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L'uscita del corteo sinodale dopo il culto di
inaugurazione.
Un'immagine
dei lavori nell'aula sinodale.
Anno 124 - n. 33
2 settembre 1988
L. 1.000 (numero speciale)
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito ri.«ncdire
a : casella postale - 10066 Torre Pelliee
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL CENTRO DELLA RIFLESSIONE SINODALE
SINODO ’88
Tra il sermone e l’opera
Uno
girse
« spazio di formazione protestante » - Il problema dell’identità e il rischio dell imma- Le dimensioni della predicazione - L’esigenza di avere la Bibbia al centro della vita
li dibattito sinodale sui temi della formazione-identità-cultura si
colloca in una linea di continuità
che prosegue e approfondisce il
solco della riflessione avviata al
Sinodo dell’anno scorso, un identico quadro di riferimenti con alcuni punti di novità che a me sembrano questi:
1) L’individuazione di uno
spazio di formazione protestante
a livello di base che si colloca, come è stato scritto, « tra il sermone
e l’opera », tra l’attività cultuale
della predicazione, che stenta ad
essere riconosciuta come luogo di
crescita nella fede, e l’attività diaconale. che va sempre più specializzandosi e separandosi.
E' questo lo spazio della secolarizzazione. uno spazio di possibile
assimilazione ed omologazione a
comportamenti e modelli dominanti, dal quale si espunge progressivamente ogni riferimento di
fede. Di questo contesto, e delle
forme (laiche e religiose) della secolarizzazione si ritiene necessaria
un’analisi che permetta di comprendere concretamente dove cadono, dove si situano « la predicazione, la catechesi, la cura d’anime, il lavoro con i giovani ».
2) 11 secondo punto riguarda
il problema dell’identità: se non
si vuole che questa ricerca diventi
Il deputato della chiesa di Rapolla durante un intervento.
un’operazione sterile di pura coltivazione dell’immagine, di autocompiacimento, è necessario un
referente esterno, — si è detto
un punto obiettivo di confronto,
che nella nostra impostazione non
può che essere la Scrittura. La costruzione dell’identità si modella
sulla conformità alla Scrittura,
non può avere altro riferimento.
Un rilancio
dell’esegesi
E’ per questo che tutti i problemi della formazione, della predicazione, della identità, della costruzione del tessuto comunitario
sono legati ad un rilancio dell’esegesi biblica, non più e non solo
disciplina specialistica, ma momento teologico « alto », in cui « i
testi interpellano criticamente la
chiesa, e la chiesa interpella criticamente i testi; e qui agisce lo
Spirito Santo ».
Senonché un’impostazione di
questo genere trascina con sé un
problema al quale il Sinodo non
poteva sfuggire: in che rapporto
si colloca questo rilancio dei temi « culturali » della fede, della
formaziope biblica, della costruzione dell’identità, con quello che
è stato e continua ad essere il terreno pratico privilegiato della nostra testimonianza, la diaconia e
le opere sociali? E’ possibile sostenere che la crescita dell’uno avviene a scapito della crescita dell’altro polo? E che solo un ridimensionamento dell’uno (in questo caso della diaconia, avvertita
da alcuni come troppo « pesante »), consenta il rilancio dell’altro?
Un’opinione
equilibrata
A me pare che il Sinodo abbia
espresso su questo problema un'opinione assai equilibrata: è vero
che talvolta bisognerebbe liberare
la diaconia dal « feticcio » dell’opera, soprattutto quando essa,
per le più diverse ragioni, non risponde ai bisogni e alle finalità
per cui è nata; ma è anche vero
che se la predicazione è inefficace,
questo non avviene a causa della
Il momento della consacrazione:
nuovi pastori Daniela Di
diaconia: una diaconia intelligente — si è detto — non ha mai
impedito una predicazione importante. 11 fatto è che bisogna riscoprire il nesso costitutivo tra predicazione e diaconia, che sono come le due facce dell’evangelizzazione. Da una parte il problema
non è di ridimensionare quantitativamente l’intervento diaconale,
ma di qualificarlo, « inserendolo
nell’orizzonte della formazione e
della predicazione da cui è normalmente escluso»; dall’altra il problema è di comprendere che la
predicazione non si esaurisce in
una dimensione puramente « culturale », ma si traduce concretamente in forme di solidarietà e
di presenza sociale. Del resto, ha
osservato qualcuno, il mutamento
qualitativo nella concezione della
diaconia evangelica che si è verificato in questi ultimi anni si trova in un rapporto preciso col tipo
di predicazione che l’ha determinato: la predicazione « politica »
ha, per così dire, « politicizzato »
la diaconia, l’ha resa un servizio
pienamente e compiutamente laico, rivolto all’uomo, al cittadino
italiano, non un’occasione facile
di proselitismo; si cura per guarire, non per convertire: c’è dunque da riflettere sul rapporto tra
diaconia e « polis », diaconia e
interesse comune, diaconia e bisogno sociale.
con il pastore Gianna Sciclone i
Carlo e John Hobbins.
Di fronte a nuovi
mutamenti?
Infine, mi è parso di cogliere
un interrogativo interessante in
questo dibattito: i mutamenti nella chiesa, come nel resto della società, sembrano avere una cadenza decennale, il sessantotto, il settantasette, l’ottantotto: ci troviamo forse oggi di fronte ad una
di queste scadenze?
L’attenzione ai temi della formazione, la riflessione sull’identità (attuale e storica), la preoccupazione di costruire o rafforzare
un tessuto comunitario fragile,
«l’ansia del numero», tutto questo segna forse un’inversione di
tendenza, la fine del « decennio
politico», fatto di «immagine
pubblica», di rapporti istituzionali. di dialogo col paese? E questo
significa un arretramento, un ripiegamento sul fronte interno della nostra riflessione?
Personalmente non ne sono convinta. Intanto perché niente torna
ad essere uguale al passato. E poi
perché se l’esigenza che ci muove
oggi è, come si è detto, quella di
rimettere la Bibbia al centro della nostra vita, e sulla Bibbia costruire l’identità, la storia, la predicazione, questo non potrà non
aprire un cammino originale di
ricerca e di testimonianza.
Rosanna Giappa Nittì
L’identità
riformata
« Quest’anno ho faticato per
trovare nel Sinodo argomenti interessanti per i lettori del mio
giornale», mi dice un inviato della grande stampa. Sinodo piatto dunque? Nient’affatto. Piuttosto un Sinodo difficile per chi
non è abituato a ragionare e
a osservare le cose avendo
presenti i tempi e le dinamiche
delle chiese riformate. Per anni i giornalisti avevano colto
del Sinodo soprattutto le diff&
renze rispetto alla chiesa dominante in Italia. Così, anche quest’anno, è stato il fatto che fosse una donna («sacerdote» per
La Repubblica) a presiedere il
culto di apertura e di consacrazione di nuovi pastori che ha fatto la differenza tra le nostre
chiese e la cattolica.
Per il resto, l’ottica con cui si è
letto il Sinodo è quella della politica: c’è spaccatura se il no
all’8 per mille del gettito Irpef
ha la maggioranza di un solo
voto. Mentre in realtà la spaccatura non c’è, perché il Sinodo
fa l’unità. La democrazìa delle
nostre chiese è basata su un lungo processo di discussione in cui
alla fine la decisione è presa nella consapevolezza piena delle
posizioni e ciascuno, dopo il voto, seguirà la decisione assunta. Ci sarebbe stata spaccatura
se la decisione non fosse maturata dopo anni di discussione.
Un Sinodo che va dunque letto secondo le ottiche delle chiese e da questo punto di vista,
quello del 1988 è un Sinodo importante. Ne esce rinnovata l’identità riformata deüe nostre chiese: la lettura biblica, il rilancio
dell’evangelizzazione, della diaconia della Parola e del servizio
verso il prossimo. Identità riformata che è vissuta essenzialmente nella comunione con le
altre chiese cristiane, e protestanti in particolare. Le. celebrazioni deiranno prossimo per il
tricentenario del rientro dei vaidesi in Italia sono viste come
un contributo ecumenico alla
comprensione dell’Evangelo nel
paese di cui siamo cittadini.
La proposta stessa di avere
relazioni ecumeniche con la Conferenza episcopale italiana a partire dai problemi posti dai matrimoni interconfessionali — una
delle decisioni più significative
— fa parte di questa identità. In
fondo, dal Sinodo ’88, vien fuori
prepotente una esigenza: dire
l’Evangelo oggi, alla nostra gente.
Giorgio Gardiol
2
2 speciale sinodo valdese e metodista
2 settembre 1988
IL DISCORSO DEL MODERATORE
...MA PRIMA VIENE IL MORIRE
Una divisione sul voto e una riflessione da più punti di vista - La vita della chiesa e la riscoperta della strada del perdono - La convinzione di essere dalla parte della ragione, il senso della croce e la promessa della vita
Un Sinodo compatto, in molti
casi unanime, su una questione
centrale — quella dei cosiddetti
finanziamenti pubblici — ha conosciuto una preoccupante spaccatura. Su questa vicenda vorrei riflettere con voi dal punto di vista della ragione politica, della fede nel
Signore, dell’impegno etico.
L’analisi deiia
ragione politica
L’analisi della ragione politica non può non rilevare che la
questione dei finanziamenti pubblici è una questione centrale, ma
non fondamentale. E’ centrale perché ha avuto un posto rilevante
nel dibattito delle chiese e dei singoli negli ultimi tre anni. Ma non
è fondamentale, non è una di
quelle questioni sulle quali la chiesa sta o cade. Si è presentata tre
anni fa come una questione stantis
aut cadentis ecclesiae, ma lo studio approfondito che abbiamo
condotto e il dibattito ad esso connesso, hanno' relativizzato una
questione che si era presentata in
termini assoluti, in modo più rilevante di quanto il voto lasci intravvedere. Sono calati i toni di
reciproca accusa di infedeltà, è
emersa la nostra attuale situazione
che non è di coerente purezza (ve
di il privilegio della previdenza
sociale per i pastori), si è rafforzata la consapevolezza — affermata inizialmente in modo unanime ma teorico — che comunque
l’8 per mille non poteva avere per
oggetto il mantenimento del culto.
L’analisi politica spinge a riconoscere questi termini relativi e non
assoluti nella decisione che è stata presa dal Sinodo, pur con una
così risicata maggioranza.
— La decisione riguarda l’oggi. Afferma cose precise e ben definite, ma non si presenta come
una decisione irreversibile. Non
abbiamo votato una legge dei Medi e dei Persiani. Abbiamo preso
una decisione chiara, netta, ma
per il tempo, non per l’eternità.
— Metà di quanto le chiese globalmente avevano richiesto nella
loro maggioranza (l’8 per mille) è
stato respinto da questo voto così
contrastato del Sinodo — che nella nostra ecclesiologia è formato
da pastori e deputati, non delegati vincolati indissolubilmente dalle
prese di posizione delle chiese locali — ma metà di quanto richiesto dalle chiese è stato accolto; la
possibilità della deducibilità delle
erogazioni liberali, la cosiddetta
defiscalizzazione, è stata affermata. Pur con le rilevanti difficoltà di
attuazione che la relazione Jouvenal ha messo in luce, questo principio è stato affermato nel quadro
di una politica di riforma del sistema fiscale, che allarghi le possibilità di defiscalizzazione, promuovendo così una mentalità contributiva che nel nostro paese è cosi
carente.
— Ciò che dunque ha diviso il
Sinodo e divide la chiesa non è
tanto la presenza di due concezioni globali diverse dell’essere chiesa, quanto una divergenza riguardante le modalità del ricevere dallo Stato dei finanziamenti non per
il culto, bensì per la diaconia aperta, per la diaconia cioè diretta
verso l’insieme della popolazione.
E’ una divergenza importante, che
non può essere sottovalutata; ma
è anche una divergenza delimitata,
circoscritta, che non deve essere
sopravvalutata.
La ragione, e la sua analisi politica del voto, non è tuttavia
sufficiente per una chiesa che viva della fede nel Signore Gesù
Cristo. E dal punto di vista della
fede non può non avere per noi
un valore particolare il fatto che'
la decisione sui finanziamenti pubblici sia stata presa con il minimo
della maggioranza necessaria.
Questo significa che la linea che
è passata non può contare su una
maggioranza del 60-70-80% del Sinodo, che le dia sicurezza, ma su
un voto e cioè sul nulla. Non è
questo un fatto che può permetterci di contare non su noi stessi bensì sul Signore Gesù Cristo? Non è
nella consapevolezza della nostra
debolezza che può manifestarsi la
potenza del Signore e la nostra
fiducia in essa?
Non posso non pensare alla mia
elezione due anni fa, per un voto
ugualmente, e a ciò che per me ha
significato questo fatto in questo
senso spirituale. Allora ai giornalisti che leggevano quella votazione
come una spaccatura della chiesa,
abbiamo spiegato che non lo era
affatto e che la chiesa avrebbe
proseguito compatta il suo cammino. Oggi, di fronte a questa
maggioranza di un voto, non possiamo certo nascondere la spaccatura della chiesa pur relativizzata
dall’analisi politica di quel voto.
Confessiamo la
nostra fede
Ai giornalisti, a chi ci guarda in
questi giorni, a noi stessi gli uni
agli altri, non possiamo che confessare la nostra fede, non in noi
stéssi e nelle nostre capacità di
mediazione e di ricuciture, ma nel
Signore Gesù Cristo. E’ Lui che,
malgrado le tempeste che possono
squassare la barca della chiesa —
e ne abbiamo conosciuto di peggiori — e malgrado la paura che
venti e onde ci incutono, tiene
insieme la nostra esistenza come
chiesa, con la tranquilla sicurezza
che è simboleggiata dal sonno sul
guanciale, a poppa della barca.
(Marco 4; 35-41). La fede che
MESSAGGIO DAL RIO DE LA PLATA
Rendere chiara la proposta
di vita nuova in Cristo
Cari fratelli,
questi saranno giorni di decisioni per le chiese valdesi e
metodiste in Italia, giorni di
riflessione, di ricerca, di proposte e forse anche dì forti
dibattiti. Finalmente sarà
tempo di condivisione nell’accordo e nel dissenso. Un tempo in cui la nostra condizio
Saluto
Il Sinodo riceve con gioia
e gratitudine al Signore un
messaggio da parte del Moderatore della Mesa Vaidense.
Incarica U seggio di inviare ai
fratelli del Rio de la Piata
il saluto del Sinodo.
ne di umani, di creature, si
manifesterà in forme diverse. Proposte e inquietudini,
dubbi e certezze, fiducia e sfiducia saranno presenti. Ogni
comunità, ogni regione verrà
per portare U suo contributo
specifico, sperando anche di
ricevere qualche cosa. Sarà
anche un tempo in cui si renderà necessaria la forza dello Spirito Santo, la presenza
della parola di Dio che illumina la realtà del vivere quotidiano. Il Signore della liberazione mette davanti a noi
una grande sfida. Le comunità fondate sulla fede sono
chiamate oggi come in ogni
tempo a rendere vivida, chiara e ferma la proposta di vita nuova che ci viene da Gesù Cristo.
Molti fiatelli in tutta la
creazione sono in attesa della misericordia, della solidarietà, del patto d’amore che
non possiamo come credenti
rifiutare. Sia là che qui, in
queste terre scosse ogni giorno da conflitti e da lotte dovute nella maggior parte dei
casi alle ingiustizie, occorre
che la Chiesa riscopra in ogni
momento il senso dell’evangelizzazione.
A nome delle chiese valdesi del Rio de la Piata vi facciamo pervenire il nostro affetto e la nostra solidarietà
in Cristo.
Per la Mesa Vaidense
Hugo R. Malan
Moderatore
proprio in questi frangenti rischia
di passare in second’ordine, se
non di sparire, deve richiamarci
alla fiducia che Lui, Lui solo, può
spianare il percorso davanti alla
nostra barca.
L’atteggiamento
etico
Ma neppure questo può bastare a dei credenti. Una fede che
è solo fatta di affermazioni, pur
importanti, e non di fatti che ne
conseguono, non è vera fede. E
allora è indispensabile che noi riflettiamo sull’atteggiamento etico,
di comportamento, che in questa
situazione ci è richiesto dalla fede. Vorrei invitarvi a farlo, ascoltando la pagina di un libro che ho
pescato, tra molte altre cose, durante il mio recente viaggio negli
Stati Uniti,
« Trasfondiamo la nostra linfa
vitale nelle nostre imprese e ci
identifichiamo a tal punto con esse
da non riuscire più a sopportare
la critica. Sentendoci dissociati e
cessità. Nel dibattito che seguirà questo Sinodo sul tema del voto
che ci ha divisi, rischieremo pesantemente di trasfondere nelle
nostre convinzioni la nostra persuasione di aver ragione (e in particolare di avere dalla nostra parte
la « ragione del Sinodo ») a tal
punto da ferire e respingere chi
esprime un’opinione diversa dalla
nostra. Badiamo bene; perché se
ciò avvenisse, ci ammaleremmo di
una malattia da cui è diffìcile
guarire.
Ma vorrei proporre questa pagina di avvertimento, non solo in
riferimento al dissidio riguardante
l’8 per mille. Molte nostre chiese
sono già malate per dissidi e lacerazioni, di data antica o recente.
Fazioni, rancori dovuti a questioni personali, di interesse, o
anche a questioni di principio, « di chiesa », sono presenti nel nostro tessuto comunitario; divisioni e lacerazioni affrontate talvolta dai pastori con
sofferenza, non affrontate talaUra
dai pastori, forse ugualmente con
sofferenza.
Pastori e delegati ascoltano il messaggio del moderatore.
vulnerabili, minacciamo coloro
che ci mettono in questione come
se fossero nemici e respingiamo
ai margini della nostra vita quelli
che hanno abbastanza coraggio da
suggerire che ci potrebbe essere
un modo migliore per fare ciò
che stiamo facendo. Il guarire da
questa malattia è talvolta lento e
non sempre giunge in tempo per
riparare i danni compiuti.
...Malgrado i tanti sermoni sul
perdono, non perdoniamo facilmente, né gli altri perdonano facilmente a noi. Il perdono, scopriamo, è sempre più duro di
quanto i sermoni vogliano farlo
apparire. La nuova vita che affiora in noi è il frutto del perdono,
ma prima viene il morire » (Elisabeth O’Connor, Cry pain. cry
hope).
Questo avvertimento ha avuto
per me una notevole funzione di
freno nelle « imprese » che mi
hanno appassionato in questi ultimi mesi: non solo la questione
dei finanziamenti pubblici, ma anche altri argomenti molto dibattuti, come l’iniziativa della Tavola
nei confronti delle chiese autonome e il Centro culturale di Torre
Pellice, « imprese » di cui ero profondamente convinto, ma in cui rischiavo di schiacciare, ferire e
emarginare chi non la pensava come me.
Vorrei proporre ora questa pagina a tutti noi come indicazione
di una linea di comportamento
che rappresenta una urgente ne
L’avvertimento di questa pagina che ho letto, sulla malattia della violenza sull’altro, non riecheggia forse Favvertimento della Parola « Se vi mordete e divorate gli
uni gli altri, guardate di non esser consumati gli uni dagli altri »
(Gal. 5: 15)?
E allora dobbiamo ascoltare bene la via vera, evangelica, che
è quella del perdono, che è raro
tra di noi, malgrado tutti i nostri
sermoni sul perdono. La malattia
può guarire, esiste la possibilità
della vita nuova, rinnovata, dello
scioglimento dei nodi irrigiditi,
che spesso ci legano. 11 perdono
chiesto per quanto abbiamo inferió, e dato per ciò che abbiamo subito è la porta della vita nuova;
ma prima viene il morire! Perché è duro come un morire negare
se stessi nell’ammettere di aver
ferito e schiacciato l’altro, perdere se stessi nel non vivere più
sorretti dal risentimento per ciò
che abbiamo subito. Il perdono è
duro come un morire. Non ne è
morto, letteralmente. Colui che
sulla croce ha aperto questa possibilità nella nostra vita?
Davanti a noi, fratelli e sorelle,
sta la trama della nostra vita individuale e comunitaria che è sempre un mistero, l’ignoto. Sta anche
la promessa di vita che gratuitamente ci è rivolta, malgrado le nostre infedeltà. Ma ricordiamoci:
prima viene il morire. Ci aiuti il
Signore a non evitare la porta della vita. Franco Giampiccoli
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2 settembre 1988
speciale sinodo valdese e metodista
ECUMENISMO
Quale rapporto
con il cattolicesimo?
L’evangelizzazione all’interno delle singole chiese e « da chiesa a
chiesa » - Una commissione di studio sui matrimoni interconfessionali
Il Sinodo ha affrontato l’argomento deirecumenismo avendo alle spalle un avvenimento
che ha determinato poi l’accentramento del dibattito sul tema
dei rapporti con il cattolicesimo :
l’invito che il moderatore della
Tavola valdese aveva ricevuto,
nel màggio scorso, ad un momento di dialogo con la Conferenza episcopale italiana (GEI).
L.'invito era partito dal Segretariato per Tecumenismo e il
dialogo della stessa GEI, e ha
dato origine ad un incontro che
sembra preludere ad interessanti sviluppi futuri.
Anzitutto rincontro stesso, come rileva la relazione della Tavola, ha permesso al moderatore
e ai due consulenti che l’accompagnavano (Paolo Ricca e Maria
Sbaffi Girardet) di precisare
che, lungi dal restare imprigionati nell’alternativa « o ecumenismo o dialogo », l’unica possibilità di un dialogo fecondo è
data da « una tensione costante
tra evangelizzazione ed ecumenismo, che con chiarezza non rinunci né all’un polo né all’altro ».
Anzi, il moderatore ha sostenuto la legittimità e la necessità non solo dell’evangelizzazione
aH’intemo di ciascuna chiesa e
al di fuori delle chiese, ma anche « da chiesa a chiesa ».
Lo stesso incontro ha anche
permesso di precisare, quali premesse per il dialogo cattolicovaldese e di conseguenza per
quello più ampio cattolico-riformato, il riconoscimento del « substrato cristiano comune » dal
quale partire per l’esame di problemi concreti, e al tempo stesso la caratteristica dell’« asimmetria istituzionale » che caratterizza le due confessioni cristiane, e che impone la necessità
di precisare il volto degli organi istituzionali che vengono posti a confronto.
Nel corso dell’incontro il moderatore da una parte ha precisato che l’inizio di un dialogo a
livello ufficiale con la GEI non
deve significare sospensione del
dialogo già aperto ed attivo con
altre realtà cattoliche, quali le
Comunità di base, e dall’altra
ha proposto lo studio del tema
dei matrimoni misti, da affidare all’incontro periodico di due
delegazioni, valdese e cattolica.
