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— N» 2.
II SERIE
31 Gennaio 1857.
LA BUONA NOVELLA
GIOR\.\lE DEll.\ E\.1>GEL1ZZ.«I0ÌE ITALIANA
Seguendo la verità nella carità
Efes. IV. 15.
PHCZZO DI ASSOCIAZIONE
9tt lo Slato (fruc« a drstioazioBe) . . . F 3 >
Fer \i STizzen e FrascU, il. . . . > 4 !5
ftrnnjhiHerra. ìd. ....... 5 56
Per altri paesi (fraoM fino al conloe). , s 3 b
loa li neerono »ssocmiìoqì per neoo tí no anso.
Le associazioni si ricevono
la TorzDo ali'l'Jfizio del Giornale, riale lei le, H** 34.
Hello proriDcie (fesso tatti |li l'ffisil postali per
nezto di YagtU. cke de^mo« essere innali franco
al Birellore ddla Buona Fiorella e noo allrtaeDtì.
All’estero, ai seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyruiis, me Tronchet, 2; Ginevra^ dal sig. E. Beroud libraio; Inghilterra per mezzo di franco bolli
inglesi spediti franco al Direttore della BaoDa NoTella.
SOraiVARIO
Che cercate? I. — La Sposa e la madre cristiana IL — Che fanno i
Missionarii evangelici?!. — Kon sei salvo se non per il sangue
di Cristo. — Lettera del sig. Amedeo Bert. — Notizie italiane. —
Annunzi.
« CHE CERCATE ? »
Ev. di S. Giov. I, 38.
I.
Quando profferiva il Salvatore del mondo lo parole che
abbiamo scritto a fronte di questo articolo, non gli teneva
ancora dietro nissun discepolo. Ei fu ai due primi che gli
s’accostarono, che rivoltosi, con piglio dignitoso e mansueto
ad un tempo, disse: che cercate? Qual motivo vi spinge a
venirmi appresso? dietro chi avete voi creduto di camminare
seguitandomi? quale aspettazione ò la vostra? a qual bisogno avete voi giudicato ch'io potessi soddisfare?
Ben diverse sono le circostanze in cui ci vien fatto di ripetere tali parole. Non più ad uno ad uno, ma a milioni ed
a centinaia di milioni possonsi annoverare oggidì i sedicenti
2
discepoli di G. C. Nazioni piU incivilite dell’uniyerso lungi
dall’abborrirlo, ambiscono di essere chiamato con quel nome;
tempii innumerevoli in cui G. C. è invocato s’innalzano nell’uno e nell’altro emisfero, traboccanti di adoratori : e sulla
bandiera di cento popoli sventola quella croco già segno
d’ignominia ed ora di gloria. Gesù Cristo dalla frequenza e
dalla apparente venerazione con cui viene pronunciato un
tal nome, pare sia diventato il re, se non dell’intiero universo, almeno di una gran parte.
Eppure, se in mezzo a quelle tante acclamazioni, a quelle
tante genuflessioni a 6. C. noi ci facciamo a considerare
con qualche attenzione, quali sieno gli effetti sortiti, s\ sulle
società cho sugli individui, dalla religione che da lui ha
nome, ci sarà giocoforza convenire, che tali effetti, anziché
corrispondere a quanto si sarebbe aspettato dalla potenza
del principio cristiano, non ne sono, considerati davvicino,
nemmeno l’ombra.
Ora, prescindendo, come da cosa superflua, dall’addurre
lo prove di una tale asserzione, io domanderò : Da che può
egli procedere un tal fenomeno ? Che avrebbe forse quella
religione divina scapitato dalla natia virtìi ? il sale avrebbe
egli perduto il suo sapore? e quegli effetti stupendi sortiti
dal Cristianesimo sugli apostoli, sui primi cristiani, e su
quei tanti che batterono la stessa strada, dobbiamo supporre sieno diventati, ai dì nostri, impossibili?
Ciò non può essere. Egli è altrove che risiede la cagione
di un tanto male, e se tu vuoi conoscerla, o lettore, io ti
dirò ; Gli uomini (io parlo della maggioranza) non ricavano
dalla religione di G. C. quegli impareggiabili beneflzii di
cui è sorgente, perchè non cercano in essa quello che vi si
deve anzitutto cercare, quel bene superiore a tutti, in vista
di cui il Cristianesimo esiste ; il quale raggiunto ne chiama
dietro di se molti altri, ma che trascurato ne inarridisce la
sorgente.
