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Bibbia e attualità
I DEFUNTI
«Lascia che i morti seppelliscano i
loro morti; ma tu va’ ad annunziare il
regno di Dio»
Luca 9, 60
TKTELLE valli valdesi c'è un prete
J.\l che da vari anni si permette,
malgrado le osservazioni ricevute, di
pregare per i defunti valdesi durante
la messa o in altre forme pubbliche,
sostenendo che non lo fa pensando di
farli uscire dal Purgatorio ma, secondo quanto a suo dire sarebbe in linea
con il Concilio Vaticano II, in omaggio alla comunione dei santi. A parte
il fatto che il Concilio Vaticano II ha
confermato che le preghiere per i defunti vanno fatte nello spirito del
Concilio di Trento, e cioè in relazione
alla dottrina del Purgatorio, è un segno di scarso tatto approfittare del
dolore e del lutto dei valdesi, per coinvolgerli in una prassi cattolica facendo finta di non farlo. Da questo atteggiamento si è dissociato alcuni mesi fa
anche il direttore del settimanale cattolico di Pinerolo «L’eco del Chisone».
La morte resta, comunque, un momento umanamente difficile. Ben
lo sapeva l'interloaitore di Gesù che,
pur essendo disponibile a seguire il
Maestro, avrebbe vo’uto prima andare
ad accompagnare suo padre fino alla
sepoltura. Gesù assume nei suoi con'^fronti un atteggiamento apparente] ,pente disumano: «Lascia che i morti
/Seppelliscano i loro morti». I «loro»
morti. Forse uno dei motivi per cui Gesù non accetta rinvii sta proprio in
questo aggettivo possessivo. La legge
mosaico prescrive un’onorata sepoltura dei genitori. Gesù non pretende,
probabilmente, che si superi questa
prescrizione comprimendo gli affetti
naturali e il dolore per la morte. È vero
che Gesù mette in crisi i doveri familiari quando esige, nell’ottica della
missione (Mt. 10, 37), una rottura con i
genitori e con i fratelli di sangue. Ma
qui sembra, innanzitutto, che l’invito
a seguirlo sia collegato a una rinuncia
a impossessarsi dei morti. I morti non
sono tuoi. Coloro che ti hanno lasciato
sono :idle mani di Dio. Pertanto, in secondo luogo, non solo non hai da pregare per loro, ma sei messo in condizione di annunziare agli altri quel Regno in cui sta la vera comunione dei
santi: una comunione in cui non ci sono divisioni tra chi gode già della glorici di Dio e chi .si sta ancora purificando, ma in cui tutti saranno suoi popoli
ed egli sarà il loro Dio (Ap. 21, 3).
La protesta valdese e la Riforma
protestante hanno vissuto questo
Evangelo come punto essenziale. Non
per niente non si sa dove siano sepolti
Valdesio di Lione o Giovanni Calvino,
non esistono reliquie di santi, i cimiteri valdesi delle Valli sono sempre stati
in passato di una sobrietà spartana.
Tutto questo non ha mai avuto lo scopo di mortificare gli affetti, ma di vivere in modo più gioioso e comunitario la speranza della vita. La devozione legata ai morti deriva da una comprensione della morte per cui alcuni
sono i «miei» morti, altri sono i morti
altrui. Pregare per quelli altrui sembra
un segno di apertura e di fraternità, e
invece è una presa di possesso di quello che non appartiene ad altri che a
Dio. Fino a oggi i protestanti italiani
sono rimasti vigili su questo punto: la
predicazione in occasione dei funerali
non è mai esaltazione del defunto, ma
ricerca della consolazione nell'attesa
del Regno di Dio che viene. Uno è molto più consolato quando ha capito che
appartiene a Dio che quando si preoccupa di dover intercedere per chi ci ha
lasciato, o quando c'è l’incertezza che,
a dispetto di tutte le indulgenze «lucrate» in qualche Giubileo, manchi
ancora sempre qualcosa alla salvezza.
Claudio Tron
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Per una buona legge suH'immigrazione che sostituisca i provvedimenti di emergenza
Unimmigrazione «governata»
£ molto urgente una politica comune delle nazioni europee che non si limiti a fissare divieti o
erigere steccati, ma fissi anche una quota annua di ingressi e consenta una reale integrazione
DOMENICO MASELLI
I disordini nati in Francia in conseguenza della legge Debré sull’immigrazione non meravigliano
perché sono il risultato di una crisi
da lungo tempo in incubazione e
che ha trovato nella nuova legge il
pretesto necessario per esplodere.
Del resto la situazione è gravissima,
nel mondo, e le notizie che giungono dal continente africano non
possono che allarmare e dimostrare
l’urgenza di un’azione diversa da
parte dei paesi europei e in genere
dell’Onu. Non è ammissibile che ci
si disinteressi in Europa dei conflitti
ormai endemici nell’Africa Centrale, così com’è evidente che l’emigrazione dai paesi poveri verso
quelli ricchi non può che intensificarsi costantemente fino a raggiungere limiti insopportabili.
È pertanto necessaria una politica comune delle nazioni europee
verso l’immigrazione che però non
si limiti a fissare divieti o erigere
steccati. Per questa ragione bene ha
fatto il governo a presentare finalmente una legge organica che sostituisca la politica finora adottata di
tamponi provvisori e emergenze del
momento. In effetti la stessa legge
Martelli, che è stato finora l’intervento legislativo più importante,
era un decreto legge, poi convertito.
È inoltre molto positivo che il disegno di legge governativo preveda
una serie di interventi diretti a rendere autentica l’accoglienza agli immigrati regolari e alle loro famiglie
come l’assistenza sanitaria, un serio
impegno scolastico, una politica
della casa e infine il diritto di voto
attivo e passivo nelle elezioni amministrative. Da questo punto di vista sarà altresì fondamentale l’approntamento di Intese con le confessioni religiose degli immigrati in
Italia, prima fra tutti l’Islam e le varie forme ortodosse e copte.
È evidente che i problemi più
grandi permangono nelle due direzioni che coinvolgono i rapporti
con gli altri paesi e non dipendono
esclusivamente dalla volontà del
governo e del Parlamento italiano,
e cioè la regolamentazione degli ingressi e quella delle espulsioni e dei
respingimenti. Anche per ciò che
riguarda la regolamentazione degli
ingressi dobbiamo segnalare alcuni
aspetti positivi. Mentre la maggioranza dei paesi europei limita gli
ingressi ufficiali al ricongiungimento dei familiari ai richiedenti asilo,
il disegno di legge governativo prevede che venga ogni triennio programmato il numero degli immigrati necessari per coprire le richieste di lavoro. Inoltre vi sono alcuni
miglioramenti rispetto alla situazione esistente che di fatto consentiva l’ingresso in Italia per lavoro
subordinato ai soli lavoratori che
fossero chiamati nominativamente
da un datore di lavoro disposto ad
assumerli. Ora si prevede vi siano
liste di aspiranti emigranti nei paesi
d’origine e si introduce la possibi
lità di uno «sponsor», datore di lavoro o associazione, che faccia entrare in Italia i lavoratori.
Si presentano però alcune necessità di miglioramento della legge.
Le liste degli aspiranti non dovrebbero essere tenute dai paesi d’origine, ma presso i nostri consolati e
ambasciate. È necessario intensificare la lotta al racket degli ingressi
clandestini, che aumenta lo spaccio di droga e lo sfruttamento della
prostituzione ma che fornisce anche manodopera costretta a lavorare in nero, senza alcuna tutela e
esposta sempre al rischio di espulsione. Sarebbe perciò necessario
che venisse concesso un permesso
di soggiorno a brevissimo termine
per ricerca di lavoro o che fosse
possibile trasformare in permesso
di soggiorno per lavoro quello per
turismo o per ragioni di studio.
La lotta al racket è un «prices» irrinunciabile perché il vero nemico
è la malavita internazionale che si
limita a sfruttare l’immigrante facendogli pagare quello che per lui
è un autentico patrimonio, ma
spesso lo schiavizza e lo trasforma
in un non purtroppo docile strumento. Per questo salutiamo con
soddisfazione la possibilità di trattenere legalmente in Italia chi denunci i propri sfruttatori e anche
l’aggravamento delle pene per chi
aiuta per fini di lucro l’immigrazione clandestina. Sarebbe necessario
che una volta determinata dal governo la quota degli ingressi, si
prendesse in esame con una proporzione prefissata ognuna delle
liste di attesa, in modo che anche
gli esclusi avessero la speranza a
breve termine di poter essere accolti in un prossimo futuro.
Anche per quanto riguarda le
espulsioni, il disegno di legge governativo presenta un miglioramento rispetto al cosiddetto decreto Dini, ma è ancora a mio parere
insoddisfacente perché non riesce
a coprire tutte le necessità di accompagnare alla sufficiente serenità le tutele dei diritti degli espulsi.
In attesa del dibattito parlamentare, che si prevede inizi nella
Commissione affari costituzionali
subito dopo Pasqua, come relatore
della legge mi propongo di dare
ascolto a tutte le voci che permettano di migliorare un progetto che,
ripeto, è già un fatto positivo. Credo che si debba avviare un processo di accoglimento che preveda
per gli immigrati un autentico
equilibrio tra diritti e doveri. Intanto, è necessario che esista nel paese uno sforzo di educazione all’accoglienza, sapendo anche che, pur
nell’attuale crisi del mercato del lavoro, esistono settori in cui abbiamo bisogno di queste braccia.
Concludendo desidero ringraziare il Servizio rifugiati e migranti
della Fcei perché insieme con le altre forze della cosiddetta area religiosa non solo rende più agevole
l’accoglienza agli immigrati ma anche dà utili suggerimenti e consigli.
«Anno degli sradicati»
Bisogna resistere alle
leggi di tipo xenofobo
Si è aperto il 4 marzo a
Ginevra, nella sede del
Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec), l’Anno
ecumenico delle chiese
in solidarietà con gli sradicati, una iniziativa del
Cec per rendere visibile
l’impegno dei cristiani a
favore di rifugiati, richiedenti asilo, migranti e
persone «dislocate».
Durante il culto inaugurale il Segretario generale del Cec, il pastore
Konrad Raiser, ha lanciato un appello alle chiese
affinché resistano alle
leggi di sapore xenofobo
che si stanno introducendo in vari paesi industrializzati. Quando ciò
accade, ha detto il Segretario del Consiglio ecumenico facendo esplicito
riferimento alla situazione francese, «le chiese
non possono che protestare. Nessuna legge che
neghi la fondamentale
umanità degli sradicati e
il loro diritto alla protezione e all’assistenza
merita obbedienza».
«Attraverso misure legislative - ha detto ancora Raiser - si cerca di
rendere impossibile l’ingresso di rifugiati e richiedenti asilo, e molti
di coloro che sono stati
tollerati per anni vengono ora dichiarati "stranieri illegali’’». (nev)
Nelle scuole in Nicaragua
Tentativo di imporre
la religione cattolica
In Nicaragua alcuni
parlamentari del Partito
dei cristiani protestanti
e del Fronte sandinista
hanno rivolto dure critiche al ministro dell’Educazione Humberto Belli,
un personaggio molto
vicino al primate cattolico del Nicaragua cardinale Miguel Obando y
Bravo, a causa di quello
che hanno definito «tentativo di introdurre nel
nostro stato laico l’insegnamento obbligatorio
nelle scuole pubbliche
della religione cattolica». Imbarazzata smentita per ora solo dal vicariato cattolico per l’Educazione che ha dovuto
ammettere che copie
gratuite di testi di fede
cattolica vengono distribuite a tutte le scuole.
Secondo il vicariato la
religione è una sorgente
di moralità e lo sfacelo
sociale che colpisce la
gioventù nicaraguese «è
dovuto, in gran parte, all’assenza di Dio nelle
scuole».
Le chiese protestanti
del Nicaragua, invece,
continuano a ritenere
che la religione debba
essere insegnata a casa e
in chiesa e che il governo debba rispettare la
laicità dello stato stabilità dall’art. 14 della Costituzione vigente, (ale)
I DIECI COMANDAMENTI. Inizia una riflessione di «fede e spiritualità» sul
Decalogo. Cominciamo con il primo e
più importante comandamento, che è
anche il più trasgredito: «lo sono il Signore, il tuo Dio: non avere altri dèi
all'infuori di me». (p. 3)
IL TEATRO COMUNICA INTERIORITÀ E
VALORI. Come le altre arti, il palcoscenico affronta i grandi interrogativi
dell'umanità e può sondare anche la
sfera religiosa. Infatti, dai grandi testi
classici alle avanguardie più innovative
e sperimentali, la tecnica dell'attore e
di tutta la «macchina» teatrale esprime i contenuti della cultura e dell'esperienza umana. Alcuni esempi di
recenti allestimenti. (p. 6)
CLONAZIONE. I più recenti esperimenti
hanno posto all'attenzione dell'opinione pubblica pesanti interrogativi
sui quali bisogna riflettere non a partire da prescrizioni religiose, ma sulla
base di argomentazioni o condivisibili
da tutti o scientificamente confutabili. Occorre in primo luogo sottrarsi al
sensazionalismo evitare di lasciare al
solo mercato il compito di indirizzare
le nostre scelte (p. 10)
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PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della
VENERDÌ 14 MARZO 1% VEN
«Mancavano due
giorni alla Pasqua
e alla festa degli
Azzimi; i capi dei
sacerdoti e gli
scribi cercavano il
modo di prendere
Gesù con inganno
e ucciderlo...
Gesù era a
Betania, in casa
di Simone il
lebbroso; mentre
egli era a tavola
entrò una donna
che aveva un vaso
di alabastro pieno
d’olio profumato,
di nardo puro, di
gran valore; rotto
l’alabastro,
gli versò l’olio
sul capo. Alcuni,
indignatisi,
dicevano tra di
loro: “Perché si è
fatto questo spreco
d’olio? Si poteva
vendere quest’olio
per più di trecento
denari, e darli ai
poveri”. Ed erano
irritati contro di
lei. Ma Gesù disse:
“Lasciatela stare!
Perché le date
noia? Ha fatto
un’azione buona
verso di me.
Poiché i poveri li
avete sempre con
voi; quando
volete, potete far
loro del bene; ma
me non mi avete
per sempre.
Lei ha fatto
ciò che poteva;
ha anticipato
l’unzione del
mio corpo per
la sepoltura. In
verità vi dico che
in tutto il mondo,
dovunque sarà
predicato il
vangelo, anche
quello che costei
ha fatto sarà
raccontato, in
memoria di lei”.
Giuda Iscariota,
uno dei dodici,
andò dai capi dei
sacerdoti con lo
scopo di consegnar
loro Gesù.
Essi, dopo averlo
ascoltato,
si rallegrarono
e promisero di
dargli del denaro.
Perciò egli cercava
il modo opportuno
per consegnarlo»
(Marco 14,1-11)
IL CESTO DI UNA DONNA
Con il suo gesto, la donna di Betania indica che Gesù è il Messia
L'Evangelo non è tale se-non passa per la predicazione della morte di Gesù
SALVATORE RAPISARDA
Lì UNZIONE di Betania ruota
I attorno al gesto di una don
na che in Marco rimane anonima; non è Maria, come in Giovanni (12, 1-8) e nel titoletto
della Nuova Riveduta, né una
prostituta, come in Luca (7, 3650), né Maria Maddalena come
nella tradizione posteriore. Un
po’ per sobrietà narrativa, un
po’ per non cadere nell’agiografia, Marco, e con lui Matteo, non
ci dicono il nome della donna.
Un gesto profetico
DI lei donna possiamo intuire che era una benestante.
a giudicare del valore dell’olio
profumato, oltre trecento denari, cioè il reddito annuo di un
operaio (Mat. 20). Questa donna
ha riconosciuto in Gesù qualcosa di più che un semplice predicatore itinerante. Ella, davanti a
tanti commensali, versa l’olio
sul capo di Gesù. Non dice una
parola: intende compiere un gesto che vuole essere eloquente
in se stesso, comprensibile almeno per le persone formate alla luce dell’Antico Testamento.
La donna unge il capo di Gesù
alla maniera in cui venivano unti i re. Nel nono capitolo del secondo libro dei Re vi è un episodio che doveva essere noto alla
donna (e certamente anche a
Marco): vi si narra di un discepolo di profeta (anche lui anonimo) che viene mandato da Eliseo a versare l’olio di un vasetto
(ampolla) sul capo di leu per
ungerlo come re d’Israele, perché egli liberi il popolo dai ti
Preghiamo
Signore, siamo tentati di dire che le afflizioni di questa vita ci impediscono di riconoscerti. In realtà anche
l’abbondanza ci impedisce di riconoscerti. Ci guardiamo attorno e scorgiamo più facilmente le miserie umane, ma non la tua grande opera di salvezza. Nel nostro
scoramento ci muoviamo in maniera sconnessa. Dominati dalle nostre angosce dimentichiamo di guardare a
te come nostro Salvatore. Eppure tu hai dato la tua vita
per noi, per aprirci alla vita, al regno di Dio. Signore,
sappiamo che senza di te nella nostra vita, noi brancoliamo nel buio. Perciò ti diciamo: dacci di riconoscerti
ovunque sei all’opera e dacci la capacità di offrire a te le
cose preziose di cui disponiamo. Dacci di non essere
egoisti per TEvangelo, e di avere fiducia in te che ci dai
infinitamente di più di quel che noi speriamo e meritiamo. In fine, dacci di avere parte nell’opera di proclamazione dell'Evangelo al mondo, affinché la bellezza
dell’opera tua rivesta la povertà dei nostri gesti.
ranni (Acab e Izebel) e dall’idolatria. È possibile che nel versare
l’olio sul capo di Gesù la donna
stia assumendo coscientemente
un ruolo profetico per chiamare
Gesù alla rivolta contro i tiranni
e gli idolatri. È possibile che la
donna intenda fare di Gesù il
Messia, ungerlo non già per la
morte ma per una vita di lotte e
di vendette, alla maniera di leu.
Forse non sapremo mai se era
proprio questo il proposito della
donna. I gesti, se non sono accompagnati da parole, sono
passibili di diverse interpretazioni, e anche di fraintendimenti. Coloro che osservarono il gesto della donna reagirono con
indignazione; e la loro indignazione era dovuta al fatto che valutarono «uno spreco» il gesto
della donna, salvo poi a nobilitare, giustificare, il giudizio col
richiamo ai poveri.
Diversa è la valutazione di Gesù. Egli dice che è un gesto
«kalòs», cioè moralmente buono, nobile, degno di lode, in linea con l’opera salvifica. Sorprende il fatto che un gesto così
bello (questo è anche un altro
modo di intendere «kalòs») è capace di suscitare indignazione!
Gesù inoltre legge quel gesto in
una chiave che sfugge agli astanti. Diremmo che Gesù lo
legge in chiave teologica, mentre gli altri si erano fermati alla
chiave etica. Egli la vede come
l’unzione anticipata e unica, infatti non ve ne sarà un’altra, del
suo corpo per la sepoltura. Gesù
vive pienamente la realtà della
sua morte già diversi giorni prima del Venerdì Santo. Il gesto
della donna gli appare come un
gesto profetico, che lo richiama
al suo destino. Ecco perché egli
si schiera con lei e parla, diremmo, in difesa di lei.
Una conferma
della messianicità di Gesù
Gesù ha letto quella unzione
(
_r come una conferma della
sua messianicità, sebbene non
alla maniera di chi leggeva il capitolo 9 di 2 Re. Egli non si prepara alla congiura contro chi detiene il potere. Sono altri quelli
che congiurano contro di lui:
sono i capi sacerdoti e gii scribi
assieme a Giuda, come viene
detto nei versetti che precedono
e seguono il nostro brano. Gesù
è il Messia, e sa di esserlo, ma alla maniera del Servo di Yhwh di
cui parla Isaia 52-53. Egli sa di
essere il Figlio dell’uomo che
deve soffrire e patire la morte,
come ha insegnato più volte (Me
8, 31; 9, 31; 10, 33). Ecco perché
il gesto della donna gli appare
particolarmente adeguato. Quel
gesto non lo disturba, anche se
svela il suo segreto (il segreto
messianico). Ma ormai è tempo
di farlo. Ormai Gesù, nella narrazione di Marco, è entrato nella
tappa finale della sua passione;
deve essere chiaro a tutti chi è
lui e qual è il suo ruolo. Non farlo adesso significa non farlo più.
Egli non sarà più con i suoi; gli
amici non possono digiunare
mentre lo sposo è con loro (Me
2, 19), si cammina nella luce finché c’è luce (Giov. 12, 35). Altre
preoccupazioni, quali quella per
i poveri, pur non essendo cancellate, adesso non possono diventare prioritarie.
Il gesto della donna, proprio
perché indica chi è il Messia, è
predicazione dell’Evangelo, è
predicazione di quel «Cristo crocifisso» (1 Cor. 1, 23) che costituisce il centro della predicazione della chiesa primitiva. E l’Evangelo, come dimostra il fatto
di Gesù, è questione di vita o di
morte. L’Evangelo non è una opzione da mettere al confronto
con l’assistenza ai poveri. Lo
aveva capito bene la donna, lo
avevano capito bene le donne
che assistevano (servivano) e accompagnavano Gesù. I poveri li
avranno conosciuti e incontrati
varie volte, e certo li avranno pure assistiti, ma TEvangelo di Cristo, cioè TEvangelo che è Cristo,
si pone in cima alle priorità. La
scelta teologica non annulla la
scelta etica, ma si pone in prima
istanza. La donna, e Gesù che la
difende, si muovono lungo priorità teologiche, sapendo che
dalla proclamazione e affermazione dell’Evangelo dipende la
salvezza e l’avvento del regno di
Dio, di quel regno in cui i poveri
realizzano la loro beatitudine
(Luca 6, 20).
L’Evangelo è buon annuncio
che rimanda alla salvezza, al regno di Dio, ma non è Evangelo
se non passa per la predicazione
della morte di Gesù. Evitare quel
discorso, concentrarsi possibilmente su di un discorso etico,
quale la beneficenza per i poveri, significa eliminare artificialmente lo scandalo della croce. I
sapienti di questo mondo vorrebbero un altro Evangelo, ma
senza il passaggio per la centralità della croce di Cristo non c’è
affatto Evangelo quale opera di
Dio. C’è soltanto esaltazione
umana e inganno.
L'interpretazione
cristologica del gesto
IL nostro testo ha raggiunto il
! ....
suo culmine teologico con le
parole di Gesù che dice: «Ha anticipato l’unzione del mio corpo
per la sepoltura». Con queste
parole Gesù dà la lettura cristologica e soteriologica del gesto
della donna. L’Evangelo non è
sganciato dalla morte di Cristo
ma quella morte, vista profeticamente, è anche il preludio alla
resurrezione. È questa la lettura
dell’Evangelo che Marco vuole
conservare e vuole rendere manifesta al mondo. Per dare maggiore risalto a questo aspetto
centrale Marco aggiunge la frase programmatica; «In tutto il
mondo, dovunque sarà predicato il Vangelo, anche quello che
costei ha fatto sarà raccontato,
in memoria di lei».
La preoccupazione missionaria (predicare TEvangelo ad ogni
creatura), che negli altri Vangeli
è posta in bocca al Gesù risorto
(Mat. 28, 19ss; Luca 24, 17; At. 1,
8; Giov. 20, 22), Marco la pone
qui, all’inizio della storia della
Passione, e Tha legata al gesto
della donna che profeticamente,
incurante delle critiche, sa indicare chi è il Messia, colui dal
quale ci si deve aspettare la salvezza. Orizzonte missionario,
contenuto della predicazione e
ruolo delle donne trovano posto
nel V. 9 che Marco pone come
appendice «da non dimenticare» alla narrazione.
Dunque, nella missione della
chiesa ci dovrà essere posto per
le donne. Infatti la chiesa, mentre predica TEvangelo, dovunque predicherà TEvangelo, dovrà
narrare, per ricordare, quel che
la donna ha fatto. Dovrà farlo in
modo che appaia chiaro che
quel gesto profetico, quel gesto
che ha riscosso l’approvazione
di Gesù, Tha compiuto «lei». Chi
è lei? Marco non lo dice. Lei è
una che ha profetizzato, sebbene rimanga profetessa anonima.
Lei ha aperto la strada alle donne, affinché nella chiesa le donne trovino posto nella predicazione dell’Evangelo (con parole
e gesti) e affinché, alla luce delle
parole del Signore, non vengano
ostacolate (non le si dia noia).
(seconda di una serie
di quattro meditazioni)
Note
omiletiche
La constatazione che;
nostro brano, sebbene co,
alcune varianti, aggiunte,
omissioni, si trovi in tutti,
quattro i Vangeli, ci port,
a dire che esso ebbe u,
ruolo importante nell,
predicazione della chies,
primitiva. In qualche nij
do, seguendo Marco, do
veva far parte di una liti*
già che apriva alla stori
della Passione, quindi a|
l'annuncio delTEvangelj
L'altra constatazione è clj
l'episodio doveva avere sj
lide basi storiche se hatro
vato cosi tanta accoglienj
nella predicazione e negl
scritti degli evangelisti.!
brano è una cornice narrj
tiva che consente di ascoi
tare le parole del Signori
collocandole alTinterni
dell'esperienza della co-:
munità. Il brano si presti;
ad una forma di memorici
di animazione liturgica, si
mile alla lavanda dei piej
o alla celebrazione dell'ul
tima cena. Vi sono diverj
attori, diversi ruoli da g»
care, diverse angolaturi
da sottolineare. Una corretta attualizzazione di
testo non può trascurar
di ricercare un ruolo atti«
delle donne; un ruolo eli
assuma la veste profeticii
quindi centrale, sebbeni
non unico; ma non un ruo-,
lo subalterno.
Col testo che abblarro
elaborato abbiamo cercato di cogliere l'elemento
che ci è sembrato centrale
tenendo conto dell'analisi
letteraria e dell'analisi del
le forme del brano in sé
del contesto ampio (la st_
ria della Passione). Abbiamo, cioè, selezionato l'elc
mento teologico centrale;
chi è Cristo. L'Evangelo
cui Cristo è il centro non
un discorso chiuso ben.^
aperto. Ecco perché è utt'
guardare al passato eV
futuro. Lo sguardo al |jfi ,
sato ci aiuta a scorgerei
radicamento delTEvangelo nel messaggio dell'Antico Testamento col suo
mondo culturale e spirituale (2 Re e Isaia, nel nostro caso). Lo sguardo al
futuro ci consente di proiettarci verso il mondo e la
missione. Quella è una
realtà in cui vanno scoperte, o riproposte, nuove dimensioni, nuovi rapporti
tra le persone. Nella proiezione missionaria si abbattono le barriere sessi-j
ste, razziali, culturali.
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Per
approfondire
I seguenti testi sono indicati per le parti che si riferiscono ai generi letterari o al commento al brani
in questione:
- B. Corsani, Introduzione al Nuovo Testamento,
voi. I, Claudiana, 1991;
- W. Egger, Metodologia del Nuovo Testamento, Edb, 1991;
- E. Schussier-Fiorenza,
In memoria di lei, Claudiana, 1990;
- E. Schweizer, Il Vangelo secondo Marco, Paideia,
1971;
- R. G. Stewart, L'Evangelo secondo Matteo e
Marco, Claudiana (1874),
1984.
gioventù evangelica
SOTTOSCRIZIONE
1997
normale £ 45.000
sostenitore £ 90.000
estero £ 60.000
«3 copie al
prezzo di 2» £ 90.000
cumulativo GE/
Confronti £ 90.000
versamenti sul ccp
numero 35917004 intestato a: gioventù
evangelica, via Porro Lambertenghi, 28
20159 Milano
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Egitto,
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RZO 199 ^ERDÌ 14 MARZO 1997
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Fede e Spiritualità
dieci comandamenti: il credente nel suo rapporto con la Bibbia
Un percorso attraverso la foresta di idoli
do sono il Signore, il tuo Dio: non svere altri dèi all'infuori di me»: mai come
^§8^ v/erre trasgredito il primo e più importante dei comandamenti
PAG. 3 RIFORMA
FILIPPO GENTILONI
Non nominare il nome di
Dio invano. Non avere
altri dei all’infuori di me. Il I
comandamento promulgato
da Mosè sul Sinai è il più importante e il più trasgredito.
Sviamo in una foresta di idoli che non riusciamo a sfoltire
per camminare verso il vero
Jhwh (preziosissima la precauzione di non nominarlo
nei testi sacri). Più o meno
esplicitamente adoriamo denaro, potere, sesso, politica e
altri dei ma di questi è relativamente facile distinguere la
differenza: per qualificarli come idoli è sufficiente un po’
di lucidità critica. Molto più
difficile è qualificare come
idolatriche le maschere che
assume il Dio cosiddetto vero; le maschere religiose ed
ecclesiastiche sono le più diffuse e le più dure da smascherare.
Niente è più vicino agli
idoli del Dio cosiddetto vero,
quello che spesso è adorato
nelle religioni; niente, ci dice
la Bibbia, è più vicino a Cristo dell’Anticristo. Perciò la
necessità di una continua
opera di demistificazione;
erciò la necessità di una
mona dose di silenzio, nonofante il continuo nominare
fo in tutto il vociare che ci
;irconda. Perciò, se vogliamo
iffondere la rara osservanza
¡del primo comandamento, è
iù che mai utile la lezione
ei «maestri del sospetto»
Marx, Feuerbach, Freud, per
fare qualche nome). Non la
inibiamo considerare superata’^on si dà, in questo
catnpo, esame di laurea o diploma. Alienazioni, mistificazioni, illusioni nascoste anche sotto le maschere apparentemente meno idolatriche: anche il nulla di un certo
pensiero negativo, anche il
Una veduta aerea dell’altipiano del Mato Grosso (Brasile)
frammento di qualsiasi pensiero più debole di altri può
diventare idolo di fronte a cui
prostrarsi. Tanto più ai nostri
giorni, quando la religione,
nelle sue varie forme spesso
idolatriche, invade i mass
media; quando le varie forme
più o meno religiose di «new
age» si affacciano addirittura
da tutte le edicole dei giorna
li; quando la sacralità, per
non parlare degli integralismi, domina la società e la
cultura; quando il bisogno di
«senso» appare senza risposta al di qua della soglia dei
veri templi.
Mai come oggi, alla fine del
«secolo breve» che ha riportato la religione in prima pagina, il comandamento che vor
rebbe «salvare» Jhwh è stato
trasgredito. Sarebbe vana illusione, d’altronde, quella che
pretendesse di restare al di
fuori della foresta degli idoli
nei quali siamo costretti a vivere. Non possiamo né chiuderci nella solitudine e nel silenzio, né tappare le orecchie
a tutte le voci, né «chiamarci
fuori» dalla società in cui viviamo. E nemmeno ci è dato
di cambiare, se non in minima misura, il linguaggio (anche se alcuni hanno proposto
altri nomi al posto di quello,
inflazionato e falsato, di Dio).