Questo tema è stato scelto, oltre che perché è un tema scottante, anche perché nel documento sinodale del 1982 sull’ecumenismo era stato definito quale « test fondamentale » per verificare la disponibilità cattolica
ad affrontare con impegno un
tema ecumenico difficile.
La relazione della Commissione d’esame definiva quale « programma di minima » la proposta
di una commissione mista di studio sui matrimoni interconfessionali.
« L’impressione è che i cattolici
ci chiedano in effetti molto di
più, e noi ci troviamo spesso a
fare con loro non solo le ’’due
miglia” bibliche, ma il resto della strada », proseguiva ancora la
Commissione d’esame, la quale
peraltro accennava a un tema
che non è poi stato sviluppato
nel dibattito: la questione del
« ministero ecumenico di unità ».
Si tratta di progettare e di sviluppare un ministero ecumenico
che « corrisponda ad un’ecclesiologia incentrata sulla conciliarità, e che non si ponga al di
fuori 0 in alternativa al Consiglio Ecumenico delle Chiese...».
Il dibattito sinodale è stato
concentrato sulla novità implicita nell’avvio di un dialogo ufficiale con i vescovi italiani.
Dopo alcune precisazioni, che
andranno approfondite in seguito, sulle modalità e la qualità
degli interlocutori da mettere di
fronte, l’attenzione si è portata
sulle implicazioni teologiche ed
ecclesiologiche del dialogo cattolico-valdese.
Di fronte a questa novità Paolo Ricca ha dichiarato : « Noi siamo stati invitati ad un dialogo
con la GEI. Io non mi sento di
rifiutare: la piccola famiglia che
è la Chiesa valdese non ha paura di dialogare».
Eugenio Stretti, da parte sua,
ha rilevato le « riserve di carattere psicologico » che molte volte impediscono l’avvio e lo sviluppo di rapporti ecumenici. Per
esempio, ha rilevato, all’apertura del Sinodo « non è stato rivolto un saluto ai fratelli cattolici presenti» al culto.
Non sono mancati anche interventi di segno contrario, come
quello di Gino Conte, pastore a
Genova, il quale più che una
volontà di dialogo ha espresso
la sua volontà di rifiuto del cattolicesimo come istituzione ecclesiale : « Quello che io continuo
a rifiutare nel cattolicesimo è
questa struttura: questo papato,
questo episcopato... ».
Altri interventi, pur non
escludendo eiffatto l’inizio di im
dialogo ecumenico con i vescovi
italiani, hanno ribadito la necessità di privilegiare il rapporto
con la base, e l’incremento continuo di un ecumenismo di base.
In particolare, questo è stato
sottolineato in rapporto alla dinamica che attualmente si sta
sviluppando nel cattolicesimo.
Intervenendo su questo tema, lo storico Giorgio Spini
ha sottolineato la crisi di unità di cui attualmente soffre il cat
tolicesimo italiano, e il suo pericolo di frazionamento. Spini
ritiene che l’unità del cattolicesimo, non solo italiano ma anche a livello internazionale, fosse meglio assicurata da Paolo VI
piuttosto che ora, attraverso i
viaggi in tutti i continenti effettuati da Giovanni Paolo II.
Perciò ha avvertito il Sinodo
della necessità — ogni volta che
si entri in dialogo con il cattolicesimo — di domandarsi di
fronte a « quale cattolicesimo »
ci troviamo. Premessa necessaria all’apertura di un dialogo
con il cattolicesimo è dunque, secondo Spini, la « consapevolezza
della crisi acuta del cattolicesimo italiano».
L’attenzione a questo tema è
stata destata, fra l’altro, dai
possibili risvolti anche internazionali che ne potrebbero derivare. Infatti, per le Ghiese vaidesi e metodiste, entrare in dialogo con la Chiesa cattolica significa in qualche modo essere
più vicini ai problemi del cattolicesimo intemazionale, e di con-,
seguenza essere più attenti alle
sue prese di posizione sui grandi problemi delTumanità.
A questo proposito Aldo Comba, pensando che diverse chiese
si preparano a celebrare il V
centenario della scoperta dell’America (nel 1992) come V centenario dell’ inizio dell’evangelizzazione del continente, ha esortato a intraprendere un’analisi
critica della scadenza, « insieme
ai cattolici e alle altre chiese»
coinvolte nelTavvenimento.
Con la scoperta dell’America
infatti — ha osservato Aldo Comba — è iniziato il genocidio delle popolazioni indigene, del quale anche esponenti del protestantesimo sono stati corresponsabili.
Cesare Milaneschì
VERSO UNA FASE NUOVA
Il test dei matrimoni
interconfessionali
Maria Sbaffì Girardet, Paolo
Ricca, Giovanni Scuderi, Franco
Becchino, Gianni Long fanno
parte della commissione che il
seggio ael Sinodo ha incaricato
di iniziare i colloqui con la chiesa cattolica sulla questione che
da anni travaglia le nostre chiese, vale a dire quella dei matrimoni interconfessionali.
Dopo anni di dibattiti e d’incontri, sviluppatisi soprattutto
alle Valli, si apre ora una fase
nuova sui cui risultati non si può
fare alcuna previsione, ma formulare un caldo augurio perché
si possa giungere ad avere dei
risultati concreti, che aprano
nuovi spazi per le coppie interconfessionali.
E’ probabile che il lavoro non
sarà né facile, né di breve durata. La commissione dovrà riferire al prossimo Sinodo sulle
prime risultanze del proprio lavoro.
Un problema comune
Il Sinodo delle Ghiese vaidesi e metodiste, esaminala
la relazione della 'Savoia in
ordine ai rapporti con il cattolicesimo, ne approva le linee e i contenuti;
si rallegra che- U Segretariato per l’ecumenismo e il
dialogo della GEI, nel quadro di un contatto da esso
promosso, abbia accettato la
proposta della Tavola di affrontare il tema dei matrimoni interconfessionali, quale problema teologico pastorale e giuridico, comune alle
due chiese.;
dà mandato al seggio di nominare una commissione che,
in collegamento con la Gommissione consultiva per le
relazioni ecumeniche, inizi i
colloqui su tale tema con la
parte cattolica e ne riferisca
al prossimo Sinodo.
Commissione
li seggio, in esecuzione all’atto 27/SI/88, nomina una
commissione per il dialogo
col cattolicesimo, nelle persone di: Maria Sbaiii Girardet, relatrice.; Paolo Ricca,
Giovanni Scuderi, Franco
Becchino, Gianni Long.
PARTECIPAZIONE FRATERNA
Uno scambio di lettere
Ogni anno il Sinodo riceve
numerosi messaggi. Tradizionale è quello del vescovo di
Pinerolo. Lo pubblichiamo qui
di seguito unitamente alla risposta del presidente del Sinodo.
Caro fratello in Cristo,
« Dio nostro Padre e Gesù Cristo nostro Signore diano a tutti
voi grazia e pace» (Rom. 1: 7).
Con queste parole deH’apostolo
Paolo desidero inviare il mio
fraterno saluto, a nome delle
comunità cattoliche della Diocesi di Pinerolo ed anche a nome
dei Vescovi piemontesi che mi
hanno incaricato.
Invochiamo, nelle liturgie festive di domenica 21 agosto, la
grazia dello Spirito Santo sui
lavori del Sinodo; con un piccolo gruppo, sono presente al culto di apertura del Sinodo, per
lodare e ringraziare con voi il
Signore.
Questi piccoli gesti vogliono
essere un segno di partecipazione fraterna al cammino di una
chiesa sorella, soprattutto nel
momento più solenne e importante come la celebrazione del
Sinodo.
Ringraziamo il Signore perché, nonostante le difficoltà del
momento presente, il dialogo ecumenico non si è affievolito anche nel nostro territorio, ma
continua con molteplici iniziative di incontri. Vorrei ricordare
in modo particolare la preghiera
comune nella settimana di gennaio p»er l’unità dei cristiani, in
tre località del territorio, fatta
sul testo preparato dal gruppo
misto cattolico-valdese.
Prendiamo sempre più coscienza che, pur non minimizzando
le cose che dividono, sono di
gran lunga più forti e più importanti le cose che uniscono.
E’ questa la speranza ecumenica
di un cammino che tutte le Chiese considerano irreversibile.
Un compito arduo che sta di
fronte è quello di far penetrare
nelle comunità questa speranza
e questo impegno, perché non
rimangano un tesoro nascosto
di piccoli gruppi.
Il Signore benedica il vostro
lavoro, lo fecondi con la sua luce e la sua grazia.
Con affetto fraterno.
Pietro Giachetti
Vescovo di Pinerolo
* * *
Caro fratello in Cristo,
a nome del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, le trasmetto il più vivo ringraziamento per il messaggio da lei consegnato a nome della sua diocesi
e dei vescovi piemontesi.
La presenza sua e di un gruppo di cattolici della sua diocesi
al culto di apertura del nostro
Sinodo è segno di una partecipazione fraterna nella preghiera
di cui non ci sfugge il significato.
Quest'anno il nostro Sinodo
ha dedicato particolare attenzione, in tema di ecumenismo, ai
rapporti con il cattolicesimo
rallegrandosi che il Segretariato
per Vecumeismo ed il dialogo
della Conferenza Ejñscopale Italiana, nel quadro di un incontro
da esso promosso nello scorso
mese di maggio, abbia accettato
la proposta della Tavola Valdese di affrontare il tema dei matrimoni interconfessionali quale
comune problema teologico, pastorale e giuridico. Il Sinodo ha,
quindi, deciso la costituzione di
una commissione che inizi i colloqui con la parte cattolica.
Tale decisione rappresenta certamente un passo significativo
nel dialogo fra le nostre chiese
e confidiamo nella guida del Signore Gesù Cristo e nella ispirazione dello Spirito Santo perché il dialogo avvenga nella chiarezza e nella fraternità, contribuendo alla soluzione di taluni
aspetti retativi a un problema
come quello dei matrimoni interconfessionali, che è molto vivo e causa di sofferenza, non solo nella sua diocesi e nelle nostre valli.
Possa il Signore guidare le nostre chiese nella obbedienza alla sua Parola e nella fedeltà della testimonianza al mondo.
Con i più fraterni saluti.
Piero Trotta
Presidente del Sinodo delle
Chiese valdesi e metodiste
Incontro a Torre Pellice: il pastore luterano J. Kleemann con il
vescovo GiachettL
4
4 speciale sinodo valdese e metodista
2 settembre 1988
IL DENARO NELLA CHIESA
La questione morale
delle chiese
L’obiettivo del 3% ripropone la questione di una contribuzione periodica proporzionale personale - Il denaro come termometro della fede?
« L’obiettivo del 3% deve
essere riproposto con vigore
ed urgenza alle chiese. Qui
sta il problema centrale che
deve attirare quest'sumo l’attenzione. Su molte questioni abbiamo posto all’esterno
la questione morale. Con altrettanta determinazione
dobbiamo far chiarezza al
nostro interno sulla realtà finanziaria. Anche per i membri delle chiese valdesi e metodiste, lo diciamo apertamente, esiste ima questione
morale ». Così ha autorevolmente scritto la CdE nella
sua relazione.
fuso all’interno delle nostre
chiese proprio in vista di questa assunzione di responsabilità, che deve allargarsi a
macchia d’olio e coinvolgere
tutti i membri delle nostre
chiese, senza rimanere più
espressione elitaria di un
gruppo delegato a contribuire per tutti. «3%: una contribuzione personale, periodica, proporzionale » è lo slogan che ci viene proposto: a
noi attuarlo!
Un cambiamento
di sistema
Il Sinodo, dedicando un intero pomeriggio ai problemi
economici (denaro nella chiesa, consuntivo ’87 e preventivo ’89, situazione a metà agosto per il 1988, trattamento
pastorale), ha di fatto avviato
— non tanto un dibattito che
dovrebbe svilupparsi all’intemo delle nostre chiese, come solitamente avviene dopo
gli odg sinodali, poiché non
si tratta più di discutere sulla bontà o meno della proposta, ma di attuarla — un
processo di assunzione di responsabilità che non può più
essere rimandato. Tavola e
OPCEMI hanno infatti curato la redazione di un utilissimo prospetto che verrà dif
CONTRIBUZIONE PROMOZIONALE
Un impegno responsabile
Conto economico
Il Sinodo approva il conto
economico del 1987 della Tavola.
Preventivo
Il Sinodo approva il preventivo della Tavola per il
1989.
Rivedere gli impegni
Il Sinodo segnala alle chiese il disavanzo previsto per
il 1988 e le invita a rivedere i
propri impegni al fine di evì tarlo.
Verso il 3%
Il Sinodo approva le proposte della Tavola relative al
denaro nella chiesa e al sistema contributivo.
Invita i Consigli di chiesa
e i Concistori a svolgere una
azione di informazione e di
stimolo verso le chiese vaidesi e metodiste per sviluppare una coscienza più viva
e aggiornata del problemi finanziari della chiesa e dei
loro risvolti etici e spirituali,
con particolare riguardo alle
contribuzioni in vista di: a)
migliorare il trattamento economico degli iscritti a ruolo; h) copr¿e le spese dell’amministrazione ordinaria;
c) investire nel campo della
formazione, dell’evangelizzazione e dei mass media.
In particolare il Sinodo invita le chiese a riorganizzare i propri sistemi contributivi locali, puntando a un impegno più generalizzato dei
singoli membri di chiesa sulla base di una contribuzione
proporzionale alle proprie
entrate (indicativamente il
3%), raccogliendone al principio dell’anno il relativo impegno.
Invita la Tavola, l’OPCEMI,
le Commissioni distrettuali e
la Commissione finanziaria a
sostenere le chiese con consulenze, fornitura di materiali
e visite utili a stimolare la
sperimentazione del nuovo
sistema contributivo.
Invita infine la Tavola e
rOPCEMI a valutare i risultati di queste iniziative e a
studiare, nei prossimi tre anni, la possibilità di definire
preventivi partendo dagli impegni delle chiese anziché
dall’aumento percentuale dei
versamenti degli anni precedenti.
tà. Secondo l’intervento del
pastore Colucci non si tratta
di una nuova proposta in
quanto già nel lontano 1967
si è cercato di percorrerla. Da
attenti lettori dell’Ecclesia
Con questo slogan — detto anche delle « tre P » — si
intende anche dare l’avvio ad
« un progetto organico di
passaggio dal sistema degli
aumenti (proposti dall’alto)
a quello proporzionale (deciso dal basso, attraverso un
impegno per l’anno successivo liberamente scelto) ». Un
sistema di questo genere dovrebbe permettere alla chiesa locale di avere dei propri
preventivi basati sulle reali
capacità contributive e non
su ripartizioni calate dall’alto che, talvolta, sembrano
un carico gravoso mentre in
realtà sono spesso molto al
di sotto delle reali possibili
ste siamo certamente convinti che « non c’è nulla di nuovo sotto il sole »; si tratta
semplicemente di attuare
questo «vecchio» con spirito
sempre nuovo passando dalle parole ai gesti concreti.
Anche su questo argomento
sono stati i pastori a fare i
maggiori interventi; ne abbiamo sentiti quattro prima
che la preoccupata voce di
un laico ponesse l’attenzione
sulla miseria di chi reddito
non ha, e altri tre pastori
prima di sentirci dire da un
laico cassiere che il denaro
nella chiesa è un termometro della fede.
care.
TRATTAMENTO PASTORALE
Tra speranza
e frustrazioni
Emersa la necessità di adeguare gli stipendi pastorali all’effettivo costo della vita
G. P. Ricco illustra al Sinodo i
criteri delle finanze delle chiese.
Perché il denaro...; non
certo per un’ansia di miglioramento del trattamento pastorale, — anche se chiaramente il problema delle famiglie pastorali suddivise in
mono/bi/plurireddito e della conseguente « differenziazione » di trattamento, così
come è stato chiaramente
detto nel corso del convegno
degli iscritti nel ruolo della
Tavola che si è tenuto il venerdì precedente, ed emerso
anche nei risultati del questionario elaborato dal fratello Gianni Rostan c’è tutto
— ma perché, come diceva il
pastore Kleemann parlando
della Facoltà di teologia, c’è
la necessità di reperire del
denaro per sviluppare l’importante lavoro della stessa.
E così il moderatore, intervenendo nel dibattito sulla evangelizzazione — che è il
compito primario della chiesa — ha giustamente richiesto una « maggiore disponibilità finanziaria », anche in
vista della creazione di nuovi servizi quali ad esempio
un dipartimento per l’evangelizzazione.
Il denaro quindi per un rilancio della nostra chiesa,
per fare fronte non solo al
calo dei doni dall’estero, ma
anche alle molteplici possibilità di presenza e di testimonianza che ci vengono offerte e che dobbiamo ricer
I conti economici nelle loro versioni di consuntivo e di
preventivo sono stati ancora
una volta esempio di « sobrietà ». E anche le nostre
chiese, per quanto riguarda
l’anno in corso, si sono sobriamente mantenute al di
sotto delle richieste e della
necessità generale dell’opera; un odg ci invita a riconsiderare il nostro impegno.
Arrigo Bonnes
’’Tra speranza e frustrazioni”
potrebbe essere ii titolo provvisorio del convegno degli iscritti al ruolo della Tavola Valdese
che si è svolto il venerdì precedente il Sinodo. Più di ottanta
partecipanti hanno dibattuto
la situazione spirituale ed economica, soprattutto dei pastori, sulla base delle relazioni di
due pastori poco più che trentenni: Eugenio Bernardini ed Erika Tomassone, e di una lunga
relazione di Gianni Rostan sull’evoluz.one del trattamento economico degli iscritti al ruolo
della Tavola. Si è parlato del
’’modello pastorale” visto troppo spesso solo come guida o
esempio morale e dell’autocomprensione di questo modello da
parte degli stessi interessati, i
quali — pur vivendo una oggettiva situazione di privilegio per
ciò che concerne l’organizzare il
proprio tempo lavorativo e il
sentirsi circondati dall’affetto
della comunità — non sono esenti da tendenze alla frustrazione (spesso connesse al magro
salario), oppure vivono con perenni sensi di colpa derivanti
dal non sentirsi all’altezza delle
esigenze di una vocazione vissuta troppo spesso come lavoro
totalizzante. Si è parlato anche
del modello pastorale femminile.
Esso è ancora tutto da inventare e certamente è il più difficile da vivere. Non ci sono dubbi che ancora troppi pregiudizi e tabù assediano il ruolo della
donna lavoratrice nella società e
nella chiesa, ma è pur vero che
molte conquiste sono state fatte in questo campo e altre verranno, sulla scia di una presenza femminile pastorale in prospettiva sempre più numerosa e
qualificata.
Nel corso del dibattito è emerso il fatto che anche i pastori avvertono l’esigenza di ’’riciclarsi” professionalmente e
che ci sono delle disparità economiche tra gli iscritti al ruolo
della Tavola. C’è il pastore a ’’monoreddito” Tavola, c’è la coppia
pastorale a ’’bireddìto” Tavola
e c’è l’altro ”bireddito”, in cui
uno è dipendente Tavola e l’altro
(o altra) è insegnante o svolge
comunque un lavoro retribuito
da un altro ente. Ed infine c’è
chi, oltre ai redditi di laverò, ha
il privilegio di fruire di propri
patrimoni derivatigli da particolari situazioni di famiglia. Una
lunga analisi di Gianni Rostan
ha messo in evidenza che il tenore della famiglia pastorale
monoreddito è oggi praticamente identico a quello di 25-30 anni fa, mentre il tenore di vita
dei membri di chiesa è fortemeilte aumentato negli ultimi
trent’anni. Ma questo forte aumento del tenore di vita della
comunità non si è tradotto in
un corrispondente aumento delle
contribuzioni. Tutti i tentativi
della Tavola messi in atto negli
ultimi anni hanno avuto un esito positivo ma insufficiente.
Un questionario distribuito e
analizzato nel corso dello stesso convegno ha messo in luce
(segnaliamo solo uno tra ì tanti dati emersi e che dovranno
essere analizzati in futuro) il
fatto che la stragrande maggioranza degli iscritti è d’accordo
per aumenti differenziati agli
iscritti a seconda delle diverse
situazioni economiche. Ma anche questo atteggiamento di solidarietà finanziaria, per diventare effettivo, ha bisogno di avere dietro di sé un’adeguata capacità contributiva della chiesa.
Praticamente solo se i membii
di chiesa sapranno accettare la
proposta del Sinodo di offrire il
3% del loro reddito per assicurare l’adeguata copertura par
le spese della chiesa si potrà migliorare la situazione economica
degli iscritti al ruolo. I risultati
di questo convegno sono rimbalzati nel dibattito sinodale conclusosi con rordine del giorno
qui riportato, che lascia alla Tavola la libertà di avviare anche
forme sperimentali sulla base
delle indicazioni emerse.
L’altro problema di cui riferiamo concerne la necessità di
rendere più efficiente il lavoro di
una Tavola sempre più gravata
da un monte di incarichi collegati ai problemi della diaconia e
da nuove esigenze connesse con
l’Intesa con lo Stato. Si potrebbe decentrare di più il lavoro della Tavola e quindi avere più
commissioni sinodali amministrative.
Oppure si potrebbe aumentare
il numero dei membri della Tavola o assumere un nuovo funzionario a tempo pieno. Oppure ancora si potrebbe tenere il
Sinodo ogni due anni evitando
l’affanno e il superlavoro collegati all’appuntamento annuale.
Le varie ipotesi emerse nel dibattito saranno esaminate dalla
speciale Commissione nominata
dal seggio, che non mancherà
di fare, per il prossimo Sinodo,
nuove proposte. Non è un caso
che facciano parte di questa
nuova Commissione tutte persone che hanno svolto nel passato incarichi nella Tavola. Sanno , quindi di cosa parlano.
Giuseppe Platone
Adeguamento
Il Sinodo, valutando positivamente quanto la Tavola
ha studiato e proposto per
adeguare gli assegni per gli
iscritti nei propri ruoli alle
reali « necessità della vita »,
informato delle indicazioni
emerse nel corso del recente
convegno degli iscritti nei
ruoli della Tavola, tenutosi a
Torre Pellloe il 19 ultimo scorso, incoraggia la Tavola a
proseguire nell’iniziativa, dando avvio anche a forme sperimentali.
