge alla loro
realtà.
Appello per il Nicaragua
Da un po' di tempo la popolazione del Nicaragua è alla fame.
Lo sforzo di ricostruzione è impedito dal blocco navale attuato dagli USA
che impedisce J'arrivo di mezzi meccanici, pezzi di ricambio e persino del grano. Il comitato ItaliaJNicaragoa iancia perciò un appello per l’invio diretto mediante aereo di medicine, indumenti, alimenti.
Chi è interessato a organizzare riunioni di informazione o a contribuire alla
raccolta può contattare Carlo Bianco [telef. 21407) o la Comunità di base {telef.
22.339).
IL COSTUME
VALDESE
Caro Tourn,
ho tardato a rispondere alle tue considerazioni sul costume valdese, perché
volevo sentire, suli’argomento, il parere di valdesi delie Vaili. Ne torno ora e ti trasmetto le osservazioni
(di dissenso) che ho, sia pure un po’
frettolosamente, raccolto. Si possono
riassumere nei seguenti punti:
1) le ragazze valdesi della Val
Germanasca, accusate di « avere scarso
senso della loro identità », avrebbero indossato il costume proprio per la ragione opposta, per segnalare la loro
Identità nel gruppo;
2) l’uso del costume è rimasto indipendente « dalla confessione religiosa » sino a tempi relativamente recenti. Per documentarlo, mi sono stati citati i seguenti esempi:
—la madre del parroco Don Barale,
di Chiabrano e dando Angelino dei Bounous di Rodoretto, moglie di bar'
Loourèns Breuizo, degli Arnaud, che
andavano a messa col costume;
— dando Venansio, sposata a S. Martino, della Villa di Frali, che alle proprie nozze indossava il costume;
— una signora Tessere, di Perrero
(ho dimenticato di annotarne lil nome),
che non solo lo indossava, ma che col
costume ha voluto essere sepolta;
— la cuffia che ora porta la figlia del
maestro Tron, di Rodoretto, che era
Citizeì^
qÌOÌEllÌAl QUARZO
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quella da sposa di una signora cattolica del luogo;
— eco.; ,-siste anche una relativamente ampia dpcumentazione fotografica in merito.
Cattoliche dunque che indossavano
il costume "valdese"? No. valligiane
che indossavano il vestito delia festa.
Cuffia, scialle e grembiule, sia pure di
disegno e costo più modesti, si portavano del resto tutti i giorni e, salvo la
cuffia, si portano tuttora;
3) che le donne valdesi (non tutte)
abbiano conservato per certe circostanze un vestito che altrove è stato abbandonato, o che invece le donne cattoliche abbiano smesso di indossare il
costume per reazione ad un uso, nel
"campo avverso”, che si andava specializzando, va bene (è accaduto qualcosa di analogo anche per i salmi tradotti da C. Marot e T. de Bèse), ma
nessuna "sacralizzazione”; anche se
oggi il costume serve a qualcuno per
denunciare una certa identità, esso è,
e resta, solo un vestito (oltre tutto incompleto, perché non poggia, per esempio, su biancheria di foggia coeva).
Prova ne sia ancora il fatto che
4) anche in passato si è ballato senza
problemi col costume (nozze, ecc.). Insomma, né in passato né ora, mi si
dice, gli si sarebbe attribuito il valore
che gli dai. E non si è neanche troppo
disposti a cacciare nella categoria del
"profano”, se questa parola ha una
connotazione negativa, attività come il
ballo e il canto "profano", quello facente capo alla « teologia sommersa » (?)
cui accenna Claudio Tron (Eco-Luce,
n. 47);
5) aggiungo, di mio, che mi pare
normale (nel senso che è oggi la norma) l’adozione di costumi tradizionali
(ohe non sono ovviamente folcloristici,
ma lo diventano) da parte di gruppi
folcloristici, in quanto richiamano il
passato, sono riccamente adornati, sono vistosamente costruiti e colorati,
fanno spettacolo. Non so se questo sia
essenziale, ma non mi pare troppo fuori luogo o da » carnevale ». A voler essere codini (ma nessuno, credo, lo vuole), si potrebbe semmai trovare fuori
luogo, non essenziale o carnevaiesco
portare il costume in chiesa, intendo
nelle occasioni "religiose".
Ma, poiché inviti i "colpevoli” a informarsi, immagino che tu abbia altre
cose da dirci in proposito, altre ragioni da opporre a queste (che sono estemporane ; e che vc.-rai farlo, anche per
non lasciare senza risposta coloro che
hanno espresso questi contro-pareri e
'anche me, che di costumi, in definitiva, mi intendo assai poco, ma amo
il ballo e il canto, con o senza costume. Ti ringrazio.
Fraternamente
Arturo Genre, Torino
SPIGOLATURE DI STORIA VALDESE
Cent’anni fa sul treno
per Torre Pellice
Il bell’articolo di Nicola d’Amico che ha visitato recentemente
le Valli Valdesi porta come titolo: « Quando De Amicis scoprì i
Valdesi... ».
