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LA MONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Sigiipiido U leriii nolla carili.
Bru. IV. 15.
Si dislribuisce ogni Venerdi. — Per cadun Numero centesimi 10. — Per caduna linea d’inserzione cenlesimi 20.
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franco al Direttore di'lla HroNA Nov klla e non altrimenti.
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dai Bigg. Denìtìct Pelit Pierre librai, rne Neuve, 18; Ginevra, dal sig, E. liennid libraio
Losak.'ia, dal sig. Delafontaine libraio.
Soiiiiiiarlo.
Esame istorico-critico sul viaggio di S. Pietro
a Roma. — A’ miei Concittadini. — Missioni
evangeliche - Missione presso i Kareni — Notizie ; Valli Valdesi. — Annunzi.
OBLAZIONI PER l’OSPEDALE EVANGELICO
di
PRIMO ELENCO DEGLI OBLATORI
Sig. G. De Fernex, banchiere . . F. .'50
Sig. N. N............» 10
Totale F. 60
ESAME ISTORICO CRITICO
SUL VIAGGIO DI S. PIETRO A ROMA.
(Vedi B. jV. no. 43 e anteced.).
XI.
Passiamo a disaminare brevemente la prova
che sul soggetto del viaggio di san Pietro a Roma
si raccoglie dalle opere di due celebri teologi
moderni, il padre Ventura, e il vescovo anglicano Pearson; e principieremo da quesl’ullimo.
Preghiamo i nostri lettori cattolici-romani di
non mostrarsi schizzinosi, [)erchè appelliamo
vescovo questo celebro Pearson. Il teologo romano padre Courayer ha provato la validità
degli ordini anglicani senza possibilità di confutazione. Se v’ha bisogno di qualche cosa ancora per rispondere agli avversari, vogliamo
menzionare il fatto che nel tempo della regina
Elisabetta i vescovi della successione di Parker
furono riconosciuti esser vescovi anche da Roma
stessa essendo vescovi della Chiesa riformata
anglicana. Prima della sessione diciassettesima
del Concilio di Trento, tenuta nel 18 gen. 1o62,
il papa spedi in Inghilterra un nunzio apostolico alla regina , per invitare i vescovi della
Chiesa anglicana al Concilio. La regina però
proibì al nunzio, l’abate Girolamo -Martinengo,
di entrar nel suo regno; ma quel fatto mostra
chiaramente cho iu quell’epoca nò la Chiesa
d’Inghilterra nò i vescovi di essa erano ignorati dalla Chiesa romana. Vero ò che nella sessione ventesimaseconda del Concilio Tridentino
si cercava di stabilire che nessuno potrebbesi
considerare veramente un vescovo se non autorizzato dal papa, ma ciò eccitò una fiera discussione, quel tentativo si ridusse a nulla, e
il Concilio non mai negò validità agli ordini
anglicani. D'allora in avanti Homa non no ha
piìi parlato. Lo azioni e decreti del pontefice
regnante non sono autorità definitiva tranne
nell’opinione degli Ollramuntnnisti. In breve,
Homa, Vinfallibile, non ha finora deciso precisamente in che cosa sia posta la sua infallibilità, e ovo si possa trovarla. Le opinioni dei
suoi teologi sono vario o diverse, ma Roma
stessa non ha giammai deciso la quistione.
Lo scrittore di queste pagine sente l'importanza d’un’autorità come quella del dotto e venerabile vescovo Pearson, col quale altri celebri autori sono stati d’accordo ; e non poteva
che combatterla diflldando delle proprio forzo.
Ma dopo aver letto con ogni attenzione ciò che
il vescovo dice nei suo opuscolo De succensione
primorum fìomce episcoporum in genere (dissert. 1.) , è rimasto del tutto di un’opiuione
contraria , non essendo stato in nessun modo
convinto dagli argomenti prodotti per provare
la presenza di san Pietro in Roma.
La prima autorità che il Pearson adduce è
Ignazio, le cui parole sono già state citate in
un’altra parte di questo esame. Il vescovo crede
che provino la presenza e nprte di san Pietro
nclì'eterna città: ma invece non affermano nò
l'una , nè l'altra. E chi saprà supplire ciò che
manca alle parole del martire quando dice :
« io non vi comando come Paolo e Pietro?... »
Avrà voluto dire come essi vi comandarono,
0 come avevano il diritto di comandarvi? Chi
oserà affermare che Ignazio siasi riferito ad altre parole di Pieiro che quelle ch’ei disse nel
giorno delia Pentecoste, allorché comandò ad
alcuni di que’ romani ste.ssi di ravvedersi e farsi
battezzare?