E di fatti, venendo ad esame, che cercano presso di G. C.
e nella religione, che chiamasi dal suo nome, quelle miriadi
che si professano cristiane? Passiamo pur sotto silenzio,
perchè indegni si parli di loro, quei sciagurati, che della
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religione ue fanno un mercimonio o uno stromento di dominazione; la maggior parte degli altri lo vediamo tuttodì, non
corcano nulla. Nati, come essi dicono, da genitori cristiani,
in paese cristiano, aggregati ad una chiesa cristiana per via
del battesimo, essi ne praticarono fin dall’infanzia, con più
omeiio esattezza, le varie cerimonie, i varii riti, e così faranno
sino al loro ultimo giorno. Ma qual vantaggio, così facendo,
intendono essi di procacciarsi? qual forza, quale consolazione
pretendono ricavare da una religione così professata? perchè
in una parola sono eglino cristiani? — Non si domandi loro
tanto, chò sarebbero nell’assoluta impossibilità di rispondere. Essi sono cristiani non per altro che per essere venuti
alla luce in un paese od in seno ad una famiglia ove quella
religione è professata. La nascita e non la coscienza li fece
tali ; e voi li riscuotereste come da un sogno spingendo più
oltre le vostre interrogazioni. Se di cristiani di questa fatta
abbondi, forse più che nissun altro paese, la nostra povera
Italia, dillo tu stesso, o mio caro lettore !
Altri cercano bensì, ma per altrui, e non per se stessi. È
troppo elevato il loro ingegno, è troppo sublime la loro
intelligenza per potersi accomodare di una religione così
semplice come quella di Gesù Cristo ; e se dicessero tutto,
sono troppo rigorosi i doveri, troppo opposti allo concupiscenze del cuor naturale i precetti che quella religione impone aH’uomo, perchò si curino di sobarcaro le loro spalle ad
un simile giogo. — Ma una religione ci vuole per il popolo.
Senza un tal mezzo, come infondere negli animi rozzi il rispetto alla legge, alla proprietà, alle persone? Senza un
tal mezzo come far a governare ? La religione , la cristiana
al pari di ogni altra non sarà che un pregiudizio ; ma il
pregiudizio è potente sulla mente dei più; accettiamolo
dunque ; e sebbene per conto nostro non crediamo , parliamo, ed in certo modo operiamo, come se credessimo davvero........E perciò voi sentirete nei crocchi, alla Camera,
nei giornali, quegli sprezzatori d’ogni credenza seria ed individuale farsi zelanti propugnatori del Cristianesimo, qualunque sia la forma ch’ei riveste in un dato paese, parlare
con enfasi della religione degli avi; profetizzare disgrazie se
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venisse giammai abbandonata; ed appunto perchò in quella
religione nulla cercano per se stessi; appunto perchè non è
per essi la religione un affare di coscienza , ma solo un
mezzo di raggiungere questo o quel fine mondano cho si
propongono, gli vedrete quei medesimi portarsi, talvolta,
con intolleranza somma, verso qualunque convinzione religiosa contraria a quella da loro patrocinata, che domandi a
manifestarsi !
Altri, ognor piìi numerosi, accostandosi a Gesù Cristo lo
fanno con mire assai più politiche che religiose. Spiriti questi innamorati sopra ogni altra cosa di libertà, ciò che cercano nel divin Figlio di Maria, egli è anzitutto comé dicono:
« il popolano di Nazaret 3>, l’inimico di ogni falsa grandezza,
di ogni prepotenza, di ogni tirannide; il rappresentante cd
in uno il profeta della vera uguaglianza, della fratellanza
sincera; il martire sublime cho suggellò col sangue la dottrina di cui si era fatto banditore. Parlano questi bensì di un
Salvatore, ma in un senso, affatto loro proprio; di un Salvatore cioè, non degli individui, ma dei popoli ; la tirannide
di cui egli venne a liberare gli nomini, non è già quella del
peccato, ma quella dei despoti, principi, re , o imperatori
che sieno ; e la felicità di cui egli è promettitore mira assai
più alla terra che non al cielo.
Altri, per finirla, cercano in G. C. e nella di lui dottrina,
unicamente il lato morale e filosofico. Il meraviglioso il soprannaturale, che abbonda nell’Evangelo , non va loro a
genio ; i dommi che ne costituiscono la parto sostanziale
non combinano colle loro preconcette idee. Ma sbarazzato
che sia quel terreno di quanto lo fece ingombro la credulità
e l’ignoranza dei tempi (io parlo a modo loro), qual bellezza, qual maestà non risplende agli occhi che lo contemplano ? Qual filosofìa più di ogni altra elevata e profonda
non è poi mai quella dell’umile artigiano di Nazaret? Qual
morale è da paragonarsi con quella che stillava dalle sue
labbra? qual uomo parlò giammai come qneU’uomo? ed
insieme ad uno dei loro più celebri corifei, essi sono pronti
ad esclamare : a. Se la vita e la morte di Socrate è di un
Giusto, la vita e la morte di Gesù Cristo è d’un Dio ! »
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Ecco , se non mal m’appiglio, quello che cercano presso
di Gesù Cristo , la gran maggioranza fra quelli che invo*
cano il di Lui nomo, e vogliono essere tenuti come suoi discepoli. G. P. M.