Il giornalista ha espresso nel
Corriere della Sera del 27 novembre scorso la vivissima emozione
risentita durante questa sua visita. « Me ne andrò, alla fine del
mio soggiorno nel cuore del valdismo, senza monumento, ma
con una preghiera che è tra le
cose più belle che io potessi sperare di ricevere da questo mestiere. Una preghiera a Dio per
me, per il mio lavoro... ».
Difatti, al termine di una visita quartierale, il pastore Giorgio
Tourn reclina il capo e dice:
« Signore proteggi tutti noi. Proteggi le nostre case. Proteggi
questo fratello giornalista capitato qui tra noi questa sera ner
caso. Proteggilo nel suo lavoro,
per la responsabilità che hanno
le sue parole. Amen ».
Nel leggere l’articolo del Corriere della Sera, anch’io mi sono
sentita commossa. Oltre a quanto segnala il giornalista sulle
« scoperte » fatte da De Amicis
nelle Valli Valdesi, mi sia consentito aggiungere un episodio
personale. Il viaggio fatto dal
De Amicis in treno da Pinerolo
a Torre Pellice, riportato nel volume « Alle Porte d'Italia », al
capitolo intitolato « La Ginevra
italiana », si svolse nel settembre 1883.
« ...Avrei voluto attaccar conversazione con qualcuno dei presenti. Ma il loro contegno non
era punto incoraggiante. Due parevano assorti nei propri pensieri. Altri discorrevano a bassa voce d’una Scuola latina, che è nel
villaggio di Ppmaretto, posto all’imboccatura della valle di San
Martino. Uno, che pareva un ecclesiastico leggeva un piccolissimo giornale religioso, che si
stampa a Pinerolo, intitolato Le
Témoin. La sola persona a cui
avrei potuto rivolgere la parola
era una signora sui quarant’anni,
seduta davanti a me, vestita di
nero, pallidissima, con un bimbo sulle ginocchia; una bella don
na, che pareva afflitta da una
sventura recente, e guardava le
montagne; ma con un aspetto
che rivelava un animo così profondamente addolorato, e cosi
forte, nello stesso tempo, contro
il dolore presente, e così coraggiosamente risoluto ad affrontare i dolori avvenire, che la riverenza mi ricacciava indietro tutte le interrogazioni, anche le niìi
gentili, che mi venivano alle labbra. Stavo non di meno per rivolgerle una domanda sul suo bambino, con quella timidezza con
cui si dirige la parola ad uno
straniero in un paese straniero,
quando il fischio della macchina
a vapore annunciò che eravamo
arrivati a Bricherasio... ».
In realtà, la signora teneva
sulle ginocchia una bambina; vedova in ancor giovane età, aveva lasciato la città di Saint-Etienne, non lontano da Lione, alla
morte del marito per ritornare
alle Valli e viverci con le fialie
che più tardi avrebbero seguito
gli studi al « Pensionnat » di Torre Pellice. Il coraggio le veniva
sia dal lato paterno, era figlia di
Alexis Combe. Sindaco di Torre
Pellice dal 1860 al 1866 e dal 1878
al 1882, sia dal lato materno, farniglia originaria di Villar Pellice,
sia dal marito Jean-Pierre Turin
che, come molti altri membri
della sua famiglia e della comunità di Luserna S. Giovanni, aveva varcato la frontiera, dico varcato in senso proprio poiché non
esisteva ancora il tunnel del
Moncenisio, per recarsi in Francia. A St. Etienne, aveva lavorato quale « courtier en soie » ( rappresentante in seterie) facendosi
conoscere per onestà, volontà e
perseveranza.
La signora in lutto, M.me Clotilde Turin née Combe (18481902), era la mia nonna materna.
Nessxmo di noi nipoti, oltre alla
sottoscritta, le famiglie Nisbet e
Bertinat, Tha conosciuta. \’ive
tuttora nell’episodio riportato da
De Amicis. Perdonate, amici lettori, se mi sono permessa di ricordarla anche a voi.
Liliana Ribet
VALLI CHISONE E GERMANASCA
La caccia al cinghiale
PEROSA ARGENTINA — A
tempi remoti risale l’antagonismo tra cacciatori e agricoltori,
del quale anche la Bibbia riporta tra le righe le fasi alterne;
in tempi molto più recenti la
guerra dei cinghiali ha rimesso
di fronte i due gruppi, che continuano a manifestare una solida incompatibilità di vedute.
L’ultimo ’match’ ha avuto luogo nella sede della Comtmità
Montana il 13 dicembre, arbitrato dalla giunta e con la partecipazione straordinaria dell’assessore provinciale Fenoglio.
Prima dì tutto l’assessore ha
dovuto difendersi dall’accusa di
essere responsabile dell’immissione di cinghiali in questa zona
di caccia e ha proclamato la sua
totale innocenza: lepri e fagiani, sì, ma non cinghiali, anzi è meglio che gli autori di questa impresa non si facciano trovare.
Ma esaudire le richieste di tutti non è certamente facile; gli
agricoltori dichiarano che i danni alle colture non sono ripagabili in moneta e vorrebbero la
abolizione dei riservini di caccia
e l’abbattimento in qualsiasi stagione degli animali che devastano i campi. Se i cinghiali se ne
stanno nei boschi — è stato detto — i contadini non hanno nien
te da obiettare: il fatto è che
questa nuova razza di animali,
di importazione recente, oltre
ad essere molto più prolifica è
anche più mansueta e si avvicina di frequente ai villaggi.