Non ci è dato di camminare e
di parlare se non all’interno
della foresta degli idoli. La
Bibbia non insegna un nome
piuttosto di un altro; caso
mai, insegna il non-nome, se
è vero che qualsiasi parola è
idolatra o, per lo meno, rischia l’idolatria.
La Bibbia insegna una strada, un cammino all’interno
della foresta. Narra di un popolo che compie un percorso, spesso tortuoso, con successi e sconfitte. Gli idoli li
aveva in casa, come tutti noi;
talvolta se li costruiva ma
poi, faticosamente e con tutte le incertezze della storia,
cercava di abbatterli per
camminare verso Jhwh, l’Innominato. È essenziale non
sedersi in poltrona, soddisfatti di un Dio raggiunto,
«posseduto» come un oggetto, anche se come il primo
fra gli oggetti. È essenziale,
come ci dice la grande tradizione ebraica, continuare
l’interrogazione. Come Giobbe, tanto più dopo Auschwitz. Là dove Dio non spiega,
ma è interrogato, anzi, accusato. Il primo comandamento non è una sorta di introduzione al decalogo: ne è, invece, la sostanza, il compendio. Tutto il resto non è che
una nota a piè di pagina.
Solo un popolo affrancato può cogliere il senso del Decalogo
'io si presenta come liberatore del popolo d'Israele
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Fiorenza,
Claudia
Il Vange, Paideia,
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«U) ;.o ;o i] Signore Dio tuo
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Egitto, -'i.ùia ca.sa degli schiavi». Co:-i -Sii;ma il primo paragrafo d> : !'.'{'alogo e in esso
non si itnpone di credere
all’esistenza di Dio ma tale
esistenza viene affermata conte un fatto che non può essere soggetto al riconoscimento 0 meno degli uomini,
n pertanto il I comandamento nella sua forma assiomatica un postulato dal quale deriva tutta quanta la concezione religiosa e morale contenuta nel Decalogo intero,
poiché non si deve dimenticare che la morale della rivelazione è una morale teologica. Ma se ciò è abbastanza
chiaro per chiunque legga il
nostro testo non altrettanto
è chiara la seconda parte dello stesso paragrafo perché,
mentre la prima con le parole
«Io sono il Signore Dio tuo» è
quasi una presentazione la
seconda, dicendo «che ti ho
fatto uscire dal paese d’Egitto» vorrebbe essere un’identificazione, mentre può invece
sembrare una limitazione
deU’indefinita e sublime entità divina. Infatti è da domandarsi perché mentre Dio
secondo la teologia ebraica è
il creatore del mondo e dell’universo intero, il Signore è
il moderatore di ogni cosa
che esiste in cielo e sulla terra, di lui si afferma nel I comandamento la qualità di liberatore d’Israele piuttosto
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che quella di creatore di
quanto esiste, dando con ciò
apparentemente al Decalogo,
che per la sua forma e per la
sua sostanza ha carattere universale, un valore piuttosto
nazionale, e limitato perciò al
solo popolo di Israele. (...)
Gli interpreti antichi hanno
dato varie spiegazioni che a
mio modesto avviso non sono soddisfacenti: due sole
possono essere prese in considerazione; la prima di queste, che tuttavia non mi soddisfa né elimina i miei dubbi,
è la seguente: il Decalogo veniva rivelato a Israele che da
poco aveva ottenuto il grande
beneficio della libertà e poiché in esso era ben vivo il
senso di riconoscenza e di
ammirazione per Dio che lo
aveva colmato di benefici, il
richiamo dell’opera di liberazione compiuta a suo favore
dal Signore era sopra ogni altro efficace per ottenere il
suo ossequio e la sua fedeltà
a colui che aveva compiuto
tanti prodigiosi miracoli. Ma
tale spiegazione, mentre non
attenuerebbe per il decalogo
il carattere di legge esclusiva
di un popolo solo, avrebbe
anche il torto di riferirsi a un
fatto contingente per affermare l’esistenza di Dio, verità
eterna e universale.
La seconda spiegazione,
anche se può essere forse ritenuta di stile agadico mi
sembra sia invece accettabile: si potrebbe infatti pensare
che il riferimento alla reden
zione dalla schiavitù egiziana
abbia lo scopo di affermare
che il decalogo è una legge
talmente elevata e sublime
che solo il popolo libero e affrancato può accettarla e farla sua. Quest’ultima è la spiegazione che a me sembra più
corrispondente al vero e in
tal caso l’ammaestramento
racchiuso in questo comandamento sarebbe non meno
importante di quelli contenuti negli altri paragrafi del
decalogo. In verità l’ebraismo
non poteva immaginarsi un
popolo che accettasse di ubbidire alia legge divina se prima non avesse conquistato la
libertà di disporre di se stesso
giacché secondo i nostri padri la libertà di fronte agli uomini è condizione necessaria
per sottostare alla legge divina come l’accettazione del
’0/ Toràh, del giogo della legge, è condizione indispensabile per conquistare la propria libertà interiore ed esteriore. (...) Dio si presenta ad
Israele come colui che concede la libertà, per affermare
che soltanto l’uomo libero
può praticare la morale del
Sinai e che solo nell’osservanza e nell’accettazione di
tale morale l’uomo trova la
forza e il mezzo per conservare la sua libertà.
(«Io sono il Signore Dio
tuo. Non avrai altri dei al mio
cospetto»; Angelo Sacerdoti
da II Decalogo. Commentato
in dieci discorsi, casa editrice
Israel, Firenze, 1974).
Il Dio d'Israele
Voglio essere il vostro re
Perché i dieci comandamenti non sono stati pronunciati
già all’inizio del Pentateuco? La risposta a questa domanda
può essere data con una similitudine. Una volta venne un
uomo in una provincia e disse agli abitanti: «Voglio essere il
vostro re». Allora gli abitanti risposero: «Ci hai forse fatto
qualcosa di buono che ti legittimerebbe a regnare su noi?».
Che cosa fece quell’uomo? Per loro cosimi delle mura, forni
una conduttura d’acqua e persino fece guerra. Allora disse
di nuovo; «Voglio essere il vostro re». A questo punto gli abitanti risposero: «Si, si!».
Cosi fece anche TOnnlpotente. Trasse Israele fuori d’Egitto, per Israele divise il Mar delle Canne, fece scendere la
manna dal cielo e sgorgare sorgenti nel deserto, ad Israele
fece arrivare le quaglie, per Israele combattè contro Amalek.
Solo a questo punto disse agli israeliti «Voglio essere il vostro re». Ed essi risposero; «Si, si»
Mekhilta Bachodesh, cap. 5, ed. Horovitz-Rabin, p. 219,
cit. in: J. L. Petuchowsli, Die Stimme von Sinai, Herder, Freiburg ecc, 1981, p. 37s.
La chiesa di Dio
Confessione di peccato
«La chiesa confessa di
non aver annunciato con
sufficiente sincerità e chiarezza l’unico Dio che si è rivelato una volta per sempre
in Gesù Cristo e che non
tollera altri dei accanto a sé.
Essa confessa la sua pusillanimità, le sue deviazioni, i
suoi pericolosi compromessi. Spesso è venuta meno alla sua missione di vigilare e
i di consolare. Cosi facendo
I ha sovente rifiutato ai reietti
* e ai disprezzati la misericordia di cui era loro debitrice.
È stata muta quando avrebbe dovuto gridare, perché il
sangue degli innocenti gridava al cielo. Non ha trovato la parola giusta nel modo giusto e al momento giusto. Non ha resistito fino al sangue
all’apostasia della fede e si è resa colpevole dell’ateismo delle masse».
Dietrich Bonhoeffer, Etica, p. 95.
Dietrich Bonhoeffer
COMITATO
TORINESE
PER LA LAICITÀ
DELLA SCUOLA
CIDI
(Centro di iniziativa
DEMOCRATICA DEGLI INSEGNANTI)
TORINO
Convegno di studio
La scuola della Repubblica
DECENTRAMENTO, AUTONOMIA, PARITÀ
NEL QUADRO DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI
TORINO
lunedì, 24 marzo 1997
Sala dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino, v. S.Teresa 1/g
PROGRAMMA
Mattino, ore 9-13
ore 9 Apertura dei lavori (Gianna Tangolo)
ore 9,30 Alba Sasso: Gli insegnanti nella trasformazione della scuola
Corrado Mauceri: Autonomia, parità, Costituzione
Angelo Semeraro: Autonomia e riforma della scuola
Carlo Ottino: Pubblico e privato: una questione controversa
Pomeriggio, ore 15 - 18, 30
Presiede Domenico Chiesa - Interventi e dibattito
ore 16 Tavola rotonda: Domande alla maggioranza
Partecipano: Chiara Acciarini, Piergiorgio Bergonzi,
Livio Besso Corderò, Giorgio Merlo, Carla Rocchi
Coordina Lidia De Federicis
Interventi
Conclusioni (Cesare Pianciola)
Esonero Ministero P.I. Prot. n. 49/31 - RP del 2Ì/I/I997 per il personale ispettivo, direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado.
Per informazioni rivolgersi alla segreteria deiristituto Studi Storici
«G. Salvemini», tei. 011/ 835223 (dal lunedì al venerdì ore 1519)-Fax 011/8124456
ITALIA
Riitorma
ABBONAMENT11997
- ordinario
- ridotto
- sostenitore
- semestrale
ESTERO
£ 105.000
£ 85.000
£ 200.000
£ 55.000
■ ordinario
- via aerea
- sostenitore
- semestrale
£ 145.000
£ 190.000
£ 250.000
£ 75.000
- cumulativo Riforma + Confronti £ 145.000 (solo Italia)
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni Protestanti s.r.l., via S. Pio V15 bis, 10125 Torino.
4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 14 MARZO 199ì ^
Era stata eletta presidente del «Movimento cristiano studenti» nel 1996
Debora Spini: «Perché ho dato le dimissioni»
«Il vicepresidente, il tesoriere ed io abbiamo deciso di compiere un gesto estremo
per imprimere una svolta, per sferzare un movimento ormai ripiegato su se stesso»
PASQUALE lACOBINO
Nella riunione del Comitato esecutivo del gennaio 1997 a St. Louis (Missouri, Usa), Debora Spini ha
presentato le dimissioni dalla
carica di presidente della
World Student Christian Federation (da noi conosciuta
come Movimento cristiano
studenti). Con lei si sono dimessi anche il vicepresidente, Michel Nseir, ortodosso libanese, e il tesoriere. Passmore Matupirei, metodista
dello Zimbabwe. Debora Spini era stata eletta ai vertici
della centenaria organizzazione ecumenica internazionale in Costa d’Avorio, nell’Assemblea mondiale del
1996, dopo circa 12 anni di
impegno a tutti i livelli nella
Wscf. Ricordiamo che la Wscf
si avvale, oggi come ieri, del
lavoro della Egei, e che in
passato protestanti italiani
come Mario Miegge, Emidio
Campi, Marco Rostan, Francesca Spano avevano occupato posizioni di rilievo nella
Wscf, anche a livello di leadership mondiale.
- Perché queste dimissioni?
«11 vicepresidente, il tesoriere ed io, abbiamo deciso di
compiere un gesto estremo.
Un gesto nel segno, però, di
un autentico attaccamento e
impegno per la Federazione.
Mai come in questo momento si avverte il bisogno di una
rinnovata attenzione e solidarietà verso la Wscf da parte
delle chiese, delle istituzioni
ecumeniche internazionali,
dei movimenti che ci sostengono. La nostra decisione è
l’ultima carta a disposizione
per imprimere una svolta,
per sferzare un movimento
ormai ripiegato su se stesso».
- È in crisi il senso della
Wscf? Voglio dire, è una crisi
che tocca le motivazioni di
fondo del progetto di una federazione mondiale ecumenica di movimenti cristiani studenteschi?
«La riassumerei cosi: la
Wscf vive da anni una crisi di
identità, e cioè è in crisi la visione mondiale della Federazione, è in crisi la sua identità
di movimento studentesco
ecumenico. Uno degli scopi
della Wscf era quello di attivare lo spirito critico negli
studenti cristiani. Nel contesto degli Anni ’60 e ’70 questo
ha significato una forte, e
spesso conflittuale, domanda
di rinnovamento verso le
chiese, critica verso di esse e
presa di posizione per i movimenti di liberazione. In questo quadro sono stati compiuti degli errori che ancora
oggi paghiamo: poiché quando la Federazione rescinde il
cordone di solidarietà con le
chiese, diventa solo un movimento di stravaganti intellettuali, un’avanguardia senza
truppe. In quelle scelte c’era
tuttavia una scintilla di buono: c’era l’idea di unire l’Evangelo con le speranze di liberazione di popoli interi.
Non dimentichiamo che eravamo in piena decolonizzazione dell’Africa. Oggi, nei
tardi Anni ’90, i contesti politici e sociali sono radicalmente mutati: non è più
chiaro quali siano le forze
che agiscono in una prospettiva di liberazione e quali invece verso nuove forme di
dominio. Questa difficoltà di
Notizie evangeliche
agenzia stampa
abbonamento annuo L. 60.000
da versare sul ccp 82441007
intestato a Nev - Roma
Debora Spini
lettura, invece di indirizzare
le Regioni verso uno sforzo di
comprensione e scambio, di
riflessione teologica e analisi
politica, ha come effetto un
ripiegarsi su di sé, un richiudersi, delle realtà continentali che compongono la Wscf».
- Come dire? In questo momento prevale l’interesse regionale più «spicciolo», sulla
visione mondiale d’assieme
della Wscf...
«Già. Infatti, com’è noto, la
Federazione si compone di
Regioni continentali e subcontinentali (Africa, AsiaPacifìco, Europa, America Latina, Medio Oriente, Nord
America). È il frutto di un’importante scelta compiuta negli Anni ’60: la regionalizzazione doveva servire a valorizzare il contributo della base dei movimenti, le speranze
e i contesti politici e culturali
in cui queste maturavano. È
stato un passaggio fondamentale per spezzare una visione troppo eurocentrica
della Wscf. Da un po’ di anni
a questa parte, sta succeden
do tuttavia che tra le Regioni si registra una crescente
competitività. Paradossalmente, e questo dà la misura
della crisi, quelle strutture
che avrebbero dovuto favorire la cooperazione tra Regioni, oggi acuiscono il conflitto
tra le stesse, con conseguente
mortificazione del livello del
dibattito interno. Un esempio? La battaglia per la giustizia nelle relazioni uomodonna si è ridotta a una lotta
interna sulle quote di rappresentanza, il numero delle delegazioni e cose di questo tipo, che immobilizzano la
Wscf, la incancreniscono di
scontri infiniti, piuttosto che
favorirla nell’elaborazione,
anche dialettica, di idee e
programmi. C’è, insomma,
una caduta di tono nella tensione ideale, nella riflessione
teologica come nell’analisi
politica, nello slancio “missionario” come in quello ecumenico. Ad esempio, non si
registra un impegno adeguato verso una autentica inclusione delle sorelle e dei fratelli di confessione ortodossa, che pure sono una parte
rilevante della Wscf».
della identità del Wscf; la riflessione teologica perché
siamo una Federazione ecumenica, l’analisi politica perché siamo un’organizzazione
di studenti».
- Dove deve indirizzarsi lo
sforzo per il rinnovamento
della Wscf?
- La Federazione giovanile
evangelica italiana è membro
della Wscf Attraverso l’impegno di giovani fgeine efgeini,
la Fgei investe nella Wscf
molte delle sue migliori energie. Quali ripercussioni potrà
avere questa crisi nel lavoro
internazionale della Fgei?
«Non chiedo alla Fgei di
“schierarsi”. La Federazione è
molto ben inserita nel lavoro
e nella responsabilità della
Regione europea; per essa,
come per tutte le organizzazioni consorelle, l’invito è a
riscoprire l’anima profonda
«Nseir, Matupirei ed io vogliamo che si riapra il dibattito sull’identità profonda della
Federazione. Riteniamo di vitale importanza il recupero
del livello interregionale della
Wscf, così come la ripresa
forte dell’elaborazione di
programmi dai contenuti solidi, fondati su una rigorosa
riflessione teologica. Inoltre,
bisogna avere il coraggio di
porsi delle domande scomode su alcuni meccanismi interni alla Wscf, e penso soprattutto ai meccanismi di
selezione della leadership.
Un paio di esempi. La Wscf
ha adottato il modello del
“co-segretariato generale”:
un uomo e una donna, con
pari poteri e pari funzioni.
Questo è servito alla Wscf solo per rassicurarsi circa il
proprio impegno verso la
giustizia nei rapporti uomo/
donna. Ma gli esiti sul piano
della funzionalità del lavoro
sono disastrosi. Infine, le Assemblee che eleggono i cosegretari generali sono organismi di 300 delegati, la maggior parte dei quali vi partecipa per la prima e ultima volta. Le elezioni, in questo contesto, vanno per linee ideologiche, simboliche ed emotive: scarsa attenzione ai programmi e alle idee, grande
scontro sulle quote uomo/
donna, sulle quote di cristiani del Nord o del Sud del pianeta, e via differenziando».
La cerimonia si è svolta il 2 marzo a Bad Godesberg
Presentati alla Commissione Onu i risultati
della Petizione sui cambiamenti climatici
ANTONELLA VISINTIN
, .T L tema del cambiamen«1 to
to del clima dovrebbe
essere una preoccupazione
per chiunque nelle società
industrializzate essendo le
maggiori responsabili delle
emissioni di gas di serra in
atmosfera. Tuttavia, come
chiese che stanno seguendo i
negoziati della Commissione
deirOnu sul clima, dobbiamo prendere atto del disinteresse generale. Per questo,
per forzare l’attenzione, il
Consiglio ecumenico delle
chiese dopo il Summit sul
clima tenutosi a Berlino nell’aprile 1995 ha deciso di
promuovere una Petizione
internazionale che ha visto
impegnate chiese ed associazioni ecopacifiste di 23 paesi
industrializzati (Nuova Zelanda, Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca,
Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia,
Giappone, Liechtenstein,
Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna,
Svezia, Svizzera, Inghilterra,
Stati Uniti). Mentre in alcuni
di essi la campagna è terminata, in altri proseguirà fino
alla Conferenza sul clima di
Kyoto del prossimo luglio.
Ora l’impegno delle chiese
sul clima dovrà proseguire e
crescere e noi ci facciamo garanti che ciò accada».
Questa la dichiarazione
espressa a Bad Godesberg,
nei pressi di Bonn, il pome
riggio di domenica 2 marzo
durante una cerimonia ufficiale di presentazione dei risultati della Campagna dinanzi a un’ampia platea gremita di rappresentanti di organismi e chiese di quasi tutti i paesi che hanno lavorato
per la Petizione (mancavano
il Giappone, l’Australia e la
Nuova Zelanda) e dinanzi al
presidente e due membri
della Commissione delTOnu
sul clima riunita a Bonn per
preparare la Conferenza di
Kyoto. In rappresentanza del
Consiglio ecumenico ha poi
parlato Richard von Weitzsacker, ex presidente della
Germania federale e membro del Comitato centrale del
Consiglio ecumenico, sottolineando e argomentando
l’urgenza di un impegno generale e in particolare dei
cristiani per impedire cambiamenti climatici tali da
rendere inospitale il pianeta
per la gran parte delle specie
oggi viventi.
La cerimonia di presentazione è stata anche occasione
per una riunione svoltasi il
giorno precedente di verifica
e confronto fra le esperienze
dei diversi paesi in merito alla Campagna, quale impatto
ha avuto sulle chiese e sulle
società, e quali suggerimenti
per proseguire. In generale vi
è stata una buona collaborazione, pur riscontrandosi la
scarsa familiarità con la forma della Petizione, attività di
base che richiede mobilita
zione di persone, individuazione di interlocutori nella
società, strategie di comunicazione efficaci. In particolare in Italia è accaduto che il
maggiore sforzo di raccolta
firme sia stato sostenuto dalle nostre comunità e dalle associazioni ecopacifiste che
avevano aderito mentre, salvo eccezioni, a differenza di
altri paesi in cui, guarda caso,
essa è minoranza, la Chiesa
cattolica si è mobilitata, pur
avendo ufficialmente sottoscritto la Petizione attraverso
la Caritas italiana.
Spunti per il futuro sono
stati il suggerimento di gemellarsi con chiese del Pacifico dove maggiore è la minaccia proveniente dal cambiamento climatico a causa dell’innalzamento dei mari, di
aumentare la sostenibilità
ambientale delle nostre chiese in termini di uso delle risorse, e di chiedere agli amministratori delle nostre città
di estendere un’Agenda 21
locale, cioè un Piano d'azione ambientale, come richiesto alla Conferenza Onu su
Ambiente e sviluppo nel 1992
a Rio de Janeiro. La domenica mattina ci siamo divisi tra
le comunità di Bonn e dintorni e abbiamo portato messaggi e saluti, trovando calorosi riscontri. Il prossimo appuntamento ora è a Graz dove una delle sessioni relative
alla salvaguardia del creato
sarà dedicata al clima. Partecipiamo numerosi.
Cronache del Millennio
Il nostro libro dei sogni
Giorgio Girardet
Dal
Il Premio metodista della pace 1997
assegnato alla Comunità di Sant'Egidio
LAKE JUNALUSKA (USA) — Alla comunità di Sant’Egidio, <t
Roma, è stato assegnato il «Premio metodista della pace» 19971
Questo riconoscimento premia il grande impegno della coimi'
nità al servizio della pace. È quanto ha confermato il 21 felti
braio scorso il pastore Valdo Benecchi, presidente delle chies<'
metodiste in Italia e membro del Comitato esecutivo del Conj
sigilo metodista mondiale. Per Andrea Riccardi, professore i|
storia del cristianesimo all’Università di Roma e presiden!^
della Comunità, «il premio che ci viene dato da una chiesa cM
affonda le proprie radici nel “risveglio” evangelico e nel legame profondo tra la predicazione e l’amore per i poveri, ci incoraggia a promuovere la riconciliazione. Questo ci invita alla testimonianza comune di amore per l’uomo e per la donna o(
feriti». Il premio verrà consegnato nel prossimo settembrei
quando per la prima volta si terrà a Roma una sessione del Comitato esecutivo del Consiglio metodista mondiale. Il Premi“
della pace, ha precisato Valdo Benecchi, consiste in un don*
simbolico di 1.000 dollari, in una medaglia e in una citazioni
Da parte sua joe Hale, segretario generale del Consiglio metodista mondiale, la cui sede è a Lake Junaluska, Carolina à"
Nord (Usa), ha sottolineato che «il Premio della pace è stat“
assegnato alla Comunità di Sant’Egidio per il suo notevole b
voro che ha permesso di migliorare il livello di vita di miglia'*
di persone e per i suoi sforzi per promuovere la ricondliazion*
umana e la causa della pace mondiale». Andrea Riccardi è s®'
to uno dei mediatori che hanno partecipato ai negoziati cW
hanno portato, il 4 ottobre 1992, alla firma dell’accordo chelt*
posto fine alla guerra civile in Mozambico. Attualmente, la Comunità è presente in undici paesi europei, negli Stati Uniti f
America centrale e in Argentina, nonché in Indonesia e in Afb;
ca (Guinea, Camerún, Costa d’Avorio, Mozambico).
Se il 2000 è una data simbolica, che sta diventando per
molti una spinta alla riflessione, ai bilanci, a un nuovo
inizio, possiamo anche noi, cristiani e chiese, cogliere
l’occasione per aprire il nostro libro del sogni. E magari
per realizzarne qualcuno. Il libro del sogni lo ha aperto,
come sappiamo, la Chiesa cattolica, con il suo grande
Giubileo dell'anno 2000. Non è una sorpresa: sapevamo
tutti che la Chiesa cattolica utilizza da secoli le scansioni
del tempo per ricordare l’evento centrale della storia
umana, e quindi non sorprende che l’enciclica Tertio millennio adveniente proponga un tempo di riflessione e di
impegno, fra la confessione del peccato e la gioia del perdono, fra la penitenza e la riconciliazione.
Purtroppo si tratterà di una celebrazione tutta interna
alla Chiesa cattolica: si è perduta l’occasione per
un’esperienza veramente ecumenica, vivendola come un
incontro di cristiani e di chiese che si ritrovino nella
franchezza e nella fraternità, per a-wiare un discorso '
nuovo, al di là delle prudenze diplomatiche e delle cortesi reciproche diflfìdenze; che dicano tutti insieme, fin dal
primissimo momento: «Facciamo tutto insieme, feste e
preghiere, e... invece di un’enciclica, scriviamo un messaggio a tutte le chiese e a tutto il mondo. Con le firme di
moderatori e di vescovi e del papa, una accanto all’altra
sulla stessa riga». Aimunciando invece con tanto anticipo le sue intenzioni per un Millennio unilaterale la Chiesa cattolica ha bruciato altre possibilità e ha costretto gli
altri (anche noi) a giocare di rimessa. Probabilmente le è
mancato il coraggio per un gesto realmente ecumenico:
è ancora troppo legata alle sue tradizioni e alle esigenze
del suo governo centrale («Santità, si è sempre fatto così...») e troppo preoccupata per le sue tensioni interne
(« Santità, in questo modo penseranno che diamo ragione a quelli di “Noi siamo chiesa”!»).
Ma nessuno ci impedisce di aprire noi il nostro libro
dei sogni: di quei sogni che, già nella Bibbia, prefigurano e preparano il fiitmo. Ben vengano allora, nella prospettiva del Millennio, iniziative nuove e forti, riconciliazioni reali, riconoscimenti reciproci, strumenti comuni per l’evangelizzazione e la testimonianza. Ben
venga un sostegno deciso al progetto di Concilio generale di tutte le le chiese (proposto del Segretario generale
del Consiglio ecumenico delle chiese, Konrad Ralser),
ma partendo dal basso, dalla base delle chiese, con azioni comuni di testimonianza: non mancano gli obiettivi
in un mondo così pieno di ingiustizia e violenza.
Riscopriamo (protestanti, cattolici e ortodossi) la base
comune della nostra fede in Cristo, di fronte ai pagani
nostri contemporanei, di fronte ai credenti di altre fetW
riscopriamola al di là delle formulazioni dogmatiche, il
un confronto di reciproco arricchimento delle esperienze
degli uni e degli altri: lettura e conoscenza della Bibbia,
esercizio dei ministeri della chiesa (compreso quello delle donne), governo della chiesa, tradizioni spirituali e liturgiche. Una spinta forte che abbatta i pregiudizi e apra
gli steccati costruiti da chi vorrebbe controllare giorno e
notte i propri fedeli, come capre in un recinto.
Abbiamo letto di un grande incontro dei cristiani di
tutte le chiese, da tenersi a Gerusalemme (o a Betlemme,
o a Nazaret?). Perché no? Anche se proprio le difficoltà
politiche e le contese millenarie delle chiese in gara per 1
«luoghi santi» ci ricordano le tante incertezze del nostro
tempo e le debolezze delle chiese. Ma il progetto di un
Concilio generale di tutte le chiese ci piace di più. E allora, perché non cominciamo noi? Perché non far partire,
dalle nostre chiese evangeliche, proposte e iniziative che
vadano in quella direzione?
È solo il nostro libro di sogni? Ma i sogni sono le pietre
di costruzione di un futuro sperato; e qualche volta si avverano. Soprattutto se ci diamo da fare per realizzarli.
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Uno strumento per discutere serenamente di un argomento controverso
Il percorso spirituale di Maria
Il libro di Henri Gras parte dai dati biblici per poi affrontare i contributi del
magistero e lo sviluppo della mariologia, scogli sul cammino ecumenico
ALFREDO SONELLI
IL nostro fratelio professor
Francesco Amato si è fatto
carico di tradurre dai francese il libro di Henri Gras (ugonotto, geologo in pensione e
impegnato neli’insegnamento biblico agli adulti) dal titolo Maria la Serva del Signore*. È ben difficile anche in
campo protestante dire qualcosa di nuovo su Maria e sul
culto di Maria, ma ci sembra
che il libro possa essere utile
per l’apporto di dati che mette a disposizione dell’autore.
/ dati biblici. L’autore raccoglie anzitutto alcuni testi
dell’Antico Testamento ai
quali il Nuovo Testamento ha
dato significato di profezie
(l’annuncio profetico). A essi
fa seguire i testi del Nuovo
che si riferiscono a Maria
(dagli Evangeli dell’infanzia
al 1“ capitolo degli Atti). Questo accostamento è di per sé
utile, perché raramente viene
fatto anche negli studi biblici,
senza valutare lo sforzo che
gli scrittori del Nuovo Testamento hanno fatto per riferire a Gesù testi originariamente di significato diverso.
Gli apporti del magistero.
Dalla proclamazione della
«perpetua verginità» del vet scovo Epifanio (374) all’insistenza sul culto di Maria di
papa Wojtyla. Anche in questo caso abbiamo raccolto
dati raramente conosciuti a
livello di studi di divulgazione. Accanto agli apporti del
magistero, Gras elenca le varie manifestazioni soprannaturali che lo stesso magistero
®|^iova e convalida: da quelle medievali, quali l’apparizione a San Domenico e San
Simone Stock (da cui si fa derivare la devozione del rosa
Società di studi valdesi
XXXVII
Convegno
studi
Con la direzione scientifica del piof. Gian Paolo
Romagnani, sul tema «La
Rivoluzione francese e le
valli valdesi» si terrà a Torre Pellice, da domenica 31
agosto a martedì 2 settembre, il XXXVII Convegno di
studi della Società di studi
vddesi. Sono previste relazioni di Marina Caffiero,
Vittorio Criscuolo, Giorgio
Tourn, André Encreve, Elisa Strumia, Paola Bianchi,
Francesco Frasca, Marco
Violardo, Gian Paolo Rottiagnani. Augusto Comba,
Claudio Pasquet, Gianni
Long, Albert De Lange,
Stefania Balma, Milena
Mattinai, Roberto Morbo,
Monica Pini.
Il programma dettagliato viene spedito in questi
giorni ai soci. Ulteriori
informazioni si possono
ricevere presso la Società
di studi valdesi (tei. 0121932179 dalle 14 alle 16,30);
le iscrizioni vanno conferinate entro il 20 agosto. Si
ricorda che la Società mette a disposizione 10 borse®?ggiomo per il Convegno,
riservate a giovani studiosi che ne facciano richiesta
motivata entro il 30 giugno, all’indirizzo della
Società (via Beckwith 3,
10066 Torre Pellice).
Una «Annunciazione» della Papua-Nuova Guinea
rio e quella dello «scapolare»,
che «promette aiuto speciale
a coloro che lo indosseranno», pag. 87) fino a Lourdes e
Fatima, mentre sono in discussione le apparizioni di
Medjugorje.
Che cosa bisogna credere.