[La fine ni prossimo numero).
LA SPOSALE LA MADRE CRISTL\NA
IL
Abele, il suo primogenito, era la copia del padre così
per l’esterno come per le inclinazioni del cuore, o questa
somiglianza inquietava la madre, e la spingeva a pregare
cd a vigilare : il secondo figlio era d'un’indole dolce e debole :
Beppina, la figliuola bella e delicata come sua madre.
Il soggiorno di Giuseppe nella famiglia nuoceva moltissimo ai figli per il cattivo esempio che dava ad essi. Il più
grande era il preferito dal padre, e volentieri metteva da parte
i libri per andar a fare il baroncello coi ragazzi della strada,
assenziente il padre.
«Hai preso dei quattrini in questa scatola?» disse una
volta la madre ad Abele.
« Come avrei potuto arrivarvi, la cassetta è così alta? »
risposo Abele arrossendo. — « Abele ! Abele ! » gridò la piccola Beppina, tentando di chiudergli la bocca colla mano.
« Dio non ti amerà più, se fai il bugiardo. Io vidi quando tu
prendesti la moneta della mamma, e credevo che te l’avesse
comandato t>. Deodata si scostò; non poteva proferir parola;
il suo cuore era oppresso dal dolore. Abele, vedendo la
disperazione silenziosa della madre, lottante colle cattive di
lui passioni : <t perdonami, le gridò, non era per me, era
per il babbo ». — «Silenzio ! riprese la madre additando i
piccoli; non parlar di questo davanti ad essi; il danaro era
tanto del babbo quanto mio; la tua colpa è d’aver negato ».
Il figlio aprì il suo cuoro alle lagrime della mamma che si mise
a pregare Dio per lui; e vedendo quant’egli era già immerso
nella malizia , fu gioco forza di svelare al figlio l’onta del
padre. Deh ! come duro le riuscì quel cimento di dover
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custodire il figlio accusando il padre. Deodata non tenne
nascosto il predetto fatto al marito.
« Hai dunque l’intenzione di rivoltarti contro di me ?» e
ciò dicendo l’ira sfigurava il volto a Giuseppe. — « No contro di te, ma contro i tuoi peccati», ella gli rispose, con
fermezza e mansuetudine. Allora le giurò, con orribili bestemmie, che avrebbe da pentirsi della sua condotta, e che
prenderebbe un figlio dopo l’altro, e li metterebbe in luogo
tale dov’ella non gli potrebbe rivedere piü , salvo che sul
catalogo dei rei e dei condannati.
Alla sera tutti i piccoli si recarono a far la preghiera
colla mamma, e verso mezzanotte anche lei cercò il solitario
letto per riposare le membra ed il cuore stanco dalla lotta
sostenuta, e rimettendosi alla protezione del celeste suo Padre.
Mail sonno fu breve, agitato e interrotto. «Abele, Abele!»
si mise a gridare , e nissuno rispose. Nelle tenebre andò
sino al letto del figlio, e trovollo vuoto. Aprì l’uscio,.......
era una fitta nebbia; sconsolata, non sapendo che fare,
col cuore proruppe in questi accenti : « 0 Dio, abbi pietà ,
o Dio aiutami, sono nella disperazione, o Dio abbi pietà ! ».
Presto presto si vestì, e corse ad una casuccia dove abitava certa famiglia di cattivo nome, colla quale temeva che
Giuseppe fosse in relazione ; la capanna era nascosta fra le
macchie , solitaria, aU’cntrata d’una selva ; scarso lume
splendeva dalla finestra. Deodata si avvicinò,......quale
orroreI... fu testimone del delitto del proprio marito ; meglio
avrebbe sofferto di essere accecata, di morire, o di sopportare tutti i tormenti della vita. L’unica sua consolazione fu
che i malfattori dicevano tra loro che Abele fosse ancora
troppo giovane per il loro attentato. Ringraziò Iddio e tornò
a casa; Abele era già rientrato nel letto e dormiva profondamente a canto al fratello. Deodata mise tutto in ordine,
preparò la colazione al marito che era tornato a casa : poi
andò dal padre e Io pregò di condurla al pastore. Cammin
facendo venne fermata da parecchi vicini, che le raccontarono
la novella d’un grandioso rubamento accaduto nella notte al
castello signorile. Deodata non rispose, il suo cuore era diretto
a Chi non rifiuta le preghiere fatte per la salute dei fanciulli.