Che cosa vogliano i cacciatori
non è facile capirlo : no all’apeftura della caccia al cinghiale fuori stagione, no alla diminuzione
o all’abolizione del punteggio per
ogni animale abbattuto, no allo
spostamento verso l’alto del lirnite delle zone di riserva. I cacciatori non vogliono neppure lo
sterminio dei cinghiali, come è
comprensibile, ma si rendono
conto che la situazione non è
più sostenibile e che occorre un
controllo maggiore.
L’assessore Fenoglio ha invitato i coltivatori danneggiati a
presentare le proprie richieste
alla Provincia tramite la Comunità Montana e si è detto certo
che la prossima istituzione .dei
comparti alpini di caccia sarà
di aiuto alla sistemazione delle
vertenze. Il comparto alpino
coinciderà con la Comunità Montana.
Intanto sarebbe bene rendersi
conto che la natura ha un suo
equilibrio e che alterarlo, in certi casi per puro divertimento, è
un’azione da irresponsabili.
L. V.
11
Tíí
23 dicembre 1983
cronaca delle Valli 1Í
GUIDA Al MUSEI VALDESI - 3
Il Museo degli Oditi-Bertot
La nascita del museo risale al
1974 quando, nell’ambito deH’8°
centenario delle origini del movimento valdese, il Concistoro
della Chiesa Valdese di Angrogna decise di aprire la scuola ai
turisti che visitano i luoghi storici valdesi. « L’intenzione era
quella di ’congelare’ nel tempo
un aspetto fondamentale della
cultura valdese, rappresentato
appunto dalle scuolette, di cui
ancora oggi si trova traccia in
pressoché tutti i villaggi valdesi ».
Queste scuolette quartierali
furono create a partire dal 1827
per l’interessamento del gen.
Charles Beck'with il quale, venuto alle Valli dopo la battaglia
di Waterloo ove perse una gamba, con il proprio denaro e quello di amici cominciò la costruzione di più di cento scuole vaidesi, con il pieno coinvolgimento della popolazione.
Già prima delle « scuole Beckwith » esistevano alle valli dei
locali (per lo più angusti e malsani) per l’istruzione dei bambini del quartiere, ma funzionavano quasi solo nei mesi invernali. Nei paesi sorgevano invece
delle scuole parrocchiali, aperte
circa dieci mesi all’anno. Ma
l’impulso dato dal gen. Beckwith
all'educazione scolastica con le
sue nuove scuole fu fortissimo,
tanto che generazioni di valdesi
(fino alla loro chiusura, avvenuta nel dopoguerra col subentrare delle scuole elementari di
stato) hanno potuto usufruirne.
Una documentazione visibile
in una bacheca della scuola-museo testimonia che nel 1858, nel
solo comune di Angrogna, esistevano 15 scuole di quartiere
frequentate da più di 300 scolari.
« Ma le scuolette non esaurivano la loro funzione solo a livello didattico ; sovente esse,
specialmente alla sera, si trasformavano nei centro sociale della
borgata ». E le riunioni quartierali di culto, sotto la guida del
pastore, si tengono ancora oggi
agli Odin (come del resto in
molte altre borgate delle Valli) ;
museo del tutto particolare,
quindi, con una vitalità che sneriamo ancora lontana daH’estinguersi.
Guida al Museo
Per accedere al museo bisogna chiedere la chiave all’anziano della borgata, il signor Levi
Buffà, che abita in una casa sottostante. Far quattro chiacchiere con il signor Buffa, ex-allievo
della scuoletta, è senz’altro una
■delle cose più simpatiche della
visita: ci si immedesimerà molto niù facilmente nell’atmosfera
dell’ambiente quale poteva essere 50-60 anni fa, ripieno del vociare dei suoi scolaretti, così bello a ricordarsi, ma così, sgradito ai docenti sul momento. Egli
vi racconterà come i bambini
venissero a scuola ogni mattina
portando un pezzo di legno per
la stufa e vi farà vedere una
vecchia (e solida) cartella di legno, che d’inverno si trasformava per i più intraprendenti in
una minislitta. Altri tempi, cer
to. E lo si nota entrando nell’unico locale della scuola, rimasto
praticamente intatto, con muri
a calce, soffitto basso e affumicato, banchi lunghi e sedili scomodi, cattedra con ripiano rialzabile, lavagna in legno. L’arredo è scarso: una carta geografica d’Italia del 1915, un quadro
di Gesù benedicente i bambini
(appeso in chiave polemica, in
quanto « intendeva sostituire al
crocifisso imposto dal Concordato l’immagine vivente di Cristo »), un ritratto di Umberto I,
un altro di Beckwith, un pallottoliere, una bandiera tricolore
per il corteo del 17 febbraio.
Nelle piccole bacheche riscontriamo sussidi scolastici (quali
un registro dei voti, un abbecedario, vari libri di testo, una
Bibbia, ecc.) ed altri documenti,
tra cui una lettera autografa del
gen. Beckwith, scritta nel 1839 al
concistoro di Angrogna.