Organi esecutivi
Il Sinodo dà mandato al
seggio di nominare una commissioùe che riferisca alla
prossima sessione, la quale,
nel rispetto della nostra ecclesiologia, avvi! uno studio
sul problema del funzionamento più efficace degli organi esecutivi della chiesa ai
diversi livelli (Tavola, Distretti, Circuiti).
J
5
2 settembre 1988
speciale sinodo valdese e metodista ^
FINANZIAMENTI PUBBLICI
DECENNIO DI SOLIDARIETÀ’
Divisione
senza spaccatura
Una discussione meditata - Un problema da non sottovalutare ma
secondario rispetto a quello della responsabilità dei membri di chiesa
Dopo una serie di studi e
di dibattiti pluriennali, sia in
sede locale che sinodale, si è
conclusa la questione — sia
pure in forma parzialmente interlocutoria — relativa ai finanziamenti ecclesiastici o,
per meglio precisare, alla
questione dell’S per mille ed a
quella della defiscalizzazione.
Ricordiamo brevemente
che la questione era sorta a
seguito della nuova legge
concordataria fra Stato e
Chi esa cattolica (la n. 222 del
1985] in cui è previsto che, a
partire dal 1990, il cittadino
contribuente possa destinare
in alternativa allo Stato o alla Chiesa la quota dell’S per
mille del proprio reddito, nonché di detrarre, sempre dal
proprio imponibile, le somme
versate a favore della Chiesa
(le cosiddette « erogazioni liberali »), fino al tetto di 2 milioni di lire. In un successivo
dibattito parlamentare veniva
sollevata la questione della
possibilità di estendere tale
facoltà alle altre confessioni
religiose a loro richiesta,
con conseguente impegno del
governo in tal senso.
Tornando ora a noi, e premettendo ancora che il Sinodo 1985 aveva già del tutto
escluso che l'eventuale accettazione deirs per mille potesse essere finalizzata ad « oneri di mantenimento degli enti
ecclesiastici e dei ministri di
culto... », la discussione si è
svolta con toni più meditati e
pacati che non in precedenza
(salvo qualche inevitabile
punta polemica). Di questa
maggiore serenità si deve dare merito anche alla Tavola ed
alla Commissione d'esame.
La prima infatti, nel suo Rapporto, ha fornito tre ampi studi
(più un quarto, a parte, sul sistema tedesco di « tassa ecclesiastica ») mentre in precedenza — a seguito di analogo mandato sinodale — essa aveva inviato alle chiese
un documento, frutto di una
precisa e non facile ricerca,
relativo alle forme di finanziamento di cui attualmente
fruiscono chiese ed opere.
Per conto suo, la Commissione d’esame, nella sua relazione, pur non sottovalutando
la questione l’ha definita secondaria di fronte al problema
centrale delle contribuzioni
dei membri di chiesa (il cosiddetto « obiettivo 3% »].
A parere di chi scrive, gli
interventi più significativi sono stati appunto quelli che
hanno sottolineato la fondamentale importanza di assumersi in prima persona la responsabilità anche finanziaria
nei confronti delle proprie
chiese.
L’assemblea è stata posta
di fronte a due ordini del giorno di diverso contenuto: uno
della Commissione d’esame e
l’altro presentato da alcuni
membri del Sinodo.
Del primo, approvato di
stretta misura pubblichiamo
qui a parte il testo mentre,
per quanto riguarda il secondo (non più votato in base ai
regolamenti), esso proponeva
di « aprire una trattativa col
governo italiano » con la successiva stipula di un’intesa,
previa « valutazione degli specifici ambiti e contenuti della
trattativa » il cui progetto
avrebbe dovuto essere pre
RAPPORTI STATO-CHIESA
8°/oo - No, per ora
Il Sinodo, preso atto dei
materiali di studio e di documentazione elaborati in base all’art. 38/SI/87, considerato che le forme di finanziamento previste dalla legge
333/1985 appaiono rispondenti a una concezione dei rapporti Stato-Chiesa diversa —
e per taluni aspetti opposta
— a quella che è stata elaborata neU’ambito delle nostre chiese e che è rispecchiata dall’Intesa del 1984;
ritiene di non dover addivenire in questo momento a
una trattativa con lo Stato
suUa materia;
reputa Invece che la Tavola e gli enti, istituti e opere
del nostro ordinamento possano avvalersi delle opportu
nità di finanziamento offerte
da leggi e convenzioni nell’ambito del diritto comtme, in
quanto esse non contrastino
con i principi più volte riaffermati della natura non privilegpa'ria delle norme, della
trasparenza delle procedure
e della idoneità della destinazione, restando comunque esclusa quella del mantenimento del culto;
invita la Tavola ad elaborare un progetto sui rapporti
finanziari Stato-Chiesa, riguardanti anche un’ipotesi di deducibilità delle erogazioni liberali a favore delle nostre
chiese, anche in vista del nuovo esame del contenuto dell’Intesa previsto per il 1994
(art. 30 Intesa).
Le donne nella chiesa
Individuazione di un concreto terreno di impegno - Solidarietà con la Comunione anglicana
sentato dalla Tavola al Sinodo
1989.
Come già accennato, l'assemblea, pur essendosi divisa, ha saputo e voluto mantenersi nei limiti di un dibattito motivato nelle opposte
valutazioni del problema, dibattito che ha evitato una temuta spaccatura.
In conclusione, c’è da augurarsi ora che anche nelle
chiese locali questa questione venga recepita con lo stesso spirito e con un rafforzata
convinzione (e adeguata opera di convincimento!) delle
proprie personali responsabilità contributive.
Roberto Peyrot
La proposta del Consiglio Ecumenico delle Chiese di dedicare il decennio alla solidarietà con le donne che lottano per
vedere riconosciuto il loro ruolo nella società e nelle chiese
era già stata approvata nel Sinodo scorso. Quest’anno il Sinodo ha individuato il terreno
concreto di impegno: modificare le mentalità, dare alle donne
un posto nei processi decisionali (non solo per questo, l’elezione della Tavola ha visto l’ingresso di una seconda donna, il
past. Gianna Sciclone), attenzione alla elaborazione teologica ed intellettuale delle donne
sui principali temi di impegno
ecumenico.
Il Sinodo si è anche rallegrato della decisione della conferenza di Lambeth di ammettere
in tutta la comunione anglicana
il ministero ordinato delle donne.
CEC
Il Sinodo incoraggia le comunità a dare seguito al proprio impegno per U Decennio
ecumenico (1988-1998) di solidarietà delle chiese con le
donne (atto 33/SI/1987) promosso dal CEC in occasione
del culto di Pasqua 1988; le
invita ad individuare delle
priorità da verificare periodicamente nelle assemblee
ecclesiastiche ai vari livelli,
raccomandando le seguenti linee di impegno:
a) trasformare le abitudini mentali discriminanti, tuttora esistenti nella eoppia,
nella famiglia, nella chiesa,
nella società;
b) incoraggiare la partecipazione piena e creativa
delle donne ai processi decisionali nella chiesa;
c) accogliere il contributo
specifico delle donne sui te^mi della giustizia, della pace,
deU’integrità del creato.
Conferenza di Lambeth
Il Sinodo, preso atto dell’autorevole dichiarazione della
Conferenza di Lambeth, secondo la quale non esiste incompatibilità tra il messaggio evangelico e il conferimento alle donne dei ministero ordinato nella chiesa,
in tutte le sue espressioni
(compreso l’episcopato), considera questa decisione una
vittoria della Parola di Dio
sulla tradizione ecclesiastica,
esprime la propria piena solidarietà con la Comunione
anglicana, riconoscendo In
questa decisione un motivo
ulteriore di fraternità ecumenica.
Il prof. Giorgio Girardet, assistito da Franca CeUitti, presiede il
Seggio provvisorio.
RELIGIONE A SCUOLA
La religione cattolica è di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato accoglie il ricorso del Ministero della Pubblica Istruzione contro la sentenza del TAR Lazio - Viene affermato il carattere obbligatorio dell’IRC
Lunedì 29 agosto (a Sinodo ormai concluso) la VI sezione del
Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza con cui accoglie
il ricorso del Ministro della pubblica istruzione, Galloni, contro
la sentenza del TAR del Lazio
del 17 luglio ’87, che cassava la
circolare 302/’86 dello stesso Ministero riguardante le modalità
applicative dell’insegnamento
della religione cattolica (IRC)
nelle scuole pubbliche e le cosiddette « attività alternative ».
La sentenza del TAR riconosceva il principio della piena facoltatività deiriRC, che dopo il
Concordato e la legge 449/'84
doveva essere considerato un
« quid pluris » (un qualcosa di
più) da offrire a chi voleva seguirlo.
Il Consiglio di Stato, con questa sentenza, ribalta compietamente il ragionamento del TAR
ed afferma il carattere obbligatorio delTIRC, che è soltanto
opzionabile con un altro insegnamento, che il Consiglio di
Stato auspica venga definito per
legge.
In pratica, daH’inizio della
scuola gli allievi dovraimo o seguire TIRC o le attività alternative. Niente « studio individuale » o uscita dalla scuola in corrispondenza deiriRC. Solo per
le superiori è previsto ancora lo
studio individuale che « andrà
organizzato ». La sentenza (su
cui interverremo più ampiamente nel prossimo numero) afferma che TIRC « rientra a titolo
proprio nelle finalità dello Stato in ordine all'elevazione della
cultura e della coscienza del singolo cittadino ».
In altre parole la religione
cattolica non è solo più « patri
monio storico del popolo italiano » ma ritorna ad essere religione di stato.
La Tavola valdese, presa conoscenza della sentenza, ha emesso im comunicato che pubblichiamo qui di seguito.
Giorgio Gardiol
La sentenza del Consiglio di
Stato smentisce clamorosamente
l’affermazione concordataria che
la religione cattolica non è più
religione di stato e nega recisamente l’affermazione che TIRC
è facoltativo, in hase alla quale
parte delle forze laiche ha dato
appoggio alla revisione del Concordato. Trionfa invece la tesi
deil’opzionalità obbligatoria: obbligo di scegliere o TIRC o una
ora aiternativa.
Come abbiamo sostenuto davanti al TAR Lazio — che ci
aveva dato pienamente ragione —
ia legge 449/84, che traduce l’intesa raggiunta tra lo Stato e le
chiese rappresentate dalla Tavola Valdese, riconosce a chi
dichiara di non avvalersi delriRC il pieno diritto di farlo
senza subordinare tale facoltà
a qualsivoglia obbligo o condizione. Con questa vergognosa
sentenza — che puntella un sistema meno rispettoso della libertà religiosa e di coscienza di
quanto non facesse la legislazione. fascista del 1928/39 — a
quanti si richiamano alla legge 449/84, evangelici, ebrei, laici,
viene imposto il carico di un’ora
che ha unicamente la funzione
di giustificare la centralità delriRC. Vengono cosi negate le
garanzie che il TAR Lazio aveva
ampiamente riconosciute ai non
avvalentlsl: lo studio individuale
in scuola o l’assenza da scuola
durante TIRC.
6
6 spedale sinodo valdese e metodista
2 settembre 1988
OPCEMI
L'identità metodista
L’importanza, dei contatti con il metodismo internazionale - L’organizzazione ecclesiologica in Italia - Avvicendamento alla presidenza
Ha percorso tutto il dibattito sinodale la questione della specifica identità metodista. Anche all’interno dell’esame di fede il neo-pastore
John Hobbins ha parlato della passione metodista per la
teologia riformata; è infatti
caduta, dopo K. Barth, la
dottrina classicamente calvinista dell' elezione, vestito
troppo stretto per il metodismo, così proteso invece e
compromesso nel mondo.
« La mia parrocchia è il mondo » è una parola che non è
mai rimasta e non deve essere neppure oggi solo uno slogan, ma un modo di vivere la
propria fede.
In questo modo si può dire
che sia stata intesa nel metodismo italiano la scadenza
del 250° anniversario della
conversione di Wesley; non
come una occasione di presentazione trionfalistica del
metodismo alla società italiana, né come una rilettura
della storia personale ed « esemplare » di John Wesley.
La riflessione è invece anda
ternazionali (neU’85 e nell’87) fra l’Alleanza riformata
mondiale e il Consiglio mondiale metodista.
In particolare questi documenti toccano alcuni temi
teologici fondamentali come
la salvezza che trova le sue
origini nella grazia di Dio e
la sua realizzazione nella vita quotidiana, e la chiesa come comunità del patto. Da
un altro lato, nell’ambito della discussione sulla cultura
del disprezzo verso etnie non
europee e sugli atteggiamenti di razzismo che serpeggiano nella nostra società, il
prof. Giorgio Spini ha giustamente richiamato il Sinodo
a centrare l’attenzione e l’attività delle chiese sull’incontro fra diverse culture. La
nostra chiesa, servendosi degli organismi metodisti internazionali, potrebbe dare in
questo senso un segnale importante: invitare un pastore di altra etnia, africano o
asiatico, a lavorare pienamente in una comunità metodista italiana, senza limita
II neopresidente delVOPCEMI, Claudio H. Martelli, con Eric Murray,
della Conferenza metodista di Gran Bretagna.
ta e va continuata sui contenuti del movimento metodista, sulla scelta di Wesley di
scendere fra la gente, al di
fuori delle chiese, per condividerne le sofferenze e rendere concreta la predicazione
dell’evangelo nella solidarietà sulle urgenze sociali e
umane (tutti sappiamo come
le Trade Unions, i sindacati
inglesi, trovino la loro origine nel movimento metodista,
così come la conquista del diritto all’istruzione scolastica).
In questo senso, oggi il metodismo ha grandi co.ntnbuti
da portare all’insieme delle
chiese valdesi e metodiste.
In particolare, se è vero che
l’identità metodista è data
dai contatti con il metodismo internazionale, su almeno due fronti il dibattito sinodale è stato reso attento a
questi contributi.
Da un lato, vengono ora inviati alle chiese valdesi e metodiste perché li studino e ne
facciano bcise di discussione
due documenti teologici prodotti in due consultazioni in
re la sua azione pastorale alle comunità di evangelici immigrati. Questa proposta è
stata lanciata come una provocazione, affinché cominciamò a pensare in termini più
internazionali anche all’interno delle nostre chiese.
Un terzo elemento di identità metodista riguarda invece l’organizzazione ecclesiologica delle comunità in Italia. E’ stato rivolto un invito
a valorizzare maggiormente
la presenza e l’attività laica
all’interno delle comunità locali. Il pastorato locale, che
è nato come una proposta e
una pratica metodista, e la
funzione così fondamentale
dei predicatori locali, possono essere una risorsa che le
comunità metodiste in particolare ripropongono con forza nel momento attuale.
Nell’ambito della discussione sull’operato delrOPCEMI è emersa infatti la
situazione di difficoltà che la
chiesa metodista sta vivendo
anche per quanto riguarda il
carico pastorale. Troppi pastori. non troppi per l’opera
pastorale stessa, ma certamente troppi per il carico finanziario che rappresentano
per le chiese. Tanto la relazione del Comitato permanente quanto la controrelazione, sia pure con accenti
piuttosto diversi, hanno infatti presentato con coraggio
la situazione di sofferenza e
di crisi in cui versa la Chiesa
metodista sul versante finanziario.
Il deficit piuttosto rilevante che riguarda l’esercizio ordinario dell’OPCEMI si accompagna ad una situazione
di trasformazione della chiesa e delle sue strutture amministrative (per esempio sono ora allo studio esperienze
di una collaborazione più
stretta per la segreteria e alcuni servizi tecnici tra Tavola e OPCEMI). L’Opera metodista possiede certamente
un patrimonio immobiliare
importante, tale da garantire
di fronte al deficit, ma questo patrimonio è oggi indebolito per le molte necessità
di manutenzione. Il Sinodo
perciò, oltre che rivolgersi
alle chiese metodiste perché
assumano sempre più responsabilmente il carico della loro Opera in Italia, ha
chiesto che il Comitato permanente inizi a preparare un
piano di risanamento del bilancio, tale da affrontare in
modo più globale questo grave problema.
Il cambio
di presidenza
La crisi che investe la Chiesa metodista è emersa però
anche dal fatto che il pastore Paolo Sbaffi, presidente
del Comitato permanente dal
1986, non ha ripresentato
quest’anno la sua candidatura.
Paolo Sbaffi ha motivato
questo gesto con il suo desiderio di servire pienamente
la chiesa come pastore, in
contrasto con la posizione in
cui si è venuto a trovare come amministratore, ruolo da
lui rivestito con troppo disagio. A seguito della sua uscita dalla presidenza, il nuovo
Comitato permanente risulta composto da Claudio H.
Martelli (presidente), Bruno
Loraschi, Mirella Scorsonelli. Luca Zarotti. Al nuovo Comitato permanente, insieme
agli auguri per un lavoro
fruttuoso, sono stati rivolti
caldi inviti a tessere sempre
più rapporti fraterni e trasparenti con le comunità locali metodiste.
Letizia Tomassone
Approvazione
Il Sinodo approva l’operato
del Comitato Permanente del
rOPCEMI e lo ringrazia.
Piero Trotta,
metodista,
avvocato
a Palermo,
ha efficacemente
diretto come
presidente i
lavori del Sinodo
insieme a
Salvatore
Ricciardi (vice),
Giovanni Anziani
( segretario),
Rossella Sappé
e Silvio Vola
(assessori).
BATTISTI, METODISTI, VALDESI
Passi concreti vers<
i’Assemblea dei ’9i
I materiali preparatori aM’incontro congiunto La proposta delle commissioni e dei temi
Quale deve essere il senso
deH’incontro congiunto delle
assemblee dei battisti, dei
metodisti e dei valdesi?
Il Sinodo ha avuto a disposizione vari materiali preparatori. Nella relazione al Sinodo un capitolo specificava un
progetto comprendente le
proposte per la data e il luogo
(1-4 novembre 1990, a Roma),
i contenuti (qual è il riconoscimento reciproco a cui siamo fin qui pervenuti: quali sono gli impegni comuni che intendiamo prendere insieme),
e il funzionamento della assemblea congiunta.
Un altro capitolo dava conto dei risultati del convegno
sulla stampa promosso dagli
esecutivi battista, metodista
e valdese.
La Commissione d’Esame
per parte sua appoggiava le
proposte della Tavola, insistendo sul coinvolgimento
delle chiese locali, sulla cooperazione che deve iniziare
subito dove c'è una presenza
di due o più chiese delle
tre denominazioni interessate
sullo stesso territorio, e di
conseguenza sulla priorità da
dare alle questioni di ordine
ecclesiologico.
Infine, il Sinodo aveva davanti a sé documenti sulla
procedura, preparati da Franco Scaramuccia e Guido Colucci.
Così istruito, il dibattito è
stato rapido e costruttivo.
Da rilevare l’intervento del
pastore battista Salvo Rapisarda, che ha insistito sulla
opportunità di costituire commissioni di lavoro paritetiche,
in grado di affrontare anche
argomenti spinosi (il battesimo, i ministeri, ecc.)- sui temi teologici, ecclesiologici e
della testimonianza; e i'intervento del moderatore, che ha
sottolineato il cammino già
svolto e la necessità di giungere a proposte non riduttive
in vista del 1990.
Sergio Ribet
Assemblea congiunta
li Sinodo guarda con gioia aH’Assemblea congiunta
del 1990, considerandola una
straordinaria opportunità di
arricchimento spirituale ■s di
comune impegno nella testimonianza evangelica nel nostro paese; . .
raccomanda agli esecutivi
BMV di predisporre materiale
e questionario preparatori
per riprendere a livello delle chiese locali il dibattito
avviato alcuni anni fa su temi teologici qualificanti il
nostro incontro, in vista del
riconoscimento reciproco;
chiede ai Circuiti di tenere
conto fin d’ora della cooperazione sul piano territoriale nella cura delle chiese
viciniori, nell’impegno evangelistico, neU’elaborazione di
una comune linea di azione
nel campo dei rapporti ecumenici;
approva il progetto contenuto nel rapporto della Tavola al Sinodo nella speranza che possa servire di base
per la discussione n.eU’Assemblea UCEBI di settembre
senza preclusioni nel confronti di varianti che si rendessero necessarie. '
Norme di procedura
Il Sinodo esprime il suo
assenso alle norme di procedura così come sono contenute. nel documento preparato dalla commissione paritetica incaricata dai rispettivi
esecutivi;
decide dì adottare quale
regolamento dei lavori per
la sessione cong;iunta del Sinodo e deU’Assemblea Generale dell’UCEBI del 1990 le
norme di procedura che regolano l’andamento dei lavori deU’Assemblea deU’UCEBI-
7
2 settembre 1988
spedale sinodo valdese e metodista
FACOLTA’ DI TEOLOGIA
Una scuola di libertà
di ricerca e di pensiero
Evitare l’isolamento dal mondo universitario e seguire con attenzione il panorama deH’evangelismo italiano - I problemi della gestione
Prima di tutto e sopra tutto gratitudine. Per gli uomini che hanno dato e per quelli che danno il meglio di sé:
nello studio, nella didattica,
in un vasto campo di attività
esterne, con costante dedizione, riuscendo così a far
fronte, benché in numero esiguo, alle molte, varie e crescenti richieste che giungono
alla Facoltà valdese di teologia.
I! ricordo di Vittorio Subìlia
è stato fatto a più voci e con
commozione, non solo per il
valore della elaborazione teologica che ha prodotto e che
lascia in eredità alla Facoltà
ed a coloro che dal suo insegnamento sono stati formati
accademicamente, ma anche
per aver egli conservato e
comunicato una esemplare
umiltà di fronte alla Parola
delì’Evangelo.
Sono stati salutati i venticinque anni di professionalità
ad alto livello che J. Alberto
Soggìn ha donato alla Facoltà. Il decano. Paolo Ricca, ha
ricordato che egli è stato il
primo ad inaugurare la cattedra di Antico Testamento, e
che il raggio del suo lavoro
si è esteso su molti fronti universitari in Italia e all'estero;
un lavoro, il suo, fortemente
caratterizzato dalla qualità del
suo impegno e da una autodisciplina ineccepibile.
Poi il Sinodo ha espresso
calda riconoscenza a Giorgio
U corpo accademico della Facoltà di Teologia nell’anno '87-88: da
sin. i proif. J. A. Soggin, S. Rostagno, B. Corsani, G. Girardet; in
basso il prof. P. Ricca.
FACOLTA’
VALDESE
DI TEOLOGIA
ISCRIZIONI AL
CORSO DI LADREIA
Per l’immatricolazione al corso di
laurea, va presentata domanda alla
segreteria entro il 25 settembre
su modulo fornito dalla segreteria stessa. SI richiede la maturità
classica o altro titolo di secondaria superiore giudicato equipollente, con l’obbligo di esami Integrativi. Un anno di studio Integrativo viene richiesto a coloro che
non hanno fatto 5 anni di scuole secondaria superiore. La frequenza 6
obbligatoria.