Il .secondo testimonio che Pearson produce 6
Papia; abbiamo veduto che questo non dice
niente sul soggetto.
In terzo luogo cita il Krifuvixa IIsxpou, del
quale abbiamo già abbastanza parlato. Una
gran parte delia tradizione posteriore sul viaggio di san Pieiro a Roma (se non tuttaj, è basala su di opere di quel genere.
Poi cita Dionisio di Cori.nto. Il Pearson lo
crede un testimonio d’intera fedo omni exceplione majus; ma ci ¡lermetta di avere un’altra o[)inione. Non v’ha prova ni( nella Bibbia,
nò nella tradizione che san Pieiro è stato a Corinto. L’appello che si fa allo parole di san
Paolo « io souo di Paolo, io di Cefa » ò evi
dentemente falso. Alcuni de’ Corinti dissero ;
« ed io di Cristo » ; ma chi mai immagina cho
il Nostro Signore stesso fosse stato a Corinto?
Vi erano stati « falsi apostoli » i quali probabilmento avevano veduto il Signore, cd avTobbero potuto facilmente far nascere tra i Corinti uno scisma, col mettere l’autorità di un
apostolo in oppoiizione a quella d’un altro,
cosi portando alcuni a proferire l’apostolo della
Circoncisiono; como altri ¡lassi pure ci fanno
credere (1* Cor., IX, 5, 6; 2* Cor., X, (3, <6;
XI, 5, n, ili; Xii, li; XIII, 'ò-",).
Ihekeo ò il quinto testimonio, Cajo il sesto,
e abbiamo disaminalo la loro lesUinunianza.
E molto improbabile cho pubblici monumenli
dogli apostoli esistessero a Roma uel lempo
della persecuzione.
Clkmeste è poi addotto , cou la sua narrazione circa Marco o il suo Vangelo, ma l’ab«
biamo già confutato.
Segue Tertulliano : e ie suo parole sono
state mal intese; quindi Ohiukniì , che ancora
abbiamo esaminato.
Cipriano, Lattanzio, Eusebio, Atanasio ed Epifanio sono lutti tanto dappoi, che non possono
essere riguardali como losliuionii di ciò che
nella lor epoca ora già divenuto solamento ua
si dice.
La beffa di Giuliano apostata riguardo alla
« venerazione fatta a’ monumenti di Pietro o
Paolo » non significa forse più chc le parole
di Cajo ; cioò che alcuni monumenti commemorativi degli apostoli fossero stati edificati a
Koma 0 in qualche allra città latina, senza mica
voler signiflcaro i loro veri sepolcri ; eppura
avrà voluto accennare che quella tradizione
fosse creduta a' suoi dì. Tultocio non prova
niente sul soggetto, poichò Giuliano visse inua
tempo lontano, e non no poteva saper nulla.
L'erudito vescovo, facendo risposta a Claude
Taumaiso ncH’otlavo capitolo della Dissertazione , è d’accordo con costui che san Pietro
aveva scritto la sua prima epistola da Babilonia, ma crede che sia stata Babilonia d’Egitto
e non di Partia. Abbiamo già addotto ragioni
sufficienti per istabilire che sia stata l’ultima ;
e in ogni caso lo epistole furono scritte a Babilonia, non a Roma, e a Babilonia altresì l’apostolo fu messo a morte.
Ora rivolgiamoci a considerare lo parole del
padre Ventura sul medesimo soggetto. Citeremo uu passo delle sue t Leltres de II. P. Ventura au ministre protestant L. T. » p. 54-57.
Ei dico: « La tradilion vérilable qu’est ce qu’el«f le nous apprenJ touchanl le fait qui nous
t occupe? Elle nous apprend que le princo des
2
« apôtres, après la mort du Sauveur du monde,
< resta à peu près qunlre ans dans la Judée...