Uscendo dal Museo
Si possono fare due passeggiate molto interessanti. A destra
un sentiero piano ed ombroso
porta in circa un km. alla Ghieisa d’ia Tana, una caverna lunga
18 m. e larga 5, che servì al tempo delle persecuzioni come luogo di culto e di rifugio. L’entrata è disagevole, ma non pericolosa; per visitare Tinterno è meglio premunirsi di torcia elettrica. Lo scrittore Edmondo De
Amicis la visitò nel 1884 e la descrisse con caldi accenti nel suo
volume « Alle porte d’Italia ».
Risaliti alla strada, si può proseguire verso la zona del 'Verné
(ove nel 1655 i capitani valdesi
Jahier e Gianavello posero il loro accampamento) e dopo altre
combe fino alle « Porte d’Angrogna», luogo strategico durante
le persecuzioni, ove spesso i Vaidesi riuscirono a fermare il nemico.
Se uscendo dalla scuola-museo
degli Odin giriamo invece a sinistra, dopo meno di 1 km. attraverso una strada in piano raggiungeremo i prati di Chanforan, ove si erge la stele commemorativa del Sinodo del 1532,
durante il quale i Valdesi aderirono alla Riforma Protestante.
« L’importanza del Sinodo di
Chanforan del 1532 è triplice:
esso ha adottato la dottrina
evangelica della Riforma — ha
stabilito la disciplina di culto e
ministero secondo l’organizzazione presbiteriana — ha dato al
protestantesimo di lingua francese la famosa Bibbia di Olivetano, stampata a spese delle popolazioni valdesi ».
Dai prati di Chanforan, sulla
destra in basso, è visibile il villaggio del Serre in posizione predominante : qui venne costruito
un tempio valdese già nel 1555.
L’attuale risale al 1875, mentre
il campanile è del 1811.
Dal Serre si nuò proseguire in
auto fino a Pradeltorno, raggiungibile anche direttamente da
Torre Pellice attraverso una
strada di fondovalle, che costeggia per lungo tratto il torrente
Angrogna. Questa località, di
grande importanza per la storia
valdese ( innumerevoli attacchi
nemici fallirono di fronte alle
barriere naturali che la proteggono da ogni parte) ospita il
Coulege di Barba, « la scuola
teologica dove i predicatori itineranti valdesi si preparavano
religiosamente nel Trecento e
Quattrocento per le loro missioni». L’edificio è una vera e propria baita alpina, con muri a secco, e sorge sopra l’abitato. Su
uno spuntone roccioso si erge invece la Chiesa Valdese, inaugurata nel 1877 e anch’essa visitata
da Edmondo De Amicis. Nel già
citato « Alle porte d’Italia » racconta come proprio davanti al
tempio incontrò una ragazzina
scalza che, mentre pascolava le
sue capre, leggeva la voluminosa « Storia valdese » di Jean
Léger.
Da ultimo, l’opuscolo del museo riporta una pagina dello storico Attilio Jalla sulla conca di
Pradeltorno : « ...Gli avvallamenti e i costoni più bassi sono verdi di pascoli, qua e là ravvivati
da ciuffi di frassini, da boschetti
di faggi e larici, da minuscoli
villaggi e da casolari isolati, intorno a cui i pendìi erbosi appaiono screziati da piccoli quadrangoli più scuri dei campicelli di segala e di patate. In basso,
al centro della conca, è il villaggio di Pra del Torno: due nuclei di casette brune, di cui uno
si raggruppa in basso, ai piedi
di un caratteristico roccione,
l’altro è disposto in alto sul pendio da cui la roccia si stacca ».
Pare quasi di avere davanti agli
occhi un dipinto di Paolo Pa
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10064 PINEROLO
schetto, pittore delle Valli Vaidesi,
Roberto Giacone
Questo terzo opuscolo è stato
curato da Ethel Bonnet, Giuseppe Platone e Renato Bertot.
vel e Long Eugenio; In mem. di Eugenio Long, la moglie.
L. 120.000: Buffa Maria e Lina, In
mem. dei genitori.
L. 125.000: Direzione © Personale della Succursale di Gallarate Banca Popolare di Novara, in mem. della Sig.ra
Benech Luioia madre del sig. Benech
Arnaldo.
i. 200.000: Mathleu Roberto (Torre
Penice).
L. 500.000: Nora Rostan Russo Frattasi.
L 595.000: Ada e Dino Benech, in
mem. della mam;..a.
L. 2.779.245: Rimessa AWAS da Mary E. Braney.
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Pervenuti nel mese di novembre 1983
L. 10.000: N. N., 'in mem. di Rinaldo
Rivoir; Juon Gino (Lucca); Fenouil Enrico e Enrichetta; Elena Geymonat, per
gli 8 anni di sereno soggiorno all'Asilo:
Meynet Albina, in mem. di Luigia Andreon Revel; Reynaud Lea (Osp. Asilo); Marisa Jalla, in mem. di Eugenio
Long.
L. 20.000: Catalin Giovanni e Leonilde; Jahier Graziella; Geymonat Elena,
ricordando Emma Bertalot (Osp, Asilo);
Signoretti Mina, in mem. della cara
amica Tinette Bertin; Jalla Margherita,
in mem. di Eugenio Long; Romano Alfredo; Bounous Edda, in mem. di Eugenio Long; Long Adele, In mem. di Lidia Gay.
