1
■:<P
Spedizione in abb, postale/50
Torino
In caso di mancato recapito
si prega restituire al mittente presso
l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a
corrispondere il diritto di resa.
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHf BATTISTE, METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
ANNO 3 - NUMERO 4
CINQUANT'ANNI DOPO AUSCHWITZ
RICORDARE
E OPERARE
CARLO OTTINO*
■' iSi-"
II 27 gennaio 1945 le truppe avanzanti deirArmata
Rossa penetrarono ad Auschwitz, trovandovi nelle più
terribili condizioni di sopravvivenza poche migliaia di deportati superstiti; e nel precipitare degli eventi della sconfitta tedesca gli eserciti alleati
convergenti da varie parti liberarono e smantellarono la
«galassia concentrazionaria»
nazista, sistematicamente organizzata sin dall’inizio del
regime, da quando cioè il 22
marzo 1943 i cancelli di Dachau si erano aperti all’internamento degli avversari politici e razziali.
Polimorfo universo di dolore e di morte, quello della deportazione; passato in poco
più di un decennio dalla strutturazione interna dei campi di
concentramento alla pianificazione su più vasta scala, soprattutto all’Est, dello sterminio, differito o immediato attraverso il lavoro servile e/o
le camere a gas, non mancando le tecniche e gli esperimenti di vario genere: oltre
2.000 campi, sottocampi e
kommandos di ogni tipo,
sparsi in Germania e nei territori occupati; 12 milioni di
deportati quasi interamente
sterminati; restano incerte le
cifre effettive e aperte le ipotesi di ricerca e di calcolo. Almeno la metà erano ebrei
(dalla sola Italia, oltre 8.000
vittime della persecuzione antiebraica registrate da Liliana
Picciotto Fargion: cfr. Il libro
della memoria): sicché, nel
terrificante quadro complessivo delle vittime di tante pro^venienze nazionali e sociali,
culturali e religiose, è la Sboà
che assume particolare tragica
preminenza, la «catastrofe»'
deH’ebraismo europeo in cui
hanno trovato incomparabilmente culmine le millenarie
vicende del disprezzo e dell’odio antisemita.
Sono trascorsi cinquanf anni e i problemi non sono purtroppo chiusi; non è scomparso l’antisemitismo, forma
specifica e per certi versi atipica dei più generali fenomeni razzisti. Si sono tendenzialmente accentuate le manifestazioni del pregiudizio e
del rifiuto nei confronti delle
diversità. 11 secolo che va poco gloriosamente declinando
conferma in misura sempre
diffusa la propria vocazione
alla violenza, anzi alle violenze, tra le quali ancora sembrano allignare le radici di
tutto ciò che il sociologo tedesco Wolfgang Sofsky, in
uno studio sul «campo di
concentramento» appena tradotto in italiano (Laterza,
gennaio 1995), ha chiamato
L’ordine del terrore.
Di tale «ordine», appunto,
Auschwitz; miniuniverso a
propria volta di due grandi
strutture principali e di 39 la
ger ausiliari, operanti dopo il
1940 per lo sterminio di ebrei
e zingari e di altri prigionieri
di ogni paese, rimane simbolo
universale, silenzioso monito
che suggerisce alle generazioni odierne e venture disperanti riflessioni senza tuttavia
precludere la speranza. Le
prime possono tra l’altro indurci a rievocare il pesante
retaggio di antisemitismo che
corresponsabilizza su basi
differenti nel lungo periodo
tanto la cristianità quanto la
modernità; o, più da vicino, il
perverso intreccio di silenzi,
di giustificazioni, di collaborazioni che, pur variamente
motivato, ha sovente assecondato la tirannide contrapponendo il conformismo e la
viltà al coraggio delle opposizioni etico-politiche o religiose; e, ancora, i guasti presenti
della trascuratezza e dell’
oblio, a cui si aggiungono come aggravanti la brutalità
delle tesi negazioniste o, con
più sottili apparenze critiche,
gli effetti ridimensionati del
dibattito revisionista avviato
begli anni ’80 in Germania e
ripreso altrove (anche in Italia) successivamente.
La seconda, la dinamica
della speranza, ha nel nostro
orizzonte culturale radici bibliche, così come la prescrizione della memoria sinteti
*Ex deportato a Auschwitz.
SEGUE A PAGINA 3
Dimorare nella Parola: condizione per l'unità dei discepoli
Gesù riassume tutta la storia di Israele
PAOLO SPANU
«lo sono la vite, voi siete i tralci. Colui
che dimora in me e nel quale io dimoro,
porta molto frutto; perché senza di me
non potete fare nulla»
(Giovanni 15, 5)
Quella sera, l’ultima che gli apostoli
trascorsero con lui, il maestro disse
parole memorabili. Sono scolpite, nella
memoria degli apostoli che ce le hanno
riferite, come le dieci parole sulle lastre
di roccia consegnate a Mosè. Parole fondamentali, che avevano al tempo stesso
la forza delle dichiarazioni di realtà decisive e la dinamicità delle promesse. Il
maestro aprì loro gli occhi ed essi cominciarono a vedere la memoria di Israele non più come una sequela di eventi e
di messaggi ma come la vicenda che
quella sera culminava in ore di angoscia
e di stupore, di paura e di speranza.
Quello che stava accadendo non era un
evento tra i tanti, ma l’epilogo e il riepilogo della storia e della missione del popolo di Israele. E nel dire quelle parole
avvenne qualcosa di strano; egli era sì
Gesù di Nazareth, certo che era lui ! Ma
quando diceva «lo sono il pane», o azzardava provocazioni come «Chi beve il
mio sangue» in un certo senso non era
più lui, non era colui che avevano conosciuto: la luce del Signore balenò per un
poco davanti a loro e ciò che poteva
sembrare presuntuoso e blasfemo risuonò invece come una rivelazione e apparve come uno squarciò di paradiso.
Quando Gesù disse; «Io sono la vera
vite», voleva dire: «La vera-vite, di cui
avevano parlato i profeti, non era il popolo con la sua storia, le sue strutture politiche e religiose, ma la realtà dell’Israele
di Dio che è in me». Parlava di sé, ma
parlava anche di loro e di noi che conserviamo le loro memorie perché quelle parole, che avevano tutta Paria di un commiato, in verità erano il disvelamento
delle loro realtà di apostoli e un annuncio
che guardava avanti, lontano, quasi irradiandoli a tutte le generazioni a venire.
Ecco perché io credo che non si possa
imbalsamare Gesù di Nazaret come
molti fanno. C’è chi lo vuole morto nei
cimiteri di questo mondo; sì, gli fanno
un gran monumento, ma pensano a un
cadavere. C’è chi lo pone in alto sugli
altari, così elevato nelì’empireo dei beati che non hanno più rilevanza per la vita di quaggiù e nelle lotte che conduciamo ogni giorno. C’è chi lo vuole sterilizzare cogliendo in lui soltanto gli inse
gnamenti senza accoglierne la persona
concreta, con tutte le sue contraddizioni
spesso sconcertanti. Così Gesù di Nazareth, quando non è del tutto dimenticato,
viene considerato un maestro di religione e di morale, oppure una creatura del
paradiso.
Quella sera, quando disse; «lo sono la
vera vite» Gesù svelò agli apostoli un segreto che sta alla base della sua missione
e della nostra speranza: egli è l’Israele di
Dio e noi siamo veramente parte di quel
popolo, non in quanto ebrei, ma a misura
che gli rimaniamo fedeli, sia per quello
che egli ha detto e fatto, sia per quello
che egli è. Può forse un tralcio portare
foss’anche un acino d’uva se non è intimamente connesso con la vite? Può un
tralcio portare frutti abbondanti e di
bell’aspetto se non si lascia potare e sfoltire dal vignaiolo? Come si fa a dirsi cristiani se la comunione di quella sera, di
queirultima cena, non è comunione di
vita, nutrita della parola di Gesù? Come
si fa a chiamarci chiesa di Cristo, se la
Parola non ci giudica e non ci fa grazia?
Parole forti furono quelle che disse allora: «Senza di me non potete fare nulla... rimanete stretti a me». Qui sta il
senso della nostra unità e il nocciolo della promessa.
Ecumenismo
No alla messa
in San Paolo
Cinque leader delle chiese
evangeliche italiane hanno
declinato l’invito a partecipare alla solenne liturgia eucaristica nella basilica romana di
San Paolo, a conclusione^della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani. La messa, che abitualmente è celebrata dal papa, quest’anno
sarà presieduta dal cardinale
E. Cassidy, mercoledì 25
gennaio. I cinque leader sono
il presidente della Federazione delle chièse evangeliche in
Italia, pastore Domenico Tomasetto, il moderatore della
Tavola valdese, Gianni Rosfan, il presidente dell’Opera
per le chiese metodiste, pa^
store Claudio H. Martelli, il
presidente dell’Unione battista, Renato Maiocchi e il pastore Hartmut Diekmann, decano della Chiesa luterana in
Italia. In una lettera all’Abate
di San Paolo, i leader evangelici spiegano le motivazioni
del loro rifiuto; «Ci dispiace
ma anche quest’anno, come
per gli anni precedenti, la nostra coscienza ecumenica ed
evangelica non ci consente di
partecipare. Una, celebrazione
eucaristica non è per noi la
via adatta per esprimere e ricercare l’unità dei cristiani
perché, nella situazione attuale, l’eucaristia è segno di divisione e non di unione dei
cristiani». In ogni caso, i firmatari confermano il loro
personale impegno nella Settimana per l’unità, in liturgie
della Parola, incontri di preghiera è conferenze. Infine,
rilevano i leader evangelici,
«dal punto di vista ecumenico
riteniamo che un incontro di
questo genere debba prevedere la preparazione congiunta
e la parità dei copresenti, fatto salvo l’onore riservato
all’ospitante. Nel caso della
nostra presenza all’incontro
di San Paolo, noi saremmo
semplici spettatori invitati ad
assistere a un avvenimento
estraneo alla nostra sensibilità
teologica e spirituale», (nev)
Le chiese nel nuovo
Sud Africa
pagina 2
All’Ascolto
Della Parola
Nuovi cieli
e nuova terra
pagina 6
Villaggio
Globale
L’Onu e lo sviluppo
pagina 12
2
PAG. 2 RIFORMA
MM
Ecumene
venerdì 27 GENNAIO 1995
Nelson Mandela è intervenuto al Sinodo della Chiesa riformata olandese in Africa
Il lento cammino verso l'unità delle chiese
riformate nel nuovo Sud Africa democratico
PÂRAIC RÉAMONN
In seguito alla fusione,
nell’aprile del 1994, della
Chiesa riformata olandese in
Africa (Ngka) e della Chiesa
missionaria riformata olandese (Ngsk) per formare la
Chiesa riformata unita d’Africa australe (Urcsa), diverse
chiese della famiglia riformata olandese hanno manifestato un nuovo interesse per l’unificazione. Durante il suo ultimo Sinodo, nel settembre
scorso, la Chiesa riformata in
Africa (Rea) ha deciso di riprendere la discussione con le
chiese sorelle.
Nell’ottobre scorso, il Sinodo della Chiesa riformata olandese (Ngk) ha deciso all’
unanimità di lavorare con gli
altri membri della famiglia
riformata olandese in vista di
«formare un’unica denominazione». Questa decisione
ha fatto seguito ad un accordo, concluso nell’agosto
scorso, tra i comitati esecutivi delle commissioni dei Sinodi generali della Ngk e della Urcsa. In una dichiarazione
comune, essi hanno dichiarato: «Per ubbidire alle Scritture... siamo sinceramente intenzionati a dare una manifestazione visibile dell’unità
della Urcsa e della Ngk e intendiamo creare una struttura adatta per esprimere tale
unità». Hanno riconosciuto
che le due chiese riunite hanno già tre confessioni riformate; alla Ngk è stato chiesto
se «in via di principio accetterebbe che la confessione di
Belhar diventi la confessione
di fede di una Chiesa unificata» (si tratta della confessione
adottata per prima dalla Ngsk
quando questa aveva dichiarato uno status confessionis
nei confronti dell’apartheid).
La Chiesa riformata olandese ha approvato l’orientamento intrapreso con questa dichiarazione ma ha creato una
certa confusione accettando
anche come base di discussione le vecchie «linee direttrici
della Ngk per un modello di
denominazione unica».
«Anche se la Chiesa riformata olandese è ormai impegnata sulla via dell’unità
della chiesa, essa deve ancora salire sul treno della Urcsa - ha riconosciuto il nuovo
moderatore della Ngk, Freek
Swanepoel -. Il treno è partito presto ma forse camminerà
piano, in modo che possiamo
arrivare insieme». Il Sinodo
ha previsto un’ampia consultazione delle chiese membro
e le ha assicurate che «questo
tema della massima importanza verrà trattato con il
massimo tatto».
Durante la consultazione
dell’Alleanza riformata mondiale (Arm) sui rapporti tra le
chiese, svoltasi a Johannesburg nel marzo 1993, il professore Jaap J. F. Durand
aveva spiegato che la risposta
della Ngk alla sfida di unirsi
alle altre chiese della famiglia riformata olandese per
formare un’unica chiesa non
razziale, costituiva «la prova
decisiva» che avrebbe consentito di sapere se questa
chiesa'aveva definitivamente
preso le distanze dal razzismo dell’apartheid. Nella loro risposta, i rappresentanti
della Ngk avevano sottoscritto la dichiarazione.
Il Sinodo della Ngk dell’ottobre scorso ha approvato
questa risposta ma, nella stessa risoluzione, ha anche
espresso la sua profonda
scontentezza nei confronti
Sud Africa: scene di giubiio dopo ia vittoria elettoraie deil’apriie ’94
scussioni sull’unità e che le linee direttrici della Ngk sono
«un problema fondamentale».
dell’Arm. Infatti, la 21° Assemblea generale dell’Arm
(Ottawa 1982) aveva sospeso
la Ngk «fino a che non fossero state adottate risoluzioni
sinodali inequivocabili di rigetto dell'apartheid e di impegno della chiesa a smantellare questo sistema sia nella
chiesa sia nella politica». Il
Sinodo ha dichiarato che, dopo dodici anni, «era scontento» di essere ancora sospeso,
ma ha rinunciato a lanciare
un ultimatum all’Arm.
Difficile dire a quale velocità andrà avanti il treno della
Ngk verso l’unità della chiesa. Può darsi che una decisione finale di unione slitti fino
al prossimo Sinodo, nel 1998,
anche se potrebbe essere decisa prima con una riunione
straordinaria del Sinodo stesso. Rimangono inoltre alcuni
problemi aperti, non solo rispetto alla velocità del treno,
ma anche rispetto alla sua destinazione. Il comitato esecutivo dell’Urcsa ha accolto favorevolmente le decisioni della Ngk sull’unità della chiesa,
ma si è rammaricato che il Sinodo non sia andato oltre 1’
approvazione dell’orientamento intrapreso con la dichiarazione comune. Esso è
del parere che l’incapacità del
Sinodo di esprimere una propria posizione circa la confessione di Belhar potrebbe rappresentare un ostacolo alle di
Con l’espressione «unità
della Chiesa», l’Urcsa intende una Chiesa unitaria che
non tenga conto delle razze,
ma le «linee direttrici» della
Ngk non sembrano andare
così lontano. È chiaro però
che i rapporti tra le chiese
riformate olandesi stanno
evolvendo nella giusta direzione. «Molto prudente, ma
molto ottimista»: così si è
espresso un responsabile delr Urcsa per descrivere la sua
reazione di fronte alle decisioni del Sinodo.
La riunione del Sinodo si è
svolta in un Sud Africa che
pochi delegati avrebbero potuto immaginare qualche anno prima. Nel suo discorso al
Sinodo, il primo pronunciato
da un presidente sudafricano
in carica, Nelson Mandela ha
detto che l’apartheid è stata
«la più grande negazione del
valore fondamentale degli esseri umani in tutta la storia
del mondo», ma ha aggiunto
che non intendeva rigirare il
coltello nella piaga. La dichiarazione su «Chiesa e società» (1990) fu una tappa
importante nella lotta della
Ngk contro l’apartheid, ma
non eravamo ancora la fine
del viaggio, ha detto Mandela
che ha chiesto un appoggio
costruttivo a favore del suo
governo, in particolare per il
programma di sviluppo e di
costruzione. Il Sinodo si è alzato in piedi per applaudirlo.
Anche Beyers Naudé e Ben
Marais sono stati applauditissimi: quest’ultimo è stato uno
dei primi teologi a sostenere
che l’apartheid non aveva fondamento biblico. Il Sinodo ha
presentato formalmente le
proprie scuse a coloro che si
erano profeticamente espressi
contro il sostegno della chiesa
all’apartheid. Il Sinodo ha «riconosciuto con rincrescimento che, nel passato, tali persone sono state spesso trattate
in modo ingiusto e poco gentile da parte della chiesa».
Beyers Naudé ha ringraziato il
Sinodo e ha detto di vedere
nella dichiarazione di pentimento una risposta alla preghiera; la fine di quella lunga
lotta era finalmente giunta ed
egli era felice di aver vissuto
abbastanza per vederla.
«Possiamo rallegrarci del
fatto che le chiese riformate
olandesi siano ora pronte ad
iniziare i negoziati sulla questione dell’unità stessa - ha
dichiarato il presidente Russel
Botman, ministro dell’Urcsa e
dell’Alleanza sudafricana delle chiese riformate -. Finora,
non eravamo mai arrivati così
lontano». A suo parere, le
questioni cruciali sono quelle
che riguardano le implicazioni dell’unità: che tipo di teologia avrà la nuova chiesa?
Come verrà udita o non udita
la voce delle chiese nere in
seno alla nuova struttura?
Quali saranno gli impegni
,della chiesa nei confronti dei
poveri e degli oppressi?
«La prova decisiva che
sancirà la rinuncia definitiva
all’apartheid rimane il realizzarsi dell’unità della chiesa ^
ha dichiarato il comitato esecutivo deirUrcsa -. È per
questo che consideriamo le
risoluzioni della Ngk circa
l’unità della chiesa solo come
una prima tappa di questo
cammino».
{Update, dicembre 1994)
Dal Mondo Cristiano
Irlanda del Nord: presbiteriani
favorevoli al cessate il fuoco
BELFAST — Il Consiglio dell’assemblea generale della
Chiesa presbiteriana d’Irlanda (Pei) ha accolto favorevolmente
i cessate il fuoco repubblicano e lealista. In seguito al cessate
il fuoco dell’Ira alla fine di agosto, la direzione comune dei
gruppi paramilitari ha cessato le ostilità il 13 ottobre scorso,
ponendo fine così a 25 anni di violenza in Irlanda del Nord.
L’assemblea aveva ricevuto garanzie circa la posizione costituzionale deirirlanda del Nord in seno al Regno Unito. L’assemblea della Pei ha incoraggiato i membri di chiesa a proseguire la loro ricerca di istituzioni giuste e accettabili e ha ringraziato i primi ministri irlandese e britannico per aver dato la
priorità alla questione dell’Irlanda del Nord. Ha chiesto ai
mass media di evitare l’uso della parola «protestante» per definire i gruppi paramilitari lealisti: ciò crea confusione e rappresenta un pregiudizio nei confronti dei protestanti del mondo
dato che quei gruppi non parlano a nome della vasta maggioranza dei protestanti delle due parti dell’Irlanda. Boris Peterlin, direttore del Servizio cristiano di informazione e del Circolo della pace di Zagabria, è del parere che alcuni modelli di
cura e di riconciliazione del Centro di Corrymeela potrebbero
essere applicati a famiglie della Croazia. Vi sono infatti paralleli tra le due situazioni: una coscienza storica che conserva intatto nel presente il ricordo delle ferite subite nel passato, e
una mescolanza della religione con la politica. ( Update)
Rio de la Piata: la Chiesa
evangelica contro Menem
BUENOS AIRES — Il pastore Rodolfo Reinich, presidente
della Chiesa evangelica del Rio de la Piata, si è pronunciato a
favore dell’espulsione di Carlos Menem dal Consiglio di presidenza dell’Assemblea permanente dei diritti umani, dopo che il
presidente argentino aveva difeso il ruolo della polizia e delle
forze armate durante la dittatura militare in Argentina. La dittatura (1976-1983) è stato uno dei periodi più cruenti del paese.
Molti sono stati torturati, 30.000 persone sono scomparse, fra
cui bambini nati nei campi di concentramento. Rodolfo Reinich, in una dichiarazione comune con il pastore Carlos Orlov,
della Chiesa evangelica luterana unita, e con il vescovo cattolico Jorge Novak, ha dichiarato che «colui che partecipa ai reati
di crimine contro l’umanità non può pretendere di essere democratico o di rispettare la costituzione nazionale, e può difficilmente essere considerato come cristiano». (Update}
Haiti: reazioni dei vescovi
cattolici al ritorno di Aristide
PORT-AU-PRINCE — Dopo il ritorno del presidente JeanBertrand Aristide, i vescovi cattolici di Haiti hanno denunciato
«l’intervento militare straniero», ritenendo che esso «contribuisce a rinforzare il clima di intolleranza e di intransigenza» nel
loro paese. Essi auspicano che venga ristabilito un vero «stato
di diritto, senza il quale non ci sarà democrazia». Mettono in
guardia contro un’interpretazione della parola «giustizia»: secondo loro, per molta gente questa parola significa vendetta,
violenza e odio. D’altra parte una questione rimane aperta: la
Santa Sede era stata l’unico stato ad avere riconosciuto il regime golpista del generale Cédras. Verrà mantenuto al suo posto
il nunzio apostolico mons. Baldisseri? (Ann)
A Peter Beier, Präses della Chiesa evangelica di Renania, il dottorato honoris causa dell'Università di Bonn
«L'Europa deve diventare ciò che potrebbe essere»
STEFANO MERCURIO
L5 Università di Bonn ha
attribuito il dottorato
honoris causa al Präses della
Chiesa evangelica di Renania, Peter Beier. La cerimonia pubblica si è tenuta il 23
novembre nel salone delle feste dell’Università, alla presenza di numerosi invitati, tra
cui il primo ministro della
Nordrhein-Westfalen, Johannes Rau.
Nella sua laudatio, il decano della Facoltà di teologia
evangelica, prof. Horst Seebass, ha ricordato Peter Beier
quale predicatore della parola
di Dio che ha saputo testimoniare l’Evangelo anche fuori
dai confini della chiesa di
Renania. Beier è stato elogiato per la sua profonda spiritualità e per il suo stile poetico, doni che sono sempre
emersi nelle sue predicazioni,
caratterizzate peraltro da un
forte ancoramento biblico, e
dalle conseguenze sociali che
egli ha sempre puntualmente
saputo trarre.
Testimoniare l’Evangelo significa per Beier «intromettersi, immischiarsi». Sono sta
ti riportati alla memoria come
esempio il discorso tenuto
neH’aprile del ’93 davanti al
«muro della morte» di Auschwitz, la predicazione teletrasmessa del 1° maggio 1994
e quella per l’inaugurazione
del duomo di Berlino. Quest’ultima, per il suo carattere
di forte denuncia, dovette fare
irritare così tanto il cancelliere Kohl, presente alla cerimonia che da quel giorno, come
si sente dire negli ambienti
ecclesiastici di Bonn, non ha
più voluto dare la mano al
Präses Beier. La laudatio si è
conclusa con un apprezzamento per il fruttuoso lavoro
ecumenico svolto da Beier anche nei momenti più difficili e
con un incoraggiamento a
continuare per questa strada.
Nel suo intervento il ministro Johannes Rau ha ricordato Beier come teologo e uomo di fede «che sa tornare
indietro verso l’ambasciata
biblica per poi trasmetterla a
sua volta, in modo fedele, ai
suoi contemporanei». A questi lunghi ma sentiti interventi hanno dato seguito due intermezzi musicali per pianoforte e flauto, che hanno
Il pastore Peter Beler
creato una piacevole atmosfera artistica. L’ultimo di
questi, eseguito dopo l’orazione di ringraziamento, è
riuscito a strappare un momento di profonda commozione dal viso di Beier.
Quest’ultimo ha presentato
uno scritto dal titolo La cristianità e l’Europa. Novalis
come teologo dell’estetica romantica che prende in esame
il concetto di unità presente
nell’estetica di Novalis; nel
sintetizzare questo aspetto, il
festeggiato ha citato Josef Haslinger: «Il rinnovamento romantico non vuole cambiare
il mondo attraverso uno sforzo individuale ma vuole portare la riflessione su un mondo migliore come questione
comune» (da Die Ästhetik des
Novalis, 1981).
Di fronte a questa idea di
totalità e universalità le nostre società vengono invece
sempre più caratterizzate «da
egoismi nazionali, dall’acquisizione dei vantaggi presenti,
dall’assenza di fantasia, dalTottusità e dalla mancanza di
una forza visionaria da poter
comunicare ai giovani».
L’economia regna indisturbata sulla politica e la cultura
con il disprezzo per le origini
e per la storia. Secondo Beier
«il gioco mortale in Bosnia, il
ritorno dello spettro fascista,
riluttanti fondamentalismi nel
cristianesimo, il propagarsi di
sette misantrope, tutto questo
poteva forse essere fermato
se le società europee avessero
preso a cuore la strada che
porta ai principi su cui si sono formate, se avessero osato
ritornare alle loro origini al
fine di prendere forza dalla
poesia del passato per costruire quindi il futuro».
Di fronte a queste conside
razioni Beier si domanda
quindi se non si dovrebbero
riprendere sul serio alcune
delle domande già poste da
Novalis alla teologia e alla
chiesa, e cioè: a) se ci sia e
per quale via potrebbe essere
scorta e mantenuta nelle parti
componenti la totalità; b) di
quale vigore poetico necessiti
la fede; c) quale contributo
debbano portare la chiesa
evangelica e la teologia al ricupero di un’estetica mediatrice nel contesto europeo; d)
che cosa significhino la perdita e l’abbandono dei simboli; e) se esista un’arte del sentire con la testa e di pensare
con il cuore che non risulti
utile all’attività teologica.
«Novalis - ha concluso
Beier - ricorda persistentemente questo, che l’Europa
deve diventare ciò che potrebbe essere, che deve salvaguardare il sogno che respira
e riposa nelle immagini della
sua storia (...). Sviluppo e
concentrazione di prospettive
visionarie provvisorie sono
irrinunciabile parte costitutiva del compito della cristianità europea e del suo tanto
atteso avvio ecumenico».
3
venerdì 27 GENNAIO 1995
PAG. 3 RIFORMA
La realtà, l'immagine, il potere dei media nell'analisi degli esperti
Il problema non è il mezzo ma il suo uso
:r
MARIA CRISTINA VILARDO
L5 abitare dei luoghi è la
dimensione in cui dimora la comunicazione, lo
scambio di informazioni e di
# affettività con 1’«altro». Costruire e dare un nome alla
realtà, agli oggetti che ci circondano e, quindi, relazionarsi con il mondo esterno, fa
parte dell’esperienza di ciascuno. Senza comunicazione
non potrebbe esserci consapevolezza di esistere. Su questi concetti si è innestata la
.premessa che il prof. Alberto
Abmzzese, docente di sociologia airUniversità La Sapienza di Roma, ha ritenuto
opportuno tracciare nel proporre il suo intervento sul tema «Media e democrazia».
La comunicazione, ha osservato Abruzzese, attraversa
sempre questa dialettica, ed è
estremamente importante capire le caratteristiche di un
determinato sistema di comunicazione. Le risposte che il
sistema politico e sociale dà
alle esigenze di consenso e di
controllo democratico sono
diversificate: negli Usa sono
wesciute, nell’Ottocento, forme di democrazia legate al sistema elettorale e ai diritti dei
cittadini. La democrazia usa
sistemi evoluti, basati sul simbolico e sulla coesistenza fra
l’individuo e la collettività. In
Europa invece ha prevalso la
propaganda: se l’Europa ha il
nazismo, l’America ha sviluppato la democrazia. L’individuo richiede maggior attenzione e nascono il telegrafo, il
Due immagini televisive di Silvio Berlusconi che sono state al centro della campagna elettorale
telefono, la radio, il cinema,
la televisione. Riflettendo
sull’importanza della comunicazione nella trasformazione
della società il prof. Abruzzese ha analizzato il caso delle
leghe e del «fenomeno Berlusconi» entrambi dovuti all’
emergere politico di strati sociali a cui il monopolio statale
dell’informazione televisiva
aveva tolto la parola: il nuovo
leader ha successo perché
sfrutta i bisogni di comunicazione di questi strati.
Sull’affermazione politica
di Silvio Berlusconi si è soffermata anche la giornalista
Maria Squarcione, che ha
presentato una ricerca svolta
da un gruppo di studenti dell’Università di Roma. La
campagna elettorale delle ultime politiche è stata caratte
rizzata dal massiccio intervento dei media, dalla spettacolarizzazione e dalla «sondaggiomania», e dall’offerta
politica in tutti i mezzi di comunicazione, anche nei programmi di intrattenimento.
La sapiente opera di marketing della Fininvest è stata capace di intercettare un pubbli
«Media e società» era il tenia del campo invernale del
Centro metodista di Ecumene.
D campo, strutturato in 4 giorni di lavori, prevedeva relazioni sui temi «Dalla galassia
Gutenberg alla galassia Marconi», «Media e democrazia»,
«Media e religione», «Media
e costume», «Media e legislazione» e una tavola rotonda
dal titolo «Media e società
italiana»; i partecipanti sono
stati una quarantina, provenienti da varie regioni italiane. Il campo, organizzato in
collaborazione con la Fcei e
la rivista ecumenica «Confronti», si è tenuto tra il 27 di
cembre e il 1° gennaio, lasciando anche spazio a momenti di simpatica convivialité e di intensa spiritualità come la meditazione biblica tenuta dal pastore Claudio H.
Martelli, a mezzanotte del 31
dicembre, e il culto di Rinnovamento del Patto, celebrato a
Capodanno secondo la tradizione wesleyana e che ormai
moltissime chie.se evangeliche
italiane hanno fatto propria.
Una pubblicazione di Ecumene raccoglierà gli atti del
campo che possono essere richiesti a: Ecumene, Ornella
Sbaffi, via Firenze 38, 00184
Roma, tei. 06-4743695.
co largamente disinteressato
alla politica e ha segnato anche una modificazione del
suo linguaggio tradizionale:
dal «politichese» al «gentese». Berlusconi ha ricercato
l’identità tra sé e la «gente»
destinataria del suo appello;
ha creato una circolarità di
comunicazione.
Massimo Ghirelli, della rubrica di Raidue «Nonsolonero» ha messo in evidenza le
contraddizioni dei media:
verso di essi avvertiamo un
senso di diffidenza, di scarsa sicurezza e affidabilità in
quanto «non dicono le cose
come stanno», sono riduttivi
e ci possono condizionare,
manipolare. D’altro canto
ciascuno di noi riterrebbe
impensabile vivere senza di
loro, poiché da essi sembrano dipendere la vita sociale,
la vita politica, nonché la capacità di comunicare con gli
altri. Sono, in poche parole,
strumenti buoni usati male.
«La sostanza della contraddizione - ha detto Ghirelli non riguarda l’uso, bensì i
mezzi stessi».
Sono mezzi di comunicazioni di massa, quindi visti da
molta gente. Che cosa caratte
rizza la massa? L’essere eterogenea per cultura, per lingua, per religione, per fede
politica: ne consegue che i
media devono tenerne conto,
se vogliono incontrare il favore del pubblico, e spesso devono «volare basso» per poter
soddisfare i gusti di tutti.
Un altro elemento della
contraddizione è il rapporto
con la realtà. Noi ci facciamo
un quadro della realtà guardando la tv o leggendo il
giornale ma della maggior
parte delle cose non abbiamo
esperienza diretta. Così 1’
informazione diventa la realtà
e questo è un enorme potere,
perché si può fare una selezione della realtà e proporla
alla gente come se fosse «la»
realtà. Diventa difficile distinguere ciò che è vero da
ciò che è falso.
Paolo Naso infine ha sottolineato la logica della democrazia pubblicitaria nella quale esiste il premier che dialoga direttamente con la «gente», con il popolo. È una forma di democrazia di tipo plebiscitario, provenendo il consenso direttamente dalla gente, dal .sondaggio: «Tutto ciò
non rassicura», ha detto.
La storia e i problemi della comunicazione
Tutto è cominciato
con Gutenberg
Segue nel prossimo
numero
Per ragioni di spazio rinviamo al prossimo numero la
pubblicazione degli articoli
riguardanti il rapporto chieseinformazione.
Fulvio Rocco, responsabile
del Servizio stampa, radio e
televisione della Fcei, aprendo i lavori del campo, ha presentato la storia dei media dal
XV secolo ai giorni nostri.