« et Eusèhe a eu bien raison de placer à la cin« quième année après la Passion du Seigneur
« l’arrivée de saint IMerre à Antioche de Syrie.—
« La tradition nous apprend encore que Pierre,
« arrivant à Antioche, y fit de grandes conti versions, y fonda cette [florissanto Eglise... et
« y fixa son siègè epi.scopal pendant six ou sept
« ans.’— La tradition nous apprend aussi qu’à
« la fin de la sixième ou septième année de son
« episcopat d’Antioche saint Pierre quitta cette
* ville, en y laissant saint Énode pour son suc« cessour dans l’episcopat, et qu’il alla h Jéru« salem. C’est alors qu’il fut emprisonné par
« Hérode et délivré par l’ange de Dieu, ainsi
« que l’Ecriture l’atteste. — La tradition nous
« apprend ensuite que, extrait de sa prison
«d’une manière si miraculeuse, saint Pierre,
« ne jugeant pas pouvoir rester plus longtemps
« à Jérusalem , ni dans les provinces voisines
« d’Orient, se tourna A'ers l’Occident et alla se
« fixer à Rome, la .seconde année de Claude ,
« la dixième après l’Ascension de .Tésus-Christ
« aux Cieux ; qu’il prêcha, le premier, jésus
* Christ aux Romains; qu’il fonda l’Eglise de
« Rome , qu’il y fixa son s'èRe episcopal, et
« qu’il garda ce siège pendant '2-'> ans incom« plets, jusqu’à l’année quatorzième de Néron,
« qui le fit crucifier le même jour oii il fit cou« per la tète à saint Paul. — Mais la fradi
* t'on......nous avertit qiie la septième année
« de son séjour dans la ville des Césars , et la
« neuvième année de l’empire de Claude il en
* fut chassé par un édit du même empereur,
« et qu’il retourna à .lénisalem , où il rassem« bla le Concile, et qu’il profita du temps qu’il
« drtt passer en Orient pour en visiter les pro« vinces où il avait dos églises. Il se rendit
« chez les c’irétiens de cette ville (d’Antioche).
« Après quatre ou cinq ans d’absence il retourna
* à Rome au commencement de l’empire de
•« Néron, et y reprit son sièpe, qu’il continua à
« garder pendant les quatorze année suivantes.
« Il ordonna evèque saint Lin et saint Clet ou
« Anaclet et los associa à son ministère episco« pal de Rome. Il y ordonna aussi saint Clé« ment, ainsi que ce même saint nous l’apprend
« dans ses Lettres (!!) et le destina pour son
« succe.sseur dans le pontificat suprême. Et de
« temps en temps, laissant ses coadjuteurs au
€ régime et à la colture spirituelle de l’Ëglise,
* il fit des excursions dans différentes provin« ces de l’Occident, et il y fonda ces Eglises
« qui le reconnaissent com mo leur apfttre et leur
« fondateur. C’est ainsi que saint Pierre passa
« los quatorze dernières années de sa vie, jus« qu’au moment oîi le bruit des grandes con« versions qu’il opérait parmi les idolâtres et
« son éclatante victoire remportée sur Simon
« le Magicien lui attirèrent la persécution et
« la fureur de Néron, qui le fit mourir sur
« une croix ».
E facile vedere che tutto questo racconto ô
preso dalle opere di Bellarmino, Corlesio ed allri. Non sarebbe difiTicile mostrare seriatim come
contraddice totalmente la Santa Scrittura, ma
nel lavoro precedente ciò è stato fatto, e ora ci
tocca solo di fare alcune poche osservazioni su
di questa straordinaria composizione di temeraria ignoranza.
Insino al duodecimo capitolo degli Atti degli
Apostoli, san Luca non mai perde di vista san
Pietro, nò de' suoi fatti e'viaggi ; tuttavia non
dice una parola de’ lavori dell’apostolo in Antiochia per 17 anni, nò doU’aver egli fondatola
Chiosa in quella città, o predicato in Cilicia,
Ponto e Bitinia, quantunque menzioni specialmente il piccolo villaggio di Lidde. Neppure è
vero che Pietro andò ad Antiochia cinque anni
dopo la Crocifissione. Era lontano da quella
citlà per molti anni, come si sa da testimonianza incoiUrovertibile, visitando Lidde, Joppe, Cesarea e Gerusalemme. La Bibbia ci dice
pure che erano certi uomini di Cipro e Cirene
che prima predicarono ad Antiochia e ivi convertirono molti alla fede (Atti, XI, 19-27); che
questa notizia essendo giunta a Gerusalemme,
.Barnaba fu mandato ad Antiochia , e una gran
moltitudine aggiunta al Signore (ver. 24); e che
Paolo vi si unì a Barnaba ed insieme eglino
ammaestrarono un gran popolo e vi rimasero
per un anno (ver. 26). L’arrivo d’Asabo ed altri profeti è raccontato nel versetto 27, ma non
si trova nemmeno una parola circa san Pietro.