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Di piè fermo entrò nella stanza del pastore , e quando fu
sola col suo consolatore gli disse : « Nella capanna di que’
miseri ladri, a sinistra del caminetto, c’è un buco, nel quale
si trovano tutti gli oggetti rubati nel castello». — «Questo
avviso, rispose il pastore, bisogna darlo al delegato, ma potreste mettere in pericolo persone che vi sono molto vicine.
Avete il coraggio di farlo ?» — « Per salvare i miei figliuoli
sì ! » rispose Deodata con una fermezza che fece maravigliare
il pastore. «Il Dio dei cieli mi è testimone, che piuttosto
toccare il frutto del peccato, morirò di fame, e che non mai
avrei dato questo avviso, se non sapessi che mio marito
vuol trascinare i figli nel vizio ».
La divina Previdenza risparmiò a.Deodata così dolorosa
decisione. Mentre conversava col pastore, Giuseppe ed i suoi
complici furono arrestati. Deodata si decise a veder ancor
una volta il marito, e fu ammessa nella prigione in compagnia del giudice. Alla vista della moglie, una selvaggia ira
ed una angoscia profonda alterarono il volto di Giuseppe.
« L’anima de’ miei fanciulli » ; ecco le uniche parole cho
Deodata potè proferire. Una malattia grave la condusse all’orlo della tomba e le tolse la conoscenza. Mentre giaceva
malata, il padre od il secondo figlio morirono. Quindici anni
dopo, quando Beppina era ammogliata, ed Abele diventato
un buon cristiano ed un artigiano stimato, Deodata sentì
il dovere di ravvicinarsi al marito bandito, per salvare la
sua anima e condurlo al Salvatore per la carità cristiana.
Lasciò figli, patria, amici, e non ricusò il lungo viaggio di
Botany-Bay, dove sono banditi i condannati inglesi. Ma già
sulla nave che la doveva condurre alla lontana Nuova Olanda
intese con indescrivibile gioia e profonda riconoscenza verso
Iddio, che Giuseppe era cangiato e divenuto cristiano per
una vera conversione.
Questa narrativa, che non è inventata, ma che è una storia
ed un fatto che s’appoggia sopra atti c protocolli, mostra
quanto può, per la grazia di Dio, una sposa ed una madre
cristiana, colla sincerità del cuore, colla fermezza e la fedeltà.
G. A.
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Cosa fanno i Missionari evangelici? (1 )
I.
La risposta generale a questa domanda voi la sapete :
portano la luco del puro Vangelo senza mescolanza di tradizioni umane a tanti milioni di anime perdute, ed immerse
in quegli orrori che nelle precedenti sedule vi sono stati, in
succinto, esposti. Portano la salvezza che Cristo ci ha data a
600 milioni di pagani; espongono la propria vita per salvare quelle anime; sagrificano i proprii comodi, e vanno ad
incontrare ogni genere di privazioni per salvare i poveri selvaggi ; introducono in mezzo di essi quella civilizzazione,
che è la conseguenza immediata del Vangelo; Queste, e tante
altre che per brevità tralascio, sono le cose che fanno i
nostri missionarii evangelici. Ma vediamone qualcuna in
dettaglio.
Il missionario evangelico allorché parte per una missione
frai barbari, ordinariamente non parte solo. Il suo bagaglio
non consiste in una cassa di medaglie, corone, agnus-dei;
la sua istruzione non ò di piantar croci, battezzare bambini
moribondi, insegnare orazioni in latino ai barbari, e cambiare una idolatria rozza in una più elegante. Egli parte
accompagnato ordinariamente da un maestro di scuola, per
piantare la istruzione, mezzo principale per giungere, umanamente parlando, all’Evangelo, che è la istruzione per eccellenza. Egli è fornito sovente di cognizioni mediche, agricole, industriali; ed ha con sò un torchio, caratteri c qualche
operaio, i quali spargendo la dottrina evangelica, si occupano
altresì a civilizzare i popoli incolti. Giunti al loro destino,
in mezzo d’un popolo barbaro , incomincia quella storia di
privazioni che compone tutta la vita del missionario ; inclemenza di clima, mancanza di cibo e di abiti, lingua incognita affatto, uomini barbari e sovente cannibali, mancanza
di abitazioni ; passare i giorni e le notti a guardarsi dallo
belve, e spesso dai cannibali, peggiori delle belve stesse ; ed
intanto fare sforzi inauditi per apprendere il linguaggio;
(1) Secondo brano del discorso letto dal signor Desanctis nella quarta
adunanza per le missioni fra i pagani.