Nel 1450 Gutenberg editava
la prima copia della Bibbia,
nel 1500 la Riforma, il Rinascimento e l’invenzione della
stampa a caratteri mobili facevano passare il numero dei
libri pubblicati da poche decine a varie migliaia l’anno. La
riorganizzazione della scrittura con l’avvento dei nuovi caratteri di stampa per opera di
Garamond, di Griffo, l’organizzazione tipografica operata dal Manuzio, furono elementi per l’esplosione del
nuovo «medium». Tuttavia è
con l’apparizione del giornale che il «medium» diventa
veramente tale. I primi fogli
appaiono con una periodicità
incerta verso la fine del ’500
a Praga, in Germania, in
Svizzera, ma è il ’600 il secolo fondamentale per l’affermazione del giornale. Nel
1609 a Augusta appare il primo al quale seguirà, nel
1612, la prima pubblicazione
a carattere regolare a Francoforte, il Frankfurter Journal con la strabiliante tiratura,
per allora, di ben 1.500 copie,
mentre nel 1622 nascerà il
primo periodico inglese a
Londra e nel 1631 il primo
foglio francese a Parigi.
11 ’700 celebrerà l’affermazione del quotidiano e in quel
secolo prende le mosse anche
il giornalismo moderno, la
sua tecnica, il suo lessico. A
Londra nasce nel 1702 il primo quotidiano di cui si abbiano certe notizie, il Daily Courent, ben 86 anni prima del
Times, il più antico quotidiano esistente, che iniziò le pubblicazioni nel 1788. In Italia il
primo «avviso» periodico è
quello apparso in Firenze nel
1636, mentre il primo giornale periodico, dall’emblematico titolo II sincero, nasce a
Genova nel 1645. 11 primo
quotidiano. Il diario veneto,
esce nel 1765 a Venezia.
All’inizio i torchi riuscivano a stampare 300 fogli al
giorno, mossi solo dalle braccia dell’uomo, ma per via dei
miglioramenti apportati si arrivò alle 250 copie all’ora. 11
Times di Londra sarà il primo
ad adottare il torchio a vapore
nel 1813 e nel 1847 la prima
rotativa che rivoluzionerà la
tecnica di stampa dei giornali
con la potenzialità di circa
10.000 fogli ogni ora stampati dalle due parti, piegati e tagliati. La rivoluzione tecnologica della stampa proseguirà
con l’invenzione della carta
in bobina, della linotype, della fotolitografia, che consentirà la pubblicazione delle immagini fotografiche. La prima fotocronaca stampata fu
del 1855 e riguardò la guerra
di Crimea.
Il nostro secolo è il secolo
della multimedialità, una tecnica che è riuscita a combinare tra loro i media sonori e
visivi con quelli stampati
dapprima, e successivamente
a far nascere il mondo della
radio e della televisione per
arrivare, ai giorni nostri, al
computer con le reti mondiali
interconnesse, ai facsimili, alle fibre ottiche, ai satelliti.
Quando all’apparizione del
telegrafo si poté combinare il
quotidiano, con questa nuova
invenzione si comprese che le
frontiere millenarie di tempo
e di spazio erano cadute. Con
lo sviluppo del telegrafo e del
telefono, della radio, con
Roger Fenton: Balaclava in Crimea; primo reportage fotografico della storia
l’apparire delle prime trasmissioni regolari e le radiocronache in diretta si avviò
quel processo di capillare diffusione dei mezzi che divennero veramente di massa. Già
nei primi decenni di questo
secolo si pensò alla trasmissione di immagini in movimento, cioè alla televisione,
le cui origini risalgono al
1923 per quanto riguarda il
brevetto del tubo catodico
(Vladimir Zwoykyn) e al
1925-28 le prime trasmissioni
a circuito chiuso. Il resto è
storia di oggi.
Nel suo intervento Fulvio
Rocco ha messo in luce non
solo la storia dei media e il
loro sviluppo, ma ha ben evidenziato due altri aspetti importanti dei mass media: il
primo è sintetizzato dall’
equazione potere=media, il
secondo dalla lotta per la libertà di stampa e dalla censura. Fin dall’apparire della
stampa i detentori del potere
civile ed ecclesiastico si resero conto che «la verità>s
avrebbe potuto sfuggire loro
di mano. Ecco allora nascere
le misure di controllo attraverso il fisco, la concessione
dei permessi, la lettura preventiva dei testi, la censura
con il sequestro, la confisca
dei mezzi di produzione, le
azioni di polizia. Una lotta
durata secoli se si pensa che
il primo ufficio laico di censura appare a Magonza già
nel 1468 e che uno dei suoi
primi editti fu il divieto delle
edizioni della Bibbia in lingua volgare.
La lotta per raggiungere e
consolidare la libertà di stampa vide in primo piano gli inglesi (1688: Bill of Rights), i
francesi (la Rivoluzione del
1789), gli americani che nello
stesso anno e con ben più
profondi e sinceri intenti inserirono tale diritto nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Su tale linea si mossero
tutte le democrazie: la libertà
di diffusione del pensiero non
può essere un astratto principio ma deve essere resa possibile da leggi che regolino il
controllo della proprietà, il
regime fiscale, le concessioni
e che impediscano l’accentrarsi in poche mani dei mezzi di informazione.
Una questione questa che
attende di trovare soluzione
anche nel nostro paese, impedendo la concentrazione
(trust) di giornali e reti radiofoniche e televisive in pochi soggetti i quali, di fatto,
impediscono il realizzarsi di
un’informazione veramente
diversificata.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
VIAGGIO IN URUGUAY E ARGENTINA-5
VAMOS A EMPEZAR
GIORGIO TOURN
Sulla 18 de julio, 1’avenida
che attraversa il cuore di
Montevideo, sta il monumento al gaucho, a cavallo
(come potrebbe essere altrimenti?) fiero con la sua asta
in pugno a raccogliere le
mandrie, ma collocato sul
crocevia di bulevar España è
come se non ci fosse, nessuno lo vede e lui se ne sta solitario sulla folla più solo che
nelle distese delle praterie.
E lui è l’Uruguay, il paese
della solitudine, dei latifondi
del «virreyame» di Spagna
che non è mai stato superato,
non si è mai trasformato in
nazione, è lui che alleva, ara
e coltiva questa terra dagli
orizzonti mossi, ondulati
(ben altra dall’uniformità
della pampa), che risulta
sempre fuori della civiltà (civiltà viene da «civis», cittadino) non perché non abita a
Montevideo ma perché la
storia passa sotto i suoi piedi
come le mandrie e la gente
sotto il suo monumento.
Ma egli sa di avere i suoi
diritti, anche se vive ai margini della civiltà; per questo
l’Uruguay non è solo terra
delle solitudini ma anche terra delle violenze, terra che è
stata dilacerata dalla guerra
civile: non quella di Secessione, scontro fra due culture, Nord-Sud, ma fra eserciti
e «paraeserciti», bande feudali, fazioni, colorati contro
bianchi. Questa, non si dimentichi, è la terra di Garibaldi, qui sono nate le sue
camice rosse, che tolto il mitragliatore e aggiunto il foulard al collo mi sembrava rivedere nei soldati di qui.
Per questo sulla 18 de julio
sta lo splendido monumento
dell’El Entrevero, opera di
un italiano non sprovvisto di
talento, che raffigura uno
scontro di gauchos che si
massacrano all’arma bianca
in un groviglio inestricabile
di uomini e bestie, sciabole e
lance, una frenesia di movimento e di passione senza altro risultato che la morte
dell’altro. Nessun paese con
coscienza storica, che abbia
letto Hegel, accetterebbe di
vedere la propria identità
simboleggiata in questo vortice di nulla. Avrebbe inventato l’eroe, e invece no (frutto di una cultura positivista
non idealista?); riconosce
che la vicenda politica è un
caleidoscopio di immagini, e
quando essa diventa passione
si trasforma in una rivolta
che non approda alla rivoluzione, nasce dall’impossibile
e si chiude nell’inutile, nel
disperato.
E il vorticare di auto e di
pullman colorati, con megafoni a tutto volume, che
percorrevano l’avenida sotto
i miei occhi urlando slogan
della battaglia elettorale (che
si sarebbe chiusa a fine novembre) non era che una sorta di E1 Entrevero pacifico,
fra lo sportivo e il festaiolo.
La polemica dei candidati in
tv o il distribuire volantini da
parte degli agit-prop, in maglietta e cappellino con i colori dei candidati, pareva le
nostre campagne elettorali
del dopoguerra ma le mancava la violenza ideologica, la
carica di messianismo che
caratterizzava quelle. Qui
tutto pareva esaurirsi, trovare
il suo senso in sé.
Ci si batte per vincere o,
per dirla con lo slogan martellante di uno dei candidati
alla presidenza, perché «vamos a empezar», perché si
La Paz, monumento ai valdesi
tratta di cominciare; vincere
dunque, ma per cominciare
cosa? Nessuno lo sa con
chiarezza. Trucco dei politici
di tutto il mondo! Forse, ma
più che questo, coscienza di
battersi come i gauchos in
uno scontro che non è più ottocentesco, mortale, ma è filtrato ormai dallo stile calcistico (e se non è calcio 1’
Uruguay non c’è calcio al
mondo) ma come quello passione sterile.
Che cosa può infatti esserci dopo, qui, in una terra che
non ha compiuto la rivoluzione liberale, la prima, la
vera (non questa «neo») che
diventa feudo delle multinazionali prima di aver acquisito l’indipendenza, che vede ricomporsi il latifondo
del vicereame spagnolo e
vede sorgere i grattacieli di
Punta del Este, Miami-Disneyland per miliardari sfaccendati, senza essere ancora
entrata pienamente nella cultura moderna?
Qui sull’avenida capisci
quanto siano inconsistenti gli
uomini politici nostrani
quando blaterano di attuare
la soluzione argentina (per
dire sudamericana); lo si può
fare sapendo che lo stipendio
di un insegnante è di 300 dollari, che si fa un paese senza
più ferrovie, dove è normale
recarsi in ambulatorio portando siringa e alcol per avere un’iniezione, e gli autobus
di ultimo modello sono quelli dismessi dalla Spagna.
Anello debole del primo
mondo (e non come spesso si
pensa anello forte del terzo)
il Rio de la Piata è quello che
per primo paga le conseguenze del ciclone del liberismo che si abbatte ormai sul
mondo e passerà anche su di
noi quanto prima con conseguenze molto meno gravi solo perché la nostra società è
infinitamente più complessa.
Per questo dopo il gaucho
solitario e i guerrieri dell’Entrevero, laggiù, in fondo alla
18 de julio, sta il terzo monumento: la cripta dell’oblio.
Sotto la piazza, alle spalle
della statua equestre di Artigas, il padre della patria, i
militari hanno scavato una
cripta per conservare le sue
ceneri. Tutto pare essere come è stato sempre e ovunque; il potere, la gloria na
zionale, il ricordo dell’eroe;
e invece questo spazio tenebroso, contratto sotto l’incombere della volta, nulla ha
da spartire con i mausolei
dell’ideologia imperiale in
Egitto e sulla Piazza Rossa,
nulla da spartire con la luminosa apoteosi dell’Empereur
agli Invalides; i colonnelli
volevano fare un monumento: hanno fatto altro e più,
hanno tradotto in immagine
l’inconscio del loro popolo.
Penetrando nella cripta di
marmo nero, sulle cui pareti
sta narrata la vita dell’eroe
in lettere di pietra, vagando
nella luce crepuscolare che
illumina i gradini dal basso,
attorno all’urna e alle due
sentinelle nell’antica uniforme che paiono finte, penetri
nelle profondità di quella
«banda orientai» dell’Uruguay che Arti gas voleva far
diventare nazione, sei avvolto dalla realtà della morte
ma non quella di lui, patriota
esiliato, ma quella del suo
sogno, del sogno fallito del
gaucho e degli uomini di E1
Entrevero, sogno di libertà,
eguaglianza e fraternità mai
realizzato.
Nessun politico ha mai
espresso in termini così eloquenti la morte della speranza, ha mai realizzato un così
perfetto monumento del nulla; non è un caso, questi modesti ufficiali non erano né
un governo né un potere ma
solo becchini del sogno di
un Uruguay moderno. Ho
capito dopo perché Mireille,
che mi accompagnava a scoprire Montevideo, l’incantevole edificio del ministero
degli Interni, il museo del
gaucho, il Cerro, l’ospedale
italiano, fosse reticente a
scendere là sotto, dove mai
era stata; ricordi della dittatura? Certo, ma molto più di
questo: non ci si affaccia
sulla voragine del nulla né si
visita impunemente la cripta
funebre dei propri sogni, che
sta nel fondo dell’animo, la
paura di ciò che potrebbe essere domani l’Uruguay, una
non vita pietrificata attorno
alle ceneri di Artigas.
Fuori nella luce primaverile turbe di ragazzetti in maglia bianca caracollavano su
vecchie auto gridando «vamos a empezar» e il gaucho
li guardava passare.
Venezia
Ricordando
Guido
Colonna
RENZO BERTALOT
Guido Colonna Romano
non è più con noi. La
comunità di Venezia perde
uno dei suoi elementi più significativi, che lascia la moglie Lina e le figlie Anna e
Daniela con le rispettive famiglie. Guido si era impegnato nella vita della chiesa
fin dal momento della sua
confermazione. Sostituì pastori, per incarico locale e nazionale, dalle Alpi alla Sicilia, rendendosi sempre disponibile a tutti i livelli come
predicatore.
Fu per molti anni anziano
del Consiglio di chiesa della
sua comunità. Durante la seconda guerra mondiale fu internato in Germania in qualità di ufficiale.
L’aiuto che offriva spontaneamente era sostenuto da
una notevole conoscenza; era
infatti un divoratore di libri
che sceglieva con grande accuratezza. Era informatissimo
sul pensiero della Riforma e
in modo specifico sulla teologia protestante del XV secolo, ma il suo pensiero si
estendeva con altrettanta
competenza nel campo suo
proprio di insegnante. Si era
prodigato ad aiutare chiunque
gli chiedesse assistenza nella
preparazione ai concorsi: la
sua conoscenza dell’area filosofica e pedagogica faceva di
lui un punto di riferimento
per molti. Non mancava di ricordare anche ai protestanti
l’importanza di autori, generalmente lontani dall’attenzione immediata, come Amos
Comenio e M. de Unamuno:
le loro traduzioni della fede
nei problemi quotidiani dell’
educazione secolare non potevano passare sotto silenzio.
Subito dopo il Concilio Vaticano II si prodigò ad aprire
nuovi orizzonti nell’ambiente
veneziano, e non solo in quello valdese.
Bisognava aiutare le chiese
a uscire dal loro isolamento e
dalla loro autosufficienza teologica tradizionale tenendo
conto dei nuovi tempi. Era un
momento difficile per la carenza delle informazioni circolanti nel nostro ambiente
evangelico e per la precarietà
delle prospettive che andavano affermandosi.
Negli anni 1962-67 fu
l’anima del Centro evangelico di cultura di Venezia e
seppe guadagnarsi la stima di
grandi e piccoli dell’ambiente veneziano. Nel 1965 scriveva: «L’ecumenismo si pone
oggi come speranza e come
problema a tutti i cristiani
preoccupati di non costringere il cristianesimo nel ristretto spazio della loro parrocchia, irretendolo su posizioni
staticamente tradizionali».
L’ambiente veneziano, propenso all’apertura ecumenica, lo considerò una «luce»
sul cammino da intraprendere
e apprezzò l’impegno e la
coerenza della sua fede cristiana evangelica.
Non mancò di dare il suo
contributo alla discussione
politica particolarmente accesa negli anni di piombo e
molto viva nelle nostre comunità: «La politica - affermava - è l’arte del possibile». Anche in questo settore
l’integrismo doveva perdere
il suo mordente. Nel suo ricordo abbiamo molti esempi
da richiamare alla nostra memoria, esempi che continueranno a offrirsi come modelli, incoraggiamento e testimonianza cristiana.
Una «Cena d'amicizia» a Torino
Uniti sì... ma come?
EMMANUELE PASCHETTO
T T niti sì, ma come?».
>> Con questo motto il
Centro d’unione cristiana
(Cduc) ha organizzato il 6
gennaio presso la chiesa avventista di Torino un seminario per pastori e responsabili
di chiesa sul tema dell’unità
dei cristiani. All’incontro, durato tutta la giornata e terminato con la «Cena d’amicizia» ha partecipato un centinaio di fratelli e sorelle delle
diverse comunità di Torino e
cintura, quasi esclusivamente
dell’area «evangelicale». Il
seminario è stato condotto dal
prof. Pietro Bolognesi, conduttore dell’Assemblea dei
Fratelli di Padova e dal pastore Romolo Ricciardiello, di
Battipaglia, coordinatore delle chiese pentecostali della
valle del Seie.
Pietro Bolognesi, sulla base
del testo di Efesini 3, 8-21 e
partendo dal simbolo apostolico e da quello niceno-costantinopolitano ha affermato
la sostanziale unità dei credenti donata dal Cristo e fondata su di lui, ma ha anche
sottolineato come la diversità
sia un dato costitutivo della
chiesa, che non si deve eliminare perché la varietà è un
dono di Dio. Conciliare 1’
unità con la diversità è possibile sé si prende a modello e
fondamento la Trinità.
Bolognesi ha poi invitato i
cristiani ad incontrarsi nella
tolleranza reciproca cercando
un accordo sugli aspetti essenziali della fede. Occorrerebbe ritrovarsi su quelli che
sono i punti dottrinali fondamentali seguendo alcuni criteri orientativi come la chiarezza dei testi scritturali in
merito, l’insegnamento esplicito della parola di Dio, l’eco
della chiesa antica, il ruolo
strategico o periferico che
certe dottrine rivestono. Visivamente si potrebbe immagi
nare una serie di centri concentrici dove in quello più interno si iscrivono gli insegnamenti irrinunciabili, in un secondo cerchio quelli importanti ma non inalienabili, e
via via verso altri cerchi in
cui collocare le dottrine particolari dell’una e dell’altra denominazione o sulle quali la
Scrittura non si pronuncia in
modo chiaro.
Romolo Ricciardiello ha intrecciato in modo vivace e accattivante presente, passato e
futuro, alternando interessanti
flash sulla propria esperienza
personale e sulla storia delle
comunità pentecostali libere
della valle del Seie alla situazione attuale del mondo evangelico italiano, mosso dalla
spinta al superamento delle
inimicizie e scomuniche del
passato, ma anche percorso
dal desiderio di non snaturare
le origini e le peculiarità proprie di ogni denominazione.
Ricciardiello ha proclamato
con forza la convinzione che
il nostro paese sia alla vigilia'
di un grande risveglio spirituale e ha esortato le chiese
evangeliche italiane a non
farsi cogliere impreparate di
fronte ad un tale evento. Pur
sostenendo che «la diversità è
una vera benedizione» e che
vi sono affermazioni e atteggiamenti delle «chiese storiche» non condivisibili, Ricciardiello ha ricordato che
nessuno può pretendere di
avere il monopolio dello Spirito: ognuno di noi ha doni
diversi, ha lo Spirito «con misura», solo Cristo lo ha «senza misura». Se è vero che in
lui abbiamo tutto pienamente.
Cristo però non è diviso e
quindi solo insieme possiamo
avere questa pienezza.
Un incontro stimolante,
un’iniziativa positiva che lascia intravedere indicazioni e
possibilità che l’intero evangelismo italiano non può trascurare.
Siracusa: corso per predicatori locali
Studiare la teologia
ROBERTO MAGRI
Domenica 18 dicembre si
è concluso a Siracusa il
primo ciclo del corso teologico per pastori e predicatori
locali. Organizzato dal Dipartimento di teologia dell’
Ucebi e dalla locale chiesa
battista, il corso ha visto la
partecipazione di ben 30
iscritti a cui, in un’atmosfera
particolarmente festosa, il segretario del dipartimento, pastore Salvatore Rapisarda, ha
consegnato graditi attestati di
partecipazione.
Fratelli e sorelle di varie comunità evangeliche hanno
preso parte al corso: oltre ai
battisti, folta è stata la partecipazione di pentecostali delle
Adi e di altre congregazioni.
Durante gli incontri, tenuti
la domenica mattina tra le 9 e
le 13, si è trattato della formazione della Bibbia e del canone: è stato possibile, sebbene
succintamente, trattare temi di
- Tteowa [poDOa®©
Vendesi inintermediari aiioggi e/o uffici
varie metraturé centraiissimi.
Teiefonare 0121/91969
ermeneutica e di sistematica (antropologia e cristologia). Per finire è stato possibile affacciarsi su alcune nozioni di esegesi e di omiletica. Nel ruolo di docenti si sono alternati i pastori Raffaele
Volpe, Martin Ibarra, Elizabeth Green, mentre il pastore
Rapisarda è stato tanto organizzatore-animatore quanto
docente in più occasioni.
Questo corso ha costituito
un vero fatto nuovo a Siracusa. E stato possibile vedere
uniti nello studio attento e costante fratelli e sorelle di comunità diverse ed è stato fornito a un numero crescente di
fratelli (ben 8) lo stimolo a
intraprendere gli studi per il
corso di pastore locale. Si
tratta del corso organizzato
dal Dipartimento di teologia
che si svolgerà'in tre anni e
che mira alla formazione di
operai in grado di lavorare
nella «grande messe» che c il
campo del Signore.
5
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
................:.................... • ■ ■ ■ ^
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Il campo invernale di Bethel affronta il problema giovanile
E se le chiese chiudessero?
BRUNO GABRIELLI
Bethel chiude. Il campo invernale ’94-95 è stato
rultiijio campo di Bethel perché la Tavola valdese è in
grave deficit e non ha i soldi
per provvedere ai lavori necessari àd adeguare le strutture del Centro alle nuove leggi.
.Difficile per chi scrive immaginare le reazioni del pubblico di «Riforma» a una notizia come questa. Più facile
(forse) per il pubblico di
«Riforma» immaginare le
reazioni dei partecipanti al
campo di cui sopra, organizzato e diretto da una commissione appositamente nominata dalla conferenza del IV distretto delle chiese valdesi e
metodiste («Chiese e giovani.
C’è un “oggi” per le nostre
chiese?», Bethel 27 dicembre-2 gennaio); una cinquantina di persone, quasi tutte
evangeliche, meridionali, giovanissime e in molti casi legate a filo doppio al Centro
evangelico sulla Sila Piccola
da anni di formazione e di
amicizie profonde.
Si aggiunga il modo in cui
la notizia è stata diffusa: non
in assemblea, ma tramite la
più classica delle voci di corridoio, al di fuori di una ipotetica «stanza dei bottoni» in
coi si era insolitamente barricata la direzione del Centro
insieme con lo staff del campo e con una partecipante
che, guarda caso, era un
membro della stessa Tavola,
cacciando in malo modo
chiunque cercasse di intromettersi con urla del tipo:
«Lasciateci lavorare, mar■ mocchi! Che ne capite voi?».
Non era vero. Non era vero
che Bethel chiudeva e non era
autentico il comportamento
inaudito e assurdamente berlusconiano dei responsabili di
Bethel. Ma non è stato neppure un brutto scherzo gratui
II Centro di incontri di Bethel a Taverna, nella Sila Piccola
to, né tanto meno un crudele
esperimento di vivisezione
degli animi, anche se c’è voluto un bel po’ per riportare
la tranquillità e infine il sorriso su quei visetti stravolti prima da un sentimento molto
vicino al lutto e poi dalla rabbia. Perché se non era vero
poche settimane fa, può diventare vero di qui a poco.
Forse è questione di pochi anni, forse di qualche decennio
o forse, è quello che ci siamo
augurati tutti, di tempi molto
più lunghi, ma Bethel non è
immortale; è fatta di carne e
sangue così come le chiese,
da cui provenivano ieri coloro che con l’aiuto di Dio
l’hanno messa in piedi e da
cui provengono oggi coloro
che la sostengono, non sono
immortali ma sono fatte di
carne e sangue.
L’assemblea conclusiva ha
valutato il sociodramma sulla
chiusura di Bethel come l’attività di gran lunga più efficace del campo, anche se certo
non la più simpatica. Quel
che non si riusciva a comunicare da mente a mente si è
comunicato da cuore a cuore,
in modo forse elementare nella sua brutalità, ma a conti
fatti più chiaro e penetrante di
qualunque appello razionale.
Paolo Ricca sul caso Caillot
lintolleranza
è anche violenza
In seguito alla destituzione
del vescovo francese cattolico di Evreux, monsignor Jacques Gaillot, annunciata dal
Vaticano il 13 gennaio, il
prof. Paolo Ricca, decano
della Facoltà valdese di teologia e membro del Consiglio della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia
(Fcei), ha rilasciato a nome
della Fcei la dichiarazione
che segue.
«La recente Lettera apostolica di Giovanni Paolo li circa la preparazione del giubileo del Duemila afferma che
"un capitolo doloroso” sul
quale la Chiesa non può non
tornare "con ani ino aperto al
pentimento, è costituito dall'
acquiescenza manifestata,
specie in alcuni secoli, a metodi di intolleranza e persino
di violenza nel servizio alla
verità” (n. 35). La brutalità
con cui Roma ha destituito il
vescovo Jacques Gaillot dimostra che in Vaticano la
preparazione al giubileo non
è ancora iniziata.
I "metodi di intolleranza e
persino di violenza ” - rivolti
in questa occasione non contro un teologo, come abitualmente accadeva, ma contro
un vescovo che ha l’unico
torto di non pensarla come il
papa in materia di sessualità
e di avere il coraggio di dirlo
pubblicamente - continuano
tranquillamente a essere utilizzati, non però "nel servizio
della verità” ma per imporre
il consenso alle direttive del
magistero, coartando le coscienze e "la gloriosa libertà
dei figli di Dio ” (Romani 8,
21). Questa libertà coincide
sovente con la libertà stessa
della Parola di Dio nella
chiesa».
Solidarietà con mons. Gaillot è stata espressa anche dalla Federazione protestante di
Francia (Fpf), riunita per la
sua Assemblea generale a Parigi il 14-15 gennaio. La decisione vaticana, per i protestanti francesi, «è anzitutto
dolorosa per Jacques Gaillot,
molti dei cui gesti e parole
manifestavano segni dell’
Evangelo». «Il radicamento
in una fede comune - si legge nella dichiarazione della
Fpf - non esclude né le divergenze né le opposizioni.
La Fpf si ispira alla libertà
donata dall’Evangelo e ai valori che ne conseguono, come
il dialogo e la tolleranza. Per
questo ritiene che esistano altre soluzioni per un dibattito,
per quanto difficile esso possa essere, che non siano
l’esclusione o l’imposizione
del silenzio». (nev)
per quanto sofisticato, credibile, convincente, all’apertura
al dialogo (anche duramente
critico, se necessario) con generazioni diverse dalla propria, all’impegno, all’assunzione di responsabilità da
parte di chiunque abbia caro
questo o quel pezzetto della
chiesa di Cristo.
A questo punto la domanda
decisiva è la seguente: è ancora pensabile che le nostre
chiese riescano nella concretezza della loro vita quotidiana a suscitare fra le generazioni più giovani anche solo
un pizzico dell’attaccamento
che è in grado di suscitare un
luogo d’incontri straordinari,
ma un po fuori dal mondo come Bethel, o come qualunque
altro nostro Centro giovanile?
È pensabile che le nostre assemblee e i nostri Consigli di
chiesa, nonostante l’inevitabile grigiore di parte dei loro
argomenti di discussione, riescano ancora a provocare ira i
più giovani un qualche bisogno di partecipazione alle loro decisioni, o almeno un tantino di disappunto se da tali
decisioni, come d’altra parte
succede molto spesso, essi restano esclusi?
A giudicare dal numero degli ultraventenni che hanno
affollato il campo da partecipanti (ben 4, metà da fuori distretto e un quarto solo per i
primi tre giorni!) si ricava
l’impressione che la gran
maggioranza dei membri
adulti delle nostre chiese tali
questioni non se le ponga
nemmeno, o ne deleghi automaticamente le risposte ai
giovani e a chi «se ne occupa», magari rimpiangendo i
bei tempi della contestazione.
E dire che i pochi adulti presenti sono stati ascoltatissimi,
tanto per sfatare il vecchio
mito secondo il quale l’incomunicabilità fra generazioni
sarebbe dovuta al disinteresse
dei più giovani!
Se tale impressione dovesse
essere confermata, la risposta
all’inquietante quesito contenuto nel titolo del campo non
potrebbe essere che la seguente: le nostre chiese hanno forse un «domani» perché
chi oggi ha meno di vent’anni
non è necessariamente insensibile né alla fede (il Dio di
Gesù Cristo è fra loro assai
meno «impopolare» che in
passato, come ha confermato
la prima giornata del campo),
né alle responsabilità verso la
chiesa che quella fede comporta («chiesa» non è più una
«brutta parola» di per sé
com’era invece per i giovani
di vent’anni fa, come ha confermato la seconda giornata
del campo); ma le nostre
chiese non hanno più un «oggi» perché a non volersi assumere le proprie responsabilità, prima fra tutte quella della comunicazione della propria fede alle nuove generazioni, è chi oggi ha più di
vent’anni. O forse è il caso di
proporre qua e là qualche sociodramma sulla chiusura
della Chiesa valdese...
Ricordo
Enea Balmas
storico valdese
______AUGUSTO COMBA_____
All’alba dell’ultimo giorno del 1994, Enea Balmas ci ha lasciati, soccombendo alla malattia che da
due anni e mezzo lo consumava. Sappiamo quale grave
perdita rappresenti questa
scomparsa per gli studi in generale e soprattutto per quelli
di francesistica, di cui era un
esponente di alto livello e di
fama internazionale. Illustrare
questo aspetto della sua vita e
della sua personalità richiederebbe ampio spazio e un discorso adeguato, ma questa
non vuole essere una commemorazione; vuole soltanto
esprimere il sentimento di un
valdese che lo ha incontrato
nell’ambito della Società di
studi valdesi e ha trovato in
lui un amico.
La giornata dedicatagli il
27 agosto 1994 dalla Società
è servita a prospettare e a
rammentare ai presenti, poi ai
lettori di questo settimanale,
il significato e l’importanza
delle iniziative di Balmas per
il recupero, secondo criteri
scientifici, degli «Antichi testi valdesi» medievali e degli
«Storici valdesi» dell’età moderna. Iniziative che, secondo
la testimonianza di Carlo Papini, si sono collocate nella
storia della stessa editrice
Claudiana come un momento
di svolta, in quanto trapasso
verso un nuovo modo di trattare la storia valdese. Rispondendo agli interventi dedicati
a lui e al suo lavoro, Balmas
ha accennato quel giorno, con
il pudore e V understatement
che gli erano consueti allorché svelava qualcosa del suo
sentimento, alle «forti motivazioni soggettive che guidano lo storico valdese».
Accanto a questo aspetto
morale, desidero oggi sottolinearne un altro; dapprima
profondamente colpito dall’insorgere della grave malattia nell’estate del 1992, pur
conscio della sua gravità, nel
volgere di non molto tempo
Balmas ha rimesso in movimento e portato avanti fino
alla fine la sua prodigiosa attività di ricerca e di realizzazione scientifica e letteraria. Con quanta vivezza e serenità, lo sanno i destinatari
della sua corrispondenza, e
anche quanti lo hanno circondato nella giornata del 27
agosto. All’esempio di rigore
e di dedizione agli studi ha
aggiunto così, in quest’ultima
e ardua fase della sua esistenza, un indimenticabile
esempio di forza morale.
Il professor Enea Balmas
Hai fatto
l’abbonamento
a ■
RIFORMA?
TAVOLA VALDESE
Colletta del
XVII Febbraio
Le chiese valdesi del Rio de La Piata terranno dal 19 al
23 febbraio prossimo nel Parque del XVII Febrero l’annuale Sinodo, che discuterà delle nuove relazioni con la Chiesa
riformata e della linea di impegno ecumenico e sociale.
Le chiese sono invitate a fornire informazioni sulla
realtà delle chiese valdesi rioplatensi, a pregare per la loro
opera di testimonianza e per lo svolgimento del Sinodo ed
anche ad aiutare concretamente il loro lavoro.
La situazione finanziaria di quelle chiese continua ad essere difficile, pertanto la Tavola chiede alle chiese valdesi
di destinare la colletta del XVll Febbraio al loro sostegno,
in particolare per:
- il lavoro pastorale con gli studenti universitari;
- contributi speciali per l’assistenza ai pastori (per cure
mediche e manutenzione delle case).
Le somme raccolte vanno sollecitamente comunicate e
inoltrate alla Tavola.
TORINO — Il 5 gennaio il Signore ha chiamato a sé la sorella
Maddalena Rodes Ganglio, di anni 90.1 funerali sono stati
celebrati dal pastore Franco Casanova nella chiesa battista di
via Passalacqua nel primo pomeriggio del 7 gennaio, alla
presenza di oltre 120 persone. Alle figlie Rosanna e Mariuccia, ai generi Piero e Bruno, alle nipoti Ada e Laura e a
quanti l’hanno amata vanno il nostro affetto e la nostra solidarietà cristiana: «Beati i morti che muoiono nel Signore».
POMARETTO — Nel corso dell’agape fraterna che ha raccolto alcuni fratelli e sorelle la sera del 31 dicembre, dopo il
culto, un’ospite gradita di San Germano, Clara Bounous, ha
presentato alcune piste di ricerca storica riguardanti Pomaretto e la vai Germanasca; la ringraziamo di cuore.
• Il momento di lettura biblica e meditazione, presso il Centro anziani di Porosa Argentina, curato a settimane alterne
dai cattolici e dai valdesi, è stato sostituito il 24, dicembre
da un incontro ecumenico con larga partecipazione.