Le tasse di studio (160.000 annue)
e di immatricolazione (50.000) vanno versate sul c.c.p. n. 24717001
intestato alla Facoltà valdese. Per
permettere la frequenza vengono
previste borse di studio. La domanda per la borea deve essere
debitamente motivata. Informazioni
più dettagliate sono reperibili presso Il prof, Rostagno, segretario,
il segretario: prof. S. Rostagno
(tei. 06/3619729)
Girardet, che nel prossimo
anno lascerà la cattedra di
teologia nratica e chiuderà
quasi cinquanta anni di servizio pastorale e cinque di insegnamento universitario, per
entrare in una emeritazione
che sarà certamente ancora
feconda di attività creativa.
Vari incoraggiamenti e suggerimenti sono venuti dal Sinodo al corpo docente, secondo due linee. Per quanto concerne il versante esterno, è
stata ribadita la preoccupazione già espressa dalla C.d.E.
perché la Facoltà non si trovi ad essere isolata dal mondo universitario, a cui Giorgio
Spini ha aggiunto l’incitamento a porre attenzione a quanto l'evangelismo italiano produce ed è capace di esprimere teologicamente in modo originale, e poi a cercare
contatti e scambi con il terzo mondo, l’Africa e l’Asia.
Per quanto attiene invece
alla attività didattica, la C.d.E.
ha raccomandato di consolidare gli spazi già creati per la
formazione permanente dei
pastori, allargando la proficua
esperienza del laboratorio di
teologia sistematica alle altre cattedre e collocando meglio il corso di aggiornamento.
A tanta ricchezza di lavoro in prospettiva e neH’immediato dovrebbe naturalmente
corrispondere, se non proprio
l’abbondanza, almeno la sufficienza dei mezzi. Invece la
crudissima realtà è tutt’altra.
La nostra Facoltà — salutata dal vicepresidente della
U.C.E.B.I, pastore Rapisarda,
e dal pastore della Chiesa luterana Kleemann quale luogo
di formazione di uomini capaci di libertà di ricerca e di
pensiero — è in miseria. E la
miseria non è specchio di virtù per le nostre chiese, semmai di vergogna. Le spese di
conduzione sono ridotte all’osso: per contro la necessità di interventi straordinari ed
SINODO ’88
Le decisioni assunte
Nuovo professore Il Sinodo, udita la designa- zione del corpo pastorale, no- mina come professore straor- dinario per la cattedra di teologia pratica il pastore Er- manno Genre. se di Roma » e della « Villa Hilda» di Anguillara con il duplice, scopo di sostenere l’at- tività della Facoltà valdese di Teologìa e di provvedere una struttura di accoglien- za per evangelici provenienti dall’Italia e dall’estero.
Impegno costante Il Sinodo invita le chiese a sostenere finanziariamente la Facoltà di Teologia non so- lo con offerte straordinarie, ma con impegno costante e percentuale sull’esempio del- la chiesa di Roma, piazza Ca- vour. Casa valdese Il Sinodo invita la Tavola, in accordo con il Consiglio di Facoltà, a proseguire le ini- ziative in atto tese affa co- stituzione dell’Associazione di Casa valdese di via Farnese, del suo statuto e della con- venzione tra Tavola e detta Associazione.
Grazie! Approvazione
Il Sinodo rivolge un partico- lare saluto e un ringrazia- mento fraterno alla Chiesa evangelica della Renania per il dono della Casa di via Far- nese, diventata « Casa valde- Il Sinodo approva l’ope- rato del Consiglio della Facoltà di Teologia e ringra- zia i professori per l’impegno con cui hanno svolto il loro servizio.
NUOVO PROF. DI TEOLOGIA PRATICA
inderogabili sullo stabile fa
crescere geometricamente il
deficit. Una sola chiesa, quella di Roma-piazza Cavour, offre un aiuto finanziario regolare, mentre il supporto dei
doni dall’estero non basta.
La situazione già così seria non è affatto alleviata dal
progetto di lavori per l’utilizzo della nuova « Casa Valdese » di via Farnese, dono
straordinariamente generoso
della Chiesa evangelica della
Renania alla Facoltà, che certo riuscirà preziosa una volta risolti positivamente tutti
i problemi ed avviata una sana gestione. Anzi, il moltiplicarsi di sforzi e scadenze rende più sfuggente la possibilità
di abbandonare la serie di
singoli interventi di emergenza sullo stabile di via P. Cessa a favore di un piano generale di risanamento organico.
E’ quindi alle chiese che di
rimando passa la responsabilità perché, in mezzo ai
vari carichi finanziari che affrontano, riescano a trovare
la sensibilità per assumersi
anche questo, e non con doni
saltuari ma in una forma di
regolare amministrazione. E’
la via più seria e sicura e, se
verrà percorsa, ne avranno
conforto anche gli amici della
Facoltà nella loro spesso solitaria passione e dedizione.
Grazie a questi amici esiste
un fondo che oggi garantisce
il finanziamento della V cattedra, quella di teologia pratica. Così il Sinodo ha potuto
procedere serenamente alla
elezione del nuovo docente
che prenderà il posto di Giorgio Girardet nell’anno accademico 1989/90. Due nomi
ugualmente validi sono stati
sottoposti al Sinodo, due personalità parimenti dotate:
Thomas Soggin ed Ermanno
Genre. La scelta è caduta su
Ermanno Genre ed a lui va
l’augurio di un lavoro benedetto.
Febe Cavazzutti Rossi
Ermanno Genre
sulla quinta cattedra
Un’i(dea di lavoro collegiale in cui lo studio si
esprima nel contesto della vita delle chiese
della teologia pratica e si lega
intellettualmente ad Ansaldi,
animatore dei campi agapini su
fede e psicanalisi. Dal settembre
del 198'7 è pastore a Catania, dove resterà sino all'inizio della
sua docenza prevista per l’autunno del prossimo anno.
Autore di numerosi articoli e
saggi (rultimo, su « il dialogo pastorale » di Bonhoeffer,
è in corso di pubblicazione
presso la Claudiana), Genre
ha tracciato le linee programmatiche di come intende l’insegnamento della teologia pratica.
Egli parla di lavoro collegiale
per tentare di esprimere l'imità
della teologia nella diversità delle sue discipline, e di necessità
di strutturare il lavoro m seminari per favorire la ricerca,
il dialogo e la socializzazione
con gli studenti.
Lo studio — sostiene Genre
— deve potersi esprimere nel
contesto reale della vita delle
chiese, in una prospettiva di integrazione di conoscenze necessarie per la formazione al ministero pastorale. Anche il cosiddet
to anno di prova dei candidati
al ministero dovrebbe essere seguito in qualche modo dalla cattedra di teologia pratica, in contatto con i pastori a cui vengono
affidati i futuri « operai » della
chiesa.
E nella prospettiva della formazione teologica permanente
occorrerebbe — conclude Genre
— reimpostare i corsi di aggiornamento per i pastori nel Quadro di un lavoro interdisciplinare.
A Ermanno Genre. cui la
chiesa ha riconosciuto questa
precisa vocazione concretamente sorretta da una robusta specializzazione, l’augurio di anni di
insegnamento fecondi in quella
nuova quinta cattedra che, per
molti, rappresenta la disciplina
più importante e più complessa
accanto alla storia della chiesa,
alla teologia sistematica e alle
discioline dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Giuseppe Platone
Con un ampio consenso in sede di corpo pastorale e di Sinodo il pastore Ermanno Genre,
che ha conseguito nell’ottobre
1987 a Montpellier il dottorato
in teologia pratica, è stato nominato professore straordinario
per la stessa materia nella Facoltà valdese.
Quarantacinque anni, sposato
con Katharina Emi (svizzera tedesca), due figli: Matteo di 14
e Rahel di 10 anni. Originario
di Inverso Pinasca (To), dopo
gli studi magistrali a Pinerolo
Genre si iscrive alla Facoltà di
teologia. Nel ’68 compie a Basilea il suo anno di studi all’estero dove seguirà i corsi di Karl
Barth. Si laurea a Roma con una
brillante tesi sull’Antico Testamento. Consacrato pastore nel
’’72 inizia il suo lavoro pastorale in Val Pellice dove collabora
attivamente con il nostro giornale (è stato 1’« inventore » delle pagine dedicate alle Valli) e
lavora nell'ambito delle opere
diaconali.
Nel 1976, divenuto nel frattempo pastore di Rorà, viene eletto
segretario nazionale della FGEI,
carica che terrà sino al 1981.
Nello stesso anno diventa direttore del Centro di Agape a cui
sa imprimere un nuovo singolare slancio sia in sede intemazionale che locale. Di tempo in tem{x> frequenta vm « fomm » teologico intemazionale a Cartigny
e a Ginevra. Qui matura la decisione di approfondire i temi
8
8 spedale sinodo valdese e metodista
Il pastore Gianna
Sciclone nel corso
del culto inaugurale
del Sinodo.
« Poiché, così dice il Signore, l’Eterno:
Eccomi! io stesso domanderò delle mie pecore,
e ne andrò in cerca.
Come un pastore va in cerca del suo gregge
il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse,
così io andrò in cerca delle mie pecore,
e le ritrarrò da tutti i luoghi dove sono state disperse
in un giorno di nuvole e di tenebre;
e le trarrò di fra i popoli
e le radunerò dai diversi paesi,
e le ricondurrò sul loro suolo,
e le pascerò sui monti d'Israele,
lungo i ruscelli e in tutti i luoghi abitati del paese ».
(Ezechiele 34: 11-13)
« Io sono il buon pastore;
il buon pastore mette la sua vita per le pecore ».
(Giovanni 10: 11)
Cari fratelli e care sorelle.
vorrei tentare di restituire alrimmagine del pastore, tanto cara
alla pietà di tutti i tempi, la sua
carica di critica alle istituzioni politiche umane di governo.
Nell’AT non si dava questo titolo ai re e ai grandi conduttori
tranne che non fossero già morti
da molto tempo: nello stesso cap.
34 di Ezechiele, 500 anni più tardi dalla sua esistenza, si parla di
Davide come « pastore ». simbolo
del re messianico che doveva venire.
L’idea centrale del testo di Ezechiele che abbiamo letto mi sembra la stessa espressa da! Vangelo
di Giovanni: Dio è il pastore, Gesù è il buon pastore. Si annuncia
che Dio interviene, prende partito
a favore dell’umanità, che sembra
un gregge disperso e malridotto.
Si tratta in entrambi i testi di
una diehiarazione innanzitutto polemica, poi anche propositiva e
infine utopica: polemica contro
i pastori rapaci (Gesù li chiama
’’ladri e briganti”); propositiva
per l’intervento di salvezza, che
comporta una svolta radicale nei
rapporti umani fondanti la società; utopica, perché annuncia una
possibilità che non esiste nel mondo, che p'i umani vivano senza capi, avenc'n come capo unicamente
il Dio invisibile.
La dichiarazione
poiemica
frapporsi fra Dio e il popolo, perché Dio non ha bisogno di mediatori (Gesù lo è in maniera essenziale e definitiva). Il testo di Ezechiele non lascia dubbi: i pastori
umani tengono il gregge per il loro interesse, se ne cibano, si vestono, si ingrassano, lo considerano loro proprietà e non possono
fare a meno di comportarsi cosi,
È perciò che Dio interviene contro di loro per distruggerli. Come
Ezechiele abbia pensato questa
distruzione ormai è difficile sapere: dopo la caduta del regno
d’Israele e la deportazione in esilio, ormai si tratta di ritornare e
ricostruire una nazione; ma qui si
riaccendono animosità contro responsabili vecchi e nuovi che, anche in una situazione eccezionale,
pensano solo ai propri interessi,
anziché a quelli del popolo. Contro una visione di sostanziale immobilità del mondo, la profezia
annuncia una condanna che l’intervento di Dio in tanti modi diversi ha eseguito nella storia: « Io
strapperò le pecore dalla loro bocca, dice il Signore! ».
Si può strappare il popolo dall’ammirazione e dal consenso dei
potenti, si può insegnargli a non
essere loro gregge.
Noi non siamo gregge dei potenti, ma solo di Dio: non siamo
gregge di chi detiene il potere e
non vuole controlli, di chi risparmia sulle spese sociali, di chi costruisce e vende armi di ogni genere, di chi procura e commercia
la droga, non siamo gregge di chi
discrimina a causa del colore della
pelle, del sesso o del ceto o dell’età.
Il regno delle
grandi mediazioni
Rispetto ai quadretti romantici
su: Dio è il pastore, o Gesù con
il bastone e l’agnellino in braccio,
è diflicile accettare la durezza di
tono di Ezechiele, che sembra
escludere che ci possano essere anche pastori buoni: non c’era ai
tempi di Ezechiele un « Gorbaciov » intenzionato a risanare una
classe politica malata? Non lo era
forse lui stesso? O ai tempi dell’svangelista Giovanni non c’era
mai stato un capo simile a un nostro presidente della Repubblica
onesto, amato dai cittadini? E’ vero che ce ne sono stati sempre
molto pochi!
I nostri due testi sembrano invece escludere le vie di mezzo e
denunciano un peccato che non è
legato solo alle azioni malvagie di
alcune persone, ma è il peccato
dello status del pastore, cioè di chi
detiene il potere, e lo detiene a
proprio vantaggio.
L’esercizio di governo appartiene solo a Dio, è il suo mestiere essere vero pastore; quando gli uomini e le donne governano devono
sapere che lo fanno temporaneamente e nella reciprocità: non possono « occupare » questa funzione, quasi fosse il loro mestiere, e
Raccogliere e
curare
L’UTOPIA DEI3U<
Per Ezechiele raccogliere significa rimettere insieme dalla dispersione e dall’esilio, dal non avere
identità e patria, la lingua che si
dimentica, la fede che non ha più
riferimenti visibili. Noi sappiamo
com’è diflicile alle minoranze in
diaspora riuscire a conservarsi e a
mantenere una identità: disprezzati perché diversi, temuti perché
nemici, o insignificanti rispetto al
paese reale, nel quale non si può
o non si vuole inserirsi. Ma
questa è la storia della chiesa: è
diaspora che viene raccolta. A differenza di quanto avviene nella
storia più generale, dove l’essenza
della vita sociale e civile è nell’esser massa radunata, con dei capi, un esercito, patria, confini stabiliti, proprietà, leggi, l’essenza
della chiesa è nell’esser dispersi e
nel venir radunati da Dio, che ci
chiama e ci dona altri fratelli e
sorelle con i quali condividere la
identità di suoi figli e il pane per
il corpo e per lo spirito.
Il Vangelo di Marco (14: 27),
citando un famoso testo del profeta Zaccaria (13: 7), sembra non
ritenere casuale che il pastore Gesù venga percosso e le pecore
siano disperse: lo Spirito Santo
raccoglierà, dopo la morte e risurrezione di Gesù, i suoi discepoli ed essi si faranno a loro volta
annunciatori del pastore che raccoglie ciò che si è disperso. C’è
una dimensione finale di questo
raccogliere che è propria degli ultimi ternpi, intanto la chiesa vive
come diaspora temporaneamente
radunata.
Il peso di una
antica illusione
Il mondo della politica, ai nostri
tempi, è il regno delle grandi mediazioni e dei grandi mediatori, di
pastori che permettono a volte al
gregge di espandersi e realizzare
qualcosa, che procura ai mediatori sempre maggior profitto e rende ancor più indispensabile la loro opera di mediatori di interessi.
Le chiese metodiste, negli anni
in cui si cominciava ad attuare il
Patto d’integrazione, stavano svolgendo una ricerca appunto sul
concetto di mediazione, con l’intenzione di denunciare le conseguenze della sua impostazione teologica cattolica nella politica del
nostro paese. Non siamo stati capaci di continuare questa ricerca;
una parte di noi ha guardato con
aria di sufficienza a questi tentativi... E invece si era toccato un
nodo vitale: i capi occorrono, occorrono i sacerdoti, perché noi
non siamo capaci di stare davanti
a Dio e abbiamo bisogno di guide umane, di mediatori. Su questo bisogno cade il giudizio di Dio,
ma qui interviene anche la sua
proposta.
E l’intervento di Dio è descritto
come un raccogliere ciò che si era
disperso e un curare chi è ammalato o ferito. Saranno dei punti
fermi anche dell’opera di Gesù:
andare in cerca della pecora smarrita, guarire e accogliere i malati e
gli emarginati.
All'uscita del culto:
il corteo raggiunge
l’aula sinodale per
procedere alla costituzione dell’assemhled e ai primi adempimenti.
sta svigorita e sterile. Forse noi
condividiamo un’antica illusione,
carica d’importanza e di conseguenze per la comprensione che la
chiesa ha avuto di sé, quella cioè
d’identificarsi, com’é più gratificante, con il Pastore anziché con
le pecore perdute e sfinite di cui
Gesù accetta di essere il pastore.
Pensando di dover essere noi pastori di chi deve essere guarito c
consolato, sperimentiamo tutta la
nostra incapacità e frustrazione,
perché il solo a poter esercitare il
mestiere di pastore è Dio e Gesù,
il suo rappresentante in cui egli si
è identificato.
Noi possiamo solo temporaneamente e reciprocamente curarci gli
uni degli altri, ricordando gli uni
agli altri la sua viva presenza e la
sua cura verso di noi.
Il Vangelo di Giovanni pone il
discorso di Gesù sul buon pastore
come ultimo suo discorso di rivelazione in pubblico: Gesù invita
la gente a venire a lui, abbandonando ladri, briganti e mercenari.
Come lo avrebbero riconosciuto?
Gesù offre un criterio di questo riconoscimento: il vero pastore
espone la sua vita per le pecore.
anzi ben presto dirà: dona la sua
vita per le pecore.
Mentre ladri e briganti fanno il
loro interesse e il mercenario scappa al momento del pericolo, il pastore vero difende le sue pecore a
rischio della propria vita, anzi depone la sua vita perché vivano le
pecore.
La parabola e il
mondo umano
L’altra funzione propositiva attribuita a Dio e a Gesù come pastore è la cura delle pecore; guarire le malattie del corpo e dello
spirito è stato uno dei capisaldi
dell’attività di Gesù verso quelli
che incontrava. Oggi noi non osiamo più farne il centro dell’annuncio della salvezza e dire: Gesù
cura e guarisce le malattie del corpo e dello spirito. Dovremo prima o poi esaminare insieme perché non riusciamo a tradurre
questo messaggio, mantenendolo
con questa chiarezza, senza la quale la nostra evangelizzazione re
Qui la parabola del pastore si
rivela come parabola a contrasto
di quanto avviene nel mondo umano, dove in verità le pecore non
meritano che il pastore esponga la
sua stessa vita: invece gli esseri
umani hanno un valore spropositato per il pastore celeste. Nei nostro mondo i pastori contano, il
gregge no. Gesù capovolge il discorso dei valori e non segue criteri di ragionevolezza umana. Verrebbe la tentazione di dire che
mentre noi ci identifichiamo per
quanto possibile nel pastore, Gesù
invece si identifica nel gregge, è
dalla sua parte. Più tardi altri
scritti del NT parleranno di lui
cor
me
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qu;
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speciale sinodo valdese e metodista 9
LA PREDICAZIONE AL CULTO DI APERTURA DEL SINODO
EÙUON PASTORE
come dell’agnello che è stato immolato.
Per Gesù esser pastore non ha
significato svolgere una professione dalla brillante carriera, nella
quale si esercita potere di guida
e di governo; per Gesù essere pastore non ha avuto la conseguenza
di essere amato ed accettato dal
numero maggiore possibile di cittadini, come avverrebbe di un
buon presidente o di un papa o di
un segretario generale, o come sarebbe nei desideri di ciascuno di
noi; per Gesù ha significato perdere la propria vita, non realizzarla ma esporla, perché la vita
del gregge è più importante della
vita del pastore.
Un gregge
senza pastore?
A.H’inizio della relazione della
CED del IV Distretto, presentata
quest'anno al Sinodo, si legge:
« !1 disorientamento di una cospicua parte del nostro popolo, il
suo s.iguire i falsi miti del nostro
tempo, il soggiacere di una
buona fetta del nostro elettorato al ricatto de! clienteli
gli umani vivano riconciliati con
la natura che torna ad essere per
loro il giardino primordiale. Il testo di Giovanni non va oltre l’affermazione che Gesù è il vero pastore; non si preoccupa di chi
continuerà questo lavoro, il Consolatore è la presenza di Gesù che
resterà sempre coi discepoli; la
chiesa non è importante nella
Bibbia, mai come Gesù. Ma noi
come potremmo vivere senza
capi?
Le mie comunità abruzzesi mi
hanno raccomandato; non dire
che non c’è bisogno dei pastori,
noi ne abbiamo bisogno! E’ vero
che ne abbiamo bisogno, ma la
Scrittura non ci tranquillizza sulla
loro necessità, non annuncia: Dio
lo vuole, ma al contrario ce ne rivela il peccato, che è anche il nostro peccato di averne bisogno.
Noi, ormai presi dal nostro razionalismo, siamo quasi totalmente
incapaci di utopia o la consideriamo un vano fantasticare, invece si
tratta di far essere quello che non
c’è, già in noi e nel mondo. Questo è il compito della Parola di
Dio! E siccome noi non siamo capaci di vivere senza dei capi e senza pastori, ecco che c’è un’altra
I pastori Samuel Aklé, rappresentante della CEVAA, e Bony K. Edzavé. che cura la comunità francofona di Roma. Il Sinodo è anche
occasione di incontro fra paesi lontani.
smo e dell’alleanza fra il potere
politico e la delinquenza organizzata, la religiosità primitiva e idolatrica come lo scetticismo agnostico, l’indigenza di molti come la
ricchezza illegale di molti altri, la
diffusa evasione dall’obbligo scolastico come la cultura subalterna
offerta dalla TV, fanno della nostra gente un ’’gregge senza pastore” » (Rei. SI 1988, p. 163).
La relazione della CED del IV
Distretto viene a documentare una
situazione e a ricordare una vocazione; credo che nessuno si faccia
illusioni sul fatto che queste righe,
salvo per qualche dettaglio, descrivono la situazione di tutto il nostro paese e non solo del Meridione. Si tratta di una vocazione ad
accettare di identificarci con questo grepe senza pastore, sbandato
■e disorientato, senza pretendere di
esserne noi i pastori, ma sapendo
€ volendo parlare di un altro Pastore, che è il solo a potersi prendere cura e a cambiare realmente
la nostra vita.