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poscia comporre un’alfabeto , ridurlo a scrittura , per poi
tradurre la Parola di Dio, ammansire quei barbari, educarli,
incivilirli, renderli uomini e soprattutto cristiani, ecco cosa
fanno i missionarii evangelici.
Gettiamo ora un colpo d’occbio generale su qualche porzione del loro trovaglio; ma io vi prevengo che per quanta
fede presti alle relazioni dei missionarii (e meritano tutta la
fede per i sagrifizii che fanno), puro non mi servirò dello
loro testimonianze. La testinionianza che io voglio addurvi,
acciò conosciate i frutti delle missioni evangeliche, sono
tratte da autori cattolici. Bisogna dunque che i frutti dei nostri missionarii sieno non solo reali, ma maravigliosi, per
trarre la verità dalla bocca stessa dei loro nemici.
Le isole della Polinesia non furono scoperte che verso la
metà del secolo passato : alla fine di quel secolo vi andarono
i missionarii evangelici. Quelle isole erano immerse nella
più vergognosa idolatria, nella barbarie più orrenda e nel
cannibalismo. Ora sentite come parla dell’opera dei missionarii evangelici, 24 anni dopo cho essi vi erano andati, cioè
nel 1824, l’ammiraglio francese e cattolico Duperrey in un
suo rapporto ufiiciale al ministro della marina, dopo il suo
ritorno dalla Polinesia : « L’Isola di Taiti ò assai diversa da
«quella che era nel tempo di Cook (l’inglese che la scoprì).
« I missionarii ( non vi erano stati che gli Evangelici ),
« hanno interamente cambiati i costumi e le abitudini degli
« abitanti. L’idolatria non esiste più fra di loro, e general« monte professano tutti il cristianesimo. Le donne non ven« gono più come altra volta a bordo dei bastimenti, anzi in« centrandole in terra, sono di una riservatezza estrema. I
« matrimonii si fanno come in Europa, e lo stesso re si è
«assoggettato a non avere che una sola moglie. Lo donne
« sono ammesse a tavola coi loro mariti. La società infame
« degli Arreoys (assassini religiosi) non esiste più. Le guerre
« sanguinose che questi popoli si facevano, cd i sagrifizii
«umani hanno cessato fin dal 1816. Tutti i nativi sanno
« leggere e scrivere, ed hanno in mano libri religiosi, nella
« loro lingua, stampati nei loro paesi. Sono state fabbricate
< delle belle chiese, e tutto il popolo vi va due volte almeno
10
« la settimana per ascoltare il sermone, con grande racco« glimento ; e si vedono soventi molti individui prendere
« nota dei passi piìi interessanti del discorso n.
È un cattolico, un ammiraglio, un testimonio oculare che
ci rende cosi bella testimonianza dei nostri confratelli missionarii.
Ma sentiamo un altro testimonio cattolico, non sospetto, il
Ministro della marina di Francia, che presiedendo la Società
di Geografia di Parigi li 11 dicembre 1829, leggeva nel suo
discorso, fra le altre cose, le seguenti parole, in testimonianza ai travagli dei nostri fratelli missionarii ; « Non è già,
«egli dice, il bisogno di accumular ricchezze che ha fatto
* sorgere alla civilizzazione questa vasta porzione del globo
«che noi conoscevamo appena, prima della scoperta dell’il« lustre e sfortunato capitano Cook, io vo’ parlare della Po« linesia. Quale avvenimento prodigioso si è questa rivolu«zione morale che, come per incanto, si è operata in questi
« arcipelaghi, i quali, or sono dieci anni, gemevano ancora
«sotto il giogo sanguinoso della più assurda idolatria! Come
« tutto ad un tratto i sagrificii umani sono cessati, i sacer« doti di menzogna dispersi, gli altari de’falsi dèi caduti, ed
«alla tiranna e barbara legge del Tabou succede la dolce e
« benefica legge di Gesù Cristo ! Quale gloria per il Cristia« nesimo ! Ma non si arresta là il suo trionfo : spezzando gli
« idoli della Polinesia , egli insegna ai suoi abitanti a colti« vare le arti, e gl’ispira il bisogno dell’ordine e l’amor del
«travaglio. All’arbitrario del dispotismo fa succedere un
« governo la di cui azione diviene ogni giorno più regolare:
« finalmente allato dei nuovi tempii, ove uomini a metà an« cora selvaggi vanno ad adorare l’iddio vivente, sorgono
«scuole pubbliche, ove fanciulli sino allora abbandonati alla
« più grossolana ignoranza, ricevono quella educazione pri« maria, senza la quale le nazioni non hanno che una in« completa civilizzazione. Oh ! cosa non può la carità, quando
« è diretta da una fede viva ed illuminata ! »
Allorché i cattolici parlano così delle missioni evangeliche,
bisogna ben dire che i nostri missionarii valgono meglio
dei loro. L. D.