• La solidarietà della chiesa va alle famiglie di Alice Bertalot ved. Bounous, Silvia Griot ved. Long, Alma Ines Ribet
ved. Pascal e Catterina Ribet ved. Costantino, che sono
decedute nel corso del mese di dicembre.
FRALI — Si è tenuto il concerto natalizio delle corali della vai
Germanasca: nel tempio gremito si sono alternati canti d’insieme e canti delle singole corali. La colletta è stata devoluta alla Fcei per l’aiuto agli alluvionati del Piemonte.
ANGROGNA — Un ringraziamento particolare à Valeria Fusetti. Franco Taglierò, Tom Noffke, Dino Gardiol e Giorgio
Toum per i messaggi rivolti alla comunità nel corso dei culti del mese di gennaio. Un caloroso applauso ha salutato
l’esito della votazione con cui l’assemblea di chiesa, particolarmente.numerosa (80 membri su 102) ha indicato in
Franco Taglierò il futuro pastore della comunità. Sono stati approvati due ordini del giorno; con il primo l’assernblea
si è rimessa alla Tavola, rinunciando di fatto alla designazione (nessuno, tra i pastori iscritti a ruolo, aveva presentato
la propria candidatura); con il secondo, l’assemblea ha fatto
proprio l’atto del Concistoro con cui si chiede alla Tavola
di nominare pastore di Angrogna il diacono Franco Taglierò, già animatore giovanile nel nostro circuito per parecchi
anni e attuale conduttore della comunità di Biella.
• Con il mese di gennaio termina la preziosa collaborazione
del pastore Bruno Rostagno, che ha condotto i corsi di catechismo. Le lezioni, per tutto il secondo quadrimestre, saranno assicurate dal pastore Mazzarella, mentre la signora
Ethel Bonnet continuerà a tenere, una volta al mese, il corso
di storia valdese.
• La comunità rinnova la sua solidarietà ai familiari di Rita
Fraschia, deceduta improvvisamente al Bagnòou, e di
Emilia Giachero ved. Rivoira.
PRAROSTINO — L’assemblea di chiesa, riunita domenica
21 gennaio, ha eletto il nuovo pastore della comunità, a
. partire dal prossimo autunno; Ruben Vinti.
DALLA PRIMA PAGINA
RICORDARE E OPERARE
camente espressa nella parola
ebraica zakhor («ricorda»);
entrambe, memoria e speranza, attuandosi nella prospettiva storica, ci richiamano individualmente e collettivamente a quell’etica della responsabilità che dalla Riforma e dalla moderna visione
laica dell’uomo e del mondo
ha tratto alimento: ci sollecitano a farci, ciascuno e soprattutto verso i giovani, indirettamente testimoni e almeno parzialmente tramiti di
un evento che ha significato,
con «la morte dell’uomo»,
«la morte del linguaggio e
della fantasia, la morte del
tempo e dello spirito» (Elie
Wiesel). Viviamo «dopo Auschwitz» e anche dopo il «silenzio di Dio» che l’ha accompagnato; e su questi ardui
concetti molto si è scritto e
discusso. Ci deve forse e comunque assillare l’esigenza
formulata da Theodor W.
Adorno di «un nuovo imperativo categorico»: organizzare
l’agire e il pensare «in modo
che Auschwitz non si ripeta,
non succeda niente di simile». Non meno assillante, oggi come ieri, si ripresenta
l’estrema ammonizione de 1
sommersi e i salvati di Primo
Levi: «È avvenuto, quindi
può accadere di nuovo... Può
accadere, e dappertutto».
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
venerdì 27 GENNAIO 1995
NUOVI CIELI
E NUOVA TERRA
NINFA DACCI QUARTINO
Ascoltando i discorsi della
gente, ci rendiamo conto
che pochi di noi oggi ritescono a vincere il pessimismo
sul nostro futuro.
Perciò le parole dell’Ecclesiaste, questo «predicatore»
vissuto forse ventitré secoli
fa, che vuole identificarsi col
sapiente re Salomone, ci
sembrano così attuali; «Quello che è stato sarà sempre,
quello che è stato fatto si rifarà; non c’è nulla di nuovo
sotto il sole».
Le cose non cambiano
oggi come allora
Proprio come noi al giorno
d’oggi diciamo, leggendo i giornali: «Ecco, le cose
non cambiano mai: la corruzione, la mafia, il razzismo,
lo sfruttamento ci saranno
sempre». Quando, delusi,
consideriamo utopia ogni
speranza di progresso sociale, di educazione alla solidarietà e alla pace tra gli esseri
umani, perché nulla potrà
mai cambiare, noi non riceviamo alcuna consolazione
da queste parole che la Bibbia, chissà per qual motivo,
ci ha conservato, se non la
consolazione molto relativa
di trovare un compagno di
scetticismo. Ma se la Bibbia
l’ha conservata, dobbiamo riflettere anche sul significato
di questa testimonianza.
Che senso ha la vita?
Come molti di noi l’Ecclesiaste si chiedeva:
«Che senso ha la vita? la storia degli uomini?». E nella
sua ricerca partiva dalla visione del mondo, il grande
scenario su cui si succedono
le generazioni umane. Sono
certamente suggestive le immagini del sole, del vento,
delle acque; a prima vista ci
ricordano altre pagine della
Bibbia, in cui viene esaltata
la creazione di Dio, ma la
comprensione che questo sapiente ne ha è molto diversa
da quella dell’antico Israele.
Ogni mutamento naturale,
egli dice, è solo apparente: il
sole, il vento, l’acqua, che
l’esperienza vede in continuo
movimento, ritornano sempre al punto di partenza; tutto
si muove e tutto resta uguale,
come un meccanismo caricato all’infinito.
Questo determinismo del
cosmo, con la sua indifferenza, che significato può avere
per l’uomo? La sua ansia di
sapere resta senza risposta; il '
senso d’insieme della vita gli
sfugge, anche se l’occhio
non si sazia di vedere e 1’
orecchio di udire.
Il monòtono procedere circolare del cosmo, dunque, è
la sola esperienza che l’Ecclesiaste può fare; non prova
più nulla di quella meraviglia
«Parole deWEcclesiaste, figlio di Davide,
re di Gerusalemme. Vanità delle vanità, dice
VEcclesiaste; vanità delle vanità; tutto è vanità. Che profitto ha Vuomo di tutta la fatica che sostiene sotto il sole? Una generazione se ne va, un^altra viene, e la terra sussiste per sempre.
Anche il sole sorge, poi tramonta, e si affretta verso il luogo da cui sorgerà di nuovo.
Il vento soffia verso il mezzogiorno, poi gira
verso settentrione; va girando, girando continuamente, per ricominciare gli stessi giri.
Tutti i fiumi corrono al mare, eppure il mare non si riempie; al luogo dove i fiumi si
dirigono, continuano a dirigersi sempre.
Ogni cosa è in travaglio, più di quanto
Vuomo possa dire; Vocchio non si sazia
mai di vedere e Vorecchio non è mai stanco
di udire.
Ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si è
fatto è quel che si farà; non c’è nulla di
nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui
si possa dire: “Guarda, questo è nuovo”?
Quella cosa esisteva già nei secoli che ci
hanno preceduto. Non rimane memoria delle cose d’altri tempi; così di quanto succederà in seguito non rimarrà memoria fra
quelli che verranno più tardi»
(Ecclesiaste 1, 1-11 )
«Così parla il Signore, il vostro salvatore,
il Santo d’Israele: “...Non ricordate più le
cose passate, non considerate più la cose
antiche. Ecco io sto per fare una cosa nuova; essa sta per germogliare; non la riconoscerete? Sì, io aprirò una strada nel deserto,
farò scorrere dei fiumi nella steppa”»
(Isaia 43, 14a 18-19)
che negli antichi credenti suscitava la vista del creato,
quasi specchio di Dio.
Era quella meraviglia, fiduciosa nell’azione di Dio nel
mondo, che animava la sapienza di Israele; era la molla
della paziente ricerca che le
permetteva di comprendere il
senso profondo della creazione, primo momento dell’intervento continuo di Dio a favore del suo popolo, strumento di comunicazione del
Creatore con le sue creature.
Per l’Ecclesiaste invece
quella comunicazione è impossibile. Egli dirà; «Tutto ho
esaminato con pazienza e ho
detto: voglio sapere. Ma la
sapienza è lontana da me. La
realtà delle cose è lontana e
profónda. Chi la può raggiungere?» (7, 23-24). E ancora:
«Ho osservato tutta l’opera di
Dio e ho visto che l’uomo non
può scoprire la ragione di
quanto avviene sotto il sole;
per quanto si affatichi non
può scoprirla». (8, 17).
Tutto è opera di Dio
Anche per l’Ecclesiaste
tutto è opera di Dio, certo; ma il suo è un Dio distante
dagli uomini: «Dio è in cielo,
tu sei sulla terra» ammonisce
(5, 2), un Dio che non concede alcuna conoscenza di sé alle sue creature; che non concede' loro di comprendere il
senso della propria vita né di
confidare in un futuro di salvezza. Non è più il Dio del
patto, dell’amicizia, ma è un
Dio che tace. Il sapiente può
solo constatare che «tutte le
cose che si fanno sotto il sole
sono vanità e un inseguire il
vento» (1, 14); l’agire umano
è inutile perché nulla può essere mutato nella storia.
Air incomprensibile monotonia dell’universo corrisponde
infatti quella della storia umana: «Ciò che si è fatto si rifarà, non c’è nulla di nuovo
sotto il sole». C’è un determinismo sterile anche nel succedersi senza scopo delle generazioni umane. La speranza
dei profeti, che annunciavano
la novità delle promesse di
Dio, è lontana, dimenticata.
Per questo vecchio sapiente
troppe sono state le delusioni.
Anche dopo la liberazione da
Babilonia e il ritorno a Gerusalemme, per i giudei nulla di
veramente nuovo si era realizzato; il popolo non aveva ottenuto l’indipendenza, ma a
una schiavitù politica se ne
era sostituita un’altra. E anche
quando portavano benessere,
come al tempo dell’Ecclesiaste, i dominatori stranieri rendevano più corrotto il popolo;
portavano la loro cultura raffinata ad Israele, ma gli facevano perdere la sua identità.
Una visione tragica
Così, mentre la sapienza
biblica presentava la
storia umana come una linea
retta tesa verso il mondo
nuovo di Dio, l’Ecclesiaste la
vede come un cerchio chiuso
che si ripete indefinitamente,
secondo una concezione simile a quella dei filosofi greci del tempo. Se in questa
storia sempre uguale a se
stessa noi passiamo senza lasciare traccia e ricordo, che
senso ha vivere? Non troviamo altra risposta che la dolente constatazione, quasi ossessiva: «Tutto è vanità».
Questa è la tragica testimonianza dell’Ecclesiaste.
Dopo di lui le sue parole
sono state ripetute in tutti i
ir'
secoli da molti, con lo stesso
rassegnato distacco o con rivolta, ma sempre con la convinzione di affermare una verità inconfutabile. Certo, c’è
una verità in queste parole
senza speranza; sono la dichiarazione di un fallimento
dovuto a un investimento
sbagliato, cioè a una presunzione umana destinata sempre
a crollare; ed è certo che anche noi possiamo testimoniare la sincerità di questa desolazione: essa rispecchia la nostra, quella di cui tutti, credo,
abbiamo fatto esperienza in
certi periodi, più o meno lunghi, della nostra vita.
Una visione realistica
Anche adesso, appunto. Se
ci guardiamo attorno, soprattutto noi più anziani, siamo sconvolti dal ripetersi di
una storia che non ci piace,
con le sue esplosioni di guerra, di intolleranza, di egoismo
crudele. Il cerchio della storia *
intorno a noi è come una prigione da cui non possiamo
fuggire, la prigione del nostro
peccato. Una visione realistica dunque, quella dell’Ecclesiaste: ma il fatto che dopo
tanti secoli uomini e donne
siano ancora qui, su tutta la
terra, a parlare del regno di
Dio che viene, a spezzare fra
loro il pane e a bere insieme
il calice del suo patto rinnovato, ci dice che più vera di
quella dispèrazione era la
speranza dei profeti.
Isaia annunciava: «Così
parla il Signore, il vostro
salvatore: “Non ricordate
più le cose pas.sate. Ecco, io
.sto per fare una cosa nuova;
essa sta per germogliare;
non la riconoscerete?’’» (Is.
43, 18-19). E ancora: «Ecco,
io creo dei nuovi cieli e una
nuova terra; non si ricorderà
più il passato. Rallegratevi e
festeggiate per quello che .sto
per creare: una Gerusalemme esultante, un popolo pieno di gioia» (Is. 65, 17-18).
La promessa
del Signore
Da Ezechiele ascoltiamo la
promessa del Signore per
tutti noi: «Metterò dentro di
voi un cuore nuovo e uno spirito nuovo; toglierò il vostro
cuore di pietra e vi darò un
cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio spirito e vi
renderò capaci di ubbidire alla mia legge. Allora voi sarete
il mio popolo, io sarò il vostro Dio» (Ez. 36, 26-28).
Quando pensiamo che nulla
può cambiare perché noi non
siamo in grado di cambiare
nulla, che tutto, nella storia
del mondo e nella nostra storia individuale, è privo di senso perché noi non sappiamo
comprenderlo, allora ricordiamo queste parole profetiche di
verità, così diverse dalle parole, solo in apparenza inconfutabili, che erano dell’Ecclesiaste e che sono spesso quelle
del nostro buon senso.
Eppure, mentre nel vecchio
sapiente lo scetticismo senza
più speranza rivelava l’angoscia di non aver ricevuto ancora la risposta necessaria alla sua domanda di verità, noi
la risposta tanto lungamente
attesa l’abbiamo ricevuta. Ricordiamocelo. Per noi la promessa dei profeti antichi si è
realizzata: la nuova verità è
germogliata, la Parola di Dio
si è fatta carne ed è venuta tra
noi, perché potessimo conoscerla, perché fossimo liberati
dalla nostra disperazione.
A noi quel Dio lontano o silenzioso ha parlato e parla
ogni giorno in Gesù Cristo.
Ora noi possiamo finalmente
dire con l’apostolo Paolo: «Se
uno dunque è in Cristo è una
nuova creatura; le cose vecchie .sono passate: ecco sono
diventate nuove... Eccolo ora
il tempo favorevole, eccolo
ora il giorno della salvezza»
(2 Cor. 5, 17; 6, 2).
Questo è l’annuncio gioioso che «molti profeti e re
hanno desiderato udire e non
hanno udito» (Luca 10, 24) e
di cui a noi è stato fatto dono.
Preghiera
Signore, noi sappiamo che tu vuoi
un mondo migliore.
Percepiamo la tua volontà,
ma non sappiamo come realizzarla.
Aprici gli occhi.
Dacci fantasia.
Donaci forza per agire senza paura.
Trasforma il mondo servendoti di noi,
tuoi strumenti.
Signore, noi crediamo, soccorri
a nostra incredulità.
(da J. Zink - Come pregare - Claudiana, pag. 61)
7
Spedizione in abb. postaie/50-Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere
il diritto di resa.
Fondato nel 1848
)
<1 <
A À
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995 ANNO 131 - N. 4 LIRE 2000
Questa è parte finale della
storia di una donna che
abitava in vai Pellice; la chiameremo semplicemente col
suo nome, Emilia, il resto è
relativamente importante.
Ciò che ha colpito pella sua
morte non è stato tanto il fatto che siano trascorsi alcuni
giorni da quando presumibilmente è mancata a quando
è stata trovata in casa dai vigili del fuoco; si tratterebbe
di una «ordinaria» storia di
solitudine come ne accadono
al giorno d’oggi.
Certo fa pensare il fatto che
pur vivendo, Emilia, all’interno di un complesso residenziale che comprende numerosi altri-alloggi, nessuno
abbia colto prima la sua assenza, il suo non uscire per la
UNA STORIA EMBLEMATICA
SOLITUDINE
PIERVALDO ROSTAN
spesa. Sarà pur stata una persona riservata, aveva sempre
vissuto non certo nella ricchezza ma con una sua dignità e senza aver bisogno di
particolare assistenza però...
Una volta si diceva che queste cose accadono solo in
città dove non si conosce
nemmeno il proprio vicino di
pianerottolo: ci accorgiamo
che non è vero.
Ma ciò che ha più colpito è
stato il funerale. Emilia non
aveva evidentemente parenti,
non era nemmeno originaria
della vai Pellice. Il funerale
ha avuto due soli testimoni:
l’addetto al cimitero e l’autista delle pompe funebri; si è
dovuto chiedere aiuto ad altri
operai del Comune per calàre
la bara nella fossa. L’aspetto
su cui si potrebbe maggiormente riflettere è stata la totale assenza di vicini, di amici.
di conoscenti, insomma di
persone che pure in qualche
modo avranno almeno incrociato la loro esistenza con la
sua. Dopo la morte in solitudine, il funerale in solitudine;
per carità, nessun culto dei
morti, ma anche questa è una
fotografia di una valle che ha
puntato molto sull’assistenza,
che ha realizzato servizi assenti altrove, che ha prodotto,
quintali di relazioni sull’importanza delle relazioni interpersonali, sul valore della vita
e dell’anziano ma che in determinate circostanze deve fare i conti con episodi come
questo 0 un numero assai elevato di suicidi; quel funerale
potrebbe rispecchiare molte
altre solitudini.
•-mf:
ti
■^^-Comune di Pinerolo
ÉSfumano
le elezioni
in primavera?
Ormai le elezioni di primavera si avvicinano è a Pinerolo sembra essere giunto il momento di una decisione definitiva. Le forze politiche attualmente presenti nel Consiglio
comunale di Pinerolo avevano
dichiarato, all’indomani delle
passate elezioni, di essere intenzionate allo .scioglimento
del Consiglio prima della sua
scadenza in modo da far
coincidere le elezioni di Pinerolo con quelle degli altri
Comuni. Sono in molti oggi
nella maggioranza a pensarla
diversamente; i tempi politici
sono quanto mai confusi, dicono i membri della giunta, e
quindi è bene aspettare che si
faccia maggior chiarezza. Soprattutto vengono messi
avanti alle più volte annunciate dimissioni varie iniziative che sarebbero bloccate in
caso di caduta dell’esecutivo.
Ci .sarà comunque un Consiglio comunale il 31 gennaio;
primo punto all’ordine del
giorno: prospettive del Consiglio comunale.
Intanto fra le file della minoranza c’è chi, come Alberto Bassani di Rifondazione
comunista, chiede che vengano mantenuti gli impegni
assunti. Oltre ai motivi tecni■^ci «andare alle elezioni in
primavera vorrebbe dire oltre
tutto risparmiare soldi per la
città di Pinerolo», ci sono anche dei motivi di tipo politico: «In questa maggioranza
non c’è chiarezza di posizione, questa maggioranza ha
dei problemi di indirizzo politico bisogna quindi - conclude Bassani - andare alle
elezioni». Anche rAltcrnativa vorrebbe le elezioni in
concomitanza con gli altri
; Comuni: «Stiamo raccogliendo le firme per chiedere
lo scioglimento del Consiglio
- dicono -; le presenteremo
tenendo conto dei tempi, e
cioè se si voterà a maggio o a
novembre».
A colloquio con Ettore Micol, commissario della Lega Nord a Pomaretto
Vogliamo aprire un dialogo con la sinistra
________DARIO MASSEL________
C9 è un gran movimento
nella Lega' Nord dopo
che Umberto Bossi ha deciso
di abbandonare gli ex alleati
del Polo della libertà togliendo la fiducia al governo Berlusconi. Gli abbandoni sono
stati numerosi, anche nel collegio di Pinerolo dove l’on.
Lucio Malan, eletto alla Camera sotto le insegne del Carroccio, ha ora lasciato la Lega
con l’accusa a Bossi di neocentralismo; ma se in vai Pellice gli ex attivisti della Lega
Nord paiono aver sposato in
blocco le scelte di Malan, non
è così nelle valli Chisone e
Germanasca né a Pinerolo.
Ettore Micol è il commissario della sezione della Lega
Nord di Pomaretto, e afferma:
«Originariamente la sezione
era stata aperta a Porte e poi è
stata spostata in vai Germanasca; nel 1993 siamo arrivati
a circa 70 iscritti, lo scorso
anno ne avevamo 30-40 e
quest’anno, dopo le dimissioni del precedente segretario,
Alberto Trazzi, dobbiamo
ricominciare l’attività: puntiamo ai 50 iscritti».
Il popolo leghista a Pontida
- Qual è stata la posizione
della sezione rispetto alla crisi del governo presieduto da
Silvio Berlusconi?
. «La posizione ufficiale che
la sezione esprime è favorevole alla posizione di Bossi.
Infatti ancor prima che si
aprisse ufficialmente la crisi
abbiamo inviato alla sezione
federale di Milano la comunicazione di appoggio a questa
linea e contraria a Berlusconi.
Le posizioni degli iscritti invece sono tutte da verificare
poiché alcuni probabilmente
non hanno approvato l’apertu
ra della crisi. "Vorremmo inoltre aprire un dialogo abbastanza organico con la sinistra, anche se abbiamo avuto
in alcune occasioni posizioni
differenti.
Noi consideriamo la sinistra
l’interlocutore naturale e non
questa destra; non ci riconosciamo assolutamente nel
polo di destra che riteniamo
né liberale né democratico né,
tantomeno, federalista; pensiamo si debba quindi costruire un dialogo con la sinistra.
La nostra posizione è condivisa da un buon numero di
iscritti e di simpatizzanti anche se non da tutti».
- Quali sono le vostre intenzioni in vista delle prossime elezioni regionali e comunali?
«Per il momento dialoghiamo con tutte le altre forze politiche ma non stringiamo alleanze. La nostra è una discussione più politica che amministrativa locale: puntiamo
infatti a dare dignità alle idee
del federalismo, del liberalismo interpretandole correttamente e senza alcuna forma di
razzismo o di intolleranza; ritengo che la tradizione valdese, così forte in queste valli,
caratterizzata da una apertura
e una grande tolleranza verso
gli altri rappresenti un fattore
specifico che la nostra sezione
possa aggiungere al dibattito
politico».
- Intanto il deputato del
collegio, Malan, se ne è andato...
«Malan aveva senz’altro
delle ragioni da far valere;
non disconosciamo la leggitimità del suo gesto ma non lo
condividiamo: avrebbe dovuto condurre la sua battaglia
nella Lega».
tM Questo
Numero
Acdg di Torre Pellice, anni del primo dopoguerra. Presidente Luigi Jouve, il sarto di
via Roma. Con lui tengono saldamente in pugno il gruppo il fratello Adolfo. Riccardo
Pellenc, i Paschetto, i Bellion. Gelosa autonomia laica e al tempo stesso grande disponibilità nel dare una mano alla chiesa, come
leggiamo in questo commento .sul «Pellice»
del 16 giugno '72, che riferisce .sulla richiesta fatta airUnione (da parte dei pastori
Bartolomeo Revel e Davide Bosio) di presiedere tutte le sere le riunioni invernali di
quartiere.
ij'' ra una responsabilità davvero
xCZI/ pesante, per quei giovani operai
e artigiani, non troppo famigliari con il
libro e con la penna. Non si trattava soltanto di parlare in pubblico, e di parlare
in modo comprensibile e interessante
anche per i più semplici; si trattava soprattutto di presiedere una adunanza religiosa, di pronunciare delle preghiere
ad alta voce, per tutti i presenti. Da sola,
l’Unione organizzò dei brevi corsi di let
ILFILO DEI GIORNI
L'UNIONE
RINO SALMA
tura e di commento della Bibbia, volle
che gli “incaricati” leggessero alle sedute settimanali la “meditazione” che sarebbe poi .stata pronunciata al Tagliaretto o ai Simound, agli Appiotti o a Santa
Margherita. Talora, era perfino previsto
che guidassero il canto, intonando gli inni. E così, per alcuni anni, alcuni unionisti, scelti a turno, partivano a due a due,
nelle sere illuni, sotto la neve o con la
pioggia, per un sacro dovere spontaneamente accettato.
Un giorno, il pastore si presentò
all’Unione, nel corso di una seduta, e
così parlò: "L’amministrazione della
chiesa non può più provvedere ai culti
domenicali nella cappella di Pra del
Torno!”. L’appello era chiaro. La risposta fu: “Sta bene, proveremo anche questo”. Che coraggio! Non più un’adunanza, ma un vero culto pubblico, e perfino una celebrazione della santa cena a
Pasqua. Gli Unionisti ce la misero tutta
davvero. E ogni domenica, per tempissimo, partivano per Pra del Tomo, arrivavano lassù stanchi per la sgroppata, si
riposavano una mezzoretta, indi salivano sul pulpito, accompagnati dal sorriso
benevolo dell’uditorio, che con simpatia
guardava a quei giovani pieni di buona
volontà, compresi della loro difficile,
appassionante missione.
Ricordo la prima volta che anch’io salii a Pra del Tomo; lungo il percorso, fino a Chiò dl’Aiga, ripetevo sottovoce il
sermoncino che mi ero fabbricato; ma
lungo l’ultima salita fino alla Cappella,
temetti davvero di non farcela più. E invece tutto andò bene».
Ferrovia
Sta destando perplessità
e anche preoccupazione
fra i pendolari la prospettiva di sensibili variazioni
nel prossimo orario estivo
della ferrovia Torino-Torre
Pellice. Alcune categorie
di lavoratori sarebbero penalizzate. Inoltre si lamenta la difficoltà di reperire i
biglietti e il disagio dovuto
al trasbordo da un convoglio all’altro nella stazione
di Pinerolo.
pagina II
Adozioni
Un corso di aggiornamento per operatori, recentemente svoltosi a Pinerolo, ha fatto il punto sui vari
aspetti dell’adozione; se ne
è parlato dal punto di vista
legale, sociale, ma soprattutto culturale, giacché il
problema richiede una sensibilità che vada oltre i casi singoli e le persone direttamente coinvolte.
Pagina II
SUPERPHÉNIX
Il Consiglio regionale
del Piemonte ha votato una
mozione che si rivolge al
Parlamento europeo in cui
si esprime preoccupazione
data la prossimità del territorio alla centrale nucleare
francese «Superphénix» di
Creys-Malville (tra Lione
e Grenoble).
Pagina lì
Sanità
Quale molo avranno gli
ospedali valdesi di Torre
Pellice e di Pomaretto ne
quadro della Ussl unica de
Pinerolese? Il direttore sa
nitario, Havio Maina, indi
vidua il ruolo della stmttura di Pomaretto nell’intera
zione con il territorio della
Comunità montana, con at
tenzione a alcune patolo
gie diffuse localmente.
Pagina III
8
PAG. Il
E Eco Delle Valli A^ldesi
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
La zona industriale di Luserna San Giovanni
LA TURATI AL POSTO DEL CAPANNONE OMEF —
Finalmente qualche segnale positivo per l’occupazione in
vai Pellice: sull’area dell’ex fonderia Omef, proprio all’ingresso di Luserna San Giovanni di cui rappresenta un pessimo biglietto da visita, dovrebbe sorgere un nuovo insediamento industriale della Tessitura Turati, un’azienda che ha
già altri stabilimenti in vai Pellice. L’area è ampia circa
40.000 metri quadri e dopo numerose ipotesi (non ultima la
Galup che da Pinerolo avrebbe portato delle produzioni in
vallata) è stata acquistata dalla Turati. Via quindi il disastrato capannone per lasciare posto a nuove unità produttive: un salto di qualità per tutta la valle.
MONDIALI DI SCI: A ROMA IN CERCA DI AIUTI —
Una delegazione composta dai presidenti della due Comunità montane della vai Susa, dal presidente della Comunità
montana valli Chisone e Germanasca, Erminio Ribet, dal
presidente della Provincia di Torino, Luigi Ricca, e da rappresentanti dell’Anas e della Sestrieres spa, è stata ricevuta
martedì scorso dalla commissione Lavori pubblici del Senato per discutere degli interventi sulla viabilità e sulle infrastrutture in vista dei campionati del mondo di sci del 1997.
«L’impressione è che ci siano pochi soldi - ha commentato
Erminio Ribet — e che a Roma si abbia poca conoscenza dei
problemi che stiamo affrontando. Lunedì 30 gennaio dovrebbe costituirsi presso la Prefettura una conferenza dei
servizi in vista dell’appuntamento del Sestriere: è in fondo
il primo passo concreto. Da notare che poco alla volta abbiamo rinunciato a molti sogni; restano in piedi due progetti: la nuova strada fra Porte e Perosa e alcuni interventi sulla
coupure fra Fenestrelle e Usseaux».
SCUOLA: NUOVE ISCRIZIONI — Hanno un mese di tempo studenti e genitori per presentare le domande di iscrizione per l’anno scolastico 1995/6. Questo termine, fissato da
una recentissima ordinanza del ministero della Pubblica
istruzione, modifica il meccanismo in vigore fino allo scorso anno, anticipando e riducendo i tempi burocratici delle
iscrizioni. Gli alunni che passano da un anno all’altro nello
stesso ordine di scuola saranno iscritti d’ufficio, mentre tutti
coloro che passano da un ordine e un grado ad altri dovranno sbrigarsi a preparare la documentazione necessaria.
Mentre le segreterie scolastiche si preparano a questo nuovo carico di lavoro la speranza di ragazzi, famiglie, docenti
e capi di istituto è quella che tale anticipo di tempi sulle
iscrizioni possa consentire un inizio d’anno più agevole,
con classi e insegnanti al completo.
PIEMONTE: TRAPIANTI IN AUMENTO — Netto incremento dei prelievi e dei trapianti d’organo in Piemonte durante il 1994. Secondo i dati registrati dall’assessorato alla
Programmazione sanitaria della Regione Piemonte, l’ospedale Molinette di Torino si conferma come importante polo
di riferimento per molti malati in attesa di trapianto. Durante l’anno appena trascorso sono stati effettuati 94 trapianti
di rene (nel 1993 erano stati 74), che portano a 765 il numero complessivo da quando nel 1981 è stato attivato il Centro. I trapianti di fegato sono stati 68 contro i 29 dell’anno
precedente; quelli di cuore sono stati 27 (18 nel 1993) e 9
quelli di polmone, che si aggiungono ai due effettuati negli
ultimi mesi del 1993 quando entrò in funzione il Centro per
il trapianto di polmoni. Questo notevole sviluppo è dovuto,
secondo gli operatori, alla crescente professionalità, al progressivo miglioramento dei servizi degli ospedali piemontesi coinvolti nei trapianti e alla maggiore informazione e
sensibilizzazione della popolazione.
ESAMI PER ACCOMPAGNATORI TURISTICI — L’amministrazione provinciale di Torino ha stabilito i termini
per la presentazione delle domande di partecipazione alle
prove d’esame per l’accertamento di idoneità dei requisiti
tecnico-professionali relativi alle professioni di accompagnatore turistico, guida turistica, interprete turistico e direttore tecnico di agenzia di viaggio e turismo. Le domande,
redatte su moduli predisposti dalla Provincia e soggette
all’imposta di bollo, dovranno pervenire alla Provincia di
Torino, settore cultura, turismo e sport, via,Maria Vittoria
12, 10123 Torino (tei. 011-57561). I termini di scadenza
per la presentazione delle domande sono: 23 marzo per
guida turistica e accompagnatore turistico; 6 aprile per interprete turistico e direttore tecnico di agenzia di viaggio e
turismo. I moduli per la presentazione delle domande, oltre
che in Provincia, sono reperibili presso l’Azienda di
promozione turistica del Pinerolese, viale Giolitti 7/9, Pinerolo (tei: 0121-795589 o 794003).
Perplessità e disagio fra gli utenti del servizio ferroviario Torino-Torre Pellice
Il nuovo orario porta molte preoccupazioni
Dal 28 maggio entrerà in
vigore il nuovo orario ferroviario estivo; la bozza presentata in questi giorni conterrà molte novità ma non
sempre esse sembrano trovare
buona accoglienza fra chi utilizza quotidianamente il mezzo su rotaia. Si è svolta la
scorsa settimana a Torre Pellice una riunione del Comitato difesa della ferrovia, con la
partecipazione di alcuni amministratori locali e di molti
pendolari.
Le preoccupazioni per il
nuovo orario sono più d’una;
in particolare sono stati cambiati numerosi orari di partenza da Torino nel pomeriggio, con anticipazioni che
renderanno problematico o
addirittura impossibile per
molte persone utilizzare il
treno, a meno di attendere il
convoglio successivo. Chi, ad
esempio, esce dall’ufficio o
dalla fabbrica alle 16 o alle
17, avrà grosse difficoltà a
raggiungere la stazione per le
16,19 o te 17,19; la scelta di
introdurre modifiche sostanziali agli orari, inserendo convogli esattamente ogni ora, risponde alla logica della «cadenzazione» dei treni che si
vorrebbe estendere a tutte le
linee: peccato non risponda
alle esigenze dei pendolari...