Uno di que’ profeti parlò per lo Spirito Santo
in profezia di una carestia da succedere nella
Giudea, e una colletta fatta in soccorso de’ poveri santi in Gerusalemme fu poscia portata
loro per le mani di Barnaba e di Saulo. Ma in
tutta la narrazione non si trova punto menzione
di san Pietro. Secondo il padre Ventura la tradizione afferma che Pietro partito da Antiochia
lasciò Enodio come il suo successore nel governo. Ora è singolare che san Luca ci dia i
nomi de’ profeti e dottori che erano in ufTizio
nella Chiesa d’Antiochia, e narra puro la chiamata di Paolo e Barnaba all’apostolato, in mezzo
alla raunanza, ma non mai parla d’Enodio, il
qualo secondo la tradizione romana allora occui>ava la stessa sede episcopale di Pietro! Omissione inesplicabile se consideriamo l’infallibilità
0 la buona fede dello scrittore ! Se accettiamo
la tradizione condanniamo san Luca, e se accettiamo san Luca, allora la tradizione ò totalmente falsa.
Nella settimana entrante finiremo il noslro
esame sulle parole del padro Ventura.
F.
A’ MIEI CONCITTADINI
VI.
-li pii superstiziosi.
È un fililo inconteslabile che l’insegnamento
reliijioso de’clericali non produce che degli increduli, o degli indifferenti, o de’superstiziosi,
non mai de’veri credenti in ispirilo e verità. To
rivolsi alcune parole ai miei concittadini delle
due prime categorie; al presente m’indirizzo al
picciolo numero della terza.
Non è già la superstizione che distingua cotesta classe dalle altre; ho mostrato che gl’increduli e gl’indifferenti ne appalesano anch’essi
buona dose, meravigliandosi di chi esterna una
fede che non s’accorda con quella de’romanisti:
e l’appalesano eziandio con manifesta ipocrisia,
pogniamo, involontaria, seguendo nella pratica
una religione verso la quale sono miscredenti o
apatisti. E infatti, se alcuno avesse a giudicare
dalle apparenze, vedendo in molti luoghi, in
alcuni giorni e circostanze, le chiese dei preti
affollate, dovrebbe ritenere che la fede è grande
ed universale: ma il concorso di tante persone,
eccettuati i pochi pii, è dovuto alla consuetudine, al riguardo mondano, o alla curiosità, o
all’allettamento delle pompe, delle musiche,
delle rappresentazioni.
Voi, 0 miei concittadini ai quali ora parlo,
siete credenti, e la vostra superstizione contro
chi si allontana dalla fede che professate non è
contraddittoria, non è ipocrita; voi tenete per
certo che sia un errore il non obbedire alla cosi
detta Chiesa, cioè ai cardinali, ai vescovi, ai
parrochi, ai preti d’ogni maniera, e al di lei
capo, il papa, niente meno che Vice-Cristo-, imperciocché tutti costoro vi hanno talmente abituato a personificare Dio nell’uomo, ad uguagliare le parole divine alle parole umane, a materializzare le cose spirituali, che siete forzati a
biasimare quelli che ripudiano gran parte delle
vostre credenze ; e siccome non possedete il lume
necessario per discernere la verità, ossia non
avete contezza della Parola divina per separarla
dalla umana aggiunta, cosi non fa meraviglia
che nello stato d’alterazione in cui giace la vostra coscienza, e d’oscurità il vostro intelletto,
chiamiate eretici i cristiani conosciuti sotto il
nome di Protestanti, e riteniate che nel ripudiare, in materia di fede, l’uomo e le sue opinioni, rigettino eziandio Cristo e la sua dottrina.
Anzi, 0 miei pii concittadini, se vi scandalezzate di ciò, sebbene a torto, ell’è una cosa che,
sotto un aspetto considerata, vi onora, perchè
deriva in sostanza da sentimento religioso e
santo rispetto alla Divinità; ma credete pure che
questo medesimo sentimento e questo rispetto
v’impongono di esaminare s’eglino veramente
sieno quali devono essere, liberi, veri, degni di
Dio, Spirito purissimo, e degni di voi, creature
fatte alla di Lui imagine e somiglianza.