[La line nelprommo numeru).
11
- 35
Non sei salvo se non per il sangue di Cristo.
Verso la fine d’agosto dell’anno testé compiuto , dalle
Valli Valdesi passando in Isvizzcra, attraversai quella di
Aosta in compagnia di un consigliere milanese, cho si deliziava nel contemplare la vaghezza dolio falde alpine, ed
invidiava per la sua terra natale la franchigia del pensiero e
della parola che, assai più che non le bellezze della natura,
l’aveva attirato in Piemonte, unico centro di libertà italiana.
Giunti nella città d’Aosta, in aspettazione di un cavallo che
doveva condurci al piò del San Bernardo, staccandomi dal
compagno, io mi recai frattanto, per eseguire colla matita
qualche disegno, nel cortile della chiesa principale di quella
antica città, ricca di memorie storiche e di monumenti d’architettura. Appena abbozzato le prime arcate del vecchio
portico, un giovane abate, passando sotto la volta, mi propose con modi gentili di visitare nel coro della chiesa un
mosaico preziosissimo, appartenente alla prima epoca dell’arte cristiana: ringraziatolo, il seguitai, ed ammirando lo
stupendo lavoro che rappresentava il nostro Signore Gesù
Cristo in dimensione colossale, con una chimera ed ornamenti varii della simbolica pagana, esclamai : « Ah! signor
abate, quale sciagura che oggidì migliaia d’uomini dimentichino questo Salvatore, per cercare invano da tanti altri un
aiuto che può Egli solo porgere ! s — « Ha ragione, — rispose l’abate, ed io soggiunsi: — «Sappia, signore, chenon
sono della sua confessione, che appartengo all’antica chiosa
evangelica de’ Valdesi ». — Sorpreso di aver condotto un
eretico nella cattedra, mi disse allora ; — « Ma quale differenza esiste fra voi e noi? » — Ed io a lui : — « Noi crediamo di non esser salvati per nessun altro mezzo che per
la grazia di Gesù Cristo ». — « Dunque (così egli) non credete al sacerdozio ?» — « Al contrario, premesso che Gesù
Cristo sia il solo e vero sacerdote in eterno, crediamo che
tutti i cristiani, di fatio e non di nome , formino un sacerdozio reale; in quanto ai santi, non riteniamo di certo che
12
vi sieno altri mediatori che Gesù Cristo Uomo »: — a conferma del mio dire cavai di tasca il Nuovo Testamento greco,
e gli citai alcuni passi. L’abate riprese: — « Ma quale traduzione usa ella del sacro testo? Avrà forse la falsa».—
« Anzi non ne ho nessuna ; ho l’originale greco, perchè
il Nuovo Testamento fu scritto in greco ». — Il povero
abate, che nel collegio non aveva mai studiato il greco,
avrebbe volentieri esclamato come gli antichi frati, allorquando non intendevano qualche cosa, grceciim est: ma invece credette di negare a dirittura che il Nuovo Testamento
sia stalo scritto in greco. Non mi diedi il facile piacere di
confondere la sua fratesca e compassionevole ignoranza ; e
desiderando lasciargli alcuna seria inipressione, gli parlai
della tranquillità e felicità di un’anima ch’abbia rinvenuto la
pace in Gesù Cristo.