C’è stato già un primo in-,
contro fra rappresentanti degli utenti e dirigenti Fs, ma
quel buon rapporto che si era
instaurato alcuni anni fa con
la direzione compartimentale,
con disponibilità al confronto
e scelte concordate, oggi pare
non esserci più. Per questo è
stato deciso di chiedere, tramite la Provincia di Torino
che funge da riferimento per
le osservazioni al nuovo orario, un incontro alle Fs. A
rendere i pendolari maggiormente preoccupati vi sono
poi diverse disfunzioni: il
cambio del treno a Pinerolo
comporta perdite di tempo
Un corso di aggiornamento a Pinerolo
La realtà e ì problemi
delPadozione
ERKA BONANSEA
Sabato 21 gennaio si è tenuto a Pinerolo un corso
di aggiornamento sul tema attuale e delicato dell’adozione.
Operatori del settore, giudici
tutelari e famiglie hanno cercato di sintetizzare e trasmettere le loro esperienze e fare
il punto su come sia mutato
l’atteggiamento dei servizi
sociali e degli interessati nel
corso degli anni.
L’adozione non coinvolge
solo la famiglia che accoglie
il bambino in stato di abbandono, ma interessa tutta la società, a partire dai nuclei familiari e dai bimbi, per estendersi ai servizi sociali, alle
scuole di ogni grado, alle istituzioni: questa è l’idea portante che deve animare gli
operatori del settore.
Partendo da questo punto di
vista Anna Colella, funzionaria della Regione Piemonte,
ha esposto l’impegno attivo
della Regione stessa nell’ambito dei servizi sociali, la
buona collaborazione tra le
Ussl e la magistratura minorile e il supporto delle associazioni volontarie. Con la legge
184/83 spetta a équipe specialistiche delle Ussl la competenza di segnalare al tribunale dei minori i bambini in
stato di abbandono, di fare
controlli sulla famiglia di origine del bambino, di seguire
le varie fasi dell’affidamento,
adozione e integrazione postadottiva.
« Dall'emanazione della
legge in poi nella nostra regione sono stati fatti grandi
passi avanti in questo campo
- ha spiegato Colella si
pensi che nel 1980 erano
censiti circa 5.000 minori
che vivevano in istituti, nel
1993 il numero è calato a
1.200, di cui quasi 500 .soggiornano comunque in comunità alloggio. Questi sono i
risultati del sistema informativo e del lavoro degli addetti. Da quest’anno esiste un
simile sistema informativo
anche per quanto riguarda
gli affidamenti: infatti il numero di bambini affidati supera il migliaio».
11 mutato as.setto delle Ussl,
che passano a una gestione
aziendale e che vengono sensibilmente ridotte (in Piemonte da 53 diventeranno 22), vedendo estendersi il territorio
di competenza, comporta il
rischio di creare degli organismi troppo grandi per poter
gestire al meglio settori impegnativi come quello dell’assistenza sanitaria e sociale.
Tuttavia, come ha sottolineato l’assessore regionale all’
Assistenza, Angelo Rossa, la
Regione farà tutto il possibile
per non neutralizzare l’efficienza delle équipe .preesistenti e delle collaborazioni
già instauratesi.
Camillo Losana, presidente,
del Tribunale dei minori di
Torino, ha spiegato come
ogni anno in Piemonte ci siano circa 600 domande di adozione e meno di 200 vengano
soddisfatte; spesso la magistratura è stata critieata per le
difficoltà che presenta un
procedimento di adozione: in
realtà solo tramite un’accurata scelta della famiglia idonea
si possono garantire i diritti di
un bambino che ha già subito
nel suo vissuto il trauma dell’
abbandono.
Sull’abbandono è intervenuta Giulia De Marco, magistrato minorile: «L’unica maniera per snellire i procedimenti di adozione sarebbe
poter capire subito quando
un bambino può essere considerato in stato di abbandono.
Purtroppo questo compito,
affidato a équipe competenti,
è molto difficile e delicato».
Per i figli di ignoti infatti
non esistono problemi e normalmente possono incontrare
la loro nuova famiglia nel giro di pochi mesi. Diversa è la
situazione per i bambini maltrattati o gravemente trascurati: la decisione di toglierli alla
famiglia di origine richiede di
essere molto ponderata, e
questo spiega il numero esiguo di bambini dichiarati
adottabili. Esistono però (è
stato ricordato più volte durante il convegno) bambini
adottabili che pochi vogliono
accogliere: sieropositivi, malati di Aids o epatite C, extracomunitari e «grandi» che
portano con il loro ingresso
nella nuova famiglia vissuti
ancora più problematici.
che in alcuni casi superano i
20 minuti; è estremamente
difficile trovare in zone vicine alla stazione i biglietti del
treno (esempio macroscopico,
a Pinerolo la rivendita di
ticket è, presso una tabaccheria di via del Duomo, mentre
l’edicola della stazione vende
solo i biglietti dell’autolinea
Sapav) e in compenso molto
raramente i conduttori dei tre
Centro culturale
Incontri sulla
Costituzione
e la laicità
Sulle vicende politiche e istituzionali di questi mesi c’è
indubbiamente necessità di riflettere, di ragionare pacatamente, di capire. A questo
proposito è da apprezzare
l’iniziativa promossa dal
Centro culturale valdese e
dalla scuola media De Amicis
di Luserna San Giovanni, che
propongono una serie di incontri sul tema «Rileggere la
Costituzione». Una rilettura
delle indicazioni fondamentali che la Costituzione contiene, rivolta agli insegnanti,
agli studenti, ai genitori e a
tutti i cittadini.
Non c’è dubbio che questa
rilettura si riferirà decisamente anche all’attualità: dai
rapporti fra i diversi organi
istituzionali, alle novità introdotte con il sistema maggioritario, ai referendum, ai
compiti del Parlamento e del
presidente della Repubblica.
Dunque delle lezioni pubbliche che si svolgeranno tutti i
lunedì di febbraio e il primo
lunedì di marzo, neH’auditorium di Luserna; nelle ultime
due si affronteranno le questioni del federalismo e del
centralismo e il tema della
scuola pubblica e privata.
Programma degli incontri:
- lunedì 6 febbraio: «Alle
radici storiche della Costituzione», con lo storico Gianni
Oliva;
- lunedì 13 febbraio: «La
Costituzione dal 1947 a oggi:
i principi e le istituzioni», con
i giuristi Elvio Passone e
Giorgio Peyrot;
- lunedì 20 febbraio: «I valori fondamentali della Costituzione: diritti, poteri, responsabilità», con Alfonso Di Giovine, docente universitario;
- lunedì 27 febbraio: «Lo
Stato tra centralismo e federalismo», con i deputati Rinaldo Bontempi e Lucio Malan e con Gian Paolo Cleri,
insegnante;
- lunedì 6 marzo: «Diritto
all’istruzione e sistema scolastico», con Vittorio Morero,
direttore dell’Eco del Chisone, e Maurizio Girolami, insegnante.
Tutti gli incontri si terranno
presso r auditorium di via ex
Deportati e Internati 26 dalle
20,30 alle 22,30.
ni, benché, sollecitati, emettono i tagliandi durante le corse. E così si costruiscono le
statistiche che danno i treni
poco utilizzati...
C’è dunque timore di un depotenziamento della tratta Pinerolo-Torre Pellice ma anche
un po’ il sapore della beffa;
l’ultimo numero della rivista
«Amico treno», a proposito
della situazione in Piemonte
dice: «Con circa 700 esercizi
convenzionati fra bar, edicole
e tabaccherie, il nuovo servizio dei punti di vendita rimuoverà i problemi causati
daH’impresenziamento delle
stazioni minori. Infine è stato
presentato il progetto delia
“Carta dei diritti dei viaggiatori”, un nuovo impegno da
concordare con le associazioni di clientela, inglobandovi i
fondamentali parametri qualitativi del servizio, dalla pulizia al comfort, dalla puntualità alla climatizzazione».
Non resta che aspettare.
Regione
Il Superphénix
fa paura
al Piemonte
È stato approvato in Consiglio regionale un ordine del
giorno relativo alla centrale
nucleare di Creys-Malville
sotto forma di petizione sottoposta al Parlamento europeo. Nella petizione si afferma che il Piemonte è intere.ssato geograficamente al reattore che è posto a soli 120 km
dai confini della nostra regione, e che questo contiene 5
tonnellate di plutonio e 5.000
tonnellate di sodio.
La questione sicurezza è
stata «storicamente» la spina
nel fianco della centrale, che
dal 1986 ha funzionato a pieno regime solo 6 mesi a causa
dei continui incidenti. 11 rapporto di sicurezza della Dsin
(Direzione sicurezza installazioni nucleari) del 1994 indica
come non possa essere assicurato il suo totale controllo in
tutte le circostanze. NeH'ordine del giorno si richiede al
Parlamento europeo di :
- intervenire presso la
Commissione europea perché
venga avviata una procedura
contro la Francia davanti alla
Corte di giustizia della Ce;
- istituire una Commissione di Inchiesta, conformemente agli articoli 138c del
Trattato Ce e 107b del Trattato Euratom, al fine di indagare sull’esecuzione da parte
della Francia dei suoi obblighi comunitari nella procedura relativa al Superphénix;
- domandare alla Commissione europea di prendere
ogni misura utile al fine di costringere l’Italia ad osservare i
propri obblighi di informare
la popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria
applicabili e sul comportamento da adottare in caso di
emergenza radioattiva.
INFORMAGIOVANI
VAL PELLICE
Via Roma 45
Luserna S. Giovanni
0121/900245
informazioni su
sport, scuola, lavoro,
musica, viaggi,
tempo libero
Lunedì e venerdì
ore 14' 17
9
NOTIZIARIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
I PROTESTANTI E LA POLITICA
Liberamente tratto dalla relazione di Giorgio Tourn al campo studi
Preliminare a un discorso sul rapporto fra
protestanti e politica è il quadro religioso e po■^ litìco in cui è nata la Riforma; in quale contesto storico hanno operato i primi riformatori?
. Il protestantesimo nasce come fenomeno
storico nel quadro di una società molto precisa e definita: la cristianità d’occidente. La nostra storia occidentale è caratterizzata dalla
-..coesistenza di un potere politico e un potere
religioso: il potere politico si esprime nel corso
* dei secoli in varie forme, quello religioso trova
espressione nella chiesa cattolica romana, in
‘^'cui il papato diventa sempre più il vertice di riferimento. Questa società, così strutturata, così organizzata, è il risultato
» di un fenomeno storico lungo, che
inizia agli albori della nostra era cri’ stìana, al momento in cui nell’Impero
rofnano sorge la comunità cristiana.
L’impero romano ha ereditato la consapevolezza di dovere gestire l’ordi-^'ne del mondo. Gli imperatori hanno
I la coscienza di dover gestire l’ordine
- delle cose: fare delle leggi, organizzare un esercito, creare delle strade,
facilitare i commerci.
AH’interno di questa struttura esiste una comunità religiosa che nasce sul tron■ co del giudaismo: è la comunità dei discepoli
di Gesù di Nazaret. Quest’uomo ha incarnato,
espresso, vissuto l’ordine assoluto che Dio ha
; deciso per l’umanità. La comunità cristiana ha
quindi una visione che va al di là dell’ordine
del mondo. E’ una visione escatologica: guarda al fine, si proietta verso una realtà che non
è identificabile con l’ordine secolare in cui vive.
. E’ da questa cultura che noi nasciamo: fin
dall’origine della nostra identità di uomini occidentali troviamo una tensione conflittuale fra
fi un ordine storico e l’attesa di un ordine metastorico, di qualcosa che non si esaurisce
nell’ordine della poiis.
quest’ultima il contrasto troverà un punto centrale nell’affermazione di una organizzazione
cosciente nella comunità cristiana, sotto forma di quello che sarà il papato. Il papa è convinto che questa carica di identità espressa
nel Regno di Dio debba in qualche modo inserirsi nella polis, nell’impero. La chiesa è vista come la realtà più vicina a Dio, fondata su
Gesù Cristo. L’impero, al contrario, non conosce nè ha bisogno di conoscere Dio.
Come arriverà la Parola all’impero?
Passando attraverso la chiesa: essa è
in
Calvino è sempre Dio il fondamento delle cose, non la democrazia né l’uomo né la ragione né l’intelligenza. La società civile non va
avanti secondo le sue leggi, per la razionalità
umana, ma solo se ubbidisce a Dio. Una società che non obbedisca a Dio è destinata al
fallimento. E la chiesa? Il discorso è uguale:
va avanti solo se ascolta la Parola di Dio attraverso Gesù Cristo.
Per Lutero l’unico modo in cui Dio parla
alla chiesa è attraverso il Libro. Ciò che Dio
dice al credente attraverso le scritture è di vivere nella dimensione del Regno, vivere nello
spirito del Vangelo e incarnare nella propria esistenza, nella propria
etica la dimensione di Dio. “Tutto
quello che fai lo devi fare per me!”
dice Dio al credente.,, ma Dio parla
anche al “magistrato” e gli chiede di
realizzare il proprio mandato, la
propria vocazione facendo sì che la
comunità in cui vive e opera, di cui
è responsabile, sia giusta. Al magistrato Dio chiede di fare il proprio
compito e attraverso la sua parola
SPECIALE CAMPO STUDI
Questo numero é quasi interamente dedicato al campo studi
nazionale della Fgei, che si é
tenuto ad Agape dal 3 all'8
gennaio '95, a cui hanno partecipato più di cento giovani provenienti da tutta Italia.
gli fornisce “suggerimenti” per costruire una
società possibile.
Dio con la mano destra si occupa dei credenti e con la sinistra si occupa dello Stato.
Lo schema di Calvino non è molto diverso. Il magistrato è in qualche modo un ministro di Dio e dunque risponde a Dio del suo
operato. Tutto quello che lui fa, tutto il suo Impegno volto a costruire una società vivibile è
un dovere verso Dio, ma anche il compimento
di una chiamata, di una vocazione. E la vocazione del magistrato non è semplicemente di
impedire il disordine, ma di creare un ordine,
l’ordine del creato: Dio, si può dire, è stato il
primo magistrato, perché ha messo ordine nel
creato. L’uomo politico deve continuamente
continua in seconda pagina
terprete della volontà di Dio. I comuni italiani, i
feudatari come l’imperatore devono riferirsi a
Dio. A quale legge, a quale identità può riferirsi un uomo del cinquecento se non a Dio!
L’imperatore stesso, per fare delle norme giuste, per amministrare la giustizia bisogna che
si riferisca a Dio: ma può fare ciò solo attraverso la mediazione della chiesa.
PERCHE' QUESTO CAMPO?
Quattro domande al gruppo preparatore
' Come viene risolto questo contrasto?
Determinante sarà la creazione dell’impe
ro cristiano, nelle sue due forme: nella forma
Orientale bizantina e in quella occidentale. In
n° 1
gennaio
1995
Come incidono in questo sistema i riformatori?
In sostanza Lutero e Calvino non hanno
intenzione di sovvertire quest’ordine. La rivoluzione della Riforma non consiste nel sovvertire uno stato di cose che non è sovvertibile.
In questo essi sono pienamente figli del quattrocento. Essi si interrogano però a partire dal
Vangelo: nelle epistole paoliniche, ad esempio, è proprio detto che la comunità cristiana
sia l’anello di mediazione fra Dio e il mondo?
L’anello di mediazione fra Dio e il mondo, per
i riformatori, è Gesù Cristo; la Parola (così si
dice nell’evangelo di Giovanni) è Gesù di Nazaret, non il papa! Questo vuol dire che tra
l’assoluto di Dio e quello che siamo noi, dobbiamo porre qualcosa che non è la chiesa,
ma Gesù. Il sistema va allora rivisto: noi non
siamo con Gesù, ma nel mondo, non siarno
lassù con gli angeli, ma qui... Per Lutero e per
Come mai la Fgei, che é nata proprio
per organizzare la riflessione e le attività
dei giovani evangelici italiani intorno al
problema del rapporto tra fede e politica,
si ritrova, a venticinque anni dalla sua nascita, a riaffrontare questo tema in un
Campo Studi?
Ci siamo accorti che se negli ultimi anni
siamo stai capaci di affrontare in modo positivo le difficoltà che abbiamo sperimentato rispetto alla nostra fede, siamo stati meno capaci di fare altrettanto a proposito delle difficoltà che incontriamo rispetto alla politica.
Quali difficoltà?
Negli anni '60, i giovani che si interessavano di politica o che partecipavano attivamente
alla vita politica erano pochi e anche il ‘68
coinvolse molti giovani ma pur sempre una
minoranza. Nelia Fgei, invece, i giovani politicamente interessati e che miiitavano in organizzazioni politiche erano molti. Oggi le cose
appaiono rovesciate. I giovani che si interessano di politica o che partecipano attivamente
alla vita politica, magari in forme diverse da
quelle del passato, sono di più. Nella Fgei, invece, sembra che le persone che militano in
organizzazioni politiche siano meno che nel
passato.
Ma allora é vero che la Fgei non si occupa più di politica?
Niente affatto. Durante gli anni ‘80, non si
può proprio dire che fgeini e Igeine si siano
disinteressati della politica ritirandosi nel privato. La Fgei ha partecipato a moltissime iniziative ma, appunto, lo ha fatto in quanto
Fgei, in quanto organizzazione giovanile
spesso a fianco di altre organizzazioni giovanili, come se fosse più facile “fare politica" in
quanto Fgei piuttosto che come semplici cittadini/e. Spesso abbiamo discusso di temi politici, ma lo abbiamo fatto all’interno dei nostri
gruppi senza che a questa discussione corrispondesse, nella maggior parte dei casi,
un’attiva partecipazione a partiti, sindacati,
gruppi di base. Sembra che sia aumentata tra
noi la distanza tra “parlare di politica" e “fare
politica”.
Se queste sono le difficoltà, cosa si propone questo campo, quali sono schematicamente i suoi obiettivi?
1) Chiarire che esistono diversi modi di intendere la politica, fondati su concezioni diverse della natura umana e della società, da
cui discendono scelte ed orientamenti politici
diversi;
2) Confrontare le nostre Idee sulla politica
con altre Idee elaborate nell’ambito della cultura moderna per capire a quali concezioni
delia politica ci sentiamo più vicini o più lontani;
3) Fornire alcuni strumenti che ci aiutino a
capire che cos’è la politica, cosa potrebbe essere e che ci aiutino a osservare più efficacemente la realtà;
4) Fornire, o almeno incominciare a fornire,
a ciascuno, persona o gruppo Fgei, informazioni e interpretazioni utili a collocarci nell’ltaiia di oggi e a collocare le nostre idee politiche
e i nostri progetti politici in un contesto.
SPECIALE CAMPO STUDI SPECIALE CAMPO STUDI SPECIALE CAMPO STUDI
10
Hotiziorìofgeì
A
■ r
A quando II prossimo? E' la prima cosa
che sorge spontaneo chiedere In seguito stila
riusdta di questo campo,
■ MI é stato chiesto di fare riferimento. In
particolare al gioco Intitolato “La linea del
Tempo’. Tramite I nostri ricordi slamo riuscitì
a ricostruire la storia (soprattutto Italiana) degli ultimi vent’anni. Non si trattava di un sempHoe sforzo di memoria e neanche di una rievopazlqne affettivo-memorialistièa ma ciascuno dotava scrivere I fatti di cronaca che, avvenuti rtei corso d^la propria vita, ¡'avevano
colpito e/o influito sulla sua formazione politi
c®- *
Balza subito all’occhio il fatto che (data anche piuttosto giovane Tetà media dei partecipanti) gli avvenimenti che più ci hanno in- ^ \
fluenzato sono quelli degli ultimi 4-5 anni,
i
«0
per non parlare dell’affollatissimo
‘94.
Un’ultima osservazione,
mi sarebbe piaciuto^ ^
se cl fosse stato - ^ ^
\Jì
più spazio per il
mercatino delle
idee: non ho avuto il
tempo'dì girare per
tutte le bancarelle!!
savia GardioI (S.Secondo)
ìsimo^
il filo della memoria: una serie di nodi o
una matassa? >
Solitamente i nodi ai fazzoletti o alle cordicelle servono per ricordare qualcosa di importante, qualcosa che altrimenti forse non ricorderemmo, Ebbene quanti nodi ho fatto e
sciolto lungo l'ideale filo della memoria politica, H filo che mi lega ai fatti che hanno contri
Vi
continua dalla prima pagina
perfezionare l’ordine della creazione.
La modifica, apparentemente semplice,
per cui Dio non parla al mondo attraverso la
chiesa e il clero, ma paria direttamente alle
persone, sconvolgeva l’ordine della società
occidentale, perché introduceva nello schema
preesistente (di relazionalità dipendente) una
dialettica.
Che cosa possiamo ricavare oggi da questa “passeggiata storica’’ fatta attraverso i secoli?
Ogni generazione costruisce la sua storia:
il protestantesimo non ha formulato uno schema del mondo e della chiesa definito, preciso,
assoluto, che valga per il tempo e per l’eternità. La differenza fra noi e la chiesa romana
è che quest’ultima si è posta e continua a
porsi come una società perfetta, organicamente costruita, anche se modificabile e aggiornabile; ma lo schema resta quello della
societas perfecta. La definizione della società
perfetta è quella che ha dato S. Tommaso; la
chiesa sta davanti al mondo in modo esemplare. Tutti gli interventi che vengono da parte
del magistero cattolico e da parte delle forze
laiche che nel quadro del magistero cattolico
operano, sono la risposta chiara a come dovrebbe essere la società. Circa lo spinoso
problema dell’ora di religione, ad esempio,
non abbiamo, come protestanti, un’idea chiarissima di come deve essere la scuola. Nel
mondo protestante abbiamo soluzioni molto
varie: riconosciamo come possibili le soluzioni
che al problema hanno dato le chiese tedesche e quelle (completamente diverse) che
hanno dato le chiese nord americane. È chiaro comunque che la società in cui si situa la
Riforma non è più ia nostra società: non solo
perché sono passati quattro secoli di storia,
ma perché oggi riteniamo che la costruzione
di quell’ordine socio-politico-religioso che è
stata la società cristiana d’occidente in realtà
non corrisponde esattamente a quello che è il
messaggio evangelico. La risposta data dalle
persone di quel tempo non è più valida per
noi. Nella nostra coscienza è entrata per
esempio l’idea che in qualche modo la gestione della polis non appartiene solo a una élite
culturale e spirituale ma a tutti coloro che ci
vivono. Siamo tutti chiamati a gestire la polis.
D’altra parte come protestanti non abbiamo
uno schema ideale di società. Né abbiamo un
programma politico per i secoli a venire!
(a cura di Lula Nitti)
buito a costruire if mio pensiero e il mio ap-1
proccio al mondo, il mio approccio alla politica. ■ .
Alla base dell’interessante mattinata che '
ad Agajae abbiamo trascorso attorno al filo,
personale e collettivo, che lega gli ultimi ;
vent’anni della storia italiana e mondiale, vi
era, come ci è stato spiegato, non solo la volontà di ricostruire attivamente il passato politico del nostro paese, ma soprattutto il nostro
personale percorso formativo. Ci è stato detto
anche che sono gli
avvenimenti che avvengono in un periodo critico
deH’adolescenza
^ ad essere fonda
mentali per la nostra
* forma mentis; una sorta di
“imprinting politico” che condizionerà le riostre scelte future.
Ebbene è vero, sono stati gli avvenimenti a ridosso dei primi anni ottanta a spiccare con maggiore precisione nel mio filo personale, quelli più recenti si accavallano in un
grosso gomitolo dalle date spesso sbagliate,
alcuni addirittura si mimetizzano nella matassa senza emergere. Che stia perdendo la memoria? Può essere, comunque sono in buona
compagnia, altri/e della mia età hanno segnalato gli stessi eventi e le stesse amnesie!
Alcuni fatti però risalgono a molto prima, in
alcuni casi sono flash, in altri ricordi più organici, tutti comunque sono fortemente impressi
nel mio immaginario politico: forse, anche se
non del tutto coscientemente, l’imprinting comincia prima.
Emanuele Sbaffi (Firenze)
^ V chi I
HO DHTO
t lcuc f^ccoitro CHE
IL FReseHTÈ ADDOSSO,
mi VENIVA
9
pr
...é vivere!
Vivere con la consapevolezza che la vita di ognuno rientra nel percorso
storico deH'umanità e che
per questo si carica di
una grossa responsabilità: ogni scelta diventa
importante non solo per
se stessi, ma per tutta la
comunità. Ogni individuo
é tenuto a consapevolizzarsi il più possibile riguardo le conseguenze
dei propri atti. Ognuno ha
un potere che deve gestii
re.
...é dire alla gente quello che vuole sentirsi dire
Un campo su: “Noi e la politica”. Che cosa
ci può essere di più vasto e complicato? E cosa succede quando, dopo relazioni e dibattiti,
si scende sul piano pratico chiedendosi cosa
pensa e cosa ila la Fgei? Semplice, basta andare ai “Mercatino delle Idee”.
In questa simulazione ogni gruppo che lavora all’interno della Fgei o ruota intorno ad
essa 0 che comunque vede al suo interno
fgeini e fgeine impegnati, esponeva il proprio
lavoro e le proprie idee cercando “acquirenti”.
Il Mercato era assai vario: c’era la bancarella
sui Migranti, quelle di Capemaum, di Cassiopea, del GruLaTeo, di Amnesty International,
quella sul pacifismo, sul rapporto Nord-Sud
del mondo e tante altre.
Non tutti i commercianti
vendevano le loro merci
allo stesso modo: chi
chiamava I passanti dalla
propria^
^ O bancarella,
^ girava tra la
gente distribuendo
volantini e chi semplicemente aspettava che arrivasse qualcuno interessato alle sue
idee.
Chi avesse visto II gioco dall’esterno probabilmente avrebbe pensato ad una nuova
Babele, ma fortunatamente abbiamo scoperto
che non era cos): le diverse e numerose idee
che girano nella Fgei sono state ascoltate e
capite, non erano un grovìglio di pensieri. Chi
era In cerca di qualcosa da comprati riceveva informazioni esaurienti sulla merce che gli
era offerta e. a volte, véniva coinvòlto in
chiacchierate e discussioni più o meno accese.
In conclusione abbiamo scoperto con piaceré’‘che la Fgei continua ad essere un organismo dinamico con tante idee e tanta gente
che ha voglia dì portarte avanri.
Irene Lorenzi (Pisa)
CHE COS’E^ Lé
Dai bigliettini del gioco introduttivo
..é uno spazio di
ne fra le persone
'i azio-^
..é la capacità di fare dellé scelte
Chiunque pensa
solo a se stesso é
un egoista, chi si
lascia coinvolgere
da quello che gli
accade attorno e
partecipa attivamente, promuovendo il bene comune e la giustp,
zia, fa politica
...é una maniera concreti
di vivere la propria fedi
\cretoyi
l£À
...é quella che si fa al
Governo e quella che¡
fa nei gruppi Fgei
ne coVUStL,.^
‘dJi
...é un gioco perverso che
l'uomo ha ideato per trq
versi un’occupazione
... é l'arte di raggiungere
propri interessi Interagì
do con altri/e
gore i J
...é l'arte di rendere possibile tutto ciò che é discutibile 0 discutibile tutto ci^,
che é possibile
...é impegno quotidiano,
fatto anche di piccole cose
come scelte e prese i
posizione
'5i
...é l'impegno consapevole
per stabilire regole e i
quietare diritti nella
...é accorgersi che
risposte individuali
non servono
...èia capacità di scegliere
fra le varie possibilità la
meno rischiosa per il m,
gior numero di person
...quella dimensione della
vita in cui incontro gli altri
non come singole persi
ma come collettivi
...é qualcosa che influisce direttamente su di me, su cui tutta^,
via io non sento di influire
SPECIALE CAMPO STUDI SPECIALE CAMPO STUDI SPECIALE CAMPO STUDI
11
1
Hotìziariofgei
;|^pe, giovedì ore 9.30, prove tecniche di
razia.
|K>n credo fosse mai capitato a nessuno di
0 trovarsi a votare la fiducia a un gover;ìà nessuno era mai stato sottoposto un
^mma di governo che fosse urgentmendiscutere e approvare (o rifiutare) in parlo con il nostro particolare contributó,
le risorse del gruppo “Officina P” di
|no si sono dimostrate capaci anche
possibile.
isfon era facile inventarsi qualcosa che risse, ad Agape, una situazione estreente verosimile in cui ciascuno si trovas[ad agire nel bel mezzo di una situazione
intare precisa, ossia in un determinato
e^ttagliato “contesto” politico di cui si do? vesse costantemente tener conto. Ma la politi«é, appunto, anche e soprattutto queconfrontarsi con il presente per
inarne gli sviluppi, saper
Jléire fra prospettive ^
sibili e non solo
ìfmare ideali
g«i»rici.
.■“Questo
biamo imparato, toccandolo con mano, in
questo campo studi, di
11 gioco di “Officina P” é stato, a mio pare, Uno dei momenti fondamentali. E’ salutare,
tanto in politica, trovarsi schierati su fronòpposti, anche per una compagine, come
fg^ina, ritenuta spesso politicamente
Si é visto che questo non é così
/ero, anche se ciò dipende più dalla differena delle strategie scelte che dai valori condivi
II gioco ha avuto risvolti realmente interessanti, creando spunti per la riflessione e quindi per il dibattito. Si è creato un momento di
scambio che ha permesso, cosa di maggior
importanza, in un gruppo di giovani, oltre che
una definizione e un approfondimento del
proprio pensiero, una lotta, fatta di parole, per
l’affermazione di esso.
Inoltre ci ha dato l’opportunità di calarci
realmente nell'atmosfera di un dibattito politico che spesso vediamo
totalmente distaccato
IL Tiranno k
Mfl attenzione...
dal nostro ambito.
fjun
iP
c
,"IL qRENI80 CHE
(GENERATO
L’ M
E ANCORA FECON3?o i
Questo
gioco ha
permesso di ridurre la distanza dal
.Owiunque, anche se acceso, questa volta
.1 é visto solo il “dialogo”; quanto al “porfido”
ittr^iccdlo disguido tecnico ha impedito che
finisse distribuito fra i partecipanti. Si spera
iwfprossimi campi-studi...
Marco Di Pasquale (Torino)
concetto di politica a cui
spesso diamo un’scceziohe
- negativa e d ha dato la possibilità
di scegliere, di prendere posizióne e
quindi di divenire soggetti poiìtici attivi. Invece di “subire” le idee degli altri come la maggior parte di noi fa, abbiamo prodotto un’idea
e ci siamo infervorati neH'affermarla. Il gruppo
che si trovava in disaccordo con la proposta
del virtuale governo ha sviluppato, oltre che
una critica dei vari punti, una riflessione globale che verteva soprattutto sulla negazione
dei diritti (al lavoro, all’Istruzione, all’informàzionè libera, alla rappresentatività delle minoranze ecc.) che scaturiva, secondo noi,
dall’impostazione del programma di governo.
Tale proposta ci è sembrata inoltre una
manovra per fare passare provvedimenti su
settori di enorme importanza come la scuola
e il lavoro, nascondendoli dietro l’urgenzasdi ;
fare una riforma elettorale e una legge antm
trust.
Inoltre abbiamo constatato l’effettiva dk
stanza da una politica di centro sinistra dai cui
presupposti il governo diceva di partire.
Chiara Alberti (Acicastello)
...é l'amministrazione
della cosa pubblica
nell'interesse della
collettività
...é controllare la
distribuzione delle
risorse e dei ruoH,
nella società
\ POLITICA?
2>i
?o/rfícA ! AMr//£. f
Si
C- Kns
>7AP/ÀA/o/j
...é quell'arte che si
rende necessaria
quando gli esseri
umani vivono in gruppo, per regolare I loro
rapporti. E poiché, secondo la moderna antropologia, l'essere
umano é nato nel
gruppo, si può ancora
ben dire, citando Aristotele, che l'uom:
un animale politici
...é ciò che ognuno di noi fa
quando compra un determinato
prodotto invece che un altro;
quando accende la TV; quando
compra un giornale; quando
canta "Bandiera rossa"piuttosto
che "Forza Italia"; e, non ultir,
quando vota.
Trattare un tema come quello della politica,
sicuramente risulta difficoltoso, in pàrticoiar
modo se se ne vuole parlare di fronte alia
scoraggiante situazione in cui l’Italia si trova
immersa oggi, la quale rende ancor più difficile trattare alcuni temi come identità, uguaglianza, conflitto...
La staff deLcampo studi, tenutosi ad Agape in gennaio, ha àffrontato con grande sensibilità questi ed altri temi, cercando di realizzare uno studio più 0 meno approfondito della
politica, dando uno sguardo al passato storico-economico-politicQ italiano e
alla situazione tutt’ora in corso e non tralasciando
un momento di discuss,ione
sull’i
t i t
protestante e la
politica. I momenti di riflessione
personale e di gruppo
hanno dato ad ognuno la possibilità di esprimere i propri punti di vista e di
confrontare le proprie idee sulle varie questioni che, a mio avviso, sono state accolte con
grande interesse e coinvolgimento dalla mag^
gior parte dei presenti. Non c’è ombra di dubbio che in tutto ciò qualcosa possa essere
stato tralasciato o qualche punto può non essere stato tràttato con la dovuta perfezione;
ma sicuramente il lavoro delio staff ha dato i
suoi buoni e succulenti fruiti, lo testimoniano
le proposte ed i progetti lanciati per il futuro
che evidenziano volontà di impegno (es. creazione di gruppi e comitati con fini specifici) ed
esigenza di riflessione su vari problemi tra cui
l’identità protestante, lo studio della sinistra e i
suoi metodi di comunicazione.