L’utopia del testo di Ezechiele
e che Dio stesso sia il capo e che
possibile via che il NT ci insegna:
tutti possiamo essere dei capi, tutti siamo pastori, siamo « un reai
sacerdozio, una gente santa, un
popolo che Dio si è acquistato,
affinché proclamiate le virtù di
Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce »
(P Pietro 2: 9).
L’istituzione dei
ministri nella chiesa
Nel novembre del 1523 Lutero
chiedeva ai boemi, ai quali aveva
indirizzato lo scritto « Come si
devono istituire i ministri nella
chiesa » ;
« Chi sono quelli chiamati dalle
tenebre alla meravigliosa luce? Sono forse quei fantasmi unti e tosati? [e qui alludeva polemicamente al clero del suo tempo] E
non sono forse tutti i cristiani?
Ma Pietro dà ad essi non solo il
diritto, ma anche il comandamento di proclamare i meriti di Dio
e senza dubbio questo non è nien
t’altro che predicare la Parola di
Dio... Del resto, come nel ministero della Parola non c’è un’altra
proclamazione che quella, comune
a tutti, dei meriti di Dio, così non
c’è altro sacerdozio che quello,
spirituale e comune a tutti, che
qui Pietro ha definito » (p. 46 ss.).
Essere tutti pastori
reciprocamente
L’utopia è: essere tutti pastori
a tempo e reciprocamente. E’ giusto dire che vi sono funzioni e responsabilità diverse fra chi governa e chi è governato, ma non è
giusto che questi ruoli siano fissati per sempre, o siano sempre
riservati a pochi, come avviene
anche da noi, che siano esenti da
controlli veri, come accade in
gran parte del nostro paese, ed è
diabolico quando il potere reale è
invisibile.
C’è da chiedersi quante persone
non si sentono per nulla chiamate in causa in un discorso sulla
responsabilità del potere, perché
sanno che questo non toccherà
mai a loro. C’è da chiedersi, per
esempio, quando mai le donne si
sono sentite coinvolgere e interpellare come responsabili, perché invece fino a pochissimo tempo fa,
e per la grande maggioranza dei
casi, hanno dovuto sempre e solo
riconoscersi « gregge », persone
deboli, non autonome, soggette alle decisioni altrui, bisognose di
guida, con un capofamiglia che in
casa aveva la funzione di governo,
almeno per gli aspetti pubblici.
Nella prigione
della passività
Nel corso della storia le donne
sono perfino state raggruppate in
gregge (harem) alle dipendenze di
una stessa guida. Alle donne è
stata attribuita e inculcata una
tipica passività da gregge, che
doveva renderle dolci e arrendevoli, domestiche per l’uomo. Se
qualcuna si arrogava il diritto di
guida sembrava pretendere un
ruolo che non le si confaceva e
che, anche nel caso di azione fortunata, doveva essere cancellato,
perché altrimenti avrebbe gettato
la comunità nell’insicurezza, nella
rottura dell’ordine.
Ho provato a chiedere ai membri delle mie comunità della diaspora abruzzese chi — secondo
loro — sarebbero oggi i pastori
d’Israele contro i quali si dovrebbe parlare. Alcuni hanno elencato
i politici, i funzionari di governo,
i parlamentari, sindaci e assessori
comunali, i funzionari ecclesiastici (il commento in nota al testo di
Ezechiele della Bibbia di Gerusalemme si affretta ad escluderli!).
Un membro di chiesa, prendendo
il coraggio a due mani, ha detto
esplicitamente: voi, intendendo
me, noi pastori, forse oggi avrebbe
incluso anche i deputati al Sinodo.
Non ha detto: noi, non lo avrebbe
detto forse neanche un membro
di chiesa di Torre Pellice, forse a
ragione, perché c’è una distinzione di ruoli, ma anche in casa nostra Tesser pastore non è più una
funzione temporanea ed è molto
di rado reciproca. Certo, se si parla di pastori che si arricchiscono
alle spalle del gregge, questo al
Unn dei temi affrontati dalla predicazione di apertura del
Sinodo è stato quello del rapporto tra
pastore e comunità.
meno è sicuro che non avviene,
ma la lettura del testo di Ezechiele, non fosse altro che per l’uso
del linguaggio, qualche preoccupazione in noi la crea. Bisogna notare che nessuno ha pensato di includere nella categoria « pastori »
gli insegnanti, che hanno un ruolo
cosi determinante verso i nostri
figli; nessuno ha menzionato i sindacalisti; invece molti hanno ricordato la TV e i giornalisti, il cui
ruolo di orientamento, se non addirittura di guida, sembra diventare sempre più decisivo.
Ma vorrei accennare ancora
brevemente a due contenuti importanti dell’utopia espressa dai
nostri due testi. Uno è la promessa
del giardino primordiale alla fine
del cap. 34 di Ezechiele, dove la
creatura umana sarà l’autentica
immagine di Dio, ci sarà pace con
gli animali, si vivrà nella sicurezza
e nel godimento dei frutti della
terra.
Mentre l’umanità di un tempo
doveva proteggersi dalle intemperie della natura, oggi il discorso
è rovesciato: animali e natura devono essere riparati dalla mano
predatrice della specie umana. Il
conflitto è rimasto, pur nel capovolgimento delle parti, e la pace è
lontana.
Il mestiere di pastore, che i sociologi indicano come il più antico intervento di addomesticamento della natura, è stato fin troppo
a lungo esercitato dominando e
sfruttando terra ed animali. E’ ora
che l’atteggiamento sia capovolto,
affinché significhi cura, affezione,
mantenimento e non più rapina.
« Un solo gregge
e un solo pastore »
E infine dell’utopia fa parte la
promessa di radunare « pecore che
non sono di questo ovile » e costituire « un solo gregge e un solo
pastore». Questa promessa si trova in entrambi i nostri testi e sottolinea il carattere messianico, legato ai tempi finali, del « radunare ». Questo « raduno » deve accadere già nel tempo dell’inter
vento di Dio, ma ancora è temporaneo, resta aperto a un futuro
che Dio vuole preparare con noi.
La preoccupazione del lavoro
ecumenico sta diventando la nota
predominante dell’ opera delle
chiese nel nostro tempo. Come altri secoli della storia ecclesiastica
sono ricordati per la Riforma o
per la lettura critica della Bibbia
o per l’azione sociale, il nostro secolo sarà probabilmente ricordato per l’ecumenismo. Ci lamentiamo che i numerosi incontri sottraggono tempo ed energie al nostro lavoro, che mettono in questione la nostra identità, ma è vero che è appunto questa la condizione della chiesa, una diaspora
che deve essere radunata. Ma l’importante è chi raduna e per cosa:
va mantenuta tutta la valenza messianica dell’intervento, che è già
presente nell’annuncio profetico.
Deve prima avvenire il giudizio
sui pastori umani e la loro sostituzione tramite l’opera di Dio che
suscita funzioni di guida e di cura
reciproche all’interno della chiesa.
Cari candidati,
siamo in tanti a dirvi che è bello rispondere a questa vocazione
ed essere coinvolti in questo programma. I compiti e le responsabilità che abbiamo ricordato non
vi sembrino troppo pesanti, un peso che potrebbe farvi crollare per
la fatica. Anche noi li abbiamo
spesso visti in questo modo, ma le
responsabilità di cura e di governo, alle quali siete stati chiamati
insieme a noi, non ci sembreranno troppo grandi se ci identificheremo anche con il gregge e non
solo con il pastore, se saremo
aperti ad accettare e a stimolare la
reciprocità, se ci confesseremo noi
stessi bisognosi di cura e di governo, che altri eserciteranno su di
noi per incarico del Signore.
Che Egli vi dia di farne esperienza insieme a noi e a quanti altri Egli vorrà radunare dalla solitudine o da altre greggi alla sua
chiesa invisibile, ma realmente
operante sulla terra!
Gianna Sciclone
10
10 speciale sinodo valdese e metodista
2 settembre 1988
PREDICAZIONE E DIACONIA
Evangelizzatori
o manager?
Le difficoltà tecniche della gestione - La diaconia non si esaurisce
nelle opere - Crisi della predicazione e trasformazioni dell’Italia
« Tra ir sermone e l'opera »:
con questo titolo la Tavola introduce im tema da molti anni
discusso non solo nel Sinodo,
ma anche all'interno della chiesa.
il problema è noto: qual è il
rapi^rto che intercorre tra la
pr^icazdone — alla chiesa ed
alla città — e la presenza di
opere (ospedali, case per anziani, asili infantili...) gestite da
noi? Il peso, anche finanziario,
di queste opere non rischia di
assorbire tutte le nostre forze
in denaro, in uomini ed in capacità di riflessione? La presenza di queste imponenti iniziative non finisce per mutare la nostra fisionomia, trasformandoci
da predicatori in gestori, da evangelizzatori in manager?
Già lo scorso Sinodo aveva affrontato l'argomento, segnalando come predicazione e diaconia
non siano due realtà in concorrenza tra di loro, ma due aspetti ugualmente fondamentali del
nostro essere testimoni della
Parola di Dio, di quel Signore
che non ha voluto restare separato dagli uomini, ma ne ha condiviso l'umanità e la debolezza.
Riprendendo questi pensieri, la
Tavola nota come però tra questi due termini si allarghi uno
« spazio della secoltirizzazione »,
uno spazio fortemente occupato
non solo dai giovani, ma anche
da tanti adulti e da numerose
famiglie che rischiano di essere
valdesi o metodiste soltanto « di
origine ». La Tavola ritiene che
questo spazio costituisca il prin
cipale campo di impegno per le
chiese locali ed anche una delle
priorità per ramministrazione
nel prossimo futuro: « ...impegno
per aggregare, — scrive nella sua
relazione — per dare -fiducia, per
qualificare in direzione evangelica quel senso di appartenenza,
quella identità protestante che
è poca cosa se vista solo come
patrimonio storico, ma che diventa vita quotidiana quando è
spesa nella testimonianza, come
fedeltà a Gesù Cristo e come
amore per il nostro prossimo ».
La Commissione d'esame, nell'introdurre la discussione, dopo
aver notato come la chiesa sia
ben lontana dall'aver concluso
la sua riflessione su questo tema, nonostante alcuni momenti
molto importanti in tal senso
(la Conferenza del primo distretto ed un convegno a Catania), e che non è possibile rivolgere in tropp>e direzioni le nostre esigue forze, si domanda
se non sia venuto il momento
di separare il concetto di diaconia dal concetto di opera. « La
diaconia della chiesa — scrive
la CdE — non si esaurisce né
coincide con le opere e non sempre le opere, le nostre opere,
diaconali e sociali, sono l’espressione di una consapevole e motivata azione sociale».
Un dibattito vivace e profondo nei suoi contenuti ha proseguito le linee fomite dalla Tavola e dalla CdE. Diversi fra gli
intervenuti hanno voluto ribadire il fatto che sarebbe suicida,
oltre che sbagliato teologicamente, voler dividere la predicazione dalla diaconia: non si
tratta infatti di due momenti diversi dell'espressione della fede,
ma di un'unica risposta ad una
DAL GOULD DI FIRENZE
Occasioni per i giovani
Il Centro Giovanile Protestante - Gould di Firenze, in collaborazione con la Commissione di
studio per la diaconia della Chiesa evangelica valdese, propone, a
giovani evangelici che abbiano
terminato la scuola media superiore, la possibilità di prepararsi
per una professione sociale quale: educatori, assistenti sociali,
infermieri.
La formazione, da conseguirsi
presso scuole riconosciute e qualificate, richiede un periodo di almeno tre anni (scolastici) con residenza a Firenze e frequenza obbligatoria dei corsi ed apre la
possibilità di un impiego (nelle
professioni sociali vi è sempre
carenza di operatori) sia nel settore pubblico che nella diaconia
e nelle opere delle Chiese evangeliche.
La proposta comprende l’offerta di vitto e alloggio, tasse e materiale di studio mediante una
formula equilibrata di borsa di
studio e di prestito da rimborsarsi ratealmente dopo l'inserimento lavorativo o riassorbibile
qualora il lavoro sia svolto all’interno di una struttura diaconale evangelica convenzionata.
Ai candidati non viene richiesto alcun impegno per il proprio
futuro ma è ipotizzata la possibilità di un loro servizio nella diaconia delle Chiese evangeliche.
Con tale prospettiva, durante il
periodo di formazione professionale, viene loro offerta la possi
bilità di condividere la vita comunitaria del Centro Giovanile
Protestante - Gould e viene richiesta la loro partecipazione ad
alcune attività di studio e di formazione in programma nell’ambito delle Chiese evangeliche
(presso i centri giovanili, culturali ecc.). Tale partecipazione, il
cui costo è incluso nel programma offerto, viene impostata e
quindi concordata individualmente ogni anno.
Il primo anno di corso, considerato sperimentale, sarà preceduto da im colloquio introduttivo ed orientativo e seguito da un
incontro di valutazione e di puntualizzazione per il proseguimento del programma.
I posti a disposizione sono limitati e l’accettazione dei/delle
candidati/e è, fra l’altro, subordinata al possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione ai corsi
prescelti. Le preiscrizioni sono
aperte fino a tutto il mese di settembre.
Per più dettagliate informazioni tutti coloro che sono direttamente o indirettamente interessati possono rivolgersi a;
Gianluca Barbanotti, direttore
del C.G.P. - Gould, Palazzo Salviati, via Serragli, 49 - 50124 Firenze - tei. 055/212576 oppure a:
Marco Jourdan, coordinatore
comm.ne diaconia. Casa Valdese,
via Al. Farnese, 18 - 00192 Roma tei. 06/352561.
unica vocazione da parte del Signore.
Vero è, però, che la nostra
predicazione appare in crisi e
che quella che da qualche anno
viene definita come « diaconia
•pesante» (gli istituti) grava effettivamente sulle nostre spalle.
In che rapporto stanno queste
due evidenze?
La risposta, hanno detto alcuni, probabilpiente non sta solo
nel rapporto tra i due termini
della questione. La predicazione
si sente in crisi perché nel no-'
stro paese è in atto da alcuni
anni una trasformazione culturale per noi inaspettata, alla quale dunque non siamo in grado
di dare delle risposte. Molti temono che l’attenzione sulle opere sottragga forze ed energie alla predicazione; mentre occorre
che la chiesa fornisca strumenti
per rispondere alle « domande
di senso della vita » che da più
parti ci giungono.
Altri, però, rispondono affermando che una diaconia intelligente non ha mai impedito una
grande predicazione, anzi — dicono — proprio l'attenzione ai
bisogni degli uomini aiuta a percepire la domanda spesso inespressa che sale dalla gente.
Ma vi è un altro fatto da notare: quel mutamento culturale
che ha spiazzato la nostra predicazione è in atto anche nel
settore della diaconia, per lo
meno a due livelli. Innanzitutto
i rapporti con lo Stato non si
giocano soltanto a livello di intese o di finanziamenti, ma anche nella verifica del ruolo e del
senso delle nostre opere in uno
Stato che per legge vuole gestire la cultura, la sanità e l’assistenza.
Il secondo livello, ha ricordato il past. Toum, è quello dello
scopo che l'opera si prepone:
aiutare la conversione o rispondere ai bisogni dell'uomo? Toum
ha sintetiz5iato la forza di questo dilemma con una domanda
provocatoria: « I nostri ospedali
hanno il compito di guarire o
di aiutare a morire? ». E' chiaro
che nessuno pensa che un ospedale debba uccidere la gente,
ma è altrettanto chiaro che la
diaconia non è soltanto lo slancio di amore verso il prossimo
sofferente, bensì anche testimonianza del Regno di Dio che viene e dunque è anche risposta al
senso profondo della vita, posta
com’è di fronte alla morte.
Paolo Ribet
Aspetti della
testimonianza
Il Sinodo, convinto che ia
predicazione e ia diaconi^
siano aspetti costitutivi della
testimonianza evangelica, invita le chiese, e le opere a comprendere il rapporto fra questi due aspetti nella piena
consapevolezza che il rafforzamento deil’uno non possa andare a detrimento dell’altro. Invita le amministrazioni degli istituti, le chiese
e i Circuiti (e laddove possibile i Distretti) a promuovere incontri di formazione
tesi a incoraggiare i membri
di chiesa a rendersi disponibili, nella varietà dei loro
doni, per il potenziamento
della predicazione e della diaconia nella chiesa.
Il pubblico segue dalla galleria i lavori del Sinodo.
UN IMPEGNO PER I PROSSIMI ANNI
Chiamati a
evangelizzare
La vocazione primaria della chiesa - Il modello del « Dipartimento » delle chiese battiste
L’evangelizzazione è « vocazione primaria » della chiesa e deve
coinvolgere « il suo stesso modo
di essere». E’ una priorità irrimmciabile e devono essere approntati gli strumenti per promuoverla a tutti i livelli.
Su questo problema centrale
per la vita della chiesa il Sinodo ha discusso tenendo conto
della relazione della Commissione per l’evangelizzazione (che
ha anche presentato il manuale
a schede per la presentazione
dell’attività delle chiese in un
contesto urbano), e si è trovato di fronte ad una notevole sintonia, un « comime sentire » come è stato detto, ira la Commissione stessa, la Tavola e la
Commissione d’esame.
Il dibattito si è sviluppato tra
l'altro su due versanti; quello
interno (siamo preoccupati per
il progressivo « spopolamento »
delle nostre chiese) e quello esterno.
E qui la discussione si è fatta articolata, perché si tratta
anche (ma non solo) di individuare caratteristiche e bisogni
di quella società a cui riteniamo di dover offrire il messaggio evangelico. I punti di vista,
allora, sono stati vari; un’Italia
ormai benestante ma priva di
valori morali; un’Italia, tuttavia,
in cui permangono contraddizioni sociali stridenti che paiono insanabili, un mondo in cui il
divario tra il ricco e il povero
sempre più povero sernbra farsi più profondo; una situazione
culturale in cui, nonostante tutto, è ancora scarsa la conoscenza del panorama religioso al di
fuori della chiesa cattolica.
C’è stato poi un richiamo al
fatto che non possiamo basare
nuove iniziative evangelistiche
su un astratto computo numerico. « I numeri — ha detto Giorgio Girardet — sono una categoria secolare ». Né possiamo
pensare di essere i più qualificati per dare risposte alle contraddizioni della società, su cui
pure dobbiamo impegnarci. Ma
si tratta di porre il problema
di Dio (Berlendis), e di rispondere alla « domanda di senso »
che la società ci pone (Girardet).
Le due relazioni hanno indicato come strumento operativo
quello della creazione di un vero e proprio « ministero per la
evangelizzazione », preparato da
un organismo che potrebbe essere simile al «Dipartimento per
l’evangelizzazione » creato già
da diversi anni nell’UCEBI. E
questo, nelle parole della CdE
e in quelle di Salvo Rapisarda,
rappresentante delle chiese battiste al Sinodo, potrebbe essere uno dei settori di più stretta
collaborazione BMV in vista
delle assemblee congiunte previste per il 1990.
Un’altra indicazione operativa,
che il Sinodo ha votato recependola dall’ultima Conferenza del
III Distretto, è quella di uno
scambio di esperienze da compiersi tra le singole chiese, possibilmente nel prossimo Sinodo.
Occorrerà, in ogni modo, rilanciare anche nelle nostre chiese la « passione biblica », la
centralità della Bibbia: una necessità che è stata ribadita altre
volte in questo Sinodo e che costituirà l’impegno più rilevante
per i prossimi anni.
Alberto Corsanì
Vocazione
Il Sinodo ricorda alle chiese e a tutti i credenti che la
loro vocazione primaria è la
evangelizzazione, intesa a suscitare e confermare la fede
nel Sig;nore Gesù Cristo, a
testimoniarla alle generazioni più giovani, a comunicarla
a chi vive con altri riferimenti;
esorta la Tavola a mettere
a disposizione persone, tempo e denaro necessari per
lavorare a un progetto di Dipartimento per revangelizzazione, situandolo su un piano di collaborazione con quello già esistente deH’UCEBI.
Centralità
Il Sinodo accoglie le proposte contenute nell’atto 17
della Conferenza Distrettuale
del III Distretto 1988:
« La Conferenza Distrettuale, dopo una lunga e interessante discussione sul tema
dell’evangelizzazione, ne riba-,
disce la centralità nella vita
delle chiese, come invito ppùcito e personale a condividere la fede senza trascurare
l’aspetto generale della testimonianza, che è il nostro impegno di servizio e di lavoro
nella società; invita le chiese
a utilizzare tutto il materiale di prossima pubblicazione
a cura dell’apposita conunissione per l’evangelizzazione ;
chiede alla CED di raccogliere
e menzionare l’anno prossimo
nella sua relazione le diverse esperienze che le chiese
avranno fatto in questo tempo, al fine di giungere a scelte e valutazioni comuni; chiede al Sinodo di voler dedicare una serata allo scambio di notizie, esperienze, materiale, progetti di evangelizzazione, messi in opera dalle
chiese e dai circuiti negli ultimi anni ».
11
2 settembre 1988
speciale sinodo valdese e metodista 11
DIBATTITO SUL « GLORIOSO RIMPATRIO »
• I
li Rimpatrio in una illustrazione di Mia van Oostven.
Dio nella storia?
Il Centro culturale di Torre Pellice - Quale coinvolgimento per le
chiese? - Un collegamento ideale con la sofferenza dei popoli di oggi
Chi si aspettava un dibattito
sulla questione del « Glorioso
Rimpatrio» e aveva affilato le
armi per la battaglia pro o contro, sarà probabilmente rimasto
deluso. Il dibattito praticamente
non c’è stato, forse per due motivi : in primo luogo perché in
parte già decantato dagli interventi che nel corso dell’anno
avevano trovato spazio sul nostro giornale, e in secondo luogo perché il tempo, sempre tiranno, ha concesso ben poco spazio. Tutto s’è risolto in circa
una mezz’ora di una seduta serale, con un Sinodo che, arrivato
al giovedì, mostrava già alcuni
segni di stanchezza, e si preparava al round delle votazioni del
venerdì mattina. Ma forse è stato bene così. Che cosa si sarebbe
potuto ancora aggiungere agli
elementi già emersi nei Sinodi
precedenti? Il Sinodo di quest’anno non poteva riprendere
una discussione sui massimi sistemi ; doveva invece prendere
alcune concrete, chiare decisioni
operative. E questo ha fatto.