L’abate al mio favellare fece in seguito cotesta obbiezione :
«Può ella, 0 signore, essere sicuro della sua salvezza? » A
tale inchiesta dovetti ammirare il sistema papale che, per
aver sempre la possanza di tormentare la coscienza, ha determinato per l’organo del Concilio di Trento, essere anaima
chiunque dichiari ar>er sicurezza della propria eterna salute. L’abate ignorava lo stretto concatenamento di cotesta
dottrina coll’insieme dell’edifizio papale , e nulla rispose
quand’io gli soggiunsi: « Sicuramente non possediamo una
certezza materiale, ma quella che lo Spirito di Dio concede
all’anima che si confida nei meriti di Gesù Cristo : e chiunque ha tale fiducia ed ama così il Signore è mio fratello ;
s’ella dunque lo ama, noi saremo veri fratelli». Ed egli a
me : « E come non amarlo !.....Ilo per Lui abbandonato il
mondo, e sono pronto ad abbandonarlo ancor più risolutamente«. Io gli richiesi: « Vuole forse entrare in un convento?— «Si, signore, nell’Ordine il più austero, dei Trappisti». — Povera anima! dissi fra me, che cerchi fuori di
Cristo la pace ch’Egli solo può dare !» — « Ah ! signor
abate, mi permetta di citarle un fatto storico della Riforma:
allorquando papa Leone X faceva vendere in Germania le indulgenze, certo padre per nomeMiconiq, mandava il proprio
figlio aH’accademia: innanzi lasciarlo partire gli disse: —
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Figliuol mio, airaccademia udrai molte nuove cose, molti
dottori, molte dottrine, ma non lasciarti mai rapire cotesta
verità, che tu non sei salvato per altro che pel sangue di
Gesù Cristo. — Miconio respinse sempre tutto le grazie che
si ottenevano col danaro, e diceva a Tezel ed altri venditori
d’indulgenze : — « Credete voi che io voglia una salvezza
comprata? Ho bisogno d’un perdono che si dà, non che si
vende». — Caro signor abate, entrate pur nel convento; e
quando vi troverete nelle lotte della coscienza e crederete
salvar l’anima per inutili macerazioni, senza punto trovar
pace, oh! allora rammentatevi che non siete salvato che pel
sangue del Salvator nostro Gesù Cristo ».
Lasciai poco dopo il sincero, ma ignorante giovane. Il
vero amico de’ cuori, che far può fruttiQcare i pili deboli
germi, voglia benedire le mie parole, e un bel giorno guidar
lui e tanti altri a Gesù Cristo crocefisso, il vero ed unico
Salvatore, al Sangue dell’Agnello che purifica da ogni
peccato !
G. A.
CORRISPONDENZA
Torino, addi 25 gennaio 1857.
Caro fratello,
Se c’incombe pur troppo spesso il dovere di riferire alla pubblica opinione de’fatti vergognosi, che fanno a calci collo spirito
delle istituzioni che ci reggono , coll’amore evangelico e coi
progressi de' tempi nostri ; gli è giusto altresì di riferire gli
atti di tolleranza illuminata e di cortesia cristiana usati verso
di noi da persone le quali, se non fossero animate da un vero
intendimento del dover loro, potrebbero, anzi che porgerci
una mano di concittadinanza, esserci di continuo nocimento.
Mi sia perciò permesso di segnalare il modo quanto mai
liberale e costituzionale con cui la Direzione dell’Ospedale
militare di Torino ci fa sempre avvertiti quando nelle sale di
esso ricovero sonvi degli ammalati di religione evangelica,
14
acciò riceTano da noi i soccorsi e le consolazioni che alla fede
loro si confanno; il cbe viene sempre, in modo del pari lodevole, praticato dalla pia Direzione del R. Manicomio, mentre
poi ogni cosa succede col dovuto rispetto, nel caso che ivi
moiano i nostri correligionari. Permettete ancora che vi dica
in proposito onde dare maggior forza al sovradetto, che, invitato ieri dalle competenti autorità, anzi da uno stesso Rev.
Elemosiniere di presidio, ad andare in una città vicina a confortare un soldato valdese moribondo che giaceva nell’Ospedale
alle religiose di lui cure affidato, venni accolto dallo stesso
colla più cristiana cortesia; e mentre, fra il rispettoso silenzio
di tutti gli astanti, leggevo la Parola di Dio, e parlavo e pregavo ad alta voce, chino sul capezzale dell’ammalato, esso
reverendo col capo scoperto ed unendosi a me, pregava con
me e con me diceva amen: quasi avessimo la stessa fede e fossimo colleghi nel servizio dello stessissimo Padrone. . . .
E infatti tali noi siamo con tutti coloro che amano e credono.
— Piaccia a Dio che l’Evangelo, sotto le varie forme con cui
egli viene nel mondo adottato, sia mai sempre sorgente di
carità fraterna e di mutui riguardi; e mostrino i cristiani di
ogni denominazione la fede vera in Cristo unire gli uomini
anziché dividerli.—Intanto, caro fratello, ho creduto dover
mio di accennare i progressi che si vanno a poco a poco facendo fra noi, e di ringraziare gli individui e le amministrazioni che camminano nella via della vera libertà e fratellanza
costituzionale.