Sara Grasso (Lentini)
Più che la Egei potè l’amor:
P Cagliari/Firenze batte Agape 2 a 0 i
(chi ha orecchi per intendere intenda.,
o chieda ad Elia)
...é il controllo
le varietà socia.
ao Mri
omcip^
iitica^^M
Ad essa non ci si può sottrarre perché, anche se voless§„
l'essere umano non può vivere allo "stato di natura"
...é dialettica fra azione
azione personale e collettiva, volta ad incidere nel
proprio contesto sociale
<C
Q
Z
tu
POLITICA
l'arte del
^promesso
® (fella per
suasione
€1!
<x:
oc
Í
t/5
o
Durame t'assemblea conclusiva si é discusso di come proseguire
la riflessione sulla politica all'Interno della Egei. Sono state individuate alcune linée di riflessione, schematicamente riassunte qui
sotto.
LINEE QENERALI DI RIFLESSIONE
1) POLITICA E IDENTITÀ'NELLA FEDE
Eredità storica. Elaborazione teologica.
Pratiche di liberazione. Pratiche di oppressione.
Etica e Politica; Amore/Giustlzia, Norma/Grazia.
2) ANALISI DELLA SINISTRA; DELLA EGEI; DELLA EGEI E
DELLA SINISTRA , .
«> Memoria storico-politica della Egei *
Analizziamo le nostre differenze: chi siamo?
» Analizziamo il programma politico della sinistra: come
.. ci collochiamo?
Cosa diventiamo: incontro 0 confluenza?
Come comunichiamo? . - ^
SPECIALE CAMPO STUDI SPECIALE CAMPO STUDI SPECIALE CAMPO STUDI
12
daC consißCio
Hotiziariofgei
7T^
r
A
Il Consiglio deila Fgei si é riunito prima del Campo studi ad Agape il 3 gennaio, in taie
occasione abbiamo salutato Giorgio Bonnet che per ragioni di iavoro é andato negii Stati
Uniti per un annoi A parte il fatto che ci mancherà moito ia sua risata, una parte dei suo
lavoro é stata ridistribuita ad interim fra gii aitri membri dei Consiglio e anche tra quaiche
fgeina e Igeino: il gruppo di iavoro sul progetto Albania, ricomposto con nuovi membri, é
coordinata da Barbara GriiI (VE). A lei vanno i nostri compiimenti e ringraziamenti per
averla presa cosi bene!
Come vedete dall’atto 69, la Fgei aderisce alla campagna per ia confisca dei beni ai
mafiosi, promossa da Ubera, associazioni, nomi e numeri contro ie mafie. Questa
associazione, di cui ia Fgei é socio fondatore, é stata presentata ufficialmente il 15 dicembre con conferenza stampa. Il suo scopo primario é di coordinare l’attività delle varie
organizzazioni che lavorano sul tema delle mafie in Italia. Per noi significa avere un accesso diretto alle informazioni, e la conoscenza di altre organizzazioni che a livello territoriale promuovono azioni per la legalità, la giustizia, la democrazia. La campagna di
confisca dei beni ai mafiosi é una campagna con raccolta di firme per cambiare un testo
di legge sul sequestro di beni di provenienza illecita. Contemporaneamente alcuni deputati presenteranno un disegno di legge.
Ricordo a tutti i gruppi giovanili di rinnovare schede e contributo perTadesione 1995
alla Federazione. Anche tutte le singole e i singoli possono contribuire alla Fgei con un
foglio verde speranza (!), presso tutte le segreterie regionali o la segreteria nazionale.
aiti
Agape, 3 gennaio 95
68. Si approva il preventivo 1995.
69. Si stanziano L.500.000 per la campagna di confisca dei beni ai mafiosi, promossa da
^^Ubera^^ssodazionLjTomi^^
CONFRONTIAMOCI
SULLA BIBBIA
La Bibbia è il libro su cui si fonda la nostra
fede. Attraverso di essa, Dio ci parla., ci fa conoscere il suo volere, la sua forza, ma anche
il suo immenso amore.
La Riforma Protestante ha portato alla diffusione della Bibbia, che piano piano è entrata nella casa di ogni credente. La Bibbia, non
è più il libro per pochi eletti, ognuno di noi è libero di leggeria quando lo desidera e senza
bisogno di intermediari. Ma noi giovani protestanti come ci poniamo di fronte a questo libro? E’ stato questo l’interrogativo che ha guidato le nostre riflessioni al convegno FGEI
TRIVENETO svoltosi a Venezia il 26 e 27 novembre.
Abbiamo avuto la possibilità di confrontarci
a vicenda e, in parte per la differenza di età
dei partecipanti, ma non solo, sono emerse
situazioni molto diverse fra loro.
Per alcuni la lettura della Bibbia si esaurisce ai momenti comunitari: culto, catechismo,
convegni studio biblico, e per queste persone
la Bibbia rimane ancora in gran parte un libro
da scoprire.
Molti sono coloro che invece la leggono
anche singolarmente. A volte lo si fa in un
momento di scoraggiamento e depressione
per trovare aiuto e nuova forza. Altre volte c’è
proprio la voglia di leggere per sapere, per
crescere nella fede e capire chi è il Dio in cui
crediamo ed il cui comportamento a volte ci
mette in crisi. E sì, perché noi uomini pensiamo in un modo, ma Dio ha altri parametri: la
giustizia umana è diversa dalla giustizia di
Dio.
In singoli gruppi abbiamo preso in esame
dei personaggi biblici che Dio mette alla prova: Mosè, Sara e Giona. Come loro anche noi
siamo costantemente messi alla prova quotidianamente da tante
piccole e grandi difficoltà che possono minare la nostra fede.
Sta a noi superarle o
lasciarci sopraffare.
Domenica nella liturgia del culto sono
confluiti canti e pensieri che hanno un
po’ riassunto quanto
emerso dai lavoro del
convegno.
Prossimamente
speriamo di poter
QQQ QCC CCC
26 febbraio '95 - Pomaretto
Convegno Fgei Valli _
.Teatro e politica
prenotazioni (entroJl 23 febbraio):
Silvia G. (0121-500621) ~ __
Barbara P. (0121-500407)
25-26 febbraio - Milano^
Convegno di Cassiopea
Tre strade per Ja trinità
iscrizioni: Bisabetta (02-69007370)
BiancaMaria (02-29511852)
SIAMO UOMINI
O PINGUINI?
SEI INTERESSATO/A A
PASSARE UN MESE IN
KOSOVO, A STUELLA,
AD INSEGNARE ITALIANO AD UN GRUPPO DI
ALBANESI?
mettiti in contatto con Laura
Carlodalatri: tel.06/6874072
proseguire su questa
linea di tematiche che ci aiutano a prendere
maggiore coscienza delle nostre radici protestanti perché noi siamo sì giovani, ma soprattutto “giovani protestanti”.
Paola e Cristina Taverna (Udine)
Agape, 19-20 novembre 1994, una ventina
di uomini si incontrano in “separata sede” per
ragionare insieme le motivazioni e le opportunità di un percorso di ricerca attorno all’identità maschile.
Una scommessa ed una novità, certo, ma
anche un percorso che ha già dietro di sé una
stdria. Uomini che si lasciano mettere in discussione dalla “parola” delle donne, uomini
che arricchiscono il percorso del movimento
omosessuale provando a leggere alcune contraddizioni della loro esperienza con la “lente
di genere”, con l’attenzione cioè ai limiti del
ruolo maschile che anche gli omosessuali,
non meno degli itero, hanno interiorizzato.
Un “gruppo uomini” che nasce dalla vitalità
delle comunità di base. Un “gruppo identità”
che nasce dal percorso della staff del campo
omo di Agape. Un “collettivo Capernaum” che
affronta ad ampio spettro II tema della sessualità a partire dall’esperienza di uomini e
donne, etero ed omo. Gruppi sperimentali e
fortemente rivolti alle rispettive specificità, ma
anche tentativi di confronto: il momento di assemblee separate, maschile e femminile, al
congresso fgei ad Ecumene nel ‘93, ed ancora alcuni articoli sulle nostre riviste...
“A che punto siamo?” era la domanda cui
abbiamo provato a rispondere ad Agape. Siamo ai primi timidi passi di un percorso che
non è certo facile e che è ancora tutto da costruire. lo, personalmente, sono nel momento
in cui non ho né il desiderio né la capacità di
spiegare le mie ragioni all’esterno, ad un
“esterno” maschile che non si incuriosisce ma
che, sentendosi minacciato, si difende. Sto invece vivendo il momento, penso necessario,
di una separatezza che è incontro e riconoscimento tra i pochi che si sentono attratti e sottilmente elettrizzati dal sapore della nostra
piccola “eresia”.
Abbiamo così provato a raccontarci le motivazioni personali che ci portano a condividere r “eresia". In primis il disagio: disagio per
un’identità assente, per una non-identità ricavata per differenza dalle donne e dal loro percorso di autodeterminazione; disagio per la
difficoltà di percepire la nostra esperienza,
un’esperienza personale - il privato - che abbiamo imparato a svalutare e a negare attraverso secoli di affidamento alle rassicuranti
coordinate della razionalità; disagio per la
difficoltà di percepirci
nella concretezza di un
presente fatto di emozioni e di bisogni, un
presente che ci sfugge
e si dissolve nella perenne rincorsa di un futuro necessariamente
attivo e progettuale; e
ancora disagio quando ci accorgiamo della
nostra debolezza, quando ci accorgiamo di
non avere gii strumenti per trasformarci dove i
limiti e le storture del nostro ruolo si rendono
evidenti.
Per seconda la paura; paura per la sfida
che si cela nel momento della solitudine, una
solitudine che sempre tentiamo di esorcizzare
in una socialità chiassosa o nell’attivismo totalizzante ed assorbente, una sfida esistenziale che ci chiede di trovare un senso dentro
di noi, nello stare bene con noi stessi; paura
per l’esperienza nuova di autonomia che ci si
impone, necessità che ci viene rivelata d’improvviso dallo svelamento dello stereotipo di
sicurezza ed autosufficienza maschile, uno
stereotipo che cade e cj mostra un maschile
debole, immaturo ed emotivamente dipendente. '
E per ultima la mancanza: mancanza di
d’identità, di coordinate, di dimensioni personali e collettive, mancanza di integrità nella
nostra esperienza umana maschile; mancanza forse dal punto di vista eterosessuale si
identifica nella confusione di non sapersi ancora in nessun luogo di fronte alle identità calde e rassicuranti ma allo stesso tempo “altre”
degli uomini omosessuali e delle donne; mancanza dal punto di vista omosessuale di relazioni maschili, l’insoddisfazione di fronte a relazioni esteriori, poco profonde, difficilmente
intime, facilmente conflittuali e rischiosamente
complici.
E così questo è il punto in cui ci troviamo:
un difficile e fragile equilibrio tra un’identità da
costruire ed una pratica di relazione da sperimentare. Il nostro è oltretutto un percorso che
si complica quando ci poniamo la questione
del metodo. Ci troviamo infatti anche noi di
fronte alla necessità di riformulare il rapporto
tra teoria ed esperienza, tra il personale ed il
politico, tra i discorsi che facciamo e le relazioni che intrecciamo nel gruppo: la necessità
e la difficoltà di prestare attenzione non solo
al contenuto tematico ma anche alla base
personale di chi si lascia coinvolgere nel lavoro; il ciclico ritorno e alternarsi di esperienze
testimoniate, tentativi di sistematizzazione ed
uso delle nuove sistematizzazioni per leggere
ogni volta in maniera più ricca sia l’esperienza
testimoniata che la relazione di gruppo vissuta al presente.
Ed infine la struttura che abbiamo deciso di
dare al nostro lavoro ad Agape. E’ proprio la
complessità, che qui ho cercato di mostrare,
che ci ha portati a scegliere la brevità e la limitata partecipazione di questo primo incontro. Anche io, personalmente, come altri, ero
partito con l’idea di organizzare il primo di una
serie di campi uomini, con la struttura tipica
dei campi tematici di Agape: cinque-sei giorni
ed ampia partecipazione. Ma strada facendo
mi sono reso conto che forse non siamo ancora in grado di strutturare un lavoro di questo tipo. Forse dobbiamo proprio passare attraverso questo momento di piccoli lavori sperimentali, cominciare a lavorare su noi stessi,
cominciare ad intrecciare delle relazioni maschili che possano darci il senso e la forza di
proseguire in questo cammino appena intrapreso. Questa fase, in prospettiva, la vedo
ora necessaria a livello collettivo, sempre necessaria a livello di percorso personale ••
confidando comunque che questo sia solo il
primo momento di una futura vitale eresia!
Giovanni Silenzi Jalla (Torino)
REDAZIONE: a Torino C/o Anna Lo Grasso, via Genova 64,10126 Torino (Fax C/o Riforma 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Foria 93, 80137 Napoli (tei 081/291185, Fax 081/291175).
REDATTORI/TRICI: a Torino Max Cambellotti, Daniele Griot, Bettina König (coordinatrice - tei 0121/543819), Anna Lo Grasso (tei 011/6967671), Samueie Montalbano, Elia Piovano.
a Napoli Deborah D'Auria, Marta D'Auria (coordinatrice - tei 081/273194), Ngfizia D'Auria, Lula Nitti, Emma Olivieri.
HANNO COLLABORATO A QUE9B NUMERO: OAira Alberti^^co Di Pasqj^e, Sara Giorgio (yj)mar>\, Giovagi^Silenzi Jall^lrene Lorepzi, Silvia Rostagno, Emanuele Sbaffi,
Marco Schellenbaum, Paola e^Ama TavemaJM^io Tour
CORRISPONDENTI REGI^Ilf^R Cristin%J^if^É^no, L^^i^Csorio,'luj^^^rosi, Sa^^Rartinelli, ^if^TMazzarell^^nluca Pug^^, DonateJJ^^ostagno,0|j^prSouiller, Paolo Tes]j
13
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
r
Wli
Í E Eco Delle Yallì "\àldesi
PAG. Ili
il futuro dei l'ospedale di Pomaretto secondo il direttore sanitario Flavio Maina
Un servizio attento alle patologie locali
PIERVALDO ROSTAN
Nel quadro della sanità che
cambia ci si è chiesti più
I volte quale ruolo potranno
I .avere gli ospedali valdesi del! le Valli. La recente nomina
[ del dott. Rissone a direttore
I generale per certi versi può
' rassicurare circa il proseguiI mento della buona collaborazione da tempo consolidata
fra etite pubblico, territorio,
servizi, mondo del volontariato e, appunto, ospedali. Anche
l’ospedale di Pomaretto, come
quello di Torre Pellice, non ha
ancora completato le varie fasi di ristrutturazione progettate su più lotti. Ne parliamo
con il direttore sanitario, dott.
Flavio Maina.
«Crediamo che il nostro
ospedale possa continuare ad
avere la sua dimensione per
ricoveri di pazienti acuti relazionandosi col territorio della
Comunità montana; pensiamo
di poter continuare a curare
una parte di pazienti in recupero funzionali da malattie o
. di tipo neurologico o ortope<dico. In futuro vorremmo
^■porre la nostra attenzione anche alla riabilitazione di pazienti cardiopatici e di persone con problemi di tipo respiratorio. L’ospedale sta completando il secondo lotto
La ristrutturazione si avvia al termine all’ospedale di Pomaretto
dell’intervento di ristrutturazione che riguarda i servizi,
la degenza e gli aspetti della
sicurezza».
- Quale rapporto ipotizzare
con l’ospedale di Pinerolo?
«Il nostro ruolo continua a
essere orientato nel fornire
servizi di medicina interna
con più differenziazioni.
mantenendo un collegamento
funzionale con il Civile dove
si potranno praticare interventi su patologie particolarmente acute in regime di
emergenza, come la rianimazione. Ci batteremo perché la
maggior parte degli interventi
di urgenza possano essere
svolti come oggi a Pomaretto;
va tenuto presente che determinati problemi che richiedono interventi urgenti possono
manifestarsi anche su pazienti
interni per cui è bene che il
personale mantenga questa
cultura dell’urgenza e della
tempestività».
- L’ospedale di Pomaretto
ha registrato ultimamente
circa 1.300 ricoveri l’anno;
si può dire vi sia una patologia legata in modo .specifico al territorio?
«In questo momento due
sono le patologie che si confermano al primo posto come
causa di mortalità; sono legate all’abitudine del fumo e ad
alcuni fattori di rischio come
l’ipertensione; si tratta dei
problemi cardiovascolari sia
negli aspetti cardiaci che in
quelli di trombosi cerebrali e
degli ictus. In secondo luogo,
ma con preoccupante tendenza all’aumento, si collocano i
tumori ai polmoni che colpiscono in età sempre più giovanile. Viceversa, grazie al
lavoro dei club alcolisti in
trattamento che in valle funziona molto bene, c’è una
certa caduta nei ricoveri legati all’alcolismo, anche se questo rimane un problema e
causa principale di incidenti
stradali e sul lavoro, talvolta
anche' mortali».
UssI: proteste delle opposizioni in Consiglio regionale
Nomine «sospette» dei direttori
La Procura presso il Tribunale di Torino ha aperto
un’inchiesta sulla nomina dei
28 direttori generali delle fissi piemontesi. Per il momento non vi sono personaggi indagati e non si lavora su una
precisa ipotesi di reato. 11 fascicolo è infatti inserito nel
cosiddetto registro «C», quello relativo all'acquisizione
degli atti e degli accertamenti
preliminari. «Intendiamo raccogliere tutti gli elementi utili alle indagini - spiega il
Iffocuratore aggiunto Maurizio Laudi - purché siano concreti e circostanziati». In Procura si stanno valutando i criteri che hanno portato alla
scelta dei direttori generali,
che non corrisponderebbero
sempre alle valutazioni fornite dalle cinque società di consulenza interpellate dalla
giunta regionale.
Sul tavolo del dottor Laudi
nei giorni scorsi sono arrivati
numerosi esposti: una segnalazione viene da parte di
un’associazione di consumatori del Verbano. inviata al
difensore civico di Torino e
da questi trasmessa in Procura. Della questione si è discusso anche nel Consiglio
tcgionale, dove hanno trovato
6C0 le accuse rivolte da alcuni
^nsiglieri di opposizione
^rza Italia, An, Ccd, Lega),
A loro giudizio, in 23 nomine
su 28 non sarebbero state rispettate le valutazioni delle
società di consulenza.
«Non sono a conoscenza di
indagini della magistratura
sulle nomine dei direttori generali delle Ussl del Piemonte», ha detto il presidente delp giunta regionale, Gian Paotn Brizio, in risposta al capogruppo di Rifondazione cotnunista. Pino Chiezzi, che
chiedeva chiarimenti al ritardo durante la seduta del
S®nsiglio regionale. «È vero
gli organi di informazio^ hanno ipotizzato l’apertura
t Un’inchiesta, ma non sono
|n grado di dare conferme, né
ntendo prendere iniziative
nel rispetto della magistratura» ha sostenuto Brizio, che
ha concluso: «Quando avrò
elementi in questo senso non
mancherò di informare il
Consiglio».
«Sono a completa disposizione del magistrato. Spero
che così si faccia fino in fondo chiarezza sulle nomine dei
manager Ussl», ha detto l’assessore alla Sanità, Enzo
Cucco, appena giunto a conoscenza dell’apertura dell’indagine da parte del procuratore aggiunto. La notizia, già
ipotizzata nei giorni scorsi,
che non ha sorpreso l’altro
assessore alla Sanità della
giunta piemontese. Guido
Bonino: «E giusto che i magistrati facciano il loro mestiere: per quel che ci riguarda ribadisco che la giunta, nelle
scelte effettuate, è stata fedele
ai criteri di nomina illustrati
ai consiglieri di maggioranza
e di opposizione in diverse
riunioni».
«Siamo stati criticati per
aver commissionato a cinque
società di consulenza l’incarico di valutare gli oltre
400 candidati - ha aggiunto
Cucco - e di aver scelto senza tenere conto delle loro indicazioni. Voglio precisare
ancora una volta che senza il
lavoro delle cinque società
non saremmo stati in grado di
avere gli elementi per valutare tutti i candidati, soprattutto
quelli a noi non noti, in un
lasso di tempo di appena dieci giorni. Poi abbiamo scelto
liberamente, con la discrezionalità concessaci dalla legge ma tenendo fede ai criteri
stabiliti».
Non tutti gli assessori sono
concordi nel considerare privo di pecche l’operato della
giunta nella scelta dei manager Ussl: è il caso di Ugo Cavallera (Ppi), responsabile
deH’urbanistica, e di Angelo
Rossa (Si), entrambi alessandrini, gli unici a non aver partecipato alla riunione in cui
furono decise le nomine. Cavallera ravvisò anche «una
scarsa attenzione nei confronti degli ospedali di Alessandria i quali, duramente colpiti
dall’alluvione, avrebbero meritato l’assegnazione di chi
aveva ottenuto il massimo dei
voti da parte delle società selezionatrici». Inoltre, dice Cavadera, «soprattutto continuo
a non comprendere perché si
siano fatte comporre delle
graduatorie e non siano poi
state prese in considerazione.
Il mio collega Rossa non condivideva, invece, la scelta
operata da Cucco su alcuni
candidati. Escludo, tuttavia,
che i miei colleghi abbiano
compiuto le scelte secondo
un piano di lottizzazione».
«Fuori nomi, cognomi e
tessere: assumetevi la responsabilità di dimostrare chi, dove e come ha trattato la spartizione sui manager delle Ussl. A voi l’onere dell’accusa».
E la sfida lanciata alle opposizioni, in Consiglio regionale a Torino, dall’assessore alla Sanità. I gruppi di An, Ccd,
Lega Nord, Forza Italia e
Rifondazione comunista hanno chiesto a vario titolo la revoca delle nomine dei direttori generali delle Ussl e persino le dimissioni dell’assessore, ma i documenti da loro
presentati in tal senso sono
stati tutti battuti a larga maggioranza. L’esecutivo, formato da Ppi, Pds, Antiproibizionisti, Alleanza verde e socialisti, ha retto l’urto.
Cucco ha replicato punto
per punto alle accuse delle
opposizioni. «Mai come ora
- ha detto - è stato versato
così tanto veleno sulla sanità
e ritengo una notizia positiva
la decisione della Procura di
aprire un’inchiesta sulle nomine. Ho dovunque il conforto di giudizi positivi sulle
professionalità dei direttori
scelti, abbiamo esercitato i
nostri compiti di governo
nella chiarezza verso il Consiglio, senza ritenere legge i
risultati delle società di consulenza che abbiamo, tutti,
soppesati».
Val Germanasca
Bonansea
e la viabilità
della valle
«Mi rivolgo a Lei, sig. Livio Giacomino, quale primo
firmatario della lettera aperta
sulla difficile situazione viabile della rete provinciale che
serve la valle da Perosa Argentina a Prali...» così inizia
una lunga risposta che il senatore Claudio Bonansea ha fatto pervenire, appunto al primo
firmatario, in cui ricorda il
suo passato impegno quale assessore provinciale a favore
della valle. «Ancora ai lavori
del Consiglio provinciale dove, proprio in rappresentanza
della Valle, ho .l’onore di sedere, è iscritto all’ordine del
giorno un mutuo di 450 milioni che prevede interventi sulla
strada provinciale 169 della
vai Germanasca per interventi
di bitumatura che presumo si
possano realizzare nella prossima primavera».
Il sen. Bonansea promette
poi ulteriori interventi presso
gli assessori provinciali mentre sullo squilibrio di trattamento fra vai Susa e vai Chisone in vista dei Mondiali del
Sestriere Bonansea dice:
«Sfondate con me una porta
aperta: ho sempre sostenuto
l’esigenza di congrui finanziamenti per le valli Chisone
e Germanasca e più in generale per il Pinerolese presentando anche un’interrogazione
per lamentare l’esclusione di
Pinerolo dalla proposta governativa; su questo argomento
ho anche presentato una proposta di legge».
È il numero 35 di Perosa Argentina
Un collegio «valdese
per la Provincia
»
Sono definiti il nuovi collegi elettorali per l’elezione del
Presidente e del Consiglio
provinciale di Torino. Il supplemento alla «Gazzetta ufficiale» del 28 dicembre pubblica infatti la nuova suddivisione della Provincia di Torino in collegi uninominali.
Le Valli sono state immesse tutte nel Collegio 35 di Perosa Argentina che comprende i Comuni di Angrogna, Bibiana, Bobbio Pellice, Bricherasio. Campigliene Fenile,
Fenestrelle, Inverso Pinasca,
Luserna San Giovanni, Lusernetta. Massello, Perosa Argentina, Perrero, Pinasca, Pomaretto, Porte, Pragelato,
Prali, Pramollo, Prarostino,
Rorà, Roure, Salza di Pinerolo, San Germano Chisone,
San Pietro Val Lemina, San
Secondo di Pinerolo, Torre
Pellice, Usseaux, Villar Pellice, Villar Perosa.
Mentre il collegio 36, di
Pinerolo, comprende i Comuni di Buriascó, Cavour, Garzigliana. Macello, Osasco,
Pinerolo e Villafranca Piemonte.
Il collegio 28, di Giaveno,
comprende invece i Comuni
di Cantalupa, Coazze, Cumiana, Frossasco, Giaveno, Piossasco, Roletto, Trana e Vaigioie.
Sulla base di questa nuova
articolazione si può affermare che il collegio 35 è fortemente caratterizzato come
valdese, rappresentando i
valdesi circa il 40% circa della popolazione. Vediamo come il collegio «valdese» ha
votato alle ultime elezioni
europee (tra parentesi il risultato delle ultime politiche
parte proporzionale): Forza
Italia 30,3% (25,9%), Pds
16,3% (16,2%), Lega Nord
16% (17,5%), Ppi 9% (12,
5%), Rifondazione comunista 6,1% (4,4%), Alleanza
nazionale 4,3% (6%) Lista
Pannella 3,6% (5,1%), Verdi 3,5% (2,2%), Patto Segni
3,2% (-), Psi-Alleanza democratica 1,9% (3,5%), Lega meridionale 1,2% (1,
7%), Rete 1% (2,6%), Lega
Lumbarda 0,9% (-), Federalismo 0,9% (2,1%), Liberali 0,7% (-), Psdi 0,7 %
(-), Pri 0,6% (-).
Ovviamente questi dati sono l’espressione di un sistema
elettorale proporzionale.
Sette giorni a Pinerolo con la Croce Verde
Conoscere i volontari
Una settimana intera (dal
27 gennaio al 5 febbraio) all’insegna della Croce Verde,
si svolgerà a Pinerolo nei
prossimi giorni; sette giorni
per conoscere più da vicino
Fattività dei volontari del
soccorso, per riflettere sul valore del volontariato, per stare
insieme contribuendo all’attività della Croce Verde che
in specifico sta puntando all’acquisto di una nuova ambulanza.
Si inizia il 27 con una cena
musicale allo Scoiattolo di
San Secondo con proventi a
favore dell’associazione; sabato 28 verrà inaugurata nella
sede in via Saluzzo una mostra di ceramiche artistiche.
Domenica 29, all’auditorium
del Liceo scientifico, ore
20.45, commedia pirandelliana «Libero sogno».
Giovedì 2 febbraio, alle
20.45, all’auditorium di corso
Piave, incontro-dibattito su
«Volontariato e solidarietà»
con la partecipazione di Luciano Dematteis, presidente
nazionale Anpa, GÌQ,vanni
Garis, presidente Avass Pinerolo e Camillo Losana, presidente del Tribunale dei minori di Torino. Il 3 febbraio,
alle 20,45, serata di canti popolari con la corale «Prompicai» presso la chiesa Madonna di Fatima e infine, alle 10
di domenica 5, inaugurazione
delle nuove ambulanze.
Un ciclo di incontri a Pinerolo
Avvicinare la Bibbia
Il direttivo del Centro sociale di via Podgora a Pinerolo organizza una serie di tre
incontri con Bruno Corsani,
già professore alla Facoltà
valdese di teologia a Roma,
sul tema: «La Bibbia ieri e
oggi». I tre incontri vogliono
essere una prima occasione
per avvicinarsi al libro, che
molti credono di conoscere,
dal punto di vi.sta scientifico e
poetico.
Per usare le parole del prof.
Corsani si vuole provare a stimolare «la ricerca che scava
nel testo biblico per trovarne i
tesori nascosti». L’invito è
dunque rivolto a tutti, credenti e non credenti; il primo incontro avrà luogo venerdì 27
gennaio, sul tema: «Come,
dove e quando è nata la Bibbia»; il secondo, venerdì 10
febbraio, avrà come tema:
«La testimonianza biblica
nelle diverse epoche» e il terzo, venerdì 24 febbraio verterà su: «Difficoltà da superare nella lettura della Bibbia».
Gli incontri si terranno alle
20,45 presso il Centro sociale
in via Podgora, angolo via
della Repubblica.
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.2CXD
e
FM 96.500
tei. 0121/91.507
14
PAG. IV
E Eoo DELLE Vai.!.! Aàldesi
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
Nelle
Chiese Valdesi
MONITORI DEL 1° CIRCUITO — Venerdì 27 gennaio, alle
' ore 20,45, nella sala Beckwith di San Giovanni, si svolgerà un
incontro dei monitori e catechisti del 1° circuito sul tema: «Il
coinvolgimento dei ragazzi nel culto».
VILLASECCA — Domenica 29 gennaio, dopo il culto ai Chiotti, si terrà l’assemblea di chiesa finanziaria di inizio anno.
PINEROLO — L’assemblea elettiva del nuovo pastore si svolgerà il 29 gennaio e sarà presieduta dalla Commissione esecutiva distrettuale. Per la validità della elezione è necessaria la ■
maggioranza dei membri elettori.
FRALI — L’assemblea di chiesa per eleggere il pastore della comunità si svolgerà domenica 29 gennaio, dopo il culto, e sarà
presieduta da alcuni membri della Ced; affinché la votazione
sia valida è necessaria la presenza della maggioranza dei
membri elettori.
ANGROGNA — Giovedì 26 gennaio, alle 20,30 al Martel, si
svolgerà una riunione quartierale curata dal gruppo giovanile,
con proiezione di diapositive. A Buonanotte la riunione sarà
martedì 31, sempre alle 20,30.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Le prossime riunioni quartierali saranno a Bricherasio, lunedì 30, e alle Vigne, martedì 31,
ambedue alle 20,30.
POMARETTO — Venerdì 27 si terrà la riunione dell’Unione
femminile a Inverso Clot.
PERRERO-MANIGLIA — L’Unione femminile si riunirà martedì 31 alle 14,30.
RORÀ — Giovedì 26 gennaio, alle 20,30, si svolgerà la riunione
alle Fucine. Venerdì 3 febbraio, alle 20,30, studio biblico alla
sala Morel.
SAN SECONDO — Le prossime riunioni saranno il 26^ gennaio
alla Lombarda e il 1° febbraio a Miradolo; inizio ore 20,30.
TORRE PELLICE — Venerdì 27 gennaio, alle 20,30, a Villa
Elisa, prende il via un ciclo di studio biblico organizzato dal
1“ circuito in particolare per quanti, delle comunità di Angrogna, Lusema San Giovanni e Torre Pellice, gravitano sulla zona Appiotti.
• Domenica 29, alle 15, riunione quartierale al Tagliaretto.
BOBBIO PELLICE — Domenica 29 gennaio il cult,o sarà condotto da un gruppo di giovani sul tema della lotta contro la
lebbra; la colletta sarà devoluta alla Missione contro la lebbra.
Interverranno i bambini della scuola domenicale, del precatechismo e del catechismo con le loro famiglie. Alle 14,30 avrà
luogo rincontro dell’Unione femminile.
• Domenica 5 febbraio, durante il culto, assemblea di chiesa
per esaminare il rendiconto finanziario e consuntivo ’94 e il
preventivo per il 1995.
• Martedì 31 gennaio si svolgerà la riunione all’Inverso.
Sport
A Pomaretto la rassegna «Musicanti»
Musica celtica
Il Caledonian Companion,
quintetto ligure, che esegue
musiche antiche di Irlanda e
Scozia, si esibirà il 28 gennaio a Pomaretto alle 21,15
nel tempio valdese, nell’ambito della rassegna «Musicanti». Fabio Rinaudo, che suona
uillean pipes, lowland small
pipe e whistles. Luca L. Pesenti, con il suo violino barocco, Simone Zangani, con
oboe barocco e flauto dolce,
Donatella Ferraris, al violoncello barocco e Elena Buttiercr, alla spinetta e arpa irlandese, sono specializzati in
musica irlandese e scozzese
del XVII e XVIIl secolo, di
sapore classico ma con evidenti ascendenze popolari, in
un’epoca in cui il confine fra
musica colta e musica tradizionale era appena tracciato.
Il Caledonian Companion offre un’occasione di conoscere
da vicino l’incrocio tra musica colta e musica tradizionale
di impronta celtica, ovvero
reels e jigs in versione da camera, musica barocca interpretata con estro e rigore filoiogico per chi ancora non conosce questo genere.