Intanto ha votato un odg col
quale, in deroga ai regolamenti,
ha decìso di spostare la data del
prossimo Sinodo, in modo da
farlo coincidere con le manifestazioni già in programma per
agosto e settembre dell’anno
prossimo. Il Sinodo prossimo
quindi si aprirà, Dio volendo, il
¿7 agosto. La proposta non ha
sollevato questioni di merito; si
è solo badato a fare le cose in
modo tale che risultasse Teccezionalità deìPoperazione, senza
ledere i regolamenti.
Altra decisione importante, destinata ad avere un effetto più
duraturo, meno effimero, è stata
quella di procedere alla costituzione del Centro Culturale in
Torre Pellice nei locali dell’ex
Convitto, il grande edificio che
sorge di fronte al tempio e a
poche decine di metri dalla
Casa Valdese. Scartata l’ipotesi
di costruire un edificio ex novo
<come alcuni avevano sognato
negli anni passati), il Sinodo ha
dato via libera all’utilizzazione
dell’ex Convitto come sede dove
possono trovar posto il Museo
storico, la Società di studi valdesi, l’Archivio della Tavola e la
Biblioteca.
Se questa soluzione è logica e soddisfacente sotto il profilo
logistico, apre comunque dei problemi, evidenziati nel breve dibattito sinodale, sotto quello dei
rapporti tra Società di studi, che
non dipende dalla Chiesa, e Ta■vola. E’ un problema di carattere giuridico-amministrativo da
studiare con particolare attenzione. Ma a parte questo risvolto,
non c’è chi non veda la bontà di
un simile progetto e la necessità
che esso sia attuato per dotare
non solo Torre Pellice, ma tutta
la Chiesa, di uno strumento destinato a stimolare la rifiessione
e il dibattito sulla nostra storia.
Ma il dibattito sinodale ha avuto anche un altro momento, nel
quale sono stati affrontati, o
nieglio purtroppo solo sfiorati,
fiato il poco tempo disponibile,
quelli che rimangono i «nodi»
fiella questione. Quali sono? C’è
intanto il problema dell’effettivo
coinvolgimento delle chiese. Non
si può dire che esse siano assenti dal dibattito, ma non si può
neanche dire che esse si sentaho particolarmente coinvolte.
Qua e là prendono corpo iniziative, progetti, ma l’impressione
generale è che vi sia la tendenza a delegare alla Società di stufi! valdesi la programmazione e
la realizzazione del « Centenario ». D’altra parte come coinvolgere le chiese? Da qualcuno
^ stato suggerito di pensare con /; Convitto di Torre Pellice, futura sede del Centro culturale.
attenzione i testi biblici delle
predicazioni, ed anche le preghiere che saranno fatte a quel
momento. Sarebbe possibile rifare, per esempio, il percorso biblico .della rifiessione teologica
dei 900 che parteciparono alla
spedizione? Un altro nodo, molto
aggrovigliato : la questione di Dio
e la storia. Il Centenario è l’occasione per tentare di uscire dal
dilemma di un Dio sempre presente nella storia, dove compie
miracoli (e l’impresa di Arnaud
e dei suoi ne è piena) e di un
Dio invece assente dalla storia.
Si può sciogliere questo nodo?
E se sì, come?
La CdE ha proposto, e il Sinodo ha accettato, dì attualizzare
in qualche modo il « Glorioso
Eimpatrio » collegandolo alle
sofferenze infinite dei popoli che,
oggi, sono senza terra (e si è
pensato in particolare ai palestinesi, ma solo come un simbolo particolarmente eloquente) o
conoscono l’oppressione (e qui
si è pensato ai neri del Sud Africa, alla politica dell’apartheid,
emblema della negazione delTEvangelo, praticata per di più
da cristiani riformati!). In coda al dibattito, sempre la CdE
ha proposto im odg sulla Cecoslovacchia. Anche qui una situazione difficile. Ma è stato importante aver avuto il coraggio
di affrontarla, rischiando di agitare un po’ il Sinodo, e spezzare
il ghetto nel quale abbiamo la
tentazione di rinchiuderci. Il
« Glorioso Rimpatrio » ci costringe a fare i conti col passato e a considerare con attenzione e partecipazione il presente.
Luciano Deodato
Centro culturale
Il Sinodo, preso atto dei
progetti in corso relativi alla
creazione del Centro culturale di Torre Pellice, li approva; invita ia Tavola a seguire con attenzione le convenzioni e le collaborazioni
necessarie per concretare il
mandato 64/SI/86.
Popoli, terra, libertà
Nel ricordo dei Valdesi che
nel ’600 soffrirono, combatterono e pregarono per poter
far ritorno alla terra d’origin.3, il Sinodo ritiene che la
identità di un popolo sia essenzialmente legata al diritto
alla terra ed alla libertà;
auspica che il III Centenario del « ritorno » dei Valdesi possa essere per l’intero
protestantesimo italiano occasione di un rinnovato impegno di solidarietà internazionale; in particolare: a)
verso il Medio Oriente, dove
occorre trovare una soluzione che riconosca il diritto alla terra e aU’autodeterminazione per i Palestinesi insieme alla garanzia di un’esistenza sicura e dentro confini
definiti e riconosciuti per io
stato di Israele; h) verso il
Sud Africa, dove la popolazione nera vede negati sulla sua
terra i diritti alla libertà e alrautodeterminazions.
Data del Sinodo
Il Sinodo, in deroga all’art.
3|A RGRZ, tenuto conto delle celebrazioni in programma per il tricentenario del
« rimpatrio », accoglie la proposta della Tavola relativa
alio spostamento della data
del Sinodo 1989; la prossinu sessione sinodale si aprirà pertanto, a Dio piacendo,
la domenica 27 agosto 1989.
■ ' ■ .‘U.v. ’
La gloria è di Dio
Il giorno seguente, lunedì
29, vagarono sotto una pioggia insistente mista a neve
dal col di Very al colle delle
Finestre, sempre oltre i 2.000
metri, per giungere a notte
fonda negli alpeggi dell’alta
Val Montjoie, sotto il fatidico col du Bonhomme. Giornata di solitudine e di sofferenza vissuta, dirà Reynaudin nel suo memoriale, come
Israele nel deserto, tutto proteso verso la terra promessa.
Questo riferimento alla storia sacra è. lungi dall’avere
qui il carattere retorico di
una allusione letteraria, si
tratta invece della chiave interpretativa dell’avvenimento.
Certo le pagine dell’Antico
Testamento sono presenti nella sensibilità e nella cultura
protestante in misura molto
maggiore che in quella cattolica, ed è naturale per un riformato del XVII secolo stabilire un paragone fra le proprie esperienze e gli uomini
dell’Antico Patto: i Patriarchi, Mosè, i Salmi, ma nel
caso dei valdesi questo riferimento ha sempre avuto una
pregnanza ed una intensità
particolare. Quando nel XIX
secolo Alexis Muston intitolerà la sua opera storica L’Israël
des Alpes, non sarà mosso
solo dal suo sentimento romantico, tradurrà in termini
letterari un profondo convincimento della sua gente: come la storia di Israele fu nel
tempo della rivelazione antica la trascrizione storica di
una vocazione divina, così potevano essere lette le vicende
della sua comunità.
Ed in quell’ottica la marcia dei 900 combattenti della
fede non può che evocare
quella di Mosè e dei suoi, dalla schiavitù d’Egitto alla terra promessa. Marcia piena di
imprevisti, fra disagi, pericoli, popolazioni ostili, ma possibile per un perenne rinnovarsi di miracoli: la nebbia
che nasconde la marcia, il
terrore che si impadronisce
del nemico, le forze che si
rinnovano in modo inatteso:
l’Eterno degli Eserciti (per
usare l’espressione biblica) è
quello che realmente conduce l’impresa e la porterà a
termine. Israele va verso una
terra promessa ma ignota, i
valdesi vanno verso la loro
terra, la terra dei padri, « l’eredità dei padri » ( espressione biblica anche questa e di
fortissima carica emotiva).
Per questo la marcia può definirsi una « rentrée » e « gloriosa » perché segno della
presenza e della gloria di
Dio, come lo è la Glorious
Revolution di Guglielmo III.
Rentrée è diventato, nella_
traduzione delle generazioni
del XIX secolo « Rimpatrio »,
con una .sottolineatura di carattere sentimental-romantico
che non aveva nel XVII secolo. L’eredità è più che la
patria; luogo della vocazione
più che dell’anima, qualifica
il senso dell’esistenza più che
il suo quadro. Né d’altra parte l’uso di termini equivalenti quali « rientro » o « ritorno », che ci portano in contesti culturali del tutto secolarizzati quali le vacanze o
l’allontanamento fìsico, rendono ragione della densità
spirituale del concetto originario.
Giorgio Toum
Da II Glorioso Rimpatrio
dei Valdesi dall’Europa all’Italia. Storia - Contesto - Significato. Torino, Claudiana
(Collana della Società di studi valdesi, 10), 1988, p. 60 sgg.
La Commissione d'Esame: da sinistra, Sandra Rizzi, Massimo Rocchi,
Gianna Sciclone, Ermanno Genre.
UNA SIMPATICA SERATA
Animati
daiia CEVAA
La serata di lunedì 22 agosto è stata tra le più « sentite » del
Sinodo, che si è ritrovato nel tempio di Torre Pellice per lasciarsi
« animare » dalla CEVAA, la Comunità di azione apostolica cui partecipano anche le nostre chiese. Samuel Aklé, Bony Edzavé, Anita
Tron, Claudio Pasquet, Lucilla Tron, Franco Taglierò e Renato Caisson hanno informato dei progetti e del lavoro di evangelizzazione
che la CEVAA compie nel mondo in mezzo alle contraddizioni di
uno sviluppo che dà di più a chi ha e toglie a chi non ha. Il Sinodo
ha potuto sperimentare la spiritualità e la comunione con le chiese
africane e del terzo mondo, ed è stato reso attento che ormai il
terzo mondo è presente tra noi. Sul prossimo numero pubblicheremo una intervista con Samuel Aklé, della segreteria della CEVAA.
12
12 speciale sinodo valdese e metodista
2 settembre 1988
11
PACE E DISARMO
Processo conciliare: una
scommessa impegnativa
Il rilevante contributo delie chiese evangeliche negli anni ’80 Dall’incontro di Assisi all'Assemblea ecumenica europea di Basilea
Il Sinodo ha approvato
l’ordine del giorno pubblicato qui accanto a larga maggioranza.
Caldeggiato dalla Commissione delle Chiese battiste,
metodiste e valdesi per la
pace e il disarmo e presentato dalla Commissione d'esame, l’ordine del giorno 24/
SI/’88 nasce da due ordini
di considerazioni; innanzitutto, almeno dall’inizio degli anni Ottanta, pace e giustizia si sono conquistate un
posto di rilievo fra le priorità della testimonianza di
molte chiese valdesi, metodiste (e battiste) italiane; in
secondo luogo, dall’Assemblea di Vancouver del 1983
il processo conciliare per la
giustizia, la pace e la salvaguardia del creato (in sigla
intemazionale: JPIC) rap
presenta una delle priorità,
se non « la » priorità, del
Consiglio Ecumenico delle
Chiese (CEC) e del movimento ecumenico.
A sostegno della prima affermazione si possono ricordare le numerose prese di
posizione, iniziative, adesioni delle chiese BMV nel quadro del movimento per la
pace nato contro l’installazione dei missili Cruise a Comiso o nel contesto del mo
vimento anti-apartheid. A
sostegno della seconda, citiamo non solo gli atti dell’Assemblea di Vancouver o
di molte altre assemblee e
sinodi di chiese e organismi
ecumenici nazionali e continentali, ma anche l’adesione
delle Famiglie francescane
europee prima e poi del Consiglio delle Conferenze Episcopali (cattoliche) Europee
(CCEE) al processo conciliare JPIC, nonché iniziative
grandi e piccole per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato copromosse da
cattolici e protestanti in
molti paesi e anche in Italia:
la Settimana ecumenica per
la pace (SEP), gli annuali
pellegrinaggi attraverso la
Sicilia e la Puglia militarizzate.
La decisione si apre con
un richiamo all’atto col quale il Sinodo del 1985 aderiva
alla proposta del concilio di
tutte le chiese per la pace,
avanzata da Cari Friedrich
Von Weizsäcker al Kirchentag delle Chiese evangeliche
della Germania Occidentale.
JPIC
Una voce dei cristiani
Il Sinodo, richiamandosi a
65/SI/85, col quale atto già
aveva dato la propria adesione alla proposta di un concilio di tutte le chiese per la
pace, e constatato che con
varie iniziative anche alcune
chiese, circuiti, distretti e
altri organismi delle chiese
valdesi e metodiste, spesso in
coUahorazione con cristiani
di altre denominazioni e confessioni, hanno di recente rilanciato la proposta del CEC
per un « Processo conciliare
in vista di un reciproco impegno (o patto) per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato »; constatato
che anche l’Incontro ecumenico europeo per la giustizia, la pace e la salvaguardia
del creato di Assisi 1988 ha
rappresentato un passo incoraggiante in questa direzione;
invita la Tavola e il Comitato Permanente dell’OPCEMI;
a favorire la partecipazione di delegati e osservatori
valdesi e metodisti italiani
aU’Assemblea ecumenica europea per la pace, la giustizia e i diritti umani che
avrà luogo a Basilea nel maggio 1989;
a incoraggiare la prosecuzione della riflessione teologica sul «processo eonciliare », affinché il processo possa riproporsi con precisione sempre maggiore come
uno dei contesti principali in
cui Tesperienza ecumenica si
affina e matura;
ad accogliere la proposta
della ricerca di «un’unica voce » dei cristiani in Italia su
questi temi, già sostenuta dal
Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia, nella
consapevolezza che su molti
temi di fondo le domande poste ai credenti dal mondo e
dal popolo di Dio interpellano tutte le chiese..
Incoraggia altresì le chiese a promuovere iniziative locali per la giustizia, la pace
e la salvaguardia del creato,
particolarmente in occasione
della prossima Settimana ecumenica per la pace e di altre scadenze ecumeniche che
potranno essere fissate in vista deH’Assemblea ecumenica europea e per il proseguimento del processo conciliare, e a destinare una colletta domenicale per sostenere gli impegni che via via
verranno assunti.
CCEE (Basilea, 15-21 maggio 1989).
Il riferimento centrEile dell’ordine del giorno è proprio
all’Assemblea di Basilea, un
incontro dalle caratteristiche senza precedenti: 350
delegati ufficiali delle Chiese membro della KEK e altrettanti delegati ufficiali delle Conferenze episcopali
d’Europa si confronteranno
su una bozza di documento,
la discussione del quale comincerà nelle chiese nei
D’obbligo il richiamo ad
Assisi (vedi lo scorso niraiero del nostro giornale), dove
dal 6 al 12 agosto seicento
cattolici e protestanti europei hanno dialogato su giustizia, pace e salvaguardia
del creato in vista dell’Assemblea ecumenica europea
per la pace, la giustizia e i
diritti umani copromossa
dalla Conferenza delle Chiese Europee (KEK) e dal
prossimi mesi.
L’importanza deU’awenimento, unita all’urgenza posta dai problemi legati all’ingiustizia nei rapporti fra le
nazioni e al loro interno (particolarmente fra uomini e
donne), ai conflitti armati
e al riarmo, alla distruzione
delle risorse ambientali, in
alcuni paesi, come la Repubblica Federale di Germania,
ha favorito un confronto a
tutti i livelli fra cattolici e
protestanti così serrato da
far sperare nel raggiungimento di una posizione comune su JPIC prima di Basilea. In Italia la proposta
di « un’unica voce » su JPIC
in vista di Basilea è stata
formulata dal dr. Winfried
Becker, membro della Chiesa ecumenica di Ispra-Varese (che aderisce alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia), e lanciata dal
Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Il livello raggiunto dal dialogo
fra protestanti e cattolici in
Italia è però incomparabilmente più basso che in Germania. per ovvi motivi. L’appello di Becker è dunque stato preso in considerazione
pensando soprattutto al dopo-Basilea.
Il processo conciliare JPIC
non si esaurisce infatti con
l’Assemblea europea, né con
l’Assise mondiale JPIC prevista per il 1990 a Seul. Scadenze come queste due dovrebbero rappresentare verifiche cruciali delle potenzialità del processo conciliare e
occasioni per l’assunzione di
impegni a livello ufficiale,
ma in nessun caso possono
essere concepite come conclusioni del processo. Per
questo l’ordine del giorno
sottolinea la necessità di un
impegno delle chiese misurato su tempi medio-lunghi;
di qui l’invito alla « prosecuzione della riflessione teologica sul processo conciliare » e l’incoraggiamento alle chiese non solo « a promuovere iniziative », ma anche « a destinare una colletta domenicale per sostenere
gli impegni che via via verranno assunti ».
Bruno Gabrielli
SOLIDARIETÀ’
Contro il razzismo
Il Sinodo ha espresso la propria solidarietà alle popolazioni dell’India e del Nepal, colpite da un recente sisma e dove
opera la « Leprosy Mission International », nonché alle chiese
evangeliche della Cecoslovacchia nel ricordo dei tragici eventi
del 1968.
Sono stati votati anche due odg relativi alla presenza degli
immigrati terzomondiali in Italia. Nel primo, si invitano le
chiese a vigilare e sostenere, nella linea della « Carta di Groningen», le iniziative a favore di rifugiati e lavoratori stranieri
in Italia.
Il secondo odg fa invece riferimento all’eventualità di avere un pastore per gli immigrati anglofoni, in analogia con il
lavoro che svolge il pastore Edzavé per la comunità francofona di Roma.
Appello
Il Sinodo, nel constatare
con preoccupazione come il
triste fenomeno del razzismo
stia avanzando anche nel nostro paese, sia con atteggiamenti evidenti, sia con forme più nascoste, ma tanto
più gravi perché organizzate
e suscettibili di ulteriori sviluppi
1) rivolge un appello alle
chiese affinché esse:
a) siano vigilanti e nello
stesso tempo si rendano conto del fenomeno delle migrazioni in tutta la sua complessità politica, economica e sociale, conducendo nel contempo un’adeguata riflessione teologica;
b) si facciano promotrici e
sostenitrici di tutte quelle iniziative che possano garantire
la tutela degli immigrati e
delle loro famiglie, favorendo il più possibile il dialogo
fra le varie culture, nella consapevolezza che le migrazio
senza sempre maggiore di immigrati da paesi africani nel
nostro paese, sensibile ai
problemi di cura pastorale
a cui questi nostri fratelli e
sorelle hanno diritto, invita
la Tavola e l’OPCEMI a studiare la possibilità di una
collaborazione e di un lavoro
a pieno tempo nel corpo pastorale per un ministero di
coordinamento da parte di
un pastore africano (in aggiunta al pastore Edzavé e
possibilmpnte di lingua inglese) per iniziare ad affrontare il suddetto problema.
India e Nepal
Il Sinodo, appreso del grave terremoto cbe ha colpito
la vasta zona del Nepal e dell’India dove la « The Leprosy Mission International »
lavora con dedizione da anni per combattere la lebbra
nel nome del Signore Gesù
Cristo, esprime la propria
Il Sinodo ha
dedicato una
serata
alla CEVAA:
della sua attività
è stato portavoce
molto apprezzato
il pastore
Samuel Akìé
del Benin.
ni devono essere ormai considerate un evento sempre più
esteso;
c) studino la «Carta di Groningen », documento che attualmente viene proposto alle comunità cristiane in molti
paesi europei per rifle.ttere
sul fenomeno mondiale della migrazione;
d) non si ripieghino e concentrino solo su fenomeni di
razzismo che emergono fra
noi, ma mantengano un vivo
impegno a combatterlo in
paesi più lontani, luogo primo dove i nostri sistemi di
vita lo producono e lo alimentano.
2) Ricorda che il Servizio
Migranti della Federazione
delle Chiese Evangeliche in
Italia può offrire alle comunità tutte quelle notizie ed
informazioni atte ad aiutarle
nella loro azione di studio e
di denuncia di una situazione incompatibile con i principi della giustizia e. con il
messaggio della Scrittura.
3) Invita la Tavola a fare
attivamente pressione sul
Governo italiano affinché affronti la questione nel pieno
rispetto delle convenzioni sui
diritti umani e della Costituzione italiana.
solidarietà fraterna a quanti
sono impegnati in quella zona assicurandoli di sentirsi
vicino a loro in modo particolare con la preghiera.
Cecoslovacchia
A venti anni dall’intervento
militare sovietico in Cecoslovacchia
— il Sinodo delle Chiese
valdesi e metodiste invia un
saluto fraterno e solidale alle Chiese evangeliche della
Cecoslovacchia e in particolare alla Chiesa evangelica dei
Fratelli Boemi che dagli eventi del 1968 ebbe particolarmente a soffrire.
Per gli immigrati
Il Sinodo, notando la pre
— Ricorda con riconoscenza la testimonianza di J. L.
Hromadka, presidente in qu&
gli anni della Conferenza cristiana per la pace, per il suo
impegno ecumenico centrato sulla giustizia e sulla pace e per la sua resistenza all’occupazione militare del suo
paese..
— Si rallegra per i segni
di nuove aperture culturali e
politiche presenti anche in
Cecoslovacchia, esprimendo
la speranza che anche per
le chiese si aprano nuovi spazi di libertà, nel quadro di
una rinnovata solidarietà eu
ropea.
13
2 settembre 1988
Siedale sinodo valdese e metodista 13
RIESi
DIBATTITO SULLA STAMPA
Servizio Cristiano:
nuovi orizzonti
Continuare la predicazione nella linea originaria - Il messaggio dell’uomo nuovo - L’ipotesi di un centro di formazione per la diaspora
Come ben noto a tutti,
ventanni fa la Chiesa valdese si spaccò drammaticamente sui temi della presenza
dei credenti nella società: come simbolo di questa spaccatura fu scelto — Dio sa
perché — il Collegio Valdese
di Torre Pellice. « Ha %tto
il suo tempo, bisogna chiuderlo », diceva la « sinistra »
(di cui facevo parte); « costituisce un patrimonio inestimabile, può e deve essere rilanciato », diceva la « destra », guidata da un energico dirigente della Fiat e da
un professore della Facoltà.