Gradite i sensi del sincero mio affetto in Cristo
Devotissimo fratello
Ambdeo Bìrt
Notizie Italiane
Torino. — Proclamazione nella Camera elettiva del principio della libertà d’insegnamento. — Un curioso spettacolo
ha presentato nei giorni scorsi la nostra Camera elettiva, ove
clericali e liberali avanzati si sono dati la mano per far
trionfare, a malgrado degli sforzi in contrario di una frazione
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del partito ministeriale, il gran principio della libertà applicata anche all’insegnamento. Ciò che i primi si aspettino
dall’attuazione di questo principio , non è misterio per nissuno; anzi perfino i bambini sanno, che ciò che fa loro
domandare con tanta insistenza la libertà su questo punto,
si è la speranza di poter un giorno soffocare ogni scintilla
di libertà in mezzo di noi. Ma non sarà questa la prima
volta che l’ipocrisia potrà dirsi, secondo la parola del moralista francese, un omaggio che il vizio rende alla virtù; come
speriamo non sia l’ultima volta in cui il malvagio farà opera
che l’inganni. Se vi sono fra di noi quelli che la libertà l’agognano come stromento di servitiì, non mancano neanco quelli
ohe la rivendicano come diritto largito da Dio all’uomo ed
imprescrivibile ; come campo indispensabile al libero sviluppo
della sua attività, ed all’adempimento dei suoi doveri ; e perchè nella vittoria di questo principio noi abbiamo piena fiducia, ci rallegriamo come di vero progresso del voto recente
della Camera.
Chieri. — Gesta gloriose dei clericali. -- Il canonico corrispondente del Campanone così gli scrive in data 24 gennaio : « Credo anche opportuno di prevenirvi che in questa
città , già per due volte, un pastore valdese, tentò di farvi
proseliti. Un mese fa egli fu dignitosamente discacciato da
coloro ai quali si rivolse. Ora per la terza volta venne , e
domenica or scorsa volle dare lezioni in una casa, che gli fu
affittata dal chirurgo Marocco. Ma l’abitazione venne circondata da 200 circa buoni cattolici, i quali all’uscire del ministro barbette, ad alta ed unanime voce lo svergognarono,
dichiarando di non saper che fare delle di lui false dottrine,
e che però se n’andasse pure alle sue valli. — Se Domenica
prossima tornerà, son certo che si radunerà là per lo stesso
fine un numero ancor maggiore di gente a protestare contro
la costui intrusione ».
Noi non ci fermeremo a rettificare le molte inesattezze di
questo racconto ; solo domanderemo se ciò che a Chieri,
paese cattolico fu fatto ad un ministro valdese , fosse accaduto in paese evangelico ad un prete cattolico, il corrispondente canonico del Campanone ne farebbe il medesimo giudizio?Due pesi e due misure: ecco il favorito motto di certa gente,
alla quale ci sforzeremo mai sempre di non rassomigliare.
— In quanto alla profezia, che se domenica ventura ritor-
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nerà il ministro valdese, il medesimo scandalo ed anche peg*
giore abbia a ripetersi, nissuno può farla più sicuramente del
corrispondente del Campanone, poiché non è colpa sua se tale
manifestazione liou ha avuto luogo prima. Ma sappia questo,
per sua norma, che i ministri valdesi non si lasceranno disturbare nè per minacce, nè altrimenti dall’adempimento di un
loro dovere, e che, piacendo a Dio, essi domenica ventura
si recheranno, come per lo passato, a rompere il pane della
Parola, a quei loro €oreligionarii di Chieri che ne mostrano
sommo desiderio. In quanto ai buoni cattolici della fatta del
corrispondente del Campanone, essi non saranno punto obbligati a venirli sentire ; e se nuovamente si lasceranno trascorrere a disordini, noi portiamo fiducia vi sieno in Chieri, come
nel rimanente del Piemonte , buone autorità,, che sapranno
mantener illesi i diritti di tutti i cittadini.
Saluzzo. — Ancora un miracolo alla romana. — Una gran
commozione destò nei giorni scorsi in seno alla popolazione
di Saluzzo la notizia di un crocefisso che sudava sangue. Accorse la buona gente, accorsero i signori, accorsero i preti,
accorse perfino monsignor vescovo. Per buona ventura accorse anche il fisco, che affrettossia sequestrare il crocefisso,
il quale da ohe è nelle di lui mani, pare abbia cessato di sudare.
I clericali vedendo questa mala riuscita si affrettarono a proclamare non autentico il miracolo. Ma noi domandiamo se
non è già uno scorno alla religione che professano Taverne
per anco ammesso la possibilità a segno tale di provocare un
tal concorso di gente? Se non si pascessero gli animi di siffatte scempiaggini, riuscirebbe così facilmente ognuna che si
produce, ad acquistar credenza ed accallapiar la gente? Cosichè dichiarati o no autentici siffatti miracoli sono poi sempre
di sfregio per le chiese in cui possono attechire.
Grosso Domenico gerente.
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