L. 25.000: Rina Bertin, ricordando il
20 ottobre della mamma; Rina Bertin,
in mem. di E. Benech, L. Malan, L.
Bonnet e E. Gay coetanee delia mamma.
L. 30.000: Rostagno Laura, in mem.
di Frida GardioI; id., in mem. di Elda
Turck (Torre Pellice); Long Adele, in
mem. di Luigia Revel Andreon.
L. 40.000: E. Pucciarelli (Massa).
L. 50.000: BounOus Ivonne, in mem.
di tante Louise; Alma, Silvana e Lilia
Tron, in mem. di Emma Benech; Elda e
Dina Lageard, in mem. della mamma;
Elda e Dina Lageard, in mem. di Emma
Bertalot Armand Boso; Long Piston Caterina, in mem. dei miei cari; Emilio
e Susanna Revel, in mem. di Clara
Revel; Malan Emilio (osp. Asilo); Martani Raffaele; Romano Ippolito, in memoria della mamma Elena Ayassot Ippolito (Pallanza); Enrica e Aldo Malan,
in mem. di Emma Benech, con riconoscenza; Graz.ella Andreini Jahier; Dina
e Livio Gobello, in mem, di Eugenio
Long: Odetto Ivonne, in mem. e riconoscenza di Eugenio Long; Odetto Ivonne,
in mem. di Edmondo Vola (osp. Asilo):
Lina e Edmondo Benedetto, in mem. di
Luigia Andreon Revel; Samuele Beux,
ricordando grand-papa;, Livia e Zizi Malan, in mem. di Eugenio Long; Caffarel
Luigi e Franca.
L. 60.000: Erina e Milena Ciafrei, in
mem. del cugino Gino Juon (Lucca).
L. 70.000: Marco e Alma Avondet,
con riconoscenza (Prarostino).
L. 75.000: Choeur Paroissial de Morge (Suisse); id. (seconda offerta).
L. 80.030: Ida e Guido Benecchio, in
mem. di Clara Revel.
L. 100.000: Lea Bonin Gandolfo; Peyrot Dora: Malan Clémence, in mem. di
Bianca Bertea (osp. Asilo); Moresca
Vittorio e Alda, in mem. dello zio Morasca Vittorio (Svizzera); Lina Marrel
Revel, in mem. di Luigia Andreon Re
Comitati per la pace
PINEROLO — Il Comitato per la pace e il disarmo si riunirà venerdì 23 dicembre, alle ore 21, presso la Camera
del Lavoro (via Demo, 8).
Durante la riunione si dovranno, soprattutto, definire:
— una manifestazione di solidarietà
con il popolo dell'Afghanistan e di conoscenza sulla situazione in questo
paese invaso dalle forze armate dell’URSS;
— una lettera alle Comunità Cristiane ed ai gruppi.
RINGRAZIAMENTO
Fratello e sorella della compianta
Ida Paschetto
di anni 77
ringraziano tutti coloro che con scritti e la loro presenza hanno preso parte al loro dolore e in particolar modo
i cugini e i vicini di casa.
Prarostino, 8 dicembre 1983
AVVISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, preventivi a richiesta:
Sala Giulio, via Belfiore 83 - NioheUno - tei. (011) 6270463 - 6272322.
C8L42 »VALLI
CHliONÉ-GERMANASCA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde I
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 25 DICEMBRE 1983
Fenestrelle: FARMACIA GRIPPO Via Umberto I, 1 - Tel. 83904.
LUNEDI’ 26 DICEMBRE 1983
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Rinasca: FARMACIA BERTORELLO ■
- Via Nazionale, 29 - Tel. 51017.
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile],
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
JSL 43- VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna: tei 932433 (Ospedale Valdese)
Pretestiva-festìva: tei. 90884 (Ospedale Mnuriziano)
Guardia Farmaceutica;
DOMENICA 25 DICEMBRE 1983
Bricherasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Pellice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
LUNEDI’ 26 DICEMBRE 1983
Luserna S. Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blancio 4 - Luserna Alta - Tel. 90223.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
12 uomo e società
23 dicembre 1983
IL MOVIMENTO PER LA PACE IN SICILIA
Girotondo a Lentini
Lentini; una cittadina di oltre
30.000 abitanti, polmone dell'agrumicultura della piana di Catania, centro commerciale, agricolo, artigiano. Come Comiso,
una delle realtà più produttive
e vivaci della Sicilia; come Comiso, ricca di una storia plurimillenaria; come Comiso, forse
per pochi mesi, forse per un periodo ben più lungo, destinata a
diventare un simbolo di morte
e insieme di speranza. E’ sul suo
territorio che, già da molti anni,
sorge quella parte della gigantesca base NATO di Sigonella dove, con ogni probabilità, sono
stati depositati i primi sedici
missili Cruise giunti per via aerea dagli USA nella notte fra il
26 e il 27 novembre.