Nel bel mezzo di questo Caspio) dibattito, Gino Conte
— che è un teologo anche se
non vuole confessarlo — lanciò una previsione (mi pare
sulle colonne del giornale):
« Voi dite oggi che il Collegio
è vecchio e sclerotico, e avete ragione; ma gli contrapponete Riesi e Cinisello: tra
vent’anni essi saranno altrettanto "vecchi” che il Collegio di oggi ». Io allora stavo
a Cinisello, e la presi quasi
come un’offesa personale:
ma siccome, appunto. Conte
è un teologo (che invidio
moltissimo, come un podista
invidia un corridore del giro
di Francia), mi ricordai la
sua battuta, e dopo pochi anni capii che egli aveva perfettamente ragione: ogni opera
ha dei cicli di creatività e
dei momenti di crisi, e proprio nei momenti di crisi essa merita il maggior amore,
un amore che, a dire il vero,
noi della « sinistra » per il
Collegio non avevamo molto
coltivato.
Ripensavo a questa profezia lunedì pomeriggio, durante la discussione tesa e
bella che il Sinodo ha dedicato — per la prima volta
— al Servizio Cristiano di
Riesi: dietro le nostre spalle
c’era il Collegio, che sotto
una leadership di altissima
cultura e con valide ipotesi
educative sta attraversando
— ormai da qualche anno —
una fase di rifioritura: davanti a noi, limpido ma inquietante, l’avvenire del
Servizio Cristiano, certo
l’opera valdese che ha avuto
maggiore impatto nell’immaginario dei nostri militanti.
Il consultorio familiare del Servizio Cristiano.
e dei nostri sostenitori in tutto il mondo.
Avvenire limpido, ho detto; dal dibattito è emersa, infatti, una alternativa piuttosto netta: il Servizio Cristiano può continuare nella
sua linea tradizionale, almeno per qualche anno, ha sostenuto in un appassionato
plaidoyer il direttore JeanJacques Peyronel, sostenuto
dalla simpatia di molti. Ciò
significa continuare la predicazione sulla stessa linea di
Tullio Vinay (il messaggio
dell’« uomo nuovo »), e mantenere una politica di forte
presenza ed impegno nella
città: al centro del Servizio
Cristiano c’è un insieme di
servizi (le scuole, la fabbrica, il centro agricolo) che ga
Dalle proposte al
progetto di giornale
Il Sinodo approva l’idea di un settimanale unico per le chiese battiste metodiste e valdesi
rantiscono un sicuro rapporto con la realtà sociale e permettono di intervenirvi con
efficacia; anche Danilo Dolci, dopo venticinque anni di
lavoro in Sicilia, ha finito per
puntare sul lavoro educativo.
Queste strutture sono ormai troppo pesanti, risponde
la Commissione d'esame, e
comunque troppo costose:
occorre puntare su di un
nuovo tipo di attività educativa (non più scuole ma attività extrascolastiche); si può
inoltre fare di Riesi un luogo d’incontro, un centro di
formazione per tutta la diaspora siciliana, tenendo conto del fatto che la nostra partita inel Sud si gioca ormai
nelle grandi città.
Che dire? Queste due ipotesi non rappresentano una
ragione e un torto che si affrontano nell’arena del Sinodo e — quel che più conta
— in quel campo di battaglia che è purtroppo la vita
di tutti noi: sono due ragioni
che si confrontano, che lottano tra di loro come Giacobbe con l’angelo (Genesi 32:
24-32): voglia il Signore che
la lotta si concluda con una
benedizione divina, dovessimo anche uscirne zoppicanti, come Giacobbe.
Giorgio Bouchard
Solidarietà
li Sinodo, dopo aver ampiamente discusso l’operato del
Servizio Cristiano di Riesi,
lo approva; esprime al gruppo comunitario la sua piena
solidarietà nella ricerca di
nuove vie d’impeg;no e di testimonianza; incoraggia la
Tavola a continuare a seguire con piena partecipazione
gli sviluppi dell’opera; aùtòrizza infine il Servizio Cristiano ad avvalersi in via
sperimentale del nuovo statuto quando esso sia accolto
dall’Assemblea degli amici.
Nel febbraio scorso si è tenuto
ad Ecumene un convegno promosso dalla Tavola, dall’OPCEMI e dairuCEBI sulla stampa
evangelica che ha lanciato una
proposta: fare un giornale unico per le chiese battiste, metodiste, valdesi. Il Sinodo, nel corso di un breve dibattito, ha approvato l’idea ed ha incaricato
una commissione di presentare
al prossimo Sinodo un progetto
concreto per il nuovo giornale.
L’idea adesso passa alla Assemblea dellUCEBI che si riunirà il
prossimo 13-18 settembre a Santa Severa. Se anche l’Assemblea
Battista accoglierà l’idea, l’Assemblea congiunta col Sinodo
(novembre ’90 a Roma) potrà
approvare o, respingere il progetto.
Nel frattempo il Sinodo ha
pensato anche al nostro giornale,
raccomandando investimenti tecnologici e nuove collaborazioni.
Impegno prioritario
Il Sinodo richiama 39/SI/87
e afferma che il giornale delle
chiese deve essere considerato tra gli impegni prioritari
di spesa della Tavola e della
OPCEMI, data la sua importanza per la formazione e l’in
L’AMICO
DEI FANCIULLI
Periodico
per ragazzi
Aprendo la cartellina con i documenti sinodali, deputati e pastori
hanno anche trovato il n. 0 di un
nuovo periodico per ragazzi che
dovrebbe raccogliere l'eredità de
« L’Amico dei fanciulli », gloriosa
testata, condotta con perizia, intelligenza ed amore da Berta Subilia. Titolo del nuovo periodico:
Davide e Golia. E’ mancato il
tempo di dibattere la questione,
ma in una « raccomandazione »
il Sinodo ha incoraggiato il comitato di redazione a proseguire
nella ricerca, in collaborazione
con l’UCEDI, e d’inviare a Valdo
Benecchi suggerimenti e proposte per iscritto.
CLAUDIANA
Diffondere il libro
[|]
Riesi: il tempio valdese
di via Farad.
La Claudiana — lo hanno detto in molti al Sinodo — è forse
la più importante iniziativa della
chiesa per la formazione e la conoscenza teologica. Eppure il libro non viene diffuso. Il Sinodo
ha approvalo i seguenti ordini
del giorno:
Diffusione
Il Sinodo, riconoscendo la
validità della linea editoriale
Claudiana in ordine alla diffusione del pensiero protestante in Italia, invita il Comitato editoriale a proseguire lo sforzo nel settore della
distribuzione; invita i Comi
tati « editoriale » e « librerie »
a proseguire l’esperienza avviata di un collegamento stabile.
Chiese locali
Il Sinodo invita le chiese locali a collaborare alla diffusione del libro Claudiana tramite un efficiente deposito che
possa mettere a disposizione
dei propri membri e dei simpatizzanti le nostre pubblicazioni; partecipando a manifestazioni culturali; organizzando, specie d’intesa con la
Editrice, la presentazione delle novità Claudiana considerate più interessanti.
formazione dei membri di
chiesa;
valuta con favore l’andamento del giornale, sottolineandone la maggiore attenzione alla realtà metodista,
e incoraggia le collaborazioni
battiste, mediante l’inserimento di nuovi redattori.
Progetto
Il Sinodo, esaminate le risultanze del convegno di
Ecumene (27-28 febbraio 1988)
sulla stampa periodica evangelica, chiede alla Tavola e
all’OPCEMI di predisporre
un progetto completo di settimanale unico nazionale da
presentare all’Assemblea congiunta 1990 dopo aver sottoposto alla Conferenza Distrettuale del I Distretto il problema dell’Eco delle Valli Vaidesi, testata che va mantenuta nelle forme opportune;
raccomanda aUa Tavola e
all’OPCEMI di tener conto
della necessità di dotare la
redazione di nuovi strumenti
tecnici;
auspica che sul giornale
siano valorizzate le realtà delle chiese locali e del protestantesimo italiano e internazionale e che siano allargate le collaborazioni;
chiede alla Tavola di riferire al prossimo Sinodo sullo stato di avanzamento del
progetto.
CNT
Esperienze
ecumeniche
Com-Nuovi Tempi è un quindicinale ecumenico in cui da 14
anni cattolici e protestanti stanno sperimentando la possibilità
di riflettere sulla fede e sulla
vita quotidiana.
E’ stato un foglio importante
per molte battaglie legate ai diritti civili nella società. Ora
il periòdico è in crisi finanziaria (non di idee). Il Sinodo, valutando positivamente l’esperienza, la propone alla solidarietà
di tutta la chiesa.
Appoggio
Il Sinodo, ricordando che
Com-Nuovi Tempi rappresenta da quattordici anni un’originale esperienza ecumenica
di ricerca di fede, di battaglia comune di evangelici,
cattoiici di base e laici impegnati per la trasformazione
del nostro paese;
si preoccupa vivamente per
la sua attuale situazione di
crisi;
approva l’appoggio che al
quindicinale è stato dato dalla Tavola e dall’OPCEMI;
auspica che la Federazione
delle Chiese Evangeliche, nella
qualità di socio delia cooperativa Com-Nuovi Tempi, possa aiutare a proseguire e valorizzare Tesperienza di CNT.
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
Reg. Trib. Pinerolo n. 175
Resp. F. Giampiccoli
Stampa; Coop. Tip. Subalpina.
Torre Pellice
14
14 speciale sinodo valdese e metodista
‘2 settembre 1988
CIOV
Un pesante interrogativo
La materia « tecnica » ha scoraggiato gli interventi dei delegati - Le
nuove leggi e le ristrutturazioni incidono profondamente sul bilancio
I membri della CIOV ascoltano la relazione della Commissione
d’Esame.
NeH’istruire il dibattito sull’operato della CIOV, la commissione d’esame ha presentato un
quadro esauriente di tutte le decisioni generali che hanno coinvolto gli istituti neH’ultimo ventennio, dall’entrata in vigore di
varie leggi, alle ristrutturazioni
operate. Da lì. attraverso l’analisi dei carichi di lavoro e dei
problemi urgenti, si arriva alla
proposta di istituire un direttore generale a pieno tempK) con
compiti di coordinamento e cura delle pratiche più complesse.
Questa relazione, apprezzata
in tutti gli interventi, sembrava
dover costituire la premessa per
un dibattito ampio e partecipato, non ristretto ai soli addetti
ai lavori; così non è stato, visti
i pochissimi interventi di deputati rispetto a quelli di membri
CIOV o CdE.
Difficile analizzarne i motivi,
ma va detto che la pesantissima
situazione deficitaria del Rifugio
Re Carlo Alberto è caduta come
un macigno su tutta l’assemblea.
La ristrutturazione conclusa
nel 1986, ad eccezione del « padiglione Amaud », non ha risolto i problemi economici anzi
pare averli aggravati; la relazione della CdE al proposito dice:
« Il deficit dichiarato della gestione del Rifugio ha raggiunto
al 31 dicembre 1987 la cifra rilevante di 1.065 milioni, destinata ad aggravarsi nonostante
gli aumenti di retta deliberati
dal CdG. Secondo i dati in nostro possesso il costo per giornata nel 1987 di ogni ospite è
stato di L. 54.589, a fronte di una
retta deliberata di lire 40.000,
con un deficit quindi di lire
14.589. Nel 1986 la forbice
tra retta e costo effettivo
per giornata era stata di lire
5.763. In pratica, in un anno la
forbice è pnù che raddoppiata.
E la situazione per il 1988 non
sembra essere migliore, malgrado la retta sia stata elevata a
lire 52.000.
Poiché non tutti gli ospiti possono pagare la retta deliberata
(troppo alta per le risorse di
molte famiglie), la copertura dei
costi con le rette raggiunge appena il 60%. Stante l’attuale stasi dei doni, il deficit di gestione
riguarda circa il 40% del bilancio di esercizio dell’istituto ».
Questa situazione deficitaria,
ben presente alla CIOV, non ha
origini lontane nel tempo, infatti essa inizia nel 1984 per aggravarsi sempre più malgrado
che una convenzione con l’USSL
43 garantisca la parziale copertura per 20 anziani non autosufficienti residenti in valle.
Eppure, fino a qualche anno
fa, la situazione economica poteva contare su una buona disponibilità di denaro: a fronte
di una ristrutturazione che in
certi casi (ogni porta del Rifugio è costata jxico meno di 1
milione di lire) ha superato gli
standard stessi di funzionalità,
dobbiamo esprimere il dubbio
che ogni ampliamento produca
alla fine un aumento nel deficit
di gestione?
Se anche così non è (e a San
Germano tutti se lo augurano),
quali rimedi trovare ad un buco che si avvia al miliardo e mezr
zo? Certo la vendita di alcuni
immobili facenti parte del patrimonio del Rifugio potrà dare
un po’ di ossigeno, ma è evidente che altre iniziative andranno
assunte: in tutto questo saranno impegnate, secondo gli odg
che a lato pubblichiamo, CIQV
e Tavola Valdese, ma coinvolti
tutti, dal nuovo direttore A. Cuccureddu alle chiese, che dovranno esprimere la loro solidarietà.
Piervaldo Rostan
TORRE RELUCE - POMARETTO
Gli ospedali funzionano bene
Se le maggiori preoccupazioni derivano eia] deficit crescente
della gestione Rifugio, anche alcuni aspetti del funzionamento
degli ospedali sono stati esaminati, interrogativi sono stati po
sti. Naturalmente, inaugurata la
nuova struttura dell’ospedale di
Torre e in stadio avanzato i lavori a Pomaretto, si pongono alcuni problemi di gestione.
Preliminarmente va anche precisato che a coprire le spese
della ristrutturazione degli ospedali di Torre e di Pomaretto
mancano ancora in totale circa
600 milioni, per ottenere i quali
gli ordini del giorno approvati
indicano la possibilità eli contrarre mutui.
Per quanto riguarda il servizio offerto, sia le relazioni che
gli interventi espressi in Sinodo
hanno evidenziato il buon livello raggiunto, cosa che ha tra
l’altro causato forti richieste di
utilizzo anche al di fuori del territorio di competenza.
« Ciò — rileva la relazione della Commissione d’Esame — da
un lato è positivo, dall’altro rappresenta un rischio in guanto
l'offerta di servizi, mezzi diagnostici all’avanguardia, le specializzazioni, ecc., per l’attrazione
che questi hanno verso il singolo malato, rischiano però di far
perdere di vista nei piani di sviluppo de^li ospedali l’ottica programmatica pubblica (finalizzata alla tutela della salute) e l’acquisizione di una visione particolaristica dell'ospedale, la cui
efficienza sarebbe verificata solo in termini di aumento del numero di prestazioni ».
Nel frattempo, per restare in
tema di servizi offerti, si sta
mettendo a punto il progetto
per un corpo aggiuntivo a Torre Penice, che sarà finanziato
con mutuo a carico della Regione Piemonte e che accoglierà la
palestra ed i servizi di fisioterapia, un piccolo reparto di riabilitazione funzionale ed un centro assistenza limitata di dialisi
in collegamento con l’ospedale
di Pinerolo.
Un ulteriore aspetto sottolineato da più parti sulla vita degli ospedali riguarda il personale: nei due ospedali i lavori di
ristrutturazione ed ampliamento hanno notevolmente appesantito il lavoro, senza che tuttavia
la qualità dell’assistenza registrasse dei cali.
La CdE ha rilevato però nel
personale « un diffuso "mugugno” per i mancati rapporti tra
la CIOV, CdG e personale. Il
personale ha l’impressione che
la CIOV, tramite i primari e le
responsabili dei servizi, ’’chieda
il massimo" al personale, senza
però renderlo pienamente partecipe del progetto di lavoro nel
quale è inserito ».
Due asipetti del lavoro in ospedale si incontrano, si fondono
o si scontrano a seconda dei casi: il rispetto di un rigido mansionario e delle gerarchie, e l’aspetto vocazionale del servizio
non vanno contrapposti. Tenerne conto è determinante: incontri periodici fra CIOV, CdG, rappresentanze sindacali e personale è un suggerimento da non lasciar cadere, tanto più che, se
la proposta di nuova pianta organica verrà approvata, si avrà
un aumento da 210 a 280 unità
nel pyersonale.
Poste in regime di prorogatio
da parte della Regione Piemonte le convenzioni scadute al 31
dicembre dello scorso anno, si
avvicina ora il tempo del rinnovo.
Su questo tema la relazione
della CdE osserva che « poiché
la parte di specifica competenza CIOV nel rapporto con la Regione ha un contenuto eminentemente programmatico ed è
perciò relativa al ruolo dei nostri ospedali nell’ambito del nuovo piano sanitario regionale, la
CIOV dovrebbe rivendicare un
ruolo attivo nella fase di formazione del piano stesso e non limitarsi ad esercitare un ruolo
marginale nei confronti dei desiderata regionali. L’esperienza
di gestione di ospedali in un contesto specifico e l’elaborazione
culturale, etica e teologica relativa ai ’’diritti dei malati e dei
morenti" sono elementi di supporto importanti nella dialettica
con gli amministratori regionali ».
Un ultimo aspetto che vogliamo riprendere si riferisce all’assistenza spirituale, un importante problema che tra l’altro
rientra pienamente fra i fini istituzionali della CIQV.
Sia la relazione che la controrelazione sollevano il problema, citando i primi passi compiuti per darvi soluzione, coinvolgendo pastori, concistori in
questo campo di lavoro, organizzando momenti di riflessione
onde ottenere in materia anche
delle preparazioni specifiche.
P.V.R.
ORDINI DEL GIORNO
Linee di lavoro
statuto
Il Sinodo, in relazione alla
necessità di revisione dello
statuto del Rifugio Re. Carlo
Alberto evidenziata dalla
CIOV, richiamato inoltre Tatto sinodale 40/SI/86 e a conclusione del dibattito su tale
argomento, incarica la CIOV,
d’intesa con la Tavola Valdese, di presentare nella relazione del prossimo anno uno
studio approfondito e coordinato con le norme contenute nell’ordinamento valdese, in vista degli aggiornamenti degli statuti deila CIOV e
del Rifugio, nonché un rapporto sulle competenze conferite e da attribuire ai Comitati di gestione degli istituti da essa amministrati.
Gestione
Il Sinodo, ravvisata ia necessità di meglio definire le
procedure per i controlli suila gestione amministrativa
degli istituti dipendenti dalia CIOV, invita la Tavola a
proseguire ii lavoro già avviato al riguardo.
Enti pubblici
Il Sinodo, in considerazione dell’intervenuta proroga
sino al 31 dicembre 1988 del
termine di validità del Piano
Socio-Sanitario della Regione
Piemonte e, conseguentemente, delia vigenza dell’Intesa
stipulata in data 8 ottobre
1984 tra la Tavola Valdese e
la Regione Piemonte in ordine all’assistenza sanitaria erogata dalle strutture deUa
Chiesa valdese operanti in
Piemonte, dà mandato alla
Tavola Valdese e alla CIOV
di avviare sollecitamente le
trattative con la Regione Piemonte per pervenire ai rinnovo dell’Intesa finalizzata alla definizione delle modalità
dì inserimento nei territorio
e al conseguente ruolo operativo degli Ospedali valdesi
di Torino, Torre Peilice e Pomaretto.
Il Sinodo, nel riaffermare
l’impegno delle- chiese vaidesi e metodiste di mantenere
tali ospedali come strumento di espressione concreta
di q-uelio spirito evangelico
di servizio, che storicamente
ha contraddistinto le proprie
opere ed istituzioni, auspica
che, a fronte di tale impegno e disponibilità al servizio a favore del pubblico da
parte degli Ospedali valdesi,
corrisponda da parte della
Pubblica Amministrazione il
riconoscimento del ruolo dei
nostri istituti a pari dignità
con le strutture dipendenti
dal Servizio Sanitario Regionale.
Il Sinodo auspica, in particolare, che la definizione dei
rispettivi ruoli venga effettuata mediante un costante
dialogo con l’interlocutore
territoriale, evitando il confinamento delle nostre opere in spazi e ruoli meramente sussidiari.
Vendita
li Sinodo, richiamato quanto esposto dalla Commissione
d’Esame suiToperato della
CIOV nella relazione al Sinodo 1986, preso atto di quanto evidenziato dalla Commissione d’Esame nella presente sessione sinodale, auspica che si possa addivenire in
tempi brevi alla stipulazione
tra la CIOV e la Comunità
Montana Val Peilice di un atto di compravendita dello stabile denominato Casa Rossa,
facente parte dei patrimonio
del Rifugio Re Carlo Alberto.
Disavanzo
Il Sinodo, preso atto dì
quanto esposto dalla CIOV
nella sua relazione circa l’entità dei disavanzo derivante
dalle spese di ristrutturazione dell’Ospedale di Torre
Peilice, invita la CIOV a procedere alla copertura finanziaria di tale deficit anche
mediante un’operazione di
mutuo.
Mutuo
Il Sinodo, preso atto di
quanto esposto dalla Commissione d’Esame suiToperato della CIOV nella sua relazione, ravvisata la necessità di procedere alTuitimazione dei lavori di ristrutturazione delTOspedaie di Pomaretto, invita la CIOV ad assicurare il necessario finanziamento mediante un’operazione di mutuo, concordando con la CED del I Distretto le modalità della sua copertura.
Ristrutturazioni
Il Sinodo prende atto con
gioia dell’ultimazione dei lavori di ampliamento e di ristrutturazione delTOspedaie
di Torre Peilice e dell’andamento del lavori di ristrutturazione dell’Ospedale di Pomaretto.
Rifugio
Il Sinodo, preso atto di
quanto esposto dalla Commissione d’Esame sull’operato della CIOV nella sua relazione, richiamato Tatto 47/
SI/86, invita la CIOV ad iniziare sollecitamente il negoziato con TUSSL 43 onde addivenire alla stipula dì una
convenzione per i’inserimento del Rifugio Re Carlo Alberto nell’ambito della rete
dei presidi residenziali tutelari di cui alla deliberazione
del Consiglio Regionale del
Piemonte in data 31 luglio ’86
e successive modificazioni ed
integrazioni.
Il Sinodo inoltre, preso atto del pesante deficit accumulato negli ultimi esercizi
dal Rifugio Re Carlo Alberto, incarica la CIOV, d’intesa con la Tavola Valdese, di
ricercare con urgenza i mezzi più elficaci per risanare
tale passività.
Assistenza
li Sinodo, preso atto di
quanto esposto dalla CIOV
nella sua relazione., rilevato
che rientra nei fini istituzionali della CIOV assicurare l’assistenza spirituale ai ricoverati, richiamato inoltre Tatto
50/SI/82, ribadisce la richiesta alle Assemblee e ai Consigli dei Circuiti interessati
di provvedere ad assicurare,
d’intesa con la CIOV, il coordinamento e io sviluppo dell’assistenza spirituale sul territorio di loro competenza.
Grazie!