DUE STOP PER IL PINEROLO VOLLEY — Il Magic di
Pinerolo perde imbattibilità e testa della classifica in una sola
settimana nel campionato femminile di Cl. Sconfitte nel turno
infrasettimanale per 3 a 2 per opera dell’Omegna, le pinerolesi
hanno anche perso con la capolista Italbrokers a Genova per 3 a
2 dopo aver rimontato due set persi inizialmente. Sconfitta anche
per la formazione maschile che ha perso per 3 a 2 in casa con il
Mokaor Vercelli.
Netto successo del 3S Nova Siria sulla torinese Meneghetti
per 3 a 0 nella seconda divisione femminile: i parziali rendono
infatti ancor più merito della supremazia sulle avversarie (15-8;
15-8; 15-7). Questo risultato conferma l’andamento a corrente
alternata per questo campionato da parte delle ragazze di Ricca.
Bene anche il 3S Nova Siria nel volley ragazze, che ha battuto la
squadra di Cafignano fuori casa per 3 a 0. Positivo anche il risultato della squadra lusernese nel volley allievi maschile che fuori
casa ha battuto per 2 a 1 il Rivalla.
Nel torneo Baudrino si conferma in testa alla classifica la
squadra pinerolese Fabio Neruda A, vittoriosa in questa giornata
contro le avversarie di Riccio Bricherasio (attualmente ultima in
classifica). Bene anche la squadra di Barge, che vince per 3 a 0
sulle lusemesi della 3S Nova Siria, attualmente quinte in classifica, e si pone al secondo posto insieme alla formazione Bertalot
di Perosa, che ha vinto sul GS Ford Sara Porte. Vittoriosa anche
la Piscinese contro la formazione di Cavour (rispettivamente
all’ottavo e al sesto posto del torneo). Perde in casa la formazione di Bagnolo, sconfitta dalla formazione Fabio Neruda B di Pinerolo.
Nel torneo Storello sempre prima la squadra di Villar Perosa,
che ha vinto fuori casa su Arredacasa per 0 a 3; al secondo postò
del torneo si trova al momento Riccio Bricherasio, seguita dalla
squadra di Villafranca, anch’essa vittoriosa.
PINEROLO CALCIO K.O. — Sconfitta per 1 a 0 per il Pinerolo nel turno che vedeva i biancoblù in trasferta a Chatillon;
la rete realizzata all’inizio della ripresa è bastata ai valdostani
per mantenere il successo e fare un salto in avanti.in classifica.
TENNIS TAVOLO ^— La polisportiva Valpellice esce sconfitta per 5 a 1 dal confronto in D2 con il Gasp Moncalieri, un risultato un po’ severo visto il livello di gioco espresso da Battaglia, Peracchione (autore del punto) e dal 19enne esordiente
Bricco. In settimana è previsto un altro incontro casalingo per la
prima di ritorno con la Stampalia. In classifica sono al comando
le Poste Torino, Moncalieri e Stampalia con 9 punti davanti a
Valpellice 7, Moncalieri C 6, Moncalieri B 5.
PRIMA VITTORIA IN CASA PER LA PALLAMANO
LUSERNESE — Vince finalmente in casa per 28 a 18 sulla CG
Torino la squadra della 3S. Dopo i primi due punti esterni, conquistati la settimana scorsa a Bordighera, la formazione di Luserna coglie così la sua prima vittoria casalinga disputando un buon
incontro. Il primo tempo è stato difficile ed equilibrato e i torinesi della Città Giardino hanno offerto il meglio di sé. Poi è venuto
fuori il 3S, sostenuto da Paolo Giordan tra i pali e grazie alle ottime prestazioni di Enrico Comoglio, Marco Re e S. Bounous.
Un concerto dell'Unitré a Torre Pellice
Violino virtuoso
Una sonata di Bach (la n. 3
in do maggiore), tre capricci
di Paganini e una sonata di
Ysaye (la n. 4 in mi minore)
sono stati gli ingredienti di un
gustoso concerto per violino
solo dedicato da Daniele Colombo all’Università della terza età. Il giovanissimo violinista, serio e determinato, è un
interprete sensibile che sa eseguire con bravura sia il Paganini robustamente patetico, sia
le sue improvvisazioni estemporanee sotto forma di variazione. Apprezzabile anche la
scelta di Ysaye, il cui virtuosi
smo lascia spazio a melodie
cantabili e di profilo plastico,
e a un lirismo profondamente
toccante. Colombo sa fare
sussurrare lo strumento, realizza con intelligenza i coloriti
e ne padroneggia con sicurezza l’orizzonte espressivo.
L’omaggio al violinista e
compositore belga, uno dei
massimi virtuosi del suo tempo, testimonia un impegno e
un entusiasmo graditi a un
pubblico attento e preparato
come quello dell’Unitré, che
gli ha tributato applausi affettuosi e calorosi.
Pinerolo: una rassegna singolare
Musica e poesia
Risonanze europee - Musica e poesia in concerto è il titolo di una rassegna organizzata dall’Associazione culturale «Il flauto magico», che
affiancherà il testo poetico a
quello musicale, con l’intento
di avvicinare un pubblico che
potrebbe essere scoraggiato
dalla tradizionale forme di
concerto. In ognuna delle
quattro serate, che avranno
luogo presso il Teatro-incontro (via Caprini 31) il 28 gennaio, il 4, r 11 e il 18 febbraio, verranno presentati brani di autori di quattro paesi
composti fra la seconda metà
deirSOO e i giorni nostri.
Non si tratterà di semplice
contrapposizione di musica e
poesia: ogni concerto sarà at
traversato da un filo rosso costituito dalla presenza di alcuni temi fra i più significativi nella produzione artistica
di ogni paese. Per l’Italia si
farà riferimento al gusto per
il bel canto di ascendenza
operistica, in dialettica con
l’ironia e le tematiche proposte da Pirandello, Saba e
Montale; la Francia sarà
«rappresentata» àaW esprit de
finesse e la Spagna focosa di
De Falla incontrerà quella
malinconica di García Lorca.
La serata sulla Germania accosterà brani liederistici di
Richard Strauss e Gustav
Mahler ai pezzi composti da
Kurt Weill per i testi di Brecht. Per informazioni tei.
0121 -394543 o 0121 -323576.
Una mostra storica di grande interesse
Pesi e misure
Si inaugura venerdì 27
gennaio, alle 18, presso il
Museo etnografico di Pinerolo (via Brignone 3) una mostra di documenti, reperti e
curiosità sugli strumenti di
peso e di misura. L’iniziativa
è curata dal Museo della cultura contadina di Piscina e
dal gruppo ricerca, con patrocinio dell’assessorato alla
Cultura di Pinerolo e i contributi delle ditte Buroni Opessi
e Barbero bilance.
La mostra ripercorre idealmente le principali tappe
dell’evoluzione della misurazione a partire dal Medioevo.
Le misure ovviamente variavano da paese a paese, da regione a regione. La stessa «tavola», misura per superfici
agrarie, poteva corrispondere
a 10 piedi 2 once 2 punti (Torino), o 11 piedi 6 once 6 punti (Pinerolo). Una razionalizzazione si deve al duca sabaudo Carlo Emanuele 1 (1612)
che uniformò le misure usate
nei 610 comuni delle province
piemontesi.
Quelle che ne seguirono
scomparvero definitivamente
allorché nel 1859 divenne esecutivo il decreto di Carlo Alberto (1849) con cui si introduceva il sistema metrico decimale di origine francese. La
mostra è aperta in settimana
per visite guidate su richiesta
delle scuole; inoltre è aperta il
sabato (ore 15,30-18) e le domeniche fino al 19 febbraio
(ore 10,30-12 e 15.30-18).
26 gennaio, giovedì — TORRE PELLICE: Alle 15,30, per
gli incontri dell’Unitré, presso le
scuole Mauriziane si parlerà di
arte etrusca, con proiezione di
diapositive.
26 gennaio, giovedì — PINEROLO: Alle 17,30, presso la sala della società operaia in via Silvio Pellico, Alessandro Barbero
e Chiara Frugoni presentano il
loro libro: «Dizionario del Medioevo».
27 gennaio, venerdì — BINERÒ LO: Alle 21, al teatro incontro di via Caprini, si svolge la seconda serata della rassegna di video indipendenti; proiezione di
lavori di Gianluca Banchio, Giorgio Manduca e Selene Nania.
27 gennaio, venerdì — VILLAR PELLICE: Alle 21, nel
tempio valdese, l’associazione
«La gure matte» organizza un
concerto di musica irlandese con
i Wisky Trail; ingresso lire
10.000. Prevendite al Laghetto
di Bobbio Pellice, alla birreria
Cà piana di Villar Pellice, al
Caffè Londra di Torre Pellice e
presso Stranamore e Magic bus a
Pinerolo.
27 gennaio, venerdì — TORINO: Nella sala «Aldo Viglione», presso il Consiglio regionale in via Alfieri 15, si svolge un
convegno sul tema: «Idroelettrico: la difficile convivenza tra
produzione e ambiente»; l’inizio
è previsto alle 9. Interverranno
ring, idraulico M. Alberti su «I
piccoli impianti idroelettrici: opportunità economica ed energetica»; R. Gambino, docente al Politecnico di Torino, «La pianificazione territoriale e l’uso delle
acque. Il rincorrersi dei piani»; il
dott. G. Perosino: «L’attuale grado di sfriittamento delle acque: la
situazione nelle aree protette»;
ring. G. Cannata: «L’idroelettrico è davvero amico del territorio
e dell’ambiente?» e inoltre gli
assessori regionali Marengo e
Bresso sulla pianificazione e sulle proposte di normative.
28 gennaio, sabato — ANGROGNA: Alle 21,15, presso la
sala unionista, riprendono le rappresentazioni dell’ultimo lavoro
del Gruppo teatro Angrogna
«Café Liberté»; prenotazione posti presso la Libreria Claudiana
di Torre Pellice.
28 gennaio, sabato — TORRE PELLICE: Alle 14, nelle
aule del Liceo europeo di via
Beckwith I, si apre il corso di
metodologia generale per la preparazione alla prova di lingua
straniera del concorso magistrale. È possibile iscriversi fino al
giorno stesso; telefonare allo
0121-91260.
28 gennaio, sabato — PEROSA ARGENTINA: Alle
16,30, nei locali della Comunità
montana, Clara Bounous e Walter Bruno parleranno su: «Gli
insediamenti industriali in vai
Chisone».
29 gennaio, domenica — LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle
10, presso la sede Avis in via
Roma 41, si svolgerà la riunione
annuale dell’Aldo, Associazione
donatori di organi, gruppo vai
Pellice.
30 gennaio, lunedì — PINEROLO: Alle 20,45, presso 1’
«Oasi di S. Agostino» in via Ortensia di Piossasco, si svolge un
incontro di tutti coloro che hanno
contribuito al progetto della casa
di accoglienza per stranieri «Il riparo», con esame delle prospettive future del progetto.
1° febbraio, mercoledì — PINEROLO: Alle 17,30, presso la
saletta Pro Loco di palazzo Vittone, per la rassegna «Pinerolo che
scrive» verrà presentato il libro
«Intorno al pozzo» (storia di una
depressione) di Marina Dacomo.
5 febbraio, domenica — PINEROLO: Presso la Collezione
civica d’arte di palazzo Vittone,
in piazza Vittorio Veneto, si conclude la mostra di fotografie di
Domenico Doglio «Pinerolo dalla strada».
10 febbraio, venerdì —TORRE PELLICE: Alle 20,45. presso la .sede della Comunità montana vai Pellice, il gruppo di studio
Val Lucerna organizza una serata
con Gian Paolo Romagnani che
parlerà sul tema: «Eugenio di Savoia e il Piemonte».
VALU
CHISONE • GERMANASCA
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 29 GENNAIO
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58787
Fenestreiie; Farmacia Grippo
- Via Umberto I 1, tei. 83904
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde, Porte : tei. 201454
VALPELLICE
r‘
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 29 GENNAiO
Torre Peliice: Farmacia Internazionale - Via Arnaud 8,
tei. 91374
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
’ w PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
TORRE PELLICE — Il ci
nema Trento propone, giovedì e
venerdì, ore 21,15, La regina
Margot; sabato, ore 20 e 22,10,
Speed, se vai piano sei morto:
domenica ore 16, 18, 20 e 22,10
e lunedì, ore 21,15, Junior.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì
Tom e Viv; sabato. Il colore
della notte; da domenica (ore
15, 17, 19, 21) a giovedì, The
mask. Nei giorni feriali l’inizio è
alle 21.
PEROSA ARGENTINA —
Venerdì 27, alle ore 21, nella saìetta Ussl, si svolgerà la proiezione del film I misteri dei giardino di Compton House di P.
Greeneway.
Economici
PRIVATO acquista mobili
vecchi-antichi e oggetti vari. Tel
0121-40181.
PRIVATO acquisterebbe casa monofamiliare con quattro
camere, salone, cucina e servizi
in Torre Pellice o Luserna San
Giovanni. Tel. 0121-902184.
PRIVATO acquista imballatrice per fienagione, adatta a zone montane. Tel. 0336-799654.
VENDO BMV 520 i 24 v
catalizzata, 1991. grigio metallizzato, tetto èlettrico, fendinebbia, braccioli anteriori, cerchi in
lega con Michelin 225-60 nuovi,
impianto stereo originale à 6 altoparlanti, km 49.000, senza
condizionatore, solo contanti £
23.500.000 non fatturabile; tei.
011-933246.
VINO BAROLO da collezione, annate 1947-57-64-68 in bottiglie normali, anfore in terracotta decorate, bottiglie dal collo
lungo alte un metro, totale circa
60(1 pezzi, vendo in blocco al
miglior offerente; tei. 011933246.
L'Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Via Repubblica, 6 - 10066
Torre Pellice (TO)
tel/fax 0121/932166
Sped, in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovi
Una copia L. 2.000
15
venerdì 27 GENNAIO 1995
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
‘ ..........................
K.
Considerazioni sulla morte di Nana Amma, venuta dal Ghana
Emigrazione: la seconda schiavitù
VIVIAN WIWOLOKU
Quali sono i peccati degli
immigrati? Prima di rispondere a questa domanda
(anche per capire da dove
scaturisce una domanda del
genere) bisogna sapere chi
' sono gli imrhigrati e per quale motivo sono venuti in Itaha e come si trovano nella situazione attuale.
Molti immigrati che vivono
■ in Italia provengono da paesi
non industrializzati, quelli
che il mondo occidentale
chiama Terzo Mondo. Non è
difficile conoscere gli immigrati che vivono in Italia: si
incontrano di solito in strada,
. dove fanno i venditori ambulanti, o in casa, dove lavorano
come collaboratori/trici familiari; altri prestano la loro
opera in campagna. C’è da tenere presente che molti di
questi immigrati lavorano in
nero e sono sprovvisti dei diritti di cittadinanza e, ancora,
che esiste un grande numero
di irregolari e disoccupati:
comunque non è piacevole
vedere un essere umano che
lavora e contribuisce all’economia di questo paese ma vive senza diritti.
L’accoglienza certamente
non è delle migliori: siccome
molti di loro abitano in case
diroccate o abbandonate, insieme a topi o scarafaggi,
spesso vanno incontro ad una
morte precoce. Un esempio
molto vicino a noi è la morte
di Nana Amma, una giovane
ganaense sposata e con tre figli: era venuta in Italia con
l’unico scopo di lavorare e
mandare un po’ di soldi a casa
per la famiglia. Nel suo pae.se,
a causa della situazione economica disastrosa, aveva un
guadagno inadeguato; cercava
■ un altro mondo dove potesse
vivere meglio e progettare un
futuro promettente per i suoi
Immigrati alla stazione Termini di Roma
figli; aveva preso dimora nel
centro storico di Palermo, come tanti immigrati, che vivono in case pericolanti e spesso
senza servizi igienici e non è
raro il caso che subiscano furti in strada e nelle case.
Bisogna dire che l’integrazione nella città avviene soltanto a livello commerciale;
in più chi abita in questi quartieri non è mai al sicuro e gli
potrebbe accadere quello che
è successo a Nana Amma. Un
po’ di vento e di pioggia in
più hanno fatto crollare la sua
casa e ne hanno provocato la
morte mentre dormiva. Adesso cosa possiamo fare? Bisogna cogliere l’opportunità per
rendere agibile il centro storico; gli immigrati fanno parte
delle nostre città e dovrebbero avere pari dignità e diritti
mentre l’affitto molto alto degli appartamenti ne rende difficile l’accesso a chi non ha
molti soldi.
In sostanza come possiamo
definire questa nostra situazione di immigrati? Possiamo
dire che è una seconda schiavitù da parte dell’Occidente o
un atteggiamento ostile verso
il diverso? Comunque sia il
governo italiano dovrebbe capire che siamo di fronte a un
grande problema, che merita
una particolare attenzione: è
necessaria una buona decisione. Gli immigrati fanno ormai
parte di questo paese e si tratta di un fenomeno da prendere sul serio, perché non è
temporaneo; molti di noi hanno già figli che vanno a scuola insieme agli italiani.
Tutti questi problemi .reclamano una nuova legge al
più presto possibile; sono
convinto che la Costituzione
italiana vuole la parità fra tutti, compresi gli immigrati.
Finché ci saranno disuguaglianze di diritti nel mondo,
ci sarà sempre chi sarà costretto ad emigrare dove possa vivere. In considerazione
di questa realtà nessuno di
noi può tirarsi indietro, poiché ci sono storie che ci acco
munano.
La crisi dei Cantieri partenopei richiede la nostra solidarietà
Resistere un minuto di più
MIMMO GUARAGNA
Frequentavo l'Università a
Roma, era il '68; sulla Tiburtina c’era una tipografia
occupata, se ricordo bene si
chiamava Apollon. Lottavano
contro i licenziamenti, piantavano tende nel centro della
città per informare la gente;
mi è rimasto impresso uno
slogan: Resistere un minuto
più del padrone. Lo stesso
slogan me lo ritrovo dopo tanti anni, e dopo tante disillusioni, sul volantino dei Cantieri
navali partenopei in questo rigido inverno che segna il passaggio dal ’94 al ’95.
Resistere un minuto in più
del padrone non è una lirica,
anzi è una frase banale; non
entrerà nei testi della letteratura ma. certamente è patrimonio della storia del nostro
paese, come del movimento
intemazionale dei lavoratori,
se assumiamo il dramma e le
sofferenze di quanti, anonimi.
sono passati e passano su
questa terra.
C’è una sfida da lanciare
alla politica e alla scienza
economica: far diventare ogni
numero e ogni cifra un volto
e un nome. Che chiuda un
piccolo cantiere nella più generale crisi portuale, come
fatto in sé non fa notizia. Che
70 famiglie vengano abbandonate a se stesse non può
però lasciarci indifferenti: i
70 licenziati allora diventano
uomini, ognuno con la propria storia, con le loro mogli
e figli. Tutte queste persone
hanno trascorso Natale e Capodanno nel cantiere occupato; forse i dolci della festa
non sono riusciti a far andare
via Tamaro in bocca.
Possiamo tralasciare di raccontare tutte le vicende della
cantieristica e del porto di
Napoli, sono facili da immaginare: decenni che hanno visto bande di speculatori e di
affaristi saccheggiare tutto
À.:.4,
mm
Possiamo aiutare questa resistenza: non sono in discu.ssione soltanto 70 famiglie,
ma la possibilità che rinasca
la speranza per tutti noi una
città come Napoli afflitta da
tanti guai dove però ancona esiste gente che non piega
la testa. Inviare un po’ di danaro e un fax di solidarietà
è molto importante: quanto
coraggio può dare ogni voce
che dice «non siete soli»! Per
contribuire alla sottoscrizione è stato aperto un conto
corrente: c/c n.27/2475 presso il Banco di Napoli, agenzia 16 di Napoli, intestato ai
Cantieri navali partenopei
Provitola Girolamo. Per i fax
il numero è 081-554331, ma
possono anche essere indirizzati alla redazione di Napoli
di «Riforma» (081-291175).
ciò che era possibile; c’era
tanta ruggine dappertutto, è
entrata anche nelle coscienze. È una morte annunciata
che lentamente e inesorabilmente divora tutto ma qualcuno non ha accettato inesorabilmente questa condanna:
gli operai dei Cantieri partenopei per anni hanno reagito,
hanno lottato.
Nella loro sala mensa si è
costituito il coordinamento di
tutti i lavoratori del porto,
nelle loro riunioni è stata elaborata una piattaforma che
con molto realismo e con
molta lungimiranza propone
uno sviluppo del porto in tutte le sue potenzialità e nel rispetto delTambiente.
Per questi motivi le lettere
di licenziamento assumono
un significato di vendetta:
l’obiettivo è punire chi si oppone alle bande di speculatori. Soltanto così si spiega il rifiuto del padrone a ogni trattativa, il respingere la mediazione del prefetto, il non utilizzo della cassa integrazione,
il mancato pagamento dei salari arretrati.
Resistere un minuto in più
del padrone non è soltanto
uno slogan, significa costruire un movimento di solidarietà che impegni le autorità
portuali a revocare la concessione a uno pseudoimprenditore cinico e irresponsabile:
significa lanciare un segnale
che il porto può rinascere e
che può ritornare il lavoro.
Anche i cittadini possono fare molto per i problemi energetici
Sviluppiamo le fonti rinnovabili
ROBERTO PEYROT
I recenti articoli di Giorgio
Peyronel hanno riproposto
alla nostra riflessione il tema
dell’energia di origine nucleare e i grossi problemi ad
essa legati. Problemi che già
in passato sono stati oggetto
di ampio dibattito sulla nostra
stampa e in alcuni Sinodi.
Per completare le informazioni fornite, si può ancora
aggiungere che, dopo la decisione della società americana
Tennessee "Valley Authority
di riconvertire a gas o a carbone le ultime tre centrali nucleari in costruzione, non vi
sono più in opera altre centrali di questo tipo negli Stati
Uniti d’America.
Per quanto riguarda la situazione in Italia, il referendum del dicembre 1987 fissò
una moratoria di cinque anni
(scaduta quindi a fine 1992)
per tale forma di energia. Si
sa che TAnsaldo sta sviluppando nuovi tipi di reattori a
«sicurezza intrinseca» (costruiti cioè in modo tale che il
rischio di un tragico incidente
tipo Cemobil venga escluso)
senza peraltro tener conto dei
pericoli collegati alla produzione di combustibile nucleare, dello stoccaggio delle scorie che restano radioattive per
secoli, infine dello smantellamento delle centrali stesse
che abbiano terminato il ciclo
di funzionamento. Si tratta di
problemi ancor oggi in gran
parte irrisolti e la cui soluzione richiede dei costi che seppellirebbero definitivamente
il mito della convenienza
economica di questa fonte di
energia.
Quali sono le prospettive in
Italia, al di là del nucleare?
Come è noto, questo paese è
fortemente dipendente dall’estero per la produzione e
l’acquisto di energia. Praticamente l’Italia dispone di due
.sole fonti energetiche: quella
idroelettrica (che non arriva
al 10% del fabbisogno) e
quella geotermica (che copre
appena Tl%): tuttavia si tratta di due fonti che, secondo
gli esperti, potrebbero dare
assai di più.
Per quanto riguarda quella
idroelettrica, uno studio dell’
Istituto di idraulica del Politecnico di Torino documenta
che si potrebbe ottenere un
notevole incremento solo con
il recupero di impianti fuori
uso e nuove centraline, pur
avendo il massimo rispetto
per l’ambiente. Anche l’energia geotermica (quella cioè
contenuta nella crosta terrestre sotto forma di calore) appare trascurata: secondo il
presidente dei geologi italiani, il nostro paese è imo dei
maggiori del mondo per il potenziale geotermico, eppure
ben poco si è fatto.
Fra le fonti cosiddette «rinnovabili» (e cioè sempre disponibili in abbondanza) vi è
quella del sole. A parte i pannelli solari che scaldano l’acqua per uso domestico, la
successiva scoperta delle celle fotovoltaiche al silicio, che
hanno la caratteristica di trasformare direttamente il calore solare in elettricità, è ben
lungi dal dare quei risultati
che ci si attendeva. I progressi sono molto lenti e vien da
pensare che se scienziati e
tecnici avessero potuto negli
scorsi anni privilegiare queste
ricerche, magari a scapito di
quelle belliche, oggi saremmo giunti a risultati ben più
concreti.
In questo campo l’Italia detiene un primato: l’Enel ha
costruito a Serre, in provincia
di Salerno, la più grande centrale elettrica del mondo alimentata con energia solare,
che peraltro può solo coprire
le necessità di una piccola
città di 10.000 abitanti. I costi
sono per ora molto elevati,
così come gli spazi occupati,
ma c’è da augurarsi che le cose possano cambiare in un futuro il più vicino possibile,
anche in relazione al fatto che
si tratta di un’energia non inquinante.
Un’altra fontè rinnovabile
è l’idrogeno: esso può essere
ottenuto dall’acqua, altamente disponibile e totalmente
antinquinante. Il problema
sta però sia nell’energia necessaria a scindere l’acqua in
idrogeno e ossigeno che nelle
costosissime strutture necessarie per il .suo immagazzinamento.
Certo, come cittadini non
possiamo fare molto per risolvere questi problemi, se
non premere sui governi e
sulla grande industria. Qualcosa di più possiamo fare come singoli fmitori controllando sistematicamente le nostre
azioni giornaliere, orientandole verso un costume di vita
il più sobrio possibile nei nostri consumi (auto, elettrodomestici, luce, riscaldamento,
ecc.). Ne potrà guadagnare il
nostro bilancio familiare, ma
soprattutto ci sensibilizzeremo di più nei confronti di una
politica di risparmio, e di una
responsabile conservazione
dell’energia, pensando a chi
verrà dopo di noi.
SEÏÏIMANA DELLA LIBERTA
17 FEBBRAIO 1995
Lavoro e dignità umano
In occasione della Settimana della libertà dedicata al tema del lavoro, la Federazione delle chiese evangeliche in
Italia mette a disposizione i seguenti materiali:
- un manifesto a due colori dal titolo «Lavoro e dignità
umana» nella dimensione 70x 100 con uno spazio libero per
eventuale soprastampa. Il manifesto non è datato e quindi
può essere utilizzato in qualsiasi momento. Costo: 1.000 lire per ordinativi sino a 50 copie; 700 lire per ordinativi più
consistenti;
- un dossier sul tema lavoro e dignità umana con interventi di Giuseppe Platone, Daniele Garrone, Fulvio Ferrano, Doriana Giudici e una selezione di articoli sul tema.
Costo del dossier: lire 4.000;
- una videocassetta con la registrazione di una puntata
di «Protestantesimo» (Raidue) sul tema del lavoro con interventi di Gianni Rostan, Doriana Giudici, Valdo Spini,
Mara Gasbarrone, Marco Sartori;
- una lista di relatori disponibili a partecipare a incontri
sul tema.
11 materiale può essere ordinato presso la redazione di
«Confronti» (tei. 06-48903241, fax 06-4827901).
Sul secolare albero
della stampa protestante in ItaUa
è spuntata la terza foglia di RIFORMA
Perché possa irrobustirsi ha bisogno del vostro
contributo di idee e scritti
e anche dei vostri
abbonamenti.
Buon anno!
Tariffe e condizioni a pagina 1 ì
16
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
I protestanti, la società italiana e il «Decennio di solidarietà)
Etica e condizione femminile
DORIANA GIUDICI
La recente assemblea della
Federazione delle chiese
evangeliche ha sottolineato
con forza la necessità di lanciare una grande campagna
per «resistere», in un’epoca
che, se è di grandi trasformazioni, è anche di confusione e
di ricerca. L’economia affronta una fase «epocale» di ristrutturazioni e riconversioni;
la politica ha perso i connotati di scontro frontale fra due
opzioni di società possibili; i
comportamenti sociali subiscono mutamenti strutturali
profondi ma, soprattutto, si
pone nel nostro paese, come
nodo fondamentale per una
crescita della democrazia, la
questione etica.
Tangentopoli ha permesso,
a tutti, di capire quanta corruzione e quanto stravolgimento delle regole democratiche
avessero ormai intaccato, a
tutti i livelli, la nostra società.
Per i protestanti, contribuire a
«ricostruire» un tessuto sociale, sano e democratico, significa riproporre alcuni nostri
valori fondamentali, all’interno del dibattito e del confronto, ancora aperto, sul futuro
politico oltre che economicosociale del nostro paese.
1 problemi scottanti sono
purtroppo molti ma qui vorrei
soffermarmi sul «nodo» della
condizione femminile; un
«nodo» che sempre più si palesa come fondamentale, per
diverse ipotesi di fuoriuscita
dalla crisi che ci attanaglia.
Soprattutto quella etica. A
nessuno sfugge che di questi
tempi, spesso «sbandierando»
la modernizzazione, si propongono invece vecchi modelli, sia di organizzazione
produttiva che sociale, in cui
il ruolo della donna assume
un valore decisivo; inoltre, le
difficoltà della spesa pubblica
inducono oggi molti a «sognare» un ritorno delle donne
a funzioni gratuite di servizio
sociale e quindi al ruolo tradizionale di subalterne.
Credo quindi doveroso, come protestanti, uscire allo
scoperto e, attraverso un’iniziativa pubblica, sensibilizzare gli organi di stampa, i
partiti, le istituzioni sulle occasioni nuove e importanti
che le donne italiane, acculturate, professionaliz^te e preparate oggi possono offrire
per migliorare la qualità di vita di tutti, oltre che per introdurre nuove mentalità e
nuove forme di democrazia,
nello stanco mondo della politica. Innanzitutto occorrerebbe rendere «quotidianamente» concrete e credibili
alcune conquiste degli ultimi
quarant’anni di vita democratica: da quelle civili (nuovo
diritto di famiglia, maternità
responsabile, tutela della maternità, congedo parentale); a
quelle economico-sociali (parità di salario, promozione
dell’imprenditoria femminile,
pari opportunità nella formazione e sul lavoro).
Mi è sembrato invece di cogliere, nella vita delle nostre
chiese (e quindi sulla stampa
protestante), un eccesso di focalizzazione sulle questioni
più strettamente connesse
all’ambito ecclesiastico-teologico (il dibattito sul nome
di «pastora», la teologia femminista ecc.); ma, nella vita
di tutti i giorni, a fronte di
una dominante cultura «misogina», come si distingue «il»
o «la» credente protestante?
Nelle famiglie protestanti esiste davvero un’educazione
paritaria fra figlio e figlia? Vi
è fra i coniugi protestanti una
condivisione di compiti e doveri verso i più deboli del nucleo familiare (bambini, anziani, invalidi) in modo da
permettere una partecipazione paritaria della donna alla
vita sociale e del mondo del
lavoro esterno alla famiglia?
Non dimentichiamo che
due appuntamenti ci attendono: la conclusione del «Decennio» sulla condizione della donna nella chiesa, lanciato
dal Consiglio ecumenico delle chiese, e l’appuntamento
della IV Conferenza dell’Onu
a Pechino sulla donna, a cui
anche i rappresentanti delle
chiese dovranno dare un loro
contributo. Francamente non
so se una realtà così importante (il protestantesimo italiano, che da sempre deve fare i conti con la predominanza della cultura cattolica) sia
abbastanza attenta ai bisogni
e alle richieste, oggi avanzate
dalle donne italiane, di maggior partecipazione e valorizzazione; e nello stesso tempo
abbastanza curiosa di capire
cosa stia avvenendo negli altri paesi europei ed extraeuropei rispetto al ruolo della
donna nella società.
Una cosa è certa: nessuna
soluzione sarà capace di rendere migliore la vita di tutti
se, sui temi oggi cruciali legati alla dignità della donna,
si continuerà a pensare il
mondo diviso, da una parte i
forti, di sesso maschile, a cui
spetta un ruolo «trainante»
nella società, e dall’altra le
deboli a cui occorre riservare
una funzione di «supporto»
silenziosa e remissiva. Ricordiamoci che parlare della
condizione delle donne significa parlare della condizione
degli uomini e del loro essere
rinchiusi a loro volta in un
ruolo altrettanto obbligato e
tradizionale. Non a caso il
Consiglio ecumenico delle
chiese ha promosso il «Decennio»; perché per poter
cambiare il mondo la chiesa
deve prima di tutto cambiare
se stessa. «Chiesa» non significa liturgia, apparato ecclesiastico, modalità di culto ma
vuol dire soprattutto gli uomini e le donne che incarnano
ogni giorno la realtà della
chiesa nella società.
Se torniamo alle nostre radici, cioè alla Bibbia, notiamo
che la subalternità femminile
ha la connotazione negativa
della punizione collegata alla
narrazione della cacciata
dall’Eden: «Lui dominerà su
di te», Gen. 3, 16; ma la donna, come l’uomo, è stata creata come immagine di Dio e
non vi è dubbio che, secondo
il racconto della Genesi (1,
27-31), seppure differenziandoli sessualmente, si indica
una perfetta uguaglianza e
identica dignità fra uomo e
donna. Sia la donna che l’uomo devono soggiogare la terra
e dominare gli animali: la differenza sessuale è motivata
solo dalla necessità (allora,
all’inizio della creazione,
quando il mondo era «vuoto»)
di essere fecondi, di moltiplicarsi e di «riempire» la terra.