Dopo alcune osservazioni
preliminari sul magistero papale, Gras esamina dal punto
di vista biblico le principali
definizioni cattoliche su Maria: verginità perpetua, immacolata concezione, funzione
mediatrice, associazione di
Maria all’opera della redenzione, assunzione della vergine. Le critiche protestanti su
questi temi sono riproposte
in modo molto chiaro e sereno. Una critica più polemica è
riservata alle manifestazioni
soprannaturali.
Nella conclusione l’autore
presenta come Maria possa
essere vista come sorella nella fede, come testimone del
dono di Dio in Cristo, quale
appare nell’Inno che Luca
colloca sulle sue labbra (il
Magnificat): «Beata in effetti
questa umile donna d’Israele
la cui fede e ubbidienza sen
za riserve hanno fatto lo strumento scelto da Dio per rendere operativo, a mezzo della
“Parola fatta carne”, il suo
piano di salvezza per l’umanità» (p. 118).
Maria ha dovuto affrontare
dure prove fino alla crocifissione: «Che lezione la presenza di Maria ai piedi della
croce! Questa “spada che trafigge l’anima” crea in lei uno
choc salutare: la sottrae dolorosamente alle cose della
terra, alle speranze che aveva
fondato, alle illusioni che si
era fatta (...) ed eccola introdotta direttamente nella
realtà spirituale del piano divino. Così accade per ogni
autentico cristiano: è dovuto
passare attraverso la croce, e
spesso in occasione di una
dura prova che l’ha colpito».
Gras nota che il percorso
spirituale di Maria (nella testimonianza biblica) si compie nella Pentecoste: «Con i
discepoli, anche lei ha pregato in attesa della benedizione
promessa e come loro, né più
né meno, eccola battezzata di
Spirito Santo, rivestita della
potenza divina che fa di lei.
finalmente, una vera testimone di Gesù Cristo, il cui regno
eterno non è di questo mondo» (p. 119).
Questa presentazione del
percorso spirituale di Maria,
nelle sue fasi di obbedienza
iniziale, di dubbio nella prova
e di finale battesimo nello
Spirito Santo, mentre vuol
mettere in rilievo la testimonianza biblica, contrasta con
lo sviluppo che il magistero
ecclesiastico ha dato all’immagine della madre di Gesù.
Gras non esita a ripetere nella
sua conclusione le critiche
più pesanti che allo sviluppo
della mariologia e del culto
mariano sono rivolte dal protestantesimo (pp. 120-124):
egli lo ritiene un obbligo di
lealtà verso gli stessi cattolici,
assicurandoli che «la mia è intenzione d’amore e questo è il
loro filo conduttore» (p. 125).
Il discorso ecumenico su
Maria è piuttosto complesso
e spesso lo si evita nei dialoghi fra cattolici e protestanti.
Tuttavia l’argomento rimane
nei pensieri degli uni e degli
altri e è importante che sia
trattato, sia pure con rispetto
reciproco. Spesso ci si fonda
sul «sentito dire»: né cattolici
né protestanti hanno una conoscenza precisa e concreta
dei testi biblici e delle definizioni sviluppatesi nel contesto storico. Ritengo che il libro di Gras possa essere utile
agli uni e agli altri, perché
raccoglie dati biblici e storici
che raramente si trovano riuniti. L’autore fra l’altro abbonda anche di annotazioni
esplicative condivise in ambiente protestante ma spesso
conosciute solo vagamente
in ambito cattolico: può essere uno strumento utile per un
dialogo sereno, che non pretenda di arrivare a un consenso, ma che aiuti a una conoscenza reciproca migliore.
(*) Henri Gras: Maria la serva
del Signore. Firenze, Edizioni Fedeltà, 1996, £ 13.000.
8 In libreria
Un'opera
per colmare
una lacuna
Assistiamo da qualche tempo all’apparizione di un buon
numero di manuali di storia
della teologia: il dato è importante e positivo, perché indica che l’interesse per la disciplina sta finalmente uscendo
dall’ambito delle sole facoltà
teologiche, seminari e istituti
di scienze religiose per la preparazione degli insegnanti di
religione cattolica per entrare, magari nell’ambito della
Storia del cristianesimo, nelle
aule delle università di stato.
Le ragioni per cui la teologia e
le discipline connesse sono
state espulse dall’università
italiana sono assai note e, per
molti versi, anche comprensibili: resta il fatto che l’assoluto analfabetismo teologico
della cultura del nostro paese
è ormai intollerabile.
Ben vengano, quindi, opere
come quella di Roberto Osculati* a contribuire a colmare
la lacuna. Si tratta di un agile
profilo delle dottrine teologiche cristiane, dal Nuovo Testamento al X secolo. La prima parte dell’area cronologica coperta, quella della Patristica, è da sempre oggetto di
un’ampia letteratura, anche
divulgativa: lo stesso non si
può dire per i secoli dal VI-VII
in avanti, i cui autori sono per
lo più conosciuti solo in
quanto filosofi. Il secondo volume coprirà un’area ancora
meno trattata: in italiano, per
esempio, esistono pochissime esposizioni divulgative
della teologia scolastica (a
differenza che della filosofia
dello stesso periodo).
L’esposizione è chiara e
sintetica, adatta a fornire un’
idea d’insieme degli autori;
buone e aggiornate le bibliografie. L’eleganza della veste
tipografica della collana
«L’abside», in cui il volume è
inserito, incide in modo abbastanza rilevante sul prezzo.
(*) Roberto Osculati: La teologia cristiana nel suo sviluppo storico. Voi. I: I Millennio.
Milano, S. Paolo, 1996, pp 333,
£ 48.000.
Che cosa ci dicono i testi del Nuovo Testamento? - 3
Il ritardo della fine e i racconti evangelici
BRUNO CORSARI
UNA delle conseguenze
del ritardo del ritorno di
Cristo e della fine di questo
mondo fu la necessità di
mettere per iscritto la predicazione cristiana primitiva. Il
prolungarsi dell’attesa rischiava di comportare la
progressiva sparizione degli
apostoli e degli altri testimoni dell’attività e dell’insegnamento di Gesù, e quindi di
farne perdere il ricordo.
Nei primi tempi Gesù era
stato oggetto della predicazione orale. Con il passare
del tempo, si passò dall’oralità alla scrittura. Esigenze
diverse concorsero a questo
risultato: esigenze interne,
come quelle liturgiche (per
esempio quando i primi cristiani «spezzavano il pane»
insieme, dovevano ricordare
le parole dell’ultima cena di
Gesù) o la catechesi comunitaria. Ed esigenze esterne,
come la testimonianza, la
polemica, l’apologetica (per
esempio la necessità di rispondere alla domanda sul
perché i cristiani avessero un
Signore che era stato crocifisso dai romani).
Uno degli aspetti più significativi di questo processo di
scrittura della predicazione
primitiva fu la sua pluralità,
cioè il fatto che nacquero
non uno, ma ben quattro
Vangeli. Il confronto dei pas
si paralleli ci ha permesso di
capire che quando si predicava quello che Gesù aveva
fatto e insegnato, il racconto
non era uniforme, come se i
predicatori avessero avuto
sott’occhio una velina o una
registrazione su nastro. Certo i racconti sono sorprendentemente simili, specialmente quando riferiscono
parole di Gesù. Un po’ meno
quando riportano episodi
narrativi (spostamenti di Gesù, chiamata di discepoli,
miracoli, e cosi via).
Naturalmente i lettori dei
Vangeli e gli studiosi si sono
domandati a che cosa siano
dovute queste differenze: alla ricerca di una maggiore
perfezione stilistica? al desiderio di allungare o abbreviare i racconti? oppure a
quello di rendere più evidente il loro rapporto con la situazione o la mentalità degli
ascoltatori/lettori? Da quest’ultima esigenza potrebbe
essere nata la differenza fra
Matteo che dice quasi sempre «Regno dei cieli» e Luca
che invece ha «Regno di Dio»
(il significato è il medesimo,
perché spesso nel giudaismo
si usava la parola «cielo/cieli» per riferirsi a Dio senza
nominarlo).
Dello stesso genere è la differenza fra i due testi del Padre Nostro: «Rimettici i nostri
debiti» (Matteo) e «rimettici
le nostre offese» o «perdonaci
i nostri peccati» (Luca). In altri casi le differenze sono più
incisive. Così in Marco 6, 5
leggiamo: «Gesù non potè far
quivi alcuna opera potente».
Matteo 13, 58 elimina il sospetto che Gesù non abbia
potuto e dice: «E lì (...) non fece molte opere potenti». Un
altro esempio: in Marco Gesù
dice al giovane ricco: «Perché
mi chiami buono? Nessuno è
buono, tranne uno solo, Dio»
(10,18). In Matteo invece l’obiezione di Gesù diventa:
«Perché mi interroghi intorno a ciò che è buono? Uno
solo è il buono» (19,17). Sono
solo piccole sfumature, ma
forse volevano evitare che si
pensasse che Gesù, in qualche caso, non aveva avuto il
potere di fare miracoli, oppure che avesse negato di essere buono.
Ecco che i racconti e gli
insegnamenti di Gesù diventano in qualche modo simili a delle banconote che
hanno un disegno stampato,
ma hanno anche una filigrana che permette di scorgere,
in trasparenza, qualche altra
cosa voluta dal progettista e
dallo stampatore. Cioè: nei
Vangeli vediamo la predicazione o il racconto di ciò che
Gesù ha fatto e detto, ma in
filigrana vediamo anche (o
intravediamo) qualcosa delle preoccupazioni e dei problemi della comunità cristiana nella seconda metà
del primo secolo dopo Cristo. In particolare, i predicatori e gli evangelisti possono
aver riportato certe parole di
Gesù che parlavano della necessità di essere vigilanti, ma
dando un’evidenza particolare alla necessità di dover
aspettare (cfr. Matteo 25, 14,
Luca 19, 12 e altre parabole).
In Matteo 24, 48 e in Luca
12, 45 si considera addirittura l’eventualità che la persona incaricata di amministrare il personale e la proprietà
dica in cuor suo: «Il mio padrone tarda a venire. E comincia a picchiare i servi e le
serve, e a mangiare, bere e
ubriacarsi». Forse in origine
l’accento (la «punta») della parabola era nel versetto successivo («Il padrone
di quel servo verrà nel giorno che non se lo aspetta e
nell’ora che non sa», Luca 12,
46), ma con il passar del
tempo e con il prolungarsi
dell’attesa acquistava una
maggiore attualità proprio la
descrizione delle tentazioni
a cui erano sottoposti i cristiani per via del ritardo del
ritorno del Signore (v. 45).
Queste minuzie interpretative sono utilissime per lo storico della cristianità primitiva. Ma il risultato più grande
del ritardo della speranza
cristiana fu che comunque la
predicazione venne messa
per iscritto e tramandata fino a noi nei Vangeli.
M Protestantesimo
La rivista
della Facoltà
di teologia
A 50 anni dalla morte di
Leonhard Ragaz, la Facoltà
valdese di teologia ha affidato a Hans Ulrich Jäger la rievocazione della sua figura, in
occasione dell’apertura del
142“ anno accademico. Ragaz è tra le figure di spicco
del socialismo religioso, una
corrente di impegno e di elaborazione teorica che ha
avuto eminenti rappresentanti nel nostro tormentato
secolo e la cui testimonianza
non ha perso di attualità. Il
suo scritto (Il socialismo religioso: Leonhard Ragaz) apre
il numero 1/1997 della rivista
«Protestantesimo».
Sempre nella prospettiva
dei rapporti tra teologia e cultura, Hans-Martin Barth (Lutero: all’origine della società
moderna), tentando di rispondere alla domanda «storica» circa i rapporti della teologia di Lutero con gli inizi del
mondo moderno, indica nel
concetto di laicità il lascito di
Lutero a questa nostra epoca,
che si suole definire postmoderna. Nell’esposizione di
Franco Giampiccoli (Genesi e
uso del principio di sussidiarietà) queste considerazioni
di fondo prendono corpo in
una nozione politica nota con
il nome di «principio di sussidiarietà», che afferma: per risolvere un problema non intervenga un livello superiore
(di una struttura sociale a diversi livelli) se non in funzione di quel che non trova soluzione nell’ambito del livello
immediato. Il principio riceve
una delle sue prime applicazioni e elaborazioni nell’ecclesiologia riformata del ’500.
L’esposizione di Giampiccoli
tratta ampiamente di questo
principio, che viene invocato
oggi da molte parti come uno
dei cardini dell’organizzazione europea.
Negli studi critici Rosanna
Ciappa (Il tempo nel pensiero
di Simone Weil) analizza una
recente opera su questa indimenticabile testimone del
pensiero complesso e innovatore e Giovanni Gönnet
esamina La formula di Concordia del 1578 nei suoi
aspetti storici, ma senza trascurare l’attualità ecumenica.
Nella rassegna di Teologia sistematica Sergio Rostagno dà
rilievo a un dibattuto problema contemporaneo: quello
del perdono, in particolare
sotto l’aspetto di perdono divino o umano e di giustizia
divina o umana.
Il 2 settembre 1996 moriva
Tullio Vinay, e il 29 settembre
lo seguiva la consorte Fernanda Teodori Vinay. La rivista li ricorda pubblicando,
per gentile concessione, il discorso tenuto da Michel
Bouttier nel 1981 in occasione del conferimento a Tullio
Vinay della laurea honoris
causa della Facoltà teologica
di Montpellier. Giorgio Spini
dedica una recensione all’opera più recente di André
Biéler; valga questo anche
come augurio per il teologo
ginevrino. Inoltre Ermanno
Genre segnala il libro apparso per il 70“ compleanno di
Rosino Gibellini, direttore
dell’editrice Queriniana, che
tanta importante letteratura
teologica ha diffuso negli ultimi 25 anni. Ci associamo
agli auguri.
Casa in riva al lago di
Como (S. Giovanni di
Bellagio) 5-6 posti letto,
accesso privato alla
spiaggia affittasi.
Disponibile da subito per
tutto l’anno, come pure
per periodi estivi.
Tel. e fax 02-6600414
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 14 MARZO 199?
Come le altre arti il palcoscenico può affrontare i grandi interrogativi delPumanità e sondare la sfera religiosa
Comunicare l^interiorità e i valori attraverso il teatro
SF
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In
Dai grandi testi classici alle avanguardie più innovative e sperimentali, la tecnica dell'attore e di tutta la «macchina),
teatrale esprime i contenuti complessi della cultura e dell'esperienza umana, è un conoscere attraverso l'emozione
La «gioventù senza Dio» degli anni 70
Un professore si trova di
fronte a una classe di ragazzi
che si stanno omologando al
nazismo dilagante. Non è solo adesione formale alle organizzazioni giovanili, ma perdita di considerazione per
l’uomo in generale, per l’amore come sentimento nobile, della perdita di rispetto
per la morte e la vita, in ultima analisi della perdita di
Dio. Come può agire un insegnante di fronte a un fenomeno che lo sovrasta, che
vuole inglobarlo e digerirlo?
Affrontare la classe, i genitori,
il preside, i colleghi, le autorità con le loro circolari limitative di libertà, oppure mettersi da parte in nome del posto sicuro e della futura pensione garantita dallo stato?
Assistere allo sfacelo della società ormai orientata alla
guerra con tutti i mezzi, con
tutti gli strumenti di propaganda protesi a preparare la
gioventù come carne da cannone oppure associarsi ai pochi disposti a rischiare pur di
cercare la verità e conservare
antichi, basilari valori?
Sono questi gli interrogativi che si pone Odon von
Horvàth nel suo romanzo
Gioventù senza Dio pubblicato nel 1937 dopo la sua messa
al bando, da cui è stato ricavato lo spettacolo omonimo*
con Bruno Stori nella parte
del professore. La prima scena si apre con il professore
che corregge i temi degli allievi e nota che uno di loro ha
definito i negri pigri e mascalzoni: lo corregge e provoca le proteste dei genitori. Gli
studenti, con felice intuizione scenica collocati in uno
spazio separato, come fossero un coro, contestano a loro
volta il professore; anche la
radio dice le stesse cose. Si
può contestare la radio? Primi dubbi. Il preside convoca
l’insegnante, non ci sono
rimproveri veri e propri, ma
c’è una certa circolare... è bene che incidenti simili non si
ripetano; il preside anziano
pensa alla vicina pensione, i
giovani invece pensano alla
guerra, si esaltano all’idea di
sparare, di uccidere, se ne infischiano dell’uomo, le sole
attività giuste sono quelle che
danno profitto al gruppo.
L’azione si svolge tenendo
sempre gli studenti ben separati, illuminati da sciabolate
di luce che evidenziano il loro folle entusiasmo mentre
avanzano e indietreggiano
sul palco. Il professore risulta
tremendamente solo. La scena si sposta in un campo paramilitare dove i giovani coronano il loro sogno di cominciare a sparare. A fronte
della loro esaltazione stanno
le case degli operai di una segheria appena chiusa, dove i
bambini, al buio per risparmiare, guardano e disegnano
bambole. Il loro parroco incontra l’insegnante e chiari
Pagina a cura di
PAOLO FABBRI
Regala
un abbonamento
a
sce che tengono buio perché
non hanno corrente, ma perché, ribatte il professore, la
chiesa è sempre stata dalla
parte dei ricchi? Risposta:
perché vincono sempre. Ma
non è forse vero che più facilmente passerà un cammello
per la cruna di un ago che
non un ricco nel Regno dei
cieli? La chiesa passerà dunque la sua cruna d’ago? Risposta: sì, perché è essa stessa la cruna dell’ago.
La disumanizzazione viene
eretta a sistema etico-religioso. Di fronte a questo il professore perde la fede. C’è nelle vicinanze una banda di ragazzini che rubano di tutto
capeggiati da una ragazza
scappata dal riformatorio.
Uno degli studenti intreccia
una storia con lei, che viene
accusata di aver ucciso un
giovane. L’innamorato mente per allontanare i sospetti
da lei. Il professore, sapendo
di rischiare il posto, testimonia a favore della fanciulla
per averla vista indagando
sui furti. Questa testimonianza innesca una presa di coscienza da parte di alcuni ragazzi, che fanno emergere il
colpevole (che aveva ucciso
per vedere da vicino la morte), riconoscono che lui è 1’
unico adulto ad amare la verità e si ritrovano per continuare a cercarla.
Lo spettacolo è ben diretto,
la scenografia valida e così il
gioco sapiente delle luci. La
recitazione è professionalmente buona ma non efficace a rendere l’introspezione. Ciò che non è valido è lo
spettacolo in sé. Non è opera
di poesia e non riesce a stimolare l’intelletto, varcando
la soglia del tempo in cui resta relegato. I numerosi argomenti che evoca (autoritarismo, omologazione al potere,
esaltazione del «super ego»,
disumanizzazione, disoccupazione, ecc.) non riescono a
fondersi insieme a formare
uno scenario. Sono come
tanti alberi che non riescono
a formare un bosco.
(*) Gioventù senza Dio, di Marco
Baliani e Renata MoUnari. Milano, Centro ricerche per il teatro.
Mezzi espressivi
Teatro perché
Qualsiasi forma di arte, in quanto rappresentazione
deli’interiorità degli esseri umani, delle loro emozioni, dei
loro dubbi, in qualche modo tratta dei problemi etici cbe la
vita propone a credenti di varie fedi e ai laici di varie culture, così come tratta del modo in cui i credenti vivono il proprio rapporto con Dio o del percorso per arrivare a Dio.
Narra un aneddoto che Bach fu visto chinato piangente di
commozione sulla partitura mentre componeva la Passione
secondo San Matteo. E chi potrebbe negare il profondo rovello etico emergente da tanta musica di Haydn? O il senso
di umana tragedia di Guernica di Picasso? O la profonda
umanità delle poesie di Franco Fortini?
Trattare dell’arte significa cogliere una delle vie (quella
estetica) attraverso cui gli esseri umani si esprimono e fanno cultura. Nel panorama delle varie forme che l’arte assume un posto particolare spetta al teatro. Senza riandare
all’antichità classica, fermandoci al Medioevo, il teatro dei
guitti giramondo era una delle poche forme di cultura popolare, perché raggiungeva il popolo e ne interpretava gli
umori. Oggi il teatro rappresenta ancora una forma d’arte
dalle enormi potenzialità non sfruttate. Come la musica
l’opera teatrale aggrega le persone per assistere allo spettacolo e talvolta le coinvolge. Una diffusione del teatro nelle
periferie urbane e nei maggiori paesi sarebbe auspicabile,
magari favorendo un teatro amatoriale collegato simbioticamente a quello professionale.
Uno dei vantaggi dell’opera teatrale è che può essere messa in scena anche con pochi mezzi, e questo favorisce la ricerca di nuove forme espressive. La proposta di nuovi linguaggi, la rielaborazione di lavori letterari del passato, la ricerca di luoghi della memoria, la rilettura dei classici di ogni
tempo formano oggi uno dei più straordinari laboratori della cultura artistica. A volte vengono presentate opere di poesia, altre volte elaborazioni intellettuali più dirette a interrogarci che sempre, però, fanno pensare. Milano con i suoi 35
teatri, in cui transitano compagnie di tutta Italia, è un osservatorio unico per fare questo lavoro, che significa anche una
piccola ma non insignificante presenza culturale. (a. c.)
In «Fratellini» di Francesco Silvestri una riflessione sulla diaconia
La quotidianità della tragedia nell'amore di due fratelli
Fin dove può arrivare l’affetto di un fratello verso il
congiunto irrimediabilmente
ammalato? Fino a visitarlo
frequentemente in ospedale,
a chiedere di lui ai medici, a
litigare con le infermiere per
ottenere cure più adeguate
oppure a qualcosa di più, fino a lavare, pulire, accudire il
proprio caro in un coinvolgimento che va oltre il ribrezzo
per lo sporco e il cattivo odore, oltre il mutismo a muro,
oltre la morte? Viviamo in
un’epoca in cui l’affetto tende a fermarsi sulla soglia
dell’ospedale alle cui strutture, che affetto non possono
esprimere e che spesso neppure normale cura esprimono, viene delegato tutto
quanto. È su un sentimento
che va oltre la porta del nosocomio che indaga Francesco
Silvestri col suo Fratellini*,
messo in scena al teatro Fitta
con la sua personale interpretazione, affiancato da
Walter del Gaiso, con la regia
di Marco Guzzardi, per il progetto «Fuoriserie», che si caratterizza come ricognizione
su autori, temi e moduli espressivi maggiormente interessanti e originali.
La trama è quasi inesistente. Si tratta di due fratelli: uno
malato terminale di Aids, l’altro leggermente handicappato che lo assiste in ospedale.
Tutta l’azione si svolge nella
camera del malato e viene
scandita dal richiamo alle varie fasi della messa. Entrando
Gildo (così si chiama) canta
Alleluia, e continua a cantare
mentre porge al «fratellino»
un mazzo di fiori. «Signore
abbi pietà di noi, siamo tutti
peccatori» e prepara l’acqua
per lavarlo, prende la padella
e il pappagallo, sempre con
gioia, con allegria, talvolta
cantando, parlando a uno
che si è chiuso nel mutismo
più assoluto. «Leggiamo dal
Vangelo di... qualcuno» e inizia a spogliarlo, si ferma, porge un aquilone che quasi per
miracolo svolazza nella stanza e diventa simbolo di speranza: «Quando non ci sarò
io potrai farlo volare».
La spoliazione continua
raccontando un film tv. La
quotidianità tranquilla, banale, che entra nella tragedia
e fa finalmente sorridere il
malato sofferente e disperato. Gildo finisce di togliere la
biancheria al fratello e ne
contempla le macchie pustolose, trasformandole in oggetti di fantasticheria, quasi
fossero nuvole di passaggio
in un cielo di pelle che si vorrebbe puro, immacolato come l’amore. Inizia il lavaggio
del corpo nudo accompagnato dalla ripetizione ossessiva della frase centrale della
messa: «Il corpo di Cristo»,
mentre si leva un canto dolcissimo di preghiera accom
pagnato da un coro. Il corpo
del fratello diventa simbolo
del corpo di Cristo, destinato
alla morte ma anche alla resurrezione, in un momento
di delicata e intensa poesia,
con il sentimento che sembra materializzarsi nella nuvola impalpabile di borotalco
che Gildo soffia per gioco
nell’aria.
Gildo ha però in serbo una
sorpresa, un’importantissima medicina che si è procurato solo ora perché costa
molto cara, e la estrae con
cura religiosa, perché gli è
stato detto che solo quella
può guarire il suo fratellino.
Si tratta di un preservativo
che Gildo, nella sua dolce innocenza, consegna al fratello, che lo prende e lo lascia
cadere su di sé, lasciando
credere che quello è il modo
di utilizzarlo. Gildo se ne va,
saluta il fratello e questi nel
buio della scena, che rappresenta la sua disperazione,
grida il nome di Gildo.
Si tratta di un’opera delicata che raggiunge momenti di
vera poesia. L’insieme dello
spettacolo, dice il regista, assurge a un rito laico, ma per i
credenti può veramente essere allegoria della diakonia,
intesa come il farsi carico
non solo dei problemi materiali dell’altro ma anche della
sua disperazione, della sua
volontà di autodistruzione e
di morte, per trasmettergli
eskatos, speranza di nuova
vita. La scelta dell’handlcappato, che parla nella lingua
napoletana, così immediata,
porta direttamente alla poesia e non alla problematica
sociale, come del resto era
nell’intento dell’autore. L’interpretazione con la voce e
l’andatura vagamente insicure contribuiscono a un risultato di eccellente livello.
* Milano, Teatro Ulta,
fino al 15 marzo
Il caso Kafka
Lo spunto per costruire
uno spettacolo sulla vita dj
Kafka, dei suoi sogni, dei suoi
problemi, dei suoi rapporti
con la società e la cultura del
suo tempo, viene da un’intuizione acuta di Roberto Andò,
cbe ha capito come il particolare periodo in cui lo scrittore ebreo ceco si lega a amicizia con l’attore ebreo orientale Jizchak Lòwy sia una sorta di lente attraverso cui analizzare gli elementi formativi
che incideranno su tutta resistenza dell’uomo e dell’artista, che sarà portato a riviversi ripensandoli e esprimendoli in Confessioni e diari, Lettera al padre, Otto quaderni in ottavo.
L’intenso rapporto coti
Moni Ovadia, quasi un «fratello vivente» di Lowy, hi
portato alla compiuta elabo
razione del testo. L’operi
non vuole essere una elaborazione intellettuale, anche
se gli stimoli non mancano,,
ma un’opera di poesia. Kafka,
carattere chiuso, schivo, educato rigidamente dal padre!
con regole formali non soste-!
nute dall’esempio, con u»f
ebraismo di facciata, senz’ '^
anima, scopre un’identitài
ebraica autentica nel girova-i;!
go sporco e nei suoi amici,
Ecco allora la lingua yiddish,|
formatasi tra i mercanti giramondo delTEuropa centralej
che diventa elemento di u
nità e punto di riferimenti
con i suoi canti, tradizione (f
un popolo sparso in ogni i
ve, ma che riesce ugualmei®
a creare una sua lingua.
Tutta la prima parte è fatta
di canti yiddish con un Kafka
giovanetto che appare appena e guarda stupito, colpito
da questo personaggio strano, che ha saputo scegliersi
un progetto di vita in contrasto con il padre. Di qui uno
dei rari momenti di abbandono dello scrittore che, durante una rappresentazione,'
china la testa sulla spallai
- “"fe
dell’amico pur provando ti-£
more di essere contagiato dai^
pidocchi e dalla sua malattia^
Questo fascino liberatorio^
dello yiddish porta al giocot"
di botta e risposta con Lòwjl
fra questa lingua e il tedesco,!
un gioco che diventa allego-F
ria HpI rnnfrnntr» fra la rnltlK
ria del confronto fra la cultu
ra ebraica, che Kafka comunque sente troppo chiusa, e
quella tedesca con il suo vasto respiro, tra la vocazione
dell’amico attore e la sua.
Da questa atmosfera nasce
la Lettera al padre, trasferiti
sulla scena con un Moni Ova-'
dia che parla come fosse!
Kafka e Lòwy in una scena 4
profonda intensità espressiva. fi giovane scrittore, per uB
breve momento della vita.
Caffè Savoy intravvede le
gioia di vivere e di fare le prò
prie scelte. Scelte per le quali
dovrà soffrire i contrasti durissimi con il padre e gioii
che non ritroverà più. None
caso Io spettacolo si chiude
con Ovadia che recita: «Uni
quantità infinita di speranze
è possibile. Solo non po'
noi». // caso Kafka è un riandare da adulti ai sogni, alle
scoperte, ai conflitti delle
adolescenza/gioventù che
hanno segnato la vita delle
scrittore destando un’eco le
ognuno di noi. L’operazione
riesce grazie a un eccezionale
Ovadia e un cast che lo au
compagna degnamente, con
una regia e una scenografie
di altissimo livello.
(*) Il caso Kafka, regia di ÍAndò e M. Ovadia, scenografie
di R. Cariuccio. Milano, Teatr®
Piccolo.
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1997
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Spedizione in a.p. comma 26
art. 2 legge 549/95 - nr. 10/97 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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La trasmissione «Linea verde», le manifestazioni dell’ultimo 17 febbraio in concomitanza con i Mondiali del Sestriere, l’iniziativa del «treno a vapore» promossa dalla Comunità montana hanno suscitato nell’ambiente valdese non
poche discussioni e sono state espresse critiche da diversi
punti di vista. Considerando che in queste occasioni l’immagine della comunità valdese è stata presentata a milioni di
italiani il Centro culturale valdese ha deciso di organizzare
perla sera di lunedì 17 marzo, alle 20,45, presso la sala Albarin di Luserna San Giovanni, la proiezione del filmato di
«Linea verde» seguito da discussione generale. Chiunque
voglia raccontare la propria esperienza, desideri porre domande o esporre critiche può partecipare a questo confronto.
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VENERDÌ 14 MARZO 1997
ANNO 133 - N. 10
LIRE 2000
I Comuni e le Comunità
montane hanno approvato i
loro bilanci preventivi nei
giorni scorsi; in qualche caso
ci sono stati episodi di «fibrillazione» in più di un Consiglio comunale: consiglieri di
maggioranza che votano contro la proposta di bilancio
avanzata dalla giunta, assessori 0 consiglieri assenti al
momento del dopo. Che cosa
è successo?
Le cronache ci raccontano
di molte amministrazioni alle
prese con seri problemi di bilancio; molto più che in passato le amministrazioni faticano. Il personale ha i suoi costi; si vuole mantenere il livello acquisito dai servizi a
favore dei cittadini per non
penalizzarli ulteriormente;
BILANCI COMUNALI
ALL'OSSO
PIERVALDO ROSTAN
non si può ricorrere costantemente alla leva della tassazione anche a livello locale: in
questo modo però ne perde la
progettualità di più ampio respiro. Se si vuole avviare una
qualche opera pubblica di interesse rilevante (e dunque di
alto impatto economico) occorre fare scelte molto precise, attente e consapevoli: ad
esempio, fare l’acquedotto
oggi vuol dire che per qualche
anno non si potrà fare la fognatura né il bocciodromo.