Il Sinodo ringrazia i membri dei Comitati di gestione
e. il personale degli istituti
amministrati daiia CIOV per
lo spirito di coiiaborazione
espresso e per Tattivìtà svolta.
Preventivo
Il Sinodo, esaminato il preventivo di spesa e di gestione
ordinaria 1989 della CIOV
lo approva.
Approvazione
Il Sinodo, udita ed esaminata la relazione della CIOV,
ne approva l’operato e ringrazia i suoi componenti per
l’attività svolta.
15
2 settembre 1988
speciale sinodo valdese e metodista 15
LA VIA STRAORDINARIA AL PASTORATO
L’ordine di Melchisedec
La nuova normativa è stata accolta dal Sinodo, che l’ha inserita nei
regolamenti - Un corso di studi parallelo alla pratica nel circuito
Il Sinodo dello scorso anno
aveva dato mandato alla Commissione per le discipline di predisporre una nuova normativa
per l’accesso al pastorato. Il moderatore in quella occasione aveva parlato di un « ordine di
Melchisedec », cioè di una via
straordinaria di accesso al ministero del pastore, che resta
uno. Il Sinodo di quest'anno
non ha ridiscusso la cosa e si
è limitato ad inserire nei regolamenti la nuova normativa predisposta.
La via straordinaria al pastorato è riservata in ogni caso solo a chi, per ragioni serie, non
possa intraprendere la via ordinari.a ed abbia gii^ dimostrato,
al servizio della chiesa, la sua
vocazione.
i^^odifìche
Il Sinodo apporta al regolamento sui ministeri (RO. 3/
1919) le seguenti modifiche:
— sono aggiunti gli artt. 6
bis, 6 ter, 18 bis e 18 ter con
si seguente testo:
« Art. 6 bis (Preparazione
straordinaria al pastorato )
In casi eccezionali è prevista la possibilità di una preparazione straordinaria al pasiorato per chi, per serie ragioni, non possa intraprendere gli studi teologici di cui
ali’art. 6, lett. b, ma abbia
servito quale predicatore locale o in altri particolari incarichi o ministeri che comportino il X iconoscimento di
speciali attitudini e doni, ovvero sia animato da particolare spirito evangelistico.
La preparazione straordinaria al pastorato consiste:
a) per chi venga iscritto al
corso di laurea in teologia
presso la Facoltà valdese di
teologia, nello svolgimento di
un piano di studi particolare,
corrispondente alle esigenze di
ciascun caso, predisposto dal
Collegio accademico, che può,
se necessario, ridurre o dispensare dall’obbligo di fre
quenza o dal periodo di studi all’estero;
b ) per chi non venga iscritto al predetto corso di laurea, in un complesso di studi
sufficiente, svolto presso la
Facoltà valdese di teologia e
in una sperimentazione adeguata, che presentino carattere di equipollenza alla laurea
in teologia ».
« Art. 6 ter (Procedure della preparazione straordinaria
al pastorato)
Nei casi previsti dail’art.
6 bis l’aspirante è presentato dal Consiglio di Circuito alla Tavola, la quale, verificata la sussistenza delle
condizioni di cui al primo
comma del predetto articolo,
lo indirizza per la preparazione al Consiglio della Facol
tà valdese di teologia.
Il Consiglio, d’intesa con la
Tavola, stabilisce quale delle due forme di preparazione
previste dal secondo comma
dell’art. 6 bis debba essere
prescelta.
Ove venga prescelta la forma prevista dalla lett. b, il
Collegio accademico predispone caso per caso uno spe<ciale corso personalizzato e
ia Tavola impiega l’aspirante
in un servizio pastorale in un
Circuito, sotto la vigilanza e
la responsabilità del relativo
Consiglio, ad integrazione della preparazione teorica.
Il corso di studi e la sperimentazione nel Circuito sono opportunamente alternati
a cura del Collegio accademico e hanno una durata
complessiva non inferiore a
cinque anni. Al termine del
periodo di preparazione il
giudizio di equipollenza di
cui aUa lett. b dell’art. 6 bis
è dato dalla Tavola, previo
parere del Consiglio della Facoltà valdese di teologia.
La sperimentazione nel Circuito non assorbe l’anno di
prova di cui all’art. 6 lett. c ».
«Art. 18 bis (Commissione
permanente per gli studi)
La Commissione permanente per gli studi è composta
da cinque pastori, di cui uno
almeno docente alla Facoltà
valdese di teologia.
Essi vengono nominati dalia Tavola, udito il corpo pastorale, per un massimo di
sette anni consecutivi.
La Commissione permanente per gli studi elegge annualmente nel suo seno il
presidente relatore ».
«Art. 18 ter (Impiego temporaneo di predicatori locali in un servizio pastorale)
La Tavola può rivolgere appello a un predicatore iocale
iscritto nell’elenco di Circuito per un servizio pastorale
temporaneo, con 0 senza vìncoli economici con Famministrazione ecclesiastica.
Tale impiego non muta la
qualificazione ecclesiastica
della persona e non comporta rìscrìzìone nel ruolo ».
— gli articoli 6, lett. b, e
30 sono così modificati;
art. 6, lett. b: « essere munito di laurea in teologia conseguita nella Facoltà valdese di
teologia o di un titolo accademico riconosciuto equipollente dalla Tavola, previo parere del Consiglio della Facoltà medesima, salvo quanto
disposto negli articoli 6 bis e
6 ter ».
art. 30: « (Anziani evangelisti e pastori in servizio straordinario)
Il ruolo degli anziani evangelisti e la sezione del ruolo
dei pastori in servizio straordinario sono chiusi; gli attuali iscritti, anche se provenienti dal ruolo metodista, vi
rimangono sino alia loro emerìtazione.
La dizione ’’pastore”, salvo che per quanto concerne
l’iscrizione nel ruolo, ai sensi
del presente regolamento, ricomprende anche gli anziani
evangelisti e ì pastori in servizio straordinario ».
— gli articoli 11, 12, 13 e 14
sono abrogati.
DOPO UN LUNGO ED APPREZZATO SERVIZIO
Tullio Di Muro va in pensione
Con il primo ottobre di quest’anno il pastore metodista Tul
lio Di Muro, attualmente in servizio a Parma, entra in emerita2ione. Il Sinodo lo ha ringrazialo con un lungo applauso, segno
deH’afiètto che la chiesa nutre
por i suoi « operai ». Passeggiando intorno alla Casa Valdese di
forre Pellicc Di Muro ripercorre, sollecitato dalle nostre domande, alcune tappe del suo ministero.
C’è un episodio particolarmente significativo che possa riassiTOere in qualche modo — gli
chiedo — la tua lunga traiettoria pastorale?
« Ricordo che tanti anni fa, durante una pausa dei lavori alla
Conferenza metodista, una persona che non avevo mai visto
— racconta Di Muro — si avvicinò sorridendo e dopo avermi
stretto la mano disse: "Caro pastore, lei non mi conosce ma
io sì, il mio nome non conta,
conta solo la gioia nell'incontrarla”. E con grande cordialità cominciammo a parlare dei guai
e delle speranze della nostra
chiesa. Il sorriso di quel fratello, di cui non ho mai conosciuto il nome, mi ha accompagnato
per molto tempo. Quell’episodio,
apparentemente insignificante,
mi ha fatto capire che ciò che
conta è l’incontro personale nella fede. Anche il mio nome non
conta, conta solo il fatto d’aver
servito con fedeltà e continuità
la chiesa di Cristo ».
La vocazione al pastorato Di
Muro l’ha maturata a Rapolla,
in Basilicata.
Negli anni della guerra egli
predica « a tempo e fuor di tempo » in molte località meridionali.
Dal ’49 al ’52 è a Palombaro,
sulla fascia adriatica, e si occupa di alcuni gruppi: Lanciano,
Perano, Aitino, Mutignano, Giulianova. Turano, Chieti, Pescara.
E’ un lavoro di diaspora fatico
Gli incarichi
del Sinodo 1988
Per il terzo anno consecutivo il Sinodo si è concluso con
una tornata « non stop » di elezioni.
Sono state così elette la Tavola valdese, le Commissioni sinodali amministrative e le Commissioni d’esame.
Il Sinodo ha inoltre provveduto alla designazione del predicatore e del presidente per il prossimo anno.
In base ai risultati sono stati eletti:
TAVOLA VALDESE
Franco Giampiccoli, moderatore
Bruno Bellion, vicemoderatore
Valdo Benecchi, Oriana Bert, Gian Paolo Ricco, Marco Rostan, Gianna Sciclone, membri
COMITATO PERMANENTE DELL’OPCEMI
Claudio Martelli, presidente
Bruno Loraschi, Mirella Scorsonelli, Luca Zarottì, membri
CONSIGLIO DELLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA
Paolo Ricca, decano
Franca Cellitti, Sergio De Ambrosi, Giorgio Rochat, Franco
Sommani, membri
COMITATO DEL COLLEGIO VALDESE
Lucetta Geymonat, Giancarlo Griot, Fabrizio Malan, Giorgio
Mathieu, Alberto Peyrot, Ellena Pontet, Giorgio Tourn
COMMISSIONE D’ESAME SULL’OPERATO DELLA TAVOLA, DELL’OPOEMI E DEL CONSIGLIO DELLA FACOLTA’
Paolo Ribet, relatore
Giovanni Carrari, Rosanna Ciappa, Matteo Tallo. Membri
supplenti: Mauro Pons, Giovanni Magnifico, Giuseppe La
Torre, Aurelio Sbaffi
PREDICATORE DESIGNATO PER IL PROSSIMO SINODO
pastore Aldo Comba. Supplente: pastore Giovanni Scuderi
PRESIDENTE DESIGNATO PER IL PROSSIMO SINODO
pastore Giorgio Bouchard
COMMISSIONE ISTITUTI OSPITALIERI VALDESI
Alberto Taccia, presidente
Valdo Fomerone, Vito Gardiol, Giovanni Ghelli, Roberto Peyrot, Franco Rivoira, Ulrico Scroppo, membri
COMMISSIONE D’ESAME SULL’OPERATO DELLA CIOV
Giorgio Gardiol, relatore
Umberto Beltrami, Gianni Genre, Thomas Noffke. Membri
supplenti; Gianfranco Mathieu, Archimede Bertolino, Bruno Tron, Erika Tomassone
DA TUTTO IL SINODO
Grazie!
So, una grossa tela da tessere.
Nel ’52 Di Muro viene trasferito
in Piemonte a San Marzano Uliveto (At) con la cura di Calosso,
Alessandria, Bassignana. Nel ’55
scende negli Abruzzi presso la
comunità di Villa San Sebastiano dove, dopo qualche tempo,
fonda con altri una cooperativa
agricola, un centro sociale, l’asilo per i bambini e un doposcuola per ragazzi che frequentano
le medie. Dopo una lunga stagione in cui la predicazione s’intreccia con il lavorìi sociale (in quegli anni diventa membro della
commissione per le opere sociali della chiesa metodista) Di Muro è trasferito a Salerno. Questa
volta si tratta di un lavoro prevalentemente cittadino che si estende a tutta la costiera amalfitana. Dal ’73 è a Parma dove
continuerà a rimanere in attiva
emeritazione.
Gli chiedo: ricominceresti?
«Sì, e con l’esperienza che ho
maturato in tutti questi anni —
conclude Di Muro— la mia non
sarebbe piti una avventura ma
sarebbe un lavoro pastorale più
approfondito, più programmato ».
Ma forse meno appassionante.
Giuseppe Platone
Al pastore
Giulio Vicentini
Dopo sei anni di lavoro
il past. Giulio Vicentini,
prossimo a trasferirsi
alla chiesa di Verona,
ha lasciato la Tavola valdese.
Il Sinodo lo ha ringraziato
calorosamente.
Al pastore
Paolo Sbaffi
Un caldo applauso
dell’assemblea ha salutato
il pastore Paolo Sbaffi
che ha lasciato la carica
di presidente
del Comitato
permanente OPCEMI.
16
16 speciale sinodo valdese e metodista
1
2 settembre 1988
LA RETE INTERNAZIONALE DEI NOSTRI RAPPORTI
Il microfono agli ospiti stranieri
Gli Stretti e fraterni rapporti con il protestantesimo mondiale - Le comuni sfide di fronte a cui si trovano le minoranze - il funzionamento del Sinodo e la struttura democratica della Chiesa valdese - L ’attenzione per il rimpatrio
Anche quest’anno là lista degli ospiti stranieri al Sinodo è
stata piuttosto lunga e varia, a
dimostrazione del ricco intreccio
di relazioni internazionali che ci
circondano. Nelle pause dei lavori abbiamo raccolto qui e là,
tra gli ospiti dall’estero, alcune
impressioni e registrato i saluti ufiQciali rivolti all’assemblea
.sinodale.
Gerhard Nölle, in rappresentanza della chiesa della Renania, ha,detto: «Il legame tra le
nostre due chiese è una realtà
rallegrante e un fatto storico:
dai primi contatti avviati dal
prof. Valdo Vinay sino alle vaste e attuali relazioni stabilite
dal prof. Paolo Ricca, il nostro
rapporto è venuto via via intensificandosi a livello di amministrazioni ecclesiastiche. Facoltà, chiese e scuole. Penso- anche ai luoghi dove abbiamo, ap
osservato che « viviamo entrambi come chiese in situazioni di
minoranza con una forte tradizione storica alle spalle e sfide
scottanti davanti a noi. Il vostro segno particolare è l’enorme sforzo che state facendo in
campo diaconale rispetto all’esiguità numerica delle vostre chiese. C’è del coraggio in questo! ».
Da Parigi il rappresentante
della CEVAA (Comunità evangelica di azione apostolica), il pastore Samuel Aklé, dopo aver
ricordato che la CEVAA non è
una associazione ad alto- livello, ma un incontro di persone
coinvolte nella testimonianza,
ha salutato il Sinodo con un allegro canto del Benin, in lingua
« gun », che dice: « Guardate in
lontananza, la stella che brilla,
Gesù Cristo tornerà, tutti cantino alleluia ».
Sempre dalla Francia abbiamo
Monteforte, nato nel do-po-terremoto (« un lavoro importante, prezioso, che va sostenuto»), del Centro diaconale La
Noce di Palermo e dell’Asilo
Valdese di San Germano. « Sono
rimasto colpito — ha detto
Strauss — dalla dialettica interna del Sinodo; il tema più appassionante per me era quello
della relazione tra comunità dei
credenti e opere sociali. Credo
che in futuro troveremo nel
problema degli immigrati dal
Terzo Mondo in Europa un terreno di più intensa collaborazione ».
Dall’Inghilterra Prescot Stephens della Waldensian Church
Missione, dopo aver ricordato
l’eredità storica di Gilly e di
Beckwith, ha sottolineato l’importanza delle prossime celebrazioni del «Glorioso Rimpatrio» ed
ha informato l’assemblea sinodale che per la prima volta una
italiana valdese (Erica Scroppo
Newbury) diventerà segretaria
del Comitato inglese di sostegno alla nostra chiesa. « Il trecentesimo del Glorioso Rimpatrio è un’occasione unica — ha
concluso Stephens — per riflettere su un passato difficile
che può aiutarci a meglio affrontare il presente ».
...in altra parte del giardino della Casa Valdese anche il gruppo di
delegati di lingua inglese studia la relazione...
pure stiamo, realizzando qualcosa insieme: dal Servizio Cristiano di Riesi, ad Agape nelle
valli valdesi, al Centro evangelico di Bethel nella Sila dove
tempo fa ho trascorso un indimenticabile campo biblico, sino
alla bellissima Casa della pace
di Angrogna ed ora alla nuova
Casa Valdese di via Farnese in
Roma che apre tante nuove possibilità. Questi luoghi sono i segni di una nostra relazione ecumenica viva ed attenta ai pròblemi oggi in Europa della pace, della giustizia e dell’integrità della creazione ». Per Fritz
Weissinger, vecchio amico della nostra chiesa, alla gioia di
trovarsi a Torre Pellice si accompagna anche una nota critica: « In questo Sinodo ho notato meno persone giovani tra
i delegati, i laici erano molto
silenziosi, quasi intimoriti dai
teologi che parlavano troppo ».
Il pastore Werner Krieg del
Diakonisches Werk, che è in grado di capire la nostra lingua,
ha osservato che « dopo la grande spinta a costruire o ricostruire le strutture della diaconia
della chiesa valdese occorre ora
approfondire la professionalità
degli operatori diaconali. Ciò che
vi manca — nota Krieg — è
una buona scuola per diaconi.
Avete dei brevi convegni annuali
ma all’interrogativo: che cosa
significa un ospedale evangelico? occorre rispondere con vocazioni al servizio, preparate ad
alto livello in una prospettiva
protestante ». Secondo il sovrintendente ecclesiastico Bergerhoff
di Moers (RE.T.) « il fatto di
avere tanti amici all’estero che
partecipano al Sinodo valdese
è una speranza e allo stesso
tempo una grande responsabilità ». Dalla Germania Orientale,
l’ingegnere Böer di Görlitz ha
rivisto il pastore Gérard Cadier, segretario della CEPPLE
(Conferenza delle chiese dei paesi latini d’Europa), che ha commentato: « Se paragono il metodo di lavoro del Sinodo valdese
con il nostro debbo francamente dire che gli amici italiani
agiscono molto più democraticamente di noi. Peccato che la
mancanza di tempo non abbia
permesso approfondimenti su
temi di carattere generale come
’’giustizia, pace e salvaguardia
della creazione”, che avrebbero
costituito un indispensabile
contributo nel quadro delle chiese latine ».
Dalla Svizzera il pastore Pierre Strauss, vicesegretario dell’EPER (Entraide Protestante
aux Eglises et aux Réfugiés), ha
ricordato la solidarietà nei confronti del villaggio FCEI di
Il pastore Eric Murray, della
Conferenza Metodista in Gran
Bretagna, ha tracciato un parallelismo tra le recenti celebrazioni del 250” della conversione
di Wesley e le prossime per il
« Glorioso Rimpatrio ». « Si
tratta di ritornare alle origini
storiche della nostra ffede —
ha detto Murray — per rafforzare la nostra identità protestante, arricchire quella degli
altri e capire, una volta di più,
che senza l’amore per TEvangelo
anche la nostra storia diventa
insignificante ». Frans Bouwen,
delegato della KEK (Conferenza delle chiese europee), appena rientrato da Amsterdam per
le celebrazioni del 40° del Consiglio Ecumenico delle Chiese ha
rivolto un saluto al Sinodo:
«Malgrado la rassegnazione che
influenza negativamente il lavoro
ecumenico in molte parti d’Europa, ho notato che voi cercate
di guardare avanti con speranza. Mi rallegro del vostro interesse — ha continuato Bouwen
— per il prossimo grande appuntamento ecumenico europeo
previsto per il maggio ’89 a Basilea su ’’giustizia, pace e diritti
umani” in cui la vostra voce
dal Sud Europa sarà ascoltata
con interesse. L’Italia è spesso
la prima tappa nel cammino dei
rifugiati o degli immigrati dall’Africa o dal Medio Oriente,
una situazione difficile che interroga il CEC, la KEK e le vostre
chiese. Spesso sono proprio le
I rappresentanti delle chiese di lingua tedesca mentre studiano la.,
relazione della Commissione d’Esame...
minoranze che sanno esprimere
contributi storici significativi. Le
vostre chiese, non solo da oggi
— ha concluso Bouwen — dimostrano di avere doni singolari per imprimere nuovi impulsi al movimento ecumenico ». Il
pastore Hanny Wartenweiler
della chiesa di Basilea ha
ricordato anche lei l’importanza della prossima assise ecumenica basilese di primavera, alla
quale parteciperanno 700 delegati di tutte le chiese d’Europa.
« Speriamo — ha detto la Wartenweiler al Sinodo — che la
metà dei delegati siano donne
e che le donne prendano parte
attiva all’organizzazione e pro
pregare per la vittoria dei democratici in novembre negli USA
e mi rallegro del lavoro che le
vostre chiese svolgono al servizio della giustizia di Dio ». Il
pastore Raymond Patch della
United Church of Christ nordamericana ha dichiarato di volere
sviluppare ulteriormente i contatti tra le nostre due chiese
e il pastore Ralph Ahlberg,
membro del Comitato deH’American Waldensian Society di Nev/
York, è rimasto impressionato
dalla « pazienza con cui il Sinodo ascolta lunghi interventi
personali, non necessariamente
espressioni collettive ». « Per
molti di noi in America la te
,.i delegati di lingua francese hanno invece preferito l’ambiente
più raccolto della Biblioteca.
Il Sinodo è anche occasione per ritrovare amici e riannodare rapporti. Nella foto il post. Gérard Cadier e il post. M. Ayassot.
gettazione dell’incontro di Basilea. Per lungo tempo le donne
hanno dovuto tacere e ascoltare
le parole degli uomini. Adesso
anche gli uomini devono imparare l’arte di tacere e ascoltare
le parole delle donne, se vogliono
entrare in questo processo di
giustizia ». Dagli Stati Uniti il
pastore Elmo Pascale (di lontane origini italiane) della United Methodist Church ha chiesto ai delegati del Sinodo di
« diventare lievito di un mondo
nuovc’ mentre la terra trema
sotto il peso della tecnologia e
muore sotto la cappa dell’inquinamento ». Anche il past. Frank
Gibson, direttore deU’American
Waldensian Society di New York,
ha fatto pervenire il proprio saluto solidale, sorretto da un
’’sogno”. « Spero — scrive Gibson — che un giorno, prima della fine del secolo, possa vedere
un nostro Sinodo svolgersi nel
Mezzogiorno d’Italia. Invito a
stimonianza del pastore Tullio
Vinay e le esperienze di Agape
e di Riesi — ha aggiunto Ahlberg — costituiscono una sfida
non solo per la società ma per
tutte le chiese ». Tra gli ospiti
italiani molto apprezzati sopo
stati i saluti di ¡Aldo Venturini
della Comunità evangelica di
confessione elvetica di Trieste,
del past. Jiirg Kleemann della
Chiesa Evangelica Luterana ip
Italia (« i vostri problemi sono i
miei problemi »), del pastore
Giuseppe De Meo della Chiesa
cristiana avventista del 7° giorno
(« le vostre decisioni aiutano anche noi sul cammino della testimonianza a Cristo»), del Maggiore Miriam Vinti dell’Esercitc della Salvezza e del pastore
Renzo Bertalot della Società Biblica che, ancora una volta, ha
rivolto a tutti l’importante imperativo: « Innanzitutto leggete
la Bibbia! ».
Giuseppe Platone
Â