È poi grandissimo il pregiudizio che voi nutrite riguardo al nome Proteslanli: ma io vi dico,
non sono già colesti i protestanti d’oggidi. Notate bene che protestare significa, solennemente
opporsi a qualche idea o falto; quindi, a rigor
dHermine, protestanti, nel senso religioso, non
possono essere che que’ cattolici-romani che, in
un modo o nell’altro, testimoniano coniro gli
abusi e gli errori del papato, anche senza propugnare la verità cristiano-cattolica. E in fatti,
ad eccezione della nostra chiesa Valdese, ossia
delle Valli piemontesi, la quale è un resto della
primitiva chiesa Apostolica d’Ilalia, conservatasi miracolosamente fra noi, per gli alti fini
di Dio, in mezzo alla grande apostasia della
chiesa papale, ad eccezione di essa, dico, gli antenati di coloro che voi chiamate Protestanti
erano, in genere, cattolici-romani, ed allora furono proteslanli davvero, quando cioè, col divino codice alla mano, chiamarono quasi in
giudizio i papi e i concilii a rendere conto degli
atti loro.
Ma sapete voi quali sono i più vivi protestanti
del tempo nostro? sono gli increduli e la massa
enorme degli apatisti: fra costoro poi e i cat-
3
tolici-romani che diventano, come suol dirsi.
Protestanti, vi corre il divario clie gl’increduli
e gl’indiiferenti protestano semplicemente col
beffarsi o col non dare alcuna importanza ai precetti clericali, e senza fare acquisto di fede: gli
altri invece, dopo d’aver protestato, divengono
credenti. Certo che il seguire colle opere il Vangelo è una continua protesta contro i nemici di
esso, ma non è più allora quella protesta che
segna il passaggio dall’errore alla riforma: per
la quai cosa è molto desiderabile che i vecchi
protestanti abbandonino cotesto nome che in
fine ha soltanto un significato negativo, e adottino costantemente il nome positivo di Evangelici, ch’esprime l’affermaliva del nuovo sentimento religioso, dello stato di vera riforma
cristiana, susseguito allo stato di anteriore e
semplice protesta.
Voi, 0 pii concittadini, siete certo credenti in
Gesù Cristo, ma credete pure con eguSle pienezza alla gran Madre del Nazareno, ai santi,
ai papi, agli innumerevoli preti, come fossero
altrettanti dii : ma se vi determinaste una volta
a disobbedire al comandamento clericale di non
leggere la Dibbia, ch’è il libro che il Signore
ha dato agli uomini per regola di salvezza, e lo
apriste per conoscere ciò ch’egli contiene, io
sono sicuro che il vostro cuore prima, e la vostra mente si aprirebbero ad accogliere la verità
e la luce, e vi mutereste ne’ più energici protestanti, per diventare i più fervidi evangelici.
Voi censurate me, voi forse chiamate me apostata: ma pensateci bene, con quale bilancia
misurate? con quale pietra fate l’assaggio? con
quale criterio giudicate? Hawi una sola bilancia, una sola pietra, un solo criterio, cioè la
Parola di Gesù Cristo che non conoscete. Nelle
vostre esclamazioni in proposito, non fate che
ripetere ciecamente sentenze d’uomini ingannatori 0 ingannali eglino stessi ; in guisa che, ad
onta della vostra pietà e della vostra fede, mostrate voi pure sommo indifferentismo, coi non
decidervi a ricercare nel libro di Dio la conferma delle cose che vi sono insegnale da quegli
uomini, i preti, e che risguardano l’eterna salvezza, l’affare più importante, anzi il solo necessario sulla terra {Luca x; -tl, 42).
Stimate voi che il protestante evangelico non
sia cristiano ? eh’ egli ripudii i veri dogmi del
crislianesimo ? Esaminate il codice di Dio. Potete voi in coscienza rigetlar questo per obbedire alla volontà del prete? Rispondete no, io
penso. Non vedete che il prete stesso legge il
Vangelo nella messa ! ebbene, ei lo legge in latino, affinchè voi non intendiate (e molti sono i
preti eziandio che non l’intendono); voi dunque
leggetelo in italiano, e lasciate ch’egli strepiti.
Frattanto vi dico in anticipazione che, lungi
dall’essere io un apostata, non havvi cosa vera
nel cattolicismo papale che abbia ripudiato ; l’accogliere il cristiano caltolicismo non è certo
apostatare: ciò che rinnego è anzi l’apostasia ;
ed è per questo che ripudio ii romanesimo; cioè
ripudio il materialismo; ripudio l’ipocrisia e
l’idolatria; ripudio l’uomo che si fa redentore,
mediatore e Dio; ripudio i comandamenti d'uomini ch’hanr,o a schifo la verilà {Tiiov, 14) ; che
non hanno modo di salvare {Salmo cxLVi, 3); e li
ripudio perchè la fede in loro è proibita {Isaia
II, 22); perchè maledetto è l’uomo che si confida
nell’uomo, ecc. [Jeremia xvii, 5).