Sono finiti i tempi in cui si
potevano avviare molti cantieri nel corso di una tornata
amministrativa.
Il problema della scarsità
delle risorse finanziarie è però
l’indicatore di diversi altri nodi. Dal 1990 in avanti è in atto
una costante modifica delle
leggi sulle autonomie locali;
la legge 142 proponeva la
possibilità dell’accorpamento
di Comuni: quasi nessuno, per
lo più per ragioni di campanile, ha affrontato la questione,
eppure se ragionassimo in termini di costi, scopriremmo
quanto ogni Comune spende
per i singoli appalti per il gasolio, per la potatura alberate,
per l’approvvigionamento
delle mense, per l’acquisto di
modulistica ecc. C’è anche un
altro problema: quanta capacità e quanto tempo hanno gli
amministratori dei piccoli Comuni per elaborare progetti e
strategie? Il loro ruolo resta
quello di recepire i problemi
sperando che gli uffici li risolvano? Quale formazione ha la
maggioranza dei dipendenti,
spesso cresciuta in un impianto legislativo ormai superato?
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I Val Pellice-Queyras
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I Sì al progetto
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a cremagliera
vando ti
L’idea di un collegamento
ferroviario, con treno elettrico a cremagliera fra vai Penice e Queyras, che pare raccogliere pareri sostanzialmente
favorevoli, ha fatto registrare
un nuovo importante passo
venerdì scorso, a Clavière,
dove si è svolto un incontro
operativo del comitato promotore dell’iniziativa che ha
visto la partecipazione di numerosi amministratori italiani
e francesi. Per parte italiana
Pinerolo: un appassionante dibattito con i senatori Arlacchi e Passone e il giudice Gherardo Colombo
Per una giustizia puntuale^ efficace e non autoritaria
FEDERICA TOURN
agiiitodaii- , . ,
malattia.^ delegazione era composta
leratorioV sindaci di Luserna, 'Torre
Pelila; ; Bobbio, da un rappreseiUante di Villar Pellice,
dai corisiclieri regionale Bellion e p: vinciale Colomba,
dal presiUcntc della Comunità
montana f otta Morandini e
dai tecnici della Provincia
Reburdo c Scamardella; per
parte francese il deputato Patrik Ollier, il consigliere regionale Pierre Eyméoud, il
direttore del parco del Queyfas, il presidente dell’Agenzia
turistica, il responsabile per le
politiche comunitarie del dipartimento Hautes Alpes, numerosi sindaci.
Da entrambe le parti è stata
espressa la volontà di andare
avMti nella progettazione per
cui, grazie ai fondi comunitari, ma anche della Comunità
montana vai Pellice e del Distretto francese, si darà il via
alla redazione del progetto di
uiassima che dovrà essere
presentato all’Unione europea entro il 1" aprile; la Provincia di Torino metterà a disposizione per questo lavoro i
Pfopri uffici. Oltre al progetto
tll massima, dovranno essere
realizzate anche una valutazione di impatto ambientale e
uno studio sui costi e benefici
dell’operazione. Costo totale
previsto circa 200 milioni. In
settembre dall’Unione europea arriverà una risposta; se
s^à positiva ci sarà un anno
ut tempo per predisporre il
progetto esecutivo.
al gioco!
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o, Teatr»
Se è vero, come sostiene il
senatore Elvio Passone,
che oggi la riforma della giustizia è l’unico grande interesse che coinvolge cittadini e
politici, allora il tema del dibattito proposto dal Pds il 7
marzo a Pinerolo, «La giustizia: memoria e speranza», che
si è svolto nell’Auditorium in
via dei Rochis dedicato alle
vittime della mafia, è stata
una scelta quanto mai azzeccata. A parlare di un tema così ampio e complesso sono
stati, oltre al senatore e magistrato Passone, il senatore Pino Arlacchi, ordinario di Sociologia all’Università di Sassari, e il sostituto procuratore
della Repubblica di Milano
Gherardo Colombo, anche autore di un libro pubblicato di
recente da Feltrinelli, // vizio
della memoria. «E un bene
che si parli di giustizia - ha
esordito il senatore Arlacchi ma bisogna andare al di là
delle semplificazioni e dei
luoghi comuni e fare affermazioni basate su dati verificabili». Per esempio: si dice che
la nostra giustizia è autoritaria
e faziosa e incarcera con leggerezza? Ma guardiamo piut
II giudice Gherardo Coiombo
tosto all’Inghilterra, che ha lo
stesso numero di detenuti
dell’Italia ma un numero di
condannati all’ergastolo enormemente superiore (oltre
3.000 rispetto ai nostri 400);
su 100.000 nuovi ingressi nelle carceri inglesi ogni anno,
20.000 riguardano persone
che non hanno pagato i debiti.
E non è tutto: nel Regno Unito T80% dei condannati in tri
bunale va in carcere, in Italia
appena T8%, principalmente
a causa del nostro sistema,
che prevede tre gradi di giudizio e che di fatto fa sì che
l’effettività della pena resti in
molti casi una chimera.
Tuttavia, se i processi durano anni e le strutture non funzionano, ci sono stati anche i
grandi processi di mafia. Mani Pulite, le prime incrimina
zioni per le stragi di stato.
«Oggi c’è qualcosa che si
muove anche per un diverso
atteggiamento dei cittadini,
che hanno spostato il loro
consenso dalla convivenza di
fatto con rillegalità diffusa
alla consapevolezza della necessità delle regole» ha spiegato Gherardo Colombo; si
cerca di dire basta a un certo
costume mentale originato da
una tradizione che vede la
magistratura dipendente dal
potere sin dagli inizi della
Repubblica («I magistrati italiani possono essere veramente indipendenti ma all’indipendenza non li si può obbligare» puntualizza infatti Colombo), ma è un percorso
lungo e faticoso.
E non è solo questo: bisogna depenalizzare, perché ci
sono troppe leggi (a un raffronto con la Francia siamo
in un rapporto di 15 a 1), garantire elevati livelli di professionalizzazione nei magistrati, correggere i difetti di
garanzia, soprattutto nell’acquisizione delle prove, rimettere in discussione la lunghezza della custodia cautelare, ribadire T obbligatorietà
dell’azione penale. Soprattutto adesso, considerando quel
«Un medico che cumula anche le funzioni di economo, una commissione incompetente, malati abbandonati a due
infermieri senza esperienza, definiti domestici ignoranti e brutali, più al servizio del medico e della sua famiglia che
non dei degenti, carenza di biancheria e
suppellettili, dovunque incuria, sporcizia
e disordine...». Non è la descrizione di
uno scalcinato ospedale del profondo
Sud ma del decantato ospedale di Torre
Pellice nel 1846. La notizia offusca un
po’ l’immagine di un popolo valdese
.sempre all’avanguardia! Ma tant’è, il filo
dei giorni registra anche le giornate... nere. Come scrive il Melile nella sua biografia di Beckwith: «Dopo vent’anni dalla sua fondazione nulla rispondeva meno
all'idea che ci si potrebbe fare di un
Ospedale, di quello che, sotto questo nome, esisteva a Torre Pellice». Il Beckwith che non esita a denunciare con vi
ILFILO DEI GIORNI
SUOR
HENRIETTE
ALBERTO TACCIA
gore questa deplorevole situazione, propone l’inserimento di una figura professionale che assuma la direzione interna
dell’Istituto imponendo ordine e disciplina e pensa di valersi di una diaconessa
della Casa di Echallens (oggi St. Loup).
L’opposizione a questa proposta fu violenta, ma la diaconessa Henriette Helm
arrivò ugualmente. «Tutto quello che la
meschinità e lo spirito di intrigo potevasi
inventare per rendere impossibile la vita
della Diaconessa, oggetto delle accuse
più calunniose, fu applicato». Di costituzione fragile ma con una volontà di ferro, sostenuta validamente da Beckwith,
suor Henriette compie la sua «rivoluzione» e vince, ma stroncata dalla lotta troppo superiore alle sue forze fisiche dovrà
tornare in Svizzera e «dopo qualche mese rimetteva serenamente la sua vita nelle mani di Colui al servizio del quale si
era consacrata». Altre diaconesse continuarono la sua battaglia e il Sinodo del
1851 esprimeva la sua riconoscenza «alle diaconesse che curano con tanta devozione gli ammalati».
Accanto al nome di Carlotta Peyrot,
fondatrice dell’Ospedale, poniamo anche
quello della prima diaconessa, Henriette
Helm, per perpetuarne il ricordo (a nostra vergognai) e onorarne la memoria.
lo che sta accadendo in sede
di Bicamerale, dove ci sono
oltre 100 proposte di riforma
della Costituzione e da molte
parti si vuole attentare al capitolo della giustizia.
Il senatore Elvio Passone
esprime chiaramente la sua
preoccupazione: «È a rischio
l’indipendenza della magistratura: da alcune forze politiche, in particolare Forza
Italia e Ccd, vengono proposte revisioni ai capisaldi della
Costituzione sul tema della
giustizia, quali la soggezione
dei giudici solo alla legge, la
presenza di un organo di autogoverno a prevalente costituzione interna, l’inamovibilità dei magistrati o le garanzie specifiche per il pubblico
ministero». Qualche esempio?
Forza Italia chiede tre Consigli superiori della magistratura di cui due, quello giudicante e quello inquirente, composti per due terzi da eletti dal
Parlamento; inoltre pretenderebbe che i giudici fossero
inamovibili ma non il pubblico ministero, e che quest’ultimo esercitasse l’azione penale
solo laddove si riscontrasse
interesse pubblico.
L’attentato all’autonomia
della magistratura è chiaro: il
pubblico ministero che facesse dei passi «poco apprezzati» verrebbe liquidato e non
potrebbe essere difeso da un
Csm eterodiretto. «Registro
un clima tragico - ha aggiunto il senatore Passone - quello che dobbiamo chiederci
oggi è il perché di un cambiamento di rotta che 5 anni
fa portava i cittadini a inneggiare alla giustizia e ora la
vuole in manette: forse ci si è
accorti che Mani Pulite riguardava non solo i politici
ma anche noi piccoli eva.sori,
corruttori, compiacenti». E,
non ultimo, persiste un altro
vecchissimo costume italiano: la costante pretesa del potere (qualunque potere, purtroppo) di non essere giudicato e il suo rovescio, la profonda sfiducia del popolo nella
giustizia quotidiana.
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Delle Yaui ìàldesi
VENERDÌ 14 MARZO l() ygjsi;
ORE DECISIVE PER L’ISTITUTO ALBERTI — Il 21
marzo il Consiglio scolastico provinciale sarà chiamato a
pronunciarsi sul piano di razionalizzazione della rete scolastica proposto dal Provveditorato agli studi. In ballo ci sono
diverse novità anche per quanto riguarda il Pinerolese: a
Villar Porosa un «polo verticale» con direzione unica per
medie ed elementari, a Pinerolo accorpamento Itis Porro e
Ipsia, media Puccini di Abbadia con la Pellico di Pinerolo
e la scuola media di San Secondo con la Brignone di Pinerolo. Le novità più grosse, e per taluni versi più preoccupanti, toccherebbero la vai Pellice. A Torre Pellice si creerebbe un «polo verticale», mentre per la bassa valle nascerebbero due poli orizzontali con sede a Luserna San Giovanni rispettivamente per le medie e le elementari di Luserna, Bricherasio e Bibiana. Per l’Alberti (18 classi a Luserna
e 3 a Torre Pellice, nella foto) verrebbe addirittura chiesto
Faccorpamento con un istituto tecnico di Nichelino, mentre
le normative prevedono il mantenimento dell’autonomia
per quegli istituti unici su un territorio e in espansione.
APPROVATO IL PIANO DI PROTEZIONE CIVILE —
Grazie al lavoro dell’apposita commissione presieduta da Albino Bertin, il Comune di Angrogna si è dotato di un piano e
regolamento per interventi in caso di calamità. È stato approvato il bilancio di previsione 1997, che pareggia su una cifra
di poco superiore al miliardo: sono giunte critiche dalla minoranza, e lo stesso assessore Borgarello lo definisce «ai limiti della sopravvivenza»; oltre il 67% è infatti impegnato
per spese obbligatorie, dal personale ai mutui. È iniziato con
la zona Bruere-Porte di Angrogna il processo di sdemanializpzione di vecchie strade comunali. Il Consiglio ha visto
inoltre un’ampia discussione sul futuro di Barma Mounastir,
uno degli interventi di recupero previsti dal Piano borgate.
INTERPELLANZA SUI CONTRIBUTI REGIONALI AI
COMMERCIANTI — Concordi nell’aiutare le piccole imprese commerciali in questo momento di crisi, i consiglieri
regionali Silvana Bortolin, Marco Bellion, Andrea Foco, Luciano Marengo e Marcello Vindigni hanno rivolto un’interpellanza al presidente della giunta regionale per avere ragguagli sull’attuazione della legge regionale n. 57 deifi 11/4/95, che prevede di aiutare i piccoli commercianti sia
con dei contributi a fondo perduto sia tramite l’abbattimento
dei tassi d’interesse normalmente praticati dagli istituti di
credito. I consiglieri chiedono quali siano i tassi di sconto
effettivamente praticati, visto che risultano tutt’altro che
competitivi con i tassi normali praticati dalle banche, e se alla giunta risulta che siano pretese ancora garanzie proprie da
parte dei richiedenti; infine viene richiesto un maggiore controllo della giunta a tutela dei commercianti.
AL VIA IL RADDOPPIO DELLA LINEA TORINO-PINEROLO — Visto che è ormai quasi terminato il primo lotto
di lavori riguardanti il quadruplicamento del tratto ferroviario Lingotto-Porta Susa e che il governo ha dato la sua disponibilità a concorrere con 350 miliardi al finanziamento
del secondo lotto Porta Susa-Stazione Dora, il Consiglio regionale ha impegnato la Giunta a concorrere con fondi regionali ad avviare la progettazione di massima del raddoppio della linea Torino-Pinerolo, finalizzata alla realizzazione
di un collegamento tipo Rer sulla direttrice Lanzo-Ciriè-Torino-Moncalieri-Nichelino-Pinerolo-Torre Pellice, utilizzando i fondi del Capitolo 14.300 del bilancio 1997. La giunta è
impegnata inoltre a intervenire sulle Fs affinché impieghino
da subito sulla linea Torino-Pinerolo-Torre Pellice materiale
rotabile più confortevole. Entro tre mesi la giunta dovrà riferire sui tempi di realizzazione del passante, sulle risorse necessarie per il suo completamento e la sua integrazione con
le linee Torino-Pinerolo-Torre e Chivasso-Ivrea-Aosta.
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Parla il nuovo direttore dell'Aus110
Massa: trasparenza
dialogo e efficienza
PIERVALDO ROSTAN
E insediato da pochi giorni,
il neodirettore dell’Ausl
10, Ferruccio Massa: canavesano di origine, un passato in
Provincia alla segretaria generale e dal 1982 al 1992 direttore del settore programmazione e organizzazione del
lavoro dello stesso ente; successivamente il don. Massa è
diventato dipendente regionale, «chiudendo» come direttore del settore parchi naturali.
I primi passi il neodirettore li
ha fatti per incontrare amministratori locali, dirigenti ospedalieri e responsabili di
servizi; qual è la sua prima
valutazione?
«Effettivamente non conoscevo la realtà pinerolese; ma
questo si sta rivelando un
punto di forza perché mi consente di avere un atteggiamento di “par condicio” nei
confronti di tutti. Dai primi
approcci ho colto un fermento
di attività e di idee veramente
notevole; la mia attività vuole
essere improntata a tre leggi
non scritte: la trasparenza, il
dialogo e l’efficienza».
- La zona può contare su
ben quattro ospedali; l’unico
pubblico, che è il Civile di Pinerolo, il Cottolengo su cui si
sta concretizzando una vendita all’Ausi e i due ospedali
valdesi; ogni struttura è una
risorsa importante...
«In questi giorni mi sono
occupato operativamente della questione Cottolengo; ho
incontrato la madre superiora
della Casa della Divina Provvidenza: siamo giunti ad un
buon punto per quanto riguarda la soluzione della vicenda,
sia per quanto riguarda l’acquisizione dell’immobile sia
per la sistemazione del personale attualmente in servizio.
Prevedo che il problema si
possa risolvere nell’arco di
breve tempo. Il fatto di avere
un solo ospedale di tipo pubblico è un vantaggio perché
consentirà di porre davvero
l’attenzione di tutti sul rilancio dell’efficenza di questo
ospedale. Gli ospedali valdesi
possono peraltro consentire
delle ottime sinergie».
- Che cosa ne pensa dell’integrazione fra servizi sanitari e sociali?
«Occorre arrivare a una
maggiore integrazione fra
realtà così diverse fra loro e
deve trattarsi di integrazione
verso l’alto e non peggiorando resi. La funzione dei distretti in questo senso è strategica: alcuni mi sono parsi ben
radicati e funzionanti; dobbiamo poter ridurre la necessità
di ospedalizzazione proprio
puntando sui servizi territoriali di base e sull’integrazione
coi servizi sociali; in questo
modo si può realizzare davvero un’azione di prevenzione».
Vaili Chisone e Germanasca
Economia integrata
MAURO METTRE
Frutto di plurimi incontri
preparatori, il bilancio
della Comunità montana valli
Chisone e Germanasca è stato
approvato all’unanimità il 28
febbraio. L’ampia adesione,
molto diversa dall’unanimismo del passato, è il risultato
del processo decisionale adottato: sono stati coinvolti i
consiglieri di maggioranza e
minoranza nonché i sindaci
dei Comuni. Si deve riconoscere all’esecutivo la capacità
politica di aver saputo gestire
l’iter e di aver affrontato gli
argomenti tenendoli vineolati
agli obiettivi programmatici.
Il presidente, Erminio Ribet,
dichiara: «Ieri abbiamo creato i presupposti e costruito i
progetti, oggi siamo concretamente in grado di metterli in
cantiere». È la fattibilità di
una serie di iniziative che fanno della Comunità montana
l’istituzione politica sufficientemente legata al territorio,
referente di un’area significativa, in grado di prevedere un
organico e equilibrato sviluppo delle riserve disponibili.
Per il 1997 si prevede una
entrata di 7 miliardi e 277
milioni. La spesa per investimenti è di 3 miliardi e 463
milioni, mentre il 45% delle
disponibilità sono per la spesa corrente; si nota una maggiore disponibilità economica
rispetto ai passati esercizi.
330 milioni di investimenti
sono previsti per il progetto
miniere e più di 600 per il
Forte di Fenestrelle, due progetti Interreg che in prospettiva dovrebbero avere una ricaduta sul turismo, mentre un
significativo riscontro sul
piano occupazionale sarà da
verificare. E proprio l’occupazione il punto dolente in
tutta la valle; nell’ambito
dell’agricoltura oltre alle solite iniziative di sostegno si
guarda alla cooperazione,
con il progetto di ristrutturazione dell’ex portineria di
Villa Gutermann, attuale sede della Comunità montana,
si creerà un centro vendita di
prodotti locali, l’investimento
previsto è di 150 milioni.
Nell’ottica di un’economia
integrata, si pensa alla presenza di piccole industrie e
attività artigianali, è stato previsto un fondo utilizzabile a
rotazione per la creazione di
aree specifiche, 600 milioni
in tre anni. Allo studio è l’ipotesi di poter utilizzare siti
di attività industriali dismesse. L’assessore al Lavoro,
Renato Ribet, prospetta la
creazione, con finanziamenti
Cee, di un incubatoio di imprese; questa prospettiva
svolgerebbe un ruolo, sostenuto dall’ente pubblico, di input per la creazione di nuove
attività. Come una boccata di
ossigeno merita ricordare i
175 milioni a sostegno dell’
occupazione, rivolti alla manutenzione del territorio.
La considerazione ricorren.te è che la Comunità montana
ha una possibilità di interventi
promozionali nella formazione professionale, come ente
propositivo nella creazione di
nuove attività, ma ha poi scarsa incisività di intervento rispetto al mercato del lavoro in
situazioni di crisi. Altro aspetto è l’impatto dei progetti sul
tessuto sociale quando si utilizzano a fini di sviluppo e
impiego risorse turistiche e
culturali; il panorama si fa più
problematico perché le operazioni attuate e previste non
sono sempre omogenee alle
aspettative legate alle identità
culturali delle valli valdesi.
Consiglio comunale di Pinerolo
Approvato ¡I bilancic
di previsione 1997
DAVIDE ROSSO
Dopo tre sedute (quindi un
giorno prima del previsto) il Consiglio comunale di
Pinerolo ha approvato il bilancio di previsione per il
1997. 11 rischio era quello di
andare all’esercizio provvisorio a causa dei molti, paventati, emendamenti presentati
dall’opposizione (cento erano
solo quelli presentati dalla
Lega Nord), rischio che però
alla fine è stato superato. Il
bilancio, presentato e approvato dal Consiglio il 27 febbraio scorso, con la larga
astensione delle opposizioni e
i voti contrari della Lega
Nord, segue la linea programmatica della nuova giunta e
soprattutto bada alla concretezza, come è stato più volte
sostenuto. Dei circa 95 miliardi quantificati come disponibili molti verranno utilizzati per completare i progetti già in cantiere, sarà potenziata la lotta all’evasione,
mentre fi lei resterà ferma al
5,6 per mille ma verrà aumentata la detrazione per la
prima casa.
Parallelamente al bilancio
la giunta aveva preparato anche una pubblicazione che
presenta una serie di obbiettivi: dallo sviluppo di collaborazioni con le associazioni di
volontariato, all’arredo urbano, dal recupero delle aree in
abbandono ai piani di svi|
po ai servizi. Particolare rj
vo è stato dato soprattut
all’interno del documento
bilancio, alla riorganizza;
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e all’area industriale. Ciij
la posizione delle opposizi
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caratterizzi in maniera fj
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conseguenti ritardi».
Corso di aggiornamento per insegnane'
Val Pellice oggi
Dopo aver ripercorso la storia della vai Pellice e di quella
valdese dal Medioevo alla Resistenza, dopo il ciclo sul folclore, le lingue, la musica che
si è svolto l’anno scorso, il
Centro culturale valdese conclude quest’anno la sua proposta di aggiornamento rivolta agli insegnati elementari della vai Pellice (presso la
biblioteca della Casa valdese
a Torre Pellice dalle ore 17
alle 19) puntando decisamente sull’attualità. L’intenzione
è quella di fornire ai docenti
una puntuale informazione
sulle risorse presenti, sui progetti avviati soprattutto in sede di Comunità montana, sulle prospettive di sviluppo, che
hanno nel turismo e nel rilancio economico i loro assi portanti. Attraverso il rapporto
con la scuola e quindi con i
futuri cittadini della valle, si
intende favorire una maggiore
consapevolezza e, se possibile, di imprenditorialità a favore del proprio territorio.
3 aprile - Agricoltura, 3.
tecnia, prodotti tipici (Ef
Negrin);
12 aprile - Visite alle cm
al museo di Rorà (G. Toiffli
17 aprile - Attività ecd
miche, artigianato, iiidustfy
servizi (Marco Bellion);
8 maggio - Il « PianiM
ecosviluppo» della Comm
montana. I progetti Intel
(Marisa Bigo);
10 maggio - Vi sita i
Crumière di Villar Pellf
(Bruna Peyrot);
15 maggio - Le occasi
culturali sul territorio e ili
ro rapporto con la scu>
(Giovanni Borgarello);
22 maggio - Turismo, te
dazioni, manifestali^
.sport (Mauro Pons);
29 maggio - Il sistemai
turale e museale valdese]
Pasquet e Toti Rochat). '
Le iscrizioni degli i“
gnanti si raccolgono press
direzioni didattiche di T'
Pellice e Luserna Sani
vanni entro il 25 marzo.
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19 VENERDÌ 14 MARZO 1997
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Réunion chez M.me Gilmer-Appia
XVII Février à Paris
ito
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(to)
Chaque année, notre «17
février» est décalé pour cause
de congés scolaires. Nous
nous sommes retrouvés chez
Madame Gilmer-Appia une
vingtaine de personnes et
comme toujours de nouveaux
sympathisants apparaissent.
Depuis des générations, que
se sont réinstallés en France
les émigrés d’une autre époque, leurs descendants sans
avoir perdu la mémoire du
Refuge, sont dispersés sur le
territoire et outre-mer. Il y a
plus de descendants Vaudois
Piémontais en France que
dans les Vallées, les rencontres sont fortuites, fréquentes
de tous ordres. Traditionnellement, notre réunion commence par les informations
des Vallées...
Le Professeur Henry Appia
nous fait part de ses réflexions sur le lent cheminement des Vaudois au MoyenAge comme premiers éléments réformateurs du Christianisme. Le fait de n’avoir
pas complètement abandonné
le Catholicisme leur a permis
de côtoyer familièrement
Franciscains, Frères Mineurs,
Cathares, Juifs, Orthodoxes et
tous les mouvements issus de
la contestation sociale de
l’époque. L'Inquisition leur
fera avouer n’importe quoi
sous la torture, ce qui leur
vaudra longtemps d’être accusés de sorcellerie.
Félix Vigne devait nous
parler des Vaudois et des Huguenots fuyant les intolérances: expatriés, expulsés, bannis, proscrits, exilés, réfugiés,
déplacés, déportés: autant de
termes pour qualifier ces émigrés d’un autre âge. Le poids
de leur savoir-faire fut-il décisif quant au développement
des pays d’accueil? Les opinions demeurent partagées.
Bien reçus par les «Princes»
soucieux d’un nouvel essor,
ils le furent un peu moins par
les populations jalouses des
prérogatives accordées. Un
fait fort peu connu: Henri IV,
pour qui arrêter une guerre civile valait bien une messe, institua l’Edit de Nantes, il stipula que «Tout exilé pour
cause d’intolérance pouvait
être réintégré dans ses Droits,
lui ou sa descendance». Suspendu à la Révocation, reconduit à la Révolution donnant droit à la nationalité,
abrogé voici quelques années,
renseignements pris, il pourrait être réactivé. Combien
ont été au courant?
Paris le 28 février 1997.
Huguette Vigne Ribet
Le montant de notre collecte
est versé aux Asiles de S. Germano et de Lusema S. Giovanni.
Una mostra a Torino
200 anni di Tricolore
«200 anni di Tricolore: da
Torino all’Italia» è il titolo
della mostra che rimarrà aperta a Palazzo Carignano a Torino fino al 31 marzo e che
vuole celebrare con quaranta
opere la bandiera italiana in
occasione del bicentenario. I
dipinti, ispirati al vessillo nazionale, provengono da musei
e collezioni private di tutta
Italia: ad essi sono state affiancate le opere di undici artisti piemontesi contemporanei riunite nell’esposizione
«Il Tricolore pensato».
L’esposizione si apre con
gli originali delle ordinanze
dei marzo 1848 con cui Carlo
Alberto stabilisce che le truppe del Regno sardo entrino in
Lombardia dietro l’insegna
del tricolore, cosa che fu il
primo pa.sso verso la liberazione di tutta l’Italia. Di qui
in poi molti esempi di «pittura storica», che introduce nel
racconto l’evento contemporaneo, cioè la cronaca di momenti eroici del Risorgimento: il tricolore come simbolo
dell’epopea di una nazione,
quindi, e non solo nei momenti eroici ma anche in una
quotidianità più discreta.
A fianco dei dipinti di arti
sti-soldati e legionari garibaldini come La battaglia di Pastrengo di Vincenzo Giacomelli o Barricate a Porta Tosa di Carlo Canella, o ancora
Il combattimento di Palazzo
Lina del Verrazzi, ci sono il
dipinto di Carlo Bossoli con
il suo sventolare di bandiere
nei cieli delle cento città
d’Italia, o i bambini raffigurati da Gioacchino Toma che
fanno la guardia al vessillo in
un gioco infantile, o ancora il
ragazzo di Saverio Altamura,
che porta spensieratamente in
spalla la bandiera verso Firenze, a cui Torino cedette il
ruolo di capitale d’Italia. A
corredo dei dipinti sono stati
raccolti cimeli storici come
coccarde, bandiere originali, i
fazzoletti del tempo e gli
schizzi a matita degli artisti.
«Il Tricolore pensato», che
fa da contraltare alla mostra
principale, si incentra sul significato odierno del tricolore, su come viene pensato a
oltre un secolo di distanza,
in un contesto sociale e politico così mutato. L’ingresso è
gratuito e la mostra è aperta
tutti i giorni dalle ore 9 alle
18,30, domenica dalle 9 alle
13; lunedì chiuso.
LARE
Jaime Riera Rehren
docente alla facoltà di Magistero dell’Università di Torino
INIZI DELLA MODERNITÀ LETTERARIA
LATINO AMERICANA
Il primo novecento: H. Quiroga e R. Arit
Sabato 15 marzo ore 17
Ingresso libero
PINEROLO, C.SO TORINO 44,
per ulteriori informazioni TEL. 0121- 393960
Finisce male la vertenza iniziata lo scorso 6 dicembre
Cascami seta^ posti dimezzati
Dopo 75 giorni di sciopero
totale, i lavoratori e le lavoratrici della Cascami di Pomaretto sono tornati a lavorare
lunedì 3 marzo. Sono tornati
in molti meno: quasi la metà.
L’accordo firmato venerdì 28
febbraio all’Ufficio provinciale del lavoro di Torino
aveva riconosciuto che 14 dipendenti andavano «volontariamente» in mobilità (e per
questo l’azienda riconosceva
loro una indennità di 15 milioni di lire); altri 8 accettavano il «contratto di solidarietà» e avrebbero lavorato
con un orario di 4 ore giornaliere, mentre solo altri 13 rimanevano ad orario pieno.
«Non è stata una vittoria»
dicono alTAlp (Associazione
lavoratori pinerolesi), l’organizzazione sindacale che raggruppa la quasi totalità dei lavoratori e che ha condotto
una dura lotta a oltranza dal 6
dicembre al 28 febbraio, riuscendo a far crescere attorno
agli operai e alle operaie in
sciopero un vasto fronte di
solidarietà. Solidarietà che ha
coinvolto la società civile (i
commercianti di Perosa e Pomaretto hanno chiuso durante
la manifestazione del 1° febbraio nella quale i lavoratori
presentavano pubblicamente
il loro problema, in tutte le
fabbriche della valle si è fatta
una colletta di solidarietà che
ha avuto un buon risultato in
termini economici, le organizzazioni culturali e del volontariato che hanno partecipato alla «festa» per la ripresa
del lavoro), le chiese cattoliche e valdesi, il mondo politico locale (gli on. Gardiol e
Merlo, il consigliere regionale Bellion, i sindaci, il presidente e gli assessori della Comunità montana), i settimanali locali.