A differenza di Comiso, Lentini era stata dichiarata « zona denuclearizzata » il 31 marzo 1982,
con delibera del Consiglio comunale. Tuttavia, il Sindaco democristiano Gianni Cannone (nome onomatopeico?), mentre il
Parlamento discuteva di euromissili, mentre 5.000 studenti catanesi manifestavano nella loro
città contro i missili a Sigonella
e parte di essi si spingeva sino al cancello principale della
base per un sit-in (15 novembre),
dichiarava: « Io sono comimque
favorevole alla politica del Governo: Questi missili si devono
installare. Punto e basta » (La
Sicilia, 16 novembre 1983).
L’imminente arrivo dei missili
e l’umiliante presa di posizione
del Sindaco hanno finito per far
risorgere su nuove basi e con ritrovata determinazione il locale
Comitato per la Pace. A dare il
« la » all’iniziativa — subito assunta da un gruppo di studenti,
artigiani, esercenti, donne, evangelici — è stato il pastore della
Chiesa battista di Catania, Salvo
Rapisarda, che già da anni cura
ima piccola comunità di Lentini,
il Centro Evangelico di via Caltanissetta. In pochi giorni il
gruppo — al quale presto si sono aggregati anche diversi consiglieri comunali e rappresentanti di forze politiche — ha organizzato una manifestazione con
girotondo attorno al Municipio
per la mattina del 29 novembre.
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pineroio N. 175.
Comitato di Redazione: Franco
Becehino, Mario F. Berutti, Franco
Carri, Dino Ciesch. Niso De Michelis, Giorgio Cardio'. Marcelia Gay,
Adriano Longo, Aurelio Penna. JeanJacques Peyronel, Roberto Peyrot,
Giuseppe Platone, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelll, Liliana Viglieimo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
• 10125 Torino.
Direttore Raapontablle:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
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655.278 ■ c.cjp, 327106 Intestato a
« L'Eco dalle Valli - La Luce ».
Abbonamenti '84: Annuo L. 21.000;
Semestrale 12.000; Estero 40.000 (posta aerea 64.000) ; Sostenitore 40.000.
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Redazione Valli: Via Arnaud. 25 ■
10066 Torre Pelllce.
PubbllcitA: prezzo- a modulo (mm
49x49) L. 7.000 (oltre IVA)
Inserzioni: prezzi per mm. di altezza. larghezza 1 colonna: mortuari
280 - sottoscrizioni 150 - economici
200 e partecipazioni personali 30P
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Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
Intestato a ■ La Luce: fondo di solidarietà ». Via Pio V. 15 ■ Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
Vi hanno preso parte circa duemila persone, nella grande maggioranza studenti delle scuole
medie superiori e —- fatto insolito -— intere classi delle medie
inferiori, insegnanti, presidi e
gonfaloni d’istituto in testa. Al
temine, un centinaio di studenti — di più la sala consiliare
non era in grado di contenerne
— hanno accompagnato dal Sindaco la delegazione del Comitato per la Pace che portava le richieste dei dimostranti, sottoscritte da centinaia di firme:
massima opposizione all’installazione dei missili, nel rispetto
della delibera del Consiglio;
adesione ufficiale del Comune di
Lentini alla « catena umana » tra
Catania e Sigonella indetta per
il 4 dicembre dai Comitati per
la Pace siciliani.
Non disperare!
Saranno state le civili, ma decise proteste dei membri della
delegazione (fra i quali un membro del Centro Evangelico); saranno state le assordanti appro
vazioni con cui i ragazzi presenti sottolineavano le frasi salienti;
sarà stato, probabilmente, un
più sottile calcolo politico, fatto
sta che alla « catena umana » Catania-Sigonella il Comune di Lentini ha aderito e partecipato numeroso. Una vicenda che inse
Un figlio è
stato dato
(segue da pag. 1)
VI Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese quest’anno
a Vancouver. Durante il culto
d’apertura, uomini e donne di
nazioni e culture diverse sono
venuti a deporre i loro doni sulla tavola del Signore. L’ultimo
veniva da Zimbabwe, paese così
a lungo lacerato dai conflitti razziali e dalla guerra; era il dono
di una madre che offriva il suo
bambino. Questa offerta, e la
profonda emozione che ha prodotto, era un segno di ciò che
abbiamo confessato nell’Assemblea; Gesù Cristo è veramente
la vita del mondo.
Nel suo messaggio l’Assemblea
evoca questo atto di offerta dicendo: « Abbiamo letto in questo gesto un segno di speranza
e di permanenza della vita. A
volte siamo sopraffatti dal senso della nostra debolezza, della
nostra povertà di significato; ci
sentiamo impotenti. Ma prendendo il pane della vita, nel corso
dei nostri culti, noi riscopriamo
continuamente nelle nostre vite
l’atto mediante il quale Dio salva in Gesù Cristo. Sentiamo la
nostra confusione per il fatto
che Dio, senza stancarsi, affida
il suo progetto eterno a persone
comuni. Dio assume questo rischio. Le forze della morte sono
potenti, ma il dono della vita
in Cristo è più forte. Noi ci impegniamo a vivere questa vita
con i suoi rischi e le sue gioie,
e osiamo proclamare, con tutta
la moltitudine celeste: “O morte, dov'è la tua vittoria? Cristo
è risuscitato, è veramente risuscitato” ».