MISSIONI EVANGELICHE
MISSIONE FRA I KARENI
I Kareni, razza dispersa nelle regioni montuose del Birmano, differiscono dalla popolazione birmanicd, propriamente detta, pei lineamenti del volto, linguaggio e religione. Nel
mentre che i Birmani offrono tutti i caratteri distintivi delle razze malesi, in ispecie per le prominenze zigomatiche , il naso schiacciato e le
labbra grosse, i Kareni invece mostrano evidentemente d’appartenere al tipo caucaseo. Hanno
una favella a parte, e in luogo d'essere buddisti
come i Birmani , avevano conservato, quantunque fossero caduti sotto il giogo della demonolatria (culto dei dèmoni) e del terrore degli spiriti, l’idea vaga di un Dio supremo ed onnipotente. Una curiosa tradizione, trasmessa con
cura da padre in figlio, li assicurava cli'erano
stati altra volta il popolo di questo iJio, respinti
iu seguito pei loro peccati, ma che un giorno
rientrerebliero nella di lui grazia, e che questa liberazione verrebbe dagli uomini di colore
bianco.
Tali speranze confuse sono state per lungo
tempo quasi il solo bene che possedesse la nazione dei Kareni. Crudelmente oppresso ora dai
Siamei, ora dai Birmani, senza poter disporre
di nulla e ridotto allo stato il più miserabile di
schiavitù e degradazione, questo infelice popolo
erasi rifugiato nelle montagne quasi inaccessibili, entro i più reconditi burroni o le più folte
foreste. Colà, in sicuro dagli oppressori loro, i
Kareni appiccavano il fuoco agli alberi, e si
formavano cosi un tratto di campo, le ceneri lo
fertilizzavano , sopra vi spandevano alcune sementi e, fattane la ricolta, distruggevano il temporaneo asilo e se ne andavano iu traccia d’altro sito, onde potere con egual sicurezza ricominciare lo stesso lavoro.
Cotesta fu la condizione dei Kareni sino al momento in cui 1 bianchi, promessi in modo cosi
singolare dalle tradizioni loro, giunsero nel
paese. A tal’epoca, vale a dire dopo la prima
guerra degli Inglesi contro i Birmani. saranno
circa 30 anni, l’attenzione del celebre missionario dot. Judson si fissò sopra il suddetto popolo.
Con quel vivo zelo che gli fece .compiere tante
imprese , questo grande servitore di Cristo si
pose tosto all’opera onde spargervi la semente
della verità cristiana, e ben presto una conversione venne a coronare il primo tentativo ; fu
quella d’un kareno chiamato Ko-thah-byu Dalla
sua giovinezza quest’uomo si era dato al furto
ed all’omicidio ; confessava più tardi piangendo
d'avere bagnate le proprie mani nel sangue di
trenta almeno de’suoi simili. Quando il dottor
Judson lo scontrò per la prima volta egli era
schiavo, ma tanto indocile ed incorreggibile che
i di lui padroni desideravano disfarsene. Uno
degli amici del missionario, scorgendo in lui
alcune disposizioni a prestare l'orecchio al discorso, lo acquistò e gli rese la liberlà. Ko-thahbyu entrò allora al servizio di una delle famiglie
che lavoravano alla medesima opera che il dottore. Là ricevette regolare istruzione, ma che
in sulle prime non ebbe altro effetto che d’ecci
tare nell'animo suo una lotta terribile fra la luco
e lo di lui antiche abitudini. Però alla fine il
vecchio fu vinto , e Ko-thah-byu potè ricevere
il battesimo. Da questo istante egli fu veramente
creatura nuova : tutta l’energia del suo animo
ardente si rivolse al servizio di Cristo , e divenne frai suoi compatriotti un’evangelista sommesso, intrepido, infaticabile. Riviere straripate,
aride montagne, foreste impenetrabili all'aspetto,
niente l'arrestava quando ‘rattavasi d’andare in
traccia d'alcuni kareni ritirati nel fondo degli
oscuri loro nascondigli. Operare era la sua gioia,
pregare la sua forza, e numerose furono le conversioni delle quali Dio permise che il suo ministerio divenisse l'istrumento. Per ultimo , la
di lui morte fu come di un redento di Gesù Cristo. « Che Iddio faccia di me ciò che vorrà (diceva egli alcuni istanti prima di morire) ; souo
certo che il Salvatore mi riceverà presso di sè ».
Cosi visse e mori il primo convertito kareno.