La lotta ha avuto molti mediatori: a livello regionale si è
aperto un tavolo di discussione con la giunta regionale e
l’assessore alla Montagna,
Vaglio, si era dichiarato disponibile a finanziare investimenti per nuove attività nello
stabilimento di Pomaretto per
mantenere i livelli di occupazione. A Roma il ministero
del Lavoro si era dichiarato
disponibile a esaminare proposte di cassa integrazione
«per ristrutturazione» o «per
crisi» se l’azienda avesse presentato un piano.
Nessuna proposta è stata
accettata dall’azienda. Il dr.
Tarcisio Mizzau, amministratore delegato della Cascami, è
stato irremovibile. Per non fare perdite, ha detto in sostanza, dobbiamo trasferire il lavoro di cernita altrove (in Cina o in India) dove abbiamo
«joint-ventures» (accordi produttivi). A Pomaretto faremo
solo più il lavaggio dei cascami. Possiamo inoltre comprare il .semilavorato dall’Uzbechistan e da altri paesi dell’ex
Unione Sovietica. Altre produzioni proposte dagli operai
(una pettinatura e una filanda
per la seta di alta qualità) non
possono essere esaminate anche se ci sono i finanziamenti
pubblici: non rientrano nei
piani aziendali.
È la dura realtà dell’economia nell’era della globalizzazione? Forse, replicano
alTAlp: «Questa lotta ci ha
insegnato che il problema più
grande che hanno gli operai
della nostra zona è quello della redistribuzione del lavoro e
che, per difendere i posti di
lavoro, va fatto un lavoro politico-sindacale tutto l’anno e
non solo quando scoppia la
crisi. Contro la delocalizzazione delle aziende è possibile anche una politica di sviluppo locale autocentrato»,
dice Piero Sanmartino, del
Consiglio di fabbrica della
Cascami.
Un’idea sulla quale lavorare per futuro. La questione
passa ora alle autorità politiche della valle: quale occupazione nelle valli per i ragazzi
e le ragazze che avranno 20
anni nel 2.000?
Posta
L'accoglienza
Poche settimane fa ho passato un paio di giorni ad Agape, quella bella costruzione
poco sopra Ghigo di Prali. Io
non sono valdese (né cattolico) però so che strutture come quelle non sono state costruite per incentivare il turismo fuori o dentro le Valli,
bensì per svolgere un’opera
un po’ più complessa e articolata. Quello che mi ha colpito durante il mio brevissimo soggiorno ad Agape è stata l’indifferenza con cui siamo stati accolti dai ragazzi
che prestano il servizio volontario e dunque si occupano
di far funzionare a perfezione
Agape. Attentissimi alle nostre esigenze (ero in un gruppo di una ventina di persone),
sempre puntuali e gentili, ma
nulla di più. Non c’è mai stata un’occasione per scambiare due parole, nessuno che ci
abbia detto chi sono i valdesi
e perché è stata costruito il
Centro di Agape, a che cosa
serve e perché porta un nome
così strano (che d’altra parte
quasi tutti i miei amici si ostinavano a pronunciare àgape),
quali sono le sue normali attività, nulla. Solo uno sparuto
volantino lasciato su uno dei
tavoli, forse dimenticato, ha
potuto dare qualche aiuto ai
più curiosi.
Non mi aspettavo (né tantomeno avrei gradito) di essere
travolto da lunghe lezioni
dottrinali, però forse un piccolo sforzo in più volto semplicemente a informare quanti
lo desiderino sarebbe stato
apprezzato. Tanto più che le
strutture analoghe costruite e
gestite dal mondo cattolico
sono attentissime a questo
aspetto (senza essere assillanti e spiacevoli) e non mancano dunque pubblicazioni,
opuscoli e informazioni destinate ad appagare la curiosità
degli ospiti sulla loro storia in
particolare e sull’universo
cattolico più in generale. Nulla di tutto ciò ho trovato ad
Agape, che sicuramente meriterebbe di essere più valorizzato in questo senso e potrebbe diventare veramente un
ponte tra culture o religioni
differenti.
Nicola Avanzini - Torino
Secessione
e federazione
Faccio seguito alla lettera
che vi ho mandato dopo il 17
febbraio prendendo spunto
dal tricolore e dall’Unità
LIBRERIA
LARE
Lionello Gennero
LA FESTA E IL TEATRO
sei conversazioni su drammaturgia e architettura.
Seconda serata:
«Rito e rappresentazione: la chiesa e la piazza».
Giovedì 13 marzo ore 20,45
Terza serata:
«La città ideale e il teatro nel rinascimento».
Giovedì 20 marzo ore 20,45
Ingresso lìbero
PINEROLO, C.SO TORINO 44, TEL. 0121- 393960
d’Italia per fare qualche osservazione all’articolo «Padania» di Alberto Gabella, apparso sull’fico datato 28 febbraio. L’indipendenza, e
quindi anche la secessione,
precede concettualmente anche se non cronologicamente
la federazione. Se piemontese, lombardo e veneto sono
idiomi distinti, essi sfumano
l’un nell’altro, pur con qualche frontiera interna, nell’insieme di quelli che venivano
chiamati i dialetti gallo-italici
o con altro nome. Non c’è bisogno di unità etnica ma basta la volontà dei cittadini per
fare delle federazioni, come
la Svizzera. Quelle che oggi
chiamano le macroregioni sono state prospettate da assai
tempo. Non mi ritengo gramsciano ma ricordo che Gramsci nel 1926, se non erro, proponeva quattro stati repubblicani federati: Nord, Sud, Sardegna e Sicilia. Non mi pare
che si debba mettere un diaframma fra quello che è chiamato federalismo interno e
quello esterno. Spero che non
si tomi al tempo in cui Rossi
e Spinelli bollavano il federalismo interno e mondiale, oggi cari al Movimento federalista europeo, perché temevano che distraesse da quello
europeo. Pur non essendo io
un leghista, non mi pare che
la Lega abbia tradito né che
boicotti tout-court i rapporti
tra l’Italia e l’Europa. Ma se
per Europa si intende qualsiasi Europa è un altro discorso.
Piuttosto non ho capito né mi
è piaciuta la campagna di
Bossi per gli allevatori che
non vogliono pagare le multe.
Del periodo dell’Unità d’Italia bisognerà fare un bilancio,
del bene e del male.
Gustavo Malan
Torre Pellice
Precisazione
Per un errore di dattilografia, di cui non è responsabile
il giornale, nella mia lettera
pubblicata sul numero scorso
si parla della Restaurazione
del 1915. Si tratta, invece, di
quella del 1815. (g.m.)
I CIRCUITO — Sabato
22 marzo alle 21, al tempio
di Torre Pellice, i bambini
delle scuole domenicali presentano scene sulla Passione
e Resurrezione di Gesù.
«LINEA VERDE» — Lunedì 17 marzo, alle 21 alla
Sala Albarin di Luserna San
Giovanni a cura del Centro
culturale vi sarà la proiezione del filmato della trasmissione «Linea verde» del 16
febbraio scorso, seguita da
una discussione.
ANGROGNA — Riunione quartierale: martedì 18
marzo al Jourdan.
BOBBIO PELLICE —
Domenica 16 marzo, alle 10,
culto preparato dalla Fgei
con il diacono Massimo
Long; la colletta sarà a favore della Fgei. Riunione quartierale alla borgata Cairus alle 20 di martedì 18 marzo.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Studio biblico a
cura del pastore Claudio Pasquet mercoledì 19 marzo alle 20,45 al presbiterio: il tema di questo incontro sarà
«Trionfo e vittoria», sui capitoli 19 e 20 del Libro dell’Apocalisse. Riunioni quartierali, alle 20,30: giovedì 13
marzo al Fondo San Giovanni; martedì 18 marzo ai Gonin; giovedì 20 ai Peyrot; venerdì 21 agli Airali e a Boer
Priorato. Sabato 15, alle 21,
nella sala Albarin, la Filodrammatica di San Secondo
presenta lo spettacolo «Giallo di sera».
POMARETTO — Riunioni quartierali: giovedì 13
marzo alle 15 all’Inverso
Paiola, venerdì 14 alle 15
all’Inverso Clot, mercoledì
19 a Pomaretto alle 20,30 e
venerdì 21 alle 20,30 a Perosa. L’Unione femminile si
incontra venerdì 21 marzo
all’Inverso Clot. L’incontro
di preghiera al Centro anziani si svolgerà venerdì 14
marzo alle 16.
PINEROLO — Assemblea delle corali, nel tempio,
il 16 marzo alle ore 15.
PRALI — Riunioni quartierali: venerdì 14 alle 20 a
Ghigo e venerdì 21 a Villa,
alle 19,30. Mercoledì 19 alle
20,30, al presbiterio, incontro di lettura sull’Apocalisse.
L’Unione femminile si ritrova il 20 marzo alle 14,30 per
lo studio sul libro di Daniele.
RORÀ — Giovedì 13
marzo alle 20,30 riunione
quartierale alle Fucine.
TORRE PELLICE —
Domenica 16 marzo alle 10
culto con la scuola domenicale. Riunioni quartierali:
venerdì 14 agli Appiotti,
martedì 18 all’Inverso e
mercoledì 19 ai Bouissa.
Culto serale: venerdì 14
marzo alle 18 presso la Casa
unionista. Studio biblico a
cura di Davide Ollearo lunedì 17 marzo, alle 20,45, al
presbiterio sul tema «La parabola dei talenti» Matteo
25, 14-30. Domenica 16
marzo, alle 15,30, nella sede
dell’Esercito della Salvezza,
riunione di preghiera.
VILLAR PELLICE —
Domenica 16 marzo giornata
di Radio Beckwith: il culto
sarà trasmesso in diretta, la
colletta sarà destinata alla radio. Alle 21 nel tempio concerto del coro «La Draia» di
Angrogna. Riunione quartierale mercoledì 19 marzo al
Centro.
VILLASECCA — Riunioni
quartierali: venerdì 14 alle
20 a Pian Faetto e mercoledì
19 a Villasecca alle ore 20.
L’Unione femminile si incontra alle 14,30 di giovedì
13 marzo.
L
10
PAG. IV
E Eco Delle B.lli Vaodest
VENERDÌ 14 MARZO 1997
VENEF
Ski-arc, nuovo sport
Nadia Peyrot
in Giappone
MILENA MARTINAT
Un paio di sci da fondo ai
piedi, un arco a tracolla
sulla schiena e via, a macinare chilometri e a centrare bersagli. Lo ski-arc è una disciplina ancora poco conosciuta
che abbina lo sci di fondo al
tiro con l’arco, ma è una disciplina che si sta lanciando
verso il futuro; nel 2002 sarà
una delle competizioni presenti alle olimpiadi di Salt
Lake City negli Stati Uniti.
Una disciplina ben conosciuta
a Frali, dove lo scorso anno si
è disputata una prova di coppa Europa ma soprattutto dove vive e si allena Nadia Peyrot, campionessa italiana, europea e vincitrice dell’unica
coppa intercontinentale.
Nadia ha 24 anni, vive nella piccola borgata di Cugno e
ormai da cinque anni si dedica allo ski-arc. «Ho fatto per
molti anni gare di sci di fondo, fino alle gare giovanili racconta Nadia - poi o c’è il
salto di qualità con il passaggio alle squadre nazionali o
normalmente molti smettono.
Anziché lasciare ho deciso di
continuare con lo ski-arc. La
tecnica dello sci c’era, dovevo solo imparare a tirare con
l’arco, cosa che mi è riuscita
abbastanza facilmente. Praticare lo ski-arc mi offre anche
la possibilità di viaggiare
molto, possibilità che forse
non avrei avuto», racconta
Nadia. Dal 25 febbraio al 4
marzo è stata in Giappone, a
Kijimadaira, a 20 minuti da
Nagano, per partecipare alla
prima coppa intercontinentale
di ski-arc. «I giapponesi organizzano questa gara invitando tre atleti per ogni nazione - spiega Nadia - c’erano norvegefi, statunitensi,
francesi... È stata un’esperienza molto bella. I giapponesi hanno organizzato la
manifestazione in modo impeccabile. Durante le gare
c’erano tanti bambini delle
scuole lungo il percorso con
le bandiere dei vari paesi.
Soprattutto mi ha colpita la
gentilezza dei giapponesi, la
loro voglia di farti sentire a
tuo agio, di non farti mancare niente: si prodigavano per
cercare del cibo che fosse
adatto a noi e un po’ meno
alla loro tradizione». I due
italiani presenti si sono ben
comportati: Nadia ha vinto
nella categoria femminile e
Peracino in quella maschile.
11 Giappone ha voluto dare
un saluto molto caratteristico
a Nadia prima della sua partenza: «L’ultimo giorno abbiamo visitato Tokyo - racconta - e nella notte, mentre
dormivamo in un grattacielo,
ci sono state due scosse di
terremoto abbastanza forti:
“Tutto normale”, ci hanno
detto i giapponesi...».
Sport
HOCKEY PRATO: IL
VILLAR VINCE ANCORA
— Secondo successo per il
Villar Perosa nel campionato
di A2 di hockey su prato; opposti al Villafranca Verona, i
valligiani hanno iniziato male
e sono andati sotto di una rete
dopo appena cinque minuti.
Da quel momento in poi il
Villar ha cominciato a giocare, fallendo diverse occasioni
fino al 25’, quando Dell’Anno, con una bella deviazione
su corner corto, ha raggiunto
ri-1. Solo la sfortuna nega la
rete del vantaggio nella seconda metà del tempo. Nel secondo tempo, dopo numerosi
errori in avanti, il Villar realizza la rete del vantaggio decisivo su rigore ancora con
Dell’Anno. Nel finale la squadra piemontese corre troppi
rischi, capitan Gastaut salva
sulla linea ed il portiere Bianciotto si esibisce in alcune
belle parate. Finisce 2-1; il
Villar è al comando alla pari
col Mori ma domenica ci sarà
un’impegnativa trasferta col
Padova. Domenica scorsa è
iniziato anche il campionato
di serie B ma la seconda formazione del Villar ha osservato un turno di riposo; domenica prossima, alle 15, par
tita casalinga col Savona.
TENNIS TAVOLO —
Anche i campionati di DI e di
CI sono terminati; in DI annata record per il Valpellice
che ha vinto tutti i 14 incontri
disputati; Sergio e Giuliano
Ghiri, con Battaglia, hanno inflitto un netto 5-0 all’Obac
Chivasso. In CI facile successo (5-3) dei valligiani contro
il Cus Torino che, ormai senza problemi di classifica, ha
schierato due giovanissimi;
due punti per Rosso e Piras,
uno di Malano. Poco felice
l’esito dei concentramenti di
D2 svoltisi a Torino per il
passaggio in DI; la scarsa
prestazione di Alberto Picchi
e di Maurino ha rinviato tutto
alla seconda fase a Verzuolo
ai primi di maggio.
PALLAVOLO — Solo il
Magic Traco, fra le formazioni di Pinerolo, vince nell’ultimo turno; le ragazze della B1
hanno superato per 3-0 lo
Smal unica formazione ancora a digiuno di vittorie. 11
Body Cisco in B2 ha invece
perso a Vercelli col Mokaor
per 3-1 e le ragazze del Gold
Gallery sono state battute in
B2 per 3-2 dal Brugherio.
Dieci ore di spettacolo domenica scorsa alla palestra Alpi
Cozie di Lusema San Giovanni per il torneo «Samuele
Granerò» di pallavolo ragazzi
organizzato dal 3S. Al mattino due incontri di semifinale
assai tirati: il Valli di Lanzo
ha battuto l’Alpitour Cuneo al
tie break ed anche la partita
fra 3S e Pavic Romagnano
Sesia si è conclusa al quinto
set. Nel pomeriggio nella finalina il 3S ha battuto 3-0
l’Alpitour ottenendo il terzo
Pomeriggi musicali dell'Unitrè
Pianoforte e violino
Per il pomeriggio musicale
del 27 febbraio, il duo di pianoforte e violino composto da
Angelo Colletti e Andrea
Ruffilli ha offerto all’Unitrè
di Torre Pellice un bel programma, quasi tutto classico.
Tre sonate assai impegnative:di Johann S. Bach sonata
B.W.V. 1014, di Ludwig van
Beethoven sonata in Mi bemolle maggiore, op. 12 n. 3,
di Johannes Brahms sonata in
La maggiore, op. 100. Infine
4 brani di F. Kreisler, virtuoso
violinista della fine dell’SOO. I
due esecutori, concordi nell’intento di fare musica «con
il fine di stimolare un ascolto
musicale più consapevole in
un terreno di ricerca e di rifiessione sul senso della musica nell’esperienza individuale», hanno dimostrato una perfetta sincronia nell’esecuzione
e una raffinata sensibilità musicale. Il duo ha iniziato l’attività nel gennaio 1995 e tutti
auguriamo loro una lunga e
brillante carriera.
posto, mentre il Valli di Lanzo ha superato in una bella
partita il Pavic per 3-2. Nel
settore giovanile gli Allievi A
del 3S hanno battuto anche il
Chivasso (3-0) mentre la formazione B conosce la seconda sconfitta (0-3 dal Barella)
mettendo in forse i play off.
Due sconfitte anche nella 3“
divisione maschile ad opera
rispettivamente dell’Arti e
mestieri e del Valsusa; nella
terza divisione femminile
doppietta del 3S Bar dei tigli
e del 3S Luserna, rispettivamente sulla Piscinese (3-1) e
sul Pinerolo Vbc (3-0).
PALLAMANO — È ini
ziato questa settimana il campionato provinciale under 15
di pallamano maschile; ben
quattro formazioni della zona
ai nastri di partenzail 3S Lusema, dell’Exes Rivalta e delle novità Candido e Pinasca.
DOMENICA CHIUDE IL
PALAGHIACCIO — Chiù
derà domenica 16 marzo il
palaghiaccio di Torre Pellice;
in programma alcuni interventi di manutenzione; da
confermare un’ultima gara
amichevole per l’HC Valpellice sabato 15 col Como e domenica per la Calle 18.
CORSA CAMPESTRE —
Buoni risultati per i ragazzi
del Pomaretto nel trofeo Città
di Grugliasco di corsa campestre disputatosi domenica 9
marzo. Ivana Roberto ha vinto fra le Allieve e Cristiano
Micol fra gli Juniores. Sul podio anche Francesca Ferrerò
ed Elisa Ribet, 2“ e 3" fra le
Esordienti, Sabina Chiurato 3“
fra le Ragazze, David Ghigo,
2° fra i Ragazzi, Andrea Barrai 2° fra i Cadetti, e Santa
Doina 2“ fra le MF 40.
Appuntamenti
13 marzo, giovedì — TORRE PELLICE: Presso la sede
delle ex scuole Mauriziane prelievo collettivo di sangue dalle
8,30 alle 11,30.
13 marzo, giovedì — SAN
SECONDO: Alla biblioteca comunale alle 21 Daniela Magra
presenta il suo libro «L’ecologia
della salute».
14 marzo, venerdì — PINEROLO: Alle 21 presso il circolo
culturale Stranamore incontro sul
tema «Germania: il modello Europa» con Elia Bosco, facoltà di
Scienze politiche, e Brunello
Mantelli, facoltà di Lettere.
14 marzo, venerdì — PINEROLO: Nella chiesa Madonna
di Fatima, alle 20,45, incontro
con Giancarlo Bregantini, vescovo di Locri-Gerace sul tema
«Nord e Sud d’Italia: divisi o solidali?».
14 marzo, venerdì — PINEROLO: Alle 21 neH’ambito degli incontri «Le stanze della musica» al Salone dei Cavalieri, incontro su «L’arte organica», dialoghi sulle origini, gli organisti e
gli organati italiani dal XVI al
XIX secolo.
14 marzo, venerdì — PINEROLO: Alle 21,15 al liceo
scientifico verrà presentato il video «Valades Ousitanes» prodotto dall’associazione culturale
«Ousitanio vivo», realizzato da
Predo Valla e Diego Anghilante,
che interverranno alla serata.
14 marzo, venerdì — POMARETTO: Alle 20,30, nel
tempio, presentazione del libro
«Per non dimenticare la storia e
noi, noi e la storia», scritto dai
ragazzi della classe II A. Presiede Erminio Ribet, presidente della Comunità montana valli Chisone e Germanasca; interverranno Elvio Passone, Giorgio Merlo, Rinaldo Bontempi, Mercedes
Bresso, Marco Bellion, Gianni
Oliva e Renzo Furlan.
14 marzo, venerdì — PINEROLO: Alle 20,45, al teatro-in
Incontro a Perosa Argentina
Stati dì valico
LILIANA VIGLIELMO
Parlare di valichi e comunicazioni tra i due versanti alpini nella sede della
Comunità montana Chisone e
Germanasca a Perosa Argentina vuol proprio dire trovarsi
nel posto giusto. Scorre infatti a pochi metri di distanza il
traffico del fine settimana, rivolto verso le stazioni sciistiche dell’alta vai Chisone e
anche oltre il Colle del Monginevro, verso la Francia.
Con un’esposizione limpida e ben documentata, il prof.
Tullio Telmon, dell’Università di Torino, ha fatto rivivere questo lontanissimo passato, non però sepolto sotto la
polvere dei secoli ma ancora
vivo nelle parlate locali e nelle tradizioni popolari. Ancora
di più presente nelle valli vaidesi, dove la particolare confessione di fede si è consolidata appunto con i rapporti
con i paesi al di là delle Alpi,
mentre una barriera di intolleranza impediva l’espandersi
nella pianura piemontese.
Questa complessa situazione
di «stati di valico», cioè di
entità politiche a cavallo dei
monti, che ha un suo peso fin
dai tempi del mitico re Cozio,
viene segnata dal punto di vista linguistico dai due importanti valichi del Monginevro
e del Moncenisio. Il Monginevro, facilmente transitabile
durante quasi tutto l’anno, è il
luogo di passaggio più usato
al tempo dei romani e anche
dopo. Attraverso il Colle si
diffonde la cultura provenzale
e occitana, di cui rimane la
parlata dialettale usata nelle
nostre valli. A partire dall’età
di Carlomagno, che entra in
Italia con il suo esercito attraverso il Moncenisio, quest’ultimo valico assume maggiore
importanza e per suo tramite
si introducono nella valle di
Susa delle influenze francoprovenzali. Le due parlate
hanno caratteristiche ben riconoscibili che si riscontrano
ancora oggi.
Nell’area valdese, molto
più tardi, assume una notevole importanza l’uso della lingua francese, per i rapporti
che si erano sviluppati con
Francia e Svizzera e perché il
francese era la lingua della
cultura e della diplomazia intemazionale. Diventa anche la
lingua della predicazione e
una specie di marchio «doc»:
chi usa il francese anche nella
conversazione familiare si
differenzia da chi non lo parla
per nulla. Malgrado la casa di
Savoia avesse adottato già a
metà del XVI secolo l’italiano
come lingua ufficiale, ai vaidesi non viene proibito l’uso
del francese purché paghino
le tasse. Al giorno d’oggi, dove più dove meno esiste ancora una situazione di quadrilinguismo: declinano il patuà e il
francese parlati, ma li si capisce ancora; prendono piede il
piemontese, il dialetto della
fabbrica, e la lingua nazionale, cioè l’italiano.
Nei rapporti internazionali
si afferma l’inglese .scolastico
e commerciale. Le parole del
prof. Telmon hanno evocato
una montagna viva, dotata di
una sua autonomia e di un peso politico non indifferente:
tutto questo si è perduto, ma è
bene di tanto in tanto ripensare, senza retorica o luoghi comuni, come si è fatto a Perosa, alle proprie radici.
contro di via Caprini, nell’ambito della stagione teatrale pinerolese 1996-97 va in scena «Caro
professore», di Adriana Asti, con
Adriana Asti e Cochi Ronzoni.
Ingresso lire 32.000.
15 marzo, sabato — TORRE
PELLICE: Alle 21 nel tempio
dei Coppieri, il coro «Les Harmonies» diretto da Enrico Charbonnier presenta il concerto
«Canti tradizionali delle valli
valdesi», a favore della realizzazione di uno spazio per gli studenti del Collegio valdese. Ingresso libero.
15 marzo, sabato — PINEROLO: Al Teatro-incontro di
via Caprini 31, alle ore 21, per la
II rassegna «Cantincoro, concerti
di primavera» concerto del coro
«Tre pini» di Padova, diretto dal
maestro Gianni Malatesta. Ingresso lire 10.000.
15 marzo, sabato — PINEROLO: Al circolo Stranamore,
alle 21,30, concerto di Bandamanera, fare rock raccontandosi.
15-17 marzo — SAN SECONDO: Fiera di San Giuseppe,
con la quinta edizione del mercatino dell’usato «11 robivecchi»
domenica 16.
16 - 23 marzo — SAN SECONDO: Nella sala del Comune
gli allievi deH’Accademia albertina delle Belle Arti di Torino e le
scuole di scenografia e corsi di
costume per lo spettacolo, presentano la mostra «Dietro il sipario»,
bozzetti e maquettes. L’inaugurazione avverrà domenica 16 marzo
alle 11,30, l’orario di visita è il
seguente: feriali 15-19, sabato e
festivi 10-12 e 15-19.
16 marzo, domenica — PINEROLO: Alle 21, al salone dei
Cavalieri, incontro con M. Abba
sul tema «Il balletto in Europa
tra ’800 e ’900». Ingresso libero.
17 marzo, lunedì — TORRE
PELLICE: Alle 17, ail Liceo europeo, per il corso di aggiornamento del gruppo Lend pi nerolese, incontro in lingua francese
con Jean Bastianelli sul tema
«L’actualité politique dans l’enseignement de la civilisation».
18 marzo, martedì — TORRE PELLICE: Nella biblioteca
della Casa valdese, alle 15,30,
per rUnitrè, conferenza sul tema
«Incontro di due generazioni. La
redazione della Beidana presenta
la .sua rivista».
19 marzo, mercoledì — PINEROLO: Al cinema Ritz alle
20,45, per la rassegna Cineforum, è in programma il film
«Stonewall» di N. Finch.
19 marzo, mercoledì — PINEROLO: Presso la scuola media Silvio Pellico, succursale zona Serena, alle 17 per il corso di
aggiornamento per insegnanti
«Le contraddizioni della modernità» incontro con Claudio Canal sul tema «La musica della
modernità».
20 marzo, giovedì — PINEROLO: Presso la libreria Volare, in corso Torino 44 alle 20,45
incontro con Lionello Gennero
sul tema «La città ideale e il teatro nel Rinascimento».
20 marzo, giovedì — TORRE PELLICE: Alle 15,30, nella
biblioteca della Casa valdese, per
rUnltrè, concerto con Alberto
Petrini al pianoforte.
21 marzo, venerdì — TORRE PELLICE: Alle 15,15, a
Villa Elisa, l’Ywca e l'Ucdg organizzano un incontro con Elena
Ravazzini che presenta il suo libro «La via degli specchi».
21 marzo, venerdì — TORRE PELLICE: Presso la bottega
del possibile, alle 21, l’Associazione per la pace Valpellice organizza un incontro con Claudio
Canal sul tema «Il velo di Sion. I
miti e la storia di Israele».
21 marzo, venerdì — ANGROGNA: Nella biblioteca comunale, alle 21, incontro sul tema «Il tempo: orologi solari e
meridiane», conferenza e diapositive con il dr. Gianni Mattana.
21 marzo, venerdì — TORINO: Il coordinamento attività
musicali del Pinerolese propone il
concerto dell’orchestra sinfonica
nazionale della Rai presso l’auditorium del Lingotto: musiche di
Cahusson e Schubert. Partenza in
pullman da Perosa (18,45), Pina.sca (18,50), Villar Perosa (I8,.55)
e Pinerolo ( 19,10).
Servizi
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 16 MARZO
Villar Perosa: Farmacia De
Paoli - via Nazionale 29, tei.
51017.
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 16 MARZO
Bobbio Pellice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744.
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Cspedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Cinema
TORRE PELLICE -- Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 13 e venerdì 14,
ore 21,15, Dal tramonto
all’alba; sabato 15, ore 20 e
22.10, domenica 16, ore 20 e
22.10, II club delle prime
mogli; domenica, ore 16 e 18,
lunedì 17, ore 21,15, martedì
18, ore 21,15. Dragon Heart.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì 14, ore 21, Cresceranno i carciofi a Mimango, sa
fiato 15 marzo, ore 21, Uno
sguardo dal cielo; da dome
nica 16(15, 17, 19, 21) a giovedì 20 Space jam; feriali
spettacoli ore 19,30 e 2 I ,
chiuso il mercoledì.
PINEROLO — La multisa
la Italia propone alla sala
«5cento», Jerry Maguire; feriali 19,45 e 22,20, prefestivi
19,45 e 22,30, festivi 14,30,
17,15, 19,45, 22,20. Alla sala
«2cento» è in visione Creature selvagge; feriali 20,20 e
22.20, prefestivi 20,20 e
22,30, festivi 14,30, 16,30,
18.20, 20,20 e 22,20.
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Torino: è morta improvvisamente, a 60 anni, la
Elena Vigliano, una vita spesa
prima diacona di comunità
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Islells qualità del suo servizio^ nella sua dimensione di umanità e simpatia^ c'era
la vera radice di un'autentica vocazione ispirata e guidata dalla parola di Dio
ALBERTO TACCIA
Era molto brava Elena Vigliano nel suo lavoro amministrativo presso l’Editrice
Claudiana di Torino. Ma a
mezzogiorno, quando gli impiegati escono per il pranzo,
Elena schizzava in ospedale a
visitare gli ammalati, e così
faceva al termine della sua
giornata di lavoro: anziani,
ammalati, persone sole, casi
particolari in difficoltà occupavano il resto del tempo che
leerá concesso. Lo faceva
con quella passione, quella
sollecitudine e attenzione alle situazioni umane che dovevano caratterizzare il suo
ministero successivo.
Non fu facile convincere
Carlo Papini, direttore della
Claudiana, a rinunciare a una
così brava collaboratrice, impegnata ormai da quindici
anni in questo lavoro, cioè
da quando aveva lasciato il
Gruppo residente di Agape.
Fu meno difficile convincere
Elena a dedicarsi a pieno
tempo a un lavoro che com; piva già con dedizione. Ma
Elena richiese un voto dell’assemblea di chiesa. Non
ì voleva essere impiegata, ma
i chiamata dalla sua comunità,
gosì, nel marzo del 1984, Tasæmblea di chiesa, dopo aver
. approvato un dettagliato progetto presentato dal ConciItoro per un servizio diacofnale a pieno tempo nella
fChiesa valdese di Torino, con
:Voto quasi unanime chiese a
''Elena di ricoprire questo incarico, avendo riconosciuto
miei i dono necessari per poterlo assolvere nel migliore
dei modi. Era il primo esperimento di servizio diaconale
nell’ambito di una chiesa locale. La necessità di trovare
un’adeguata sostituzione per
il lavoro presso la Claudiana
fece sì che soltanto col 1° febbraio 1985 Elena potesse finalmente dedicarsi pienamente al compito per cui si
sentiva e fu chiamata.