Quindi la venuta e l’annuncio
di Gesù Cristo hanno, col
nuovo patto, anche l’obiettivo
di ricreare quel rapporto tra
uomo e donna che esisteva
nei disegni di Dio, all’inizio
della creazione.
L’ordine delle cose, governato dall’amore di Dio, è stato sovvertito dal peccato dell’uomo e quindi la subalternità della donna non è la
volontà di Dio. Anzi, proprio
sulla Bibbia (Gen. 2) il racconto deH’origine della donna
ha uno spazio e una rilevanza
notevole; è l’apice della creazione; l’uomo da solo è
incompleto: la donna rappresenta l’aiuto a lui corrispondente. La donna perfeziona
l’uomo e lo completa: è un
rapporto paritario, quello che
si evince dalla Bibbia. Tutto
quello che viene in seguito è
solo un prodotto dell’allontanamento da Dio.
Oggi una delle testimonianze più urgenti e chiare che le
donne si aspettano dalle
comunità dei credenti all’alba
del 3° millennio, è proprio
questa: essere riconosciute, a
tutti i livelli e in ogni sede,
come creature fatte a immagine e somiglianza di Dio,
al pari dell’uomo: «resi.stenza», oggi, per il mondo protestante, dovrebbe anche significare testimoniare tutto ciò.
L'ultimo romanzo ciel Premio Nobel Claude Simon
La «fatica» di scrivere e leggere
contro l'orrore della guerra
ALBERTO CORSAMI
Si dice comunemente che
un libro di valore ripaghi
il lettore della fatica che vi ha
dedicato. È questo il caso delr ultimo romanzo di Claude
Simon*, classe 1913, francese nato in Madagascar, fatto
prigioniero in guerra nel 1940
dopo aver militato nel ’36
con i repubblicani in Spagna.
Come i lavori precedenti anche L’acacia è un libro sulla
guerra, ma la sua caratteristica è di essere un libro contro
la guerra senza gli orpelli retorici dell’antimilitarismo a
tutti i costi e di maniera, senza appelli moralistici e senza
richiami a un «dover essere».
L’acacia per la verità compare solo nell’ultima pagina
del libro; è l’albero che il protagonista vede dalla finestra
allorché si accinge alla scrittura delle proprie memorie di
guerra, della prigionia, della
fuga, del fango e della desolazione. La sua avventura si era
dipanata attraverso vari capitoli, saltando a un’epoca all’
altra (tra il 1880 e il 1940) riguardanti diverse fasi della
vita: perché c’è un ricorso nel
romanzo di Simon, quello
della guerra in cui (nel primo
conflitto mondiale) morì il
padre. E il libro si apre, infatti, con il protagonista bambino, condotto dalla madre e
dalle cognate di lei alla ricerca della tomba del padre.
L’apertura stessa del volume, su questa immagine, dà
la misura del lavorio di Simon: «Andavano da un paese all’altro, e in ciascuno (o
almeno in ciò che ne restava)
da una casa all’altra, a volte
in un cascinale in aperta
campagna che qualcuno aveva loro indicato e che esse
raggiungevano storcendosi
le caviglie per sentieri dissestati...». Dalla prima pagina
dunque ci si trova immersi in
una scrittura che è ardua, non
criptica ma complessa sì, con
periodi sapientemente lunghi
articolati in una serie di subordinazioni che pare infinita, inframmezzati da parentesi che si incastrano l’una all’altra: parrebbe un’altissima
prova di un esercizio di stile,
la conferma stucchevole di
una pratica letteraria manieristica (come è stata quella del
nouveau roman) che prenda
il sopravvento sulla materia.
Invece in questo autore
spesso ignorato dalla nostra
critica (ha ricevuto il Nobel
nell’86, ma non essendo né
perseguitato politico né esponente di una minoranza socia
le né dissidente in esilio non
ha fatto notizia) all’estrema
raffinatezza formale corrisponde l’esattezza dell’invenzione: il lavoro della scrittura,
che nella sua fisicità sembra
farsi proprio pratica e stile di
vita, esprime in tutta la sua
materialità la resistenza dell’
uomo (e della donna, anzi
delle donne, quelle sorelle,
zie, ragazze d’altri tempi) di
fronte alla volontà di morte e
all’assurdo della guerra.
Gli esempi potrebbero essere numerosi. Come questo:
«Per un attimo ci furono soltanto degli ordini brevi, dei
richiami, poi si udì il frastuono dei portelloni che .scorrevano, poi le grida e i richiami
degli uomini curvi sotto il peso dei tavoloni della rampa,
poi una dopo l’altra si videro
le sagome fantastiche e nitrenti dei cavalli profdarsi un
de nella trappola della banalizzazione psicologistica
quando lavora sui personaggi,
e guarda alla Joro intimità
(fatta di azioni e reazioni) lasciando appena intuire l’interiorità, nel fluire epico delle
frasi che ricordano le volute
di una costruzione barocca.
Il lessico asseconda l’operazione, mantenendo un tono
contenuto e misurato, che non
eccede neanche di fronte al
dramma: così è per i soldati
feriti nelle ultime pagine o per
lo sferragliare delle tradotte
{«...nello stesso momento,
rombavano sui ponti, s’infilavano nelle gallerie, superavano fiumi, fischiavano lúgubremente, ansimavano attraverso
le pianure di un continente
sfregiato di cicatrici, cucito e
ricucito alla bell’e meglio come alla bell ’e meglio si ricuce
la pancia o il pettorale dei ca
Claude Simon
istante in nero, in controluce
sullo sfondo .scintillante della
pioggia attorno a un fanale,
dapprima resistere, tirare la
briglia in senso opposto,
inarcarsi sul treno posteriore, poi slanciarsi di colpo,
precipitandosi al gran trotto
giù per il piano inclinato nel
rapido tambureggiare degli
zoccoli sulla rampa, circondati per un attimo da pennelli
luminosi che giravano come i
raggi di una ruota, poi nuovamente inghiottiti dall’oscurità» (pp 179-180).
Attento alla fenomenologia
dei particolari (come si proponeva la scuola francese degli anni ’50-60) quando si
tratta di descrivere azioni o
fatti materiali, Simon non ca
valli .straziati dalle corna del
toro per mandarglieli nuovamente contro...», p. 142).
11 lettore si trova di fronte a
un compito arduo: non deve
perdere di vista la gerarchia
delle frasi e dei verbi, deve
memorizzare soggetti e predicati, deve ricongiungere nomi
e aggettivi, ricondurre le descrizioni ai personaggi che vi
si muovono; ma è fatica ben
ricompensata dalla ricchezza
delle riflessioni che ne seguono. La razionalità della scrittura smonta l’irrazionale della
guerra, il miracolo dell'arte
svela le nefandezze che l’uomo non cessa di ripetere.
(*) Claude Simon, L’acacia.
Torino, Einaudi, 1994, pp 292. £
38.000.
SCHEDA
* w-^
Simon e il «nouveau roman»
Claude Simon ha fatto riferimento con Michel Butor,
Nathalie Sarraute, Robert
Pinget, Claude Ollier e Jean
Ricardou alla scuola del
nouveau roman costituitasi
in Francia negli anni ’50 intorno alla figura guida di
Alain Robbe-Grillet. Caratteristica principale di questa
tendenza letteraria è la progressiva riduzione degli elementi narrativi: le vicende
sono de-drammatizzate, i
personaggi sono osservati in
maniera fredda e distaccata,
il più possibile oggettiva:
scriveva Robbe-Grillet che
«il romanzo di personaggi
appartiene in tutto e per tutto al passato, caratterizza
l’epoca che segnò l’apogeo
dell’individuo» {Pour un
nouveau roman, 1963) mentre Ormai, proseguiva lo
scrittore, gli individui sono
ridotti a matricole; inoltre
sull’impianto narrativo prevale la pratica ossessiva della descrizione e dell’iterazione: pagine intere e anche
capitoli vengono dedicati a
ripercorrere fatti minimi con
piccole variazioni.
Primi romanzi di RobbeGrillet, a cui si può far risalire la nascita del movimento,
sono Le gomme (1953) e La
gelosia (1956). Non mancano testi scritti per il cinema
(Robbe-Grillet ha firmato la
sceneggiatura deìVAnno
scorso a Marienbad cd è
egli stesso regista) e di critica letteraria (celebri i Répertoires di Michel Butor).
I libri di Claude Simon
(specialmente quelli della
maturità e degli ultimi anni)
assumono via via una forma
più personale e introducono
le tematiche della Storia: ricordiamo La strada delle
Fiandre (1962), Il Pai ace
(1962), La battaglia di Parsalo (1969). I suoi libri sono
pubblicanti da Einaudi.
17
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
PAG. 9 RIFORMA
Una felice trasposizione cinematografica del dramma di Cechov
Zio Vanja affascina il pubblico anche
sulla scena della Quarantaduesima strada
______RENZO TURINETTO_______
Se un lavoro di teatro lo
vedi a teatro, potrà piacerti o no, ma ti sembra di
poter prendere parte anche tu
a quello che succede sul palcoscenico, tu e gli attori siete
lì a poca distanza. Il teatro è
essenzialmente parola, e tutto
ciò che c’è intorno potrebbe
anche non esserci (come accade ascoltando la radio), tavoli, sedie, suppellettili, fondali, perfino i costumi sono
poco o nulla nel cospetto della parola, servono per gli oc
, U regista Louis Malie
chi, Tambientazione eccetera, ma quando c’è la parola
hai tutto, il resto puoi immaginarlo, è la parola che fa attore o guitto.
Portare in film un lavoro di
teatro (o un libro) è rischioso
e spesso «un’altra cosa», non
importa se migliore o peggiore. Vanya sulla 42a strada'
mette sullo schermo uno fra i
drammi maggiori di Anton
Cechov (ma lui preferiva
chiamarle commedie), Zio
Vanja- e ha come sottotitolo
Scene di vita campestre, ma
c’è poco di bucolico e molto
di grigio nello scorrere immobile del tempo dove le esistenze si sfibrano e consumano nel senso angoscioso
deH’inutilità.
Questo è il colore dato alla
trama da otto personaggi:
l’unico contrasto satirico è il
professore in pensione tronfio, ampolloso e mediocre come i suoi studi. Vedovo, si è
risposato con Elena, una donna bella di soli 27 anni; con
lei toma nella casa di campagna di proprietà della prima
moglie. Qui vivono la figlia
Sonja, il cognato Vanja, la
suocera, la vecchia balia e un
paio di aiutanti. Quasi un inquilino è anche il medico del
Alla Pontificia Università lateranense
I filosofi e la vita
«Forse non abbiamo ancora
- sufficientemente compreso la
luce nuova che ci può offrire
il tema della vita. Perciò è bene rileggere il passato per
contribuire a progettare il futuro». Con questa proposta il
cardinale Camillo Ruini ha
aperto il Colloquio internazionale di filosofia sul tema
della vita in corso in questi
giorni alla Pontificia Università lateranense.
^11 cardinale ha proseguito:
«Certo, l’emergenza vita si
impone più che mai alla nostra attenzione. Non si tratta
solo della sua realtà biologica ma anche di una realtà che
coinvolge tutto l’essere umano, quindi antropologica e
perciò biografica, morale,
metafisica e, infine, teologica». Richiamando un pensiero del filosofo spagnolo
(1883-1955), secondo il quale jl concetto di vita non può
Spiegarsi senza riferirsi a
Dio, il card. Ruini ha sottolineato che «l’essenziale per la
filosofia contemporanea e
per noi è che a un Dio artigiano, che si sforza di realizzare un’opera a partire da una
materia preesistente e secondo il modello delle idee, sia
sostituita una potenza infinita
di generazione, un’energia
agente per essenza.
Proprio a questo punto l’ernteneutica di oggi può incontrare San Tommaso, per il
quale Dio crea dal nulla e
Agisce in ogni cosa a partire
^ustamente dalla sua potenza
Infinita, che non si distingue
dall’atto della sua vita ma invece in esso si fonda». Concludendo Ruini ha sottolineato che la Rivelazione aggiunge, a questa impostazione, il
modo «sublime di autocomunicarsi della vita divina che
ha origine dalla sua potenza
generativa».
Nel successivo sviluppo del
colloquio i vari studiosi, riferendosi ai filosofi della classicità greca, del Medioevo e
della modernità, hanno proposto la «vita» quale concetto
di una «realtà radicale», che
si rapporta sempre a se stessa,
e che è riconoscibile solo nel
suo farsi concreto. Liberandolo, tramite verifica e analisi
del vissuto quotidiano, dai limiti della materialità, il «vivente» si apre così a una
realtà di un altro ordine: morale, estetico, teoretico. La ragione diviene in questo modo
interprete critica delle manifestazioni di vita che si incontrano: un discorso filosofico
del vivente è dunque possibile. «Un’analisi attenta di che
cosa è la vita dei viventi - ha
aggiunto mons. Georges M.
Cottier, teologo della Casa
pontificia - permette di evidenziare la realizzazione superiore della vita che è la vita
spirituale. La considerazione,
poi, dell’attività del pensare e
del volere, come perfezioni
del soggetto pensante, analogicamente pennette di parlare
in senso proprio della vita di
Dio. Si capisce così il senso
dell’attributo biblico di Dio:
“vivente”». (sir)
I vostri acquisti, per gli abbonamenti al periodici evangelici
Librerie CLAUDIANA
'SFILANO:
■ via Francesco Sforza, 12/A
)lel. 02/76021518
ItORRE PELLICE:
t piazza della Libertà, 7;
|tel.0121/91422
TORINO:
via Principe Tommaso, 1 ;
tei. 011/6692458
ROMA:
Libreria di cultura religiosa
piazza Cavour, 32;
tei. 06/3225493
Anton Cechov (1860-1904)
villaggio. 'Sonja è innamorata
di lui ma lui è più innamorato
della vodka e poi di Elena.
Anche Vanja si innamora di
Elena, ma lei preferisce l’innocua ottusità dell’attempato
marito. Vanja, solerte amministratore della tenuta, capisce
di colpo che nella vita il lavoro non è niente se non c’è anche l’amore e compie un gesto inconsulto, spara due colpi
di pistola al professore ma lo
manca. Marito e moglie se ne
vanno, nella casa di campagna si ricomincia daccapo, la
terra, le scartoffie contabili, il
samovar, forse la vodka.
Il film si attiene all’atmosfera cechoviana, in forza
della versione di David Mamet (di cui si possono ricordare Le cose cambiano e
Americani), della produzione
teatrale di André Gregory e
della regia cinematografica di
Louis Malie. Gli attori indossano abiti qualunque, che ci
rendono familiari alcuni emblematici passaggi di Cechov: Quelli che vivranno
dopo di noi ci ricorderanno?
e Gli uomini no, ma Dio ci
ricorderà. Oppure: Quando
c ’è una vera vita non bisogna
accontentarsi di un miraggio
e Io non sono soddisfatto della vita; è per questo che si diventa acidi. E soprattutto la
chiusura: Sentiremo cantare
gli angeli, vedremo il cielo
costellato di diamanti, vedremo come tutto il male della
terra e tutte le nostre sofferenze annegheranno nella
misericordia che riempirà di
sé tutto il mondo.
(1) Vanya sulla 42a strada.
Regia di Louis Malie, Francia,
1994.
(2) Per ragioni di pronuncia
inglese legata anche agli interpreti, il Vanya del titolo del film
compare con la y, men’tre il
dramma originale prevede la j.
CENTRO CULTURALE VALDESE
MARCO ROSTAN
Da due anni, avvalendosi di un insegnante distaccato dal ministero della
Pubblica istruzione per
svolgere progetti rivolti alle
scuole del territorio, il Centro culturale ha avviato un
programma di corsi di aggiornamento nei confronti
degli insegnanti. Un corso
triennale di storia e cultura
locale, progettato da JeanLouis Sappé e proseguito da
chi scrive, è giunto al secondo anno per le maestre e
i maestri delle valli Chisone
e Germanasca e al terzo anno per i loro colleghi della
vai Pellice.
Nel mese di ottobre, a
Villar Perosa, con la collaborazione di Grado Merlo,
Giorgio Peyrot, Claudio
Pasquet, Raimondo Genre,
Daniele Tron, Gian Paolo
Romagnani e Lorenzo Tibaldo, si sono ripercorse le
vicende salienti della storia
valdese nella valle, dal
1300 al 1800, con la costante e interessata partecipazione di oltre 40 insegnanti.
A Torre Pellice, in novembre, si è svolta la prima
parte del corso dedicato al
’900, con lezioni di Daniele Baridon, Giorgio Peyrot,
Jean-Louis Sappé, e Gabriella Ballesio; la seconda
parte si svolgerà in aprile
con lezioni di Giorgio Rochat (sul fascismo), di Mirella Bein (sulla Resistenza), di Clara Bounous (vaidesi e fabbrica), di Lorenzo
Tibaldo (dopoguerra, ricostruzione, sindacato), di
Bruna Peyrot (memoria
della storia).
Nel prossimo febbraio, in
Corsi per
insegnanti
collaborazione con la scuola
media di Luserna San Giovanni, il Centro culturale
organizza un ciclo di lezioni
aperto a insegnanti, genitori
e studenti che si presenta
quanto mai attuale rispetto
alle vicende politiche di
questi giorni: si tratta di un
ciclo intitolato «Rileggere
la Costituzione» che, partendo dalla Costituente,
passerà in rassegna quanto è
successo fino a oggi dal
punto di vista dei principi
costituzionali e delle istituzioni, esaminerà la situazione attuale e si concluderà
con due dibattiti, uno su federalismo e centralismo,
l’altro su scuola pubblica e
scuola privata.
Parleranno Gianni Oliva,
Giorgio Peyrot e Elvio Passone, Alfonso Di Giovine,
Rinaldo Bontempi e Lucio
Malan, don Vittorio Morero
e Maurizio Girolami. L’appuntamento è per i lunedì di
febbraio all’auditorium di
Luserna San Giovanni, ore
20,30. Ancora di storia valdese, e per la prima volta,
pare, nelle scuole di Pinerolo, si parlerà in marzo, con
4 incontri organizzati fra
Centro culturale e alcuni
presidi e lezioni di Giorgio
Tourn (lunedì alle 16,45
presso la scuola media Brignone).
Attraverso queste iniziative il contributo che il Centro culturale può portare,
soprattutto sul piano storico, si inserisce organicamente neH’aggiornamento
annuale degli insegnanti:
un fatto senz’altro positivo,
visto anche il pluralismo
confessionale degli stessi
docenti e degli alunni nelle
scuole del territorio.
La biblioteca di Sarajevo prima della guerra
Li]
Viaggio nella Sarajevo ferita
Di Sarajevo («il palazzo», per dirla alla turca) abbiamo visto
molte tragiche immagini (telegiornali, foto, morti, palazzi sventrati, armi) e sulla Sarajevo assediata esiste ormai un’ampia letteratura fatta di reportages, inchieste, denunce. Il libro di Alda
Radaelli invece* parte da Sarajevo quale era prima, dalla sua
cultura (che era enorme), da ciò che ha rappresentato nei secoli
la sua funzione nei confronti dell’Europa intera. E anche le foto
sono foto «di prima»: dalla storica biblioteca (oggi distrutta) ai
luoghi delle religioni, alle testimonianze del passato. Per questo
le immagini sono tristi, più tristi di quelle dei combattimenti:
sono l’espressione di ciò che una città avrebbe potuto continuare a essere e che non è più, a causa delle tensioni che covavano
e a cau.sa, forse, dell’indifferenza e dell’inadeguatezza del
mondo e delle sue istituzioni. L’autrice, membro di un’associazione di ambito educativo che lavora in progetti di prevenzione
del disagio, ha affrontato direttamente sul campo il problema
guerra, ih azioni di volontariato, di soccorso e nell’ascolto di
testimonianze, e ci rende in queste pagine sofferte, strabilianti
per il numero di suggestioni che la storia della città può offrire,
un ritratto della vita che ne scompare. Gli interlocutori sono
uomini di lettere ma anche uomini e donne senza particolari caratteristiche: a una parte storica di ricostruzione della cultura
della tolleranza che era propria della Bosnia segue un vero e
proprio diario, a tratti inevitabilmente drammatico. Il tono è
forzatamente incalzante e lascia poco spazio all’ottimismo; le
testimonianze dirette riportate al termine poi, specialmente
quelle dei bambini, sono immediate e cpinvolgenti. L’autrice
denota una profonda conoscenza della città, nonostante citi un
proverbio ebraico secondo il quale il viaggiatore in luoghi sconosciuti, fermandosi un giorno scrive un libro, una settimana
scrive degli articoli e standoci un mese non scrive più.
(*) Ai.dà Radaelli: Sarajevo, la dimensione del sogno. Bergamo,
Ferrari editrice, 1994, pp 157, £ 20.(K)0.
La vita di Henrik Ibsen
Di fronte al nome di Henrik Ibsen (1828-1906), il più importante drammaturgo norvegese, l’autore di Casa di bambola e
Spettri, di L'anitra selvatica e di Hedda Gabler di solito ci si
pone in atteggiamento di deferenza. Ibsen fu un drammaturgo
che seppe introdurre nel teatro gli aspetti più sofferti dell’interiorità soprattutto femminile secondo quella visione «ravvicinata» e sofferta che è tipica delle letterature nordiche. Senza nulla
togliere al carisma dell’autore (che tanto ha influenzato, per
esempio, Ingmar Bergman, grande uomo di teatro oltre che di
cinema), la pubblicazione di un’ampia scelta delle sue lettere
per opera dell’editrice Iperborea* apre una finestra sulla sua vita privata, sulle sue contraddizioni, le sue passioni e le piccole
e grandi meschinità che alle volte si accompagnano alle esistenze dei personaggi creativi e geniali. Ne risulta un quadro
preciso sugli ideali morali dello scrittore, ma anche la distanza
che separa questi ultimi dai suoi comportamenti; fra gli altri
ambienti rivivono anche, nelle sue descrizioni, la pittoresca Roma papalina, l’Italia e la Germania del Risorgimento (erano
quelli gli anni dell’esilio volontario dell’autore) e una Scandinavia lacerata da feroci polemiche di ordine culturale e sociale.
Una sorta di «autobiografia inconscia», che parte dalle condizioni materiali (dalla povertà alla fama) e dalle battaglie sociali
(tra le altre quella, quanto mai attuale, per un’istruzione completamente laica).
Vale la pena segnalare che proprio in queste settimane
alTeditrice Iperborea, specializzata nella pubblicazione di autori scandinavi (a noi vicini per la cultura protestante che li permea) è stato conferito dal ministero per i Beni culturali e ambientali il Premio nazionale per la traduzione in riferimento
all’attività complessiva della casa.
(*) Henrik Ibsen: Vita dalie lettere. Scelta, traduzione dal norvegese e cura di Franco Perrelli. Milano, Iperborea, 1995, pp 192, £ 24.000.
18
PAG. 10 RIFORMA
Agenda
ASTI — Nel quadro dell’iniziativa «scuola
biblica ecumenica» il pastore valdese Fulvio Ferrario tiene la lezione su «Amos»: alle ore 21, all’Auditorium del Centro giovani in via Goltieri 3/a.
CHIAVARI — Si riunisce il Collettivo
teologico ligure sulla cristologia; argomento di studio «Chi è costui?». Introduzione
di Giacomo Quartino, studio biblico, cena
in comune, formulazione di un credo. La
riunione prosegue il giorno dopo (29 gerinaio) a Rapallo con il culto, il pranzo in comune e un dibattito sul tema cristologico tra i pastori Erika Toinassone
e Fulvio Ferrario. Per informazioni e prenotazioni per le
due agapi tei. 0185-321762 (Franco Scaramuccia).
MELANO — Si tiene l’assemblea congiunta delle chiese battiste, metodiste e valdesi
della città; all’ordine del giorno la valutazione delle attività del ’94 e la programmazione di quelle del ’95: 15,30, presso la
chiesa valdese di Via Francesco Sforza 12/a.
TORINO — «Voto donna. Analisi e riflessioni a 50 anni dal voto» è il tema del convegno a cui partecipano Chiara Saraceno,
Anna Bravo, Laura Mariani, Paola di Cori,
Bianca Guidetti Serra, Anna Rossi Doria,
Dianella Gagliani, Nadia Spano, Maria Rovero. Maria Eletta Martini: dalle ore 9 alle ore 18 a Palazzo Lascaris, via Alfieri 15. Organizza il Consiglio regionale del Piemonte; per informazioni tei. 011-5757352.
MODENA — Il Centro studi religiosi della
Fondazione San Carlo organizza una conferenza di Piero Stefani sul tema «Il Padre
Nostro: le parole di Gesù e le parole dei
credenti»: ore 17,30, in via San Carlo 5.
Informazioni 059-222315.
TORINO — Si tiene il dibattito su «Radici
e destino della democrazia europea». Intervengono Giulio Giorello, Mario Miegge,
Massimo Salvadori, introduce Elena Bein
Ricco: ore 15,15, nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele II, 23. Organizza il
Centro evangelico di cultura tel.Ol 1-6692838.
MILANO — Nel quadro del ciclo di incontri del Centro
culturale protestante di Milano sul tema «Protestantesimo
e sette», il past. Giorgio Toum parla sul tema «La chiesa e
la setta»: ore 17 presso la sala attigua alla libreria Claudiana in via F. Sforza 12/a. Informazioni tei. 02-76021518.
PAVIA — Nel quadro del corso «1 valdesi
da movimento pauperistico medioevale a
chiesa riformata di frontiera» dell’Unitré il
past. Antonio Adamo tiene la lezione su «1
valdesi dal ghetto alpino all’emancipazione»: ore 17,30, presso la Camera di commercio in via Mentana 27.
ASTI — Nel quadro della «scuola biblica
ecumenica» il pastore Holger Banse, della
Chiesa protestante di Milano, tiene la lezione su «Osea»: alle ore 21, all’Auditorium del Centro giovani in via Goltieri 3/a.
MODENA — Viene inaugurato, con la
partecipazione del pastore Claudio H. Martelli, presidente dell’Opcemi, il nuovo locale di culto della chiesa metodista:ore 10,
in via Gherardi 25.
ROMA — Si tiene l’annuale incontro di
Sophia. Quest’anno è in collaborazione
con le teologhe cattoliche dell’Afert (Associazione donne europee della ricerca
teologica). Il tema affrontato è «Il nostro
pensare teologico: quali simbolismi»: dalle
10 alle 17 presso Usmi, via Zanardelli 32. Informazioni
tei. 0121-807514 0 0323-402653
SANTA SEVERA — Inizia il corso di aggiornamento per pastore e diacone delle
chiese battiste, metodiste e valdesi. Nella
prima giornata relazione di Adriana Pagnotti Gavina e Lidia Maggi su «Le relazioni fra donne tra miserabilismo e superbia»
Nella seconda giornata (22 febbraio) lettura e discussione
del testo di Luce Irigaray «Essere due», ed. Bollati Boringhieri, 1994 in particolare pag. 98-107.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica
mattina alle 7,30 sul primo programma radiofonico della Rai. Domenica 29 gennaio:
predicazione del pastore Domenico Tomasetto, presidente della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia; inoltre notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e
commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva
realizzata dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne da Raidue alle 23,30 circa e, in
replica, il lunedì della settimana seguente
alle 8,30. Domenica 29 gennaio: trasmissione dedicata alla Settimana per l’unità dei cristiani.
Vita Quotidiana
SCIENZA
Che cosa succede
quando sì congela l'embrione
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
Mentre in Italia si discute
animatamente del caso di Elisabetta, la bambina nata da
un ovulo fecondato e congelato e poi impiantato nella
zia, in Usa sulla prestigiosa
Proceeding of National Academy of Sciences* è stata
pubblicato uno studio di nove
ricercatori francesi della Facoltà di medicina di Parigi
guidati dai proff. Maurice
Auroux e Emmanuel Dulioust, che evidenzia i rischi del
congelamento degli embrioni.
La conservazione di embrioni per la procreazione assistita è una pratica medica
che si è sviluppata in questi
ultimi dieci anni. La possibilità di ottenere molti più embrioni all’esterno delle tube
femminili di quanti possano
essere impiantati nell’utero,
ha indotto i medici a conservarli per ulteriori tentativi di
procreazione. Questi embrioni
vengono conservati a -193° C.
nell’azoto liquido. Poi vengono scongelati e impiantati. Si
calcola che nel mondo vi siano alcune centinaia di migliaia di embrioni così conservati. Non tutti gli embrioni
possono venire impiantati in
quanto in moltissimi casi dopo lo scongelamento l’embrione non riprende il processo di divisione cellulare.
I proff. Maurice Auroux e
Emmanuel Dulioust hanno
voluto però studiare gli effetti
a lungo termine del congelamento degli embrioni. Utilizzando femmine di topo come
cavie hanno analizzato in parallelo gli effetti della procreazione assistita utilizzando
embrioni congelati ed embrioni non congelati.
Si sono così studiati le caratteristiche morfologiche e i
comportamenti dei topi nati
nei due gruppi. Hanno riscontrato attraverso l’esame delle
mandibole che i topi «congelati» presentavano segni di
possibili mutazioni genetiche
rispetto a quelli non congelati. Anche rispetto al «peso i
congelati presentavano una
peso superiore alla norma.
Rispetto al comportamento
Le conseguenze
del congelamento
^ ^ O C2>
02> Q2>
Congelazione
nell’azoto liquido
a-193°C
Accoppiamento
naturale
La lemmina
viene sacrificata
Una decina
di embrioni
sono ricuperati
Q> ^ ^ 05
^ © 05 Q5 G5
Scongelamento
Gli embrioni scongelati
sono impiantati nelle tube
della «cavia portatrice»
Gli embrioni ricuperati
sono impiantati nelle tube
della «cavia portatrice»
Le piccole cavie
sono sottoposte
a test morfologici e psicomotori
PRO
Lo studio riguarda il congelamento degli embrioni delle cavie ottenuti attraverso la fecondazione «in vivo» (accoppiamento naturale) e
prelevati dalle tube delle femmine sacrificate. Dopo essere stati conservati per 15 giorni, gii embrioni sopravvissuti aiio scongelamento
sono impiantati in «cavie portatrici»
(prova di Krushinsky, consistente nella misura del tempo
impiegato a ritrovare una tazza di latte zuccherato) i congelati erano più lenti.
«Sulla base delle nostre ricerche - affermano i ricercatori deirUniversità parigina non possiamo chiedere il divieto del congelamento degli
embrioni. Tuttavia riteniamo
che bisogna essere molto prudenti prima di consigliare la
procreazione assistita con
embrioni congelati. In effetti
la ricerca in materia è solo
agli inizi ed è solo dal 1980
che si è iniziata la pratica sulla specie umana ma si calcola
che in questi 15 anni almeno
2.000 bambini sono nati nel
mondo, grazie a embrioni
congelati.
(*) «Long terme effects of
embryo freezing in mice», in
Proceeding of National Academy of Sciences, voi. 92, n.
2, pag. 589-593.
---■.rrr-
La Banca d'Italia autorizza l'apertura di una banca «no profit»
A Padova la prima «banca etica»
ANTONELLA VISINTIN
Dopo anni di contrattazioni, finalmente la Banca
d’Italia ha acconsentito all’apertura di una «banca etica» (in quanto «non profit»:
gli utili non vengono distribuiti fra gli azionisti ma reinvestiti), come già esiste in
molti paesi europei. Venerdì
16 dicembre si è, perciò, costituita a Verona l’associazione «Verso la banca etica»
con l’obiettivo di aggregare il
maggior numero di soggetti
del cosiddetto «terzo settore»
(il volontariato sociale e là
cooperazione). Ad oggi ne
fanno parte 20 realtà fra cui
alcune cooperative finanziarie del circuito MutuaAutoGestione (Mag), con 15 anni
di esperienza alle spalle,
l’Arci, le Adi, la Caritas,
l’Agesci, Mani Tese e l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica.
In un secondo tempo, previsto nel corso del 1995, gli
aderenti all’Associazione costituiranno una Cooperativa
per raccogliere i 5 miliardi
necessari per dar vita alla
banca e, una volta trovati, essa stessa si trasformerà in
«Banca». Sarà un Istituto di
credito cooperativo, con sede
a Padova, il cui unico servizio previsto è il libretto di risparmio su cui registrare tutti
i movimenti di denaro. Gli
elementi caratterizzanti questa banca saranno sostanzialmente quegli stessi che oggi
identificano le Mag. Pertanto
la banca etica erogherà prestiti solo a progetti di cooperative e associazioni italiane che
intervengono in modo non
speculativo nei settori della
solidarietà sociale, dell’ambientalismo e del sostegno ai
paesi del sud del mondo.
I clienti avranno la garanzia
di una gestione trasparente del
risparmio in modo da poter
controllare l’utilizzo del proprio denaro. 1 soci fondatori
siederanno in un Consiglio
d’amministrazione allargato e
verrà creato un Comitato etico
il cui compito sarà di controllare la coerenza delle proposte. Si tratta di un evento di
grande importanza perché
darà visibilità a questa esperienza, darà forse maggiore
credibilità presso quanti ritengono che il compito della banca sia quello di far fruttare i
propri risparmi, e quindi maggiore possibilità di crescere.