Il secondo i; ancor vivo ; rSan-Quala, oggetto
di questa notizia. Ecco in qual modo la sua storia ci viene narrata da uno de’più vecchi collaboratori di Judson, il dott. Mason, ch'è tuttora
all’opera nello stesso*campo di lavoro:
«Saranno quarant'anni all’incirca, dic’egli,
clic un picnolo ricovero fatto di bambou, elovavasi sul pendio di un dirupato vallone, di dove
si precipita il torrente che qui scorre. Quesla
povera capanna sembrava cosi fragile, che al menomo soffio di vento stimavasi vederla trasportatanel fondo dell’abisso ch'ella dominava. I suoi
abitanti erano un kareno di alta statura , con
barba ondeggiante, una donna della medesima
razza ed un fanciullo di circa duo anni. Al pari
degli altri della nazione loro , essi gemevano
sotto il giogo dell’op)iressore; ma all’epoca di
cui parlo avevano udito che de’navigli montati
da uomini bianchi apparivano sovente nei porti
birmanici, e vagamente stavano in aspettazione
che questi stranieri diventassero i loro liberatori. Mentre si lasciavano andare a tali pensieri,
un secondo tìglio nacque ad essi; gli posero il
nome di Quala, che nel loro idioma significa
speranza. — Noi speriamo, dicevano, vedere la
felicità giungerci durante la sua vita. ~ Questo
fanciullo è il nostro collega d’oggidi, il rev. SanQuala, che dirige al presente la nostra missione
fra i Kareni della provincia di Toungoo, e che
in cotesta parte di campo missionario ha già potuto amministrare il santo battesimo a più di
1500 convertiti.
« Il padre suo era uomo austero, che le sofferenze della di lui nazione avevano reso quasi
pazzo. Paragonando se stesso ad un cespuglio di
spini, diceva nel suo linguaggio figurato ; — Che
la foglia del bambou cada sulle spine, ed elleno
la foreranno; che le spine cadano sovr’essa, e
la lacereranno. Se noi andiamo verso i Siamei,
ci fanno schiavi; se ci rivolgiamo aiBirmani, ci
fanno schiavi. — E qnand’egli così esprimevasi,
una specie di rabbia concentrata minacciava di
far esplosione collo spezzare il di lui cuore.
L’odio ch’ei portava ai buddisti era la sua vita.
Odiava la religione loro, ie pagode, gli idoli, i
preti, cjiianto in un modo o neH’allro apparteneva ad essi, e questo amaro sentimento, nutrito
e ravvivato senza posa da nuovi insulti, aveva
finito per soffocare in lui tutti i buoni istinti del
cuore. Ei non aveva nemmeno l’ombra d'un sorriso per la dolce e laboriosa moglie sua che,
senza mai dolersi, piantava il cotone, lo sarchiava, lo invigilava, lo raccoglieva, lo filava, lo
tesseva e ne faceva tuniche e fazzoletti per (ulta
la famiglia.
« Io vidi fra i Kereni molte doilhe interessanti
4
degne d’aBFezione, ma nessuna ch’abbia lasciato
nella mia memoria un'impronta cosi profonda
come la madre di Quala. Se mai umana esistenza
ricevette l’Evangelo come una buona novella, fu
certo costei. S’io fossi artista e avessi a pingere
Maria ai piè di Gesù, non andrei a cercare le
mie ispirazioni fuori della memoria di questa
umile sorella, prestante l’orecchio ai discorsi dei
messaggieri del Salvatore. Quand’ella poteva,
senza negligentare i suoi doveri, assentarsi dalla
sua dimora, si recava dal missionario, in qualunque luogo si fosse; e tutto il tempo che vi
restava si teneva letteralmente ai piè di lui o
della moglie ad ascoltare la Parola, quasi bevendola co’suoi graad’occhi brillanti d’intelligenza e di contentezza.
t Ella non cessava di udire che per raccontare
di quando in quando nel suo armonioso dialetto,
i mutamenti che la grazia del Signore aveva operato nell’anima sua e le gloriose speranze di cui
aveva appreso a nutrirsi. Dopo d’aver ricevuto
le acque del battesimo, ella non visse ohe alcuni
anni, ma furono anni di sviluppo spirituale : in
prima il bottone, poi il fiore, per ultimo il frutto
saporoso allegato e maturo -per l’eternità.