La sua attività confermò
pienamente la natura della
funzione del diacono che,
nella nostra chiesa, non è subordinata al pastore, ma costituisce un ministero con un
compito specifico che si affianca a quello pastorale e si
Integra nel servizio generale
della comunità promuovendone e sviluppandone aspetti
particolari. E così Elena non
ebbe difficoltà a Inserirsi in
tutti i settori della vita della
chiesa che riguardavano gli
aspetti di assistenza, sostegno, informazione, accompagnamento, servizio alla persona in difficoltà. Già nel di
cembre dell’85, nella relazione personale che la chiesa di
Torino chiede ogni anno ai
propri pastori, candidati e
diaconi, riferiva di aver compiuto ben 212 visite domiciliari, senza contare le ben più
numerose visite agli ammalati negli ospedali e agli ospiti
delle case di riposo. In una
relazione successiva così
scriveva: «Ci si rende conto
che mille sono le cose che si
possono fare, altre se ne possono Inventare, ma pur lavorando la giornata intera, le
ore non bastano per tutto e
bisogna operare delle scelte a
seconda delle urgenza».
E, negli ultimi anni, l’urgenza fu il problema degli
immigrati in situazioni sempre più difficili: ricerca di lavoro, casa, contatti con Questura, uffici comunali, associazioni varie con cui stabilire rapporti di collaborazione
in un’ottica globale di intervento, la gestione della casa
di prima accoglienza di corso
Oddone, il deposito bagagli
per gli stranieri, la partecipazione a convegni e dibattiti.
Inoltre, Elena era presidente
dell’Associazione «Genti e
città» per la ricerca e il consolidamento di condizioni di lavoro e abitative degli immigrati. Lfn immenso lavoro
che ha contribuito a collocare la nostra chiesa.tra le strutture cittadine più apprezzate
per il lavoro con gli extracomunitari. Le undici relazioni
annue personali documentano un’attività sempre più intensa e impegnativa.
Ma il suo lavoro non può
essere valutato In termini puramente quantitativi, è necessario aggiungervi la competenza che Elena aggiornava e sviluppava partecipando
a corsi di formazione e costituendo un vasto archivio di
documentazione specializzata. Ma è soprattutto la qualità
del suo servizio che tutti abbiamo apprezzato: quella dimensione di umanità e di
simpatia, quella capacità di
dare fiducia, coraggio e consolazione a tante persone sole, ammalate, depresse. Tutto
questo rivela la vera radice
del suo lavoro: una vocazione
autentica di amore e di servizio ispirata, guidata e sostenuta dalla parola di Dio, dalla preghiera e dalla forza dello Spirito del Signore. Elena
non ha nascosto il talento
che ha ricevuto, ma lo ha valorizzato, lo ha speso e lo ha
moltipllcato. E il Signore disse: «Va bene, buono e fedele
servitore, entra nella gioia del
tuo Signore {Matteo 25, 21) ».
Era la notte del 6 marzo 1997.
Il Consiglio di pastori evangelici
Un luogo di scambio
al servizio delle chiese
PASQUALE lACOBINO
IL Consiglio dei pastori di
Firenze compie 70 anni.
Oggi si chiama «Incontro dei
pastori o anziani di chiese e
responsabili di movimenti e
opere evangeliche di Firenze
e dintorni» e riunisce mensilmente, dal 1927,1 pastori, gli
anziani, i responsabili delle
variegate realtà dell’evangelismo fiorentino. Ricostruiamo
alcuni passaggi della sua storia con l’aiuto dell’attuale
presidente, Piero Bensì, pastore battista emerito.
- Da chi era composto e di
che cosa si occupava 70 anni
fa il Consiglio dei pastori?
«Il 28 febbraio 1927 veniva
stilato per la prima volta un
breve statuto, con poche regole, e veniva eletto un presidente, il pastore battista Ignazio Rivera. In realtà, già da alcuni anni i pastori bmv e un
anziano delTAssemblea dei
Fratelli si ritrovavano saltuariamente per decidere alcune
attività comuni. Vi parteciparono inizialmente le due
Chiese valdesi di Firenze (via
Manzoni e via Serragli), la
Chiesa battista, l’Assemblea
dei Fratelli, la Chiesa metodista wesleyana e quella metodista episcopale. In quegli anni la Chiesa awentista chiese
per ben due volte di far parte
del Consiglio, ma questi, sia
pure molto cortesemente, respinse le domande. Le attività
erano molto ridotte: i temi
per i culti alla casa di riposo
Asilo Italia, quelli per la settimana santa e poche altre cose. Fu respinta, dopo lunga
discussione, l’idea di un culto
unico per la Domenica della
Riforma. Nel ’32 ci fu un’espressione di solidarietà ver
La
realtà valdese e battista a Campobasso e le prospettive di sviluppo per una vasta diaspora
Una seconda sede pastorale bmv in Molise
GIANNA SCICLONE
MI sono recata in visita, su
incarico della Ced del III
Astretto, a Campobasso infÀeme al sovrintendente del
i2° circuito, Enos Mannelli.
‘la
sera del 14 febbraio abbia
|mo incontrato i due Consigli
di chiesa, battista e valdese.
Nel pomeriggio abbiamo visitato Ripabottoni e Macchia
Valfortore sedi di piccole
chiese battiste molisane. Con
i Consigli i punti all'ordine del
giorno sono sostanzialmente
due: problemi pratici riguardanti il processo di «unificazione» delle due chiese, e ipotesi di una seconda sede pastorale in Molise. Alla richiesta su come stanno vivendo le
due chiese questo processo di
unificazione rispondono il
pastore (Dario Saccomani) e i
consiglieri, lamentando di essere stati lasciati in solitudine
su questo punto, anzi di essetestati più volte «frenati».
Le due comunità sono
giunte dopo molti anni a questa decisione, dalla quale sotto ben certe di non voler torttare indietro, e parlano di
"Unificazione» e non di intestazione o di collaborazione.
Lsse hanno un solo pastore
toattista), che abita nella casa
Pastorale (valdese), due Con®’gji di chiesa con una giunta
ttnica, casse separate per gli
esecutivi ma unica quella logestiscono insieme due
blese e su entrambe la scritu e «Chiesa evangelica valde®'battista», che non è proPtio una bella insegna, ma
on ne hanno trovata una
d bore. Il culto si tiene la
^ i^^tiica mattina in sede
"utdese, ma nell’altra chiesa
Campobasso, 1960: si inaugura ia chiesa vaidese
si fanno molte attività settimanali. Gli incontri ecclesiastici sono sempre comuni e
suddivisi fra i due locali.
Non è detto che dappertutto in Italia si debba fare lo
stesso, ma è anche bello sapere che da qualche parte
questo si fa e non è indispensabile che questa sia Tunica
esperienza del genere. Campobasso è un’esperienza pilota nell’ambito del programma bmv; vi sono molte altre
città in cui sono presenti entrambe le nostre chiese, insieme anche ad altre. Ci saranno risposte diverse in luoghi diversi, ma è anche utile
sapere che si possono superare le barriere, i rancori, le
rivalità, sapere che la riconciliazione è possibile anche fra
le nostre chiese, le quali
quanto più sono simili tanto
più possono essere rivali.
E questa è l’esperienza che
di solito prevale, spesso ammantata di una pietosa ipocrisia, con la quale si dichiara
che «...però i rapporti sono
buoni». La tesi, sostenuta dai
contrari a una collaborazione
troppo spinta, che bisogna
moltiplicare 1 luoghi di culto
anziché concentrarli, può essere buona nelle grandi città,
ma a Campobasso non si effettua una riduzione, perché
se il culto e le attività settoriali si fanno in letizia tutti insieme, si usa moltissimo anche
l’altra chiesa (quella battista),
che è in un luogo molto centrale e viene tenuta aperta,
per mostre di evangelizzazione, gruppi di studio, conferenze, ecc. Campobasso non
vuol vivere questa esperienza
al ribasso, ma come rilancio
di una presenza significativa
in città: e in effetti si palpa
con mano l’atmosfera di carica emozionale, insieme al paziente lavoro di cucitura di
rapporti fra tutto quello che si
muove nella città.
Altro punto è il progetto di
una seconda sede pastorale
che comprenda le due chiese
battiste più vicine a Campobasso e la chiesa valdese di
San Giacomo degli Schiavoni.
Ripabottoni è un paese situato a circa 43 km da Campobasso (altitudine 650 m, un
migliaio di abitanti). Le risorse sono agricole, 1 pendolari
lavorano a Campobasso o a
Termoli. C’è una chiesa battista di circa 60 mq, sormontata da un rustico che, restaurato, potrebbe far da sede pastorale. Le spese sarebbero
minime con manodopera locale. Anche gli affitti sono
molto bassi. I membri di
chiesa regolari sono 9, ma i
frequentati più del doppio, di
età media fra 30 e 40 anni, c’è
qualche bambino e 5 giovani.
La popolazione evangelica
complessiva è sulle 30 unità,
c’è il culto domenicale e uno
studio biblico settimanale per
un gruppo serio, impegnato,
voglioso di crescere.
Macchia Valfortore è a 30
km da Ripabottoni e 36 da
Campobasso, su una strada
piena di curve, è posto a 450
m non lontano da un bel lago
che in futuro potrebbe essere
risorsa turistica. C’è una chiesa di proprietà delTUcebi: i
membri anche qui sono 9 ma
i frequentanti in media 25, c’è
la scuola domenicale per gli
11 bambini, una decina di
giovani e gli evangelici superano la trentina. C’è una diaspora, Pietracatella, dove abitano 6 persone che frequentano il culto a Macchia: lo
studio biblico si tiene quindicinalmente a Pietra o a Macchia, il culto è ogni domenica.
San Giacomo degli Schiavoni dista 50 km da Ripabottoni, si trova verso il mare, è
praticamente alla periferia di
Termoli. La chiesa valdese è
giusto all’ingresso del paese,
con una piccola casa pastorale, anch’essa bisognosa di
molte ristrutturazioni per
renderla confortevole. Così
può essere pied-à-terre estivo. La chiesa era forte e numerosa prima della grande
emigrazione degli anni ’50,
poi si è ridotta ai minimi termini e ha finito per inglobare
il gruppo di Guglionesi; ora si
avvantaggia del ritorno di
pensionati dopo l'emigrazione e conta una trentina di
membri, alcuni sotto i 50 anni: qui si dovrebbe puntare a
un progetto di evangelizzazione per Termoli, cittadina
in espansione, sede di industrie, forse la più accessibile
città molisana. La presenza di
altri evangelici, fondamentalisti, significa che potrebbero
esserci degli spazi da coprire:
gli evangelici riformati, i cosiddetti «storici» non sono
ancora conosciuti. Ci sono
aperture con il cattolicesimo
ecumenico che vuole incontrarsi con noi, nel corso della
«Settimana» si sono svolte
manifestazioni di cui si è parlato su questo giornale.
In conclusione sembra proprio che valga la pena puntare su queste zone, solo in apparenza un po’ isolate. Le
chiese bmv devono riparare
all’errore di aver quasi abbandonato questa parte della
penisola, il moltiplicarsi di
progetti locali e il loro lento
esplicarsi consentirà una fecalizzazione di problemi comuni, sostegno per chi verrà
a lavorarci, lo scambio di materiale (mostre, volantini,
conferenze) sarà possibile e si
dovrà puntare sia all’espansione delle chiese che ci sono
già, sia alla creazione di nuove: saranno fin dall’inizio
chiese bmv? È bello pensare
che dovremo inventarci delle
insegne con il loro nome.
so il pastore awentista Lippolis, processato perché sul
giornale da lui diretto era apparso un articolo in cui il papato veniva definito come
“l’anticristo”».
- 70 anni di storia, una
guerra mondiale e l'alluvione
di Firenze. Come cambiò la
vita del Consiglio?
«Durante la guerra le riunioni furono brevi e molto
saltuarie. Fu nell’immediato
dopoguerra che ci fu un gran
da fare: distribuzione degli
aiuti dagli Usa, turni per i culti radio. Io arrivai a Firenze
nel 1957, dove incontrai colleghi che stimavo molto come
Carlo Gay, Alberto Ricca, Pier
Paolo Grassi. Fu per me una
grande esperienza. L’alluvione del 1966 segnò un’altra
svolta. Anche in quella dolorosa circostanza il Consiglio
dovette occuparsi di distribuire con oculatezza ed equità gli
aiuti giunti per le chiese e per
le famiglie più colpite. Questo
intensificò i contatti con altre
comunità evangeliche che nel
giro di pochi anni entrarono a
far parte del Consiglio: le
chiese awentista, pentecostale, del Nazareno, luterana,
apostolica, riformata svizzera, americana episcopale,
l’Esercito della Salvezza e altre chiese libere. Il “territorio”
del Consiglio si allargò fino a
Siena, Prato e Pistoia. Circa
12 anni fa poi furono compresi anche i responsabili
delle opere diaconali, della
Libreria evangelica, del Centro di cultura, del movimento
dei Gedeoni. Attualmente 1
membri del Consiglio sono
43, con una presenza media
di 20-25 persone, fra cui i pastori in pensione che sono
membri di diritto».
- Di che cosa si occupa, oggi, questo gruppo di persone?
«Dell’organizzazione dei
culti in comune (Domenica
della Riforma e delle Palme),
dei rapporti ecumenici, dei
temi del Centro di cultura,
dei culti settimanali alla casa
di riposo del Gignoro; si organizzano corsi per predicatori
locali. II Consiglio (oggi denominato “Incontro”) è un
luogo di scambio di idee su
argomenti vari e di circolazione di informazioni sulle
iniziative delle singole chiese.
Da sottolineare la fortissima
presa di posizione pubblica
contro l’insegnamento religioso cattolico nelle scuole».
- Fino a che punto le decisioni del Consiglio sono vincolanti per le chiese?
«Nessun vincolo. Tutte le
decisioni, per diventare esecutive, devono avere l’approvazione delle chiese e delle
opere. Il Consiglio discute di
tutto, ma poi sono le chiese
che decidono. Due esempi: 1)
non tutte le chiese fiorentine
desiderano partecipare alle
riunioni con i cattolici. Il
Consiglio tuttavia discute
ampiamente la questione,
esprime i suoi parer, ma poi
solo le chiese interessate nominano i loro rappresentanti
nella commissione ecumenica, formata da cattolici e protestanti. 2) lo stesso schema
funziona per campagne di
evangelizzazione, concerti,
conferenze promosse da alcuni e non condivise da tutti:
il Consiglio si confronta, le
chiese decidono se aderire o
meno. Vi sono anche iniziative sulle quali il Consiglio decide ma si tratta di quelle di
cui ha ricavato, preventivamente, un mandato organizzativo dalle chiese. In ultima
analisi, il Consiglio è un organismo libero che non impone
nulla a nessuno, è soprattutto una palestra per conoscerci e per imparare gli uni dagli
altri. E tutto nel segno dell’
agape fraterna».
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 14 MARZO igi
Fu guida dell'Ywca-Ucdg fra gli anni Cinquanta e Sessanta
La presidente Margherita Gay Meynier
Una totale adesione allo spirito dell'associazione, che ricevette da lei
una spinta all'azione sociale e alla scoperta della spiritualità
FLORESTANA PICCOLI SFREDDA
UNA giovanissima nipote
di Elisa Meynier (fondatrice insieme a Elisa Schalck
deH’Ywca-Ucdg) fu attratta
dagli ideali di amore e di servizio ma altresì di fervore sociale e spirituale sottesi all’iniziativa delle fondatrici;
aderì pertanto all’Associazione come «cadetta» negli anni
’20. Si chiamava Margherita
Me>mier. Socia effettiva a 16
anni, dal 1931 partecipò alle
attività e ai congressi nazionali Ucdg, dì cui sarebbe stata eletta presidente nel 1954,
carica che le venne riconfermata dopo il primo quadriennio. Scorrendo le pagine di «Ali», di cui era allora
direttrice Ines Zilli Gay (a cui
successe per lungo tempo la
stessa Margherita) si possono
rivivere gli anni densi di lavoro e di profonda spiritualità
che hanno caratterizzato la
presidenza e l’intera vita di
Margherita.
Valdese, figlia del pastore
Enrico Meynier, ma sempre
aperta al dialogo nel rispetto
di tutte le posizioni, quando
veniva eletta presidente dal
XII Congresso raccoglieva
dalle mani di Ketty Comba
una duplice consegna, che
avrebbe trasmesso otto anni
dopo a Graziella Perrin Pasquet: l’impegno ecumenico
e l’impegno sociale. Dirà
Marta Turin, un’altra valorosa figura deirUcdg, nel suo
saluto alla neopresidente:
«Hai accettato per quel vivo e
profondo senso del dovere
che ben risponde alla tua natura schietta e leale (...). Vorrei che tutte noi, vicine a te o
più lontane per circostanze
diverse, ti seguissimo con
spirito di fraterna solidarietà
in questa nuova via, in questo nuovo compito che chiediamo a Dio di benedire». Lo
spirito religioso in quegli anni pervade fortemente l’associazione e la fede profonda di
Margherita vi aderisce totalmente nel percorrere con fermezza e costanza, senza esibizionismi ma altresì senza
tentennamenti, quelle linee
operative in cui traduceva e
concretava il suo mandato.
«La donna cosciente delle sue
responsabilità - aveva affermato all’inizio della sua presidenza - riceve per dare: i talenti che essa ha ricevuto e accresciuto non li conserva per
sé, ma cerca di usarli a favore
del prossimo. Questa è una
caratteristica essenziale della
nostra associazione: il fatto di
affondare le sue radici nel
messaggio di Cristo» («Ali» n.
9-10, 1954). Esponendo così
con sobrietà ma con grande
lucidità la traiettoria in cui
doveva porsi l’Ucdg, Margherita iniziava a svolgere il suo
compito, fiancheggiata da
una indimenticata segretaria
nazionale: Mary Rossi.
Margherita ha sempre favorito scambi anche con altre
associazioni, coadiuvata da
grandi amiche; Silvia Meille,
Lina Giampiccoli Gibert,
Bianca Decker Meynier, Frida Malan e altre. La consorella Ymca-Acdg, le nascenti
consulte per la parità salariale, i movimenti femministi
all’epoca più rappresentativi
quali la Fidapa, la Fildis, l’Alleanza femminile internazionale, e altri, videro la sua atti
Notizie evangeliche
agenzia stampa
abbonamento annuo L. 60.000
da versare sul ccp 82441007
intestato a Nev - Roma
va partecipazione e particolarmente significativa fu la
sua presenza nel Consiglio
nazionale donne italiane
(Cndi), a cui tuttora l’Ywca
italiana è affiliata. La troviamo poi impegnata nella battaglia abolizionista della senatrice Lina Merlin, con cui
avrà uno scambio di lettere e
incontri: a questa battaglia
dedicherà scritti, tempo ed
energie anche dopo la conclusione del suo mandato.
La parità salariale, la preparazione professionale, l’emancipazione e la promozione della donna, le problematiche di avanguardia nel processo di una autentica liberazione e uguaglianza in una
società permeata di maschilismo, coinvolgeranno sempre
Margherita, che parteciperà a
numerosi incontri e convegni
quale portavoce dell’associazione laica, femminile e cristiana che è fiera di rappresentare. Preme anche l’acceleratore per l’opera a favore di
zone depresse del Sud: insieme a bravissime operatrici sociali sviluppa il lavoro unionista in Calabria e a Napoli, raggiungendo anche la Sardegna
a Orgosolo, mentre i foyer
nelle città del Centro-Nord
svolgono attivamente il loro
compito di accoglienza a giovani studentesse, lavoratrici,
donne sole e anziane. E lei ne
tiene, instancabile, le file, curando i contatti con ogni singolo centro.
Nel 1959 parteciperà al
Consiglio mondiale dell’Ywca
a Cuernacava (Messico); è la
prima volta nel dopoguerra
che esso si tiene in America
Margherita Gay Meynier con ia
rivista deli’Associazione
Latina. Di quelle giornate redigerà una ricca relazione in
aereo; in altre occasioni spingerà le socie più giovani a
partecipare a incontri internazionali, proiettando sempre più l’immagine dell’Ywca
italiana all’estero.
All’attività sociale Margherita affianca però sempre la
dimensione spirituale, che si
identifica in uno dei tre lati
del nostro «triangolo» (sviluppo delle forze fisiche, intellettuali, spirituali: queste
ultime intese come fonte di
amore attivo, sereno nella
speranza e nella fede). Il
triangolo unionista, simbolo
della nostra fede in Cristo,
come deduciamo dagli artt.
2/4 dello Statuto nazionale
e del bellissimo «Preambolo» che apre la Costituzione
mondiale, fondandola sulla
formula trinitaria comune a
tutti i rami della cristianità.
Non tutte le socie italiane
condivisero la chiara matrice
cristiana e ecumenica di que
® Il XVII Febbraio a Susa
Una giornata fraterna
Domenica 23 febbraio la
Chiesa valdese di Susa ha vissuto una giornata particolarmente intensa: al mattino,
durante il culto del XVII Febbraio, ha fatto la sua professione di fede Paola Canu, circondata da parenti, da amici
e dall’intera comunità. Il
pranzo, preparato dall’Unione femminile, ha visto la presenza delle chiese battiste di
Mompantero, Bussoleno e
Sant’Antonino, nonché della
rinata comunità pentecostale
della Val Susa.
Nel pomeriggio il Centro
culturale «Piero Jahier» ha
presentato il libro di Walter
Odiardi sulla storia dell’alta
Val di Susa (e Chisone) tra la
Revoca dell’editto di Nantes
(1685) e la battaglia dell’Assietta (1747). Pubblicato in
occasione dei mondiali di Sestriere*, tradotto in inglese e
distribuito a mezzo mondo, il
libro è purtroppo già esaurito.
Davanti al pubblico che gremiva la nostra chiesetta (notati l’assessore comunale alla
Cultura, Paone, e il consigliere regionale Vindigni) Anna
Rostagno Telmon, Luca Patria
e Giorgio Bouchard hanno
perciò illustrato oralmente i
contenuti del libro: fondandosi su archivi di stato, di famiglia e società, su studi e
memoriali inediti, Odiardi
traccia la storia affascinante
di una regione intrisa di cultura occitanica, tradizionalmente legata al Delfinato e al
Regno di Francia, che viene
gradualmente assorbita dal
Piemonte sabaudo e privata
della sua valorosa minoranza
valdese e riformata.
A dire il vero, è stata la
Francia a dare la prima mazzata, prima ancora della re
voca dell’editto di Nantes:
ma con il passar degli anni, le
speranze riposte nel sovrano
sabaudo si sono rivelate vane; Vittorio Amedeo II ha gradualmente sfiancato le fiorenti comunità di Chiomonte, Salbertrand, Fenils, Sauze
di Cesana e alla fine le ha
soffocate del tutto. Abbiamo
tutti ascoltato con un fremito
l’elenco di 18 evangelici di
Fenils incarcerati nel 1717:
abbiamo seguito la testarda
resistenza di quel Jean Jayme, sindaco di Sauze, che approfitta di ogni occasione per
tornare a proclamare la sua
fede riformata, o l’amaro destino di «Elisabeth la prophètesse» confinata senza pietà
nella lontana Ceva. Odiardi
(che vive a Meana ed è membro della Chiesa valdese di
Susa) ha simpaticamente
reagito alle lodi degli oratori
sottolineando una delle sue
ipotesi più care: a parer suo,
la vittoria di Salbertrand sarebbe stata del tutto impossibile senza l’aiuto degli ex vaidesi cattolicizzati per forza: il
finto mendicante che incontra Arnaud al Moncenislo e
sicuramente gli dà utili ragguagli per il Ritorno era (secondo le autorità piemontesi) un «convertito» di Oulx:
ma anche altri devono aver
collaborato al Rimpatrio, nella giornata stessa di Salbertrand. 11 fuoco covava dunque sotto la cenere.
Cova ancora? Con questa
domanda non retorica ci siamo lasciati al termine di questa giornata bella, fraterna e
incoraggiante.
(*) W. Odiardi: Le alte valli di
Susa e del Chisone. Alle radici di
un mito storiografico. Torino,
Sgi, 1997.
Sta associazione laica, aperta
a «donne di confessioni e posizioni cristiane diverse», unite dall’esigenza di seguire
l’insegnamento di Cristo, di
vivere l’amore del prossimo e
di approfondire il senso della
propria responsabilità individuale e collettiva «senza discriminazioni di razza, di religione e di opinione» nel
quadro di «un’azione comune
per il progresso e la pace»
(artt. 2/3 dello Statuto nazionale): Margherita seguì però
con fedeltà e rigore il percorso iniziato, senza cedimenti.
Concludo questo rapido
scorcio non solo sugli otto
anni di presidenza condotta
con silenzio, con dignità, con
tenacia, con tanta fede, ma
sulla sua intera esistenza, dedicata al servizio e all’amore
nella famiglia come nell’Associazione e nella chiesa, citando alcune brevi parole da
lei pronunciate nel 1958, alla
ripresa del suo mandato;
«Vogliamo tutte riprendere il
cammino con gioia, fermamente decise a proseguire con
impegno e zelo rinnovati (...)
sempre più animate dallo
spirito di consacrazione a Dio
e di servizio al prossimo, che
costituisce l’essenza della nostra associazione» (v. «Ali» n.
9/12, 1958). Messaggio breve, scarno, come era nel carattere di Margherita, ma carico di fede, di amore, di determinazione e, per l’appunto, essenziale. È il messaggio
che Margherita lascia a tutti
e a tutte noi, la sua eredità
spirituale, un buon viatico
per il nostro cammino. Arrivederci, amica mia.
CATANIA — Le musiche di Locatelli e Bach eseguite dai «f
meristi di Catania» (tra i quali figura anche un musici,
emergente valdese. Marco Panasela) hanno dato inizio,
la serata del 17 febbraio, che ha visto successivamentf
conferenza del pastore Giorgio Bouchard dal titolo:
noranza significativa: origine, sviluppo e prospettive J
movimento evangelico in Italia». Con vivacità BoucL
ha condotto il pubblico dalla storia dell’800 evangeli
all’attuale presenza in Italia, con l’ausilio di ricche esj
rienze personali. È stata una testimonianza di fede ini
ministero pastorale e intellettuale globale: dalla chiesa
sot
LILI
cale con l’appuntamento settimanale con il pulpito,« Tl 30
inistrazioa 1 svolt
organismi ecumenici internazionali aU’amministrazior| _
alle opere diaconali, con la costante voglia di scrivej tuto «G
pensare e interrogarsi criticamente sul passato e sul n protest
getti futuri; un ricco (e certo benedetto) itinerario bio^ presem
co narrato con vivaci battute. Non sono mancati, da pij mitato
del pubblico, partecipazione e interesse; fra i presenti,) delle cl
no stati notati con piacere diversi responsabili di all sempre
chiese evangeliche catanesi con cui si può sperare dij quadro
viare nuovi progetti di collaborazione. Parlari
LIVORNO — Domenica 23 febbraio nella chiesa battista dii
yorno (Villa Corridi) hanno reso testimonianza battesimi cruno (
i fratelli Fabio Baloanzi di 28 anni e Giorgio Ghelardinlj ^er
45 anni, che sono divenuti membri effettivi della comuni posi
E stata «festa in cielo e in terra» perché al culto e alla s( ^ambi
cessiva agape fraterna nelle sale del tempio hanno partii la fores
pato sorelle e fratelli della Chiesa dei Fratelli di via Orsi) mazion
go. L’occasione ci ha riuniti nella benedizione, nel cai| p se
nel ringraziamento e ci ha offerto l’opportunità di proj centro
guire come evangelici la comune testimonianza in presi lo scop
za di tantissime altre persone che hanno ascoltato il noji jg jn vi
rendere grazie al Signore. Il culto è stato presieduto dall spondo
store e l’atto battesimale è stato condotto dal fratello En pue pi
Weatherford, membro del Consiglio di chiesa, secoi aio oc
l’innovazione scaturita dall’apposita riunione di preghi ^nori
istituita dall’assemblea nei tre giorni precedenti il «batto educati
mo d’acqua». Il Signore benedica l’opera sua e il servi noires
che ci chiede di assolvere alla sua gloria, (m.d.n.) co, che
ROVERETO — Nella piccola diaspora trentina della Chi< ^dolesc
valdese di Verona la Settimana della libertà, che
evoca
stramei
liberazioni concesse il 17 febbraio 1848 al popolo valdei
è stata vissuta in totale semplicità, ma nella coscienza!
senso che oggi deve assumere quella memoria sroricàf
quest’anno, nel segno della riconciliazione, «dono diDià
sorgente di vita nuova». Come già gli scorsi anni, il mani
sto edito dalla Fcei è stato affisso in tutte le scuole supei|f ^?
ri della città, alla biblioteca civica «Tartarotti» e alle bac||®^
che della sala valdese. Il colorito e significativo logo*^'"^? *■
Graz ha così recato a Rovereto il messaggio dell Evang^®^'^'''^
«...va’ prima a riconciliarti con tuo fratello» (Matteo 5,1
Le due braccia che si protendono, il simbolo dell’amM'^®®^ '
nella ricerca della comunione e del dialogo, il suolo feil
ebe nutre il fiore, hanno indubbiamente offerto andf) J
questo piccolo angolo del Trentino la speranza viva dif "
morie riconciliate neUa pienezza dell’amore, (f.p.s.)
e fómis
cativo, !
Cattolici, evangelici e ortodossi a Modena
Incontri biblici interconfessionali
GIOVANNI ANZIANI
PROSEGUONO gli incontri
1 .... ........
mensili del gruppo biblico interconfessionale che vede riuniti, per la lettura biblica, cattolici, evangelici e ortodossi di Modena. Per il
1997 si è deciso di leggere e
studiare l’Evangelo secondo
Marco e lo scorso 24 febbraio
abbiamo ricevuto una lezione su tale libro da don Pietro
Lombardini, esegeta cattolico
e insegnante alla Facoltà di
Reggio Emilia.
Dopo una breve introduzione a carattere storico sul
testo, Lombardini ha cercato
di dare una risposta al quesito su perché esistano gli
Evangeli. Marco è il primo a
costruire un genere letterario
nuovo, l’Evangelo appunto,
«professione di fede prolungata nel racconto di Gesù di
Nazaret». Utilizzando, con
molta probabilità, vari materiali esistenti nella comunità
primitiva (raccolte di parabole, miracoli degli ultimi
giorni di Gesù, la storia del
Battista, ecc.) Marco, intorno
all’anno 70, cerca di affrontare quello che può essere
chiamato «oblio delle origini». Dopo tanto tempo dagli
avvenimenti riguardanti Gesù, la comunità primitiva poteva allontanarsi dai fatti originali e dalla fede.