Ai lettori evangelici ricordo che fra le promotrici di
omologhe iniziative nei paesi
protestanti vi sono singole
chiese e organismi ecclesiastici, non credo solo perché
consistenti numericamente.
Forse è tempo di avviare una
riflessione teologica ed etica
sui temi del lavoro e dell’
economia a partire da fatti
esterni come questo sulla scia
del documento di studio del
Consiglio ecumenico delle
chiese «Fede cristiana ed
economia mondiale oggi» del
1992 pubblicato come inserto
di «Riforma» (Testi & Documenti) nel numero 42 del 4
novembre 1994.
Per maggiori informazioni e
per aderire all'iniziativa rivolgersi a: Ctm Mag, Piazzetta
Forzatè 1 - 35137 Padova,
telefono 049-651865, fax
049-8755714.
Benzina Shell?
No, grazie!
Tavo Burat, presidente del
Consiglio della Chiesa valdese di Biella, insieme a due
suoi colleghi consiglieri comunali, appresa la notizia dai
giornali che gli Ogon, una
delle 250 etnie della Nigeria
sono vittime di un genocidio
a causa della presenza sul territorio da loro abitato di petrolio, propone di non acquistare più benzina Shell. Il generale Abacha, capo della
giunta militare nigeriana, ha
venduto alla Shell il terreno,
pieno di petrolio, degli Ogon.
Per liberare il terreno è iniziata una «pulizia etnica» contro
gli Ogon, che è già costata
1.800 morti. Lo scrittore nigeriano Saro-Wiwa ha denunciato sul Guardian che i generali hanno ottenuto dalla
Shell bustarelle per l’operazione «pulizia». Per questo
Burat invita a non consumare
benzina Shell.
Manifestazione
anti razzista
«Una democrazia che esclude è una democrazia dimezzata, una società che
esclude si condanna alla barbarie. Prima che sia troppo
tardi, sentiamo la necessità di
rilanciare una forte iniziativa,
capace di legare la battaglia
culturale contro il razzismo
all’impegno per una giusta
politica deH’immigrazione».
Sono le parole che concludono l’appello con cui i sindacati confederali, le associazioni del volontariato laico e
religioso, le comunità dei migranti, hanno indetto per il
prossimo 25 febbraio, a Roma, una manifestazione nazionale «contro Fesclusione e
il razzismo, per la pari dignità
e la certezza dei diritti di cittadinanza».
L’appuntamento romano
sarà l’approdo di un percorso
di iniziative, incontri, assemblee nei luoghi di lavoro e di
studio, nelle chiese, nei centri
sociali e culturali, leso a mettere in luce il tessuto di convivenza umana, creativa e solidale, che in questi anni si è
diffuso e radicato. Una manifestazione, spiega l'appello,
«che sia anche festa multicolore di popolo, immagini di
solidarietà e speranze di futuro, e che veda protagonisti lavoratrici e lavoratori italiani e
stranieri, immigrati cd emigranti, rifugiati e prolughi,
giovani, anziani, studenti, il
mondo della solidarietà e le
amministrazioni locali».
Un milione di lavoratori,
studenti, cittadini stranieri già
oggi sono parte della nostra
società che, prosegue l'appello, «sono persone, titolari di
diritti sociali universali come
l’assistenza sanitaria, Tistruzione, il ricongiungimento familiare, l’alloggio; sono lavoratori, e in quanto tali debbono emergere dalla Clandestinità, ottenere regolari documenti di soggiorno, avere
possibilità di movimento se
stagionali; sono cittadini e
dunque vanno tutelati da discriminazioni e violenze, e
debbono poter esercitare i diritti riservati a ogni cittadino,
compreso quello di elettorato
attivo e passivo nelle elezioni
amministrative».
L’immigrazione è ricchezza, cultura, scambio e ha bisogno di una politica di ni'
gressi legali e di ordinata
convivenza. Il vero problema
è il razzismo, l’intolleranza, il
rifiuto della diversità, lo
sfruttamento del lavoro nero.
Fra le adesioni quelle di Cgil;
Cisl, Uil e dei rappresentanti
degli immigrati, si segnalano
quelle di Arci, Adi,' «Nero £
non solo» Uisp, Ucsei e della.
Federazione delle chiese
evangeliche.
19
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
ITA
^ A \Vv><'.
L'ecumenismo
frenato
La settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani è imminente. 1 programmi sono
ormai da tempo varati e tutti
si attendono un passo in avanti da parte delle singole
confessioni verso l’unità voluta da Cristo. Ma accanto a
chi è impegnato alla realizzazione di questo progetto, altri
sembra stiano cercando con
ogni mezzo di frenare ogni
movimento positivo verso
l’unità in Gesù Cristo per riproporre la vera e unica strada che vogliono: un incondizionato ritorno di tutti a Roma, con inviti espliciti e non.
Su «Famiglia cristiana» n.
2/1995, a pag. 17, il teologo
Severino Dianich, conosciuto
anche in campo ecumenico,
alla domanda di un lettore
che gli chiede: «Come mai,
quando si parla di formazione del clero, non vengono
mai citati I Timoteo 3, 1-13,
Tito 1, 5-9, in cui sono elencate le 15 qualità che dovrebbero possedere preti, vescovi e diaconi, tra cui spicca la fedeltà coniugale? Dimenticanza o rimozione?»,
aiziché rispondere correttamente circa i testi biblici che
riguardano esclusivamente
reiezione dei vescovi (o anziani), lascia il suo interlocutore allo status quo, parlando
esclusivamente di preti.
E interessante un passaggio
di Dianich: «Non è che l’elenco in questione debba ritenersi superato, ma neanche che
debba costituire Tunica norma da applicare, anche se la
¡separazione dei futuri pastori della Chiesa deve essere
condotta in maniera coerente
con quanto dettato dal Nuovo
Testamento».
Sino a quando si continuerà
ascrivere chiesa con la C
maiuscola e si faranno discorsi contorti per dire tutto e il
contrario di tutto, l'ecumenismo non farà un solo passo
avanti, ma soprattutto il popolo cattolico continuerà a
essere lasciato in balia del cosiddetto magistero, al cui vo
lere sono costretti anche teologi e biblisti, dimentichi che,
al credente, è stato scritto
dall’apostolo Paolo; «Cristo
ci ha liberati perché fossimo
liberi: siate dunque saldi...»
(Calati 5).
Giovanni L. Giudici
Mestre
Carlo
Schüpbach
Era sulla soglia de suoi 100
anni Carlo Schüpbach quando, lo scorso 22 novembre,
chiuse gli occhi a questa vita
terrena ed è nell’antica parola
dei Canti dei pellegrinaggi
(riportata nella partecipazione
di morte): «Io alzo gli occhi
ai monti. Da dove mi verrà
l’aiuto?» (salmo 121, 1) che...
troviamo la chiave di lettura
della sua lunga vita di fedeltà
e di testimonianza cristiana.
Per la sua vitalità sembrava
che volesse prolungare oltre
ogni limite il suo pellegrinaggio. Durante i suoi sempre
nuovi viaggi e soggiorni in
Sicilia e a Palermo, ove ci dava una preziosa collaborazione nel nostro lavoro, ci lasciava sempre un bell’esempio di quella spiritualità che è
risultato di disciplina e perseveranza, sullo schema di «Un
giorno, una parola», a cui noi
abbiamo sempre tanta difficoltà ad assuefarci.
Aveva un grande amore
per i fanciulli siciliani da noi
assistiti: Cortile Cascino,
Borgo vecchio. Noce, Sferracavallo, Villaggio Speranza
di Vita (Tp). Oltre il suo contributo personale, Carlo Schupbach aveva stabilito una
catena di rapporti con amici
svizzeri che sostenevano la
nostra opera con assidue, regolari offerte. Quelli che ora
non sono più fanciulli lo ricordano con riconoscenza;
quanto a noi, per il tempo che
egli è vissuto, ci è stato sempre caro attualizzare per lui la
bella espressione elogiativa
(che è anche una esortazione)
che Paolo usa in Fil. 2, 29:
«Abbiate stima di uomini cosiffatti». Così vogliamo ricordarlo.
Pietro Valdo Panasela
Palermo
Riforma
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via Repubblica, 6- 10066 Torre Pellice-tel.efax 0121/932166
DWETTORE: Giorgio Gardioi
VICEDIRETTORI; Luciano Deodato, Emmanueie Paschetto
BEDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Luciano
Cirica, Alberto Coreani, Avernino Di Croce, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo,
Maurizio Girolami, Anna Mattel, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca
Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Gian Paolo Ricco, Giancarlo
Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Piewaldo Rostan,
Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bruno Rostagno
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia
ABBONAMENTI: Daniela Actis
FOTOCOMPOSIZIONE; Aec s.r.l. Mondovì - lei. 0174/551919
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174/42590
EDITORE; Edizioni Protestanti s.r.l. - via Pio V, 15 bis - 10125 Torino
ITALIA
ABBONAMENT11995
■ordinario
•ridotto
■oostenitore
•Minestrale
ESTERO
95.000
80.000
150.000
48.000
- ordinario
- via aerea
- sostenitore
- semestraie
140.000
170.000
£ 200.000
•oumulativo Riforma + Confronti £ 135.000 {so\o Italia)
•una copia £2.000
£ 75.000
^ibbonarsi: versare l'importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni Prosanti 8.r.i., via Pio V15 bis, 10125 Torino.
m setdmanaìe unHtirta con L’Eco {ktlkt valli vaiami:
ttonpuòesaarevamiMmamimmmm -j
^rWa Inserzioni pubbiicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000
^•J^ipazioni: millimefro/colonna £ 1.800
®*®nomici: a parola £ 1.000
è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
^r^nnaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
""Orananza in data 5 marzo 1993.
jAjWro 3 del 20 gennaio 1995 è stato consegnato per l’inoltro postale airufficio CMP
™ *ia Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledì 18 gennaio 1995.
PAG. 1 1
RIFORMA
SPIGOLATURE Di STORIA
Evangelici i fratelli Bandiera
PAOLO SANFILIPPO
SU «Il Pensiero mazziniano», periodico trimestrale dell’Associazione mazziniana italiana, nel n. 3 del
1994, è stato pubblicato un
articolo commemorativo della morte dei fratelli Bandiera
avvenuta 150 anni orsono.
L’articolista è il prof, universitario Arturo Colombo,
mazziniano ben noto: la
morte dei fratelli Bandiera
avvenne per esecuzione di
condanna emessa dalla Corte
di giustizia borbonica di Cosenza. La fucilazione si svolse il 25 luglio 1844 nel Vallone di Rovito. Insieme ad
Emilio e Attilio Bandiera furono uccisi altri 7 compagni.
I 9 patrioti, partiti da Corfú,
erano sbarcati sulle coste calabresi per suscitare l’affermazione dell’unità d’Italia.
epistolare tra lui e i suoi discepoli che poi divennero
martiri della «Giovine Italia».
In occasione del ceritenario
di questa patriottica impresa
le poste della Repubblica sociale italiana emisero tre
francobolli, di colore e valori
differenti, con Eimmagine
dei due fratelli Bandiera su
un ramo di alloro. Esemplari
di questa emissione sono stati inclusi nella raccolta tematica filatelica «Storia del protestantesimo nel mondo narrata con francobolli», realizzata dallo scrivente.
Giuseppe Mazzini pubblicò nel 1843, a Parigi, un
volume intitolato «Ricordi
dei fratelli Bandiera e dei loro compagni» e aggiunse documenti della corrispondenza
Ecco il perché di questa
inclusione: 1) I fratelli Bandiera, prima di compiere il
viaggio da Corfú alla Calabria, parteciparono al culto
evangelico tenuto dall’ex
prete Giacinto Achilli che
era passato all’attività evangelistica. I Bandiera lasciarono al pastore Achilli gli oggetti personali che non potevano portare nel loro viaggio. 2) Giuseppe Mazzini,
nel suo scritto sull’impresa
dei fratelli Bandiera, ricorda
Il francobollo commemorativo
della Repubblica sociale italiana dei 1944
che nella fase dell’esecuzione della condanna a morte, i
nostri due eroi respinsero il
prete che si era accostato a
loro per confessarli: motivarono il rifiuto con la dichiarazione della loro accettazione dei principi proclamati
nell’Evangelo.
Dépliant
non gradito
Sono uno, tra molti, che fino all’ultimo dissero no all’
accordo fiscale tra le chiese
valdesi e metodiste e lo stato.
Mi riferisco all’otto per mille
e alla defi.scalizzazione. Battuto nel round, non nel match,
mi sono subito chiesto come
salvaguardare il mio punto di
vista, etico e politico, che in
sintesi recita: «Ogni attività
delle nostre chiese deve essere unicamente e spontaneamente finanziata da coloro
che in esse si riconoscono».
Pertanto, se oggi la legge
mi consente di risparmiare il
27% su una delle imposte Irpef, io posso destinare questa
fetta alla chiesa j: o al centro
z. E talmente elementare, solare, singolarmente incline
all’altruismo che innumerevoli fratelli metodisti e valde
si avranno ragionato come
me. Non ritengo di essere un
protestante sui generis, con
perspicacia contributiva peculiare, anche se frequento da
decenni i computer, per il
mio mestiere di fisico.
Eppure no. Succede che
qualcosa (mia gratuita, ignobile supposizione) invita le
chiese a erigersi matres et
magistrae, per insegnare a
noi, popolo incolto, che il
prezioso 27% dedotto dal fisco può essere versato nelle
offerte. Penso a Max Weber,
vergognandomi dell’improprio e provocatorio richiamo.
L’arco è ampio e spazia da un
algido accenno, al termine del
culto di Natale al quale partecipavo fino a una circolare
comunitaria della scorsa estate, nella quale le prospettive
di reinvestimento erano tal
mente precisate da rivaleggiare don i dépliant di una banca
0 compagnia di assicurazioni.
Mi riferisco a due chiese dei
circuiti a Nord della «linea
gotica».
Il monaco agostiniano di
Eisleben perse la pazienza
(anche) per le bustarelle pro
indulgenze. Cerchiamo di
non irritarci se qualche fratello viene a ricordarci quanto
già sappiamo, noi, pavidi,
contraddittori, uomini incapaci eppure chiamati a testimoniare il comune Evangelo di
Cristo; già sappiamo che persino o almeno il 27% può alimentare le nostre chiese.
Se poi qualcuno lo destina
aH’effimero o all’essenziale
per i figli, sarà affar suo, sul
quale nessuno deve sindacare, neppure i ficcanasi della
Cei, tuttora muti.
Danilo Venturi - Bologna
Capitalismo
avanzato
A pag. 4 del n. 49 del 23
dicembre scorso ho letto con
molto interesse l’articolo di
Ferruccio Jarach «La partecipazione e il karaoke», che potrei pure sottoscrivere previo
chiarimento su un^ pensiero
che non capisco. È là dove
l’autore dice: «Questo paradosso [di comunicazione unidirezionale] si verifica nella
maggior parte dei paesi del
capitalismo avanzato, anche
.se forse non si esprime con la
volgare arroganza di questi
giorni italiani».
Quello che non capisco, e
che desidererei mi fosse spiegato, anche per evitare il deprecato fenomeno di comunicazione unilaterale, è se il paradosso è esclusivo «dei paesi
clic di prima pagina
Mai più
«Il lavoro rende liberi»: la macabra
scritta all’ingrèsso dei lager (nella foto
di c. Zibecchi) appare come un’ulteriore testimonianza della follia e della
disumanità della pratica dello sterminio. Cinquanf anni fa, il 27 gennaio
1945, le truppe dell’Armata rossa entravano a Auschwitz e liberavano i superstiti. Oggi il dovere di non dimenticare è un imperativo per tutti, un monito per evitare che ciò accada ancora.
del capitalismo» più o meno
avanzato, o non è piuttosto a
diffusione così generale da
fare a meno della specificazione «del capitalismo».
Franco A. Bono
CoUe di Compito (Lu)
Guido
Colonna
Guido Roberto Colonna Romano, figura significativa della presenza valdese nel Veneziano, era come noto un ottimo predicatore. Nel 1992, già
indebolito dalla lunga malattia, mi chiese esplicitamente
di poter predicare il Giovedì
Santo. Io avevo letto qualche
predicazione, ma certamente
non avevo udito Guido predicare, essendo giunto a Venezia nel 1991 quando già le sue
condizioni erano precarie.
In quel sermone intitolato
«La solitudine di Gesù» e basato sul testo di Marco 14,
50, il fratello Colonna sottolineò questa solitudine profonda di Gesù: Gesù, di fronte
alla morte, che viene lasciato
solo. E nella predicazione di
Guido Colonna, che univa alla passione teologica ed esegetica un’acuta preparazione
di tipo filosofico, questa solitudine diventa la solitudine
del rabbi, del maestro Gesù di
fronte a Dio, ed è la solitudine con la quale siamo introdotti nella comunione con
Dio tramite Gesù Cristo.
Ecco quale è stata la teologia, la predicazione evangelica di Guido Colonna Romano, anche nel momento della
solitudine e nella prova, e di
questo credo si possa testimoniare. Molti pensano che la
predicazione sia legata al pulpito: in realtà si predica quando si incontrano le persone;
anche gli amici don Visentin,
vicario patriarcale, e il pastore Renzo Bertalot negli incontri che hanno avuto con
Guido Colonna hanno sempre
avuto questa sensazione: un
uomo solo ma inserito
profondamente nella comunione con Gesù.
D’altronde nel 1944, prigioniero in Germania, aveva imparato a proprie spese che cosa significava la fedeltà
all’Evangelo: incaricato dalle
truppe tedesche di tenere agli
ufficiali italiani lezione di filosofia, parlando di Hegel, di
fronte anche a un tenente co
lonnello delle Ss, non ebbe
esitazione a ricordare non solo
che Hegel in gioventù era stato un vicario in prova, un candidato in teologia della Chiesa
evangelica tedesca, ma ben
sei mesi prima di morire si dichiarò evangelico luterano.
E anche quando nel 1964
Guido Colonna Romano fu il
primo degli evangelici «laici» a partecipare alla sessione
del Sae, ebbe la possibilità di
testimoniare la fede evangelica. Ecco perché la dipartita
del nostro fratello, per quanto
lasci nel dolore la sorella, la
moglie, le figlie e la comunità di Venezia, è una dipartita che può essere inquadrata
nella speranza di Ebrei 11,4:
«Per fede Abele offerse a Dio
un sacrificio più eccellente di
quello di Caino; per mezzo
d’essa gli fu resa testimonianza ch’egli era giusto,
quando Dio attestò di gradire
le sue offerte; e per mezzo
d’essa, benché morto, egli
parla ancora».
Eugenio Stretti - Venezia
Grazie
Sono più d’una le occasioni
nelle quali si vorrebbe esprimere consenso a qualcuno
per un suo gesto o una frase,
una conversazione, uno studio, una predicazione, un articolo di giornale, un libro o
quant’altro. Spesso’manca la
capacità, la voglia, il tempo
oppure ci sono altri freni.
Con il minimo di parole stavolta ringrazio Fulvio Ferrario per «Camminare nelle tenebre» (Riforma, 6 gennaio)
e Marco Rostan per «Non fa
notizia» (L’Eco, 13 gennaio).
Potevo dirlo in privato, invece desidero dirlo pubblicamente e, oltre a loro, dirlo a
chi da tempo mi aiuta in modi
diversi a coltivare un determinato senso dell’esistenza.
Renzo Turinetto - Torino
Il Presidente, la Commissione
direttiva, i Direttori amministrativi
e sanitario e il personale tutto dell'Ospedale evangelico valdese di
Torino prendono parte al dolore
del Direttore amministrativo rag.
Silvio Tourn per la scomparsa
della mamma, signora
Alice Peyrot
Torino, 4 gennaio 1995
Il giorno 18 gennaio 1995, nel
suo 95® anno di età, ha terminato
la sua esistenza terrena la professoressa
Elena Billour
La comunità dell'Asilo valdese
lo comunica a quanti la conobbero ed ebbero con lei rapporti di
stima e di affetto.
Luserna San Giovanni
20 gennaio 1995
« Grande è l'annuncio
dell'Evangelo:
“ Cristo è la primizia di quelli
che dormono, il primogenito
dei morti. Egli ci rende partecipi
della sua vittoria sulla morte”»
1 Corinzi 15, 20
Redattori, collaboratori e tipografi sono vicini alla famiglia dei
pastori Sergio e Massimo Aquilante in occasione della perdita di
Maria Domenica Seta
rispettivamente loro mamma e
nonna.
Torino, 27 gennaio 1995
Redattori, collaboratori e tipografi sono vicini alla famiglia del
pastore Claudio H. Martelli in occasione della perdita della mamma
Pierina Pacioni
e ricordano che «Dio consola quel
li che sono afflitti (Salmo 61,3).
Torino, 27 gennaio 1995
.JL
20
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 27 GENNAIO 1995
Dal 6 al 12 marzo si svolgerà a Copenaghen il vertice Onu sullo sviluppo sociale
Povertà, disoccupazione e esclusione sociale
sono i risvolti del nostro modello di sviluppo
ANNA MAFFEI
/*\uando la comunità
mondiale si riunirà a
Copenaghen nel 1995, vivrà
un momento unico nella storia: sarà la prima volta che i
capi di stato o di governo si
riuniranno per affrontare i difficili problemi della povertà,
della disoccupazione e della
disintegrazione sociale. E
un’opportunità politica piena
di prospettive per rafforzare la
sicurezza umana in tutte le società. Quanto questa potenzialità si trasformi in realtà dipende in buona misura dalla
società civile... Il vertice sociale è un’opportunità affinché le diverse espressioni dei
movimenti sociali lavorino in
modo articolato per far valere
la loro voce e la loro forza così da orientare le decisioni finali». Queste le dichiarazioni
di Juan Somavia, cileno, presidente del comitato preparatorio per il vertice mondiale
sullo sviluppo sociale, che si
terrà a Copenaghen dal 6 al
12 marzo prossimi, promosso
dalle Nazioni Unite sulla base
della risoluzione 47/92 dell’
Assemblea generale. Secondo
la risoluzione sono tre le questioni centrale che il summit,
a cui è prevista la partecipazione oltre che di capi di stato
e di governo anche di organizzazioni non governative,
dovrà affrontare:
1) la promozione dell’integrazione sociale, con particolare riferimento ai gruppi più
emarginati;
2) la riduzione della povertà;
3) l’espansione dell’occupazione produttiva.
Ci sono state varie tappe del
processo preparatorio attuate
in vista della formulazione di
una proposta di dichiarazione
e di un programma di azione
da sottoporre alle delegazioni
presenti al vertice. Da segnalare in particolare la posizione
del Programma delle Nazioni
Unite per lo sviluppo (Undp)
che nel suo quinto rapporto
interamente dedicato al vertice di Copenaghen afferma la
necessità che nel summit si ricerchi un nuovo concetto di
In tutti i paesi occidentali cresce il numero dei disoccupati, dei poveri e degii esciusi
sicurezza umana e un nuovo
modello di sviluppo. «Per poter affrontare - dice testualmente il rapporto - la crescente sfida della sicurezza
umana, è indispen.sabile disporre di un nuovo paradigma
dello sviluppo che ponga al
centro gli interessi della gente, consideri la crescita econo
sto è vitale che tutti i movimenti e le organizzazioni non
governative (Ong) partecipino
attivamente alla preparazione
del vertice e si costituiscano
come gruppi di pressione per
portare al centro delle discussioni di Copenaghen le cause
strutturali delle emarginazioni
sociali per poter poi elaborare
possibili soluzioni.
Per i comitati di preparazione che si sono avuti a varie riprese, alcune centinaia di rappresentanti di Ong hanno elaborato un documento comune
che presenta una serie di rivendicazioni minime che esse
chiedono rientrino nei documenti ufficiali. Fra le altre il
controllo intemazionale sulle
attività delle istituzioni finanziarie internazionali e sull’
operato dell’organizzazione
mondiale per il commercio,
politiche di riduzione e cancellazione del debito, adozio
ne di sistemi di controllo internazionale e di un codice di
condotta per le multinazionali, blocco del commercio delle armi, assunzione di impegni specifici per l’affermazione dei diritti delle donne, ratifica universale entro il 2000
delle convenzioni intemazionali sui diritti umani, compresa la convenzione sui lavoratori immigranti.
Su quest’ultimo punto,
quello dei diritti dei migranti,
la Federazione delle chiese
evangeliche in Italia insieme
ad altri organismi e associazioni di ispirazione religiosa
attivi nei campo delle migrazioni ha elaborato come contributo da offrire al summit di
Copenaghen una nota sulla
politica di immigrazione che
contiene alcune riflessioni in
materia, maturate alla luce
deH’esperienza italiana. Tre i
punti fondamentali su cui una
sana politica di immigrazione
dovrebbe fondarsi: una progressiva rimozione delle cause che inducono i movimenti
migratori e dunque un rafforzamento di azioni orientate alla creazione di condizioni di
vita accettabili nei paesi di
emigrazione, l’integrazione
degli immigrati impedendo
così che le iniziali condizioni
di svantaggio in cui questi si
vengono a trovare si cronicizzino protraendo una dannosa
situazione di esclusione sociale, e infine un controllo dei
flussi di immigrazione sottolineando però la necessità di
non adottare criteri di ammissione per motivi di lavoro che
restringano eccessivamente e
immotivatamente i canali di
immigrazione legale, e non
sottoponga a una politica delle quote anche l’ammissione
per asilo politico o ricongiungimento familiare.
Diritti umani in Kosovo: il lavoro di solidarietà prosegue
Una lettera per i fratelli in Cristo
Riceviamo e volentieri
pubblichiamo
mica come uno strumento e
non come un fine, protegga le
opportunità di vita delle generazioni future oltre che quelle
attuali e rispetti i sistemi naturali da cui dipende ogni specie vivente... La precondizione indispensabile di qualsiasi
fattibile strategia per lo sviluppo umano sostenibile dovrebbe essere una ristrutturazione profonda a livello mondiale della distribuzione del
reddito, della produzione e
dei modelli di consumo».
Quella di Copenaghen si
pre.senta dunque come un’occaskjne storica per affrontare i
problemi più urgenti e drammatici delle società contemporanee. È prevedibile che
molti governi, in particolare
quelli dei paesi più ricchi, cercheranno di limitare la discussione alla descrizione degli
effetti dell’attuale crisi internazionale e di approvare generiche e innocue dichiarazioni di intenti che lasciano intatto lo status quo degli attuali
equilibri economici. Per que
«Cari fratelli, in seguito al
lavoro da me svolto al rientro
dal Kosovo, Fon. Widmann
(Gruppo parlamentare mistoSudtiroler Volkspartei) il 28
novembre ha rivolto un’interrogazione parlamentare ai ministri per la Pubblica istruzione, per l’Estero e per la Famiglia, chiedendo loro se l’Italia
intenda riconoscere i diplomi
e le lauree rilasciati dal sistema scolastico “illegittimo” albanese del Kosovo. Come saprete, nel 1990 la Serbia ha
proibito università e scuole
superiori in lingua albanese;
la popolazione ha reagito
creando, fra mille difficoltà,
un fondo speciale per il mantenimento di un’organizzazione scolastica clandestina.
Questi titoli di studio sono
già stati riconosciuti da Albania, Austria e Stati Uniti.
00186 Roma”; per chi volesse, il numero di fax è 0667602761.
Nel corso della conferenza
da me tenuta sul Kosovo il 13
dicembre ’94, presentata da
Fcei, Ucebi, Tavola valdese,
Opcemi, Pax Christi e Mais
(una piccola organizzazione non governativa), lanciavo altri appelli. Uno riguardava il reperimento di un fax
e due computer onde consentire al giornale di opposizione
Bujku (L’agricoltore) di aprire un’agenzia di stampa indipendente in Macedonia, es.senziale per poter stabilire un
contatto con il mondo inter
Un’interrogazione parlamentare tuttavia non ha alcun
effetto immediato, e l’onorevole Widmann dovrà lavorare
ancora molto se vorrà dare
concretezza al suo gesto. Per
questo è stata promossa una
campagna di “ringraziamenti”. È sufficiente scrivere:
“Grazie per l’iniziativa a favore delle scuole albanesi dèi
Kosovo” e indirizzare il messaggio a: “On. J. G. Widmann - Camera dei deputati
Intervista a un evangelico impegnato
In Camerún la gente
vìve nella paura
nazionale. L’onorevole Widmann ha interessato fra gli altri anche l’Associazione per i
popoli minacciati (Bolzano),
che ha donato il fax; si stanno
ora cercando i computer.
Durante il mio soggiorno a
Stublla ho raccolto anche una
richiesta dei giovani: tutti
vorrebbero imparare l’italiano. Facendo pagare un minimo per l’iscrizione al corso si
potrebbero mettere insieme i
soldi per il biglietto: ma niente altro; l’insegnante-volontario sarebbe ospitato dal parroco del paese».
Laura Carlodalatri
Roma
Norbert Kenne è segretario
della Federazione delle chiese
e missioni evangeliche del Camerún e membro dell'ufficio
internazionale della Federazione internazionale dell’Azione
dei cristiani per l’abolizione
della tortura (Fiacat). L’intervista che segue, a cura di Laurence Monroe, è stata pubblicata dal giornale francese La
Croix-l’Evénement il 7 dicembre 1994.
- Qual è il clima attuale in
Camerún ?
«La tensione continua a salire. Recentemente è stato arrestato il direttore del giornale
Nouvel Indépendant, per “vilipendio al capo dello stato”;
sembra sia stato torturato. E
questo caso non è certo l’unico: i poliziotti torturano nella
più totale impunità. Simbolicamente, un generale della
polizia è stato arrestato, ma
sarà davvero processato? La
tortura ormai è diventata
un’abitudine: qui la chiamiamo “il caffè”. La gente ha
paura di dire la verità, di uscire. Durante il vertice di Biarritz, i leader dei partiti di opposizione sono stati imprigionati, le manifestazioni vengono represse; è ormai una sfida
fare il sindacalista in Camerún. Una recente dichiarazione dell’ambasciata degli Stati
Uniti denuncia l’assenza di
democratizzazione e di dibattito costituzionale. Malgrado
le promesse fatte per farsi ben
vedere dalle autorità monetarie intemazionali, la cui azione è molto contestata, non ci
sono stati progressi nel campo
dei diritti umani dopo le elezioni del 1992».
- Di fronte a questa situazione, che cosa fanno le chiese?
«Ritengono che soltanto il
dialogo permetterebbe di
uscire da questa situazione.
Per questo hanno proposto la
loro mediazione tra il presidente Biya e l’opposizione
radicale, ma l’offerta è rimasta lettera morta. Il cardinale
Christian Turni, che sostiene
pubblicamente l’azione dell’Acat così come mons.
Verdzekov e il pastore Songsare, è stato ricevuto di recente dal presidente Biya. Il
presidente ha parlato di sopprimere la pena di morte e ha
promesso un dibattito costituzionale, ma sono sempre promesse... Le chiese non hanno
ancora parlato ad alta voce
dell’ingerenza francese eppure esiste in Camerún un reale
risentimento nei confronti
della Francia. Finché il principale oppositore al potere attuale sarà anglofono, la dittatura rimarrà».
- Come rendere le chiese
più attive?
«Alcuni cristiani sono seriamente impegnati nei partiti
politici, ma ne hanno paura.
La chiesa dimostra una grande diffidenza nei confronti
dell’impegno politico. 1 diritti umani e la democrazia dovrebbero essere al cuore
dell’evangelizzazione, ma le
chiese non sono pronte.
È un problema di formazione dei preti e dei pastori,
soltanto una minoranza di
cristiani è preparata; occoitcrebbe un lavoro in profondità
per formare i cristiani, destare le coscienze, estirpare la
paura. È un compito essenziale della chiesa che dovrebbe predisporre una catechesi
dei diritti umani ad ogni livello: diritti civili, economici
e sociali: una catechesi della
democrazia. In questa fase
della nostra storia, il lavoro
dell’Acat dovrebbe essere essenziale».
Una strada del centro di Yaoundé, capitale del Camerún
1 dati allarmanti di uno studio della Fao
Il dramma dell'acqua
nell'Africa dì oggi
Una manifestazione di albanesi a Podojevo, nel Kosovo
In Africa ci sono 14 milioni di ettari di terre irrigate,
secondo la Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per
la fame e l'agricoltura. In
confronto, l’Asia dispone oggi di 112 milioni di ettari e i
paesi industrializzati di circa
98 milioni di ettari. In Africa,
l’acqua scarseggia ma scarseggiano pure le tecniche
adeguate di irrigazione.
In Tunisia, ad esempio,
soltanto 50.0(X) ettari potranno essere irrigati, per mancanza di acqua. Studi della
Fao hanno rivelato che le ri
1 -3
f;
■I ■
I.
serve d’acqua della laida
freatica sotto il deserto del
Sahara durerebbero nori più
di un centinaio di anni. La
desalinizzazione dell'acqua
di mare è così costosa che i
prezzi dei prodotti agricoli
verrebbero moltiplicati per
sei. Per i paesi «poveri in acqua», non è possibile prevedere soluzioni come quelle
utilizzate nei paesi del GolfoLo sforzo deve mirare a un
utilizzo più razionale cd economico delle rare precipiti'
zioni esistenti.
(Kern)