« Nella sua infanzia Quala univa ad alcuni
tratti della madre l'iatelligeuza e il carattere risoluto del padre, ma senza la perduranza nel"
l’odio che aveva distrutte le belle qualità di que'
st’ultimo. 11 nome di Quala sembra, come quello
di Noè, profeticamente a lui dato ; imperciocché
egli si mostrò sempre animato da una ferma
speranza. Nella sua infanzia aveva raccolto nella
memoria tutte le tradizioni che profetizzavano
vagamente l’emancipazione della sua razza e la
fine delle crudeli vessazioni che ie facevano subire i suoi oppressori. Coteste tradizioni di cui
si trova traccia fra tutte le nazioni dell’Asia
orientale, e la di cui origine, secondo ogni apparenza, è nella promessa d'un Messia, sembra
non essere state ia nessun luogo più vive e più
popolari che presso questi poveri Kareni. Era
un tema che l’estro selvaggio de’ loro preti sviluppava costantemente, e di quanto aveva udito
in proposito Quala si ricordava. Molte volte invigilando i campi di riso di suo padre per allontanarne i papagalli, le scimie ed altri animali distruttori, ei si rammenta d'aver cantato una specie di ballatr, di cui ecco il senso :
(t Di Dio i figli son que' ch’han ricevuto,
« Dalla mano di Dio, lo santo Libro.
» Questi son gli straniar dal viso bianco ;
« Si, del Signor la Parola a lor fu data.
* Allorquando le truppe inglesi s'impadronirono
di Tavoy (nel 1825), Quala era in età di 14 anni
circa. I suoi genitori lo condussero seco in questa città. Appena entrati, furono presi e condotti
dinanzi al nuovo governatore, ch’era circondato
da uffiziali. Tale procedere li riempi di terrore
in sulle prime, ma vennero ben presto rassicurati, quando il governatore, in luogo di permettere che si prosternassero dinanzi a lui alla maniera orientale, disse loro di rimanere in piedi,
parlò con bontà e li rimandò, dopo d’avere a ciascheduno di essi fatto dono di un turbante e di
qualche moneta. — Io mi ricordai allora, narra
Quala, questi versi uditi nella mia infanzia;
« Guardate i bianchi, guardate! Come son belli!
« Con qual grazia camminano, siedono, mangiano!
« Con qual perfezione stan ritti e si muovono!
« K con quale bontà vi guardano e parlano!
« Fu due o tre anni dopo tale avvenimento
che Ko-lhah-byu, che aveva ricevuto il batte,<;imo, si pose in via per andare a predicare il
V'angelo a’ suoi compatriotti nascosti nelle giogaie dei monti. La prima casa che trovò fu quella
del padre di Quala. Vi si fermò onde passare la
notte; ma. appena giunto, i vicini tutti accorsero
per intendere da lui la sua genealogia , imperciocché a quest'epoca i Kareni vedevano uu nemico in ogni sconosciuto che appariva in mezzo
a loro, nè gli accordavano ospitalità che allorquando avevacomprovata la comunanzadi razza.
« Ko-thah-byu diede questa prova e si affrettò
di aggiungere, coll’energica vivacità d'espressione di lui propria, la narrativa delle sue nuove
credenze e dello scopo del suo viaggio. Grande
fu, all'udire tali cose, la sorpresa degli uditori;
ma nessuno fu più commosso del giovane Quala.
— Quand’ebbi inteso ciò, diss’egli , io credetti,
e chiesi a me stesso: Non è questo precisamente
che aspettavamo e che ci abbisogna?— A tale domanda, Iddio medesimo s’incaricò di rispondere
nel cuore del giovane, e sotto l'azione benedetta
della grazia, San-Quala fu, dopo Ko-thah-byu,
il primo kareno convertito e come la primizie
del ministero di quell’uomo che la luce del Vangelo aveva scoperto nelle tenebre più fitte.
T«r o ri? K SE X e:
Valli Valdesi. — Il Sinodo della Chiesa Valdese aprirà, aDio piacendo, le annue sue sedute,
martedì prossimo 20 del corrente mese.
Non si dimentichino i membri e gli amici di
questa Chiesa, d'implorare sulla raunanza dei
suoi rappresentanti la benedizione di Dio ed i
lumi del suo Spirito, affinchè, la carità non andando mai disgiunta dalla verità, nè questa da
da quella, nei dibattimenti che avranno luogo, il
risultamento ne sia la gloria di Dio ed il progresso del suo Vangelo iu mezzo di noi.
GroMNO Domenico gerente.
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Léila dans l’île déserte.
Léila en Angleterre.
3. V.
avec
fig. » 9
Mathias Nathuzius Louise de Plettenhaus, journal d'une fille pauvre. 1 vol......» 1 50
Trusta Le presbytère en plein soleil,
trad, de l'ang'ais, 1 vol. » 1 50