Andare all’origine di essa
produce, ha ricordato l’oratore, due fatti molto significativi e utili anche per le
chiese cristiane oggi: ricordare (fare memoria) che la
salvezza è sempre un evento
di Dio, viene da Dio in Gesù
Cristo e mai può essere un
prodotto della esperienza o
della pietà umana, e presen
tare una dura critica alla
chiesa primitiva, la quale
cerca di presentarsi come
un’istituzione avente in se
stessa ogni fonte di speranza.
Lombardini ha messo in
evidenza il fatto che nei racconti della chiamata dei discepoli è sempre Gesù ad
avere l’iniziativa: Gesù passa,
nessuno si accorge di lui e
egli chiama delle persone per
una vocazione particolare;
«La salvezza è "chiamata” e
mai una scelta che parte
dall’uomo».
Una seconda parte della
lezione ha riguardato il quesito di come Marco dispone
il materiale che possiede.
Marco nel suo Evangelo è
provocante e paradossale,
tutto sembra puntare sulla
domanda della «fede» e tutto
il racconto si snoda attraverso un cammino affinché il discepolo comprenda la fede
come un miracolo. Anche la
narrazione tende a questo
obiettivo: si passa da una prima parte dell’Evangelo, nella
quaìe Gesù è il grande maestro e grande guaritore, a una
seconda in cui è il grande
sconfitto. I discepoli non lo
capiscono e la croce è segno
di contraddizione più che
momento conclusivo della
storia di Gesù.
La cerniera tra queste
parti è il testo molto signi
cativo del cap. 8 (27-30); dir.
Gesù? Come è possibile
dere in lui? Come è poss
passare dall’incredulità a
fede nel Gesù crocifisso?
fede è miracolo. Così affen
>: La gii
ïeghiei
ño ha avolgimi
Gesù nel dialogo con il pa^ebm”
del ragazzo indemoniato ,
24); così i racconti di gua (jesidLi,
gione di persone cieche, p g.
ché per poter «vedere» e
dere occorre che vi sia 1 ioti g
vento di Dio in Gesù.
Il dibattito che è seguito senape i
stato caratterizzato dal teJ • “
fina Bri!
del trionfalismo ecclesiasto jj
oggi e della via della ledei y^jg ^ ^
discepolo di Gesù. In un
contro ecumenico la domi}
da è sempre legata aliai
cessità di comprender!
cammino comune che di
essere ancora fatto e su col
rincontro fraterno con laf
rola di Dio possa guida
verso il rinnovamento de
mento.
Il 2 mi
la celebi
rana do\
coreani
studiani
torio G
nostra fede. Si è così sotto
neato come proprio Mal i
ponga oggi a tutti noi lai
cessità di una riforma di
fede affinché si colga il «i
racolo» di Dio, e la necesi
di una critica a ogni forma
trionfalismo eccIesiasticO'
prossimo appuntamento s?
lunedì 17 marzo per una»
tura del cap. 1 di Marco.
Fisioterapista dipiomato C.T.O.
Esegue
pato all’
e r
Terapìa riabilitativa ortopedica e neurologica
Linfodrenaggio, massaggi rilassanti, specializzato
in problemi vertebrali (scoliosi, lombalgie, cervicalgiei
tazione (
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Orimi ha
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conclusi!
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cattolici
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Partita IVA. Sedute a domicilio nelle zone di Roma:
S. Paolo, Ostiense, Carbatella, P.zza Navigatori, Poggio Ameno, Fier^ii manza t
Montagnola, Piramide
Renzo Spanu: tei. 0358/7392585, dalle 14 alle 2i
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S^^^NERDÌ 14 MARZO 1997
Vita Delle
PAG. 9 RIFORMA
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L^ultima assBmbiGa ha confcrrnato 1g lineG d^azionG
Gould^ attività multiforme
Il lavoro con I minori si articola in comunità alloggio
sostegno educativo, laboratori aperti ai ragazzi della città
icche
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LILIA OIBARDET SOMMANI
dello Eh
a, secoi
li preghi
1 il «batti
5 il servi!
)
ella Chii
le evoca
ilo valdei
scienza^
1 sforicjf
i fede m,
a chiesa!
lulpito j TL30 novembre 1996 si è
istrazióa 1 svolta l’assemblea dell’istidi scrive tuto «Gould-Centro giovanile
Q e sui a protestante» di Firenze, alla
rio biogn presenza dei membri del Coiti, da Pi initato e dei rappresentanti
iresentii delle chiese madrine; come
bili di al sempre è stato fatto un ampio
erare dii quadro delle attività dell'ente.
Parlare oggi dell’istituto
Gould-Cgp significa parlare
mista dii di un insieme di settori, ciabattesinn senno con fisionomia e finalelardinli ¡¡(^ ben precise ma legati da
1 comuni un positivo rapporto di inter) e alla sj scambio: il settore educativo,
ino parta la foresteria, il Centro di forvia Orsi) piazinne diaconale.
, nel cani H settore educativo è il
à di proi centro di questa opera, ne è
i in presi io scopo primario e si articoito il nosi la in varie strutture che riluto dal) spendono a esigenze diverse.
Due piccole comunità alloggio 0 case famiglia con 8-10
minori e tre fra educatori e
educatrici ciascuna accolgono! residenti: la Casa dell’arco, che quest’anno ospita 8
adolescenti maschi di cui 5
stranieri (3 sornali e due marocchini); la Casa della colonna, che è mista e ospita
[ ragazze adolescenti insieme
no di Dis' ^bambini e bambine sugli 8il manS un’albanese e
ile suneA'^”^ slava Rom nonvedente
alle bacli^'^ educatori seguono un
vo loeoff°'^®° Braille per poterla
rEvangfT“^“eg?io^-.^ . .
tteo 5 3 Accanto ai residenti vi sono
jeii’amiriuest’anno i semiresidenti
nolo comunità diurna. Con
to ancfcJ ®
viva dliif- - “ «Girasole» e la risposta
^ ^, «,44cune esigenze familiari
e {omisce un sostegno edu. -1 cativo, affettivo e scolastico a
■ DonnG a Milano
Giornata
lueste di j, . ,
'Vii“' P»'egniera
sibilecS , . ^ .. . ..
ha giornata mondiale di
Iffeghiera della donna a Milano ha avuto quest’anno uno
volgimento particolare. Il 28
ibbiaio la giornata è stata
Celebrata in lina chiesa cattolica (per la prima volta) per
desiderio di sorelle cattoliche
che frequeiiiano con una certa assiduità le nostre riunioni
e convegni. La meditazione
sulla parabola del grane! di
senape è stata affidata a Santina Briante. Un folto gruppo
f A i cattoliche, metodiste, bat^ „ 1 e valdesi hanno partaci
paro all incontro con entusiasmo e manifesto raccoglimento.
rìi^^dè ^ ^ marzo la giornata è stargi celebrata nella chiesa luterana dove sono ospiti circa 60
coreani, che in gran parte
studiano canto al conservatorio G. Verdi: i cori quindi
tton sono mancati. La medi^lone è stata affidata a una
donna coreana; un gruppo di
dtimi ha illustrato la parabola
evidenziando i momenti delsemina e della crescita: le
immagini visive sono state
jàolto efficaci e commoventi.
^ spirito di letizia e di fraternità ha trovato l’opportuna
nmiclusione nella celebrazione della Santa Cena condivianche da alcune sorelle
cattoliche. L’incoraggiante
partecipazione ai due inconm spinge a un impegno ecumenico maggiore per gli anni
nturi, in modo da rendere
questo tipo di attività sempre
P|ti valido per una testimolanza e un impegno veraente ecumenici dentro e
ori le singole denominazioni e confessioni. fs.b.)
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Il giardino dell’Istituto Gouid
minori fra i 6 e i 17 anni, alcuni dei quali hanno bisogno
di essere seguiti individualmente. Si tratta di un progetto educativo sperimentale
suscettibile di sviluppo, in
quanto probabilmente anticipa la via del futuro nel campo
dell’assistenza ai minori. La
comunità diurna non va confusa con il centro diurno, che
segue limitatamente alle ore
pomeridiane una ventina di
ragazzi tra i 9 e i 16 anni, alternando il momento dello
studio a quello del gioco e di
attività socializzanti.
Un lascito ha permesso di
istituire un’altra casa, la Casa
di Mimmo, per ospitare quei
giovani che, raggiunta la
maggiore età, hanno bisogno
di un passaggio graduale verso la piena autonomia o hanno dei progetti di studio da
completare. Dal 1992, su richiesta del Comune di Firenze, il Gouid assiste dei ragazzi
e delle ragazze con Servizio
educativo domiciliare, preferibile quando i problemi non
sono tali da chiedere l’allon
tanamento dalla famiglia, con
l’inserimento nell’istituto. Attualmente i minori seguiti domiciliarmente sono 14.
Un’altra bella iniziativa sono i laboratori con il patrocinio del Consiglio di quartiere:
il Gouid propone attività manuali ed espressive di vario
genere: dalla lavorazione della creta e del legno alla musica, dalla fotografia alla sperimentazione teatrale. I corsi
sono tenuti da personale qualificato, frequentati da giovani e meno giovani e sono
aperti al quartiere, rinsaldando i legami con il tessuto sociale nel quale il Gouid vive.
Le rette prò capite versate
dagli enti pubblici non coprono il costo reale di ciascun
ospite e per giunta spesso arrivano in ritardo creando gravissimi problemi amministrativi. La foresteria costituisce il
supporto finanziario all’istituto e, insieme ai doni che
giungono tramite l’Associazione amici allievi del Gouid,
colma i vuoti di cassa.
Dal 1989 il Gouid ospita il
Centro di formazione diaconale (Cfd), aperto ai giovani
evangelici che intendono frequentare nelle scuole pubbliche di Firenze corsi professionali nel settore educativo,
sociale, sanitario e dell’accoglienza, e che desiderano al
tempo stesso approfondire la
loro preparazione in una prospettiva di testimonianza
evangelica. Tra gli studenti e
le studentesse del Cfd e gli
operatori e operatrici del
Gouid si stabilisce un rapporto di scambio molto positivo
per tutti. Questo e altro ancora è il Gouid.
M Gioia cIgI CoIIg
Una visita
gradita
MARIA ARCIDIACONO
Domenica 23 febbraio la
chiesa battista di Gioia
del Colle è stata allietata dalla
presenza del pastore David
MacFarlane e sua moglie Anna, che attualmente curano la
chiesa di Barletta. McFarlane
ha presieduto il culto che,
proponendo canti e preghiere
in italiano e in inglese, si è
svolto in maniera diversa dal
solito. Questa giornata è stata
motivo di grande gioia anche
per la presenza del presidente
dell’Unione battista scozzese
Jack Girwood e sua moglie
Mabel che, trovandosi in Italia per far visita ai missionari
presenti nel nostro paese,
hanno colto l’occasione per
conoscere la realtà delle chiese battiste presenti nel Sud.
Da circa due anni infatti la
nostra chiesa è frequentata
da due famiglie inglesi, una
norvegese e recentemente
anche da una sorella delle
isole Mauritius, di nome Fi.
Trovandosi in Italia per motivi di lavoro frequentano la
nostra comunità con gioia e
interesse, e testimoniando la
loro fede nel Signore in varie
attività: lezioni di chitarra per
i giovani e le donne della comunità, incontri di canto e
scuola domenicale. I culti si
sono arricchiti di nuovi canti.
Ma la gioia più grande è la
presenza dei loro piccoli che,
ben inseriti nella scuola domenicale, ci hanno allietato
con una recita sulla nascita di
Gesù in occasione del Natale.
La comunità ringrazia Nola,
Robert, Lydia, Mark, Samuel,
Joshua, Isobel, Joseph, Linea,
Bjarne, Adrian, Frederic,
Mark e Fi che continuano a
dare la propria testimonianza
di fede anche in una terra
lontana dalla loro.
XVII pGbbraio a IvrGa: intGrvÌGnG il prof. Paolo Ricca
Il tempo dello Spirito^ una sfida per tutti
CINZIA CARUGATI VITALI
A Ivrea il culto che ricorda
l’emancipazione viene
celebrato, ormai da anni, proprio il 17 febbraio, in qualsiasi giorno della settimana esso
cada, e così è stato anche
quest’anno, quando il pastore
Paolo Ricca, nostro gradito
ospite, ha predicato davanti a
molti membri della comunità
ma anche a diversi amici e
amiche cattoliche che tutti gli
anni si uniscono a noi in questa ricorrenza. La predicazione sulle tentazioni di Gesù è
stata molto apprezzata da
tutti per la profonda originalità espressa con grande chiarezza. Dopo il pranzo comunitario abbiamo avuto la possibilità di ascoltare ancora
Paolo Ricca che ci ha parlato
della Facoltà di teologia, delle
iniziative importanti ad essa
connesse e delle recenti esperienze ecumeniche.
Il martedì, 18 febbraio, il
Gruppo ecumenico donne di
Ivrea, che da quasi sei anni
riunisce mensilmente sorelle
cattoliche ed evangeliche per
lo studio in comune di libri
della Bibbia e per il confronto
su tematiche religiose, etiche
e sociali, ha organizzato un
incontro pubblico dal titolo:
«Il tempo dello spirito: una
sfida alle donne e agli uomini
di oggi?». Questa domanda
era rivolta all’oratore, prof.
Paolo Ricca, che l’ha subito
trasformata in un’affermazione, asserendo anche che si
tratta della vera sfida per crescere nella fede cristiana perché la piena maturità del cristianesimo si raggiunge solo
prendendo coscienza dello
Spirito Santo. Ricca ha rileva
to come non sia casuale che
questo problema sia sorto
nell’ambito di un gruppo
ecumenico di donne, perché
il tempo dello spirito che comincia a Pentecoste porta
con sé la comunione e l’ecumenismo e anche la piena integrazione delle donne e degli uomini nello Spirito di
Dio, la piena partecipazione
dell’umano intero al divino.
Ha poi suddiviso il tema in
tre parti:
1) La venuta dello Spirito:
due sono le versioni dell’evento di Pentecoste, quella
del libro degli Atti e quella del
Vangelo di Giovanni, che mostrano bene le diversità della
manifestazione dello Spirito.
Da una parte una grande rumorosa evidenza, dall’altra
un piccolo soffio silenzioso.
Nel Vangelo di Giovanni è
importante sottolineare le
parole di Gesù ai discepoli
«ricevete lo Spirito Santo»;
Gesù infatti non si limita a
soffiare ma invita i discepoli
a prendere coscienza di questo straordinario evento. E
nel libro degli Atti è determinante il miracolo della comprensione universale perché
la vita dello Spirito aiuta la
comunicazione e la comunione dell’umanità.
2) L’eclisse dello Spirito:
nella storia della chiesa è evidente un certo imbarazzo a
parlare dello Spirito e una
certa paura delle sue manifestazioni. L’imbarazzo si nota
anche nelle confessioni di fede della chiesa primitiva che
liquidano la terza persona
della Trinità con pochissime
parole. La paura delle manifestazioni dello Spirito è stata
molto evidente nelle persecu
zioni a tutti i movimenti che
vi si rifacevano, ai movimenti
cosiddetti pentecostali e bollati come eretici; nel nostro
secolo è ancora evidente nelle
chiese storiche cattoliche e
protestanti che cercano di
mettere un guinzaglio allo
Spirito, legandolo o alla figura
di Gesù o alla Sacra Scrittura.
3) Il ritorno dello Spirito;
tenendo presente che, secondo stime attendibili, il cristianesimo futuro sarà largamente di tipo pentecostale, il
richiamo che ne viene è caratterizzato da sei direttrici
che compongono la vita dello
spirito: a) la conversione come esperienza traumatica di
Dio che entra nell’esistenza
individuale e provoca un segno indelebile; b) la rivoluzione culturale e spirituale
del parlare in lingue da parte
di chi non sa parlare, come
capovolgimento di «valori»;
c) la chiesa come comunità
carismatica con doni diversi,
ma soprattutto con il carisma
della guarigione; d) la precedenza alla dimensione spirituale nella lotta della chiesa e
nell’impegno personale contro i demoni; e) la grande rinascita del culto inteso come
evento dello Spirito, come
momento in cui si avverte
pienamente la presenza di
Dio e non solo la sua memoria; f) il ricupero della tradizione mistica che deve entrare a far parte della vita cristiana sia come liturgia sia
come meditazione personale
per nutrire costantemente
ogni energia spirituale.
Il dibattito ha mostrato
quanto questo argomento
rappresenti un problema
complesso ma affascinante.
Agenda
TORINO — «Una prospettiva antropologica:
la natura umana e la pace» è il titolo del convegno che «Beati i costruttori di pace» propone, nell’ambito del 4° anno della Scuola
di pace «E. Balducci», alle ore 21 nella sala
valdese in corso 'Vittorio Emanuele II 23.
Partecipano Roberto Mancini, docente di Filosofia teoretica all’Università di Macerata, e Calo Ottino, coordinatore
per l’educazione ai diritti umani di Amnesty International.
Per ulteriori informazioni telefonare allo 011-6692838.
PESCARA — Presso la sala della Camera di
Commercio in via Conte di Ruvo 2, alle ore
18 si tiene la conferenza di presentazione,
con interventi dei biblisti Giancarlo Rinaldi e
Marcello Mammarella, della mostra sulla
Bibbia, esposizione di molti testi antichi e
moderni e in particolare del Codex Purpureus Rossanensis, del VII secolo. La mostra è aperta al pubblico fino al 31
marzo nella chiesa metodista in via Latina 32 e dal 1° al 10
aprile presso la parrocchia «B. V. Maria Regina della Pace»
in via Raffaello 1, tutti i giorni dalle ore 9,30 alle 12,30 e
dalle 16 alle 19. Per informazioni tei 085-4912314.
TRIESTE — Il Centro culturale elvetico valdese «Albert
Schweitzer» propone alle ore 17, nella basilica di San Silvestro in piazzetta San Silvestro 1, una conferenza sul tema
«L’esperienza dello spirito e l’equilibrio della fede». Partecipano Sergio Rostagno, docente di Teologia sistematica
alla Facoltà teologica valdese di Roma, padre Nero Bassan,
direttore del Collegio universitario Antonianum di Padova,
e Michael Welker, docente al Seminario teologico dell’Università di Heidelberg. Per informazioni tei. 040-632770.
ANCONA — «Agape e tenerezza come rivoluzione di Dio
nel pensiero e nella vita politica di Tullio Vinay» è il titolo
del convegno che il Sae propone per il ciclo «Incontri ecumenici di cultura, fede e politica», alle ore 17 nella sala
consiliare della Provincia di Ancona in corso Stamira. Parlerà il pastore Paolo Ricca, ordinario di Storia del cristianesimo e decano della Facoltà valdese di teologia di Roma.
REGGERLO — Per «Appuntamento donne»,
la pastora Daniela Di Carlo guiderà la riflessione sul tema «Ecofemminismo»: rincontro
inizia con la cena alle ore 19,30 sabato 15
marzo e finisce dopo pranzo la domenica 16.
Sarà disponibile una baby-sitter. La quota di
partecipazione è di 45.000 lire, previa prenotazione.
IVREA — Il gruppo ecumenico donne organizza, alle ore 14,30 a Banchette, presso la
sala pluriuso di via Roma 123, «Spiritualità e
danza», seminario di cultura e danza ebraica
a cura di Elena Bartolini, laureata in studi
ecumenici presso l’Istituto San Bernardino
di Venezia. Il programma prevede per le ore 14,30 la conferenza e dalle ore 15,30 alle 18 un laboratorio di danza; per
il laboratorio è richiesta un’iscrizione di 10.000 lire presso
la libreria San Paolo di corso Massimo D’Azeglio 16.
UDINE — In occasione del ciclo di conversazioni bibliche sul libro dell’Esodo proposte
dal Circolo culturale evangelico «Guido Gandolfo», alle ore 18 nella sala della Chiesa
evangelica metodista in piazzale D’Annunzio 9 il pastore Claudio H. Martelli parlerà su
«Mosè l’egiziano». Per informazioni tei. 0432-522434.
NAPOLI — «La cultura del morire» è il titolo della conferenza che l’associazione Partenia organizza alle ore 17,30
presso l’Istituto Goethe, riviera di Ghiaia 202; intervengono Filippo Gentiioni, Rossana Rossanda, Paolo Apolito.
Per ulteriori informazioni telefonare allo 081-668846.
PALERMO — In occasione del seminario di
studi «L’Italia in Europa: conoscere il protestantesimo», organizzato dal Centro evangelico di cultura Giacomo Bonelli, alle ore
17,30 nella chiesa valdese di via Spezio 43,
Goffredo Fofi parlerà su «Riflessi sul grande
schermo». Per informazioni tei. 091-580153.
NAPOLI — Per «Gli incontri del martedì» all’Oasi di via
Bausan 30, organizzati dall’associazione Partenia, alle ore
18,30 il teologo Paolo Gajewski parlerà su «Secolarizzazione nel mondo di oggi, discussione conclusiva». Per ulteriori informazioni telefonare allo 081-668846.
MONTESPERTOLI — Per il ciclo di conferenze su «Le religioni monoteistiche presenti
in Europa», organizzato dal Comune in collaborazione con l’associazione Auser Verdeargento, alle ore 17,30 alla saletta Machiavelli in piazza Machiavelli 13, Luciano Martini, del dipartimento di Storia dell’Università di Firenze, e il
pastore Raffaele Volpe terranno una conferenza dal titolo
«Alle radici del cristianesimo».
BERGAMO — Alle ore 18, al Centro culturale
protestante (presso Centro La Porta, viale
papa Giovanni XXIII 30), Martin Cunz affronta l’ebraismo nell’ambito delle lezioni
sul tema: «La figura dell’altro nelle religioni
non cristiane». Informazioni al 035-238410.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal
mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
'x / PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
„...Raidue a cura della Federazione delle chiese,
I U trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 cir
I y ca e, in replica, il lunedì della settimana se
I..—guente alle ore 8,15 circa. Lunedì 17 marzo:
«Donne, preghiera, ecumenismo»; «Facoltà
valdese di teologia»; incontro con: «Protestanti nel mondo».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni
prima del venerdì di uscita del settimanale.
14
PAG. 10 RIFORMA
Riforma
Clonazioni
Pietro Comba
Un primo punto da rilevare sui dibattito sugli esperimenti di clonazione è che nei tanti interventi che si sono
sinora susseguiti, sia favorevoli sia contrari, si nota una
comune impostazione che definirei di profondo «determinismo genetico». In altre parole si dà l’impressione
che l’identità del patrimonio genetico di due individui,
fattore specifico della clonazione, comporti un’identità
complessiva, sia biologica che psicologica, non riconoscendo così quanto l’unicità di ognuno derivi non solo
dalla biologia ma anche dalla biografia. È infatti ampiamente documentato che già nel corso della vita fetale, e
poi nell’infanzia, lo sviluppo dell’organizzazione del cervello è determinato, oltre che dai geni, dall’ambiente nel
quale si vive e dalla rete di relazioni che si stabiliscono.
Controprova di queste affermazioni è l’«unicità» come
persone, di entrambi i membri delle coppie di gemelli
monocoriali. Sarebbe interessante capire se il diffuso determinismo genetico che ci circonda dipenda dalla scarsa diffusione della cultura scientifica «di base» nel nostro
paese, e in particolare se è legato ai noti mali della nostra
scuola e al modo in cui si pratica la divulgazione scientifica, tuttora basata sul sensazionalismo.
Un secondo spunto di riflessione riguarda il tema di
quale sia il modello di sviluppo nel quale si colloca la clonazione. In altre parole, prescindendo per un attimo dai
legittimi timori associati alla clonazione umana, e rimanendo nel campo della clonazione animale finalizzata a
scopi unanimemente condivisibili quali la lotta alla fame
e alle malattie, siamo sicuri di volere indirizzare il nostro
sviluppo sull’uso sempre più esteso di animali e piante a
Dna modificato? Occorre capire, in particolare, quale sia
l’impatto dell’ingegneria genetica in agricoltura, zootecnia e biomedicina e, soprattutto, stimare l’entità dei costi
e dei benefici delle varie opzioni. Ricordiamo che in anni
peissati si è assistito al rapido sviluppo di particolari tecnologie che avevano carattere innovativo e forti interessi
di mercato, ma che anche comportavano rischi per la salute e per l’ambiente (si veda per esempio il nucleare e la
chimica negli anni ’50 e ’60). In quei tempi chi mettevano
in discussione i processi di sviluppo in atto, denunciando
per esempio la contaminazione ambientale, si condannava all’emarginazione. Solo a molti armi di distanza, e
sulla base di esperienze assai amare, si è affermato il discorso della valutazione degli effetti avversi delle varie
opzioni tecnologiche e dell’utilizzo di tali dati nei processi decisionali relativi alle scelte per il futuro.
Un’ultima considerazione riguarda le implicazioni
bioetiche della clonazione, in particolare l’esigenza sottolineata da alcuni di non «giocare a essere Dio». Si tratta, in altre parole, di un richiamo alla creaturialità
dell’uomo, e all’esistenza di una soglia oltre la quale non
è lecito andare. In primo luogo è bene tenere distinti gli
ambiti della riflessione bioetica e religiosa. Come nel
’600 la scelta di un modello cosmologico dovette prescindere dalle preferenze dei teologi per la fisica aristotelica, e neH’800 la teoria dell’evoluzione si affermò nonostante gli ambienti ecclesiastici propendessero per la
dottrina creazionistica, così ora la discussione sulle modalità di sviluppo della ricerca genetica non dovrebbe
basarsi sulle convinzioni religiose dei singoli ma su argomentazioni da tutti condivisibili o confutabili. In una società pluralista e multiculturale, le scelte in campo bioetico non dovrebbero discendere dalle prescrizioni emanate da un’autorità, ma derivare piuttosto da processi di
aggregazione e di estensione del consenso sulla base della congruenza delle soluzioni prospettate. Un’articolazione dei ruoli di questo tipo consentirebbe a quanti riversano nell’impegno sul terreno dell’etica la propria vocazione religiosa, di dedicare le proprie energie a un tipo
di servizio di cui la società odierna ha indubbiamente bisogno: concentrarsi cioè sui valori di fondo (i «core valúes» di cui parlano gli autori anglosassoni) soggiacenti
alle scelte che la società deve effettuare.
Riforma
E-Mail: Riforma @ Alpcom.it
Uri: http://www.aipcom.it/riforma
Via S. Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Maftei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D’Auria, Emmanuele Paschetto, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan (coordinatore de L'eco delle valli)
Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino
Di Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE. Piera Egidi.
REVISIONE EOITORIALE:Stello Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia: ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA; La Ghisleriana s.n.c. Mondovì - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125Torino.
PuAM/eaitoiw «Mannuto imAarto con L'Eco Mie vaHI vtìdesi:
non può essen vcMhiie aepmetamsn^
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 9 del 7 marzo 1997 è stato consegnato per l’inoltro postale all'Ufticio CMP
Nord, via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledi 5 marzo 1997.
VENERDÌ 14 MARZO I9q
L'ecumenismo tra protestanti e cattolici
La riconciliazione: un^etichetta?
Il dialogo e la fraternità vanno promossi senza nascondersi
le differenze, solo così si possono eliminare i fraintendimenti
SERGIO ROSTAGNO
L} ETICHETTA di «riconciliazione», sorta non so
dove, viene ora applicata in
modo riassuntivo al nostro
complesso rapporto con il
cattolicesimo. Mi sfugge la
necessità di adottare in pieno
il linguaggio che ci viene proposto. Chi ci guadagna? Chi
scrive appartiene a quella
corrente del protestantesimo
che si rifa al pensiero di Barth
(tutt’altro che antiecumenico): non è quindi neppure lui
antiecumenico e non lo è mai
stato. Ha grande rispetto per
molti settori del mondo cattolico (senza far nomi) ma è
completamente estraneo al
patois che ora si parla.
Che accade? Nel Seicento il
pietismo era rigorosamente
separato da Roma. Aveva già
allora un suo atteggiamento
che noi oggi chiameremmo
ecumenico, ma le circostanze
storiche non permisero che si
realizzasse. Oggi le cose sono
diverse e nell’Europa del futuro si profila una concreta
possibilità di saldare i programmi della Controriforma
con quelli del pietismo. Le
parole d’ordine e i linguaggi
sono assai simili. La riconciliazione di cui si parla è dello
stesso tipo. Quello che lascia
perplessi è l’avallo dato a una
certa terminologia e il ricorso
a un linguaggio di un certo tipo. Ecco alcuni punti fermi
che dovrebbero animare i nostri propositi ecumenici.
1) La riconciliazione è un
dato. Siamo già stati riconciliati. Possiamo perciò fraternizzare, adoperare gli stessi
canti, partecipare agli stessi
incontri, senza nasconderci
le differenze. Le differenze
non possono essere tolte
(vanno tolti i fraintendimenti). Il «perdono» non c’entra
nulla in tutto questo.
2) Il linguaggio del perdono, della colpa o della riconciliazione nel senso corrente
è del tutto inadeguato a far
capire di che cosa stiamo
trattando. Altri sono i concetti da adoperare.
3) Si sfidano oggi due concezioni: secondo Luna il periodo della Riforma e del
mondo moderno è negativo e
va chiuso con l’entrata nel
terzo millennio; secondo l’altra sono i cattolici a dover riconoscere che Riforma e
mondo moderno sono ormai
sostanza storica irrinunciabile. Queste due tendenze pongono questioni di sostanza
storica irrinunciabile e pongono questioni non indifferenti. Perdonarsi a vicenda
sembra la fine del discorso, la
resa al più forte, invece che
l’apertura di un dialogo forte.
4) Il Centro evangelico di
cultura di Roma si è lungamente intrattenuto sui temi
del cosiddetto giubileo, molto
insistendo sul nome e sul fatto. Non mi sembra che si sia
detta una sola sillaba sui motivi teologici del giubileo stesso, cioè il grandioso programma di portare i pellegrini (in
un abbraccio universalista)
con il Figlio, mediante lo Spirito, fino al Padre. Una religione mondiale che consegna
l’umanità pellegrina al Padre
celeste. Qui non si è trovato
nulla da discutere. Ma siamo
sicuri di avere lo stesso progetto? Certo il programma è
bello. Già l’apostolo Paolo voleva portare a Dio i popoli pagani quale offerta (Romani
15,16). Che cosa intendeva?
5) La Cei ha lanciato un
suo «progetto culturale» per
l’Italia. Siamo riconciliati anche con questo progetto? Anche qui nulla da dire? Le
grandi correnti moderne in
cui il cristianesimo si è incarnato, cioè la Controriforma e
il pietismo, sono ora ecumeniche. Resta soltanto da registrare con ogni obiettività il
fatto che esse possono riconciliarsi tra di loro.
Rapporti fra generazioni e educazione
La società ha bisogno di un'anima
MARVI REVELLI
MI sembra che l’argomento trattato nello
scritto di Rina Lydia Caponetto, che ho letto con un certo
ritardo sul n. 7 di Riforma (21
febbraio), meriti qualche ulteriore riflessione.