In Cristo nato per noi e donato per noi, crocifisso e risorto
per noi, noi pure siamo nati per
fede e donati al mondo in questo ternpo_ di Natale, affinché viviamo insieme nella libertà, nella pace e nella giustizia.
Philip Potter
L’opposizione Si allarga alla base militare di Sigonella, dove i Cruise
saranno parcheggiati fino all’ultimazione dei lavori alla base di Comiso
gna a non disperare per il futuro, di fronte a un presente sul
quale — non ci sembra affatto
retorico affermarlo — s’addensano nubi ogni giorno più minacciose.
Un segno analogo, sia pure con
qualche contraddizione in più,
è venuto dalla stessa « catena
umana » del 4 dicembre, la prima risposta di massa all’avvenuta installazione dei missili.
Diecimila persone, tenendosi per
mano, hanno coperto quasi per
intero la distanza fra la città di
Catania e la base di Sigonella
(14 krn.). Striscioni, sciarpe, palloncini hanno colorato una manifestazione che, per riuscire pienamente, richiedeva forse — oltre a una partecipazione ben
maggiore — una disciplina e
un’organizzazione meno rilassate
di quelle^ alle quali sono abituati j comitati e le organizzazioni
siciliani che vi hanno preso parte, ma nella quale chi si è trovato più a proprio agio sono
stati i bambini.
E sono proprio i bambini della Chiesa battista di Catania a
chiudere in città la fila che vede
alla testa, davanti alla base della
morte, i comisani del CUDIP.
Subito accanto agli evangelici
(una sessantina), fra loro e altri
evangelici siciliani disseminati
lungo la « catena ». — venuti da
Palermo, da Lentini, da Scicli,
da Riesi insieme con i comitati,
con gruppi organizzati e con altre persone delle loro città —
le facce truci degli Autonomi,
una ventina in tutto, con le loro
parole d’ordine d’altri tempi, cariche d’odio e di disperazione.
Una voce stonata, che pateticamente cerca di imporsi sulle altre. Eppure anche loro, per un
momento, sembrano abbandonarsi al calore e alla dolcezza di
quelle ventimila mani strette
l’una nell’altra. « Guarda un po’
— sbotta uno. abbozzando addirittura un sorriso — i “valdesi"
e la "sinistra di classe” insieme! ».
Non finisce qui. Lo scorso
Coordinamento Nazionale dei
Comitati per la Pace, tenutosi a
Roma il 26 e il 27 novembre, ha
approvato una serie di nuove
iniziative all’insegna della « non
rassegnazione ». Il 17 e il 18 dicembre, a Mestre e in altre città
italiane, il movimento per la pace ha deciso di scendere nuovamente nelle strade per chiedere
il ritiro dei soldati italiani dal
Libano, mentre a Comiso si svolge un Convegno sull’incostituzionalità dei missili Cruise, organizzato da] CUDIP insieme con Ma.ftistratura Democratica, seguito
da una manifestazione provinciale. Dal 24 dicembre al 1" gennaio i nacifisti dell’IMAC (non
solo 1’« IMAC '83 » della manifestazione del 22 ottobre, ci si augura) scenderanno nuovamente
in Sicilia, per partecipare a dimostrazioni e a iniziative di sensibilizzazione promosse dai comitati per la pace locali a Catania, a Lentini e nei comuni limitrofi (24-27 dicembre), a una
giornata di presidio-sit in davanti all’ingresso principale della
base di Sigonella (28 dicembre),
a un nuovo blocco dei lavori al
« Magliocco » di Comiso (3() dicembre) e a una grande festa
per la pace nella cittadina ragusana (31 dicembre). In vista del
16 marzo 1984, secondo il parere
unanime del Coordinamento, occorre prepararsi sin d’ora al difficile e risc^liosissimo compito
ostacolare 900 azioni dirette
itMviolente Jl trasferimento dei
n^sili da «gemella a Comiso,
p^visto pe?’^^ftuiflla data. Filo
rosso di tutte queste iniziative,
la richiesta che a decidere sui
missili sia il popolo italiano mediante un referendum.
Bruno Gabrielli
Comunicato Federazione
Sicilia Caiabria
La Federazione delle Chiese
Evangeliche di Sicilia e di Calabria (FCESC), nell’apprendere che i missili Cruise destinati dal Governo italiano a Co.
miso verranno «temporaneamente » installati presso la
base americana di Sigonella
nei pressi di Catania — secondo quanto riportato dal Washington Post e non ancora
smentito — esprime la propria netta opposizione contro
questo nuovo gesto di disprezzo della vita e della volontà
di pace delle popolazioni dell’area mediterranea.
Delegata dal Governo italiano, l’amministrazione Reagan
decide di compiere un ulteriore passo verso la trasformazione dell’intera Sicilia in una
gigantesca portamissili pimtata rninacciosamente sui Medio Oriente e sul Nord Africa
a difesa di interessi economici
e strategici che — a braccetto con quelli deU’altra superpotenza, l’Unione Sovietica —
già hanno giustificato l’assassinio di venti milioni di persone dal 1945 ad oggi.