Non condivido il fatto di
contrapporre in modo così
netto l’esperienza di noi adulti quarantenni, cinquantenni
e dintorni, a quella dei giovani di cui siamo e siamo stati
genitori, insegnanti, concittadini: da una parte noi con le
nostre qualità, dall’altra loro,
(con le loro non qualità?). Più
di trent’anni di «frequentazione,» e non solo professionale, con le generazioni sia
degli adolescenti che dei giovani, mi hanno insegnato che
i problemi sono molto più articolati e le differenze più sfumate di quanto comunemente si crede anche se, talvolta,
forse per pigrizia intellettuale
(la nostra età ci porta più alla
difesa dell’essere che alla
scommessa del divenire), siamo tentati di formulare il nostro pensiero secondo categorie rigide, che ci conducono a esprimere giudizi che solo in parte rispondono allo
scenario, tutt’altro che uniforme, della realtà.
Non ho della mia generazione e di quelle «attigue»
una visione e un giudizio così
ottimistici, non ho il ricordo
di una famiglia degli anni ’50
e ’60 cosi idilliaca, né di una
scuola così aperta e illuminata. Siamo stati spesso poco
autentici, perché così richiedeva la «buona educazione»,
talora conformisti, ambiziosi
e anche arrivisti. Ubbidienti
senza convinzione abbiamo
sofferto, con lacerazioni
profonde, l’autoritarismo delle nostre famiglie e, in modo
diverso, della scuola.
Ci siamo piegati a regole
non scritte che davano una
immagine di ordine e di rispettabilità ai nostri comportamenti. Abbiamo avuto insegnanti capaci professional
mente, autorevoli dal punto
di vista culturale, che ci hanno coinvolti pochissimo sul
piano dei rapporti umani,
quasi sempre, quindi, più temuti che amati.
Diventando adulti abbiamo
avuto davanti a noi una gamma di scelte possibili e concretamente praticabili assai
vasta, il tempo e gli strumenti
culturali per elaborare una riflessione sia personale che
collettiva sugli avvenimenti
che coinvolgevano le nostre
vite: questa la grande occasione che ci ha differenziati
profondamente dalla maggior
parte dei giovani di oggi e che
rende più pesanti le nostre
responsabilità. Adulti, abbiamo cresciuto generazioni di
figli e di studenti a cui siamo
stati incapaci di trasmettere il
piacere di pensare e la capacità di sostenere la fatica che
10 accompagna: per questo
essi sono cosi indifesi di fronte a sollecitazioni sempre più
frenetiche e a mutamenti
sempre più dirompenti.
Nel momento della caduta
delle ideologie non abbiamo
saputo scegliere, conservare e
irrobustire le idee o ne abbiamo fatto una esperienza squisitamente privata e un po’ elitaria, senza coinvolgere in essa quei giovani i cui atteggiamenti ci turbano e inquietano
tanto. Non abbiamo neppure
potuto insegnare loro ad
amare con passione e a soffrire con dignità, perché noi
stessi ne siamo stati poco capaci. Ci siamo posti o poche o
troppe domande e forse non
quelle essenziali: nel primo
caso per egoismo, per difendere la nostra posizione di
generazioni comunque privilegiate e dominanti (o perché,
in realtà, non avremmo saputo dare delle risposte?), nel
secondo per viltà e per insicurezza, per non decidere
mai, lasciando aperte le vie di
fuga: come abbiamo imparato male la lezione della «Lode
del dubbio» di Bertolt Brecht.
11 nostro poeta è, infatti.
Montale, mai relegato nella
soffitta della memoria delle
cose passate, come è accaduto al poeta tedesco, reo di essere troppo ideologico.
Spesso, parlando di loro
definiamo «fragili» questi giovani, figli delle nostre contraddizioni, come se questa
caratteristica fosse un dato
antropologico, ma in che misura all’origine di questa fragilità sta la nostra rinuncia a
una autorevolezza troppo
impegnativa per il nostro
quieto vivere? Li abbiamo
protetti, circondati di beni (e
forse non abbastanza di autentico bene). Per paura abbiamo spesso voluto che non
si sentissero mai diversi dai
loro coetanei, noi che, alla loro età, della diversità ci eravamo fatti un vanto. Non essendo poi, ovviamente, riusciti ad impedire che diventassero omogenei alle varie
sottoculture e a sottrarli alle
mode, abbiamo dovuto tollerate segni di ribellione esteriori e insignificanti e li abbiamo spediti, prigionieri di
una libertà non conquistata,
per l’avventura dell’esistenza, poco attrezzati di strumenti culturali acquisiti con
fatica e disciplina, sentendoci segretamente compiaciuti
del loro continuo dipendere
da noi: un legame che ci fa
forse sentire meno soli, ma a
che prezzo per loro!
È possibile che questa società abbia bisogno di un’anima, certo ha bisogno di una
lucida e impietosa riflessione
su se stessa da cui nascano
però una ferma volontà e una
concreta capacità progettuale, indispensabili per poter
avere speranza e dare speranza e futuro. Nonostante i nostri limiti abbiamo ancora il
«fuoco segreto senza il quale
le città non si fondano»: non
possiamo permetterci di rischiare di lasciarlo spegnere.
Notizie evangeliche
agenzia stampa
IL MATTINO
Oltre le confessioni
Suln
Il papa ha rivolto, nell’j(, articoli
gelus di domenica 2 marzi •
un appello in favore di tu(| ^
le vittime di sequestri, con
presa la piccola Angela Q
lentano, sparita misteriosi
mente nell’agosto scorso;
monte Faito presso Napo|
La famiglia della bambin ' r
che è evangelica, ha avuto cattom
solidarietà delle chiese proi ® '
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stata anche oggetto di artiq assoiu
comprendenti gravi insinq ^
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Wojtyla e riporta il coinniei
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la bimba: «Non me l’aspetii
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oggettiva. Afferma Vattimol ™
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dove Dio ridiventa possib
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libertà nell’ascolto del
saggio evangelico: un moni
forse un po’ più “protesta
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cessariamente meno italiani"
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ché i protestanti sono cristi ®
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che per alcuni, troppi, non
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della riconciliazione che
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Sul n. 5 di «Riforma» alcuni
articoli a pag. 7 lamentano il
fatto che molti fratelli evangelici non partecipano agli
incontri ecumenici e nelle
preghiere comuni con i cattolici. La ragione risiede probabilmente nel fatto che
juolti evangelici italiani sanno molto bene che la Chiesa
cattolica è un’istituzione e
una struttura ecclesiastica
fortemente gerarchizzata e
assolutista, con un capo, il
papa, a cui tutti devono obbedienza, pena la scomunica,
quindi poco o punto democratica; che la Chiesa cattolica in Italia si arrocca a difesa
dei suoi privilegi, come l’insegnamento religioso nelle
scuole pubbliche, la pretesa
di avere scuole private finanziate dallo stato, come già avviene con gli insegnanti di religione, nominati dai vescovi
ma pagati dallo stato.
Sanno che mentre nei paesi protestanti, fin dagli inizi
di questo secolo, la teologia
proseguiva liberamente lo
studiò dei testi sacri, tanto
sul piano linguistico che storico-critico, raggiungendo risultati notevoli nell’interpretazione e nello studio del cristianesimo, la Chiesa cattolica riduceva al silenzio i modernisti, fra cui Buonaiuti,
impedendo e frenando ogni
Studio critico della Bibbia;
die durante la II sessione del
! Concilio Vaticano II venne
timo... ¡Éttaccato duramente un intervento distensivo del teologo protestante Oscar Cullmann; che durante la III Paoralo a*Pt^° VI fece accettare una sua
quale si| concezione del dogma delIci dXtw finfailibilità pontificia («Il ro(Cacéi pontefice ha sul corpo
stesso) àt ^Pi^scopale una potestà pieai tolices suprema e universale, che
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iciano al 'riepte»); che Giovanni Paolo
Iella veri! ^ ripropone continuamente
Vattimoi cattolicesimo tradizionale
ò che èi ® **rhònsigente, richiamando
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ccauendi tridentino, e non
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Fiche insd contro aborto, celi
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I li moni L’ecumenismo caro a molti
1 possibl®*^“^^*^* ® attuale, an
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me reagirebbero i suddetti di
fronte a un richiamo all’ordine delle supreme gerarchie
cattoliche (chinerebbero la
testa con ubbidienza e ossequio, o si ribellerebbero?), e
per parte loro farebbero meglio a impegnarsi di più e
meglio nella predicazione e
nella testimonianza dell’
Evangelo, riproponendo con
più vigore, dignità, coraggio,
una forte identità protestante
e i principi e valori perenni e
tuttora attuali della Riforma,
di cui questo paese ha tanto
bisogno, anziché inseguire illusori e vani tentativi e speranze ecumeniche, sistematicamente smentite in passato
e anche oggi dalla realtà e
dalle gerarchie cattoliche,
non dimenticando che l’Italia
si accinge a entrare in un’Europa dove il protestantesimo
sul piano religioso, culturale,
sociale e economico è maggioritario, e quindi nostro
compito è quello di far conoscere meglio agli italiani
quella realtà e impegnarci
perché anche da noi quella
cultura, quei valori si instaurino e Vigano.
Arturo Cericola-Troia (Fg)
! Né immagini
né statue
Da buon protestante devo
questa volta protestare, sia
pure garbatamente, con il
prof. Daniele Garrone. Nel
corso della trasmissione televisiva «Moby Dick» del 13
febbraio, centrata sui «miracoli» della Madonna (le apparizioni di Medjugorje e le
lacrime di sangue della statuetta di Civitavecchia, nonché le guarigioni miracolose
attribuite a detti fenomeni),
il conduttore Michele Santoro dà la parola al pastore
Garrone per sentire il parere
di un valdese. Il prof. Garrone spiega chiaramente che
per i protestanti Maria è
semplicemente una figura
del Nuovo Testamento a cui,
nel piano di salvezza di Dio
per l’umanità, è stato assegnato il ruolo di madre di
Gesù; l’estrema sobrietà delle Scritture riguardo a Maria
non consente certo di idealizzarla, tanto meno di «credere» nella Madonna.
A un’esplicita domanda di
Santoro, intesa a conoscere
perché nelle chiese protestanti non ci sono immagini
o statue, né di Maria né di altri, il pastore Garrone non
coglie l’opportunità di far sapere ai due milioni di telespettatori che il «perché» è
da ricercarsi in un preciso
ordine di Dio, contenuto nei
dieci comandamenti dell’Antico Testamento (Esodo 20,
1-17) la cui portata e il cui
valore di rivelazione divina
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travalicano il tempo e li rendono quanto mai attuali. Il
prof. Garrone avrebbe potuto o dovuto precisare che nel
decalogo «ad usum della
Chiesa romana» il comandamento in questione, il secondo, è stato abolito e che, per
far tornare i conti, l’ultimo
comandamento è stato diviso in due. Se queste cose non
si dicono quando si presenta
una ghiotta occasione come
questa, i cattolici che non
hanno dimestichezza con la
Bibbia come faranno a capire il perché di certe marcate
differenze tra noi e loro?
Forse, in omaggio a un certo «fair play» ecumenico, il
pastore Garrone non ha voluto urtare la sensibilità (o suscettibilità) dei fratelli cattolici; delicatezza mal ripagata
se si osserva per esempio che
papa Wojtyla non ha esitato
qualche anno fa a proclamare un anno mariano, in barba
alle attese suscitate dal processo ecumenico in atto.
Per chiudere mi permetto
di segnalare, consigliandone
la lettura, l’aureo libretto
dell’evangelico prof. Marcello Cicchese Le dieci parole,
edito dai Gbu e distribuito
dalla Claudiana.
Beniamino Calvi
Pietragravina (Pv)
La teologia
della «et»
Desidero esprimere con la
presente la mia opinione riguardo all’articolo del pastore Valdo Benecchi intitolato
Un autentico ecumenismo e
pubblicato nel numero 4 in
prima pagina. Si legge: «Ci
sono degli evangelici che sono
tali perché non sono cattolici.
Nel frattempo in questi anni
il cattolicesimo è cambiato ed
essi si sentono spiazzati. Nella
Chiesa cattolica si confessa il
primato della Parola. (...) Dai
pulpiti cattolici si predica che
Gesù Cristo è l’unico Signore e
Salvatore».
Caro pastore Benecchi, io
ho scoperto lo splendido valore della fede cristiana dieci
anni fa leggendo i Vangeli e
stimolato dall’ascolto di programmi radiofonici curati da
evangelici. Io non ero un credente cattolico. In seguito ho
aderito a una chiesa evangelica, perché mi sono reso
conto che lì si sosteneva che
Gesù Cristo è l’unico Signore
e Salvatore.
Mi consenta di dire a lei e a
altri pastori/e ammaliati dalla moda dell’ecumenismo
che la Chiesa cattolica continua a predicare la salvezza in
Cristo e Maria. Insomma è
sempre la teologia detta della
«et». A Civitavecchia il vescovo Grillo si mostra ai fedeli
con la statuina miracolosa
della Madonna. A Genova 1’
arcivescovo Tettamanzi scrive in una sua recente lettera
ai fedeli (1-10-96): «Affidiamo
a Maria, l’Aurora che annuncia il sorgere del sole di giustizia che è di Cristo Gesù, questa Visita Pastorale. Sia Lei,
la Madre di Dio e della Chiesa, a donarci Cristo Signore e
a condurci a Lui, unica fonte
della nostra salvezza». Nella
stessa lettera l’arcivescovo
raccomanda ai fedeli le pratiche sacramentali e il pellegrinaggio al santuario della Madonna della Guardia.
Devo concludere che nonostante le apparenze, nonostante le settimane ecumeniche e tutte le attività che ha
prodotto il dialogo ecumenico, la Chiesa cattolica mantiene la teologia della «et»
ma, fatto ancora più grave,
mentre predica il Cristo povero, dall’altra parte i suoi alti dirigenti continuano a prodigarsi per una Chiesa ricca,
potente e arbitra dei destini
dell’umanità.
Angelo Costa - Genova
Preghiamo i lettori di limitare i loro interventi a 15-20
righe dattiloscritte. Grazie
In questo humus possono germogliare molti semi
Vivere la riconciliazione nelle comunità
Cari fratelli,
in questo momento in cui il tema della riconciliazione è al centro della nostra attenzione, vorrei dirvi quanto mi piacerebbe
toccarla con mano nelle nostre comunità. Si
potrebbe definire comunità l’insieme di coloro che sono consapevoli di essere stati riconciliati, vivono di questa realtà e la testimoniano. Avverto però il pericolo (incombente per tutti i cristiani) che guardando le
nostre comunità queste diano l’impressione
di trovare la loro sicurezza e la loro identità
nelle azioni che svolgono più che in ciò che
dovrebbe generarle. Raramente si dà l’impressione che la propria identità sia determinata dalla riconciliaziione avvenuta. Questa pace con Dio non è palpabile e di conseguenza neppure quella con il prossimo.
L’accettazione della diversità, la disponibilità al perdono, l’attenzione e la solidarietà
(per fare degli esempi) non sono più visibili
0 presenti fra di noi che tra chi non è cristiano. Quel valutare se stessi o guardare il prossimo con gli occhi di Gesù, alla luce di una
prospettiva escatologica che la riconciliazione ha già portato nel nostro oggi, mi pare
poco presente.
Ritengo che la nostra chiesa abbia bisogno
di membri che riscoprano singolarmente
(cioè ciascuno, non unicamente da soli) la
paura e il piacere di sentirsi di fronte e appartenenti al Signore, di amare la sua Parola,
di pregarlo, di porsi nelle sue mani, di intercedere per chi ci ama e per chi ci maledice.
Là secondo me comincia a essere vissuta la
riconciliazione (già avvenuta) di ciascuno e
della comunità, lì inizia la riconciliazione
sperimentata nella comunità e verso il mondo. In questo humus possono germogliare
molti semi, diversi fra loro ma ugualmente
capaci di produrre piante e frutti meravigliosi, anche se non sempre inquadrabili in una
frenetica militanza.
A questo proposito vorrei segnalare quello
che secondo me è un secondo pericolo, derivante dal primo: fare della nostra chiesa
una setta di attività e di opere. Se io non
considero più i miei fratelli in Cristo come
tali, ma come possibili o non possibili compagni di militanza, lì si insinua nella comunità dei riconciliati un virus della separazione. Peggio ancora sarebbe se il mio fratello
non osasse più concepire se stesso come tale solo perché non partecipa a tutte le commissioni esistenti e future.
I modi in cui ciascuno vive il proprio essere riconciliato possono essere infiniti, e dipendono dal carattere individuale e dalle
esperienze vissute. Alcuni di noi amano avere un ruolo di carattere pubblico; generalmente queste persone hanno questo atteggiamento sia nella chiesa che fuori, lì si trovano a loro agio e sanno cogliere le loro migliori occasioni di testimonianza. Altri vivono e testimoniano la loro fede più agevolmente e meglio in ambiti più ristretti, in occasioni e luoghi meno appariscenti, come
l’ambito familiare o magari a quattr’occhi
con un collega di lavoro. Altri ancora vivono
con poca chiarezza e poca consapevolezza
questa realtà della riconciliazione, eppure al
momento giusto vanno nella vigna del Padre (che non è necessariamente in chiesa) a
coltivarla, anche se poco prima avevano
detto di no, vedi Matteo 21-29.
1 modi in cui viviamo il nostro essere riconciliati sono diversi ma non sono e non
devono essere queste diversità a farci sentire
o no parte del gregge. Siamo, ed è bello, comunità di opere e attività, ma rischiamo di
esserlo di più e prima che in Cristo. In conclusione: un problema è che vanno maggiormente riconosciuti i diversi modi in cui
possiamo essere cotti dalla bruciante parola
di Dio, ma il problema principale è che qualunque ricetta sia scelta per ciascuno, alla fine risultiamo essere tutti insipidi. Poniamoci dunque umilmente nelle mani del Signore, ne va della nostra fede, della nostra testimonianza, del vivere quella riconciliazione
donataci a caro prezzo.
Valter Ricca - Torre Pellice
Domande
al Presidente
Ill.mo Sig. Presidente della
Camera, anch’io La ringrazio
di essere venuto ad accendere i falò nelle valli valdesi,
certamente altissimo esempio di «un paese civile come
l’Italia».
Sig. giudice Violante, possiamo affermare altrettanto,
se è vero quanto pubblicato
dai giornali, che da oltre due
anni erano stati denunciati
lanci di sassi dal cavalcavia di
Tortona? I responsabili dello
stato, a tutti i livelli, pagheranno la loro inefficienza e
non professionalità almeno
con il licenziamento, esempio di un paese civile?
Quando assassinano un figlio, per divertimento, è giusto disquisire sulle parole?
Questi giovani hanno ricevuto dalla famiglia, dalla scuola
e dalla Chiesa l’esempio e
l’insegnamento del primo,
grande e unico comandamento: ama l’Iddio e il tuo
prossimo? Valori cristiani, ma
certamente di un paese civile.
Sig. Presidente Violante,
una giustizia vergognosamnete di destra e di sinistra,
lunga 10, 20, 30 anni è di un
paese civile?
Pregherò il Signore affinché La aiuti nell’importantissimo Suo lavoro.
Roberto Mollica
San Mauro (To)
Errata
Nel mio articolo «L’attesa
della fine del mondo» a pag. 5
del n. del 28 febbraio, dove
faccio riferimento a II Corinzi
5, 8 il mio dito ha battuto un
tasto sbagliato, «i» invece di
«e» alla fine della parola «visione». Paolo ha detto che
«camminiamo per fede e non
per visione». Non ha detto
«per visioni». L’errore dattilografico è mio, non della redazione o del tipografo. Il senso
del versetto è indicato chiaramente dalla Tile: «Viviamo
nella fede e non vediamo ancora chiaramente». Le visioni
non c’entrano.
Bruno Corsani - Pinerolo
^ Droghe
e trasgressione
Sostenere la proposta di legalizzare le droghe leggere
suona certamente progressista, anche perché la Chiesa
cattolica è contraria. Mi sembra però poco logico. Non ho
mai provato droghe a parte
vino, caffè e qualche sigaretta
(da ragazzina) per cui è vero
che parlo di sostanze che non
conosco direttamente e mi
dicono siano poco dannose
alla salute e prive o quasi di
rischio di assuefazione. Se
questo è vero si tratta di una
ottima ragione per lasciarle
fra le cose proibite, in modo
da dare ai giovani il gusto della trasgressione con qualcosa
di poco o affatto dannoso. Se
no come si farà a essere trasgressivi? Ovviamente con le
droghe pesanti e con le messe
nere. Questo ruolo non può
essere invece assolto dal vino
(neppure se si decidesse di
proibirlo per la gioia delle
multinazionali delle acque
minerali e delle bevande di
fantasia) perché nei paesi latini rappresenta una compo
nente alimentare tradizionale, consumato ai pasti e integrato con essi, condizione
che ne limita sia il danno sia
la carica trasgressiva.
Legalizzando le droghe leggere si rischia cioè, a mio parere, di raggiungere un risultato diverso da quello previsto, così come è successo con
l’affermarsi del sesso, etero e
omosessuale, libero: per la
trasgressione e a soddisfare il
gusto per il peccaminoso sono rimaste solo pedofilia, sadismo e masochismo. Non è
forse stato un peccato togliere
quel tanto di piccante all’ormai banalizzata eterosessualità (magari nell’ambito del
matrimonio) che a me ha dato tanto piacere, tanta gioia e
tanto senso di condivisione?
Giuliana Gay Eynard
Pinerolo
a; Nuovo indirizzo
Luca Monaco, presidente del Coordinamento delle
chiese battiste della Liguria,
comunica il suo nuovo indirizzo: via A. Masina 3/3,16144
Genova. Tel. 010-8328675.
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
Il figlio, la figlia e i familiari tutti
del caro
Augusto Jourdan
di anni 92
riconoscenti per la grande dimostrazione di affetto tributata al loro
caro, ringraziano quanti con presenza, scritti e parole di conforto
hanno partecipato al loro dolore.
Un particolare ringraziamento
al pastore Pasquet, ai dott. Pons,
Peyrot e Genesi, alla Cri di Torre
Pellice, all’Ospedale valdese di
Torre Pellice e al Gruppo Ana di
Luserna San Giovanni.
San Giovanni,i 3 marzo 1997
«Gesù dice: lo sono
in mezzo a voi come
colui che serve»
Luca 22, 27
La Chiesa evangelica valdese
di Torino si congeda, nella luce
della risurrezione di Cristo, dalla
diacona
Elena Vigliano
Torino, 1 marzo 1997
Un banale errore di battitura nel
necrologio della dott.ssa Margherita Gay Meynier (Riforma n. 9)
ha trasformato Ywca in Ymca. Ce
ne scusiamo con gli interessati.
16
PAG. 1 2 RIFORMA
BALE
venerdì 14 MARZO 1997
Un convegno sulla crescita degli integralismi organizzato dalla «Conferenza delle chiese dei paesi latini d'Europa>
Il ventunesimo secolo sarà religioso o integralista?
Secondo Mario Miegge la perdita di significato e il «congelamento del futuro» hanno aperto la strada ai più svariati
fondamentalismi. I delicati problemi legati a questo tema saranno al centro del dibattito dell'Assemblea di Graz
RICHARD GOSSIN*
La «Conferenza delle chiese protestanti dei paesi
latini d’Europa» (Cepple) ha
organizzato dal 31 gennaio al
2 febbraio 1997 a Lione un
convegno sulla «crescita degli
integràismi». Una cinquantina di partecipanti belgi, italiani, spagnoli, portoghesi,
svizzeri e francesi, aiutati da
teologi e ricercatori in scienze umane, hanno incominciato a sviscerare il tema del
prossimo incontro ecumeni
co europeo, la riconciliazione
(Graz, Austria, giugno 1997).
11 convegno si è tenuto su
uno sfondo di sofferenze; ansietà da parte di una coppia
di Vitrolles (Bouches-du-Rhòne, Francia) dove l’estrema
destra, con un broglio elettorale, vince le elezioni municipali: situazione precaria delle
minoranze protestanti nei
paesi iberici e italiani di fronte ad un cattolicesimo considerato come egemonico, minacce terroriste e smarrimento dei giovani senza radici
n ■ I
BieHJSr.
:FAT
L’Algeria è uno dei paesi in cui imperversa l’integraiismo islamico
culturali come esito dell’immigrazione magrebina e turca in Francia; persecuzione
degli zingari nella penisola
iberica, isolamento di una élite musulmana che rifiuta il
radicalismo islamico... tutte
queste sofferenze sono ravvivate da un sentimento di impotenza di fronte a degli integralismi ancorati nelle loro
certezze conquistatrici.
Un paesaggio senza
punti di riferimento
Ben presto, con le relazioni
dei sociologi e dei teologi,
l’integralismo è stato percepito da questo convegno come una «minaccia che sorge
all’interno della fede più autentica». Le religioni sono
portatrici di violenza e intolleranza: è il caso del cattolicesimo dove l’integralismo si
erge contro i valori della laicità, della pluralità e della democrazia. 11 pericolo è anche
avvertibile nel protestantesimo dove il fondamentalismo
predica l’immediatezza dell’accesso a Dio e una morale
fatta di divieti, valorizza l’emozione mistica e rifiuta il
pluralismo teologico. È lo
stesso nell’Islam dove i radicali sognano una «età dell’oro» mistica e immacolata e
attribuiscono ai detentori
della verità una missione purificatrice su scala mondiale.
Come si può non essere
stupiti, con Mario Miegge, da
questo risorgere di religiosità
sulla scena mondiale? Per il
filosofo italiano, il mondo oc
cidentale è stato lacerato da
conflitti non religiosi: conquiste di nuovi spazi economici e politici, raffrontarsi
delle ideologie marxista, fascista e capitalista. Marx e
Durkheim avevano annunciato il progresso continuo
dell’umanità verso un «futuro
roseo» grazie al lavoro degli
uomini, accompagnato da
conflitti e solidarietà. In questo processo di modernizzazione, la religione occupava
un posto secondario. Questo
modello si chiude con un insuccesso: i valori legati al lavoro e le prospettive di un
miglioramento della condizione umana sono crollati,
questa perdita di significato e
questo «congelamento del
futuro» aprono la via all’integralismo; questa è l’ipotesi di
Mario Miegge per il quale «la
religione integralista è un
tentativo moderno di re-istituire il legame religioso nel
suo senso più forte». Per il
teologo cattolico H. J. Gagey
«la modernità è come un binario, una strada tracciata
verso l’avvenire. Il post modernismo è uno scivolo: bisogna tenersi in piedi, senza
appoggio, in uno squilibrio
permanente». L’integralismo
offre degli appigli immutabili
e rassicuranti in questo nuovo paesaggio senza punti
d’appoggio.
Affrontare il problema
Dopo tutto questo, come
affrontare il problema? Bisogna rendersi conto che l’integralismo non è soltanto «l’al
tro» ma che è «quell’altro-me
stesso» nel momento che una
forte convinzione religiosa si
impossessa di una persona o
di una istituzione. «Più la religione è per noi una ricchezza, più la tentazione è grande
di farla diventare assoluta»,
avverte Gerard Delteil, segretario della Cepple. D’altra
parte, l’integralismo religioso
non esiste allo «stato puro»,
ma difende l’integrità della
Verità, estendendola all’integrità della vita sociale. L’integralismo è una realtà complessa che si intreccia con dimensioni religiose, politiche,
culturali, morali... Affrontare
l’integralismo vuol dire prendere in considerazione le diverse malattie del «corpo sociale»: perdita d’identità, di
significato, del futuro...
Per Mario Miegge la religione è ambigua: essa è «ciò che
unisce, che lega insieme» (dal
latino religare), dunque un legame sociale che è garanzia
di vicinanza ma anche fattore
di imprigionamento ed è anche «una rilettura» dei testi
fondamentali (dal latino relegete). Per i teologi cristiani e
musulmani che sono intervenuti a questo convegno, questa seconda concezione della
religione permette di evitare
il pericolo integralista. Hassen Garouachi, professore
all’Università di Tunisi, presenta il Corano come un libro
che ha conosciuto un processo di ri-adeguamento soprattutto per certe prescrizioni legate a delle contingenze storiche. Il Corano non è dun
que immutabile. Esso può essere sottoposto alla medesima analisi critica cbe si fa
della Bibbia. Isabelle Grellier,
teologa a Strasburgo, fa assieme ai riformatori protestanti
la distinzione fra parola di
Dio e Sacre Scritture. Gerard
Delteil insiste sulla pluralità
di interpretazioni della Bibbia: «Se è il testo che parla ai
lettori, allora è il lettore che fa
parlare il testo».
Le sofferenze legate alla
crescita degli integralismi saranno, nel prossimo mese di
giugno, al centro del dibattito
dell’incontro ecumenico europeo di Graz; esse troveranno posto al centro del dialogo
ecumenico e interreligioso e
della vita quotidiana dei credenti. Rimangono aperte
molte domande; ricordiamo
quelle legate al dialogo:
quando è auspicabile e a partire da quale limite diventa
impossibile o inaccettabile?
La condizione delle dorme
nelle chiese, nelle religioni e
nella società non è forse ima
sfida centrale nella lotta contro gli integralismi? Intorno a
quali valori gli «uomini di
buona volontà» si riuniranno ,
riconoscendo e accettanoo le !
loro differenze? Quelle legate
alla Torah, all’Evangele, al /
Corano o quelle della nn ;der- v
nità che sono espresse per j
esempio dalla Dichiarazione f
universale dei diritti um,ani? |
* Servizio stampa delle '
chiese protestanti '
d’Alsazia e di Mosci la.
(traduz. di Massimo Longf
Perché forma donne e uomini
responsabili, capaci di
contribuire allo sviluppo del
proprio paese e di affermare i
valori della democrazia e della
persona umana.
Ma in Italia e nel mondo ci sono
oltre 130 milioni di bambini che
non hanno mai frequentato una
scuola o la devono abbandonare
prima del previsto. Così
sviluppo, democrazia, diritti
saranno per loro parole
prive di significato.
Per questo le chiese valdesi e
metodiste hanno deciso di
investire una quota dell’otto per
mille, a loro esplicitamente
destinato dai contribuenti,
per sostenere progetti di
cooperazione allo sviluppo, di
educazione di base, di
promozione della cultura della
pace da realizzarsi in Italia e nei
paesi del Sud del mondo.
Lo faranno in collaborazione
con organismi ecumenici,
istituzioni locali, associazioni di
volontariato che hanno maturato
significative esperienze in
questo campo.
Tutti i fondi
deli’8 per miile
destinati alle
chiese valdesi e
metodiste
saranno investiti
esclusivamente
in progetti
sociali,
assistenziali,
umanitari e
culturali in Italia
e all’estero.
Chiesa evangelica valdese (Unione delle Chiese metodiste e valdesi)
via Firenze 38 - 00184 Roma - tei. 06-4745537; fax 06-4743324