Sia TORSS, sia gli USA hanno dunque risposto con la
violenza alle voci di milioni
e milioni di persone che in
tutto il mondo si sono levate
nelle scorse settimane, contro
il riarmo, gli unì procedendo
all’installazione di nuovi missili nucleari nell’Europa Orientale, gii altri aggredendo
una delle nazioni più piccole
del mondo e dimostrando di
poter continuare a fare il bello e il cattivo tempo anche in
Italia.
La FCESC chiede ai Governo italiano maggiore fedeltà
alla Costituzione della Repubblica piuttosto elle al potente
alleato d’oltre oceano e di fermare pertanto l’installazione
dei missili Cruise a Sigonella
come a Comiso o altrove sul
territorio nazionale, finché
non sia data al popolo iialiano
la possibilità di decidere nel
merito con un referendum.
Auspica infine che l'Italia
possa giocare un .reale ruolo
di pace e di giustizia fra i po
poli,^ anziché appoggìa.re piani di morte e di oppiressione.
Catania, 4 novembre 1983.
Il Presidente della FCESC
Salvatore Rapisartia
\ J
-É
J |S
Quand’è che finisce ia
e comincia il giorno?
(segue da pag. 8)
Dal punto di vista turistico la
città è molto attraente. Il centro storico è molto ben conservato, come pure il vecchio porto con le due torri che facevano
guardia all’imboccatura e la catena che si usava tendere di notte per impedire che le navi fuggissero senza aver pagato i diritti, e specialmente che entrassero vascelli con carichi infiammabili, pericolosissimi per una
città ancora in gran parte di legno.
La chiesa in cui Richelieu celebrò la prima messa dopo la
conquista della città è oggi una
sala pubblica che la parrocchia
riformata ha affittato dal Comune per offrire un pranzo ai delegati all’Assemblea. L’antico mercato del pesce, a due passi dal
porto, mantenuto intatto all’esterno e trasformato all’interno
in una modernissima Casa della
Cultura, ha fornito lo spazio in
cui si è svolta l'Assemblea.
Momento di
fraternità e coesione
ne e azione si riteri.sce esplicitamente alla sola autorit-ìi della Sacra Scrittura, .sia che usino o
meno il termine 'protestante'».
A La Rochelle sono stati emessi diversi documenti ed appelli:
sul Libano, sulla disoccupazione,
suH’intolleranza religiosa, contro gli sprechi, ecc. I pastori Michel Wagner e Michel Bertrand
hanno preparato le sintesi del
lavoro dei gruppi su « La politica (intendasi l’organizzazione)
della Federazione » e su « Scegliere la vita ». Quest'ultimo testo conclude raccontando un
apologo rabbinico che riassume
bene il senso del documento. Un
rabbino chiede ai discepoli:
« Quand’è che si può dire che la
notte è finita e comincia il giorno? ». Uno risponde: « Quando
si può distinguere un cane da un
agnello »; un altro dice: « Quando si può distinguere un olivo da
un fico ». « No dice il rabbino,
è il momento in cui alzando gli
occhi su una persona sconosciuta riconoscete in quell’estraneo
un fratello o una sorella. Prima
d’allora, anche se splende il sole,
è notte fonda ».
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Qltre al tema della pace un
altro, molto più interno, ha occupato parecchio tempo nell’Assemblea : si trattava di ammettere nuovi membri, in particolare certe chiese di tipo pentecostale e certe comunità locali
non affiliate a nessuna organizzazione nazionale, con i conseguenti problemi di decentramento e regionalizzazione e la preoccupazione di qualcuno per una
eventuale modificazione della linea teologica.
La Federazione Protestante di
Francia è retta da un Consiglio
di una cinquantina di membri
cui spettano tutte le principali
decisioni amministrative e operative. come pure la nomina del
presidente e delle altre cariche.
L’Assemblea ha quindi molto
più una funzione di studio, di
riflessione, di indicazione di
orientamenti generali, pur sempre in relazione con i problemi
che la Federazione e i suoi numerosi organi e dipartimenti devono affrontare nel lavoro quotidiano.
Va chiarito che la Federazione
Protestante di Francia, a differenza di quella italiana, non è
una Federazione di chiese intese
come denominàzioni, bensì —
come dice un testo ufficiale —
« raduna in vista di una testimonianza comune, le Chiese e Unioni di Chiese, Istituzioni, Qpere
e Movimenti che si richiamano
all’Evangelo di Gesù Cristo così
come ci è stato trasmesso dalle
Scritture e, in particolare, come
l’abbiamo ricevuto attraverso la
Riforma del 16” secolo ». La Federazione inoltre accoglie anche
quelle chiese « la cui predicazio
Più concreta di un semplice
convegno di studi, meno amministrativa di un sinodo, liberata
dal peso di dover tradurre immediatamente tutto in votazioni
ed elezioni, l’Assemblea francese permette a un urotestantesjmo minoritario e disperso di ritrovarsi, di fare il punto, di verificare il consenso sulla linea
d’azione e di costituire un importante momento di fraternità
e coesione. Abbiamo avuto qualche volta l’impressioTip che a noi
in Italia manchi un’istanza che
adempia così bene quella fun-/
zione.
Aldo e Fernanda Comba;
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